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Di Albino Campa (del 22/04/2010 @ 23:53:07, in Eventi, linkato 10443 volte)

giornata-mondiale-del-libro.jpgIl libro come avvicinamento e dialogo tra culture. Questo il tema dominante suggerito dall‘UNESCO per la giornata mondiale di quest‘anno simbolicamente proclamata il 23 aprile. Non a caso la Biblioteca Giona e il Presidio del libro di Noha , proprio a partire dal 23.04.2010 danno appuntamento per una serie di incontri di lettura, alle ore 17,30 nella sede della Scuola Primaria di Noha. Ogni venerdì delle settimane successive, fino al gran finale del 25 maggio, in festa con Rita Valentino Merletti, coautrice del libro “LEGGIMI FORTE“, la lettura ed il libro saranno il tema della conversazione tra educatori e pubblico. L‘iniziativa si relaziona al progetto Nati per Leggere che coinvolge insegnanti, pediatri e genitori nella promozione della lettura ad alta voce ai bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni. Il libro, un grande dono per l‘ascolto attivo, per avvicinare il mondo dell‘infanzia ed il mondo degli adulti. E‘ interessante scoprire il libro “galeotto“ nello scambio comunicativo con i bambini, il libro, non solo strumento di conoscenza ma anche di gioco, mezzo autentico per rafforzare i legami affettivi. Rispondiamo all‘invito della dott.ssa Eleonora Longo, Dirigente 3° Circolo “G. Martinez“ e dell‘ins. Paola Congedo, Responsabile della Biblioteca Giona e del Presidio del libro di Noha. Sarà bello trovarci insieme!

Fonte: http://galatina.blogolandia.it/

 
Di Redazione (del 05/05/2015 @ 23:49:58, in Comunicato Stampa, linkato 2347 volte)

La Libreria Fiordilibro promuove ed organizza con il patrocinio del Comune di Galatina e della Comunità Francescana giovedì 7 maggio alle ore 19,30 presso la Sala Francescana di Cultura adiacente alla Basilica di S. Caterina , l’incontro con Rossella Barletta e la sua ultima pubblicazione “Maria d’Enghien, Donna del Medioevo” Grifo Editore .

“Maria d’Enghien, Donna del Medioevo si configura come un saggio/racconto e ci permette di conoscere un po’ più da vicino laContessa, Principessa,  Guerriera , Regina,  Mecenate,  Amministratrice nonché sposa e madre Maria D’Enghien, committente insieme al marito Raimondello Del Balzo Orsini, della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria ed in particolare degli affreschi nel cui  ciclo mariologico  è possibile riconoscere un suo ritratto.

Scrive l’autrice “mi sono avvalsa di piccole curiosità, leggende e aneddoti ….. senza tralasciare la rievocazione doverosa della storia, delle guerre, dei matrimoni combinati, delle alleanze, delle faide interne, dei rapporti con la Chiesa e così via, che costituiscono lo sfondo su cui agì la contessa. Né ho avuto timore, pur essendomi documentata su un numero considerevole di libri, di far ricorso alla fantasia, per completare il panorama. In questo modo mi piace pensare che riesca a toccare l’immaginazione e l’intelligenza del lettore, il quale sarà indotto a considerare il feudo amministrato dalla d’ Enghien per nulla periferico o di minore importanza nello sconfinato regno di Napoli, ma vivace e dinamico dal punto di vista politico, sociale e culturale.”

All’incontro interverranno Fra’ Rocco Cagnazzo Parroco della Basilica di S. Caterina d’Alessandria, Daniela Vantaggiato Ass. re alla Cultura, dialogherà con l’autrice Vincenza Fortuzzi Docente e Storica, modererà  Antonio Liguori della Gazzetta del Mezzogiorno. Nel corso della serata i Laus Nova : Francesco Napolitano liuto e voce Roberto Belcuore percussioni, ci farà rivivere l’atmosfera delle corti medievali.

 
Note

Rossella Barletta ricerca e studia da più di quarant’anni, il patrimonio storico, folklorico, antropologico, artigianale, gastronomico del Salento. Ha all’attivo numerosissime pubblicazioni, negli ultimi anni la sua attenzione si è rivolta al recupero del lessico dialettale e gergale.

Vincenza Fortuzzi docente ,da sempre impegnata nella valorizzazione del patrimonio e della storia locale.

I Laus Nova nascono nel 2012 da un idea di Francesco Napolitano ( voce e liuto) .Il progetto propone le sonorità della musica medievale del XIII con particolare attenzione al repertorio francescano delle laudi. Pur riproposti con strumenti moderni i brani sono eseguiti nel rispetto dell’accordatura e dell’intonazione dell’epoca così come desumibile da ricerche dell’ambito della musicologia e della liuteria.

 
Stabilito che si è deliberato un PEC di dubbio valore oggettivo, vista l’alta percentuale di territorio (la maggior parte del famigerato 4,7%) da destinarsi ad impianti per l’energia pulita concentrata a ridosso dell’abitato di Noha (Delibera C.C.n.92 del 13.11.2007); noi del Comitato “I Dialoghi di Noha”, supportati da oltre 350 cittadini che hanno sottoscritto le nostre motivazioni in soli due momenti di incontri collettivi,  continuiamo a credere che lo scempio previsto ed in parte già generato, non favorisca l'agricoltura, tantomeno quella biologica dei prodotti tradizionali, ma assesta il definitivo colpo di grazia al territorio con la promozione di mega impianti di fotovoltaico su enormi aree agricole, che nulla hanno a che vedere con il concetto stesso di agricoltura e di energia pulita. Obiettivo, quello dell’energia pulita, che riteniamo invece auspicabile è quello dei piccoli impianti domestici di pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici, sui parcheggi e su tutte le aree già compromesse dall’opera dell’uomo. Sarebbero impianti dal bassissimo impatto, utili alla salvaguardia  della terra e non alla sua distruzione come invece sta avvenendo nella campagna di Noha ed ovunque nel nostro Salento.
Noi del Comitato “I Dialoghi di Noha”  non ci rassegniamo a perdere in maniera  irreversibile il valore di un territorio che per millenni ha dato vita, benessere e felicità a tutti, attraverso l’agricoltura, l’allevamento e la raccolta dei prodotti selvatici. Non ci rassegniamo alla distruzione del paesaggio quale libro aperto della nostra memoria. Dopo che intere generazioni hanno sofferto l’emigrazione in cerca di lavoro, proprio quando il nostro Salento sembra finalmente in grado di conquistarsi un posto nella graduatoria del “bel paese” e vivere di una ricchezza unica al mondo quale quella del suo territorio, la mala gestione della contorta burocrazia amministrativa porta al fallimento totale l’insperato sogno. Il sogno di un territorio indenne da qualsiasi tipo di inquinamento e latore di benessere economico per noi e per le future generazioni.
Ci appelliamo alle Autorità competenti affinché rivedano al meglio piani e relativi controlli dei progetti in oggetto.
Insomma noi, cittadini di Noha, che non abbiamo mai scelto di essere accerchiati dai quasi 150 ettari di pannelli di silicio che si stanno impiantando a pochi passi dall’abitato, non vorremmo ritrovarci con il subire oltre al danno anche la beffa e cioè quella di scoprire a cose fatte, che non sia stato effettuato il controllo del rispetto delle  norme di sicurezza prescritte nelle Autorizzazioni Uniche pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia: n. 90 del 20-05-2010 di SunRay S.r.l. e n. 23-09-2010 diFotowatio S.r.l..
Fra le condizioni poste sui Bollettini indicati, è spesso presente il diniego dell’uso del cemento (vedi per es. al punto 15 di pag. 14665 del B. U. n. 90), cosa che contrasta fortemente con la probabile costruzione di una mega centrale elettrica su piattaforma in cemento armato volturata dalle due società suddette con determina n. 81 del 29-04 2010 di FW e n. 148 del 23-09-2010 di SR in favore di TERNA-Rete Elettrica Nazionale S.p.A.
Sono tante le potenziali incongruenze da verificarsi in corso d’opera, come per esempio: i possibili ritrovamenti archeologici; la corrispondenza ai dettami che riguardano il divieto dell’uso di prodotti chimici; l’autorizzazione allo scavo di pozzi per l’utilizzazione delle acque sotterranee; il controllo delle piantumazioni perimetrali; le distanze dal ciglio strada e dalle abitazioni; la recinzione, che deve essere realizzata lasciando ogni 10 metri varchi delle dimensioni di 40X40 cm, o in alternativa la rete deve essere posta ad un’altezza di 30 cm dal suolo, al fine di consentire il passaggio di animali selvatici; la costruzione delle piste all’interno dell’area, che invece sembrano essere state fatte in modo definitivo;  i termini di inizio, completamento e collaudi; le eventuali depressioni morfologiche soggette a fenomeni alluvionali; gli scavi dei cavidotti di attraversamento delle S.P. 41 e 47; l’autorizzazione per gli eventuali tagli di piante di origine naturale e non, e la salvaguardia dei muretti a secco presenti sul confine delle aree delle società interessate.
In riferimento all’articolo 9 del Bollettino n. 90,  che dice:
il controllo e le verifiche sono demandate al Comune, la Regione Puglia Servizio Energia, Reti e Infrastrutture materiali per lo sviluppo si riserva ogni successivo ulteriore accertamento…, chiediamo che siano monitorate, mediante l’Ufficio Tecnico e la vigilanza edilizia, le attività degli impianti relativi alle Autorizzazioni Uniche rilasciate alle Società SunRay Italy S.r.l. ed alla Società Fotowatio Italia Galatina S.r.l.. 

Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 14/09/2007 @ 23:47:09, in NohaBlog, linkato 5087 volte)
"Questo - Scritto in memoria di Zeffirino Rizzelli - di Antonio Mellone è il testo integrale dell'articolo del quale su "il Galatino" del 14 settembre 2007 è apparso un ampio stralcio. Rendiamo omaggio anche noi del sito www.noha.it alla memoria del prof. Rizzelli che tanto amò anche Noha e la sua Storia".

Scritto in memoria di Zeffirino Rizzelli

Zeffirino RizzelliHo incontrato il prof. Zeffirino Rizzelli per l’ultima volta il 14 luglio scorso. Conobbi di persona il professore nel corso dei primi anni ’90 del novecento (di fama però lo conoscevo da sempre). E negli ultimi, diciamo, quindici anni, mi incontravo volentieri con lui e con una certa continuità. Soprattutto per consegnargli brevi manu (prima dell’avvento nella mia vita della posta elettronica) i miei articoli che (tranne uno, come dirò) il direttore pubblicava sempre integralmente sul suo il Galatino. Ci incontravamo di sabato al Convitto Colonna presso il distretto scolastico, prima che questa istituzione chiudesse definitivamente i battenti; qualche volta nella sede del giornale in largo Bianchini; negli ultimissimi anni invece più frequentemente a casa sua, in un salottino, quando non nella sua bella biblioteca, in un altro lato dell’abitazione. Era sempre gentile con me il professore, come credo lo fosse con tutti quelli con i quali aveva commercio di pensieri e parole.
Parlavamo di tutto. Ma non era uno scambio alla pari; la partita doppia non poteva essere applicata a quegli incontri: tra i due chi si arricchiva era il sottoscritto. Ero al cospetto di un gigante della scrittura (e non solo della scrittura), eppure quel titano ti metteva a tuo agio non facendoti sentire un pigmeo.
L’ultima volta, dunque, nel luglio di quest’anno andai pimpante per consegnargli, fresco di stampa e di tornio, il mio libello di “Scritti in Onore di Antonio Antonaci” per il quale il professore aveva steso un bel saggio introduttivo (saggio che mi aveva consegnato verso la fine del mese di febbraio di quest’anno 2007, allorché mi invitò anche a tenere – come tenni - una lezione sulla Storia di Noha all’Università Popolare “A. Vallone” di Galatina presso il Palazzo della Cultura: il che per me era, ancora una volta, un inaspettato onore).
Ebbene, Zeffirino Rizzelli mi ha onorato molte volte: con il pubblicarmi sul suo giornale, con lo scrivere saggi introduttivi ai miei scritti, con l’invitarmi a tenere una lezione all’Università Popolare, con il recensire sul suo giornale qualche mio libercolo. Un paio di volte mi onorò ancora invitandomi anche a “scendere in politica”; ma declinai questo invito preferendo essere a tutt’altre faccende affaccendato. Mi onorò della sua presenza allorché lo invitai presso il circolo culturale “Tre Torri” di Noha, dove tenne una magistrale lezione sulla antica e nobile famiglia “De Noha”, e quando venne a casa mia nel maggio del 2006 allorché in forma privata ed in maniera molto semplice si festeggiò, insieme ad altri, la nuova edizione del mio libro “Noha, storia arte e leggenda”, scritto a quattro mani con il p. Francesco D’Acquarica (libro del quale il professore aveva pure stilato una generosa presentazione). Insomma: il prof. Rizzelli mi onorava della sua amicizia.

*

Una volta, era il 1996, il professore si rifiutò di pubblicare un mio articolo, l’unico che venne, diciamo, “censurato” dal direttore: era un articolo che decantava le opere del Rizzelli, sindaco di Galatina. Così mi scrisse in una sua garbata lettera di spiegazioni: “… Non posso pubblicare sul mio giornale il tuo articolo. Questo non perché falsa modestia mi induce a rigorose valutazioni, ma perché siamo in campagna elettorale, tempo in cui si arriva a strumentalizzare anche ciò che strumentalizzabile non è. […]  Chi lo ha scritto è, certamente, lontano le mille miglia da sentimenti di riverenza o peggio ancora di servilismo…”.
C’era in quelle parole anche e soprattutto ritrosia ed umiltà. Chiunque altro, trovandosi nella sua stessa posizione, e non solo per mania di protagonismo, avrebbe pubblicato in grassetto o a caratteri cubitali quelle considerazioni!
Scritto in onore: quell’articolo era redatto ad  honorem.
Ho, in effetti, il pallino degli scritti in onore, che mi sembra abbiano un valore incommensurabilmente più grande degli scritti in memoria. Non è questione di consecutio temporum: è che tra una strada facile ed una difficile mi hanno insegnato a percorrere quella più difficile ed impervia (non fosse altro che per allenamento). Lo scritto in memoria è di gran lunga il più facile da redigere, ma quello che forse ha minor valore.
Si scrivano allora dieci, cento, mille “Scritti in Onore” (in onore di chi è ancora fra noi e lo meriti, s’intende), si riempiano le biblioteche e le librerie, ma non siano scritti di circostanza, o peggio ancora di celebrazioni servili.
E’ molto più difficile scrivere in onore, cercando di essere comunque liberi da “servo encomio” come pure servi “di codardo oltraggio”, che scritti in memoria.
Gli scritti in memoria li sanno fare più o meno tutti. Dopo, però.
Sicché dedicai al professore un articolo intitolato appunto: “Scritto in Onore di Zeffirino Rizzelli”. L’articolo con qualche piccola variante era proprio quello nato dieci anni prima, e rimasto per volontà del direttore pro-tempore nel cassetto. Quell’articolo attese così 10 anni al buio, ma vide finalmente la luce sul numero de il Galatino del 15 settembre 2006, il primissimo a direzione piena di Rossano Marra che stavolta non indugiò nemmeno un attimo a pubblicarlo. Quell’articolo certamente è nulla in confronto all’onore che Rizzelli mi aveva riservato in più occasioni. Era ed è quel brano - ed in fondo anche il presente, steso questa volta purtroppo in memoria - solo un tassello che dimostrasse (se mai ce ne fosse stato il bisogno) la grandezza dell’Uomo ed il lustro dato dalla persona e dall’opera di Zeffirino Rizzelli alla città di Galatina e a tutto il Salento.

*

Come dicevo, ho incontrato il prof. Zeffirino Rizzelli per l’ultima volta la mattina di sabato del 14 luglio scorso. Era a casa sua, seduto sulla sua poltrona; in ordine, sul tavolino del soggiorno, i suoi giornali, freschi di stampa, pronti per esser letti per filo e per segno.
Era consapevole della sua malattia e dell’ora alla quale andava incontro.
Io cercai di dirgli: “Ma professore, non dica così: noi tutti abbiamo ancora e sempre bisogno di Lei”. Mi rispose con uno sguardo sereno che non dimenticherò mai più. Fu un’altra lezione di dignità.
Ci salutammo, dopo un po’. Ma non mi accompagnò all’uscita come aveva sempre fatto. I dolori glielo impedivano. Mi strinse ancora una volta con vigore la mano. La sua mano; quella mano di scrittore! Sembrava mi dicesse in quel saluto: “tutto è compiuto”.
Mi voltai per vederlo un’altra volta ancora, e poi me ne andai. Il mio spirito era greve…
La notizia della sua morte, giuntami a Putignano, dove lavoro, per il tramite di un amico, la mattina del 29 agosto scorso, non mi colse di sorpresa. In un certo qual modo ero preparato. E sereno. Di quella serenità d’animo che solo il professore sapeva trasmetterti.

Antonio Mellone

 
Di Michele Stursi (del 29/07/2012 @ 23:42:01, in Letture estive, linkato 3433 volte)

Oggi posso affermare che è quasi matematico: tra le pagine di un premio Nobel c’è sempre il rischio di perdere o di trovare qualcosa, di essere inseguiti oppure di inseguire, di illudersi e alla fine realizzare. Qualcosa insomma deve pur accadere, deve mettersi in moto un ingranaggio dentro o fuori di noi per poter affermare che ciò che stiamo leggendo è opera di un Nobel per la letteratura. Prima o poi nella vita arriva per tutti, lo si voglia o meno, il momento in cui si sfila dalla pila dei libri da leggere, il più delle volte da quella delle letture casuali, il romanzo, il saggio o la raccolta di poesie del nostro Nobel. Ed ecco che finalmente anche noi siamo in grado di rispondere senza riflettere più di tanto alla fantomatica e bastarda domanda “qual è il tuo libro preferito?”. “La zia Julia e lo scribacchino”, risponderò allora io immediatamente, senza dar l’impressione di non leggere un libro da decenni. E continuerò così sino a quando non mi capiterà tra le mani un altro Nobel o mancato-Nobel e allora sarò costretto a mettere Llosa nel cassetto degli autori preferiti e ad ostentare in processione lo stendardo dell’ultimo arrivato.

Per ora posso godere, ancora per un po’, dello strano retrogusto che solo una scrittura fuori dagli standard e da ogni usuale schema letterario è in grado di regalarti. “La zia Julia e lo scribacchino” non è da classifica dei “libri più venduti”, né un romanzo da leggere per passare qualche ora in compagnia: non è niente che non abbia a che fare con il semplice piacere della lettura, denudata per carità da accessori e addobbi che il marketing partorisce per far cassa. Qui il vil denaro va messo da parte, dimenticato se possibile: è questo il caso in cui si dovrebbe leggere per vivere.

Il libro non si presta quindi ad essere recensito dal sottoscritto, in quanto la mia sbilenca penna non ha la forza e tanto più la capacità di comunicare la straordinaria unicità di quest’opera. Vi basti sapere a riguardo, al di là del calibro della scrittura (da Nobel, appunto), che tra le pagine di questo libro Llosa intreccia con la maestria di un burattinaio due vite: quella di Mario e quella di Pedro Camacho.

Il primo, Mario, è un aspirante scrittore che tra una lezione e l’altra all’università si guadagna da vivere scrivendo bollettini per il servizio d’informazione di Radio Panamericana, disperatamente innamorato della zia Julia, sorella trentaduenne della zia dello stesso Mario, in cerca di marito dopo il fallimento del primo matrimonio; il secondo, Pedro Camacho, detto il Balzac creolo, lavora nella stessa radio di Mario ed è invece un popolare autore di romanzi radiofonici, un personaggio che cerca di soffocare nella sua sfrenata fantasia e nella popolarità di cui gode una vita fatta di stenti. Le due storie vengono raccontate in contemporanea, capitolo pari dopo capitolo pari: si intrecciano e si fondono in alcuni punti, si allontanano apparentemente nei capitoli dispari in cui vengono riportati gli incipit dei romanzi di Camacho (e qui il rimando è immediato a Se una notte di inverno un viaggiatore di Italo Calvino).

Potrei stare qui a parlarvi, pagine su pagine, delle mie impressioni su questo romanzo, oppure potrei commentare alcuni passi memorabili, o ancora riflettere insieme a voi sulla pazzia di Camacho o sull’influenza che l’età può avere sull’amore. Ma non farò niente di tutto ciò, mi limiterò giusto ad augurarvi un’altrettanto memorabile esperienza di lettura!

Michele Stursi
 
Di Albino Campa (del 05/09/2011 @ 23:37:19, in NohaBlog, linkato 3006 volte)

Si chiama «Salentini in libreria» la nuova rubrica a cura del direttore di Salentoinlinea.it Giuseppe Pascali, che dal prossimo 7 settembre e per ogni mercoledì proporrà una recensione dei più interessanti libri di autori locali. Romanzi, saggi, racconti e altri scritti saranno così proposti ai lettori appassionati di libri, per suggerire un sana lettura e far conoscere nuovi scrittori locali.

 La rubrica sarà inaugurata con la recensione del libro "Il Mangialibri" di Michele Stursi.

 
Di Albino Campa (del 18/10/2011 @ 23:37:14, in Comunicato Stampa, linkato 2884 volte)

Perchè lo smaltimento costa tanto alle tasche dei cittadini; si può porre fine a questo latrocinio o dobbiamo rassegnarci a questo illegittimo saccheggio?
Perchè dobbiamo continuare a subire gli effetti di nuove discariche e nuovi inceneritori imposti contro la volontà popolare?
Eppure LA SOLUZIONE C'E'!
La Federazione della Sinistra di Galatina ha organizzato un incontro pubblico venerdì 21 ottobre alle ore 18,30 nel chiostro del Palazzo della Cultura a Galatina, per affrontare un tema delicato quello dello smaltimento dei rifiuti, che per come gestito oggi, in maniera fallace ed incompetente, costituisce solo un gravoso costo per le tasche e la salute dei cittadini, ma che potrebbe essere gestito in modo virtuoso tanto da diventare una risorsa per la cittadinanza.
L'esorbitante ed illegittima TARSU, sempre più costosa per il dissenato ricorso alle discariche ed agli inceneritori, NOI NON LA VOGLIAMO PIU' PAGARE!
Una corretta ed immediata applicazione della STRATEGIA RIFIUTI ZERO, porterebbe all'immediata riduzione dei costi per i cittadini e alla tutela della salubrità dell'ambiente in cui viviamo.
In Italia sono ormai 56 le città che hanno adottato, con notevoli benefici, la Strategia Rifiuti Zero: A GALATINA QUANDO?
Riduzione, Riciclo e Riutilizzo le tre R di una soluzione che risolva il problema e lo trasformi in un sistema eco sostenibile in grado di produrre ricchezza e lavoro.
La Federazione della Sinistra da sempre impegnata a perorare modelli di sostenibilità ambientale affronterà l'argomento alla presenza di Raphael Rossi, presidente della società ASIA di Napoli, che si occupa della raccolta dei rifiuti, esperto in metodi di raccolta differenziata, che ha raccolto la sfida lanciata dal Sindaco di Napoli per invertire la tendenza criminale del suo territorio a ricorrere all'incenerimento ed alle discariche per smaltire i rifiuti.
Al dibattito parteciparà anche Rosa Rinaldi della Segreteria Nazionale di Rifondazione Comunista e Sergio Blasi, Segretario Regionale del PD.
L'incontro sarà moderato dal giornalista Nello Trocchia, coautore con Tommaso Sodano, attuale vice sindaco di Napoli, del libro “La Peste”, che illustra come il mondo della criminalità controlla il sistema dello smaltimento dei rifiuti.
OPZIONE RIFIUTI ZERO: se le istituzioni continuano a fare orecchio di mercante  costringendoci a pagare prezzi insostenibili per favorire gli affari di pochi a danno di tutti, allora tocca ai cittadini alzare la voce e pretendere un cambio di rotta sostenibile.
LA SOLUZIONE C'E' COSTRINGIAMOLI AD ADOTTARLA!
NON SIAMO PIU' DISPOSTI A PAGARE A CAPO CHINO!

Federazione della Sinistra
Galatina
 

L’estate galatinese di “A Cuore Scalzo” sarà ricca di manifestazioni culturali, artistiche, letterarie, musicali e teatrali, che si svolgeranno nel pieno rispetto dei protocolli sanitari e della normativa anti – covid. C’è una novità importante: l’Amministrazione Comunale ha fortemente voluto la realizzazione di un progetto culturale con un’elevata valenza artistica ed attrattiva che coinvolga l’intero territorio comunale, finalizzato alla promozione del patrimonio culturale materiale e immateriale ed in grado di incidere sulla crescita culturale della comunità, dell’immagine della Città di Galatina e del suo territorio. In particolare, la finalità progettuale volge alla realizzazione di un Festival di Fotografia e di Arte Contemporanea, che ha come tema principale “Il Corpo come luogo oggetto nella storia dell'arte e simbolo di un'evoluzione di pensiero, di espressione, di sentimento, di spazio politico, sociale, economico e di genere” e, in particolare, il Corpo della donna, in ragione del forte legame tra la Città di Galatina e le donne, a partire dal Tarantismo, fenomeno culturale che rappresenta parte dell'identità culturale del territorio, sino alle metamorfosi che il corpo ha subìto nel corso della storia. Il progetto, dal titolo In Trance, è ideato e curato da Alessia Rollo con il partenariato dell’associazione 34° Fuso e il coinvolgimento di associazioni del territorio, privati, giovani e tutto coloro che vogliono dare il loro contributo ad un progetto culturale fortemente identitario. Nelle prossime settimane saranno svelati maggiori dettagli a riguardo.

“A Cuore Scalzo” ritorna a ri-vivere, nella sua Città e nel territorio intero, ritorna ad abbracciare i suoi cittadini e ad accogliere i turisti e a stuzzicare il loro interesse e la voglia di essere a Galatina. “A cuore scalzo” significa ancora una volta libertà, purificazione, viaggio. Significa non avere barriere, significa essere, semplicemente essere.

“Dare l’avvio alla terza edizione di “A Cuore Scalzo” rappresenta una ripartenza – afferma il Sindaco Marcello P. Amante - un segno di speranza dopo due anni di emergenza che ci vede, ancora adesso, in affanno ma desiderosi di riprendere in mano la nostra vita. Sin dall’avvio della nostra amministrazione abbiamo creduto nella cultura come motore per la ripartenza della Città di Galatina. E “A Cuore Scalzo” ci conferma che deve necessariamente essere così: ritrovarci nelle piazze e nei luoghi dove l’anima si nutre attraverso un libro, uno spettacolo teatro, un’opera d’arte, una semplice chiacchierata dopo un concerto musicale”.

“L’emozione di quest’anno è unica – afferma Cristina Dettù, Assessore alla Cultura - : rispetto al primo anno, quello di sperimentazione, e al secondo di conferma, oggi “A Cuore Scalzo” compie un salto coraggioso. E non solo perché lo fa in condizioni emergenziali ma anche perché punta su un progetto culturale nuovo per la Città. E l’emozione accompagna la convinzione che il festival, centrale nella nostra estate, sia punto di attrazione per artisti, appassionati, curatori ma soprattutto sia fucina di sapere, curiosità, conoscenza, educazione per tutti coloro che sapranno apprezzare l’arte tra i vicoli di una Città che è l’arte stessa”.  

Si invita a seguire i canali social facebook e instagram per rimane aggiornati.

Ufficio stampa Marcello Amante

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/01/2013 @ 23:21:53, in NohaBlog, linkato 3230 volte)

Cara amica ti scrivo e siccome l’anno è passato, di terra ancora ti parlerò. “Questo tuo libro - mi dici quasi sussurrando, - è presa di coscienza”. Parlare di coscienza per te è sacro. Mi sembra che tu abbia paura che qualcuno ci senta e pensi di te come ad una persona all’antica e lo bisbigli piano. Lo ripeti ancora che è presa di coscienza, a voce bassa . La coscienza, questa sconosciuta, è:

 …una grossa novità, l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va.
Continua così la canzone poesia del grande Lucio: “L’anno che verrà”. Poi ti fai coraggio e annunci ai nostri 25 amici che: “Cultura è solidarietà incondizionata, è educazione, è la famiglia, è l’esperienza degli anziani, la salute pubblica, l’acqua, l’aria, la terra, la scuola, i sentimenti, la condivisione, l’attenzione all’altro, il sacrificio per il bene comune, l’amore disinteressato, non discriminante”.

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione…
Si la trasformazione. Quella che molti amano esteriorizzare a spese della povera gente, dei giovani e del loro futuro.

…e tutti quanti stiamo già aspettando.
Cara amica mia, la presa di coscienza è scivolosa, è su di una strada irta di asperità, lunga quasi quanto una vita. Non sempre si compenetra con le ideologie. Le ideologie, che siano religiose o politiche, sono sempre sani principi, peccato però che ognuno le confonda con la propria im-maturità. Che delusione.
Cara amica mia, Marco è un ragazzo di Noha ed ha 27 anni. Suo papà ha fatto enormi sacrifici per farlo studiare all’università di Pistoia. I sacrifici di suo papà non sono briscole, tu sai che parliamo di rinunce forti, di denti rotti, di malanni trascurati, di mani gonfie, di ossa doloranti e di rughe profonde.
Mica come i sacrifici che (non) fanno i falsi profeti e seguaci di questa crescita infelice che mostra oggi più che mai tutta la sua impotenza. Quando un padre di Noha fa sacrifici è davvero sudore e sangue. Marco sognava di trovare un lavoro, ha studiato con profitto perché sperava. Adesso ha capito, dice guardandomi quasi con rabbia, che la colpa di questo suo fallimento è nostra. E indica me con l’indice della sua mano destra. Mi ferisce come con una pugnalata. Poveri figli nostri. Allora fanno bene tutti quei giovani come Tommaso, Anita, Antonella, Antonio, Tonino, Oreste, Alfredo, e tanti altri ancora, tutti laureati, mica "choosy" come si ostina a crederli qualcuno, a stendere nella piazza di Galatina i loro striscioni di protesta contro quest’ennesimo atto di bieca stupidità.

…ogni Cristo scenderà dalla croce…
Ho chiesto al mio Vescovo di invitare  i suoi sacerdoti, in nome del Vangelo, a condannare chi inquina senza scrupoli, facendo morire di malattie i miei amici. Gli ho chiesto di aiutarmi a capire chi sono i mercanti da cacciare dal Tempio, se quelli che gridano in difesa della salvaguardia della terra o chi si affanna a spargere tonnellate di morte nelle nostre campagne? Chi sono i violenti? Quelli che distruggono la Val di Susa e la sventrano con i carri armati o le famiglie che vi si oppongono disarmate in nome del dialogo?
Che tristezza amica mia.
Dagli altari nessun monito in difesa della terra che è la vita, che è Dio. Anzi spesso si tace e (ahimè) a volte si vuole  perfino far tacere.

Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno…
Per adesso stanno crocifiggendo la nostra terra. Nostra, ma soprattutto dei nostri figli e nipoti. Gli alberi di ulivo di mio zio, si lo zio Santo, Marti Santo, classe 1918, sono poco distanti da contrada Cascioni, temono la morte che scava, scava e cola cemento, ne sentono l’odore. A guardarlo ti si riempie il cuore di amarezza. Zio Santo, e prima di lui quattro secoli di famiglie, ha passato tutta la vita crescendo i suoi figli con molta dignità avvinghiato come l’edera a quegli ulivi che si ricordano della sconfitta dei Saraceni. Oggi è vecchio, onorevolmente vecchio. Vede poco, solo ombre, con cui rivive e racconta il suo passato. E’ quasi sordo, a volte piange altre volte sorride e quando canta la dentiera balla a ritmo della sua canzone.
Che dolcezza amica mia.

Anche i muti potranno parlare e i sordi già lo fanno.
Al consiglio comunale di Galatina e anche di Rivoli, la città in cui risiedo, tutti si riempiono la bocca di crescita, di ricadute occupazionali, di rilancio dell’economia. Ai suoi tempi chi aveva gli alberi di ulivo non andava via, restava a casa. Adesso non servono più, dicono che con l’olio non ci si guadagna più e la crescita felice richiede sacrifici. Felicità e sacrificio, due significati incompatibili. Allora via tutto, anche se ci sono voluti secoli per farli diventare opere d’arte, al loro posto è meglio un grande centro commerciale. Centro fuori dal centro e commerciale per pochi. Lo chiamano megaparco, grande parco, così si tacita la coscienza. Quanto durerà questo delirio, quanto lavoro darà questo scempio? Quanto, amica mia.

E senza grandi disturbi qualcuno sparirà.
Già.. quanti giovani e quanti Giovanni! Il dottor Serravezza e la sua splendida squadra di medici e infermieri che io stesso ho visto all’opera con grande umanità e calore mercoledì della scorsa settimana, al quarto piano, nel reparto di oncologia dell’ospedale di Casarano, continuano  imperterriti a curare i nostri cari ammalati di tumore, e con che amore li curano!  Da anni scrivono  del più alto tasso di mortalità per colpa del cancro nell’area tagliata dall’asse Lecce Maglie.  
Chi e cosa porta la morte fra la nostra gente, dottor Serravezza? E se fosse proprio colpa di questo falso  progresso? Per favore, aiutaci a capire.

Vedi cara amica cosa si deve inventare… per continuare a sperare.
Cara amica ti scrivo e del dolore della mia coscienza ancora ti parlerò  …e più forte ti scriverò.

Grazie Giuliana, grazie Lucio.

Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 21/05/2009 @ 23:19:52, in S.Maria della Porta, linkato 4190 volte)

pisanello-2.jpg S. Maria della porta nell’antico casale scomparso di Pisanello ed i suoi segreti. Pisanello fu un casale bizantino come si evince da un documento risalente al 1427 ed era ubicato tra Noha, Sogliano, Galatina, in una favorevole posizione viaria. La sua fondazione corrisponde alla tipologia insediativa “basiliana” che presuppone un ruolo di polo attrattivo svolto da un luogo di culto come appunto quello di S. Maria della Porta, di altre cappelle come S. Anna, presso il casale vicino di Pisano, S. Antonio, S. Maria di Cantalupo, S. Nicola, S. Eulalia, S. Maria della Candelora e di altre chiese rurali ormai scomparse che crearono nella zona una vasta trama di sedi di culto.
Una stele con una iscrizione messapica del IV secolo a.C., trovata nel 1882 ed attualmente visibile al museo civico Cavoti di Galatina, i resti di vasi in terracotta rinvenuti nella zona e la presenza di frammenti di ceramica risalenti allo stesso periodo ritrovati in un campo posto ai confini di ponente della contrada di proprietà della famiglia Giannini, ci possono far pensare ad un insediamento messapico nella zona. Infatti l’enorme quantità di frammenti, la varietà delle fatture dei vasi, la loro concentrazione fanno presumere che in questa zona poteva esistere una fornace con centro di vendita oppure un grosso centro commerciale distrutto per cause ignote . pisanello-1.jpg
Una leggenda vuole il passaggio di S. Pietro in questa contrada. L’apostolo, provenendo da Otranto, avrebbe sostato e riposato su di masso esistente nella zona. Anche le leggende, però, vanno alimentate, così il celebre vescovo di Otranto, ma dimorante a Galatina, Gabriele Adarso De Santader nel 1670 trasferì questa pietra dalla contrada dove si trovava alla chiesa matrice dove attualmente è conservata, lasciando sul posto una colonna con l’iscrizione memoriale ” hic S. Petri defessi levamen ” qui riposò le stanche membra l’apostolo Pietro.
Il De Giorgi inoltre attribuisce la distruzione del casale ai soliti saraceni; interessante a questo proposito una graziosa filastrocca raccolta dal Casotti nel libro “Opuscoli rari” edito a Firenze nel 1874, ed alludente alle “acchiature “ cioè i tesori nascosti del territorio: ” Pisano e Pisanello distrutti fur dai mori sotto l’altar maggiore si trovano i tesori “. Questo episodio può essere avvenuto nel V secolo con le guerre gotiche oppure nel 944 per opera di pirati algerini, oppure di mori che altro non sono che i turchi i quali, conquistato Otranto nell’ agosto del 1480, rivolsero le attenzioni con brevi scorrerie all’interno del territorio salentino. In una di queste incursioni, in cui perse la vita il conte Giulio Antonio Acquaviva di Conversano il 7 Febbraio del 1481 , vennero messi a fuoco non solo Soleto e Galatina, ma anche tutti quei piccoli casali senza mura che, da quel momento in poi, rimangono disabitati. Non a caso dalle visite pastorali e dai sinodi otrantini che vanno dall’inizio del XV secolo fino alla fine del XVII il casale Pisanello è riportato come loco inabitato.
Dai registri angioini il casale risulta infeudato fin dal tempo di Carlo I d’Angiò che lo aveva concesso a Boemondo Pisanello e che alla sua morte era passato al figlio Guglielmo il 13 Settembre 1275. Succeduta al padre Guglielmo, Caterina Pisanello nel 1329 porta in dote al marito una vasta baronia che oltre a Pisanello comprendeva Alliste, Felline e quote di Carpignano, Tutino, Puzzomanno, Pisignano ecc.. Durante il XIV secolo Pisanello era incluso nei territori di Gualtiero VI di Brienne conte di Lecce, nel 1353 fu infeudato a Filippo di Altomonte, successivamente nel XV secolo agli Alami. Nello stesso secolo passò a Luigi Dell’Acaia poi a Vincenzo e Antonio De Noha, anche se nel 1489 Antonello De Noha, indebitato per oltre 104 ducati verso i fratelli Zaccaria di Venezia, subisce il pignoramento di Pisanello e Noha . La famiglia d’Acaya lo possiede fino al 1525.
Le nozze tra Adriana De Noha e Girolamo Montenegro mutarono l’intestazione feudale a nome dei Montenegro. Dopo un breve possesso di Orazio Guarini, che aveva acquistato Pisanello nel 1606, il territorio entrò a far parte della vastissima baronia degli Spinola con Galatina , Soleto, Noha, ecc. Da un documento presente nell’archivio di stato del notaio Emilio Arlotta del 22 Luglio 1906, registrato al n° 93 del repertorio generale ed al n°610 dello speciale, relativo alla domanda di separazione di Noha dal comune di Galatina, risulta che Noha ebbe autonomia comunale fino al 1811, quando venne fagocitata dalla potente Galatina. Dal documento si evince anche che Pisanello, suffeudo di Noha sin dal 1200 fino all’epoca catastale, ha gli stessi diritti del feudo di Noha a cui era legato. Infatti molti documenti del casale di Pisanello sono legati alle vicende del feudo di Noha, come risulta da un documento di un contratto del 1439 con il quale Boezio De Noha compra dal principe Giovanni Antonio Orsini Del Balzo i possedimenti di Sava e Giurdignano avendo già Pisanello, Villanova, Alliste, Felline ecc. e in questa direzione vanno fatte le prossime ricerche. Passando ora alla descrizione della cripta di S. Maria della Porta faremo alcune congiunture che sono ancora da verificare. La cripta situata lungo una strada campestre a pochi centinaia di metri dalla strada statale 476 è di proprietà delle sorelle Gaballo, ha l’invaso originale non più visibile. Questo invaso si potrebbe trovare sotto od attorno all’attuale complesso architettonico, costituito da un chiostro scavato e da una chiesa in muratura, datata 1889, con copertura a cupola di forma circolare. Sicuramente il chiostro di quello che doveva essere un cenobio basiliano scavato nel tenero tufo sul finire del XIX, secolo come abbiamo visto dall’iscrizione presente sul mosaico della chiesa circolare, diviene un cosiddetto giardino di delizia, prova ne sia appunto il mosaico che ricopre non solo la chiesa ma anche il chiostro con la presenza di gradino sedile, fontane e ninfei fatti con le conchiglie. Il cenobio basiliano era nell’attuale zona della chiesa che stranamente ha una forma circolare che ben si adatta alla zona dell’ingresso dell’antico monastero. Attualmente rimangono a testimoniarlo tutt’intorno alla chiesa un’intercapedine che, dietro all’altare, sembra portare ad un corridoio o “dromos” ed alle cellette dei monaci. L’antica cripta doveva avere tre navate divise in nove campate da quattro pilastri come nella cripta di S.Salvatore a Giurdignano. Inoltre la cripta, come altre chiese di rito greco, doveva essere triabsidata e con un’esposizione est-ovest.
Non ci sono tracce di arredi litoidi, iconostasi od altro tra “bema” e “naos”. Il chiostro con la chiesa si trova cinque metri sotto il piano della campagna e con l’edificazione del complesso edilizio di cui abbiamo riferito ha subito notevoli trasformazioni e, purtroppo, danni da parte di vandali o tombaroli poco attenti verso questo bene storico.

autore: Raimondo Rodia
Fonte: http://galatina.blogolandia.it

 
Di Albino Campa (del 27/06/2011 @ 23:16:26, in NohaBlog, linkato 4243 volte)

Eccovi di seguito il primo di due articoli a firma di quel "mangiapreti" che risponde al nome di Antonio Mellone apparso nel volume: AA.VV., Giudizi sull'opera e l'eco della stampa - D. Mario Rossetti - Un sacerdote della comunità galatinese, Panico Editore, Galatina, 2011

Non ricordo più l’occasione in cui ho conosciuto don Mario Rossetti. Ho ben chiaro soltanto che l’amicizia che mi lega a questo giovane prete che sta per celebrare sessant’anni di messa è come se ci fosse sempre stata.

 Mi sovviene il fatto che anni fa un mio amico di Noha, Marco D’Acquarica, un tecnico elettromeccanico esperto di campane e campanili, mi disse di essere stato contattato per dei lavori alla torre campanaria della chiesa di Santa Lucia di Galatina. Servivano alcune riparazioni all’orologio e all’automazione elettrica dei marchingegni che producono i rintocchi delle campane di quel tempio, e soprattutto la loro messa in sicurezza. Ricordo che in quel periodo, curioso com’ero (e sono), su mia richiesta salii con lui su quel bel campanile e ricordo anche di avervi visto e toccato con mano una vecchia campana un po’ “rosicchiata” sull’orlo: era la campana di Pietro Olita del 1850, di cui avevo già letto qualcosa in una delle guide verdi su Galatina edite da Mario Congedo. Mi disse anche che il rettore di quella chiesa era tale don Mario Rossetti: “…una persona squisita, propriu nu bravu cristianu, ‘na pasta de mendula”, un sacerdote che, tra l’altro, era rimasto molto contento della sua opera alle campane, all’orologio e a tutto il resto, e che – cosa non sempre scontata, anche in ambienti ecclesiali – aveva pagato puntualmente fino all’ultimo centesimo tutto il lavoro addirittura ancor prima che fosse terminata la sua esecuzione.
 Così continuava a dirmi Marco: “Non solo: oltre ad offrirmi ogni giorno il caffè al bar, alla fine dei lavori don Mario mi ha anche regalato un libro sulla chiesa di San Sebastiano. Cuarda cce bellu!”. E mi consegnò (in prestito) un bellissimo testo con copertina e custodia rigida, rilegatura in tela blu e sovra-copertina con le immagini a colori di San Sebastiano. Questo volume dal titolo “La parrocchia di San Sebastiano Martire in Galatina” era scritto e curato da don Mario Rossetti stesso ed era uscito dai torchi di Panìco, editore galatinese, nel 1996. Ma al bibliofilo, come il sottoscritto “si crede di essere”, pur non sfiorando la bibliomania, non basta la consultazione di un testo, è necessario anche il possesso del libro ricercato, possibilmente da annoverare tra le altre “conquiste” da inserire nella propria libreria o per dirla ampollosamente biblioteca privata. Chi vuole ottenere qualcosa, se s’impegna, alla fine quasi sempre consegue l’obiettivo. Sicché, davvero non so come, da lì a poco riesco ad avere questo libro tutto per me.
 Ma i libri sono come le ciliegie, uno tira l’altro, e nel 2008 ricevo dalle mani dello stesso autore don Mario anche lo stupendo: “La chiesa di Santa Lucia in Galatina”, libro che poi recensii su “il Galatino” del 29 febbraio 2008, esaltandone il profumo. Sì, i libri hanno un loro caratteristico profumo. In quel caso il profumo gradevolissimo non era soltanto quello della carta e della stampa: in quelle pagine c’era (ed io lo sento ancora) anche il profumo dell’incenso, il profumo dei fioretti e delle rose (come quelle di Santa Rita che nel mese di maggio si distribuiscono ai fedeli galatinesi), il profumo della terracotta e della ceramica con cui furono impastate le statue che si affacciano benedicenti dalle nicchie del frontespizio della chiesa, il profumo del sudore di chi costruisce chiese, restaura, tinteggia pareti di opere parrocchiali, e infine il profumo di chi fatica senza mai dare segni di stanchezza, e semina per poi lasciare agli altri il raccolto: proprio come usa fare don Mario.   
 Da allora (sebbene saltuariamente) incontro don Mario nella sacrestia della sua chiesa di Santa Lucia. Ci scambiamo volentieri alcuni punti di vista e sovente alcune pubblicazioni. Io gli ho donato qualche libercolo scaturito dalla mia penna (a volte incontinente) come quei volumetti che hanno quali “personaggi ed interpreti” proprio dei preti. Pur non essendo un “clericale” (ma quando il diavolo si diverte non ci puoi far nulla!) m’è capitato di scriverne addirittura tre: uno nel 2003 su “Mons. Paolo Tundo, arciprete di Noha”; uno nel 2007, per i tipi di Infolito Group, dal titolo “Scritti in onore di Antonio Antonaci” (su un altro gigante della cultura e della storia patria, vivo e vegeto, “il Monsignore per antonomasia”, come dice don Paolo Ricciardi), e, infine, impresso da Panìco nel 2008: “Il sogno della mia vita – appunti inediti, trascritti (all’insaputa dell’autore) ed annotati a cura di Antonio Mellone” (si trattò, in quest’ultimo caso, di un dono per i 60 anni di sacerdozio di don Donato Mellone, zio dello scrivente).
 Ho sempre detto a don Mario che non solo gli archivi parrocchiali, ma anche e soprattutto i cassetti privati dei sacerdoti (e invero di molti altri cittadini) sono pieni zeppi di lettere, immagini e documenti che sarebbe giusto e pio che diventassero in qualche modo di pubblico dominio, e questo da un lato ad maiorem Dei gloriam e dall’altro ad augendam scientiam.
 Purtroppo sovente molti di questi cassetti rimangono chiusi a chiave, e non saprei dire se a causa di una naturale ritrosia o non invece, più frequentemente, di una falsa modestia ovvero di una chiusura mentale che sfiora la gelosia delle proprie cose. Non è la prima volta, né l’ultima, che il sottoscritto – nel tentativo di richiedere documenti per poi scriverne, al fine di contribuire bene o male alla ricostruzione della micro-storia locale (la quale ormai ha la stessa dignità della macro-storia o storia generale) - ha sperimentato il “gran rifiuto”, che a volte lascia il retrogusto della porta sbattuta in faccia…
 In questo momento ho per le mani il menabò di un libro monumentale che sta per uscire dalle macchine del bravo Panìco Editore con il titolo: “Don Mario Rossetti – Un sacerdote della Comunità Galatinese”, scritto dalla prof.ssa Domenica Specchia, insegnante di Storia dell’Arte. Significa che, a semplice richiesta dell’autrice, don Mario non avrà sbattuto porte in faccia a nessuno ma aperto generosamente i suoi archivi e soprattutto il suo cuore a chi, con i suoi flash, sa dare un volto alla Storia (scritta ormai con la maiuscola).
 Ora, quando qualcuno ti consegna un menabò è come se ti stesse recapitando qualcosa di più di un libro finito e non qualcosa di meno. Ti sta dando, infatti, la possibilità di sfogliarlo in anteprima e anche possibilmente di metterci il becco, di darne un giudizio, di usare la penna rossa o blu ove dovesse occorrere. Ma diciamo subito che qui non c’è stato bisogno di usare né penna né matita: quelle poche sviste (croce e delizia di chiunque si accinga a scrivere) erano già state intercettate.
 Questo menabò in bianco e nero, dunque, è già bello, così com’è: ricco di inedite foto d’epoca con accurate didascalie, documenti introvabili altrove, informazioni sulla chiesa pre-conciliare (per dirne una, apprendiamo che per le confessioni o per una benedizione solenne con indulgenza plenaria un tempo non era sufficiente essere sacerdoti ma era necessario avere un patentino od un’autorizzazione scritta dall’ordinario diocesano), e sulla chiesa post-conciliare (con il nostro don Mario finalmente in clergyman): sono tutte tessere preziose del mosaico della vita di un uomo chiamato dal suo Dio a diventare Suo testimone, Suo sacerdote, Suo costruttore di chiese, attraverso l’utilizzo di mattoni, calce, cemento, certamente, ma soprattutto di “pietre vive”.
 E se è già bello il menabò, figuriamoci quanto magnifico sarà il “prodotto finito”.
 Domenica Specchia ha voluto produrre dunque uno “scritto in onore” di Mons. Mario Rossetti (io ho saputo che fosse un Monsignore soltanto dal risvolto di copertina dei suoi libri, e ne ho avuto la conferma dalle foto e dai documenti riprodotti in questo menabò: dai colloqui con don Mario non l’avrei mai saputo).
 Lo “scritto in onore” è un pizzico diverso dallo “scritto in memoria”. Lo scritto in onore è per chi è presente, per chi ti può ascoltare e leggere, è valore, è accortezza, direi anche lungimiranza, è vivere il tempo di una interpretazione autentica che si realizza attraverso il dialogo con l’interessato. Lo scritto in memoria invece è una anamnesi, un rincorrere chi non c’è più, un fargli sapere a scoppio ritardato che forse valeva la pena condividere con lui un tratto di strada. 
 Domenica Specchia sembra volerci dire con questo volume (questo insieme agli altri suoi, numerosi e belli) che certamente una città può ricordare un suo figlio con un monumento, con l’intestazione di una strada, con lo scritto, ecc.; ma perché non parlarne o scriverne finché si è in tempo? Perché non dire grazie a chi è ancora nostro prossimo? E “prossimo” non è chi è lontano, nel tempo e nello spazio; il prossimo è chi ci sta accanto; chi ci tocca, ci parla, ci ascolta ancora.
 Aggiungiamo a mo’ di conclusione di queste note, che gli scritti della Specchia sembrano nascere tutti da una convinzione secondo la quale la bellezza di un luogo (o di una persona) non “basta” se non è fissata su di un supporto: le parole e le immagini di una terra e dei suoi uomini, cioè, bisogna per forza sfregarle su una carta – anche stavolta a colori, bella e patinata – se no se ne volano.
 Accade spesso di ignorare i tesori a noi vicini, forse perché nascosti o forse perché su di essi non si è mai fermata la superficiale attenzione degli uomini, che cercano lontano le cose belle, proprio perché non sospettano neppure che esse siano tanto vicine a noi. Le opere d’arte galatinesi (architettoniche, pittoriche, scultoree, e soprattutto quelle umane e vive) sono tra le più belle del mondo, e non meritano le amnesie e la trascuratezza degli uomini, che in questi nostri tempi infausti sembrano attratti soltanto dai carrelli della spesa stracolmi di inezie o dalle televisioni di non so più quanti pollici sintonizzate dalla mattina alla sera su trasmissioni continue di corbellerie.
 Ecco perché è nato questo nuovo libro di Domenica Specchia: un bel catalogo su quell’opera d’arte che è la vita di don Mario.
 
Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 14/08/2023 @ 23:11:13, in Comunicato Stampa, linkato 417 volte)

Se agosto è per antonomasia il mese che incarna l’estate, la festa che rappresenta, più di ogni altra, la movida salentina è, certamente, “I Love '80 & '90 Party”, la quale quest’anno si caratterizzerà per una “novità” sostanziale: il mattatore della serata sarà FARGETTA, un DJ che da oltre 30 anni riempie piazze e dancefloor, cavalcando mode, temperie e gusti come se il tempo fosse concetto relativo, stimolo e non limite, che è un animale da palco dietro la consolle, una voce amica e certa quanto i suoi mix sulle frequenze di radio M2o e Radio Deejay.

Apriranno il concerto le CRAZY DOLLS, un trio tutto al femminile che ci condurrà in un viaggio nel passato tra i brani che hanno segnato un'epoca, i fantastici anni 80 e 90.

Tra i fantastici ospiti avremo ALAN SORRENTI, al contempo uno dei cantanti italiani più famosi al mondo e un vero outsider. Uno sperimentatore progressivo e avanguardista, ma anche l'autore di alcuni dei più grandi successi tricolore di tutti i tempi come "Figli delle stelle" del 1977 e come ”Tu sei l’unica donna per me” con la quale vinse la sedicesima edizione del Festivalbar del 1979.

Avremo poi DOUBLE YOU con la sua canzone “Please Don’t Go”, un brano simbolo di una generazione e degli anni ’90, un evergreen della musica, una canzone che ha permesso al gruppo eurodance italiano di conquistare le classifiche vendendo la cifra record 3 milioni di copie.

Ci saranno i ragazzi di PARTY SALENTO, lo spettacolo che racconta e fa rivivere la storia della musica italiana e Internazionale dagli anni 70 ai giorni nostri, con i videoclip originali e spettacolari scenografie.

Sul Palco Dj, Vj, Animatori, Cantanti, Ballerini, Musicisti, Performer… Uno Show tutto da Ascoltare, da Vedere e da Ballare…

Closing Party Dj Set, per il secondo anno consecutivo, a cura di Jt Taranox, al secolo LUCA TARANTINO, un DJ producer classe 1996 che vanta al suo attivo già numerose collaborazioni con artisti di spicco del panorama pugliese come: Sud Sound System, Mama

Marjas, Apres La Classe passando per le radio locali ma anche nazionali come radio 105 , M2o, Radionorba. In poco più di un anno ha incrementato le sue collaborazioni con artisti del calibro come: Sergio Sylvestre, Ackejuice Roockers ed artisti internazionali come: Raf e Alborosie, pubblicando singoli per major come Universal e Sony.

Insomma un evento, unico nel suo genere, che sin dalla sua prima edizione, ha riscosso un notevole successo e si è ormai attestato come un appuntamento fisso che si aspetta con enfasi    per    le    novità    e    le    sorprese    che    ogni    anno    riesce    a    riservare. Per una notte sarà come ritornare nel ventennio che ha segnato l’infanzia e giovinezza di coloro che, nati tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70 riuscivano a divertirsi con niente: un pallone, ma anche un pezzo di gesso per disegnare una campana, o una corda da saltare.

Una festa ricca di musica, moda e tendenze rigorosamente anni 80/90. Un viaggio indietro nel tempo, nella storia, nel ventennio che ha coinvolto e “sconvolto” intere generazioni. La macchina del tempo è pronta… mancate solo voi!!!

Quelli di Piazza San Pietro 2.0

 
Di Antonio Mellone (del 27/05/2013 @ 23:10:45, in NohaBlog, linkato 5395 volte)

Due seminaristi di Noha al servizio di papa Francesco Due seminaristi di Noha al servizio di papa Francesco

Il mio pallino è da sempre quello di rintracciare personaggi, accadimenti ed altre cose belle di Noha cercando di sfregarle sulla carta perché rimangano fisse, scripta manent, e non se ne volino, verba volant, al primo alito di vento, o al primo cinguettio o tweet (come con inflazionato inglesismo s’usa dire di una frase di massimo 140 caratteri lanciata nell’arcinoto social-network).  

Stavolta ho il piacere di parlare di un evento storico molto importante per la chiesa del Salento (e del mondo intero) come quello del 12 maggio scorso, allorché papa Francesco, in una piazza San Pietro gremita fino all’inverosimile (c’erano più fedeli che sanpietrini) proclamava santi i nostri Antonio Primaldo e Compagni, che tutti ormai venerano comunemente come i Santi Martiri di Otranto.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoMa il fatto straordinario di cui vorrei parlare non è tanto (o solo) la canonizzazione di personaggi storici della nostra terra, quanto il fatto che a servire la messa solenne del papa v’erano, tra gli altri, anche due bravissimi ragazzi di Noha, due seminaristi, Luigi D’Amato e Giuseppe Paglialonga, attualmente studenti (e sappiamo pure con profitto) di Teologia e Filosofia presso il pontificio seminario regionale “Pio XI” di Molfetta (pio collegio che ha “prodotto” pastori di gran prestigio, sacerdoti e vescovi, ma anche professionisti e uomini di importante levatura sociale), dopo aver frequentato, sempre insieme - e con soddisfazione da parte tutti, primo fra tutti l’ordinario diocesano - il seminario arcivescovile di Otranto (istituto ecclesiastico rinomato dal Settecento in poi per la floridezza degli studi e la bontà dei giovani avviati al sacerdozio).

Luigi e Giuseppe sono, dunque, due tra le perle più preziose di quello scrigno di tesori che è la gioventù nohana. Affatto diversi nella loro figura fisica, nel taglio della loro personalità, ma probabilmente non in quello delle loro aspirazioni, sempre pronti a salutarti cordialmente e con un sorriso, Luigi e Giuseppe hanno scritto e siamo certi continueranno a scrivere pagine importanti della Storia di Noha.

Ci sarà certamente il tempo (ora è fin troppo presto data la loro giovane età) per profondersi in biografie, stilare articoli sul loro curriculum vitae, vergare “scritti in onore” di questi due personaggi local con vocazione global (anzi universal, o, meglio, celestial), dandone i giusti colpi di scalpello nell’abbozzo di un loro profilo.

Qui però mi sia consentito di ricordare brevemente un paio di episodi che rispettivamente li riguardano.

Il primo è questo.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoTempo fa accompagnai Luigi D’Amato a Galatina nella casa di un mio amico, il compianto Prof. Mons. Antonio Antonaci, per far conoscere l’uno all’altro: ci tenevo (evidentemente per la stima che nutro nei confronti di entrambi). In quell’occasione il professore non parlò molto, affetto com’era da un principio di depressione senile cronica (che lo accompagnò fino al giorno del suo congedo da questa vita che ebbe termine il 26 settembre del 2011); tuttavia alla fine di quell’incontro il professore ebbe modo di donare a Luigi uno dei suoi numerosi capolavori: lo stupendo volume dal titolo “Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo – cappuccino - arcivescovo di Otranto (1930 - 1952)”, un libro di oltre 400 pagine sulla vita straordinaria di un vescovo santo che ha operato nella nostra terra durante “gli anni ruggenti” che vanno dal periodo fascista alla ricostruzione post-bellica. Orbene, in una delle prime pagine di questo tomo - il cui testo si legge scorrevolmente come un racconto senza tuttavia divenire un romanzo - Mons. Antonaci, prima dell’autografo, vergava di proprio pugno una dedica al nostro seminarista appellandolo (con molte probabilità profeticamente) don Luigi. In quell’occasione mi parve di cogliere in Luigi, anzi in don Luigi (e credo di non essermi sbagliato), un certo compiacimento, se non proprio un cenno di approvazione.

Il secondo fatto che vorrei menzionare riguarda invece Giuseppe.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoRicordo molto bene questo poco più che imberbe ragazzino beneducato e molto attento, oltre che sempre presente nelle prove o nel corso delle liturgie in cui mi capitava di suonare (con o senza il coro) l’organo a canne di Noha. Orbene, Giuseppe osservava in silenzio e sembrava assorbire come una spugna le tecniche ed i segreti di quella vera e propria orchestra che è l’organo elettromeccanico nohano, le combinazioni dei suoni, dei suoi timbri e registri, l’uso dell’“acceleratore” del “crescendo”, i pulsanti ai pedali, e via di seguito.

So che certe cose si aggrappano all’infanzia come ami nella carne per non staccarsene più; non saprei dire, però, con certezza se io sia stato protagonista in positivo (nel senso che Giuseppe, da buon osservatore nohano, abbia “scoperto” e quindi iniziato ad amare la musica, e soprattutto quella celestiale e sublime, commovente e magnifica di un organo a canne anche grazie a me), oppure in negativo (nel senso che osservando e soprattutto udendo il sottoscritto suonare l’organo con i piedi – ma nel senso metaforico del termine, in quanto un organo si suona pure con i piedi – dunque nel peggiore dei modi, abbia reagito alla violenza provocata ai suoi timpani, oltre che al decoro che si deve all’arte ed al senso estetico, studiando invece seriamente la musica organistica, e giacché c’era anche il canto, onde evitare il ripetersi nel mondo di certe performance melloniane). Sta di fatto che oggi, nell’un caso o nell’altro, Giuseppe Paglialonga è un bravo ed apprezzato organista, oltre che un cantante dalle indiscusse doti canore.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoMa ritorniamo in piazza San Pietro (ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato - o dal seminario) ed a quelle immagini in mondovisione che hanno proiettato davvero su tutto l’orbe terraqueo, oltre a tutto il resto, anche i nostri due conterranei intenti l’uno, Luigi, a reggere il pastorale del papa (che per essere precisi si chiama “ferula”) e l’altro, Giuseppe – se riesco a veder bene nella foto - catino, brocca e forse anche manutergio per l’abluzione rituale (cioè la lavanda delle mani che avviene nel corso della messa durante l’offertorio e dopo la comunione).

Assisi proprio a pochi metri dalla sedia del papa, i nostri due impettiti seminaristi sono stati impeccabili. Il maestro delle cerimonie pontificie, il rigoroso e apparentemente imperturbabile Mons. Guido Marini (genovese, da non confondere con il prefetto suo predecessore fino al 2007, Mons. Piero Marini, pavese) non avrà faticato molto, né sprecato molto fiato nelle istruzioni da dare ai nostri ragazzi: Luigi e Giuseppe saranno apparsi agli occhi del cerimoniere pontificio come i più navigati liturgisti vaticani, grandi esperti di sacra liturgia, delle sue leggi e regole (e soprattutto delle tre P richieste a tutti i chierici, e cioè la pietà, la pazienza e la precisione) apprese certamente in seminario, ma anche e soprattutto in quella vera e propria scuola-guida che è la parrocchia di Noha.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoIn conclusione o ad integrazione di queste note, a me (ma sono certo anche ai miei venticinque lettori) piacerebbe conoscere i sentimenti, l’emozione e l’impressione provati dai nostri due baldi giovani a proposito di questo avvenimento che rimarrà indelebilmente scolpito nel loro animo per tutta la vita. Mi piacerebbe leggere (magari su questo stesso sito) i loro pensieri in merito, i risvolti e la cronaca particolare della cerimonia, il contatto con papa Francesco, i dettagli dell’evento e anche il “dietro le quinte” di questa occasione storica e straordinaria.

Nell’attesa di tutto questo, auguro a Luigi ed a Giuseppe, sicuro d’interpretare anche il pensiero di molti, tutto il bene di questo mondo, qualunque sarà la loro scelta.

Auguro loro di ascoltare e di mettere in pratica i messaggi forti di questo papa evangelico, dunque “rivoluzionario”, che dice papale papale (appunto!) che la chiesa di Cristo non ha titoli da concedere né onori da distribuire ai vanitosi del mondo, ma solo servizi da chiedere agli umili della terra, riaffermando con determinazione le parole di Luca (17,10): “Quando avrete fatto tutto il vostro dovere dite: siamo servi inutili”.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoAuguro loro di abiurare il dio del perbenismo di facciata, il dio del potere corrente e mafioso, il dio delle convenienze, delle compiacenze e dei privilegi, il dio di comodo ed il dio denaro. Auguro loro, invece, di credere, accogliere, predicare e donare agli altri il Dio nudo, forestiero, crocifisso, emarginato, diverso, precario e disoccupato, il Dio che inorridisce davanti ad ogni schifezza compiuta specialmente dentro le mura del tempio, il Dio che dà senza aspettarsi nulla in cambio, il Dio delle gerarchie, quelle vere che non hanno bisogno di gradi, il Dio che ha fame e sete di giustizia, il Dio della strada stretta, tortuosa, in salita, difficile, accidentata, il Dio dei poveri cristi, il Dio di una chiesa dell’intra omnes e non quello dell’extra omnes.

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Alla fine di questo percorso auguro loro - se sarà questa la loro Vocazione - di caricarsi anche del fardello del pastorale (se non proprio quello di una ferula papale: mai porre limiti alla divina Provvidenza), impugnandolo tuttavia non in qualità di caudatari, ma, possibilmente, in qualità di titolari.

Sempre, però, sulle orme di Francesco.

Antonio Mellone
 
Di Albino Campa (del 21/09/2011 @ 23:07:32, in Recensione libro, linkato 3202 volte)

Se c’è una cosa in libreria che mi dà il voltastomaco e mi fa stringere i pugni e digrignare i denti e che inevitabilmente a priori mi porta a non acquistare un libro è vedere quelle maledette fascette colorate avvinghiate alle copertine, come sanguisughe che ne azzoppano il fascino decimandone la capacità seduttiva. Scelte editoriali alquanto discutibili perché, diciamocelo francamente, bisogna essere alquanto sempliciotti per scegliere un libro solo per il fatto che milioni di persone l’abbiano già letto, o perlomeno acquistato, prima di noi oppure che l’autore abbia già scritto quel tale romanzo. 

Detto ciò, il libro che intendo presentarvi mi è stato regalato e come tale non poteva non avere un’orrenda fascetta gialla, che tra l’altro stona tantissimo con la copertina, che già di per sé non è il massimo. Io non l’avrei acquistato per i motivi di cui sopra, ma per fortuna esistono gli amici che a Natale non si dimenticano di noi. Potete quindi immaginare la faccia che ho fatto quando l’ho tirato fuori dalla carta regalo e orgoglioso me lo sono portato sotto il naso: era come se si ostinassero a gettare secchiate di rabbia e tristezza sul mio volto al solo scopo di distorcerne i lineamenti in una smorfia di disgusto. Fatica inutile però: vi sareste aspettati come minimo un urlo, un lancio fuori dalla finestra o in pasto a qualche cane o gatto, e invece ho riso di gusto leggendo le tre righe stampate su quella odiosa fascetta gialla: “I milanesi sono tosti come i rovi negli anfratti ed hanno ben donde d’esserne fieri, ma un salentino a Milano è un girasole in cantina”.

Solo per questa ragione non l’ho strappata quella orribile fascetta, ma non la potevo nemmeno lasciare lì dov’era per una questione di coerenza: quindi l’ho usata come segnalibro e mi ha accompagnato di pagina in pagina nella piacevole lettura di “Lecce – Ravenna. Andata e ritorno” di Maurizio Monte (Edizioni Clandestine, pp. 152, 2006). L’ho letto d’un fiato e mi ha fatto ridere, sognare, riflettere e anche piangere. E mi è venuto da pensare che delle volte un libro è in grado di sceglierti tra milioni di lettori, magari ti indica con l’ausilio di qualche fascetta colorata e tu gli corri incontro, lo apri e ti lasci accarezzare dalle storie che scorrono impetuose tra le sue righe.

Il libro di Monte l’ho fatto mio, me ne sono impossessato a tal punto che Demenzano, il paesetto dell’estremo sud-est Italia in cui è cresciuto il protagonista del romanzo, è diventato il mio paese; mi sono identificato nei giovani che vivacchiano nella piazza assolata, spaesati, aspettando che il lavoro li caschi sui piedi e che un bel giorno decidono di prendere il primo treno per il Nord. Allora scappano via ricolmi di odio per quella terra che dopo averli cresciuti ora non è in grado di regalarli un futuro e li abbandona per strada. Partono certi di non voler far più ritorno a casa, sicuri di riuscire a dimenticare.     

Quello che ci racconta il brindisino Monte, con uno stile abbastanza ricercato e mai banale, è una favola (con morale esplicita) che noi salentini conosciamo bene e che ha come titolo “emigrazione”. È la storia di un certo Saverio che è costretto a scappare dalla sua terra, a sfuggire a quel circolo vizioso che si chiama precariato. Arrivato a Ravenna però la nostalgia inizia a scavare tra i sui ricordi e porta a galla suoni, odori, immagini, sentimenti di un estremo sud che non aveva mai apprezzato appieno, ma che ora nella caotica città emiliana rappresentano il miraggio che gli da la forza per andare avanti.

Un mélange di aneddoti, descrizioni minuziose e intelligenti aforismi, con contorno di denuncia sociale, fanno di questo romanzo un libro che vale la pena leggere. Pazienza per la fascetta colorata!

Michele Stursi
 
Di Antonio Mellone (del 06/05/2013 @ 23:06:07, in NohaBlog, linkato 3080 volte)

Per questo benedetto Mega-parco di contrada Cascioni da colare in breve tempo nella bellissima campagna intorno a Collemeto, sono stati usati svariati Mega-pixel di amenità su alcuni siti internet locali, tanto che non si sa più cosa pensare.

Tranne Noha.it, che “per fortuna non consulta nessuno”, e qualche altro blog semiclandestino, nessun altro sito comunale sembra stia rompendo l’anima ai tranquillissimi galatinesi ed al loro silenzio-assenso con la storia di questa Mega-cazzata. Anzi.

Non avendo il nostro sito la velleità di fungere da clone dell’Incensiere della Sera on-line, o di altri tromboni, e non curandoci noi altri delle pseudo-invettive di qualche sparuto consigliere comunale dal coraggio alla don Abbondio e dalla sintassi malferma, possiamo permetterci il lusso di parlarne senza il bisogno di scappellarci di fronte ai signori del potere del Mega-inciucio, ormai vivo e vegeto e con tanto di supporters anche a livello comunale grazie proprio alla magica Pantacom.

Ma questa non è che la prima delle magie del taumaturgico Mago-parco (che farebbe impallidire, come vedremo, addirittura il campo o il parco dei miracoli del gatto e la volpe del Collodi).     

Politici (ormai senza più codazzo), economisti, blogger, giornalisti-iscritti-all’albo, artigiani, commercianti pentiti, folle di martiri dalla firma pronta, disperati alla canna del gas, narratori e poeti (per i quali il naufragar è dolce in questo mare di cemento) si son messi a magnificare le potenzialità prodigiose quasi soprannaturali della polverina bianca o grigia (ci riferiamo al cemento e non ad altri tipi di polverine) da utilizzare per quest’opera faraonica in grado di risolvere in poco tempo i problemi di tutti.

Sicché grazie a questo Mago non parco di “ricadute” e “volani per lo sviluppo” ci sembrerà di vivere nel paese del bengodi, senza alcun problema di sorta pronto ad assillarci.

A pensarci bene qui è tutto un magia, un miracolo, un prodigio portentoso (e non stiamo certo parlando dell’unione destra e sinistra: questa è roba arcinota e vecchia da decenni). Qui il vero fenomeno soprannaturale è il fatto che, a quanto pare, sia sufficiente una Pantacomica qualsiasi, senza soldi, e pure inattiva (ma a condizione che sia dei Perrone, da non confondere con i Mellone), una società in cui i soci abbiano investito ben 35.000 euro di soldi propri in capitale sociale, ridotto per perdite a poco più di 3.000 euro (ma cosa vuoi che siano queste inezie da legulei o da ragionieri pidocchiosi di fronte alla meraviglia della “nuova occupazione”), una “limitata” senza alcun dipendente, senza alcuno straccio di garanzia o credenziale, senza alcun fido bancario in essere, possa effettuare un investimento di decine di milioni di euro e darci un bel po’ di capitali finanziari e posti di lavoro. 

Sì, questi spenderanno milioni di euro attinti ovviamente dal pozzo di San Patrizio, e dunque “verranno a portarci ricchezza”. Tanta. Certo, come no. Non vedono l’ora.

Non ci dormono la notte, questi signori, per portarci la ricchezza un giorno sì e l’altro pure e soprattutto la fine della disoccupazione frizionale (anzi frazionale). Non sanno come fare per arricchirci nel migliore dei modi. Magari alle casse, anziché farcela pagare, ci doneranno pure un bel po’ di merce (rigorosamente 3X2), oltre ad un sacchetto con un po’ di moneta contante: insomma soldi a palate, anzi soldi e patate (patate di Galatina prodotte ormai in Tunisia per via della penuria di terreno galatinese).

E dopo i soldi, i posti di lavoro. Ce n’è per tutti. Ma prima per quelli di Collemeto. Ciò che è giusto è giusto. I sacrifici e l’eroismo di 800 santi martiri, vanno premiati con diritto di prelazione. Ben 200 posti di lavoro a tempo indeterminato pioveranno dal cielo come la manna. Nel primo “progetto” si parlava di 300 incarichi. Ma non ci attacchiamo a queste cose: evidentemente 100 collemetesi, li avranno licenziati ancor prima di assumerli.

Ed infine ci sarà da mangiare e festa tutto l’anno (e ogni Cristo scenderà dalla croce).

Dunque, ricapitolando, i benefici saranno per tutti: per i disoccupati (che così scomparirebbero dalla porta del bar, o addirittura dalla faccia della terra), per gli artigiani (che avrebbero finalmente lavoro a iosa, e soprattutto pagato puntualmente, e non come avviene ora al tempo del “poi”, cioè “mai”), per l’economista per caso (che ti giustifica lo scempio ad un fischio da casa sua con la storia delle file sulla Lecce-Brindisi), per il comune di Galatina (che con gli introiti stratosferici per tasse, imposte, contributi e Imu-senza-restituzione avrebbe soltanto benefici, entrate, e dunque alcuna uscita e soprattutto fondi a palate e nessun grattacapo per i suoi investimenti: ecco perché il mago-porco è “di interesse pubblico”), per il consumatore (che troverà il suo punto G alla fine della parola shopping, e che finalmente non dovrà più fare un viaggio assurdo a Surbo o poverino a Cavallino – che fa anche rima - incolonnandosi in estenuanti file per acquistare la mozzarella in offerta speciale - ma soprattutto per andarsi a sgranchire le gambe, di domenica e nelle altre feste comandate, quando non si sa proprio cosa fare - leggere un libro, no eh?), del politico (che non sarà più assillato dai postulanti in cerca di uno straccio di occupazione e che verrà riconfermato al rispettivo seggio senza dover più promettere l’impossibile), per il resto del mondo (che non vede l’ora che a Collemeto si realizzi questo “bene comune”)…

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Il vero miracolo, la vera magia avverrà forse quando ci sveglieremo - noi ed i nostri pollitici - dal torpore che ci ha colpiti nel corso di questo secol superbo e sciocco; quando capiremo di aver visto per troppo tempo un film di Pantascienza; quando palazzo Orsini sarà diventato davvero un palazzo di vetro (e non nel senso della sua fragilità); quando grazie alle larghe intese se non l’unanimità almeno la stragrande maggioranza dei cittadini degni di questo nome grideranno all’unisono: “GIU’ LE ZAMPE DALLA NOSTRA TERRA, GIU’ LE MANI DA CONTRADA CASCIONI”; quando ci sarà chiaro una volta per tutte che non potremo mai essere assolti per non aver compreso il fatto.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 19/02/2013 @ 23:06:05, in Un'altra chiesa, linkato 3445 volte)
Premessa. Molti amici e molte amiche mi hanno subissato di e-mail e di messaggi per chiedermi che cosa penso delle dimissioni del papa. Poiché sto preparando un libro per l’editore «Il Saggiatore» in cui chiedevo le dimissioni di questo papa per manifesto fallimento, ho dovuto ripensare come fare e cosa fare del lavoro svolto. Ho pensato di aggiungere un capitolo e di metterlo come cappello all’intero libro. Alla notizia dell’Ansa, la mia prima emotiva reazione è stata: sono stato superato a sinistra da un papa. E’ la fine! Non pubblico più il libro. Poi, a una più puntuale e attenta riflessione, ho capito che quelle dimissioni rendevano il libro ancora più necessario, anzi gli davano fondamento e argomento. Senza di esse, il libro poteva apparire come lo sfogo di un prete «arrabbiato» (anche se non lo era), ora con le dimissioni, i fatti e le ragioni ch espongo hanno il crisma della prova che anche il papa «non ne può più» e pone fine alle ,lotte intestine, ai tradimenti, ai giochi di potere, rompendo il giocattolo nella mani sacrileghe dei cardinali e dei curiali, corrotti e senza Dio. Pertanto per venire incontro a tutti, pubblico questo nuovo capitolo, appena finito, invitandovi, per il resto, ad aspettare l’uscita del libro per i primi di maggio. Alla luce dei fatti, anche il mio precedente romanzo «Habemus papam» acquista una dirompenza profetica inusitata perché il tempo di Francesco I si avvicina sempre più perché è ineluttabile. Ora torno alla revisione del libro, non risponderò ad alcuno perché dovrò consegnarlo entro il 20 di febbraio. Di quello che pubblico, potete fare l’uso che volete. Il papa si dimette. Finalmente un’ottima notizia Iniziai questo libro il giorno lunedì 13 agosto 2012, alle ore 16,57. In esso per almeno due volte chiedo le dimissioni di papa Benedetto XVI per fallimento palese come uomo, perché ha dimostrato di non essere in grado di gestire la curia romana col suo vortice d’intrighi, corruzione, scandali e immoralità. Finita la stesura, mi accingevo a rivedere il testo per limare e aggiustare; giunto a pagina 77, lunedì 11 febbraio 2013, esattamente sei mesi dopo, poco prima di mezzogiorno, lessi sul web il lancio dell’Ansa con la notizia dirompente, quasi in diretta, che Benedetto XVI, nel concistoro in corso, comunicava ai cardinali le sue dimissioni da papa. Il card. Angelo Sodano, presente, prendendo la parola subito dopo il papa, parlò di «un fulmine a ciel sereno». Il papa aveva riunito il concistoro pubblico dei cardinali per concludere tre canonizzazioni, tra cui quella degli «Ottocento Martiri di Otranto», uccisi il 14 agosto 1480 dai Turchi perché non vollero abiurare dalla loro fede e convertirsi forzatamente all’Islam. Finito il concistoro pubblico, il papa proseguì con un concistoro segreto, riservato ai soli cardinali presenti, circa una cinquantina, ai quali, in latino, comunicò la sua ferma e libera decisione di dimettersi da papa perché, - disse - «sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata (ingravescente aetate), non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero pietrino», stabilendo la data d’inizio della «sede vacante» alle ore 20,00 del giorno 28 febbraio 2013. La motivazione che il papa stesso offrì al mondo fu drammatica e lucidamente consapevole: Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato (L’Osservatore Romano CLIII n. 35 [2013] del 11/12-02, p. 1). Quando questo libro sarà uscito (fine aprile 2013), la Chiesa cattolica avrà un nuovo papa e anche un papa emerito, in una situazione speciale, ma non unica nella bimillenaria storia ecclesiale perché altri papi e antipapi hanno convissuto in epoche lontane. Basti ricordare papa Ponziano che, il 28 settembre del 235, rinunciò alla carica perché mandato ai lavori forzati in Sardegna, e papa Antero che gli succedette il 21 novembre dello stesso anno; oppure il mondano Benedetto IX che tra il 1032 e il 1044, espulso e tornato in carica a più riprese, convisse con Silvestro III, Gregorio VI e Clemente II. Volendo si può anche andare all’inizio del sec. XV, al tempo dei papi Gregorio XII e Benedetto XIII, dimessi dal concilio di Pisa nel 1409 perché scismatici. Oppure è sufficiente ricordare l’antipapa Giovanni XXIII (nome ripreso, senza paura, da papa Angelo Giuseppe Rocalli nel 1958) che coesistette con Urbano VI e Martino V, quest’ultimo eletto dal concilio di Costanza; oppure Eugenio IV, scomunicato e deposto con Felice V che abdicò in favore di Nicolò V nel 1447. Si può dire che nella storia con questo valzer di papi e antipapi, doppi papi e tripli papi, non si ha certezza della linearità della successione petrina; tra tutti i papi dimessi o deposti, fa impressione notare che il nome di «Benedetto» ricorre più di ogni altro. L’11 febbraio 2013 fu la volta di un altro Benedetto, numero XVI, il quale non fu obbligato da forze esterne dirette, ma prese la decisione, ponderandola nella sua coscienza e solo quando essa fu matura in lui, la comunicò, secondo le regole del Codice di Diritto Canonico che sancisce: Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti (can. 332 § 2). Il gesto di Benedetto XVI, superato lo stupore di rito, lasciò aperte, e tuttora lascia, molte congetture, dando forza ulteriore di verità alle pagine che seguono, perché è la prova che i fatti e le valutazioni che riporto, spesso molto dure, non sono solo fondate sulla realtà, ma travalicano l’orizzonte delle ipotesi e si collocano sul versante della drammaticità che assiste impotente alle dimissioni del papa. Se il papa stesso motu proprio si dimise perché non ce la faceva più a svolgere il suo ruolo, significava che il livello del degrado era arrivato a tal punto che solo un gesto forte, «un miracolo», poteva porvi rimedio. Per la prima volta il gesto delle dimissioni, non usuale nel mondo clericale dove tutto si misura sul perenne e sull’eterno, portò con sé un germe di cultura e di costume di «laicità». Esso scardinò, «come un fulmine a ciel sereno», la figura del papa dall’aurela di sacralità, dove ingiustamente era stata collocata e la riportò alle dimensioni dell’umanità ordinaria, là dove, uomini e donne stanno al loro posto fino a quando le forze spirituali e fisiche lo consentono. Per la prima volta, il papa in persona disse di non essere un «dio», o peggio, un idolo, ma di essere solo un uomo, e anche limitato, che deve fare i conti con le categorie della possibilità e dell’impossibilità. Nel mondo e nella teologia cattolici crollò un mito. Anzi, iniziò a crollare. Se, alla fine di questo libro, potevo avere qualche dubbio sulla durezza delle valutazioni, dopo il gesto del papa, ogni dubbio si è volatilizzato, perché ora l’esigenza di una grande riforma, non superficiale della Chiesa, è sempre più cogente e necessaria, specialmente «in capite», cioè nella struttura gerarchica che oggi è lo scandalo maggiore dentro il cuore stesso della Chiesa. Giovanni Paolo II (come vedremo più avanti) si era detto disposto a mettere in discussione l’esercizio storico del ministero pietrino e ora Benedetto XVI, suo successore, pose il primo atto di riforma in quella direzione. Il papato non può più essere lo stesso e il potere temporale, formalmente finito il 20 settembre del 1870, di fatto, cominciò a terminare l’11 febbraio 2013, memoria liturgica della Madonna di Lourdes e anniversario dei «Patti Lateranensi», che formalizzarono la coesistenza del pastore e del capo di Stato nella persona del papa. La Storia è una grande maestra di vita, proprio perché non insegna nulla, se è vero che ciascuno vuole compiere fino in fondo i propri errori; essa però si vendica, creando occasionalmente motivi e circostanza e simbolici che valgono più di un trattato scientifico. Nello stesso giorno in cui il papa era riconosciuto come capo del Vaticano (1929), il papa dichiarava al mondo intero di non essere più né capo di Stato né vescovo di Roma perché non era più in grado (2013). Una rondine non fa primavera e i cardinali, ovvero la curia, sono duri a morire. Essi non arriveranno mai a prendere decisioni per scelta, ma da sempre si rassegnano a quelle cui sono costretti dalla storia o dalle convenienze. Il papa cessò di essere vicario di Cristo, titolo quanto mai controverso nella storia della teologia, per restare soltanto il successore di Pietro in un «servizio» a tempo, camminando in tempo per essere in grado, eventualmente, di arrivare in tempo. Lo disse, in modo disarmante, lo stesso Benedetto XVI: «Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti». Con queste parole, egli confessò il suo limite cedendo alla dittatura della fragilità, non solo fisica, ma anche concettuale; lui, uomo di cultura e di studio, non era in grado di reggere i bisogni dei tempi di «oggi» e se non si fosse ritirato in tempo, avrebbe rischiato di mancare l’appuntamento con il Signore che nella sinagoga di Nàzaret, all’inizio del suo «servizio», disse con fermezza e competenza: «Oggi questa parola si compie nei vostri orecchi». Oggi, non ieri, non domani, non in un tempo che si rifugia nell’eternità perché ha paura dell’evolversi della vita, ma solo ed esclusivamente «oggi». Dio e il vangelo sono «oggi». E’ l’oggi di Dio. Benedetto XVI, ormai papa-non-papa, disarmato, e, oserei dire illuminato dallo Spirito, cedendo alla violenza della ragione, depose i sacri paramenti che difendono dalla mondanità esterna, prese atto che «il velo del tempio si era spezzato, da cima a fondo» e lasciò «il sacro soglio» che più prosaicamente si trasformò in una «sedia presidenziale», occupata da un incaricato per il tempo necessario al «ministero affidato». Finito il compito, si lascia la sedia e si torna a pregare e, se c’è, a convivere con la sofferenza. Cristo non ha lasciato la «sua» Chiesa ad alcuno, nemmeno al papa, perché ci ha garantito di essere «sempre con noi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,28). Egli chiama quanti sono disposti a dargli una mano perché ognuno svolga una sola delle «multae mansiones in domo Patris» (Gv 14,2). Anche il papa. Specialmente il papa, che deve dare l’esempio di non essere strumento o manipolatore di potere. Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Gli intrighi medievali e rinascimentali della curia romana non sono finiti. Le dimissioni del papa ne sono una prova, anzi un atto di accusa grave e impotente, come se il papa inerme dicesse: non sono in grado di reggere questa sentina che schizza da ogni parte. Se i cardinali e il segretario di Stato fossero stati uomini dello Spirito, avrebbero preso come criterio di vita le parole del Signore che invitano a un genuino spirito di servizio. Forse, in un clima e in un contesto di preghiera e di abnegazione, lo stesso gesto delle dimissioni papali, sarebbe stato motivato in modo diverso e sarebbe anche apparso meno dirompente: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10). L’inutilità di cui parla Gesù non è comportamentale o funzionale, ma appartiene alla logica della verità e del servizio: non sono più adatto. Il testo greco usa l’aggettivo «achrèios», composto da «a-» privativa e dal verbo «cràomai – io uso/compio», per cui «non sono più nelle condizioni di agire/compiere». La curia romana, purtroppo, da sempre ha usurpato il ministero pietrino al successore di Pietro, relegando questi a una funzione di appariscenza, con un ruolo di approvazione formale, riservando per sé il potere quotidiano, quello invisibile, quello vero, come nomine dei vescovi in primo luogo, scelti tutti per cooptazione e quindi ricattabili con la tentazione della carriera. Benedetto XVI, specialmente dopo gli scontri delle fazioni contrapposte, avvenuti davanti ai suoi occhi e dopo la constatazione che nemmeno la sua scrivania e il suo studio fossero più sicuri, se qualcuno poteva trafugare documenti, anche riservati, aprì gli occhi e vide. Vide e toccò con mano che la sporcizia, la corruzione, il malaffare, l’inganno e la menzogna erano moneta corrente nella sua Città, nella sua casa, nella Chiesa di Dio. Il «fumo di Satana» che Paolo VI, terrorizzato, aveva evocato nel 1968, per Benedetto XVI assunse un nome e una collocazione. Il fumo diabolico del carrierismo e delle lotte intestine per accaparrarsi il potere e imporre la propria immagine di Chiesa, invadeva il Vaticano e annebbiava le menti e gli occhi dei cardinali che, a papa ancora vivo, cianciavano di scenari di morte. Forse, per la prima volta, il papa si rese conto che il male sovrastava la Città del Vaticano e le iene erano in agguato per sbranarlo a pezzi senza pietà e misericordia. Gli uomini di Dio, quando vivono e agiscono senza Dio, sanno essere tragici e anche comici allo stesso tempo perché perdono il senso del ridicolo e riescono anche a prendersi sul serio. Lo Ior, con tutto il marcio che custodisce nei suoi forzieri, scoppiò in mano al papa che volle a capo dell’istituto una persona di sua fiducia perché lo riportasse alla legalità. Non solo non riuscì, ma, a sua volta, fu indagato dalla magistratura e dalla banca d’Italia per riciclaggio e costretto alle dimissioni dal segretario di Stato. Mons. Carlo Maria Vigano (v. sotto), uomo giusto, aveva avvertito il papa che monsignori e cardinali erano ladri e corruttori a forza di tangenti in Vaticano e fuori; per punirlo della sua onestà, fu allontanato dal vaticano e mandato oltre oceano. Di fronte a questi misfatti, non avendo la forza d’imporsi e di licenziare i figli delle tenebre, primo fra tutti il suo segretario di Stato, il papa fece quello che un uomo mite e debole sa fare: si tolse lui di mezzo per disarmare le mani dei suoi nemici. Per fare dimettere tutti e riportarli alla dimensione della ragione e della fede, se qualcuno credeva ancora, rassegnò le sue dimissioni, consapevole che con esse sarebbero decaduti tutti i detentori di qualsiasi incarico. Il fallimento dei colloqui con i lefebvriani, che si sono approfittati della sua eccessiva benevolenza, come dimostro più avanti, alzando sempre più il tiro per indurlo a dichiarare formalmente che il Vaticano II fu un «concilio minore», anzi non può essere annoverato neppure tra i concili perché «eretico», dovette averlo molto amareggiato e forse si è pentito di avere tolto loro la scomunica. Prima, nel 2007, con la concessione senza condizioni della Messa preconciliare, il papa s’illuse che avrebbe potuto dialogare con essi e si adattò alle loro richieste, ma alla fine capì che non era per amore della Chiesa che essi volevano ritornare, ma solo per prendersi una rivincita dottrinale: il vero peccato di orgoglio, il peccato di Adamo ed Eva che non ha mai abbandonato il ceto clericale. Non potendo mettere d’accordo coloro che avrebbero dovuto «naturalmente» andare d’accordo, osservando come ciascuno perseguisse il suo interesse a danno di quello della Chiesa, il papa li costrinse a prendere coscienza che egli non poteva stare dalla loro parte; si tirò fuori e pose, come i profeti della Bibbia ebraica, un gesto fisico, un gesto che parlasse più delle parole: Mi dimetto. Con questo gesto egli affermò che la Chiesa è di Cristo e che nessuno ha il monopolio dello Spirito Santo. All’obiezione di chi sicuramente cercò di bloccarlo dicendogli che «alla paternità non si può rinunciare», il papa rispose, parlando con i fatti, che la paternità è solo di Dio e noi ne partecipiamo secondo la grazia e la possibilità, la misura e le condizioni. Le dimissioni del papa pongono sul tappeto della teologia, la questione che è rimasta irrisolta anche al concilio Vaticano II, la stessa che il Vaticano I non aveva nemmeno affrontato, sbilanciando così l’autorità solo sul versante del papa. La questione riguarda la collegialità dell’esercizio dell’autorità nella Chiesa. Con la dichiarazione dell’infallibilità (vedi sotto) a beneficio esclusivo del papa, per oltre un secolo, la Chiesa è stata zoppicante e le conseguenze si vedono ancora oggi. Con le dimissioni di Benedetto XVI, l’anziano papa dice, forse senza volerlo, che l’autorità papale non è più assoluta, ma relativa, perché dimettendosi inidoneità «all’adempimento del suo ufficio», egli fa rientrare la figura del papa nella normalità della legge che esige le dimissioni (enixe rogatur – è fortemente invitato) di ogni vescovo in qualsiasi parte della Chiesa (CJC 401 §2). Tornando alla chiesa di comunione che è incompatibile con la chiesa piramidale verticistica, si afferma la necessità, non più procrastinabile, di un concilio che stabilisca i confini dell’autorità papale e nel contempo affermi i diritti dei vescovi che tornano a riprendersi la loro natura di «epìskopoi – custodi/sorveglianti» e non più luogotenenti o commissari governativi del papa-re o, ancora peggio, padroni di una porzione di Chiesa. Le dimissioni di Benedetto XVI rientrano nella categoria dei «segni dei tempi», che oggettivamente sta lì, spetta a noi leggerle in qull’ottica e da quella porspettiva che ci impegna a interrogarci sul loro significato che hanno in sé e nel futuro della Chiesa. Che cosa Dio vuole dire alla Chiesa di oggi, con il gesto di un papa che spontaneamente rinuncia al potere assoluto, all’immagine di sacralità di cui la sua funzione ra circonfusa per ritornare a essere un uomo di preghiera e di silenzio? San Paolo direbbe che questo momento è «un’occasione favorevole – un kairòs» per mettersi in ascolto di ciò che il Signore vuole dire alla sua Chiesa all’inizio del terzo millennio. Se deve nascere una nuova Chiesa, dipende anche da noi, perché Dio manda i suoi «segni dei temi», ma non si sostituisce alla nostra responsabilità e nemmeno conculca la nostra libertà, anche se è un impedimento alla realizzazione di un suo disegno. Dalle ore 20,00 del giorno giovedì, 28 febbraio 2013, memoria liturgica dell’asceta san Romano abate, vissuto a cavallo dei secoli IV e V, inizia un nuovo cammino per la Chiesa di Dio: esso può prendere la direzione del Regno attraverso la Storia, oppure il sentiero della paura verso il passato ala ricerca di una sicurezza che nessuno può dare perché è solo lungo il cammino che con i discepoli di Emmaus, sentiremo il cuore scaldarsi e alla fine, solo alla fine, scopriremo il volto del Signore nello «spezzare il pane». Spetta al nuovo papa e alla curia, di cui vorrà dotarsi, dimostrare con i gesti e la testimonianza che Dio è tornato a vivere in Vaticano perché i suoi abitanti, a cominciare dal papa, convertiti, hanno di nuovo cominciato a credere in lui, dandone anche testimonianza quotidiana. Il prossimo papa non potrà più erigere davanti a sé, o permettere che altri erigano, una cortina d’incenso, ma deposte le sontuose vesti della sacralità e preso un bastone, una tunica e un paio di sandali, dovrà scendere sulle strade del mondo per camminare accanto agli uomini e alle donne del suo tempo alla ricerca dei brandelli di Cristo disseminato nella Storia del mondo e delle singole persone. Ascoltando le parole di Benedetto XVI, con grande rispetto, ma reputandolo allo stesso modo colpevole e responsabile del degrado in cui versa la Chiesa, posso affermare che questo libro doveva essere scritto, come è stato scritto. Lo affido anche al nuovo papa, perché nello spirito di Francesco I, ripari la sua Chiesa e, senza paura, ma con la forza della sola fede, si lasci afferrare da Cristo per salire il monte delle Beatitudini e poi riscendere sulla pianura del Magnificat. E’ giunta l’ora ed è questa. Oggi.
 

L'autore, per il nostro tramite, ringrazia tutti i presenti, in particolar modo il presidente del Circolo Culturale "Tre Torri" di Noha, i soci del sodalizio e i loro gentili ospiti.

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Di Albino Campa (del 28/06/2010 @ 23:04:17, in NohaBlog, linkato 3778 volte)

Il 9 giugno di questo 2010 ha compiuto 90 genetliaci un Titano galatinese. E dalle colonne di quest’altro Titano (rivista sulla quale il primo - essendone il direttore, come lo fu pure de “il Galatino” - ebbe modo di scrivere per molti anni lucidi e sagaci editoriali, nonché numerosissimi articoli, inconfondibili per ariosità di stile), da questo rotocalco, dicevo, in quattro righe, vorrei indirizzarGli tanti auguri di buon compleanno. Ma per non procedere in maniera troppo ermetica dico subito che il Titano di cui sto parlando è il prof. mons. Antonio Antonaci, scrittore insigne, studioso eclettico, sacerdote zelante, ed, ormai, venerabile Patriarca di Galatina. Conoscevo di fama il Professore (mi piace appellarlo con il titolo laico che Gli spetta di diritto), ma non di persona. L’occasione della conoscenza diretta di “tanto raggio” invece mi fu data da quella meraviglia che è la bibbia di Galatina: il bellissimo volume “Galatina. Storia e Arte”, edito da Panìco nel 2008, un tomo di mille e passa pagine, che nonostante la stazza si lascia leggere con facilità e trasporto. Acquistai questo libro nel corso del 2002 e mi resi sin da subito conto che quella spesa non era un’uscita monetaria tout court ma un investimento di ottimo livello, con possibilità di stacco di dividendi altissimi. Dico qui per inciso che tutti i galatinesi dovrebbero avere in casa, anzi a portata di mano, codesto libro-di- Galatina-per-antonomasia apparecchiato per la consultazione, onde evitare i mille strafalcioni che la saccenteria nostra non smette di procurarci in maniera diuturna, soprattutto quando abbiamo a che fare con le cose a noi più rasenti. Da allora non ho più smesso di ritornare su quelle pagine di ricerca, di racconto, di storia patria, come non ho più smesso di andare a caccia dell’opera omnia di quest’Uomo, che ormai fa parte dei classici, degli scrittori cioè che hanno conquistato un pezzo d’eternità. Ho rintracciato molti libri di Antonaci - quando non ricevuti direttamente dalle sue mani - girovagando in lungo ed in largo in tutta Italia (tra l’altro molti titoli antonaciani sono rinvenibili nei cataloghi di importanti biblioteche sparpagliate in tutto il mondo, a partire dall’Europa del Nord per finire in America Latina). E dalla loro lettura (così come dalla frequentazione con il Monsignore, vera e propria biblioteca ambulante) nel 2007 per i tipi di Infolito Group scaturì anche un mio trattatello in laude - mi si perdoni l’autocitazione - dal titolo “Scritti in onore di Antonio Antonaci”. Non ho mai smesso di andare a trovare il mio amico a casa sua: conversare con lui è sempre un modo per arricchirmi culturalmente, ma è anche un’occasione per conferire con una persona di grande umanità, di contagiosa simpatia e di raffinato senso dell’umorismo. Un tempo, nel periodo del solleone, andavo a trovarlo anche a Sirgole, nell’amena campagna di Noha, dove Monsignore possiede la villetta avita dotata di una bella veranda con vista sul verde podere; ultimamente - visto che in campagna ci va ormai raramente – lo raggiungo nella sua residenza galatinese in via Principe di Piemonte, quasi dirimpetto a quello che un tempo era il teatro Tartaro. Gli argomenti del nostro discorrere sono i più disparati. Ma di recente ci si concentra di più sul tema ricorrente della fatica e di quanto i 90 sacchi sulle spalle inizino a farsi sentire. Don Antonio mi chiede sempre a mo’ di ritornello: “Come mi trovi?”. Io gli rispondo che lo trovo bene. Ed è vero. Ma subito dopo aggiunge di sentirsi spossato, e che gli piacerebbe tanto sentirsi meglio, più brioso, arzillo come un tempo. E subito dopo mi fa: “Dici che mi passa?” Ecco Professore: il mio augurio per i Suoi 90 anni è che Le passi questa spossatezza (se nel frattempo non fosse già passata). Lei è un Titano, e non siamo noi a doverLe dare la forza di andare avanti; ma è Lei che, nonostante tutto il resto del peso, ci dovrà sorreggere ancora una volta sulle Sue spalle.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 16/11/2012 @ 23:01:38, in NohaBlog, linkato 2477 volte)

Veronica, una signora di mezza età, vedova e senza figli, gestisce un bar a Noha, una cittadina tranquilla, dove tutto sembra girare per il verso giusto. I locali sono una parte del vecchio fortilizio, un antichissimo castello. La proprietà però pretende giustamente il pagamento del fitto. E’ uno di quei locali dove si beve forte. Da qualche tempo però i clienti sono diminuiti e quei quattro gatti affezionati frequentano ma senza consumare. La crisi ha spaventato la gente e nessuno più esce di casa con i soldi in tasca.
Rendendosi conto della situazione, Veronica escogita un geniale piano di marketing, consentendo  ai suoi clienti di bere subito e pagare in seguito.
Segna quindi le bevute su un  libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). Insomma il libro nero per gli illusi consumatori.
La formula "bevi ora, paga dopo" è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Veronica diventa il più importante e frequentato di Noha e dintorni.
Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che tanto nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il  volume delle vendite aumenta ancora.
La banca con cui tratta Veronica, rassicurata  dal giro d'affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager,  il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i  clienti, il cosiddetto collaterale a garanzia. Veronica amplia il Bar prendendo in affitto anche alcuni locali vicini, le sale aumentano e assume un sacco di giovani operai  baristi.
A questo punto l'Ufficio Investimenti &  Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i  crediti del bar di Veronica e li usano come garanzia per emettere  delle obbligazioni nuove fiammanti e collocarle sui mercati internazionali: le cosiddette Noha Bond.
Le obbligazioni ottengono subito un rating di  AA+ come quello della banca che li emette. Ma gli investitori, che non sanno nemmeno dell’esistenza di quel bar, non si  accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi  disoccupati. Però, dato che rendono bene, tutti li comprano e nessuno se ne preoccupa.
Conseguentemente il valore dei bond sale, quindi arrivano anche i gestori dei  Fondi pensione a comprare, attirati dall'irresistibile combinazione di  un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre.
E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Noha Bond.
Un  giorno però, nella banca arriva  un nuovo direttore dalla provincia di Bari, che, visto  che in giro c'è aria di crisi, tanto per non rischiare, riduce il  fido alla povera Veronica e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite.
A questo punto Veronica, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai  clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile  essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. Veronica non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i  fondi. Il bar in breve tempo fallisce e tutti i dipendenti si trovano in mezzo alla strada. Il prezzo dei Noha Bond crolla del 90%.
La banca che li ha emessi  entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l'attività: niente  più prestiti a nessuno. L'attività economica locale si paralizza. Parrucchieri, supermercati, artigiani, e questue domenicali risentono tutti del cataclisma. La disoccupazione aumenta e le massaie non sanno più cosa mettere in tavola per il pranzo.
Anche i fornitori di Veronica, che in virtù del suo successo le avevano  fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano  ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare.
Purtroppo avevano anche investito nei Noha Bond, sui quali ora  perdono il 90%.
Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi  fallisce. Il fornitore di vino, viene invece acquisito da un'azienda  concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli  impiegati e delocalizza l’azienda a 6.000 chilometri di distanza.
Per fortuna (e grazie a un Governo Tecnico controllato dai banchieri) la banca viene salvata da un mega prestito governativo senza  richiesta di garanzie e a tasso zero. Da dove arrivano questi soldi?
Semplice, per reperire i fondi necessari  il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai  stati al bar di Veronica perché astemi o troppo impegnati a lavorare.
Bene, ora potete applicare la dinamica dei Noha Bond  alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è l’ubriaco,  chi il sobrio e chi pagherà il conto del Bar di Veronica.

Marcello D’Acquarica

 
Di Fabrizio Vincenti (del 08/11/2012 @ 23:01:01, in NohaBlog, linkato 3175 volte)

Qualche giorno fa ho assistito alla presentazione di un libro edito dal gruppo Mondadori che raccoglie tutti gli scritti di Eugenio Scalfari, con la partecipazione di Paolo Mieli, all’interno del Cinema Teatro di Lecce. Quando è stata comunicata la notizia della condanna di Berlusconi a quattro anni di reclusione, la platea si è scatenata in un fragoroso applauso, seguito dalla voce dei due intervenuti, Scalfari e Mieli, i quali sostenevano che fosse finita un’era. E come non credere loro! Poi Scalfari, nel suo excursus sulla storia d’Italia, ha detto che la politica italiana è come un fiume carsico che a volte scorre sotto terra e a volte riaffiora per cogliere ogni scintilla di populismo. Ma la cosa che più mi ha convinto è stata l’affermazione che l’Italia non è mai esistita - l’Italia come Stato si intende - poiché i cittadini non hanno mai sentito lo Stato come proprio. Neanche i più grandi geni italiani, i più illustri letterati e artisti sono mai stati dei veri nazionalisti/patriottici, condizionati soprattutto dalla nostra atipica storia. L’italiano è sempre stato individualista poiché non ha mai  incarnato un senso di collettività. Lo Stato non esiste, e se mai dovesse esserci, sarebbe nostro nemico. Se queste sono le premesse individuate da uno dei più grandi giornalisti di sempre, di cui riconosco l’importanza e l’influenza, allora non ci rimane altro che fare i bagagli e scappare quanto più lontano possibile. Ora il problema si fa molto serio. Se l’Italia non esiste per gli Italiani, qual’é la prerogativa per una corretta politica sociale? Nessuna. Conclusione non attribuibile al pensiero di Scalfari bensì al mio: la politica in Italia la si fa per se stessi, privi del senso più nobile e comune attribuibile alla stessa Politica e cioè il benessere della collettività. Se le premesse sono queste, e sono pessime, e le conclusioni sono altrettanto scontate ed evidentemente deleterie, a cosa serve ormai elencare i possibili rimedi se gli stessi non si auspicano per abitudini acquisite di clientelismo, corruzione e interessi di economie e mafie? Se bastasse cambiare soltanto i politici la soluzione sembrerebbe possibile. Ma così non è. Non basta sostituire le persone mantenendo uguali le premesse e supportando le medesime conclusioni. Il cambiamento avviene alla radice poiché, somministrando continuamente il concime sbagliato, la pianta finirà col seccare del tutto. E da troppi anni ormai si inietta nel sociale sempre la stessa dose di veleno che, a furia di assuefarsi,  ha reso il disgusto saporito al palato. Poniamo la questione in altri termini: è come ci vogliono far credere e che cioè ad un tratto, per opera di un ignoto Houdini, i soldi sono scomparsi nel nulla, volatilizzati, o quella ricchezza, la stessa quantità che c’è sempre stata, è sempre mal distribuita? Non c’è storia, è vera la seconda; traduco: ingiustizia economica e sociale. Ma in fondo la democrazia è bella poiché ognuno può dire la propria; peccato però che qualcuno si è dimenticato che oltre a poter dire qualsiasi cosa in democrazia, si potrebbe e si dovrebbe anche provare a passare dalla contemplatio all’actio poiché siamo pieni di bravissimi oratori e di pessimi faccendieri. Continuo a sperare però che i giovani e i loro strumenti salveranno questo nostro Paese e questo nostro mondo, rimembrando quella frase di quel qualcuno che si faceva legare alla sedia pur di perseguire il suo obiettivo, pronunciando come un mantra sempre la stessa frase: “Volli, sempre volli, fortissimamente volli” (V. A.). Fortunatamente qualcuno più attendibile di noi altri, che sosteniamo questo, disse che sarà la perseveranza a salvare questo nostro mondo. E se a Noha la vecchia scuola elementare è chiusa per l’assenza di una cabina elettrica, le nuove case sono addossate a beni storico – culturali di inestimabile valore, tutte le strade sono impraticabili, le rotonde non illuminate e addobbate per Natale con erbacce alte due metri, marciapiedi inesistenti e iniziative culturali scarse o poco frequentate, presepi viventi sospesi senza apparente motivo, noi vogliamo continuare a perseverare. Forse qualcuno ci dirà che le priorità sono altre, senza specificare come al solito quali siano. Qualcun altro dirà che le casse dei comuni sono vuote anche se, all’improvviso, salta sempre fuori qualche forziere nascosto nella stiva per la gioia di pochissimi. Io, nonostante tutto questo, voglio continuare a credere e persevererò fino alla fine.

Fabrizio Vincenti

 
Di Michele Stursi (del 15/07/2012 @ 22:58:31, in Letture estive, linkato 6576 volte)

Tout commence par une interruption (PAUL VALÉRY).
Ecco, la questione è se davvero esistono le interruzioni nella nostra vita, oppure se quelle che noi ci ostiniamo a chiamare interruzioni non sono altro che degli stupidi pretesti per affogare la noia, per dare ritmo alla monotonia  e intensità alle cose che circondano.
“Ora basta”, “ è ora di cambiare”, “sono davvero stufo, ho bisogno di fare altro”. Sono queste le frasi dietro le quali nascondiamo la nostra ipocrisia, dentro le quali affoghiamo la nostra vanità. Abbiamo tutto, ma crediamo di non avere nulla. Corriamo, ci affanniamo per arrivare all’apice e quando siamo in cima, a respirare a pieni polmoni, ci viene improvvisamente il voltastomaco e ci chiediamo cosa ci siamo saliti a fare lassù, cosa abbiamo cercato di inseguire.
“Mentre camminava per Regent's Park – lungo un viale che sempre sceglieva, tra i tanti – Jasper Gwyn ebbe d'un tratto la limpida sensazione che quanto faceva ogni giorno per guadagnarsi da vivere non era più adatto a lui.” Inizia con queste frasi Mr Gwyn di Alessandro Baricco, inizia da un’apparente (a mio dire) interruzione, da un tentativo disperato del protagonista di spezzare i fili che lo avevano tenuto fin lì in piedi sulla scena del mondo. Mr Gwyn decide un bel giorno, infatti, di smettere di scrivere, di porre fine a quell’arte che lo aveva alimentato giorno dopo giorno, che aveva dato senso ad ogni attimo della sua vita, è convinto di poter mettere un punto alla sua storia professionale e svoltare, andare a capo. In verità, il problema non è la scrittura, ma piuttosto lo strano meccanismo nel quale Mr Gwyn si rende conto di essere cascato: “finì per capire che si trovava in una situazione nota a molti umani, ma non per questo meno dolorosa: ciò che, solo, li fa sentire vivi, è qualcosa che però, lentamente, è destinato ad ammazzarli. I figli per i genitori, il successo per gli artisti, le montagne troppo alte per gli alpinisti. Scrivere libri, per Jasper Gwyn. Capirlo lo fece sentire sperduto, e indifeso come solo sono i bambini, quelli intelligenti.”
Il bel romanzo di Baricco inizia quindi da una presa di posizione del protagonista, che sfidando tutti, ma soprattutto se stesso, cerca di cambiare prospettiva, di osservare il mondo dall’interno. Non voglio svelarvi altro, non voglio rovinarvi il gusto di questa stupefacente lettura (forse il romanzo più intenso e bello di Baricco) anticipandovi la trama. Posso solo dirvi che Mr Gwyn non abbandonerà la scrittura, non riuscirà a dimenticare facilmente la sua capacità di osservare le cose, le persone, i fatti e rimodellarli con arte e sapienza sulla carta, come un artigiano che lavora la cartapesta.
Il Mr Gwyn di Baricco inventerà un mondo originale e assolutamente personale per continuare a scrivere, a dimostrazione che quell’interruzione iniziale era solo un pretesto per cercare di sfilare dal meccanismo inceppato la parte innocente che lui ama. 
“Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie, disse Rebecca. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio. (…) Jasper Gwyn diceva che tutti siamo qualche pagina di un libro, ma di un libro che nessuno ha mai scritto e che invano cerchiamo negli scaffali della nostra mente. Mi disse che quello che cercava di fare era scrivere quel libro per la gente che andava da lui. Le pagine giuste. Era sicuro di poterci riuscire.”

Michele Stursi

 

Per Note a Margine (rassegna estiva a cura dell'Assessorato alle Politiche Giovanili- Galatina) il viaggio e(t)nogastronomico con Pino De Luca e Carlo Vallone il 1 settembre al Palazzo della Cultura

La pagina più bella dei circa quaranta racconti, attorno al vino e ai suoi intrecci umani e musicali, contenuti nel libro “Per Canti e Cantine” di Pino De Luca ospite a Galatina il 1 settembre per la rassegna Note a Margine, è quella dal titolo Romantica.

In sole tre paginette è racchiusa tutta la “visione” di questo poliedrico insegnante di informatica di cinquantasei anni che da anni cura per il “Nuovo Quotidiano di Puglia” una rubrica settimanale che narra di cibo e vino, scrive per VinoWay, Affari Italiani ed è vicedirettore della rivista “Leccelente.”:

Il racconto su “Il rosato di Primitivo” inizia così:

“...E quanto è bello riconoscere i propri limiti. Io non so parlar d'amore, né di vino o d'altro. Provo solo a raccontare emozioni e suggestioni che sa provocarmi un calice di sangue della terra, cercando di comprendere quanta fatica d'uomo e quanta sapienza in quel calice si racchiudono e da esso emanano.

Non mi permetto di stilare elenchi ordinari, corredati di stelle, strisce, bicchieri, bottiglie, cappelli o palandrane: solo chi sa per davvero ha diritto d'armarsi di matita rossa e blu ed emettere giudizi e voti. Per parte mia, questo mestiere provo a farlo da molti lustri in un campo assai diverso, fatto di bit, circuiti, fork e join.”

Un libro dunque che racchiude alcuni scritti, rivisitati ed arricchiti, pubblicati fra il 2011 e il 2012 nella rubrica del venerdì del «Nuovo Quotidiano di Puglia». Un percorso fra le province di Brindisi, Lecce e Taranto, attraverso campagne e paesi piccoli e grandi, un pellegrinaggio per una quarantina di cantine, visitate spesso senza dichiararne la ragione, arricchito da canzoni vecchie e nuove alcune delle quali sembrano scritte apposta per un vino.

Il risultato è questo consapevole e appassionato atto d’amore per la vite e per la vita, perché “viviamo tempi tristi e amari, sarebbe un crimine non provare ad attenuarne il peso”.

Una serata completata dalla gentile e generosa presenza del Dott. Carlo Vallone e la sua Azienda Agricola Santi Dimitri che per l'occasione ha selezionato il suo miglior vino il Fiano Ruah che avremo l'onore di degustare a fine incontro

Il tutto coordinato dalla professionalità del giornalista Antonio Liguori, il moderatore della serata.

 
Di Redazione (del 13/06/2019 @ 22:53:06, in Comunicato Stampa, linkato 997 volte)

La Cabala Ebraica è il tema del V appuntamento della Rassegna Incontri al Collegio, curata dalla libreria Fiordilibro e che si terrà venerdì 14 giugno alle ore 19,30 presso la Chiesa del Collegio. Ci guiderà nei meandri della Sacra Mistica Ebraica Grazia Piscopo autrice del libro - La Via per la Cabala… La Via del Cuore Introduzione allo Studio della Cabala edito da “I Quaderni del Bardo”.  “La Kabala, è la sfida di chi vuole guardare il reale al di là del reale stesso e non è facile camminare per quei luoghi, ma Grazia lo fa. Grazia sceglie di unire il suo sguardo di donna allo sguardo della tradizione ebraica e della mistica. (Dall’introduzione di Pierpaolo Pinhas Punturello).  Converseranno con l’autrice  Stefano Donno  di  iQdB ed il prof. Vincenzo Fasano docente di Diritto Ebraico presso la Pontificia Antonianum. Introduce il Rettore di Santa Maria della Grazia, Don Antonio Santoro

Grazia Piscopo è nata a Taranto, il 10 febbraio del 1961. La mistica, le religioni e l’ebraico sono gli studi a cui approda intorno agli anni Ottanta e che continuerà ad approfondire fino a giorni nostri. Nel 2001 fonda l’Associazione Culturale per la promozione delle Scienze Olistiche Filosofiche ed Umanistiche “Thorah”. Nel 2006 frequenta la facoltà di Scienze Teologiche e Religiose presso la Curia Vescovile di Lecce. Nel gennaio del 2018 formalizza l’adesione dell’Associazione alla Federazione delle Associazioni di Italia-Israele. Successivamente, a luglio del 2018, decide, con l’Approvazione dell’Assemblea dei Soci di modificare lo Statuto e il nome del Sodalizio, per rispetto verso la Comunità Religiosa Ebraica e la Sue Sacre Scritture da Associazione “THORAH” in Associazione “HORAH”. Ancora adesso il suo grande amore, la Cabala è motivo di studio, ricerca e di approfondimento

Vincenzo Fasano, si è laureato in Giurisprudenza nel 1997 con una tesi in diritto ebraico. Ha proseguito la sua formazione umanistica a Parigi X- Nanterre ( con un mémoire de maîtrise in Lingua e cultura straniera dedicato all’architettura romanzesca nella produzione dell’ultimo Bassani) e a Parigi III- Sorbonne Nouvelle, alla Pontifica Università Lateranense (con una dissertazione di licenza sul reato dell’incesto nella Tôrâ ed una tesi di dottorato sull’incriminazione in materia di reati sessuali nell’Antico Testamento). È dottore di ricerca dell’Università Parigi VIII-Vincennes-Saint-Denis (F) dove ha discusso una tesi dottorale sull’immagine dell’ebreo nel feuilleton romanzesco italiano fra il 1870 e il 1915. È  professore invitato presso la Pontificia Università S. Tommaso D’Aquino (Roma). Si interessa in prevalenza di diritto ebraico e di storia dell’ebraismo italiano. Trai le sue pubblicazioni ricordiamo le monografie tratte dai suoi lavori dottorali, edite dalla casa editrice Congedo di Galatina: L’incriminazione in materia di reati sessuali nell’Antico Testamento (2002) e Le Juif dans le roman-feuilleton italien (1870-1915) (2008).

Emilia Frassanito

 
Di Albino Campa (del 16/05/2012 @ 22:51:16, in Piedibus, linkato 3931 volte)

In fase sperimentale, da mercoledì 23 maggio 2012, a Noha, si va a scuola a piedi e si prende il Piedibus.
Alle 7.55 dalla Trozza e alle 8.00 da via Bellini angolo via D’Annunzio, due file di alunni, guidate dagli accompagnatori, si snoderanno tra le vie del paese sino a raggiungere la scuola
e poi, alle 13.22 s’incammineranno per riportare tutti a casa!
Si parte, però da lontano: l’Assessorato alla Mobilità della Regione Puglia, all’inizio dello scorso anno, bandisce il concorso “Cicloattivi@Scuola 2011” al fine di promuovere lo sviluppo di pratiche di mobilità sicura e sostenibile. L’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina vi partecipa con il progetto “Leggere Passi Leggeri. Il piedibus di Noha” e lo vince, con altre 49 scuole pugliesi.
In questo anno scolastico si sono avuti diversi incontri per realizzare le prime fasi del progetto con la partecipazione delle istituzioni locali e di diverse associazioni: “Città Fertile” di Galatina, “Le Sentinelle” di Noha, i “Presidi del libro”, la Parrocchia San Michele Arcangelo di Noha, il Comando dei Vigili Urbani e il Comune di Galatina, la Biblioteca Giona – Presidio del libro di Noha e naturalmente con l’indispensabile collaborazione di alunni e genitori delle classi coinvolte.  
Stabilite due linee casa - scuola – casa, nel Laboratorio dei Segni e dei Segnali i ragazzi hanno realizzato i disegni da utilizzare nei cartelli che contrassegnano i Capolinea, le fermate,
le Case – Amiche. I due percorsi, Linea A- Azzurra e Linea B – verde, sono inoltre segnalati sui marciapiedi da impronte di “piedi” azzurre e verdi.  Realizzarle è stato proprio divertente!
Ed ora, nel periodo climatico più favorevole a sperimentare la passeggiata mattutina e quella
di pre-pranzo, la prima per meglio affrontare l’impegno scolastico di fine anno, la seconda per stuzzicare l’appetito quel tantino più del solito, il Piedibus di Noha parte!
Il Progetto è però più ampio e articolato e prevede numerose altre iniziative partecipate sul territorio, di cui, naturalmente, vi terremo  informati.    “Buon Piedibus a tutti!”.

lo staff del Piedibus di Noha

 
Di Redazione (del 09/08/2018 @ 22:48:08, in Comunicato Stampa, linkato 1613 volte)

Lunedì 20 agosto ritorna a Cutrofiano, grazie al contributo e patrocinio dell’Amministrazione locale, una serata da Guinness con “La Pitta di patate più GRANDE del mondo”, evento di spettacolo e gastronomia alla sua seconda edizione organizzato dal Circolo Ayni. Poco più di 10 metri di lunghezza e 1 metro di larghezza per un totale suppergiù di 1000 porzioni: sono queste le dimensioni di una delle chicche della cucina salentina, già molto vicina dal detenere il Guinness World Record. Gli organizzatori ci tengono infatti a sottolineare che da Londra, sede ufficiale della redazione “Guinness World Records”, sono pronti ad iscrivere la gigante e succulenta pitta nel libro dei primati. Un onore per quest’anno ancora declinato, come sarà dimostrato durante la serata, a causa dei costi proibitivi. Un investimento cui tuttavia non si rinuncia ma a cui si mirerà ancora nelle prossime edizioni, soprattutto a partire da quest’anno: il 2018 ha infatti riservato al borgo salentino di Cutrofiano l’onorevole titolo di “Città della Ceramica”. Ecco che la tradizionale pitta acquisirà un sapore e valore più grande dello stesso record, poiché sarà servita esclusivamente su tegami in creta che ciascuno potrà portare con se a casa. Non a caso, poi, quest’anno la grande pitta sarà inserita all’interno dell’evento “Mostra Mercato della Ceramica Artigianale”, un’ulteriore occasione per unire i sapori ai “saperi” della tradizione cutrofianese. Durante la serata, che avrà inizio alle ore 21.00 con la misurazione ufficiale della pitta in Piazza Municipio, si esibirà il cantautore MINO DE SANTIS. Tra racconti della quotidianità, ritmi narranti e musiche più incalzanti, la calda voce del “De Andrè” salentino (come molti amano definirlo) renderà affascinante una serata carica di sfumature. In piazza Cavallotti si esibirà la “Takemaya’s Band”, che accompagnerà tutti in un viaggio sulle note di brani delle più famose cantanti italiane. Patate, formaggio e uova: sono questi gli ingredienti base per una ricetta semplice nell’impasto ma dalle numerose varianti per il ripieno: il gusto scelto per la grande pitta è quello della tipica pizzaiola a base di cipolla e pomodori “schiattariciati” in olio di oliva, olive nere, capperi e le cosiddette “caruselle” o “caruseddrhe”, ossia il finocchio selvatico. Le novità di quest’anno saranno l’estrazione a premio per chiunque consumerà almeno una porzione del tipico piatto, e “la gara dei mangiatori di pitta”: il record nel record sarà presto descritto sulla pagina evento facebook “La Pitta di Patate più GRANDE del mondo” e sulla pagina instagram, dove sarà riportato il regolamento per iscriversi e partecipare. Tra grandi emozioni, grandi porzioni, altre prelibatezze e varie premiazioni, tutti sazi e felici per una serata UNICA!

Raimondo Rodia

 
Di Raimondo Rodia (del 22/07/2014 @ 22:42:53, in Comunicato Stampa, linkato 2161 volte)

I nostri Econauti saranno accompagnati alla scoperta di una Galatina incantata, in una passeggiata esoterica e magica tra le vie del borgo. Un trekking urbano che coinvolgerà grandi e piccini con le storie e gli aneddoti di Raimondo Rodia, i percorsi letterari a tema di Emilia Frassanito, i giochi e l’animazione per bambini. Un giro negli angoli nascosti del centro storico di Galatina, tra pietre che richiamano duelli rusticani all’arma bianca, testine che piangono sangue, segni magici dentro e fuori le chiese, i resti di una mitica chiesa templare, cavalieri senza testa, maschere apotropaiche, insomma l’eterna lotta fra bene e male, misteri ed esoterismo, culti e tradizioni ancora vive. Il tarantismo, gli splendidi affreschi della basica di S. Caterina, le case a corte, segnali segreti e… molto altro ancora. Saremo ospiti della Libreria Fiordilibro dove, per l’occasione, così, in un tripudio di odori e sapori, tra assaggi di prelibatezze dolci e salate, potremo curiosare tra i testi sul territorio messi in bella mostra negli scaffali, scelti con raffinata cura da Emilia. Ritrovo: ore 18.00 in Piazza G. Toma – Galatina. Info e prenotazione (obbligatoria entro 24 ore dalla data prevista) : Gli Econauti Surl 348 5444493 – 320 8689221 econauti.salento@gmail.com . Su richiesta, almeno con 24 ore d’anticipo, possibilità di Interprete in lingua straniera (inglese, francese e/o LIS (Linguaggio dei Segni). Indicare al momento della prenotazione allergie, intolleranze e scelte alimentari. Il percorso nell’ambito dell’iniziativa VVV – Viva i Venerdì Verdi si svolgerà a Galatina, Venerdì 25 Luglio 2014 ore 18. Tra magia ed esoterismo… Percorso sensoriale tra suoni e visioni, odori e sapori del Salento.

 

 

 

Una parola che fa paura, ma dentro la quale ci sono storie di coraggio e di amore profondo. Per conoscere l’autismo il primo passo è il ri-conoscersi nelle vite degli altri, in chi porta i segni di questa esperienza. Anche per questo la Cooperativa Sociale “L’Adelfia” con sede in Alessano, realtà che da quarant’anni è nella trincea del disagio psichico, ha voluto portare nel Salento “Zigulì”, lo spettacolo che la compagnia Teatrodilina ha tratto dall’omonimo libro di Massimiliano Verga, che racconta la sua esperienza con il figlio Moreno, nato sano e diventato gravemente disabile nel giro di pochi giorni. Moreno non è un bambino autistico ma l’ abbiamo scelto come testimonianza di quanto l’amore per un figlio possa spingere un padre ad affrontare tutti gli ostacoli, ma anche di come la solidarietà non sia mai abbastanza.

L’appuntamento è per il 19 aprile 2018, alle ore 21, presso il Cinema Teatro Tartaro di Galatina. Ed è l’ultimo atto di un intenso calendario di iniziative organizzate nel mese che ospita la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. “La sensibilizzazione sul tema e la divulgazione delle conoscenze - spiega la vicepresidente de L’Adelfia, Sandra Leo - sono da noi avvertite come un bisogno che viene dalla missione che da sempre ci siamo prefissati: abbattere i muri della diffidenza, del pregiudizio, dell’indifferenza e costruire ponti di solidarietà, che conducano sulle sponde del futuro”.

Lo spettacolo teatrale è anticipato, Mercoledì 18 Aprile, alle ore 17, da “Emozioni a confronto-La mia vita dolceamara con un figlio disabile”, presso il Centro Diurno Socio Educativo  “Scarpenuove”, a Castiglione d’Otranto. Massimiliano Verga incontrerà le famiglie e gli ospiti de “L’Adelfia”.

Il 19 Aprile, invece, dalle 17.30 alle 18.30, l’autore sarà ospite di “Tutti matti per la radio”, la trasmissione radiofonica , gestita dai pazienti della Comunità Riabilitativa Psichiatrica “ Le Zagare” sita in  Galatina in  collaborazione con  Inondazioni.it, in onda ogni giovedì su Reteotto Happy Days (105 fm).

“Zigulì”

Per la regia di Francesco Lagi, Zigulì è spettacolo vincitore del Premio In-box 2013 e del Festival Troia Teatro (Video integrale dello spettacolo: http://www.youtube.com/watch?v=_96t6XqvfZo&feature=youtu.be). Il protagonista, profondamente interpretato da Francesco Colella, è “un uomo smarrito che si rapporta a suo figlio e alla sua disabilità con stupore, rabbia e ironia. L’azione si svolge in uno spazio domestico ma notturno, un luogo che non è più una casa ma è il campo di battaglia dove si svolge la loro lotta quotidiana”. Al centro del racconto non c’è il mondo del figlio e della sua disabilità, che non è dato conoscere, ma quello che lui mostra di sé, contagiando l’esistenza di suo padre. In scena, dunque, il diario intimo di un’esperienza estrema di paternità, ciò che il testo di Massimiliano Verga restituisce, senza appigli per trame o drammaturgie articolate, fatto com’è di spunti e di frammenti, di cocci e di slanci emotivi, tra pensieri, testate, spinte, morsi, graffi tra gli abbracci ed esplosioni di risate. E, qualche volta, baci. “Perché in questa storia, che è soprattutto una storia d’amore, tutto accade disordinatamente – dicono dalla compagnia Teatrodilina – senza nessun galateo sentimentale”.

Con il disegno sonoro di Giuseppe D’Amato, la musica originale di Alessandro Linzitto, la scenografia di Salvo Ingala e l’aiuto regia di Leonardo Maddalena, sul palco del Teatro Tartaro approdano le pagine di Zigulì, “il senso del vivere accanto a un disabile grave (la rabbia, lo smarrimento, l’angoscia), i pensieri molto duri, ma talvolta anche molto ironici, su una realtà che per diverse ragioni (disagio, comodità, pietà) tutti noi preferiamo spesso ignorare. E che forse, proprio perciò, nessuno ha mai raccontato nella sua spietata interezza”.

Sipario alle ore 21. Durata: un’ora. Costo del biglietto: 10 euro. Info: 393/9028748

 
Di Albino Campa (del 11/03/2011 @ 22:40:15, in Recensione libro, linkato 3892 volte)

Stabat Mater di Tiziano Scarpa, vincitore del Premio Strega 2009, è un testo che si fa fatica a leggere con gli occhi, con la mente, dentro di sé, nel silenzio di una stanza buia. Un moto impulsivo, sussultorio dell’anima irrompe presto nell’aria sottoforma di suono e le parole scritte sulle pagine divengono melodia. Ed ecco, quindi, che riesce spontaneo alzare la voce, declamare i passi di quest’opera, unica nella forma, straordinaria nei contenuti.

 Ne viene fuori una lettura convulsa, che con fatica si riesce ad addomesticare. Si legge in poche ore, con il rischio di rimanere con quel nodo alla gola che solo le grandi emozioni riescono a regalare. Sarebbe davvero un peccato d’altronde trattenersi, rallentare il passo per paura della fine, per gustare l’intermezzo e saziarsi dei particolari, quando l’intento dell’autore è proprio quello di tradurre in parole il turbamento d’animo della sua protagonista.
 Cecilia, infatti, è una giovane ragazza orfana che, nelle sue lunghe notti insonni trascorse in cima ad una rampa di scale dell’orfanotrofio, cerca di tradurre in parola scritta i pensieri e i sentimenti, i dubbi e le incertezze, che le dilaniano di continuo l’anima. Scrive su pezzi di carta racimolati qua e là, tra le righe di un pentagramma, negli spazi vuoti tra una nota e l’altra, rivolgendosi ad una Signora Madre che mai ha conosciuto, di cui tuttavia sente scorrere nelle proprie vene quel vitale bisogno che unisce, sin dal principio, come un cordone ombelicale, ogni figlio alla propria madre.
 “Signora Madre, vi scrivo nell’oscurità, senza candela accesa, senza luce. Le mie dita scorrono sul foglio appoggiato sopra le ginocchia. Bagno la penna nell’inchiostro, la intingo nel cuore della notte. Riesco a distinguere con difficoltà le parole che si srotolano sulla pagina, forse non sono nient’altro che grumi di buio anche loro. Dentro queste parole, ogni notte io vengo a farvi visita. Voi non potete vedermi, ma i miei occhi spalancati vi guardano” (pag.15).
 Così passa i giorni Cecilia, obbligata in quelle quattro mura che l’hanno accolta in fasce un ventuno aprile e che ora sembrano pesare, tanto da diventare quasi insopportabili. Cecilia è cosciente di crescere in un mondo che non conosce, di utilizzare talvolta delle parole vuote di significato poiché non ha mai avuto modo di viverle. E mentre di notte scrive alla persona più intima e allo stesso tempo più lontana, di giorno suona il violino in chiesa insieme alla sue compagne musiciste, sospese ad alcuni metri di altezza, dietro una balaustra, seminascoste da grate metalliche che lasciano indovinare ai nobili in ascolto soltanto delle sagome, stuzzicandone così l’immaginazione.
 Per Cecilia la musica è monotonia, un incessante e tormentoso ripetersi di note. Nell’Ospitale gli è stato insegnato che la musica è un modo per elevare la propria preghiera al Signore, ma lei ne dubita fortemente. “Io credo che la musica cada. Noi suoniamo dall’alto, sospese, sui poggioli di fianco alle due pareti della chiesa, a qualche metro da terra, perché la musica pesa, cade giù. La versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci. Li sommergiamo, li soffochiamo con la nostra musica” (pag. 48).     
 Un giorno però, con l’arrivo di un giovane sacerdote, le cose cominciano a cambiare. Antonio Vivaldi è il suo nome, giovane compositore e insegnante di violino, con un’idea del tutto originale di fare musica. Sarà lui a scuotere la giovane orfana, a destarla da quell’intorpidimento in cui inevitabilmente si cade, quando si è costretti a non oltrepassare i contorni che delimitano la conoscenza del mondo al proprio ego, senza alcuna possibilità di esternarsi.

 

Michele Stursi

Di seguito l’incipit dell’opera (musica: A. Vivaldi, Concerto per due violini in Re min. - Op.3, n. 11, Orchestra Classic Music Studio, S. Pietroburgo, dir. A. Titov; voce: E.F. Ricciardi).

 
Di Antonio Mellone (del 26/06/2013 @ 22:37:57, in Cimitero, linkato 3801 volte)

Scopo di un articolo, come di ogni scritto, è sempre quello di far riflettere, e dunque possibilmente di cambiare il mondo. Fosse anche solo marginalmente, ma è pur sempre un cambiamento (si spera in meglio).

Stavolta si parlerà della morte, dalla quale, come diceva Francesco d’Assisi, “nessuno può scappare”.

Non è nostro obiettivo (né saremmo in grado) di discettare di escatologia (che è quella parte della teologia avente per oggetto l’indagine sui destini ultimi dell’uomo e dell’universo), bensì più prosaicamente dell’opzione della cremazione delle salme (che saremo).

Come tutti certamente sapranno la cremazione è “la pratica di ridurre, tramite il fuoco, un cadavere nei suoi elementi di base. Si tratta di una pratica molto antica: in Asia tale consuetudine si è mantenuta pressoché inalterata da millenni” (fonte: Wikipedia).

Con la cremazione il corpo umano (ormai esanime), composto principalmente di acqua, si trasforma in gas, vapore acqueo, carbonio e frammenti ossei. Il cadavere inserito in un forno crematorio a 1000/1200 gradi, in circa 20/30 minuti, si riduce non in cenere ma in frammenti ossei friabili che, in un secondo momento, verranno sminuzzati fino a formare quella che chiamiamo cenere. Questa “cenere” sarà poi a seconda delle usanze (o di quanto disposto dal de cuius) o custodita in un’urna o sepolta, ovvero sparsa in natura.

Per molti secoli la Chiesa cattolica ha bandito questa soluzione che pensava in contraddizione con la fede nella resurrezione dei morti. C’è voluta la rivoluzione del Concilio Vaticano II per sconvolgere anche questa “verità” - che molti teologi già ammettevano, in quanto, di fatto, la cremazione non fa altro che accelerare il processo naturale di ossidazione (sicché la “risurrezione della carne” era salva).

Dal 1963 dunque la Chiesa non considera più come un peccato anzi ammette la cremazione dei cari estinti a condizione che non sia in odium fidei, se non è decisa cioè in disprezzo della fede cristiana. Nel 2012 s’è finanche rieditato il libro liturgico del “Rito delle esequie”, completandolo con le preghiere in caso di cremazione. Oggi è addirittura possibile che le esequie avvengano in presenza dell’urna cineraria, ma la Chiesa preferisce che i funerali avvengano in presenza del corpo, e dunque prima dell’eventuale cremazione.

Per chiudere questo capitolo, diciamo infine che la stessa Chiesa, che promuove il culto dei defunti, è tuttavia contraria allo spargimento delle ceneri o la loro conservazione in luoghi diversi dai cimiteri (per esempio in casa o in giardino), e questo anche per scongiurare o contrastare concezioni panteistiche o naturalistiche o, peggio ancora, forme di feticismo o idolatria verso i morti.

La cremazione molto diffusa nel resto d’Europa (si pensi che a Bruxelles viene cremato circa il 65% delle persone decedute), in Italia, pur in crescita, si attesta in media intorno al 10% dei casi.

Una pratica, dunque, sempre più comune altrove ma non nel nostro Comune: tanto è vero che sembrano esauriti i loculi sia nel cimitero di Galatina e sia in quello di Collemeto (mentre a Noha ne avremo ancora per poco).

Perché tutto questo? Ma ovviamente perché ancora la cremazione non è entrata nell’ordine delle nostre idee e, dunque, viene praticata ancora in percentuali da prefisso telefonico.

Eppure se ci ragionassimo un po’ su capiremmo che la scelta della cremazione ha un suo valore etico e un suo rilievo morale, permette il risparmio dello spazio per chi resta, non ha risvolti negativi dal punto di vista igienico, contribuisce alla razionalizzazione degli esborsi economico-finanziari per le famiglie e per il Comune (si pensi al costo di un cimitero, al suo mantenimento, alle difficoltà di trovare nuovi spazi, e, non ultimo, alle spregevoli e mai debellate mafie che ruotano attorno al “business” dei camposanti). E si consideri, infine, il fatto che ci verrebbero risparmiati gli ineffabili (e a tratti ridicoli) manifesti di lotta politica di bassa lega sul “divieto di morire a Galatina” per mancanza di loculi al cimitero.      

Il ricordo dei defunti non sta nel portare un mazzo di fiori ad un mucchio di ossa custodite in un’urna ingombrante da ostentare, magari all’interno di una sontuosa cappella funeraria, e dunque nella crescita senza limiti dei nostri cimiteri, ma nel ricordo che i nostri cari hanno lasciato nella nostra mente e nel nostro cuore.

Allora non sarebbe meglio, più saggio, economico ed ecologico lasciare la terra ai vivi, sperando che ne sappiano fare buon uso finché sono ancora in tempo?

Antonio Mellone  

Fonte. il Titano, supplemento economico de il Galatino, n. 12, anno XLVI, del 26-06-2013

 
Di Albino Campa (del 21/04/2011 @ 22:37:32, in RadioInOndAzioni, linkato 3051 volte)

Mentre tutti si preparano a qualche giorno di vacanza, ritorna l'appuntamento del venerdi sera su RadioInOndAzioni con "Quello che le donne non dicono..." dalle 19.30 alle 21.30. Ospiti di Paola e Simona sarà il gruppo Ádria, progetto musicale che nasce sul filo di un incontro. In un equilibrio instabile le sue due metà si ricongiungono in mezzo al Mare Adriatico. Le due culture, anzi i due mondi affacciati su questo mare antico, si sono osservati da sempre e in questo progetto danno vita ad un nuovo dialogo.  I principali artefici  di quest’incontro sono gli strumenti e le voci e la lingua utilizzata è la musica. Se l’organetto e il violoncello pronunciano con rinnovata passione accenti e vocaboli mai detti, la voce mette in accordo, con la sua dolcezza, linguaggi profondamente diversi, ma vicini nelle assonanze e nei respiri. E in un contesto fatto di incoerenze e persino di rumori, inevitabili e molesti, alcune composizioni si fanno nervose e a tratti caotiche. Sono figlie legittime delle discordanze nate nella città, il luogo dove l’ approdo si è reso inevitabile”.

Il gruppo è composto da musicisti che vantano collaborazioni con artisti e formazioni di rilievo del panorama della world music e che propongono  un’originale progetto di rielaborazione e di scrittura. Una forma canzone legata all’immediatezza del repertorio tradizionale delle due sponde a sud del Mar Adriatico, ripensato con un approccio moderno. L’incantevole voce di Maria esalta l’intensa semplicità dei testi e dà forza e respiro a trame armoniche eleganti e sinuose, tessute con impeto. Strumenti legati alle musiche tradizionali e strumenti moderni si inseguono e a tratti si sfuggono, cercando punti d’incontro e ragioni di diversità, come da sempre le storie e le musiche a confronto sul Mar Adriatico. Con il brano “Non sento” il progetto è presente nel compilation Soundsation, a cura dell'Università La Sapienza di Roma in collaborazione con Sony Bmg e Demo Radio Rai. Adria firma le musiche del volume Il Salento dei Poeti, prodotto dal Fondo Verri di Lecce. Lo spettacolo che porta in scena le letture e le musiche del libro-dvd apre la Notte della Taranta 2008 a Melpignano (LE).

 

 

Mercoledì 23 luglio, nella suggestiva cornice della Chiesa dei Battenti di Galatina, alle ore 20,30  Maurizio Nocera, Nico Mauro, Marco Graziuso e l’assessore al Cultura Daniela Vantaggiato ricorderanno Lucio Romano nella sua complessa figura di poeta e di intellettuale impegnato.

 Lucio Romano nato a Galatina nel 1936 è scomparso nel 2007 si è occupato di studi storici, conducendo tra l’altro ricerche sul movimento operaio e sulle origini del fascismo in Terra d’Otranto. Con le sue opere letterarie ha ricevuto numerosi riconoscimenti in ambito locale e nazionale. Molti critici letterari hanno scritto di lui.  Lui stesso ha scritto note critiche su Salvatore Quasimodo, Rocco Scotellaro, Alfonso Gatto. Accanto a questo bisogna ricordare il suo imprescindibile impegno civile è stato consigliere comunale per quindici anni e consigliere provinciale. Ha dettato l’epigrafe per Carlo Mauro, principale esponente del socialismo salentino, collocata tutt’ora in Piazza della Libertà .

 Ricordiamo alcuni titoli delle sue raccolte di poesie “ Sul calar della sera” (1958-1964); “ Vagare stanco” (1965-1968); ” Romano” (1969-1974); “Alografie” (1983-1987); “Morire di verso” (1988-1990); “ Lettere di Gioacchino Toma a Eduardo Dalbono”(1992-1997);   “Una vita in versi ”(2001).

L’amministrazione di Galatina gli ha assegnato alla memoria  il Premio Beniamino De Maria per il biennio 2009-2010, ci piace riportarne per intero la motivazione : Un uomo che ha saputo coniugare poesia ed impegno civile. Un uomo che ha lasciato un chiaro messaggio secondo il quale potere e poesia significano altruismo, solidarietà umana, generosità, tentativo di edificazione di un altro mondo possibile nel quale  tutti siano impegnati facendo tesoro anche della parola del poeta che lotta per il suo popolo, la sua gente, per gli umili e i diseredati.

In attesa di incontrarlo attraverso il ricordo degli amici e dei familiari lo ricordiamo così:

Salento       da “Sul calar della sera”  

 
E’ questo il Salento

 bruciato dal sole

ove il cielo del sud

 avaro dei piogge

 ha sotto gli occhi

 schiene curvate,  some

 dal cuore in pena:

ove sirene di cantieri sono

 antichi rumori di zappe.

L’evento, promosso ed organizzato dalla libreria Fiordilibro da sempre impegnata nella valorizzazione della cultura salentina , dei suoi esponenti e di quanti hanno contribuito e contribuiscono con il loro lavoro spesso solitario e  misconosciuto, a dare lustro al Salento ed in questo caso anche alla città di Galatina. L’evento ha ricevuto il Patrocinio del Comune di Galatina ed  è inserito nella Sezione “Vivi il Salento” della  rassegna estiva“ l’Estate della Cuccuvascia”- ritrovarsi a Galatina.

 
Di Antonio Mellone (del 09/10/2013 @ 22:32:12, in NohaBlog, linkato 2998 volte)

“A Galatina, nell’era dell’e-commerce, i lungimiranti politici locali in maniera bipartisan, con a capo l’illuminato primo cittadino, han deciso finalmente di dire ad alta voce ‘stop al consumo di territorio’, di annunciare a tutti che basta con il cemento e l’asfalto, e che non ha senso uccidere ulteriori 26 ettari di fertilissima campagna di contrada Cascioni attraverso la creazione di un inutile, dannoso, anacronistico mega-porco commerciale, promosso dagli speculatori di turno e caldeggiato da chi non ha capito una cippa del dramma ecologico ed economico che ne deriverebbe.”

L’incipit virgolettato di questo articolo, per quanto ovvio, è scritto purtroppo soltanto nel libro dei sogni. La realtà nuda è ben più cruda.

Infatti, un manipolo di politici e funzionari in carriera, con a capo il sindaco (che più che illuminato direi folgorato, anzi fulminato sulla via di Collemeto), ha deliberato l’esatto contrario. Pantacom, infatti, non è un portale di commercio elettronico, ma una società a responsabilità limitatissima (veramente limitatissimi in questa società – basta dare un’occhiata ai suoi bilanci - risulterebbero essere anche i capitali e le garanzie), che avrebbe in mente di realizzare “a proprie spese e cura” una miriade di opere più o meno pubbliche in un’area da trasformare in un grande insieme di capannoni commerciali e artigianali, come se nel Salento non ne avessimo già abbastanza.      

  * 

Ma per edulcorare un po’ la pillola (o la supposta), nella cir-Convenzione d’incapace approvata da quasi tutti i consiglieri di destra (incluso dunque il Pd) è previsto nientepopodimeno che un “parco urbano” [sic!] di 5 ettari; in pratica un quadrato di 224 metri di lato, con tanto “di piante, panchine, sentieri, impianti di illuminazione, un’area giochi per bambini”. Insomma un’oasi da intitolare agli ottocento beati martiri collemetesi.

E qui sorge spontaneo l’n-esimo dubbio-perplessità: ma perché, se proprio devono, non lasciano almeno una volta questi 5 ettari intonsi, liberi cioè da asfalto e cemento? Perché per la pubblica utilità ci dobbiamo per forza riempiere di ulteriori 100 posti auto, sentieri, panchine, impianti, campi di calcetto, spogliatoi, servizi igienici, insomma di tutto di più?

Niente: è più forte di loro. Se cemento deve essere lo sia per tutti i 26 ettari, sembrano dirti, dal primo fino all’ultimo, nessuno escluso. Sennò come facciamo a parlare di pubblica utilità? Eh sì, eh già.

*

Eccovi ora un dialogo topico prossimo venturo tra due consumatori marito e moglie.

Lui: “Cara che ne diresti - dopo la spesa all’Ikea, o al Brico, o all’altro magazzino no-food, e dopo aver fatto un salto dall’Ipermarket che ha tante offerte e la tessera per la raccolta dei punti - di farci una bella passeggiata romantica in questo spazio di pubblica utilità di 5 ettari? Magari in macchina, come abbiamo sempre fatto con decine di giri a vuoto intorno alla villa di piazza Alighieri? Non lo trovi, come sempre, cool (o paracool)? E subito dopo  – piazzata l’auto nel parcheggio di 100 posti - porteremo i bambini nell’area giochi del Mega-parco… Eh? What about, darling?”.

E la Galatines pretty woman de noantri che risponde: “Oh Yeah!”.

Povere creature, quei bambini: roba da chiamare immediatamente il telefono azzurro.

Poi si lamentano se a 20 anni i figli ammazzano i genitori.

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 11/12/2017 @ 22:31:28, in Comunicato Stampa, linkato 1404 volte)

Nell’attesa che il consiglio comunale degli amici degli amici di Galatina si riunisca ancora una volta per concedere l’n-esima proroga al presunto progetto Pantacom (si tratta di una vera e propria “delectatio morosa” come trattata dall’aquinate nella sua Summa Theologiae), a noi non rimane altro che chiedere a qualche superstite galatinese con qualche residuo sprazzo di lucidità a che gioco stanno giocando [con tutti gli altri meglio non parlarne: viste certe risposte, oscillanti tra i restringimenti di spalle e gli allargamenti di braccia, sarebbe fiato sprecato, ndr.].

Non credereste ai vostri occhi se, facendovi coraggio, vi metteste a leggere gli articoli della Convenzione per il mega-porco commerciale approvata a furor di popolo [nel senso che a suo tempo il popolo - se ci avesse capito qualcosa - se li sarebbe mangiati con furore, i cosiddetti suoi rappresentanti, ndr.] sottoscritta tra il Comune di Galatina e la Pantacom srl, la società che secondo il suo libro dei sogni vorrebbe impiantare un bel centro commerciale di 25 ettari alle porte di Collemeto.

Del resto uno sano di mente, al cospetto di codesto concordato, non potrebbe fare a meno di sospettare di trovarsi come minimo nella trama dell’orwelliano “1984” o sul set del Truman show (ovvero, per intenderci meglio, nella casa del Grande Fratello o su Scherzi a Parte).

*

Tra i pensieri, le parole, le opere e le omissioni contenute nella Convenzione, ci sarebbe da aggiungere il peccato originale consistente nel fatto che la Pantacom avrebbe - come asserito al Primo Punto delle premesse - “la disponibilità di un’area immobiliare ubicata in contrada Cascioni”. Evidentemente qui più che “premesse” avrebbero voluto dire “promesse”, mentre per il concetto di “disponibilità dell’area” bisognerebbe ampliare le vedute e intenderlo, appunto, in senso lato. Il terreno su cui dovrebbe nascere l’ecomostro, infatti, sembra non sia ancora di proprietà della società a responsabilità risicata, ma al massimo compromesso. Il concetto di “compromesso” a sua volta qui potrebbe avere due accezioni: quella di contratto preliminare oppure quella di irrimediabilmente messo in pericolo, a repentaglio, screditato.

Poi uno si chiede: ma quanto cavolo dura un compromesso per l’acquisto di un terreno? Non è forse stato previsto un termine ad quem, cioè finale, oltre il quale un compromesso ha, come dire, vigore ed efficacia? E se sì, quale sarebbe questo termine? Vuoi vedere che i proprietari promittenti avranno concesso il diritto all’acquisto dei loro terreni per un tempo indeterminato, o come direbbero i latinisti in aeternum? Vi pare mai possibile che possa trascorrere così tanto tempo (dovremmo essere ormai ben oltre i sei anni) dalla stipula di codesti preliminari di compravendita? [sempre che qui il concetto di “preliminari” non sia da intendere nel senso di azioni che scaldano l’atmosfera e creano una certa intimità, ndr.].

Il discorso varrebbe anche in caso di “opzione d’acquisto” su questi benedetti terreni. Comunque, sia che si tratti di “compromessi” che di “diritti di opzione”, salvo errori e omissioni, non risulterebbe alcuna trascrizione a nome della società (né risulta allo scrivente che i preliminari di compravendita si comportino come certi vini, cioè che acquistino valore con l’invecchiamento in certe botti).

A questo punto voi potreste darmi del pignolo e giustamente obiettarmi il fatto che Totò riuscì a vendere al turista americano la fontana di Trevi senza esserne il proprietario.

Cosa volete da me: a Galatina la parola garanzia risulta bandita. Dunque è in buona compagnia.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 06/06/2012 @ 22:30:16, in Comunicato Stampa, linkato 2610 volte)

Metà di quello che ho scritto è uscito in una notte, il resto in un tram mentre andavo al lavoro.
Così parla del suo libro Massimiliano, padre di Moreno, gravemente disabile, ma anche di Jacopo e Cosimo che appartengono alla cosiddetta categoria dei normodotati.
Così ho raccolto gli odori, i sapori e le immagini della vita con mio figlio Moreno. Odori per lo più sgradevoli, sapori che mi hanno fatto vomitare, immagini che i miei occhi non avrebbero voluto vedere.
Parole che raccontano la durezza di accettare la diversità di un figlio, la difficoltà di affrontare un mondo costruito a misura per ingigantire le differenze, eppure
anche ai sapori ci si abitua ed agli odori  s'impara a non farci più caso, pur continuando, da uno a dieci, ad essere incazzato undici.
L'ADELFIA ha voluto dedicare a quest'uomo e alla sua storia il Bilancio Sociale 2011. Ora vuole incontrarlo, sentire dalla sua voce, dopo averlo appreso dalle parole del suo libro, come si fa a vivere fottendosene del mondo che se ne fotte di te!
Appuntamento, quindi, per giovedì 7 giugno, ore 18,00, nella Sala Piramide di CHORA ad Alessano, via Stazione. Con Massimiliano, per gustare meglio il sapore dolce-amaro di questa Zigulì.


Info su :http://www.ladelfia.org

 
Di Redazione (del 10/07/2013 @ 22:29:26, in Comunicato Stampa, linkato 2888 volte)
La libreria Fiordilibro di Galatina, col patrocinio del Comune di Galatina e in collaborazione con le Officine Filosofiche di Terra d’Otranto presenta “Vota Socrate” di Ada Fiore. L’11 luglio, alle ore 19:30 presso il Chiostro del Palazzo della Cultura “Z. Rizzelli” di Galatina (P.zza Alighieri, 51) dialogheranno, con l’autrice del libro edito da Lupo Editore, Mario Carparelli (Università del Salento), Daniela Vantaggiato (Assessore alla Cultura del Comune di Galatina) e Francesco Luceri (Officine Filosofiche di Terra d’Otranto). Ada Fiore, professoressa di Filosofia e Storia al liceo “F. Capece” di Maglie e sindaco di Corigliano d’Otranto, immagina e descrive, in questo suo primo libro, un breve e surreale dialogo tra Socrate, il padre della filosofia occidentale, e San Pietro, il custode delle chiavi del paradiso. L’attenzione dei due cade, immediatamente, sui problemi odierni della società in un interessante confronto tra la moralità socratica e i contrasti e le contraddizioni contemporanee che noi tutti viviamo quotidianamente. Con le parole dell’autrice, «Vota Socrate è un libro che s’inserisce perfettamente nel contesto politico contemporaneo caratterizzato dalla disattenzione dei cittadini alla cosa pubblica, e Socrate diventa la nostra luce di emergenza cui guardare per recuperare i veri valori che sono alla base dell’agire politico». Agli slogan di campagna elettorale, ai monologhi da politica alla ricerca del voto, Ada Fiore ci presenta un personaggio, Socrate, che aveva posto al centro del suo impegno filosofico un semplice quanto ardito concetto: “Io so di non sapere, quindi so”. Nasce da ciò la necessità verso quel dialogo, quel rapporto di confronto e costruzione che non può fare a meno dell’altro, del suo impegno, del suo lavoro. Ma ciò solo se quest’altro si riconosce nella sua limitatezza e abbandona ogni pretesa di autosufficienza e autoreferenzialità. Il breve capitolo che chiude il libro, dall’enigmatico titolo Io voto Socrate, contiene tutto il nocciolo della questione, sagacemente analizzata dall’autrice, con quell’invito alla riconciliazione, passaggio necessario per una rinascita globale.Il libro contiene, dunque, nelle intenzioni dell’autrice, un vero e proprio progetto culturale di rinascita che trova, in Socrate, il suo simbolo fondamentale.
 
Di Antonio Mellone (del 18/11/2019 @ 22:28:41, in NohaBlog, linkato 2425 volte)

Ci sono molte cose del mio paese che mi inorgogliscono (non ci avrei altrimenti scritto un libro); altre, per fortuna non tante seppur gravi, che mi fanno provare non poca rabbia mista a vergogna.

Nell’un caso e nell’altro non riesco proprio a stare alla finestra, ma reagisco da par mio remunerando (o rendendo la pariglia, a seconda dei casi) con le parole: le quali non vogliono saperne di rimanere intrappolate nella tastiera del mio pc.

E così ho benedetto (etimologicamente s’intende) pasticcerie e rosticcerie, stilisti e blogger, botteghe e cannizzari, artisti, santi e poeti, insomma uomini e donne nohane che hanno contribuito alla bellezza e al genius loci di questo pezzo di geografia.

Questa pagina, dunque, s’aggiunge alle centinaia di altre plaudenti quel che di bello buono e importante riescono a fare i miei compaesani. E questa volta non posso non parlare degli amici Gianni e Serena De Ronzi, fratelli e figli d’arte: i Parrucchieri Mimì.

Senza nulla togliere agli altri coiffeur dei dintorni (che, sono certo, avranno un’ottica calvinista del successo), i Mimì continuano da tempo a essere conosciuti e apprezzati in tutta la provincia, ma anche fuori. Ne ho le prove.

Sarà per via della loro storia che affonda le sue radici nella seconda metà del secolo scorso, allorché mamma Mimina (che ci ha lasciati lo scorso aprile), prima parrucchiera di Noha, rompe gli schemi di una mentalità ancestrale tutta fatta di casa chiesa e - poco ci mancava - burqa per le donne; sarà per gli stupendi saloni, uno in via Collepasso, ricavato in uno dei palazzotti storici del borgo con tanto di volte a stella in pietra leccese, l’altro a Galatina, in viale Santa Caterina Novella, dove si respira un’atmosfera molto simile a quella della casa madre; sarà anche per quel pizzico di fortuna che non guasta mai.

Ma mica è solo questo. Assolutamente. È invece molto, molto altro ancora: sono i  neuroni di questi due ragazzi in continuo travaglio; il loro gusto per il bello (che è sempre combinazione di claritas, integritas e proportio), non disgiunto da creatività e ovviamente talento manuale; la cura dei particolari (dal volume della musica, al tono di voce, al calore degli ambienti, all’illuminazione dei locali, alle estemporanee di pittura e scultura che spesso trasformano i suddetti due saloni in gallerie d’arte); il garbo, la preparazione e la capacità di ascolto anche da parte delle brave e giacché pure belle collaboratrici (senza validi colleghi non si è nessuno); lo studio costante della tecnica del taglio, e dei metodi del trattamento dei capelli e certo della cute. Non di rado i corsi di formazione sono tenuti da esperti tricologi, oltre che da maestri di acconciature e da altri specialisti del settore provenienti da tutta Italia, nell’adiacente Centro Polifunzionale Mimì, un’accademia a km0 (frequentata pure da numerosi altri parrucchieri salentini): quelle aule che ormai, oltre che sale studio, sono altresì luogo di convegni, concerti e teatro [anche il sottoscritto e i suoi compagni di lavoro ne hanno ultimamente usufruito per una follia teatrale di cui forse a breve verrà data notizia, ndr.].

E non è un caso che Serena e Gianni Mimì si affidino a consulenti di un certo spessore: mi riferisco all’agenzia di comunicazione Metropolitan Adv di Galatina, fatta da cultori della parola e dell’immagine, ragazzi davvero in gamba (lasciatevelo dire da un economista aziendale esperto del ramo), i quali non si limitano a una mera campagna pubblicitaria, ma vivono l’azienda diventandone, a proposito di squadra, un vero e proprio “dodicesimo uomo in campo”; per non parlare poi del Daniele Cutroni (danielecutroni.it) che qui è letteralmente di casa.

Insomma, guai a saltare una seduta dal parrucchiere. Come dall’analista, da Mimì costa meno e ti mette davvero la testa a posto.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/11/2012 @ 22:26:48, in I Beni Culturali, linkato 5240 volte)

Noha, 13 Novembre 2012

LETTERA APERTA A:

-Gentilissimo signor Sindaco del Comune di Galatina, Dottor Cosimo Montagna.
-Assessore con delega alle Politiche sociali, alla Cultura e polo biblio-museale, al Diritto allo studio   e servizi scolastici, Prof.ssa Daniela Vantaggiato.

Oggetto:
Istanza riguardante l’attuazione di un  procedimento amministrativo al fine di apporre un vincolo giuridico (finalizzato al loro recupero) dei Beni Culturali di Noha.

Gentilissimo Signor Sindaco e Assessore, con la presente, mi faccio carico di riassumere in breve i vari sforzi profusi dai nohani al fine di tutelare e valorizzare i Beni Culturali di Noha:

  • Il 12 agosto 2008, su richiesta dei soci del Circolo Culturale Tre Torri di Noha, l’Arch. Giovanni Giangreco, funzionario della Soprintendenza ai Beni Culturali della Provincia di Lecce, accetta l’invito di venire a Noha per prendere atto della volontà popolare, volta ad intraprendere la procedura di vincolo su alcuni beni culturali della cittadina, così come previsto dal Codice dei Beni Culturali. L’Arch. Giangreco suggerisce la necessità di preparare delle schede tecniche comprendenti i principali dati identificativi dei beni in oggetto. Schede che vengono predisposte e rilegate nel catalogo “I Beni Culturali di Noha” a cura del sottoscritto, e stampato a colori per i tipi dell’Editore Panico di Galatina.
  • Il 2 settembre 2009, i soci del Circolo Culturale Tre Torri di Noha, invitano il Commissario Prefettizio di Galatina, dott.ssa  Rosa Maria Simone alla presentazione di questo libro.
  • Il 26 Settembre 2009, in occasione della Festa dei Lettori organizzata, tra gli altri, anche dai “Presidi del libro” di Noha e dalla “Biblioteca Giona”, viene presentato al pubblico il Catalogo dei Beni Culturali di Noha (nel quale sono contenute le schede tecniche dei Beni Gulturali, così come suggerito dall’Arch. Giangreco). Alla manifestazione, che ha luogo nell’atrio del Palazzo Baronale di Noha (e nella quale si esibiscono vari artisti), interviene un folto pubblico. Tra gli interventi s’annoverano anche quelli dell’Assessore Regionale alla Qualità del Territorio, dott.ssa Angela Barbanente  e quello dell’Arch. Giovanni Giangreco stesso.
  • In data 11 gennaio 2010 viene sollecitato un intervento per il recupero tempestivo del bene culturale da tutti conosciuto come “Le Casiceddhre”, sito in Noha (tutt’oggi in totale stato di abbandono e di decadenza), alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e paesaggistici delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, alla diretta attenzione del Responsabile Arch.  Maria Costanza Pierdominici.
  • In data 22 gennaio 2010, mediante lettera Raccomandata A.R., le Associazioni di Noha:  “Circolo Cittadino Juventus”, “Fidas di Noha”,  “Circolo Culturale Tre Torri” e “L’Osservatore Nohano”,  inviano copia del Catalogo dei Beni Culturali di Noha (più copie furono consegnate in anteprima all’Arch. Giancreco) chiedendo l’intervento della Soprintendenza, nella persona del responsabile di settore Arch. Maria Costanza Pierdominici.
  • In data 30 Giugno 2010, i cittadini delle seguenti Associazioni: “Circolo Cittadino Juventus”, “Fidas di Noha”,  “Circolo Culturale Tre Torri”, “Parrucchieri Mimì” e “L’Osservatore Nohano”, chiedono all’Amministrazione Comunale di Galatina, ed in modo particolare al Sindaco Dott. Giancarlo Coluccia, di sollecitare la richiesta d’intervento della Soprintendenza della Provincia di Lecce (richiesta già inoltrata dalle suddette associazioni, come detto, con lettera Raccomandata A.R in data  il 22 Gennaio 2010 al responsabile di settore Arch. Maria Costanza Pierdominici).
  • In data 29 settembre 2011, in occasione della Festa Padronale di San Michele Arcangelo, le Associazioni di cui sopra, nonché numerosi esponenti dell’Artigianato nohano, effettuano una petizione popolare in cui vengono raccolte 1471 firme di cittadini per corroborare le istanze rivolte alla Soprintendenza (e rimaste senza esito). Le firme verranno depositate e protocollate presso il Comune di Galatina in data 16 Novembre 2011. Copia delle petizione popolare viene spedita con lettera Raccomandata A.R. a: Presidente della Provincia di Lecce Dott. Antonio Gabellone; Presidente della Regione Puglia Dott. Nichi Vendola; Dirigente per i Beni Culturali e  Paesaggistici Dott.ssa Isabella Lapi;
  • Verso la fine del mese di Aprile 2012, si presenta a Noha l’Arch. Carmelo Di Fonzo, in qualità di funzionario della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, senza essere accompagnato da nessun altro esponente della Pubblica Amministrazione (per esempio del Comune di Galatina). L’Architetto Di Fonzo, coadiuvato dall'arch. Adriano Margiotta (volenteroso cittadino galatinese che avrebbe preparato successivamente, sempre su richiesta dell’Arch. Di Fonzo, la seconda tornata di schede), dopo aver effettuato sommariamente un sopralluogo nelle adiacenze di alcuni Beni Culturali nohani (osservando chissà cosa e a debita distanza) e tralasciandone la maggior parte, avrebbe richiesto a dei privati cittadini (probabilmente beccati per caso in mezzo alla strada), una ulteriore raccolta di schede dei Beni Culturali di Noha (affinché si procedesse al famigerato vincolo).
  • Verso la metà del mese di Luglio 2012, i cittadini privati  menzionati prima, avrebbero inviato  finalmente all’attenzione dell’Arch. Di Fonzo  alcune copie delle schede dei beni in oggetto, come richiesto.
  • In mancanza di alcuna reazione da parte della Soprintendenza e dietro iniziativa del sottoscritto, nel mese di Ottobre appena trascorso, contatto telefonicamente l’Arch. Di Fonzo. Nel corso del colloquio, l’Architetto mi riferisce che il materiale a sua disposizione è incompleto e sollecita ulteriori dati mancanti necessari per la procedura del vincolo. Su mio suggerimento si impegna di analizzare con maggiore attenzione  il Catalogo dei Beni Culturali di Noha, di cui mi dice di averne copia.

A questo punto mi chiedo e Vi chiedo, se è giusto che un dipendente dello Stato (o comunque in possesso di incarico) non si faccia vivo (come forse suo dovere), ed attenda invece che sia un privato cittadino, come il sottoscritto, a sollecitare una risposta, qualunque essa sia.
Non pensate che anche i Beni Culturali di Noha abbiano un minimo di dignità e dunque, anch’essi, una specie di diritto di cittadinanza? Non trovate deprimente lo scempio infinito cui questi beni vengono sottoposti, prima dai privati proprietari e poi dal pubblico (che dovrebbe limitare un po’ l’ignavia del privato, così come previsto dalla Legge)?
Vi ritengo, gentile Sindaco e Assessore, persone degne di fiducia e attente agli impegni di cui Vi siete fatti carico. Per questo Vi chiedo di incontrarci al più presto, affinché possa meglio spiegarVi lo stato dell’arte del lungo processo che porterà (porterebbe) al vincolo di salvaguardia sui suddetti beni culturali. Sono certo che un Vostro intervento nei confronti della Sovrintendenza accelererà, anzi sbloccherà l’iter che sembra essersi inceppato per chissà quali strampalati marchingegni. Ogni giorno trascorso senza un nostro intervento equivale ad un colpo di piccone alla bellezza, all’arte e dunque al benessere di tutta la collettività.

Distinti saluti

Marcello D’Acquarica

 
Di Michele Stursi (del 08/07/2012 @ 22:26:18, in Letture estive, linkato 3127 volte)

Riprendo in mano, ad estate inoltrata, la rubrica “Consigli di lettura per l’estate” consigliandovi di leggere l’opera omnia (pochi romanzi di rapida lettura, tutti editi da Nottetempo) di Milena Agus, partendo magari da Sottosopra (Nottetempo, pp 168, 2011), ultimo lavoro, e andando a ritroso. Buona lettura!     

Dice che non siamo mai come ci vorrebbero gli altri
Possiamo dispiacercene molto, perfino morirne.
Oppure accettare di essere al rovescio, come nelle filastrocche.
da Sottosopra, pag. 84

Non l’ho mai fatto, forse perché non mi è mai capitata l’occasione, forse perché mi sono sempre rifiutato. Scegliere prima l’autore e poi il libro era, sino a poco tempo fa, un’esperienza che non mi sarei mai sognato di fare, semplicemente perché il metodo adottato sino ad allora (ovvero, scegli il libro indipendentemente da chi l’abbia scritto) non mi aveva mai recato cattive delusioni. Sottosopra l’ho acquistato invece dopo aver conosciuto la sua scrittrice, lo scorso 12 maggio in occasione del Salone Internazione del libro a Torino.
Apriamo una breve parentesi. Era la prima volta che, per curiosità più che altro, andavo ad un salone del libro (oramai ve ne sono a centinaia) e l’esperienza mi ha convinto a non farci più ritorno. Il motivo è semplice: odio le cose spropositate, le megalomanie, le esagerazioni, non perché mi facciano sentire più piccolo di quanto già mi percepisca, ma semplicemente perché quasi sempre deludono. Il salone del libro è quanto di più lontano dal concetto di libro si possa percepire, è la visione materiale, limitata e qualunquista della letteratura, un modo come un altro per speculare sui sogni dei lettori. Chiusa la parentesi.
Torniamo a poppa ed evitiamo di perderci in inutili panegirici sulla misticità dell’atto del leggere.
Tra gli infiniti appuntamenti in programma quel giorno al Salone del libro, mi imbattei (per caso, attratto più che altro dall’aroma del caffè che veniva distribuito gratuitamente) in un caffè letterario appunto, iniziato da appena qualche minuto. Non fosse stato per l’aroma del caffè forte e intenso che continuava a punzecchiarmi le narici e a insalivarmi il palato, avrei continuato ancora per un po’ a gironzolare in estasi tra libri e stand e poi me ne sarei tornato a casa avvolto in una coltre di delusione. Ma a volte basta davvero poco, mi dico solo ora, per colorare una giornata in bianco e nero e quella pennellata mi venne data da Milena Agus.
Presi posto tra spettatori attenti e partecipi e mi misi anch’io nella posizione di chi è interessato e vuole ascoltare: in silenzio ascoltai la Agus rispondere alle domande dei lettori con una genuinità e una banalità che stordivano, lasciavano interdetti. Una signora di una semplicità mai vista, con i piedi per terra (al contrario di molti scrittori che camminano sempre ad un palmo dal suolo), con un sorriso sempre pronto ad accompagnare quelle risposte fatte di frasi semplici, poco articolate, lineari, ma di un’intensità sconvolgente.
La cosa che più mi colpì fu la spontaneità, quasi imbarazzante, con cui la scrittrice affrontava temi scottanti come il sesso e la pazzia, come se ne avesse a che fare tutti i giorni, come se fosse il suo pane quotidiano. Io che non avevo mai letto alcun suo libro, ne rimansi impressionato e non poco incuriosito. Mi chiesi allora: “Chissà cosa ci butterà nei suoi romanzi? Chissà con quale stile racconta e di quale materia son fatti i protagonisti delle sue storie? Chissà se dentro quei romanzi c’è anche lei?
Alla fine di quel caffè letterario, mi affrettai ad acquistare Sottosopra, curioso di scoprire se Milena Agus fosse l’incarnazione della sua scrittura.
A voi la prossima mossa!

Michele Stursi

 
Di Albino Campa (del 22/08/2010 @ 22:25:50, in No alla Discarica, linkato 3653 volte)

Eccovi di seguito un articolo di Raimondo Rodia che ci riguarda da vicino, tratto da galatina.blogolandia

Continua ancora la distruzione dell’ambiente e delle campagne galatinesi, dispiace che quello che Antonio Mellone chiama il ” sacco di Noha ” stia avvenendo proprio con un sindaco originario di Noha, eletto dalla frazione con grande giubilo. Tra nuovo comparti artigianali, commerciali e di edilizia civile, riempiremo di cemento le campagne, il resto saranno campi di silicio con il mega fotovoltaico e le pale dell’eolico, come torri di Babele che si stagliano nel cielo del Salento. A questo aggiungiamo nuove fonti di stravolgimento del nostro ambiente, preservato dai nostri antenati e che noi in capo ad un paio di generazioni rischiamo di cancellare definitivamente. Ma torniamo ai nuovi accadimenti e sentiamo le parole di Antonio Mellone. ” Non finiremo mai. Siamo assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta. Stanno preparando ” il sacco di Noha “. Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un’altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all’imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d’esecuzione, oltre a tutto il resto). Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis ? Sembra uno spot pubblicitario. L’intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute. Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall’antica masseria Colabaldi, sito archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l’elenco. Ma andate oltre: dietro quell’elenco c’è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l’altro, facilmente immaginabile. Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto.Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso “ben chiuso” in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento ? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole da qui a qualche anno con le solite lacrime da coccodrillo. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film “Gomorra” (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l’omonimo libro di Roberto Saviano. Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori.
E poi perchè tra la roba conferita deve esserci il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l’elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento).
Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima “scelta ecologica” non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell’immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come ? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c’è ) si farà diventare edificabile quella “nuova area”, tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi. Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l’area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l’immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria Colabaldi. Non c’è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo. Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì. Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell’intorno della parrocchia di San Rocco, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste mail, magari arricchendole con nuove notizie e nuove informazioni. Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all’oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.” Tutto giusto quello che scrive Antonio Mellone nel virgolettato, l’unica cosa da rimproverargli e che questa non è solo la battaglia della gente di Noha e della 167 di Galatina. Questa deve essere la battaglia di ogni cittadino del Salento, che vuole la sua terra ricca e salubre.

Raimondo Rodia

 
Di Albino Campa (del 11/11/2010 @ 22:25:13, in Eventi, linkato 3974 volte)

Nella sala convegni dell’Oratorio Madonna delle Grazie il 13 Novembre 2010 avrà luogo la presentazione del libroLa Sapienza, criterio di Dio” (Arti Grafiche Marino, Lecce, 2010) del nostro amico e collaboratore Fabrizio Vincenti. Un libro da leggere con lentezza e sulle cui pagine riflettere per migliorare il mondo a partire dal nostro “io” troppo spesso enfatizzato. Fabrizio Vincenti, i cui articoli compaiono puntualmente sulla rivista on-line "L'Osservatore Nohano" ormai da tempo, si è formato nel glorioso seminario di Otranto, scuola rinomata, dal Settecento in poi, per la floridezza degli studi e la bontà dei giovani avviati al sacerdozio. Quel pio collegio ha “prodotto” pastori di gran prestigio, sacerdoti e vescovi, ma anche professionisti e uomini di importante levatura sociale, che hanno dato lustro ed onore al Salento e all’Italia: come il nostro Fabrizio, che da laico sta cercando di dar buon nome e reputazione alla nostra cittadina, lavorando nel corpo della Guardia di Finanza ad oltre mille chilometri di distanza da Noha, sua piccola patria.

 

Interverranno:

  • Don Francesco Coluccia, direttore del Laboratorio Culturale Benedetto XVI di Noha,
  • Paola Congedo della Biblioteca Giona,
  • Fabrizio Vincenti autore de “La Sapienza, criterio di Dio”.

Tutta la popolazione è invitata a questo evento culturale.

 
Di Andrea Coccioli (del 04/09/2014 @ 22:25:06, in Comunicato Stampa, linkato 2832 volte)
Il 5 settembre alle ore 20,00  presso il chiostro del Palazzo della Cultura, la presentazione del libro "Donne nell'acqua loro" di Florisa Sciannamea, Diario tragicomico di una donna che avrebbe voluto essere Grimilde (ma non ce l’ha fatta…)

 

“Donne nell’acqua loro” è una storia di donne. Maldestre, fragili, insicure, “sgarruppate”, ma al contempo forti, sicure di sé; alberi alla cui ombra possono trovare rifugio figli, nipoti, amici, mariti.
Servendosi di una lente ironica ed impertinente, Florisa racconta le avventure di un gruppo di convinte praticanti di un corso di acquagym. Attraverso i suoi occhi, queste donne assumono una propria identità, prendono man mano forma e diventano dei personaggi: la Donna Polpo, la Donna Sogliola, l’Allegrona e, poi, c’è LEI: Moby, indiscussa primadonna che si erge con tutta la sua imponenza a sovrastare il gruppo!
Ad accompagnare le giornate in piscina si aprono spiragli di quotidianità, i giochi con i nipotini Alice, Gabriele ed Agnese, le riflessioni sulla sua vita, la malattia dell’amica Grazia, i ricordi di giorni e luoghi lontani. Ed è nello svolgersi di queste giornate che matura la decisione di lasciare il lavoro e riprendersi la propria vita.
Perché la piscina rappresenta tutto questo: è metafora di un contenitore dove ogni donna può racchiudere tutto ciò che pensa, osserva, vive, è…
E il lettore, tra una risata ed una lacrima, non potrà che amarla!

Maggio 2014

98 pagine
ISBN 978-88-7553-188-1
Euro 12,00

 
Di Fabrizio Vincenti (del 12/04/2017 @ 22:24:02, in NohaBlog, linkato 2056 volte)

Il grande Zygmunt Bauman definiva la nostra una società “liquida”. Da allora un piccolo progresso è stato fatto: anziché liquida, ora potremmo definirla sciolta. Cerchiamo di intenderci. Avete presente le palline del gelato appena posate sul cono? Hanno una forma e, dal loro colore, è facile intuire quale sia il loro gusto. Provate però a guardare lo stesso cono dopo mezz’ora: vi ritroverete con in mano un biscotto e una poltiglia di gelato variopinta e senza forma, tanto da non capire neppure quale gusto avevate deciso di prendere.

Quando guardo i personaggi che si sono candidati per la carica di sindaco di Galatina, mi viene in mente questa immagine, un gelato che cola da tutte le parti. Qualcuno potrebbe prendere questo paragone come un’offesa, ma costui si ricreda subito, poiché non è ciò che vuole essere. In fondo il gelato è qualcosa che piace a tutti, anche se scula (il verbo colare, in questo senso, non avrebbe propriamente reso l’idea).

Qualcuno, usando un’espressione vecchia millenni, mette la sua faccia a garanzia che, se qualora dovesse essere eletto sindaco, farà tutto ciò che finora non è stato fatto per il nostro “beneamato” Comune. La prima volta che vidi questa frase, fu su una gigantografia di un distributore di carburanti in provincia di Udine, dove, per pubblicizzare un marchio, uno sconosciuto gestore sorrideva affianco alla frase “Noi ci mettiamo la faccia!”. Beh, lì io non mi sarei neanche fatto lavare i vetri della macchina poiché, nonostante la sua faccia, io quel tipo lì non lo conoscevo affatto (figuriamoci se uno facesse rifornimento solo se si fida del pinco pallino di turno).

Ora, tornando a noi, della faccia dei politici attaccati ai bordi delle strade non me ne può fregar di meno (usando un delicato eufemismo), seppur anche quelle facce lì sono creature del buon Dio, e Dio non è ingiusto. San Paolo però, un mio carissimo amico, nella sua lettera ai Romani, al cap. 9,20-21 scrive: «Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò “perché mi hai fatto così?”. Forse il vasaio non è padrone dell’argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare?».

Chissà a cosa faceva riferimento l’apostolo dei gentili con quell’espressione, ma se qualcuno la ritiene offensiva, se la vada a prendere con san Paolo, di certo non con me che l’ho citato. Ecco per quale motivo non devono prendere le mie considerazioni come delle offese, ma le loro facce (consapevole del fatto che la mia fa più schifo delle loro) mi sembrano come gelato che scula, poiché i loro tratti somatici non garantiscono assolutamente nulla. Dunque, su cosa dovrei basarmi per dare il mio voto a uno di loro? Sul loro curriculum vitae? Meglio di no, mi asterrei dal votare. Dunque su cosa, sui risultati delle precedenti amministrazioni di cui alcuni di loro hanno già fatto parte? Non conviene a loro, sarebbero quasi tutti ineleggibili (se solo la giustizia in questo “beneamato” Paese funzionasse). Rimane, allora, veramente ben poco da poter prendere in esame. Vuoi vedere che alla fine rimangono un’altra volta solo le facce? Io, però, torno a dire che di quelle non so che farmene. Forse, se qualcuno di questi avesse anche un programma interessante ed intelligente, oltre al volto ingigantito, sarebbe già molto meglio poiché di questi ultimi tempi la fiducia, soprattutto nella politica, è di cattiva sorte.

C’è qualcos’altro nelle loro menti inceppate oltre alla costruzione di trenta palazzine o di una discarica o inceneritore o parco commerciale inutile?  Ditemi di sì, vi prego, altrimenti quel poco di ottimismo che mi rimane sfonda la soglia minima dello zero. Cosa propongono per contrastare la disoccupazione, oltre ad aprire qualche altra cooperativa a scopo di lucro dove a lucrare sono solo loro? Cosa dicono nel merito di rendere il Comune di Galatina più eco-sostenibile? Cos’hanno in mente di fare per abbattere l’inquinamento, salvaguardano la salute dei cittadini? Cosa farebbero affinché non si creino più discariche abusive ogni cento metri?  Cosa propongono per l’infanzia, quali servizi offrirebbero agli anziani? Quali sono le loro politiche per il recupero dei centri storici, la salvaguardia delle opere d’arte, il rimboschimento delle aree abbandonate, la riqualificazione delle periferie (come se i centri scoppiassero già di salute)? Cosa farebbero per creare un turismo annuale anziché demenziale? Pregandovi di concedermi il beneficio del dubbio, ve lo dico io cosa faranno. Inaugureranno qualche altro pilastro di cemento inutile come cattedrale in un deserto già scialbo, scuoteranno un tamburello la notte della taranta, e indebiteranno ancor più l’insanabile debito che qualcuno di loro ha già creato, e al diavolo il lavoro, la salute, l’istruzione, l’ambiente, i vostri diritti, la vostra dignità, e via discorrendo. Se poi oltre al sindaco, faranno anche il loro mestiere (e continueranno a farlo nel modo in cui hanno dimostrato di fare finora – ahi mamma-), allora non resta che fare le valige e lasciarli governare sui topi. E se poi alla loro faccia si faranno affiancare anche da quella del mistificatore Renzi, allora sappiano che quei selfie (se solo Renzi sapesse!) serviranno solo a fargli perdere anche il voto della zia, minacciata e costretta a votarli al costo di vedersi tolta la parola -  e la zia, in quel caso, ringrazierebbe!

Bene, che vinca il meno peggio, dunque (in Italia è il massimo che ci si può augurare). Male che vada, fate governare i maiali come nel libro Animal Farm di George Orwell: chissà se, in un guizzo d’intelligenza, facciano più i porci che loro qualcosa di buono.

Fabrizio Vincenti

 

Luisa Ruggio torna a Galatina, in un incontro promosso dalla Libreria Fiordilibro in collaborazione con I Vitelloni Bistrot,  per presentare il suo ultimo romanzo “ Notturno” edito da Besa, il 17 dicembre alle ore 19,00 presso i Vitelloni Bistrot di Piazza Alighieri,79.

Dialogherà con l’autrice, la giornalista Valentina Chittano.

Le note di Angelo Coluccia accompagneranno l’incontro .

Luisa Ruggio torna ad affascinarci con la sua scrittura e ci regala uno scrigno denso di tesori e meraviglie perché tale è Notturno .

Si narra che Erik Satie avesse una stanza segreta che fu aperta solo dopo la sua morte: lì custodiva una collezione di ombrelli. E’ questa la scusa che un traduttore tedesco ,Jul , usa alla soglia dei quaranta anni  come zattera e rifugio quando si accorge di non aver una famiglia,un futuro, né un vero luogo in cui fare ritorno. Da bambino Jul ha lasciato Stoccarda insieme alla madre, è cresciuto viaggiando in solitaria, attraversando paesi veri o immaginari, alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto. A Firenze, dove continua a sentirsi un senza terra, tenta di dimenticare il passato di cui non ama parlare. Ha ereditato questo silenzio da suo nonno, il Lupo, sopravvissuto alla battaglia si Stalingrado e ad una traversata di quattromila chilometri a piedi in un regno di neve e sergenti. Nottetempo Jul si diverte a postare un racconto a puntate ispirato ai Cinque Notturni di Satie,  gli ultimi che il suo autore preferito scrisse dopo la morte dell’amico Debussy.Poi un giorno, una sconosciuta che dice di chiamarsi Lyda inizia a leggere il suo racconto a puntate e gli scrive da una terra si frontiera che non nomina mai. Inizia così un dialogo intenso , un inverno di favole e un processo di rivelazione.  I Cinque Notturni di Satie scandiscono la rieducazione  sentimentale ed erotica di Jul e Lyda. I due, insieme , rimetteranno in discussione tutto ciò che credevano immutabile, a cominciare dalla difficoltà di conciliare i mondi immaginari e la realtà claustrofobica della vita quotidiana, il tempo interiore e l’orologio degli altri.

Luisa Ruggio scrittrice e giornalista  ha esordito nel 2006 con il suo primo libro "Afra" aggiudicandosi ben 5 premi letterari, ha inoltre pubblicato diversi saggi sul cinema e la psicoanalisi e altri tre libri: "Teresa Manara" nel 2014, "La nuca" nel 2008, e la raccolta di racconti brevi "Senza Storie".

Emilia Frassanito

 

Il Salento è una delle aree del territorio nazionale a più bassa pericolosità sismica; la provincia di Lecce non è, infatti, una zona sismogenetica. Eppure, frequentemente, la quotidianità dei salentini è stata "scossa" da terremoti con epicentro dall'altra parte dell'Adriatico. Sono passati appena pochi mesi dal terremoto in Albania, avvertito nettamente in tutto il Salento.

Il terremoto, ancor più perché evento eccezionale per questa terra, ci stupisce e ci spaventa, cogliendoci sempre impreparati. La sismologia storica raccoglie, tuttavia, testimonianze di terremoti avvenuti nell'Italia meridionale e nella penisola balcanica, avvertiti nettamente in Salento e, a volte, portatori di morte e distruzione nei piccoli borghi. 

Il più noto alle cronache recenti è il terremoto che, nel pomeriggio del 20 febbraio 1743, con la sua potenza mieté circa 200 vittime e provocò crolli e danneggiamenti degli edifici in tutta la Penisola salentina. Tra i comuni pesantemente colpiti ci fu anche Galatina.

Quello, però, non fu l'unico evento sismico che interessò la città. 

Eppure, oggi, Galatina sembra aver cancellato dalla propria memoria storica e popolare il ricordo di quegli accadimenti. Di tutto questo ci parlerà la geologa Francesca Lagna, il 22 febbraio presso la Chiesa del Collegio alle ore 19:00 nell’appuntamento della Rassegna Incontri al Collegio dal titolo Galatina ed il terremoto. Una storia dimenticata.  Introduce Don Antonio Santoro Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia. La rassegna ormai giunta al IV appuntamento del secondo anno, è organizzata dalla libreria Fiordilibro con la collaborazione della Rettoria di Santa Maria della Grazia. 

 

Francesca Lagna

Laurea in Scienze Geologiche all’Università di Bari con il massimo dei voti ed una tesi in  Geologia Ambientale dal titolo “Analisi geologico-ambientale e caratterizzazione idraulica del bacino idrografico del Torrente Asso (Salento centro-meridionale).Esercita la libera professione occupandosi di Geologia applicata. Ha maturato esperienza nell’ambito dei settori della geologia, dell'idrogeologia e della geofisica e, in particolare, le loro implicazioni in ambito paesaggistico ed edilizio. La passione per la speleologia la porta ad approfondire le tematiche inerenti la speleologia urbana e, in particolare, l'esplorazione e la messa in sicurezza delle cavità antropiche. In qualità di socia del Gruppo Speleologico Neretino ha partecipato all'esplorazione de al rilievo di cave ipogee nei Comuni di Gallipoli e Cutrofiano.  Come libera professionista  ha preso parte, in qualità di progettista, alla stesura del progetto preliminare per la messa in sicurezza di Piazza Pedone e dell'omonimo frantoio ipogeo nel Comune di Patù. Da qualche tempo ha avviato, assieme ad altri professionisti, un'attività di divulgazione e conoscenza del patrimonio geologico, naturalistico e archeologico del Comune di Galatina. 

Emilia Frassanito

 
Di Antonio Mellone (del 12/09/2013 @ 22:15:39, in NohaBlog, linkato 3299 volte)

Ogni giorno le ciminiere maledette di Galatina e dintorni, pur senza CDR o CSS, sputano fuori di tutto. E questo tutto ricade sulle campagne, sui marciapiedi, sulle auto. E giacché c’è si fa un giro nel nostro apparato respiratorio. Ora, mentre le auto e le cose si possono lavare, i polmoni degli esseri viventi no. Le sostanze letali lentamente si accumulano dentro di noi, trasformandosi in malattie.

Ho letto su di un libro bellissimo (Veleno di Cristina Zagaria, Sperling & Kupfer, Milano, 2013) che le grandi industrie, come l’Ilva, pagano i funerali degli operai morti e ne assumono i figli per comprare il silenzio delle famiglie. Qui non siamo a quei livelli. Nelle nostre contrade si cerca di comprare il consenso (riuscendoci) con le pubbliche relazioni, attraverso un po’ di sponsorizzazioni a pioggia: un piccolo restauro, i sacchetti di iuta o di plastica per un motoraduno, la stampa di un periodico, un evento (benedetti eventi!).  

Mentre a Taranto gli interessati-solo-ai-soldi raccontano la favola (non a lieto fine) che la crescita dei tumori è dovuta allo stile di vita dei tarantini, alla loro dieta, ed al fumo di sigarette (a Taranto evidentemente fumano anche i bambini) qui non si parla di nulla.

Quelle decine e decine di malati di tumore accompagnati nei cimiteri di Cutrofiano, Sogliano, Noha, Galatina, Soleto saranno morti di fame o di sonno. Quei malati sono malati privati, i loro drammi devono viverli dentro le quattro mura domestiche, non devono far notizia, e i forni ed i camini enormi che incombono su tutto e su tutti fumando notte e giorno carbonio e rabbia non c’entrano nulla. Ci vogliono far credere che da quei fumaioli fuoriesca aria pura, ossigeno, al massimo vapore acqueo. Caro dottor Serravezza parli a chi ha messo i tappi nelle orecchie.

***

Io vorrei cercare la rabbia nella mia terra, ma non c’è rabbia né a Galatina né a Noha né a Sogliano né a Cutrofiano né altrove. Al massimo irritazione. Una irritazione privata, senza rivolta, senza lotta, senza consapevolezza, senza coscienza di classe. C’è  attesa, sì, attesa che qualcosa cambi, attesa di un treno che non passerà mai, rassegnazione e rinuncia invece che denuncia. Un popolo assopito ti risponde – se pur gli dovesse capitare di rispondere - che è sempre stato così e così sarà per sempre, in saecula saeculorum; che purtroppo noi non possiamo farci nulla; che i miei articoli sono tempo sprecato, parole al vento, acqua fresca; che, comunque, non sono affari miei (la mia salute cioè non è affare mio); che chi me lo fa fare di espormi in tal modo; che sì, i potenti vincono sempre; che no, non c’è la volontà politica (come se la volontà politica dipendesse dagli altri).

Così si avvelena la nostra terra, più o meno lentamente. Con l’industria, con la  bulimia del profitto (per pochi fortunati vincitori-vecchie-volpi), con l’asfalto delle circonvallazioni (benedette finanche da vicesindaci un tempo compagni eco e logici, ora né uno né l’altro), dal cemento dei comparti e del nuovo centro commerciale che se non fosse una tragedia somiglierebbe ad una Pantacommedia, dalle “ricadute” e dai “volani dello sviluppo” sbandierati da un sindaco incosciente (e da qualche assessore da par suo), dai silenzi-assensi dei politicanti mezze tacche affetti da torpore cronico, dalla fame di lavoro, dai conflitti di interesse, dalla paura di reagire, dalla passività assoluta di una popolazione addormentata.

Abbiamo lasciato che tutto ciò accadesse. Ed il veleno sta facendo effetto, fino a quando non sarà letale.

Capita pure che i più anziani difendano l’azienda a spada tratta e i più giovani abbiano paura di perdere il posto. Ci sono operai pronti a giustificare il loro padrone, braccati dalla paura, o dalla minaccia più o meno velata del licenziamento. In tanti pensano: “Abbiamo il posto fisso, la tredicesima, il premio di produzione, e questo ci basta. Perciò meglio abbassare la cresta, adattarsi e andare avanti, invece di finire per strada, magari con un tumore davvero, ma da disoccupati.”   

Poi mi chiedo: per forza ce lo dovrà dire un giudice (come avvenuto a Taranto) che le fabbriche con ciminiere nell’intorno di Galatina non fanno altro che vomitare veleni? Spero di no. Noi lo sappiamo, ed i lavoratori che quei veleni li manipolano, li producono, li smaltiscono,  li respirano ogni giorno lo sanno meglio di noi. Ma anche noi respiriamo quei fumi ogni giorno ed in un certo qual modo li ingeriamo anche, se è vero come è vero che sulle nostre tavole arrivano anche prodotti dei nostri orti coltivati all’ombra di questi ed altri ecomostri.

La rassegnazione di Galatina è proverbiale.

Galatina è ormai una bella addormentata (da un pezzo senza più boschi) che aspetta il bacio del principe. Ma invano: in giro non si vede alcun principe, ma solo rospi di rara bruttezza.

Colpita come da una forma epidemica di immobilismo fa solo finta di darsi una mossa con la cosiddetta “la notte della cultura”. Pazienza se poi non legge manco un libro.

Antonio Mellone
 
Di Albino Campa (del 03/08/2020 @ 22:15:29, in Comunicato Stampa, linkato 797 volte)

Dallo scorso 24 giugno hanno preso il via i nuovi progetti di Servizio Civile Universale attivati dal Comune di Galatina.  Denominati “In Reading 2018” e “Monitor 7018” i due progetti vedono l’impiego di numero otto operatori volontari che presteranno il proprio servizio sino al 23 giugno 2021.

I volontari del progetto “In Reading 2018” si occuperanno del settore patrimonio storico, artistico e culturale – “cura e conservazione biblioteche”. Tra le azioni mirate ad attribuire un maggior valore sociale alla lettura si annoverano quelle volte a migliorare nel bambino le competenze necessarie per realizzare un rapporto attivo-creativo-costruttivo con il libro.

Il rafforzamento della sensibilità ambientale in tutta la comunità, in particolare tra i giovani, affinché si impegnino a tutelare e salvaguardare il territorio sono invece alcuni tra gli obiettivi fondamentali degli operatori volontari impegnati nel progetto “Monitor 7018”. Un’esperienza importante nel settore del patrimonio ambientale e della riqualificazione urbana (prevenzione e monitoraggio inquinamento dell’aria).

A poco più di un mese dall’inizio dell’attività si può dire che lo scotto dell’impatto con la splendida esperienza del Servizio Civile Universale è stato superato e ci si avvia verso un percorso di integrazione, di inclusione e di coesione sociale finalizzato a contribuire in forma attiva allo sviluppo della nostra città.

In questi giorni già avviata la formazione specifica e a breve partirà anche la formazione generale degli operatori volontari dei due progetti.

Progetto "In Reading 2018"

Progetto "Monitor 7018"

 
Di Albino Campa (del 07/02/2012 @ 22:13:55, in Necrologi, linkato 5163 volte)

Ieri a Milano ha cessato di battere il cuore grande di Michele Tarantino, nohano purosangue. E' stato "editore a perdere" (senza cioè alcun obiettivo di profitto) del monumentale volume "Noha, storia, arte e leggenda" scritto a quattro mani da P. Francesco D'Acquarica e Antonio Mellone.
Fu il primo a sostenere ed a volere su carta l'avventura fantastica de "L'Osservatore Nohano", la rivista on-line che per cinque anni ha  sollecitato nel bene o nel male l'elettroencefalogramma di molti nohani.
Secondo le sue disposizioni, le sue spoglie mortali ritorneranno, per rimanervi per sempre, nella sua amata antica terra di Noha.
Tutti i collaboratori di questo sito - e, siamo certi, numerosissimi altri concittadini - ricordano la figura di questo benefattore, e affettuosamente abbracciano la sig.ra Rossana, ed i suoi due figli, Federica e Dario.

 
Di Antonio Mellone (del 11/06/2016 @ 22:10:03, in Sant'Antonio, linkato 3464 volte)

Nel mio paese Antonio non è un nome proprio, ma un nome comune di persona. E’ così diffuso che, quanto a tiratura, compete con quello del Santo Patrono: Michele.

Sicché il 13 giugno, festa onomastica degli Antonio e dei Fernando (Fernando è l’antico nome di battesimo del Santo di Padova, ovvero quello de zitu), a Noha è tutto un andirivieni di telefonate, messaggi, scambi di auguri che manco a Pasqua o a Natale.

Questo pezzo non è autoreferenziale, né scaturisce da una richiesta di auguri da indirizzare per l’occasione al sottoscritto. Figurarsi.

Non potrei arrivare a tanto, se non altro per un paio di motivi.

Intanto perché non ho le carte in regola, nel senso che sono il primo a scordarmi (non per cattiveria: è più forte di me) di tutti gli onomastici e dei genetliaci dei miei amici più cari e dei parenti più prossimi. Tuttavia, ultimamente, dopo 48 anni di vita, sto riuscendo a “ricordare” i compleanni di chi conosco grazie face-book, a condizione che costui o costei abbiano evidenziato sulle rispettive bacheche la data di nascita e siano annoverati tra gli “amici”. Siccome molti dei miei conoscenti, soprattutto per loro naturale ritrosia, non compaiono (ancora?) sul libro delle facce, io continuo a scordarmi bellamente delle scadenze di queste particolari forme di cambiali annuali (che tuttavia, bontà loro, non vengono consegnate al pubblico ufficiale per la levata del protesto da parte dei creditori).

In secondo luogo, perché il mio nome pare si pronunci non disgiunto dal cognome, tanto che mi si appella con una sola emissione di fiato, come in un’unica locuzione, o un solo lemma: Antoniomellone (voce ancora sconosciuta nell’annuario del culto e della venerazione agiografica).

*

Tutto questo panegirico (sic!) per dirvi che lunedì 13 giugno prossimo, solennità di Sant’Antonio di Padova, a Noha le benemerite associazioni locali che rispondono ai nomi di Acli, Ragazzi del Presepe vivente Masseria Colabaldi, L’Altro Salento, la CNA di Galatina, Noha.it, nonché molti, molti altri cittadini liberi e pensanti, organizzano un momento di fraternità nelle immediate vicinanze della cappella dedicata al Santo.

La festa ha inizio nel pomeriggio inoltrato sul sagrato della chiesetta, con la benedizione e la distribuzione del “pane di Sant’Antonio”, e proseguirà per tutta la serata (tranquilli, non si farà tardi) in località Magnarè (nomen omen: nel senso che se magna), sempre all’ombra del campanile del tempietto e della sua bella cupola maiolicata.  

Non sarà una sagra incontinente con ghiottonerie da centro commerciale, ma una molto più frugale festa di paese con distribuzione di panini imbottiti con salsiccia cotta al momento o pezzetti di carne al sugo. Dolci e altre prelibatezze locali completeranno la cenetta antoniana. Il tutto sarà innaffiato da acqua, birra e vino, mentre bandite saranno finalmente le solite bibite dolci, gassate e multinazionali (oltretutto dannose al corpo, alla mente, all’ambiente e all’economia).

Infine, per chi proprio non riuscirà a farne a meno, potrà assistere in diretta alla proiezione su maxischermo della partita di calcio Belgio vs Italia, valevole per il campionato europeo. Quando si dice unicuique suum.

*

Il party si concluderà, come tradizione vuole, con un piccolo spettacolo di fuochi pirotecnici e con il suono della campana di Sant’Antonio.

Il ricavato della serata sarà devoluto alla FIDAS di Noha, l’associazione dei donatori di sangue, nel pieno dei festeggiamenti per il suo trentennale dalla fondazione.

Tutti sono invitati a questa bella festicciola di paese, alla quale non possono assolutamente mancare tutti gli Antonio e i Fernando locali.

*

Un antico adagio nohano così recita: ‘Ntoni, li rari su li boni, e quiddhri ca su boni, su focu de Sant’Antoni’ [traduzione: chi si chiama Antonio raramente è una persona di valore, ma se lo fosse sarebbe d’inestimabile valore, vale a dire fuoco di Sant’Antonio].

Sono convinto che quasi tutti gli Antonio e i Fernando di Noha siano “fuoco di Sant’Antonio”. E che, dunque, per schiodarsi dal divano (per venire alla festa) non sia necessario un miracolo del Santo Taumaturgo per antonomasia.

Antonomasia: mai figura retorica fu più azzeccata al caso.

Antonio Mellone

 

Domenica 27 Ottobre 2019, alle ore 10:00, presso i locali della Società Operaia di Galatina siti al civico n. 34 di Via Umberto I, dopo una brevissima cerimonia di proclamazione di nuovi soci effettivi e di nuovi soci onorari, si terrà un momento culturale per la presentazione dello studio del Prof. Giancarlo Vallone, inserito all’interno del libro “La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Galatina – centoquaranta anni di storia”. Quest’anno, infatti, il sodalizio presieduto da Marco Papadia, ha compiuto  140 anni dalla sua fondazione avvenuta il 06 marzo del 1879.

Ospite principale della cerimonia il Prof. Giancarlo Vallone che presenta  “La Società Operaia di Galatina nei primi dieci anni della sua storia”, un suo lavoro di ricerca, che fu presentato in sintesi in occasione della cerimonia di anniversario di fondazione del 10 marzo. Ci dice il Professore: << La Società Operaia ha molte cose individuabili, e due uniche che si legano una all’altra; un’antica tradizione ed un archivio che ne segue per 140 anni le vicende, sullo sfondo si scopre con un taglio nuovo l’intera storia della città. >>

La prima parte del libro riprende integralmente l’intervento che tenne il 06 marzo 1979 Monsignor Antonio Antonaci nell’occasione del centesimo anniversario del sodalizio. Vale la pena essere presenti, e poter cogliere questo momento unico. Saranno presenti le autorità cittadine.

La cittadinanza è invitata a partecipare.

Candida Calò

 
Di Antonio Mellone (del 18/12/2016 @ 22:07:08, in NohaBlog, linkato 2170 volte)

Così ti capita di ritornare a Milano “per ossigenarti”, come vai ripetendo periodicamente ai tuoi amici (sì, devi usare le virgolette dacché il sindaco sovente è costretto a bloccarne il traffico, causa superamento livelli di PM10 o forse 11 e qualche cosa).

Lo fai più volte l’anno, anche se il punto di accumulazione di codeste visite pastorali usualmente coincide con l’apertura delle feste natalizie, prima fra tutte quella di Sant’Ambrogio patrono, con ponte dell’Immacolata incorporato.  

E’ più forte di te: non ce la fai proprio a saltare l’appuntamento con la tua Alma Mater, né l’incontro con qualcuno dei tuoi ex-compagni di corso anche se può capitare d’imbatterti nel bocconiano di turno tra il milione-e-quattro di milanesi con la stessa probabilità con la quale potresti più o meno fare un terno in una tombolata parrocchiale.

E’ successo così per puro caso anche con la Anna, per dire, girovaga per le amene stradine di Brera (e dove sennò visto che vi abita), e sei dunque costretto a declinarne l’invito a pranzo in compagnia di altri, atteso che la tua agenda meneghina è piena zeppa di altri rendez-vous convivial-pantagruel-prenatalizi da lì a poche ore.

Stavolta è mancato all’appello il Matteo Fini della situazione, nonché la Manuela e pure la Donatella che, menomale, non hanno profili face-book (le quali s’erano tanto raccomandate quasi all’unisono: “Se non mi chiami quando sei qua, m’offendo di brutto”. Per carità: rimanga il segreto tra noi e fb), e chissà quanti superstiti ‘amici miei’ del tempo che fu. Fortuna che non han saputo niente la Samantha e la Titty, sennò chi le sente quelle.

Ma non puoi davvero completar tutto in soli sei giorni, altrimenti, oltre a tutto il resto (Navigli, colonne di San Lorenzo, San Maurizio, michelangiolesca Pietà Rondanini, pièce al Carcano, varie ed eventuali) come avresti fatto a visitare anche “Lo stupore e la luce”, cioè la mostra sul Vedutismo del Canaletto e di suo nipote Bellotto alle Gallerie d’Italia, nei locali di quella che fu la filiale di piazza della Scala della Banca Commerciale Italiana, sì proprio quella dove mettesti piede tu per la prima volta da neoassunto in quel glorioso istituto di credito.

Ma devi tagliar corto ché le divagazioni potrebbero portarti lontano, e concentrarti sulla gita mattutina fuoriporta con Pasquale Marannino (bitontino, onde Milano ringrazia la Puglia per averle fornito i novelli milanesi) e la sua auto che taglia freddo e nebbia alla volta delle abbazie di Chiaravalle e Viboldone, alla ricerca di pace, organi a canne e affreschi di scuola giottesca.

In auto - archiviato finalmente con un sospiro di sollievo il tema del referendum costituzionale - non puoi fare a meno di parlare della prole (la sua: tu non dovresti averne  sparsa per il globo, ma il condizionale è d’obbligo in certi casi), e tra gli altri l’attenzione ricade su Luca Marannino, il grande di casa, anzi a quanto ti è dato di capire subito un grande ‘tout court’.

Luca, che oggi è al secondo anno di Matematica (Matematica pura, si badi bene, non le varie ingegnerie matematiche, nucleari, elettroniche – quisquilie, Antonio Congedo -  o peggio ancora le economie cui si dedicarono quelle mezze calzette del papà e del suo amico nohano), nel 2015 ha pubblicato un libro per Mondadori (Luca lo chiama libello, vabbé), dal titolo: “Secchione ma non troppo”.

L’hai acquistato subito grazie al buono che t’ha regalato la Giuliana la sera precedente (ma non bastava la cena, e che cena, a casa sua? No.) e ti sei messo a divorarlo senza alcun indugio stravaccato sul divano (divano-terapia col segno meno davanti, Marannino jr.), sacrificando giusto le ore che avresti invece dedicato ad un paio di sieste pomeridiane. libro stupendo (al netto della quarantina di punti esclamativi – tu li usi ormai solo per il fattoriale di un numero naturale, vale a dire n!: e lo riferisci all’autore del pamphlet, così, solo perché non si monti più di tanto la testa).  

Perché asserisci che Luca è un grande? Bè, non (solo) perché in terza media aveva già letto una quarantina di libri di quelli lunghi, o perché ha preso sempre dieci in tutte le materie (e pensare che tu rimproverasti la Romano, la tua insegnante di Mate, per un dieci all’ultimo compito in quarta superiore: “Prof., ma è pazza? Che figura. Ma mi metta nove, non dieci. Suvvia, un po’ di democrazia. E che diamine”) e addirittura la ‘laude’ finale al Berchet di Milano, o perché gioca discretamente a pallacanestro, scia, suona il pianoforte da più di dieci anni (ma solo gli spartiti dei grandi autori, s’intende), o perché ha fatto teatro (Elisabetta, dovresti leggere le sue pagine sul tema a proposito “di quel margine di errore, che è poi un margine di libertà in fin dei conti, a fare la differenza tra il successo e l’insuccesso”: nel senso che rispetto al copione “bisogna sempre aggiungere o togliere qualcosa di proprio, lasciarsi un margine di errore”), o perché segue i ragazzi dell’oratorio, o perché ha la ‘zita’, è simpatico e ironico, aiuta i compagni di studi che necessitano di una mano, dà consigli a professori alunni e genitori, scrive benissimo, o perché un po’ ti somiglia. Per dire.

Ma soprattutto perché a tratti riesce perfino a burlarsi di se stesso. E un po’ anche a prenderti per il culo.   

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 12/07/2019 @ 22:06:12, in Comunicato Stampa, linkato 1152 volte)

La Città di Galatina e Arci Lecce presentano sabato 13 luglio"Intrecci di notte – La cultura unisce", una serata ricca di iniziative, inserita nell’ambito della rassegna estiva “A cuore scalzo”, promossa dall'amministrazione comunale.

Tra le iniziative in programma il concerto gratuito della “BandAdriatica” in Piazza San Pietro, oltre a dibattiti, testimonianze, stand gastronomici, workshop e spettacoli per continuare a crescere come comunità responsabile e consapevole attorno alle tematiche della migrazione e dell’accoglienza.

 

Sarà il coro Made in World, composto da richiedenti asilo e rifugiati ospiti nei progetti di accoglienza integrata gestiti da Arci Lecce e diretti dal maestro Andrea Cataldo, ad aprire il concerto di Claudio Prima e compagni che condurranno il pubblico in un vero e proprio viaggio musicale tra le coste del Mediterraneo.

BandAdriatica, la band che voga sulle onde agitate della musica salentina con elementi di tutte le coste sonore del Mediterraneo, porterà in scena l'ultimo lavoro Odissea. Uno spettacolo coeso e potente, arricchito da nuove coreografie, dove i linguaggi si armonizzano con le melodie popolari nel fervore meticcio delle città portuali. 

Dall'ex Monastero di Santa Chiara a Piazza San Pietro, i luoghi più significativi della città si intrecceranno con un programma ricco di iniziative, sostenibile e eco-friendly

L’evento sarà rigorosamente plastic-free, grazie al Comune di Galatina risultato vincitore del bando “Ecofeste” promosso dalla Regione Puglia; saranno utilizzate posate e stoviglie completamente compostabili e verrà distribuito materiale informativo. Fondamentale sarà la presenza di Officine Cittadine, che porterà “in piazza” una serie di laboratori e attività, per favorire la partecipazione cittadina nella realizzazione di una società democratica, economicamente efficace, socialmente equa, ecologicamente sostenibile e culturalmente diversificata. 

Numerosi anche gli espositori presenti lungo alcune strade del centro storico, tra cui l’associazione Nerò di Zollino con zafferano e legumi, l’apicoltore Saverio Alemanno, Canapa e Dintorni con prodotti tessili di canapa e Luna Laboratorio Rurale.

Ad aprire la serata, ore 19.30, in Piazza Galluccio, l'incontro di presentazione con gli interventi di Marcello Amante, sindaco di Galatina, Cristina Dettù, assessora alla Cultura e Anna Caputo, presidente di Arci Lecce. A seguire la performance teatrale di Gianluca Carrisi dal titolo “Le regole del viaggio”, attraverso il quale l’attore salentino interpreterà gli appunti che due etiopi rifugiati scrissero prima di partire da Addis Abeba per raggiungere le coste europee. 

Dalle 20.00 Piazza Galluccio ospiterà il laboratorio gratuito a cura di Blablabla "Arte migrante. L'immigrazione spiegata ai bambini" e per l’intera durata della manifestazione l'esposizione dei lavori artigianali realizzati dai ragazzi richiedenti e gli stand gastronomici con cibo dal mondo curati dal progetto Sprar "Safia Ama Jan" di Galatina. 

Uno spazio speciale sarà dedicato al progetto "Gombo - il frutto dell'integrazione" di Arci Lecce e grazie alla collaborazione del Panificio "Notaro" e della Pasticceria "Dolce Arte", sarà possibile degustare alcuni piatti della tradizione salentina cucinati con la tipica pianta originaria dell'Africa.

Nella stessa piazza, sarà possibile partecipare dalle 20 alla "biblioteca vivente", con la collaborazione del Servizio Civile "In reading 2017”.

Inoltre, rientra nell’ambito di Intrecci di Notte anche l’iniziativa dell’associazione Egerthe: la presentazione del libro LAMIERE, introdotto da Ettore Marangi, missionario a Nairobi, e con l’intervento di Phina Ajuoga. L’evento si terrà al Palazzo della cultura (P.zza Alighieri) a partire dalle ore 20.00.

A partire dalle 21.00, all'interno dell'ex Monastero di Santa Chiara, restituito recentemente alla città, si svolgerà lo spettacolo di Milonga a cura di Almavals di Stefania Filograna, accompagnati dal duo Lucia Conte e Monica Terlizzi. Spazio alla musica jazz, invece, in Piazza Orsini con Filippo Bubbico che sullo sfondo della storica Basilica di Santa Caterina, accompagnato da Dario Congedo e Gino Semeraro, porterà in scena una contaminazione artistica inedita.

“Intrecci di Notte è, prima di tutto, una sfida culturale – afferma l’assessore alla cultura Cristina Dettù - un progetto ambizioso che vuole regalare alla Città non solo un programma ricco di eventi, ma anche un messaggio importante: far scorrere lungo le strade e le piazze di Galatina l’essenza vera della cultura, quella di unire, creare, intrecciare le maglie della propria vita, del sapere, delle proprie emozioni per realizzare un qualcosa di unico, che sia in grado di aprire la mente e il cuore, resistendo alle storture della civiltà di oggi. Un festival che già nella sua organizzazione, rappresenta l’”intreccio” perfetto di tutto questo”.

Ufficio Stampa - Marcello Amante

 
Di Redazione (del 23/04/2014 @ 22:01:46, in Comunicato Stampa, linkato 2620 volte)

L’Amministrazione Comunale di Galatina invita, con le Autorità Civili, Militari e Religiose, tutti i Cittadini, gli Studenti e le Associazioni a partecipare alla Festa della Liberazione del 25 aprile 2014 organizzata a Palazzo della Cultura, con inizio alle h.18,30.

Un’ occasione per ricordare in modo speciale il dono della Libertà conquistata dal movimento della Resistenza, con il racconto della storia dei partigiani salentini che partirono da Galatina e da tanti altri luoghi del Salento, rispondendo all’appello per la lotta contro i nazifascisti.

