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Di Marcello D'Acquarica (del 15/02/2012 @ 23:56:33, in I Beni Culturali, linkato 3379 volte)
I beni Culturali di Noha resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
icon5. ARCHITETTURA MILITARE
icon6. ARCHITETTURA RURALE
icon7. ARCHITETTURA RUPESTRE
icon8. ARCHITETTURA FUNERARIA
icon9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Albino Campa (del 03/10/2011 @ 23:54:14, in I Beni Culturali, linkato 2802 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

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icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
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11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 

E’ questo uno tra gli importanti atti approvati dalla maggioranza nell’ultimo Consiglio Comunale, che, su proposta del Sindaco Marcello Amante, ha individuato i criteri per il riconoscimento delle agevolazioni sulle bollette TARI 2021.

Un sostegno concreto a tutela sia dei nuclei familiari in condizione di debolezza economica che di tutte quelle attività commerciali alle quali in quest’ultimo anno pandemico è stata imposta la chiusura dal governo centrale e che inevitabilmente hanno subito il maggior danno.

In attesa dei dati necessari a stabilire le tariffe per l’anno in corso, con delibera di giunta, si è autorizzata l’emissione di una fattura di acconto per le utenze domestiche pari al 60% della tariffa 2020 e del 40% per le utenze non domestiche, pagabile in due rate (31 luglio e 30 settembre 2021).

Nessun acconto per le utenze non domestiche che nell’ultimo anno abbiano subito provvedimenti di chiusura da parte della normativa anti-covid.

Il conguaglio verrà determinato successivamente e terrà conto delle seguenti agevolazioni approvate:

●         UTENZE DOMESTICHE per le quali è necessario presentare apposita istanza all’ufficio tributi entro il termine del 30 settembre 2021, allegando certificazione ISEE in corso di validità. Eventuali eccedenze, considerando le bollette di acconto, saranno recuperate nell’anno successivo;

●         riduzione non inferiore al 70% in favore dei:

−          nuclei familiari con ISEE non superiore ad euro 8.265,00;

−          nuclei familiari con almeno 4 figli a carico e con ISEE non superiore ad euro 20.000,00;

●         riduzione non inferiore al 50%, in favore dei:

−          nuclei familiari con ISEE da € 8.265,01 fino ad euro 20.000,00;

−          nuclei familiari con almeno 4 figli a carico ed ISEE da euro 20.000,01 fino ad euro 30.000,00;

●         riduzione non inferiore al 30%, in favore dei:

−          nuclei familiari con ISEE da € 20.000,01 fino ad euro 30.000,00;

−          nuclei familiari con almeno 4 figli a carico, con ISEE da euro 30.000,01 fino ad euro 40.000,00.

Per le UTENZE NON DOMESTICHE, distinte come segue, due categorie di riduzioni relative alla tariffa 2020 e 2021 a valere rispettivamente sulla quota variabile (2020) e sia sulla quota fissa che variabile (2021).

  1. Utenze non domestiche alle quali è riconosciuta una riduzione su base annua della quota variabile:

•          riduzione del 20 per cento per le seguenti attività: esposizioni di mobili, negozi di abbigliamento e calzature per adulti, negozi particolari di tappeti e tessuti e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und15;

•          riduzione del 25 per cento per le seguenti attività: Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e pub; Mense, birrerie e hamburgherie; bar, caffè, pasticcerie; spazi comuni centri commerciali;

•          riduzione del 30 per cento per le seguenti attività: musei, biblioteche, scuole private di ogni ordine e grado, associazioni, circoli, luoghi di culto, ludoteche, partiti politici, autoscuole; Alberghi con ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und07; alberghi senza ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und08; impianti sportivi, palestre, scuole di danza; sale scommesse e da gioco, sale da videogiochi e slot-machine, sale biliardo;

•          riduzione del 65 per cento per le seguenti attività: cinematografi e discoteche;

  1. Utenze non domestiche alle quali è riconosciuto una riduzione su base annua della quota fissa e variabile:

•          riduzione del 10 per cento per le seguenti attività: uffici ed agenzie, con esclusione di Enti Pubblici e delle società di erogazione di pubblici servizi (gas, energia elettrica etc.); Studi professionali con esclusione di studi odontoiatrici, studi medici e veterinari; falegname, idraulico, fabbro, elettricista e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und18; carrozzerie, autofficine, elettrauto; Attività artigianali di produzione beni specifici;

•          riduzione del 20 per cento per le seguenti attività: autoscuole, centri di fisioterapia, librerie, cartolerie, edicole, negozi di vendita al dettaglio e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und13, ad esclusione di negozi di abbigliamento e calzature per adulti, ferramenta e colori, onoranze funebri; erboristerie; distributori automatici di bevande; fiorai;

•          riduzione del 30 per cento per le seguenti attività: tutte le utenze non domestiche incluse nella categoria Und06 (esposizioni) ad eccezione di esposizioni di mobili, antiquariato, mobili usati;

•          riduzione del 35 per cento per le seguenti attività: fotografi, sartorie e lavanderie, zone comuni di centri commerciali;

•          riduzione del 50 per cento per le seguenti attività: esposizioni di mobili, antiquariato, mobili usati; alberghi con ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und07; alberghi senza ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und08; Negozi di abbigliamento e calzature per adulti; negozi particolari di tappeti e tessuti e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und15; parrucchiere, estetista, barbiere;

•          riduzione del 55 per cento per le seguenti attività: Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e pub; Mense, birrerie e hamburgherie; bar, caffè, pasticcerie;

•          riduzione del 70 per cento per le seguenti attività: musei, biblioteche, scuole private di ogni ordine e grado, associazioni, circoli, luoghi di culto, ludoteche, partiti politici; impianti sportivi, palestre, scuole di danza; sale scommesse e da gioco, sale da videogiochi e slot-machine, sale biliardo, cinema.

Per le riduzioni alle utenze non domestiche non deve essere presentata istanza ma verranno applicate direttamente in sede di conguaglio.

Galatina, 6 luglio 2021

 

Vito Albano Tundo e Pierantonio De Matteis

consiglieri comunali

 
Di Antonio Mellone (del 25/12/2015 @ 23:45:37, in Presepe Vivente, linkato 3065 volte)

State per compiere un viaggio nel tempo e nello spazio.

Il presepe quest’anno è allestito all’interno del Parco del palazzo baronale di Noha che tutti chiamano Castello.

Per godere appieno della visita, vi consigliamo vivamente di soffermarvi sui dettagli, tutti autentici, che potrete apprezzare in ogni angolo del percorso, frutto di una capillare attività di ricerca storica su luoghi, mestieri, profumi e sapori, e di una scuola e un lavoro di attenzione ai particolari che dura mesi.

Tutto questo fa del presepe di pietre e di gente di Noha un museo/teatro dove anche il visitatore può interagire con personaggi e interpreti del copione, diventando a sua volta attore-protagonista della scena.

In questo presepe non noterete sforzo di arte drammatica, non affaticamento da troppa recitazione: in quanto il pastore ha davvero il suo gregge di pecore e di capre portate al pascolo ogni giorno; il contadino vanga e rivanga le zolle ed attende il frutto dalla terra anche al di là del presepe vivente; il fornaio è fornaio vero che produce il pane quotidiano; e così la sarta, il ciabattino, il maniscalco, lo scultore, il fabbro…

Anche gli angeli, forse, lo sono oltre il Castello ed oltre le feste.

Lungo il tragitto si ha modo di ammirare alcuni tra i beni culturali più antichi e importanti di Noha.

A metà del cammino s’incontra l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty, coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della misteriosa Casa Rossa (la casa delle meraviglie nohana che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì) della quale, proprio all’ingresso del presepe, ma dall’altra parte della strada, al di là del muro di cinta, potete osservare il primo piano con tetto spiovente.

Di fronte alla vasca ovoidale, la costruzione che ospita il palazzo di Erode è la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso. Ospita ancora un impianto idraulico ed elettrico tecnologicamente molto interessante, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità.

Continuando nel viaggio, incontrerete il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la straordinaria torre del XIV secolo (1300) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto.

Dall’aspetto severo, militaresco, tremendo, la torre medievale di Noha era capace di generare, specie nei giorni di tempesta, timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse. Ma più forte era la paura di saccheggi, uccisioni e rapimenti da parte dei filibustieri di ogni risma.

Fra’ Leandro Alberti in un’opera del 1525 dal titolo: “Descrittione di tutta l’Italia” definisce questo maniero come “il fortissimo castello di Noja [Noha] posto in forte loco”.

La torre di avvistamento e difesa, intorno alla quale si organizzò il castello, la corte, e il resto del piccolo centro, raggiunge i dieci metri d’altezza. La costruzione è coronata da una raffinata serie di archetti e beccatelli che ne sottolineano il parapetto alla sommità.

Più avanti, prima di giungere nell’osteria, dove potete degustare i prodotti del campo e delle fattorie locali, si osserva uno scorcio delle cantine del Castello, con le enormi botti in legno nelle quali si invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha nello stabilimento omonimo, a due passi dal parco, e imbottigliato a Martina Franca.

Avvisiamo i visitatori che è possibile chiedere agli addetti al presepe informazioni sulle diverse tipologie di bestiame e le svariate razze di volatili presenti nel presepe; e, volendo, ai pastori di accarezzare gli agnellini in tutta sicurezza.

Dopo la doverosa sosta all’interno delle rugose mura della grotta della natività, proseguendo sul sentiero tracciato, all’uscita dal parco, avrete modo di apprezzare il gruppo scultoreo e monumentale delle casiceddhre, ubicate sulla sommità dei forni del Castello, che tante leggende hanno suscitato nel popolo salentino.

Vi ringraziamo per la visita alla nostra Bet Lèhem, che significa, appunto, casa del pane. E a proposito di pane, all’uscita, oltre alle altre specialità, vi aspettano le fragranti pucce con le olive appena sfornate.

Questo e molto altro si scopre viaggiando in questo luogo incredibile custodito nel cuore di Noha.

*

Signore e signori, grazie per la vostra generosità. Le vostre libere offerte e, ovviamente, il passaparola ai vostri parenti e amici, ci daranno la forza di continuare a realizzare anche in futuro rappresentazioni popolari, non solo natalizie, come questa. E, oltretutto, di recuperare e valorizzare i beni culturali del nostro Salento.

Auguri a tutti voi di buone feste. E arrivederci al prossimo appuntamento.

Antonio Mellone – per l’Ass. Presepe vivente di Noha

 
Di Redazione (del 29/07/2021 @ 23:44:20, in NoiAmbiente, linkato 1311 volte)

Da un paio di anni circa, sulle mura esterne dell’ex-stabilimento del Brandy Galluccio, l’antica Distilleria di Noha appartenente ancora agli eredi della famiglia che dopo alterne vicissitudini aveva acquistato il feudo dai baroni De Noha, sono stati affissi dei cartelli indicanti la proprietà privata.

Suona alquanto strano questo messaggio in cui il diritto di proprietà ha superato millenni di storia di soprusi e angherie. Un’inutile frase che manca di tatto nei confronti della dignità e dell’onestà dei cittadini che rispettano la legge. Ci è sembrato invece che voglia ricordare ai passanti l'inviolabilità di quelle mura. Abbiamo avuto la sensazione dell'ennesima sferzata al rispetto del Bene Comune, della barriera che non deve essere manco avvicinata.

Che bisogno c'era di ricordare ai cittadini di Noha e dintorni che quelle mura sono proprietà privata?

Noi crediamo che a qualcuno, forse, è venuto in mente di rimarcarne il concetto per prepararci all'ennesima prevaricazione nei confronti della nostra storia locale, in particolar modo delle tombe messapiche, e non ultimo della distilleria (esempio tipico di archeologia industriale). Ne abbiamo parlato e scritto qui e altrove, i ritrovamenti sono stati perfino immortalati in libri e gli oggetti ritrovati archiviati al Museo di Galatina.

Non è la prima volta che siti archeologici vengano presi di mira dalla speculazione edilizia, che cerca di trasformare in superflui appartamenti o in zone artigianali o in centri commerciali tutto quel che le capiti a tiro, a condizione che abbia un certo rilievo storico, sociale o paesaggistico.   

Non abbiamo pretese di alcun tipo su quelle mura, ma ci aspettiamo che la proprietà o chi ne gestisce lo stato di degrado - perché questo è - rispetti, se non il buon senso, almeno le leggi che impongono la salvaguardia delle tombe messapiche presenti al disotto di quelle mura, con i vincoli attribuiti dalla Soprintendenza e consegnati all’Amministrazione Comunale di Galatina quale garante dei beni Archeologici. E se ne avanza pure l’anima di quell’antica fabbrica di brandy.

In questi giorni, gli addetti ai lavori incaricati alla pulizia delle strade, hanno tagliato l'erba. Purtroppo ora si vede meglio l'unica cosa che invece era più urgente rimuovere: la spazzatura di questo secol superbo e sciocco.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv

 
Di Redazione (del 28/08/2013 @ 23:42:04, in Eventi, linkato 3558 volte)

"Pubblichiamo l'intervento di Marcello D'Acquarica di domenica 25 Agosto 2013 in occasione del 6° Motoraduno Moto Guzzi, Miero e Pizzica svoltosi a Noha"

Oggi è una giornata di festa. Approfitto di questa occasione per riflettere insieme su ciò che consideriamo bene comune.

Se è chiaro il significato di questi due presupposti: “Insieme” e “bene comune”

possiamo considerare questo momento costruttivo. Altrimenti vuol dire che non siamo né insieme né in grado di intendere il significato di bene comune.

In questo momento  mi viene in mente il film “I 100 passi” di Marco Tullio Giordana con Lo Cascio.

Cento passi è una breve distanza. E noi vogliamo contare i cento passi. Cento passi sono lo spazio che ci separa da certe volontà politiche. Sono la distanza che ci separa dal concetto di bene comune, dal rispetto per l’ambiente, da mentalità truffaldine in nome di alti valori.

Cento passi. Dovremmo tutti fare 100 passi, insieme, anche in moto.

Facciamoli insieme questi cento passi: noi cittadini, la Pubblica Amministrazione, la Chiesa, e in questo momento anche voi ospiti di Noha. Facciamoli per vedere che cosa ci circonda cominciando da qui.

Alle mie spalle abbiamo la chiesa madre di San Michele Arcangelo, che mostra sul frontone in alto l’elegante stemma di Noha: tre torri che sorvegliano sul mare tempestoso il pericolo portato da due velieri di pirati. All’interno della chiesa si trovano esposte delle tele seicentesche e altari barocchi, che ci raccontano della sua storia.

Poi voltando le spalle abbiamo, svettante nella nostra pubblica piazza, l’orologio pubblico più fermo del mondo: è rotto da più di un decennio. E mai nessuno ha pensato di compiere i 100 passi per ripararlo. Noi intanto ci consoliamo pensando che segni l’ora esatta due volte al giorno.

Sotto le vostre ruote, cari amici motociclisti, sempre a cento passi c’è un frantoio  jpogeo, unico nel Salento, e forse al mondo, per la sua architettura. A cosa serve? A essere adoperato abusivamente come sito per discariche private? Probabile.

Verso la fine di via Castello, a cento passi da qui, potete ammirare le cosiddette “casiceddhre” in miniatura. Dovrete però prestare attenzione ed utilizzare il casco (anche se siete a piedi). C’è il rischio che vi becchiate qualche pietra storica in testa.

Basterebbe poco, giusto 100 passi, per sistemarle una buona volta e per creare quella bellezza in grado di salvarci tutti insieme.

La torre medievale ed il ponte levatoio con il suo stupendo arco a sesto acuto, che sono riprodotte sulle miniature in terracotta offerte da Daniela Sindaco, appartengono al complesso del palazzo baronale. Anche questo si trova a meno di cento passi da qui. Tutto abbandonato nella più totale trascuratezza, come se il comune non esistesse affatto, come se i beni culturali “non ci dessero da mangiare”.

A 100 passi dal palazzo baronale c’è la casa rossa di Noha, un gioiello d’art nouveau, in stile liberty, più o meno come la casa pedreira di Gaudì che si trova a Barcellona (in Spagna) e che certamente alcuni di voi avranno già visitato. La nostra casa rossa di Noha, non solo reclama il restauro - schiaffeggiata com’è dagli anni e dall’incuria dei privati – è pure circondata e nascosta da una muraglia di rara bruttezza.

Sempre a poco più di cento passi da qui potrete ammirare l’antica masseria Colabaldi e i resti messapici, la trozza (un pozzo profondissimo che dava da bere ai nohani), il calvario, le vecchie scuole elementari ristrutturate (ma purtroppo non funzionanti al 100% per via di un allaccio all’energia elettrica, diciamo così, poco funzionale) e non da meno il nostro singolare centro storico di via Osanna e piazzetta Trisciolo.

Ecco, tutte queste testimonianze storico culturali vorrei farvi conoscere e ammirare, ma ahimè, non manca solo il tempo, manca purtroppo la decenza.

Quindi, cari amici, noi ci auguriamo, anche con l’aiuto delle istituzioni qui presenti (se presenti), che nel prossimo futuro saremo in grado (noi ed i ns beni culturali) di accogliere voi e tutti i visitatori di Noha in maniera un po’ più decorosa.

Vi auguro di compiere tutti quanti 100 passi, in avanti.

Grazie per l’attenzione.
 
Di Redazione (del 11/04/2017 @ 23:37:12, in Comunicato Stampa, linkato 1836 volte)

«Il nodo della chiusura del centro storico e quello dell’alienazione dei beni rimangono un problema aperto». Questa la constatazione di Giampiero De Pascalis, candidato sindaco di “Obiettivo 2022” (Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc), dopo l’incontro con il commissario straordinario, Guido Aprea, questa mattina 11 aprile, a Palazzo Orsini. Si è trattato di un incontro interlocutorio voluto dal commissario straordinario per comunicare a tutti i candidati alla carica di sindaco di Galatina l’attività svolta sin qui dall’amministrazione comunale.

«Il commissario straordinario ha descritto tutti gli atti che ha messo appunto – spiega De Pascalis – e dobbiamo ringraziarlo per il lavoro intenso che ha svolto. Purtroppo sul centro storico non ha ritenuto di voler raffreddare il clima teso che si è creato, come pure sui beni a adlienare rimane la mia viva preoccupazione che possano essere venduti con forti ribassi». Sono i due temi su cui il candidato sindaco ha chiesto risposte precise ad Aprea visto che sul centro storico c’è la vibrata protesta dei commercianti e un contenzioso aperto che costa alle casse comunali; mentre sui beni in vendita le prime due aste sono andate deserte e ora c’è il timore di una vendita con forte ribasso.

«Ho rappresentato al commissario straordinario le mie preoccupazioni – afferma De Pascalis – lui vuole andare avanti ed è leggittimato a farlo. Ribadisco che, a mio parere, le scelte devono essere fatte coinvolgendo la città perché il centro storico appartiene a tutti i cittadini di Galatina e frazioni. La chiusura del centro storico è un obiettivo che ogni città d’arte deve rispettare, ma bisogna – contestualmente – creare le condizioni. Serve un piano traffico che tengo conto della viabilità modificata, serve una strategia per incentivare la ristrutturazione delle abitazioni. Non basta che sia curata piazza San Pietro e in parte la zona della Basilica. Un po’ di settimane fa ho fatto un giro nel centro storico e ho trovato una situazione davvero non sopportabile. Dai panni stesi ad asciugare per strada, ai cancelli per chiudere le corti, dall’asfalto sul basolato. Non basta aprire gelaterie per far passeggiare i cittadini e i turisti nel nostro centro storico. La riqualificazione è una cosa seria e impegnarà un capitolo importante del nostro programma elettorale».

Giampiero De Pascalis

 

Il Comune di Galatina collaborerà con l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza nelle attività volte alla prevenzione e contrasto all’evasione fiscale, secondo criteri di efficienza, economicità e collaborazione amministrativa. È quanto ha deciso il Commissario Straordinario Guido Aprea mediante un apposito atto deliberativo, che mira a sottoscrivere e far proprio un protocollo d’intesa trilaterale, mirato per l’appunto alla lotta contro l’elusione fiscale. L’intesa, formalizzata nella mattinata di oggi a Lecce tra il dottor Aprea ed il colonnello Salsano, comandante provinciale della Guardia di Finanza, discende dall’accordo del marzo 2016 sottoscritto a Bari tra l'Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Puglia, la Guardia di Finanza – Comando Regionale Puglia e l'ANCI Puglia, che prevede la partecipazione dei Comuni pugliesi al contrasto dell'evasione fiscale ed all'accertamento tramite segnalazioni qualificate relative a diversi ambiti (commercio e professioni, urbanistica e territorio, proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, residenze fiscali all'estero, beni indicanti capacità contributiva). Con la sottoscrizione del protocollo di intesa le parti si impegnano a definire le modalità di accesso alle banche dati, necessarie al fine di trasmettere agli Uffici dell'Agenzia delle Entrate competenti le segnalazioni qualificate ed immediatamente utilizzabili per gli accertamenti fiscali. “Si tratta – ha detto il Commissario Straordinario, dr. Guido Aprea – di un importante documento che testimonia la volontà del Comune di Galatina di perseguire buone pratiche e progetti virtuosi, tese a contrastare in modo serio e deciso l’evasione fiscale, una piaga che oltre a causare danni all’economia rappresenta un brutto malvezzo che colpisce i cittadini onesti e rispettosi della legge”. Adesso, dopo la firma del protocollo tra il dottor Aprea, il colonnello Bruno Salsano, comandante provinciale della Guardia di Finanza, ed il Dr. Antonino Di Geronimo, Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate, il Comune di Galatina avrà uno strumento operativo per la lotta all'evasione.

 

Il Commissario Straordinario Città di Galatina

Dr. Guido Aprea

Il Comandante Provinciale Guardia di Finanza

Col. Bruno Salsano

Il Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate della Puglia

Dr. Antonino Di Geronimo

 

NOI SIAMO PER IL FOTOVOLTAICO RAGIONATO, PER L’AUTOPRODUZIONE DI ENERGIA SUI TETTI DELLE NOSTRE CASE  E PER UN VERO RISPARMIO DEI COSTI DELL’ENERGIA!

IL FOTOVOLTAICO E’ NATO PER DIFENDERE IL TERRITORIO NON PER DISTRUGGERLO, COME INVECE STANNO FACENDO NELLA NOSTRA CAMPAGNA.

NOHA dovrà sorbirsi un impianto di circa 200 HA, diviso in 15 lotti, UN IMPIANTO ENORME

che porterà un impoverimento del nostro territorio

E’ stata svenduta la “TERRA” di Noha, l’unica vera fonte di ricchezza per la popolazione.

COSA LASCEREMO AI NOSTRI FIGLI? Cosa mostreremo ai turisti?

I nostri padri con tanto sacrificio ci hanno tramandato fertili terre, uliveti secolari, beni culturali, vigneti,  prelibatezza di prodotti, ed ora le grosse multinazionali trasformeranno tutto ciò in distese enormi di pannelli argentati!

ECCO 10 MOTIVI PER RESPINGERE L’ INVASIONE DELLA SPECULAZIONE DEL FOTOVOLTAICO AGRICOLO CHE STA PER CIRCONDARE NOHA:

 

1)      Gli incentivi statali che incassano le società del fotovoltaico li paghiamo noi sulle bollette bimestrali della luce, senza avere alcuna riduzione dei costi dell’energia;

 

2)      Nessuno ha il coraggio di dichiarare che estensioni così grandi e concentrate non sono dannose per la salute umana.

 

3)      I cavi che accumulano e trasportano l’energia accumulata dai pannelli vengono interrati lungo strade e sentieri che i cittadini hanno la necessità di percorrere e sono la fonte di campi magnetici;

 

4)      Grandi estensioni concentrate di pannelli di silicio sovvertono il microclima, disturbano la fauna e le migrazioni.

 

5)       I costi per lo smaltimento dei materiali scaduti (gli impianti si esauriscono dopo 10-15 anni) e per il ripristino della terra sono altissimi, molto ma molto superiore all’introito economico ricavato dagli affitti.

 

6)      Per impedire alla vegetazione di crescere avvelenano la terra inquinando le falde acquifere, l’acqua che è il nostro bene più prezioso insieme alla terra ed all’aria!

 

7)      Grandi estensioni di pannelli di silicio concentrate in una stessa area desertificano (TIPO DESERTO DEL SHARA) le campagne un tempo rigogliose;

 

8)      Le grandi estensioni di campi di fotovoltaico impoveriscono economicamente il territorio in quanto sottraggono terra all’agricoltura;

 

9)      Non danno diretti posti di lavoro, ma accrescono il precariato;

 

10)   I miseri benefici che ne derivano alle amministrazioni non sono minimamente comparabili con il sacrificio che subisce la terra e la popolazione.

 

Il Comitato

 
Di Marcello D'Acquarica (del 16/06/2012 @ 23:31:20, in I Beni Culturali, linkato 2690 volte)
I beni Culturali di Noha resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

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icon11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
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Di Redazione (del 25/08/2021 @ 23:31:19, in Comunicato Stampa, linkato 635 volte)

Noi di NoiAmbiente e beni Culturali Odv di Noha e Galatina, parteciperemo perché riteniamo doveroso restituire dignità alla nostra Terra che pochi o tanti incivili, non importa quanti, stanno oltraggiando spregiandola con i loro rifiuti. 
Facendolo tutti insieme saremo più forti e torneremo ad essere abitanti di una terra senza malattie e bellissima.

Come vi avevamo promesso è imminente il prossimo clean up estivo organizzato dal CAS! Segnatevi la data e partecipiamo in massa, il Salento ecologista ed ambientalista vuole dare speranza e far sentire che non ci daremo mai per vinti.
Questo evento è diverso dagli altri, speciale, perchè dedicato al carissimo Francesco Cino, promotore del nostro coordinamento e fondatore dell'associazione Amanti della Natura - Punta del Macolone - Parco Naturale di Ugento.
Il 29 agosto siamo chiamati a svolgere un'ardua impresa, che siamo sicuri andrà nel migliore dei modi.
Un'impresa perchè la riserva naturale WWF delle Cesine è bellissima, importantissima dal punto di vista naturalistico e della biodiversità di flora e fauna, marina e terrestre, ma complicata per la logistica, però stiamo lavorando duro per ottimizzare il tutto.
Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile!

Nei prossimo giorni e poi in Loco verranno date informazioni più dettagliate, il fervore è tanto, le zone da pulire sono estese, ma non ci fermerà nessuno, perchè come diceva il nostro caro, saremo
TUTTI INSIEME PER IL BENE COMUNE

 CAS - Coordinamento Ambientale Salento

 
Di Fabrizio Vincenti (del 02/02/2013 @ 23:28:57, in Lettere, linkato 3524 volte)

All’alba delle elezioni politiche, Noha si barderà per la festa. Certamente qualcuno verrà a chiederci il voto dicendoci: “Io sono meglio degli altri”. Così si da inizio al dilemma: “Chi voterò questa volta?”. Stranamente poi, chi se lo chiede, ha già provato a votare prima per uno schieramento, poi  per un altro, con la speranza che i due non sono la medesima cosa e che dunque o l’uno o l’altro è la scelta giusta. Poi però ci si accorge che, il giorno dopo aver votato o per l’uno o per l’altro, chiunque vada a governare, le cose non cambiano. Ed è qui che il mistero si fa più fitto: a cosa è servito votare? Sicuramente a far prendere vitalizi agli uni piuttosto che agli altri. Che senso hanno quei tremila voti di Noha se nulla cambia? Io non ricordo differenze eclatanti tra i vari governi. Noha , come il resto d’Italia, vive le stesse difficoltà di sempre. Noha vota per i motivi qui di seguito riportati: creare occupazione per giovani e donne; diminuire la pressione fiscale e incrementare il benessere delle famiglie; formulare delle agevolazioni per i meno abbienti e per chi è affetto da malattie; salvaguardare la natura e il territorio, la salute e l’istruzione; incrementare la ricerca e lo sviluppo; tagliare sprechi nella pubblica amministrazione e fondi per le spese militari; incrementare il turismo orientando attenzione e sforzi verso beni artistici e culturali; eliminare quanto più possibile la burocrazia facendo risparmiare tempo e denaro, impiegandoli per altre risorse; eliminare finanziamenti pubblici a chi non ha requisiti e a chi non se li merita; estirpare la criminalità e le mafie dal tessuto sociale recuperando fior di miliardi di euro da investire in risorse umane; facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro riducendo al minimo il fenomeno del precariato e agevolando le assunzioni a tempo indeterminato; diminuire le trattenute in busta paga per rilanciare l’economia reale; legiferare in materia di speculazione economica evitando di salvare con i nostri sacrifici le banche dissennate; cancellare il gioco d’azzardo e aumentare il prelievo fiscale ai grandi patrimoni, non solo immobiliari; dichiarare guerra aperta al carovita; ridurre al minimo l’inquinamento atmosferico; individuare una legge veramente efficace contro la corruzione; ridurre al minimo le spese per la politica e i partiti; mettere un tetto massimo etico e decente per gli stipendi dei dirigenti pubblici; ridare la dignità ai pensionati; etc…! Insomma, tutto questo è lo scopo per cui votiamo. Alla gente di Noha, alle nostre famiglie, a piazza San Michele, alla Trozza, alla masseria Colabaldi, alle case Rosse, ad ogni singolo cittadino nohano serve questo. E invece? E invece si parla di premio di maggioranza, di spred che interessa più gli investimenti delle banche che i nostri, di nozze gay, di bipolarismo, di europeismo, di redditometro… A proposito di redditometro: cosa interessa a Noha il redditometro? Hanno impostato una campagna elettorale sul redditometro, un programmino di scuola materna dove si gioca con il colore verde o rosso! Vi prego, cara gente di Noha, apriamo la mente. Con tutti i problemi che ci sono, vogliono concentrare la nostra attenzione sulle sciocchezze! Il redditometro! Quando andremo a votare, cari nohani, andiamoci in massa, ma il giorno dopo vietiamo a questi quattro politicanti di smontare le loro “impalcature comiziali” perché, dopo che abbiamo messo la nostra “ics”, su quei palchetti improvvisati di piazza San Michele, dobbiamo salirci tutti noi per controllare che il nostro voto serva a quello per cui siamo andati a votare. In fondo è questa la politica che è come la libertà, quella che Gaber definiva “PARTECIPAZIONE” non solo al voto ma anche e soprattutto dopo il voto.

Fabrizio Vincenti
 
Di Albino Campa (del 22/12/2011 @ 23:15:56, in I Beni Culturali, linkato 3001 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
icon5. ARCHITETTURA MILITARE
icon6. ARCHITETTURA RURALE
icon7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/09/2020 @ 23:15:27, in I Beni Culturali, linkato 2357 volte)

Rispetto almeno per i morti

La necropoli messapica di Noha ricoperta da rifiuti non è un grande esempio di educazione civica.

Che il Covid 19 abbia rallentato molte attività è vero. Ma che il rispetto per questi nobili testimoni della nostra storia abbia una considerazione minore di zero non è una novità.

Anche se lo abbiamo già detto decine di volte, con articoli, immagini, segnalazioni, disegni, ecc., non ci stancheremo mai di chiederlo: il rispetto.

In questo luogo esiste una vera necropoli messapica, e presso la sede del nostro rispettabile Comune, è conservata anche una comunicazione della Soprintendenza dei beni Culturali della Provincia di Lecce, che chiede appunto il rispetto dell’area su cui insiste l’antica necropoli. 

Rispetto almeno per i morti

Anche se, evidentemente, ai nostri amministratori, sia politici che non, non è quasi mai interessata la nostra storia, basta vedere in che stato sono anche gli altri beni Culturali, tutti in balia del tempo e della nostra indolenza.

Non servono altre parole per ricordare a chi amministra questo territorio, che il rispetto non si mette al fondo della lista delle priorità, e che l’educazione e la civiltà si possono pretendere soltanto dando per primi l’esempio.

Senza la giusta considerazione nei confronti di questi beni non possiamo pensare di essere dei buoni tutori per le future generazioni, è come andare ad un’elegante cerimonia vestiti di tutto punto e non essersi lavati nemmeno la faccia.

Rispetto almeno per i morti

Rispetto almeno per i morti

 

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 05/08/2021 @ 23:14:57, in Fetta di Mellone, linkato 1058 volte)

Pensavo a quanto sia improprio chiamare “Prima” (come quella della Scala di Milano - di cui francamente ho sempre apprezzato le contestazioni e detestato la mondanità dei lupi in platea travestiti da visoni, quando non in marsina) il concerto inaugurale di una rassegna organistica.

Elucubrazioni da preludio le mie (nel senso etimologico di prae – prima e ludus gioco), formulate mentre in auto percorrevo i circa 45 chilometri che separano Noha da Salve, nella cui chiesa madre, assiso all’Olgiati-Mauro del 1628, il M° Antonio Rizzato ridava fiato alle canne facendo avvicendare, in concorrenza tra loro, i secoli distesi sui suoi spartiti musicali.

Ne avrei percorsi il doppio, di chilometri, pur di non perdermi l’esibizione del Rizzato che conosco ormai da un decennio (lavoravo in quel di Lequile, terra sua, quando lo conobbi), noto ormai ovunque per il rigore dei suoi studi, la disciplina, direi pure l’intransigenza e il bisogno di perfezione in tutte le sue esecuzioni - improvvisazioni incluse.

Non sarei mancato comunque il 24 luglio scorso al taglio del nastro della settima stagione artistica del Festival Organistico del Salento, non soltanto per gratificare gli sforzi degli incrollabili organizzatori, ma proprio per la mia direi quasi innata passione nei confronti di uno strumento che può riservarti mille sorprese, e parimenti per la responsabilità che avverto nel mio essere salentino: certi beni culturali locali come gli organi a canne (antichi e moderni) si salvano solo attraverso la coscienza, risultato del processo di partecipazione di un popolo.   

Mo’ non è che io mi stia profondendo in grandi salamelecchi nei confronti di un Festival Organistico per via del fatto che Francesco Scarcella, il maestro direttore, è un amico mio, tanto che nel 2020, una settimana prima che il mondo si fermasse a causa di un virus, tenne nel duomo del mio paese un concerto che resterà negli annali della storia patria nohana: ne parlo invece perché chiunque si degnasse di ascoltare l’organo a certi livelli, come quelli di codesto concorso musicale, non potrà che riceverne giovamento intellettuale e direi anche sensoriale e fisico (a proposito di benessere e di anticorpi contro ogni patologia in forma epidemica).

Pensavo (per ritornare al tema introduttivo) che ogni concerto d’organo è una Prima.

Mi spiego meglio. Sapete, ogni organo a canne è un pezzo unico. Nel mondo non esistono due organi a canne identici: al più simili, ma mai uguali tra loro. Sono strumenti fabbricati da artisti più che da artigiani, e di industriale hanno ben poco: progettati uno per uno, tengono conto dell’ambiente nel quale vengono poi assemblati (a terra o in alto, incassati su di un balcone in navata o in controfacciata, o nel presbiterio, oppure nella cavea di in un auditorium o incastonati chissà dove a teatro). Ergo il suono di un organo a canne varia sempre. Non solo in funzione della macchina stessa, della sua potenza, del numero di canne, dei timbri, dei materiali, delle dimensioni e delle forme, cambia anche in base all’aula, alla sua acustica, al suo grado di insonorizzazione, e risente della numerosità dei presenti, e financo del loro abbigliamento. Il suono si aggiusta in rapporto alla pressione atmosferica, alla temperatura, al tasso di umidità, ed è condizionato dalle trasmissioni, dalla fisionomia della cassa armonica, e da mille altre variabili. Ed è diverso ovviamente a seconda dell’autore dei segni sui pentagrammi e dell’organista interprete, anch’essi nel novero dei numeri primi.

Ecco perché la Prima di un concerto non può che essere anche l’Ultima. Avete presente il primo bacio dato a una ragazza (o a chi volete voi)? Agognato, sospirato, forse strategicamente procurato. Sapete già sin dall’inizio che quel primo bacio (che ricorderete a lungo) non si ripeterà mai più, e non ce ne sarà un altro simile a quello, perché dopo averlo dato diventerà il vostro ultimo primo bacio.

Cos’è mai un concerto d’organo a canne? – vi chiederete.

Un musicografo (rosa) tra le parole piano e forte.

Antonio Mellone

P.S. L’immagine che mi ritrae alle prese con il Continiello di Noha del 1971 sostituisce la consueta vignetta satirica.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 25/07/2017 @ 23:13:09, in I Beni Culturali, linkato 2957 volte)

Nella sua “DESCRIZIONE di Tutta l’ITALIA”, Fra Leandri Alberto ci delizia con delle stupende note narranti il paesaggio e i costumi delle popolazione che incontra e di cui si fa una sua opinione. Diciamo “sua” perché è evidente che non può essere influenzata dalla storia che noi conosciamo avendone studiato il dettaglio a posteriori. Per esempio quando parla di S. Pietro in Galatina, esprime un giudizio favorevole verso il Duca Ferrante Castriota. Così dice Fra Leandri: “Egli è questo signore molto umano, e generoso”. (Dopo i De Balzo, Giovanni e suo figlio Ferrante furono il primo e secondo duca di Galatina nel periodo che va intorno al 1485).

Invece noi sappiamo benissimo che i cittadini di Galatina, opposero una grave controversia verso il  Duca Castriota, per le sue angherie soprattutto di tipo fiscale  (“Ebbe contrasti durissimi con la città e la sua Università (autorità municipale), abituate ad una convivenza diversa con i precedenti sovrani --Raimondello e Giovanni Antonio Orsini del Balzo- da "Galatinesi Illustri" a cura di M.F. Natolo, A. Romano, M.R. Stomeo).

Avvicinandosi nel nostro territorio, Fra Leandro Alberti, lo trova pieno di castelli e uliveti, e gli appare alla vista “il fortissimo castello di Noia posto in forte luogo”.

Fortissimo e forte luogo” sono termini che non troviamo sovente e così accentuati nelle sue narrazioni d’Italia, questo vuol dire che il nostro mastio posto sulla serra che sovrasta la valle dell’Asso, lo colpisce non poco, fino a fargli dire parole tanto importanti.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 25/08/2021 @ 23:12:30, in Comunicato Stampa, linkato 712 volte)

A Galatina (LE) l’impianto del colosso Colacem produce dagli anni Cinquanta diverse tipologie di cemento. Gli impatti sul territorio sono rilevanti. Cinque organizzazioni, e diversi Comuni, hanno ricorso al Tar regionale per chiedere l’annullamento del rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia. La sentenza, decisiva, è prevista per ottobre

Il cementificio Colacem di Galatina © Atlante dei conflitti ambientali

In Salento non si ferma la battaglia delle associazioni ambientaliste contro il cementificio di Galatina del colosso Colacem Spa, che in Puglia produce diverse tipologie di cemento dagli anni Cinquanta. Ad agosto cinque organizzazioni -CittadinanzAttiva Puglia, Coordinamento Civico Ambiente e Salute, Italia Nostra, Forum Amici del Territorio Ets, Noi Ambiente e beni Culturali- hanno deciso di costituirsi nel procedimento pendente presso il Tar di Lecce, ad adiuvandum al Comune di Soleto (LE), relativo alla richiesta di annullare la determinazione provinciale per il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), rilasciata al cementificio nel 2018 con scadenza nel 2030.

Si tratta dell’ultimo passaggio di una mobilitazione che dal 2017 vede gruppi di cittadini e organizzazioni territoriali denunciare le conseguenze causate dall’impianto sulla salute e sull’ambiente, documentate da ricerche e studi scientifici nazionali ed europei. Nel 2012 l’Agenzia europea dell’ambiente inseriva Colacem Galatina tra le industrie a maggiore impatto ambientale e sanitario, a causa delle sue emissioni, posizionandola al 586esimo posto su scala europea. Secondo l’istituto, erano emesse 584mila tonnellate di ossido di carbonio annue e 2.420 tonnellate di ossidi di azoto con un costo dei danni ambientali e sanitari calcolato tra 37 e 67 milioni di euro. Nel 2019 “Protos”, uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento, ha confermato l’esistenza di un cluster tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito Colacem: qui, come era già stato indicato in una ricerca pubblicata nel 2014 dall’Istituto superiore di sanità, è stato registrato un sensibile eccesso di incidenza per tumori polmonari rispetto ai casi attesi.

I prossimi mesi saranno cruciali. “La sentenza del Tar di Lecce, prevista per ottobre, è attesa da tre anni. Il percorso è iniziato nel 2018 quando i Comuni di Galatina e Soleto (in adiuvandum a Corigliano d’Otranto, Aradeo, Martano, Cutrofiano e Sogliano Cavour) hanno fatto ricorso al tribunale per chiedere l’annullamento dell’Aia, considerata insufficiente per tutelare i cittadini”, spiega ad Altreconomia una portavoce del Coordinamento Civico Ambiente e Salute a nome delle realtà coinvolte. Il tribunale deciderà se rinnovare o meno l’autorizzazione.

A pesare sulla decisione del Tar saranno i risultati contenuti nelle oltre cento pagine di una consulenza tecnica, richiesta nel 2018 proprio dal tribunale al fine di verificare se le disposizioni della Provincia fossero state idonee a tutelare l’ambiente e la salute e se fossero state rispettate da Colacem. Realizzata durante più di un anno di ricerca dai periti Mauro Sanna, Nazzareno Santilli e Lucia Bisceglia e consegnata lo scorso maggio, “ha evidenziato profonde carenze strutturali e una situazione preoccupante”, prosegue la portavoce. In particolare, si legge nel documento, l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia non avrebbe previsto alcuna limitazione né alcun particolare vincolo per l’impiego di petcoke (un residuo solido prodotto dalla raffinazione del petrolio, ndr) in alternativa al carbon fossile. Sono anzi considerati equivalenti.

Inoltre la perizia sottolinea i limiti sulle emissioni e sul loro monitoraggio, considerato discontinuo. Secondo i tecnici, la Provincia non avrebbe considerato che nel forno dell’impianto di Galatina non finisce solo il carbone ma che “è effettuato un recupero di materia di rifiuti per mezzo del loro trattamento termico”. Ma questo dovrebbe cambiare la normativa di riferimento: se fosse applicata correttamente, i limiti alle emissioni di ossidi di zolfo dovrebbero essere pari a 50 mentre quelli previsti nell’autorizzazioni sono il quadruplo; quelli di carbonio organico totale dovrebbero essere pari a 10 ma il limite è di 80.

Intanto nel marzo 2021 Colacem ha proposto una istanza di riesame per rivedere l’autorizzazione già rilasciata dalla Provincia. Si tratta, secondo le associazioni, di un tentativo di arrivare a un accordo che faccia cessare la materia del contendere superando, con un nuovo provvedimento Aia, l’eventuale giudizio negativo del tribunale che metterebbe a rischio il futuro dello stabilimento. Al riguardo si esprimerà la Conferenza di servizi il prossimo settembre. “La sentenza del Tar avrà una rilevanza nazionale”, prosegue la portavoce del Coordinamento Civico Ambiente e Salute. “La nostra organizzazione si è occupata anche degli impatti che Colacem produce sugli altri territori dove è attiva a Gubbio (Perugia) e a Sesto Campano (Isernia). Secondo il ‘Rapporto sostenibilità 2019’ dell’azienda, si prevede di bruciare CSS (combustibile solido secondario) nel forno di Galatina. Un aspetto che ci preoccupa ulteriormente”, conclude.

Ma gli impatti di Colacem non sarebbero riconducibili solo al contestato mancato controllo sulle emissioni. “La produzione di cemento penalizza le attività agricole e altera il paesaggio. Bisogna ricordare che è legata alle cave da cui è estratta la materia prima. Si aggiunge che i mezzi pesanti trasportano il cemento fino ai porti di Otranto e Gallipoli perché il prodotto è destinato principalmente all’esportazione”, spiega Marcello Sicli di Italia Nostra Salento. “Il Salento è già colpito da un ingente numero di cave dismesse e Colacem concorre in modo rilevante al consumo di suolo. Per intervenire con efficacia bisogna considerare il ciclo di produzione nella sua interezza”.

 Marta Facchini

 
Di Antonio Mellone (del 27/05/2013 @ 23:10:45, in NohaBlog, linkato 5395 volte)

Due seminaristi di Noha al servizio di papa Francesco Due seminaristi di Noha al servizio di papa Francesco

Il mio pallino è da sempre quello di rintracciare personaggi, accadimenti ed altre cose belle di Noha cercando di sfregarle sulla carta perché rimangano fisse, scripta manent, e non se ne volino, verba volant, al primo alito di vento, o al primo cinguettio o tweet (come con inflazionato inglesismo s’usa dire di una frase di massimo 140 caratteri lanciata nell’arcinoto social-network).  

Stavolta ho il piacere di parlare di un evento storico molto importante per la chiesa del Salento (e del mondo intero) come quello del 12 maggio scorso, allorché papa Francesco, in una piazza San Pietro gremita fino all’inverosimile (c’erano più fedeli che sanpietrini) proclamava santi i nostri Antonio Primaldo e Compagni, che tutti ormai venerano comunemente come i Santi Martiri di Otranto.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoMa il fatto straordinario di cui vorrei parlare non è tanto (o solo) la canonizzazione di personaggi storici della nostra terra, quanto il fatto che a servire la messa solenne del papa v’erano, tra gli altri, anche due bravissimi ragazzi di Noha, due seminaristi, Luigi D’Amato e Giuseppe Paglialonga, attualmente studenti (e sappiamo pure con profitto) di Teologia e Filosofia presso il pontificio seminario regionale “Pio XI” di Molfetta (pio collegio che ha “prodotto” pastori di gran prestigio, sacerdoti e vescovi, ma anche professionisti e uomini di importante levatura sociale), dopo aver frequentato, sempre insieme - e con soddisfazione da parte tutti, primo fra tutti l’ordinario diocesano - il seminario arcivescovile di Otranto (istituto ecclesiastico rinomato dal Settecento in poi per la floridezza degli studi e la bontà dei giovani avviati al sacerdozio).

Luigi e Giuseppe sono, dunque, due tra le perle più preziose di quello scrigno di tesori che è la gioventù nohana. Affatto diversi nella loro figura fisica, nel taglio della loro personalità, ma probabilmente non in quello delle loro aspirazioni, sempre pronti a salutarti cordialmente e con un sorriso, Luigi e Giuseppe hanno scritto e siamo certi continueranno a scrivere pagine importanti della Storia di Noha.

Ci sarà certamente il tempo (ora è fin troppo presto data la loro giovane età) per profondersi in biografie, stilare articoli sul loro curriculum vitae, vergare “scritti in onore” di questi due personaggi local con vocazione global (anzi universal, o, meglio, celestial), dandone i giusti colpi di scalpello nell’abbozzo di un loro profilo.

Qui però mi sia consentito di ricordare brevemente un paio di episodi che rispettivamente li riguardano.

Il primo è questo.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoTempo fa accompagnai Luigi D’Amato a Galatina nella casa di un mio amico, il compianto Prof. Mons. Antonio Antonaci, per far conoscere l’uno all’altro: ci tenevo (evidentemente per la stima che nutro nei confronti di entrambi). In quell’occasione il professore non parlò molto, affetto com’era da un principio di depressione senile cronica (che lo accompagnò fino al giorno del suo congedo da questa vita che ebbe termine il 26 settembre del 2011); tuttavia alla fine di quell’incontro il professore ebbe modo di donare a Luigi uno dei suoi numerosi capolavori: lo stupendo volume dal titolo “Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo – cappuccino - arcivescovo di Otranto (1930 - 1952)”, un libro di oltre 400 pagine sulla vita straordinaria di un vescovo santo che ha operato nella nostra terra durante “gli anni ruggenti” che vanno dal periodo fascista alla ricostruzione post-bellica. Orbene, in una delle prime pagine di questo tomo - il cui testo si legge scorrevolmente come un racconto senza tuttavia divenire un romanzo - Mons. Antonaci, prima dell’autografo, vergava di proprio pugno una dedica al nostro seminarista appellandolo (con molte probabilità profeticamente) don Luigi. In quell’occasione mi parve di cogliere in Luigi, anzi in don Luigi (e credo di non essermi sbagliato), un certo compiacimento, se non proprio un cenno di approvazione.

Il secondo fatto che vorrei menzionare riguarda invece Giuseppe.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoRicordo molto bene questo poco più che imberbe ragazzino beneducato e molto attento, oltre che sempre presente nelle prove o nel corso delle liturgie in cui mi capitava di suonare (con o senza il coro) l’organo a canne di Noha. Orbene, Giuseppe osservava in silenzio e sembrava assorbire come una spugna le tecniche ed i segreti di quella vera e propria orchestra che è l’organo elettromeccanico nohano, le combinazioni dei suoni, dei suoi timbri e registri, l’uso dell’“acceleratore” del “crescendo”, i pulsanti ai pedali, e via di seguito.

So che certe cose si aggrappano all’infanzia come ami nella carne per non staccarsene più; non saprei dire, però, con certezza se io sia stato protagonista in positivo (nel senso che Giuseppe, da buon osservatore nohano, abbia “scoperto” e quindi iniziato ad amare la musica, e soprattutto quella celestiale e sublime, commovente e magnifica di un organo a canne anche grazie a me), oppure in negativo (nel senso che osservando e soprattutto udendo il sottoscritto suonare l’organo con i piedi – ma nel senso metaforico del termine, in quanto un organo si suona pure con i piedi – dunque nel peggiore dei modi, abbia reagito alla violenza provocata ai suoi timpani, oltre che al decoro che si deve all’arte ed al senso estetico, studiando invece seriamente la musica organistica, e giacché c’era anche il canto, onde evitare il ripetersi nel mondo di certe performance melloniane). Sta di fatto che oggi, nell’un caso o nell’altro, Giuseppe Paglialonga è un bravo ed apprezzato organista, oltre che un cantante dalle indiscusse doti canore.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoMa ritorniamo in piazza San Pietro (ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato - o dal seminario) ed a quelle immagini in mondovisione che hanno proiettato davvero su tutto l’orbe terraqueo, oltre a tutto il resto, anche i nostri due conterranei intenti l’uno, Luigi, a reggere il pastorale del papa (che per essere precisi si chiama “ferula”) e l’altro, Giuseppe – se riesco a veder bene nella foto - catino, brocca e forse anche manutergio per l’abluzione rituale (cioè la lavanda delle mani che avviene nel corso della messa durante l’offertorio e dopo la comunione).

Assisi proprio a pochi metri dalla sedia del papa, i nostri due impettiti seminaristi sono stati impeccabili. Il maestro delle cerimonie pontificie, il rigoroso e apparentemente imperturbabile Mons. Guido Marini (genovese, da non confondere con il prefetto suo predecessore fino al 2007, Mons. Piero Marini, pavese) non avrà faticato molto, né sprecato molto fiato nelle istruzioni da dare ai nostri ragazzi: Luigi e Giuseppe saranno apparsi agli occhi del cerimoniere pontificio come i più navigati liturgisti vaticani, grandi esperti di sacra liturgia, delle sue leggi e regole (e soprattutto delle tre P richieste a tutti i chierici, e cioè la pietà, la pazienza e la precisione) apprese certamente in seminario, ma anche e soprattutto in quella vera e propria scuola-guida che è la parrocchia di Noha.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoIn conclusione o ad integrazione di queste note, a me (ma sono certo anche ai miei venticinque lettori) piacerebbe conoscere i sentimenti, l’emozione e l’impressione provati dai nostri due baldi giovani a proposito di questo avvenimento che rimarrà indelebilmente scolpito nel loro animo per tutta la vita. Mi piacerebbe leggere (magari su questo stesso sito) i loro pensieri in merito, i risvolti e la cronaca particolare della cerimonia, il contatto con papa Francesco, i dettagli dell’evento e anche il “dietro le quinte” di questa occasione storica e straordinaria.

Nell’attesa di tutto questo, auguro a Luigi ed a Giuseppe, sicuro d’interpretare anche il pensiero di molti, tutto il bene di questo mondo, qualunque sarà la loro scelta.

Auguro loro di ascoltare e di mettere in pratica i messaggi forti di questo papa evangelico, dunque “rivoluzionario”, che dice papale papale (appunto!) che la chiesa di Cristo non ha titoli da concedere né onori da distribuire ai vanitosi del mondo, ma solo servizi da chiedere agli umili della terra, riaffermando con determinazione le parole di Luca (17,10): “Quando avrete fatto tutto il vostro dovere dite: siamo servi inutili”.

Due seminaristi di Noha al servizio di papa FrancescoAuguro loro di abiurare il dio del perbenismo di facciata, il dio del potere corrente e mafioso, il dio delle convenienze, delle compiacenze e dei privilegi, il dio di comodo ed il dio denaro. Auguro loro, invece, di credere, accogliere, predicare e donare agli altri il Dio nudo, forestiero, crocifisso, emarginato, diverso, precario e disoccupato, il Dio che inorridisce davanti ad ogni schifezza compiuta specialmente dentro le mura del tempio, il Dio che dà senza aspettarsi nulla in cambio, il Dio delle gerarchie, quelle vere che non hanno bisogno di gradi, il Dio che ha fame e sete di giustizia, il Dio della strada stretta, tortuosa, in salita, difficile, accidentata, il Dio dei poveri cristi, il Dio di una chiesa dell’intra omnes e non quello dell’extra omnes.

*  

Alla fine di questo percorso auguro loro - se sarà questa la loro Vocazione - di caricarsi anche del fardello del pastorale (se non proprio quello di una ferula papale: mai porre limiti alla divina Provvidenza), impugnandolo tuttavia non in qualità di caudatari, ma, possibilmente, in qualità di titolari.

Sempre, però, sulle orme di Francesco.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 28/11/2014 @ 23:10:22, in Comunicato Stampa, linkato 3097 volte)

L’Amministrazione di Cutrofiano si appresta a concludere un vergognoso accordo con la Colacem, in danno del territorio, dell’ambiente e di tutta la comunità locale.

Per un obolo di 50.000 euro l’anno – il classico piatto di lenticchie – l’Amministrazione Comunale intende sottoscrivere con la Colacem s.p.a. una nuova convenzione quinquennale, che prevede un ampliamento di circa 5 ettari della cava “Don Paolo”; un’estensione che si somma ai 22 ettari (con profondità di 30 metri) esistenti, sacrificando i beni comuni alle ragioni del profitto e alimentando un’attività insalubre, anche se a norma di legge, che contribuisce al già grave inquinamento nel nostro comprensorio.

Questa svendita di territorio non servirà a ridurre le tasse per i cittadini, ma per rimediare ad errori amministrativi, espropri mal eseguiti e spese scriteriate di precedenti governi cittadini, che gravano sui nostri bilanci per quasi un milione di euro.

Occorre bloccare un patto scellerato, reso possibile dalle connivenze della politica locale, che ha trasformato questo nostro paese, dalle spiccate vocazioni agricole, turistiche e artigianali, in una colonia mineraria, il cui materiale di scavo viene esportato in tutto il mondo senza regole e senza limiti, per dare profitto ad una singola azienda privata.

Un patto così solido che consente ai rappresentanti della Colacem di affermare che fino a quando ci sarà argilla a Cutrofiano, Colacem scaverà per produrre il suo cemento; un’agghiacciante dichiarazione che fa comprendere quale sia il rispetto del territorio da parte dell’Azienda.

Un patto così vincolante che l’Amministrazione Rolli non ha scrupoli, per la sua attuazione, a tradire i propri impegni elettorali di realizzare “una politica di controllo, di contenimento e, se necessario, di contrasto nei confronti delle attività estrattive”.

Tutto ciò mentre il Registro Tumori segnala nel nostro Comune e nel comprensorio una mortalità per tumori polmonari nettamente superiore alle medie regionali e nazionali, e mentre autorevoli scienziati e operatori sanitari, non escludono la relazione tra le malattie registrate e le emissioni industriali e la qualità dell’aria nel territorio.

Ogni volta che decidiamo di distruggere, vendere o consumare il nostro territorio in modo irreversibile, rubiamo il futuro ai nostri figli!

Il progetto di ampliamento interessa un’area, a ridosso del Parco dei Paduli e nella fascia di rispetto del Canale Colaturo (classificato tra le acque pubbliche), di elevato valore paesaggistico, ed è stato già bocciato nel 2011 nell’ambito della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.

Per questi motivi chiediamo all'Amministrazione comunale di Cutrofiano di:

A) Non approvare alcuna Convenzione con la Colacem che preveda l'ampliamento delle cave in cambio di un misero rimborso economico;

B)  Aprire un ampio confronto con i cittadini e con i Comuni vicini per valutare l'intera situazione ambientale ed economica connessa alle attività estrattive e quella del cemento;

C)  Dotarsi di una serie di Piani e Regolamenti finalizzati a tutelare il territorio, riqualificare le criticità esistenti e a individuare nuove prospettive economiche  ed occupazionali ambientalmente sostenibili.

Signor Sindaco e Signori Consiglieri, non svendete il nostro territorio e con esso il futuro di Cutrofiano!

Forum Amici del Territorio,
Italia Nostra sez. Sud Salento,
Consulta Ambiente C.S.V. Salento,

Forum Ambiente e Salute.

 
Di Redazione (del 03/10/2021 @ 23:10:19, in NoiAmbiente, linkato 869 volte)

Bella giornata non c’è che dire, tenendo conto che eravamo a due passi da casa, anzi si può dire che stavamo proprio dentro la nostra bellissima Noha, in mezzo a ville e giardini.

A parte la bruttissima sorpresa iniziale, e cioè un sacchetto di rifiuti sparpagliati quasi davanti ai nostri cartelli (uno schiaffo alla civiltà) e i cestini traboccanti degli avanzi delle abbuffate fatte in villa probabilmente la sera prima, il resto è filato tutto liscio, senza olio ma con tanta spazzatura già avvinghiata nell’erba.

Sono stati allietanti perfino gli sguardi curiosi e quasi meravigliati dei tanti nostri concittadini che hanno fatto passerella in auto e in carrozze trainate dai cavalli, insomma quasi una festa.

Abbiamo lottato non poco con colate di plastiche stracotte che hanno fatto radice nel terreno, e quindi recuperato una trentina di sacchi stracolmi di bottiglie di vetro, di plastica, di metalli e di indifferenziata varia.

Non è mancata la pausa di metà mattinata servita di caffè caldo bollente e una tornata di pasticciotti alla crema offerti dalla nostra socia di NoiAmbiente e amica Loredana Tundo, che ha anche partecipato alla manifestazione.

E infine ci ha allietato la mattinata il piccolo Luca, che non ha fato altro che leggerci un sacco di barzellette divertenti, giusto per sdrammatizzare lo schifo che stavamo cercando di contrastare.

Ma la brutta sorpresa l’abbiamo trovata alla fine del percorso. Praticamente una montagna di rifiuti di tipo domestico: scarpe, valigie, giochi, materassi, e tanta altra roba sgomberata da qualche sprovveduto, tutte cose che avevamo denunciato alla P. A. e protocollato il 18 di agosto del 2020, e sollecitato durante il corso dell’anno 2021. Niente da fare, tutto andato in fumo, aggiunto quindi altro veleno nell’aria, nell’acqua e nella terra. Qualcuno, è evidente, ha voluto incendiare solo quel tratto di bordo strada dov’erano i rifiuti segnalati. Questa volta abbiamo perso la corsa. La giornata iniziata, diciamo bene, è finita così: allibiti davanti a tanta ignoranza e cattiveria. Siamo arrivati davvero troppo tardi, e la colpa è nostra.

Questa la denuncia fatta il 18 agosto del 2020:

Questo ciò che rimasto nell’erba bruciata:

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv

 
Di Redazione (del 12/04/2018 @ 23:09:04, in Comunicato Stampa, linkato 1396 volte)

Non concede alcuna chance la corazzata Normanna Aversa al sestetto di mister Stomeo, rimandandolo nel Salento con una pesante sconfitta per 3-0 , dopo aver stentato a carburare nel primo set agguantandolo ai vantaggi(26-24).

Seppur preventivabile un nulla di fatto in terra campana , ciò che si chiedeva all’Olimpia SBV Galatina era una prova di carattere, in quello che doveva essere un test probante in prospettiva della gara interna e decisiva di domenica contro il Tricase.

La fiammata di orgoglio è durata invece  un set :il primo, dove una progressione nel punteggio lasciava ben sperare (6-8, 9-16, 14-22)  poi ,capitan Guarini e compagni hanno buttato al vento l’occasione ,facendosi erodere un break positivo di 8 punti.

Sono stati i servizi di Corti e Mandolini ad incidere di netto sul fondamentale della ricezione in casa salentina, che ha racimolato in termini percentuali un insufficiente 27%  , nonché i primi tempi di un Vetrano super che realizza il 100%  dei suoi attacchi , identificandosi come il migliore nella prima frazione di gara.

C’è un senso di sconforto nelle file galatinesi , quasi di rassegnazione dinanzi  allo spessore tecnico del sestetto aversano. Molla incomprensibilmente la squadra salentina , assume comportamenti ed atteggiamenti da vittima sacrificale e le notizie che giungono da Andria con il vantaggio di due set a uno per i padroni di casa sull’ Ottaviano  , mettono le ali ai ragazzi di Del Prete che  lasciano appena ventiquattro punti all’Olimpia SBV, nei rimanenti due set, con Bonetti e Mandolini sugli scudi.

Non era questo che società e tifosi avevano chiesto ;la gara andava affrontata con la giusta dose di adrenalina, non inquinata da un’acquiescenza per manifesta superiorità dell’avversario . Si chiedeva la continuità nervosa , la tenuta caratteriale del gruppo , senza mollare …invece dopo il primo set si era già sotto la doccia.

Traggano , atleti e tecnici, le  dovute considerazioni in prospettiva della gara  di domenica 15 aprile contro la Fulgor Tricase che determinerà il futuro dei colori bianco-blu-celesti.

Si affronterà una squadra , quella di mister De Giorgi, reduce dalla vittoria per 3-1 sull’Erredi Taranto, con un Del Monte in evidenza che bisognerà bloccare ed un Muccio da contenere. Poi sarà il pubblico, il tifo caldissimo ,la giusta cattiveria degli atleti in campo a far pendere ,ci auguriamo, la bilancia dalla nostra parte.

Per l’occasione la società del presidente Santoro  apre le porte del PalaPanico a tutti in modalità gratuita, invitando i tifosi ad organizzarsi coreograficamente, sostenendo i propri beniamini con il cuore e con le corde vocali in massima estensione.

Ci aspetta una grande giornata di sport.

 

ROMEO NORMANNA AVERSA – OLIMPIA S.B.V. GALATINA   3-0

(26-24, 25-12, 25-12).

GALATINA: Corsetti 5, Rossetti , Iaccarino 5, Lentini 8, Apollonio (L), Muccione 1 , Calò , Persichino(n.e.), Petrosino , Buracci 7,Guarini 3  Coach: Stomeo. Ass. Bray

AVERSA: D’Auge(L), Nero(L) ,Vetrano 14,Lentola 1, Gaetano, Corti 7, Bonetti 16, Illuzzi 1, Testagrossa 6,Mandolini 15   Coach: Del Prete.

 

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

OLIMPIA SBV GALATINA

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 18/05/2018 @ 23:08:54, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1564 volte)

Con Mons. Vetta e Mons. Nappi si chiude il l’ottocento. Nuovi vescovi e nuove storie di Nardò e di Noha ci attendono nelle prossime puntate.

La redazione

 

 

LUIGI VETTA (1805 – 1873)

Vescovo dal 20 aprile 1849 al 10 febbraio 1873

Dal 1849 al 1873 Pontefice era:

            Pio IX (1792-1878)                                       Papa dal 1846 al 1878

 

            Arciprete di Noha

            Don Michele Alessandrelli (1812-1882),       parroco dal 1847 al 1882

 

            Luigi Vetta, figlio di Angelo e di Maria Berchinio era nato nel 1805 ad Acquaviva Colle Croci, comune di Acquaviva, diocesi di Termoli, provincia di Campobasso. Studiò lettere e filosofia a Napoli. Il 20 aprile 1849 Pio IX, che si era ritirato a Gaeta invocando l’aiuto delle potenze cattoliche, dopo l’uccisione del presidente dei ministri dello stato pontificio Pellegrino Rossi, lo nominò Vescovo di Nardò.

            Dopo l’ingresso in diocesi decise  di iniziare la visita pastorale, per conoscere più da vicino il suo gregge, per porgere a tutti i suoi figli il suo saluto, la sua parola ed il suo conforto, per conoscere i desideri e le necessità dei medesimi e per poter prestare l’opportuno rimedio ai difetti ed ai mali morali. La indisse il 3 aprile ed il 7 la iniziò e dopo tre anni, il 10 aprile 1853, la portò a termine.

            Fin dall’inizio del suo episcopato si adoperò con tutte le forze per la ri-costruzione dell’episcopio, ed intanto, come i suoi predecessori, andò a risiedere in contrada le Cenate. Perciò le bolle di questo periodo sono datate non dalla curia o dal palazzo vescovile, ma dalla nostra residenza. Il 22 maggio 1850 ordinò al maestro muratore Donato Cimino di continuare i lavori, già iniziati per incarico del Lettieri, e, tre anni dopo, il rustico del palazzo era già pronto. Il 30 novembre 1853, il perito architetto Gregorio Nardò eseguì, per disposizione del Vetta, la stima finale dei lavori, dalla quale risulta che quelli del pianterreno comprendevano la costruzione dalle fondamenta di oltre quindici vani, una scala segreta, due portici, un grande arco di comunicazione tra il palazzo vescovile ed il seminario e la scala centrale con due piccoli ripostigli nel sottoscala; inoltre lavori di intonaco, di pavimentazione e di rifiniture in altri sette vani, già fatti costruire dal Lettieri.

            Il pianterreno richiese la somma di ducati 3.722,82. I lavori del primo piano, invece, comprendevano la costruzione del blasone della scala maggiore, di circa venti vani con accessori e della scala di accesso alla terrazza; inoltre lavori di intonaco, di pavimentazione e di rifiniture a tre vani costruiti prima. Il primo piano richiese la somma di ducati 5.309,69; per cui la somma complessiva fu di ducati 9.032,51.

            Nel febbraio 1854 il palazzo vescovile di Nardò era già completato anche nelle rifiniture.

 

          Il Vescovo Vetta si trovò a Nardò in un periodo storico molto turbolento (1860/1861), allorché il Regno delle due Sicilie fu sconvolto dai moti rivoluzionari per la cacciata della dinastia borbonica, dominante da molti anni, e per l’unificazione con il regno d’Italia, contrastati dalle soldatesche borboniche. Fu bersaglio di persecuzioni da parte dei liberali, fu vittima di violenze, subì il rapimento, l’allontanamento forzato dalla sede e dalla diocesi e il domicilio coatto.

            Nel ministero pastorale di questa diocesi fu coadiuvato dall’arcidiacono Giuseppe M. Leante che era il vicario generale, e dai provicari generali, proposito Francesco Toraldo, dal 1851 al 1858, canonico Salvatore Perrone, dal 1858 al 1872, e primicerio Vincenzo Marinaci, per qualche anno soltanto, nel 1869.

            Fu uno dei padri del concilio ecumenico vaticano I (1869- 1870), indetto da Pio IX, e prese parte alle varie sessioni.

            Verso la fine del 1867 fu colpito da una lunga e crudele malattia, che lo rese quasi immobile per molti anni e che egli sopportò con rassegnazione e con fortezza cristiana.

            Dopo ventiquattro anni di episcopato, all’età di 68 anni, il 10 febbraio 1873, alle ore 17, cessò di vivere. Fu sepolto nella chiesa della B. V. Incoronata, posta a qualche chilometro fuori le mura della città, e sulla tomba fu collocata l’epigrafe che sintetizza bene la sua vita e che qui riporto in italiano:

 

Gesù Maria

Qui riposa

LUIGI VETTA

da Acquaviva Colle - Croci

per circa 24 anni Vescovo di Nardò

Nelle discipline ecclesiastiche

e nelle lettere classiche

dotto

utile alla città e alla diocesi

frugale

assai munifico verso i poveri

la violenza la fuga l’esilio

con animo invitto

per la chiesa per la giustizia

avendo tollerato

a Roma uno dei Padri del grande concilio Vaticano

a 68 anni di età

il 10 febbraio

logorato da lunga e crudele malattia

Improvvisamente morì l’anno 1873

 

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            In questo periodo l’arciprete di Noha era don Michele Alessandrelli, nato a Seclì nel 1812 da Michele e Vita Picciolo: fu Arciprete dal dicembre 1847 fino alla sua morte 17 Settembre 1882. Fu sepolto nel cimitero di Galatina. Bisogna anche aggiungere che era molto devoto di San Michele, sia perchè lui stesso si chiamava Michele e sia perchè era parroco di una parrocchia intitolata a questo Arcangelo.

          Appassionato della storia locale, oltre al fatto che, come abbiamo già detto, ci ha lasciato nei registri di battesimo un bigliettino su cui annota come suo vanto la scoperta del racconto del miracolo del 1740, attribuito all'intercessione di San Michele, nel 1850 ha compilato un prezioso documento che è la sua relazione per la visita pastorale che Mons. Luigi Vetta condusse alla Diocesi nel 1850-53.

            A Noha il Vescovo venne il 14 maggio 1852, poi anche  l’11 giugno 1855 e infine il 6 giugno 1857. In questa relazione don Alessandrelli descrive con molti particolari la situazione della chiesa di Noha: strutture, beni e persone. Le notizie che ci trasmette, utili per conoscere la storia della chiesa di Noha, per noi oggi si rivelano molto importanti.

            Durante i suoi anni bisogna annotare anche il rifacimento della chiesa di San Michele con l’ampliamento della struttura che inglobava la vecchia chiesa del 1502. Infatti nel 1857 a spese sue personali e col concorso del popolo di Noha, fece costruire dalle fondamenta la chiesa parrocchiale insieme con la sagrestia e la torre campanaria. Il perito architetto Gregorio  Nardò, lo stesso che a Nardò aveva costruito l’episcopio, valutò i lavori, ultimati il 7 ottobre 1857, ducati 411,33.

            Il 12 agosto 1855, scoppiò una terribile epidemia di colera che durò sino a tutto il mese successivo, seminando rovina e morte. A Nardò oltre seicento furono le persone colpite dall'inesorabile male e ben 373 incontrarono la morte. Ogni giorno, senza nessuna eccezione, per due mesi interi, il terribile morbo fece le sue vittime, che da tre nel primo giorno 12 agosto, toccarono il numero più alto il 5 settembre con ben 29 morti.

            Ma si vede che il colera deve essere durato un certo tempo, perché il nostro Arciprete a conclusione dell’anno 1867  nel registro dei morti informa:

          In questo anno decorso dominò in questo paese il Colera Morbus, ma per grazia speciale di Dio misericordioso e del nostro Protettore S. Michele Arcangelo fu moderato e non desolante come negli altri paesi e Città.

 

Sacerdoti presenti a Noha in questo periodo

 

* Don Mario Resta, di cui non abbiamo notizie e che ha sostituito don Alessandrelli negli ultimi tre anni della sua vita come Economo Curato.

* Don Pantaleo Paglialonga, Economo Curato.

* Don Francesco Greco, di Noha, è Vice Parroco. Nella relazione per la visita pa-storale l’Alessandrelli lo descrive così:

Rev.do Sacerdote D. Francesco Greco di questo stesso Comune di anni 39, ordinato a titolo di patrimonio sacro, e sotto il solo titolo della Chiesa. Sostituto autorizzato a richiesta del Parroco da S.E. Rev. ma Monsignor Vetta Vescovo di Nardò.

* Don Nicola Caputo, Economo Curato e poi arciprete

* Il Can. Salvatore Erroi di Galatone, Economo Curato.

 

 

 

Salvatore Nappi (1828 - 1899)                         

Vescovo dal 22 dicembre 1873 al 23 giugno 1876

Dal 1873 al 1876 il Pontefice fu:

            Pio IX (1792-1878)                                              Papa dal 1846 al 1878

 

            Arciprete di Noha

            Don Michele Alessandrelli (1812-1882),       parroco dal 1847 al 1882

 

            Salvatore Nappi nacque a Nola, provincia di Napoli, nel marzo 1828. Era canonico e professore di diritto ed aveva 45 anni quando il 22 dicembre 1873 fu nominato vescovo di Nardò dal Papa Pio IX.

            Il 18 gennaio 1874 prese possesso della diocesi mediante il procuratore canonico Alessio Bona.

            Poche notizie si hanno della sua attività pastorale in questa diocesi, che governò per due anni e cinque mesi circa. Sembra che stesse preparando la visita pastorale ed avesse inviato allo scopo i relativi questionari ai parroci, ma non ebbe il tempo di effettuarla.

  Nel giugno del 1876, per motivi sconosciuti, il Nappi rinunziò alla sede di Nardò. Fu quindi Vescovo ausiliare di Calvi e Teano e poi Arcivescovo di Conza e Campagna in provincia di Avellino. Morì  arcivescovo emerito nel 1899.

            Il procuratore Alessio Bona al capitolo radunato comunicò di aver ricevuto una lettera assicurata dall’auditore del Papa contenente la libera ed incondizionata rinunzia di Salvatore Nappi a vescovo di Nardò e la benigna degnazione del Pontefice ad accettarla .

           

Relazione con la chiesa  di Noha

           

            Non se ne hanno notizie.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 

Sono partiti questa mattina i lavori di messa in sicurezza dell’ex chiesetta di Santa Lucia, sita in via Noha a Galatina. L’immobile, di proprietà del comune e in stato di abbandono da decenni, lo scorso anno aveva già beneficiato di un intervento per la rimozione dell’albero di fico cresciuto sul suo tetto che, altrimenti, ne avrebbe potuto determinare il crollo. L’intervento di oggi, portato avanti dalla ditta Nicolì specializzata in restauri, serve, appunto, a mettere in sicurezza una struttura di valore storico e sarà seguito da un finanziamento di 25 mila euro che la Sovrintendenza ha concesso al comune di Galatina per ulteriori lavori. 

La conservazione del patrimonio culturale rappresenta una delle linee guida di questa amministrazione – ha dichiarato l’assessore ai Lavori Pubblici Loredana Tundo - Diversi gli interventi già programmati in questi ultimi tempi, tra i quali la sistemazione da infiltrazioni dell’orologio di Noha, il parere favorevole ottenuto dalla Sovrintendenza per la sistemazione della “Trozza” sempre a Noha e per ultimo la richiesta di finanziamento per la messa in sicurezza della Chiesetta di Santa Lucia a Galatina. Bene vincolato con un decreto del 1993 per la sua importanza storico artistica. Chiesetta dotata anche di un “hospitarum” ovvero di un corpo di fabbrica destinato a luogo di sosta e ricovero dei fedeli, purtroppo distrutto. Questo ci fa capire l’importanza del bene nel 1500. La collaborazione degli uffici, la sensibilità dimostrata dal nostro Dirigente Arch. Nicola Miglietta e dai tecnici comunali al recupero di beni storici, dei quali è ricca la nostra città, è quello che ci sta permettendo di ottenere importanti risultati per la nostra comunità.

Ufficio Stampa - Marcello Amante 

 

 
Di Antonio Mellone (del 12/10/2016 @ 23:06:11, in NohaBlog, linkato 2143 volte)

Il padre Pijo che abbiamo al governo ha dunque il dono della bilocazione, anzi dell’ubiquità (sennò che padre Pijo sarebbe).

Sta solcando mari e monti per portare ovunque il suo verbo (difettivo) inducendo le genti tutte a rispondere convintamente di ‘sì’ ad un quesito, come dire, molto ‘politically correct’. Roba da indurti a votare plebiscitariamente a favore del referendum (anzi reverendum), non fosse altro che per l’equilibrio con il quale è stato formulato.

Pare che da qui al 4 dicembre prossimo sventuro, il premier dei primati (da interpretare il concetto di “primati”) avrà non so più quanti comizi e visite in agenda (e in azienda): nelle fabbriche, dunque, nei campi di grano, a cavallo, a torso nudo, negli aeroporti, ai giochi olimpici, sui balconi di piazza Venezia a Roma.

Del resto che problemi avrà mai l’Italia perché un primo ministro Superman se ne occupi in prima persona. Secondo la sua favella, infatti, tutto fila a gonfie vele, il Pil è in crescita, il debito pubblico è sotto controllo, la disoccupazione sparita, la sanità va che è una bellezza, “corruzione” non è più un lemma dell’italico idioma, la mafia è stata distrutta (insieme alle intercettazioni di Napolitano), e l’Ilva (grazie alla firma del Primo Sinistro sul decimo decretino salva-Ilva, mica salva-polmoni) non produce più diossina democratica ma inebriante profumo d’intesa Cacharel (o Cacarel, non ne ricordo più con precisione la marca).

La probabilità che possa vincere il sì al reverendum – bisogna riconoscerlo – è invero molto alta, grazie anche a tutta una serie di promotori (finanziari): da mamma Rai che non sa più come incensarne le magnifiche sorti e progressive (tanto d’aver reso ormai inutile la creatività del pubblicitario americano Jim Messina, retribuito con 400 mila euro di moneta nostra: il famoso Messina-denaro) al Tg Orba di Enzo Magistà/Macifà che sta cercando in tutti i modi di cannibalizzare (riuscendovi benissimo) il ben più serio Mudù; dai giornaletti confindustriali, debenedettini, rondoliniani, e altri orrori di Stampa “vergini di servo encomio” a benigni che, dopo “Jonny Lecchino” (cit.) e dopo “Pinocchio” (veramente lo vedrei meglio nei panni della volpe), s’è messo in testa di girare anche il sequel de “Il Pap’occhio”: un novello film horror dal titolo “Il Pastrocchio” (con il protagonista principale che prova a leggere di seguito gli articoli 70, 71 e 72 della nuova carta sulla Prostituzione, ma stramazza al suolo per ipossia ancor prima di terminare la lettura del primo dei tre).

E’ vero che in giro è pieno zeppo di libri sul NO al reverendum (libri di Silvia Truzzi, Marco Travaglio, Salvatore Settis, Alessandro Pace, Gianfranco Pasquino, Stefano Rodotà, Zagrebelsky, don Ciotti, e molti altri). Ma questa è garanzia di vittoria sicura del SÌ: in Italia infatti non si trova un lettore di libri manco a pagarlo a peso d’oro. E invero nemmeno di articoli lunghi più di cinque righe (tipo i miei).

Nè si leggono (a riuscirci) certamente nemmeno quelli della cacoforma costituzionale, così verbosi, prolissi, pieni d’inutili digressioni che faresti prima a rileggerti “Guerra e pace” di Tolstoj e di seguito la “Recherche” di Proust certamente con più celerità (e consolazione).

Sempre a proposito di letture. Se il primo sinistro e gli esponenti della sua corte avessero letto (e capito) Calamandrei, là dove afferma che “quando si scrive la Costituzione, i banchi del governo devono restare vuoti”, forse non avrebbero toccato nemmeno con una canna del canale dell’Asso la nostra bella Carta Costituzionale, e men che meno avrebbero provato l'azzardo di ridurla in coriandoli per le loro carnevalate; e se infine avessero letto (e capito) l’altro passo: “Non bisogna dire che questa è una Costituzione provvisoria che durerà poco, e che di qui a poco si dovrà rifare. NO: questa deve essere una Costituzione destinata a durare” (estratto dal discorso “Chiarezza nella Costituzione”, pronunciato all’Assemblea costituente nella seduta del 4 marzo 1947 – in: Piero Calamandrei, “Lo Stato siamo noi”, Chiarelettere, Milano, 2016, pag. 27-28) non avrebbero collezionato la figura di merda planetaria nell’affermare che già i nostri padri costituenti volevano riformarla; già prima ancora di licenziarla [sic]).

Ecco. Se i novelli padrini costituenti avessero letto (e capito) Piero Calamandrei, non saremmo giunti fino a questo che più che un voto è un vomito.

p.s. Per chi non li conoscesse, i padri costituenti nella foto sono nell'ordine da sinistra verso destra: Maria Elena Boschi, Denis Verdini e Matteo Renzi.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 01/07/2011 @ 23:03:01, in I Beni Culturali, linkato 2708 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE

8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Albino Campa (del 07/07/2011 @ 23:01:46, in RadioInOndAzioni, linkato 3912 volte)

Eccovi di seguito un articolo a firma di Antonio Mellone sulla nostra 'RadioInOndAzioni' apparso sull'ultimo numero de "il Titano", supplemento economico de "il Galatino", n. 12 del 24 giugno 2012. Insomma W Interet Libero, W la libertà!

Il Titano La Puglia passerà al digitale terrestre entro la fine del corrente anno o al massimo entro il primo semestre del 2012. Questa bella notizia apprendiamo leggendo il calendario del passaggio al digitale. Tradotto in parole semplici vuol dire che per poter guardare i programmi della televisione saremo costretti – come hanno fatto o faranno anche in altre regioni – a riempire le nostre case di alcune scatole chiamate “decoder” da collegare in qualche modo all’apparecchio televisivo. Senza questo decoder le nostre televisioni (a meno che non siano acquistate in tempi recenti con il marchingegno incorporato) diventerebbero un semplice soprammobile.

Fonti più che attendibili ci informano che il digitale terrestre di fatto è un digitale sottoterrestre (o extraterrestre: cioè roba dell’altro mondo), in quanto si tratta di un vero e proprio ferrovecchio, una tecnologia obsoleta morta e sepolta ma temporaneamente risuscitata dall’endemico italico conflitto d’interessi che sembra avere quale obiettivo precipuo quello di far fare i soldi a chi i soldi li ha già: in questo caso i proprietari (più ricchi) delle vecchie reti televisive. Il tutto a discapito dell’innovazione vera, della democrazia e della libertà d’informazione.

Per fortuna la realtà supera l’immaginazione al potere, e il futuro prima o poi arriva. Per fortuna, cioè, a prescindere dalle scelte politiche sceme, c’è una realtà che non vuol perder tempo, che va per conto suo, e soprattutto contro l’archeozoico vento sinistro degli insipienti e gli ottusi. E questa realtà è un mondo in fermento, ricco di idee e di persone libere, pronte a cavalcare le punte più avanzate della comunicazione non allineata attraverso l’utilizzo di una tecnologia che non potrà più essere fermata, tanto meno da un decreto ministeriale.

C’è una tecnologia che invece sta crescendo a ritmi esponenziali (almeno in altre parti del mondo non tanto distanti dal patrio Jurassic Park), ed è la connessione ad Internet.

In rete si possono vedere già da oggi, anzi da ieri l’altro, centinaia di canali televisivi: a condizione che la linea arrivi, che sia veloce e che abbia un costo ragionevole. L’Italia purtroppo sembra relegata ad uno degli ultimi posti quanto a connettività (a momenti la Libia ha più connettività di noi), visto che le suddette tre condizioni necessarie non sono pienamente realizzate, e questo per precise scelte strategico-politiche volte a trasformarci tutti in pecore mute da tosare in tranquillità e possibilmente con il sottofondo della voce del padrone.

Mentre in altre parti del mondo si studiano “ponti unici di comunicazioni”, come sta cercando di fare Microsoft con l’integrazione in Skype di molte piattaforme (MSN, Lync, Hotmail, Outlook, Exchange…), in Italia stiamo perdendo terreno, tempo e denaro con il digitale terrestre e con i decoder. Ma tant’è.

Per fortuna la realtà supera l’immaginazione al potere, e il futuro prima o poi arriva. Per fortuna, cioè, a prescindere dalle scelte politiche sceme, c’è una realtà che non vuol perder tempo, che va per conto suo, e soprattutto contro l’archeozoico vento sinistro degli insipienti e gli ottusi. E questa realtà è un mondo in fermento, ricco di idee e di persone libere, pronte a cavalcare le punte più avanzate della comunicazione non allineata attraverso l’utilizzo di una tecnologia che non potrà più essere fermata, tanto meno da un decreto ministeriale.

Queste persone non bisogna rintracciarle a “Chi l’ha visto?”, né dall’altra parte del globo, ma vivono e operano accanto a noi. Per accorgersene basta aprire gli occhi e magari connettersi in rete.

Uno dei protagonisti della locale rivoluzione cultural-tecnologica in corso è il mite ma determinato nostro concittadino Tommaso Moscara. Il quale, non pago dell’esperienza non semplice di aver dato i natali e linfa continua al cliccatissimo sito www.galatina2000.it, luogo ormai topico di incontro e di dibattito della Galatines’ community, s’è messo in testa anche di “fare la radio”: la neonataRadioIndOndAzioni(d’ora in poi Radioinondazioni).

Radioinondazioni non è una radio come le altre tradizionali che trasmettono con le frequenze in FM. Radioinondazioni – ascoltabile su Galatina2000.it e su Noha.it e sicuramente su altri siti sui quali è stata “importata” – è una web-radio, cioè  una radio on-line che permette agli utenti di tutto il mondo di collegarsi per ascoltare in streaming musica e pensieri trasmessi dal computer di un altro.

Moscara ha pensato bene che fosse ora di inondarci di novità a partire da Galatina, la bella addormentata nel Salento, e ha dato vita ad una radio che non è un juke-box senz’anima e a basso costo (i veri costi di una web radio sono il tempo da dedicarle, la determinazione, e la voglia di mettersi in gioco) ma un cuore vivo e pulsante, un collettore dinamico di arte dei suoni e informazioni, un marchingegno che ricorda il tempo rivoluzionario di trenta e passa anni fa, quello delle radio libere (di cui Tommaso sembra aver sempre avuto il pallino).

La prima web radio di Galatina, dunque, è un microcosmo che sta interessando una crescente fetta di pubblico giovanile (giovani di tutte le età, s’intende) grazie anche a quell’aggregatore di ascolti e moltiplicatore di social network che è Facebook, acceleratore di particelle di questa bellissima neorealtà. Sono questi i passi che porteranno anche in Italia il fenomeno che da tempo si registra negli Stati Uniti: cioè il sorpasso degli ascolti delle radio “solo web” su quelli delle radio in FM.

In un futuro non tanto lontano non ci si collegherà alla web radio soltanto stando seduti a tavolino con il computer (e internet) acceso, ma anche in mobilità, tramite I-Phone e altri apparecchi da casa, in auto, e persino in spiaggia, anche senza il bisogno di accendere il computer.

Nella neonata Radioinondazioni s’è voluto addirittura strafare con le novità. Ci sono dei programmi originali ed in diretta come il “Tutti pazzi per la radio” in cui la creatività di alcuni ragazzi straordinari di Galatina si manifesta in forme finora considerate inedite; ci sono programmi culturali di approfondimento sui libri, come quello condotto da Michele Stursi addirittura da Pisa (per una web radio lo studio è il mondo, nel senso che si può avere un ospite “in studio” anche a mille e passa chilometri di distanza); c’è ancora il programma “il Lunedì” condotto da Francesca dalla bella voce e soprattutto dalla dizione finalmente non marcatamente paesana, anzi attenta all’ortoepia, cioè alla corretta pronuncia delle singole parole, e dei suoni della lingua, ma anche alla forma e alla terminologia.

Sì, ci sia consentita questa breve digressione: la radio è una palestra per gli speaker e fare una radio glocal come questa che ha l’ambizione di travalicare gli angusti “confini provinciali” significa anche migliorarsi prestando attenzione all’accento, alla dizione ed alla cadenza, che nei limiti del possibile dovrebbero essere senza pesanti o meschine inflessioni (benché il nostro salentino non presenti intonazioni enormemente difformi da quelle della lingua nazionale). E finanche a Galatina s’inizia ad abbandonare il “carzilarghismo” per prestare finalmente attenzione alla rotondità del linguaggio studiato e connaturale insieme e alla ricerca di una cadenza che non stanchi e che non aberri dalla caratteristica modulazione della lingua italiana. Punto.

Non si può, infine, non citare “Quello che le donne non dicono”, il programma con la musica che si crea addirittura dal vivo. È la trasmissione-spettacolo condotta per due ore di seguito ogni venerdì a partire dalle 19.30 dalla pittrice Paola Rizzo, in diretta dal suo studio d’arte ubicato in Piazza Castello a Noha (e ritrasmessa in replica in altre giornate ed orari). Qui, di volta in volta, viene invitata una band emergente per live acustici in studio, come ad esempio i Rino’s Garden, gli Indi-Ka, i Muffx, gli Adria, i Camden, Gigi Cinto, i Ghigni Five, i Toromeccanica,  gli Shotgun, i Jack in the head, e tanti altri ancora. È incredibile la grinta e l’alto livello professionale di questi giovani gruppi dalla firma per lo più anglofona: il che la dice lunga sull’orientamento culturale prevalente.

Radioinondazioni è una radio giovane, alle prime armi, ma con tanta voglia di crescere e di trasmettere musica e programmi, anche di nicchia. Non avendo l’assillo dello share, infatti, su Radioinondazioni si potrebbe perfino parlare di filosofia o di matematica o di diritto o di beni culturali o di educazione civica, insomma di materie che – solo ad evocarle – potrebbero provocare l’urticaria da allergia alla massa dei grande-fratello-dipendenti.

Radioinondazioni ha molta strada da percorrere e, a detta del suo fondatore e dei suoi amici collaboratori, c’è ancora tanto da fare e migliorare, per esempio nella puntualità dell’inizio dei programmi o nell’organizzazione o nella pianificazione del palinsesto o in dettagli tecnici che talvolta hanno fatto registrare fastidiosi fruscii in cuffia soprattutto nel corso di qualche concerto dal vivo… Ma, a pensarci bene, questi sono lussi che Tommaso Moscara può permettersi. Questo coraggioso pioniere, infatti, ha il torto ed il merito di aver fatto la prima web radio nella storia di Galatina.

 
Antonio Mellone
 
Di Fabrizio Vincenti (del 08/11/2012 @ 23:01:01, in NohaBlog, linkato 3175 volte)

Qualche giorno fa ho assistito alla presentazione di un libro edito dal gruppo Mondadori che raccoglie tutti gli scritti di Eugenio Scalfari, con la partecipazione di Paolo Mieli, all’interno del Cinema Teatro di Lecce. Quando è stata comunicata la notizia della condanna di Berlusconi a quattro anni di reclusione, la platea si è scatenata in un fragoroso applauso, seguito dalla voce dei due intervenuti, Scalfari e Mieli, i quali sostenevano che fosse finita un’era. E come non credere loro! Poi Scalfari, nel suo excursus sulla storia d’Italia, ha detto che la politica italiana è come un fiume carsico che a volte scorre sotto terra e a volte riaffiora per cogliere ogni scintilla di populismo. Ma la cosa che più mi ha convinto è stata l’affermazione che l’Italia non è mai esistita - l’Italia come Stato si intende - poiché i cittadini non hanno mai sentito lo Stato come proprio. Neanche i più grandi geni italiani, i più illustri letterati e artisti sono mai stati dei veri nazionalisti/patriottici, condizionati soprattutto dalla nostra atipica storia. L’italiano è sempre stato individualista poiché non ha mai  incarnato un senso di collettività. Lo Stato non esiste, e se mai dovesse esserci, sarebbe nostro nemico. Se queste sono le premesse individuate da uno dei più grandi giornalisti di sempre, di cui riconosco l’importanza e l’influenza, allora non ci rimane altro che fare i bagagli e scappare quanto più lontano possibile. Ora il problema si fa molto serio. Se l’Italia non esiste per gli Italiani, qual’é la prerogativa per una corretta politica sociale? Nessuna. Conclusione non attribuibile al pensiero di Scalfari bensì al mio: la politica in Italia la si fa per se stessi, privi del senso più nobile e comune attribuibile alla stessa Politica e cioè il benessere della collettività. Se le premesse sono queste, e sono pessime, e le conclusioni sono altrettanto scontate ed evidentemente deleterie, a cosa serve ormai elencare i possibili rimedi se gli stessi non si auspicano per abitudini acquisite di clientelismo, corruzione e interessi di economie e mafie? Se bastasse cambiare soltanto i politici la soluzione sembrerebbe possibile. Ma così non è. Non basta sostituire le persone mantenendo uguali le premesse e supportando le medesime conclusioni. Il cambiamento avviene alla radice poiché, somministrando continuamente il concime sbagliato, la pianta finirà col seccare del tutto. E da troppi anni ormai si inietta nel sociale sempre la stessa dose di veleno che, a furia di assuefarsi,  ha reso il disgusto saporito al palato. Poniamo la questione in altri termini: è come ci vogliono far credere e che cioè ad un tratto, per opera di un ignoto Houdini, i soldi sono scomparsi nel nulla, volatilizzati, o quella ricchezza, la stessa quantità che c’è sempre stata, è sempre mal distribuita? Non c’è storia, è vera la seconda; traduco: ingiustizia economica e sociale. Ma in fondo la democrazia è bella poiché ognuno può dire la propria; peccato però che qualcuno si è dimenticato che oltre a poter dire qualsiasi cosa in democrazia, si potrebbe e si dovrebbe anche provare a passare dalla contemplatio all’actio poiché siamo pieni di bravissimi oratori e di pessimi faccendieri. Continuo a sperare però che i giovani e i loro strumenti salveranno questo nostro Paese e questo nostro mondo, rimembrando quella frase di quel qualcuno che si faceva legare alla sedia pur di perseguire il suo obiettivo, pronunciando come un mantra sempre la stessa frase: “Volli, sempre volli, fortissimamente volli” (V. A.). Fortunatamente qualcuno più attendibile di noi altri, che sosteniamo questo, disse che sarà la perseveranza a salvare questo nostro mondo. E se a Noha la vecchia scuola elementare è chiusa per l’assenza di una cabina elettrica, le nuove case sono addossate a beni storico – culturali di inestimabile valore, tutte le strade sono impraticabili, le rotonde non illuminate e addobbate per Natale con erbacce alte due metri, marciapiedi inesistenti e iniziative culturali scarse o poco frequentate, presepi viventi sospesi senza apparente motivo, noi vogliamo continuare a perseverare. Forse qualcuno ci dirà che le priorità sono altre, senza specificare come al solito quali siano. Qualcun altro dirà che le casse dei comuni sono vuote anche se, all’improvviso, salta sempre fuori qualche forziere nascosto nella stiva per la gioia di pochissimi. Io, nonostante tutto questo, voglio continuare a credere e persevererò fino alla fine.

Fabrizio Vincenti

 

L’attenzione, da parte di tanti cittadini, per il PD di Galatina ci fa piacere e ci inorgoglisce.  Si guarda a noi con grande interesse, condividendo i nostri interventi e sollecitando una presenza maggiore. Vedono nel PD un’alternativa valida al malgoverno dell’attuale coalizione guidata dal Sindaco Marcello Amante. Pur non avendo una rappresentanza nell’Assise Comunale, svolgiamo dall’esterno una opposizione attenta, denunciando situazioni di criticità e di abbandono, che stanno portando indietro la nostra Città, e formulando, nel contempo, proposte di governo per una corretta e più efficace gestione della cosa pubblica.

Il peggioramento delle condizioni economiche e sociali, dopo oltre quattro anni di sindacatura Amante, è sotto gli occhi di tutti, e quotidiane e sempre più numerose sono le segnalazione sulla rete.

Occorre, pertanto, costruire un’alternativa democratica, capace di rimettere ordine ai tantissimi guasti provocati alla nostra comunità. Attualmente il Circolo di Galatina è a gestione commissariale, con la nomina provinciale, come previsto dallo Statuto, di un reggente sino al prossimo Congresso, ma, con continuità ha fatto sentire la sua voce, denunciando le inadempienze, i ritardi e le omissioni. Un’azione costante, grazie alla quale alcuni risultati si sono ottenuti. Batti e ribatti, suscitando reazioni positive in tanti cittadini, singoli o in gruppo, in questi ultimi giorni, la Città è stata resa più presentabile agli occhi di tanti turisti che visitano Galatina, il decoro urbano ha fatto un salto di qualità, strade e marciapiedi (con un impegno di spesa di circa 6.000 euro) sono state liberate dalle erbacce, ma rimangono in uno stato pietoso i giardini pubblici con gli alberi e i cespugli rinsecchiti (anche qui si sono investiti 75.000 euro), i monumenti che ornano le piazze. E potremmo continuare. Se, a volte, come ci fanno notare i lettori che seguono con attenzione le vicende cittadine, spronandoci a fare meglio, e con i quali vorremmo avere, assieme alle associazioni che guardano a noi, un confronto proficuo sul futuro di Galatina, ci assale il dubbio che inveire contro chi è seduto a Palazzo Orsini è come sparare sulla Croce Rossa, che nell’attuale fase pandemica è meglio utilizzarla per altre necessità.

Un punto è fermo: il nostro obiettivo è quello di dare vita ad una coalizione democratica, formata da partiti, associazioni e movimenti che si riconoscono nell’area del Centrosinistra, respingendo, come già abbiamo già fatto, perché le riteniamo sbagliate e fuorvianti, proposte di alleanze e sostegno ai candidati della Destra. Di quelle forze che ci hanno mal governato, con risultati nefasti: il pietoso stato di abbandono, l’inerzia e la mancata salvaguardia de nostri beni artistici e architettonici, la perdita di copiosi finanziamenti (clamoroso quello di oltre 5 milioni di euro per la rigenerazione urbana delle periferie) la svendita di tanti nostri gioielli, ad iniziare dalle strutture del Quartiere Fieristico, che, da polo di promozione dell’economia salentina, è ridotto ormai ad un inutile contenitore di dubbie e, a nostro giudizio, inefficaci  iniziative,         

Come PD, lo abbiamo detto a chiare lettere a Nardò, lo diciamo a Galatina.              

 

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLI DI GALATINA E NOHA

 
Di Antonio Mellone (del 29/12/2022 @ 23:00:20, in NohaBlog, linkato 715 volte)

Meno male che il 22 dicembre scorso a Noha, oltre al concerto per i cinquant’anni del Continiello (dico il bell’organo a canne di comunità), erano previsti nel pomeriggio inoltrato ben altri appuntamenti tra piazza San Michele e via Castello, tipo gli artisti di strada, i canti natalizi a cura delle scuole nohane, il mercatino, le caldarroste, l’assaggio dei dolciumi della tradizione, e l’immancabile Babbo Natale con la sua casetta downtown (insomma Magic Christmas contro Magic Crisi), se no davvero non avremmo saputo come riuscire a ospitare nella parrocchiale di San Michele Arcangelo il pubblico suppletivo in aggiunta a quello intra et extra moenia dei melomani (melomani, puntualizzo, non mellomani) che già la gremivano fin dai primi istanti del diciamo soundcheck, non essendovi in commercio né i banchi da chiesa a castello, e men che meno i doppi turni concertistici come pare facciano per esempio a Helsinki; per non parlare poi dei cachet da capogiro – ergo fuori dalla nostra portata - da riconoscere all’organista per gli straordinari.    

Sembra che alla fine (miracolo di Natale) entrambe le cose quasi in contemporanea, ma stocasticamente indipendenti, abbiano registrato robusti indici di gradimento.

Tornando al Concerto diciamo che solo chi si cimenta a organizzarne uno arriva a comprendere il senso più profondo dei suoi significato-etimologia-sinonimi-e-contrari. Per credere provate voi a fissarne una data nell’ambito di una rassegna organistica in corso, trovare una chiesa aperta in grado di ospitarne uno (sia di concerto e sia di organo funzionante), contattare un organista disponibile, stilare un programma plausibile, invitare un pubblico deciso ad accorrervi (non è un concerto di Vasco Rossi su spiaggia demaniale eh), e afferrerete all’istante i concetti di Concorso, Accordo, Intesa, Collaborazione, Armonia, Affiatamento et sim., cioè appunto Concerto.

Ed è proprio questo il nostro caso: un Festival Organistico del Salento e il suo direttore M° Francesco Scarcella pronti a dir di sì senza indugio già a fine settembre; il parroco don Francesco che con la sua santa pacienza proferisce l’ennesimo “Eccomi” e, a proposito di alta fedeltà, lavora come gli altri all’invito di fedeli e infedeli; un amico artista di nome Marcello D’Acquarica che collabora no-profit, anzi a perdere, e dedica il suo tempo libero prima alla redazione del cartellone dell’evento che, tra immagini, lessico, stemma, caratteri, tonalità dei colori, orario, logo del ministero della cultura e quello della regione Puglia, preposizioni semplici e articolate, ha richiesto undici (un-di-ci) versioni, per non parlare dei raffinati bassorilievi in terracotta con le effigi delle tre torri, dei velieri e dell’organo a canne paesano offerti in dono rispettivamente al direttore artistico, al concertista e al parroco; sant’Albino Campa (martire), patron di Noha.it e di Nohaweb, che ha realizzato il servizio fotografico della serata, e che, insieme a Marcello, ha permesso le riprese video in diretta proiettate su grande schermo grazie agli attrezzi forniti da Tommaso Moscara de “il Galatino” e dal mio collega Antonio Sambati; un programma che viaggia nel tempo e nello spazio, dal XVII secolo ai giorni nostri, dalla Germania alla Francia, da Sava a Noha, e quindi dal Fischer a mesciu Bach e al Greco [se giovedì scorso gli antichi autori avessero per caso ascoltato l’esecuzione dei loro pezzi avrebbero sicuramente esclamato: “Però, che belle opere che abbiamo scritto!”, ndr.]; un pubblico colto e raccolto, in sintonia con i brani proposti e decisamente incline a conceder la lode al “candidato” sotto forma di applausi a scroscio; il prof. M° Antonio Rizzato, severo, accorto, a tratti ieratico, attento a dettagli, disciplina, perfezione di tecnica e suono, ma così umile e indulgente e comprensivo con tutti, disposto a seguire il suo allievo passo passo, divenendone, per l’occasione, addirittura assistente e registrante (sarebbe più o meno come un arcivescovo che serve la messa al suo parroco), e dunque coprotagonista del risultato finale; e infine, ma non ultimo, l’organista savese Mattia Francesco Greco che studia, suona, danza leggero su tastiera e pedaliera, improvvisa e diverte, sta al gioco, e dà vita a un concerto d’organo che, come noto, non solo innalza lo spirito e sana il corpo, ma diventa altresì fatto politico, Vangelo e Costituzione, segno di pace (meglio il suono della bombarda ad ancia dell’organo che il fragore di una bombarda lancia proiettili), nonché tutela dei beni comuni, abbattimento di steccati, lotta alle disuguaglianze, e mai più musica classica o erudita per élites e classi dominanti, ma musica tout court per tutti: “[…] Canne tutte diverse, ma nessuna più importante di un’altra”, scriveva don Donato Mellone che mezzo secolo fa volle questo monumentale “organo vitale”.

Strumento che, confesso, ogni tanto suono anch’io.

Ma in codeste evenienze si parla (e a lungo) di organo a cane.

Antonio Mellone

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Il Commissario Straordinario Dott. Guido Aprea, sin dall’insediamento della gestione commissariale, ha dovuto affrontare la difficile situazione di bilancio del Comune di Galatina, che ha reso necessario il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e la successiva approvazione del relativo piano, di durata decennale - contenente le misure individuate al fine di ripianare la situazione di squilibrio -, attualmente all’esame del Ministero dell’Interno e della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti.

Tra le misure previste, un ruolo fondamentale assume l’impegno al contenimento dei costi complessivi di gestione amministrativa, la lotta all’evasione fiscale ed il recupero delle entrate, e l’alienazione di parte del patrimonio immobiliare dell’ente, finalizzata alla riduzione del debito.

In questa direzione, è stato, preliminarmente, approvato il progetto di recupero funzionale dell’immobile, già destinato a sede di uffici giudiziari soppressi, preordinato al trasferimento di gran parte degli uffici comunali; nel contempo, è stato avviato il complesso iter tecnico-amministrativo per l’alienazione degli immobili già occupati da tali uffici (Palazzo Bardoscia, Palazzo Mandorino, Palazzo del Sedile), e di ulteriori beni oggetto di valorizzazione e inserimento negli elenchi del patrimonio disponibile alienabile, conformemente alle vigenti disposizioni normative.

Al fine di garantire che tale processo di risanamento possa costituire anche e soprattutto un’occasione di sviluppo dell’intero territorio, queste scelte sono state affiancate da una serie di iniziative di promozione delle attività in itinere, coinvolgendo soggetti pubblici e privati nella definizione di strategie di valorizzazione del contesto storico-culturale della città: una fra tante il tavolo tecnico tenutosi a Palazzo Orsini nel novembre scorso, alla presenza del Prefetto, dei rappresentanti di Regione, Provincia, Soprintendenza, Associazioni imprenditoriali, ecc.

Il bando per l’alienazione degli immobili comunali, recentemente pubblicato e con scadenza per la presentazione delle offerte prevista per il prossimo 10 marzo, si inserisce, pertanto, in una più complessa azione mirata al risanamento del bilancio comunale, unitamente alla riorganizzazione del servizio tributi e del sistema di riscossione degli stessi, oltre alla ridefinizione degli obiettivi strategici di sviluppo del territorio, in un’ottica di valorizzazione del patrimonio immobiliare, culturale, storico, di respiro ampio, con un’offerta formulata ad una potenziale domanda a livello nazionale e internazionale.

Ufficio Stampa

Comune di Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 01/02/2013 @ 23:00:00, in L'Osservatore Nohano, linkato 3752 volte)

Vorrei ritornare un attimo (pensavate di svignarvela?) sul lavoro di catalogazione, valorizzazione e conservazione del bene culturale che ci saltò in mente di appellare con - diciamo così - l’epiteto di Osservatore Nohano, onde evitare la perifrasi “arma di distinzione di massa” o ben più mordaci circonlocuzioni; lavoro, dicevamo, anzi sfacchinata promossa, portata a termine e fattaci recapitare da tre eroi meneghini che rispondono ai nomi di Fabio, Laura e Luca, noti ormai lippis et tonsoribus.  
Mi son chiesto le ragioni dell’affetto di questi amici, che probabilmente facevano parte dei nostri venticinque affezionati lettori. E ho pensato che evidentemente l’Osservatore Nohano (nonostante le sajette su di esso invocate giorno e notte da qualche ottuso da riporto) ha sempre avuto un certo valore. E si tratta di un valore-opportunità (cioè la possibilità per le persone di usufruire in futuro di un bene conservato in memoria), di un valore-esistenza (che è il valore che i beni culturali hanno anche per coloro che non ne usufruiscono direttamente, in ragione semplicemente della loro esistenza, appunto), di un valore-eredità (il valore che il nostro lavoro “pseudo-giornalistico” ha in quanto testimonianza per le generazioni future), di un valore-prestigio (in considerazione del prestigio che l’Osservatore Nohano arreca alla nostra piccola patria, e dell’orgoglio e del sentimento di identità culturale che contribuisce a formare) ed, infine, di un valore-educativo (cioè di sviluppo di creatività e di gusto estetico, che oltre ad essere a beneficio del singolo risulta essere a vantaggio per l’intera nostra comunità).
L’Osservatore Nohano dunque non poteva finire così, come qualcuno sperava cantandone a squarciagola il de profundis. Non poteva esser vero, infatti, quanto venuto fuori dalle elucubrazioni dello scienziato di turno, secondo cui il nostro giornalino “non era più seguito da nessuno” (sì, come no).  
Questo dono molto gradito ci fa comprendere che forse l’O.N. è ancora vivo e vegeto in mezzo a noi, pur non sotto le specie della carta e dell’inchiostro (inchiostro antipatico), e, soprattutto senza la costrizione della rilegatura, della stampa, della data e del formato. C’è un’onda lunga, un solco che quel mensile nohano ha tracciato in terra di Noha, un’incisione di tale profondità da far sentire ancor oggi il sussulto delle sue fenditure. Ed è una lama che sta ancora arando e dissodando, ed è come se l’aratura non fosse mai terminata.    
Il regalo del trio Fabio-Laura-Luca è la dimostrazione del fatto che L’Osservatore Nohano è uno spettro che ancora s’aggira per Noha, ma anche altrove. E’ un’opera, questo dono natalizio, una scultura fabbricata a dispetto del detrattore di turno che non ha colto appieno che questo giornalino forse ha fatto bene anche a lui, rintuzzandone certe uscite fuori luogo e fuori senso, contribuendo addirittura alla sua crescita – del detrattore, dico - magari in maniera meno sussiegosa o spocchiosa di quanto forse non sarebbe stato senza Osservatore Nohano
Abbiamo appena festeggiato il primo anniversario dell’“assenza” del nostro mensile on-line-ma-anche-cartaceo. Sappiano i nostri 25 followers che nel corso di quest’ultimo anno P. Francesco D’Acquarica continua a rinfacciarmi il fatto che l’Osservatore si sarebbe dovuto prolungare per almeno altri quattro anni, così da raggiungere il numero perfetto, che ovviamente per noi è NOVE (e continua a dirmi che nonostante tutto, lui, il padre spirituale del giornalino, continuerà a ricercare e a scrivere); che l’Antonella Marrocco, che non naviga tanto in Internet e quindi non riesce a seguire gli scritti non sfregati sulla carta, ogni volta che l’incontro mi fa: “allora ricominciamo?”; che la Martina, che parla ormai milanese, quando le dico che il piatto piange, mi riferisce che senza quella scadenza mensile fissa è come se si perdesse in mille fronzoli, e quindi non riesce più a compilare in maniera sistematica le sue schede storiche e tecniche e il dizionario dei modi di dire nohano; che Michele Sturzi, che sembra scomparso dalla circolazione (ribadisco: “sembra”), continua a pubblicare altrove i suoi ghirigori di parole e non smette di riempire Linkedin con i suoi articoli scientifici tutti rigorosamente in inglese (ora ce ne aspettiamo uno about Noha); che Marcello D’Acquarica non sapendo più dove pubblicare le sue vignette sataniche (Gesù, Giuseppe e Maria!), si mette a scrivere libri in men che non si dica; che don Donato non passa domenica senza rammentarmi il fatto che non fare più l’Osservatore è (stato) davvero un bel peccato di omissione (difficilmente perdonabile); che Fabrizio Vincenti sentendosi libero da ogni impegno è addirittura convolato a nozze con la sua bella Romina; che la Paola Rizzo, tra un ritratto ed un quadro d’ulivi e l’altro, adesso s’è messa a fare “due chiacchiere con…” mezzo mondo su Face-book, e dice “quello che le donne non dicono” addirittura alla radio; che da quando non ci siamo noi gli affari della tipografia AGM dell’Antonio Congedo anziché ridursi (come paventavamo) sono aumentati in barba alla crisi economica; che sant’Albino (martire), mentre prima era sotto stress soltanto una volta al mese, oggi è sotto tortura almeno una volta a settimana, con tutte le idee che senza tregua ci frullano nel cervelletto.
Ah dimenticavo: tra i nostri 25 supporters  c’è anche la Maria Rosaria che non riesce a farsene una ragione, e s’è sognata il fatto che io avrei detto che a giugno 2013 L’Osservatore Nohano ritornerà (ritornerebbe) di nuovo in edicola in formato cartaceo.
Mi sa che la ribattezziamo Maya Rosaria.

Antonio Mellone

P.S. In un ipotetico editoriale (ipotetica di terzo tipo) di un eventuale numero dell’Osservatore del mese di febbraio 2013 si sarebbe parlato della speranza che almeno stavolta i nohani non si mettano a votare in massa per i soliti cani e soprattutto per i soliti porci.  

 
Di Redazione (del 19/07/2019 @ 22:59:34, in Comunicato Stampa, linkato 1075 volte)

I comuni della provincia di Lecce non si sono lasciati scappare l'occasione: hanno rispettato tutte le regole, potendo godere così dei 6 milioni stanziati in favore di questo territorio nella manovra economica.
A darne notizia per primo è Leonardo Donno, portavoce alla Camera dei deputati del M5S e membro della Commissione Bilancio.
«Il nostro Governo - spiega -  ha dimostrato ancora una volta come l'attenzione per i territori ed il sostegno ai sindaci siano assolute priorità. I Comuni in provincia di Lecce, dal canto loro, si sono attenuti alle regole imposte e hanno tutti rispettato i termini ultimi di presentazione dei progetti ed avvio lavori. Così facendo di quei sei milioni non è andato perduto neanche un euro». 
Un passo indietro. Nell'ambito della Manovra economica il Governo ha attivato un fondo da 400 milioni di euro destinato ai piccoli comuni, quelli al di sotto dei 20 mila abitanti. Di questi circa 6 milioni sono stati destinati ai comuni della provincia di Lecce.
«Si tratta di fondi da utilizzare per realizzare piccole opere in settori vitali come l'edilizia pubblica, la manutenzione e la sicurezza del territorio - spiega ancora Donno -  la manutenzione delle strade, la prevenzione del rischio sismico e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali. I lavori di cui sopra dovevano essere avviati entro il 15 maggio( poi prorogati con lo Sblocca Cantieri al 10 Luglio) . E così è stato. Tutti i Comuni, nessuno escluso, hanno avviato i cantieri entro e non oltre la scadenza imposta». 
Più nel dettaglio (e come si evince dalla tabella in allegato)  in Legge di Bilancio è stato introdotto  un contributo di 40 mila euro per i comuni fino a 2 mila abitanti, di 50 mila euro per quelli fino a 5 mila abitanti, di 70 mila euro per i comuni fino a 10 mila abitanti e di 100 mila euro per quelli fino a 20 mila abitanti. Con il contributo bisogna coprire il 100% dell'importo delle opere. Nessun cantiere deve restare in stand by.
«Questi maggiori investimenti locali -continua Donno- si vanno ad aggiungere ad 1 miliardo di euro di maggiori fondi, derivanti dallo sblocco degli avanzi di amministrazione per i comuni virtuosi. Non solo. Con la norma Fraccaro,  contenuta nel Decreto Crescita, il Governo ha stanziato in favore di tutti i Comuni d'Italia, 500 milioni di euro per opere di efficientamento energetico e sviluppo sostenibile. Di questi  21 milioni saranno destinati alla Puglia. Più nel dettaglio 6.750.000 euro saranno destinati al comune di Lecce e a quelli della provincia. Sono previste soglie contributive che vanno dai 50mila euro per i comuni con popolazione fino a 5mila abitanti ai 250mila euro erogati in favore dei comuni oltre i 250mila abitanti. Le risorse - prosegue il deputato - finanzieranno opere per promuovere il risparmio energetico negli edifici pubblici e per consentire l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre i Comuni potranno utilizzare i fondi anche per la messa in sicurezza delle scuole. Infine, si potranno finanziare progetti per la mobilità sostenibile e per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Le opere, in quest'ultimo caso, dovranno essere avviate dai Comuni entro il 15 ottobre 2019, pena la perdita del beneficio economico. Considerando il comportamento virtuoso dimostrato dal territorio, siamo fiduciosi che anche questo finanziamento sia captato dalle amministrazioni nella sua totalità. 
Ce la stiamo mettendo tutta per dare ossigeno agli enti territoriali massacrati fino ad oggi dal Patto di Stabilità interno -chiosa il deputato - e dal principio del Pareggio di Bilancio. Per la Puglia è per la mia Provincia, si tratta di un’occasione preziosa, una grandissima opportunità per avviare quel grande piano di messa in sicurezza del territorio che i Comuni e le Province, da soli, non sono in grado di sostenere».

Grazie e buon lavoro

Leonardo Donno

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 04/01/2014 @ 22:59:02, in Presepe Vivente, linkato 2831 volte)

Sempre affascinante ritrovarsi in un posto così suggestivo. Dal 1593 questo luogo divenne “la masseria Colabaldi” perché un ricco commerciante toscano, il sig. Baldi Nicola  che viveva a Galatina, rimase anche lui affascinato da questa altura e dall’attiguo convento e chiesa di Santu Totaru che già esistevano, ancora prima dell'anno mille.  Chiesa e convento, devastati dai Turchi che saccheggiarono tutto il Salento, furono messi in vendita dalla chiesa di Noha che ne era la proprietaria, sicuramente fino al 1452. Furono così comprati  dal Signor Baldi che costruì la masseria.
Questa sera sono qui davanti a questo portale cinquecentesco. Dietro di me una folla enorme, tutta ordinata e paziente, al freddo, attende il suo turno per la visita al Presepe Vivente di Noha, quarta edizione.
Che ci sarà mai di straordinario che attira qui tanta gente?
Io sono accompagnato per la visita in questo spazio di fiabe dove per incanto la masseria è ritornata palpitante di vita. Il percorso comprende una visita all’interno dei locali che un tempo furono abitati anche da mia nonna, la mamma di mio papà, la nonna Nunziata o se vi piace la Sig.ra Annunziata Bianco che nel 1885 sposò mio nonno,  Francesco D’Acquarica.
In alcuni locali sono perfettamente ricostruiti gli ambienti domestici delle famiglie dell’antica Noha. Eccomi ora davanti al forno dove gusto la fragranza delle “pucce” appena sfornate: le memorie olfattive dell’infanzia si mescolano con le emozioni per le cose genuine. Ora mi incammino dentro l’abitazione ed eccomi come se una bacchetta magica mi avesse portato indietro nel tempo. Entrando, in un angolo scorgo una ragazzina che si esibisce  con il mortaio, lu stompu,  per pestare il frumento. Poi c'è lu scarparu che ancora aggiusta scarpe, più avanti una donna lavora ccu lu talaru, visito una cucina completamente attrezzata, lu cconza limbi, e in una stanza donne che lavorano e filano la lana come ai tempi di mia nonna. Più in là visito lu seggiaru che sta impagliando le sedie.
Ora la visita continua all’esterno. Persone e animali domestici ripropongono le scene delle famiglie di un tempo. Incontro oggetti, tradizioni rurali e artigianali del  nostro territorio, gli strumenti del lavoro contadino, le ceramiche, le terrecotte e  c’è anche chi crea personaggi con  la cartapesta.
Mi trovo davanti all’imboccatura di una cisterna. Sicuramente l’avrete notato anche voi. I solchi scavati  dalle catene dei secchi armeggiati qui per secoli, mi incantano. Mi fermo e immagino la fatica dei ragazzini delle famiglie che abitavano in masseria: qui venivano ad attingere acqua. Penso alla fatica e anche al rischio e al pericolo. Infatti nei registri antichi di Noha avevo letto che nel maggio 1736 alle ore 22 in circa che per noi significa verso le 17,  Giovanni Domenico passò disgraziatamente all'al­tra vita tirando acqua nella cisterna del Colabaldi, e spezzata la fune precipitò dentro, d'età sua d'anni sei in circa. Sì, avete letto bene, di anni sei. Che tristezza. Così è terminata la vita del nostro piccolo Giovanni Domenico: una disgrazia che oggi non riusciamo a capire.
Mi è piaciuta la ricostruzione della “throzza”. Mi auguro che l’esperienza continui. L’anno scorso vidi la ricostruzione della torre, quest’anno la “throzza”, un altr’anno forse vedrò la “casa rossa” , poi il Calvario, chissà… insomma è cosa ottima riproporre all’attenzione dei visitatori i nostri beni culturali, tanto ignorati, trascurati e poco apprezzati.
La mia visita ogni anno si conclude dove c’è la scena della santa Natività. Ogni anno provo le stesse emozioni. Gesù nasce di nuovo in questo luogo, stalla per gli animali per 420 anni, e prima ancora luogo sacro (la chiesetta di Santu Totaru) per più di sette secoli. Avete notato il pavimento? È ancora quello della chiesetta. E la struttura architettonica? È quella di una chiesetta bizantina. Forse voi non vi siete accorti perché non avete guardato in alto nel buio, ma nella volta a botte si apre un quadrato che dà luce all'interno: è il residuo del lucernario delle antiche chiese greche. Infine mi fermo ancora un attimo ad ammirare il portale dell’entrata del convento. Intravedo sulla parete  le impronte ormai cancellate degli affreschi di un santo monaco. Chissà quanti frati hanno vissuto qui, e quanti massari hanno faticato per noi.
Congratula­zioni per l'iniziativa e complimenti per il re­cupero di così tante e importanti memorie.
Grazie organizzatori del presepio vivente Natale 2013.
Grazie gente di Noha per la vostra partecipazione e collaborazione serena e sorridente.
Posso immaginare e capisco la fatica che ci sta dietro per realizzare una cosa così: iniziativa da variare perché non appaia ripetitiva, ma sicuramente da mantenere.

P. Francesco D’ Acquarica

 
Di Albino Campa (del 05/01/2011 @ 22:58:20, in Comunicato Stampa, linkato 3766 volte)
Come da programma, la sera del 2 Gennaio del 2011 a Noha, nella stupenda sala settecentesca adiacente al bar Settebello, appartenente al complesso del Palazzo Plantera (ex masseria Congedo – cfr. D’Acquarica Marcello, “I beni culturali di Noha”, Edizioni Panico, 2009), si è svolta la serata indetta da “I Dialoghi di Noha” sul tema:  Ma in che paese viviamo?
Nonostante l’evento abbia avuto corso in concomitanza di molte altre manifestazioni svoltesi sia a Noha che a Galatina, compresa la penultima serata di apertura dello stupendo Presepe vivente della Masseria Colabaldi, non è mancato l’afflusso degli invitati, i quali sono rimasti tutti entusiasti dell’iniziativa de L’Osservatore Nohano. In particolar modo è stato lodevole il ringraziamento del professore Egidio Zacheo, ospite principale della serata, il quale ha manifestato il desiderio di essere nuovamente invitato ai nostri prossimi progetti culturali.
Oltre al confortevole e spettacolare ambito della sala, coadiuvato da un ottimo impianto di audio-video, il programma ha tenuto alta l’attenzione di tutti gli invitati per via dei contenuti dell’argomento trattato e per l’ausilio dei tre video proiettati.
 
Lo staff del sito www.noha.it ed i soci de L’Osservatore Nohano ringraziano in modo particolare il nostro concittadino sig. Salvatore Coluccia, per aver concesso l’utilizzo della magnifica sala finemente ristrutturata e valorizzata in ogni suo dettaglio architettonico.

(guarda la photogallery della serata)

 
Di Antonio Mellone (del 02/02/2017 @ 22:57:43, in NohaBlog, linkato 2328 volte)

Ricapitolando in maniera lapidaria e granitica.

1) Una tizia inglese piena di soldi [tutti da dimostrare: ma magari li richiederà alla banca Etruria di turno, ndr.], venuta a conoscenza di un ameno posto del Salento chiamato Sarparea nei pressi di Sant’Isidoro di Nardò, avrebbe intenzione di colare in mezzo ai suoi ulivi monumentali un nuovo villaggio turistico di una settantina di ville più hotel extralusso, spendendoci 70 milioni di euro (dico set-tan-ta-mi-lio-ni) o giù di lì.

2) Un’orda di impresari e costruttori assistiti da un’accozzaglia di agguerritissimi studi associati di ingegneri, architetti, geometri, legulei e altri guastatori, prepara le solite slide renziane, degne del migliore “Sblocca-Italia”, al fine di convincere gli allocchi circa la bontà dell’eco-resort [se ci metti il prefisso “eco” prima di ogni spazzatura ti sembrerà tutto più pulito, ndr.]. E ci riesce benissimo.

3) Un sindaco, pare pure fasciocomunista, dice una cosa in campagna elettorale per poi fare esattamente l’opposto una volta assiso sulla poltrona di primo cittadino [tanto poi basta l’intitolazione dell’aula consiliare a Renata Fonte per stare apposto con la coscienza, ndr.].

4) Un Quotidiano raccoglie eco-balle e le pubblica come fossero notizie.

Nello spot Quotidiano odierno, per dire, il suddetto giornale, gongolante come non mai, titola a caratteri cubitali: .

Ma certo, come no. Chissà quale facoltà scientifica avranno frequentato gli economisti per caso di questa “importante e antica associazione di operai e artigiani, anche edili”, che dico, accademia dei lincei, di più, della crusca, per formulare apprezzamenti su tutta ‘sta roba, inclusi “i risvolti occupazionali”.

Sentite cosa dicono codesti “spettatori partecipi” [sic] a proposito della novella Oasi naturalistica però con l'aggiunta di una settantina di ville, più albergo, più strade, parcheggi, e, perché no, rotatorie [ma sì, quante più strade e rotatorie fai più occupazione crei, ndr.]: “ […] mettere in moto un’idea di turismo di questo genere [fosse solo un’idea sarebbe poco il male, ndr.] permetterà di aprire nuovi orizzonti lavorativi [e te pareva, ndr.] per la nostra città [peccato per gli orizzonti veri, quelli che verranno ostruiti dallo skyline di una settantina di ville + pensione di lusso, ndr.] […] perché si sta acquisendo sempre più consapevolezza che nel rilancio del nostro patrimonio naturale vi è la chiave per la ripresa della nostra economia [uhahahaha. Capito dov’è dunque questa chiave della ripresa? Ma ovviamente nel rilancio del nostro patrimonio naturale da coprire con una bella villettopoli. Tanto, come pensano quelli della società operaia, gli ambientalisti voltagabbana e una pletora di neritini assisi sui loro comodi Divani & Divani, visto che la zona è già degradata per via di una moltitudine di case, magari irregolari, tu, per riqualificare il tutto, mica abbatti le costruzioni abusive (macché: è peccato) ne fabbrichi invece delle altre con mattoni, cemento e asfalto però con tanto di autorizzazione, così fai la media del pollo di Trilussa e il degrado si dimezza. Semplice, come una betoniera.

E’ proprio vero che se da certi giornali togli la merda ti rimane giusto la carta.

P.S. Ci mancavano giusto gli inglesi e gli altri lanzichenecchi da riporto a martoriare questa terra e questo mare, quando invece bastiamo e avanziamo noialtri. Sì, noi saremmo capaci in quattro e quattro otto di far diventare malviventi, criminali e fuorilegge perfino certe razze di pesci.

Come la famosa Sarpa rea.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 22/05/2012 @ 22:56:14, in I Beni Culturali, linkato 2847 volte)
I beni Culturali di Noha resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
icon5. ARCHITETTURA MILITARE
icon6. ARCHITETTURA RURALE
icon7. ARCHITETTURA RUPESTRE
icon8. ARCHITETTURA FUNERARIA
icon9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
icon10. AREA ARCHEOLOGICA
icon11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Fabrizio Vincenti (del 26/03/2014 @ 22:55:00, in NohaBlog, linkato 2963 volte)

In quest’epoca, che molti definiscono tecnologica, sempre più persone, tra cui io che scrivo, vivono un rapporto platonico con il proprio paese natio, costrette a un allontanamento forzato provocato dalla disoccupazione. Nei rapporti a distanza, si sa, è difficile cogliere ogni aspetto sentimentale della storia, eppure ogni emozione suscitata da questa relazione trasmette un’eco d’indicibile acutezza. Non saprei come definire il mio sentimento per Noha se non con l’ “Odi et amo” catulliano: è l’unico epigramma che si addice alla perfezione alla mia storia e, penso, a quella di molti altri obbligatoriamente esiliati come me. Quando leggo tutto ciò che scrivono quei “geni ribelli” nohani, mi sembra di ripassare la storia di Giona che visse tre giorni nella pancia di una balena. Ogni alta marea, sulle sponde di Noha viene risputato un profeta comandato di convertire Ninive dalla sua condotta ma, a quanto pare, viene rigettato in mare insieme alle sue profezie. Visto che c’è qualcuno che le allegorie non le sopporta, come capita spesso a me, vuotiamo il sacco.

Se dovessi chiedere al signor sindaco, in una piazza pubblica di Noha, cosa ha fatto lui e la sua amministrazione per il nostro paese, che non mi venisse detto  che si è partecipato a qualche processione in onore di qualche santo (è qualcosa che non rende se non alla propria coscienza e al Signore Iddio). Non mi venisse detto che è stato creato un solo posto di lavoro per qualche giovincello in cerca di occupazione. Non mi venisse detto che il centro polivalente è sorto per far fronte ai tanti bisogni dei cittadini. Non mi venisse detto che si è avuto un certo riguardo per i beni artistici e architettonici, né tantomeno per il patrimonio naturalistico. Non mi venisse detto che si è salvaguardata la salute dei cittadini né il loro sacrosanto diritto alla felicità. Non mi venisse detto neanche che è stato fatto un piano di tutto questo per il prossimo avvenire, perché nel mare delle parole si annega facilmente. Insomma, signore sindaco e signori assessori, chi sta facendo cosa per Noha? Ve lo chiedo perché, legalmente e soprattutto moralmente, un amministratore dovrebbe rendere conto del suo operato ai vari azionisti. E Noha di azionisti ne ha quasi quattromila. Fosse veramente una società per azioni la nostra, non si conterebbero gli anni di allontanamento forzato che v’infliggerebbe una qualche sorte di giustizia per il vostro operato. E non mi si venisse a dire neppure che non ci sono risorse a disposizione. Michelangelo, per dipingere la volta della Cappella Sistina, ha impiegato due anni e del colore. Voi non siete dei Michelangelo, ma di anni ne sono passati a decine, e non siete stati in grado neanche di fare uno schizzo tipico degli anni della pubertà. E non mi si venisse neppure a dire che non ci sono idee, altrimenti è come se vi stesse dando la zappa sui piedi: la mancanza di buone idee da realizzare esclude aprioristicamente l’atto di impegnarsi in un’amministrazione della cosa pubblica. E poi, se siete a corto d’idee e di soluzioni su come trovare risorse, conosco qualcuno che è in grado di darvi dei suggerimenti. A questo punto, solitamente, si attacca con gli esempi.