Assisteremo alla prima della proiezione del film documentario Partigiano Salento. Presente!con la regia di Sergio Spina. Un’ opera che vede la luce a poco più di un anno dall’accoglimento da parte della Giunta Comunale della proposta avanzata da Oistros - Centro di ricerca della Cultura e dello Spettacolo - e sostenuta dall’Assessorato alla Cultura, con l’intento di produrre un lavoro cinematografico con e per le nuove generazioni. Scelta motivata, oltreché dall’alta qualificazione dei soggetti proponenti, dalla condivisione dell’obiettivo di far emergere e trasmettere la memoria collettiva di un periodo storico di questa Città e delle azioni di tanti figli di Puglia e di  riscattare  un territorio di cui nei manuali di storia non vi è traccia, rendendo pubblici documenti, testimonianze, frammenti di ricordi raccolti nelle strade, nelle piazze e nelle case di chi può rievocare esperienze di coraggio.

La mole delle registrazioni effettuate è notevole. Solo una parte, contenuta nel documentario in consegna questi giorni, è stata rifinita per la presentazione al pubblico in occasione della Festa della Liberazione del prossimo 25 aprile. L’idea di inserire nel circuito di RAI Edu tutto il lavoro prodotto espressa dal regista Sergio Spina non può che inorgoglire l’Amministrazione e  tutti coloro che condividono l’impegno di far conoscere la storia dei partigiani salentini e dell’antifascismo nel Salento.

Sergio Spina è uno dei personaggi più creativi e innovativi della televisione italiana.  Attivo nella Tv di Stato sin dal 1954, è stato il regista di Strapaese, uno dei primi programmi andati in onda, e di Mixer, speciale condotto da Giovanni Minoli,oltre a numerosissime altre opere tra documentari, inchieste e film.

Il regista tornerà a Galatina per questa occasione speciale di presentazione del lavoro che ha condotto principalmente nella nostra città e con la collaborazione di tanti uomini e donne che ancora lottano per tenere vivi gli ideali della Liberazione. L’appuntamento del 25 aprile si arricchisce della testimonianza diretta di Nicola Santoro, autore del libro “Internato 159534” nel quale si racconta la terribile esperienza vissuta dai soldati italiani prigionieri nei campi di lavoro nazisti. Hanno garantito la loro partecipazione all’evento rappresentanti dell’ANPI,Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, e delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma. Ha accettato l’invito il Sottosegretario al Lavoro, on. le Teresa Bellanova.

 
Di Albino Campa (del 04/01/2012 @ 22:01:15, in Eventi, linkato 3101 volte)

La strada della legalità – camminare insieme verso il domani

La strada come luogo del discorrere, quindi delracconto e dell’incontro, tra il vicino e il lontano, il passato e il futuro.

La strada come spazio comune del vivere, all’interno di regole condivise, come esperienza di cittadinanza attiva.

La strada come primo, ineludibile passo nel processo di riappropriazione della città, di rigenerazione del bene pubblico, di riscoperta dell’identità sociale e della forza del fare insieme.

Questo lo sfondo integratore all’interno del quale si articola l’azione della Biblioteca Giona, nella sua doppia identità di biblioteca scolastica e Presìdio del libro, in questo nuovo anno, a cominciare da “LA STRADA DELLA LEGALITÁ” incontro con Salvatore Borsellino, sabato 14 gennaio 2012 alle ore 17.00, presso la scuola secondaria di primo grado di Noha.

Introducono l'intervento di Salvatore Borsellino

- La dirigente scolastica dott.ssa Eleonora Longo

- Il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati dott. Roberto Tanisi

- La segretaria dell'Associazione Nazionale Magistrati dott.ssa Valeria Mignone

- In conclusione "La legalità secondo Giona - Guizzino" a cura di Paola Congedo

Esserci è già un atto di testimonianza, è già un camminare verso l’obiettivo e il discorrere è una delle azioni più efficaci per avviare il cambiamento. Borsellino ne era consapevole quando affermava “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.

Paola Congedo

(responsabile Biblioteca Giona – Presidio del libro di Noha)

 
Di Albino Campa (del 01/02/2012 @ 22:01:12, in Comunicato Stampa, linkato 3212 volte)
Sabato 4 febbraio 2012, in occasione della presentazione del libro di Domenica Specchia ” Di Corte in Corte ” diviene la scusa per scoprire e disvelare il bellissimo centro storico di Galatina. Questa volta invece delle chiese ed i palazzi in stile barocco e rococò, protagonista della scena è la casa a corte. La tipologia architettonica delle case a corte è un fenomeno tipicamente salentino che deve la sua fama più che alle proprie caratteristiche strutturali, alla funzione di coesione sociale che testimonia. La casa a corte presenta un’unica entrata, caratterizzata da un portale d’ingresso più o meno rifinito a seconda della casata a cui appartiene, che porta ad un cortile interno su cui si affacciano gli ingressi per ogni singola stanza dell’abitato; raramente le stanze sono collegate tra di loro ma tutte si riversano nel cortile. Su questo si affacciano anche la stalla, la stanza del pozzo e la “pila” per il bucato che completano la struttura. Solitamente vi è anche un giardino sul retro delle abitazioni che, a differenza del cortile antistante non è lastricato. Appuntamento per la visita guidata curata da Raimondo Rodia ore 16.30 piazza Orsini nei pressi della basilica di S. Caterina. Oltre la visita guidata, sono previsti musica, assaggi, distribuzione del libro in forma gratuita.
 
Di Redazione (del 29/11/2021 @ 21:54:31, in Comunicato Stampa, linkato 558 volte)

Una giornata particolare per gli alunni delle classi 2^C e della 3^C della Scuola Secondaria di I grado Polo 2 di Galatina nell’ambito del concorso “Libriamoci” con “Giochi diVersi”. Infatti, nella mattinata del 18 novembre 2021, l’attività scolastica si è spostata dall’edificio scolastico alle vie del centro storico di Galatina.

La prima tappa si è svolta nel chiostro della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, dove gli alunni, accompagnati dalle rispettive docenti d’italiano, Prof.ssa Rita Colazzo e Prof.ssa Ada Coluccia, si sono cimentati in canti, letture di alcuni passi della Divina Commedia e giochi medioevali come il tiro alla fune e il salto con la corda.

Successivamente, la lezione itinerante ha coinvolto le principali corti galatinesi, dove i partecipanti hanno recitato una loro composizione sulla figura di Renata Fonte contaminando alcuni versi della Divina Commedia e immaginando Dante nella selva di Porto Selvaggio.

Tra le altre tappe teatro di “Giochi diVersi”: Corte Vinella, dove i ragazzi hanno potuto ammirare la splendida costruzione con la sua magnifica ringhiera in pietra leccese lavorata e conoscere la storia legata alla statua del cavaliere senza testa, l’antica pasticceria Ascalone, luogo ideale per il girone dei golosi; la libreria Fiordilibro per una dedica speciale a Renata Fonte.

Inoltre, gli alunni, con l’aiuto del regista Tommaso Faggiano, ideatore del progetto scolastico “Sensi Comuni-Percorsi creativi per la cittadinanza attiva”, hanno ripreso alcune “scene” della lettura dell’evento.

La Lectio Dantis si è spostata infine dentro Palazzo Orsini: qui il Sindaco, Marcello Amante, la Vicesindaco, Maria Rosaria Giaccari e l'Assessore alla Pubblica Istruzione, Cristina Dettù, sono diventati lettori d’eccezione di alcuni canti dell’Inferno dantesco.

È stato un momento per riascoltare gli straordinari versi di Dante ma soprattutto di dedicare del tempo all’incontro con gli studenti e i loro professori, accoglierli nella casa comunale, che è la casa di tutti i nostri cittadini.   Conclude così il sindaco il suo post su Facebook.                    

Gli alunni di 2^ C e 3^C del Polo 2

 
Di Redazione (del 12/12/2017 @ 21:54:10, in Comunicato Stampa, linkato 1199 volte)

Il 14, 15 e 16 dicembre 2017 l'associazione "Stelle di Natale" organizza, per i bambini, un laboratorio di bricolage di decorazioni natalizie (APERTO A TUTTI) presso la sede dell'associazione "La Fornace", in via Luce n° 9 Galatina (pressi Porta Luce).

Programma dell'evento:

GIOVEDI' 14 DICEMBRE DALLE 17:00 ALLE 19:00

Laboratorio di decorazioni natalizie in cartapesta

VENERDI' 15 DICEMBRE DALLE 17:00 ALLE 19:00

Laboratorio di decorazioni natalizie in cartapesta

SABATO 16 DICEMBRE DALLE 18:00 ALLE 20:00

Lettura di alcune favole NOTAP tratte dal libro "Tanto non la fanno" con Serena Fiorentino e gran finale con Babbo Natale che consegnerà ai bambini dolcetti e i lavoretti eseguiti. Accorrete numerosi!

IMPORTANTE

Nelle tre giornate, potrete inoltre donare giocattoli anche usati ed in buone condizioni, che saranno consegnati ad un'associazione galatinese la quale si occuperà di distribuirli ai bambini meno fortunati.

Il laboratorio è completamente gratuito. Il materiale occorrente, verrà consegnato in loco.

Si prega di voler confermare la presenza dei bambini in privato via messenger agli organizzatori o ai numeri di telefono e whatsapp 329/8541500 - 328/9432492.

Vi aspettiamo

 

Associazione "Stelle di Natale" - Galatina

 
Di Redazione (del 08/05/2019 @ 21:54:06, in Comunicato Stampa, linkato 1037 volte)

Giovedì 9 maggio, alle ore 20.30, saranno   Angelo Branduardi e Fabio Valdemarin ad animare Largo Osanna a Soleto con il concerto “Camminando camminando in due” , unica tappa in Puglia, evento inserito nella XX edizione internazionale de “I Concerti del Chiostro”.

Come ha dichiarato il direttore artistico della rassegna musicale il M° Luigi Fracasso, Angelo Branduardi è un artista originale, un cantautore dallo stile unico e inconfondibile che si contraddistingue sul panorama musicale nazionale ed internazionale da oltre 40 anni.

Fabio Valdemarin  è un “musicista in fuga” pendolare tra l’Italia e l’America, pianista di formazione classica con tendenza alle divagazioni pop e jazz, vanta collaborazioni con artisti pop del calibro di Vanoni, Mannoia, Lavezzi e Neffa ed è autore di musiche da film e musiche di scena per personaggi dello spettacolo di particolare talento e fama, quali sono il trasformista Arturo Brachetti ed il mentalista Vanni De Luca.

“Siamo  felici ed  emozionati ad  ospitare  un  artista  di alto  calibro  come  Angelo  Branduardi,  -

dichiara il sindaco di Soleto Graziano Vantaggiato, - sono previsti arrivi da tutto il sud Italia e non solo, ma noi siamo pronti ad accogliere tutti i presenti che vorranno assistere al concerto. Ringrazio il M°Luigi Fracasso e tutto il suo staff per la meravigliosa Stagione Concertistica nel nostro paese”. Questo concerto sarà un viaggio in musica che ormai non si ferma più, ma prosegue”ad libitum” cercando nuove soluzioni, tappa dopo tappa e sarà sicuramente più complesso potendo contare sul  pianoforte,  organo,  tastiere  e  tromba  di  Fabio  Valdemarin  oltre  che,  naturalmente  sulle chitarre e sul violino del Maestro Branduardi. Presenteranno un concerto acustico, alla ricerca delle emozioni più profonde e della immediata comunicazione tra musicista e pubblico.

L’evento è gratuito con posti a sedere e in piedi.

Per informazioni: 3292198852

Email: iconcertidelchiostro2019@gmail.com

Pagina Fb: https://www.facebook.com/IConcertidelChiostro/

 
Di Antonio Mellone (del 10/07/2021 @ 21:53:45, in Fetta di Mellone, linkato 898 volte)

Ebbene sì, e nel periodo più bello dell’anno: maggio e quota parte di giugno 2021. Mo’ non dite che non ne sapevate nulla ché a Noha per esempio lo sapevano pure i cuccetti. Tranne, forse, il mio confessore (i confessori sono sempre gli ultimi a sapere le cose, seppur ne fossero messi a conoscenza dai diretti interessati).

E dunque il virus s’era preso una cotta per me, innamorato proprio, non mi voleva lasciare nemmeno con le bustine di Aulin. Fortunatamente poche noie dal punto di vista clinico, febbre ballerina per una settimana, un po’ di spossatezza (se no che gusto c’è a fare l’influenza senza neanche sentirla nelle ossa) e null’altro di rilevante. Almeno dal punto di vista fisico: psichico invece sarà tutto da scoprire vivendo. Solo che quella che voi chiamate quarantena per me è stata una quaresima: 40 (dico quaranta) giorni di domiciliari. In tal modo sono andato ad aumentare la già ragguardevole media mobile delle custodie cautelari nohane.

Insomma, dopo il 298esimo tampone, finalmente un esito positivo, vale a dire negativo (eh sì, in medicina il negativo è positivo e il positivo negativo, più o meno come nei referendum).

Ora non chiedetemi come possa essermi contagiato, ché non lo saprò mai, giacché un anacoreta al mio confronto sarebbe un gaudente epicureo da discoteca spacciata per stabilimento balneare; quanto all’uso dei dispositivi di protezione farei invidia contemporaneamente all’uomo mascherato (quello dei fumetti), a un saldatore siderurgico e a un chirurgo cardiovascolare in sala operatoria. Per non parlare poi dell’utilizzo di alcol etilico quale disinfettante (fuori e dentro il corpo), della sanificazione della scrivania prima e dopo l’uso, e del fatto che in ufficio gli avventori entrassero uno per volta e solo su appuntamento (quando si dice casa d’appuntamenti). Sta che nonostante i sistemi profilattici una variante ha bussato alla mia porta penetrandovi poi con tutte le corna, vale a dire la famosa corona.

Ma il mio dramma non è stato tanto l’esser rimasto solo come un mastino tibetano nella mia casetta downtown Noha per così tanto tempo, né quello, proprio all’inizio della storia, di aver fissato per ore il vuoto pneumatico temendo che i miei piani e quelli del Padreterno divergessero oltremodo, né la roba definita smart-working che ti fa lavorare come Kunta Kinte però con risultati tendenti allo zero assoluto, né il terrore di rimanere a corto di libri o di giornali cartacei. Tutto questo è stato alleviato intanto dall’attributo dell’evento (vale a dire paucisintomatico), ma soprattutto da amici e parentado sempre presenti seppur a distanza: e così uno ti porta il giornale lanciandotelo in veranda dopo avergli impresso l’aerodinamicità dell’aeroplanino, un’altra ti spedisce in dono un libro in “piazza del Duomo a Noha” [che non esiste] e il libro ti arriva puntualmente giusto in tempo per risparmiarti la lettura della garanzia (in ideogrammi giapponesi) dell’obsoleto e invero già rottamato cellulare, zia Egle ti telefona prima e dopo i pasti per vedere se respiri ancora, un’amichetta del cuore ti fa pervenire i cornetti e ti chiedi se questi abbiano o meno un significato recondito, per non parlare del vettovagliamento matriarcale giornaliero, talvolta sostituito a sorpresa da quell’altro con dentro il sapore del mare, preparato da ragazzi incredibili come Sara e Manuele.  

Sicché l’unica vera tragedia di tutta questa vicenda ha un nome e un cognome: Pulizie Domestiche. Quelle quotidiane. Puntuali. Rigorose. Intransigenti. Imprescindibili. Con le quali, confesso, non avevo avuto dimestichezza e men che meno corrispondenza d’amorosi sensi se non come utilizzatore finale.

Ho dovuto chiedere lumi sul da farsi a qualche mia conoscenza onde evitare di mettere a repentaglio tubature, smalto dei sanitari, splendore dei lavelli, lucido della mobilia ed estetica dei pavimenti. Mai e poi mai mi sarei sognato di chiederne info alla regina madre, ché quella mi avrebbe trascinato in una dissertazione più estenuante di un seminario in Dad della durata non inferiore al lasso temporale che va da qui fino all’ora della nostra morte amen.  

Insomma, non è che la curiosità sul tema specifico mi stesse mangiando vivo, ma ho imparato più cose in questi giorni di cattività nohese che all’università, tipo che la polvere più o meno sottile non è un prodotto finito ma un processo continuo inesorabile e spietato.

Un altro dei misteri dolorosi, che credo rimarranno irrisolti in saecula saeculorum, è la quantità di peluria che si deposita su tutte le superfici. Ma quanta. Un discreto mucchietto ramazzato ogni santo giorno (credo di non aver mai scopato tanto in vita mia: sul pavimento dico), onde, sbalordendomi e non poco, arrivavo a dire allo specchio che se fosse tutta produzione autoctona a quest’ora dovrei essere completamente glabro (il che non è). Né potrebbe trattarsi dei rinomati peli sulla lingua, ché quelli dovrebbero esser metaforici e non letterali.

Alla fine della quarantena/quaresima, dopo aver sgobbato come un cavamonti per mantenere lindo il tutto, la regina madre nonché la bravissima signora che l’aiuta nelle faccende casalinghe, irrompono in casa mia (Dio ve ne scampi e liberi: meglio la Guardia di Finanza) entrambe con una mano al naso manco fossero atterrate da Mercurio direttamente in un impianto di compostaggio anaerobico, e con l’altra mano occupata rispettivamente dal Mastro Lindo concentrato e da uno strano strumento che avevo scambiato per la Vorwerk Folletto.

Nossignore, era un lanciafiamme. Per spegnere il focolaio.

Antonio Mellone

P.S. Nell’immagine misuro la temperatura.

 
Di Antonio Mellone (del 25/09/2015 @ 21:51:37, in Ex edificio scolastico, linkato 2709 volte)

Volete sapere l’ultima? “La festa dei lettori” di Noha, la seconda parte, quella prevista nel pomeriggio di sabato 26 settembre 2015, dalle ore 17 in poi, presso il centro Polivalente di piazza Ciro Menotti, si farà al buio.

Mi chiederete voi altri: volete forse provare l’ebbrezza di una delle tante esperienze sensoriali che oggi vanno tanto di moda (tipo le cene al buio)? Oppure volete sperimentare le letture in braille? O siete così romantici da voler leggere i vostri libri al lume di candela?

Nossignore: l’Enel ha staccato la corrente (veramente ha proprio asportato il contatore) proprio oggi pomeriggio.

Come mai? Ma come, non vi ho già detto in una trentina di articoli sul tema che l’allaccio esistente è quello “di cantiere”, cioè provvisorio, vale a dire con una scadenza fissa, come il latte UHT?

Ebbene, quella scadenza prima o poi doveva arrivare. Ed è arrivata, guarda un po’, proprio alla vigilia della festa dei lettori nohani costretti in tal modo a brancolare nelle tenebre, anzi a giocare a mosca cieca senza nemmeno il bisogno del bendaggio degli occhi.

E pensare che le maestre Paola Congedo e Anna Rita Gentile, e poi anche la mitica Laura Salamac, nel primo pomeriggio di oggi hanno fatto di tutto per allestire al meglio la sala convegni del Centro polifunzionale-ma-non-troppo, sudando le famose sette camicie, e mai avrebbero pensato, così sudate, a questa doccia fredda con il rischio di una broncopolmonite.

Pare, si dice, si vocifera che gli uffici tecnici del Cumone di Galatina fossero stati preventivamente avvisati dall’Enel (che in genere prima di staccare la corrente, in qualche modo, comunica agli utenti le sue mosse: mica si mette così a fare degli agguati); ma figurarsi se la burocrazia palazzorsiniana aveva il tempo, la testa, il cuore e il fegato di capire quello che le stava accadendo intorno. Anche perché i problemi sono di pertinenza di quella terra di nessuno che risponde al nome di Noha e del suo centro polli-valente.

*

Eppure c’è chi vede la luce in fondo al tunnel. Sarà quella dell’assessore Coccioli che, esasperato, si dà fuoco.

Antonio Mellone

P.S. Lector in fabula. Come andrà a finire questa bella storia della festa dei lettori (su cui si può, a proposito, scrivere un libro)? Per fortuna a lieto fine, grazie al miracolo di Sant’Antonio Mandorino martire, presidente della CNA (confederazione nazionale artigianato di Galatina). Il santo taumaturgo di Galatina (ormai anche cittadino onorario di Noha) ha trovato, tra gli associati alla sua confederazione, un volontario (domani ci dirà anche il nome) che con un gruppo elettrogeno riaccenderà le speranze di tutti. 

Mel

 
Di Redazione (del 03/08/2021 @ 21:51:16, in Comunicato Stampa, linkato 874 volte)

Tornare sugli stessi argomenti sta diventando, anche per noi, pedante, ma, siamo costretti a farlo per l’inerzia del Sindaco e dei suoi collaboratori. Un giudizio condiviso da tantissimi concittadini.

Comunque, un merito ce lo siamo conquistato: abbiamo svegliato le coscienze, rimosso l’appagamento, stimolato la partecipazione. Sono, infatti, sempre più numerose le segnalazioni e le proteste  dei cittadini per lo stato di degrado e abbandono della nostra Città. Alle denunce individuali si aggiungono quelle collettive, come la lettera aperta di un folto gruppo di genitori i cui figli frequentano i giardini “Del sorriso INSUPERABILE” di piazza Fortunato Cesari. Accanto alle deficienze da noi già segnalate (la statua di San Francesco e il monumento all’eroe galatinese Fortunato Cesari in uno stato pietoso, la fontanella decapitata, la Biblioteca Sociale “Elena De Pascalis” dimenticata, la manutenzione generale dei giochi, per evitare gravi infortuni, come capitato di recente ad un bambino che si dondolava su un cavalluccio), nella lettera lamentano lo stato “di incuria in cui versa il parco giochi, il disservizio causato dall’impossibilità di utilizzare i bagni pubblici”, perennemente chiusi.

Eppure, negli ultimi mesi sono state impegnate importanti somme per rimediare ai danni causati in questi quattro anni di amministrazione Amante: circa 75.000 euro deliberati per la rigenerazione del verde e la sistemazione dei giardini pubblici, ad iniziare dalla centrale Piazza Alighieri, il biglietto da visita della nostra comunità, ma, i miglioramenti non si notano; altri 6.000 euro per estirpare l‘erba spontanea cresciuta rigogliosa lungo le strade e sui marciapiedi, e che, a detta del Sindaco, rappresentano un grave problema per l’igiene pubblica. Ad oggi, alcune delle strade più importanti, Via Soleto, Via Roma, Via Galatone, Via Diaz, hanno acquistato un aspetto più decoroso, ma rimangono sporche quelle interne dei quartieri.

Ha suscitato clamore il richiamo del Segretario Cittadino del Circolo PD di Noha, Michele Scalese, alle promesse fatta ai cittadini della Frazione, all’inizio del mandato, per il mancato recupero dell’orologio della Torre e la sistemazione della Trozza. Gioielli che abbiamo ereditato e che, in mancanza di un adeguato intervento, rischiamo di perdere per sempre.

Così come rischia di finire nel “libro delle cose perdute” l’antica chiesetta di Santa Lucia, situata all’imbocco di Via Noha, il cui stato di conservazione si è ulteriormente aggravato: il piano d’accesso è invaso da erbacce alte due metri, sul tetto sono cresciuti rigogliosi alberelli di fico, le cui radici possono distruggere il tetto. I lavori di ristrutturazione, se si vuole mettere a frutto il finanziamento di 25.000 euro concesso nel 2019 dalla Sovrintendenza Provinciale, richiedono tempo, un intervento minimo, di taglio delle erbe e degli alberelli, può essere subito effettuato. Un giardino botanico sostituirà questa bellissima, centenaria struttura architettonica e di culto?      

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA

 
Di Albino Campa (del 28/01/2011 @ 21:51:10, in Musicando pensieri, linkato 3128 volte)

In questa nuova pagina della rubrica Musicando pensieri vogliamo proporvi un passo de L’ultima caccia di Federico Re di Antonio Errico (pagg. 80-81-82, Manni Editori, 2005) accostato a Le Onde di Ludovico Einaudi.

Buona lettura e buon ascolto a tutti voi!

 
 
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Troppo pesante si era fatto il carico per me.

Negli anni che vennero rivolsi domande ad altri saggi d’oriente.

Era il tempo che cominciavo ad avvertire la pesantezza del sospetto di inutilità per tutto quello che facevo, che giorno dopo giorno si andò consolidando fino a trasformarsi in macigno opprimente.

L’origine delle domande che inviai al sultano Al-Raschid e che egli passò a Ibn Sabyn, era in quella pesantezza, in quel gravame di dubbio.

Chiedevo se l’esistenza del mondo avesse avuto un inizio, se avrà una fine, e quale potesse essere il processo della mente capace di comprendere il tempo e il senso dell’inizio, di prevedere il tempo e il senso della fine.

E volevo conoscere quali fossero i sistemi sui quali si fonda la vita di ogni uomo, e quella degli animali, degli alberi, dell’erba, e se la fede e la ragione possono bastare a spiegare l’universo e i modi con cui esso si manifesta agli occhi nostri.

Le risposte che mi diede Ibn Sabyn non aggiunsero niente alle conoscenze che possedevo.

Qualche particolare, forse, ma senza rilevanza, qualche riflessione che non mutò le idee che avevo maturato fino a quell’istante.

Però mi sorprese la sua capacità di ergersi sopra di me, di trascurare la riverenza che si deve a un potente.

Disse che io confondevo la sostanza delle cose con la loro apparenza, che non sapevo cogliere la loro essenza, che non distinguevo un riflesso del sole dal raggio diretto. Forse era vero. Forse confondevo.

Mi attraeva la rappresentazione del mondo, la messinscena dei fatti, la verosimiglianza di un racconto più del vero resoconto di un avvenimento.

Vivevo come in uno stato di sdoppiamento.

Spesso mi accorgevo che non partecipavo col pensiero all’accadere degli eventi ma che li osservavo come se leggessi in un libro la storia di un tempo lontano in un luogo lontano.

Io, Federico, spiavo i movimenti, le passioni, gli amori, i furori, i turbamenti dell’uomo che ero diventato e non riconoscevo.

Mi disse Ibn Sabyn che soltanto il cielo avrebbe potuto indicarmi il cammino che porta alla verità.

Ma non mi disse quale fosse la verità. Non mi disse da che cosa fosse stato generato quel cielo al quale dovevo rivolgermi per conoscere la verità. Non mi disse, Ibn Sabyn, quali dei miei pensieri, quali delle mie azioni appartenessero alla categoria del bene, quali a quelle del male.

Mi disse che dovevo imparare a scendere nella profondità delle mie giornate.

Io scendevo nella profondità delle mie giornate, senza riuscire mai a trovare niente.

Quando seppi che Ibn Sabyn aveva rinunciato alla sua età giovane e saggia, non mi stupii perché la traccia di un dolore radicato nella mente io l’avevo già intravista nel disprezzo per le cose del mondo con cui erano avvelenate le risposte che diede alle mie domande.

Dalla sua solitudine sui monti del Marocco, dal rifiuto che ebbe dei miei doni, dalla superba sapienza delle sue parole, dai giudizi sferzanti sulla mia persona, intuii che i suoi vent’anni custodivano l’esperienza di molteplici esistenze, la conoscenza di molteplici pensieri.

Ora forse posso accettare l’ipotesi che fui io a non saper trovare nelle sue risposte le verità che contenevano.

Ma allora pensai che nessuno avrebbe potuto darmi di più di quanto da me ero riuscito a darmi, di quanto avrei potuto ancora darmi.

Fu anche per questo che feci realizzare nel deserto di un’altura la perfezione di un castello.

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Michele Stursi

 

Sabato 7 maggio, presso il Comitato elettorale di via Roma 26 Fabio Vergine, l’ex Ministra alla Difesa del Movimento 5 Stelle Elisabetta Trenta e il giornalista Antonio Liguori presenteranno il libro “E.T. Un’extraterrestre alla Difesa”.

Nel suo libro, Elisabetta Trenta ripercorre i mesi della sua esperienza di Governo e il suo impegno rivolto alla valorizzazione del personale militare e civile del dicastero.

La Ministra ha voluto imprimere una spinta forte verso l’inclusione e l’innovazione con una visione del mondo libera dagli schemi del potere e del clientelismo, in nome della democrazia e della partecipazione.

Da questa sua spinta nasce il gioco di parole sulle sue iniziali “E.T.” che diventano Extra Terrestre, in una metafora che racconta di una donna forte e libera, capace di superare taluni schemi e anteporre il bene del paese alle sue ambizioni personali.

Elisabetta Trenta è una donna forte e preparata – dichiara Fabio Vergine – capace di superare le consuetudini e consapevole della necessità di scelte coraggiose e fuori dai tracciati già percorsi. Il paese tutto ma anche Galatina, ha bisogno di apprendere dal suo esempio. Per questo ho sentito di chiederle questo contributo, soprattutto per dar modo ai nostri giovani di incontrarla e di ascoltarla, per potersi ispirare”.

Nel corso della serata sarà anche svelato il simbolo di una nuova lista, l’undicesima, a sostegno della coalizione “Galatina di tutti” e che è di diretta ispirazione dell’ex ministra.

Fabio Vergine - Candidato Sindaco
Ufficio Stampa

 

Organizzato da Libreria Fiordilibro, in collaborazione con Note d’Arte passeggiate storico-artistiche, Salento Guide Turistiche e Rete Turistica Grecia Salentina.

Sabato 9 giugno, nuovo appuntamento della rassegna Tour d’Autore dedicata alla cultura, all’arte, agli uomini illustri salentini. Questo terzo incontro è  riservato alla cultura bizantina nel Salento, il suo tramonto ed il succedersi della cultura latina con il rito cattolico romano in tutta la sua magnificenza. Verranno prese in esame le due maggiori icone quella del rito greco-bizantino che fu la Chiesa dei Santi Sofia e Stefano a Soleto e quella della nascente cultura latina a rito cattolico-romano che è rappresentata dalla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina.Tra loro la potentissima famiglia dei Del Balzo Orsini committente di entrambe. Nella prima parte del Tour d’Autore torniamo nella Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, ma questa volta per cogliere tutti i segni del passaggio del vecchio mondo bizantino che si dissolveva e della nuova cultura latina che si faceva strada rappresentata dallo stile gotico. Nella seconda parte del Tour l’attenzione è tutta rivolta alla Chiesa di Soleto con la presentazione del Dvd: “La chiesa dei Santi Sofia e Stefano di Soleto curata da Franco Meraglia, Francesco Manni e Beatrice Arcano di Rete Turistica della Grecia Salentina -Japigia. Il dvd contiene un album fotografico e dei video dedicati agli affreschi della chiesetta ed alla storia di Soleto. Introdurrà Andrea Panico prof. di Storia dell’Arte. Degli interventi musicali in lingua grica accompagneranno l’incontro.

Ingresso e visita guidata gratuiti.  

 Il programma prevede :    

  • Ore 17:30  Ritrovo P.tta Orsini . Visita Guidata all’interno della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria dal titolo “ Dalla chiesa dei Santi Sofia e Stefano a Soleto a Santa Caterina d’Alessandria a Galatina” curata da Salento Guide Turistiche. Ingresso gratuito, ma è gradita prenotazione info: 333.8451218
  • Ore 19:00  Palazzo Galluccio via Umberto I ,37 Galatina : presentazione del DVD “La chiesa dei Santi Sofia e Stefano a Soleto.  Interventi di Franco Meraglia di Salento Guide Turistiche con  “ I Del Balzo Orsini” e Francesco Manni di Rete Turistica Grecia Salentina  con “ Salento italo-greco e Bizantini in Occidente. Una storiografia da riscrivere”.    Introduce Andrea Panico di Note d’Arte passeggiate storico-artistiche.

Emilia Frassanito

 
Di Albino Campa (del 14/11/2010 @ 21:49:43, in Eventi, linkato 3332 volte)

Introduzione

Don Francesco Coluccia, direttore del Laboratorio Culturale Benedetto XVI di Noha

Paola Congedo della Biblioteca Giona

Fabrizio Vincenti autore de “La Sapienza, criterio di Dio”


La festa finale.

 

La rassegna “Dammi una L”, passata la sbornia del Salento Book Festival che anche quest’anno ha portato a Galatina nomi di caratura internazionale, torna con un ospite importante: Rosario Pellecchia di Radio 105. Il conduttore radiofonico sarà presente domenica 8 settembre presso l’ex Complesso Monastico delle Clarisse in Piazza Galuccio per presentare “Solo per vederti felice” il suo romanzo edito da Mondadori. Parteciperanno all’incontro il Sindaco Marcello Amante e l’Assessore alla Cultura Cristina Dettù.

Rosario Pellecchia, Ross per chi segue i suoi programmi, è nato a Castellammare Di Stabia, dove è anche ambientata la seconda parte del romanzo, parte nella quale il protagonista torna nella città natale per stare vicino all’anziana madre malata, e lavora dal 1986 in radio. Ha vinto un Telegatto ed è passato anche dalla TV, ma in radio si è consolidato il rapporto con il suo pubblico. Il romanzo, tra momenti tragici e divertenti, è un tuffo all’indietro nel tempo e all’interno dei sentimenti umani e degli affetti familiari.

Ufficio Stampa - Marcello Amante

 

 
Di Antonio Mellone (del 07/10/2016 @ 21:48:51, in NohaBlog, linkato 2367 volte)

Non vorrei mummificarmi sul Senato, ma non si può tacere su alcune assurdità previste da questa fattispecie di “riforma” (virgolette obbligatorie).

C’è da dire che, a dispetto delle corbellerie che si raccontano in giro, dunque negli spot pubblicitari stile Mulino Bianco (buoni giusto per i cerebrolesi o per certi feisbucchini da riporto), o gli editoriali del Tg Orba di Enzo Magistà/Macifà (in questi giorni è fantastico), o le articolesse dei giornaletti vari, il Senato NON viene soppresso: semplicemente si trasforma. In un ircocervo.

In pratica si passa da un bicameralismo perfetto a un bicameralismo alla cazzodicane.

Ne parleremo più approfonditamente nel mio prossimo brano. Ovvero sbrano.

Per un attimo soffermiamoci sull’articolo 55. Questo articolo, che nella Costituzione prima dello scempio renzian-boschian-verdiniano era composto da poche chiarissime locuzioni, nella nuova (“nuova” si fa per dire) diventa d’un tratto logorroico, verboso, prolisso come invero molti altri (evidentemente come i suoi reverendi estensori e promotori). Mi rifiuto per decenza di riportarlo qui di seguito. Se proprio non riuscite a farne a meno trovatevelo pure in Internet (però poi fatevi visitare. Da uno bravo).

Passando al nuovo articolo 57 scopriamo che i Senatori saranno 95 e che altri 5 potranno essere nominati dal Presidente della Repubblica. Ora. Siccome un Presidente della Repubblica non rinuncerà mai a cotale prerogativa, si può dire già sin da oggi con ragionevole certezza che i Senatori saranno sempre in numero di 100. E con un bel 5% di Senatori di nomina presidenziale.

Non so se gli italioti riescano a rendersi conto di questa assurdità. Stiamo parlando del 5%, perdio, un vero e proprio partito del presidente della Repubblica (come un Napolitano, per dire). Il 5% è una cifra sicuramente molto più alta della percentuale di alcuni partitini di governo, che oggi con numeri da prefisso telefonico fungono da ago della bilancia.

Non pensate voi che questo 5% sia un’ulteriore sottrazione di democrazia? Vabbè, mi direte, ma stiamo parlando di un 5%, cosa vuoi che sia. E ‘stica.

Altro che “la prima parte della Costituzione non viene toccata”. Viene toccata, eccome. Anzi viene stravolta. A partire dall’articolo 1, quello che parla di sovranità che appartiene al popolo. Tanto per dire.

Ma vediamo un attimo il restante 95%. Credete voi che i 95 Senatori di nomina NON presidenziale saranno scelti dai cittadini? Col piffero.

I 95 membri del Senato non saranno mica eletti per fare i Senatori. Nossignore. Saranno eletti (se pur lo fossero) per fare altro, cioè per fare i sindaci (ne avremo ben 21, dunque con doppio incarico) o i consiglieri regionali (ne avremo 74 scelti dal mazzo).

Tutto il cucuzzaro, infine, cioè sindaci, consiglieri regionali e senatori di “nomina regia”, avranno per investitura, per convenienza di partito, per grazia ricevuta dall’alto, insomma per magia l’immunità parlamentare. E oltretutto i rimborsi spese. Mica ce la danno gratis. La disponibilità, dico.

Poi uno pensa: ma con tutti i pensieri e i cavoli che un sindaco (o un consigliere regionale) ha per la testa - ché non ha manco il tempo di respirare - come farà a dedicarsi anche al Senato, per esempio studiando approfonditamente i testi delle leggi da approvare o meno? Si sa che alcune leggi (stiamo parlando di 22 materie) dovranno passare obbligatoriamente anche dal Senato, senza tener conto delle proposte di legge delle quali il Senato vorrà esplicitamente discutere in aula.

Dico io: o fai bene il sindaco o fai bene il Senatore. Oppure male entrambi.

Continuando (e chiudo per oggi) sempre con l’articolo 57, leggiamo che “la durata del mandato dei Senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, e bla, bla, bla”. Chiaro? Ogni Senatore ha una durata diversa dal suo compagno di seggio o di partito, sicché il Senato diventa un Motel con Senatori che entrano o escono a tutte le ore del giorno e della notte, a seconda della scadenza del loro mandato. Alla faccia della semplificazione.*

Caro fautore del Sì, come diceva Voltaire, non condivido le tue idee ma… no, vabbè, a posto così.

[continua]

Antonio Mellone

P.S. 1) Consiglio la lettura dell’appassionato (e appassionante) libro del prof. Salvatore Settis dal titolo “Costituzione!” e sottotitolo “Perché attuarla è meglio che cambiarla” (Passaggi Einaudi, Milano, 2016, 336 pagg.).

P.S. 2 Vignetta di Vauro – pubblicata a Servizio Pubblico il 2/4/2014. Nell’attesa delle nuove vignette del nostro Marcello D’Acquarica.

 

 

 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 09/09/2022 @ 21:48:15, in NohaBlog, linkato 971 volte)

La nostra cittadina, secondo le ricerche storiche, si chiamava Noje o semplicemente Noe, oppure con caratteri greci: Νϖιε. Al tempo dei Monaci Basiliani (verso l'anno 800 - 850 circa d.C.) c'era già a Noha un Protopapa greco. È il periodo in cui probabilmente si costruiscono l’antica chiesa detta “Piccinna” e il convento e chiesa di Santu Totaru (S. Teodoro) che, con il passare dei secoli, furono inglobati nella Masseria Colabaldi.

Le cose nel Salento e quindi anche a Noha, andarono avanti sotto la giurisdizione dei Monaci Basiliani per circa tre secoli. Poi, nel 1090, Goffredo il Normanno, conte di Nardò, ostile ai greci, chiese e ottenne dal Papa Urbano II (1088 - 1099) che il governo della diocesi fosse sottratto ai Monaci Basiliani e affidato ai Monaci Benedettini.

Su molti documenti antichi Noha è qualificata come: “Noe, terra dei Greci”.

A Noha si continuò a parlare e pregare in greco fino almeno al 1600. La Chiesa Piccinna, a forma ottagonale, dedicata alla Madonna delle Grazie, verso la fine degli anni ’50 del secolo scorso, fu puntellata con una struttura di pali in legno che la ponevano in sicurezza stando “appoggiata” alla attigua Chiesa di San Michele Arcangelo, molto più resistente. Sopra il tetto coperto di tegole crescevano rigogliose le piante di fico. Da tempo era stata devastata e i vandali avevano asportato tutto, comprese porte e finestre. Resistette fino al 1963, anno in cui venne abbattuta perché dichiarata pericolante. Per demolirla, gli operai chiamati a effettuare l’opera distruttiva e definitiva, legarono dei grossi cavi d’acciaio alla parete rivolta a sud facendoli passare attraverso due grandi brecce già aperte nelle mura. Legarono quindi i cavi ad un grosso camion e con questo potente mezzo meccanico strattonarono la chiesa fino a raderla al suolo. Le pietre rotolarono fino all’altezza del cinema, che si trova a circa 100 metri di distanza.

Le macerie vennero trasportate e sparse sul campo alla periferia di Noha, l’area adibita a pascolo e denominata “Piezzu”, ubicata di fronte all’edificio delle scuole elementari. Furono smaltiti pezzi di pareti con parti di affresco. Mescolati con il pietrame, c’erano anche frammenti di scheletri umani, evidentemente resti delle sepolture conservate nello spessore delle mura. E chissà che gli affreschi e le ossa non appartenessero proprio a loro, ai nostri Evagelos e Ruperto.

Oggi, di quel Santo luogo di preghiera, che aveva resistito e “protetto” Noha per oltre un millennio, non resta altro che la memoria di qualcuno e alcuni documenti storici che la descrivono talmente bene da poterla immaginare.

Uno fra questi, molto importante, è relativo alla seconda visita pastorale, quella iniziata il primo gennaio 1719, anno in cui è parroco Don Nicol’Antonio Soli (Arciprete per 38 anni, dal primo dicembre 1689 all’11 dicembre 1727, data della sua morte).

Sono gli atti di questa Santa Visita che ci informano che la chiesa della Madonna delle Grazie (detta Chiesa Piccinna) era anticamente tenuta da sacerdoti greci; che attorno alle pareti di questa chiesa antichissima vi erano dipinte immagini di santi e caratteri greci che riportavano i nomi di coloro le avevano fatte dipingere.

Così scrive P. Franceso D’Acquarica nel suo libro “La Storia di Noha”:

Riporto ora la descrizione della Chiesa Piccinna fatta in occasione della Visita Pastorale del 1719.

“Visitavit Ecclesiam Sancte Marie Gratiarum que p.mo a Grecis Sacerdotibus incolebatur, et nunc religiosa ecclesiasticorum et laicorum hominum Sodalidate aucta est, et summopere commendavit. Circa huius Ecclesiae Antiquissime parietes multe variorum Sanctorum Sacre Imagines pluribus ab hinc seculis non exiguam Sacris, atque Ecclesiasticis Pastoris lucem possunt afferre, inter illas autem que in sinistro eiusdem Ecclesie latere sunt depicte Sanctorum Eficies sequentes Greci caracteres leguntur eorum indicantes nomina qui opus ipsum fieri pingigi curarunt et quorum etiam nunc prope caracteres ipsos greco habita expresse visuntur imagines ad vivum, ut videnctur depicte.”

 

Traduzione (di Padre Francesco D’Acquarica):

«Il Vescovo Sanfelice visitò la Chiesa della Madonna delle Grazie, che anticamente era tenuta da sacerdoti greci, e ora vi è una congrega di ecclesiastici e laici e la raccomandò molto. Intorno alle pareti di questa chiesa antichissima ci sono dipinte con eleganza da molti secoli fa, molte immagini di vari santi, le quali possono illustrare non poco i pastori che hanno retto la chiesa. Tra quelle immagini poi che sono dipinte sul lato sinistro di questa chiesa si leggono i seguenti caratteri greci che indicano i nomi di coloro che fecero dipingere e di cui anche adesso si vedono espresse con abbigliamento greco immagini dipinte, come pare, dal vero».

I caratteri greci qui riportati li troviamo nella relazione citata e indicano i nomi di coloro che fecero dipingere le immagini dei vari santi:

Mnh ape. tw Pawlw -  W. ebaine l.. star... -  Mnh. ain. tw Pawlw. tw Pwpertw

Con l’aiuto della nostra concittadina e amica Mariella Chittani, residente in Grecia, ci siamo rivolti a dei docenti di filologia, ed esattamente alla Professoressa di filologia e greco antico del Terzo Liceo di Pireo/Atene, Galanopoulou Paraskevi, per farci tradurre quelle espressioni.

Pur riscontrando molte difficoltà nell’interpretazione dei simboli riportati da Don Nicol’Antonio Soli, si è giunti alla conclusione che il significato potrebbe essere il seguente:

Ricordati di me Santo, del tuo servo Evagelos;

Ricordati di me Santo, del tuo servo Ruperto;

Quindi Angelo e Ruperto sono i nomi dei due nostri sacerdoti greci che fecero affrescare la chiesa, comprese le loro stesse immagini (con abbigliamento greco immagini dipinte, come pare, dal vero), di cui purtroppo non si è salvata nemmeno una foto. Ciò che fa meraviglia, ancora una volta, è il messaggio di Fede che ci viene trasmesso così, in un tentativo straordinario di comunicazione con Dio, attraverso gli strumenti di quel tempo.

(Testo e grafica di Marcello D’Acquarica. Alcune notizie storiche sono state ricavate dal libro “NOHA - LA SUA STORIA” di P. F. D’Acquarica - 2021 – Arti Grafiche Marino - LE)

Marcello D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 17/04/2013 @ 21:48:10, in Recensione libro, linkato 3682 volte)

Fontamara, oltre ad essere un piccolo centro situato sulla mezzacosta della montagna abruzzese, è anche il titolo di un libro che ho avuto in prestito dalla biblioteca di Rivoli e che ho letto in men che non si dica (Ignazio Silone, Fontamara, Mondadori, Milano, 1984).

Mi ha attratto molto la descrizione degli usi e costumi dei protagonisti; dai mestieri al modo di affrontare le incombenze. E’ descritta la tipica comunità di piccole dimensioni come lo può essere stata, o è ancora oggi, Noha, con le sue tradizioni e regole affidate, o trattenute, dalle solite figure di rappresentanza: il podestà, l’avvocato, il medico, il parroco e qualche nobildonna.

Gli abitanti di Fontamara sono contadini, cafoni, come vengono chiamati i braccianti della terra in quegli anni. Pochi sono quelli che sanno leggere, ma in molti prolifera lo sforzo di farsi giustizia contro tutti i soprusi che il sistema genera, sopratutto contro i deboli.

In paese c’è un personaggio molto importante che è il protagonista principale della storia: Berardo Viola. Il giovane vive con la madre in una casa che di fatto è una caverna con un solo muro e relativa porta.

Il nonno di Berardo era un brigante e morì impiccato dai piemontesi. La madre piange sempre la condizione del figlio che, secondo lei, avendo il dna del nonno è destinato a crepare di morte violenta. Berardo è alto di statura, ha un fisico da lottatore e ama combattere contro le ingiustizie. I ragazzi del paese gli stanno sempre intorno ad ascoltare i suoi discorsi di accuse contro gli inganni dei ricchi borghesi e delle istituzioni. E’ innamorato della più bella ragazza del paese, Elvira. Però non le dichiara il suo amore per orgoglio, perché non ha nulla da portarle in dote, se non il suo destino brutale. In uno dei suoi discorsi di propaganda così dice: “In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch'è finito”. 

I fontamaresi sembrano rassegnati, però sopravvive in loro un barlume dello spirito di libertà e di giustizia, che dovrebbe incitarli alla lotta contro le ingiustizie. Così dice anche Scarpone, un amico di Berardo: “U Rre è uno e se futte na muntagna e sord, i politici sò chiù de 500 e pure se futtane  nu sacc e sord, quindi nun è meju che  mantenimme  sulamente a uno?”

Un giorno giunge in paese un emissario del governo, Innocenzo detto “La legge”. Si reca direttamente nella cantina di Marietta dove sono riuniti un buon numero di cafoni e porta loro un comunicato governativo che detta così: “In questo locale è proibito parlare di politica”.

Dopo aver ascoltato la lettura del comunicato,i fontamaresi protestano poiché loro amano “ragionare”: delle tasse, dei prezzi, delle paghe, di un po’ di tutto. Ma Innocenzo dice loro che i ragionamenti non servono a niente e che, aggiunge con aria sarcastica, non sono nemmeno buoni da mangiare.

A questo punto Berardo, non d’accordo, chiede all’emissario del governo di scrivere di suo pugno sul retro del cartello quanto segue: “Secondo l’autorità costituita, in questo locale sono proibiti tutti i ragionamenti”.

Fatto ciò chiarisce il concetto secondo il quale i cafoni non avrebbero bisogno di quel cartello perché sono educati a essere “arraggiunati” all’obbedienza al padrone, a lavorare senza lamentarsi, a fare la guerra, oppure che dopo la morte, se dovessero disubbidire, li aspetta l’inferno. Aggiunge nel suo monologo che se tutti i cafoni invece di essere asini ragionevoli e obbedienti diventassero all’improvviso solo asini, il padrone senza il loro lavoro, forse, sarebbe costretto a chiedere l’elemosina. Infine conclude: “Caro Innocenzo, tu sei venuto qua a dirci che non dobbiamo ragionare, adesso è quasi notte e tu prendi la strada del ritorno per Avezzano, e le vie sono senza luce. Cosa ci può impedire a noi poveri cafoni irragionevoli di accopparti? Ce lo può impedire proprio il ragionamento. Ma intanto tu hai scritto che in questo locale sono vietati i ragionamenti”.

Davanti alla evidente ragione di Berardo, a Innocenzo non resta che tacere. Con il passare del tempo, Berardo cambia idea riguardo al matrimonio e decide di sposare Elvira. Quindi, si mette a cercare un lavoro più redditizio per acquistare un terreno da portarle in dote.

Insieme ad un amico si reca a Roma, dove sono in corso le opere di bonifica. Dopo alcuni giorni trascorsi a girovagare tra un ufficio e l’altro senza riuscire a concludere nulla, vengono arrestati e condotti in prigione perché trovati in possesso di alcuni volantini inneggianti contro il regime. In prigione vengono torturati e picchiati duramente. Infine, preso dalla disperazione e smosso dalla sua coscienza di difensore della giustizia, Berardo decide di diventare un eroe autodenunciandosi. Confessa quindi di essere lui il sovversivo che ricercano da tempo. Però, il mattino seguente, dopo l’ultimo interrogatorio, lo trovano impiccato alla grata della finestra della prigione. I suoi carcerieri offrono la libertà al suo amico in cambio di una falsa testimonianza rivolta ai giudici in cui deve solo dire che la morte di Berardo è un suicidio nato in conseguenza a dei dispiaceri amorosi. La notizia della morte di Berardo giunge presto al paese dove tuttidecidono di denunciare la storia scrivendo a mano un giornale in memoria del gesto eroico di Berardo. Dopo lunghe discussioni viene scelto anche il titolo per il giornale: “Che fare?”.

Giovà, suo figlio e l’amico Scarpone, si recano nei paesi della zona per distribuire le 500 copie del giornale su cui si denuncia l’atto criminoso e l’incitazione alla rivolta. Al ritorno però, mentre si avvicinano a Fontamara, sentono degli spari provenienti dal paese. Tanti spari.

I tre furono gli unici a salvarsi. Infatti uno squadrone di fascisti, per soffocare lo spirito di ribellione dei fontamaresi, ammazzarono quasi tutti: vecchi, donne e bambini.                        

Tutto questo solo per aver preteso di ragionare e per aver voluto scrivere un giornale, arma evidentemente temuta da chi non vuole che la gente comune prenda coscienza della propria decenza e dei propri diritti.

Leggendo queste storie di prepotenze, di gente semplice che si ritrova a dover lottare contro i soprusi di pochi o contro false verità, è difficile evitare i raffronti con l’attualità, compresa quella a corto raggio. La storia è vero, è acqua passata, anzi qualcuno sostiene che passa anche inutilmente, visto il ciclico riproporsi di certe questioni. Ma la libertà di stampa e di ragionamento corrono sempre il pericolo di essere censurati da chi, proponendosi come parte attiva per il bene comune, cura esclusivamente il proprio tornaconto, economico o morale che sia.

Grazie al disinteresse, generato a volte da paure recondite, la nostra è diventata l’era dei vizi: degli sprechi, dell’inquinamento, della mancanza di rispetto per la natura, dell’abbandono dei centri storici a favore degli agglomerati urbani di volumetrie che nulla hanno a che fare con il Creato, del cemento ovunque e senza ragione, della spocchia di chi si crede il potente di turno (che si ritiene tale per colpa di chi, invece, è in grado soltanto di genuflettersi).

Anche noi abbiamo bisogno degli strumenti di dialogo liberi (come L’Osservatore Nohano ed il sito Noha.it, oltre alla pagina face-book nohaweb). Usiamoli, ragioniamoci su, spendiamo la nostra firma (o la nostra faccia, è uguale), diamo il nostro contributo al buon senso, e lasciamo perdere lo snob di turno che finge che non esistano, e continua a trasmettere “pensieri” abborracciati attraverso la mormorazione ed il pettegolezzo, ovvero chi, preso da altro, fa finta di scordarsi della sua piccola patria.

 Marcello D’Acquarica
 

Secondo il rapporto sul “Consumo di suolo in Italia”, presentato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, nel 2020 le colate di cemento nel nostro Paese non si sono mai fermate nonostante il periodo di blocco del lockdown. Per ogni italiano ci sono 360 mq di cemento e la crescita negli anni è stata costante e irrefrenabile. Si pensi solo che negli anni ’50 i mq di cemento a disposizione di ogni italiano erano 160. L’incremento maggiore, secondo il rapporto, si è avuto in Lombardia, con 765 ettari in più in 12 mesi. La Puglia si attesta al terzo posto, dopo il Veneto, con un incremento di 493 ettari a testa.

Per quanto riguarda i Comuni, è Roma il Comune italiano che più ha trasformato il suo territorio in quest’ultimo anno con un incremento di superficie artificiale di 123 ettari. Al secondo posto, c’è Troia, nel Foggiano, con 66 ettari di incremento. Nell’elenco, ma più in fondo, anche Brindisi, Foggia e Bari.

Di Consumo del suolo parleremo venerdì 3 settembre 2021, a partire dalle 19.30, nell’ex Monastero delle Clarisse di Santa Chiara, in Piazzetta Galluccio a Galatina (LE) in una nuova tappa del progetto “Di Terra di Mare di Cielo”, nato da un’idea della storica dell’arte Lia De Venere, realizzato dall’Associazione Culturale ETRA E.T.S. e promosso dalla “Teca del Mediterraneo”, la Biblioteca multimediale del Consiglio Regionale della Puglia.

Il progetto torna ad illuminare le più belle e attive biblioteche della regione con temi che raccontano di presente e di futuro.

<la storica dell’arte e direttrice artistica del progetto, Lia De Venere - ci ha convinti della necessità di completare il percorso delineato nel 2019 per riflettere attraverso parole e immagini, libri e opere d'arte, sul futuro del nostro pianeta. Di grande rilievo e pressante attualità i temi proposti nelle diverse tappe, dai rischi naturali all’agricoltura sostenibile, dal problema dei rifiuti alle energie rinnovabili sino ai cambiamenti climatici. La tappa di Galatina sarà dedicata a un problema cruciale, quello dell'indiscriminato consumo di suolo, che nasce spesso da interessi speculativi e non da reali necessità e che contribuisce al verificarsi di gravi dissesti idrogeologici >>.

Alla serata, organizzata in collaborazione con l’amministrazione comunale, interverranno il sindaco Marcello Amante, l’assessore al Polo Bibliomuseale e all’Ambiente Cristina Dettù e la Presidente del consiglio regionale pugliese Loredana Capone. Sarà quest’ultima a consegnare alla Biblioteca oltre 30 volumi scelti per approfondire i problemi ambientali.

<Loredana Capone - Riprendiamo da uno dei centri più belli della nostra regione, Galatina, e al centro della discussione un tema cruciale per il nostro presente e il nostro futuro: il consumo del suolo. L’attenzione all’ambiente, la sua salvaguardia e promozione, sono la sfida principale che le classi dirigenti del pianeta devono saper cogliere e vincere. Il tempo stringe e non possiamo trovarci impreparati. Lasciatemi esprimere un’ulteriore soddisfazione per l’aver scelto le biblioteche comunali come luogo naturale nel quale accogliere serate come questa. Ho sempre pensato che questi contenitori siano la spina dorsale dello studio, del fermento e della crescita di una comunità>>.

<il sindaco di Galatina, Marcello Amante – è tra le 6 scelte, in tutta la Puglia, per la realizzazione di questo progetto. Si parla tanto di cambiamenti climatici, dello sfruttamento della natura da parte dell’uomo, con evidenti conseguenze negative sul pianeta intero. Tuttavia, non possiamo dimenticare che l'uomo stesso ha bisogno di tutti quegli elementi, la terra, il mare, il cielo, che oggi più che mai avanzano richieste di aiuto. Sono onorato come Sindaco della Città di Galatina di ospitare l'iniziativa promossa dalla Biblioteca del Consiglio regionale della Puglia "Teca del Mediterraneo", a voler suggellare un rapporto profondo che ci lega alla nostra Regione anche in un'ottica di sviluppo culturale e sociale>>.

<Cristina Dettù, assessore al Polo Bibliomuseale e all'ambiente di Galatina - Tutto il settore ambientale, oggi, chiede di intervenire in via d'urgenza, senza aspettare altro tempo. E per fare ciò è necessario partire, sin da subito, alimentando la cultura del bene comune, del rispetto verso la natura che è casa di tutti. L’uomo ha il dovere di consegnare alle generazioni future un mondo migliore. Il progetto della Teca del Mediterraneo ci aiuta in questo obiettivo e lo fa attraverso la voce di esperti e le opere di artisti perché parlare di ambiente è prima di tutto una questione culturale>>.

Ai saluti istituzionali, seguirà la presentazione, da parte della storica dell’arte Lia De Venere, di Jasmine Pignatelli.

L’artista, che vive e lavora tra Bari e Roma, è impegnata in un personale percorso nella scultura e le sue opere ben rappresentano ciò che pensa sulle tensioni dinamiche dello spazio e su tematiche di rilevanza sociale. Nel 2019 presenta a Bari (e nel 2021 sul lungomare Taulantia a Durazzo) l’opera pubblica Sono persone, in ricordo dell’arrivo della nave Vlora (8 agosto 1991) e tiene al MUSMA di Matera la mostra Heimat. Vince il Premio Memorie del Trust Floridi Doria Pamphilj (2018), mentre è del 2017 l’opera pubblica permanente Locating Laterza, Segnali d’Arte, realizzata nell’ambito di un progetto del Segretariato Regionale MiBACT.

A Galatina presenterà l’installazione intitolata Landless: tre figure geometriche – quadrato, triangolo, cerchio – sulla cui superficie si intravedono sezioni di antiche mappe geografiche. La loro presenza si fa metafora di una visione del mondo che privilegia il presidio dei confini fisici e l’isolamento dei popoli. Per Jasmine Pignatelli perdere la terra non è solo una questione di ordine materiale, ma anche una grave sconfitta dal punto di vista culturale.

Ad approfondire il problema del consumo del suolo, sarà Paolo Pileri autore di “100 parole per salvare il suolo. Piccolo dizionario urbanistico-italiano” (Altrɘconomia, Milano 2018).

Pileri è docente ordinario di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano. È membro di gruppi di ricerca nazionali e internazionali e consulente scientifico di ministeri, enti pubblici e amministrazioni locali. Si occupa di suolo, consumo di suolo ed effetti ambientali, e di progettazione di infrastrutture cicloturistiche in chiave antifragile. Ideatore e responsabile scientifico del progetto VENTO, il percorso cicloturistico che sarà realizzato lungo il fiume Po. Tiene la rubrica «Piano Terra» sulla rivista Altreconomia. È stato finalista al Premio Alessandro Leogrande 2021 con il libro “Progettare la lentezza” (ed. People). Nel suo libro svela il significato di oltre 100 parole dell'urbanistica, per insegnare ai lettori a "tradurre" in italiano e interpretare la legge della propria Regione, il piano del Comune o una sentenza del Tar, e denunciarne le incongruenze.

Dialogherà con l’autore, Maria Antonietta Aiello, docente di Tecnica delle Costruzioni, delegata all’edilizia e alla sicurezza dell’Università del Salento.

L’ingresso è libero, sino ad esaurimento posti, previa presentazione del Green pass.

Ufficio Stampa “Di Terra di Mare di Cielo”

 
Di Redazione (del 21/11/2017 @ 21:47:40, in Comunicato Stampa, linkato 1170 volte)

Da Venerdì 24 a Domenica 26 Novembre (dalle ore 16.00 alle ore 20.00) la Libreria Fiordilibro, organizza il Laboratorio di Scrittura e Lettura Creativa "Corpo Scritto | Raccontami una storia" a cura della pluripremiata scrittrice e giornalista Luisa Ruggio. Tre giornate dedicate al mestiere del narratore, ma rivolte a chiunque desideri giocare a scoprire la propria scrittura sommersa ed indagare da vicino i cortocircuiti e le tecniche narrative che scandagliano il cuore di ogni storia. Il Laboratorio di Scrittura e Lettura Creativa, nella formula del workshop, si svolgerà negli spazi di Palazzo Di Lorenzo, in via Mory a Galatina.

Ci sono alcune storie che ci attendono da sempre, come anime gemelle spesso tardano ad arrivare perché dobbiamo ancora scoprirle, o meglio, scriverle. Questo semplice principio guidato dalla curiosità e dal gesto di indagare la vita e il cuore umano, è alla base del laboratorio di scrittura e lettura creativa rivolto a tutti e suddiviso in tre lezioni teoriche e pratiche, reading, training del narratore.

Finalità del Laboratorio: riportare i gesti della scrittura e della lettura nella dimensione conoscitiva ed introspettiva tipica del giocare, del viaggiare e dell'inventare. Un allenamento dell’immaginario in quanto cassetta degli attrezzi della vita umana, avviare alla lettura delle parole e delle storie custodite e tradite dal corpo e pronte ad essere condivise, scrittura per il corpo e stesura di un racconto, esercitare le tecniche narrative e drammaturgiche, ideare ed elaborare un testo e confrontarsi con le dinamiche della scrittura intesa come pratica necessaria al mestiere di vivere.

Luisa Ruggio, giornalista e scrittrice, dopo l'esordio con i saggi Cinema e Psicoanalisi, ha pubblicato con Besa il pluripremiato "Afra" (2006), "La nuca" (2008), la raccolta di racconti brevi "Senza Storie" (2009),  “Teresa Manara” ( 2014), “Notturno” ( 2015) “Un poco di grazia” (2016).-

Per info e costi rivolgersi a Libreria Fiordlibro via Vitt. Emanuele II,31 Galatina , tel 3803797092

 
Di Albino Campa (del 22/05/2011 @ 21:44:47, in RadioInOndAzioni, linkato 2471 volte)

In occasione della Giornata Nazionale per la promozione della Lettura questo lunedì sarà dedicato tutto alla passione e alla riscoperta di questa particolare attività. Dalle 19.00 Francesca trasmetterà la musica che più si addice alla lettura di ogni genere e grazie anche alla partecipazione straordinaria di Michele Stursi ascolteremo alcune letture e riflessioni sul tema. Cosa ascoltate mentre leggete il vostro libro preferito? Dite la vostra sull'argomento e richiedete il brano preferito!

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/04/2020 @ 21:43:12, in NohaBlog, linkato 1157 volte)

In questi giorni di “clausura” imprevista oltre a definire qualche lavoretto rimasto in arretrato, dovendo stare chiusi in casa, abbiamo approfittato per darci un po’ di più alla lettura. In ogni caso i dati enunciati da tv e social, ci costringono anche a riflettere su quanto sta accadendo nel mondo, nelle varie parti d’Italia e intorno a noi, nel Salento. Guarda caso, esattamente negli stessi giorni di questa drammatica pandemia, mi sono capitate per le mani due cose che stranamente si intrecciano con la stessa cordata del dramma che stiamo vivendo:

  • il libro “Il Pianeta di Tutti” di Vandana Shiva con Kartikey Shiva. Serie Bianca Feltrinelli – Prima edizione maggio 2019; utilizzato, fra l’altro, come strumento informativo per l’esame di Diritto Pubblico Comparato dell’Ambiente, uno degli esami per il terzo anno di giurisprudenza.
  • una lettera inaspettata da parte di Roberto Serafini, il mio vecchio amico d’infanzia e di vita, non proprio una lettera, ma una busta chiusa indirizzata a me e contenente dei semi di zucca.

Qual è il nesso tra queste tre cose? Proviamo a ragionarci sopra.

In pratica, quello che sta accadendo ci costringerà a cambiare per sempre certe abitudini che ultimamente avevano davvero preso una velocità supersonica. Tutto quel correre affannato di tutti e di ogni giorno, sembrava ci stesse portando via l’ultima occasione per respirare, non avevamo tempo per nessuno e per null’altro se non per affannarci a correre di qua e di là, tra centri commerciali, ristoranti, happy hour e viaggi turistici a dismisura, sembrava dovesse finire il mondo da un momento all’altro. Ecco, questa “clausura” imprevista e forzata ci ha costretti a capire che il mondo non sta per finire, che c’è solo bisogno di fermarsi ad osservare, a dialogare, ad ascoltare, ma soprattutto ad amare la vita. Speriamo che ciò che stiamo proponendo, e cioè di sperare che al più presto arrivi un nuovo decreto in cui ci dicono che le catene con cui ci hanno imbrigliato sono state rotte, che possiamo di nuovo ritornare a fare tutto quello che si faceva prima, magari con qualche precauzione in più, con la convinzione di aver imparato la lezione, se faremo davvero questo, sarà l’ennesima pezza per tappare una falla che ha radici profonde nel sistema globale. E state pur certi che la pezza non resisterà molto.

In poche parole, faccio molta fatica a credere all'uomo buono, la storia ci insegna che abbiamo sempre "invaso", "depredato", "colonizzato e sfruttato", ora più che mai abbiamo ampliato le proporzioni del nostro “fare” senza senso e senza futuro, e per di più siamo passati dai 2 miliardi di abitanti del pianeta del 1969 ai sette miliardi di oggi. In meno di 100 anni siamo stati la causa della scomparsa di molte specie di biodiversità e di gran parte della desertificazione.

Vandana Shiva è una fisica ed economista indiana. E’ tra i massimi esperti di ecologia mondiale e sociale.

E’ premio Nobel per la pace nel 1993. Ha vinto premi letterari e scritto molti trattati di ecologia. E’ tutto vero quello che denuncia? Per esserne certi bisognerebbe analizzare a fondo le fonti che cita in bibliografia. Comunque, visti i tempi che corriamo, e il sistema che governa il mondo oramai globalizzato, c’è poco da indagare. Ma forse qualcosa si può ancora fare per cambiare direzione. Scrive Vandana:

il potere convenzionale va dal controllo centralizzato degli stati o nazioni, a quello ancora più centralizzato delle CORPORATION. Chi sono? Non sono tante, insieme compongono l’1 per cento dell’umanità, lo stesso un per cento che domina sul 99 per cento restante. Da questo punto in poi, se volete leggere gli appunti sulla denuncia del Premio Nobel Vandana Shiva, potete farlo nella seconda parte di questo breve testo.

Roberto, senza aver letto la denuncia descritta nel libro “Il Pianeta di Tutti”, sapeva bene che i semi li abbiamo ricevuti dalla natura e dai nostri antenati, e che è giusto tramandarli con la stessa ricchezza, integrità e diversità. Lui, come tanti altri nostri amici contadini, osservanti le tradizioni dei nostri padri, metteva da parte i primi frutti di ogni raccolto, per riseminarli nuovamente l’anno successivo. Eppure non era un contadino di professione, lo faceva con passione perché amava i cibi genuini e la natura. Se tutti i contadini del Salento adoperassero i semi tramandati da padre in figlio, le Corporation non sarebbero contente, ma non perché avremmo tolto loro la possibilità di sfamarci con i loro prodotti, ma semplicemente perché loro temono la localizzazione, che toglie spazio al loro potere e ai loro interessi economici, senza badare a quanta morte e distruzione comporta.

 

2° Parte

 Riflessioni riassuntive estrapolate dal libro “Il Pianeta di Tutti” di Vandana Shiva

Le Corporation, la struttura dell’1 per cento dominano il mondo perché sono per la globalizzazione e contro la localizzazione che non porta loro profitti (pag 163):

WTO – organo mondiale per il commercio, ex Gatt –; FMI – Banca Mondiale e Internazionale; TNC – Corporation Transnazionali – secondo la denuncia deviano le Istituzioni, i Tribunali, la Polizia, i Ministeri, tutto per il proprio interesse. (pg 179)

Produzione Olio di Soia e Palma da olio – Deforestazione – emissioni di inquinamento – Monsanto – Du Pont – Bayer – Pfizer – Genentech (società biomedica) – Global Healt (ricerca vaccini e famaci) – Compagnke Agro Businnes quali Mendekez, Nestlè, Kraft, Coca Cola, Diageo, Pepsico, ecc. (pag 141)

A capo del sistema esiste il modello filantropo/capitalistico della BMGF (Bill end Melinda Gates Fondation)

Papa, Regina, e mercante e avventuriero. (pag 138)

Pretendere di raggiungere un altro pianeta e costruirvi una civiltà autosufficiente è un salto nel vuoto, arroganza, ignoranza e insensibilità. Disse Gandhi: "La Terra fornisce quanto basta alla soddisfazione dei bisogni di tutti, ma non abbastanza per l'avidità di pochi". pag 188

Nelle crisi che ci hanno portato sull’orlo del precipizio si trovano anche i semi della speranza e della libertà, i semi che rigenereranno la nostra umanità e la nostra identità di cittadini della Terra. Pg 11

Questo libro è un’espressione della speranza che si fonda sull’unione: è la filosofia della vasudhaiva katumbakam ossia della terra intesa come unica famiglia. Pg 12

Possiamo con l’interconnessione, con la solidarietà, creare un movimento interplanetario per spezzare le catene e abbattere i muri costruiti dalle illusioni della mente meccanica e sconfiggere la macchina del denaro e il mero simulacro della democrazia. Pg 13

Quando si è sull’orlo del baratro andare aventi significa cadere nell’abisso. Pg 16

I processi che stanno distruggendo il suolo, la biodiversità, l’aria, l’acqua e l’equilibrio climatico stanno uccidendo al contempo anche l’umanità. Pg. 17

Con il termine “Antropocene” (l’Era dell’uomo) si allude al potere dell’uomo di disarticolare i processi ecologici della Terra. Ritenere che questo potere distruttivo dia ad alcuni umani il diritto di impadronirsi delle risorse, dei processi e dei sistemi della Terra è da arroganti e da irresponsabili. Pg. 19

La perdita di diversità nei nostri campo e nella nostra dieta, dovuta alla diffusione – negli ultimi cinquant’anni - della Rivoluzione VERDE e dell’agricoltura INDUSTRIALE, non solo contribuisce alla crisi ecologica, ma favorisce la diffusione di epidemie.

Mangiare è un atto comunicativo. Mangiando noi comunichiamo con la Terra, con il coltivatore, con chi preparare il cibo.

I pesticidi e gli erbicidi velenosi che spargiamo sul nostro cibo distruggono i batteri benefici del nostro apparato digerente, causando gravi malattie che vanno dai disturbi intestinali a problemi neurologici come l’autismo e il morbo di Alzheimer. Pg 22

Il vero capitale è la Natura: Ecologia ed economia derivano dal greco Oikos, che significa casa. L’ecologia è la scienza della casa, l’economia è l’amministrazione della casa. Quando l’economia opera in conflitto con la l’ecologia il risultato è la cattiva amministrazione della Terra, cioè della nostra casa. Pg 24

Mentre viene spacciata come soluzione alla fame nel mondo, l’agricoltura industriale è responsabile del 75 % di tutti i problemi ecologici e sanitari che si registrano a livello globale. Fame, malnutrizione, obesità, diabete, allergie, cancri, disturbi neurologici, sono tutti connaturati a un sistema alimentare mosso dall’avidità e fondato sulle tossine. Pg 25

Dagli alberi impariamo l’amore e la generosità incondizionati. Le foglie secche che cadono ci mostrano il ciclo della vita, la legge del ritorno, perché le foglie diventano Humus e suolo e proteggono la terra riciclando sostanze nutritive e acqua. Pg 27

L’Impero dell’1 per cento: separazione, violenza colonizzazione, estrattivismo ed estinzione.

Le tre grandi separazioni che ci hanno portati sull’orlo dell’estinzione come specie sono la separazione degli umani dalla natura; quella degli umani tra loro, secondo criteri di classe, religione, razza e genere, e la separazione dell’Io dal nostro essere integrale e interconnesso. Pg31

Lo standard oil , fondata dai Rockefeller  ha plasmato il mondo economico, politico e tecnologico odierno. Ha dato inizio all’era dei Robber Barons, quella petrolifera che è anche quella del dominio del denaro-

I sistemi estrattivi lineari basati sulla violenza sono all’origine delle disuguaglianze economiche e della polarizzazione dell’1 per 100 da una parte e del 99 per cento dall’altra. Pg 33

Il mondo che abbiamo creato è il frutto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare (Albert Einstein).

L’Attività della mente meccanica è incentrata sull’introduzione di molteplici separazioni:

separa il suolo dalle piante, definendo il primo come vuoto ricettacolo di fertilizzanti chimici e le seconde come macchine alimentate dalla benzina dei fertilizzanti. Separa il cibo dalla salute, la terra dall’aria. Riduce la vita aa proprietà intellettuale, tramite l’acquisizione dei brevetti, per poterla possedere e monopolizzare nonostante ciò porti all’estinzione della specie al suicidio degli agricoltori.

La mente meccanica è una mente che privatizza.  Pg37

Altra mutazione importante è avvenuta in politica con la democrazia rappresentativa: questa un tempo proprietà del popolo gestita dal popolo nell’interesse del popolo è diventata in breve proprietà delle corporation gestita dalle corporation nell’interesse delle corporation. La concentrazione del potere economico nelle mani di pochi eletti da nessuno e che non sono tenuti a rendere conto a nessuno del loro operato, si traduce nella capacità di influenzare i governi le leggi e la politica, per plasmare il futuro del nostro cibo, della nostra salute e del pianeta. Pg55

Uccidere gli agricoltori con il debito e la popolazione con il cancro e l’avvelenamento da pesticidi è genocidio, un crimine contro l’umanità. Pg 66

Multinazionali come Monsanto, Bayer, Dow, Du Pont, e Sygenta, attraverso il libero scambio le politiche neoliberali e la deregolamentazione dei commerci, stanno estendendo il loro impero con fusioni e acquisizioni sempre più vaste. Come per esempio la fusione di Monsanto con Bayer con l’avallo della Banca Centrale europea  (21 marzo 2018) . Pg 73

Il Cartello dei Veleni, non solo si ristruttura attraverso le fusioni ma va oltre la convergenza delle sementi, pesticidi e fertilizzanti estendendosi ai macchinari, alle tecnologie dell’informazione alla raccolta dei dati sul clima, e sul suolo, alle assicurazioni per assumere un controllo totale sul nostro cibo. Si continua a spacciare per futuro una strategia fallimentare. Pg 75

Le libertà economiche, intellettuali, politiche che garantiscono la proprietà collettiva delle sementi, del cibo, delle nostre menti, delle nostre piccole economie per produrre e consumare localmente in modo sostenibile sono la “barbarie” che il famigerato un per cento vorrebbe estirpare. E queste libertà sono ciò che molti movimenti sociali sono impegnati a difendere, e dovremmo farlo tutti. Pg76

 

Il termine “Biologia molecolare” (ingegneria genetica) ha avuto un ruolo importante nel progetto di costruzione del “gene”. La fondazione Rockefeller dal 1932 ne è promotrice con l’obiettivo di avere il controllo sulle relazioni umane e porle in armonia con la struttura sociale del capitalismo industriale. Controllo. Limitare la riproduzione dei deboli di mente e le disfunzioni sociali che contrastano con i cambiamenti della tecnologia. Pg 77

Il Cartello dei Veleni considera il “gene” l’elemento fondamentale della vita. No. Non lo è. Non esiste al mondo un qualcosa di auto-replicante che si chiami “gene”, semmai è l’organismo intero come sistema complesso. Il Dna è una molecola priva di vita. Non ha la capacità di riprodursi. Sono le proteine, gli enzimi, a produrre il Dna e non il contrario. (The Doctrine of DNA di Richard Lewontin). Pg 78

L’Ingegneria genetica è alta tecnologia, usarla per inoculare un gene nella melanzana, che produce una tossina, in associazione con marcatori di resistenza agli antibiotici, è come usare una ruspa per  piantare un chiodi in una parete. Sono le pratiche di agricoltura organica che generano resistenza ai parassiti e alle malattie.

Il cotone Bt (geneticamente modificato) richiede un enorme utilizzo di sostanze chimiche per controllare i super parassiti emersi dal fallimento di questa presunta tecnologia che avrebbe dovuto tenerli sotto controllo. Intanto, per esempio, milioni di ettari di terreni sono stati inquinati e strappati agli agricoltori che essendosi indebitati per sopperire alle spese sono falliti. Ma l’obiettivo di Monsanto e di Mahyco era quello di avere i brevetti sulle sementi. E le loro azioni producono interessi solo per loro. Non per i contadini. Questi muoiono anche per l’avvelenamento da pesticidi. Pg 85

E’ dimostrato a livello globale che il Roundup ha causato un aumento di malattie in particolare il cancro. La Monsanto ha sferrato un attacco ponderoso contro l’OMS che ha classificato il Roundup come probabile cancerogeno. Secondo la rivista medica Lancet, in esperimenti sui topi si è dimostrato che l’esposizione al Glifosato è causa di tumori.

Il legame Monsanto – Facebook è profondo. Una agricoltura una scienza. E’ un progetto di Bill Gates, insieme a Zuckerberg patron di Facebook, hanno concepito un accesso minimo garantito gratuito in internet per decidere quali informazioni passare agli utenti. Pg 100

Il diritto al cibo consiste nel diritto di scegliere quello che vogliamo mangiare, di sapere che cosa c’è nel nostro cibo, di optare per un cibo nutriente e gustoso, invece di dover ingerire i pochi cibi confezionati che le Corporation vogliono costringerci a consumare. Pg 102

Nel mondo del famigerato UN PER CENTO, i governi (tutti) sono un’estensione del Grande Capitale, sono praticamente i loro piazzisti. Pg 105

La desertificazione, la perdita della biodiversità, l’estinzione degli impollinatori biologici, il cambiamento climatico, è opera dell’agroindustria per almeno il 40 per cento. E questo sistema fornisce solo il 30 per cento del cibo che consumiamo. Se dovesse aumentare questa proporzione ci ritroveremmo su un pianeta morto. E senza cibo. Pg 106

Nel 2016, per difendere la grande bugia del miracolo Golden Rice brevettato dalla Fondazione di Bill Gates, insieme a quell’altra grande bugia delle banane che contengono ferro, la banana OGM e la melanzana “brinjal” sono stati mobilitati 107 premi Nobel. Inclusi alcuni fantasmi come per esempio Alfred G. Gilman morto nel 2015.

Ogni pianta ha le proprie particolarità nutritive. L’agricoltura industriale produce merci prive di nutrimento non solo perché nel suolo non viene restituita la sostanza organica, e quindi impoverito, ma anche perché le monocolture riducono la varietà delle sostanze nutritive che invece viene garantita dalla biodiversità. Pg 110

La digitalizzazione dell’economia ci riserva brutte sorprese. La demonetizzazione dell’economia indiana introdotta nel 2016 allo scoccare della mezzanotte, ha fatto si che le multinazionali si appropriassero della ricchezza delle persone, chiudendo da un giorno all’altro i rubinetti del denaro contante per le economie reali e lasciandole aperti solo per i settori digitalizzati, cioè le Corporation, nel caso specifico la Digital India. Pg 129

La guerra ai contanti porterà enormi profitti ai portali delle Corporation, coloro che incasseranno. Nel mondo digitale, coloro che controllano gli scambi, attraverso reti finanziarie, ricavano qualcosa da ogni passaggio. In una economia reale circola denaro reale che corrisponde al lavoro vero. Al contrario in una economia digitale tutto diventa irreale. 

Una sola scienza, una sola agricoltura, una sola storia: il modello filantropico capitalista di Bill Gates, per plasmare e aggirare le strutture democratiche secondo la sua visone del mondo.

Un solo uomo, il papa, il re, la regina, e anche il mercante avventuriero. Pg 138

Bill Gates, o chi per esso seguirà la stessa traccia, dominerà il mondo perché in questo momento ha già investito 5,4 miliardi per lo studio di un sistema capace di alterare la stratosfera riflettendo una piccola parte del calore del sole, mediante lo sbiancamento delle nuvole sopra gli oceani. Ha a che fare con i brevetti chiesti da Intellectual Ventures (una società americana), che serviranno a d attenuare la forza degli uragani rimescolando le acque superficiali degli oceani con quelle profonde. Pg 147

L’Umanità si trova ad un bivio: o fare pace con la Terra o ci estingueremo portando con noi all’estinzione milioni di altre specie.  Pg 159

Dobbiamo gettare i semi della vera libertà nella nostra immaginazione e nel nostro quotidiano, nelle nostre azioni e nelle nostre molteplici relazioni. Dobbiamo evitare di ridurre tutto a materia grezza per fabbricare denaro.

Come diceva Ghandi, dobbiamo smetter di posizionarci sulla piramide, alla base o al vertice, ma dobbiamo porci al centro di un grande cerchio dove tutti sono elementi del grande cerchio oceanico, in questo modo chi si troverà nei cerchi esterni non schiaccerà chi sta all’interno, bensì gli trasferirà forza, e tutti ne trarranno beneficio.

Il sistema oggi vigente separa il produttore dal consumatore, che viene illuso dalla “convenienza” di bassi costi. Ma non si tiene conto dei costi altissimi che la società e la Terra stanno pagando. Il Consumismo è la dipendenza sociale dalla spazzatura che a sua volta continua ad alimentare la macchina del denaro delle Corporation. Pg 173

Marcello D’Acquarica

 

Il 21 e 22 novembre la Biblioteca Giona, Presìdio del libro Noha-Galatina e l'Istituto Comprensivo Polo 2 Galatina realizzano la manifestazione "Nessun parli, musica e arte oltre la parola". L'iniziativa valida in campo nazionale prevede l'apertura della scuola e della biblioteca alla realizzazione di attività laboratoriali "multiformi" tra cui quella della lettura animata e della scrittura creativa tratta dal testo  "Novecento" di Baricco a cura dei docenti  e della lettura teatrale curata dell'esperto Michele Bovino con il suo laboratorio "Disabitare la marginalità".

I laboratori previsti saranno aperti anche ai genitori nelle ore pomeridiane. Tutto il percorso che si snoda attraverso le due giornate appositamente dedicate, si concluderà presso l'Oratorio  Madonna delle Grazie con performance finale e mostra e la partecipazione straordinaria del M° Raffaele Casarano.

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/10/2013 @ 21:40:10, in Cultura, linkato 3523 volte)

Nel 1973, esattamente 40 anni fa, veniva alla luce il volumetto “Storia di Noha” edito da “Grafiche  C.Borgia” di Casarano. E’ opportuno ricordare quell’evento, anche per verificare il cammino che si è fatto e non spegnere l’entusiasmo che aveva creato.

Ero da poco rientrato in Italia, dopo 5 anni di Missione in Canada, e per motivi di salute mi fermai a Noha oltre il previsto. Fu così che, tanto per passarmi il tempo, cominciai a curiosare nell'archivio parrocchiale di Noha. Trovai un libretto di una cinquantina di paginette intitolato: “L'Università e il Feudo di Noha - Documenti e Note” scritto da un certo prof. Gianferrante Tanzi, ed edito nel 1906 da Tipografia Cooperativa a Lecce. Questo scritto prezioso, essendo ovviamente fuori catalogo, non è facilmente reperibile.

Le mie ricerche su Noha partirono proprio da lì. Mi resi conto, leggiucchiando il libriccino del Tanzi, che Noha aveva avuto una storia molto antica e molto ricca di notizie, anche se quello che leggevo in quel libercolo a volte era vago e impreciso. Mi venne voglia perciò di fare ricerche più accurate.

Mi misi a intervistare testimoni qualificati e informati su alcune notizie e tradizioni di Noha. Cominciai a consultare anche altri documenti di storia locale, arrivai all'archivio vescovile di Nardò, di cui ab immemorabili Noha aveva fatto parte, consultai l'archivio di Stato di Lecce e la biblioteca comunale di Galatina. Negli spostamenti sovente mi guidava don Donato Mellone, in quel tempo Arciprete di Noha, a cui devo tanta gratitudine sia per la sua grande disponibilità ad accompagnarmi e sia per avermi permesso di consultare l'archivio della Parrocchia.

Dopo circa un anno di ricerche (1972-1973), per la prima volta davo alle stampe la prima edizione. Di Noha e della sua storia nessuno conosceva le antichità, nessuno ne parlava, nessuno sapeva, neanche a livello di istituzioni o di cosiddetta gente di cultura.

Il libro di appena 90 pagine fu stampato a Casarano dall’editrice Borgia; mi sovvenzionò la stampa un'amica dei Missionari della Consolata che avevo conosciuto durante la mia permanenza a Salve, un comune vicino Santa Maria di Leuca. Furono stampate 300 copie, arricchite da una mappa del paese che avevo fatto io stesso in maniera molto artigianale, senza essere né un tecnico né un geometra, tracciandone il disegno delle strade che percorrevo con la mia Bianchina. Anche le foto le avevo fatte io stesso in bianco e nero. Il volumetto fu messo in vendita a 1.000 Lire la copia e andò letteralmente a ruba, soprattutto perché l'avevo arricchito con una raccolta di proverbi dialettali e di alcune mie poesie in dialetto che suscitarono (finalmente) la curiosità dei nohani. Quell’edizione si esaurì in men che non si dica.

Pubblicato e venduto quel libro, le mie ricerche non finirono più. Per me era naturale continuare ad approfondire le ricerche su Noha (che, voglio dirlo con determinazione anche ai giovani, danno sempre grandi soddisfazioni).

Dopo 15 anni, scoperti nuovi documenti, nel 1989 chiesi al Sindaco di Galatina, che in quel tempo era l’On. Beniamino De Maria, se valeva la spesa stampare i miei aggiornamenti. Fu così che l’Amministrazione Comunale si prese cura del mio scritto, approvò e sovvenzionò completamente la stampa della nuova opera con 4 milioni di Lire. L’Editrice Salentina di Galatina stampò così la seconda edizione della mia “Storia” in mille copie, questa volta arricchita dalle foto in bianco nero dello studio fotografico Mirelfoto- Pignatelli di Noha, oltre che quelle del mio archivio.

Feci la “presentazione” della nuova edizione alla scuola media di Noha dove fu adottata come testo di cultura locale: l’edizione era più ampia della prima per i contenuti ma anche più elegante nella forma.

Intanto io continuavo le mie ricerche (le notizie sono come le ciliegie: una tira l’altra) e scoprivo altre notizie sempre molto interessanti. Trovai per esempio una relazione sullo stato della parrocchia da parte di Don Michele Alessandrelli, arciprete di Noha dal 1847 al 1882, che, in occasione della visita pastorale del Vescovo di Nardò, aveva compilato con molta precisione di particolari preziosissimi. Trovai anche una relazione ricchissima di informazioni del “primo” Vescovo di Nardò che ritenevo molto interessante.

Inoltre analizzando meglio tutti i documenti dell'archivio parrocchiale, che lessi e trascrissi in “file digitali” per scoprire i miei antenati (ho potuto costruire cos’ il mio albero genealogico fino al 1500), trovai notizie abbondanti sulla situazione sociale, religiosa, economica e politica della gente di Noha. Erano tutte notizie preziose che meritavano di essere pubblicate.

Erano passati trent’anni dalla prima edizione. La seconda edizione era ormai esaurita. Valeva la pena far conoscere al pubblico le notizie di cui ero venuto a conoscenza. Cercavo il modo di stampare una terza edizione, ma come tutti sanno, la difficoltà principale in questo settore dell’editoria locale era proprio quella di reperire i fondi, o comunque trovare un mecenate che si prendesse cura della cosa.

La mia destinazione a Galatina nel 2003 in qualità di parroco della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria e l’incontro con il Dott. Antonio Mellone fu provvidenziale. Fu Antonio che venne a cercarmi in parrocchia per propormi di stampare i miei aggiornamenti con una nuova edizione elegante, bella, ricca, di lusso, direi anche spettacolare e impensabile e degna di stare nelle migliori biblioteche nazionali ed estere (come di fatto mi risulta essere) e nacque così il volume Noha, Storia, Arte, Leggenda. Grazie all’editore-mecenate, il compianto Michele Tarantino, l’edizione venne alla luce nel 2006. In quella occasione Michele ebbe a scrivere: “Questo libro è a tutti gli effetti un bene culturale, un dono, un regalo che ho voluto fare innanzitutto a me, ma anche a mia moglie, legata, come me, alla terra dei nostri genitori; e - consapevole del fatto che i buoni frutti nascono da alberi che hanno coscienza delle loro radici - ai miei figli, nati e cresciuti nell’Italia del Nord, affinchè conoscendo la Storia di quello sperduto paese di provincia che risponde al nome di Noha, imparino sempre più ad amare e a rispettare le loro stesse origini; ai miei conterranei salentini ed ai miei amici sparsi in ogni parte d’Italia, e a tutti quanti si degnino di leggere e consultare questo volume, perché, benché a volte mute, anche le piccole realtà locali possono essere importanti testimoni della Storia”.

Grazie Michele Tarantino per questo messaggio così caldo e sentito! Oggi anche tu sei una pagina bella della Storia di Noha.

Ma le mie ricerche sono sempre continuate (secondo quel saggio proverbio nohano secondo il quale: fino alla bara sempre s’impara). Oggi a 40 anni da quella prima edizione posseggo notizie e scoperte che quarant’anni fa erano impensabili e sconosciute a tutti. Tante sono state rese pubbliche sul nostro giornalino on-line l’“Osservatore Nohano” di felice memoria.

Ma a questo punto sarebbe opportuna una pubblicazione nuova “ordinata e completa” di come avevo immaginato che fosse la storia del mio paese, quando, esattamente quarant’anni fa, resi pubblica la mia prima edizione della “Storia di Noha”.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 14/11/2013 @ 21:39:23, in Fotovoltaico, linkato 3779 volte)

A proposito di campi di concentramento di impianti fotovoltaici nohani volevo cogliere l’occasione per ricordare, nel loro terzo anniversario, le storiche parole dell’ex-sindaco di Galatina Giancarlo Coluccia pronunciate nel corso di un intervista apparsa on-line anche su questo sito il 2 settembre 2010, conversazione davanti a telecamera e microfono, condotta dal bravo Tommaso Moscara. Che davvero non so come faccia a non scoppiare in fragorose risate in faccia all’interlocutore di turno, rimanendo invece imperturbabile di fronte alle scemenze propinategli dai politici di ieri e di oggi, inclusi gli americani e i Russi. Ma questa è un’altra storia.  

*

Il per fortuna ex-sindaco di Galatina, a proposito del fotovoltaico, riuscì in quell’intervista da manuale a concentrare in poche ma sintatticamente malferme parole un incredibile numero di baggianate.

Dopo aver premesso che probabilmente la calura estiva poteva aver annebbiato la mente a qualcuno (inclusa certamente anche quella del sottoscritto) che s’era permesso addirittura di lottare insieme ad altri contro l’invasione dei pannelli in mezzo alla campagna, dopo essersi retoricamente chiesto se noi fossimo o meno per le energie alternative, e dopo aver aggiunto che comunque la sua amministrazione non aveva alcuna responsabilità in merito al fotovoltaico, il Giancarlo nostrano si è esibito in sperticati numeri da trapezista che neanche al circo Orfei. Se si fosse fermato alle prime elucubrazioni forse avrebbe fatto miglior figura. Ma i salti mortali evidentemente provocano in certi folkloristici personaggi una qualche forma, come dire, di ebbrezza.

Così continuava a blaterare il nostro pervicace e per grazia di Dio ex-sindaco: “…Se andiamo a vedere quei terreni, sono terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi. Non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola. Fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti”. E così via di questo passo.

*

Chiaro? Il sindaco e la sua giunta non ne erano i responsabili. Ma se dobbiamo dirla tutta, di fatto, almeno politicamente un pizzico lo erano, eccome. Questo si evince dagli atteggiamenti e dalle parole. Il sindaco sembrava quasi rammaricarsi per non essere stato lui, ma altri, a dare l’imprimatur a codesto impianto di “energia alternativa”. Del resto nessun esponente dell’allora maggioranza (e a dire il vero anche della sedicente opposizione) sembrava non dico avversare ma almeno batter ciglio contro lo scempio dei nostri campi occupati dall’invasore. Anzi! Visto che i “terreni sono impervi” e non “dalla grande produzione agricola” tutto sommato – così si arguisce – si poteva pure fare il megaparco di pannelli in contrada Roncella. E così sia.

*

Chi va a dire al poveretto che anche “i terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi” sono fondamentali per la biodiversità vegetale ed animale? Che la fotosintesi clorofilliana non è solo quella delle “grandi produzioni agricole” ma anche quella delle erbe spontanee, molte delle quali edule, e dei “pascoli per i greggi”? Che per quanto si possa “piantumare” con siepi perimetrali un parco fotovoltaico di quella estensione, il disastro rimane nei secoli dei secoli? E che eventuali siepi anche fitte sarebbero niente altro che il classico tappeto sotto il quale nascondere la polvere? E che la siepe del parco nohano, fatta tra l’altro con alcuni ulivi già secchi, è semplicemente ridicola?

Chi va a spiegare a questi mostri di intelligenza che per un piatto di lenticchie anzi di briciole, oltretutto una tantum, gentilmente concesse dai nostri conquistadores, non si può svendere la nostra primogenitura e che, dunque, non sono sufficienti “la ristrutturazione del canile di Galatina” ed “il rifacimento della villetta Fedele in via Soleto” per indennizzarci della perdita del panorama, del futuro, della faccia, della dignità, della bellezza e, non ultimo, dei soldi (che tra l’altro, a quanto pare, imboccano la strada per la Germania direttamente da contrada Roncella senza manco transitare da Galatina)?

Chi va a spiegare a chi si rifiuta di capire persino l’ovvio che questa non è assolutamente “energia alternativa”?

E’ “alternativa” (oltre che rinnovabile) quell’energia che compensa la minor produzione di corrente elettrica prodotta ad esempio da fonti fossili come petrolio, gas e carbone. Il che non è. Abbiamo cercato di dire, ridire e ricordare minuziosamente almeno un milione di volte che questi impianti fotovoltaici danno ai titolari il diritto di ottenere i cosiddetti “certificati verdi”. Cosa sono? Ma sicuramente l’ennesima truffa, in quanto si tratta di veri e propri permessi di inquinare, liberamente negoziabili a prezzi di mercato. I suddetti attestati, dunque, vengono venduti, tra gli altri, anche e soprattutto alle centrali di produzione di energia tradizionale, che a loro volta, grazie a questi permessi di inquinare, possono addirittura aumentare e non ridurre la produzione di corrente da fonti non rinnovabili. Altro che “energia alternativa”.

La centrale di Cerano, per dire, nonostante la Puglia sia ormai completamente ricoperta da pannelli fotovoltaici (e tra poco anche da pale eoliche: non ci facciamo mancare niente) non ha ridotto di un solo kw la sua produzione, anzi l’ha addirittura aumentata. Con quali conseguenze? Ma ovviamente con maggiori emissioni di fumi, anidride carbonica, gas di scarico ed altre schifezze che arrivano anche da noi grazie a quel “gasdotto” naturale che è la tramontana. A questo si aggiungano le autoproduzioni salentine di diossina e miasmi ed esalazioni varie provenienti dai camini di certi altiforni svettanti intorno a noi come la torre Eiffel ed il quadro è completo.

Poi uno si chiede come mai nel leccese, e a Galatina e dintorni in particolare, si muore molto di più che in altri luoghi per neoplasie, mesoteliomi, e cancro all’apparato respiratorio.

*

Infine, come far comprendere a questi signori, per i quali sembra che la logica sia un’allergia, il concetto basilare per cui non serve una centrale da un milione di kw ma un milione di utenti che mettono in rete un kw ciascuno? Dunque l’energia solare va benissimo, ci mancherebbe altro; ma in impianti di micro-generazione energetica e non in mega-impianti in mezzo alla campagna, anche se piena di cozzi, impervia, o morfologicamente assimilabile ad una pseudo-steppa. E’ così difficile da comprendere questa roba? Questi signori hanno mai preso in mano un libro, che so io, di un Jeremy Rifkin, ammesso che conoscano il professore e le sue ricerche scientifiche?

Anzi, formuliamo meglio: hanno mai preso in mano un libro (che non sia, per favore, il tomo-panettone di Bruno Vespa)?

Antonio Mellone
 

Daria Colombo sarà ospite a Galatina, giovedi 19 novembre  presso la Sala Contaldo  del Palazzo della Cultura “Z. Rizzelli ” alle ore 19,00.

Daria Colombo, art director, giornalista, scrittrice,  ha dato vita al movimento dei Girotondi a livello nazionale ed è impegnata in numerose iniziative di solidarietà.

È sposata con Roberto Vecchioni, con il quale collabora da oltre vent’anni. Ha già pubblicato Meglio Dirselo (Rizzoli 2010), con cui ha vinto il premio Bagutta Opera Prima.

Durante l’incontro a Galatina,  a cura della Libreria Fiordilibro, presenterà il suo nuovo romanzo “ Alla nostra età con la nostra bellezza” Rizzoli,  in cui esplora nuovamente l’universo femminile.

 “Ho voluto raccontare – spiega Daria Colombo - una storia di sentimenti e amicizia tra due donne, una giovane ventenne e una trentottenne che frequentano l’università insieme e gradualmente, con alti e bassi, diventano amiche pur apparendo molto diverse, anzi proprio per questo si scambieranno molto. Ma è anche una vicenda di condivisione – prosegue – che si svolge sullo sfondo degli anni che vanno dal 1992 al 2007, un periodo significativo per l’Italia”.

Dialogherà con l’autrice, Sandra Antonica che del periodo preso in esame nel libro, è stata protagonista  di primo piano con la stessa passione di Daria Colombo e soprattutto grande lettrice .

Appuntamento a giovedì  19 novembre ore 19:00, presso la sala Contaldo del Palazzo della Cultura “Z. Rizzelli

Emilia Frassanito

 

Bicivetta, associazione culturale galatinese di promozione della mobilità lenta, inaugura il programma di escursioni ciclistiche “In bici tra paesaggio e tradizioni”. L'inizativa si articolerà in quattro appuntamenti, distribuiti nei mesi di maggio e giugno, dedicati all'esplorazione a pedali del patrimonio storico e naturalistico di Galatina.

Il programma, che è stato presentato alla comunità galatinese lo scorso 14 maggio presso la libreria Fiordilibro, iniziarà il prossimo 22 maggio con un ciclotour geo-­‐botanico lungo 20 km, che attraverserà il paesaggio rurale ad ovest della città di Galatina, nelle località Latronica, Specchia di Mosco e Lovita. Si tratta di un paesaggio che manifesta suggestivi elementi arcaici, costituito da pascoli erbosi, macchia mediterranea, boscaglie di querce e oliveti. L'escursione sarà guidata da tre esperti, un botanico, una geologa e una guida turistica, e consentirà di scoprire alcune delle entità floristiche più interessanti presenti nel territorio galatinese, come la quercia vallonea e il lino delle fate piumoso; consentirà inoltre e di soffermarsi su particolari elementi geomorfologici e idrogeologici, quali la dolina di Specchia di Mosco, che ha un diametro di oltre 100 m, e un tratto del Torrente dell'Asso, che è il più lungo corso d'acqua della Provincia di Lecce.

Appuntamento, quindi, domenica 22 maggio alle ore 9:00 a Galatina, in Via Roma, nei pressi del ristorante “I due trappeti”, vicino all'ospedale. La partecipazione è ristretta ad un numero massimo di 25 persone; per questa ragione è obbligatorio iscriversi entro la sera del giorno precedente l'escursione. Per info e prenotazioni: spaziobicivetta@gmail.com, tel. 3299837662. Gli aggiornamenti sull'iniziativa saranno pubblicati sulla pagina Facebook “Spazio Bicivetta -­‐ Ciclofficina sociale”.

Per info, costi e prenotazioni:

spaziobicivetta@gmail.com;

Tel. 3299837662

 
Di Redazione (del 26/09/2017 @ 21:37:10, in Festa dei Lettori, linkato 1854 volte)

La Biblioteca Giona, Presidìo del libro Noha-Galatina, in occasione della festa dei lettori 2017 "Sconfinamenti & Confini", organizza il 2 ottobre alle ore 17.00, presso il Palazzo della Cultura a Galatina, la Mostra animata "CI SONO ANCH'IO".

 L'evento finalizzato alla promozione della lettura sul territorio vedrà la presentazione di performance strutturate in vari linguaggi (laboratori di scrittura creativa, progettazione di "oggetti impossibili", atelier munariani, giochi/percorsi di logica, rappresentazioni teatrali...). 

Parteciperanno al'iniziativa tutte le realtà scolastiche  presenti sul territorio, le associazioni, l'assessorato alle politiche giovanili e alla cultura e la biblioteca comunale P. Siciliani.

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 
Di Antonio Mellone (del 27/05/2018 @ 21:36:44, in Comunicato Stampa, linkato 1598 volte)

Da tempo m’arrovellavo nel tentativo di capire cosa avessero in comune la Tap, le eradicazioni di alberi e la diffusione di pesticidi in nome della “emergenza” Xylella, i novelli Centri Commerciali, i Villaggi Turistici da colare nelle superstiti foreste vergini, le Trivelle, e molti altri simili gigli di campo (santo).

Eureka, ho trovato: il minimo comun denominatore di tutto questo è il Diciamo Popolo che più o meno consapevolmente lo sostiene.

Si tratta di una genia multiforme che va dai diretti interessati (i soliti quattro gatti fra imprenditori con le pezze ai glutei, finanzieri con i soldi degli altri, editori e politici in conflitto di interessi, e ovviamente “giornalisti” a libro paga) e la gran massa di chi è acriticamente prono alle decisioni altrui per conformismo e spirito gregario.

Stiamo parlando di una maggioranza perlopiù silenziosa, e forse proprio per questo ancor più pericolosa, composta da fatalisti stravaccati su morbidi divani, formulatori di frasi killer tipo “tanto hanno già deciso tutto”, telespettatori di grandi fratelli, degustatori di piatti di lenticchie elargiti da munifiche Marie Antoniette, elettori di partiti del cemento, servitori di più padroni, monarchici incapaci di concepire l’esistenza degli anarchici, mistificatori allo stato brado, cronisti copia-incollatori di comunicati-stampa, sostenitori del politically correct, promotori dell’incoscienza di classe, consumatori suggestionati dal 3x2, fondamentalisti del mercato, frequentatori (perfino domenicali) dei centri commerciali, schiavi legati a catene in franchising, intenditori di niente, profani su tutto il resto, fiancheggiatori del trasversalismo partitocratico, querelatori della Parola Contraria, proletari del consenso, “scienziati” che hanno famiglia, nemici compulsivi dei libri, coccodrilli lacrimanti, chiacchieroni inconcludenti, adepti dell’ennesima “riforma” della Costituzione, subalterni al Pensiero Unico, massacratori di storia e geografia, Briatori in pectore, fautori del Sì a tutto, fossili come le energie che difendono, giustificatori di ogni devastazione in nome dello “sviluppo”, funzionari dell’usa e getta, adoratori della ricchezza altrui.

Seduti in riva al fiume in attesa del cadavere (molto probabilmente il loro), sempre allineati e coperti, i diretti disinteressati stanno alla finestra, non si espongono mai alzandosi in piedi, aspettano i cambiamenti dall’alto, e capiscono le cose dieci anni dopo che sono accadute.

Troppo tardi forse per liberarsi di ciò che da tempo hanno appiccicato addosso: il cartellino con un codice a barre.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 04/11/2021 @ 21:33:51, in Comunicato Stampa, linkato 552 volte)

Il 4 novembre 2021 si è celebrato  il centenario della solenne traslazione e tumulazione del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria a Roma.

Nell’ambito della Rassegna culturale  “Incontri al Collegio”organizzata dalla libreria Fiordilibro in collaborazione con la Rettoria della Chiesa Madonna della Grazia, venerdì 5 novembre si svolgerà l’incontro con Francesco De Cillis  ed il suo libro - Il giorno del Milite Ignoto. Cronaca delle celebrazioni in Italia e all’Estero. La partecipazione  della provincia di Terra d’Otranto -.

Francesco De Cillis ha svolto un encomiabile lavoro poiché attraverso un’ approfondita  ricerca d’archivio, ha riportato alla memoria,  permettendo in questo modo  la conoscenza e diffusione delle cerimonie in onore del Milite Ignoto avvenute in tutte le città d’Italia comprese le  più piccole cittadine di provincia. All’interno del volume viene descritta la cerimonia che si svolse a Galatina con Vito Vallone Sindaco.                         

 Dialoga con l’autore Adolfo Notaro, introduce Don Antonio Santoro Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia a Galatina.

L’incontro si svolge presso la Chiesa del Collegio in Piazza Alighieri, alle ore 18,30 con il rispetto della normativa anti Covid 19.

Francesco De Cillis nato a Lecce, laureato in Scienze politiche e delle Relazioni Internazionali, ha all’attivo molte pubblicazioni ed articoli su temi di storia militare e locale. Ha pubblicato nel 2021:

Il pellegrinaggio medievale. Cavalieri santi viandanti per le vie della Puglia . Il Cammino di San Giacomo  Maggiore in Terra d’Otranto Iconografia e culto giacobeo ;

Il giorno del Milite Ignoto- Cronaca delle celebrazioni in Italia e all’Estero. La partecipazione  della provincia di Terra d’Otranto.

 Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 27/12/2012 @ 21:33:16, in Eventi, linkato 2930 volte)

Sabato 29 Dicembre 2012 alle ore 17,30 nelle sale settecentesche adiacenti al Bar Settebello in piazza San Michele a Noha ci sarà la presentazione del libro "In men che non si dica" di Marcello D'Acquarica, edito da  L'Osservatore Nohano. Bellissimo, imperdibile, una storia vera, un esorcismo generazionale.
In in questo libro c'è un pezzo di noi, delle nostre famiglie, della nostra comunità e soprattutto della nostra umanità.
Interverranno l'autore, Martina Chittani, Antonio Mellone e la giornalista e scrittrice Giuliana Coppola.

 

 

 

 
Di Redazione (del 24/04/2014 @ 21:32:26, in Comunicato Stampa, linkato 2414 volte)

Serie B maschile, appuntamento il 27 in casa contro il “Circolo della Stampa” di Torino.

Filippo Stasi (ds): “Per noi i playoff sarebbero un sogno”.

Anche quest'anno il Circolo Tennis di Galatina disputerà il campionato maschile di serie B. Lo scorso anno, la vittoria ai playout contro il C.T. Terni ha regalato un nuovo anno di permanenza in questa serie, ai salentini guidati dal Direttore Sportivo e Capitano, Filippo Stasi.

Il primo incontro di questa nuova stagione della Divisione Nazionale di Serie B, si giocherà nei campi del Circolo Tennis di Galatina domenica 27 aprile contro il Torino a partire dalle 9:30.

Il “Circolo della Stampa” di Torino, con il suo splendido impianto (23 campi da tennis in terra rossa) è uno dei circoli più importanti ed antichi d'Italia. Il suo campo centrale ha ospitato la Coppa Davis, la Federation Cup, gli Internazionali d’Italia e alcune dei Campionati Italiani Assoluti. Hanno calcato il campo del CT La stampa di Torino giocatori del calibro di Lindsay Davenport, Mark Philippoussis, Lleyton Hewitt, David Nalbandian, Elena Dementieva e Fabio Fognini, per citarne solo alcuni.

”Quest'anno ci siamo rinforzati con tre innesti importanti: Alberto Giannini, proveniente dal nostro vivaio, Perdanio Lo Priore dal CT Roma ed il numero tre d'Europa under 16, Stefanos Tsitsipas. Da direttore sportivo mi aspetto molto dai nuovi arrivati; ma sono certo si integreranno al meglio nella nostra squadra, che ci ha regalato un 2013 meraviglioso. Stiamo molto bene fisicamente e pensiamo di poter iniziare la stagione con il piede giusto, contro una squadra forte, il Torino, che l'anno scorso ha fatto benissimo in questa serie. Quest'anno voglio puntare direttamente ai playoff, sarebbe un sogno.

Galatina, 24 Aprile 2013

Filippo Stasi

Direttore Sportivo “C.T. Galatina”
 
Di Redazione (del 27/03/2018 @ 21:31:37, in Comunicato Stampa, linkato 1353 volte)

Mercoledì 28 marzo alle ore 18.00 presso il Palazzo Marchesale di Galatone - ingresso da via Castello - quinto incontro delle Lezioni Salentine organizzate dalle associazioni A Levante, spazi per la ricerca e Il Piccolo Principe.
Presentazione del libro di poesie di Laura Barone "Germogli di Sole", edizioni Milella, 2016.
Laura Barone dialoga con il prof. Gianluca Virgilio, scrittore, docente di lettere. 
Nella prefazione del libro Franco Donatini scrive: "L'autrice, in queste liriche compie il miracolo di affrontare 'il dramma' con un linguaggio complesso, allo stesso tempo, lieve, quasi sereno, talora intrigante, non cedendo mai alla debolezza di volerci coinvolgere nella propria individuale sofferenza. 
Il dolore si universalizza e insieme si smorza, in un linguaggio ermetico, musicale, ricco di assonanze e metafore, tratte da immagini della natura, che evocano, con immediatezza, i drammi e i turbamenti interiori, secondo un approccio tipico della poesia moderna." 

NOTE BIOGRAFICHE
Laura Barone è nata a Sesto San Giovanni (Mi). Laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Lecce, vive e lavora a Milano dove si occupa di formazione linguistica e orientamento scolastico. 
È vincitrice della XIX edizione del concorso nazionale di poesia e prosa “Fazio Degli Uberti” di Pisa ed ha ottenuto vari riconoscimenti in diversi concorsi e premi nazionali ed internazionali. L'Università Popolare di Galatina (Le) le ha dedicato una pagina sul suo sito web. Le sue poesie sono comparse in varie antologie e riviste, tra cui “Malvagia”, rivista fondata da Pino Polistena e Carlo Cassola.
Tra il 2001 e il 2011 ha pubblicato tre silloge: “ Il Velo e i Pavoni”, “Il Canto dell'Edera” e “ Micron Poetici”. 
Nel Luglio del 2016 è stato pubblicato il suo libro di poesie “Germogli di sole” a cura delle Edizioni Milella.

Gianluca Virgilio

 

Per la Serie "Dialogoi sto Monastiri", quarto appuntamento Venerdì 7 marzo alle ore 18,30 presso la Sala Conferenze dell'Istituto Immacolata IPAB di Galatina  sito in Via Scalfo n.5, con l'intervento del Prof. Mario De Marco, Docente emerito di filosofia, Giornalista, Storiografo ed  Autore di numerose pubblicazioni sulla Storia, sull'Architettura e sulla Civiltà del Salento, e recentemente nell'aprile 2013 di un' opera sui Templari Salentini.

Nati nel 1118, da una costola dei cavalieri dell'Ordine del Santo Sepolcro, i Templari dovevano proteggere i Pellegrini in Terrasanta nel tragitto Giaffa -Gerusalemme dall'assalto dei briganti e degli Islamici; l'Ordine fu baluardo di fede, sapienza e sicurezza militare per l'Occidente insidiato dall'Islam e sostegno per i precari regni cristiani di Palestina. Conclusasi l'epopea delle Crociate, al massimo della loro potenza economica, politica e militare, i Templari furono perseguitati e sterminati dal re di Francia Filippo IV e da Papa Clemente V, sopravvivendo e confluendo negli ordini monastico-cavallereschi locali come quello teutonico di Germania, o quello di Calatrava in Spagna.

Lo Studioso ci accompagnerà nelle vicende dei Templari nel Regno di Napoli all'epoca di Carlo II d'Angiò, ma soprattutto ci guiderà nella storia dei Templari in Terra d'Otranto, dove nel corso del XIII secolo erano attive loro Fondazioni a Brindisi, Lecce, Galatina ed Otranto.

Dopo i saluti dell’Assessore alla Cultura del Comune di Galatina Prof.ssa Daniela Vantaggiato e dell'Assessore al Turismo ed alle Attività Produttive Dr Alberto Russi, introdurrà i lavori il Presidente del Club UNESCO di Galatina Salvatore Coluccia; dialogherà con l'Autore lo scrittore Franco De Jaco.

L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la libreria Fiordilibro, l’Associazione Culturale Il Mandorlo e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.

Sala della Cultura Francescana, piazzetta Orsini – info 3396845616

 

Questo quarto appuntamento di Tour d’Autore è dedicato al Tabacco ed alla tabacchicoltura salentina.  Punto di partenza sarà il libro di Salvatore ColazzoI Tabacchi Orientali del Salento - Quattro storie e loro dintorni” Giorgiani Editore. Lavoro di studio e recupero , di un passato che pur recente e con tracce ancora visibili sul territorio, ha subito una “damnatio memoriae” collettiva. L’ autore, in questo suo primo volume, ricostruisce la storia del tabacco, dal ‘500 fino alla fine dell’800. Al novecento sarà dedicato un altro volume in fase di preparazione. Ripercorreremo la storia di questa pianta tanto odiata, quanto amata partendo dalla scoperta dell’America  fino alle sperimentazioni  avvenute nel Salento ed  all’’introduzione delle varietà orientali che ne hanno caratterizzato tanto la produzione. Conosciamo alcune delle varietà levantine del tabacco anche da pagine straordinarie come quella  dedicata allo Xanti Yaca di  Vittorio Bodini  :

l Al tempo dell'altra guerra contadini e contrabbandieri

si mettevano foglie di Xanti-Yaca

sotto le ascelle

per cadere ammalati.

Le febbri artificiali, la malaria presunta

Di cui tremavano e battevano i denti,

erano il loro giudizio

sui governi e la storia.

Appuntamento alle ore 19:00 presso Hostaria Amarcord in Piazza San Pietro con la presentazione del libro di Salvatore ColazzoI Tabacchi Orientali del Salento- Quattro storie e loro dintorni” Giorgiani Editore. Con l’autore  Salvatore Colazzo , dialogherà Antonio Mellone profondo conoscitore del Salento con le sue dinamiche, trasformazioni e tradizioni e Francesca Casaluci antropologa culturale. Introduce Andrea Panico di Note d’Arte.

Ci aiuteranno in questo viaggio anche foto,  libri dell’epoca, documenti e video in una collettiva di autori, che sarà possibile visionare all’interno dell’Hostaria Amarcord e che rimarranno a disposizione dal 25 al 30 giugno. Si ringraziano per i contributi e per aver aperto i loro archivi :  Ambrà Mongiò, Salvatore Colazzo, Franco Cudazzo, Pantaleo Musarò, Adalgisa Romano, Arts and Gallery, Alessandro Romano, Enzo Congedo, Rita Colazzo.

Ingresso gratuito

Salvatore Colazzo studia presso l’Università di Bologna , dove si laurea in Scienze Agrarie con tesi sui  Tabacchi Orientali Italiani. Dopo un periodo di perizie in una struttura del comparto tabacchi colo seguono anni di insegnamento in Emilia Romagna. Vicende familiari lo portano a rientrare nella sua terra dove attualmente opera nel settore delle piante officinali. “I Tabacchi Orientali del Salento- Quattro storie e loro dintorni” Giorgiani Editore vuole essere un tributo a una pianta, la sua terra e la sua gente. 

Emilia Frassanito

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/12/2013 @ 21:27:19, in NohaBlog, linkato 3292 volte)

In principio fu il re dei colori. Avvenne quando l’uomo primitivo perse il pelo e scoprì il fuoco. Poi scoprì l’arte e dipinse la sua caverna con il nero dei tizzoni e il rosso della terra. Da lì in poi divenne il colore per antonomasia. Fu scelto dagli incoronati e dagli stessi incoronanti. Col passare del tempo, divenne il colore di molti stemmi di città e di bandiere, del Corsaro Rosso e delle favole, dei garibaldini e delle toghe, degli abiti di vescovi e cardinali e degli addobbi natalizi, delle lotte degli operai e dei cortei della sinistra, per finire nel tifo sfegatato di molte maglie di serie A. Una simbologia contraddittoria, certo, ma a tutto c’è una ragione. Di sicuro il rosso è stato ed è ancora la tinta per eccellenza. Con l’aumentare del prestigio del rosso, soprattutto porpora, nacque una vera e propria malattia, la porporomania. Insomma il rosso con il tempo è divenuto una specie di status symbol, e quindi esclusiva di porporati e potenti. Solo con l’avvento delle rivoluzioni liberiste è passato in uso anche nelle categorie sociali più modeste. E quindi noi nohani, il colore rosso ce lo portiamo dentro ovunque si vada perché è legato all’immagine della nostra terra e alla bellezza della natura che essa stessa genera con i suoi colori e frutti. Terra che ha dato da vivere per secoli a tante famiglie e che invece da qualche tempo stiamo maltrattando ricoprendola di pattume, spacciato a volte per tecnologico, da piattaforme di cemento e da nastri chilometrici di bitume. Nel lasso di tempo di pochissime generazioni abbiamo sepolto più terra che miliardi di uomini in migliaia anni. Fino a poco tempo addietro (i nohani della mia generazione ne sono testimoni), le cappelle di S. Antonio, della Madonna di Costantinopoli e del Buon Consiglio, segnavano il limite dell’area urbanizzata di Noha. Superandole si era in aperta campagna. Il che voleva dire estensione di verde e terra rossa, tracciati di carrarecce e profumi di fiori. Oggi quel limite non esiste più. E’ fuso in egual modo ai medesimi dei paesi limitrofi. Un unicum indefinito di case, strade e mega-porcate di vario genere. Così mentre obbediamo all’incitazione del progresso, la terra si ammala, e noi dietro ad essa. In compenso i nostri figli continuano ad emigrare per cercare altrove ciò che potremmo avere in casa. Un’altra storia questa, ma sempre tinta di rosso, rosso- rabbia. Gli unici beni che ci restano e che per fortuna non possono essere de localizzati, come si usa fare di questi tempi con il lavoro, sono appunto la terra e i nostri beni culturali.

Come le emissioni di gas nocivi devono essere ridotte oggi e non domani, così anche la copertura eccessiva della terra deve essere fermata oggi e non quando il suo recupero sarà irreversibile. Se non decidiamo al più presto che il trend di avanzamento di questa tragedia deve finire, ci vuol poco a immaginare quale rosso vedranno i nostri nipoti guardandosi intorno. Non certo il rosso di vergogna che dovrebbe bruciare sulle facce degli attuali responsabili di questa tragedia, che siamo noi tutti, nessuno escluso, bensì il rosso della loro (dei nostri nipoti) stessa collera per aver ereditato (non certo meritato) un disastro senza pari.

Forse l’unica memoria prestigiosa del rosso che resterà, anche se sbiadito (perché a quanto pare non frega niente a nessuno, politici compresi), è quello della torre dell’orologio, dei sotterranei del castello adiacenti all’ipogeo, della casa rossa, dell’ex cinema dei fiori, degli affreschi nascosti sotto la calce delle colonne della chiesa matrice realizzati da Cosimo Presta, pittore nonché stuccatore della chiesa madre e di una prestigiosa casa privata di Noha, di ciò che resta delle casette che forse qualcuno aspetta che vadano in frantumi per costruirci al loro posto due piani di appartamenti. Forse possono essere salvati solo più da un miracolo del nostro San Michele Arcangelo, come avvenne nella notte del 20 Marzo del 1740, evento miracoloso riportato nel libro della storia di Noha (“Noha, storia, arte e leggenda” di P. Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone, Milano, Infolito Group Editore, 2006), allorquando il nostro San Michele fermò l’uragano con un semplice cenno del suo mantello rosso.

Ecco, questo è quanto chiedo come regalo per il Natale in arrivo: la salvezza dei nostri unici beni culturali che, ahimè, gridano vendetta, compresa la terra che ancora si oppone alle colate delle nostre mega-porcate.
E perché no, aggiungo anche la preghiera per una valanga di rosso che si riversi sulle facce di certi pseudo-elargitori di politica, che hanno perso il pelo, sì, ma non il vizio di fingersi sordi, accecati come sono dall’ignoranza, dagli imbrogli e dalla mancanza di rispetto per Dio. Barcollanti senza mèta, se non la fame di una banale onnipotenza.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 04/03/2014 @ 21:26:32, in Comunicato Stampa, linkato 3415 volte)

Venerdì 7 marzo, alle ore 19:00 nella sala del Cinema Teatro  Tartaro di Galatina, si inaugura IDENTITA’ IN DIALOGO #PATRIASENZAPADRI, rassegna culturale della Città di Galatina, con il patrocinio della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo Cultura e Turismo, Apulia Film Commission e Lecce 2019, in collaborazione con gli Istituti Superiori di Galatina, le Associazioni Intervalla Insaniae e Inondazioni e con il coordinamento del Servizio Cultura e Comunicazione del Comune.

Ospiti di questo primo incontro Antonella Gaeta, Presidente di Apulia Film Commission e Francesco Miccichè, regista del documentario Lino Miccichè, mio padre. Una visione del mondo.

Con il grande Lino Miccichè, intellettuale italiano, che fu critico e storico del cinema, editorialista ed organizzatore di eventi culturali, Gaeta intratterrà un dialogo ideale su “Il Cinema: prospettiva di lettura e di cambiamento del nostro Paese”, attraverso la voce del figlio, conosciuto dal grande pubblico per aver diretto numerose serie televisive e documentari pluripremiati.

L’iniziativa, che proseguirà con altri due importanti appuntamenti, si svolge nell’ambito del progetto Identità in dialogo-Prospettive Meridiane, giunto alla III edizione, promosso dall’Amministrazione del Sindaco Montagna, a cura dell’Assessorato alle Politiche Culturali diretto da Daniela Vantaggiato, su tematiche di carattere storico-filosofico, politico-sociale e antropologico con particolare attenzione alle prospettive del territorio.

L’obiettivo è aprire il dibattito sul ruolo sociale del padre nel passaggio generazionale, del padre portatore della storia e della cultura, elementi fondanti  della struttura dei figli, e contestualmente sviluppare l’interesse, la conoscenza e la comunicazione sui Padri della Città di Galatina.

Per questo sono state invitate ad intervenire  personalità di spicco che offriranno dal proprio osservatorio spunti sulla visione del mondo che transita da padre in figlio.

Successivamente, nelle specifiche attività di ricerca per la divulgazione della biografia e dell’ opera dei Padri Galatinesi saranno in particolare coinvolti gli Istituti Scolastici e le Associazioni che ne portano il nome.

Si registra già in questa prima fase del progetto la partecipazione attiva di docenti, genitori e studenti che, sensibilizzati dai dirigenti d’istituto, presenteranno le loro performance in tutti gli incontri in programma.

Mio padre aveva chiaramente in testa una ‘visione del mondo ’ che ha tentato di migliorare proprio in virtù di quel suo punto di vista. Le domande poste dalla sua generazione, in fondo, non sono molto diverse dalle nostre. La questione è che le loro risposte, per quanto molto chiare, alla fine, non sono state sufficienti a cambiarlo. E le nostre?

Su questo punto di domanda posto da Francesco Miccichè si apriranno momenti di riflessione con i giovani nella diversità di linguaggi, tra immagini, parole e musica.

Nell’occasione al regista verrà consegnata la  targa ricordo del Premio Marcello Romano per il Cinema-Città di Galatina-2014. Il Premio, istituito nel 2009  dal Comune in partenariato con l’ex Istituto d’Arte  ora Liceo Artistico Statale “P. Colonna”, è dedicato alla memoria del galatinese Marcello Romano, cultore di cinematografia, il quale fin da giovane nutrì grande passione per il cinema, approfondendo in particolare lo studio del cinema d’autore. 

Lunedì, 17 marzo alle ore 19:00, nella sala del Tartaro, ospite della rassegna sarà Massimo Ciancimino, autore di “Don Vito”, racconto di una vicenda umana dove il rapporto difficile con il padre padrone si intreccia con oltre  trent’anni di storia italiana vissuta dall’interno.

Il libro, scritto insieme al giornalista Francesco La Licata, già autore di libri su mafia e politica, è uscito nell'aprile 2010 e ha fatto molto discutere, suscitando anche le attenzioni delle Procure di Palermo e Caltanissetta che ne hanno acquisito copia nelle inchieste sulla presunta trattativa.

Molteplici le critiche associate al nome dell’ultimogenito dell’ex Sindaco di Palermo che ha accettato di venire a Galatina per testimoniare  la propria esperienza di figlio su un modello di padre stigmatizzato dalla famiglia e dalla comunità.

Un incontro che si presenta carico di interesse anche per la  conduzione affidata alla giornalista e scrittrice tedesca Petra Reski. Conosciuta e apprezzata per il suo lavoro giornalistico iniziato per la rivista Stern, deve la sua notorietà nel nostro Paese per la sua produzione letteraria “di denuncia” sulla criminalità organizzata.

La prima parte del progetto si concluderà sabato 22 marzo alle ore 19:00 a Palazzo della Cultura nella sala “C.Contaldo” in occasione della prima presentazione di “Luigi Mariano: la materia e il colore” a cura di Paolo Maria Mariano e di Giovanna Rotondi Terminiello. Il volume è un omaggio della Città alla figura dell’artista galatinese che nel  viaggiare con le sue opere per l’Italia in un percorso sempre più ricco,tra realtà e visione, approda all’originalità assoluta delle sue xilopitture. Le belle immagini, che arricchiscono la pubblicazione, esprimono le scelte di vita che hanno accompagnato il maestro che rivive nella ricostruzione del figlio Paolo Maria, docente universitario, degno erede di scienza arte e cultura, e dei ricordi di Giovanna Rotondi Terminiello, emerito Soprintendente dei Beni Artistici e Storici della Liguria, del sodalizio urbinate del nostro con il padre professor Pasquale Rotondi, storico dell’arte al quale l’Italia deve la salvezza durante la guerra di incommensurabili capolavori artistici.

Con queste premesse, illuminanti sono le riflessioni del grande psicanalista Massimo Recalcati contenute nel libro-intervista “Patria senza Padri” sugli errori del mito dell’autogenerazione che permea la civiltà ipermoderna, dell’essere genitori di se stessi, nella convinzione che non ci può essere autentico cambiamento se non attraverso la conoscenza delle generazioni che ci hanno preceduto.

Un impegno che l’ Amministrazione Comunale di Galatina assume per un’azione efficace volta a offrire prospettive per il nostro territorio chiamando tutti ad esprimere la propria visione. 

(comunicato del Servizio Cultura e Comunicazione Città di Galatina)

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 10/04/2018 @ 21:24:44, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1490 volte)

La storia non fa salti. Con il vescovo Orazio Fortunato varchiamo la soglia del 1700, e iniziamo, grazie anche ai registri redatti e conservati con più rigore, ad avere notizie più dettagliate circa la chiesa particolare di Nardò e quindi anche di Noha. Una curiosità: come si evince dalle immagini, tutti (o quasi tutti) i Vescovi del tempo erano muniti di baffi, barba, ovvero, come nel caso del Vescovo Fortunato, di pizzetto.

La redazione  

ORAZIO FORTUNATO (1635 – 1707)

 

Vescovo di Nardò dal 10 gennaio 1678 al 23 luglio 1707

Dal 1678 al 1707 i Pontefici furono:

                        Innocenzo XI (1611-1689)                           Papa dal 1676 al 1689

                        Alessandro VIII (1610-1691)                       Papa dal 1689 al 1691

                        Innocenzo XII (1615-1700)                         Papa dal 1691 al 1700

                        Clemente XI (1649-1721)                           Papa dal 1700 al 1721

 

            Arciprete di Noha:

            Don Ant. Donato Palamà (1625-1689),         parroco dal 1650 al 1689

            Don Nicolantonio Soli (1662-1727),               parroco dal 1689 al 1727

 

            Orazio Fortunato nacque in Sant’Arcangelo di Lucania il 18 gennaio 1634.

            Il 6 dicembre 1666 Alessandro VII (il nostro Fabio Chigi) lo nominò protonotario apostolico. Il 6 ottobre 1670, a 36 anni,  fu eletto Vescovo di San Severo (Fg) da Clemente X, papa dal 1670 al 1676. Dopo circa otto anni, il 10 gennaio 1678 fu trasferito alla diocesi di Nardò da Innocenzo XI.

            Era una persona dotta, padre dei poveri, amante della giustizia, e oratore sacro di grande fama.

            Lo stesso anno in cui venne a Nardò, diede inizio alla visita pastorale della diocesi, della quale ci ha tramandato un’ampia relazione. Nel 1680, terminata la visita pastorale, nei giorni 9, 10 e 11 giugno, celebrò il primo sinodo diocesano, le cui costituzioni sono pervenute integre sino a noi.

            Il 7 luglio 1688 morì il Sac. Domizio Zuccaro, che lasciò a disposizione del Vescovo la somma di 619 ducati e grana 28. Orazio Fortunato, grato alla Provvidenza per quella offerta, la assegnò a favore del seminario e precisamente per aumentare il numero degli insegnanti e aprire nuove scuole a vantaggio dei giovani che accorrevano da più parti, desiderosi di una guida sicura nell’istruzione, nella pietà e nella formazione sociale e religiosa. Mentre attendeva ad opere di bene e di apostolato in diocesi  Innocenzo XII, che ne conosceva bene le capacità, la rettitudine e le rare virtù, lo chiamò a Roma per un incarico di curia. Egli però, dopo aver assolto tale incarico per qualche anno con somma saggezza ed incorrotta fama, vi rinunziò. Grande fu il dispiacere della curia romana, ed il Pontefice acconsentì a malincuore che facesse ritorno tra i suoi fedeli di Nardò.

            Il 26 dicembre 1690 celebrò il secondo sinodo diocesano, nel quale integrò quanto aveva stabilito nel primo. Le costituzioni sono tuttora conservate in archivio.

            Diede grande incremento al seminario diocesano: ne accrebbe le rendite, ne ampliò la costruzione, aggiungendo nuovi locali, lo rese più bello e più accogliente e, sopratutto ne affidò l’insegnamento a dotti e valenti insegnanti. Sotto la loro guida si formarono buoni e saggi sacerdoti, alcuni dei quali raggiunsero la dignità episcopale. Il seminario acquistò vasta fama, tanto che vennero a studiarvi non pochi giovani provenienti da altre diocesi e perfino da altre regioni. Egli stesso negli atti del secondo sinodo diocesano del 1690 aveva lasciò scritto: il seminario, che a lungo fu desiderato in questa diocesi, ebbe un’esigua origine dall’ Ill.mo vescovo Brancaccio, nostro predecessore, da noi poi, o piuttosto da Dio, ricevette splendore negli edifici, qualche incremento nelle rendite, ma non tale da non avere ancora troppa indigenza, che anzi, di giorno in giorno (cosa che noi sopportiamo mal volentieri) per la durezza e contumacia dei convittori nel corrispondere la retta, verte in maggiore bisogno.

            Per dare stabilità all’economia del seminario proibì al rettore di ricevere convittori che non avessero versato anticipatamente un semestre della retta, che stabilì in 36 ducati l’anno per i diocesani e 40 per gli extra-diocesani.

            Nel 1696 celebrò il terzo sinodo diocesano, le cui costituzioni si conservano in archivio.

            Dal 1682 al 1706 compì, per la seconda volta, la visita della diocesi, della quale ci ha tramandato un’ampia relazione. Nell’archivio di Nardò si conservano gli atti dei sinodi diocesani del 1680, 1690 e 1696 e gli atti delle visite pastorali del 1678 e del 1706.

            Ebbe come collaboratore il vicario generale don Carlo Cioccolo di Sant’Arcangelo della  Lucania, dottore in diritto e protonotario apostolico.

            Il Fortunato si spense santamente a Nardò il 23 luglio 1707, all’età di 73 anni, sei mesi e sei giorni, dopo oltre 36 anni di episcopato, di cui circa 29 in Nardò.

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            Nei i primi dieci anni di servizio pastorale di Orazio Fortunato, l’arciprete di Noha era ancora don Antonio Donato Palamà che sicuramente accolse il Presule per la visita pastorale del 1678 e partecipò al Sinodo diocesano del 1680.

            Inizia in questo tempo il lungo periodo dell’arcipretura di don Nicolantonio Soli, dal 1689  al 1727. Fu il Vescovo Orazio Fortunato ad affidargli l’incarico per la chiesa di Noha. Don Nicolantonio Soli fu il primo parroco che compilò i registri parrocchiali secondo le indicazioni del Concilio di Trento, e lui stesso sulla prima pagina del registro dei morti scrisse:

 

J.M.J.

libro nel quale si scrivono li Morti secondo il Rituale Romano, fatto da me Don Nicol'Antonio Suli di Sugliano, Arciprete di Nohe, fatto àdì p.mo Xbre 1689 nell'istesso giorno che mi fu dato il possesso in detta Chiesa di Nohe sotto il titolo di  S. Michele Arcangelo da Don Alfonzo Vernichio, Mastro d'Atti nella Curia del Vescovado di Nardò con ordine del Rev.mo Abbate D. Carlo Cioccolo, degnissimo Vicario Generale di Nardò sotto la prelatura dell'Ill.mo e Rev.mo D. Orazio Fortunato, Vescovo degnissimo della Città di Nardò.

Laus Deo, Beate Marie Virgini

et Divo Michaeli Archangelo.

 

            Don Nicol’Antonio fu Arciprete per 38 anni, dal primo dicembre 1689 all’11 dicembre 1727, data della sua morte. Siccome sappiamo per certo che questo arciprete è morto all’età di “anni 65 in circa”, possiamo dire che era nato a Noha verso il 1621 da genitori di Sogliano ma residenti a Noha. Per questo motivo lui si considera di Sogliano.

            Non è sbagliato pensare che si sia formato nel Seminario di Nardò. All'età di 27-28 anni, forse già Sacerdote da un paio d’anni, divenne Arciprete di Noha. E' il primo parroco che con diligenza cura i registri parrocchiali resi obbligatori dal Concilio di Trento (1534-1563). I Registri da lui compilati sono redatti con scrittura lineare e chiara e sono per noi fonte di preziose notizie.

            Ai tempi di Don Nicola Antonio Soli la chiesa era di dimensioni molto più piccole dell'attuale: era quella che don Stefano Sergio aveva rifatto dalle fondamenta. Era larga metri 6,25 e lunga metri 12,50 dalla Porta Maggiore al Presbiterio. Don Nicola Antonio la arricchì di un nuovo Coro nel 1706: lungo m.5,25 e largo m.3,75. Nel 1705 sostituì la lapide che era sopra la porta che conduceva alle tombe con un’altra in latino che traduciamo così:

 

“Qui giacciono ossa aride;

udranno la Parola di Dio. A.D. 1705”.

 

          Nel 1723 fece costruire il nuovo Altare Maggiore a spese proprie e con le offerte della gente. Fu questo arciprete che fece fare l’altare e la relativa pala della Madonna di Costantinopoli (1717) come quella di S. Vito (1721) e anche quella delle Anime Sante del Purgatorio (1725) oggi non più esistente. E penso che anche l’organo a canne che si trovava sopra il presbiterio (rimosso nel 1969-70) fosse di questo periodo. Le foto di quell’organo che ancora si possono trovare, mettono ben in evidenza lo stemma dell’antico Comune di Noha, posto in alto sulla parte centrale dell’organo.

            Certamente partecipò al Sinodo diocesano del 1696 e accolse il Vescovo nella visita pastorale del 17 maggio 1694 e quella del 1706.

            In questo periodo si annoverano diversi sacerdoti nativi di Noha. Oltre al parroco ci sono don Giovanni Turre (1682-1726) e don Nicolò Paglialonga (1685-1737) entrambi viceparroci. C’è inoltre don Francesco Donno (1680-1764), che fu poi arciprete di Tuglie; e c’è anche un seminarista nel seminario di Nardò, Andrea Soli (1695-1754) nipote del parroco, che diventerà poi arciprete di Tuglie e successivamente di Noha succedendo allo zio don Nicolantonio.

            Se volessimo confrontare il clero e l’arciprete di questo periodo con quelli che abbiamo trovato verso la metà del 1500 possiamo dire che la parrocchia di Noha in questi anni riprende vigore e prosperità.

 

[continua]

P. Francesco D’Acquarica 

 

Alcune immagini a corredo di questi scritti sono estrapolate dal bel volume di Mario Mennonna, “Nardò e Gallipoli – Storia delle diocesi in oltre seicento anni (1387 – 2013), Congedo Editore, Galatina, 2014

 
Di Redazione (del 12/02/2014 @ 21:23:35, in Comunicato Stampa, linkato 2502 volte)

Continua a Galatina, il ciclo di incontri di approfondimento sui diversi aspetti storici, culturali ed artistici della Basilica di Santa Caterina d'Alessandria.

 “MARIA D’ENGHIEN: Contessa, Regina, Committente”, questo il titolo del secondo incontro che si terrà, venerdì 14 febbraio alle ore 18.30, presso la Sala di Cultura Francescana, con l’intervento del Dr. Mario Cazzato, Architetto e Storiografo salentino, nonché Autore di numerose pubblicazioni, in particolare quelle sulla Basilica di Santa Caterina e sulla Famiglia degli Orsini del Balzo; presenta la Dott.ssa Angela Beccarisi, Storica dell’Arte.

Contessa, Principessa, Regina, Guerriera, Mecenate, Amministratrice, Maria d’Enghien rappresenta, tra le donne dell’Italia meridionale di fine Trecento, prima metà del Quattrocento, una donna di governo, esperta nell’arte della politica e della diplomazia, in definitiva un modello femminile di straordinaria attualità.

L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la libreria Fiordilibro, l’Associazione Culturale Il Mandorlo e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo nel complesso iter, necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.

Sala della Cultura Francescana, piazzetta Orsini – info 3396845616

 
Di Antonio Mellone (del 09/09/2013 @ 21:23:27, in CDR, linkato 3498 volte)

Caro Tonino Baldari,

se provi a chiedere in giro ai galatinesi cos’è il CSS (e prima ancora il CDR), se non tutti, molti non te lo sapranno dire, perché molti galatinesi, se non tutti, non lo sanno. Non sanno nulla, anche se spesso lasciano ad intendere di saper tutto.
 
E soprattutto i galatinesi non sapranno fare il collegamento tra questa roba e la Colacem (che con l’utilizzo del CSS di fatto si trasformerebbe, se non già fatto, in un inceneritore di rifiuti).
 
Non sanno che il CSS può essere ridotto in cenere e fumi ad un fischio dal loro naso e dal loro sistema broncopolmonare, e che questo provoca malattie, e che le malattie succedono ancora, e che non capitano sempre agli altri.
 
Spesso ti chiedi perché i galatinesi non reagiscano. La risposta è lapalissiana, scontata, banale: è pressoché impossibile difendersi da qualcosa che non si conosce.
 
Ci dicono che con il CSS la Colacem diventerà più competitiva e sbaraglierà la concorrenza del mercato globale. Ce la vendono così. La competitività in cambio della vita di un intero territorio. Che poi, mutatis mutandis, è anche quello che è avvenuto e che continua ad avvenire senza requie a Taranto, con l’Ilva che sputa veleno da tutti i suoi camini. O la borsa o la vita, dunque, come nelle rapine a mano armata.
Io vorrei che, se non tutti, in tanti capissero una buona volta che sovente le catene chimico-fisiche prendono forme umane. Sì, è proprio così, purtroppo: cromo e titanio sono giovani dai capelli rasati e senza più le sopracciglia a causa della chemio; zolfo, uranio e monossido di carbonio sono bambini con asma bronchiale e problemi cardiocircolatori; carbonio e benzo(a)pirene sono donne che all’improvviso scoppiano a piangere: “Com’è possibile, dottore? Ho sempre fatto una vita sana”
E’ come se piccole mani assassine si poggiassero su di noi, ci toccassero scegliendo con oculatezza per ciascuno di noi una parte del corpo: polmoni, testa, ovaie, pelle, gola, fegato, pancreas. Per poi divorarla, lentamente o in un sol boccone.
Caro Tonino, dobbiamo convincerci che non serve, o non serve più, far battaglie contro i singoli inquinanti, la diossina, il berillio, il benzo(a)pirene, per citarne alcuni, quando non abbiamo idea di quali malattie possa provocare il mix di tutti questi elementi, sull’uomo e sugli animali.
E’ la combinazione degli elementi, infatti, a diventare tossica. Sicché diventano inutili i tetti di legge per i singoli composti inquinanti e le conseguenti cosiddette rilevazioni dell’Arpa Puglia (che ti ha pure gentilmente risposto, ma che, chissà perché, non riesce a convincermi). Secondo me ci stanno ingannando in quanto ci sono i limiti ai singoli elementi ma non c’è un limite di legge globale. Il nemico allora non è un elemento singolo, ma la miscela di tutta questa schifezza.  
Qui in tanti cercano di aggirarti (e qualcuno cerca pure di prenderti in giro, di commiserarti, con il ghigno tipico delle mezze calzette mafiose e sfigate) chiedendoti le prove dei legami tra i fumi degli altiforni ed i danni provocati sugli esseri viventi. E tu ti affanni a registrare video, a correre di qua e di là, a postare comunicati attraverso la tua pagina facebook, ad inviare e-mail anche ai siti (che puntualmente non ti pubblicano), a girare come una trottola, ad urlare la tua rabbia nel deserto dell’ignavia galatinese.
E poi ci sono gli ineffabili “giornalisti” vavatinesi, quelli per forza di cose con le virgolette, i reporter  a libro paga, e quelli con un conflitto di interessi grande quanto un altoforno, i quali o ti ignorano oppure, scodinzolanti e pronti a riportare la voce del padrone, ti fanno: “Basta con questi allarmismi, fuori i dati, signor Baldari, fuori le correlazioni, i riscontri, le analisi, i numeri” (come se queste cose fossero a carico del cittadino qualunque, o come se questi dati fossero pubblici e incontrovertibili). E poi, non paghi del loro tronfio “argomentare”  aggiungono che fai battaglie ideologiche, e che tu insieme ai tuoi amici ecologisti siete contrari al progresso a prescindere.
Eppure, caro Tonino, le prove sono sotto gli occhi di tutti. Ma nessuno le vede. E tutti sappiamo che da quei camini non esce acqua di colonia, ma gas e fumi in grado di modificare il DNA e provocare errori genetici.
Ecco, caro Tonino, quanti mali cagiona questo fumo. Ma tu con le tue battaglie stai dimostrando – se ce ne fosse ancora il bisogno - che il fumo peggiore, quello più disastroso, è il fumo sulla verità.

Buona resistenza, compagno di lotte Tonino Baldari

Antonio Mellone

p.s. Hai visto, Tonino? Non riesco a terminare un articolo che subito questa amministrazione degna del peggior Attila, per non perder tempo, dà il via al mega-porco. E per via purtroppo stavolta non s’intende una Valutazione d’Impatto Ambientale.
 

manifesto-festa-cittadina-lettori-galatinaPagine strappate, immaginate, salvate… … pagine di scuola” è questo il tema dell’edizione 2014 de La Festa dei Lettori Cittadina, promossa dalla Biblioteca Giona – Presìdio del libro di Noha e Galatina, in collaborazione con la Biblioteca “P. Siciliani” e l’Assessorato alla Cultura. Giovedì 30 ottobre, fin dal mattino il Palazzo della Cultura di Galatina farà da cornice a quello che anno per anno sta diventando un appuntamento formativo d’eccezione per piccoli e grandi lettori.

Il tavolo degli origami, il tavolo per la costruzione di pagine, il tavolo “Dalle parole alle immagini”, l’angolo dedicato alla lettura per i piccoli, lo spazio per le scritture sul muro. Queste alcuni dei laboratori per l’occasione. Ed ancora la web radio di Inondazioni.it per una narrazione in tempo reale dell’evento, l’angolo dedicato alla musica e alle letture, gestito da Raffaello Murrone, la Sala Contaldo per le videolettere.
Molto particolare sarà la presentazione del libro d’arte “Multiversi di carta”, costituito da fogli, piegati, strappati, scritti, disegnati in questo periodo e nel giorno stesso dell’evento. Un libro dedicato all’incontro, ai tanti universi personali e istituzionali – tutti di pari dignità- che chiedono di essere ascoltati.

Roberto-cotroneoNel pomeriggio, invece, ci si sposta presso il Cine Teatro Tartaro dove alle ore 18.00 sarà presentato ”Il sogno di scrivere”. Perché lo abbiamo tutti perché è giusto realizzarlo” il libro del giornalista, scrittore e critico letterario Roberto Cotroneo. Modera l’incontro la prof.ssa Daniela Vantaggiato. Diretta web su Inondazioni.it

L’iniziativa rientra nel circuito “La Festa dei lettori” nata nel 2004 con l'intento di "festeggiare" la lettura ed i lettori, portando i libri allo scoperto, nelle piazze e per le strade, nei ristoranti e nei bar, tra le vetrine dei negozi, nei palazzi storici, nei giardini pubblici, nei castelli e nei porti. Gli incontri con gli autori, le letture pubbliche, i giochi per i più piccoli e le tante altre festose iniziative promosse dai presìdi su tutto il territorio nazionale, hanno visto partecipare le scuole (sempre più numerose attraverso la collaborazione dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia e di quelli delle altre regioni in cui operano i presìdi), le biblioteche, tante realtà che già operano per la promozione del libro e della lettura ed un pubblico di bambini, ragazzi e adulti, lettori e non lettori.

fonte:g2000.it

 

Sabato 21 maggio, nell'ambito del Maggio dei Libri 2016, presso la Biblioteca Comunale Pietro Siciliani di Galatina, il Prof. Maurizio Nocera ricorda l'Aldus (Associazione internazionale di bibliofilia) presieduta da Umberto Eco.

Una mostra – conferenza per ricordare la frequentazione.

L’amore per la scrittura e la passione per i libri, il filo che unisce i bibliofili dell'Aldus, affezionati alla “buona stampa”, all’arte tipografica che dal tedesco Johannes Gutenberg inventore nel 1455 della tecnica dei caratteri mobili giunge fino a Alberto Tallone tipografo, editore e artista che fondò la sua casa editrice nel 1938 a Parigi, per trasferirla successivamente a Alpignano, in provincia di Torino.

“La bellezza di un libro deriva dalla bellezza dell'opera scritta, dalla bellezza della tipografia, della tiratura, della carta” così recita una massima dello scrittore, poeta e saggista francese Charles Peguy… Una massima che certo trova in Maurizio Nocera e in Umberto Eco due convinti sodali.

Info:

clubunescogalatina@gmail.com

3483415616 / 3482746393

 
Di Redazione (del 09/01/2015 @ 21:20:35, in Presepe Vivente, linkato 4757 volte)

Ecco a voi il tema sul presepe vivente di Noha svolto dal piccolo Alessio Toraldo della terza classe della scuola elementare di Lequile.

Il Presepe di Noha
(di Alessio Toraldo)
 
La sera di Natale, io con la mia famiglia e dei nostri amici, siamo andati al Presepe vivente di Noha. Appena entrati, abbiamo visitato delle case antiche, e in ognuna c'erano dei personaggi che facevano rivivere i vecchi mestieri.
In una di queste case ho assaggiato il vino e il formaggio di Noha. All'uscita, abbiamo incontrato l'ex-direttore di mia mamma, che era la voce narrante del Presepe. Infatti, faceva interviste ai partecipanti e raccontava delle storie, che venivano sentite in tutto il centro storico grazie alla filodiffusione.
Lui all'inizio ci ha fatto notare le casicegge [sic], casette piccoline che si trovavano sulla terrazza di una casa antica di Noha e che formavano il villaggio di Novella, dove tanti anni fa abitavano gli gnomi. Poi ci ha accompagnati a vedere la natività in una casa molto strana, costruita nella roccia, chiamata "casa rossa".
Infine siamo passati da un giardino molto grande dove c'erano tanti animali come asini, cavalli, galline, anatre e dolci agnellini.
Il direttore ci ha dato anche un libro scritto da lui, che parla della storia di Noha.
 
Di Redazione (del 05/06/2017 @ 21:18:55, in Comunicato Stampa, linkato 1684 volte)

Martedì 6 giugno, ore 10, presso la Biblioteca comunale “P. Siciliani” di Galatina i volontari del Servizio Civile – progetto In Reading – in collaborazione con la società Libermedia organizzano la presentazione/spettacolo del nuovo romanzo dell’attore, regista e scrittore galatinese Fausto Romano “Anche i pesci hanno il mal di mare”.
Nello spettacolo/presentazione Romano – che si allontana ancora una volta dalle classiche presentazioni di libri – scherza, canta, parlando di questo “nuovo fenomeno sociale” che dice di aver scoperto: «L’hanno chiamato AMOR! E lo vogliono tenere nascosto perché fa paura, è pericoloso… è una sorta di virus, ti prende la tremarella, sudi, balbetti, non capisci più niente…»
Il romanzo, edito da Alter Ego, è infatti un racconto semiserio di un delirio passionale che vede come protagonista Bruno, scrittore squattrinato di ventisei anni, alle prese con una delusione d’amore; Gioia lo ha lasciato perché per lei era “troppo”. Per aiutarlo a superare questo trauma arrivano i consigli di un ventilatore cinico e misogino, e gli amici Max e Daniele che trascinano Bruno in feste anni Venti, sbornie, incontri con escort, gite fuori porta… Tutto questo in una Roma torrida che fa da scenario a quello che è il fatidico, ma indispensabile, passaggio da un’ultima adolescenza all’età matura.

SINOSSI

Ma i pesci possono avere il mal di mare? Razionalmente no, certo. Ma se soffrissero di mal d’amore? Allora sì, tutto è possibile quando la ragione si scontra con il sentimento. A Bruno, scrittore squattrinato di ventisei anni, accade proprio questo: Gioia l’ha lasciato perché per lei era “troppo” e ora lui non riesce a togliersela dalla testa. In suo soccorso arrivano i consigli di un ventilatore cinico e misogino e degli amici Max e Daniele che trascinano Bruno in feste anni venti, sbornie, incontri con escort, lavori saltuari, gite fuori porta… Tutto questo in una Roma torrida che fa da scenario a quello che è il fatidico, ma indispensabile, passaggio da un’ultima adolescenza all’età matura.

Racconto semiserio di un delirio passionale, questo di Fausto Romano è un libro ironico, dolce e intelligente, da leggere tutto d’un fiato, per divertirsi e riflettere tra le righe. Una storia per chi, almeno una volta nella vita, non ha sofferto di mal d’amore. O di mal di mare

 

 FAUSTO ROMANO, (Galatina, 1988) si diploma in recitazione presso l'Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” a Roma. Nel novembre 2011 è vincitore del “Premio SIAE” con lo spettacolo “Andare a Teatro” di K.Valentine e premiato a Roma da Andrea Camilleri. È protagonista della trasmissione Rai “Guardami” sui nuovi talenti italiani, e collabora col regista Emanuele Crialese. In teatro, lavora nelle commedie “Rumori fuori scena” e “La pulce nell’orecchio” e nel musicall sul tenore Tito Schipa. È autore di diverse sceneggiature e di due romanzi: “Grazie per aver viaggiato con noi” (Lupo Editore) e "Anche i pesci hanno il mal di mare" (Alter Ego Edizioni).

Scrive, dirige e interpreta il cortometraggio “CRATTA – coprodotto da Apulia Film Commission – e vincitore di numerosi premi, tra cui il Premio Fellini e il Premio Dino De Laurentiis.

È vincitore del bando MigrArti del MiBact con il cortometraggio “La Giraffa senza gamba” da lui scritto e diretto.

 
Di Redazione (del 16/05/2017 @ 21:17:38, in Comunicato Stampa, linkato 1652 volte)

I libri sbocciano in maggio perché se in questo mese la natura si risveglia, lo stesso capita alla voglia di leggere”.

È questo lo spirito de “Il Maggio dei libri”, campagna nazionale ideata dal Centro per il libro e la Lettura (CEPELL) con l’obiettivo di sottolineare il valore sociale della lettura.

Per tale occasione, i volontari del Servizio Civile Nazionale – progetto “In Reading 2015” – affiancheranno i bibliotecari durante le letture di storie e racconti dei più importanti e significativi scrittori per l’infanzia; seguirà un laboratorio ludico-artistico che si svolgerà ogni venerdì c.m. dalle ore 15.30 alle ore 17.00.

Venerdì 19 maggio alle ore 19.00 la Biblioteca comunale “P. Siciliani” di Galatina in collaborazione con la società “Libermedia”, il Centro Ecumenico “Oikos” e i volontari del progetto, inaugureranno una mostra di libri antichi e moderni dal titolo “La riforma protestante 500 anni dopo”. La mostra sarà introdotta dalla dott.ssa Rossella Schirone, docente di teologia pugliese dell’ISSR di Lecce.

Giovedì 25 maggio alle ore 10 presso la Biblioteca comunale l’autrice Ilaria Ferramosca e l’illustratore Mauro Gulma presenteranno la giornata “La riscossa delle Graphic Novel” con la lettura di alcuni fumetti agli alunni delle classi seconde degli Istituti Secondari di II grado di Galatina, IISS “Falcone e Borsellino” e Liceo Artistico “P. Colonna”.

Durante l’incontro i volontari dei quattro progetti del Servizio Civile Nazionale (In Reading 2015, Agones 2015, Monitor 4015, YouthGalatina 2015) attivi sul territorio di Galatina terranno un banchetto informativo sulle attività svolte. 

Inoltre continuano le attività di promozione alla lettura con i volontari del Servizio Civile Nazionale attraverso visite guidate in Biblioteca, presso gli istituti scolastici e con laboratori di lettura animata nel reparto pediatrico dell’ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina.

 Servizio Civile Nazionale

 
Di Antonio Mellone (del 02/02/2015 @ 21:17:13, in NohaBlog, linkato 3323 volte)

Avete avuto modo di dare una lettura al campionario di “controdeduzioni” stilate dall’avv. Daniela Sindaco? Quelle in risposta alla denuncia della dirigente scolastica, dott.ssa Eleonora Longo, e pubblicate anche su questo sito.

Mi riferisco alle sette cartelle (cliniche) inviate al primo cittadino del comune di Galatina, nonché ai consiglieri comunali e a tutti gli organi di stampa. Si tratta di pagine di deliziosa letteratura spedite urbi et orbi (soprattutto orbi) in cui si sviluppa il tema delle due sedie della discordia [il che mi riporta alla mente - chissà poi perché - il famoso “pomo della discordia” che diede il via alla guerra di Troia, ndr].

Io, da quell’ingenuo che sono, pensavo che il sindaco Montagna alla lettura della missiva vergata dalla sua compagna di partito saltasse sulla sedia revocandole, così, su due piedi, la famosa delega sindacale. Questo non tanto per la vexata quaestio, i toni utilizzati, l’iter non proprio ortodosso per la “soluzione” dei problemi di arredo scolastico, quanto per il mancato rispetto delle più elementari regole della lingua italiana. Evidentemente, come diceva quel tale, c’è chi non sa scrivere, ma son di più quelli che non sanno leggere.

Invece, come si temeva, è finita a tarallucci e Mimino. Il quale ha bofonchiato di “ampia relazione sull’accaduto” [sic] e di “entusiasmo derivante dal carattere della Consigliera Daniela Sindaco” [sic], ignorando del tutto il florilegio di errori copiosamente disseminati in un capolavoro letterario che, invero, non sembra scritto da un laureato, e per di più professionista di grosso calibro, ma, come dire?, da una seppur molto “entusiasta” Cetta Laqualunque.

Montagna, nella sua lettera assolutoria, continua a blaterare di “esposizione al pubblico ludibrio”; ma mica in riferimento ai gravi accadimenti verificatisi presso la scuola di Noha (o ai soggetti, predicati e complementi abborracciati dall’Oriana Fallaci de noantri), quanto al rischio che gli organi di informazione eventualmente venissero (o fossero venuti) a conoscenza della sceneggiata nohana. Che poi questi infidi mass-media lo abbiano saputo lo stesso, e che certi segreti siano come quelli di Pulcinella, è un altro paio di maniche. La “fuga di notizie” per lui invece è “strumentalizzazione politica” [sic].

E’ fatto così, il nostro sindaco. Il suo concetto di trasparenza risente del pensiero filosofico secondo il quale i panni sporchi si lavano in casa. Peccato che la casa non sia la sua (o quella privata di qualche suo delegato), ma comune, e probabilmente soggetta a certe norme pubbliche, oltre che a quelle del buon senso e della decorosità istituzionale.  

Ma sì, cosa vuoi che sia? Di figure di merda non è mai morto nessuno. Sennò a Palazzo Orsini sarebbe un’ecatombe quotidiana.

Antonio Mellone

 

Il giornalista de Il Corriere della Sera Andrea Galli sarà ospite del nostro Comune sabato 18 novembre, alle ore 18. Presenterà, infatti, presso la sala del Sindaco il suo ultimo lavoro “Dalla Chiesa. Storia del generale dei carabinieri che sconfisse il terrorismo e morì a Palermo ucciso dalla mafia” edito da Mondadori e in commercio da pochissime settimane. L’autore, che si è già occupato con altre pubblicazioni dell’argomento “criminalità organizzata”, è in giro per l’Italia per la promozione del suo libro.

Prosegue, dunque, l'impegno della nostra amministrazione in favore della legalità, della correttezza, della giustizia sociale. Intendiamo ribadire che l'esempio di uomini impegnati nella lotta alla mafia, come Dalla Chiesa, rappresenta il faro da seguire nell'azione giornaliera.

All’incontro porteranno i saluti dell’Amministrazione Comunale e della Città tutta il sindaco Marcello Amante e l’assessore alla cultura Cristina Dettù che ha fortemente voluto la realizzazione di questo evento.

L'incontro, moderato dal giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno Antonio Liguori che coinvolgerà il pubblico in analisi e spunti di riflessione, vedrà l’autorevole presenza del Procuratore della Repubblica di Brindisi Antonio De Donno che dialogherà con Galli e Liguori appunto.

«Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi; non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti» Carlo Alberto Dalla Chiesa

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Albino Campa (del 27/11/2012 @ 21:15:44, in Ex edificio scolastico, linkato 3109 volte)

Cari amici di Noha.it,

“CHE BISOGNAVA VOLARE”, è un recital ispirato all’opera “Via Paolo Fabbri” di Francesco Guccini, da noi sostenuto in qualità di Presìdio del libro di Noha e Galatina, che avrà luogo Sabato 1° dicembre alle ore 20.30 a Noha, nell’aula magna del Centro Aperto Polivalente sito in piazza Ciro Menotti.
I brani del noto cantautore, interpretati da musicisti di alto livello, sono introdotti da brevi testi e inframmezzati da tre video dedicati a Paolo Borsellino, Franco Basaglia e Peppino Impastato.
L’evento è la giusta occasione per riallacciarsi all’esperienza fatta lo scorso anno, quando grazie al contributo dei Presìdi del libro, la gente di Noha ha incontrato Salvatore Borsellino in un momento forte di testimonianza e di esercizio del proprio diritto-dovere alla cittadinanza attiva. Riflettere sui temi della legalità e della democrazia, che è partecipazione, accoglienza e rispetto delle minoranze, non è mai abbastanza.
Mi piace l’idea di ripartire da quella straordinaria serata (il filmato dedicato a Paolo Borsellino è tratto proprio da quell’incontro) in un edificio, ricco di ricordi, di storia e di significato, come l’edificio vecchia scuola elementare di Noha, che proprio il 1° dicembre sarà restituito al paese, connotandosi così come un chiaro segno della presenza delle istituzioni sul territorio.
Nella mattinata della stessa giornata, i ragazzi della scuola secondaria di primo grado di Noha incontreranno nuovamente, in videoconferenza, Salvatore Borsellino che passerà idealmente il testimone all’evento serale.
So che anche in questa occasione saremo in tanti e che, al di là di difficoltà e scoramenti, continueremo ad operare per il bene comune che è bene di ciascuno.

Paola Congedo
Responsabile del Presidio del libro di Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 17/03/2014 @ 21:15:00, in Comunicato Stampa, linkato 3149 volte)
E’ aperto il sipario sulla Stagione di Prosa che l’Amministrazione Comunale di Galatina, dopo un lunghissima interruzione, ha voluto fortemente far rivivere con un ciclo di cinque  spettacoli di qualità che porterà al Teatro Tartaro, sin dal 20 marzo e fino al 3 maggio 2014,  interpreti di prestigio tra cui Giobbe Covatta e Michele Placido.

In collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, sotto l’egida del Ministero per i Beni, le Attività Culturali e Turismo, e della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo, la Rassegna è rivolta non solo al pubblico affezionato, che ha accolto la notizia con grande entusiasmo, bensì a tutti i cittadini e in particolare agli educatori e ai giovani. L’Amministrazione Comunale tutta, consapevole dell’impegno di energie e delle risorse investite in un momento di generale difficoltà, ha inteso assumere un atteggiamento di non rinuncia, riproponendo la “Stagione Teatrale” che a partire dal 1988 e fino alle soglie del 2000 aveva portato in scena al CavallinoBianco indimenticabili opere.

Giovedì 20 marzo,Una serata veramente orribile” per inaugurare con Carmela Vincenti,attrice brillante e versatile, incontri con il pubblico che si presentano, tra comicità, ironia e satira,occasione di divertimento e  improvvisazione, affidata alla bravura di attrici e attori che si sono già cimentati  in avventure sceniche difficili su ben altri gloriosi palcoscenici, con grande apprezzamento di critica e di pubblico.

Capa tosta, passionale e generosa, con questi aggettivi si definisce la Vincenti, cresciuta da Mirabella e stimata da Banfi,già conosciuta dal pubblico di Galatina in una esilarante serata della scorsa estate. Intriganti la raffinata esistenza di “nostra signora del crudo”,le feste anni ’60, la vita e le confessioni di una donna che ci racconta il vero nudo e crudo, in Una serata veramente orribile, nel senso buono, cioè assai forte.

Gli altri protagonisti, tutti meridionali, sono Ippolito Chiarello e Egidia Bruno che, appena dopo il recital “6°(sei gradi)” di Giobbe Covatta, con “Oggi Sposi” lui, e con “La mascula” lei,ci regaleranno straordinari momenti, narrando di temi e di stereotipi con stile, passione e riguardo alla saggezza popolare ma fuori da schemi ordinari. Il 3 maggio,Serata d’onore” (poesia e musica),appuntamento esclusivo  con Michele Placido per chiudere un cartellone che ha puntato sulla qualità dell’offerta culturale.

Giobbe Covatta, comico, attore e scrittore di grande successo, deve la sua fama nazionale a Maurizio Costanzo Show, doveinizia la sua carriera fortunata anche nel campo dell’editoria, a partire dal primo libro Parola di Giobbe. Nel 2010 porta in teatro Trenta, uno spettacolo dedicato ai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. A marzo 2011, in coppia con Enzo Iacchetti a teatro con “Niente progetti per il futuro" una commedia con ben 87 repliche nei teatri di tutta Italia. A gennaio 2012, debutta in 6° (sei gradi). Anche in questo caso il numero ha un forte significato simbolico: rappresenta l’aumento in gradi centigradi della temperatura del nostro pianeta. Covatta, in  “6°(sei gradi)” ,attore-autore del testo insieme a Paola Catella, si è divertito a immaginare le stravaganti invenzioni scientifiche, ma anche sociali e politiche, che l’umanità metterà a punto in futuro per far fronte all’emergenza ambientale.Per tutti giovedì 27 marzo un’occasione per sorridere degli “scherzi”  del grande comicosul tema della sostenibilità del Pianeta e delle sue popolazioni.

Ippolito Chiarello è unartista eclettico che, spaziando dal teatro al cinema e alla musica,si è cimentato principalmente come attore ma ha praticato anche la strada della regia e della formazione anche in ambito di disagio sociale. Ha lavorato per circa dieci anni con la Compagnia Koreja di Lecce e con altre compagnie pugliesi. Al cinema come attore ha partecipato, tra gli altri, ai film "Italian Sud-Est”, “Galantuomini" e "Fine pena mai”.
Con la sua Compagnia, Nasca Teatri di Terra, ha prodotto, scritto e interpreta da dieci anni con successo lo spettacolo "Oggi Sposi”.

 “Oggi Sposi” inreplica a Galatina venerdì 11 aprile è uno spettacolo “leggero”, tra il serio e il comico, un alternarsi ubriacante di sollecitazioni al riso e all’emozione, secondo i canoni del teatro comico musicale. Attraverso la musica, la letteratura, l’improvvisazione e le massime della saggezza popolare l’attore scava “pericolosamente” nei meandri del “rapporto di coppia” raccontando anche  della sua stessa vita, con gli amori finiti e quelli mai iniziati.

Egidia Bruno è un altro volto noto a Galatina. Attrice dal dicembre 1990, la sua attività artistica è caratterizzata dalla trasversalità,dal teatro di prosa tradizionale, a quello di narrazione, a quello per ragazzi, dalla televisione al cinema, dalla radio al cabaret. Tutto questo la porta a essere coautrice dei suoi testi: “Io volevo andare in America e invece so' finita in India”, “Non sopporto le rose blu”, sviluppando la corda a lei più congeniale, quella dell'ironia. Dopo il successo di “La mascula” nel 2007 scrive e interpreta lo spettacolo “ANTIGONE 2000 d.C. ‘Na tragggedia!!”. La svolta, quindi, con “ W l'Italia.it... Noi non sapevamo", monologo "serio" sulla “questione meridionale”, rappresentato il 23 novembre 2012 a Galatina nell’ambito della Rassegna Culturale Identità in Dialogo _ guardare la Storia dal Sud, e con il quale vince il premio internazionale "Teatro dell'Inclusione - Teresa Pomodoro" 2012 .

Torna martedì 29 aprile con  “La Mascula scritto e diretto con Enzo Jannacci, per raccontare di un pallone calciato da gambe femminili nel Meridione d'Italia. Si racconta la storia di Rosalbadetta la mascula a cui piace giocare a pallone. La storia di un modo di essere, inconsapevole della sua purezza, e forse per questo ancora più libero. La storia di una libertà che non ha bisogno di provocare.

Michele Placido, attore tra i più carismatici e apprezzati degli ultimi vent'anni, vanta una lunga carriera cinematografica e teatrale, oltre ad una positiva esperienza come autore e regista. In tutti i ruoli interpretati emerge sempre uno spiccato interesse per le problematiche sociali, affrontate con grande sensibilità e coraggio.

L’appuntamento esclusivo a Galatina sabato 3 maggio conSerata d’onore” è un omaggio al teatro. Passeggiando nella sua vita tra teatro e cinema, Placido farà rivivere magicamente le più classiche poesie d’amore. Alla poesia si alternerà la canzone, lasciando il posto per l'umorismo e le risate.

All’insegna di Il teatro è azione! lacampagna abbonamentiè stataaperta con la presentazione della Rassegna nella conferenza stampa a Palazzo Orsini mercoledì 12 marzo scorso.

È già quindi possibile acquistare la tessera e i biglietti presso il botteghino del Teatro Tartaro ( Corso Principe di Piemonte,n.19 - tel.0836 568653) che sarà aperto dal martedì alla domenica dalle h.19:00 alle h. 22:00.

(comunicato del Servizio Cultura e Comunicazione Città di Galatina)

 
Di Redazione (del 11/02/2015 @ 21:14:53, in Recensione libro, linkato 2516 volte)

Giovedì 12 febbraio 2015 alle ore 18.30, presso la sala del bellissimo Caffè Cittadino sito in piazza S. Oronzo a Lecce avrà luogo la presentazione del libro di Michele Liguori "Vivere" (ed. Arti Grafiche Marino, Lecce, 2015).

Michele Liguori ha trascorso la sua infanzia a Noha, ai tempi del secondo dopoguerra. Sicché Noha in qualche modo è andata a finire in questo libro; anzi ne è uno dei "personaggi" principali.

Interverranno Antonio Mellone e l'autore del libro.

La cittadinanza è invitata a partecipare.

 

 

 

 

La nuova stagione letteraria della libreria Fiordilibro riprende il 29 ottobre con la presentazione di quello che si sta rivelando come l’evento letterario dell’anno: il  nuovo libro di Luisa Ruggio “Teresa Manara” per le Edizioni Besa Controluce.

L’incontro si svolgerà nella splendida cornice dell’Amarcord Wine bar di Galatina alle ore 19.00.

  “Ci sono solo due tipi di momenti, Teresa. Quelli da ricordare. E quelli da dimenticare. Così mi diceva sempre mia madre. E io non la capivo. Dov’era il trucco, l’insegnamento? L’istante dopo smettevo di pensarci, andavo a controllare il nido delle upupe, mi acquattavo tra i cespugli di erba strega che minacciavano di inondare il nostro giardino. (…) durante il mio primo addio ci ho fatto caso: entrambi quei momenti sono senza ritorno.”
 
Teresa Manara è una storia ambientata nel Sud Italia del 1950, dedicata al mondo dei sensali che all’epoca si spingevano nel Salento in cerca del miglior vino sfuso da imbottigliare al Nord e raccontato per la prima volta dal punto di vista di una giovane donna che decide di lasciare Imola per trasferirsi in una terra di frontiera ancora superstiziosa e magica.

Dialogherà con Luisa Ruggio, Mauro Marinodel Fondo Verri e direttore di Spagine, Alessandra De Paolis  giovane attrice galatinese, leggerà alcuni brani del libro, Donatello Magnoloci farà rivivere le atmosfere degli anni cinquanta  eseguendo degli intermezzi musicali con il sax.

Sarà presente anche Paolo Cantele, appena tornato dal Giappone dove ha fatto conoscere attraverso l’ eccellenza dei suoi vini, anche quella di una terra, quella salentina, costruita anche da uomini e nel nostro caso da donne visionarie  come Teresa Manara, che hanno avuto la capacità di veder lontano ed hanno scommesso su una terra allora considerata “alli scuffundi “. Una terra che non era certo il Salento diventato il  brand di moda degli ultimi anni, ma che quel brand l’hanno costruito per noi, con anni di duro lavoro, sacrifici e passione. 

Grazie Luisa( Ruggio) per averci fatto conoscere Teresa Manara altrimenti rimasta confinata nei ricordi  delle persone a lei più care, grazie per averci condotto in questo viaggio nell’Italia degli anni cinquanta ed averci restituito il significato originario di alcune parole di cui avevamo perso la memoria.

A chiusura dell’ incontro le Cantine Cantele offriranno una degustazione dei loro vini.

Luisa Ruggio (1978), giornalista e scrittrice di origini pugliesi, ha pubblicato saggi sul cinema e la psicoanalisi. Il suo romanzo d'esordio, "Afra" (Besa, 2006), ha vinto cinque premi letterari. Dopo il suo secondo romanzo, "La nuca" (Controluce, 2008), ha pubblicato la raccolta di racconti brevi "Senza storie", (Besa, 2009) Menzione Speciale del "Premio Bodini 2010". Suoi articoli sono apparsi su quotidiani e riviste letterarie, è autrice di numerosi reportage dedicati al Salento per i quali ha ricevuto il "Premio Skylab 2011" Sezione Giornalismo e Cultura (Università del Salento) e la menzione speciale del Premio “Terra D’Arneo 2013”. Dal 2006 aggiorna il blog dedicato alla scrittura "Dentro Luisa": www.luisaruggio.blogs.it

Emilia Frassanito
 
Di Redazione (del 09/04/2019 @ 21:12:27, in Comunicato Stampa, linkato 1178 volte)

Dopo aver ottenuto il riconoscimento di "Città che legge", Galatina si impegna a sottoscrivere il "Patto locale per la lettura". 
Obiettivo principale è quello di avviare azioni condivise e orientate all'incremento e alla diffusione della lettura sul nostro territorio, coinvolgendo tutti i soggetti interessati. L'Amministrazione Comunale avrà il compito di incentivare le adesioni al “Patto locale per la lettura” e a sostenere tutte le azioni e i programmi ad esso coordinati. 
Possono aderire al “Patto della lettura della Città di Galatina” gli Istituti d’Istruzione di ogni ordine e grado, le Scuole dell’Infanzia pubbliche e private, gli Istituti, Enti, Associazioni culturali e di volontariato, le Ludoteche, gli Editori, i Librai, i liberi professionisti - quali educatori, psicologi, giornalisti, ecc. – i soggetti del Terzo Settore, gli autori e lettori organizzati in gruppi e/o Associazioni, i cittadini, che dimostrino di aderire ai principi del  Patto e che svolgano o vogliano  svolgere attività  di promozione  della lettura coerenti con le finalità nello stesso riportate.    
Tutti i firmatari del Patto devono avere a cuore alcuni principi cardine: la conoscenza è un bene  comune,  il libro e la lettura sono strumenti insostituibili di accesso alla conoscenza e la  promozione degli stessi crea una rete territoriale  delle  professionalità  più  direttamente  coinvolte, rappresentando il fine  comune delle Istituzioni pubbliche,  della società  civile  e del mercato.
“Il Patto per la lettura – dice l’Assessore al Polo Bibliomuseale Cristina Dettù - si innesta nel solco di una serie di politiche culturali che questa Amministrazione persegue sin dal primo giorno, in linea con la programmazione strategica della Regione Puglia. Dopo aver ottenuto il finanziamento di 2 milioni di euro per la Community Library (i cui lavori partiranno nei prossimi mesi), l’azione di promozione della lettura e delle spazi della biblioteca “Siciliani” rappresenta un punto imprescindibile della politica culturale dell’Amministrazione Amante. E tanto deve essere per una Città come Galatina, ricca di storia, cultura e tradizione. A ciò si aggiunge un fermento culturale che coinvolge le fasce più giovani della popolazione: ne è prova la presenza importante di piccoli, giovani studenti e famiglie all’interno della biblioteca “Siciliani”. Ciò è motivo di orgoglio per tutta la Città, oltre che un servizio essenziale”. 

Per aderire basta scaricare e leggere il regolamento:

https://www.comune.galatina.le.it/amministrazione/attivita/avvisi-pubblici/item/avviso-pubblico-per-acquisizione-di-manifestazione-di-interesse-a-sottoscrivere-il-patto-per-la-lettura-della-citta-di-galatina-scadenza-presentazione-domanda-di-adesione-il-30-aprile-2019

Ufficio Stampa Amante

 
Di Antonio Mellone (del 21/01/2015 @ 21:11:59, in NohaBlog, linkato 2643 volte)

I nostrani amministratori delegati a palazzo di città, politici di destra, centro e supposta sinistra (supposta stavolta è sostantivo, non attributo) stanno all’ambiente come un elefante in una cristalleria: è pressoché impossibile per loro non provocar danni irreparabili ogni volta che s’azzardano a muoversi.

Il problema preminente è che purtroppo questi personaggi in cerca di derisore non perdono occasione per darsi una mossa (con le conseguenze suddette).

*

Tanto per dirne una, la sera dell’8 gennaio scorso, a Noha, nell’igloo che funge da centro polifunzionale [ma, secondo le promesse di un marinaio della corazzata Potëmkin galatinese, entro “i primi mesi del 2015” – traduzione “campa cavallo” - l’impianto di riscaldamento dovrebbe finalmente entrare in funzione, ndr] s’è svolto un bellissimo convegno double-face.

Bifronte, dunque, il convegno, non tanto per la pubblicità fatta attraverso due manifesti dissimili (ma sì, meglio abbondare), non tanto per i due titoli affatto diversi da scegliere a piacere (“La causa radice del nostro benessere o malessere” e/o “Ambiente, veleni, tumori nel Salento”), e infine non tanto a causa del relatore principale che promette una cosa ma poi ne fa un’altra [tipo assicurare un intervento conciso, compendioso ma ragionevolmente breve “per lasciare spazio agli altri contributi e alla discussione”, ma poi, evidentemente colpito da logorrea narciso-monopolistica, si esibisce in un soliloquio di un’ora e mezza, terminato non prima di aver sfiancato l’ultimo tra gli astanti più condiscendenti; e, non pago di ciò, e forse per dimostrare tutto il suo rispetto nei confronti dell’uditorio, l’esimio primo oratore (o prima donna) strappa di mano il microfono al malcapitato moderatore/organizzatore e, facendo finta di proferire l’ultimo predicozzo, toglie pure la parola all’Anita Rossetti e a chi cerca comunque di esprimere liberamente il proprio pensiero – chiedo venia per il lungo inciso, ma ci voleva, ndr]; dicevo, convegno bifronte non solo per tutto quanto precede ma anche per la perfomance delle due donzellette che vengono dalla Montagna, assise in cattedra, l’una a leggere un compitino sull’inquinamento che aveva tutti i sintomi della scopiazzatura da chissà quale libro di temi di seconda media, l’altra a elogiare le magnifiche sorti e progressive di un mega-impianto di compostaggio da 30.000 tonnellate annue (cioè 82 tonnellate al giorno di sola frazione umida da far pervenire da mezza Italia nella zona artigianale di Soleto, ad un fischio dal centro di Galatina) per produrre non si sa bene se compost per l’agricoltura (ma quale agricoltura se stanno cementificando tutta la campagna residua: caro Ivano Gioffreda parli ai sordi) oppure, al contrario, il residuo dell’anaerobico, il cosiddetto FOS, che è un rifiuto pericoloso da smaltire in discariche speciali in quanto dannosissimo per l’agricoltura.

*

Mi fermo qui sennò dicono che i miei articoli sono troppo lunghi, e magari qualcuno nel leggerli si stanca pure (rischiando un’ernia al cervelletto).

Da qui a qualche giorno sempre su questi stessi schermi, disobbedendo alla consegna di farmi i fatti miei (ma anche questi sono fatti miei, eccome), cercherò di fare il ancora il punto sui nostri cosiddetti governanti locali e sulla loro costante produzione di atti osceni in luogo pubblico.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/01/2016 @ 21:11:09, in Recensione libro, linkato 2175 volte)

Franco Berrino, Il cibo dell’uomo - La via della salute tra conoscenza scientifica e antiche saggezze, Franco Angeli, Milano, 2015

Nella lettura di questo testo, anche solo in modalità superficiale, si scoprono tanti rimedi naturali, come per esempio quelli contro le afte in bocca, la stitichezza, contro le angine o le otiti dei bambini, e molti altri disturbi.

Pur con i limiti di chi come il sottoscritto non conosce i termini tecnici, specifici degli addetti ai lavori, e che per approfondire, dovrebbe leggersi almeno tutti i testi elencati nella bibliografia, comunque la sua lettura lascia intendere che alla base di tutto è necessario conoscere i fabbisogni essenziali dettati anche dal Dna individuale e soprattutto sapere cosa stiamo ingerendo e per cosa. Poiché “mangiare” non dovrebbe essere il soddisfare la fame bensì prevenire le malattie, e cioè utilizzare il nutrimento come terapia per la nostra salute.

Per esempio, il sale in eccesso è causa di ipertensione, ma ridurlo eccessivamente è pericoloso. Molti studi hanno dimostrato che la mortalità è più alta in chi assume molto sale ma anche in chi ne assume molto poco (pag. 49). Non si danno grassi a chi è gonfio o sale a chi è già contratto.

Il Miso aiuta il sangue ad arrivare fino alle estremità (pag.50). E’ un condimento poco diffuso nelle nostre diete, è ricavato dalla soia. Ha un gusto molto salato, viene usato per condire ed insaporire zuppe, salse, marinate, paté e biscotti. Incredibile ma vero: i semi di zucca, tostati al forno con un po’ d’acqua salata costituiscono un alimento molto rinforzante. Tante sono le proprietà benefiche contenute nella natura, che la medicina ha ampiamente sovvertito con la chimica fino a travisarne gli obiettivi. La polvere di melanzane, per esempio, prima seccata al sole e poi carbonizzata al forno, risolve rapidamente il mal di testa. Il riso è un ottimo anti infiammatorio, contiene polifenoli, i più potenti antiossidanti naturali. La cefalea si combatte anche con il digiuno, la crema di riso con il gomasio (un condimento a base di semi di sesamo e sale, talvolta arricchito con semi di canapa e frammenti di alga), viene spesso utilizzato per esaltare il sapore di verdure cotte, insalate, carni e (soprattutto) per insaporire il riso bollito, come valida alternativa al sale puro.  Contro la nausea vanno bene le gallette di riso integrale con il sale.

La causa principale dell’osteoporosi non è la mancanza di latticini in alimentazione ma l’eccesso di proteine
animali. Queste rendono acido il sangue e l’osso libera dei sali basici di calcio per tamponare l’eccesso di acidità. (pag.22) Le ossa hanno le funzioni di equilibrio dei sali minerali.
La  masticazione è una meditazione, una presa di coscienza. Proprio adatto a quelli come che invece non hanno tempo da perdere e mangiano in fretta a volte senza masticare, e anche se oramai è tardi e i danni sono fatti, mi rendo conto di quanto sia importante. Masticare è elevazione, coscienza del sé. La masticazione addomestica l’animale che è in noi. E’ preghiera.

Queste sono alcune “immagini” che mi hanno colpito leggendo questo libro. Chi volesse approfondirne il significato ovviamente deve prendersi la briga di leggerlo, magari prendendolo in prestito in biblioteca. Il sacrificio merita, ne va della nostra salute.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 02/01/2020 @ 21:10:43, in Comunicato Stampa, linkato 973 volte)

Con il patrocinio ed il supporto del Comune di Galatina, in partenariato con l’Università Popolare “Aldo Vallone” della città, l’Associazione Percorsi Meridiani propone un evento dedicato al grande filosofo e medico Marco Antonio Zimara, vissuto tra la fine del 1400 ed i primi tre decenni del 1500.

La cittadinanza salentina è invitata per domenica 5 gennaio 2020, alle h. 18.00, a Galatina, presso l’ex Convento delle Clarisse, in Piazzetta Galluccio, a partecipare all’incontro dedicato alla fama raggiunta dal filosofo e dalla sua operetta più conosciuta in Europa.

L’iniziativa non è dedicata e rivolta ai soli specialisti o cultori della disciplina; dopo i saluti istituzionali da parte di Marcello Amante, Cristina Dettù e Nicola Fiore, introdurrà Beatrice Stasi, insigne italianista e Presidente dell’Università Popolare “Aldo Vallone” e relazionerà Alberto Basset, Delegato alla Sostenibilità dell’Università del Salento, già Presidente della Società Europea di Ecologia; concluderà la serata l’intervento audio-visuale di Luca Carbone, curatore della ricerca e del volume sui Problemata dello Zimara. La serata sarà animata dalla lettura di alcuni dei quesiti zimariani, in più lingue europee, a cura del Laboratorio Teatrale dell’Università Popolare; e saranno esposte alcune delle edizioni originali delle opere zimariane, provenienti da una collezione privata. Ai presenti verrà data omaggio copia del volume “Del libro dei Problemi” di Marco Antonio Zimara Filosofo e Medico pubblicato per i tipi dell’Editrice Salentina.

Zimara, allievo tra gli altri del celebre Pomponazzi, addottoratosi a Padova, prima in filosofia e poi in medicina, vi divenne professore, cominciando inoltre un’intensa attività ‘autoriale’ ed ‘editoriale’.

Lasciata Padova, per i gravi disordini politici, riparò nella città di nascita, allora S. Pietro in Galatina, dove si ammogliò, per spostarsi poi verso la capitale del Regno: fu professore a Salerno, a Napoli (fino al 1523), a Roma (1524), e finalmente, nonostante l’avversione nutrita per Lui dal futuro Cardinal Pietro Bembo, di nuovo a Padova dal 1525 al 1528. Per contro, le sue opere saranno studiate a fondo ed ampiamente utilizzate nei decenni immediatamente successivi da uno dei più grandi umanisti fiorentini del tempo: Benedetto Varchi. Conosciamo 13 edizioni dei ‘dottissimi’ Theoremata, e 14 invece ne contiamo della famosa “Tabula dilucidationum in dictis Aristotelis et Averrois”, un lessico proto-enciclopedico, composto di circa 20.000 lemmi, quasi tutti tratti dalle opere di Aristotele ed Averroè. Tuttavia la diffusione e la ‘gloria’ del nome dello Zimara – uno di quelli che insieme a Nettario di Casole, a Droso di Aradeo, a Sergio Stiso di Zollino, al Galateo di Galatone, ai De Balmes di Lecce, al Vanini di Taurisano, per citarne solo alcuni, concorre a comporre il grande mosaico culturale di Terra d’Otranto –  è legata soprattutto al Libello dei Problemi. 107 quesiti, composti nella scia della tradizione dei libri di problemi (risalente alla prima scuola aristotelica) che vennero editi per la prima volta a Venezia, postumi, nel 1536, insieme ad una raccolta di “perché”, attribuita allo stesso Aristotele. Il trattatello ebbe fortuna editoriale immensa: se ne contano almeno 116 edizioni in Europa, tra il 1536 ed il 1690 circa, in tutte le principali lingue europee, latino, inglese, francese, tedesco. In inglese poi la sua diffusione continuò per l’intero 1700, sino a ‘sbarcare’ anche negli Stati Uniti, in edizioni rinvenute sino ai primi due decenni dell’Ottocento.

Ignoriamo ancora la data ed il luogo della morte di Marco Antonio Zimara, ma non possiamo ignorare che per decenni e secoli, parafrasando l’Arcudi: “Per tutte le strade d’Europa giornalmente risuonava il nome di Marc’Antonio Zimara ed adornava tutte le biblioteche”.

Ufficio stampa Marcello Amante

 

Nuovi e terribili eventi sembrano sgorgare dalla contrapposizione tra Oriente ed Occidente, tra Cristiani e Islamici, tra Nord e Sud del mondo. I fatti di Parigi, terribili e raccapriccianti sono solo la punta dell’iceberg, in questo mondo in cui interessi ed affari, religione e potere sono in lotta perenne, ecco arrivare un libro ” Il giuramento del Falco ” Armando Siciliano editore che ci racconta i particolari dell’eterna lotta fra bene e male. Un libro scritto da Giampiero Khaled Paladini che racconta la genesi dell’Università Islamica e che a detta dello stesso autore è una pietra miliare nella lotta all’indipendentismo siciliano. Mafia, politica, massoneria, esoterismo, logge segrete, servizi deviati, economia e la grande finanza internazionale muovono nel profondo e nel segreto, misteri, intrecci, amori, sesso, potere e sullo sfondo un Italia meridionale ancora al centro del mediterraneo, dove le primavere arabe non hanno cambiato se non in peggio la situazione economica e sociale da una riva all’altra del mar mediterraneo. La Sicilia ancora contesa, mossa da intrighi internazionali e da una forte spinta separatista. Un romanzo che si occupa anche del terribile momento dell’Africa grembo madre del nostro pianeta, della forza spirituale di uno sciamano che mette il protagonista in contatto con l’anima di Federico II lo “Stupor Mundi”, che entra e guida lo spirito del protagonista verso una nuova indipendenza dall’Italia, dagli americani. Il terribile MUOS, che deforma ed uccide i bambini di Niscemi. Un raffronto da non perdere per capire ancora di più il mondo che viviamo con le sue contraddizioni ed i suoi mille segreti inconfessabili. L’università Popolare Aldo Vallone di Galatina vi invita venerdi 30 gennaio 2015 alle ore 18, presso il palazzo della Cultura ( Museo Civico ) per un appuntamento con i fatti della storia attuale. A raccontare i mille segreti e le uniche verità sul progetto dell’Università Islamica a Lecce, Giampiero Khaled Paladini, affiancato da Raimondo Rodia che converseranno dei tanti temi della trilogia che si chiude proprio con ” Il giuramento del Falco “. Giampiero Khaled Paladini nato a Magliano in provincia di Lecce nel 1957, oggi vive in Sicilia a Giardini Naxos, nel 2012 si è convertito all’Islam, nella vita è presidente di CONFIME Confederazione Imprese Mediterranee e guida una lobby di imprenditori italiani ed esteri, nata per creare sempre nuove ed accattivanti opportunità di business in tutti gli angoli del mondo.

Raimondo Rodia

 
Di Antonio Mellone (del 22/03/2014 @ 21:04:49, in NohaBlog, linkato 3630 volte)

Ogni volta che la mia amica Anita Rossetti del popolo delle Agende Rosse di Galatina m’invita ad una manifestazione antimafia (chiamiamola così per semplificare) sono colto da un duplice viluppo di sentimenti contrapposti. Da un lato sono contento, eccome, certo di incontrare gli amici ed i compagni di tante battaglie, di ascoltare parole tratte finalmente da un vocabolario non stantio e lontano dai luoghi comuni, di conoscere altre persone, di arricchirmi culturalmente, di sentirmi a mio agio, insomma; dall’altro, sono infastidito, che dico, amareggiato, terrorizzato nel registrare le topiche assenze eccellenti, ovvero gli atteggiamenti decrepiti o boriosi dei soliti noti in caso di loro presenza (e non so, a questo punto, cosa sia peggio, se la loro assenza o la loro presenza), conditi da interventi talvolta fatti solo per dare aria alla bocca.

*

Lunedi 17 marzo scorso, per dire, ero nella platea del teatro delle Gallerie Tartaro di Galatina al convegno “Identità in dialogo # patriasenzapadri”, organizzato dall’assessorato alla cultura del comune, al quale ha partecipato Massimo Ciancimino, in collegamento video, intervistato dalla giornalista e scrittrice Petra Reski (nota in Italia e all’estero per la sua produzione letteraria di denuncia della criminalità organizzata, cfr. Wikipedia e siti vari).

Anche in questa occasione ho provato i due opposti grovigli di sentimenti, come dicevo all’inizio di queste note.

Da un lato ho avuto il piacere di re-incontrarmi con Anita, di conoscere di persona Petra Reski, di conversare brevemente ma amabilmente con Rita Toscano (impegnata in qualche modo nell’organizzazione della serata, e attivissima nella promozione della neonata stagione teatrale galatinese), di scambiare due parole con Eleonora Longo (la nostra turbo-dirigente scolastica, sempre presente in manifestazioni di questo tenore: che bello, e che esempio per docenti e discenti), di confrontarmi prima dell’inizio del convegno con l’assessora Daniela Vantaggiato – che, devo ammettere, oltre che “coraggiosa” nell’organizzare l’evento con il figlio del defunto boss Vito Ciancimino, è stata davvero in gamba nel presentare la serata al pubblico, oltretutto con una dizione ed una cadenza finalmente senza pesanti o meschine inflessioni, cosa rara a Galatina e dintorni (vedi, prof. Vantaggiato? stavolta non scrivo per cantartene quattro, ma per riconoscere la tue capacità: ciò che giusto è giusto), di conservare il posto a sedere ad Alfredo Melissano (endemicamente in ritardo, nonostante da queste parti i convegni inizino puntualmente con almeno i tre quarti d’ora accademici di mora), di stringere la mano a Tommaso Moscara (congratulandomi per l’impegno e l’impeccabile regia), di salutare Angela Beccarisi (con la quale basta uno sguardo d’intesa, senza tanti fronzoli). Ed ancora di assistere alla stupenda performance artistica dell’ouverture da parte degli studenti del Liceo Classico “P. Colonna”, alcuni dei quali sono anche redattori della bella rivista “Intervalla Insanie” (ragazzi, io sono con voi, e lotto anch’io per il diritto di parola. Difendiamolo insieme dove manca, dove indietreggia, dove rallenta. E se questo dovesse costarci caro, paghiamone allegramente il prezzo: anche questa è responsabilità civile). E, non ultimo, di ascoltare le parole di Massimo Ciancimino, che con le sue dichiarazioni ha squarciato il velame del segreto che accomuna pezzi di Prima e Seconda Repubblica, ministri e alti ufficiali mendaci e smemorati, politici ipocriti, e istituzioni, apparati, forze dell’ordine, servizi di sicurezza, e pure qualche cardinale. E siamo nel campo della famosa “trattativa stato-mafia”, come riportato anche nel suo libro “Don Vito”, scritto con Francesco La Licata (Feltrinelli, Milano, 2010).

Molti scordano, o forse non lo sanno (affaccendati come sono sempre stati in tutt’altre faccende) che, grazie alla testimonianza di Massimo Ciancimino, molti politici (che magari hanno pure fatto carriera tramandandosi la scatola nera dei loro segreti inconfessabili anche su stragi e trattative) dapprima muti come pesci sono stati costretti a ritrovare la memoria e la loquacità, e hanno dovuto ammettere, tra mille arzigogoli e contraddizioni, che sì, una certa trattativa c’era stata, e che il patto di omertà era stato devotamente rispettato, soprattutto, guarda un po’, dagli uomini del cosiddetto Stato.

Sì, signori, c’è da constatare purtroppo che il lemma Stato per alcuni è solo un participio passato.     

*

Ma a fronte dei sentimenti belli e positivi sopra evidenziati, sono stato costretto, dall’altro lato, a provare l’amara sensazione, con tanto di ruzzolone da parte delle mie braccia (per non dire la cascata di un altro binomio anatomico meno oblungo e più sferico) nell’ascoltare e soprattutto nell’osservare la prestazione pubblica del mio sindaco, al secolo dott. Mimino Montagna.

Orbene, io m’aspettavo di sentire la voce del Montagna riecheggiare altissima in quella sala teatro - tanto da far tremare le belle capriate lignee di cui sono costituite le sue arcate - e scandire con tutti i decibel possibili ed immaginabili locuzioni del tipo: “Anch’io voglio conoscere la verità, come cittadino ed in nome del mio popolo. E non importa da chi proferita, questa verità”.

*

Invece ho dovuto assistere ad uno spettacolo un po’ così, ed ascoltare ancora una volta un uomo pubblico blaterare frasi non saprei dire fino a che punto proferite sul filo della logica.

Oltretutto, il mio sindaco, forse ignaro delle più elementari norme del bon-ton istituzionale (anzi del galateo tout-court), sprofondato nella sua poltrona piazzata sul quel palcoscenico tra la giornalista ospite e la sua assessora alla Cultura, così, davanti agli spettatori e per quasi tutto il tempo si mette pure a compulsare la tastiera del suo telefonino (o i-phone o cosa cavolo fosse), come uno sbarbatello qualunque all’oscuro delle regole della buona creanza. Peggio che ruminare un chewing-gum durante l’interrogazione in classe.

Non so se stesse comunicando compulsivamente con i suoi amici di face-book, o se si fosse messo a comporre più anacronistici sms, o se cercasse ostinatamente qualche sito o qualche pagina di Wikipedia in cui vengono riportate le condanne penali di Massimo Ciancimino, o se magari avesse un filo diretto in chat con il leader del suo partito, nonché corrente, il premier Renzi (sì, quello che sta trattando – a proposito di trattativa – con il delinquente conclamato per frode fiscale, il noto no-cav., addirittura per cambiare la nostra carta costituzionale), o tutte queste cose contemporaneamente.

Sta di fatto che quando è arrivato il suo turno, il sindaco di Galatina [cfr. video in calce a questo articolo prodotto da Inondazioni.it] ha biascicato asserzioni della serie: “Il libro scritto da Ciancimino non esprime verità assolute” (e chi l’ha mai pensato. Le dichiarazioni e i documenti del testimone vengono verificati e riscontrati con rigore e puntualità dagli inquirenti: i quali tutto hanno men che l’anello al naso. In un caso, per dire, per un documento manomesso lo stesso Ciancimino è stato indagato dai medesimi magistrati con cui collabora. E questo non invalida mica la montagna della documentazione prodotta e già riscontrata, ma la conferma, di più, la corrobora); e successivamente:  “Quindi prendiamo con tutte le capacità critiche il suo contenuto” (grazie sindaco, meno male che ci sei tu a ricordarci di aver senso critico); e ancora: “Lo stesso Ciancimino è stato arrestato e condannato per riciclaggio” (e questo inficerebbe per caso la sua attendibilità circa la testimonianza sulla trattativa? Mi sfugge la correlazione, il nesso di causalità); e dunque: “siamo di fronte ad una situazione dettata dalla cronaca” (ovvio, se fosse storia anziché cronaca non saremmo di fronte ad un tribunale penale); e sentite quest’altra: “Il modello che proponiamo nel rapporto padre-figlio è un modello non-positivo” (ah no? Un figlio che, anche mettendo a repentaglio la sua vita, abiura l’operato di un padre mafioso e soprattutto la sua mentalità scellerata non è un modello positivo da proporre alle giovani generazioni, e giacché ci siamo anche alle vecchie?); e, chicca delle chicche: [qui si parla di] “eventuale trattativa Stato-mafia” (eventuale? Casomai interessasse a qualcuno, quei disturbatori della quiete pubblica riuniti nell’Associazione vittime di via dei Georgofili, guidata da una donna straordinaria, Giovanna Maggiani Chelli, hanno reso noto la sentenza con la quale la Corte d’assise di Firenze il 5 ottobre 2011 ha mandato all’ergastolo l’ultimo boss stragista, Francesco Tagliavia: “Una trattativa – scrivono i giudici nelle motivazioni – indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia”). Punto.

Mentre ascoltavo queste considerazioni sindacali mi chiedevo: ma interessa ancora a qualcuno sapere perché nel 1992 è morto Paolo Borsellino con gli uomini della scorta? Sapere perché l’anno successivo sono morte 5 persone e 29 sono rimaste ferite nell’attentato di via dei Georgofili a Firenze, altre 5 sono morte e altre 10 sono rimaste ferite in via Palestro a Milano, altre 17 sono rimaste ferite a Roma davanti alle basiliche? Interessa a qualcuno tutto ciò, a parte un gruppetto di pubblici ministeri, giornalisti e cittadini irriducibili come l’Anita Rossetti? Oppure la verità su quell’orrendo biennio è una questione privata fra la mafia e i parenti dei morti ammazzati?

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Non rischiamo che la nostra antimafia sia ridotta ormai ad una salmodiante ripetizione di giaculatorie stucchevoli come ad esempio: “tutti uniti contro la mafia”, o come: “mai abbassare la guardia”? Non rischiamo davvero di diventare come un popolo che si commuove ma che non si muove? E che dire poi delle corone di fiori da parte delle cariche dello stato ad ogni livello, dei messaggi-farsa nelle giornate della memoria istituite ad hoc, dei discorsi ipocriti, della favoletta dello Stato da una parte e dell’Antistato dall’altra?

E come non considerare ancora come mafia brigare dietro le quinte, scendere a compromessi, depistare, insabbiare, occultare, sopire e troncare, trattare, votare scudi fiscali, non concedere un bomb-jammer a Nino Di Matteo (al quale si vorrebbe far fare la stessa fine di Falcone e Borsellino), perorare “le grandi opere”, dare autorizzazioni alla cementificazione del territorio, contribuire alla creazione di costosi mega-impianti di ogni tipo, magari in nome delle “ricadute”, del “volano per lo sviluppo”, e ultimamente anche in nome dei rifiuti zero?

*

Bene ha fatto, ancora una volta, Daniela Vantaggiato a ricordarci, a conclusione dei lavori, che sta a noi “assumerci la fatica della conoscenza”, e “conoscere vuol dire leggere un libro, ed anche qualche altra cosa” (magari non la solita testata caltagironea in testa alla classifica delle edicole locali), a rimetterci in discussione, cioè “rimescolare i pezzi, e anche a tentare di dare un nuovo ordine, anche se provvisorio”, e soprattutto “ritrovare il senso della condivisione” e “ricostruire una civiltà dei rapporti”. D’accordissimo signora.

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Nell’attesa che sempre più persone si assumano questa benedetta “fatica della conoscenza” la trattativa stato-mafia rimane, per i più, “eventuale” o “presunta”.

Invece per noi altri supposta.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 17/03/2014 @ 21:02:47, in Comunicato Stampa, linkato 2637 volte)

“La storia del Salento e della Puglia è stata pure storia dell’Islam. Storia di Arabi, Berberi, Andalusi e Turchi che muovevano pervasi da Allah, anche da Allah: anche allora era tutta una questione di grossi interessi internazionali, che spesso celavano nel pretesto religioso finalità eminentemente politiche ed economiche: far legna in selve boscose, far schiavi in contrade popolose, far razzia in province facoltose…… Non mancarono le occasioni di odorarsi, azzannarsi o leccarsi, fra due società e altrettante fedi. E comunque di confrontarsi, con le armi e con la cultura che ciascuna si portava dietro, nel baule della propria civiltà………..Nel gioco d’equilibrio fra musulmani e cristiani, la lente d’ingrandimento ha mostrato una Puglia che ha assorbito non poco dalla civiltà araba, sul piano culturale, storico-artistico, toponomastico e onomastico” (Prof.Vito Bianchi).

5° Incontro per la Serie “Dialogoi Sto Monastiri”, Notizie storiche e culturali intorno alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, Giovedì 20 Marzo 2014 alle ore 18,30 presso la Sala di cultura Francescana della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria in Piazzetta Orsini, con l’intervento del Prof.Vito Bianchi, Docente di Archeologia presso l’Università degli Studi di Bari, Studioso di Relazioni culturali e religiose fra l’Europa, il Mediterraneo e l’Oriente, Archeologo specialista ed Autore di numerose Pubblicazioni con tipi di De Agostini-Rizzoli, Mondadori, Laterza, Capone, nonché Autore e Conduttore di programmi culturali per Radio Due e Radio Tre Rai.

Dopo i saluti di Frà Rocco Cagnazzo, parroco della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, e dell’Assessore alla Cultura del Comune di Galatina Prof.ssa Daniela Vantaggiato, introdurrà i lavori il Presidente del Club UNESCO di Galatina Salvatore Coluccia.

L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la libreria Fiordilibro, l’Associazione Culturale Il Mandorlo e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.

Sala della Cultura Francescana, piazzetta Orsini – info 3396845616

 
Di Antonio Mellone (del 07/11/2016 @ 21:02:32, in NohaBlog, linkato 2808 volte)

Ho posto questa domanda a un po’ di persone di mia conoscenza. Ecco cosa mi hanno risposto.

Albino Campa (titolare di Nohaweb Sito): “No, nonostante i tuoi articoli a tema su Noha.it”. Antonio Congedo (ingegnere e fisico): “Io voto no per rallentare l’entropia, ovvero gli effetti del secondo principio della termodinamica”. Lory Calò (maestro di musica): “Do”. Padre Francesco D'Acquarica (missionario, esperto di storia del mio paese): “No, come Noha”. Marcello D'Acquarica (artista – autore della vignetta a corredo di questo post - e osservatore critico): “La massa degli idioti vota sì. Dunque no”. Don Donato Mellone (buonanima): “Avrei votato no”. Paola Rizzo (pittrice e truccatrice): “I veri artisti, non a libro paga, votano no. Quindi no.”. Elisabetta Congedo (specialista in anestesia e rianimazione): “Urgono tanti no, da alternare a compressioni di massaggio cardiaco per scongiurare il coma irreversibile della Repubblica”. Stefania Tundo (amica dall’animo poetico): “Ti mando un no con il vento, e so che tu lo sentirai”. Anita Rossetti (sognatrice resistente): “CondanNO ManniNO e NapolitaNO, e osanNO CiancimiNO e BorselliNO”. Don Emanuele Vincenti (nohano, parroco di Sanarica): “Voto no al reverendum”. Michele D'Acquarica (osservatore resistente): “Ovviamente no; ma vince il sì”. Giuseppe Marco D'Acquarica (dipendente Acquedotto Pugliese): “Io non me la bevo: no, e condivido”. Daniele Pignatelli (fotografo e film-maker): “Sorrentino è indeciso, io no”. Fra’ Ettore Marangi (francescano, missionario in Kenya): “Voto no per evitare che l’Italia diventi una repubblica delle banane”. Crocifisso Aloisi (portavoce del popolo degli ulivi): “No, alla riforma fastidiosa”. Pina Marzo (salentina a Roma per studi post lauream): “Questa è l’n-esima riforma Roma-centrica. Allora decisamente no”. Gianluca Maggiore (antagonista del gasdotto): “No: Tap (Troppo Autoritarismo Partitico)”. Tiziana Cicolella: “Io non sto con ni, ma con no”. Piero Colaci (linguista e cultore del vernacolo locale): “None = no”. M Rosaria Paglialonga (difensore civico): “La Costituzione è un monumento da adottare: difendiamola votando no”. Francesca Stefanelli (collega dalla schiena dritta): “Signornò”. Alessandro Romano (cameraman e scrittore): “Voto no, perché anche il difensore della costituzione possa vedere l’alba”. Ivano Gioffreda (Popolo degli Ulivi): “Voto no perché vorrei ampliare gli spazi popolari”. Pasquale Marannino (compagno d’università e di dialoghi sulla costituzione): “Voto no, nonostante Michele Serra e Massimo Gramellini”. Samantha Pozzi (ex-collega del profondo nord): “Oh signùr, varda: no”. Daniela Sindaco (politico locale PDiota): “Voterei no se saprei leggere e scrivere”. Eleonora Ciminiello (giornalista di leccecronaca.it): “Per la cronaca, voto no. E tu?”. Claudia Schinzari (addetta marketing nel settore ceramiche/pavimenti): “Questa riforma è un po’ come un mosaico da bagno venuto decisamente male”. Carlo Martignano (ecologista): “Col cavolo che voto sì”. Rita Luceri (prof. di francese): “Je vote non au référendum”. Chiara Petracca (prof. di lettere): “La nuova costituzione (in minuscolo) andrebbe bocciata senza appello non fosse altro che per i suoi innumerevoli solecismi e idiotismi. Ergo, no”. Angelo Nocco (informatore Bayer): "Aspiri no". Paola Ronchi (attivista del no): “Ti sembro una dal sì facile?”. Pasquino Galatino: “Trovi la risposta nel morfema grammaticale, altrimenti detto desinenza (coincidente con l’ultima sillaba), rispettivamente dei miei nome e cognome”. Anna Carluccio (insegnante elementare): “Ovvio che no. I miei alunni di seconda avrebbero saputo scriverla meglio”. Enrico Giuranno (attivista 5 stelle): “CasaraNO”. Anna Primiceri (abiti da sposa): "Il sì solo sull'altare". Petra Reski (giornalista e scrittrice): “Nein”. Tonino Baldari (il guerriero nascostosi sulle nuvole): “Noooooo”. Lorenza Gioviale (attivista e sognatrice): “No, a dispetto della stampa, anzi della stampella tutta a favore del sì”. Andrea Rizzo (collega alle prese con l’inglese da viaggio): “Dairector: Ai uont tu vot no bicos de riform is not gud”.

Excellent, Andrea.

p.s. Cosa voto io? Che domanda. Ma scusate, vi sembro forse uno yes-man?

Antonio Mellone

 

Il Comune di Galatina e il Comitato territoriale di Arci Lecce presentano "Storie di donne e di identità", un convegno per celebrare la Giornata internazionale della donna, in programma giovedì 8 marzo, ore 10.00, presso la sala Celestino Contaldo del Palazzo della Cultura.

L'incontro vedrà la partecipazione delle quarte e quinte classi del liceo scientifico A. Vallone, dell’Itc M. Laporta e il liceo Classico P. Colonna di Galatina. Saranno presenti e dialogheranno sul tema Marcello Amante, (sindaco di Galatina), Maria Giaccari (assessore alle Pari Opportunità), Noel Alberto Vergine (presidente Commissione Pari Opportunità), Anna Caputo (presidente Arci Lecce).

Una giornata che nasce con l'obiettivo di approfondire i diritti delle donne in Italia e nel mondo, gli usi e i costumi delle nazionalità di provenienza.

Il convegno sarà aperto da una video-testimonianza sulle violenze subite e praticate sistematicamente sui migranti in Libia, tratta da un'intervista a una ragazza ospite in un progetto di accoglienza gestito da Arci Lecce.

A seguire le "iniziative di cittadinanza" con una serie di interventi, moderati da Gianluca Carrisi, operatore dell'accoglienza Arci Lecce, per conoscere da vicino le singole storie di chi si trova spesso a fronteggiare una doppia discriminazione, prima come donna e poi come migrante.

Il dibattito coinvolgerà gli studenti delle scuole di secondo grado di Galatina, le beneficiarie ospiti nel progetto Sprar "Safia Ama Jan" di Galatina e le ragazze frequentanti il laboratorio audio-visivo all'interno del progetto EnFem, avviato lo scorso novembre con donne migranti e donne locali dai 16 ai 50 anni.

Enfem è un progetto internazionale per migliorare e facilitare l'integrazione delle donne migranti in Europa, finanziato dall’Amif (Asylum Migration Integration Fund), che riunisce sei paesi europei (Italia, Belgio, Spagna, Slovenia, Germania, Grecia), con Arci Lecce capofila, per stimolare il dibattito pubblico sulla condizione della donna migrante. Tra gli obiettivi, la realizzazione di un documentario sull'incontro tra culture diverse, attraverso un percorso laboratoriale con diversi professionisti del settore audiovisivo.

Durante il convegno ci sarà la lettura da parte di Chiara De Pascalis, operatrice Arci Lecce, di alcuni brani tratti dal libro “Il mio nome vuol dire bella faccia”, edito da Esperidi, che raccoglie 32 voci di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, che hanno trovato in Italia una nuova vita.

Ufficio Stampa Comune di Galatina

 
Di Redazione (del 23/06/2016 @ 21:01:16, in Comunicato Stampa, linkato 1671 volte)

Sabato 25 giugno, alle ore 18.00, presso la Sala del Sindaco di Palazzo Orsini, sarà presentato il libro di Giannicola Sinisi “A Sicilian Patriot. Giovanni Falcone e gli Stati Uniti d’America”.

Giannicola Sinisi, noto magistrato italiano, è nato ad Andria il 2 giugno 1957. Eletto sindaco della sua città nel 1993 è stato parlamentare e sottosegretario al Ministero dell’Interno. Dopo l’esperienza politica, ed una breve assegnazione dalla Corte di Appello di Potenza, negli anni 2009-2013 è stato consigliere giuridico presso l’Ambasciata italiana a Washington D.C. (USA). Durante il periodo trascorso al ministero della Giustizia in Roma, dal 1991 al 1993 ha collaborato con Giovanni Falcone alla Direzione generale degli Affari penali fino alla strage di Capaci, il 23 maggio 1992, occupandosi dopo tale data, su incarico del Ministro della Giustizia Martelli, del raccordo con la Procura di Caltanissetta e con la Commissione parlamentare antimafia.

Alla presentazione del libro parteciperanno Antonio De Donno, procuratore aggiunto della Repubblica di Lecce; Cosimo Montagna, sindaco di Galatina; Daniela Vantaggiato, assessore del Comune di Galatina; Adalberto Wojtek Pankiewicz, presidente del Movimento “valori e Rinnovamento”; Tonio Tondo, giornalista de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, moderatore.

Sarà presente l’autore Giannicola Sinisi.

Il libro - I cablogrammi segreti dell’Ambasciata statunitense a Roma al Dipartimento di Stato americano dal 1987 al 1993, declassificati per iniziativa dell’autore, svelano il pensiero originale ed autentico delle autorità Statunitensi su Giovanni Falcone e su alcune vicende rilevanti della sua storia personale che, a tratti, si sovrappone alla storia d’Italia. Un punto di vista alternativo a quello con cui solitamente siamo abituati a confrontarci, e che rivela come, talvolta, non riusciamo a vedere oltre noi stessi, diventando incomprensibili per un osservatore pragmatico, quantunque interessato e attento alle nostre vicende interne.

 

In occasione delle festività natalizie, la biblioteca Giona, Presidio del libro Noha-Galatina, il 21 dicembre alle ore 17.00 organizza "PAROLE, COLORI E NOTE IN FESTA", una serata di giochi e letture animate a cura di Raffaele Margiotta - Compagnia Theatrum.

Eleonora Longo

Dirigente scolastico I.C. POLO 2 Galatina

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina 

 

 

 

 

 
Di Redazione (del 25/09/2021 @ 20:59:10, in Comunicato Stampa, linkato 551 volte)

Lunedi 27 settembre, alle ore 21:00, a Soleto, in Largo Osanna, andrà in scena il quarto appuntamento della XXI edizione de I Concerti del Chiostro, la stagione concertistica finanziata dalla Regione Puglia e che vede la collaborazione dei Comuni di Galatina e Soleto.

Protagonista della serata, il pianista Danilo Rea.

Dopo i primi tre appuntamenti di Galatina, con Musica Nuda, Ilia Kim ed il duo Sella Canino - sold out in tutte le occasioni - ed una serie di riscontri positivi da parte del pubblico presente, I Concerti del Chiostro, diretti dal Maestro Luigi Fracasso, fanno tappa a Soleto, dopo un primo rinvio a causa del maltempo.

Danilo Rea è vicentino di nascita ma romano d’adozione. Nella sua lunga esperienza nella Capitale, Rea si forma, sperimenta nuove tecniche musicali e, nel frattempo, si fa strada nell’ambiente del jazz, fino a suonare con alcuni tra i più grandi solisti statunitensi: da Chet Baker a Lee Konitz, per passare da John Scofield e Joe Lovano.

Anche in Italia, vanta numerose collaborazioni di prestigio, con artisti del calibro di Claudio Baglioni, Pino Daniele, che un giorno gli dice: “Sei il primo musicista nato a nord di Napoli con il quale collaboro”.

Da anni, Danilo Rea ha allargato il suo repertorio, con risultati straordinari, ad arie di melodrammi, pagine di musica classica, il rock dei Rolling Stones e Beatles, la canzone d’autore, da Fabrizio De André a Mina.

Danilo Rea è un artista equilibrista, un esperto della musica jazz, che riesce perfettamente a bilanciare il pop e il rock, così come la musica classica e perfino la lirica.

Il direttore artistico de I Concerti del Chiostro, il Maestro Luigi Fracasso, commenta cosi l’arrivo di Danilo Rea: “È con grande gioia che ospitiamo a Soleto Danilo Rea. Il poliedrico pianista jazz rientra ampiamente nel progetto de "I Concerti del Chiostro" di portare la Grande Musica, intesa come Buona Musica, tra la gente.

Sono felice, anche, - prosegue Fracasso - di constatare il consenso di pubblico che i nostri concerti stanno riscuotendo in questa edizione. Questo gratifica tutti gli sforzi di chi crede e si spende per il nostro festival”.

L’ingresso al concerto è gratuito ed è riservato ai possessori di Green Pass o di un tampone negativo effettuato con un massimo di 48 ore dall’inizio dell’evento.

Restano gli ultimi posti disponibili, prenotabili all’interno del sito iconcertidelchiostro.it

Sara Romano

Ufficio Stampa - I concerti del Chiostro

 
Di Redazione (del 21/03/2018 @ 20:56:39, in Comunicato Stampa, linkato 1175 volte)

Si terrà giovedì 22 marzo alle ore 18,30 presso la Sala Celestino Contaldo del Palazzo della Cultura di Galatina il primo appuntamento della Rassegna Letteraria “Dammi una L” voluta dall’assessorato alla Cultura. La Rassegna, che intende dare voce agli autori e ai lettori mettendoli faccia a faccia, inizierà ospitando il giornalista de La Gazzetta dello Sport Francesco Ceniti autore, insieme alla signora Tonina Pantani, del libro inchiesta In nome di Marco, edito da Rizzoli, che fa luce sulla carriera del campione romagnolo di ciclismo Pantani, sulle accuse di doping, sui guai con la giustizia sportiva, sul mondo del ciclismo di quegli anni e sull’aspetto umano del ragazzo fragile più che del fenomeno che scattava in piedi sui pedali e fulminava gli avversari.

Insieme all’autore interverrà Elio Aggiano, ciclista salentino che ha gareggiato con Pantani, Antonio Liguori giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno che modererà l’incontro, il sindaco Marcello Amante e l’assessore Cristina Dettù. Tra gli ospiti coinvolti ci saranno anche rappresentanti di categorie sportive che prenderanno parte al dibattito.

“La presentazione di libri e il dialogo con gli scrittori – dice l’assessore Dettù – sono due occasioni utili per conoscere, per capire e per imparare. La cultura, per come la intendiamo noi, non può prescindere da questi appuntamenti formativi. È intenzione di questa amministrazione puntare su eventi come questo e la Rassegna, che ci auguriamo diventi un appuntamento fisso ogni anno, rappresenta un primo tassello”.

Ufficio stampa Marcello Amante

 

In questo periodo molti di noi sono affaccendati a trovare un regalo natalizio che sia originale e magari che costi poco. Ma le domande sul mondo che ci circonda arrivano senza nemmeno chiedere. Social, TV, radio ci aggiornano in tempo reale sulle faccende del pianeta. In tutto questo ogni tanto bisogna fermarsi e approfondire una notizia, cosa che vorremmo fare con l'appuntamento alle vecchie scuderie del castello Castriota Scanderebergh in piazza Alighieri Galatina martedì 14 dicembre ore 17.30. In questo vecchio maniero, fondato dal figlio dell'eroe nazionale albanese alla fine del XV secolo, si svelerà ai partecipanti un intrigo internazionale che ha portato al ritiro delle forze armate occidentali dall'Afghanistan e del ritorno dei talebani a Kabul. Ospite d'onore della serata il libro "Inferno a Kabul, la vera storia del ritiro occidentale dall’Afghanistan" . Il libro mette in campo teorie e azioni non conosciute, svelando strategie militari e raccontando politiche che hanno determinato gli eventi. In molti si sono chiesti che cosa possa esserci dietro a quello che è stato indicato come un frettoloso ritiro della coalizione occidentale dall’Afghanistan. Chiara Giannini, brillante reporter di guerra de " Il Giornale ", ha scritto il libro insieme a Simone Platania, esperto di storia mediorientale. Chiara Giannini racconterà in presa diretta i vent’anni della coalizione internazionale e l'improvviso abbandono del Paese orientale. Il racconto palpitante verrà accompagnato dalla presentazione di Raimondo Rodia. La vera storia della fuga degli interpreti afghani, dell'impegno per salvarli dei militari italiani, delle donne rimaste a subire il regime del nuovo regime talebano ma soprattutto di quello che resterà sempre un clamoroso errore occidentale. Un’occasione importante per parlare anche di un eroe nazionale nato proprio a Galatina, Pietro Antonio Colazzo, agente dei servizi segreti italiani che salvò almeno 4 persone prima di venire ucciso a Kabul nel febbraio del 2010, durante un attacco talebano in un albergo della Capitale. Pietro Antonio Colazzo perderà la vita il 26 febbraio del 2010, in un attacco Talebano che semina il terrore per quattro ore consecutive a Kabul, provocando un totale di 18 morti e oltre 30 feriti.

Raimondo Rodia

 
Di Redazione (del 30/01/2017 @ 20:52:29, in Comunicato Stampa, linkato 1433 volte)

Così come programmato nel pomeriggio di DOMENICA 22 GENNAIO 2017 si è svolto presso l’AUDITORIUM “G.Toma”  in Via Martinez a Galatina il WORKSHOP ORGOGLIO MAGISTRALE DON MILANI 1967/2017 a cinquanta anni dalla sua morte e dalla pubblicazione di Lettera a una professoressa organizzato dal LICEO DELLE SCIENZE UMANE Già ISTITUTO MAGISTRALE di GALATINA.

E’ stata una serata di grande emozione e partecipazione in tutti i momenti programmati. Come annunciato Michele Gesualdi uno dei primi sei ragazzi della scuola popolare di don Milani a Barbiana e autore del libro appena pubblicato“Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana” è intervenuto con un suo messaggio: riteniamo di doverlo condividere con il maggior numero di lettori a partire da quelli delle testate locali, grati verso Michele Gesualdi che, come lui stesso afferma è stato protagonista diretto di una esperienza unica e forse irripetibile

Certa di averti fatto cosa gradita ti saluto cordialmente

Daniela Vantaggiato

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Di Redazione (del 06/02/2019 @ 20:51:34, in Comunicato Stampa, linkato 1059 volte)

Non dimenticare è un dovere istituzionale e personale ed ha un duplice scopo: da una parte costruire la memoria, dall’altra consolidare i valori della solidarietà, della partecipazione e della com-passione, per diventare cittadini migliori e più consapevoli.

Le parole, anche quelle dei libri, sono i mattoni indispensabili al raggiungimento di questo obiettivo: abbiamo bisogno di dare un nome ai pensieri e di dare un peso ai nomi, affinché possano mettere radici e resistere al vento dell’indifferenza, allo schiacciasassi di un presente che tutto annulla e macina e che ci spinge a non prendere posizione, se ciò richiede un tempo maggiore di un “like”.

Le parole dunque da indossare e riempire, da portare in viaggio e mettere in scena; ecco il senso de “Il piccolo dittatore” di Gianluigi Belsito che sarà a Noha la mattina del 14 febbraio con due spettacoli dedicati in particolar modo ai ragazzi della scuola, ma aperti a chiunque abbia voglia di non arrendersi e continuare a sperare… nonostante!

Dirigente Scolastico IC POLO 2 GALATINA

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 
Di Redazione (del 15/02/2019 @ 20:48:07, in Comunicato Stampa, linkato 1147 volte)

Giornata speciale ieri 14/02/2019, per il Polo 2 di Galatina e Noha e per il Presidio del libro di Noha e Galatina. Nell’ambito delle iniziative per il Mese della Memoria, abbiamo accolto una particolarissima compagnia teatrale: “il Teatro del Viaggio” diretta da Gianluigi Belsito di Bisceglie. L’idea chiave, che ne è il fondamento, è la scelta di ridare fisicità, corpo alle parole, non solo mettendole in scena, ma facendole letteralmente camminare, con l’obiettivo di incontrare e coinvolgere anche chi risiede in periferia.

I ragazzi delle classi quinte della scuola primaria e secondaria di 1° grado hanno così partecipato a “Il piccolo dittatore”, uno spettacolo interattivo, gestito egregiamente dagli attori Gianluigi Belsito stesso e Maria Lanciano, che invitava a riflettere sulla tragedia dell’olocausto attraverso l’esplorazione delle parole, sciorinate come panni al sole, ed esplorate seconda la doppia chiave del drammatico e del grottesco. Pregiudizio, razzismo, dittatura, paura, propaganda, deportazione, diversità… hanno toccato la sensibilità dei ragazzi (da sempre il pubblico più difficile) e dei loro insegnanti, stimolandoli a “intelligere”, cioè a leggere dal di dentro, in profondità, ciò che è stato, per riconoscerne gli amari segni nel presente.

Tutti, in quel piccolo teatro parrocchiale, messo a disposizione dall’infaticabile parroco di Noha don Francesco Coluccia, abbiamo sentito il bisogno di prendere posizione e di adoperarci affinché gli olocausti e la violenza delle guerre cessino.

È questa la semplice, straordinaria utopia di ogni persona di buona volontà!

Ma come riuscirci? Non certamente rispondendo con la violenza, lo abbiamo già sperimentato senza successo. Lo faremo inveceattraverso la conoscenza, l’esercizio del libero pensiero, l’educazione all’empatia e il senso del grottesco (da sempre i potenti hanno paura del ridicolo!). Questo il messaggio de “Il piccolo dittatore”, questo l’ambito di senso in cui Hitler con tutti i tiranni della sua specie, passati e presenti, si è manifestatonella sua malvagità, ma anche nella sua stupidità e banalità di essere piccolo di cuore e di mente, che ci auguriamo di poter seppellire definitivamente anche con una risata.

Grazie, Teatro del Viaggio, ci incontreremo ancora!

dott.ssa Eleonora LONGO

Dirigente Scolastico IC POLO 2 GALATINA

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

 

La Biblioteca Giona, Presidìo del libro Noha-Galatina, in occasione del mese della memoria 2018, organizza una rassegna di eventi aperta alle famiglie e al territorio.

Il programma prevede una serie di  iniziative strutturate in vari linguaggi: letture drammatizzate tratte da testi scelti a cura dell'Associazione Culturale "L'Officina delle Parole"; visione di film e riflessione ragionata sulle problematiche emerse;  laboratori di lettura collegati con attività creative, incontro con Sofia Schito, autrice del libro "La B capovolta" adottato dalle classi terze della scuola secondaria di primo grado, attività di approfondimento ed analisi della storia di Anna Frank attraverso la lettura del suo diario.

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 
Di Albino Campa (del 27/08/2006 @ 20:46:16, in Eventi, linkato 3056 volte)
Ricorre nel 2006 il centenario della fondazione della CGIL, sindacato dei
lavoratori. Anche Noha ha avuto protagonisti importanti nella storia di quel
glorioso sindacato. Sarebbe proprio il caso di celebrare l'evento storico
del centenario attraverso l'uso della memoria collettiva. Ci stiamo
riferendo alla sig.ra Isa Palumbo "la Isa" (1920 - 2003), cittadina di
Noha, battagliera esponente di quel sindacato di sinistra nel corso degli anni
ruggenti delle lotte per la conquista dei diritti dei lavoratori.

La memoria si  può esercitare, ad esempio, leggendo quanto fu scritto su "il
Titano" n. 12 del 27 giugno 2005 (articolo riportato nel libro "Noha.
Storia, arte, leggenda", pg. 366 -370); visionando il film - documentario di
Luigi del Prete, "Le tabacchine", ed. Easy  Manana, e, non ultimo,
intestando in maniera ben visibile una strada, un quartiere, un giardino,
una sala, ecc. di Noha.
I buoni frutti nascono da alberi che hanno coscienza delle loro radici.

Gli internauti di Noha.it esprimano il loro accordo o disaccordo su questa
iniziativa....
 
Di Redazione (del 05/02/2020 @ 20:45:02, in Comunicato Stampa, linkato 985 volte)

Ritorna il Carnevale a Galatina. E lo fa in punta di piedi ma con tutto l’entusiasmo e la gioia dei bambini. Grazie all’impulso dell’Amministrazione Comunale, le scuole del territorio di Galatina, dagli istituti comprensivi sino alle scuole paritarie, si sono attivate per mettere in scena, con vestiti, trucco e tanta fantasia, alcune favole del nostro tempo. Da Peter Pan ad Alice nel Paese delle Meraviglie, dalla Sirenetta a Biancaneve e i Sette nani, da Pinocchio al libro della Giungla sino addirittura alle favole di Leonardo da Vinci.

Oltre a tutti i cittadini che desiderano indossare una maschera, hanno sin da subito aderito all’iniziativa le seguenti scuole: l’Asilo nido comunale “G. Rodari”, le scuole paritarie La Sirenetta, Maria Gloria Vallone e L’Ape Maya e gli istituti comprensivi Polo 1, Polo 2 e Polo 3.

Domenica 9 febbraio Galatina inaugura la sfilata carnevalesca con partenza alle ore 9.30 nei pressi del Piazzala della Stazione. Il corteo prosegue lungo Via Liguria, Via Gallipoli, Corso Porta Luce con arrivo in Piazza San Pietro. La sfilata vede anche la partecipazione degli sbandieratori ‘Nzegna di Carovigno, che regalano alla Città il proprio spettacolo per puro spirito di amicizia tra le due comunità. La festa del Carnevale prosegue anche nel pomeriggio con spettacoli e animazione per i più piccoli, a partire dalle ore 15 in Piazza San Pietro. Denominatore comune di tutta la giornata è l’Associazione Giardino Dipinto, che collabora per la buona riuscita dell’evento attraverso l’allestimento di un’area ludica e di un’area spettacolo con clown, artista mino, trampolieri e tanto tanto altro ancora da scoprire.

“Un Carnevale da favola è l’esempio concreto di una proficua sinergia e collaborazione tra amministrazione comunale, scuole e associazionismo – così l’Assessore alla cultura Cristina Dettù - mossi tutti da un unico intento, quello di regalare ai nostri bambini un momento di gioia, di magia, una giornata fuori dalla realtà all’insegna del divertimento. Nella prima fase organizzativa, fondamentale è stata la partecipazione delle dirigenti di tutte le scuole del territorio e delle maestre, che hanno accolto col giusto spirito ed entusiasmo l’invito dell’Amministrazione comunale e sono state in grado di coinvolgere i genitori e una comunità intera che da settimane vive il fermento dei preparativi. E’ questa la Città che vogliamo, una comunità che sappia unire e creare momenti di naturale e pura condivisione.”

Ufficio stampa Marcello Amante

 
Di Albino Campa (del 28/09/2010 @ 20:41:19, in Eventi, linkato 3694 volte)

Le Chiese Avventiste identificano Gesù con l’arcangelo Michele. Da questo punto di vista, Michele è il primo e più grande di tutte le creature di Dio. Questo, semplicisticamente, è motivato dalla Bibbia che menziona solo un arcangelo per nome, Michele appunto, e dalla prima lettera ai Tessalonicesi (4:16), in cui san Paolo dice riguardo Gesù: «Perché il Signore scenderà dal Cielo con un comando, e con la voce di un arcangelo». In quest’ottica, arcangelo significherebbe capo degli angeli piuttosto che capo angelo, e come questo titolo sarebbe vicino al «Principe» che usa Daniele. I teologi cristiani, sia cattolici che protestanti, sono concordi nell’identificare, nell’Antico Testamento, l’Angelo del Signore (al singolare) come una prefigurazione del Cristo; quindi una teofania. L’immagine di Michele arcangelo sia per il culto che per l’iconografia, dipende dai passi dell’Apocalisse. È comunemente rappresentato alato in armatura con la spada o lancia con cui sconfigge il demonio, spesso nelle sembianze di drago. È il comandante dell’esercito celeste contro gli angeli ribelli del diavolo, che vengono precipitati a terra. A volte ha in mano una bilancia con cui pesa le anime (psicostasia). Sulla base del libro dell’Apocalisse ne vennero scritti altri dedicati a Michele che finirono per definirlo come essere maestoso con il potere di vagliare le anime prima del Giudizio. L’iconografia bizantina predilige l’immagine dell’arcangelo in abiti da dignitario di corte, rispetto a quella del guerriero che combatte il demonio o che pesa le anime, più adottata invece in Occidente.
Ma ecco quello che succederà a Noha per la festa patronale, nel giorno della festa 29 settembre: Solennità di San Michele Arcangelo Ore 7.00-8.30-10.00-11.30 SS. Messe. Mentre alle ore 18.30 Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da Sua Eminenza Reverendissima il Sig. CARDINALE SALVATORE DE GIORGI. Programma delle Manifestazioni 28-29 settembre: Gran Concerto Bandistico “CITTÁ DI SOGLIANO CAVOUR” (LE) Maestro Direttore e Concertatore GIOVANNI GUERRIERI. Al termine della Processione Spettacolo Pirotecnico a cura della Ditta “La Pirotecnica del Sud” di PIERO COLUCCIA di Galatina (LE).
Il 29 settembre: Concerto Bandistico “CITTÁ DI SQUINZANO” Maestro GIOVANNI PELLEGRINO ore 24.00 a conclusione dei Festeggiamenti spettacolo di fuochi pirotecnici curati dalle Ditte “La Pirotecnica del Sud” di PIERO COLUCCIA di Galatina (Le) e dal Cav. MAGGIO AMODIO di Tuglie (LE). Chiusura il 30 settembre ore 21.00 “EQUIPE 84” in Concerto.
Infine quest’anno è toccato a Lecce la festa itinerante della Polizia, approdata per le celebrazioni del 2010 per il Santo Patrono dell’Arma, San Michele Arcangelo, nel capoluogo salentino. La festa rappresenta un occasione di riflessione e riconoscenza ai caduti della Polizia di Stato e alle loro famiglie. Oggi, martedì 28 settembre, le celebrazioni iniziano alle ore 18 con la Santa Messa celebrata nella Cattedrale di Piazza Duomo dall’Arcivescovo di Lecce, Monsignor Domenico D’Ambrosio, alla presenza del Ministro dell’Interno Roberto Maroni e del Prefetto Antonio Manganelli, oltre che di numerose autorità istituzionali, civili e militari.
Alle ore 20,30, presso il Teatro Politeama Greco, si svolgerà la cerimonia di consegna del “Premio San Michele Arcangelo”, conferito dalla Polizia di Stato come riconoscimento verso coloro che si sono messi in luce per le loro azioni ispirate da altruismo, in difesa dei deboli e per solidarietà.
 La serata, sarà presentata da Paola Saluzzi e Fabrizio Frizzi, vedrà la partecipazione di esponenti del mondo della cultura, dello spettacolo e della musica accompagnati dalla Banda musicale della Polizia di Stato.

Raimondo Rodia

http://galatina.blogolandia.it/2010/09/28/noha-s-michele-e-la-festa-della-polizia-a-lecce/

 

Conversando con la Dott.ssa ENRICA MARIANO autore del libro
"LA MALATTIA E' SOLO LA PUNTA DELL'ICEBERG" 
Saluti di SILVANA ROSATO Presidente FIDAPA BPW ITALY Sez. Lecce.

Dialogheranno con l'Autrice  la Dott.ssa Erika Mele Psicologa clinica specializata in tecniche di rilassamento e disturbi cognitivi e la Dott.ssa Miryam De Pascalis Farmacista specialista in Naturopatia.

Vi aspettiamo venerdì 10 febbraio presso il "Museo Sigismondo Castromediano" Sala Auditorium, Viale Gallipoli - Lecce alle ore 17:30.

 
Di Redazione (del 12/10/2015 @ 20:39:46, in Comunicato Stampa, linkato 1485 volte)

Il 15 ottobre prossimo, alle ore 18.00, si terrà la presentazione ufficiale, riservata agli organi di informazione, del libro “Prendi il rene per la gola” di Eugenio Rollo.
Secondo gli ultimi dati epidemiologici, circa l’otto per cento della popolazione soffre di disturbi a carico dei reni, si parla quindi di milioni di persone. Il progetto ha come obiettivo di affrontare le tematiche delle patologie renali con un’ottica interdisciplinare che unisca l’apporto della medicina, della dietologia e della psicologia.
Il testo è una raccolta di ricette e di informazioni nutrizionali per la prevenzione delle malattie renali, con un approccio basato non sulle limitazioni, bensì sulle opportunità di una alimentazione corretta e allo stesso tempo appetitosa. Peraltro suggerimenti e ricette possono essere utilizzate da tutti, a garanzia di un’alimentazione sana, seppur controllata e gustosa.
L’autore, Eugenio Rollo, è uno psicologo psicoterapeuta leccese, affetto da molti anni da patologia renale e attualmente in dialisi, che ha voluto unire nel libro l’esperienza di paziente nefropatico, la passione per la buona tavola e il contributo della propria professione, come esempio concreto di resilienza, reazione attiva e positiva alla malattia.
Partecipano all’incontro:


- Dr. Marcello Napoli, Direttore U.O.C Nefrologia e Dialisi
- Dr. Efisio Sozzo, Dirigente Medico U.O.C Nefrologia e Dialisi
- Dr. Eugenio Rollo, Psicologo Psicoterapeuta, autore del libro
Per contatti e informazioni:


tel. 329 22.11.000 – email: info@eugeniorollo.it

 
Di Redazione (del 29/10/2015 @ 20:37:58, in Comunicato Stampa, linkato 2064 volte)

Sabato 31 ottobre, a partire dalle ore 9:30,  il Campus scolastico di Galatina ospiterà la Festa cittadina dei lettori. Un appuntamento formativo d’eccezione per piccoli e grandi lettori che,  per il terzo anno consecutivo, l’Assessorato alla Cultura promuove nell’ultima settimana di ottobre, in continuità con la proposta dell’Associazione dei Presidi del libro di Noha-Galatina e la collaborazione della Biblioteca comunale Pietro Siciliani.

Le scuole, vere protagoniste dell’evento, animeranno il luogo della festa con  tante attività culturali  dedicate  alla   Parola sacra:… Concon, tema proposto dal locale  Presidio nell’ambito dell’11. edizione della festa nazionale dei lettori che si tiene a fine settembre.

In calendario sono presenti reading, incontri e  performance varie. Per l’occasione un pullman della ditta Tundo si trasformerà in uno spazio laboratoriale. Non mancheranno alcune  iniziative per  onorare la ricorrenza dei 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri.

Nel corso della manifestazione  si esibiranno il coro diretto da Anna Arces del progetto “Musicaingioco.net” e Luca Congedo e Fabrizio Forte in una performance ritmico- musicale.

Alle ore 10:00, presso l’auditorium del Liceo scientifico Antonio Vallone, l’Assessore alla Cultura Daniela Vantaggiato e gli studenti incontreranno  lo scrittore  Fabio Genovesi, vincitore del Premio Strega Giovani 2015 con "Chi manda le onde", grazie alla collaborazione con la libreria Idrusa di Alessano. Precederà l’incontro un concerto a cura dei docenti di strumento della scuola media “G. Pascoli”.

La terza edizione della festa cittadina dei lettori si avvale, altresì, dei contributi  della Protezione Civile, della Pro-loco e dei Volontari del Servizio Civile Nazionale – Progetto Reading 2014.  Il servizio navetta per il trasporto dei piccoli lettori  è garantito dagli scuolabus comunali.

Ufficio Stampa del Comune di Galatina

 
Di Andrea Coccioli (del 07/09/2016 @ 20:33:57, in Comunicato Stampa, linkato 1515 volte)

L’Associazione culturale City Telling di Galatina promuove e organizza “Confronti d’autore”, penultimo incontro di Note a Margine, la mini rassegna estiva, giunta alla seconda edizione, con l’obiettivo di raccontare attraverso i diversi linguaggi artistici le periferie dell’umano.

L’evento si svolgerà venerdì 9 settembre, alle ore 21, presso PART-produzioni artistiche via Cafaro 2 a Galatina (all’interno del Palazzo della Cultura “Z. Rizzelli”).

Ospiti dell’incontro saranno Francesca MALERBA, autrice del libro "Salento Rock Andati via senza salutare" edito da Kurumuny e Davide POTENTE, autore di “Qualcosa da Perdere” edito da ExCogita.

I due giovani autori daranno voce alle storie e metteranno a confronto le due generazioni descritte all’interno dei propri libri: quella degli anni 70/80 che è “andata via senza salutare” abbandonando radici, affetti e sogni nella Galatina dilaniata dalla diffusione dell’eroina negli anni ottanta, e quella della generazione X, ben descritta da Potente, quella dei neolaureati classe 1980/90 che “non fanno la differenza, ma al massimo la differenziata”.

La serata sarà accompagnata dalla voce e dai suoni di Leonardo SERRONE, in arte il SER, giovane cantautore leccese del gruppo emergente “Massime Frequenze”.

 

Per ulteriori informazioni è possibile contattare l’Associazione City Telling attraverso la pagina fb Note a Margine 2016.

Stay tuned!

Area comunicazione

a cura dell’Associazione City Telling

 
Di Paola Congedo (del 09/02/2014 @ 20:28:36, in Eventi, linkato 2588 volte)
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Ultimi appuntamenti dedicati alla Shoah:
- lo sguardo lucido e partecipe dello storico nell'incontro con Bruno Maida, martedì alle 10,00 nella scuola di Noha;
- la passione, il dolore e la capacità di guardare il cielo, nonostante tutto, nella mostra dei libri d'artista del Presidìo del libro di Sannicola, nella biblioteca Giona di Noha, fino a venerdì. Vi aspetto tutti, non mancate!
 
Di Antonio Mellone (del 28/03/2014 @ 20:28:35, in NohaBlog, linkato 2993 volte)

Ho letto con interesse l’intervento di Lino Mariano pubblicato qualche giorno fa su questo sito dal titolo: “Un solo comune ed una sola giunta”. E devo dire che stavolta sono d’accordo con lui.

Non fosse altro che per il fatto che questi concetti, più o meno, li avevo più volte già espressi anch’io sull’Osservatore Nohano.

Per esempio, sull’O.N. n. 2, anno V, 9 marzo 2011, in occasione della recensione del libro dal titolo “Governare la dimensione metropolitana” (Franco Angeli, Milano, 2011), scritto dalla nohana Carmen Mariano (che tra l’altro ha vergato un commento circostanziato alle note di Lino), ribadivo infatti quanto segue: “[…] In questo libro, a pensarci bene, si parla anche (e soprattutto) di Salento, pur non essendovi, quest’ultimo, espressamente menzionato (ma un libro serve anche a questo).

In maniera indiretta, cioè, ci viene suggerito che è giunto il momento di porre termine alla lotta campanilistica portata avanti dal centinaio di comuni leccesi con l’acqua alla gola (e non solo dal punto di vista della finanza pubblica ma anche delle idee); così come è davvero senza senso quell’altra grandissima corbelleria che è la proposta dell’istituzione della “Regione Salento”, la stupidaggine del secolo, cioè la creazione dell’n-esima sovrastruttura (che pagheremmo sempre noi cittadini) sbandierata da quattro disperati con voglia di protagonismo permanente effettivo e molto probabilmente con velleità (o brama) di stipendi da consigliere-regionale-a-due-passi-da-casa.

L’idea innovativa sarebbe invece la nascita di un governo metropolitano salentino, attraverso quella scelta obbligata che è l’associazionismo intercomunale, il quale dovrebbe andare a braccetto con il riordino territoriale. Le strade da percorrere sono le convenzioni o i consorzi tra comuni. Ma meglio sarebbe raggiungere un grado di maturità più alto e pensare addirittura alla forma più radicale (e forse più efficiente) di legame: l’Unione dei Comuni.

Queste scelte strategiche porterebbero finalmente ad una riduzione del numero dei comuni del Salento. Noha – lo diciamo per inciso – ha già dato in questo senso, ed è a tutti gli effetti un’antesignana di questa strategia, attuata già a partire dal 1811, epoca della fusione con il comune di Galatina: fusione che però non ha funzionato alla perfezione a causa di una classe politica nohana “subalterna” da molti punti di vista (ma dagli errori - che si chiamano lezioni – bisognerebbe pur imparare qualcosa).

Ma ritorniamo al Salento, ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato. Con le fusioni tra comuni, dicevamo, non si avrebbero più cento sindaci (anzi cento sindaci disperati), cento consigli comunali, cento presidenti del consiglio, cento segretari comunali, cento assessori all’urbanistica, ed altri cento alle politiche giovanili ed altrettanti alla cultura, e poi altri cento geometri/ingegneri comunali, insomma cento per cento di tutto di più. Con l’integrazione vera si otterrebbero: pianificazione territoriale metropolitana, reti di infrastrutture e di servizi non frammentati, piani di traffico intercomunali, tutela e valorizzazione dell’ambiente, interventi di difesa del suolo in maniera strutturata, raccolta e distribuzione delle acque, protezione civile, sicurezza e finalmente valorizzazione dei beni storici, artistici e culturali, il tutto in maniera organica e sulla scorta non del ghiribizzo dell’assessore comunale di turno ma sulla base di progetti seri e di interesse generale […]. Chiedo venia per la lunga autocitazione.

*

Ma dopo il commento “tecnico” e molto pertinente di Carmen Mariano, ho letto di seguito anche un altro appunto icastico nonché caustico di Michele D’Acquarica che suona così: “Per un popolo che prende a sassate un pullman per un rigore negato e vende il suo voto per un pieno di carburante, tutto è (im)possibile.

Come non convenire anche con Michele.

*

Anzi, se è per questo, io rincarerei un po’ la dose, aggiungendo che tutto è (im)possibile per un popolo che non batte ciglio se gli cementificano 26 ettari di terreno per costruire l’ennesimo centro commerciale con la favola delle “ricadute”, dello “sviluppo” e di altre simil-minchiate; tutto è (im)possibile per un popolo lobotomizzato che non muove un muscolo facciale se si sperperano soldi pubblici (circa 1.300.000 euro) per la ristrutturazione di una vecchia scuola elementare che poi, poveretta, non può funzionare a dovere in quanto non si sa quale ingegnere ha scordato di pensare a priori e non invece a posteriori (a posteriori, in tutti i sensi) ad una cabina di collegamento con la rete elettrica; tutto è (im)possibile per un popolo che sta morendo di cancro ma che non riesce a capirne la causa - da ricercare invece nell’avvelenamento sistematico e cosciente di aria, acqua, terra con il ricatto di quattro posti di lavoro, portato avanti, questo avvelenamento, da imprenditori arricchiti ma pur sempre con le pezze al culo; tutto è (im)possibile per un popolo che ti considera “profeta di sventura” quando cerchi di spiegare che no, il fotovoltaico non è proprio un buon affare per tutti ma per i soliti quattro furbetti (stavolta nemmeno italiani) che non solo sfruttano il nostro territorio uccidendolo con milioni di pannelli in mezzo alla campagna, ma che si beccano pure la polpa di succulenti incentivi pagati in bolletta dai soliti polli (cioè noi stessi medesimi); tutto è (im)possibile per un popolo che non ribatte con argomentazioni serie ed approfondite ai cosiddetti progetti per il mega-impianto di compostaggio (che compostaggio non è: ci hanno derubato anche del vocabolario) in nome della chiusura trionfalistica del ciclo dei rifiuti e del risparmio delle tasse sulla spazzatura (campa cavallo); tutto è (im)possibile per un popolo che sta mandando in rovina la sua storia ed i suoi beni culturali…  

*

Ma questo intervento di Lino Mariano mi fa ben sperare nel ritorno ad un dibattito franco e serio su questi e su molti altri temi che - auguriamoci tutti - inizino ad interessare sempre più il nostro popolo. Un popolo che finalmente la smetta di far rima con ridicolo.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 25/07/2019 @ 20:27:35, in Comunicato Stampa, linkato 1152 volte)

« “PerChiCrea” , l’iniziativa promossa dal MIBAC (Ministero Beni e Attività Culturali) e gestita da SIAE raccoglie ottimi risultati anche in Puglia » .

Così in una nota i portavoce del Movimento 5 Stelle alla Camera Leonardo Donno e Michele Nitti. L’iniziativa destina il 10% dei compensi per ‘copia privata’ a supporto della creatività e della promozione culturale dei giovani.

« La novità assoluta fortemente voluta dal Governo -spiegano- è stata la decisione di destinare il 50% delle risorse , circa 6 milioni di euro , ad attività di promozione culturale nelle scuole. I progetti ammessi al finanziamento in tutta Italia sono 238, ben 23 nella Puglia dove arrivano 573mila euro. Un ottimo risultato per aiutare e sostenere i nostri ragazzi a sviluppare i loro talenti e le loro competenze » .

Ecco i gli istituti scolastici finanziati in Puglia:

  • Per il settore “Arti visive, performative e multimediali”: Marconi-Hack di Bari e Don Tonino Bello di Tricase.

  • Per il settore “Cinema”: Moro-Falcone di Adelfia,Ciardo-Pellegrino di Lecce, Cosmai di Bisceglie, Japigia 1-Verga di Bari, Veglie Polo 1, Michele Dell’Aquila di San Ferdinando di Puglia, Salvemini di Fasano
  • Per il settore “Danza”: Ciardo-Pellegrino di Lecce, Catalano-Moscati di Foggia, Palmieri di Lecce
  • Per il settore “libro e Lettura”: Vito De Blasi di Gagliano del Capo
  • Per il settore “Musica”: Istituto Comprensivo di Matino, Bodini di Monteroni di Lecce, Moro-Falcone di Adelfia, Magistrato Giovanni Falcone di Copertino, Polo 3 di Galatina, Stampacchia diTricase, Verdi-Cafaro di Andria, Antonazzo di Corsano
  • Per il settore “Teatro”: Cassandro-Fermi-Nervi di Barletta, Amedeo d’Aosta di Bari.

M5S

 

 

I volontari del progetto “In reading 2015” del Servizio Civile Nazionale di Galatina, in occasione del III Weekend Orsiniano, organizzato dall’associazione “Club per l’Unesco”, tenutosi presso il Teatro Tartaro nei giorni 1 e 2 aprile, hanno prestato servizio di accoglienza agli alunni delle classi secondarie di Galatina e della scuola secondaria di primo grado di Soleto.

Proseguendo nell’attività, da venerdì 7 aprile, è stato avviato il progetto “La biblioteca incontra”, un’iniziativa che si terrà nel reparto pediatrico dell’ospedale “Santa Caterina Novella”. I volontari, affiancati dalle associazioni “Portatori sani di sorrisi” e da “Libere Associazioni”, giocano con i bambini presenti nel reparto, spaziando con letture animate di fiabe, filastrocche e storie, aiutandoli a superare la monotonia della degenza in ospedale, donando sorrisi e spensieratezza.

Inoltre, il 22 aprile in occasione della “Giornata mondiale Unesco del libro e del diritto d’autore”, presso la Biblioteca comunale “P. Siciliani” di Galatina, i volontari porteranno a termine il progetto “La pagina che non c’è” iniziato nel mese di gennaio. Il laboratorio è rivolto agli alunni delle scuole secondarie di primo grado del Comune di Galatina e consiste nel reinventare il finale di un libro permettendo ai ragazzi di essere piccoli scrittori, sviluppando le competenze della comunicazione nella madrelingua.

Una giuria, composta da docenti e da esperti, premierà l’elaborato più piacevole, che verrà in seguito pubblicato sui giornali online.

Vi aspettiamo numerosi!

 

I volontari “In Reading 2015”:

Luana Antonica

Jolanda Dolce

Sara Cuppone

Camilla Palombini

 
Di Michele Scalese (del 09/07/2019 @ 20:22:14, in Comunicato Stampa, linkato 1001 volte)

Se c’è una cosa che ho sempre più a cuore dell’Azione Cattolica, è il fatto di come essa non rivolga l’attenzione solo alle “cose di Chiesa”, ma partendo da queste mira ad suo campo d’Azione – per l’appunto – più ampio, al punto da riuscire a portare in un tessuto sociale così vario, idee e valori di quell’ecclesialità bella che tanto amo.

Tutti noi siamo quotidianamente in cerca di risposte alle tante domande che irrompono dall’esterno: non possiamo tacere, l’Associazione ha il compito di fare chiarezza. È risaputo come tra i temi più importanti che oggi toccano da vicino la coscienza dei cristiani ci sia sicuramente quello riguardante l’agire politico e le modalità con cui esercitare questo compito. In un periodo storico come il nostro, nel quale rosari e vangeli vengono sbandierati e strumentalizzati per fini elettorali, era ed è necessario ritornare a interrogarsi profondamente sulla Res Pubblica e riaffermare ancora una volta, da laici e più che mai da cristiani, la sacralità delle Istituzioni di cui la Politica occupa “la più alta forma di carità”, per far capire al mondo che il Vangelo è facile da mostrare ma diventa difficile la sua applicazione nel quotidiano. Conosciamo bene inoltre, come la coscienza formata rappresenta la visione più ampia di autonomia che il Concilio riconosce ai laici e al loro operare tra la gente. Ciascun battezzato è quindi responsabile del proprio modo di agire alla luce di quella sapientia docta, anche e soprattutto nel caso di scelte politiche differenti (GS, n. 43). Ed è questo che l’Azione Cattolica dell’Arcidiocesi di Otranto ha tentato di fare in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo, mediante l’incontro organizzato Sabato 18 Maggio 2019 finalizzato alla presentazione del libroEurHope. Un sogno per l’Europa, un impegno per tutti” di Michele d’Avino, Giurista e Direttore dell'Istituto di diritto internazionale della pace Giuseppe Toniolo.

“Quando si pensa all’Europa - dice d’Avino - la primaria importanza è data dalla doppia cittadinanza che ci viene assegnata: italiana ed europea”. Ed è vero, sottolineo! Viaggiare in Europa è davvero facile: basti pensare che la maggioranza dei paesi dell’UE hanno eliminato i controlli reciproci alle frontiere firmando l’accordo di Schengen (che prende il nome da una città del Lussemburgo nella quale nel 1985 fu firmato il primo accordo per l’abolizione dei controlli alle frontiere).

Per guardare al futuro dell’Europa occorre essere muniti di uno sguardo lungimirante - ci ricorda l’autore nel suo libro - che abbracci decenni di cammino. Ma non basta: è importante, nell’era della globalizzazione, mirare alle tante possibilità concrete che tale cammino consegna alle prossime generazioni. Ma noi, ce lo immaginiamo un mondo senza l’UE? Tra i tanti svantaggi che un Paese sovranista potrebbe avere, mi rifaccio alla drammatica considerazione dell’Uomo: se in Italia ha successo un leader (lettera minuscola di proposito!) che fa leva sul fenomeno del momento per avere consenso elettorale ed è pronto a dire “Prima gli italiani!”, senz’altro in Francia ce ne sarà un altro che rivendica “Prima i Francesi!” e in Polonia un altro ancora, che sbandiera il “Prima i Polacchi!”; arriveremo ad un punto, fratelli miei, in cui la Storia non potrà fare a meno di ripetersi, e partirebbe per l’ennesima volta da quell’uomo che in Germania dichiarò: “prima i Tedeschi!”.

Un altro passaggio che il Dott. D’Avino compie, sta nello specificare che l’Europa è sicuramente una realtà più grande delle istituzioni. Ciò sembra stridere con quanto detto fin ora, ma ci dice che questa realtà è qualcosa di più grande anche delle inadeguatezze con cui affronta le questioni del nostro tempo: le migrazioni, la povertà, il terrorismo, lo sfaldamento dei legami sociali. Per evitare il fallimento del progetto UE occorre ripartire da noi stessi assumendoci la responsabilità in prima persona, “…non possiamo e non dobbiamo rassegnarci all’idea di un’Europa chiusa in se stessa, smarrita e in preda alla paura!” [ibidem]

Penso che la nostra è l’Europa di chi spera ancora, è l’Europa di Dante, Shakespeare, Goethe, del Rinascimento, è l’Europa integra nell’idea di Uomo e della sua stessa identità.  Anche chi lamenta una incolmabile distanza da Bruxelles non potrà fare a meno di sentirsi “europeo” di fronte all’evidenza delle conquiste, in termini di diritti, opportunità e tutele, che il processo di integrazione ha prodotto e continua a produrre, a cominciare dalla Pace. Tutto questo ci ricorda che l’Europa è indispensabile per il mantenimento della pace tra i popoli che la abitano. Pensiamo ancora che per difendere i nostri costumi, per sentirci al sicuro, dobbiamo alzare frontiere, muraglie, cordoni umani, aumentare la distanza fisica e soprattutto morale tra noi e il resto del mondo che apparentemente non ci appartiene? Non vale forse la pena condividere un progetto per un nuovo governatorato globale, che faccia fronte comune contro il terrorismo e promuova cooperazione e sviluppo tra i popoli?

Pensiamo davvero che la sicurezza aumenti quando resto chiuso in casa e posso legittimamente usare un’arma per difesa personale? O piuttosto dobbiamo impegnarci a creare attraverso politiche condivise a livello europeo, le condizioni per ridurre odio e emarginazione? Questo significa che l’Unione non è e non sarà uno Stato unitario, un Superstato che assorbe e sostituisce gli Stati nazionali, ma una federazione di Stati che mettono in comune con efficacia e con metodo democratico alcune competenze, per obbiettivi non raggiungibili solo a livello nazionale e questo implica l’accettazione di un concetto non esclusivo di sovranità. Nello scrivere queste parole penso al Vita Activa di Hannah Arendt, in cui viene presentata l’azione politica come la più elevata tra le attività di cui è capace ogni essere umano, preceduta dal lavoro che ci libera dalla schiavitù della sopravvivenza biologica e dall’opera mediante la quale costruiamo il mondo.

Si tratta allora di assumersi le proprie responsabilità, facendo nostre le parole di Papa Francesco che rivolgendosi ai Capi di Stato in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, disse: “I Padri fondatori ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è un modo di concepire l’uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile e non solo come un insieme di diritti da difendere, o di pretese da rivendicare.” Queste parole ci invitano ad essere cittadini, e a farlo con fede, perché siamo cittadini dell’Europa della Speranza quando siamo capaci di vivere senza barriere che ci impediscono di vedere il cuore dell’altro e misurare ogni nostra azione con la mole universale della dignità della persona umana. In un contesto globale caratterizzato dal risorgere di populismi e interessi nazionali, indifferenza verso i deboli, crisi della democrazia rappresentativa e delle istituzioni sovranazionali, i cattolici sentano forte e urgente il bisogno di contribuire a costruire una società più fraterna e un mondo più giusto, partendo dal nostro piccolo e assimilando il bene, renderlo simile a sé, per poi spanderlo…a piene mani!

Michele Scalese
Presidente AC – Noha
Membro d'Equipe Diocesana Settore Giovani di AC

 
Di Albino Campa (del 10/12/2006 @ 20:17:23, in Racconti, linkato 4010 volte)

Da 'il Galatino', anno XXXIX, n. 21, dell'8 dicembre 2006, per la solita penna di Antonio Mellone, leggiamo la storia del tabacchino di Noha. Ve la proponiamo in tre parti, o, se preferite, in tre puntate settimanali. Anche questo è un contributo per la conoscenza della nostra bella cittadina e della sua storia economica.

IL TABACCHINO DI NOHA
(prima parte)

Abbiamo già detto, e qui lo ribadiamo ancora una volta, che nel nostro recente libroNoha. Storia, arte, leggenda” (Infolito Group, Milano, 2006; scritto a quattro mani con il P. Francesco D’Acquarica), benché voluminoso, per ovvie considerazioni non abbiamo potuto esporre e citare, rispetto a quanto già fatto, numerose altre storie, esaminare mille altre aziende, parlare di tutti i personaggi di Noha (posto che sia possibile conoscere tutti i personaggi di un luogo, per quanto piccolo questo possa essere)…
Qualcuno ancora oggi ci ferma per strada e ci ricorda le nostre “omissioni”.
Ma eravamo ben consapevoli di questo sin dal principio del lavoro (ed in alcuni brani del testo lo abbiamo anche ripetuto): chissà quante altre cose o accadimenti o soggetti o artisti sono rimasti nelle nostre penne (o nei tasti dei nostri computer). E chissà quanto ancora ci sarà da scoprire, studiare, riscrivere, ripensare, confutare (anche!), gli argomenti o i temi che nel suddetto libro s’è trattato soltanto superficialmente o non s’è trattato affatto. 
In questo intervento tratteremo, dunque, di uno di codesti “omissis”, che, volendo, potrà essere conservato come foglio volante, da inserire tra le pagine del summenzionato tomo: stiamo parlando del “tabacchino di Noha”.
Il tabacchino era ed è forse il negozio più diffuso in Italia. Già sin dagli inizi del secolo scorso, anche a Noha, proprio in piazza San Michele ce n’era uno condotto da tale Ciccio Liguori, ma molti non lo ricordano quasi più… 
L’altro invece che affiora nella memoria di più di un giovanotto dalla manifesta canizie era il tabacchino ubicato all’angolo tra la piazza San Michele e la via Castello, là dove oggi è situata la sede dei Democratici di Sinistra (già sezione del Partito Comunista Italiano).
In quell’angolo c’era un negozietto: il tabacchino di don Lisandro (Alessandro) e di donna Elvira. Don Lisandro e consorte, che abitavano in una stanza al piano superiore della loro bottega, vendevano i prodotti dei Monopoli di Stato come sale da cucina, e tabacco: tabacco da pizzico (da fiuto), sicàri (sigari), tabacco trinciato per la pipa e finanche tabacco da masticazione e le prime sigarette confezionate, che però rappresentavano solo l’eccezione: la maggior parte dei tabagisti, infatti, fumava sigarette autoprodotte artigianalmente, attraverso l’uso delle cartine contenenti tabacco sfuso, tagliuzzato e non lavorato.
In quel tabacchino trovavi anche capisciòle, bottoni e bucàte, bavette per i piccinni, spolette di cotone bianco o colorato. In un lato del negozietto, don Lisandro, per arrotondare, esponeva per la vendita anche coppole, cappelli, berretti e copricapo di ogni taglia (ma senza troppa scelta di forme o colori: non c’erano ancora le sfilate di moda e le griffes dei giorni nostri).
Poi (gli anni pesano a tutti) don Lisandro lasciò; sua figlia Edda “sposò a Gallipoli”, andò a vivere nell’amena città ionica ed il negozio fu chiuso.
Fu riaperto subito dopo, sempre nel cuore di Noha, da Luigi Mazzotta (Cici), originario di Galatina e da sua moglie Antonietta (Tetta): e fu così inizio di tre generazioni di tabaccai, come diremo.

ANTONIO MELLONE

 

Ebbene sì, m’è scappato un libro. Oddio, libro è una parola grossa: pamphlet, libercolo, libello o libretto sarebbero denominazioni molto più azzeccate.

Confesso di aver trattenuto il tutto finché m’è stato possibile, ma poi non ho più potuto farne a meno. I libri son fatti così: dopo un po’ sgattaiolano dalle tue mani per andare a finire in quelle degli altri. Il diritto di proprietà privata o d’autore funziona indubbiamente, ma fino a un certo punto. Poi le parole hanno bisogno di altri occhi, oltre ai tuoi, e di libertà di stampa: quella che talvolta il digiuno di satira e di sorrisi prova a obliterare. Per fortuna invano.

In questo fascicolo sono rilegati alcuni dei miei brani editi, altri inediti. I primi, però, non furono su carta, ma on-line, vale a dire sull’acqua, nell’aria, ovunque nell’inesorabile dimenticatoio. E certo, perché Internet e poi i CD, le chiavette Usb, la memoria Ram o altre diavolerie simili non hanno chissà quale durata; la tecnologia libro-di-Carta, invece, come già dimostrato abbondantemente, arriva a superare addirittura i secoli. E la cosa pare funzioni anche se l’autore di questa benedetta tecnologia tradizionale dovesse per caso rispondere al nome di un Carneade qualsiasi, come quello di Antonio Mellone.

Il curioso del genere commedia (stavolta tutt’altro che Divina) o chi avesse voglia di ridere (soprattutto di se stesso) si tuffi tranquillamente nelle acque di questo libretto, con la consapevolezza di non aver bisogno di caricarsi in spalla bombole d’ossigeno per poter arrivare fino in fondo: vista la brevità, o se vogliamo il livello sufficientemente basso della marea, riemergerà dall’apnea poco dopo senza alcun rischio di ipossia.

In questo tomo, dove il vero e il verosimile si fondono creando le storie, si parla di banca, di clienti e di colleghi, e quindi di dialettiche (ma soprattutto dialetti) fuori dal comune, di decibel in grado di trasformare la filiale di un istituto di credito in uno scorcio di mercato ittico (onde il concetto di volume non è quasi mai strettamente correlato a quello di libro), di lamentele per l’aria condizionata che non va (roba da tutto il caldo minuto per minuto), di confidenze su nomi e cognomi di chi usa farla fuori dal vaso (in senso letterario e giacché anche letterale).

Nulla sfugge all’occhio e all’orecchio del sottoscritto Osservatore Nohano. Ma molto di quel che accade durante il lavoro è giusto e pio che rimanga nella penna, testimone muta di molte cose che essa stessa consiglia, per segreto bancario, di non scrivere.

Non posso star qui a ringraziare uno per uno chi ha permesso la stampa e la diffusione di questo pamphlet, se no non la finirei più.

Per ora mi basti dire che ancora una volta ho avuto la fortuna di non essere un APS, vale a dire un autore a proprie spese: infatti, a meno della mia tesi di laurea, per le mie (modeste) pubblicazioni ho sempre trovato finanziatori, ma chiamiamoli pure editori, ancorché non sempre attaccati al proprio conto economico, sicché talvolta, come anche in questo caso, la motivazione risponde più alle leggi del cuore che a quelle della vecchia economia aziendale.

La copertina (con le caricature dei direttori in prima, e dei miei colleghi di Taviano e di Alliste in quarta) nonché le vignette sparpagliate nel testo sono tutte sgorgate dall’incredibile matita a colori di Marcello D’Acquarica (e di chi altri sennò), sempre pronto a darmi retta piuttosto che a mandarmi in un indicato paese.

Signore e signori, buona lettura. Ma vi dico subito che se pensate di trovare in “Sceneggiate Banconapoletane” i dialoghi di Platone probabilmente avete sbagliato libro: se a Platone sostituite Mellone, no.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 06/12/2021 @ 20:14:36, in Comunicato Stampa, linkato 531 volte)

Martedì 14 e giovedì 16 dicembre, ore 10, presso il Palazzo della Cultura “Z.Rizzelli” di Galatina i volontari del Servizio Civile - progetto In Reading 2019 - organizzano la presentazione del nuovo romanzo del cantautore e scrittore Simone Perrone aka Blumosso, "Schiena Cucita".

L’artista, allontanandosi dalle classiche presentazioni di libri, interagisce con il pubblico unendo il mondo della musica e della scrittura e parlando attraverso il suo libro della falsità, della paura della verità e dell’assenza di dialogo che portano alla distruzione delle relazioni.

 Il romanzo, edito da Casa Editrice Kimerik, ha come punto focale la contrapposizione tra  sentimento e follia che sono spesso molto vicini e il confine è talvolta così labile da non riuscire a contenerne i margini. Succede quindi che le emozioni si mischiano, si confondono senza più essere riconoscibili.
Una contrapposizione tra morte e vita, amore e odio, razionalità e follia, paura e determinazione.
Un romanzo accattivante che svela al lettore le sue intenzioni sapientemente.

Volontari del Servizio Civile Universale del Progetto InReading2019 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 15/01/2019 @ 20:14:25, in NohaBlog, linkato 1083 volte)

http://www.leccecronaca.it/index.php/2019/01/13/xylella-monopoli-si-al-paesaggio-alla-produttivita-alla-scienza-eradicare-per-credere/

C’era da aspettarselo. La questione Xylella, somiglia molto alla nostra capacità di essere diversamente onesti. Ultimamente, non so bene da quando con precisione, se da dieci venti o trent’anni, ma dal punto di vista sociale ed economico, non si ragiona più se non in termini di “ricadute occupazionali”, “crescita”, “progresso”, “alta velocità”, “ritorni finanziari” (tutto rigorosamente tra virgolette, visto che si tratta di locuzioni fasulle): in una parola Business (questa volta senza virgolette) per il solito clan.

Così della cultura, dell’arte, del patrimonio storico, dell’umanità, tutto viene sacrificato in nome del suddetto Business per pochi, fregatura per molti.

Non a caso siamo in una Europa che fatica a diventare unita, e in uno Stato che rinuncia alla democrazia.

Si rinuncia alla democrazia perché non esistono politici con una visione in grado di superare una tornata elettorale. Sicché anche le loro misere promesse (lungi dal rappresentare una vera, sana utopia) cadono inesorabilmente nel vuoto. A farne le spese sovente sono purtroppo anche le istanze di salvaguardia di salute e territorio da parte delle persone oneste, costrette talvolta a fronteggiare ingenti dispiegamenti di forze dell’ordine (pronte a tutelare gli interessi di una multinazionale privata  - tipo Tap).               

Che la colpa di questo “nuovo nemico” cosiddetto Xylella (che fa rima con balla) sia dei populisti, dei santoni, o di chi, come il sottoscritto, cerca di difendere il patrimonio di questa terra come gli ulivi centenari è tutto da dimostrare. Tant’è che a prescindere, si è deciso di eradicare proprio questo patrimonio.

Diciamo allora tutta la verità, e cioè che qualcuno ha stabilito che l’affare “olio d’oliva pugliese” vada “difeso” a suon di trapianti che rendono più euro ai soliti noti (commercianti delle nuove specie da trapiantare, venditori fitofarmaci e “scienziati” a libro paga), mica a tutti gli altri.

Ma bastava dirlo chiaramente: così ci saremmo messi l’anima in pace, preparandoci a degustare sulle nostre frise il nuovo Olio Dop Sint 2000.

Marcello D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/04/2015 @ 20:09:07, in NohaBlog, linkato 2357 volte)

Prefazione all’articolo

Un mese fa acquistai in un centro commerciale specializzato due sgabelli pieghevoli. Sull’esperienza di un acquisto precedente fatto già da un po’ di anni, pensai che un paio in più per le emergenze non sarebbero guastati. Il primo cedette dopo il tempo di un caffè, il secondo perché non facesse la stessa fine, l’ho dovuto rinforzare con i contro-ferri, per non dire altro. Sono oggetti fatti con materiali molto inconsistenti e non sono nemmeno riciclabili. Purtroppo presto finirà in discarica. Il mio vecchio tostapane era durato 25 anni, quello che ho comprato un mese fa perde già i pezzi. Così è stato per il lettore masterizzatore dei DVD, per gli ombrelli, per il piano cottura, i materassi, le multi scatole per le confezioni di tutto, ecc.

E adesso non venitemi a dire che non erano di marca, lo erano invece. Solo che, e lo sappiamo tutti, pure le grandi marche si servono delle delocalizzazioni all’estero, dove tutto è lecito, per abbattere i costi. Non abbiamo scampo. Guardando questi oggetti, penso alle fabbriche e ai processi di costruzione e immagino quanti materiali e quanto inquinamento si è consumato per ottenere quei prodotti che fanno giusto in tempo di arrivare nelle nostre case per finire fra i rifiuti. Non mi riesce proprio di farne a meno, se leggo di grandi marchi che creano occupazione e inquinano paesi oltre frontiera mi chiedo che male abbiamo fatto noi salentini per dover continuare a espatriare per cercare lavoro e ritrovarci poi la terra, l’acqua e l’aria, inquinati come se fossimo il paese più industrializzato del pianeta. Che abbiamo fatto di male per avere una classe dirigente politica che invece di servire il paese lo uccide.

*

Good Morning Diossina” è un libro inchiesta, è scritto da Angelo Bonelli, politico ed ecologista dei Verdi. Il libro non costa nulla, è fruibile in rete:

Se lo leggi conosci un sacco di storie di persone comuni, di ragazzi che non trovano lavoro, di padri di famiglia molto giovani che lottano contro il cancro, di madri che piangono per i loro bambini ammalati, di pastori che devono abbattere le loro pecore, di donne che tengono chiuse le finestre delle loro case per non far entrare la polvere che uccide. Leggere cose brutte non aiuta il morale, diresti, meglio essere ottimisti. Certo, sempre se poi non succede anche a te. Allora forse ti rendi conto che dietro questo “pessimismo” c’è una forza prorompente che vuole vivere. Sono, i personaggi descritti e intervistati da Angelo Bonelli, persone semplici, operai, allevatori, studenti, tutte persone che si associano e insieme lottano contro il malaffare per tornare a essere, appunto, “ottimisti”. L’ottimismo ultimamente è solo un punto di vista.

E’ nel 1980 che la magistratura avvia le prime azioni legali contro Cementir, Ip e Italsider. L’ultimo studio epidemiologico dell’Istituto Superiore di Sanità (http://www.iss.it/pres/?lang=1&id=1432&tipo=6) fornisce dati terrificanti: un’incidenza dei tumori tra i bambini (di età 0-14 anni) del 54% e del 21% di mortalità, sempre tra i bambini, rispetto alla media regionale della Puglia. L’autorità sanitaria, ha vietato il pascolo nel raggio di 20 chilometri tutt’intorno all’Ilva, e nel 2009 sono stati abbattuti ben 2000 capi d’allevamento inquinati dalla diossina. Così continua il libro “Good Morning Diossina”, di Angelo Bonelli, pubblicato dalla Fondazione Verde Europea novembre 2014. E’ impressionante il numero altissimo di Associazioni, nate nell’ultimo decennio, a difesa della vita e della salute della gente di Taranto e dintorni. E’ raccapricciante la denuncia di ragazzi, donne e uomini ammalati di tumore che denunciano lo stato delle cose intorno e dentro le loro case. E’ spaventoso l’imbroglio e l’ipocrisia di chi ancora oggi governa la regione Puglia. E’ mostruoso leggere il susseguirsi di personaggi illustri della politica, come quello del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, accusato di omissione, del Presidente Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata (pag.141), dei Riva, di Raffaele Fitto (guidò la regione dal 2000 al 2005), del presidente della provincia Giovanni Florido, di Corrado Clini, il Ministro dell’Ambiente di Monti, quel giglio di campo che è stato arrestato dalla finanza il 26 maggio 2014 ed ora è agli arresti domiciliari; e di Corrado Passera, sostenitore della produttività a scapito della vita degli altri.

Chi ti uccide e uccide i tuoi figli o tua moglie non è necessariamente uno che spara o che ti ficca una coltellata nella carne, ma anche semplici dirigenti di un’azienda che per i suoi utili immette nell’aria diossina.

“Se solo l’azienda avesse agito tempestivamente, gli operai morti per mesotelioma pleurico potevano essere salvati”. E’ quanto scrive il giudice Simone Orazio nelle motivazioni della sentenza con la quale, il 23 maggio 2014 ha condannato 27 ex dirigenti della fabbrica, accusati di omicidio colposo e disastro ambientale. (pag.26)

L’Ilva versa soldi a tutti: a Forza Italia 575.000 euro, 98.000 euro a Bersani, 35.000 euro a Fitto, 49.000 euro a Vico e 10.000 a Gasparri. (pag.30)

Con i suoi generosi contributi, paga le feste patronali in onore di San Cataldo, per la pubblicazione di libri, per il rifacimento di una chiesa, quella del Gesù Divin Lavoratore. Ci mette un po’ la Chiesa a capire che Taranto non doveva dedicare una targa memoria alla generosità dei Riva, ma costituirsi parte civile nel processo contro 52 imputati, nel settembre del 2014.

Se un politico onesto, come il senatore del PD, Della Seta prova a difendere la salute dei cittadini, viene immediatamente sostituito dal partito (che incassa contributi dall’Ilva). (pag.117)

I decreti governativi si chiamano “Salva Ilva” mica “salva la gente”.

In Italia ci sono sei milioni di persone che vivono in aree molto inquinate in cui le bonifiche non sono mai state fatte. Si tratta di persone che, purtroppo, non sanno cosa respirano, cosa mangiano e perché si ammalano. (pag. 17)

Si muovono tutti contro questo disastro: ex operai, allevatori, ambientalisti, cittadini comuni e donne, soprattutto tante donne. Il primo comitato difatti si chiama: “Donne per Taranto”. Le donne e le mamme frequentano le corsie degli ospedali e dei reparti pediatrici. Sono pieni di bambini che si sottopongono a chemioterapia e dalle loro analisi del sangue si rivela la presenza di piombo. Queste analisi sono state fatte su iniziativa di “Peacelink” e del “Fondo Antidiossina”. “Ci sono bambini che nascono già con il cancro. E’ la mamma a trasmetterlo.” Lo denuncia il primario di pediatria dell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto, Giuseppe Merico. Anche il giudice che toglie il coperchio sulla pentola del malaffare è una donna: il giudice Patrizia Todisco.

Altre associazioni nascono come i funghi, una dietro l’altra. Fra queste, “Italia Nostra”, organizzata da Alessandro Marescotti, docente d’italiano e storia all’Istituto industriale Augusto Righi, grazie a lui si è scoperto che nel pecorino di Taranto c’era la diossina, grazie a uno dei pochissimi laboratori di analisi attrezzati a cercare la diossina, l’Inca di Lecce; “Altamarea”, un’unione di tante piccole associazioni di cittadini; “l’Ail”, un’associazione contro le Leucemie; “Ammazza che Piazza”, fatta da studenti e cittadini, compresi disoccupati e precari; il movimento “Taranto respira”; il “Comitato dei Cittadini liberi e pensanti”; “Il Guerriero”, un’associazione culturale sul tema dell’ambiente e della salute; e tante altre ancora.

Avrebbero dovuto avviare un’indagine epidemiologica e un registro dei tumori, la prima per accertare la fonte di inquinamento, l’altra per stabilire il nesso fra le malattie mortali e l’inquinamento stesso. Perché si tardano a fare queste cose? Perché porta a individuare i responsabili e questo ai potenti e ai loro servetti dà fastidio. L’ilva non è “il problema”, l’Ilva è solamente la punta di un’iceberg che tutti noi facciamo ingrossare ogni giorno di più, con i nostri sprechi di un benessere senza vertebre.

…e l’Ilva e le nostre Ilve, quelle intorno a Galatina, continuano a inquinare.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 19/11/2019 @ 20:02:05, in Comunicato Stampa, linkato 940 volte)

Galatina stipula il suo Patto per la lettura e continua nel solco tracciato sin dall'inizio dall'Amministrazione Amante per la promozione e lo sviluppo della stessa.

La Città di Galatina ha ottenuto la qualifica di Città che legge da parte del Centro per il libro e la lettura, il cui obiettivo è quello di valorizzare le amministrazioni comunali impegnate a svolgere con continuità sul proprio territorio politiche pubbliche di promozione della lettura. Una Città che legge come Galatina garantisce ai suoi cittadini l'accesso ai libri, ospita festival, organizza rassegne che mobilitano i lettori e incuriosiscono i non lettori. A Galatina presenza storica e di spessore è quella della Biblioteca comunale "P. Siciliani" che accoglie ogni giorno i propri studenti ma organizza anche eventi e incontri di promozione per ogni fascia d'età. Galatina, inoltre, è una delle piazze che ospita il Salento Book Festival, manifestazione culturale, finanziata dalla Regione Puglia, di sviluppo e crescita del fenomeno editoriale. L'Amministrazione Amante ha dato avvio anche ad una rassegna letteraria Dammi una L, libri linguaggio e libertà, che ospita autori locali e nazionali che decidono di incontrare i cittadini e confrontarsi con loro sulle tematiche affrontate nei propri romanzi o saggi. 

Una Città che legge, inoltre, partecipa ad iniziative congiunte di promozione della lettura tra biblioteche, scuole, librerie e associazioni a uno o più progetti nazionali del Centro per il libro e la lettura. E anche qui Galatina c'è: dall'iniziativa Libriamoci sino al Maggio dei Libri, eventi organizzati dalla Biblioteca comunale e dall'ente gestore Libermedia s.a.s. 

Inoltre una Città che legge si impegna a promuovere la lettura con continuità anche attraverso la stipula di un Patto locale per la lettura. Galatina è pronta a stipulare il suo Patto giovedì 28 novembre alle ore 16.30 presso il Museo civico "Pietro Cavoti". Ma cos'è il Patto per la lettura? È un modo per stabilire una stretta e proficua collaborazione tra enti pubblici, istituzioni scolastiche e soggetti privati per realizzare pratiche condivise che abbiano obiettivi comuni tra cui rendere la pratica della lettura un’abitudine sociale diffusa e avvicinare alla lettura i non lettori, sin dalla tenere età e, ancor prima, dalla gravidanza della madre.

“Galatina è una vera Città che legge – è quanto afferma l’Assessore al polo bibliomuseale Cristina Dettù – E non si tratta di semplici eventi di promozione della lettura ma di un obiettivo strategico e programmatico ben preciso dell’Amministrazione Amante: crediamo fortemente nel valore e nella forza della lettura, convinti che dai libri possa dipendere lo sviluppo culturale, sociale ed economico della nostra comunità. I libri sono anche sinonimo di condivisione, unione, incontro. E la stipula del Patto per la lettura rappresenta un altro passo importante del nostro percorso intrapreso e che non abbiamo alcuna intenzione di non proseguire. Sarà anche l’occasione per presentare Cult, il progetto della biblioteca comunale, finanziato dal bando regionale della Community Library”.

Ufficio Stampa Amante

 
Di Redazione (del 25/07/2016 @ 20:01:07, in Comunicato Stampa, linkato 2126 volte)

A seguito della mail inviatami dalla dott. Federica Meloni, Vi comunico che in data odierna ho emesso bonifico postale di euro 450 con causale: "RICERCA sulla fibrosi polmonare (SC malattie appartato respiratorio)”. Altra somma di euro 150,00 è stata inviata alla onlus AIMIP di Roma.

Oltre ulteriori  importi, rimessi mediante bonifico direttamente da imprese di costruzioni.

Gli importi di cui sopra sono  stati raccolti mediante offerte volontarie in occasione della presentazione del mio libro "VIVERE" tenutesi a San Cesario, Lequile, Noha, Salice salentino, Torre Saracena, e Lecce.

Il libro "VIVERE" è dedicato alla memoria di mia sorella Donatella deceduta nel 2001 perchè colpita dalla malattia.

Felice di aver messo un piccolo tassello per la ricerca scientifica.Tutto questo anche per la generosità, unita ad una fattiva collaborazione di amici, conoscentii e altre persone di buona volontà.

Vi saluto cordialmente e vi ringrazio per la collaborazione.

     

Michele Liguori

Cell. 333-7742270

 
Di Redazione (del 23/04/2018 @ 20:00:14, in Comunicato Stampa, linkato 1249 volte)

Una grande manifestazione. La Notte di Inchiostro di Puglia, dove moltissimi eventi in simultanea in tutta la Regione, testimonieranno la Puglia che  “resiste” e crede nel valore della lettura e della cultura.

Insieme ad una famiglia conventuale quella degli Osservanti, due città: Galatina e Nardò due Chiostri: Santa Caterina d’Alessandria a Galatina e Sant’Antonio da Padova  a Nardò, un frate pittore: Fra’Giuseppe da Gravina, oggetti ed utensili di uso comune, fornaci di ceramica neretine, tre archeologi, un libro, un docente di storia dell’arte, una parafarmacia ed una libreria Fortino Letterario 2018 . Cosa ne viene fuori?

Il Tour d’Autore. Un libro – un Autore – un Tour .

Per sapere di più però e sciogliere l’intricata vicenda però dovete venire a trovarci a partire dalle 17:00 del 24 aprile, presso Piazzetta ORSINI, con il Tour a cura di  Andrea Panico.

Alle 18,00 invece incontreremo l’autore del libro “Alla Mensa degli Angeli” Ed. Esperidi Riccardo Viganò, presso la Parafarmacia Santa Caterina in via Robertini, interventi a cura di Valentina Pagano ed Eda Kulja.

La rassegna Tour d’Autore,  Un libro - Un Autore - Un Tour, nasce da un’idea della Libreria Fiordilibro.  La Presentazioni  di libri e dei loro autori preceduti  da tour esperenziali  sul territorio guidati da esperti. Nei Tour verranno approfondite particolari tematiche presenti nei libri o particolarmente care agli autori. Il progetto ha da subito incontrato l’entusiasmo del team di Note d’Arte che ha deciso di  accompagnare la Rassegna per tutta la sua durata.

Emilia Frassanito

 

La struttura della facciata odierna della chiesetta dedicata in Noha alla Madonna di Costantinopoli è molto semplice. Presenta un’unica porta d'accesso con cornice in pietra leccese. Lateralmente vi sono due paraste lisce sempre in pietra leccese e al di sopra della porta vi è un rosone. La parte superiore del prospetto si chiude a capanna con elementi decorativi nel medesimo materiale lapideo.

L’interno si sviluppa in un’unica navata. La costruzione ha un piccolo campanile con una sola campana. Anche nella relazione della visita pastorale del 1452, nella chiesa “S.Maria de…” di cui ho detto più sopra, si dice che la chiesa ha una sola campana. Negli anni della mia infanzia quando anch’io dimoravo a Noha, ricordo molto bene che nella stanza che oggi funge da sacrestia, separata dalla cappella da una parete, vi abitava una famigliola molto modesta.

Nella nostra chiesetta di via Collepasso oggi vi è un quadro di 134 cm di altezza per 105 di larghezza raffigurante la Madonna di Costantinopoli. Il dipinto è a olio su tavole di legno. Una mano maldestra ha tentato di restaurarlo credo purtroppo non nel migliore dei modi. La bellissima Madonna col Bambino un tempo era sulla parete centrale dell’abside. La Madre di Dio è assisa sulle nubi, indossa un abito rosso mentre un manto azzurro l’avvolge tutta, scendendole fino ai piedi. Un’aureola di luce rischiara il suo volto con le 12 stelle (4 non visibili) secondo l’iconografia tratta dal libro dell’Apocalisse.

La Madonna regge il Bambin Gesù con la sinistra, tenendolo stretto a sé. Il Bambino è vestito di bianco (simbolo di luce) e regge il mondo nella mano sinistra mentre con la destra sembra benedirlo. Ai due lati, uno per parte, sono collocati due Santi: Santa Lucia (Siracusa 283 – Siracusa 304) e San Gaetano de Thiene (Vicenza 1480 - Napoli 1547). In basso, sullo sfondo, ancora una volta la città di Costantinopoli che brucia. Sarebbe bello che questo quadro venisse ripreso da un’equipe di restauratori, e dopo opportuni restauri, rimesso al suo posto, vale a dire al centro dell’abside.

Il dipinto non riporta alcuna firma d’autore, ma da alcuni elementi possiamo ricavare indicazioni preziose in merito al periodo storico della sua fattura.

Intanto osserviamo la figura di San Gaetano, collocato ai piedi della Vergine, di fronte a Santa Lucia. Bisogna sapere che questo Santo nel 1524 aveva fondato una congregazione di Sacerdoti chiamati “Teatini”. L’Ordine era espressione del rinnovamento della vita ecclesiastica segnato dalla riforma cattolica antecedente il Concilio di Trento e sorse con lo scopo di “restaurare” nella Chiesa secondo la regola primigenia della vita apostolica. Sappiamo anche che mentre a Noha era arciprete don Donato Vitti (1580-1622) parroco dal 1612, il Vescovo di Nardò era Luigi De Franchis (1611-1616), guarda un po’,Teatino. Viene naturale pensare che il nostro arciprete don Donato in occasione della visita pastorale alla chiesa di Noha nel 1612 abbia voluto fare un omaggio al suo Vescovo facendo dipingere nella chiesetta della Madonna di Costantinopoli il suddetto quadro ligneo con l’immagine di San Gaetano, fondatore del suo ordine.

San Gaetano è detto anche il Santo della Provvidenza, protettore dalla peste e dal terremoto. Anche Noha ebbe ovviamente le sue calamità proprio in quel periodo. Per esempio il 20 febbraio del 1743 accadde il grave terremoto di 6.9° della scala Richter. Alle ore 6.30 si ebbero tre forti scosse con epicentro nel Canale di Otranto a circa 50 km dalla costa. Le maggiori distruzioni furono subìte dalle città di Francavilla Fontana e di Nardò, dove (in quest’ultima) si registrarono 112 vittime, con innumerevoli danni alla maggior parte di chiese e palazzi neretini. Anche Noha ebbe evidentemente i suoi problemi.

Il 12 agosto 1855, scoppiò una terribile epidemia di colera che durò sino a tutto il mese successivo, seminando ovunque rovina e morte. A Nardò furono oltre seicento le persone colpite dall'inesorabile male e ben 373 incontrarono la morte. Ogni giorno, senza nessuna eccezione, per due mesi interi, il terribile morbo mieteva le sue vittime, che da tre nel primo giorno 12 agosto, toccarono il numero più alto il 5 settembre con ben 29 morti.

L’Arciprete Alessandrelli nei registri parrocchiali annota: “In questo anno decorso dominò in questo paese il Colera Morbus, ma per grazia speciale di Dio misericordioso e del nostro Protettore San Michele Arcangelo fu moderato e non desolante come negli altri paesi e Città”. Certo, è naturale pensare alla protezione del Patrono e Protettore San Michele Arcangelo, ma credo che la gente si sia affidata anche alla protezione di San Gaetano.

[Continua]

P. Francesco D’Acquarica i.m.c.

 
Di Redazione (del 09/07/2018 @ 19:53:44, in Comunicato Stampa, linkato 1208 volte)

Nella serata di mercoledì 11 luglio, ore 19, presso il chiostro del Palazzo della Cultura, si terrà un incontro in cui Gianluca Virgilio converserà con il Prof. Antonio Prete.

In particolare ci si soffermerà sugli ultimi suoi libri pubblicati nel primo semestre del 2018: la nuova edizione ampliata di “Nostalgia. Storia di un sentimento”, il libro curato da Carlo Tirinanzi De Medici, Antonio Prete, “Scrittura delle passioni”, che contiene tra l’altro anche una Bibliografia dei testi dello scrittore di Copertino e “Torre saracena”, con sottotitolo “Viaggio sentimentale nel Salento”.

Antonio Prete è professore ordinario di Letterature Comparate all'Università di Siena. Ha partecipato all'ideazione e redazione di alcune riviste letterarie e filosofiche collaborandovi attivamente. Ha tenuto corsi e seminari in molte Università straniere, invitato come visiting professor o come in Francia, negli Stati Uniti, in Inghilterra, Spagna, Portogallo e Germania. 

All'attività di saggista e critico ha sempre unito quella di narratore, di poeta e di traduttore. Ha curato edizioni di classici di Leopardi e Baudelaire, del quale ha curato la traduzione poetica dei Fiori del male, pubblicata da Feltrinelli nel 2003.

L’evento è a cura del Servizio Civile Nazionale Progetto "In Reading 2016" della Biblioteca civica “P. Siciliani” di Galatina.

 

Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che ha diffuso dati raccolti dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, tra il 2017 e il 2018 in Italia il consumo di suolo ha riguardato 51 chilometri quadrati, con una media di 14 ettari al giorno pari a circa 19 campi da calcio. Due metri quadrati di suolo ogni secondo, sono irreversibilmente persi.

I cambiamenti rilevati si concentrano in alcune aree del Paese, tra queste anche le coste salentine.

Di Consumo del suolo parleremo giovedì 5 marzo, a partire dalle 18.30, nella Biblioteca comunale “Pietro Siciliani” in Piazza Dante Alighieri 51, a Galatina (LE) in una nuova tappa del progetto “Di Terra di Mare di Cielo”, nato da un’idea della storica dell’arte Lia De Venere, realizzato dall’Associazione Culturale ETRA E.T.S. e promosso dalla “Teca del Mediterraneo”, la Biblioteca multimediale del Consiglio Regionale della Puglia.

Parole e immagini per riflettere sul futuro del nostro pianeta, in un pomeriggio organizzato in collaborazione con l’amministrazione comunale, inaugurato dal sindaco Marcello P. Amante e dall’assessore al Polo Bibliomuseale e all’Ambiente Cristina Dettù.

A seguire il saluto istituzione di Sebastiano Leo, assessore alle Politiche per il lavoro, Diritto allo studio, Scuola, Università e Formazione professionale, della Regione Puglia. Sarà lui a consegnare alla Biblioteca oltre 30 titoli scelti per approfondire i problemi ambientali.

Seguirà la presentazione, da parte della storica dell’arte Lia De Venere, di Jasmine Pignatelli, impegnata in un personale percorso nella scultura. Vive e lavora tra Bari e Roma e le sue opere ben rappresentano ciò che pensa sulle tensioni dinamiche dello spazio e su tematiche di rilevanza sociale. Nel 2019 presenta a Bari l’opera pubblica Sono persone, in ricordo dell’arrivo della nave Vlora (1991) e tiene al MUSMA di Matera la mostra Heimat. Vince il Premio Memorie del Trust Floridi Doria Pamphilj (2018), mentre è del 2017 l’opera pubblica permanente Locating Laterza, Segnali d’Arte, realizzata nell’ambito di un progetto del Segretariato Regionale MiBACT.

A Galatina presenta l’installazione intitolata Landless: tre figure geometriche – quadrato, triangolo, cerchio – sulla cui superficie si intravedono sezioni di antiche mappe geografiche. La loro presenza si fa metafora di una visione del mondo che privilegia il presidio dei confini fisici e l’isolamento dei popoli. Per Jasmine Pignatelli perdere la terra non è solo una questione di ordine materiale, ma anche una grave sconfitta dal punto di vista culturale.

L’opera di Jasmine Pignatelli resterà esposta per 2 settimane nella sede dell’evento.

Ad approfondire il problema del consumo del suolo, sarà Paolo Pileri autore di “100 parole per salvare il suolo. Piccolo dizionario urbanistico-italiano”.

Pileri è docente di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano. Tiene corsi nella Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni (Laboratorio di Progettazione Urbanistica) e nella Scuola di Ingegneria Civile, Ambientale e Territoriale (Usi del suolo ed effetti ambientali). È membro di gruppi di ricerca nazionali e internazionali e consulente scientifico di ministeri, enti pubblici e amministrazioni locali. Nel suo libro svela il significato di oltre 100 parole dell'urbanistica, per insegnare ai lettori a "tradurre" in italiano e interpretare la legge della propria Regione, il piano del Comune o una sentenza del Tar, e denunciarne le incongruenze.

Dialogherà con l’autore, Eufemia Tarantino, docente del Politecnico di Bari e coordinatrice della laurea magistrale in Ingegneria per l’ambiente e il territorio.

Prima della biblioteca di Galatina, il progetto itinerante ha già toccato le biblioteche di Trani, Martina Franca e Monopoli. Presto sarà anche a Manfredonia e S. Vito dei Normanni.
 

Ufficio Stampa “Di Terra di Mare di Cielo”

 
Di Redazione (del 19/09/2022 @ 19:52:03, in Comunicato Stampa, linkato 335 volte)

Sarà il Giardino dell’Opera Pia di Soleto a ospitare martedì 20 settembre alle ore 21, Peppe Servillo, nell’ambito del Festival I Concerti del Chiostro, diretto dal M° Luigi Fracasso. Il cantante e attore leggerà “La presa di Torino”, un racconto tratto dal libro “Il Resto della settimana” di Maurizio De Giovanni, accompagnato alla chitarra da Cristiano Califano per l’esecuzione di alcune canzoni sportive.

Un film in versi, un esilarante viaggio, una trasferta da sogno verso un’insperata vittoria del Napoli (che culminerà con la conquista del suo primo scudetto) di un eterogeneo manipolo di tifosi “malati” di tifo calcistico, accecato da una passione sfrenata e sfacciata, il tutto contornato da orde di uomini che si agitano nello stadio e non solo.

Un ambiente osservato con ironia, acume ed amore e con un occhio rivolto più alle gradinate che al campo di gioco con personaggi che sembrerebbero inventati ma che nella realtà esistono veramente. Uno spaccato del calcio a 360 gradi ma anche uno spaccato della vita.

Peppe Servillo debutta nel 1980 con gli Avion Travel e vince il Festival di Sanremo nel 2000 con la canzone Sentimento. È autore di colonne sonore, e di canzoni interpretate da Fiorella Mannoia e Patty Pravo.  Collabora con Lina Wertmuller nel film per la televisione “Mannaggia alla miseria”. Nel 2011, accompagnato dall’orchestra Roma Sinfonietta, è voce recitante dell’Histoire du soldat di Igor Stravinsky della quale cura anche l’adattamento in napoletano.  Da marzo 2013 è in tournè teatrale assieme al fratello Toni con la commedia di Eduardo De Filippo “Le voci di dentro”. Nel 2013 vince, come migliore attore non protagonista per il succitato spettacolo, il premio “Le

maschere del teatro italiano” ed il premio “Ubu”.

Nel 2017, in compagnia dei più famosi jazzisti italiani, è in tour con la produzione “Pensieri e parole”, un omaggio alle canzoni di Lucio Battisti e riprende durante l'estate la produzione “Avion Travel Retour”. Partecipa, assieme ad Enzo Avitabile, al Festival di Sanremo 2018 con la canzone “Il

coraggio di ogni giorno”. Nel 2021 debutta al Teatro No'hma di Milano con lo spettacolo

“Favole al telefono” tratto dall'omonimo libro di Gianni Rodari con musiche ed

arrangiamenti di Geoff Westley.

Cristiano Califano ha tenuto concerti come solista per varie manifestazioni, suona con alcune formazioni di diverso genere, collaborando con artisti del panorama musicale come Massimo Ranieri, Eugenio Bennato. Dal 2009 fa parte dell’Orchestra Popolare Italiana del Parco della Musica di Roma, diretta da Ambrogio Sparagna con la quale partecipa a numerosi festival in Italia e dal 2019 suona con Peppe Servillo.

L’ingresso alle ore 20.30 è gratuito, fino ad esaurimento posti, senza prenotazione.

Per info: 331 4591008

 

Ufficio stampa I Concerti del Chiostro

 
Di Redazione (del 08/04/2022 @ 19:50:28, in Comunicato Stampa, linkato 524 volte)

Suggellato l'accordo tra il Movimento 5 Stelle di Galatina e la candidata sindaca Sandra Antonica, che potrà dunque godere del sostegno dei pentastellati nella corsa alla fascia tricolore. Una stretta di mano basata su un "Contratto dei cittadini" per  Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara. L'accordo programmatico, che stabilisce i punti chiave del mandato, è stato sottoscritto giovedì pomeriggio dalla candidata e dal deputato M5S Leonardo Donno, su proposta del Movimento.
Quest'ultimo ha così sottoposto alle forze politiche e civiche che sostengono la candidatura della Antonica a Sindaco della Città di Galatina, le regole di condotta e gli obiettivi programmatici, suggeriti dai cittadini di Galatina nel corso dei numerosi incontri succedutisi negli anni scorsi, che dovranno necessariamente essere rispettate (le prime) e conseguiti (i secondi) dalla coalizione e dalla prossima Amministrazione Comunale. (documento in allegato)
Etica pubblica, legalità, trasparenza e semplificazione; transizione ecologica, recupero a tutto tondo del centro storico, inclusione welfare e giovani; recupero e rilancio del quartiere fieristico, progettazioni e investimenti Pnrr, economia, industria e sviluppo delle piccole e medie imprese. Questi i punti focali dell'accordo.

«In questi anni - dice il deputato Donno - il MoVimento 5 Stelle a Galatina è stato presente in Consiglio Comunale e soprattutto fuori dal Consiglio. Abbiamo sempre lavorato per il bene della comunità di Galatina e delle sue frazioni, ottenendo anche risultati importanti per la città, nonostante fossimo forza di opposizione. Questi anni di presenza costante, di dialogo e confronto permanente con i cittadini, ci hanno permesso di strutturare un programma con proposte immediatamente realizzabili. Non un libro dei sogni, quindi, come altri candidati Sindaco puntualmente presentano ad ogni tornata elettorale (anche in questa), ma azioni concrete per il rilancio della nostra amata Città. Per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del “Contratto dei Cittadini”, Galatina deve migliorare la sua classe dirigente e individuare le migliori risorse umane capaci di lavorare insieme per dare risposte e soluzioni al territorio. Con la Dottoressa Antonica, con il Partito Democratico e con tutti i componenti della nascente coalizione progressista, ci siamo confrontati per mesi, giungendo ieri all’accordo ufficiale che ci vedrà protagonisti della prossima campagna elettorale. Serve coraggio, visione, passione, competenza, testa e cuore. Non possiamo più accettare di perdere occasioni importanti per lo sviluppo di Galatina. Deve tornare ad essere una comunità che cammina insieme, dove ogni cittadino, ogni commerciante, ogni imprenditore, ogni professionista, ogni associazione, si senta parte di un processo di cambiamento e di evoluzione non più rinviabile. Per questo ci siamo e siamo i principali sostenitori dell’alleanza progressista. Noi ci siamo sempre stati, ci siamo e ci saremo. La Politica degli slogan, delle accozzaglie e dei gruppi di potere è distante da noi e la riteniamo dannosa per le comunità. Non abbiamo bisogno di supporti esterni o di esempi da seguire, siamo orgogliosamente galatinesi e, insieme al nostra gruppo di simpatizzanti e di candidati provenienti dalla società civile, abbiamo il coraggio, la voglia e la determinazione necessari per consegnare alla Città una classe dirigente all’altezza della sua storia, delle sue tradizioni e del suo nome.
Abbiamo sempre lavorato come M5S, ad ogni livelli istituzionale, per migliorare la qualità della vita dei cittadini. È  il momento della svolta: il Movimento 5 Stelle è pronto ad assumersi le sue responsabilità.” Domenica, alle 19, saremo in piazza Alighieri per la presentazione della candidatura di Sandra Antonica e della coalizione.

M5S Galatina

 

Tutto pronto per l’incontro di venerdì 1 Marzo 2019 promosso dall’Azione Cattolica dell’Arcidiocesi di Otranto che vedrà la presenza straordinaria di Agnese Moro.
Sarà l’Aula Magna dell’Istituto di Istruzione Superiore Cezzi De Castro-Moro di Maglie ad ospitare una testimonianza carica di emozioni e significato.
Attraverso il racconto di ricordi di vita familiare, di discorsi politici, di lettere personali, saranno ripercorsi i diversi aspetti di un uomo, di uno statista, di un credente.
La voce di Agnese e la sua esperienza diretta permetterà di fare tesoro di parole che ancora oggi possono avere ed hanno una forte attualità per vivere l’oggi politico, sociale ed etico.
Accanto alla vita dell’uomo padre e politico si colloca l’esperienza di riconciliazione di sua figlia Agnese, protagonista, insieme ad altri, dell’incontro fra vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta. Un’esperienza raccontata nel Il libro dell’incontro per “ricercare una verità personale e curativa che vada oltre la verità storica, perché solo cercando insieme la giustizia, la si può, almeno un poco, avvicinare”.
L’iniziativa, che vedrà la partecipazione della cooperativa di teatro e innovazione sociale Ventinovenove, è patrocinata dalla Città di Maglie e rientra nel ciclo di incontri del progetto di formazione sociale e politica proposti dall’Associazione.
L’Azione Cattolica diocesana vi aspetta in via Montegrappa a Maglie alle 18:30 venerdì 1 Marzo!

La Presidenza Diocesana
Michele Scalese Presidente AC Noha

 
Di Redazione (del 11/09/2014 @ 19:47:59, in Recensione libro, linkato 2698 volte)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo alcune note vergate da Cristian Carallo in merito al libro "In men che non si dica" di Marcello D'Acquarica (ed. L'Osservatore Nohano, Noha, 2012)

Carissimo Marcello,
è il tuo compaesano Cristian che ti scrive!
Innanzitutto ti saluto e ti ringrazio ancora per essere stato così gentile e disponibile da darmi l'opportunità di leggere il tuo libro "In men che non si dica". Per me ora è un piacere essere qui ad esprimere il mio parere e comincio col dirti che all'inizio ero un po' dubbioso. Sai Marcello i saggi autobiografici non sono proprio il mio genere...Amo i racconti d'avventura e di azione di cui spesso vedo i rispettivi film ma le autobiografie proprio no! Mi basta leggere qualche riga per annoiarmi e, diciamoci la verità, a me interessa davvero poco la vita di un autore. Ma il tuo libro partiva con una marcia diversa, con una marcia in più, con quel qualcosa di inspiegabile che ti fa subito dire: "Questo è il libro giusto per me". E infatti, a calcoli fatti, il tuo volume è stato il meglio che si potesse chiedere.

La parte iniziale della valigia secondo me è davvero azzeccata, mi ha fatto capire fin da subito il tono del libro e ho potuto "prepararmi" per quello che sarebbe stato poi lo sviluppo della vicenda. Leggendo la tua opera posso dire che ho notato nelle tue parole serietà, nostalgia ma anche un po' di critica, a volte condivisa e a volte no. Ad esempio trovo giusto il tuo pensiero in merito al lavoro nella parte in cui parli dell'industria paternalistica...anche secondo me ognuno deve essere libero di scegliere il proprio mestiere perchè a mio avviso non si può svolgere una qualsiasi professione senza amarla.

Sono invece di ben altro avviso nella parte conclusiva del libro dove l'argomento affrontato è l'Unità d'Italia. Lo scrivo in maiuscolo perchè io penso che sia stata la cosa più bella che i nostri avi ci abbiano lasciato in eredità, quindi si dovrebbe festeggiare da tale. È vero, noi meridionali paghiamo purtroppo la falsa realtà dello stereotipo "terùn" e tutti i pregiudizi nei nostri confronti...ma poi mi dico... che Italia sarebbe senza l'Unità?

Le cose andrebbero veramente meglio o peggiorerebbero ulteriormente? Domande che spero rimangano sempre senza risposta dal momento che non vorrei un'Italia divisa.

A parte questo piccolo neo che mi ha fatto anche un po' riflettere, tutto il resto del racconto è stato appassionante: da Ginu 'U Cintu alla tua storia personale.

Ora che ci penso il libro contiene una specie di paradosso...tu da piccolo ti chiedevi quanto è duro lasciare la terra natìa pensando ai tuoi fratelli che "come delle schegge impazzite facevano sempre avanti e indietro", torino-lecce...lecce-torino e poi di nuovo torino-lecce e così via. Sei passato dal chiederti e immaginare la risposta a provarlo in prima persona, provare davvero cosa significa l'emigrazione sulla propria pelle..."d'altronde come si può provare fame quando si è sazi?".

 Infine Marcello posso concludere che il tuo libro è davvero una medicina per la mente, una medicina che ti apre gli occhi e ti fa chiedere:"Perchè?".

 Io spero davvero, dal più profondo del cuore, che al mondo ci siano molte persone come te, pronte a dare tutto per il proprio paese anche quando l'unica cosa che si può dare è quel sentimento di patria e di appartenenza più unico che raro.

Con tanto affetto e stima, 
il tuo compaesano

Cristian Carallo

 

Catena Fiorello, torna a Galatina con Libreria Fiordilibro, Giovedì 28 febbraio ore 18,00 presso lo Chalet del Bar delle Rose per presentare il suo nuovo romanzo  Tutte le volte che ho pianto  per Giunti Editore. Catena Fiorello ama definirsi  “cuntastorie”  e cosi è, come poche sa raccontare storie, di vita e di donne straordinarie in cui nelle varie fasi della vita, ognuna si può riconoscere.

 Tutte le volte che ho pianto è un romanzo appassionato ed emozionante, sulla forza di ricominciare,  sulle seconde possibilità, per chi non ha mai smesso di credere nella vita e nell’amore nella sua accezione più ampia. La protagonista è Flora proprietaria di un bar a Messina. Nell'autunno tiepido di una Messina dalle spiagge ormai deserte, Flora corre ogni mattina sul bagnasciuga. Una disciplina che le dona calma, adesso che, a quasi quarant'anni, sta cercando di riprendere le redini della sua vita. Il matrimonio con Antonio è andato in frantumi, eppure Flora non riesce a dimenticarlo e vacilla ogni volta che lui torna a corteggiarla, alimentando le illusioni della figlia Bianca. Con un bar da gestire, una madre anziana che non ha mai superato la morte del marito e, soprattutto, la perdita della sorella maggiore Giovanna, la vita di Flora è già abbastanza complicata. Ma a scombinare ulteriormente le carte, un giorno arriva Leo, con la sua aria da James Dean e un passato che lo lega a quei luoghi. E con i suoi modi affascinanti, si insinua pericolosamente nei pensieri di Flora...

 Letture affidate a Maria Margherita Manco.

Catena Fiorello, autrice siciliana torna in libreria con il suo nuovo romanzo, Tutte le volte che ho pianto (Giunti). Dopo, Nati senza Camicia (Dalai),  Picciridda (suo esordio pubblicato nel 2006 da Baldini e Castoldi e ripubblicato da Giunti), da cui è stato tratto un film, Casca il mondo, casca la terra e Un padre è un padre (entrambi per Rizzoli) e L’amore a due passi (Giunti), Un amore fra le stelle( Baldini e Castoldi).

Emilia Frassanito  

 
Di Redazione (del 22/02/2019 @ 19:43:59, in Comunicato Stampa, linkato 1227 volte)

Sabato 23 febbraio alle ore 18,30 presso la Chiesa del Collegio a Galatina avrà luogo il terzo appuntamento della Rassegna  “Incontri al Collegio” organizzata dalla libreria Fiordilibro in collaborazione con la Rettoria della Chiesa di S. Maria della Grazia, dal titolo “ Le Cripte nel Salento. Il Patrimonio Iconografico”. Gli insediamenti rupestri presenti nel Salento, non sono stati oggetto negli anni di approfondite indagini archeologiche ed anche le fonti sono lacunose quando non del tutto assenti, per questo è importante conoscere e far conoscere questo patrimonio a rischio per l’abbandono e l’incuria, insieme ad una parte della storia del Salento di cui è testimone.  Lo storico ed archeologo Stefano Cortese, volto noto e collaboratore di emittenti locali quali TeleRama con Terre del Salento, nazionali come RAI1 e RAI2, Canale5, Commissario per il Paesaggio e VAS in varie Unioni dei Comuni, ne traccerà un quadro aggiornato, soffermandosi in maniera particolare sulle cripte e gli elementi decorativi parietali che le caratterizzano. Introduce l’incontro Don Antonio Santoro Rettore della Chiesa di S. Maria della Grazia.

Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 13/05/2016 @ 19:41:12, in Comunicato Stampa, linkato 1598 volte)

Sabato 14 Maggio, ore 19.00, presso la libreria “Fiordilibrodi Galatina, l’Associazione di Promozione Sociale “Bicivetta” presenterà il progetto “In bici tra paesaggio e tradizioni –

esplorazione a pedali del patrimonio storico e naturale di Galatina”.

Quattro escursioni in bicicletta, nei mesi di Maggio e Giugno, per (ri)scoprire il territorio con gli occhi di un botanico, di una guida turistica, di una geologa e di un tecnico archeologo.

Il programma dettagliato degli eventi sarà disponibile online sulla pagina Fb: Spazio Bicivetta – Ciclofficina sociale

Per info, costi e prenotazioni: spaziobicivetta@gmail.com; Tel. 3299837662

 

L’Associazione di Promozione Sociale “Bicivetta” nasce nell’ottobre 2014 con lo scopo di promuovere i principi della mobilità sostenibile, dell’integrazione sociale e di valorizzazione del patrimonio storico e naturalistico. L’associazione organizza pedalate di sensibilizzazione cittadine, serate a tema e corsi di ciclomeccanica presso la ciclofficina sociale “Spazio Bicivetta” di Galatina.

CONTATTI

Fb: Spazio Bicivetta – ciclofficina sociale

Mail: spaziobicivetta@gmail.com

Tel. +39 329 98 37 662 – Francesca Lagna

+39 339 86 60 550 – Elisabetta Stomeo

 
Di Antonio Mellone (del 17/04/2019 @ 19:41:00, in NohaBlog, linkato 1071 volte)

Ci sono libri, ancorché brevi, dei quali non vedi l’ora di abbandonare la lettura. Certo, potresti anche riporli sulla loro mensola senza tanti scrupoli: ma essendo un tipo ostinato, io, non ce la faccio proprio ad accantonarli dopo le prime pagine, sicché cerco sempre di arrivare fino in fondo, non fosse altro che per recuperare i soldi spesi per il loro acquisto.

Ma esistono altri libri, pur ponderosi, che ti verrebbe di divorare in un sol boccone, ma decidi invece di degustare con calma, di centellinarne le pagine, proprio come faresti con una grappa invecchiata di gran valore provando a farla durare il più a lungo possibile.

Con “Gente del Sud” di Raffaello Mastrolonardo (Tre60, Milano, 2018), sei in questo secondo caso. Sì, perché non hai voluto voltare le circa 770 pagine del volume con la voracità che ti veniva in automatico vista la scorrevolezza del testo, ma hai usato uno stratagemma formidabile volto a farti frenare, indugiare, sostare (in quel sud) il più a lungo possibile.

Il come è presto detto.

Tra l'atroce storia di Palma che a Balsignano (paese di fantasia ma non troppo, collocato a ridosso delle Murge baresi) mette al mondo Cipriano nello stesso giorno in cui Romualdo, il marito medico, spira a Napoli per via del colera, e l’epopea di Bastiano, papanonno, e la consorte Checchina, è stato sufficiente sospendere “Gente del Sud” per metterti a leggere “Con la cultura non si mangia: falso” (Laterza, 2018), il pamphlet della tua prof di Economia Aziendale, quella con cui sostenesti anche il tuo primo esame all’università.

Dopo l’intervallo, piacevole e molto interessante, hai ripreso il volume del Mastrolonardo immergendoti nell’epica di Cipriano: ma, tra la prima e la seconda guerra mondiale, hai deciso di fermarti ancora una volta per leggere Pino Aprile, il meridionalista più seguito in Italia, che come al solito non le manda a dire nemmeno nel suo (penultimo) “L’Italia è finita – e forse è meglio così” (Piemme, 2018).

E così riattacchi di buona lena con Gelica Di Ciaula, la sorella del potestà gentile di Balsignano, la consorte colta di Cipriano che, insieme al marito, decide di metter su una scuola rurale per i contadini del posto.

Ma la tua strategia ti porta a fermarti di nuovo e a divorare - guarda un po’ la combinazione a proposito di scuola - il “Don Lorenzo Milani – L’esilio di Barbiana” di Michele Gesualdi (San Paolo, 2017), allievo del nostro Don, esiliato per la libertà del suo pensiero.

Ma già ti manca “Gente del Sud”, ne hai quasi nostalgia. E ti rituffi senza esitazione.

Vai avanti così, fino al riscatto, fino all’esorcismo generazionale della bella Reginella costretta a sperimentare sulla sua pelle vette alte e abissi profondi, la polvere e l’altare, e mica una sola volta; ma anche qui, a proposito di riscatto, non puoi non metter sul comodino anche “Sos Marx” (Lupo, 2015) della tua conterranea Ada Fiore.

Ti viene spontaneo andare avanti così: leggi a fisarmonica, viaggi a lungo ma poi fai sosta, e ancora devii, e sterzi nel tempo e negli ideali, mentre il passato si svela con sorprese inimmaginabili e senti che alcune cose ti appartengono per chi sa quale strampalato marchingegno.

Alla fine ti accorgi quanto aveva ragione quello che diceva che i libri si parlano tra di loro, che esiste un filo che ci lega tutti strettamente ai padri e a alle madri, a una storia e una geografia, a una terra e a un paesaggio un tempo ricoperti di lacrime sangue e sudore, oggi molto più spesso, purtroppo, di cemento, asfalto, veleni e eradicazioni.

È stato un bel tira e molla durato un mese mezzo (un record assoluto per un libro), fino alla storia di Raffaello Parlante, ovvero Narrante, che si firma Mastrolonardo.

Antonio Mellone

 
Di Fabrizio Vincenti (del 23/09/2021 @ 19:39:48, in Comunicato Stampa, linkato 1427 volte)

Io credo che la maggior parte degli italiani, e dunque anche dei nohani, non abbia la più pallida idea di quel che sta accadendo a questo Paese.

Per affrontare questo discorso, che non sentirete da nessun’altra parte, siete pregati di accantonare le vostre personali simpatie, i vostri amatissimi partiti, tutti i pregiudizi e, soprattutto, il codardo atteggiamento di gran parte dei politici, vale a dire il “politicamente corretto”. L’unica cosa che troverete di corretto in questo articolo sarà l’amore per la verità, l’attaccamento alla ragionevolezza oltre che alla razionalità, e una coerenza alla logica. Tutto il resto conta meno di zero.

Una premessa, visto l’argomento che tratterò, è d’obbligo, data la scandalosa percentuale di analfabeti funzionali presente in quest’epoca, la quale già definisco trans-umanesimo (sempre per gli analfabeti, tengo a specificare che qui i trans, come orientamento sessuale, non centrano nulla).

La premessa è che termini come no-vax, no-mask, no-pass potete già ficcarveli nel canal grande, se avete intenzione di ridurre tutto l’argomento al nulla cosmico, poiché queste locuzioni sono per gli ebeti, per i quali il loro parlare equivale a emettere fiato dall’orifizio sbagliato. È con persone dotate non di cultura (io, ad esempio, non mi definisco tale), ma almeno di consapevolezza dell’essere al mondo, che vorrei parlare. Tutto il resto vada a farsi rincoglionire ancora un po’ dal megafono del pensiero unico delle emittenti televisive (ecco, il termine emittente dovrebbe già preoccupare, poiché potrebbero emettere dalla parte sbagliata dell’organismo!).

Dunque, qui la questione dalla quale partire non è né la pandemia, né la prevenzione e neppure la cura. Non è la sicurezza dei vaccini, la loro efficacia o meno a contrastare la diffusione del virus, le cure domiciliari e alternative, o se ci sia la necessità di fare l’amore con la mascherina. La questione di tutto rilievo, invece, è quale deve essere il limite oltre il quale ogni tipo di ragionamento scade nell’inaccettabile, sia dal punto di vista legale, sia dal punto di vista antropologico che dal punto di vista etico (o morale, secondo il numero dei neuroni ancora in vita). Mi spiego. Non tutto ciò che è legale è moralmente accettabile. Che vuol dire? Che una legge, in quanto tale poiché emanata da chi ha autorità per farlo, è legale, ma non per questo è automaticamente giusta. Qui siamo al punto in cui non basta più chiedersi se una cosa sia legale o non lo sia, ma è necessario fare un salto di specie, vale a dire chiedersi se una cosa è giusta o sbagliata. Certo, anche qui c’è un certo relativismo, vale a dire che ciò che è giusto per te potrebbe non esserlo per me. Ciò che ci salva dall’equivoco, però, è che esistono dei principi e delle situazioni per cui questa discrezionalità non è data. Uccidere potrebbe essere legale in alcuni casi, ma sbagliato dal punto di vista etico. Uccidere un innocente, invece, è sempre illegale e sempre immorale. Ecco, ci siamo. È qui che vorrei portare la vostra attenzione.

Se io decido di farmi un vaccino al giorno è perché lo ritengo utile per me, legale ed eticamente accettabile. Lo stesso è se decido di farmene uno all’anno se, con la mia libertà di autodeterminazione, sono giunto, attraverso un ragionamento, ad una conclusione razionale, ragionevole, responsabile e logica. Allo stesso tempo, sempre per lo stesso principio di autodeterminazione, sempre per la libertà di specie che caratterizza il genere a cui appartengo, sempre per logicità con cui conduco il mio ragionamento, potrei giungere ad una conclusione diversa dalla prima, vale a dire potrei essere un medico con quattro lauree, una delle quali in virologia, o infettivologia, e decidere di non vaccinarmi. Ora, le opinioni contano, ma davanti alla realtà, che non può non avere a che fare con la verità (se ho davanti una mela, non posso dire che è una pesca), quest’ultima prevale sull’opinione.

Se io vi chiedessi di cercare un senso che sia almeno razionale nella maggior parte delle decisioni prese a livello scientifico e politico, esaminando tutti gli atteggiamenti adottati finora, che dopo un po’ si sono rivelati assurdi (vi ricordate le piazze transennate, o i giochi dei bambini nastrati, o il cambiare la mascherina ogni venti minuti, o il sedersi a distanza di due metri per poi ritrovarsi ammassati sul treno? Ecco, mi riferisco tipo a queste cose qui), la realtà legalistica vi deluderà. Non troverete infatti nulla che sia razionale, ragionevole, logico e moralmente accettabile. Come esattamente la questione dell’immunità di gregge che prima è fissata al 70% di inoculati, poi all’80%, fino al 90% di oggi, tanto da perdere addirittura il significato della sua stessa definizione. Di esempi potrei darvene una valanga.

Ora, per assurdo poiché così non è, ipotizziamo che sia vero ciò che è falso, vale a dire che chi è vaccinato se la prende più leggera (non dimostrato), o che chi ha fatto la terza dose non finirà in terapia intensiva (non dimostrato) e, dunque non morirà (non dimostrato), e che uno che ha il Grenn Pass non infetta solo perché si è vaccinato (non dimostrato), mentre uno che non ce l’ha rappresenti un rischio pur essendo perfettamente sano (assurdo).

Ammettiamo ancora, per assurdo, che sia Draghi a decidere quando scompaiono i tuoi anticorpi (e dunque tu fino al 31 gennaio sei protetto e dal 1° febbraio diventi un pericolo pubblico), stabilendo quando devi rinnovare il tuo lasciapassare sanitario: qual è il limite oltre il quale una decisione, seppur legale, diventa moralmente inaccettabile?

Cari amici, la scienza è una cosa seria così come lo è la religione. Ma se uno di voi andasse dal Papa e gli dicesse che la Madonna non è vergine in quanto ha partorito, il Papa vi scomunicherebbe, e farebbe bene. Infatti, per la scienza una donna che partorisce a seguito di una gravidanza innescata da un rapporto sessuale, non può essere vergine. Eppure, per la religione, quella donna, pur partorendo, è ancora vergine. Ora, se dobbiamo credere alla scienza così come crediamo per fede, la scienza non sarebbe più scienza, ma diventerebbe una religione, o meglio, ciò che è diventata in questo tempo, una setta. Per assurdo, oggi i teologi discutono ancora perfino sui dogmi di fede, mentre agli scienziati è vietato il confronto. Ecco come la fede è divenuta scienza e la scienza fede, tanto che oggi la prima è, ad onor di logica, più razionale e ragionevole della seconda.

Per voler concludere un ragionamento che interesserebbe per giorni filosofi di un certo calibro, se accettiamo l’idea che è giusto ricattare qualcuno intaccando gli aspetti più nobili del genere umano (il concetto di coscienza, il principio di autodeterminazione, il significato stesso della libertà, etc.), allora, non più tardi di domani, qualcuno potrebbe chiedervi di rinunciare alla vostra stessa identità (non intesa come generalità, ma aspetto intrinseco del proprio io) pur di potervi permettere la sussistenza. Se oggi lasciamo che qualcuno a Roma decida cosa io debba assumere per poter lavorare, e dunque mangiare e dar da mangiare ai miei figli, o se io possa entrare in un bar, prendere un aereo o salire su un treno, o se essere curato o no, domani quello stesso qualcuno potrebbe obbligarmi a fare una cosa contro la mia stessa natura di uomo. Questa è storia, non una supposizione. Ecco perché serve leggere e studiare. Non vi dovreste, dunque, scandalizzare se oggi qualcuno paragona queste scellerate politiche a quelle che fecero da premessa ai periodi più bui dell’umanità, in quanto la discriminazione tra persone comincia sempre da un elemento che all’apparenza potrebbe sembrare moralmente motivato e, dunque, accettabile. Qualcuno sostiene che nell’emergenza i diritti costituzionali andrebbero limitati. Ne siete proprio convinti? O è proprio nell’emergenza che andrebbero maggiormente salvaguardati? Che cos’è un’emergenza? Quando cesserà l’emergenza? Quando non avremo più neppure un morto? Quando tutti gli italiani, dai feti ai malati terminali, tutti saremo vaccinati con quarta dose? O cesserà quando arriverà un’altra emergenza?

Si è creata una frattura sociale insanabile tra chi è vaccinato e chi no, come se avessimo davanti l’Armaghedon in cui le forze del bene si scatenano contro quelle del male. E con questa distrazione di massa, chiamata emergenza, abbiamo definitivamente fatto a brandelli la scuola, ridotto i salari ai minimi termini, stabilito l’istituto dell’a-socialità attraverso lo smart working e, nel frattempo abbiamo altri milioni di poveri, di disoccupati, un debito pubblico che, ancora una volta, ha stabilito un nuovo record, e l’aumento delle materie prime spacciato come crescita. E noi siamo tutti intenti a insultarci gli uni gli altri se per sedersi al bar bisogna esibire un codice il quale, se scade mentre tu stai ancora usufruendo di un servizio per il quale hai lavorato e pagato, rischi che ti scaraventino giù dal treno in corsa, come è successo per quell’insegnante cacciata via dalla cattedra perché il suo Green Pass scadeva durante l’ora di lezione.

Io mi rivolgo a tutti, vaccinati e non vaccinati, poiché anche chi si è fatto inoculare il siero dovrebbe pretendere di non esibire alcun lasciapassare per poter vivere in quanto, fino a che ci vogliamo chiamare “uomini”, la persona vale più di un Green Pass, così come il corpo vale più del vestito. Per lavorare e per mangiare non devo dimostrare di avere il diritto di farlo, poiché il primo articolo della nostra Costituzione è ancora lo stesso: siamo una Repubblica democratica fondata sul lavoro (o dovremmo esserlo) e la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, non secondo le opinioni di Draghi, Letta, Conte o Salvini. Domani, infatti, anziché Draghi, potrebbe esserci qualcuno che vi porge il bicchiere di cicuta, la stessa che dovette bere Socrate poiché alcuni greci dotti ritenevano le sue teorie pericolose per i giovani.

Tutti siamo ricattabili sia perché abbiamo bisogno di sfamarci, sia perché abbiamo bisogno degli atri in quanto esseri sociali. Ma perdere l’io, vale a dire il nucleo più sacro dell’uomo, per sottrarsi ad un ricatto, equivale alla morte. Infatti, come pare che disse Socrate nell’ultimo istante della sua vita, è venuta l’ora di andare, io a morire (senza Grenn Pass, ndr.) e voi (col Grenn Pass, ndr.), invece, a vivere. Ma chi di noi vada verso ciò che è meglio, è oscuro a tutti, tranne che al dio. Tradotto in quest’epoca, vivere col Grenn Pass potrebbe dire rinunciare a vivere. Né un vaccino, né un Green Pass possono essere sinonimo di libertà. Chi lo sostiene vi sta prendendo per il culo, con il vostro stesso permesso di farlo.

Fabrizio Vincenti

 
Di Redazione (del 19/11/2019 @ 19:36:21, in Comunicato Stampa, linkato 970 volte)

Il Comune di Galatina, in collaborazione con il Coordinamento donne Acli, organizza un incontro per la presentazione de “Sulle orme della sclerosi multipla – La Rinascita” scritto dalla giornalista Maria De Giovanni. Il convegno si terrà Giovedì 21 novembre, alle ore 19, presso il Circolo Arci Levèra in Via Bellini a Noha. Dopo i saluti del sindaco Marcello Amante è previsto un dialogo sul tema del libro fra l’autrice e gli assessori comunali Maria Giaccari (Pari Opportunità) e Antonio Palumbo (Politiche Sociali). Nell’opera “Sulle orme della sclerosi multipla – La rinascita” Maria De Giovanni descrive la sua esperienza personale nella lotta contro la malattia.  Un esempio per tutti, anche per il coraggio con cui ora affronta la battaglia dopo un primo momento di sconforto. La rinascita di cui parla è, dunque, quella che le ha permesso di reagire e di avere un approccio diverso    con la vita. Il libro vuole essere un messaggio di speranza e fiducia verso chi soffre e lotta senza mai perdersi d’animo. La scrittrice ha, inoltre, fondato SMAIS (Sclerosi Multipla Associazione Italia Sunrise).

Ufficio Stampa Amante 

 
Di Redazione (del 21/04/2015 @ 19:35:14, in Comunicato Stampa, linkato 2138 volte)

“Diciassette artisti italiani e stranieri, tra nomi storici attivi nel contesto internazionale e giovani consolidati, si confrontano con un supporto sorprendente, insieme antico e contemporaneo, la carta”

2 maggio-30 settembre 2015
a cura di Lorenzo Madaro
 

Opere di Carla Accardi, Kengiro Azuma, Giuseppe Capitano, Eva Caridi, Nicola Carrino, Giacinto Cerone, Daniele D’Acquisto, Fernando De Filippi, Michele Guido, Alina Kalczyńska, Bogumil Ksiazek, Giancarlo Moscara, Hidetoshi Nagasawa, Giuseppe Negro, Christos Pallantzas, Guido Strazza e Costas Varotsos

 

A100 Gallery, piazza Alighieri 100, 73013 Galatina (Lecce)
2 maggio – 30 settembre 2015

(La mostra sarà visitabile tutti i giorni dal martedì al venerdì dalle 18 alle 21 e su appuntamento).

Il progetto It’s all about paper propone un focus dedicato a opere realizzate su carta, o con l’ausilio della carta, da una serie di artisti italiani e stranieri di respiro internazionale. Supporto apparentemente secondario, proprio per via delle sue caratteristiche intrinseche, è da sempre il materiale con cui gli artisti hanno saputo esprimere idee e progetti, studi e riflessioni, instaurando un contatto diretto tra concetto riflessivo e opera compiuta. Le opere degli artisti in mostra appartengono a generi decisamente differenti tra loro: si va dal concettuale al minimalismo, dal rigore assoluto del disegno al calore mediterraneo della pittura; dalla tenue leggerezza dell’acquerello alla forza espressiva di materiali eterocliti come rame e ferro, carbone e legno. All’interno di sezioni specifiche il pubblico potrà orientarsi su fronti diversi, che includono anche l’installazione site-specific e il libro d’artista, la scultura e il video: linguaggi eterogenei che consentiranno al visitatore di scoprire un mondo sfaccettato, ampio e denso di piacevoli sorprese. Opere ormai storiche – concepite negli anni Sessanta – saranno affiancate a progetti inediti, concepiti appositamente per questo progetto ideato e coordinato da A100 Gallery che ha deciso di puntare su maestri consolidati e giovani proposte. A100 Gallery pubblicherà prossimamente un libro di Lorenzo Madaro, con testi di Nunzia Perrone e Andrea Zizzari, dedicato agli artisti protagonisti della mostra.
 

Informazioni

Telefono: 0836.56.74.91

www.a100gallery.it
 

Manuel e Marco partono per un viaggio in Turchia dove vivranno un’esperienza ben oltre la semplice vacanza lontana dalle rispettive mogli. S’imbatteranno infatti in un mondo completamente diverso da quello Occidentale, dove avranno modo di entrare in contatto con una Istanbul segreta, sconosciuta alla maggior parte dei turisti, con le sue contraddizioni, con la sua cultura e la sua storia. 
In un precipitarsi degli eventi, Manuel si troverà coinvolto in una storia che affonda le sue radici nel fondamentalismo islamico: scoprirà infatti che Fatima, una giovane ragazza conosciuta in un locale che è una sorta di limes, di confine tra ciò che è la vita di tutti i giorni e quella sotterranea, lontana dagli occhi della gente, è stata reclutata per compiere un attacco kamikaze.
Con l’aiuto di Ermes, enigmatica e ambigua figura che si presenta come un importante uomo d’affari tedesco, e Viola, una ex fiamma di Manuel, riuscirà a sottrarla al suo destino di morte.

Carlo Sindaco. Nato vicino Varese, da oltre vent’anni vive in un paesino in provincia di Lecce. Impiegato, è sposato con Annalisa con cui ha avuto un bimbo di sei mesi. Ha pubblicato una raccolta di poesie - scritte in età giovanile - sul portale di Unilibro dal titolo “Liquidi in Eccesso”, e un breve racconto titolato “Risvegli”, inserito in una raccolta edita da Letteratura Horror.it. Carlo coltiva numerosi interessi: dalla Letteratura alla Filosofia, dalla Scienza al Gaming competitivo, dal Calcio giocato al Design Industriale, Sociologia della comunicazione, Informatica ed elettronica, musica, cinema e attività culturali in genere.

Arci Levèra Noha

 

Padre Jean Paul  Hernandez  volto noto di TV2000 dove commenta, nella rubrica “ Sulla strada”  il Vangelo della Domenica,  sarà ospite della Rassegna “Incontri al Collegio”  che riprende sabato 19 marzo alle ore 19:00, organizzata dalla libreria Fiodilibro in collaborazione con la Rettoria della Madonna della Grazia  presso la Chiesa del Collegio a Galatina. Sarà un incontro importante  ricco di spunti di riflessione su giovani, arte, bellezza e fede. La conversazione avrà come tema   ” L’Arte come incontro con Dio. L’esperienza di Pietre Vive”.  Padre Hernandez  gesuita e docente di Teologia presso la Pontificia Facoltà di Napoli, è nato in Svizzera da genitori emigranti  spagnoli e per questo si definisce un “europeo mediterraneo”,  dopo varie esperienze incontra sul suo cammino Giovanni Paolo II ascolta e fa propria la sua richiesta di sacerdoti per la Chiesa. Giornalista alla Radio Svizzera Italiana, studia filosofia, storia medievale, poi teologia a Napoli ed il dottorato a Francoforte. Si appassiona alla bellezza dell’arte sacra che vede come “pietra viva” su cui ricostruire la fede . Da tutto questo nasce l’esperienza dei gruppi “Lebendige Steine” “pietre vive”, che annunciano a chi entra in una chiesa l’amore gratuito che è Dio attraverso la spiegazione dell’arte e dell’architettura.  Introduce l’incontro Don Antonio Santoro Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia.

Emilia Frassanito

 
NOHA. STORIA, ARTE, LEGGENDA: DA CASA A CASA, TRA GNOMI E DUCHI
DI
GIULIANA COPPOLA

Da dove si comincia? Si comincia sfogliando piano… e i “cittadini del sole” sentiranno il profumo di Noha, tutto il profumo, del passato, del presente e (perché no?) anche del futuro, racchiuso in particolari da scoprire, in un sorriso di bimbo, in un tramonto dolcissimo, ad esempio. “Noha, storia, arte, leggenda” di Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone che ne è anche il curatore, regala questo profumo che si percepisce se appena si apre la porta; il libro infatti, è “una porta pronta ad aprirsi se solo lo si vuole, perché come tutti i libri è li ed attende la decisione di chi lo ha scelto”… e allora tu segui parere saggio di Zeffirino Rizzelli, varchi la porta, e ti immergi in questa ricerca “nella quale il territorio, il folklore, la trasmissione orale, le tradizioni, il dialetto, la leggenda, il dato urbanistico, il dato sociologico, religioso e politico s’intrecciano: uno complemento degli altri: ordito di un unico tessuto”.
Non fai in tempo a stancarti, annoiarti o perderti; come ti dicono gli autori, la ricerca è un ordito di un unico tessuto, caldo e dolce come quello d’un tempo. Ti immergi in esso e vai.
Ecco: “Noha, storia, arte, leggenda” è, pagina dopo pagina, la conferma che esiste ancora, certo che esiste, la gioia della coralità, la gioia della tradizione orale; senti che così è, andando da documento a documento, ma anche e soprattutto da casa a casa, da corte a corte, da amico ad amico, da comare a comare, da bar a bar, da angolo ad angolo, cercando e ricercando ancora; ascoltando, in silenzio, la voce delle persone e delle cose, di ciò che si è dimenticato e di ciò che ancora esiste, di quel che si tocca con mano e di quel che s’immagina, di ciò che è storia e di quello che è già leggenda, favola, mito, fede.
Tutti hanno qualcosa da dire su questo angolo, ombelico del mondo, amato a volte più di se stessi; tutti ascoltano ma tutti poi aprono la porta ad Antonio che continua a bussare per sapere, per ricordare insieme, per comunicare, scoprire e condividere; per fermarsi un attimo e poi ricominciare.
Antonio, da curatore, si porta dietro lungo la strada da lui tracciata, un compagno di viaggio dopo l’altro e la storia si dipana colta e allegra, forte di documentazione, leggera di voci presenti; la realtà si accosta alla fantasia e la fantasia diventa mistero ed il mistero gioca tra sacro e profano, tra gnomi, principesse, duchi, nel silenzio di castelli, ipogei, casiceddhre, antiche torri, strade mitiche, fantasiose case rosse, ed è serena, allegra, sorprendente la Noha cristiana protetta da san Michele Arcangelo. Tra passato e presente… il presente è racchiuso in quel profumo di cui si è detto sopra; il presente è giovane come le immagini di Rinaldo, Michele e Daniele Pignatelli, gli ulivi di Paola, i versi dei poeti, le parole di don Donato Mellone che non invecchiano mai, l’augurio di Michele Tarantino, l’editore…
E il futuro?
Il futuro è una sfida… si crede nel libro, si crede che “faccia viaggiare più di un aereo, faccia sentire suoni, gustare sapori, annusare odori”. Ed ora? Ora si va tutti a Noha; sono aperte le porte e c’è ancora voglia di raccontare ed ascoltare.
(Giuliana Coppola)
 
Di Redazione (del 11/09/2017 @ 19:29:07, in Comunicato Stampa, linkato 1111 volte)

L'Assessore alla Pubblica Istruzione Cristina Dettù augura un buon inizio a tutti gli studenti che in questa settimana torneranno a scuola o vi faranno il loro ingresso per la prima volta.

Questa mattina, infatti, si è recata personalmente nei vari istituti per fare un grande in bocca al lupo a tutti i nostri studenti e continuerà il giro di saluti anche domani e mercoledì.

Ai bambini delle elementari è stato portato in dono il libro di favole "Mamma li Turchi" nato da un progetto del SAC Arneo e costa dei Ginepri, a cui aveva partecipato l'Amministrazione Montagna. La nuova Amministrazione ha intercettato il risultato di questo lavoro compiuto ma mai ritirato e lo ha recuperato autonomamente per regalarlo da oggi ai bambini.

Il libro è stato accompagnato da una lettera firmata dal Sindaco Amante e dall'Assessore Dettù che pongono tra le righe tutta la loro speranza e fiducia nelle nuove generazioni sottolineando l'importanza di quel percorso di conoscenza nel quale i bambini possono essere accompagnati dai genitori, dagli insegnanti ma anche dalle tante valide associazioni presenti sul territorio: "[...] Vi chiediamo di guardare con stupore ciò che vi stiamo regalando e vorremmo osare dandovi un compito: andate a vedere dal vivo tutto ciò che è in queste pagine, fatevi portare da mamma e papà o chiedete alle vostre maestre di farvi conoscere i meravigliosi luoghi che ci circondano.

Se avete bisogno di una voce che racconti o una mano che vi guidi potete trovarla, tra l’altro, in molte associazioni del territorio pronte ad accompagnarvi."

Ufficio Stampa Marcello Amante

 

 

Giovedì 7 novembre presso il Polo Didattico Bilingue “ Crescere Insieme“ in via Gorizia ,49 a Galatina, alle ore 18:00 la libreria Fiordilibro ha organizzato un incontro con l’autrice Viviana Presicce sul mondo affascinante e misterioso della vita che nasce  “ Tutto quello che vuoi sapere sulla nascita . Il misterioso viaggio all’interno di una vita” è questo il titolo fresco di stampa per Milella Edizioni. Il libro non è un manuale sulla gravidanza, ma uno spunto di riflessione da cui partire ed imparare a muoversi nell'intricato mondo del cambiamento legato alla nascita e alle complesse settimane successive. L’autrice ha cercato di svelare il miracolo che si nasconde dietro una pancia che accoglie un bimbo, per permettere di coglierne, contemplarne ed assaporarne la magia, la potenza ed il mistero. Dialogherà con l’autrice Laura Pedone pedagogista e docente di filosofia.

Viviana Presicce laureata con il massimo dei voti all’Università di Parma lavora da 15 anni  all’Ausl di Reggio Emilia. Ostetrica per scelta come ama definirsi, è al suo primo libro. È autrice di un blog sulla maternità e di una piattaforma online sulla gravidanza e relative tematiche. Alla sua esperienza di ostetrica, si aggiunge quella di istruttrice  e ricercatrice di tecniche di meditazione semplici ed avanzate con metodo chiamato Pranic Energy Healing. Ha all’attivo numerosi corsi nazionali ed internazionali sull’allattamento, sulla comunicazione e, sul parto attivo . È  trainer di Hypnobirthing e di sostegno alla genitorialità. Ha collaborato all’organizzazione di numerosi convegni  tra cui la Danza della Vita con Michel Odent a Parma nel 2018.

Emilia Frassanito

 

Riprenderanno mercoledì 11 ottobre alle ore 17:30, nel Chiostro dell’ex Monastero delle Clarisse, le attività dell’UNIVERSITA’ POPOLARE “Aldo Vallone” con il tradizionale OPEN DAY di presentazione dell’offerta formativa.

Quali le caratteristiche delle proposte? Le attività saranno organizzate in trimestri e saranno articolate in minicorsi, conferenze/spettacolo, laboratori, celebrazione di giornate particolari, escursioni e attività ludico-ricreative.

Il programma dettagliato del primo trimestre sarà illustrato nel corso dell’evento; gli incontri nei mesi di ottobre e novembre saranno organizzati per sviluppare due Corsi autonomi: il primo previsto nelle giornate di lunedì sulla “Storia del nostro territorio”, tra fonti storiche, manoscritti, iscrizioni e il secondo nelle giornate di venerdì su “Saperi e sapori”.

Il mese di dicembre vedrà realizzarsi anche alcune attività ricreative, quali una visita guidata, (2 dicembre), a Mesagne alla Mostra “Caravaggio e il suo tempo”  e a Grottaglie al Quartiere e al Museo della ceramica, il Torneo di Burraco (16 dicembre) nel Museo Civico, finalizzato alla raccolta fondi per il restauro della scultura in pietra leccese (1700) di San Michele Arcangelo, oltre alla presentazione del libro della nostra consigliera Marinella Olivieri, I destini disvelati, senza trascurare la consueta e sempre attesa performance del nostro Laboratorio Teatrale in occasione delle festività natalizie, prevista il 22 dicembre.

Nel corso della serata saranno, inoltre, illustrate nel loro complesso tutte le iniziative programmate per i successivi trimestri e senza svelare le specificità, possiamo, tuttavia, anticipare alcune linee di sviluppo: un Laboratorio di scrittura narrativa e poetica, alcune Conferenze/spettacolo, un focus sulla storia dell’urbanistica a Galatina, ed, infine, un’attenzione particolare al rapporto Italia/Albania con la collaborazione dell’Università del Salento come preparazione al viaggio annuale, con destinazione Albania, nel mese di giugno.

Non vanno, infine, dimenticati i nostri tradizionali laboratori, quello di Lingua Inglese, il Laboratorio di Pittura e il Laboratorio Teatrale.

 

IL PRESIDENTE

Mario Graziuso

 
Di Redazione (del 30/08/2020 @ 19:26:11, in NoiAmbiente, linkato 1508 volte)

Gentilissimo Assessore Loredana Tundo,

entriamo nello specifico senza perderci nei lunghi meandri del degrado che regna da decenni dentro e fuori Noha. Ci rivolgiamo all'Assessore ai lavori pubblici e all'urbanistica, ruolo che il Sindaco, come egli stesso ha dichiarato in varie occasioni pubbliche, ha voluto riservare ad una persona di NOHA.

Non poteva certo fare scelta migliore.
Lasciamo per ora da parte la storia di quei benedetti Beni Culturali di Noha, che, come molti in questo periodo, sembra siano andati in ferie, nonostante in passato, e per secoli, non abbiano mai fatto un turno di riposo, dando lustro, identità e peculiarità alla nostra comunità nohana, o per meglio dire di Noe, Noje o Nove, come si usava scrivere su tutte le  carte fino agli inizi del secolo scorso.

Sono trascorsi 50 anni da quando P. Francesco D'Acquarica, pubblicò il primo libro sulla storia di Noha sbatacchiandoci sotto il naso la nostra civiltà, l’arte e quindi la storia e le storie: delle tre torri, delle tombe messapiche e dei loro menhir, del castello con case di corte e casiceddhre annesse, del frantoio ipogeo, delle chiese, dei cimiteri sottostanti le chiese stesse e dei palazzi, della torre dell’orologio, della trozza, delle masserie, eccetera.

Ma la nostra, forse, è una storia di periferia e a quanto pare non degna di attenzione da parte delle amministrazioni galatinesi.

Con questa lettera aperta, intendiamo invece evidenziare il senso di disagio, per dire la verità il senso rasenta la vergogna, e la vergogna ha a che fare con la bellezza, in quanto è determinata dalla percezione della violazione delle norme (cfr. Gianrico, Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano, 2010, pag. 65), dicevamo quindi, il senso di disagio che si prova quando si entra o si  esce da Noha percorrendo via Aradeo. Non è che venendo da Galatina o da Collepasso (gli altri due ingressi principali) la cosa sia meno imbarazzante, ma se non altro non hanno l'onore di aprire l'accesso verso il nostro camposanto.

Ecco. Andare al camposanto è un po' come dire: " meglio chiudere gli occhi per non vedere".

Correva l'anno 1951, e magari testimoni ancora viventi lo possono confermare, la via Aradeo era ancora da asfaltare e finalmente, dopo ben 25 anni di progetti, verifiche e carte per costruire il camposanto, il progetto venne realizzato e con esso il sontuoso viale di eucalipti che ha donato ossigeno e dignità per quasi settant’anni sia a chi andava via da Noha, sia a chi vi entrava.

Lo diciamo da anni che quel tratto di strada è in uno stato indecoroso sia dal punto di vista dell’immagine che della sicurezza. La risposta alle nostre richieste è sempre stata la stessa: le idee non mancano.

Finalmente, dopo ormai quattro anni di resistente e intenso lavoro di questa amministrazione, per uscire dal tunnel del “grande debito” comunale, si sentono annunci di progetti che valgono addirittura milioni di euro e che quindi, grazie all’impegno di tutto l’organico amministrativo,  pare debbano scivolare su Galatina, e noi speriamo un po' anche su Noha, magari cominciando a salvare questa ultima sporca dozzina di eroi che hanno visto e aiutato a crescere almeno tre generazioni. In fondo la pista pedonale, seppur striminzita, è già tracciata, e i primi 5 metri ci sono già, si tratta solo di completare gli ultimi 495.

Ci chiediamo come abbiano potuto fare i nostri genitori e nonni nel 1951, dopo appena sei anni dalla fine della seconda guerra mondiale, tempi di sacrifici, di miseria e di emigrazione, come abbiano potuto realizzare un’opera così grande, il Camposanto ed un viale lungo circa 700 metri di maestosi eucaliptus, e oggi, che invece strombazziamo ricchezza e benessere a destra e manca, siamo soltanto capaci di creare deserti.

In conclusione chiediamo:

  • Che venga portata a termine la pista pedonale su via Aradeo;
  • Che siano salvati gli eroi esistenti e piantati quelli distrutti per costruire il nulla;
  • Che vengano ripristinati i viali alberati di via Castello e via Collepasso;
  • Che sia realizzata una pista ciclopedonale su via Dalla Chiesa;
  • Che vengano messi dei dissuasori per limitare la velocità degli autoveicoli su via Aradeo, via Collepasso e via Dalla Chiesa.

 

Gli alberi sono la salvezza della Terra.

Certi di una sua risposta e interessamento concreto alle questioni in oggetto, porgiamo i nostri più Cordiali saluti

Il Direttivo di NoiAmbiente

 
Di Redazione (del 16/05/2019 @ 19:25:40, in Comunicato Stampa, linkato 975 volte)

“Il Maggio dei Libri” è la campagna nazionale promossa dal Centro per il libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, e persegue l'obiettivo di promuovere il valore sociale della lettura come elemento di crescita personale, culturale e civile. La Biblioteca “Pietro Siciliani”  anche quest’anno aderisce al progetto.

 “Se voglio divertirmi leggo”  è lo slogan dell’edizione 2019,  con questo motto giocoso  la biblioteca ha programmato attività pensate soprattutto per i bambini e le loro famiglie; incontri informativi per conoscere i benefici della lettura sin dalla più tenera età rivolto agli adulti; la presentazione della famosa graphic novel “Nostra Madre Renata Fonte” di Ilaria Ferramosca; attività di promozione alla lettura per le scuole dell’infanzia e le scuole primarie;  la finale di “Lettori in gioco” , il progetto realizzato con la scuola secondaria dei primo grado del Terzo Polo di Galatina;

Questo il programma

Martedì 7 .Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:00-12:00

Giovedì 9. Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni della classe prima della scuola primaria dell’Ist. com. Primo  Polo. Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:00-12:00

Sabato 11. Storie col Ciuccio: Incontri informativi sui benefici della lettura per la prima infanzia, esempi di lettura dialogica, esposizione di libri che stimolano le emozioni e la mente del bambino più di altri. Ore 17:00. Incontro per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni.  Su prenotazione

 Martedì 14. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:00-12:00.

 Mercoledì 15. Secondo incontro conoscitivo per i potenziali Lettori Volontari per bambini da 0 ai 6 anni. Dalle ore 16:00. Incontro curato dalla dott.ssa Giovanna Rosato referente AIB-Puglia sez. Biblioteche Ragazzi e Nati per leggere. È gradita prenotazione

Giovedì 16.Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni delle classi  della scuola primaria dell’Ist. com. Primo  Polo.  Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:30-12:00

Martedì 21. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:30-12:00.

Venerdì 24. Presentazione del  graphic novel  Nostra Madre  Renata Fonte di Ilaria Ferramosca.  Esposizione degli otto elaborati vincitori del Library’s Talent con i vincitori come ospiti. Dalle ore 17:30 alle ore 19:00. Incontro gratuito aperto a tutti.

 Sabato 25. Storie col Ciuccio:Incontri informativi sui benefici della lettura per la prima infanzia, esempi di lettura dialogica, esposizione di libri che stimolano le emozioni e la mente del bambino più di altri. Ore 17:00. Incontro per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni. Su prenotazione

 Martedì 28. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:30-12:00

Giovedì 30. Lettori in Gioco: finale del gioco pensato e realizzato per le classi seconde della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Terzo Polo di Galatina. Sfida tra le classi in biblioteca, premiazione vincitori. 

Martedì 4 giugno.  Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni della classe prima della scuola primaria Ist. Comp. Terzo Polo . Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:00-12:30

Gli incontri sono gratuiti e aperti a tutti tranne quelli indicati diversamente. Per info e prenotazioni scrivere a chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it  o  telefonare allo 0836-565340

Ufficio Stampa Amante

 
Di Redazione (del 12/05/2020 @ 19:23:45, in Comunicato Stampa, linkato 1094 volte)

La Città di Galatina e il Patto locale per la lettura aderiscono all'iniziativa de "Il Maggio dei Libri" che quest'anno ha come tema istituzionale "Se leggo scopro".
"Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un periodo storico che ha cambiato radicalmente le nostre abitudini" ha dichiarato Cristina Dettù, Assessore alla Cultura della Città di Galatina. "Dal lavoro alla scuola, dal tempo libero alle relazioni interpersonali. Eppure c'è una costante che anche in un periodo di emergenza non è mai mancata: la lettura. In attesa di riaprire la nostra tanta amata Biblioteca comunale "P. Siciliani", come sempre partecipiamo all'iniziativa de Il Maggio dei Libri, promossa dal Cepell, e che quest'anno si sviluppa in via digitale. Galatina, città che legge, non può mancare a questo importante appuntamento affinché sia un ulteriore strumento di diffusione della lettura e dei suoi benefici culturali e sociali in grado di creare legami tra racconti, storie, luoghi, paesaggi e persone."
L'obiettivo è quello di realizzare un video in cui raccontiamo cosa si scopre leggendo un libro. Tutti sono i protagonisti: il Patto Locale per la lettura di Galatina e poi anche ogni singolo cittadino, scuole, associazioni, ospedali, case di riposo, centri di riabilitazione, centri anziani, chiunque!
Raccontateci cosa avete scoperto leggendo un libro e inviateci i materiali che ritenete significativi: foto, locandine, testi e resoconti, profili social da seguire, rispettando le seguenti linee guida:
Foto: massimo 4, a fuoco, senza minori ripresi in primo piano (salvo contestuale invio di liberatoria per la pubblicazione, tenendo presente che tale liberatoria non è necessaria per foto che ritraggono un pubblico ampio ed eterogeneo di età), eventualmente corredate di didascalia con luogo, data e titolo evento se prive di testo a corredo. Si può pensare anche ad una foto con uno sfondo significativo (ad es: scorcio dalla finestra del Comune, centro storico o un altro bel panorama rappresentativo del vostro territorio; gonfalone del Comune, ingresso o interni - luminosi - della Biblioteca Comunale);Testi a corredo delle foto: massimo 500 caratteri spazi inclusi, con specifica di luogo, data e titolo dell’evento raccontato.Il materiale potrà essere inviato alla mail: pattoperlalettura@gmail.com entro domenica 24 maggio. Avremo così modo di raccogliere tutto il materiale, provvedere al montaggio del video e celebrare Il Maggio dei libri della nostra Città.

Ufficio stampa Marcello Amante

sindaco di Galatina (LE)

 

Massimo Vaglio, uno dei massimi estimatori della cultura enogastronomica nostrana, si riscopre cantastorie di un tempo apparentemente perduto ma che, nella realtà, vive tuttora nella nostra gestualità, nei pensieri e in tutto ciò che comunemente chiamiamo cultura salentina.

Sabato 17 Ottobre 2020 il blog salentoterradagustare.it e il circolo Arci Levèra presentano“Santu Sitru”,  una raccolta di 12 racconti  in cui Massimo, ragazzino curioso e famelico di conoscenza, fotografa indelebilmente nella sua memoria luoghi ( Sant’Isidoro, la piazza coperta, il centro storico etc..), rituali di comunità ( la salsa, la vendemmia, la vita di masseria)  paesaggi e personaggi come il tirchio don Memè, l’iconico Lattarulo, e il poetico Cricoriu Pettirusso.

A partire dalle ore 18.00 presso la sede del circolo Arci Levèra di via Bellini n.24, l’autore dialogherà con Ilaria Panico (co-fondatrice del blog salentoterradagustare.it) per approfondire i temi e i ricordi contenuti nel libro, e rivivere insieme quei luoghi e tempi, soprattutto con chi, per motivi anagrafici, non ha avuto la possibilità di viverli davvero.

Nel rispetto delle norme anti – covid è vivamente consigliata la prenotazione del proprio posto a sedere al n. 389-4250571. Durante l’evento è necessario partecipare muniti di mascherina personale.

SALENTO TERRA DA GUSTARE

 
Di Redazione (del 22/11/2019 @ 19:20:49, in Comunicato Stampa, linkato 1133 volte)

Sabato 23 novembre alle ore 18,30 nell’ambito della Rassegna Incontri al Collegio verrà presentato in anteprima nazionale il libro Tarantismo :Odissea di un rituale italiano edito da Flee.

Il libro in italiano ed inglese contiene contributi saggistici e fotografici di artisti, fotografi, sociologi, antropologi e sacerdoti cattolici: Chiara Samugheo, Edoardo Winspeare, Claudia Attimonelli, Pamela Diamante, Luigi Chiriatti, Salvatore Bevilacqua, Gino Di Mitri , Mattia Zappellaro, Don Antonio Santoro. Nel doppio LP allegato al libro  si possono ascoltare le registrazioni originali di musicisti registrati da Diego Carpitella, Ernesto de Martino e Alan Lomax, alla fine degli anni ‘50 in Puglia, nonché sei rielaborazioni uniche di musicisti elettronici e produttori contemporanei d’avanguardia come: Bjorn Torske & Trym Søvdsnes (NO), LNS (CA), UFFE (DK), KMRU (KE), Bottin (IT) e Don’t DJ (DE).

All’incontro presso la Chiesa del Collegio saranno presenti alcuni dei coautori : Gino L. Di Mitri  Storico ,
Luigi Chiriatti Editore e studioso delle tradizioni popolari del Salento,Don Antonio Santoro  Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia ed Alan Marzo di FLEE che modera ed è co-curatore del progetto.

 FLEE è una piattaforma indipendente e internazionale di ingegneria culturale dedicata alla documentazione e alla valorizzazione delle culture ibride. Funziona come etichetta discografica, casa editrice ed è ideatrice di progetti espositivi. Si occupa di sub-culture che fa interagire con diversi approcci artistici contemporanei attraverso la pratica della critica.

Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 28/06/2020 @ 19:19:34, in Comunicato Stampa, linkato 816 volte)

“Showy Boys, la Gloriosa” è il titolo del libro scritto da Daniele G. Masciullo, giornalista e presidente della storica società sportiva di Galatina. Un esclusivo progetto editoriale, un lavoro puntuale e documentato, che vuole essere un viaggio nella storia dell’associazione che, dal lontano 1967, ha scritto pagine di pallavolo a Galatina e nel Meridione d’Italia.

Il volume, pubblicato da Edit Santoro e in collaborazione con Showy Boys A.S.D., percorre, nelle sue 560 pagine, la storia del club e lo fa attraverso la voce di Francesco Papadia, grande appassionato di volley, poi allenatore e dirigente della società sportiva che ha fondato e contribuito negli anni a fare crescere come numero di tifosi, tesserati e sempre con un unico obiettivo, quello di ‘formare’ gli allievi della Scuola Volley.

“Saranno proprio le parole e i racconti di Francesco ad accompagnare i lettori in questo lunghissimo viaggio nella storia della ‘Gloriosa’, come viene soprannominata la Showy Boys - dichiara l’autore Daniele G. Masciullo, oggi primo responsabile della società sportiva galatinese - dalla lettura della rassegna stampa, dei comunicati ufficiali, dallo scrutare con attenzione le foto d’archivio, si potrà rivivere il percorso storico del club biancoverde. In più, aneddoti, curiosità, esperienze vissute, tra gioia e delusione, ricordi di anni e anni di partite giocate, viste e racchiuse, come mi piace dire, nel ‘borsone’ dei ricordi e dell’esperienza”.

Il libro è suddiviso in tre capitoli che identificano, a livello temporale, i tre periodi storici che hanno visto la Showy Boys in attività. Il primo capitolo racconta il club dalla sua nascita e sino alla stagione sportiva 1982-1983. Dagli albori, ai primi passi in Federazione e alla partecipazione ai tornei C.S.I.. I primi anni Settanta con l’avventura nei campionati federali, la crescita del movimento e l’attenzione rivolta al vivaio, fiore all’occhiello del club biancoverde. La promozione in serie C e l’affermazione delle squadre giovanili sino al salto in serie B e, successivamente, l’indimenticabile esperienza nel campionato di A2. Il secondo capitolo è un viaggio un po' più breve, dall’annata 1990-1991 a quella del 1997-1998, che inizia con il ritorno in campo in una serie nazionale, passando tra vittorie e soddisfazioni a delusioni e voglia di riscatto. Infine, il terzo capitolo, racconta l’attività della Scuola Volley a partire dalla stagione sportiva 2012-2013 e sino ai giorni nostri. L’esperienza messa a disposizione delle nuove leve ma pensando al futuro, nel segno della continuità. La nascita dei gruppi giovanili ed i primi successi, in ambito federale, con le vittorie dei campionati e dei trofei regionali da parte della prima squadra. Parallelamente, lo sviluppo e l’affermazione della Scuola Volley, riconosciuti dalle attestazioni FIPAV, per un successo che, come in passato, continua a vedere protagonisti i più giovani.

“L’idea di scrivere un libro sulla storia della Showy Boys è iniziato tre anni fa, con la ricerca e la raccolta di materiale fotografico, articoli e racconti, per realizzare un prodotto editoriale che potesse custodire gelosamente l’identità e la tradizione del club - aggiunge Daniele G. Masciullo - oggi che il volume è disponibile la speranza è che possa essere per le nuove leve di atleti uno strumento utile a conoscere la storia della società, mentre per tifosi e appassionati una opportunità per riviverla con orgoglio e passione”.

Si può richiedere una copia del libro presso la sede della Showy Boys in piazza San Pietro n. 25 (segreteria tel. 347.3849653) oppure inviando una mail con i propri dati ad Edit Santoro (editsantoro@libero.it).

 

 
Di Redazione (del 24/01/2020 @ 19:17:59, in Comunicato Stampa, linkato 899 volte)

Il dovere della memoria, della storia e delle storie, non basta certo a scongiurare le tragedie generate dal pregiudizio, ma è pur sempre un passo importante, è l’inevitabile punto di partenza per le comunità che scelgono il cambiamento, scelgono cioè di farsi guidare dai Lumi della Ragione.

Giudicare prima di conoscere, senza appello, senza alcun dubbio, ha generato, e purtroppo genera ancora isolamento, indifferenza e violenza. Si tratta di una spirale perversa, in cui tutti possiamo ritrovarci dalla parte delle vittime o dei carnefici a seconda dei venti che spirano dalla storia, ma anche dalle menzogne di un’opinione pubblica privata di senso critico e del necessario spirito di solidarietà.

Ricordiamo allora e, nel silenzio lento che viene dopo le parole e i suoni, riflettiamo, e piangiamo, e agiamo!

Ebrei, omosessuali, Rom e Sinti, Testimoni di Geova e tutti coloro che non si conformano e si oppongono: le loro lacrime non debbono essere inutili!

Questo il senso della proposta del Presìdio del libro di Noha e Galatina e del POLO 2: ne “Il circo capovolto” di Milena Magnani, la storia di Branko, discendente di una famiglia di circensi ungheresi, ci racconta l’olocausto del popolo viaggiante.

L'evento si terrà lunedì 27 gennaio 2020 ore 11.00 presso l'oratorio della Madonna delle Grazie di Noha. 

Coordinamento Dirigente

Eleonora Longo

 
Di Redazione (del 26/09/2019 @ 19:17:25, in Comunicato Stampa, linkato 1242 volte)

La Costituzione è la legge del «sì», ci ricorda che è possibile imparare dai nostri errori e scegliere di essere migliori. Ci invita a prendere consapevolezza della nostra forza come persone, individui, cioè, che scelgono di farsi comunità, di costruire relazioni per il raggiungimento del benessere di tutti. Ci dice inoltre che il nostro pensiero ha valore e merita rispetto anche quando è minoritario.

Le sue parole, ieri come oggi, sono il nostro bene più prezioso, vanno difese e riscoperte: vanno agite. Si può fare! Le nostre azioni, anche le più piccole, hanno un peso e, come il battito d’ali di una farfalla, possono scatenare un salutare uragano.

Questo il senso della Festa dei Lettori di quest’anno, promossa e organizzata, come ormai da tradizione, dal Presìdio del libro di Noha e Galatina assieme alla scuola che lo ospita, l’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina. La scuola e il paese, il 28 settembre a Noha e a Galatina, in via Arno, ospiteranno la Costituzione trasformandosi in un grande libro che non si può non leggere, perché ha già le pagine aperte, che ci invitano e ci scaldano il sangue dalle porte delle aule, dai corridoi delle scuole, dalle strade, dai luoghi pubblici, dai giardini, dalle case della gente… D’altra parte «pagina» e «paese» nascono dalla stessa antica parola, quel «pagus» che indicava il villaggio, lo spazio umano organizzato in comunità.

Unitevi a noi, fate festa con noi. Vi aspettiamo!

Eleonora Longo

 

Sabato 14 dicembre, incontro con la critica d’arte Angela Serafino ed il suo omaggio all’artista Renato Centonze. RESTITUZIONE è il titolo del saggio che verrà presentato nel corso della serata e che raccoglie l’analisi della produzione delle opere di Centonze con il loro inquadramento storico. Lo stesso titolo scelto per il libro è un omaggio dell’autrice all’artista ed è al contempo un ricordo personale , RESTITUZIONE  infatti è la parola che Centonze di più usava, nelle conversazioni sull’arte, volendo  richiamare per questo l’attenzione sulla sua qualità interlocutiva: “ Senza restituzione non è pensabile un’opera d’arte, oggi più che mai.” Non si tratta quindi solo di far conoscere le opere dell’artista, per Angela Serafino, ma di far comprendere anche i processi da cui sono state generate, cogliendone i collegamenti dai segni grafici, alle tele ,alle pitto-sculture-sonore.  A chi gli chiede come mai questo scritto a nove anni dalla scomparsa di Centonze, l’autrice risponde che era doveroso un ricordo dell’artista, per l’attualità della sua produzione e per i temi che vi ha affrontato in particolar modo quello della tutela della terra, si occupava della Foresta Amazzonica già dagli anni ’90, quando ancora l’argomento non era di tragica urgenza. L’incontro è il terzo della seconda stagione della Rassegna” Incontri al Collegio “, si terrà nella omonima Chiesa alle ore 18,30. Introduce Don Antonio Santoro Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia.

Angela Serafino

Laurea in Lettere Moderne. Ha curato mostre e rassegne, collaborando con associazioni, gallerie, fondazioni, teatri ed enti locali, in luoghi che vanno da dimore storiche (Palazzo Comi, Lucugnano) all’Aula Consiliare del Comune di Lequile (  E .Leandro, Polistiroli 2007, al foyer del Teatro Stabile dell’Innovazione di Koreja (tre edizioni di Arti-col-azioni:appunti possibili) agli spazi aperti di Colacem, agli Uliveti dell’Arneo.                                                           In collaborazione con l’Università del Salento ed altri Enti di formazione ha svolto attività di formatrice nell’ambito di temi legati ai linguaggi dell’Arte.                                                                                                           Ha scritto su questioni nodali dell’immagine, incluse quelle della riproduzione fotografica e dedicato saggi monografici all’opera di Ezechiele Leandro, dello scultore pietrante Nino Rollo e del pittore Renato Centonze. Tra i prodotti curati : Il paesaggio; La luce della poesia; Interno Notte Esterno Notte: L’eco delle Venneri; Portrait; Costruzione Corale-pratiche di arte contemporane; Il gusto della creazion; Walk in progress- L’arte portata a piedi;  Entropy;  Intimate Portrai;, Vote for my art;  Il vento accarezza l’erba.

Esercizi fotografici: Fiorisce il cielo, “ Estranged from Beauty none can be”, Dalla terra la rosa trae poesia

Emilia Frassanito

 
Di Antonio Mellone (del 28/09/2019 @ 19:15:14, in NohaBlog, linkato 1445 volte)

Dopo il Friday For Future, i ragazzi delle scuole media ed elementare di Noha, grazie alla sempre entusiasta dirigente, ai prodigiosi  insegnanti e ai genitori di ogni ordine e grado, hanno pensato bene di dar vita a un Saturday For Future con le Parole della Costituzione. Il tutto nell’ambito della “Festa dei Lettori” giunta al suo quindicesimo genetliaco, promossa dalla locale sezione dei Presìdi del libro e dalla Biblioteca Giona.

Probabilmente gli alunni, data la loro giovanissima età, non hanno ancora ben chiara l’importanza della legge fondamentale dello Stato, o il fatto che sia nata, come asseriva Piero Calamandrei, “sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati; dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità […]”, o quanto questa Carta sia bella e fragile, oggetto di continui attacchi chiamati “riforme” - benché le più gravi imboscate siano quelle quotidiane, spesso subdole, fatte di leggi incostituzionali, piani regolatori, prese in giro in nome dello “sviluppo e delle ricadute occupazionali”, Open Days presso aziende le cui ciminiere non credo abbiano la stessa funzione dell’aerosolterapia delle cure termali, comizi da ogni pulpito (palchi, giornali, televisioni, social) che sembrano tutti volti – sarà una mia impressione - alla riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.

Tuttavia è bene che inizino sin d’ora ad avere dimestichezza con i concetti e il linguaggio chiaro e corretto della prima fonte del nostro Diritto, capolavoro dalla lettura piacevolissima, antidoto (ogni buona lettura lo è) alla prosa ributtante di certi inqualificabili post da social. E lo hanno fatto nella mattinata di oggi 28 settembre 2019, sotto un sole ancora estivo, nel corso di una bella processione laica, colorata, festosa, che si è snodata per le strade di Noha, con tanto di magliette e cartelloni variopinti disegnati a mano.

E che emozione,  davvero, quando tutti, davanti al monumento dei caduti, il nostro altare della patria, han cantato “Bella ciao”, o quando davanti alla sede dell’Associazione Levéra hanno eseguito “Pensa” di Fabrizio Moro (testo, come asserisce l’autore, scritto di getto subito dopo la visione di un film su Paolo Borsellino). Sarà una mia impressione, ma più di una lacrima imperlava gli occhi degli astanti (di certo i miei), e di sicuro qualcuno avrà ripetuto dentro di sé le parole di Paolo: “Un giorno questa terra sarà bellissima”.

Grazie, scuola di Noha, per il quadretto donato ad Albino Campa di Noha.it e Nohaweb, quello che riporta i primi due commi dell’articolo 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. E’ un dono molto gradito e, oltretutto, emblematico: a Noha, ma anche altrove, c’è ancora bisogno del diritto di parola, possibilmente di parola contraria, per provare in qualche modo a scalfire il famoso Pensiero che da Dominante è ormai diventato pericolosamente Unico.

Sono infine personalmente grato agli organizzatori per la sorpresa di chiedermi di scoprire la targa di via Carso, precisamente quella dell’articolo 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”: uno dei principi fondamentali, a me particolarmente caro, che, come noto, tra gli altri, tutela anche il diritto di satira politica.

Per la fortuna di molti (e per la iattura di pochi), ancora Carta canta.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 19/06/2019 @ 19:14:50, in Comunicato Stampa, linkato 874 volte)

Il 20 giugno a Cutrofiano presso il parco di Via Matera alle 20, grande serata organizzata dall'associazione FerMaMente ,dedicata a tutti gli appassionati di lettura e al mondo animale sopratutto i cani. Infatti si presenterà il libro ATTENTI AL CANE. Un'antologia di 23 racconti , pensata e realizzata dallo scrittore barese Marcello Introna(che include racconti di Mario Desiati, Andrea Piva , Gabriella Genisi , Francesco Marrocco , Gianrico Carofiglio) . La vendita dei libri servirà per contribuire alla raccolta fondi per il canile comunale di Bari, quindi attendiamo voi e i vostri Amici.

Marco Forte

 
Di Redazione (del 12/10/2021 @ 19:13:20, in Comunicato Stampa, linkato 599 volte)

Lunedì 4 ottobre si è svolta la Festa dei Lettori progettata dal presidio del libro di Noha e Galatina.

Anche quest’anno questo momento festoso è stato condizionato dalle disposizioni in materia di sicurezza anti covid: distanziamento, mascherine, gel disinfettante. Nonostante queste limitazioni il clima generale è stato allegro e gioioso: adulti e bambini si sono attrezzati con colori, pennelli, semi, zappette e rastrelli e sono partiti a “disegnare” un mondo più bello.

Il filo conduttore sono stati i libri scelti e giocati insieme che hanno fornito l’input creativo per reinventare il presente e costruire spazi reali e immaginari più belli.

Sono nati così giardini e aiuole fiorite, alberi “parlanti”, muri dipinti, personaggi unici e ricchi di diversità, cappelli e mantelli per dar vita ad un mondo migliore.

L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo dalle associazioni del territorio, dagli istituti scolastici di Galatina, dalla comunità e da tutti coloro che come noi sanno dare un peso alle parole e tanta importanza alla lettura, unico strumento ineludibile per conoscere il mondo e fare di tutto per migliorarlo.

Sì, perchè per noi i libri e la lettura sono sempre stati e continueranno ad essere lo strumento indispensabile per conoscere e maturare esperienze nuove e diverse, per aiutare ciascuno a maturare quelle idee necessarie a rendere il mondo il nostro

Posto giusto.

La responsabile del presidio

Eleonora Longo

 
Di Marcello D'Acquarica (del 28/11/2016 @ 19:12:55, in NohaBlog, linkato 2966 volte)

Con immensa gioia condivido con voi tutti, l’ennesima testimonianza dell’amore che provano le persone  quando sono lontane dalla propria terra e dal proprio paese, in questo caso il nostro, che risponde al fantastico nome di Noha.

Fiorela e Fulvia D’Acquarica, che vivono in Brasile, sono figlie di Mario D’Acquarica, a sua volta figlio di Michele D’Acquarica, il pittore di Noha. Mio zio.

Mario emigra in Brasile il 27 maggio del 1954. Abbiamo trovato la targa esposta al “Museo del mare” di Genova, dove sono esposti i dati di tanti emigranti italiani del secolo scorso. Al suo arrivo in Brasile, svolge diverse attività. Fa anche il vetrinista in un grande magazzino, poi attore e scenografo per alcune reti televisive, fra queste ricordiamo la rete televisiva Tupi, la rete Globo TV, la rete Excelsior. Ha lavorato anche per molti anni, e fino alla sua morte, per la serie brasiliana molto famosa - Sesame Street, nel SBT (Brazilian Television System) dove ha ricevuto il trofeo ufficiale dell'anno. Mario quindi è a tutti gli effetti un artista: buon sangue non mente. Abbiamo alcune piccole opere della sua arte, fra cui un meraviglioso ritratto in grafite della moglie, Neyde Marques, realizzato nel 1955 (vedi foto). Le figlie di Mario, Fulvia e Fiorela, sentono molta nostalgia per il paese di origine della loro famiglia. Sovente mi chiedono informazioni sulle loro origini. Perciò a inizio anno, chiedo una copia del libro della Storia di Noha (“Noha, storia, arte e leggenda” di P. Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone - Infolito Group, 2016) ad Antonio Mellone e mi decido di spedire in Brasile sia la copia del libro che il “Catalogo dei Beni culturali di Noha” (di Marcello D’Acquarica, Ed. Panico, 2008).

Così, dopo alcuni mesi di attesa a causa di un errore nella compilazione dei dati per la spedizione, finalmente il pacco con i due libri giunge a destinazione. Fiorela e Fulvia leggono con interesse e ci inviano le loro considerazioni.

Di seguito la loro lettera di ringraziamento di Fiorela e Fulvia:

Con grande piacere ed emozione profonda, abbiamo finito di leggere questo libro meraviglioso che si riferisce all'amata città di NOHA, e che abbiamo avuto l'opportunità di incontrare passando attraverso l'Italia meridionale nel 2006.
Anche Fiorela, farà prossimamente un viaggio nella terra in cui è nato il nostro caro nonno che purtroppo non abbiamo conosciuto e che ha vissuto, ha prodotto e ha lasciato un enorme patrimonio culturale per NOHA, e ovviamente, in onore del nome della nostra famiglia: artisti nati.

Il libro evidenzia la ricchezza con profondi dettagli sia del patrimonio storico che sulle varie curiosità. Abbiamo osservato con gioia che la nostra famiglia D'Acquarica ha lasciato e lascia un segno che ha avuto inizio con il nostro caro nonno Michele D'Acquarica, passando attraverso cugini e per ultimo a Marcello D'Acquarica che è stato estremamente gentile ad inviarci i due libri grazie ai quali siamo riuscite a capire un po’ di più di questa bella cittadina.

La scrittura, le illustrazioni e la presentazione delle copertine sono di una tale sensibilità che ci hanno fatto ricordare la splendida giornata, quando con i cugini Padre Francesco D'Acquarica e Giuseppe, andammo a vedere la casa dove nostro nonno è nato, le belle opere come per esempio il Calvario di Noha, gli affreschi e le altre opere a Cutrofiano. E’ piacevole e gratificante sapere che siamo parte di una famiglia che ha contribuito e contribuisce a sensibilizzare le persone nei riguardi del patrimonio storico che nessuno potrà mai portarci via. Grazie ai libri, nonostante l’usura dovuta agli anni, l’incuria e i danni vandalici, ci sarà sempre qualcuno che si ricorderà per tutto il tempo che i beni culturali di NOHA appartengono a tutti.

Fulvia e Fiorela D'Acquarica – Brasile

*****

Originale in lingua portoghese:

Agradecemos este carinho, primo Marcello D'Acquarica, que por meio deste livro, perpetue a história de NOHA e seus bens culturais. terminei de ler seu livro I Beeni culturali di NOHA, belissimo. anche mi sorela fiorela ha letto. Deixamos nossos comentários:

com grande satisfação e profunda emoção, terminamos de ler este belo livro onde relata de forma surpreendente a querida cidade de NOHA, que eu tive a oportunidade de conhecer de passagem pelo sul da Itália em 2006. 
Minha irmã Fiorela de certeza e num futuro próximo, também pisará em terras donde nasceu nosso querido avô (infelizmente não o conhecemos), que viveu, produziu e deixou um legado cultural enorme para NOHA e obviamente, para o segmento do bom nome de nossa família, artistas natos. O livro nos mostra riquezas de profundos detalhes tanto sobre o patrimônio histórico quanto curiosidades diversas. Pudemos observar com alegria, que nossa família D'Acquarica marcou e segue marcando presença começando com nosso querido avô Michele D'Acquarica, passando por vários primos e chegando em Marcello D'Acquarica que foi extremamente gentil e solicito ao enviar-nos este exemplar para que pudessemos entender um pouco mais desta bela cidade.

A escrita, a ilustração, a encadernação e a apresentaçao da capa sáo de uma sensibilidade tamanha que me fez voltar ao maravilhoso dia em que aí estive, com o primo Padre Francesco D'Acquarica e primo Giuseppe, que me levou a conhecer a casa onde nasceu nosso avô, ás belissimas obras como o Calvário, os afrescos entre outras. Que táo agradável e gratificante saber que fazemos parte de uma família que contribuiu e contribui sensibilizando a todos nohanos e náo só, que o patrimônio histórico é um legado que apensar dos anos se passarem, ninguém jamais poderá tirar-nos; mesmo que o tempo o desgaste, o danifique, haverá sempre alguém que o fará lembrar a todo instante que NOHA faz parte de todos.

Fulvia e Fiorela D'Acquarica – Brasil

 

Dopo il successo di alcuni mesi fa, torna a Galatina Gianni Oliva, giornalista pubblicista e storico. Preside di liceo e docente universitario, è stato assessore alla Cultura della Regione Piemonte. 

Ci presenta ANNI DI PIOMBO E DI TRITOLO, un libro sul terrorismo nero e rosso, da piazza Fontana alla strage di Bologna.

L’evento si svolgerà presso il Circolo Arci Levera Noha, sito in Via Bellini 24 sabato 18 maggio alle ore 18.

“E’ un onore avere ancora tra noi il professore Gianni Oliva” dichiara Pierantonio De Matteis, consigliere comunale di Andare Oltre. “Già in occasione del convegno sulle foibe, organizzato anche in collaborazione con la Consulta dei Giovani, che abbiamo svolto al Palazzo della Cultura, è stato un piacere ascoltare la sua lezione di storia e di ricostruzione dettagliata del nostro passato. Sono momenti come questi che ci arricchiscono e ci proiettano verso la conoscenza e la consapevolezza di ciò che è stato. Ringraziamo ancora una volta il professore per la sua presenza e la sua sensibilità e invitiamo chiunque fosse interessato a non mancare a questo appuntamento che si svolgerà in uno dei luoghi simbolo della rinascita culturale di Galatina” ha concluso De Matteis.

Di seguito la scheda del libro di cui si parlerà:

Dal 12 dicembre 1969, quando esplode la filiale della Banca Nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana a Milano, fino all'assassinio di Roberto Ruffilli da parte delle Brigate Rosse il 16 aprile 1988, in Italia sono state ammazzate quasi quattrocento persone, e oltre mille ferite e rese invalide. Sono gli anni di «piombo e di tritolo», la stagione degli attentati a mano armata del terrorismo «rosso» - che uccide magistrati come Emilio Alessandrini, operai come Guido Rossa, giornalisti come Carlo Casalegno e Walter Tobagi, che sequestra e condanna a morte il presidente della Dc Aldo Moro - e delle stragi «nere», con gli ordigni esplosivi di piazza della Loggia, del treno Italicus e della stazione di Bologna. Quale intreccio si stabilisce tra questi due fenomeni di segno ideologico opposto? Come si inseriscono le violenze nella storia dell'Italia sospesa tra modernizzazione e democrazia bloccata? In un racconto articolato e drammatico, Gianni Oliva ripercorre i fatti di quegli anni. E ricostruisce l'Italia dei due decenni precedenti, un paese a due velocità, stretto tra le aperture della Costituzione e le rigidità del Codice Rocco: da un lato conservatrice e retrograda (nel 1954 condanna al carcere la «Dama Bianca» di Fausto Coppi per adulterio), dall'altro Paese del miracolo economico, che si sposta con la Vespa o la Seicento, compra il frigorifero e il televisore e rimescola le sue culture con milioni di lavoratori trasferiti dal Meridione al Nord. Un convulso processo di modernizzazione che avrebbe avuto bisogno di essere governato dalla politica attraverso riforme profonde, capaci di disegnare un nuovo patto sociale. Ma è proprio ciò che in Italia non c'è stato, con il risultato di divaricazioni sempre più nette: il terremoto dei movimenti di piazza ha alimentato nella destra radicale i timori di una deriva comunista, e nella sinistra extraparlamentare l'illusione di una rivoluzione imminente. Lo Stato alla fine ha vinto la guerra, ma solo dopo aver perso (per colpa) troppe battaglie. Un libro per ricordare ciò che è stato ai tanti che l'hanno dimenticato, e farlo conoscere a quelli nati dopo e cresciuti in una scuola dove la storia antica è molto più in onore di quella contemporanea: un contributo a fare i conti con il passato, in un paese dove è troppo facile rimuovere.

Ufficio Stampa Amante

 

Il progetto è rivolto agli alunni delle scuole secondarie di primo grado del Comune di Galatina, e si propone di sviluppare una delle otto competenze chiave, nello specifico “la comunicazione nella madrelingua”, ovvero la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale che scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modo creativo, sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali.

L’azione si articola in due momenti: nel primo è prevista, con la collaborazione dei docenti referenti, l’individuazione del libro da leggere. Nel secondo momento i ragazzi elaboreranno “la pagina che non c’è”, una conclusione differente da quella del testo.

Reinventare la storia permetterà ai ragazzi di essere piccoli scrittori, sviluppando le competenze della comunicazione nella madrelingua.

Il 25 maggio 2019 presso la Sala Celestino Contaldo del palazzo della Cultura a Galatina, i Volontari e le Volontarie del Servizio Civile Nazionale di Galatina, ed una Giuria composta da alcuni Docenti della Scuola insieme al presidente del Club per l’UNESCO di Galatina, premieranno “la pagina che non c’è” giudicata più meritevole.

Club per l'UNESCO di Galatina

 
Di Redazione (del 23/10/2021 @ 19:10:30, in Comunicato Stampa, linkato 794 volte)

Dopo numerosi e opportuni lavori di ristrutturazione e un processo partecipato di sensibilizzazione della cittadinanza che ha coinvolto associazioni, istituzioni, scuole e operatori del settore, torna agibile il prestigioso Teatro Cavallino Bianco di Galatina (Le) con la cerimonia inaugurale che si terrà sabato 13 novembre alle ore 10.30 (prenotazione obbligatoria) e un ricco e qualificato programma di spettacoli sostenuto da Ministero della Cultura, Regione Puglia e Città di Galatina col sindaco Marcello Amante.

Si riparte con la consapevolezza del teatro come bene pubblico, come bene comune, risorsa importante per il riscatto culturale, sociale ed economico di una città depositaria di un patrimonio culturale invidiabile (Galatina è culla del tarantismo, città ricca di beni culturali come la Basilica di Santa Caterina, di eccellenze enogastronomiche).

Anche il programma degli spettacoli impaginato dall’associazione OTSE (Associazione Theatrikès Salento Ellada) diretta da Pietro Valenti, già direttore di Emilia Romagna Teatro, nell’ambito di un progetto speciale finanziato dal Ministero della Cultura, in partnership col Comune di Galatina, Regione Puglia e AMA-Accademia Mediterranea dell’Attore di Lecce, diretta da Franco Ungaro, è coerente con una visione di teatro pubblico di prossimità, vicino ai bisogni della comunità e dei più giovani e al profilo che il Cavallino Bianco ha sempre avuto come ‘Teatro di tutti’.

Un progetto che coinvolgerà gli studenti degli Istituti scolastici Superiori in attività di alternanza scuola-lavoro, attività laboratoriali e incontri con gli artisti ospiti.

L’intenso e articolato programma propone in esclusiva regionale e nazionale spettacoli di alto profilo artistico con la presenza di riconosciuti protagonisti della scena culturale e teatrale, come Marco Baliani, attore, drammaturgo, regista teatrale e scrittore tra gli inventori del teatro di narrazione, che propone una sua versione del Rigoletto di Verdi, lo stesso titolo con cui nel 1949 venne aperto il Cavallino Bianco. Baliani sarà in scena sabato 13 novembre alle ore 21.

Seguiranno gli appuntamenti con: Virgilio Sieni, danzatore e coreografo, inventore di una gestualità rituale, poetica ed evocativa col suo omaggio a Dante Alighieri (16 novembre); la compagnia di operette di Corrado Abbati con Sul bel Danubio blu (17 novembre); Daniel Pennac, noto al grande pubblico per i suoi romanzi di straordinario successo che hanno per protagonisti Benjamin Malaussène, la sua squinternata famiglia e il quartiere parigino di Belleville (19 novembre); Gabriele Lavia, una delle colonne portanti del teatro italiano, che al Cavallino Bianco porterà il suo recital su Leopardi (20 novembre); Nicoletta Manni, originaria di Santa Barbara di Galatina, dal 2014 prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano che si esibirà insieme a Timofej Andrijasenko e al Maestro Luigi Fracasso (21 novembre); Mariangela Gualtieri, tra le più apprezzate poetesse italiane (25 novembre); Gino Castaldo, con le sue Lezioni di rock e gli omaggi a David Bowie e Franco Battiato (26 novembre )

Di rilevante impatto e riconoscibilità artistica saranno la nuova creazione di Fredy Franzutti, Haribaírg, con le allieve e gli allevi delle scuole di danza di Galatina, Ballet studio e Oistros balletto (23 novembre); lo spettacolo di Roberto Piumini, Mattia e il nonno, con Ippolito Chiarello e la regia di Tonio De Nitto (28 novembre); gli spettacoli rivolti alle famiglie e ai ragazzi Biancaneve, la vera storia con la regia di Michelangelo Campanale e la produzione del Crest di Taranto (14 novembre); l’attore e scrittore Fausto Romano, originario di Galatina e proiettato sulla scena internazionale col suo lavoro L’eterno riso (30 novembre)

 

Programma

IL FUTURO È ADESSO

13 novembre ore 10.30

Cerimonia inaugurale del Cavallino Bianco di Galatina

Nel corso della cerimonia si esibirà il corpo bandistico “San Gabriele dell’Addolorata” di Noha- Galatina diretta dal m° Loredana Calò

13 novembre ore 21

RIGOLETTO: LA NOTTE DELLA MALEDIZIONE

Marco Baliani con

Giampaolo Bandini chitarra

Cesare Chiacchiaretta fisarmonica

Musiche di Giuseppe Verdi, Nino Rota, Cesare Chiacchiaretta

Produzione Società dei Concerti di Parma

In collaborazione con Teatro Regio di Parma

Rigoletto è un monologo, quindi per farlo c’è bisogno di un personaggio in carne e ossa, spirito e materia. Poter rivestire per una volta la pelle di un altro e starci dentro dall’inizio alla fine: è una gioia particolare per me che in scena da narratore non ho mai la possibilità di calarmi interamente nelle braghe di chicchessia, sempre devo stare vigile a controllare e dirigere l’intero svolgersi della vicenda. La proposta fattami dal Teatro Regio di Parma di occuparmi, a mio modo, di una “rilettura” di un’opera di Verdi, la potevo facilmente risolvere con un bel reading, lettura più musica e via così. Mi son detto però  che era l’occasione buona per osare un personaggio e incarnarlo, dopo tanto tempo, tornare a mettere mano a tutte le cose che ho imparato strada facendo sul mestiere antico dell’attore e provare a costruirci sopra un testo scritto, un bel canovaccio su cui giorno dopo giorno, provando, creare un dire per niente letterario, ma concreto, materico. Compreso il trucco in faccia e il costume preso in prestito nei depositi del teatro Regio, appartenuti ai tanti Rigoletti passati da quelle parti.  Poi c’è stata la mia passione per gli esseri del circo, ma quei circhi piccoli, non eclatanti, non amo i “soleil” circensi fatti di effetti speciali e artisti al limite della robotica per la bellezza scultorea e bravura millimetrica del corpo. No, preferisco la rozzezza faticosa ma meravigliosa di quei circhi dove chi strappa i biglietti te lo ritrovi dopo vestito da pagliaccio e il trapezista sa anche fare giocolerie, esseri nomadi, zingarescamente affamati di vita, mi prende uno struggimento totale quando varco quei tendoni, a percepire la fatica quotidiana di un vivere precario ma impeccabile. Volevo fare un omaggio alle cadute, alle sospensioni, alle mancanze di appoggi.

Marco Baliani

 

14 novembre ore 17.30

Testo, regia, scene e luci Michelangelo Campanale

con Catia Caramia, Maria Pascale, Luigi Tagliente

costumi Maria Pascale

assistente alla regia Serena Tondo

 tecnici di scena Walter Mirabile e Roberto Cupertino

produzione Crest, vincitore Eolo Award 2018 e premio Padova 2017 – Amici di Emanuele Luzzati.

L’ultimo dei sette nani diventa testimone dell’arrivo di una bambina coraggiosa, che preferisce la protezione del bosco sconosciuto allo sguardo, conosciuto ma cupo, di sua madre. Una madre che diventa matrigna, perché bruciata dall’invidia per la bellezza di una figlia che la vita chiama naturalmente a fiorire. Nel bosco Biancaneve aspetta come le pietre preziose che, pazienti, restano nel fondo delle miniere, fino a quando un giorno saranno portate alla luce e potranno risplendere di luce propria ai raggi del sole.

Tutti i bambini conoscono già questa fiaba, lo spettacolo del Crest li vuole portare per mano “dietro le quinte” della storia, lì dove prendono forma e vita i personaggi, i loro sentimenti e le loro azioni, talvolta buoni e talvolta cattivi, quasi mai sempre buoni o sempre cattivi. Proprio come uno spettacolo: un po’ comico, un po’ emozionante; o come la vita che impariamo ad affrontare: un po’ dolce, un po’ irritante, un po’ divertente, un po’ inquietante, un po’.

Con questo lavoro continua il progetto che il Crest condivide con l’immaginario di Michelangelo Campanale – ricordiamo “La storia di Hansel e Gretel” (2009) e “Sposa sirena” (2012) – per raccontare ai ragazzi storie che riescano ad emozionarli davvero, senza edulcoranti e senza bugie, ma solo con grande rispetto della loro capacità di comprendere ed elaborare pensieri e opinioni in autonomia, semplicemente sulla strada della crescita.

16 novembre ore 21

PARADISO

Regia, coreografia e spazio  Virgilio Sieni
musica originale Paolo Damiani
interpreti Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Giulio Petrucci

costumi Silvia Salvaggio
luci Virgilio Sieni e Marco Cassini
allestimento Daniele Ferro
produzione Comune di Firenze, Dante 2021 comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni in collaborazione con fondazione teatro Amilcare Ponchielli – Cremona

Il Paradiso di Dante ricompone il corpo secondo una lontananza che è propria dell’aura, un luogo definito dal movimento, da ciò che è mutevole. Un viaggio che si conclude nello spazio senza tempo della felicità.

Dante non è un flâneur, viaggiatore della notte alla ricerca di se stesso nelle pieghe infernali della città; né un wanderer, viandante immerso negli abissi della malinconia e letteralmente risucchiato dai paesaggi emozionali; né un passeggiatore scanzonato, come ci indica divinamente Petrarca, cioè un camminatore che tiene lontani i pensieri invadenti e si sospende nell’ “errabondare tra le valli”. È un cammino dall’umano al divino, dal tempo all’eterno. Lo spettacolo è la costruzione di un giardino e non riporta la parola della Divina Commedia, non cerca di tradurre il testo in movimento ma si pone sulla soglia di una sospensione, cerca di raccogliere la tenuità del contatto e il gesto primordiale, liberatorio e vertiginoso dell’amore. Danza dialettale che si forma per vicinanze e tattilità.

Nella prima parte la coreografia è costruita per endecasillabi di movimenti dove i versi della danza ritrovano il risuonare della rima da una terzina all’altra. Questo continuo manipolare, accarezzare e pressare lo spazio invisibile intorno ai corpi edifica un continuum di terzine sillabiche del gesto: una maniera umile per porsi nei confronti della loro magnificenza geometrica, matematica e cosmica. Allo stesso tempo il gesto scaturisce da una ricerca sullo spazio tattile e sull’aura della persona.

Nella seconda parte tutto avviene cercando nel respiro delle piante la misura per costruire un giardino quale traccia e memoria dei gesti che lo hanno appena attraversato. La coreografia è costruita portando, sollevando e depositando le piante nello spazio. Le piante, la cosa alta, restituiscono il vero senso della danza, la lingua penultima: dialettale e popolare, in grado di mettere in dialogo le persone secondo declinazioni astratte, simboliche, inventate e immediatamente inscritte nella memoria.

 

17 novembre ore 21

SUL BEL DANUBIO BLU

Compagnia Corrado Abbati

musiche di Johann Strauss

coreografie Giada Bardelli
direzione musicale Marco Fiorini

Poco più di 150 anni fa Johann Strauss figlio scriveva quello che sarebbe diventato il manifesto di un'intera epoca: Sul bel Danubio blu. Più che un semplice valzer, il simbolo di un mito che ancora oggi vive e si rinnova generazione dopo generazione: chi non lo conosce? Chi non lo canticchia? Un'espressione di buonumore, di voglia di vivere, di fare festa. Ecco dunque uno spettacolo pieno di gioia e di buon umore: caratteristiche tipiche di una delle più importanti espressioni di quell’epoca: l’operetta!

Una “rivista” dove il ritmo della narrazione e l’armonia degli spunti melodici unisono e fondono, in una sequenza di allegri e spensierati episodi, gli stilemi delle espressioni teatrali tipiche dell’epoca: dalla commedia all’operetta, dalla musica da ballo all’opera. Uno spettacolo pieno di leggerezza e seduzione dove, ballando un vorticoso valzer, può succedere di innamorarsi, perché questa è musica che scioglie i cuori e scalda l’anima.

Buon divertimento! Corrado Abbati

Le musiche di Strauss, Lehar, Kalmann, Abraham, sono i cardini di questo spettacolo in quanto non si tratta di una serie di arie come in un concerto, ma di una vera e propria drammaturgia in forma scenica dove la coppia lirica, quella comica, gli assieme e le coreografie si integrano in vere e proprie e scene tratte da “Il pipistrello”, “La vedova allegra”, “La principessa della czarda”, “Ballo al Savoy”, solo per citarne alcune. Ne nasce quindi uno spettacolo pieno di ritmo e praticamente privo di quei tempi morti che si trovano spesso nei libretti di ogni lavoro teatrale.

 

19 novembre ore 10

COMPAGNIEMIA MOUVEMENT INTERNAZIONAL ARTISTIQUE

DANIEL PENNAC

Incontro con le Scuole

 

19 novembre ore 21

DAL SOGNO ALLA SCENA

Un incontro teatrale

di e con Daniel Pennac

e con  Pako Loffredo e Demi Licata

mise en espace Clara Bauer

musiche Alice Loup

Produzione Compagniemia – Mouvement International Artistique

Un incontro « teatrale » che nasce dal desiderio di raccontare e condividere con il pubblico il lavoro creativo di Compagniemia con Daniel Pennac, un montaggio che mette in evidenza alcuni passaggi dei suoi ultimi adattamenti teatrali uniti nella magia della scena, che disegneranno l'universo narrativo e onirico dell'autore .

"Che ci faccio qui? Che ci sto a fare dietro le quinte di questo teatro, dietro a questa porta che sta per aprirsi sul palcoscenico? Io! Su un palcoscenico! Che mi ha preso? Io che non ho mai voluto fare l'attore! Tra poco la porta si aprirà e io mi precipiterò in scena. Perché? Perché io? In che cosa ti sei andato a cacciare? Che cosa hai nella testa?"
Daniel Pennac, in scena con alcuni suoi compagni di viaggio di CompagnieMia,  Pako Ioffredo e Demi Licata,  con le musiche di Alice Loup e la mise en espace di Clara Bauer, entrerà dal vivo fra le pieghe dei suoi libri e dei suoi ultimi spettacoli, incontrando il pubblico in quella linea di confine fra interpretazione e narrazione, lettura e recitazione.  La piuma di Pennac gioca con la poesia della scena.

E che il piacere e lo humour ci guidino!

Incontro in lingua italiana ed in lingua francese tradotta dal vivo in italiano

 

20 novembre ore 21

LEOPARDI

di e con Gabriele Lavia

produzione Effimera srl –

L’attore non legge né interpreta le poesie di Giacomo Leopardi, ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche dei Canti e non solo, da “A Silvia” a “L’Infinito”, dal “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” a “Il sabato del villaggio” e a “La sera del dì di festa”.

I versi leopardiani ripetono che l’amore, l’intimità rubata e immaginata fatta di attese e ricordo, i sogni senza sonno, le nobili aspirazioni dell’animo, le speranze che riscaldano lo spirito umano e che a volte svaniscono di fronte alla realtà, sono tutti elementi che rendono faticosa e impegnativa la vita, ma straordinariamente degna di essere vissuta.

È un viaggio nella profondità dell’animo umano, un nuovo omaggio al poeta, a quella sua nuova voglia di sondare la parola e il suono in un momento della sua esistenza che si tramutò in esaltante creatività artistica.

«Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro – spiega Gabriele Lavia -. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto».

 

23 novembre ore 21

Haribaírg

performance di danza in una parte

Coreografia di Fredy Franzutti

Con Allieve e Allievi Scuole di danza: A.S.D. BALLET STUDIO / OISTROS BALLETTO

La restituzione alla comunità del contenitore che ospita il flusso della trasmissione culturale tra arte e pubblico è opportunità per elaborare il luogo come “Haribaírg” nel significato gotico che sta alla radice di “Albergo”. Ospitare, Accogliere, Custodire, Contenere sono sinonimi che possono descrivere un “luogo ricettivo” e un’attività teatrale virtuosa. L’ispirazione viene dal nome del Teatro dedicato all’operetta di Ralph Benatzky “Al Cavallino Bianco” che si svolge appunto in un albergo in Baviera. La narrazione non è nel testo dell’operetta, che viene solo citata nelle atmosfere e nei personaggi, ma nel concetto allontanante di un’operetta Bavarese calata nella società, tradizioni e storia della cittadina di Galatina. Le immagini del mito di Atena, Santa Caterina, il Barocco, i riti pagani di Pietro e Paolo, la vita rurale e il Salento vengono ospitate e sovrapposte nella condizione surreale dell’albergo bavarese creando la situazione onirica e straniante come il nome del Teatro che appare senza connessione con il tessuto sociale e culturale della cittadina. Il ponte fantasioso tra Salento e Baviera, che sembrano, e sono, due estremi distanti di una parabola stilistica ed emotiva, si accorcia e trova sintesi nella figura di Carlo V d’Asburgo. La presenza dell’imperatore che governa dai paesi bassi al sud Italia, che appare nel finale della performance, offre coerenza al progetto come messaggio di unità. Non solo casualmente, anche nel finale dell’operetta, “Al cavallino Bianco”, appare un Re: deus ex machina e risolutore delle incoerenze del testo. Fredy Franzutti

 

25 novembre ore 21

IL QUOTIDIANO INNAMORAMENTO

rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri

con la guida di Cesare Ronconi

Produzione Teatro Valdoca  con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena

Il quotidiano innamoramento dà voce ai versi di Quando non morivo, recente silloge einaudiana di Mariangela Gualtieri, li intreccia ad altri del passato e compone tutto in una partitura ritmica ben orchestrata, con un aggancio, in questa occasione, al tema della memoria. Tutto muove dalla certezza che la poesia attui la massima efficacia nell’oralità, da bocca a orecchio, in un rito in cui anche l’ascolto del pubblico può essere ispirato, quanto la scrittura e quanto il proferire della voce.

Mariangela Gualtieri è nata a Cesena, in Romagna. Si è laureata in architettura allo IUAV di Venezia. Nel 1983 ha fondato, insieme al regista Cesare Ronconi, il Teatro Valdoca, di cui è drammaturga. Fin dall’inizio ha curato la consegna orale della poesia, dedicando piena attenzione all’apparato di amplificazione della voce e al sodalizio fra verso poetico e musica dal vivo.

Fra i testi pubblicati: Antenata (Crocetti ed.,1992 e 2020), Fuoco Centrale (Einaudi, 2003), Senza polvere senza peso (Einaudi, 2006), Sermone ai cuccioli della mia specie (L’arboreto Editore, 2006), Paesaggio con fratello rotto (libro e DVD, Luca Sossella Editore, 2007), Bestia di gioia (Einaudi, 2010), Caino, (Einaudi, 2011), Sermone ai cuccioli della mia specie con CD audio (Valdoca ed., 2012), A Seneghe. Mariangela Gualtieri/Guido Guidi (Perda Sonadora Imprentas, 2012), Le giovani parole (Einaudi, 2015), Voci di tenebra azzurra (Stampa 2009 ed., 2016), Beast of joy. Selected poems (Chelsea Editions, New York, 2018), coautrice – con Cesare Ronconi e Lorella Barlaam - dell’Album dei Giuramenti/Tavole dei Giuramenti (Quodlibet, 2019) di Teatro Valdoca, Quando non morivo (Einaudi, 2019), Paesaggio con fratello rotto (Einaudi, 2021).

 

26 novembre ore 10 per le Scuole

LEZIONI DI ROCK con Gino Castaldo

Ascoltare la musica, vedere la musica, raccontare la musica. Gino Castaldo, critico musicale del quotidiano “La Repubblica”, in Lezioni di Rock indaga temi e personaggi della storia del rock, ricostruendo storie, raccontando dischi, curiosità, aneddoti e testi, per guidare il pubblico nell’ascolto di opere che fanno parte della storia della musica ma anche della vita di noi tutti. Due ore di lezione ricche di canzoni memorabili e storie indimenticabili.

David Bowie L’8 gennaio 2016, giorno del sessantanovesimo compleanno, è uscito Blackstar, considerato il suo “canto del cigno”. Due giorni dopo, nella notte del 10 gennaio, David Bowie si è spento nel suo appartamento di New York. Anche la sua morte può essere considerata un’opera d’arte.

Musicista, cantautore, attore, produttore discografico, artista completo e intellettuale complesso, ha attraversato cinque decenni di evoluzione culturale, in particolare della musica rock, lasciandosi periodicamente dietro le spalle i più diversi stili con i quali si è cimentato, le più diverse immagini che ha incarnato.

Dal folk acustico all’elettronica, dal glam rock, al soul, dal cinema al video, dal palco alla scrittura, ha influenzato il pensiero, i gusti, le mode di varie generazioni del “secolo breve”.

 

26 novembre ore 21

LEZIONI DI ROCK Con Gino Castaldo

Franco Battiato Un colosso della cultura italiana, un intellettuale che ha usato ogni mezzo possibile per promuovere arte e bellezza, un artista che con incredibile originalità ha realizzato opere che, senza alcun dubbio resteranno nel tempo, pittore, regista, scrittore, compositore, direttore d’orchestra, cantante, autore, divo pop, e tanto altro. Ed è stato poeta, nel senso pieno del termine, perché con le parole ci ha fatto vedere cose che non avremmo visto altrimenti, provare emozioni fortissime, ci ha fatto scoprire e conoscere cose che non conoscevamo, è stato “maestro” in grado di insegnare e mostrare. E saranno proprio le sue parole a mancarci di più, quelle de “La cura” o di “Povera patria”, parole, dure e dolci, mescolate alle sue melodie, in grado di farci vedere la nostra misera vita quotidiana da altezze inarrivabili, ci mancherà la sua visione, mistica e misteriosa, e il suo saperci portare in ogni  momento in ogni luogo del mondo.

 

28 novembre ore 17.30

MATTIA E IL NONNO

di Roberto Piumini dal romanzo omonimo pubblicato da Einaudi Ragazzi

con Ippolito Chiarello

adattamento e regia Tonio De Nitto

musiche originali Paolo Coletta

Costume Lapi Lou

Luci Davide Arsenio

Tecnico Matteo Santese

Organizzazione Francesca D’Ippolito

coproduzione  Factory compagnia transadriatica , Fondazione Sipario Toscana  in collaborazione con Nasca Teatri di Terra

Mattia e il nonno è un piccolo capolavoro scritto da Roberto Piumini, uno degli autori italiani più apprezzati della letteratura per l’infanzia.

In una lunga e inaspettata passeggiata, che ha la dimensione forse di un sogno, nonno e nipote si preparano al distacco, a guardare il mondo, a scoprire luoghi misteriosi agli occhi di un bambino, costellati di incontri magici e piccole avventure pescate tra i ricordi per scoprire, alla fine, che non basta desiderare per ottenere qualcosa, ma bisogna provare e soprattutto non smettere mai di cercare.

In questo delicato passaggio di consegne il nonno insegna a Mattia, giocando con lui, a capire le regole che governano l’animo umano e come si può fare a rimanere vivi nel cuore di chi si ama.

Una tenerezza infinita è alla base di questo straordinario racconto scritto con dolcezza e grande onirismo. Un lavoro che ci insegna con gli occhi innocenti di un bambino e la saggezza di un nonno a vivere la perdita come trasformazione e a comprendere il ciclo della vita.

Domenica 21 novembre ore 21

Nicoletta Manni – Timofej Andrijasenko

Passo a due da “Il Corsaro”

Musiche: Adolphe Adam Coreografie: Marius Petipa

Passo a due da “Caravaggio”

Musiche: Bruno Moretti Coreografie: Mauro Bigonzetti

Passo a due da “Luminus”

Musiche: Max Ritter Coreografie: Andras Lucaks

Maestro Luigi Fracasso

L. v BEETHOVEN Sonata in Do diesis min. op. 27 n. 2 min 17
 Adagio sostenuto
 Allegretto
 Presto agitato

F. CHOPIN Notturno in Fa min. op. 55 n. 1
 Polacca in La bemolle magg. op. 53

Nicoletta Manni, nome di punta della compagnia del Teatro alla Scala è nata e cresciuta a Santa Barbara di Galatina (Lecce, Italia).

Ha ricevuto la sua formazione iniziale presso la scuola di ballo di sua madre, a 13 anni è ammessa al 4° corso presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala. Nel 2009, dopo essersi diplomata all'età di 17 anni, ha ricevuto un contratto presso lo Staatsballett di Berlino sotto la direzione di Vladimir Malakhov, dove è rimasta per tre stagioni, prendendo parte in tutte le produzioni classiche e contemporanee.  Sotto l'invito di Makhar Vaziev, è tornata in Italia, nella compagnia del Teatro alla Scala, debuttando con Myrtha(Giselle) e Odette/Odile nel Lago dei cigni di Rudolf Nureyev. Un anno dopo, all'età di 22 anni, è stata promossa Prima Ballerina del Teatro alla Scala. Da allora ha ballato tutti i ruoli principali, accanto a etoile e ospiti internazionali, interpretando molte nuove creazioni, oltre ai numerosi capolavori del repertorio classico.

Timofej Andrijasenko nato a Riga, in Lettonia, nel novembre 1994, dove inizia i suoi studi di balletto alla National State Academy. Nel 2009, all'età di 14 anni, ha partecipato al Concorso Internazionale di Danza "Città di Spoleto", vincendo una borsa di studio; questo premio gli consente di frequentare il Russian Ballet College di Genova diretto da Irina Kashkova, dove si diploma nel giugno 2013.  Da novembre 2014, su invito di Makhar Vaziev, entra a far parte del corpo di ballo del Teatro alla Scala e nel 2018 viene promosso Primo Ballerino. è nel cast dei marinai russi in The Nutcracker di Nacho Duato ed è tra i principali interpreti di Cello Suites di Heinz Spoerli.

Luigi Fracasso, pianista italiano, di  Galatina (Le) ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio di Musica di Stato “T. Schipa” di Lecce, conseguendo con il massimo dei voti il Diploma di Pianoforte. Aldo Ciccolini ha scritto: “… Luigi Fracasso è un musicista vero, agguerritissimo, con idee sane sulla nostra arte e con un vivo senso della logica strumentale.”. È direttore artistico dei concerti del chiostro.

30 novembre 2021 – ore 21

L’eterno riso

di e con Fausto Romano

musiche, eseguite dal vivo, di Eva Parmenter

Produzione FAUST

I pomeriggi d’estate, in un afoso Salento, il chierichetto Faustino, di otto anni, si reca con padre Luigi a “prendere i morti” da casa per far loro il funerale. È un bambino acuto, attento e analizza il tutto con estrema curiosità cogliendo le diverse contraddizioni del rito e i lati colorati della più grande recita della vita, dove ognuno vuol togliere al morto la parte del protagonista. Incontriamo allora il becchino Rafele, che per fare il suo lavoro deve vestirsi obbligatoriamente di nero e tagliarsi i capelli; la ventriloqua Maria che colleziona presenze in chiesa; Gianni, che si è costruito da solo la propria bara finendoci dentro con una donna; il “cane degli inferi”, presente a ogni corteo funebre; la banda musicale che accelera il passo e il ritmo dei brani per tornarsene presto a casa... E ancora, il numero di manifesti mortuari perché “più manifesti ci sono, più il morto è importante”; gli strani oggetti contenenti nelle bare; le divertenti frasi di congedo e i pericolosissimi elogi funebri tenuti dagli amici del “fu”.

Fausto Romano, con la sua usuale leggerezza e intelligente vena umoristica, ci trasporta in un paesino del Salento degli anni novanta nel quale ognuno di noi potrà ritrovarsi e scoprire che la morte, alla fine, è uno spettacolo per tutti.

 

 

info: 3881814359 / 3201542153

mail: officinetse.com

www.otse.it

 

Prevendita online dal 28 ottobre su: www.diyticket.it

Prevendita presso la biglietteria del teatro Cavallino Bianco

Via Giuseppe Grassi, n.13 – GALATINA (Le) dal giorno 26 ottobre

dal lunedì al venerdì dalle ore 16.30 alle ore 19.30

sabato dalle 10 alle 13

 

Prenotazione tramite centralino telefonico:

la prenotazione del biglietto e quindi del posto a sedere può essere effettuata anche

chiamando i seguenti numeri telefonici 388.1814359 / 320.1542153 a condizione che il biglietto venga poi ritirato in botteghino entro 24 ore dalla prenotazione, altrimenti la stessa viene considerata annullata.

 
Il giorno 26 di Agosto presso il chiostro del monastero delle clarisse in Galatina, presenterò il mio libro di poesie Con la forza in qualcos’altro edito da Capire Edizioni con commento di Davide Rondoni, poeta fra i più noti in ambito nazionale che ha avuto più volte modo di dar lustro, con la sua presenza ed i suoi progetti, alla nostra città. La raccolta è risultata vincitrice del premio Le stanze del tempo della Fondazione Claudi, ente che vantava in giuria poeti del calibro di Davide Rondoni, Franca Mancinelli, Gianfranco Lauretano e Isabella Leardini.
Spero possa essere utile una mia breve biografia: mi chiamo Alessandro e sono nato a Galatina. Mi sono diplomato al liceo classico Colonna di Galatina, nel 2016 sono risultato vincitore del Locomotive Jazz festival giovani che mi ha dato la possibilità di esibirmi al Nuoro Jazz festival di Paolo Fresu. In seguito, ho conseguito la laurea in lettere classiche presso l’Università di Bologna con una tesi in grammatica greca. Sono iscritto all’ultimo anno di Filologia Classica sempre presso l’Università di Bologna, i miei interessi sono rivolti al greco, al latino e in particolar modo all’ebraico e alle scritture d’Israele motivo per cui, al momento, sto lavorando ad una nuova traduzione dall’ebraico del libro del Qohelet.

 
La raccolta, seppur in forma di versi, ha come fil rouge la perdita del passato che identifico in particolar modo con la personale perdita di Dio. La sua presenza viene scandagliata nelle piccole cose, nelle azioni più neglette del quotidiano dove tutto sembra arrestarsi e perdere un orizzonte di senso. Mi permetto, nella speranza di fare cosa gradita, di allegarvi tanto l’opera, quanto la copertina della stessa.
 

Alessandro Codazzo

 

Galatina e la sua storia sarà il tema del nuovo appuntamento della Rassegna “Incontri al Collegio”sabato 26 marzo alle ore 18,30, con la presentazione del libro di Giovanni Vincenti   “Per la storia e per l’arte di Galatina” .  Il volume raccoglie tutto ciò che è stato pubblicato dall’autore nell’ultimo decennio su periodici, riviste, atti di convegni e che trattano di “fatti, uomini e cose “ poco o mal conosciuti della storia e della storia dell’arte di Galatina con particolare attenzione ai secoli XVI-VIII .   Giovanni Vincenti ingegnere di professione  è componente della Società di Storia Patria per la Puglia, si definisce uno “studioso non professionista” ma da oltre trenta anni conduce ricerche archiviste soprattutto su temi riguardanti l’architettura civile e religiosa di Galatina. Per la storia e per l’arte di Galatina è un contributo importante alla storia cittadina, ma al contempo come afferma l’autore, vuole essere uno stimolo a nuovi studi e ricerche. Converseranno con Giovanni Vincenti , l’architetto Mario Cazzato della Società Storica di Terra d’Otranto ed il professore Giancarlo Vallone dell’Università  del Salento.  Introduce Don Antonio Santoro  Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia, coorganizzatore con la libreria Fiordilibro della Rassegna “ Incontri al Collegio”

 

Giovanni Vincenti ha collaborato con G. Vallone, M. Cazzato, A.Costantini, L. Manni alla Guida di Galatina. (Galatina Congedo 2009);

 Ha pubblicato Galatina tra storia dell’arte  e storia delle cose. (Galatina  Congedo 2009);

 Ha curato La chiesa dell’Addolorata in Galatina tra storia arte e devozione  (Galatina Edit. Salentina 2014),

I Domenicani a Galatina e la chiesa di Santa Maria della Grazia  (Galatina Congedo 2017)

Una confraternita, Una chiesa : l’Addolorata di Galatina. Il culto e la devozione, la storia e l’arte, I restauri  (Galatina Panico 2021)

Numerose sono le sue partecipazioni a Convegni di Studi in qualità di relatore.

Emilia Frassanito

 

Il Museo civico “Pietro Cavoti” di Galatina in occasione del bicentenario della nascita di Pietro Cavoti (28.12.1819) celebra la figura e le opere del suo illustre cittadino con una pubblicazione ed una mostra. Si tratta di un evento molto importante per la Città di Galatina, madre di celebri artisti le cui opere sono conservate nei suoi luoghi di cultura. “E' necessario partire dalla conoscenza della propria storia e, quindi, anche dei propri artisti per apprezzare il patrimonio culturale di Galatina – è quanto afferma il Sindaco Marcello Amante - attuare una strategia in grado di arricchire l'identità artistica della Città capace di stringere relazioni proficue con altre enti regionali e nazionali”. E per l’occasione l’Assessore Dettù afferma che “è come aprire un cassetto chiuso da anni e scoprire un tesoro dimenticato: è la sensazione che si prova nel sentire parlare di Pietro Cavoti mentre si osservano le sue opere tra colori, forme e immagini quasi perfette”.

I taccuini di Pietro Cavoti sono i protagonisti dell’omonima mostra, a cura di Salvatore Luperto e Anna Panareo e del cahier Pietro Cavoti: i taccuini, le pagine di cronaca del tempo di Antonio Giuseppe Lupo, quest’ultimo dà il via ad una collana di “quaderni” del Polo Bibliomuseale di Galatina che metteranno in luce le eccellenze artistiche e culturali del Museo civico.

Venerdì 13 dicembre, ore 18.00, nel Museo Cavoti di Galatina, il sindaco Marcello Amante, l’assessore alla Cultura Cristina Dettù, il Direttore del polo biblio-museale di Lecce Luigi De Luca e l’Amministratore di Libermedia, gestore del Polo biblio-museale di Galatina, Monica Albano, con il loro saluto introdurranno l’iniziativa culturale e gli interventi di Salvatore Luperto, Antonio Lupo, Regina Poso, e Anna Panareo sull’eclettico intellettuale-artista Pietro Cavoti.

I taccuini di viaggio, ricchi di appunti, schizzi, acquerelli, sono una riserva misteriosa e sconfinata di “ricchezze” culturali. Un “Pozzo di San Patrizio” da cui attingere dati e informazioni che riguardano personaggi illustri e molteplici contenuti storico-culturali del territorio salentino e nazionale. Veri antesignani del libro d’artista, piccole agende d’artista pertinenti alla definizione dei noti libri d’artista del secondo Novecento, formulata da Germano Celant: “…del libro mantengono forma e struttura, ma che nella sovranità delle intenzioni dell’artista sono opera d’arte”.

Ufficio Stampa - Marcello Amante

 

Archeoclub d’Italia – Terra d’Arneo e Acli Lecce – Coordinamento Donne, col patrocinio morale della Camera dei Deputati, della Regione Puglia, del Comune di Lecce e del C.U.G. di Galatina, con il partenariato di Ferrovie Sud Est, del Liceo Artistico Toma e del Liceo Scientifico Vallone presentano “Lavori oltre il genere”, una iniziativa, che partirà il 6 marzo e si snoderà per tutto il mese di marzo, volta a far luce sul lavoro femminile e sulla presenza della donna nella società.

Tre momenti fondamentali. Il 6 marzo alle ore 18 presso il Museo Civico P. Cavoti verrà inaugurata la mostra fotografica “Donne in genere”, in collaborazione con l’associazione FotoVagando. La rassegna resterà a disposizione del pubblico fino al 31 marzo.

L’8 marzo alle 18:30, presso i locali dell’Associazione Levèra la presentazione del libro della dottoressa Emilia Sarogni. “Il lungo cammino della donna italiana. Dal 1861 al 2018” rappresenta un excursus storico su tutte le tappe fondamentali che le donne hanno dovuto percorrere per avere, in Italia, diritti e riconoscimenti. Emilia Sarogni, già Consigliere Parlamentare, saggista, conferenziera italiana, studiosa del tema dell’emancipazione femminile ed ambasciatrice di portata internazionale di altissimo livello della Cultura Italiana.

Il 13 marzo alle ore 10:15 il convegno “Donne Protagonista: tra Impegno Sociale e Costruzioni del Futuro, presso l’auditorium scolastico del Liceo Scientifico A. Vallone. Al convegno prenderanno parte oltre alla dottoressa Sarogni l’assessore alla Cultura Cristina Dettù, giovanissima rappresentante istituzionale del Comune di Galatina e facente parte della Scuola Anci per Giovani Amministratori. Davanti alla platea di studenti di Galatina sarà l’occasione per fare un confronto generazionale.

Il ruolo della donna appare mutato e se si guarda al passato (100 anni fa) si comprende come l’occasione tragica della Prima Guerra Mondiale ha reso la donna indipendente perché, dopo aver visto partire il proprio uomo per il fronte, ha dovuto svolgere i suoi compiti. Tuttavia anche a guerra conclusa le condizioni non appaiono migliori. Bisogna arrivare al 1975 per avere la parità di fatto (sancita dal Diritto di Famiglia) tra uomo e donna.

L’occasione dell’incontro sarà utile per fare luce su molteplici avvenimenti della nostra storia e per capire cosa è stato fatto e cosa resta da fare.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 

Nuove tappe pugliesi per il tour del docufilm: Galatina (LE), Collepasso (LE), Tricase (LE), e Bisceglie (BT). Dopo il sold out nazionale e la programmazione su territorio regionale nuove proiezioni per “Il tempo dei Giganti”.

Il libro a cui è ispirato il docufilm, “La morte dei Giganti” di Stefano Martella, recentemente è stato tra i vincitori del Premio Letterario Internazionale Nabokov.

Il Tempo dei Giganti”, il film documentario diretto da Davide Barletti e Lorenzo Conte, prodotto da Dinamo Film e Fluid Produzioni con il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia a valere su risorse del POR Puglia FESR-FSE 2014/2020, continua il suo tour in Puglia con le seguenti tappe: 20 Aprile Cinema Tartaro GALATINA (LE), 21 Aprile Cinema Ariston COLLEPASSO (LE), 27 Aprile Cinema Paradiso TRICASE (LE) (Replica), 28 Aprile Politeama Italia Cinema e Teatro BISCEGLIE (BT). A ogni proiezione seguirà un dibattito in sala.

In Puglia è in corso la più grave pandemia botanica del secolo: un batterio da quarantena, Xylella Fastidiosa sta uccidendo milioni di alberi d’ulivo, stravolgendo paesaggio, economia e relazioni umane. “Il Tempo dei Giganti” narra il viaggio di Giuseppe verso la terra del padre, nella Piana degli ulivi monumentali, laddove è imminente l’arrivo dell’epidemia. Dovrà spiegare all’anziano contadino come la loro vita verrà̀ sconvolta da questo batterio invisibile, finora sconosciuto in Italia e che lentamente sta diffondendosi in Europa.

Con Il Tempo dei Giganti i registi Davide Barletti e Lorenzo Conte portano avanti il racconto del territorio pugliese e della sua comunità iniziato con Italian Sud Est (2003), proseguito con Fine pena mai (2008), Diario di uno scuro (2009) e La guerra dei cafoni (2017).

Il documentario è liberamente ispirato al libro di Stefano Martella “La morte dei Giganti. Il batterio Xylella e la strage degli ulivi millenari”, edito da Meltemi. Il libro recentemente è stato tra i vincitori del Premio Letterario Internazionale Nabokov.

Il film, senza pregiudizi o condizionamenti, lascia spazio a opinioni scientifiche, suggestioni e storie di chi, in prima linea, cerca di fornire una visione sul futuro di un territorio devastato dalla più grave pandemia botanica del secolo.

Per ogni biglietto venduto in sala, un euro sarà devoluto a Save the Olives, la Onlus impegnata nella salvaguardia degli ulivi monumentali e nella ricerca di nuove varietà di ulivo, produttive e resistenti alla Xylella.

Il film è distribuito nelle sale da Dinamo Film, società di produzione cinematografica e audiovisiva indipendente.

Scopri il trailer  https://www.youtube.com/watch?v=rlURSryB9vg

 Dinamo Film Segreteria

 
Di Redazione (del 29/05/2018 @ 19:03:32, in Comunicato Stampa, linkato 1565 volte)

Venerdì 22 giugno 2018 – GALATINA

- Ore 18.30 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

"TUTTAUNALTRASTORIA” a cura di ZEROMECCANICO TEATRO con FRANCESCO CORTESE e OTTAVIA PERRONE. Laboratorio tra lettura e teatro dedicato a bambini da 5 a 11 anni.

- Ore 20.30 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

GINO CASTALDO presenta il libro “IL ROMANZO DELLA CANZONE ITALIANA” (Einaudi). Intervista l’autore LUCA BIANCHINI con la partecipazione straordinaria di CHIARA GALIAZZO e del musicista GIANLUCA LONGO.

 

Domenica 8 luglio 2018 – GALATINA

Ore 20.30 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

SELVAGGIA LUCARELLI presenta il suo nuovo libro (ancora in fase di redazione ed edito da Rizzoli), con la partecipazione straordinaria dell’attrice SIMONA CAVALLARI.

Ore 21.30 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

MARCO TRAVAGLIO presenta il libro “B. COME BASTA!” (Paper First).

 

Lunedì 9 luglio 2018 – GALATINA

Ore 19.00 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

POIEFOLA – COSTRUZIONI TEATRALI presenta “NON C’ERA UNA VOLTA”. Spettacolo per bambini e ragazzi.

Ore 20.30 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

MAX LAUDADIO presenta il libro “SI COMINCIA DA 1” (San Paolo).

Ore 20.30 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

FEDERICO RAMPINI presenta il libro “LE LINEE ROSSE” (Mondadori)

 

Sabato 21 luglio 2018 – GALATINA

Ore 20.00 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

GIOIA BARTALI presenta il libro del padre Andrea Bartali “GINO BARTALI, MIO PAPÀ” (Tea).

Ore 21.00 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

ANTONIO CAPRARICA presenta il libro “ROYAL BABY” (Sperling & Kupfer).

Ore 22.00 – Piazzetta Orsini (nei pressi della Basilica di Santa Caterina)

CHIARA FRANCINI presenta il libro “MIA MADRE NON LO DEVE SAPERE” (Rizzoli).

 

Marcello Amante, sindaco di Galatina, ha dichiarato: “L’amministrazione comunale che mi onoro di guidare guarda alla cultura come a una fonte necessaria da cui attingere risorse naturalmente e giornalmente. Governare una Città come Galatina, in cui storia e tradizione costituiscono il tessuto a maglie strette della nostra quotidianità, significa fare della cultura un traino fondamentale per alimentare costantemente il ricordo, attivare il presente, preparare al meglio il futuro.
È per queste ragioni che abbiamo sposato al cento per cento il progetto del Salento Book Festival e della rassegna letteraria “Dammi una L”, nata nel primo anno di amministrazione. Conosciamo il valore dei libri, del linguaggio, della parola, della formazione, della divulgazione, della conoscenza. Gli incontri con gli autori e tutte le iniziative in cui la cultura viene messa in comune, in uno scambio costante di pensieri ed emozioni, sono momenti di enorme crescita per chi ascolta, per chi partecipa e per chi organizza. La nostra idea di Città passa anche attraverso manifestazioni come il Salento Book Festival che mette insieme chi la cultura la fa e chi la cultura la respira in un incontro unico di crescita e di costruzione.
Abbiamo l’obbligo di comprendere ciò che è stato, per capire ciò che viviamo e immaginare ciò che potrà essere.”