In Germania è stato ritrovato un elmo di età romanica e ci hanno costruito su un museo e tutt'intorno delle strutture turistiche. Tutto per vedere un pezzo di armatura, e il biglietto costa anche caro! A Noha c’è un frantoio ipogeo murato volontariamente e chiuso al pubblico, una piccola torre storica in rovina, casette in miniatura, la cosiddetta “casa rossa” e tutto il resto che già sapete. E non solo non si paga il biglietto, non ci portano neanche nessuno per poterle visitare. Volete creare due/tre posti di lavoro? Assumete qualche ragazzo preparato appositamente per fare da guida nella stupenda Basilica di Santa Catarina, in Galatina. Pensate: arrivano i turisti che non solo non pagano il biglietto, ma non trovano neanche una buona anima messa lì appositamente per spiegare quello che stanno ammirando a bocca aperta. Stabilite un giro turistico con un bus e guida a seguito che sia capace di portare sul posto i tanti turisti che ogni anno scelgono il Salento come meta per le vacanze. Ora siete pronti per lo sparo del cannone? A Otranto, nella Cattedrale, c’è uno dei mosaici pavimentali più grande d’Italia. Pensate che una sua figura è stata scelta come immagine simbolo dell’Italia all’EXPO 2015. La notizia non è questa ma è che il turista che va a Otranto ad ammirare il mosaico dell’albero della vita, non trova una guida in loco capace di spiegarglielo. E la seconda notizia, invece, è che la diocesi di Otranto considera uno spreco assumere un giovane come guida turistica per la cattedrale e i suoi tesori. Avete capito bene! A Noha, come a Galatina e come a Otranto, ciò che potenzialmente è una risorsa non è considerato affatto come una ricchezza. Credo che basti questa dimostrazione a giustificare la mia considerazione: siamo amministrati da incompetenti. Solitamente per misurare l’oro si usano dei pesi specifici e ben calibrati. Ciò che vedo, invece, è una folla capeggiata da un sindaco munito di stadera che, non solo non sa cos’è quella cosa che si ritrova in mano, ma è evidentemente anche all’oscuro di come essa si usi.

Fabrizio Vincenti
 
Di Redazione (del 29/01/2013 @ 22:54:26, in Presepe Vivente, linkato 4207 volte)

Eccovi di seguito il dettaglio del discorso di Giuseppe Cisotta, del quale, sabato scorso - in occasione della stupenda (e molto partecipata) festa di ringraziamento presso la Masseria Colabaldi indetta per l'ottima riuscita del presepe vivente di Noha - è stato pronunciato a braccio un condensato molto sintetico per via dell'emozione dell'interessato

Buonasera a tutti, e grazie per aver accettato l’invito per questa serata, spero piacevole per tutti.
Il presepe vivente di quest’anno, a detta di molti, è stato un presepe da dieci e lode. Quello che fino ai primi di novembre sembrava impossibile, nell’arco di un mese e mezzo è diventato realtà. Come per miracolo.
Ho visto volti sereni e volti preoccupati, voci fiduciose e voci sfiduciate. Non so se, all’inizio, io facessi parte dei primi o dei secondi.
Ma poi, superata ogni barriera, grazie a voi, ho visto finalmente donne e uomini lavorare con armonia. Non più facce contrite o arrabbiate, e non più voci di capi o duci, ma persone unite da un solo obiettivo: l’amore per noi, per Noha, per la nostra comunità, nel vero clima natalizio.  
E’ stata, anche quella di quest’anno, un’esperienza bella, esaltante, una sfida contro noi stessi, superata grazie a tutti.
Se dovessi qui ringraziare uno per uno i protagonisti di questo presepe, dovrei parlare da mo’ fino a domani mattina.
E sicuramente mi dimenticherei di qualcuno.
Sì, perché qui dovrei partire ringraziando i proprietari della masseria per averci permesso anche quest’anno di allestire una vera e propria opera d’arte, per finire citando uno per uno i tecnici, i sostenitori, i responsabili della parrocchia, i vigilanti, il servizio d’ordine, gli addetti al pronto soccorso, i vigili urbani. Ed ovviamente tutti i personaggi del presepe, l’angelo-cantante, e poi i famigliari dei personaggi ed i famigliari degli organizzatori, mogli, padri, figli, fratelli, nonni, sorelle (non fosse altro che per la pazienza dimostrata nel sopportarci).
Dovrei ringraziare chi ha lavorato di giorno e di notte affinché questa antica masseria  diventasse un set perfetto per il teatro del presepe più bello del Salento. Ognuno ha lavorato secondo le proprie possibilità, ma certamente senza risparmiarsi.
Dovrei ringraziare anche chi si è occupato della comunicazione, chi della fotografia, chi dei video, chi dei contatti con il pubblico, chi ha disegnato i manifesti e volantini, chi ha dato un parere, chi ha votato sul sito di Noha per le ormai famose “presepiarie”, chi ha stampato i manifesti, chi li ha distribuiti, chi si è occupato dei vestiti dei personaggi, chi ha dato una mano al bancone dell’offerta dei prodotti e chi da dietro le quinte ha prodotto il cibo per i visitatori, chi ha fatto da sponsor ed anche chi mi ha detto di non poter mettere mano al portafogli. Ringrazio davvero anche questi ultimi, perché so che se avessero potuto, avrebbero sostenuto con tutto il cuore il nostro che è anche il loro presepe vivente di Noha.
Ringrazio anche chi ci ha dato delle idee per l’allestimento, ed anche chi ci ha fatto delle critiche (che guai se non ci fossero).
Ringrazio chi ci ha concesso il patrocinio: la regione Puglia, la provincia di Lecce ed il comune di Galatina.
Ma dovrei ringraziare anche chi ha trascorso le notti qui in masseria per fare la guardia, chi ci ha preparato qualcosa da mangiare durante i lavori, chi ha prestato i suoi automezzi per il trasporto delle cose, delle strutture, dei bagni chimici, delle luci, degli altoparlanti, del fieno, del legno, dei tavoli; dovrei ringraziare chi ci ha prestato le attrezzature, chi la filodiffusione, e chi ha messo a disposizione quello che aveva di più caro: gli utensili antichi che hanno trasformato questa masseria in un vero e proprio museo degli antichi mestieri e dell’arte contadina.
Dovrei ringraziare anche coloro che hanno messo a disposizione i loro animali da cortile che contraddistinguono il nostro presepe rendendolo particolare, e forse più originale rispetto a tutti gli altri.
E per essere giusto dovrei ringraziare uno per uno anche i cavalli, gli asinelli, i maialini, le oche, le pecore e gli agnellini, i vitelli, i conigli, e via di seguito, che hanno recitato la loro parte nel migliore dei modi. E ovviamente uno per uno le migliaia di visitatori provenienti da ogni parte della provincia di Lecce, d’Italia ed anche dall’estero.
Ma devo ringraziare anche questa stupenda Masseria Colabaldi, le sue mura rugose, il suo cortile, il suo portale, l’atrio, le stalle, il forno, le cucine, le stanze nobili, le terrazze. Abbiamo fatto rivivere questo bene culturale molto caro ai nohani, un monumento che sta in piedi da secoli, sfidando i colpi secchi del tempo.

Grazie a tutti. E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato di citare.
Concludo dicendo che questa esperienza mi ha fatto capire tante cose.
Intanto che la felicità si trova nelle piccole cose, nell’armonia con le persone, con la natura, con noi stessi, nell’ascolto dei nostri figli. Dovrebbero essere i desideri dei nostri figli a dare ordini al futuro.
Io penso che le persone felici non siano quelle che vivono la propria vita nel lusso più sfrenato, ma quelle che vivono pienamente in un piccolo mondo (come per esempio quello di Noha) fatto di strette relazioni basate sulla famiglia e sull’amicizia. Questo presepe mi ha insegnato che siamo sulla buona strada per eliminare le barriere tra di noi, per eliminare dal vocabolario le parole “estraneo”, “egoismo”, “interesse di parte”, “avidità”.
Con questa esperienza abbiamo creato relazione, dialogo, solidarietà, condivisione, comunicazione, rapporto con gli altri, stima reciproca. Mettendo in comune la passione per le cose belle, genuine, senza secondi fini, facendo sparire l’io per concentrarci sul noi, abbiamo ottenuto quella che si chiama “qualità della vita”.
Abbiamo cercato e raggiunto un terreno comune, un cemento sociale, una sfida comunitaria, una forza comune.
Se ci rendiamo conto di questa forza, noi possiamo fare miracoli, e non soltanto a Natale, e possiamo davvero raggiungere qualsiasi obiettivo.
Noi nohani possiamo, anzi dobbiamo dire che non siamo secondi a nessuno.
Con le piccole cose, con la solidarietà senza steccati, con lo scambio gratuito del tempo e dei beni, con la pura gioia di contribuire al bene comune, con l’idea che il beneficio per uno non sia un danno per l’altro, noi riusciremo a far fronte tranquillamente alla crisi che sembra non lasciarci speranza.
Solo in questo modo, restando uniti, aiutandoci e incontrandoci come abbiamo fatto qui alla Masseria Colabaldi per il nostro presepe, costruiremo una corazza forte contro tutte le crisi, e soprattutto daremo un futuro migliore e più umano ai nostri figli. Saremo una comunità migliore.
Qui ho capito, grazie a voi, che il benessere degli altri è il mio benessere.
Grazie a tutti, e buona serata.

Giuseppe Cisotta

 
Di Redazione (del 29/11/2019 @ 22:54:26, in Comunicato Stampa, linkato 1084 volte)

Nell’udienza al Tar di Lecce del 27 novembre scorso la discussione del ricorso a difesa dell’Ospedale di Galatina è stata rinviata al 6 maggio 2020. Un rinvio necessario a rendere attuale il dibattimento alla luce del nuovo Regolamento ospedaliero varato dalla Regione Puglia a settembre e che abbiamo voluto impugnare visto che il nostro diritto alla salute, alla luce dei nuovi provvedimenti, continua a non essere tutelato. 

Quello che fa indignare ancora di più è il fatto che Regione e Asl di Lecce continuano a produrre documenti che attestano le buone performance dell’Ospedale e nonostante ciò lo hanno svuotato di discipline essenziali quali Cardiologia, Chirurgia, Ortopedia, Gastroenterologia e Pneumologia. Uno scippo a tutto campo che non ha tenuto conto neppure delle previsioni del Dm 70 del 2015 che negli ospedali di base, tale è classificato Galatina, prevedono una dotazione minima di reparti tra cui ortopedia e chirurgia.

Continuerò a battermi per l’ospedale, visto che chi dovrebbe farlo rimane inerte e non mi riferisco solo all’amministrazione comunale che pure manifesta un silenzio assordante, ma a tutti i consiglieri regionali e ai parlamentari (con riferimento specifico a quelli di opposizione) che non hanno firmato il ricorso sottoscritto da centinaia di cittadini e non hanno assunto nessuna iniziativa significativa limitandosi a passerelle da campagna elettorale.

Assisto a politiche sanitarie con due pesi e due misure: Galatina perde Cardiologia e  Pneumologia, Geriatria, ma a Copertino e Casarano vengono lasciati sia la Cardiologia che la Geriatria. In più è stata fatta la forzatura di lasciare Neurologia e Rianimazione a Casarano, mentre a Galatina non si permette di avere reparti che hanno funzionato benissimo e servono visto che la  rete ospedaliera è carente di posti letto per quelle discipline tant’è che è quotidiano il ricorso all’extralocazione dei pazienti.

Sono convinto che ci sia una volontà politica mirata a far chiudere l’ospedale di Galatina e la prova la possiamo desumere dal fatto che il punto nascita di Scorrano dovrebbe chiudere su richiesta del Ministero della Salute perché ha un numero troppo basso di parti eppure, con l’ultimo Regolamento che abbiamo impugnato viene potenziato a scapito di Galatina.

La misura è colma ed è inaccettabile il risvegliato interesse per la sanità da parte di quei politici che dovendosi presentare alle prossime regionali cercando di dimostrare un impegno che non hanno mai avuto. Per non parlare poi dell’amministrazione Amante che addirittura si è intestata la paternità dello scempio affermando che è frutto di accordi presi dal sindaco a Bari. Ma le elezioni arrivano per tutti e noi cittadini abbiamo buona memoria.

Mi auguro che la Regione non continui a deliberare atti che dilatano il tempo del processo e allontanano la pronuncia dei giudici che devono dire l’ultima parola sul rispetto del diritto alla salute dei cittadini di Galatina e dei comuni limitrofi.

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Redazione (del 11/09/2017 @ 22:53:51, in NoiAmbiente, linkato 1484 volte)

Abbiamo volutamente concentrato questo convegno all'abitato di Noha, perché siamo convinti che prima di preoccuparci dello stato di civiltà degli altri paesi, abbiamo il dovere di preoccuparci del nostro.

Sabato 16 settembre alle ore 19:00 piazza S Michele Noha.

Tutti sono invitati a partecipare.

FareAmbiente Lavoratorio Galatina-Noha

 

 

 

 
Di Albino Campa (del 27/05/2012 @ 22:51:12, in Comunicato Stampa, linkato 2890 volte)

L’Ass. “Galatina, Arte, Storia e Cultura”, presenta il progetto “Galatina, Estate e Cultura”, con l’intento di offrire un vasto ventaglio di eventi e nutrimento emotivo nel territorio, coniugando divertimento, arte e cultura e alta culinaria. I responsabili del progetto, Daniela Bardoscia, Silvia Cipolla e Francesco Luceri, lavorano ininterrottamente alla programmazione degli eventi, che avranno luogo nella sede di Palazzo Baldi.

La prima proposta riguarda i più piccoli, si tratta infatti di un insieme di laboratori artistici ludico-didattici, intitolato “MaestrARTE e i tesori di Galatina”: attraverso il gioco, l’Arte guiderà i bambini (dai 6 agli 11 anni), alla scoperta della storia locale e dei beni comuni.

Si potrà scegliere di iscrivere i propri figli anche a singoli laboratori (che avranno luogo ogni lunedì, martedì, mercoledì). Le tecniche applicate, infatti, saranno diverse: pittura con acquerello, cartapesta, argilla (sotto la preziosa guida di Sara De Matteis), teatro dei burattini (che sarà costruito proprio dai piccoli partecipanti) e cineforum. Nonostante la possibilità di scegliere i singoli incontri cui partecipare, i responsabili consigliano l’intero percorso che guiderà i bambini dall’antichità ai nostri giorni: conosceranno i Messapi e, via via, personaggi e monumenti che hanno segnato la fortuna della città galatinese.

Il 30 maggio i responsabili saranno disponibili, per l’intero arco della giornata, nella sede di Palazzo Baldi, in Corte Umberto, n. 2, a Galatina, per incontrare i genitori interessati, dare in visione il calendario dei laboratori, raccogliere il parere degli interessati e offrire tutte le informazioni utili sull’argomento.

 

Per info:

E-mail: galatina.estateecultura@gmail.com

Tel:. 3297669635; 3881197170. 3206932342

 

 

 

 

 

I lavori per l'allargamento della strada statale 16, la Maglie-Otranto, sono partiti. Da oggi sulla strada all'altezza di Giudignano le ruspe del gruppo Palumbo sono al lavoro.
Sui social network i cittadini ed i gruppi ambientalisti gridano allo scempio ambientale e "postano" sulla bacheche messaggi di allarme.


Ecco che cosa si legge sulla pagina facebook del Forum Ambiente & Salute:
"Proprio in queste ore si è dato inizio al massacro del bellissimo territorio di Giurdignano capitale europea del megalitismo preistorico.
Poderosi buldozer e abominevoli ruspe stanno scempiando la preziosa Terra d'Otranto per mortificarla con la costruzione di una malsana e faraonica strada tanto dannosa quanto inutile ai cittadini e fortemente ispirata da mire speculative !!!
Si fa appello a magistratura ed inquirenti per fermare questo ennesimo catastrofico scempio a danno di importantissimi patrimoni pubblici che, a quanto è dato sapere, si sta perpetrando disattendendo le puntuali prescrizioni di ben 2 Ministeri (Ambiente e beni culturali), e in assenza di una valutazione per una più che necessaria accortezza a tutela paesaggistica e storico-archeologica
".

I lavori in corso sono quelli relativi all'appalto da 55 milioni di euro, un progetto fermo da tre anni. Proprio questo blocco ha messo in difficoltà i 300 operai della società del gruppo Palumbo, che ha vinto la gara per l'allargamento, oggi in cassa integrazione ed a rischio mobilità.
Il dubbio sollevato è però sull'effettiva necessità di tale allargamento che riguarda un tratto brevissimo di strada, appena 12 kilometri. Da allargare per andare più veloci.
Ma la zona è molto ricca dal punto di vista ambientale ed archeologico.
Solo nell'aprile scorso è stata scoperta una cripta paleocristiana; le testimonianze megalitiche e preistoriche sono tante.
La questione non è semplice. A complicarla ulteriormente la necessità di espiantare ben 8mila ulivi secolari. Negli scorsi mesi è partita on line una petizione per adottarli in quanto solo 1.500 era stata avanzata ufficiale richiesta di adozione da parte dei Comuni limitrofi. Ma anche in questo caso le mancanze o la carenza di notizie ha confuso le carte in tavola. Perché il reimpianto degli 8mila ulivi è un obbligo dell'Anas, che deve farlo a sue spese, così come indicato dal Ministero nella prescrizione contenuta nel decreto di Via del progetto.

fonte: iltaccoditalia

 
Di Albino Campa (del 13/09/2011 @ 22:48:49, in Eventi, linkato 3696 volte)

Giovedì 29 Settembre in occasione della festa patronale di Noha onoriamo l'Arcangelo San Michele e scopriamo i " Gioielli" artistici e culturali di Noha.

Ore 16:00 Percorso turistico culturale guidato dalla Dott.ssa Angela Beccarrisi che ci illustrerà tratti di storia, origini e rivalutazione dei beni artistici di Noha, partendo dalla Chiesa Madre.

Ore 19:00 Solenne Celebrazione Eucaristica presso la Chiesa di San Michele presieduta dal Parroco Rev.mo Sac.Francesco Coluccia con la partecipazione dei genitori e dei ragazzi della Comunità Parrocchiale, a conclusione dell'itinerario artistico, come segno di unità e vitalità tra le culture incontrare e i beni ammirati.

La S.V. è invitata a partecipare

fonte: Gruppo Mimi'

 
Di Albino Campa (del 03/04/2012 @ 22:45:31, in Politica, linkato 6695 volte)

Depositate a Palazzo Orsini gli elenchi con i nominativi (sedici per lista), ma anche i simboli delle liste e dei partiti e il nome del candidato sindaco che intendono sostenere.

In questa tornata elettorale sono in quattro a correre per la poltrona di primo cittadino, ben venti le liste che si contenderanno i voti e, addirittura, trecentoventi i candidati alla carica di consigliere comunale.

Sono cinque i simboli del centrosinistra che appoggiano la candidatura a sindaco di Cosimo Montagna. Per il Partito Democratico si ricandida il gruppo consiliare dell’ultima amministrazione con Piero Lagna, Daniela Sindaco e Daniela Vantaggiato. La Federazione della Sinistra si stringe attorno a Roberta Forte, Apollonio Tundo e Dino Santoro. Sempre all’interno dell’area di centrosinistra, l’Italia dei Valori punta su Luigi Boselli ed infine Sinistra ecologia e libertà con Vendola e la lista civica Montagna Sindaco.

Cinque anche le liste che sostengono la ricandidatura di Giancarlo Coluccia. L’ex sindaco è appoggiato da Io Sud, suo partito di riferimento, Futuro e Libertà per l’Italia, Udc e dalle liste civiche Partito della Nazione e Città migliore. Per il partito della senatrice Adriana Poli Bortone ripresentano la loro candidatura gli ex consiglieri comunali Luigi Cisotta e Nicola Surdo, mentre Fli, schiera l’attuale segretario cittadino, Pierantonio De Matteis. Per il partito dello scudocrociato, infine, scendono di nuovo in campo il vice sindaco uscente, Lilli Villani, e l’ex presidente del consiglio comunale, Cosimo Marra.

Antonio Pepe candidato della coalizione di centrodestra, conta sul sostegno di quattro liste: Popolo delle Libertà, La Pugliaprima di tutto, Partito Socialista Italiano e Città libera. Quest’ultima lista civica presenta un ex consigliere comunale, Maria Grazia Sederino, mentre per il Pdl, scontata è la ricandidatura di Francesco Sabato e Giuseppe Viva, anche loro consiglieri uscenti. Si riconferma in blocco l’ex gruppo consiliare dei Socialisti, Marcella Biancorosso, Giuseppe Spoti, Massimo Sparapane e Antonio Garzia.

Il quarto candidato alla carica di primo cittadino è Carlo Gervasi con la sua coalizione composta da sei liste civiche. La lista  Polis, che nell’ultima tornata elettorale ha appoggiato la candidatura dell’ex sindaco Coluccia, che per queste elezioni amministrative passa, invece, a sostegno di Carlo Gervasi. Tra i nomi presenti nella lista Polis, gli ex consiglieri comunali Francesco Carrozzini e Andrea Maio. Le altre liste civiche sono quella del Movimento Rione Italia, Galatina Altra, Galatina in movimento, Socialdemocrazia con Gervasi e Lista Gervasi.

CANDIDATO SINDACO: COSIMO MONTAGNA
 lista-montagna  federazione-sinistra
LISTA MONTAGNA
De Pasquale Paolo
Fachechi Augusto Cesare
Grassi Anna maria
Levanto Maria
Maggio Valeria
Masciullo Antonella
Mastrolia Barbara
Mele Antonio
Mino Alessandro
Nobile Vincenzo
Patera Salvatore
Quarta Annamaria
Romano Pasquale
Schirinzi Pietro
Serra Salvatore
Vergaro Valentina
FEDERAZIONE DELLA SINISTRA
Forte Roberta
Abaterusso Luigi Carmine
BeccarisiAngela
Congedo    Antonio
Contaldo Salvatore
D'Amico    Fabio
De Pascalis Luigi Cesare
Greco Massimo
Lezzi Simona
Longo Luigi
Mele Paola
Perrone    Sergio
Dantoro    Santo (detto Dino)
Spedicato Francesco Antonio
Tundo Apollonio
Viva Roberta
partito-democratico  SEL 
PARTITO DEMOCRATICO
Vantaggiato Daniela
Baffa Fernando
Colazzo Salvatore
Congedo Mirko
Lagna Alessandro
Lagna Giuseppe
Lagna Luigi Antonio
Lagna Piero Luciano
Marra Massimo
Mellone Antonio
Minardi Antonio
Miri Gianni
Sindaco Daniela
Spagna Maria Teresa
Tempesta Emilio
Tundo Daniele
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA'
Cuppone Claudia S. In De Benedittis
Cafaro Chiara
Codazzo Antonio Orazio
Colazzo Graziano
De Giovanni Corrado
Gigante Pietro
Mandorino Maria Addolorata
Manna Andrea
Mariano Maria
Misciali Lina
Panico Giuseppe
Perrone Riccardo
Rossetti Vanessa
Tesoro Andrea Angelo
Valentini Fabiana
Vantaggiato Marco
 LogoDiPietroItaliadeiValori-PattiChiari2  
IDV
Boselli Luigi Giuseppe
Sabella Patrizia
Gabrieli Paola
Galante Biagio
Gentile Antonio
Greco Luigi
Mandorino Vincenzo
Margiotta Marco
Marino Norma detta Sonia
Marra Alberto
Marra Marco
Masciullo Maria Grazia
Panico Claudio
Specchia Priscilla
Valentini Donata
Vinsper Beatrice Maria
 
   

CANDIDATO SINDACO: CARLO CARMINE GERVASI
 lista-gervasi  galatina-altra
LISTA GERVASI
Bianco Marcella
Cappello Elisa
De Matteis Paola
Esposito Maria Rosaria Detta Sara
Gerardi Giuseppe
Giannuzzi Daniela
Lisi Federico
Luceri Vincenzo
Mangia Enzo
Palama’ Mario
Palumbo beniamino
Patera Antonio
Patera Danilo
Perrone Alessandro
Stasi Carlotta
Stefanelli Rosi
GALATINA ALTRA
Florido Carmela Detta Carmen
Gorgoni Maria Antonietta
Maiorano Annalisa
Mangia Flora Maria Luce
Musca Maria Luce
Panico Valentina
Del Coco Vincenzo Detto Enzo
Marra Antonio
Ciccardi Giuseppe Detto Pino
Perrone Antonio
Antonaci Paolo
Bodelmonte Angelo
Forletti Fabio
Perrone Mario
Surdo Enrico
Surdo Marco
 socialdemocrazia  novapolis
SOCIALDEMOCRAZIA CON GERVASI
Al Aarag Luca
Attanasi Sara
Beccarisi Santo
Candito Helenio
Cascio Giampiero
Cascione Andrea
Cudazzo Andrea
Gatto Andrea
Loreta Gianfranco
Maglio Marta
Mangia Loredana
Marra Valentina
Micheli Donato Luigi
Murciano Rocco Giovanni Detto Gianrocco
Sanso’ Giuseppe
Serafini Giuseppe
NOVAPOLIS GALATINA
Valente Raimondo
Carrozzini Francesco
Tundo Cesario
Carratta Simone
Spinelli Santino Antonio
Campa Maria Antonietta
Greco Pietro
Greco Alessandro
Coluccia Michele
Garzia Chiara
Carratta Fabio
Spagna Rosario Jari
Maio Andrea
Santoro Luigi
Vincenti Francesca
Tarantino Cosimo
 moviemento-rione-italia  galatina-movimento
MOVIMENTO PER IL RIONE ITALIA
E PER GALATINA
Bello Massimo
Russo Piero Luigi
Leopizzi Cinzia
Surdo Pietro
Forte Antonio
Coluccia Tonia
Ciriolo Alessandro
De Pirro Franco
De Blasi Pantaleo Massimo
Ciccarese Stefano
De Pascali Luciano
Rizzo Antonio
Santoro Gianpiero
Gugliersi Salvatore
Arcadi Giuseppe
Perrone Gianpiero
GALATINA IN MOVIMENTO
Amante Marcello Pasquale
Ancora Cosimo
Caiaffa Aida
Cucurachi Livio
Bonuso Eligio Marco
De Micheli Manuela
Farmo Massimiliano
Furio Oreste Detto Cosimo
Galluccio Giacomo
Giannini Massimo
Grato Pasquale
Mauro Nicola Detto Nico
Palumbo Stefania
Romano Fortunato Stefano
Romano Stefano
Villano Pasquale

CANDIDATO SINDACO: GIOVANNI CARLO COLUCCIA
 iosud  udc
IO SUD
Bodelmonte Antonio
Cioffi Roberto
Cisotta Luigi
Di Bella Mauro
D’Onghia Milena
Gaballo Gianluca
Ingrosso Daniele
Mandorino Pierluigi
Margiotta Angelo
Micia Pietro
Misciali Marzia
Monastero Pompilia
Papadia Pierpaolo
Surdo Nicola
Tardi Antonio
Villano Nico
UDC
Marra Cosimo
Villani Pasqualina detta Lilli
Quarta Davide
Arcuti Vito Antonio
Baldari Massimo
Calabrese Maria Grazie
Clementi Matteo
Chirco Anna Maria
Ciccardi Biagio Pasquale
De Blasi Simona
De Paolis Lucia
Grappa Gabriele
Notaro Graziano
Tundo Salvatore
 fli  
FLI FINI
De Matteis Pierantonio
Aloisi Lucio
Chiriatti Daniel
D’Errico Pietro
Fedele Gianluca
Francone Salvatore
Giaccari Matteo
Maggio Luciano
Margiotta Adriano
Onorato Francesco
Perrone Antonio
Stefanelli Maria Luce
Surdo Piero Massimo
Toma Giuseppe
Venuto Alberto
Vergari Pasquale
150
Aloisi Lucia
Arcadi Pietro
De Lorenzis Ernesto
De Pandis Romina
Fulco Giuseppe
Inguscio Vincenzo
Leto Antonio
Notaro Antonio
Sambati Pietro
Santoro Lucia
Santoro Maria Serena
Scarcia Marco
Serra Carmine Roberto
Liaci Giorgio
   
CITTA' MIGLIORE
Ballarino Giancarlo
Beccarisi Alessio
Calimero Natale detto Natalino
Coluccia Salvatore
Frisenda Massimiliano
Greco Maria Angela
Lupo Francesco
Margiotta ilario
Margiotta Maurizio Maria
Mariano Elisa
Marra Francesco
Mazzotta Luigi Dario
Paglialunga Antonio detto patta
Perrone Gloria
Stefanizzi Alba
Mazzotta Federica
 

CANDIDATO SINDACO: ANTONIO PEPE
 puglia-prima-di-tutto  citta-libera
LA PUGLIA PRIMA DI TUTTO
Abaterusso Luigi
Aloisi Alessandro
Bianco Paola
Carrozzo Maria Concetta
Fulvi Michele
Greco Antonio
Gugliersi Antonio
Leone Francesca
Maiorano Tommaso Antonio
Marti Giacomo
Mita Fernando
Russo Davide Andrea
Sabella Antonio
Schilardi Yari
Schirinzi Antonio Alessandro
Stefanelli Donato Maurizio
CITTÀ LIBERA
Barbaro Gianluca
Carlino Pierlorenzo
D’Elia Roberto
De Iaco Annarita
Geusa Marco
Lupo Danilo Antonio
Mandorino Alessandro
Mariano Emanuele
Masciullo Pierluigi
Notaro Giovanni Dario
Ferrero Marina
Rigliaco Luigi
Schirinzi Paolo
Sederino Maria Grazia
Vergaro Renato
 pdl socialisti 
PDL
Aloisi Stella
Ciarfera Gianluca
Fazzi Giuseppe Cosimo
Filieri Carmine
Franco Dario
Lombardi Ivan
Magnolo Antonio
Marra Antonio
Papadia Antonio
Perrone Tommaso detto Tommy
Sabato Francesco
Santoro Salvatore
Saracino Cristina Dolores
Stomaci Luigi
Todisco Anna Rita
Viva Giuseppe detto Bepi
SOCIALISTI
Spoti Giuseppe detto Peppino
Biancorosso Marcella
Coluccia Maurizio
Congedo Antonella
De Lorenzis Lorena
D’Errico Pietro
Forte Luca
Garzia Antonio
Lazzari Giampiero
Lattarulo Donato
Marrocco Giuseppe
Nuzzaci Luigi
Russo Cosimo Roberto
Santo Lucio Antonio
Schirinzi Antonio
Sparapane Massimo

 
Di Antonio Mellone (del 03/06/2013 @ 22:42:44, in NohaBlog, linkato 3141 volte)

Può darsi. Anzi voglio proprio crederlo, come cittadino di questa “Repubblica democratica” (che a volte purtroppo va tra virgolette).

Ma da osservatore (nohano) non posso non rilevare che sabato scorso alla manifestazione a sostegno del pm Di Matteo fortemente voluta dal popolo delle “Agende Rosse” animato dall’Anita Rossetti - donna invincibile e coraggiosa - oltre ai ragazzi (stupendi) ed ai loro insegnanti e dirigenti scolastici, ed oltre ai consiglieri comunali Antonio Congedo e Luigi Longo, ed all’assessore Daniela Vantaggiato (che, bisogna riconoscere, s’è impegnata in prima persona per la riuscita di questa iniziativa), mancavano, guarda un po’, proprio il “padrone di casa”, il sindaco Montagna, il suo vice-sindaco, e salvo errori o sviste da parte mia, il resto del Consiglio Comunale, e dunque tutti gli altri esponenti della maggioranza e tutta l’opposizione.

Mi si obietterà che ciò che contano sono gli “atti formali”, come ad esempio la delibera all’unanimità del Consiglio Comunale del 29 aprile scorso, con la quale si esprime solidarietà al magistrato Di Matteo impegnato nel processo sulla famosa “trattativa Stato-mafia”, e, ancora, che assessori e consiglieri comunali non sono tenuti a giustificare o a spiegare a me le loro eventuali assenze dalle pubbliche manifestazioni di piazza…

Alla prima obiezione risponderei che, sì, va bene una delibera unanime, spero fatta con convinzione e non magari per salvare la faccia, ma credo che sia importante la forma quanto la sostanza, in quanto l’una non ha senso senza l’altra; alla seconda, risponderei che i miei rappresentanti politici non dovrebbero spiegare solo a me i motivi della loro latitanza, ma anche al resto dei cittadini di Galatina e frazioni - che francamente meritano di più dai loro “beniamini” che hanno eletto affinché rispondano alle loro istanze e non fuggano di fronte alle loro responsabilità, sentendosi magari come “autorità” impettite, altezzose, intoccabili.

Mi auguro che quello striscione appeso al balcone principale di palazzo Orsini non passi inosservato; mi auguro che faccia riflettere i cittadini di Galatina (la maggior parte dei quali, anche per colpa dell’“informazione” televisiva e giornalistica che ci ritroviamo, non sa nemmeno lontanamente cosa sia questa maledetta “trattativa Stato-mafia”, la quale, oltre tutto, ha portato alla morte anche i giudici Falcone e Borsellino); mi auguro che il mio Sindaco vada fino in fondo nell’attuazione della delibera del Consiglio Comunale del 29 aprile scorso, rappresentando al Presidente della Repubblica, sua maestà Giorgio II, “la pressante richiesta di spendere tutto il peso delle istituzioni repubblicane che rappresenta a tutela dell’azione della Magistratura”. Non vedo l’ora di leggere questa lettera raccomandata a.r. a firma di Cosimo Montagna Sindaco indirizzata al Quirinale.

Con la speranza di avere in risposta qualcosa in più di un semplice avviso di ritorno.  

Antonio Mellone


Ma non basta uno striscione esposto su di un balcone a Palazzo Orsini.

 
Di Antonio Mellone (del 21/11/2014 @ 22:42:20, in NohaBlog, linkato 3098 volte)

Tra i malanni che affliggono i rappresentanti della nostra amministrazione comunale, di cui continuiamo a pagare le conseguenze, un posto privilegiato assume l’inaugurite cronica, una forma di fregola compulsiva che porta sindaco, assessori e turiferari di complemento con macchinetta fotografica incorporata a correre a destra e a manca come tanti ossessi ad inaugurare, appunto, quelle che con un certo senso dell’umorismo si osa definire opere pubbliche. Tutti costoro pensano, in tal modo, di prendere in giro gli allocchi (in molti casi riuscendovi benissimo, essendo la materia prima abbondante in Galatina e dintorni).

Peccato, però, che le inaugurazioni e i tagli dei nastri tricolori siano soltanto delle goffe rappresentazioni di un attivismo fuori senso, se è vero come è vero che le strutture social-popolari che questi tizi fanno finta di aprire al pubblico sono rappresentate dalle solite cattedrali nel deserto. Anzi, più che cattedrali, cappelle.

Non sto qui a tediarvi oltre in merito alla vecchia scuola elementare di Noha, per la quale furono spesi da Pantalone 1.300.000 euro di soldi pronta cassa per poi scoprire che qualcuno, vale a dire l’Innominato, s’era scordato di una cabina in muratura per allacciare l’energia elettrica necessaria al funzionamento di impianti nuovi di zecca (come ascensore, impianto di condizionamento aria e pannelli fotovoltaici). Ad oggi quella struttura opera alla men peggio con un allaccio di cantiere buono soltanto per l’accensione delle lampadine (ma non tutte insieme, s’intende: si rischierebbe il collasso della linea e quindi il blackout). Non sto nemmeno a dirvi – dovreste già saperlo a menadito – che quella specie di assessore ai lavori pubblici galatinesi, meglio noto come l’ing. Loculo, aveva pure provato a promettere la soluzione definitiva del problema “tra giugno e settembre 2014”, per poi scomparire subito dopo il solenne annuncio, come David Copperfield, l’illusionista.

*

Per non smentirsi, la banda larga palazzorsiana ha testé inaugurato (e nella maniera più goffa del mondo) anche il presunto Auditorium, quella specie di costruzione colacementata in fondo al viale don Bosco “per riqualificare le periferie”. E’ il fabbricato che,  al di là dell’estetica, tra gli altri rischi/difetti/schifezze che non possiamo qui sciorinare in dettaglio, ha anche quello di essere attraversato o di tangente o di secante dalla nuova circonvallazione interna (sennò, oltretutto, senza il rombo delle automobili che Auditorium è?).

Non so se qualcuno di voi abbia avuto il coraggio di visitare questo stretto e lungo corridoio cubista con tanto di colonne infami a lato, onde con un tratto di penna su di un progetto e con un po’ di soldi pubblici, i nostri amministratori son riusciti a trasformare gli stupendi “Concerti del Chiostro” nei concerti del mostro.

*

Le altre chicche su questa nuova bella addormentata in viale don Bosco, le scopriremo audendo.

Antonio Mellone
 
Di Albino Campa (del 23/01/2012 @ 22:40:51, in I Beni Culturali, linkato 3172 volte)
I beni Culturali di Noha resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
icon5. ARCHITETTURA MILITARE
icon6. ARCHITETTURA RURALE
icon7. ARCHITETTURA RUPESTRE
icon8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Marcello D'Acquarica (del 28/11/2012 @ 22:40:29, in Circonvallazione, linkato 3501 volte)

Circonvallazione è il nome che comunemente si dà ad un sistema viario che organizza la circolazione dei veicoli attorno al nucleo abitativo di una città.
(Definizione proveniente da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

Quindi “attorno” e non dentro il nucleo abitativo.
E’ il caso di dire che quando non si sa più che pesci prendere si rischia di fare un bel guazzabuglio d’ogni cosa. Perfino in urbanistica. Quando mi trovo a Noha, posto in cui amo trascorrere il mio tempo libero, uso molto la bicicletta. Stupendo mezzo di locomozione: silenzioso, produttore di zero emissioni, economicissimo, elargitore di libertà, praticamente diventa la protesi quasi naturale delle mie gambe. Per questo mi ritengo fortunato. Per svariate ragioni, sono portato a gironzolare in bicicletta (se non addirittura a piedi) per le vie di Galatina e lo trovo un valido modo per alleggerire l’intasamento del centro della nostra città. Se devo andare in zona nord-est, e cioè dalla piazza centrale fino a tutta via Soleto, percorro la via di Noha, cosiddetta “via curve curve”. Qui sono costretto a maledire il genio di una così irrazionale stortura con curve che sembrano tornanti, come se dovessi arrampicarmi chissà su quale montagna. Eppure sono trascorsi all’incirca sessant’anni da quando venne asfaltata. E’ il caso di dire che le scempiaggini, una volta deliberate restano per sempre. Pensando alla questione in oggetto, è il caso di dire che errare è umano ma perseverare è diabolico. Se invece devo recarmi nella zona di Galatina che è a sud-ovest, e cioè nell’area che va dalla piazza centrale all’ospedale, passo per il viale Dalla Chiesa. Percorrerlo in bicicletta è a rischio di suicidio. Perché?  Perché pur essendo la carreggiata abbastanza larga ma sconquassata come da un bombardamento appena subito, ti ritrovo costretto o ad evitare le buche oppure le auto che fra l’altro sfrecciano come bolidi. Il marciapiede è ridotto ad un nastro rialzato interrotto continuamente dagli alberi (che meritavano un altro posto) come un rosario per le Ave Marie.  Anche quest’opera una volta fatta, tal quale è rimasta da all’incirca una trentina d’anni.
Che c’entra tutto questo con la pseudo-tangenziale o bellissimo viale urbano che dir si voglia, e che è decantato ottimisticamente dall’ing. Andrea Coccioli nella presentazione di fine ottobre al Palazzo Comunale? Un conto è discutere di un progetto quando si ha la possibilità di correggerlo, un altro è dire che il progetto viene da lontano, per dire innocentemente che è colpa di chi c’era prima. Oppure che è  un progetto della Provincia (Ma come? La provincia ci viene a fare le strade provinciali in pieno centro comunale?) o, ancora peggio, che oramai è già stato appaltato. Come dire:  il dado è tratto o chi ha avuto ha avuto ecc.
L’area impegnata dal I° lotto di questo strano progetto (strano perché tutti parlano di tangenziale, mentre sembra semplicemente ciò che resta di una vasta area urbanizzata negli ultimi 25 anni e mai terminata), è di fatto un labirinto, con strade chiuse o impercorribili che costringono sovente i cittadini a preferire la già super intasata via Gallipoli. Che la zona fosse da definire non v’è dubbio. Visto che non possiamo considerarla una tangenziale, quale senso razionale ha tagliare con una diagonale un’area già urbanizzata mediante un tracciato ortogonale, ordinato e di facile fruizione? Infatti “tagliando” in diagonale, oltre a spaccare in due un quartiere,  si vanno a creare delle orribili tangenti a palazzi, scuole, giardini e quant’altro pensato a suo tempo nella stessa ortogonalità viaria con cui è progettata la maggior parte di Galatina ad esclusione del centro storico. Il dubbio che una superstrada così anomala porterebbe molti utenti ad infrangere le regole del codice della strada, per evitare inutili giri viziosi, viene spontaneo ad un invitato alla presentazione pubblica, ma la riposta pronta e risolutiva di un tecnico della Provincia presente è perentoria: sarà lui ad essere punito, non certo chi ne ha creato l’occasione.
Che dire? Mi verrebbe voglia di gridare: basta autostrade nei centri urbani dove vivono intere famiglie. Basta errori con i soldi pubblici. Basta nuove strade dove ce ne sono a bizzeffe. Basta palazzi. Basta cemento a spese della terra. Occorre rivalutare e razionalizzare gli spazi già turlupinati  e trasandati. E’ di oggi la notizia riportata su Il Fatto Quotidiano, che i cinesi, per riprendersi la terra da coltivare stanno togliendo i loro morti dalle tombe, e noi invece la terra la facciamo diventare tutta un cimitero.  Non ho parole. Davanti al genio impositore nessuna democrazia potrà mai risultare civile.
Se questa della “circonvallazione” è l’occasione (seppur involontaria) per rivalutare dei beni culturali dimenticati, come per esempio la preziosissima e conosciuta ai pochi, quercia vallonea di San Sebastiano di ben 280 anni di vita, oppure il gelso del 1750, o i resti di siti storici o piante selvatiche e spontanee di specie rara, è anche l’occasione per offrire al mondo il meglio della nostra cultura, che non sono certo chilometri e chilometri di asfalto a gogò che portano ovunque ma di fatto in nessun luogo.

Marcello D’Acquarica

 
Di Michele Scalese (del 15/03/2022 @ 22:38:46, in Comunicato Stampa, linkato 615 volte)

Mi hanno chiesto: Perchè lo fai?  Chi te lo fa fare? “Per amore!”rispondiamo! Quello con la A maiuscola, quello che ti permette di non sentirti mai in pace con te stesso e che ti mette nelle condizioni giorno dopo giorno di fare di più perchè si avverte di avere un dovere morale verso chi soffre. E ciò che di più bello ho scoperto è il fatto di non essere solo. No! Vivo in un paese, la mia Noha, che mi ha dato tanto e che continua a dimostrarmelo giorno dopo giorno, e il momento di maggiore dimostrazione l’ho avvertita ogni sera della raccolta generi alimentari indetta dal PD di Noha. 

Immaginate un Circolo di un partito qualunque in pieno disordine, sporco per il continuo andirivieni di persone con buste e pacchi in mano ma colmo di beni. Ecco, esso è casa mia, è tutto ciò significa che la politica sta andando per il verso giusto, una politica più vicina alla gente dal momento in cui quei beni rappresentano l’amore fatto dono per gli altri. 

Per questo, cari amici di Noha e non, vi ringrazio singolarmente, ringrazio gli occhi colmi di emozione di ognuno di voi, ringrazio la scuola di Noha, il caro amico dirigente Prof. Melissano, le maestre, i bambini, le mamme e i papà, il personale tutto. Grazie a Natasha, Tatiana e Giorgia, mamme volenterose, grazie alle famiglie, grazie di cuore a tutti. 

Siamo un paese e siamo una scuola che può dare tanto e in questo periodo lo abbiamo dimostrato. Grazie alla Protezione Civile per il servizio svolto in questi giorni di consegna del ricavato che partirà per l’Ucraina. 

Non so come ricambiarvi se non con un abbraccio, magari virtuale e con un semplice GRAZIE. 

Quando si ama non si può che far Bene e noi tutti lo abbiamo capito. 

Michele Scalese e il Circolo PD di Noha.

 
Di Antonio Mellone (del 19/11/2015 @ 22:38:33, in Necrologi, linkato 3040 volte)

Oggi, 19 novembre 2015, mentre spuntava l’aurora, è venuta a mancare all’età di 93 anni la prof.ssa Mimì Piscopo, la prima laureata in “Lettere classiche” della nostra cittadina.

Vorrei ricordarla con le stesse parole di un articolo che vergai in suo onore sei anni fa (cfr. “L’Osservatore Nohano”  - n. 8, anno III, del 9 dicembre 2009).

*

<< Sono di fronte agli occhi color cielo quando è bello di una nohana purosangue: Mimì Piscopo, la mia professoressa di Italiano della mitica “I G” dell’Istituto Tecnico Commerciale “M. Laporta” di Galatina. Le chiedo alcune informazioni sul suo conto per una rubrica che tengo saltuariamente sul mio giornale, una rubrica dal titolo Curriculum Vitae.

Riesco a prendere appunti interessantissimi, ma il rischio è che anziché un articolo qui salti fuori un vero e proprio ponderoso volume. Perché le notizie e le curiosità (che sono come le ciliegie: una tira l’altra) sono interessanti e affascinanti, e riguardano non soltanto un’autentica gloria della scuola del XX secolo, ma anche la storia tutta e l’evoluzione (chiamiamola pure così) del contesto ambientale salentino, quello che ci fece da culla, e che ancora oggi funge da cornice alla nostra vita.

Ma ci provo ugualmente, tentando di lavorare con la lima più che con la penna, e cercando di non perdermi in mille fronzoli. Mi trovo di fronte – dicevo – ad una ragazza di 87 primavere, una Donna che senza indugio ti dice “sono nata il 16 luglio del 1922”, e subito mi viene da pensare che una vera Signora non si fa alcun problema nel rivelare la sua età.

Mimì frequenta a Noha la scuola elementare come molti suoi coetanei. Terminato il ciclo della scuola primaria, sfidando la tradizione che voleva che le donne rimanessero in casa a fare la calza, Mimì decide di sostenere l’esame di ammissione. “Solo coloro che superavano questo esame potevano frequentare la scuola media”.

L’ingresso nella scuola media quindi non era automatico, ma era una prima conquista per chi voleva proseguire negli studi. E’ inutile dire che andavano avanti solo coloro che si sentivano portati, che sovente coincidevano con i figli del censo e del privilegio, mentre gli altri venivano avviati verso un’attività agricola o artigianale, allu mesciu o alla mescia. La maggior parte dei ragazzi dunque si fermava di fatto all’esame di licenza elementare (ed una buona percentuale di essi non ci arrivava punto). “Quanti sacrifici per frequentare la scuola media e poi quarto e quinto ginnasio, e successivamente il liceo classico fuori paese. Erano tempi in cui la gente era costretta a stringere la cinghia. La fame faceva sentire i crampi allo stomaco. Si razionava il pane, addirittura! Il mio povero papà a volte rinunciava alla sua razione per non farla mancare a noi.. Il più delle volte andavamo a Galatina a piedi. Qualche volta alle sei in punto passava una corriera di studenti provenienti da diverse cittadine del Salento. Ci si conosceva un po’ tutti e, prima dell’inizio delle lezioni, si stava insieme a chiacchierare piacevolmente nell’atrio della scuola. A volte, quando pioveva, e quando era possibile, mi accompagnava il mio povero papà, con il suo biroccio trainato da un cavallo”. Qui si capisce benissimo quanto Mimì Piscopo sia dunque un’antesignana dell’emancipazione femminile nohana e salentina: “Non era facile soprattutto per una donna continuare negli studi. Andare a Galatina era come tradire una tradizione. Ma mio padre per fortuna era di più ampie vedute ”.

Ha un sogno, questa Donna, e a costo di sacrifici, di rinunce e di rottura di schemi arcaici, lo realizza. Questo è uno degli insegnamenti più importanti della professoressa di Noha: quando si crede nelle proprie possibilità e si lotta con determinazione ed impegno, non ci sono risorse finanziarie scarse o barriere culturali impossibili da abbattere.

Il “Pietro Colonna” di Galatina, e soprattutto la serietà ed il rigore degli studi che vi si conducevano, lasceranno nell’animo e nella formazione della studentessa Piscopo Cosima un’impronta incancellabile. E certamente – come evinco dalle sue parole – sentimenti profondi di nostalgia, di rimpianto ed anche di commozione. E’ come se, mentre ti parla, sentisse nell’angolo della sua memoria suonare ancora la campanella del “Colonna” incastrata a ridosso di un pilastro quadrato dell’antico chiostro domenicano, quell’aggeggio sonoro che scandiva l’inizio e la fine delle lezioni col tocco squillante dell’Idea che non muore.

La maturità arriva nel 1944. “E ormai volevo andare avanti. Mi consigliavano di prendere Farmacia. Ma io ero contraria all’idea, perché le farmaciste – così dicevo – mi sembravano delle bottegaie (soprattutto per gli orari di lavoro). Decisi di prendere Lettere con indirizzo classico, perché mi piacevano molto il greco ed il latino. E mi iscrissi all’università di Bari, dove avevo un punto d’appoggio presso il collegio Regina Elena”. Già dai tempi dell’università, Mimì evidenzia la sua passione. “Leggere, studiare, insegnare erano la mia passione”, tanto che corre spesso in soccorso alle esigenze di molti studenti amici e di molti colleghi in difficoltà, studiando e ripetendo insieme a loro, dando loro una mano nel superamento degli esami nelle materie più difficili.

In quel tempo i testi classici ed i distici erano per lei a portata di mano e di memoria; dalle sue scarpe, ad ogni passo, sembravano entrare ed uscire aoristi e ablativi assoluti. “Era difficile superare l’esame di latino. Sentivo che molti studenti l’avevano provato molte volte prima di superarlo… Io sostenni lo scritto un anno in anticipo, ancor prima che mi si consentisse di presentarlo. E ricordo il terribile prof. Vantaggiato che mi chiamò – io incredula – per sostenere l’esame orale, che superai subito e brillantemente. Ma non mi esaltavo mai. Questa è la mia indole: tra l’altro ero anche molto timida”.

Cosimina Piscopo si laurea nell’anno accademico 1948-49 discutendo una tesi (scritta a macchina) dal titolo: “La classe rurale in Terra d’Otranto nei primi sessant’anni del sec. XIX”, relatore il chiarissimo prof. G. Masi [tesi trascritta a cura di Marcello D’Acquarica e pubblicata su Noha.it nel luglio 2010].

Rientrata a Noha, inizia sin da subito a dare lezioni private di lettere, latino e greco, come del resto aveva sempre fatto quando era possibile durante la guerra. “Ma non mi pagavano mica!”. Nel 1954 diventa finalmente – come noi studenti l’abbiamo sempre chiamata – “La Piscopo”, sottintendendo “la professoressa” o, come i giovani d’oggi usano dire, la Prof.

Inizia dunque in quell’anno la sua carriera di insegnante di Lettere all’Istituto Tecnico Commerciale di Galatina “che non era ancora statale ma parificato. Tra l’altro io, insegnante, sembravo allora una ragazzina al confronto dei miei studenti”.

Dopo questa esperienza iniziale intraprende un lungo tour in diversi istituti che qui posso soltanto citare di sfuggita, avvistandoli dall’alto come in un ideale volo d’aquila.
Insegna così al Professionale Statale e poi al Professionale Femminile di Galatina. Successivamente a Maglie di nuovo presso un Istituto Tecnico Commerciale, con alcune ore presso il Magistrale di Galatina. Dopo “non ricordo precisamente l’anno” entra nei ruoli della scuola media ed insegna Italiano, Storia e Geografia ad Aradeo e poi finalmente a Noha alla “Giovanni XXIII” dove viene nominata anche vice-preside.

Ma dopo due anni decide di ritornare alle scuole superiori: sicché ritorna all’Istituto Tecnico Commerciale (nel 1981-82, quando chi scrive frequentava la famosa I G) e contemporaneamente al Professionale Femminile dove ricopre la cattedra di Storia. E poi ancora da Galatina a Gallipoli, alla volta dell’Istituto Nautico, con alcune ore settimanali a Carmiano presso un altro Istituto Professionale…“Amavo il mio lavoro. Ero molto scrupolosa. Andavo al lavoro anche con la febbre. E mi volevano bene. Ricordo che quando morì il mio povero papà (insegnavo al Professionale) il preside e tutti i ragazzi vennero al corteo funebre. Questo mi fu di grande conforto.

Raccontare qui la vita a scuola della docente Piscopo sarebbe impossibile: dovremmo indugiare in numerosi, singolari, piacevoli, interessanti particolari, come la preparazione delle lezioni, le spiegazioni, le interrogazioni, i consigli di istituto, gli incontri scuola-famiglia, i compiti in classe corretti a casa (a volte anche con l’ausilio della sorella Laura, che leggeva tutti gli elaborati degli studenti per filo e per segno), i problemi dei ragazzi che trovavano in lei una istitutrice, sì, ma anche una sorella, una madre e a tratti un’amica alla quale confidare i propri dubbi esistenziali. “Ci fu un periodo drammatico, anni terribili, quando a scuola entrò la droga. In un anno in una classe fummo costretti a respingere addirittura 14 studenti. Quanti incontri tra professori e genitori. Alcuni venivano a trovarmi perfino a casa chiedendo consiglio, sostegno, incoraggiamento. Erano problemi delicati: non si poteva far finta di nulla. […] Quante storie e quanti viaggi di istruzione al seguito dei miei studenti. Ovunque in Italia, nelle città d’arte, in montagna… Ricordo anche un viaggio bellissimo a Parigi. E quante esperienze: pensa che una volta andammo a finire persino in discoteca! Tuttora incontro in giro dei miei studenti che mi chiedono: si ricorda di me? Io confesso di ricordarmi dei più bravi. E dei più diavoli.

Chiudo questo curriculum vitae et studiorum su una persona di valore di Noha, non senza aver detto che Mimì Piscopo è stata nominata anche “Giudice Popolare”, incarico che ha esercitato per un certo periodo di tempo nel foro di Lecce. “Il Giudice Popolare è chi, con fascia tricolore, affianca i giudici nelle Corti d’Assise e nelle Corti d’Assise d’Appello, assistendoli nelle udienze e partecipando alle decisioni contenute nelle sentenze”. La scelta di un così delicato compito di magistratura penale (nelle Corti d’Assise si trattano infatti processi penali per i crimini più gravi previsti nel codice) ricadde su Mimì sicuramente per le sue doti di equilibrio, e soprattutto per la sua irreprensibile condotta morale. Anche quest’ultimo incarico è parte sostanziale di un brillante curriculum vitae.

Concludo questo scritto dicendo che a volte noi altri cerchiamo lontano (o peggio ancora in televisione) le persone di valore e degne di lode, ignorando i tesori a noi più vicini, benché umili ed al riparo dalle luci dei riflettori alimentati con l’energia dell’ottusità e dell’insipienza.

Sarebbe saggio se invece ci accorgessimo di chi, pur in atteggiamento di ritrosia, evitando la pompa magna, vive accanto a noi ed ha ancora molto da dare ed insegnare.

Con questi colpi di scalpello mi auguro di essere riuscito ad abbozzare un seppur grossolano profilo “della Piscopo”, alla quale vorrei indirizzare un grazie di cuore per tutto quello che ha fatto per i ragazzi suoi discenti (incluso il sottoscritto) e per il lustro che con il suo studio, il suo lavoro ed i suoi incarichi ha dato alla nostra cittadina.

Infine vorrei chiederle di essere indulgente con me ancora una volta, nel caso in cui nel corso di questo articolo (o di altri) dovessi aver seminato a destra o a manca qualche strafalcione, o, peggio ancora, qualche errore di sintassi o di grammatica che, come usava ripetere la Prof, “è sempre in agguato”>>.

*

Addio professoressa Piscopo, addio Mimì, e buon vento.

Con te se ne va una brava insegnante, una grande Donna, una pagina gloriosa della Storia di Noha.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 08/05/2022 @ 22:36:31, in NohaBlog, linkato 603 volte)

Questa volta non realizzerò la cosa secondo il metodo “Solo se la suona e solo se la canta” ma, grazie all’ospitalità del parroco don Emanuele Vincenti, nella Chiesa Madre di Cutrofiano saranno con me (o meglio io sarò con loro), il prof. Giovanni Leuzzi, dantista, filosofo e scrittore, e il prof. beniamino Masciullo, docente di Italiano e Latino al liceo “Colonna” di Galatina - ma per l’occasione alla tastiera e alla pedaliera del settecentesco organo a canne di Cutrofiano.

L’appuntamento con la Lectura del Canto XXXIII del Paradiso di Dante, commento, recitazione e colonna sonora, è per giovedì 12 maggio 2022 alle ore 19.30 nella chiesa parrocchiale Santa Maria della Neve.

Durata dell’incontro 60 minuti (incluso il quarto d’ora accademico). Ingresso ovviamente libero. Sorpresa finale.

Mel

 

La scuola riapre puntando in primis alla sicurezza, in un periodo purtroppo ancora estesamente interessato dall’emergenza epidemiologica che stiamo attraversando e che è rinvenibile in molti documenti presenti sul sito.

La nostra scuola, così come tutte le altre istituzioni scolastiche, in linea con il Decreto Ministeriale risalente allo scorso giugno 2020 che contiene le “ linee guida per la ripresa a settembre”, (Piano Scuola 2020-21), ha pienamente recepito le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico che ha fornito misure di prevenzione  e raccomandazioni  per gli studenti delle scuole di ogni ordine  e grado, in vista della ripresa dell'anno scolastico 2020/21.

A questo proposito sono state messe in atto una serie di misure per fronteggiare la contingente situazione attuale che si riflette non solo nella modulistica presente sul sito della scuola, ma ha inciso anche profondamente sulle abitudini quotidiane della vita scolastica attuale.

Tra queste misure si possono citare l’adeguamento del patto educativo di corresponsabilità all'emergenza sanitaria in corso e che prevede una ancor più stretta collaborazione tra scuola e famiglia, a partire dai vari vademecum pubblicati per tutte le classi di ogni ordine di scuola con le indicazioni sui comportamenti corretti da tenere o le direttive sulla gestione di una persona sintomatica a scuola.

D'altro canto la scuola garantisce la tracciabilità nella gestione di ingressi e uscite di tutto il personale e non solo, le periodiche operazioni di pulizia e sanificazione degli ambienti, la fornitura dei dispositivi di protezione per alunni e docenti (mascherine e dispenser gel con azione virucida); la nomina di un docente referente Covid per la gestione dei casi di emergenza per ogni plesso e un docente referente generale d'istituto; personale docente “ Covid” di potenziamento per le classi più numerose che necessitano di essere sdoppiate.

Non ultimo la nostra scuola ha poi recepito anche le Linee guida per la Didattica Digitale Integrata ( DDI) che forniscono indicazioni per la progettazione del Piano Scolastico da adottare in modalità complementare alla didattica in presenza, qualora si rendesse necessario ( come si sta verificando parzialmente nella situazione attuale) sospendere le lezioni in presenza e , a questo riguardo, sono in cantiere ulteriori attività di formazione sulla piattaforma digitale Gsuite in uso nel nostro Polo a cura dell’animatore digitale ed anche ulteriori corsi di didattica digitale più specifici per ambito disciplinare  rivolti a tutto il personale e tenuti da esperti della materia.

Di conseguenza, nonostante le nuvole all’orizzonte, le attività progettuali per l’ampliamento dell’offerta formativa della scuola riprendono con forte entusiasmo; sono stati riattivati i Programmi Operativi Nazionali ( PON), già avviati nel precedente anno scolastico per tutti e tre gli ordini di scuola : “ Un click per crescere” con l'obiettivo di potenziare la creatività ed incentivare un uso consapevole del digitale per i bambini di 5 anni e “Give me Five 3”  per la Scuola dell’Infanzia, rivolto sempre agli alunni di 5 anni con l'obiettivo di avvicinare i bambini ad un codice linguistico diverso dal proprio e alla conoscenza di altre culture; “Matematica da campioni” per la Scuola Primaria e la Scuola Secondaria di primo grado con l'obiettivo di potenziare le conoscenze logico-matematiche degli studenti; poi ancora  “ il Francese anche per me” per avvicinare i bambini della scuola Primaria alla conoscenza della lingua francese di livello A1 ed infine il corso di spagnolo per la Scuola Secondaria di primo grado , per approcciare gli alunni alla conoscenza della lingua spagnola.

Tra le iniziative più apprezzate nell'ambito del Polo 1 riprende poi il progetto STEM (che vede interessate le discipline di Scienze, Tecnologia e Matematica), con lo scopo di avvicinare a norme di comportamento civili, interiorizzare il rispetto per i beni comuni e la decodifica dei principali segnali stradali.

Da sempre di rilevante interesse per l'utenza, si ripropone anche il progetto KET ( Key English Test) per la Scuola Secondaria di primo grado, per il conseguimento della certificazione linguistica di livello A2.

Infine, di importanza cruciale anche in seguito all’inserimento dell’Educazione civica nel curricolo nazionale per tutti gli ordini di scuola e date le emergenze sociali giovanili venute alla ribalta ai nostri giorni, si è resa necessaria l’esigenza di progettare un’unità didattica trasversale che attraversi tutte le discipline “ Noi cittadini in Europa” per promuovere, tra gli altri obiettivi, la diffusione della cultura della legalità, della tolleranza e della solidarietà nelle nostre generazioni future.

 

I docenti dell'Istituto Comprensivo Polo 1 Galatina

Mussardo Emanuela

Schirinzi Gianfranco

Cesari Stefania

 
Di Albino Campa (del 19/04/2011 @ 22:35:10, in Un'altra chiesa, linkato 2545 volte)

Ecco la terza puntata della rubrica "Un'altra chiesa" a cura di Marcello D'Acquarica.

Genova 14 aprile 2011. – Nel 2004 Lega e Berlusconi hanno vinto le elezioni all’insegna dell’anti-Europa: l’euro era la fine del mondo, la crisi economica era colpa dell’euro. L’Europa è una gabbia che punisce i popoli e, guarda caso, quello «padanotto» (cioè il nulla) si sarebbe staccato e inneggiavano alla Scozia, ai Catalani, ecc. Poi venne la politica militare: l’Europa era restia ad entrare in guerra con l’Iraq, ma Berlusconi doveva andare nel ranch del Texas del bovaro Bush a scodinzolare e tanto disse e tanto fece che da solo andò in guerra con gli Usa e senza Europa, rompendo la diplomazia estera. Poi venne l’Afghanistan e ancora una volta Berlusconi sceglie l’asse preferenziale con gli Usa, da solo, senza Europa, vista come un impedimento.

Poi venne la crisi economica e solo l’Italia andava bene, mentre tutti gli altri paesi europei andavano malissimo – parola del bugiardo Berlusconi, faccia di tolla e malato mentale – e ancora una volta l’Europa da una parte e l’Italia dall’altra. Infine, per abbreviare, venne la politica estera formale, e contro il parere dell’Europa unanime, Berlusconi inizia le processioni sulle vie dei dittatori: Ben-Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto, Gheddafi in Libia e Lukashenko in Georgia. Riesce ad irritare anche gli Usa per la sua predilezione per il vero erede dei comunisti del kagb, Putin pur di avere un strapuntino in tv e ubriacarsi di «granditudine» che per lui è come una droga.

Maroni (un altro «con gli oni» [copyright benigni]) sputa ogni giorno dispari e pari sull’Europa, Bossi vuole la secessione addirittura dall’Italia, figuriamoci dall’Europa e non si accorgono di essersi bevuti il cervello, le fegatella e la trippa per i gatti.

Oggi, davanti ad una mangiata di migranti che scappano da dove scappano, dopo avere creato il caso ad arte per aizzare la loro gente perversa e cattolicheggiante, incapaci e impreparati ad affrontare un solo problema, si appellano all’Europa come la panacea dei mali e delle loro incapacità. L’Europa ha detto picche: fino ad ora ci avete sempre sputato addosso e ora venite a scaricare le vostre incompetenze su di noi? Nella guerra del Kosovo, nel 2008, la Germania da sola in un solo colpo ha preso 460 mila immigrati: li ha inseriti nel ciclo produttivo e oggi la Germani corre come un treno ad alta velocità, lasciando Berlusconi a piedi e Maroni a rifarsi baffi e pizzetto spelacchiato.

Mai l’Italia era caduta così in basso, con incompetenti incapaci: e dire che era un imprenditore «ghe pensi mi»; e se non fosse stato un imprenditore, dove saremmo? forse a vendere sabbia calda nel deserto tra la Libia e la Tunisia, là dove sono morti migliaia di persone per conto del governo italiano che pagava perché Gheddafi li facesse fuori.

            L’Europa in sostanza ha detto al leghista xenòfobo ministro dell’interno di non essere ridicolo e di non coprire di ridicolo l’Italia di fronte al mondo. Cosa fa il leghista «autarchico»? Minaccia di rompere il vetro e scappare via. Forse nessuno gli ha spiegato che non può andare da alcuna parte per un imbecille dovunque vada riesce a perdersi da solo, anche in una rotonda in centro città.

 
Paolo Farinella, prete
 
Parrocchia S. Torpete - Genova
 

Mercoledì 23 luglio, nella suggestiva cornice della Chiesa dei Battenti di Galatina, alle ore 20,30  Maurizio Nocera, Nico Mauro, Marco Graziuso e l’assessore al Cultura Daniela Vantaggiato ricorderanno Lucio Romano nella sua complessa figura di poeta e di intellettuale impegnato.

 Lucio Romano nato a Galatina nel 1936 è scomparso nel 2007 si è occupato di studi storici, conducendo tra l’altro ricerche sul movimento operaio e sulle origini del fascismo in Terra d’Otranto. Con le sue opere letterarie ha ricevuto numerosi riconoscimenti in ambito locale e nazionale. Molti critici letterari hanno scritto di lui.  Lui stesso ha scritto note critiche su Salvatore Quasimodo, Rocco Scotellaro, Alfonso Gatto. Accanto a questo bisogna ricordare il suo imprescindibile impegno civile è stato consigliere comunale per quindici anni e consigliere provinciale. Ha dettato l’epigrafe per Carlo Mauro, principale esponente del socialismo salentino, collocata tutt’ora in Piazza della Libertà .

 Ricordiamo alcuni titoli delle sue raccolte di poesie “ Sul calar della sera” (1958-1964); “ Vagare stanco” (1965-1968); ” Romano” (1969-1974); “Alografie” (1983-1987); “Morire di verso” (1988-1990); “ Lettere di Gioacchino Toma a Eduardo Dalbono”(1992-1997);   “Una vita in versi ”(2001).

L’amministrazione di Galatina gli ha assegnato alla memoria  il Premio beniamino De Maria per il biennio 2009-2010, ci piace riportarne per intero la motivazione : Un uomo che ha saputo coniugare poesia ed impegno civile. Un uomo che ha lasciato un chiaro messaggio secondo il quale potere e poesia significano altruismo, solidarietà umana, generosità, tentativo di edificazione di un altro mondo possibile nel quale  tutti siano impegnati facendo tesoro anche della parola del poeta che lotta per il suo popolo, la sua gente, per gli umili e i diseredati.

In attesa di incontrarlo attraverso il ricordo degli amici e dei familiari lo ricordiamo così:

Salento       da “Sul calar della sera”  

 
E’ questo il Salento

 bruciato dal sole

ove il cielo del sud

 avaro dei piogge

 ha sotto gli occhi

 schiene curvate,  some

 dal cuore in pena:

ove sirene di cantieri sono

 antichi rumori di zappe.

L’evento, promosso ed organizzato dalla libreria Fiordilibro da sempre impegnata nella valorizzazione della cultura salentina , dei suoi esponenti e di quanti hanno contribuito e contribuiscono con il loro lavoro spesso solitario e  misconosciuto, a dare lustro al Salento ed in questo caso anche alla città di Galatina. L’evento ha ricevuto il Patrocinio del Comune di Galatina ed  è inserito nella Sezione “Vivi il Salento” della  rassegna estiva“ l’Estate della Cuccuvascia”- ritrovarsi a Galatina.

 

Martedì 27 luglio alle 19 dal Museo Pietro Cavoti di Galatina parte l’inaugurazione della sezione outdoor di InTrance, festival di fotografia e arte contemporanea, curato da Alessia Rollo. La prima edizione della manifestazione, inserita all’interno della rassegna estiva e culturale “A Cuore Scalzo”, proporrà in spazi urbani, palazzi storici e corti del comune salentino, fino al 31 agosto, una mostra diffusa di opere di artisti italiani e internazionali - Ornella Mazzola, Federico Estol, Alejandra Carles-Tolra, Giulia Frigieri, Myrto Papadopoulos, Roberto Tondopó, Gloria Oyarzabal - che si aggiungono a quelle di Rossella Piccinni, Yolanda Domínguez e Rubén H. Bermúdez già in esposizione nella Gigi Rigliaco Gallery. Durante l’inaugurazione, coordinata dall’amministrazione comunale, il pubblico potrà seguire il percorso espositivo per scoprire insieme alla curatrice le opere in mostra e per apprezzare, con alcune guide turistiche, i luoghi d’interesse del festival tra cui Palazzo Orsini, Palazzo Gorgoni, Piazza Dante Alighieri e l’Ex Complesso Monastico delle Clarisse. Qui la serata si concluderà intorno alle 21 con le selezioni musicali del duo Underspreche, in collaborazione con “FeelM”, residenza artistica promossa dal Sei Festival di Coolclub, in sinergia con la sede leccese del Centro Sperimentale di Cinematografia e il DAMS dell’Università del Salento, che fino al 31 luglio sarà ospitata dal Castello Volante di Corigliano D’Otranto. Fino al 15 settembre, inoltre, “In Trance Lab - Il Mio corpo…!”, proporrà una serie di attività culturali e incontri partecipati promossa dall’Associazione 34° Fuso che prenderà il via venerdì 30 luglio alle 21 in Piazza San Pietro con “Il corpo tra immagini antiche e tabù contemporanei”. Dopo un tour guidato nella mostra che partirà sempre dalla Piazza alle 19:30 e si diramerà attraverso vari punti d’interesse della città, i partecipanti potranno degustare diverse tipologie di birre artigianali - grazie al format “Dopolavoro con l’archeologo”, finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 - partecipando alla conversazione tra Flavia Frisone, docente di Storia Greca e Presidente del Corso di Laurea Triennale in beni Culturali dell’Università del Salento e l’influencer Denise D’Angelilli - Due dita nel cuore, moderata dalla giornalista e scrittrice Loredana De Vitis.

Partendo dalla storia della città di Galatina legata al fenomeno del tarantismo, di corpi posseduti non solo dal morso della taranta, ma anche dallo sguardo degli antropologi ed etnografi negli anni ’50, InTrance vede proprio nel corpo il leit motiv di questa prima edizione del festival per sviluppare un percorso che lo libera da pregiudizi e stereotipi geografici, sociali, sessuali. Il corpo è un luogo, oggetto nella storia dell’arte e simbolo di un’evoluzione di pensiero, spazio politico, sociale, economico e di genere. Non è un contenitore passivo e le sue azioni non sono solo segni che richiamano l’attenzione su forme astratte, anzi, è soggetto alla nascita e alla decadenza e acquisisce specifiche abilità e capacità oltre a manchevolezze e debolezze. Il corpo non è un’entità statica, immobile, al contrario cresce e si sviluppa relazionandosi con l’ambiente in molteplici forme.

«Galatina ha potenzialità enormi e sta finalmente vivendo un tempo di maturità culturale e di coraggio tali da generare InTrance, un festival di fotografia e arte contemporanea per scoprire il cuore di Galatina e le sue radici», spiega Cristina Dettù, assessora alla cultura di Galatina. «Artisti internazionali e ospiti da ogni parte d'Italia e del mondo saranno presenti nella nostra città. Si tratta di un progetto che fa tremare le gambe, un progetto ambizioso per cui tutta Galatina investe non solo in termini culturali e turistici, ma anche sociali, economici e di sviluppo del territorio».

InTrance propone un festival di fotografia di artisti contemporanei che lavorano sul tema del corpo come luogo di espressione di forme di pensiero, questioni di genere, identità personale e collettive della società contemporanea attraverso differenti approcci fotografici che spaziano dalla fotografia documentaria, al reportage, alla messa in scena e con diverse cifre stilistiche che passano dalle immagini di archivio, al fanzine, alla fotografia di presa diretta fino alla performance. Fino all’8 agosto la Gigi Rigliaco Gallery ospita Rossella Piccinno | Bride’s journey and funeral; Yolanda Domínguez| Little black dress, Poses; Rubén H. Bermúdez | Y tu porquè eres negro?. Fino al 31 agosto, invece, saranno allestite le opere di Ornella Mazzola (Corte di Palazzo Orsini), Federico Estol (Corte Palazzo Gorgoni), Alejandra Carles-Tolra e Giulia Frigieri (Piazza Dante Alighieri), Myrto Papadopoulos, Roberto Tondopó, Gloria Oyarzabal (Ex Complesso Monastico delle Clarisse). Il Museo Civico “Pietro Cavoti”, inoltre, sarà anche residenza d’artista con Claudia Mollese.

Dal 30 luglio, come detto, prenderà il vai anche “In Trance Lab - Il Mio corpo…!”, attività culturali e laboratoriali a cura dell’Associazione 34° Fuso con l’obiettivo di avviare un processo di partecipazione attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini e delle associazioni locali nelle diverse azioni del festival. Oggi gli operatori culturali hanno una responsabilità sociale ben precisa che consiste nel sostenere l’educazione alla bellezza e il protagonismo civico per contribuire allo sviluppo di una società più equa. Attuare politiche partecipative, inclusive e sostenibili, significa riconoscere un “valore” culturale, sociale, economico che va oltre quello già inestimabile che il patrimonio possiede. Per questo motivo la rassegna prevede il coinvolgimento attivo delle realtà locali, ognuna delle quali è stata chiamata a co-progettare un percorso educativo finalizzato alla costruzione di un racconto corale e multidisciplinare sul tema del corpo.L’incontro di apertura si pone al contempo quale momento di divulgazione del patrimonio archeologico identitario e di riflessione sui temi del contemporaneo connessi al ruolo della donna a partire dai reperti più emblematici delle collezioni archeologiche salentine, in un ambiente del tutto informale e degustando una birra artigianale a km0. L’appuntamento rientra nel progetto “Dopolavoro con l’archeologo” finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 e vede la collaborazione tra 34° Fuso e i musei archeologici coinvolti nelle attività (Museo Diffuso di Cavallino dell’Università del Salento, Museo Archeologico Sigismondo Castromediano, USA - Museo Archeologico dell’Università Salento, Area Archeologica di Roca Vecchia/Melendugno, Parco dei Guerrieri e Museo di Vaste, Museo Civico Pietro Cavoti di Galatina, Museo del Mare Antico e il Museo della Preistoria di Nardò). Altri partner coinvolti nell’iniziativa sono The Monuments People APS, M(u)ovimenti, La Capagrossa Coworking, Cooperativa Sociale Orient-Occident; Aps Terre Archeorete del Mediterraneo, Associazione Culturale Articolo 9.

InTrance Lab proseguirà con “Il mio corpo suona!”, laboratorio per bambini sulla musica del corpo a cura di Giovani Realtà Aps e condotto da Ettore Romano ed Elisa Romano (6-20-23-27-30 Agosto e 5 Settembre); “Il mio corpo parla!”, laboratorio di storytelling a cura di Maira Marzioni (5/7 agosto); “Il mio corpo canta!”, laboratorio di canto polifonico ideato e diretto da Rachele Andrioli per donne che amano cantare (16-17-22 agosto), “Il mio corpo accoglie” a cura di 34° Fuso Aps e Arci (6-7-10 settembre) e “Il mio corpo si racconta” a cura di Agribimbi - Adalgisa Romano (10 settembre). Tutte le attività sono gratuite. Info e prenotazioni info@34fuso.it - 3271631656
 

Per tutti i dettagli del festival www.intrancefestival.it

Ufficio stampa 34° Fuso
Società Cooperativa Coolclub
Piazza Giorgio Baglivi 10, Lecce
 

Non chiedere quello che il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese (J.F.K.).

Questa è la famosa quanto ambiziosa frase che ha ispirato da sempre il nostro operato; ci induce infatti a riflettere sui rapporti che ci sono e a quelli che ci potrebbero essere tra cittadini e suoi amministratori, ma soprattutto tra cittadini e la città stessa, tra cittadini e Associazioni, tra Cittadini e attività produttive, ecc…

Questa frase non solo non perde un centesimo della sua bellezza e della sua verità, ma addirittura assume ancora più importanza in un momento storico particolare in cui le Amministrazioni comunali devono fare i conti con le casse sempre più esangui e con i vincoli contabili e amministrativi sempre più stringenti.

Riappropriarsi dell’interesse dei luoghi dove viviamo quotidianamente è certamente un grande passo in avanti per il nostro senso civico e di appartenenza responsabile che troppo spesso in passato lo abbiamo legato unicamente al concetto di delega; siamo riusciti pertanto a dare vita a un vero e proprio circolo virtuoso e ne siamo orgogliosi perché non c’è niente di più bello che ricevere un sorriso dai bambini.

Una interazione tra pubblico, privato e associazionismo che rappresenta concretamente un modo diverso di concepire e realizzare progetti per tutta la comunità.

Ecco perché l’inaugurazione di una nuova piccola area giochi assume una valenza ancor più incisiva…

In questo modo speriamo di sviluppare la cittadinanza attiva e le competenze civiche e svolgere quindi un ruolo di “catalizzatore” delle energie presenti nella comunità, incoraggiandone l’emersione per la cura dei beni comuni.

Noi siamo assolutamente convinti che un bene è veramente “comune” se tutti possono disporne senza che esso venga meno per gli altri ed a condizione che tutti ne abbiano riguardo. I beni comuni sono invisi alle mafie, poiché ne rappresentano concretamente e simbolicamente una riduzione del potere sociale: in luoghi nei quali tutti controllano tutti non c’è spazio per le mafie.

Se tutto ciò è stato possibile lo dobbiamo in modo particolare a “ECOM SERVIZI AMBIENTALI”, prestigioso partner che ci ha da sempre accompagnato in questa entusiasmante avventura.

Doveroso poi ringraziare Don Pietro Mele, l'Amministrazione Comunale di Galatina (Marcello Amante, Loredana Tundo, Vito Albano Tundo), l'area tecnica (Lorena Mengoli e Saverio Toma), Centro Colore in via Marche 76 a Galatina, il vivaio di Antonio Vincenti per le bellissime piantine che hanno abbellito la nuova area, Daniela De Santis, Roberto Cioffi e Piero Ciccardi, due maestranze che non hanno fatto mai mancare la disponibilità e la professionalità, “Legambiente Galatina” per la realizzazione del murale, Maurizio Albanese, Alessandro Patera, “Allianz - Stefanizzi Assicurazioni Maglie” e quanti, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione della nuova area.

In ultimo, ma non certo per importanza, dobbiamo ringraziare tutte le attività commerciali e tutti gli amici che in questi mesi ci hanno "inondato" di tappi...

Tra qualche settimana, appena definite le collaborazioni, presenteremo il nostro nuovo progetto…

 

"La Basilica di Santa Caterina d'Alessandria a Galatina ed i Monumenti Orsiniani a Soleto, incontro tra Oriente ed Occidente, riflessione per l'Europa di domani"

La manifestazione avrà inizio Sabato 1 Aprile 2017 alle ore 10.00 presso il Teatro Tartaro di Galatina con la Proiezione dei documentari sui Monumenti Orsiniani di Galatina e Soleto: "La legenda Aurea di Galatina " prodotto da RAI STORIA , e "Santo Stefano a Soleto" prodotto da IN-Cul.Tu.Re , cofinanziato dal MIUR e con la collaborazione del MIBACT, per le Scuole Secondarie del Distretto di Galatina, con il commento dello Storico dell'Arte Luigi Manni e delle curatrici di IN-Cul.Tu.Re Paola Durante e Sofia Giammaruco.

Sempre Sabato 1° Aprile alle ore 18.00 si proseguirà presso il Teatro Tartaro con una Tavola Rotonda sulla "Basilica di Santa Caterina di Galatina” ed in particolare sul suo ciclo di Affreschi; interverranno gli Storici dell’Arte Prof.ssa Maria Stella Calò Mariani, Emerita dell'Università di Bari; Dott.ssa Antonella Cucciniello, Direttrice dei Musei del Palazzo Reale di Napoli; Prof.ssa Anna Trono, Docente di Economia Politica presso il Dipartimento di beni Culturali dell'Università del Salento; Dott.ssa Eugenia Vantaggiato, Segretario Regionale MIBACT per la Puglia; Arch. Maria Piccarreta, Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto.

La Tavola Rotonda sarà coordinata dal Prof. Rosario Coluccia, Ordinario di Linguistica Italiana e Accademico della Crusca.

Anche quest'anno, nella giornata di Domenica 2 Aprile, avrà luogo il Corteo Storico di Maria d'Enghien, che percorrerà le vie del Centro Storico al mattino a Soleto, e nel pomeriggio-sera a Galatina.

Nelle giornate di Sabato 1° Aprile nel pomeriggio, e per tutta la giornata di Domenica 2 Aprile, si terranno visite guidate nei luoghi Orsiniani con l'assistenza di esperte guide turistiche; si inizierà da Palazzo Orsini, attuale Palazzo di Città, per passare poi alla Basilica di Santa Caterina con il Suo Chiostro ed il Museo; analogamente a Soleto si terranno visite guidate alla Guglia degli Orsini ed alla Chiesa di Santo Stefano.

Sempre nelle giornate di Sabato e Domenica i Ristoratori del centro Storico di Galatina e di Soleto proporranno agli Avventori ed ai Turisti un Menu con i piatti tipici della tradizione Medievale del Salento, con la consulenza dei Ricercatori e dei Docenti dell'Istituto Alberghiero "A.Moro" di Santa Cesarea Terme; analogamente Docenti ed Alunni dell'Istituto Alberghiero di Santa Cesarea offriranno al Pubblico una dimostrazione dei principali piatti medievali. 

 

Oggetto: frazione di Noha - Atto di vandalismo alla fontana denominata “Trozza” e stato di degrado del monumento ai Caduti in Guerra. Interrogazione urgente.

Con riferimento all’oggetto, il sottoscritto ANTONIO PEPE, nella sua qualità di Consigliere Comunale, con la presente

premesso che

  • la fontana denominata “Trozza”, situata in piazza XXIV Maggio, la notte tra il 31.12.2015 ed il 01.01.2016 è stato oggetto di un atto vandalico da parte di ignoti;
  • nonostante la varie rassicurazioni ed i tanti proclami pubblici da parte dei rappresentanti del governo cittadino, ad oggi alcun intervento è stato posto in essere;
  • in data 04.01.2016, sulla pagina Facebook del Partito Democratico di Galatina, impropriamente veniva affermato che “l’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Galatina provvederà subito alla riparazione del danno affinché il monumento ritorni subito alla sua bellezza originaria”;
  • il monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, ubicato in piazza Ciro Menotti, versa attualmente in uno stato di grave degrado e totale trascuratezza;
  • Padre Francesco D’Acquarica, su un articolo pubblicato in data 03.11.2014 sul sito www.noha.it dal titolo “I caduti di Noha (1914 - 2014 a 100 anni dalla prima guerra mondiale)” manifestava la necessità “di intervenire con dei lavori pubblici su monumento e villetta circostante. Se non altro per un pizzico di decorosità in più, oltre che per l’onore, il rispetto e la memoria che dobbiamo ai nostri caduti in guerra”;

 

considerato che

  • trattasi di interventi che non richiedono un ingente impiego di somme e che andrebbero effettuati con estrema solerzia;
  • l’investimento relativo alla riqualificazione di piazza Ciro Menotti, puntualmente rinviato di anno in anno (per rendersene conto è sufficiente leggere i piani triennali dei lavori pubblici approvati da questa amministrazione), e comunque previsto solo formalmente sulla carta per mere “esigenze politiche territoriali di facciata”, atteso che tra le fonti di finanziamento indicate vi è quella dei ricavi derivanti dalle alienazione dei beni comunali (v’è da precisare che non solo il particolare periodo di recessione che stiamo vivendo non agevola la vendita di tali cespiti ma le “raccomandazioni” della Corte dei Conti impongono di destinare la maggior parte delle eventuali entrate ad altro), non vedrà la luce a breve (o, per meglio dire, con l’attuale amministrazione non la vedrà affatto!);

 

chiede

alla S. V. di sapere quali provvedimenti intende adottare per risolvere le problematiche innanzi elencate.

Il sottoscritto, inoltre, chiede ai sensi dell’art. 18, comma 3, del Regolamento del Consiglio Comunale che l’interrogazione e la risposta siano comunicate al Consiglio.

Con Osservanza.

Antonio Pepe

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Di Fabrizio Vincenti (del 15/10/2013 @ 22:28:20, in NohaBlog, linkato 2500 volte)

Poiché assente fisicamente da Noha da qualche mese, oggi voglio parlare di Noha “per sentito dire”, il ché è un’impresa che sconsiglio vivamente a tutti vista la pericolosità del compito, e lascio a voi immaginarne il motivo. A volte, però, i pettegolezzi di paese hanno la loro vena di verità. Resta da capire se tutto quello che sta succedendo contribuisca al bene o peggiori la situazione; intanto provo a raccontarvi cosa si sente su Noha  a mille chilometri di distanza. Gira voce che gli abitanti siano disperati per la mancanza di lavoro e le ristrettezze economiche ma questo, per mera consolazione, è ciò che vive tutta quanta la Penisola. So per certo, comunque, che i nostri amministratori locali stanno affrontando il difficile momento a viso aperto (per gli amanti degli aforismi “a spada tratta”). È stato inaugurato un centro presso lo stabilimento delle vecchie scuole elementari che darà decine di posti di lavoro ai nostri tanti giovani disoccupati. Tutti quelli che invece non riusciranno a farsi assumere in questa struttura perfettamente funzionante, avranno un contratto a tempo indeterminato nel nuovo centro commerciale che sta sorgendo alle porte di Noha: centinaia di posti di lavoro ben retribuiti e, aprite bene le orecchie, tutti assunti a regola d’arte! Poi, visto che è in deroga per qualche miliardo il patto di stabilità dei comuni (e Galatina di milioni ne ha tanti da spendere), qualche altro centinaio di nohani verrà assunto dal Comune per far fronte ai servizi che il nostro territorio richiede: autisti di mezzi pubblici, giardinieri per curare aiuole e rondò, elettricisti per illuminare strade buie, muratori, geometri e architetti per restaurare beni artistici e architettonici abbandonati da tempo. Mi è stato anche riferito che la mafia o le mafie (termine che secondo il pentito Buscetta non esiste se non per i giornalisti: la locuzione corretta è “cosa nostra”) sono state estirpate una volta per tutte dal nostro paese, troppo piccolo per vederlo comparire sulle cronache nere per ingiustizie e malvivenze. Si dice anche che tra l’amministrazione comunale, efficientissima peraltro, e i cittadini, ci sia una sorte di idilliaca convivenza (o mera rassegnazione?). Se questo è vero, è meraviglioso, efficace esempio di validità. Mi è stato detto che anche tra la parrocchia e i fedeli c’è un ottimo intendimento; anche i più lontani dalla Madre Chiesa so che si stanno avvicinando all’ovile: si racconta di sante messe affollatissime, processioni interminabili per l’alto numero di devoti partecipanti. Si sente dire anche del profondo rispetto che c’è tra i cittadini, tra le istituzioni civili ed ecclesiastiche e tra il clero locale e il laicato. So che anche tutte le feste di paese sono state ben organizzate, che tutto si è svolto nel massimo rispetto tra le parti, che ognuno fa il suo e lo fa nel miglior modo che gli riesce. Insomma, ora che a Noha per mia sfortuna non ci vivo più, tutto sembra aver intrapreso la rotta giusta e tutto, finalmente, va come è giusto che vada e auspicabile che sia. Era questa la Noha che volevo; resta sempre il fatto se quello che si sente dire corrisponda al vero o meno. Perché di voci esattamente contrarie a quanto sopra riportato ce ne sono, e anche di gran numero. Ma io non ci credo, saranno le voci dei soliti noti che vedono tutto nero. Le solite polemiche: il nuovo polo, inaugurato due volte, ancora chiuso per ferie prolungate; una colata di cemento su ettari di terreno per buttare un po’ di fumo negli occhi ai tanti disoccupati che non hanno di certo da poter spendere in un nuovo centro commerciale; screzi tra il parroco e i fedeli sull’organizzazione e l’amministrazione della chiesa, liti tra fedeli e fedeli, insulti e minacce varie indegni per un paese civile; incuranza e pessima amministrazione delle opere d’arte e dei beni pubblici; scandalosa sporcizia dei luoghi aperti e delle strade; insormontabili incomprensioni tra l’amministrazione comunale e i cittadini e chissà cos’altro ancora. A proposito del nuovo “ponte sullo stretto” a Collemeto che verrà fatto dalla Pantacom srl, vi volevo dire che basta studiare questo caso nelle Università per capire di come un’intera nazione può andare a rotoli. Ma questa non è la sede adatta per spiegarvelo, mi ci vorrebbe un’ora circa!  Insomma, peggio di così non si può. Come si fa a credere a questa descrizione di Noha? Io, da nohano, più che non posso, non voglio credere perché amo la mia Noha ed un giorno voglio che mio figlio sia orgoglioso del posto in cui è nato suo padre. Se poi qualche politico “di zona” o buon’anima di paese vorresee impiegare due minuti del suo preziosissimo tempo per smentire tutte queste infanganti dicerie, renderebbe un grande servizio all’intera comunità. Ho l’impressione però che più di qualcuno si sia dimenticato del valore della gratuità che non vuol dire regalare qualcosa a qualcuno ma rendergli il dovuto perché il sol fatto di esserci in questo mondo implica il sacrosanto impegno di aiutarsi. E qui, di gente che sia aiuta per cristiana convinzione, non ne vedo neanche l’ombra. Se si smuove qualcosa è perché sotto si è sentito il profumo dei soldi più pervadente di quello dei tartufi.  E se poi a questo si aggiunge la presenza di tanti “onorevoli Brunetta” che pensano di essere meglio di Padre Pio, allora non ho più alcun dubbio sulle dinamiche che scrollano Noha facendola rovinare pezzo per pezzo. Lì, di collaborazione tra le parti ne vedo veramente poca e per nostra sfortuna, forse, son vere più le consuete polemiche dei soliti noti che la rappresentazione bucolica dei tanti sconosciuti.   Qualunque sia la realtà dei fatti, non prendetevela con me. Ho scritto solo per sentito dire.

Fabrizio Vincenti
 
Di Redazione (del 26/06/2013 @ 22:27:49, in Comunicato Stampa, linkato 3005 volte)
26 giugno 1949, da un'intuizione del Prof. Carmelo Faraone col sostegno dell'allora Sindaco, On. Luigi Vallone, nasce la Mostra Mercato del Commercio, dell'Industria e dell'Artigianato di Galatina. Un'idea lungimirante, una scommessa sul futuro, l'ambizione di una città che si candidava ad essere il motore economico e culturale del Salento ma con lo sguardo rivolto ai paesi del Mediterraneo, nella consapevolezza delle proprie potenzialità. Nel 1977 da Mostra Mercato è elevata al rango di "Fiera Nazionale" e nel 1984 viene allestita per la prima volta nella nuova struttura, fortemente voluta dall'On. beniamino De Maria, con padiglioni coperti per oltre 10.000 mq. Altri tempi, altri uomini, altra qualità di visione Politica.
26 giugno 2013, dopo 64 anni, l’Amministrazione Montagna ha deciso di accumunare le sorti della Fiera Campionaria a quelle dell' Ente Fiera dandole quello che potrebbe essere considerato il colpo di grazia.
L’arma, ancora fumante, è il bando per l’organizzazione della Fiera Campionaria di Galatina pubblicato il 6 giugno 2013 con scadenza 13 giugno 2013, offrendo agli interessati ben 12 GIORNI per organizzare la manifestazione. In fondo si sarebbe trattato solo di metter su un’ideuzza di progetto, stabilire la localizzazione , predisporre le strutture, trovare gli espositori, organizzare le persone………. che ci vuole ! Nemmeno in tempo di crisi è stato trovato un imprenditore serio e professionale, ma talmente folle, da investire soldi propri nel tentativo di organizzare una manifestazione di tale rilevanza in tempi così ristretti che, per una riuscita soddisfacente, richiederebbe interi mesi di duro lavoro.
Solo una politica costruita sulle parole poteva ritenere fattibile un progetto di tale genere. A poco è servita l’esperienza dello scorso anno quando, enfatizzando il nulla, a causa di un’organizzazione insufficiente, la 63°edizione è stata totalmente snobbata sia dagli espositori che dai visitatori, avviandola al suo definitivo affossamento.
Trasformare poi, quest’anno, la Fiera Campionaria di Galatina in un improvvisato mercatino dell’arte, dell’artigianato e …dell’intrattenimento equivale a far morire quel ricordo di tanti galatinesi e salentini che associano la manifestazione alla “Fiera".
Le industrie di macchinari agricoli, i maestri artigiani e tutte quelle piccole imprese che ancora sostengono il tessuto economico salentino resteranno fuori dalla porta perchè quest'anno l'Amministrazione galatinese, ha scelto di offrire a quanti visiteranno la Fiera/Mercato "...un’idea, commerciale e artistica, con una parte predominante affidata alla cultura e all’intrattenimento”. Vale a dire che ad esempio l’agricoltore non troverà nuovi macchinari tecnologicamente avanzati ma qualche bel quadro ed alcune chitarre.
Da lassù, in alto, si odono chiare le urla di rabbia del Prof. Faraone, dell'On. Vallone, dell'On. De Maria e di quanti hanno voluto, costruito e creduto nella Fiera Campionaria di Galatina verso un'Amministrazione, quella galatinese, che si sta distinguendo sempre più non per il lavoro svolto, ma per l'alto tasso di demagogia propagandistica, che tenta, sfacciatamente e senza pudore, di nascondere l’incapacità programmatica con comunicati autoreferenziali che offendono l'intelligenza dei galatinesi.

Galatina in Movimento
Galatina Altra
Nova Polis Galatina
Movimento per il Rione Italia

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/11/2012 @ 22:26:48, in I Beni Culturali, linkato 5239 volte)

Noha, 13 Novembre 2012

LETTERA APERTA A:

-Gentilissimo signor Sindaco del Comune di Galatina, Dottor Cosimo Montagna.
-Assessore con delega alle Politiche sociali, alla Cultura e polo biblio-museale, al Diritto allo studio   e servizi scolastici, Prof.ssa Daniela Vantaggiato.

Oggetto:
Istanza riguardante l’attuazione di un  procedimento amministrativo al fine di apporre un vincolo giuridico (finalizzato al loro recupero) dei beni Culturali di Noha.

Gentilissimo Signor Sindaco e Assessore, con la presente, mi faccio carico di riassumere in breve i vari sforzi profusi dai nohani al fine di tutelare e valorizzare i beni Culturali di Noha:

  • Il 12 agosto 2008, su richiesta dei soci del Circolo Culturale Tre Torri di Noha, l’Arch. Giovanni Giangreco, funzionario della Soprintendenza ai beni Culturali della Provincia di Lecce, accetta l’invito di venire a Noha per prendere atto della volontà popolare, volta ad intraprendere la procedura di vincolo su alcuni beni culturali della cittadina, così come previsto dal Codice dei beni Culturali. L’Arch. Giangreco suggerisce la necessità di preparare delle schede tecniche comprendenti i principali dati identificativi dei beni in oggetto. Schede che vengono predisposte e rilegate nel catalogo “I beni Culturali di Noha” a cura del sottoscritto, e stampato a colori per i tipi dell’Editore Panico di Galatina.
  • Il 2 settembre 2009, i soci del Circolo Culturale Tre Torri di Noha, invitano il Commissario Prefettizio di Galatina, dott.ssa  Rosa Maria Simone alla presentazione di questo libro.
  • Il 26 Settembre 2009, in occasione della Festa dei Lettori organizzata, tra gli altri, anche dai “Presidi del Libro” di Noha e dalla “Biblioteca Giona”, viene presentato al pubblico il Catalogo dei beni Culturali di Noha (nel quale sono contenute le schede tecniche dei beni Gulturali, così come suggerito dall’Arch. Giangreco). Alla manifestazione, che ha luogo nell’atrio del Palazzo Baronale di Noha (e nella quale si esibiscono vari artisti), interviene un folto pubblico. Tra gli interventi s’annoverano anche quelli dell’Assessore Regionale alla Qualità del Territorio, dott.ssa Angela Barbanente  e quello dell’Arch. Giovanni Giangreco stesso.
  • In data 11 gennaio 2010 viene sollecitato un intervento per il recupero tempestivo del bene culturale da tutti conosciuto come “Le Casiceddhre”, sito in Noha (tutt’oggi in totale stato di abbandono e di decadenza), alla Soprintendenza per i beni Architettonici e paesaggistici delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, alla diretta attenzione del Responsabile Arch.  Maria Costanza Pierdominici.
  • In data 22 gennaio 2010, mediante lettera Raccomandata A.R., le Associazioni di Noha:  “Circolo Cittadino Juventus”, “Fidas di Noha”,  “Circolo Culturale Tre Torri” e “L’Osservatore Nohano”,  inviano copia del Catalogo dei beni Culturali di Noha (più copie furono consegnate in anteprima all’Arch. Giancreco) chiedendo l’intervento della Soprintendenza, nella persona del responsabile di settore Arch. Maria Costanza Pierdominici.
  • In data 30 Giugno 2010, i cittadini delle seguenti Associazioni: “Circolo Cittadino Juventus”, “Fidas di Noha”,  “Circolo Culturale Tre Torri”, “Parrucchieri Mimì” e “L’Osservatore Nohano”, chiedono all’Amministrazione Comunale di Galatina, ed in modo particolare al Sindaco Dott. Giancarlo Coluccia, di sollecitare la richiesta d’intervento della Soprintendenza della Provincia di Lecce (richiesta già inoltrata dalle suddette associazioni, come detto, con lettera Raccomandata A.R in data  il 22 Gennaio 2010 al responsabile di settore Arch. Maria Costanza Pierdominici).
  • In data 29 settembre 2011, in occasione della Festa Padronale di San Michele Arcangelo, le Associazioni di cui sopra, nonché numerosi esponenti dell’Artigianato nohano, effettuano una petizione popolare in cui vengono raccolte 1471 firme di cittadini per corroborare le istanze rivolte alla Soprintendenza (e rimaste senza esito). Le firme verranno depositate e protocollate presso il Comune di Galatina in data 16 Novembre 2011. Copia delle petizione popolare viene spedita con lettera Raccomandata A.R. a: Presidente della Provincia di Lecce Dott. Antonio Gabellone; Presidente della Regione Puglia Dott. Nichi Vendola; Dirigente per i beni Culturali e  Paesaggistici Dott.ssa Isabella Lapi;
  • Verso la fine del mese di Aprile 2012, si presenta a Noha l’Arch. Carmelo Di Fonzo, in qualità di funzionario della Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, senza essere accompagnato da nessun altro esponente della Pubblica Amministrazione (per esempio del Comune di Galatina). L’Architetto Di Fonzo, coadiuvato dall'arch. Adriano Margiotta (volenteroso cittadino galatinese che avrebbe preparato successivamente, sempre su richiesta dell’Arch. Di Fonzo, la seconda tornata di schede), dopo aver effettuato sommariamente un sopralluogo nelle adiacenze di alcuni beni Culturali nohani (osservando chissà cosa e a debita distanza) e tralasciandone la maggior parte, avrebbe richiesto a dei privati cittadini (probabilmente beccati per caso in mezzo alla strada), una ulteriore raccolta di schede dei beni Culturali di Noha (affinché si procedesse al famigerato vincolo).
  • Verso la metà del mese di Luglio 2012, i cittadini privati  menzionati prima, avrebbero inviato  finalmente all’attenzione dell’Arch. Di Fonzo  alcune copie delle schede dei beni in oggetto, come richiesto.
  • In mancanza di alcuna reazione da parte della Soprintendenza e dietro iniziativa del sottoscritto, nel mese di Ottobre appena trascorso, contatto telefonicamente l’Arch. Di Fonzo. Nel corso del colloquio, l’Architetto mi riferisce che il materiale a sua disposizione è incompleto e sollecita ulteriori dati mancanti necessari per la procedura del vincolo. Su mio suggerimento si impegna di analizzare con maggiore attenzione  il Catalogo dei beni Culturali di Noha, di cui mi dice di averne copia.

A questo punto mi chiedo e Vi chiedo, se è giusto che un dipendente dello Stato (o comunque in possesso di incarico) non si faccia vivo (come forse suo dovere), ed attenda invece che sia un privato cittadino, come il sottoscritto, a sollecitare una risposta, qualunque essa sia.
Non pensate che anche i beni Culturali di Noha abbiano un minimo di dignità e dunque, anch’essi, una specie di diritto di cittadinanza? Non trovate deprimente lo scempio infinito cui questi beni vengono sottoposti, prima dai privati proprietari e poi dal pubblico (che dovrebbe limitare un po’ l’ignavia del privato, così come previsto dalla Legge)?
Vi ritengo, gentile Sindaco e Assessore, persone degne di fiducia e attente agli impegni di cui Vi siete fatti carico. Per questo Vi chiedo di incontrarci al più presto, affinché possa meglio spiegarVi lo stato dell’arte del lungo processo che porterà (porterebbe) al vincolo di salvaguardia sui suddetti beni culturali. Sono certo che un Vostro intervento nei confronti della Sovrintendenza accelererà, anzi sbloccherà l’iter che sembra essersi inceppato per chissà quali strampalati marchingegni. Ogni giorno trascorso senza un nostro intervento equivale ad un colpo di piccone alla bellezza, all’arte e dunque al benessere di tutta la collettività.

Distinti saluti

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 28/11/2013 @ 22:26:06, in NohaBlog, linkato 2749 volte)

Tanto per dirne un’altra, c’è il nostro sindaco (vieni avanti Mimino!) che vuol vederci chiaro, su ‘sta storia delle diossine e dell’aria inquinata che sta riempiendo di tumori gli apparati respiratori, e non solo quelli, della popolazione di Galatina e dintorni. E sembra fare pure la voce grossa, mica bruscolini.

Mi par di vederlo e di sentirlo, mentre con risolutezza detta (o scrive o fa scrivere per inviare) al “giornalista” del quotidiano della famiglia Caltagirone il comunicato sulla necessità di una “rilevazione puntuale attraverso una serie di centraline per il monitoraggio ambientale” sparpagliate sul territorio, per analizzare la qualità dell’aria del suo comune. 

Dunque, se ho ben capito, la panacea dei mali diventerebbe la rilevazione dei fumi e la raccolta dei dati dell’aria che respiriamo. Non la rimozione delle loro cause, note anche ai bambini dell’asilo. Assolutamente no. Insomma il solito guardare al dito che indica la luna.

Ti verrebbe da chiedergli così ex-abrupto (sapendo che non ti risponderà mai): scusami tanto, signor sindaco, ma secondo te e gli scienziati della tua corte un nuovo mega-parco commerciale di appena 26 ettari quadrati da piazzare in mezzo alla campagna di Collemeto migliora o peggiora la qualità dell’aria comunale? Oppure per avere una risposta dovremmo prima impiantare un bel po’ di centraline di monitoraggio anche in contrada Cascioni?

*

Dicono che me la prendo troppo; che la mia è una forma di accanimento terapeutico nei confronti dei malati di “cementite” acuta irreversibile; che è inutile riempire paginate intere di Noha.it e Nohaweb con invettive che non troveranno mai risposta; che “uso” l’Albino ed il suo sito per i miei scopi personali, e altre amenità del genere.

E quali sarebbero questi miei “scopi personali”? Ah sì, i miei interessi privati come la qualità della vita, dell’aria, del territorio, e poi ancora la salvaguardia della bellezza, dell’arte, dei beni culturali. Mi chiedo, perché mai questi luminari a loro volta non usino anzi non “sfruttino” Noha.it per dire la loro (magari sui loro scopi personali), o per aprire un dibattito argomentato e a più voci su questo o quel tema, senza il bisogno di nascondersi dietro le solite minchiate. Temo proprio per mancanza di argomenti, altrimenti non avrebbe senso il detto rem tene, verba sequentur

Invece no, meglio blaterare sotto coperta, spettegolando come tante comari.

Molti (per fortuna non tutti), a cominciare dai nostri ineffabili politici sembrano pronti a classificare il sottoscritto non per quello che scrive, ma per il suo grado di “amicizia” a questa o quella forza politica. Per quanto mi riguarda confermo di non essere amico né vero né falso di nessuno. Quando qualcuno sostiene le mie battaglie, lo sostengo a mia volta; quando qualcuno fa o dice fesserie, lo combatto. Semplice.

Ci sono un sacco di persone che per indole e formazione non hanno commercio d’amorosi sensi con la libertà del pensiero e dell’informazione, e non possono nemmeno lontanamente immaginare che esista invece un cittadino libero, senza padroni né partiti presi, che giudica di volta in volta gli esponenti politici e le loro scelte elogiandoli quando dicono o fanno qualcosa di buono e criticandoli nel caso contrario.

Essendo intruppati ed irreggimentati, questi signori intruppano ed irreggimentano anche gli altri. E non si accorgono che, continuando ad attribuirmi referenti di qua e di là, di sopra e di sotto, non fanno che evidenziare – se ce ne fosse ancora il bisogno - la mia relativa indipendenza (stavo per dire assoluta, anche se il concetto di assoluto non funziona con gli esseri umani).

Cerco, nei limiti delle mie possibilità di stimolare la riflessione, di avere un’occhiata oltre, di non salire sul carro del consenso generale misurato dall’applausometro e dalle ondate di saliva, e di non cavalcare mai le aperture, neppure quelle più promettenti, di chi sta al potere. Insomma denuncio non rinuncio (come purtroppo non fanno molti concittadini spalmati sui loro comodi divani).

Essere di pungolo, però, non significa negare l’evidenza, fare il bastian contrario ad ogni costo, contrastare ogni novità. Significa invece praticare la profezia, con la consapevolezza della difficoltà di farlo hic et nunc.

Questa roba ovviamente, molti la capiranno con il tempo, forse quando sarà troppo tardi (molti altri, invece, mai). Ma non bisogna darsi per vinti.

C’è bisogno di santa pazienza e di tempo, dunque, anche per far digerire questi semplici concetti, e per provare a debellare l’ottusità imperante. Soprattutto quando questa si presenta in giacca e cravatta, e talvolta con tanto di fascia tricolore.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 27/05/2011 @ 22:25:23, in NohaBlog, linkato 2746 volte)
“Laurearsi presto (anche se non con il massimo dei voti), entrare nel mondo del lavoro "non troppo tardi" e farsi riscattare "dal papa'" il periodo di laurea, cosi' da assicurarsi una pensione. Sono i consigli che Maurizio Sacconi (insieme alla collega Maria Stella Gelmini) offre
a due scolaresche, una di Roma e una di Palermo, riunite alla sede dell'Inps, mercoledi' scorso, per l'iniziativa 'Un giorno per il futuro', la giornata annuale per la diffusione della cultura previdenziale tra i giovani.” (DIRE - Notiziario Minori-pubblicazione bisettimanale edizione del 27 maggio 2011).

Credo che i messaggi del signor Sacconi (vedi anche l’altro sulla stessa pubblicazione del mese scorso riguardante "il vittimismo dei giovani"), se ascoltati dai giovani di queste generazioni, farebbero inviperire gli animi.
I nostri ministri, che ovviamente non hanno fame- di lavoro sia ben inteso- continuano imperterriti a non capire che nella giungla della ricerca di un lavoro non ci si salva con dei consigli retorici e vuoti di "ragionamento".
I nostri giovani, quelli che noi genitori della stessa generazione dei due ministri, abbiamo mandato all'università perché tanto nessun apprendistato legittimo li avrebbe convogliati nel mondo del lavoro che, guardando solo "l'utile", approfitta delle altrettanto geniali proposte ministeriali di contratti a progetto o stage eternamente defiscalizzati, i nostri giovani, dicevo, sono sempre a piedi e non avranno mai né una professione né un lavoro decente. A meno di andare all'estero.
Cari ministri (volutamente minuscolo) Gelmini e Sacconi, se non cambiate le modalità di ricerca del percorso studio/lavoro non serviranno le vostre riforme di tagli né tantomeno le vostre paternalistiche omelie per “senza cervelli” (Altra infamante considerazione del governo nei riguardi del popolo italiano).
Uscite dal vostro bozzolo aureo e scendete (con la pelle e non solo nei talk-show dei vostri salotti) nelle famiglie, nelle scuole, nelle strade, nelle piazze, nei quartieri poveri, fra la gente che lotta ogni giorno senza l'aiuto di proposte concrete, anzi pagando a voi uno stipendio mensile con cui un giovane potrebbe benissimo iniziare a investire per il suo futuro.
Andatevene a casa vostra a lavorare per guadagnarvi la pagnotta e lasciate quel ruolo di cui è evidente la vostra incompetenza totale.
Arrendersi non è un segno di viltà ma di intelligenza.


Certo a voi manca!

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 03/08/2020 @ 22:25:00, in Comunicato Stampa, linkato 1218 volte)

Nella giornata di domenica 02 agosto, in collaborazione con l’Associazione “NOI Ambiente e beni Culturali” e con l'amico Giancarlo Ballarino abbiamo provveduto ad una pulizia e igienizzazione straordinaria e particolarmente incisiva delle aree giochi di piazzetta “G. Fedele”, “Pietro Antonio Colazzo” di Galatina e “Madonna delle Grazie” di Noha.

Questo per rispondere in maniera perentoria e decisa alle raccomandazioni del Ministero della Salute che ha emanato precise misure di informazione e prevenzione in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Nonostante l’aiuto della stagione favorevole, con l’estate che ci porta a vivere meno in spazi chiusi, i focolai che negli ultimi giorni hanno interessato diversi paesi stanno ad indicare che il virus SARS-CoV-2 è, purtroppo, ancora presente e che se ogni caso non viene tempestivamente arginato l’infezione rischia di tornare ad accelerare.

Gli ambienti frequentati dai bambini devono necessariamente essere particolarmente attenzionati.

Proprio per questo nei prossimi giorni provvederemo a distribuire alle famiglie che frequenteranno le suddette aree giochi prodotti per la disinfezione e detersione delle mani. L'iniziativa “TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica” è promossa, nell’ambito delle proprie iniziative statutarie volte al miglioramento delle condizioni sociali e culturali degli abitanti di Galatina, dall'Associazione “Virtus Basket Galatina” con sede a Galatina, in collaborazione con la ditta “ECOM SERVIZI AMBIENTALI” di Galatina.

 

 
Di Redazione (del 24/02/2016 @ 22:24:27, in Comunicato Stampa, linkato 1952 volte)

Il Teatro è amicizia, amore, buonumore, diversi sostantivi per comunicare e promuovere la stagione di prosa 2016 che andrà in scena nel rinnovato Teatro Storico Cavallino Bianco, organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria turistica e culturale.

Accade solo a teatro che le emozioni prendano forma” - afferma Daniela Vantaggiato,  Assessore alla cultura della Città di Galatina - “a teatro, perimetro magico delle azioni e dei sentimenti che, come qualcuno ha scritto in questi giorni, appartiene a noi e a chi ci ha preceduti #ilcavallinoèanchemio vorrei dicessero tutti i Galatinesi nel momento in cui andranno a fare l’abbonamento per la Stagione, sì il Cavallino è un luogo, è luogo dell’umanità e dell’anima dei Galatinesi come di tutti coloro che da sempre fanno teatro calcando il palcoscenico o sedendo in platea! Poco importa!”. Accadrà anche al Teatro Cavallino Bianco ed amicizia, amore e buonumore prenderanno vita, diventeranno protagonisti di questa stagione 2016, dove per cinque serate, si aprirà il sipario alle ore 21:00. Dal 26 febbraio al 21 aprile 2016, il palco ospiterà spettacoli di prosa e non solo.

26 febbraio 2016 CANTO… ANCHE SE SONO STONATO con la partecipazione di STONATO BAND & SWING OUT DANCERS. Coreografie Elena Capriati. Stonato Band: Davide Saccomanno - pianoforte, Antonio Di Lorenzo - batteria, Davide Penta - basso, Mino Lacirignola - tromba, Fabrizio Scarafile - sax. Swing Out Dancers: Tiziana Loconsole, Luisa Losito. Regia SAVINO ZABA.

#aggiungiunabbonamentoateatro

Il servizio di vendita degli abbonamenti e dei biglietti è disponibile presso l’Ufficio IAT (via Vittorio Emanuele II, 35 – Torre dell’Orologio) tutti i giorni dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19:00

Il botteghino del Teatro Cavallino Bianco sarà aperto solo il giorno degli spettacoli dalle ore 19:00

 
Di Maria Rosaria Paglialonga (del 13/03/2014 @ 22:23:49, in NohaBlog, linkato 2730 volte)

L'altro giorno avevo mandato una mail ad Antonio per alcuni chiarimenti su quello che sta succendo intorno a noi, a Noha e a Galatina in particolare (a proposito dei nostri beni culturali che stanno andando in rovina, sulla storia del mega-impianto di finto compostaggio che vorrebbero impiantare non so dove, e per sapere se qualcuno si fosse degnato di rispondere, magari in privato, a qualcuna delle sue lettere aperte).

 
Stranamente ha tardato a rispondemi. Son venuta a sapere, dopo, che s'era preso un giorno di pausa per ritornare nella sua Putignano e partecipare così ad una delle ultime sfilate dei mastodontici carri allegorici, che, come noto, in quella città della murgia barese, vantano una tradizione plurisecolare. 
"Vedi?" - gli rispondevo - "anche andare a Putignano senza dar conto agli altri è un lusso che non può permettersi facilmente chi invece è sposato". 
Ho continuato pregandolo di non ribattermi dicendo che volere è potere perchè non è proprio così.
  
Sposarsi e avere una famiglia spesso ti porta a dover dare  priorità a tante altre faccende. Sul matrimonio e su tutto quello che concerne il giorno del sì ci sarebbe tanto da dire, però una cosa è certa: in questi ultimi venti/trenta anni il matrimonio sembra aver perso molto del suo valore reale. 
Oggi sposarsi non sembra essere più sinonimo di amare, di donare, di sacrificare, di sperare, di costruire, di programmare, di rinunciare, di procreare. Oggi il matrimonio in molti casi è una fiction, un giorno da vivere sotto i riflettori. 
Si incomincia a festeggiare già alcuni giorni prima con l'addio al celibato (che poi che ha di celibato visto che oggi gli ziti dormono, mangiano, partono, tornano, fanno di tutto e di più insieme), lui con i suoi amici, che organizzano la serata a base di alcool (manco se dovesse affrontare chissà quale grande prova, come i guerrieri di alcune tribù), e lei che si traveste da coniglietta e insieme alle sue più intime amiche trascorre la serata in un locale prescelto intenta, tra una pizza e l'altra, a scartare pacchettini dal contenuto talvolta osè, ad ascoltare barzellette non riferibili, fino alla conclusione della serata che termina con il taglio della torta rigorosamente OGM (cioè a forma di organo genitale maschile). 
Poi arriva finalmente la vigilia del matrimonio e lo sposo insieme a tutti i parenti va a suonargliela alla sposa, la serenata. Ma perchè non aspettare l'indomani e farlo in privato? Non l'ho ancora capito. Ed è qui che ognuno dà sfogo alla commozione. Il futuro sposo arriva con tanto di fascio di rose rosse cantando l'ultima canzone dei Modà, la sposa, che è in camicia da notte con tanto di bigodini in testa, si affaccia dalla sua camera da letto meravigliata, come se una cosa del genere non se la aspettasse neanche per sogno. Poi arrivano i soliti giochini innocenti per bambini deficienti, il rinfresco (come se i soldi che si spenderanno da lì a poco per la grande abbuffata  non sono già abbastanza) e, a conclusione della serata, i soliti fuochi d'artificio.
 
Ho risparmiato al mio povero interlocutore tutti i dettagli relativi alla giornata del matrimonio, giusto per non togliergli quel minimo di sorpresa se mai dovesse un giorno decidersi al gran passo.
Morale della favola? Oggi dopo un mese marito e moglie incominciano a litigare (non aspettano neanche il settimo anno come succedeva ai miei tempi), e il più delle volte si separano con la scusante che non erano fatti l'uno per l'altro.
E vissero felici e con tanti debiti.

Maria Rosaria Paglialonga

 
Di Albino Campa (del 08/01/2012 @ 22:23:33, in Racconti, linkato 3531 volte)

Era la notte di Natale, c’era molta nebbia e faceva molto freddo. Babbo Natale stava consegnando i regali ai bambini di Noha. Stava volando sopra la masseria “Colabaldi”, quando all’improvviso la renna Rudolph iniziò a sbandare. Babbo Natale cercò di tirare le redini per ritornare sulla giusta rotta, ma le renne ormai avevano perso l’equilibrio e si schiantarono sui cozzi della masseria.

 

Babbo Natale, dopo lo schianto, stava per svenire e barcollava come se fosse ubriaco; alcune renne erano svenute, altre ferite alle zampe, una si era attorcigliata alle redini. A Babbo natale sembrò di vedere un piccolo ometto con le orecchie a punta, che si appariva e scompariva vicino a ciò che rimaneva della slitta. D’un tratto sentì alcuni colpetti sulla spalla, soffici e veloci; capì che si trattava dello sciacuddhri, di cui tanto aveva sentito parlare e si diceva abitasse proprio a Noha, nelle casiceddhre. Lo sciacuddhri, intanto, nascosto dietro un cozzo, se la rideva per il dispetto che era riuscito a fare nientemeno che a Babbo Natale.

 

Le persone che erano riunite intorno alla focara vicino alla masseria, sentendo quel rumore, decisero di andare a vedere cosa fosse successo. Accesero delle fiaccole e andarono a controllare.

 

Alcune persone pensarono che stessero sognando, altre che avessero bevuto un po’ troppo a tavola, altre ancora erano assonnate e non riuscivano a vedere nulla. I bambini, invece, ci vedevano benissimo e cercarono di convincere i grandi che si trattava di Babbo Natale in carne e ossa. Ci volle un po’ per convincere i grandi, ma alla fine tutti insieme decisero di darsi da fare e si avviarono velocemente verso la masseria. I papà presero gli attrezzi del falegname del presepe vivente e si misero a lavorare per riparare la slitta. I nonni condussero le renne nella mangiatoia per farle riposare. I bambini raccolsero e ripararono i pacchetti sparsi tra i cozzi. Le mamme fecero accomodare Babbo Natale sul trono di Erode e le nonne iniziarono a friggere pittule e a sfornare pucce con le olive.

 

Dopo circa un’ora la slitta era come nuova e portava sul retro lo stemma di Noha, con le tre torri e le due barchette tra le onde del mare. Le renne erano in forma smagliante, Babbo Natale riposato e sazio.

 

Babbo Natale e le renne ripartirono per consegnare gli ultimi doni e i nohani, credendo di essere finiti nel bel mezzo di un sogno, si avviarono verso le proprie case.

 

Il mattino seguente, vicino al camino, i nohani trovarono una piccola statuetta che raffigurava Babbo natale che mangiava pittule nella masseria “Colabaldi”.

Simone Paglialonga
 
Di Antonio Mellone (del 10/10/2013 @ 22:23:08, in NohaBlog, linkato 3216 volte)

Le chicche contenute nella famosa Convenzione siglata tra il Comune di Galatina e la Pantacom , quella che ha dato il via libera al Mega-porco commerciale in contrada Cascioni, non finiscono mai di stupire per la loro numerosità e per la loro ridicolaggine. 

Scorrendone il papiro vergato dagli Attila dei nostri giorni troviamo un’altra cosa strepitosa. Che è questa.
Aprite bene le orecchie, turandovi al contempo il naso: la Fantacom dovrà costruire, oltre a tutto il resto, anche “uno spazio urbano di 150 + 150 mq con servizi, in zona centrale dell’area commerciale integrata destinato ad ufficio artigianato e turismo del comune di Galatina per la promozione del proprio territorio e per la pubblicizzazione dei prodotti locali [sic!]”. E’ scritto proprio così, questa roba non me la sono inventata io.
Questo, signore e signori, è il topolino partorito dalla Montagna: una cir-Convenzione d’incapace deliberata quasi all’unanimità da un consiglio funerale nel corso di un infausto pomeriggio di fine estate 2013.
*
All’interno del Mega-porco avremo, dunque, oltre a tutto il resto (come il “parco urbano” di cinque ettari mattonati), anche un ufficio artigianato e soprattutto turismo. Non lo trovate strabiliante? Di più, sublime?
Immagino già sin d’ora la fila di turisti al box-office artigian-turistico in cerca di un luogo ameno del Salento dove magari fare la spesa per aumentare il nostro Pil (non vedono l’ora, i nostri ospiti).
Non avendone mai visitato uno in vita loro, andranno in cerca di questo misterioso luogo chiamato centro commerciale, come in una sorta di caccia al tesoro, alla ricerca spasmodica di offerte promozionali, parcheggi enormi meglio se a pagamento, parchetto “urbano” [sic!] di 5 ettari incorporato, dove far divertire un po’ anche la prole (povere creature “educate” fin dalla più tenera età all’interno di un ecomostro degno del peggior Jurassic Park, con tanto di fast-food, hamburger, patatine, hot dog e Coca-Cola: il massimo insomma per la salute del corpo e della mente dei protagonisti del nostro futuro).
*
I turisti provenienti da Milano, Torino, Bologna o altrove non vanno mica in cerca delle peculiarità del nostro territorio, della campagna, della natura, del mare incontaminato, della genuinità dei nostri prodotti, dei beni culturali, della cucina casalinga, delle relazioni umane, della nostra storia…
No, signora mia, troppo traumatico: i villeggianti di ogni dove verranno sempre più numerosi in Puglia, e nel Salento in particolare, senza dubbio per godere dei mega-impianti di fotovoltaico in mezzo ai campi, per ammirare le pale eoliche conficcate come una corona di spine nel semicerchio dell’orizzonte rurale, per usufruire dell’aerosol-terapia grazie ai fumi di scarico delle ciminiere o degli inceneritori a chilometri zero (eventualmente made in Colacem), per percorrere le strade a quattro follie che porteranno migliaia di auto a tuffarsi direttamente nel mare di Santa Maria di Leuca (de finibus terrae), per farsi un tour nelle aree artigianali e industriali della provincia possibilmente enormi, abbandonate e piene di discariche a cielo aperto, per trascorrere come sardine in scatola le vacanze nei villaggi turistici prefabbricati direttamente sulle scogliere a picco sul mare (come quello che hanno intenzione di costruire nell’ormai ex-porto Selvaggio), per ammirare i comparti di villette a schiera tutte uguali costruite nelle periferie senza fine delle nostre città. Ma soprattutto per andare a finire a Collemeto, dove troveranno un nuovo megacentro commerciale di 26 ettari pronto ad attenderli a casse aperte.
uiQuQQui, come da tradizione, turisti e autoctoni potranno riempire il loro carrello di una miriade di cose inutili.
Poi, una volta rimpatriati, magari dopo interminabili file, tanta benzina dissipata e tanto tempo sprecato, potranno finalmente dire che si sono divertiti.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 04/12/2015 @ 22:22:45, in Presepe Vivente, linkato 3122 volte)

I trafiletti da inviare a “quiSalento” devono essere concettosi, stringati, lapidari; contenere alcune informazioni essenziali, incuriosire il lettore, indurlo a visitare i luoghi e partecipare alle manifestazioni. Ormai lo so bene per averne scritti e spediti a decine, se non a centinaia, nel corso dei quasi quindici anni di vita di questa bella rivista: brani, articoli, reportage, servizi sul conto di Noha e dintorni, a proposito di eventi, beni culturali, libri, feste patronali, concerti, sfilate, presepi viventi e fiere dei cavalli.

Quest’anno, nel vergare il passo sul prossimo venturo presepe vivente nohano, non son mica riuscito a fermarmi alle solite dieci quindici righe d’ordinanza, tanto che ho dovuto inviare a Marcello Tarricone e alla Cinzia (che è dolcissima e non so come faccia a sopportarmi) una mail che non finiva più. Sì, mi son fatto prendere la mano, sicché temo che i miei amici della redazione dovranno lavorare non poco di lima e forbici per far quadrare i conti dell’impaginazione.

Ma credo di esserne scusato.

Infatti, come fai a non dire che il presepe vivente di questa edizione avverrà in un luogo incredibile nel cuore della cittadina di Noha, un palcoscenico unico al mondo, un piccolo mondo antico che nessuno pensava di poter rivedere, anzi rivivere, chiuso com’è stato fino a ieri da un alto muro di cinta per abbondanti quattro o più decenni?

Come fai a non raccontare dei ragazzi-eroi di questo presepe che sono riusciti finalmente ad espugnare la fortezza, il castello, la torre medievale e il suo ponte levatoio, risvegliando i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli?

Non è la prima volta che questi prodi guerrieri rianimano i beni culturali del mio paese, là dove il vento sinistro degli insipienti e degli ottusi ha sempre lavorato per occultarli, denigrarli, seppellirli, anestetizzando le coscienze e la loro voglia di esistenza in vita. E così fu per la Masseria Colabaldi, per le Casiceddhre, per la Casa Rossa finalmente tornate al centro dell’attenzione. E’ inutile dire che la prossima e più ardimentosa sfida sarà il frantoio ipogeo: e nessuno pensi di metterci una pietra sopra.

Ma ritornando al punto. Come si fa a non scrivere che quest'anno il presepe vivo e itinerante di Noha ha fatto cadere i muri di Berlino del mio paese, spalancato porte sante, realizzato un miracolo di Natale, dando ossigeno al parco del Castello, soffocato da rovi e da amnesie umane, considerato come un vuoto a perdere, un cimitero di rovine e ruderi, un reticolo di crepe e rughe fino a ieri?

Finalmente dopo troppo oblio, ripulita da sterpaglie e dai mille segni del suo metodico abbandono, ritorna a svettare orgogliosa più che mai la Torre medievale di Noha (XIV secolo), accompagnata dal suo inseparabile Ponte Levatoio. Torre e Ponte diventano i nostri Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, con l’augurio che stavolta non si tratti di una tragedia, ma di una Storia di Noha a lieto fine. Basterebbe questo archeo-gruppo scultoreo di beni culturali antichi di rara bellezza per giustificare la visita al presepe vivente 2015.