Cristina Dettù, assessore alla Cultura, ha dichiarato: “Avere la sensazione di regalare qualcosa di bello alla tua Città. Lasciarsi trascinare dall'entusiasmo di un progetto semplice e ambizioso. Entrare a far parte di una grande famiglia, fatta di addetti ai lavori, scrittori, artisti, amici amministratori. Questo è il Salento Book Festival, un evento singolare, unico, che Galatina, per il primo anno, abbraccia e accoglie nella sua bellezza e nel caldo tepore delle serate estive. Ogni libro è un piccolo segno di libertà, ogni parola traccia un solco indelebile lungo la strada della cultura, quella che costruisce, coltiva, produce, quella che rende liberi.”

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Albino Campa (del 15/06/2006 @ 19:02:23, in Libro di Noha, linkato 5153 volte)

Buonasera a tutti. E grazie per essere insieme a noi.

 

*   *  *

 Ora prima di dire altre cose o che qualcuno, in seguito al mio intervento, caschi dal sonno, fatemi capire: fino a questo momento ne è valsa la pena? Siete contenti?

 Fatevi sentire!

 

*   *   *

 Non posso che partire con un ringraziamento. Se questa sera siamo qui lo dobbiamo all’editore, Infolito Group di Milano, ma soprattutto a Michele Tarantino, di Noha.

 “Caro e illustre amico, permettetemi di mettere il vostro nome all’inizio di questo libro e ancora prima della dedica; perché a voi soprattutto ne devo la pubblicazione. Passando per la vostra magnifica perorazione, la mia opera ha acquistato ai miei stessi occhi quasi un’autorità imprevista. Accettate quindi l’omaggio della mia gratitudine, che, per quanto grande, non sarà mai all’altezza della vostra eloquenza e della vostra dedizione”. Con queste parole, il 12 aprile 1857 a Parigi, Gustave Flaubert ringraziava Monsieur Marie-Antoine-Jules Sénard, per la pubblicazione del suo splendido “Madame Bovary”.  

Credo che queste parole calzino bene – non saprei trovarne di migliori – per esprimere la nostra gratitudine a Michele per il nostro: “Noha. Storia, arte, leggenda”. Che non sarà un “Madame Bovary”. Ma insomma!

 

*   *   *

 Allora prima che qualcuno si abbandoni, come dicevo, nelle braccia di Morfeo, vi dico un paio di cose. Ed ho pensato di incominciare… dando i numeri. Siamo di fronte ad un libro di 455 pagine; 3.773 paragrafi (per paragrafo intendiamo un periodo, una frase in cui abbiamo messo un punto e siamo andati a capo. Cioè non solo quando si mette il punto. Ma quando si mette il punto e si va a capo.).

Abbiamo scritto 14.518 righe (senza contare le didascalie alle foto che scritte di seguito assommano a ben 12 pagine fitte di espressioni); 124.318 parole.

 Se non ci credete, provate a contare!

 Perché vi ho dato questi numeri? Per raccontarvi della mole del lavoro che abbiamo svolto. Ma soprattutto per dirvi che, paradossalmente, di fatto, non abbiamo scritto niente. Come diremo: c’è molto altro ancora da studiare e scrivere.  

 

*   *   *

 Ma andiamo, più o meno, per ordine.

Qualcuno di voi mi ha chiesto: ma quando hai scritto?

La risposta deve necessariamente seguire un ragionamento.

Sappiamo che in un anno (non bisestile) ci sono 8.760 ore. In media, ogni giorno: 8 ore di sonno, 1 ora e mezza tra sera e mattina: pigiama, sveglia, barba, doccia, notizie ecc. ecc., sono 3.468. Rimangono 5.292 ore.

Dieci ore di lavoro al giorno (sono direttore di una filiale di banca con dieci persone; ed un direttore non lavora meno di quelle ore al giorno, escluso il sabato e la domenica, ovviamente); e sono 2700 ore.

Ed in questo computo non calcolo le ore per gli eventuali (numerosi) corsi di aggiornamento o quelli non residenziali o cosiddetti manageriali altrove in Italia: Bari, Napoli, Milano…. Rimangono 2.582 ore.

Vado in palestra due volte la settimana (e si vede!) per un totale di 3 ore e mezza a settimana: sono 189 ore.

Per gli spostamenti da casa al lavoro e da Putignano a Noha (e viceversa) impiego circa 5 ore la settimana:  dunque 270 ore all’anno. Sottraendo anche queste ne rimangono 2.133.

Scrivo almeno una volta al mese su “il Galatino” (e non considero gli articoli saltuari inviati alle altre riviste). Per trovare l’argomento, documentarmi, stendere una prima bozza dell’articolo, rileggerlo, correggerlo, limarlo, inviarlo alla redazione: impiego a dir poco tre ore a settimana. Dunque altre 162 ore.

L’anno scorso ho seguito dei ragazzi di scuola superiore impartendo lezioni di matematica, ed un laureando e due laureande, rispettivamente in Economia e in Beni Culturali nelle loro tesi di laurea (correzione bozze, ricerche bibliografiche, ecc. ecc.): circa quattro ore a settimana. Altre 216 ore. Rimangono 1.785 ore.

Poi ci sono i giornali e soprattutto i libri. E Internet: almeno un’ora e mezza al giorno. Fa 547 ore.

Non rinuncio mai, ogni settimana, a cinema, o teatro, o concerti, o spettacoli, feste, passeggiate al mare, incontri con amici e amiche, scambi sociali, incontri galanti, la pizzeria, la santa messa domenicale, la caffetteria, la libreria, il pub; e poi ancora shopping, convegni, presentazioni di libri, viaggi,… che assorbono oltre 16 ore (in media) la settimana: sono 864 ore.

Rimangono 374 ore, (cioè un po’ più di 1 ora al giorno) da dedicare ai pasti, alla televisione, e, in qualità di invitato, a cerimonie, come battesimi, cresime, matrimoni,  ecc. ecc.

SIGNORE E SIGNORI: QUESTO libro S’E’ SCRITTO DA SOLO!!!

 

*   *   *

 Dunque il libro, come per magia, s’è scritto da solo.

Vi dico, tra l’altro, che la redazione del testo è forse la cosa più semplice da fare. O almeno per me così è stato.

Il problema inizia con l’Art Designer (cioè con il compositore delle pagine del libro), soprattutto se questo compositore si trova a Genova, come la signora Gabriella Zanobini Ravazzolo (che salutiamo con un battimani). Che è splendida, ma che non conosce Noha.

Per comporre un libro ricco di foto bisogna indicare dove vanno inserite le foto.

Ma non basta. Bisogna dire a chi non conosce Noha ad esempio che la foto del palazzo baronale deve avere un certo formato, quella di una casa anonima di un formato più piccolo; quella della torre va inserita in un certo contesto, mentre quella di una processione, o quella di una cassetta di pomodori, in un altro. Insomma un lavoro incredibile.

Se poi ti si impalla, cioè si inchioda il computer (abbiamo lavorato molto con le e-mail) perché la definizione delle foto assorbe e rallenta il lavoro; o se in qualche caso, come è successo, dopo aver scritto un brano o una frase, ti chiama qualcuno al telefonino, ti dimentichi di salvare, devi rifare il lavoro, ecc… potrete capire il livello di disperazione.

Se a tutto questo aggiungete una madre che ogni tanto ti dice: ancora con questo libro!?. Ma quando sarà pronto!? Mi pare ca sta vu la pijati a passatiempu!!! Potrete subito capire!!!  

 

*   *   *  

E non voglio parlarvi del lavoro per “sposare” i due scritti, per trovare un linguaggio omogeneo e semplice, per la cernita delle fotografie, per la loro ubicazione nel testo, per far combaciare le didascalie (dopo averle preventivamente pensate e scritte), per le note a piè pagina che  - non capivo perché – si sfasavano, per l’ordine delle foto inserite in ben sei CD con l’ordine tipico di un pazzesco marasma, che definire coacervo confuso è dire poco.  

 

*   *   *

 A proposito di fotografie. Le fotografie oltre 460 sono parte essenziale del testo: per favore, però… se comprate il libro non limitatevi a guardare le fotografie riportate nel testo. Non limitatevi  a leggere le didascalie delle foto. Leggetelo, andate un po’ oltre le foto, potreste trovare cose incredibilmente interessanti o divertenti o affascinanti o curiose o intriganti o misteriose.

Tra l’altro il libro lo potete leggere anche a salti. Non è necessario seguire per forza la sequenza dei capitoli.

A proposito di cose carine vi vorrei raccontare l’aneddoto del telefono: lo trovate a pag. 336. E’ l’accadimento del telefono avvenuto tempo fa nel bar di Ninetto (che ci ha lasciato nel mese di novembre dello scorso anno).

Il telefono a muro color beige, è l’ultima cosa di cui vorremmo scrivere in questa sorta di nostalgiche “disiecta membra” sui bar di Noha.

Con il disco con i buchi per comporre i numeri, il telefono attaccato al muro, sulla sinistra dell’ingresso del bar, non era in una cabina: sicché di fatto era pubblico non solo il telefono ma anche la telefonata. Tutti gli astanti potevano quindi ascoltare per filo e per segno tutte le conversazioni  telefoniche (la privacy era ancora un vocabolo sconosciuto); anzi nel corso di una telefonata i presenti interrompevano le loro chiacchierate, facevano addirittura silenzio “per non disturbare chi telefonava” (e per cogliere meglio il succo della comunicazione). 

A questo proposito, ecco l’aneddoto (tutto vero!) di “Fernando – oggetti sacri”.

 Fernando di Noha, ora in pensione anche lui, era commerciante di oggetti sacri. Non avendo in casa un telefono, (così come accadeva per la quasi totalità degli abitanti di Noha), pensò bene di lasciare ai clienti quale recapito quello del bar di Ninetto (sempre su autorizzazione del barista, s’intende); recapito telefonico che aveva fatto riprodurre anche su materiale pubblicitario come potevano essere i calendari o bigliettini da visita.

Un bel dì squilla il telefono, come tante volte era successo. Risponde Ninetto, come al solito, con il suo vocione squillante: “Prontooo?!!”.

E dall’altra parte una voce titubante fa : “Pronto?...  Parlo con Cacciapaglia Fernando?... Il rappresentante di oggetti sacri?” (Era un sacerdote che necessitava di alcuni “prodotti” trattati dal Fernando).

E Ninetto, preso alla sprovvista, e onde evitare di fornire una dettagliata lunga spiegazione, in un attimo decide: taglia corto e risponde: “Nooo!! Eeeeh…sono sua moglie! Dica!!”!    

Vedete? Con questo libro ci si può anche divertire.

Il nostro libro ha tante pagine, tanti paragrafi, tante parole, tante fotografie…

Ma vi volevo dire che non abbiamo scritto chissà quanto.

Anzi diciamo meglio: chissà quante cose o persone o accadimenti sono rimasti nella nostra penna (o nei tasti dei nostri computer). Oserei dire che, dunque, non abbiamo scritto proprio nulla!

Nella conclusione, infatti, invitiamo le nuove generazioni a continuare a scoprire, a studiare, a riscrivere, a ripensare magari, a confutare (anche!) gli stessi argomenti o i temi che nel libro s’è trattato soltanto superficialmente o che non s’è trattato affatto.

Ben vengano, allora, tutti quanti vogliano scrivere saggi, libri, trattati, articoli sulla Storia di Noha, vogliano scattare nuove foto o girarne documentari; in queste pagine, e soprattutto altrove, c’è materiale a sufficienza per la ricerca di una risposta ai mille “perché”. Ciò che è già stato scritto non è mai bastevole, mai commisurato all’assoluto bisogno di conoscenza.

Se dopo di noi qualcun altro vorrà scrivere sulla Storia, l’Arte e le Leggende di Noha con più penetrazione, tanto meglio: il nostro intervento ha il torto ed il merito di essere stato fatto prima.

 

*   *   *

Adesso consigli per gli acquisti. Del libro.

Il libro costa 30 euro. L’editore non riesce nemmeno a coprirne i costi. Avete visto la veste tipografica: magnifica e accattivante.

Pensate 30 euro per la storia, l’arte e la leggenda della nostra cittadina.

Adesso, pur non utilizzandone i toni, faccio un po’ la Vanna Marchi della situazione. Signori: quanto un CD di Eros Ramazzotti! Quanto due pizze e due birre! Quanto una cravatta (no: la cravatta costa di più, a meno che non sia di Andrews-Tie): una maglietta non di marca. Quanto un taglio ed una messa in piega. Quanto manco un pieno di benzina.

Trenta euro.

Spesso ci si adopera a misurare i costi della cultura. Senza avere idea però di quanto costi l’ignoranza. Sappiate comunque che i costi della cultura sono sempre infinitamente più bassi dei costi che può generare l’ignoranza.

L’emarginazione non è un fatto solo economico.

Indifeso, emarginato, ultimo, non è tanto chi non ha soldi (anche!); ma soprattutto chi non riesce a far propria la ricchezza della comunicazione con gli altri: cioè la cultura.

 

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 Voi sapete che prima di essere uno scrivente di fatti locali io sono un economista.

 

Ora vi spiego perché dal punto di vista economico l’acquisto di questo libro è un affare. Anzi un investimento.

Vi spiego però prima che cosa è un investimento. Anzi un buon investimento. E poi, per essere completo, vi spiego anche che cosa è invece un finanziamento (che è una cosa speculare dell’investimento).

Semplificando al massimo diciamo che un investimento non è una semplice uscita monetaria: cioè un costo.  Un investimento è un’uscita monetaria che comporterà degli introiti. Saremo di fronte ad un buon investimento se gli introiti, i benefici, immediati e differiti, superano il sacrificio di quella spesa.

Dunque un investimento è un’uscita monetaria cui seguono delle entrate. E l’investimento è tanto più buono quanto più la somma di queste entrate supera la somma delle uscite.

Mentre un finanziamento è un’entrata monetaria, dunque un debito, che prima o poi dovrò rimborsare in una sola botta o a rate. Quando una banca mi concede un finanziamento, ho un introito di soldi che poi restituirò in una unica soluzione o spalmandoli nel tempo.

Ho la presunzione di dire che il nostro libro è un buon investimento poiché il suo valore supera di gran lunga la sua spesa per acquistarlo.

Il valore del libro è sia intrinseco e sia estrinseco.

Intrinseco è il suo contenuto: le foto a colori, la ricerca, gli scritti, i documenti, la stampa, l’eccellente carta, l’inchiostro, la copertina rigida ricoperta di pregiata tela color rosso-cardinale, la sovra-copertina, l’eleganza del testo, e il lavoro, le ore impiegate per scriverlo di cui vi ho parlato, il trasporto, l’opera dell’ingegno, il diritto d’autore…

Il valore di mercato o estrinseco deriva invece dal fatto che questo bene, essendo a tiratura limitata, è, di fatto, una risorsa scarsa. Forse non riusciremmo a dare un libro per ogni famiglia.

Tra due, tre, quattro anni. Anzi, diciamo, tra dieci anni, il libro sarà una risorsa ancora più scarsa.

Il libro tra dieci anni non circolerà quasi più. Sarà un bene raro, da mercato secondario di intenditori. E per questo alcuni sarebbero disponibili a pagare cifre molto più alte dei 30 euro di oggi (sempre che 30 euro tra dieci anni varranno quanto i 30 euro di oggi). Vi invito dunque a guardare lontano, a volare alto.

Questo discorso, fidatevi, funziona indipendentemente dal contenuto del libro.

C’è gente che sarebbe disponibile, su una sorta di mercato secondario, a sborsare parecchie decine di euro anche se quel determinato libro, ben fatto, difficile da reperire sul mercato, dovesse parlare… di cucuzze. Questo libro come potrete notare non parla di cucuzze. O meglio non parla solo di cucuzze (ci sono pure quelle!)…

 

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Noi (ma questo tutti gli scrittori) abbiamo bisogno dello sguardo dei lettori, di voi, della vostra attenzione.

 

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A cosa serve il nostro libro?

 

Ma ovviamente cambiare il mondo!!!

 

 Diceva Plinio il Vecchio (citato da Plinio il Giovane in una lettera): “Non c’è libro tanto brutto che in qualche sua parte non possa giovare”.

 

Ogni autore che aggiunge qualcosa a quanto è già stato scritto supera un limite, magari spiega qualcosa che prima non era chiaro, ci dà una visione diversa del mondo. Anche se questo mondo è piccolo e si chiama Noha.

 

Possiamo dire che la novità di questa opera sta nel farci vedere il mondo, il nostro piccolo mondo, in modo diverso, sotto un’altra luce. E sarò contento se, quando lo leggerete, mi fermerete per strada e mi confermerete questo. 

 

Ma sarò contento anche se mi criticate (o come si dice qua, mi malangate).

 

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Io mi auguro, anzi vi auguro, che prendendo in mano il nostro libro voi possiate sentire suoni, annusare odori, gustare sapori. Vi auguro di compiere un viaggio nel tempo. Mi auguro e vi auguro che sentiate il desiderio di andare avanti, nella lettura e nella ricerca.

 

Mi auguro che il nostro libro stimoli la vostra fantasia.

 

Se mi fosse consentito vi augurerei che la lettura di questo (ma anche qualsiasi altra lettura) diventasse per voi come una sorta di sostanza stupefacente: una droga che però che accelera l’intelligenza, la fortifica, non la comprime.

 

Chi non ha questo privilegio si rifugia nelle droghe “normali” che servono a dimenticare l’infelicità dell’esistenza (nei confronti di queste persone è opportuno praticare il giudizio moderato della comprensione…).  

 

Come per umana consolazione fu scritta la “Divina Commedia” di Dante, così il nostro libro è stato scritto perché rinasca un antico orgoglio, il legittimo orgoglio per le nostre radici: quello di essere cittadini di Noha, questo lembo di terra che in passato era importante nel Salento e che ancora può essere conosciuto non come territorio di mafia, ma finalmente come centro di solidarietà, di cultura e libertà!!!

 

*   *   *

 

Il nostro libro serve. Un libro di storia serve. Sempre.  

 

Si dice che la Storia è maestra della vita. E’ vero.

 

Però ci tengo a dire che il nostro futuro non è mai determinato dal nostro passato.

 

Il passato illumina il presente, ma non lo determina.

 

Ci si rivolge alla Storia non per sapere cosa dobbiamo fare oggi o domani. (Quello lo dobbiamo decidere noi). Ma per sapere in quale situazione ci muoviamo; per avere consapevolezza da dove veniamo e dove possiamo andare, se esiste una possibilità di farlo.

 

Ecco perché è importante la storia.

 

La storia ci aiuta a vedere meglio, magari più nitido, un accadimento. Ma non può dirci quello che dobbiamo fare.

 

La storia ci dice da dove veniamo. Non dove vogliamo andare!

 

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Infine i libri allungano la vita.  

 

“Un uomo che legge ne vale due”: questa non è mia: è una citazione di Valentino Bompiani (fondatore di quella casa editrice).

 

Con questo intendo dire che la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, analfabeta, non legge) è questa: colui il quale non legge, si limita a vivere solo la sua vita, mentre noi, grazie alla lettura, ne viviamo moltissime.

 

Cioè la lettura e la memoria ci permettono di conoscere le esperienze e le vite degli altri, ci fa andare alle radici. Sovente la lettura di un libro (specialmente quella di un classico) ci dice non solo come si pensava in un tempo lontano, ma ci fa anche capire perché oggi pensiamo ancora in quel modo…

 

Ecco perchè i libri allungano la vita. Ma sono anche una forma di assicurazione contro l’Alzheimer, per il semplice fatto che la lettura tiene in attività, diciamo, tiene allegro il cervello (il quale è come le gambe: le quali necessitano di alcune ore di allenamento sportivo, o comunque di movimento, ogni giorno).

 

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Una casa senza libri, poi, è come un corpo senza anima. I libri ci affascinano; ci parlano, ci danno dei consigli…

 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso.

 

L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. Anche se gli scrittori si chiamano Antonio Mellone, e Francesco D’Acquarica, (mi assolva padre!).

 

*   *   *

 

Un giorno un amico mi chiese se la lettura del mio libro (il don Paolo, qualcuno di voi ricorderà quel mio libercolo del 2003) gli sarebbe servita per una certa ricerca che stava facendo sul novecento. Gli ho detto che gli sarebbe servita anche se poi avesse fatto il venditore ambulante di materassi a molle!

 

Ecco l’utilità di un libro: che poi è il succo di tutto ciò che vi ho raccontato questa sera.

 

*   *   *

 

Ringraziandovi ancora una volta per la pazienza con la quale mi avete ascoltato,  ringrazio ancora gli ospiti, Giuliana Coppola e Nicola Toma (splendidi!) che mi hanno onorato della loro presenza; Paola Congedo ed il marito maestro cantautore-chitarrista Walter Faraone, grazie per la vostra performance; Emanuele Vincenti (che ha letto e riletto le bozze del libro); Giuseppe Rizzo ed Antonio Salamina (che hanno sorvolato Noha con l’aereo da turismo ed hanno scattato splendide foto dall’alto, qui presentate per la prima volta in assoluto); grazie al geometra Michele Maiorano per lo stradario, il “tutto-città” di Noha; grazie al prof. Zeffirino Rizzelli (che ha scritto la presentazione del lavoro), a Don Francesco Coluccia (padrone di casa), a don Donato Mellone (che ci ha concesso di consultare l’archivio parrocchiale nel tempo), a Bruna e Dora Mellone (per aver letto le bozze del testo), a Matteo Mellone (da Milano con furore!), a Paola Rizzo maestra d’arte (per i disegni del libro e per la mostra di questa sera dei suoi tre bellissimi ragazzi: Angelo Cisotta, Veronica Gianturco, Francesca Lupo), a Michele Tarantino e sua moglie Rossana D’Acquarica, venuti apposta da Milano per questa serata, oltre che per il loro determinante contributo per la stampa del nostro libro; saluto tutti i miei amici ed amiche che ho invitato a partecipare a questa presentazione quasi per forza (alcuni per l’occasione provenienti da Bari, Brindisi e Taranto); ringrazio Daniele, Michele e Rinaldo Pignatelli (dello studio fotografico Mirelfoto per le foto e le riprese ed i cortometraggi qui presentati, come vedo, con grande successo); ringrazio Telerama, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “il Galatino”, “Il nuovo Quotidiano di Lecce”, e “Quisalento”; grazie a Gigi Russo e Radio Reporter, ringraziamenti anche a Radio Orizzonti Activity; sono grato a Gianni Miri ed alla sua auto che, opportunamente “microfonata”, per le strade di Noha ci ha annunciato, con un bel sottofondo di Bob Marley, questo straordinario evento storico; grazie ad Albino Campa, webmaster, per aver in anteprima pubblicato la notizia dell’avenimento di oggi e la copertina del libro sul suo blog Noha.it (e mi auguro che quanto prima ritorni a funzionare il suo sito www.noha.it, il portale con l’h, che arricchiremo con tante foto, sito attualmente in “riparazione”); grazie a Piera Sturzi, per l’omaggio floreale alle gentili signore, a Sasà ed il suo B. & B. “Per le vie” (ed anche per l’ottimo pranzo offertomi proprio oggi, nella sala ristorante della struttura, in occasione dell’inaugurazione, appunto,  del secondo Bed and Breakfast di Noha; il primo è “Mimì”); saluto tutti i miei amici ed amiche (vedo là in fondo anche i miei amici di Galatina e Lecce e Gallipoli, oltre che quelli di Noha); grazie a Enzo Turi per l’esilarante fuori programma (che di fatto era in programma: l’abbiamo provato e riprovato: bravissimo!); grazie ai miei amici di Milano che mi hanno ospitato nella città meneghina e sopportato nel corso della redazione delle pagine di questo libro; grazie a tutti coloro che hanno preparato questa sala per l’occasione; grazie al bar Settebello che ha offerto il buffet che seguirà da qui a qualche minuto (a proposito siete invitati: paste di mandorla e prosecco ce n’è per tutti). E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato.

 

*   *   *

 

E visto che ha funzionato quella volta, vorrei concludere, con le stesse parole con cui presentavo il mio libro del 2003, il “don Paolo”, sempre in questa sala convegni, parole prese in prestito e parafrasate da Alessandro Manzoni: quelle con le quali don Lisander conclude il suo romanzo “I Promessi Sposi”:  se la storia, diciamo, se il nostro libro e se questa serata  non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta (e presentata). Ma se invece fossi riuscito ad annoiarvi, credetemi non l’ho fatto apposta!

 

Grazie.

 

La metropolitana di superficie e l’elettrificazione delle Ferrovie Sud–Est, sono all’ordine del giorno  del confronto tra le forze politiche della nostra provincia.

Il Coordinamento Cittadino dei Circoli del Partito Democratico, rilegge, nelle iniziative che si sviluppano e per le soluzioni che si propongono, un libro già scritto. Tornano alla mente, anche se lontani nel tempo, altri momenti storici, allorquando, Galatina dovette subire isolamento ed emarginazione, venne proditoriamente espropriata d’importanti servizi  statali, quelli finanziari e giudiziari per citarne due.

Tutto questo ha isolato Galatina dal contesto provinciale, a vantaggio di altri comuni. Non si vuole fare dell’inutile campanilismo, ma, nel ricordare quanto accaduto, si presti attenzione affinché non si ripeta.

La destra salentina (MRS, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega), sulla metropolitana di superficie e sull’elettrificazione della rete ferroviaria, ha puntato tutte le attenzioni al versante Adriatico, dimenticando quello Jonico. La manifestazione promossa alcune domeniche fa, con il viaggio su carrozze Sud–Est, da Lecce a Gagliano del Capo, con l’attraversamento dei comuni di Maglie, Poggiardo, Miggiano, Alessano e Tricase, non ha interessato nessuno del versante Jonico: Galatina, Galatone, Nardò, Alezio, Gallipoli, Taviano, Casarano, Ugento, Taurisano e Acquarica-Presicce.

Bene hanno fatto alcuni sindaci, di recente anche quello di Copertino, a denunciare questa mancanza, ricordando che anche quello Jonico rappresenta un territorio  fortemente frequentato da turisti di ogni parte d’Italia, dell’Europa e del Mondo. Anche quest’area del Salento è ricca di bellezze naturalistiche (Parco naturale “Isola Sant’Andrea” di Gallipoli, Palude del Capitano, Pineta di Portoselvaggio a Nardò, Area Marina Protetta di Porto Cesareo), itinerari balneari (Torre Vado, Pescoluse, le Maldive, Torre Pali, Lido Marini, Punta Pizzo, le Marine di Nardò, i lidi di Porto Cesareo), strutture architettoniche di grande valore, i Castelli, le Chiese (la nostra Santa Caterina d’Alessandria, Patrimonio dell’Umanità) e le particolarità urbanistiche e strutturali dei Centri Antichi.

Tra le voci che si sono levate contro questo tentativo di emarginazione di una parte importante del Salento, dobbiamo segnalare l’assenza preoccupante di quelle del Sindaco di Galatina, Marcello Amante, e dei suoi collaboratori, sempre pronti a fare solenni annunci, a convocare convegni per promuovere il turismo e il commercio, ma assenti quanto c’è da operare concretamente.

Il Partito Democratico, nel denunciare quanto sta avvenendo, vigilerà, affinché anche in questa occasione,  la nostra Città non venga sacrificata e umiliata.          

 

PARTITO DEMOCRATICO

COORDINAMENTO

CIRCOLI DI GALATINA

 
Si inaugura a Galatina, venerdì 24 gennaio alle ore 18.30, presso la Sala di Cultura Francescana,  il ciclo di  incontri di approfondimento sui diversi aspetti storici, culturali ed artistici della Basilica di Santa Caterina d'Alessandria che, per il fatto di possedere il più grande ciclo pittorico del XV secolo, rappresenta un "Unicum" nel panorama artistico dell’Italia Meridionale.
"FRATER IOSEPH A GRAVINA REFORMATUS PINGEBAT", (Il Quadriportico di Santa Caterina d'Alessandria negli affreschi del XVII secolo), il titolo del primo incontro, in cui Andrea Panico, giovane e talentuoso laureato in Beni Culturali presso l’Università del Salento, porterà all’attenzione del Pubblico, i nuovi studi condotti sui dipinti del chiostro seicentesco, realizzati appunto sul finire del XVII secolo  da fra’ Giuseppe da Gravina.
Una lettura affascinante e complessa della scuola pittorica francescana del XVII secolo; dialoga con lo Studioso, il Prof. Massimiliano Cesari, cultore della materia presso la cattedra di “Fenomelogia degli stili” dell’Università del Salento; dopo i saluti di Fra’ Rocco Cagnazzo, Parroco della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria e dell’Assessore alla Cultura del Comune di Galatina Prof.ssa Daniela Vantaggiato, introduce i lavori il Presidente del Club UNESCO di Galatina Salvatore Coluccia;  coordina  gli interventi la Dott.ssa Angela Beccarisi.
 L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la libreria Fiordilibro, l’Associazione Culturale Il Mandorlo e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.

Sala della Cultura Francescana, piazzetta Orsini – info 3396845616

 
Di Redazione (del 09/01/2019 @ 18:59:16, in Comunicato Stampa, linkato 1283 volte)

“Attraversamenti” è la parola-chiave intorno a cui si articola il progetto d’istituto del Polo 2 di Galatina e Noha e il progetto tematico di Giona, la sua biblioteca, che dal 2006 appartiene alla grande rete dei Presìdi del libro. Giona e la sua scuola si arricchiscono a vicenda e, sul piacere della lettura e della scoperta come sulla scelta di accogliere il vissuto di ogni bambino e del mondo che gli sta attorno con rispetto e amore, fondano il proprio progetto formativo.

Attraversamenti, dunque, per superare i muri della scuola, i pregiudizi che si annidano anche nelle menti giovani, le difficoltà e le paure e riconoscerci tutti in ciò che abbiamo in comune al di là delle differenze.

E, attraversando “Piccolo uovo” di Pardi, “L’abbraccio” di Grossman e “Rima dei figli del mondo” di Tognolini, abbiamo esplorato, in questa primo trimestre di scuola, il mondo delle famiglie, una diversa dall’altra (compresa quella di nostro Signore), ma tutte accomunate dalla condivisione di progetti e sogni, di gioie e dolori, di momenti difficili e felici e, soprattutto, dal bisogno di amare ed essere amati. Ogni famiglia vive di una sua speciale alchimia e genera i vissuti dei bambini, costruendone l’identità e rendendoli capaci di crescere e spiccare il volo.

Questo il filo rosso degli incontri in biblioteca dedicati agli alunni delle classi terze e quarte della scuola primaria. In ognuno di essi, i bambini hanno ascoltato e fatto proprie, anche con i linguaggi del corpo, storie d’amore e di famiglie, riappropriandosi così del significato di queste parole, spesso banalizzate dal pregiudizio e dall’uso stereotipato dei mezzi di comunicazione. Tra abbracci dunque, e profumo di carta, colori e spezie, i bambini hanno dato vita ad uno strano presepio, posto al centro del nostro mondo e percorso da ognuno di loro fino a raggiungere la famiglia di Gesù, per portare un dono e un augurio. Accanto ai pastori e ai magi, ha così trovato posto Lorenzo in moto con il suo amico Gioele, Carlotta con sua nonna a letto, Matilde dai lunghi capelli, Matthew, comodamente seduto sulla sua sedia preferita in compagnia di un libro, ma anche Bebe Vio e Alex Zanardi, Davide con il cappuccio tirato su (proprio come Banksy che tanto lo ha incuriosito), Chiara con il suo cane, Adriana e Francesca sempre molto eleganti, Linda con Gioia, sua inseparabile amica… In moto, in aereo, in barca, a piedi, ognuno ha fatto il suo viaggio, ognuno ha contribuito alla realizzazione di un mondo che Dio, ancora una volta, sceglie di abitare e che la storia umana nelle sue innumerevoli pieghe, sceglie di accogliere, come ha commentato don Francesco Coluccia, parroco di Noha; un mondo in cui tutte le vite e le storie sono ugualmente sacre, aggiunge Giona.

Buon anno a tutti!

La Dirigente Scolastica Polo 2 Galatina- Noha

Dott.ssa Eleonora Longo

 

È giunta al secondo appuntamento la rassegna letteraria “Dammi una L. Libri, linguaggio e libertà” fortemente voluta dall’assessorato alla Cultura del Comune di Galatina.

Si terrà domenica 15 aprile alle 17:30, presso la splendida cornice del Museo Cavoti di Galatina, l’incontro con Antonella Tamiano, autrice del libro Come Frammenti di Stelle, che dialogherà con Antonietta Martignano, Presidente Archeoclub Terra d’Arneo, con il sindaco Marcello Amante e con l’assessore alla Cultura Cristina Dettù.

Al centro del dibattito ci sarà, appunto, il libro che racconta otto storie al femminile tutte ambientate nel Salento, storie che narrano le vicende di donne che combattono contro la solitudine, la malattia, la dipendenza dal gioco. Vicende contemporanee che insegnano ad affrontare, apprezzare e migliorare la propria vita, dopo averla riscattata.

“La scelta di ascoltare queste storie nel Museo Cavoti non è casuale – afferma l’assessore Dettù - si è voluto, con questa, ma anche con altre iniziative svolte in passato, da una parte, contribuire a rilanciare e ridare vita a una struttura meravigliosa e ricca di cultura, degna di essere conosciuta da ogni galatinese e da ogni cittadino salentino e, dall’altra parte, valorizzarlo con la lettura di storie vere di donne che hanno combattuto per la loro vita”.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 09/03/2022 @ 18:57:57, in Comunicato Stampa, linkato 374 volte)

Il 2 ottobre del 1951 moriva improvvisamente Gaetano Martinez, artista galatinese le cui opere sono presenti in diverse gallerie, musei nazionali e collezioni private. Il Museo “Pietro Cavoti” custodisce la collezione Martinez formata da importanti sculture donate dallo stesso autore negli anni Trenta del secolo scorso.
In occasione dei 130 anni dalla nascita (14 novembre 2022), il Comune di Galatina e Libermedia (gestore dei servizi del Polo Biblio-museale della città) hanno realizzato più iniziative per omaggiare l’illustre maestro.
𝗩𝗲𝗻𝗲𝗿𝗱𝗶̀ 11 marzo 𝟮𝟬𝟮𝟮 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗼𝗿𝗲 𝟭𝟴.𝟯𝟬 presso il Museo Cavoti di Galatina, dopo i saluti istituzionali del Sindaco Marcello AMANTE e dell'Assessore alla Cultura, Cristina DETTÙ, saranno presentati il libro 𝑰𝒍 𝒅𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆𝒏𝒛𝒊𝒂𝒍𝒆 𝒏𝒆𝒍𝒍’𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒊 𝑮𝒂𝒆𝒕𝒂𝒏𝒐 𝑴𝒂𝒓𝒕𝒊𝒏𝒆𝒛 di Salvatore LUPERTO, la mostra 𝑫𝒊𝒔𝒆𝒈𝒏𝒊 e il nuovo allestimento della Collezione Gaetano Martinez.
Il libro della collana 𝘊𝘢𝘩𝘪𝘦𝘳 pone in rilievo il “dolore esistenziale”, un aspetto fondamentale della poetica dello scultore galatinese e della cultura letteraria e artistica della prima metà del Novecento. Dalle prime opere del 1915 fino alle ultime del 1951 il tema del dolore è stato raffigurato nei malinconici volti e nelle “normali” scene di vita quotidiana scolpite nel gesso, nella terracotta e nel bronzo.
La mostra inedita 𝑫𝒊𝒔𝒆𝒈𝒏𝒊, a cura di Salvatore LUPERTO e Anna PANAREO, evidenzia le differenti peculiarità stilistiche di specifici disegni collegati ad alcune tendenze dell’arte visiva dell’inizio del secolo scorso e alle sculture della Collezione Martinez, recentemente disposte in un rinnovato allestimento negli spazi del museo per un percorso di visita funzionale alle stesse opere. Introdurrà la serata Monica ALBANO, Amministratore Unico della società Libermedia, gestore del Polo Biblio-museale, e con l’autore del libro, Salvatore LUPERTO, Direttore artistico del Museo Cavoti, dialogheranno Marina PIZZARELLI, critica d’arte e Anna PANAREO, collaboratrice della collana 𝘊𝘢𝘩𝘪𝘦𝘳.
INGRESSO GRATUITO
Accesso con super green pass e mascherina FFP2

 Ufficio Stampa Amante

 
Di Antonio Mellone (del 28/11/2016 @ 18:56:15, in Recensione libro, linkato 2283 volte)

Non è la prima volta che Gianluca Virgilio mi fa dono di uno dei suoi libri.

Ecco. Quando succede sospendo quasi automaticamente la lettura dell’altro che ho per le mani per buttarmi a capo fitto e con gran diletto in quella del suo testo. La “parentesi virgiliana” di solito non dura più di un paio di giorni, al massimo tre, tanto scorrevolissimo e vorace, come sempre, è quel che egli scrive.

Stavolta la strenna è il suo “Quel che posso dire”, ancora caldo delle rotative di Edit Santoro di Galatina (settembre 2016); mentre l’Altro che avevo per le mani - e che ha dovuto attendere il suo turno - era un classico della Naomi Klein, “No logo” (Bur, Milano, 2015), insieme al centesimo volume di Andrea Camilleri, “L’altro capo del filo” (Sellerio, Palermo, 2016). Sì, in genere me ne porto avanti un paio per volta, quando non di più.

Questo bel libro del prof. Virgilio, dello stesso formato degli altri suoi e, combinazione, dei romanzi che Camilleri pubblica con Sellerio, non è un romanzo, come l’autore ci ha tenuto a puntualizzare, ma una raccolta di disiecta membra, brani d’esistenza, punti di vista, racconti di vita vissuta, edite e inedite riflessioni di un osservatore, pensieri sfregati perlopiù su pagine di rubriche tenute sul quindicinale salentino per antonomasia: “il Galatino”.

Non una trama, dunque, visto che nemmeno la vita ne ha una, ma una serie incommensurabile di orditi, schizzi, flash, colpi di scalpello che, tuttavia, all’occhio più attento non sono mai stocasticamente indipendenti uno dall’altro, dome direbbero gli statistici, ma legati in qualche modo da un fil rouge, una visione d’insieme, direi pure una concezione politica dell’esistenza.

Non solo nella prima parte del libro (“Scritti cittadini”), nella quale il Virgilio analizza la microsociologia della sua città, ma anche nelle restanti cinque (“Passeggiate con Ornella”, “Scritti scolastici”, “Prose”, “Racconti” e “Incontri”) affiora potente l’urgenza di una Politica (finalmente con la maiuscola) volta al bene comune, al rispetto dell’altro, alla formazione culturale di un popolo, alla realizzazione dei principi costituzionali negletti da troppa dimestichezza con la sbadataggine locale, e ultimamente minacciati anche da una riforma centrale pensata male e scritta  peggio.

Mentre leggevo i brani di questo libro, non so perché, nella mia mente si andava delineando, dapprima sfocata e poi sempre più nitida, la figura di chi potesse assumere il ruolo di prossimo venturo sindaco di Galatina. E il profilo che in tal senso pagina dopo pagina si stagliava con connotati sempre più netti era proprio quello del prof. Gianluca Virgilio (erede, oltretutto, di Zeffirino Rizzelli nella direzione e nell’organizzazione dell’Università Popolare di Galatina).

Galatina in effetti ha bisogno di una persona, che dico, di una classe dirigente virtuosa. E Gianluca Virgilio, per spessore e impegno culturale, padronanza morfo-sintattica nell’eloquio e nella scrittura, onestà intellettuale, capacità di ascolto e di comunicazione, e dunque visione strategica della Polis, potrebbe rappresentare un punto di riferimento importante, un’insegna, anzi un insegnante per il nuovo gruppo dirigente. Abbiamo bisogno di qualcuno a palazzo Orsini che finalmente, come Virgilio, faccia “l’elogio degli alberi” (pag. 31), che comprenda che qui è pieno di “decine di case monofamiliari chiuse e abbandonate, e con tanto di cartello VENDESI” (pag. 41), che si convinca dunque che un buon sindaco non si misura da quanto asfalto mette a terra o da quanto cemento farà colare, che il vero cittadino non può vivere “del poco, e di molta televisione, e si nutre di fiction” (pag. 20) ma di cultura e partecipazione, che “rottamazione è parola magica del consumismo” (pag. 43), che “la Buona Scuola ha dato il colpo di grazia alla libertà di insegnamento” (pag. 59), che non bisogna “prestare orecchio alle sirene del mercato” (pag. 61), che “la classe dirigente degli ultimi anni ha perseguito l’affossamento della scuola e la distruzione delle biblioteche scolastiche per dare i soldi alla scuola privata oppure favorendo l’ingresso nella scuola pubblica di privati sempre più rapaci” (pag. 76), che i giornali stanno diventando sempre più inutili, pieni zeppi, come sono, di pubblicità e di “commenti e opinioni tutti dalla parte del vincitore di turno, salvo dirne male quando per lui è giunta l’ora del tramonto” (pag. 95) - ogni riferimento agli orrori di stampa locale e nazionale è puramente causale.  

*    

Ho già passato questo bel libro a mio papà Giovanni. Mio padre ha 93 anni, è contadino, va ogni giorno in campagna, vive di poco, ha la terza elementare, non ha dunque una libreria come quella (pag. 113) del prof. Giuseppe Virgilio (compianto papà di Gianluca), ma quando è libero legge, legge tutti i libri che gli passo.

Conosce Gianluca molto bene perché è il suo vicino di campagna. Tra i nostri due contigui appezzamenti di terreno non c’è muro di cinta, non siepe, non soluzione di continuità. Sicché Gianluca e mio padre, il professore e il contadino, si vedono spesso, si scambiano consulenze, derrate agricole, e qualche volta anche i ruoli.

Ho sempre pensato che quelle di mio padre fossero braccia strappate alla cultura.

Antonio Mellone  

Articolo apparso su “il Galatino” – quindicinale salentino di informazione – Anno XLIX – n. 19 - 25 novembre 2016    

 

Dopo l'inaugurazione dello scorso novembre, "Il Cavallino Bianco" di Galatina torna ad alzare il sipario su una nuova rassegna teatrale di carattere aprendo le prevendite a partire da domani, martedì 22 febbraio.  
Lo storico e prestigioso teatro, infatti, tornato agibile dopo numerosi interventi di ristrutturazione, è ormai una realtà perfettamente reinserita nel tessuto sociale e culturale e torna, quindi, a grande richiesta con una nuova programmazione anche quest'anno diretta da Pietro Valenti,  promossa dal Comune di Galatina e messa in scena dall’associazione OTSE (Associazione Theatrikès Salento Ellàda).

Contemporanea e al tempo stesso fuori dalle logiche del tempo, la rassegna si divide tra il teatro per adulti e quello per ragazzi unendo generi e temi diversi tra monologhi, classici e riletture. Ai più giovani è dedicato "La domenica non si va a scuola", cinque spettacoli domenicali in cui si intersecano storia e scienza, teatro e danza.

La rassegna centrale prende il via ufficialmente mercoledì 16 marzo con il primo spettacolo, "Il dio bambino", testo e musiche di Giorgio Gaber e Sandro Luporini per la regia di Giorgio Gallone, interpretato dal noto attore Fabio Troiano. Il monologo approfondisce il percorso teatrale del Gaber degli anni '90, esempio emblematico di quel “teatro di evocazione” teorizzato e declinato in tutte le sue forme espressive.

A seguire, il 22 e 23 marzo va in scena "Otello Circus" di Antonio Viganò, un lavoro che attendiamo da tempo e che riporta in Puglia una Compagnia amata ed unica, con gli attori del Teatro la Ribalta-Kunst der Vielfalt, una versione dell'Otello ispirata all'opera musicale di Verdi e ambientata in un vecchio circo dove tutto sembra appassito e Otello è costretto a rappresentare la sua personale tragedia. Domenica 27 marzo, ore 20.45 fuori abbonamento, e il 28 marzo, ore 10 per il pubblico scolastico, è la volta di "Processo a Dio", dramma in due atti di Stefano Massimi per la regia di Raffaele Margiotta che rappresenta il silenzio di Dio dinanzi all'abisso dell'Olocausto e la ricerca di un colpevole da parte di un gruppo di sopravvissuti.

"La caduta di Troia dal libro II dell'Eneide" è il quarto appuntamento fissato per sabato 9 aprile. L'attesa interpretazione di Massimo Popolizio, tra gli attori più importanti del panorama nazionale, per una produzione della Compagnia Orsini incentrata sul tema dell'inganno, sarà accompagnata dalle musiche eseguite dal vivo da Stefano Saletti, Barbara Eramo e Pejman Tadayon. 

Elena Bucci e Marco Sgrosso si confrontano con uno dei maggiori scrittori della nostra epoca, David Grossman, in "Caduto fuori dal tempo", il prossimo martedì 26 aprile. I due artisti rileggono per il teatro una delle opere più toccanti dello scrittore israeliano nella quale narra della drammatica perdita di un figlio e del dolore di chi resta.

Parla di maternità, invece, lo spettacolo "In nome della madre" di Erri De Luca per la regia di Gianluca Barbadori, previsto per il 6 maggio: in scena la storia di Miriàm, una ragazza della Galilea che scopre di essere incinta dopo la visita di un angelo. 

Il 13 maggio, infine, la rassegna si chiude con "Museo Pasolini", di e con Ascanio Celestini, il quale si interroga su un ipotetico, possibile, auspicabile "Museo Pier Paolo Pasolini": attraverso le testimonianze di uno storico, uno psicanalista, uno scrittore, un lettore, un criminologo, un testimone che l’ha conosciuto, l’artista romano costruisce un ipotetico museo dedicato all'indimenticato artista.

Parallelamente, gli spettacoli per ragazzi: "Il codice del volo" (13 marzo), "Il mondo di Oz" (3 aprile), "Il fiore azzurro" (10 aprile), "Sapiens" (8 maggio) e "Diario di un brutto anatroccolo" (15 maggio).    

“In continuità con il progetto partecipato sviluppato nel 2021, la programmazione di questa primavera, fortemente voluta, sarà ricca di momenti di condivisione con il Sistema Scolastico cittadino, con le altre realtà che operano nel territorio e con i cittadini - spiega il Direttore artistico Pietro Valenti - Ringraziamo l’Amministrazione Comunale e gli Enti pubblici e privati che sostengono il nostro lavoro. La nuova rassegna del Cavallino Bianco fa parte del progetto MENO/RESTARE, che prevede due approfondimenti su Pier Paolo Pasolini e José Saramago nel centenario della loro nascita. Confidiamo anche quest’anno nella grande partecipazione del pubblico, adulti e ragazzi, per i quali abbiamo previsto anche incontri e laboratori all'interno della rassegna del TESSERE e del TRASMETTERE oltre all'allestimento dell'Odissea di Omero per il Teatro di Comunità".

"Dopo il grande successo del progetto di inaugurazione, il Cavallino Bianco continua a respirare l'arte del teatro. L'amministrazione comunale si è prefissata, sin dall'inizio, un preciso obiettivo, ovvero pensare ad un rinascita della città a partire dalla cultura - commenta il sindaco di Galatina, Marcello Amante -E l'attività del Cavallino Bianco contribuisce in questa strategia condivisa e fondamentale per la Città di Galatina. Nei mesi scorsi abbiamo imparato che il teatro è vita vera, partecipazione, ascolto e riflessione. Ed è quella la strada che anche in questa nuova stagione continuiamo a percorrere ponendo così le basi del futuro non solo del teatro ma della Città".

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Di seguito tutte le info su biglietti e abbonamenti:

È possibile acquistare abbonamenti e biglietti per i singoli spettacoli in prevendita online su www.diyticket.it o presso la biglietteria Teatro Cavallino Bianco Via G. Grassi nr. 13 a Galatina.

ABBONAMENTI:

Spettacoli serali:                                                                                  
Nr. ingressi 6 : intero € 90 / ridotto € 50

Spettacoli pomeridiani:                                                                            
Nr. ingressi 5: intero € 40 / ridotto € 24

Biglietteria aperta dal 22 febbraio al 4 marzo: dal lunedì al venerdì 16:30 - 19:30, sabato e domenica 10:00 - 13:00

BIGLIETTI:

Spettacoli serali:                                                                        
intero € 20 / ridotto € 10

Spettacoli pomeridiani:                                                                                        
intero € 10 / ridotto € 6

Biglietteria aperta dal 5 marzo: martedì e giovedì 16:30 – 19:30, sabato 10:00 - 13:00

Abbonamenti e biglietti ridotti per under 25, over 65, diversamente abili, persone non autosufficienti ed i loro accompagnatori.

INFO E PRENOTAZIONI

Tel. 3287391140

dal lunedì al venerdì 16:30 – 19:30, sabato 10:00 - 13:00

 

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Michele Stursi (del 16/03/2015 @ 18:53:56, in Recensione libro, linkato 2535 volte)

Che tu sia un amante della lettura o che soffra di un’intolleranza particolare verso ogni forma di scrittura, arriva il momento nella vita in cui incontrerai il tuo libro. C’è gente che lo trova abbandonato su una panchina alla fermata dell’autobus; altri lo ricevono in dono da un amico, da un genitore, da un’amante; altri lo trovano per caso nascosto su uno scaffale di una libreria tra centinaia di altri volumi o relegato in un angolo di una disordinata bancarella di un mercatino dell’usato o dimenticato tra migliaia di cianfrusaglie nel ripostiglio di una nuova casa; altri ne leggono una recensione su un giornale o seguono il consiglio di qualcuno che prima di loro se ne è innamorato; ci sono persone che trovano il libro della loro vita perché incuriositi dalla piega inusuale del sopracciglio e dall’increspatura del labbro superiore di una donna che lo leggeva in treno.

Ci sono infinite circostanze che portano ad incontrare il proprio libro, strade traverse che incrociano più e più volte la via maestra e che talvolta scegliamo di ignorare. Così è stato per Il medico di corte di Per Olov Enquist, romanzo di cui voglio consigliarvi la lettura e che annovero tra i libri che, per vari motivi, hanno aggiunto qualcosa al mio modo di vedere e affrontare la vita.

La prima volta che ne ho sentito parlare, ne sono convinto ma allo stesso tempo non ne sono sicuro, è stato qualche anno fa al cinema. Ho come l’impressione, e voglio che tale rimanga, di aver visto in quella circostanza il trailer di un film tratto dal libro di Per Olov Enquist e di esserne rimasto pressappoco incuriosito. Non sono mai andato a controllare se il film esiste davvero (lo lascio fare a voi), ma a me piace far partire la storia del mio incontro con questo libro da una sala semioscura di un cinema semideserto.

La seconda volta che ne ho sentito parlare è stato in una recensione di Alessandro Baricco su La Repubblica, che cominciava più o meno così: “Accadde tutto realmente, nel piccolo regno di Danimarca, nella seconda metà del Settecento”. E alla prima idea che mi ero fatto vedendo il trailer si è inanellato il racconto di Baricco, ricco di impressioni e suggestioni personali, che non ha fatto altro che soffiare su un tizzone che giaceva tra la cenere della mia curiosità. Ed ecco riemergere la storia del medico tedesco Friedrich Struensee che si insinua come un tarlo nella corte demente e insensata di Danimarca, che si guadagna la fiducia prima del re, un ragazzo tacciato di pazzia e come tale inadatto a svolgere il suo ruolo di sovrano, e poi della regina (divenendone l’amante) e che in poco tempo a suon di riforme imprime alla Danimarca “una delle più grandi rivoluzioni illuministe della Storia”.

E poi di nuovo ritorna a perseguitarmi qualche anno dopo, quando mi capita di rileggere la stessa recensione di Baricco nella raccolta Una certa idea di mondo pubblicata da Feltrinelli e poi ancora eccolo menzionato come il capolavoro di Per Olov Enquist in un articolo apparso sull’inserto domenicale La Lettura del Corriere della Sera in occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo Il libro delle parabole.

C’è ne voluto di tempo prima imboccare la traversa giusta! Alla fine ce l’ho fatta a leggere Il medico di corte e forse solo grazie a queste mille peripezie letterarie oggi posso anche raccontare la storia dell’incontro con uno dei libri della mia vita.

Da leggere: Per Olov Enquist Il medico di corte. Iperborea 2001 pagg. 416

Michele Stursi
 
Di Redazione (del 20/04/2017 @ 18:53:15, in Comunicato Stampa, linkato 1881 volte)

Il progetto è rivolto agli alunni delle scuole secondarie di primo grado del Comune di Galatina, e si propone di sviluppare una delle otto competenze chiave, nello specifico “la comunicazione nella madrelingua”, ovvero la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale che scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modo creativo, sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali.

L’azione si articola in due momenti: nel primo è prevista, con la collaborazione dei docenti referenti, l’individuazione del libro da leggere. Nel secondo momento i ragazzi elaboreranno “la pagina che non c’è”, una conclusione differente da quella del testo.

Reinventare la storia permetterà ai ragazzi di essere piccoli scrittori, sviluppando le competenze della comunicazione nella madrelingua.

 Il 23 Aprile 2017 - in concomitanza con la Celebrazione della Giornata Mondiale del libro e del diritto d’autore UNESCO - presso la Biblioteca Comunale “P. Siciliani” alle ore 10.00, le volontarie del Servizio Civile Nazionale di Galatina, ed una giuria composta da alcuni Docenti della Scuola e dal Presidente del Club per l'UNESCO di Galatina,  dott. Salvatore Coluccia,  premieranno  “La pagina che non c’è” giudicata più meritevole; gli elaborati premiati saranno poi pubblicati su alcuni  giornali on-line, mediapartner dell'iniziativa. L'evento è inoltre registrato nell'Edizione 2017 del "Maggio dei Libri".

 
Di Admin (del 14/05/2009 @ 18:52:12, in Libro di Noha, linkato 5611 volte)


Abbiamo il piacere e l’onore d’informare tutti i nostri lettori che grazie all’instancabile lavoro del nostro amico e collaboratore Marcello D’Acquarica, il patrimonio librario di Noha si è arricchito di un nuovo bellissimo volume. Si tratta de I beni culturali di Noha, (Panìco Editore, Galatina, 2009), in una stupenda ed elegante edizione tutta a colori che riporta in maniera analitica e dettagliata le schede di quei monumenti nohani dei quali tutti noi dovremmo diventare studiosi diligenti e custodi gelosi.
Questo libro - che all’inizio sembrava una pazzia - è un progetto, un’idea partita subito dopo la nascita del nostro periodico on-line, e portata avanti da Marcello come un viaggio, un’avventura incredibile nella quale spendere tempo, energie, scienza e passione. I beni culturali di Noha sono finalmente fissati per sempre in questo libro, che, ormai, come l’Arte ed i Monumenti, sopravviverà a noi altri.
In questo tomo la nostra cittadina è vista dall’autore come un giardino d’infanzia (quello che più perdi dallo sguardo e più  ti cresce dentro), come un luogo del cuore i cui beni culturali sono da trattare come si fa con i bambini quanto a premura e tenerezza......
(tratto dell'OSSERVATORE NOHANO n°4 Anno III)

Si puo richiedere una copia direttamente da Noha.it inserendo un commento al seguente articolo, oppure presso lo studio d'Arte di Paola Rizzo

 
Di Redazione (del 17/07/2018 @ 18:52:00, in Comunicato Stampa, linkato 1537 volte)

Cristina Dettù, assessore alla Cultura e all’Ambiente del nostro Comune, è entrata a far parte della Scuola ANCI per giovani amministratori, riservata a solo 40 in tutta Italia e che nasce con l’obiettivo di investire in un percorso di miglioramento delle competenze nella missione amministrativa.

Galatina, anche questa volta, c’è. Non poteva perdere questo importante momento di crescita, di formazione, di sviluppo. Tutto con un unico obiettivo finale: essere al servizio del cittadino.

La scuola è rivolta ad under 36, impiegati nella gestione della cosa pubblica di Città italiane ed è finalizzata a acquisire valori e strumenti idonei a governare al meglio. È volta anche a mettere a disposizione capacità ed esperienze di personalità con riconosciuta competenza al fine di fornire elementi di conoscenza funzionali al miglioramento della capacità del fare amministrazione, con un’impostazione espressamente mirata all’adesione, programmazione e attuazione di interventi di politica locale.

Il corso, che dura fino a marzo e prevede appuntamenti due volte al mese nella città di Roma, inizierà con una Summer School a fine luglio, eccezionalmente a Conversano. Il ricchissimo programma è composto da numerosi appuntamenti, incontri, dibattiti e relazioni dei sindaci dei Comuni di tutta Italia. Da segnalare la presenza del direttore generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Giovanni Vetritto che parlerà di Enti Locali alle prese con le riforme, del professore dell’Università di Venezia Stefano Campostrini che terrà una lezione di statistica sul territorio italiano, della professoressa di Istituzioni di Diritto Pubblico dell’Università di Bari Angela Barbanente, della professoressa Anna Maria Poggi e del direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani e Presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura del Salone Internazionale del libro di Torino, Massimo Bray.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 01/02/2021 @ 18:49:05, in Comunicato Stampa, linkato 762 volte)

La risposta della Giunta Municipale di Galatina alla richiesta di una sede per il  Circolo Athena ha lasciato sconcertati e delusi il Presidente, i dirigenti e i soci del sodalizio galatinese.

Che dire? Poteva andare diversamente? I comportamenti, i modi e i contenuti (di certo concordati con il Sindaco e l’Assessora alla Cultura), la nota affidata alla stampa, non indirizzata agli interessati, non lasciano dubbi: siamo tornati ai nostalgici anni del “Ventennio”, al fare spicciolo e sbrigativo del burocratese podestarile. Stazionano negli occhi le immagini scandalose della sceneggiata messa in onda, circa quattro anni fa, allorquando, per osannare la vittoria elettorale, un manipolo di gagliardi eroi occupò la stanza sindacale di Palazzo Orsini, a mani tese e al grido “Eia eia! Alala!”.  

Un Ministro diceva che “Con la Cultura non si mangia”, è più produttivo giocare a carte, inseguire palle che rotolano sul tappeto verde, organizzare tornei di tressette e di scopa, piuttosto  che correre dietro iniziative che appesantiscono la mente e fiaccano il corpo.

Il Circolo, commentando la nota, elenca le numerose iniziative promosse in 54 anni di attività, ma che, valutando bene, sono del tutto prive di valore sociale, artistico e culturale.

Il “Premio Letterario Athena? Un inutile certame letterario tra persone che non hanno null’altro da fare nella vita.

I “Quadernetti di Athena”? Trattatelli che portano alla perdizione, meglio “libro e moschetto”.

Il “Filo di Aracne”? Una palestra per intellettuali con il complesso della doppia personalità.

I 1.500 libri della biblioteca, a disposizione di chi li chiede? Sarebbe opportuno farne un bel falò per scaldarsi in questi tre “Giorni della Merla”.

I viaggi culturali? Un’inutile perdita di tempo; per arricchire il corpo e la mente, riscopriamo i “Campi Dux”, la “Bella Abissinia”, “Tripoli mio dolce amor”.    

Il dottore, lo hanno ricordato, ha partecipato ai primi anni ’90, al vacuo concorso letterario con un’opera in versi, apprezzata dalla giuria. Il dubbio è legittimo! Si è trattato di farina del proprio sacco o la scopiazzatura di un testo prodotto da nulla facenti?.   

Per finire, mi sovviene una riflessione di un compagno, ora novantenne, e devo convenire che ha ragione da vendere: “Cce bboj cu ffaci, suntu fascisti, an’capu tenanu sulu fricciu. Cce tti sspetti?”.  Eia eia! Alala!        

Ninì De Prezzo

 
Di Raimondo Rodia (del 13/02/2019 @ 18:48:36, in Comunicato Stampa, linkato 1218 volte)

Si tratta di un libro straordinario da comprare, leggere e conservare dal titolo " Reputu ", vale a dire un pianto funebre delle piazze rurali del nostro Salento. Oltre alla classica presentazione del libro ad allietare la serata ci saranno gli interventi musicali di Enzo Marenaci leader e voce dei " Cantori della Giurdana ", Marina Leuzzi voce femminile del gruppo folk " I Cardisanti " e gli immancabili interventi del filosofo cantastorie Roberto Vantaggiato. A presentare la serata Raimondo Rodia che terrà a bada anche il vulcanico autore del libro Giovanni Leuzzi. L'appuntamento da non perdere è per venerdi 15 febbraio 2019 alle ore 18.30, presso la biblioteca comunale di Tuglie, in via Risorgimento. Dopo i saluti istituzionali del sindaco Massimo Stamerra e del vice sindaco ed assessore alla Cultura Silvia Romano, si aprirà questa kermesse di musica, poesia, lingua, tradizione, storie ed aneddoti locali. Di seguito la sinossi del libro e due righe sulla vita professionale del prof. Leuzzi.

Il poema in ottava rima e in rigoroso dialetto salentino, che utilizza a pretesto narrativo una divertente storia paesana, fotografa, con i toni e registri più diversi e seguendo il libero andare della memoria, il rapido e per molti versi catastrofico diluirsi, in un nulla ancora indistinto, della millenaria civiltà contadina; una civiltà che nei centri rurali del Salento aveva realizzato, pur in un quadro diffuso di povertà, sfruttamento ed ingiustizia, straordinari risultati di risposta ai bisogni collettivi, di socialità ed identità culturale. Le piazze di quei paesi, che negli ultimi anni sono state oggetto di importanti rifacimenti strutturali ed estetici dagli effetti spesso scenografici, perduta ogni funzione economica e sociale, oggi si presentano come spazi vuoti di presenza umana, freddi, senza storia, senza anima e memoria e ormai da decenni attendono nuova linfa e nuova vita, che sarà, se mai, del tutto diversa da quella di un passato leggendario ed irripetibile. L’ottava rima, con la musica e le cadenze sue proprie, poggia sulla strepitosa padronanza di una lingua che, già grande di suo, si è strutturata nei secoli con scambi, arricchimenti ed imprestiti i più diversi, consentendo al popolo del Salento straordinarie capacità espressive, comunicative e creative; lingua che nel poema è strumento formidabile per il disegno di quadri, situazioni e personaggi, lo sviluppo del pensiero e del racconto, il dipanarsi di nostalgiche ricostruzioni e di ironiche, ma spesso amare e desolate invettive, tutte giocate tra il semiserio rimpianto del passato e la icastica condanna del presente.

Giovanni Leuzzi, laureato in Lettere Classiche, già docente nelle Scuole Superiori, da sempre impegnato in politica e per lunghi anni consigliere e vicesindaco di Cutrofiano, ha operato tutta la vita tra politica e cultura, privilegiando, oltre che importanti percorsi storico-letterari, la conoscenza e l’indagine sulla storia del Meridione e del Salento, sulle varie espressioni della cultura locale (arte, musica, religione), sulle evidenze linguistiche, espressive e documentali della macroarea griko-salentina. Anche l’approdo recente a prove poetiche in dialetto salentino è nello stesso tempo conferma e sviluppo di tale impegno, vissuto e perseguito con costante passione.

Raimondo Rodia

 
Di Albino Campa (del 15/06/2006 @ 18:44:49, in Libro di Noha, linkato 4284 volte)

 

Nella mia vita di Missionario della Consolata mi è toccato di vivere lontano dalla mia terra e dalle mie radici, sia negli anni di Seminario in preparazione al sacerdozio missionario e sia per il servizio missionario che l’ubbidienza mi ha chiamato a svolgere in diverse parti del mondo.

 Nel 1972 rientravo in Italia dopo un periodo di 5 anni in Canada e mi capitò, per motivi di salute, di fermarmi oltre il previsto a Noha in famiglia. Fu così che, tanto per passare il tempo,  cominciai a curiosare nell’archivio parrocchiale di Noha.

Trovai un libricino di una cinquantina di paginette intitolato “L’Università e il Feudo di Noha - Documenti e Note” edito nel 1906 a Lecce di un certo Prof. Gianferrante Tanzi, ora non più reperibile. (Possiamo considerare questo libricino come l'antenato della "Storia di Noha"). Le mie ricerche su Noha sono partite da lì.

 Mi rendevo conto, legicchiando quel libricino, che Noha aveva una storia molto antica e molto ricca di notizie, anche se quelle che leggevo in quel libercolo a volte erano vaghe e imprecise.  Mi venne  voglia perciò di fare ricerche più accurate.

Mi misi a intervistare testimoni qualificati e informati su alcune notizie e tradizioni… Cominciai a consultare anche altri documenti di storia locale, arrivando fino all’archivio vescovile di Nardò, di cui ab immemorabili aveva fatto parte Noha,  e l’archivio di Stato di Lecce. Negli spostamenti sovente mi guidava don Donato Mellone, in quel tempo Arciprete di Noha, a cui devo tanta gratitudine sia per la sua grande disponibilità ad accompagnarmi e sia per avermi permesso di consultare l’archivio della Parrocchia.

Dopo circa un anno di ricerche,  nel 1973 davo alle stampe la prima edizione della Storia di Noha.

(Se il libricino di cui sopra era l'antenato, questo era il  nonno). Il libricino fu stampato a Casarano dall’editrice Borgia e mi sovvenzionò la stampa un’amica dei missionari della Consolata che avevo conosciuto a Salve.

Furono stampate 300 copie arricchite da una mappa del paese che avevo fatto io stesso (senza essere né tecnico nè geometra) tracciandone il disegno delle strade che percorrevo con una bianchina. Anche le foto le avevo fatte io stesso in bianco e nero. Il volumetto fu messo in vendita a L. 1.000 la copia e andò a ruba, soprattutto perché l’avevo arricchito con una raccolta di proverbi dialettali e di alcune mie poesie in dialetto.

Anche se il libro era ormai stampato, io continuai nelle mie ricerche, approfondendo quelle già stampate nella prima edizione.

Nel 1989 il Comune di Galatina mi sovvenzionò completamente e stampò con 4 milioni di lire, mille copie della seconda edizione, questa volta arricchita di foto in bianco nero di Mirelfoto, oltre che quelle del mio archivio.  Questa seconda edizione stampata dalla Editrice Salentina, che ha circolato nelle scuole di Noha, era più ampia della prima per i contenuti ma anche più elegante per la forma.

Intanto io continuavo le mie ricerche e scoprivo altre notizie sempre interessanti.

Trovai per esempio una relazione sulla parrocchia di Don Michele Alessandrelli, Arciprete di Noha dal 1847 al 1879, che in occasione della visita pastorale del vescovo di Nardò, lui compila con molta precisione di particolari, che oggi risultano preziosissimi.

Analizzando meglio tutti i documenti dell’archivio parrocchiale che ho letto per conoscere i miei antenati (e vi sono arrivato fino al 1500), trovai notizie abbondanti sulla situazione sociale, religiosa, economica e politica della gente di Noha. Erano tutte notizie preziosissime che meritavano di essere pubblicate.

La seconda edizione era ormai esaurita. Valeva la pena far conoscere al pubblico le notizie di cui ero venuto a conoscenza. Sentivo il bisogno di trovare il modo di stampare una terza edizione. La difficoltà principale era quella di reperire i fondi o comunque trovare un mecenate che si prendesse cura della cosa.

A questo punto comincia la storia della terza edizione che viene presentata questa sera: Noha, storia, arte, leggenda. Sicuramente l’ideatore, l’artefice principale di questa terza edizione è Antonio Mellone.

Questa edizione è come una suonata a quattro mani al pianoforte, abbiamo scritto nelle avvertenze a pag.15. A volte c'è l'assol0, a volte si concerta insieme: ma sempre i due suonatori sono impegnati nella musica dell'unico brano.

Per la verità il primo contatto con lui fu uno scontro. Quando tornai dal Canada, Antonio aveva solo cinque anni, e di lui non ricordo nulla.

Ho cominciato a conoscerlo qualche anno fa perché pubblicava articoli sul Galatino che anch’io, pur essendo lontano da Noha, ricevevo e leggevo. In un numero del Galatino in un suo articolo dava notizie di Noha antica, servendosi delle mie ricerche ma senza citarne la fonte. Da qui il piccolo scontro.

Nel settembre del 2003 l’ubbidienza mi ha condotto ad essere parroco a Galatina. Qui ho incontrato di nuovo Antonio Mellone, anzi lui stesso è venuto a trovarmi per espormi le sue idee e propormi il suo progetto: mettere insieme le notizie sue e mie e fare un’unica edizione più bella, arricchita di altri contenuti non strettamente storici ma comunque interessanti...

Così nasce questa terza edizione, bella, ricca, spettacolare, impensabile fino a qualche anno fa, degna di stare in qualsiasi biblioteca, nonostante qualche imprecisione, inesattezza e direi anche qualche gonfiatura soprattutto nelle didascalie sotto le foto.

Grazie ad Antonio Mellone, al suo intuito, al suo impegno, questa sera potete ammirare e acquistare questo volume:  è lui che ha voluto fortemente e con mille sacrifici questa edizione così particolare soprattutto nella sua veste tipografica.

Devo dire che con questa edizione le ricerche sulla storia di Noha non sono finite. Mi auguro che altri più giovani di me possano continuare lo studio e la ricerca, convinti che Noha ha una storia molta antica, più di quella di Galatina, e interessante. Bisogna solo avere il tempo e la passione per visitare gli archivi, anche quello di Stato di Napoli in particolare, dove sicuramente si potranno trovare  altre notizie.

Grazie per la vostra attenzione.

 

 

Tre giornate programmate dall'Assessorato alla Cultura della Città di Galatina,  con il contributo della Regione Puglia, Assessorato all'Industria Turistica e Culturale, e la collaborazione del Club UNESCO di Galatina, ricche di appuntamenti per promuovere interesse, studio e ricerca intorno all’unicità della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria e del suo ciclo di affreschi.

La manifestazione avrà inizio venerdì 27 novembre alle ore 18:00 con una Tavola Rotonda Santa Caterina di Galatina presso la Sala “Celestino Contaldo” del Palazzo della Cultura in Piazza Alighieri. Dopo gli interventi di apertura del Sindaco Cosimo Montagna e dell’Assessore alla Cultura Daniela Vantaggiato la Tavola rotonda, moderata dal Prof. Giancarlo Vallone, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Salento e Docente di Storia del Diritto Medievale e Moderno,  vedrà la partecipazione di storici dell’arte ed esperti del calibro di Antonella Cucciniello, oggi direttrice del Palazzo Reale di Napoli, del Prof. Angelo Maria Monaco, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, dello Storico dell'Arte Sergio Ortese,  della Dott.ssa Rosa Stella Lorusso, della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di BA, BT e FG, di Sergio Fusetti, Restauratore capo del Sacro Convento di Assisi, della Dott.ssa Sofia Giammaruco e del Padre francescano Michele Carriero, storico. L’incontro avrà come oggetto di studio e di confronto la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, il suo inserimento nel contesto del tardogotico nel Salento e dei monumenti orsiniani tra Galatina e Soleto, ed in particolare il ciclo di affreschi ed il culto della Santa tra Galatina ed Assisi nella Cappella di Santa Caterina della Basilica di San Francesco.

La serata proseguirà con l'apertura al pubblico, nel Chiostro del Palazzo della cultura, nel cinquantesimo della scomparsa di Ernesto De Martino, della Mostra "Il cattivo passato - il pensiero di De Martino tra autori del  passato e luoghi di oggi", a cura di Meditfilm, nell'ambito del Progetto di Antropologia visiva "Luoghi e Visioni". Le foto sono di Tommaso Faggiano e Fabrizio Lecce, i testi di  Tommaso Faggiano e Francesca Casaluci, il  Coordinamento scientifico del Prof. Eugenio Imbriani, Antropologo, e la progettazione grafica di Daniele De Paolis.  Anteprima del seminario di studio che si terrà martedì 1 dicembre p.v.

La seconda giornata del Weekend Orsiniano, sabato 28 novembre,  si aprirà alle ore 17 con l'Inaugurazione del Teatro Storico "Cavallino Bianco", alla presenza del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, madrina d’eccezione l’attrice Elena Sofia Ricci; il teatro recentemente restaurato, e quindi restituito alla sua funzione primaria di centro culturale della città, potrà così rilanciare, insieme alla valorizzazione del bellissimo Centro Storico con i suoi palazzi e le sue Chiese, e del suo unicum la Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, l'immagine di Galatina città d'Arte.

A seguire, sempre presso il Teatro Cavallino Bianco, alle ore 19,30, ospite d'eccezione del II° Weekend Orsiniano quest'anno, lo scrittore, giornalista e conduttore televisivo Gad Lerner che, reduce da "Il cortile di Francesco” ad Assisi sul tema umanità, terrà la Lectio Magistralis  “I beni artistici deposito dell’umanità”; introduce il giornalista di TV 2000, Marcello Favale; numerosi gli ospiti tra cui un delegato del Ministro Dario Franceschini che porterà un messaggio d’augurio e la Dott.ssa Maria Piccarreta, Sovrintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto. La lectio verrà trasmessa in diretta su schermo gigante all'esterno del teatro stesso in Via Grassi e in Piazza San Pietro per consentire a tutti gli interessati di seguire la manifestazione nei due momenti.

Novità di quest'anno del II° Weekend Orsiniano, il Corteo Storico di Maria d'Enghien (a cura dall'Associazione "Maria d'Enghien" di Taranto), che dalle ore 20,30 percorrerà le vie del Centro Storico partendo da Piazza San Pietro per arrivare poi a Palazzo Orsini e alla Basilica di Santa Caterina, dove alle ore 21.00 inizierà un concerto del Laudario di Cortona a cura dei “Laus Nova”. Nel frattempo i cantastorie di “Raccontami Sherazade” reciteranno in Piazzetta Orsini racconti ed aneddoti del ‘300 e ‘400 galatinese.

Sempre nella serata di sabato 28 novembre a partire dalle ore 20.00 in Piazzetta Orsini, si terranno, con l'assistenza di esperte guide turistiche, visite guidate nei luoghi Orsiniani, iniziando da Palazzo Orsini, attuale Palazzo di Città, all'interno del quale sarà possibile effettuare una visita virtuale della Chiesa di Santo Stefano di Soleto (attraverso l'APP. di In-Cul.Tu.Re), proseguendo per la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria.

Il weekend si concluderà domenica 29 novembre con i festeggiamenti civili e religiosi: la Fiera di Santa Caterina d'Alessandria, la  Benedizione degli animali, come prevede la tradizione, con la statua della Santa che lasciata la Basilica di Santa Caterina in Piazzetta Orsini accompagnata dal parroco fra Rocco Cagnazzo e dai fedeli, si recherà processionalmente in Piazza Alighieri dove si svolgerà la XX Edizione della sfilata di cavalli, carrozze e carri d'epoca, con la partecipazione degli sbandieratori e dei ragazzi delle scuole che costituiranno la giuria per l’attribuzione dei premi.

 

Per info ed accreditamento giornalisti:

Club UNESCO Galatina

Cell. 3297864424 / 3290251349

clubunescogalatina@gmail.com;                                                                                     www.clubunescogalatina.it

 

Il libro frutto di riflessioni ed esperienze di una veneziana di origini salentine che ha vissuto anni in Pakistan e che in queste settimane, nella provincia di Lecce, sta partecipando a diverse rassegne letterarie presentando questo libro e il precedente romanzo, Il vecchio Leone (Sanremo, Leucotea 2017).

Il libro sul Pakistan è connesso non solo alla tematica del viaggio ma a quella, quanto mai attuale, dell'Intercultura e sarà presentato a Noha presso il Circolo ARCI LEVèRA mercoledì 27 Giugno alle ore 20.30.

È una testimonianza ulteriore dello spirito di una donna italiana che viaggiando e lavorando all'estero, non smarriscoe le proprie radici.

 

 

 

 

 
Di Albino Campa (del 09/08/2006 @ 18:42:02, in Libro di Noha, linkato 3910 volte)
La foto è stata scattata in un Autogrill - stazione di servizio, in provincia di Foggia.
Uno dei due, ritratti nella foto, è un benzinaio addetto alla distribuzione (che non conosciamo); l'altro invece, riconoscibilissimo, è il nostro grande Presidente della Regione Puglia, il Governatore Nichi Vendola.
La particolarità della foto è questa:
Nichi Vendola, stringe nelle sue mani una copia del nostro libro: "Noha. Storia, arte, leggenda".

E NON SI TRATTA DI UN FOTOMONTAGGIO!

Sensazionale!!!

Per ulteriori approfondimenti, circa la consegna del testo al nostro Presidente, presto leggeremo (o su questi schermi o su quelli del sito salento.us) la cronaca stilata da Matteo Mellone.
 
Di Redazione (del 26/09/2019 @ 18:41:54, in Comunicato Stampa, linkato 1128 volte)

Manifestazione di grande interesse sportivo al PalaPanico nei giorni 28 e 29 settembre prossimi, per quello che è l’omaggio che Galatina pallavolistica intende dedicare al grande tecnico Fernando Panico scomparso sedici anni fa.

Ricordi e rimpianti di quanto lo hanno conosciuto si fonderanno nella due giorni di volley, in uno spettacolo di sport che Fernando ha sempre identificato come fertile terreno formativo ed educativo per i giovani atleti.

A far proprio questo principio, acconsentendo all’invito del comitato promotore di Salento Best Volley, è la presenza di quattro società salentine che nel panorama pallavolistico nazionale danno lustro alla Puglia e al Salento.

AZZURRA ALESSANO e VOLLEY LEVERANO di serie A3, FULGOR TRICASE ed OLIMPIA SBV GALATINA di serie B, offriranno una ghiotta anteprima ai loro sostenitori misurandosi in un test che, a venti giorni dall’inizio dei rispettivi campionati, sarà sicuramente indicativo per quelli che sono gli obiettivi programmati.

L’esordio nella manifestazione è per BCC Leverano e Libellula Tricase, alle ore 17.30 di sabato: a seguire scenderanno in campo Aurispa Alessano ed Efficienza Energia Galatina.

I due sestetti vittoriosi si assicureranno la finale per il primo e secondo posto domenica 29, preceduta (ore 17.30) dalla finalina tra le due squadre risultate perdenti.

Tutti gli incontri si svolgeranno al meglio di 3 set su 5 con il sistema del Rally Point System, arbitrati da giudici federali. Sarà infatti la coppia Ingrosso-Tolomeo ad essere impegnata nella prima giornata, mentre il duo Resta-Pellè si alternerà nella direzione delle due gare domenicali.

Il Leverano allenato da mister Zecca si avvicina alla nuova serie A3 con un roster rinnovato per otto-tredicesimi: ai confermati Galasso, Balestra, Orefice, Gabriele Cagnazzo e Serra si aggiungono i due liberi Torchia e  Sciurti, i centrali Schipilliti e Occhiogrosso, il laterale Negro, il secondo opposto Simone Cagnazzo, il palleggiatore Leone e il martello slovacco Hukel.

Il sestetto in campo dovrebbe vedere la diagonale Leone-Orefice, le bande Galasso e Hukel, i centrali Serra e Schipilliti e il libero Torchia.

La Libellula Tricase sotto la guida del riconfermato tecnico Marano ha irrobustito il suo organico con innesti di grosso calibro: diagonale nuova di zecca con Latorre- Dalmonte, in posto quattro Zanette, Marzo e Romano, al centro i riconfermati Muccio  e Tridici ,in regia difensiva Bisanti  e pronti a dar man forte il palleggiatore D’alba, il centrale Crisostomo, i laterali Cassiano e Chiarello ,il libero Bisci e l’opposto Sodero.

La seconda gara in programma vedrà i padroni di casa di Efficienza Energia  affrontare L’Aurispa Alessano anch’essa rivoluzionata nell’organico e nella guida tecnica dal direttore sportivo Mirko Corsano.

Al duo Lorizio-Tofoli della passata stagione subentra mister Livio Bramato, mentre del gruppo retrocesso dalla serie A2 rimangono i soli due libero Morciano e Russo e il centrale Scardia. Poi tutto il resto è nuovo di zecca: diagonale formata da Campana e dall’olandese BoswinkeL, martelli ricettori Lalloni , Russo  e il brasiliano naturalizzato italiano Dall’agnol ,centrali Aprile e Catena, con i giovani Ciardo, Melissano e Lisi pronti al bisogno.

Efficienza Energia alza l’asticella dei suoi obiettivi ed apporta un notevole cambiamento all’interno del suo gruppo. Al riconfermato tecnico Giovanni Stomeo ed al suo secondo Antonio Bray vengono affidati i nuovi innesti: Gabriele Parisi ed Asclepio Nicolazzo in cabina di regia, Domenico Maiorana e Ferdinando Lentini in posto quattro, Mirko Torsello, Mattia Lezzi e Francesco Tundo al centro e Riccardo De Lorentis in posto due, che vanno ad integrarsi con i riconfermati Marco Lotito, Giuseppe Apollonio, Francesco Pierri, Santo Buracci e Donato Musardo.

Un gruppo tecnicamente molto valido, anche nelle seconde linee, che alimenta così le speranze di una tifoseria pronta a traguardi importanti.

Fine settimana quindi di grande volley in nome di un allenatore speciale, fuori dell’ordinario per passione e capacità didattiche ,  a cui sarà reso omaggio non solo dagli attori sul parquet ,ma anche da cariche istituzionali sportive e politiche che hanno assicurato la loro presenza .

 

AREA COMUNICAZIONE

SBV OLIMPIA GALATINA

 
Di Redazione (del 22/02/2024 @ 18:40:11, in Comunicato Stampa, linkato 128 volte)

E’ il titolo di un convegno, proposto dall’Associazione Galatina al Centro, che affronterà queste tematiche dalle diverse angolazioni interpretative dei relatori partecipanti.

Nel corso della tavola rotonda verranno esaminate le competenze che potrebbero passare alle Regioni e soprattutto quali effetti ne deriverebbero sul Mezzogiorno e sullo sviluppo del Paese.

L’incontro si terrà Venerdì 23 febbraio, alle ore 18.00, nella sala conferenze dell’ex Monastero delle Clarisse -in Piazzetta Galluccio -a Galatina e sarà aperto dai saluti istituzionali di Michele De Benedetto, Presidente di Galatina al Centro e del Primo Cittadino Fabio Vergine.

Alla tavola rotonda, i cui lavori saranno introdotti da Piero De Lorentis Vice Presidente di Galatina al Centro, parteciperanno  la Senatrice, ex ministro ed europarlamentare Adriana Poli Bortone, il Professore di Diritto Amministrativo all’Università del Salento Pier Luigi Portaluri, il Consigliere regionale della Lega, docente a contratto dell’Università Cattolica “Nostra Signora del Buon Consiglio” di Tirana Fabio Saverio Romito, il giornalista, saggista e scrittore autore del libro “Le colpe del Sud”, Claudio Scamardella.

L’evento sarà trasmesso in diretta sul profilo Facebook di Galatina al Centro.

 

Piero de Lorentis

Associazione Galatina al Centro

 
Di Fabrizio Vincenti (del 29/07/2019 @ 18:38:16, in NohaBlog, linkato 1144 volte)

Da giorni, ormai, guardo “la rete” senza interagire, intasata com’è di sproloqui e farneticazioni che se solo non conoscessi gli autori di tali idiozie, potrei certamente attribuire tali deliri a gente che purtroppo non può usare per sua sfortuna la ragione e se lo fa, sa farlo nel peggiore dei modi. Una cosa è certa: vogliono essere letti ma non leggono, e se leggono, non arrivano fino in fondo, e se lo fanno non capiscono, oppure, cosa ancor più grave, fanno in modo di non capire, seguaci sguatteri di un partito, accontentatisi di una caramella e usati come muli per caricare il letame, lo sterco prodotto dai loro beceri partiti o movimenti, ignari gli uni e gli altri di cosa sia il bene comune, ignari dell’onestà intellettuale e dell’integrità di pensiero.

Costoro non ragionano, blaterano soltanto. Pensano di essere esperti di tutto, di qualunque cosa esiste sulla faccia di questa terra terrorizzata per la presenza di gente come loro, fiera della loro inettitudine camuffata. Il problema qui non sono quelli che non hanno avuto la possibilità di studiare, che a quanto pare restano i più onesti, ma quelli che sanno sfogliare un libro o leggere il titolo di un giornale e pensano che basta questo per la loro causa, che è sufficiente la diretta facebook del loro leader per dipanare le questioni ingarbugliate. Il semplice è stato disegnato come estremamente complesso. Analisi e ragionamenti sempre più approfonditi ma allo stesso tempo sempre più attorcigliati, poiché chi li pronuncia è già imbrigliato di suo, nel suo modo di ragionare assurdo, totalmente incapace di cogliere la realtà delle cose.

Costoro vaneggiano, sedotti continuamente da una fata morgana senza scrupoli che li tratta per quello che sono realmente: stupidi. Costoro non hanno alcuna disciplina, né sanno cos’è il carattere. Contano i like e pensano che ognuno di essi equivalga a un voto, ed è esattamente così, disgraziatamente per noi. Qui, ormai, non si valutano i pensieri, non si verificano i programmi, non si condivide un sogno, non si ha alcuna visione particolare del futuro, di cosa sarà il lavoro, di come sarà l’ambiente, di come andrà l’economia.

Qui tutto inizia con l’alba e finisce con il tramonto, come se il giorno prima non fosse mai esistito e quello dopo già trascorso. Ogni rimedio non ha efficacia; non ha efficacia nulla, soprattutto quella cosa che chiamiamo politica, quella che per definizione dovrebbe essere quanto di più efficace possa esistere in un Paese, in una democrazia che, come vedete, non è più in grado di comunicare poiché parla già troppo, ed è tutto un soliloquio assurdo. Parlare presuppone il confronto tra due, capaci di capire. Questi, tutti questi, invece, parlano per non intendersi. Se discutono con una telecamera non possono essere interrotti, né smentiti, né interrogati, né insultati, né mandati a quel paese lì dove si è soliti mandare i ciarlatani. Tutti criticano tutti con un solo squallido scopo: giustificarsi. E ognuno spera che l’altro faccia peggio di quel che ha fatto se stesso, poiché solo così costui potrà dire che in fondo c’è sempre qualcuno peggio di lui.

Questa gente che parla, scrive e difende i loro leader che neanche un gregge di pecore si sognerebbe mai di seguire, non ha alcuna visione del futuro, non è in grado di fare un ragionamento che valga nel tempo e che non esaurisca la sua validità di qui ad un’ora.  È la politica dei cerotti, quella di chi dove vede tagli profondi, anziché ricucire, vi applica con lo sputo un impiastro, sperando che l’emorragia s’interrompa, intanto l’organismo crepa. Questi non sarebbero in grado neanche di elencare i problemi cronici di fondo, figuriamoci risolverli; tutti, governo ed opposizione.

Esistono principi fondamentali per la realizzazione di un piano, ma tutti questi, destre e sinistre, uno stralcio di piano non ce l’hanno. Hanno un solo stolto obiettivo: postare su facebook spot idioti che deridono l’uno l’imbecillità dell’altro. Questi confondono la ricetta con il piatto già pronto e servito in tavola, ma non hanno la più pallida idea non di come impiattare, ma addirittura neanche di come procurarsi la base, cioè gli ingredienti per mettere qualcosa in pentola. Non solo non sono in grado di fare un salto di paradigma, quello che dovrebbe fare un buon politico, ma sono anche dubbiosi del risultato di uno più uno. Per questi, come per quelli che sono stati, i risultati sono sempre diversi ad ogni operazione, e anche l’ovvietà ha perso consistenza. E se chiedi all’opposizione di fare questa semplice operazione per verificare la presenza o meno del buon senso almeno in un ramo del parlamento, beh, altro che risultato, viene fuori la più complessa equazione irrisolta.

Capite cosa vogliono fare? Pensano di ripulire la città raccogliendo dalla terra foglia dopo foglia in una giornata di tempesta. E cosa c’è dall’altra parte della staccionata, lì sui banchi opposti? Ci sono simulatori, quelli che sono convinti di sapere come stanno esattamente le cose, non sapendo che stanno guardano nel giardino di un altro. Così, ogni cosa che dicono, ogni considerazione che elaborano, per quanto ragionevole possa essere, non è efficace, non è utile per nessuno. È l’esercizio della parola inconcludente. Parlano del niente.

Penso di sapere esattamente qual è il problema: è il loro modo stesso di vedere il problema. Pensano che ciò che non va in questo Paese siano gli altri. Quelli che governano, contro l’opposizione, e quest’ultima accusando quelli che occupano i banchi del governo. E cosa manca in tutto questo? Cosa manca oltre agli insulti, ai litigi, alle discussioni, allo snocciolamento di ogni singola questione e alle minacce continue di querelarsi? Manca la sostanza, cioè quel processo umano evolutivo basato sulla ragione che è il solo a poter modificare la realtà.

Noi li paghiamo per risolvere i problemi che abbiamo, sia quelli che stanno a destra, che quelli che stanno a sinistra, ma tutti fanno finta di fraintendere la missione. Prendono un lauto stipendio non per risolvere problemi, ma per crearne di nuovi. E gli stipendi da capogiro credono anche di meritarseli. Ogni partito è convinto che il problema sia “lì fuori”, o meglio, che sia l’altro il problema stesso da risolvere. Si sbagliano tutti. Tutte le volte che attacco l’altro è per nascondere che io sono incapace, il più incapace di tutti. Perché? Perché se fossi capace, o fossi stato capace almeno in passato, non avrei alcun bisogno di puntare il dito e di ripetere continuamente “guarda quanto è idiota quello”.

Questi sono ignoranti perché non conoscono la teoria, sono incapaci perché non sanno come fare le cose, e sono anche miseri poiché non hanno alcun desiderio se non quello di compiacere se stessi: alla base, infatti, non hanno alcuna motivazione valida per stare lì dove sono.

Non c’è differenza tra la Lega, M5S, PD, Forza Italia, Fratelli d’Italia, PCI e LEU; nessuna diversità. Se c’è una differenza c’è tra le singole persone e non tra i singoli partiti. Molti cercheranno di smentirmi, ma non ci riusciranno. Gli uni diranno che sono per la sicurezza, gli altri per l’accoglienza; i primi per abbassare le tasse, i secondi per il lavoro e lo sviluppo. Chiacchere da intrattenimento! Qui la moda è citare tweet continuando a brucare l’erba a testa bassa (qualcuno di questi se la fuma anche). Qui si va avanti per hashtag come moderni scimuniti.

L’ordine deve solo essere apparente: allineati e coperti come quei plotoni che sfilano e che a poco servono.

Perciò qui in questo Paese il problema non è tanto l’essere, ma il definirsi. Se hai qualcosa da dire in merito alla pessima gestione dell’immigrazione sei razzista e fascista; se difendi i diritti dei lavoratori sei uno squallido comunista; se vorresti capire di più in merito agli affidi di minori sottratti alle famiglie originarie sei da querelare; se chiedi che vengano fatti studi appropriati sui possibili danni da vaccino sei un complottista; se difendi certi valori sei medievale; insomma qualunque pensiero serve per dire che tu non sei né allineato, né coperto.

Sono tutti uguali, dicevo, poiché trattano un argomento solo nella misura in cui serve per attaccare il tizio dell’altro partito. Così, anche se salgono su una nave delle ong, non lo fanno perché hanno a cuore i disperati, ma poiché su quella nave sono puntati i riflettori. Di cosa facciano quelle persone il giorno dopo, di dove dormano, di cosa mangiano, dove hanno lasciato i loro cari, di tutto questo non gliene importa nulla a nessuno se non nella misura in cui ciò è utile per attaccare un altro. Stessa storia per gli esodati, le forze dell’ordine, il tav, la tap, l’Europa, e via discorrendo. E se il carabiniere è stato accoltellato ed è morto, qualcuno scompare per un giorno da facebook, in  attesa di una notizia che perori la sua causa, affrettandosi a ritornare in caciara.

Se, infatti, il senatore ha promesso a sua moglie che si sarebbe potuta rifare le tette, al diavolo i vostri ulivi, il vostro territorio, le montagne della Val di Susa, l’ambiente, la sicurezza e tutto il resto: le protesi costano e le tette devono essere grandi, dunque che vada a fuoco tutta l’Italia ma la moglie del senatore le tette ce le deve avere più grandi di tutte le altre. Il fatto è che per questi tutto ha un prezzo, le tette della moglie come la vostra salute, le vostre montagne e i vostri ulivi.

Se dunque passassero più tempo a individuare le soluzioni possibili, convincendosi che è la sinergia quella che porta al successo, e non l’esclusivismo, certamente non avrebbero tutto quel tempo da passare su facebook copiando e incollando link demenziali. Tutti ridono degli altri per non ridere di se stessi.

Tra circa un anno potrei essere un diacono (Dio pensaci bene, sei ancora in tempo!). Nonostante questo, io, uomo di chiesa, circa un paio di anni fa capitai per sbaglio in una spiaggia per nudisti. Non era segnalata. Non sapevo se restare o andarmene, ma visto che avevo camminato per mezz’ora sotto il sole, decisi di restare. Feci una grande scoperta. Nessuno dei presenti sembrava essere imbarazzato, nessuno, neanche io (evidentemente non era questione di dimensioni). Non c’era nessuno che rideva di come era fatto l’altro. L’Italia di oggi, invece, è esattamente l’opposto: sembra essere in una spiaggia per naturisti dove quelli che vengono definiti “guardoni” stanno tutto il tempo a esaminare e a criticare il pisello ridicolo degli altri. Ciò che aspettiamo, però, è che anche questi, anziché guardare, si tirino anche loro giù le mutande. Sono sicuro che allora, ve lo assicuro, non ridere sarà impossibile.

Fabrizio Vincenti

 
Di Antonio Mellone (del 30/10/2020 @ 18:36:42, in NohaBlog, linkato 1000 volte)

Per somiglianza di suoni Sìrgole rievoca un po’ Frìttole - il borgo di “Non ci resta che piangere”, film del 1984 con Troisi e Benigni - ma è una tenuta, meglio, la denominazione di una contrada del feudo di Cutrofiano frequentata da molti nohani e altrettanti galatinesi, tra i quali mio papà Giovanni che ne ha coltivato un pezzo per una vita, coinvolgendo per un tratto e suo malgrado (nel senso di mio malgrado) il sottoscritto: erano i tempi infausti del tabacco, un’era geologica fa. Oggi ce lo porto io, mio padre, insieme ai suoi 97 anni a far due passi, a prendere aria, a “sbariare” un po’.

Ebbene, ogni volta che vado a Sìrgole torno a casa sempre con qualcosa di buono. A seconda della stagione, i gelsi, i peperoncini e le melanzane, l’uva, i kaki e i kiwi (con questa k che sa di esotico), e le cicorie che oggi coltivano i miei cugini di campagna; ma anche le “creste” (sempre nel senso di cicorie) che la terra ci dona sua sponte. A volte tra le produzioni fresche e genuine abbiamo pure i libri (ché cultura e agricoltura sono sempre andate a braccetto). Questi ultimi non me li passano i suddetti cugini, ma, copiosi, dunque con la carriola, i vicini di campagna: o meglio, il vicino che risponde al nome di Gianluca Virgilio, professore di lettere al liceo scientifico di Galatina, conosciuto ormai da tutti perché da anni scrive su “il Galatino”, e pure un bel po’ di libri - alcuni addirittura tradotti in francese (non vedo l’ora di rileggerli in quest’altra lingua romanza).

Questa volta il fragrante tomo “virgiliano”, letto come d’abitudine nell’arco di due pomeriggi, è “Zibaldone Salentino”, Edit Santoro, Galatina, 2020, 150 pagine, quasi omonimo della rubrica (cambia solo l’aggettivo in “galatinese”) tenuta, appunto, su questo giornale. Si tratta di un tipico prodotto a km 0, giacché è stato certamente pensato nel corso di letture sotto il pergolato, annaffiature di piantine e sfalcio di erbe, e dunque scritto, benché rapsodicamente, sempre a Sìrgole, “campagna ricca di sogni”, onde finalmente podere è potere.

Il titolo del libro, ça va sans dire, è un omaggio a Giacomino nostro, che al suo “scartafaccio” attribuì gli aggettivi di “smisurato” e “immenso” (io ci aggiungerei “superbo”, molto usato dal Leopardi nell’accezione di magnifico e grandioso, e giammai di protervia o spocchia), tipici del Pensiero: il quale o è critico - dunque senza limiti timori o altre siepi che il guardo escludono - o non è. Purtroppo codesto pensiero è oggi, come dire, negletto, quando non spinto sul banco degli imputati, non necessariamente da una querela temeraria, ma proprio dal comune sentire, dall’uniformazione globale falsamente pluralista, dall’omologazione a senso unico.

Ciononostante vale la pena di provare esprimerlo, questo pensiero (o questo spirito), anche a costo di spaccare il capello in quattro e apparire antipatici alla massa ondivaga a seconda di dove spira il vento del marketing, vale a dire la propaganda da parte della classe dominante. E così nascono le pagine di questo diario senza tempo che ti fa riflettere sulle parole, tipo “successo”, una cosa a cui molti ambiscono ma che altro non è che un participio passato; sul senso della vita, che visto che è a scadenza val la pena di trattarla con più ironia e distacco; sullo spreco delle migliaia di case vuote, mentre tutto intorno le betoniere continuano rovesciare cemento sui comparti edilizi senza fine; sul ruolo dell’insegnante e quindi della scuola che non dev’essere un luogo dove “si formano e si valutano gli studenti”, bensì un posto dove “dialogare e stare a vedere”; sulla violenza del capitalismo, che fa rima con cannibalismo, suicidio dell’umanità; sul ruolo della tecnologia che ci sta spingendo verso il distanziamento sociale ante-litteram; su quanto la mia ricchezza non valga nulla se il mio dirimpettaio sta male; sul Panem et circenses quale metodo di inquadramento delle masse; su quanto il potere si serva dell’inganno per raggiungere i suoi obiettivi; sul Neo-Barocco, che è quello della nostra epoca, così pervasa dalla “gentrificazione” dei centri storici, dallo scimmiottamento della pizzica e dai riti vuoti del turismo; e su infiniti altri temi tipici di uno Zibaldone.

Scrive bene Gianluca, avrà preso da suo padre, il compianto prof. Giuseppe Virgilio. Lo stesso giorno in cui mi consegnava la sua novella creatura – guarda la combinazione - terminavo di rileggere, di Giuseppe, lo stupendo “Memorie di Galatina”  - Congedo Editore, Galatina, 1998 - che consiglio vivamente. A Noha si dice: “L’arte de lu tata è menza ‘mparata”, ovvero “Sotta ‘nu pannu finu c’è ‘naddhru ‘ncora chiù finu”.

Credo non ci sia bisogno del traduttore di Google perché si colga il senso di questi apoftegmi nohani anche a Galatina.

Antonio Mellone

 

[articolo pubblicato su “il Galatino”, anno LIII, n. 17 – 23 ottobre 2020]

 
Di Albino Campa (del 30/11/2007 @ 18:36:06, in TeleNoha , linkato 3538 volte)
Ecco dei video realizzati da Daniele Pignatelli sulla nostra Noha per la presentazione del libro "NOHA - storia, arte, leggenda".

- Il Tabacco


- Gli Ulivi


- La Vendemmia


- Il Maniscalco

Scarica il Flash Player per visualizzare il Filmato.

 
Di Michele Stursi (del 03/03/2015 @ 18:35:05, in NohaBlog, linkato 1815 volte)

Leggo lentamente. Lo so, me lo dice mia moglie, me lo dicono in tanti: “Michele sei troppo lento, dai su andiamo, io ho letto, poi ti spiego”.
Non ce la faccio a leggere per strada un cartello pubblicitario (mi incuriosisce tutto ciò che è scritto in piccolo in fondo a destra o di lato), non riesco a carpire cosa ha scritto il mendicante su un cartone per chiedere l’elemosina (dietro gli errori di ortografia si aprono voragini di disperazione), non mi è per nulla facile decifrare i titoli di coda alla fine di un film (impossibile perché scorrono sullo schermo come minuscoli razzi interrotti dalla gente che scappa dal cinema e ti scavalca borbottando).
Ho letto sempre molto lentamente, mi sono sempre preso i miei tempi. E fin quando si è trattato di leggere un libro non ho mai incontrato alcun problema. Da un po’ di tempo però, da quando mi sono trasferito a Milano, ho realizzato che questa mia lentezza può essere molto, molto svantaggiosa o controproducente.
Ad esempio non riesco a stare al passo con l’informazione. Credetemi, ci ho provato, ma non riesco a leggere tutti i giorni un quotidiano (parlo della carta stampata ovviamente), un’ottantina di pagine zeppe di informazioni di ogni sorta, tra le più disparate: si va dalla politica allo sport, dagli esteri allo spettacolo, dalle pagine di economia a quelle culturali. Ora, qualcuno obietterà che su ottanta pagine, una trentina sono occupate da spazi pubblicitari. E che non bisogna leggerlo tutto il giornale, basta sfogliarlo! Ecco, a me questo non va proprio giù: l’idea di comprare il giornale per poi cestinarlo senza averlo letto tutto non riesco a farla mia. È come ordinare sul mare un piatto di pasta alla marinara e mangiare solo i frutti di mare, come andare ad un concerto e tapparsi le orecchie un brano sì e uno no, come andare al cinema e vedere il film con una benda su un occhio. Se compro il giornale è perché voglio leggerlo, e perché non mi si deve dare anche la possibilità di leggerlo tutto?
Non ci riesco, ma non mollo perché credo nell’informazione (il mio problema è l’informazione quotidiana!). È molto scoraggiante e la maggior parte delle volte finisce che compro il giornale la domenica per leggerlo durante la settimana o che i giornali rimangono intonsi e si accumulano vergini sul mio comodino, per poi finire nella raccolta della carta a fine settimana oppure sugli armadi per trattenere la polvere. Stamattina ho comprato il giornale, l’ho sfogliato, mi sono demoralizzato e ho deciso di scrivere queste righe. Sono le quattro del pomeriggio, oramai il giorno inizia a piegarsi su se stesso e a lasciare il posto all’inizio di un’altra settimana. Indovinate ancora una volta che fine farà il mio quotidiano?

Michele Stursi

 
Di Marcello D'Acquarica (del 25/02/2019 @ 18:34:08, in Recensione libro, linkato 1195 volte)

Per l’esposizione dei fatti Pietro Ratto, autore de “L’Honda anomala – Il rapimento Moro, una lettera anonima e un ispettore con le mani legate” (Bibliotheka Edizioni, Roma, 2017) usa il dialogo fra i due protagonisti principali della storia, un docente universitario e il suo allievo. Quindi ad un certo punto del racconto, fa esordire cosi il docente: “Lo Stato che uccide i suoi servitori. Che schifo!”

Il libro è incentrato su una lettera anonima, in cui si fa riferimento alla strage di via Fani, 16 Marzo 1978.  La lettera arriva dopo oltre un anno dalla data di emissione sul tavolo di un ispettore della Digos a Torino. Si è tanto parlato e scritto sulla faccenda che riguarda l’omicidio di Aldo Moro, ma non si è mai fatta completamente luce sull’esatto percorso delle vicende e di tutte le persone coinvolte.

Mediante questa nuova testimonianza, vengono alla luce nuove prove certe, da collegare a quelle già esistenti.

Viene fuori un quadro generale sconvolgente, enti e persone impensabili sono coinvolte nell’eccidio: lo Stato rappresentato dal governo in carica, personaggi collegati con Mani Tese, Comunità di Emmaus, la Giovane Europa, esponenti dell’alta gerarchia delle Forze Armate, la Digos, l’Fbi, il Vaticano, la famigerata organizzazione militare denominata Gladio, un’organizzazione parallela ai servizi segreti, mai autorizzata da alcun Parlamento, finanziata e voluta dagli Stati Uniti per tener lontana l’Italia dal rischio del comunismo. Si parla di Trilatero, un’associazione privata con sede in America, ci sono invischiati personaggi di alto livello, tipo Henry Kissinger, David Rockfeller, Brzezinschi e Nixon. Insomma America, Giappone ed Europa, tutti preoccupati di gestire il capitalismo avanzante in funzione antisovietica.

Ciò che si teme è che troppa democrazia possa nuocere alla governabilità di un paese come l’Italia. Il sessantotto è ancora molto vicino e i suoi effetti si fanno sentire.  Praticamente ci fanno andare a votare, e poi tutto finisce lì.

Quello che sorprende è venire a conoscenza del fatto che quasi tutti crediamo di vivere in uno Stato democratico, non immaginiamo minimamente che invece esiste uno Stato ed un sotto Stato altrettanto potente, che non si cura degli interessi delle persone, ma fa gli interessi di chi impone in modo subdolo il proprio predominio sul mondo intero. E per fare questo non bada a sacrifici, fino ad uccidere tanti servitori dello stato ed un personaggio di alto livello come Aldo Moro. Allora dovrebbe venirci da pensare che se per mettere a tacere Aldo Moro hanno scomodato l’Fbi, la Digos, il Sismi, le BR, la ‘Ndrangheta, e tutte quelle associazioni di cui fa riferimento l’autore, ed ora per realizzare la TAP, predispongono l’esercito e la Digos in numero esuberante rispetto alle poche decine di contadini e onesti cittadini disarmati, vuol dire che sicuramente abbiamo a che fare con qualcosa di molto pericoloso.

Quindi è facile comprendere che se si vuole almeno essere invitati ad un tavolo di confronto per questa opera molto discutibile sia in utilità che in modalità costruttive, non bastano quattro convegni, non bastano quattro cortei, non bastano dieci, cento, un milione di associazioni che dicono di lottare ma che di fatto non sono unite in un unico corpo, come invece è il nemico che ci sta davanti. Abbiamo sul tavolo un grosso problema, che evidentemente non è solo Tap, Ilva, Cerano, affare Xylella, Discariche, ecc. ma è la decisione che questa territorio debba morire, che interessa solo per crearvi opere distruttive che portano utili ad altri e altrove.

Conclusione: abbiamo il problema, abbiamo un nemico organizzatissimo e potente, siamo anche in tanti e abbiamo le competenze, occorre solo metterle insieme in modalità organizzata in modo da essere altrettanto “potenti” perlomeno da essere ascoltati. Correndo da soli rischiamo di smuovere solo aria e polvere.

 

Marcello D'Acquarica

 
Di Redazione (del 23/05/2013 @ 18:31:47, in Un'altra chiesa, linkato 2914 volte)

La morte di don Andrea Gallo ci coglie di sorpresa, nonostante fossimo in attesa che accadesse. La verità è che non volevamo che morisse perché ci teneva sulle sue ginocchia e ci consolava, ci coccolava. In un tempo di papi e di gerarchie fissati su un’idea di Dio astratta, don Andrea ci fa vedere un Dio con le mani sporche di umanità, ansioso di sporcarsi e stare con la gente, fuori del tempio isolato da un muro d’incenso e d’ipocrisia.
Lo scorso anno a Palazzo Ducale di Genova, alla presentazione del mio romanzo «Habemus papam», in cui preconizzavo la necessità di un papa di nome Francesco, si entusiasmò e, prendendomi da parte, mi disse: «Sarebbe ora, mi piacerebbe esserci». Ora sono contento che abbia visto l’arrivo di papa Francesco e abbia fatto appena in tempo a pubblicare l’ultimo suo libro «In cammino con Francesco», quasi assaporando il cambio di marcia tanto desiderato.
Don Andrea Gallo, nella mia esperienza di amicizia e di affetto, è un uomo e un profeta di Dio, nato e cresciuto «strabico» per natura e per vocazione. Sì, era strabico come Mosè nell’esperienza del Sinai. Ebbe sempre una doppia stella polare: un occhio volto sempre al popolo e uno a Dio, mai separati. Strabico, ma non scisso. Per lui Dio e il suo popolo di poveri, di beati, di umili, di emarginati, «gli ultimi» sono la stessa cosa e se, per caso, non lo erano, in lui si fondevano e si identificavano.
Don Andrea Gallo, ha costruito ponti, nella chiarezza dei fondamenti della Costituzione italiana che, nell’era del vergognoso berlusconismo, ha difeso con ardore e passione da Partigiano, e nella linearità ideale del Vangelo che ha vissuto «sine glossa» perché il Vangelo è vita donata e ricevuta senza avere in cambio nulla. Non ha una vita sua e tanto meno privata: uomo di tutti, uomo sempre accogliente e disponibile. Per questo don Gallo è un prete a 360° senza pizzi e merletti, ma vestito dell’umanità malata e carica di voglia di esserci. Quando incontra una persona, la guarda con quegli occhi profondi e gli trasmette il messaggio che lei e solo lei è importante e vale la pena «perdere tempo» per lei.
Ora don Andrea Gallo è morto. Ora don Gallo vive perché, se da un lato ci lascia più soli, dall’altro lascia a noi un impegno e un compito: essere coerenti come ci ha insegnato in vita e in morte. Per me, che lui chiamava affabilmente «il mio teologo preferito», inizia un cammino di solitudine ecclesiale ancora più intensa perché quando c’era lui, bastava un incontro, una telefonata per rincuorarci a vicenda e confidarci cose da preti. Ora resto solo, ma con la certezza che averlo conosciuto, amato, difeso, condiviso è uno dei regali più grandi che Dio mi ha fatto e di cui sono grato.
Non piango la morte di don Gallo, piango per la gioia di essere stato considerato degno di averlo avuto come amico e padre.
Ciao, Partigiano, aiutami a essere sempre più vero e sempre più coerente come mi hai insegnato con il tuo esempio e la tua dedizione di prete da marciapiede. Ti vedo in cielo attorniato dai poveri e dalle prostitute, sì quelle che ci precedono nel Regno di Dio.

Don Paolo Farinella - Genova

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/11/2020 @ 18:27:54, in Le Confraternite di Noha, linkato 946 volte)

In questa quarta parte P. Francesco D’Acquarica entra nel vivo del discorso sulla terza congrega religiosa di Noha, quella con la quale abbiamo forse più dimestichezza, per avervi, molti di noi, conosciuto di persona alcuni suoi confratelli: stiamo parlando della Confraternita della Madonna delle Grazie. In allegato a questa sezione si troverà lo statuto della suddetta Comunità di fedeli suddivisa in NOVE (e in quanti sennò?) capitoletti.

Noha.it  

 

Ho già spiegato che le confraternite sono associazioni cristiane ancora presenti in molti paesi anche del nostro Salento. Furono fondate con lo scopo di promuovere l'aggregazione tra i fedeli, esercitare le opere di carità e di pietà, nonché incrementare il culto. I loro componenti conservavano lo stato laico e restavano nella vita secolare. Essi non avevano quindi l'obbligo di prendere i voti o di condurre vita in comune, né di conferire il proprio patrimonio e la propria attività nella confraternita. Per adempiere le opere cristiane e per testimoniare la fede, l’umiltà, la carità e la penitenza i congregati sentirono il bisogno di indossare un saio e non mostrarsi pubblicamente, nascondendo la propria identità e il proprio volto coprendolo con un cappuccio, annullando in tal modo completamente la propria personalità: ed ecco spiegata la tradizione tuttora in uso in molte Confraternite.

 

L'organizzazione interna

 

Gli Iscritti

Dai registri consultati si riesce a ricavare il numero degli iscritti, ma soltanto per alcune annate. Tra gli iscritti si annoverano uomini e donne: i confratelli e le consorelle.

Gli Ufficiali

Tre maggiori: ''Priore - Primo e Secondo Assistente" e otto minori: "Segretario - Cassiere - due maestri di Cerimonie - Sacrestano - Organista - due Revisori dei conti".

Il Consiglio

Era un gruppo di confratelli, chiamati generalmente Ufficiali, che costituivano il "Consiglio" con degli incarichi codificati: gli Ufficiali, o organi statutari della Confraternita, venivano eletti ad una data fissa e duravano per un periodo stabilito dallo statuto.

Per quanto riguarda la Congrega della Madonna delle Grazie, dallo Statuto sappiamo che le votazioni avvenivano la terza domenica di dicembre. Il giorno di Capodanno o la domenica più prossima a detto giorno, venivano presentati i neo-eletti che prendevano possesso ufficiale e si cantava il Te Deum.

Gli incarichi erano rinnovabili. Erano eletti in seno all'assemblea degli associati in una riunione che avveniva al suono della campana nella stessa chiesa in cui la Confraternita aveva la sua sede, il giorno avanti la ricorrenza della festività del santo, sotto il cui titolo si riconoscevano, alla presenza del Vicario generale o altro delegato. Nello stesso il Consiglio doveva dare conto al Vescovo o al Vicario di tutte le entrate e tutte le uscite, e consegnare alla Confraternita tutte le scritture contabili nel caso non fosse stato riconfermato. Quest'ultima disposizione s'inquadrava con quanto stabilito dal concilio tridentino e dal decreto della Sagra Congregazione del 2 aprile 1622.

 Il Priore

Aveva il governo della Confraternita, vigilava sull'osservanza delle norme statutarie, ordinava le spese ordinarie. Le spese straordinarie, invece, dovevano essere approvate dall'assemblea. Il Priore rispondeva del suo operato soltanto all'assemblea. Aveva il potere di convocare la Consulta e la Giunta, dirigeva la vita dell'associazione ed era il suo legale rappresentante.

Il Vice priore o assistente

Dovevano essere in due, primo e secondo assistente, che dovevano sostituire il Priore in caso di sua assenza, impedimento o decesso.

Il Segretario

Ovvero colui che conservava gli atti, le scritture ed i libri della congregazione (statuti, regole, cronache, manuali di preghiera, elenchi di beni posseduti, attestati di acquisiti), e verbalizzava le sedute dell'assemblea.

Era lui che registrava in un libro la data di ingresso degli iscritti, e alla loro morte, firmava gli atti di pertinenza del suo ufficio. Diramava gli avvisi di convocazione, redigeva i verbali e le deliberazioni, che saranno firmati sempre dal Presidente, dal Padre Spirituale o Rettore e controfirmati da lui stesso; conservava l'archivio e custodiva tutte le carte e i registri, come pure l'elenco aggiornato dei confratelli.

Il Revisore o Razionale

Revisionava e sottoponeva i conti all'approvazione dell'assemblea.

Il Cassiere o contabile

Registrava il versamento delle quote associative e degli altri cespiti, le altre entrate, e i pagamenti per le spese effettuate. La rendita della Confraternita doveva essere depositata nella "cassa" gestita dal Cassiere, sempre chiusa a chiave (custodita dallo stesso contabile). Qualora si fosse verificato qualche abuso da parte del Cassiere ne rispondeva chi lo aveva scelto (culpa in eligendo), ovvero i confratelli se scelto dai confratelli, gli Ufficiali se scelto dagli Ufficiali. Il Cassiere aveva l'incarico di riscuotere le rendite dagli affittuari e dai confratelli.

Terminato l'anno amministrativo, dopo un mese perentorio, gli amministratori ed il Cassiere dovevano renderne conto dinanzi ad uno o più Razionali che trasmettevano "l'esito" ai nuovi amministratori.

Egli provvedeva all'amministrazione ordinaria dei beni della Confraternita che amministrava sotto la sorveglianza del Presidente e della Giunta; non poteva fare né contratti né spese straordinarie senza deliberazione della Consulta.

Spettava al Cassiere preparare i resoconti e i bilanci di tutto l’anno, i quali dovevano essere esaminati e approvati dai due revisori dei conti, nominati per un triennio dalla Consulta. Dopo l'approvazione di quest'ultima i resoconti erano trasmessi alla Curia per gli adempimenti canonici.

Il Tesoriere

Doveva riscuotere una quota associativa mensile per ogni confratello che veniva utilizzata dopo la sua morte, per la sepoltura, l'accompagnamento del feretro da parte dei confratelli in divisa, le cere da consegnare al parroco, la celebrazione dell'ufficio dei morti, la recita del Rosario e le messe di suffragio. Il Tesoriere non poteva effettuare spese senza il consenso del Priore e di un Assistente, ed in mancanza del Priore, del suo vice.

Il Maestro dei novizi

Era un confratello incaricato della formazione spirituale e liturgica dei novizi, dall'intervallo tra l'ammissione alla Confraternita e la conferma.

Il Maestro di cerimonia

Sovrintendeva all'organizzazione e al buon andamento delle funzioni religiose, soprattutto le processioni, secondo gli usi tradizionali. Era incaricato anche della manutenzione e dell'efficienza delle insegne e delle suppellettili della Confraternita. Accanto al Maestro di cerimonia, c’era il Cerimoniere che indicava il percorso da seguire nelle processioni solenni, sovrintendendo alla stessa processione, mentre il Maestro delle cerimonie controllava la Confraternita e la condotta dei confratelli.

Il Maestro di cerimonia (o mazziere) era dotato del bastone pomato: era lui che nella Messa celebrata alla presenza della Confraternita, durante l'elevazione, richiamava tutti i confratelli a disporsi dinanzi la balaustra dell'altare maggiore.

Il Rettore

A questi ruoli si aggiungeva il Padre spirituale o Rettore, un sacerdote, il quale non era coinvolto nei problemi temporali della Confraternita: curava la vita spirituale dei confratelli. Il Padre spirituale aveva anche il compito di officiare presso la chiesa in cui aveva sede la Confraternita e di prestare opera spirituale anche ai confratelli infermi.

Nella storia delle Confraternite troviamo altri ruoli non codificati, ma necessari per svolgere alcune funzioni all'interno delle Confraternite. Alcuni erano utilizzati per lo svolgimento della processione, Porta croce o Crocifero, ovvero colui che portava la croce di legno, Porta stendardo, Porta bandiera, Porta lanterne o lampiuni e per la processione di Cristo morto, la threnula, o "trenula" (it. raganella), termine dialettale che deriva dal greco "trenos", = lamento, melodia triste.

Si aggiungeva l'incarico di Infermiere, non nel senso che oggi si pensa, di curare gli infermi, ma si trattava di un confratello scelto per fare visita (senza la divisa) ad un confratello infermo. Tra parentesi ricordo che visitare gli infermi era ed è un’opera di misericordia corporale.

Consulta

Era la riunione dei confratelli in Assemblea per deliberare in merito alle attività della Confraternita: veniva alternativamente chiamato anche "Consiglio" o "Assemblea generale".

La Consulta, composta da tutti i confratelli professi e dal Padre Spirituale (Cappellano), era il supremo organo della confraternita ed eleggeva le cariche direttive. Era convocata ordinariamente dal Presidente almeno due volte l'anno per esaminare le linee direttive dell'associazione e poteva essere richiesta, in seduta straordinaria, da almeno dieci membri, nel qual caso, il Presidente convocava la Consulta al più presto.

Gli ordini del giorno erano vari. Analizzando i verbali si ricava che i temi principali erano:

- resoconto economico della gestione dell'anno precedente;

- rinnovo delle cariche direttive;

- accettazione di nuovi confratelli a fronte di domande di iscrizione;

- ripulitura/restauro degli attrezzi portati in processione e delle relative cinture porta attrezzi;

- acquisto di mozzette e cordoni;

- rinnovo dei piedistalli delle statue portate in processione e delle relative stanghe;

- contributi per mantenere in ordine la chiesa (ripulitura altari, pitturazioni/restauro delle statue presenti nella chiesa, ecc.);

- aiuti economici ad associazioni religiosi e/o civili, sia del paese che esterne.

Norme per le votazioni

I Presidenti facevano compilare, in modo più o meno diligente ed in modo più o meno ordinato, dei verbali.  Nei verbali delle consulte si trova principalmente il dettaglio delle votazioni: tipo di votazione (per il presidente, per il segretario, ecc.), nome e cognome dei candidati con relativa paternità. Seguiva il risultato della votazione con favorevoli, contrari e astenuti per ogni singolo candidato e, dunque, la proclamazione del candidato eletto.

Potevano essere proposti dei nomi per acclamazione durante la seduta e poi si passava alla votazione. Affinché un candidato fosse eletto a cariche direttive era necessario che raccogliesse nella prima votazione la maggioranza assoluta delle adesioni; nelle successive votazioni era sufficiente raggiungere la maggioranza relativa dei consensi. Tutte le votazioni erano tenute a scrutinio segreto, a meno che tutta la Consulta non si trovasse d'accordo in modo unanime e aperto sul nome di un candidato. In questo caso l'elezione avveniva per acclamazione.

Nel caso di votazione a scrutinio segreto, per tutelare la segretezza delle decisioni individuali, la votazione veniva effettuata con il sistema della fava e del pisello. La fava indicava parere positivo, il pisello parere negativo: metodo molto semplice in una società contadina in cui l’analfabetismo era imperante e la carta un bene di lusso.

Ammissione alla Confraternita

Appartenere ad una Confraternita assicurava dei vantaggi, mentre l'esclusione significava un prezzo alto da sostenere in una società dai valori religiosi radicati e con deficienze di varia natura. L'adesione alla Confraternita era una sorta di assicurazione sulla vita presente, e sull'aldilà. L'appartenenza o l'esclusione rivestiva rilevanza ai fini dell'associazione stessa: più numerosi erano gli iscritti e più vasta era l'area sociale controllata dalla Confraternita, maggiore era la consistenza economica della Confraternita e il suo prestigio sociale.

Anche nella Confraternita della Madonna delle Grazie c’è l’articolo che riguarda l’espulsione. E’ l’articolo 36 che dice: Saranno espulsi: Tutti coloro che, lungi dal serbare una condotta lodevole, s'immergono in ubriachezze ed immoralità; coloro che resistino alle correzioni, e si rendono insubordinati ai superiori; tutti coloro che non hanno pagato le multe in cui sono incorsi, nello spazio di due mesi; e coloro che hanno attrassato il pagamento della quota annuale per sei mesi. In questi casi però ci sarà sempre l'avviso per iscritto fatto almeno 10 giorni prima.

Come vedremo anche a Noha ci sarà un caso di espulsione. Il verbale del 1937 dice così: Infine di seduta per futili motivi il Confratello G. muoveva lite con un altro Confratello, tanto da venire alle mani. Il Padre Spirituale li esortava alla calma più volte. Il G. continuando a provocare disubbidiva al P. Spirituale e disconosceva la sua autorità in Confraternita. Conscio del mal fatto il G. domandava la cancellazione dalla Confraternita. E’ stata accetta e si è mandato verbale alla Curia per la ratifica.

Sappiamo poi che la Curia accettava il licenziamento del confratello G. dalla Confraternita e data la sua grave insubordinazione decretava di non poter più essere ammesso ad altra istituzione cattolica. Ma soltanto un anno dopo il signor G. sarà riammesso dietro sua richiesta. Insomma, come Dante fa dire a Manfredi nel III canto del Purgatorio, nonostante i peccati: “[…] la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei”.

Download Statuto della Confraternita Madonna delle Grazie di Noha.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 07/02/2017 @ 18:24:18, in NohaBlog, linkato 3289 volte)

Donatella Guido è una ragazza di Noha che ama leggere, cantare, passeggiare. E scrivere poesie.

Le ultime sono state raccolte in un libro che ha per titolo il verso di un suo componimento dedicato alla mamma: “Non ho che questo fiore”.

*

Vi racconto com’è andata.

Io conoscevo Donatella soltanto di vista, e non avrei mai saputo del suo talento poetico senza la mia amica e compagna di classe Maria Rosaria, un’altra nohana più osservatrice di me.

E’ lei che mi ha aperto una finestra sul mondo di questa signorina e sulla sua straordinaria avventura.

Insieme s’è poi convenuto di raccogliere i versi della Donatella e di pubblicarne un libretto – non senza aver prima consultato Marcello D’Acquarica che, con il suo zampino artistico, sa dare sempre un tocco di classe alle cose.

E’ nato così l’ennesimo volumetto edito da “L’Osservatore Nohano”: con le poesie che ci ha consegnato mamma Pompea, con la loro trascrizione su di un foglio elettronico da parte di Maria Rosaria, con il lavoro grafico di Marcello per la copertina, e, infine, con l’impaginazione, la stampa e la preziosa edizione di Antonio Congedo e delle sue ‘Arti Grafiche Marino’, sempre così professionali, e soprattutto pazienti con noi altri.

Sapete, circolano molte idee sbagliate sulle persone. Forse perché a volte conta più l’apparenza che la sostanza e si giudica in base a pregiudizi. Perlopiù fuorvianti.

Sì, è una vera e propria sindrome, la nostra, e tra le peggiori. Lo è quando ci fa snobbare le differenze che sono invece ricchezza oltretutto culturale, quando c’impone la moda che ci vuole come un gregge, o quando ci fa il lavaggio del cervello sulla diversità da discriminare e, ove possibile, da condannare.   

Esiste invece un altro mondo, credo migliore, che è quello inclusivo e non esclusivo, quello senza paure, senza fisime e tabù, quello della fiducia e del saper far tesoro delle esperienze positive di chi, superando mille difficoltà, sa raggiungere risultati ammirevoli. Come quello di portare alla luce il potenziale racchiuso in sé attraverso un’esplosione di parole da incollare sulla carta.

E’ questo il caso di Donatella che non si è fatta soffocare dagli inconvenienti, né ha permesso al rumore, alle facili lamentele o all’ansia di sovrastarla a tal punto da non riuscire a muovere nemmeno un muscolo.

Questa affettuosissima ragazza di Noha (quando te ne vai non ti saluta, ti abbraccia forte)  ha invece trovato il modo di comunicare al mondo quello che aveva dentro. E l’ha fatto, lo fa ogni giorno, con la poesia.

Ne ha scritte diverse. Lo fa per sé, ma parlano anche a noi.

Vi prego di leggerle. Ne otterrete, come me, un commovente senso di consolazione.

Antonio Mellone

 

P.S. Presenteremo “Non ho che questo fiore” di Donatella Guido (ed. L’Osservatore Nohano, Noha, 2017), domenica 12 febbraio 2017 alle ore 18, a Noha nell’accogliente sala convegni dell’associazione ‘L’Altro Salento’ in via Collepasso n. 22, nelle immediate adiacenze del salone dei Parrucchieri Mimì. Siete tutti invitati.    

 
Di Redazione (del 30/09/2020 @ 18:23:20, in Istituto Comprensivo Polo 2, linkato 1066 volte)

I banchi

Le sedie

Le mascherine

Il gel

Il distanziamento

La scuola è cominciata da una manciata di giorni

Non si può perdere tempo, visto che c’è tanto da recuperare! No, quest’anno non possiamo far festa con e per i nostri amati libri!

Questi i pensieri che hanno accompagnato l’inizio di quest’anno scolastico davvero anomalo. Avevamo tutte le giustificazioni possibili per rimanere all’interno delle nostre aule sanificate, e così infatti hanno deciso di fare molte scuole di Galatina e dintorni.

Noi però abbiamo deciso diversamente, poiché riteniamo che nessun virus, con corona o senza, possa farci dimenticare né il piacere della lettura e del gioco che ci consente di insegnare e imparare, né il bisogno di riappropriarci delle nostre case: da quelle degli amici, alla scuola, alla strada, al paese. I muri ci stanno stretti, ma, come le pareti di una scatola, possono aprirsi al mondo e la casa di tutti, che è la scuola, deve essere in prima linea, per catalizzare le energie di grandi e bambini e incrementare la speranza di quell’ “andrà tutto bene” che tante volte abbiamo ripetuto, come un mantra, ai nostri bambini.

Dovevamo tenere il punto dunque, e presidiare i nostri spazi contro le tante paure e diffidenze.

Ed è esattamente ciò che abbiamo fatto in questo lunedì 28 settembre, a Noha e a Galatina in tutti i plessi del Polo 2: con gel e mascherine, colori e colle, tappi e cannucce, pennelli e scatoloni, abbiamoreinventato il nostro tempo eribadito il nostro modo di fare scuola, in diretta, senza rete, per strada. Sono nati così, dalle mani di grandi e bambini, barattoli della felicità riempiti da invisibili pensieri felici, scuole in scatola, case dalle grandi finestre da cui vedere lontano, case capaci di abbracciare e tenere insieme, mai troppo piccole, case che vorremmo e che ci fanno da specchio. E ancora giochi di parole, di rime e di suoni, e battaglie a colpi di matita.

Presidiando il qui e ora, ripartiamo dunque, puntando i piedi tutti insieme, con caparbietà e allegria.

Sì, ne siamo certi, andrà tutto bene!

Eleonora Longo

Responsabile  Presidio del libro Noha e Galatina

 

Lo leggi tutto d’un fiato, questo libro meraviglioso ricevuto direttamente dalle mani degli autori una bella serata di fine agosto trascorsa a Castiglione d’Otranto in mezzo a tanta cultura, musica, un po’ di convegni, bei filmati, svariati semi viaggiatori e grandi utopie (le uniche in grado di cambiare il mondo).

Quando hai terminato di divorare il tutto - dal catalogo delle antiche varietà agricole a quello dei produttori, inclusi i loro recapiti telefonici, la bibliografia essenziale e ovviamente il manifesto per l’agricoltura naturale - ti viene d’istinto di pensare un po’ anche alla tua storia, quella che per studio e lavoro t’ha visto girovago in posti sovente piazzati a svariati chilometri di distanza dalla tua terra.

Anche tu, come molti altri, hai bazzicato per anni nella folta gradinata del Nord (che t’ha dato tanto, lo riconosci), ma con lo sguardo sempre puntato verso la curva Sud. L’ago della tua bussola, ribelle, fu sempre pronto a voltare le spalle all’eterna legge del magnetismo terrestre (e forse anche a quella del carrierismo pedestre).

Sì, hai sempre voluto far tendere a zero quei mille e passa chilometri di strade ferrate o autostrade o rotte aeree. E alla fine, da un pugno d’anni, ci sei pure riuscito. Non a tutti è concesso il dono della forza di gravità permanente verso una patria che ha la pazienza di aspettarti, talvolta senza cambiar nulla di quello che un tempo hai lasciato; spesso purtroppo cambiando tutto e in peggio.

Ma non fu vana la tua odissea (nessuna lo è). Lontano dal borgo natio hai iniziato a intuire i limiti di chi non si avvia, di chi si trattiene imbullonato a casa precludendosi il fardello della lontananza e i graffi della nostalgia. Lì, fuori dal guscio capisci invece che sovente non parte chi parte, parte chi resta. Chi resta, forse per troppa abitudine, non sempre riesce ad afferrare il valore di un complemento di stato in luogo sicché la sua terra non più promessa si trasforma in polverone informe, senza valore, pronto a cadergli di mano, e a diventare bersaglio immobile di soprusi e vili oltraggi.

Non tutti hanno la possibilità di azzerare i chilometri ripercorrendo la strada del rientro verso quella calamita (si spera senza accento finale) che è la terra del Salento. Per tanti (peccato, non per tutti) questa terra è diventata miraggio, stella cometa, segnale stradale di un rimpatrio, percorso inverso, retromarcia da ingranare finalmente per poter andare avanti.

Questo libro dunque parla di ritorni, di semi e germogli, di identità e cultura, di noi che una buona volta siamo quello che mangiamo. E parla - anche se non lo dice espressamente - delle mani ruvide e callose di mio padre affondate nel paniere delle olive, e a quelle di tante persone che, come lui, dicevano quello che facevano, e soprattutto quello che facevano corrispondeva a quello che dicevano. Era gente, questa, che versò lacrime e sangue sulle zolle, quelle stesse che invece oggi vengono ricoperte dagli sputi del cemento, del veleno, dell’abbandono, della bruttezza, della violenza di multinazionali che non guardano in faccia a nessuno, in nome di quella pigliata per fessi che è lo “sviluppo” (con le virgolette), vera istigazione a delinquere, buono solo ad aggiungere desinenze a un Sud che non ne aveva punto bisogno, trasformandolo d’emblée  in sud-iciume, sud-ditanza, sud-divisione.

Chi pensa che la crescita venga spinta dai centri commerciali, dai villaggi turistici, dal turismo di massa, dal consumo di suolo senza freni, e dal tubo di ‘sto gas, sta uccidendo la bellezza di una geografia e la sapienza di un storia, e  meglio sarebbe che dicesse una volta per tutte “I leave Salento” (me ne vado), piuttosto che, come  fa scrivere su magliette e giornali prezzolati, “I love Salento”.

Lo zero è un numero che sembra non valer nulla, ma di fatto conta molto. Così, solo se facciamo tendere a zero le distanze tra di noi diventiamo comunità; solo se adottiamo la strategia dei rifiuti zero freniamo l’entropia che ci porterà alla rovina; solo se diamo valore zero alle chiacchiere consumistiche otteniamo la decrescita felice. Zero (e si spera anche minore di zero) è lo spazio tra due persone che si amano; zero è il livello cui mantenere i profitti per massimizzare i dividendi sociali (gli unici che val la pena di perseguire se si vuol salvare veramente l’Economia); zero, la velocità da dare a ogni veicolo diretto alla volta di un burrone.

Zero è capacità di sostare. E qui, sostare, come un padre antico che fa una pausa assiso su di un cesto, diventa so-stare, cioè “io so stare” qui, “io devo imparare a vivere in questi luoghi divini”, “ne sono in grado”, “ne ho acquisito il diritto”, e non per usucapione, ma per impegno, azione, lotta.

Solo con degli zeri riusciremo a trasformare questo territorio in un grande centro sociale, luogo di riscatto, mai più di ricatto, per chi per fortuna o per coraggio ha deciso di non dimettersi da questa terra.

 

Antonio  Mellone

 
Di Redazione (del 28/05/2018 @ 18:20:42, in NoiAmbiente, linkato 1622 volte)

In occasione della presentazione del libro di poesie “Alla Vita e per la Vita”, che si è tenuto la sera del 25 maggio, presso la sede del circolo Arci Levèra in via Bellini 24 a Noha, abbiamo avuto il piacere di vivere, tra parole e musica, un’ora di intensa emozione.

Per stare dalla parte della poesia, bisogna essere fuori moda, armarsi di coraggio, togliersi la maschera, mettere a nudo l’anima. 

Oggi vanno più di moda i  comparti, i centri commerciali, gli appalti, meglio se truccati, non la poesia.

La poesia non costa, ma non è nemmeno in vendita. E non è per tutti.  La poesia è un miracolo della natura. Ma che ci facciamo con queste pagine bianche di sincerità: là fuori vige la scaltrezza, l’illegalità, la corruzione.

Devi chiudere gli occhi, la poesia invece apre il cuore.

Ma con il cuore non si seppelliscono rifiuti, non si incendiano campi, non si avvelena la terra.

La poesia e la musica invece incendiano il cuore.

La poesia è arte, è ricerca del dettaglio. E’ ciò che viene spesso tralasciato perché talmente piccolo che temiamo ci faccia perdere tempo.

Noi con il tempo facciamo a gara, e vorremmo stringerlo in un pugno, e a volte lo stringiamo così forte da ucciderlo, così  uccidiamo noi stessi.

Invece  la poesia allunga il tempo, colora la vita.

La poesia rende liberi, permette di superare le barriere, e di abbattere mura di cinta che sminuzzano gli orizzonti e arginano la bellezza.   

La poesia pulisce le colonne di fumo, non produce rifiuti, non necessita di colate di cemento.

Senza la poesia ci perdiamo il meglio:  l’incanto dei fiori, i prati, il cielo azzurro, il canto e il pianto.

Anche le parole semplici della poesia di Ada sono resistenza.

 

P.S.:

Ringraziamo la Pr.ssa Ada Palamà per questa opportunità di aiuto per la Vita, ringraziamo gli ospiti di Cuore e Mani aperte verso tutti, che hanno apportato a tutti noi la conoscenza del valore del loro volontariato, ringraziamo le lettrici Antonella Marrocco, Ausilia e Giulia Palamà, ringraziamo il Direttivo di Levèra per l’organizzazione dei locali, ringraziamo tutti gli ospiti,  e infine Antonio Mellone, per aver legato magnificamente ogni respiro della serata.

Il direttivo di Fareambiente Laboratorio di Galatina - Noha

Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
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Di Antonio Mellone (del 28/04/2017 @ 18:18:01, in Politica, linkato 2786 volte)

Mannaggia a me e al vizio di latineggiare, pur non essendo un latinista. Con ‘sto benedetto latinorum un giorno o l’altro m’arriverà una bella querela. 

L’altro giorno, per dire, un aspirante politico locale si lamentava via Whatsapp con il sottoscritto asserendo più o meno che io ce l’avessi con lei (o con lui: non ve ne svelerò il sesso), che è indegno quello che vado scrivendo, che basta con certe offese, e via cantando di questo passo.

Io le (o gli) riconoscevo l’attenuante generica per cui la verità a volte fa male assai, e al contempo asserivo che a sentirsi offesi, per certe uscite “politiche” (il lemma politico ultimamente va munito di robuste virgolette) dovrebbero essere piuttosto i cittadini non i loro finti rappresentanti. La (o lo) rassicuravo, comunque, sul fatto che lei (o lui) non era assolutamente in cima ai miei pensieri, né politici né d’altro genere, e che quindi “unicuique suum”.

Non l’avessi mai detto: “Tu puoi scrivere tutto quello che vuoi, ma non t’azzardare a darmi dell’“unicuique suum”. Chissà come la poveretta (o il poveretto) aveva tradotto nella sua zucca più o meno piena la nota locuzione latina: probabilmente con qualcosa che per assonanza ricorda molto le gonadi maschili.

*

Ora. A proposito di “unicuique suum”, continuando nella rassegna (anzi nella rassegnazione) dei politici di Galatina aspiranti al locale soglio di Pietro, siamo arrivati al quarto d’ora dedicato a un altro degli epigoni della “novella” politica galatinese: Roberta Forte, anch’ella a quanto pare seguace della moda delle coalizioni di liste civiche (così, tanto per confondere le idee già di per sé non poco ingarbugliate).

Premetto che, per me, Roberta è  un politico a tutto tondo. E’ una ragazza preparata, diligente e seria. Roberta studia, non fa chiacchiere, sa il fatto suo, è capace di reggere i confronti, e soprattutto non ha la marcata meschina inflessione di Gggalatina-centro, di cui gli altri candidati a sindaco l’altra sera, a Open, la trasmissione di Telerama, hanno fatto sfoggio, condendola di idiotismi inaudibili e di altre locuzioni tali da far accapponare la pelle: questo, sia per la forma e purtroppo soprattutto per la sostanza (onde m’è venuto il serio ghiribizzo di cancellarmi dall’anagrafe cittadina).

Detto questo non si possono tuttavia passare sottogamba alcuni punti di rilievo di cui Roberta Forte s’è resa responsabile dal punto di vista politico. Eccovene qualcuno:

1)       Subito dopo l’elezione in consiglio comunale e la sua nomina in giunta, sembra che Roberta si sia dimenticata di tutte le sue battaglie in difesa dell’ambiente, dell’aria, dell’acqua e a favore dello “Stop al consumo di suolo” (e, invero, anche dei suoi compagni di lotta). E’ sparita di fatto dalla circolazione e dagli incontri nei collettivi, e sembra così aver creato uno iato inspiegabile (o forse sì) tra la Roberta di “prima” e l’imborghesita Roberta di “dopo”. E non si tratta soltanto di una mia impressione: molti compagni di lotta (ma non di governo) la pensano come me.

2)       La Roberta è stata un autorevolissimo esponente dell’amministrazione Montagna, la cui giunta era politicamente già spirata da un pezzo: precisamente dal giorno in cui - dando retta al raglio degli asini che volano - aveva detto di sì al mega-porco commerciale di Collemeto, con la successiva sottoscrizione nel 2013 della famosa Convenzione (o circonvenzione d’incapace) con la Pantacom, la società a irresponsabilità illimitata - che tanti danni, soprattutto ai quattro superstiti neurociti dei galatinesi, ha procurato. Non sto dicendo che Roberta abbia detto di sì al mega-porco, ma che di fatto con il suo permanere in giunta ha di fatto parato il sacco al nuovo sacco di Galatina (purtroppo non è soltanto un giro di parole). Con l’Ok ai 25 ettari di mega-porco commerciale Cascioni, la Roberta “di dopo”, nonostante i proclami della Roberta “di prima”, rimanendo avvitata alla cadrega di vicesindaco, sembra di fatto aver avallato la solita cantilena per bimbi ritardati, vale a dire “ricadute occupazionali e volano per lo sviluppo”, cantata all’unisono dal PD (Pronta Deforestazione), dall’allora Udc (Unione del Cemento), dal Pdl (Partito delle Lottizzazioni), dalla PdT (la Puccia prima di Tutto), e dai restanti destrorsi, inclusi i compagni di merende del partito socialista (che a dispetto di Marx ed Engels - le cui ceneri si staranno certamente travujando nella tomba – è diventato di destra, o forse non è mai stato di sinistra). L’opposizione al mega-porco commerciale da parte di Roberta & Co. fu così blanda, così affabile, così, come dire, scoglionata, che l’acronimo RC del suo partito sembrava aver cambiato i connotati da Rifondazione Comunista a Riposo Cerebrale.

3)       La Roberta ha continuato ad avallare le scandalose enormità della giunta Montagna e del suo ineffabile assessore Coccioli, diventando paladina della grandi opere pubiche locali, tipo: pseudo-circonvallazione con tanto di ringhiera combustibile; Palestra Handar chiusa all’indomani dell’inaugurazione in pompa magna; Auditorium più cesso del mondo ficcato in fondo a viale don Bosco (opera premorta al suo primo vagito); centro polivalente di Noha senza uno straccio di cabina per l’allaccio alla rete elettrica (onde s’è cercato di correre ai ripari con altra spesa pubblica una decina d’anni dopo, cioè l’altro giorno, benché di fatto in quel centro ad oggi non funziona ancora un bel niente); mega-parcheggio non so più dove; e – ciliegina sulla cacca – novella “area mercatale” di chissà quanti ettari di campagna da annientare. Sì, la mania delle glandi opere pubbliche locali sembra aver giocato brutti scherzi anche al cervelletto della Roberta nostra. Chi l’avrebbe mai detto? Io.

4)       Poco prima della morte dell’amministrazione Montagna, la Roberta è diventata paladina dell’ennesima boutade (trad.: buttanata). Se n’è uscita cioè con la storia del mega-impianto di riciclo rifiuti, candidando ufficialmente Galatina ed il suo territorio quale centro di gravità permanente di “un impianto di compostaggio integrato, che comprenda cioè sia la fase anaerobica [o forse analerobica, ndr.] che quella aerobica”. L'impianto – sempre a detta della ex-vice-sindachessa – avrebbe avuto una portata di circa 30.000 tonnellate di rifiuti organici annui a servizio di tutta l'area centrale della Provincia di Lecce. L’assessora e il suo sindaco, pensando di unire l’umido al dilettevole, forse in nome della “democrazia partecipata”, tomo tomo, cacchio cacchio, avevano deciso di candidare ufficialmente il territorio di Galatina e dintorni a luogo ideale per chiudere questo benedetto ciclo dei rifiuti (e sì, altrimenti che città d’arte e culatura sarebbe Galatina), però senza preventiva discussione in consiglio comunale, e possibilmente mettendo i cittadini di fronte al fatto compiuto. Con quest’opera, i circa 28.000 cittadini di centro e periferie avrebbero dovuto produrre pro-capite più di una tonnellata annua della sola frazione umida dei rifiuti (hai voglia a mangiare banane, mele, patate, cipolle e cerase, e a darti alla culinaria come e più di Masterchef per raggiungere il tuo budget in termini di spazzatura differenziata). In mancanza, per far funzionare l’eco-mostro avremmo dovuto importare il differenziale dei rifiuti da fuori provincia. Fantastico, no?

5)       Roberta non ha alzato ciglio, né ha storto il muso, né proferito verbo, né battuto i pugni sul tavolo, allorché l’amministrazione comunale, in maniera diretta o indiretta, ha accettato alcune sponsorizzazioni da parte di Colacem e da altri gigli di campo (santo). Né ha mai vergato una parola una di un comunicato-stampa per dissociarsi dalla stomachevole sponsorizzazione della festa patronale dei Santi Pietro e Paolo da parte di Tap (il noto tubo di ‘sto gas).

6)       Infine, Roberta non sembra essersi spesa più di tanto per la perorazione del conferimento della cittadinanza onoraria di Galatina al magistrato Nino Di Matteo (Pm del processo sulla Trattativa stato-mafia), sancendo in tal modo quanto personaggi del calibro di Nino Di Matteo siano effettivamente dei corpi estranei alla “genia galatinensis”.

*  *  *

P.S.

L’epitaffio che scriveranno sulla mia tomba, mutatis mutandis, ricorderà quello scolpito sul sacello del tremendo Pietro Aretino (Arezzo, 1492 – Venezia, 1556) che fa più o meno così:

“Qui giace l’Aretin, poeta tosco,

di tutti disse mal, fuorché di Cristo

Scusandosi col dir, non lo conosco”. 

Antonio Mellone

 

La biblioteca Giona – Presidio del libro Noha – Galatina organizza il 25/03/2017 un incontro – dibattito con l’autore del libro “Sotto il segno della bilancia”, Fabio De Nunzio, per far riflettere ragazzi, genitori e docenti sulla percezione di sé e del proprio benessere psico-fisico.

Chi meglio di una persona che ha vissuto sulla propria pelle il disagio creato dall’ obesità può testimoniare le problematiche interiori che ne scaturiscono? Fabio racconta la sua storia e, attraverso le domande delle esperte, le psicologhe Elisa Latino ed Elisabetta Sabella, trasmette un messaggio positivo.

L’evento completa una serie di iniziative annuali  inerenti l’acquisizione di un corretto stile alimentare proposte dall’ Istituto Comprensivo Polo 2 agli alunni e alle famiglie.

 

 

Eleonora Longo

Dirigente scolastico I.C. POLO 2 Galatina

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

 
Di Redazione (del 08/07/2019 @ 18:15:19, in Comunicato Stampa, linkato 1084 volte)

Al via la prima edizione della rassegna letteraria “Storie d’autore. Cutrofiano incontra”, tra gli appuntamenti più importanti dell’estate cutrofianese. La rassegna, il cui direttore artistico è lo scrittore Marcello Introna è stata organizzata da Fernando Alemanni e Marcella Rizzo dell’associazione culturale Fermamente con il patrocinio del Comune di Cutrofiano. Si parte il 9 luglio con Marcello Veneziani e il suo “Nostalgia degli dei” che verrà presentato da Mario Carparelli con gli interventi di Marcella Rizzo e Marcello Introna. Il 25 luglio è la volta di Franco Arminio i cui versi tratti da “ Resteranno i canti” saranno accompagnati dalle canzoni del cantautore salentino Mino de Santis. Il 9 agosto Michela Marzano presenterà il suo libro “Iddha” e il 21 agosto è la volta di “Pizzica Amara” di Gabriella Genisi che dialogherà con Marcella Rizzo e Marcello Introna. Tutte le serate saranno introdotte da Fernando Alemanni e si svolgeranno in piazza Municipio dalle ore 20.30. L’idea del progetto nasce per promuovere il libro, la letteratura, la cultura in generale. Negli ultimi anni il Salento ha conosciuto il rapido diffondersi di iniziative collegate alla lettura e alla letteratura, eventi spesso dal rilevante impatto sociale ed economico, oltre che culturale, che hanno dimostrato la vitalità e l'attivismo di molti piccoli centri, soprattutto del basso Salento. Il direttore artistico Marcello Introna ha accolto con entusiasmo l’invito a dirigere il festival convinto che sono proprio i piccoli centri i più attivi nel promuovere il territorio attraverso la cultura; “è fondamentale”, afferma, “che queste iniziative siano supportate non solo dalle amministrazioni, ma anche da chi opera in questo settore che può mettere a disposizione della comunità le proprie risorse”.
Un viaggio quindi attraverso la letteratura e la cultura che vedrà Cutrofiano ospite e protagonista degli eventi in un’ottica di promozione del territorio, di tutte le sue bellezze artistiche, delle sue antiche tradizioni.

Marco Forte

 
Di Fabrizio Vincenti (del 17/03/2020 @ 18:11:17, in NohaBlog, linkato 1074 volte)

È arrivato. Quel tempo che sapevo prima o poi sarebbe arrivato, è giunto ora, all’improvviso. Voi chiamatelo come volete, tempo del coronavirus, tempo di restare a casa, tempo del ce la faremo, per me resta il tempo della quaresima, mai come quest’anno perfettamente coincidente con i decreti ministeriali che vietano quello che fino a qualche giorno fa era consuetudine, una folle consuetudine. Ma lo sappiamo tutti che la quaresima non è un tempo ordinario (almeno per la Chiesa): è un tempo forte nel quale ognuno riscopre di che pasta è fatto e chi lo ha impastato. Ed eccoci rinchiusi, sarcastici e più affettuosi che mai, paurosi e maestri della polemica, complottisti ed ignoranti. Incapaci di fermarci, di riflettere, di respirare.

È un mondo folle quello in cui viviamo, un mondo che non conosce tappe, nessuna fermata: l’ordine impartito è procedere sempre e comunque senza mai rallentare, anche davanti ad un muro che non si scosta e sul quale ci si sbatte con una violenza inaudita. Cosa rimarrà dopo questo impatto? Della carrozzeria sulla quale siamo sbadatamente seduti ben poco, se non un ammasso di ferraglia aggrovigliata e senza forma. Ciò che si spera è che si salvino quante più vite possibili di quelle che erano a bordo dell’abitacolo di una macchina impazzita, senza freni. Infatti, questo mondo che ci appare immenso e sconfinato altro non è che un piccolo abitacolo di un’automobile all’interno del quale o ci si salva tutti, o si muore, chi prima sul colpo, e chi dopo, nonostante le cure. È un mondo folle dove il silenzio non trova spazio anche se il silenzio è la casa del dialogo con il proprio io: senza silenzio, dunque, io non mi conosco. E ho paura, tutti abbiamo paura di conoscerci perché potremmo scoprire di essere quello che non pensavamo. Così, per ammazzare il silenzio e non rischiare di restare soli con se stessi neanche per un attimo, il tempo di una tazza di tè o la pagina di un buon libro, ci si inventa di tutto, dai flash mob ogni giorno sui balconi alle idee complottistiche con cui intasiamo i social, ripetendo agli altri come un mantra ciò che bisognerebbe fare per attenuare il nostro senso di claustrofobia.

È un mondo folle dove si finge sempre, anche in questo tempo forte. Si finge di essere felici restando chiusi in casa. Chi è felice da recluso? Nessuno, neanche l’innamorato che convive con l’amante tra quattro mura, poiché anch’esso necessità di socialità. È questo che siamo, esseri sociali nel midollo. Noi abbiamo bisogno dell’altro pur quando vorremmo e dovremmo stare da soli. Sì, restate a casa, ma è pur l’ora di abitare un’altra casa, quella interiore, ormai serrata da tempo. Abitatevi! Io vi dico: questo è un dono, non il fatto che fuori un virus attenti alla vostra vita e a quella dei vostri cari, ma il fatto che in un tempo forte come questo ciò che resta è il grano per la farina, tutta la pula spero voli via, lontano, una volta per tutte. Questo è il tempo della cernita, dove ogni cosa dovrebbe essere sottoposta a setaccio. Ciò che va giù è l’essenziale, ciò che vola via sono i vizi, l’inutile. Lasciate volare via tutto ciò che non serve, tenetevi l’essenziale. E ripeto: abitatevi!

In questi anni i nostri governi, che non durano mai più di un anno, non hanno setacciato affatto e quando ci hanno provato, lo hanno fatto male. Hanno scartato l’essenziale e si sono tenuti scioccamente la pula. Abbiamo acquistato aerei da guerra per miliardi di euro, abbiamo finanziato inutili missioni all’estero, abbiamo sperperato milioni sui campi di calcio e abbiamo fatto scoppiare di denaro le tasche di inutili burocrati. E l’essenziale? Buttato via, gettato nella fossa. Qui non manchiamo di chissà quale tecnologia, come ben vedete. Manchiamo della banalità di una mascherina. Abbiamo lasciato spazio agli influencer di uomini e donne e lo abbiamo tolto ai medici, ai biologi, agli insegnanti, ai filosofi, alle menti eccellenti di un Paese che, nonostante tutto, ancora resiste.  Le domande di fondo son sempre due: chi siamo veramente e cosa vogliamo. Rispondiamo a queste prima di fasciarci la testa.

È un tempo forte in un tempo folle questo qui: si riduce l’inquinamento, non si sperperano soldi nel gioco d’azzardo, non si è fieri di chiamarsi sardine come quelle ammassate nei centri commerciali. E cosa scopriamo? Di essere nell’era del mordi e fuggi più che puoi, nell’epoca delle ventiquattr’ore di un’economia impazzita dove chiudendo due settimane un bar si rischia il fallimento. E’ il tempo dove si chiude tutto e si lasciano aperte le Borse che bruciano miliardi in un solo giorno. Questo è tutto ciò che abbiamo partorito.

Si rallenta per rallentare i contagi. E se il virus fossimo noi umani? E se fosse il pianeta ad aver preso precauzioni per rallentare il virus che siamo noi e che ha infettato tutto l’organismo che fino a qualche secolo fa era in salute? Forse siamo noi, folli umani, quel virus che il pianeta vorrebbe debellare una volta per tutte, noi che ci facciamo le guerre l’un l’altro, noi che ci riduciamo alla fame a vicenda, noi che inquiniamo con le nostre pessime abitudini, noi che ci facciamo del male con parole ed opere, noi un momento artefici di bellezza e quello dopo capaci del più indicibile orrore. È il genere umano che è stato messo in terapia intensiva, che è stato attaccato ad un ventilatore polmonare per concedergli, in questo tempo forte di quaresima e degenza, di guarire da questa polmonite cronica che lo tiene da anni in asfissia, per consentirgli di ritornare, si spera, a respirare a pieni polmoni.

Liberate gli spazi in questo tempo forte, anche gli spazi virtuali. Pure i preti si sono riversati sui social con messe e via crucis in streaming. Non conto di parlare al posto di Dio, ma, visti i tempi, chi mi negherebbe di pensare che si tratti della sua tanto desiderata quarantena dall’umano? Un tempo di ritiro dall’uomo per conoscerci meglio, noi e Lui nel deserto insieme, distanti un solo metro e desiderosi l’un dell’altro. Dunque, invece di postare ininterrottamente su facebook, pregate non solo per debellare il virus, ma per guarire da questa cancrena che sta facendo morire l’uomo. E nelle Chiese tristemente vuote i preti finalmente hanno scoperto che agli occhi di Dio fedeli e chierici fanno parte dello stesso popolo.  

Non emettete sentenze, non prendetevi gioco della vita, lasciate liberi gli spazi, tutti, quelli fuori e quelli dentro di voi. Non vuol dire godere del vuoto perché c’è modo e modo di riempire e di riempirsi. Ecco, riempite i vostri vuoti di Dio poiché è l’unico a poter riempire senza togliere la libertà. E voi, preti, lasciate stare gli hashtag e gli arcobaleni e riappropriatevi del silenzio di Dio, Colui che dice tutto nella Parola che è Cristo in croce, Colui che nel silenzio è riuscito a dire tutto quel che doveva dire.

La Pasqua c’è; Gesù non rimanda la sua resurrezione, anche se qualcuno si perde nel giardino girovagando, spaesato com’è, in cerca di morte e di eroi.

Io vi auguro di arrivare in fretta alla Pasqua, lo auguro ogni giorno a me stesso e ai miei cari. Lo auguro ma non prima di essere passati da qui, dalla quarantena quaresimale. Che nessuno giunga a destinazione prima di essersi riscoperto misero eppure amato da Dio. Le croci dal Golgota, come diceva don Tonino Bello, verranno tolte, così come questo tempo forte finirà. Tutti i tempi forti finiscono perché la Pasqua è stata fissata già da Cristo Risorto non in una data del calendario, ma nel vostro cuore. Vi auguro di risorgere non appena giungerà il vostro tempo, ma, vi prego, per ora fate quel che il tempo forte della quaresima prima della Pasqua richiede: setacciate le vostre vite.

Fabrizio Vincenti

 
Di Antonio Mellone (del 21/04/2020 @ 18:10:24, in NohaBlog, linkato 1087 volte)

Mai come in questo periodo si sente tanto parlare di Librerie: dai, i negozi di quelle cose con i segni grafici sulle pagine, da aprire, sfogliare, e se capita perfino leggere.

Approfitto del momento d’oro del settore per suggerire i primi quattro imperdibili best seller:

1) I PROMESSI SPONSOR di Alessandro Menzioni.

È la storia di una raccolta fondi da parte di un bel po’ di magnati spinti da conscience-washing (credendo di averne una, di coscienza), finalizzata alla nascita di un lazzaretto all’interno della fiera di Milano - onde l’etimologia “magnate” è costretta a oscillare tra il verbo “magnare” e il lemma “magnaccia”.

I donatori di sangue altrui sono stati così discreti da aborrire qualsiasi forma di Grida, menzione in tv, conferenze stampa, e trafiletti cartacei e on-line. Il battage su importi e ragione sociale del mercante in fiera è da ascrivere soltanto a una fuga di notizie (cd. provvida sventura). Pare che l’esempio sia diventato così virale (dagli all’untore!) che al di sotto di quel ramo del lago di Como, cioè verso Mezzogiorno, ha scatenato una corsa emulativa all’ultima donazione. Insomma davvero Bravi. 

2) L’AMORE AI TEMPI DEL COVID di Gabriel Garcìa Marchette.

Un romanzo così mozzafiato che potresti a tratti aver bisogno di essere intubato. Un classico. È la storia di un tizio costretto ad aspettare “cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese” per poter finalmente raggiungere la sua bella, e dunque saltarle addosso, senza la necessità di dover firmare, in caso di fermo di polizia lungo il tragitto, un’autodichiarazione (d’amore) ultima versione.

Fa il paio con il celeberrimo “Cent’anni d’inettitudine”, inopinatamente (ma solo per vedere se eravate attenti) attribuito dal Tgcomico24 al povero Louis Seppur Veda.  

 3) LA SACRA CORONA UCCIDE SOLO D’ESTATE di Pifferaio (Magico).

Questo libro è una forma di evasione dalla quarantena, altrimenti detta regime del 41bis. Pare che il marchio Corona verrà registrato. Dopo la famosa Birra pale lager messicana, la griffe del noto virus - vero e proprio gioiello della corona - potrà essere applicato a occhiali, visiere, tute, guanti in lattice e, in seguito a Trattativa, anche ai vaccini obbligatori per tutti. Insomma da cosa nasce cosa nostra.

Però muti, non ditelo in giro, vi prenderebbero per complottisti. Guardate ad esempio che fine han fatto fare a quel complottista di Peppino: l’hanno impastato.

 

4) MASCHERINE NUDE di Luigi Pirlandello.

Un medical thriller tutto segreti sull’uso della mascherina fuori dal teatro e/o al di là dei periodi carnascialeschi.

Il primo dei citati segreti è quello sotteso all’utilizzo di codesto DPI nei viaggi solitari in auto, vera e propria moda primavera-estate degli anni venti di questo secolo.

Il secondo - irrisolto - riguarda l’importanza capitale del famoso Comitato di Esperti, ovvero Task Force, di nomina governativa. Pare che per la Fase Due il suddetto Comitato in seduta plenaria abbia scoperto un portentoso antidoto contro gli effetti degli starnuti sul parabrezza, individuandolo, dopo dieci ore ininterrotte di videoconferenza, in un efficacissimo sostituto della mascherina, vale a dire i tergicristalli interni (una novità assoluta di ultima generazione che diverrà di serie come le cinture di sicurezza).

Il terzo e ultimo segreto di vittima sarà la modalità di smaltimento dei miliardi di mascherine, versione bavaglio, necessarie allorché ci imporranno (come disposto nell’esemplare Lombardia, e dunque anche a Nardò) di adoperarle ovunque, persino all'aperto, e nonostante il distanziamento sociale di almeno dieci metri di raggio dal primo essere vivente dotato di senno. Per non parlare poi dell’escatologia, cioè dei destini ultimi delle tonnellate di Amuchina da utilizzare in abbondanza (manco fosse diserbante), unitamente agli scampoli dei rimanenti presidi (dirigenti scolastici inclusi).

Si vocifera in una fossa comune. Ma non è escluso che la sopraccitata Task Force imponga di incenerire il tutto in un focolaio.

Antonio Mellone

 

Per il settimo anno consecutivo la Biblioteca comunale Pietro Siciliani di Galatina aderisce a Il Maggio dei Libri,  la campagna nazionale di promozione della lettura organizzata dal Centro per il libro e la lettura (CEPELL) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, diventata ormai un appuntamento abituale e diffuso in tutta Italia.

L’edizione di quest’anno è la prima a svolgersi con il marchio di Città che legge, il riconoscimento assegnato dal Centro per il libro e la Lettura, d'intesa con l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), alle località, tra cui Galatina, che hanno promosso sul territorio con regolarità attività di diffusione della lettura.

Di seguito il programma delle iniziative che si terranno presso la sede della biblioteca comunale P. Siciliani – Palazzo della Cultura Z. Rizzelli:

Mercoledì 10, 17 e 24  maggio VISITE GUIDATE E ATTIVITA’ LABORATORIALI per  gli alunni del Polo 1 di Galatina  a cura delle volontarie del Servizio civile nazionale – In Reading 2015;

Venerdì 12, mercoledì 17 e venerdì 26 dalle ore 15:30 alle ore 17:00  

TI PRESENTO UNO SCRITTORE. LETTURE E ATTIVITA’ LABORATORIALI PER BAMBINI DAI 4 AI 7 ANNI. Verranno letti storie e racconti dei più importanti autori italiani per ragazzi: Emanuela Bussolati, Bruno Tognolini, Gianni Rodari, Italo Calvino.

È gradita la prenotazione.

Venerdì 19 maggio  alle ore 19:00

LA RIFORMA PROTESTANTE 500 ANNI DOPO. Mostra di libri antichi e moderni, che trattano della Riforma e di alcuni suoi protagonisti.  In occasione dell'inaugurazione la dottoressa Rossella Schirone, Docente di ecumenismo presso l’ISSR di Lecce della Facoltà Teologica Pugliese, illustrerà cosa è stata la Riforma, cosa ha significato nei secoli e cosa rappresenta oggi.  La mostra è visitabile fino al 18 giugno.

Giovedì 25  maggio alle ore 10:30

LA RISCOSSA DELLE GRAPHIC NOVEL. DUE AUTORI RACCONTANO.  Gli studenti delle classi IIª dell’IISS "Falcone e Borsellino" e del Liceo Artistico "P. Colonna" di Galatina  incontreranno Ilaria Ferramosca e Mauro Gulma, sceneggiatrice e disegnatore della graphic novel “Sulla Collina” edita dalla casa editrice Tunuè.

Per informazioni:

Tel. 0836-565340,

e-mail:bibliotecasiciliani@comune.galatina.le.it   chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it

Facebook: www.facebook.com/Biblioteca.Siciliani.Galatina

 
Di Albino Campa (del 06/07/2006 @ 18:07:30, in Libro di Noha, linkato 3067 volte)
Girando su internet mi sono imbattuto in un articolo su Salento.us che parla del nostro libro (clicca qui per leggere l'articolo) autore dell'articolo Matteo Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 14/04/2020 @ 18:07:00, in Recensione libro, linkato 1122 volte)

All’inizio fu il prete Pantaleone (XII secolo) a comporre tessera dopo tessera il mosaico di Otranto. Nove secoli dopo è Paolo Ricciardi, monsignore, a continuare in un certo qual modo l’opus tessellatum che rese ancor più celebre la città martire. Con la differenza che il materiale del primo mosaicista era costituito da lacerti lapidei policromi, marmo, ceramica, e altri frammenti duri; quello del secondo da tarsie coriacee, non meno resistenti, ergo niente affatto arrendevoli: i libri. Non so più quanti ne abbia scritti, don Paolo. Ho perso il conto.

Quest’ultimo volume, ancora caldo di pressa dell’Editrice Salentina (Galatina, gennaio 2020), ha per titolo “Dieci battaglie leali” e, stante il blocco delle visite di cortesia a causa dell’epidemia, mi è pervenuto per posta ordinaria. Ora, quando mi giunge un libro di don Paolo mi viene automatico sospendere la lettura di tutto il resto per immergermi immediatamente in quella degli scritti ricciardiani, tanto so che dura poco per via della scorrevolezza del testo, ecco appunto, lapidario e granitico. Il “rito”, quindi, si è ripetuto anche questa volta.

Insomma, fin dalla prima facciata l’autore parla di “battaglie”, vale a dire di lotte non più rinviabili per il futuro della sua bella Hydruntum, purtroppo spesso devastata, nella sua storia e nella sua geografia, da un capitalismo famelico e senza scrupoli al cui confronto l’invasione dei turchi del 1480 fu una passeggiata (monsignore mi assolva).   

Non so perché, o forse sì, le parole di don Paolo a tratti mi ricordano il flagello fatto di funicelle sparse di nodi con le quali il Maestro sferzò i mercanti del tempio, rovesciando le loro bancarelle, e provando una buona volta a bandirli. Ed ecco dunque il battagliero arcidiacono del capitolo cattedrale che non le manda a dire: denuncia la gentrification del centro storico idruntino, trasformato ormai in “Centro Commerciale”, con la conseguente decimazione delle famiglie locali, le sole a tener veramente vive quelle antiche strade; querela il turismo, ormai iper-turismo o ouvertourism, che sembra aver disneyficato una città d’arte così singolare e delicata come la sua e nostra Otranto; accusa la quantità che ammazza la qualità, e dunque non potrà avere respiro lungo (gli economisti seri queste cose le sanno e le dicono); addita le antenne, gli alberi e le vele delle imbarcazioni dei diportisti, “gente facoltosa”, che disturbano invadenti la Torre Matta e il Bastione dei Pelasgi; dice senza mezzi termini, in controcorrente rispetto alla vulgata, che i pontili del porto non possono superare i limiti “consentiti dalle leggi naturali e positive”, anzi di più: dice che la collocazione dei relativi sostegni e impalcature, con l’aggravante dei macigni impiantati nei pressi di Pietra Grande, hanno rimpicciolito oltremodo quello specchio di mare che “incantava per la trasparenza delle acque”, rendendolo lacustre (sicché bene han fatto sovrintendenza e magistratura a ordinarne a suo tempo la rimozione); rimpiange i tempi in cui il porto era appannaggio dei piccoli pescatori, le cui rade barche erano manovrate dai remi, non da “motori a nafta, inquinanti”; mette nero su bianco quanto sia “amorale” il “sistema degli affari, del guadagno, del denaro, con le conseguenze di assalto al territorio sfruttato e deturpato”; si lamenta di talune autorità nazionali e locali, uomini di palazzo e singoli cittadini, credenti e non credenti, refrattari ai “dettami delle Leggi della Natura, che è nostra madre e alle prescrizioni delle Leggi divine”, e  “che si ritengono padreterni e padroni assoluti del mondo”; si rammarica, infine, della carenza di “voci sane, libere, anticonformiste, forti, di profeti che dovrebbero aprire uno spiraglio di luce e di speranza”.

Vox clamantis in deserto”, questa di don Paolo, che fa eco alla Laudato si’ del 2015 di papa Francesco: ma utile, utilissima all’amplificazione per contagio della “buona battaglia” (2 Tm 4,7), e tessera importante per la riscoperta della sacralità della creazione e dell’archetipo del Cristo Cosmico dei teologi.

In fin dei conti, per il bene di Otranto e del mondo intero, meglio riappropriarsi della tradizionale locuzione “Cristo regni” che rincitrullirsi nei lidi briatoregni.

                                                                 

Antonio Mellone         

[Articolo apparso su: il Galatino, Anno LIII, n. 7, 10 aprile 2020 – numero in edicola]        

     

 
Di Antonio Mellone (del 27/08/2023 @ 17:56:11, in Fetta di Mellone, linkato 585 volte)

Per quanto tu possa sforzarti di concepire una vignetta, architettare un meme, pensare dei calembour, vergare una fetta di Mellone (di quelle che gli intelligenti artificiali non capiscono manco quando gliela spiega un giudice), la realtà sarà sempre più tragicomica di ogni fiction.

Non più tardi di un paio di mesi fa, intervistato da TelepagliaroRama, l’Uomo della Provvidenza, vale a dire il Sindaco del mio comune, così si esprimeva testualmente: “Bisogna fare un’opera di persuasione alla pazienza. Abbiamo un grande appuntamento con la storia […], che chiede un contributo di pazienza [‘ntorna, ndr.] a tutti i cittadini di buona volontà. Ci saranno inevitabilmente dei disagi, ma è proprio in questi momenti che si vede lo spirito, la maturità di una comunità”. Vai a scoprire che quel grande appuntamento con la storia era il concerto per il Ventennio dei Negramaro, mentre gli inevitabili disagi e il contributo di pazienza l’inscindibile binomio a carico di migliaia di “invitati” (le virgolette stanno a indicare a pagamento) che han potuto partecipare alla festa di compleanno della storica band del buco salentina soltanto con il proprio portafoglio e con copiose castime da scomunica petrina.

Qualche mese prima, il suddetto Sindaco, “con il cuore pieno di gioia e con un entusiasmo forte” (e con un’enfasi degna di un cerimoniale di stato), in un altro video pandemico - lui assiso al desco sindacale, la sua giunta start-up e i consiglieri di maggioranza schierati in piedi alle sue spalle come un plotone di esecuzione (noialtri, al di qua dello schermo, nel ruolo di condannati) - aveva rivolto urbi et soprattutto orbi il suo “invito strepitoso” a non prendere appuntamenti per il 12 agosto 2023, in quanto: “[…] Vi aspetto per ballare e cantare a squarciagola sotto il palco dei Negramaro”. Il filmato terminava tra i sorrisi radiosi degli astanti e la loro manina mossa come un emoji in segno di saluto.

Insomma uno spottone da fare invidia contemporaneamente al “Pliis visit Italy” del miglior Rutelli, all’“Open to Meraviglia” della Santanchè in Visibilia e alla “Guerra al lardo” dell’allora incensurata Wanna Marchi. Io m’aspettavo che da un momento all’altro il leader Nato [“Leader si nasce, non si diventa”, asserì con grande slancio il nostro Figlio del Secolo durante un comizio elettorale, pardon “bagno di folla”, annientando in un nanosecondo non so quanti lustri di Business School, ndr.], si mettesse a urlare ossessivamente: “CHIAROOOO?”. Sta di fatto che un guru del marketing di tal calibro sarebbe in grado di venderti la Pupa con tutta la vasca, come manco Totò la fontana di Trevi all’americano.

Peccato che per la serata del 12 agosto scorso avevo, come si dice, precedenti impegni, se no quasi certamente avrei ceduto all’invito del nostro Product Manager di fiducia, acquistando anch’io il biglietto gratta-e-vinci per l’imperdibile “concerto epico” [sic].

Veramente l’attributo epico, nel senso di eroico, toccherebbe di diritto allo spettatore, anzi aspettatore. Pare, infatti, che i modi più sbrigativi per atterrare nel novello “Campovolo” [sic] ribattezzato per l’occasione Sfortunato Cesari fossero o il drone portapersone o il teletrasporto studiato in meccanica quantistica: ai classici automuniti, invece, è toccata l’inesorabile processione dei misteri del sabato santo (a Galatina slitta di un giorno), sicché i sette dolori questa volta sarebbero concentrati tra i piedi e quell’altra parte del corpo usata metaforicamente per indicare la fortuna.

E così quasi tutti i giornali anziché uscire con il preventivato “Meraviglioso” a caratteri cubitali, han dovuto ripiegare su titoli ben più prosaici, tipo “Il più grande disastro organizzativo della stagione” per raccontare della sventura concertistica a pagamento, degli incolonnamenti del traffico stile Bombay, del parcheggio P2 esaurito prima del tempo (Licio Gelli, a quanto pare, colpisce anche da morto), della mega-figura di stallatico di un’intera città, e del fatto che ormai senza il dono della bilocazione (tipica di alcuni santi: per esempio Sangiorgi) è pressoché impossibile assistere a certi appuntamenti con la storia.

Il resto è appunto storia contemporanea, tipo i post post-concerto del nostro Fabio verginello (geniale la foto del primo cittadino assiso in mezzo al pubblico, della serie: “Io sto qua e voi fuori, tie’”), le sue elucubrazioni da medaglia d’oro di alpinismo sugli specchi con quel “sospetto di overbooking” del parking [cfr. Comunicato Città di Galatina 14/8/2023, ndr.] (ma sbaglio o fu egli medesimo a scrivere nel necrologio in memoria della buonanima di Silvio - evidentemente suo maître à penser - che per gli imprenditori come loro 2+2 fa sempre 8?), e ancora “noi siamo per il fare e non per il non fare” (e meno cazzate no?), senza scordare il foscoliano “Galatina mia” (ho ancora la pelle d’oca), e “questa serata è solo l’inizio di un lungo percorso” e “lo rifaremmo mille volte” (in pratica una minaccia), e altre spiritosaggini della collana “l’analisi di quanto accaduto” (siamo ancora in attesa del relativo referto), per non parlare del ritorno di immagine per Galatina (un affarone; altro che una percentuale dell’oltre milione e duecentomila euro di incassi per il genetliaco di uno dei gruppi “più apprezzati a livello internazionale”). Tralascio infine i comunicati istituzionali da Istituto Luce, e gli alti lai dei followers in difesa del loro beniamino anzi, viste certe penne, dei pollowers – un esempio fra tutti quello del tizio che blatera di “4 detrattori sfigati” (senti chi parla).

In effetti è dura passare d’emblée dal concerto dei Negramaro a quello dei Cazziamari.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 05/10/2016 @ 17:48:30, in NohaBlog, linkato 1585 volte)

Inizio, con questo, una serie di brani per spiegare le motivazioni del mio NO ad una riforma costituzionale che non ha né capo né coda. Anzi che ha capo (nei poteri forti che vorrebbero essere possibilmente ancora più forti) e coda (una serie di accoliti pronti a dire di SÌ al capo, sull’onda di alcuni azzeccati slogan pubblicitari buoni per gli allocchi: altro che “entrare nel merito delle riforme”).

Premesso che so di cosa sto parlando, non solo perché ho studiato questa pigliata per fessi chiamata “riforma” (non scrivo mai nulla che non abbia analizzato approfonditamente: e, giuro, avrei preferito leggere ben altra letteratura che questa scritta con quel che più somiglia alla faccia dei suoi estensori), ma perché si tratta di una materia che ho sempre adorato e che continuo a sviscerare, e possibilmente divulgare quando organizzo convegni, quando scrivo qualche articolo, quando incontro periodicamente gli studenti delle scuole. Ma mica solo loro: lo sanno bene anche i miei carissimi colleghi e amici.

Come affermavo altrove, a suo tempo presi trenta (senza lode) in Diritto Pubblico, composto da Diritto Amministrativo (un migliaio di pagine, con il Prof. Cacace) e da Diritto Costituzionale (un altro migliaio, con il compianto prof. avv. Cesare Ribolzi, un grande). Ho seguito successivamente con il prof. Pupilella un seminario sul “Bicameralismo perfetto” (ne sono un fautore, altro che le chiacchiere dell’eliminazione del Senato: che poi non viene affatto eliminato: vengono abrogate invece le elezioni dei senatori).

Quest’anno – aggiungo - si è laureato in Giurisprudenza un ragazzo di Noha che ho accompagnato con una serie di lezioni e interrogazioni in tutti i suoi esami (incluso dunque Costituzionale), sicché diciamo che la materia ce l’ho ancora fresca di studio. Ergo guai a chi (mi) tocca la Costituzione. I manigoldi al governo invece vorrebbero addirittura stravolgerne 47 articoli. Dico: QUA-RAN-TA-SET-TE-AR-TI-CO-LI. Roba che manco Erdogan dopo il fallito golpe (fallito quello degli altri, non il suo).

Ma la Costituzione di uno Stato non è materia di Governo. Il Governo, tanto per ricordare i fondamentali del diritto pubblico (e il basilare principio di separazione dei poteri), rappresenta il Potere Esecutivo di uno Stato. Deve cioè applicare le leggi, deve “eseguire” appunto. La governante in una famiglia prende gli ordini, esegue, adempie, ottempera: è una dipendente, mica la padrona di casa.

L’altro giorno, invece, il Presidente del Consiglio a reti unificate se n’è uscito con la sua solita spocchia: “Con questa Costituzione io non posso governare”. Comeeee? “IO non posso governare”? IO? E tu chi sei? Il satrapo d’Italia? Il Re Sòla? Rispetta la legge piuttosto, e la Costituzione su cui hai pure giurato. Prova ad applicarla, se ne sei capace, non a spricularla a colpi di ricatti e logorroiche minchiate.

Io credo che sia assolutamente necessario che il corpo legislativo torni ad essere l'organo della legge in senso pieno. Camera e Senato non possono essere ridotti a “strumenti” di approvazione delle proposte del Governo. Così si rovescia l’ordinamento democratico, si rottama la Democrazia. Sembra quasi che il Parlamento, sempre più debole e sempre meno attivo, sia già sin d’ora l’“esecutivo” del Governo. Una specie di inversione dei ruoli. Una roba che non accade nemmeno in Azerbaijan.

Secondo me il Senato non dovrebbe essere soppresso o ridotto, bensì potenziato.

[continua]

***

P.S.1 Pare che 150 professori universitari (non i “professoroni” del premier) abbiano firmato non so che carta (forse quella igienica) a favore del Sì. Tra i firmatari s’annoverano psicologi, filosofi, specialisti in ingegneria dei trasporti, reumatologi, neurologi, e via leccando. Di costituzionalisti manco l’ombra, o forse solo qualche ombra. Ebbene tra questi professori pare ci sia anche il prof. Elio Borgonovi, il relatore della mia tesi di laurea discussa in Economia delle Amministrazioni Pubbliche. Temo di capire bene perché il mio professore abbia firmato il famoso documento dei 150: affetto da anni da retinite pigmentosa progressiva è ormai un non vedente.

Ma ora mi sorge spontaneo un dubbio ancora più atroce: se è lui che ha letto la mia tesi di laurea, qual è dunque il valore della mia lode in Economia?

P.S.2 – Consiglio la lettura dello svelto libretto: “Lo Stato siamo noi”, raccolta di scritti e interventi di Piero Calamandrei (Chiarelettere, Milano, 2016, 136 pagg.).

Antonio Mellone 

 

Tarantismo, snobismo e ragnatela 

Alla festa patronale di Galatina, quella di fine giugno dedicata ai Santi Pietro e Paolo, i giovanotti di Noha partecipavano raramente. Infatti molti di loro, poco più che imberbi ragazzini - incluso il sottoscritto - erano fin dai primi del mese “ritirati in campagna” dove nel corso dell’estate avrebbero dedicato tutto il loro tempo e le loro energie al giogo opprimente del tabacco, cui la famiglia tutta era dedita con il suo diuturno lavoro per guadagnarsi da vivere. Dunque la fine della scuola rappresentava per noi altri tutto men che l’inizio di una bucolica villeggiatura! Solo uno sparuto numero di compagni di classe che si poteva contare sulle dita di una sola mano aveva la possibilità di partecipare alla festa patronale di Galatina, che sempre ci veniva descritta come imponente, maestosa e particolare. La particolarità stava nel fatto che, come ci raccontavano, l’ultimo giorno della festa, solennità di San Paolo, in una cappellina prospiciente piazza San Pietro avveniva con una precisione cronometrica “dalle ore 12 alle ore 13” il miracolo della guarigione delle tarantate. Erano queste delle persone strane, soprattutto donne, che incappate nel morso della tarantola, si dimenavano distese per terra, saltellavano e ballavano anche sull’altare della chiesetta, e spesso rincorrevano uno o più astanti curiosi (soprattutto chi indossava abiti di color rosso), creando un fuggi-fuggi generale nel pubblico che sempre numeroso si accalcava a ronda in quell’intorno.

Le tarantate non erano mai di Galatina (molte venivano dal Capo di Leuca). E nemmeno a Noha vi erano tarantate, né ve ne erano mai state in passato. Pare che per grazia di San Paolo, Galatina ed il suo “feudo” godessero del privilegio dell’”immunità” dal tarantismo.

Del resto Galatina ha sempre visto il tarantismo come un corpo estraneo, un fenomeno da osservare dall’esterno, forse dall’alto. E’ come se non ne fosse condizionata culturalmente. Erano gli altri, i “forestieri”, a dover rispettare una tradizione, a dover ripetere un rito stagionale, a doversi recare in pellegrinaggio a bordo dei loro sciarabbà in quel territorio “sacro” per celebrare una cerimonia salutare. I galatinesi erano solo degli spettatori, perlopiù distratti. L’immunità era anche un non volersi sporcare le mani, un fastidio, e se vogliamo una cosa da raccontare agli altri con vergogna, più che con pudore dettato da compassione.

Galatina si è sempre sentita città borghese, sede di banche e di palazzi gentilizi con tanto di stemma nobiliare, di proprietà dei ben pasciuti agrari. Quegli agrari che magari avevano usato ed abusato del lavoro e della dignità di quei contadini, tra le cui fila appunto nascevano le tarantate ed i connessi traumi, frustrazioni e conflitti irrisolti.

Quell’immunità nel corso degli anni si è trasformata nella peggiore delle forme di comunicazione e di contatto: lo snobismo. Una brutta parola che in dialetto si tradurrebbe anche con “garze larghe” o qualcosa di simile.

Per anni molti galatinesi hanno aborrito le serate di pizzica-pizzica che iniziavano a macchia di leopardo a celebrarsi un po’ in tutto il Salento. Questo fino a quando non arrivò, ormai oltre un decennio fa, quel laboratorio culturale di musica e di pensiero, quell’esperienza straordinaria che risponde al nome di “La Notte della Taranta”, raduno tra l’altro di altissima qualità, che ha fatto di Melpignano il centro delle manifestazioni della nostra “musica etnica” ormai noto in tutto il mondo. Da Melpignano in poi più di un galatinese si è sentito finalmente “contagiato” dal morso della taranta. 

Ma il fatto che Galatina ne fosse (stata) esclusa per tanti anni, crediamo a questo punto che fosse in un certo qual modo naturale, legato alla sua storia.

Ciò che si può fare oggi, allora, non è tanto recriminare, rimpiangere, nutrire rimorsi per ciò che non è stato: la storia si studia, non si giudica. E tanto meno affannarsi per dar corso agli “eventi” scimmiottandone gli altri. L’evento in sé non serve a nulla. Dura lo spazio di una serata o di una giornata. Poi passa e forse non lascia nulla.

Utile sarebbe invece far tesoro di un concetto, anzi di un insegnamento portentosissimo che ci dona proprio il fenomeno del tarantismo: la ragnatela.

La ragnatela è sistema, è equilibrio, è compartecipazione, è un modo per poter “catturare”, diremmo anche affascinare noi stessi e gli altri che ci vengono a trovare.

Galatina è una delle città più belle del mondo. Ma questa è condizione necessaria ma non sufficiente per una buona o ottima qualità della vita. Dovremmo sforzarci un po’ tutti quanti per essere più accoglienti nei confronti dei visitatori, che sempre più numerosi verranno a trovarci. E si è accoglienti se saremo rispettosi intanto verso noi stessi e poi verso gli altri. Si è rispettosi se sapremo aver cura dell’ambiente in cui viviamo, per esempio lasciando un po’ la nostra auto nel garage ed utilizzando di più il nostro cervello per spostarci (dunque a piedi o in bicicletta); se conosceremo la nostra storia riuscendo a farne parte anche agli altri (quanti galatinesi hanno in casa propria il libro “Galatina, storia ed arte” di mons. Antonaci, solo per citare uno dei tanti a caso, pronto per la consultazione?); se riusciremo a dare informazioni anche in inglese o in francese, ma anche in italiano, al viaggiatore straniero che per caso si avvicinasse a noi chiedendocene; se riusciremo ad offrire i nostri prodotti della campagna o dell’artigianato in maniera decorosa e senza rapinarci a vicenda (la pasticceria di Galatina per fare un esempio è la migliore del mondo. Ma non si vende solo il pasticciotto, si vende anche il sorriso ed il buongiorno detto con gentilezza e senza smanceria o sussiego, e questo valga per ogni negozio cittadino. Chiediamocelo tutti: c’è sempre la gentilezza come companatico di ogni transazione galatinese?); se faremo fruire i nostri monumenti tenendoli aperti e con l’assistenza di guide non improvvisate…

Le occasioni per renderci più accoglienti e disponibili sono mille e ancora mille. E si potrebbero riassumere nello sforzo per renderci migliori, meno spocchiosi, meno mafiosetti, più responsabili.

Ma per tutto questo c’è bisogno di molto studio, molta formazione, molto tempo.

La ragnatela è il vero ed il miglior prodotto del tarantismo. Dovremmo tutti impegnarci a tesserla.       

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 24/01/2021 @ 17:24:48, in NohaBlog, linkato 1185 volte)

La telefonata giuntaci qualche giorno fa dal locale comando di polizia municipale ci mise subito sull’attenti: “Oddio, cos’abbiamo combinato questa volta a Noha.it? Pestato i calli a qualcuno? Una multa? Qualche politico frignante che ce le manda a dire manu militari? La solita querela auto-caricaturale?”

Fortunatamente nulla di tutto questo, soltanto un garbato invito alla festa dei vigili urbani di Galatina per mercoledì 20 gennaio, solennità di San Sebastiano, protettore della categoria (come da breve di Pio XII del ‘57), da tenersi nell’omonima chiesa sorta a suo tempo sull’omonimo, diciamo, colle cittadino.

Senza alcuna illusione di eventuali Superbonus Contravvenzione a mo’ di adeguato guiderdone per la partecipazione, e in assenza di personali “improrogabili impegni” (dichiarazione sovente addotta con una certa prosopopea), al fronte fu inviato il sottoscritto. Che poi, diciamocelo francamente, intervenire a una siffatta celebrazione, tanto sobria per contenuto e durata, non è mai così defatigante come, per dire, ricoprire il ruolo di commensale in un matrimonio (il cui impegno continuativo è contenuto nella locuzione “finché morte non vi separi”). Oltretutto una festa è per definizione un’infrazione al divieto di sosta imposto dall’universale frenesia delle giornate, e perciò un’occasione per fermarsi a riflettere.

E la prima cosa che non può non venirti in mente in questi frangenti è la solidarietà nei confronti di questi lavoratori, un tempo chiamati semplicemente guardie ovvero  cuardie nello slang salentino (da cui Michelino-cuardia, Vito-cuardia…), che nella nostra comunità s’aggirano intorno alla ventina di unità (esclusi i quattro ausiliari a tempo determinato, cioè i precari a tutele decrescenti): troppo pochi invero per riuscire a fronteggiare serenamente la miriade di incombenze che il ponderoso manuale del poliziotto urbano contempla tra scartoffie d’ufficio, le più gravose, e i pattugliamenti in strada, gli interventi domiciliari, i controlli, le notifiche, i rilevamenti negli incidenti d’auto, i piantonamenti istituzionali, eccetera, e questo sotto ogni cielo e bollettino meteo.

Se a tutto ciò aggiungiamo l’interpretazione degli ultimi Dpcm sventagliati a raffica, l’indisciplinatezza annidata fin dentro la cavità midollare di certi concittadini, il tasso di litigiosità paesana corroborata da un’infinità di legulei pronti all’uso, si capirà quanto, per ricoprire certi incarichi, non sia sufficiente né il master in diritto privato penale e amministrativo, né la magistrale in sociologia con indirizzo in psichiatria comunitaria.

È inutile qui dilungarci sull’inciviltà domestica, tipo lo sport del lancio dal finestrino del sacchetto della spazzatura a guisa di giavellotto, roba da medagliere olimpico, o tipo gli scambisti da marciapiede, dico di certi proprietari di cani al guinzaglio usi a  scambiare i transiti pedonali per vespasiani cinofili.

Quanto al tasso di litigiosità temeraria meglio non infierire. Tutti risoluti a chiedere telecamere in ogni angolo di Galatina e dintorni in nome della sicurezza; ma quando finalmente codeste telecamere, sempre in nome della sicurezza, diventano implacabili autovelox apriti cielo: tutti pronti a contestare in giudizio l’accertamento dell’infrazione in quanto “il marchingegno non fu opportunamente segnalato” [ma, di grazia, non sarebbe già sufficiente il limite di velocità? Ndr.].

*

Due anni fa a Noha, economizzando sulla precedenza in un incrocio di uguale importanza, provocai un incidente: la vettura concorrente centrò in pieno lo sportello destro della mia (anzi entrò risoluta nello sportello destro della mia). Me ne accollai la colpa, anche al cospetto dei vigili intervenuti per i rilievi. Quel pomeriggio inoltrato avevo premura, in quanto invitato in quel di Melendugno a presentare un libro, e chiesi se fosse possibile velocizzare i tempi e includere l’eventualità di farmi vivo all’indomani per la multa di rito. La vigilessa, invero molto cordiale, si fidò di me: “Vada tranquillo, e vada piano. Ci vediamo domani”.

Il giorno seguente, dunque, mi presentai al Sedile di via Vittorio Emanuele II, la sede storica dei VV.UU., quella con gli stemmi civici scolpiti sulla facciata (il quattrocentesco con le sole chiavi decussate, e il settecentesco con chiavi, civetta e corona), ritirai il verbale, e chiesi l’Iban per il pagamento del dovuto. La medesima vigilessa della sera precedente mi chiese se per caso avessi intenzione di contestare quella sanzione pecuniaria. Le risposi: “ E perché mai? Ho sbagliato e quindi pago”.

Mi guardò come fossi atterrato da Marte.

Antonio Mellone

 

A pochi giorni dall’uscita in libreria, Catena Fiorello presenta il suo ultimo libroUn padre è un padre” edito da Rizzoli, a Galatina il 6 luglio nella splendida cornice dell’Amarcord Wine Bar in Piazza San Pietro alle ore 20,30.

 L’evento promosso ed organizzato dalla libreria Fiordilibro di Galatina, vede la partecipazione del Sindaco Cosimo Montagna, dell’Assessore alla Cultura Daniela Vantaggiato e del regista Volfango De Biasi.

Il tema del quarto romanzo dell’autrice siciliana è un rapporto familiare tra padre e figlia ma non è quello che ci si aspetterebbe, perché è la storia non convenzionale di un uomo che vuole a tutti i costi essere riconosciuto padre e di una donna che a ventidue anni scopre di essere figlia .

Paola ,questo è il nome della protagonista alla morte della madre trova una lettera con su scritto il nome e l’indirizzo di chi anni prima le aveva abbandonate,ma la giovane donna contrariamente alla madre non riesce ad avere sentimenti di rancore verso quest’uomo Roberto, che immediatamente sente di amare e lo custodisce agli occhi del mondo, ma quando decide di dare una svolta a questo legame scoprirà un’altra verità che le sconvolgerà la vita per sempre.

 “Un Padre è un padre” è un libro ricco di colpi di scena, profondo, pulito, bello “ la felicità è come il profumo di agrumi in una stanza. Non puoi nasconderla, ed esce fuori appena si apre la porta”

A detta dell’autrice è la storia che avrebbe da sempre voluto scrivere e si capirà leggendo il libro.

Catena Fiorello è nata a Catania, vive a Roma, ma ama profondamente il Salento e lo dimostra ritornando spesso nei luoghi che ha già visitato perché con i suoi lettori instaura un rapporto particolare di affetto e di amicizia e come si fa con gli amici a cui si vuole bene, spesso li si va a trovare per raccontare le ultime novità.   

 Catena Fiorello “ Un padre è un padre”  – Galatina 6 luglio ore 20.30 - Amarcord Piazza San Pietro

 
Di Albino Campa (del 06/09/2010 @ 17:16:59, in Fotovoltaico, linkato 3805 volte)
"Rispondiamo al sindaco con questo bellissimo saggio di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, giornalisti del Corriere della Sera. Se avrà l'intelligenza di leggerlo e capirlo forse inizierà ad appoggiare le nostre battaglie".
Firmato:
I dialoghi di Noha
(Quei quattro assolazzati agostani dei suoi concittadini, che invece di andare al mare, si battevano per capire come mai le mafie degli incentivi statali stanno devastando irreversibilmente la campagna NOHANA, ultima barattata per la ristrutturazione di un canile e di un giardino del Rione Italia).

Pannelli solari e pale tra gli ulivi E la storia muore

Pier Paolo Pasolini: «In quello slanciato ammasso di case bianche, inanellato da lungomari e moli, la gente vive una vita autonoma, quasi ricca, si direbbe, quasi non ci fosse soluzione di continuità con qualche periodo della storia antica»Sulla «Collina dei Fanciulli e delle Ninfe», legata a miti antichissimi, si vogliono costruire immense pale eoliche alte 80 metriA pochi chilometri da dove nacque l' ultimo ministro borbonico, il miraggio (e i quattrini) delle energie alternative distruggono il paesaggio

 

 

Tira una brutta aria eolica, per le ninfe e i fanciulli che da millenni vivono tra gli ulivi secolari del meraviglioso colle San Giovanni a Giuggianello: non hanno i timbri in regola. C' è chi dirà: ma se ne hanno scritto Nicandro e Ovidio e probabilmente pure Aristotele! Fa niente: non hanno i timbri in regola. Lo dice una sentenza del Consiglio di Stato. Secondo il quale un posto può anche essere la culla della memoria magica di un popolo ma se non ha le carte in regola, cioè un timbro della sovrintendenza che dice che effettivamente è la culla della memoria magica di un popolo, non ha diritto a tutele. Testuale: «A prescindere dal fatto che tali miti e leggende non risultano essere stati individuati da un provvedimento legislativo, non si vede come l' impianto degli aerogeneratori possa interferire su tale patrimonio culturale». Appunto: «non si vede». Nel senso che i giudici non hanno «visto» l' area in cui dovrebbero sorgere le immense pale eoliche se non sulla carta. Perché certo non avrebbero mai potuto scrivere una cosa simile se fossero saliti su queste colline dolci che hanno incantato nei secoli i viaggiatori. Se avessero visto, scavata nella viva roccia, l' antica e commovente chiesetta rupestre di San Giovanni. Se si fossero fermati davanti a questi massi enormi dalle forme incredibili che scatenarono le fantasie e la devozione dei nostri avi. Se avessero camminato all' ombra di questi ulivi grandiosi. Come può un paradiso bucolico come questo non essere devastato da 12 pale eoliche alte 80 metri cioè quanto 12 palazzine di 25 piani? Eppure questo, salvo miracoli, è il destino della Collina dei Fanciulli e delle Ninfe a Giuggianello, pochi chilometri a sud della strada che da Maglie porta a Otranto, nel Salento. Non è un punto qualunque sulla carta geografica, questa collina. Come spiega l' ambientalista Oreste Caroppo in un delizioso saggio, è conosciuto «l' Acropoli della civiltà messapico-salentina antica». Qui sono ambientate da migliaia di anni leggende riprese da Nicandro di Colofone: «Si favoleggia dunque che nel paese dei Messapi presso le cosiddette "Rocce Sacre" fossero apparse un giorno delle ninfe che danzavano, e che i figli dei Messapi, abbandonate le loro greggi per andare a guardare, avessero detto che essi sapevano danzare meglio. Queste parole punsero sul vivo le ninfe e si fece una gara per stabilire chi sapesse meglio danzare. I fanciulli, non rendendosi conto di gareggiare con esseri divini, danzarono come se stessero misurandosi con delle coetanee di stirpe mortale; e il loro modo di danzare era quello, rozzo, proprio dei pastori; quello delle ninfe, invece, fu di una bellezza suprema. Esse trionfarono dunque sui fanciulli nella danza e rivolte ad essi dissero: "Giovani dissennati, avete voluto gareggiare con le ninfe e ora che siete stati vinti ne pagherete il fio". E i fanciulli si trasformarono in alberi, nel luogo stesso in cui stavano, presso il santuario delle ninfe. E ancora oggi, la notte, si sente uscire dai tronchi una voce, come di gente che geme; e il luogo viene chiamato "Delle Ninfe e dei Fanciulli"». Un mito rilanciato, come dicevamo, da Publio Ovidio Nasone. E trattato anche nel Corpus Aristotelico dove si accenna al salentino Sasso di Eracle: «Presso il Capo Iapigio vi è anche una pietra enorme, che dicono venne da Eracle sollevata e spostata, addirittura con un sol dito». E coltivato dai contadini della zona che raccomandavano ai figlioletti di non andare a giocare alle rocce del «Letto della vecchia», del «Sasso di Eracle» e del «Piede di Ercole», spiega Caroppo, perché potevano «apparire loro le fate» e chissà quale incantesimo erano capaci di fare. Leggende. Ma nessuno, un tempo, avrebbe osato profanare un sacrario della memoria antica come questo. Così come nessuno avrebbe osato abbattere migliaia di ulivi stuprando quella che da secoli è l' immagine stessa del Salento. Marcello Seclì, presidente della sezione salentina di Italia Nostra, non si dà pace mentre ci trascina tra i viottoli delle campagne tra Parabita e Gallipoli e poi a Scorrano e a sud di Maglie e mostra come intere colline siano state tappezzate da quell' altra forma di violenza alla natura che possono essere le distese sterminate di pannelli fotovoltaici. Pannelli bruttissimi. Giganteschi. Tirati su senza rispetto per la natura. Per la fatica dei nostri nonni che piantarono gli ulivi sradicati. Per la vocazione turistica dell' area. Fa impressione rileggere oggi quel che mezzo secolo fa scriveva sul «Corriere» Alberto Cavallari parlando del Salento come del «più bel paesaggio d' Italia»: «Sorgono nel leccese i paesi più affascinanti del Sud, come Nardò, o la città morta di Otranto. Restano infatti i borghi civili, asciugati dal mare e dal vento, nitidi come la loro povertà. Le coste, spesso frastagliate nello scoglio, non sono ancora deturpate: sono piene di grotte, leggendarie e favolose, mentre lontano si vedono le "pagliare" dei pastori, e i riverberi, i luccichii dei due mari (come una volta scrisse Piovene) "sembrano quasi incontrarsi a mezz' aria" nel punto in cui l' Italia finisce, o meglio sfinisce, dentro l' atmosfera di un miraggio». Non aveva dubbi, Cavallari: «Difendere questa provincia e conservarla è così certo l' unico modo di fare della buona economia». Questo doveva fare, il Salento: puntare su «un turismo di classe, come quello che si svolge in Grecia, redditizio e ricco, e certo meglio di un' industrializzazione assurda e asfittica». I dati di questi giorni dicono che il turismo è davvero la chiave della ricchezza salentina. L' Apt gongola sventolando un aumento del 5%, che in questi tempi di magra vale doppio. E contribuisce a «collocare il Salento ai vertici della classifica nazionale». Italiani, soprattutto. Ma anche tanti stranieri. In testa tedeschi, francesi e inglesi. Vengono per vedere la cattedrale di Otranto e inginocchiarsi davanti alle reliquie dei morti nella strage del 1480 ed emozionarsi nel leggere che il corpo senza testa di Antonio Pezzulla detto il Primaldo, il primo degli ottocento martiri di Otranto a venire decapitato per ordine del Gran Visir Achmet «lo Sdentato», «si alzò e restò in piedi fino al termine della strage e non ci fu forza che valesse ad atterrarlo». E poi vengono per le orecchiette e i turcinieddhri e le ' ncarteddhrate e tutte le altre leccornie della formidabile cucina salentina e il suo olio e il suo vino. E vengono per la notte della Taranta, quando a fine agosto accorrono in decine di migliaia a Melpignano per ballare e ballare fino a uscir di senno con la «pizzica pizzica». Ma verrebbero ancora, se il Salento fosse definitivamente stravolto da una edilizia aggressiva che ha già deturpato parte delle sue coste come a Porto Cesareo, San Cataldo o Ugento? Se le distese di ulivi che costituiscono la sua essenza fossero sistematicamente rase al suolo? Se questo panorama che trae la sua bellezza non dalla vertigine delle vette dolomitiche ma dalla dolcezza delle distese appena ondulate venisse trafitto da centinaia e centinaia di pale eoliche? «Lecce, città dell' arte, / se ne infischia / di chi arriva e di chi parte», dice un vecchio ritornello usato dagli antifascisti il giorno in cui Achille Starace, il braccio destro di Mussolini che era nato a Sannicola, tornò in pompa magna della terra natia. E per certi versi la città è rimasta così come la vide Cavallari. Una città «aristocratica, spagnolesca, narcisista». In qualche modo «tagliata fuori dalla Puglia dinamica». Dove, nonostante l' orrore di certi quartieri residenziali e la bruttura della ragnatela di cavi neri che dovrebbe servire la metropolitana di superficie incompiuta da un mucchio di anni, è ancora emozionante camminare tra pietre e chiese di rara eleganza. Il problema di chi arriverà ancora e di chi se ne andrà, però, esiste. E dipende dal rischio di un' accentuazione del degrado paesaggistico. Cinquantuno anni dopo, il reportage a puntate lungo le coste scritto da Pier Paolo Pasolini per la rivista «Successo» e riproposto nella versione integrale con il titolo «La lunga strada di sabbia» da Contrasto, va riletto: «In quello slanciato ammasso di case bianche, inanellato da lungomari e da moli, la gente vive una vita autonoma, quasi ricca, si direbbe, quasi non ci fosse soluzione di continuità con qualche periodo della storia antica, che io non so, né faccio in tempo a capire: il demone del viaggio mi sospinge giù, verso la punta estrema. Ci si arriva lentamente, mentre intorno la regione si trasforma, si muove in piccole ondulazioni, si ricopre d' ulivi. Santa Maria di Leuca si stende lungo il mare con una fila di villini liberty, lussuosi, rosei e bianchi, incrostati d' ornamenti, circondati da giardinetti...» Fece una gran fatica, PPP, «nel sole feroce» ad arrivare fino alla punta estrema del tacco d' Italia, fino a questo splendido promontorio dove, come ha scritto Giuseppe Salvaggiulo nel libro collettivo «La colata» scritto con Andrea Garibaldi, Antonio Massari, Marco Preve e Ferruccio Sansa, «sei ancora sulla terra, ma ti senti già in mare». E forse proprio per questo tanti viaggiatori ci vengono ancora: perché non è alla portata di tutti, appena fuori da uno svincolo autostradale come tanti vacanzifici traboccanti di discoteche, bazar e McDonald. Perché arrivarci costa fatica. E questa fatica appare loro in qualche modo obbligata per assaporare il gran premio finale: la vista su un mare di una bellezza che ti mozza il fiato. Diceva il poeta e saggista Franco Antonicelli, in occasione di un lontano viaggio con Italo Calvino: «Anche Reggio Calabria è alla fine della penisola, ma subito dopo c' è l' isola e subito dopo l' Africa; non c' e tempo di perdersi. Ma a Leuca sì...» Di là del promontorio c' è il mare. Solo il mare. «Uffa!», sbottano gli «sviluppisti». E dicono che no, anche il luogo più lontano d' Italia, quello che partecipò al processo unitario solo con Liborio Romano, di cui parla Nico Perrone, deve essere collegato al resto del mondo con una superstrada. Un' arteria che dovrebbe partire da Maglie e scendere giù per 40 chilometri, con le sue 4 corsie per 22 metri complessivi e un viadotto di 500 metri su 26 piloni di cemento fino a una mastodontica rotonda del diametro di 450 metri, lunga un chilometro e mezzo, che intrappola un' area estesa quanto 23 campi di calcio. Una mostruosità, dicono gli ambientalisti. Che stanno dando battaglia a colpi di ricorsi un po' a tutto. Alla superstrada voluta da Raffaele Fitto, il giovane ministro amatissimo da Berlusconi e figlio di quella Maglie che in passato aveva dato all' Italia uomini della statura di Aldo Moro. A ulteriori cementificazioni di coste già abbruttite da lottizzazioni selvagge. Al progetto spropositato di quadruplicare il santuario di Santa Maria de Finibus Terrae svettante su Santa Maria di Leuca e farne un edificio (citiamo ancora «La colata») di «ventiduemila metri cubi eretti su una superficie grande la metà di un campo di calcio per ospitare otto celebrazioni giornaliere, presbiterio con annesso palco per quaranta sacerdoti concelebranti, penitenzieria con almeno dieci postazioni confessionali, aule per catechesi e attività connesse».. Battaglie difficili. Segnate a volte da sconfitte sconcertanti. Come quella della sentenza sulla Collina delle ninfe che ribaltava il verdetto del Tar che aveva accolto in pieno la tesi dell' avvocato Valeria Pellegrino spiegando che l' impianto eolico andava bloccato perché quei miti e quelle leggende millenarie avevano determinato «un legame tra le popolazioni che ruotano attorno all' area de qua che va ben oltre la percezione visiva e dunque fisica dei luoghi». O come un altro verdetto del Consiglio di Stato che, anche qui ribaltando il precedente giudizio del Tar che dava ragione all' avvocato di Italia Nostra Donato Saracino, ha accolto le tesi della società tedesca Schuco International. La quale aveva comprato terreni a Scorrano per metterci un mare di pannelli fotovoltaici per un totale di una quindicina di megawatt. Un impianto enorme. Frazionato in quattro pezzi diversi, con una furbizia «all' italiana», per stare al di sotto di certi limiti ed evitare la grana della Via, la valutazione dell' impatto ambientale. Vi chiederete: come mai anche i tedeschi vengono a investire nel Salento? Perché nel nostro Paese del Sole, dove fino al 2006 si produceva con i pannelli 70 volte meno che nella «grigia» Germania, è stata fatta una scoperta: il «solare» può essere una manna. I dati dicono che nel 2009 l' elettricità da fonti rinnovabili è aumentata del 13%. Ma se l' eolico ha avuto una crescita del 35%, il fotovoltaico ha registrato in dodici mesi un boom: + 418%. Tredici volte di più. Sia chiaro: come per le pale eoliche, anche per il fotovoltaico vale lo stesso discorso. C' è modo e modo, c' è luogo e luogo. Gli incentivi, qui, sono faraonici. Come in nessun Paese al mondo. In base alle regole introdotte nel 2007, per esempio, si prendono i soldi per l' elettricità prodotta anche per impianti microscopici. E tutto si scarica sulle tariffe: più energia rinnovabile viene prodotta, più le bollette sono care. La progressione è geometrica. Nel 2008 gli incentivi fotovoltaici hanno pesato sugli utenti per 110 milioni di euro? L' anno seguente sono triplicati: 344. Ovvero un sesto di quanto abbiamo speso per incentivare le fonti rinnovabili: oltre 2 miliardi di euro. Conto salito nel 2010 a 3 miliardi. «Quasi il 10% - ha detto il presidente dell' Autorità per l' Energia Alessandro Ortis -, dell' intero costo del sistema elettrico» nazionale perché «l' incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell' energia prodotta. Così paghiamo l' energia incentivata 3 volte quella convenzionale». E questo in un Paese dove già prima dell' esplosione di questo business le bollette erano le più care d' Europa. Ma è niente, rispetto alle previsioni dell' authority. La quale ipotizza, nel caso di raggiungimento degli obiettivi assegnati per il 2020 da Bruxelles ai vari Stati europei, una spesa aggiuntiva astronomica a carico di chi paga la bolletta: cinque miliardi l' anno per il 2015, sette per il 2020. Dei quali metà per i soli pannelli fotovoltaici. E questo, dice l' Autorità per l' energia, anche nel caso in cui gli incentivi vengano ridotti via via al 50%. Il guaio supplementare è che in un territorio urbanizzato come quello italiano, i pannelli finiscono per rubare terreni all' agricoltura. Alla faccia dei dubbi che già negli anni Novanta aveva manifestato Carlo Rubbia secondo il quale «per soddisfare la metà del nostro futuro fabbisogno elettrico con l' energia solare servirebbero circa 22.000 chilometri quadrati di pannelli, un' area grande più o meno quanto tutta la Sardegna». Ma sapete com' è fatta l' Italia: o tutto o niente. Così, dal totale disinteresse per le fonti rinnovabili, si è passati a un eccesso di incentivi. Mettetevi nei panni di un agricoltore: perché dovrebbe arare, seminare e trebbiare quando è molto meno faticoso e più redditizio riempire un campo di pannelli? E rieccoci in Puglia e nel Salento. Dove a chi installa meno d' un megawatt è sufficiente presentare, come abbiamo visto, una semplice Dia. Se la regione con più impianti fotovoltaici è la Lombardia (13.617), seguita da Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, la Puglia è quella che produce di più: 295 megawatt, dei quali 239 prodotti da 497 impianti collocati su terreni agricoli, per una superficie di 358 ettari. Viene dalla Puglia il 20% circa di tutta l' energia solare italiana, pari a 1.509 megawatt: potenza che richiede oltre 2.250 ettari di pannelli. Il Salento contribuisce alla produzione pugliese col 30%: vale a dire 87,6 megawatt, dei quali ben 76,6 su 115 ettari «rubati» all' agricoltura. Ma sono dati ufficiali che per Marcello Seclì sono già sfigurati dai nuovi impianti: «Il boom è nella seconda metà del 2009. In provincia di Lecce, secondo noi, sono già stati impegnati 2000 ettari, per la maggior parte non ancora collegati». E potete scommettere che la corsa non cesserà molto presto. I nuovi incentivi stabiliti dal ministero per lo Sviluppo economico da mesi occupato ad interim da Berlusconi, variano da un minimo di 28 a un massimo di 44 centesimi di euro al chilovattora. Da quattro a sei volte più del prezzo medio (7 centesimi) dell' energia elettrica prodotta con sistemi tradizionali. Avanti così, perché un contadino dovrebbe piegare la schiena sulla terra?

fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2010/agosto/28/
Pannelli_solari_pale_tra_gli_co_9_100828006.shtml

 

RIZZO SERGIO, STELLA GIAN ANTONIO

 

- Settembre è un mese lirico. Guardatevi la luce che batte sui polsi e andate in libreria, cercate lo scaffale più nascosto, più esiguo, cercate lo scaffale dei poeti. É una cosa che potete fare ogni giorno, ma facciamo che il giorno buono è la bisettrice del mese, il 15 settembre. Facciamo un assalto alla poesia sorprendiamo i librai e anche gli editori e anche i poeti decidiamoci di farci accompagnare da qualcuno di loro nell’autunno  che viene e  anche nell’inverno. Qualcuno ha detto che la bellezza salverà il mondo. Ora  immaginiamo che la poesia può  semplicemente salvarci la giornata  o almeno un’ora dispari , o solo qualche minuto. La poesia è sempre una questione  molto privata tra chi legge , è un faro che non lampeggia in tutte le notti, è una lucciola  alle due del pomeriggio, è un mucchietto di neve in un mondo con il sale in mano. Qualunque  cosa sia  è un tempo , questo è un tempo  in cui alcuni possono chiedere  qualcosa alla poesia. Già in rete  si assiste con piacere alla presenza di versi ,ma ci vuole che la poesia venga comprata , ci vuole una prova che teniamo a lei , come lei tiene a noi . Lungamente l’amore della poesia nei nostri confronti  è stato un amore non corrisposto . Adesso è il tempo di ricambiare.  L'assalto alla poesia è un assalto alla miseria spirituale che sta conquistando tutto. Comprare un libro di poesia, farlo assieme a tanti altri, è uscire dalla mestizia che aleggia intorno alla letteratura, è ridare vigore politico alle parole migliori che gli uomini e le donne di ogni tempo hanno scritto.-  

Questo è l’appello nazionale lanciato dal poeta  Franco Arminio, per riunire tutti gli amanti della poesia, la libreria Fiordilibro  promuove l’iniziativa per tutta la giornata con sorprese e  con la presenza , all’interno dei suoi spazi in via Vitt. Emanuele,31 a Galatina,di alcuni ospiti d’eccezione. In particolare dalle 18:00 saranno presenti l’attrice Maria Margherita Manco ed a seguire la scrittrice Maria Neve Arcuti, che ci accompagneranno con la lettura di personali selezioni di poeti e poesie. Che dire,  vi aspettiamo.

Libreria Fiordilibro

 
Di Antonio Mellone (del 15/05/2016 @ 17:10:24, in NohaBlog, linkato 9338 volte)

Ho dovuto chiedere all’Antonio dell’anagrafe comunale di Noha qual è la sua data di nascita: “E’ il 14 ottobre del 1966.” - m’ha detto, richiudendo un librone ingiallito dal tempo, ed ha subito aggiunto - “Caspita, quest’anno compie 50 anni”.

*

Lui non se lo ricordava. Non si ricordava di questo importante traguardo. Anzi credo che non ci abbia mai pensato. Ma sì, a che serve ricordare le date dei compleanni se non sei abituato a festeggiarne, o a riceverne gli auguri su Face-Book. E poi, come diceva quel tale, hai sempre vent’anni quando non ci pensi, e quando non hai paura di averne più del doppio.

Non è altissimo. Ha la carnagione olivastra, anzi più scura. Forse perché è sempre abbronzato. Anche d’inverno. Ma mica per la frequenza del solarium di qualche centro estetico per vip (probabilmente non sa nemmeno che esistano queste diavolerie; né gli interessano i vip o gli smorfiosi pari loro), ma perché stando sempre all’aperto, lavorando nei campi di qualche “amico” che gli chiede una mano, o al cimitero, o in giro per il paese, è sempre baciato dai raggi del sole. Diciamo così.

I capelli sono neri con qualcuno che inizia a incanutirsi e molti altri a espatriare, e i muscoli non ancora vittime della forza di gravità. Voglio dire: muscoli da lavoratore instancabile più che da culturista, imbacuccati nei mesi freddi nel suo inseparabile giubbotto, a prima vista di due taglie più grande, e dai perpetui jeans, più o meno blu, sempre di una larghezza superiore al necessario. Ma quello che conta è la comodità, mica le chiacchiere di cui si nutre la moda.

La sua andatura è inconfondibile, dinoccolata, identica a quella della buonanima di suo papà Antonuccio, “manovale” di una ditta di fuochi artificiali, scomparso nel 2005. Gli occhi, invece, sono quelli di mamma Gina (Luigia Carrozzino), che, una fredda mattina del 10 gennaio 2006, dopo appena tre mesi di intervallo, segue il povero marito “nella stanza accanto”, affidando di fatto quel figlio ai suoi fratelli.

Proprio lui, il primo di nove. Lui il “grande” di casa, nato giusto nove mesi e qualche giorno dopo il matrimonio dei genitori. Amore grande, però fu. Allietato dall’arrivo anche di Giuseppe, di Roberto, dell’Adele, e poi di Eugenio Michele, di Salvatore, di Luigi, e dell’Anna Maria. E infine di Angelo, il piccolo di casa, che dopo nove mesi diviene “angelo” per davvero. Oggi avrebbe avuto 35 anni.

*

Lui è Pasquale Frassanito, ma tutti lo conoscono come Lino. Vabbè, c’è anche il nickname “Sparafochi”. Ma chi, a Noha e dintorni, non ne ha uno? Di soprannome, dico. E poi, che c’è di male: Lino è davvero un intenditore di fuochi d’artificio.

Dunque, Lino Sparafochi.

*

Poco tempo fa lo incontro e noto viso e occhio destro tumefatti: “Cosa è successo, Lino?” – gli faccio – “Sei caduto? No, non mi dire che è un pugno”. “None, noneee: lu dente ede, li morti soi”, e mi fa vedere un canino oblungo (e solitario) non proprio sfoggiabile in una pubblicità per dentifrici.

Mi chiede se ho in casa una pastiglia per i denti, ma non so proprio che pastiglia dargli. Gli dico che sarebbe il caso di farsi vedere da un medico, e che potrei accompagnarcelo io se vuole.

Assolutamente, no. Quando sente la parola “medico”, anzi “dottore” se la svigna. Se la darebbe a gambe anche se venisse a sapere che anch’io sono un “dottore”. Dottore commercialista, ma pur sempre un dottore. No, non si fida dei dottori. Di qualunque campo siano (e penso faccia fondamentalmente bene, ndr.). Non ne vuol sentire parlare nemmeno da lontano. E poi il dolore al dente prima o poi passa da solo. Basta aspettare. Delle volte passa prima il dente del dolore. Ma quello che conta non sono i denti, ma il sorriso. E Lino, nonostante i quattro denti superstiti, ha un sorriso bellissimo.

*

Lino è buono come il pane, e disponibile con tutti: è lui che innaffia l’aiuola della pubblica piazza (“se nu lu fazzu iu, sicca tuttu a quai”), nelle pubbliche manifestazioni sistema le transenne nelle strade principali, lava il sagrato della chiesa con pompa e scopa per liberarlo dal guano dei piccioni, predispone le sedie davanti alla cassa armonica della festa patronale (e alla fine della serata le rimette pure a posto, mentre tutti gli altri fanno finta di nulla), prepara le buche per la fiera dei cavalli, dà una mano all’allestimento del presepe vivente, accompagna gli operai delle ditte dei fuochi pirotecnici quando vengono a Noha, (a condizione che non si tratti di Michelino “Pipìo”, suo rivale e antagonista storico). Insomma è un bene comune, Lino. E’ uno che non farebbe male nemmeno ad una mosca, e poi puoi lasciare pure tutto l’oro del mondo in casa o in macchina: Lino non sarebbe in grado di approfittarsi nemmeno di uno spillo.

*

Il pomeriggio o la sera lo trovi in piazza, vicino al bar Settebello. Si diverte con poco. Gli basta vedere gli altri giocare a carte. O ascoltare le persone quando parlano di campi, di animali, del paese, e qualche volta di donne. Tanto poi birra e sigarette sono assicurate dagli amici (che, spero, non esagerino con l’una e con le altre).

*

Io lo considero come un mio amico. Quando lo becco in giro, mi ci metto a parlare volentieri. A volte preferisco conversare più con Lino che con tanti altri concittadini. Per dire. Preferisco lui davvero alla pletora di saputelli, perbenisti, petulanti, chattanti scemenze su fb, pseudo-politicanti, accoliti di Tizio o di Sempronio. Lo confesso: meglio la fantasia di Lino che i cervelli vuoti di tanti, troppi, che ti parlano di nulla, cadono dal pero anche sulle cose che un cittadino dovrebbe quanto meno conoscere per sommi capi, o che t’attaccano un bottone sui ristoranti o le pizzerie che frequentano, sulle loro macchine nuove, sui viaggi, le fidanzate, o, Dio non voglia, Renzi.

E poi, meglio il dialetto (perfetto) di Lino, che l’italiano sgrammaticato dei più, inclusi certi cosiddetti liberi professionisti della parola e della politica, che sovente, e purtroppo, parlano e scrivono come mangiano. Vedi i drammatici elaborati indirizzati urbi et orbi da parte di alcuni presunti amministratori locali, noti attori protagonisti del film horror: “Dimission Impossible”.

*

E sì che Lino è un portento quanto a fantasia: lui ha il cellulare (“ca moi è scaricu”); i giornalisti lo chiamano per intervistarlo (“iu essu sullu giurnale”); è lui il presidente della Fiera di Verona (c’è anche un bello striscione: “Lino, presidente fiera Verona” [sic]); ha una casa “china de coppe” (in effetti ad ogni fiera dei cavalli uno dei trofei più grandi è riservato a lui). Inoltre è lui il presidente del comitato festa patronale, è lui che sceglie le bande, i concerti sinfonici e i fuochi; e infine è a lui che il sindaco si rivolge per avere informazioni sul paese (magari fosse così, Lino: forse così il sindaco conoscerebbe meglio Noha e i suoi guai, ndr.).

E’ proprio vero: la logica può portarti da A a B. La fantasia ovunque. E Lino, in questi termini è un grande viaggiatore.

*

Ci sono pure dei pirla in giro per il paese che, in branco (mica da soli: non ne sarebbero in grado), provano a prenderlo in giro, con scherzi stupidi o squallidi atti di bullismo.

 

Non te la prendere, Lino. Chi prende di mira l’altro che considera “diverso” è incapace di andare oltre il proprio “normale” schema mentale (dove “normale” stavolta sta per gretto, insipiente e ottuso).

Che ci vuoi fare. Dobbiamo compatirli, questi grandissimi osceni del villaggio.  

Antonio Mellone

 

Per la Giornata contro l’omofobia e la transfobia, i nostri figli riflettono su casi difficili

L’IISS Laporta Falcone Borsellino di Galatina (Lecce) quest’anno ha deciso di ricordare la Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia indetta per il 17 maggio di ogni anno con la risoluzione del Parlamento Europeo del 26 aprile 2007, in un modo davvero singolare: questo 17 maggio, gli studenti incontrano e dibattono con Marco Termenana (pseudonimo), cioè l’autore di "Mio figlio. L'amore che non ho fatto in tempo a dirgli", sui contenuti del suo libro.

Introduce il Dirigente Scolastico Professor Andrea Valerini. Interviene la Dottoressa Francesca Corchia, psicologa e psicoterapeuta e modera la Professoressa Maria Assunta Specchiarello, cioè la referente per l’inclusione scolastica, capo progetto e vero motore instancabile dell’iniziativa. Sono previste due sessioni, una per ogni sede, Viale Don Bosco e Viale Don Tonino, con gli studenti in presenza mentre l’autore sarà collegato in videoconferenza da Milano, città in cui vive.

Ma chi è Marco Termenana?

Con lo pseudonimo di El Grinta, sullo stesso argomento, ha già pubblicato "Giuseppe". I romanzi sono ispirati al suicidio di Giuseppe, il primo dei tre figli, quando in una notte di marzo 2014 apre la finestra della sua camera, all'ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lancia nel vuoto.

Con lucidità impressionante e senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall'adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, alter ego femminile, che assume contorni definiti nella vita dei genitori solo nel momento in cui si toglie la vita.

Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori.

Ricordiamo che hikikomori è un termine giapponese e letteralmente significa “stare in disparte”: in sostanza, si tratta di una malattia mentale consistente nella scelta di rifuggire dalla vita sociale e familiare e colpisce soprattutto i ragazzi giovani.

Ma perché questa iniziativa?

Il Dirigente Scolastico Professor Andrea Valerini ha dichiarato:

“Ricordare le tragedie come quella di Giuseppe può servire ad aiutare chi vive situazioni simili nel più totale isolamento: la scuola cerca di fare rete perché nessuno resti solo.”

“Mi sono convinta attraversando le pagine di questo libro – dice la Professoressa Specchiarello – che sensazioni ed emozioni sempre più profonde prendono forma e senso, in un dialogo che diviene naturale e immediato. Intimo. La decisione di Giuseppe è la sconfitta di questa società. Abitiamo, è vero, un mondo complesso ma la nostra grande sfida è arrivare alla semplicità. In questo lungo e paziente lavoro nessuno osi giudicare. E nessuno si giudichi… Meriteremmo, però, una “pagella nera” se paura e vergogna prevarranno ancora davanti ad una porta chiusa. La scuola, terra permeabile e fertile, può e deve essere di aiuto affinché, in piena libertà, ognuno possa scrivere la storia che desidera per sé.  Non accanto ma insieme all’altro!”

Questo invece il pensiero di Marco Termenana:

“E’ con grande piacere che incontro gli studenti di Galatina. Nel mio girovagare per l’Italia sono stato in diverse scuole ed ho potuto constatare che i ragazzi sono sempre molto interessati a Giuseppe. Ciò mi fa stare bene perché, oltre a darmi la possibilità di commemorare mio figlio, mi consente di portare del valore aggiunto ad altri. Intendiamoci, non ho la pretesa di salvare nessuno, non fosse altro che se potevo salvare qualcuno, salvavo Giuseppe, ma, se con la mia semplice testimonianza posso migliorare anche solo di poco la vita di qualcuno, studente, genitore o docente che sia, sono contento ed avrò dato un senso alla stupida ed inutile morte di mio figlio.”

I.I.S.S. "Laporta/Falcone-Borsellino" - Galatina

 

Non ne sentivate la mancanza? Eccolo qua, bello sostenibile e giacché pure resiliente. Da Recovery proprio. Lo trovate all’arrivo a Santa Caterina di Nardò, in fondo alla discesa che da Le Cenate porta al mare, esattamente sulla scogliera di fronte all’isolotto controllato a vista dalla Torre dell’Alto.

È la prima cosa che colpisce, l’ultimo (nel senso di fresco, meglio, Frescura) biglietto da visita della marina. La sua sagoma bianca con tende e ombrelloni nivei - come vuole la moda indicata dai migliori esperti di marketing - ricca di tante postazioni in legno, e con un parquet sugli scogli onde i piedi sono al sicuro da sassi ed erbe, pardon erbacce: è il nuovo bagno (non nel senso di toilette, che avevate capito) il quale vi accoglierà a braccia aperte nel luogo dove un tempo magari vi recavate con la vostra venticinquennale sediolina pieghevole e il libro d’ordinanza a leggere in santa pace tra una nuotata e l’altra prima del tramonto (roba da nostalgici, anzi da radical chic anacronistici e fuori contesto). Sarà per codeste magnifiche sorti e progressive che Legambiente ha concesso anche quest’anno le tanto attese Vele a Nardò e dintorni; e non sa ancora nulla del novello idroscalo in quel di Santa Maria al Bagno, se no come minimo le assegnerebbe il Golden Globe.

E tu - che fessa - non capendone la valenza, dico la “valorizzazione” del sito, insieme a una tua amica ti sei pure messo a promuovere una petizione di quelle on-line per difendere il libero accesso al mare, il paesaggio, gli antichi usi civici, il patrimonio di tutti, Renata Fonte, gli orizzonti, il territorio, la lotta di classe e altre menate del genere. E il bello è che, partiti in sordina e pensando di non raggiungere nemmeno il centinaio di firme, si è invece arrivati a superarne le tremila e novecento (e con tanto di commenti contenenti concetti tipo Scempio, Ecomostro, Devastazione, Sovradimensionamento, Speculazione, Profitto, Saccheggio, Indecenza, e via di seguito). Si tratta sicuramente di tanti altri sprovveduti come noi che non hanno ben ponderato le Grandi Opportunità di questo enorme stabilimento in termini di turismo, ripresa, ambiente (quest’ultimo lemma va bene ormai su tutto come ambientalismo di sistema comanda), ricadute, sviluppo, crescita e soprattutto lavorostabile (parola da proferire con unica emissione di fiato), sicuro e ben remunerato, con tanto di opportunità di carriera, altro che reddito di sussistenza per stravaccati su comodi divani & divani. Quasi quasi io all’iniziativa riconoscerei pure un po’ di incentivi e qualche sgravio fiscale, tanto la semplificazione è arrivata per decreto.

L’argomento a quanto pare (salvo errori o omissioni) non ha sfiorato nemmeno di striscio l’Istituto Luce rappresentato da stampa locale, intellighenzia letterata, partiti riformisti, capitalisti senza capitale, sinistra senza resistenza, “opposizione” alla giunta Mellone (che nonostante il cognome non ha nulla da spartire con la gens mia eh), e i recenti candidissimi candidati (ecologisti per giunta) alla carica di primo cittadino: evidentemente nel concetto di Bene Comune neritino rientreranno pure i lidi privati à go-go.

Ma sì, in fondo cosa vuoi che sia il sacrificio dell’ennesima striscia di Gaza nostrana con concessione cinquantennale, salvo proroghe, di fronte alla movida, al modello Rimini, alla bontà del privato, alla mondanità piccolo borghese, alla supremazia del mercato, al rito dello spritz, alla clientela settoriale, alla Twiga briatoregna, ai figli di dad con pecunia contactless (così con lo slang imperiale siamo apposto), alla degustazione di brioches elargite da munifiche Marie Antoniette, e finalmente alla meritocrazia.    

E non pensate sempre a male, e cioè che il Papeete cateriniano non si riuscirà a smantellarlo manco con il generale Figliuolo: ché qui, signora mia, tutte le strutture sono a-mo-vi-bi-li, qualunque cosa significhi. Se no poi ci penserà il Tar.

In mancanza, la rituale mareggiata.     

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 12/05/2018 @ 17:05:21, in Comunicato Stampa, linkato 1213 volte)

Organizzato da Libreria Fiordilibro e Note d'Arte passeggiate storico-artistiche. In collaborazione con Pro Loco Galatina e Salumeria di Turno.

Il secondo appuntamento del Tour d’Autore è dedicato ai Cammini di pellegrinaggio ed alle tracce lasciate dai pellegrini e viandanti nella città e nel territorio di Galatina.

La pratica del pellegrinaggio ha origini remote, ma è con l’avvento del Cristianesimo che si diffonde soprattutto a partire dal viaggio fatto da Elena madre dell’imperatore Costantino a Gerusalemme nel 330 d.C. Da allora il pellegrinaggio si è trasformato diventando da cristiano a  penitenziale e poi devozionale e  taumaturgico,  da singolo a collettivo. I percorsi di pellegrinaggio si sono trasformati in via di commercio e comunicazione, determinando profonde  trasformazioni socio-culturali e contribuendo  in qualche modo a determinare l’unità culturale occidentale europea.

Nella prima parte del Tour d’Autore , Angela Beccarisi ci condurrà alla scoperta dei Cammini che hanno attraversato la città di Galatina ed il suo territorio  disseminandolo di tracce. Il programma prevede partenza da Piazzetta Toma a Galatina alle ore 16,30 per raggiungere la medievale Cripta di Sant’Anna, si proseguirà verso il casale di Pisanello sviluppatosi probabilmente anche in funzione di un’importante asse viario che scendeva verso il Capo di Leuca. Intorno al sito, sono state costruite storie fantasiose fatte di tesori, di “acchiature”, di passaggi e di soste famose, come quella di San Pietro, che, provenendo dall’Oriente in questi luoghi avrebbe sostato per riposarsi. L’itinerario si snoda per 6 chilometri terminando in piazza San Pietro con il monumentale fronte della Chiesa Matrice. Per info 328.3890283.

Nella seconda parte, capiremo meglio la segnaletica marrone  che da qualche giorno si trova in città  e indica le diverse “ Vie”o percorsi di pellegrinaggio. Alle ore 19,00 presso la sala di Palazzo De Maria in Corte Taddeo,39, nel centro storico  di Galatina, verrà presentata la Guida ” Via Francigena nel Salento" Segui la Freccia Gialla a cura di Fabio Mitrotti.

 La guida “Via Francigena del Salento” nasce dalla volontà di consentire a chiunque di camminare in libertà, seguendo le Frecce Gialle che, da Brindisi permettono di arrivare ad Otranto secondo l’antica Via Traiana Calabra adattata al contesto territoriale attuale, evitando di percorrere Strade Statali e Provinciali, e di giungere al Santuario di Santa Maria di Leuca mediante l’adattamento della Via Sallentina che univa Otranto a Leuca. Gli interventi saranno a cura di Fabio Mitrotti Geografo, Giorgia Santoro Dirett. Artistico del Festival Il Cammino Celeste, Luigi del Prete Dirett. De «Le Comunità Ospitanti degli Itinerari delle vie Francigene della Puglia Meridionale», introduce: Angela Beccarisi Guida Turistica.

Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 29/02/2024 @ 17:00:01, in Comunicato Stampa, linkato 178 volte)

Presentazione del mio libro "LA MALATTIA E' SOLO LA PUNTA DELL'ICEBERG" che si terrà sabato 2 marzo alle ore 18 presso la sala conferenze Ex Convento delle Clarisse in piazzetta Galluccio a Galatina.

Intervista a cura di Antonio Torretti e intermezzi musicali di Valentina Marra.

Dott.ssa ENRICA MARIANO

 
È nato il “Comitato Nazionale Contro Fotovoltaico Ed Eolico Nelle Aree Verdi”. Come prima iniziativa pubblica del Comitato Nazionale: si è levato un appello forte ed apartitico al Governo e a tutto il Parlamento, perché facciano rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto , perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!

Perché sia imposta una moratoria urgente per tutte le miriadi di impianti eolici e fotovoltaici industriali in progetto nel paesaggio del Bel Paese, l’ Italia, e che comporterebbero se realizzati la cancellazione totale di tutto ciò che significa “Italia” nel mondo, nonché gravi problemi di disagio e mobilitazione sociale a difesa del vitale spazio vitale e del territorio! Fatta l’Italia, fatti gli italiani, dopo 150° anni di speculazioni crescenti, ed impennatesi esponenzialmente oggi nella grave aberrante iper-speculazione della mala della Green Economy Industriale, ora abbiamo bisogno di rifare il paesaggio identitario, rurale, storico e naturale, d’Italia, e di farlo risorgere e restaurarlo a 360°!

Il gruppo, dall’eloquentissimo nome “Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi”, nato su facebook (http://www.facebook.com/groups/192311587488270), ma già attivo anche nella realtà delle relazioni umane e sul territorio, ha ormai raggiunto e ampiamente superato la simbolica soglia “dei 1000” iscritti, nonostante si sia costituito solo da pochissimi giorni! Vi è un malumore dilagante, enorme, in tutta la Nazione, da un capo all’altro della penisola e sulle sue isole, che sta trovando così sfogo e forme di coordinamento ed organizzazione, attraverso il canale iniziale del social network di internet facebook, per reagire contro la mala della Green Economy Industriale, che tiene quasi del tutto in mano l’informazione di molte tv nazionali, e ha creato una macchina di controllo mediatico fittissima, atta a non dare voce, e a gettare fango su chi sta cercando di fare emergere tutta la Verità relativa al sistema di fondamentalismo fanatico interessato falso-verde, neo-industrialista, mistificatorio, e iper-speculativo, cresciuto sul tema, strumentalizzato oltre ogni immaginazione, dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.

Una macchina impressionante della menzogna che ha trasformato immoralmente le energie rinnovabili, che con forme virtuose di utilizzo dovevano negli intenti iniziali, salvare il nostro Pianeta, nel più grande e devastante per lo stesso Pianeta, business fraudolento di inizio millennio! La gravità di quanto avvenuto, se da un lato distrugge l’ambiente ed il paesaggio in ogni dove ed in ogni direzione con impianti di dimensioni mastodontiche a fini puramente economici, dall’altro sta erodendo democrazia e libertà, oltre che calpestando diritti fondamentali dei cittadini. Il gruppo pertanto indirettamente persegue anche l’obiettivo, altra faccia della stessa medaglia della protezione del paesaggio, di salvare anche la stessa “filosofia buona di fondo” delle energie rinnovabili, da queste aberrazioni mostruose industriali ed oligopolistiche che le stanno snaturando profondamente, e rubando di fatto ai cittadini medesimi!

La forza del vasto crescente gruppo sta anche nella sua costitutiva apartiticità ed al contempo apertura a tutti senza distinzioni alcune a tutti coloro che stanno percependo in tempo tutta la gravità della catastrofe falso-verde in corso! Anche da diverse associazioni nazionali, ormai nella sostanza del tutto pseudo-ambientaliste, scivolate nella macchina speculativa della Green Economy, numerosi sono coloro che stanno prendendo le distante dai loro direttivi degenerati, e stanno sostenendo queste nuove realtà organizzative espressione della necessità di reagire e di salvare la vera “ecologia”, dall’ ecologia malata e strumentalizzata che oggi l’ Italia subisce come un flagello! Il Gruppo è totalmente aperto a chiunque sia contrario e sensibile alla devastazione del paesaggio da impianti industriali fotovoltaici ed eolico sulle aree verdi.

In quasi tutto il territorio nazionale è in scandaloso corso una installazione selvaggia di impianti industriali fotovoltaici a terra in zone agricole e naturali e sui laghi, e di eolico, con torri di media e mega altezza (fin anche oltre 100 m ,e anche 150 m), tanto in mare quanto sulla terraferma, spesso anche senza alcuna informazione del cittadino. Viene calpestata il più delle volte ogni buona norma per la distanza degli impianti da abitazioni e presenze umane. Chi ne viene danneggiato, case sparse ed agriturismi, non è giusto che debba subire i danni materiali da deprezzamento dell’immobile oltre le spese per difendere i propri beni da tali scempi, e danni morali e psico-somatici da impatto ambientale (acustici, visivi, elettromagnetici) per 20 anni fino a dismissione dell’impianto. Inoltre essendo autorizzazioni “rinnovabili” è probabile che avendo già una predisposizione possano rimanere per sempre operanti in loco. Quindi dobbiamo batterci sia per noi stessi che per le bellezze naturali d’Italia, prima vanto e attrazione turistica, ora deturpate da questi mostri che dovrebbero produrre energie “pulite” alternative e non distruttive del territorio, che pertanto pulite non sono. Siamo favorevoli alle energie alternative, ma sui tetti e tettoie di tutti gli edifici recenti, per l’autoconsumo, sopra i capannoni industriali, nei parcheggi, autostrade ecc., purché si eviti di sottrarre i terreni all’agricoltura e ai paesaggi ricchi di verde della nostra nazione.

Siamo stati tutti in prima linea nella lotta contro la “Pazzia del Nucleare”, e lo abbiamo fatto perché credevamo e crediamo davvero nella possibilità di produrre energia pulita per rispettare ambiente e paesaggio insieme, attraverso il fotovoltaico ubicato sui tantissimi tetti inutilizzati degli edifici recenti, ed è per questo che affermiamo che sarebbe un crimine continuare ad appioppare il falso nome di “energie pulite” al mega e medio eolico e al fotovoltaico nei campi e sui laghi con cui si vuole oggi distruggere la nostra nazione, l’Italia, il giardino bello del Mediterraneo con la cornice del suo incantevole mare, la più bella nazione del mondo culla di cultura e vita, da millenni! I principi fondanti delle richieste di questo gruppo: sono sintetizzati nel nome del gruppo stesso "Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi", e, alla luce dell'attuale tecnologia eolica falcidia uccelli e paesaggio, si aggiunga "e nel mare"; Pertanto:

-) Sì solo al fotovoltaico sui tetti di tutti gli edifici recenti – e sottolineiamo “recenti” per evitare di dare lo spiraglio ad altri disastri della Nazione da iper-sfavorire, dei suoi centri, palazzi e luoghi storici;

-) No al mega e medio eolico ovunque per il suo danno paesaggistico di portata chilometrica.

Il principio forte e nuovo, e più onnicomprensivo, che viene lanciato da questo comitato,  è la “DECEMENTIFICAZIONE”, che noi chiediamo per la nostra Nazione, la sua bonifica dal cemento, di cui questa mala della Green Economy Industriale è figlia (vedi basamenti di cemento di torri eoliche e pannelli nei campi), e quindi la sua rinaturalizzazione, in cui crediamo, e che vogliamo e che sappiamo, in coscienza e scienza, essere davvero fattore strategico per la nostra vita e crescita culturale umana ed economica! Di fronte alla noncuranza con cui taluni difendono il fotovoltaico industriale a terra, sebbene quasi tutti, sono persone più o meno direttamente collegate al nero business sottostante, ci chiediamo retoricamente “quanti hanno un’idea di come viene prodotto il cibo che tutti noi consumiamo”!? Solarizziamo pertanto tutti tetti gli sconfinati tetti degli edifici recenti, e solo dopo averlo fatto valutiamo cosa serve ancora all' Italia davvero, e vediamo un po' intorno a noi, solo allora, cosa offrono i vari “pifferai magici” per poi decidere con saggezza; la stessa saggezza di chi dirà si oggi solo al fotovoltaico sui tetti per salvare campi, mare e cielo, vita, nerezza paesaggio! Sui tetti delle brutture della modernità del cemento i pannelli fotovoltaici non possano peggiorare in alcun modo tali orrori, al più su questi edifici recenti i pannelli possono dare un tocco di estetica! Tutt'altro il discorso per edifici storici e centri storici dove ai normali pannelli occorre sostituire e pensare, se proprio anche lì dei privati vogliano ubicarvi impiantini solari, a soluzioni iper-integrate, innovative e di zero impatto estetico!

Alcune associazioni  falso-ambientaliste stanno tentando di favorire soluzioni miste tra fotovoltaico ed agricoltura, con serre fotovoltaiche, panelli sospesi ecc. che comunque sottraggono la risorsa “Sole”, al mondo vegetale e pertanto di dubbia efficacia e di conclamata dannosità paesaggistica, pur di favorire ancora la fotovoltaicizzazione ed iperelettrificazione speculativa dei campi, sulla cui nocività per innumerevoli fattori (dall’ uso dei diserbanti, ai campi elettromagnetiche, ai componenti nocivi dei pannelli, come per il Tellururo di Cadmio, l’Arseniuro di Gallio, ecc.) oggi colpevolmente da parte delle autorità pubbliche preposte (Asl, ARPA, ecc.) ancora non si indaga adeguatamente, con il grave rischio di avere tra qualche anno un’emergenza del tipo di quella “amianto” causata da una eccessiva superficialità iniziale!

Le stesse associazioni, mere scatole svuotate degli originari valori statutari ecologisti, si dicono, strumentalmente, “favorevoli all’ubicazione dei pannelli fotovoltaici in zone agricole”, che essi definiscono “degradate”! “Degradate” !? Ma non si deve assolutamente introdurre in queste logiche il concetto stesso di zone degradate!!! Sarebbe iper-sbagliato! Nelle cave, ad esempio, si facciano laghi, si piantino piante, si coltivi! Nelle aree degradate agricole, inquinate, cementificate, le si de-cementifichi, le si bonifichi dagli inquinanti e le si ri-naturalizzi! Le si rimboschisca, se si ha davvero a cuore i clima del globo, e soprattutto il microclima e la biodiversità! Le si facciano tornare campi e pascoli fertili e produttivi!

Le aree degradare dall'uomo ad hoc esistono già e si chiamano "zone industriali" preesistenti, e tante con tanti lotti inutilizzati ancora, o dismessi, e son pure già urbanisticamente infrastrutturate ad hoc per la sicurezza, e programmate non certo per viverci! I pannelli fotovoltaici vadano su tetti di tutti gli edifici recenti, migliaia di ettari inutilizzati e biologicamente morti, di nullo valore estetico! Solo dopo averli occupati ci metteremo a tavolino e decideremo cosa altro ci serve in termini energetici! E faremo eventualmente altre concessioni, come sistema Italia, ma intanto anche la tecnologia delle rinnovabili sarà avanzata, più efficiente e di minore impatto, rispetto a quella attuale di eolico e fotovoltaico, tecnologicamente disponibile sul mercato, e che siamo costretti ad affrontare! Il concetto di area degradata pro-fotovoltaico è pericoloso, pericolosissimo, si presta a mille invenzioni diaboliche da parte delle male lobbies di speculatori politico-imprenditoriali, scoraggia ogni futuro intervento di restauro paesaggistico, di cura del paesaggio che deve partire proprio dalle aree degradate e che deve essere il contributo che da noi tutti più deve giungere alla cultura amministrativa italiana, dove deve divenire pratica prioritaria!

Ed inoltre in un circolo vizioso, tale concetto porta a degradare strumentalmente aree oggi non tali, al fine di favorirvi la speculazione, quasi fisiologicamente “mafiosa”,  della Green Economy Industriale, fisiologicamente tale poiché fondata non sui doni della terra o del sole e del vento, ma sui nostri incentivi pubblici, e poiché depreda noi tutti non solo dei nostri denari, ma anche del nostro vitale habitat e del nostro paesaggio, il libro aperto al cielo della nostra storia ed identità, la scenografia della piacevolezza della nostra esistenza! Paesaggio che questa estesa mala distrugge incostituzionalmente ed immoralmente come nulla mai sin ad oggi nella storia umana, con rapidità ed estensità inaudite! Si deduce oggi dalle ultime normative  che: sono utilizzabili terreni da almeno 5 anni non coltivati per l’ubicazione dei pannelli nei campi per impianti industriali, cioè volti alla vendita dell’ energia”! Ma che significa?! Sono follie! Si vuole far passare per degradati terreni non coltivati da 5 anni almeno? Ma son proprio quelli i terreni più naturalmente fertili!! Ma si è smarrito ogni rapporto con la natura, con la scienza millenaria dell’agricoltura: sono i terreni a riposo, quelli più arricchiti di humus, quelli a più alto potenziale di fertilità! Si è dimenticato, nella pazzia speculativa dell’industrializzazione chimica dell’agricoltura che fa oggi massiccio uso di abbondanti, e anche nocivi, fertilizzanti chimici, concetti come il “riposo dei terreni”, le “rotazioni delle colture”, il “maggese”! I terreni "degradati" non esistono! E se esistono non devono esistere più!

Tutta la degenerazione del tessuto socio-politico ambientalista italiano si evince nella delittuosa scomparsa di qualsiasi politica di rimboschimento, e di riforestazione vera, estesa, partecipata e razionale dell’Italia, che dovrebbe essere la priorità di ogni impegno in favore del clima e del microclima e non solo, del suolo, della salubrità dell’ambiente, della biodiversità, del paesaggio e dell’economia silvo-agro-pastorale. Invece si concedono finanziamenti pubblici fortissimi per una speculazione, quella industrializzante del fotovoltaico a terra che desertifica artificialmente vetrificando migliaia di ettari ed ettari di territorio, depauperandone l’ humus vitale, cancellandone la biodiversità, ed estirpandone ogni cultura, anche persino della vite e dell’ olivo, delle blasfemie,  in nome di politiche di facciata contro i cosiddetti “surriscaldamenti climatici” ed il conseguente rischio di naturale desertificazione cui ampie zone dell’ Italia e del Mediterraneo sono sottoposte, come dichiarato dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite-ONU (si pensi solo ad esempio alla Puglia). Siamo al paradosso più totale ed umanamente intollerabile!   Ed è questa una denuncia forte che il comitato lancia affinché il mondo politico-amministrativo italiano ripercorra con decisone la strada dei rimboschimenti, come stanno facendo numerosi paesi europei e del mondo, dall’ Inghilterra alla Cina, abbandonando la mala strada innaturale e esecrabile della industrializzazione all’energia delle campagne!

Urge una rievangelizzazione alla cultura dell’ elementarità della natura della nostra società e di tutta la nostra presente e futura classe dirigente! Quella odierna, di destra sinistra e centro, ha fallito non solo davanti al popolo italiano, davanti alla costituzione che calpesta! Ha fallito il suo ruolo storico davanti alla Natura, e questo è gravissimo! Anche questa è una missione culturale, tra le missioni politiche-ambientaliste fondanti! Un impegno per la vita e per la bellezza della nostra sacra nazione Italia! le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolari.le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolariDa tutta Italia, come prima iniziativa del comitato, di fatto spontaneamente costituitosi intorno a questo gravissima deriva della nostra democrazia che la Green Economy Industriale odierna fortemente rappresenta, con il grave logorarsi conseguente ed il venir meno anche delle più elementari garanzie e del rispetto dei diritti dei cittadini e dei principi sanciti dalla Costituzione italiana, Si leva un appello forte al Governo e al Parlamento tutto perché intervengano facendo rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto, ed un appello ogni uomo politico italiano, di qualsiasi schieramento, perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!

Chiediamo il taglio  in maniera retroattiva di tutti gli incentivi pubblici per tutti gli impianti eolici e fotovoltaici già realizzati, di qualsiasi potenza, industriali, cioè destinati alla produzione di energia prioritariamente per la vendita e non per l’autoconsumo, e l’azzeramento del meccanismo mistificatorio e falso-ecologista dei “certificati verdi”, ma una tassazione permanente per tutti questi impianti per il danno immane che arrecano al Paese e alla qualità della vita dei cittadini, ovunque in rivolta contro questi orrori industriali ubicati sulle campagne, in mare e persino sui laghi! Una “tassa sul brutto” che scoraggi definitivamente e che renda economicamente del tutto sconvenienti ulteriori simili sfregi e tentativi speculativi ai danni del paesaggio italiano! In tutto il percorso autorizzativo degli impianti industriali da rinnovabili i cittadini, scientemente, nella maggior parte dei casi, non sono stati messi adeguatamente a conoscenza degli iter autorizzativi, né tantomeno dei progetti, della loro entità e dell’impatto sui luoghi e sulle economie locali. La mancanza di rispetto del diritto dei cittadini locali da parte delle amministrazioni, nel coinvolgimento  e nell’informazione, previsti a norma di legge per queste tipologie d’industrie, è vergognosa, soprattutto alla luce dei fatti ormai noti di errori grossolani di progettazione, falsità e di anomale omissioni e dimenticanze. Si tagli il finanziamento statale a questa frode assurda della Green Economy Industriale, che, strumentalizzando e calpestando al contempo l’ “ecologia”, grava pesantemente sui cittadini e sulle casse dello Stato, con bilanci da intere finanziarie, senza alcun beneficio per l’ambiente, ma anzi con innumerevoli danni ad esso ed al paesaggio italiano tutelato dalla Costituzione italiana, art. 9, tra i principi fondamentali. Un danno incalcolabile all’economia del Bel Paese fondata sul paesaggio attraverso il turismo! Una speculazione che inoltre disperde le ricchezze finanziarie statali, le volatilizza, poiché gran parte dei guadagni finiscono all’estero attraverso il coinvolgimento nelle proprietà di questi impianti di istituti bancari stranieri e ditte estere, con sistemi di scatole cinesi, che portano talvolta, o meglio spesso, a società off-shore con sede nei paradisi fiscali! Anche ed ancor più all’indomani del referendum contro il nucleare, con il quale gli italiani hanno espresso la volontà di favorire forme di produzione dell’energia davvero ecocompatibili e pulite, il fotovoltaico industriale che vetrifica e desertifica i campi, sottraendo spazio alle colture, ai pascoli e alla vita selvatica, ed il mega e medio eolico che falcidia i volatili e sfigura catastroficamente il paesaggio quotidiano di ognuno di noi, devono essere fermati, e sostituiti da una politica volta a favorire le produzioni di energia rinnovabile in forme davvero pulite, eticamente parlando ed ecologisticamente, che sostituiscano le forme industriali sopra accennate fisiologicamente di grave impatto ambientale: occorre favorire pertanto l’autoproduzione di energia del sole con pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici recenti, superfici queste biologicamente morte, inutilizzate, estesissime per centinai e centinaia di ettari; le ubicazioni su di esse dei pannelli capta sole hanno pertanto un impatto nullo ambientale ed estetico, con azzeramento del consumo di vivo suolo, e massimo rispetto del paesaggio e degli edifici, luoghi e centri storici. Si pensi alle enormi superfici dei capannoni industriali, di scuole, altri istituti, ospedali, caserme, uffici pubblici, condomini, civili abitazioni di epoca recente, parcheggi coperti, stazioni ecc. ecc. Non solo, in tal modo si aiutano direttamente i privati che installando i pannelli sui tetti di loro proprietà ne conseguono immediati sgravi in bolletta, senza più alcuna speculazione ai loro danni e ai danni delle casse dello Stato intero! Prima si inizi, con la politica dei piccoli passi, a solarizzare i tetti degli edifici recenti, all’indomani del recente referendum, rimandando alla fine di tale operazione, la valutazione di ulteriori strategie energetiche, dopo aver ponderato i virtuosi risultati così ottenuti dal paese in termini energetici!

Inoltre un appello a tutti gli enti preposti ai controlli sulle autorizzazioni rilasciate, a tappeto, si laddove per situazioni omertose o altro non vi siano esposti, sia laddove ci siano già esposti alla Magistratura per irregolarità, falsità ed omissioni! Autorizzazioni che devono essere revocate in autotutela a difesa dei cittadini vittime di tali soprusi e vengano riconosciuti i danni morali e materiali subiti. Si chiede al Governo una moratoria urgente per gli impianti industriali fotovoltaici a terra ed eolici, considerata la necessità di verificare le procedure adottate da Comuni e Province che in molti casi risulterebbero difformi e irregolari, e soprattutto al fine di impedire la catastrofica e generalizzata devastazione che la loro realizzazione comporterebbe per grandissime aree dell’intero paese, che verrebbero stuprate profondamente e snaturate senza neppure poter trovare precedenti storici oggi, per descriverne sensitivamente l’ immane portata! L’appello ad un impegno politico-trasversale forte per salvare, con l’economia di questo nostro Paese, forse per la prima volta nella sua storia, anche il paesaggio e la natura, che questi impianti falso-ecologisti, e dalle falsissime e artatamente gonfiate ricadute occupazionali, di eolico e fotovoltaico industriali, distruggono ignominiosamente! La crescente rete di persone incontratasi su facebook  costituirà un Comitato Nazionale legalmente riconosciuto che sia anche portavoce e cassa di risonanza forte di tutti e possa presentare delle mozioni ai responsabili dell’ambiente! Un comitato che nasce già dalla confluenza di tantissime realtà associative, e comitati locali e nazionali e di tantissimi cittadini italiani e non amanti del paese più bello del mondo! Vogliamo essere quanto più apartitici possibile, o pan-partitici, la lotta per la difesa del territorio è appena iniziata e chi condivide questo nostro approccio alla soluzione dei problemi di tipo ambientale è invitato ad iscriversi su facebook al link: “Comitato nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi” link: http://www.facebook.com/groups/192311587488270


Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio, della Salute e dei Diritti del Cittadino

Forum Ambiente e Salute del Grande Salento – Rete Apartitica

 
Di Redazione (del 22/04/2014 @ 16:51:43, in Comunicato Stampa, linkato 2578 volte)
Appuntamento con la letteratura, mercoledì 23 aprile 2014, ore 19.30 a Galatina(LE).  Marco Montemarano vincitore del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza 2013, presenta il suo romanzo La ricchezza, presso la Art and Ars Gallery, di Via Raimondello Orsini n.10.  Un incontro che nasce dall'esigenza di un confronto in linea diretta con un autore eclettico ed il suo romanzo, che  ha saputo cogliere gli aspetti più intimi di una generazione che voleva 'sognare'. L'ambiente è quello di una galleria di arte contemporanea, laddove è tangibile il senso del tempo in cui siamo, in un rapporto continuo tra le pagine del libro e la realtà dell'esistente. Dialoga con l'autore Paola Volante. L'evento è promosso dall'Associazione culturale il Mandorlo, in collaborazione con Art and Ars Gallery e libreria La Musa.  

Angela Beccarisi
Rappresentante legale
Associazione culturale il Mandorlo      

Info.  328.3890283

Note sull’autore e sul romanzo.

    Marco Montemarano è nato a Milano, cresciuto a Roma e vive da oltre 20 anni a Monaco. È scrittore, giornalista, traduttore e musicista. Il suo romanzo Acqua passata è tra i vincitori dell’edizione 2012 del concorso IoScrittore ed è stato pubblicato in e-book. I due album musicali Così sempre e The Art of Solo Guitar (RoBa/Zaraproduction) raccolgono sue composizioni per chitarra.

    La ricchezza - A quindici anni Fabrizio Pedrotti è già un gigante. A volte se ne sta in piedi in mezzo alla sua cameretta come se il suo corpo fosse un fantoccio ingiustificabile e lui non sapesse come disfarsene. È bello, è un leader. A scuola è attorniato da una folla di cortigiani, e il mondo gli si srotola ai piedi come un tappeto.
In un giorno del 1975, in un corridoio di un liceo romano, Fabrizio sceglie Giovanni come amico. Gli mette una mano in testa e lo elegge a suo scudiero. Poi lo ribattezza Hitchcock e lo accoglie nella cerchia più intima della sua famiglia.
Nel lussuoso appartamento dei Pedrotti, Giovanni-Hitchcock si muta nel testimone della vita dell’intero nucleo familiare. Riesce a scorgere il padre, un onorevole perennemente assente da casa, in una imbarazzante intimità; si rende subito conto della svagata cortesia ed estraneità della madre; stringe amicizia con Mario, il fratello minore di Fabrizio, un ragazzo gracile, un fantasma in pantofole che rasenta i muri aprendo e chiudendo in silenzio le porte; ha una relazione clandestina con la bella Maddalena, la sorella, una ragazza quasi adulta, coi ricci del colore di certe alghe marine; e infine apprende il lato nascosto, la zona d’ombra del rapporto tra Fabrizio e l’inerme fratello minore.
A volte Fabrizio sente un fremito tra il palato e la radice del naso, una specie di istinto a mordere. E allora lui, il gigante, tortura l’esile fratello minore, lo sveglia a morsi e lo sfinisce con il solletico. Finché Mario, che è in preda al panico al minimo tocco, smette quasi di dare segni di vita.
Al fianco dei Pedrotti, Giovanni abbraccia completamente l’identità di Hitchcock. Al punto tale che si convince persino di determinare la rovina e l’infausto destino di Fabrizio, Mario e Maddalena con un atto scriteriato e irresponsabile nell’acceso clima politico degli anni Settanta. Finché, con il trascorrere degli anni, e l’irrompere della maturità, la verità dei Pedrotti e  di Hitchcock, il loro scudiero, gli appare sotto una luce inaspettata e sorprendentemente diversa.
Con la sua scrittura asciutta e controllata, La ricchezza è un romanzo che narra dei ragazzi degli anni Settanta, di una generazione che ha consumato in fretta il proprio tempo nel sogno e nell’illusione, per esporre alcuni dei temi fondamentali della letteratura di ogni tempo: le grandi speranze e le fragili certezze della gioventù, l’impossibilità di accedere alle vite degli altri, gli inganni della memoria e dell’Io.

    Romanzo vincitore della prima edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza, «un premio che è un unicum in Italia».
Corriere della Sera

    «La fugacità della giovinezza, l’inganno della memoria e di un’identità ritenuta inattaccabile. Sono queste le tematiche di Montemarano, affrontate in uno stile portato all’essenzialità».
Paolo Di Stefano, Corriere della Sera

    «Un racconto asciutto e sagace di un pezzo della meglio gioventù dei tardi anni ’70, senza i drammi e le passioni di quei tempi turbolenti, ma capace di svelare il doppio registro dei ricordi».
Silvana Mazzocchi, La Repubblica

    «La ricchezza è un romanzo fitzgeraldiano con un testimone-protagonista che ci racconta la storia di un’età dell’oro che volge in caduta, un racconto in cui la bellezza fisica all’inizio seduce ma col passare del tempo più spesso isola».
Michele De Mieri, Domenica (il Sole 24 Ore)

    «Montemarano si riappropria del passato con sicurezza e sembra dirci a ogni pagina che lavorare sulla costruzione della propria identità è una fatica infinita e si corre il rischio di mettere in crisi il principio di realtà».
Brunella Schisa, Il Venerdì di Repubblica

 
Di Antonio Mellone (del 13/08/2019 @ 16:50:01, in Fetta di Mellone, linkato 1356 volte)

C’è chi ha le fette di prosciutto, chi lenti di salame, e chi invece ostenta filtri in materiale così variegato che non basterebbero a spiegarne la composizione tutti gli elementi della tavola periodica, specie lo stronzio. Confesso che su certe materie, come quella della quale vi parlerò questa volta, io, sempre sugli occhi, ho le fette di Mellone.

Ebbene sì, quando parlo di musica organistica e dunque di organi a canne e organisti non riesco proprio a essere vergin di (servo?) encomio, né invero di (codardo?) oltraggio all’indirizzo di chi, questi organi a canne, li considera alla stessa stregua di un mobile di arredamento, un pezzo da museo (cioè da cimitero per cose che hanno perso la loro casa naturale), se non un ingombro anacronistico o addirittura un centro di costo. Non così, per dire, un Dante Alighieri che nella Commedia ne parla nel Purgatorio (canto IX - 144), e ovviamente anche nel Paradiso (canto XVII – 44).

Per fortuna, qui in provincia di Lecce, da qualche anno a questa parte, c’è un bel gruppo di Leoni da tastiera che, navigando controvento, son riusciti a dare fiato alle trombe, anzi alle canne di un bel po’ di organi installati, alcuni da secoli, nelle chiese salentine.   

Attenzione, precisiamo: questa volta Leoni da tastiera non sono gli analfabeti funzionali che sui social capiscono fischi per fiaschi, o i famosi troll che dietro l’anonimato ne dicono di cotte e di crude, o gli estensori di post senza capo né coda, o the giornalisti copia-incollatori di comunicati-stampa, o i dispensatori di insulti o minacce a fronte di una critica, o Dio non voglia di un pezzo satirico. Nossignore: Leoni da tastiera in questo caso sono degli artisti che, per la gioia dei melomani (e dei mellomani), in consolle, sanno metter mano su tastiere, pedaliere, staffe, pistoni e comandi di registro, dando voce e colore a spartiti musicali, dai classici agli inediti, in una combinazione prodigiosa di suoni soavi e impetuosi, funesti e lieti, delicati e potenti.

Non vorrei qui fare la mia solita figuraccia omettendo la citazione di nomi magari non meno importanti di questi, ma tra i Leoni da tastiera non posso non menzionare il direttore artistico del Festival Organistico del Salento (attualmente in corso), M° Francesco Scarcella, come pure il M° Leonardo Antonio Di Chiara, e un altro grande, il M° Antonio Rizzato (di cui feci pure cenno in un mio pezzo, andato poi a finire nel 2015 in un bel libro di AA.VV. delle edizioni Del Grifo sui 400 anni del complesso monumentale francescano lequilese). Questi e per fortuna tanti altri Leoni coraggiosi, sognatori resistenti e rivoluzionari gentili concerto dopo concerto stanno dando il LA a un vero e proprio bradisismo positivo, un processo di trasformazione sistematica delle nostre comunità. Sì, perché un concerto d’organo è esercizio di benessere personale e collettivo; è pratica etica e politica per tutti; è senso di appartenenza; è sviluppo di immaginari secondo gusto, sensibilità, curiosità intellettuale, e soprattutto capacità di ascolto.

Su argomenti come questo c’è ancora molta strada da fare nella nostra terra, spesso distratta dallo sviluppismo tutto orgia di spreco, cemento, veleno, lido e discoteca. Qui c’è da promuovere, dopo i mulini e i forni, anche gli organi a canne di comunità; c’è da riscoprirli, tutelarli, restaurarli dove richiesto, ma soprattutto utilizzarli. Molte chiese purtroppo dimenticano di avere queste fenomenali orchestre per unico esecutore a portata di mano, simbolo di regalità e raffinatezza: onde “scordare” ha più significati, purtroppo tutti negativi. Eppure parroci e sindaci (e popolo) dovrebbero sapere che l’organo teme polvere, ragnatele, insetti, e a volte anche topi ed escrementi di volatili, e che dunque una suonata al giorno toglie l’organaro di torno. Ma il peggior nemico di questi strumenti liturgici e da concerto (ma è tutta sacra, qualunque musica) si chiama sciatteria.

Mi auguro che dopo questa “Aria sulla quarta fetta” sia chiara una volta per tutte la differenza sostanziale tra Leoni e leoni da tastiera: i primi prediligono Bach; gli altri i baccalà.  

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/09/2019 @ 16:46:04, in I Beni Culturali, linkato 1835 volte)

Giornata di sole e l’ora giusta per notare come una nuova luce possa cambiare l’immutabile scenario del muro di cinta di ciò che resta dello Stabilimento Brandy Galluccio, sull’ultima curva all’ingresso di Noha. Oggi, ore 12,00, con il taglio dell’erba appena eseguito, un bellissimo cespuglio di fiori si erge solenne sui resti del monte calcareo che regge le mura degli uffici del vecchio complesso.

Sono bocche di leone, dice Maria Rosaria, cresciute in un piccolissimo strato di terra dove non crescerebbe nemmeno l’erba.

Uno spettacolo che mi colpisce all’istante, e un attimo dopo sono davanti a questo altare rinnovato che si erge con imponenza, quasi a voler chiedere rispetto per questo luogo di preghiera perenne scelto duemila anni fa dai nostri antenati. Sì, sembra proprio un altare.

Approfitto del ciglio della strada ripulito e della luminosità abbagliante per osservare lentamente, come già fatto decine di volte, quel tratto di muro costruito agli inizi del secolo scorso, senza scavi, poggiando semplicemente le pietre di fondamenta sul monte calcareo e quindi sugli antichi e numerosi sepolcri messapici. Non sappiamo se chi ha costruito quel muro sapeva della presenza dei sepolcri, ma hanno fatto bene a non distruggerli, come purtroppo è stato fatto durante i lavori di ristrutturazione della via di Noha, una volta denominata via S. Lucia. (L’Osservatore Nohano -  07 gennaio 2008 - n°10 Anno I)

In questa favorevole condizione, altre tombe risaltano alla vista, ne ho contate almeno dieci. Sono tracce di colori, di incisioni e forme quasi inconfondibili. E questo soltanto sul profilo tagliato per tracciare la strada. Possiamo immaginare come tutto quel tratto di promontorio sia stato una vera e propria necropoli dei nostri antenati di circa duemila anni fa.

Dieci tombe, dieci persone, non ci è dato di sapere se uomini o donne, se soldati o sacerdoti, se bambini e vecchi. Pochi sono i resti venuti alla luce e, come sappiamo, almeno quelli ritrovati negli anni ’50 dello scorso secolo sono andati persi. Persi nel nulla di questa epoca che non rispetta la vita, tantomeno la storia.

A che serve continuare a dire che i beni culturali di Noha sono i testimoni di una bellissima storia, la nostra. Se poi tutto viene lasciato andare nel degrado più assoluto, se non addirittura distrutto come sta accadendo allo stesso testimone di archeologia industriale tutta ancora da scoprire. Il nuovo cartello indicante la proprietà privata, sembra quasi voler imporre a tutti la sua arroganza.

Così funziona nel nostro paese da un bel po’ di decenni.

No, non può bastare che la Soprintendenza abbia posto un vincolo di rispetto per questi sepolcri, altari, guglie, camini, e mura ancora “vivi”. Sono beni che ci implorano solo un po’ di rispetto e, se possibile, un pizzico di riverenza: come si deve a chi ha superato le barriere del tempo, ma non ancora quelle della stupida tracotanza di chi calpesta perfino la bellezza gratuita.

Su questa parte di roccia affiorante, si possono notare le parti concave, tracce di due sepolcri attigui,  tinte dello stesso colore delle altre tombe messapiche.

Queste sono le tracce delle due tombe messapiche riportate nelle tre edizioni del libro “La storia di Noha” di P. Francesco D’Acquarica, scoperte durante i lavori di sistemazione della via di Noha negli anni ’50 del secolo scorso.

 

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 18/11/2016 @ 16:41:17, in Comunicato Stampa, linkato 1783 volte)

Serata in ricordo di e per l’Artista libero e generoso,Partigiano di tutta la Natura

sabato 19 novembre 2016
ore 18,00 - sala Contaldo Palazzo della Cultura - Galatina (Le)

Pensieri, riflessioni e ricordi di amici e compagni di lotta di Tonino che hanno conosciuto la sua appassionata difesa e profondo amore per la natura, il territorio salentino e per la giustizia sociale ed hanno avuto la fortuna di incontrare il suo libero pensiero.
Con il contributo letterario di Giovanni Di Francesco autore del libro “Il Salento uccide”, testo che sarà distribuito ai presenti.
Allestimento spontaneo in esposizione delle opere artistiche di Tonino, o a lui dedicate.
Per la serata sarà lanciata la proposta di dedica della Quercia Vallonea di Galatina e uno spazio del Museo Civico “Pietro Cavoti” a Tonino Baldari.
Saranno presenti i ragazzi e le ragazze del Giornalino L’Homotestuale che dedicheranno la lettura di un componimento poetico sulla quercia Vallonea.

 
Di Albino Campa (del 15/08/2011 @ 16:39:43, in NohaBlog, linkato 2797 volte)
Entro in biblioteca. Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima. Ma mi preme sollevare una questione. C’è un signore che mi ha sempre suscitato un po’ di curiosità. Un signore distinto, dall’aria abbastanza saccente, che se ne sta sempre, almeno io l’ho trovato sempre dietro una scrivania a sfogliare libri e riviste. Ovviamente non si può conoscere la sua identità, perché non porta il cartellino, così come non lo portano gli altri operatori che gironzolano nella biblioteca.

Mi sarò chiesto più volte: “Sarà un pezzo grosso, qui dentro, uno che conosce il catalogo a memoria, uno che avrà molto da raccontare”. Un affezionato, immagino, che ogni mattina si dirige in biblioteca, assume la sua postazione e se ne sta tutto il giorno a rodere le pagine di vecchi libri. No, sicuramente non un impiegato comunale. Non riceve mica uno stipendio, no.

E il dubbio me lo levo quella mattina di fine luglio. La giovane operatrice è impegnata con un signore, forse un ricercatore, che chiede di un documento. Il signore distinto si fa in quattro da dietro la sua scrivania per fornire indicazioni all’operatrice, d’altronde sembra avere la faccia da intenditore, lui.

Intanto è da un bel po’ che io, che non sono nessuno, aspetto come un fesso che mi sia concesso il prestito. Aspetto cinque minuti: l’operatrice torna con un pezzo di carta ingiallito tra le mani e lo passa al ricercatore. Aspetto dieci minuti, il tempo che l’operatrice registri il ricercatore per permettergli la consultazione del documento. Aspetto quindici minuti: il ricercatore chiede all’operatrice copia del documento, ma ella gli rammenta che procedura vuole che la fornitura della copia debba essere preceduta da richiesta scritta.

Io intanto aspetto. Sì, sono sempre lì con i miei libri in mano, ritto come un fesso tra signore che sfoglia libro dietro scrivania e operatrice che ricorda procedura a ricercatore ansimante. Al che spazientito chiedo con cortesia al signore che se ne sta dietro la scrivania se per caso può farmi il prestito e lui con aria infastidita mi risponde: “Aspetti che finisca la signorina”. Va bene, paziento, d’altronde quello è il signore che viene qui per passarsi il tempo, mica è un impiegato comunale, mica può rubare il lavoro alla ragazza.

Poi mi innervosisco quando il signore, con aria saccente, chiede alla operatrice cosa stia succedendo – allora io penso, “ma di cosa si immischia?” – e invita il ricercatore a venire da lui, presso la sua scrivania, ignorando la signorina che rammenta l’esistenza di una procedura. Poi il signore panciuto si solleva dalla sedia – dico che mi ha fatto una tale impressione vederlo in piedi – e si mette a fare copia del documento ingiallito, che chissà quanti anni avesse stropicciato com’era.

“Al diavolo la procedura”, penso io imbestialito. “A ‘sto tizio o non gli va di fare nulla, ma dal momento che si è sacrificato per il ricercatore questa mia osservazione non può essere veritiera, oppure non ritiene di dover perdere tempo dietro a poco gratificanti prestiti a per niente rilevanti giovani”.  La seconda, la accendo. 

Michele Stursi

 
Di Redazione (del 29/01/2022 @ 16:37:31, in Comunicato Stampa, linkato 451 volte)

Nella notte tra Sabato 29 e Domenica 30 gennaio 2022, alle 00:10, la Basilica di Santa Caterina ed i suoi splendidi affreschi verranno raccontati all'interno della trasmissione televisiva "STORIE – I racconti della settimana", su RAI2, condotta da Maria Concetta Maffei.

Continuiamo a valorizzare la bellezza della nostra Città, con il piacere di condividere con la comunità un servizio di circa sette minuti in cui Angela Beccarisi, con la riconosciuta competenza, ci guiderà in un percorso tra parola ed immagine.

L'ora è tarda, ma ne varrà la pena.

Come ha scritto Dante Maffia nel suo libro "Galatina un sogno d'amore" (Terre d'ulivi Edizioni);

 

𝓐 𝓖𝓪𝓵𝓪𝓽𝓲𝓷𝓪

𝓷𝓸𝓽𝓽𝓲 𝓭𝓲 𝓼𝓸𝓰𝓷𝓲 𝓪𝓹𝓮𝓻𝓽𝓲.

𝓢𝓲 𝓼𝓮𝓷𝓽𝓮 𝓲𝓵 𝓯𝓲𝓪𝓽𝓸.

 

Nico Mauro

Assessore al turismo

 
Di Albino Campa (del 15/11/2006 @ 16:35:26, in NohaBlog, linkato 3778 volte)
La cultura è una priorità per il nostro sito. I libri sono il fondamento della cultura. Nell'articolo che segue, a firma di Antonio Mellone, pubblicato su <il Galatino> n. 19, anno XXXIX, del 10/11/2006, viene recensito il recente libro di Mons. Paolo Ricciardi: <Santi nostri e feste>, edizioni Editrice Salentina, Galatina, 2006
“Santi nostri e feste”
Conosciamo don Paolo Ricciardi (forse egli non si ricorda più di noi) da una trentina d’anni. Eravamo poco più che imberbi ragazzini e don Paolo, idruntino, forse sin da allora Monsignore, Canonico del Capitolo della Cattedrale di Otranto, veniva sovente a Noha (in quell’epoca di pertinenza della diocesi di Nardò), su invito di don Donato Mellone, parroco pro-tempore, a predicare in occasione di circostanze particolari, come potevano essere le novene, i tridui, le quaresime, le feste e le altre solennità di Santa Romana Chiesa. Noi vestivamo in quelle occasioni insigni la cotta bianca e la veste rossa dei chierichetti e, curiosi come eravamo, o prima o dopo la Messa, chiedevamo a quel simpatico sacerdote-predicatore notizie, informazioni ed altre curiosità sulla celebrazione o sul Santo del quale ricorreva la festa. Don Paolo si soffermava volentieri e con semplicità a conferire con noi spiegandoci il senso di quelle cerimonie e raccontandoci a volte anche qualche aneddoto… Ci troviamo ora per le mani, quale gradito dono, ricevuto per corrispondenza dallo stesso autore mons. Ricciardi, un voluminoso libro dal titolo: “Santi nostri e feste”, e con sottotitolo “Vicende di Chiese e conventi nell’Arcidiocesi di Otranto”.
Il tomo, dalla bella veste tipografica, edito a Galatina dalla Editrice Salentina, è fresco di stampa (agosto 2006) e come tutti i libri nuovi (ma anche vecchi) profuma. Profumano quelle 557 pagine di ricerche sulla pietà popolare di Terra d’Otranto; ma a latere di quelle omelie o panegirici profondi, e di quei racconti, ti par di sentire la fragranza, il profumo di un Natale o di una Pasqua o di una delle feste patronali che nel nostro Salento brillano di ininterrotte luminarie: quasi ti par di rivedere quelle gallerie barocche di luce, passerelle festose di processioni di Madonne e Santi miracolosi. Il manuale-enciclopedia è strutturato in quattro parti: nella prima, fondamentali sono le spiegazioni dell’anno liturgico, dei giorni del calendario cattolico, del concetto di Santità e Martirio e delle processioni; nella seconda parte, in ordine alfabetico si tratta delle feste dei Santi; nella parte terza si analizzano le feste mariane; nella quarta sezione si esaminano da ultimo le feste del Signore. Preziose sono le appendici, frutto di minuziose e faticose indagini, che in tre prospetti schematici e ben fatti rilevano le chiese ed i conventi dell’arcidiocesi di Otranto. Facilitano molto la consultazione dell’opera, posti in appendice, gli indici dei luoghi, dei nomi, delle chiese e dei conventi, e soprattutto quello delle celebrazioni secondo il calendario civile. Insomma siamo di fronte ad un bel lavoro pronto per la consultazione dello studioso, del sacerdote, del cristiano, ma anche del laico o di chi è semplicemente curioso di fatti e di pensieri di ieri e di oggi.
A proposito di questi fatti, nel libro vengono raccontati, tra l’altro, episodi di miracoli avvenuti nel nostro Salento, alcuni registrati da altre pubblicazioni, altri rinvenuti di prima mano negli archivi parrocchiali, che da sempre sono preziosi scrigni di notizie, di dati e a volte di sorprese. Non mancano nel volume del Ricciardi numerose altre informazioni: sicché si trovano inni e canti al Santo di turno, riportati in latino ed in italiano, responsori, salmi e altre preghiere, ma anche descrizioni particolareggiate di chiese e santuari, documenti, narrazioni di eventi storici, citazioni di epigrafi, discorsi commemorativi, lettere, atti pubblici, e via di seguito. Aggiungiamo qui, per inciso, che il nostro campanilismo ci ha portato a ricercare nel suddetto testo dati e notizie su Noha, citata in più di una pagina. Tuttavia non ci è parso di scorgere il racconto di un accadimento straordinario: quello di un miracolo compiuto da San Michele Arcangelo in data 20 marzo 1740, allorché il patrono di Noha, dopo che il di lui simulacro in cartapesta ebbe “da se stesso tirato il velo che lo copriva”, sedò un tremendo uragano, minaccia reale a cose e persone [questo episodio si rileva in un manoscritto straordinario di un prelato del tempo, tale don Felice de Magistris, che trovasi allegato a pagina 36 del registro dei battezzati, nella sezione del mese di marzo di quell’anno, scoperto qualche decennio fa dal nostro concittadino P. Francesco D’Acquarica. L’evento di Noha non avrebbe sfigurato in questo studio, anche se sappiamo bene che per forza di cose quando si scrive una cernita bisogna pur fare. Per quanto ovvio, codesti marginali “omissis” nulla tolgono alla preziosità della monumentale ricerca e al merito dell’autore, verso il quale nutriamo gratitudine: per i discorsi di allora, e per il libro di oggi che ci ha fatto ritornare alla mente il tempo che fu. È come se quei dialoghi, o quelle spiegazioni o insegnamenti che trenta anni fa potevano essere diretti verso più o meno distratti o immaturi ragazzini (a volte intenti a giocare nascosti dietro l’altare se non proprio a schiacciare un pisolino nel corso della “predica”) oggi vengano rivolti, in maniera scientifica e sistematica, a chi finalmente crede che non si possa né sfuggire, né dormire di fronte alla voglia di imparare.

Antonio Mellone

 
 
 
Di Antonio Mellone (del 21/10/2018 @ 16:34:48, in NohaBlog, linkato 1625 volte)

Ci sono settimane in cui la congiunzione astrale (ovviamente non ci credo) ti permette di riuscire a far tutto: oltre al resto, leggere un libro, andare al cinema, frequentare un teatro e scrivere un pezzo per i tuoi quattro lettori tendenti a uno.  

La scorsa settimana, per esempio, non solo ho partecipato al sublime spettacolo teatrale su Giulio Cesare Vanini: “Il più bello e il più maligno spirito”, a cura della compagnia Alibi presso Levèra di Noha (lasciatemelo dire: uno tra i circoli culturali più attivi del Salento, che dico, di Puglia) e visto al cinema il mirabile remake “A star is born”, con Bradley Cooper e Lady GaGa, ma ho letto d’un fiato anche tre libri.

Certo, non sto parlando di tre dei sette ponderosi tomi della Recherche di Proust, per quelli ci avrei impiegato un po’ di più, ma di tre volumi meno inabbordabili ancora caldi di torchio, come “Il giro dell’oca” di Erri De Luca (di questo autore non riesco proprio ad attendere le edizioni economiche, questa volta di Feltrinelli), “So che un giorno tornerai” di Luca Bianchini (chiedo venia, ma come diceva quello semel in anno…), ma soprattutto “Il patto sporco” con Nino Di Matteo a cura di Saverio Lodato (Chiarelettere).

Vorrei soffermarmi un attimo su quest’ultimo scorrevolissimo trattato, di cui consiglio vivamente la lettura. Come qualcuno di voi sa, benché giornali e tv abbiano dato la notizia un po’ sottotono, il 20 aprile 2018 la Corte d’assise di Palermo ha pronunciato una sentenza di condanna (in primo grado) alla fine del lungo processo sulla Trattativa. Nonostante anni di delegittimazioni, silenzi, depistaggi, derisioni, intimidazioni e mistificazioni contro Nino Di Matteo e gli altri inquirenti da parte di tanti buoni a nulla ma capaci di tutto, inclusi politici, istituzioni, giornalisti e (addirittura) magistrati, si è giunti finalmente a un primo importante verdetto giudiziario, con il quale, motivate in 5.252 pagine, si infliggono pene a mafiosi ma anche a uomini dello Stato. Ora spero che una buona volta si riesca a capire il fatto che gli esponenti delle istituzioni non erano accusati per il fatto di aver “trattato” (nessuno infatti era imputato per questo), ma per il reato di “minaccia a corpo politico dello Stato”: insomma i mafiosi, di aver minacciato quei governi, eseguendo stragi (a Roma, Milano e Firenze, e prima ancora a Capaci e a Palermo) e consumando minacce accompagnate da richieste e papelli volti a influenzare le decisioni degli organi dello Stato; gli uomini delle istituzioni, per il medesimo reato ma a titolo di concorso.

Non è stata ancora scritta la parola Fine a questa storia tremenda: si è solo usciti da un pantano insidiosissimo, e il cammino è ancora lungo. Ma nell’attesa della verità definitiva, mi sia permesso di sentirmi un pizzico orgoglioso per aver partecipato insieme ad altri alla manifestazione del 14 novembre 2015 in piazza Santi Apostoli a Roma al fine di rompere il muro di omertà e vigliaccherie intorno alla figura del magistrato Nino di Matteo; come sono altrettanto orgoglioso per la dedica vergata da Salvatore Borsellino sul libro “Paolo Borsellino e l’agenda rossa”, donatomi dallo stesso fratello di Paolo circa un anno fa. Anche questo, perché no, mi sprona ad andare avanti e a non smettere di scrivere parole, benché contrarie o critiche o addirittura satiriche contro ogni forma di bullismo ecologico, politico o di qualsiasi altro genere.

*

La cultura è importante (e, come canta Mino De Santis, “è pesante”). Se tralasci i libri e il teatro e il cinema, e passi il fine settimana magari al centro commerciale o alle solite “mangiate”, rischi di fare la fine di certe sciagure definite Politici che pensano che un volume sia solo l’effetto dei decibel, parlano a vanvera anche di argomenti che non conoscono, e si esprimono come si esprimono. Perfino nei comunicati-stampa (scripta manent) che giornalisti dotati di grande sense of humour, e giustamente spietati, si divertono a pubblicare “verbatim” (parola per parola) sui propri blog, senza dunque correggerne gli smodati e tuttavia esilaranti strafalcioni.

Qualcun altro, poveretto, non coglie ancora il fatto drammatico che continuare a esibire il potere perduto è come cercare di mettersi le mani in tasca non sapendo, come il re della fiaba, di essere completamente nudo.

Dicono che sono molto chiaro nelle mie esposizioni e che, nonostante tutto, non mi do mai per vinto.

Ebbene sì, lo riconosco: mi spiego ma non mi spezzo.

Antonio Mellone  

 
Di Albino Campa (del 24/01/2007 @ 16:31:07, in PhotoGallery, linkato 3338 volte)
Inserita nuova  Photogallery:
 
  1. Noha dall'alto
Le foto qui riprodotte sono tutte contenute in grande formato (e presentate per la prima volta in assoluto) nel poderoso libro "Noha. Storia, Arte e Leggenda" di Francesco D'Acquarica e Antonio Mellone, Infolito Group, Milano, 2006.  Le foto sono state scattate il 2 ottobre 2005 da Giuseppe Rizzo di Noha, ospitato nell'abitacolo di un Tucano, aereo ultraleggero partito in volo da Ugento e pilotato da Antonio Salamina di Maglie.
Sono benvenuti, come sempre, i commenti e le considerazioni degli amici internauti.
 
Di Antonio Mellone (del 31/12/2017 @ 16:27:34, in NohaBlog, linkato 1429 volte)

Le amenità della Convenzione (ovvero Circonvenzione di incapace) firmata tra Pantacom srl (quella del centro commerciale di 25 ettari di cemento in mezzo alla campagna) e il Comune di Galatina non finiscono mai di stupire.

In un altro brano del poema omerico troviamo quanto segue: “Gli obblighi assunti dalla società con la presente Convenzione vengono personalmente garantiti dall’Amministratore unico e legale rappresentante, sino al rilascio della polizza fideiussoria a prima richiesta di 80.000,00 euro (euro ottantamila/zero zero) rilasciata da primaria banca o compagnia assicurativa”.

Poffarbacco, per non dire mej cojoni.

Ora, un Cittadino degno di questa dignità subito chiederebbe ai suoi rappresentanti politici: “Scusate tanto: ma chi sarebbe codesto legale rappresentante? E che valore ha una firma di garanzia personale da parte dell’amministratore della Pantacom, soprattutto in termini monetari, patrimoniali, finanziari, oltre che dialettici? E - se non chiedo troppo - da quando in qua in un contratto con gli enti pubblici basta la parola? [Che con molte probabilità è Falqui o altro lassativo similare?, ndr.]. E ammesso e non concesso che la Srl riuscisse ad ottenere una fideiussione di 80.000 euro, cosa si riuscirebbe a garantire con soli 80.000 euro, pari ad una percentuale risibile [eufemismo, ndr.] delle spese da sostenere per i lavori di pubblico disinteresse, tipo le famose tre grandi rotatorie [tra le poche opere Diciamo Pubbliche superstiti, visto che il famoso parco verde di cinque ettari è sfumato come il vino bianco sulle scaloppine, ndr.]?”

Questo, in un paese normale. A Galatina, invece, nessuno chiede e nessuno risponde. Un classico.

Oltretutto con “80.000,00 euro di fideiussione a prima richiesta rilasciata da primaria banca o assicurazione” non si riuscirebbe a garantire nemmeno il costo di una ruspa di seconda mano pronta a sbancare campo Cascioni, ma nemmeno le fondamenta del primo capannone o il carburante per l’inizio dei lavori, figuriamoci a risarcire il Comune di Galatina a fronte di "eventuali danni derivanti dal mancato rispetto dei termini della Convenzione” [che a questo punto sarebbe d’uopo chiamare più precisamente Convinzione, ndr.].

*

Sempre a proposito di garanzie, ricordo che nella Conferenza dei Servizi che ebbe luogo a Bari a metà aprile 2014, si convenne in qualche modo su di un’altra assicurazione, quella di un milione di euro (un-mi-lio-ne-di-eu-ro-si-gno-ra-mia) da trovare entro il 31 gennaio 2015 (anno di venerata memoria). Ma anche di quella garanzia a favore del Comune, scritta con inchiostro simpatico nel libro dei sogni [come i 200, quasi 300 posti di lavoro che verranno creati, più o meno come quelli di Tap, al tempo delle calende grike, cioè ai tempi di Calenda, grande sinistro dello sviluppo economico, ndr.], non si seppe più nulla. Prescritta. Sedotta. Abbandonata.

Ormai, in queste contrade, “garanzia” è diventata un lemma così anacronistico, bisbetico, eteroclito che a Galatina pensano subito all’avviso di.

Dunque meglio evitarla come la peste bubbonica.

Nel frattempo concediamo pure l’ennesima proroga a Pantacom (tema principale della prossima ventura Conferenza dei Servizi rinviata, pure questa, al 12 gennaio prossimo venturo), giacché secondo i cosiddetti politici locali “la società ha tutto il diritto di richiederla” visto che investirà venti milioni di euro (fonte: il solito Quotidiano di Caltagirone), mentre il Comune evidentemente non ne ha alcuno di opporvisi [sembra brutto nei confronti di certi colonizzatori forestieri, ndr.].

E così mentre altrove si richiedono garanzie reali “soddisfatti o rimborsati”, nelle nostre contrade ci accontentiamo delle solite garanzie sopraffatti o rimbambiti.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 29/10/2022 @ 16:17:01, in Comunicato Stampa, linkato 321 volte)

Domenica 30 ottobre prende il via" Arte in vers i" rassegna di scritture e sperimentazioni visive, nata dalla collaborazione tra Fiordilibro e Art Lab Second Light dell’artista Corrima - Corrado Marra. Sarà Antonella Caputo ad inaugurarla alle ore 19:00 in via Umberto I, 17 a Galatina,  presentando "Quando saremo grandi " il suo nuovo romanzo per Les Flauneurs edizioni. Romanzo generazionale vero come la vita e avvincente. Un inno all’amicizia che scava nelle faglie di una generazione che, dal “muretto” dell’adolescenza, si ritrova alla soglia dei trent’anni, alle prese con la ricerca di sé stessa e delle difficili scelte che ognuno dei protagonisti dovrà affrontare.

Antonella Caputo bresciana per nascita, salentina per natura, insegnante per missione, secondo le sue definizioni, scrive da sempre, molti suoi racconti sono inseriti in antologie ed alcuni hanno conseguito premi a concorsi letterari nazionali. Nel 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo "Senza biglietto di ritorno" per Italic Pequod
Dialogano con l'autrice Nico Mauro e  Mariateresa Funtò.

Introduce Davide Miceli Consigliere Comunale delegato alla Cultura

Art Lab Second Light è uno spazio socio-culturale dedicato all'espressione e alla sperimentazione. Il nome “Second Light” riflette l’obiettivo del laboratorio di offrire un fulcro luminoso, sia in senso letterale che figurato, per la comunità, portando nuova linfa al centro storico di Galatina, con il coinvolgimento delle future generazioni.

Emilia Frassanito

 

 

Fiordilibro, nell’ambito delle manifestazioni natalizie promosse dall’Amministrazione comunale e denominate  “ Natale in tutti i sensi”, presenta il 2 gennaio alle ore 19:00 presso la Sala Contaldo del Palazzo della Cultura a Galatina, il libro di Volfango de Biasi e Francesco Trento Crazy for Football per Longanesi editore.

" Mentre tra invasioni di campo, scontri tra ultras e polemiche il resto del mondo è malato di calcio, da qualche parte c'è anche chi di calcio guarisce....." Con noi a raccontarci - Crazy For Football- uno degli autori, il regista, sceneggiatore e scrittore  Volganfo De Biasi. Il libro è ispirato all'omonimo film prodotto da Skydancers e Rai Cinema, vincitore del David di Donatello come Miglior Documentario 2017 e Menzione speciale ai Nastri d'Argento. Accanto all’autore, dopo il saluto del sindaco Marcello Amante e dell’Ass. re alla Cultura Cristina Dettù, a parlare di storie appassionanti, sfide vecchie e nuove, di calcio, solidarietà e tanto altro ancora, ci saranno Luigi De Prete , Presidente della Fondazione Progetto Itaca Lecce, Niccolò Donna responsabile Ufficio Studi FIGC Roma, coordinerà l’incontro la giornalista e scrittrice  Silvia Famularo.

Volfango De Biasi regista e sceneggiatore ha scritto e diretto vari documentari, tra cui Matti per il calcio nel (2004), Solo amore ( 2008), Crazy for football (2017). Nel 2010 ha firmato con Francesco Trento, Gianni Romoli e Aureliano Amadei la sceneggiatura del pluripremiato 20 sigarette. Autore di pellicole di successo come i due “biglietti d’oro” Colpi di fulmine ( 2012) e Colpi di fortuna ( 2013), ha diretto film campioni  d’incassi tra cui Come tu mi vuoi  con Nicolas Vaporidis e Cristiana Capotondi, e la trilogia, Un Natale stupefacente (2014), Natale con Boss (2015 candidato ai Nastri d’Argento)e Natale a Londra (2016) con Lillo e Greg. Attualmente sta girando Nessuno come noi tratto dall’omonimo libro di Luca Bianchini. Questo è il suo terzo libro.

Libreria Fiordilibro

 
Di Marcello D'Acquarica (del 30/04/2017 @ 16:13:59, in NohaBlog, linkato 2186 volte)

Martedì 25 aprile, giorno della Liberazione, Loredana Tundo, Direttore provinciale dell’Acli, vice presidente del neo nato laboratorio locale di FareAmbiente Laboratorio di Galatina e segretaria dell’Associazione calcistica di Noha, madre responsabile, sennonché amica carissima, mi ha invitato a fare da “mentore” per parlare dei Beni Culturali di Noha, durante la passeggiata organizzata in onore della nostra squadra di calcio. Non me lo sono fatto dire due volte. Guai a chiedermi di esprimere la mia opinione su NOHA (vi ricordo che abbiamo già appurato che il suo vero nome è Nove). Non mi ferma più nessuno. Molto probabilmente ho anche annoiato gli sfortunati partecipanti alla manifestazione che spesso mi hanno dovuto “strappare” via la voce, visto che non avevo nemmeno un microfono. Quello di parlare tanto su Noha e della sua bellezza è un difetto che proprio non riesco a correggere. Non me ne vogliamo gli ospiti che erano presenti alla manifestazione.

Quindi otre alle tante notizie che ho menzionato durante il percorso, ho fatto notare ai presenti, fra cui anche alcuni cittadini galatinesi che ci hanno onorato della loro presenza, che un “possidente” di Noha, vissuto al tempo della costruzione dell’Ospedale e della Basilica di Santa Caterina Novella, ha contribuito al progetto della medesima Basilica di S. Caterina con la donazione di vari terreni di sua proprietà.

Così riporta Pietro Congedo nel libro “Chiesa, convento e ospedale “S. Caterina” di Galatina, nella storia del Meridione d’Italia”.  [S.l. : s.n.], stampa 2006 (Aradeo: Guido)

“Nel 1390 la costruzione della nuova casa di cura orsiniana non era stata ancora ultimata, come si evince dall’atto notarile del 28 settembre, relativo alla donazione di vari terreni effettuata da Giovanni Ciranoia di Noia (Noha)  a favore di …Frà Nicola da Nardò, Guardiano Procuratore della Chiesa e spedale da farsi nuovo di S. Caterina di Galatina (v. M. Montinari, o.c., doc. n. 13 p. VIII).”

In conclusione, siamo orgogliosi di poter affermare, che anche Noha ha contribuito alla realizzazione di quella grande opera artistica orsiniana che è la Basilica di S. Caterina Novella, uno dei più insigni monumenti dell'arte romanica pugliese e gotica in Puglia, già classificata monumento nazionale di I categoria nel 1870.

P.S.: Nella Basilica sono conservati anche i 19 schienali del coro ligneo e dipinti da P. Matteo di Noha  (Noha 1704 + Nardò 1728)  P.Matthaeus a Noha Reform. Pingebat A.D. 1721.

Vedi: L’OSSERVATORE NOHANO 09 novembre 2008 - n°8 Anno II - su Noha.it

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 19/02/2023 @ 16:12:34, in Comunicato Stampa, linkato 368 volte)

I volontari del Servizio Civile Universale progetto “In Reading 2020”, in collaborazione con la Biblioteca “P. Siciliani”, saranno impegnati nel 2. appuntamento del Circolo dei Lettori  “Leggere in circolo”.

L’evento vedrà come protagonista il nuovo romanzo del giornalista galatinese Marco De Matteis, “Quattro anni in fumo” edito da Capponi di Ascoli Piceno.

            De Matteis nasce a Galatina nel marzo del 1983, si laurea in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Lecce. A Galatina, risiede e lavora come giornalista pubblicista, istruttore di tennis e padel presso il Circolo Tennis Galatina e collaboratore presso Fabula, la libreria di famiglia. È redattore per il giornale online «PugliaIn», con il quale collabora dal 2018, seguendo eventi sportivi, culturali e di approfondimento nella provincia.

Dopo aver pubblicato “Il piano inclinato”, racconto scritto e ambientato nel primo lockdown, e aver partecipato a “Ti ho trovato fra le pagine”, antologia di racconti scritti da 15 librai di tutta Italia, De Matteis torna in libreria con un romanzo ambientato a Lecce, a due passi da Santa Croce, tra i vicoli del centro storico infuocati dal caldo salentino.

            I personaggi del romanzo sono diversi e la loro vita si intreccia con le vicende di Naxos, azienda accusata di inquinare il territorio salentino, tra lo sdegno nell'opinione pubblica locale. Massimo gestisce l’albergo di famiglia; Eva è un avvocato sempre presente in TV e assumerà la difesa dell’azienda nel primo processo in cui i dirigenti verranno accusati di danno ambientale; Paolo è uno dei fondatori di Aria Pulita, un movimento ambientalista che raccoglie tanti leccesi in un’unica battaglia contro l’inquinamento; Ginevra, la compagna di Paolo, è una giovane poliziotta impegnata in prima linea durante i momenti caldi del processo e le relative manifestazioni; ed infine Erina, una ragazza albanese che collabora da poco con Massimo nel suo albergo.

Le vicende, narrate con un doppio salto temporale, si snodano tra la vita privata dei protagonisti e quella pubblica delle dinamiche processuali e le relative ricadute sull’opinione pubblica e sulle reazioni dei cittadini.

            L’incontro, in cui si approfondirà il romanzo alla presenza dell’autore che dialogherà con il giornalista del Quotidiano di Puglia Alessio Quarta e che vedrà la lettura di alcuni passi del libro a cura di Simona Ingrosso, si terrà sabato 25 febbraio alle ore 17:30 presso la Biblioteca “P. Siciliani”. La partecipazione è aperta, anche se, per motivi organizzativi, è gradita la prenotazione al numero 0836/561568.

Gli OV del Servizio Civile Universale

del Comune di Galatina

 

Parliamo di libri questo pomeriggio di fine estate, in questo cortile, luogo del cuore, purtroppo semidiruto, graffiato dall’ira del tempo e dall’abbandono degli uomini. E lo facciamo quasi sottovoce (anche se con il microfono), con delicatezza, come si conviene, per non svegliare i fantasmi del passato, aggrappati alle volte dei secoli.
In questo luogo, appena cinque secoli fa, si sentiva ancora rumore di armi e di guerrieri, di cavalli e cavalieri, di vincitori e vinti.
Al di là di questo muro, tra alberi di aranci, una torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: è la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300. Quelle pietre antiche e belle urlano ancora, ci implorano, richiedono il nostro intervento, un “restauro”, il quale sempre dovrebbe rispettare e storia e arte.
Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. Qui abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa. 
Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
Da qui passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…
*
Ma la storia noi stiamo continuando a scriverla; voi potete continuare a scriverla, e non solo nelle pagine di un libro. Solo se diamo corso (come stiamo credendo di fare) ad un nuovo Rinascimento ed ad un nuovo Umanesimo di Noha, daremo una svolta alla nostra vita e alla nostra storia. E alla nostra civiltà. 
*    *    *
Noi ci troviamo dunque in un “praesidium”, un presidio. E Noha era un presidio.
E sapete anche che Noha è, da non molto tempo, invero, “Presidio del libro”.
Ma cosa è un presidio?
Sfogliando un dizionario d’italiano (che dovremmo sempre avere a portata di mano, pronto per la consultazione) al lemma o parola “presidio” troviamo questi significati: 1) presidio = complesso di truppe poste a guardia o a difesa di una località, di un’opera fortificata, di un caposaldo; luogo dove queste truppe risiedono (per esempio si dice “truppe del presidio”);
2) presidio = occupazione di un luogo pubblico a fini di controllo e sorveglianza o anche solo di propaganda (per esempio “presidio sindacale nella piazza”); 
3) presidio = circoscrizione territoriale sottoposta a un’unica autorità militare;
4) presidio = complesso delle strutture tecnico-terapeutiche preposte in un dato territorio all’espletamento del servizio sanitario nazionale (presidi ospedalieri);
5) presidio = difesa, protezione, tutela (essere il presidio delle istituzioni democratiche);
6) presidio = sostanze medicamentose (presidi terapeutici) oppure presidi medici e chirurgici….
Vedete quanti significati può avere la parola “presidio”!
Penso che per il concetto di “Presidio del libro”, tutte queste definizioni, più o meno, calzino bene.
E’ un luogo. E la biblioteca Giona è il cuore di questo presidio.
Ci sono le truppe.
Ma le truppe siamo noi e  le armi sono i libri; i carri armati sono gli scaffali che li contengono.
Le altre armi, invece, quelle da fuoco, le lasciamo agli illetterati, ai vandali, ai mafiosi, a chi non è trasparente, a chi non ha idee, a chi non ama il bello.
Presidio del libro è anche sostanza medicamentosa, terapeutica, contro i mali della società.
Il presidio del libro riuscirà a sovvertire, a sconfiggere quell’altro presidio: il “presidio della mafia”? 
Forse si: se questi libri li apriamo, li sfogliamo. Li annusiamo, anche, e li leggiamo, li prendiamo in prestito, li consigliamo agli altri, li doniamo. Ne incontriamo gli autori, ne parliamo a scuola, in piazza, dal parrucchiere, dall’estetista, al supermercato, al bar, al circolo, fra amici.
Tutti i luoghi sono opportuni per parlare di libri: a volte basta solo un cenno, non c’è bisogno di una conferenza in una sala convegni per parlare di letteratura, di poesia, di storia, di leggenda, di arte...
Ecco allora che “Presidio del libro” diventa “difesa”, “protezione”, “tutela”, “crescita”, rispetto della persona, dei luoghi, dei beni culturali, di Noha tutta. Solo chi legge difende i monumenti, la piazza, la torre, questo castello, la masseria, la casa rossa, la trozza, la vora, il frantoio ipogeo, le casette dei nani… Ma anche i giardini, le terrazze, la campagna, i colori delle case di Noha (che stanno sempre più perdendo il loro colore bianco brillante, quello della calce, per diventare d’arlecchino multicolore, a volte troppo appariscente…). Chi legge difende la civiltà, la democrazia, l’etica, la libertà del pensiero e del giudizio e finanche della critica (costruttiva), e tutela il bello che è integrità, luminosità e proporzione.     
Guardate che la biblioteca o la libreria (che non dovrebbe mai mancare in ogni casa: meglio se questa libreria è ricca, e piena di libri e non contenga solo un’enciclopedia a fascicoli che ti danno in regalo con l’acquisto dei detersivi o con la raccolta dei punti al distributore di benzina); dicevo, la libreria non è solo un deposito o una raccolta di libri. Ma uno strumento di conoscenza ed in certi casi di lavoro.
*
E’ vero: esistono così tanti libri, che spesso non si sa da dove incominciare.
Se soltanto volessimo leggere i “classici”, cioè i libri, diciamo, fondamentali per l’uomo di buona cultura, volendone leggere, ad esempio, uno ogni settimana (che è una ragionevole media), non ci basterebbero 250 anni. Dovremmo vivere almeno 250 anni, per leggere ininterrottamente i libri diciamo più importanti o indispensabili.
Se a questi volessimo aggiungere le collane della Harmony, o i libri di Harry Potter, o quelli degli scrittori minori o locali (come siamo noi), o gli altri che leggiamo per diletto o divertimento, (tutti ottimi! Ma non classici) necessiteremmo almeno del doppio di questi anni, vista permettendo!
Dunque: nessuno può aver letto o leggere tutto (neanche le opere più importanti).
E questo però ci consola.  
Intanto perché possiamo partire a piacere da dove vogliamo.
Ed un altro fatto che ci rassicura è che spesso i libri parlano di altri libri: cioè con la lettura di un libro a volte riusciamo a entrare in altri libri (anche senza aver mai visto questi altri libri): i libri infatti sovente, tra un riferimento e l’altro, si parlano tra loro.
I libri sono come i nostri amici che ci riferiscono come stanno gli altri nostri amici, che magari non vediamo da tempo.
*
Sentite.
Spesso si parla del dovere di leggere.
No! 
Leggere non è un dovere: è un diritto!
Inoltre il lettore ha altri diritti (come dice Daniel Pennac, nel suo libro intitolato Come un romanzo, Feltrinelli, 6 Euro):  e  questi diritti sono i seguenti: primo il diritto di non leggere (ciò che ci impongono); poi, il diritto di saltare le pagine; poi abbiamo il diritto di non finire un libro; il diritto di rileggere (non preoccupatevi: si può essere colti sia avendo letto quindici libri che quindici volte lo stesso libro. Si deve preoccupare invece chi i libri non li legge mai!); il diritto di leggere qualsiasi cosa; c’è poi il diritto di leggere ovunque (non solo a casa, ma al mare, sull’autobus, in villetta, ovunque); il diritto di spizzicare (si da uno sguardo, si legge la bandella della copertina, si apre a caso una pagina, si legge come comincia o come finisce: insomma pian piano un libro si può assorbire anche a “spizzichi e mozzichi”. Chi ce lo impedisce?); ancora il diritto di leggere a voce alta; infine il diritto di tacere: cioè nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa lettura, che è e rimane una cosa intima, esclusivamente nostra.

Leggendo, ragazzi, vedrete, poi, che riuscirete a descrivere qualcuno o qualcosa, utilizzando quelle stesse parole del libro: vi viene quasi automatico. Vi accorgerete di essere stati chiari e non banali; non avrete più il problema di cadere nei silenzi tra una parola e l’altra. Quei silenzi orrendi e imbarazzanti. Come il silenzio nel corso di certe  interrogazioni.
E non abuserete dei “cioè”; vi sentirete soddisfatti di questo, ma soprattutto imparerete a sognare, a volare alto, e difficilmente sarete malinconici.
*
Il nostro scritto prima ancora di iniziare a vivere nel libro, o su un giornale o su una rivista, si può già assaporare nelle parole della gente, con i suoi racconti, le sue esperienze: sentimenti, che lo scrittore ha raccolto e animato.
Ecco lo scrittore cerca di colorare il mondo. Noi abbiamo cercato di dare calore e colore alla nostra storia, alla nostra arte, alle nostre leggende.
P. Francesco D’Acquarica, che ha scritto con me le pagine di questo tomo (è come se avessimo eseguito una suonata a quattro mani e quattro piedi ad un organo a canne) ha compiuto un lavoro lungo decenni, s’è consumato gli occhi, per leggere, interpretare e ritrascrivere i documenti dell’archivio parrocchiale di Noha o quello vescovile di Nardò e numerosi altri documenti. E ha fatto rivivere la storia della gente ed i suoi pensieri (se leggiamo i proverbi che abbiamo posto in appendice, ad esempio, capiremo subito).
Ha risvegliato, ha ridato voce e fiato e vita e colorito ai nostri avi, ai nostri bisnonni, gli antenati. Per questo non finiremo mai di ringraziarlo.
Però il miglior modo di ringraziare uno scrittore è leggerlo.
E’ sfogliare il nostro libro, che abbiamo scritto con tanta passione. Leggerlo, consultarlo, criticarlo (anche), ma prima di tutto studiarlo.
*
Vedete: Noha dopo il nostro libro: “Noha. Storia, arte, leggenda” non è più quella di prima. Anzi quanta più gente legge il nostro libro, tanto di più migliorerà la nostra Noha. Potremmo anche dire che oggi Noha è un po’ migliore, rispetto a ieri. Non dobbiamo aver paura di pensarlo e dirlo.
E sarebbe proprio la città ideale se tutti leggessimo quel libro, fossimo curiosi, ci conoscessimo di più.
Saremmo più gentili. Meno sospettosi. E anche più accoglienti.
*
Abbiamo bisogno a Noha di scrittori, di gente che può cambiare il mondo. Ma prima di tutto abbiamo bisogno di lettori. I lettori sono i primi che possono cambiare il mondo. Se con la lettura si riesce a svagarsi, divertirsi, sognare, imparare a riflettere, allora si capisce meglio il mondo, e non si da retta alle futili mode o tecnologie o alle corbellerie. Ma è così che si cambia il mondo! 
Con la lettura miglioriamo il nostro stile di vita, il nostro equilibrio morale ed anche economico. Non a caso chi legge è anche più ricco, e gode di un più alto tenore di vita.
E, il più delle volte, è anche un po’ più affascinante (o almeno così qualcuna mi dice, lusingandomi)…
*
Democrazia e libri sono sempre andati storicamente a braccetto.
Le librerie e le biblioteche nei paesi liberi sono veri e propri presìdi di democrazia e civiltà. La libreria o la biblioteca è uno spazio amico. Giona è dunque una nostra amica. E certe amicizie vanno frequentate. 
In libreria o in biblioteca c’è la sostanza più potente di tutte: la parola scritta. Tutte le altre sono chiacchiere, parole al vento.
Nella vita di ogni uomo c’è un pugno di libri che lo trasformano radicalmente. Entra in un libro una persona e ne esce un’altra, che vede se stessa ed il mondo in maniera completamente diversa e farà cose diverse.
Un maglione, un’auto, una moto possono rappresentare un uomo ma mai cambiarlo come invece può fare un buon libro.
*
Il libro è un regalo. Un regalo che potete fare innanzitutto a voi stessi ma anche agli altri. E’ un regalo che si può “scartare”, aprire diverse volte e non soltanto una volta sola. E ogni volta la pagina di un libro può riservarci una gradita sorpresa.
Il libro è un capitale, un investimento che produce interessi incalcolabili.
E non c’è libro che costi troppo!
*
Qualcuno mi dirà alla fine di tutta questa pappardella: e il tempo per leggere? Dove lo trovo?
Certamente non abbiamo mai tempo! Presi come siamo dalla diuturna frenesia.
Ma su questo tema del tempo chiudo prendendo in prestito, guarda un po’, le parole di un libro.
E’ quello già citato di Daniel Pennac, il quale a pag. 99, di Come un romanzo, (Feltrinelli, ed. 2005), così si esprime:
<<…Si, ma a quale dei miei impegni rubare quest’ora di lettura quotidiana? Agli amici? Alla Tivù? Agli spostamenti? Alle serate in famiglia? Ai compiti?
Dove trovare il tempo per leggere?
Grave problema.
Che non esiste.
Nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. Poiché, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. Né i piccoli, né gli adolescenti, né i grandi. La vita è un perenne ostacolo alla lettura.
“Leggere? Vorrei tanto, ma il lavoro, i bambini, la casa, non ho più tempo…”
“Come la invidio, lei, che ha tempo per leggere!”
E perché questa donna, che lavora, fa la spesa, si occupa dei bambini, guida la macchina, ama tre uomini, frequenta il dentista, trasloca la settimana prossima, trova tempo per leggere e quel casto scapolo che vive di rendita, no?
Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.)
Rubato a cosa?
Diciamo al dovere di vivere.
……..
Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare?
Non ho mai avuto tempo di leggere, eppure nulla, mai, ha potuto impedirmi di finire un romanzo che mi piaceva.
La lettura non ha niente a che fare con l’organizzazione del tempo sociale. La lettura è, come l’amore, un modo di essere.
La questione non è di sapere se ho o non ho tempo per leggere (tempo che nessuno, d’altronde, mi darà), ma se mi concedo o no la gioia di essere lettore>>.

Grazie.


ANTONIO MELLONE
 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/11/2015 @ 16:07:35, in Comunicato Stampa, linkato 2120 volte)
Sabato prossimo, 28 novembre 2015, alle ore 18.30, presso il circolo culturale "Tre Torri" siete tutti invitati alla presentazione del libro "Vivere" di Michele Liguori, originario di Noha.
 
Interverranno:
 
- Raffaele Lagna, presidente del Circolo Culturale "Tre Torri" - indirizzo di saluto
 
- Marcello D'Acquarica - relatore
 
- Michele Liguori - autore del volume
 
- Antonio Mellone - moderatore
 

Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare

 

 

 
Di Albino Campa (del 29/06/2009 @ 16:04:09, in NohaBlog, linkato 3969 volte)

Su "Il Titano" di quest'anno 2009 a pag. 45 troviamo l'articolo di Antonio Mellone che recensisce il libro "I beni culturali di Noha" di Marcello D'Acquarica. Ve lo riproponiamo di seguito. Il libro, che verrà presentato con una grande festa nel mese di settembre è disponibile presso la bottega d'arte di Paola Rizzo.

 

“I beni culturali di Noha” di Marcello D’Acquarica

E’ da poco venuto alla luce dai torchi del bravo editore galatinese Panìco un libro dal titolo “I beni culturali di Noha”, il cui autore è Marcello D’Acquarica, un nohano che come tanti altri ha come domicilio un avverbio di luogo: fuori.
Marcello D’Acquarica infatti si guadagna il giorno a Rivoli, alle porte di Torino; ma appena può con moglie e figli torna a Noha, il borgo che gli ha dato i natali e che si è afferrato alla sua infanzia, quasi come gli ami si conficcano nella carne.
I beni culturali sono quei beni materiali ed immateriali che hanno qualcosa da insegnarci e che dovrebbero essere a disposizione di tutti. Al di là dei banali luoghi comuni che lo snob di turno possa formulare, Noha è ricca di beni culturali: ne ha molti di più di quanti non possano essere inclusi in un libro come questo di 135 pagine; anzi ne ha molti di più di quanti non si possa immaginare. E sono belli; alcuni originalissimi, e unici al mondo.  
I beni culturali non hanno un valore puramente filosofico e teorico, ma si riflettono in tutte le trasformazioni ed il progresso di un popolo, il quale quanto più sa valutare e conservare il suo patrimonio d’arte, tanto più si sente spinto a rendere l’ambiente in cui abita più prezioso e civile. Il monumento non è soltanto una testimonianza del passato ma vive nel presente, svolge la propria missione sociale e rappresenta uno sprone a meglio operare per il bene della comunità. I beni culturali di fatto sono anche una latente energia che può trasformarsi in crescita e sviluppo valutabile pure in termini di ricchezza economica. 
Questo libro rivoluzionario, fatto di parole ed immagini colorate, spinge a guardare Noha sotto nuova luce: che finalmente non sarà più quella della solita cronaca nera, della malavita, della mafia capace soltanto di tranciare gli alberi d’ulivo che lo Stato le confisca, ma quella della libertà, quella degli uomini dal cuore forte che non si piegheranno mai di fronte alla stupidità ed alla violenza dei talebani di turno.
Il libro dell’indomito Marcello D’Acquarica dedicato alle bibbie di pietra del nostro paese cerca di mettere al sicuro ciò che la trascuratezza minaccia continuamente di annientare attraverso omicidi colposi o premeditati della memoria: serve a foderare di carta i nostri beni culturali che sovente sfuggono dal nostro cervello per una distrazione che diventa distruzione, bombardamento, atto di terrorismo.
Il libro sui beni culturali di Noha è un congelatore, una cella frigorifera nella quale immagazzinare parole ed immagini per l’avvenire; parole e immagini che radicano un’appartenenza, una dignità, un’identità e spronano il lettore a non andare mai in pensione epistemologica.
L’obiettivo di questo libro-lotta allora non è quello di addobbare Noha a museo di storia fulminata, né quello di fermare il tempo intorno ai suoi pezzi di antiquariato, ma quello di farci comprendere che esiste una nuova grammatica dello stare insieme, e che l’investimento in cultura è forse quello che paga le cedole di interessi più alti, nonostante il capitalismo in buona salute tratti oggi la nostra società a merci in faccia e ci spinga a credere che l’unico metro dello sviluppo sia il PIL del cemento e dell’asfalto.
Questo libro non è già di per sé un restauro di beni culturali, che a Noha hanno calli, rughe ed osteoporosi, ma un pagamento di ticket, anzi una ricetta medica, quella rizzetta rossa preliminare, necessaria perché all’ASL (o alla Soprintendenza) ti facciano le analisi, i raggi, o le visite specialistiche. Questo libro spalanca le finestre per rinfrescare l’aria intorno ai beni culturali nohani: che sono pazienti, nel senso di degenti, infermi con bisogno di flebo ricostituenti o di ancor più invasive operazioni chirurgiche.  
“I beni culturali di Noha” di Marcello D’Acquarica non serve solo da contenitore, da ricettacolo, ma anche da grandangolo attraverso il quale, con occhio libero da cataratta, tutto osservare e raccontare, e molto forse anche decidere.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 26/09/2011 @ 16:00:26, in NohaBlog, linkato 2826 volte)

Oggi è morto mons. Antonio Antonaci, una delle pagine più belle della nostra storia. Eccovi di seguito il video di un suo discorso tenuto nel mese di ottobre del 2007 in occasione della presentazione del libro 'Scritti in onore di Antonio Antonaci" di Antonio Mellone

 

 

 

 
Di Albino Campa (del 01/10/2011 @ 16:00:00, in Eventi, linkato 3193 volte)

Continua anche oggi Valorizziamo i nostri gioielli, la raccolta firme promossa dal Gruppo Mimì e sostenuta dal circolo le Tre Torri per sottoporre a tutela i beni storico-artistici di Noha. Sono diverse le evidenze architettoniche ancora poco conosciute nella cittadina di Noha: dalla torre duecentesca che conserva la struttura del ponte levatoio, liberata dalla fitta vegetazione che ne copriva interamente il prospetto, le casiceddhre di Cosimo Marra sul terrazzo del castello, i labirinti dei frantoi ipogei che gravitano nel sottosuolo di piazza S. Michele, oggi oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione comunale di Galatina affinché possano essere aperti al pubblico. E poi la ricca masseria Colabaldi situata nel punto più alto di Noha, illuminata da una splendida luce autunnale del pomeriggio. Grazie agli Amici del presepe di Noha sarà possibile rivivere gli arredi e le atmosfere di un tipica masseria di fine XIX secolo e visitarla nella giornata di domenica 2 ottobre magari accompagnando i figli a far conoscere la civiltà contadina salentina, ormai scomparsa. Resta ancora chiusa alla curiosità del grande pubblico, l’architettura eclettica e bizzarra della casa Rossa, con le sue grotte artificiali e il bellissimo aranceto e ci auguriamo che queste giornate servano a smuovere gli attuali proprietari per un’apertura straordinaria del sito.
Tanto e ancora di più racconta questa cittadina nel cuore del Salento, grazie all’amore e agli studi di un gruppo di idealisti ottimisti che sono gli amici dell’Osservatore Nohano che da qualche anno a questa parte stimolano l’opinione pubblica con le loro ricerche ed i loro dibattiti. Padre Francesco d’Acquarica, il fratello Marcello, l’artista Paola Rizzo, Antonio Mellone e tutti coloro che si sono affiancati a questa volontà comune di far emergere dall’oblìo del tempo, tesori di storia locale.
Mi piace chiudere con le belle parole pronunciate ieri da Marcello d’Acquarica in occasione della presentazione del libro di P. Francesco d’Acquarica, Curiosità sugli arcipreti e persone di chiesa di Noha, -“ chi non conosce non può amare”- ha esordito nel suo discorso, stimolando la conoscenza sulla città di Noha, si cerca di far rinascere l’amore verso il proprio territorio e la propria identità. Mi auguro che si al’inizio di qualcosa di bello.
Per questo serve anche la tua firma : in via del Pigno a Noha, anche stasera esprimi l’amore che è in te.

Angela Beccarisi

fonte:galatina2000.it

 
Di Redazione (del 11/02/2023 @ 15:56:08, in Comunicato Stampa, linkato 268 volte)

Uscirà il 14 febbraio il secondo romanzo di Marco De Matteis, giornalista galatinese, dal titolo “Quattro anni in fumo”, edito da Capponi, casa editrice di Ascoli Piceno.

Dopo aver pubblicato “Il piano inclinato”, racconto scritto e ambientato nel primo lockdown (Editrice Salentina, 2020), e aver partecipato a “Ti ho trovato fra le pagine”, antologia di racconti scritti da 15 librai di tutta Italia (Las Vegas, 2022), De Matteis torna in libreria con un romanzo ambientato a Lecce, a due passi da Santa Croce, tra i vicoli del centro storico infuocati dal caldo salentino.

I personaggi sono molteplici e tutti legano la loro vita alle vicende di Naxos, azienda accusata di inquinare il territorio salentino, fatto che farà scalpore in città. Massimo gestisce l’albergo di famiglia, Eva è un avvocato sempre presente in TV e assumerà la difesa dell’azienda nel primo processo in cui i dirigenti verranno accusati di danno ambientale, Paolo è uno dei fondatori di Aria Pulita, un movimento ambientalista che raccoglie tanti leccesi in un’unica battaglia contro l’inquinamento, Ginevra, la compagna di Paolo, è una giovane poliziotta impegnata in prima linea durante i momenti caldi del processo e le relative manifestazioni e infine Erina è una ragazza albanese che collabora da poco con Massimo nel suo albergo.

Le vicende, narrate con un doppio salto temporale, si snodano tra la vita privata dei protagonisti e quella pubblica delle dinamiche processuali e le relative ricadute sull’opinione pubblica e sui comportamenti dei cittadini. E se Massimo dovrà districarsi tra la gestione del suo albergo, sotto i riflettori per delle presenze sospette e il soggiorno dell’avvocatessa Eva Giordano, donna di classe e fascino, Erina si troverà, suo malgrado, ad assistere a qualcosa a cui non avrebbe voluto, Paolo e Ginevra dovranno coniugare il loro essere innamorati nella vita, ma avversari sul campo di battaglia delle manifestazioni. Il tutto condito con uno sguardo ampio sulle meraviglie del Salento, sulla sua gente, sui tanti turisti che l’estate invadono le strade e le marine.

La Capponi Editore, editrice del libro, è ormai una realtà consolidata a livello nazionale. Pubblica circa 50 novità ogni anno, selezionando autori esordienti e non esordienti, facendo con ciascuno un percorso di crescita nel mondo bello e complesso dell’editoria italiana. Domenico Capponi, titolare della casa editrice, a riguardo ha dichiarato: “Non è vero che le persone non vogliono leggere, è vero che vogliono legge storie belle. Albert Einstein diceva: Il mondo che abbiamo creato è un nostro pensiero. Non possiamo cambiare il mondo senza cambiare il nostro pensiero. Il nostro obiettivo è introdurre nell’editoria la cultura delle idee. Lo strumento con cui perseguiremo questo scopo è il libro. Tutto cambia molto velocemente, molti rincorrono questo cambiamento dando spesso vita a una rincorsa impossibile. Le idee sono semi sotto la terra, una farfalla dentro al suo bozzolo, sono abissi profondi e vette spaventose. Le idee sono la forza di una parola, la perseveranza nel cercarla, il coraggio di scriverla, tutti i giorni e le ore per sostenerla. Le idee sono il nostro futuro migliore, quello che vorremo, quello che saremo in grado di pensare. Noi siamo un moltiplicatore di idee, i primi a battere le mani, gli ultimi a lasciare la sala, siamo quelli che ci credono contro tutto e tutti se ne vale la pena. Siamo quelli che hanno fatto del sogno un credo, uno stile di vita, siamo quelli che ridono, che cadono, si rialzano e cadono ancora. Siamo il frutto di un’idea, la testimonianza di un modo di vivere, lavorare e condividere le sfide. Le idee sono per noi l’unica vera ricchezza del futuro.”

Il libro è già in pre-ordine presso i principali store on line (ibs, amazon, mondadoristore, feltrinelli, hoepli, e tanti altri) e in tutte le librerie d’Italia.

 
Di Albino Campa (del 10/08/2011 @ 15:53:31, in Eventi, linkato 2663 volte)

Il male non lo si conosce mai abbastanza da ripudiare, finché non lo si ha sulla porta di casa”. Sono le parole di un uomo che il male l’ha toccato con mano, ne è uscito indenne e ora racconta al mondo intero la sua preziosa testimonianza. Sono le parole di Grigorij Pomeranc, uno dei più grandi intellettuali russi sopravvissuto alla tragedia dei gulag, dei campi siberiani di Kalima, raccolte dall’obiettivo della camera di Giorgio Fornoni e lasciate sulla porta di casa nostra, nell’accogliente sala di Palazzo Baldi a Galatina.

Poi a specchiarsi nella videocamera del Fornoni è la giornalista Anna Politkovskaja: "Ho paura, ma questa è la mia professione. Avere paura è una cosa tua personale. Ciò che conta veramente è dare voce alla gente, raccontare la grande tragedia del nostro paese. Perché la gente muore, ogni giorno si consumano orrori indescrivibili. E avere paura o non averne poco importa. È il rischio di questa professione."

E ora tutte quelle parole e suggestive immagini mi ritornano alla mente e mi fanno riflettere, e mi vien voglia di ricordare e raccontare di una stupenda serata trascorsa in compagnia di un reporter di fama internazionale, il Fornoni appunto, autore di inchieste e reportage dalle prime linee dei conflitti nel mondo. Ci tiene moltissimo il giornalista, collaboratore di Report, fortunato programma di RAI TRE condotto da Milena Gabanelli, a presentare il suo nuovo lavoro attraverso immagini e interviste che hanno segnato il successo della sua carriera.

Un cofanetto, libro e DVD, dal titolo “Ai  confini del mondo. Il viaggio, le inchieste, la vita di un reporter non comune”, edito da Chiare Lettere, passa di mano in mano e le pagine scorrono, la sala si riempie, l’attesa cresce. Convinto, e non a torto, che le parole non possano esprimere quello che l’immagine è in grado di farci vedere, rifiuta l’invito di Paola Congedo di iniziare a chiacchierare aspettando che nel frattempo gli ultimi problemi tecnici vengano finalmente risolti, e pazientemente si mette ad aspettare. Intanto ci viene letta l’appendice del libro, un elenco dei luoghi visitati dal reporter durante una carriera professionale relativamente breve e si deduce subito che Giorgio Fornoni ha percorso negli ultimi trent’anni più volte la distanza che separa la Terra dalla Luna. Quando tutto sembra andare bene, il Fornoni ancora non parla, spende al massimo una ventina di parole per presentare quello che intende farci vedere e un silenzio ricco di attesa cala nella sala nel mentre che sul pannello dinanzi a noi cominciano a scorrere i primi fotogrammi.

Russia, Siberia, l’intero continente africano, Asia, Cina e India, Afghanistan, Pakistan, Iran, Kazakistan; e poi gli Stati Uniti, il Centro e il Sud America, e molto altro ancora. Per non parlare delle interviste a importanti personaggi che hanno dettato la storia: Dalai Lama, Anna Politkovskaja (nel dvd un’intervista inedita realizzata nella sede della “Novaja Gazeta”), George Coyne (gesuita e direttore della Specola Vaticana), Rigoberta Menchú, Shirin Ebadi e altre figure di primo piano della cultura mondiale.

Un giornalismo fuori dal comune quello di Giorgio Fornoni, che non si limita a informare e a denunciare, che non è influenzato dalla geopolitica o dagli interessi della potenze internazionali. Un giornalismo che prevarica ogni pregiudizio e punta l’obiettivo all’anima del mondo, alla sofferenza dell’uomo, alle ingiustizie, alle discriminazioni, ai soprusi. Un giornalismo quello del Fornoni eletto a modello esistenziale. 

Michele Stursi

 

 

 

Dopo una serie di iniziative preparatorie e di inaugurazione e restituzione alla comunità, prende adesso il via la programmazione artistica della stagione 2022 del teatro Il Cavallino Bianco del Comune di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, che si inserisce nella più ampia programmazione del Cavallino Bianco in collaborazione con l’associazione OTSE - Officine Theatrikés Salento Ellàda.

Tre gli spettacoli organizzati direttamente dal Teatro Pubblico Pugliese. Si tratta di “Serata romantica”, spettacolo di danza e poesia con i versi di Giacomo Leopardi di Balletto del Sud con ideazione e regia firmate da Fredy Franzutti, in programma il 1° aprile; “Trapunto di Stelle” dei Radicanto il 23 aprile: un concerto, tratto dall'omonimo disco, che intende contestualizzare l’arte di Domenico Modugno restituendola alla sua terra di provenienza; e infine il 21 maggio il Maestro Peppe Vessicchio con il suo concerto – spettacolo “La musica fa crescere i pomodori” tratto dal suo primo libro, un saggio pop in cui ripercorre la propria vita all’insegna della musica ed esplora il connubio tra armonia e natura. Tutti gli spettacoli sono in programma alle ore 21.00.

«La riapertura del nostro teatro Cavallino Bianco non poteva che suggellare il rapporto tra la Città di Galatina e il Teatro Pubblico Pugliese. Una collaborazione ormai matura e decennale che, tuttavia, negli ultimi anni, per cause di forza maggiore, ha vissuto un periodo di stasi - ha detto il Sindaco Marcello P. Amante -. Eppure, la Città di Galatina ha continuato a far sentire la propria presenza all'interno del Consorzio del TPP condividendo la strategia e il lavoro di promozione della cultura e del nostro territorio attraverso l'arte del teatro ma non solo. Siamo felici di riaprire le porte del nostro Cavallino Bianco al Teatro Pubblico Pugliese, che mette in scena sul palco di Galatina spettacoli di alto valore artistico e disponibile a tessere una proficua rete con le associazioni del territorio».

«Era importante, dopo la riapertura del nostro teatro nell'autunno scorso, che il Teatro Pubblico Pugliese fosse presente a Galatina non solo in quanto consorzio di promozione della cultura di cui il nostro ente è socio ma anche e soprattutto per quella visione d'insieme che a livello regionale mette in relazione vari comuni verso un obiettivo condiviso, ovvero la promozione della nostra Puglia attraverso l'arte e la cultura. Per questo motivo, abbiamo fortemente voluto la presenza del Teatro Pubblico a Galatina come tassello importante e decisivo per la vita futura del Cavallino Bianco» ha aggiunto Cristina Dettù, vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Galatina.

«Come Teatro Pubblico Pugliese siamo molto felici di lavorare con l'amministrazione comunale di Galatina per questa stagione teatrale che torna ad abitare il teatro comunale dopo il lungo e importante lavoro di restauro concluso da pochi mesi. La stagione che abbiamo preparato insieme al Comune è un modo per riaprire le porte del bellissimo teatro Comunale portando in scena spettacoli in grado di regalare leggerezza e, allo stesso tempo, far riflettere il pubblico che sceglierà di tornare a frequentare il teatro comunale» ha commentato commento di Giulia Delli Santi, dirigente responsabile delle attività teatrali del Tpp.

Agli appuntamenti curati direttamente dal Teatro Pubblico Pugliese si aggiungono, come già accennato, quelli a cura dell’associazione OTSE - Officine Theatrikés Salento Ellàda di Pietro Valenti. Dopo “Il Dio Bambino” con Fabio Troiano lo scorso 16 marzo, i prossimi appuntamenti in programma sono:

il 22 e 23 marzoOtello Circus” (ore 20.45, prenotazione obbligatoria) di Antonio Viganò, un'opera lirico-teatrale ispirata alle opere di Giuseppe Verdi e William Shakespeare ambientata in un vecchio Circo dove tutto sembra appassito ed Otello è costretto a rappresentare la sua personale tragedia. Lo spettacolo sarà replicato anche il 23 e 24 marzo al mattino in forma riservata per il pubblico scolastico.

Si torna a teatro domenica 27 marzo per “Processo a Dio” dramma in due atti di Stefano Massini con la regia Raffaele Margiotta (ore 20.45, spettacolo fuori abbonamento con biglietto unico a 10 euro). Lo spettacolo sarà replicato lunedì 28 marzo al mattino in forma riservata per il pubblico scolastico.

 

Il 9 aprile (ore 20:45) sarà in scena “La caduta di Troia” dal libro II dell’Eneide con Massimo Popolizio voce magnetica e inconfondibile. Il tema è quello dell’inganno. Le parole di Virgilio sembrano uno storyboard, una sorta di sceneggiatura ante litteram. Le musiche sono eseguite da Stefano Saletti, Barbara Eramo e dal musicista iraniano Pejman Tadayon che suona il kemence, il daf e il ney, antichi ed evocativi strumenti della tradizione persiana. Le lingue cantate sono il ladino, l’aramaico, l’ebraico e il sabir, antica lingua del Mediterraneo.

 

E ancora, il 26 aprile (ore 20:45) ci sarà “Caduto fuori dal tempo”, con progetto, elaborazione drammaturgica e interpretazione di Elena Bucci e Marco Sgrosso, meravigliosi artisti di straordinaria sensibilità e talento, che si confrontano con uno dei maggiori scrittori della nostra epoca, David Grossman, rileggendo per il teatro una delle sue opere più toccanti, che ci parla della drammatica perdita di un figlio e del dolore di chi resta.

 

Il 6 maggio (ore 20.45) andrà in scena “In nome della madre” di Erri De Luca per la regia di Gianluca Barbadori e con Galatea Ranzi: la storia, narrata in prima persona, di Miriàm, una ragazza della Galilea che ha una strana visione nella quale un angelo le annuncia che avrà un figlio e le profetizza per lui un destino di grandezza. Facendo ricorso al linguaggio semplice e terso della poesia, Erri De Luca racconta la gravidanza di Miriàm/Maria.

 

E infine il 12 maggio (ore 20.45) andrà in scena “Museo Pasolini” di e con Ascanio Celestini. Lo spettacolo si interroga su un ipotetico, possibile, auspicabile “Museo Pier Paolo Pasolini”.

 

TEATRO RAGAZZI – LA DOMENICA NON SI VA A SCUOLA

E a Galatina si pensa anche ai più piccoli con una stagione teatrale loro dedicata con spettacoli di teatro ragazzi in programma sempre la domenica pomeriggio.

 

Il 3 aprile (ore 17.30) in scena ci sarà “Il mondo di Oz”, produzione Compagnia Teste di Legno. Una rilettura in chiave pedagogica di quella celeberrima non-fiaba, infatti, potrebbe farci riflettere sulla necessità di valorizzare ciò che già abbiamo dentro, invece di cercarlo fuori di noi. Il tutto raccontato e manovrato a vista tra mille colori, pupazzi giganti e attori.

Il 10 aprile (ore 17.30) ci sarà “Il fiore azzurro”, spettacolo di figura e narrazione per attrice e pupazzo di e con Daria Paoletta e il pupazzo di Raffaele Scarimboli, produzione Compagnia Burambò. Un viaggio attraverso la storia di un popolo, quello tzigano, attraverso l'accettazione del diverso, il superamento delle avversità della vita, l'amicizia e la capacità di immaginare che il proprio destino non sia scritto ma è in continuo cambiamento.

Domenica 8 maggio (ore 17.30) toccherà a “Sapiens” di Valentina Diana con la regia Giuseppe Semeraro, produzione Principio Attivo Teatro, animare il pomeriggio dei ragazzi con questo spettacolo che racconta a un pubblico di bambini e ragazzi l'incontro-scontro tra due specie di ominidi che hanno condiviso l’esistenza in Europa per migliaia di anni, Sapiens e Neanderthal.

E ancora, domenica 15 maggio (ore 17:30) ci sarà “Diario di un brutto anatroccolo”, tratto dalla fiaba di Andersen con la riscrittura e regia di Tonio De Nitto, produzione Factory Compagnia Transadriatica. Diario di un brutto anatroccolo coniuga il teatro e la danza a partire da un classico per l’infanzia di Andersen. Un anatroccolo oltre Andersen che usa la fiaba come pretesto per raccontare una sorta di diario di un piccolo cigno, creduto anatroccolo, che attraversa varie tappe della vita come quelle raccontate nella storia originale, e compie un vero viaggio di formazione alla ricerca di sé stesso e del proprio posto nel mondo e alla scoperta della diversità come elemento qualificante e prezioso.

 

Download Cartellone Il Cavallino Bianco.

 

BIGLIETTI

Spettacoli serali

intero € 20 / ridotto € 10

Spettacoli pomeridiani

intero € 10 / ridotto € 6

 

prevendita online su www.diyticket.it

 

Biglietteria del Teatro Cavallino Bianco Via G. Grassi nr. 13 Galatina

 martedì e giovedì 16:30 – 19:30, sabato 10:00 - 13:00

Abbonamenti e biglietti ridotti per under 25, over 65, diversamente abili, persone non autosufficienti ed i loro accompagnatori

* Otello Circus spettacolo a prenotazione obbligatoria

** Processo a Dio spettacolo fuori abbonamento, biglietto unico € 10

INFO E PRENOTAZIONI

Telefono 3287391140

Ingresso solo con Mascherina FFP2 e Green Pass Rafforzato

 
Di Antonio Mellone (del 05/02/2017 @ 15:42:28, in NohaBlog, linkato 2243 volte)

Non c’è popolo al mondo più sonnacchioso, rassegnato, smemorato, in una parola, ‘vavusu’ del galatinese. Con le dovute eccezioni, s’intende. Che confermano la regola.

Gli si può fare di tutto: come per esempio liberare definitivamente il suo territorio dagli alberi residui (quercia vallonea inclusa) per farne una circonvallazione senza senso più che a doppio senso; affumicarlo con gl’inebrianti miasmi delle ciminiere di un cementificio o di una fabbrica di calce; uccidere i suoi beni culturali, come il suo  stupendo centro storico, con il traffico diuturno di auto di ogni cilindrata grazie all’alibi dei negozi “che altrimenti chiuderebbero”; buttar via i soldi delle sue tasse in opere cosiddette pubbliche, inutili, costose e spesso dannose (come un hangar-palestra inservibile, un auditorium inaudito, un centro polivalente senza energia elettrica, e via elencando);  devastare la sua periferia con una miriade di comparti edilizi di frontiera, quando del già costruito non si contano le volumetrie invendute, inutilizzate, abbandonate; riempire i suoi campi e, quando non bastano, anche le piazzole di sosta delle strade dei suoi suburbi con rifiuti di ogni colore, taglia, puzza e pericolo; fargli credere che certe aziende (tipo Tap, e altri gigli di camposanto) sponsorizzino la sua festa patronale o altre “iniziative culturali” per magnanimità o mecenatismo e non invece per la loro coda di paglia lunga fino alla via di Soleto; indurlo all’esultanza quando i politicanti locali se ne escono con qualcuna delle loro, tipo una novella area mercatale che consista in altri ettari di terreno da coprire con una bella coltre cemento vibrato; prenderlo per il culo con la scusa del “volano dello sviluppo” e delle “ricadute occupazionali” (ricadute una dietro l’altra) derivanti dall’ennesimo centro commerciale di una ventina di ettari da impiantare nella campagna di Collemeto; eccetera, eccetera.

A proposito di quest’ultimo centro commerciale, il 13 gennaio scorso, la solita penna ad inchiostro linfatico (siamo ormai nel campo delle ghiandole salivari), sul consueto quotidiano (il minuscolo non è casuale ma causale) scioglieva inni e canti al divino e eucaristico progetto Pantacomico, che pare abbia avuto un ulteriore OK da parte del dirigente (o digerente, vista la bocca buona e lo stomaco forte), funzionario addetto a non so cosa, tale Antonio Orefice, che tomo tomo, cacchio cacchio, immagino con l’assenso anche del commissario prefettizio Guido Aprea (o forse Guido in Apnea), con un assenso nel silenzio generale, ha cambiato nome alla città: da Galatina a Sodomina.

In un trafiletto-colpo-di-grazia, il gazzettante di corvée si presta a illustrarci tutti i punti per i quali il mega-porco commerciale è di “pubblica utilità”, anzi una figata vera e propria. Tipo: “la salvaguardia della rete commerciale della città” [come, non è dato sapere, ndr.]; “la cessione al comune di un’area di 300 metri quadrati da destinare alla promozione dei prodotti locali” [come per dire il pasticciotto di Galatina, e altre leccornie loro. Secondo me la salma del povero Andrea Ascalone, per risparmiargli ulteriore pena, l’avranno sepolta già rivoltata, ndr.]; per non parlare poi della “creazione di impianti sportivi e per il tempo libero” [da trascorrere ovviamente al centro commerciale, e dove sennò, ndr.]; e ancora “un impianto ludico-ricreativo per bambini di 10.000 metri quadri” [povere creature. Poi si lamentano se a 20 anni i figli ammazzano i genitori, ndr.] e infine – mi voglio rovinare - “il parco pubblico che sarà attrezzato, completato e ceduto al patrimonio comunale” [così i galatinesi non faranno più le loro passeggiate ecologico-romantiche con decine di giri in macchina intorno alla villa, con tanto di braccio fuori dal finestrino, ma direttamente in questo novello parco: sarà certamente più cool, anzi paracool, ndr.].          

Mi sa tanto che di questo passo, tra un copia-incolla, un taglia-e-cuci, un mangia-e-bevi, un servo encomio e un codardo oltraggio, l’unica superstite rubrica del Quotidiano in grado di mantenere un sufficiente livello di autentica scientificità rimarrà quella dell’oroscopo.

*

Ora. Capisco che a Galatina la democrazia faccia ribrezzo, se non addirittura schifo, e che la maggioranza dei notabili locali con il codazzo degli accoliti preferisca il “quieta non movere”, un podestà ad un sindaco democraticamente eletto, la presa in giro alla verità. Ma santo cielo, è mai possibile che nessun elettroencefalogramma abbia dato un minimo segnale di movimento, o che nessuno abbia fiatato o alzato ciglio o storto il muso o mosso un dito all’annuncio di questo capolavoro di alta oreficeria (Orefice), ulteriore passo verso il Golgota di una città già provata da anni di malapolitica, scemenze inenarrabili e consociativismo da picchi himalaiani? Sì, evidentemente è possibile.

Oh, Galatina, per favore, smetti di farti del male una buona volta: lascia in edicola ‘sto cazzo di giornale, spegni la televisione e mettiti a leggere finalmente un libro.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 27/01/2019 @ 15:40:59, in Comunicato Stampa, linkato 853 volte)

“Per quanto noi ci crediamo assolti saremo sempre coinvolti”.

Domenica 27 gennaio alle ore 18 presso il Circolo Arci Levèra a Noha di Galatina, in occasione della Giornata della Memoria, si svolgerà un incontro organizzato insieme a Arci LecceAnpi LecceClub per l’Unesco di Galatina eUniversità Popolare Vallone – Galatina, dal titolo “LA STORIA NON INSEGNA”.

La barbarie di Auschwitz, l’ignominia delle leggi razziali, non possono e non devono essere utilizzate come un feticcio auto assolutorio, dietro il quale trincerare un ipocrita Mai Più.

Per questo motivo, la nostra Giornata della Memoria traccerà un percorso che denuncia l’abominevole e criminale indole umana, che si ripete negli errori di un passato recente, che con colpevole superficialità volutamente ignoriamo.

Genocidi, razzismi dilaganti, disumanità e peggio ancora smisurata indifferenza, oggi come allora sono presenti nella nostra realtà.

Insieme ai relatori, partiremo dagli orrori del nazismo e delle leggi razziali fasciste, affrontando l’argomento con il prof. Maurizio Nocera e la prof. Liliana Tundo, che ci presenterà il suo libro “Gli Algranati”, in cui viene romanzata una storia vera di razzismo e deportazione realmente accaduta a Soleto durante il fascismo, per giungere ad analizzare le atrocità del nostro presente, accompagnati dalla prof. Claudia Lisi, approfondendo con il prof. Ippazio Luceri la situazione di sterminio del popolo Curdo e con Anna Caputo la realtà dei lager libici.

L’intera discussione sarà allietata dal contributo video-musicale a cura del dott. Marcello Costantini e del maestro Francolino Viva.

Ricordare senza trarre insegnamento dalla storia è un inutile esercizio di stile, vogliamo denunciare l’inumanità dei troppi crimini contro i popoli, che continuano a consumarsi ai giorni nostri e che continuiamo ad ignorare con la stessa colpevole indifferenza, che ha consentito la barbarie nazista e fascista.

“E se credete ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti”

Levèra Noha

 
Di Redazione (del 18/02/2017 @ 15:39:10, in Comunicato Stampa, linkato 1760 volte)

Lunedì 20 febbraio alle ore 18,30 presso il Salone De Maria in Corte Taddeo,39, nel centro storico di Galatina, Paolo Farina presenta il suo libro “Trenta giorni in racconti brevi", per l’Edizioni Etet. Esordio nel romanzo per un autore che ha al suo attivo numerosi saggi su vari temi sociali, di politica, di teologia e soprattutto su Simone Weil. In Trenta giorni in racconti brevi, Paolo Farina affronta per la prima volta il romanzo: ogni giorno, un frammento di vita che si fissa sulla pagina e si fa traccia di memoria e condivisione. L’idea, dei trenta racconti nasce dal desiderio, da parte dell’autore, di abituare il lettore a trovare almeno cinque minuti al giorno da dedicare alla lettura. A questo si deve anche aggiungere anche l’intento di salvare dallo scorrere del tempo giorni che, forse, hanno qualcosa da insegnarci o almeno qualcosa hanno lasciato all’autore come il racconto dedicato a Melissa, la ragazza di Mesagne vittima di una bomba fatta esplodere vicino alla propria scuola, o quello dedicato a Ahmed il poliziotto ucciso a Parigi durante l’attentato a Charlie Hebdo.

Dialogherà con l’autore la prof.ssa Rita Maria Colazzo.

Paolo Farina insegna lettere e antropologia teologica. È direttore del settimanale Odysseo, navigatori della conoscenza. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui Simone Weil. La ragionevole follia d’amore (Edigrafital 2000), La preghiera tra ascolto e lezione (Rotas 2009), Non ci dimenticate. Diario di un cammino di pace tra Palestina e Israele (EtEt 2009), Dio e il male in Simone Weil (Città Nuova 2010), Dire l’uomo, dire di Dio (EtEt 2014). Questo è il suo primo libro di racconti. Ogni giorno, in aula, mentre compila il registro di classe, uno degli alunni legge un libro ad alta voce: è nata così l’ispirazione di Trenta giorni in racconti brevi.

Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 27/09/2015 @ 15:37:31, in Comunicato Stampa, linkato 1808 volte)

Metti un cielo pieno di stelle, un bel plaid, una roulottina vintage, un cestino pieno di cose buone e chi sa parlarti di stelle e il gioco è fatto!  è l'ASTRO PICNIC!

La nina delle meraviglie, con Safi , Fiordililibro Libreria e G.A.S. Gruppo Astrofili Salentini organizza per sabato 3 ottobre ASTRO PICNIC con partenza da Via O. Scalfo 74 a Galatina alle 16,00 oppure ci si ritrova alle 17,00 direttamente alla  SECRET DESTINATION.

La  prenotazione è obbligatoria entro il  entro il 30.09.15. Per info  e costi 3498636027- 3803797092
Dopo il picnic avremo, durante la serata, la possibilità di godere la visione di un cielo stellato che vedrà scivolare verso ovest le costellazioni estive mentre ad est sorgeranno quelle autunnali, con l'ariete e il Toro prima e il grande Cacciatore Orione poi, che sorgerà imperioso insieme a Nostra Sorella Luna in fase gibbosa calante verso le 23,15.
Ai telescopi del G.A.S. si potrà ammirare, fino al sorgere della Luna, alcuni oggetti del profondo cielo, come l'ammasso della civetta , l'ammasso stellare della cruccia, e non ultimo l'ammasso stellare delle Pleiadi, le sette sorelle figlie di Atlas e Pleione, più luminose che mai.

Con l'ausilio di un puntatore laser raggio verde (uso astronomico) i partecipanti saranno condotti, fra mito e poesia, in un viaggio affascinante intorno alle stelle delle costellazioni Estivo-autunnali alla ricerca della stella maestra mentre la via lattea riempirà i nostri occhi della sua meravigliosa bellezza.

L’evento verrà rimandato in casi si avverse condizioni meteo.

 
Di Antonio Mellone (del 03/09/2016 @ 15:31:07, in NohaBlog, linkato 4789 volte)

Mio papà Giovanni la pensa diversamente.

A 93 anni suonati continua a coltivare la sua terra. Non ha mai saputo che la sua è agricoltura biologica, o che l’agricoltura richiedesse aggettivi. I piccoli appezzamenti di terreno di sua proprietà non hanno recinti, e non capisce perché gli altri erigano degli alti muri di cinta per chiudervisi dentro.

I suoi ulivi sono sani perché non li ha mai abbandonati. Quando gli chiedo come mai certi ulivi del Salento stanno seccando, mi risponde che gli ulivi sono come le persone: soffrono la solitudine, e a volte se lasciati soli si deprimono così tanto che alcuni arrivano fino al suicidio.

Quando gli capita di vedere in giro grandi rotatorie e strade a quattro corsie esclama: “Dove andremo a finire quando l’ultimo ettaro di terra verrà asfaltato”. Meno male che non ha visto la nuova Maglie-Otranto, la Regionale 8, o il “progetto” della SS. 275, e gli altri “piani stradali in nome della sicurezza”, sennò penserebbe che ci siamo tutti bevuti il cervello.

Ogni volta che vede i terreni trafitti dagli enormi impianti di fotovoltaico mio padre dice sottovoce: “Hanno piantato tutta questa roba, ma poi che cosa mangeranno?”. Secondo me, mio padre a 93 anni riesce a guardare più avanti di chi ne ha ancora la sua permutazione: 39.

Fosse per lui e per il suo stile di vita non esisterebbero i rifiuti. Mio padre mangia poco, non spreca nulla, non beve l’acqua imbottigliata nella plastica ma quella del pozzo che lui stesso ha scavato con zappa e pala settanta anni fa, risuola più volte le scarpe, riutilizza le camicie che dismetto, perché afferma: “Sono ancora buone, basta che siano pulite e stirate”.

Dice che prima non avevamo tutta questa immondizia, e che uno spazzino che oggi si chiama operatore ecologico bastava per tutto il paese: “perché un tempo non compravamo tutta la spazzatura che invece compriamo oggi”. E quando gli racconto, a proposito, che nei centri commerciali c’è tutto quello di cui si possa aver bisogno, mio padre risponde: “Sarà pure che in un centro commerciale c’è tutto, ma io non ho bisogno di nulla”.

Mio padre non possiede un telefonino, e fino a poco tempo fa non sapeva nemmeno che con l’aggeggio con cui sto scrivendo io gli faccio le foto, come quelle a corredo di questo pezzo. Ovviamente non utilizza nemmeno Internet, “ché non ho tutto questo tempo da perdere, io”. Quando gli ho riferito che oggi con il telefonino molte persone vanno in cerca di Pokemon, mi ha replicato che sarebbe meglio che andassero a cercare lumache o ‘zanguni’ (che almeno sono commestibili).

Non va al mare, mio padre, perché preferisce la terraferma, e soprattutto – celia - “per non sporcarlo”. Non frequenta le discoteche, in quanto: “la notte penso a dormire”. Ai cocktail di tendenza nei baretti sulla spiaggia privilegia un bicchiere del suo vino durante i pasti. Non parlategli degli apericena al risto-pub con cibi-cineserie, cioè d’importazione, perché per mio padre non c’è niente di meglio dei prodotti del suo orto, e il vero ‘happy hour’ è il pane e pomodoro che mangia a casa sua.

Mio padre davanti alla televisione si addormenta subito. Dice che con tutto quello che trasmette è la cosa più intelligente da fare. E comunque la mattina si alza presto, molto presto, perché è tempo sprecato rimanere a letto dopo il sorgere del sole, “ché si rischia di diventare come tanti ‘baccalà’”. 

Mio padre pensa che si è giovani ad ogni età quando la somma delle energie consumate è maggiore o tutt’al più uguale a quella delle energie assimilate con l’alimentazione (sicché l’invecchiamento inizia quando l’accumulo di calorie supera il loro utilizzo). E soprattutto che non si muore mai fino a quando si ama di più di quanto non si sia a propria volta riamati.

Il segreto di una vita lunga, per mio padre, non è la serenità o la pace dei sensi, ma la lotta continua; e quello della felicità, trovare davanti a sé un ostacolo e mettercela tutta per superarlo a prescindere dal risultato finale. Mio padre è un sognatore resistente.

Quando raccoglie i prodotti dei suoi terreni, mio padre non li tiene quasi mai tutti per sé: il più delle volte se ne priva sparpagliandoli ad amici e conoscenti. Dice che se mangi da solo rischi di affogarti. A proposito di pasti, mio padre è convinto che ci si stanchi di più a pasteggiare che a lavorare, infatti: “puoi lavorare anche fino a dieci ore di seguito, ma puoi stare seduto a tavola a mangiare al massimo per un’ora e mezza, per esagerare due; dopo non ce la fai più”.

Mio padre parla poco, pochissimo, quasi mai, ma certi silenzi sono più eloquenti e istruttivi di una lezione impartita da una cattedra universitaria.

Mio papà Giovanni in questi giorni sta leggendo un libro sulla nostra Carta Costituzionale nata dalla Resistenza (e lui, rinchiuso per due anni nel lager nazista di Berlino-Spandau, ne sa qualcosa). Siccome detesta gli stermini chiamati “riforme” si sta preparando così al referendum costituzionale, se e quando ci sarà.

Mio padre m’ha già detto che voterà NO allo scempio della sua Costituzione.

Antonio Mellone

 

Il 13 dicembre 2012 è stato pubblicato per i tipi dell’Editrice Salentina il volume di AA.VV.  “La nostra Chiesa – Sessantesimo di sacerdozio di Mons. Mario Rossetti  1952-2012” a cura di Domenica Specchia. Il bel libro a colori con molte foto d’epoca è in distribuzione gratuita a Galatina in via Roma presso la chiesa di Santa Lucia. In questo volume, tra gli altri, troviamo il “breve” saggio di Antonio Mellone, nostro collaboratore, di cui vi proponiamo di seguito la terza ed ultima parte. 

Don Mario ricorda ancora la sua prima volta in clergymen.
Un bel giorno decide di utilizzare l’abito confezionato giorni prima dal sarto per antonomasia: Mesciu Toma, che aveva bottega nel centro storico di Galatina. Esce dalla sua dimora di via Marche, e s’incammina diretto alla volta della chiesa madre. Ma non percorre nemmeno metà del tragitto che ad un certo punto lo prende l’agitazione. Tutto rosso in volto (manco avesse compiuto chissà quale reato), turbato, spaventato quasi, sentendosi a disagio, e oltretutto osservato, decide di tornare indietro a re-indossare la sua solita sottana nera con tanti bottoni. Ritorna in casa per dar corso d’impulso al suo “intento di restaurazione”.
E così, con il solito abito lungo, esce nuovamente dalla sua residenza imboccando la strada per la sua solita destinazione. Ma anche stavolta dopo un breve tratto di strada viene colto da un certo scrupolo di coscienza (il primato della propria coscienza – diciamo qui per inciso - è sancito ufficialmente dal Concilio), si trova dibattuto, contrastato, anzi più imbarazzato di prima, ma stavolta con se stesso più che nei confronti del mondo. Che fare? Non è facile uscire dall’impasse.
Sarà finalmente la sua stessa dignità a fargli prendere, in breve, una decisione irrevocabile. Così don Mario decide di nuovo di ritornare sui suoi passi, rientra in casa e, quasi a voler affermare la sua ferrea forza di volontà, ancora una volta indossa il clergymen, come da iniziale proposito. Stavolta è fatta. E indietro non si torna.
E poi non era il Concilio stesso che gli richiedeva di andare “oltre” un semplice vestito da cambiare?
Così il nostro don Mario decide di affrontare il mondo, incluse le malelingue che nel centro di Galatina (ma anche in periferia) non sono mai mancate. Arrivato dunque in centro, “vicinu allu bicchieraru” s’accorge con la coda dell’occhio che un conciliabolo di persone, appena uscite dalla Messa indica quel prete in borghese, lo segnala, anzi lo addita quasi come un deviante, un rivoluzionario, un eretico; roba da segnarsi subito: Gesù, Giuseppe e Maria. Ma per don Mario la decisione è già presa e la storia, pur non facendo salti, deve andare avanti, infilando possibilmente un percorso di libertà.

Ecco, questo è un altro degli insegnamenti di don Mario impartitici dall’alto di una cattedra di fede, di grazia (di acciacchi e di sofferenza), eretta nel corso di 84 primavere, 60 delle quali di sacerdozio: invece della strada comoda, larga ed in discesa del fondamentalismo becero e del portamento ieratico (paludato di curiale perbenismo di facciata), val sempre la pena di imboccare la strada stretta, impervia ed in salita, ma genuinamente evangelica, dell’Umanità e della Semplicità.

Antonio Mellone

 

Il 13 dicembre 2012 è stato pubblicato per i tipi dell’Editrice Salentina il volume di AA.VV.  “La nostra Chiesa – Sessantesimo di sacerdozio di Mons. Mario Rossetti  1952-2012” a cura di Domenica Specchia. Il bel libro a colori con molte foto d’epoca è in distribuzione gratuita a Galatina in via Roma presso la chiesa di Santa Lucia. In questo volume, tra gli altri, troviamo il “breve” saggio di Antonio Mellone, nostro collaboratore, di cui vi proponiamo di seguito la seconda di tre parti. 

Sempre l’altro giorno, nella sacrestia della chiesa di Santa Lucia, mentre conversavo con il mio amico prete parlando del più e del meno, mi sovviene il fatto che il sessantesimo anniversario di sacerdozio di don Mario avviene in concomitanza del cinquantesimo compleanno del Concilio Ecumenico Vaticano secondo (ed anche – guarda un po’ – del sessantesimo di sacerdozio di papa Benedetto XVI). Non so se la mia sia una sorta di visione agostiniana della storia (quella che ti porta a dare rilievo a certe coincidenze o “ricorsi” storici, quale espressione della divina provvidenza nella vicenda umana ed ecclesiale), sta di fatto che a volte mi capita, come in questo caso, di fare dei collegamenti fra certe date memorabili.
Lo comunico a don Mario e noto nei suoi occhi come un lampo misto di commozione e letizia. E’ come se si rivedesse, lui, giovane prete con appena dieci anni di messa, in quel mattino dell’11 ottobre 1962, alba di un’era nuova, allorché le campane della chiesa universale iniziavano a battere rintocchi di tempi nuovi, mentre duemila vescovi giunti a Roma da tutto il mondo cantavano il più fremente Veni Creator Spiritus che la storia registri. Nasceva un’era nuova, e un modo inedito con il quale la chiesa si presentava al mondo. E don Mario, da un’altra piazza San Pietro, quella della sua Galatina, partecipava con trepidazione a quell’impulso di rinnovamento tanto atteso anche da lui.
Il Concilio era una “rivoluzione” (don Mario non ha mai utilizzato codesto lemma, ma allo scrivente il termine è molto caro), una sorta di vomere pronto a tracciare un solco di tale profondità da far sentire ancora oggi il sussulto delle sue fenditure. Una lama che sta ancora arando e dissodando. Ed è come se l’aratura fosse iniziata ieri.
Molti documenti del Concilio attendono ancora di essere scoperti, studiati ed applicati, onde consentire alla chiesa di percorrere la sua strada fino in fondo, talvolta alla ricerca dell’Umanità perduta. Se lo si guarda in questa prospettiva, il Concilio, tutt’altro che “chiuso”, può dirsi ancora oggi appena incamminato verso vie mai percorse, né ancora immaginate.       
Don Mario mi ricorda, a proposito, che il 1965 fu l’anno dell’inizio delle celebrazioni nella lingua materna. L’italiano, dopo la millenaria tradizione del latino, viene finalmente utilizzato nella messa, nell’amministrazione dei sacramenti e nel canto. Ed aggiunge che i primi sacerdoti di Galatina ad indossare il clergymen (cioè l’abito scuro composto da giacca, pantaloni, pettorina e collare bianco) furono lui ed il carismatico don Salvatore Bello. Gli altri li seguirono, sì, ma a distanza di anni, se non di decenni.
Potrebbe sembrare una banalità, ma anche il cambio di un vestito poteva essere un trauma. Dopo anni ed anni di talare (cappello incluso), usata a partire dai tempi del seminario anche d’estate sotto il sole cocente, non era mica facile far capire innanzitutto a se stessi, e poi al popolo, che non è l’abito a fare il monaco.

Antonio Mellone

 

Il 13 dicembre 2012 è stato pubblicato per i tipi dell’Editrice Salentina il volume di AA.VV.  “La nostra Chiesa – Sessantesimo di sacerdozio di Mons. Mario Rossetti  1952-2012” a cura di Domenica Specchia. Il bel libro a colori con molte foto d’epoca è in distribuzione gratuita a Galatina in via Roma presso la chiesa di Santa Lucia. In questo volume, tra gli altri, troviamo il “breve” saggio di Antonio Mellone, nostro collaboratore, che vi proponiamo di seguito in tre parti. 

Ai mille e uno difetti che ho, s’aggiunge anche quello di non riuscire a ricordare genetliaci, onomastici, ricorrenze, inclusi quelli di chi mi sta attorno, come parenti, amici, colleghi e (mi piacerebbe dire anche) ragazze. Non ho un’agenda su cui registrare questa sorta di appuntamenti, né mi salta in mente di utilizzare quella elettronica del mio cellulare, né mi è mai capitato di bazzicare dentro quell’altra diavoleria virtuale che ha nome di facebook che pare funga, tra l’altro, anche da pro-memoria di compleanni e celebrazioni delle cosiddette “amicizie”. Credo che il valore (aggiunto) di un augurio indotto dal social-network abbia più o meno lo stesso peso specifico di un’amnesia (malattia di cui, a proposito di commemorazioni, come detto sopra, sono affetto).
Tutta questa excusatio non petita per dire che non è sfuggito alla morsa della mia solita smemorataggine anche un altro evento straordinario come quello del sessantesimo anniversario di sacerdozio del mio amico don Mario Rossetti. Eppure avrei dovuto saperlo. Anzi lo sapevo, eccome, avendone scritto pubblicamente in un paio di occasioni, allorché mi capitò di avere per le mani prima il menabò e poi la copia definitiva del ponderoso volume della prof.ssa Domenica Specchia, quello “verde” per intenderci, che completava il trittico policromo (ora in ristampa) della vita e soprattutto dei “miracoli” di don Mario.
L’avrei dovuto sapere, dunque. Ma venerdì 6 luglio 2012, ultimo giorno lavorativo della settimana, sarò sicuramente corso (s’intende dopo l’orario di lavoro pomeridiano) a spaparanzarmi sulla mia sdraio chissà più su quale lido del Salento, relegando nel dimenticatoio una circostanza storica di questa portata. Ma a dirla tutta, neanche don Mario si è più di tanto sforzato per farmi rammentare codesto suo compleanno sacerdotale: non lo ha sbandierato ai quattro venti, non lo ha pubblicizzato con megafoni, manifesti, scampanate, inviti, spot, partecipazioni e inserzioni su quotidiani o siti Internet, né lo ha festeggiato con riti solenni, veglie o fuochi d’artificio.
E’ fatto così, don Mario. La sua stessa voce flebile, la sua figura fisica gracile e mingherlina anzichenò, la sua ritrosia, ma soprattutto il taglio della sua personalità, stanno ad indicare che egli può esser tutto men che un tipo invadente. Don Mario è un prete discreto, umile, direi anche a basso impatto ambientale, e mai avrebbe strombazzato a destra e a manca, con cerimonie pompose o spettacolari, il traguardo dei suoi sessant’anni di “servizio” (che, per il suo animo sacerdotale, non è un concetto vuoto di contenuto, non è retorica, non un sostantivo ampolloso dietro il quale celare carrierismi o manie di grandezza, ma spendersi senza attesa di ricompense).  
Per don Mario la più alta forma di festeggiamento è la celebrazione della messa, mentre il più bel regalo è farne e non riceverne. Sì, ti presenti da lui sempre con le mani in mano, ma non riesci ad andartene senza un presente. Che non necessariamente è un oggetto transeunte; molto spesso è un consiglio, finanche una sola frase che ti fa riflettere (tipo quella di qualche giorno fa, allorché interrompendo una mia risposta balbettante e impappinata alla sua domanda su quale fosse il giorno più bello della nostra vita, mi rivela in maniera sorridente ma perentoria che il giorno più bello della nostra vita è l’oggi).    

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 22/12/2018 @ 15:14:04, in Presepe Vivente, linkato 2403 volte)

Il presepe vivente quest’anno non arriva a Nove in tutti i sensi.

Vale a dire che: a) Bambino, padre putativo, ragazza madre e pastori (nel senso di attori protagonisti della scena) stavolta non si fermeranno a Noha (Nove), ma faranno evidentemente tappa altrove, nonostante la stella cometa continui a brillare enorme sui nostri fori imperiali; e b) dopo le prime otto riuscitissime, non celebrerà la sua nona edizione.

Qualcuno mi ha chiesto le motivazioni in merito a codesto Stop, che invece sarebbe meglio definire Pit-Stop, come quello dell’automobilismo. Qualcun altro sproloquia di attriti tra i membri dell’associazione Gruppo Masseria Colabaldi, altri blaterano di mancate autorizzazioni (da chissà chi, poi). Insomma i soliti cicalecci, sgambetti e  mormorazioni da periferia, che ricordano tanto certi gruppi Whatsapp tra i più molesti.

Ebbene, niente di tutto questo.

Vorrei rassicurare certe belle statuine (quelle vere sono sempre al di fuori, mai all’interno dei presepi più o meno viventi: ma nel caso limite vi partecipassero non potrebbero non ambire a un posto d’onore nel gregge) che non solo il Gruppo degli amici del presepe di Noha gode di ottima salute e non è mai stato così compatto nelle decisioni, ma ha per la testa altri progetti ben più importanti e, come dire, più sfidanti dell’allestimento di un presepe vivente (che comunque comporta responsabilità e sforzi organizzativi di un certo calibro: roba che i monocordi censori di turno, visto che non son bravi nemmeno a parlare, figurarsi a scrivere, non saprebbero nemmeno da dove iniziare).

Quanto alle autorizzazioni, tanto per puntualizzare l’ovvio, si evidenzia il fatto che, quest’anno, la proprietà del Castello di Noha si è dichiarata disponibile non solo a concedere il giardino monumentale, ma financo le scuderie e la piazza d’armi, onde l’ingresso al percorso teatrale del presepe da parte del pubblico sarebbe avvenuto dal portale principale del maniero nohano. 

Allora perché i ragazzi dell’associazione han deciso codesta pausa di riflessione?

Ma perché quest’anno sembrava troppo facile, e ai miei amici (e invero anche a me) piacciono le cose difficili; perché ogni tanto è giusto staccare la spina (chissà che il malato sociale non riprenda a respirare autonomamente); perché l’ospite deve lasciare la stanza finché è ancora desiderato (per fortuna ancora dai più); perché a volte l’assenza fa riflettere di più di una presenza, o almeno così si spera; perché quest’avventura incredibile in otto puntate annuali ha già cambiato (in meglio, certo) il corso della storia di Noha, e indietro non si torna; perché l’elettroencefalo-dramma di molti belli addormentati sui divani locali continuerà a non fare un plissé (sia con, sia senza presepe vivente); e, infine, perché una volta ogni otto anni è anche giusto e pio che il pranzo di Natale sia fatto in serenità, fino diciamo al dolce e allo spumante, anche dai membri di un’associazione di volontariato come quella di Noha, senza dunque l’ansia delle operazioni preliminari all’apertura post-prandiale del presepe vivente più bello di Puglia.

Ma al di là di ogni presepe, auguri di buon Natale alle donne e agli uomini di buona volontà. Agli altri, come diceva quello, è inutile ca li fischi.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 14/02/2007 @ 15:13:03, in La Storia, linkato 6449 volte)

Eccovi le lezioni  tenute da
P. Francesco D'Acquarica - il 29 gennaio 2007
e da
Antonio Mellone - il 1 febbraio 2007
davanti a vasta e competente platea, nel ciclo di lezioni dell'Anno Accademico 2006-2007  dell'Università Popolare "Aldo Vallone" di Galatina, nei locali del Palazzo della Cultura, in piazza Alighieri, cuore di Galatina.
E' ora che la nostra storia varchi i confini e gli ambiti più strettamente "provinciali".

 

1)Lezione di P. Francesco D'Acquarica



2)Lezione di Antonio Mellone

Lunedi scorso da questa stessa “cattedra” ha parlato P. Francesco D’Acquarica. Il quale m’ha riferito di aver preparato la sua lezione con slides e foto che poi per questioni tecniche non ha potuto utilizzare.
Oggi chi vi parla, non disponendo,… anzi - diciamo tutta la verità - non avendo tanta dimestichezza nemmeno con quella diavoleria elettronica altrimenti chiamata Power Point, non ha preparato slides, né foto, non vi farà provare l’ebbrezza di effetti speciali (a prescindere dal loro funzionamento) e non vi proietterà nulla. E dunque, pur avendo oltre trenta anni di meno di P. Francesco, essendo molto meno tecnologico di P. Francesco, dimostrerà, con questo, come la storia a volte… possa fare salti indietro.

*

Quindi da un lato non vi proietterò nulla; dall’altro vi chiederò uno sforzo di immaginazione (ma alla fine vi suggerirò un supporto, uno strumento portentosissimo per fissare, per memorizzare quanto sto per dirvi. Poiché come diceva il padre Dante “… Non fa scienza, sanza lo ritener l’aver inteso”. La scienza è cioè contemporaneamente “comprensione” e “memoria”. Sapere le cose a memoria senza averle capite non serve a nulla; ma non serve a nulla nemmeno comprendere e non ricordarle! Cioè se uno intende, comprende, ma non ritiene, cioè non memorizza, è come se non avesse fatto nulla: o meglio non ha – diciamo – aumentato la sua scienza).

*

Questa sera cercheremo però in un modo o nell’altro di fare un viaggio nel tempo e nello spazio. E’ come se questa stanza si trasformasse in una macchina del tempo (ma anche dello spazio: ma non un’astronave!) che ci porti indietro nel tempo, nella storia, ma anche nella leggenda, nella favola, poiché, sovente, là dove scarseggia la documentazione, là dove il piccone dell’archeologo tarda a farsi vivo, è necessario supplire con altri dati, in molti casi con delle “inferenze” (che non sono proprio delle invenzioni) ma, diciamo, delle ipotesi ragionevoli.
Così dice il Manzoni nel capitolo XIII, allorché parla dello sventurato vicario – poi, bene o male, salvato, dalla inferocita folla, da Antonio Ferrer – “ Poi, come fuori di se, stringendo i denti, raggrinzando il viso, stendeva le braccia, e puntava i pugni, come se volesse tener ferma la porta… Del resto, quel che facesse precisamente non si può sapere, giacché era solo; e la storia è costretta ad indovinare. Fortuna che c’è avvezza.”
La storia è costretta ad indovinare; la storia s’inventa sovente le cose: fortuna che c’è avvezza.
La storia è avvezza ad inventar le cose!
E se lo dice il Manzoni stiamo tranquilli.
Dunque a volte nella storia può funzionare (e funziona: tranne che per qualche sofisticato prevenuto o per chi voglia leggere la storia con pretese inutilmente tormentatrici) la “ricerca interpretativa”; quella, per esempio, che porta un autore a dire esplicitamente quello che non ha detto, ma che non potrebbe non dire se gli si fosse posta la domanda.
Così in mancanza di documentazione la storia può servire non a darci delle risposte, ma a farci porre delle domande.
Le risposte ragionevoli a queste domande altro non sono che la costruzione della storia, nella quale – come dice Antonio Antonaci - il territorio, il folclore, la trasmissione orale, il dialetto, il pettegolezzo finanche, la leggenda il dato antropico, quello religioso, quello politico, ecc., si intersecano, uno complemento dell’altro…
E’ ormai pacifica un’altra cosa: lo storico, nelle sue ricostruzioni, inserisce il suo punto di vista, la sua cultura, finalità estranee ai testi ed ai fenomeni osservati. Per quanto cerchi di adattare il suo bagaglio concettuale all’oggetto della ricerca, lo storico riesce di rado a sbarazzarsi del filtro personale con cui studia le cose.

*

Ma prima, di procedere in questo viaggio fantastico, visto che vedo qualche volto perplesso (della serie: a che titolo questo sta parlando?) volevo dirvi chi è l’autista di questo autobus, chiamiamolo pure pulman turistico diretto verso Noha: la guida, se volete, di questa sera.
Dunque mi presento intanto dicendovi che sono Antonio Mellone. E su questo non ci piove.
E poi come constato con piacere, in mezzo a voi questa sera ci sono tanti miei cari ed indimenticati maestri che mi hanno avuto alunno alle scuole superiori: oltre al prof. Rizzelli, vedo la prof.ssa Benegiamo, la prof.ssa Baffa, la prof.ssa Giurgola, il prof. Carcagnì, la prof.ssa Tondi, la prof.ssa Masciullo, il prof. Beccarrisi, il prof. Bovino conterraneo, il preside Congedo, vedo l’ing. Romano, e tanti altri illustri professori delle medie, dei licei, della ragioneria ed anche dell’Università di Lecce, come il prof. Giannini, che ringrazio per le parole a me indirizzate. Sicché stasera più che in cattedra, mi sento interrogato, diciamo.
Grazie per l’onore che mi concedete nel parlare a voi, siate indulgenti con me, come tante volte lo siete stati allorché sedevo … dall’altra parte della cattedra!

*

Dunque per chi non mi conoscesse…
Sono di Noha, 39 anni, laurea cum laude in Economia Aziendale presso la Bocconi di Milano, dottore commercialista e revisore ufficiale dei conti, attualmente impiegato alle dipendenze di un importante istituto di credito (importante è l’istituto di credito: non io!) con la carica di Direttore della filiale di questa banca in quel di Putignano, in provincia di Bari.
Ecco: finora questi dati sono soltanto serviti a confondervi ulteriormente le idee, perché da subito spontanea sorge in voi la domanda: e questo Mellone cosa c’azzecca con la storia di Noha?
Allora aggiungo qualche altro dato: e vi dico che sono di Noha e che quell’Antonio Mellone che scrive su “il Galatino” (e gli argomenti nella maggior parte dei casi vertono su temi nohani) da ormai oltre 10 anni, è il sottoscritto.
Non solo, aggiungo e quadro il cerchio, dicendovi che ho curato e scritto insieme a P. Francesco D’Acquarica per l’editore Infolito Group di Milano nel mese di maggio 2006, il libro “Noha. Storia, arte, leggenda”, sul quale ritornerò qualche istante alla fine della nostra conversazione.
Fatta tutta questa premessa di carattere metodologico (che se volete potete considerare pure come “excusatio non petita”) entriamo nel vivo della discettazione, o lectio, o “lettura” che dir si voglia (così come un tempo veniva chiamata una lezione universitaria).

*

Per la Storia di Noha, questa sera, non faremo un exursus: salteremo da palo in frasca, parleremo di tutto di più, ma vedrete che, senza dirvelo, un filo conduttore, un disegno, fra tutte queste disiecta membra ci sarà.

*

La prima domanda che sento rivolgermi da tutti quelli con cui discetto di Noha è la seguente: da dove deriva questo nome?
Risposta a voi qui presenti: ve ne ha già parlato P. Francesco D’Acquarica lunedì scorso.

*

Una curiosità intanto: sapete cosa significa Noha nell’arcaico linguaggio degli indiani d’America? Il lemma “Noha” significa: auguri di prosperità e gioia. L’ho scoperto sentendo un CD dal titolo The sacred spirit - Indians of America. Collezione Platinum Collection 2005. Quindi a qualcuno se volete augurare salute, prosperità e gioia, d’ora in avanti, al compleanno, a Natale o al compleanno, potete dirgli “Noha”. Noha: e non sbagliate!

* * *

P. Francesco la volta scorsa vi ha parlato di una serie di ipotesi a proposito del nome Noha. Io questa sera vi racconto un mito: quello della principessa Noha, che poi avrebbe dato il nome al nostro paese, che prima si chiamava NOIA..
… Noha era una bellissima principessa messapica, che per amore di un giovane principe-pastore, Mikhel, principe di Noia, si stabilì in quel paese cui poi diede il nome.

*

Nei campi dell’antica Messapia, per una traccia di sentiero, segnata da innumerevoli piedi nudi tra le erbe, (solo le più abbienti portavano i calzari) le donne messapiche, sguardo fiero di occhi neri e pelle bruna, capelli lucidi aggrovigliati e andatura energica, portavano con sé panieri pieni di cicorie e formaggio.
Andava, sì, scalza, anche la principessa Noha, mentre le piante dei piedi si espandevano illese sul sentiero, ma il suo portamento, il piglio, il tintinnio dei suoi monili e la cura con cui annodava i capelli e li fermava con cordelle di seta colorata, manifestavano la sua origine regale, nonché la sua voglia di essere bella.
Quando fu il tempo deciso dal re suo padre, Noha si trovò a dover scegliere quale compagno di vita uno fra i molti pretendenti invitati a palazzo…
Ogni pretendente portò con se un dono, secondo le proprie possibilità. Ora, uno portò collane di diamanti costosissime, un altro un anello d’oro molto prezioso, un altro ancora in dote avrebbe portato terreni e palazzi…
Ma la saggia principessa Noha, fra i tanti corteggiatori, per condividere la sua vita, scelse Mikhel, principe di Noia, che le aveva portato in dono solo ciò di cui egli era dotato: e cioè il sorriso, la gentilezza, la semplicità, il rispetto dell’ambiente, l’altruismo, la gratitudine, il senso del dovere e tutto quanto fa vivere in armonia con se stessi, con gli altri e con il creato. Noha reputò che questo era un vero e proprio scrigno di tesori.
Noha rinuncia così per amore allo sfarzo ed agli agi del castello della “Polis” di suo padre (che viveva nella importante città di Lupiae), vivendo felice e contenta nella cittadina del suo Mikhel.

Mikhel e Noha celebrarono le loro nozze a palazzo reale, ma poi vissero la loro vita coniugale nella piccola Noia, nella semplicità, nella concordia e nell’armonia e la governarono così bene da rendere tutti felici e contenti.
Fu così che il popolo, grato, scelse democraticamente di cambiare il nome della cittadina da Noia in Noha.

* * *

Ora allacciate ben bene le cinture di sicurezza: andiamo finalmente a Noha!
La volta scorsa avete avuto modo di conoscere la chiesa piccinna, il Pantheon della Nohe de’ Greci, una chiesa che si trovava proprio in centro, accanto alla chiesa madre, dedicata a san Michele, patrono di Noha.
Questa chiesa piccinna era dedicata alla Madonna delle Grazie, compatrona di Noha, e presentava all’interno degli affreschi. Non esistono delle foto che la ritraggono nella sua interezza: ma soltanto dei disegni di chi la ricorda bene, e qualche foto di piccoli brani dell’interno e dell’esterno di questo monumento.
Era di forma ottagonale. Io non l’ho mai vista (se non in disegno e nelle foto di cui dicevo).
Ma se vi volessi dare una mano o qualche idea ad immaginarla, vi direi che era molto somigliante alla vostra chiesa delle anime (aveva una cupola, però, con dei grandi finestroni).

Ma questo monumento non c’è più: abbattuto, come molti altri…
Ma è inutile ormai piangere sul monumento abbattuto, così come è inutile piangere sul latte versato. Ma questo non è l’unica chiesa abbattuta. Le chiese di Noha abbattute furono molte… Ve ne ha già parlato P. Francesco…
Ma non vi preoccupate. Non sono state abbattute proprio tutte. Qualcuna rimane ancora e qualcun’altra è stato costruita ex novo.
Oggi ne rimangono in piedi, (molte rifatte ab imis) - oltre alla chiesa Madre, dedicata a San Michele Arcangelo, la chiesa della Madonna delle Grazie inaugurata nel 2001, la chiesa di Sant’Antonio di Padova, (che per la forma ricorda in miniatura la basilica del Santo a Padova), la chiesa della Madonna di Costantinopoli, e la chiesa della Madonna del Buon Consiglio e la grande chiesa del cimitero, il quadro del cui altare maggiore, ricordo da ragazzino allorchè ero chierichietto, rappresentava la Madonna del Carmine.
Ma questa sera non voglio portarvi in giro per chiese… che magari vedremo una prossima volta.

*

Ma si diceva: un tempo le persone non capivano erano iconoclaste incoscientemente; non si dava importanza ai beni culturali, si abbatteva tutto con facilità.
Può darsi.
Ma questo poteva essere vero quaranta o cinquanta anni fa.
Ma oggi?
Un delitto contro la cultura e la storia, lo stiamo compiendo noi (non il tempo!) oggi: nel 2007! Noi di Noha; voi di Galatina: anche voi che mi state ascoltando, nemmeno voi ne siete esentati.
Perché? Perché tutti siamo responsabili di qualcosa.
Per esempio siamo responsabili se non conosciamo questi luoghi e questi fatti che si trovano ad un fischio da noi. Dovremmo cioè smetterla di pensare al mondo, solo quando al mondo capita di transitare dal tinello di casa nostra!
Il piccone della nostra ignavia si sta abbattendo giorno dopo giorno su quale monumento? Sulla torre medievale di Noha.
Si, perché, signori, se non lo sapete a Noha c’è una torre medioevale le cui pietre gridano ancora vendetta. E questa torre si trova proprio in centro. Dentro i giardini del castello.

*

Al di là di un muro di cinta, in un giardino privato (ma trascurato: quindi non sempre il privato è meglio del pubblico), dunque in un giardino tra alberi di aranci mai potati. Questa torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300.
Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. A Noha abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e chissà forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa.
Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
Da Noha passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…

La sopravvivenza stessa e lo sviluppo dell’antico casale di Noha debbano molto a questa torre di avvistamento e di difesa, situata su questo asse viario di cui abbiamo già parlato (così come riconoscenti ai loro edifici fortificati devono essere Collemeto e Collepasso; mentre a causa della mancanza di tali strutture difensive vita breve ebbero i casali di Pisanello, Sirgole, Piscopio e Petrore).

La “strada reale di Puglia” ed in particolare la sua arteria che congiungeva Lecce ad Ugento, nata su un tracciato di strada preromana, aveva proprio nelle alture di Noha e Collepasso, e nelle rispettive torri, due punti strategici di controllo e difesa del percorso.

Come si presenta dal punto di vista architettonico?
La torre di Noha, che raggiunge i dieci metri d’altezza permettendo così il collegamento a vista con le altre torri circostanti, si presenta composta da due piani di forma quadrangolare. Una bella scala in unica rampa a “L” verso est, poggiata su un arco a sesto acuto, permetteva l’accesso alla torre tramite un ponte levatoio (una volta in legno oggi in ferro).
La torre è stata realizzata con conci di tufo regolari, un materiale che ha permesso anche un minimo di soluzioni decorative: la costruzione infatti è coronata da un raffinata serie di archetti e beccatelli.
Dei doccioni in pietra leccese permettevano lo scolo dell’acqua della terrazza (con volta a botte).

*

Chiuso anche questo argomento della torre.

* * *

Nel complesso del castello si trovano (oltre al castello stesso: ma di questo non ve ne parlo) altri monumenti: il primo è curiosissimo. Si tratta delle “casette dei nani o degli gnomi”, anche queste un mistero. (Il secondo è un ipogeo; il terzo la “casa rossa”)
Le casette dei nani.
Le avete mai viste? Qualcuno di voi le ha mai viste? Sapete cosa sono? E dove si trovano?
E’ una specie di villaggio in pietra leccese, un capolavoro di architettura, fatto di tante casette piccole, che sembrano tante case dei nanetti. Si trovano sulla terrazza di una casa che fa parte del complesso del castello di Noha. Una delle case dove abitavano i famigli, i servi dei signori del palazzo.

Il villaggio di Novella frazione di Nove è fatto di casette piccine e leggiadre: un piccolo municipio, la piazzetta, la chiesetta con un bel campanile, la scuola, la biblioteca, le casette degli altri gnomi, il parco dei giochi, ecc.
Nel paese di Novella non vi erano mega-centri commerciali, aperti sette giorni su sette e fino a tarda ora; ma negozietti e botteghe a misura d’uomo… anzi di gnomo… di gnomo.

Così, da basso (lasciando alle spalle la farmacia di Nove) basta alzare lo sguardo e tra la folta chioma di un pino marittimo, si riesce ad intravedere il campanile ed il frontespizio di una “casetta” dalla quale sporge un balconcino arzigogolato, finemente lavorato.
Ma per poter vedere tutto quanto il paese di Novella bisogna salire sulla terrazza di quella casa - chiedendo il permesso alle gentilissime signore che attualmente abitano il primo piano del castello.
Quando passate da Noha, fermatevi un attimo ad ammirare i resti di queste casette. Sono ricami di pietra, lavoro di scalpellini e scultori che hanno creato opere d’arte. Anche queste casette-amiche ci chiedono di essere restaurate.

*

Ora facciamo quattro passi a piedi (abbiamo lasciato il nostro pulman virtuale) e attraverso via Castello dirigiamoci verso il centro della cittadina.
Stiamo calpestando un luogo antico ed un manto stradale che cela un sotterraneo: è un ipogeo misterioso.

*

Nella primavera del 1994 a Noha, fu una ruspa, impegnata in lavori alla rete del gas metano, durante lo scavo di una buca, sfondandone improvvisamente la volta, a portare alla luce un mondo sotterraneo, un ipogeo misterioso di notevoli dimensioni.
Il gruppo speleologico leccese "'Ndronico" invitato dall’allora sindaco prof. Zeffirino Rizzelli, provvide alla perlustrazione, ai rilievi ed alle analisi di quegli antri. E conclusero che si era in presenza di un reperto di archeologia industriale di Terra d'Otranto: un frantoio ipogeo.
Concordo con questa conclusione e con la relazione degli speleologi. Però aggiungo che è proprio della scienza la ricerca continua di elementi che possano confutare o confermare una tesi.
La tesi in questo caso è quella della vox populi che narra di un passaggio segreto in grado di collegare il palazzo baronale di Noha con la masseria del Duca nell'agro di Galatina.
E come in molti altri Castelli italiani o stranieri avviene, è ragionevole ipotizzare che anche in quello di Noha possano esserci anfratti, nascondigli, passaggi, dei trabucchi, carceri e bunker sotterranei, al riparo da occhi indiscreti, o di difesa dalle armi nemiche, o assicurati contro facili evasioni, o in grado di imporre dura vita ai prigionieri.
Vi sono in effetti alcuni elementi contenuti nella relazione e confermati da una nostra visita che abbiamo avuto la fortuna di compiere proprio in questo ipogeo, durante l'estate del 1995, insieme ad un gruppo di amici (tra i quali P. Francesco D'Acquarica: non pensavamo dieci anni fa di scrivere un libro a quattro mani) elementi, dicevo, che fanno pensare che ci sia un collegamento tra il Palazzo Baronale, l'adiacente Torre medioevale, l'Ipogeo stesso e chissà quali altri collegamenti.

Dalla relazione degli speleologi si legge: "sul lato Nord si diparte un corridoio che, dopo alcuni metri, si stringe e permette di accedere ad un pozzo d'acqua stagnante sotto una pittoresca piccola arcata bassa, di elegante fattura e dolcemente modellata e levigata, dinanzi alla quale siamo costretti a fermarci…". Poi ancora un altro brano dice: "…la pozza sull'altra sponda presenta una frana in decisa pendenza accumulata fino alla sommità superiore di un arco ogivale che a sua volta sembrerebbe nascondere un passaggio risalente in direzione del Palazzo Baronale..". In un altro stralcio leggiamo: " …esiste un cunicolo a Sud. Tale galleria risulta riempita, al pavimento e sino ad una certa altezza, di terriccio, per cui abbiamo proceduto carponi. Il corridoio di mt. 11,00 circa, largo mt. 1,10 ed alto nel punto massimo mt. 1,30, mette in comunicazione i due ipogei, come se il primo volesse celare il secondo in caso di assedio…". Infine in un altro pezzo è scritto: "Ripartendo dalla scalinata Sud ed inoltrandoci nella parte destra, a circa 6,00 mt., vi è un tratto di parete murata come se si trattasse di una porta larga circa mt. 1,30…"
Dalle mappe abbozzate risultano a conferma "porte murate", "probabili prosecuzioni", "cunicoli da utilizzare in caso di assedio".
Se questi elementi da un lato, non dandoci certezze, ci permettono di fantasticare e nutrire mitiche leggende di "donne, cavallier, arme e amori” o il mito dell’Atlantide sommersa proprio a Noha; dall'altro potrebbero servire agli addetti ai lavori, agli studiosi, per proseguire, nella ricerca di altre tessere importanti del mosaico di questa storia locale. Per ora questo ipogeo è chiuso e dimenticato da tutti.

*

Un altro mistero. Vedete quanti misteri. Questa sera più che Antonio Mellone sembro Carlo Lucarelli, con la sua trasmissione Bluenotte, quella che va in onda su Rai tre.

Ora un cenno ad un altro mistero, un monumento: la Casa Rossa.

La Casa Rossa è una costruzione su due piani, che un tempo era parte del complesso del palazzo baronale di Noha (o Castello). E’ così chiamata a causa del color rosso mattone delle pareti del piano superiore. La Casa Rossa ha qualcosa che sa di magico: è un’opera originale e stravagante.
Da fuori e da lontano, dunque, si osserva questa specie di chalet, rosso, dal soffitto in canne e gesso, con tetto spiovente (cosa rara nel Salento), con due fumaioli, una tozza torre circolare, a mo’ di garitta a forma di fungo, con piccole finestre o vedute.
L’ingresso alla Casa Rossa si trova sulla pubblica strada, continuazione di Via Michelangelo, nel vico alle spalle della bella villa Greco (oggi Gabrieli).

Il piano terra invece pare ricavato nella roccia: all’interno si ha l’impressione di vivere in una grotta ipogea, scavata da una popolazione africana. Le pareti in pietra, prive di qualsiasi linearità, hanno la parvenza di tanti nidi di vespe, con superfici porose, spugnose, completamente ondulate, multicolori (celestino, rosa e verde), ma dall’aspetto pesante: somigliano quasi a degli organismi naturali che sorgono dal suolo.
In codesta miscela d’arte moderna e design fiabesco, ogni particolare sembra dare l’idea del movimento e della vita.
I vari ambienti sono illuminati dalla luce e dai colori che penetrano dalle finestre e dalle ampie aperture da cui si accede nel giardino d’aranci.
In una sala della Casa Rossa c’è un gran camino, e delle mensole in pietra.
In un’altra v’è pure una fonte ed una grande vasca da bagno sempre in pietra, servite da un sistema di pompaggio meccanico (incredibile) dell’acqua dalla cisterna (cosa impensabile in illo tempore in cui a Noha si attingeva con i secchi l’acqua del pozzo della Trozza o dalla Cisterneddhra, che sorgeva poco lontano dalla Casa Rossa, mentre le abluzioni o i bagni nella vasca da bagno, da parte della gente del popolo, erano ancora in mente Dei).
Le porte interne in legno, anch’esse, come le pareti, sembrano morbide, come pelle di vitello. Il cancello a scomparsa nella parete e le finestre che danno nel giardino sono grate in ferro battuto e vetro colorato. I vetri (quei pochi, purtroppo, superstiti) rossi, blu e gialli ricordano per le loro fantasie iridescenti le opere di Tiffany.
Al piano superiore si apre un ampio terrazzo, abbellito con sedili in pietra, che permetteva di godere del panorama del parco del Castello o del fresco nelle calde serate estive.
Ma cosa possa, di fatto, essere la Casa Rossa (o a cosa potesse servire) rimane un mistero.
Alcuni la ritengono come il luogo dove venivano accolti gli ospiti nel periodo estivo, del solleone; altri come la casa dei giochi e degli svaghi della principessina (proprio come era la Castelluccia che si trova nel parco della Reggia di Caserta); altri ancora ipotizzano che si tratti di un “casino” di caccia.
Qualcuno maliziosamente afferma che fosse adibita a casa di tolleranza.
Le leggende sul conto della Casa Rossa s’intrecciano numerose: storie di spiriti maligni e dispettosi, di persone che sparivano inspiegabilmente, di briganti che là avevano il loro quartier generale, di prigionieri detenuti che nella Casa scontavano, castighi, torture, o pene detentive.
Qualcuno azzarda anche l’idea che fosse abitata dalle streghe, o infestata dai fantasmi; qualcun altro dice addirittura che fosse occupata dal diavolo in persona (per cui un tempo la Casa Rossa di Noha era uno spauracchio per i bambini irrequieti)…

* * *

La Casa Rossa di Noha a me sembra un vero e proprio monumento in stile Liberty.
Il Liberty è il complesso e innovativo movimento stilistico europeo che si diffuse tra il 1880 e il 1910.
Elemento dominante di questa “moda” sono le linee curve ed ondulate, spesso definite con l’espressione coup de fouet (colpo di frusta), ispirate alle forme sinuose del mondo vegetale e combinate ad elementi di fantasia. Non fu un unico stile: ogni nazione lo diversificò, lo adattò, lo arricchì secondo la propria cultura.
Il modernismo o arte nuova (art nouveau) toccò anche Noha e Galatina. E la Casa Rossa, quindi, costruita con molta probabilità tra l’ultimo ventennio del 1800 ed il primo del 1900, è la massima espressione di quest’epoca, che diventerà in francese belle epoque, in nohano epoca beddhra.

*

Allora vi ho parlato fino a questo momento di monumenti. Vi avrei potuto parlare dei personaggi di Noha. Ce ne stanno. Ce ne stanno. E molti pure!
Se vi va lo faremo una prossima volta.
Ora permettetemi solo di fare un cenno ad un solo personaggio di Noha, scomparso recentissimamente. Lo merita. E’ venuto a mancare a Firenze all’età di 53 anni. Era un artista. Un grande.
Era il grande Gino Tarantino, architetto, scultore, pittore, fotografo: un maestro, un esteta.
Ha vissuto gli anni della giovinezza a Noha e dopo ha studiato architettura a Firenze, dove è rimasto e dove ha creato la maggior parte delle sue opere d’arte. Originali e geniali. Gino Tarantino era un artista, ma, prima di tutto, un uomo intelligente e sensibile. Un uomo che ha dato lustro a Noha ed al suo Salento (la sua opera fu perfino pubblicata da “Flash-art”, rivista d’arte e cultura, conosciuta in tutto il mondo, se non altro dagli addetti al settore)…

Qualcuno lo definiva un tipo “eccentrico”.
Io l’ho conosciuto nel corso della scorsa estate. Gino Tarantino aveva piacere di trascorrere le vacanze a Noha, nella sua terra natale, ne amava il sole, il mare, la luce ed in fondo anche la gente. Colse molti volti salentini, specialmente di adolescenti e giovani. Creava e lavorava anche in vacanza: disegnava, fotografava, impastava, scolpiva, plasmava.
Creava. Elaborava interiormente immagini su immagini.
Era il Gaetano Martinez di Noha.

Diciamo che era un tipo originale, anticonformista, estroso, creativo, uno spirito libero, uno che volava alto con il pensiero, non influenzato dalla banalità delle immagini televisive (“non ho la televisione. Non ho neanche un’antenna” – diceva. E veramente, nemmeno la macchina e nemmeno la patente: per scelta di vita).
Era cordiale, sorridente e (anche a detta di molte donne) un tipo affascinante.
Le sue opere stupiscono e incantano, seducono ancora e riescono, con combinazioni inedite di elementi noti, a dare idea di quanto la mente umana sia in grado di inventare.
Con la sua arte e le sue capacità intellettive ha lottato per integrarsi in quel mondo (chi è del giro sa) così duro e ristretto degli artisti, e delle gallerie; un campo difficile, e ancor peggio, in una città come Firenze: culla dell’Arte Italiana.
Uno spirito così libero ed estroverso come Gino non avrebbe mai accettato di fare altro. A volte partecipava a progetti di architettura (ha arredato case di illustri personaggi a Roma, a Parigi, in Spagna ecc.) ma esclusivamente per ragioni economiche: preferiva dedicare il suo tempo e le sue energie alle sue sculture, alle sue opere la cui rendita economica, come sempre accade per l’arte in genere, si proietta quasi sempre in un futuro estremo.
Ci auguriamo che quanto prima molte sue opere rimesse sul vagone (anzi su più di un vagone) di un treno tornino a Noha. E che presto trovi giusta collocazione nella storia, nell’arte e nella leggenda anche Gino Tarantino e la sua opera, finalmente catalogata e rivalutata.
Purtroppo, dobbiamo constatare ancora una volta che anche per Gino Tarantino vale la legge della morte quale condizione necessaria per l’immortalità della fama!

* * *

A mo’ di notizia in anteprima (questa non è storia, non è attualità è futuro… prossimo) vi comunico che con un gruppo d’amici abbiamo dato vita ad una redazione che sta per dare alla luce un nuovo periodico (di cui non conosciamo, pensate un po’, neanche la periodicità!) on line dalla testata che suona così: L’OSSERVATORE NOHANO. Somiglia per assonanza, ma solo per assonanza all’altra testata ben più famosa: l’organo della Santa Sede. Ma rispetto a quello il nostro è di matrice puramente laica. Rispetteremo la chiesa cattolica così come rispetteremo, né più né meno, le altre Istituzioni.
Abbiamo dedicato il primo numero a Gino Tarantino, del quale vorremmo poter emulare la libertà del pensiero e dell’azione (sempre nel rispetto degli altri, s’intende). Potete accedere al nostro Osservatore attraverso il sito www.Noha.it e buona navigazione. Come dicevo non sappiamo dove tutto questo potrà portarci: a noi interessa partire con entusiasmo e dirigerci ed andare là dove ci porterà il cuore.

* * *

Lo strumento portentosissimo di cui vi parlavo all’inizio di questa mia relazione che volge al termine (vi ricordate quando dicevo: non fa scienza sanza lo ritener l’aver inteso?), dunque questo strumento è (non poteva essere altrimenti) un libro. Il libro scritto a quattro mani dal sottoscritto e da Padre Francesco: il titolo: “Noha. Storia, arte e leggenda”. Un libro prezioso, per il contenuto, e pregiato per il contenitore. Che questa sera chi lo volesse potrebbe farlo ad un prezzo speciale. Prezzo speciale Università Popolare 30 euro, anziché 35.
Ma non voglio fare la Vanna Marchi della situazione. E non vorrei approfittarne. Se lo volete me lo chiedete. Altrimenti non fa nulla.

*

Cari amici concludo.
Questa sera vi ho parlato di Noha.
Ve ne ho parlato per contribuire solo un poco alla sua conoscenza. Perché si sa che la conoscenza è condizione necessaria (e sufficiente, dico io) per il rispetto e per l’amore dei luoghi, delle persone e della loro storia.
La conoscenza ci rende un po’ più umili. E l’umiltà ci permette non di giudicare, non di guardare dall’alto verso il basso, ma di guardare dentro, di sintonizzarci, di imparare, di capire, di rispettare.
Solo con questi atteggiamenti miglioreremo: e staremo bene con noi stessi e con gli altri.
Mi auguro che non pensiate soltanto che Noha sia come la cronaca nera ci fa leggere sui giornali soltanto la cittadina della mafia o della sacra corona unita. Non è questo. Non è solo questo. Come ho cercato di raccontarvi fino a questo momento.
Mi auguro dunque alla fine che amiate un po’ di più Noha, i suoi monumenti, la sua storia, i suoi abitanti, e - se questa serata non v’è dispiaciuta affatto – anche chi vi ha parlato finora, tenendovi incollati o inchiodati alla sedia.
Se invece fossi riuscito soltanto ad annoiarvi: guardate non l’ho fatto apposta!

Grazie.

 

Il libro che sottoponiamo alla Vostra attenzione si intitola “Alla Vita e per La Vita”  ed è un’opera desiderata della maestra Ada Palamà, innamorata della poesia e della gioia che con essa colora la vita. 

Vi chiediamo di regalarci un'oretta del vostro tempo per condividere insieme “un atto di pace”, così come dice Pablo Neruda.

L’evento è organizzato da Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha, che si adopera per la salvaguardia dell’ambiente, in collaborazione con Cuore e Mani aperte verso chi soffre, che si prodiga per alleviare le sofferenze fisiche e sociali dei più bisognosi.

Alla fine della presentazione di “Alla Vita e per La Vita “, vi invitiamo al piccolo buffet e a brindare con noi alla bellezza della poesia e “Alla Vita e per La Vita”.

Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha

 
Di Albino Campa (del 12/02/2010 @ 15:11:32, in I Dialoghi di Noha, linkato 3321 volte)

Lunedi 15 febbraio 2010, alle ore 18, a Galatina, nell'ambito delle lezioni per l'anno accademico 2009/2010 dell'Università Popolare "A. Vallone", in collaborazione con "I dialoghi di Noha", nell'aula magna del primo circolo didattico, in piazza F. Cesari (Villa San Francesco), Antonio Mellone terrà la lezione dal titolo:

 "Lectura Dantis, quinto canto, Paolo e Francesca"



Canto quinto, nel quale mostra del secondo cerchio de l'inferno, e tratta de la pena del vizio de la lussuria ne la persona di più famosi gentili uomini.

 
Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.        3

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.        6

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata        9

vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.        12

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.        15

"O tu che vieni al doloroso ospizio",
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,        18

"guarda com'entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!".
E 'l duca mio a lui: "Perché pur gride?        21

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare
".        24

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.        27

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.        30

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.        33

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.        36

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.        39

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali        42

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.        45

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid'io venir, traendo guai,        48

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: "Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?".        51

"La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper", mi disse quelli allotta,
"fu imperadrice di molte favelle.        54

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.        57

Ell'è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.        60

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.
       63

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.        66

Vedi Parìs, Tristano"; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.        69

Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.        72

I' cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri".        75

Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno".        78

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!".        81

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;        84

cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido.        87

"O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,        90

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c' hai pietà del nostro mal perverso.        93

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.        96

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.        99

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.        102

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.        105

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense
".
Queste parole da lor ci fuor porte.        108

Quand'io intesi quell'anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: "Che pense?".        111

Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!".        114

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.        117

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?".        120

E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
       123

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.        126

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.        129

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.        132

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,        135

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".        138

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.        141

E caddi come corpo morto cade.

 
Di Albino Campa (del 24/01/2011 @ 15:04:27, in Recensione libro, linkato 3331 volte)

Scrivo, sperando di riuscire a liberarmene una volta per tutte. Scrivo, appunto, scrivo qualcosa che si potrebbe definire, volendo, recensione di un libro, ma che credo non abbia nulla di simile, a parte il libro, a una recensione. Sia ben chiaro che con la presente non è mia intenzione offendere alcun recensore professionista, né tantomeno l’autore del libro in questione, Antonio Errico.

L’ultima caccia di Federico Re (Manni Editori, pag. 151, 2005) è infatti l’opera di cui voglio parlarvi e che ancora non ho finito di leggere. Avete capito bene, non l’ho ancora finito di leggere e ho già iniziato, senza esitare un attimo di più, a buttare giù qualche idea. Beh, cosa sono quelle facce sconvolte? Vi avevo avvisato. Ecco quello che succede a non prendere mai sul serio chi scrive! Comunque non ho intenzione di tornare indietro, sia ben chiaro, io continuo dritto per queste righe.

Bene, e ora vi devo fare un’altra confessione: prima di iniziare a leggere quest’opera ne ho dovuto subire la persecuzione. Sarà capitato anche a voi, ditemi di sì, di gironzolare tra gli scaffali di una libreria e scorrere con gli occhi centinaia di titoli, distrattamente, senza prestare attenzione a nessuno in particolare. Almeno così vi sarà sembrato, se non fosse che alcuni giorni dopo vi trovate davanti un articolo il cui autore non vi è del tutto sconosciuto, siete certi di averne già sentito parlare, ma non ricordate in quale circostanza.

Ora, per favore, ditemi che è proprio così che vanno in genere le cose!  

Nel mio caso l’autore si chiamava Antonio Errico. Ne ero sicuro, questa la mia certezza, l’unica in fondo, per il resto ero costretto a vagare nel nulla; tutte le fatiche risultavano inutili, non c’era capriola, tuffo acrobatico, triplo salto nei miei ricordi che suscitasse una qualsiasi associazione: un libro, una poesia, bastava anche un volto, il colore di una copertina o un’immagine, una musica per carità, ma niente, nonostante continuassi imperterrito a lustrare il fondo della mia memoria, nessun luccichio mi veniva in aiuto.

Arriva sempre, inevitabilmente, un momento nella vita in cui è bene dimenticare, e in genere lo facciamo in automatico, senza alcuna prassi burocratica che ci porti via del tempo. Dimentichiamo per fare spazio a ricordi più ingombranti; mettiamo ordine perché ci rendiamo conto che presto ci riuscirà impossibile ripescare quel particolare ricordo.

Così mi accingevo a buttar via il ricordo di Antonio Errico, piccolo e deformato, probabilmente perché non mi riusciva di sistemarci nient’altro in quello stesso angolo di memoria e mi occorreva ancora dello spazio. Fu allora che mi sembrò di rivivere, nella penna del Collodi, lo spauracchio di Maestro Ciliegia, dal momento che proprio quand’ero sul punto di gettar nel fuoco il mio ricordo, ecco che questo vi si ribellò e mi ritrovai Errico dappertutto, a firma di articoli, mentre parlava della poesia di Vittorio Bodini al Liceo Classico “P. Colonna”, in una lezione all’Università Popolare di Galatina e nei suoi libri, che il caso però voleva non riuscissi mai a sfogliare, ma solo a intravedere nelle librerie, su scaffali di letteratura salentina.

De L’ultima caccia di Federico Re non ne avevo mai sentito parlare, mai prima della mostra Fabbricanti di Libri presso Palazzo Baldi a Galatina. In quell’occasione mi sono trovato dinanzi alla trasfigurazione artistica dell’opera, a una metamorfosi creativa che prendeva origine dalle pagine di quel testo, le modellava, ne plasmava l’idea dell’artista con quella dello scrittore per dare vita a un’opera d’arte unica e di rara bellezza. Questo era il libro che dovevo leggere, mi dissi, e non ci fu bisogno di mettermi a cercarlo, perché fu lui a venirmi incontro. Giorni dopo eccolo, infatti, sugli scaffali della Biblioteca Giona a Noha, ancora lui, Antonio Errico e il suo L’ultima caccia di Federico Re.

Scrivo, quindi, scrivo sperando di riuscire a liberarmene una volta per tutte.

Scrivo, cercando di dare un senso a questa smodata ricerca.

 
Michele Stursi
… continua
 
Di Redazione (del 03/08/2015 @ 15:03:57, in Comunicato Stampa, linkato 1782 volte)

Quest'estate Galatina mette al centro i bambini, ma anche gli adulti: arriva Cartonando, rassegna di cinema per ragazzi, nell'ambito de L'estate della Cuccuvascia - ritrovarsi a Galatina, organizzata dal Comune di Galatina. Il 4-11-18 agosto, in Piazzetta G. Fedele, si inizia alle ore 20.00 con la pre-animazione a cura del Centro Servizi per l'Infanzia il Baobab, e si proseguirà alle 21.00 con il cinema.

Un programma ideato per coinvolgere direttamente i bambini e trasportargli nel magico mondo del cinema propone un'esuberante animazione che vi lascerà senza fiato: un percorso incantato per far scivolare adulti e bambini nel meraviglioso mondo delle fiabe e del cinema animato. Tantissime emozioni da vivere.

4 agosto:
Ore 20.00 Un fatato tocco artistico con il face painting ispirato ai personaggi animati dei corti;
bans e giochi di gruppo per dar sfogo all'energia;
La spettacolare magia di Presto, il coniglio (a cura di Mago Rocky Di Maggio);
laboratorio creativo: La Luna dei sogni;
balloon art per far vivere i coloratissimi amici dell'animazione;
zucchero filato, per un po' di dolcezza extra;
e, infine, una suggestiva sorpresa...
Ore 21.00 Disney e Pixar presentano una nuova incredibile collezione di 12 cortometraggi, alcuni candidati all'Oscar (miglior cortometraggio animato: Presto, 2008; Quando il giorno incontra la notte, 2010;
La Luna, 2011). Fantastiche storie, personaggi accattivanti e un'animazione straordinaria, con contenuti inediti.

11 agosto:
Ore 20.00 Un tuffo artistico nel Paese dei Balocchi con il face painting ispirato ai personaggi di Collodi;
bans e giochi di gruppo per un pieno di allegria;
teatro delle marionette con Dialogo da burattini veri;
laboratorio didattico-creativo: Crea il tuo burattino;
balloon art per un po' di vivace giocosità;
Ore 21.00 I coloratissimi fotogrammi di Pinocchio, di Enzo D'Aló disegneranno una vivace poesia in grado di catturare l'attenzione di adulti e piccini, allo riscoperta di un burattino sferzante è pieno di vita.

18 agosto:
Ore 20.00 Face painting per immedesimarsi nei protagonisti creati da Daniel Pennac;
bans e giochi di gruppo con una gara tra orsetti e topolini;
Sentimenti delicati come bolle di sapone, spettacolo di bolle di sapone giganti;
laboratorio didattico: Il libro delle emozioni e i consigli di Celestine;
balloon art per emozionare con i coloratissimi palloncini e le loro figure;
Ore 21.00  Ernest & Celestine, di Stéphane Aubier, un capolavoro che parla di amicizia, eguaglianza e cuori puri.

Daniela Bardoscia

 
Di Redazione (del 16/10/2013 @ 14:59:15, in Eventi, linkato 2453 volte)
Alcuni momenti del pomeriggio con i bambini della scuola primaria di Noha appartenente all'Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina (sede della Biblioteca Giona - Presìdio del libro di Noha e Galatina) dove si è svolto un seminario animato per la promozione della lettura ai piccoli ai quali l'artista Adalgisa Romano ha donato la sua opera "Lifebox".

 

 
Di Redazione (del 16/08/2019 @ 14:56:57, in Comunicato Stampa, linkato 1399 volte)

A SESSANT’ANNI DALLA TERRA DEL RIMORSO UN FOCUS DEDICATO A ERNESTO DE MARTINO

ORE 19 IL BORGO RACCONTA - PIAZZA ORSINI

VISITA GUIDATA BASILICA DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA

ORE 19 LABORATORIO DI PIZZICA E TAMBURELLO - PIAZZA DANTE ALIGHIERI

ORE 20 DE MARTINO 60 - RACCONTO DI UN libro - CONVENTO DELLE CLARISSE

LA TERRA DEL RIMORSO DI E. DE MARTINO CON STEFANO DE MATTEIS E PAOLO APOLITO

MOSTRE: IL LUOGO DEL CULTO, GALATINA, SAN PAOLO, TARANTISMO E DINTORNI;

MENADI DANZANTI

ORE 21 ALTRA TELA - PIAZZA GALLUCCIO

ORE 22 PIZZICA IN SCENA -  CASTELLO CASTRIOTA SCANDERBERG

A seguire CONCERTO RAGNATELA - PIAZZA DANTE ALIGHIERI

Solo una settimana al Concertone finale del festival itinerante “La Notte della Taranta” Galatina il 17 agosto ospiterà la quindicesima tappa di questa 22/a edizione.

Per la rassegna il Borgo Racconta sarà possibile effettuare una visita guidata a cura dell’Archeoclub Terra D’Arneo partendo da Piazza Orsini dove è situata la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, uno dei monumenti nazionali in stile romanico-gotico  edificato da Raimondello Orsini del Balzo tra il 1369 e il 1391. Si continuerà alla scoperta della pizzica, al cui rito è dedicata la  Cappella di San Paolo in Piazza SS Pietro e Paolo. Ultima fermata di questa visita guidata sarà il Museo Civico “Pietro Cavoti”,  in cui viene conservata una collezione di documenti, opere di artisti e studiosi galatinesi e locali. Il ritrovo è previsto alle ore 16.45 in Piazza Orsini; le visite inizieranno alle ore 17, poi ne seguiranno altre alle ore 18 (qui prevista anche in lingua inglese), ore 19  e l’ultima alle ore 20. E’ gradita la prenotazione chiamando il  324 059411.

Come per altre tappe itineranti, anche a Galatina in Piazza Dante Alighieri inizierà alle ore 19 il laboratorio di pizzica e tamburello, che permetterà a tutti i partecipanti di conoscere le basi della pizzica-pizzica e le tecniche per suonare il tamburello. Entrambi gratuiti, il laboratorio di pizzica è aperto a tutti, mentre per il laboratorio del tamburello, oltre ad essere muniti di strumento, è prevista una prenotazione per un numero max di 30 persone. Per prenotare chiamare il 324 059411.

Il laboratorio è curato dai danzatori del Corpo di Ballo de “La Notte della Taranta”: Cristina Frassanito,  Serena Pellegrino, Fabrizio Nigro e Andrea Caracuta.

La Notte della Taranta non è solo musica, danza, ma anche tradizione e letteratura. Tra gli appuntamenti alle ore 20 la sezione De Martino 60 a cura di Kurumuny  e Polo Bibliomuseale, con la direzione scientifica di Maurizio Agamennone e Luigi Chiriatti. A sessant’anni dal viaggio  nel Salento dell’antropologo Ernesto De Martino,  Stefano De Matteis e Paolo Apolito spiegheranno l’importanza che avuto lo studio La terra del rimorso per inaugurare una stagione di recupero della tradizione etnomusicale nel Salento.  

Stefano De Matteis si è  occupato di rappresentazioni simboliche, pratiche performative e processi rituali.  Ha diretto la collana di antropologia Mnemosyne ed è stato tra i fondatori delle “Opere di Ernesto de Martino” dove ha curato la nuova edizione di Naturalismo e storicismo nell’etnologia.

Paolo Apolito, uno degli  antropologi più stimati in Italia, è stato presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione delle tradizioni culturali italiane, del Ministero per i Beni e le Attività culturali e della Commissione di Abilitazione scientifica nazionale per professore universitario di discipline demoetnoantropologiche e  studioso dei fenomeni religiosi e rituali.

 

Saranno loro a raccontare Ernesto De Martino, antropologo e filosofo italiano che  con una serie di missioni etnografiche dai primi anni ’50, raccolse una quantità di documenti relativi a manifestazioni magico-religiose e ne studiò le origini storiche, i rapporti con le condizioni storico-sociali attraverso i secoli, i motivi impliciti che ne giustificavano il persistere. Oggetto della sua investigazione furono particolarmente: il complesso mitico-rituale della fascinazione in Lucania (Sud e magia, Milano 1959); le persistenze del pianto funebre in Lucania (Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958); il tarantismo del Salento (La terra del rimorso, Milano 1961).

Fu proprio De Martino a imprimere una svolta decisiva nello studio del fenomeno del tarantismo. Nell’estate del 1959 inaugurando la tecnica dell’indagine interdisciplinare, con l’unione in un’unica équipe di uno psichiatra, una psicologa, un’antropologa culturale, un etnomusicologo e un documentarista cinematografico, indagò a fondo il rituale magico-religioso del tarantismo pugliese, raccogliendo i risultati dell’analisi, in quella mitica estate del ’59, in quello che sarà poi uno dei testi fondamentali: La terra del rimorso.

Nel 2019 corrono sessant’anni dall’indagine sul tarantismo salentino condotta da Ernesto De Martino e dalla sua équipe, tra Nardò, Galatina e Muro Leccese, nel giugno-luglio 1959.

Il progetto “demartino’60”, omaggiando e celebrando l’opera pionieristica di Ernesto De  Martino e dei suoi collaboratori, intende divulgare parte dei documenti prodotti intorno al fenomeno.

Saranno allestite anche due mostre presso il Convento delle Clarisse: sul luogo del culto di Galatina, San Paolo, Tarantismo e dintorni, e sulle Menadi Danzanti.

Galatina, la cappella di San Paolo e lo spazio antistante, rappresentano uno dei luoghi simbolo  in cui si svolgeva questo rituale legato al tarantismo.   La mostra multimediale restituisce gli scatti di fotografi professionisti e non, che nel corso di un cinquantennio hanno varcato la soglia del luogo del culto. Le fotografie sono di: Chiara Samugheo, Paolo Longo, Paolo Albanese e Paola Chiari, Salvatore Congedo, Carmelo Caroppo, Fernando Ladiana, Luigi Chiriatti.

Passato e futuro del Salento si incontrano nella mostra Menadi Danzanti  progetto realizzato grazie alla sinergia tra Assessorato alla Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, Polo Biblio Museale di Lecce e Fondazione La Notte della Taranta. La mostra presso il Convento delle Clarisse propone la visione della straordinaria collezione di ceramiche antiche, greche e magno greche, con immagini legate alla musica ed ai suoi diversi aspetti e funzioni, ai luoghi e alle occasioni in cui si suonava, agli dei che la proteggevano ed ai miti che la raccontavano. Curata dall’archeologa Anna Lucia Tempestapunta a far conoscere, attraverso le immagini vascolari i reperti musicali e le fonti scritte, i laboratori di gestualità e la “messa in movimento” delle opere, l’importanza della musica nel mondo antico e gli incredibili legami con la contemporaneità. I reperti esposti nel Museo Castromediano di Lecce, insieme ad una selezione di vasi, eccezionalmente allestita nelle sale del palazzo marchesale De Luca di Melpignano, databili tra la fine del VI ed il I secolo a.C.,  documentano i diversi momenti di vita in cui la musica è presente e protagonista.

 

Passando alla musica, alle 21 al via i concerti previsti per la serata. Primo appuntamento con Altra Tela in Piazza Galluccio dell’ensemble Accipiter dalla Basilicata, uno dei gruppi provenienti da altre zone d’Italia e che il festival itinerante ospita per celebrare l’incontro della cultura salentina con quella delle altre regioni del nostro paese.

E’  un gruppo di giovani musicisti che si propone di portare in giro spettacoli in cui le musiche tradizionali del Sud vengono contaminate da influenze più moderne. Un folk-pop-funk con melodie accattivanti, ritmi aggressivi e testi ritmici che si fondono e si mescolano. La voce di Michela Labbate, le melodie della fisarmonica e dell’organetto di Domenico Piliero, i ritmi di Domenico Dimilta, interprete della tammorra, il basso di Franky Damato, il mandolino e i flauti di Domenico Imperatore, le percussioni di Giovanni Guarino, l’incedere delle cornici di Graziano  Lamarra, chitarra e voce di Pietro  Varvarito e la danza di Sara Colucci, creano uno spettacolo che punta ad una corrispondenza di sensi tra il pubblico e gli artisti sul palco.

 

Una delle principali novità di questa edizione del festival itinerante è Pizzica in scena con i danzatori del Corpo di Ballo de La Notte della Taranta che offriranno agli spettatori una performance innovativa tra luci e specchi che riflettono l’incanto dei monumenti. 

Protagonisti di Pizzica in scena a Galatina nel Castello Castriota Scanderbeg saranno i danzatori: Cristina Frassanito, Serena Pellegrino, Stefano Campagna, Andrea Caracuta, Lucia Scarabino, Fabrizio Nigro.

 

Ultimo appuntamento della serata in Piazza Dante Alighieri con i concerti della sezione Ragnatela. Alle ore 22 a salire sul palco saranno l’Orchestra del Liceo Da Vinci di Maglie e a seguire Antonio Castrignanò, Taranta Sounds & Sona Jobarteh.

L’Orchestra del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Maglie nasce dalla convinzione che la musica sviluppi nei ragazzi creatività e armonia, responsabilità e partecipazione. Nata nel 2011, da una idea della dirigente scolastica Annamaria Corrado e del professore Massimiliano Cananà, l’orchestra è composta da 48 elementi che suonano classici rivisitati, spaziando tra i generi più disparati. Il progetto mette in campo un confronto continuo tra modernità e radici, cultura dei libri e cultura dei sensi. In questa occasione l’Orchestra si cimenta con il repertorio musicale salentino, “contaminandolo” con i timbri del proprio organico. La musica cosiddetta colta e la tradizione popolare, trasfuse in note accanto alle sonorità rock e pop, diventano ritmo appassionato ma anche esercizio continuo disciplinato, quasi una colonna sonora per una delicata fase della vita, quella dell’adolescenza. I 48 giovani musicisti saranno diretti dal maestro Armando Ciardo, docente di violino che ha collaborato negli anni con Aldo Ciccolini, Uto Ughi, Luis Bacalov, Lucio Dalla e i Negramaro.

Chiuderà la serata Antonio Castrignanò, Taranta Sounds & Sona Jobarte.

Antonio Castrignanò, musicista salentino, ha cominciato la sua carriera, giovanissimo, con La Notte della  Taranta, prima come tamburellista, poi come frontman. Compositore della colonna sonora del film “Nuovomondo” di Emanuele Crialese,  ha condiviso palchi e festival con numerosi artisti. A Galatina lo stesso Castrignanò (voce, tamburo, mandola) sarà accompagnato da Rocco Nigro (fisarmonica), Gianluca Longo (mandola e mandolino), Luigi Marra (violino e voce), Giuseppe Spedicato (basso), Maurizio Pellizzari (chitarra elettrica), Gianni Gelao (fiati), Davide Chiarelli (batteria e percussioni). Insieme sul palco Sona Jobarteh, la prima donna proveniente da famiglia “Griot” a suonare la Kora, strumento tradizionale dell’Africa, in un percorso musicale con note intime che si alterneranno al ritmo travolgente della pizzica.

 

Tema centrale del Festival 2019 è la tutela dell’ambiente. In collaborazione con Intesa Sanpaolo e Legambiente, la Fondazione La Notte della Taranta promuoverà la raccolta fondi per la campagna #RigeneriAMOlaNatura che consentirà di rendere accessibili 4 oasi del Mezzogiorno d’Italia alle persone diversamente abili e fruibili dal pubblico attraverso sentieri guidati. Si tratta dell’oasi dei Variconi a Castel Volturno (Campania), Foce Cavone nella marina di Pisticci (Basilicata), Dune di Sovereto a Isola Caporizzuto (Calabria) e Torre Squillace nella marina di Nardò (Puglia).

Si può partecipare alla raccolta fondi attraverso la piattaforma www.forfunding.intesasanpaolo.com/  o acquistando la T-shirt creata da Yezael di Angelo Cruciani per la Notte della Taranta in vendita tra i prodotti ufficiali del Festival.

Gloria Romano

 
Di Redazione (del 27/02/2015 @ 14:56:42, in Comunicato Stampa, linkato 2493 volte)

La Biblioteca comunale “Pietro Siciliani” organizza, per sabato 28 febbraio alle ore 16.00, presso la Sala Lettura, l’evento Libri in culla, con lettura di libri ad alta voce e la distribuzione in dono ai bambini nati nel 2014 di uno zainetto colorato contenente un albo illustrato, un libro cartonato e altro materiale selezionato dagli esperti nazionali del Centro per il libro e la lettura del Ministero per i Beni culturali.

Il Sindaco dott. Cosimo Montagna e l’Assessore alla cultura prof.ssa Daniela Vantaggiato, con lo staff della Bibliomediateca, daranno il benvenuto ai piccoli.

Partecipano la pediatra Piera Angela Negro e la dott.ssa Giovanna Rosato componente del Gruppo di lavoro AIB Puglia Biblioteche Ragazzi e NPL (Nati per leggere) e referente locale del progetto NPL a Cavallino.

Nell’incontro i genitori saranno informati  sull’importanza della lettura ad alta voce nello sviluppo cognitivo ed emotivo dei propri figli, ampiamente dimostrata da ricerche all’avanguardia in campo medico e pedagogico in Italia e all’estero.

L’evento Libri in culla rientra nel progettopilota In Vitropromosso dal Centro per il libro e la lettura, con il sostegno della società Arcus (Arte, Cultura, Spettacolo). Il progetto, che si svolge nei territori di Biella, Lecce, Nuoro, Ravenna, Siracusa e Regione Umbria, prevede l'aumento del numero dei lettori abituali partendo dalla prima infanzia, per trasformare i piccoli di oggi nei lettori di domani.

Visita i siti:

www.progettoinvitro.it

www.invitrolecce.com

 
Di Albino Campa (del 29/11/2008 @ 14:54:38, in Eventi, linkato 3813 volte)
Eccovi di seguito gli atti del convegno per la presentazione del libro "Il sogno della mia vita" di don Donato Mellone che ha avuto luogo nel salone del circolo culturale "Tre Torri" di Noha il 18 ottobre scorso, nell'ambito della rassegna nazionale Ottobre piovono libri. Noi di Noha.it ovviamente eravamo presenti.