Il resto dei “fori imperiali” salentini ubicati nel parco del maniero nohano è tutto un susseguirsi di scorci spettacolari (e autentici), come per esempio le cantine con le enormi botti di rovere dove s'invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha e imbottigliato a Martina Franca, fusti manutenuti da esperti maestri bottai gallipolini; la monumentale piscina ovale in stile Liberty, perfetta e aggraziata, ubicata al centro di quest’oasi di verde; la “castelluccia”, vale a dire la torre dell'acquedotto con un bellissimo impianto elettrico dei primi del ‘900, con marmi e pezzi in ceramica utilizzati a mo’ di isolante, e un sistema idraulico di pompe e canali irrigui collegati al pozzo ricco di acqua dolce. Tutto diventa materia da ammirare e studiare, oggetto di osservazione e dibattito, come avviene in un’escursione o in un viaggio didattico.

Al presepe di Noha non mancheranno poi i destrieri (come potrebbero nella “Città dei cavalli”?), ma anche un'infinità di altri animali da masseria, onde il presepe di Noha è rinomato nel Salento per il suo peculiare, nostrano ma anche esotico zoo.

In questa novella agorà, poi, si potranno degustare le pucce con le olive (che verranno prodotte in diretta nei forni allestiti all'interno del presepe) ed altre specialità culinarie nohane: dalla pasta fatta in casa alle pittule calde calde, dai panini farciti ai dolci natalizi prodotti dalle nohane, e ci si potrà scaldare con un bicchiere di vin brulé, rifocillarsi con i formaggi, i latticini, le olive sotto-sale, i pomodori secchi, i peperoncini piccanti, gli schiattuni de cicora, le noci locali e le altre leccornie da campo e da fattoria rigorosamente Noha-Dop, offerte nelle osterie del presepe.

Ultima chiosa. A Noha non esistono i mestieri “di una volta”, ma “di questa volta”: occupazioni, attività, professioni che fortunatamente continuano ad essere esercitati da un gran numero di artigiani-artisti locali, che vanno dallo scalpellino della pietra leccese al falegname, dal produttore di piatti e pignatte di terracotta alla ricamatrice al tombolo, dal maniscalco al calzolaio, dal contadino al pastore, dal casaro al sellaio, dalla ricamatrice al seggiolaio...

Nel presepe vivente di Noha non esistono comparse, ma solo protagonisti: i quali, per indole e formazione, non recitano mai una parte imparata a memoria, ma semplicemente vissuta tutti i giorni dell'anno. Inclusi, a questo punto, anche quelli delle feste comandate.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 14/06/2013 @ 22:21:41, in Comunicato Stampa, linkato 2907 volte)

I dirigenti fanno il bilancio della stagione, in attesa di un nuovo colpo di mercato.

Un grande successo sportivo, quello che si è potuto ammirare domenica scorsa (09 giugno), negli impianti del Circolo Tennis di Galatina. I numerosi appassionati hanno assistito a delle partite di alto livello, che hanno portato i beniamini di casa a battere gli avversari del Tennis Club Terni con un sonoro 4 a 0, nel conteggio dei match.

I ternani non sono mai sembrati in partita, forse appannati da un caldo torrido che invogliava ad andare al mare, piuttosto che correre appresso ad una pallina giallo fluorescente. Un caldo che certamente anche i galatinesi sentivano, ma che non ha tolto loro alcuna energia. Da segnalare la partita del campano Antonio Pepe, che con un sonoro 6-0 6-0 ha battuto il suo rivale Filippo Parca in una partita senza storia. Il leone di San Giorgio del Sannio, come ormai ribattezzato dai suoi tifosi salentini, ha giocato un tennis sciolto e concreto; facendo un parallelo con la scherma, si direbbe che Pepe è andato sia di sciabola che di fioretto. Un altro galatinese d'adozione, il greco Paris Gemuochidis, ha affrontato una sfida che si preannunciava dura, contro il numero uno del Terni, David Iacoboni. La sua consueta calma olimpica, ha permesso al greco di battere il suo avversario per 6-3 6-1 regalando un tennis controllato e senza sbavature; facendo innervosire il ternano fin dai primi giochi della partita e costringendolo a rompere una racchetta ed a regalarne un'altra ad uno spettatore.

“Non siamo mai stati realmente in zona retrocessione. In alcuni tratti del campionato siamo anche stati al primo posto in classifica e solo per due trasferte particolarmente sfortunate, ci siamo ritrovati a fare i playout. Posso dire, senza possibilità di smentita, che abbiamo meritato questa conferma in serie B. Cosa potrà fare ancora il C.T. Galatina per il prossimo anno? Anticipo che stiamo già lavorando per rafforzare ulteriormente la squadra, con un nuovo e prestigioso acquisto”. Giovanni Stasi – Presidente

“E' stata una stagione a tratti esaltante, che ha regalato a noi tennisti la possibilità di ritornare a calcare dei campi che al C.T. Galatina mancavano da tanto, troppo tempo. Il merito di tutto questo è sicuramente del Presidente Giovanni Stasi ed al figlio Mario, che hanno sempre creduto in noi aiutandoci concretamente in tutte le fasi del campionato. Da direttore sportivo del circolo e capitano della squadra di serie B, ringrazio tutti i miei compagni che hanno sempre dato il massimo in ogni occasione e tutti i nostri sostenitori che ci hanno sempre fatto sentire la loro vicinanza”. Filippo Stasi – Direttore Sportivo

Galatina, 14 Giugno 2013

“C.T. Galatina”
 
Di Antonio Mellone (del 19/09/2014 @ 22:21:40, in NohaBlog, linkato 2219 volte)

Vi ho già detto che nei giorni scorsi un cervello in Congedo assiso in consiglio regionale se n’è uscito con la grande nefandezza di un altro porto turistico idruntino nuovo di zecca. Ci mancava giusto questo ennesimo intervento dell’uomo per il completamento del secondo sacco di Otranto dopo quello del 1480 per mano dei turchi.

La Grande Opera dello sbancamento di un po’ di chilometri di scogliera inizierà così, con qualche chilo di dinamite, giusto qualche migliaio di camionate di cemento per la creazione di una bella piattaforma grande quanto un paio di stadi di calcio, l’asfalto di una strada a quattro corsie in grado di collegare il morto turistico alla nascente S.S. 275, rotonde qua e là quanto bastano, un po’ di villette a schiera da vendere a peso d’oro (che non guasta mai), un bel centrone commerciale stile Pantacom (benedetto ormai dal Patto del lazzarone PD-PDL-PRC), qualche frasetta sulla “scarsa significatività” della flora e della fauna interessata (con tanto di firma del professorone universitario di turno prezzolato a suon di mazzette e visibilità), paginate intere del “Quotidiano di Lecce” inneggianti al nuovo investimento, l’irrisione alle paranoie di quei quattro ambientalisti fissati e sfigati: ed ecco bell’e pronto un faraonico mega-porco turistico in grado di fungere da “volano per lo sviluppo” e di creare “ricadute occupazionali” a bizzeffe. Non è fantastico?

*

E poi, per finire, perché non innaffiare il tutto stappando una bella bottiglia di petrolio adriatico? Massì, visto che trivelleranno pozzi petroliferi in Croazia, Montenegro ed Albania, sarebbe d’uopo impiantare anche un paio di piattaforme a chilometri zero nelle acque territoriali di nostra pertinenza (sicché anche noi avremo così tanto petrolio che riusciremo a soddisfare le esigenze nazionali per ben due mesi). Tanto c’è lo “Sblocca Italia” a dar manforte al tutto, in barba ad ogni eventuale parere contrario e soprattutto grazie al silenzio-assenso da parte delle povere Sovrintendenze ai beni architettonici e culturali, deputate, appunto, al silenzio.

In effetti ad Otranto mancavano giusto le grandi navi per l’inchino (vuoi mettere la soddisfazione?), ed un nuovo panorama: in quattro e quattro otto si passerà dai monti dell’Albania alle montagne russe, costituite da tralicci, piloni, trivelle, sonde, e tante belle Costa Concordia.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 02/12/2012 @ 22:20:46, in NohaBlog, linkato 3344 volte)

Nonostante qualche titubanza iniziale, e qualche maldestra operazione matematica di sottrazione, anche quest’anno il presepe vivente presso la Masseria Colabaldi di Noha verrà allestito dagli stessi ragazzi che ebbero per primi l’idea e la voglia di far rivivere, seppur per qualche giorno, uno dei beni culturali nohani da decenni in balia di sterpaglie e menefreghismo.
Il “gruppo Masseria Colabaldi”, già da tempo al lavoro per la terza edizione del più bel presepe vivente (anzi presepe vivo) di Puglia vorrebbe render noto ai cittadini che la masseria è aperta a tutti coloro che vorranno aderire alla manifestazione sia nelle vesti dei figuranti che in quelle di collaboratori del disegno, dell’organizzazione, e della realizzazione del presepe nohano.
Sarebbe bella una partecipazione corale di tutti gli esponenti della nostra società civile, senza alcuna esclusione o distinzione “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” [art. 3 Cost.].
Vangelo e Costituzione, come dice don Andrea Gallo, dovrebbero essere le nostre due bussole. Anzi le nostre due stelle comete. 

Antonio Mellone

P.s. S’era sparsa una voce in giro secondo la quale alcuni uomini di buona volontà avrebbero voluto allestire un presepe presso la casa rossa. Secondo il nostro modesto parere – già altre volte ribadito – sarebbe stupendo, meraviglioso, inedito, un motivo di attrazione particolare in più per Noha. E poi in quei dintorni sembra esserci già tutto l’occorrente. Perfino il palazzo di Erode.

 
Di Antonio Mellone (del 27/01/2024 @ 22:20:41, in NohaBlog, linkato 283 volte)

Nossignore, nel titolo di questo pezzo non c’è alcun refuso tipografico. La sostituzione di consonante ad “autonomia” che ha poi prodotto “autotomia” (la quale, come noto, è la capacità di alcuni animali di auto-mutilarsi - ma almeno loro lo fanno per scopi di sopravvivenza) è puramente causale, ed è riferita all’ennesimo siluro lanciato fresco fresco ai danni di quella che fu la nostra Carta Costituzionale, questa volta sotto forma di DDL (disegno di legge) che per caso porta il nome dell’odontoiatra bergamasco divenuto inopinatamente - e purtuttavia per la terza fiata nel corso del presente XXI secolo - ministro della Repubblica: a questo giro addirittura “Per gli Affari Regionali e le Autonomie”.

Del noto giureconsulto si ricordano, in ordine sparso, il suo primo matrimonio in rito celtico (immagino con la benedizione di Odino e i brindisi a sidro al posto dello spumante); una legge elettorale poi bocciata in più parti dalla Consulta e guarda un po’ definita Porcellum, chissà quanto in suo onore; la brillante uscita su una ex-ministra di colore (“Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango” [sic]), per dire dell’apertura mentale del personaggio; il famoso lanciafiamme per “incenerire 375 mila leggi inutili” allorché ricopriva il ruolo di ministro “Per la Semplificazione”, a proposito di Numeri Immaginari e di sortite folkloristiche; e numerose ulteriori varie ed eventuali.

Ma stavolta il problema principale non è mica il soggetto, ma l’oggetto. E a onor del vero v’è da aggiungere il fatto che ogni “riforma” che ne abbia rimaneggiato il testo in vigore dal 1948 si è comportata di fatto da proiettile esplosivo in grado di annientarne uno o più principi fondamentali, dico sempre della Costituzione: inclusa per esempio la modifica del suo titolo V avvenuta nel 2001 per le mani – o per i piedi – della sedicente sinistra ovvero diversamente destra allora al governo, poi sigillata dal 64% circa di Sì al referendum costituzionale, al quale, per la cronaca, partecipò più o meno il 34% degli aventi diritto al voto. Non so perché a tal proposito mi viene in mente la monaca di Monza del Manzoni con i suoi ripetuti Sì, e il successivo inesorabile “la sventurata rispose” (ovviamente ancora una volta di Sì), per dire quanto forse sia ormai complicatissimo innescare la retromarcia, e quanto, paradosso per paradosso, sia purtroppo vera l’asserzione secondo la quale chi ora è contro l’Autonomia Differenziata è contro la Costituzione.

È quel “novello” titolo V dunque la vera fonte del diritto del suddetto DDL dedicato all’Autonomia Differenziata, istituto giuridico del tutto ignoto dal punto di vista teorico alla stragrande maggioranza degli italiani e ai loro rappresentanti: i quali tuttavia presto recupereranno lezioni ed esami, imparandone a menadito gli effetti dal punto di vista empirico, vale a dire sulla propria pelle. E non parlo tanto delle continue espropriazioni di ogni genere subite dal meridione del Paese (che notoriamente partono da lontano, come minimo dai tempi della cosiddetta Unità d’Italia, e che continueranno d’ora in poi a ritmi più serrati grazie al minestrone in cottura, sicché i diritti reali dei cittadini varieranno in funzione della residenza anagrafica), quanto piuttosto della mortificazione del ruolo del Parlamento e quindi del dibattito politico, e soprattutto dell’impossibilità pratica di gestire le ventitré materie, e le centinaia di sottocategorie oggetto della prevista “contrattazione tra centro e periferia”: temi che vanno dai rapporti internazionali con l’Unione Europea al commercio con l’estero, dalla tutela e sicurezza del lavoro al governo del territorio, dalla produzione di energia alla salvaguardia della salute, dalla valorizzazione dei beni culturali all’alimentazione, dal sistema tributario all’organizzazione della giustizia di pace, dalle norme per l’istruzione alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Il tutto “a invarianza di bilancio”, vale a dire a saldo zero: che tradotto in soldoni significa senza spendere una lira in più rispetto a prima.

Immaginiamo già sin d’ora la gioia delle regioni più povere pronte, come neoliberismo comanda, alla concorrenza con le regioni che han gettiti fiscali tre/quattro volte superiori, e che dunque per rendere “attrattivi e competitivi” i rispettivi territori, o semplicemente per poter racimolare qualche euro in più per la loro stessa (temporanea) sopravvivenza, consentiranno trivelle, pale eoliche e campi di fotovoltaico in terra in mare e in cielo, accoglieranno a braccia aperte le scorie nucleari di vicini e lontani, creeranno Zes (cioè paradisi fiscali) in favore di cani e porci d’oltre confine (regionale). in compenso aumenteranno le tasse agli indigeni, ridurranno a zero le superstiti tutele ai lavoratori locali in uno con l’introduzione delle gabbie salariali, chiuderanno ospedali appellandosi al loro “riordino” e allungheranno le già chilometriche liste d’attesa, sdemanializzeranno quel che resta dei beni pubblici un tempo inalienabili e imprescrittibili, e inviteranno a nozze i novelli colonizzatori da ogni dove.

Quanto ai Lep (livelli essenziali delle prestazioni) e, specie nel campo sanitario, ai Lea (livelli essenziali di assistenza), tranquilli: è tutto studiato a tavolino per l’ottima riuscita della suddetta Autotomia. Ma non specifichiamo di cosa.

[Articolo apparso su: il Galatino, anno LVII, n.2, 26 gennaio 2024]

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 01/05/2020 @ 22:19:56, in NohaBlog, linkato 1230 volte)

Semplice. Basta interpretare la Costituzione a proprio piacimento, a partire dall’articolo uno, senza scordare il trentasei.

Praticare il politically correct, facilitare il vocabolario, semplificare il numero dei pensieri riducendoli all’Unico. Seminare ignoranza in modo da trasformare in miraggio la coscienza di classe. Ridurre lo studio all’alternanza scuola-lavoro, più che renderlo occasione di interrogativi critici.

Promuovere a Cavalieri del Lavoro i padroni e quasi mai i loro operai. Confondere le acque facendo credere alla classe dominata di essere la dominante. Ritenere che i sindacati firma-tutto facciano gli interessi dei loro assistiti. Scaricare sui lavoratori la cagione della loro oppressione.

Stimolare la guerra tra poveri e mortificare la lotta di classe. Continuare a estrarre plusvalore dalle fasce più deboli della popolazione. Parlare di Legalità scordando la Giustizia. Reputare il Liberismo come passaggio obbligato alla Modernità. Far credere che la disoccupazione sia colpa dei fannulloni.

Considerare certi diritti come un optional. Lasciare al palo i salari e portare acqua al mulino dei profitti. Caldeggiare il lavoro a titolo gratuito. Dare la colpa al cuneo fiscale con l’assunto secondo il quale la questione retributiva sia un problema meramente redistributivo. Prendere per verità assoluta il fatto che il salario minimo sia di intralcio a “sviluppo e crescita”. Vedere gli stipendi come un costo e non come un pezzo di società da rispettare.

Non capire che il saccheggio dei beni comuni è l’altra faccia del profitto. Pensare che il fine ultimo delle politiche economiche non siano il benessere e la piena occupazione, ma la “concorrenza e la competitività”. Parlare in continuazione di merito e di competenti (confondendone gli epigoni con i leccapiedi), e, dio non voglia, di resilienza.

Spacciare per labouristi i partiti che promuovono lavoro flessibile, mobile, in affitto, esternalizzato, in subappalto, facilmente licenziabile, riunito in false cooperative, così, per essere “al passo coi tempi”. Condonare l’evasione contributiva. Celebrare i funerali dei morti sul lavoro come se niente fosse. Non cogliere il fatto che smart-working è “divide et impera”, capitalismo che entra in casa, controlla, comanda con algoritmi, e assorbe tempo libero. Definire Occasione lo sfruttamento, tipo i part-time con prestazioni di otto ore al giorno.

Ammettere come normali le liberalizzazioni, le aperture festive, i turni massacranti, e venderli a suon di slogan: “24 ore su 24”, “sette giorni su sette”, o “365 giorni all’anno”. Travestire di Opportunità le molestie morali, le minacce velate e le intimidazioni edulcorate come metodo di gestione delle cosiddette risorse umane. Chiamare risorse umane le persone.

Prenderle per il culo con la festa del primo maggio.

Antonio Mellone

 

Incontro con Antonio Mellone, fondatore de L’Osservatore Nohano

Come è stato il 2011 per la nostra Galatina e qual è la tua speranza per 2012?

Queste le domande fatte al collega Antonio Mellone, direttore de L’Osservatore Nohano.

<L’Osservatore Nohano, la rivista on-line del sito www.noha.it, di cui sono stato editorialista nonché uno dei fondatori (ma non “il direttore”: figura che non è mai esistita per questo periodico atipico e un po’ clandestino) ha cessato di esistere lo scorso 9 gennaio 2012, dopo un lustro di nove uscite mensili puntuali come un orologio svizzero.

Abbiamo deciso di smettere per scelta strategica, pensando che L’Osservatore Nohano avrebbe forse dato più fastidio da morto che da vivo. Ciò detto, ribadisco il fatto che il sito noha.it continua ad essere vivo e vegeto e ricco di contenuti. Anche attraverso questo sito (il discorso vale anche per gli stupendi ed utilissimi siti di Galatina, che consulto ogni giorno) si può riuscire a scorgere nella vita quotidiana locale molti elementi di generalità ed universalità.

Dunque, caro professore Contaldo, qui non parlo che in veste di direttore di me stesso, o - il che è lo stesso - di cittadino. Dovremmo capire una buona volta, cioè, che la vera autorità locale non è il sindaco, o il parroco, o il vescovo, o il direttore della posta o della banca, o l’onorevole di turno, o il direttore di un giornale, o il capo di un partito, o un consigliere comunale o regionale, eccetera eccetera; la massima autorità dovrebbe tornare ad essere il Cittadino (scritto finalmente con la maiuscola) dal quale tutte le (ormai ex) autorità summenzionate dovrebbero sentirsi i dipendenti. Concetto scontato soltanto a parole; un po’ meno nei fatti.

Non c’è unto dal Signore che tenga, né un leader al quale affidare il futuro e noi stessi. La parola leader, si badi bene, è un insulto per il popolo. Non dovremmo aver bisogno di leader o di eroi! Guai seri sarebbero per quel popolo che si affidasse al leader, che poi inevitabilmente si trasforma in padrino locale, anzi in caporale locale. E noi non abbiamo bisogno di caporali, ma di Uomini!

Ognuno è responsabile di se stesso e verso la società. Basta con il velo sugli occhi, con la deferenza, con il servilismo sciocco, con le nebbie dell’incenso, col timore reverenziale, con il belato caprino o ovino, con la paura della verità.        

Ma, caro professore, veniamo al dunque, alle risposte, cioè, alla sua domanda sul nuovo anno, sul nuovo che avanza (sperando di non imbatterci nel vecchio che è avanzato). Per questioni di spazio mi limito a guardare avanti più che fare un bilancio dell’anno testé passato, evidenziando cosa mi aspetto e cosa auspico per me e per gli altri concittadini.

Galatina, la più bella terra del mondo, sta attraversando ormai da un decennio una stagnazione politica terribile, che si riflette ovviamente nel campo sociale ed economico. E’ dunque giusto e pio che il Cittadino apra finalmente gli occhi, si svegli dal torpore, diventi parte attiva delle scelte politiche, e, smettendo di essere allergico al nuovo, faccia finalmente piazza pulita - attraverso una X apposta sulla scheda elettorale - di faccendieri, miopi arrivisti, millantatori, navigatori sotterranei conto terzi, malati di logorrea, protagonisti di batracomiomachie e zuffe da pollaio. Qui non si richiede quella corbelleria meglio conosciuta come “ricambio generazionale” (in quanto si può essere giovani a ottant’anni e rincoglioniti a venti), ma, magari, una discontinuità di volti e soprattutto un ricambio di vocabolario. Abbiamo bisogno di una nuova grammatica dello stare insieme, e un nuovo linguaggio che aborra, ad esempio, lemmi della serie: “apparentamento”, “ricaduta elettorale”, “visibilità”, “personalismo”, “vertice di maggioranza”, “poltrona”, “appoggio esterno”, e soprattutto quel luogo comune triviale, anzi quello slogan volgare che è la “politica del fare”…

Detto questo, aggiungo anche che non basterebbero uno o più politici virtuosi per il riscatto di Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara. Infatti non sempre succede che un uomo pubblico virtuoso riesca a rendere virtuosa la propria città; ma è certo invece che una città virtuosa sa esprimere sempre uomini politici virtuosi. E i cittadini virtuosi sono quelli che si chiedono cosa possono fare per la comunità e non cosa la comunità possa fare per loro.

Dunque bisogna capire che le parole sono importanti, ed è arrivato il momento di impadronircene. Non si capisce perché ultimamente gli arroganti sono diventati intraprendenti; i buffoni, simpatici; i delinquenti, furbi che sanno stare al mondo; i cinici, intelligenti; né si comprende, per contro, perché gli onesti sono diventati fessi; i coraggiosi, visionari; e gli intransigenti, noiosi moralisti.

Serve un nuovo linguaggio comunitario (e laico) che parli finalmente di tutela del territorio, di risparmio energetico, di micro-generazione di energia, di valorizzazione dei beni culturali, di recupero e riciclo delle risorse, di sviluppo sostenibile e quindi anche di decrescita felice, di ristrutturazione del patrimonio edilizio piuttosto che di cementificazione…

A Galatina serve più aria pura e meno CDR, più libri e meno televisione, più conflitti e meno interessi, più centro antico e meno centri commerciali, più passeggio pedonale e meno auto, più incontri pubblici e meno isolamenti casalinghi, più autoregolamentazione e meno divieti (una cittadinanza culturalmente evoluta, ad esempio, non va in giro nel centro storico - ma anche in periferia - in automobile, quando invece può benissimo andare a piedi o al più in bicicletta, e senza il bisogno di vincoli o proibizioni).

Questo auspico per il nuovo anno. Non so se questo sia chiedere troppo.

Va bene, allora, se concludo dicendo che illudersi è pericoloso, mentre sperare obbligatorio?>>

Virgilio Contaldo

 
Di Redazione (del 31/05/2015 @ 22:19:20, in Necrologi, linkato 7013 volte)

L’ultima volta è stata a metà aprile di quest’anno, eravamo a casa di Marcello a festeggiare insieme ad altri amici il sessantesimo genetliaco del padrone di casa (compagno di classe di Roberto).

“Ehi, Roberto comu sciamu?”. “Tocca dicimu sempre boni, Antonio” - mentre mi stringeva forte, come al solito, la sua mano.

Ma sapevamo entrambi che era molto duro resistere contro quel male che sembra non voglia più risparmiare nessuna famiglia di Noha, anzi salentina. Eppure era incredibile l’energia che Roberto metteva in ogni cosa, nonostante tutto.

Io, a dire il vero, ho sperato fino in fondo e fino all’ultimo che ce la facesse: ero, come dire, fiducioso più che nelle cure degli oncologi nel coraggio, nella forza d’animo di quest’uomo e nei “metodi naturali” adottati con determinazione.

Sì, perché Roberto aveva una sua teoria sulla cura del male: “Devi essere più forte tu. Nun hai fare cu te cumanda iddhru. E poi devi mangiare molta verdura, i legumi e gli altri cibi naturali, devi stare sempre in movimento”. E questa, a ben vedere, non è mica una politica strampalata: è risaputo, infatti, che il sistema immunitario risente eccome dell’amore per la vita, e si comporta di conseguenza.

Io penso che se Roberto non avesse lottato così strenuamente, non avesse continuato a coltivare il suo orto, a dare una mano a Pietro in quella che è sempre stata la sua autocarrozzeria, e se non avesse avuto voglia di girare senza sosta alla scoperta delle piccole cose di cui meravigliarsi ancora, di godere delle amicizie, dell’amore di Lucia e dei suoi ragazzi, di partecipare alle manifestazioni organizzate da “I dialoghi di Noha” (l’ultima delle quali al centro Polifunzionale di piazza Menotti non più tardi di giovedì 8 gennaio 2015 avente per tema, guarda un po’, “Le radici del nostro benessere o malessere”, raccontandoci, con la sua presenza, la sua storia) probabilmente ci saremmo dovuti salutare qualche anno fa. Ma ci saremmo persi i suoi insegnamenti, anzi le ultime “lezioni” impartiteci da quest’uomo dalla cattedra più importante che esiste: l’esperienza.

*

I ricordi ora si accavallano, si rincorrono, s’intrecciano, e io in questo momento non ho la lucidità di descriverli con ordine in queste righe. Ma come si fa a non ricordare qui il suo entusiasmo da bambino mentre con l’aiuto del suo Gianpiero issa con orgoglio il pesante menhir di Noha scoperto da P. Francesco D’Acquarica nel terreno di Santu Totaru? E come non ringraziare Roberto per aver collaborato con Marcello “prestandogli” la sua officina, oltre che la sua consulenza e le sue mani esperte, per la pulizia e la messa a nuovo del marchingegno dell’orologio della torre pubblica di Noha (ora conservato presso le scuole di via degli Astronauti)? E come dimenticare la sua partecipazione attiva alla giornata ecologica di domenica 23 novembre 2014, lui in prima fila in contrada Scorpio insieme agli altri volontari armati di sacchi e di buona volontà pronti a ripulire i bordi delle strade dai rifiuti abbandonati dalla stupidità umana?  

Questo era Roberto, una miscela di passione e generosità, attenzione e delicatezza per il suo paese: un vero monumento umano, un novello menhir di Noha.  

*

Pensavo che bel paese è Noha che, nonostante tutto, non si sa bene da dove né come, riesce ancora a partorire degli angeli laici, anzi dei Serafini come il nostro beneamato Roberto.

*

Dai Roberto, appena arrivi in paradiso organizza un bel convegno, così gli altri ti guardano e imparano come si fa: lì sicuramente saranno più attenti di noi ai beni culturali e alla tutela di madre natura (ché quaggiù, su queste cose, spesso facciamo orecchio da mercante).

Però, per favore, insisti anche con noi. E continua ad insegnarci, anche da lassù, che non importa essere vincenti, ma invincibili. Come lo sei sempre stato tu.

Antonio Mellone

 * *

Condoglianze da parte della redazione di questo sito a Lucia, Gianpiero e Graziana, agli altri parenti, agli amici e alla comunità tutta di Noha.

Noha.it
 
Di Antonio Mellone (del 25/11/2012 @ 22:19:02, in Circonvallazione, linkato 3849 volte)

Il primo novembre scorso, all’indomani della “Presentazione della nuova circonvallazione Sud-Ovest” che avevo visto (inorridito) su galatina2000.it, ed alla luce delle battaglie portate avanti, tra gli altri, anche da Tonino Baldari sulla salvaguardia dell’antica quercia vallonea che verrebbe tradita da questa “opera” “pubblica” (ci vogliono le virgolette sia su opera e sia su pubblica), invio da Milano (dove mi trovavo per una breve vacanza: non potevo perdermi la mostra su Picasso) il seguente lapidario sms alla Roberta Forte: “Cara Roberta, non dobbiamo salvare solo una quercia, ma ogni centimetro quadrato della nostra terra. Come i rifiuti non si riducono con gli inceneritori ma prima di tutto con minori consumi, e poi con la raccolta differenziata, così il traffico di Galatina non si ridurrà con una circonvallazione ma lasciando a casa le macchine, e usando di più il cervello per muoverci. Io continuerò a lottare ancora per questo. E tu?
Nel pomeriggio della stessa giornata, mi perviene, sempre sul telefonino (non ho l’i-phone, né bazzico su face-book), la risposta della Roberta: “Io non ho mai smesso, consapevole però che l’obiettivo non si raggiunge premendo il tasto di un telecomando, ed anche che spesso ciò che appare non è quello che sembra, e che bisogna affrontare le cose, analizzarle e trovare le soluzioni”. E poi ancora, saltando da palo in frasca: “Sbaglio o credevi che la ristrutturazione della scuola a Noha fosse un bluff e che la sua chiusura nascondesse chissà quali nefandezze? Io sto imparando ad accordare meno fiducia a quello che mi viene detto, al contrario spero che tu possa iniziare a fidarti appena un po’ di più. E’ un lavoro difficile per entrambi.
E qui, prima di entrare nel merito della prima parte di questa risposta, vorrei liquidare la seconda (quella a proposito della vecchia scuola elementare di Noha che inizia con “Sbaglio o credevi…”) con un brano della mia replica che suona così: “[…] Per quanto riguarda la scuola di Noha non ho mai pensato a chissà quali nefandezze: è fin troppo evidente la sciatteria con cui s’è lavorato […]”.
Avrei voluto aggiungere che probabilmente la mia interlocutrice non aveva letto una beneamata mazza di tutto ciò che avevo scritto sul sito di Noha, e soprattutto che non avevo “accordato alcuna fiducia a quello che mi viene detto”, anche perché non mi era stato detto proprio nulla, purtroppo. Anzi, ero stato (per mesi, invano) alla disperata ricerca di qualcuno che mi raccontasse più o meno ufficialmente qualche verità sullo stato di fatto della struttura, che, oltre tutto, era sotto gli occhi di tutti, anche dei ciechi, dei sordi, dei plaudenti, dei bendati e degli imbavagliati. Ma lasciamo, per ora, il semi-bluff della vecchia scuola di Noha, e ritorniamo a noi, cioè al tema della circonvallazione di Galatina, ed alla prima  parte del messaggio della Roberta, che sembra scritto in politichese puro.
Quando ho letto che “l’obiettivo non si raggiunge premendo il tasto di un telecomando” e che “ciò che appare non è quello che sembra”, e che “bisogna affrontare le cose”, eccetera eccetera, ho capito il dramma umano della nostra vice-sindaco (l’avrei abbracciata): insomma è come se volesse dire, ma, data la sua carica, non potrebbe; è come se fosse costretta ormai dal suo status ad arrampicarsi sugli specchi ed a dare il solito colpo al cerchio alternato da quello alla botte; è come se la sua coscienza fosse portata necessariamente ad accettare le ragioni del potere o della sua poltrona, rinnegando in un minuto-secondo anni di convinzioni. Ma tant’è.  
Io mi sarei aspettato una reazione di questo tenore: <<Sono d’accordo con voi, cari compagni di tante lotte. Ora basta: me ne frego del consenso degli altri assessori, dei consiglieri della mia maggioranza (e di quelli dell’opposizione che non si oppone), dei perbenisti di facciata, degli interessati, e dei cementificatori di sogni. Questa circonvallazione è un’emerita stronzata: inutile, dannosa e costosa. E’ un’opera disegnata anni fa, e pertanto anacronistica: sono altre le “strade” da percorrere per il benessere di tutti. E’ davvero un bel peccato cementificare ed asfaltare altri tratti della nostra vita.
Voglio ancora ribadire, miei cari, quello che ho sempre detto in mille altre occasioni: “Stop al consumo di territorio”. La terra è un bene comune, come l’aria, l’acqua, l’energia e la cultura. E va salvaguardata, metro quadro per metro quadro, senza se e senza ma. Questa circonvallazione interna è un pugno nell’occhio alla ragione, al buon senso ed alle pubbliche finanze. Questo n-esimo scempio non s’ha da fare, né oggi né mai. Ci saranno delle penali da pagare in caso d’interruzione dell’opera? Pazienza, si paghino pure: gli esborsi saranno pur sempre inferiori al totale dei costi monetari, e soprattutto a quelli sociali.
Dimettermi? Perché dovrei? Ci mancherebbe altro. Ho preso i voti dei miei concittadini proprio perché le idee di chi mi ha suffragato – che poi sono anche le mie - camminino sulle mie gambe, ed ora dovrei rassegnare le dimissioni? Giammai. Si dimetta piuttosto chi non pensa con la propria testa, ma con il portafoglio o con la logica di breve periodo, che non mi appartiene.
Le ferite al nostro territorio sono irreversibili. E poi l’ho sempre detto, e qui lo ribadisco: la terra è finita>>” 
Andiamo in pace.

Antonio Mellone

P.S. Ora non salti in mente a qualche scienziato pazzo (o a qualche politico no-strano) di fare la solita variante in corso d’opera, spostando magari questa circonvallazione verso la terra di Noha. Quell’altra ci mancava.
Nessuno ne ha parlato. Ma è meglio metter le mani avanti: non si sa mai.

 
Di Albino Campa (del 01/02/2012 @ 22:18:32, in Un'altra chiesa, linkato 2612 volte)

18/01/2012. Ho visto, al TG2 delle 13 di oggi, le immagini della benedizione degli animali che sono stati portati in Piazza San Pietro a Roma (oggi è sant’Antonio…) e mi sono sentito male. Non per gli animali, incoscienti ed  ignari dell’evento, poveretti, ma per le persone, esse  sì, coscienti ma  ignoranti, che ve li hanno condotti.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse bene, in termini evangelici e non in termini feticcio-clericali, cosa sono e cosa significano queste benedizioni. Personalmente ricordo che il primo anno in cui sono stato parroco a Poggio Filippo, un paesino di montagna a 1050 metri, ai parrocchiani che mi chiedevano di benedire gli animali risposi, molto gentilmente, che se avevano delle malattie (gli animali, beninteso…) potevano rivolgersi al veterinario; se invece stavano in salute (sempre gli animali…) “benedicessero” Dio di tanta salute, prete aspergente absente!
Da allora non mi risulta che tra gli animali di Poggio Filippo, vista la mancata benedizione, ci sia stata una epidemia generale, né i miei contadini  mi chiesero più di benedire somari o vacche o asini da soma.
Io da anni non benedico più non solo gli animali, ma nemmeno le macchine, le case, ancor meno le banche o i negozi. Benedico le persone che vengono a Messa perché siano esse portatrici di bene per il mondo e chi le incontra possa “dire bene” della vita e di Dio, se credente.
Mi fa senso vedere i preti, ma che dico? i vescovi e i cardinali ridotti al rango di stregoni, invece che esser coscienti e rivendicare il loro ruolo di educatori nella fede, che nulla ha a che fare con il feticismo. Mi fa senso vedere le chiese, che dovrebbero essere il luogo di crescita e di maturazione dei fedeli, ridotte  a supermarket del credulismo e della deresponsabilizzazione. Se qualcuno può, mi spieghi cos’è quel gesto divinatorio che nulla aggiunge alla bontà che le cose e gli esseri già hanno in sé.
Lo so, sono in minoranza, in una strettissima minoranza; ma, grazie a Dio, non sono solo. Ho avuto modo di leggere appena due settimane fa, una bellissima riflessione di Padre Alessandro Cortesi, del convento di San Domenico a Pistoia. Scriveva:
«Benedire non si esaurisce solamente nel ‘dire’, nel pronunciare una benedizione. Tanto meno può essere identificato con un gesto clericale, quello a cui siamo abituati e a cui spesso si pensa in rapporto a questa espressione, come se fosse qualcosa che dal di fuori si aggiunge alle cose. Benedire è piuttosto scoprire il bene che è presente già dentro nelle cose, gioire di un bene che è dono. Nella natura che ci è data, nei volti delle persone, nelle situazioni, nonostante tutte le contraddizioni. Certamente il male offusca il bene, lo contrasta ma non vince i semi di bene presenti nella vita, la radice di un bene che sta dentro [...]
Benedire non si connota allora come dare qualcosa dall’alto, ma può essere un modo di guardare alla realtà, un modo di ascoltare le vicende e le esistenze, e di starvi dentro e di incontrare gli altri con uno sguardo particolare, con quell’abbraccio benedicente che ripropone l’attesa e la speranza del padre misericordioso della parabola di Gesù. E’ in questo senso una attitudine laica, non sacrale, tutt’altro dalla religiosità affettata di chi va in cerca di santoni e di benedizioni».
Perché, scrive Raniero La Valle, «tutto ciò che è umano non ha bisogno di essere ulteriormente sacralizzato, clericalizzato, conteso e strappato al divino».
Capisco che questa volgarizzazione della benedizione sia presente nel mondo delle religioni che pretendono di rendere sacre le cose profane, ma non riesco a capire come  ciò possa esser avvenuto all’interno del cristianesimo, là dove, al contrario, si crede nel Dio che in Gesù Cristo rende “profano” se stesso.

Don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano
 
Di Marcello D'Acquarica (del 01/03/2013 @ 22:17:45, in I Beni Culturali, linkato 3128 volte)

La telenovela dei famigerati beni Culturali di Noha continua. Mi sembra una di quegli sceneggiati a puntate degni della nostra televisione, così ancor oggi incredibilmente seguita (v. don Matteo). Per giunta gratis, senza cioè l’incombenza canonica di alcuna tassa da pagare per i servizi.

Ci mancherebbe che ci chiedessero di pagare pure il canone, visto che i servizi li vediamo solo nel senso deleterio dell’espressione (“ci hanno fatto proprio un bel servizio”). Di fatto ogni volta che noi abbiamo indirizzato delle domande in merito ci è stato risposto: “Adesso tocca a voi!”

Così, come un fulmine a ciel sereno, è giunta al Circolo Culturale Tre Torri di Noha, da parte della Soprintendenza della Regione e della Provincia (non sia mai che qualcosa ci pervenga dal Comune di Galatina) la risposta alle tante domande che ci siamo fatti e che abbiamo rivolto a lor signori\e nei tempi dei tempi.

Di recente, nel mese di dicembre 2012, su questo stesso sito, abbiamo condiviso una lettera aperta indirizzata al Sindaco e all’Assessore alla cultura in cui si elencavano, punto per punto, le innumerevoli richieste inerenti i nostri beni culturali e rivolte all’attenzione della Soprintendenza.

Chissà a quale delle domande della lettera aperta hanno pensato di rispondere i mandatari della missiva recapitataci (e che di seguito alleghiamo)? Ma non è questo il punto, l’importante è che lo abbiano fatto. La cosa più sconvolgente è che la risposta sembra priva di senso logico per almeno due ragioni.

Nella lettera identificata con il n. di protocollo 000417, e che alleghiamo di seguito, leggiamo infatti:

Si riscontra la nota in oggetto e si rappresenta che la Regione, nei passati cicli di programmazione è stata fortemente impegnata in una azione di supporto e sostegno delle amministrazioni locali per il recupero, la conservazione, la riqualificazione e la fruizione del ricco e qualificato patrimonio culturale diffuso nel territorio. Sia attraverso lo strumento degli Accordi di programma quadro (delibere Cipe 142/99; 17/03; 20/04; 35/05; 3/06), per quanto riguarda la programmazione di Fondi FAS, che per il tramite delle varie azioni del PPA dell’Asse IV, linea 4.2.1. del PO FESR 2007-2013, sono state erogate risorse a beneficio di complessi monumentali di pregio, teatri storici, aree archeologiche, musei e biblioteche.

La parte evidenziata (a noi così giunta), sembra quasi voler sottolineare il fatto che, essendo già state erogate le risorse, qualcuno se ne guardi bene di richiederne delle altre. Come d’altronde viene specificato chiaramente tre righe dopo nella lettera stessa.

Ora ci viene spontanea la domanda: “Come e da chi sono state erogate e consumate le risorse di cui si parla in questa lettera?”.

Secondo punto o dubbio. Nella letterina di Natale pervenutaci si parla di “stato di avanzamento della progettazione che consenta di valutare il programma di fruibilità pubblica del bene”.

Di cosa parlano? Esiste, dunque (a nostra insaputa) una progettazione di fruibilità dei nostri beni in cui qualcuno s’è impegnato? E per quale ragione, se così fosse, i cittadini di Noha ne sono tenuti all’oscuro?

Non ci sembra di aver mai chiesto soldi o progetti ai Dirigenti firmatari del protocollo Regionale, dott. Mauro Paolo Bruno e Avv. Silvia Pellegrini, ma semplicemente un vincolo giuridico affinché quei beni siano salvaguardati da qualsiasi atto vandalico o eventuali progetti pseudo-legali. Inoltre, visto che la suddetta comunicazione protocollata (per la quale si sono scomodati i Dirigenti sunnominati e il Presidente della Provincia di Lecce), è stata inviata all’attenzione del Signor Sindaco del Comune di Galatina, di  cui siamo riconosciuta periferia, saremo degni questa volta di un Suo interessamento? Oppure la puntata si chiuderà con l’ennesima calata del sipario sul mistero dei beni Culturali di Noha?

Marcello D’Acquarica

iconLettera

 

Il GAL Valle della Cupa srl, nell’ambito del PSR 2014-2020 Misura 19 "Sostegno allo sviluppo locale LEADER" Sottomisura 19.2 " Sostegno all'esecuzione nell'ambito degli interventi della strategia" ha pubblicato il BANDO Azione 2 - Creazione e sviluppo di impresa per rafforzare l’offerta di servizi di turismo esperienziale, accoglienza ed ospitalità Intervento 2.2 - Pacchetto multimisura per l’avvio di nuove pmi extra agricole

(BURP n. 78 del 11 Luglio 2019)

SOGGETTI BENEFICIARI

Microimprese e piccole imprese, persone fisiche che avviano nuove attività extra-agricole, nelle aree rurali, presentando un progetto di diversificazione, nell’ambito dei servizi turistici, attività artigianali e attività agroalimentari.

ATTIVITÀ FINANZIABILI

Investimenti a sostegno di processi di qualificazione delle aziende non agricole per favorire la creazione di nuovi servizi turistici a supporto dello sviluppo del turismo esperienziale.

Le imprese dovranno far riferimento ai seguenti comparti:

1. Servizi turistici: guide turistiche, noleggio di attrezzature sportive e ricreative, noleggio biciclette, noleggio di altre attrezzature sportive e ricreative, altri servizi di prenotazione e altre attività di assistenza turistica non svolte dalle agenzie di viaggio, attività delle guide e degli accompagnatori turistici, attività creative, artistiche e di intrattenimento, attività di biblioteche, archivi, musei ed altre attività culturali, altre attività di intrattenimento e divertimento non altrove classificate, attività di organizzazioni che perseguono fini culturali, ricreativi e la coltivazione di hobby, ecc;

2. Attività artigianali: terracotta, legno, ferro battuto, pietra leccese, ricami, cuoio ed eventuali altre attività artigianali della Vdc che realizzino un prodotto finito;

3. Attività agroalimentari: trasformazione e commercializzazione prodotti tipici.

TIPOLOGIA DEGLI INVESTIMENTI E COSTI AMMISSIBILI

Per l’avviamento: Non sono previsti costi ammissibili.

Per lo sviluppo aziendale:

• Ristrutturazione ed ammodernamento di beni immobili necessari per lo svolgimento delle attività anche in termini di accessibilità ai diversamente abili;

• Modesti ampliamenti, nell’ambito di opere di ammodernamento o ristrutturazione dei fabbricati, necessari esclusivamente per gli adeguamenti tecnologici e igienico-sanitari, di volumi tecnici e per l’eliminazione delle barriere architettoniche;

• Sistemazione delle aree esterne che interessano l’attività;

• Acquisto di arredi e di attrezzature per lo svolgimento di attività;

• Acquisto o sviluppo di programmi informatici e acquisizione di brevetti, licenze, diritti d’autore, marchi commerciali;

• Spese generali ammissibili fino ad un massimo del 12% dell’investimento.

TIPOLOGIA ED ENTITÀ DEL SOSTEGNO PUBBLICO

Il pacchetto, oltre a finanziare aiuti all’avviamento di nuove attività, comprende l’aiuto in conto capitale nei limiti di seguito stabiliti:

a. Per l’avviamento: l’aiuto sarà corrisposto nella forma di un premio di € 10.666,67 per le PMI extra agricole. L’aliquota di sostegno è pari al 100%;

b. Per lo sviluppo aziendale:

Il sostegno sarà concesso nella forma di contributo in conto capitale pari al 50% della spesa ammessa al beneficio. E’ previsto l’investimento minimo di Euro 30.000,00. La spesa massima ammissibile per ciascun intervento è pari a Euro 42.000,00.

CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ

Tra le altre, la presentazione di un piano aziendale contenente elementi minimi, come specificato nel bando ed il raggiungimento del punteggio minimo di 30 punti, così come previsto dai criteri di selezione.

LOCALIZZAZIONE INTERVENTI

Esclusivamente nell’area territoriale di competenza del GAL VALLE DELLA CUPA S.R.L. (Comuni di Arnesano, Cavallino, Lequile, Lizzanello, Monteroni di Lecce, Novoli, San Cesario di Lecce, San Donato di Lecce, Galatina, San Pietro in Lama, Squinzano, Surbo, Trepuzzi).

RISORSE FINANZIARIE MESSE A DISPOSIZIONE

Spesa Pubblica totale: Euro 760.000,00

Scadenza per il rilascio della domanda di sostegno sul portale SIAN: ore 23.59 del 23 Settembre 2019. Scadenza per l’invio della documentazione: ore 23.59 del 24 Settembre 2019 (fa fede il timbro apposto sul plico dall’Ufficio Postale o dal Corriere accettante)

“Attraverso il sostegno offerto dall’ Intervento 2.2 del Bando AZIONE 2 del GAL VALLE DELLA CUPA viene offerta una reale possibilità di sviluppo di piccole attività commerciali nell’abito dell’artigianato e dei servizi turistici - afferma l’Assessore alle attività produttive Nico Mauro - Si attivano così concrete possibilità di sviluppo economico del territorio e per questo è necessario darne il giusto rilievo e mettere a conoscenza, soprattutto i giovani, di questa opportunità di finanziamento”.

 In allegato si pubblica il bando integrale.

E' possibile scaricare l'Elenco Regionale dei prezzi delle opere pubbliche - Anno 2019 al seguente link:

http://www.regione.puglia.it/elenco-prezzi-2019

https://www.valledellacupa.it

 

Si svolgerà lunedì 2 giugno, alle ore 19.00, presso Palazzo Orsini, la Cerimonia di conferimento del Premio “Città di Galatina – beniamino De Maria”, destinato a personalità galatinese e no, che abbia illustrato con la sua opera la Città di Galatina e le abbia reso servizi di particolare importanza.

Il Premio venne istituito nel 1998 in memoria del compianto e illustre concittadino beniamino De Maria, deputato all’Assemblea Costituente dal 1946 al 1948, deputato alla Camera dalla I alla VI Legislatura, dal 1946 al 1975 e Sindaco di Galatina negli anni Settanta e Ottanta.

Il Premio viene assegnato ogni biennio da apposita commissione che, in data 11 febbraio 2014, presieduta dal Sindaco Cosimo Montagna e composta inoltre da: prof. Antonio Lucio Giannone, Prorettore dell’Università degli Studi di Lecce; dott. Salvatore Riccardo Monsellato, Vice Presidente dell’Ordine dei Medici di Lecce; don Aldo Santoro, Parroco della Parrocchia SS. Pietro e Paolo; dott. Biagio Galante e dott. Marcello Pasquale Amante, Consiglieri comunale, ha stabilito di conferire il riconoscimento alle seguenti personalità:

Mons. Don Fedele Lazari – biennio 2008-2009 – VI edizione;

Prof. Lucio Romano - biennio 2010-2011 – VII edizione;

Prof. Rosario Coluccia - biennio 2012-2013 – VIII edizione;

Dott. Aldo Bello - biennio 2014-2015 – IX edizione.

La cerimonia di consegna del Premio “Città di Galatina - beniamino De Maria”, a cui l’amministrazione Montagna ha desiderato fortemente dare continuità alle iniziative già consolidatesi negli anni passati, si terrà, come già detto, il 2 giugno 2014 alla presenza di autorità politiche, civili, militari e religiose. Interverranno il Sen. Prof. Giorgio De Giuseppe e i componenti della Commissione in rappresentanza dell’Università del Salento, dell’Ordine dei Medici, della Parrocchia SS. Pietro e Paolo, del Consiglio Comunale.

Coordinatore il direttore de “Il Galatino” dott. Rossano Marra.

La serata sarà allietata da un intermezzo musicale con la violoncellista laura Ferulli.

Il Premio “Città di Galatina – beniamino De Maria” è stato precedentemente così assegnato: Mons. Prof. Antonio Antonaci (1998), Prof. Aldo Vallone (2000), Prof. Dr. Vincenzo Carrozzini (2002), Prof. Mario Signore (2004), Sen. Giorgio De Giuseppe (2006).

 
Di Redazione (del 20/01/2021 @ 22:14:44, in Comunicato Stampa, linkato 738 volte)

Di seguito il discorso del Comandante in occasione della celebrazione della Santa Messa in onore del Patrono della Polizia Locale San Sebastiano

Saluto e ringrazio per la presenza le Autorità civili e militari ; ringrazio Don Dario e don Matteo per averci concesso, anche in quest’anno così particolare, di onorare adeguatamente anche se in forma ristretta il protettore della Polizia Locale San Sebastiano; grazie a tutte le associazioni oggi convenute, a iniziare dagli Scout dell’AGeSci.

Naturalmente un grazie ai colleghi dei paesi vicini che ci hanno onorato della loro partecipazione anche quest’anno.

Sarò breve, come promesso a don Dario, e per questo il mio intervento si articolerà

su una riflessione prima e su un brevissimo passaggio finale che non anticipo.

È passato un anno da quando proprio da qui in occasione della Festa del nostro Santo Patrono avevamo espresso quelli che erano i desiderata del nostro agire per l'anno in corso.

Nessuno  avrebbe  mai  immaginato  nemmeno  lontanamente  quello  che  sarebbe successo da lì ad un mese appena con l'insorgere della pandemia.

Da allora tutto, dico TUTTO, è diventato provvisorio e insicuro! Ci siamo ritrovati catapultati in pochi giorni a operare in una realtà indescrivibile.

Non era più il nostro territorio, non era più la Nostra, forse caotica, ma ridente realtà! Sui volti delle poche persone che ancora si vedevano in giro si leggeva benissimo lo sgomento e la paura.

Da quel momento però in ognuno di noi operatori di Polizia è nata la consapevolezza del nuovo ruolo che dovevamo svolgere.

Siamo stati, nostro malgrado, portatori di una pesante responsabilità,  come cioè se da noi dipendesse in parte l'esito positivo di questo terribile momento.

La giornata lavorativa era segnata da ben 4 appuntamenti, all'inizio ed alla fine dei due turni di servizio, in cui si cercava di far chiarezza sulle norme, per la verità non sempre ben chiare, che dovevamo far rispettare e per cercare,  senza dircelo espressamente, risposte ai nostri tanti dubbi...e perché no, paure!!!

Il nostro Comando diventava ogni giorno di più per i nostri concittadini il luogo dove fugare, personalmente o con una telefonata,  un dubbio o, a volte succedeva anche questo, avere una risposta che infondesse fiducia.

Oggi voglio rivolgere innanzitutto un ringraziamento e una preghiera al Nostro Santo

Patrono San Sebastiano che SICURAMENTE veglia su di noi e, in secondo luogo,

rivendicare con forza l'operato dei miei Collaboratori, rimarcando il loro impegno, la loro abnegazione e anche la loro infantile leggerezza con cui hanno assolto i loro compiti!!!! Sì, proprio leggerezza....perché non si va in guerra armati solo di buona fede e coraggio!!!

In verità però non c'era tempo né di approntare l'armatura, né di studiare l'avversario....tra l'altro ancora oggi subdolo e indescrivibile!!!

Siamo ancora in "guerra" e continueremo a svolgere il nostro compito per non vanificare quel prezioso consenso civico acquisito in questi mesi che costituisce per ogni Operatore di Polizia Locale il riconoscimento più ambito a cui può anelare. Vorrei infine formulare un augurio per tutti noi, che è quello di tornare quanto prima a vivere sereni senza l'assillo di questa intollerabile pandemia che ci limita e ci condiziona anche nei nostri discorsi e gesti quotidiani.

GRAZIE.....e W LA POLIZIA LOCALE

Galatina, 20 gennaio 2021 – Chiesa San Sebastiano -

IL COMANDANTE DEL CORPO DI POLZIA LOCALE

Comm. Sup. ANGELELLI dott. Domenico

 
Di Antonio Mellone (del 01/05/2017 @ 22:14:29, in NohaBlog, linkato 2787 volte)

L’altra sera, mentre guardavo Open, anzi per la precisione “Open mouth” (Vucchiperti), la surreale trasmissione di Telerama in cui venivano intervistati i sette-diventati-in-diretta-sei personaggi in cerca di elettore, le lacrime scendevano copiose dai miei poveri occhi attoniti, rigandomi il volto e infradiciando non so più quanti Kleenex.

Non riuscivo, però, a darmi una spiegazione sensata circa la loro provenienza: non sapevo cioè dire se quelle lacrime fossero di gioia o di lutto, di risate a stento represse o di disperazione tendente alla depressione.

Quel liquido fisiologico incolore ricopriva vieppiù la mia congiuntiva palpebrale (ma soprattutto le cornee) in quantità inversamente proporzionale alla correttezza dei congiuntivi proferiti dalla platea dei sindaci concorrenti in questa specie di talent show, e in funzione diretta al quadrato del numero di epiteti e invettive (tipo: “le corne ca tieni”) che suscitavano in me certe grottesche risposte-fotocopia, le quali stanno alla Politica come il pecorino sul pasticciotto appena sfornato.

Non so voi, ma io, nonostante le concordanze lessicali in libertà e la pesante inflessione gggalatinese dei magnifici sette, non son mica riuscito a cogliere chissà quali differenze di pensiero o di programma politico tra l’uno e l’altro candidato alla poltrona di primo cittadino del mio paese.

Una, la neofita, quella che deve “studiare per diventare sindaco”, quella dell’“emergenza abitativa a Galatina, per cui servono di corsa 36 nuovi appartamenti” [o più probabilmente 36 nuovi posti letto nel reparto psichiatria del Santa Caterina Novella, ndr.], così tesa, così rigida, così agitata e ansiosa (nonché ansiogena) che non riesce a formulare un pensiero uno di senso compiuto [alla fine della trasmissione si sarà certamente sciolta in un liberatorio pianto isterico - con la speranza che non abbia preso a pugni il povero accompagnatore nominato dal partito, ndr.]; l’altra, la scissionista, la reproba, l’apostata (da non confondere con la prostata), cioè la ex-compagna del PD [l’acronimo del cui partito sta ormai per Paola/Daniela, ndr.] che con la solita sicumera, nel suo italiano maccheronico tradotto verbatim dal nohano, sciorina le sue ridicole banalità su mega-porco commerciale e centro storico, nonché su varie ed eventuali come una Daniela Santanché qualsiasi. L’altro ancora, il De Pascalis (o meglio, il De Profundis), affamato alla Steve Jobs così tanto che continua a mangiarsi le parole, riesce a polemizzare persino sul vuoto pneumatico sparando a zero sulla Croce Rossa, cioè sullo smarrito Giannini che, colto in fallo, riesce a superare tutti in retromarcia facendo il famoso “passo indietro” per cadere in diretta e come una pera bacata nelle amorevoli braccia del PD (Partito Destrorso). C’è la volta del democristiano che gira e rigira riesce a non dir nulla neanche stavolta (e dunque anche per questo socialmente nonché politicamente pericoloso viste le sue buone probabilità di successo in questa città divano-munita); e, novità assoluta nel panorama galatinese, il Niente a Cinque Stelle (anche e soprattutto sul mega-porco: che tristezza). Insomma, l’unica che ancora una volta ne esce con le ossa integre è la Roberta, la candidata che predica benissimo ma razzola come cazzo vuole lei.

Di questa trasmissione televisiva, ricettacolo di imbarazzi, rimane ormai solo questa foto emblematica gentilmente estrapolata dal profilo della Sindaco Daniela Sindaco. E’ l’abbraccio della morte alla città di Galatina, il mastodontico inciucio, l’asse destra-centro-destra, l’imbroglio elettorale, il partito unico del comune altrimenti detto delle larghe intese. In parole povere, le grandi scemenze.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 23/03/2017 @ 22:14:14, in NohaBlog, linkato 3373 volte)

Non c’è niente da fare. Qui dalle nostre parti sembra dominare ancora indisturbato il pensiero unico del consenso di massa.

Perdurano graniticamente (e chissà per quanto tempo ancora) il volemose bene, i tarallucci e vino, le pacche sulle spalle, i finti amiconi, la solidarietà di specie (più che di genere), il partito unico della nazione, l’eterna Trattativa, e dunque frotte di censori (che non sanno nemmeno di esserlo).

Conciliaboli di perbenisti, genie di “borghesi” radical chic, gruppetti di maître à penser, squadre di spacciatori di catene per schiavi novelli, circoli di raddrizzatori di elettroencefalogrammi, staff di incravattati dei dì di festa, clan di amici degli amici, cerchie di intellettuali neo-conformisti, élite con la puzza sotto il naso, ordini di giornalisti da riporto, associazioni culturali foraggiate da pOLITICI e un’accozzaglia indefinita di allegre comari: tutti morbosamente suscettibili, pronti a scandalizzarsi, a stracciarsi le vesti, a sentirsi offesi in prima persona se osi scrivere quello che pensi, utilizzando talvolta più che le biro le penne all’arrabbiata.

Prediligono il disarmo del dissenso al dissenso disarmante. Deplorano la contestazione, l’alterità, la critica, la possibilità di pensare, di programmare e sognare eventuali futuri alternativi. Favoriscono più o meno inconsapevolmente la comunicazione tautologica (e alienata), quella in cui tutti pensano e dicono le stesse cose.   

Eh, sì, i tuoi toni sono troppo lapidari, accesi, aggressivi, sagaci e mordaci per i loro gusti raffinati. Loro non si sbottonano mai, per prudenza. Per definizione.

Pazienza se poi in privato sull’argomento, sul fatto o sul tizio di cui ti capita di raccontare le gesta eroiche ti confidino indicibili, inaudite, che dico, oscene “mazze e corne”. Ma in pubblico, no. In pubblico devi essere politically correct, assertivo,  allineato e possibilmente coperto.

Certi toni, signora mia, è preferibile ammorbidirli. Meglio i semitoni, il bemolle più che il diesis, i guanti di velluto più che la cartavetro, il fioretto più che il machete, la quiete più che la tempesta. E soprattutto MO-DE-RA-ZIO-NE.  

Nessuno, tra codesti moderati-in-pubblico/estremisti-in-privato, che si chieda se le cose che dici o scrivi siano vere o false. Niente. Quel che conta è il tono. Pazienza se la casa sta bruciando, l’importante è aver spento la luce del tinello.

Temo che a Galatina e dintorni si sia ormai regrediti a un punto tale che la gente debba addirittura essere rieducata alla libertà del pensiero, di cui la satira (questa sconosciuta) con il suo potere a volte dissacrante è uno degli strumenti didattici più efficaci.

Non ricordo più dove ho letto che l’obiettivo della satira è esprimere un punto di vista in modo divertente. Divertente per chi la fa, s’intende. Ogni risata dell’autore contiene una piccola verità umana (che spesso fa male). Se poi gli altri ridono, tanto di guadagnato, ma non è un criterio per giudicare la satira. Certo, mica la satira può piacere a tutti: i suoi bersagli o gli amici dei bersagli, ad esempio, non ridono affatto.

E poi non è che la satira debba per forza far ridere, perché a volte deve far piangere. Anzi talvolta la satira più riuscita, la più tagliente e corrosiva, è quella che fa scoppiare di rabbia (per la verità soprattutto i bacchettoni), mentre il disagio che aumenta è solo quello dei parrucconi.

Nell’attesa di accettare, anzi di auspicare un po’ più di satira in questo piattume cosmico continuiamo pure a farci del male: applaudendo al neo-feudalesimo atrofizzante, inneggiando agli anestetici sociali contro il dolore da vita vuota, auspicando l’assopimento dei neurociti, minacciando le teste pensanti, sopprimendo la disobbedienza civile, emarginando i ribelli, i resistenti, gli oppositori, e lottando contro tutto ciò che potrebbe mettere in discussione la nostra omologante schiavitù.

*

Qui da noi la casa brucia, la nave affonda, il comune fallisce, il debito avanza, il cemento straripa, l’asfalto corre, la Tap penetra, la stampa disinforma, il popolo dorme, gli attivisti scarseggiano, la Colacem affumica, il cancro dilaga, la gente muore, i poliziotti caricano, la Sarparea incombe, il fotovoltaico devasta, la mafia tratta, la politica latita, le multinazionali occupano, gli ulivi soffrono, l’ambiente detona, il profitto campa e la Costituzione crepa.

In tutto questo l’intellighénzia del pasticciotto (che di questi problemi non ha mai detto mezza parola, probabilmente perché non ne sa nulla o perché più o meno consapevolmente corresponsabile e fautrice) continua invece a parlare di toni, di stile e del solito PD (Pistolotto Domenicale).  

Io ho un dubbio atroce, il solito, su chi sia esattamente il soggetto che, mentre indichi la luna, guarda il dito (tra l’altro quello sbagliato).

Sì, signora mia, faccio sempre confusione tra lo stolto e lo stronzo.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 29/08/2021 @ 22:13:54, in NoiAmbiente, linkato 841 volte)

Anche questa volta, noi i soliti "quattro sognatori" di "NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina, siamo riusciti a offrire la nostra fatidica seppur piccola goccia che compone l'oceano. Quell'oceano buono che si contrappone con forza a quell'altro fatto di indifferenza e di maltrattamenti alla Natura.

Abbiamo preso parte ad un evento straordinario che vede contrapporsi sempre più questi due mondi: il primo, il prodotto dei vizi dell'uomo che con i suoi rifiuti tenta di soffocare questo paradiso, in questo caso la riserva delle Cesine, un luogo fantastico, e il secondo, tantissime persone soprattutto giovani, che con la loro semplice generosità riescono a fare tutti insieme cose inimmaginabili.
In queste  occasioni di operatività ci si trova insieme a tanti amici e amiche e si prova quella grande emozione di unione, di forza e del sentirsi meno soli, che dà conforto e fa ben sperare.

Purtroppo davanti a certe orribili scene di rifiuti imbrigliati nella vegetazione e fra gli scogli lambiti dalle onde marine, come quelli visti oggi, si oscura il cuore.

Oggi, 29 agosto sulla spiaggia delle Cesine, un velo di tristezza (ma anche di speranza) calava davanti alla vista di quelle mani e di quei giovani volti che imperterriti non volevano mollare la presa di plastiche che solo a sfiorarle spesso si sbriciolano in mille pezzettini.

Ve lo diciamo sinceramente: forza ragazzi, forza Daniele S. e Daniele T., forza Chiara, Valentina, Giorgio, Clara, forza tutti voi ragazzi e ragazze del CAS, con la vostra partecipazione ci avete fatto capire che siete oltre la barriera dell’indifferenza e che è necessario agire.