Presentazione del libro

Il sogno della mia vita”


(Circolo culturale Tre Torri – Noha, 18 ottobre 2008)


Buonasera a tutti e benvenuti a questa manifestazione in cui parleremo di libri.

Questa serata rientra in un cartellone che ormai esiste dal 2006, e nel quale proprio dall’inizio io ho avuto l’onore di far parte per esserne stato sempre invitato come relatore. La rassegna si chiama: “Ottobre piovono libri. I luoghi della lettura.” Sottotitolo: “Il Salento ed altre storie”.

Questa manifestazione, come avrete visto dal manifestino, è promossa in collaborazione con tante istituzioni che non sto qui ad elencarvi, e comprende presentazioni di libri, maratone di lettura, bookcrossing (cioè incrocio o scambio di libri), letture di brani nelle chiese, nelle scuole, nelle biblioteche, nei parchi, e anche negli ospedali o nelle carceri o negli autobus, ecc.

Questa sera siamo in un circolo culturale. Il circolo culturale “Tre Torri” che ringraziamo per l’ospitalità.


*


Permettetemi ora di aprire una parentesi e la chiudo subito. Qualcuno m’ha chiesto: a che serve la presentazione di un libro?

Vi dico intanto cosa è la presentazione di un libro. La presentazione di un libro è una specie di battesimo del libro. E la si può fare anche più volte. Solo che la seconda volta anziché chiamarsi battesimo, si chiamerà magari cresima.

La presentazione di un libro la si può fare anche se il libro è già conosciuto e, come in questo caso, sia già in circolazione da tempo.

Un libro vive di vita propria. Una volta messo in circolazione non ha più bisogno dell’autore. Però un libro, come una persona ha bisogno di momenti comunitari, magari di festa.

Sicché la presentazione di un libro che come sapete potrebbe essere fatta in televisione, in casa tra amici, in un oratorio, in piazza, o in un circolo culturale, come stasera, deve essere semplicemente un momento di festa.

 

E qui siamo ad una festa, c’è anche il video, c’è la musica (dal vivo, grazie Maestro e grazie e bravi ragazzi!), c’è l’ospite o la madrina della serata, la Giuliana Coppola, dopo ci sarà anche un rinfresco, e tutti voi alla fine avrete anche una piccola immagine in dono: la bomboniera. Ecco cos’è la presentazione di un libro. Una festa necessaria. Che serve al libro in sé, e non necessariamente all’autore o al curatore o all’editore.

Un’ultima cosa brevissima sul concetto di “evento culturale”. Si è parlato di evento culturale, lo avete anche letto sull’invito o sul manifestino. Ma volevo farvi capire che la cultura non è l’evento in sé, che è qualcosa che passa: la cultura è quello che rimane dell’evento. Se di un evento non rimane nulla, allora è meglio non farlo. Di questo evento spero vi rimanga qualcosa. A me certamente rimarrà molto. Chiusa la parentesi.

 

* * *




Io vi presenterò un libro la cui edizione è fresca anzi ancora calda di torchio (è uscito infatti nel mese di giugno di quest’anno) ma di fatto si tratta di un libro che era già stato scritto in diversi anni - una cinquantina circa - a partire dagli anni quaranta del secolo scorso.

Si tratta di un libro i cui paragrafi erano già scritti e sparpagliati in fogli di quaderni trovati per caso. Sicché il mio lavoro è stato come quello per esempio del cuoco (sul libro ho scritto “del sarto”, ma dovevo trovare un’altra metafora per non ripetermi), un cuoco che ha già gli ingredienti a portata di mano e si diletta a preparare a sperimentare un nuovo piatto con una combinazione inedita di elementi noti, mettendoci un po’ di sale ed anche un pizzico di pepe.

Il cuoco di un libro si chiama “curatore”. Il curatore è colui che cerca di legare le parti di un libro, cerca di spiegare, di mettere in relazione, di commentare, di ricordare, di narrare qualche aneddoto; in questo caso è quello che ha scelto la copertina, il carattere, le dimensioni del volume, le foto, i colori, la carta del libro, l’impaginazione, gli spazi tra un rigo e l’altro, e molte altre cose.

Chi di fatto ha scritto il libro invece è l’autore.

Dunque questo libro, diciamo, per l’80% non è stato scritto dal curatore (cioè io che avrò al massimo scritto il restante 20%), ma dall’autore che è il qui presente Donato Mellone (ho detto Donato Mellone perché quando si parla di autori non ci vanno i titoli: dottore, don, professore, onorevole, o zio…).

Ma c’è un’altra particolarità.

Nel 99% dei casi l’autore è consapevole non solo di quello che ha scritto ma anche del fatto che ciò che ha scritto è destinato ad un prodotto editoriale. Cioè è destinato a comporre le pagine di un libro.


Nel caso di questo libro, invece, l’autore sapeva certamente di aver scritto delle cose su dei quaderni: omelie, pensieri, prediche, panegirici. Ma non avrebbe mai pensato che in occasione del suo sessantesimo di sacerdozio, che ricorre proprio in questo 2008 (il 18 luglio scorso, per la precisione: giusto tre mesi fa a partire da oggi), - l’autore dicevo, non avrebbe mai pensato che le sue omelie si sarebbero trasformate in questo libro.

Per forza di cose l’autore doveva rimanere all’oscuro di tutto, altrimenti al sottoscritto curatore non sarebbe mai stato permesso non dico di mettere tutto assieme ma nemmeno di leggere i manoscritti o di riprodurre le foto.

L’autore poi in maniera intelligente ha accettato il tutto, una volta messo di fronte al fatto compiuto. Poi magari ci dirà se ha gradito o meno.


Il titolo del libro… Beh lascio a voi scoprire il perché di quel titolo. Altrimenti che ci state a fare? A cosa servirebbe un lettore se tutto gli venisse scodellato?

Sappiate solo che la storia del titolo di questo libro è bella e sarebbe proprio da leggere. Non vorrei dirvi altro: Elias Cagnetti ebbe a scrivere: “Chi mi consiglia un libro me lo strappa di mano, chi lo esalta me lo guasta per anni”.


Il lavoro del curatore – sappiate - non così facile come potrebbe sembrare a prima vista. Il curatore non si limita a “copiare” (“copiare” con tanto di virgolette). Il curatore deve anche interpretare, capire, deve andare un po’ più in là dell’apparenza.

Nel mio caso è stato come fare un viaggio nel tempo. Ritornare indietro nel tempo per respirare l’aria, l’aura, la cornice di quei quaderni. Del resto riordinare le carte di un archivio è sempre fare un’avventura contro tempo, quando il passato si svela con sorprese inimmaginabili e senti che alcune cose ti appartengono per chi sa quale strampalato marchingegno.


Il presente lo conosciamo attraverso la televisione (purtroppo), mentre i decenni scorsi li conosciamo attraverso i libri e attraverso la visita dei luoghi, oserei dire anche attraverso le pietre.

Allora, sono andato a rileggermi tanti libri per rituffarmi nel periodo degli anni ’40, ’50, ’60. E poi i miei anni ’70, ’80 e ’90, gli anni che mi appartengono. Così non ho potuto non rileggermi Umberto Eco e la sua “La misteriosa fiamma della regina Loana”; un sacco di libri sul mitico ’68, e poi ancora i libri di Antonio Antonaci come per esempio il “Gaetano Pollio”, il “fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo”, il “Luigi Accogli”; ancora alcuni libri sulle cronache del tempo, per esempio alcuni volumi de “L’Espresso” di quegli anni (che vendevano in allegato con Repubblica) e poi ancora il bellissimo e recente libro di Michele Rielli “Salento anni ’60 (Congedo Editore, 2007), e poi il libro “Memorie di Galatina” di Giuseppe Virgilio (sempre Congedo, 1998), e ovviamente “L’immaginazione che voleva il potere”, AAVV di Manni del 2004, e tanti altri. I libri si parlano tra loro del resto.

Ed altre decine di libri, tra i quali – non stupitevi - qualche testo mio come il “Don Paolo” e il “Noha – Storia, arte, leggenda”.

Cosa credete? Anch’io devo spesso andare a rileggermi quei due o tre libri che ho scritto! Mica mi ricordo tutto.


Poi ho pescato molte cose nella mia memoria di chierichetto, tra l’altro ritratto con altri ragazzi-colleghi sulla prima di copertina. E poi ho chiesto informazioni a destra e a manca. E soprattutto, per descrivere alcuni ambienti, ho dovuto visitare i luoghi del tempo che fu: la vecchia chiesetta di Santa Maria al Bagno, mi sono intrufolato fin nella vetusta sacrestia nella quale ci sono ancora alcune sedie mezzo sgangherate, ma anche nella nuova chiesa dedicata all’Assunta, costruita dal qui presente Donato Mellone stesso. Sono stato a Santa Caterina in quell’altro tempietto. Mi sono recato a Nardò nella cattedrale per percepire nella fissità arcaica di quella maestosa chiesa l’atmosfera solenne dei riti, molti officiati dallo stesso qui presente Donato Mellone, che di quella cattedrale fu viceparroco; ho visitato alcuni ambienti del vecchio seminario, l’episcopio, e villa Tabor a Le Cenate di Nardò. Eccetera.

I luoghi della chiesa di Noha e della canonica ce li ho, anzi ce li avete presenti tutti. Anzi proprio in questo momento, in questi locali, aggrappati alle pietre e agli anni di questi muri, ci sono le storie e le immagini della canonica del tempo narrato nel libro.

Insomma elementi importanti per la sceneggiatura, diciamo.

Dunque nulla di improvvisato. Non si improvvisa nemmeno se si copia.

“Bisogna saper copiare” - ci hanno sempre detto a scuola.

Ora prego Paola Congedo a leggere due brevi brani del sottoscritto, così sentirete con le vostre orecchie se ho copiate bene o male…



(Ecco uno dei due brani letti dalla Paola Congedo)


Da pag. 34

Don Donato, nelle funzioni solenni, e specialmente nel corso del triduo pasquale, voleva che i giovani (finalmente!) fossero presenti sull’altare, accanto al celebrante, nella lettura del “Passio”, della preghiera dei fedeli, ma anche nel corso di tutta la messa, senza bisogno di indossare alcuna tunica o veste liturgica.

Erano “grandi conquiste”, cose inaudite né mai viste prima di quei tempi.

Anche a Noha erano finalmente finiti i tempi in cui le “pizzoche” assistevano attivamente alla messa semplicemente recitando il rosario (che altro potevano fare se non intendevano né potevano ritenere nella loro mente il latinorum?).

A dire il vero, alcune di queste “comandanti di plotone” le vedevi annuire alle parole del prete che recitava preghiere in latino: volevano quasi dimostrare di essere in grado di capire quelle espressioni (latine o italiane che fossero), ma in realtà molto probabilmente non sapevano neanche di cosa il prete stesse parlando.

Al tempo della messa in latino le immancabili pie donne, sovente, ripetevano per assonanza, a memoria (e oltremodo deformavano) le parole che venivano fuori dalla bocca del parroco o da qualcuno più istruito che padroneggiava quella lingua, senza conoscere il reale significato, ma con tanta apparente devozione.

Perciò capitava spesso di ritrovarsi in un coro di fedeli che miscelava frasi e parole latine con il dialetto di Noha: l’esilarante spettacolo era assicurato: “Dominu vu mbiscu”, “Requie e statti in pace”, “Amme”.


* * *

Molti fedeli non sapevano né leggere né scrivere. E quando chi scrive, vestito da chierichetto, distribuiva i foglietti della messa, non era infrequente che qualcuno gli dicesse di non poter leggere. Era facile accorgersi della loro ignoranza; che i più furbi cercavano di mascherare in qualche modo, per esempio adducendo la scusa di aver dimenticato gli occhiali a casa.

Era bello vedere la “Nzina”, la “Tetta”, la “Sina” e la “Vata” tutte prese rigorosamente sotto braccio, dirette alla volta della messa vespertina.

Erano vere e proprie comitive di amiche, colleghe di nero vestite, con abiti e scamiciati perlopiù taglia “over-size”, donne pronte ad intonare, con voci più o meno accordate, più o meno nasali, seguendo chi più chi meno il tempo, l’inossidabile e bellissimo canto “Tantum ergo” (o come a squarciagola stornellavano le allegre comari: “Santu mergo”), ma anche il nuovissimo “Noi canteremo gloria a te…”.

 

Queste donne, così desiderose di spiritualità, erano quasi legate alla sottana (si potrebbe dire così?) di don Donato, tanto che lo seguivano in ogni iniziativa proposta.

Così, una volta, nel Seminario Vescovile di Nardò si tenne un convegno su Bioetica e Religiosità, il cui relatore principale era monsignor Elio Sgreccia, teologo e presidente della Pontificia Accademia Pro-Vita.

Orbene, alcune delle donne cattoliche nohane venendo a sapere dell’importanza del relatore vollero non solo partecipare a tutti i tre giorni del simposio, ma giocando d’anticipo sulle altre colleghe-concorrenti provenienti dalle altre parrocchie della diocesi, riuscirono anche a prendere i posti in prima fila, diremmo “in poltronissima”, onde esser accorte, attente a non perdere nemmeno una parola delle relazioni.

Ma per un paio di esse il tutto fu inutile.

Non passò molto dall’inizio del meeting che, sarà per la comodità della poltrona, sarà per l’ambiente ovattato, sarà per il rilassamento post-battaglia per accaparrarsi i primi posti, sarà per i discorsi invero un po’ monotoni o soprattutto difficili per le loro menti, sarà, dicevamo, per tutte codeste concause prese all’unisono, un paio di esse caddero inesorabilmente nelle braccia di Morfeo: si addormentarono, trasportate dalla voce del monsignore. Il quale, senza dover scrutare oltremodo l’attenzione dell’uditorio, se ne accorse, e ironicamente nel suo discorso fece pure cenno al “trasporto” con il quale qualche signora, assisa proprio di fronte a lui, seguiva la sua prolusione…

Alla fine della lectio magistralis, le belle addormentate, non solo si svegliarono di botto ed applaudirono entusiaste, ma al loro ritorno a Noha non finivano di dire a tutti: “Come è stato bello il convegno, e quanto era bravo il relatore!”>>.

 

* * *


Dopo tutto questo lavoro preparatorio si è potuto procedere alla ricopiatura dei quaderni.

Ecco, in questo libro ci sono 14 quaderni scampati al macero per un caso fortuito. Non vi racconterò - neanche in questo caso – tutta la storia avventurosa di questi quaderni, altrimenti non la leggerete dalle pagine del libro e vi soffermerete e vi limiterete a guardare le foto (vizio di molti).


Si tratta di quaderni stracarichi di anni e di esperienza. Quaderni pieni di versi che sono arrivati fino al nostro tempo a volte senza compiersi per una pazienza che non so capire. Ma come invece capiremo dalla lettura di qualche brevissimo brano, finché ogni giorno ognuno di noi può stare anche su un solo rigo delle scritture sacre o su queste di questo libro che di quelle parlano, riusciremo a non mollare la sorpresa di essere vivi.


Prego Ileana, ora tocca a te.


(Brani letti dall’attrice)



Da pag. 57: La vita è un viaggio spesso doloroso. In questo viaggio sovente si scivola, si cade, si smarrisce la via, ma chi si è comunicato bene la prima volta, si rialza, se si è perduto si ritrova, perché la Comunione accende una stella sulla che attraversa il mare della vita, conduce al porto dell’eterna salute.





Da pag. 67: Noi moderni tutti assillati nella conquista dei beni della terra, abbiamo quasi dimenticato i beni dello spirito; mai come oggi l’umanità è stata trascinata verso la terra, verso la materia, verso le paludi dell’immoralità; mai come oggi l’umanità incredula, scettica nelle verità della fede si è affannata e si affanna a chiedere alla terra, ai beni della terra, la felicità che essi non potranno mai dare.



 

Da pag. 75: Chi è mai in grado di evitare tutti i dolori, i fastidi, le avversità, le malattie, le contraddizioni, le delusioni che l’esistenza di quaggiù riserva al più innocente degli uomini? Se dunque la croce è di tutti, perché rifiutarla, perché non farne tesoro, perché non abbracciarla? Perché guardarla con diffidenza e scansarla o voler liberarsene ogni volta? Come potremo portarla trionfalmente in cielo, se oggi la temiamo e la disprezziamo?



Da pag. 77: La fede che Gesù vuole da noi non deve aver bisogno di miracoli.



Da pag. 78: Di fronte alle angosciose contraddizioni della vita ed alle prove più dure, non mettiamoci a ragionare, non pretendiamo di avere spiegazioni da Dio.



Da pag. 94: La vergogna di certi errori non deve allontanare dal perdono.



Da pag. 113: All’umiltà si oppone l’orgoglio e noi pecchiamo così spesso d’orgoglio. Che cosa è infatti il non voler riconoscere mai il proprio torto, il voler sempre occupare i primi posti, quel criticare le azioni del prossimo, il non accettare i richiami di alcuno?



Da pag. 123: Ricordiamoci che con Cristo si vince sempre. Passeranno gli anni, passeranno i secoli, non importa. Cristo non ha fretta, perché è eterno.



Da pag. 125: Per molta gente rozza non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro alto, nobile: quello del pensiero, quello della poesia e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile.



Da pag. 135: Ma siamo tutti fratelli! Se un mio fratello cade nel male, chi mi dà il diritto di condannarlo? Chi mi ha costituito giudice?



Da pag. 136: L’uomo ozioso non si occupa di nulla. Sa di avere un’anima da salvare, ma praticamente vive come se non ce l’avesse. Pensiamo che la nostra vita passa. […] Il tempo è nelle mani di Dio. Il tempo vola.



Da pag. 143: Saremo noi giudicati del bene e del male compiuto, saremo giudicati anche del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto.



Da pag. 159: La chiesa è la casa della preghiera, il luogo in cui la creatura viene ad umiliarsi davanti al suo creatore, a chiedergli perdono delle sue colpe, ad adorarlo, a glorificarlo, rendergli il supremo culto. Nella chiesa tutto è sacro, tutto è santo, sacre le immagini, le reliquie, sacre perfino le mura, i santi sacramenti, la divina parola, sante le funzioni che in essa si celebrano. La casa di Dio non solo deve essere rispettata, ma in essa devono essere santi tutti i nostri pensieri, tutte le nostre opere, tutte le nostre parole.



Da pag. 153: Quando il peccatore si curva su se stesso, riconoscendo i propri torti ed invocando perdono e misericordia, allora Dio si abbassa e quasi lo abbraccia con il suo perdono.


Da pag. 156: Sentiamolo nel cuore l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo come noi stessi. La stessa misura che noi avremo usato nel trattare col prossimo, quella stessa misura ci sarà usata dinanzi a Dio.



Da pag. 162: Noi i Santi ce li immaginiamo lontani, invece ci sono vicini, sono nostri fratelli, forse nostri fratelli di sangue.


Da pag. 164: A noi tocca essere bravi cristiani e bravi cittadini. Si è bravi cristiani se si è bravi cittadini e viceversa.


Da pag. 165: Dal buon uso della lingua scaturisce la civiltà, dal cattivo uso di essa viene fuori la barbarie.


Da pag. 182: Siamo dei nomadi in cammino verso una patria eterna.


* * *

Grazie Ileana. Ora la parola all’autore Donato Mellone (vi confesso che mi risulta difficile, quasi innaturale chiamare Donato, chi ha scelto di essere per sempre don Donato).


* * *


Intervento di P. Francesco D’Acquarica, Missionario della Consolata. Ha raccontato alcuni aneddoti del periodo in cui, al rientro dalle missioni in giro per il mondo, ha soggiornato a Noha ed ha collaborato con don Donato. Molto divertenti (accompagnati da applausi e risate) gli aneddoti risalenti agli anni ’70. In particolare quello del traino della sua vettura da parte della mitica 600 di don Donato, dalla città di Parabita a Noha: 12 km di difficoltà, colpi di scena, drammi, risate.

Molto simpatica anche la storia del clergymen di don Donato acquistato con l’ausilio di P. Francesco a Roma da De Ritis, negozio di abbigliamento religioso (ubicato nella strada romana che dal Pantheon conduce a Porta Argentina) poco prima di partire in pellegrinaggio alla volta di Lourdes…


* * *


Intervento di don Donato Mellone, molto applaudito.

- Racconto della favola della “montagna che partorisce il topolino”;

- “Ma io non voglio essere Donato Mellone; io voglio essere don Donato Mellone;

- “Non mi piace e non so parlare nei convegni. A me piace parlare in chiesa. Ma quando parlo in chiesa non sono io che parlo è un Altro che parla per me”;

- “Io non sono nessuno. Io sono il topolino di cui vi parlavo. Non sapevo nulla di questo libro. Se avessi saputo qualcosa, sarei, come dire, scomparso dalla circolazione”

- Ringraziamenti.


* * *


Intervento della giornalista e scrittrice prof.ssa Giuliana Coppola.

(Non abbiamo la registrazione. Diciamo soltanto che l’intervento di Giuliana, bellissimo, ascoltato in religioso silenzio per tutti i suoi quindici minuti, ha incantato l’uditorio).



* * *



Grazie Giuliana, ci hai commosso.


A me ora non rimane che concludere. E come ogni buona conclusione che si rispetti dovrei terminare con dei ringraziamenti. Ma stavolta non farò un elenco interminabile di persone da ringraziare. Mi limito a ringraziare soltanto una persona per tutti. Non ne dirò il nome per non nominarlo invano. Capirete di chi si tratta.

Ma dopo le bellissime parole della Giuliana, non posso più usare parole mie. Per esserne all’altezza devo prendere in prestito le parole di un grande scrittore, Erri De Luca, stese alla pag. 18 del suo libro “Nocciolo d’oliva” (ed. Messaggero, 2002), quello stesso dal quale ho tratto l’incipit del libro che stasera abbiamo festeggiato e che vi leggo di seguito.

Allora, ringrazio Chi…

“…Nacque e fu vivo grazie al solo prodigio di cui non fu lui stesso autore.

Per tutta la vita, poca, cercò di pareggiare il conto di quell’ingiustizia, fino a farsi appiccare sopra l’osceno patibolo romano che esponeva la morte in alto, in vista, a manifesto. […]

Per tutta la vita, poca, fu abitato da una folla di bambini mancati, dal dolore delle loro madri. Così poté sopportare quello della sua, ai piedi della croce.

Molti dei suoi prodigi erano […] miracoli, ma non colossali, non inceppò la macchina del cielo come Giosuè, che fermò il sole in Gabaòn e la luna sulla valle di Aialòn. Non aprì le acque come Mosè, però ci camminò sopra senza bagnarsi.

Non creò il frutto della vite, ma seppe provvedere, in una festa, a vendemmiare vino dall’acqua.

Non creò il sole, il fuoco, né luna, né stelle già create, ma diede vista ai ciechi e questo è un modo di inventare luce.

Non ebbe figli, non procurò una sua discendenza, ma litigò con sua sorella morte e le strappò di mano un corpo già in sepolcro, riportandolo indietro a rivivere, certo, ma anche a rimorire.

Fu battezzato in acqua dolce, amò la pesca, frequentò pescatori, ne riempì le reti, placò le ondate di una tempesta sul lago di Tiberiade. […]

Delle scritture sacre preferì Isaia; di Davide gustò più i salmi che le imprese. Discendeva da lui, così vuole la legge del Messia. […]

Chiese all’offeso di esporre l’altra guancia, mettendo l’offensore al rischio del ridicolo, ma pure stabilendo un termine alla prova: in numero di due, non più, sono le guance.

Non scrisse, non dettò, le sue parole facevano il viaggio delle api sopra i petali aperti delle orecchie. Salvò una donna dalla condanna di lapidazione chiedendo ai suoi accusatori che il primo di loro, se puro da peccati, si facesse avanti con la prima pietra. Sapeva che gli uomini tirano volentieri le seconde.

Diverse donne lo seguivano di luogo in luogo alla pari degli apostoli. Non pretese astinenza; il celibato venne dopo, a chiese fatte.

Sudò sangue, morì con tutto il corpo resistendo alla morte con nervi, fiato, febbre, piaghe e mosche intorno all’agonia. Risuscitò per intero, carne, ossa e promessa di essere solo il primo dei destinati alla risurrezione.

[…] Dopo di lui il tempo si è ridotto a un frattempo, a una parentesi di veglia tra la sua morte e la sua rivenuta. Dopo di lui nessuno è residente, ma tutti ospiti in attesa di un visto”.


Ecco a questo protagonista - non a me - vorrete indirizzare l’applauso del ringraziamento.

Antonio Mellone

 

Venerdì 11 Aprile p.v. alle ore 18,30, presso la Sala Conferenze dell'Istituto Immacolata ASP (ex-IPAB) a Galatina in Via Ottavio Scalfo n.5, nell'ambito della Rassegna "Dialogoi sto Monastiri" (Dialoghi nel Chiostro), "Notizie storiche e culturali intorno alla Basilica di Santa Caterina d'Alessandria", avrà luogo il 6° Incontro dal titolo:

"Il volgare ai tempi degli Orsini del Balzo" a cura del Prof. Rosario Coluccia, Accademico della Crusca, Ordinario di Linguistica Italiana e Preside della facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue, Beni culturali dell'Università di Lecce.

«Nell’incontro si presenterà la situazione linguistica della Puglia e del Salento nel tardo medioevo, nei decenni caratterizzati dalla presenza della dinastia Orsini-Del Balzo.
Etnie diverse (in particolare quella ebraica e quella greco-bizantina) si affiancano alla tradizione latina e alla incipiente cultura locale: ne risulta un singolare crogiuolo di testi e di esperienze, conviventi nella medesima regione e negli stessi anni. Nelle corti salentine si raccolgono e si producono codici di vario argomento, in parte  legati a specifiche esigenze pratiche, didascaliche, amministrative, in parte aperti agli influssi culturali provenienti dall’esterno, soprattutto da Napoli e dalla Toscana».
si è occupato della tradizione lirica dei primi secoli, di storia linguistica dell’Italia meridionale, del rapporto dialetto~lingua nella storia linguistica antica e recente, di formazione delle koiné scrittorie e del sistema interpuntivo e grafico italiano, di lessicografia italiana e dialettale, di questioni linguistiche dell’Italia contemporanea.
Nel corso della serata il Club UNESCO di Galatina assegnerà al Prof. Rosario Coluccia la tessera di Socio Onorario del Club, per il significativo contributo allo studio della storia linguistica dell’Italia meridionale (in particolare della Puglia), e per il costante impegno professionale che, alla luce dei Valori dell'UNESCO, perpetua la migliore tradizione culturale dei Galatinesi.
L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la Libreria "Fiordilibro", l’Associazione Culturale "Il Mandorlo" e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.
 
Rosario Coluccia accademico della Crusca, ordinario di "Storia della lingua italiana" (L FIL LET 12 – “Linguistica italiana”) e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Beni culturali presso Unisalento; in questo Ateneo ha anche ricoperto altri incarichi istituzionali: Direttore del Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura (1998-2003), Delegato del Rettore per il Diritto allo studio (1996-2001) e per la ricerca scientifica (2002-2004), Prorettore (2005-2007). Fa parte della direzione di "Medioevo Letterario d'Italia" (Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Roma-Pisa), del Comitato Scientifico di "Bollettino Linguistico Campano" (Liguori, Napoli) e del Comitato Scientifico del “Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani” (Palermo). Dall’ottobre 2005 al dicembre 2008 è stato Presidente Nazionale della Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI, Firenze); dall’ottobre 2006 all’ottobre 2010 è stato Segretario della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (SILFI). È socio del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani (Palermo). È stato coordinatore nazionale dei PRIN 2000 e 2002 su “Corpora linguistico-testuali italiani on-line [1/2]” (CLIO [1/2]) cui hanno partecipato le università di Lecce, della Basilicata, di Catania, di Milano e di Roma “La Sapienza”, del PRIN 2005 su “Censimento, Archivio e Studio dei Volgarizzamenti Italiani” (CASVI) cui hanno partecipato le università di Lecce, della Basilicata, di Catania, di Pisa (Scuola Normale Superiore) e di Torino, del PRIN 2007 su “Studio, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani” (SALVIt) cui hanno partecipato le università del Salento (Lecce), di Catania, di Napoli (L’Orientale), di Pisa (Scuola Normale Superiore) e di Salerno. È revisore del Lessico Etimologico Italiano (Universität des Saarlandes, Saarbrücken) e revisore del Dictionnaire Étymologique des Langues Romanes (ATILF-Université/CNRS, Nancy). È valutatore di progetti PRIN, FIRB e FNS (Fonds national suisse de la recherche scientifique). È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche. Si è occupato della tradizione lirica dei primi secoli, di storia linguistica dell’Italia meridionale, del rapporto dialetto~lingua nella storia linguistica antica e recente, di formazione delle koiné scrittorie e del sistema interpuntivo e grafico italiano, di lessicografia italiana e dialettale, di questioni linguistiche dell’Italia contemporanea. Ha pubblicato per i Meridiani di Mondadori la prima edizione critica e commentata dei Poeti siculo-toscani.
 
Di Antonio Mellone (del 02/12/2017 @ 14:52:21, in NohaBlog, linkato 1614 volte)

Non so se sapete che la Conferenza dei Servizi - quella che si sarebbe dovuta tenere giorni fa a Bari per la famosa proroga a Pantacom (la società a responsabilità non esagerata nel cui libro dei sogni d’oro e nel nostro degli incubi è previsto un centro commerciale di 25 ettari alle porte di Collemeto) - è stata rinviata a data da destinarsi.

Pare che si voglia lasciare tutto il tempo alla suddetta Srl per predisporre la documentazione necessaria alla richiesta di una dilazione [ancora rimandi, procrastinazioni e more. Tattiche dilatorie, insomma. E, di grazia, 'Usque tandem'? Se non chiediamo troppo: perché mai concedere un altro slittamento dei tempi? ndr.].

A questo punto, già che ci siamo, e se non già fatto, io staccherei pure qualche dirigente comunale di bocca buona e con le mani in pasta per darle una mano: poveretta, ‘sta Pantacom, non può mica fare tutto da sola. E se poi dovesse sbagliare? O scordare qualche carta? O perdersi nei meandri delle leggi, dei regolamenti e della convenzione, e magari incappare in qualche scadenza, decadenza o prescrizione?

No, meglio non correre rischi; meglio lasciarle tutto il tempo che le serve, tanto che fretta c’è. E poi non possiamo mica permetterci il lusso di perdere questo popò di “volano per lo sviluppo” e ben “200 nuovi posti di lavoro”. Recentemente, a dirla tutta, il monocorde quotidiano caltagironeo parlava addirittura di 300 nuovi posti di lavoro: il 50% in più dei soliti 200. Eh sì, pare che ultimamente le assunzioni nei centri commerciali lievitino come le 'pittule' dell’Immacolata [l’Immacolata Cementificazione per la precisione, propedeutica all’Assunzione, ndr.].

*

A proposito: vi è mai capitato di leggere la famosa “Convenzione Galatina/Pantacom”? Non potete perdervela per nessuna ragione al mondo: musica per le orecchie, poesia, arte, letteratura [a tratti horror, ma pur sempre letteratura, ndr.].

Orbene, nella suddetta Convenzione [altrimenti detta cir-convenzione di capaci di tutto, ndr.], oltre alla piattaforma per i capannoni commerciali, sono previste anche le famose rotatorie.

Ne sono state pronosticate ben tre: la prima “adiacente la SP Galatina-Collemeto per consentire un accesso continuo e senza interruzione all’interno dell’insediamento produttivo in questione”; la seconda “di svincolo sulla viabilità complanare di collegamento a Copertino”, e, visto che non c’è due senza tre, una terza “di svincolo del traffico dall’arteria complanare che si sviluppa lungo la SS 101”.

Me li vedo, tutti i politici delle larghe attese, letteralmente con il fiato sul collo del funzionario del Comune intento a redigere l’articolato della Convenzione, mentre il sindaco detta gli articoli da sottoporre all’ovazione consiliare: “Signorina Pantacom!, veniamo noi con questa mia addirvi una parola che scusate se sono poche; noi ci fanno specie che questanno c’è stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete.: ma questo mega-porco servono solo alle ricadute sull’occupazione e al volano per lo sviluppo. Punto. Anzi due punti.

Noio della Comune volevam savuar se 420.000 euro sulla carta quale compensazione, ristoro e pure ristorante per la soppressione sia del parco urbano di cinque ettari e sia dei campi di calcetto (dove i giovanotti, con la testa al solito posto cioè sul collo, potevano giocare), vi sembrano troppi onde, poscia e per cui vi concediamo tutto il tempo che volete per pensare di ridurre l’importo, tanto noi vi approviamo tutte le schifezze.

Poi faremo un’altra circonvenzione, sempre con calma, per darvi tutto il tempo necessario di vendere il pacchetto, anzi il pacco (chiavi in mano o in tasca: fate voi). Noi siamo sempre qui, con la faccia sotto i vostri piedi, per supportarvi ma soprattutto per essere suppostati.

Signorina Pantacom, dimenticava di dirvi che però in cambio vogliamo le rotatorie. [Assessore, mettici qui una rotatoria. Anzi aggiungine altre due, facciamo vedere che abbondiamo!, Abbondandis in abbondandum].

Salutandovi indistintamente, i fratelli Caproni, scusate, Caponi che siamo sempre noi [caponi o capponi = pennuti della razza della cuccuvascia, ndr.]”.

*

In alternativa a Totò e Peppino potremmo pensare anche a Mario e Saverio [al secolo Massimo Troisi e Roberto Benigni, quando quest’ultimo faceva ridere, ndr.] intenti a stendere la nota convenzione da indirizzare al santissimo Savonarola.

Sarebbe certamente più azzeccato, visto che non ci resta che piangere.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 30/06/2019 @ 14:50:54, in Fetta di Mellone, linkato 1134 volte)

Avrei voluto raccontarvi della mia recente vacanza palermitana. Invece no: mi tocca aprire le Fette di Mellone Estate 2019 parlando di una cosa nostra, non meno grave di quell’altra.

Qualche giorno fa, un politico locale di gran calibro - quello che poverino si sacrifica per noi in Parlamento come nessuno mai – verga su Fb un commovente comunicato stampa, poi condiviso in un gruppo galatinese, in cui scopre l’aria calda nella vecchia scuola elementare di Noha.

Planando dal pero, il cittadino onorevole viene a scoprire con sette o otto anni di ritardo che il suddetto complesso scolastico, riconvertito nel frattempo in Centro Polivalente, fu ristrutturato con quella parte anatomica che nonostante la credenza tutto porta men che fortuna, a suon di milioni di euro di debito pubblico. Ma si trattò di una “ristrutturazione” (con le virgolette), giacché l’allaccio elettrico rimase così provvisorio che ai condizionatori non ha mai fatto né caldo né freddo, l’ascensore è ancora incellofanato, e l’impianto fotovoltaico in terrazza sembra abbia la protezione 100 della Vichy.

Ma il problema non è mica questo. E nemmeno il fatto che il cosiddetto portavoce del popolo abbia dato la sua solidarietà all’associazione benemerita che utilizza quel complesso double-face, cioè forno crematorio d’estate/igloo d’inverno, con mille  difficoltà - come se non bastassero tutti gli altri disagi.

Dicevo che il problema non è codesta presa d’atto, né l’impegno generico o la promessa con la mano sul cuore da parte del deputato nostrano  “di sentire il sindaco e gli uffici preposti per cercare di trovare insieme una soluzione”: ci sta tutto, potremmo pure dire che certi post fanno parte della propaganda, o se proprio volete populismo, di cui nessun partito sulla faccia della terra è immune. Il guaio serio è invece quel che ne è seguito.

Vale a dire un messaggio, che dico, un vero e proprio avvertimento da parte di un sedicente avvocato difensore dell’onorevole (sedicente nel senso di difensore di parte, non di avvocato) contro chiunque osi storcere il muso, alzare ciglio, rivolgere qualche critica anticonformista e, dio non voglia, azzardare pure un po’ di satira iconoclasta. Insomma, ecco la frase di rito postata tra le altre carinerie dall’avvocato del portavoce del popolo: “[…] Da questo momento, qualora un commento sarà considerato offensivo e oltre ogni lecito limite [chissà quale sarà mai codesto “lecito limite”: vuoi vedere che magari lo deciderà di volta in volta Rocco Casalino? ndr.], darò seguito al mandato ricevuto e agirò presso le opportune sedi giudiziarie a tutela dei diritti ed interessi del mio assistito (ma, soprattutto, amico), eccetera, eccetera”.

Scusate: ma questa roba non vi pare una specie di intimidazione a mezzo social? Non vi suona come una censura o una forma di intolleranza verso il dissenso? Magari colpendone uno per edulcorarne cento? Chiedo eh.

È seguito un silenzio tra il surreale e il grottesco che dura tuttora, e non invece un mandato a quel paese da parte del mandante rivolto al suo legale, una smentita urbi et orbi, un “dai che scherzavo”, ovvero “no, vi prego, non dategli retta, fate pure delle vignette caricaturali sul sottoscritto, scrivete sul mio conto articoli caustici e commenti sferzanti, e mi raccomando siate sarcastici, taglienti, corrosivi, se no qui io rischio veramente l’irrilevanza politica. Anzi la scomparsa nel nulla, come è capitato a tanti altri diciamo politici locali allergici all’intelligenza”. Invece nulla di nulla.   

Probabilmente nessuno ha ancora detto al cittadino portavoce (e al portavoce del portavoce) che il politico che minaccia o addirittura arriva a querelare la critica o la satira, tutelate oltretutto dalla Costituzione, è un politico al crepuscolo da un pezzo; che una democrazia è tanto più sana quanto più feroce e graffiante è il giudizio (il contrario si chiamerebbe fascismo); e che l’avversario per definizione sta sempre lì, controlla quel che fai o dici o scrivi, evidenzia i tuoi strafalcioni, e ti costringe a essere all’altezza dei tuoi proclami.

E pensare che eravamo tutti Charlie.

Quanto a me, che continuo a segnalare che il re è nudo ma fa cagare anche in cappa magna ed ermellino, per precauzione tengo sempre pronto un borsone con pigiama, ciabatte, spazzolino e altre cose utili in caso di blitz. Non si sa mai.

Nel frattempo nessuno può impedirmi di continuare a osservare certi pOLITICI e la loro invidiabile capacità di guardarsi allo specchio (o nei Selfie) senza riuscire a mandarsi a fanculo.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 03/10/2010 @ 14:50:06, in NohaBlog, linkato 5740 volte)

Bari. E’ un pomeriggio afoso e umido di fine agosto. Uno di quei giorni in cui rimpiangi di non essere rimasto a mollo nell’acqua del mare. La Città è quasi deserta, scarso il traffico, anche in un punto nodale come le vie intorno al teatro Petruzzelli. Cerco ombra e refrigerio nell’american bar posizionato nel corpo laterale del riaperto politeama. Devo incontrare un collega giornalista; vorrei parlare con lui di Puglia di come la regione sia regina del turismo estivo e di quanto i toni siano differenti nell’approccio giornalistico. Terra incantata quasi magica nelle narrazioni turistiche e racconti senza pace dal sapore pasoliniano in cronaca. Un ossimoro che necessita di una sintesi.

 

Penso questo mentre attraverso la strada incredibilmente libera dal traffico ed mi infilo nel caffè. Appena entrato vengo colpito dai quadri sulle pareti. Frustate di colori, sensazioni, atmosfere. Giro la testa velocemente ce ne sono dappertutto. Mi avvicino al primo “Vento di passione”, poi “Il viaggio della vita”, “Precario equilibrio”, “Amore universale” e tanti altri. Sono entrato in un bosco di ulivi secolari: gli ulivi di Paola Rizzo, pittrice salentina. Il barista mi osserva. Impiego alcuni minuti a riprendermi. Quelle opere scendono troppo in profondità. Mi ricordano la mia infanzia trascorsa fortunatamente e in parte sotto ulivi come quelli dipinti. Paesaggi dell’anima sospesi tra sogno e realtà. Gli ulivi di Paola si muovono, danzano o fuggono in mezzo ai campi di papaveri e margherite nella luce meridiana. Se ti avvicini alle sue opere senti e scorgi il vento. Lo stesso vento che sento sotto gli ulivi della mia terra. Tra le fronde essi sussurrano parole antiche, parlano lingue sconosciute, echeggiano tra i rami fonemi messapici, greci, latini, longobardi, normanni, svevi, franco-provenzali, spagnoli, in dialetto salentino e in griko. Gli ulivi di Paola restituiscono dignità alla Puglia.

Ecco la sintesi che cercavo. Al barista non ho chiesto una consumazione, ma “Chi li ha fatti?”. Mi indica un biglietto da visita, sopraggiunge l’amico che attendevo, apparentemente finisce tutto lì. Passano i giorni, mi allontano dalla Puglia, penso spesso a quei colori, a quelle linee ora dolci dei prati, ora corrugate dei nodosi rami, alla musicalità di quelle pennellate tra cielo e terra. Chiunque, ammirandoli, può sentire la suggestione di quei monumenti vegetali che si abbracciano teneramente nella brezza del meriggio, che piangono all’aurora e che ridono beffardi al tramonto. Torno a vedere le opere di Paola, una, due, tre, quattro volte. Temo che la mostra sia finita, invece, con immensa gioia i suoi ulivi sono ancora lì. Forse i proprietari non se la sentano di affrontare una deforestazione del locale e temono di deludere i clienti più sensibili e raffinati. Anch’io non riesco a scrivere subito un pezzo. Ho bisogno di approfondire, osservare, capire. . . Così apprendo che Paola Rizzo è una pittrice laureata nel 1997 all’Accademia delle belle Arti di Lecce, che vive e lavora a Noha, vicino Galatina, con studio d’arte in piazza Castello, 14 bis. Bravissima con la matita, nei chiaroscuri, il suo talento sembra esprimersi al meglio nella tecnica della pittura ad olio.

Dopo le prime esperienze artistiche, la pittrice improvvisamente incontra un soggetto che è diventato quasi la costante della sua opera: l’ulivo, la pianta che per eccellenza rappresenta l’ambiente, la natura della terra salentina. Sembra esserci ormai una dipendenza, quasi ancestrale, tra Paola e quest’albero considerato sacro dai nostri avi, alla stessa stregua di un nume tutelare del luogo. L’artista in esclusiva per la Gazzetta Economica ha dichiarato: “Quando dipingo, non penso mai ad un albero, ma ad una vecchia cassapanca stracolma di ricordi, a un libro di storia dalle pagine ingiallite, alle mani di un vecchio che troppe volte hanno sfiorato la terra arida del Salento, ad un amico cui confidarmi. In questo modo – continua Paola - pongo me stessa, e gli altri insieme a me, di fronte ad un'identità di una cultura come quella salentina, che passa anche attraverso i suoi ulivi. Li offro come chiave di lettura di un mondo che mi appartiene per nascita e formazione, ma ne faccio anche un pretesto per riflettere sui processi morfologici che si pongono alla base della vita.

Con un esempio di colta similitudine, - conclude la pittrice - vorrei favorire il riscatto della mia terra d'origine e della mia gente, scegliendo di vincolare all'interno dell'ulivo-simbolo esseri umani. E' proprio in quell'avvitarsi su se stessi, in quel dibattersi per vincere e far vincere il principio armonico della natura più autentica dell'essere, che trovo il massimo dell'esaltazione dello spirito”. Nel corso degli anni Paola continua a dedicarsi amina e corpo all’arte: paesaggi, nature morte e soggetti religiosi. Entrano a far parte del suo mondo l’amore per la fotografia e la musica. Lei pensa che sia bellissimo fermare scatto dopo scatto, un istante in una foto. La musica rappresenta per Paola l’altra fonte di ispirazione primaria. Musica e pittura, in connubio tra loro, divengono così inscindibili l'una dall'altra. I sui dipinti prendono vita da note che guidano ed accompagnano i tocchi di pennello sulla tela. La musica, collante per artisti, la porta a frequentare gli ambienti musicali conoscendo alcuni tra i suoi musicisti preferiti. Nascono così i suoi ritratti a matita. L’american bar sotto il Petruzzelli di Bari è tappezzato anche di ritratti di alcuni musicisti di fama nazionale ed internazionale, conosciuti personalmente dalla pittrice nel corso di questi anni come Caparezza, Terron Fabio, Roy Paci, Raffaele Casarano, Claudio Prima, Emanuele Coluccia, Roshaun Bay-c Clark, Cesare Dell’Anna, Eneri, Romeus. La passione per il ritratto è antica, Paola si è laureata presso l’Accademia proprio con una tesi in anatomia artistica dal titolo “Fisicità e psichicità di un linguaggio universale: il volto”. La pittrice salentina ha trasformato il caffè del Petruzzelli in un luogo di moda e alla moda: non c’è locale vicino ad un grande teatro che non sia pieno di ritratti di artisti. Per quelli del passato ci hanno pensato talentuosi ritrattisti e pioneristici fotografi con dagherrotipi e pellicole in bianco e nero.

Ora è il momento di Paola Rizzo. Ritrarre artisti contemporanei sarà un grande investimento per il futuro. A parte i ritratti quello che colpisce di Paola sono gli ulivi. La critica a tale proposito ha detto: “Gli ulivi, impressi per sempre nella tela, illuminati da fiotti di luce, scaturiti da un pennello come una carezza, sono forza, longevità, lavoro di padri con calli alle mani” (Antonio Mellone). E ancora: “Gli oli di Paola infondono luminosità, i suoi orizzonti soffici pensieri che assorbono la mente e trasportano lontano nel tempo e nella stessa storia della nostra terra” (Marcello D’Acquarica). Paola Rizzo “Facendo leva sulla sua fervida creatività, mimetizza abilmente, all’interno della rugosa corteccia di quei vetusti giganti vegetali, figure umane che si avvitano e si divincolano (quasi fossero prigioni michelangiolesche) entro gli stretti legami della materialità esistenziale” (Marisa Grande). L’artista “Si sente impegnata in un cordiale contatto con la natura che traduce, grazie ad un solido e consapevole impianto compositivo, ad un particolare timbro stilistico e ad disinvolto gusto narrativo” (Michele Fuoco).

Per quanto mi riguarda, posso dire che in un assolato ad afoso pomeriggio di fine agosto, nel centro di Bari, ho trovato refrigerio sotto i frondosi ulivi di Paola Rizzo e lì, in mezzo alle case degli uomini, sono stato dissetato da una goccia di sapienza antica tramandata nei secoli dai giganti vegetali del Salento.

VINCENZO LEGROTTAGLIE

cultura@gazzettaeconomica.com

 
Di Albino Campa (del 16/05/2006 @ 14:46:06, in Libro di Noha, linkato 3466 volte)
Sabato 20 maggio 2006 alle ore 20.30 presso la sala convegni dell'Oratorio Madonna delle Grazie, in via Tiziano, presentazione del libro: "Noha. Storia, arte, leggenda".
Parteciperà, oltre agli autori del libro la giornalista e scrittrice Giuliana Coppola, madrina della serata.
 
Di Fabrizio Vincenti (del 20/11/2021 @ 14:43:35, in Comunicato Stampa, linkato 1272 volte)

Se qualcuno avesse chiesto a Carmelo Bene un’opinione in merito alle decisioni prese sulla questione epidemica, sono certo che avrebbe risposto che si tratta di scorregge di Stato.

C’è un inquietante terrore che aleggia, una funerea paura di esprimere un parere, se si ha la sensazione che questo discordi con quello che io definisco pensiero unico dominante. Per fortuna non ho questa fobia.

Penso di sapere cosa sia lo Stato, e lo rispetto. La maggior parte non sa cos’è, e ciò che rispetta sono le sue scorregge.

Siamo davanti ad un aborto della ragione, vale a dire alla pratica di estirpare ogni pensiero che abbia a che fare con la razionalità e la ragionevolezza.

L’incapacità di starsene fermi non è sempre sinonimo di codarda oziosità. Infatti, spesso, il non fare è meno dannoso del fare.

Se io suscitassi una percezione, dicendo che mancano 24 ore alla fine del mondo, tutti si affretterebbero a costruire bunker e a svaligiare supermercati. Inoltre, tutti pretenderebbero dallo Stato fulminee decisioni a riguardo. E cosa farebbe lo Stato? Per rispondere alla pretesa della gente in panico, mossa originariamente da una distorta percezione della realtà, prenderebbe le decisioni più assurde pur di dimostrare che la sua ragion d’essere ha un senso. È quello che sta accadendo.

La percezione distorta della realtà sta inducendo gente di assoluta mediocrità a prendere decisioni criminose a danno di tutti. Siamo intrappolati nello schema ben descritto dal sociologo Overton. Si introduce nell’opinione pubblica un concetto dapprima inconcepibile (es. divieto generalizzato di uscire di casa), e quel concetto, divenuto via via sempre più accettabile, arriva ad essere considerato non solo ragionevole, ma addirittura legale. Se, infatti, fino a due anni fa chiudere in casa una sola categoria di persone era considerato una misura dal sapore nazista, oggi parlare di un lockdown dei soli non vaccinati sta diventando un concetto non solo ragionevole e diffuso, ma addirittura legalizzato. Voi pensate che qualche tedesco del 1940 non fosse consapevole di quello che stava succedendo? Avevano semplicemente trasformato un concetto dapprima assurdo e inconcepibile in una decisione ragionevole e legale. Anche se questo paragone dovesse urtare la vostra sensibilità, io me ne fotto, poiché mi sento in dovere di dire come stanno le cose.

Basta poco, infatti, per abituarsi all’assurdo. E poiché reputo che la massa sfortunatamente sia acefala, vale a dire priva di quella componente fondamentale che permette di giudicare criticamente ciò che accade, il rischio di abituarsi a pratiche assurde non è più un’utopia, ma la mostruosa realtà. Non aveva torto, infatti, il caro Dostoeskij (a proposito, leggete qualcosa, per onorare il secondo centenario dalla sua nascita): “Hanno pianto un poco, poi si sono abituati. A tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo”.

Il fatto che vi stiate abituando a fare esattamente tutto ciò che vi viene detto, senza neppure porvi una domanda sul senso, quando questo palesemente non c’è, ne è la prova. Infatti, pur non essendo contrario alla vaccinazione, uno dovrebbe ad un certo punto anche chiedersi come mai siamo arrivati a farci tre vaccini in un solo anno mentre i contagi aumentano. E se l’85% della popolazione è vaccinata e i contagi aumentano, non posso mica dare la colpa a quel gruppetto costretto a tamponarsi giorno e notte pur di dar da mangiare ai propri figli, dimostrando di essere perfettamente sano, dato che è stato introdotto l’assurdo stato del malato asintomatico. Siamo, infatti, alla contraddizione in termini.

Da sempre un malato è  uno che sta male. Un malato che sta bene non è malato, ma sano. Eppure, pur di rendere ragionevole l’assurdo, ci si è inventati la categoria dei malati che stanno bene, vale a dire gli asintomatici. E se uno che percepisce settecento euro al mese deve spendere duecento in tamponi per avere un codice che gli permetta di mangiare, voi potete anche non definire tutto ciò un ricatto criminale, ma non importa, poiché è esattamente di questo che si tratta. In quanto, lo ricordo fino alla nausea, ciò che io devo inserire nel mio organismo non può essere imposto da alcuno. Se una donna può decidere di abortire, perché io non posso decidere di non bucarmi? L’acefalo mi risponderebbe subito: “non è la stessa cosa perché il vaccino serve per proteggere anche gli altri!”. Pertanto, se così fosse, io che dovessi andare in Africa, mi vaccinerei contro la febbre gialla per proteggere l’Africa, o per proteggere me? E se io dovessi andare in Africa, dovrei essere io a vaccinarmi, o dovrei pretendere che tutta l’Africa si vaccini poiché sto per arrivare io? Lo so che non siete abituati a questo tipo di ragionamenti. La colpa è di quelli che hanno tolto la filosofia dalle scuole, lasciando solo LASCIENZA. Se fate sempre quel che dice la LASCIENZA come avete fatto con gli ulivi, farete una brutta fine. Infatti, nel caso della xylella, LASCIENZA disse di estirpare tutti gli ulivi colpiti dal batterio. Qual è stato il risultato? Che avete debellato la Xylella? No. Il risultato è stato quello di avere un paesaggio spettrale peggio del deserto.

Vi abituerete all’inconcepibile. La porta dell’inferno si è spalancata: benvenuti nell’era dell’emergenza infinita: “emergenza terrorismo, emergenza immigrazione, emergenza covid, emergenza climatica”. Siamo da vent’anni in emergenza e voi nulla, nessuna domanda? E mentre state stravaccati sul divano a sentire “vaccino, vaccino, vaccino, contagi, terapie intensive, no vax, no vax, contagi, vaccino, vaccino, grenn pass, vaccino, vaccino, vaccino, etc.” è aumentata la povertà assoluta, qualcuno ha portato la benzina a due euro, ha aumentato le materie prime del 40%, lasciato gli stipendi a quelli del 1970, ha aumentato ancora l’età pensionabile, privatizzato la sanità, bruciato la monnezza sotto il vostro naso, e molte altre schifezze di questo calibro, tipo stanziare 17 miliardi per dire a un bambino maschio che forse è maschio veramente (saranno pure fatti suoi che cos’è!). E mentre si stanno impegnando a segarvi il ramo sul quale state seduti, voi state ipnotizzati davanti alla più squallida manfrina del secolo portata avanti da Formigli, Gruber, Vespa, Telese, Brindisi, Fazio, Berlinguer, e tutte le altre comparsate che disquisiscono del nulla condito con il niente.

Qualche giorno fa Cacciari rispondeva così a Telese: “Io faccio il mio mestiere, che è quello di uno che pensa criticamente”. E alla Gruber che non lo lasciava rispondere: “Mi ha fatto una domanda. Parla lei: si risponda lei!”.

Qui, infatti, siamo arrivati al punto che chi fa le domande ad un altro, prima che l’altro parli, ci si risponde da soli. E se tu dici che il 53% di quelli che oggi muoiono (fonte ISS) hanno fatto chi la seconda e chi addirittura la terza dose, a loro, esseri acefali in quanto privi della capacità di un pensiero critico, non gliene fotte nulla. A loro la realtà non interessa. Ciò che interessa, invece, è rendere reale il loro mondo immaginario. Se, infatti, avessimo a che fare con la razionalità, uno che ha un vaccino che forse protegge per tre quattro mesi, non potrebbe avere un certificato che ne garantisce l’immunità per dodici. Così come non potrei mai dire che ai cortei contro il green pass di Triste ci si infetta, mentre ai cortei della CGIL, o quelli a favore del disegno di legge Zan, no. Non potrei obbligare l’autista di un autobus a circolare con il green pass se le novanta persone che trasporta non ce l’hanno. Non potrei far salire quattro persone sul Frecciarossa solo se munite di green pass e poi far partire treni regionali che trasportano un carnaio inverosimile di pendolari. Ma qui non c’è più nulla né di scientifico, né di razionale né, tanto meno, di ragionevole. Siamo in preda alla schizofrenia. E davanti ad uno schizofrenico che si crede un astronauta a te l’unica cosa che resta da fare e assecondare gli effetti della malattia e dirgli che sì, lui è davvero un astronauta, e lasciarlo viaggiare con la sua immaginazione a bordo della sua navicella.

Notate: gli schizofrenici del covid stanno impazzendo. Appena uno dotato di ragione capisce di trovarsi in uno studio televisivo pieno zeppo di malati mentali, e minaccia di andarsene, i matti delirano. Infatti, pensate se in uno studio dovessero riunire Galli, Pregliasco, Bassetti, Burioni, Ricciardi, Speranza, Letta, Conte, Salvini, Draghi, Formigli, Gruber, Fazio, Brindisi, Berlinguer, Vespa e tutti gli schizocovid del momento, senza alcun contraddittorio. Sentireste soltanto un mantra: “vaccino, vaccino, vaccino, vaccino, vaccino”. E se si vaccinasse il 110% della popolazione (vale a dire se rendessimo reale l’impossibile) e il covid fosse ancora lì, a prenderci per il culo, questi continuerebbero a rincoglionirsi a vicenda, in questo megagalattico rincoglionimento generale dove non si è più in grado di pronunciare un’altra parola che non inizi con vac. Se, infatti, basta il vaccino e il green pass per salvarsi, allora oggi in Africa ci dovrebbero essere almeno un miliardo di morti.

Concedetemi di fare l’ultimo tentativo: fatevi pure la settima dose e accettate anche di farvi controllare il codice prima di fare l’amore, ma dopo, per favore, guardate prima la faccia di Pregliasco e poi quella di Burioni, e viceversa, e ditemi fino a quando siete disposti ad accettare di essere “stuprati” in questo modo.

Per amor di Dio, il virus c’è (e chi nega l’esistenza è uno stupido), come ci sono altri novanta miliardi di problemi. Ma se la vostra intenzione è di vivere in questo modo per non morire, vorrei ricordarvi che non vivere è già sinonimo di morte. Morti nel corpo, ma cosa ancor più grave, morti e putrefatti nello spirito, come moltissimi uomini e donne di Chiesa di oggi.

Il virus c’è, ma io preferisco di gran lunga la salute mentale e spirituale.

Fabrizio Vincenti

 
Di Dante De Ronzi (del 27/02/2016 @ 14:40:21, in Comunicato Stampa, linkato 2300 volte)

Siamo giunti al 4° edizione del premio Osservatorio Tecnico Galatinese. Dopo Oreste Caroppo, Angela Barbanente e Danilo Lupo, quest’anno sarà premiata la giornalista autrice del libro inchiesta “Xylella Report” Marilù Mastrogiovanni. Il premio è assegnato a lei dopo un dibattito interno all’Osservatorio sui temi di tutela del paesaggio e del territorio salentino che anche in questo anno più di altri hanno visto il Salento al centro dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale. Non ultima la clamorosa decisione della Procura di lecce che ha bloccato gli espianti in atto, sequestrando cautelativamente gli oltre 60milioni di ulivi pugliesi e bloccando la devastazione in atto.

L’Osservatorio con questo premio, intende rendere merito oltre che a Marilù Mastrogiovanni alle associazioni e al popolo salentino che si è battuto per salvare il territorio e con esso la propria identità. Nello stesso tempo, con questo premio si prefigge di tenere alta l’attenzione delle istituzioni, delle associazioni e dei cittadini sulle tematiche ambientali che sono strettamente correlate con i problemi della salute pubblica e della qualità della vita.

Come tradizione un’artista donerà un’opera a tema per sugellare un connubio tra arte, territorio e impegno civico. In quest’occasione l’artista Paola Rizzo che da decenni con la sua arte immortala l’ulivo donerà una sua opera. L’ulivo da sempre simbolo di forza e ricchezza per il nostro popolo oggi simbolo di riscatto della nostra gente sarà il tema dell’opera.

L’evento è pubblico e si svolgerà sabato 12 marzo 2016 presso la sala G.Toma - Hotel Palzzo Baldi alle ore 18.

Osservatorio Tecnico Galatinese

 
Di Redazione (del 18/08/2017 @ 14:39:29, in Comunicato Stampa, linkato 950 volte)

Nella mattinata di giovedì 17 agosto, in occasione della presenza della Pattuglia Acrobatica Nazionale a Galatina, l'Amministrazione Comunale, rappresentata dal Sindaco Amante, il vice sindaco Giaccari ed il consigliere Prastano, e l'Associazione Arma Aeronautica "F.Cesari" di Galatina, rappresentata dal Presidente Saverio Mengoli, hanno voluto dimostrare la vicinanza all'aeroporto di Galatina e all'aeronautica.

Subito dopo la cerimonia, dove erano presenti diverse associazioni locali che si occupano del sostegno ai bambini e ai ragazzi portatori di handicap, il Sindaco ha consegnato nelle mani del Comandante della Pattuglia delle frecce tricolori un piccolo dono, come simbolo di orgoglio che la Città di Galatina nutre verso i piloti, mentre il Presidente Savero Mengoli ha fatto dono di un libro sulla storia di Fortunato Cesari e una pergamena di riconoscimento.

Ufficio stampa Marcello Amante

 
Di Antonio Mellone (del 22/05/2021 @ 14:37:55, in NohaBlog, linkato 897 volte)

Ho sfidato, e più volte, la zona rossa per recarmi da Fiordilibro, la libreria della Emilia Frassanito. Voglio dire che ho azzardato l’allontanamento da Noha per quasi tre chilometri diretto alla volta di Galatina al numero 31 di corso Vittorio Emanuele, meglio conosciuta come via dell’Orologio, a dispetto delle norme che se non imponevano la clausura cenobitica ti concedevano al massimo un giretto attorno alla tua abitazione purché munito di scarpette da ginnastica. A meno, s’intende, di rigorose motivazioni da riportare su foglio ministeriale prestampato altrimenti detto autocertificazione (mica semplicemente certificazione o dichiarazione), motivi, dicevo, legati a salute, lavoro, o a casi di improcrastinabili urgenze. E io ho sempre avuto con me tutte e tre le giustificazioni: le questioni sanitarie legate alla mens sana, quelle lavorative (non puoi occuparti di economia senza l’aiuto di altri autori non economisti), e infine quelle dei bisogni primari: per alcuni i libri sono infatti aria, acqua, generi alimentari di prima necessità e non c’è Rider che possa sostituirsi al destinatario per il loro trasporto.

Se poi mi avessero fermato i vigili urbani, dirimpettai della Fiordilibro, credo che mi avrebbero graziato: non perché dotato di pass acquisito sul campo dopo un articoletto a loro dedicato poco tempo fa (e credo valido per almeno un semestre), ma per il fatto che sono certo che persino per gli uomini in divisa è sempre cosa buona e giusta fare un salto nelle botteghe di parole.

Fiordilibro dunque è una delle tre benemerite librerie di Galatina “Città che legge” [si spera, ndr.], essendo le altre due Fabula e Viva (per me quest’ultima rimane sempre Viva, al di là di altri più magniloquenti posticci loghi).

Incastonata in un palazzo antico, all’ombra del campanile civico, la Fiordilibro è animata dall’Emilia, la quale, laureata in archeologia con il prof. Francesco D’Andria, dopo i suoi bravi scavi archeologici anche e soprattutto nel Salento, nel 2004 decide di lasciare in cantina trowel, piccone e pennello per dedicarsi ad altre stratigrafie, quelle che ti si sedimentano dentro pagina dopo pagina.

E così il ventre di codesto aedificium seicentesco si riempie di scaffali, e quindi di libri, ma poi anche di tavoli, sedie sgabelli e pedane, diventando all’occasione scriptorium e talvolta pure theatrum. Le pareti della Fiordilibro sono piene zeppe di manifesti (ne ha appesi solo alcuni, l’Emilia) a testimonianza di questo fervore, che dico, di questo fuoco che arde inesauribile, benché ultimamente sotto la cenere. Pensate, in una di codeste locandine nelle quali si parlava di tabacco e di un libro che ne racconta la storia locale c’è perfino il nome del sottoscritto (per dire quanto le mie siano braccia strappate alla cultura oppure all’agricoltura, a seconda dei punti di vista).

Quindi dialoghi con gli autori, cene letterarie, feste dei lettori, corsi di scrittura creativa (per esempio con la Luisa Ruggio nostra), musiche e parole: tutto questo certamente, ma Fiordilibro prima che una ruddhra (vivaio) di iniziative è innanzitutto una libreria, luogo sacro dove i libri ti guardano dai ripiani fino a quando non decidono di sceglierti. Qui riesci a beccare oltre a tutto il resto cose sfornate dall’editoria locale, perfino fuori catalogo (sembra esista ancora addirittura un monumentale “Noha, storia arte e leggenda” del 2006 scritto a due mani e due piedi: le mani sono quelle di Francesco D’Acquarica, i piedi, invece, i miei), le famose guide verdi di Congedo Editore, i cataloghi sulla poesia dialettale, quelli sulle torri costiere, le masserie, le ville, le campagne e gli ulivi di queste parti; e ho pescato di recente pure un “Dante e i misteri di Otranto” a proposito del settecentesimo della morte del Poeta, e poi ancora Bodini, Maria Corti, Carmelo Bene, Antonio Antonaci e Donato Moro, “e più di mille ombre [Emilia] mostrommi e nominommi a dito”.

La libraia all’occasione diventa pure una tua confidente, e a richiesta ti procura sotto banco pure i “libri proibiti” (“Non lo dico a nessuno, tranquillo”, ti rassicura), tipo quelli molto commerciali, o quelli di qualche scrittore di destra come un Marcello Veneziani (ché tu, comunista, mica puoi confessare al mondo di aver letto nemmeno per isbaglio).

Che pesi che deve portarsi dentro la povera Emilia. Ebbene sì, purtroppo la vita non è sempre tutta rose e Fiordilibro.

Antonio Mellone

 

Oggi venerdì 2 febbraio alle ore 18:00, nella Sala conferenze dell’ex Palazzo De Maria, in Corte Taddeo, quale terzo incontro del Corso “Un percorso nella cultura di Trieste città di frontiera”, la prof.ssa Francesca D’Amico terrà una conferenza dal titolo “Trieste e l’idea di un europeismo alternativo ai nazionalismi del tempo”.

L’evento sarà introdotto dalla consigliera Daniela Vantaggiato.

Dopo il primo intervento del prof. Luca Mendrino sulla figura di Scipio Slataper e il suo percorso dall’irredentismo culturale all’interventismo irredentista e quello successivo della prof.ssa Beatrice Stasi, che ha analizzato la figura dell’autore de La coscienza di Zeno in rapporto alla sua posizione tra irredentismo e pacifismo, all’interno delle vicende storiche dei primi decenni del ‘900 nella città di Trieste, il Corso si concluderà con la relazione della prof.ssa Francesca D’Amico che approfondirà il ruolo che gli autori in terra giuliana e le loro opere e scritti hanno assunto nella formazione dell'ideale europeo, anche alla luce del particolare rapporto tra Trieste e la sua letteratura.

Attraverso lo studio di un recente libro di Salvatore Pappalardo, Modernism in Triest. The Habsburg Mediterrenean and the Literary Invention of Europe, 1870-1945, la nostra ospite esaminerà l'idea di Europa nella letteratura modernista, principalmente di Robert Musil, Italo Svevo e James Joyce, tutti autori che avevano un profondo legame con la città portuale di Trieste.

Osservando “la cultura triestina dal punto di vista degli autori del modernismo europeo, la cui distanza dagli ideali irredentisti, più che denunciare un'apparente nostalgia imperiale, è dovuta alla crescente preoccupazione per gli eccessi nazionalistici, sarà possibile, inoltre, vedere come questi timori e queste speranze ritornino nella scrittura giornalistica di Joyce e, a partire dagli anni triestini dell'autore, la lettura di alcuni suoi articoli offrirà una dimostrazione di come il mito e la narrazione siano essenziali nel prefigurare il futuro dell'Europa.”

Francesca D’Amico, laureata in Lettere Moderne, presso l’Università del Salento, con il massimo dei voti e lode con una tesi dal titolo “Per una seconda accesa infanzia: la favola di Italo Svevo e altre creature”, relatrice la prof.ssa Beatrice Stasi, ha perfezionato la sua formazione attraverso corsi formativi per la redazione e la pubblicazione di articoli tecnico-scientifici, attività di alta formazione nell'ambito della ricerca scientifica, la partecipazione a laboratori didattici di carattere interdisciplinare, la frequenza di seminari integrativi (Summer School Settimane dell'Eccellenza ISUFI) e lettorati di lingua inglese e francese. Ha pubblicato apprezzate schede bibliografiche ed è impegnata nel volontariato collaborando con diverse associazioni attive in ambito culturale, sociale e ludico-educativo.

Mario Graziuso

 
Di Redazione (del 08/01/2022 @ 14:33:38, in Comunicato Stampa, linkato 527 volte)

Per il secondo anno consecutivo la Città di Galatina ottiene un finanziamento di  9.204 euro da parte del Ministero della Cultura destinato al sostegno del libro e della filiera dell’editoria.

Soddisfatti e felici per l’ulteriore finanziamento che arricchisce la nostra Biblioteca comunale di altri volumi al servizio della comunità, mi ritrovo tuttavia a smentire notizie infondate e tendenziose che non corrispondono alla verità dei fatti.

Ed è tutto indicato nella determinata a contrarre, pubblicata sull’albo pretorio e che la consigliera Carrozzini, nel ruolo istituzionale che riveste, non avrebbe difficoltà nel reperire e leggere. Come successo per il primo finanziamento e per garantire la maggiore trasparenza, la Città di Galatina, in particolare l’ufficio cultura – polo bibliomuseale, pubblicava un avviso esplorativo atto a reperire tutte le manifestazioni di interesse da parte di librerie che si rendono disponibili alla vendita di volumi che l’Ente potrebbe acquistare tramite il finanziamento ministeriale ottenuto. All’avviso partecipano n. 4 librerie della Provincia di Lecce e con rammarico e dispiacere abbiamo verificato che tra queste non compariva alcuna di Galatina, come invece accaduto nell’avviso precedente, relativo al primo finanziamento.

Qualsiasi altra manifestazione di interesse inviata tramite pec, prima della pubblicazione dell’avviso, non può essere tenuta in debita considerazione in virtù della pubblicazione dell’avviso esplorativo come nel caso in questione, proprio al fine di garantire la parità di trattamento e, quindi, anche la trasparenza tra gli operatori commerciali.

Non capisco la sterile polemica se non esclusivamente per sollevare inutili critiche senza fondamento. È legittimo da parte del cittadino e di un consigliere comunale chiedere informazioni o delucidazioni in merito ad una questione e siamo disponibili, sempre, ad ogni tipo di confronto, anche atti alla mano. Oggi, però, ci stiamo ormai abituando a leggere notizie senza alcun riscontro preliminare, purché si parli screditando l’operato di un’amministrazione e dei suoi uffici, oltre che la correttezza di un Sindaco. Tutte piccole incomprensioni che mi auguro in futuro si possano risolvere con un confronto costruttivo e preparato.

L’assessore al Polo BiblioMuseale

Cristina Dettù

 

Vuoi vivere una notte di San Lorenzo davvero speciale??!!! Che aspetti??!! Vieni a trascorrerla con noi!!!! Una serata ricca di gioia, in un luogo magico appartato delle Serre Salentine, in contrada Crumisi tra Tuglie e Sannicola. Lo sguardo in su al cielo, con lo spettacolo meraviglioso delle Perseidi, popolarmente note come ” Lacrime di San Lorenzo “, uno sciame meteorico che la Terra si trova ad attraversare durante il periodo estivo nel percorrere la sua orbita intorno al Sole. La pioggia meteorica, si manifesta dalla fine di luglio fino oltre il 20 agosto e il picco di visibilità è concentrato attorno al 10-12 agosto di ogni anno, con una media di circa un centinaio di scie luminose osservabili ad occhio nudo ogni ora. Ciò rende questo sciame tra i più rilevanti in termini di osservabilità tra tutti quelli incrociati dal nostro pianeta nel corso della sua rivoluzione intorno al Sole. Il primo appuntamento della serata sarà con Paolo Centonze, che ci farà conoscere personaggi come Eugenio Vetromile, nato a Gallipoli da Pietro dei Baroni di Palmireto e da Marcantonia Margiotta. Eugenio frequenta gli studi presso il locale seminario vestendo, il 22 giugno 1833, l’abito clericale. Padre Ruder, Provinciale generale del Maryland, decide di portarlo con sé in America imbarcandolo a Livorno, l’8 agosto del 1845, sul vapore Coosa, con destinazione Filadelfia. Al Georgetown di Washington perfeziona per 3 anni la sua conoscenza dell’inglese. All’età di 29 anni, il 23 luglio del 1848, viene ordinato sacerdote. Quello stesso anno, viene mandato nella regione del Maine in Canada, presso la tribù indiana degli Abenaki dove, in 16 anni di intenso apostolato, si dice abbia convertito alla religione cattolica oltre 30.000 indigeni indiani del Nord-America. Eugenio Vetromile, fu uno studioso del linguaggio usato da quelle popolazioni, avendo dato alle stampe, nel 1856, un libro di preghiere in dialetto Abenaki e, nel 1860, un voluminoso compendio della Sacra Scrittura, nonostante la lingua indiana fosse priva di grammatica e di dizionario. Era dal 1722 che non si tentava l’impresa di scrivere l’alfabeto indiano, da quando, cioè, Padre Rale, aveva cercato di approntare un incompleto dizionario ed un’altrettanto imperfetta grammatica. Le sue opere gli valsero l’ingresso nelle più importanti accademie scientifiche d’America e d’Europa. Fu inviato particolare del Governo americano in numerosi convegni scientifici geografici. La sua fama di poliglotta sopravvive alla sua morte, essendosi scritto di lui che aveva conosciuto 14 lingue e 32 dialetti delle varie tribù di indiani pellerossa. Le sue spoglie mortali riposano nella cappella di famiglia al cimitero di Gallipoli. Poi in un sortilegio magico, tra il fuoco ed il fumo del barbecue, conosceremo i ” Cunti intorno al fuoco ” come l’elfo dispettoso dai mille nomi : Lauro, Monacizzo, scazzamurieddhu, sciaccuddhi, carcalurù. Ecco ” Lu sciakùddhi ” descritto come un essere molto basso, ancora più piccolo di un nano, con un cappello rosso a sonagli in testa e ben vestito. Ma parleremo anche di orchi, fate, vecchie megère, ed anche ” lu Mamau ” vale a dire l’uomo Nero di queste nostre latitudini ed ancora fattucchiere, acchiature, cioè i mitici tesori nascosti dei nostri avi, modi e tempi per trovarli e conquistarli. Insomma un vero è proprio ritorno al passato nei racconti di Raimondo Rodia. Poi sarà la volta di Gianfranco Ascalone un vero terremoto, un one man show che scrive, interpreta e realizza i suoi spettacoli di cabaret. Il nostro attore, in un monologo scritto per l’occasione con la propria ironia e simpatia, ci condurrà nel suo esilarante show, attingendo a piene mani dalla sua quotidianità ( e dalla vostra ). Ironizza su vizi e virtù italiche, sulla dura vita moderna, di sè stesso e degli altri e come un pò tutti noi, si preoccupa di arrivare a fine mese, giungendovi, nonostante l’impegno, sempre e comunque in ritardo! Godetevi i pochi minuti di video in fondo all’articolo, come assaggio delle sua arte, tratti da un recente spettacolo di Gianfranco Ascalone.

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA
CONSUMAZIONE INCLUSA

ORE 20.00: Paolo Centonze (uno dei massimi esperti italiani di Indiani d’America) alle prese con l’accensione del fuoco, la costruzione di una tenda degli Indiani d’America, e il tiro con l’arco in un’ipotetica caccia… i parallelismi tra Nord America e Salento. Mostra di pezzi di artigianato Indiano d’America in visione esclusiva.

ORE 21.00: BARBECUE racconti e storie salentine a cura di Raimondo Rodia…i racconti del mamau, degli sciaccuddhi e gli altri cunti e culacchi intorno al fuoco…

Convivialità e cabaret con Gianfranco Ascalone e infine UNA SORPRESA DA NOTTE DI LUNA PIENA… un vero Lupo Mannaro fra noi, da non perdere assolutamente. Iniziativa nell’ambito di ” Un’estate che…” – Rassegna di incontri, voci ed emozioni…d’estate! a cura degli Amici della Biblioteca di Tuglie.

 
Di Albino Campa (del 27/09/2011 @ 14:20:00, in I Dialoghi di Noha, linkato 3037 volte)

Venerdi 30 settembre alle ore 17, nei locali adiacenti il Bar Settebello in piazza San Michele, verrà presentato il nuovissimo libro di P. Francesco D'Acquarica dal titolo "Curiosità sugli arcipreti e persone di chiesa a Noha" (edizioni L'Osservatore Nohano).

Interverranno: l'Autore, Marcello D'Acquarica, Antonio Mellone e altri ospiti.

Sarà un pomeriggio di festa.

Tutta la popolazione è invitata a questo evento culturale.

 

Nella splendida cornice dell’ex Monastero di Santa Chiara, in un contesto forse inusuale per una classe di scuola primaria, una nutrita rappresentanza della IV C del Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina è salita sul podio della sezione Poesia giovane edita o inedita a tema libero per alunni della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, classificandosi al 3° posto al Concorso Internazionale di Poesia Città di Galatina e aggiudicandosi una Borsa di Studio messa in palio dall’associazione Giovani Realtà APS (meglio conosciuta come GIORE’), organizzatrice dell’evento, da sempre attiva per la difesa dei diritti umani, della solidarietà, dell’arte e musica e dell’ambiente.

Dopo l’emozione palpabile della recitazione dei versi del componimento scritto a 25 mani, sotto lo stimolo e la guida costante dell’insegnante Mariella Greco, altrettanto toccanti le parole della Presidente Gabriella Noia nei confronti dei nostri ragazzi. Grande sorpresa anche per la Giuria che ha giudicato le poesie, presieduta dalla professoressa Beatrice Stasi, in quanto solo nel momento della proclamazione dei vincitori ha appreso chi fossero gli autori, e a maggior ragione nel nostro caso, ha constatato che l’opera fosse stata scritta da 25 bambine e bambini di una classe quarta.

Ma ciò che resterà indelebile più di ogni cosa della serata è il luccichio degli occhi e le risate sincere dei compagni di classe, ritrovatisi assieme per la prima volta dopo mesi di didattica a distanza e lockdown, un’oretta prima dell’inizio della manifestazione per la prova generale.

“E’ questa la gioia più grande” afferma visibilmente emozionata l’insegnante Mariella Greco “vedere i miei alunni riuniti come una classe, con la consapevolezza che l’ultimo periodo è servito anche a far capire il valore dei legami che la scuola primaria riesce a creare e che resteranno sempre nei loro ricordi. Al rientro a scuola a settembre decideremo INSIEME come utilizzare la borsa di studio vinta, ma sono convinta che la vera vittoria sia stata quella che abbiamo affrontato negli ultimi mesi”.

Una serata estiva diversa per gli alunni presenti, anche in rappresentanza dei loro compagni, contrassegnata da un vento leggero, che metaforicamente ha voluto spazzare via gli aspetti più brutti degli ultimi mesi ed ha preso in consegna l’opera dei giovanissimi poeti veicolandola con una dolcezza e forza dirompenti, come solo l’arte e la cultura riescono a fare.

             

 

Ecco la poesia vincitrice

 

LA SCUOLA E’…

 

La scuola è…

una torta di sapere da mangiare con piacere,

una grande famiglia dove impari a meraviglia,

una madre premurosa che di accoglierci è ansiosa,

una chiesetta che i suoi fedeli alunni aspetta,

una grande miniera di cui la maestra va fiera,

un libro di avventure con tante pagine senza paure,

un posto speciale in cui si è felici di imparare,

una famiglia davvero importante che vale più di un diamante,

un bagaglio di nozioni, di esperienze e di emozioni,

un mondo di conoscenza e di accoglienza,

un albero rigoglioso di frutti che, generoso, dona a tutti,

un campo fiorito concimato a dovere che emana profumo di sapere,

un ambiente che la nostra mente accende e liberi ci rende,

un cammino di cultura, prezioso per la vita futura,

un mare in movimento: maestre, alunni e tanto divertimento,

un luogo di condivisione con gli amici dove crescere felici,

una biblioteca che come per magia si anima con la nostra compagnia,

un luogo dove, con poco, impariamo tanto come in un gioco,

una mamma che ci insegna a volare per poi liberi lasciarci andare,

un’amica che ogni giorno aspetta paziente il nostro ritorno,

un ricordo unico nel nostro cuore, la speranza per un mondo migliore.

 

 

DOMENICA 22 GENNAIO 2017 a partire dalle ore 17.00 presso l’AUDITORIUM “G.Toma”  in Via Martinez il LICEO DELLE SCIENZE UMANE Già ISTITUTO MAGISTRALE di GALATINA presenta il WORKSHOP ORGOGLIO MAGISTRALE DON MILANI 1967/2017 a cinquanta anni dalla sua morte e dalla pubblicazione di Lettera a una professoressa.

Diceva don Lorenzo Milani, dicevano a Barbiana: ”Il sapere serve solo per darlo. “Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo”.  

Serata dedicata a tutti i maestri di ieri, di oggi e di domani, special open day rivolto a tutti i ragazzi che sceglieranno di frequentare il Liceo delle Scienze umane.

Una serata ricca di emozioni dal video “1967… e dintorni” realizzato dagli alunni delle V classi, al libro “Don Lorenzo Milani. L’esilio di Barbiana” di Michele Gesualdi con messaggio dell’autore ed intervento della figlia Sandra in collegamento Skype; Michele Gesualdi uno dei primi sei ragazzi della scuola popolare di don Milani: “Quella sera mi resi conto che quando siamo negli eventi, tutto ci sembra normalità, in realtà eravamo stati protagonisti diretti di una esperienza unica e forse irripetibile”

Serata per conferire il Premio Maestro d’oro 2017 che verrà assegnato dal Dirigente Maria Rita Meleleo alla Maestra Pietrina Serra Caputi, amata maestra di tante generazioni di bimbi galatinesi; infine i contributi “L’eredità di Don Milani” Prof. Salvatore Colazzo Unisalento; “Le competenze del maestro oggi” Prof.ssa Simonetta Baldari Comprensivo Aradeo; “La sfera emozionale nella relazione educativa” Dott.ssa Concetta Strafella. “Poi insegnando imparavo tante cose. Per esempio ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.” Così in  Lettera a una professoressa.

E poi la parola alle testimonianze degli ex allievi, impegnati in percorsi di vita differenti, e degli allievi di oggi entusiasti per l’esperienza di alternanza scuola/lavoro appena vissuta. Infine laboratorio ludico. Perché… l’importante è essere capaci di usare la lingua per comunicare “Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli.” da Lettera a una professoressa.

 

 
Di Albino Campa (del 26/05/2008 @ 14:13:58, in NohaBlog, linkato 3091 volte)

Cari amici di Noha.it, parliamo ancora di LIBRI.  
Del resto il motto della nostra cittadina, Presidio del libro, potrebbe suonare così: PIU' LIBRI, PIU' LIBERI!
Questa volta abbiamo il piacere e l'onore di presentare a tutti i nostri internauti l'ultimo lavoro in ordine di tempo di una nostra amica, nonchè collaboratrice del nostro foglio on-line "L'Osservatore Nohano", la prof. MARISA GRANDE (che certamente sarà con noi il prossimo ottobre nella "Festa dei lettori").  
Edito per BESA EDITORE, il titolo del volume del quale vi facciamo qui intravedere la copertina è "L'ORIZZONTE CULTURALE DEL MEGALITISMO". E' un libro da acquistare e leggere sotto l'ombrellone, oppure al fresco, sotto un pergolato, magari con la colonna sonora delle cicale. Buona lettura." 




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Di Albino Campa (del 05/06/2008 @ 14:11:26, in NohaBlog, linkato 3813 volte)

Di libri non si parlerà mai abbastanza. Ne siamo certi.
Eccovi allora di seguito la recensione di un libro apparsa su "il Galatino" del 28 febbraio scorso, a firma di Antonio Mellone.
Ci verrebbe ora da chiederci: a quando una nuova pubblicazione di un autore nohano, oppure un libro che parli di Noha o che abbia come protagonista qualche personaggio di Noha?
La domanda la lanciamo così... Anche se sappiamo che qualcosa si sta muovendo. Ma si tratta ancora di un segreto.


“La Chiesa di S. Lucia V.M.” di Mario Rossetti

Non c’è regalo più gradito per un bibliofilo (come tale si ritiene chi redige queste note) che quello di ricevere un libro. Ed il libro che abbiamo accolto in dono dalle stesse mani dell’autore è un’opera monumentale che ha per nome: “La Chiesa di S. Lucia V.M.”.
L’autore-curatore è don Mario Rossetti, che già nel 1996 aveva pubblicato un trattato gemello quanto a ponderosità ed argomenti - ma di diverso colore - intitolato “La parrocchia di San Sebastiano Martire in Galatina”.
Entrambi i volumi fanno bella mostra di sé nella nostra biblioteca, uno accanto all’altro, alla lettera “R” di Rossetti, tra un Romano (Livio Romano, scrittore salentino) ed un Rousseau (Jean Jacques Rousseau, filosofo francese del settecento)…  
Il libro di don Mario profuma, come profumano tutti i libri nuovi di zecca e come di buon odore sono pure impregnati i libri di qualche anno d’età e, ancor di più, i libri antichi.
Quello del libro di don Mario è profumo caratteristico di libri nuovi, quelli appena usciti dal torchio dello stampatore-editore, che in questo caso, come per l’altro succitato testo, è il bravo editore Panico, galatinese pure lui.
“La Chiesa di Santa Lucia V.M.” è un vero e proprio catalogo d’arte, copertina e custodia rigida, rilegatura in pregiata tela rosso-cardinale (come quella che si usa per certe tesi di laurea), sovra-copertina anch’essa rossa e lucida, con le scritte d’oro e con le immagini a colori che ritraggono la nobile facciata della chiesa e l’effigie di Santa Lucia. Abbiamo per le mani insomma un testo elegante: anche gli occhi, di cui la Santa siracusana è la protettice, vogliono ed hanno – non poteva essere altrimenti in questo caso - la loro parte.
Profuma il libro di don Mario. Profuma anche di sudore: quello di un prete che costruisce chiese, che restaura, che dà corso alla pulitura, alla stuccatura, alla tinteggiatura delle pareti del tempio, la casa più importante, forse la più grande del popoloso quartiere dei galatinesi di via Roma e dintorni.
Si sente nelle pagine profumo di terracotta e ceramica, quella con la quale sono state impastate le statue che si affacciano benedicenti dalle nicchie del frontespizio della chiesa, il Cristo Risorto e le due sue ancelle, santa Lucia e santa Rita.
Quello che si sprigiona da quelle pagine è profumo di chi fatica senza mai dare segni di stanchezza, e semina ancora per poi lasciare agli altri il raccolto. E l’autore sembra molto più abituato alla semina che al raccolto: seminò per la chiesa di san Sebastiano, e la consegnò ad altri, subito dopo averla inaugurata (e ne scrisse pure un tomo, anche esso impregnato di profumo).
A volte non si immagina quanta fatica costino le pietre (e non parliamo qui di pietre vive - non ci compete - quelle, si sa, ti assorbono tutta la vita); parliamo invece più semplicemente dei mattoni, della calce, del cemento, dei lavori di edilizia per innalzare aule e campanili… Le pietre descritte da don Mario sembrano catalogate una per una, con documenti alla mano. Ogni documento, ogni contratto, ogni fattura è un impegno, un pensiero, una goccia di sudore in più che imperla la fronte, a volte una o più notti insonni, e critiche certe da parte del censore di turno, benché non manchino, per grazia di Dio, il conforto ed il supporto dei benefattori.
Profuma il libro di don Mario. Profuma di candele e d’incenso di solenni riti. Quell’incenso che si brucia il giovedì santo quando si deposita il corpo di Cristo nell’altare della reposizione; quel sepolcro, che poi tutti visitano, pellegrini in diverse chiese, fino al pomeriggio di venerdì santo, poco prima della “messa scerrata”. E ti sovvengono i tuoi tempi, allorché imberbe chierichetto, con cotta bianca su veste rossa, servivi la messa in “Coena Domini” e sentivi cantare il “Tantum ergo” e, sbagliando, credevi dicessero “Santu Mergo”…
Il libro di don Mario profuma di fioretti e di rose, come quelle di santa Rita, i cui boccioli o petali si distribuiscono ai fedeli nel mese di maggio nel corso della solennità a Lei dedicata.
E’ un libro ricco di immagini sacre, il libro profumato di don Mario. Quando lo sfogli, lo leggi e lo rileggi, ti viene di baciarne le icone, di recitare una giaculatoria, come un bambino di prima comunione. E come un cresimando leggi e ripassi “le cose di Dio”, la dottrina, il catechismo che da piccoli si studiava: domande e risposte a memoria, condizione necessaria e sufficiente per accedere ai sacri misteri. E ancora coroncine, invocazioni, litanie, novene, suppliche, ed inni e canti che ab immemorabili sciolgono i fedeli, implorando per i miseri il perdono, e per i deboli la pietà. 
Sfogli velocemente le pagine ricche di colorate immagini; ma rallenti, come se sfogliassi un breviario, quando incontri le preghiere che intere navate di persone all’unisono guidate dal loro pastore scandivano con salmodiante umiltà, ripetendo, come fanno ancor oggi, incontrovertibili verità.
Chiudi il libro e lo riponi nella tua libreria.
Sentirai nelle tue narici ancora il profumo di un gradito regalo: il più recente libro di don Mario.

Antonio Mellone

 

In occasione della rassegna “Il Maggio dei Libri 2018”, Venerdì 25 maggio alle ore 18,30 presso il Palazzo della Cultura, Sala Celestino Contaldo, il Club per l’UNESCO di Galatina in collaborazione con i Volontari del Servizio Civile Nazionale -InReading2016, presenta il libro “PANE! ….. PACE! Il grido di protesta delle donne salentine negli anni della Grande Guerra” di Salvatore Coppola.

Dialogano con l’Autore Salvatore Coluccia ed i Ragazzi del Servizio Civile Nazionale.

 

 

                                                                      

Il Presidente del Club per l’UNESCO di Galatina

Salvatore Coluccia

 
Di Albino Campa (del 21/09/2010 @ 14:01:31, in Festa dei Lettori, linkato 5020 volte)

Anche quest’anno la Biblioteca Giona, Presidio del libro di Noha, e la scuola di cui fa parte, l’Istituto Comprensivo 2° Polo – Galatina (già 3° Circolo didattico “G. Martinez”) vi rinnovano l’invito a prendere parte alla Festa dei Lettori di sabato 25 settembre 2010. Una Festa dei Lettori giocosa, dispettosa e irriverente che, con garbo e senso dell’humor, ma anche con fermezza, pone l’accento sul leggere come affermazione della propria esistenza, come azione di autodeterminazione del lettore in un tempo presente e collettivo, come atto di protesta e di rivendicazione di un diritto oggi, di fatto, negato.

Programma delle iniziative:

Nei giorni precedenti la festa
Orario scolastico ed extrascolastico
Videointerviste a ragazzi, bambini, docenti, genitori, sindaco e assessori… sul tema “Leggere… Non leggere”. I video animeranno un momento della Festa.
Visione dei film “Fahrenheit 451” di François Truffaut e “Matilda 6 mitica” di Danny De Vito.
Letture animate e memorizzazione a staffetta di brani tratti da “Gli anni della fenice” (Ray Bradbury), “Matilde” (Roald Dhal), “Rima Rimani” e “Rime di rabbia” (Bruno Tognolini).
Preparazione di cartelloni e striscioni sul tema “… e io leggo – festa dei lettori dispettosa” per animare il corteo del 25 settembre.
Preparazione della canzone “Manifesto” della Bandabardò (classi quinte e scuola media).
Dispetti in rima: torneo di botta e risposta alla ricerca di rime impossibili (classi quarte e terze).
Canti e conte (classi prime e seconde).
 
La mattina del 25 settembre - Piazza San Michele a Noha
In corteo, dalla scuola alla piazza, adulti, bambini e ragazzi della scuola, con maglietta bianca e un libro in mano, a manifestare il proprio bisogno di lettura a dispetto di ogni tipo di difficoltà. Il tragitto sarà animato da alcuni brani musicali (“Alegria” – Cinque du Soleil, “Mistero Buffo” – Dario Fo…) e dalle frasi-slogan, gridate in coro, riportate sugli striscioni e i cartelloni.
Flash mob: al segnale convenuto, si batte il piede, si mostra il libro, ci si siede, si legge in silenzio fino al nuovo segnale, quando ci si rialza, si batte nuovamente il piede e si grida “E IO LEGGO!).
I ragazzi di quinta e della scuola media cantano “Manifesto” della Bandabardò.
Ancora in corteo, ritorno a scuola
Si appendono alla cancellata della scuola i manifesti e gli striscioni e si conclude con l’ormai tradizionale frisellata
 
Dalle ore 19.00 - Biblioteca Giona
Un’apertura straordinaria della biblioteca al crepuscolo, per ospitare Bruno Tognolini alla scoperta di rime per esprimere emozioni, manifestare le proprie idee, il proprio consenso e il proprio dissenso e… per sentirsi meno soli. Animeranno la serata le videointerviste registrate nei giorni precedenti, le brevi performances dei ragazzi e, per concludere in armonia, gli stornellatori di Noha.
 
Tipo di coinvolgimento dell’Amministrazione comunale:
Patrocinio, supporto organizzativo e pubblicizzazione dell’iniziativa.
 
Coinvolgimento delle Scuole:
Gli istituti di istruzione superiore di Galatina, in particolare il Liceo Classico e il Socio-pedagogico. Scuole dei comuni limitrofi.
 
Partecipazione di una Biblioteca pubblica in loco:
Biblioteca Comunale “P. Siciliani” di Galatina: la responsabile sarà presente all’incontro serale con l’autore.
 
Partner coinvolti e loro contributo alla Festa:
Associazione culturale “3° Torri”, “L’Osservatore Nohano”, “Parrocchia San Michele Arcangelo”, Comitato per la festa patronale, associazioni commercianti: supporto organizzativo e sponsor.

 


Vi aspettiamo, in tanti, e vi auguriamo un buon inizio d’anno.
A presto
La Dirigente Scolastica Eleonora LONGO
La responsabile del Presìdio di Noha Paola Congedo

 
 

icon Download del Programma

P. S. per ulteriori informazioni rivolgersi a Paola Congedo
mail    paola.congedo@istruzione.it
Cell    329.9166255
 
Di Redazione (del 21/10/2022 @ 14:00:29, in Comunicato Stampa, linkato 305 volte)

La rassegna “Incontri al Collegio”, nata da un idea della libreria Fiordilibro con la collaborazione della Rettoria di Santa Maria della Grazia riprende anche per questa stagione 2022-2023 Il primo incontro di venerdì 21 alle ore 18,30 presso la Chiesa del Collegio, è dedicato al Turismo religioso ed ha come titolo - UN’ALTRA STRADA- I pellegrinaggi e i cammini come pratica per i giovani alla riscoperta della fede. Ci piace rammentare la definizione di San Riccardo secondo cui “Turista è chi passa senza carico né direzione. Camminatore chi ha preso lo zaino e marcia. Pellegrino chi, oltre a cercare, sa inginocchiarsi quando è necessario”

 Saranno con noi il Sindaco Fabio Vergine e l’Assessore al Turismo M. Grazia Anselmi.                Dialogheranno:

Sara Alessandrini Travel Blogger e autrice del libro “UN’ALTRA STRADA. I miei itinerari mariani in Italia.

Luigi Del Prete

Direttore dell’Associazione “La Casa delle Comunità Ospitanti degli Itinerari della Via Francigena della Puglia Meridionale”

Don Gionatan De Marco

Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport della Conferenza Episcopale Italiana.

Introduce Don Antonio Santoro

Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia

Emilia Frassanito

 
Di Albino Campa (del 22/12/2009 @ 14:00:10, in NohaBlog, linkato 4312 volte)

Eccovi di seguito l'n-esimo articolo di Antonio Mellone apparso sulla rivista bimestrale "Il filo di Aracne" nel numero di dicembre 2009. Si tratta della recensione del recente libro "Infanzia Salentina" del nostro amico prof. Gianluca Virgilio

Infanzia Salentina, un esorcismo generazionale

Avevo poco più (o poco meno) di cinque anni.
Quella mattina verso le otto, mentre ero pronto per andare alla scuola materna che frequentavo, non ricordo come (forse mia madre mi ci aveva portato mezzo addormentato all’alba), mi trovavo nella casa della nonna, ad un fischio dalla mia, sempre a Noha.
Quella mattina mia madre prendendomi in disparte mi disse: “Oggi la nonna è andata in cielo”.
Io corsi subito sulla terrazza di quella casa - allora una delle poche abitazioni nohane al primo piano, essendo le altre quasi tutte al piano terra - alzai lo sguardo per scrutare il cielo, cercando di avvistare mia nonna.
Era primavera, il cielo era terso, azzurrissimo. Ma mia nonna non la vidi punto.
Rientrai in casa un po’ confuso. Ci pensò mia madre stessa - che dall’espressione sembrava volermi dire: stupidino! - ad indicarmi in anteprima, cioè prima che iniziassero le visite di parenti e amici per le condoglianze, la mamma di mio padre composta nella sua bara.
Sembrava dormisse, ed io non avevo realizzato ancora che mia nonna (quella brava donna che, prima di chiederti se ne volevi, aveva già preparato la fetta di panetto con pomodoro olio e sale) non c’era più. Non avevo cioè compreso che mia nonna era morta. Tanto che alla scuola materna (mi ci mandò comunque mia madre in quella mattinata di trambusto) le suore chiesero a me ed a mio cugino se la nonna fosse ritornata dall’ospedale.
Mio cugino era all’oscuro delle ultime novità. Infatti mia zia Giovanna, sua madre, non l’aveva reso edotto di “tutto”. E rispose alle suore che nonna Maria Scala (proprio questo era il suo nome, mentre il cognome era Tundo) era ancora in ospedale; io invece che ormai sapevo “tutto” dissi subito che era ritornata, e che l’avevo addirittura vista in carne ed ossa in mattinata. Ma non precisai che l’avevo vista in una bara, né che, come m’era stato riferito, se ne fosse volata in cielo. Non avevo ancora preso coscienza del concetto di bara e soprattutto di un accadimento che, come in seguito capii, era (ed è) cosa molto frequente: la dipartita di una persona.  
Questa è una delle mille storie che mi sono frullate per la testa mentre leggevo il bellissimo affresco di una generazione: “Infanzia Salentina” di Gianluca Virgilio (Edit Santoro, Galatina, 2009, 172 pagg.).
Sì, perché leggere questo volumetto significa pensare a tanti accadimenti, tante coincidenze, tante storie affini od opposte, tanti ricordi.
Come ancora ad esempio il tempo delle vacanze, che Gianluca, figlio di professore, trascorreva a Santa Maria di Leuca, mentre io, figlio di contadino, trascorrevo (lavorando!) in campagna, nel mare del tabacco le cui foglie ed i cui taraletti si aggrappavano alla mia infanzia per non staccarsene più. O come il fatto delle giostre che nel corso della festa di San Michele venivano montate fin nei pressi del portone di casa mia (l’ingresso più utilizzato coincideva e coincide anche oggi con il garage), tanto da consentire appena il nostro accesso pedonale, ma non quello della nostra 500 Bianchina, che rimaneva fuori allo scoperto per i tre giorni della festa. Ma nonostante i borbottii dei miei, io ne ero contento, perché mi trovavo nel centro del paese dei balocchi, ed anche perché i giostrai a volte mi facevano omaggio di qualche gettone per le auto-scontro, forse quale forma di risarcimento per il loro disturbo (che per me non lo era affatto).
O come l’amicizia con la famiglia Papadia: quei Papadia che vantano nel loro albero genealogico messer Baldassarre Papadia, autore delle Memorie storiche della città di Galatina nella Japigia, ma anche la (contemporanea) gentile signora Maria Cristina, custode gelosa della stupenda biblioteca paterna, che ho più volte visitato; questa amica che insieme al consorte Paolo, non più tardi di qualche settimana fa, m’ha invitato nella sua bella e storica dimora (adiacente alla Basilica di Santa Caterina) proprio per farmi esaminare le diverse raccolte di giornali d’epoca, di quaderni, di “Domenica del Corriere”, di libri non ancora catalogati nella suddetta biblioteca. Rovistando ben bene tra quelle carte sono certo che si troverebbe l’emeroteca delle riviste di parole crociate, quelle sulle quali il papà di Cristina, il signor Raffaele, capo dell’ufficio imposte di Gallipoli, si esercitava nel tempo libero delle famose vacanze leucane…      
Il libro di Gianluca Virgilio, come gli altri suoi libri di cui ho avuto modo di parlare altrove, ricorda la svelta forma tipografica dei tascabili dell’editore Sellerio, l’editore dei famosi libri di Andrea Camilleri e Gianrico Carofiglio. Ma qui siamo di fronte ad una casa editrice galatinese e non di Palermo, la Edit Santoro; e poi siamo in presenza di un caro figlio di Galatina, dal quale ormai ci aspettiamo anzi pretendiamo un romanzo!
“Infanzia Salentina” è un libro di storie e sentimenti, di tramonti giallo-oro e di schiamazzi di bambini dalle ginocchia sbucciate, di mamme e di zii, di scuola e di febbre per lo sviluppo, di primi turbamenti amorosi e di amicizie che durano una vita, di bagni domenicali nella vasca verde (la mia, pur sempre di plastica, era azzurra) e di giochi in mezzo alla strada: un libro non soltanto di memoria individuale, ma anche, se vogliamo, di esorcismo generazionale. Un libro che ti fa capire che il bisogno di scrivere ed anche di leggere è un tutt’uno con la vita. E chi legge “Infanzia Salentina” non legge Gianluca Virgilio, legge se stesso.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 08/01/2015 @ 14:00:04, in Presepe Vivente, linkato 2163 volte)

Il Presepe vivente di Noha in questi giorni non lascia tregua. E' tale la gioia per questa festa, tutta nostra, che pare non finisca mai. Tutto questo, grazie naturalmente alle persone che lo hanno realizzato e al sito Noha.it che continua ad immortalarlo nella rete degli internauti vicini e lontani, tutti uniti come in un incantesimo. Ed è proprio qui, su Noha.it, che scopro attraverso le video-interviste di Antonio Mellone una cosa alquanto sorprendente: le risposte della professoressa Daniela Vantaggiato, fra l'altro anche Assessore alla Cultura.

In occasione della presentazione del mio libro "In men che non si dica", a fine dicembre 2012, consegnai personalmente una copia del Catalogo dei Beni culturali di Noha alla suddetta gentile professoressa in visita a Noha. Non pago di ciò, tempo fa ho vergato una lettera aperta indirizzata a lei e al Sindaco di Galatina pubblicandola sul sito Noha.it (http://www.noha.it/NOHA/articolo.asp?articolo=868). In questa missiva evidenziavo quanto la Soprintendenza ai Beni Culturali avesse richiesto chiarimenti sul “progetto” del Comune di Galatina a proposito dei Beni Culturali di Noha (chiarimenti che purtroppo la Soprintendenza non ha mai ottenuto da parte dei nostri amministratori per chi sa quale strampalato motivo).

Ecco, non fosse altro che sulla base di queste prove, mi chiedo come faccia la professoressa e Assessore alla Cultura del Comune di Galatina a venire in visita al Presepe vivente di Noha e addirittura candidamente proferire le seguenti parole: "... diversamente non avrei capito quello che c'era qua intorno da vedere e da visitare...".

La stessa prof. considera (se lo dice lei!) come un "suo grosso limite culturale" il fatto di ignorare la presenza in questo territorio di un bene straordinario come la Casa Rossa. Ora mi chiedo: ma siamo davvero ancora a questi livelli? Come mai un Assessore alla Cultura così attento e così “presente” arriva a formulare queste inaudite asserzioni, nonostante i libri in merito, gli infiniti nostri interventi sul sito di Noha (lettere aperte, denunce, articoli, interrogazioni popolari, raccolta di firme..,), e, non ultimo, le trasmissioni televisive sul tema dei beni culturali nohani?  

Siccome la cosa mi lascia alquanto perplesso, e a tutto c'è una spiegazione sarà possibile avere delle delucidazioni in merito? Speriamo che la stella cometa faccia luce a sufficienza prima di un altro Natale. Sempre a NOHA, ovviamente.

Marcello D'Acquarica

 

Ci sono mille modi e luoghi per farlo: comodamente seduti su di un divano, a letto prima di addormentarsi, nel silenzio di una biblioteca… e poi c’è il “Lifebox”, dove leggere può diventare un’esperienza fatta di gioco e relazione, di calde e piacevoli sensazioni per adulti e bambini, dove leggere diviene un modo per esplorare e creare il mondo e la relazione tra genitori e figli. 

Martedì 15 ottobre alle 17.00 presso la scuola primaria di Noha (Le) in via Petronio appartenente all'Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina (sede della Biblioteca Giona - Presìdio del libro di Noha e Galatina) si terrà un seminario animato per la promozione della lettura ai piccoli in cui l’artista Adalgisa Romano farà dono alla scuola della sua opera “Lifebox”. 

I Lifebox sono “unità abitative che si integrano facilmente con più contesti e ambienti per viaggi interiori in utopiche speranze di radicamento, rappresentano il luogo e l’istante di riappropriazione, di riposizionamento, di radicamento dell’uomo prima di affacciarsi e tuffarsi nel villaggio globale contemporaneo, - dice Adalgisa Romano - e rappresentano un forte strumento di critica alla società contemporanea sottomessa al gioco di spinte omologanti e individualistiche. Ma soprattutto i Lifebox sono luoghi in cui attraverso il gioco i bambini possono fare esperienza di sé, del proprio corpo e dell’altro e, attraverso la relazione con un altro essere umano, attivare un senso di appartenenza a sé stessi, step necessario per imparare a volersi e a voler bene.

Il seminario intende essere un’opportunità di riflessione e di confronto per chi si occupa di approccio precoce alla lettura: insegnanti, bibliotecari, pediatri, operatori culturali che considerano il tempo della lettura un tempo utile, e poi genitori che non si stancano di leggere ai propri figli (anche quando crescono), perché leggendo e raccontando agiscono il proprio amore.

All’incontro interverranno Milena TANCREDI, responsabile Biblioteca dei Ragazzi-Biblioteca Provinciale "La Magna Capitanata" di Foggia - Referente regionale NPL AIB Puglia - Segretaria della sezione Puglia dell'Associazione Italiana Biblioteche; Loredana GIANFRATE, Imago cooperativa sociale Lecce - membro CER AIB Puglia e dell'Osservatorio Nazionale Lavoro e Professione; Giovanna ROSATO, Biblioteca comunale di Cavallino (LE) - AIB Puglia - Gruppo di lavoro Biblioteche per Ragazzi e NPL - Referente per la provincia di Lecce; Paola CONGEDO, referente dell'Associazione Presìdi del libro; Eleonora LONGO, dirigente dell’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina; Adalgisa ROMANO, artista-designer realizzatrice dell’opera Lifebox II, Cecilia MAFFEI e Antonietta ROSATO - Associazione "Fermenti lattici" - curatrici della rivista trimestrale Unduetre Stella.

L’iniziativa è promossa dall’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina, la Biblioteca Giona – Presìdio del libro di Noha e Galatina, ART and ARS Gallery di Galatina.

 
Di Albino Campa (del 23/04/2009 @ 13:58:35, in I Dialoghi di Noha, linkato 4398 volte)

Presentazione del libro: “Una vita non basta”
(Mario Congedo Editore, Galatina, 2008)

Noha, sabato 4 aprile 2009

Presso la sala del Circolo Culturale Tre Torri

Buonasera a tutti voi e buonasera al senatore Giorgio De Giuseppe. Benvenuti a questo quarto “dialogo di Noha”.
Il primo fu presso la Scuola Elementare, nello scorso dicembre 2008 nell’occasione della presentazione dell’antico orologio della torre civica di Noha, ripulito e rimesso a nuovo ed in bella mostra dal nostro amico Marcello D’Acquarica; il secondo ha avuto luogo in questa stessa sala ed ha visto quale protagonista il prof. Giuseppe Taurino, presidente del Consiglio Comunale di Galatina, che ci ha raccontato la sua storia umana e politica ed il suo pensiero, rispondendo anche a numerose nostre domande; il terzo dialogo - indegnamente curato dal sottoscritto - ha avuto luogo nello studio d’Arte della pittrice Paola Rizzo, ed ha avuto quale protagonista Dante Alighieri e la sua Comedia, con il V canto dell’Inferno…
Questo quale doveroso riassunto delle puntate precedenti.

Ma cosa sono “I dialoghi di Noha”?
Per chi non lo sapesse ancora, i dialoghi sono dei momenti di incontro, di crescita culturale, e ove possibile di confronto: se non altro tra le nostre idee e quelle del relatore di turno. I dialoghi di Noha non sono qualcosa di preconfezionato, ma una modalità tutta ancora da inventare, e da scoprire vivendo. I dialoghi sono un’idea, un marchio se vogliamo, per esempio per una conferenza, un concerto, la visione di un film in comune, un’opera teatrale, il racconto dei fatti di una volta, la degustazione di un prodotto, un corso di storia o di matematica o di diritto, la declamazione di alcuni versi poetici…
L’unico obiettivo è sempre quello di far dialogare, discutere, pensare.

In una lettera di risposta ad alcune richieste di delucidazioni sui dialoghi nohani inoltratemi da Biagio Mariano, così scrivevo: “… noi siamo alla ricerca di qualcuno che abbia qualcosa da raccontare al fine di edificare meglio la nostra comunità. Se avessimo dei buoni motivi (e se ci credessimo davvero) noi potremmo invitare a Noha (perché no?) finanche un premio Nobel, o un Premio Oscar, ma anche il Presidente della Repubblica o il Papa in persona.”

Ecco questa sera, in mezzo a noi, non c’è il Presidente della Repubblica. Ma quasi!
Non sto dicendo delle corbellerie. Insomma nel 1992 al primo scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica, De Giuseppe ottenne 296 voti (non sufficienti però per la massima magistratura).

*   *   *

Questa sera avremo l’onore di dialogare dunque con il qui presente senatore Giorgio De Giuseppe, che presenterà il suo recente libro: “Una vita non basta”, sottotitolo: “Ricordi politici dell’Italia Repubblicana (1953 – 1994)”, Mario Congedo Editore, Galatina 2008, 424 pagine.

Ma vediamo un po’ chi è Giorgio De Giuseppe.
Classe 1930, magliese purosangue, De Giuseppe è politico e avvocato. E’ stato Provveditore agli studi di Lecce e professore di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università di Lecce (oggi si chiama Università del Salento).
Per sei legislature è stato Senatore, eletto nelle liste della Democrazia Cristiana nel collegio Gallipoli-Galatina (e quindi anche di Noha).
Ha ricoperto svariati compiti negli organismi istituzionali dello Stato come per esempio Presidente del gruppo parlamentare dei senatori della DC, Vicepresidente Vicario  del Senato per tre legislature dal 1983 al 1994.
E’ cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana, onorificenza concessa dal Presidente della Repubblica.
E’ stato insignito di molti altri attestati, lauree ad honorem e benemerenze, ma non ci dilunghiamo oltre nell’elencarli tutti, per lasciare spazio e tempo alla sua parola.

*   *   *

Diciamo subito che abbiamo molte domande da porgli. Io ne ho appuntata qualcuna. Qualcun'altra arriverà strada facendo. Le domande, si sa, sono come le ciliegie: una tira l’altra.
Gli argomenti trattati nel libro sono così ricchi di accadimenti, personaggi, storie, curiosità, pensieri, riflessioni, che non si saprebbe da dove incominciare per prima (magari partiremo dalla fine, come vedremo). Una cosa l’abbiamo capita leggendo questo ponderoso tomo: la storia si studia, non si giudica.
Qui abbiamo a che fare con chi ha vissuto da vicino eventi, visti con un’ottica particolare quella del politico protagonista; eventi che hanno inciso ed hanno influito su ciò che oggi siamo. Nel bene e nel male.

Ci piacerebbe allora che questa sala si trasformasse per un po’ (si parva licet componere magnis) in un aula del Parlamento, diciamo del Senato, in cui si dà corso a quella cosa definita question time: botta e risposta. Magari in maniera lapidaria e granitica da parte di noi altri. E soprattutto evitando il politichese, quello che Ella, caro Senatore, a pag. 73 del suo tomo definisce: “…linguaggio poco chiaro, ambivalente, contorto, che contribuì a disorientare i cittadini e ad attenuare l’interesse da parte loro per la politica”.

*   *   *

E veniamo al libro: “Una vita non basta” ed alle nostre curiosità. Scorrevole, ben scritto, ne ho sottolineato diversi punti. E gli argomenti sono tantissimi. I temi sono incredibilmente interessanti. Vi dicono niente alcuni accadimenti come il terrorismo ed il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro, la strage dell’Italicus o l’omicidio di Ezio Tarantelli; il compromesso storico o il pentapartito; l’attentato al Papa Giovanni Paolo II o la caduta del muro di Berlino; la questione morale o tangentopoli? O personaggi come (cito a casaccio e senza consecutio temporum) Carlo Alberto dalla Chiesa o Oscar Luigi Scalfaro o Gorbaciev o Fanfani e Forlani o i giudici Falcone e Borsellino o Giovanni Leone, Sandro Pertini, Ciriaco De Mita o Giovanni Spadolini o Francesco Cossiga, o Enrico Berlinguer e mille altri, riportati, tra l’altro, nel fitto indice dei nomi riportato nelle ultime pagine, tutti visti da vicino e conosciuti dall’autore che con loro ha avuto in qualche modo commercio di pensieri e parole?

Ma mi fermo qui. E parto senza indugio con una raffica di domande, alcune appuntate su questo foglio.

*   *   *
Ecco alcune delle domande poste al senatore Giorgio De Giuseppe
(le risposte purtroppo non sono state registrate su supporto magnetico, e quindi non stato possibile riportarle).La prima domanda ovviamente non può che partire dalla fine del libro. Ma mi permetta un prologo di geografia più che di storia:

* Noha: che cosa le rievoca questo nome, questo luogo, magari nelle sue battaglie politiche?

* A pag. 371 così scrive Giorgio De Giuseppe: “A Maglie si dice: una buona casa va costruita due volte. Ricostruire, per me, non era più possibile. Si vive una sola volta, anche se una vita non basta a completare l’opera e rimediare agli errori”.
Caro senatore, quali potrebbero essere questi errori, se ci sono stati?

* Cosa ha lasciato in eredità la Democrazia Cristiana? E chi l’ha raccolta questa eredità? Sono anche scomparse realmente le correnti?

* Lei ha fatto di persona, a bordo della sua auto e con l’aiuto di tanti amici le sue campagne elettorali. Ci ha messo del suo, s’è guadagnato i voti. Le piace la nuova legge elettorale, quella, per intenderci, che non ci permette di scegliere il candidato, non c’è il voto di preferenza, sicché il candidato di fatto è scelto dalle segreterie dei partiti?

* Senatore De Giuseppe, che cosa è per lei e come si combatte la mafia?

* Lei propose un massimo di tre mandati onde evitare il professionismo politico. Pensa ancora oggi che quindici, ma anche dieci anni, siano un periodo sufficiente per offrire il proprio contributo al bene comune, in modo tale da lasciare all’elettore la scelta del destino del candidato, scoraggiando, così, tentazioni clientelari? C’è in Italia la cosiddetta gerontocrazia?

* Si chiede Gianluca Virgilio nell’articolo di recensione del suo libro su “il Galatino” (30/01/2009): La logica dei blocchi contrapposti, la guerra fredda, l’inaffidabilità del PCI alle dipendenze dell’Unione Sovietica spiegano tante cose, ma l’immobilismo politico dei partiti di governo, in primis la DC, in che misura deve essere attribuito ai suoi dirigenti?

* E ancora: se la politica estera filo-atlantica della DC ha garantito all’Italia un regime di libertà e la prosperità economica per un quarantennio, quale costo l’Italia ha dovuto pagare per tutto questo?

* Cosa ci dice della Lega Nord?

* Un breve ricordo dell’onorevole Beniamino De Maria.

* Cosa intende per secolarizzazione della società? Cosa pensa del motto: libera chiesa in libero stato (laico)?

* Caro senatore, siamo un paese moderno? La democrazia è compiuta? Ritiene che la cosiddetta informazione stia facendo il suo dovere oppure o c’è qualcosa che deliberatamente non ci viene riferito? Mi spiego meglio facendo un esempio: è vero secondo lei che la televisione un tempo insegnava a parlare, oggi invece insegna a tacere?

* Il dramma Aldo Moro.  

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 03/01/2012 @ 13:57:40, in Piedibus, linkato 3972 volte)
All'inizio del 2011, l'Assessorato alla Mobilità della Regione Puglia ha promosso il concorso Cicloattivi@Scuola, rivolto agli istituti scolastici che intendono sviluppare pratiche di mobilità sicura e sistenibile, partendo dal coinvolgimento degli studenti. Fra le scuole vincitrici, l'Istituto Comprensivo II Polo, con il progetto il Piedibus di Noha, Leggere Passi Leggeri.
Il Piedibus è un autobus umano, formato da un gruppo di bambini accompagnati da adulti volontari, per recarsi insieme a scuola lungo percorsi sicuri, con capolinea e fermate intermedie. E' una pratica ormai quotidiana in molte città italiane, ma quello di Noha è speciale.
Il Piedibus di Noha è speciale perchè vuole affermare il diritto di muoversi, di leggere e di leggersi, di orientarsi e di vedere, di scambiare e di cooperare. E infatti nasce nella scuola di Noha e nella Biblioteca Giona, Presidio del libro. Sicuramente speciale, fra tanti presidi.
 Il piedibus di Noha è speciale perchè vuole tracciare i percorsi casa-scuola come tessuto unitario di stabili legami fra case e case, persone e persone, comunità e scuola. E perchè vuole usare i suoi stessi percorsi per dare piedi ai libri di Giona, con un nuovo servizio di prestito a domicilio, lungo i percorsi casa-scuola, con pratiche di animazione territoriale, per la lettura individuale e collettiva.
Il piedibus di Noha è speciale perchè vuole generare attività di cooperazione, fra tutte le generazioni delle famiglie, con il primario coinvolgimento degli anziani, secondo il principio della prossimità domestica. E perchè vuole attivare aiuti fra alunni di classi diverse, potenziando la sicurezza dei percorsi e la crescita del senso di responsabilità.
Il Piedibus di Noha ha un sogno che è una strategia. Vuole diventare una vera infrastruttura di mobilità urbana permanente e funzionante, perchè condivisa dai beneficiari e dai promotori. Il tracciamento del piedibus non può essere immaginario, né provvisorio. Deve a lungo essere concreto. Deve generare una vera mappa urbana, visibile per strada, nello spazio urbano vero. Per questo, la mappa del piedibus deve essere reale e legittimata dalle istituzioni, nel rispetto permanente delle regole e dello spazio pubblico, con nuove regole per lo spazio.
Il Piedibus di Noha persegue la sicurezza, attraverso il mantenimento degli impegni individuali che i partecipanti gradualmente si assumeranno con consapevolezza. Per questo sarà principalmente esperienza, per evolvere la mobilità sostenibile a scala urbana.
Il Piedibus di Noha è soprattutto un percorso partecipato. L'Associazione Città Fertile guida i meccanismi della partecipazione in gioco, ma in questa storia di cittadinanza attiva sono molti i protagonisti: dalla Regione Puglia al Comune di Galatina, dai Presìdi del libro all'Osservatore Nohano, dalla Parrocchia S.Michele Arcangelo alle Sentinelle di Noha. Dai docenti ai bambini, attraverso le famiglie.
Nelle intenzioni di questo, che per Regione Puglia è progetto pilota, il Piedibus sarà allora a Noha una vera infrastruttura di piedi permanente, immersa nello spazio urbano. Un percorso sicuro per tutti, tracciato da bambini e da adulti, tutti ugualmente abitanti.
Per iniziare, due linee iniziali casa-scuola-casa, con l'auspicio di stabili legami, di cooperazione e di servizi, fra persone, case, associazioni, comunità e istituto.
Per iniziare, a novembre, la collaborazione fra partecipanti e comando dei Vigili Urbani ha reso possibile l'avvio di un intenso percorso di progettazione partecipata. 81 studenti hanno ricevuto una mappa e un questionario. Le famiglie hanno tracciato il loro muoversi quotidiano, individuando la posizione di amici e di familiari, fra le case e la scuola. E' nata un'analisi a strati della mobilità e l'individuazione dei flussi più intensi di spostamento. Più di 50 i punti di vista reali osservati lungo i due percorsi principali dominanti.
Bambini, famiglie e vigili hanno esplorato insieme, individuando i punti di forza e di debolezza e scelgliendo le strade migliori, dai possibili capolinea del piedibus alla scuola. Molti hanno provato i percorsi, un piede dopo l'altro, verificando i tempi di ogni tratto, annotando i dati e le cose interessanti su un questionario viaggiante, nato per raccogliere il ritmo e il senso dei passi, le voci e gli sguardi. Tutti i questionari, uno sull'altro, hanno restituito le immagini delle strade, hanno fissato i tempi ragionevoli di percorrenza, buoni per tutti i bambini. In plenaria, è stata condivisa ogni esperienza: gli strati dei cammini, la durata di ogni spostamento, il sistema dei rischi e dei valori.
Due le linee finali: la “A” - Linea Azzurra, da La Trozza a Scuola, la “B” - Linea Verde, da Bellini a Scuola. E viceversa.
A gennaio 2012 parte la seconda fase, con l'apertura del  Laboratorio dei Segni e dei Segnali, per il tracciamento fisico delle due linee del piedibus. Poi, la sperimentazione e l'animazione territoriale. Il supporto dei Vigili Urbani di Galatina sarà essenziale e preziosissimo, così come quello di tutta la comunità.
Il Piedibus di Noha è una storia semplice, un fatto di vita collettiva. Come tutte le storie semplici e vere, vissute dalle persone, può diventare una cosa importante per molti. Non solo un percorso per andare a scuola e ritornare a casa, ma un meccanismo sicuro per tutti e una metropolitana senza ferro per essere utili, gli uni agli altri, con un libro fra le mani. Perchè le generazioni e le famiglie, per quanto diverse e distanti, sempre condividono scambi e cammini. E nelle geografie, scrivono le storie.
 

Fedele Congedo, Città Fertile

 
Di Albino Campa (del 29/10/2007 @ 13:56:47, in Eventi, linkato 5301 volte)
"Eccovi il discorso di sabato 20 ottobre 2007 tenuto da Antonio Mellone (nonostante decimi di febbre da influenza) nella sala 'Celestino Contaldo' del Palazzo della Cultura "Zeffirino Rizzelli" di Galatina, per la presentazione del libro "Scritti in Onore di Antonio Antonaci". 
Serata stupenda, resa ancor più bella (e storica) grazie alla presenza del Prof. Mons. Antonio Antonaci, che così ha voluto fare una graditissima sorpresa ai presenti, incluso il relatore, che non sperava in tanto onore".

(qui i videoclip della serata con il discorso di  monsignor Antonaci)

 

Presentazione del libro “Scritti in Onore di Antonaci”

Galatina, 20 ottobre 2007

PALAZZO DELLA CULTURA “ZEFFIRINO RIZZELLI”

Sala “Celestino Contaldo”

*   *   *

“Scritti in Onore”.  Da dove è partita tutta questa storia?

L’anno accademico 1990/1991, quello nel quale mi laureai a novembre in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi, fu l’anno in cui insieme ad altri studenti, con il superamento di un concorso per titoli ed esami, fui nominato “Tutor”.
Il Tutor è uno studente “senior”, anziano, che indirizza, segue, consiglia le giovani matricole…
Il direttore dell’ISU Bocconi (si chiamava Salvatore Grillo, il dottor Grillo) subito dopo il concorso, chiamò tutti quanti noi tutor, eravamo in tutto una decina, per farci un dono. Regalò ad ognuno di noi un pacco di non meno di quattro chili di peso, contenente due tomi – “sono due libri di grande valore” ci disse.
Questi libri di circa 900 pagine l’uno erano intitolati, sentite un po’, “Scritti in Onore di Luigi Guatri”.
Luigi Guatri era il nostro Rettore, nonché professore di Marketing e di Valutazione delle aziende, e di non so quali altre materie.

Mi rimase impresso quel titolo. Mi sembrava strano.
Sfogliando le pagine di quei poderosi volumi vidi che solo le prime trenta/quaranta pagine (su 1800!) parlavano della persona e dell’opera del Prof. Luigi Guatri. Tutte le altre erano pagine nelle quali diversi professori dell’università o dottori di ricerca o assistenti universitari avevano scritto sugli argomenti più disparati, focalizzandosi soprattutto sul marketing, materia preferita dal Guatri, ma non solo.

Mi accorsi con il tempo che si trattava di saggi (interessantissimi per carità) che poi bene o male si ritrovavano riciclati in altri libri, o in dispense o in riviste dello stesso genere.

Girovagando in biblioteca mi trovai di fronte ad altre raccolte corpose, massicce, come per esempio: “Scritti in Onore di Ugo Caprara”; “Scritti in Onore di Carlo Masini”, “Scritti in Onore di Gualtiero Brugger”, “Scritti in Onore di Giordano dell’Amore”, “Scritti in Onore di Umberto Cerroni”, “Scritti in Onore di Isa Marchini”… E via di seguito.

Oppure “Studi in Onore”, che è la stessa cosa. Oppure “Liber amicorum”…
 
Provate a cercare nelle biblioteche, specialmente nelle biblioteche universitarie, troverete una certa quantità di questi volumi di “Scritti in Onore”, un vero e proprio genere letterario. Se cercate su internet con qualsiasi motore di ricerca troverete un’infinità di titoli di “Scritti in Onore”… Si tratta sempre, provate per credere, di libri poderosi, voluminosissimi. Dei veri e propri mattoni.

Cercai di chiedere, di approfondire di che genere di libri si trattasse. Capii che si era in presenza, nella maggior parte dei casi, di “scritti di circostanza”.
Scritti offerti al professore che aveva compiuto un tot. di anni, in genere una settantina; o in determinate occasioni, come per esempio la messa a riposo del professore, proprio quando il professore stava per diventare, come si dice nel linguaggio accademico, “emerito”.

Gli “scritti in onore” sono del genere AA.VV, cioè Autori Vari.
Capita sovente agli altri professori, o ai ricercatori, che venga richiesto il loro contributo per gli “scritti in onore”. Sappiate che questi professori o questi dottori in ricerca sovente hanno già pronto in un cassetto o nella memoria di un file di computer il loro contributo scritto. Pronto per l’uso.

Per dirla tutta vi dico qua per inciso che anche il prof. Antonaci ha partecipato ad una di queste opere collettive. Il titolo: “Studi in Onore di Antonio Corsano”. Un libro di 870 pagine, un libro alto così.
Ma, anche in questo caso, leggendo l’indice si capisce subito che del professore Antonio Corsano, l’onorato, s’è scritto solo di striscio. Di Antonio Corsano, oltre alla fotografia, poco o niente.

Arriviamo ai nostri giorni.
Alla luce di tutto questo che vi ho appena raccontato, volevo trovare un modo per stravolgere il concetto di “Scritti in Onore” come se fossero “scritti di circostanza”. Volevo innovare questo genere letterario. Anche il libro più ignobile – si sa - è pur sempre una novità.

E l’ho fatto con il libro del quale questa sera celebriamo il battesimo. Non m’interessava il numero delle pagine (l’importanza di un libro non si misura dal suo peso o dallo spazio che occupa). Ed ho cercato di fare uno “Scritti in onore”, diciamo, in senso stretto. Con questo libro ho voluto dunque stravolgere il concetto di “scritti in onore” e fare in modo che questi scritti non fossero scritti d’occasione, ma un saggio appassionato che avesse come oggetto le opere di un professore, come soggetto il professore Antonio Antonaci.ù

Ma chi è, in breve, il professore Antonio Antonaci?

Onde evitare di tediarvi troppo con la mia voce, per questi brani chiederò l’aiuto a Paola Congedo, che all’inizio di questa serata ha già letto il brano di Zeffirino Rizzelli ed i due inizi dei capolavori, il “Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo” e il “Cuccarollo”. Subito dopo, l’omaggio musicale della brava flautista gallipolina Gabriela Greco. Io per qualche minuto farò il mio turno di riposo.

Prego Paola.

CHI E’ IN BREVE IL PROF. MONS. ANTONIO ANTONACI

Antonio Antonaci, galatinese purosangue, è nato il 9 giugno del 1920 da una famiglia di agricoltori. E’ stato ordinato sacerdote dal santo vescovo idruntino Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo, il 29 giugno del 1943.
Laureato in Teologia, Filosofia, Lettere Classiche, specializzato in scienze storico-morali, ha operato nell’ambito del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), prima presso l’Istituto di Scienze Politiche dell’Università di Torino e poi presso l’Istituto di Storia della Filosofia dell’Università Statale di Milano.
E’ stato titolare della cattedra di Storia della Filosofia (nel corso di laurea in Pedagogia) nella Facoltà di Magistero dell’Università di Bari, dove ha pure tenuto per alcuni anni la cattedra di Storia della Filosofia Medievale. Ha diretto l’Istituto di Scienze Religiose “Giovanni Paolo II” di Otranto, dove ha anche insegnato Storia della Chiesa.
A partire dal 1953 e per molti anni è stato Prefetto degli Studi del Seminario Arcivescovile Idruntino; dal 1970 è Prelato d’Onore di Sua Santità e dal 1987 è Arcidiacono del Capitolo dell’antica e gloriosa Cattedrale della Chiesa metropolitana di Otranto, con il titolo dell’Annunziata.
Con decreto del Presidente della Repubblica del 2 giugno 1973 gli è stata conferita la Medaglia d’Oro di Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte.
Per molti anni è stato Ispettore Onorario ai Monumenti del Salento.
E’ Cittadino Onorario di Otranto e di Muro Leccese.
Nel 1968 vinse il Premio Nazionale “Salento” per la saggistica per il lavoro su Francesco Storella filosofo salentino del Cinquecento (Bari, 1966).
Nel 1998 gli è stato attribuito il premio “Città di Galatina – Beniamino De Maria” ricevuto dalle mani dell’allora Presidente della Repubblica, On. Oscar Luigi Scalfaro, giunto a Galatina per l’occasione.

Incommensurabile è la produzione letteraria di Antonio Antonaci, composta oltre che da numerosi volumi anche da una sterminata numerosità di lezioni, interventi, articoli ed editoriali su riviste e periodici locali e nazionali.
   
Citiamo a proposito, tra le riviste, “L’Eco Idruntina”, il bollettino diocesano che di fatto nel corso di oltre un quarto di secolo vide impegnato Mons. Antonaci nella redazione degli editoriali e di numerosi altri interventi di formazione pastorale, catechistica, liturgica, oltre che d’informazione della vita diocesana e della Chiesa Universale; e “il Galatino”, il quindicinale di informazione salentino del quale Antonaci fu socio fondatore nel 1968 (come pure del numero annuale “il Titano”, nato anni prima, edito per la Fiera Campionaria di Galatina in occasione della festa patronale galatinese).
De “il Galatino” Antonaci fu direttore editoriale per lunghi decenni. E ancor oggi, il Professore non manca d’inviare al “suo” giornale (dattiloscritti con la sua inseparabile “Olivetti”) interventi, recensioni di libri, articoli e lettere al direttore, che si contraddistinguono per l’ariosità dello stile, la lucidità e la sagacia di sempre. 

*    *    *

Ma torniamo a noi. Continuiamo.
Che cosa ho voluto riportare? Di che cosa parla questo libro che questa sera è piovuto in questa bellissima sala? Del resto la rassegna di questo mese d’ottobre patrocinata dal Ministero per i beni e le attività culturali e nel cui cartellone rientra questa serata è proprio intitolata “Ottobre piovono libri: i luoghi della lettura”…
E’ un libello che non vi pioverà in testa come un mattone. State tranquilli. Potrei dirvi soltanto: compratevelo, non ve ne pentirete. Ma qualcosa ve la voglio anticipare.

In questo libro, intanto dico subito che non c’è tutto Mons. Antonio Antonaci. Ci mancherebbe altro! In questo libro c’è un aspetto di Mons. Antonaci. Anzi a guardar meglio, più d’uno. Ma sicuramente non tutti.
C’è un po’ il succo delle conversazioni tra il sottoscritto e Monsignore, ma soprattutto i libri di Monsignore. Quelli che avete visto scorrere nel video preparato da Daniele Pignatelli, che ringrazio ancora una volta per la disponibilità. Anzi, per essere ancor più precisi, alcuni libri di Monsignor Antonaci.
E questo libro parla di libri. Perché come ben sapete i libri si parlano tra di loro. Dall’interno di un libro è possibile entrare in un altro.

Dicevo che il mio libro parla di alcuni dei libri di Monsignore.
Infatti, proprio in questi giorni ne ho scoperto un altro (i libri di Antonaci sembrano spuntare come i funghi cardoncelli in questo periodo); un libro di cui non conoscevo l’esistenza. E non è che si trattasse di un libercolo di quattro pagine, o di secondaria importanza, ma un libro di ben 300 pagine, edito dalla Editrice Salentina, ed intitolato semplicemente “Editoriali” (è una raccolta di 52 articoli pubblicati sull’Eco Idruntina - la rivista diocesana - dal 1961 al 1967). Questo per dirvi che davvero non si finisce mai di scoprire, davvero “fino alla bara sempre s’impara”. E si scopre.

*    *    *

Scritti in Onore.

Onore e memoria.

E’ fin troppo facile onorare la memoria: chi non lo fa?
E’ lungimiranza, è accortezza invece onorare chi è presente, chi ti sta di fronte ancora; è un valore provare gratitudine per la stanchezza di chi non si è risparmiato, curvo una vita intera sui libri e sulle sudate carte per insegnare e cambiare il mondo, (in meglio s’intende). E dare anche dignità alla nostra terra.
Guardare con riconoscenza a chi ha ancora tanto da insegnare, è gratitudine.
 
Onore e memoria.
L’onore è per chi è presente, per chi ti può ascoltare e leggere, è per chi ti sta di fronte. “Onore”, può essere anche un bell’appellativo: lo si può usare perfino tra fidanzati, se non si vuole utilizzare diminutivi banali o vezzeggiativi melensi comuni, inflazionati, e non troppo lirici.
Memoria è invece una anamnesi, un rincorrere chi non c’è più, un fargli sapere che forse valeva la pena di parlare con lui, leggere i suoi libri, i suoi articoli, condividere il pensiero, un obiettivo, o un tratto di strada.
 
Ma perché non dirlo prima?
Perché mangiarsi le mani perché si è arrivati in ritardo: cioè si è arrivati al tempo della “memoria” e non al tempo dell’“onore”?
La memoria è importante, ma vale molto di più l’onore. Una città può ricordare con un monumento, l’intestazione di una strada, dopo dieci anni dalla morte. Ma perché non ringraziare finché si è in tempo? Perché non premiare e dire grazie a chi è ancora nostro prossimo?

Prossimo non è chi è lontano, lontano nel tempo e nello spazio; il prossimo è chi ci sta accanto; chi ci tocca; chi ci parla e ci ascolta. Il prossimo sovente finisce per allontanarsi da noi, perché non sappiamo apprezzare la sua presenza; non sappiamo essere grati per nostra incapacità, quella che poi si manifesta quando una persona la perdiamo o si allontana da noi.

*   *   *

Mi riferisco in questo momento ora alla memoria del prof. Zeffirino Rizzelli, al quale va la nostra riconoscenza, non solo per il bel saggio che ha voluto scrivere per il mio libro (questa volta è stato lui ad onorarmi, impreziosendo la mia opera: e basterebbe il solo saggio di Rizzelli per giustificare l’acquisto del mio libro) ma, dicevo, perché proprio lui meritava, in vita, forse qualcosa in più. Ha fatto bene ancora una volta l’Amministrazione Comunale di Galatina ad intestare questo stupendo “Palazzo della Cultura” alla memoria di Zeffirino Rizzelli. In questo ambiente tutto sembra parlare di Lui: il distretto scolastico, l’università popolare, la biblioteca, il museo.
Questi muri che adesso ci stanno ascoltando, hanno per più anni ascoltato le lezioni (di vita) di Zeffirino Rizzelli, si sono impregnati della sua sapienza, del suo modo di essere giusto, democratico, saggio.  Rizzelli non è mai andato alla ricerca di medaglie al valore, di  lusinghe, di successi. Eppure al di là di questo Rizzelli meriterebbe di più. Per esempio - è una proposta che faccio questa sera alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni - tra gli altri anche il “Premio -  Città di Galatina – Beniamino De Maria”. Proprio il 2008 scadrà il biennio per l’assegnazione di questo premio. Per cosa? Per la sua attività di intellettuale, studioso, scrittore (di libri, articoli e studi su riviste specializzate di matematica, logica ed epistemologia) ed infine di politico e sindaco di Galatina. Il nome di Zeffirino Rizzelli entra di diritto nel novero dei “grandi” che hanno reso “grande” Galatina.  
Ma al di là dei premi e delle intitolazioni deve essere chiaro a noi che per Rizzelli ogni attestato di benemerenza ed ogni medaglia al valore sarebbero una ricompensa da tre soldi. Sono certo che per Rizzelli la più bella ricompensa sarebbe la rilettura delle centinaia di suoi scritti. Belli, attuali sempre, formativi. Sono custoditi, raccolti nella biblioteca di Galatina, un paio di porte più in là di questa.

*   *   *

Ora la nostra lettrice leggerà l’ultima paginetta del mio libro, mentre io faccio un’altra pausa. In questo momento credo calzi molto bene il significato di quanto in essa contenuto. Alla parola Antonaci si potrebbe tranquillamente sostituire la parola Rizzelli.

“L’Antonaci con i suoi libri ha scritto in fondo di sé, anche se a prima vista questo potrebbe non apparire: egli sembra aver tramutato la sua vita in scrittura ed è così che ha raggiunto, conquistato, potremmo dire, un pezzo di eternità. Per uno scrittore, scrivere è l’aldilà a portata di mano, l’altra vita a cui sacrificare questa!
A questo aggiungiamo, tuttavia, che per Antonaci, la gloria di questo mondo altro non sarà che “silenzio e tenebre”: la transeunte vita terrestre altro non sarà che pulviscolo informe, naufrago nell’eterno.
“Quando saremo davanti a nostro Signore, altro non potremo che dirGli: fanne cce bboi: aggiu fattu tantu, ma nunn’aggiu fattu propriu nienti!” (cioè: “ho fatto tanto, ma di fatto sono stato “un servo inutile”: questo sono io con i miei difetti e, forse, con qualche raro pregio…”) ci diceva in uno dei nostri più recenti colloqui, allorché si toccava, nell’argomentare, il concetto della consolazione dalle umane fatiche, in vista della morte. Il richiamo al Vangelo in questi pensieri è evidente.
E, a proposito della “gloria” derivante dalla scrittura dei libri, Antonaci (che ha impostato la sua vita in cerca di ben altra gloria: quella celeste!) sembra far proprio il concetto molto ben espresso da Marcello Veneziani nel suo “La sposa invisibile” (Fazi Editore, Roma, 2006): che riportiamo a mo’ di explicit di questo nostro percorso: “Lo scrittore è un portatore di secchi dall’oceano al deserto. Crede di viaggiare dal nulla all’essere, creando; invece compie il tragitto inverso.
Proviene dall’essere e porta al nulla il suo catino d’acqua.
Quando lo versa è per metà evaporato nel percorso e per metà scompare nella sabbia dopo aver accennato ad un’ombra di umidità.
In quell’alone provvisorio sta tutta la gloria dello scrittore”.
E – con questo chiudiamo - se è vero il detto oraziano: “Non omnis moriar”, è però anche vero che, purtroppo (o per fortuna!), gloria caduca ed effimera, sarà, in ogni modo, quella dello scrittore. Di tutti gli scrittori.
Vanitas vanitatum et omnia vanitas. (Ecclesiaste, 1, 2).

*   *   *

Torniamo un attimo ad Antonaci ed ai suoi libri.
I libri di Antonaci si conficcano come ami nella carne. Del resto se i libri non hanno questa presa di trascinamento, se è il lettore a doverseli trascinare dietro, allora sono carta pesante.
Siamo noi a portare i libri o sono i libri a portare noi? E’ questo un dilemma che decide l’intesa o il rigetto tra un lettore ed un libro.
 
Se è lui che porta me, compresi il mio tempo, la mia voglia o anche la mia stanchezza, allora è libro. Se invece oltre al mio carico giornaliero, o alla mia stanchezza, devo aggiungere anche il peso del libro e devo portarlo io, allora non è libro, è peso, è zavorra. E ad Ottobre non pioverebbero libri ma, peggio, sassi o mattoni.

Se vinco io allora è libro, se vince lui è soma, pondo, peso. E’ carta e lettere d’inchiostro insieme. Alcuni libri, devo dire in verità, hanno vinto su di me; io, dal mio canto, ho vinto tanti libri e tuttavia non ne ho mai (o ancora) vinti abbastanza.

Sarebbe impossibile, anche a voler leggere soltanto i più importanti. Non basterebbe una vita di duecentocinquanta anni impiegata a tempo pieno a leggere soltanto i classici più importanti, cioè i libri imprescindibili, quelli di cui non si possa proprio fare a meno. Non è possibile fare un bilancio del letto e del non letto: la partita doppia non può essere applicata alla lettura.
I libri letti sono sempre numerabili; i libri non letti sempre incommensurabili.
  

Con i libri bisogna avere una certa confidenza fisica. I libri si toccano, si annusano, si scartabellano a piacere. In casa mia anche a Putignano, città dove abito e lavoro cinque giorni su sette, non trovereste troppi arredamenti, ma libri. Sono l’arredo, la tappezzeria di casa.

Sono belle le case stivate di volumi dal pavimento al soffitto. Nella casa di monsignor Antonaci per esempio i libri si trovano anche sulle scale; anche sulle scale che portano al terrazzo! Si assorbe quasi il loro isolamento sonoro; d’inverno si gode del loro tepore; d’estate si respira quel loro sudar polvere di carta. Queste sensazioni provavo e provo quando vado a trovare il professore monsignore. E vorrei provarle anche a casa mia. Mi sto attrezzando per questo.

Quando si sfoglia un libro è come sentire il rumore delle onde del mare. Sfogliare i libri di Antonaci è come sentire il rumore dello Ionio e dell’Adriatico, i nostri mari di smeraldi, quando sono un po’ mossi dallo scirocco o dalla tramontana. Ché questo è il Salento: un biscotto intinto nei due mari di colori. Così ce lo ha presentato Antonaci oltre cinquanta anni fa. Prima di tutti gli spot di oggi!
 
Allora è il libro che ti porta, non porti tu il libro di Antonaci: ti porta un “Galatina, storia ed arte”, un “Otranto”,  un “Muro Leccese”, o un “Pollio”, un “Cuccarollo”, un “Accogli”, ecc. Libri, questi, voluminosissimi eppure leggeri come una piuma: non li potrai leggere magari a letto, o al mare, sono troppo grossi; ma sotto un pergolato, con la colonna sonora delle cicale. Sono grandi libri eppure non pesano, ti trasportano, e ti fanno volare.

*   *   *

I libri di Antonaci sono soggetti che compiono l’azione e non complementi oggetto; sono causa efficiente, o meglio complemento d’agente. Sono libri che parlano, libri che si possono vedere mentre si leggono, libri che profumano di terra e di altri libri.
 
Ognuno reagisce ad un libro in maniera diversa. Un libro è semplicemente la metà dell’opera. Chi scrive un libro fa la metà del lavoro. L’altra metà la fa chi prende in mano quel libro e lo legge, lo consuma, lo sottolinea, gli fa le orecchie, ci litiga pure, ci si addormenta con il libro e qualche volta lo butta anche.  

Il lettore dunque conclude l’opera iniziata dallo scrittore, finisce quel semilavorato acquistato in libreria. L’incontro o lo scontro con il lettore fa di un libro un’opera finalmente compiuta. Dunque il libro, comunque vada a finire, è un incontro. Se non è un incontro, è solo parallelepipedo di carta, una confezione, una tecnologia.    
Mi piacerebbe che il mio libro non rimanesse un semilavorato.

*   *   *

A me è capitato di entrare nei libri di Antonaci e di uscirne migliore, più ricco. Oserei anche dire che ho iniziato a scrivere quei due o tre libri di cui sono autore grazie proprio alla lettura dei libri di don Antonio.
I libri di Antonaci per me sono stati palestra: leggendoli e rileggendoli si impara ad utilizzare una certa espressione, si riesce a descrivere qualcuno o qualcosa, utilizzando magari quelle stesse parole. Viene quasi automatico. Non è plagio, non sono inconfessate citazioni quando utilizzo certe espressioni: ma assimilazione, apprendimento.
Come quando si va in palestra, ci si esercita con certi pesi e poi ci si accorge nel sollevare un peso che non si fa (più) lo sforzo che si faceva prima, o quello che si sarebbe fatto senza allenamento.

Dicevo: nei libri antonaciani trovi cose scritte così bene che ti par di divorare e non di leggere. Certo, l’anoressico della lettura non viene smosso da questo o quello scrittore; ma chi solo ha un po’ d’appetito, avrà veri e propri attacchi di bulimia.
 
Di fronte alla perspicuità di certi argomenti e alla bellezza della loro formulazione non puoi non sottolineare le frasi, non appuntartele sulla tua agenda e riscodellarle agli altri quando a tua volta scrivi. Sicchè son diventato una sorta di “manierista” della scrittura, di fronte a quel Michelangelo dello stile che è Antonaci (che in un libro si definisce “scalpellino”, mentre di fatto egli è architetto e scultore incomparabile).

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Ed ecco che con questo “Scritti in Onore” ho voluto pagare il mio debito: a rate. Essendo un bancario non potevo non fare questa metafora! E le rate sono le pagine di questo mio libello, pagine-rate come quelle di un prestito. Ma a tasso zero.
Non c’è interesse, non c’è guadagno in questo libro, ci mancherebbe altro: soltanto riconoscenza per quanto ho ricevuto. Ed è bello che la Galatina migliore, ma anche Noha, ma anche tanti altri salentini, siano qui presenti per onorare Antonaci. Non il mio libercolo: ma quello che il mio libro ha voluto cantare.

 
Mi avvio alla conclusione.
Zeffirino Rizzelli e Antonio Antonaci sono due astri che hanno irradiato, irradiano luce su Galatina. Ci hanno insegnato tanto. Si insegna a volte anche con il silenzio e l’umiltà, una volta che si è scritto migliaia di pagine e si è parlato altrettante volte. E sono tante le cattedre da cui si può impartire una lezione: e la scuola può essere anche quella della sofferenza; a volte anche quella dell’irriconoscenza; o quella dell’indifferenza; o quella della critica spicciola e negativa ricevuta senza approfondimento e senza motivo.
     
Se si legge con trasporto ci si arricchisce; con la lettura troviamo altri padri ed altre madri, oltre a quelli nostri naturali. Si creano dei legami, degli affetti, delle parentele:
si finisce per essere costola di libri e delle pagine scritte e non solo dei nostri padri naturali. Antonaci e di Rizzelli sono così diventati anche nostri padri.

 

Il nostro non è un paese che compra libri. Ma un paese migliore, una città migliore passano attraverso i libri: non da altro. Non c’è alternativa. E permettetemi questo piccolo atto d’orgoglio: forse passa anche attraverso il mio libro.

 

Il mio libello allora vuole essere una specie di risarcimento, o meglio di trattenimento di quello che si sta, per un motivo o per un altro, dimenticando, disperdendo nel passaggio delle generazioni. Ci sono generazioni che cominciano a dimenticare, allora ho sentito la necessità di trattenere, di ricordare, di mettere per iscritto.
 
*   *   *

Prima di terminare questa conversazione, permettetemi di ringraziare quanti hanno lavorato per questo libro. Prima di tutto Michele Tarantino di Infolito Group che ancora una volta ha creduto nel mio lavoro di ricerca. Per la stampa in digitale, Fabio Tarantino e la nuovissima Infoprinting (che è sempre di Michele Tarantino), azienda che non ha compiuto ancora un anno, ubicata in un capannone sulla via di Lecce, subito dopo il SuperMac per intenderci. Tra l’altro Infoprinting è specializzata nella stampa e nella spedizione di lettere di ogni genere. E’ una specie di stampante virtuale da attivare tramite Internet tramite il sito www.postapronte.eu.  

Ringrazio Lorenzo Tundo dello Studio Ermes di Galatina e Silvia Stanca, che non si è “stancata” della mia pignoleria nella redazione delle pagine di questo libro. Ringrazio il dott. Antonio Linciano, direttore della gloriosa biblioteca “P. Siciliani” di Galatina e Paola Congedo, direttrice della altrettanto gloriosa biblioteca “Giona” di Noha, per l’organizzazione di questa serata. Ringrazio la bravissima musicista Gabriela Greco che ci ha fatto capire quanto vadano a braccetto libri e musica.

Ringrazio il Professore Antonio Antonaci per la sorpresa che ci ha voluto fare questa sera. Il più bel regalo, professore, è la sua presenza! Ormai m’ero rassegnato all’idea che Ella non sarebbe stata presente. Ancora una volta (per fortuna!) mi son dovuto ricredere. Ringrazio la gentilezza di Dino Valente ed il suo sito www.galatina.it e quella di Albino Campa ed il suo sito www.noha.it. Ringrazio anche Radio Sole e… anche tutti quelli che ho dimenticato.

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Il mio libro vuole essere allora un manifesto, uno spot, un’insegna, un abbraccio di parole per Antonio Antonaci. Vuole essere un segnale stradale che indichi dove andare, un messaggio nella bottiglia, perché in qualche modo quello in cui io ho creduto, o che m’è parso bello, possa essere creduto ed appaia bello a coloro che leggeranno, o a coloro che verranno. Un libro, anche il più brutto, sopravvive sempre al suo scrittore. Anche se questo scrittore (o meglio scriba o scrivente) è minuscolo e si chiama Antonio Mellone. Il quale vi ringrazia per la benevolenza e soprattutto la pazienza con la quale avete voluto ascoltarlo.

Antonio Mellone

 

La Biblioteca Giona, Presidio del libro e l’Istituto Comprensivo Polo 2  Galatina- Noha  presentano  “I Promessi Sposi” edizione straordinaria 2018, venerdì 8 giugno alle ore 18.30 nella splendida cornice del chiostro del Palazzo della Cultura in Galatina.

Suscitare l’interesse e la riscoperta per i testi classici della letteratura si può.

Direttamente da un autore che vive nei luoghi manzoniani, MARCO SALA,  la proposta di una rivisitazione de “I promessi Sposi” in chiave fumettistica e divertente.

Nel corso della serata l’incontro con l’autore sarà completato da una performance dei ragazzi della classe 3a C della scuola secondaria di primo grado e animato dal coro degli alunni delle classi  4e della scuola primaria.

L’evento patrocinato dal Comune di Galatina vedrà la partecipazione dei docenti, dei genitori degli alunni e della cittadinanza tutta.

 

Dirigente Scolastico IC POLO 2 GALATINA

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 

La biblioteca Giona, Presidio del libro Noha – Galatina, lunedì 5 Giugno 2017 organizza un laboratorio artistico a cura di CARLO TOMA, autore del libro "ULIANDO ULIANDO".

"ULIANDO ULIANDO" è un testo molto particolare: è una documentazione fotografica ricca e originale, ma è soprattutto una sintesi artistica, che nasce dall’intuizione immediata fondata sullo sguardo: lo sguardo dell’autore che va oltre ciò che appare su un tronco e individua delle figure…lo sguardo dei disegnatori che interpretano quelle figure.

Il laboratorio è un esercizio di pareindolia: fenomeno istintivo che porta a vedere forme ed oggetti riconoscibili nelle strutture amorfe che ci circondano.

patriarchi del Salento, ulivi secolari capolavori della natura, aiuteranno i partecipanti ad affinare questa tecnica sotto la guida attenta dell’esperto  Carlo Toma.

 

Dirigente scolastico I.C. POLO 2 Galatina

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 

La Biblioteca "Giona", Presidio del libro Noha - Galatina, in occasione del "Mese della Memoria" organizza  "Un libro per la memoria", un  percorso strutturato in quattro incontri:  due (9 e 11  Febbraio) incentrati sulla lettura ad alta voce del libro "Corri ragazzo corri" di Uri Orlev; uno (16 Febbraio) destinato alla visione del film "Corri ragazzo corri" del regista Pepe Danquart e un momento conclusivo (22 Febbraio) per la realizzazione di “Un murales per ricordare” con  pensieri, disegni, immagini. Le attività saranno coordinate da Alessandra Igini e Costanza Luceri.

Eleonora Longo

Dirigente scolastico I.C. POLO 2 Galatina

 
Di Redazione (del 24/05/2022 @ 13:51:16, in Comunicato Stampa, linkato 433 volte)

Al via la rete di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici. È stato sottoscritto nei giorni scorsi il protocollo di intesa teso alla realizzazione di questa rete tra il Comune e le tre aziende ENEL X MOBILITY, ACEA INNOVATION e BE CHARGE, con i cui legali rappresentanti, nel rispetto di quanto previsto nell’avviso pubblico, si è raggiunto un accordo sulle modalità di assegnazione delle postazioni dedicate all’installazione delle colonnine di ricarica.

Come promesso dall’amministrazione galatinese, saranno ben quindici (15) i punti di ricarica che verranno installati su: Piazza Valdoni, Via Calatafimini, Via Ugo Lisi, Campus, Noha, Piazza Cesari, Piazzale Stazione, Piazzale Campanella, Piazza Lago Maggiore, Piazza Toma, Collemeto, Piazza Fedele, Via Ippolito De Maria, Piazzale Vittima delle Foibe e su Largo Bianchini.

Una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane in Europa è legato alle emissioni in atmosfera dei veicoli a combustione interna, come evidenziato da numerosi studi sul tema; la mobilità urbana rappresenta, per l’Unione Europea, un fattore di crescita e occupazione, oltre che un presupposto indispensabile per una politica di sviluppo sostenibile, tanto che la Commissione Europea ha adottato nel 2011 il “libro Bianco ­ Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti ­ Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile” allo scopo di promuovere il dibattito sui grandi temi e criticità della mobilità e ricercare, in collaborazione con tutte le parti interessate, soluzioni efficaci e percorribili per lo sviluppo di sistemi di mobilità sostenibile.

Siamo fieri di  poter realizzare quest’opera  - dichiara il primo cittadino galatinese Dott. Marcello Amante  -  che ben si innesta con i solleciti provenienti dalla Commissione Europea agli Stati membri al fine di ridurre le emissioni nocive nell’atmosfera e ammodernare i sistemi stradali urbani ed extraurbani con  la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica di veicoli elettrici sui nostri territori come obiettivo prioritario e urgente nell’ottica di tutelare la salute e l’ambiente. I nostri 15 stalli rappresentano oggi un nuovo punto di partenza verso una mobilità e un futuro sostenibili”. 

L’Assessore Nico Mauro esprime un “Un grazie agli Uffici comunali (Polizia Locale e Ufficio Tecnico) per il fattivo impegno nella realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica di veicoli elettrici e per la proficua sinergia che si è sviluppata tra gli stessi. Galatina avrà i suoi punti di ricarica elettrica dei veicoli e questa rete rappresenta solo l’inizio perché altri impianti nel tempo potranno essere realizzati per ampliare l’offerta anche in relazione all’andamento del mercato dei veicoli elettrici.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 

L'Associazione Turistica Pro Loco di Galatina organizza la tradizionale "Fiera del Fischietto e dell'Artigianato", giunta alla X edizione, inserita all'interno della IV Edizione della suggestiva manifestazione che ci riporta all'atmosfera anni `30/'40 e '50, "Galatina .. come eravamo" che gode del patrocinio della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, Comune di Galatina e dell'Unione dei Comuni della Grecia Salentina.

Quest'anno la manifestazione si terrà in due giornate, nel pomeriggio di sabato 08 e nell'intera giornata di domenica 09 ottobre, in quanto si svolge all'interno della manifestazione giunta alla IV Ediz., "Galatina .. come eravamo", che abbraccia un'area più ampia del centro antico, avvolgendolo dell’atmosfera che va dagli anni '30 agli anni '50, con un contesto scenografico fatto di comparse, di auto d'epoca, di vecchie insegne di attività commerciali riprodotte quanto più fedelmente possibile, di banchetti di artigianato, dove saranno presenti tra gli altri, i preziosi artigiani e creativi della terracotta e dei fischietti. L'itinerario dell'artigianato creativo di vario genere, della terracotta e dei fischietti è principalmente in Via Umberto I ed in Piazza Orsini ed in Via Orsini.

Prevista una esposizione di alcune opere di Luella Lulli presso la sede della Proloco al civico 28 di Via Umberto I, ed al civico 32, la mostra AMARCORD - UN TUFFO NEL PASSATO (Non C'è Futuro Senza Memoria), curata da Dario Quaranta, appassionato di filatelica e numismatica, che vedrà in esposizione oltre ad una selezione di francobolli particolari, di vecchie monete, di copia dei primi telegrammi, anche del primo francobollo d'Italia del 1861.

Domenica 09, alle ore 18, presso la sala parrocchiale De Maria in Corte Taddeo, alle spalle della Chiesa Madre, prenderà via il Ciclo di incontri «Racconti di una volta», organizzati dalla Proloco in collaborazione con la Chiesa Madre dei S.S. Pietro e Paolo Apostoli, con la presentazione del libro di Salvatore TOMMASI "SEMI D'ANGURIA. UNA STORIA VERA" con la partecipazione di Francesca Licci che, accompagnata alla tastiera dal musicista Emanuele Coluccia, canterà alcune canzoni degli anni '50; previsto il saluto del Sindaco Fabio Vergine e la presentazione del consigliere con delega alla cultura Davide Miceli. Quest'ultimo dialogherà con l'autore insieme ad Angelo Licci.

Nel centro storico, oltre alle esposizioni di artigiani, si potranno visitare le gallerie cittadine degli artisti, si potranno gustare degli ottimi dolci, granite e gelati, caffè, ed

altre specialità per allietare la passeggiata tra arte, musica ed artigianato.

Vi Aspettiamo con gioia!

Pro Loco Galatina

 
Di Dante De Ronzi (del 31/12/2018 @ 13:46:52, in Comunicato Stampa, linkato 1165 volte)

Come freccia lanciata sul bersaglio l'evento della presentazione del libro “ La casa a corte” di Antonio Costantino editore Congedo organizzato da Emilia Frassanito della libreria Fiordilibro fà centro.

Fa centro perché giocando con l'immaginazione svela un gioco di matriosche  che partendo dallo spazio Salento si riduce allo spazio città di Galatina ed ancora al suo centro antico sino  allo spazio della strada corte Vinella e poi  allo spazio delimitato dalla  casa  a corte omonima, fino al locale privato interno che ospita l'evento.  Ciò facendo di fatto riporta prepotentemente alla ribalta la città ed il suo inestimabile valore storico artistico architettonico.

Coordina impeccabilmente Valentina Pagano ed introduce  Marcello  Seclì di Italia Nostra che ammonisce sui rischi che corre il territorio sull’eccessivo consumo di suolo e sulla insufficiente attenzione per la  tutela e la salvaguardia dei beni culturali.

Segue una chiara ed approfondita  esposizione del libro da parte dell’autore Antonio Costantini che serve a comprendere l’importanza dell’opera ed arricchire di contenuti la lettura. Interessanti i richiami culturali, sociali ed antropologici trattati.

L'evento fa centro perché suscita e richiama l'attenzione del pubblico ma soprattutto coinvolge la pubblica amministrazione che in materia molto può fare. 

Hanno partecipato il sindaco Marcello Amante, l’assessore Loredana Tundo e l’ assessore Nico Mauro offrendo un  segnale importante  di convinta consapevolezza.

L’occasione è stata utile per rinnovare la richiesta agli amministratori di un’azione più efficace che scoraggi il fenomeno degli abusi edilizi nel centro antico, di una maggiore igiene e cura degli spazi pubblici, della rimozione dell’asfalto deturpante e più in generale di una maggiore sicurezza e tutela.

Ed infine una considerazione ed un proposta personale.

Corte Vinella affascina sempre più ma tanti misteri ancora permangono.

Affascina perché meritatamente si è guadagnata la copertina del volume di Antonio Costantini. Dopo aver letto il libro ed ascoltato l'autore potremmo definire corte Vinella la Regina delle Corti perché mutuando la filosofia delle case a corti popolari realizza una inedita tipologia di casa a Corte Patrizia.

Questo non a caso accade nel cuore del centro antico di Galatina  inserendosi magnificamente ed  armonicamente nel  suo tessuto urbanistico,  caratterizzato  prevalentemente da palazzi di pregio, impreziosendolo ulteriormente.

A me appare come un’orchidea al centro di un meraviglioso bouquet, appunto, una corte patrizia tra cento palazzi gentilizi.

Un'eccezione unica ed esclusiva che conserva ancora intatto il mistero  sull’identità del committente e del l'ideatore.

Si è scritto molto del dottor Vinella che lì ha abitato così pure del guerriero senza testa riprodotto nelle opere scultoree,  ma poco si conosce sia  dell'autore (attribuito forse a Giuseppe Cino) ed ancor meno del committente (si ritiene la famiglia Comi). Nulla si conosce infine circa l'evoluzione urbanistica dei luoghi antecedente l’edificazione del manufatto.

 Un'altra pagina di storia locale potrebbe essere scritta da giovani laureandi in beni culturali che volessero approfondire questi aspetti con delle tesi di laurea.

 Anche in questo senso gli amministratori, e non solo, possono fare molto.

Un ringraziamento particolare ai numerosi intervenuti ed un grazie ancora ad Emilia.

 

Galatina 29 dicembre 2018

Dante De Ronzi

 

 

 

"Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà"
"È molto più difficile giudicare se stessi che giudicare gli altri"
"Non si vede bene che col cuore"
Venerdì 10 marzo, gli alunni delle seconde classi dell’Istituto Comprensivo Polo 1 di Galatina e Collemeto, hanno assistito allo spettacolo teatrale in lingua francese "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupery a cura della compagnia "Erasmus Theatre" presso il teatro "Don Bosco" a Lecce.
Un libro tradotto in più di duecento lingue ed amato dalle persone di ogni età, un’opera umanista la cui identificazione alla storia, ai suoi personaggi, alle sue idee ne fanno un libro universale e che supera le frontiere socioculturali.
Il Piccolo Principe ci insegna ad andare oltre le apparenze per ritrovare l’essenziale della vita nel nostro cuore guardando il mondo attraverso gli occhi di un bambino!
L’amicizia, l’amore, la conoscenza, la responsabilità del potere, la cura della natura ed anche la morte vengono rappresentati in modo sincero e trasparente.
Un’iniziativa che si prefigge di avvicinare gli studenti alle arti teatrali, allo studio della lingua francese ed all’apprendimento di un’opera teatrale francese attraverso la discussione, il confronto sui temi proposti con attori madrelingua ed arrivando preparati all’evento attraverso un percorso di formazione in cui si sono affrontati la dizione e lo studio del testo.
Per rendere l’opera più comprensibile sono state proiettate ed integrate al set scenografico delle immagini per dare agli studenti la possibilità di godere completamente di questo spettacolo.
Interroghiamoci, dunque! Pensiamo, cerchiamo di vedere il mondo da una prospettiva diversa e di interrogarci sulle nostre abitudini ed azioni.
Scopriamo il mondo, informiamoci e ripensiamo le cose per quello che sono mettendoci all’ascolto degli altri.

 Fiorella Mastria

 
Di Albino Campa (del 31/12/2010 @ 13:44:19, in Eventi, linkato 2898 volte)
Visitabile tutti i giorni,
dal 29.12 al 16.01 dalle ore 18.00 alle ore 20.00,
allestita presso la sala G. Martinez – Hotel Baldi, Galatina
 
 
Guarda la PhotoGalleryCi sono libri che quando si aprono si ha quasi paura di sfregiare, di ferire e bisogna toccarli con cautela, sfiorarne le pagine come se fossero trasparenze di luce, fragili architetture, prospettive mutanti. Sono i libri d’artista, oggetti simbolici travestiti da libro, che del libro conservano la forma e la struttura, ma che nell’intenzione di chi li ha creati sono sempre opere d’arte (di Maddalena Castegnaro, curatrice della mostra insieme a Enrico Rapinese). Questa è una delle tante citazioni che accolgono e cullano il visitatore della mostra di libri d’artista allestita nell’accogliente sala G. Martinez dell’Hotel Baldi, nella suggestiva cornice del centro storico di Galatina. Le pareti sono tappezzate di frasi d’autore; dal soffitto vengono giù fili argentati che accompagnano cautamente agli occhi del visitatore piccoli frammenti di poesia, cocci di testi firmati da autori-artisti.
Perché Fabbricanti di libri è innanzitutto una mostra d’opere d’arte, di congetture create a tavolino da persone innamorate della poesia e della creatività; Fabbricanti di libri è un’occasione da non perdere per chi ancora si ostina con puerile testardaggine a ricercare la meraviglia in tutto ciò che lo circonda, per chi ha capito che il gioco è una cosa seria, da bambini appunto, per gli amanti poco gelosi dei libri e della lettura.
Ed ecco un libro srotolarsi come pergamena di tessuto pregiato ai nostri piedi, un altro spaginarsi senza alcun indugio, e ancora libri contenitori di oggetti inusuali, libri dalle pagine riciclate, che diventano scrigni, cassapanche stracolme di storie; le parole divengono oggetti, gli oggetti raccontano attraverso le nostre percezioni sensoriali: il tatto, l’olfatto, la vista e l’udito, tutti contribuiscono a dare voce alla volontà dell’artista.
Camminando adagio tra i tavoli si riesce a captare un respiro leggero, quasi ansimante, di sculture di carta, di legno e plastica, cartone e cartoncino, di pietra e tessuto, che non chiedono altro che essere sfiorate da una mano tremante di curiosità. Solo un naso allenato riuscirebbe a captare nell’aria il profumo della carta lavorata con antico amore o addirittura quello della tela ricamata con un pregevole inchiostro cotonoso; solo un occhio attento sarebbe in grado di posarsi su un cartoncino piegato più volte e permettere alla mente di dipingere un immagine per nulla casuale.
È dotato il visitatore di sensi a tal punto affinati? Non resta che seguirlo incuriositi, annotare ogni cambiamento d’espressione, ogni movimento sussultorio delle dita e l’angolazione che sceglierà nell’osservare il libro d’artista, poiché occorre ruotarci intorno all’infinito per coglierne appieno la storia che ha il compito di raccontare.
(Visualizza photogallery)
Michele Stursi
 
Di Redazione (del 19/02/2018 @ 13:43:17, in Comunicato Stampa, linkato 1347 volte)

Il premio Presìdi del libro 2018, intitolato quest'anno ad Alessandro Leogrande, fa tappa presso la Biblioteca Giona, dove sarà possibile il 23 e il 24 febbraio votare il libro dell'anno e partecipare al premio "Lettore dell'anno". Il 23 febbraio 2018, alle ,ore 17.30, la biblioteca Giona ospiterà Gaetano Appeso, autore di "Mesoamerica", uno dei 42 libri candidati al concorso.

Lo scrittore  ha incuriosito e stimolato la fantasia dei nostri ragazzi e dei loro genitori attraverso il racconto delle sue avventure in giro per il mondo alla scoperta di realtà lontane e affascinanti. L'incontro con il protagonista di questi viaggi sarà un momento avvincente ed entusiasmante per quanti prenderanno parte al laboratorio delle emozioni realizzato utilizzando i materiali (raccolte fotografiche e video) messi a disposizione dall'autore per arricchire la narrazione delle sue esperienze.

 

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 
Di Albino Campa (del 20/11/2010 @ 13:42:20, in Il Mangialibri, linkato 3512 volte)

Il Mangialibri è un libro che divora libri, storie, vite, racconti. Prima pagina, leggo: "A chi non si stanca di cercare"; questo sono io. "A chi ha paura di trovare"; anche questo sono io. "A chi non si ferma mai"; e sono sempre io. Poi "A chi non ha ancora capito che prima o poi, cercando si trova"; sono ancora io. Così sin da subito acquisti la consapevolezza che questo romanzo è dedicato a te, chiunque tu sia; l'importante è che ami la ricerca, che guardi in alto se non hai trovato per terra, se ti emozioni più per una parola che per un fatto.

Il Mangialibri infatti ama le parole, come lo stesso Michele Stursi che ne è l'autore. Le prime due voci che aprono questo romanzo, quasi oserei dire straordinariamente rurale, sono "arrivo" e "abbandono". Si arriva non prima di aver abbandonato qualcosa. Ogni tappa presuppone l'essersi allontanato dalla precedente. Michele Stursi conosce la sofferenza del lasciare e l'emozione del ritrovare, e ce lo racconta con parole che a volte sfiorano la poesia, tramutandosi in versi. A pagina 14 leggi "Seduto nelle ultime file un solo spettatore pagante: il silenzio". Se non è poesia questa, allora si sono stravolti i canoni del buon gusto letterario. Stursi racconta la sua vita, nei panni del protagonista, passata a leggere, a meditare, per poi rendersi conto dell'inutilità del lavoro meccanico della mente che non ha il coraggio di confrontarsi con gli altri. Il Mangialibri coglie in pieno i difetti di questa società: effimera comunicazione. Solo i sentimenti rimangono quelli originali di sempre: amor del vero, nostalgia di casa, amicizia, amore. Il romanzo racconta di Noha, ma leggendo ti accorgi che Noha non è un paese soltanto di case, ma di persone. Noha è le grida di un fruttivendolo, una moglie che chiede al marito la verdura fresca di campagna, un vecchio di fronte casa che cerca di mettere in moto il suo Ape. Noha è le comari che escono dalla porta della Chiesa, il contadino che raccatta gli attrezzi del mestiere, la zitella Carmela che spazza davanti casa.
La descrizione dei luoghi e della natura è accattivante; l'ulivo vive come vivono gli esseri umani. Anche esso è uno dei protagonisti. Vive accanto ad ogni altro personaggio di questo racconto, respira con lui, soffre, suda. Stursi scrive che "l'ulivo per la gente di questi luoghi non è un albero, ma un simbolo". Concordo pienamente con l'autore. Noha vive anche delle sue tradizioni, di suoi simboli, di suoi detti popolari. Noha è autonoma e sovrana per la sua cultura, per la sua tradizione e per le sue storie. I protagonisti del romanzo si guardano intorno e si accorgono di essere circondati dalla natura, immersi in un verde dominante, minacciato spesso dalla solitudine degli animi, dall'oscurità dei pensieri.
Ma Il Mangialibri è anche una storia d'amore difficile non per i protagonisti che la vivono ma per le dinamiche che la supportano. La parola amore, o per lo meno il suo senso e i suoi effetti, sono presenti dovunque. Pasquale, il protagonista, ama Eleonora, una pittrice di ulivi. Le emozioni dei personaggi ti coinvolgono, i loro pensieri ti assillano, le loro speranze ti troncano il fiato. E quando non ti accontenti più del flusso di ciò che è scritto e vorresti sapere ancora e ancora, Michele Stursi ti rimprovera per la tua poco educata curiosità: "Ebbene, che termini qui il racconto di questa indimenticabile notte", leggi a pag. 172.
Sapere è bene ma la fantasia è un'arma a doppio taglio, e non sai mai se il manico del coltello ce l'ha l'autore o il lettore. Se Stursi ti lascia maneggiare la sua fantasia, in un attimo se la può riprendere, catapultandoti nella realtà.
Il romanzo si chiude con una riflessione sulla scrittura, sul suo essere al servizio, sul suo essere dotata di vita propria. "Scrivere è il gesto più umile e innocuo che un uomo possa concepire", leggi a pag 196. Ma Michele Stursi sa bene che la scrittura è una delle conquiste più ardue e coraggiose che l'uomo abbia mai fatto. Ed è per la scrittura che alcuni uomini oggi vivono, come suppongo lo sia anche per questo ragazzo improvvisatosi scrittore. L'esperimento è riuscito: "E' giunto il momento di uscire fuori da qui. Mi sa che devo delle spiegazioni alla mia Noha". Ognuno esca allo scoperto, chiarisca il suo ruolo e spieghi che cosa ha fatto finora per il proprio paese, la propria città, la propria nazione.
Tutto questo e molto altro è "Il Mangialibri" di Michele Stursi.

Fabrizio Vincenti
fonte: www.galatina.it
 

 
Di Redazione (del 20/08/2013 @ 13:42:08, in Cultura, linkato 9131 volte)

"Pubblichiamo un interessantissimo stralcio di una ricerca sugli orologi pubblici diventata libro, scritto da Rosanna Verter. Tra gli altri, c'è anche l'orologio pubblico di Noha, che, fermo ormai da troppi anni, si limita a segnalare l'ora esatta soltanto due volte al giorno"


Gli orologi da torre di Galatina e Noha di Rosanna Veter
Ieri
La sera del 21 febbraio 1848 il decurionato galatinese, sotto la presidenza di Domenico Galluccio, deliberò le feste costituzionali nominando una commissione guidata da Orazio Congedo che, unitamente al comitato composto da Innocenzo Calofilippi, Giacomo e Francesco Galluccio, Arciprete Siciliani, Antonio Viva, Bernardino Papadia, Luigi Mezio, Pasquale Angelini, Onofrio Vonghia, Ferdinando Capani, Antonio Dolce, organizzò la festa per la Costituzione promulgata da Re Ferdinando II il 10 febbraio 1848.
I festeggiamenti iniziarono di buon mattino, il 9 marzo 1848, con i fuochi d’artificio che durarono per l’intera giornata; le due bande musicali di Galatone e Neviano allietavano i cittadini; Piazza S. Pietro venne addobbata con ramoscelli di mirto, coccarde e bandiere. Nei pressi dell’ingresso della chiesa Madre, fra due bandiere, fu messa una grande iscrizione inneggiante al re e al papa eseguita a penna dall’architetto Fedele Sambati e dettata da Pietro Cavoti. Oltre a tutto ciò allietarono la vista dello scenario festoso varie luminarie e la processione con il busto argenteo di San Pietro che ebbe inizio dalla casa delle signorine Andriani, dove era custodito il busto del Santo, e percorse con a capo il capitolo «la via che mena alle Monache crandi», altrimenti dette Clarisse (oggi è quel tratto di strada tra Via Zimara e Piazzetta Gal-luccio, tra la chiesa dei Battenti e quella di S. Chiara o di S. Luigi), «S. Caterina, Corpo di Guardia e Piazza S. Pietro».
Da ciò possiamo dedurre, quindi, che nel 1848 la Torre dell’Orologio esisteva già nella sua semplice mole e che i locali erano sede del Corpo di Guardia. Proprio in quelle salette si svolsero le elezioni del plebiscito del 21 ottobre 1860 per l’Unità d’Italia ed eleggere Vittorio Emanuele II, Re costituzionale.
Il primo anno di libertà nacque con la fame che imperava tra la povera gente in tutta la provincia e i tumulti erano all’ordine del giorno. Il sindaco Antonio Dolce convocava immediatamente il Consiglio Comunale per disporre il prelevamento dal bilancio di 1815 ducati e 53 grana per poter acquistare legumi, orzo e grano per i poveri. Nel frattempo, il Ministero dell’Interno aveva ordinato alle Prefetture di segnalare eventuali monumenti da dedicare a Sua Maestà Vittorio Emanuele II. L’amministrazione comunale scelse la torre civica che fu adornata di due stemmi sabaudi posti ai lati dell’iscrizione; sul lato ovest, invece, si nota un’aquila capovolta ad ali aperte con la testa tra il tamburo e il cannone, mentre tra mine e palle di cannone anche una scure. Forse questa decorazione è stata inserita dopo la caduta del fascismo o forse c’era già visto che l’aquila è anche nell’arme sabauda. Sull’arco a tutto sesto del portone d’ingresso, Francesco Sammartino incise su marmo la seguente lapidaria iscrizione:
ALL’ELETTO DEL POPOLO VITTORIO EMANUELE II RE D’ITALIA IN MEMORIA DELLA RICUPERATA UNITÀ CHE LA PATRIA OGGI SOLENNEMENTE CONSACRA GALATINA PONEVA ADI 2 GIUGNO 1861
Ruggero Rizzelli nelle sue Memorie, edite nel 1912, sostiene che l’iscrizione è «sgrammaticata e fa poco onore alla torre del Caccialupi; falsando la storia offende le tradizioni della colta cittadinanza»; fu dettata da un insegnante del locale liceo Colonna, padre Sebastiano Serrao, dell’ordine degli Scolopi, congregazione religiosa fondata da Giuseppe Colasanzio nel 1617.
Per tale lavoro il Sammartino venne compensato con ducati 13 e grana 53.
I locali dell’Orologio avevano ospitato per qualche anno la Guardia Nazionale; dal 1850 oltre 250 militi della Guardia Urbana. In quell’occasione, per renderli più ospitali, i nudi locali furono arredati con candelieri, bracieri, sedie e qualche panca. Il tutto per la cifra di 65 ducati e 80 grana.
I primi restauri al Corpo di Guardia furono deliberati il 27 novembre alle ore 21 dell’anno del Signore 1861 da un Consiglio Comunale presieduto dal sindaco Antonio Dolce e composto dai consiglieri comunali Giuseppe Maggio, Carlo Lezzi, Michele Astarita, Carmine Zappatore, Pietro Colella, Arcangelo Trivisanno, Francesco Greco, Vincenzo De Matteis, Giuseppe Siciliano, Giovanni Congedo, Diego Papadia, Pasquale Angelieri, Domenico Bardi, Gaetano Colaci, Giuseppe Vozza, Paolo Baldari, e dal segretario comunale Luigi Santoro. Per i lavori fu costituita una commissione con Giuseppe Galluccio, Pietro Congedo e Michele Astarita i quali raccolsero ducati
160.66 per sottoscrizione e la somma venne aggiunta ai ducati 437 già stanziati dal consiglio. Oltre al proseguimento delle opere murarie, furono sostituite le porte ai camerini, le invetriate e il portone. Alla deputazione furono restituiti 79.05 ducati che risultarono in più.
Il 21 giugno 1877 nella segreteria comunale fu convocato dal sindaco Giacomo Viva, in seduta straordinaria, il Consiglio Comunale per deliberare circa «l’acquisto di una nuova macchina di orologio pel servizio del pubblico essendo l’attuale ridotta in uno stato da non essere soddisfacente ai bisogni del pubblico». Per l’acquisto della nuova macchina il sindaco esibì la corrispondenza tenuta col capo fabbrica, signor Alfonso Curci da Napoli, e coi F.lli Peperis da Udine dalla quale risultava che per avere «una macchina costruita secondo gli ultimi sistemi» si doveva spendere circa £ 2000, somma da prelevare da un articolo del bilancio del 1877.
Si poteva certamente spendere di meno, ma come giustamente osservò il consigliere Giuseppe Capani «una volta che il Consiglio deve venire nella determinazione di acquistare una nuova macchina di orologio è necessario che fosse di quelle costruite colla massima precisione». Alla sua proposta si uniformò tutto il Consiglio.
Il 3 luglio la Prefettura rilevava in una sua nota che trattandosi di «una spesa non lieve, non prevista nel bilancio e che poteva dissestare l’andamento finanziario del comune», suggeriva «di sperimentare l’asta pubblica e visto l’ammontare della spesa» si doveva «richiedere a un competente artefice un atto che equivalesse alla perizia» e che poteva a un tempo «essere anche l’offerta del fornitore stesso. Tale atto dovrà assoggettarsi all’approvazione del Consiglio Comunale che sarà chiamato a precisare i mezzi per la spesa e domandare la dispensa dei pubblici incanti coll’autorizzazione di far luogo a norma del caso alla privata licitazione tra persone del mestiere oppure alla trattativa privata».
Fallite le trattative con il Curci e i Peperis, l’amministrazione diede incarico ad Epimaco Olivieri Caccialupi, successore di Augusto Bernard, di fornire la macchina dell’orologio.
La ditta Caccialupi, presente con i suoi orologi da torre in molti comuni della provincia, aveva la sua sede in Napoli alla strada Egiziaca n. 44 a Pizzofalcone, oggi sede del distretto militare.
L’8 aprile 1879 il sindaco facente funzioni, Pietro Santoro, comunicava al Consiglio Comunale che il signor Giuseppe Greco aveva presentato «una di-manda» con la quale proponeva di effettuare a proprie spese le opere in muratura «occorrenti per l’impianto del nuovo orologio, a seconda del disegno proposto dall’architetto Fedele Sambati l’8 maggio 1861 su una perizia di Giuseppe Mandorino». Come compenso il Greco chiedeva di ricevere a titolo di cessione l’aia su cui sorgeva la Torre dell’Orologio. Naturalmente il Consiglio respinse la proposta considerato che non vi era molto squilibrio per le finanze locali e pertanto i lavori potevano essere sostenuti a spese del Comune anche perché cedendo l’area al Greco si restringeva un camerino che poteva essere utile per edificare una sala. Qualche mese dopo la giunta deliberava di licenziare i regolatori dei pubblici orologi di Galatina, Salvatore Zuccalà, nonché quello della frazione di Noha, Fedele Bonuso. Ma il 30 maggio 1882 il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco Giacomo Viva e composto dai consiglieri Luigi Papadia, Alessandro Verdosci, Gaetano Cola-ci, Giustiniano Gorgoni, Luigi Vallone, Liberato Congedo, Vitantonio Colaci, Salvatore Tondi, Raffaele Baldari, Giuseppe Vonghia, determinò di abbattere la Torre del vecchio Orologio perché «inutile ed indecorosa» e diede mandato ai consiglieri Liberato Congedo e Vitantonio Colaci di «trattare con qualche muratore di fiducia».
I consiglieri scelsero Pasquale Alessandrelli per l’appianamento della Torre «contro il pagamento di £ 50 ed il materiale ricavabile pro-beneficio».
Fu costruita così una nuova torre con timpano e furono messe a vista le campane.
Qualche anno dopo, precisamente il 24 aprile 1885, Francesco Bardoscia, assessore delegato dal sindaco, convocò il Consiglio Comunale per deliberare con urgenza l’illuminazione dell’orologio per tutta la notte e per l’intero anno, a differenza di una precedente convenzione con Vincenzo Giurgola regolatore del pubblico orologio, e di tenerlo acceso per sei mesi fino alle 9.00 p.m. e per sei mesi per tutta la notte.
Per tale lavoro al Giurgola vennero corrisposte £ 360 annue, sia per la manutenzione che per l’illuminazione del pubblico orologio, invece di £ 300. L’anno dopo, tale incarico fu affidato a Pietro Ascalone, orologiaio, con la riduzione del salario a £ 300.
Nel 1913, a cura della “Società Galatinese per le imprese elettriche”, con una spesa di £ 140,03 venne effettuato «l’impianto elettrico negli uffici della Polizia Urbana e al pubblico orologio sovrastante detti uffici».
L’8 ottobre 1932 il segretario cittadino del Partito Nazionale Fascista scriveva al Podestà per sapere come mai l’orologio non suonava da 15 giorni e poiché il servizio era affidato a persone responsabili, egli non riusciva a spiegarsi come mai non fosse stato ancora riparato. Il Podestà, in una missiva di qualche giorno dopo, gli comunicava che si era provveduto all’acquisto di una corda metallica necessaria per il funzionamento della suoneria. Nella comunicazione di risposta, il Podestà si chiedeva anche se era il caso di spendere elevate somme per la riparazione oppure di esaminare l’ipotesi dell’acquisto di un nuovo macchinario la cui spesa sarebbe ammontata a £ 3.500.
Oggi
Al termine della centralissima Via Vittorio Emanuele II, strada ricca di palazzi settecenteschi e zona viaria più antica della città, la Torre del Caccialupi, più comunemente nota come l’Orologio o Corpo di Guardia, si innalza nella sua sobria e superba semplicità, espressione dell’entusiasmo post-unitario. La torre è fra le più belle del Salento, è una costruzione di chiaro stampo neoclassico che, all’indomani dell’Unità d’Italia, fu dedicata a Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele II.
I locali della torre, che anticamente erano adibiti a cappella privata della famiglia Greco-Bardoscia, vennero donati successivamente all’amministrazione comunale che li destinò a sede delle guardie urbane. Per quanto riguarda l’anno di costruzione della torre, possiamo supporre che se l’attiguo palazzo Bardoscia è datato fine 1789 è molto probabile che anche la torre sia della stessa epoca.
La torre ha base quadrata, è posta ad angolo tra Via Vittorio Emanuele II e Via Umberto I. Il vasto salone e le due salette che si aprono a sinistra hanno le volte a botte e, per gli amanti dei dati statistici e architettonici, si presenta con questi dati: l’altezza è di metri 18,37 mentre la larghezza è di metri 8,16; il quadrante, vero e proprio indicatore del tempo, incastonato in una cornice in pietra leccese, ha un diametro di centimetri 120; la lancetta delle ore ha una lunghezza di centimetri 40, quella dei minuti è lunga invece centimetri 50.

I numeri indicanti le ore sono in caratteri romani e il numero che indica le ore “quattro” è graficamente rappresentato con il segno IIII e non IV come detta la grafia romana. Questo fatto è dovuto, forse, per simmetria grafica all’interno del quadrante. Molti, comunque, sostengono che invece è una caratteristica degli orologi da torre.
Osservando la torre si evidenziano due cornicioni marcapiano che la segmentano in quattro ordini: il primo è sostanzialmente molto semplice; il secondo ordine invece è stato abbellito con gli stemmi sabaudi e con l’iscrizione dedicatoria; il terzo è riservato esclusivamente al quadrante dell’orologio; il quarto ordine chiude con il timpano dove, all’interno di una monofora aperta (arco), sono ospitate due campane in bronzo, oggi in pessimo stato.
Per accedere alla stanza dell’orologio bisogna arrampicarsi su 21 scalini di una poco agevole scala a chiocciola, molto stretta, consunta dagli anni, che conduce sul terrazzo e da qui, attraverso un’altra ripida scala di 15 scalini, si entra nella magica stanzetta dove la meccanica della sveglia cittadina ci appare in tutta la sua bellezza.
La cittadina macchina del tempo è di grandi dimensioni ed è ancora oggi meccanica, azionata da ruote dentate in cui sono state praticate delle tacche regolari con larghezza proporzionale al numero dei rintocchi che devono suonare. La velocità è regolata da una ruota a paletta frenata dall’attrito dell’aria; invece la forza motrice è fornita da tre enormi massi in pietra leccese, legati con cavi di acciaio molto flessibili. Il peso delle pietre varia in base alla grandezza della campana su cui battono le ore. Questi cavi si avvolgono ad un cilindro quando vengono manovrati, ogni ventiquattro ore, dal-l’addetto alla carica con una manovella. La velocità di rotazione è controllata da un pendolo, che consente ai pesi di scendere lentamente sino a piano terra. Il pendolo serve a rallentare o ad accelerare la marcia alle ruote che compongono il meccanismo dell’orologio; l’ora invece è regolata da un disco girevole. Tutti questi ingranaggi sono legati da un sistema di scappamento ad ancora.
La macchina poggia su travi in legno sostenute nel muro per contrasto ai pesi. La molla, dopo essere stata avvolta, inizia a svolgersi facendo girare gli ingranaggi che muovono le lancette delle ore e dei minuti a velocità diversa attorno al quadrante. La carica al nostro segnatempo è a cura di Gianni Venturiero che continua imperterrito a salire e scendere le ripide scale. Egli è l’erede di quella passione e volontà di tutti quei cittadini che per anni sono saliti in cima alla torre, con la pioggia battente, con il caldo e con il freddo.
Grazie alla loro costanza le lancette non si sono fermate e hanno continuato a tenere attiva la sveglia cittadina. Nel lontano 1991 l’ingranaggio della storica torre civica si fermò alle 12,10 o alle 00,10?
Le campane
Le campane, messaggere civiche, sono un esempio di architettura laica legata all’Universitas e un bene artistico che come tale va protetto. Hanno molte funzioni: segnalano allarmi o adunanze o funzioni religiose o di orologio che scandisce il tempo.
La voce campana, che molti credono di origine gotica, fu introdotta intorno alla fine del VII secolo e venne usata per la prima volta da S. Beda (672735), monaco e storico vissuto in un monastero benedettino in Inghilterra, considerato il più grande erudito dell’Alto Medioevo.
L’Accademia della Crusca, nella lessicografia, cita campana con aes campanum, nome con cui era noto il bronzo, lega metallica composta dall’80% di rame e dal 20% di stagno, metalli teneri, la cui unione nella lega permette di ottenere un materiale di grande durezza, a grani fini, dotato di caratteristiche di grande sonorità. Oppure il nome potrebbe derivare dalla forma di un vaso arrovesciato e sboccato, e fu adoperato per la prima volta da S. Paoli-no, vescovo di Nola, dalla omonima città in provincia di Napoli, dove vi era una miniera di rame. Alcuni umanisti chiamano la campana, in latino nola, dal nome della città dove furono ritrovate molte campane; altri invece sostengono che le prime campane siano state fuse in Campania, e da qui campana che sembra la più accreditata. Ancora oggi si brancola nel buio, nell’incertezza.
Le campane della torre cittadina hanno misure ben calibrate e adatte per la nota “la” e per il “re”; sono sprovviste di ceppo, cioè sono fisse, non oscillano e suonavano tramite il martello esterno e non con il battaglio. Sono entrambe ornate di ricami, di iscrizioni e di altorilievi a prova dell’eccellenza a cui era giunta l’arte di fondere il bronzo già nel 1700.
La campana piccola, quella posta in alto, batteva i quarti d’ora, molti anni orsono. Ha un’altezza di centimetri 55 e un diametro di centimetri 63; dalla dimensione possiamo ipotizzare un peso di 150 chili. Tra due bellissime cornici di motivi floreali reca un’iscrizione:
ANGELI MONGIÒ SINDICATUM A. D. 1762
Presenta una varietà di decorazioni: sul lato nord, in posizione centrale, vi è lo stemma civico, mentre sul lato sud si evidenzia un’immagine in rilievo, sulla superficie esterna del bronzo e costituente corpo unico con la campana stessa, che potrebbe essere un santo, forse S. Pietro.
La campana maggiore, quella che batteva le ore e oggi un cupo don allo scoccare dell’ora, ha un’altezza pari a centimetri 70 e un diametro di centimetri 85, con un peso presumibile di circa 200 chili; anche qui al centro, lato nord, lo stemma della città. Tra le due cornici si legge:
NOLA, HÆC, HORIS DENVNTIANDIS REFICITVR A.D. 1762 HORARIO RESTITUTO ANNO VULGARÆ
Questa campana per annunciare le ore fu rifatta nell’anno del Signore 1762 dell’era volgare dopo che fu ricostruito l’orologio.
Alcuni studiosi hanno letto, erroneamente, in quel “Nola” la contrazione di Vignola, oggi Pignola, piccolo centro della provincia di Potenza, famosa patria dei fonditori Olita e Bruno. È giusto chiedersi: «Da chi sono state fuse le campane dell’Orologio?». Stupisce, infatti, che le campane non sono “firmate” dal mastro campanaro.

Occorre ricordare che il 20 febbraio del 1743 un terremoto del nono grado della scala Mercalli, magnitudo 6.9, colpì tutta la penisola salentina, le isole Ionie e la Grecia, con epicentro nel canale d’Otranto. Le scosse durarono circa un’ora e l’intensità maggiore fu registrata nella vicina Nardò. Forse il rifacimento della campana e la ricostruzione della torre si devono ai danni che quel terremoto provocò anche nella città di Galatina.
La lapide
Al carabiniere Domenico Secondo Della Giorgia è dedicata la lapide posta sul lato ovest della torre. Insignito della medaglia d’argento, era nato a San Cesario di Lecce il 1° luglio del 1888 da Antonio e Matilde Rollo. L’anno seguente la famiglia Della Giorgia si trasferì nella non lontana Galatina, dove il padre assunse l’incarico prima di Guardia Municipale e poi di Comandante e dove nacquero gli altri cinque fratelli.
Da giovane lavorava come maniscalco e il 15 ottobre 1908 fu chiamato alle armi, arruolandosi nel novembre nel 5° Genio Minatori.
Lo troviamo a Messina e Reggio Calabria a prestare soccorso durante il terremoto del dicembre 1908 e per tale opera meritoria ricevere la Medaglia Commemorativa. Per la sua corporatura e per la sua altezza, raggiungeva il metro e ottanta, chiese di essere arruolato nei Carabinieri e il 26 maggio 1909 fu assegnato come Allievo Carabiniere a Piedi.
Promosso effettivo, è trasferito nella Legione di Napoli. In Libia prese parte alla guerra italo-turca e ricevette la seconda Medaglia Commemorativa. Ritornato in Italia, fu assegnato alla Legione Territoriale di Bari. Quando nel maggio del 1915 l’Italia entra in guerra contro gli Austro-Ungarici il nostro eroe viene aggregato al Reggimento Carabinieri Reali, 8a Compagnia Mobilitata, e raggiunge il territorio di guerra con la bandiera e la banda d’ordinanza: siamo alla seconda battaglia dell’Isonzo. Il 6 luglio 1915, sull’altura del Podgora, dove vi erano le trincee nemiche, vengono stanziati 30 ufficiali e 1.399 Carabinieri. In una rassegna dell’Arma dei Carabinieri leggiamo la drammatica giornata di guerra vissuta dai Carabinieri e da Domenico:
... la mattina del 19 luglio, dopo la consueta preparazione con tiri di artiglieria, il terzo battaglione, verso le ore 11, scattò dalla trincea verso le linee nemiche. Balza fuori per prima, l’ottava compagnia [alla quale apparteneva Della Giorgia, N.d.A.] seguita dal comando del battaglione, tenuto dal tenente colonnello Teodoro Pranzetti, poi la settima e la nona. Tempesta di fuoco del-l’avversario sulla zona di attacco. L’ottava compagnia, pur falcidiata, avanza lentamente con le due ali, e si frammischia con gli elementi sopravvenienti della settima, le tre compagnie giungono fin sotto i reticolati; molti morti per via. Tutti i superstiti resistono, attaccati a quei reticolati, pur sentendo l’inutilità del loro sacrificio. Quindi sopraggiunge l’ordine di ripiegamento.
L’attacco durò molte ore con lo stile dei combattimenti rapidi e ad orario che, per circa un anno, fino alla conquista di Gorizia, fu praticato nelle battaglie dell’Isonzo. Al reparto costò 53 morti, 143 feriti e 10 dispersi.
Il tenente Moscatelli, comandante del plotone, raccontava che nell’assalto il nostro concittadino venne ferito una prima volta da una raffica di mitragliatrice che lo colpì al braccio sinistro. Il tenente gli ordinava di ritirarsi, ma Domenico gli rispondeva: «Non mi mandi indietro, signor tenente, ho il braccio destro che funziona ancora, posso impugnare la baionetta per quei briganti». Continuava a dare nell’azione l’esempio ai compagni: giunto nelle vicinanze del reticolato, venne colpito alla testa e morì con il viso al sole e al nemico. Erano le 12,30 circa del 19 luglio 1915 e aveva appena ventisette anni. Nel suo portafogli fu rinvenuta una lettera, forse del giorno prima, dove era scritto: «Cara madre, domani andremo all’attacco della fortezza di Gorizia. Se dovessi cadere non piangete. Mandate gli altri fratelli quassù che ne è bisogno per la grandezza della patria».


Per questo suo atto di grande eroismo e abnegazione gli fu decretata la Medaglia d’Argento al valor militare alla memoria con la motivazione che oggi è leggibile sulla lapide tra Via Vittorio Emanuele II e Via Umberto I.
Il 25 luglio 1943, con la caduta del fascismo, dalla lapide venne eliminato il fascio littorio, ma non l’anno fascista (XIII E.F.).
L’Arma dei Carabinieri in pensione di Galatina ha dedicato a Domenico l’elegante sede di Piazza Alighieri. A lui è intitolata la caserma della Compagnia dei Carabinieri di Maglie ed è ricordato, dal 2001, nella toponomastica di San Cesario di Lecce, sua città natale. La sua eroica morte è stata illustrata su cartolina da Vittorio Pisani.

L’orologio di Noha
«... una piazzetta commoda ed un orologio che misura il tempo...», così leggiamo in una pagina dedicata a Noha dal giudice Tommaso Vanna.
La torre, sulla quale è allocato l’orologio pubblico, è in stile classico e termina con un chiostro di archetti dai quali sono visibili le campane. È stata costruita, probabilmente, intorno al 1861, come indica la lapide posta a circa quattro metri dal piano di calpestio. Giacomo Arditi nella sua Corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto scrive: «...un orologio pubblico eretto in piazza con denaro dello stesso benemerito». La torre, in stile classico, fu donata alla cittadina dalla generosità dei fratelli Orazio e Gaetano Congedo. Sul muro della torre è scolpito in uno scudo il loro stemma gentilizio: un albero di pino al naturale accostato a sinistra da tre stelle disposte: 1, 2; il centro del tronco di pino è attraversato dalla figura di un toro furioso.
Al di sotto dello stemma l’epigrafe:
NOHA FRAZIONE DEL COMUNE DI GALATINA CIRCONDARIO DI GALATINA COLLEGIO ELETTORALE DI MAGLIE DISTRETTO DI LECCE PROVINCIA DI TERRA D’OTRANTO 1861
Il quadrante dell’orologio è inserito nel corpo di un’aquila, simbolo di forza e coraggio: fu insegna delle legioni romane e negli stemmi esprime fedeltà all’Impero. Secondo alcune testimonianze, sia la testa che il fascio su cui si aggrappavano gli artigli furono rimossi subito dopo la caduta del fascismo nel 1943. Le lancette sono ferme, ormai da data immemorabile, alle ore 09,40 o alle 21,40. Marcello D’Acquarica nel suo catalogo I beni culturali di Noha scrive:
La prima versione della meccanica dell’orologio risalente al 1861 non è più esistente. Apparteneva ad una tecnologia più semplice e meno raffinata, costruita totalmente in modo artigianale, dai denti degli ingranaggi ai chiodi che ne bloccano la struttura. La seconda versione risale al 1911, anno della sua costruzione e installazione sulla torre dell’orologio in Piazza S. Michele. Costruita dalla Premiata Fabbrica Orologiai di Fontana Cesare di Milano, è la seconda generazione di orologi meccanici dell’inizio del ’900.

La macchina, completamente restaurata e inaugurata il 23 dicembre 2008, oggi fa bella mostra di sé nell’atrio della Scuola Media “G. Pascoli”, sezione distaccata di Noha, con funzione di studio e didattica.
Tra le carte d’archivio vi solo alcune delibere in cui la Giunta Comunale approvava, viste le spese sostenute, il pagamento a Giovanni Nocco e a Pasquale Monastero per la riparazione dell’orologio negli anni 1908-1909.
Nel 1913 abbiamo un nuovo impianto di orologio. La carica viene data da Pantaleo Rocca e la spesa per il petrolio viene desunta dall’art. 25 del bilancio prelevando £ 74,00 dal fondo riserva. Nel 1912 viene retribuito Giuseppe Potenza con £ 20,00 per la sistemazione dell’orologio.


BIBLIOGRAFIA
ARCHIVIO STORICO COMUNE DI GALATINA: Delibera del 27.11.1861 Delibera del 5.06.1862 Delibera n. 22 del 21.6.1877 Delibera n. 10 dell’8.5.1882 Delibera n. 38 del 30.5.1882 Delibera n. 77 del 24.4.1885 Delibera CC dell’8.04.1889 AA.VV., Guida di Galatina, Congedo Editore, Galatina 1994. ANTONACI ANTONIO, Storia di Galatina, Panico editore, Galatina 1999. ARDITI GIACOMO, Corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto, Stab. tip. “Scipione
Ammirato”, Lecce 1879, Ristampa anastatica, 1994.
D’ACQUARICA FRANCESCO,MELLONE ANTONIO, Noha, storia, arte, leggenda, Infolito Group Edito
re, Milano 2006.
D’ACQUARICA MARCELLO, I beni culturali di Noha, Edizioni Panico, Galatina 2009.
GUADAGNI CARLO, Nola sagra: 1688, Il Sorriso di Erasmo, Massa Lubrense 1991.
MINIERI ANTONIO, Compendio della terra di Nola, Palo, Nola 1973.
RIZZELLI RUGGERO, Pagine di storia galatinese: memorie, Tip. economica, Galatina 1912.
SIMONI ANTONIO, Orologi italiani dal Cinquecento all’Ottocento, A. Vallardi Editore, 1967.
VANNA TOMMASO, Urbs Galatina, Editrice Salentina, Galatina 1992.

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La Copertina parla da sé: mente e cuore, ascolto e cura. "Io sono il capitano della mia anima". Come affrontare lo stress. La musica che fa cantare le cellule, anche quelle malate.
Parlare è un bisogno, ascoltare un'arte. (J.W. con Goethe).
È oramai accertato scientificamente che l'inquinamento incide pesantemente sulla salute, e soprattutto le nano particelle che restano in sospensione nell'aria e la super moderna tecnologia non è capace di controllare,  si insinuano prepotentemente nel sangue delle persone corrodendo il sistema circolatorio, cuore compreso.
Dalle poesie della nonna al sogno di " migliorare la qualità della vita degli esseri umani su questa Terra". Così l'autrice sogna sin da piccola.
Non capita tutti i giorni di incontrare e poter leggere le "confessioni" di un medico, Enrica Mariano di Noha, una Cardiologia interventistica, docente e ricercatrice che si impegna a curare le disarmonie del sistema Corpo-Mente-Anima.

 Marcello D'Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 30/12/2020 @ 13:40:50, in NohaBlog, linkato 1077 volte)

Mi compiaccio della sua leggerezza, nasce così un primo nesso di simpatia con “Luoghi da Favola”, volume edito da Espera nel corso di quest’anno di Grazia 2020.

E’ il primo fattore di valutazione che adopero per un libro nuovo, la leggerezza. Poi ci sono le parole.

Subito cerco di carpirne i segreti, il più in fretta possibile, quindi lo sfoglio velocemente. Lo so che in questo modo è impossibile leggerlo, ma è una impulsività che fatico a dominare. Quindi passo ad esaminare l’indice. Resto colpito dalla parola “Noha”. Chissà cosa avranno da dire in un libro di favole sulla mia Noha? Cerco le immagini. Sono disegni mai visti finora, sembrano appunto, per favole.

Non faccio in tempo a leggere la prima storia, una presa a caso, che resto come inghiottito da un vortice.

E’ una lettura così coinvolgente che appena dopo poche pagine mi rendo conto della geniale organizzazione con cui il libro è strutturato, diviso in capitoli che separano racconti di battaglie, di principesse e amori infelici, di tesori e infine vicende di diavoli e santi. Le favole si snodano piacevolmente una dietro l’altra, e per ognuna di esse la storia, con luoghi e personaggi reali.

Immergendomi così nelle pagine mi sento come coccolato da una vera guida per viaggiatori, ed essendo luoghi a me più o meno noti, mi lascio trasportare dall’immaginazione che trova una facile sceneggiatura per ogni avventura narrata. Ad ogni paese una preziosità. E così si svelano segreti inimmaginabili, come per esempio Torre Suda, che deve il suo nome per essere stata utilizzata come cisterna, quindi trasudando acqua dalle pareti, come la torre del castello di Noha, che conserva in pancia antiche tracce del livello lasciato dall’acqua; Racale che forse deve il suo nome al mitico Ercole; la torre del Serpe, che lo deve ad una fantomatica serpe che succhiava l’olio dalla lanterna del faro; il laghetto Cocito di Castro e Felline con il suo castello normanno; dell’antica specchia di Martano, la torre di Babele salentina; la fantastica Serra di Sant’Elia fra Trepuzzi e Campi Salentina; delle antiche pietre messapiche di Muro leccese, dove trovo in molti massi messapici la somiglianza con il Menhir di Noha scoperto anni addietro nel fondo “Santu Totaru” e poi ancora a cercare sulla costa adriatica i resti dell’antica abbazia di Casole.

E ancora la sirena Leucrazia  con la leggenda delle punte Ristola e Meliso; il fiume Idume di Lecce e Torre Chianca; e la grotta dei pittori neolitici di Porto Badisco; e quell’altra storia sul morso della tarantola che fa ammalare le persone di “melanconia” e si curava con l’acqua della fonte di Manduria: pare che ne abbia scritto perfino Plinio il vecchio; e le vore di Barbarano che sono comunicanti fra loro; e di colline alte ben 196 metri, come la Serra di Martignano e di scogli che diventano diavoli, e diavoli che interrompono le finiture della Chiesa di San Matteo di via dei Perroni a Lecce, per cui delle due colonne della facciata solo una è finita con intagli a spirale e l’altra invece è ancora liscia; così come alcune date memorabili, tipo quella del terremoto che colpì il Salento nel 1743; e ancora di masciare e di Santa Inquisizione, di costruttori di organi come il nostro Kircher che sovrastava il coro della nostra Chiesa Matrice fino agli anni ’70 del secolo scorso,  e di poeti e saraceni.

E per finire - o per cominciare ad apprezzarne veramente l’importanza - le nostre Casiceddhre, che oramai sono in giro per il mondo grazie anche alle parole degli scrittori, come quelli di “quiSalento”.

Ma il mondo forse non sa ancora che presto le Casiceddhre di Noha diventeranno un ammasso di pietre antiche e belle, disfatte, come saranno, dalle intemperie ma viepiù dalla noncuranza degli uomini di questo “secol superbo e sciocco”.

Marcello D’Acquarica

 

Nella serata del 13 giugno 2017, presso Piazzetta Cavoti a Galatina, la Biblioteca Giona, Presidio del libro Noha - Galatina, e la Scuola Secondaria Polo 2 Galatina realizzano la manifestazione "In viaggio...alla scoperta di mondi migranti".

Teatro, arte e musica tracciano un percorso alla scoperta di mondi migranti attraverso brani, testimonianze, articoli di giornale interpretati da lettori- attori di eccezione. Gli studenti delle classi seconde e terze della Scuola Secondaria Polo 2 Galatina si fanno interpreti di brani tratti da  testi quali America di Baricco- Solo andata di E. De Luca- L’Orda: quando gli albanesi eravamo noi –G.A. Stella, Nel mare ci sono i coccodrilli di F. Gera.

L'incontro tra culture si sostanzia nello scambio di esperienze, nella conoscenza reciproca dei vissuti che suscitano emozioni e sentimenti dai quali scaturiscono e si rafforzano i rapporti umani.

"In viaggio" significa conoscere qualcosa di più del mondo da cui gli altri provengono e contemporaneamente farsi conoscere meglio. La manifestazione costituisce uno stimolo ed un invito ad approfondire le tematiche trattate utilizzando i testi proposti.

 

 

Dirigente scolastico I.C. POLO 2 Galatina

Referente Presidio del libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

Dott.ssa Eleonora LONGO

 
Di Redazione (del 09/01/2023 @ 13:40:09, in Comunicato Stampa, linkato 318 volte)

Si chiude un fantastico 2022, ma il viaggio continua a vele spiegate…

La nostra VISION: lo Sport DEVE essere accessibile a TUTTI, non conta se vieni da una famiglia più o meno benestante e NESSUNO deve restare indietro.

La nostra MISSION: riqualificare le diverse aree verdi del territorio comunale assicurando decoro urbano e sicurezza, creare punti di aggregazione sani e controllati e organizzare manifestazioni di solidarietà diffusa e fattiva.

Sport

Il progetto sportivo è in continua crescita nonostante 2 anni e mezzo di covid che lo hanno rallentato,  il  settore  minibasket  ha  raggiunto  90  tesserati  e  i  gruppi  giovanili  under 13/14/17/19 stanno ottenendo degli ottimi risultati come la qualificazione alla fase Gold per i nostri under 13 che capeggiati dal proprio capitano Edoardo Forte hanno raggiunto questo importante traguardo. La nostra prima squadra che milita nel campionato di serie D regionale occupa la seconda posizione in classifica al rientro dopo la sosta natalizia si ripartirà da un portante big match in casa del Carovigno. Il nostro direttore sportivo Antonio Gabrieli confida in un grande girone di ritorno consolidando un buon piazzamento nei play off che apriranno alla promozione in C interregionale.

Solidarietà diffusa

Il “Giocattolo Solidale” e la “Befana Solidale” sono solo le ultime due iniziative in ordine di tempo, da aggiungersi all’“Uovo Sospeso” di Pasqua 2022 ed allo "Zaino sospeso", che abbiamo realizzato con l’obiettivo di permettere a tutti i bambini, soprattutto quelli le cui famiglie versano in condizioni di difficoltà, di vivere la magia delle feste, rafforzando al contempo lo spirito di comunità. Attraverso queste iniziative chiunque lo desiderava poteva acquistare un regalo nei negozi di giocattoli, librerie e cartolerie di Galatina che hanno aderito all’iniziativa, come Iperbimbo Galatina, Print King e Il cantastorie lasciando il dono in custodia all’esercente stesso. Ebbene, sono stati oltre cento i regali raccolti attraverso questo gesto altruistico destinato ai più piccoli.

I Galatinesi hanno aderito con immediatezza a questa iniziativa donando, prim’ancora che un gioco, un pensiero speciale a tanti bambini che, grazie a questo atto disinteressato di generosità e amore, hanno potuto vivere pienamente un momento di festa come quello della Befana e del Natale, in modo, per una volta, più gioioso e spensierato, come è giusto che sia per ogni bambino. Tutti i giocattoli raccolti a Natale 2022 sono stati consegnati, per il tramite dell’Assessore Camilla Palombini, ai Servizi Sociali del Comune di Galatina i cui operatori hanno provveduto, nel massimo e doveroso rispetto della privacy, a distribuirli alle famiglie bisognose.

Bambini & sport

In Italia, purtroppo, quasi un milione di minori vive in condizioni di povertà assoluta. E quasi la metà dei ragazzi in età scolare non ha mai letto un libro, se non quelli di studio, il 70 per cento non ha mai visitato un sito archeologico, il 55 per cento un museo, il 45 per cento non ha svolto alcuna attività sportiva.

Con l'iniziativa "Bambini & sport" abbiamo promosso una serie di iniziative finalizzate esclusivamente per consentire a minori di famiglie in difficoltà di praticare sport, inserendoli in programmi sportivi per un anno. Attualmente sono cinque i bambini di cui ci siamo fatti carico tramite i Servizi Sociali del Comune di Galatina.

Abbiamo inoltre deciso di donare un canestro nuovo al Polo 2 di Noha per permettere a tutti i bambini di praticare questo meraviglioso sport, la Pallacanestro.

Un altro canestro verrà donato, nella primavera prossima, al Cuore Immacolato di Maria di via Soleto a Galatina; anche questo per cercare di creare punti di aggregazione “sicuri” per i ragazzi del Rione Italia.

Vialetti cemento stampato area giochi “Madonna delle Grazie” di NOHA

Dal giugno di quest’anno i giochi installati sull’area verde “Madonna delle Grazie” di Noha saranno ancora più accessibili…

Il parco deve poter essere raggiungibile da tutti con facilità: da chi corre, da chi cammina con difficoltà, da chi usa un deambulatore, da chi usa la carrozzina, manuale e/o elettrica che sia. I vialetti di accesso devono essere pianeggianti, lisci e privi di qualsiasi ostacolo come gradini, paletti, alberi o altri oggetti che ne riducono la larghezza e impediscono il passaggio alle carrozzine. Ogni gioco deve essere raggiungile alla stessa maniera ovvero tramite un vialetto liscio e pianeggiante facilmente percorribile anche in autonomia da un bambino in carrozzina.

Per questo abbiamo realizzato circa 100 metri lineari di vialetti in cemento stampato che serviranno per garantire facilità di accesso ai giochi presenti nell’area.

Un grandissimo grazie di cuore a Angelo Bodelmonte ed alla sua splendida squadra di

Maestranze…

Area giochi “Madonna di Costantinopoli” di Collemeto.

Siamo orgogliosi di aver riconsegnato alla città un nuovo punto di incontro e aggregazione

importante: l’area giochi presso piazzetta “Madonna di Costantinopoli” di Collemeto.

Se  tutto  ciò  è  stato  possibile  lo  dobbiamo  in  modo  particolare  a ECOM  SERVIZI AMBIENTALI, prestigioso partner che ci ha da sempre accompagnato in questa entusiasmante  avventura  e  che  ci  permette  di  monetizzare  i  milioni  di  tappi  raccolti, a EUROFOOD S.r.l. in via Bruxelles a Soleto ed a IPERBIMBO in via Gallipoli a Galatina che hanno creduto in noi.

SEGNAlibro DE “IL MURO DEL CORAGGIO”

Una scelta non casuale quella di accostare il ricordo di alcune delle pagine più tragiche della nostra storia recente e la cultura: in fondo è la conoscenza la prima arma da usare contro il radicarsi della criminalità organizzata.

“La  mafia  ha  più  paura  delle  scuole  che  dei  tribunali”  diceva  il  giudice  Caponnetto. Per questo abbiamo scelto un segnalibro per ricordare il sacrifico di Paolo Borsellino, Renata Fonte, Lea Garofalo, Antonio Montinaro, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Peppino Impastato, e Giovanni Falcone; un segnalibro che abbiamo distribuito in tutte le scuole di Galatina ai ragazzi della quinta classe della scuola primaria e della prima classe della scuola secondaria di primo grado. Operazione realizzata in collaborazione con Legambiente; si è ormai, infatti, consolidata nel mondo del volontariato la necessità di sperimentare collaborazioni fra organizzazioni diverse, progettazioni comuni attraverso apporti specifici che, rispettando le identità di ciascuno, riescano a dare quelle risposte complesse di cui la realtà sociale contemporanea ha sempre più bisogno.

TARGA BRAILLE

Abbiamo realizzato una targa BRAILLE da posizionare presso Il muro del Coraggio - viale Ofanto Galatina.

L’installazione di questa targa unisce l’aspetto culturale a quello solidaristico. I non vedenti devono essere in grado di partecipare attivamente al mondo della cultura. Questi pannelli informativi riescono a far immaginare e comprendere al non vedente o all’ipovedente dove si trovano e questa è vera integrazione culturale e sociale.

BIMBULANZA

Numerose sono state le iniziative realizzate a sostegno della Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia che nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. Quasi 1000 tra Pasqualotti e Natalotti sono stati distribuiti nel corso dell’anno in occasione di diversi banchetti realizzati in piazza Alighieri ai quali le persone hanno sempre partecipato con grande sensibilità. Inoltre, l’evento del 12 luglio 2022, realizzato in collaborazione con l’Associazione “Quelli del centro storico… “, ci ha permesso di donare 1700euro.

Siamo particolarmente orgogliosi del risultato raggiunto, mai avremmo pensato di raccogliere una cifra così importante in così poco tempo, ci eravamo posti un obiettivo decisamente più contenuto, ma l’entusiasmo è stato tanto e ci ha permesso di raggiungere una cifra ancora più importante…

La #bimbulanza, gestita dall'Associazione Cuore e mani aperte - OdV di DON Gianni Mattia e Franco Russo, è un patrimonio del nostro territorio, ma non solo, crediamo sia importante sostenere realtà di questo spessore, per questo, nel nostro “piccolo”, siamo orgogliosi di aver dato questo notevole contributo.

FESTA DELLO SPORT

È stata una giornata di sport totale con tante famiglie, istruttori e ragazzi che hanno popolato per qualche ora il centro della città il 5 giugno 2022.

La grande folla – ha dichiarato Sandro Argentieri, coach della “Virtus Basket Galatina”, ha dimostrato che lo sport è vivo e parte integrante della società, che gli atleti delle società sportive avevano bisogno di un momento di condivisione, dopo un lungo periodo di difficoltà e restrizioni imposte dal covid, che non hanno risparmiato il mondo dello sport. L’appuntamento è al prossimo anno…

LA NOTTE BIANCA DEI BAMBINI

Dalla sinergia tra l'A.S.D. Virtus Basket Galatina e l'Associazione #ballaperme nasce l'XIII Ed.ne della manifestazione La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa , il primo evento di “Cittadinanza attiva” che favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà.

Scopo principale della festa è stato, a parte far divertire i bambini, cercare di sensibilizzare i cittadini sul fatto che una città migliore passa anche da un maggiore senso civico e da un maggior rispetto verso gli spazi pubblici.

Tappiamo Galatina – raccolta eco-solidale tappi di plastica promosso, nell’ambito delle proprie iniziative statutarie volte al miglioramento delle condizioni sociali e culturali degli abitanti di Galatina, dall'Associazione Virtus Basket Galatina, è un progetto articolato, dinamico, sicuramente ambizioso e che nasce da lontano: vogliamo attrezzare i tanti parchi presenti a Galatina e nelle Frazioni con lo spirito di tornare a ripopolarli di persone, dai genitori con i loro figli agli anziani coi propri nipoti.

Ora si passerà ad altre zone, anche periferiche, con l’intenzione di riqualificare le diverse aree verdi del territorio comunale assicurando decoro urbano e sicurezza, due elementi imprescindibili che caratterizzano appieno la nostra Mission associazionistica.

Il nostro invito è di vivere il parco cercando di esserne custodi, proteggere i nostri giochi ed educare i ragazzi al rispetto dell'ambiente.

 

In ultimo, ma non certo per importanza, un grandissimo grazie di cuore va a tutti gli sponsor ed i sostenitori che, con l’elargizione dei loro preziosi contributi, permettono di rendere concrete le nostre piccole-grandi idee, i nostri piccoli-grandi obbiettivi…

Per questo abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti VOI.

Ancora una volta invitiamo CHIUNQUE, a qualsiasi titolo, abbia voglia di collaborare, a contattarci.

Sandro Argentieri: 333-4368532;

Piero Luigi Russo: 349-8471729.

 

Venerdì 22 febbraio 2018 alle ore 18.30, presso lo Chalet del Bar delle Rose a Galatina, il Club per l’UNESCO di Galatina presenterà il libro “Polvere e Vita” di Donato Fanciullo, (Edizioni Manni).

Una storia che coinvolge anche Galatina e la sua tradizione immateriale più importante, con la riscoperta del ruolo di San Paolo nel Tarantismo; e con una dedica dell’Autore all’indimenticabile “Enza Magnolo”. Dialoga con l’Autore il Presidente del Club, Salvatore Coluccia

 

Club per l’UNESCO Galatina

 
Di Redazione (del 21/06/2017 @ 13:39:02, in Comunicato Stampa, linkato 2077 volte)

In occasione delle festività patronali in onore dei SS. Pietro e Paolo, che si svolgeranno a Galatina dal 28 al 30 giugno, il Club UNESCO Galatina ha in programma un ricco calendario di eventi incentrato sull’antico rituale del Tarantismo, allo scopo di valorizzare e far conoscere questo misterioso fenomeno esorcistico che, in passato, durante la festa patronale, richiamava alla Cappella di San Paolo le donne che erano state  morse dalla tarantola; queste, provenienti dai vari paesi del Salento, arrivavano a Galatina in pellegrinaggio per chiedere la grazia al Santo, protettore delle tarantolate, e per bere l’acqua del pozzo della Cappella, ritenuta “miracolosa”. Giungevano a Galatina accompagnate dai familiari e dai suonatori e, danzando al ritmo frenetico della pizzica e dei tamburelli, esorcizzavano la malattia fino a riconquistare lo stato di salute.

PROGRAMMA: "Rievocazione storica dell'antico rito del Tarantismo"

mercoledì 28 GIUGNO

 Ore 19,00 - Palazzo Tanza (Corso Umberto I) 

  •  Rievocazione del rituale terapeutico del tarantismo nel momento della terapia domiciliare con il commento di Loredana Viola (La performance verrà ripetuta alle ore 20,00)

 Ore 21,30 - Piazza San Pietro 

  •  Rassegna Suoni di Puglia: La Taricata

 Ore 23,30 - Piazza San Pietro 

  •  Arrivo dei carretti con le tarantate

 Ore 24,00 - Piazza San Pietro 

  •  LA NOTTE DE SANTU PAULU Raduno spontaneo di tamburellisti e suonatori e formazione delle Ronde

giovedì 29 GIUGNO

 Ore 9,30 - Piazza San Pietro 

  •  Arrivo dei carri con le tarantate

 Ore 10,00 - Cappella di San Paolo

  •  Rievocazione storica dell'antico rito del Tarantismo con la partecipazione di Simona Indraccolo, interprete.

 Ore 21,30

  •  Anteprima nazionale dello Spettacolo PauLAB "lu laboratorio de Santu Paulu" a cura di Andrea Carlino con il coreografo francese Alexandre Roccoli e l'Orchestra Popolare di Puglia diretta da Claudio Prima.

venerdì 30 GIUGNO

 ore 21,00 - Piazzetta Galluccio

  •  Esclusiva dello Spettacolo di danza e musica: CONVEGNO SCENICO SUL TARANTISMO per la regia e con la presenza del ballerino e coreografo Toni CANDELORO

 Artisti
 CINZIA MARZO (cantante)
 LAURA NASCOSTO (danzatrice) 
 CINZIAVILLANI (cantante)
 TIM BARO-GODEFROY (ballerino) 
 GIUSEPPE DELLE DONNE (danzatore) 
 GIORGIO DOVERI (violinista)
 JOELE NUZZO (tamburellista)

 Attori e voci narranti
 PIERO FUMAROLA (docente di sociologia delle religioni) 
 LUIGI CHIRIATTI (direttore artistico della Notte della Taranta) 
 MARIO CAZZATO (storiografo e architetto)
 MAURIZIO NOCERA (scrittore e storiografo)

È un evento straordinario mirato alla comprensione del fenomeno del "Tarantismo".
A Galatina, in una formula esclusiva che vede in scena, per la prima volta, la danza, la musica, la parola e le esperienze di uomini e donne che hanno vissuto direttamente effetti e contraddizioni; da ieri a oggi l'espressione dell'uomo che danza, ribellandosi alla sua terra e, a volte, a se stesso.
Movimenti e suoni primitivi che ispirano la creatività di artisti, e la loro diversità contemporanea.

Eventi collaterali
Dal 22 GIUGNO al 2 LUGLIO 2017

Mostra presso il Museo Civico "Pietro Cavoti" 
IL VELENO DELLA DEVOZIONE opere e documenti sul tarantismo dal '500 al '900 dalla collezione di TONI CANDELORO a cura di FEDERICA TORNESE e TONI CANDELORO

La mostra è dedicata alla "taranta" e al suo mistero che invade da secoli il Salento propagandone un'affascinante e suggestiva ritualità conosciuta in tutto il mondo. Le opere provengono dalla preziosa collezione del danzatore e coreografo Toni Candeloro, una straordinaria raccolta di originali testimonianze a partire dal     `5oo sino agli scritti di Ernesto De Martino e Diego Carpitella sulle loro spedizioni in Salento avvenute nel 1959.
Il percorso espositivo della mostra è stato realizzato adottando un andamento cronologico-tematico per fornire ai visitatori la percezione più chiara di quella storia del passato legata al Tarantismo, fenomeno multidisciplinare che appartiene alla nostra circoscrizione territoriale ma che va ben oltre i confini della Puglia ed il folclore. L'esposizione presenta personaggi e documenti anche inediti, che hanno contribuito a fare del Tarantismo una concreta realtà determinando nel tempo conseguenze storiche, sociali, scientifiche e culturali sul suo tema principale: morso o ri-morso?

Eventi collaterali
1 Luglio 2017 - ore 19.00​

"Sala C. Contaldo" Palazzo della Cultura, Galatina  Presentazione del libro di SANDRA LUCENTE ITINERARI MATEMATICI IN PUGLIA  Una conferenza spettacolo dal titolo
"Se guardo, guardo da regina (delle scienze)" Racconto matematico guidato dall'arte e dalla cultura di Galatina. Presentazione di Angela Beccarisi In collaborazione con la libreria FIORDIlibro

Visite guidate di Galatina per scoprire i "luoghi" della festa.

Un viaggio-racconto sulle tre giornate e il loro "ruolo" differente all'interno dei festeggiamenti per rimarcare la differenza esistente tra i due Santi nella Città: una  differenza mirabilmente sintetizzata nel famoso detto locale Paulu busca e Pietro mangia e nell'appellativo di San Paolo, chiamato lu santu de li forastieri.

L'architettura e gli spazi...in tour:

  • Chiesa Santi Pietro e Paolo Apostoli
  • Cappella di San Paolo presso Palazzo Marra Tedesco (ex Tondi Vignola)
  • Casa Museo del Tarantismo
  • Museo Civico "Pietro Cavoti",  con la Mostra H veleno della devozione e i quadri del Maestro LUIGI CAIULI

Orari visite guidate: 10.00 - 11.00 - 16.00 - 17.00 - 18.00 
Info, costi e prenotazioni: Tel. +39 3929331521

Corsi di pizzica per turisti ed appassionati: 
Istituto Immacolata A.S.P, Via Scalfo, 5 - Galatina 
Info, costi e prenotazioni: cell. +39 3498121035 - +39 3208913526
 

 
Di Redazione (del 17/09/2020 @ 13:38:07, in Istituto Comprensivo Polo 2, linkato 779 volte)

La Festa dei lettori 2020 del Presidio del libro Noha e Galatina  si svolgerà nella mattinata del 28 settembre, in via Petronio a Noha, in via Arno e in via Montecassino a Galatina.

I vari gruppi, ispirati da libri diversi, costruiranno case speciali, barattoli della felicità, scuole in scatola… Il tutto condito da rap al suono della pizzica.
Ecco i libri in gioco:

· I disegni arrabbiati Calvino
· Le città invisibili Calvino
· La scuola che scatole Civardi
· Una casetta troppo stretta Donaldson
· Il venditore di felicità Somà
· Il riccio nella nebbia Norštejn
· La finestra Naia
· La casa più grande del mondo Lionni
· Case così Abbatiello
· Noi siamo tempesta Murgia
· Te lo dico in rap Kento

Buona festa!

Eleonora Longo

 
Di Redazione (del 25/05/2017 @ 13:37:34, in Comunicato Stampa, linkato 1965 volte)

Galatina è tra i 363 Comuni che hanno i requisiti richiesti dal MiBact per la qualifica di Città che legge 2017.

Il Centro per il libro e la lettura  ha qualificato Galatina "Città che legge", inserendola nell’elenco delle  363 Amministrazioni comunali impegnate a svolgere con continuità sul proprio territorio politiche  pubbliche di promozione della lettura.

L’iniziativa, promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo d’intesa con l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia),  “vuole riconoscere e sostenere  la crescita socio-culturale delle comunità urbane attraverso la diffusione della lettura come valore riconosciuto e condiviso, in grado di influenzare positivamente la qualità della vita individuale e collettiva”.

Una Città che legge garantisce l’accesso ai libri e alla lettura, organizza e/o ospita rassegne in grado di mobilitare i lettori e di attivare i non lettori, partecipa a iniziative congiunte di promozione della lettura tra biblioteche, scuole, librerie, associazioni, aderisce a progetti nazionali del Centro per il libro e la lettura.

E  Galatina,  grazie alle molteplici iniziative promosse ed organizzate in campo culturale, soprattutto in questi ultimi anni,  dall’Assessorato al ramo e dalla Biblioteca Pietro Siciliani, e che hanno interessato tutte le fasce d’età,  ha partecipato all’Avviso per la qualifica di Città che legge, ed ha superato la selezione prevista dal bando nazionale, dimostrando di possedere tutti i requisiti richiesti  dal MiBact .

Tra le attività  proposte per la candidatura si segnalano le iniziative svolte anche in collaborazione con  biblioteche, scuole e associazioni e librerie,  quali  La festa cittadina dei lettori, le rassegne  la Notte bianca della Cultura e l’Estate della Cuccuvàscia, nei cui calendari largo spazio viene dato alla diffusione della cultura del libro, il Mese della Memoria a cura del Presidio del libro di Noha, nonché l’adesione ai progetti nazionali del Centro per il libro e la lettura (Libriamoci, Maggio dei libri e In vitro con gi eventi connessi: Festa del libro dei ragazzi e In culla).

Grazie a questo riconoscimento Galatina potrà accedere  ai  bandi di finanziamento che il Cepel lancerà a partire dal 2017, con l’intento di premiare i progetti più innovativi e meritevoli in base a categorie da definire.

UFFICIO STAMPA CITTA’ DI GALATINA

 
Di Redazione (del 18/03/2024 @ 13:36:42, in Comunicato Stampa, linkato 38 volte)

Oggi lunedì 18 marzo alle ore 18:00, nella Sala Conferenze dell’ex “Palazzo De Maria”, in Corte Taddeo, prosegue la presentazione di un Laboratorio di scrittura autobiografica, dal titolo “La scrittura e lo specchio, il cassetto dei ricordi”, che la nostra Associazione intende proporre ai soci e agli amici che vorranno frequentarlo.

Ad animare il secondo incontro introduttivo sarà la prof.ssa Maria Luisa Quintabà che ci presenterà il libro di Duccio Demetrio, “Green autobiography”, un testo utile a suggerire modalità significative “per redigere diari naturalistici, memorie di viaggio, liriche e vere ed autentiche autobiografie”.

L’incontro sarà presentato dalla consigliera Rosa Anna Valletta.

“Green autobiography” è un testo “che si rivolge a chiunque, per professione, volontariato ambientalista, o per pura passione e affezione, anche pedagogica, non voglia dimenticare tutto ciò che i mondi verdi o desolati, aspri, impervi della nostra Terra, dei nostri cieli, delle nostre acque ci offrono e propongono. Quando siamo immersi in essi o quando, negli interstizi rubati al cemento della vita metropolitana, la natura si esprime ugualmente, resiste, si annuncia.”

Un aspetto, quindi, molto importante per avvicinarci, da una particolare prospettiva, alla narrazione autobiografica che intendiamo realizzare nell’istituendo Laboratorio.

Maria Luisa Quintabà è stata nostra gradita ospite in diverse occasioni: laureata in Scienze Naturali nell’Università di Bologna, prima insegnante e quindi dirigente scolastica, dal 2013, anno del suo pensionamento, ha deciso di vivere nella casa di campagna a San Cesario, dove il marito aveva trascorso l’infanzia. Ha iniziato così a gestire l’ettaro e mezzo di campagna trasformandolo da aranceto improduttivo per le avverse e inadatte condizioni del terreno in un giardino di campagna con piante mediterranee, di cui molte autoctone, lasciando ampi spazi ai fiori spontanei portati dal vento, e dagli animali, come uccelli, formiche e insetti vari.

In questo periodo una ampia parte del giardino è invaso dalle orchidee spontanee; ma ogni stagione è caratterizzata da piante locali che vivono in mezzo al frutteto, alla macchia mediterranea e al bosco di querce.

Dal 2015 è la responsabile regionale di ADiPAPuglia, associazione per la diffusione delle piante tra amatori, associazione spesso invitata a partecipare con l’attività di Scambio semi e talee, attività che contraddistinguono i soci presenti prevalentemente nel Salento, ma con presenze anche in zone più settentrionali della Puglia.

Il Presidente

Mario Graziuso

 

Così riporta Pietro Congedo nel libro “Chiesa, convento e ospedale “S. Caterina” di Galatina, nella storia del Meridione d’Italia”. [S.l.: s.n.], stampa 2006 (Aradeo: Guido)

“Nel 1390 la costruzione della nuova casa di cura orsiniana non era stata ancora ultimata, come si evince dall’atto notarile del 28 settembre, relativo alla donazione di vari terreni effettuata da Giovanni Ciranoia di Noia (Noha) a favore di …Frà Nicola da Nardò, Guardiano Procuratore della Chiesa e spedale da farsi nuovo di S. Caterina di Galatina (v. M. Montinari, o.c., doc. n. 13 p. VIII).”

Marcello D'Acquarica

 
Di Albino Campa (del 28/09/2009 @ 13:35:18, in NohaBlog, linkato 3449 volte)

san-michele-noha.jpgGrandi festeggiamenti a Noha di Galatina per S. Michele arcangelo; festeggiamenti che si apriranno oggi con la vigilia della festa e si chiuderanno il 30 settembre . Il Programma delle Manifestazioni civili per festeggiare degnamente il santo sono di seguito riportate :

26 settembre
Festa dei Lettori, ore 18.15 presso l’atrio del castello di Noha

28 settembre
Gran Concerto Bandistico Municipale “Città di Taviano” (LE) Maestro Direttore e Concertatore ANTONIO MARIANI

Al termine della Processione Spettacolo Pirotecnico a cura della Ditta “La Pirotecnica del Sud” di PIERO COLUCCIA di Galatina (LE)

Ore 21.00 “La Grande Orchestra Italiana” in concerto

29 settembre
Celebre Concerto Bandistico Lirico Sinfonico “REGIONE PUGLIA” Maestro Direttore e Concertatore G. CASARANO

Ore 24.00 A conclusione dei Festeggiamenti spettacolo di fuochi pirotecnici curati dalle Ditte “La Pirotecnica del Sud” di PIERO COLUCCIA di Galatina (Le) “Cav. MAGGIO AMODIO” di Tuglie (LE)

30 settembre
ore 21.00 SANDRO GIACOBBE in Concerto

28-29-30 settembre
“Mostra Foto Storiografica 1869-2009” in occasione del 140° Anniversario della Fondazione del Corpo di Polizia Locale di Galatina, piazza S. Michele - 9

Le principali strade della cittadina saranno addobbate dalla premiata ditta L.C.D.C. di Cav. Cesario De Cagna di Maglie (LE).

Ma ora riportiamo qualcosa del iconografia, storia e gnosi del santo. Michele è uno dei tre arcangeli menzionati nella Bibbia. Il nome Michele deriva dall’espressione “Mi-ka-El” che significa “chi è come Dio?”. L’arcangelo Michele è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di Satana. Nel calendario liturgico cattolico si festeggia come San Michele Arcangelo il 29 settembre, con San Gabriele Arcangelo e San Raffaele Arcangelo. Michele è citato nella Bibbia, nel libro di Daniele 12,1, come primo dei principi e custode del popolo di Israele. L’immagine di Michele arcangelo sia per il culto che per l’iconografia, dipende dai passi dell’Apocalisse. È comunemente rappresentato alato in armatura con la spada o lancia con cui sconfigge il demonio, spesso nelle sembianze di drago. È il comandante dell’esercito celeste contro gli angeli ribelli del diavolo, che vengono precipitati a terra. A volte ha in mano una bilancia con cui pesa le anime (psicostasia). Sulla base del libro dell’Apocalisse ne vennero scritti altri dedicati a Michele che finirono per definirlo come essere maestoso con il potere di vagliare le anime prima del Giudizio. L’iconografia bizantina predilige l’immagine dell’arcangelo in abiti da dignitario di corte, rispetto a quella del guerriero che combatte il demonio o che pesa le anime, più adottata invece in Occidente. Nella psicologia gli angeli sono paragonabili alle passioni, cioè a stati d’animo intensi e persistenti; ad esempio la passione d’amore è raffigurata nella mitologia occidentale come l’angelo Eros che colpisce al cuore con una freccia. Nell’Antico testamento sono menzionati solamente quattro angeli, che vengono identificati con il loro nome: Michele, Raffaele, Gabriele e Satana. Il nome Gabriele significa: Kha-Bir-El = “Colui che brama - come l’acqua - Dio”; con il senso di indicare la passione di chi vuole ardentemente conoscere Dio, chi ha sete di Dio. È un angelo che appare all’asceta, e si ricorda ad esempio la sua apparizione a Maometto. Michele indica la passione di colui che difende a spada tratta la sua fede in Dio. Infine Satana indica la passione del credente che rinnega Dio, da cui l’espressione che “chi rinnega Dio cade nelle braccia di Satana”. I tre angeli nominati nell’Antico testamento indicano quindi un percorso mistico che va dal desiderio di conoscenza di Dio (Gabriele), per andare alla fede (Michele) oppure per finire al rinnegamento della fede (Satana). Un tema discusso quello dei santi e della fede popolare, noi senza entrare nella contesa possiamo solo aggiungere che sicuramente a Noha ci saranno tre giorni di festa, luminarie, gioia per una comunità forte e coesa da sempre orgogliosa del proprio paese in tutte le sue sfumature.


Raimondo Rodia

(fonte) 

 
Di Redazione (del 10/11/2023 @ 13:34:12, in Comunicato Stampa, linkato 261 volte)

Libreria Fabula organizza, per Venerdì 24 novembre alle ore 19:00, la presentazione di "La Cattedrale di Sabbia", l’ultimo libro di Leonardo Patrignani, presso il Bar delle Rose di Galatina.

Autore di successo di libri fantasy per ragazzi e vincitore del "Premio Bancarellino 2020", Leonardo Patrignani è anche doppiatore di famosi videogiochi, coach e scout letterario.

"La Cattedrale di sabbia" (Oscar Mondadori) è un thriller che trascina il lettore in un irresistibile viaggio tra memoria e inganno, tra neuroscienze, intelligenza artificiale e futuristiche realtà immersive. Perché alla fine, anche nel 2045 come oggi, saremo fatti di ciò che ricordiamo. Oppure no?

A dialogare con l’autore ci sarà la scrittrice salentina Elisabetta Liguori e tutti gli ospiti che vorranno porgli delle domande, prima del consueto firma-copie. 

Sarà previsto un aperitivo di benvenuto per tutti gli intervenuti.

 Marco De Matteis

 
Di Redazione (del 16/02/2023 @ 13:33:51, in Comunicato Stampa, linkato 258 volte)

L’Associazione "𝑪𝒊𝒕𝒕𝒂̀ 𝑵𝒐𝒔𝒕𝒓𝒂” di Galatina organizza il terzo incontro previsto nell’ambito del progetto "𝑾𝒆 𝒂𝒓𝒆 - 𝑺𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒊𝒍 𝒑𝒂𝒔𝒔𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒗𝒊𝒗𝒊𝒂𝒎𝒐" Puglia Capitale Sociale 3.0, che si svolgerà presso l’𝑬𝒙 𝒄𝒐𝒏𝒗𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝑪𝒍𝒂𝒓𝒊𝒔𝒔𝒆 𝒅𝒊 𝑮𝒂𝒍𝒂𝒕𝒊𝒏𝒂, sabato 18 febbraio 2023, dalle ore 18.00.

Questa volta il tema della conferenza sarà "𝑬𝒍𝒆𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒑𝒆𝒓 𝒍𝒂 𝒍𝒆𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒂𝒆𝒔𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒓𝒖𝒓𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝑺𝒂𝒍𝒆𝒏𝒕𝒐, e la stessa sarà tenuta dal 𝑷𝒓𝒐𝒇. 𝑨𝒏𝒕𝒐𝒏𝒊𝒐 𝑪𝒐𝒔𝒕𝒂𝒏𝒕𝒊𝒏𝒊, profondo conoscitore dell’argomento. Come ci ricorda il Professore nel suo libro “Guida all’architettura contadina del Salento” del 2017, nella nostra regione la cultura contadina conserva profonde radici, che possono ancora oggi farci riconoscere nel paesaggio rurale il profondo rapporto che c’è tra uomo e ambiente, tra lavoratore della terra e la terra stessa.

Si parlerà anche del paesaggio della pietra, raccontato dalla storia che porta fino ai giorni nostri i muretti a secco, testimonianze di una storia e di una cultura quasi dimenticate, e di tratturi, lungo i quali sorsero opifici, chiese osterie e centri urbani.

Città Nostra Aps

 
Di Redazione (del 19/02/2020 @ 13:33:45, in Comunicato Stampa, linkato 675 volte)

La rassegna letteraria del Comune di Galatina, assessorato alla Cultura, Dammi una L torna con un appuntamento nel quale si intreccia la storia e la politica del nostro Paese. Venerdì 21 febbraio, alle ore 18, presso la magnifica cornice dell’ex Complesso Monastico delle Clarisse, Andrea Spiri presenterà il suo lavoro “L’ultimo Craxi – Diari di Hammamet”. Insieme a lui saranno presenti il sindaco di Galatina, Marcello Amante, l’assessore alla Cultura, Cristina Dettù, i consiglieri comunali che dialogheranno con l’autore Pierantonio De Matteis (Andare Oltre) e Giuseppe Spoti (Partito Socialista Italiano). La serata sarà arricchita da testimonianze di due onorevoli: Biagio Marzo (presente nella IX, X e XI Legislatura) e Damiano Potì (VIII, IV, X e XI Legislatura).

A vent’anni dalla morte di Craxi, lo storico Andrea Spiri ripercorre gli ultimi periodi della vita attraverso la lettura dei suoi diari di Hammamet. Lo fa in un libro che scava nell’intimo dei pensieri, restituendone la spiritualità: gli ultimi giorni di Craxi vengono ricostruiti grazie alle riflessioni che egli matura mentre si aggravano le sue condizioni di salute. In Italia, frattanto, si discute e ci si divide sull'eventualità di un suo rientro. Fino al drammatico epilogo del 19 gennaio 2000.

Ufficio stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 22/09/2015 @ 13:33:26, in Festa dei Lettori, linkato 2785 volte)

Come vuole la tradizione anche quest'anno avrà luogo a Noha la Festa dei Lettori con il titolo "CON", sì, la preposizione semplice più bella che ci sia, quella che fondamentalmente indica il rapporto di compagnia o d'unione, e, più genericamente, un rapporto di relazione.

"CON" è anche un prefisso che indica partecipazione, collegamento, interdipendenza o intensificazione.

- Al mattino presso i locali della scuola media ed elementare di Noha: letture, giochi e illustrazioni di storie.

- Nel pomeriggio, alle ore 17.00 nei locali del Centro Polivalente di piazza Ciro Menotti - Noha:

PAROLE, COLORI, VOCI, MUSICA, MOVIMENTO, SPETTACOLO

Con la partecipazione di:

* Eleonora Longo - dirigente scolastica: LA COLLEGIALITA'

* Daniela Vantaggiato - assessore alla Cultura: IL COMUNE

* Antonio Mellone - concittadino: LA COSTITUZIONE

* Paola Congedo - responsabile Presidio del libro: CON CON

* Claudio Stifani - insegnante: LA COMUNIONE

* Adalgisa Romano - insegnante: LA COLLABORAZIONE (Laboratorio didattico)

* Luca Congedo e Fabrizio Forte - musicisti: Il CONTEMPO

* Anna Arces - insegnante: IL CORO

Coraggio, concittadini, convinciamoci: costruiamo comunità concretamente, combattendo conflitti, contemplando costituzione, correttamente comportandoci, confrontandoci con coraggio, compartecipazione, conoscenza. Conviene collegialmente.

Gli organizzatori
 
Di Redazione (del 13/03/2018 @ 13:32:51, in Comunicato Stampa, linkato 1131 volte)

L’impegno di questa amministrazione nella promozione della Cultura come volano sociale e, quindi, anche economico si evince da molti atti già posti in essere, dalla partecipazione con successo al bando della Community Library alla valorizzazione delle attività del Museo passando per un dialogo serrato e proficuo con le scuole di ogni ordine e grado della Città e dalla programmazione di un fitto calendario di appuntamenti culturali previsto per i mesi a venire. Tra le attività per l’immediato futuro un ruolo centrale lo occupa senza dubbio la promozione della lettura, l’incontro con autori, scrittori, artisti e la conoscenza diretta e non mediata del loro percorso personale e culturale. Linea d’intervento questa perfettamente coerente ed in sintonia con le linee-guida della Regione Puglia che ha scelto di attuare uno sforzo senza precedenti per aumentare il numero dei lettori nella regione (la Puglia) che legge meno nella nazione (l’Italia) che legge meno in Europa. E la connessione tra numero di lettori e indici economici è emersa con tale chiarezza ormai che non viene più messa in discussione nel dibattito pubblico. Ecco allora che l’amministrazione di Galatina si pone l’obiettivo di avvicinare scrittori e lettori, creando connessioni, sviluppando relazioni, istituendo reti che il più delle volte arricchiscono tutti gli attori in gioco.

La rassegna che il Comune di Galatina propone va proprio in questa direzione nel momento in cui il mercato librario registra un importante fatto nuovo: le vendite di libri sono in ripresa! Ma all’interno di questo dato, che è già di per sé positivo, ce n’è un altro che apre davvero il cuore alla speranza e che fa davvero piacere segnalare. A scoprire l’amore per i libri sono i bambini. Ma non quelli delle scuole elementari. Quelli proprio piccoli, dai tre ai cinque anni. Sono oltre un milione quelli che nel nostro paese, da soli o in compagnia, con gli amichetti oppure con mamma e papà, spesso con i nonni, leggono, colorano, sfogliano libri e album tutti i giorni. Ma non è solo una questione quantitativa.

La rassegna eleva il livello della proposta culturale mettendo in relazione autori importanti, portatori di una visione, capaci di arricchire e di stimolare il pubblico della nostra Città e di risvegliarne quella fame di cultura che l’ha da sempre caratterizzato. Evento dopo evento, incontro dopo incontro, le tappe della rassegna diventeranno appuntamenti fissi per la comunità di Galatina che si troverà ad alternare autori di fama nazionale ad autori che hanno scelto di valorizzare il loro territorio d’origine passando spesso anche da giovani emergenti. Una carrellata di appuntamenti che è e resterà necessariamente aperta e che verrà arricchita nel corso del suo naturale percorso di crescita. Una carrellata di appuntamenti che coprirà tematiche differenti e complementari incrociando anche le esigenze di diverse fasce d’età: dalla letteratura classica ai libri per bambini, dalla saggistica alla storia della cultura e delle tradizioni locali, dalla cultura pop e mediatica a proposte di nicchia.

Leggere un libro è come uscire cinquanta volte a cena con l’autore, conoscerne il pensiero su diversi argomenti, discutere e confrontarsi con lui pur senza conoscerlo. Nella nostra rassegna lo incontreremo anche fisicamente, ci scambieremo opinioni e sensazioni, e ci andremo anche a cena. Come fosse la cinquantunesima volta. Come fosse un amico di vecchia data col quale abbiamo condiviso non solo le pagine dei suoi libri ma anche quelle della nostra vita.

Il primo appuntamento della rassegna letteraria “Dammi una L” sarà giovedì 22 marzo a partire dalle ore 18,30 nella Sala Celestino Contaldo presso il Palazzo della Cultura, e verrà ospitato il giornalista de La Gazzetta dello Sport Francesco Ceniti che, insieme alla signora Tonina, ha scritto il libro inchiesta su Marco Pantani, sulla carriera, sulle accuse di doping e sugli eventi poco chiari circa la sua morte. Anche da questo libro è stata riaperta l’inchiesta da parte della Magistratura per approfondire molti aspetti. La mamma del campione romagnolo presenta una sua visione del rapporto con il figlio, mentre Ceniti ripercorre cronologicamente la vita, le gesta sportive e anche le vicende giudiziarie.

L’appuntamento, moderato dal giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno, Antonio Liguori, vedrà tra gli ospiti Elio Aggiano, ciclista che ha gareggiato con Pantani e altri ospiti provenienti dagli altri sport che daranno il loro contributo. Il pubblico si interfaccerà come l’autore e con tutti gli ospiti per capire e analizzare cosa è successo realmente a uno dei campioni più amati della nostra nazione.

Ass.re Cristina Dettù

 
Di Redazione (del 14/05/2018 @ 13:30:46, in Comunicato Stampa, linkato 985 volte)

Associazione NotteBlu, dal 2014 impegnata nell’informazione e sensibilizzazione sulla tematica dello spettro autistico, presenta il libro “L’autismo sussurra”, di Dolores Santoro edito da Editrice Salentina, madre di un ragazzino con autismo e vicepresidente della stessa.

Il libro parla delle problematiche inerenti il disturbo autistico e le dinamiche che si innescano nei vari ambiti sociali –a partire dalla famiglia– per estendersi alla scuola, alle strutture di riabilitazione, allo svago.
Un diario in cui si racconta di difficoltà, conquiste, priorità e consapevolezze: un piccolo manuale –in sostanza– che porta con sé un messaggio di fiducia nelle risorse piuttosto che considerare la paura del limite.

L’autrice sarà affiancata dal Prof. Antonio Sedile, Docente di Psicologia Gen. App. presso l’I.I.S.S. “Moccia” di Nardò e l’incontro si aprirà con l’intervento della Dott. Alessandra Franco, psicologa psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, esperta in neuropsicologia e referente per l’area clinica del Presidio di Riabilitazione Funzionale “Istituto Santa Chiara” (Merine, Lecce).
La voce del Sig. Lino Bello accompagnerà il dialogo con la lettura di estratti del libro.

Info:
mail: associazionenotteblu@virgilio.it
o inviare un messaggio privato accedendo a: https://www.facebook.com/associazionenotteblu/

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 19/04/2018 @ 13:30:37, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 2037 volte)

In questa puntata conosceremo il Vescovo Antonio Sanfelice, le cui opere meriterebbero una trattazione a parte ben più voluminosa di un articolo, e due arcipreti di Noha, della famiglia Soli, zio e nipote, uno successore dell’altro.

La Redazione

 

ANTONIO SANFELICE (1660 – 1736)

Vescovo di Nardò dal 24 dicembre 1708  al  1º gen. 1736

Dal 1707 al 1736 i Pontefici furono:

                        Clemente XI (1649-1721)              Papa dal 1700 al 1721

                        Innocenzo XIII (1721-1724)         Papa dal 1721 al 1724

                        Benedetto XIII (1649-1730)         Papa dal 1724 al 1730

                        Clemente XII (1652-1740)            Papa dal 1730 al 1740

 

            Arcipreti di Noha:

            Don Nicolantonio Soli (1662-1727),    parroco dal 1689 al 1727

            Don Andrea Soli (1695-1754),               parroco dal 1727 al 1754

 

            Antonio Sanfelice nato a Napoli nel 1660 da una nobile famiglia, famoso per dottrina, zelo pastorale, vigilanza, saggezza nel governo della diocesi e anche nella molteplicità delle opere compiute, fu eletto Vescovo di Nardò da Clemente XI, il 24 dicembre 1708. Per motivi a noi sconosciuti, giunse a Nardò alla fine 1709 o agli inizi del 1710. Infatti  in uno dei suoi primi documenti si presenta così: Da Nardò, dal palazzo vescovile, questo giorno 18 ottobre 1710, del pontificato del ss.mo in Cristo Papa e Signore Nostro il Signor Clemente per divina provvidenza Papa XI l’anno X, dell’episcopato nostro l’anno terzo, della venuta poi il primo felicemente. Amen.

            Venuto in diocesi, Antonio Sanfelice si dedicò immediatamente e con santo zelo al maggior bene della diocesi, del suo clero, del suo popolo. La sua opera di restauratore, di padre, di pastore e di cultore di storia locale nel far rivivere e tramandare il ricordo dei predecessori e delle vicende memorabili della diocesi di Nardò fu talmente vasta, multiforme e grandiosa, che è quasi impossibile descriverla.

 

I 28 anni del ministero episcopale di Sanfelice a Nardò

            Il Sanfelice apparteneva all’ordine dei Cavalieri di Gerusalemme. Quando fu eletto Vescovo era maestro in teologia, dottore in diritto civile e canonico, prelato domestico, e assistente al soglio pontificio.

            Il 12 novembre del 1710 iniziò la prima visita pastorale della diocesi, che durò sette anni. La visita suscitò ovunque grande entusiasmo di fede e di opere.

            Ad un Vescovo del calibro eccezionale quale era Antonio Sanfelice non poteva sfuggire l’importanza del seminario diocesano, al quale dedicò le sue premure e lo zelo pastorale.

            Il 30 dicembre 1718 indisse la seconda visita pastorale e il 1° gennaio 1719 solennemente la iniziò. Di essa ci ha tramandato gli atti in due volumi ben rilegati, chiaramente scritti e ottimamente conservati. Contengono una meravigliosa, importantissima descrizione della cattedrale, delle chiese parrocchiali e di tutte gli altri edifici di culto allora esistenti, con non poche notizie storiche. Anche della chiesa di Noha si hanno molte notizie. Questi due volumi, specialmente il primo (A-77), sono ben noti a tutti gli studiosi di storia locale e oggetto di frequenti consultazioni e di ricerche: vero capolavoro, preziosa fonte di avvenimenti, di vicende, di cognizioni, di date storiche circa la diocesi di Nardò. Si può ben affermare che Antonio Sanfelice già soltanto per questo, cioè per la straordinaria, lungimirante, sapiente cura e la premurosa esattezza nel tramandarci le vicende storiche intorno a personaggi illustri, a fatti, a chiese, e nel trascriverci tutte le epigrafi che si leggevano nei luoghi da lui visitati, meriterebbe un monumento, la lode perenne e la profonda riconoscenza dei posteri.

            Ancora oggi è viva nel popolo di Nardò la memoria di questo grande Vescovo. La gente a proposito coniò delle espressioni quasi proverbiali, come per esempio: Bunsignore Sanfelice, picca tisse e motu fice, alla cattedrale, addhru no potte fare, purpitu, battisteru e capu artare.

         In poche parole c’è l’espressivo ritratto di Antonio Sanfelice: picca tisse e motu fice. Uomo straordinario, che quasi senza parlare, edifica, costruisce, realizza opere meravigliose.

            Il 10 ottobre 1728 iniziò la terza visita pastorale che terminò nel 1732. In tutto  il tempo del suo episcopato celebrò sei sinodi diocesani,  ma a noi sono pervenute soltanto le costituzioni degli ultimi quattro, quelle del 1727, 1728, 1729, 1730.

            Fu inoltre sua precisa intenzione affidare a persona dotta e competente l’incarico di scrivere la storia accurata e documentata della diocesi. Cominciò per questo a procurarsi tutti i documenti adatti allo scopo. Fece riordinare l’archivio, ne aumentò la mole con raccolte di atti di ogni genere e si fece rilasciare dall’archivista vaticano copie di documenti, dei quali in diocesi non vi erano tracce. Purtroppo non riuscì a far stendere la progettata storia della diocesi.

            Antonio Sanfelice, indimenticabile Vescovo della diocesi neretina, che governò per circa 28 anni, morì il 10 gennaio 1736.

            Come egli stesso aveva desiderato, fu sepolto nella chiesa del Conservatorio, dove giace, presso i gradini dell’altare maggiore. Il cuore però di questo zelante presule fu giustamente sepolto in cattedrale ai piedi dell’altare maggiore. Ce lo attesta il 17° volume del registro dei morti della cattedrale, dove, alla fine del foglio 122 così sta scritto

A primo gennaio 1736

L’ill.mo mons. Antonio Sanfelice morì con li SS.mi Sacramenti. Fu primieramente portato per tutta la città con l’intervento di tutto il capitolo, clero, conventi, confraternite; la mattina poi si fecero l’esequie generali con l’intervento di mons. Arcivescovo di Otranto e mons. Vescovo di Gallipoli; dopo fu trasportato con l’esequie generali nel conservatorio di S. Maria della Purità, dove fu sepelito; il cuore però fu sepolto nella cattedrale avanti la gradinata dell’altare maggiore.

            Nella chiesa del Conservatorio, sulla tomba, fu posta una lapide in marmo con la seguente epigrafe in latino che qui riporto tradotta in italiano:

A Dio Ottimo Massimo

Ad ANTONIO SANFELICE

patrizio napoletano

per famiglia dottrina e virtù illustre

che noto Vescovo di Nardò da Clemente XI Som. Pont.

la diocesi in tempi ostili e difficili resse molto santamente

dei diritti della chiesa fu fierissimo difensore

riparò ornò la chiesa cattedrale e la arricchì di preziosi donativi

istituì nella medesima i mansionari

si adoperò a far insignire il Capitolo di onorifici ornamenti

restaurò il palazzo vescovile

aggiungendovi anche nuove stanze

rese famosi l’archivio e la biblioteca

ampliò il collegio dei chierici

fondò il monte di pietà per soccorrere i poveri

eresse e dotò il conservatorio e la chiesa di M. SS.ma della Purità

infine illustre per meriti e per fama

cessò di vivere il 1° gennaio 1736 ad anni 76 di età 28 di episcopato

la cittadinanza neretina stravinta da tali benefici

qui dove vivente desiderò essere sepolto

pose l’attestato di imperituro rimpianto e di gratitudine

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

         Non c’è dubbio che don Nicolantonio Soli abbia accolto solennemente il Vescovo nelle visite pastorali del 1710 e quella del 1719.     

            Per la chiesa di Noha fu molto importante la seconda visita pastorale, quella iniziata il primo gennaio 1719. A Noha il Vescovo giunse il 27 giugno.  Negli Atti che sono conservati nell’Archivio della Curia di Nardò, che anch’io ho potuto consultare, ci ha lasciato preziosissime informazioni sul nostro paese. Secondo la testimonianza dell’Arciprete Alessandrelli, il Vescovo Sanfelice donò alla chiesa di Noha un crocefisso: Vi sta ancora un Crocefisso spirante d'ottone indorato che tiene in piedi l'immagine della Madonna dove stanno indulgenze plenarie in articulo mortis  concesse da Benedetto XIII regnante, quale Crocefisso serve per gli agonizzanti, e lo donò in detta Chiesa l'llustrissimo Signore D. Antonio Sanfelice vescovo di Nardò. (dalla relazione di M. Alessandrelli).

Sono gli atti di questa visita che ci informano che la chiesa della Madonna delle Grazie (detta volgarmente chiesa piccinna) era anticamente tenuta da sacerdoti greci; che attorno alle pareti di questa chiesa antichissima vi erano dipinte  immagini di santi e caratteri greci che riportavano i nomi di coloro le avevano fatte dipingere.

Frammenti di iscrizioni in greco nella chiesa ‘piccina’:

 

 Sono gli atti di questa visita che ci hanno tramandato le scritte delle diverse lapidi che riguardano la chiesa di Noha. E sono ancora gli Atti di questa visita che ci informano che nel 1719 nel palazzo baronale c’era di sicuro anche una cappellina dedicata all’Annunziata. Infatti nella relazione di quella visita troviamo la seguente annotazione, che dal latino traduciamo così:

            Visitò la cappella (sacellum) di S. Maria Annunziata dall’Angelo che trovò edificata dentro il castello Baronale. Con Decreto il Vescovo sospese la cappella e stabilì che fosse restaurata con cura. La sospensione del Vescovo era una pena canonica e voleva dire che non vi si potevano celebrare riti sacri finché non si fosse posto rimedio al degrado. Ma a quanto pare la cappella non fu mai restaurata. Oggi non se ne  trova più traccia.

            Dopo il 1727 a don Nicolantonio succedette come arciprete don Andrea Soli, suo nipote. Don Andrea fu arciprete dal 1727 al 1754. Consultando i registri parrocchiali del suo periodo veniamo a sapere che molto sovente il parroco era assente, ma non se ne dice il motivo. Solo una volta nel 1728 il sostituto annota in latino che il parroco è assente perché sta partecipando al Sinodo della diocesi di Nardò. E sicuramente l’arciprete don Andrea partecipò a quelli del 1727,  1728, 1729 e 1730. Il primo gennaio 1736 partecipò al funerale del Vescovo Sanfelice.  Perciò c’è un lungo elenco di Sacerdoti  che lo sostituiscono firmandosi con la qualifica di  Substituti absente Paroco.

            Uno di questi Sacerdoti definiti Substituti absente Paroco è don Felice De Magistris. Vale la pena citare questo Sacerdote perchè è lui che nei registri dei battesimi del 1740 descrive con particolari curiosi e interessanti un miracolo attribuito a San Michele Arcangelo. Lo stesso don Michele Alessandrelli, parroco di Noha dal 1847 al 1882, e perciò circa un secolo dopo, molto devoto di San Michele, ha lasciato nei registri di battesimo  un biglietto su cui annota come suo vanto la scoperta del racconto del miracolo che il De Magistris così descrisse:

                        Nohe li 20 Marzo del 1740 - Ad hore mezza della notte giorno di Domenica nella Congregazione di S. Maria delle Grazie haveva io colli fratelli incominciato l'esercizio della Congregazione: voltatosi un temporale tempestoso che non mai sene haveva così veduto, e tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli per l'aria,  S. Michele havendosi da se stesso tirato il velo che lo copriva havendolono visto coll'occhi molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano facendo orazione e di subbito diedero notizia a me sottoscritto che mi ritrovava dentro la detta Congregazione, ed io andato con tutto il popolo cantai le Litanie Maggiori havendo primieramente esposto sopra l'Altare del Glorioso S. Michele le reliquie di questa parrocchiale, e fu tanto lo terrore e lo spavento del miracolo perchè vedeva ogn'uno la faccia del Santo tutta smunta di colore ed imbianchita come la stessa lastra che tenivo ed havendosi da me fatto un sermone al popolo finì la funzione con una disciplina pubblica, e licenziai il popolo verso le quattro hore della notte non volendo in nissuna maniera uscirne il popolo lacrimante ed incenerito per lo spettacolo e spavento del tempo che fuori cessò per l'intercessione del Protettore. Ita est Don Felice de Magistris, sustituto.

            A parte il racconto che dà l'impressione di gente terrorizzata sia per l'uragano e sia per il prodigio, siamo informati dell'orario della catechesi ai confratelli della Congregazione (ad hore mezza della notte giorno di Domenica), anche le donne sono in chiesa per pregare a quell'ora (molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano  facendo oratione), ci viene anche fatto capire che la chiesa aveva il tetto coperto di tegole (tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli dei tetti per l'aria).

            Per orientarsi e comprendere il senso di queste parole, è bene tener presente che qui i fusi orari non c’entrano nulla e che in tutto il Medioevo fino a metà del 1800 c’era un modo diverso di contare le ore. Punto di riferimento era la luce del sole. Il giorno cominciava sempre al tramonto del sole del giorno precedente. Da qui l'usanza ancora oggi di celebrare la Messa della domenica, impropriamente detta 'prefestiva' al sabato sera. Perciò nel racconto del De Magistris 'ad hore mezza della notte' significa alle ore 18. >E ancora 'licenziai il popolo verso le quattro della notte' significa verso le ore 22.

 

            Appartengono al Sanfelice, oltre gli atti delle visite pastorali, di indiscusso valore storico, già ricordati (A-52, A-53, A 57, A-58, A-59, A-77) e gli atti dei sinodi (A-59), i seguenti preziosi volumi dell’A.C.:

            - raccolta di brevi e lettere di varie persone, 1714 (A-3S);

            - raccolta di documenti relativi al diritto dei vescovi di Nardò di scegliere gli oratori sacri (A-55);

            - cause trattate a Roma (A-54);

            - lettere di ss. congreg. e vari personaggi, con relativa risposta, 1708- 1724 (A- 54);

            - platea di censi, olive, vigne

            - raccolta di atti relativi ai diritti spettanti ai vescovi del Salento e specialmente di Nardò (A-SS);

            - inventario delle chiese di Racale, Taviano, Alliste e Felline (A-61);

            - inventario delle chiese di Galatone, Aradeo, Seclì, Noha Neviano, 1710 (A-51);

            - raccolta degli stemmi dei vescovi di Nardò compreso quello dello pseudo-vescovo fra Matteo Del Castello nel 1387, (A-41);

            - inventario delle chiese di  Parabita, Matino e Casarano grande e piccolo (A-58);

            - inventario del capitolo di Nardò, 1710 (A-56);

            - raccolta di documenti di diritto per le cause della diocesi di Nardò (A-43);

            - miscellanea relativa alle chiese di Nardò, due volumi (A-50);

            - raccolta di atti vari (A-14);

            - lettere di varie congreg. e persone relative ai conventi di Taviano, Casarano, Copertino(A-53).

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 14/07/2011 @ 13:28:38, in Letture estive, linkato 3124 volte)

La ragazza con l’orecchino di perla, Tracy Chevalier, BEAT, pp. 240, € 9,00

Tempo di lettura: 2-4 giorni

I colori dell’Amore finalmente stemperati su una tela

Se ora con molta superficialità provassi a sbarazzarmi di voi biascicando qualcosa come “La ragazza con l’orecchino di perla è una semplice storia d’amore”, vi pregherei di non prendermi in seria considerazione. Non scherzo, mi conosco abbastanza da supporre che in tal caso sarei ancora vittima di quello strano effetto anestetizzante, ottenebrante che puntuale segue la lettura di un libro superbo. Pur non volendo, sarei costretto quindi a mentirvi, a nascondere ciò che in realtà rende unico questo scritto, ovvero il contesto storico, culturale e artistico e il connubio tra arte e passione, senza il quale probabilmente il romanzo della Chevalier non avrebbe alcun senso.

 

Approfitto quindi di questo rapido momento di lucidità per confessarvi che il contesto storico in questo romanzo è essenziale, imprescindibile: Ieggendo queste pagine indosserete gli abiti del tempo – siamo nel XVII secolo in Olanda – e vi capiterà di passeggiare insieme alla giovane Griet per le strade di Delft, di ascoltare le grida dei macellai nel Mercato delle Carni, di sentire l’odore nauseabondo del sangue addosso al giovane Peter, di preparare insieme a lei i colori per il signore e poi di posare per lui con le lacrime agli occhi. E solo a questo punto, specchiandovi insieme a Griet nello sguardo contemplativo del pittore, comprenderete l’unicità di quest’amore e sarete inevitabilmente colpiti e atterrati da una calda sensazione di piacere mista a stupore.

 

Una scrittura molto semplice, in uno stile poco ricercato, ma di sicuro in grado di condurre il lettore per mano attraverso la storia ed avvolgerlo al punto da rischiare il soffocamento per eccessiva immedesimazione. Bisognerà pertanto procedere lentamente, pagina dopo pagina, con il fiato sospeso, e non sarà facile per il lettore prevedere le reazioni della giovane Griet alle continue lamentele e alle ingiuste accuse che le vengono rivolte dalla gelosa padrona, al lavoro estenuante che è costretta a svolgere in casa e alle continue schermaglie della piccola Cornelia. Ma a dare alla giovane serva la forza di andare avanti sarà soprattutto il lavoro privilegiato di pulizia dell’atelier del suo padrone, il pittore olandese Vermeer, che prima la inizierà ai segreti della pittura e di lì sino a sfiorare gli effimeri e quanto mai deliziosi lineamenti di un amore purtroppo impossibile.

       
Michele Stursi
 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 24/01/2018 @ 13:28:29, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1641 volte)

Seconda parte della pubblicazione di cui è autore P. Francesco D’Acquarica, nohano, missionario della Consolata, autore di diversi lavori di ricerca storica condotta negli archivi parrocchiali e diocesani. Con questo testo, corredato di immagini, P. Francesco ha voluto studiare i nessi tra chiesa particolare nohana e ordinario diocesano.

La redazione

 

GIOVANNI DE EPIFANIS (1365-1435)

Vescovo di Nardò dal 1413 al 1422

Dal 1413 al 1422 i Papi furono:        

Gregorio XII (1326-1417)            papa dal 1406 al 1415

Giovanni XXIII (1370-1419)        antipapa dal 1410 al 1415

Martino V (1369-1431)                 papa dal 1417 al 1431

Eugenio IV (1383-1447)               papa dal 1431 al 1447

 

            Non si conoscono i nomi degli Arcipreti di Noha di questo periodo. Dal 750 fino al 1450 circa Noha era di rito e culto greco. Nei documenti rintracciati si parla di un protopapa, che identifica la figura dell’arciprete, senza tuttavia rivelarne il nome.

Primo Vescovo della ripristinata sede vescovile fu Giovanni De Epifanis. E da allora la serie dei Vescovi non si è mai più interrotta.

            Il De Epifanis, benedettino, discendeva dalla nobile stirpe dei principi di Benevento, che diede alla società del tempo molti personaggi famosi come comandanti di esercito, Vescovi, Cardinali, e Vittore III (1026-1087) che fu papa dal 1086 alla morte. Perso il principato di Benevento, questa nobilissima famiglia si stabilì a Nardò. Giovanni, quindi, nacque a Nardò da Raimondo De Epifanis e da Giovannella dei Falconi, casati tra i più illustri della città. Vestì l’abito di S. Benedetto nel monastero di S. Maria di Nardò, il cui abate esercitava l’ufficio di Vescovo. Divenne sacerdote dello stesso ordine benedettino e fu abate cantore* del monastero.

* Nei monasteri il "cantore" si occupava dei canti durante i servizi divini. Era anche uno dei tre monaci che conservava le chiavi del monastero. Il Concilio Vaticano II ha ripristinato il ruolo tardo-antico del cantore come guida del canto dell’assemblea, ma la maggior parte di coloro che assumono tale ruolo, purtroppo oggi ha solo una modesta preparazione musicale.

Spinto anche da re di Napoli Ladislao (1376-1414), si adoperò per ottenere il ritorno della sede vescovile a Nardò. Il 12 gennaio 1413 fu eletto Vescovo della sede neretina. Verso la fine del 1422, desideroso di quiete e tranquillità, rinunziò alla cattedra e si ritirò a vita privata, sempre a Nardò, dove morì il 19 ottobre 1435 all’età di 70 anni.

            Ampliò il palazzo vescovile, assegnò ai canonici sicure e migliori rendite, edificò un nuovo convento con chiesa propria per i monaci Benedettini, che dovettero abbandonare il vecchio monastero, divenuto palazzo vescovile.

 

Relazione con la chiesa di Noha

            Per quanto riguarda Noha è importante sottolineare la “Relatio” che Giovanni De Epifanis, indirizzò al Papa nel 1412, mentre ricopriva ancora la carica di Abate. Il papa (che in quel tempo era l’antipapa Giovanni XXIII*) ricevette codesta interessante relazione contenente la storia della diocesi di Nardò e le sue vicende attraverso i secoli, proprio per ottenere il ripristino della sede vescovile.

* Giovanni XXIII antipapa - Baldassarre Cossa (Napoli 1370 circa - Firenze  1419), creato da Bonifacio IX cardinale (1402), ebbe parte principale nella convocazione del Concilio di Pisa, e grande influenza sotto il pontificato del debole Alessandro V, cui successe nel 1410. La Francia, l'Inghilterra e molti stati italiani e tedeschi ne riconobbero la legittimità, da altri negata. Aiutò l'impresa di Luigi II d'Angiò contro Ladislao, ma finì col venire a patti con quest'ultimo (1412). Convocò a Roma un concilio per la riforma della Chiesa, che si limitò alla condanna del teologo britannico John Wyclif (1320-1384). Costretto a fuggire da Roma davanti a Ladislao (1413), dovette consentire a Sigismondo, re dei Romani, la convocazione del Concilio di Costanza, che dopo alcune drammatiche vicende lo sospese e lo depose (1415). A lungo prigioniero, nonostante avesse accettato la sentenza del concilio, fu liberato per ordine di Martino V. Fu creato cardinale vescovo di Tuscolo (1419) poco prima della morte.

            L’abate De Epifanis fu dunque eletto primo Vescovo della  diocesi neretina ricostituita. La sua Relatio è un manoscritto di complessive 27 cartelle, segue la numerazione per fogli (dal f.36 al f.41) scritti sia sul recto che sul verso, ad eccezione del f.36 utilizzato solo sul recto per il titolo stesso della Relatio. Vi è il resoconto delle terre, casali e oppida con la suddivisione della popolazione in greci e latini. Il documento si conserva nell’archivio diocesano di Nardò.

            In questa relazione vengono elencati i diversi paesi che appartengono alla Diocesi: Galatone, Copertino, Parabita, Casarano, Matino, Taviano, Melissano, Alliste, Racale, Felline, Seclì, Neviano, Aradeo, Noha e altri casali ora non più esistenti. Noha è così descritta: Terra Noje similiter Graecorum distat a Nerito passuum millia septem, et habet animas 710 circiter. (La terra di Noe, dei Greci, dista da Nardò 7 mila passi, ed è abitata da 710 persone circa).

            Nel documento citato i luoghi descritti hanno la qualifica di Oppidum = paese, Terra = regione, territorio, Casale = villaggio, borgo. Noha è qualificata come “terra”. In questi luoghi il Vescovo o l’Abate di Nardò nominava i rettori o arcipreti rurali, i quali ogni anno prestavano l’obbedienza al presule di Nardò, il 15 agosto intervenendo alla solenne Messa pontificale. Noha dunque nel 1412 aveva il suo “Arciprete”, anche se non ne conosciamo il nome.

Riporto qui una mia traduzione del documento in questione.

 

Relazione di Giovanni De Epifanis

            Relazione sull’antico e recente stato della Chiesa di Nardò fatta da Giovanni de Epifanis, dal Capitolo e dal Convento dei Monaci per Giovanni XXIII nell’anno del Signore 1412.

            La Venerabile Vostra Santità si è degnata di darci il mandato di Abate del Convento sia dei Canonici che dei Monaci di questa santa sede di Nardò per produrre fedelmente e diligentemente un documento scritto sullo stato decoroso antico e moderno sia delle sede abbaziale che della Diocesi, perché Sua Santità possa decidere, con più maturità e conoscenza, una nuova erezione a chiesa cattedrale con un suo documento scritto con l’autorità apostolica. Dunque la città di Nardò ha ricevuto la fede in Cristo già dai tempi apostolici insieme a molte altre Città e Province: come è documentato nell’antico libro Chronicon Japigiae, che si conserva sia nell’archivio del Palazzo della città e anche nel nostro Archivio. La chiesa principale della stessa città di Nardò è quella della Assunzione della Beata Vergine Maria qualificata col vocabolo di antichissima, e si fa di essa espressamente ricordo dopo 500 anni sia in lettere apostoliche e sia in diversi privilegi dei Principi dei Longobardi: i quali scritti insieme con tutti gli altri o singolarmente possiamo mostrare per maggior sicurezza con tanto di annotazioni documentate. Inoltre in questi scritti questa chiesa è documentata non come una cosa nuova ma antichissima esistente molti secoli prima. A quei tempi dopo essere stata soppressa per la cura delle anime e la giurisdizione spirituale della Diocesi sia stata affidata successivamente a Vescovi e Arcivescovi della diocesi di Brindisi,  a quella la Città  il Popolo si affidò con il permesso della Sede Apostolica e a quella solevano dare annualmente la decima: come appare da antiche lettere e scritture del nostro archivio della chiesa di Nardò. La stessa lettera al Clero e al Popolo del Papa Paolo con data Roma 4 settembre  nella 15ma Indizione dopo il Consolato di Costantino nell’anno ventiduesimo, proibisce al Clero e al Popolo di non eleggere Vescovi senza l’autorizzazione della sede apostolica, ma comanda ai Monaci di sostenersi con i redditi della chiesa. Riguardo allo stato dei luoghi della Diocesi e il numero delle anime, oltre alla città di Nardò, che ha 15 mila e 700 anime, ci sono anche i seguenti luoghi popolati di cui alcuni sono  tra i migliori e più nobili e sono formati dal numero di anime come segue.

 

Il testo che segue è riportato nel latino originale, senza la traduzione italiana, in quanto mi pare si tratti di un latino non molto ostico, anzi intelligibile da parte di tutti.

  • Galatena Oppidum Graecorum (Galatone, paese dei Greci) distat a Nerito tria millia passuum et habet animas 4750 circiter.
  • Cupertinum distat a Nerito sex millia passuum, est Oppidum Latinorum (paese dei Latini) et continet animas 3120 circiter.
  • Oppidum Parabita Latinorum (paese dei Latini) distat a Nerito decem millia passuum, et babet animas 1800 circiter.
  • Oppidum Casarani Magni Latinorum simul et Graecorum (paese dei Latini e dei Greci) distat a Nerito passuum millia quindecim, et habet animas 1100 circiter.
  • Oppidum alterius Casarani inferioris est Graecorum distat a Nerito etiam quindecim millia passuum circiter, et habet animas 430 circiter.
  • Oppidum Matini (paese dei Latini) Latinorum distat a Nerito passuum millia undecim, et babet animas 1240 circiter.
  • Casale Octaviani Latinorum (Taviano casale dei Latini) distat a Nerito passuum millia sexdecim, et babet animas 360 circiter.
  • Casale Melessani Latinorum (casale dei Latini) distat a Nerito millia passum septendecim circiter, et babet animas 430 circiter.
  • Terra Allistae Graecorum (terra dei Greci) distat a Nerito millia passuum sexdecim, et habet animas 140 circiter.
  • Oppidum Racleum Latinorum (paese dei Latini) distat a Nerito millia passum circiter sexdecim, et habet animas 980 circiter.
  • Oppidum Fellini Graecorum (paese dei Greci) a Nerito passuum millia decem, et octo, et animas 1160 circiter.
  • Terra Seclii (Terra du Seclì) distat a Nerito millia passum quatuor, et habet animas 490 circiter, et est Oppidum Graecorum (paese dei Greci).
  • Terra Neuiani similiter Graecorum (Terra di Neviano dei Greci) distat a Nerito sex millia passuum, et habet animas 850 circiter.
  • Terra Aradei similiter Graecorum distat a Nerito sex millia passum, et habet animas 1450  circiter.
  • Terra Noje similiter Graecorum distat a Nerito passuum millia septem, et habet animas 710 circiter. [Noha dunque aveva un numero di abitanti superiore a quello di alcuni comuni come Seclì, Alliste e Melissano, ndr.]
  • Terra Phulciliani Graecorum a Nerito passuum millia tria circiter, et babet animas 170 circiter.
  • Terra Tabelle Graecorum distat a Nerito quatuor millia passuum, et habet animas 200 circiter.
  • Casale de Casulis Latinorum distat a Nerito sex millia passuum, et habet animas 170 circiter.
  • Casale Puteo uiui (Casale Pozzo vivo) Graecorum distat a Nerito quatuor millia passuum, et habet animas 100 circiter.
  • Casale Feudi S. Nicolai de Derneo Latinorum distat a Nerito 12 millia passuum, et babet animas supra 390.
  • Casale S. Nicolai de Calliano Graecorum distat a Nerito passuum circiter decem, et babet animas 130 circiter.
  • Casale Lucugnani Graecorum distat a Nerito tresdecim millia passuum, et habet animas 250 circiter.

Omnia supradicta Oppida, Casalia, et Terrae babent suas ecclesias Parrocchiales, et proprium Archipresbyterum, quae successiue ab Abbate Monasteri Neritoni constituitur, et eligitur. (Tutti i Casali, Terre e Villaggi sopradetti hanno la chiesa parrocchiale e il proprio arciprete costituito ed eletto dall’Abate del monastero di Nardò).

            La conclusione, che ho riportato in neretto, è molto importante perché ci informa che nel 1412 a Noha c’era la chiesa parrocchiale con il suo arciprete nominato dall’Abate del monastero di Nardò.

Inoltre a chiare lettere si dice:

            Terra Noje, Graecorum, distat a Nerito passum millia septem, habet animas 710 circiter. (La terra di Noje, dei Greci, dista da Nardò 7 mila passi, ed è abitata da 710 persone circa). Il Tanzi nel suo libretto dal titolo “L’università di Noha, documenti e note - Lecce 1906” invece di 710 anime scrive 710 focolari, il che significa 4260 abitanti circa.

            Oltre alle predette Terre e Luoghi abitati, l’Abbazia di Nardò ha molti altri feudi e luoghi non abitati a lei soggetti dal punto di vista spirituale.

            Segue poi l’elenco delle abbazie.

 

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 09/08/2010 @ 13:26:58, in No alla Discarica, linkato 3489 volte)

Non finiremo mai. Siamo come assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta.
Stanno preparando "il sacco di Noha".

Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un'altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all'imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d'esecuzione, oltre a tutto il resto).

Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis? Sembra uno spot pubblicitario.
L'intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute.

(fonte Galatina.it)

Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall'antica masseria Colabaldi, sito storico e archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l'elenco. Ma andate oltre: dietro quell'elenco c'è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l'altro, facilmente immaginabile.

Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto. Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso "ben chiuso" in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole con le solite lacrime da coccodrillo che verseremo da qui a qualche anno. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film "Gomorra" (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l'omonimo libro di Roberto Saviano.
Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori (spesso prenditori e basta).

E poi perchè tra la roba conferita deve esserci pure il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l'elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento) e troverete anche plastica e vetro. Perchè buttarli in discarica?

Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima "scelta ecologica" non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell'immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c'è) si farà diventare edificabile quella "nuova area", tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi.

Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l'area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l'immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria Colabaldi. Non c'è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo.

Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì.

Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell'intorno della parrocchia di San Rocco, i vicini ed i lontani, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste informazioni, magari arricchendole con nuove notizie e nuovi dati.

Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all'oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.


Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 11/05/2022 @ 13:26:43, in Comunicato Stampa, linkato 419 volte)

In occasione della 12. edizione de Il Maggio dei libri, la campagna nazionale per la promozione alla lettura istituita dal Centro per il libro e la Lettura del Ministero della Cultura, il Polo Bibliomuseale di Galatina, con il Comune di Galatina e in collaborazione con Libermedia s.a.s., organizza un ricco calendario di iniziative rivolte ad un pubblico di tutte le età.

Il Maggio dei Libri celebra anche quest’anno l’importanza della lettura come strumento per la crescita sociale e personale di ciascuno di noi. “Leggere per comprendere il passato”, “leggere per  comprendere  il  presente”  e  “leggere  per  comprendere  il  futuro”  sono  i  tre  filoni  che declinano e accompagnano il tema che dà il titolo all’edizione di quest’anno, ContemporaneaMente:   un   libro   come   chiave   per   conoscere   il   mondo   che   ci   circonda, contemplarne le origini e immaginarne il futuro.

Si parte mercoledì 11 maggio, e per tutto il mese, con l’iniziativa Forte è la libertà: Pietro Cavoti, Gioacchino Toma e il Risorgimento, un viaggio alla scoperta del Risorgimento attraverso i documenti appartenuti a Pietro Cavoti e il racconto vivo di Gioacchino Toma, attraverso le pagine della sua autobiografia, Ricordi di un orfano: due grandi artisti galatinesi, uniti da una forte amicizia e da profondi ideali di libertà. L’iniziativa si articola nella mostra di documenti, materiale di propaganda, periodici e discorsi relativi alle tre Guerre d’indipendenza (dal compendio della Costituzione concessa dal re borbonico Ferdinando II al discorso di Emanuele II del 1866, dal resoconto dell’adunanza del Circolo costituzionale del 31 marzo 1848 al decreto di nomina di Garibaldi come dittatore del Regno delle Due Sicilie da parte di Vittorio Emanuele), custoditi nel prezioso Fondo Cavoti del Museo civico, e nella lettura di alcuni passi dell’autobiografia di Toma: è rivolta  alle  classi  delle  scuole  secondarie  di  1°  e  2°  grado.  Per  l’occasione,  la  mostra  sarà, comunque, visitabile per tutti durante l’intero mese di maggio.

Per i piccoli lettori è prevista l’attività Il futuro è nelle nostre mani e nelle nostre voci, ossia una lettura teatralizzata, con laboratorio creativo, del libro Verdure arrabbiate : la fabbrica delle cose inutili di C. Gobbetti e D. Nikolova (Sassi, 2021): il personale bibliotecario, insieme ai volontari del Servizio civile, avvalendosi di un teatrino, intende stimolare la riflessione sul futuro del nostro pianeta, che è nelle mani, e nelle voci, dei bambini di oggi che saranno gli adulti di domani. Il primo incontro di lettura sarà sabato 14 e verrà replicato venerdì 20 e venerdì 27, a partire dalle ore 16:30.

Infine, mercoledì 25 alle ore 17:30 è la volta dell’incontro “Il padre del pensiero italiano: Dante nella lettura di P. Siciliani. Durante la serata il prof. Francesco Luceri, docente di storia e filosofia presso il Liceo Capece di Maglie, nonché profondo conoscitore del filosofo galatinese, ci accompagnerà  alla scoperta  di Dante attraverso  l'animo  e gli studi  di Pietro Siciliani e di Cesira Pozzolini.

Tutti  gli appuntamenti avranno  luogo  presso le sale del Museo  civico  "P. Cavoti", dove  è momentaneamente ospitata la Biblioteca comunale, con ingresso da Via Cafaro l.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 13/11/2023 @ 13:25:50, in Comunicato Stampa, linkato 240 volte)

Aprire un libro ed entrare in una storia, attraverso le parole e le immagini, è una delle esperienze più belle che un bambino e un adolescente possano fare.

Leggere apre la mente, stimola domande e regala risposte, ma queste non saranno mai definitive, ultime, c’è bisogno anche della fantasia, dell’immaginazione che aiuteranno i più piccoli a costruire la propria identità. In questo processo, gli insegnanti e i genitori assumono quel compito fondamentale di mediatori e di compagni. Ecco perché vale la pena segnarsi in agenda i più importanti appuntamenti letterari dell’anno, con i tanti eventi collaterali dedicati ai piccoli: andarci insieme, potrebbe essere l’occasione per scegliere la prossima storia da leggere!

L’Istituto Comprensivo Polo 1 di Galatina e Collemeto ha concluso, anche quest’anno, l’esperienza dedicata al progetto nazionale “Io Leggo Perché”.

Durante tutta la settimana dedicata, gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria sono stati coinvolti in un percorso dinamico di lettura - ascolto di due albi illustrati “La montagna più alta del mondo”, “Non tutte le principesse”, hanno visitato le librerie, hanno sperimentato attività grafico-manipolative realizzando una grande farfalla e libri di carta improvvisandosi “autori”, da riempire con i propri elaborati testuali o grafici perché “i libri ti danno ali per volare”.

Invece, gli alunni della scuola secondaria di primo grado e le classi quinte della scuola primaria, hanno aperto le porte a famiglie e librerie per l’evento “Liberi di diventare grandi” partendo da “Le fiabe capovolte” per riflettere sulla parità di genere.
Alunni impegnati nell’intonare e drammatizzare Pippi Calzelunghe e la postina, con lettura di brani dedicati tratti dal libro “La portalettere” (di Francesca Giannoni) e Corse di Tram (di Eleonora Laffranchini) e poi ancora Tremotina, La gatta con gli stivali, Raperonzolo, Cenerentolo. Non sono mancate letture in lingua francese (“Les filles peuvent le faire aussi et les garçons peuvent le faire aussi” di Sophie Gourion), in lingua spagnola (“Tal y como soy” di Hélène Druvert) e in lingua inglese (“Not all princesses dress in pink” di Jane Yolen e Heidi E. Y. Stemple e “Billy Elliot”) assieme agli interventi musicali a cura dell’Orchestra Giovanile Giovanni Pascoli e gli allestimenti artistici.

I nostri elaborati finali (tutti inseriti all'interno di un videoclip) sono stati condivisi sulla piattaforma #ioleggoperché che ci permetterà, insieme a una libreria con noi gemellata, di partecipare a un concorso a premi (contest) insieme ad altre scuole del territorio nazionale e avere la possibilità di vincere un buono acquisto del valore di mille euro, utilizzato per acquistare libri per le biblioteche scolastiche.

La dirigente Luisa Cascione: “Questa sera abbiamo letto insieme, abbiamo raccontato e condiviso storie ed emozioni attorno al nostro “focolare-scuola”, abbiamo letto due volte, per noi stessi e per gli altri, perché solo dalla costruzione del noi deve emergere l’io; abbiamo letto perché senza uguaglianza non c’è democrazia, senza riconoscimento reciproco non c’è giustizia e non si può aspirare alla pace, senza parità di genere non c’è futuro”.

 Fiorella Mastria

 

Giovedì 29 dicembre, presso la Chiesa del Collegio a Galatina, nell'ultimo appuntamento del 2022 della Rassegna "Incontri al Collegio" alle ore 18,30 avremo il piacere di ospitare, nella sua veste di scrittrice la dott.ssa Maria De Giovanni. Presenterà il libro autobiografico " Sulle orme della sclerosi multipla. La Rinascita"..... La disabilità non è coraggiosa lotta o il coraggio di affrontare le avversità. La disabilità è un modo ingegnoso di vivere".. Da anni affetta dalla sclerosi multipla, Maria De Giovanni è esempio di lotta e determinazione, si è inventata una nuova vita per aiutare gli altri. Per questo ha ottenuto numerosissimi premi e riconoscimenti, è Ufficiale al merito della Repubblica Italiana. Presidente di SMAISO Sunrise Onlus, collabora con il Nuovo Quotidiano di Puglia, è direttrice del sito SalentoDonna e tante altre iniziative e progetti la vedono protagonista tra cui " Il mare di tutti" talassoterapia per le persone con sclerosi multipla.

Dialogherà con lei Don Francesco Coluccia incaricato per la Consulta della Pastorale Sanitaria.

Introduce Don Antonio Santoro Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia. Saluti istituzionali del vicesindaco Mariagrazia Anselmi.

 Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 17/05/2018 @ 13:25:25, in Comunicato Stampa, linkato 1268 volte)

La rassegna letteraria “Dammi una L”, organizzata e promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Galatina, arriva al terzo appuntamento. Domenica 20 maggio alle ore 21, presso il Circolo Arci Levèra, sito in via Bellini a Noha di Galatina, sarà ospite il giornalista, direttore de L’Espresso e opinionista televisivo in diverse trasmissioni di approfondimento su la7 (Propaganda Live, Maratona Mentana) Marco Damilano.

Lo scrittore presenterà il suo ultimo libro "Un atomo di Verità", scritto per far luce su tutta la vita del Presidente della Democrazia Cristina Aldo Moro, ammazzato dalle Brigate Rosse. Come ha avuto modo in molte occasioni di sottolineare lo stesso Damilano, di Moro si parla spesso solo degli ultimi 55 giorni della sua vita, e cioè del rapimento, del sequestro e dell’assassinio. Il libro descrive la figura umana e politica, la vita privata, quella pubblica, lo stile utilizzato nel dibattito partitico, la sua pacatezza, i modi e le caratteristiche.

“La rassegna letteraria rappresenta un momento importante – dice l’assessore Dettù – per lo sviluppo della cultura, perché si avverte la voglia dei cittadini di partecipare a convegni, eventi, dibattiti, di essere parte integrante della società, di informarsi e formarsi, di creare una relazione diretta con autori, scrittori e artisti senza filtri. La conoscenza è l’unico mezzo che abbiamo per crescere, per capire, per essere liberi.”

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 27/04/2018 @ 13:24:15, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1868 volte)

E’ vero: la storia non ci dice dove andremo (si tratta di una decisione che spetta a noi, se ne siamo capaci), ma da dove veniamo. E scartabellare le carte di un archivio è come percorrere un’avventura contro tempo, quando il passato si disvela con sorprese inimmaginabili e senti che alcune cose che ti appartengono per chissà quale strampalato marchingegno. Continuiamo a seguire la Storia così come raccomodata da P. Francesco D’Acquarica: chissà che non troveremo qualcosa che parlerà di noi.

La redazione

 

Francesco Carafa (? -1754)

(Vescovo di Nardò dall’11 aprile 1736 al  1º luglio 1754)

 

Dal 1736 al 1754 i Pontefici furono:

            Clemente XII          (1652-1740)                         Papa dal 1730 al 1740

            Benedetto XIV        (1675-1758)                         Papa dal 1740 al 1758

 

            Arciprete di Noha

            Don Andrea Soli (1695-1754), parroco dal 1728 al 1754

 

            Francesco Carafa, napoletano, dei duchi di Monte Calvo, fu eletto Vescovo di Nardò il 15 aprile 1736. Compì più volte la visita pastorale della diocesi, tramandandocene relazioni scritte, ma di poca importanza. Il Carafa morì santamente il 1 luglio 1754 dopo 18 anni di episcopato.

            Di questo periodo è da sottolineare il gravissimo terremoto che colpì il meridione di Italia. Il 20 febbraio 1743, mercoledì, verso mezzanotte, nella città di Nardò e dintorni un terribile terremoto scosse per circa otto minuti tutto il territorio. Ebbe l’epicentro a poca distanza dall’abitato seminando rovina e morte. Pochissime case, circa una ventina, rimasero intatte, le altre o crollarono interamente o furono gravemente lesionate e rese inabitabili. Le chiese e gli edifici pubblici andarono in rovina, interamente o parzialmente.

            La facciata della cattedrale, fatta costruire pochi anni prima dal Sanfelice, fu danneggiata e lesionata: caddero le due statue laterali di S. Basilio e di S. Benedetto, quella centrale dell’Assunta, posta sulla sommità, e il campanile. Gravemente danneggiato fu il seminario: alcuni vani rimasero pericolanti ed inabitabili.

     Andò completamente distrutto il vecchio palazzo di città, che sorgeva sulla piazza principale, costruito nel 1612 in forma magnifica. Crollò la chiesa di S. Francesco di Paola. Cadde e andò in frantumi il campanile della chiesa di S. Domenico. Crollò la chiesa della V. del Carmine. Le vittime furono 112 in gran parte donne e bambini.

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            L’arciprete di  Noha era ancora don Andrea Soli di cui abbiamo già scritto. Sicuramente accolse con zelo il Vescovo nelle diverse visite pastorali che il Carafa indisse in tutta la diocesi.

            Non bisogna dimenticare il grave terremoto del 20 febbraio del 1743, sopra citato. L’epicentro fu nel Canale di Otranto a circa 50 km dalla costa. Le maggiori distruzioni furono subìte dalle città di Francavilla Fontana e di Nardò, dove raggiunse 6.9 della scala Richter, e da Amaxichi, una località dell'isola di Lefkada (Isole ioniche) in Grecia. E si sa che un terremoto di quella potenza può fare danni fino ad un raggio di 100 chilometri.

            Il nostro don Andrea non dice niente a proposito, anzi nei registri parrocchiali dei mesi attorno a quella data (febbraio 1743) non registra né morti, né nati, né sposati: quasi come se non fosse accaduto nulla. Certamente anche a Noha ci furono dei danni, ma non tali evidentemente da esser riportati nei registri parrocchiali.

            Ci sembra di ricavare dai registri che don Andrea fosse un tipo piuttosto disordinato, distratto e confuso, iniziava le sue attività con entusiasmo ma presto lasciava perdere o si scoraggiava. Non ha fatto opere particolari per la chiesa di Noha che meritino di essere ricordate, salvo la lapide sepolcrale che fece apporre accanto all'altare di S. Michele in memoria dello zio Don Nicolantonio .

            Nei registri parrocchiali dopo il 1754 di don Andrea si perdono le tracce. Gli succederà don Giacomo Pignatelli.

 

 

          Marco Petruccelli (1705-1782)     

 

Vescovo di Nardò dal 16 dicembre 1754 al  18 nov. 1781

 

Dal 1754 al 1781 i Pontefici furono:

            Benedetto XIV (1675-1758)                    Papa dal 1740 al 1758

            Clemente XIII (1693-1769)                    Papa dal 1758 al 1769

            Clemente XIV (1705-1774)                     Papa dal 1769 al 1774

            Papa Pio VI (1717-1799)                          Papa dal 1775 al 1799

           

            Arciprete di Noha:

            Don Giacomo Pignatelli (1720-?),        parroco dal 1755 al 1773

            Don Oronzo Stifani (1746-?),                parroco dal 1774 al 1822

 

            Marco Petruccelli, professore di teologia, laureato in Diritto, nacque in Ariano, provincia di Avellino l’8 agosto del 1705, e fu eletto Vescovo di Nardò il 16 dicembre 1754 da Benedetto XIV, Papa dal 1740 al 1758.

            Il nostro Petruccelli era già esperto e da molto tempo nel ministero pastorale per essere stato in precedenza vicario generale in più diocesi, in Puglia e fuori dalla Puglia. Durante i lunghi 28 anni di episcopato più volte compì la visita pastorale della diocesi.

            Morì a Nardò il 14 settembre 1782, alle ore 7 all’età di 77 anni. Fu sepolto nella cattedrale, di fronte alla porta della sagrestia, di fianco alla tomba di Francesco Carafa.

            A cura del nipote Pasquale Petruccelli fu collocata una lapide marmorea, con una epigrafe sormontata dallo stemma vescovile che qui riporto in italiano perché sintetizza bene la vita di questo  Vescovo:

 

A Dio Ottimo Massimo

A perpetuo ricordo di

MARCO PETRUCCELLI

vigilantissimo Vescovo di Nardò

che per ventotto anni

così santamente soddisfece al suo ufficio

da eccellere nel restaurare il culto

e il rito sacro

nel rivendicare i diritti della cattedra

nel rendere il sommo onore a Dio

nella costante giustizia verso gli uomini

morì il 14 settembre 1782

Pasquale Petruccelli Arcidiacono neretino

all’incomparabile zio paterno

pose

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            Nel lungo periodo dell’episcopato di Petruccelli (28 anni come il Sanfelice, ma ben diverso) non troviamo nulla di importante che si riferisca alla chiesa di Noha.        L’arciprete di Noha è Don Giacomo Pignatelli, che fu parroco dal 1755 al 1773. Negli ultimi anni dell’episcopato del Petruccelli troviamo l’arciprete Don Oronzo Stifani, parroco dal 1774 al 1822. Ma di quest’ultimo parleremo più avanti. Il nostro don Giacomo era  nativo di Galatone, ma fu Arciprete di Noha per 18 anni. Sicuramente avrà accolto il Presule in occasione delle diverse visite pastorale alla diocesi. Il 2 maggio 1768 nei registri parrocchiali è annotata una visita pastorale, così pure il 2 aprile 1770. Anzi nella visita di due anni dopo, quella del 15 marzo 1772, leggiamo anche l’osservazione del convisitatore incaricato che scrive:

Essendosi da me riconosciuto il presente libro abbiamo ritrovato l'atto il 3 novembre dell'anno 1771 è notato il Battesimo conferito a Mauro Oronzo Lionardo figlio di Giandonato Valente e Rosa Calente. Non vi sono annotati dei Padrini nè confermati anche dalla iscrizione dell'arciprete. Ordiniamo perciò che in ricoreggersi il presente si suppliscano dei cennati difetti e per l'avvenire sia più accorto l'arciprete in descrivere tutto il necessario senza mancarvi una sillaba. Nel rimanente è stato invitato ed … del libro de Battesimi e non si è riconosciuto altro difetto sia approvato. Dato in Nohe nella S. Visita questo dì 15 Marzo 1772. Io Ab.D. Joseph Can. de Tullie convisitator.

            In questo periodo a Noha ci sono diversi sacerdoti che aiutano il parroco. Riporto qui l’elenco:

1.        Don Lup'Antonio Greco (Noha 1711- Noha 1795).

2.        Nel 1769 Don Francesco Pignatelli di Nardò, d'anni 70. Nato a Nardò nel 1699 e morto a Noha il 23 giugno 1769. Questo l’atto di morte che si trova nell’archivio di Noha:

            Le 23 Giugno 1769

Il Rev.do D. Francesco Pignatelli di Nardò d'anni 70 passò da questa a miglior vita a 23 d. fu confessato e comunicato per viatico e munito col sacr.  dell'estrema unzione da me infrascr. e fu raccomandata l'anima colle solite preci e fu sepelito nella chiesa parocchiale nella sepoltura dei Sacerdoti, onde D. Giacomo Arcip.   Pignatelli.

3.        1773 - Don Pasquale Carallo di Aradeo.

            Fino al 9 Dicembre 1773 i registri sono firmati dal Pignatelli. Dal 23 dicembre 1773 la firma è dell’Economo Curato don Giuseppe Carallo di Aradeo. Al primo gennaio 1774 Economo Curato è don Oronzio Stifani, che diventerà arciprete di Noha e lo sarà per ben 49 anni.

 

Sede vacante dal 1781 al 1792

(Per un periodo di 11 anni la Sede Episcopale di Nardò non ha un Vescovo) 

Dal 1781 al 1792 il Pontefice era:

            Pio VI  (1717-1799)                                               Papa dal 1775 al 1799 

            Arciprete

            Don Oronzo Stifani, (1746-?),                           parroco dal 1774 al 1822

 

            Morto il Vescovo Petruccelli la sede episcopale di Nardò rimase vacante per un 11 anni. Il 19 settembre 1782, pochi giorni dopo la morte del Vescovo, si riunì il Capitolo della cattedrale e furono proposti tre candidati a vicario capitolare: Salvatore Del Prete, Achille De Pandis e l’arcidiacono Pasquale Petruccelli, nipote del Vescovo scomparso. Su 24 votanti le votazioni ebbero questo risultato:

Salvatore Del Prete           13       

Pasquale Petruccelli         12       

Achille De Pandis              10

            Fu così eletto Salvatore Del Prete che, subito dopo il canto del Te Deum, prese possesso della curia e degli altri uffici. Fu uomo dottissimo, di esemplare condotta, assiduo al servizio corale e alle altre funzioni della cattedrale e del capitolo. Rimase in carica fino all’arrivo del nuovo vescovo che avverrà il 16 maggio 1792.

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            Nel lungo periodo dell’arcipretura di don Oronzo Stifani, quasi cinquant’anni, non c’è nulla da segnalare, purtroppo. Come vedremo nella prossima puntata, in questo periodo Noha perse anche la sua autonomia politica diventando frazione di Galatina.

 

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Giuliana Coppola (del 04/01/2013 @ 13:23:23, in Presepe Vivente, linkato 3003 volte)

"Eccovi di seguito il tanto atteso articolo della prof.ssa Giuliana Coppola, giornalista e scrittrice e amica di Noha"

Giuliana CoppolaIn men che non si dica” ti ha abbracciato anche quest’anno la Madonna, bellissima e sorridente e poi hai baciato anche Giuseppe, così tanto per essere proprio al colmo della serenità. E già però, profumavi di pane e di pucce e di farina e d’orzo e di pomodori d’inverno e di pittule e, se ti fosse possibile, se non ci fosse stato Marcello, D’Acquarica s’intende, ad aspettarti lì, tra la gente, a Noha, tu saresti rimasta legata alla manina calda di Simone, il tuo folletto portafortuna, per continuare all’infinito la corsa a saltelli verso ‘mpa Rocco e il suo cavallo buono come il pane. Parola astratta è “cultura”. Ma tu hai letto, perché l’ha scritto Marcello “Cultura è la solidarietà incondizionata, l’educazione, la famiglia, l’esperienza degli anziani, la salute pubblica, l’acqua, l’aria, la terra, la scuola, i sentimenti… condivisione, attenzione all’altro, sacrificio per il bene comune, amore disinteressato, non discriminante”; l’hai letto e anche per questo sei tornata qui, nell’antica masseria Colabaldi e avevi voglia invece, di resistere all’invito dell’Antonio Mellone (chi altri se non lui?). Non volevi, infatti, abbandonarti, ancora, a groppo di nostalgia.
Invece, questo succede a Noha; bisogna andare lasciandosi guidare, stavi per dire cullare, dalla manina di Simone, dal passo sicuro di Antonio, mentre vento scompagina pagine del libro-saggio-biografia di Marcello e Giuseppe ti accompagna nel viaggio in questo presepe che presepe, a dir la verità, proprio non è; chè presepe, di per sé, parola così dolce e così densa di significati, in fondo è termine che, a volte, sa d’antichi steccati; qui è la vita che respira e ha profumo d’arte e di tradizione, leggerezza di ricamo e di tombolo, forza d’una storia che ha senso perché il paese-comunità, quello che ora ti attende anche attorno ad un libro, lo ritrovi ben saldo intorno alle sue certezze. Insieme si può e non hai voglia di pensare né di scrivere “si potrebbe” e poi non te lo perdonerebbe mai L’OSSERVATORE NOHANO (ed il sito dell’Albino) cui, in fondo, si deve il senso di ogni iniziativa.
Insieme si può trasformarlo il “mondo”, acciuffarlo mentre sembra che rotoli sempre più giù, acciuffarlo iniziando da Noha e lo si tiene ben stretto e gli si impone di fermarsi e, siccome è stanco, lo si invita ad adagiarsi sui cannizzi di Antonio Tundo e dei figli suoi Raffaele e Simone e, intorno a lui, per consolarlo, rifocillarlo e tenergli compagnia, s’alterneranno Gabriele che profuma di forno e Silvia, la madonna sorridente e Daniele che oggi è anche san Giuseppe e l’angioletto dai riccioli d’oro che t’ha offerto una puccia tutta terrena e Michele che, cantando, ricorderà al mondo che è partito ma ora è tornato; e se avrà fame, il mondo, ci penseranno e Massimo e Roberto coi prodotti del forno loro e l’Antonio che ama fare il contadino; non mancheranno i legumi di Piero e il latte del gregge di Franco il pastore e la Lina e l’Anna e le loro amiche faranno pasta fresca in quantità mentre Clara ricama e Marco scolpisce la pietra e Michele l’antiquario s’affretta ad ornargli dimora e Mimino a riparargli stivali consumati.
Intorno c’è profumo d’orzo tostato come un tempo ché non hanno fatto mancare nulla a questo presepe che è la vita, Giuseppe Cisotta e il suo papà Luigi e il figlio Luigi (non poteva chiamarsi diversamente) e poi anche Giuseppe Cioffi e tutti gli altri che sfugge sempre qualche nome nel paese; ora, il “mondo”, quello che stava per rotolare, riposa tranquillo e sogna giorni che profumano d’arance limoni e mandarini e poi s’accende luna e dormono coniglietti e agnellini e l’asino buono e il bue paziente e il cavallo dalla faccia di nonno e le galline e si è addormentato anche Gesù e i soldati e le cortigiane dell’harem tra spezie e tappeti.
Tu invece, devi correre via, pucce calde ben strette al cuore, groppo d’emozione in gola e manina di Simone nell’altra mano, quella libera; c’è Marcello che t’aspetta e quando lo ritrovi “in men che non si dica”, ti confida “il mio sud è un rifugio sicuro, un’emozione, una preghiera in cambio di un po’ d’amore. Un “mondo” mai da dimenticare, fatto di giochi per le strade, per i campi, fatto di fango e di canneti, d’arsura e di tramontane, di fiabe e di paure, di sogni e di libertà…la casa”.
Ritornerai, ma certo che tornerai che t’aspetta anche la Lilliana, nel suo abbraccio che sa di saggezza giovane ed antica. Un caffè e via perché da qui comincia e termina ogni viaggio.

Giuliana Coppola

 
Di Marcello D'Acquarica (del 05/07/2023 @ 13:23:04, in NohaBlog, linkato 502 volte)

Nel 2021 P. Francesco D'Acquarica, in occasione del suo sessantesimo di sacerdozio, ha dato alle stampe la nuova Storia di Noha, un novello volume di 488 pagine del formato 23X16 cm, con copertina semirigida.

Il libro ricco di immagini e grafica a colori, oltre ai dati della "vecchia" storia di Noha, contiene anche i risultati delle nuove ricerche dell'autore sulla sua sempre amata piccola patria: uno scrigno di parole e storie tutte da scoprire.

Il volume è fuori catalogo, ma oggi chi volesse regalarsene (o regalare) una copia potrebbe farlo contattando la redazione di Noha.it prenotandone una ristampa alla modica cifra di 50 euro: il costo equivalente di due pizze e due birre.

Marcello D'Acquarica

 
Di Albino Campa (del 14/07/2011 @ 13:21:49, in Un'altra chiesa, linkato 2603 volte)

Un’idea sconclusionata si aggira per i meandri di menti superficiali e poco acconce alla problematica politica e anche religiosa che si ritrovano in molti dibattiti, convegni, giornali. L’idea è questa: Non si tratta più di parlare di politica nei vecchi termini di destra, sinistra e centro, ma di affrontare i temi concreti. Questa affermazione è becera, ingiusta, qualunquista e fuorviante perché vuole livellare tutte le differenze ideali che stanno dietro ogni scelta politica. Non a caso l’ha fatta sua il senatore Enrico Musso, ex Pdl oggi al gruppo «fritto misto» del senato. Per lui è importante differenziarsi per racimolare voti tra i cattolici perché se non c’è più destra e sinistra, lui sta al di sopra, quindi è affidabile. Per me è il contrario.

Non è vero che oggi non bisogna parlare di politica di destra o di sinistra perché urgono i problemi concreti. Questo modo di pensare la politica uccide la Politica e la trasforma in qualunquismo del peggior stampo. Destra e Sinistra non sono etichette che si mettono e smettono come sulle cassette da frutta, ma sono «visioni» di vita, prospettive antropologiche, angoli di visuale dell’organizzazione della società.

La Destra è classista perché mira al bene di una piccola parte, quella benestante, anzi ricca. Parla di mercato, ma poi corrompe i meccanismi per alimentare la crescita finalizzata non al bene comune di tutta la società, ma solo di quella che specula finanziariamente, che accumula con gli intrallazzi e le protezioni politiche, camorristiche, piduiste e religiose. La destra parla di liberalismo e meritocrazia, ma poi fa il contrario perché ritiene i detentori della ricchezza più liberali degli altri con privilegi propri e inamovibili. Promuove solo per raccomandazione, per utilità, interessi e casta. La Destra da che mondo è mondo ha sempre fatto gli interessi dei ricchi e si è sempre servita dei poveri per accrescere la propria ricchezza con lo sfruttamento, con il lavoro, nero, con il razzismo, con la demagogia, con ogni turpe accordo con chiunque purché sia turpe e garante di risultati, non importa come si perseguono. La Destra è sempre stata la rovina dei poveri e della gente perbene.

La Sinistra (a scanso di equivoci dico subito che oggi non esiste «più») dovrebbe essere (Oh! come è bello il condizionale che almeno permette ancora di sognare sogni nobili) la prospettiva della democrazia come condizione essenziale di convivenza dove ognuno è un valore in sé, indipendentemente da quello che «possiede». La sinistra è anche prospettiva socialista perché se la democrazia è l’affermazione del diritto di uguaglianza di tutti, il socialismo non può che essere lo sforzo di rendere realizzabile questo diritto e di estenderlo efficacemente a tutti. Non a caso la Costituzione parla di «rimuovere gli ostacoli» (art. 3). La Sinistra è l’economia vista e gestita dal punto di vista del lavoro, per cui pone la persona al centro del mercato e non i beni di produzione che sono solo strumenti che cambiano con il cambiare delle condizioni. La Sinistra dovrebbe avere cura dei più piccoli e dei più poveri, perché il suo obiettivo storico è eliminare non la sobrietà, che è e resta un valore permanente e uno stile di vita umano, ma la miseria come degrado dell’individuo e colpa di una società opulenta che ingrassa i pochi affamando i molti. La Sinistra ha come metodo la laicità che la condizione previa perché anche tutte le religioni possano trovare il loro spazio, la loro libertà incondizionata e la loro coesistenza pacifica. La Destra al contrario usa la religione paganamente e si allea con essa per interessi momentanei, passeggeri, spesso immorali. Per la Destra contano il fine giustifica i mezzi; per la Sinistra i mezzi devono essere adeguati al fine.

Non è possibile fare di ogni erba un fascio, perché se anche di giorno e non solo di notte, tutti i gatti son bigi, significa che questo o quelli pari sono e allora ci domandiamo perché fare partiti e programmi diversi, quando se non ci fosse alcuna distinzione tra Destra e Sinistra, allora tanto vale che vi sia un partito unico. Come nell’URSS che ebbe un partito unico ma non era di Sinistra, era semplicemente una Destra famelica e ignobile travestita da sinistri figuri.

In Italia Destra vuol dire Berlusconi, Fini, Casini, Bossi, Maroni, ecc. Sinistra non lo sappiamo ancora perché dobbiamo inventarla con in mano un programma intramontabile: la Costituzione italiana. Ad essa i cattolici onesti e coerenti allegano anche il Vangelo. Un cattolico non può costitutivamente votare a Destra o uomini di destra anche se professano i principi cristiani, specialmente se professano i principi cristiani perché li useranno sempre strumentalmente per i loro fini di casta e di economia di classe. La Destra cerca sempre l’appoggia della gerarchia cattolica o religiosa perché sa che la religione è un potente strumento di condizionamento sociale, un’arte per dominare le coscienze e piegarli a fini anche poco lodevoli e morali. Su tutta la vicenda Berlusconi, corrotto, corruttore, ladro, evasore, sfruttatore di minorenni, complice di tratta delle prostitute, spergiuro e immorale senza neanche l’ombra di una coscienza, i vescovi italiani hanno taciuto per viltà e vigliaccheria perché hanno preferito tutelare i loro interessi legislativi ed economici, le loro prebende. Hanno ucciso la profezia per la quale erano stati chiamati e si sono assisi sulla soglia del potente come cani a cuccia perché a libro paga.

La Sinistra dovrebbe essere tutto il contrario perché nel servire il bene comune, si dota di persone oneste, che non usano mai il loro potere per interessi particolari, escogita politiche che partano dal «basso» sociale e portare tutti non allo stesso livello, ma alle stesse condizioni di partecipazione, salvaguardando un minimo essenziale sotto il quale si deve parlare di povertà, se non di miseria. La Sinistra tutela i pensionati e gli operai, parola ormai scomparsa dal vocabolario degli usurpatori della sinistra che imperano oggi: ometti incapaci di coltivare il loro giardino e pretendono di governare il Paese. La rovina della Sinistra sono gli egoismi e le fazioni. Nessuno ha la soluzione per tutti, ma solo il popolo ha chiave per risolvere i problemi di tutti. Senza un popolo cosciente, libero, antifascista, nessuna Sinistra potrà mai avere la dignità di essere la Sinistra. Ascoltare il popolo è la via maestra per imparare a costruire la Sinistra che possa, come deve, essere alternativa alla Destra, che è la vera sciagura dell’Italia e del mondo perché la Destra è guerrafondaia, mentre la Sinistra dovrebbe perseguire la Pace come convergenza di ideali, di popoli e di culture. Senza condizioni.

Se un cattolico vota Destra, a mio parere, commette un delitto morale incommensurabile perché è complice delle conseguenze di chi, senza etica e senza vergogna, usa la «res pubblica» in modo osceno esponendola al ludibrio e alla dissoluzione. Venti anni di fascismo hanno portato l’Italia alla guerra e quindi alla fame e alla morte, alle leggi razziali e alla negazione della libertà. Quindici anni di berlusconismo al governo hanno portato l’Italia in due guerre «preventive», cioè illegittime e immorali, hanno diffuso il senso xenòfobo in tutto il pase, hanno distrutto lo stato sociale costruito sul sangue di chi è morto nelle Resistenza, hanno impoverito i poveri, hanno arricchito i ricchi, hanno devastato le Istituzioni piegate agli interessi di un solo debosciato che ha manipolato coscienze e libertà attraverso il potere e la corruzione dei mezzi di comunicazione di massa pubblici e privati (tv, radio, giornali, rotocalchi, ecc.). Un cattolico dovrebbe interrogare la propria coscienza, illuminata dal Vangelo, e scegliere sempre il bene, mai il male, nemmeno se dal male potesse venire qualche scampolo di bene. Il posto sociale di un cattolico è certamente a Sinistra, dove dovrebbe lottare e impegnarsi perché prevalga sempre l’interesse di tutti e mai di pochi.

Paolo Farinella,

prete – Parrocchia San Torpete - Genova

 
Di Redazione (del 13/06/2018 @ 13:21:07, in Comunicato Stampa, linkato 1099 volte)

Sabato 16 giugno 2018, alle ore 19.00, nel Chiostro del Palazzo della Cultura Zeffirino Rizzelli, piazza Dante Alighieri 51, Galatina, si terrà il Convegno sul Tarantismo NEI RI-MORSI DELLA STORIA, organizzato dal Polo Bibliomuseale di Galatina –gestore Libermedia/Servizi e formazione per i beni culturali– in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Galatina e curato da Salvatore Luperto, Direttore artistico del Museo civico “Pietro Cavoti”.

Nei RI-MORSI DELLA STORIA: un ritorno periodico sul tarantismo, sui “morsi” ciclici della “tarantola” per analizzarne gli aspetti moderni antropologici e creativi.

Dopo i saluti del Sindaco Marcello Pasquale Amante e dell’Assessore alla Cultura Cristina Dettù, i relatori, docenti dell’Università del Salento, Carlo Alberto Augieri, Eugenio Imbriani, Giancarlo Vallone, Gianfranco Salvatore con Mario Cazzato (architetto), Tony Candeloro (danzatore, coreografo), Tommaso Faggiano (documentarista) s’intratterranno su alcuni aspetti del tarantismo in particolare sulla parola evocatrice, sull’immagine e sulla devozione.

L’iniziativa ha lo scopo di introdurre una serie di convegni ciclici sul tarantismo e sugli attuali sviluppi nell’ambito creativo (arti visive, pièce in musica, danza, prosa e pièce drammatica) con l’obiettivo di restituire a Galatina il suo originario e antico ruolo di terra protagonista del fenomeno storico-sociale che caratterizza la cultura antropologica del Salento.

Durante il convegno sarà presentato il libro Il peso dei rimorsi, Ernesto De Martino cinquant’anni dopo a cura di Eugenio Imbriani e sarà proiettato, a chiusura della manifestazione, il cortometraggio Il fascino discreto del volto del santo di Fabrizio Lecce e Giuseppe Carrieri.

Ufficio Stampa di Galatina

 
Di Redazione (del 13/06/2018 @ 13:18:19, in Comunicato Stampa, linkato 808 volte)

La rassegna letteraria Dammi una L giunge al quinto appuntamento e presenta Fiabe di Notte: due serate per bambini che si terranno a Collemeto in via Sassari (13 giugno) e a Noha nei pressi della Trozza (14 giugno).

A partire dalle ore 21, in collaborazione con Archeoclub Terra d'Arneo - Nardò/Galatina verranno lette poesie a tematica ambientale, sociale e civile tratte dal libro “L’uomo che piantava gli alberi”.
Tutti i bambini sono invitati a portare un cuscino con sé per stare più comodi.

 

Pagina fb dell’evento

https://www.facebook.com/events/433816760414615/

Pagina fb della rassegna

https://www.facebook.com/dammiunal/

 
Di Antonio Mellone (del 18/08/2016 @ 13:17:34, in NohaBlog, linkato 2754 volte)

P. Francesco D’Acquarica è un uomo incredibile. Ha 81 anni ma ne dimostra 18. Ha una voglia di ricercare, studiare, catalogare, prendere appunti sulla Storia e le Storie, e finalmente pubblicare, che manco un dottorando in ricerca di nemmeno trent’anni d’età.

Ho già scritto altrove di lui, e più volte. E anche stavolta non posso fare a meno di metter mano su questa tastiera per raccontarvene un’altra.

Come qualcuno di voi ormai saprà, quest’anno ricorre il decimo anniversario della pubblicazione del monumentale volume “Noha, storia, arte & leggenda” (Infolito Group, Milano, 2006) da me curato e scritto a quattro mani con P. Francesco e pubblicato grazie al mecenatismo di Michele Tarantino (che Dio l’abbia in gloria).

Non so come (il marasma nel mio archivio personale è tale che cercare e trovare un qualsiasi oggetto è come recuperare un ago in un bosco di pini marittimi), ho rinvenuto le fotografie della consegna del suddetto libro fresco anzi ancora caldo di torchio, proveniente da Milano su furgone e scaricato con muletti e transpallet nohani, e della sua presentazione in forma privata nel soggiorno di casa mia (stanza enorme usata la penultima volta, credo, alla mia cresima: adoperata invece in maniera diuturna da mia madre a mo’ di palestra per l’arte marziale delle pulizie, di cui ella è cintura nera non so più di che dan). La presentazione ‘urbi et orbi’, invece, avvenne da lì a qualche giorno nella sala convegni dell’Oratorio Madonna delle Grazie gremita come non mai.   

Dunque, in quella bella mattinata del maggio 2006 erano presenti a casa mia, come si vede dalle immagini, i compianti mons. Antonio Antonaci, il prof. Zeffirino Rizzelli e don Donato Mellone; nonché don Francesco Coluccia, parroco di Noha, e poi ovviamente il coautore P. Francesco, un suo collaboratore, e ancora Giuseppe Rizzo (che aveva scattato le foto di Noha dall’alto a bordo di un Tucano, un aereo ultraleggero decollato dalla pista di Ugento), la nostra Paola Rizzo, la maestra Bruna Mellone (che m’aveva dato una mano nella rilettura delle bozze), mio cugino Marcello, mio padre, mia madre e ‘the last & the least’ il sottoscritto.

Orbene, non ci crederete, un paio di mesi fa P. Francesco m’ha voluto fare un regalo straordinario per questo decennale.

“Senti, Antonio: sei a Noha? Ho una cosa da darti”. “Domani pomeriggio, dici?” “Io arrivo da Martina Franca verso le 18”. “Va bene, Antonio, ci vediamo alla ‘casa del popolo’?” “Molto bene, Antonio. A domani, allora”.  

Puntualissimo come sempre - e non come l’orologio della pubblica piazza di Noha (staremmo freschi) - P. Francesco si presenta da me in quella specie di ufficio di piazza San Michele denominato, appunto, ‘casa del popolo’ (che non è un covo di comunisti, ma insomma). “Tieni – mi fa – questo è il mio testamento”. E mi consegna un plico da cui estraggo un libro.

E’ uno stupendo volume a colori, con elegante copertina rigida verde vivo, e l’immagine spettacolare della torre medievale di Noha e, in quarta, il bell’affresco dell’Arcangelo nostro protettore, opera di Michele D’Acquarica (1886 – 1971). Il titolo del tomo di 302 pagine, finito di stampare a tiratura limitatissima il 27 marzo 2016 a Martina Franca per i tipi di Pubblimartina srl è, guarda un po’: “Noha, la sua storia e oltre..”. Sì, con tre puntini di sospensione nel titolo. Chi mi conosce sa che non amo tanto l’utilizzo di codesta punteggiatura. Ma stavolta ho capito il messaggio di P. Francesco, che suona più o meno così: “to be continued”.

E sì, P. Francesco non si ferma mai: altro che “questo è il mio testamento”.

Quando c’è da scrivere un articolo per il sito di Noha, o effettuare qualche ricerca d’archivio per una pubblicazione a più mani (della serie AA.VV.), o una relazione sui nostri beni culturali, o la biografia di qualche personaggio locale, chiedo sempre una mano a P. Francesco. Lui si schermisce sempre, dice che è difficile che ce la faccia, che ci deve pensare, che non sa da dove iniziare, che teme di ripetersi, e mille altre scusanti del genere.

Ora, siccome ormai lo conosco bene, io so che è sufficiente che gli scriva la traccia da elaborare, e magari gli ponga qualche domanda a mo’ di chiave di lettura sull’argomento da trattare, o che gli chieda qualche curiosità o ricordo in merito. Ebbene, all’indomani mattina, puntuale come il sorgere del sole, quando apro la mia posta elettronica non solo vi trovo l’articolo bello e pronto per la pubblicazione, corredato di foto straordinarie d’archivio, ma anche con tanto di commenti, chiose e glosse per specificarne i dettagli.

E’ fatto così questo ragazzo. Un insieme di ricerca, passione e soprattutto fede (in Dio, e nell’Umanità).

Non so come faccia. La mia pagina è sofferta, letta e riletta, limata, e poi ancora cancellata, rifatta daccapo cento volte. La sua scorre che è una bellezza. Avevano evidentemente ragione i latini: “Rem tene verba sequentur”.

Non so se sapete – e chiudo - che P. Francesco D’Acquarica è un esperto informatico e che ha raccolto in un database tutti i dati, i nomi, le relazioni, e mille altre informazioni contenute nei registri parrocchiali di Noha. E’ stato lui, per dirne un’altra, a rinvenire il racconto del miracolo del nostro San Michele Arcangelo avvenuto a Noha nel 1740, scritto a margine di un registro dei battezzati dell’epoca dal viceparroco di allora, tal don Felice De Magistris, e molte altre ‘indiscrezioni’ pubblicate nell’agile libello: “Curiosità sugli Arcipreti e persone di Chiesa a Noha”, edito da L’Osservatore Nohano nel 2011.

P. Francesco, ha svolto un lavoro immane durato decenni, consumandosi gli occhi su dei pezzi di carta mezzo sgualciti e corrosi dal tempo, scritti con grafie cangianti e a tratti indecifrabili, e in una lingua e in una sintassi non sempre facilmente comprensibili.

Poche parrocchie in Italia e nel mondo posseggono una catalogazione così puntigliosa e precisa come quella “creata” da P. Francesco per la parrocchia di Noha. Senza quest’opera certosina non sarebbero nate tutte le pubblicazioni sulla Storia di Noha, prime fra tutte “La Storia di Noha” del 1973 (ed. Borgia di Casarano). Mentre l’ultima non sarà certamente quella di cui sto discettando in queste note. Infatti, Francesco D’Acquarica è l’Andrea Camilleri di Noha: non riesci a terminare  la lettura di un suo libro (a proposito: di Camilleri è uscito il centesimo volume) che già ne è nato uno nuovo. Per dire.

Ci sono tanti motivi per celebrare con una monografia ad hoc il nostro P. Francesco D’Acquarica, Missionario della Consolata, giramondo per amore di Cristo (e dei poveri cristi d’America, d’Africa e soprattutto d’Italia), ma con il pallino della sua terra natia che in questo caso risponde al dolce nome di Noha. Sì, nel 2011 ha celebrato il cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale, lo scorso anno l’ottantesimo genetliaco, quest’anno i 55 anni di Messa, mentre si trova  svolgere il suo apostolato a Martina Franca (Ta), come detto sopra.

Ma il nostro “Scritti in Onore” (come altri ne abbiamo pubblicati su altri personaggi nelle edizioni de “L’Osservatore Nohano”) sarebbe roba di poco conto rispetto al monumento che questo gigante della nostra Storia locale (scritta ormai con la maiuscola, grazie anche al suo certosino lavoro) meriterebbe.

E di questo passo, più che tributargli uno “Scritti in Onore”, sarà lui a dedicare a noi altri uno “Scritti in Memoria”.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 26/05/2022 @ 13:14:43, in Comunicato Stampa, linkato 408 volte)

Domenica 29 maggio alle ore 19,30 presso la sede dell'Associazione Arci Levèra di Noha, avrò il piacere di presentare il libro "I Re dell'Africa" di Giuseppe Resta.  
Parleremo di territorio, ambiente, inquinamento, civicità... e nemesi.
E dei tanti uomini e donne sbruffoni, simpatici, malandrini, delinquenti, repellenti, eroici, rusticani, affascinanti protagonisti dell'amara commedia raccontata in questo romanzo.

Arci Levèra

 
Di Redazione (del 25/05/2018 @ 13:13:00, in Comunicato Stampa, linkato 879 volte)

Chi era il Serpente Piumato per le popolazioni precolombiane? Un dio? Un eroe del passato? Un esploratore venuto da un altro continente? Da un altro mondo?
Di certo non è stato un uomo comune. L’eco dei suoi insegnamenti ha attraversato i secoli e la sua figura divinizzata. In suo onore sono stati eretti templi e grandiose piramidi. Per compiacere la sua volontà venivano celebrate solenni cerimonie e compiuti sacrifici umani. Ma cosa si cela dietro al mito?
Quelle antiche civiltà ci hanno lasciato qualcosa: un enigmatico codice da interpretare scolpito nella pietra che, come un messaggio nella bottiglia, ha attraversato i secoli ed è giunto fino a noi.
Quello raccontato in questo libro è un viaggio compiuto proprio nelle terre dove nasce il mito. Tra antiche leggende, piramidi che svettano dalla fitta giungla e rituali sciamanici, una pista, trovata quasi per caso, conduce a considerazioni che potrebbero mettere in discussione la storia conosciuta.
Ma il viaggio descritto in queste pagine non è solo geografico, è anche interiore. Una profonda esperienza che costringe ad affrontare paure, difficoltà ed incertezze da cui se ne trae un prezioso insegnamento: viaggiare non è solo scoprire il mondo, è anche scoprire se stessi.

Gaetano Appeso, autore di resoconti di viaggio, è nato a Taranto nel 1978. Laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Ufficiale della Marina Militare Italiana, ha partecipato a diverse missioni di pace in Africa e Asia. La passione per l’archeologia e il fascino verso le diverse culture lo hanno spinto in viaggi estremi, molti dei quali in zone remote del pianeta. Ha scritto E-mail dall’Amazzonia (2014) e Tiancháo - Taccuino di un viaggio in Oriente (2015), premio Letterario Internazionale Città di Firenze anno 2017.

Circolo ARCI LEVèRA

 

Il Patto locale per la lettura di Galatina, anche in questa estate così anomala, ha deciso di offrire uno sguardo diverso sulla città proponendo un  programma dipasseggiate letterarie. Dopo un duro periodo, ciascuno costretto nelle proprie case, queste prossime settimane possono rivelarsi momenti ideali per riscoprire la propria città, guardandola con occhi diversi, per riprendersi i propri spazi.

Partendo proprio dal libro e dalla lettura, della cui promozione il Patto locale ha fatto un obiettivo fondamentale della propria attività, i suoi sostenitori accompagneranno i viandanti alla scoperta (o ri-scoperta) di alcuni palazzi e luoghi della città, raccontando le storie degli illustri galatinesi che, in qualche modo, hanno legato ad essi il loro nome. Si tratterà non tanto d’itinerari turistici tradizionalmente definiti, ma di “passeggiate”, dove a guidare i visitatori, saranno alcuni libri che racconteranno di quei luoghi attraverso la voce dei promotori del “Patto”. D’altronde, proprio nel narrare di luoghi e persone, i libri non potranno che essere guide quanto mai attendibili, che orienteranno i curiosi viandanti attraverso un viaggio nel tempo e nello spazio, che cercherà di abbracciare un po’ tutte le epoche: si andrà, perciò, dalle atmosfere medievali di Maria d’Enghien fino al ventesimo secolo, si farà la conoscenza del filosofo Zimara e del pittore patriota Gioacchino Toma. Saranno diverse anche le forme di narrazione, con il teatro e la danza a sottolineare la “parola scritta”.

Sono stati organizzati cinque percorsi differenti, comprese due piccole “trasferte” nella vicina frazione di Collemeto, mentre, per i piccoli visitatori, è stato pensato un itinerario speciale: un viaggio da fermi”, alla scoperta della città, sulle ali di tanti meravigliosi albi illustrati.

Si partirà, dunque, Sabato prossimo 1° Agosto, con il percorso dedicato a “Maria D’Enghien e Marcantonio Zimara”, curato dall’Università Popolare “A. Vallone”, con le letture teatralizzate di T. Buccarella e l’accompagnamento musicale del violinista A. Pizzola; appuntamento alle 19, al Palazzo della Cultura di P.za D. Alighieri.

Secondo percorso, Giovedì 6 Agosto: il gruppo “Fidas” racconterà la “Storia della Chiesa di Collemeto”; alle ore 20, ritrovo in piazza Italia, vicino la Chiesa della B.V.M. di Costantinopoli.

Il giorno successivo, Venerdì 7 Agosto, si fa ritorno a Galatina, dove, dalle 19, con ritrovo presso il Palazzo della Cultura, l’associazione “Giorè” e la cooperativa “Polvere di Stelle” cureranno il terzo percorso dedicato al “Tarantismo”.

Un salto di qualche settimana per arrivare a Giovedì 27 Agosto, quando si tornerà a Collemeto, per una serata dedicata ai più piccoli: “Il Paese delle Storie: Letture ad alta voce per bambini dai cinque ai dieci anni”. Sarà Daniela De Santis ad attendere i piccoli partecipanti, alle ore 19, in piazza Madonna di Costantinopoli. Raccomandata la prenotazione, per un massimo di quindici partecipanti, accompagnati dagli adulti.

Ultimo percorso, il giorno successivo, Venerdì 28 Agosto: la sezione “Acli” di Noha proporrà una serata dedicata a “Baldassarre Papadia” con le letture dialogate di S. Ingrosso e A. Panico, mentre A.M. Mangia racconterà “Gioacchino Toma, . Ritrovo alle 20, presso il Palazzo della Cultura.

Per tutte le informazioni e le relative prenotazioni ci si può rivolgere alla Biblioteca comunale “P. Siciliani”, in P.za D. Alighieri, 51, a Galatina (Tel. 0836-565340 – mail: chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it pattoperlalettura@gmail.com).

Per tutti i percorsi, il numero dei partecipanti non potrà essere superiore alle venti persone, come previsto dalle Ordinanze Regionali.

Sfogliando Galatina” è un’iniziativa organizzata dal Comune, dalla Biblioteca “P. Siciliani”, dal “Patto locale per la Lettura” e da “LiberMedia – Servizi e Formazione per i Beni Culturali”.         (Maria Grazia Barnaba)

 

“E’ meglio perdere un secondo nella vita che perdere la vita in un secondo”.

Appuntamento venerdì 14 luglio alle 19,30, nella magica location del Monastero delle Clarisse a Galatina, con la presentazione del libro del prof. Mario Mennonna, “Per le Vittime della strada”, Congedo Editore.

L’evento è organizzato dal Comune di Galatina, in collaborazione con l’Associazione alla Conquista della Vita per le vittime della strada, Compagnia dei Carabinieri di Gallipoli e Salento d’Amare, con il patrocinio di La meridiana Aradeo e i Comuni di Alezio, Aradeo, Corigliano d’Otranto, Galatone, Gallipoli, Nardò, Neviano, Racale, Sannicola, Seclì, Taviano.

Il libro – fortemente voluto ed ideato dall’Associazione alla Conquista della Vita per le vittime della strada - vuole essere un progetto di sensibilizzazione in ricordo di chi non c’è più e una raccolta di dati, informazioni e partecipazioni di istituzioni, enti locali e privati.

L’Associazione, diretta dal dott. Walter Gabellone, da vent’anni è impegnata sul tema della sicurezza stradale con il coinvolgimento di scuole, amministrazioni e comunità civile. L’impegno e la formazione soprattutto dei più giovani e il rispetto per la vita sono tra gli obiettivi più importanti da raggiungere.

L’appuntamento di venerdì, promosso grazie anche al contributo del consigliere comunale di Galatina delegato ASI dott. Andrea Gatto, si aprirà con i saluti del sindaco di Galatina dott. Fabio Vergine, gli interventi del dott. Walter Gabellone e del Comandante della Polizia Municipale dott. Luigi Tundo.

Dialoga con l’autore la giornalista e assisteste sociale dott.ssa Francesca Pastore.

Il libro “Per le Vittime della strada” rientra in una collana di Storia Cultura Letteratura e Arte diretta dal professor Mario Mennonna. Il testo è dedicato a tutte le vittime della strada, affinchè il loro doveroso ricordo gratifichi il dolore dei loro familiari e sia monito soprattutto ai giovani di rispetto della vita.

Per info contattare il numero 351/7334843 dott. Alberto Minerba, Segretario Associazione alla Conquista della Vita per le vittime della strada.

Francesca Pastore

 
Di Redazione (del 25/10/2018 @ 13:06:38, in Comunicato Stampa, linkato 1202 volte)

"Ho molto affetto per gli onesti libri di viaggio. Essi posseggono la virtù di offrire un altrove teorico e plausibile al nostro dove imprescindibile e massiccio". Queste frasi di Antonio Tabucchi ispirano "L'idea di partenza| Laboratorio di Scrittura sul viaggio" guidato dalla scrittrice e giornalista Luisa Ruggio, a cura della Libreria Fiordilibro. Il Laboratorio suddiviso in tre giornate, ogni pomeriggio da Venerdì 26 a Domenica 28 Ottobre (dalle ore 17.00 alle ore 20.00), sarà ospitato negli spazi di Palazzo Di Lorenzo in via Mory n.3 a Galatina. Il viaggio è il tema del nuovo appuntamento laboratoriale, "Le parole lontano, antico e simili sono poetiche e piacevoli perché destano idee vaste e indefinite...", scriveva Leopardi nello "Zibaldone".  Del resto, i mari e le isole di Conrad e di Melville, alla stregua del viaggio della piccola Dorothy verso il regno di Oz, sono sconfinamenti, così come tutti gli itinerari che rendono avventuroso e appassionante l'atto stesso di raccontare una favola e scrivere una storia, un diario, una lettera da un luogo remoto o solo immaginario. Questi paesaggi narrativi diventano sempre specchi interiori che digradano rapidi o lenti verso la tentazione metafisica e da sempre spingono i raccontastorie a scrivere pagine che cantano di lontananze. I veri viaggi appartengono all'essere più che allo spazio e al tempo. Così, ogni viaggio è un'Odissea, poiché ogni vita con i suoi approdi ed i suoi naufragi, le sue false partenze ed i suoi ritorni, le attese e le terre promesse, i paradisi perduti e i giardini segreti, la geografia del corpo e il mare magnum della pagina bianca, ha per scenario il campo magnetico e le analogie potenti delle parole.

 

Luisa Ruggio

 (1978), scrittrice giornalista editor blogger, insegna Scrittura e Lettura Creativa nella sezione maschile del Carcere di Lecce dove ha fondato il Collettivo Rosa dei Venti in favore dei lettori detenuti e ha avviato nel 2017 il laboratorio stabile Mondo Scritto che ad oggi rende sede di residenza artistica la biblioteca della Casa Circondariale Borgo San Nicola. Vive e lavora a Lecce e Roma, ha scritto saggi sul Cinema e la Psicoanalisi per i Quaderni Scientifici dell'Università del Salento ("Segni e comprensione", Manni), ha esordito nel 2006 con il pluripremiato romanzo "Afra" edito da Besa. Ha pubblicato i romanzi e le raccolte di racconti: "La nuca" (2008, Controluce), "Senza Storie" (Besa 2010, Menzione Speciale Premio Bodini), "Teresa Manara" (2014, Controluce), "Notturno" (2015, Besa), "Un poco di grazia" (2016, Besa). Suoi racconti, testi e articoli sono apparsi su giornali, quotidiani e riviste letterarie e nelle seguenti antologie: "Come vedi ti penso" (Milella), "Ti porto a Lecce" (Kurumuny), "L'isola di Rina" (Milella), "Apulia Europa Erlesen" (Wieser). Nel 2006 ha creato i blog letterari "dentro Luisa", "Astrolabio Quaderni" (Scarti di vita giornaliera), "Taccuino Onirico" e "Reset". Alle cronache in forma di novella ha dedicato la rubrica giornaliera "Vite di città" pubblicata sulle pagine del giornale "Paese Nuovo" (2011). Dal 2000 al 2011 ha scritto e diretto i seguenti format televisivi: "Boomerang", "Oltretutto", "Separé", "30° all'ombra", "Summertime", "Fatti nostri", "In tempo reale" e ha firmato le pagine della Cultura del Tg8 per l'emittente televisiva Canale 8. Dal 2012 al 2017 ha firmato i documentari di SalentoWeb.Tv. Nel 2012 l'Università del Salento le ha conferito il Premio Skylab per il Giornalismo televisivo. Nel 2017 insieme al Collettivo Rosa dei Venti nella sezione maschile del Carcere di Lecce ha prodotto gli studi "Corpo Scritto" e "Mittente/Destinatario" e "Vide Cor Meum" del Collettivo ed ha ideato e avviato il Festival Invisibile che promuove le arti in carcere ospitando artisti tra le mura. Sta scrivendo il suo quinto romanzo.  

Emilia Frassanito

 
Di Albino Campa (del 05/02/2013 @ 12:55:00, in TeleNoha , linkato 2749 volte)

Ecco i video e la photogallery della presentazione del libro "In men che non si dica" di Marcello D'Acquarica, edito da L'Osservatore Nohano svoltasi sabato 29 Dicembre 2012 nelle sale settecentesche adiacenti al Bar Settebello in piazza San Michele a Noha.

Visualizza la photogallery

 

 
Di Albino Campa (del 12/03/2007 @ 12:49:45, in Libro di Noha, linkato 4419 volte)

Partenza da Milano: ore 10.30 6 Agosto 2006
Alessandro, Nevianese adottato da Milano ormai 10 anni fa (4 settembre 1996, quando l’Università Bocconi ha rubò le nostre braccia all’agricoltura);
Stefano e Ivano anche loro nevianesi, approdati a Milano solo la notte tra venerdì e sabato per un concerto che avrebbero dovuto vedere a Venezia (insieme ad Ale), ma saltato.
Ed infine il sottoscritto novese.

Avevamo pensato: “Partiamo tardi…eviteremo il traffico!!!”. Classico esempio di “partenza intelligente”. Non avevamo calcolato che per istrada v’erano dieci milioni di intelligenti.

Carichi come non mai - la valigia di Ale era talmente grossa che il comune di Milano gli aveva inviato la cartella esattoriale per il pagamento dell’ICI (non oso immaginare come sarà il ritorno) - partiamo!
Sud Soud System di sottofondo o, a tratti, a manetta. Tangenziale, autostrada, 100 km e poi tutto fermo. Da Parma ad Ancona un solo serpentone di auto. Subito abbiamo pensato fosse la coda per arrivare a Neviano, dove la sera ci sarebbero stati i fuochi d’artificio per la festa della Madonna della Neve. Non sbagliavamo.
Comincia lo show (il quale “must go on”). Ormai conoscevamo tutti per strada; ci muovevamo ad una media di 5 km/h alla ricerca di auto piene di ragazze, ma là dove apparivano belle ragazze, alla guida, ahinoi, c’era il padre geloso. Ma in fondo il problema non era il padre geloso, ma le stesse imperturbabili donzelle: i “due di picche” sono stati numerosi.
Allegri nonostante tutto, tra una “pennica” e due parole, con il consueto reggae salentino di sottofondo, il viaggio comunque si è mostrato piacevole e scorrevole. La compagnia nei viaggi è fondamentale; se salentina è il massimo.

Nella mia macchina, ormai dal 20 Maggio 2006 è presente una confezione da 10 poderosi libri “Noha – Storia arte e leggenda”: servono per le consegne fuori porta; per le urgenze di molti salentini al nord; per cuccare (ma non ha ancora funzionato); insomma per soddisfare quella che possiamo definire “domanda latente”. Lungo tutto il viaggio il libro è stato fonte di stimoli per le chiacchierate e, questa è una mia opinione, di notevole stupore dei miei compagni di viaggio nevianesi che mai avrebbero pensato ad un volume enciclopedico sulla nostra Nove.

Il viaggio lento, subisce una accelerata (ovviamente nel “pieno” rispetto dei limiti imposti dal codice della strada, prima della patente a punti) e ci vede percorrere il tratto Ancona - Foggia in breve tempo.
Dopo 13.5 ore, alle 00.00 approdiamo “scuncignati” all’autogrill “Esso” di Foggia.
Dal momento in cui siamo scesi chiunque, vista la nostra postura, avrebbe potuto identificare marca, modello, cilindrata e anno di immatricolazione dell’auto su cui viaggiavamo.
Alessandro si affianca all’erogatore. Io e gli altri ci avviciniamo al bar per il nostro meritato cafè, servito da una barista la cui gentilezza non cozzava punto con l’etimologia del verbo cozzare: COZZA.

Ivano usciva, avviandosi verso la macchina, che nel frattempo aveva subito il pieno di carburante, mentre Alessandro salutava un’amica incontrata per caso fra 11.5 milioni di viaggiatori diretta a Lecce ma di Milano (ccerte fiate!).
Al bancone del bar si avvicina una faccia nota con due ‘armadi’ di scorta, vestito grigio scuro antracite.
Dalla cassa del bar, Stefano:“a’ bbistu Niki Vendola?!”. Bevuto il caffè vado verso la macchina dove Ivano era piazzato stile cane da guardia, segnalando l’illustre presenza.
Nel frattempo Alessandro fermo davanti alla porta dell’Autogrill, gambe leggermente divaricate (a mo’ di guardia giurata all’ingresso di una banca) vedendo uscire il Presidente, si lanciava verso di lui con fare sicuro e …“Niki, ti posso stringere la mano” (con la tipica pronunciation nevianese). Vendola: “Certo” e con un gran sorriso saluta l’amico Alessandro (sembrava si conoscessero da anni).
Stupito della facilità di contatto con il Presidente (la scorta era sempre attenta ma mai ‘invasiva’) guardando verso la macchina vedo spiccare la copertina del libro di Antonio (mio cugino cognomonimo).
Gli avevo detto ormai 2 mesi fa “prima o poi lo riuscirò a consegnare al Presidente”.
Colto dalla tipica faccia da “tolla”, che in questi casi mi contraddistingue, mi avvicino verso Vendola, con il libro in mano e sicuro proferisco: “Presidente!?”  (ammetto che l’intonazione della voce è stata notevolmente Berlusconiana), “seppur in questo contesto non tipicamente ‘culturale’ vorrei farLe dono di questo libro.”
Lo prende lo guarda e dice: “Grazie, ma cosa è Noha?”.
Le risposte possibili erano almeno due: la prima spiegare con calma apparente; la seconda strappargli il libro di mano e andarmene incollerito, oltre che corrucciato.
Fiducioso opto per la prima: “Noha, una cittadina del Salento, frazione della forse, per Lei, più nota Galatina, ma ben più antica: ha presente i Messapi?”

Foto di rito, “saluta Antonio”, una calorosa stretta di mano e sia noi che lui riprendiamo il viaggio.

Così è andato via l’n-esimo viaggio verso sud, consapevole che sarebbe stato solo l’n-nesimo inizio di un viaggio verso nord.

Matteo Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 10/06/2017 @ 12:36:08, in NohaBlog, linkato 3140 volte)

Ragazzi, è dura e io vi capisco. Non è mica facile di questi tempi decidere il candidato sul cui nome segnare una bella croce il giorno delle elezioni.

Vero è che il concetto espresso dalla locuzione “metterci una croce sopra” assume accezioni affatto contrastanti a seconda dei casi:

  • a) in senso letterale significa dare il proprio voto in favore di Tizio;
  • b) in senso letterario, al contrario, la proposizione si tradurrebbe con la nota formula: “Caia, per te miss Italia finisce qui” [l’allusione alla fascia tricolore da sfilata, anzi da processione solenne ci sta tutta, ndr.].

Apparentemente il caso sub a) sarebbe più semplice, visto che in senso letterale le croci da apporre sono numericamente inferiori (un paio al massimo) rispetto a quelle che sarebbe d’uopo listare in senso letterario. Tuttavia la scelta di quell’uno è di gran lunga più ostica rispetto alla bocciatura degli incommensurabili scarti politici, altrimenti detti riempilista (da moltiplicare per il numero delle innumerevoli liste). Non fosse altro che per il tempo che si perderebbe nel farne l’appello uninominale.

Se a questo si aggiunge il fatto che certa politica non è più di sinistra (forse mai stata), né di destra, ma solo ego-centrica,  riusciamo a cogliere meglio le motivazioni per le quali spesso arriviamo alla vigilia del voto (quasi) tutti parzialmente stremati.

A proposito di selezione naturale del primo cittadino, collegandomi al mio precedente pezzo dal titolo “Sindaco chi?” [chiedo venia: l’autocitazione non è mai elegante ma questo scritto è la logica prosecuzione di quello, ndr.], provo ad aggiungere un altro tassello alla metodologia da utilizzare per la cernita del sindaco. Ed è il vocabolo “Cultura”.

Orbene: è empiricamente dimostrato quanto tra i sei personaggi in cerca di elettore se ne annoverino alcuni che hanno un rapporto, come dire, idiosincratico, di più, conflittuale con codesto lemma.

Ce n’è qualcuno che, emulando il ministro del nefasto e innominabile governo di qualche anno fa, pensa tuttora che “con la cultura non si mangia [sic]” . Tanto che al solo sentirne il suono, in default, è pronto a metter mano alla pistola (delle cazzate).

Ci sta poi il candidato che non riesce proprio a proferire questa parola che trova così inedita, così eteroclita e così bisbetica da diventare paonazzo e dislessico a un tempo. E pensare che s’è cimentato più volte nella sua pronuncia, ma niente. Hanno pure provato a scrivergliela (come i discorsi a effetto vergati dal solito ghostwriter, letti dal pulpito con la stessa scioltezza di un alunno di quarta elementare), ma al massimo ne vien fuori un luculliano “Cottura” [visti certi girovita, sarà la fissa per il solito cibo che bolle in pentola, ndr.].

C’è poi l’altro concorrente di grido che oltre a non saper scrivere non sa neanche leggere (in compenso crede di saper parlare), che pensa che il termine Cultura sia una parola composta da “cul” e “tura”, con maggiore enfasi soprattutto alla prima parte [la quale tanto somiglia alla faccia che ci mette su manifesti e slogan, ndr.], mentre la seconda potrebbe essere una voce del verbo strettamente connessa alla prima.

E’ che certi portatori sani di promesse, i famosi guardiani del farò - il cui ultimo libro sfogliato fu probabilmente il sussidiario delle elementari (ma sol perché costretti dalla maestra o da chi ne faceva le veci) - pensano che Cultura sia svegliarsi la mattina e decidere senza chiedere il permesso a nessuno di installare un bel faro di luci a led bianche e accecanti da puntare direttamente sugli  affreschi del Calvario di Noha, rendendo di fatto inguardabile tutto il complesso artistico. Son fatti così, signora mia: trattano certi monumenti come fossero il garage di casa propria. E’ la famosa politica del fare (quello che gli pare).

Per esigenze di completezza, e sempre a proposito di Cultura, diciamo che v’è anche il candidato che si “informa” leggendo solo il Quotidiano [la cui carta è ormai buona solo per l’indifferenziata, anzi per l’umido visto il livello di bava di cui è inzuppato e/o le scemenze che il superstite suo lettore è costretto a leggere, ndr.]; c’è anche quello che ce la sta mettendo tutta a svuotare il centro città per riempire in compenso il centro commerciale di Collemeto [così finalmente ci sarà più Pil per tutti, ndr.]; c’è il contendente che pensa che il borgo antico debba diventare il luna park di un turismo di massa, possibilmente grasso, sudato e inebetito in slalom perenne tra i tavolini sparpagliati qua e là sullo storico basolato [magari alla disperata ricerca di un Mc Donald’s, ndr.]; c’è chi arringa i suoi plaudenti gregari con il fare tipico dello “spiritual coach” e con il carisma di un animatore di villaggio vacanze in cerca spasmodica di una citazione da hard discount della Cultura [roba davvero da morir dal ridere, ndr.]; v’è anche chi  schiuma di rabbia dal palco sparando minacce, avvertimenti e provocazioni con un linguaggio da trivio così scurrile che, al confronto, uno scaricatore di porto sarebbe un raffinato nobiluomo d’altri tempi [ci mancherebbe giusto una bestemmia da scomunica papale per farla completa, ndr.].

Il bello (o il brutto) di questa storia tragicomica è che alcuni fra questi candidati coesistono nella stessa persona.   

*

Permettetemi infine una carezza affettuosa ai folkloristici cettoqualunquisti. Ce ne stanno a bizzeffe. E son quelli dall’endorsement facile, anzi commovente. Son quelli per i quali le sguaiataggini del proprio beniamino sono “passionalità”, il clientelismo e il favoritismo insito nelle sue fibre più intime sono “spirito di servizio”, la collezione di fiaschi che manco la cantina Valle dell’Asso sono “conoscenza amministrativa”, l’attivismo onde tutto quel che tocca muore è “caparbietà con cui [Cetto o Cetta] risolve i problemi” [risolve?, ndr.], le figure di merda che ci fa accatastare in maniera diuturna sono “l’amore che nutre per tutto il comprensorio di Galatina” [insomma un amore così grande, viscerale, urbi et orbi, ma soprattutto orbi, ndr.].

Poi uno rivede “Qualunquemente” del 2011 - il film di Giulio Manfredonia con  Antonio Albanese -, ne riascolta dialoghi e comizi e inizia a capire che il “Truman show” de noantri non è poi così lungi dalla fiction.

Infatti.

[Un comizio] <<Cari amici elettori, e sdraiabilmente amiche elettrici, mi è stato chiesto, se vengo eletto, cosa intendo fare per i poveri e i bisognosi: 'na beata minchia! È ora di finirla: 'sta cosa dei bisognosi è una mania! Poi sono bisognoso anche io di voti, affettivamente mi servono più dell'ossigeno: qui siamo in guerra, e io non faccio prigionieri. Tu mi voti, ti trovo un lavoro e ti sistemo. Tu non mi voti, 'ntu culu a ttìa e a tutta 'a famighia! Applauso! Io amo lo scontro, e soprattutamente non amo i pacifisti […]>>

E ancora.

  • Cetto: [Dopo aver letto sul giornale un articolo critico verso di lui] “Di cosa parla? Tu Pino hai capito?
  • Pino: “No”.
  • Cetto: “Perfetto. Pino è l'elettore medio: se Pino non ha capito niente, non capirà niente nessuno”.

Ecco. Se ci riuscite, provate a cogliere le differenze.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 03/06/2017 @ 12:07:30, in NohaBlog, linkato 2844 volte)

Secondo un mio personale sondaggio condotto con l’utilizzo di un “campione bernoulliano” (insomma ho posto la domanda soltanto ad alcuni candidati: agli altri era del tutto inutile, tanto scontata sarebbe stata la risposta), l’80% dei concorrenti alla poltrona di Sindaco e/o consigliere comunale non conosce il programma stilato dagli avversari, nemmeno i tratti più salienti, e quindi non sa cogliere le differenze (posto che esistano) con il suo. Anche perché il restante 20% di questo campione non conosce nemmeno le proposte della propria fazione.

Con questi dati alla mano, attraverso un banale processo di inferenza statistica, si può ragionevolmente dedurre che la percentuale di elettori che non padroneggia almeno due punti del programma dei propri beniamini s’aggira intorno al 150%.

La scelta dunque del sindaco ideale per il proprio comune diventa una vera e propria variabile aleatoria, ovvero stocastica, vale a dire ad minchiam: ergo con grandi probabilità di vittoria del peggiore e non del migliore [migliore che - a dispetto dello stucchevole luogo comune secondo il quale “sono tutti uguali” - per nostra fortuna in loco esiste eccome: basta saperlo individuare usando quell’organo che ha grandi potenzialità ma che sovente non utilizziamo appieno se non quando siamo all’acme dell’eccitazione ovvero al massimo del suo stimolo, vale a dire il cervello, ndr.].

Siccome stiamo discutendo del futuro del territorio, e di conseguenza del nostro e di quello dei nostri cari, mi permetto di dar qui di seguito a galatinesi e frazionesi qualche sollecitazione o qualche imbeccata sul metodo da utilizzare per selezionare chi avrà l’onore e soprattutto l’onere di diventare il nostro Primo Cittadino.

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La prima linea di demarcazione è quella del referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. 

Bisognerebbe prestare molta attenzione e quindi scansare come la peste bubbonica i candidati e i loro accoliti che solo qualche mese fa hanno sostenuto fino allo spasimo (per fortuna perdendo rovinosamente) una cosiddetta riforma della Costituzione scritta con i piedi, anzi con l’artrite reumatoide dei piedi: una proposta di modifica della legge fondamentale dello Stato che ha provato a spaccare anziché unire il Paese, e che, oltretutto, con l’abolizione della “legislazione concorrente” e con la clausola di “supremazia statale”, avrebbe fatto contare i territori (tipo i Comuni) come il due di picche con briscola a denari, persino su argomenti essenziali alla loro stessa sopravvivenza (come: Tap, Trivelle, Ilva, Cerano, Ulivi, strade statali, inceneritori, per dire).

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Un altro elemento di scelta è il tema del giorno: “Laurea sì, laurea no”.

Ora. Chi scrive crede che la laurea non sia più un’attenuante (veramente non lo è mai stata) bensì un’aggravante per il “candidato laureato” che, con la spocchia del togato, continua a fare in pubblico e con nonchalance i suoi strafalcioni lessical-grammaticali, e - anziché vergognarsi e andarsi a rinchiudere in qualche comitato elettorale di periferia buttando via la chiave - addirittura se ne auto-compiace in un crescendo di ridicolaggine corroborata dagli applausi scroscianti dei suoi turiferari (i quali, ove possibile, son peggio di lui). Meglio dunque un candidato con la terza media fatta per bene, che un laureato più o meno fresco di toga grazie magari ai bignami, ai bigini, alle slide o ai riassunti gentilmente fornitigli dagli altri (onde il suo ultimo libro studiato approfonditamente fu il sussidiario delle elementari, ma soltanto perché costrettovi dalla scuola dell’obbligo).

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Un’altra selezione radicale dovrebbe avvenire in considerazione dei partiti che compongono certe coalizioni a sostegno di questo o quel candidato.

La prima da non toccare nemmeno con una canna da pesca telescopica è l’ormai tristemente famosa accozzaglia pigliatutto destra-sinistra [o meglio: sinistra-chiamatemi, ndr.] nata in diretta nel corso di una trasmissione televisiva di Telerama (la famosa Open, cioè Vucchiperti). Un trasversalismo mefitico e pestilenziale, cinico e politicamente foriero di ulteriori tremebonde schifezze: altro che “siamo tutti Fratelli d’Italia”.

La seconda coalizione intoccabile è quella composta dai mammasantissima dell’eterna destra locale sempre uguale a se stessa (ci manca giusto la Lega per fare l’en plein) i cui leader storici a livello nazionale potrebbero essere annoverati tra gli impresentabili. Me ne vengono in mente due, sufficienti per decidere di starne il più lontano possibile.

Il primo partito è quello il cui proprietario fu condannato poco tempo fa per frode fiscale, assegnato ai servizi sociali, prescritto nove volte per dei reati molto gravi, prosciolto invece in altri casi [non per non aver commesso il fatto, ma perché il fatto non è più reato, essendo nel frattempo arrivata –guarda un po’ - l’ennesima legge ad personam, ndr.]. E’ il tristemente famoso presidente delle olgettine, quello della nipote di Mubarak e della compravendita dei senatori, quello che ci ha fatto fare tante figure di merda anche a livello internazionale, e ultimamente, a beneficio di allocco, si fa pure ritrarre con gli agnellini in braccio, poverini [poverini gli agnellini, e i suoi seguaci, probabilmente appartenenti alla stessa razza ovina, ndr.].

Il secondo partito è quello che ha fatto più volte rivoltare nella tomba non dico Marx ed Engels, ma lo stesso Pietro Nenni. E’ il partito nato a sinistra e finito a destra, quello che ebbe quale segretario (poi addirittura presidente del consiglio) il famigerato politico corrotto morto latitante ad Hammamet. Pare che ci sia tuttora in giro per Galatina un nostalgico, per di più candidato nelle liste di codesto partitino, il quale sta cercando di darla da bere a noi altri attraverso un’operazione amnesia (o forse amnistia), con una serie di scritti pubblicati sul web un giorno sì e l’altro pure, conditi dai famosi racconti strappalacrime della “barberia” [evidentemente gli affiliati a questo partito saranno esperti in barba e capelli agli italiani, ndr.]. Sta di fatto che durante la permanenza al governo di questo giglio o meglio garofano di campo, vale a dire dal 1983 al 1986, il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo passò dal 70% al 92% [ottime referenze, dunque, per il risanamento finanziario del comune di Galatina, ndr.].

Per la cronaca, il suddetto il politico corrotto (che alcuni vorrebbero santo subito) aveva intascato su conti esteri per sé (e non per il partito) tangenti per circa una quarantina di miliardi del vecchio conio. Certo, il partito ne aveva presi molti molti di più, però, come si dice, chi si contenta gode [ma chi gode si accontenta di più, ndr.].

Pare che i novelli adepti della suddetta consorteria continuino a chiamarsi tuttora “compagni”, e sembra che abbiano (come allora) un concetto molto elastico di legalità, tanto che per esempio chiamano “folklore” i manifesti abusivi attaccati un po’ dovunque. E’ proprio vero: “L’arte de lu tata è menza mparata” [il mestiere del padre (politico) è già imparato a metà, ndr.].

Infine ci sarebbero da schivare [qui alla v si potrebbe sostituire la f, ndr.] i candidati diversamente politici; quelli che nei confronti pubblici fanno a gara a chi la spara più grossa menando il can per l’aia; quelli che nei comizi pensano (pensano, si fa per dire) e parlano (sbraitano sarebbe più azzeccato) come mangiano; quelli che manifestano a cento decibel la propria pochezza (o più frequentemente l’ochezza); quelli che ostentano più poster pubblicitari che idee politiche; quelli che aprono e chiudono le loro kermesse in piega con la sigla-tormentone “De Pascalis Karma”. Insomma quelli che, in caso di vittoria, sarebbero in grado di trasformare l’undici giugno nell’undici settembre della nostra povera piccola patria.

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Detto questo, non riesco a spiegarmi perché mai quando di recente ho formulato gli auguri per la sua elezione a Sindaco a quell’unico candidato degno di assumere una carica così importante, questi mi ha risposto risentito: “Ma Sindaco a chi? Sindaco, vallo a dire a tua sorella”.

Mah, vai a capire.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 18/10/2007 @ 12:06:03, in NohaBlog, linkato 2354 volte)

Sabato 20 ottobre 2007 alle ore 19.00

a Galatina presso il Palazzo della Cultura "Zeffirino Rizzelli"

serata d’autore per la presentazione del libro

"Scritti in Onore di Antonio Antonaci"

di Antonio Mellone

La S.V. è invitata a partecipare

 
Di Albino Campa (del 16/07/2008 @ 12:03:29, in Eventi, linkato 3541 volte)
Clicca per visualizzare la copertina

Venerdi 18 luglio 2008 il nostro parroco emerito, l'arciprete don Donato Mellone, festeggerà con una Messa solenne di ringraziamento, che verrà celebrata presso la chiesa Madonna delle Grazie di Noha, il 60° anniversario della sua ordinazione sacerdotale.
Con l'occasione verrà presentato in anteprima (qui lo diciamo sommessamente ai nostri amici internauti, pregandoli di non dire niente a nessuno prima di quella data) il suo libro dal titolo "IL SOGNO DELLA MIA VITA", con sottotitolo "appunti inediti, trascritti (all'insaputa dell'autore) ed annotati a cura diAntonio Mellone". Volume del quale - davvero in anteprima assoluta - presentiamo qui la copertina.
Noha.it formula a don Donato le sue congratulazioni e gli auguri di lunga vita e lungo apostolato nella comunità nohana.
Il sito http://www.noha.it raccoglierà, stamperà ed invierà al festeggiato i messaggi che voi, cari internauti, vorreste fargli pervenire in maniera particolare.
 
Di Redazione (del 17/11/2018 @ 12:00:07, in Comunicato Stampa, linkato 862 volte)

Domenica 18 novembre, alle ore 21.00, il palco di Levèra ospita "GUERRA, FICHI E BALLI", il recital con danza e musica dal vivo tratto dal libro con illustrazioni + disco di  Rocco Nigro , edito e distribuito da  Kurumuny Edizioni .

Un’opera dedicata a nonno Rocco, tra commossa memoria storica e nostalgica ricerca musicale. 
Racconti di guerra, episodi legati al dono del fico maritato e vecchie melodie di ballabili. 
"Era il mese di febbraio del 1940, ero ancora giovane: non avevo ancora compiuto vent’anni. Ma loro mi dicevano che avevo imparato a sparare alcuni mesi prima, durante i sabati fascisti a San Michele, che si facevano gli allenamenti con le armi. E se sapevo sparare adesso dovevo partire…" 

Performance live con  Renato Grilli  (voce narrante), Rocco Nigro (fisarmonica) e  Francesco Massaro  (clarinetti),  Laura De Ronzo  (danza), esposizione e proiezione delle tavole di  Marco Cito . 

ROCCO NIGRO 
Fisarmonicista e compositore che partendo dalla tradizione del sud Italia ha esplorato i territori musicali del tango, della musica balcanica, klezmer e sefardita, arrivando, nella sua costante ricerca, fino alla musica contemporanea. 
E' impegnato in attività didattiche in istituti privati nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. 
Ha composto varie musiche per film e cortometraggi, vanta una cinquantina di partecipazioni discografiche e numerose esibizioni in festival internazionali. 
Tra le collaborazioni si contano quelle con Vinicio Capossela, Cirque du soleil, Orchestra ICO Lecce, Nigunim I tal yà e Teatro naturale di Renato Grilli, Opa cupa, Giro di Banda, Tarantavirus e Zina di Cesare Dell'Anna, Antonio Castrignanò, Redi Hasa, Valerio Daniele, Maria Mazzotta, Dario Muci, Giancarlo Paglialunga, i fratelli Rocco e Gianni De Santis, Nabil Salameh (Radiodervish), Enza Pagliara, Anna Cinzia Villani... 
Attualmente disegna e realizza produzioni musicali con Rachele Andrioli (“Malìe” e “Maldimè”, Dodici Lune), Francesco Massaro (“Agàpi”, DeSuonatori). 
 

Arci Levèra Noha

 
Di Antonio Mellone (del 02/07/2016 @ 11:59:52, in don Donato Mellone, linkato 3426 volte)

Il brano che segue è stato rinvenuto di recente fra le carte dell’archivio di don Donato Mellone (1925 - 2015).

Scritto nel 1983 alla sua inseparabile Olivetti Lettera 22, è il discorso di commiato da Antonio Rosario Mennonna, vescovo di Nardò (e quindi anche di Noha prima del passaggio della parrocchia all’archidiocesi di Otranto) sin dal 1962.

Anche questa è Storia locale. Che, come ribadito più volte, non è mai Storia di serie B, ma Storia tout court, e con tanto di maiuscola. Storia, che molto spesso è scritta su pezzi di carta rinvenuti per caso.

Mons. Mennonna era un mito per lo scrivente. Il vestito paonazzo, le insegne episcopali (mitria, anello, croce e pastorale), i pontificali, il portamento ieratico e la sua 131 Mirafiori blu lucidissima con tanto di autista e segretario, facevano evidentemente una certa impressione su quell’imberbe osservatore nohano ante-litteram che ero. Ne osservavo, dunque, tutti i dettagli: i suoi occhiali da miope molto spessi, i decori artistici degli uncini dei suoi vincastri, finanche le calze rosso-violacee perennemente indossate, come del resto il suo abito corale con mozzetta.

Del mio vescovo conoscevo il suo stemma (i monti, la stella a sei punte e la fortezza turrita) effigiato all’ingresso dell’episcopio e sul portale dell’adiacente cattedrale neritina, ma anche ricamato sulle infule delle preziose mitrie aurifrigiate, lavorato a filet con l’uncinetto sugli orli della cotta, marcato sugli altri paramenti sacri, e ovviamente stampato sui documenti ufficiali di curia e sulle lettere pastorali.

“Ut ascendam in montem Domini” era il suo motto. Certo di non commettere sacrilegio, lo utilizzai a mo’ di slogan del Numero Unico, il giornalino della Scuola Militare per gli Ufficiali di Amministrazione di Maddaloni, di cui nel ‘92-‘93 fui pure direttore responsabile. Ma, come posso dire, laicizzandolo preventivamente: togliendo cioè quel “Domini”, e lasciando semplicemente “Ut ascendam in montem”. Volevo trasmettere agli altri, tramite il contenuto di quella pubblicazione con tanto di espressione latina, l’urgenza di sentirsi invincibili piuttosto che vincenti, sottolineando l’importanza della lotta e della fatica della salita a prescindere dal raggiungimento dell’obiettivo-vetta. Ma questa è un’altra storia.  

Ricordo che nel corso di una delle feste del Ministrante che si celebravano annualmente a Nardò nel grande atrio polifunzionale del seminario diocesano (adibito a volte anche a campo di basket o di calcetto, quando non per convegni, cerimonie o sante messe all’aperto), ricevetti in dono dalle mani dell’eccellentissimo vescovo un libro premio che ancora conservo gelosamente. Era un libello delle Edizioni Paoline, scritto da Denise Barnard dal titolo “Sul tetto del mondo”: una storia sul Tibet e sul Dalai Lama (per dire l’ecumenismo, e soprattutto l’apertura mentale di quell’uomo di cultura, che ci spingeva proprio in quei ruggenti anni ‘70 ad andare oltre “questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, e forse anche oltre la nostra stessa religione). Credo che fosse stata la signora Pata di Noha (al secolo Vituccia Specchiarelli), delegata all’iniziazione cristiana dei chierichetti, a fare il mio nome al “comitato-premi-libri-ai-chierichetti” per quella bella cerimonia.    

Quando il vescovo era in visita a Noha era quasi una festa di precetto, i riti sempre solenni, con la presenza costante di almeno quattro sacerdoti (i due immancabili nohani, cioè don Donato e don Gerardo, e poi ancora don Giovanni Cardinale di Aradeo e infine il segretario-cerimoniere vescovile, mons. Mancina, anzianissimo, e sovente altri “preti ospiti”). Tutti attendevamo l’arrivo dell’ordinario diocesano sul sagrato della chiesa madre, pronti, subito dopo il saluto del parroco, a riceverne l’aspersione “urbi et orbi” (a Noha e al mondo).

Una volta, alla fine di una celebrazione eucaristica, mi trovai ad aprire completamente la porta dell’ufficio parrocchiale (dove era stato preparato il solito rinfresco con delle bibite) solo dopo il passaggio di sua eccellenza, non prima. Ecco che monsignore, tra il serio e il faceto rivolto a me – tra le risate degli astanti - mi fa: “Non preoccuparti. Pensa che anche Santa Chiara chiuse i cancelli dopo che i buoi erano scappati.” Non sapendo cosa rispondere (andavo meglio agli scritti che all’orale anche allora), credo che mi mimetizzai diventando rosso porpora, più o meno come la veste color magenta del mio illustre interlocutore.

Non sto qui a dirvi che imitavo la voce e la cadenza di mons. Mennonna come nessun altro. A dire il vero ero un (inimitabile) imitatore di persone non famose che manco un concorrente di “Italia’s got talent”. Sicché arrivai a fare la parodia di personaggi più o meno locali, quali don Donato stesso, ovviamente don Gerardo, finanche la mia maestra delle elementari… Più tardi arrivai a fare il verso anche ai miei professori delle superiori e quindi dell’università, oltre ovviamente quello di molti miei amici e colleghi, e di altri personaggi vari ed eventuali.

*

Antonio Rosario Mennonna (sopravvissuto a due suoi successori avvicendatisi sulla cattedra neritina), si è spento nella sua casa di Muro Lucano nel 2008, all’età di 103 anni. Ipovedente, è stato lucidissimo fino alla fine: pare che allenasse le sue sinapsi recitando a memoria interi canti della Divina Commedia (ergo lo scrivente, da questo punto di vista può considerarsi in una botte di ferro).

Lascia un ottimo ricordo in quanti lo conobbero in vita, ed una serie infinita di pubblicazioni, fra le quali: libri di favole per grandi e bambini, trattati di filosofia e di teologia, volumi di glottologia (per esempio sui dialetti gallitalici della Lucania), un piccolo dizionario del cristianesimo, e i famosissimi e stupendi “Dialoghi con i personaggi dell’antica Roma” (da Romolo a Tarquinio il Superbo, da Cicerone a Socrate, da Augusto a Costantino, ecc.), incisi anche su Cd.

Il vescovo-professore fu insignito dal Presidente della Repubblica della medaglia al valore di benemerito della scuola, della cultura e dell’arte.

Nel 2008, pochi mesi prima della sua dipartita, scriveva una lettera di ringraziamento a don Donato per il dono del suo volume “Il sogno della mia vita” (curato dal sottoscritto, ed edito da Panìco). In quella lettera (che mio zio buonanima mi fece leggere, e che ora non riesco a rinvenire – datemi tempo), Mennonna fa riferimento al sottoscritto quale insuperabile imitatore della sua voce.

Antonio Mellone

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Eccellenza Reverendissima,

sono passati ventuno anni e qualche mese da quando Ella fece il suo ingresso nella nostra Diocesi. E ora è giunto il momento di lasciarci per ritornare nella sua terra d’origine (Muro Lucano, ndr.). Sono convinto che Ella se ne sarebbe andata in punta di piedi, senza dar fastidio a nessuno, se non ci fosse stato un dovere elementare da compiere: quello di congedarsi da noi sacerdoti e dalle comunità parrocchiali che per tanti anni Ella ha guidato con saggezza, spirito di sacrificio e soprattutto con grande bontà d’animo.

Non è nel mio stile, Eccellenza, abbandonarmi ai complimenti, ma la verità bisogna pur dirla. E la verità è che noi sacerdoti, come pure tutti i fedeli, abbiamo visto in Lei non l’uomo di cultura, non il dottore in Sacra Teologia, quanto il Buon Pastore che ha amato questa Diocesi di Nardò, non con le parole, ma con i fatti e in verità.

Non è questa la sede più adatta, e non sono io la persona più indicata per illustrare l’opera da Lei svolta a vantaggio di tutta la Diocesi neritina nel corso del Suo ministero pastorale: ci saranno altri più qualificati di me che non mancheranno di assolvere a questo compito. E tuttavia a me spetta il dovere di fare solo un cenno a quanto bene ha compiuto nei confronti di questa Comunità Parrocchiale di Noha.

E ricordo le numerose visite pastorali, da Lei compiute. Ricordo quando nei primi anni del Suo (e mio) Ministero venne nella nostra Comunità a benedire i locali della nuova casa parrocchiale; ricordo quando fece un sopralluogo per i lavori di restauro della chiesa madre e per consacrare successivamente questo altare maggiore, così come voluto dal Concilio; ricordo la benedizione delle campane della chiesa parrocchiale e quella del cimitero, e anche quando venne a Noha a benedire il nuovo monumento ai Caduti; e ricordo, infine, quando, proprio in quest’anno è venuta a benedire il nuovo campo sportivo. E non posso non ricordare, durante l’anno mariano diocesano, l’accoglienza festosa che proprio questa comunità tributò alla Madonna della Pace nel pellegrinaggio che Ella ha voluto indire partendo da Roma.

Sono queste soltanto alcune delle opere che Ella ha compiuto a nostro vantaggio, e proprio a nome di questa Comunità, e a nome mio personale sento il dovere di esprimere all’Eccellenza Vostra Rev.ma i sentimenti della nostra gratitudine più sincera e più devota, e al tempo stesso Le chiedo che non ci dimentichi.

Per questo le Associazioni parrocchiali hanno pensato di offrirLe in dono una statuetta della Madonna. Quando Ella pregherà davanti a questa statua sono certo che si ricorderà di noi.

Noi, dal canto nostro, non mancheremo di ricordarLa nelle nostre preghiere.

Per l’intercessione di Maria, il Signore Le conceda Grazie su Grazie, e tanti anni ancora di vita e salute.

Sac. Donato Mellone

 

   [si ringrazia lo Studio Fotografico Pignatelli per la foto d’archivio]

 
Di Albino Campa (del 28/07/2011 @ 11:47:02, in Letture estive, linkato 3045 volte)
Ogni volta che leggo un romanzo o racconto di Stefano Benni un pensiero mi schiocca rumorosamente in testa e puntualmente sono tentato di uscire per strada e chiedere alla gente che passa: “scusi, sa dirmi quanto pesa la Fantasia?”. Da qualche parte ho letto che la Fantasia non ha limiti, ma di sicuro avrà un peso, altrimenti non riesco a spiegarmi cosa diavolo toccavo con mano mentre leggevo La compagnia dei Celestini. Quindi posso affermare che è dalla lettura di questo libro che ho subitaneamente (è orrendo questo termine, lo so, ma è adatto al contesto filosofico che si sta creando) dedotto che la Fantasia esiste e che molto probabilmente è fatta di fili che si intrecciano intorno al nostro mondo, tanti fili colorati che pendono dal soffitto della nostra camera, che fuoriescono dalla tazza del water, che imbottiscono i nostri vestiti, foderano gli oggetti che ci trasciniamo dietro tutti i giorni.

È un peccato che voi non riusciate più né a vederli né tanto meno a toccarli. Io un rimedio a questa strana malattia, forse pandemia, ce l’avrei pure, ma non fa per tutti. Bisogna essere consapevoli di quello che state per fare – ricordo a coloro che si sono distratti che state per toccare la Fantasia! -, dovreste lasciarvi alle spalle una miriade di pregiudizi, disfare ogni perbenismo che tormenta il vostro viver sociale e non essere particolarmente inclini al “Mussolardismo”. Altri requisiti? Beh, non guasterebbe se per l’occasione lasciaste il vostro cervello libero di scodinzolare fuori dal cortile in cui vi siete murati.

Perché tutte queste raccomandazioni? Non fate domande e statemi a leggere. La compagnia dei Celestini è il rimedio che fa per voi, in quanto questo testo è l’incarnazione della Fantasia. Sconvolti? Io pure. Ma come si potrebbe non affermare ciò per un testo colmo di lessici inventati, personaggi strambi, discorsi surreali, ambienti che sembrano esser stati progettati dalla Fantasia in persona, il tutto a contorno di una storia semplicemente e meravigliosamente assurda. Non è facile rendere con la parola scritta l’incredibile lavoro di costruzione letteraria di Benni, la fusione perfettamente riuscita tra il nostro mondo e quello parallelo della Fantasia che gli permette di non essere mai banale e allo stesso tempo di portare avanti, pur nella semplicità della narrazione, un monito contro le ingiustizie del mondo reale.

Difatti come non riconoscere nell’Egoarca Mussalardi, l’uomo più ricco e potente di Gladonia, e nel giornalista Fimicoli una pungente critica contro una politica squallida e un’informazione corrotta? Come non prestare attenzione agli ambienti in cui scorazzano i piccoli orfani protagonisti di questo romanzo e quindi ignorare la protesta di Benni contro l’inesorabile devastazione del nostro paesaggio? Oppure come si fa a non riconoscere nel comportamento del re dei “famburger” Barbablù un sottile dissenso contro l’invasione dei cibi da fast food?

Ah dimenticavo, bisogna avere anche un bel fiato per stare dietro a questi piccoli orfani che fuggono dall’orfanotrofio di Santa Celestina, retto dei Padri Zopiloti, in cui sono rinchiusi per andare a disputare il Campionato Mondiale di Pallastrada, organizzato dal Grande Bastardo in persona!

Michele Stursi

La Compagnia dei Celestini, Stefano Benni, Universale Economica Feltrinelli, pp. 288, € 7,50

 

Ritorna la Rassegna “ per Corti e per Palazzi” e tra le festività natalizie e quelle di fine d’anno il 28 dicembre, ci incontriamo per parlare di tradizioni, di riti che sono sopravvissuti ed altri che il tempo ha relegato tra i ricordi di chi ha qualche anno in più. Il luogo è quello appena aperto al pubblico: Palazzo Taddeo, nella centralissima via Vitt. Emanuele II , centro antico della città, alle 19,30,  interverrà Maria Luce Papadia autrice di un libro di memorie appena edito “ La cassapanca”, Piero Visper cultore delle tradizioni popolari di Galatina , Pietro Zurico  direttore de “ Il Sedile “ Altri ospiti ci raggiungeranno. Seguiranno degustazioni di dolci natalizi a cura del Panificio Notaro.

Emilia Frassanito

 
Di Marcello D'Acquarica (del 05/06/2013 @ 11:40:00, in NohaBlog, linkato 3992 volte)

Alessio Ingusci un piccolo OsservatoreQuando si parla di un argomento, uno qualsiasi, ascolto con attenzione prima di esprimere il mio parere. Se però l’argomento è il disegno, l’antenna telescopica della mia attenzione si proietta come il periscopio di un sommergibile che scruta l'orizzonte, in cerca della meta da raggiungere. Oggi sono a casa di Mauro, il papà di Alessio, che con evidente orgoglio, mi racconta della premiazione del suo bambino per un disegno scelto a scuola, l’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina e Noha, avvenuto a Lecce presso l'Hotel Tiziano, il 31 Maggio. Il concorso, denominato “Lo scrivo io”, a cui hanno partecipato molti studenti della provincia di Lecce, è stato indetto dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Non faccio nemmeno in tempo ad abbozzare il desiderio di vedere quel disegno che Mauro sparisce nella stanza affianco per riapparire con una valanga di pagine colorate. A parte la mia esperienza quarantennale nel disegno, ho visto molti bambini, fra cui i miei due figli, crescere con il loro modo di disegnare. Oltre alla parola, il disegno è uno dei primi metodi di comunicazione. Infatti un bambino, appena è in grado di tenere in pugno una matita, inizia a compiacersi dei suoi “geroglifici” che con il passare del tempo prendono forma. Osservando le opere di Alessio mi rendo conto di avere fra le mani qualcosa di diverso dal solito. Alcuni suoi lavori esprimono la normale espressività di forme e figure tipiche dei bambini della sua età, come per esempio, il villaggio Maya, dove la rappresentazione topografica del fiume e di alcune scene di vita quotidiana spiana la vista isometrica del tempio. Forme che con il raffinarsi della tecnica e con l’avanzamento nei corsi di studio cambiano generalmente allo stesso modo quasi per tutti. Ma qui noto una capacità libera e straordinaria di entrare nel disegno prospettico che sicuramente Alessio non può avere acquisito da regole o insegnamenti che fanno parte di programmi scolastici ancora a divenire. Alessio è in grado di intercalare nello spazio del suo disegno strutture dislocate in varie angolazioni mantenendo alto il livello del buon gusto visivo. Per rendersene conto, basta osservare la piazza con lo sfondo della cupola di San Pietro che lui ricorda (senza l’ausilio di foto) da una sua recente gita a Roma. Una capacità evidentemente innata in lui poiché, io stesso dovendo impegnarmi in cose del genere, dovrei necessariamente ricorrere a regole e trucchi acquisiti con l’esperienza del mio lavoro, naturalmente dopo la maturità tecnica. Quindi Alessio ci dimostra di essere un concentrato di attenzione, oltre che di maestria del disegno. Sicuramente ha un alto spirito di osservazione che lui, ovviamente, non gestisce con la ragione ma estrapola liberamente dal suo animo con la leggerezza di chi vede e sente con il cuore. E’ chiaro che Alessio in questo momento dell’età, attraverso i disegni che fa di sua libera iniziativa, ci racconta dei suoi sogni di bambino. Ma è probabile che con il passare del tempo diventerà comunicazione pura e forma espressiva dei suoi pensieri. Lo spirito di osservazione è la base necessaria per costruire un qualsiasi progetto, nel bene e nel male. Se non siamo capaci di osservare non saremo mai in grado di decidere cosa fare. E se non lo facciamo noi ci sarà sempre qualcuno pronto a prendere e pretendere di dominare sulla nostra stessa libertà. I risultati sono evidenti ovunque, Noha compresa, ma questa è un'altra storia. Quindi Alessio è un “osservatore”, come me, uno che osserva e disegna. A questo punto non mi resta che proporgli di “osservare” Noha. E così prendo dalla mia borsa una copia del Catalogo dei Beni culturali di Noha pensando di fargli un gradito regalo. Alla vista del libro la sua sorpresa è grande. Fino a questo momento il nostro dialogo è stato distratto e discontinuo, sono stato io a tenere “vincolata” la sua attenzione. Ma appena aperto il libro sulle pagine dei disegni delle nostre Chiese, delle masserie, delle casette, della Casa rossa, del Castello, della Torre, della Trozza, della pianta di Noha, della masseria Colabaldi, ecc. Alessio sbarra i suoi grandi occhi scuri. Anche se non lo fa con le mani (educatamente ferme), sento le pagine scivolarmi sotto le dita, mosse certamente dal suo forte desiderio di ammirazione per i disegni a colori che si susseguono nelle pagine del Catalogo. Quasi me lo strappa dalle mani per immergersi in quelle pagine che lo attraggono visibilmente. Ora Alessio è sereno, sta certamente elaborando nella sua mente altri progetti da disegnare sui fogli di carta che in casa abbondano. Forse si è aperta una nuova vena preziosa in questa miniera di tesori che è Noha con i suoi valori e i suoi beni.

Auguri Alessio, per la tua passione e per il tuo futuro di giovane Osservatore Nohano.

Marcello D’Acquarica

Alessio Ingusci un piccolo OsservatoreAlessio Ingusci un piccolo OsservatoreAlessio Ingusci un piccolo Osservatore

 
Di Redazione (del 22/08/2022 @ 11:39:49, in Comunicato Stampa, linkato 398 volte)

Kalia Athina - L’estate della civetta è un omaggio alle radici della città, alla Bella Athena, divinità cui si deve secondo alcune ricostruzioni storiche il nome della Città.

La civetta associata alla dea greca è infatti presente nello stemma civico di Galatina.

La rassegna che ha preso il via 7 agosto a Noha e si conclude il 30 settembre, prevede numerosi eventi musicali, reading, teatro, letteratura, poesia, sport, food e diversi momenti dedicati ai bambini.

Questa è la prima vera estate della ripartenza, dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto per oltre due anni. Avevamo il dovere di donare ai galatinesi delle serate di intrattenimento, di arte e di cultura per avere la possibilità di respirare pienamente la Città in ogni suo angolo, con eventi che coinvolgeranno tanto il centro della città quanto le frazioni e le periferie. Noi crediamo fortemente nel valore aggregante e coesivo della Cultura. La cultura genera comunità” afferma il Sindaco Fabio Vergine.

La rassegna estiva è costituita da eventi di grande richiamo. Nuovi format ed alcuni importanti ritorni daranno animo all’estate galatinese.

Alcuni degli eventi più importanti sono: il 17 agosto “I love 80-90”, format consolidato negli anni scorsi, tra musica e divertimento, che quest’anno torna in Piazza Alighieri.

Il 18 agosto farà tappa la Notte della Taranta, con la sua Orchestra Popolare, che approda per la prima volta assoluta a Galatina.

Il 21 agosto all’ex convento delle Clarisse, andrà in scena il recital concerto “I miei poeti” rock di Vincenzo Costantino Cinaski, accompagnato da Tobia Lamare alla chitarra.

Il 24 agosto in piazza Orsini, Galatina ospiterà per la prima volta una tappa del Locomotive Jazz Festival. I protagonisti della serata saranno Bungaro con Raffaele Casarano.

Il 28 agosto nel centro storico ci sarà “Le Ronde della Taranta”, un evento che vuole omaggiare il Tarantismo storico e concludere il ciclo di rassegne dedicate alla musica popolare e alla tradizione, riconducendole nel luogo originario del fenomeno culturale che ha tanto lustrato il Salento negli ultimi anni.

Il 4 settembre l’attrice e scrittrice Anna Dalton presenterà a Galatina il suo libro “Le tre figlie edito da Garzanti”.

Rita Marcotulli ospite l’8 settembre all’ex Convento delle Clarisse aprirà il ciclo de “I Concerti del Chiostro” in città.

Fabio Vergine Sindaco

Ufficio Stampa

 
Gli eroi della Patria e i Martiri della Fede:  Otranto 1480 1481
di Paolo Ricciardi

Abbiamo ricevuto in dono il recentissimo ponderoso libro di mons. Paolo Ricciardi “Gli eroi della Patria e i Martiri della Fede: Otranto 1480 – 1481” (Editrice Salentina, Galatina, 2009) per il tramite di un comune amico, il bravo don Emanuele Vincenti, giovane ecclesiastico nohano, per ora dimorante in Otranto, dove, tra gli altri, ricopre incarichi di curia, quindi a stretto contatto di gomito con l’autore di questo tomo, canonico abate del Capitolo della gloriosa Cattedrale idruntina.
Don Paolo, tra l’altro persona gioviale e simpatica, è quel monsignore che, con piviale rosso, nella solennità del 14 agosto, guida l’imponente processione otrantina con i resti dei Martiri, la cui urna viene portata in spalla da quattro novelli sacerdoti diocesani.
Ma senza perderci in mille fronzoli, veniamo subito all’opera sulla cui copertina sono impressi i caratteri “Volume I”, segno che almeno un altro volume dovrebbe prenderne il seguito (e noi attendiamo fiduciosi).
Sin dalle prime pagine di questo libro che nonostante la stazza si lascia leggere velocemente - e noi lo abbiamo letto in pochissimi giorni nel corso delle ferie agostane quando per definizione si lavora e si scrive di più - si nota un certo rammarico in don Paolo: se non il lamento, l’amarezza per il fatto che nonostante tutto, nonostante mille testimonianze, deposizioni, documenti d’archivio, decreti, opuscoli, libri, lettere, omelie, inni e componimenti poetici, giornate di studio, chiese cappelle ed altari ovunque eretti e dedicati, traslazioni di resti, culto ab immemorabili, dipinti e feste, richieste di reliquie da ogni dove, e ben due processi per cause di canonizzazione (l’ultimo dei quali conclusosi con il decreto sul fatto del martirio dei Beati Antonio Primaldo e Compagni, emanato da papa Benedetto XVI il 6 luglio del 2007), i Martiri d’Otranto, a cinque secoli di distanza dalla loro testimonianza di fede attraverso l’effusione del loro sangue, non hanno ancora ottenuto il decreto ufficiale di canonizzazione.    
Insomma è come se questo libro fosse quasi un grido, un urlo scritto per dire, documenti alla mano, che innanzitutto si sarebbe potuta da tempo ottenere dall’autorità papale una “canonizzazione equipollente”, in quanto, benché le nuove Costituzioni del 1634 promulgate dal pontefice Urbano VIII prevedessero due processi per le cause dei santi (uno diocesano e l’altro presso la Santa Sede), di fatto, le stesse norme di Maffeo Barberini prevedevano un’eccezione (che oggi potremmo chiamare anche “sanatoria”): era sufficiente cioè che si dimostrasse un culto ultracentenario per ottenerne una conferma ufficiale da parte della suprema autorità apostolica. E qui tutte le prove documentali e testimoniali sono concordi nel ribadire il fatto che per la chiesa locale idruntina gli 800 cristiani trucidati nel 1480 sul Colle della Minerva erano già “Santi” da prima del 1534!
Ma non si tratta soltanto di cavilli burocratici o giurisprudenziali: nel caso dei Martiri d’Otranto – ma è così per ogni Martire - non ci sarebbe bisogno di esaminare altri miracoli che il martirio stesso. Anzi il Ricciardi si spinge ben oltre affermando (in sintonia con altri compagni di battaglie, come mons. Antonio Antonaci) che gli 800 Otrantini non sono Santi perché furono Martiri, ma andarono al martirio perché Santi; perché, cioè, c’era in essi una virtù già salda, alimentata dagli ideali più alti della fortezza cristiana.
Il libro-compendio di don Paolo è un monumento di 925 pagine al valore; anzi di 925 gradini che ci permettono, se scalati, di salire su piani più alti, verso quelle altezze, pur sempre umane, che ci consentono di ascoltare la voce delle vittime di un olocausto che è storia e gloria, dramma atroce e riscatto, cattedra d’insegnamento e perenne monito verso un eroismo comunitario straordinario sempre più difficile da concepire oggi in un mondo fatto di individualismo spinto, di utilitarismo spicciolo, di egoismo infingardo.   
Ma il libro di don Ricciardi contiene un altro insegnamento. Che è questo. La ricerca di documenti e di atti deve essere effettuata secondo i dettami della più rigorosa storiografia e della ricerca filologica. Un tempo, anche per la redazione di una tesi di laurea (che durava mesi) si andava a fare ricerca sul campo, negli archivi e nelle biblioteche. Non si inviavano le e-mail ai professori perché questi ti scodellassero belle e pronte le soluzioni ai vari problemi (inclusi anche quelli matematici); ma ci si metteva giornate intere per la ricerca nel catalogo di un argomento o di un autore per poi continuare così in maniera reale e non semplicemente virtuale, diremmo alla Sherlock Holmes, a trovare la risposta ai tanti “perché”. Molti studenti ed anche molti odierni laureandi (lo diciamo per conoscenza diretta) non sanno nemmeno come sia strutturata una biblioteca. Oggi non ci si schioda da Internet che, come si dimostra scientificamente, può contenere mille corbellerie. Moltissime tesi di laurea, incredibile ma vero, si compilano nell’arco di un numero di settimane che non scomoda nemmeno tutte le dita di una mano. Ma, come c’insegna don Paolo con questi scritti, la vera ricerca è ben altra cosa: è metodo, rigore, lentezza, a volte anche  puntiglio. Il copia-incolla invece non è mai stata ricerca o analisi, e tanto meno scienza.
Ma avviamoci ora alla conclusione.
Serve un miracolo, dicevamo. Dopo oltre cinque secoli dal fatto, manca ancora l’ultimo passo per l’ottenimento della promulgazione pontificia del decreto di canonizzazione dei Martiri D’Otranto. Lo meriterebbe non solo la canizie di don Paolo, ma anche tutta l’archidiocesi idruntina, anzi l’intero Salento.
Ma tra le viuzze di Otranto il viaggiatore, senza attendere ulteriori proclamazioni, dovrebbe già da tempo camminare posando i suoi piedi con delicatezza sulle chianche cittadine, quasi volandone rasente per non calpestare i fantasmi del passato aggrappati a quelle pietre che un tempo furono bagnate dal sangue di 800 e passa Santi.
Un ultimo passo, un ultimo visto, un ultimo traguardo: un miracolo di guarigione da malattia, ottenuto per intercessione dei Martiri, è richiesto oggi per il gradino finale della canonizzazione. Ma noi crediamo a questo punto che un miracolo eccezionale che permetta l’ultimo timbro, il sigillo finale, sia rappresentato proprio dal voluminoso tomo del Ricciardi: libri come questo (se letti e consultati attentamente) sono veri e propri miracoli di guarigione da una delle malattie più gravi e talvolta contagiose: l’ignoranza.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 22/12/2013 @ 11:32:01, in Comunicato Stampa, linkato 2362 volte)

Natale, si sa, è l’occasione che più di altre festività consente di concedersi dei peccati di gola, ed i dolci sono sicuramente i protagonisti sulle tavole di tutto il Salento ed in particolar modo di Galatina, dove già dalle fine dell’800 maestri pasticceri di scuola napoletana venivano convocati nei ricchi palazzi assoldati dalle nobili casate in occasione di matrimoni, battesimi, o particolari eventi per dare un tocco di sfarzo e mettere in risalto la propria fortuna. Oggi questa tradizione è stata fatta propria dai alcuni eccellenti pasticceri galatinesi, che hanno creato numerose varietà e sfumature di alcuni dolci tipici africani, pasticciotti, bocche di dama, pasta di mandorle, zeppole, ecc.). Sembra che nel 1908 fu addirittura realizzato un intero Presepe fatto di dolci nel "Caffè Domenico Tundo & Figli".

L’Associazione Città Nostra, con il patrocinio del Comune di Galatina ed in collaborazione con il relativo Assessorato alle Attività Produttive, con il patrocinio di AIC (Associazione Italiana Celiachia) prendendo spunto da tutto ciò e per mettere in risalto le tante dolci golosità dei nostri pasticceri, alcune delle quali inserite nell’Elenco Nazionale dei prodotti Agroalimentari Tradizionali (come l’Africano, dolce conosciuto anche come "dita d’apostolo" per la forma che richiama le dita affusolate e che pare sia nato proprio a Galatina nel 1793), accompagnate da numerose altre specialità gastronomiche tipiche e da ottimi vini, organizza, domenica 29 dicembre, per le vie del centro un evento che mette in primo piano le varie dolci golosità e non solo.

La proposta consiste in degustazioni d’autore, accompagnate dall’estro di intrattenitori gastronomi d’eccezione: attori, cantastorie e guide turistiche. Si, proprio così, Città Nostra vuole prendere per mano i suoi visitatori, ed accompagnarli in un intrigante percorso artistico del gusto e dell’enogastronomia locale che coinvolgerà i vari sensi. Ci saranno quindi illustrazioni e degustazioni guidate e recitate di vini, dolci e piatti tipici della tradizione galatinese (come le "caddhe caddhe"), gli ottimi ortaggi locali e le rinomate "cicorie di Galatina". Turisti e visitatori potranno ammirare, degustare ed acquistare le varie specialità proposte per l’occasione in un percorso ideale .

Accanto al percorso artistico ed enogastronomico, è previsto un "percorso esoterico" alla scoperta di aneddoti, di curiosità, di antiche leggende e di simboli nascosti qua e là nella storia e nell’ architettura di Galatina. Previste inoltre le classiche visite guidate per le Chiese, corti e palazzi del barocco Galatinese.

Il centro storico intorno a Piazza San Pietro, sarà animato a partire dal primo pomeriggio, grazie alle tipiche risorse artigianali (pasticcerie, norcinerie, panetterie, rosticcerie, ecc.) del luogo, con l’idea di fare un salto nel passato tra tipiche ricette, tradizioni, "cunti te na fiata" (i vecchi racconti, trasmessi oralmente dai nostri nonni), musica e perfomance artistiche, cercando di ricreare la magia dell’atmosfera dei vecchi tempi, quelli dei nostri nonni, quando bastava poco per fare festa, per trascorrere il tempo con racconti che non finivano mai e si respirava un’aria di solidarietà e di condivisione autentica. C’è ne sarà per tutti i gusti, piccoli, adulti, anziani e per tutti i turisti che saranno presenti nel Salento durante le festività natalizie.

A movimentare il cuore cittadino di Galatina, ed in particolare alcune principali arterie del centro storico ci saranno artisti, cantastorie, guide, poeti, mostre, incontri con scrittori, animazioni, teatro, musicisti e vocalist . Si parte da Piazza San Pietro, sarà coinvolto un tratto di C.so Garibaldi, Via Vittorio Emanuele, Via Umberto I e la Chiesa dei Battenti in Piazza Galluccio. In primo piano, gli stand gastronomici con dolci, vino, salato a partire dalle 16:30.

PROGRAMMA

(NOTA: in caso di maltempo l’evento verrà rinviato al 05 gennaio)

INAUGURAZIONE ore 16:30

VISITE GUIDATE (ritrovo nei pressi dello IAT – Largo Torre dell’Orologio)

- Percorso classico "Dolce Barocco", a partire dalle h.15:30.

- Percorso esoterico. h: 18:30 (con Raimondo Rodia)

- Percorso dell’arte e del gusto. h: 17:30 / 20:30 (con Angela Beccarisi)

TEATRO - MUSICA – LIBRI – MOSTRE- INSTALLAZIONI- VIDEO-ANIMAZIONI

- TESTE DI LEGNO. Teatro dei burattini h.16:30 - Piazza San Pietro.

- RAC-CUNTI, a cura di Scena Studio. h. 18:00 -Via Vittorio Emanuele II.

- " VINI DE-CANTATI" a cura di Scena Studio, Via Vittorio Emanuele II a partire dalle h.

- "ASSAGGI DI THEATRUM", degustazioni teatrali a cura dell’ Associazione Culturale

- h: 19:00/ 19:45 /20:30/21:15 Atrio Palazzo Tondi / Pozzo San Paolo, accanto alla

- "E LU CUNTU NU FUE CCHIUI" di Maria Luisa Vozza C.so Garibaldi.

- "SCIOSCIA, poisie" - installazioni di Giuseppe Greco e scultura di Vincenzo Congedo.

Dicitura di poesie di Giuseppe Greco; presentazione di Candida Calò, interverrà Luigi

Mangia. h. 18:30, IAT- Largo Torre dell’Orologio.

- Incontro con l’autore Lino De Matteis a cura della libreria Fiordilibro. Conversazioni e

interventi delle autorità. Chiesa dei Battenti in Piazza Galluccio h. 19:00.

- "C’ERA UNA VOLTA E FORSE C’È ANCORA.." Installazioni, allestimenti e tipicità e

AgriCULTURE..." con Nello Baldari – Spazi Popolari "I Colori della Terra" di Sannicola.

- "LA MEMORIA IN UN CLICK" - immagini d’epoca di Galatina, video e musica. (P.za San

- MOSTRA di BRUNO DONZELLI – Circolo del Collezionista, Via Lillo n.94.

- PIGRIS STUDIO D’ARTE, esposizione – Via Umberto I.

- INDUO PROJECT (Elena De Salve-voce /Mauro Guido- guitar). h: 20:30 (Largo Torre

- LIBERA COMPAGNIA dell’ AgriCULTURA, Tina MINERVA voce, interventi in musica

Stand, banchetti e degustazioni, anche per chi ha le intolleranze al glutine. A partire dalle

16:30 Piazza San Pietro - Via Vittorio Emanuele II, C.so Garibaldi e Via Umberto I.

 
Di Albino Campa (del 24/11/2010 @ 11:22:07, in Cronaca, linkato 3861 volte)

Son 25 gli arresti eseguiti dai carabinieri della compagnia di Gallipoli e della tenenza di Copertino. L'operazione è stata denominata 'Mercante in fiera'. Il blitz mette in ginocchio gestori e manovalanza del narcotraffico tra Copertino e Galatina. Sono queste le zone di influenza e le piazze di due distinti gruppi che fanno capo al clan dei Coluccia, attivo nel galatinese. Figura centrale dell'organizzazione un 40enne di Noha.
Al gruppo criminale è contesta anche, e da qui il nome dell'operazione 'Mercante in fiera', il tentativo di mettere le mani sull'Ente Fiera di Galatina. Le indagini sono partite dalla denuncia, risalente al 2009, di un imprenditore finito nel mirino dell'attività estorsiva dell'organizzazione.
Nel corso del blitz è stato sequestrato 1kg di marijuana e quantitativi minori di cocaina ed eroina, oltre una pistola calibro 6.35. E' stato arrestato chi la deteneva. In tutto sono 15 gli indagati a piede libero.

per maggiori informazioni sull'operazione "Mercante in fiera" clicca qui.

Di Seguito il link del video dell'arresto mandato in onda da TeleRama News

visualizza

 

Lunedì 10 luglio, nell’ambito della rassegna letteraria estiva, la libreria Fiordilibro presenta  presso il Chiostro del Palazzo della Cultura di Galatina, alle ore 19,30 Caterina Soffici, giornalista italiana che vive e lavora a Londra  con il suo primo romanzo Non Fermarmi edito da Feltrinelli .

Dialogherà con l’autrice Paola Bisconti.

Bartolomeo e Florence i due protagonisti di Nessuno può fermarmi, l’uno stralunato e gentile studente di filosofia l’altra, una magnifica vecchia signora inglese  che frequentava i suoi nonni a Little Italy,il quartiere degli immigrati italiani a Londra. Dal loro viaggio intrapreso insieme alla ricerca della vera storia famigliare del giovane, emergerà un episodio caduto nell’oblio: il naufragio dell’Arandora Star, carica di internati italiani e silurata dai tedeschi. Nella tragedia del 2 luglio 1940 annegano in 446, civili deportati dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini all’Inghilterra, vittime innocenti del sospetto e della xenofobia. Bartolomeo e Florence sottraggono al silenzio le storie di quelle vite spezzate, e avanzano stretti l’uno all’altra - un ragazzo che si fa uomo e una vecchia che ritrova la tenacia della giovinezza- verso l’ultima incredibile rivelazione. Una grande storia, che Caterina Soffici racconta con la potenza di un romanzo popolare civile. Un romanzo sull’amore e l’amicizia, sull’emigrazione e la paura dell’altro, la sopravvivenza e il passato cha ritorna.

Caterina Soffici vive a Londra. Scrive per “ Il Fatto Quotidiano”, “ Vanity Fair”, Il “ Venerdi di Repubblica”. Collabora con il Ministry of Stories il laboratorio di East London, dove insegna a bambini e ragazzi l’importanza della creatività, del racconto e della memoria. Non Fermarmi è il suo primo romanzo.

Emilia Frassanito

 
Di Albino Campa (del 21/03/2009 @ 11:17:15, in I Dialoghi di Noha, linkato 6671 volte)


I dialoghi di Noha vanno avanti. Eccovi il testo e le immagini del commento e della recita del canto V dell'Inferno di Dante Alighieri che ha avuto luogo il 28 febbraio 2009 a cura di Antonio Mellone nello stupendo scenario dello studio d'Arte di Paola Rizzo.

I DIALOGHI DI NOHA

DANTE ALIGHIERI: IL CANTO V DELL’INFERNO


Vi dico subito come è strutturata questa lectura Dantis.

Cercheremo brevemente d’inquadrare il canto V nel girone dell’Inferno. Il secondo per la precisione. Spiegherò chi sono i personaggi. E poi prima del vero e proprio canto V (che proverò a recitare a memoria) commenteremo le singole terzine. Come saprete, i livelli di lettura della Comedia sono molteplici. Noi cercheremo una chiave di lettura: la più semplice possibile.

* * *

Adesso farò girare delle fotocopie sulla struttura dell’oltretomba dantesco. Ed in particolare sull’Inferno.

* * *

L’Inferno è come una grande vora, diciamo una voragine a forma di imbuto il cui termine, o il cui punto di minimo, si trova al centro della terra. Dunque un imbuto o un cono rovesciato enorme (come potete vedere dalle fotocopie). Un burrone che si apre sotto Gerusalemme causato dalla caduta di Lucifero (l’angelo, il più bello fra tutti, che si era ribellato a Dio) quando fu scaraventato dal Paradiso sulla Terra in seguito alla battaglia condotta e vinta dal nostro Arcangelo San Michele e dai suoi angeli.

La terra dunque in seguito a questa caduta si ritira, per paura, per ripugnanza, per schifo… per ricomparire dall’altra parte dell’emisfero terracqueo come una enorme montagna: la montagna del Purgatorio.

L’Inferno è diviso in nove cerchi concentrici che si rimpiccioliscono man mano che si scende, man mano che si va al centro della terra, per terminare nel lago di Cocito, lago ghiacciato a causa del vento (un vento freddissimo, diremmo di tramontana) prodotto dalle ali (enormi e senza piume, come quelle dei pipistrelli), ali di Lucifero, a sua volta immerso nel ghiaccio. Lucifero ha tre teste ed in ogni bocca sgranocchia anzi maciulla coi denti un peccatore. I tre traditori rosi dal diavolo sono Bruto, Cassio (entrambi responsabili della congiura contro Cesare) ed ovviamente Giuda (traditore di Gesù).

Vediamo ancora un attimo insieme la struttura dell’Inferno per vedere dove ci troviamo con questo canto quinto. Siamo nel II cerchio. Vedete? Subito dopo il primo cerchio che contiene il Limbo, che è quello in cui si trovano le anime di coloro che non furono battezzati. Ma prima ancora c’è la famosa porta dell’Inferno sulla quale c’è scritto (recito): Per me si va nella città dolente/ per me si va nell’eterno dolore / per me si va tra la perduta gente./Giustizia mosse il mio alto fattore/fecemi la divina potestate/la somma sapienza e il primo amore./ Dinanzi a me non fuor cose create/se non etterne ed io etterno duro/ lasciate ogni speranza voi ch’intrate.

Poi c’è l’Antinferno, dove ci sono gli Ignavi, quelli che non si schierarono mai, quelli che vissero sanza infamia e sanza lode, di cui lo stesso Virgilio dice a Dante: non ti curar di lor ma guarda e passa. Fanno così ribrezzo che non li vuole manco l’Inferno! Dunque c’è la necessità di schierarci.

Il terzo cerchio è quello dei Golosi, il IV quello degli Avari e Prodighi, nel V troviamo gli Iracondi e gli Accidiosi; il sesto cerchio è quello dove sono puniti gli Eresiarchi (o Eretici).

Il settimo cerchio è quello dei Violenti. Questo cerchio a sua volta è diviso in tre gironi: il primo dei violenti contro il prossimo e le sue cose; il secondo dei violenti contro se stessi e le proprie opere; il terzo dei violenti contro Dio e le sue cose.

Dopo una ripa scoscesa si va all’ottavo cerchio: quello dei violenti contro chi non si fida. L’ottavo cerchio è diviso in dieci bolge: 1) Seduttori; 2) Adulatori; 3) Simoniaci; 4) Indovini; 5) Barattieri; 6) Ipocriti; 7) Ladri; 8) Consiglieri Fraudolenti; 9) Seminatori di discordia; 10) Falsari.

Dopo c’è il pozzo dei giganti. Ed infine si arriva al nono cerchio (dove sono puniti i violenti contro chi si fida: cioè i traditori). Il nono cerchio è diviso in quattro zone: la prima dei traditori dei parenti (la cosiddetta Caina. Nel canto di questa sera vedremo che Francesca farà riferimento a questa zona del nono cerchio), la seconda dei traditori della patria, la terza dei traditori degli amici, la quarta dei traditori dei benefattori. In fondo c’è Lucifero, come detto sopra.

Ora ritorniamo sopra, al secondo cerchio e vediamo un po’ di focalizzarci su alcuni personaggi che Dante incontra nel suo viaggio.

* * *


La storiella dei due amanti che Dante incontra è questa.

Per sedare antichi rancori, due potenti famiglie di Romagna (i Polenta da Ravenna e i Malatesta da Rimini) pensano di pacificarsi combinando un matrimonio. Gli sposi sono Francesca da Polenta, bellissima, e Giovanni Malatesta detto Gianciotto, brutto e sciancato.

Per evitare un rifiuto secco da parte della giovane, le famiglie decidono di celebrare il matrimonio per procura. Questo fatto rappresenterà un altro raggiro, in quanto Francesca per un attimo pensa che lo sposo promesso sia l’ambasciatore o meglio il procuratore: Paolo Malatesta, uomo bellissimo, fratello di Giovanni, lo zoppo.

Ma così non è.

Francesca capirà subito chi sarà il vero marito e, sottomessa com’è, si sottopone al vincolo coniugale.

Però la scintilla era scoppiata. A sua volta a Paolo piacque subito Francesca, così come a Francesca piacque subito Paolo. Vedremo anche questo concetto: amor che a nullo amato amar perdona.

Ed una sera di maggio, in una loggia panoramica del castello di Gradara (che è bellissimo: v’invito a visitarlo come ho fatto io tempo fa) basterà la lettura a due della pagina di un famoso romanzo cavalleresco, in cui si raccontano gli inizi di una vicenda extraconiugale, perché i due cognati si bacino finalmente non riuscendo più ad andare avanti. Qui pare che irrompesse il marito (Gianciotto, cioè Giovanni Malatesta, lo zoppo) sorprendendo i due in flagranza di adulterio (un bacio!) e infilzandoli con una spada o una lancia in un’unica stoccata.

Tra l’altro a quanto pare questo duplice omicidio non sembra aver sciupato la vantaggiosa alleanza per le due famiglie che anzi viene rinsaldata con questa specie di patto di sangue.

* * *

Ora iniziamo a commentare il canto (prima di cercare di recitarlo tutto intero a memoria). Il canto è quello in cui Dante incontra i due amanti appunto in questo secondo girone dell’Inferno.

Dante con Virgilio discendono dal primo cerchio giù nel secondo, che ha una circonferenza più piccola, ma che contiene più dolore che spinge al lamento (che punge a guaio).

Piantato nell’entrata sta Minosse, giudice dell’inferno, che giudica e manda secondo ch’avvinghia. Ovviamente il giudizio è sempre inappellabile e soprattutto qui si parla di ergastolo. Qui la pena ed il carcere è vita. O meglio a vita eterna.

Dunque, quando l’anima mal nata (nata alla propria dannazione) gli capita davanti, confessa tutti i suoi peccati. E Minosse individua il comparto dell’Inferno che fa per lei e glielo comunica o glielo notifica secondo ch’avvinghia: cioè avvolgendosi nella coda un numero di volte pari all’ordine del grado o cerchio in cui l’anima deve precipitare. Per esempio quattro giri di coda, quarto cerchio; otto giri di coda, ottavo cerchio, e così via.

Il flusso delle anime è incessante: a turno vanno al giudizio, si confessano, ascoltano la sentenza, e poi sono scaraventate di sotto a capofitto.

Come vede Dante, Minosse s’accorge che non si tratta di un’anima ma di un uomo in carne ed ossa (in quanto Dante proietta un’ombra) e subito interrompendo l’atto di cotanto uffizio, gli urla: Tu che vieni in questo ospizio di dannati, stai attendo a dove ti stai cacciando. Non t’inganni l’ampiezza dell’entrata.

E Virgilio (compagno di viaggio di Dante) gli ribatte: Perché pur gride? Non tagliargli la strada. Vuolsi così colà dove si può (puote) ciò che si vuole e più non chiedere (dimandare).

Poi Dante viene al nocciolo del racconto. Or incomincian le dolenti note (il suono del dolore) a farmisi sentire, or son venuto là dove molto pianto mi percuote (mi investe e mi turba).

Io venni in loco d’ogne luce muto, cioè nel buio, silenzioso di luce, che mugghia come fa mare in tempesta quando è schiaffeggiato dai venti.

La bufera infernale che mai non s’arresta, e tormenta le anime dei dannati nella sua rapina sbattendole di qua, di là, di su, di giù.

Quando giungono davanti alla ruina si scatena un coro stonato di strida, singhiozzi, lamenti e bestemmie.

A questo punto Virgilio dice a Dante che i dannati sottoposti a quella pena sono i peccator carnali che la ragion sommettono al talento, cioè che subordinano l’ordine della ragione ai disordini del desiderio. Cioè sottomettono la ragione alla passione: sono in una parola i lussuriosi.

Ecco la legge del contrappasso: sbattuti dal vento delle passioni da vivi, questi peccator carnali saranno allora strapazzati dalla bufera infernale nei secoli dei secoli, amen.

Ecco allora due similitudini (ce ne stanno molte nella Divina Commedia).

La prima. Gli spiriti di questo cerchio, la massa dei lussuriosi, sono paragonati allo stormo largo e pieno degli storni (un tipo di uccelli) che in massa turbinano alla rinfusa.

La seconda. Le ombre travolte dalla medesima tormenta (de la detta briga) striano gemendo, come gru che disposte in lunga riga van cantando lor lai (cioè si lamentano). Dunque sono gru lamentose queste anime selezionate, ch’amor di nostra vita dipartille, cioè che han perso la vita a causa dell’amore.

Dante domanda: chi sono queste anime-gru?

Risponde Virgilio. La prima è Semiramide, la leggendaria imperatrice, che succeduta al marito Nino, regnò sulla terra che il Soldan corregge, cioè la città che oggi è retta dal sultano d’Egitto. Questa Semiramis, Semiramide, fu donna talmente depravata che per abrogare l’ignominia a cui s’era ridotta, decretò la liceità di ogni sfrenatezza: libito fe’ licito in sua legge. Insomma si fece una legge ad personam. Le leggi ad personam evidentemente non sono un’invenzione di questi nostri giorni!

La seconda delle anime in riga è colei che s’uccise per amore, dopo aver rotto il patto di fedeltà giurato sulle ceneri del marito Sicheo: si tratta della vedova Didone, regina di Cartagine: la quale folle di Enea (quando questi partì) si lanciò tra le fiamme.

Segue Cleopatra lussuriosa: Cleopatra amante di Cesare e Antonio e di molti altri (si suicidò morsa da un aspide).

Segue ancora Elena, per cui tanto reo tempo si volse, (dieci anni della guerra greco-troiana)

Vedi Parìs: vedi Paride, amante di Elena, e vedi Tristano (quello che preleva la bella Isotta in Irlanda per tradurla sposa a suo zio Marco, re di Cornovaglia: poi i due bevono una pozione, un filtro d’amore. Ma poi Marco mette a morte il nipote… Ma questa è un’altra storia).

L’elenco dei sette morti lussuriosi, completato da mille altri nomi di donne antiche e cavalieri, sgomenta Dante e pietà lo coglie.

Quando ecco che qualcosa, sconvolgendolo ancor di più, cattura la sua attenzione. E si rivolge a Virgilio e gli dice: poeta, mi piacerebbe parlare con quei due che volano insieme e sembrano essere così leggeri al vento. Ed il maestro gli risponde: non ti preoccupare, quando saranno più vicini a noi, pregali in nome dell’amore che li sbatte a destra e a manca e vedrai che verranno.

E così Dante, non appena il vento sembra rallentare un attimo, si rivolge a loro dicendo: oh anime affannate, venite a parlare a noi, se altri (se Dio, cioè) non lo vieta.

Dalla riga di gru, come due colombi, si staccano due anime, tratte dalla forza dell’appello affettuoso. Ma inizia a parlare solo lei. Lui (Paolo) non parlerà mai in questo canto. Piange in silenzio.

Francesca si dice allora disposta a dire tutto quello che Dante, quella creatura vivente vorrà sapere. Mentre che il vento come fa ci tace.

Francesca per designare la sua città, si dichiara nata sulla marina dove sfocia il Po per aver pace con i suoi affluenti. Ed aggiunge che se qualche udienza lei e Paolo potessero ottenere (ma mai l’otterranno) nei cieli, pace pregherebbero per il pellegrino commosso dalla loro pena. Pace e niente altro: pace che altro non è che la disperata aspirazione di questa signora che, con l’amante, tinse il mondo di sanguigno, e ora gira e rigira furiosamente nell’aere perso del secondo cerchio dell’Inferno.

Amor, che in un cuore nobile attecchisce subito, prese questo Paolo del bel corpo di cui sono stata privata, ed il modo ancor m’offende. Può significare: la smodatezza della passione di Paolo mi tiene ancora in sua balìa; oppure: il modo dell’omicidio continua ad offendermi.

Amor gentile. Amor cortese. Dolce stil novo: quello che sublima la donna, vista come un angelo. Non vi posso a questo punto non recitare la bella poesia di Dante: Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia…[recita].

Tanto gentile e tanta onesta pare

La donna mia quand’ella altrui saluta

Ch’ogne lingua devien tremando muta,

E gli occhi no l’ardiscono di guardare

Ella si va, sentendosi laudare,

benignamente d’umiltà vestuta;

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,

che dà per gli occhi una dolcezza al core

che ‘ntender no lo può chi non la pruova

e par che de la sua labbia si mova

uno spirito soave pien d’amore,

che va dicendo a l’anima: sospira.

* * *


Amor che a nullo amato amar perdona.

Amore che non esonera nessuna persona amata dall’amare a sua volta, prese me della bellezza di quest’uomo, e con tanta forza che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amore ci coinvolse in un’unica morte. La Caina, cioè quel cerchio dei traditori dei parenti (che abbiamo visto anche sulle fotocopie) che è la zona del lago di ghiaccio che chiude il cratere infernale, la Caina – dicevo – attende chi a vita ci spense: cioè mio marito che ci uccise.

* * *

Ora apro una breve parentesi su quel verso 103 ormai famosissimo: Amor, ch’a nullo amato amar perdona.

Secondo questa specie di teorema si può affermare che sempre, fulmineamente, senza appello, chiunque s’innamori di una persona automaticamente non può che esserne corrisposto. Dunque c’è reciprocità d’amore. Istantanea e perfetta.

C’è chi dice invece che questo funziona solo con l’amore di Dio per cui amare Dio ed essere amati è un’unica cosa. Ma senza approfondire questi concetti ché si sconfinerebbe in altri campi (teologici, morali, psicologici, filosofici…) diciamo che nel tempo altri poeti pensarono invece che non esiste questa corrispondenza d’amorosi sensi.

Per esempio nel seicento ci fu una suora di lingua spagnola, Suor Juana Ines de la Crux, di Città del Messico che scrisse questa poesia molto bella che ora vi recito: “L’ingrato che mi lascia cerco amante”… [recita].

Chiusa la parentesi.

L’ingrato che mi lascia, cerco amante

L’amante che mi segue, lascio ingrata;

costante adoro chi il mio amor maltratta

maltratto chi il mio amor cerca costante.

Chi tratto con amor, per me è diamante,

e son diamante a chi in amor mi tratta;

voglio veder trionfante chi mi ammazza,

e ammazzo chi mi vuol veder trionfante.

Soffre il mio desiderio, se ad uno cedo;

se l’altro imploro, il mio puntiglio oltraggio:

in ambi i modi infelice io mi vedo.

Ma per mio buon profitto ognor m’ingaggio

A esser, di chi non amo, schivo arredo

E mai, di chi non mi ama, vile ostaggio.

Ecco: in questa poesia si evidenzia molto bene non la simmetria ma la asimmetria degli amorosi sensi…

* * *

Ma torniamo al nostro canto V.

Dopo aver ascoltato quelle anime offense, Dante abbassa gli occhi e tanto li tiene bassi, finché Virgilio gli chiede: che pensi? Cosa ti passa per la testa?

E Dante risponde dopo un po’: Ahimè, quanti dolci pensier, quanto desìo menò costoro al doloroso passo.

Poi si rivolge a Francesca dicendole: Francesca, le tue pene, il tuo dolore mi impietosiscono fino alle lacrime. E poi le chiede, quasi morbosamente curioso: ma dimmi, per quali indizi ed in quali circostanze vi ha consentito Amore di conoscere i vostri titubanti e mutui desideri?

E Francesca: Nessun maggior dolor …premesso che nulla fa più male che ricordarsi del tempo felice nella miseria, dirò come colui che piange e dice: dirò come direbbe chi piangendo dicesse.

E continua: un giorno, per svago, senza essere insospettiti da alcun presentimento, lei e Paolo leggevano insieme un romanzo francese, dove era raccontata la storia d’amore di Lancillotto e Ginevra, moglie di re Artù (qualcuno ricorda il film con Richard Gere e Sean Connery, su questa storia. ecc.).

Più di una volta la lettura costrinse i loro sguardi ad incrociarsi, ed i loro visi a sbiancare. Ma a sopraffarli fu una pagina: proprio quella. Quando lessero il desiderato sorriso di donna Ginevra essere baciato da cosiffatto amante, questi che mai da me non fia, non sia, diviso la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, quel giorno più non vi leggemmo avanti.

Il Galeotto di cui si parla è il siniscalco Galehaut, che nel romanzo francese istiga il leale Lancillotto a dichiarare il suo amore a Ginevra; e sotto i suoi occhi, Ginevra prende Lancillotto e lo bacia.

Dunque: Galeotto fu il libro: il libro o meglio il suo autore, ci ha fatto da mezzano.

Quel giorno più non vi leggemmo avante…

Questa frase di Francesca ha dato luogo a diverse interpretazioni. Può significare che la lettura, interrotta dal bacio, sarebbe stata immediatamente e definitivamente troncata dall’irruzione del marito zoppo e quindi dal doppio omicidio.

L’altra interpretazione forse più plausibile, benché più piccante, è quella per cui da quel giorno, i due abbiano accantonano le perlustrazioni letterarie sul tema dell’amor cortese, per abbandonarsi alla passione.

Il canto finisce con Dante che sviene cadendo come corpo morto cade.


Eccovi dunque la recita integrale del canto V dell’Inferno.

Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.

«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,

«guarda com' entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid' io venir, traendo guai,

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».

«La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell' è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.

Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.

Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

I' cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggieri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;

cotali uscir de la schiera ov' è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido.

«O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand' io intesi quell' anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com' io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

 
Di Redazione (del 31/07/2017 @ 11:09:22, in Comunicato Stampa, linkato 1240 volte)

Il progetto “In Reading 2015” del Servizio Civile Nazionale di Galatina prosegue con le attività mensili presso la Biblioteca comunale “P. Siciliani”. I volontari hanno attivato il corso di lettura ad alta voce per i nonni e il circolo dei lettori.

L’obiettivo prefissato è quello di allenare la mente degli anziani stimolandone ricordi ed emozioni passate. Durante i primi incontri sono riaffiorate storie della Seconda Guerra Mondiale e del tarantismo, raccontate serenamente da chi è riuscito a cogliere il “positivo” nonostante il dramma.

Il circolo dei lettori, che coinvolge ogni fascia d’età, è invece una forma di lettura condivisa per discutere e confrontare le opinioni, le impressioni e le emozioni che la lettura di un determinato libro ha trasmesso a chi legge.

Vi aspettiamo in biblioteca!

 

Ridisegnati dalla FIPAV gli otto gironi nazionali del campionato di serie B, in un mix di viciniorietà geografica e di valenza tecnica di squadre, ecco generati i due gironi E e G in cui si misureranno le compagini pugliesi, inseguendo il sogno(non per tutte) che porta dritto alla nuova A3, come da riforma dei campionati che cambierà le fattezze dell’intero movimento.