Francesco Cino con il suo dire insistente ha seminato bene: “Tutti insieme per il bene comune”

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv

 

Venerdì 25 giugno alle 19 (ingresso gratuito con prenotazione su Eventbrite) l'Ex Complesso Monastico delle Clarisse di Santa Chiara in Piazzetta Galluccio a Galatina ospiterà l’evento di condivisione dei contenuti emersi e dei tratti più significativi della maratona partecipativa "Cavallino Bianco: il futuro è adesso". Dal 24 maggio al 4 giugno si sono tenuti, infatti, nove laboratori online, coordinati dall'esperto di metodi e processi partecipativi Fedele Congedo, architetto senior dell'associazione Mecenate 90, per costruire insieme traiettorie condivise per il futuro del "Cavallino Bianco" di Galatina. Con la conclusione dei lavori che hanno interessato lo storico Teatro, il Comune di Galatina intende restituirlo alla pubblica fruizione, identificando le prospettive del piano di valorizzazione con i portatori di interessi, pubblici e privati. Per questo, è stato realizzato uno specifico percorso partecipativo, con il supporto di Mecenate 90, un’associazione che in Italia svolge attività di consulenza e di assistenza tecnica agli Enti pubblici nei settori della valorizzazione e gestione dei beni culturali, dello sviluppo locale e della pianificazione strategica.

Il sindaco Marcello Amante, l'assessora alla Cultura e alla Pubblica istruzione Cristina Dettù, il segretario generale di Mecenate 90 Ledo Prato (in collegamento) e il coordinatore delle attività partecipative Fedele Congedo presenteranno al pubblico i risultati del percorso che ha coinvolto la comunità educante dei sei Istituti scolastici e la comunità creativa di Galatina con oltre 900 contribuiti apportati attraverso la piattaforma. I laboratori online hanno registrato quasi 200 accessi da profili unifici e hanno ospitato 18 testimoni dal mondo del teatro e della cultura, locale e nazionale ( Cesare Liaci, Gabriele Polimeno, Carlo Infante, Alessandro Santoro, Linda Eroli, Alessandro Rossi, Antonio Rollo, Susan George, Fabio Tolledi, Alessio Di Clemente, Ylenia Politano, Marco Martinelli, Pietro Valenti, Gabriele Rampino, Maurizio Braucci, Luca Scalzullo, Valentino Ligorio, Carmen Ines Tarantino), tutti disponibili sul canale youtube del percorso partecipativo. La lavagna digitale di facilitazione visuale, cresciuta in tempo reale e accessibile a tutti sin dal primo incontro, è il report completo del percorso. Nel cruscotto di navigazione, tutti i contenuti emersi, i dati e i link attivati. È consigliata la consultazione mediante pc desktop, al link https://bit.ly/ilfuturoadesso. L'ingresso all'incontro è gratuito con prenotazione tramite piattaforma Eventbrite. Ulteriori info sul sito www.comune.galatina.le.it.

Gruppo Telegram Comunità Cavallino Bianco
https://bit.ly/comunitacavallino

Ufficio Stampa
Società Cooperativa Coolclub
Piazza Giorgio Baglivi 10, Lecce
 

 
Di Antonio Mellone (del 29/04/2012 @ 22:11:49, in NohaBlog, linkato 3613 volte)

Giuro che questo è l’ultimo pezzo della mia, chiamiamola così, trilogia pre-elettorale. Mi spiace tediare il lettore (quell’uno che sarà) per la terza volta su di un tema fritto e rifritto; tuttavia talora non si può prescindere da certe elucubrazioni per puntualizzare l’ovvio.
Se mi fosse concesso, passerei subito prima o subito dopo i clerici vagantes - che in questi giorni come tanti commessi viaggiatori stanno passando “a benedire” le nostre case, a promettere mari o monti (Mario Monti?), a distribuire i santini su cui è effigiata la loro immagine ed il loro motto (che parla), e finalmente ad implorare la nostra croce sul simbolo del loro partito e sul loro nome prima di imbucare nell’urna la scheda elettorale – dicevo: passerei io, porta a porta, cercando di convincere i miei concittadini non tanto a chi dare il voto, quanto a chi NON darlo. 
E lo farei usando più o meno queste parole: “Caro concittadino, non votare gli arrivisti, i faccendieri, i profittatori, i navigatori sotterranei conto terzi, i marpioni vecchi ed i marpioni “giovani e concreti”, i soliti noti che si presentano come esponenti del nuovo che avanza, mentre di fatto sono il vecchio che è avanzato. Non votare chi per opportunismo cambia facilmente casacca, chi passa da destra a sinistra, e viceversa (Franza o Spagna purché se magna). Non votare gli inguardabili, gli inaudibili, gli intoccabili, i leccapiedi, i baciapile e i baciamadonne, gli improvvisati salvatori della nostra piccola patria, i politicanti dell’ultima ora, i politicanti incalliti, quelli che ti fanno ancora credere che gli asini volano. Non votare il “trota” locale, il bifolco locale, il pirla locale, né chi è appoggiato dai mafiosi locali. Non sprecare il tuo voto a vantaggio di chi vorrebbe fare della politica la sua professione (e magari campare comodamente a tue spese); non buttar via il tuo voto in favore di chi pensa agli affaracci suoi e a quelli della sua famiglia. Non votare chi ti vede come un suddito, una pecora da tosare, un mulo da soma da sfruttare per i suoi porci comodi. Non votare gli assassini della democrazia, chi ha della politica un’idea burocratica e definisce “antipolitica” i politici veri, i soggetti della polis che invece fanno proposte politiche serie. Forse la vera antipolitica oggi è quella tradizionale, bacchettona, parruccona, paludata a nuovo ma impregnata di naftalina, pronta a scagliare anatemi contro la ragione e la passione.   
Per favore, caro elettore, non andarti a mettere nei Casini, con la scusa del centro, del moderatismo (sarebbero questi i moderati?), e dei “valori della famiglia”: come fai ancora a fidarti di chi fa i risciacqui e i gargarismi con l’acqua santa, di chi usa la religione come un vestito buono per tutte le stagioni, di chi è ancora attaccato alla sottana dei preti in nome del perbenismo e di chissà quali “valori non negoziabili”, quando poi si dimostra che il vero valore per questi formigonini, ciellini, opusdeini, in una parola “casini”, è  quello del potere e del denaro? Come fai a votare chi è appoggiato dai vari Miccichè (che vergogna!), chi è dell’UDC (unione dei condannati), chi finge di essere di centro quando di fatto è fascista nei secoli dei secoli amen? Non dare ancora (se pur l’avessi già fatto) il tuo suffragio ad un partito che nel corso di questi anni ha portato l’Italia nel baratro economico, finanziario, sociale, culturale e politico: sì, il partito dell’amore (a pagamento), il partito del “nuovo miracolo italiano”, il partito del “meno tasse per tutti”, il partito de “la crisi è alle nostre spalle”, il partito della quarantina di leggi porcata o leggi-vergogna, quello personale del bifolco di Arcore, il papi delle cene eleganti, del bunga-bunga, anzi del burlesque, l’amico del barbaro leghista, e delle prescrizioni brevi.
Non votare chi non ha sale in zucca, e vuole avvelenarti con il CDR (combustibile derivante da rifiuti), con gli inceneritori (che, per prenderti in giro, ribattezza come “termovalorizzatori”). Non sprecare il tuo voto dandolo a chi non ti merita, a chi s’infischia del territorio che vuole martoriare ancora con il cemento, con i pannelli fotovoltaici, con i centri commerciali, con le cave trasformate in discariche di rifiuti di ogni tipo, con i nuovi comparti artigianali o commerciali o per “civili” abitazioni, “in nome della crescita”. Non votare chi deride il lavoro di tanti concittadini, che pur non appartenendo ai partiti politici ed in nome della democrazia partecipativa lottano per la salvaguardia dei beni comuni, delle risorse pubbliche, della campagna, della natura, dei beni culturali (il cui scempio si compie sotto i nostri occhi proprio mentre ci si professa – o ci si atteggia a - tutori, difensori, paladini di questi beni culturali).   
Non votare chi vuole uccidere il tuo futuro e quello dei tuoi figli in nome del “progresso”, del profitto, del capitale, del denaro, dei suoi interessi di bottega…
E’ vero che alla fin fine le persone da votare si conterebbero sulle dita di una mano. E sarebbero da ricercare con la lanterna, anzi come si fa con un ago nel pagliaio.
Ma un popolo virtuoso sa e deve scegliere secondo coscienza. Se ne ha ancora una.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 23/10/2013 @ 22:10:56, in Comunicato Stampa, linkato 2669 volte)
Le associazioni non si fermano nella loro giustissima Difesa del Salento e dei suoi beni Comuni minacciati da maxi speculative colate di cemento!

Mega Mostro Commerciale di Galatina: i 'giochi' degli iter burocratici non si sono per nulla chiusi e le associazioni sono intenzionate a percorre tutte le strade possibili, garantite dalle norme, per difendere il territorio da un'aggressione famelica fatta di nuove mortifere e immense colate di cemento!

Sono state presentate ieri 22 ottobre 2013 le nuove osservazioni promosse da associazioni e cittadini sulle possibili e inaccettabili varianti dello strumento urbanistico di Galatina che minacciano di trasformare un territorio agricolo vergine di pregio e di qualità tra terre di eccellenti vigneti produttori di famosi e apprezzatissimi vini DOC, territorio addirittura esposto a pesantissimi rischi alluvionali come le cronache di questi giorni hanno drammaticamente registrato, aprendo le porte a un indicibile devastazione del paesaggio rurale tra clivi e serre caratterizzate dalla presenza di bellissime e antiche masserie, rischiando così di oltraggiare i, lì presenti e importantissimi, coni visuali colpendo al cuore il Salento rurale con cemento e asfalto, le associazioni compatte ribadiscono il giustissimo, fermo e fortemente motivato 'NO' alla Mega Mostruosa Aliena struttura Commerciale in contrada rurale masseria Cascioni, tanto inutile e, quanto mai, dannosa!

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Oggetto: Osservazioni sulla variante allo strumento urbanistico, adottata con delibera del Consiglio Comunale di Galatina (Le) n. 33 del 25/09/2013, ai sensi degli artt. 3 e 16 della L.R. n. 13/2001, per il progetto delle opere definite di pubblica utilità, su l’area già tipizzata dal PUG Comunale E2 – Agricola di Salvaguardia -, complementare al progetto di un’area commerciale integrata, in Contrada “Cascioni” .

Si invia in allegato quanto in oggetto specificato.
 
Cordialità.
 
Anita Rossetti
 
Di Redazione (del 20/01/2021 @ 22:10:54, in Comunicato Stampa, linkato 894 volte)

L’antica chiesetta Santa Lucia (da non confondere con l’attuale di via Roma, i cui lavori ebbero inizio nel 1922), situata all’inizio della strada per Noha, è uno dei tanti beni comunali che attendono una nuova vita.

Il luogo di culto, molto venerato nel passato, è una testimonianza delle nostre tradizioni religiose, architettoniche e culturali; una volta recuperata, assieme alle tante opere presenti a Galatina (non solo la Basilica di Santa Caterina D’Alessandria), diverrà una nuova occasione per incrementare il turismo religioso, che, in questi anni (anche nell’ultimo colpito dalla pandemia), ha avuto un notevole incremento.    

Una storia ultracentenaria non può andare perduta. Sorta, come tramandato, in sostituzione di un’edicola votiva, che segnalava il luogo dove la strada Reale si incrociava con la Lecce - Leuca, denominata il “cammino di S. Pietro”. Poco distante venne, infatti, rinvenuta la pietra dove si sedette l’Apostolo, in cammino dalla Terra Santa a Roma, e nel lontano 1665 traslocata nella Chiesa Matrice, ammirata e venerata da centinaia di pellegrini.. 

In più occasioni, le Amministrazioni che si sono alternate alla guida di Palazzo Orsini, si sono impegnate a trovare i finanziamenti per il restauro.

Il primo intervento è datato 1993. L’allora sindaco, il  prof. Zeffirino Rizzelli, aveva inserito nel programma elettorale e nella sua dichiarazione programmatica, la necessità dell’acquisto, sino ad allora di proprietà privata; un decreto sindacale, nello stesso anno, dichiarò la struttura patrimonio artistico. Promessa che non ebbe seguito per l’interruzione anticipata del suo mandato.

Nel 2000 si completò l’acquisizione al patrimonio comunale, il proprietario la cedette al prezzo simbolico di mille lire, il sindaco di allora era Giuseppe Garrisi.

Il 2019 sembrava segnare una svolta, e l’avvio della fase di progettazione e restauro sembrava imminente, e in poco tempo la chiesetta resa fruibile alla comunità. L’avvio dei lavori fu reso possibile grazie ad un finanziamento di 25.000 euro della Sovrintendenza provinciale. Un primo intervento aveva permesso l’espianto di un albero di fico, cresciuto rigoglioso sul tetto. Per dimostrare che si faceva sul serio, e che ambizione dichiarata della Giunta Amante era quella di lavorare con sollecitudine per conservare il copioso patrimonio culturale, la struttura fu ingabbiata con robusti tubi innocenti, il tetto protetto da una solida copertura. Anche in questa occasione, le aspettative sono andate deluse: a circa due anni tutto è rimasto immutato, non le infiltrazioni, l’umidità e l’erbacce, peggiorando così lo stato di abbandono.

Una domanda, infine, è legittima: il finanziamento di 25.000 euro è stato già speso per la messa in posa dei tubi e della copertura e il pagamento di due anni del loro affitto?

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA

 
Di Albino Campa (del 20/11/2011 @ 22:10:11, in Racconti, linkato 4201 volte)

I bambini entrarono nella stanza cercando di far meno rumore possibile. Sapevano di trovare la nonna come al solito seduta su una vecchia sedia dietro l’uscio, addormentata in posizione così precaria che chiunque sarebbe caduto al suo posto, ma non lei. Con le spalle avvolte da una copertina di lana che lei stessa aveva fatto lavorando ai ferri e con una borsa d’acqua calda sulle gambe, la nonna sentì i due bambini che si avvicinavano di soppiatto ma non aprì gli occhi, continuando a far finta di dormire. Solo quando il più piccolo dei due, accovacciato ai suoi piedi, iniziò a giocare con i pendagli della copertina finse di svegliarsi quasi di soprassalto – “Ehi voi due che ci fate qui? Mi avete fatto prendere uno spavento, pensavo fossero i ladri”.
I due bambini iniziarono a ridere, contenti di aver fatto una sorpresa alla loro nonnina.

“Nonna, nonna … ci racconti una favola?” dissero quasi all’unisono. La nonna sapeva che ai nipotini piacevano le sue storielle e a lei piaceva raccontarle – “E quale favola volete che vi racconti?”.
“Quella del piccolo principe … si, quella del piccolo principe” -  “Dai nonna, … dai nonna!”.
“Va bene” disse la nonna, “ma prendete due sedie e alzatevi da terra, altrimenti se vi raffreddate chi sente vostra madre!”
I due nipotini presero due vecchie sedie impagliate e si sedettero quanto più vicino possibile alla nonna pronti ad ascoltare la storia.

C’era una volta un piccolo principe che viveva nell’antico Castello di Noha. Purtroppo il piccolo era nato affetto da una rara malattia che gli impediva di uscire dalla sua stanza, e a nulla erano valse le tante cure e visite di dottori provenienti da tutto il mondo. Purtroppo niente e nessuno era riuscito a guarirlo. Nonostante questa grave limitazione e l’impossibilità di uscire all’aperto a giocare come gli altri bambini, il piccolo principe cercava di non annoiarsi e di divertirsi con i tanti giochi con i quali i suoi genitori  riempivano la sua stanza. Al piccolo piaceva in particolare disegnare case e palazzi, ricche di ghirigori ed elaborati  fregi. La sua passione era tale che si divertiva a riprodurre i più belli su una delle pareti della sua stanza, tracciando con la matita schizzi di grandi palazzi, torri e castelli, immaginando di poter passeggiare intorno o di vivere come un grande cavaliere pronto ad intraprendere eroiche avventure.

Case 4

Al principino sarebbe tanto piaciuto provare a realizzare sull’ampio terrazzo del castello le sue opere per farle vedere a tutti, ma sapeva benissimo che non poteva uscire, e suo padre non permetteva che giocasse nella sua stanza con pietre o altri materiali, giudicandoli giochi non degni di un principe.

Purtroppo un giorno il bambino iniziò a stare più male del solito e le sue condizioni peggiorarono rapidamente.

Una notte mentre dormiva, venne svegliato da strani bagliori. Aprì lentamente gli occhi, convinto che fosse entrata nella stanza sua madre con una candela per vedere come stava, come solitamente accadeva durante quelle notti. Ma quello che vide lo lasciò a bocca aperta per lo stupore. Una bellissima e splendente figura femminile gli apparve innanzi avvolta da un mantello stellato. La donna lucente si avvicinò lentamente al letto del piccolo. Il suo viso sorridente e il suo sguardo pieno di amore ebbero l’effetto di tranquillizzare il principino che si mise a sedere sul letto come se si trovasse in compagnia di un’amica, ma ancora incapace di proferire parola.

“Ciao piccolo principe” disse la donna “Dimmi cos’è che più desideri? Non aver paura!”
Il piccolo prese coraggio  e disse “Io vorrei tanto che i palazzi e le torri che disegno venissero costruite, anche se in miniatura. Purtroppo io non posso, ma mi piacerebbe tanto che altri li potessero vedere”
“Non ti preoccupare piccolo mio, tu ora riposa” e così come era apparsa, la donna scomparve.

Case 1

L’indomani mattina una guardia allarmata corse in gran fretta a svegliare di buon’ora il Signore del Casale. Strane costruzione in pietra, piccoli palazzi e case, erano state costruite da qualcuno nella notte sul terrazzo del Castello. Il nobile si fece accompagnare dalla guardia sul posto a vedere con i propri occhi quello che gli veniva raccontato. Credendo che fossero state costruite dal figlio uscito di soppiatto, andò nella sua stanza e gli fece una gran sfuriata ricordandogli che non poteva assolutamente uscire a causa delle sue condizioni, e che per punizione le avrebbe fatte abbattere. Guai a lui se fosse uscito nuovamente.
Il piccolo provò a spiegare che non era stato lui e che non si era mai allontanato dalla stanza, ma il genitore non gli credette e la sgridata andò avanti finché non si trovò costretto a promettere di non uscire più di nascosto.

Case 3

Quella notte, come la precedente, la donna lucente apparve nuovamente al piccolo.
Questa volta il principino non aspettò che fosse la Signora a parlare e le chiese – “Com’erano?”.
“Bellissime, come i tuoi disegni” rispose la donna lucente. E quella notte ripeté nuovamente la domanda “Dimmi cos’è che più desideri? Non aver paura!”. Il principino ci pensò un po’ su e rispose “Io vorrei tanto che i palazzi e le torri che disegno venissero ricostruite ancora più grandi e più belle”.
“Non ti preoccupare piccolo mio, tu ora riposa” e così come era apparsa, la donna scomparve.

Case 2
All’indomani il Signore del Casale era ancora più infuriato del giorno precedente. Fece nuovamente abbattere le casette e dopo una strigliata ancora più sonora al figlio, fece mettere di guardia alla porta della stanza un soldato con l’ordine tassativo di non farlo uscire per nessuna ragione.

Quel giorno purtroppo le condizioni del piccolo principe si aggravarono. I medici chiamati al suo capezzale uscirono sconsolati dichiarandosi impotenti.

Nonostante stesse molto male il bambino anche quella notte aspettò l’apparire della Signora dal mantello stellato, e come le notti precedenti, ella apparve circondata da una luce ancora più splendente. Si avvicinò al letto e amorevolmente gli accarezzò una guancia. “Dimmi mio piccolo principe, cosa vuoi che io faccia per te?”.
Il bambino rispose – “Vorrei tanto che tu ricostruisca le mie casette, falle più belle di prima, le più belle del mondo,  e che nessuno, neanche mio padre le possa distruggere”.

“Mio piccolo caro” – rispose la donna lucente – “non sono io ma è il tuo amore che le costruisce come tu le desideri. Farò ciò che mi chiedi, ma non posso prometterti che nessuno le distrugga nuovamente. Purtroppo io nulla posso contro la volontà di voi uomini. Le casette vivranno finché qualcuno si occuperà di loro, finché gli uomini sapranno custodire l’ambiente in cui vivono e si prenderanno cura dei doni che hanno ricevuto. Contro un animo ingrato e insensibile io nulla posso. Tutto è rimesso alle vostre scelte”.

La Signora dal mantello stellato abbracciò forte il piccolo principe e prendendolo per mano gli disse - “Vieni con me ora, ti porto da mio figlio che ti aspetta. Sai, lui da piccolo era un falegname e sono sicura che assieme costruirete giochi e palazzi bellissimi”.

L’alba del giorno dopo fu accolta da dolore e pianti. Tutto la popolazione del Casale si strinse affranta attorno al Castello alla triste notizia della morte del piccolo principe. Nessuno mancava, in particolare i bambini.
Il Signore del Casale si affacciò alla finestra  per ringraziare tutti per la grande dimostrazione di affetto, ma mentre parlava alla folla il grido di meraviglia di un bambino attirò l’attenzione dei presenti.

“Guardate! Guardate!” gridò a voce ancora più alta il bambino – “ le casiceddhre! le casiceddhre!”.

Case 5

Sul terrazzo erano nuovamente apparse delle piccole costruzioni in pietra,  palazzi e castelli, così belle che splendevano come il sole abbagliando i presenti. Un alone di luce le circondava, e quel giorno ci fu chi giurò di aver visto le figure di un bambino e di un ragazzo accovacciati accanto ad esse intenti a costruirle.

Da quel giorno un editto vietò che nessuno recasse danno alle casette del piccolo angelo di Noha.

Nonna e bimbi rimasero per un po’ in silenzio, finché uno dei due avvicinandosi all’uscio e guardando attraverso il vetro le piccole casette sull’altro lato della strada disse – “Nonna, ma tu hai mai visto il piccolo angelo?”.
“No cari miei, non l’ho mai visto. Ma sono sicura che, finché ci saranno le piccole casette, lui sarà lì a vegliare su di noi”.
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Le piccole costruzioni in pietra di palazzi e torri furono costruite da un certo Cosimo Mariano che visse a cavallo tra ‘800 e il ‘900.  Lui stesso si definiva “mastro”. Sono all’interno del complesso dell’attuale palazzo baronale di Noha, che fu un castello sino al ‘500 prima di essere abbondantemente rimaneggiato. Le casette, o casiceddhre, si trovano sulla terrazza di una delle corti della casa baronale e i disegni sulle pareti, molto probabilmente dello stesso Mariano, si trovano all’interno dei una delle abitazioni del complesso.
Le “casiceddhre” sono in stato di abbandono e versano in cattive condizioni. L’intero complesso è ora in vendita e sono in molti nel piccolo centro di Noha ad auspicare iniziative concreta per la loro salvaguardia.
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Massimo Negro

 
Di Redazione (del 03/04/2019 @ 22:08:44, in Comunicato Stampa, linkato 1368 volte)

Luisa Sello, flautista friulana scelta dal Ministero dei beni Culturali per rappresentare la musica italiana in tutto il mondo, il 4 aprile sarà la protagonista del secondo appuntamento della XX Stagione Concertistica Internazionale de “I Concerti del Chiostro”.

Lo  scorso  28  marzo,  l’affiatato  Duo  Pollice  ha  inaugurato  la  rassegna  con  un  concerto  per

pianoforte a quattro mani. I due musicisti sono stati accolti nella splendida chiesa della Madonna delle Grazie da uno straripante e caloroso pubblico che per quasi due ore ha goduto delle note di Mozart, Beethoven, Verdi, Rossini e Puccini.

Siamo molto felici di ospitare nel nostro paese questa rassegna musicale internazionale diretta dal M° Luigi Fracasso - afferma il sindaco di Soleto, Graziano Vantaggiato I Concerti del Chiostro sono vera Cultura e il mio augurio è che diventino un appuntamento itinerante in  più comuni della Provincia e non solo”.

[**]

Luisa Sello, definita dal New York Concert Review 2016 un’artista dall’avvincente passione e spontanea cantabilità, con tecnica brillante e grande charme, ci accoglierà insieme al suo flauto con il  programma “Quadri di colore”, tre sentimenti legati alla musica e a temi della vita: Arte, Amore e Gioia. Saranno eseguite musiche di J. S. Bach, W. A. Mozart, A. Vivaldi, G. Verdi e G. Rossini.

Appuntamento a giovedì 4 aprile alle ore 20 presso il Santuario Madonna delle Grazie di Soleto.

Come ogni concerto, anche questo sarà preceduto da una visita guidata nel Comune di Soleto a

cura dell’Associazione “Amici del Presepe” previa prenotazione.

 

Infoline: 3292198852

I Concerti del Chiostro – Associazione Musicale – via del Ciclamino 32, Galatina

Libreria Viva Athena – Via Liguria 73/5, Galatina 0836.566088

 

Pagina Fb: www.facebook.com/IConcertidelChiostro/
Email: iconcertidelchiostro2019@gmail.com

Gloria Romano

Ufficio stampa

 

 

Luisa Sello, flauto

Quadri di colore

 

 

LUISA SELLO Artista eclettica ed innovativa, flautista del panorama internazionale con una intensa attività solistica in Europa, Estremo Oriente, Stati Uniti e Sud America, è ospite di orchestre quali i Wiener Symphoniker, la Salzburger Kammerorchester, la Miami Great Symphony Orchestra, I Virtuosi Italiani.

Un’artista unica, una ‘musicista dall’eccezionale versatilità e dal carisma ammaliante, che riesce ad arrivare dentro l’anima di chi la ascolta, lasciando un’emozione difficile da dimenticare’. (Altromolise, Il Mattino di Bolzano, ABC Madrid, General Anzeiger Bonn, Messaggero Veneto).

Il suo repertorio abbraccia diverse epoche e forme d’arte, in un percorso da lei ideato

come esecutrice, autrice e regista, riscontrando consensi unanimi per ‘classe, eleganza, presenza, talento,

emozione’.

Ha lavorato con l'Orchestra del Teatro Alla Scala di Milano sotto la direzione di Riccardo Muti ed ha suonato accanto ad Alirio Diaz, Trevor Pinnock, Edgar Guggeis, il Nuovo Quartetto Italiano, lo Jess Trio Wien. Ambasciatrice della musica italiana nel mondo, è tra gli artisti sostenuti dai Ministeri degli Affari Esteri e delle Attività Culturali .

Ideatrice di spettacoli estremamente originali e nuovi, propone repertori classici e programmi riscoperti dal

gesto, in un personale percorso aperto a diverse forme d'arte, e da lei generato come interprete musicale, autrice di testi e regista .

Docente  al  Conservatorio  di  Trieste  e  Professore  ospite  all'Università  di  Vienna  e  di  Graz,  viene regolarmente invitata presso Istituzioni Accademiche in Giappone, Cina, Argentina, USA, Russia, Austria, Germania, Spagna, Estonia .

Laureata in Lingue per la Comunicazione Internazionale ed in Letterature Moderne, ha pubblicato saggi

comparativi tra letteratura e musica ed ha vinto diversi premi letterari         di poesia.

Incide per 'Stradivarius', una delle eccellenze discografiche europee, e per la Beijjing Honhchen Millennium

& Art,in Cina .

Luisa Sello ha studiato a Parigi con Raymond Guiot, primo flauto dell'Operà, ed è stata una delle allieve predilette di Severino Gazzelloni che di lei ha scritto ‘qualità di primissimo ordine: tecnica e suono di ottimo livello, unite ad una magnifica sensibilità interpretativa‘.

Dopo il successo del 'Pierrot Solaire' vincitore del premio Speciale Start Cup 2008, e 'Canto per la vita' commissionato per il Premio Unesco 2008, sta ora lavorando sui progetti 'Bach, musica eterna' e 'Quadri di colore'.

 

Pubblichiamo la lettere inviata il 18 marzo 2021 all'Amministrazione Comunale e della quale si attende ancora una seria valutazione del problema.

Il pericolo di crollo calcinacci o di parti sporgenti dal profilo della facciata di tutta la struttura in oggetto è tutt’altro che improbabile.
Abbiamo segnalato più volte ai tecnici comunali intervenuti per dei controlli, la necessità di un risanamento della struttura nel suo insieme, comprendendo quindi anche gli interni che mancano delle funzioni basilari, con l’obiettivo di ripristinare l’agibilità, ma forse si sta sottovalutando il problema dal punto di vista “sicurezza” pubblica.
Sul lato destro della torre dell’orologio, per chi lo osserva dalla piazza, è evidente a occhio nudo lo stacco dal muro del cornicione verticale in tutta la sua lunghezza, non è altrettanto visibile lo stato di aderenza delle altre parti intorno all’aquila, tantomeno si può dire dei massi calpestabili della balconata. Oltretutto il 18 giugno del 2013 si staccava improvvisamente un pezzo simile del balcone al primo piano della casa attigua, arrecando gravi danni ad una automobile in sosta, e per fortuna non a persone. La fortuna finora ci ha assistiti ma forse non è il caso di continuare così.

http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=1039

Crediamo non ci sia più tempo per attendere progetti dedicati e finanziamenti relativi che non arrivano mai, la salvaguardia della sicurezza per chiunque si trovi a transitare nell’ambito adiacente alla struttura va ben oltre all’aspetto indecoroso di un Bene Storico e Culturale, va perfino oltre alla assurda assenza di un meccanismo che faccia funzionare l’orologio, il risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia è già di per sè un progetto.

Chiediamo all’Aministrazione Comunale che intervenga al più presto possibile sullo stato pericolo che incombe su tutto il tratto prospiciente alla struttura pubblica, restituendo all’area la sicurezza dovuta.

Download PDF.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina

 

 
Di Antonio Mellone (del 18/12/2016 @ 22:07:08, in NohaBlog, linkato 2170 volte)

Così ti capita di ritornare a Milano “per ossigenarti”, come vai ripetendo periodicamente ai tuoi amici (sì, devi usare le virgolette dacché il sindaco sovente è costretto a bloccarne il traffico, causa superamento livelli di PM10 o forse 11 e qualche cosa).

Lo fai più volte l’anno, anche se il punto di accumulazione di codeste visite pastorali usualmente coincide con l’apertura delle feste natalizie, prima fra tutte quella di Sant’Ambrogio patrono, con ponte dell’Immacolata incorporato.  

E’ più forte di te: non ce la fai proprio a saltare l’appuntamento con la tua Alma Mater, né l’incontro con qualcuno dei tuoi ex-compagni di corso anche se può capitare d’imbatterti nel bocconiano di turno tra il milione-e-quattro di milanesi con la stessa probabilità con la quale potresti più o meno fare un terno in una tombolata parrocchiale.

E’ successo così per puro caso anche con la Anna, per dire, girovaga per le amene stradine di Brera (e dove sennò visto che vi abita), e sei dunque costretto a declinarne l’invito a pranzo in compagnia di altri, atteso che la tua agenda meneghina è piena zeppa di altri rendez-vous convivial-pantagruel-prenatalizi da lì a poche ore.

Stavolta è mancato all’appello il Matteo Fini della situazione, nonché la Manuela e pure la Donatella che, menomale, non hanno profili face-book (le quali s’erano tanto raccomandate quasi all’unisono: “Se non mi chiami quando sei qua, m’offendo di brutto”. Per carità: rimanga il segreto tra noi e fb), e chissà quanti superstiti ‘amici miei’ del tempo che fu. Fortuna che non han saputo niente la Samantha e la Titty, sennò chi le sente quelle.

Ma non puoi davvero completar tutto in soli sei giorni, altrimenti, oltre a tutto il resto (Navigli, colonne di San Lorenzo, San Maurizio, michelangiolesca Pietà Rondanini, pièce al Carcano, varie ed eventuali) come avresti fatto a visitare anche “Lo stupore e la luce”, cioè la mostra sul Vedutismo del Canaletto e di suo nipote Bellotto alle Gallerie d’Italia, nei locali di quella che fu la filiale di piazza della Scala della Banca Commerciale Italiana, sì proprio quella dove mettesti piede tu per la prima volta da neoassunto in quel glorioso istituto di credito.

Ma devi tagliar corto ché le divagazioni potrebbero portarti lontano, e concentrarti sulla gita mattutina fuoriporta con Pasquale Marannino (bitontino, onde Milano ringrazia la Puglia per averle fornito i novelli milanesi) e la sua auto che taglia freddo e nebbia alla volta delle abbazie di Chiaravalle e Viboldone, alla ricerca di pace, organi a canne e affreschi di scuola giottesca.

In auto - archiviato finalmente con un sospiro di sollievo il tema del referendum costituzionale - non puoi fare a meno di parlare della prole (la sua: tu non dovresti averne  sparsa per il globo, ma il condizionale è d’obbligo in certi casi), e tra gli altri l’attenzione ricade su Luca Marannino, il grande di casa, anzi a quanto ti è dato di capire subito un grande ‘tout court’.

Luca, che oggi è al secondo anno di Matematica (Matematica pura, si badi bene, non le varie ingegnerie matematiche, nucleari, elettroniche – quisquilie, Antonio Congedo -  o peggio ancora le economie cui si dedicarono quelle mezze calzette del papà e del suo amico nohano), nel 2015 ha pubblicato un libro per Mondadori (Luca lo chiama libello, vabbé), dal titolo: “Secchione ma non troppo”.

L’hai acquistato subito grazie al buono che t’ha regalato la Giuliana la sera precedente (ma non bastava la cena, e che cena, a casa sua? No.) e ti sei messo a divorarlo senza alcun indugio stravaccato sul divano (divano-terapia col segno meno davanti, Marannino jr.), sacrificando giusto le ore che avresti invece dedicato ad un paio di sieste pomeridiane. Libro stupendo (al netto della quarantina di punti esclamativi – tu li usi ormai solo per il fattoriale di un numero naturale, vale a dire n!: e lo riferisci all’autore del pamphlet, così, solo perché non si monti più di tanto la testa).  

Perché asserisci che Luca è un grande? Bè, non (solo) perché in terza media aveva già letto una quarantina di libri di quelli lunghi, o perché ha preso sempre dieci in tutte le materie (e pensare che tu rimproverasti la Romano, la tua insegnante di Mate, per un dieci all’ultimo compito in quarta superiore: “Prof., ma è pazza? Che figura. Ma mi metta nove, non dieci. Suvvia, un po’ di democrazia. E che diamine”) e addirittura la ‘laude’ finale al Berchet di Milano, o perché gioca discretamente a pallacanestro, scia, suona il pianoforte da più di dieci anni (ma solo gli spartiti dei grandi autori, s’intende), o perché ha fatto teatro (Elisabetta, dovresti leggere le sue pagine sul tema a proposito “di quel margine di errore, che è poi un margine di libertà in fin dei conti, a fare la differenza tra il successo e l’insuccesso”: nel senso che rispetto al copione “bisogna sempre aggiungere o togliere qualcosa di proprio, lasciarsi un margine di errore”), o perché segue i ragazzi dell’oratorio, o perché ha la ‘zita’, è simpatico e ironico, aiuta i compagni di studi che necessitano di una mano, dà consigli a professori alunni e genitori, scrive benissimo, o perché un po’ ti somiglia. Per dire.

Ma soprattutto perché a tratti riesce perfino a burlarsi di se stesso. E un po’ anche a prenderti per il culo.   

Antonio Mellone

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 06/03/2018 @ 22:04:17, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1623 volte)

Eccoci giunti alla parte ottava della ricerca di P. Francesco D’Acquarica. In questa puntata si parla tra l’altro di due Sinodi diocesani, ai quali partecipò anche Noha con due sacerdoti.  

La redazione

 

CESARE BOVIO (verso il 1530 - 1583)

Vescovo di Nardò dal 1577 al 1583)

Dal 1577 al 1583 i Pontefici furono:

           Gregorio XIII (1502-1585)      Papa dal 1572 al 1585

          Sisto V (1521-1590)                Papa dal 1585 al 1590

           

            Arciprete di Noha:

            Don Salvatore Colafilippi (1550-1600), parroco  dal 1570 al 1600 circa.

 

            Cesare Bovio, fu eletto Vescovo di Nardò (il 14° della serie) da Gregorio XIII il 15 aprile del 1577. Era nato a Bologna verso il 1530 ma oriundo di Brindisi.

            Era specializzato in diritto civile ma specialmente nelle discipline ecclesiastiche che aveva appreso dal fratello Carlo (1522-1570), famoso Arcivescovo di Brindisi. Curò l’osservanza della disciplina ecclesiastica, la formazione dei chierici e di tutti gli addetti al culto, guidandoli all’onestà della vita.

            Appena giunse in diocesi, complimentandosi per il bene operato dal suo predecessore e dell’ottimo stato spirituale in cui la trovò, disse queste famose parole: Io trovo il terreno della mia diocesi ben governato, senza alcun’erba trista, di modo che non c’è bisogno d’altro che di ottima semenza.

 

            Nominò vicario generale Fabio Fornari, arcidiacono di Brindisi, suo nipote da parte materna e poi suo successore nel governo della diocesi. Secondo le indicazioni del Concilio di Trento (1545-1563) indisse il primo sinodo diocesano, che celebrò il 15 agosto 1577.

            In esso trattò delle chiese, della celebrazione dei divini misteri e delle Messe; della vita e dell’onestà dei chierici; degli arcipreti e dei rettori di chiese parrocchiali; delle norme da osservarsi nelle feste; dei Sacramenti del Battesimo, della Confermazione, della SS.ma Eucaristia, della Penitenza o Confessione, con l’elenco dei casi riservati e la forma di assoluzione da pronunziarsi uniformemente da tutti nelle confessioni ordinarie e l’altra di assoluzione generale da censure e da peccati, da usarsi in tempo di giubileo plenario, dell’Estrema Unzione, dell’Ordine e ‘Per quel che tocca la collatio di benefici, del Matrimonio; delli Maestri di scola et librari et de li libri che haran da visitare e quelli che haràn da tener per i Preti’.

            A questo primo sinodo vi presero parte tutti i rappresentanti della chiesa di Nardò e delle parrocchie della diocesi. Anche Noha fu presente.

            Di Nardò c’erano dunque 5 dignità, 20 canonici abati del capitolo cattedrale, 28 sacerdoti, 4 diaconi e 6 suddiaconi del clero; 11 abati dai conventi di Nardò e del resto della diocesi.

Erano inoltre presenti i 42 arcipreti seguenti col relativo clero:

Tabelle, Galatone, con 25 sacerdoti;

Copertino, con 39 sacerdoti, 3 diaconi, 2 suddiaconi e 10 chierici beneficiati;

Parabita, con 8 sacerdoti ed un diacono;

Racale, con 10 sacerdoti, 3 diaconi, 4 suddiaconi e 7 chierici beneficiati;

Casarano grande, con 5 sacerdoti;

Matino, con 4 sacerdoti e 2 diaconi;

Taviano con 3 sacerdoti ed un diacono;

Alliste, con un sacerdote, 2 diaconi ed un suddiacono;

Casarano piccolo, con un sacerdote;

Felline, con 3 sacerdoti, un diacono ed un suddiacono;

Collemeto, Tuglie, Fulcignano, Ugiarico, Carignano, Aradeo, con 3 sacerdoti;

Seclì, con 2 sacerdoti ed un diacono;

Noha, e Neviano con 2 sacerdoti.

 

            Noha partecipò dunque con due sacerdoti. Ormai la cittadina “Domus Novae” con le 13 chiese non esiste più: rimane un paesino con pochi abitanti con l’Arciprete e un vice parroco. Non ho trovato il nome di questo arciprete che ha partecipato al Sinodo, ma con molta probabilità fu lo stesso don Salvatore Colafilippi.

            Pur non avendo trovato particolare notizie su questo arciprete possiamo dire quanto segue.

            Il Colafilippi fu arciprete di Noha dal 1570 al 1600 per circa 30 anni. Probabilmente era nativo di Galatina ma residente a Noha.

            Nel 1563 era terminato il Concilio di Trento che aveva stabilito che in ogni parrocchia ci fossero i registri dei battezzati, dei morti e dei coniugati. Ma a Noha per ora tutto questo non c’è: si vede che il nostro arciprete non ha ancora preso coscienza delle disposizioni del Concilio di Trento, e passeranno più di cento anni prima di avere i primi registri (almeno quelli conservati) che sono del 1689.

            Durante il suo governo pastorale la chiesa basiliana di S. Teodoro, probabilmente danneggiata dai Turchi dopo il 1480, fu acquistata dal sig. Nicola Baldi, un affarista toscano ma residente a Galatina, assieme a tutta la proprietà terriera e venne inglobata nella masseria Colabaldi (1595). Stessa sorte seguirà il convento dei Basiliani.

            Il 9 aprile 1578 Cesare Bovio diede inizio alla visita pastorale della diocesi.  Ebbe come convisitatori Fabio Fornari, dottore nelle due leggi, Giovanni Francesco Nestore, dottore nelle due leggi, Leonardo Gaballo, cantore, gli abati Leonardo Trono e Giovanni Carlo Coluccia, dottore nelle due leggi, e Don Nicola Marziano, dottore nelle due leggi, sacerdote.

            Gli atti di questa visita, pervenuti sino a noi in buono stato di conservazione, sono molto importanti per le abbondanti notizie storiche che ci tramandano sia riguardo alle persone che alle condizioni della diocesi.

            Può essere utile conoscere lo schema del loro contenuto. Premessi i decreti generali di indizione della visita, inizia la relazione dettagliata della visita alle dignità, canonici, beneficiati e sacerdoti della città di Nardò, con la citazione delle varie bolle di ordinazione e del conferimento dei singoli benefici (A-4, ff. 3-108). Segue la relazione delle visite fatte nella cattedrale: alla custodia del SS.mo Sacramento (f. 117), alle sacre Reliquie (f. 119), al fonte battesimale (1. 119) alla sagrestia (f. 121); quindi vi è l’inventario di tutti gli arredi e di tutti i beni mobili della sagrestia con la descrizione e la provenienza di ciascuno: croci, incensieri, calici, pissidi, mitrie, pastorali, libri, campane, arredi ed oggetti preziosi vari (ff. 121-126); la descrizione dei beni, diritti ed oneri della mensa vescovile di Nardò; il sommario di ciò che dagli antichi scritti risulta intorno alla chiesa di Nardò e la serie dei vescovi (ff. 126-128); l’inventario di tutti i beni immobili: palazzo vescovile, censi in denaro, censi in cera, vigneti, oliveti, feudi di Fango, Parasceve o Santa Venerdia, Tabelle, Àrneo, le masserie Morroni, Donna Menga, Uomo morto, Schiavoni, Pendinello, feudo di Lucugnano, feudo di S. Nicola di Cigliano, terreno e feudo in Casarano, terreno in Taviano, in Racale ecc. (ff. 129-173); infine il sommario di tutte le scritture della chiesa cattedrale di Nardò e sua mensa vescovile (ff. 173-177).

            Si passa quindi alla visita del capitolo e del clero della cattedrale, che risultarono così composti: 5 dignità arcidiacono, preposito, cantore, tesoriere, arciprete, 20 canonici, 43 sacerdoti, 4 diaconi, 6 suddiaconi, 33 chierici minori, di cui 8 beneficiati. Vi sono poi alcune disposizioni sulla celebrazione dei divini offici, sui puntatori, sulle riunioni capitolati, sul diritto di voto nel capitolo, su alcune prescrizioni del concilio Trento e sul reddito della mensa capitolare. Completano gli atti l’inventario dei beni, dei redditi e dei diritti del capitolo, i diritti dei funerali capitolari e la visita alla prebenda dell’ arcidiaconato (ff. 149-196).

 

            Terminata la visita in Nardò il 27 giugno 1578, l’anno successivo la compì nelle parrocchie di Galatone, Copertino, Noha, Seclì, Neviano, Aradeo, Racale, Felline, Casarano grande e Taviano. Negli anni seguenti sino al 1582 continuò la visita nelle restanti parrocchie.

            Il 15 agosto 1579, celebrò il secondo sinodo diocesano, i cui atti si conservano nell’archivio.

Sicuramente vi partecipò anche il nostro arciprete, perché quella era la prassi.

           

Cesare Bovio, a sue spese, fece edificare in Copertino una chiesa ed un cenobio in onore di S. Maria della Grottella. Qui  si formò S. Giuseppe da Copertino, e affidò l’una e l’altro ai frati Minori Conventuali, riserbando a sé e  ai suoi successori la proprietà dell’edificio, di modo che, per significare l’obbedienza prestata annualmente al vescovo di Nardò, il guardiano ed il superiore del cenobio, presentavano al vescovo in una coppa d’argento le chiavi della chiesa e del chiostro, domandando la grazia di poter soggiornare ancora un altro anno.

           

Si deve alla cura ed alla saggezza lungimirante di Cesare Bovio la compilazione del registro di testamenti, lettere, bolle (Reg. instr. A-6), avendo fatto trascrivere in un sol volume tutte le bolle delle varie ordinazioni e conferimento di benefici presentategli durante la visita da dignità, canonici e sacerdoti. Sono così pervenute sino a noi un gran numero di bolle di conferimento di ordini sacri e di benefici ecclesiastici non soltanto dei vescovi di Nardò, predecessori del Bovio, ma anche di vicari capitolari della cattedrale e di vescovi di altre diocesi.

            L’episcopato di Cesare Bovio fu, purtroppo, assai breve, di soli sei anni: infatti nel mese di febbraio 1583, serenamente e santamente come visse, tra il compianto generale, si spense in Nardò. Fu sepolto in cattedrale nella cappella del SS.mo Sacramento, al lato destro.

            Alcuni anni dopo, nel 1619, durante l’episcopato di Girolamo De Franchis, sulla  sua tomba fu apposta questa epigrafe:

 

CESARE BOVIO

nobile bolognese oriundo di Brindisi

Vescovo di Nardò

peritissimo in diritto civile ed ecclesiastico

avendo migliorato il clero e il tempio

caro a tutti - pianto da tutti

morì l’anno del Signore 1583

sesto del suo episcopato

Girolamo De Franchis Vescovo di Nardò pose

l’anno del Signore 1619

 

Relazione con la chiesa di Noha

          Non è difficile rendersi conto che questo Vescovo si è preoccupato di tutta la diocesi ed ha avuto relazioni anche con la chiesa di Noha. Già abbiamo sottolineato che Noha partecipò al primo sinodo con due preti.

          Negli atti della visita pastorale alla diocesi del 1579 è descritta tutta la diocesi, e tra le terre e luoghi abitati, sotto il numero 14 c’è il casale di Noha. Come abbiamo già detto sopra, ormai non si parla più delle 13 chiese elencate nell’inventario del 1452. Si parla solo della chiesa parrocchiale che ora ha un unico altare, ai lati del quale c’erano le statue dei santi Pietro e Paolo. Poi il documento conclude:

          Tutte le Terre sopra elencate hanno la propria chiesa parrocchiale e il proprio parroco.

          Anche al secondo Sinodo (1579) Noha partecipò con i suoi Sacerdoti: era la prassi e la chiesa di Noha ovviamente era presente.

 

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 26/08/2011 @ 22:03:39, in Eventi, linkato 2547 volte)

Una grande partecipazione per la visita guidata di Noha organizzata da RaiRo Servizi Turistici e svoltasi venerdì scorso.
Oltre un centinaio si sono presentati all'appuntamento e molti di loro provenivano da fuori Noha, si e trascorso un bel pomeriggio alla scoperta dei beni Culturali.

 

Consiglio Comunale corposo, quello di ieri 17 settembre, con molti punti all’ordine del giorno, quasi tutti di natura finanziaria e con ampi riflessi sulla città e sull’attività amministrativa dell’ente.

Si sono ridotti i debiti comunali liberando risorse finanziare per gli anni futuri, una buona notizia per la città.

La maggioranza in Consiglio ha approvato all’unanimità la proposta per l’estinzione anticipata di mutui sottoscritti negli anni 2000 e 2001 con la Cassa Depositi e Prestiti per un ammontare di oltre € 562.000,00 e destinando oltre € 254.000,00 all’estinzione di altrettanti mutui nel 2021.

Operazione resasi possibile grazie alla vendita di alcuni immobili comunali per un incasso di circa € 816.000,00, la cui parte più corposa è rappresentata dal ricavato sull’ex Carcere Mandamentale (€ 712.120,00).

Merito al Sindaco Amante per aver raggiunto un obiettivo che tanti in precedenza avevano inseguito vanamente.

Approvato un intervento a sostegno delle attività commerciali e dei nuclei familiari più deboli: un aiuto concreto dell’Amministrazione Amante diretto a famiglie e imprese di circa € 300.000,00

Un’attenzione al tessuto economico della città, senza ignorare le istanze di quei nuclei familiari “deboli”, che hanno particolarmente subito le conseguenze economiche del lockdown. Seppur in un contesto finanziario “delicato” dell’ente, complicato ancor più dalle mancate entrate nel periodo Covid-19, l’obiettivo è stato perseguito con forza e determinazione dal Sindaco Amante.

L’approvazione del piano tariffario Tari è da sempre argomento spinoso, ancor più quest’anno con gli uffici finanziari comunali che hanno dovuto districarsi tra le numerose disposizioni dell’ARERA, ente regionale di regolazione e controllo anche in materia di ciclo dei rifiuti urbani, oltre che con le inevitabili complicazioni normative e operative causate dall’emergenza Covid-19.

In sintesi queste le agevolazioni approvate per l’anno 2020:

 - confermate le stesse tariffe ai fini TARI approvate per l’anno 2019, escludendo di fatto tutti i maggiori costi conseguenti alla gestione dei rifiuti nel periodo di maggior rischio pandemico;

- riduzione del 35% su base annua della quota variabile della tariffa per le seguenti attività: Cinematografi; Discoteche; Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto, ludoteche, asili; Impianti sportivi, palestre, scuole di danza, centri di fisioterapia; Alberghi; Negozi di abbigliamento, calzature, e altri beni durevoli (ad esclusione di negozi di elettrodomestici, telefonia, accessori elettrici, nonché di prodotti per l’igiene della casa e della persona), librerie, cartolerie, edicole; Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato; Banchi del mercato beni durevoli; Parrucchiere, barbiere, estetista; Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e pub; Mense, birrerie e hamburgherie; Bar, caffè, pasticcerie; Fiori e piante e pizza al taglio; sale scommesse e da gioco; negozi per animali;

- riduzione del 30% su base annua della quota variabile della tariffa per le seguenti attività: Esposizioni, autosaloni; Campeggi; Uffici ed agenzie, con esclusione di Enti Pubblici e delle società di erogazione di pubblici servizi (gas, energia elettrica etc.); Falegname, idraulico, fabbro, elettricista; Studi odontoiatrici, studi medici specialisti (liberi professionisti) e veterinari; Studi professionali; Carrozzerie, autofficine, elettrauti, banchi di mercato di generi alimentari; Attività industriali con capannoni di produzione e Attività artigianali di produzione beni specifici, a condizione che attestino, anche mediante autocertificazione, di aver sospeso la propria attività;

- riduzione del 25% su base annua della quota variabile della tariffa per le seguenti attività: distributori di carburante, negozi di elettrodomestici, telefonia, accessori elettrici, ferramenta e colori;

- riconoscimento per il 2020, in via sperimentale e straordinaria, del bonus sociale pari ad una riduzione del 25% della tariffa complessiva dovuta in favore delle utenze domestiche economicamente svantaggiate, già identificate con l’ammissione al bonus sociale per disagio economico per la fornitura di energia elettrica, gas e/o del servizio idrico integrato.

Non meno importi gli altri punti all’ordine del giorno portati all’attenzione del Consiglio Comunale e approvati all’unanimità dalla maggioranza, tra i quali:

  • l’adeguamento alle recenti normative nazionali i regolamenti generali delle entrate e sull’applicazione della Tari che di fatto rendono più fluida e veloce l’azione di accertamento e riscossione
  • l’aggiornamento del Documento Unico di Programmazione con l’inserimento delle tante opere che si apprestano ad essere realizzate. Dopo tre anni di programmazione, progettazione e partecipazione a bandi regionali e nazionali dai prossimi mesi la città si avvia a vivere un intenso periodo di cantieri

 

Vito Albano Tundo

Presidente  II Commissione Bilancio, Finanze e Tributi

 
Di Antonio Mellone (del 27/11/2013 @ 22:02:25, in NohaBlog, linkato 3556 volte)

Domenica mattina, 24 novembre 2013, solo 100 passi dividevano due piazze, anzi due ville galatinesi: villa San Francesco e la villa per antonomasia, quella grande del girodellavilla (da pronunciare tutto d’un fiato) da compiersi rigorosamente in auto.

Una villa, quella del giro, stracolma di gente; quell’altra frequentata, diciamo, quanto basta. Una a passeggio, svagata, distratta, divertita dagli sbandieratori, dai cavalli, dall’acqua benedetta e dai circenses; l’altra concentrata, attenta, impegnata a sostenere un giudice pazzo, Nino Di Matteo, che s’è messo in testa di voler scoprire la verità sulla purtroppo reale e non presunta (come invece insinuano gli amici degli amici) Trattativa Stato–Mafia.

E a causa di questo, il bravo magistrato Di Matteo si trova a passare le pene dell’inferno: da un lato minacciato di morte dalla mafia, e dall’altro processato da alcuni “compari magistrati” (questi sì politicizzati) davanti al Consiglio Superiore della Magistratura per via di un’intervista rilasciata ad un giornale; e, non ultimo, beffeggiato da Napolitano, il presidente della cosiddetta Repubblica, citato come testimone nel processo sulla Trattativa. Il quale prima si dice “ben lieto” di partecipare e poi (proprio in questi giorni) invia ai giudici la letterina di Babbo Natale in cui afferma di non sapere nulla sul tema. Ma non s’è mai vista una cosa del genere: un testimone che spedisce una lettera per chiedere l’esonero dalla sua testimonianza. Un testimone ad un processo si presenta e risponde alle domande, punto. Anche se questo testimone si chiama Giorgio II Napolitano. E questo, fino a quando la legge, almeno sulla carta, continuerà ad essere uguale per tutti.

*

Nella villa San Francesco c’era l’Anita Rossetti delle Agende Rosse di Galatina con il microfono in mano - e con la rabbia che tutti dovremmo avere – pronta a spiegare ai presenti queste ed altre cose, quelle che non troveremo mai, ad esempio, sul giornale più venduto a Galatina (incredibile ma vero) cioè il quotidiano di Lecce, anzi della famiglia Caltagirone, e men che meno nei programmi televisivi. Per dirne una: il programma più visto in tv venerdì 22 novembre u.s. è stato “Tale e quale show” con 6,6 mln – dico seivirgolaseimilioni - di spettatori ed uno share del 27,4%!, ed ho detto tutto.

*

I 100 passi di Galatina, dunque, sono i 100 passi d’Italia.

Mi piace pensare che anche nel resto delle città italiane ci siano altre villette San Francesco che cercano di imporsi sul frastuono del nulla o il luccichio del vuoto delle più ampie e frequentate piazze Alighieri, ovvero, ribadiamolo, di altrettanti mega-porci commerciali (è d’uopo citare un mega-porco commerciale anche qui, così il mio amico Raimondo Rodia è contento). Mi piace pensarle, queste villette San Francesco, come quella di domenica scorsa, con tanti ragazzi della Scuola Media di Noha (Istituto Comprensivo Polo 2), guidati dalla prof. Rita Colazzo - tanto di cappello per l’impegno extra-orario scolastico, e addirittura festivo - e dalla turbo-dirigente scolastica, la Eleonora Longo, sempre presente, anzi promotrice di certi tipi di manifestazioni di vera, non fasulla formazione culturale. Mi piace partecipare a convegni come questo in cui non manca mai l’artista Tonino Baldari (che non ho ben capito a quale pianta di zangone si sarebbe dovuto incatenare all’indomani per protesta), e poi ancora la Francesca, la Stefania, e Carlo, e l’Emanuele, e Luigi Longo ed i suoi “compagni” (purtroppo solo alcuni: ma dove cavolo sono andati a finire i latitanti?), e addirittura un senatore ed un onorevole, e, perché no, anche la Daniela Vantaggiato (che dopo il dovere è corsa al piacere dell’altra piazza: ma ci accontentiamo lo stesso), e decine e decine di altri compagni di lotta per il buon senso, la legalità, l’ambiente, in una parola la Costituzione della Repubblica Italiana.

*

Sarebbe bello sentir risuonare in tutte le villette San Francesco d’Italia, come in quella di Galatina (ma sarebbe più bello sentirle ovunque) alte e forti le parole di Peppino Impastato, figlio di mafiosi, ma giornalista antimafia, ucciso dalla mafia: “Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!” [brano tratto dal film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana].

*

Sì, “prima di non accorgerci più di niente” il magistrato Nino di Matteo ha bisogno della nostra voce, del nostro sostegno, della nostra solidarietà, visto che non li ha ricevuti (salvo errori od omissioni) ad esempio dal presidente Letta o dalla Cancellieri (figuriamoci!) o dalla Boldrini o da Renzi o dalle altre autorità-compari di merende.

*

Oddio, sarebbe stato bello se anche in quell’altra piazza il mio sindaco, issato su quel palco, nel suo discorsetto di circostanza, avesse fatto appena un cenno al convegno antimafia che si svolgeva a 100 passi da lui: sarebbe bastata una frase, una sola parola di sostegno al magistrato Di Matteo. Purtroppo nulla. Certo, in molti non avrebbero capito nemmeno di chi si trattasse, né che cosa fosse la Trattativa. Ma cultura significa proprio questo: rompere gli argini, rompere i muri del silenzio, dell’indifferenza, dell’ignoranza, ed il più delle volte rompere le scatole. Percorrere 100 passi. Invece no, tutti zitti e mosca, fermi al punto di partenza, pronti a fare i gargarismi con il perbenismo di facciata tutto galatinese.

*

Sarebbe bello sentire parole antimafia da parte delle cosiddette autorità, dalle alte e anche dalle basse cariche istituzionali. Purtroppo (o per fortuna) queste parole sono proferite soltanto da semplici cittadini, le vere cariche dello Stato. Le altre, evidentemente, sono (sovente state) solo delle scariche.

Antonio Mellone
 

In questi giorni, abbiamo avuto modo di apprendere tramite i canali social ufficiali dell’Amministrazione Amante, di come sia in atto un piano di riqualificazione e restauro della Torre Civica di Via Vittorio Emanuele II e della messa in funzione dell’annesso orologio, da anni fermo e – ahinoi – vittima della continua corrosione da parte degli agenti atmosferici. Il Comunicato stampa evidenzia come i locali dell’antica Torre galatinese, presto diverranno sede di un Infopoint per i turisti alla ricerca di cose belle da poter visitare in quel di Galatina (e ce ne sono davvero a iosa!). Il punto di maggiore interesse da parte del lettore, il quale non sa precisamente se interpretarlo come un augurio o un mero “riepirsi il pugno di mosche”, trova senso nella frase “L’attenzione e la volontà di fare le cose nel migliore dei modi è evidente […]” (ndr.), allorchè il lettore stesso cerca di riflettere a lungo, traendone le proprie e personali conclusioni. Lungi da noi essere in disaccordo sulla fruibilità della Torre Civica galatinese, del restauro dell’Orologio e di tutto ciò che di più bello può esserci nella Città; saremmo infatti felici, allorquando avessimo la possibilità di sperimentare (magari è la volta buona!) che questa Amministrazione stia lavorando argutamente alle tante e incresciose situazioni che la stessa è chiamata a risolvere, ma come sempre finiamo a riempirci la bocca di belle parole gettando fumo negli occhi dei cittadini che, ormai inermi e privi di speranza si affidano alla sorte, sperando che questa sia la volta buona.

Ma veniamo al dunque: apprezzando ovviamente lo sforzo del Sindaco, dell’Assessore ai LL.PP. e dei Consiglieri tutti, nell’adempiere a una delle promesse fatte alla città in piena campagna elettorale, ci dispiace ricordare agli stessi che il Comune di Galatina comprende anche tre frazioni tra cui Noha, che vanta anch’essa una Antica Torre dell’Orologio esposta al degrado, in completo stato di abbandono e con un orologio fermo da ormai diversi decenni, vittima di questa Amministrazione che evidentemente pone le frazioni e i suoi beni culturali in secondo piano. E ad onor del vero, per onestà intellettuale e sottolineando il fatto che il Partito Democratico di Noha non cerca il primato su argomenti che già di per sé da diversi anni sarebbero dovuti essere risolti, ci pare ovvio evidenziare che già molto prima di noi diverse associazioni del luogo o singoli cittadini, hanno tentato in tutti i modi di risolvere l’annoso problema, ponendo la questione all’attenzione del Sig. Sindaco a mezzo di propagande giornaliste e raccolta firme; la stessa attenzione però che non è mai arrivata, continuando così ad avere un bene prezioso abbandonato e se stesso. Solo un evento ci pare di ricordare: era il 10 maggio 2018 quando l’Assessore Tundo organizzò, agli albori del suo mandato, un’Assemblea cittadina, promettendo a tutti che sarebbe stata riqualificata la Torre dell’Orologio di Noha, auspicando – dulcis in fundo - anche un restauro della famosa Trozza. Da allora sono passati esattamente tre anni. Tre anni di silenzio, tre anni di abbandono, tre e molti altri anni di dimenticanza di quelli che sono tesori da saper custodire e valorizzare. Non sarebbe ora di mettere la parola fine a questo continuo stato di abbandono? Noha chiede l’attenzione che merita!

Il Segretario PD - Noha

Michele Scalese

 
Di Antonio Mellone (del 11/01/2016 @ 22:00:02, in NohaBlog, linkato 4196 volte)

Abbiamo atteso con pazienza il solito ritardatario. Però poi alla fine, come stella cometa, è apparsa sul sito del Comune di Galatina (http://www.comune.galatina.le.it/) anche l’ultima delle dichiarazioni dei redditi dei nostri magnifici quattro (politici nohani).

Il cosiddetto Decreto Trasparenza (D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 – art. 14 in particolare) prevede la pubblicazione di questi e di altri dati (per esempio il curriculum vitae, la situazione patrimoniale, i depositi bancari, vabbé) “dei titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale regionale e locale […] entro tre mesi dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dell'incarico”.

In pratica ne avremo da qui fino all’eternità, o almeno per tutto il prossimo ventennio (più tre anni successivi alla cessazione dell’incarico), visto che l’affezionato elettorato locale non fa mai mancare il suo consenso ai propri beniamini, invero mai avari di promesse con la mano sul cuore e sempre prodighi di pacche sulle spalle condite da locuzioni del tenore: “Tranquillo, ci penso io” (sicché talvolta il diritto del cittadino assume le fattezze di una gentile concessione o di un favore ad personam. Ma questa è un’altra storia).

Eppure a dare un’occhiata veloce ai guadagni dei nostri parlamentari comunali si direbbe che fare il politico nohano non è poi un così grosso affare (o arraffare come insinua il solito maligno). Tutt’altro. Dall’osservazione dei numeri, in effetti, non si capisce granché: e soprattutto se qualcuno fa il falso povero o il falso ricco (posto che a entrambe le categorie va tutta la nostra comprensione, oltre che l’umana solidarietà).   

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Prendiamo i dati del dottor Giancarlo Coluccia, farmacista di professione e politico per vocazione.

Orbene, nella dichiarazione del 2015 (che, come noto, rileva i numeri del 2014) il reddito annuo lordo, salvo errori od omissioni, passa dai 36.773,00 euro del precedente 2013 ai 44.025,00 euro, con un bell’incremento del 19,72%. Mentre il reddito al netto dei costi e degli oneri deducibili, il cosiddetto reddito imponibile, passa dai 26.817,00 euro ai 36.002,00 euro. Sicché l’imposta netta liquidata nel 2015 quasi raddoppia, da 5.525,00 euro a 10.087,00 euro: una boccata d’ossigeno per le casse dello Stato.

Possiamo, dunque, affermare che il locale rappresentante dello scudocrociato [sic!], che vive con 25.915,00 euro all’anno, pari a circa 2.160,00 euro al mese, si conferma lo zio Paperone dei consiglieri comunali nostrani.

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Le cifre dell’avvocato Antonio Pepe, sindaco mancato per un pelo, evidenziano invece, sempre salvo errori, una significativa diminuzione della voce redditi lordi (stiamo sempre parlando della dichiarazione 2015, relativa ai dati del 2014) passati dai 33.918,00 euro del 2013 ai 27.111,00 euro del 2014, con una differenza negativa di oltre il 20%, derivante principalmente dalla sua attività forense.