Si parte nel week-end di sabato 13 e domenica 14 ottobre, per poi arrivare alla bandiera a scacchi il 4 maggio 2019: come nella scorsa stagione, è ancora girone G.

Quattordici squadre, per un lungo viaggio verso Basilicata e Campania con uno sbarco nell’isola d’Ischia, oltre a tre infuocati derby che si preannunciano avvincenti. 

Non ci saranno promozioni dirette, ma play-off tra prime e seconde classificate degli 8 gironi, per stabilire le sette squadre promosse che insieme alle diciassette squadre retrocesse dalla A2, andranno a formare l’organico della nuova A3 per la prossima stagione.
Per Bari, Andria, Lucera e Cerignola inserite nel girone E, l’abbandono delle trasferte in Campania, Basilicata e sud Salento avrà, come contro altare, un’appartenenza territoriale tutta centro adriatica, toccando Marche, Abruzzo ed Umbria, oltre naturalmente ai rispettivi derby pugliesi.

Efficienza Energia Galatina, collocata nel girone G unitamente alle pugliesi Casarano Volley, Fulgor Tricase, Erredi Taranto e alla lucana Virtus Potenza, farà visita per ben nove volte in Campania, confrontandosi con Atripalda Volleyball, Snav Folgore Massa, Volley Marcianise, Normanna Aversa Academy, As Ischia Pallavolo, Cml Vesuvio Cimitile, Tya Marigliano 1995, Pozzuoli Volley, Emrafoods Gis Ottaviano.

Il calendario ha proposto nella prima giornata l’esordio casalingo della squadra del presidente Santoro contro la Normanna Aversa Academy , ancora in standby nella composizione del roster, che nella passata stagione si fermò nella rincorsa alla serie A2 a pochi metri dal traguardo sconfitta in gara tre dalla Conad Lamezia.

La situazione del volley ad Aversa però cammina lungo un crinale pericoloso che è quello della costrizione all’abbandono per mancanza d’impianti. Delle due squadre portabandiera del volley in terra campana, la Sigma Aversa di serie A2 ha ceduto il titolo al Piacenza, mentre la Normanna Aversa, già quasi orfana dello sponsor Romeo Gestioni, si vede sfrattata dal  “PalaJacazzi” per lavori di ammodernamento ed ampliamento necessari ad ospitare gare di basket delle prossime Universiadi.

Non sarà facile individuare campi di gioco alternativi data la carenza delle strutture ed a questo dovrà aggiungersi un lievitar di costi che potrebbe portare a drastiche decisioni da parte di quei vertici societari.

La disgregazione della Sigma ha consentito ad alcune compagini di acquisire le prestazioni sportive di atleti di valore ; è il caso del centrale Iacobelli passato all’Ottaviano, del laterale Esposito alla Folgore Massa, del posto quattro Monto’ al Marcianise, di Marco Vacchiano al Pozzuoli e di Enrico Libraro , martello pesante ( 4891 punti negli ultimi dodici anni di serie A2), di raggiungere il fratello Antonio(palleggiatore) e il padre Gennaro( allenatore) alla casa madre Ottaviano. 

E sarà proprio la EMRAFOODS OTTAVIANO , orfana dell’opposto Di Felice e del centrale Bianco , sostituiti al meglio dallo “squalo” Peppe Scialò  e dal centrale Giacobelli, a recitare un ruolo di candidata alla vittoria.

A parere degli addetti ai lavori i comprimari che sgomiteranno con i campani sono da individuarsi nella Fulgor Tricase con L. Parisi, Di Felice, Bisanti e Muccio, nell’Erredi Taranto con G. Parisi, Roberti , Garofalo e Giosa, nel TYA Marigliano con Bianco, Aliperti, Di Giorgio e Rumiano.

Poi le mine vaganti Casarano Volley con Laterza, Zanette e Gribov e il giovane gruppo del Marcianise con gli esperti Di Florio, Montò e Pecoraro a far da balia, in attesa dell’ultimazione  degli organici delle altre società per tracciare una graduatoria di merito.

Efficienza Energia Galatina, Giocoleria Potenza, Normanna Aversa, Atripalda Volleyball, Cimitile Vesuvio, Pozzuoli Volley e Ischia Pallavolo sono al lavoro per quadrare una rosa ancora incompleta in alcuni posti chiave.

Intenzione delle tre società campane neopromosse è confermare l’intelaiatura dello scorso anno, innestando  nei ruoli fondamentali atleti del calibro di Calabrese  e Vacchiano(Pozzuoli) , Salerno e Picariello (Atripalda), Spera e D’Ambrosio(Cimitile).

Lavora sotto traccia anche il DG Stefanelli  di Energia Efficienza Galatina,  che conta  di affidare a mister Stomeo  ,entro fine agosto, una squadra completa ed ambiziosa con un roster che possa far sognare la tifoseria.

 

Piero de lorentis

RESPONSABILE AREA COMUNICAZIONE

EFFICIENZA ENERGIA GALATINA

 

Ed eccoci a scrivere e promuovere un libro che non può mancare sotto l’ombrellone, tra uno schizzo d’acqua, il rumore dei bambini che giocano in spiaggia ed il vociare della massa indistinta, che si bagna nelle dolci acque del Mediterraneo. Un libro intrigante, pieno di mistero ed avventura, che avrò l’onore di presentare a Galatina il 26 agosto 2014 alle ore 20.30 presso il palazzo della Cultura, per la serie di eventi nota come ” L’estate della cuccuvàscia “. Un mistero antico come quello della Nike di Samotracia, ha la forza secolare di costruire una rete di rapporti, unire terre lontane e custodire segreti. Il Dr. Silli Solari è un archeologo irrequieto, sicuro di se e alla continua ricerca di percorsi avventurosi in cui addentrarsi e perdersi. Insieme al suo migliore amico greco, Christos, partecipa a una poco entusiasmante spedizione archeologica in Grecia. Proprio lì? conosce Brigitte, una ragazza francese, e Renate, tedesca, a capo della spedizione. Entrambe archeologhe, entrambe attratte da Silli, con caratteri e destini diversi. Silli e Christos decidono di abbandonare la spedizione greca e partono alla volta del Baltico, con l’obiettivo di raggiungere l’arcipelago di Aland e scoprire il segreto della Nike alata. Brigitte, ormai invaghita di Silli, sceglie di accompagnarli, e da quel momento, dopo una serie di terribili omicidi, iniziano pian piano a svelarsi le identità insospettabili dei vari protagonisti. Ferdinando Scavran sociologo di origini venete, nasce a Taranto nel 1957 e vive e lavora nel Salento. Da sempre innamorato della Grecia, lì passa spesso le sue vacanze, lì il suo cuore e la sua anima. L’amore di Ferdinando per la Grecia nel nome trasmesso ai suoi due figli, intrisi di storia mito e leggenda, due nome legati indissolubilmente con la madre patria Hellas, Ares e Dafne. Un thriller " Le Ali della Follia " che si abbandona alle carezze della Storia, della Mitologia e dei sentimenti e, che pur lottando con l’orrore, affronta senza esitazione un percorso intricato e affascinante.

Raimondo Rodia

 
Di Redazione (del 26/01/2019 @ 10:30:06, in Comunicato Stampa, linkato 734 volte)

Sabato 26 gennaio alle ore 19:00 presso la Chiesa del Collegio a Galatina, si terrà il secondo appuntamento della Rassegna Incontri al Collegio” ideata ed  organizzata dalla libreria Fiordilibro in collaborazione con la Chiesa di Santa Maria della Grazia dal titolo  Confraternite religiose”. 

Le Confraternite hanno una lunga ed importante storia, sono nate infatti nel Medioevo quando supplivano all’assenza di qualsiasi forma di assistenza verso i ceti più svantaggiati, sono attive e presenti  più che mai ai nostri giorni e sono ben radicate in ogni regione e  diocesi d’Italia. Non possono essere considerate solo società di mutuo soccorso, né solo società filantropiche né tantomeno solo depositarie e custodi di atti di devozione popolare. Ci aiuteranno a tracciarne la storia, a conoscerle meglio soffermandoci anche su alcuni episodi che riguardano la realtà cittadina la prof.ssa Tina Petrelli Coordinatrice per il Sud Puglia e Consigliere Naz. le della Confederazione Confraternite d’Italia con il suo intervento Le Confraternite tra passato e presente” e l’ing. Giovanni Vincenti Cultore di Storia locale con “ Le Confraternite a Galatina:episodi di vita cittadina” .

Introduce il Rettore della Chiesa di Santa Maria della Grazia Don Antonio Santoro.

Emilia Frassanito

 

 
Di Redazione (del 06/07/2016 @ 10:21:06, in Comunicato Stampa, linkato 1819 volte)

Catena Fiorello, la nostra ambasciatrice del Salento, il 6 luglio alle ore 19,30 presso il Chiostro del Palazzo della Cultura di Galatina presenta il suo ultimo libro L'amore a due passi edito da Giunti.

La scrittrice siciliana che é stata già ospite della libreria Fiordilibro, nel 2013 per -Dacci oggi il nostro pane quotidiano - e nel 2014 per  -Un padre è un padre- editi entrambi da Rizzoli, ora torna per condividere con noi le emozioni del suo ultimo romanzo  -L’amore a due passi-

 E sarà ancora di più un piacere ascoltarla, questa volta ci parlerà della nostra terra,il Salento che lei ama tanto quanto la sua terra natale la Sicilia e dell’amore quello vero che non ha età. 

Il libro è una commedia divertente, romantica e a tratti commovente, uno dei protagonisti - Orlando Giglio il “ Gendarme “ del condominio di via Mancini n.8 a Roma, studia le abitudini dell’altra protagonista, la sua dolce ossessione, Marilena Moretti nota in gioventù come la “Brigantessa”. Sono entrambi vedovi con figli e lui la segue nel breve tragitto tra il portone e l’ascensore aspettando il momento buono. Dovranno scattare due allarmi in piena notte, in una delle estate più calde degli ultimi anni, per far sbiadire i fantasmi del passato e del presente e perché Marilena accetti l’invito di Orlando a partire per un’avventurosa vacanza alla conquista del Salento.
L’incontro  è organizzato dalla libreria Fiordilibro con il patrocinio del Comune di Galatina, introduce il giornalista Francesco Rella.

 
Di Antonio Mellone (del 27/09/2021 @ 10:09:07, in NohaBlog, linkato 1082 volte)

Non è elegante accingersi a vergare un breve ricordo di “tanto raggio” partendo da una diciamo autocitazione. Però, un po’ per far meglio comprendere il fatto e un po’ per la faccia tosta che mi ritrovo, la faccio ugualmente.

Allora, vergin di servo encomio e ovviamente di codardo oltraggio, nell’aprile del 2007 per i tipi di Infolito Group (Milano) uscì, con molte, molte licenze poetiche, un mio libello di “Scritti in onore di Antonio Antonaci”, prefato da par suo dal prof. Zeffirino Rizzelli.

E qui potrei chiudere il discorso rinviando il lettore a quel volumetto rabberciato alla men peggio (ma meglio di così, scusate, non saprei fare), reputando concluso questo mio intervento in memoriam e lasciando finalmente in pace questa tastiera. Invece no.

*

Conobbi, dunque, il prof. mons. Antonio Antonaci (io però l’ho sempre appellato con il solo titolo accademico) partendo dalla fine, voglio dire dalla sua ultima creatura in termini volumetrici, cioè il monumentale Galatina – Storia e arte (ed. Panico, Galatina, 1999) che acquistai nel 2002 presso la Libreria Viva. Orbene, dopo aver divorato, compulsato e preso nota di molte cose contenute in quelle oltre mille pagine curatissime, non rammento bene a chi chiesi come potevo fare per incontrarne l’autore. Sta di fatto che l’auspicato convegno avvenne nella tenuta di Sirgole, feudo di Noha, dove Monsignore villeggiava nella sua graziosa casetta, sul finire dell’estate di quell’anno, precisamente il 19 ottobre del 2002. La scusa fu l’autografo da far apporre sulla prima pagina di quel ponderoso tomo, che dunque portai con me ben allacciato al portapacchi posteriore della mia bicicletta. Fu questo l’inizio delle mie visite al Professore che avvenivano nel corso dei fine settimana, non tutti ma molti, di ritorno dal barese dove allora come ora (ma ora giocando praticamente in casa) prestavo la mia attività lavorativa alle dipendenze di un istituto di credito.  

Erano incontri, quelli, nei quali non funzionava la partita doppia: il mio Dare era nullo in confronto all’Avere. Chi ci guadagnava nel corso di quei meeting era sempre il sottoscritto: non andavo mai via da quelle conversazioni senza aver appreso qualcosa, conosciuto un personaggio, approfondito un argomento di carattere storico, ecclesiale o filosofico. Mai potrò scordare quando, per rispondere a una mia curiosità su quell’autore medievale, Antonaci mi parlò diffusamente della figura di Meister Eckart, o quando gli chiesi del pensiero di Ortega Y Gasset. Altro che Wikipedia.

E poi i libri. Quando non era egli stesso a darmene copia (“Tolle et lege” – mi diceva facendo eco alla voce del famoso bambino delle Confessioni di Sant’Agostino), provavo a procacciarmi da solo l’ambito bottino antonaciano.

E così ho vagabondato per librerie antiquarie tra Milano, Bari e Roma, per curie vescovili, come quella di Otranto, dove mi procurai il volume “Editoriali”, 52 articoli pubblicati su “L’Eco Idruntina” dal ‘61 al ’67; per case generalizie, tipo quella delle Suore Apostole del Catechismo a Santa Fara di Bari, che gentilissime mi donarono il “Cornelio Sebastiano Cuccarollo”; per bancarelle, come quelle della fiera del libro di Campi Salentina, dove rintracciai e acquistai senza badare a spese “Questo è il Salento” del 1956; per mercatini di rigattieri, onde pagai uno sproposito un minuscolo fascicolo del 1952 dal titolo “S. Pietro in Galatina” - ma avrei sborsato anche il doppio; per sagrestie, come quella dell’Arciconfraternita dell’Addolorata e quella della chiesa della Madonna della Luce in Galatina, o come quella del Santuario della Madonna della Coltura di Parabita, per le rispettive guide; per circoli cittadini, tipo la Società Operaia di Galatina, per il volumetto che raccoglieva il discorso di Antonaci letto in occasione dei cento anni di storia di quell’associazione di mutuo soccorso; per case private, ad Andrano per esempio, dal nunzio apostolico Luigi Accogli, il quale, per il tramite di una sua collaboratrice spagnola, mi fece pervenire la sua biografia oltre che addirittura una lettera di scuse per non essere riuscito a incontrarmi (ma l’arcivescovo si trovava negli Stati Uniti per la cura di un cancro, che da lì a pochi mesi si rivelò fatale).

Potrei continuare a lungo stancando il lettore - quell’unico che sarà arrivato sin qui – continuando a parlare dei fatti miei e della mia amicizia con Antonio Antonaci, professore universitario, prete e scrittore, e studioso enciclopedico, osservatore acuto e dotto, pensatore illuminato e, non ultimo, conversatore divertente, senza riuscire né a delineare una sua biografia intellettuale né un’epitome della sua opera omnia. Non m’impelago nemmeno nell’approfondimento dei cinque filoni di studio che lo interessarono, vale a dire il filosofico, il teologico, il biografico, lo storico e il socio-politico, molti sparpagliati nei suoi libri che custodisco gelosamente, se no davvero non la finirei più.

Li razziavo quei libri, facendo mie molte espressioni che trovavo perfette, li sottolineavo, li consideravo una palestra del bello scrivere, li recensivo man mano che finivo di divorarli con vera appetenza cartivora. Poi raccolsi i miei appunti nel libercolo celebrativo di cui all’iniziale autocitazione.  

Ma poco prima che uscissero dai torchi del tipografo quegli “Scritti in Onore”, per ben due volte, in tempi affatto diversi - la prima in quel di Cutrofiano e la seconda proprio a Noha – stavo per rimaner vittima di un colpo apoplettico allorché, viaggiando in macchina, per caso mi accorgo del manifesto funebre con su scritto il nome di (tale) Antonio Antonaci.

In entrambi i casi ho inchiodato la mia auto, con il rischio di venire tamponato, e sono sceso a controllare da vicino: in tutte e due le evenienze si trattava per fortuna di un’omonimia (un Antonio Antonaci era coniugato; l’altro, poveretto, aveva la metà degli anni di Monsignore).

Il terzo manifesto, diciamo quello autentico, ebbi modo di leggerlo a Galatina nel pomeriggio del 27 settembre del 2011: oggi di dieci anni fa.

Ebbene sì, mi ci son voluti tre manifesti funebri per capire, a scoppio ritardato, che il prof. mons. Antonio Antonaci non è mai morto.

 

Antonio Mellone

[Fonte: galatina.it]

 
Di Redazione (del 06/10/2018 @ 10:03:48, in Comunicato Stampa, linkato 1092 volte)

Il Circolo Arci Levèra riapre a ritmo di rock e inaugura sabato 6 ottobre il nuovo anno associativo con la musica dei Feel Rock and Play, band formata da Sandra Stefanelli (voce), Francesco Lecci (chitarra), Giancarlo Giannini (basso) e Federico Sano (batteria), che proporranno i grandi classici (e non) del repertorio rock e hard rock, in uno spettacolo rigorosamente live, coinvolgente e accattivante

L'anno associativo che sta per cominciare sarà per Levèra ricco di novità e di iniziative. Da quest'anno il caffè letterario sarà aperto dal giovedì alla domenica dalle 17.00 in poi per consentire ai soci di incontrarsi in un ambiente amichevole e confortevole dove leggere un buon libro, ascoltare musica, degustare una buona birra, apprezzare le specialità delle attività gastronomiche locali, condividendo piacevoli serate in compagnia.

Tra le novità in calendario: laboratori di cucina salentina, corsi di inglese, scrittura, musica e teatro.

Saranno riproposte tutte le attività che già lo scorso anno hanno suscitato grande interesse e partecipazione: a biblioteca sociale con un crescente numero di libri frutto di donazioni, il doposcuola sociale, la palestra popolare con i corsi di ginnastica posturale, aerobica, balli caraibici e danza moderna.

Grande spazio sarà dedicato anche quest'anno al teatro e alla musica dal vivo, ed inoltre sarà attivata la sala proiezioni con rassegne tematiche.

Tutti gli aggiornamenti sulle attività sono disponibili sulla pagina facebook (https://www.facebook.com/arcilevera/). Per avere maggiori informazioni sulle attività in programma scrivere a levera.arci@gmail.com oppure chiamare al numero 3894250571.

Circolo Arci Levèra

 
Di Redazione (del 28/12/2018 @ 09:52:48, in Comunicato Stampa, linkato 920 volte)

Venerdì 28 dicembre alle ore 18,30 in Corte Vinella a Galatina (Centro Storico) nell’ambito della Rassegnaper Corti e Palazzi ideata ed organizzata dalla libreria Fiordilibro,  verrà presentato il libroLa Casa a Corte nel Salento Leccese “del prof. Antonio Costantini, di Congedo Editore. La case a corte rappresenta la tipica espressione dell’architettura domestica e contadina dei nostri territori, era luogo di lavoro, spazio sacro in cui si custodivano gli affetti, ma anche socializzante in cui venivano  tramandati usi e costumi. Il prof. Costantini ha dedicato anni di ricerche a questo patrimonio architettonico cosiddetto minore, indagando aree omogenee del Salento come l’area della Cupa, il territorio della Grecìa Salentina e l’area di Galatina. Ne “ La Casa a Corte del Salento Leccese” viene offerto un ampio quadro d’insieme di questo patrimonio in parte già estinto e che rischia di scomparire del tutto . La presentazione del libro avrà luogo, in una delle più belle case a corte di Galatina, a Corte Vinella, grazie alla collaborazione di Palazzo Baldi. All’incontro saranno presenti oltre all’autore prof. Antonio Costantini, il dott. Marcello Seclì  Presidente di Italia Nostra Sez. Sud Salento, l’avv. Mario Congedo Editore e la dott.ssa in Beni Archeologici  Valentina Pagano che coordinerà l’incontro.

Emilia Frassanito

 
Di Andrea Coccioli (del 28/08/2016 @ 09:50:45, in Comunicato Stampa, linkato 2168 volte)

Partiamo da una corte. Corte Cavour.  A Galatina.

Affianchiamola ad  un’ associazione,  Citytelling. Sempre a Galatina.

Individuiamo un ideatore e curatore per una “suggestiva” proposta culturale: Giovanni Matteo.

Uniamo  i tre elementi.  Viene fuori una tre  giorni dal nome   “Cortedarte”  all’interno del contenitore estivo di  Note a Margine2016, la minirassegna di cultura, arte e cinematografia.

La bussola di questo viaggio è la definizione che Antonio Costantini fornisce di questo sistema abitativo tipico del nostro territorio: “spazio socializzante”. L'idea che la casa a corte possa essere assunta oggi come un modello possibile, cellula ideale per una società più solidale, contesto adatto alla definizione di uno stile di vita più sostenibile è il cuore de “La corte possibile”.

Il 28, 29, 30  agosto, presso corte Cavour sarà possibile osservare il risultato dei lavori di “Cortedarte”, a cura di Giovanni Matteo,  Marcello Nitti e Davide Russo: Roberto Ciardo è l’autore di “Sagome sovrapposte”, una composizione ottenuta da pezzi di cuoio di diversi colori che, richiamando alla memoria la vocazione alla lavorazione di questo materiale, a lungo motore di sviluppo per Galatina, evoca anche l’intreccio di storie e destini e l’idea di interdipendenza che caratterizzavano la vita nella casa a corte. Samuel Mello ha realizzato un’installazione site specific costituita da diverse piccole installazioni in relazione tra loro, utilizzando esclusivamente oggetti trovati all’interno della corte e delle abitazioni circostanti. Il suo lavoro fa riferimento allo sviluppo del corpo astrale, inteso come muta, cambio di pelle, fatto che lo ricollega all’opera di Ciardo.

L'installazione prevede anche la proiezione di una raccolta di video interviste a cittadini che hanno vissuto questa esperienza in prima persona.

Le suggestioni di “Cortedarte” saranno arricchite da preziosi approfondimenti che contribuiranno a sviluppare la conoscenza della casa a corte sia come sistema abitativo e forma di convivenza, aprendo orizzonti possibili. Il 28 agosto, alle ore 21, Luigi Mangia, collaboratore della rivista di arte e cultura Art App e l'artista Vincenzo Congedo offriranno le loro riflessioni sul tema della casa a corte, sul filo del ricordo e del racconto, mentre il 29 agosto, alle ore 19, Antonio Costantini presenterà il suo libro “L'edilizia domestica a Galatina – La casa a corte e il mignano”.

Interessante oggi, sarà immaginare di affiancare un giorno,  ad un approfondito e ricercato e imprescindibile   lavoro di memoria storica fatto nei luoghi della nostra terra,   la necessità di intessere relazioni sociali che partendo dal potenziale  virtuale sfocino nella inevitabile condivisione fisica.

Una nuova corte forse , una corte appunto possibile.

 

Per approfondimenti: Note a Margine-Galatina  2016 (facebook) NoteAmargineGalatina (twitter)

 

Associazione Culturale CityTellig

Presidente CityTelling Andrea Coccioli

Responsabile Progetto Paola Volante

 
Di Albino Campa (del 19/04/2006 @ 09:40:40, in Libro di Noha, linkato 8446 volte)
nohastoriaarteleggenda

Il libro è di imminente pubblicazione ed è indirizzato e dedicato al ricercatore, allo storiografo, allo studioso, all’archeologo, e al curioso di fatti e di pensieri di ieri e di oggi; a chi, pur costretto a vivere la sua vita altrove (dedito all’incremento del PIL, prodotto-interno-lordo, delle contrade che non sono quelle in cui nacque), non imbastardisce volutamente la sua cadenza, per non dimostrare di essere cittadino del sole, magari con le “s” sibilate in maniera goffa, sicché non sai più se si tratti di cadenza del Nord, del Sud o di nessun luogo; a chi ritornando “al paese” non si sente come un pesce fuor d’acqua; a chi non snobba le sue origini, ma ne va fiero; a chi, per studio o per lavoro, ha dovuto lasciare la propria terra natìa per portare altrove le proprie braccia, il proprio cervello e i propri sogni; a chi vivendo lungi da Noha, pur avendo a volte il viso pallido e contratto dallo stress, si rilassa pensando al ritorno nella sua terra, ai suoi orizzonti, al suo mare, alla sua aria pura, al bianco delle case su cui riverbera la luce meridiana che quasi abbacina gli occhi; a chi è attaccato alle proprie radici; a chi prova nostalgia fin nelle fibre più intime; a chi ama la pennichella pomeridiana; a chi sa apprezzare il profumo della campagna che fu degli avi, che coltivarono gli ulivi, attorcigliatisi nel corso dei secoli, ed il tabacco, che assorbiva il lavoro di tutta la famiglia intenta ad infilare le foglie nei canapi dei taraletti;  a chi ama il mare in tutte le stagioni e non soltanto d’Agosto; a chi vive interiormente la passione di quella sorta di cordone ombelicale che lega ai propri parenti, ai nonni, agli zii, ai fratelli, ai padri, alle madri; a chi è legato alla piazza del proprio paese dove trova sempre un amico, anche senza il bisogno di fissare un appuntamento; a chi crede che un libro faccia viaggiare più di un aereo, faccia sentire suoni, gustare sapori e annusare odori; a chi pensa che la micro-storia del proprio paese, per quanto piccolo questo possa essere, contribuisca comunque a fare la macro-storia o storia generale; a chi vive a Noha, o a chi, pur non vivendoci, vi è legato, in un modo o nell’altro, da un sentimento o da un ricordo.

Per visualizzare la copertina completa del libro clicca qui.

 

 

 
Di Antonio Mellone (del 23/02/2020 @ 09:37:08, in don Donato Mellone, linkato 1237 volte)

Insomma, due giorni interi di messaggi a non finire sulla magnificenza del concerto, gente che ti ferma per strada, o ti chiama al telefono per complimentarsi (mica con te, che non c’entri niente, ma con il Maestro).

E così lo Scarcella Francesco di Andrano, maestro d’organo, dopo aver suonato all’estero e nel resto d’Italia, vinto concorsi, composto opere, registrato dischi, diretto orchestre, inventato festival (tipo l’Organistico del Salento), promosso restauro di organi antichi, architettato di moderni, tenuto seminari, e insegnato in conservatorio e in mille altre scuole di ogni ordine e grado, l’altra sera si è presentato a Noha in frac e dunque papillon bianco, abito d’uso dei direttori d’orchestra, per farci girare la testa.

L’ha fatto non solo dando fiato alle canne del nostro Continiello del 1971, che obbedienti gli han risposto per le rime, ma facendoci capire che un organo si deve suonare anche con i piedi (in senso letterale non letterario, eh), che per di più la musica, fosse anche quella di un’opera buffa come il Barbiere di Siviglia del Rossini, è pur sempre sacra, e che, benché sacra, o forse proprio perché sacra, non può non essere ribelle.

Per farla breve, l’Arte (in questo caso dei suoni) è sovvertimento di canoni: sì, certo, c’è quello di Pachelbel, di Canone dico, che si ripete costante, imperturbabile, ma siccome il cantus firmus rischia di essere monotono arriva finalmente la lotta di classe da parte di quella cosa sublime che è il Contrappunto, forma d’indipendenza, e  talvolta contrasto di melodie che è sale e pepe, ma sa diventare zucchero e crema pasticciera quando serve.

Händel, poi, sa il fatto suo, e tra il sei e il settecento suona a corte per re e regine, compone su pentagramma l’arrivo presso il saggio Salomone della Regina di Saba, e, come suole, fa musica aristocratica. Ma le canne tutte del Continiello di Noha, per mani e piedi del prof. Francesco, diventano spade da investitura al cavalierato, che dico, di proclamazione regale, con l’elevazione di ogni esponente del popolo in ascolto, al rango di re e regine, principesse e principi (rospi inclusi).

Del sovrano del Contrappunto, tal Johann Sebastian Bach, delle sue suite (da cui la celeberrima Aria sulla quarta corda, propedeutica a una seduta di Yoga) e della sua Toccata e Fuga ci sarebbe da dissertare a lungo, ma qui ci limitiamo a dire che a Noha diventano stoccata e foga (di applausi).

Il Te Deum, canto antico di ringraziamento, che si esegue in genere alla fine, si anticipa per anticonformismo all’inizio dell’esibizione (non erano forse i Nomadi che lo suonavano come brano di apertura di ogni loro concerto?). Quello di Charpentier, in particolare, scritto per soli coro e orchestra, comincia sempre con un rullo di timpani, ma stasera in questa terra non servono per l’ouverture strumenti a percussione con membrana tesa su bacino emisferico: bastano i cuori pulsanti in concerto dei suoi abitanti.

Si vola verso la conclusione con l’Improvvisazione Scarcelliana sul tema del Symbolum, simbolo cioè che la classe è finalmente acqua di colonia, profumo d’immenso, per giungere in men che non si dica ai saluti e alle congratulazioni finali. Non può mancare certo il fuoriprogramma: un bis soave con organo e popolo tutto che intona “È l’ora che pia”: uomini e donne astanti armonizzati come un sol corpo e una sola voce e, forse, una sola anima, in una lode giubilare maestosa e perfetta.

Si omaggia infine Maister Scarcella coram populo con un niente al confronto dell’emozione che ci ha donato: un po’ di storia arte e leggenda nohane rilegate in un libro, una scultura di Marcello D’Acquarica, un bigliettino diciamo promemoria, e un libretto di musica datato Anno Domini 1910, rinvenuto nelle carte musicali del compianto don Donato Mellone, cui la serata è dedicata.

Né si può tacere il fatto che tra cose del compianto Don si son rinvenuti, tra gli altri, dei vinili dal titolo “Canti di Lotta e di Speranza”, e poi ancora “In cammino con noi verso la Liberazione”, nonché degli spartiti musicali su “La Natura non ha frontiere” (che diede il titolo a un brano ecologico ante litteram che imparammo a memoria, lui al suo Continiello 1971), e infine appunti e parole eterne tipo queste: “Per molti non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro più alto e nobile: quello del pensiero, quello della poesia, della musica e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile.” [Don Donato Mellone, Appunti].

Se non è rivoluzione questa, ditemi voi cos’è.

Antonio Mellone

 

CONCERTO D^ORGANO NEL QUINTO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON DONATO MELLONE. CHIESA MADRE DI NOHA 21.02.2020 CONCERTO D^ORGANO NEL QUINTO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON DONATO MELLONE. CHIESA MADRE DI NOHA 21.02.2020
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Di Albino Campa (del 04/06/2007 @ 09:15:53, in NohaBlog, linkato 2874 volte)
Scarica la copertina
Scritti in Onore di Antonio Antonaci” è il recente libro di Antonio Mellone (Infolito Group Editore, Milano, 2007, 85 pp.) impresso in digitale presso Infoprinting di Galatina. Tutti gli interessati possono richiederne copia ed informazioni al nostro indirizzo info@noha.it. A breve su questi schermi alcuni stralci del suddetto saggio.
 
Di Andrea Coccioli (del 20/08/2015 @ 09:15:22, in Comunicato Stampa, linkato 2047 volte)

Tutto pronto per il secondo appuntamento della rassegna Note a margine, dedicata al mondo delle periferie, promossa dall'Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di  Galatina.

Tema della serata: Street Art, l'arte della strada 2.0.

Quel movimento artistico oggi capillarmente diffuso in tutto al mondo, dalla natura in costante evoluzione e ridefinizione, i cui frutti hanno una vita spesso effimera, precaria, evanescente sebbene non manchino opere più durevoli, talvolta frutto di commissioni pubbliche, di connubi tra privati e istituzioni sempre più solidi e ricercati ( pensiamo al più recente “Pubblica” , il festival  finanziato dall' amministrazione comunale di Roma, in cui si sono dipinti centinaia di metri quadri di strade, muri, e perfino un'intera scuola e un anfiteatro per dare un nuovo volto alla provincia romana).

La street art è un campo sconfinato che include l'alto e il basso, le bombolette spray ma anche gli sticker, gli stencil, i dipinti murali, i poster e le installazioni; ha commistioni con la musica, la fotografia, il video, il cinema; ha un piede nel mercato e uno fuori, alternando illegalità a commissioni pubbliche, anche museali.

In questa cornice di senso  il 20 agosto alle ore 21, presso l'ex mercato coperto in via Pricipessa Iolanda, lo scrittore Ennio Ciotta presenterà  il libro "Street Art-la rivoluzione nelle strade “ edito da Bepress. Ennio Ciotta traccerà un percorso all'interno della storia dei graffiti e della street art. Cosa sono i graffiti? Cos'è la street art? Esiste una scena italiana? Arte o vandalismo?Sarà accompagnato durante la serata dall'artista William Vecchietti in arte Yap Willy che eseguirà un intervento pittorico  all'interno del muro dell'ex mercato coperto, performance  che ripeterà nei giorni successivi presso il muro di via Ugo Lisi nelle ex zona 167 della città. Due appuntamenti imperdibili per gustare dal vivo la  realizzazione dei dipinti murali che puntano allo spettacolare, agli occhi spalancati dalla meraviglia per questi fuochi d'artificio pittorici, realizzanti  con ogni mezzo e tecnica.

Sempre nello stesso spazio verrà allestita una mostra fotografica di Giulio Garavaglia dal titolo "Street Art views".Venti  fotografie scattate durante il Festival POP UP! di Ancona con le opere di: Blu, Ericailcane, Sten&Lex,William Vecchietti, Dem, Run, Gio Pistone, Camilla Falsini, BR1, Ozmo, J.Kalinda,108 (Italy), WK (Usa), Roa (Belgio), M-city( Polonia), Remed (Francia), Cees (Argentina).

Un viaggio verso un nuovo modo di intendere l'arte. L'arte delle nuove generazioni.

Artisti, architetti, amanti della bellezza, curiosi, siete tutti invitati. Vi aspettiamo. Il viaggio, in questo meraviglioso mondo, è appena iniziato.

“Siamo ancora in pochi ma diventeremo tanti perché la rivoluzione è iniziata dal basso e continuerà se e solo se tante persone condivideranno l’idea di rendere Galatina città della Street Art. Noi, di “Note a margine” ci crediamo ed è per questo che iniziamo a parlarne e ad ascoltare chi più di noi ha qualcosa da dire. Chi dipinge su un muro lo fa solo per il bisogno di fare arte, per il bisogno di conquistare spazi, per dialogare direttamente con i cittadini che vivono lo spazio urbano. La street art è un vettore di rigenerazione urbana e può trovare spazio negli attuali programmi istituzionali innovativi di recupero delle periferie”.

Modererà il dibattito Elisabetta Stomeo - Associazione BiciVetta, Ciclofficina sociale - Galatina


Andrea Coccioli – Assessore Politiche giovanili Comune di Galatina

Paola Volante – Coordinatrice della rassegna “Note a margine” inserita nel programma estivo dell’estate galatinese 2015

 
Di Albino Campa (del 06/07/2006 @ 09:14:10, in Libro di Noha, linkato 3309 volte)
Presentazione Libro Clicca sulla foto per visualizzare tutta la foto gallery della serata.
 
 

 

 

 
Di Albino Campa (del 07/07/2006 @ 09:09:24, in Libro di Noha, linkato 3503 volte)
Seconda Foto Gallery della presentazione del libro.



P.S.
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Di Albino Campa (del 25/07/2011 @ 08:59:32, in Letture estive, linkato 2838 volte)

Il mastino dei Baskerville sino a qualche giorno fa giaceva del tutto ignorato nella sotto-sottocategoria “LIBRI DIMENTICATI” della mia libreria. Ad essere sinceri era già da qualche mese che aveva raggiunto questa nuova posizione, dopo aver transitato inconsapevolmente per “LIBRI IN LETTURA”, “LIBRI IN STAND BY”, “LIBRI DA LEGGERE” e da ultimo “LIBRI DA LEGGERE SENZA FRETTA”. Poi domenica mentre cercavo di togliere un po’ di polvere e cambiare per l’ennesima volta la disposizione dei libri negli scaffali – è un’operazione che tendo a ripetere più volte durante l’anno – mi sono accorto che il vecchio Holmes sonnecchiava, sicuramente con immenso disappunto, tra i libri che in genere ripongo nell’angolo inferiore sinistro della libreria nascosto da una poltrona, libri che mi sono stati regalati da persone che non erano al corrente dei miei gusti letterari oppure che ho comprato perché stupidamente attratto dal titolo o dalla copertina.

Ho cercato quindi di sfilarlo con delicatezza, poi sono stato costretto ad usare la forza per sottrarlo alle morbose attenzioni di un libro di Fabio Volo e uno sull’antica saggezza vedica. Sono sprofondato sulla poltrona e sfogliandolo sono stato assalito oltre che da un nuvolone di polvere, anche da una ventata di ricordi. Il mastino dei Baskerville che ho tra le mani, infatti, è stato acquistato da una bancarella di libri usati, è una vecchia edizione BUR introdotta da una stupenda indagine preliminare in forma di dialogo di Fruttero e Lucentini, con illustrazioni di Sidney Paget,  pagine ingiallite zuppe d’umidità e un cattivo odore. E ora il ticchettio delle pagine che scorrono sull’impronta del pollice della mia mano sinistra mi porta con la memoria indietro nel tempo e con la vista al reparto “LIBRI LETTI”, dove ritrovo con piacere il mio primo acquisto in libreria: Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle. Lo leggo, quindi, seduto su quella stessa poltrona; mi bastano due ore per arrivare alla fine dell’indagine e accorgermi che in realtà la vicenda raccontata non è il massimo dell’originalità e della bellezza, ma sicuramente nella mia mente rimarranno per sempre impressi luoghi, paesaggi e personalità di personaggi caratteristici dell’epoca vittoriana. I colpi di scena non mancano, la spiccata capacità intuitiva di Sherlock Holmes non vi lascerà indifferenti e sarà impossibile resistere alla tentazione di indicare il colpevole dei delitti. La narrazione fluente e ricca di descrizioni vi permetterà di metter su in breve tempo la vostra scenografia: vi sembrerà di attraversare di notte le stanze buie del misterioso castello della famiglia Baskerville al fianco di Watson e di attraversare la spettrale brughiera in cerca dell’assassino.

Avete poche informazioni a vostra disposizione (in realtà saranno molti i dettagli che contribuiranno alla soluzione del caso): le due persone assassinate nella storia non mostrano segni di colluttazione, né portano ferite sul corpo; la morte sopraggiunge la prima volta per un attacco di cuore, la seconda per una caduta. La cosa certa è quindi che entrambi i personaggi fuggivano da qualcosa o qualcuno. Altro elemento che potrà tornarvi utile: nella brughiera si racconta che una strana leggenda perseguita la famiglia Baskerville, si parla di un enorme e orrendo cane, forse un mostro o un fantasma, comunque qualcosa di soprannaturale che non convince affatto l’Holmes di Doyle, personaggio troppo intelligente per star dietro alle credenze popolari.

Non aggiungo altro, se non che il colpevole si saprà solo nelle ultime pagine e i dettagli del caso saranno snocciolati nell’ultimo capitolo per bocca dello stesso Holmes.

Michele Stursi

Il mastino dei Baskerville, Arthur Conan Doyle, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, pp. 276, € 7,90

 
Di Albino Campa (del 28/07/2007 @ 08:53:36, in NohaBlog, linkato 3173 volte)

Su “quiSalento”, anno VII, n. 7, 1/18 luglio 2007, troviamo nella rubrica “da leggere” la recensione al recente libro di Antonio Mellone dal titolo “Scritti in Onore di Antonio Antonaci”. L’articolo che vi proponiamo di seguito è a firma di Eleonora Carriero.Il libro del nostro Antonio Mellone verrà presentato nel prossimo mese di settembre. V’informeremo più dettagliatamente sull’appuntamento ovviamente da non perdere: per ora sappiamo (e ve lo diciamo) che avverrà a Galatina nella splendida cornice del Palazzo della Cultura.


LA PASSIONE DEL DISCEPOLO

 

La passione dello studio e lo studio della passione. La passione dello studio è quella di monsignor Antonio Antonaci di Galatina (classe 1920), riversatasi nella filosofia del cinquecento, nella biografia, nella storia e nell’arte locale, nel giornalismo, solo per citare i più importanti ma non unici filoni dei suoi interessi eruditi.

Lo studio della passione è questa raccolta di scritti realizzata da Antonio Mellone in onore del professore monsignore e che mette bene in evidenza la enciclopedica curiosità dello studioso, la capacità speculativa del filosofo, l’amore dell’uomo legato alla sua terra.

Anche questo libro, dunque, è fatto con passione: la passione dell’allievo per il maestro, riconoscente per il benefico contagio dell’amore per i libri, per la conoscenza, per il dialogo. Ha ragione dunque l’editore Michele Tarantino nella sua nota, quando definisce questo libro un saggio “appassionato”.

Una sintetica eppur completa conoscenza di Antonio Antonaci è già possibile soffermandosi sulla sua fotografia in copertina: seduto alla scrivania, in giacca da camera, lo sguardo attento su un grande volume, le mani pronte a voltare pagina e a seguire il pensiero, alle spalle gli scaffali di una libreria antica ma resa viva dall’uso.

Quelle dello studioso sono “opere di ampio respiro culturale costruite in base a pazienti e minuziose ricerche su codici antichi, documenti coevi e pubblicazioni varie, opere accessibili alla lettura di quanti, non facendo parte degli ‘addetti ai lavori’, sono spinti dal desiderio di conoscere vicende e uomini della propria terra”, opere di “grande impegno culturale e civico”, in cui la precisione delle citazioni si accompagna all’”arte del bello scrivere”. L’effetto è quello di una lettura “scorrevolissima e vorace”, con il “connesso rammarico di finire troppo presto”.

I saggi (in cui Mellone sembra aver interiorizzato stile e modi del maestro, con analoghi effetti sul lettore) si propongono nella forma di recensioni (edite ed inedite) alle opere, in cui si inseriscono piccoli racconti, stralci di conversazioni private, aforismi antonaciani in dialetto, ricordi di vita quotidiana.

Anche il lettore si appassionerà.

                                                                              Eleonora Carriero

Antonio Mellone, Scritti in onore di Antonio Antonaci, con un saggio introduttivo di Zeffirino Rizzelli, pp.83, Infolito Group Editore, Milano, 2007

 

 

 

 

 
Di Albino Campa (del 19/10/2011 @ 08:46:51, in Eventi, linkato 2226 volte)

Ecco i video e la photogallery della presentazione di venerdi 30 settembre  del nuovissimo libro di P. Francesco D'Acquarica dal titolo "Curiosità sugli arcipreti e persone di chiesa a Noha" (edizioni L'Osservatore Nohano).

Visualizza la photogallery

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 26/03/2020 @ 08:42:55, in I Beni Culturali, linkato 1902 volte)

Sul portale della porta accanto alla chiesetta dell’Annunciazione sono venute alla luce alcune

lettere di una scritta che quasi certamente si riferisce al Duca di Galatina “SPINOLA” che fu anche padrone di Noha.

Come si può vedere dall’albero genealogico qui riportato, da Gio.Filippo Spinola (1677-1753) nacque Maria Teresa Spinola che sarà la moglie di Gio. Battista Scotti. E proprio costui avrà dagli Spinola in eredità il feudo di Noha, che quindi apparterrà alla famiglia Scotti.

Nel mio libro “La Storia di Noha” avevo già scritto:

Nel 1754 morì Francesco Maria Spinola, Duca di San Pietro in Galatina. La vedova Anna Maria, tutrice dell'unica figlia ed erede universale Isabella Maria Spinola, si affrettò a prendere possesso del patrimonio ereditario.  

Noha ne faceva parte ed è probabile che quella scritta si riferisca alla volontà di far sapere che anche il Palazzo Baronale di Noha con proprietà annesse appartenga agli Spinola/Scotti.

Giulio Cesare De Noha fu l'ultimo Barone di Noha. Non essendoci alla sua morte (1583) discendenza maschile il feudo della famiglia De Noha si divise. Il Casale

di Merine passò alla famiglia Palmieri. Quello di Giurdignano agli Alfarano Capece e quello di Cellino ai Chiurlia, Conti di Lizzano. Restò solo la Terra di Noha con i suffeudi di Pisanello e di Padulano che le appartenevano. Questo residuo dell'antica baronia toccò in eredità ad Adriana, figlia primogenita del defunto Barone Giulio Cesare. Quando costei si sposò con Geronimo Montenegro*, Marchese di Marigliano, gli portò in dote l'eredità avuta dal padre.

I Montenegro* furono un antichissimo casato genovese, le cui prime vestigia, rimontano al 1130, propagatosi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. La famiglia, passata in Napoli, già al tempo di re Federico II, il 14 aprile 1573, divenne possidente di alcuni terreni, tra cui il contado di Marigliano, in provincia di Napoli, grazie all'acquisto effettuato da Geronimo Montenegro, banchiere napoletano e tesoriere del Regno. In data 23 dicembre 1578, lo stesso Geronimo, ottenne il titolo di marchese di Marigliano, dall'Imperatore Filippo II. Nel 1611 Geronimo si sposò con Adriana figlia del nostro barone Cesare De Noha.

In un atto notarile del 1611 il Marchese Geronimo dichiarò di essere signore e padrone della Terra di Noha situata in Terra d'Otranto, con i feudi di Pisanello e di Padulano. Questa Terra confinava con Galatina, Soleto, Corigliano, Sogliano e altri confini.

Il Marchese di Montenegro a sua volta subaffittò a Giovan Battista Personè di Lecce, per un quadriennio a 2100 ducati l'anno la sua terra di Nohi e feudi di Padulano e Pisanello con giurisdizione civile e criminale. Ma l'affittuario si impegnava a non modificare, senza l'espressa volontà del Marchese il Castello, e a pagare una tassa sul grano, sull'orzo, sulla frutta e su tutti i prodotti della terra.

Nel 1631 Noha era posseduta da Pompeo Colonna Principe di Gallicano. Ma nel 1644 i Marchesi di Marigliano fallirono. Noha con i suffeudi di Pisanello e Padulano fu comprata da Giovanni Maria Spinola*, che aveva nello stesso anno comprato anche il ducato di Galatina e rimase in possesso della famiglia Spinola fino a tutto il Settecento.

La Famiglia Spinola* era una grande famiglia genovese di antica origine. Costituisce una delle quattro famiglie di nobiltà feudale più importanti della Repubblica di Genova, con i Grimaldi, i Doria ed i Fieschi. Arricchitasi con la mercatura, la finanza, e l'acquisto di terre, si divise in numerosi rami.

Nel 1754 morì Francesco Maria Spinola, Duca di San Pietro in Galatina. La vedova Anna Maria, tutrice dell'unica figlia ed erede universale Isabella Maria Spinola, si affrettò a prendere possesso del patrimonio ereditario.

Possediamo l'atto di possesso della Terra di Noha in cui sono descritti tutti i diritti e le prerogative spettanti questa Terra, come corpo distinto dagli altri beni del defunto Duca.

(Per chi volesse leggere il documento del 1754 può consultare “Noha - Storia, arte, leggenda” Francesco D’Acquarica-Antonio Mellone edito da Infolito Group nel 2006, alla pagina 78/79).

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Fabrizio Vincenti (del 04/09/2020 @ 08:33:06, in NohaBlog, linkato 1178 volte)

Tutto d’un tratto la storia cambia direzione, come uno sciame d’api in mezzo a un campo. È difficile coglierla sul fatto”. Così scriveva André Frossard in un suo libro che diedi in prestito e che da allora non è mai più tornato indietro. Aveva un nemico pubblico quel libro: il comunismo. State lontani da tutto ciò che termina in – ismo: fascismo, socialismo, razzismo. Gli – ismi uccidono spesso il corpo, quasi sempre lo spirito. Non sono leggende del passato: guardatevi intorno, sono tornati!

La storia ha cambiato direzione, o meglio, qualcuno ha voluto che la cambiasse ancora una volta, ma sempre in peggio. Siamo già in una new age fascista, solo che non ve ne siete accorti e io non capisco ancora cosa vi occorra per farlo. Poiché se pensate che fino a quando qualcuno non bussa alla vostra porta con il fucile in mano non si può parlare di fascismo, allora sappiate che state commettendo un errore di valutazione colossale. Siete in pericolo, tutti! Potrete anche salvarvi la pelle, ma lo spirito signori miei quello no! Ve lo hanno già internato in un campo a marcire. Tutto comincia quando nessuno è più libero di pensare, ma tutti devono obbedire. C’è qualcuno che oggi pensa di esere libero di pensare e di esprimersi? No, assolutamente no. Infatti, o si pensa e ci si esprimi secondo “il partito” oppure sei bollato. Come una fake news. Questa è la nuova espressione, coniata dal regime. Invertendo i fattori, hanno addirittura scomodato un termine che solo a sentirlo crea tremore: negazionisti. Era stato utilizzato per definire quelli che negano l’esistenza dei campi di concentramento. Oggi lo utilizzano per marchiare chi solo osa dire qualcosa contro il partito. Ci siete ricascati, e non ve ne siete accorti.

Non puoi manifestare, non puoi avvicinarti a qualcuno, devi sempre avere paura dell’altro in modo che tutti possano avere paura di te. Hanno sospeso tutto, le cure, le visite mediche, addirittura la scuola. Hanno estirpato col sorrisetto la filosofia dalle aule in modo che nessuno scopra quanto è bello e interessante e vitale pensare, e l’hanno sostituita con i banchi con le rotelle. I banchi con le rotelle! Neanche Benito aveva avuto una fantasia simile. Non puoi muoverti, non puoi viaggiare, non puoi restare, non puoi lavorare, non puoi parlare, non puoi neppure fare le smorfie dietro la tua mascherina. Tu non puoi e basta, e ti ostini a ridere davanti a chi ti mette in guardia dal regime? Fra qualche giorno per muoverti dovrai avere un passaporto vaccinale. Saranno loro a dirti che cosa devi iniettarti e dove puoi andare.

Neanche la fame nel mondo fa più notizia, figuriamoci le acquasantiere vuote che negli anni avrebbero potuto far diventare la lebbra una pandemia. Salutatevi col gomito ed evitate di parlarvi. Evitate i luoghi affollati, insomma non state insieme, passate il tempo sui vostri smartphone a scorrere col dito i video su tiktok. Poi accendete la televisione e assumete la vostra dose di eroina: una becera disinformazione fatta solo di bollettini di un’idiozia inaudita che riportano numeri senza alcun senso. Sono aumentati i positivi e diminuiti i tamponi, crescono i guariti, calano i decessi per poi ribaltare tutto il giorno dopo e così via, per mesi e mesi. E il tempo passa mente i vostri figli non vanno a scuola, voi non lavorate, non vi curate, non parlate, non pensate, non ragionate.

Ogni –ismo ha una radice comune: la paura. Voi dovete essere terrorizzati e vi dovete terrorizzare a vicenda per facilitare il loro lavoro. Vi denuncerete a vicenda, vi scannerete a vicenda perché questo è quello che vogliono. Darete la colpa prima ai cinesi, poi a Trump, poi ai negazionisti, poi ai barconi di migranti, poi ai no-vax, poi ai giovani, poi ai bambini delle scuole. Darete la colpa a tutti pur di non accettare il fatto che la colpa è vostra perché siete voi che avete abdicato alla facoltà di pensare e ragionare, come quello che solitario, a mille metri d’altezza, corre in salita su per la montagna con la mascherina indossata, per paura che gli abeti possano infettarlo. E così vi hanno convinto. Non serve pensare perché c’è già qualcuno che sta pensando per voi: siete voi i colpevoli, come postano quegli infermieri irriconoscibili, mascherati di tutto punto, che tempo fa sigillavano con il nastro adesivo gli spifferi delle porte dov’erano i degenti. E così, mentre voi lasciavate fare agli altri, i vostri nonni morivano soli nelle case di cura abbandonati, i vostri morti inceneriti chissà dove, le vostre visite mediche rimandate a chissà quando. Tutto perché ieri ci sono stati quattro presunti morti di coronavirus e due giorni fa ne sono stati tre. Che ogni giorno muoiano più di seicento persone di tumore non importa a nessuno, né che ogni giorno ne muoiano altrettante di malattie cardiovascolari. È scomparsa dalla scena la violenza sulle donne, il bullismo, gli omicidi di mafia, la disoccupazione diffusa, l’inquinamento ambientale, tutto volatilizzatosi improvvisamente nel terrore di un contagio. Una volta c’erano i giornalisti, quelli che scovavano la notizia annidata sotto un doppio strato di omertà. C’erano quelli che su un foglio riordinavano tutti gli elementi per ricostruire la trama e raccontare la realtà così come essa è. Oggi, questi che si definiscono giornalisti ma che io non chiamerei neppure scrivani, non fanno altro che copiare ed incollare da mattina a sera comunicati stampa. Imbecilli, c’è modo e modo di sbarcare il lunario!

Settembre è iniziato e la D’Urso freme per spiegarvi come lavarvi le mani e togliere una mascherina in modo corretto. E se questa storia dovesse andare avanti per un paio d’anni ancora? Cosa faremo? Continueremo ad entrare uno alla volta in farmacia? Diremo ai bambini di tenere la mascherina tutto il giorno altrimenti la maestra mette la nota? Staremo sugli autobus non più di quindici minuti, pronti a fermarci ogni due chilometri e poi scendere tutti giù? Approveremo ogni escremento di legge poiché siamo sempre in emergenza? Rimanderemo i nostri battesimi, le cresime, i matrimoni a data da destinarsi? Cosa dobbiamo fare?

Il problema oggi è che c’è qualcuno che pensa che, se siamo in queste condizioni, è per colpa del coronavirus, che nel novanta percento dei casi non fa sorgere neppure un sintomo. Hanno incolpato un virus per giustificare vent’anni di malaffare nella sanità, nell’istruzione, nel comparto pubblico, nell’economia e nella finanza. Hanno trovato un capro espiatorio che voi ritenete più che valido per privarvi di tutto, anche dell’aria che una volta respiravate. E voi continuate ad osannare chi “ha gestito al meglio la situazione”? A mio avviso andrebbero tutti sottoposti a processo ma da una giustizia degna di questo nome.

Fabrizio Vincenti

 

Una serata dedicata allo spettacolo, alla cultura e al talento, un omaggio alla musica italiana e non solo. Il 13esimo Concerto in Masseria è in programma domenica 28 luglio a partire dalle 20,30 nella suggestiva cornice offerta dalla Masseria L'Astore a Cutrofiano che vanta, tra l'altro, la presenza di un frantoio ipogeo risalente al '600, prezioso testimone dell'identità del territorio e dell'operosità della sua gente.

L'evento, organizzato dalla pro loco con il contributo del Comune di Cutrofiano e il patrocinio di Provincia e Regione Puglia, è articolato in diversi momenti. Coinvolgente sul piano emozionale sarà l'esibizione degli allievi della scuola di danza “Scarpette rosa” di Cutrofiano. E poi tanta buona musica con le voci di Emanuela Gabrieli, Antonio Ancora e Lucia Conte accompagnate dall'Orchestra Terra del Sole diretta dal maestro Enrico Tricarico, nota per aver condiviso il palco con artisti del calibro di Fabio Concato, Antonella Ruggiero, Simone Cristicchi, i salentini Boomdabash e non solo. Non mancherà un momento di riflessione con la proiezione di un cortometraggio realizzato dai ragazzi dell'Istituto comprensivo Don Bosco che si sono, tra l'altro, aggiudicati degli importanti riconoscimenti, di calibro nazionale, per il lavoro svolto.

“Il Concerto in Masseria è l'evento più importante per la nostra pro loco perché rappresenta un percorso iniziato 13 anni fa e che ha visto, negli anni, esibirsi diversi artisti, sia locali sia di fama nazionale, in un crescendo di presenze. La nostra aspettativa è quella di valorizzare e promuovere il territorio, gli artisti e le aziende che ne fanno parte. Il nostro auspicio è che possa ripetersi il successo degli altri anni”, è il commento del presidente della pro loco di Cutrofiano Marco Forte.

Alla serata, presentata dalla giornalista Sandra Signorella, prenderanno parte il sindaco di Cutrofiano Oriele Rolli e il presidente della Provincia Stefano Minerva.

PRO LOCO CUTROFIANO

 
Martedi 23 aprile 2013 la città di Galatina fa omaggio a Renata Fonte ricordando le sue gesta ed il suo contributo per la salvaguardia del territorio salentino. Per questo omaggio si ringrazia la libreria Fiordilibro in via Vittorio Emanuele 31 a Galatina, che ha organizzato la serata al meglio, la serata che vede il patrocinio del comune di Galatina, in ricordo di chi pagò con la vita la difesa di quel paradiso terrestre che è ancora oggi Porto Selvaggio. Tra gli invitati Raimondo Rodia, a quei tempi studente a Nardò tra il 1978 ed il 1984, che tratteggerà un ricordo personale di quegli anni e della vita politica movimentata della Nardò di quel periodo. Con lui a ricordare Renata Fonte, la figlia Viviana Matrangola, l'amica di mille battaglie Claudia Raho, l'autrice del libro Ilaria Ferramosca, porterà i saluti dell'amministrazione comunale l'assessore alla Cultura Daniela Vantaggiato. Insomma ognuno porterà un suo particolare contributo di conoscenza. I partecipanti, testimoni diretti di chi ha conosciuto a quei tempi Renata Fonte, il tutto attraverso uno strumento, facile e leggero, il fumetto. La serata si svolgerà nelle sale della biblioteca comunale presso il palazzo della Cultura nella centralissima piazza Alighieri, tutti insieme per non dimenticare una donna, un politico, una madre che ha lottato e pagato per le proprie idee. Il 31 marzo del 2012, tre donne, Claudia, Sabrina e Viviana, camminano tra i sentieri del parco naturale di Porto Selvaggio, in Puglia. La loro non è una semplice escursione tra i boschi; al contrario, ha più il sapore di una commemorazione. Lo stesso giorno di ventotto anni prima veniva uccisa con tre colpi di pistola Renata Fonte, madre di Sabrina e Viviana, colpevole di essersi opposta allo sfruttamento edilizio di quel luogo incontaminato. All'epoca dei fatti, le due non erano che ragazzine, mentre Renata aveva appena compiuto 33 anni. La sua morte rappresenta il primo omicidio di mafia del Salento ed è anche l'unico, in Italia, ad aver fatto come vittima una donna impegnata in politica. In questo graphic novel, la vicenda umana di Renata si intreccia con quella giudiziaria successiva al suo omicidio, sul quale ancor oggi permangono aspetti oscuri. Ed è soprattutto il ritratto di Renata madre, moglie e donna, a trasparire dalle pagine della storia, raccontata attraverso gli occhi delle sue figlie. Ciò che questo fumetto si ripropone di trattare, dunque, è qualcosa che va oltre la cronaca, già narrata negli anni '80 con due libri giornalistici e un film; il graphic novel, infatti, è incentrato, prima di ogni cosa, su un aspetto "inedito" di Renata. La narrazione è costellata da ricordi personali: allegri, teneri o dolorosi, che tratteggiano e completano un'unica immagine, sottolineata dalle parole della stessa Renata Fonte mediante alcuni suoi scritti mai dati alle stampe. Ma non manca, in ogni caso, l'aspetto legale, fondamentale come denuncia ed essenziale per risvegliare una coscienza collettiva sin troppo sopita. Prezioso, quindi, il contributo di Sabrina e Viviana Matrangola nell'accettare di condividere, con disponibilità e pazienza, ricordi così intimi e personali; altrettanto lo è quello di Claudia Raho, una delle amiche storiche di Renata assieme alla quale si è battuta per la salvaguardia di Porto Selvaggio, supporto indispensabile nella ricostruzione della vicenda giudiziaria. Il volume si pregia, infine, di una prefazione di don Luigi Ciotti, fondatore di " Libera - Associazioni, nomi e numeri contro le mafie " e di uno scritto introduttivo del Procuratore Capo della Procura di Torino, Gian Carlo Caselli.
 

A Noha si erano uniti i territori disabitati di Pisanello e di Padulano e dipendevano dallo stesso Casale gli altri feudi di Merine, Giurdignano e Cellino.

I documenti che seguono, di cui riportiamo le intestazioni, provano come i signori De Noha avevano reso indipendente la propria baronia, distaccandola dalla Contea di Lecce e amministrandovi direttamente la giustizia:

“Lo privilegio concesso al signor Antonello de Noha che lo Capitano di Lecce non possa conoscere le prime cause della sua Baronia”.

“Lo privilegio della Giurisdizione del casale di Noha concessa da Re Ferrante (di Aragona) al signor Antonello de Noha”.

“Lo privilegio del Casale di Noha, Merine, Giurdignano e Padulano sopra la giurisdizione civile e bagliva”.

Poiché la vicina terra di San Pietro in Galatina fin da questo tempo tentava di sopraffare e di invadere la giurisdizione del barone di Noha, lo stesso inventario ci fa fede di un’altra scrittura importantissima. E anche questa trapuntata:

“Una lettera Regia diretta al Capitano di San Pietro in Galatina che non si intrometta nella giurisdizione di Noha”.

Tuttavia, poiché il litigio fra le due terre si acuiva, dall’inventario togliamo due altri documenti i quali accennano ad una convenzione tra i due feudi confinanti. Essi sono:

“L’istrumento di carta di cojoro della concordia fatta tra gli uomini di Nohe con quelli di San Pietro in Galatina”.

“Privilegio seu provvisione della Regia Corte delli vassalli di Noha che vadano ad abitare a San Pietro, paghino a Noha”.

E moltissimi altri privilegi ottennero dalle regnanti in Napoli i Signori De Noha.

Segue l’inventario fatto dalla R. Udienza (di LECCE) per mano di Notar Paolo de Ferraris di tutte le robe della baronia di Noha.

 

Dal libro del Prof. Gianferrante Tanzi edito a Lecce nel 1906 e intitolato “L’Università e il feudo di Noha”.

 

Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 22/07/2011 @ 08:17:21, in NohaBlog, linkato 3229 volte)

Eccovi il secondo, ed ultimo, articolo a firma di quel "mangiapreti" che risponde al nome di Antonio Mellone apparso sul volume AA.VV., "Don Mario Rossetti, un sacerdote della comunità galatinese - Giudizi sull'opera e l'eco della stampa", Panìco Editore, Galatina, 2011.

 

Avevo già scritto qualcosa (anzi più di qualcosa, come mi capita quando mi prudono le mani) subito dopo aver sfogliato e letto il menabò in bianco e nero del libro che - nuovo di zecca e ancora caldo di torchio - ho ora invece per le mani nella bella ed elegante edizione definitiva. Il libro è il “Don Mario Rossetti, un sacerdote della comunità galatinese”, scritto da Domenica Specchia e stampato dalle Arti Grafiche Panìco di Galatina, che in questo caso hanno assunto anche la veste dell’editore.

Sono stato uno dei primi a vedere l’opera prodotto-finito della Specchia, tanto che quando don Mario m’ha convocato nella sacrestia della Chiesa di Santa Lucia per farmene dono, il pacco di questi libri era ancora chiuso e sigillato in uno scatolone di cartone (che poi ho disimballato io stesso, come un novello ostetrico di libri, utilizzando una penna a mo’ di temperino per fenderne i sigilli di nastro adesivo, e per spacchettare finalmente quell’involucro).

Ora mi vedo piacevolmente costretto dall’evidenza a scriverne ancora per far sapere al lettore (se ve ne fosse qualcuno) che il risultato definitivo del lavoro di ricerca e di redazione della brava Domenica Specchia sul conto di don Mario vale proprio la pena di averlo nella propria biblioteca personale, possibilmente accanto agli altri due che, in ordine di apparizione, sono i ponderosi “La chiesa di San Sebastiano Martire in Galatina” del 1996 e “La chiesa di Santa Lucia in Galatina” del 2008, entrambi curati e redatti dalla penna, dai documenti e dalle immagini d’archivio dello stesso don Mario.

Questo novello volume - parte essenziale di un pezzo di storia patria esplosa nel trittico di volumi testé citati - non è l’agiografia di don Mario Rossetti (le ragioni dei santi si vedono meglio a distanza, e credo che lo slogan “santo subito” sia il frutto di una sorta di unanimità mediatica a buon mercato di cui sarebbe giusto e pio diffidare ad ogni livello), ma il compendio della narrazione di una scelta maturata nel chiuso di una stanza (o di una vita) che poi ha prodotto effetti al di là dei confini della proprietà privata, diventando messaggio e opere rivolte erga omnes.

La Specchia, insegnante di Storia dell’Arte che sembra abbia il pallino di Galatina, della sua storia, delle sue opere d’arte, e dei suoi personaggi, stavolta ha voluto produrre uno “scritto in onore” di Mons. Mario Rossetti (io ho saputo che fosse un Monsignore soltanto dal risvolto di copertina dei suoi volumi, e ne ho avuto la conferma dalle foto dell’investitura e dai documenti riprodotti in questo libro: dai colloqui con don Mario non l’avrei mai saputo), ne ha registrato i documenti, ne ha riprodotto le immagini d’epoca corredandole di didascalie (la parte più faticosa e più impegnativa nella stesura di un libro); il tutto con contegno “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio ” (come direbbe il Manzoni), cioè senza tanti salamelecchi o lodi fuori luogo, ma anche senza denigrazioni di sorta.       

Il pacco dono di questo nuovo libro galatinese si presenta come un catalogo d’arte, con copertina e custodia rigida, con rilegatura in pregiata tela verde, e con sovra-copertina con immagini, anch’essa pervasa di verde…

Il verde nella liturgia della chiesa cattolica è il colore del “tempo ordinario”. Sembra quasi che per questo prete minuto, dalla voce flebile, dall’eloquio morigerato ma colto, evidentemente è stato ordinario (forse in quanto insito in maniera forte ed ineluttabile nella sua natura) diventare sacerdote per celebrare i sacri misteri; ordinario costruire ed inaugurare nuove chiese (come quella di San Sebastiano, una tra le più ampie di Galatina); ordinario anche procedere ai restauri, puliture, tinteggiature, rifacimenti di campanili, e stuccature del tempio (come quello di Santa Lucia, arricchito nella sua facciata anche di tre statue in ceramica); tempo ordinario pure quello di insegnare tanti anni nelle scuole di ogni ordine e grado, ricevendone anche numerosi elogi da parte dei dirigenti scolastici; e ancora ordinario sedere nel consiglio d’amministrazione dell’Ospedale Civile di Galatina, occuparsi degli affari economici della diocesi di Otranto, e the last but not least prendersi cura in ormai sessant’anni di sacerdozio delle infinite “pietre vive”, con le quali costruire una casa comune fatta di pace e giustizia.      

Per l’umile don Mario tutto questo sarà pure ordinario. Ma per lo scrivente (che è tutt’altro che clericale) e per molti molti altri, la statura, anche morale, di questo prete minuto al servizio di tutti è quella di un gigante. E tutto quanto contenuto in questo libro dalla copertina dal colore verde ha la tonalità dello straordinario.

 

Antonio Mellone
 

L’Istituto Polo 1, in entrambe le sedi di Galatina e Collemeto, ha accolto la sfida educativa lanciata dalla campagna di promozione alla lettura #ioleggoperchè, la più grande iniziativa nazionale organizzata dall’Associazione Italiana Editori.

Dal 5 al 13 novembre sarà possibile acquistare un libro da donare alle scuole per arricchire le nostre biblioteche scolastiche recandosi in una delle seguenti librerie gemellate con l’istituto:

  • Carlo Viva, via Liguria 73, Galatina
  • Libreria Fabula, corso Porta Luce 115, Galatina
  • Mondadori Point, via XX Settembre 160, Galatone
  • My Library, via Salvo D’Acquisto 29, Aradeo
  • Libreria La Calandra, San Lazzaro, Gallipoli

Gli editori, a loro volta, doneranno volumi per la biblioteca scolastica.

Per costruire un mondo più inclusivo, la scuola parteciperà al contest di #ioleggoperchè che premia la creazione e la realizzazione di attività volte alla promozione del libro e della lettura.

“Io e Te, Incontriamoci!” è la proposta del Polo 1 che, attraverso un libro, entra in relazione con gli altri.

A tal fine, la Scuola dell’Infanzia di via Teano, lunedì 7 novembre dalle ore 9.30, e di Piazza Cesari alle ore 11 a Galatina, ed a Collemeto martedì 8 alle ore 11, ha organizzato un laboratorio in collaborazione con la Libreria Cantastorie: dopo la lettura del testo Saremo alberi, di Mauro L. Evangelista (Artebambini Edizioni), ai bambini verrà consegnato del materiale con cui costruire un albero (L’albero che vorrei essere per costruire un grande bosco), simbolo di inclusione, che potrà essere visionato presso la stessa libreria.

Lunedì 7 e 14 novembre, in entrambe le sedi della Scuola Primaria di Galatina e Collemeto, a partire dalle ore 9, gli alunni di tutte le classi si recheranno in libreria e, dalle ore 16.15, i bambini di cinque anni di scuola dell’infanzia, in continuità con gli alunni di classe prima di primaria, parteciperanno con le proprie mamme, ad incontri di lettura animata con passi tratti dal libro Merendine (1994, Giunti Editore) di Chiara Rapaccini. Mentre le classi terze, quarte e quinte della Scuola Primaria saranno impegnate presso la Libreria Viva, a Galatina, in attività di osservazione, scoperta, interviste e percorsi di lettura animata.

La Scuola Secondaria di Primo Grado di Galatina, mercoledì 9, alle ore 17, ha organizzato un reading destinato agli alunni con il coinvolgimento della comunità scolastica e dei familiari incentrato su culture, lingue e musiche diverse in collaborazione con la Libreria Fabula di Galatina. I docenti, gli alunni ed i familiari, che vorranno aderire all’iniziativa, potranno leggere un testo in italiano ma anche in altre lingue. Giovedì 10, alle ore 17, un incontro con l’autore del libro Il volo di Aracne – Dall’alba al tramonto (2021, Musicaos Editore) di Pierandrea Fanigliulo.

Perché la nostra scuola, mentre istruisce, si pone anche l’obiettivo di “educare a vivere con gli altri” dando ragione, con spirito critico, ai valori base della nostra civiltà per creare comunità dove uomini e donne cooperino rispettando le differenze ed i diritti di ciascuno, così da favorire una cittadinanza attiva e responsabile.

 Fiorella Mastria

 

Per riscaldare l'inverno 2023 Raimondo Rodia vuole proporre un talk show con grandi personaggi noti del Salento trattando argomenti di attualità. Così nascono i 6 eventi che tra la fine di gennaio ed il 23 febbraio illumineranno le Gallerie Tartaro a Galatina, in via Principe di Piemonte al centro della città.

  • Iniziamo con Mino De Santis il 25 gennaio, così lo descrive suo fratello Giuseppe che ben lo conosce : "E' un sognatore ingenuo e intellettualmente onesto. Insofferente a qualsiasi regola, non scenderebbe mai a compromessi, ha l’anima libera e resta anarchico anche quando non sarebbe il caso… ha una singolare genialità, un'autentica vena artistica che differisce da qualsiasi accomodante musicalità “popolare” oggi cosi volgarmente e insopportabilmente stereotipata ". Con lui si parlerà di un tema altamente spirituale : alchimia, esoterismo, un tuffo nel mondo reale ed irreale dove contano i sentimenti, il nostro mondo interiore e molto altro.
  • Il 2 febbraio 2023 data unica fissata alle ore 18 la presentazione del secondo romanzo di Fernando Blasi in arte Nandu Popu dei Sud Sound System dal titolo " Li Menati ". Li menati in Salento sono i reietti, letteralmente gente da buttare, da evitare. Raramente però finiscono in discarica e anzi, affondano le loro radici nel territorio rendendolo marcio e inospitale. Molti dei menati che Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, racconta in questo suo secondo libro, subiscono una metamorfosi profonda e irrefrenabile tanto da diventare boss della Sacra Corona Unita. Una metamorfosi che riguarda tutti, non solo i menati. Riguarda chi la incoraggia, chi sta a guardare, chi si rende invisibile lasciando il territorio alla loro mercè. Nandu Popu regala al lettore un racconto che attraversa il tempo e le vite di chi ha vissuto la Puglia soprattutto in determinati anni. Uno squarcio sul passato di una parte del territorio salentino, Casalabate in particolare, e sui trascorsi autobiografici dell'autore. Un continuo cammino tra passato e presente, tra credenze e storia, un atto d'amore nei confronti della propria terra e un avvertimento alle nuove generazioni affinché imparino a non restare a guardare e a intervenire, per cambiare le cose senza subirle. 

    Giovanni Piero Paladini, salentino di 65 anni, laureato in Giurisprudenza e Presidente della CONFIME-Confederazione Imprese Mediterranee. Esperto in relazioni internazionali e geopolica, ha acquisito pluriennale esperienza nel campo dell’internazionalizzazione delle imprese e della cooperazione accademica con particolare riguardo all’Area MENA. Da circa quindici anni ha dato concretezza alla sua passione, cioè la narrativa, attraverso la quale racconta le proprie esperienze, sensazioni ed emozioni vissute nei tanti viaggi in giro per il mondo. Ne sono nati cinque romanzi tra cui ultimo ‘Jihad’. In precedenza la trilogia dedicata all’affarista internazionale Marco Latini, comprendente ‘L’onore perso’, ‘Il decimo cerchio’ e ‘Il giuramento del falco’ ed infine ‘…e adesso tutto cambia’.

    Jihad è la storia di un giovane immigrato tunisino, aristocratico e ricco, Mohamed, scappato dal suo Paese a seguito della persecuzione del presidente Ben Ali nei confronti del partito Ennadha, di cui faceva parte il padre. Giunto in Sicilia, accolto dagli amici del padre, scopre di essere stato destinato a un futuro di leader della Jihad e manager di una compagnia finanziaria che, grazie a complicità mafiose locali e poteri forti internazionali, è dedita al malaffare, al traffico di armi e droga e al finanziamento del terrorismo islamico. Le contraddizioni personali, tra principi religiosi e vita sentimentale, lo travolgono trasportandolo in un vortice di dolore, angoscia e sensi di colpa.

  • Il terzo ospite sarà Giampiero Khaled Paladini che presenterà il suo ultimo romanzo " Jihad " l'8 febbraio, un tema molto in voga in questo momento in cui c'è bisogno di trovare un compromesso tra occidente ed oriente tra ricchi e poveri in un mondo sempre più globalizzato.

    La millenaria civiltà contadina; una civiltà che nei centri rurali del Salento aveva realizzato, pur in un quadro diffuso di povertà, sfruttamento ed ingiustizia, straordinari risultati di risposta ai bisogni collettivi, di socialità ed identità culturale. Le piazze di quei paesi, che negli ultimi anni sono state oggetto di importanti rifacimenti strutturali ed estetici dagli effetti spesso scenografici, perduta ogni funzione economica e sociale, oggi si presentano come spazi vuoti di presenza umana, freddi, senza storia, senza anima e memoria e ormai da decenni attendono nuova linfa e nuova vita, che sarà, se mai, del tutto diversa da quella di un passato leggendario ed irripetibile. L’ottava rima, con la musica e le cadenze sue proprie, poggia sulla strepitosa padronanza di una lingua che, già grande di suo, si è strutturata nei secoli con scambi, arricchimenti i più diversi, consentendo al popolo del Salento straordinarie capacità espressive, comunicative e creative; lingua che nel poema è strumento formidabile per il disegno di quadri, situazioni e personaggi, lo sviluppo del pensiero e del racconto, il dipanarsi di nostalgiche ricostruzioni e di ironiche, ma spesso amare e desolate invettive, tutte giocate tra il semiserio rimpianto del passato e la icastica condanna del presente.

    Fabrizio Romano Camilli imprenditore e politico, sarà l'ospite di mercoledi 15 febbraio nel corso della sua carriera politica è stato assessore ai trasporti, vie di comunicazione e demanio marittimo della regione Puglia, Presidente del comitato regionale Protezione Civile e componente della Commissione regionale antimafia. Dal 2004 autore di romanzi autobiografici e narrativa politica in genere aprirà una sua pagina come autore nel giugno 2020 con lo pseudonimo di Faro Milli. Con lui divagheremo del mondo politico di ieri e di oggi.

  • Il quarto ospite venerdi 10 febbraio sarà il prof. Giovanni Leuzzi, da sempre impegnato con progetti nel campo culturale e sociale, con lui il 15 febbraio con un tema ad ambedue molto caro dal titolo " Salentinità " tutto ciò che caratterizza e ci rende orgogliosi di essere nati nel tacco d'Italia.
  • Infine giovedi 23 febbraio 2023 alle ore 18 il cantautore P40- Il progetto P40 nasce nel 2002 dall’idea del musicista Pasquale G. Quaranta, personaggio emergente ed estroso della grande fucina di artisti salentini, subito balzato agli occhi del pubblico della sua terra natía per l’originalità della sua opera e il carisma del personaggio. Alla base del lavoro di P40 c’è l’osservazione attenta e critica del suo tempo che l’artista cerca di ri-significare nei suoi spettacoli, attraverso un repertorio di brani inediti composto dallo stesso. Incarnando un incontro tra la figura del cantautore e quella dell’attore, che insieme convivono sul palco portando in scena una rappresentazione quasi teatrale, essenziale, a tratti geniale ma nello stesso tempo ricca di improvvisazioni che giocano sugli equivoci e sulle sensazioni del pubblico. 

 

Le serate si svolgeranno nell'arco di un mese circa presso le gallerie Tartaro via Principe di Piemonte Galatina alle ore 18.00 e saranno riprese dalla Web TV :  TV Sud Tele Galatina e rimarranno archiviate sul canale Youtube dell'emittente.

Raimondo Rodia

 
Di Redazione (del 28/09/2021 @ 08:06:09, in Comunicato Stampa, linkato 688 volte)

Il giorno 4 ottobre alle ore 9:00 si darà il via alla Festa dei lettori del 2021 organizzata dal Presidio del libro di Noha e Galatina.

Ancora una volta, anche a causa delle misure anticovid, si utilizzerà la strada, spazio comune da animare con il racconto di storie note e da inventare, proprio come questo strano presente. Più postazioni ospiteranno i libri da giocare. Sono stati scelti:

• Il giardiniere dei sogni -Claudio Gobbetti: gli alberi ospiteranno disegni e parole realizzati al momento

• Il barone rampante -Italo Calvino e Cosimo –Roger Olmos: per la realizzazione di un ritratto collettivo e storie da regalare al vento

• Achille il puntino – Guia Risari: con la realizzazione di personaggi all’insegna delle tante e ricche diversità

• La spiaggia magica -Crockett Johnson: per parole e segni fatati

• Miss Rumphius – Barbara Cooney: per piantine e semi da collocare in contenitori riciclati, perché niente si perda!

• Il punto – Peter H. Reynolds e I vestiti impossibili – Chiara Rapaccini: per costruire tanti cappelli e tanti mantelli per i tanti pensieri

• Dei grandi murales per inventare boschi e paesi più belli

All’iniziativa parteciperanno gli istituti scolastici di Galatina, le associazioni di volontariato di Noha e Galatina e tutti i cittadini che  come noi sanno dare un peso alle parole e tanta importanza alla lettura.

La responsabile del Presidio

Eleonora Longo

 
Di Redazione (del 31/01/2023 @ 08:02:58, in Comunicato Stampa, linkato 357 volte)

Dal 23 al 30 gennaio 2023 l’Istituto Comprensivo Polo 1 nelle sue sedi di Galatina e Collemeto, ha organizzato una serie di iniziative in occasione della Giornata della Memoria per ricordare e commemorare le vittime della Shoah.
Nelle singole classi si sono svolti con i docenti momenti educativi di riflessioni, approfondimenti e attività varie sull’argomento: letture di libri e di poesie, visioni di film e documentari, componimenti poetici. Anche il laboratorio d’Arte “ Siamo tutti ebrei” per non dimenticare”,  si è impegnato nella creazione e nell’allestimento di una mostra speciale incentrata sul tema della Shoah. Con la creazione del treno dei ricordi e come in un gioco di ruolo immaginario gli alunni hanno riprodotto oggetti che richiamano il bagaglio dei deportati. Tale mostra, frutto del lavoro di tutte le classi, ha cercato di sensibilizzare gli allievi su questo drammatico tema, guidandoli attraverso nuovi spunti e prospettive che cercano di stimolarne l’empatia, la partecipazione e la comprensione, lasciando allo stesso tempo libera la loro espressività artistica.

All’interno di questa importante condivisione dei principi di educazione alla cittadinanza, richiamati nell’intervento del 27 Gennaio al Quirinale dal Ministro dell’istruzione e del Merito Giuseppe Valditara in occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria , intervento riportato sul sito della nostra scuola www. primopologalatina, il 23 gennaio presso la sede di Collemeto e il 25 a Galatina, tutte le classi seconde e terze hanno partecipato  all’incontro con  Sofia Schito autrice di La B capovolta. Con il semplice linguaggio dei bambini, Sofia Schito ha saputo coinvolgere gli alunni raccontando una delle pagine più dolorose della storia dell’uomo. “Nessun bambino dovrebbe mai sperimentare la crudeltà dell'uomo. Eppure può accadere che la follia umana prenda il sopravvento e sconvolga l'infanzia di molti, troppi, a cui non è semplice far capire il perché di tanta cattiveria”. Questo è il messaggio dell’autrice del libro e questo il messaggio della nostra Dirigente  Cascione Luisa a nome di tutto il personale scolastico del Polo 1: “attraverso lo studio dobbiamo comprendere le ragioni profonde che portarono allo sterminio nei campi di concentramento. Dobbiamo farlo per evitare che tutto ciò si ripeta”.

Giovedì 26 gennaio la nostra scuola ha partecipato con i Prof. Caiuli Graziano di chitarra classica e Schirinzi Gianfranco di violino, docenti di strumento nel Corso A ad indirizzo musicale ad un evento patrocinato dal Comune di Galatina presso il Salone dell’ex Monastero delle Clarisse in Galatina ”Rewind: Per non dimenticare la Giornata della Memoria”, eseguendo il brano in duo “ Schlinder’s List “. L’esibizione ha ancora una volta rivelato come la forza evocativa delle note e della musica composta da John Williams per la colonna sonora di Schindler’s List, riesca a mostrare l’abominio della guerra e delle persecuzioni razziali.

 Anche questo è il nostro modo di dire “MAI PIU”.

Le iniziative sono  continuate lunedi 30 gennaio al Teatro Cavallino Bianco di Galatina dove le classi prime hanno assistito nella mattinata al recital  promosso dall’Associazione GIORE’ intitolato “La forza della memoria”, in omaggio ai superstiti dell’Olocausto e ai testimoni dei campi di concentramento nazisti. La manifestazione intende sottolineare la valenza didattico-educativa di questa ricorrenza, fondamentale in un percorso di crescita e di coscienza civile, la cui ricostruzione deve partire proprio dall’infanzia.

Con la consapevolezza che il passato non si cancella, ma con la speranza di un futuro migliore, auguriamo ai nostri ragazzi di mantenere sempre viva la Memoria di ciò che è accaduto per fare in modo che non si ripeta mai più.

 Fiorella Mastria

 
Di Redazione (del 30/11/2015 @ 07:37:21, in Comunicato Stampa, linkato 2015 volte)

Lunedi 30 novembre alle ore 18,30, presso l’Auditorium “G. Martinez” dell’omonimo  Liceo Artistico  di Galatina, sarà presentato in prima nazionale Salento Rock Andato via senza salutare per i tipi di Kurumuny,  il primo libro di Francesca Malerba.

L’incontro è promosso ed organizzato dalla Libreria Fiordilibro, con il patrocinio del Comune di Galatina, l’IISS “P. Colonna” e la collaborazione di Inondazioni.it.

Interverranno il Sindaco Dott. Cosimo Montagna, l’Ass. re alla Cultura prof.ssa Daniela Vantaggiato, la Dirigente dell’IISS prof.ssa Maria Rita Meleleo, il dott. Livio Romano scrittore e il dott. Antonio Liguori corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno. 

Salento Rock. Andati via senza salutare ricorda un passato recente della storia di Galatina.     

Il romanzo è basato su fatti realmente accaduti in Salento tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ’90. La vicenda ha luogo principalmente a Galatina, scossa, come altri piccoli centri, dal rapido aumento della tossicodipendenza. A causa dell’elevato consumo di eroina per via endovenosa, nei primi anni ’90 scoppiò
nel paese un'epidemia di AIDS, con oltre duecento sieropositivi registrati dalla USL, e numerosi decessi, che
si andavano a sommare a quelli dei giovani morti per droga. Già dal 1987, grazie a un cospicuo

finanziamento della Cassa del Mezzogiorno, l’ospedale “Santa Caterina Novella” era stato dotato di un

reparto infettivi all’avanguardia, non ancora attivato a causa di ostacoli amministrativi. I malati di AIDS

venivano curati in un'ala dell’ospedale seminterrata, con posti letto insufficienti e in condizioni igieniche e

sanitarie inadeguate.

Attorno alle difficili esistenze dei malati e dei tossicodipendenti, il paese reagiva in due modi opposti: da

una parte l'indifferenza e addirittura il rifiuto e l'emarginazione, dall'altra la volontà di denunciare la

situazione e di lottare per ottenere attenzione e diritti. Prezioso fu l’attivismo di alcuni ragazzi del paese e

del centro da loro fondato.

Incentrato sulla voce narrante di un'adolescente che prende pian piano coscienza dei fatti, fino a esserne

travolta personalmente, Salento Rock è un mosaico di differenti vicende di vita e rappresenta uno scorcio

della società dei tempi: i giovani, la musica, la droga, la disoccupazione, lo scarto generazionale tra genitori

e figli. Tra doloroso romanzo di formazione e reportage sociale (basato su testimonianze reali e approfondite ricerche d'archivio), Salento Rock ripercorre, se pur liberamente, una parte della recente storia di Galatina e vuole essere uno spunto di riflessione sui temi attuali della tossicodipendenza, dell’AIDS, del disagio giovanile. Grazie alla scrittura semplice e immediata, si rivolge a un pubblico eterogeneo: da chi è stato testimone delle vicende narrate, agli adolescenti in preda agli attuali problemi e nodi esistenziali. 

Francesca Malerba  Nata a Galatina (LE) nel 1977, ha trascorso gli anni universitari a Bologna e dal 2002 vive a Roma, dove lavora nell’Istituto di Neuroscienze fondato da Rita Levi-Montalcini. Appassionata di danza, musica e letteratura, cerca di applicare a questi settori creativi tutta la sua attitudine da ricercatrice scientifica.

 

Libreria Fiordilibro

 
Di Marcello D'Acquarica (del 16/04/2015 @ 07:37:06, in Recensione libro, linkato 2535 volte)

Fino a poche ore fa ne avevo solo sentito parlare qualche volta da Antonio Mellone. Adesso è un libro dal titolo: Vivere.

La prima cosa che mi colpisce di questo libro è il colore della carta, quel bianco caldo che mi ricorda la luce fievole di quando ero ragazzo e stavo a casa in via Aradeo, quando l’elettricità si interrompeva e si doveva ricorrere al tradizionale lume a petrolio. Anche al tatto delle dita la carta di queste pagine trasmette calore e serenità. Ma allora Michele è un libro? Non so ancora chi sia, ma sono bastate poche ore, forse meno di due, per entrare nel suo pensiero e carpirne la bontà d’animo, la semplicità e l’ardire. Leggo il suo raccontare e mi lascio trasportare nei posti che descrive. In un certo senso mi ritrovo come immerso nello stesso personaggio che è il fratello di una sorella che ha sofferto, come mio fratello guarda caso anche lui di nome Michele, mancato dopo due lunghi anni di cure. Molte sono le cose che ci accomunano: la passione per il passato, l’attenzione ai cambiamenti del presente, la fierezza per il suo lavoro, l’attaccamento alla propria terra, l’amore per la natura, la poesia, il suono delle campane e quell’osservare con orgoglio le compagne della sua vita, moglie e figlia.

Il suo narrare non ha la continuità di una  storia unica, come dice Tiziana Montinari nella prefazione, ma è proprio per questo che in pochissime pagine riesce a farmi volare in modo continuativo sui tanti argomenti che appartengono a molte delle nostre vite, anche se non tutti  sentiamo il bisogno di condividerli. Ora Michele non è più uno sconosciuto. Sento quasi un po’ d’invidia, o forse non è la parola esatta, quello che sento è piacere di scoprire come sia riuscito ad amare questa terra fantastica che è il nostro Salento pur non essendo costretto a staccarsene. Chi non prova sulla propria pelle il distacco forse non si rende conto della sua preziosità. Anche il  suo parlare dell’età che è passata e del bisogno di lasciare il suo pensiero agli altri è segno di generosità e di amore. Non è invidia ma in un certo senso provo soddisfazione nel sentirlo, perché leggendo le sue parole mi sembra quasi di sentirne la voce. E provo soddisfazione nel sentirlo parlare di Dio. Di un Dio che non è solo relegato in chiesa, ma è per strada e nel mondo, dove aiuta l’uomo a difendersi dal demonio della finanza speculativa e senza più valori: “miscela distruttiva che nel breve volgere di pochi anni ha procurato danni irreparabili.” (pag.78)

Corre Michele, dice che gli anni sono tanti, ma sembra voglia costringerli in poche pagine, forse per paura di non riuscire a dirci tutto. Condisce le sue memorie come in una fiaba e pur passando da un paese ad un altro non sente l’amarezza per il cambiamento che spesso crea  strappi interiori, anzi porta con sé tanti bei ricordi di tutti, compresa Noha, che lo ha visto negli anni della sua prima infanzia. In fondo quando una persona è capace di essere grata alla vita, come Michele, non può che seminare il bene.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 25/07/2018 @ 07:24:03, in Comunicato Stampa, linkato 1112 volte)

Le città, i luoghi, le comunità, si costruiscono attorno alle persone e questa comunità, quella galatinese  è stata fatta da grandi uomini che ne hanno dato lustro anche fuori dai confini regionali. L’intento della locale Proloco con questa iniziativa ideata in collaborazione con il Comune di Galatina, che rientra nella programmazione estiva “A Cuore Scalzo”, è quella di rinnovare la memoria dei Galatinesi illustri e di valorizzare la nostra comunità con il relativo patrimonio materiale ed immateriale anche attraverso una maggior conoscenza della sua storia. Il dibattito della serata di domenica 29 luglio nasce attorno alla presentazione del libro dell’autore Alberico Bojano che nella sua pubblicazione “Gioacchino Toma – Sorvegliato politico tra artisti, sotterfugi e nobiltà ne descrive, accanto alla figura di artista e scrittore, anche gli aspetti psicologici, la gentilezza d’animo ed il suo essere  patriota che si arruolò con i garibaldini partecipando alla campagna militare del 1860. Gioacchino Toma nacque appunto a Galatina nel 1836 e morì a Napoli nel 1891 ed è uno dei più significativi e rilevanti pittori dell’Ottocento italiano.

L’incontro è moderato dall’Arch. Adriano Margiotta, socio attivista della Proloco, e vede la partecipazione ed il saluto degli amministratori comunali e dei parlamentari della città, del Prof. Maurizio Nocera, del Prof. Rino Duma, del dott. Luigi Galante (Società di Storia Patria per la Puglia sez. di Galatina), della dott.ssa Angela Beccarisi, e del dott. Angelo Bojano (Medico chirurgo ospedaliero. Giornalista pubblicista). Ospite della serata il regista ed attore galatinese Fausto Romano. L’evento è previsto alle ore 21:00 di domenica 29 luglio nel suggestivo scenario di Piazzetta Orsini, di fronte alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandra.

PROLOCO di GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 31/07/2014 @ 07:18:35, in Necrologi, linkato 4567 volte)

Si è spento oggi a Noha Sandro Brasciòla, un ragazzo di appena 53 primavere. Alla moglie, sig.ra Sonia, alla piccola Francesca, ai fratelli, ai parenti e a tutti gli amici di Sandro giunga l’abbraccio affettuoso da parte di tutta la redazione di Noha.it.

*

Sandro se n’è andato dopo pochi mesi di una fulminante malattia. La chiamano “malattia del secolo”, ma forse sarebbe il caso di ribattezzarla “malattia salentina”. Nel distretto di Galatina, per dire, l’incidenza dei tumori sembra battere tutte le più drammatiche statistiche. Nessuna famiglia ne sembra ormai più immune.

E’ che siamo attorniati da pericolose discariche di rifiuti di ogni genere, da fumi emessi dalle ciminiere che non solo prepotenti violentano i semicerchi dei nostri orizzonti ma anche e soprattutto le nostre fibre, da campagne non più coltivate a verde ma occupate da pannelli fotovoltaici, da infinite circonvallazioni inutili rivendicate da politicanti da quattro soldi, da strade pericolose a quattro corsie che andranno a finire direttamente nel mare, da falde acquifere inquinate da diossina, percolato ed altre micidiali sostanze, da cementificazioni criminali per comparti edilizi, aree mercatali, centri commerciali, e prossimamente anche da un gasdotto Tap che porterà del gas che (forse) verrà utilizzato nell’Europa centrale.

Ma tutto questo provoca malattie. E le malattie non capitano sempre agli altri.

E’ come se piccole mani assassine si poggiassero su di noi, ci toccassero scegliendo con oculatezza per ciascuno di noi una parte del corpo: polmoni, testa, ovaie, pelle, gola, fegato, pancreas, per poi divorarla, lentamente o in un sol boccone.  

E così cromo e titanio sono giovani dai capelli rasati e senza più le sopracciglia a causa della chemioterapia; zolfo, uranio e monossido di carbonio sono bambini con asma bronchiale e problemi cardiocircolatori; carbonio e benzo(a)pirene sono donne che all’improvviso palpano un nodulo, avvertono un dolore, patiscono una certa spossatezza, anche se hanno sempre fatto una vita sana.

Spesso ci si chiede perché non reagiamo.

La risposta è scontata: è pressoché impossibile difendersi da qualcosa che non si conosce. E molti fanno in modo di tenerci all’oscuro di tutto. Ci sono dei “giornalisti”, per dire, quelli con le virgolette, i reporter a libro paga, i cronisti con un conflitto di interessi grande quanto un altoforno, i quali o ti ignorano oppure scodinzolanti e pronti a riportare la voce del padrone ti ingiungono di tirar fuori i dati, le correlazioni, i riscontri, le analisi, i numeri. E ti dicono pure che fai battaglie ideologiche, e che tu insieme ai tuoi amici “ecologisti” siete contrari al progresso a prescindere.

Eppure le prove sono sotto gli occhi di tutti. Ma nessuno le vede.

Ci comprano con quattro soldi, con la sponsorizzazione di una festa patronale, con il restauro di un altare, con la fornitura di sacchetti di iuta per un motoraduno.

Ci riempiono la testa di “ricadute occupazionali” e di “volani per lo sviluppo”. E spacciano tutto questo scempio per progresso, competitività, crescita. 

*

Addio Sandro, riposa in pace.

A noi altri rimane il dovere di lottare.

Lo dobbiamo a te. Ed alla tua piccola Francesca.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 25/01/2014 @ 07:18:20, in NohaBlog, linkato 2339 volte)

Una delle domande iniziali poste al primo cittadino di Galatina verteva ovviamente su quel bene culturale che è la Masseria Colabaldi.

Orbene, non ci crederete: non appena l’intervistatore chiede qualche considerazione in merito all’antica masseria, facendo riferimento al fatto che questa fosse l’antesignana dei moderni centri commerciali, il sindaco, mettendo subito le mani avanti (evidentemente certe locuzioni come “centro commerciale” provocano nel soggetto reazioni difensive a prescindere) – benché, c’è da riconoscere, con un sorriso lenitivo di ogni eventuale forma di scortesia - esclama: “Ma questa è polemica!”.

E per fortuna che, stavolta, il Nostro ci ha risparmiato l’aggettivo “politica” o lo stucchevole termine “strumentalizzazione” (altrimenti m’avrebbe sentito); ma il rischio che abbiamo corso (entrambi) è stato enorme.

*

Ora, vista l’urgenza di far tutto e subito (ricordo l’impellenza da parte del sindaco di correre a premiar presepi a Galatina) non ho avuto modo né tempo di spiegare al mio interlocutore che non si trattava di una provocazione ma di un concetto già espresso dal prof. Mons. Antonio Antonaci nel suo stupendo volume “Galatina, storia e arte” (Panìco Editore, Galatina, 1998) - tomo che il dott. Montagna avrà sicuramente compulsato - alle pagg. 166 e seguenti, dove l’insigne studioso galatinese così si esprime: “[…] la masseria è l’antenata, non troppo lontana nel tempo e nello spazio […] del più fornito dei supermercati, per la varietà dei mezzi di vita che servivano alle necessità quotidiane di tutta una comunità che vi operava all’interno, nei tre cardini principali del sistema agrario antico: agricoltura, pastorizia e allevamento del bestiame. I prodotti di queste tre fonti di vita costituiscono la base dell’alimentazione in tutti i tempi [e quindi, salvo errori od omissioni - mi permetto di inferire - anche del futuro, ndr.]”.

Avrei voluto ribadire al mio sindaco che questa è storia e attualità, anzi buon senso, e che non credo che mons. Antonaci nel vergare codesti concetti elementari ormai quindici anni fa avesse intenzioni polemiche. A meno che (il che, invero, è molto probabile) quel profeta non avesse così bassa stima nei confronti della classe politica galatinese di allora (ergo anche dell’attuale, vista la continuità senza soluzione di una certa mentalità dura a morire) da produrre nel suo libro monumentale espressioni così sagaci e mordaci, ed, appunto, polemiche.

Non è che per caso il mio sindaco temesse, chessò io, qualche riferimento al famoso Mega-Porco di Contrada Cascioni deliberato a furor di consiglio comunale (ma certamente non a furor di popolo) in nome del cosiddetto “pubblico interesse”? Non è che al solo sentir proferire sostantivo e attributo come “centro commerciale” il Montagna abbia sentito tutto il fastidio, la seccatura, il disagio, in merito, per via della sua ingombrante chilometrica coda di paglia?

Io mi augurerei davvero di sì, confidente come sono nella redenzione di tutti, anche del più incallito e convinto sostenitore di sesquipedali scemenze degne di una prima repubblica delle banane.   

[continua]
Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 27/02/2014 @ 07:17:46, in Comunicato Stampa, linkato 2219 volte)
Per la serie di incontri "Dialogoi sto monastiri", Notizie storiche e culturali intorno alla Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, terzo appuntamento Venerdì 28 febbraio 2014 alle ore 18,30, presso  la Sala di Cultura Francescana della Basilica, con l'intervento della Dott.ssa Rossella Schirone, Docente di Storia delle Religioni presso la Facoltà Teologica Pugliese di Lecce, ed esperta della Storia degli Ebrei e di  Ebraismo in Terra d'Otranto tra il III ed il XV Secolo; la curatrice ci guiderà nella conoscenza della vicenda storica, religiosa e culturale degli Ebrei a Galatina, nella contea di Soleto, e più in generale in Terra d'Otranto, chiarendo i rapporti della Comunità Ebraica salentina con la Famiglia degli Orsini del Balzo; presenta la Dr.ssa Emilia Frassanito, Libraia e Titolare della Libreria Fiordilibro.  "Nel Quattrocento gli ebrei di Galatina erano sicuramente presenti in Via Marcantonio Zimara, come segnala il Tetragrammaton (per gli ebrei, l’impronunciabile quadrilittero nome di Dio, JHWH) inciso sulla finestra nella corte del civico 10. La Famiglia dei Conti Orsini Del Balzo, almeno sino agli anni Trenta del Quattrocento, ebbe grande stima degli ebrei, cosa dimostrata dai continui rapporti con la comunità ebraica, improntati alla tolleranza;  Maria d’Enghien si fidava ciecamente di loro, tanto da affidare la cura della sua salute al medico ebreo mastro Giacomo; nota la benevolentia del principe Giovanni Antonio nei riguardi degli Ebrei, mal sopportata dal papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini), che considerava il riottoso feudatario del Balzo come nemico della fede, ed "eretico poiché incoraggia  la perfidia ebraica”.
L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la libreria Fiordilibro, l’Associazione Culturale Il Mandorlo e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo nel complesso iter, necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.

Sala della Cultura Francescana, piazzetta Orsini – info 3396845616

 

 

Carissimi Fratelli e Sorelle,

ci ritroviamo insieme per condividere la mensa della Parola di Dio che il Signore ci offre in questa Domenica in Albis o della Divina Misericordia. Anticamente era la domenica in cui i neobattezzati uscivamo dalla Chiesa, dopo l'eucarestia, per dare testimonianza della loro adesione a Cristo indossando la veste bianca ricevuta al Battesimo, ecco l'alba appunto. Un vero e proprio sciame in canto, come le api, pronti a fecondare con la grazia ricevuta. Chissà se questa immagine non possa essere presagio di una nuova uscita anche per noi. Dopo un periodo di chiusura forzata, che certamente costituisce un tempo forte, ma di grande riscatto se collocato nell'alveo della rinascita, della conversione, della comunione su ciò che veramente è essenziale ed importante per la nostra esistenza, spogliati degli abiti vecchi, intrisi di tutto ciò che non si addice all'uomo e a Dio, non saremo anche noi pronti ad indossare l'abito splendente della grazia di Dio per contagiare con pensieri, parole e azioni buone chiunque incontreremo sul nostro cammino. Allora la distanza di sicurezza nell'animo sarà accorciata e brilleranno non gli abbracci virtuali, ma quelli di pace ed armonia vera. San Giovanni Paolo II ha istituito in concomitanza la Domenica della Divina misericordia. É dal cuore squarciato di Cristo per amore nostro che nascono i raggi di quel perdono che ci fa diventare uomini nuovi capaci di perdonare e dare la vita. Mettiamoci in ascolto.

 

Vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 19,31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

Meditiamo ora la Parola ascoltata

Il vangelo ci colloca in uno spazio temporale di due domeniche, quella di Pasqua «la sera di quel giorno, il primo della settimana» e l'attuale « Otto giorni dopo». Niente ci dice questo spazio? In otto giorni, nell'arco di una settimana Dio crea l'uomo ed ogni essere vivente. In otto giorni Dio in Gesù ci ricrea. Avviene una vera e propria palingenesi. Eravamo morti, vivevamo nel caos. Ora tutto rinasce e la nostra vita è orientata nel futuro di Dio, la domenica dell'eternità. Non siamo più in potere della morte, ma della vita.

Sì è vero attraversiamo l'esperienza del dolore, sofferenza, morte, ma non siamo più la sua preda perché siamo afferrati dall'amore misericordioso di Dio. Gesù si presenta a casa, a porte chiuse, e questa verità non è lontana dalla nostra situazione di emergenza. Gesù ormai svincolato dallo spazio e dal tempo entra nelle nostre case, entra nel cenacolo. Il suo appuntamento stabilito per noi è di domenica in domenica. Attenzione, chi incontriamo in questo giorno non è un fantasma. Egli mostra i segni della passione:«Mostrò loro le mani e il fianco ».

Non è una favola la risurrezione di Gesù, è l'evento centrale della nostra fede. Nella nuova dimensione della sua persona vivono i segni della passione. I discepoli riconoscono il Crocifisso risorto. Essi erano chiusi per paura di essere trovati e uccisi facendo la fine del maestro. Erano uomini senza speranza ed ora «gioirono al vedere il Signore ». La loro tristezza si è mutata in gioia. Le nostre amarezze si trasformano in felicità se riconosciamo il Signore, il vero amore, quello che non ci abbandona mai, non ci lascia mai, non ci mette alla prova mai e ci permette di amare nonostante il rifiuto. Anche noi svincolati dallo spazio possiamo amare nel tempo come Gesù.

Egli poi soffia. Ricordate il soffio di Dio nelle narici di Adamo cosa fa? Dona all'uomo la sua stessa vita. Gesù dona agli apostoli la sua vita e il suo stesso potere, quello di richiamare alla vita. Gli apostoli da quel momento fino ad oggi con il sacramento della misericordia, confessione, riconciliazione penitenza, aiutano l'uomo a compiere il passaggio dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, perché il vero pungiglione della morte è il peccato ciò che ci distanzia da Dio e dagli uomini. «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Gli apostoli hanno ricevuto l'arte di rianimare, ma il grande protagonista dell’esperienza della fede e della testimonianza che da Pasqua in poi inizia è lo Spirito Santo. Ciò apre a noi una visione di speranza e di fiducia: in ogni percorso umano in cui l'amore di Dio è ricercato per superare conflitti, laddove c’è gioia che vince chiusure e distanze, laddove c’è opera di riconciliazione lì vi sono tracce della presenza del Risorto che ha consegnato il suo Spirito. Ora la comunità è ricostituita, prima c'era dispersione, tutti sotto la croce erano fuggiti, tranne il discepolo che Egli amava e Maria. «Gesù stette in mezzo». La prima esperienza della Pasqua per i discepoli è quella di una ricostituzione della comunità attorno ad una presenza che raduna, raccoglie e genera comunione laddove c’era stata disgregazione, paura, disorientamento, chiusura.

All'origine della risurrezione c'è l'amore. Ma quando tutto sembra andar liscio, ecco Tommaso che ascolta l'esperienza pasquale dei suoi compagni, ma non c'è nella comunità mentre Gesù si fa presente e pertanto non riesce a fare la professione di fede. Tommaso ha come soprannome “Didimo” (Gv 20,24), che significa “gemello”, “doppio”. È un discepolo di Gesù, ma sulla fede fa prevalere le sue pretese; sulla fiducia ai fratelli fa prevalere la durezza e la sufficienza; sull’oggettività e continuità di presenza in mezzo agli altri, fa prevalere un atteggiamento singolare e incostante. Dunque è figura di doppiezza. In lui ogni credente può riconoscere le proprie ambiguità e doppiezze nella vita di fede, tutte forme con cui ci difendiamo dal movimento di affidamento e ci isoliamo. Questa è la doppiezza, crediamo di fare da soli, un po' nella comunità e un po' fuori. Ma la fede cristiana non è vivibile individualmente, come avventura isolata.

In mezzo ai fratelli, Tommaso farà la sua confessione di fede: infatti, dove due o tre sono riuniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a loro (cf. Mt 18,20). Se la comunità è luogo sacramentale di presenza del Risorto, altrettanto vale per la Scrittura. Il credente incontra il corpo del Risorto nel corpo comunitario e nel corpo scritturistico e, ovviamente, nel corpo eucaristico: il libro del vangelo, definito da Giovanni come “segni scritti” (Gv 20,30-31) capaci di suscitare la fede che conduce alla salvezza, cioè alla comunione di vita con il Signore, è sacramento della potenza di Dio «il vangelo è potenza di Dio per chiunque crede» Rm 1,16).

Dunque Comunità, Scrittura-Parola di Dio, Eucarestia insieme formano il luogo in cui io posso riconoscere il Risorto ed essere confermato da Lui nella fede. Non esiste una fede individuale. La vita comunitaria stessa è dunque luogo di esperienza pasquale. Tommaso, assente durante la prima manifestazione di Cristo (Gv 20,19-23) è presente alla seconda (Gv 20,26-28) e non ha bisogno di stendere la mano e metterla nel costato di Gesù per vincere la sua incredulità (Gv 20,24-25). Egli è invitato da Gesù a compiere quelle azioni, ma Tommaso è fermo. Il fatto stesso di essere insieme agli altri nella comunità cambia la sua situazione.

La comunità è il luogo di esperienza della resurrezione in cui si compie il passaggio dall’“io” al “noi”, nel movimento di morte a se stessi per vivere con e per gli altri. Tommaso, che non ha creduto all’annuncio fatto dai suoi fratelli, è accolto – da incredulo – nel gruppo dei discepoli, nella comunità riunita otto giorni dopo ed è nella comunità che egli dirà:«Mio Signore e mio Dio».

La fede di Tommaso passerà attraverso la conoscenza delle ferite della comunità, la Chiesa corpo di Cristo. Solo questa fede è pasquale perché Tommaso capirà le ferite inflitte con la sua incredulità ai fratelli e compirà un autentico pentimento e conversione. Tommaso si scopre accolto nella sua pretesa, nella sua sfiducia, si scopre amato e per questo vince le sue resistenze. Egli rinuncia a se stesso e acconsente anche di fare la figura di chi smentisce se stesso accettando di essere amato.

Caro Fratello e cara Sorella accetta anche tu di essere amato.

Don Francesco Coluccia

 
Di Antonio Mellone (del 01/03/2012 @ 07:00:00, in NohaBlog, linkato 3833 volte)

Tra le tante novità storiche introdotte dalla buonanima dell’Osservatore Nohano non si può non menzionare quella delle vignette satiriche. Si badi bene: qui non si sta dicendo che codeste scenette umoristiche illustrate fossero cosa ignota ai nohani; si sta invece ribadendo il fatto che vignette satiriche a contenuto glocal (ma soprattutto local con personaggi e situazioni nohan-galatinesi) siano comparse per la prima volta nella storia della nostra comunità su quel giornalino che fu ciclone benemerito per alcuni, iattura per altri. E questo proprio grazie all’arte e al genio enciclopedico di Marcello D’Acquarica, maestro d’amore per Noha.

Le vignette di Marcello si contano ormai nell’ordine delle centinaia di unità (se non proprio delle migliaia) e da un po’ di tempo a questa parte abbiamo la fortuna di goderne via web quasi quotidianamente - così come si fa con la tazzina del caffé mattutino - ammirandole nella sua rubrica “Una vignetta al giorno”, regolarmente aggiornata  dall’Albino Campa, patron di questo sito.

Confesso che, tranne qualche rarissima eccezione, mi piacciono le vignette di Marcello; le trovo esteticamente belle, originali, e poi ancora sagaci e mordaci al punto giusto. Certo, è capitato anche a me di dissentire da qualche sua striscia satirica, diciamo così, poco felice o poco azzeccata. Ed ho anche espresso codesto mio disappunto, scrivendone liberamente sul sito di Noha. Ma una cosa è dir questo (di una vignetta), un’altra è indire le crociate contro una persona (vi assicuro mitissima) che fa dell’arte e della libertà del pensiero il suo modo di essere e di fare.

Non è mia intenzione fare qui il panegirico di Marcello D’Acquarica, non essendone né il suo avvocato difensore (credo non ne abbia il bisogno) né il suo sanctificetur. A me interessa invece spendere qualche parola in più sulla satira, inclusa quella nostrana.       

L’obiettivo della satira è esprimere un punto di vista in modo divertente. Divertente per chi la fa, s’intende. E ogni risata dell’autore contiene una piccola verità umana (che a volte fa male). Se poi il pubblico ride, tanto meglio, ma non è un criterio per giudicare la satira. Certo la satira mica può piacere a tutti: i suoi bersagli, ad esempio, non ridono.

Insomma, bisogna togliersi dalla testa l’equivoco secondo cui la satira debba per forza far ridere, perché a volte deve far piangere. Anzi talvolta la satira più riuscita, la più tagliente e corrosiva, è quella che fa scoppiare di rabbia (per la verità, soprattutto i bacchettoni). E il disagio che aumenta è solo quello dei parrucconi (gli spiriti liberi, invece, riescono perfino a ridere di se stessi). 

Non ricordo più dove ho avuto modo di leggere che la satira distrugge ciò che è vecchio in funzione della generazione del nuovo, e che essa “è la festa di una comunità che vive”. Che bello! Io mi rifiuto di pensare che a Noha siamo regrediti a tal punto che la gente debba addirittura essere rieducata alla libertà del pensiero, di cui la satira, con il suo potere a volte dissacrante, è uno dei sapori.

Purtroppo, a volte, si è costretti ad osservare reazioni sproporzionate o scomposte, divieti o condanne senza se e senza ma, e, ahinoi, anche tentativi di emarginazione da parte di alcuni censori (che forse non sanno nemmeno di esserlo, e che scordano che a volte è la censura che della satira certifica il valore). 

Invero, il potere è sempre soggetto alla tentazione di svolgere il suo oppressivo mestiere, infastidito non tanto dalla vignetta o dallo scritto in sé, quanto dalla scalfittura del “pensiero unico” e soprattutto dall’apprezzamento di un’idea controcorrente da parte di un crescente numero di estimatori.

A volte nasce il dubbio che certe reazioni smisurate, da “apriti cielo!”, siano una forma di disperazione. Chi è in pace con se stesso, infatti, non darebbe importanza né a vignette, né ad articoli, né ad altro, visto che chi scrive o disegna o chiosa è una “parte minoritaria, piccolissima, insignificante della comunità”.

Questo non implica che non si possa criticare, o ribattere ad un articolo o ad una vignetta. Ci mancherebbe altro. Solo che la reazione, secondo me, dovrebbe essere, diciamo così, proporzionata. Si dice che ogni difesa dovrebbe essere commisurata all’offesa (eventuale). Non è che se uno ti tira uno schiaffo tu controbatti con una archibugiata o con una pugnalata alle spalle o con il lancio di una bomba nucleare (con il rischio di un automatico, gratuito e ridanciano cupio dissolvi).

Io credo che nell’arte (e la satira di Marcello D’Acquarica è una forma d’arte) l’unica censura ammissibile sia lo sbadiglio, l’indifferenza, e non la scomunica fulminata in diretta coram populo (che mutatis mutandis ricorda un po’ le minacce terroristiche di alcuni fanatici islamici quale reazione alle vignette su Maometto, o la condanna a morte per bestemmia di Salman Rushdie per il suo romanzo “I versi satanici” scagliatagli contro dall’ayatollah Khomeyni). Che bello sarebbe ritornare a vivere quel che dai pulpiti un tempo si insegnava (prima a se stessi e poi agli altri): l’evangelico concetto del porgere l’altra guancia.

Daniele Luttazzi, censurato insieme a Biagi e Santoro (indovinate da chi) scrive sul suo “La guerra civile fredda” (Feltrinelli, Milano, 2009), libro che vivamente consiglio: “La satira è innanzitutto arte: in quanto tale, agisce sulla storia offrendo all’umanità uno sguardo rinnovato sul mondo; per questo, sin dal tempo di Aristofane, la satira è contro il potere, di cui riesce ad annullare la natura mortifera mantenendo viva nel nostro immaginario quella sana oscillazione tra sacro e profano che chiamiamo dubbio. L’effetto concreto della satira è quello della liberazione dell’individuo dai pregiudizi inculcati in lui dai marketing politici, culturali, economici, religiosi. Il potere s’accorge che questo va contro i suoi interessi e ti tappa la bocca. La satira dà fastidio perché esprime un giudizio sui fatti, addossando responsabilità. E’ sempre stato così ed è un ottimo motivo per continuare a farla. Dove possibile”.

Bè, auguriamoci davvero che a Noha sia sempre possibile fare un po’ satira. Anche attraverso i (tutt’altro che satanici) fumetti di Marcello.

Antonio Mellone
 

E’ passato un anno da quella data così importante per noi e per Suor Orsolina che con la pace e la serenità interiore, terminava la sua vita su questa terra.

Sono stati anni belli quelli trascorsi con lei e non perdeva occasione per chiamarci, incontrarci a qualsiasi costo. Amava stare in mezzo alla gente, amava tornare a Noha, che adorava immensamente nonostante i suoi lunghi anni trascorsi in altre parti del mondo. Mai un attaccamento alla propria terra è stato così grande come il suo. Questi e tanti altri valori, Suor Orsolina ci ha lasciato. Tanti, ma che poi infine si costringono da soli intorno all’unico grande messaggio per eccellenza: attuare il Progetto di Dio.

Lo si capisce al volo, basta leggere i suoi scritti che ha voluto lasciarci, tantissimi. Una parte l’ha trasmessa a Padre Francesco pochi mesi prima della sua “partenza”, e sono stati raccolti in un opuscolo di una 80na di pagine con tante bellissime immagini delle sue esperienze di vita. Ne conserviamo copia in famiglia, e in un certo senso ci aiuta a sentirla di più in mezzo a noi. Un’altra parte di quei suoi articoli, li aveva a suo tempo inviati a me. Ne riporto qui alcuni con titolo e data, estrapolando qualche frase significativa che mette in evidenza il suo insegnamento che diventa anche messaggio per noi.

“A mio fratello Marcello e famiglia”

Inizia così l’ultima in forma cartacea che Suor Orsolina mi inviò il 18 giugno 2017. All’interno della busta contenente oltre atanti articoli scritti per la rivista “Andare alle Genti” delle Suore Missionarie della Consolata, vi era un suo manoscritto che dettava così:

“Caro fratello Marcello, come avevo promesso, in questa busta grande ci sono vari articoli che riguardano la mia vita missionaria, 30 anni in Amazzonia – Brasile e 17 a Lisbona in Portogallo. Li ho messi in ordine di data e magari potranno essere utili per far conoscere alle future generazioni le esperienze di vita di una Suora Missionaria della Consolata.”

1993 - PRIMA ESPERIENZA IN PORTOGALLO: …. Ho ricevuto più di quanto ho donato dagli ammalati che ci hanno fortificato con il loro coraggio nell’adesione alla volontà di Dio.

1989–QUANDO CI SI FIDA DELLA PROVVIDENZA: …quel correre a destra e sinistra sotto il sole cocente dell’Equatore invece di stancarmi sentivo di vivere la vita e mi sentivo piena di gioia nell’attuare il Progetto di Dio.

1990–CARACARAI’, UNA DATA STORICA: …viene aperta una casa fra gli Indios di Maturuca. Sono grata al Signore che mi ha colmata di grazia in questo tempo e mi ha conservato una grande pace interiore.

2000 -Il Sogno: ….Sono certa che la demarcazione della Terra degli Indios “Area Unica Raposa serra do Sol” sia stato il sogno dell’Allamano che oggi si è realizzatoper mezzo dei suoi figli e figlie che non hanno risparmiato fatiche e rischi affinché gli Indios di Roraima, possedendo le loro terre, avessero vita in abbondanza.

2000 – PARROCO AL FEMMINILE: …. Ritorno in Normandia serena perché Dio mi accompagna e mi concede la forza e lo slancio missionario per lavorare tra i più poveri.

2001 – IMPARARE DA LORO:….Condividerò la vita degli emigranti di Mucajaì e imparerò da loro la Sapienza scritta nel libro della loro stessa storia, fatta di amore, Perdono, e Solidarietà con chi si trova nel bisogno.

2001P– PENSANDO A TE NORMANDIA: ….Spesso mi ritrovo a ripetere al Signore questa preghiera: Grazie per il popolo di Normandia e per i tanti gesti di solidarietà che la gente mi ha insegnato. Ascolta il loro desiderio di avere un sacerdote che li guidi con la Parola.

2003 – IMPARA L’ARTE E ….: ….E mettila da parte. Forse è proprio vero quello che dice il proverbio, la gioia più grande l’ho provata nel sapere che alcune mamme, diventate provette artigiane della piegatura della carta, sono riuscite a vendere gli oggetti costruiti con le loro mani e a ricavare dei soldi per acquistare il cibo per i loro bambini.

2005 – UNA EPOSIZIONE RICCA E VARIEGATA: ….Insieme abbiamo sperimentato la bellezza di essere una grande famiglia arricchita dai colori carismatici di ognuno.

2006 – UN MOMENTO DI CHIESA…..Un altro mondo è possibile, ed è bello camminare insieme ostruendo ponti affinché la pace e la Fratellanza possano essere non più un sogno ma una realtà di vita.

2010 – UNA MARCIA A FAVORE DEI DIRITTI:...Essere Missionarie in contesti di ingiustizia è molto dura ma non ci abbattiamo perché  abbiamo la speranza che un giorno la vita, il bene e la solidarietà vinceranno

2011 – PASTORALE DEL BAMBINO:….nonostante la gente sia quasi tutta molto povera sono tante le persone generose che sanno rinunciare al poco che hanno per gli altri.

2012- UNA ESPERIENZA DA CONDIVIDERE:….I poveri sanno sempre condividere con gioia il poco che hanno, anche il dono del tempo e quindi della vita.

2012 –ILPASSAGGIO DELLA CROCE:… Eravamo quasi alla fine della Messa quando arrivò un forte acquazzone e tutti si difesero dalla pioggia riparandosi le teste con le proprie sedie. E rimasero fino alla fine della preghiera.

Con il suo dinamismo ha voluto donarci, se mai qualcuno ne avesse avuto ancora il dubbio, una visione a 360 gradi del sentirsi responsabili verso i poveri, verso le persone più deboli, in difesa dei diritti umani più importanti quali la formazione e l'unione nella carità, il valore che non discrimina il prossimo in base ai ceti sociali, né guarda i colori politici e tanto meno la pelle. Noi la ricordiamo così, sempre pronta nel camminare con la sua valigia a incontrare e ascoltare le persone per incoraggiarle e sostenerle nella difesa dei propri diritti. Perché, diceva proprio così “…se siamo aperti al dialogo, questo ci aiuta a crescere nel rispetto l’uno dell’altro e nell’amicizia fraterna”.

Venti splendide ragazze di Noha, appartenenti al gruppo di Azione Cattolica del 1950, e alle loro spalle a fare da sfondo, la maestosa cupola della chiesa madre di San Michele Arcangelo. Dalle scarne informazioni raccolte e dal cartello tenuto in mano dalle due ragazze centrali, pare si trattasse dei festeggiamenti per l’elezione di Giovanni XXIII, il Papa buono, al secolo Angelo Giuseppe Roncalli, eletto vescovo di Roma il 28 ottobre del 1958 e incoronato 261° pontefice il successivo 4 novembre. Suor Orsolina è la prima in alto a sinistra

Le ragazze di Noha, appartenenti al gruppo di Azione Cattolica del 1950, accompagnate dalle suore di Noha. In viaggio per Roma, sempre in occasione dei festeggiamenti per l’elezione di Giovanni XXIII, il Papa buono. Suor Orsolina è la prima in alto a sinistra.

Suor Orsolina nel 1990 e la sua esperienza tra gli Indios Janomami un gruppo etnico che vive fra i bacini dei fiumi Orinoco e Rio delle Amazzoni.

Primavera 2000 a Grugliasco (To), Suor Orsolina nella sua casa cosiddetta “dei reduci”, in uno dei rientri dal Brasile per rivedere i familiari, con la nipotina Chiara D’Acquarica.

 

P.S.:

Le preziosissime foto dell'Azione Cattolica di Noha sono dell’archivio di famiglia della nostra concittadina e amica Rosina Costantini che ci ha anche raccontato gli eventi che rappresentano.

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 22/10/2015 @ 00:43:05, in NohaBlog, linkato 1689 volte)

Io tacerò quando lasceranno in pace i miei ulivi, quando li salveranno da villaggi turistici, centri commerciali, strade statali a quattro corsie, e dalla follia criminale che sta rovinando questa terra.

Tacerò quando finirà ogni trattativa anti-stato/mafia, e la mafia non sarà più capitale.

Io tacerò quando la stampa smetterà di fungere da stampella (fastidiosa) del potere, e le persone informate dei fatti cominceranno a parlare. Io tacerò quando i giornalisti avranno schiene dritte, porranno domande, ci risparmieranno il copia-incolla comunicati-stampa, e quando useranno inchiostro schietto non allungato con saliva.

Tacerò quando saranno trivellate le trivelle, svitato il TAP, inceneriti gli inceneritori, spente le fiamme delle terre dei fuochi, e sabotata la TAV.

Io tacerò quando la bella Taranto sarà liberata dall’Ilva, Cerano dal carbone, lo stato dall’emergenza, l’Italia dallo “sblocca-Italia”, il governo del paese dai gaglioffi.

Tacerò quando la mia terra avrà più porti selvaggi e meno turistici, più terra rossa e meno cemento, più nuvole e meno fumi, più foreste e meno deserti avvelenati.

Io tacerò quando cesserà lo sfruttamento della Costituzione dai lestofanti del regime, e quando finalmente si diffonderanno i reati di parola contraria, di porto abusivo di sogno, di associazione di stampo anti-mafioso, di disobbedienza civile nelle piantagioni di ulivi.

Sì, solo allora io tacerò.

Ma oggi no, non posso ancora dare riposo alla mia voce.

Antonio Mellone

[dedicata a Marilù Mastrogiovanni e agli altri sette giornalisti dalla schiena dritta coautori di “Io non taccio”, Edizioni CentoAutori, Villaricca, 2015, euro 15,00, pp. 207. Il volume, che si legge tutto d’un fiato, è da richiedere al libraio: purtroppo non è poi così bene in vista, in primo piano sullo scaffale, come i libri di Bruno Vespa].

 
Di Albino Campa (del 19/02/2011 @ 00:40:36, in Eventi, linkato 3426 volte)

VerbaManent-Presìdio del libro IDROMELE di Aradeo-Sannicola-Tuglie-Archivio del libro d'artista DROSOS 
in collaborazione con
Biblioteca Giona-Presìdio del libro di Noha
Istituto Comprensivo Polo 2 GALATINA
Hotel Residence - Palazzo Baldi di GALATINA


organizza con il  Patrocinio della
Regione Puglia - Assessorato al Mediterraneo in collaborazione con l'Associazione Presìdi del libro
Provincia di Lecce
Comune di Galatina

I BAMBINI E LE DONNE DELLA SHOAH: "Nelly e il gomitolo rosso" e "Come una rana d'inverno"
Nuova mostra di libri d'artista di Artisti italiani e stranieri con letture, proiezioni video, evocazioni, narrazioni a cura di Maddalena Castegnaro ed Enrico Rapinese.


GALATINA (Lecce), Sala "G. Martinez" - Hotel Baldi


Apertura Mostra
: 18-19- 20- 21 febbraio 2011; ore 18-20
Visite guidate per le scolaresche
Nella serata di domenica 20 febbraio, presentazione del libro "POTENZA E ATTO. STUDI PER UNA FILOSOFIA DELL'ESSERE" di Edith Stein,traduzione di ANSELMO CAPUTO, a cura di ANGELA ALES BELLO, ed. Città Nuova. Intervengono: prof. ANSELMO CAPUTO e dott. Padre FRANCESCO ALFIERI, Ofm-Università degli Studi di Bari.

Vite, Storie, Testimonianze interpretate dalle Artiste e dagli Artisti nelle loro opere.

 
Di Antonio Mellone (del 06/05/2015 @ 00:32:50, in NohaBlog, linkato 4808 volte)

Non so se qualcuno di voi abbia mai visto al cinema “Chocolat” (con Juliette Binoche) o “La finestra di fronte” (di Ferzan Özpetek) o “Il pasticciere” (tra l’altro girato tra Basilicata e Puglia, film diretto da Luigi Sardiello); o se gli sia già capitato per le mani il libro “Amore, zucchero e cannella”, di Bratley Amy (New Compton, 2012) o “Il pasticciere del re” di Anthony Capella (Neri Pozza, 2013); o se abbia mai visto le famose nature morte “con dessert”, che poi sono “nature vive”, di George Flegel (Olomuc 1566 – Francoforte sul Meno 1638): film, libri, tele che hanno tutti come leitmotiv storie più o meno dolci che ruotano intorno ad un pasticciere, i suoi sentimenti, la sua arte.

Orbene, ogni volta che mi capita di entrare in quel bijou che è la pasticceria “Zucchero & Cannella” di Leonardo Rizzo, la “bomboniera” che da circa un paio d’anni s’affaccia sui verdi giardini Madonna delle Grazie, proprio dirimpetto alla chiesa sussidiaria di Noha, vengo preso da un viluppo di emozioni che dunque mi riportano ad alcune pagine di bella letteratura o all’arte cinematografica o a quella figurativa. Ma il coinvolgimento non è, diciamo così, soltanto platonico ma anche (direi soprattutto) sensuale, in quanto in questo luogo del cuore vengono coinvolti tutti i cinque sensi.

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L’indicazione dell’entrata in questo piccolo angolo di paradiso non ti è data (solo) dalla graziosa insegna ubicata alla sinistra dell’ingresso, ma dal profumo di pan di spagna, di mandorle, di farina, di biscotti fragranti appena tolti dal forno, e, appunto, di zucchero e cannella che si espande nei dintorni. E se pur dovessi trovarti in zona soltanto di passaggio non puoi fare a meno di fermarti un attimo anche solo per sbirciare all’interno, al di là dell’ampia vetrata, cercando di scoprire le gioie custodite nel bancone, cuore della raffinata e direi anche elegante bottega.

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Una volta dentro sei accolto dal sorriso e dal garbo (non diciamo dolcezza onde evitare in queste righe tassi glicemici troppo alti) di Bernardette, la gentile consorte di Leonardo, nella sua divisa impeccabile, linda e stirata alla perfezione, pronta a riempire le spaselle di sublimi caleidoscopiche leccornie, a seconda del vezzo e del gusto del cliente avventore (tanto, una volta a casa, gli altri convitati di fronte alle evidenti squisitezze altro non potranno fare se non gradirne qualunque assortimento).

Certo, ogni volta è sempre la stessa storia con il consueto rito dell’imbarazzo della scelta. Ma non c’è verso: dando un’occhiata alla foresta incantata al di là del vetro del bancone, di primo acchito, non puoi non rimanere sbalordito: quel cabaret di prelibatezze ti farà letteralmente rimanere a bocca aperta a mo’ di puntini di sospensione.

Quel trionfo di babà, cestini o canestrelli di frutta fresca e crema pasticciera, cannoncini di pasta sfoglia, baci di dama, fiamme al cioccolato, e quei tiramisù, quelle crostatine alle marmellate più disparate e colorate (ma senza coloranti), quei bignè alla crema, allo zabaione, al pistacchio, alla nocciola o al cioccolato, i maltagliati, le napoletane, i cannoli siciliani con la ricotta, i tranci sacher, le millefoglie, le zeppole (soprattutto di San Giuseppe, ma non solo), e poi ancora i biscotti al burro con lo zucchero a velo spolverizzato, ma anche i dolci di pasta di mandorla (le cosiddette paste secche) e le altre sublimi celestiali specialità pare vogliano dirti: “Che aspetti? Mangiami subito”. E tu provi a resistere, ma non troppo, e pensi che forse (ma non ne sei mica tanto convinto, il dubbio t’assale) sarebbe meglio indugiare su un lavorato barocco di pasta di mandorla (che qui da noi cambia forma, ma non la bontà, a seconda della festa: agnellino o pecurieddhru a Pasqua, tronchetto a Natale, pesce non so più quando).

Che dire infine dei pasticciotti o dei krapfen o dei cornetti alla crema o alla Nutella, tipici del Nohan Breakfast? E le torte personalizzate che sembrano vere e proprie sculture, e che ti dispiace pure tagliare per non sciuparne l’opera d’arte? Proprio nulla. Da rimaner senza parole. Provare per credere.

*

Qualunque scelta tu faccia sarà comunque un successo se, come nel caso di questa pasticceria di Noha, le materie prime sono dalla prima sino all’ultima di primissima qualità e soprattutto se l’ingrediente base di tutti i prodotti è la passione di codesto maestro nohano, dolciere da quand’era poco più che un imberbe ragazzino.

Leonardo sta sempre in laboratorio, ma di tanto in tanto s’affaccia in sala - soprattutto su richiesta di Bernardette che gli chiede di integrare gli espositori in esaurimento -  comparendo “in pubblico” con un bel vassoio in mano pieno zeppo di profumi e sapori, per poi scomparire subito dopo dietro la porta in fondo a destra alle spalle del bancone, quella che divide la pasticceria dal suo habitat naturale, cioè il laboratorio. 

Ah, dimenticavo: con la calda stagione da “Zucchero & Cannella” puoi degustare (pure all’aperto, seduto a tavolino, nella pace del parco) anche il vero gelato artigianale, manufatto come Dio comanda, squisito e cremoso, e così morbido e vellutato che la neve vorrebbe assomigliargli.  

*

Su Leonardo Rizzo, data la sua giovane età, non si raccontano (per ora) gli aneddoti che circolano invece sul conto del mitico Andrea Ascalone.

Voglio dire che Leonardo, non è uno che ti squadrerà da cima a fondo prima di decidersi a servirti i suoi dolciumi, né ti negherà un’incartata di pasticciotti se questi dovessero essere ancora (troppo) caldi; non rifiuterà di darti una guantiera di bocche di dama alla crema se gli dicessi che il tutto dovrebbe essere spedito a Milano via corriere, né, infine, boccerà così su due piedi un’eventuale tua richiesta di una torta alla panna montata.

Al massimo potrebbe chiederti (ovviamente con discrezione, non perentoriamente come si racconta del suo collega galatinese) di dare una pulita preventiva al bagagliaio della tua automobile, prima di adagiarvi una bavarese alla nocciola o una bella torta saint honoré creata nella sua bottega artigianale.

Del resto Leonardo è un nohano doc, anzi dop, un ragazzo di poche parole, uno che non fa tante chiacchiere. Tranne quelle di Carnevale con sopra lo zucchero vanigliato.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 26/05/2015 @ 00:24:14, in NohaBlog, linkato 2865 volte)
Lunedì 25 maggio 2015, presso l'Istituto Scolastico di via degli Astronauti, sono stati consegnati in dono agli alunni della scuola elementare e media di Noha oltre 200 volumi del "Noha - storia, arte e leggenda" di P. Francesco D'Acquarica e Antonio Mellone (che ne è anche il curatore). 
Alla dirigente scolastica, dott.ssa Elenora Longo è stato regalato un classico: "Il Mangialibri" di Michele Stursi, il primo romanzo ambientato a Noha. 

Eccovi di seguito la lettera di Antonio Mellone indirizzata ai ragazzi di Noha, e la fotogallery a cura di Federica Mellone (che si ringrazia per la collaborazione).

Noha.it

 

Cari Alunni delle Scuole di Noha,

è con vero piacere che vi offro in dono codesto “Noha – storia, arte, leggenda”, volume da me curato e scritto a quattro mani con padre Francesco D’Acquarica.

Questo libro, forse, non avrebbe mai visto la luce dieci anni orsono senza l’interessamento ed il contributo del compianto Michele Tarantino, la cui famiglia - nel suo ricordo - gioisce oggi insieme a me per questo omaggio.

Sì, cari ragazzi, è bello fare regali: direi anche che è molto più bello (e divertente) dare che ricevere, a condizione che si doni con letizia e senza tornaconti.

Vi prego allora di accettare questo volume, frutto di tanto lavoro e altrettanta passione da parte di padre Francesco, storico nohano, da oltre mezzo secolo alla continua ricerca dei segni della storia della nostra piccola patria, del sottoscritto osservatore di fatti di ieri e di oggi (e ove possibile anche di domani), dei maestri Pignatelli esperti nell’arte della fotografia, e di tanti altri che in un modo o nell’altro ci hanno aiutato nel lavoro di ricerca, redazione e pubblicazione di questo testo.

Prendete nelle vostre mani questo deposito di cronache, illustrazioni e reportage, sfogliatelo, leggetene una pagina e vedrete spuntare pensieri, storie e ricordi. Non frugate in questo libro come un cercatore dentro una miniera per estrarre una cosa sola, ma come uno che percorre un campo (o s’immerge in mare) per meravigliarsi del brulichio delle specie viventi.

Partendo da questa “bozza” son sicuro che scoprirete dell’altro, vi entusiasmerete nella ricerca (ma questo avviene con ogni libro), e in qualche modo anche a voi capiterà di scrivere nuove deliziose pagine di storia, arte e leggenda (e non solo nohane). Anche così potrete essere protagonisti di una comunità sempre più bella, accogliente, sana, colta, pulita e curata, solidale, responsabile, onesta e laboriosa, antica ma giovane d’animo, più attenta all’essere che all’avere, più interessata al noi che all’io, più impegnata nel pubblico che nel privato, premurosa dei suoi “spazi condominiali” e della natura che ancora la circonda; una comunità mai vinta e pronta a sperimentare la gioia della lotta per le grandi idee, propensa a valorizzare il suo capitale sociale e umano, e partigiana, sì, partigiana dei suoi beni culturali (il più importante dei quali non è l’antica torre medievale, non il frantoio ipogeo, non il castello, né la casa rossa, e nemmeno uno degli altari barocchi della chiesa madre: ma la Scuola, questa Scuola).

Cari ragazzi, il mondo non si cambia con le chiacchiere, ma con i sogni e le utopie. E io vi auguro di sognare molto. Ma sappiate che i veri sognatori dormono poco o niente.

Cordialmente Vostro.

Antonio Mellone

 

 

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Di Antonio Mellone (del 11/07/2019 @ 00:21:15, in Fetta di Mellone, linkato 1375 volte)

Non fate i saputelli, eh. Sono assolutamente certo che nessuno di voi abbia mai letto tutto il testo del recente Decreto Crescita Felice (per gli amici Decretino, diventato legge a fine giugno), strombazzato ai quattro venti come la panacea dei mali d’Italia.

A dirla tutta non l’avranno letto non dico tutti i suoi votanti in Parlamento (gli intruppati a favore o quelli contro a prescindere non devono mica sapere, ma solo credere nel Verbo Incarnito, e poi pigiare un tasto), ma nemmeno i burocrati che lo hanno redatto.

Sì, perché si tratta di un diciamo lavoro a più mani, ma soprattutto più piedi, di centosette pagine (nella mia versione pdf) pieno zeppo di frasi bisbetiche, abborracciate, leggibili con la stessa scorrevolezza con cui si possono decifrare i codici assiro-babilonesi in lingua accadica e scrittura cuneiforme.

Questo la dice lunga su quanto sia facile alla solita gelida manina infilarci di soppiatto l’articolo, il comma o la frase ad personam, ad mafiam o ad minchiam all’insaputa dei più, soprattutto degli onorevoli pagati invece per tenere gli occhi aperti (o forse chiusi: dubbio dell’ultimo minuto).

Questo decretino al Plasmon, detto appunto per la Crescita (e pensare che un tempo per il sacro blog era la decrescita a essere felice) è tutto un rimando ad altre leggi, la modifica di una virgola a una norma, la proroga dei termini a una disposizione precedente, l’emendamento all’emendamento dei decreti Crescita e/o Sviluppo dei passati governi.

Poi qualcosina di nuovo in questo decreto rivisto e scorretto la trovi eccome, ma si tratta pur sempre di manovre a saldo zero, dunque poco o punto espansive dati i vincoli di bilancio (per sincerarvene leggete l’articolo 50 di questa legge, sempre che ci riusciate senza importunare i santi del calendario). Pensare il contrario è come credere agli economisti a libro paga, vale a dire alla befana.

Ora lasciamo perdere i soliti condoni chiamati ancora una volta (in memoriam) Rottamazione delle Cartelle, l’esenzione della Tasi alle imprese edili sui loro immobili costruiti e rimasti invenduti (norma pro-deserto intorno alle cattedrali, anzi alle cappelle), la cancellazione del prestitino di appena 900 milioni di euro ad Alitalia grazie alla sua conversione in azioni della società (sicché la scadenza del rimborso prevista al 30 giugno scorso per decreto si trasforma nel nuovo termine Campa Cavallo), lasciamo perdere tutto questo, dicevo, sennò da fetta di Mellone questo pezzo diventerebbe fetta di panettone.

Concentriamoci invece brevemente su quattro dei numerosi pilastri di questo novello bando.

Il primo riguarda la norma per il “rientro dei cervelli”. Si tratta di agevolazioni fiscali per i giovani che evidentemente non vedono l’ora di rientrare dall’estero essendosela svignata dall’Italia “per via delle tasse esose”, mica perché qui non trovano lavoro, o se lo trovano è precario o sottopagato, o perché nonostante la loro formazione riescono a malapena a trovare impiego fisso in un call-center o part-time all’Iper (in genere un part-full-time, nuova tipologia di contratto che per quattro soldi ti lega da mane a sera, inclusi i sabati, le domeniche e tutte le feste comandate), o perché i fondi per la scuola e per la ricerca scientifica sono ridotti al lume votivo, o per via del baronaggio universitario, o a causa del blocco del turnover in ogni ambito della pubblica amministrazione, o per le mafie: insomma perché per rimanere in Italia più che cervello ci vuole fegato: no, niente di tutto questo. Adesso, detto tra noi, se anche stavolta se la bevono non sono poi tutti ‘sti gran cervelli.

Il secondo pilastro è il raddoppio della probabilità di vincita alla “lotteria degli scontrini”. Come, non lo sapete? Dal 2020 pagando con il bancomat e non in contanti e richiedendo gli scontrini fiscali avrete il 100% di probabilità in più di vincere ricchi premi e cotillons (soldi e macchine di lusso, mica bruscolini). Sarò il solito disfattista, ma di questo passo credo che i soli biglietti vincenti siano ancora una volta quelli di sola andata.       

Il terzo pilastro è rappresentato dall’art. 24, presentato con il magniloquente titolo di “Sblocca Investimenti Idrici Per Il Sud” (due atomi di idrogeno, uno di ossigeno e uno di presa per il culo: scusate, ma non trovo locuzioni scientifiche più triviali di questa). Insomma, a proposito di sviluppo, piove sul bagnato con la solita trasformazione di un ente pubblico, l’EIPLI (Ente per lo sviluppo e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia), in una Società per Azioni, cioè una società di diritto privato, ergo contendibile e a scopo di lucro. Altissima, Purissima, Carissima sarà uno dei nuovi slogan, altrimenti detti motti loro. Orbene, questi, riuscendo a camminare sull’acqua, nello stesso articolo arrivano a scrivere con inchiostro simpatico che vige il “divieto di cessione delle quote di capitale della medesima società […] ad altri soggetti”. Non so se vi è chiaro che ve la stanno dando da bere ancora una volta, magari in barba pure al referendum che sancì che l’acqua doveva essere un bene pubblico, di più, comune.

Dopo aver tirato lo sciacquone, concludiamo con il quarto pilastro di Fatima, vale a dire quello della lubrificazione dell’economia dei piccoli comuni grazie a quel popò di sgravi fiscali previsti per la riapertura dei Sexy Shop [sic]. E qui, signori, l’affare s’ingrossa, i buchi (di bilancio) si tappano, il Pil folgorato sul retto cammino diventa Pilu, ma soprattutto chi l’ha dura la vince. Insomma, dal moltiplicatore al vibratore keynesiano.

E mo’ so’ cazzi.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 20/05/2016 @ 00:15:35, in Libro di Noha, linkato 3125 volte)

Ricordo benissimo quell’attimo. Un’emozione indescrivibile, una fra le più belle della mia vita (e sì che ce ne sono state parecchie, grazie al cielo). E fu quello in cui la lama del taglierino fendeva il nastro adesivo col quale era sigillata la scatola di cartone contenente i libri. I miei libri.

*

Potevano essere le nove di una splendida mattinata di metà maggio. Erano appena arrivati da Milano i due ragazzi che per tutta la notte si erano alternati alla guida del furgone carico di non so più quanti scatoloni di pezzi di storia, arte e leggenda del mio paese. Si trattava di decine, che dico, centinaia di volumi di pagine rilegate e racchiuse con copertina in tela rosso fuoco, e sistemati in numero di dieci per ogni pacco.

Non so come, in pochi minuti arrivò anche il muletto di un compaesano per scaricare dal cassone dell’automezzo tutti quei colli (a Noha funziona così, non c’è manco il bisogno di chiedere le cose). Se avessimo dovuto usare mani e braccia, oltre alla fatica, avremmo impiegato tutta la mattinata, e forse anche un pezzo del pomeriggio.

Erano due estranei, quei corrieri, ma per la contentezza li invitai a pranzo a casa mia. E non volli sentir ragioni. Mangiarono con gusto le specialità salentine preparate da mia madre, e subito dopo il convivio, prima del loro rientro nella città meneghina, decisi di far loro il regalo del panorama, o meglio, dello spettacolo del nostro litorale.

Li accompagnai a Santa Maria al Bagno, offrii loro un affogato al caffè, mentre il mare ai nostri piedi sembrava il contenuto di uno scrigno immenso di zaffiri e smeraldi. Ho avuto sempre il dubbio che quella più che una gentilezza fosse uno sgarbo, anzi un dispetto (non voluto, per carità) nei loro confronti, costretti a ritornare di lì a poco sui loro passi, diretti alla volta del loro porto d’imbarco, quello delle nebbie.

Sembra ieri, ma son passati dieci anni esatti da allora. Il libro che mi si materializzò fra le mani, espulso da quell’utero a forma di scatola di cartone, era proprio come l’avevo immaginato io, voluto, desiderato. Quel formato, quelle pagine, i colori, l’immagine della sovra-copertina, le scritte, le fotografie, i caratteri, le didascalie, perfino il profumo: tutto come sognato, progettato, predisposto. 

E sì che non è stato per niente facile raggiungere questo risultato.

Certo, non ero alla mia prima esperienza quanto alla redazione di libri. Oltre a quello della mia tesi di laurea (il classico mattone dal titolo interminabile), nel 2003 avevo consegnato alle stampe un altro dei delicta iuventutis meae, il “Don Paolo” (frutto di una ricerca tra le carte, le foto e le cronache del tempo sul conto di un mio prozio arciprete e monsignore, scomparso un lustro prima del mio arrivo).

Ma questo terzo mio libro era tutt’altra cosa. Intanto era opera di due autori: il sottoscritto (che ne è stato anche il curatore) e quel grand’uomo, maestro e amico che risponde al nome di P. Francesco D’Acquarica, storico, ricercatore, scrittore, nonché - come il sottoscritto - affetto da un’incurabile mal d’amore per Noha. E si sa che un’opera a due mani costa sempre il doppio, non la metà della fatica.

*

Guardate che scrivere un libro è la cosa più semplice di questo mondo: il difficile è ciò che viene dopo. Nella stragrande maggioranza delle volte quel “difficile” diventa “impossibile”. Non fu così nel mio caso. Sulla mia strada incontrai dei facilitatori incredibili. Il primo fu quell’esaurito di mio cugino Matteo (è questione di geni), il quale m’introdusse al cospetto di un altro pazzo scatenato: Michele Tarantino, nohano trapiantato a Milano.

Il colloquio con Michele, nel corso dell’estate 2005, fu, come dire, surreale. Ancora oggi stento a crederci. Gli parlai del libro per sommi capi. Mi disse soltanto di sbrigarmi a finire l’opera. Lui avrebbe pensato a tutto il resto. “E’ così – mi venne di pensare - che la dimensione onirica delle cose diventa realtà concreta”.

C’è chi dice che Michele se ne sia andato nel mese di febbraio del 2012. Io non ci credo. Non può essere. Michele è ancora qui con noi. Sarà in giro da qualche parte, quel mattacchione. No, non gli permetterò mai di sparire dalla circolazione.

*

Dalla data di quel colloquio, il film da slow passò in fast motion.

Sbrigati a scrivere e a collegare il tutto, fai riprodurre le foto da quei santi martiri che sono Daniele, Michele e Rinaldo Pignatelli, chiedi una mano a Giuseppe Rizzo per le foto dall’alto (scattate poi da un Tucano, aereo ultraleggero levatosi in volo grazie ad Antonio Salamina. Sì, un tempo non c’erano i droni o le diavolerie di google), chiedi uno stradario di Noha al geometra Michele Maiorano, fai leggere le bozze al (compianto) prof. Zeffirino Rizzelli (che poi ne scrisse pure la prefazione), sentiti più volte con la stupenda Gabriella Zanobini Ravazzolo di Genova per l’impaginazione, ricevi e inviale per ogni paragrafo le relative pesantissime e lentissime mail, senza Adsl e con un pc del ciclo carolingio e bretone costantemente impallato), vai e vieni da Milano dall’Istituto Grafico Basile, dove il tomo doveva prender forma…  

E firma finalmente il menabò per l’imprimatur.     

*

Dopo l’arrivo del mio libro portatomi in dono dai due re magi di cui all’inizio di questo pezzo, trascorre giusto il tempo di una settimana, non di più, per la sua presentazione. Che a detta di molti fu un vero show, grazie al talent dei diversi ospiti-artisti intervenuti in quella sala convegni dell’Oratorio, gremita come non mai.

Per la cronaca, alla “prima”, furono venduti 115 volumi. Un record assoluto. Anche d’incassi, considerato oltretutto il costo non proprio popolare del tomo.

Ne seguirono delle altre, di presentazioni, dico: alla Festa dei Lettori nell’atrio del Castello di Noha riaperto per l’occasione, all’Università Popolare di Galatina, e poi presso le scuole, e addirittura al centro Polivalente-senza-cabina-elettrica.

*

Oggi, a distanza di dieci anni, posso dire che lo rifarei. Rifarei tutto. Dalla A alla Zeta. Dove c’è gusto c’è sempre guadagno. E poi credo che in fondo, e nonostante tutto, Noha, la sua storia, la sua arte e le sue leggende meritino questo e molto altro ancora.

Potrei parlarvi ora del sito dell’Albino (Noha.it), del nostro mensile (L’Osservatore Nohano), dei convegni (I dialoghi di Noha), eccetera. Ma ora conviene che mi fermi qua.

Solo su questo tema e per queste note, s’intende. Rischierei seriamente di scriverne un altro libro. Il mio sesto.

Antonio Mellone

 
Di Admin (del 23/06/2012 @ 00:13:54, in Un'altra chiesa, linkato 2824 volte)

(riflessioni a proposito del discusso libro di suor Margaret Farley, “Just love. A framework for Christian Sexual Ethics” – un libro “condannato” dal Vaticano)

Perché eretica? Che cosa ha scritto di tanto strano questa suora?
Ha detto cose che la maggior parte dei cristiani pensa, e vorrebbe che la Chiesa ci ripensasse e si aprisse liberandosi di quei tabù secolari che hanno pesato, come macigni, sulla vita morale individuale e di coppia dell’intero Popolo di Dio, superando quelle barriere che stanno producendo tuttora lacerazioni nel tessuto stesso dei rapporti ecclesiali.
Come si può ancora sostenere che la masturbazione, sia maschile che femminile, sia qualcosa di tanto peccaminoso? Un peccato, pensate un po’, che nel passato costringeva i fedeli a confessarsi frequentemente (e i preti costretti a subire la solita tiritera!), magari dimenticando altre virtù, ben più importanti, quali la giustizia, il perdono, la fratellanza. Si rubava, e si trovavano mille scuse per auto-giustificarsi; ci si masturbava, e allora ci si sentiva a disagio fino alla successiva confessione, la quale, oltre l’effetto-placebo della grazia sacramentaria, lasciava intatti gli istinti come prima. Per fortuna! La masturbazione non è affatto un peccato! Non dico che sia una virtù: ognuno del proprio sesso faccia quello che crede!
E poi è successo che si è messo sotto silenzio quel fenomeno “criminale” che si chiama pedofilia dei preti! Masturbazione = peccato maledetto, pedofilia quasi giustificata con un silenzio complice, così complice da lasciare il pedofilo indisturbato nella sua perversione.
Chiesa, come hai potuto fare questo? E come puoi ancora oggi insistere nel tuo diabolico comportamento di punire in coscienza uno che si masturba, e di tollerare uno che violenta il corpo di un bambino o di una bambina?
Non mi soffermo sugli omosessuali e sulle coppie gay. Oggi tutti ne parlano, forse in un modo troppo ossessivo. Si è detto quasi tutto. La Chiesa, più che non capire, non vuole pubblicamente riconoscere i loro diritti, nemmeno quelli civili. Prova ne è il fatto che esistono tanti preti omosessuali, ma che non lo dicono pubblicamente. Se uno fa outing, ovvero rivela pubblicamente di essere gay, allora l’autorità ecclesiastica interviene nel rimuoverlo dall’incarico, naturalmente imbrogliando un po’ le carte: si aggrappa a qualche frase un po’ fuori delle righe in campo dottrinale per dare peso al provvedimento disciplinare.
Ma il tema ancora più scottante è quello relativo ai divorziati risposati. Qui bisognerebbe chiarire subito: un conto dire divorziato che non si è risposato, e un conto dire divorziato che si è poi risposato, naturalmente in Comune. I primi possono benissimo partecipare ancora alla vita sacramentaria, tranne che talora la gente, che ha idee un po’ confuse, si fa giudice ancor peggio della gerarchia ufficiale! Il problema si pone con i divorziati che si risposano, e qui la Chiesa è tuttora rigida nell’escluderli dai sacramenti, anche se gioca molto bene, come ha fatto il Papa a Milano, nel parlare di una Chiesa accogliente, con le braccia aperte, nel dire loro che non sono abbandonati…
Ipocrisia! E la gente non capisce più nulla, tranne i giornalisti ignoranti che subito scrivono di “grande apertura” della Chiesa. Pensate un po’!
Sì, ho usato la parola ipocrisia. Non saprei trovare una parola peggiore. La Chiesa, nella sua gerarchia, non sa più che pesci prendere: sa che i divorziati risposati aumentano sempre più, sa che si sta creando una specie di scisma all’interno della Chiesa stessa, e gioca sulle parole, illudendo la massa di “scismatici” a restare nella Chiesa, ma ai margini, a guardare i “perfetti”, i “regolari”, le coppie fortunate, o tanto fortunate che, appena muore il coniuge divorziato subito l’altro dà un forte sospiro di sollievo: Adesso mi posso finalmente sposare di nuovo in Chiesa, e partecipare ai sacramenti come prima! Un altro colpo di fortuna consiste nel riuscire, con mille cavilli, ad annullare il precedente matrimonio!
Quando la Chiesa si libererà da queste ipocrisie, e cesserà di illudere la gente con parole aleatorie che vorrebbero dare un po’ di conforto a chi vorrebbe aggrapparsi talora a un po’ di grazia risanante di Cristo?
don Giorgio De Capitani

 
Di Albino Campa (del 08/11/2011 @ 00:13:04, in Recensione libro, linkato 2920 volte)
I pesci non chiudono gli occhi, è un libro di formato tascabile che si lascia divorare “tutto d’un fiato” come si suol dire quando si legge con avidità e attaccamento un testo. Nel racconto si incontrano scorci di vita che ti sbattono in faccia la somiglianza di realtà vissute da molti di noi, anche se in ambiti e modalità differenti, un po’ per il contesto di povertà della vita, un po’ per le relazioni con i personaggi, sia familiari: padre, madre e nonni, che con la vita di paese.  Per esempio, leggiamo della decisione del protagonista adolescente che vuole vincere la paura di affrontare i “bulli” più grandi di lui di un anno o poco più, a costo di lasciarsi massacrare di pugni, senza ricorrere alla protezione certa del pescatore più anziano. Piacevole è la poesia del ricordo che c’è nel momento in cui il bambino è concentrato nel rito del consumare un gelato a forma di banana, seduto sotto la protezione di una qualsiasi balconata, come si usava anche al nostro paese quando i gestori del glorioso Bar Duomo, Mante e Pietrhuzzu confezionavano le “banane” con le forme in alluminio. O del divertimento nel portare di corsa a casa un pezzo di ghiaccio stretto nelle mani, avvolto solamente da un foglio di giornale. Si rimane sorpresi, per esempio, nello scoprire del perché ci ostiniamo ancora a guardare i fuochi artificiali, che guarda caso, fanno paura a molti bambini, quando poi si può restare incantati davanti al fragore e lo splendore di una cascata d’acqua, o da un prato di milioni di fiorellini colorati, o il riverbero dei milioni di cristalli di un campo innevato. Oppure può capitare di scoprire la genialità  dell’ippopotamo che, nonostante abbia una forza superiore a quella del coccodrillo,  si immerge nel silenzio dell’acqua, cercandovi rifugio. La bellezza della lettura sta nel fatto che certe cose le puoi scoprire sempre, anche a 50 anni, come dice lo stesso autore, io aggiungo che si possono scoprire anche a 60, a 70 oppure 80 e 100 anni, come per esempio la bellezza del lasciarsi prendere per mano, o anche di saperne fare a meno quando diventa necessario imparare a vivere e ad amare.
Insomma, “I pesci non chiudono gli occhi” non è che una splendida “volata”.
 
Marcello D’Acquarica
 
Di Albino Campa (del 26/04/2012 @ 00:04:18, in Comunicato Stampa, linkato 3505 volte)

L’Associazione artistico – culturale InGenio_la forma delle idee, che ha sede a Galatina, in via Umberto I, n. 3, promuove PrimaverArte. Il 29 aprile, dalle 16.00 alle 22.00, il centro storico di Galatina si accenderà di colori, vestendosi di arte e primavera. Il ricchissimo programma dell’evento è patrocinato dal Comune di Galatina e coinvolgerà gran parte del centro storico galatinese, permettendo alla cittadinanza, ai turisti e, più ingenerale, a tutti coloro che accorreranno, di riappropriarsi di un bene artistico-storico-architettonico di grande potenzialità inespressa. PrimaverArte si articolerà lungo un percorso che coinvolgerà via Umberto I, via Raimondello Orsini, via del Balzo e Corso Garibaldi. Passeggiando per l’intrico di viottoli, i visitatori potranno godere di performance musicali e artistiche di varia natura, che risponderanno al tema scelto: la Primavera. Con meticolosa attenzione, i ragazzi di InGenio hanno costruito un dettagliato mosaico artistico-culturale che permetterà agli accorrenti di assistere a ogni iniziativa. Le corti del centro storico offriranno intrattenimento di qualità di varia natura: dalla presentazione del libro Se Dio vuole Il destino di un venditore di libri, di Papa Ngady Faye e Antonella Colletta, organizzato da Agorà – percorsi inVersi, alle primaverili decorazioni e agli aperitivi culturali che saranno predisposti dagli esercenti che hanno aderito all’iniziativa, alle meraviglie dolciarie di Diletta Contaldo, dall’arte sartoriale di Angela Chezzi, alle performance di musica e poesia del Trio Colore, alle esibizioni musicali degli Orange Rain, del dj set "No Fingersnails" e del live in acustica del trio Signum. E ancora, fotografia, architettura, scultura, istallazioni, video-istallazioni, estemporanee, pittura e artigianato con: Valentina Romano, direttore artistico Galleria d'Arte "Fondazione Francesca Capece" di  Maglie, Gabriele Dell’Anna, l’Arch. Vincenzo Nobile, i Nuovi Selvaggi, Luigi Latino, Stefano Garrisi, Antonio Baldassare, Piernicola Mele, Marisa Donateo, Teresa Alessandrì, Eva De Guz, Elisa Rollo, Pietro Coroneo, Luisa Vozza, Patrik Sandalo, Anna Cuoco , Marisa Donateo, Antonio Campa, Pro Loco, Associazione Città Nostra, Arch. Sforza e Margiotta, la Bottega dei Balocchi e altri ancora, ognuno con una propria specialità.

Grande attenzione ai bambini, nella fantastica cornice della basilica trecentesca di Santa Caterina d’Alessandria, dove l’Associazione Teste di Legno presenterà lo spettacolo C’era una volta un pezzo di legno..un burattino!, corredato da un laboratorio didattico-artistico, durante il quale i bambini potranno dar libero sfogo alla loro creatività interagendo con burattini e marionette e, ancora, con il laboratorio tattile di Adalgisa Romano (Art and Ars Gallery), e la ludoteca Perle e Pirati, che allestirà uno spazio per i bambini, dove potranno giocare e disegnare con colori e supporti forniti in loco.

Lo IAT (Ufficio Informazione ed Accoglienza Turistica), si occuperà di coloro che avranno voglia di scoprire Galatina, con una visita guidata gratuita nel centro storico, cui si potrà prendere parte presentandosi alle 17.00, presso la sede, in Via Vittorio Emanuele n. 35 (Torre dell'Orologio). In questa riscoperta sarà possibile visitare un gioiello appena ritrovato, fresco di restauro: la Chiesa di S. Maria della Misericordia, nota ai più come “Chiesa dei Battenti”.

Ammirevole l’iniziativa dei giovani artisti di InGenio, che senza alcun tipo di sostegno (né economico, né organizzativo) si sono prodigati, coinvolgendo e collaborando con altre Associazioni presenti  sul territorio, (Agorà, Pro Loco, Città Nostra, A. & A., Teste di Legno, Cuamj Onlus…)per realizzare l’evento: una giornata primaverile, un momento di partecipazione civica e di condivisione, per riscoprire insieme il centro storico, dimenticato e trascurato.

Soci fondatori dell’Associazione artistico – culturale InGenio_ la forma delle idee sono Francesca Marra, Ermanno Scarcia, Vittorio Carratta, Georgia Romano, Pierpaolo Briatico-Vangosa e Mariangela Cucco.

Chi sa che l’esempio e l’invito, rivolto da molti giovani galatinesi dall’inizio del 2012 nel tentativo di riappropriarsi e promuovere la propria Galatina, i propri spazi, renda consapevoli le generazioni precedenti che, tacciandoci di inoperosità e inettitudine, contribuiscono a rendere statico e in-mutevole il nostro magnifico patrimonio, quasi volessero celarlo ai più.

Per maggiori dettagli, consultare il programma di PrimaverArte.

 
Di Antonio Mellone (del 15/04/2017 @ 00:01:03, in Recensione libro, linkato 1948 volte)

Sei andato di corsa alla ricerca di questo libro, dopo averlo visto nascere sulla seguitissima bacheca face-book dell’autore che è Alessandro Romano. Non vedevi l’ora di leggere l’opera letteraria di un amico che conosci da oltre un lustro, e certamente da molto prima dell’iscrizione tua e sua al popolare social network.

Fu tuo ospite a Noha, e più volte, insieme alla stupenda Giuliana Coppola.

Girovaghi per il paese (tu come guida, Giuliana come cronista e Alex come cameraman – sì, l’ufficio ce l’ha praticamente in spalla) andaste insieme a zonzo a scoprir meraviglie. E ne rinveniste più d’una. Ma ora è d’uopo lasciar perdere questo filone, ché rischieresti di non finirla più e magari di uscire fuori dal seminato.

Dunque. Hai dovuto gironzolare non poco per librerie, dapprima alla Dante Alighieri di Casarano, successivamente alla Feltrinelli e poi alla Liberrima di Lecce, e finalmente alla Palmieri della stessa città dove con letizia, dopo le comunque piacevoli peripezie bibliofile, hai potuto recuperare una copia de “L’alba del difensore degli uomini” (Altromondo Editore, Fano, 2016): locuzione invero un po’ lunga e quasi ermetica che rievoca vagamente anche quelle che adopera la Lina Wertmüller per intitolare i suoi film. Ma alla fine della storia, come per “Il nome della rosa”, coglierai eccome il senso del tutto.

Le 270 pagine del volume alessandrino non si leggono, si divorano, e tu hai impiegato quattro giorni scarsi per arrivare al lieto fine (che poi è un lieto inizio), ma sol perché il tempo libero che ti rimane al termine della sempre troppo lunga giornata lavorativa sei costretto a dividerlo tra mille incombenze: come per esempio quella di provare a difendere la tua terra dalle novelle scorribande del capitalismo di rapina, o quella di scrivere cose per i tuoi venticinque lettori (il che ti capita quando ti prudono le mani: praticamente sempre).

All’inizio ti sembra un libro che ha per tema due rette parallele destinate a incontrarsi all’infinito, cioè mai; ovvero una storia sulla solitudine di due numeri primi, vale a dire quelli divisibili per se stessi o tutt’al più per uno. Pagina dopo pagina, oltre ad accorgerti che non si tratta di una storia inventata ma della vita effettivamente vissuta dai protagonisti, capisci invece che di fatto non sei di fronte a due rette parallele, ma a due retti (nel senso di giusti), Alex e Lindita, destinati a incrociarsi e a legarsi per l’eternità (benché arguisci subito quanto fossero ben incastrati, i tipi, ancor prima di conoscersi), e ti convinci vieppiù che non era solitudine quella, ma attesa dolce di una definitiva indivisibilità di un’anima in due corpi. 

Ti ha fatto viaggiare, questo libro, nel senso dei meridiani, ora di qua e ora al di là dell’Adriatico, tra alba e tramonto, tra le sponde del Salento e quelle della bella Albania (che tempo fa visitasti anche tu raggiungendola in barca a vela).

Leggi queste pagine con gli occhi e con i polpastrelli, e senti che molte cose ti appartengono per chi sa quale strampalato marchingegno: forse perché anche tu hai trascorso la tua adolescenza a dare una mano agli altri a scuola, e poi erano gli altri, mannaggia, ad aver successo con le ragazze mozzafiato (le quali ti adoravano, certo, ma sempre come “amico”); forse perché c’è sempre in qualche modo Sant’Antonio di mezzo, e tu per anni, da imberbe chierichetto, hai servito la messa della Tredicina nella cappella del tuo paese dedicata al taumaturgo di Padova; forse perché, come Alex, sei anche tu per la decrescita felice, e hai ormai capito che il ricco non è chi ha tanti soldi ma chi non ha bisogno di nulla; o forse perché sentivi che prima o poi l’autore ne avrebbe parlato, e, infatti, a un certo punto arrivano anche loro, le Casiceddhre di Noha (delle quali anche tu a suo tempo avevi avuto modo di raccontare).

Forse tutto questo insieme, o forse soprattutto perché senti che Alex sei un po’ anche tu, che, come lui, credi che l’amore più vero, forte e intramontabile sia quello che indugia e che si fa attendere.

Ma pur sempre entro certi limiti. Perché, come diceva quel tale, non ha senso che due rette parallele si incontrino dopo l’infinito, quando ormai non gliene frega più niente.  

Antonio Mellone

 

P.S.

Di recente ho beccato mio padre [ormai lo conoscete già: 94 anni, di poche parole, pensionato con 542 euro al mese – che per lui sono sempre troppi -, contadino, già internato dal 1943 al 1945 in un campo di concentramento a Berlino, accanito lettore di libri, ndr.] che ha iniziato a rileggere per la seconda volta il libro di Alex.

“Scusa – gli ho detto – ma questo libro non l’avevi già letto tempo fa?”. “Sì, – mi fa – ma una bella canzone, la senti una volta e poi basta? E un quadro che ti piace o, che so io, un tramonto in campagna, ti accontenti di vederli per una volta soltanto? E un piatto di piselli alla ‘pignata’ accompagnato dai peperoni fritti, che fai? Non chiedi a tua moglie di cucinarlo ancora?”.

Punto.     

 
Di Albino Campa (del 02/08/2011 @ 00:00:00, in Letture estive, linkato 3168 volte)

Vi suggeriamo di seguito altri tre libri per l'estate, così, tanto per mantenere svegli i neuroni superstiti

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon, Einaudi, Torino, 2003

E’ un libro donatomi da Michele Stursi, quindi non so dirvi quanto costa.

Questo libro m’ha ricordato un altro, letto molti anni fa, Il giovane Golden di Salinger, ma soltanto per lo stile. A dire il vero questo ha una sintassi a modo, semplice ma perfetta, mentre quell’altro sembrava voler sconvolgere come un Martinetti qualsiasi, anni ed anni di grammatica, di arte del bello scrivere e di punteggiatura.

Questa è la storia commovente e divertente di un quindicenne, Christofer Boone, affetto da una forma di autismo che lo porta a vivere in un mondo tutto suo, ma con molti stupefacenti punti di contatto con quello circostante. Christofer ha una mente matematica, e i suoi ragionamenti sono così rigorosi che a volte sfuggono a noi altri normali.

Il suo mondo però è in continua espansione in seguito al ritrovamento del cane della vicina ucciso infilzato da un forcone. Il giovane detective, nonostante i suoi mille limiti, scoprirà la verità.  

 

Costruire il nemico di Umberto Eco, Saggi Bompiani, Milano, 2011, Euro 18,50.

 

Umberto Eco si diverte proprio a scrivere del più e del meno. E fa divertire anche noi altri nel leggerlo, anche se, qui non siamo di fronte ad un romanzo ma ad una raccolta di saggi originalissimi in cui si discetta di “assoluto e relativo”, di “andar per tesori” (cioè per incredibili reliquie e reliquiari sparpagliati in tutto il mondo: e tra le tante incontra il cranio di Giovanni Battista bambino, e due (due!) corpi di San Bartolomeo: uno a Roma e l’altro a Benevento), di come crearsi un nemico (in Italia, e anche a Noha siamo diventati bravissimi in quest’arte), di embrioni (se hanno o meno l’anima), di giornali, informazione e veline, di astronomie immaginarie, e di Wikileaks.

Un libro per tutti?

Beh, Umberto Eco (ma anche altri scrittori) si apprezzano se si ha già avuto un minimo di commercio d’amorosi sensi con le lettere, la filosofia, e gli altri libri. Del resto, chi sa di diverte; chi non sa, poveretto, deve accontentarsi delle stupidaggini. 

 

Tutti Santi – me compreso di Luciano De Crescenzo, Mondadori, Milano, 2011, Euro 17

 

Ogni tanto, per rinfrancar lo spirito, si può leggere qualcosa di leggero (ma non banale) scaturito dall’infaticabile penna di Luciano De Crescenzo, ingegnere convertito alla filosofia da scodellare con semplicità e da rendere masticabile e digeribile anche da chi non ha tanto commercio d’amorosi sensi con i paradigmi dei pensatori più o meno astrusi.

Questa volta il simpatico scrittore napoletano racconta la vita dei santi più significativi e spera di “non incontrare un giorno in paradiso proprio quelli di cui mi sono dimenticato”.

Dalle sante donne ai santi patroni, dai santi filosofi ai predicatori, dai pionieri ai martiri ed agli eremiti, De Crescenzo scherza quasi con ironia con i santi che ci hanno preceduto togliendo l’aura dei santini per renderli più “umani” e vicini a noi.

Un cenno a parte merita San Gennaro. Una quarantina d’anni fa la Chiesa di Roma fece capire che non credeva troppo all’esistenza stessa di San Gennaro, tanto che fu quasi eliminato dal calendario “universale”, riconoscendo il suo culto solo a livello locale. E’ come se San Gennaro fosse stato declassato a santo di serie B.

Stupenda la reazione dei napoletani che fecero apparire sui muri delle scritte del tenore: “San Gennà, futtatenne”.

 

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 06/08/2011 @ 00:00:00, in Letture estive, linkato 3210 volte)
Mettiamo subito in chiaro che la presente non vale come sollecito alla lettura del libro che intendo presentarvi. Sarebbe una grande responsabilità da parte mia, che sinceramente, chiamatemi pure vigliacco, non ho il coraggio di addossarmi. C’è da dire, però, che La metà di niente è uno di quei titoli niente male che per un periodo relativamente lungo ti ronzano di continuo nelle orecchie, poi ne senti parlare qua e là in maniera sporadica, infine svaniscono nel nulla e un bel giorno, magari nel frattempo sono passati anche degli anni e l’autrice ha appena pubblicato il suo nuovo romanzo, ti ritrovi come un fesso a sfogliare in una libreria, rimuginando un “ne ho sentito parlare… ma bene o male?”. E allora commetti l’imprudenza di acquistarlo. Forse ammaliato dallo sconto del 30% offerto dalla casa editrice.

Sta di fatto che, alla fine di questa lettura, di sicuro poco divertente, si sperimenta la frizzantina sensazione di trovarsi effettivamente con La metà di niente in mano. Mai titolo fu così azzeccato dall’editoria italiana, che si diverte come al solito a stravolgere i titoli originali (In the Beginnine era il nome di battesimo del romanzo della Dunne). Questa volta, però, il risultato della “metamorfosi da traduzione” si rileva essere un premuroso monito per lo sventurato lettore di turno.

 

Non volendo ora disseminare il testo di commenti sgarbati, rischiando così di scoraggiare anche i lettori più temerari, mi sono più volte ripromesso di non spendere una sola parola sulla “trama” (le virgolette sono d’obbligo perché di trama se ne intravede solo il riverbero sulle pagine) e sullo stile letterario. Vi basti sapere a riguardo che si tratta della cronaca di un comune divorzio, che prende forma attraverso le pagine del diario di Rose (moglie di un marito traditore bastardo che un bel giorno se ne scappa in vacanza con un’altra donna scordandosi di lei e dei suoi tre figli) alternate a pagine in cui sembra intervenire l’autrice a fare luce sul passato della coppia.

 

Niente di eccezionale, o meglio… la metà di niente. Ciò non toglie che a qualcuno possa particolarmente piacere. Se quindi siate amanti della lettura d’azzardo, questa è un’occasione da non perdere!

Michele Stursi

La metà di niente, Catherine Dunne, TEA, pp. 292, € 8,60

 
Di Albino Campa (del 22/01/2012 @ 00:00:00, in Eventi, linkato 3772 volte)

Sabato 14 gennaio 2012 è ormai per Noha una data da libro di storia.
Non si sa come, Paola Congedo, maestra dalle mille risorse e dalle altrettante sorprese, con l’appoggio determinante di Eleonora Longo, la direttrice che non dice mai di no, con il supporto della Biblioteca Giona benemerita, sono riuscite a segnare uno iato tra il passato ed il futuro, un solco tra l’oggi ed il domani.
Non ci crederete, ma queste tre Donne (Paola, Eleonora e Giona, che non finiremo mai di ringraziare) hanno portato a Noha un simbolo vivente dell’antimafia: Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo (il giudice fatto saltare da una bomba mafiosa nel 1992, qualche mese dopo l’attentato che fu fatale anche a Giovanni Falcone ed ai suoi angeli custodi).
Salvatore Borsellino ha parlato per un’ora e mezza, ma sarei rimasto altre tre ore ad ascoltarlo, anche se sapevo quasi tutto della storia di Paolo Borsellino, dell’agenda rossa, della trattativa tra Stato e mafia, del papello, ecc., per averne letto la storia su alcuni libri e per averne seguito le indagini puntualmente pubblicate su “Il Fatto Quotidiano” (che non è “Il quotidiano di Lecce” di Caltagirone: il giornale – si fa per dire - che è capace soltanto di raccontare qualche frottola e la cronaca spicciola per i pettegoli di paese).
Salvatore Borsellino ha parlato a Noha proprio all’indomani del voto che ha salvato dalla galera il referente politico dei casalesi (che risponde al nome dell’“onorevole” Cosentino). Voto-vergogna (se la parola vergogna oggi avesse ancora un qualche senso) di un parlamento di nominati che subito dopo lo scrutinio ha dato un indecoroso spettacolo di sé, dimostrando con quella standing ovation tributata al compare, con quei baci, con quelle pacche sulle spalle per lo scampato pericolo, con quelle espressioni di giubilo, di essere alla stessa stregua, anzi peggio di una cosca mafiosa, che ormai si può ribattezzare cosca parlamentare. 
La sala della scuola media di Noha non conteneva la popolazione accorsa ad ascoltare quest’uomo mite ma determinato e coraggioso, più volte interrotto dagli applausi, che ci incitava tutti a non tacere, a parlare, anzi ad urlare e soprattutto a resistere, resistere, resistere!
Salvatore Borsellino ha raccontato di quanto era bella la sua Palermo, con la sua ineffabile “conca d’oro”, la pianura palermitana un tempo interamente coltivata ad agrumeto, oggi vittima di un’espansione urbanistica incontrollata; di quanto era romantica la villa liberty nelle adiacenze di casa sua, poi rasa al suolo per la fame degli speculatori e dei palazzinari; di quanto sia importante non partire e non abbandonare la propria terra cercando altrove la propria realizzazione, in quanto chi parte dal sud risolve un problema, chi rimane invece risolve il problema; di quanto è importante difendere il nostro territorio dal cemento, dall’asfalto, dalle pale eoliche e dai pannelli fotovoltaici che distruggono e soprattutto sono inefficienti (in quanto l’energia deve essere prodotta ed utilizzata in loco e non trasferita a migliaia di chilometri di distanza); che i veri eroi sono i giudici ed i ragazzi che hanno dato la propria vita per la legalità e non il sig. Mangano, lo stalliere di Arcore, condannato per mafia, ma definito “eroe” dal “miglior presidente degli ultimi 150 anni”, quello del cucù alla Merkel, quello con i tacchi rialzati e con il pelo trapiantato e colorato di arancione…
Mentre parlava di tutto questo e di molto altro ancora, m’è venuto in mente che anche a Noha abbiamo la nostra conca d’oro: sono i giardini di aranci e limoni ubicati nel centro di Noha che in primavera profumano ancora di zagare (ancora per poco, visto che questi due parchi storici stanno per essere sradicati per lasciar posto al massetto ed alle colonne di cemento e mattoni). Un agrumeto di cui si sentiva il profumo nonostante i padroni li avessero rinchiusi dietro arroganti mura; ho pensato che anche a Noha c’è una costruzione liberty: è la Casa Rossa (alla quale stanno per essere addossate delle pseudo-civili abitazioni. Purtroppo non si sa che fine farà questo bene culturale unico al mondo, atteso che i cartelli affissi sul muro di cinta parlano soltanto della costruzione di civili abitazioni, mentre del restauro e della fruibilità della Casa Rossa nemmeno l’ombra - e sarebbe il minimo sindacale che si richiederebbe ai proprietari come giusto guiderdone ai loro interessi legittimi); ho pensato che anche a Noha il territorio è stato saccheggiato con i pannelli fotovoltaici, con l’opposizione di alcune voci afone di alcuni ragazzi, tacciati pubblicamente come “affetti da insolazione” da chi invece avrebbe dovuto marciare in testa al corteo quale primo cittadino pronto a difendere il territorio. Si tratta di attivisti, anzi, diciamo pure di poveri fessi, dei quali mi onoro di far parte; ho pensato che anche a Noha finalmente si sono raccolte oltre 1400 firme contro l’idea asinesca di abbattere in tutti i sensi le nostre casiceddhre, nonostante l’inerzia di un’inebetita amministrazione comunale dilaniata da lotte intestine; ho pensato che anche a Noha abbiamo organizzato un’altra manifestazione antimafia, insieme all’associazione “Libera” di don Ciotti: fu una biciclettata nell’uliveto confiscato alla SCU ma, purtroppo, finanche una delle più importanti “sacre” istituzioni della cittadina fu latitante per imprecisate motivazioni; ho pensato che anche a Noha in tanti (anche quelli assisi in prima fila per l’istituzionale visibilità, le cosiddette “autorità civili e religiose”) sembravano in quel parterre spellarsi le mani per applaudire alle accuse precise di Salvatore Borsellino, dimenticando forse quanto abbiano a volte appoggiato una politica scellerata che distrugge il territorio e danneggia la salute pubblica. Cosa è infatti, ad esempio, il non tanto velato sostegno agli amici della Colacem per l’utilizzo del CDR (combustibile derivante da rifiuti) che distribuirà a tutti noi, in maniera democratica però, un bel po’ di nano-particelle tossiche? Perché questi personaggi non hanno espresso nemmeno una parola contro il fotovoltaico selvaggio, i comparti artigianali, i centri commerciali in quel di Collemeto, il comparto 4 e le sue ottanta villette a ridosso della Masseria Colabaldi, lo scarico di materiali inerti nella cava De Pascalis, e contro le altre porcate?              
Come mai nessuna tra quelle autorità ha mai detto ad alta voce: “lì dove si deturpa il territorio, proprio lì c’è mafia” (o una parafrasi di questo slogan)?
Non so come facessero alcuni a sentirsi (o a fingere di sentirsi) a proprio agio di fronte alle accuse precise e puntuali di Salvatore Borsellino. Certo bisogna proprio avere una faccia di bronzo per dirsi d’accordo con il relatore, e con tanto di applauso di circostanza, quando invece fino al giorno prima, anzi anche oggi si ostentano certe “amicizie altolocate” (le note “amicizie potenti” che più di una volta hanno sfilato anche a Noha tra gli applausi scroscianti di adulatori a loro insaputa) e molto vicine al Priapo arcoriano, ed in qualche occasione s’è fatta pure incetta di voti per sostenere l’innominabile e gli amici della sua cricca. Quando si chiedono voti per conto di chi non è proprio compatibile con il bene comune si è complici o correi. Non si sfugge mica dall’assioma per cui è ladro non solo chi ruba, ma anche chi gli para il sacco.    
Io seguirò l’incitazione alla resistenza di Salvatore Borsellino. E voi?

Antonio Mellone 
 
Di Albino Campa (del 22/05/2012 @ 00:00:00, in Recensione libro, linkato 3219 volte)

Mi fido del vento. Soprattutto quando sono fuori dal mio Salento e poi è maggio, il cielo è terso e il sole impotente. Mi fido del vento perché ho scoperto che dietro ai suoi sbuffi, all’apparenza casuali, tende quasi sempre a nascondere qualcosa. Per poco, però, perché so anche che non riesce a mantenere a lungo i segreti.
C’è vento, appunto, un vento pungente, quando Giorgio mi avverte che è arrivato un pacco per me. “Ecco, sarà stato il vento”, penso io allora, rincorrendolo all’interno della portineria. In realtà mi consegna un sacchetto giallo ocra del quale decido di non conoscere subito contenuto e mittente. Non lo apro, quindi: ho intenzione di godermi sino in fondo questa strana sensazione che mi fa vibrare come una corda di violino, emettendo di continuo delle mute onde di curiosità che mi solleticano il palato. Lo abbandono sul letto e vado a fare una passeggiata, convinto che ci sia troppo vento per restarsene chiusi in casa.
È ancora giorno quando rientro deluso dalla magra pesca: il sacchetto dal contenuto ignoto mi guarda ansioso, lo afferro di scatto e non posso fare a meno di vedere sul lato corto nome, cognome e indirizzo del mittente, che mi affretto a coprire con il palmo della mano illudendomi forse di aver fatto in tempo a non leggere. Apro col sorriso e tiro fuori un libro, anzi il libro, quello che Raffaella Verdesca qualche giorno prima aveva promesso di farmi avere.
Lo guardo, lo annuso, lo giro e lo rigiro tra le mani, incredulo dinanzi a cotanta fatalità: il vento, ancora una volta il vento soffia, ora sulla copertina dell’ultimo lavoro di Raffaella. Una fanciulla in bianco e nero siede sugli scogli, un elegante gioco di pieghe e svolazzi sul costume da bagno, i suoi capelli fluttuano confondendosi con le onde del mare sullo sfondo, un ghigno all’improvviso le si tratteggia sul viso, come carta che s’increspa, senza tuttavia riuscire a intaccarne la grazia. “Volti di carta”, leggo.
Ad occhi chiusi sembra quasi di apprezzare l’odore del Salento che si diffonde lentamente dalla copertina per poi inondare le narici quando sprovveduti ci si accosta alla lettura delle venti brevi storie che hanno forza e intensità di mille testimonianze. Con la pazienza che si addice al pescatore di storie, l’autrice ascolta, raccoglie e poi suggella incantevoli ritratti di parole tra le pagine di “Volti di carta. Storie di donne del Salento che fu” (Albatros, 2012). Si ha come l’impressione che Raffaella Verdesca abbia atteso pazientemente seduta in un angolo che quella valigia di cartone, rimasta per troppo tempo dimenticata in soffitta, si inginocchiasse dinanzi alla volontà del vento, e al momento giusto non ha esitato a chinarsi anche lei per cogliere documenti, fotografie, lettere, perfino medaglie al valore per una guerra lontana e oramai dimenticata. La immagino, quindi, rincorrere insieme al vento quei ricordi che aspettavano solo di essere salvati da un mondo che cerca in tutti i modi di cancellare per mancanza di spazio, cercare di afferrare gli stormi di pagine e volti levatisi in volo e inseguire le stagioni di vite passate miste alle foglie, agli sguardi pietosi, ai taciti onori, alle risa festose di un presente maturo.
La scrittrice tesse parola dietro parola incantevoli merletti che non si limitano ad abbellire e restaurare i documenti sbiaditi e danneggiati dal tempo, ma hanno la capacità di ridare vita e significato agli “abitanti” di quella misteriosa valigia, restituendo al lettore storie che hanno il sapore dei frammenti di libri.
- Voglio dire, cosa diavolo scriveva in quei ritratti?
- Scriveva delle storie, disse Rebecca. (…) Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, (…) diceva che tutti siamo qualche pagina di un libro, ma di un libro che nessuno ha mai scritto e che invece cerchiamo negli scaffali della nostra mente. (da “Mr Gwyn” di Alessandro Baricco, Feltrinelli, 2011).
Raffaella Verdesca, come il Mr Gwyn di Alessandro Baricco, parte da un soggetto, nel caso specifico vecchie fotografie, singoli volti di donne, tracce residue di storie e percorsi umani (dalla prefazione di Pier Paolo Tarsi), e si cimenta in bellissimi ritratti di parole capaci di prendere per mano le donne del Salento che fu e riportarle finalmente a casa, nel nostro Salento.
Se il vento non l’avesse aiutata …l’eternità sarebbe ancora in cerca delle proprie radici.

Michele Stursi

Scheda del libro:
Autore: Raffaella Verdesca
Titolo dell’opera: Volti di carta – Storie di donne del Salento che fu
Editore: Gruppo Albatros Il Filo
Anno di stampa 2012
Formato: 21x14cm – 171 pagine
Numero illustrazioni: 26. Prezzo: 12 Euro
Prefazione di Pier Paolo Tarsi. Patrocinio della Fondazione Terra d’Otranto
Cod: ISBN 978-88-567-5710-1
Il libro può essere ordinato all’indirizzo mail ordini@ilfiloonline.it o direttamente al numero 0761 1763012 e in qualsiasi libreria italiana fornita da PDE.
Inoltre, sulla pagina web dedicata all’opera interna al sito internetwww.gruppoalbatrosilfilo.it, il testo potrà essere ordinato direttamente dall’e-shop del sito.

 
Di Albino Campa (del 19/07/2012 @ 00:00:00, in Eventi, linkato 3140 volte)

Sabato 14 gennaio 2012 è ormai per Noha una data da libro di storia.
Salvatore Borsellino, un simbolo vivente dell’antimafia, il fratello di Paolo (il giudice fatto saltare da una bomba mafiosa nel 1992, qualche mese dopo l’attentato che fu fatale anche a Giovanni Falcone ed ai suoi angeli custodi) è venuto a trovarci a Noha.
Salvatore Borsellino ha parlato per un’ora e mezza sull’agenda rossa, sulla trattativa tra Stato e mafia, sul papello, ecc.
Eccovi il video di quell’incontro formidabile. 
La sala della scuola media di Noha non conteneva la popolazione accorsa ad ascoltare quest’uomo mite ma determinato e coraggioso, più volte interrotto dagli applausi, che ci incitava tutti a non tacere, a parlare, anzi ad urlare e soprattutto a resistere, resistere, resistere!
Salvatore Borsellino ha raccontato di quanto era bella la sua Palermo, con la sua ineffabile “conca d’oro”, la pianura palermitana un tempo interamente coltivata ad agrumeto, oggi vittima di un’espansione urbanistica incontrollata; di quanto era romantica la villa liberty nelle adiacenze di casa sua, poi rasa al suolo per la fame degli speculatori e dei palazzinari; di quanto sia importante non partire e non abbandonare la propria terra cercando altrove la propria realizzazione, in quanto chi parte dal sud risolve un problema, chi rimane invece risolve il problema; di quanto è importante difendere il nostro territorio dal cemento, dall’asfalto, dalle pale eoliche e dai pannelli fotovoltaici che distruggono e soprattutto sono inefficienti (in quanto l’energia deve essere prodotta ed utilizzata in loco e non trasferita a migliaia di chilometri di distanza); che i veri eroi sono i giudici ed i ragazzi che hanno dato la propria vita per la legalità e non il sig. Mangano, lo stalliere di Arcore, condannato per mafia, ma definito “eroe” dal “miglior presidente degli ultimi 150 anni”, quello del cucù alla Merkel, quello con i tacchi rialzati e con il pelo trapiantato e colorato di arancione. Sì, quello che vuol di nuovo ritornato in campo, anzi quello che non se n’è mai andato e che avremo tra i piedi ancora per un bel po’…
Mentre Salvatore Borsellino parlava di tutto questo e di molto altro ancora, m’è venuto in mente che anche a Noha abbiamo la nostra conca d’oro: sono i giardini di aranci e limoni ubicati nel centro di Noha che in primavera profumano ancora di zagare (ancora per poco, visto che questi due parchi storici stanno per essere sradicati per lasciar posto al massetto ed alle colonne di cemento e mattoni). Un agrumeto di cui si sentiva il profumo nonostante i padroni li avessero rinchiusi dietro arroganti mura; ho pensato che anche a Noha c’è una costruzione liberty: è la Casa Rossa (alla quale hanno testé addossato un villone bi-familiare, privato (privato di tutto: soprattutto del buon senso e del buon gusto. E non si sa che fine farà questo bene culturale unico al mondo, sarà fagocitato da queste “civili abitazioni” oppure verrà restaurato e reso fruibile?); ho pensato che anche a Noha il territorio è stato saccheggiato con i pannelli fotovoltaici, con l’opposizione di alcune voci afone di alcuni ragazzi, tacciati pubblicamente come “affetti da insolazione” da chi invece avrebbe dovuto marciare in testa al corteo quale primo cittadino pronto a difendere il territorio.    
Noi di Noha.it seguiremo l’incitazione alla resistenza di Salvatore Borsellino.
E voi?

Antonio Mellone













 
Di Antonio Mellone (del 28/09/2012 @ 00:00:00, in Cultura, linkato 3826 volte)

A San Michele esce il nuovo libro di Marcello D'Acquarica "In men che non si dica", edito da  L'Osservatore Nohano. Bellissimo, imperdibile, una storia vera, un esorcismo generazionale.
In in questo libro c'è un pezzo di noi, delle nostre famiglie, della nostra comunità e soprattutto della nostra umanità. 
Regalalo o fattelo regalare (o regàlatelo) per la festa patronale di Noha.
Ecco di seguito la prefazione di Antonio Mellone.

In men che non si dica Marcello D’Acquarica scrive libri. E te lo comunica così, senza tanti preamboli, con la sua solita pacatezza.
Come capita ad alcuni fra noi, anche questo ragazzo è pieno di frasi che gli girano in testa e che hanno bisogno di uscire allo scoperto per scongiurare il rischio di incagliarsi. Anche stavolta il fiume in piena delle parole di Marcello ha trovato sbocco nelle pagine di un libro, questo, grazie ad uno spettro che ancora imperterrito s’aggira per Noha: L’Osservatore Nohano
In questo volume dove il vero ed il verosimile si fondono in una storia (e spesso fanno la storia) Marcello sembra aver esorcizzato il dolore di quella croce che ha nome di emigrazione. E mentre tu ringrazi il tuo Dio per avertela risparmiata, pensi che molte famiglie di Noha dovettero sopportarne una (o più di una), e per alcune di esse fu di cotale pesantezza che chi è credente potrebbe trovarne una di maggior gravezza soltanto in quella che portò il Cristo.
La redenzione però può avvenire in mille modi.
Marcello ha pensato bene di pagare il riscatto del rapimento sentimentale dalla sua terra seminando parole come semi nei solchi, raccogliendone poi i frutti nelle pagine e nelle icone di questo libro, dove si canta di stupori d’infanzia, di saggezze di vecchi, di lavoro nei campi, di viaggi della speranza, di vita e di morte.
Osservando le tessere musive del mosaico della vita di quest’uomo, capisci subito che costui non ne redasse preventivamente un disegno (e quand’anche lo avesse fatto, il risultato sortito sarebbe stato, come di fatti è stato, difforme dai progetti, per motivi indipendenti dalla volontà del progettista).
Se inizi a leggere, sfogli, vai a capo, volti la pagina con le dita, ti imbatti nella nuova facciata e porti lo sguardo sul rigo in alto a sinistra, t’accorgi di compiere un cammino a ritroso. Non parti dall’oggi per andare al domani, ma torni indietro, percorrendo le antiche strade però della tua e non della sua storia.  
E in questo percorso all’indietro ti può capitare d’incontrare personaggi che smettono di essere compagni di viaggio dell’autore, ed iniziano ad appartenerti non per ignoti strampalati marchingegni, ma perché sono uomini e donne di un tempo senza tempo, e soprattutto perché sono tuoi quei padri, quelle madri, quelle sorelle e quei compaesani vicini di casa. Sono il popolo che da epoche remote abita il cuore di Noha e che fa abitare Noha nel tuo cuore. Non sono una natio occupata in otio - come si raccontava nella favola di Fedro – cioè non “una genia di faccendoni sempre in giro di corsa, piena di fretta, indaffarata senza vere occupazioni, affannata senza pro, [che] fa mille cose e non ne fa nessuna, dannosa a se stessa e insopportabile agli altri”, ma persone che dicevano quello che facevano, e soprattutto quello che facevano corrispondeva a quello che dicevano. E’ gente che versò lacrime e sangue sulla tua bella terra. Quella stessa che invece oggi viene ricoperta dagli sputi del cemento, del veleno, dell’abbandono, della bruttezza.   
Questo libro non lo leggerai a letto la sera (ché non è un racconto da leggere per addormentarsi), ma alla luce meridiana, anzi di mattina presto, per inaugurare dei risvegli con un pugno di parole dure. In tal modo, anche per te il giro del giorno piglierà un filo d’inizio con qualche anticorpo in più da aizzare contro la malattia da coscienza assopita che ti obbliga a muover la testa in continua annuenza.
Quella coscienza che invece è da tener desta sempre, essendo l’unico tribunale, l’unica alta corte della vita dell’uomo che non accetta la menzogna e non concede la clemenza, e alla quale non si deve mai chiedere, ma soltanto rispondere. In men che non si dica.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 26/10/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 4264 volte)

Ormai c’è corrispondenza di “bibliosi” sensi tra il sottoscritto e don Paolo Ricciardi, prelato idruntino. Più di una volta ci siamo scambiati i libri di cui siamo stati gli autori. Solo che in questo commercio non ha mai funzionato la partita doppia: il dare non ha mai pareggiato l’avere. Voglio dire che il numero dei miei lavoretti rilegati a libro non è mai riuscito (e forse mai ci riuscirà) a pareggiare il conto, a raggiungere cioè la numerosità dei tomi scaturiti dalla penna e dalle ricerche di don Paolo Ricciardi. Posso dire di essere certamente in profondo rosso, quanto a biblio-debiti nei confronti di questo mio paziente creditore (di miei crediti nei suoi confronti, invece, nemmeno l’ombra). L’unico modo per ridurre un po’ lo spread - se non d’ammortizzare questo debito - è il cimentarmi nell’abborracciare qualche recensione ai volumi del mio corrispondente: tra le quali potrebbe forse annoverarsi anche la presente.

La maggior parte di questi libri-debiti (formativi!) mi sono donati direttamente da don Paolo quando ci si vede anche per caso a Galatina o ad Otranto; talvolta invece mi vengono recapitati per il tramite di un mio reverendo zio, che, più d’una volta, di ritorno dai suoi esercizi spirituali mensili cui partecipa il clero idruntino, giunge a Noha carico come un corriere e, proferendo uno dei più classici tolle et lege, me li consegna con mia grande felicità. Dico per inciso che corriere a senso unico è costui, in quanto il più delle volte, diretto alla volta del convegno diocesano, questo messo parte da Noha a mani vuote.

Sicché ho ora per le mani il ricciardiano “Otranto – Le sue Chiese e Grotte”, l’ultimo lavoro in ordine di tempo (ma sono certo che a breve questo tomo sarà da considerarsi “penultimo”, in quanto fervet olla in continuazione) uscito dai torchi della galatinese Editrice Salentina, nel corso del mese di novembre del 2011.

Questo libro, dunque, non è (o non è solo) un catalogo d’arte, un book fotografico su quella fotomodella che risponde al nome di Otranto, come tanti altri s’annoverano nella produzione letteraria locale: in questo libro, oltre allo spaccato monumentale di una terra, c’è di più: c’è la voglia di custodire gelosamente un tesoro - ormai non più tanto nascosto, in quanto Otranto è ormai nota urbi et orbi – per salvaguardarlo dai nemici più micidiali della bellezza che rispondono ai nomi di sbadataggine, di superficialità, di interesse privato, di ignoranza. 

Ho per le mani dunque quasi trecento pagine a colori di fascino e di riflessioni, di storia e di arte, di saggezza e di bellezza: una guida, una bussola, un manuale utilissimo per visitare Otranto con piede leggero, con discrezione, forse per non svegliare i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli.

Grazie a questo volume si scopre che accanto ad una “Otranto positiva”, esiste anche un’Otranto sotterranea, non meno bella ed interessante, fatta di grotte, anfratti, ipogei, dromos, e luoghi della memoria e della natura, che attendono ancora e magari il piccone dell’archeologo o il bisturi del restauratore (più che le betoniere del capitalismo selvaggio, pronte a rovesciarvi cemento e asfalto senza se e senza ma). 

In questo tomo sono rilegati quasi a voler racchiudere (ma nessuno mai ci riuscirà definitivamente) l’eternità ed il mistero, il caso e le atrocità che fanno di Otranto - pur città di frontiera, quasi finis terrae - il centro ecumenico in cui convergono svariate civiltà (dall’araba alla normanna, dalla sveva all’angioina, dall’aragonese alla turca, dalla greca all’albanese, dalla latina all’italiana), con il rischio, serio, che su tutte venga steso il velo impietoso della barbarie.          

E qui il cuore idruntino di don Paolo, scordando a tratti di essere quello di un compassato monsignore, vien fuori quasi con prepotenza, batte e quasi fibrilla quando denuncia con vigore i rischi della perdita di un’identità, che sarebbe di fatto molto più atroce di una novella invasione ottomana. In questo volume, più che in altri dello stesso autore, c’è poco o nulla di diplomazia: qui la voglia di combattere sembra seguire una proporzionalità inversa all’avanzare della canizie dell’Autore, che è un giovanotto di 82 primavere, e che parla con il cuore in mano, e, stavolta, anche chiaro e tondo, applicando quei dettami del Vangelo che incitano ad essere chiari nel “sì, sì, no, no”, senza tergiversare perdendosi in mille fronzoli.

Voglio dire che in queste pagine ho scoperto un don Ricciardi battagliero, molto vicino alle mie battaglie che voglio considerare di civiltà, tagliente a volte nelle sue invettive, pronto a combattere come don Chisciotte (e per questo “chisciottimista”) convinto che la tutela di un patrimonio comune, come quello di Otranto, debba appartenere all’umanità e non a pochi scriteriati cementificatori di sogni.

Così don Paolo, a proposito di “invasioni”, nella didascalia ad una foto di pag. 31: “Autorizzazioni strappate con forza per costruire cabine cementizie anche sulla sabbia delle spiagge, contro il divieto del Vangelo (Mt 7,26-27)[…]”; e poi ancora nella stessa pagina: “La spiaggia e il mare resi quasi invisibili da una sproporzionata inutile balaustra”. E poi altrove: “Ecco le invasioni incontrollate con vie bloccate, occupate, affittate”, e ancora: “…poco saggiamente quel pezzo di mosaico [quello della cattedrale, ndr] nel 1992 è stato daccapo ricoperto dalla nuova cattedra e dai sedili per i canonici. Il capolavoro musivo deve sopportare di nuovo una sovrapposizione poco felice. Gesù, purtroppo, talvolta è avversato anche nell’arte”.

Bravo don Paolo. Ecco finalmente una stecca nel coro belante dei pecoroni pronti a ripetere con salmodiante ottusità l’unico ed immodificabile credo di cui possa asserirsi l’incontrovertibile verità: turismo, cemento, bagordi, ora e sempre, amen.  

Ad Otranto, invece, servono più viaggiatori attenti e meno turisti per caso, più gente accorta e frugale che consumatori da Mac Donald’s, più cittadini del mondo e meno greggi distratte dai mille diuturni cicalecci e dalla “musica” da discoteca sparata a mille decibel da dee-jay svampiti. E’ davvero fuori luogo e fuori tempo il luccichio dell’effimero e dei perdigiorno schiamazzanti o starnazzanti come le oche del novello Campidoglio idruntino (che non lasciano in pace nemmeno i santi, pur sempre pazienti e benedicenti dalle loro nicchie ricavate nella pietra leccese). Invece ad Otranto si dovrebbe andare in pellegrinaggio e per rinfrancar lo spirito e non per stressarsi fra i baccanali, per studiare e non per nutrir negligenza, per meditare e non per essere sviati o soffocati dal suq del distrattismo…

Ma avviamoci alla conclusione dicendo che in una recensione come questa è giusto e pio fare anche qualche appunto. Che stavolta  è questo: l’autore in questo libro ha scordato uno dei monumenti otrantini più belli: se stesso.

Nel libro compare solo il nome ed il cognome del Ricciardi, ma, per esempio, in quarta di copertina, non c’è nemmeno una sua foto, né una seppur breve biografia e/o bibliografia dell’autore (come pure s’usa), ma stavolta solo un brano degli affreschi di quella pinacoteca paleolitica che è la grotta dei Cervi. S’è voluto evidentemente risparmiare sulla carta!

Qui a mo’ di chiosa mi limiterei a dire che questo giovane sacerdote di ottanta e passa gradini, autore di molti volumi, è prelato d’onore di Sua Santità, e, tra l’altro, proprio quest’anno, in seguito alla dipartita del nostro comune amico, il prof. mons. Antonio Antonaci (nella cui abitazione più volte c’incontravamo per discettare del più e del meno, come si fa in certi conciliaboli letterari), è stato eletto Arcidiacono del Capitolo della cattedrale romanica più grande di Puglia. Ho sempre pensato che l’eredità morale e anche spirituale di Mons. Antonaci non poteva che essere raccolta da don Paolo Ricciardi. Che oggi, dunque, ricalcando le orme del maestro galatinese, succedendogli nella carica capitolare, è anche Arcidiacono, “prima e unica dignità”.

Antonio Mellone

 Articolo apparso su “il Galatino”, anno XLV, n. 16 del 12 ottobre 2012

 
Di Albino Campa (del 09/12/2012 @ 00:00:00, in TeleNoha , linkato 2608 volte)
Eccovi i video dello storico spettacolo che sabato sera 1° dicembre 2012 ha avuto luogo nella stupenda cornice dell'aula magna della vecchia scuola elementare di Noha appena ristrutturata.

"Che bisognava volare", patrocinata dal Comune di Galatina, è stata promossa dal "Presìdio del libro di Noha", dalla "Biblioteca Giona", e - the last but not least - da "L'Osservatore Nohano". 

"Che bisognava volare" è un augurio, di più, un'urgenza, una necessità, una impellenza per tutti. 

Che tutti, ma proprio tutti, dunque, mettendo da parte risentimenti o turbamenti vari, si battano affinchè - dopo questa straordinaria esperienza - questo bene culturale nohano diventi il segno dell'impegno della popolazione e delle istituzioni del comprensorio per il benessere dei giovani (come previsto dal progetto e come spiegato molto bene dall'Ass. Daniela Vantaggiato).

La legalità, il rispetto dell'altro, la cura dell'ambiente, il benessere, finanche la prosperità economica - in breve, il Bene Comune - si perseguono anche con l'ausilio di questi preziosissimi presidi.

 
Di Antonio Mellone (del 23/04/2013 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3520 volte)

Per chi non se ne fosse accorto, proprio nella “Giornata mondiale della Terra” nel comune di Cementina la giunta comunale (o cumonale) ha deliberato lo schema di convenzione che in settimana verrà firmato con la Pantacom (o Fantacom) per la costruzione in contrada Cascioni, vicino Collemeto, di una piramide o di altro mega-saburcu simile, tutto rigorosamente in cemento, a meno di qualche brano di terreno che invece verrà trattato con asfalto puro di primissima qualità.

Dunque in un battibaleno la giunta cumonale dell’ex-città d’arte ha sancito la trasformazione della giornata della Terra nella giornata del Terrore (o del terrorismo contro la Natura e soprattutto l’Economia).

Ma quel che più fa riflettere è che la stragrande maggioranza dei galatinesi non sa nemmeno di cosa stiamo parlando, mentre la stragrande maggioranza della maggioranza di governo era già d’accordo da molto tempo su questa robaccia e la minoranza della maggioranza per altrettanto tempo ha fatto finta di stracciarsi le vesti (come i sommi sacerdoti), per poi, di fatto, sul più bello, lavarsi le mani (come Pilato; il riferimento alla via Crucis non è casuale).

Ci hanno detto soltanto che non erano d’accordo, e che pertanto hanno votato contro. E che dunque finirà come al solito a tarallucci e vino (rigorosamente acquistati in un centro commerciale dove pare costino di meno purché riportati sul tradizionale volantino che intasa ogni buca delle lettere).

Ora ci chiediamo: può la minoranza della maggioranza votare contro una delibera, e soprattutto non dire nulla, non scrivere nulla, non indire conferenze stampa, non redigere manifesti per esplicitare il proprio “pensiero politico” contrario a quello dei propri compagni (di merende), magari antitetico a quello del suo sindaco, non convocare consigli comunali, non fare nemmeno finta di indignarsi pensando di svignarsela dai suoi quattro superstiti incazzati elettori?

Eppure sembra sia successo proprio questo: cioè nada de nada, nulla di nulla. E nel più assordante silenzio. Così pensano di lavarsi la coscienza, limitandosi a votare no in giunta. Tanto non c’è riverbero sulla “tenuta della maggioranza”. Tanto basta (così pensano) il comunicato del sindaco ben architettato, calibrato parola per parola, onde tacitare gli animi urbi et orbi (e soprattutto orbi).

Ma che bel modo di fare politica. Poi dicono che uno parla di inciuci, come li chiamano oggi. Il cemento naufraga nel verde, e questi zitti e mosca. Tanto hanno votato di no, e non ci possono far nulla. E poi ti dicono pure che purtroppo “l’opinione pubblica” è a favore del mega-porcile. E chi sarebbe questa “opinione pubblica”? Quei quattro commentatori (tendenti a due, anzi a zero) le cui elucubrazioni si leggono in calce ai poemi-comunicati-stampa elaborati da quegli accademici della crusca (o della canija) che sono i nostri  politici, inclusi i trombati, e pubblicati sul sito internet di Galatina2000? O bastano le firme di 800 beoti martiri (chissà come raccolte) per creare la cosiddetta “opinione pubblica”?

*   *   *

Oggi a Cementina, presso il palazzo della Cultura ci sarà la presentazione di un libro su Renata Fonte. Sicuramente ci saranno le “istituzioni” cumonali, pronte a fare gli onori di casa, e a portare il loro saluto “e quello del sindaco” ai relatori.

Povera Renata Fonte, questi ipocriti ti stanno uccidendo un’altra volta. Ti uccidono perché sono ecocidi fin nel midollo e non lo sanno (o fingono di non saperlo), ti uccidono perché attentano ancora e senza alcun rincrescimento alla tua e nostra terra trucidandola con le circonvallazioni che non servono a nessuno (se non ai signori del cemento e dell'asfalto), ti ammazzano ancora una volta quando nel silenzio dei loro palazzi s'accordano per volumetrie senza limiti, inceneritori di CDR, nuovi comparti edilizi, zone mercatali da spianare sotto rulli compressori, nuove inutili zone artigianal-industriali, mega-centri commerciali da inaugurare quanto prima, strade a quattro corsie (o a quattro follie) pronte a portarci a finibus terrae (in nomen omen). Questi signori insultano la tua memoria con la loro sfacciataggine in nome dello sviluppismo senza se e senza ma, correi, come sono, di vilipendio alla tua figura alta e nobile, caduta sotto i colpi dei killer e dei loro mandanti mafiosi, magari in giacca e cravatta, paludati a nuovo, perbenisti impettiti, paladini del “volano per lo sviluppo” e delle “ricadute sull’occupazione”. Soprattutto occupazione di suoli. 

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 07/06/2021 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 991 volte)

Nella mia vita ho conosciuto un bel po’ di pazzi, ma mai uno lucido come P. Francesco D’Acquarica. Ormai ci conosciamo da diversi lustri e la sua follia principale (che invero ci accomuna) è Noha. Oddio, lui ha iniziato per primo quando io non avevo ancora diciamo il lume della ragione, ma certe malattie – dovremmo averlo ormai ben compreso - fanno presto a trasformarsi in epidemie.

Tutto partì allorché questo ragazzo - classe 1935, e oggi 7 giugno compie 86 anni - trovò per caso nella sacrestia della nostra chiesa madre un libretto di tal prof. Gianferrante Tanzi edito nel 1906, nel quale si raccontava di una Noha ricca di storia e di vestigia importanti e non certo di un insignificante agglomerato di case con un nome strano, come qualche politico locale dalle lenti un po’ appannate aveva cercato di far passare insieme al suo codazzo, probabilmente pure in mala fede.

Francesco D’Acquarica dunque non si dà per vinto, e da visionario qual è (non per nulla è anche un missionario), quando torna a Noha dai suoi giri intorno al mondo continua a cercare notizie, documenti d’archivio, testimonianze, reperti archeologici, ma soprattutto i sentimenti costitutivi dell’identità nohana e quindi del suo genius loci: mai arrendendosi di fronte a una certa sociologia spicciola, anzi se possibile con ancora più slancio davanti al rischio di derisione e quindi di pregiudizio così comuni in ambienti delimitati da confini provinciali.

V’è da dire che questo Indiana Jones nostrano ogni volta che becca qualcosa di interessante non tiene mica tutto per sé, ma anzi, guardandoti con l’espressione soddisfatta di un virologo che ha appena individuato al microscopio un nuovo ceppo dell’influenza, non vede l’ora di tradurre, riportarne agli altri il contenuto, scrivere un pezzo per Noha.it, e pubblicare finalmente il suo bottino su carta rilegata a libro o a rivista (per esempio su L’Osservatore Nohano di venerata memoria). E così è stato per le ultime notizie e le curiosità contenute negli archivi parrocchiali, per i registri delle confraternite, per i rapporti della chiesa particolare con i vescovi di Nardò, e per mille altre notizie, proverbi, quadri, cronache, sculture, personaggi, monumenti, spartiti musicali (tipo quello dell’Inno al San Michele di Noha, poi arrangiato dallo stesso P. Francesco che è pure organista), i soprannomi delle “razze” nohane, gli antichi utensili paesani utilizzati si può dire fino all’altro giorno, e così via.    

Iniziò una cinquantina di anni fa con la sua prima Storia di Noha (Grafiche Borgia, Casarano, 1973) andata a ruba, e in pratica non si è mai più fermato.

L’ultima sua creatura in ordine di tempo è “Noha – la sua Storia”, libro a tiratura limitata, ancora caldo di stampa, uscito dai torchi di Arti Grafiche Marino di Lecce: un tomo di 490 pagine, con molte immagini a colori, giuntomi qualche giorno fa da Martina Franca, attuale dimora dell’autore, e con tanto di dedica: “Omaggio al carissimo Antonio Mellone, in occasione del mio sessantesimo anniversario di Sacerdozio, per avermi sempre stimolato nelle ricerche e approfondimenti della Storia di Noha”. Troppa grazia. Ebbene sì, il 18 marzo 2021 ricorreva anche il sessantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, e non so se è chiaro: è il festeggiato che anziché ricevere auguri e doni per l’occasione, continua a elargirne agli altri a piene mani.

Non so come faccia questo giovinotto a non stancarsi mai, forse utilizza il trucco analogo a quello di Dorian Gray, facendo invecchiare un quadro (o tutto il resto) al posto suo. Sta di fatto che la pazzia di P. Francesco è ormai proverbiale, di più, leggendaria: del resto abbiamo già dimostrato nel nostro comune volume “Noha, Storia Arte e Leggenda” del 2006 (pubblicato esattamente un secolo dopo il pamphlet del Tanzi), quanto il mito, la narrativa e appunto la leggenda altro non siano che la prosecuzione della storiografia con altri mezzi.

Antonio Mellone

 

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