Il reddito imponibile, ottenuto come differenza tra il reddito lordo e le spese deducibili, passa così dai 32.436,00 ai 23.995,00 euro attuali, sicché l’imposta netta pagata all’erario quasi si dimezza, da 8.023,00 a 4.364,00 euro. A conti fatti, l’ex-scudocrociato nohano [sic!] vive della sua libera professione con uno “stipendio mensile” di 1.635,00 euro.     

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Passando alla disamina dei dati consegnati dal geometra Luigi Longo, si osserva un bel balzo in avanti, pari al 21,30% del suo reddito lordo, passato da 10.965,00 euro a ben 13.303,00 euro (salvo errori o omissioni). Il reddito imponibile - decurtato cioè degli oneri deducibili - da 8.659,00 euro del 2013 raggiunge il picco dei 9.715,00 euro nel 2014.

Considerate esenzioni ed eventuali compensazioni, l’Irpef pagata dal “geometra comunale nohano” è pari a zero (come a maggior ragione era pari a zero anche quella del precedente anno). Il consigliere di RC, Luigi Longo, vivendo dunque con 809,00 euro al mese (decisamente meno di un operaio Fiat neoassunto a tutele crescenti) si conferma degno rappresentante dei proletari de’ noantri.

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Dulcis in fundo, diamo un’occhiata ai numeri della nostra cara delegata alla frazione di Noha, al secolo avvocato Daniela Sindaco.

In effetti, pare che inizino a produrre i loro benefici effetti le manovre di politica economica del governo Renzi (dal Jobs-Act ai famosi 80 euro), se è vero come è vero che i “compensi derivanti dall’attività professionale o artistica” della nostra predi(e)letta consigliera sembrano, salvo nostri errori, finalmente forieri di un bel periodo di vacche grasse. E che vacche, visto l’incremento di oltre il 50% del reddito lordo, balzato da 2.343,00 del 2013 (mentre l’anno precedente era pari a zero) a ben 4.797,00 euro.  

Il reddito imponibile, al netto cioè degli oneri deducibili, da 1.902,00 euro del 2013 giunge al picco di ben 4.356,00 euro nel 2014.

Invece l’imposta da versare allo Stato, come nei due anni precedenti, è pari a zero a causa della “No-Tax area” (che non significa che Noha è un paradiso fiscale, ma che, sempre salvo errori, i redditi di lavoro autonomo sono esenti da Irpef se inferiori a 4.800,00 euro). Quando uno dice la combinazione.

Dunque la nostra deputata locale riesce a vivere con 363,00 euro al mese. Tanto di cappello, ci mancherebbe, per chi riesce a stringere la cinghia in tal modo.

Poi però uno si chiede da dove la Daniela nostra potrà prendere i soldi per finanziare di tasca propria, come ipotizzato in consiglio comunale, la famosa cabina elettrica del centro polivalente di Noha in black-out totale da oltre 100 giorni. Probabilmente, uno pensa, – e noi glielo auguriamo di cuore - sarà ricca di famiglia.

Ecco: alla luce di questi dati e di certe dichiarazioni verbali si comprende quanto il governo centrale (ma anche quello comunale) sembri attrezzato per compiere veri e propri miracoli, dando uno schiaffo morale allo scetticismo di noi altri gufi, e realizzando in men che non si dica tutti i Tweet del premier che mezzo mondo c’invidia: da #passodopopasso a #cambioverso, da #lavoltabuona a #Italiariparte.

E soprattutto #Fiscostaisereno.

Antonio Mellone

 

Giancarlo Coluccia

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Antonio Pepe

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Luigi Longo

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Daniela Sindaco

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Di Marcello D'Acquarica (del 06/11/2013 @ 22:00:01, in NohaBlog, linkato 3322 volte)

Cari politici di Noha, di Noha sì. Perché un conto è dire di Noha e un altro è dire di S. Barbara, di Collemeto o di Galatina. “Cari”, lo dicevo nel senso economico, non nel senso di “prediletti”. Per cui volendo adoperare un contrario del termine “cari” dovrei dire “economici” se non addirittura “sgraditi”, o forse sarebbe più consono l’aggettivo sostantivo “miserabili”, per il servizio non reso, ovviamente, non certo per il Vostro status socio-economico che è di rispettabilissimo livello.

Vorrei fare il punto della situazione a proposito della politica nohana.

“Politica”, cioè l'occuparsi del bene pubblico per il bene di tutti, è un concetto arcinoto dalle Vostre eccellenze, e stra-inflazionato durante le Vostre mirabolanti promesse di buona politica in tempi di elezioni.  Ora, premesso questo, vorrei analizzare lo stato di degrado in cui versano i nostri beni culturali. Qui conviene ricordare che per “bene culturale” s’intende non solo il palazzo, la cattedrale o il mobile d’epoca, bensì tutto ciò che è decoro comune. Sognando come me un paese pari al senso civico che meriterebbe Noha, appunto, potreste per esempio meravigliarvi imbattendovi nella rotonda che precede il viale di eucalipti di via Aradeo, il tratto dove incombe anche l’assenza di una indispensabile pista ciclo-pedonale. Tre evidenti piaghe che evidenziano l’alto grado di trascuratezza politica nei confronti delle persone e della natura. La rotonda, dove perfino zzanguni e cicore creste si rifiutano di nascere, è una evidente isola sperimentale di bruttezza dove le Vostre Eccellenze hanno infatti vomitato il peggiore dei servizi al cittadino.

Il viale di eucalipti nemmeno possiamo più considerarlo tale essendo solo un ricordo nella memoria di pochi, e nei quattro esemplari sopravvissuti, e che gridano pietà.

Volendo evitare la vista degli ulivi stecchiti perché trapiantati in pieno Agosto (per far da siepe – parola di ex-sindaco - ai 40 e passa ettari di pannelli fotovoltaici di contrada Roncella), siamo costretti a entrare in Noha percorrendo la rambla, cioè la via curve-curve, o la “via nova” che di nuovo ha solo il sole che tramonta ogni giorno insieme all’altra pista ciclo pedonale che tutti sognano.

Quindi non abbiamo alternative. Per giungere a Noha evitando le brutture citate, e tappandosi le narici per la puzza di fogna, non ci resta che via Collepasso. Inutile tentativo di pista per pseudo-piloti indefessi che puntualmente si trovano costretti ad atterrare davanti all’altrettanto inutile incrocio rotonda-semaforizzata, triste esempio di cretin’ingegneria urbanistica multitasking. Provare per credere.

Forse Dio consolerà gli ingegneri che l’hanno partorita, la via e la fogna, ma noi no.

Bene, forse ce l’abbiamo fatta. A fare cosa? Direte. A entrare sani e salvi nell’unico paese al mondo dove i beni Culturali si manutengono da soli. Fino a quando non ce la fanno. Le casiceddhre però sono ormai agli sgoccioli, la casa rossa non si capisce a che punto sia, la torre con ponte levatoio del XIV sec. ubicata nel parco degli aranci si sta sfarinando, il frantoio ipogeo e l’antichissimo sito messapico-romano della Masseria Colabaldi da rintracciare a “Chi l’ha visto?”, la pubblica piazza, più che il salotto sembra il cesso del paese.

Qui non ci sono altri commenti che possano rendere merito all’illogica manomissione architettonica delle opere esistenti, pubbliche e private. Praticamente il primo che si sveglia al mattino può issare un qualsivoglia manico di scopa addobbato con lampadine multicolore in perenne clima natalizio, o il proprio scettro goliardico a sua immagine e somiglianza. Questo accade da qualche tempo nella piazza San Michele di Noha. Così gridano vendetta le ali dell’aquila senza tempo (in quanto l’orologio è fermo), perenne monito della Vostra, anzi nostra ignavia. Gridano pietà le zoccole (specie evoluta di pantegana autoctona) che s’affacciano dal palazzo baronale per invadere le case dei pazienti concittadini. Chiedono aiuto perfino le zecche (autoctone al pari delle zoccole), che accorse numerose perché richiamate dal forte odore cadaverico di eau de fogne estivo, rischiano a loro volta di perire sotto il degrado in cui versano case e torri.

Ora, visto tutto il Vostro impegno e l’attenzione costante ai nostri beni culturali, in null’altro possiamo sperare se non nel miracolo di San Gabriele dell’Addolorata, che, seppur adagiato nel riposo eterno di un’urna, rimane l’unica nostra speranza per una politica più simile alla faccia che alla facciata. 

Marcello D’Acquarica
 
Di Albino Campa (del 16/12/2006 @ 21:56:32, in Racconti, linkato 4137 volte)

"Eccovi di seguito la seconda parte della storia del Tabacchino di Noha, tratta dal -il Galatino-, anno XXXIX, n. 21, dell'8 dicembre 2006. La terza ed ultima puntata di questa mini-serie verrà trasmessa su questi stessi schermi la prossima settimana"

IL TABACCHINO DI NOHA

(seconda parte)

di

Antonio Mellone

Il tabacchino di Cici si trovava proprio di fronte alla Chiesa Piccinna, la Congrega della Madonna delle Grazie, il Pantheon della Nohe de’ Greci, abbattuto nel corso degli anni ’60 (Cici e consorte ospiteranno poi nella propria casa la statua della Madonna delle Grazie per molti anni – nel 2001 la statua ritornerà nella nuova grande Chiesa a Lei dedicata – riservando alla loro illustre “Ospite” il posto d’onore, la cura e l’attenzione che meritava).

*   *   *

Accanto ai beni di Monopolio (sale, tabacchi, fiammiferi, accendini e valori bollati) nel tabacchino di Noha s’iniziano a vendere altri prodotti come i fogli di protocollo (che da ragazzi acquistavamo, a righe o a quadretti, in occasione del compito in classe, sul quale rimanevano impressi i nostri elaborati nelle più disparate discipline scolastiche), le buste per le lettere, la carta copiativa o carta-carbone (scomparsa dalla circolazione) e altri articoli di cartoleria, e poi ancora lamette per i rasoi (un tempo non c’era ancora “il radi e getta”, ma lamette, da riutilizzare più volte nei rasoi eterni), l’ottima crema dopobarba Proraso, introvabile altrove, e poi ancora man mano che il tempo passava, caramelle alla menta o alla liquirizia (le Golìa), gomme da masticare, altri prodotti per l’igiene personale.
Da Cici c’erano anche le cartoline, oggi introvabili, che ritraevano in bianco e nero scorci della Noha del tempo che fu (una loro riedizione o la stampa di nuove cartoline della nostra cittadina oggi non sarebbero poi così fuor di luogo).
Nel tabacchino di Noha si distribuivano anche gratuitamente i libri di testo della scuola dell’obbligo, sussidiari freschi di stampa, abbecedari intonsi, testi bellissimi che hanno introdotto intere generazioni ai piaceri della lettura.
Cici si occupava anche della prevendita dei biglietti per il cinema di Noha, il “Cinema dei Fiori” (chiuso nella seconda metà degli anni ’70), i cui film western, mitologici, fantascientifici, comici, venivano pubblicizzati proprio all’ingresso del tabacchino, con dei cartelloni o manifesti enormi esposti in una bacheca in legno protetta da una rete metallica molto simile a quella della gabbie per le galline.

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Da adolescenti ci capitava spesso di frequentare il tabacchino di Cici almeno un paio di volte al dì. Questo non perché necessitavamo delle lamette per la barba (non eravamo che ragazzini imberbi), o perché, bambini viziati, acquistavamo le figurine Panini dei calciatori (erano lussi che solo in pochi potevano permettersi, e noi non eravamo tra questi), e nemmeno perché eravamo fumatori precoci (non lo siamo tuttora). Ma perché non passava giorno senza che almeno un paio di persone adulte ci chiamassero per strada (era sufficiente essere di passaggio), in piazza, o soprattutto al Circolo Cittadino, per incaricarci di acquistare uno o più pacchetti di sigarette e fiammiferi. Si passava dalle Nazionali, alle Esportazioni senza filtro e alle MS, dalle Diana, alle Marlboro, dalle Rotmans, alle Dunhill, o ad altre marche straniere light o strong che non sapevamo nemmeno pronunciare correttamente. I fiammiferi più richiesti erano per lo più i Minerva e soprattutto i cerini (oggi rarissimi).
Cici (invalido di guerra) un signore distinto, elegante, sempre con la cravatta, anche durante la calda stagione, sapeva che sigarette e fiammiferi non erano per noi. E ci serviva tranquillo.
Gli adulti un tempo “te cumandavanu a bacchetta!”. Ci chiamavano: “Vane e ccattami nu pacchettu de Milde Sorte dure e nu pacchettu de pospari…”. E noi di corsa ad eseguire “l’ordine” ed a riportare tutto all’ordinante: sigarette e, soprattutto, il resto: la mancia non rientrava punto nell’ordine delle idee. Si aveva soggezione, quasi timore reverenziale nei confronti dei grandi, quello che oggi (grandi noi; ahinoi!) non ci sembra nutra la novella progenie nei confronti della generazione che la precede.

 
Di Fabrizio Vincenti (del 12/06/2017 @ 21:53:09, in NohaBlog, linkato 4800 volte)

Galatina avrà il suo capo. Il voto dei cittadini premierà la repubblica o la monarchia (chi rappresenta cosa non lo so)? Un’analisi dei risultati ottenuti dai vari candidati, però, a questo punto è doverosa. Lo spasso, infatti,  che ci hanno regalato i vari comizi e confronti elettorali ha fatto sembrare Antonio de Curtis, in arte Totò, un dilettante.

Iniziamo con colei che ha preso meno voti, Sindaco Daniela.

Considerato che la suddetta si è presentata con ben sette liste, l’aver preso meno voti di tutti non è una sconfitta, ma una disfatta. Infatti, se solo avessero votato tutti i parenti dei soli candidati nelle sue varie liste civiche, mamme e papà, fratelli e sorelle, zii, nonni e cugini e cognati degli aspiranti consiglieri o assessori, la candidata avrebbe dovuto prendere almeno il doppio dei voti ottenuti. Poiché ciò non è accaduto, si capisce che la signora Daniela non ha convinto neanche quelli di famiglia: o non ha funzionato il suo programma, o non hanno funzionato i suoi candidati, o non ha funzionato lei. Una cosa è certa: lei vuole la politica, ma la polis non ha voluto lei e, poiché esistono infinite arti, questo forse sarebbe l’invito a fare altro nella vita.

Segue, a pochi voti di distanza, Roberta Forte.

È un volto conosciuto ai galatinesi, folta chioma e sorriso smagliante. Se io però avessi dovuto scegliere tra l’appoggiare il programma spaziale americano e il suo di programma, di certo mi sarei schierato per il primo in quanto, mentre la conquista dello spazio sembra avere possibilità di successo, il secondo contempla le stelle senza telescopio. Se poi consideriamo il fatto che il suo modello di sostenibilità e sviluppo è Napoli, allora è chiaro che Roberta ha le idee poco chiare in quanto il capoluogo partenopeo non è proprio un gioiello di welfare. Essendo queste le premesse, tutti quei voti sono anche troppi poiché vaneggiare è mestiere molto deprimente. L’invito emerso dalle urne però è chiaro: è vero che tentar non nuoce, ma è vero altresì che perseverare è diabolico.

Eccoci a Paolo Pulli del M5S.

È il vero vincitore. Considerato che il signor Paolo si è presentato con una sola lista, coerente con il movimento pentastellato, più di milleseicento voti sono una vittoria. È un volto, il suo, che trasmette onestà e trasparenza (consapevole del fatto che non si giudica dall’apparenza). Il suo programma è comprensibile, realista, visionario, una ventata di novità che suscita interesse in un paese in cui l’età media della popolazione guarda al cimitero mentre i giovani che la Fornero definì choosy emigrano come rondini in primavera. Quanto emerge dalle urne è un invito a Pulli a crederci ancora, poiché una grande fetta d’elettorato crede in lui.

Giunti al podio, al terzo posto Paola Carrozzini.

Presentatasi con cinque liste, la signora Paola pensava che il simbolo del partito democratico gli avrebbe garantito la vittoria. Ma poiché dietro a quelle due lettere (PD) incombe l’ombra diabolica del Burns Renzi Simpson, e considerato che Renzi equivale a fandonie, allora è chiara la sconfitta: se Renzi è uguale a frottole e PD è uguale a Renzi, allora la candidata del centrosinistra e il suo programma equivalgono a frottole, esattamente come i primi due.

Siamo al secondo classificato, Marcello Amante.

Le sue cinque liste civiche gli hanno garantito il successo sperato. Faccia pulita la sua, occhiale intellettuale, trasparente nell’immagine, meno in ciò che intende fare. Il suo è un programma pieno di lacune, da cui non si comprende quale vuole essere il suo punto di forza. La grande paura è che la sua, semmai vincerà al ballottaggio, possa essere un’amministrazione del “un po’ qui e un po’ là” ed è già chiaro che non sarebbe nulla di splendido. Ma noi, umili e delusi cittadini, ci accontenteremmo dell’ordinaria amministrazione, cioè di quella che non c’è mai stata. Caro Marcello, non volendoti sopravvalutare, credi che almeno per l’ordinario tu potresti esserne capace? Ai posteri, anzi a posteriori la sentenza.

Primo classificato della fiera, Giampiero De Pascalis.

Vince il centrodestra, anzi, mi correggo, con le sue sette liste, vincono tutti, proprio tutti. Lo scopo, infatti, era mettere in campo quante più persone possibile in quanto la matematica non è un’opinione: più candidati, più voti (non sempre l’equazione si verifica: vedi Sindaco). Qui l’armata brancaleone riesce nell’intento. Se costui però, qualora dovesse vincere al ballottaggio, amministrerà con la stessa sensibilità con cui si è rivolto (durante un confronto con gli altri candidati davanti all’associazione Fidas) a qualcuno che ha dovuto giustificargli la presenza con il fatto di essere iscritto all’ordine dei giornalisti, partiamo veramente male. Se poi Berlusca gli ha insegnato la mossa dell’ “alzati e vattene” come fece con Lucia Annunziata, gli si richiede almeno che lasci il confronto con più stile di quello dimostrato finora. Di chi sia Giampiero e di cosa abbia fatto per il Comune di Galatina non ci interessa (siamo costretti a non interessarci, altrimenti dovremmo già screditargli la vittoria). Il problema grosso, però, è che non abbiamo capito un sola virgola di che cosa voglia fare, ed è ancor più preoccupante il fatto che non lo abbia capito neanche lui. Praticamente, come al solito vi toccherà votare sulla fiducia.

Vediamo cosa chiedere al prossimo sindaco.

Decoro, decoro, decoro. Lavoro, lavoro, lavoro.

Galatina e frazioni sono abbandonate ad un’incuria inaccettabile; gli spazi pubblici, già pochi sulla mappa, sono la cartina tornasole delle ultime passate amministrazioni e di anni di commissariamenti. La desertificazione ha raggiunto ormai da anni un livello inaccettabile (sfido chiunque a trovare un po’ d’ombra sotto quattro rami). Rifiuti dovunque, strade disastrate, criminalità, un debito del Comune vergognoso, tasse altissime, servizi inesistenti, beni artistici abbandonati all’incuria.

Quello che c’è da fare, dunque, è evidente. Creare opportunità lavorative per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro, offrire istruzione adeguata, garantire ai cittadini tutti i servizi di cui hanno bisogno, a partire dal trasporto pubblico che deve essere promosso e incentivato. Prendersi cura degli spazi comuni, del verde pubblico, programmando un serio e meticoloso rimboschimento di tutte le aree possibili. Fontane pubbliche funzionanti. Rifacimento del manto stradale e scrupolosa disamina delle concessioni edilizie future. Controllo accurato delle campagne affinché non si verifichino incendi incontrollati, sanzioni salatissime a chi da fuoco ai rifiuti, soprattutto quelli tossici. Vigilanza sulla raccolta dei rifiuti che deve essere fatta scrupolosamente in modo differenziato, controllando anche che gli operatori della raccolta facciano bene il proprio lavoro, e incremento delle raccolte straordinarie di spazzatura disseminata per tutto il territorio. Recupero e utilizzo appropriato delle strutture a disposizione della comunità. Maggior efficacia nel recupero dei crediti e nel risanamento del debito. Azzerare lo spreco. Incrementare i fondi e reperirne quanti più possibile per il restauro delle opere d’arte, apertura al pubblico dei siti d’interesse storico, archeologico ed artistico, costruzione di un marciapiede con annessa pista ciclabile dal paese di Noha al suo cimitero, cura o affidamento a privati dei rondò e delle isole pedonali. Maggior sforzo per eliminare il randagismo. Rilancio del quartiere fieristico. Promozione turistica e maggior sensibilità alla sicurezza stradale (in media abbiamo più incidenti stradali mortali noi che tutta la città di Milano). E qui mi fermo.

Il futuro sindaco potrebbe però chiedermi: “Io devo fare tutto questo?”. Certo che devi, altrimenti fatti da parte poiché noi non siamo disposti a darti un solo euro se tu sei incapace di fare quello per cui ti sei candidato. Hai tutto il tempo per farlo (se sarai in grado di non farti commissariare prima): cinque anni, vale a dire milleottocentoventicinque giorni.

C’è il rischio, dunque, che dopo anni di malagestione e commissariamenti, il nuovo arrivato si senta come lu pulice intru la farina ca se ntise capumulinare. Chi indosserà la fascia tricolore però, lo sa bene quale sarà la sua responsabilità e costui stia pur certo che noi vigileremo, eccome se vigileremo. Osserveremo ogni sua mossa, leggeremo ogni sua delibera, ascolteremo ogni sua parola e, se non dovesse svolgere bene il proprio incarico, allora costui si prepari poiché quelli che hanno a cuore questo paese, vicini e lontani, residenti e non,  insomma quelli come me, dei rompicoglioni, gli daranno filo da torcere.

La fascia non è un simbolo di potere: al contrario essa rappresenta chi è al servizio della comunità e non a capo di essa. C’è un’altra figura che indossa la fascia (seppur al contrario rispetto al sindaco, e cioè dalla spalla sinistra al fianco destro) nella chiesa cattolica e ortodossa, ed il diacono. È la stola che nell’antichità serviva a tenere il canestro per la distribuzione dei beni.  Diacono, dunque, vuol dire schiavo, servo della comunità. Sindaco, invece, significa “difensore di una comunità”. Che cosa dovrebbe difendere il nuovo sindaco glielo abbiamo detto, come dovrebbe farlo sta a lui capirlo.

Fabrizio Vincenti

 
Di Antonio Mellone (del 01/03/2015 @ 21:52:55, in NohaBlog, linkato 2657 volte)

“Noi moderni tutti assillati nella conquista dei beni della terra, abbiamo quasi dimenticato i beni dello spirito; mai come oggi l’umanità è stata trascinata verso la terra, verso la materia, verso le paludi dell’immoralità; mai come oggi l’umanità incredula, scettica nelle verità della fede si è affannata e si affanna a chiedere ai beni della terra la felicità che essi non potranno mai dare”.

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“Chi è mai in grado di evitare tutti i dolori, i fastidi, le avversità, le malattie, le contraddizioni, le delusioni che l’esistenza di quaggiù riserva al più innocente degli uomini? Se dunque la croce è di tutti, perché rifiutarla, perché non farne tesoro, perché non abbracciarla? Perché guardarla con diffidenza e scansarla o voler liberarsene ogni volta? Come potremo portarla trionfalmente in cielo, se oggi la temiamo e la disprezziamo?”

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“La fede che Gesù vuole da noi non deve aver bisogno di miracoli”.

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“Di fronte alle angosciose contraddizioni della vita ed alle prove più dure, non mettiamoci a ragionare, non pretendiamo di avere spiegazioni da Dio”.

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“La vergogna di certi errori non deve allontanare dal perdono”.

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“All’umiltà si oppone l’orgoglio e noi pecchiamo così spesso d’orgoglio. Che cosa è infatti il non voler riconoscere mai il proprio torto, il voler sempre occupare i primi posti, quel criticare le azioni del prossimo, il non accettare i richiami di alcuno?”

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“Ricordiamoci che con Cristo si vince sempre. Passeranno gli anni, passeranno i secoli, non importa. Cristo non ha fretta, perché è eterno”.

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“Per molti non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro più alto e nobile: quello del pensiero, quello della poesia, della musica e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile”.

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“Siamo tutti fratelli! Se un mio fratello cade nel male, chi mi dà il diritto di condannarlo? Chi mi ha costituito giudice?”

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“L’uomo ozioso non si occupa di nulla. Sa di avere un’anima da salvare, ma praticamente vive come se non ce l’avesse. Pensiamo che la nostra vita passa. Il tempo è nelle mani di Dio”.

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“Noi saremo giudicati del bene e del male compiuto. E saremo giudicati anche del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto”.

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“La chiesa è la casa della preghiera, il luogo in cui la creatura viene ad umiliarsi davanti al suo creatore, a chiedergli perdono delle sue colpe, ad adorarlo, a glorificarlo, rendergli il supremo culto. Nella chiesa tutto è sacro, tutto è santo: sacre le immagini, le reliquie, sacre perfino le mura, i santi sacramenti, la divina parola, sante le funzioni che in essa si celebrano. La casa di Dio non solo deve essere rispettata, ma in essa devono essere santi tutti i nostri pensieri, tutte le nostre opere, tutte le nostre parole”.

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“Quando il peccatore si curva su se stesso, riconoscendo i propri torti ed invocando perdono e misericordia, allora Dio si china su di lui, si abbassa e quasi lo abbraccia con il suo perdono”.

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“Sentiamolo nel cuore l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo come noi stessi. La stessa misura che noi avremo usato nel trattare col prossimo, quella stessa misura ci sarà usata dinanzi a Dio”.

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“Noi i Santi ce li immaginiamo lontani, invece ci sono vicini, sono nostri fratelli, forse nostri fratelli di sangue”.

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“A noi tocca di essere bravi cristiani e bravi cittadini. Si è bravi cristiani se si è bravi cittadini e viceversa”.

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“Dal buon uso della lingua scaturisce la civiltà, dal cattivo uso di essa viene fuori la barbarie”.

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“Siamo dei nomadi in cammino verso una patria eterna”.
Don Donato Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 16/09/2018 @ 21:52:35, in Fetta di Mellone, linkato 1493 volte)

Come qualche mio studente sa bene [sì, ne ho qualcuno per hobby: nel senso che vengono a lezione da me per hobby, ndr.], l’Economia per fortuna non veste l’uniforme. Purtroppo nemmeno l’impermeabile, visto quant’è pregna degli umori del potere e dei caratteri dell’antropologia sociale, a loro volta influenzati dai primi. Insomma siamo in presenza del ciuco che si morde la coda.

Si possono avere eccome delle idee diverse in materia. Questo non implica però che il primo che si sveglia la mattina – mancando di categorie e strumenti dell’analisi economica - possa discettare di Economia. Chi s’improvvisa economista non discetta, scetta (che al paese mio significa tutt’altra cosa), oppure è una Cetta. Laqualunque.

Vero è che gli economisti mainstream son convinti del fatto che la loro disciplina sia una scienza esatta [sbagliato: nel senso che l’Economia non è propriamente una scienza, ndr.], e continuano a sfornare teorie-luoghi-comuni in grado di assicurar loro prebende e carriere universitarie, quando non anche politiche. Codesti Diciamo Professori, perlopiù teologi del neoliberismo, li vedi spesso correre al capezzale dello Stato: ma non per rianimarlo, bensì per impartirgli l’estrema unzione. Ubiqui come manco padre Pio, scorrazzano indisturbati sui cosiddetti giornali nazionali e locali, sulle tele-orba a reti unificate, e purtroppo anche nei dintorni del governo del Paese (incluso l’attuale “del cambiamento” che sta facendo di tutto per assomigliare al Precedente Direttorio, in sigla Pd, riuscendovi benissimo), con l’obiettivo di edulcorare la pillola - posto che si tratti di un farmaco assumibile per via orale e non per altri orifizi.

Ma ritorniamo ai cultori dell’Economia allopatica, i cui ragli sono presi come manco il Verbo descritto dall’evangelista Giovanni. Nel clero di codesto falso pluralismo s’annoverano gli accoliti degli organismi sovranazionali meglio noti come troike (con la k, ma anche senza), che ci spingono verso le dimissioni dalla nostra carica di cittadini, sermoneggiando qua e là su quanto la democrazia sia controproducente al nostro bene supremo.

Ci sono poi in ordine sparso: la setta delle politiche economiche del drenaggio di risorse dai molti che s’impoveriscono verso i pochi che s’arricchiscono, la congrega del Santo Briatore, i servitori dello Status quo, l’arciconfraternita del paesaggio-intonso-roba-da-antiquati, i fautori della Deregulation per gli amici e la Regulation per gli altri, gli ortodossi del Meno Stato e Più Mercato (pazienza se poi le mafie dei mono-oligopoli portano al fallimento di questo benedetto mercato), l’associazione degli schiavi moderni che non sanno di esserlo, i flagellanti delle multinazionali (tipo Tap, parlando con pardon), gli idolatri dei centri commerciali h24 incluso il giorno del Signore (degli Agnelli), e tutto il gregge degli adoratori del Pil, oggi e sempre sia lodato.

Il fanatismo (religioso) Pilifero scorda che nel famoso indice non rientrano cose che invece vale la pena di considerare valore, come la pasta e la salsa di pomodoro fatte in casa, i fagiolini dell’orto di tuo fratello, il polpo pescato in riva al mare con la zampa di gallina, ogni dono ai vicini di campagna, la saggezza di molti padri, l’amore di madre, le calze rammendate, il maglione lavorato ai ferri da zia, l’aria frizzante di un’alba a Lido Conchiglie e il tramonto al canneto di Sirgole. In compenso il Pil aumenta con la vendita di armi, con la caduta di ponti, e perfino quando si scrivono stupidaggini su fb.

L’economista eterodosso, quindi scostumato, forse non avrà mai una cattedra alla Business School (il cui numero di docenti sovente supera quello dei decenti), ma aprirà mondi nuovi alle persone e significati diversi al Pil. Che così potrà diventare Poesia: Ispirazione Lirica, ma anche Pensare Insieme Liberamente, oppure Perfetta Ideale Letizia, Piacevole Interpretazione Logica, Promuoviamo Iniziative Lodevoli, e infine, dulcis in fundo, Pasticciotto Incidentalmente Leccese.

“Incidentalmente”, dico, in quanto il Pasticciotto è Inequivocabilmente Galatinese. Pazienza se l’acronimo che ne vien fuori sarà Pig traducibile con Maiale.

L’importante è che non si tratti di un Mega-Porco[1].

Antonio Mellone

 

[1] Il Mega-Porco per antonomasia è il centro commerciale di 260.000 mq di cemento vibrato che alcuni talebani dell’ipermercato vorrebbero ancor oggi colare nell’amena campagna di Collemeto, fraz. di Galatina, convinti come sono che gli asini volteggino nell’aere.

 
Di Redazione (del 01/02/2014 @ 21:52:27, in NohaBlog, linkato 3827 volte)

"Eccovi di seguito un articolo a firma di Antonio Mellone, apparso sul n. 1, anno VI, de "Il Foglio Lequilese" (mensile al quale Antonio collabora da circa un anno e mezzo). Si tratta di un ciclo di lezioni d'Economia impartite ai ragazzi di terza delle scuole medie di Lequile e di San Pietro in Lama.

Per quanto ovvio, il nostro professore (ormai senza virgolette) è disponibile a replicare questi incontri presso le scuole medie di Noha e/o di Galatina. Basta un fischio da parte degli interessati."

Pronto, direttore? Allora, quando potremmo fissare qui a scuola gli incontri con gli alunni della terza media?”.

E’ la prof. Graziella Mazzotta che mi chiama al telefono per stabilire - in maniera non perentoria ma lapidaria e granitica - le date delle lezioni propedeutiche alla visita guidata presso la mia filiale da parte dei ragazzi dell’ultimo anno dell’Istituto Comprensivo Statale di Lequile – San Pietro in Lama.

Sì: professoresse, preside e il resto del personale scolastico, ma anche chi scrive, danno per scontato il fatto che qui c’è ormai una bella tradizione da rispettare (che va vieppiù consolidandosi e strutturandosi), come quella dei meeting tra gli uomini della banca del territorio, il Banco di Napoli, del quale sono un indegno direttore, e la platea della gioventù studiosa lequilese.

Quest’anno poi (mi si conceda questa digressione di natura personale) il sottoscritto vi ha partecipato, oltre che con la sua solita nota motivazione, anche, diciamo così, con più titoli, avendo affrontato positivamente, precisamente il 18 luglio 2013, il famoso concorsone pubblico per docenti indetto dal Ministero (MIUR). Ebbene, dopo uno studio “matto e disperatissimo” di leopardiana memoria, nel corso del solleone dello scorso anno chi scrive ha superato anche lo scoglio dell’esame orale conclusivo insieme ad altri 21 concorrenti superstiti (all’inizio, prima della falcidia, ne eravamo 1500 circa nella sola Puglia) diventando ufficialmente – se così si può dire – professore di Economia (classe di concorso A017, Discipline Economico-Aziendali). Questa cosa m’è particolarmente gradita; e questo non tanto perché l’insegnamento è da sempre la mia passione o, se vogliamo, il mio hobby (il che è vero), ma soprattutto per il fatto che il miglior metodo per imparare le cose è insegnarle.

Ma lasciamo da parte i casi “particulari” della vita, ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato, e ritorniamo al futuro di Lequile, cioè agli splendidi ragazzi delle terze classi delle medie convenuti in aula magna in ben tre incontri di un’ora e mezza cadauno, con l’assistenza delle ottime insegnanti (come si fa a non citare la prof. Rosa Chiara Serio, e poi ancora la prof. Cristina Aralla, e la prof. Adele Talesco, oltre alla prof-gancio già menzionata all’inizio di queste note?).

Le conversazioni dal tema “Le parole dell’Economia” hanno toccato tanti argomenti (oltre che un nuovo vocabolario) che vanno dai bisogni ai beni economici, dalla moneta al risparmio, dalla legge della domanda e dell’offerta al mercato, agli attori del sistema economico, alla teoria della banca, al concetto di benessere, di ricchezza, di Pil, di equilibrio. E poi ancora, per sommi capi ma non senza rigore, i concetti di interesse, investimento, prestito, azioni e obbligazioni, carte di credito, conti correnti, borsa valori…

C’è da rimaner sbalorditi per la curiosità, l’attenzione, la partecipazione ed il coinvolgimento degli studenti di Lequile, e soprattutto per il loro contributo al dialogo o al dibattito in aula attraverso domande e risposte mai banali, anzi il più delle volte sagaci e mordaci. Congratulazioni a docenti e discenti di questa bellissima scuola.

Mi piacerebbe che al di là delle nozioni (o del nozionismo, che secondo me non guasta mai), ai ragazzi di Lequile rimanesse impresso il fatto che lo studio serve soprattutto a dare più o meno valore a persone ed accadimenti, ma anche a cogliere le differenze tra i pesi specifici delle cose. Vorrei che davvero il loro patrimonio fosse composto da alcuni concetti essenziali, come per esempio il fatto che l’essere sia più importante dell’avere, che la vita vissuta sta nel provare il bisogno (mentre il suo appagamento è la morte), che la vera forza non sta nella violenza (verbale o fisica) ma nell’accoglienza e nella comprensione dell’altro, che la scuola è il monumento, anzi il bene culturale più importante per una persona e per una comunità intera, che chi sa si diverte di più di chi non sa, che è giusto nutrire dei dubbi piuttosto che presumere di avere la certezza in tasca, che la felicità sta nel trovare un ostacolo o un muro (e nel provare ad abbatterlo o scavalcarlo), che il lemma lotta è voce del verbo amare.

Non mi rimane che augurare ad insegnanti ed a studenti lequilesi di sognare sempre l’impossibile. E di realizzarlo ogni giorno.

P.S. Ora resto in attesa della visita dei piccoli turisti di Lequile nella filiale della mia banca (che avverrà un giorno di questi).

E poi m’aspetto di leggere un resoconto redatto dai miei piccoli ospiti proprio su questi incontri ravvicinati del terzo tipo. Magari dalle stesse colonne di questo “Il Foglio lequilese”.

Antonio Mellone

 
Di Fabrizio Vincenti (del 21/11/2013 @ 21:52:23, in NohaBlog, linkato 3093 volte)

Cari bambini, oggi voglio raccontarvi una storia. Una volta a Noha c’era il Natale. Non Babbo Natale, ma proprio il Natale in persona che si aggirava tra le vie del paese. C’erano alberi addobbati, luci colorate, panettoni e presepi, comete e regali. I bambini aspettavano che passasse quell’omone barbuto vestito di rosso sulla slitta, accompagnato da cornamusa, a consegnare il regalo che da tempo sognavano. La notte di Natale si ritrovavano tutti in Chiesa per adorare Gesù; si aspettava la mezzanotte per mettere lu bambinieddru nella sua povera mangiatoia. Anche gli adulti attendevano i loro regali non meno agognati di quelli dei loro figli. C’era chi aspettava un anno intero per giocare una partita a stoppa e chi non vedeva l’ora di spolverare il vecchio gioco della tombola, naturalmente sperando di vincere qualche cento lire. Ci si riuniva mesi prima per scaldare le voci per il concerto di Natale, ci si chiudeva intere notti nelle varie chiese per allestire il più bel presepe dell’anno, ci si vestiva tutti con abiti di festa per il giorno del bambinello. La gente sorrideva perché credeva nella felicità! Nell’aria c’era sempre un’aria solenne. Nella vecchia cappella “Madonna di Costantinopoli”, quella che ora è chiusa e abbandonata tra muffa e crepe, due o tre ragazzi passavano le loro sere al freddo gelido per costruire un bel presepe. Oggi le luci colorate sui balconi non ci sono più, i cenoni di Natale si sono trasformati in picnic solitari, i presepi sono stati abbandonati dai loro tradizionali personaggi. Il moderno Natale vede tutti vestiti con gli stessi abiti che vengono indossati tutto il resto dell’anno. Ci si regala lo smartphone o la playstation ma non si recitano più le poesie con le quali i più piccoli guadagnavano tanti soldini. Le veglie liturgiche del 24 sono un piccolo ritrovo tra i soliti conosciuti. Ah, quanto vorrei mostrarvelo il vero volto del Natale, cari bambini! Fatevi raccontare dai vostri genitori cos’era il Natale a Noha: un tempo di magia in cui tutti si riunivano in famiglia attorno a immensi tavoloni imbanditi con ogni ben di Dio. Lo so che ora, invece, vi vogliono far credere che la magia non esiste, ma non dategli retta perché a volte anche i vostri genitori che sono stati piccoli come voi e che ora son grandi, a volte si fanno vincere dall’angoscia. La magia del Natale c’è, e neanche una crisi economica come questa può cancellarla perché la magia del Natale è immortale. Se volete rivederla basta poco. Qualcuno di voi vada a chiedere le chiavi della cappella “Madonna di Costantinopoli” al parroco e prepari un bellissimo presepe da poter visitare nei giorni di festa. Tutti gli altri mettano anche una sola lucetta sui propri balconi. Altri ancora si cuciano un vestito da pastorello e vadano a fare la loro comparsa nel presepe vivente nella masseria “Colabaldi”. Arricchite i vostri presepi di nuovi personaggi perché il Natale è sempre nuovo. Scambiatevi i doni. Non serve spendere centinaia di euro: un portachiavi o una torta fatta in casa va benissimo. Vostro padre si accontenterà di una lametta da barba rubata magari dal bagno del nonno e vostra madre sarà felice nel vedervi donare un suo stesso maglione che aveva ormai da anni dimenticato nell’armadio. Non ascoltate quello che dicono in televisione; scambiatevi i doni (un vostro oggetto del passato che appartiene ai vostri più bei ricordi o un semplice disegno scarabocchiato) perché è questo il senso del Natale: contemplare la Bellezza concentrata in un semplice bambinello, donandosi gli uni agli altri e, soprattutto, pensare agli altri. Chiedete alle vostre nonne di prepararvi un bel cenone con quello che trovano in campagna, possibilmente non contaminato dai diserbanti. Alle vostre mamme ditegli di lasciarvi nell’armadio un vestitino esclusivamente per quei giorni di festa. Se andrete in Chiesa, forse qualcuno vi parlerà di alcuni personaggi del passato chiamati “Magi”. Anche loro portavano dei doni. So che quest’anno andrete a visitare il presepe vivente nella spettacolare masseria “Colabaldi”. Io spero che lì all’entrata, proprio davanti a quel bellissimo portone, possiate trovare due banchetti, uno a destra e uno a sinistra. Su di uno lascerete qualcosa da mangiare, un pacco di pasta o dei biscotti. Ci penserà la Caritas di Noha a distribuirli ai bambini che ne hanno più bisogno perché, anche se noi non li conosciamo, anche a Noha ci sono dei poveri, e il Natale è anche e soprattutto per loro. Sull’altro banchetto forse troverete un salvadanaio dove metterete il vostro euro. Alla fine dei giorni di festa lo romperemo e con quei soldi forse riusciremo a far rimettere in sesto almeno una delle casette del palazzo baronale o forse, chissà, basteranno per far ripartire le lancette della torre dell’orologio perché, se Natale è festa, lo è anche per Noha che non riceve visite di magi da secoli. Non si sa mai che forse la magia si trasformi in miracolo è qualche politichetto di quartiere, in preda ai fumi del vin brûlé, non sia illuminato dalla stella e si decida a far arrivare qualche bel regalino anche al nostro paesino. Sia chiaro, se non si tratta d’incenso, non vogliamo fumo negli occhi né porcherie sgradite a noi e all’ambiente. Per il resto non preoccupatevi, il Natale farà tutto il necessario affinché anche quest’anno resti in voi un barlume di speranza. Lasciate stare le vetrine, guardate piuttosto le pupille di chi incontrate, non lanciatevi occhiate di sfida né sguardi invidiosi perché una è la stalla, una è la mangiatoia e una è la stella da seguire che conduce sempre alla stessa grotta. A ognuno sarà chiesto, prima o poi, di aprire il suo scrigno e di mostrare al mondo intero cosa ha portato in dono. A chi nulla aveva, non gli sarà chiesto più di tanto, ma a chi tanto poteva fare e dare, non avete idea di quanto gli sarà domandato! In quel momento vedrete molti tornare in oriente con la faccia triste perché il Natale, prima o poi, si prende la sua rivincita. Nelle stalle del bambinello non serve spingere e mettersi in pompa magna, come tanti fanno o hanno fatto in questi ultimi giorni, perché ognuno sarà considerato per quello che è o è sempre stato. Sapete chi è quel bambinello che nacque? Fu uno che sedette accanto ai peccatori ma che non diventò mai uno di loro. Il mondo, cari bambini, vuole dimenticarsi del Natale e, mentre i pastori che vestono gli stracci fanno di tutto per tramandarlo, quelli che vestono le fasce tricolori nei giorni di festa e si mostrano in giacca e cravatta tutti i giorni dell’anno, fanno di tutto per distruggere la magia che è nei vostri occhi. Difendete il Natale perché ha bisogno di voi bambini e della vostra speranza per vincere contro i cattivi. E se un giorno dovreste incontrare per le strade di Noha uno sconosciuto che vi chiede “Che cos’è il Natale?”, voi rispondetegli: “Caro signore, il Natale è la Festa dei giusti”, anche se qui, a Noha come nel resto del mondo, di giusti non se ne vedono così tanti.

Fabrizio Vincenti
 
Di Redazione (del 05/02/2018 @ 21:46:13, in Comunicato Stampa, linkato 989 volte)

Si rischiara il cielo in casa Olimpia SBV Galatina con una vittoria netta da tre punti che rincuora, alimentando speranze di una risalita possibile, seppur ardua. Si ravvivano gli entusiasmi da tempo narcotizzati degli spettatori, assistendo ad una gara puntigliosa  ed attenta dei loro beniamini , priva dei black out che avevano caratterizzato nelle precedenti gare le parti finali dei set, in cui il crollo puntualmente si materializzava.

Sembrano rinati e rigenerati i ragazzi del presidente Santoro, pur avendo di fronte una formazione che occupa il settimo posto in classifica e reduce dal colpo esterno in quel di Taranto.

Mister Stomeo assegna i posti quattro al neo acquisto Lentini e a Corsetti, piazza Iaccarino e il giovane Rossetti (degno sostituto di capitan Guarini) al centro, affida la regia difensiva a Pierri  e si affida alla diagonale Muccione-Buracci.

I napoletani rispondono con Di Giorgio alla regia in opposizione a Calabrese, Pirozzi e Rumiano centrali, Lombardi libero, di banda  Di Santi e Calabrese.

Il primo set è ben giocato dai padroni di casa che chiamano ripetutamente l’opposto Buracci alle conclusioni : Muccione trova uno Iaccarino ispiratissimo in attacco ed attento a muro, Pierri calamita palloni importantissimi, Lentini tiene percentuali rassicuranti in ricezione (33%).

La sequenza dei punteggi vede sempre in vantaggio (8-4 , 16-13, 21-17) i padroni di casa che accelerano nel finale conquistando il primo parziale per 25-20.

Nella seconda frazione continua sullo stesso canovaccio  l’orchestrazione del gioco: ricezione affidabile , muri che contengono gli attacchi avversari, con Corsetti e Lentini pericolosi ed efficaci. Le numerose rigiocate da ambo le parti portano al pareggio sul 25-25, rinviando ai vantaggi  l’esito finale :un mani fuori dell’opposto Calabrese su Lentini ed un primo tempo violento di Rumiano chiudono il set sul punteggio di 28 a 30 per il Marigliano.

Non accusano il colpo i ragazzi di mister Stomeo: anzi certi di un ritrovato spirito di gruppo e soprattutto di una tenuta  psicologica, tirano fuori carattere e tecnica  affidandosi ad un rigenerato Corsetti, ad uno Iaccarino attentissimo e pervaso dopo ogni punto da una scarica di adrenalina che genera entusiasmo .Non sfugge all’Olimpia SBV il terzo set, condotto sempre in testa al punteggio con  break positivi oscillanti tra i 3 e 4 punti , e va sul 2-1 con pieno merito.

Nella quarta frazione la reazione del Marigliano  è consistente: passa a condurre per 8 a 6 ma subisce la rimonta prima per16-14, poi per 21-17 di un Rossetti stratosferico nella lettura a muro su Rumiano(205 cm.) e con conclusioni efficaci, poi Muccione si esalta con tre muri da posto due su Di Santi e Picariello fino a totalizzare 6 punti.

Il traguardo della prima vittoria è vicino e il pubblico lo avverte:,sostiene rumorosamente con incoraggiamenti i propri atleti, dissente altrettanto sonoramente i servizi al salto di Di Santi che subisce  la pressione e sbaglia.

Poi un primo tempo splendido di Rossetti porta il punteggio sul 24 a 22  per l’Olimpia SBV inchiodando a terra il centrale Rumiano che, ancora frastornato nonostante il bottino di 15 punti, chiede ed ottiene da Di Giorgio il primo tempo. La sua torsione è eccessiva ,la palla termina abbondantemente fuori e l’Olimpia SBV Galatina esce fuori dall’incubo.

Ora si ha certezza ,come affermava  Friedrich Nietzsche , che se si ha carattere, si ha anche una propria tipica esperienza interiore, che ritorna sempre, dando positività.

La cartina tornasole di quanto si è visto questa sera al PalaPanico sarà la gara di domenica prossima ad Ostuni , reduce da una sconfitta a Taranto, dove il cammino dell’Olimpia S.B.V. dovrà riprendere la risalita 

TABELLINO

OLIMPIA SBV GALATINA: Corsetti 10,Rossetti 6,Iaccarino 10,Lentini 8, Muccione 6, Apollonio n.e.,Calò,Pierri (L2),Persichino (n.e.),Tundo,Petrosino(n.e.) Buracci 30.

All. Giovanni Stomeo Ass. Antonio Bray

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

OLIMPIA S.B.V. GALATINA

 
Di Redazione (del 13/02/2023 @ 21:45:55, in NohaBlog, linkato 362 volte)

La proposta di un impianto di trattamento dei rifiuti speciali a Santa Barbara, per una capacità di trattamento di 90.000 tonnel­late / anno, conferma la tendenza in atto a trasformare il compren­sorio di Galatina in uno snodo di raccolta e smistamento di rifiuti speciali al servizio non solo della Provincia di Lecce ma di vasti territori regionali ed extra-regionali.

Appare significativa in tal senso la dichiarazione d'intenti con­tenuta nel progetto Entosal per cui "L'impianto per la sua po­sizione geografica, può concretamente fungere da centro di rife­rimento per le attività di raccolta recupero e trasporto di parti­colari tipologie di rifiuti speciali (soprattutto pericolosi, prodotti nella Provincia di Lecce e nella Regione Puglia. Il gestore punta a riferirsi ad un mercato più ampio di quello locale, avendo ac­cesso anche a clienti nazionali grazie alla specificità dei rifiuti trattati.”

beninteso il termine specificità” dei rifiuti trattati non esprime la eterogeneità e la nocività dei rifiuti stessi; un elenco di circa 400 variegate tipologie, che comprende quanto di più inquinante e pericoloso provenga dalle lavorazioni industriali; non stupisce quindi che vi siano in Italia diversi produttore lieti di liberarsi di tali sostanze, che costituiscono però una vera bomba ecologica per le comunità locali. L'elenco dei codici CER (Codice Europeo dei Rifiuti) spazia dai residui dalle lavorazioni siderurgiche agli scarti animali, dai fanghi di vario tipo a bagni con cromo e in­chiostri dai residui delle concerie ai reflui petroliferi, dai rifiuti della lavorazione dell'amianto ai residui di pitture e vernici. Al­cuni di questi scarti hanno una composizione talmente problematica da poter essere definiti rifiuti di rifiuti", avendo un Codice CER indicato come "scarti inutilizzabili per il consumo o la tra­sformazione".

Un aspetto della proposta che inquieta fortemente è la presenza in gran parte delle operazioni previste di trattamenti di frantu­mazione" e di "miscelazione che potrebbero determinare, se non correttamente gestiti e controllati da enti terzi, la perdita delle caratteristiche nei rifiuti in ingresso, con possibili difficoltà suc­cessive a garantire la tracciabilità dei singoli rifiuti ed a evitare la miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi, come previ­sto dalla legge. La proposta, prima ancora di entrare nel mento dei contenuti, appare in contrasto  non solo per il progetto in sé, ma anche per il contesto politico-amministrativo in cui si pone con alcuni fon­damentali indirizzi comunitari, contenuti nella Direttiva 2008.98.CE e successive modifiche e recepite nella normativa nazionale (D.Lgs. 152'06):

  1. Rete integrata: le istituzioni locali devono creare una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali al servizio di ogni singolo bacino:
  2. Principio di autosufficienza: occorre perseguire l'autosuf­ficienza nello smaltimento dei rifiuti tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per ogni ca­tegoria di rifiuti.
  3. Principio di prossimità: la rete deve permettere il trattamen­to di ognuna delle categorie di rifiuti in uno degli impianti appro­priati più vicini grazie all'utilizzazione dei metodi e delle tecno­logie più idonei al fine dr garantire un elevato livello di prote­zione dell'ambiente e della salute pubblica.

Nel progetto in esame non si intravede né dove sia "l'integra­zione" tra i vari impianti in esercizio o previsti, né quali strategie siano adottate dagli enti locali per rispettare il principio di auto­sufficienza e minimizzare i trasferimenti.

 

Di fatto nella realtà questi principi vengono troppo spesso ignorati grazie ad una programmazione a maglie larghe della Regione, e alla totale inosservanza da parte della Provincia di Lecce degli obblighi di corretta localizzazione e di controllo degli impianti (art. 197 D. Lgs. 152/2006), ogni procedimento autoriz zativo considera ogni proposta come a sé stante, senza una ottimizzazione del sistema di raccolta ed una minimizzazione degli spostamenti cui è soggetto ciascun carico di rifiuti. Ciò indubbia­mente agevola i produttori ed i gestori, grazie ad una sostanziale deregolamentazione, che amplia discrezionalmente i limiti di mercato e facilità i traffici di rifiuti da e verso altre regioni o altri stati, imponendo però alle popolazioni locali pesanti e spesso inaccettabili ricadute ambientali, come nel nostro caso. Intanto prolificano nel comprensorio di Galatina gli impianti di tratta­mento di rifiuti speciali anche pericolosi, oltre alla Entosal, sono già autorizzati o in via di autorizzazione le società Ecom S.A.", "Sa­lento Riciclo" e "Ambiente e Riciclo" di Gelatina; "Cave Marra Ecologia di Galatone (con 2 sedi sulla S.P. Galatone-Galatina e nella zona industriale di Galatone-Nardò), Progest" di Galatone (Zona Ind.) e la stazione di trasferenza dei rifiuti organici "Bian­co nella stessa zona industriale, oltre alla ben nota Colacem di Galatina /Soleto, che da sola è autorizzata a trattare fino a 400.000 tonnellate anno di rifiuti speciali.

 

L'atteggiamento benevolo della Regione nei confronti dei vari gestori è particolarmente evidente esaminando le variazioni in­tervenute nella stesura dell'ultimo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali, approvato con Delibera Giunta Regionale n. 673 del 11.05.2022. Nella precedente versione del 2015 (appro­vato con Deliberazione Giunta Regionale n. 1023 del 19.05.2015) erano imposte delle distanze minime di sicurezza per la popola­zione insediata nell'area e per alcuni siti sensibili come scuole e strutture sanitarie, da definire in fase di autorizzazione previo stu­dio di approfondimento delle condizioni climatologiche locali (venti dominanti. altezza dei camini, tipo di emissione ecc.)

Nella versione attuale del Piano tali vincoli incredibilmente scompaiono, cosi come l'obbligo del relativo studio propedeuti­co. Perché un'area sia considerata inidonea occorre che sia og­getto di un esplicito vincolo ai sensi del Piano Regionale di Qua­lità dell'Aria (Legge Regionale n. 52 2019). In assenza di tale vincolo, gli insediamenti possono essere localizzati anche in pros­simità di centri abitati, con poche blande prescrizioni sull'inqui­namento acustico.

Un altro aspetto inquietante su cui meditare è costituito da una strategia che si sta diffondendo in questi anni nelle amministra­zioni pubbliche, pressate da un lato dai gestori, desiderosi di dare avvio alle attività, e dall'altro lato dalle associazioni e comunità locali preoccupate per gli effetti ambientali: la finta opposizione.

In pratica la Provincia o il Comune di turno emettono il diniego all’autorizzazione alla conclusione del procedimento autorizzativo ma senza poi motivarlo con solide argomentazioni scienti­fiche. In tal senso fa scuola e merita di essere riportata per stral­cio la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Comune di Gelatina, che chiedeva la conferma del diniego stabilito dalla Provincia di Lecce e annullato dal Tar ad uno degli impianti prima citati poi effettivamente realizzato anche sulla ba­se di questa sentenza: 'Il Consiglio Comunale di Galatina si è li­mitato a richiamare l'esistenza di un ambito paesaggistico tute­lato ma non ha saputo o potuto indicare quali specifiche caratteristiche dell’intervento in progetto arrechino pregiudizio al con­testo tutelato".

Per quanto concerne poi gli impatti cumulativi (aspetto essen­ziale collocandosi l'insediamento in un contesto in cui operano altre strutture simili), il Tar aveva notato "la genericità delle obie­zioni del Comune nelle quali non è contenuta nessuna valutazione tecnico-scientifica quanto al consumo di territorio, non si citano infatti le superfici già interessate dagli impianti in esame, nonché la vicinanza dell'impianto dal più vicino centro urbanizzato, e le ripercussioni negative che la sua realizzazione determinerebbe sulla collettività - (Gazzetta del Mezzogiorno. 22.06.2020).

Ma questo atteggiamento dell'Amministrazione Comunale non è isolato, se anche la nuova compagine oggi al governo cittadino ha fatto notare la sua assenza alla Conferenza di Servizi convo­cata sull'argomento. Grave segnale di indifferenza nei confronti della salute collettiva e dei beni comuni.

Né stupisce, se questo è l'andazzo nei procedimenti ammini­strativi nella nostra realtà, che nel Rapporto Ecomafia 2022 di Legambiente, la Puglia occupi il 3° posto in Italia per reati am­bientali e che nella stessa classifica la provincia di Lecce si ponga al decimo posto, mentre nella classifica dei reati legati al ciclo dei rifiuti la Puglia occupi il 4° posto in Italia, mentre la provincia di Lecce sia al 18° posto.

La criminalità odierna non è quella di un tempo, che agiva a suon di lupara ed estorsioni, ma si è evoluta ed ha infiltrati nelle nostre istituzioni nutrendosi di assenze e silenzi, istruttorie ca­renti, di autorizzazioni a maglie larghe e di controlli inadeguati. come è stato denunciato più volte dalla nostra magistratura.

Antonio De Giorgi

 fonte: Il Galatino - Anno LVI n°3 del 10-02-2023

 
Di Redazione (del 30/04/2022 @ 21:45:22, in Comunicato Stampa, linkato 890 volte)

Il giorno 26 aprile a.c., a Noha in via G. Galilei e via Bellini, all’interno della nuova recinzione metallica che separa le vie dalla zona in corso di urbanizzazione, alle ore 9,30 circa si ripeteva lo stesso evento accaduto lo scorso anno, e da noi segnalato al Protocollo come da copia in calce. La ditta incaricata per il diserbo dell’area in oggetto, senza alcun preavviso, poneva dei cartelli sulla recinzione con su scritto “ZONA AVVELENATA”. Si accingeva quindi a irrorare l’area con il prodotto diserbante senza curarsi delle persone che abitano nella via. Abbiamo chiesto l’intervento dei vigili urbani i quali prontamente sono intervenuti e, preso atto del mancato prevviso e della nostra segnalazione indicante l’art. 177 delRegolamento di igiene del Comune di Galatina, hanno eseguito la sospensione del diserbo. Chiediamo se il Regolamento di igiene indicato nel nostro documento è ancora vigente, e se il Vs. Ufficio ritiene idoneo al diserbo in quella area (in centro all’abitato) il prodotto che l’operatore si accingeva a irrorare e registrato dai vigili sul loro verbale. In attesa di un Vostro gentile riscontro porgiamo i nostri più cordiali saluti

 

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Il Direttivo dell’Associazione NoiAmbiente e beni Culturali
di Noha e Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 29/04/2016 @ 21:44:38, in NohaBlog, linkato 2514 volte)

Veniamo ora brevemente alla lettera-capolavoro vergata dalla nostra delegata Sindaco, la nostra Isabelle Arrende, la Orina Fallaci de noantri (ovvero la Susanna Tamarro, fate voi).

Orbene, di primo acchito, uno, leggendo la richiesta della Daniela nostra, pensa subito: “Brava Daniela, fatti valere, fagliela vedere tu (di cosa sei capace di fare, s’intende) a questi della Comune”.

Poi, con un minimo di attenzione in più, cercando di interpretare le locuzioni enigmatiche del massimo esponente dell’ermetismo locale, capisci bene che non si tratta di una richiesta di intervento rivolta al sindaco e a tutto il suo cucuzzaro, ma alle associazioni locali, ai volontari, ai “Portatori sani di sorrisi”, che in questo caso in particolare dovrebbero trasformarsi pure in portatori sani di “giochini” da installare nei giardini Madonna delle Grazie.

Sindaco, presidente del consiglio comunale, assessore ai LL.PP. (cioè Ludici Programmi), dirigente ai LL.PP. (Leccornie Prelibate), segretario generale, inclusi vari ed eventuali commessi di Palazzo Orsini evidentemente sono in indirizzo solo p.c. (vale a dire “per conoscenza”; non diciamo “per culo” per non essere triviali). Sicché chi dovrebbe di fatto metter mano al portafoglio sarebbe ancora una volta il cittadino o le associazioni di volontariato delle quali il cittadino fa eventualmente parte.

Bella trovata, non c’è che dire. Cosa centri con il ruolo di pubblico amministratore [la scritta “Consigliere Comunale” a caratteri cubitali, come potete vedere, campeggia in alto nella lettera, ndr.] rimane un mistero. Meno male che le minchiate non hanno mai ammazzato nessuno, se no bisognerebbe liberare anzitempo tutti i loculi già prenotati nel cimitero di Noha.

*

E comunque siamo alle solite: i compiti dello Stato (o degli altri enti pubblici) ancora una volta vengono delegati al cittadino, che dunque dovrebbe sostituirsi alle funzioni di pertinenza dello Stato (o degli altri enti pubblici).

Io inorridisco di fronte a questo principio, anzi ne ho il terrore. Ma ciò che più mi preoccupa è che si proceda a delegare al privato non solo alcune gestioni dei servizi, ma anche la funzione stessa di tutela dei diritti dei cittadini. Se i “corpi privati intermedi” si sostituiscono allo Stato (o agli altri enti pubblici) nei settori per esempio dell’istruzione, dell’educazione, dell’assistenza sanitaria, dei servizi sociali o della stessa informazione stiamo freschi.

Lo Stato non può e non deve delegare a nessuno la funzione di garanzia dei diritti di cittadinanza sociale. E tutte le varie associazioni, cooperative, onlus, e così via, non devono offrire alibi su questo (magari in cambio di sgravi,  convenzioni, amicizie o appalti: parlo in generale, ovviamente), sostituendosi equivocamente allo Stato stesso.

Per volare più terra terra voglio dire che va benissimo il volontariato, che a sua volta per definizione non dovrebbe chiedere mai soldi allo Stato o agli altri enti pubblici territoriali, e che, per fare qualche esempio, è quello dell’organizzazione di una sagra, della redazione di un giornalino, dell’allestimento di un presepe vivente, della guida ad un percorso turistico, dell’insegnamento del catechismo, della costituzione di una squadra sportiva, della creazione di laboratori permanenti di idee, eccetera, ma non oltre questo.

Insomma non è uno Stato civile quello che (pur in nome della cronica penuria di fondi) si fa tinteggiare le aule dai genitori degli alunni, o quello che chiede contributi in denaro “volontari”, oppure dei “giochini” per un parco pubblico, oppure quello che istituisce ronde private “per la sicurezza”, ovvero quello che con una palandrana colorata invita il nonno a fare il vigile urbano, o quello che in mancanza di infermieri permette che un ospedale si riempia di badanti notturne o diurne. Per dire.

Questo è quanto.

In riferimento alla forma della lettera della Daniela Sindaco, cosa dire? Che sta facendo dei grandi passi avanti, da gigante. Certo, non siamo ancora ai livelli di Leopardi (al massimo, leopardata) o di un novello classico della letteratura contemporanea, ma la ragazza s’impegna assai. S’è pure risparmiata i puntini di sospensione e i punti esclamativi di cui è sempre stata generosa nei suoi scritti. Cosa volete di più?

Vabbè, la lettera è naïf come un posacenere fatto con il Das, e pure la sintassi è quella che è. E poi, dai, cosa vuoi che siano in una lettera indirizzata a mezzo mondo tre o quattro periodi senza capo né coda: tanto i destinatari, quei destinatari, avvezzi come sono a questo e ad altri simili elaborati, mica rischiano un’ernia al cervelletto per lo sforzo di capirne il senso.

La coniugazione dei verbi, lo stile involuto, la pesantezza del linguaggio (“ossequiosamente saluto”), la ridondanza della parola “giochini” ripetuta sette volte (l’utilizzo delle particelle pronominali, si sa, è rognoso per tutti), i pleonasmi (“augurando a tutti una buona collaborazione e lavoro”) sono un nulla in confronto alla diligenza e alla buona volontà della Nostra.

Dite che c’è ancora qualcosa che non va in merito all’utilizzo dei pronomi personali? Suvvia, non attaccatevi al pelo come al solito. Vuol dire che l’eroina di Noha è in grado di passare dalla prima alla terza persona singolare come se niente fosse: “Io sottoscritta […] chiede [sic]". “Chiede […] e ossequiosamente saluto [sic]”.

Ora non ditemi per favore che non vi è mai capitato di dire a qualcuno: “Scusi, ma lei chi sei?”, ché non ci credo. La Daniela nostra talvolta lo fa per vedere se stiamo attenti.  

*

E poi figurarsi se qualcuno della presunta opposizione s’è accorto di nulla: cambiando l’ordine degli attori di palazzo Orsini il risultato non cambia. Tanto che se in quelle vetuste stanze t’azzardi a fare una citazione, come per esempio: Pape Satàn, Pape Satàn Aleppe, quelli capiscono: pane e salam, pane e salam a fette.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 27/03/2018 @ 21:44:08, in Comunicato Stampa, linkato 1221 volte)

Cinque consiglieri di minoranza la buttano in caciara per nascondere l’incapacità politica ed amministrativa di esercitare il ruolo che i cittadini hanno riconosciuto loro. Attaccare a testa bassa e senza motivo gli assessori Loredana Tundo e Antonello Palumbo è solo un modo per distogliere l’attenzione sia perché i fatti stanno in modo assai differente da come vengono rappresentati sia perché di tempo per studiare le carte ne hanno avuto ben al di là della settimana di cui parlano.

Quello del 26 marzo era certamente un consiglio comunale ricco di argomenti importanti, su tutti il bilancio, che necessitavano studio e attenzione. L’iter di studio dei documenti è partito con le prime commissioni consiliari già dalla prima metà di marzo e le bozze di delibera sono transitate in più commissioni, come nel caso della Tari o del regolamento della ZTL. Contestualmente alla convocazione delle commissioni, quindi ben prima della convocazione del consiglio, sono state allegate anche le delibere in discussione e pertanto le stesse erano nella disponibilità di tutti i consiglieri già da tempo. Così come nelle loro disponibilità era il bilancio, già approvato con delibera di giunta e quindi pubblicato all’albo pretorio del Comune.

Specifichiamo ciò da un lato per ribadire la correttezza delle procedure messe in atto dagli uffici e dall’altro per rendere manifesto quanto sia pretestuoso l’affermare di non aver avuto tempo di “leggersi le carte” e che ciò sia solo un modo per uscire dall’aula, in modo disordinato, e fuggire dalle proprie responsabilità. O forse le carte le avevano lette e non avevano trovato argomenti per votare contro. Contro un piano finanziario della Tari che nonostante una sentenza che ci condanna a pagare oltre 700mila euro nel 2018 per debiti risalenti al periodo 2010-2015 non comporta aumenti di costo; contro una serie di riduzioni e agevolazioni per chi voglia mettersi in regola spontaneamente; contro un regolamento di ZTL che è la più grande operazione per eliminare le auto dal centro storico; contro l’eliminazione del Sedile dall’elenco dei beni in vendita; contro un piano triennale delle opere pubbliche che vede l’inserimento di importanti finanziamenti ottenuti da questa amministrazione come la Community Library e la bonifica di via Giada. Forse sono usciti perché non hanno avuto il coraggio di votare contro la Città ma non hanno avuto nemmeno l’onestà intellettuale di riconoscere la bontà del lavoro di questa amministrazione.

Sugli stipendi dei due assessori mentono sapendo di mentire dal momento che avevano avuto la risposta all’interrogazione già il 21 marzo scorso. Per quanto riguarda l’assessore ai Lavori pubblici, Loredana Tundo, si è proceduto ad una trattenuta a saldo di quanto corrisposto già nei mesi di settembre ed ottobre 2017. Per quanto, invece, riguarda l’assessore ai Servizi sociali, Antonio Palumbo, si sta procedendo ad una trattenuta mensile già da gennaio e si proseguirà fino al saldo. L’interrogazione del consigliere Paolo Pulli è stata protocollata in data 7 marzo, quindi a cose fatte. Ci chiediamo a questo punto quale sia il senso della polemica intrapresa e della sceneggiata messa in atto nel corso dell’ultimo consiglio comunale.

 

I capigruppo di maggioranza

Pierantonio De Matteis (Andare Oltre)

Vito Albano Tundo (Galatina in Movimento)

Danilo Patera (Nova Polis)

Noel Alberto Vergine (Idea Galatina)

 
Di Redazione (del 10/02/2019 @ 21:42:56, in Comunicato Stampa, linkato 837 volte)

Non era questa la gara da cui trarre risorse per la classifica, con un pronostico chiuso a favore dei campani, ma esprimersi al meglio per il prosieguo del campionato era quanto meno obbligatorio: e così è stato.

Cuore e carica agonistica erano sul parquet, con Musardo e Iaccarino a scaricare l’adrenalina con esternazioni vocali da lottatori di Judo, tifo e passione smodata sugli spalti con continui supporti sonori ad incoraggiare i propri beniamini.

Gli ingredienti c’erano tutti, però poi bisognava fare i conti un avversario che girava a mille con sincronismi da orologio, sì qualche sbavatura, ma anche potenti attacchi, grandi difese e percentuali realizzative di contrattacco a sfiorare il 60% contro il 22% dei locali.

Pronti via e le due formazioni si presentano con i seguenti sestetti: gli ospiti partono in P1, con Scialò in diagonale ad Antonio Libraro, Bonina ed Enrico Libraro a completare la prima linea, Guancia e Giacobelli rispettivamente in posto cinque e sei, Ardito il libero.

Mister Stomeo risponde con Zonno in P6 avendo in opposizione Buracci e con Durante e Iaccarino gli altri guastatori; in seconda linea si posizionano Musardo e Lotito  con Pierri a surrogare i centrali.

Scialò mette a segno i primi punti ed Enrico Libraro non gli è da meno aprendo il primo break importante per i suoi (5-11),poi Iaccarino , Lotito e Buracci replicano (12-17) ma la risposta della capolista mantiene inalterato il vantaggio(18-23). Cambia poco con le sostituzioni di Petrosino per Durante e di Persichino per Buracci : un doppio errore dei blucelesti chiude il set a vantaggio dell’Ottaviano(20-25).

Il piglio dei padroni di casa nel secondo set è più deciso: la ricezione lievità in positività, ne beneficia Zonno che chiama ripetutamente i due centrali Musardo e Iaccarino a cecchinare i loro dirimpettai Bonina e Giacobelli, considerata la miglior coppia del campionato.

Si apre per Efficienza Energia un break favorevole di 5 punti (11-6) prima che Enrico Libraro e Scialò operino il sorpasso sul 12-13. Lotito e Musardo rispondono con efficacia (19-20) alle realizzazioni degli attaccanti napoletani, teleguidati da un Antonio Libraro che ha nei suoi ricettori, ed in Ardito in particolare, delle certezze monumentali. Poi la chiusura è dell’opposto campano con Lotito ultimo a mollare (20-25).

Ininfluente il cambio sul 19-24 di Calò per Zonno.

Il terzo set si complica per Efficienza Energia quando su un attacco di Lotito, Guancia sale a muro e ricade, invadendo, sulla caviglia del laterale galatinese procurandogli una distorsione. Interruzione di gioco (siamo sul 2-3), prime cure ed abbandono del campo per il martello locale, sostituito dal giovane Petrosino.

Lo spirito di corpo moltiplica le forze a capitan Buracci e compagni e alimenta certezze negli avversari che commettono qualche errore di troppo. Bonina porta i suoi sul 9-13, Scialò e Libraro contengono (18-20) un Musardo esplosivo che terminerà con un 62% di attacchi messi a segno, supportato da un Ciccio Calò positivo anche in difesa.

Sfrutta il suo secondo time-out mister Stomeo, ma un muro di Giacobelli ed un attacco di Enrico Libraro portano a quattro i punti per la capolista. Persichino prende il posto di Durante, Buracci ed un errore di Scialò dimezzano lo scarto, quindi una diagonale precisa ed un ace  del giovane Lorenzo ci portano sul 23-23 complice un rosso esposto a Guancia per ripetute proteste.

Il successivo servizio di Persichino, carico di emotività, termina fuori ed Enrico Libraro chiude la gara con un potente diagonale.

Prestazione generosa degli uomini di mister Stomeo, non indenni da una sterilità di attacco contenuta dai muri possenti di Giacobelli e Libraro  e da una ricezione  non sempre all’altezza, ma in compenso giocata con determinazione e senza remora alcuna.

E’ l’infortunio subito da Lotito che preoccupa la dirigenza, per quella che sarà l’assenza del forte del giocatore nell’economia della squadra. Gli accertamenti strumentali dei prossimi giorni forniranno un quadro più preciso sulle condizioni fisiche dell’atleta e sui tempi per il recupero.

L’augurio per Marco da parte di tutti ,tifosi, atleti e società è quello di una pronta guarigione.

 

TABELLINO

EFFICIENZA ENERGIA GALATINA -GIS OTTAVIANO 0-3 (20-25,20-25,23-25)  

 

GIS OTTAVIANO: E.Libraro 21, Scialò 18, A. Libraro 5, Guancia 8,Bonina 6,Giacobelli 8, Ardito(L) 44%, 28%, Ndrecaj,Lucarelli(ne),D’Alessandro(ne),Bianco(ne),Ammirati(ne),Giuliano(L),

Valla(ne), Settembre(ne). All. Gennaro Libraro

 

EFFICIENZA ENERGIA GALATINA: Apollonio(ne),Musardo 10,Iaccarino 6,Durante 3,Calò,Rossetti(ne),Pierri(L) 36%,21%,Persichino 2, Lotito 9,Zonno 1,Petrosino,Buracci 8.

All.Giovanni Stomeo   Ass. Antonio Bray

 

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

EFFICIENZA ENERGIA

 
Di Antonio Mellone (del 23/12/2013 @ 21:42:23, in NohaBlog, linkato 2539 volte)

Ormai, come diceva quel tale, solo un Dio ci potrà salvare. E allora a Natale nasca per noi un Dio-Salvatore. E questo Dio non sia un Dio irraggiungibile ma un Dio vicino; non un vincente, ma un Bambino che sta dalla parte dei vinti; non un sommo sacerdote capriccioso e vendicativo, ma un pargolo adagiato nei bassifondi del mondo e in grado di ascoltare gli altri senza escluderli in nome di dogmi o convenienze.

Nasca per noi un Dio che ci liberi da tutte le religioni dei sopraffattori, che sia povero tra i poveri, che annunci il vangelo della liberazione degli oppressi. Nasca un Dio  che non tolga alle persone non sposate il diritto di amare, non proibisca il preservativo che ostacola la diffusione di malattie, non sia maschilista, e non discrimini l’altra parte del cielo, di qualunque sesso questa sia. Nasca un Dio che favorisca la libertà di coscienza, e non imponga alle donne le sue convinzioni sull’aborto, ma stia loro vicino con amore e solidarietà.

Venga in mezzo a noi un Dio che ripudi ogni guerra, aborrisca ogni arma e disarmi i suoi discepoli. Venga qui da noi un Dio che non sia convinto di avere la verità in tasca, ma che la cerchi insieme agli altri anelando all’Umanità. Nasca per noi un Dio che si arrabbi quando è necessario, e scacci dal tempio i mercanti, i ladri ed i bari, i clerico-fascisti, gli arrivisti, i pettegoli, i delinquenti vestiti di broccato, i violenti travestiti da agnelli.

Nasca ancora per noi un Dio che abbia il volto di una ragazza mai baciata o quello di un giovane senza amore, che indossi le vesti di chi marcisce in carcere, che stia dalla parte delle vittime delle sacre inquisizioni e delle intolleranze religiose.

Il nostro Dio nascente sia un disoccupato, un precario, un lavoratore a scadenza, un esubero in nome del profitto, un licenziato a causa dell’“efficientamento”, uno schiavo moderno sfruttato e senza diritti, un morto sul lavoro sacrificato alla produzione, un emigrante considerato clandestino da una legge barbara, una prostituta sfruttata dai papponi di basso o alto bordo, un perseguitato a causa del colore della sua pelle, della sua lingua, della sua fede, un omosessuale discriminato dai perbenisti di facciata, un palestinese derubato della sua terra, un disabile senza più assistenza, un malato vittima dei tagli della sanità e del disinteresse (o interesse) di chi dovrebbe prendersene cura.

Nasca un Dio la cui chiesa stia dalla parte degli sventurati non solo per far loro l’elemosina, ma per pretendere con loro giustizia e diritti.

Il nostro Dio non si riempia la bocca di “crescita, sviluppo, competitività”, ma insegni la decrescita felice, faccia piazza pulita del liberismo e del turbo-capitalismo di rapina, ci liberi dalle speculazioni finanziarie, ci salvi dai rapporti impuri e parassitari tra chiesa e potere, e non ci induca nella tentazione del denaro fine a se stesso, dell’egoismo, della fiera delle vanità.

Il nostro Dio freni la mano di chi firma progetti faraonici inutili e devastanti che derogano al buon senso della tutela del territorio, freni le colate del cancro cementifero e dell’asfalto che saccheggia e impermeabilizza il suolo, e fagocita il futuro.

Non ridicolizzi, il nostro Dio, chi denuncia i rapporti impuri tra Stato e mafia, tra politica e affari, e chi lotta contro la voracità edificatoria in nome delle espansioni urbanistiche, dei centri commerciali, dei comparti-truffa, delle strade a quattro follie.

Nasca per noi un Dio che scenda in piazza per contrastare la disinformazione, l’ignoranza pilotata, gli interessi di bottega, e sproni alla lotta che è voce del verbo amare, alla partecipazione ed alla cittadinanza attiva, e marci quale indignato speciale alla testa dei cortei in difesa della nostra Carta Costituzionale.

La nascita di questo Dio dipende anche da noi.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 10/10/2016 @ 21:42:15, in NohaBlog, linkato 1908 volte)

Avete provato per caso a leggere l’articolo 70 della nuova carta (igienica) costituzionale?

Un vero capolavoro, un’opera di Manzoni: Piero, s’intende, non Alessandro, la cui opera principale è racchiusa in alcune scatolette, 90 barattoli per la precisione, conservati in diversi musei d’arte contemporanea dislocati in tutto il mondo.

Ebbene, l’articolo 70 è l’emblema sommo di questa schizzoforma.

Il vecchio articolo, con 9 parole (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”) illustrava l’iter di formazione delle leggi; il “nuovo”, che riporto integralmente nel poscritto, con 439, più che l’iter il vater.

Eppure lo sanno anche i bambini delle elementari che una Costituzione dovrebbe essere semplice, chiara, accessibile a tutti (e non soltanto ai legulei alla dottor Azzeccagarbugli, deboli con i forti e stronzi con i deboli).

La Costituzione di una Democrazia degna di questo nome non può essere nevrotica, tecnicistica, verbosa, labirintica, incomprensibile (anche agli stessi suoi estensori, anzi stenditori), né può presentarsi con mille esasperanti rinvii ad altri articoli e ai rispettivi commi, come invece è la Boschi-Verdini-benigni, un'accozzaglia di locuzioni bisbetiche e contorte che manco il codice della strada quello della navigazione e un regolamento di condominio messi assieme. Sono certo che senza il testo a fronte non dico i suoi sostenitori (figurarsi), ma nemmeno i suoi autori sarebbero in grado di spiegarla agli altri. Secondo me nessuno, dico nessuno, dei sostenitori del sì ha mai letto, arrivando sino alla fine, quest’aborto di articolo.

*

Del resto si sa che chi pensa male scrive peggio. Immaginatevi come governa.

Ma il problema di questa norma non sta tanto o solo nella forma sgradevole del suo lessico, quanto nella sostanza. Questa procedura in effetti complica l’iter di formazione delle leggi in circa 10 diversi meccanismi, con conseguenti molto probabili contenziosi (e conflitti di attribuzioni) tra Governo e Parlamento, fra Camera e Senato, e soprattutto fra Parlamento e Regioni davanti alla Corte costituzionale. Tutto questo sempre a proposito di “semplificazione” sbandierata ai quattro venti.

 *

 Più che democrazia questa è demenza senile, anzi senatoriale.

 *

E’ proprio vero che questa cacoforma costituzionale ha spaccato il paese in due: da una parte quelli che votano NO. Dall’altra i soliti: che a loro volta si dividono tra i (pochi) interessati - tipo i renzini attaccati alla cadrega, e poi i Marchionne, i Briatore, i Chicco Testa, l’ambasciatore americano in vacanza, JP Morgan, la Coldiretti, altri massoni, e tutti quelli che “ce lo chiede l’Europa” - e the last but not least la moltitudine di chi non ha (mai) capito una mazza.

[continua]

Antonio Mellone

 

P.S. 1 Eccovi il nuovo (nuovo si fa per dire) art. 70. Scusateli tanto.

«Art. 70. -- La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma.

 

Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati».

P.S.2 La vignetta è di Vauro, nell’attesa, sempre, di una vignetta sul tema da parte di Marcello D’Acquarica.

 
Di Antonio Mellone (del 21/08/2021 @ 21:41:54, in Fetta di Mellone, linkato 2883 volte)

Ci ho dovuto riflettere alquanto prima di tagliare quest’n-esima fetta: infatti, nelle migliori scuole di giornalismo (che io non ho frequentato, ma so come va il mondo avendo fatto il militare a Cuneo, vabbè a Milano) dicono che la notizia non sia il cane che morde l’uomo, ma il contrario. Ergo questo pezzo sarebbe (stato) totalmente inutile in un contesto diverso, o per meglio dire normale.

È che però, nelle mie ricerche sull’archeologia nohana, non mi sembra di essermi mai imbattuto in una cerimonia solenne di tal fatta: pertanto, salvo sviste o omissioni, trovandomi nel campo, appunto, delle notizie, essendo questo avvenimento il primo nel suo genere, mi accingo a lasciare su questa pergamena (elettronica) quelle impressioni che, pur con i miei illimitati limiti, ho la presunzione di pensare contribuiscano a fare la Storia del mio paese, scritta finalmente in maiuscolo e d’ora in poi mai più di serie Zeta.

Ebbene, senza tirarla troppo per le lunghe, il primo di agosto scorso due ragazzi si sono uniti civilmente ovvero – preferisco questa seconda formula -  sono convolati a nozze: si tratta di Jerry Misciali di Noha e di Antonio Antonazzo di Parabita. Non me ne vorranno, gli sposi, se per questo passaggio utilizzo alcune immagini pescate dai loro profili social, quindi già pubbliche, e nemmeno gli autori delle rispettive foto, nei confronti dei quali mi dichiaro sin d’ora disponibile a citarne il nome quale giusto guiderdone al loro copyright.    

Nel titolo parlavo di fichi. Ma ci terrei a precisare che non v’è alcun riferimento alla botanica, dunque alle Moracee nelle centinaia delle loro varietà e ai relativi frutti eduli, freschi o essiccati; e men che meno al modo di dire “Fare le nozze coi fichi secchi”, pare coniato nel 1896 in occasione del matrimonio tra Vittorio Emanuele di Savoia e la principessa Elena del Montenegro per indicare le non proprio prosperose finanze dell’augusta consorte. Oltretutto, per la cronaca, i fichi di certe geografie rientrano nella categoria dei presidi slow food, vere e proprie eccellenze gastronomiche, e sembra ne fossero stati offerti in abbondanza, insieme ad altre leccornie s’intende, persino nel “rinfresco” reale seguito allo sposalizio di William e Kate.

Invece questa volta mi riferisco al concetto più popolare (magari gergale) di fico, allorché in maniera icastica vogliamo far riferimento a qualcosa o a qualcuno che risponda agli attributi di piacevole, accattivante, originale, sollecitandone al contempo approvazione, compiacimento e complimenti.

Sì, esclusivamente in questi termini dico che si è trattato di nozze coi fichi, a partire dagli sposi: ma non solo in quanto belli, eleganti, radiosi, manco un pelo delle loro barbe fuori posto (ma quanto si somigliano ‘sti carusi), e giacché pure ironici, e imbranati quanto basta come accade a quasi tutti i coniugi del pianeta nel giorno degli sponsali, ma soprattutto perché hanno saputo tener duro facendo comprendere a chiunque che non esiste una parte “sbagliata” della storia, e che spesso certe barriere architettoniche mentali (se non proprio culturali o addirittura intellettuali) son fatte di perbenismi puritani e adattamenti conformisti, quando non di ipocrisie apocalittiche. La verità, che brilla della sua stessa perspicuità, o è di carne o è ideologia di bassa lega: e sarebbe il caso che il potere ne prendesse atto una buona volta.

Non posso concludere queste note senza un cenno a quanto fichi siano (stati) i genitori dei coniugi, non tanto nell’aver superato brillantemente il groppo emotivo della giornata epocale, quanto per l’orgoglio e la dignità dimostrati nel rimanere accanto ai loro “bambini” in ogni attimo di questa bella realtà. Ma fichi, di più, fichissimi sono anche gli altri parenti (a partire dai più anziani, straordinariamente moderni e laici, per finire ai giovanissimi, testimoni e si spera protagonisti di cieli nuovi e terra nuova), e il resto degli invitati, senza tralasciare, in questa era di cibernetica, gli amici diciamo in Dad (incluso il sottoscritto), che non hanno lesinato sui like all’indirizzo dell’avvenimento, di chi l’ha pensato, voluto e raccomodato.

Sono certo che d’ora in poi “tracce” di unioni civili di tal natura saranno rinvenibili ovunque, oltre che negli archivi dello stato civile di ogni comune, anche nei registri parrocchiali locali e globali, in quelli delle moschee, delle sinagoghe, dei santuari shintoisti, insomma negli elenchi conservati nei templi di ogni religione.

Per di più, se Dio è amore non può non benedire legami sacri (e fichi) come quello di Jerry e Antonio.

Antonio Mellone

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/10/2013 @ 21:40:10, in Cultura, linkato 3523 volte)

Nel 1973, esattamente 40 anni fa, veniva alla luce il volumetto “Storia di Noha” edito da “Grafiche  C.Borgia” di Casarano. E’ opportuno ricordare quell’evento, anche per verificare il cammino che si è fatto e non spegnere l’entusiasmo che aveva creato.

Ero da poco rientrato in Italia, dopo 5 anni di Missione in Canada, e per motivi di salute mi fermai a Noha oltre il previsto. Fu così che, tanto per passarmi il tempo, cominciai a curiosare nell'archivio parrocchiale di Noha. Trovai un libretto di una cinquantina di paginette intitolato: “L'Università e il Feudo di Noha - Documenti e Note” scritto da un certo prof. Gianferrante Tanzi, ed edito nel 1906 da Tipografia Cooperativa a Lecce. Questo scritto prezioso, essendo ovviamente fuori catalogo, non è facilmente reperibile.

Le mie ricerche su Noha partirono proprio da lì. Mi resi conto, leggiucchiando il libriccino del Tanzi, che Noha aveva avuto una storia molto antica e molto ricca di notizie, anche se quello che leggevo in quel libercolo a volte era vago e impreciso. Mi venne voglia perciò di fare ricerche più accurate.

Mi misi a intervistare testimoni qualificati e informati su alcune notizie e tradizioni di Noha. Cominciai a consultare anche altri documenti di storia locale, arrivai all'archivio vescovile di Nardò, di cui ab immemorabili Noha aveva fatto parte, consultai l'archivio di Stato di Lecce e la biblioteca comunale di Galatina. Negli spostamenti sovente mi guidava don Donato Mellone, in quel tempo Arciprete di Noha, a cui devo tanta gratitudine sia per la sua grande disponibilità ad accompagnarmi e sia per avermi permesso di consultare l'archivio della Parrocchia.

Dopo circa un anno di ricerche (1972-1973), per la prima volta davo alle stampe la prima edizione. Di Noha e della sua storia nessuno conosceva le antichità, nessuno ne parlava, nessuno sapeva, neanche a livello di istituzioni o di cosiddetta gente di cultura.

Il libro di appena 90 pagine fu stampato a Casarano dall’editrice Borgia; mi sovvenzionò la stampa un'amica dei Missionari della Consolata che avevo conosciuto durante la mia permanenza a Salve, un comune vicino Santa Maria di Leuca. Furono stampate 300 copie, arricchite da una mappa del paese che avevo fatto io stesso in maniera molto artigianale, senza essere né un tecnico né un geometra, tracciandone il disegno delle strade che percorrevo con la mia Bianchina. Anche le foto le avevo fatte io stesso in bianco e nero. Il volumetto fu messo in vendita a 1.000 Lire la copia e andò letteralmente a ruba, soprattutto perché l'avevo arricchito con una raccolta di proverbi dialettali e di alcune mie poesie in dialetto che suscitarono (finalmente) la curiosità dei nohani. Quell’edizione si esaurì in men che non si dica.

Pubblicato e venduto quel libro, le mie ricerche non finirono più. Per me era naturale continuare ad approfondire le ricerche su Noha (che, voglio dirlo con determinazione anche ai giovani, danno sempre grandi soddisfazioni).

Dopo 15 anni, scoperti nuovi documenti, nel 1989 chiesi al Sindaco di Galatina, che in quel tempo era l’On. beniamino De Maria, se valeva la spesa stampare i miei aggiornamenti. Fu così che l’Amministrazione Comunale si prese cura del mio scritto, approvò e sovvenzionò completamente la stampa della nuova opera con 4 milioni di Lire. L’Editrice Salentina di Galatina stampò così la seconda edizione della mia “Storia” in mille copie, questa volta arricchita dalle foto in bianco nero dello studio fotografico Mirelfoto- Pignatelli di Noha, oltre che quelle del mio archivio.

Feci la “presentazione” della nuova edizione alla scuola media di Noha dove fu adottata come testo di cultura locale: l’edizione era più ampia della prima per i contenuti ma anche più elegante nella forma.

Intanto io continuavo le mie ricerche (le notizie sono come le ciliegie: una tira l’altra) e scoprivo altre notizie sempre molto interessanti. Trovai per esempio una relazione sullo stato della parrocchia da parte di Don Michele Alessandrelli, arciprete di Noha dal 1847 al 1882, che, in occasione della visita pastorale del Vescovo di Nardò, aveva compilato con molta precisione di particolari preziosissimi. Trovai anche una relazione ricchissima di informazioni del “primo” Vescovo di Nardò che ritenevo molto interessante.

Inoltre analizzando meglio tutti i documenti dell'archivio parrocchiale, che lessi e trascrissi in “file digitali” per scoprire i miei antenati (ho potuto costruire cos’ il mio albero genealogico fino al 1500), trovai notizie abbondanti sulla situazione sociale, religiosa, economica e politica della gente di Noha. Erano tutte notizie preziose che meritavano di essere pubblicate.

Erano passati trent’anni dalla prima edizione. La seconda edizione era ormai esaurita. Valeva la pena far conoscere al pubblico le notizie di cui ero venuto a conoscenza. Cercavo il modo di stampare una terza edizione, ma come tutti sanno, la difficoltà principale in questo settore dell’editoria locale era proprio quella di reperire i fondi, o comunque trovare un mecenate che si prendesse cura della cosa.

La mia destinazione a Galatina nel 2003 in qualità di parroco della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria e l’incontro con il Dott. Antonio Mellone fu provvidenziale. Fu Antonio che venne a cercarmi in parrocchia per propormi di stampare i miei aggiornamenti con una nuova edizione elegante, bella, ricca, di lusso, direi anche spettacolare e impensabile e degna di stare nelle migliori biblioteche nazionali ed estere (come di fatto mi risulta essere) e nacque così il volume Noha, Storia, Arte, Leggenda. Grazie all’editore-mecenate, il compianto Michele Tarantino, l’edizione venne alla luce nel 2006. In quella occasione Michele ebbe a scrivere: “Questo libro è a tutti gli effetti un bene culturale, un dono, un regalo che ho voluto fare innanzitutto a me, ma anche a mia moglie, legata, come me, alla terra dei nostri genitori; e - consapevole del fatto che i buoni frutti nascono da alberi che hanno coscienza delle loro radici - ai miei figli, nati e cresciuti nell’Italia del Nord, affinchè conoscendo la Storia di quello sperduto paese di provincia che risponde al nome di Noha, imparino sempre più ad amare e a rispettare le loro stesse origini; ai miei conterranei salentini ed ai miei amici sparsi in ogni parte d’Italia, e a tutti quanti si degnino di leggere e consultare questo volume, perché, benché a volte mute, anche le piccole realtà locali possono essere importanti testimoni della Storia”.

Grazie Michele Tarantino per questo messaggio così caldo e sentito! Oggi anche tu sei una pagina bella della Storia di Noha.

Ma le mie ricerche sono sempre continuate (secondo quel saggio proverbio nohano secondo il quale: fino alla bara sempre s’impara). Oggi a 40 anni da quella prima edizione posseggo notizie e scoperte che quarant’anni fa erano impensabili e sconosciute a tutti. Tante sono state rese pubbliche sul nostro giornalino on-line l’“Osservatore Nohano” di felice memoria.

Ma a questo punto sarebbe opportuna una pubblicazione nuova “ordinata e completa” di come avevo immaginato che fosse la storia del mio paese, quando, esattamente quarant’anni fa, resi pubblica la mia prima edizione della “Storia di Noha”.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Redazione (del 21/09/2015 @ 21:39:33, in Un'altra chiesa, linkato 2099 volte)

Non tocco il problema dell’amnistia ai carcerati. Non saprei esattamente se il Papa si riferisse ad un condono di pena anche nel campo civile. Vorrei parlare invece di ciò che ritengo più attinente al campo della fede, ovvero della remissione dei peccati e delle indulgenze.

Non vorrei tornare a parlare delle indulgenze. Ho già detto più volte il mio pensiero, che si fonda su argomenti anche teologici. Le indulgenze sono la più grossa balla della Chiesa, che per secoli e secoli ha distribuito grazie e condoni a titolo “personale”, strumentalizzando i voleri di Dio secondo interessi puramente terreni. Fino a quando parlerà di indulgenze, la Chiesa resterà vittima di se stessa, e starà al gioco di chi imbroglia e inganna le anime più allocche.

Sul ritorno ad una grande confessione assolutoria dei peccati da estendere a tutti, ho forti dubbi sulla sua efficacia interiore. Sarà un fallimento generale, anche perché, dopo aver allontanato numerosi penitenti perché scomunicati, sarà difficile dir loro: Scusate, siamo stati troppo cattivi! Ora vi aspettiamo…

A parte il fatto che anche qui, oltre ad una iniziale irritazione, la gente, anche credente, ha imparato a fregarsene delle scomuniche. La Chiesa ha scomunicato i comunisti, e i comunisti hanno continuato come prima, e, se si sono poi estinti, non è stato per le scomuniche, ma perché i tempi sono cambiati. Quando i comunisti sono passati all’altra sponda, votando Berlusconi e Lega, allora la Chiesa li ha riammessi ai sacramenti. Mi chiedo: era meglio il comunismo oppure il berlusconismo e il razzismo leghista? Ora la Chiesa, almeno in parte, si sta accorgendo di ciò che di male ha fatto il berlusconismo e ciò che di male sta facendo la Lega. Troppo tardi!

Non vorrei insistere nel ripetere che oggi bisognerebbe riscoprire ciò che è il vero “peccato”, in una società dove i comportamenti personali incidono nella misura in cui i rapporti sociali sono violati dal punto di vista soprattutto della giustizia e della fratellanza. Non credo che la masturbazione o l’uso del preservativo producano effetti  devastanti sulla società. Anche il problema degli omo per la Chiesa non è mai stato una questione diciamo di carattere sociale, ma solo etico, in nome di quelle norme veterotestamentarie che erano il prodotto di un altro tipo di società, sempre condizionata dalla religione. Dio approva ciò che la religione vuole.

Perché la Chiesa è ancora così chiusa al sesso, ai diritti civili da estendere anche alle coppie di fatto, agli omo, ecc.?E poi parla di amnistia ai carcerati? Ma chi sono i veri carcerati? Solo quelli che si trovano nelle prigioni statali? E che dire delle anime rese schiave da una religione senza cuore?

Da ultimo. Presso gli ebrei, il giubileo aveva anzitutto uno scopo di carattere sociale. Ogni tot anni, i debiti venivano estinti e i beni della terra tornavano agli antichi proprietari: questo per evitare l’accumulo, ciò che oggi chiamiamo latifondismo o capitalismo. Perché il Papa non parla di queste cose? Perché non invita i potenti a estinguere i loro crediti nei riguardi delle popolazioni più povere: povere anche perché sfruttate dagli stessi creditori?

Mi sarei aspettato che il papa, per il prossimo giubileo, calcasse la mano su coloro che hanno troppo, per aver rubato a milioni di persone il loro diritto ad avere il “suo”. Non sto dicendo che la Chiesa, nelle sue Encicliche sociali, non abbia mai parlato di destinazione universale dei beni, ma vorrei dire che il Giubileo è una grande occasione per insistere e battere questo chiodo.

Ma tutto si ridurrà ad una grande messinscena, anche spettacolare, con una tale migrazione di pellegrini da competere con la massa dei poveracci che fuggono dai loro paesi in cerca di un po’ di felicità. Tranne che questi ultimi procurano paure e anche violenze, mentre i romei in cerca di qualche perdono per le loro malefatte faranno magari crescere il pil e anche le casse vaticane.  


0209/2015

Don Giorgio De Capitani

 
Di Antonio Mellone (del 14/11/2013 @ 21:39:23, in Fotovoltaico, linkato 3779 volte)

A proposito di campi di concentramento di impianti fotovoltaici nohani volevo cogliere l’occasione per ricordare, nel loro terzo anniversario, le storiche parole dell’ex-sindaco di Galatina Giancarlo Coluccia pronunciate nel corso di un intervista apparsa on-line anche su questo sito il 2 settembre 2010, conversazione davanti a telecamera e microfono, condotta dal bravo Tommaso Moscara. Che davvero non so come faccia a non scoppiare in fragorose risate in faccia all’interlocutore di turno, rimanendo invece imperturbabile di fronte alle scemenze propinategli dai politici di ieri e di oggi, inclusi gli americani e i Russi. Ma questa è un’altra storia.  

*

Il per fortuna ex-sindaco di Galatina, a proposito del fotovoltaico, riuscì in quell’intervista da manuale a concentrare in poche ma sintatticamente malferme parole un incredibile numero di baggianate.

Dopo aver premesso che probabilmente la calura estiva poteva aver annebbiato la mente a qualcuno (inclusa certamente anche quella del sottoscritto) che s’era permesso addirittura di lottare insieme ad altri contro l’invasione dei pannelli in mezzo alla campagna, dopo essersi retoricamente chiesto se noi fossimo o meno per le energie alternative, e dopo aver aggiunto che comunque la sua amministrazione non aveva alcuna responsabilità in merito al fotovoltaico, il Giancarlo nostrano si è esibito in sperticati numeri da trapezista che neanche al circo Orfei. Se si fosse fermato alle prime elucubrazioni forse avrebbe fatto miglior figura. Ma i salti mortali evidentemente provocano in certi folkloristici personaggi una qualche forma, come dire, di ebbrezza.

Così continuava a blaterare il nostro pervicace e per grazia di Dio ex-sindaco: “…Se andiamo a vedere quei terreni, sono terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi. Non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola. Fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti”. E così via di questo passo.

*

Chiaro? Il sindaco e la sua giunta non ne erano i responsabili. Ma se dobbiamo dirla tutta, di fatto, almeno politicamente un pizzico lo erano, eccome. Questo si evince dagli atteggiamenti e dalle parole. Il sindaco sembrava quasi rammaricarsi per non essere stato lui, ma altri, a dare l’imprimatur a codesto impianto di “energia alternativa”. Del resto nessun esponente dell’allora maggioranza (e a dire il vero anche della sedicente opposizione) sembrava non dico avversare ma almeno batter ciglio contro lo scempio dei nostri campi occupati dall’invasore. Anzi! Visto che i “terreni sono impervi” e non “dalla grande produzione agricola” tutto sommato – così si arguisce – si poteva pure fare il megaparco di pannelli in contrada Roncella. E così sia.

*

Chi va a dire al poveretto che anche “i terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi” sono fondamentali per la biodiversità vegetale ed animale? Che la fotosintesi clorofilliana non è solo quella delle “grandi produzioni agricole” ma anche quella delle erbe spontanee, molte delle quali edule, e dei “pascoli per i greggi”? Che per quanto si possa “piantumare” con siepi perimetrali un parco fotovoltaico di quella estensione, il disastro rimane nei secoli dei secoli? E che eventuali siepi anche fitte sarebbero niente altro che il classico tappeto sotto il quale nascondere la polvere? E che la siepe del parco nohano, fatta tra l’altro con alcuni ulivi già secchi, è semplicemente ridicola?

Chi va a spiegare a questi mostri di intelligenza che per un piatto di lenticchie anzi di briciole, oltretutto una tantum, gentilmente concesse dai nostri conquistadores, non si può svendere la nostra primogenitura e che, dunque, non sono sufficienti “la ristrutturazione del canile di Galatina” ed “il rifacimento della villetta Fedele in via Soleto” per indennizzarci della perdita del panorama, del futuro, della faccia, della dignità, della bellezza e, non ultimo, dei soldi (che tra l’altro, a quanto pare, imboccano la strada per la Germania direttamente da contrada Roncella senza manco transitare da Galatina)?

Chi va a spiegare a chi si rifiuta di capire persino l’ovvio che questa non è assolutamente “energia alternativa”?

E’ “alternativa” (oltre che rinnovabile) quell’energia che compensa la minor produzione di corrente elettrica prodotta ad esempio da fonti fossili come petrolio, gas e carbone. Il che non è. Abbiamo cercato di dire, ridire e ricordare minuziosamente almeno un milione di volte che questi impianti fotovoltaici danno ai titolari il diritto di ottenere i cosiddetti “certificati verdi”. Cosa sono? Ma sicuramente l’ennesima truffa, in quanto si tratta di veri e propri permessi di inquinare, liberamente negoziabili a prezzi di mercato. I suddetti attestati, dunque, vengono venduti, tra gli altri, anche e soprattutto alle centrali di produzione di energia tradizionale, che a loro volta, grazie a questi permessi di inquinare, possono addirittura aumentare e non ridurre la produzione di corrente da fonti non rinnovabili. Altro che “energia alternativa”.

La centrale di Cerano, per dire, nonostante la Puglia sia ormai completamente ricoperta da pannelli fotovoltaici (e tra poco anche da pale eoliche: non ci facciamo mancare niente) non ha ridotto di un solo kw la sua produzione, anzi l’ha addirittura aumentata. Con quali conseguenze? Ma ovviamente con maggiori emissioni di fumi, anidride carbonica, gas di scarico ed altre schifezze che arrivano anche da noi grazie a quel “gasdotto” naturale che è la tramontana. A questo si aggiungano le autoproduzioni salentine di diossina e miasmi ed esalazioni varie provenienti dai camini di certi altiforni svettanti intorno a noi come la torre Eiffel ed il quadro è completo.

Poi uno si chiede come mai nel leccese, e a Galatina e dintorni in particolare, si muore molto di più che in altri luoghi per neoplasie, mesoteliomi, e cancro all’apparato respiratorio.

*

Infine, come far comprendere a questi signori, per i quali sembra che la logica sia un’allergia, il concetto basilare per cui non serve una centrale da un milione di kw ma un milione di utenti che mettono in rete un kw ciascuno? Dunque l’energia solare va benissimo, ci mancherebbe altro; ma in impianti di micro-generazione energetica e non in mega-impianti in mezzo alla campagna, anche se piena di cozzi, impervia, o morfologicamente assimilabile ad una pseudo-steppa. E’ così difficile da comprendere questa roba? Questi signori hanno mai preso in mano un libro, che so io, di un Jeremy Rifkin, ammesso che conoscano il professore e le sue ricerche scientifiche?

Anzi, formuliamo meglio: hanno mai preso in mano un libro (che non sia, per favore, il tomo-panettone di Bruno Vespa)?

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 12/02/2015 @ 21:39:01, in Comunicato Stampa, linkato 2763 volte)

Galatina "ombelico del Salento", così chiamata in quanto posta esattamente al centro del territorio salentino.

Rappresenta uno dei principali poli turistici del territorio grazie alla ricchezza ed all’originalità del proprio patrimonio storico, culturale ed enogastronomico.

I gioielli artistici di Galatina sono custoditi principalmente all’interno della cinta muraria del XVI secolo, dove palazzi nobiliari, corti e vicoli, rendono suggestiva la visita e l’ammirazione del barocco galatinese.

Autentico fiore all’occhiello è la francescana basilica di Santa Caterina d’Alessandria del XIV secolo situata nell’antica Piazzetta Orsini, come anche la centrale chiesa matrice dei Santi patroni Pietro e Paolo che impone la sua facciata barocca sull’omonima piazza nel cuore del centro antico.

La vastità e l’imponenza del patrimonio architettonico espresso, ha portato alla conquista da parte di Galatina del titolo di “Città d’arte”, che ha spinto l'amministrazione comunale ad investire sulla creazione di alcuni brand turistici che focalizzano l’attenzione proprio sulle potenzialità espresse della città.

In questo senso è giunta già alla quinta edizione la manifestazione “Le Corti a Mezzanotte”, che rappresenta uno dei principali brand turistici su cui Galatina ha deciso di puntare, anche alla luce dei risultati.

Nata nel 2011, “Le Corti a Mezzanotte” è una manifestazione che si tiene all’interno della splendida cornice del centro storico di Galatina, nell’arco di una serata, generalmente nell’ultima settimana di Agosto (VI edizione 21 agosto 2015).

Durante questa serata oltre agli antichi palazzi barocchi, il borgo apre a tutti i visitatori le sue principali corti, che sono valorizzate ed arricchite da esposizioni pittoriche, da spazi musicali e da percorsi enogastronomici, che contribuiscono

a far assaporare in tutte le sue forme il barocco galatinese. (www.lecortiamezzanotte.it)

Non a caso Galatina oltre al marchio di “Città d’arte” possiede anche il marchio di “Città del vino”, in virtù dell’antica e sempre attuale produzione di vino locale, portato avanti negli anni da importanti cantine vinicole che contribuiscono ad esportare il nome di Galatina a livello nazionale ed internazionale.

Ecco perché nasce, il festival “Barocco wine music” attivando un sistema di promozione ed avvicinamento alla cultura del vino con oltre 200 etichette regionali.

Barocco wine music, manifestazione organizzata nel mese di Ottobre (edizione 2015 10 ottobre), rappresenta da questo punto di vista il secondo brand turistico sul quale l'amministrazione comunale ha investito, in linea con la tradizione e con i marchi posseduti dalla città. (www.baroccowinemusic.it)

Molte le tradizioni culinarie e sopratutto dolciarie del territorio: africano, mustacciolo, sibilla, mafalda e il famoso pasticciotto, una grande tradizione che esplode già nel 1745 nella bottega pasticciera della famiglia Ascalone con questo dolce tipico composto da pasta frolla farcita di crema pasticcera e cotto in forno.

Così da una grande tradizione dolciaria ma anche enogastronomica nasce "Dolce Città Nostra" che si presta alla sua seconda edizione dopo il grande consenso ottenuto.

La manifestazione si terrà domenica 12 aprile 2015 in occasione della giornata

"La Penisola del Tesoro" del Touring Club che ha scelto, insieme ad altri otto comuni italiani, anche Galatina dove saranno presenti circa 900 associati.

La Penisola del Tesoro 2015 è un’iniziativa importante del Tci che da 16 anni porta i soci a scoprire i beni culturali meno noti prendendo come punto di riferimento, il patrimonio negato, per valorizzare un patrimonio fondamentale per il futuro del Paese.

“Galatina investe anche nei nuovi sistemi di comunicazione on-line per dare servizio alla città stessa ma soprattutto – come rimarcano il sindaco Cosimo Montagna e l’assessore al Turismo Alberto Russi - per incentivare i turisti a fruire e muoversi liberi nel grande patrimonio architettonico. Già da due anni Galatina ha investito nella guida virtuale con i codici qr diffusi tramite paletta sui maggiori monumenti del centro storico che permettono al turista di avere tutte le informazioni utili senza nessuna guida.

Aderisce quest'anno al progetto dell’Associazione culturale AMiCA (Audio Musei a Cielo Aperto), che ha il principale obiettivo di promuovere il patrimonio culturale attraverso lo sviluppo di progetti e strumenti innovativi”.

Strumenti che si fondono con la creazione dell’APP GalatinaAmica, disponibile in italiano e inglese per IOS e Android che presenta 6 sezioni principali: Monumenti (contenente le schede dei beni esaminati con foto, descrizioni, ubicazione nonché la relativa traccia sonora), Categorie (in cui sono presenti alcuni selezionati consigli per l’utenza), Itinerari (sezione in cui sono presenti i percorsi per fruire di tutti i beni analizzati), Mappa (contenente i punti di interesse) e Downloads (sezione contenente l’elenco delle audioguide disponibili sul proprio dispositivo e quindi fruibili in OFFLINE). Lo strumento realizzato è una proposta per una visita multimediale della città, un cicerone interattivo che grazie alla funzione Realtà Aumentata porterà il visitatore a scoprire ciò che ha intorno. (www.arteamica.com)

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/04/2019 @ 21:38:54, in NohaBlog, linkato 1501 volte)

Be'... Non ci credevo più nemmeno io. A forza di vedere in giro alberi capitozzati e altri tutti secchi, con al massimo qualche rara parvenza di fogliame, pensavo che solo un miracolo potrebbe salvare i nostri ulivi. Dopo aver visto gli alberi di Michele, invece, mi si è riaperta la speranza.

Il mio cuore ha sentito come il chiudersi improvviso di un taglio che perdeva, perdeva appunto, la speranza.
E pensare che Michele non è un contadino, di mestiere fa tutt'altro. Eppure il suo giardino sembra la vetrina di un gioielliere, i suoi ulivi sono tutti in fiore, tutti. Nonostante il suo campo sia circondato da terreni trascurati e ulivi malandati. Cosa fa per mantenerli così? Semplicemente li tratta con la poltiglia bordolese, una potatura arieggiata che ha fatto lui stesso e infine, dice Michele, con le piante ci parla, le tratta come fossero delle persone care.

Osservavo il confronto tra i due uliveti, sono perfettamente uno di fronte all’altro ai lati della strada, in via Aradeo, esattamente nei pressi del viale che porta all’antica Masseria della Contessa, osservavo dicevo, l’incredibile condizione dell’uliveto dirimpetto a quello di Michele, è stato ghigliottinato barbaramente, e lasciato soffocare dal sottobosco di erbe spontanee, mentre le piante di fronte, quelle del nostro amico, sono l’esatto opposto, con un carico di fiori inimmaginabile.

Con questo non voglio dire che basta fare semplicemente come fa Michele e tutti gli ulivi del Salento guariranno o risorgeranno. Certamente in giro lo scenario degli ulivi secchi e tagliati come dei crocefissi nudi, è reale e raccapricciante. Non entro nel merito del come ha avuto inizio questa storia, tanto se ne è parlato ovunque e in abbondanza, quello che non è ragionevole è invece il fatto che stiamo tutti cadendo nella trappola dell’”ormai non c’è più niente da fare, seccheranno tutti”. Così concludono i tanti contadini e non, scoraggiati da questa situazione. Invece bisognerebbe prenderci cura di ciò che abbiamo, e sono tanti gli uliveti come quello di Michele. Ci stiamo affannando per impiantare nuove cultivar spacciate per essere resistenti, con promesse favolose, ma che nessuno garantisce, anzi è già risaputo che bisognano di un intensivo uso di fitofarmaci e di risorse idriche, due condizioni, l’ambiente e le risorse idriche, già fortemente compromessi.

Tutto il contrario dei nostri ulivi che hanno vissuto con eccellenza per secoli su terreni spesso pietrosi e secchi.

E la cosa ancor più orripilante, è che il governo di un Paese come l’Italia, in grado di armare eserciti potenti, come massima espressione della sua onniscienza, attraverso il “Decreto legge Emergenze  07-03-2019”, e precisamente negli articoli 6 ed 8, Obbliga (in barba al diritto della salute dei cittadini dettato dalla Costituzione) 2 trattamenti chimici su tutto il territorio con insetticidi a maggio e giugno e Obbliga (sempre in barba al divieto assoluto di deroga sulla salvaguardia dei beni culturali dettato dalla Costituzione) l’estirpazione di piante secolari ospiti nei 100metri attorno a piante infette.

Grazie Michele, per la speranza, speriamo che sia più contagiosa di questa fantomatica Xylella.

Decreto Emergenze: una coalizione di oltre 200 scienziati, medici, giuristi, economisti, agricoltori, giornalisti, organizzazioni della società civile contro art. 6 e 8 | ISDE Italia @MIUI| 

https://www.isde.it/decreto-emergenze-una-coalizione-di-oltre-200-scienziati-medici-giuristi-economisti-agricoltori-giornalisti-organizzazioni-della-societa-civile-contro-art-6-e-8/

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 18/01/2018 @ 21:38:39, in Comunicato Stampa, linkato 1624 volte)

Il Comune di Galatina e il Dipartimento di beni Culturali dell'Università del Salento stipulano un accordo al fine di collaborare nell'organizzazione e nella realizzazione di progetti nel campo dei beni Culturali ed in materia di sviluppo coordinato ed integrato delle attività di ricerca scientifica, di conservazione, recupero e valorizzazione del patrimonio locale e non.

Galatina è stata individuata dall'Università del Salento come sede di svolgimento di attività anche di interesse della Facoltà del DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, in ragione della rilevanza del proprio patrimonio culturale.

“È un onore per tutta la Città accogliere l'arte e la scienza dell'Università del Salento all'interno del nostro palazzo della Cultura. Per il Comune di Galatina la cultura rappresenta un'importante opportunità strategica per la valorizzazione e lo sviluppo culturale, sociale ed economico dell'intero territorio" dice il Sindaco Amante. "Tra l'altro, in coerenza con gli obiettivi programmatici di mandato, l'amministrazione ha avviato sin da subito azioni rivolte a rendere la cultura il motore da cui far rinascere l'economia e l'orgoglio della Città."

Allo stesso modo l'Assessore alla Cultura Dettù afferma che "la partecipazione degli studenti iscritti al DAMS rappresenta per la Città un'importante occasione di crescita culturale e di coinvolgimento di giovani, esperti, operatori del settore docente e portatori di interesse, che potranno rappresentare per tutto il territorio galatinese una preziosa risorsa. L'accordo con l'Università del Salento si arricchisce anche della rinascita a Galatina della <Notte della Cultura> che coinvolgerà tutte le associazioni del settore, a dimostrazione dell'investimento credibile che l'amministrazione sta facendo sulla madre-cultura."

Ufficio stampa Marcello Amante

 

L’Amministrazione Comunale di Galatina, guidata dal sindaco Marcello Amante, sposa il progetto di rigenerazione ambientale denominato “Il Bosco di Athene”, proposto dall’Associazione Salento Km0. L’associazione, che negli anni ha sviluppato come sua missione principale quella di tutelare, promuovere e valorizzare il patrimonio ambientale e culturale del nostro territorio, intende agire soprattutto attraverso eventi, laboratori, mostre, pubblicazioni, incontri, progetti e prodotti, in sinergia con le Istituzioni, tra cui appunto il Comune.

Nello specifico il progetto “Il Bosco di Athene” ha l’importante e ambizioso obiettivo di rigenerazione ambientale e valorizzazione delle aree verdi ed extraurbane per rispondere alla crisi ecologica in corso, fortemente compromesse dal disseccamento rapido degli olivi, diventati nel giro di pochi anni distese di alberi secchi, facili bersagli di incendi e speculazioni edilizie. In particolare si intende convertire un’area attualmente sottoutilizzata e degradata in un bosco di comunità, incrementandone il valore ambientale e sociale attraverso laboratori permanenti di pratiche agro ecologiche e di sperimentazione.

Per realizzare il progetto l’Amministrazione, partner attivo dell’Associazione Km0, si occuperà della realizzazione di una mappatura dei terreni demaniali per replicare il progetto e ampliarne le ricadute; darà il via all’autorizzazione a campagne di piantumazione in terreni di proprietà comunale da individuare con apposita ricognizione; consentirà la concessione in comodato d’uso di terreni demaniali senza alcun onere per l’Ente; realizzerà la bonifica dei terreni dai rifiuti presenti; garantirà il supporto organizzativo attraverso gli uffici competenti; garantirà il supporto comunicativo per l’iniziativa presso gli organi di stampa e per informare la comunità.

Il “Bosco di Athene” nasce – dichiara Casaluci, presidente dell’associazione Salento KmO - dalla collaborazione dell’Associazione Salento Km0 con un gruppo di cittadini e professionisti galatinesi con l’intento di rigenerare e valorizzare la cinta rurale di Galatina, ricca di beni ambientali e culturali sotto-utilizzati e oggi fortemente colpita dal disseccamento degli olivi. Vogliamo realizzare un progetto incentrato sulla riforestazione di terreni pubblici e privati abbandonati, nel nostro comune così povero di spazi naturalistici dove godere del contatto con la natura. Vogliamo creare un “bosco di comunità”, realizzare attività e laboratori permanenti di pratiche ecologiche e di sperimentazione di produzioni sostenibili. Siamo soddisfatti del supporto manifestato dall’Amministrazione sin dal primo momento per un progetto così importante per la comunità, formalizzatosi nella deliberazione di un partenariato attivo, certi che sia solo il primo passo verso la costruzione di un percorso collettivo di interesse comune».

Ufficio stampa Marcello Amante
sindaco di Galatina 

 
Di Redazione (del 20/11/2014 @ 21:37:28, in Presepe Vivente, linkato 2771 volte)

Anche quest'anno ci sarà a Noha il presepe vivente nei seguenti giorni: 25, 26 e 28 dicembre 2014 e l'1, il 4 e il 6 gennaio 2015.

Dall'antica masseria Colabaldi il presepe trasloca nel centro storico di Noha.

La natività avverrà all'interno di in uno dei beni culturali più belli e suggestivi del Salento, un luogo mitico, unico al mondo.

Dove? Rimanete sintonizzati con Noha.it: lo scopriremo insieme strada facendo.

La redazione di Noha.it

 

Bagno di folla, per il candidato sindaco di Galatina, Giampiero De Pascalis, e per la sua coalizione battezzata, proprio ieri, “Obiettivo 2022”, al primo incontro pubblico con la città, al Teatro Tartaro. Un incontro segnato da due passaggi fondamentali: il discorso del candidato e la firma dei rappresentanti dei partiti e delle liste civiche su un documento di “Impegno per la città, con la città”.

«Se sarò il sindaco di questa città, le aziende della mia famiglia non parteciperanno alle gare bandite dal Comune». Questa la premessa di De Pascalis e poi, con tono deciso e sguardo fisso alla traboccante platea: «Quindi non ho alcun conflitto d’interesse e la scelta di candidarmi è stata difficile anche per questo. La situazione economica non è facile, e non si rinuncia a cuor leggero a partecipare a gare pubbliche, ma Galatina sta morendo e ognuno deve mettere le proprie conoscenze a disposizione degli altri per tentare di far crescere al meglio la propria collettività ». Prima del suo discorso ha voluto che fosse proiettato un frame tratto da “Quinto Potere” per riprendere poi il sentimento di rabbia che traspare nel monologo clou del film e farlo proprio. Una rabbia per l’ospedale declassato, per il buco da 12 milioni di euro delle casse comunali, per i beni messi all’asta  «per le incaute scelte   di    chi    ci   ha    preceduto   e    ha    determinato questo dissesto», per il degrado del centro storico, per gli sprechi, per gli stipendi e gli incentivi «da grandi manager», per le frazioni con le strade piene di buche e Santa Barbara «la più dimenticata».

Non solo rabbia, ma anche le leve che azionerà se Galatina lo vorrà primo cittadino.

«La casa comunale – ha affermato – non può reggere in assenza di  programmazione, 

serve una spending review seria e non di facciata, serve un serio controllo sui centri di costo, è necessaria una costante formazione del personale dipendente per  migliorare le loro competenze. Non possiamo permetterci un sistema informatico  obsoleto, non permetterò sprechi energetici». E poi la chiusa: «Se sarò il vostro sindaco, non lasciateci soli».

Ufficio stampa del candidato sindaco

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 25/01/2016 @ 21:35:55, in Affresco misterioso, linkato 3217 volte)

Bello! Vedo che in occasione del presepe vivente, con l’obiettivo di far conoscere meglio i beni culturali di Noha, ogni volta si scopre qualcosa di nuovo e di importante.

L’anno scorso, (Natale 2014), mi accorsi che faceva bella mostra di sé, appoggiata per terra all’ingresso della “Casa Rossa” messa lì apposta, ma forse non notata, un’antica pietra circolare che sicuramente fu un coperchio delle fosse granarie che a Noha erano scavate nella roccia in località cisterneddhra, risalenti probabilmente al tempo dei monaci basiliani, il che vuole dire prima dell’anno mille.

Quest’anno (Natale 2015) abbiamo avuto la gioiosa sorpresa di vedere un affresco sull’antico muro del Castello. Veramente anche nella Masseria Colabaldi mi aspettavo di vedere qualche icona bizantina nel conventino dei basiliani o nella chiesetta di Santu Totaru. Forse il degrado ha avuto la meglio e tutto è scomparso.

L’affresco di quest’anno è una testimonianza in più che conferma l’antichità della nostra cittadina. Senza voler entrare nel merito del valore artistico, dell’autore e di quando è stato fatto (per il momento si può fare solo ipotesi), volevo presentarvi le mie considerazioni.

E’ risaputo che i baroni dal secolo XI e seguenti ci tenevano a costruire il loro Castello. Sappiamo anche per certo che il nostro primo Barone fu Pietro De Noha che nel 1270 mise il centro della baronia (molto estesa)  del suo casato a Noha. Pietro De Noha morì nel 1308 e gli successe il figlio primogenito Guglielmo. Ma Pietro De Noha non è sorto come un fungo, la sua casata già esisteva. Per cui troviamo nel secolo XII Nicolò De Noha, uno dei 12 capitani che condussero in Lecce i principi normanni, al quale, siccome agli altri, donarono nobili feudi (cf. Archivio mutatoriano: studi e ricerche in servigio della nuova edizione de “Rerum italicarum scriptores” di L. Muratori, Edizioni 11-15 pg.695). E sappiamo anche che Nicolò De Noha era figlio del celebre Cavaliere di Malta Goffredo De Noha.

Non so se sia in piedi alcun legittimo Rampollo della nobilissima Famiglia di Noha, denominati di tal forma per la Signoria di quel Castello sito nel fertilissimo Territorio Leccese, ove son stati anche Signori di Padulano, di Francavilla, e di Cavallino, e altre Terre nella medesima Provincia, reputati nobilissimi nella Città di Lecce, havendosi memoria posseder tal Dominio sin dall’anno 1253, e nel Registro del Re Carlo Primo dell’anno 1268 ritrovai Guglielmo de Noha con il titolo di Miles comparire avanti il detto Re, come altri Baroni della Provincia, e ben se ritrovano altri honori in detta Famiglia, come si scorge da’ Reali Registri. (Testimonianza di don Giuseppe Reccho “Notizie di famiglie nobili ed illustri della città e Regno di Napoli” stampata a Napoli nel 1717).

Nel 1268 dunque Guglielmo De Noha con il titolo di “Miles” compare avanti il detto Rè, come altri baroni della provincia e havendosi memoria posseder tal Dominio sin dall’anno 1253.           

Il termine miles, nel linguaggio delle fonti medievali, si riferisce al combattente a cavallo o cavaliere. Il miles fa parte di un ceto sociale, con l’investitura cavalleresca da parte del Re. Allo status di miles erano connessi privilegi fiscali, ereditari, giudiziari. E ad un certo punto chi apparteneva alla stato di miles era considerato parte della nobiltà.

Ebbene tutto questo per dimostrare che la nobile famiglia De Noha apparteneva a questo ceto dei Miles (combattenti a cavallo). Ecco allora perché l’affresco che abbiamo visto ci riporta una scena di cavalleria. I De Noha amavano l’arte cavalleresca e niente di strano che nel loro Castello abbiano fatto affrescare le pareti del giardino con scene di cavalieri a cavallo.

Già sappiamo che quando nel 1700 il Castello fu ristrutturato e divenne una masseria, quel muro fu ricoperto di intonaco: così l’affresco è arrivato fino a noi per quel tanto che si può ancora vedere, ma è un tesoro prezioso da salvare e custodire.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Redazione (del 24/04/2014 @ 21:32:26, in Comunicato Stampa, linkato 2414 volte)

Serie B maschile, appuntamento il 27 in casa contro il “Circolo della Stampa” di Torino.

Filippo Stasi (ds): “Per noi i playoff sarebbero un sogno”.

Anche quest'anno il Circolo Tennis di Galatina disputerà il campionato maschile di serie B. Lo scorso anno, la vittoria ai playout contro il C.T. Terni ha regalato un nuovo anno di permanenza in questa serie, ai salentini guidati dal Direttore Sportivo e Capitano, Filippo Stasi.

Il primo incontro di questa nuova stagione della Divisione Nazionale di Serie B, si giocherà nei campi del Circolo Tennis di Galatina domenica 27 aprile contro il Torino a partire dalle 9:30.

Il “Circolo della Stampa” di Torino, con il suo splendido impianto (23 campi da tennis in terra rossa) è uno dei circoli più importanti ed antichi d'Italia. Il suo campo centrale ha ospitato la Coppa Davis, la Federation Cup, gli Internazionali d’Italia e alcune dei Campionati Italiani Assoluti. Hanno calcato il campo del CT La stampa di Torino giocatori del calibro di Lindsay Davenport, Mark Philippoussis, Lleyton Hewitt, David Nalbandian, Elena Dementieva e Fabio Fognini, per citarne solo alcuni.

”Quest'anno ci siamo rinforzati con tre innesti importanti: Alberto Giannini, proveniente dal nostro vivaio, Perdanio Lo Priore dal CT Roma ed il numero tre d'Europa under 16, Stefanos Tsitsipas. Da direttore sportivo mi aspetto molto dai nuovi arrivati; ma sono certo si integreranno al meglio nella nostra squadra, che ci ha regalato un 2013 meraviglioso. Stiamo molto bene fisicamente e pensiamo di poter iniziare la stagione con il piede giusto, contro una squadra forte, il Torino, che l'anno scorso ha fatto benissimo in questa serie. Quest'anno voglio puntare direttamente ai playoff, sarebbe un sogno.

Galatina, 24 Aprile 2013

Filippo Stasi

Direttore Sportivo “C.T. Galatina”
 

L’amico Pierantonio De Matteis, Consigliere Comunale, è intervenuto in maniera abbastanza critica a proposito del “PASTICCIOTTO DAY”, iniziativa che promuove il consumo del dolce più conosciuto del Salento e che, al secondo anno di vita, vanta una significativa eco mediatica. 

La sua è una posizione che può trovare consensi ma che non condivido.

L’iniziativa ha valenza commerciale, incentiva l’acquisto del dolce offerto ad un prezzo scontato di 0,60 centesimi e funge da traino al settore delle pasticcerie salentine che, comunque, nella settimana della proposta aumentano le proprie vendite.

E’ giusto spostare l’attenzione proprio sul valore identitario locale del dolce ma a mio parere questo non è intaccato dall’iniziativa. Alcune attività cittadine, tra laboratori di pasticceria e semplici bar hanno aderito al “PASTICCIOTTO DAY” ed ognuna di esse ha una precisa riconoscibilità per tradizione e per servizio alla clientela.

Difendo e sostengo tutte le attività che lo hanno fatto, come allo stesso tempo, rispetto la scelta di chi ha declinato l’invito.

Non possiamo contestare a nessuno la qualità del prodotto solo perché il prezzo è ridotto e neppure fare dei confronti tra professionisti del settore.

Noi offriamo una storia, la tradizione che si è consolidata in generazioni di maestri pasticceri che hanno generato un dolce unico per tipicità. Un dolce riconoscibile nella sua forma, nel colore, nella sua consistenza, nel suo profumo. Che a Stoccolma o in ogni angolo del mondo facciano un pasticciotto simile e buono va benissimo, solo non è il nostro.

Auspico quindi un sempre maggiore successo della manifestazione, perché accentuerà i riflettori sul dolce e, di conseguenza, avrà un diretto beneficio sul valore identitario di GALATINA CITTA’ DEL PASTICCIOTTO ®.

All’interno di una cassa mediatica nazionale sarà molto più agevole far riconoscere le nostra tradizione e il nostro prodotto.

Le posizioni di principio devono fare i conti con la realtà che si muove intorno a noi. Gli scacchi insegnano che l’arrocco è una mossa difensiva e la nostra partita comincia ora, dopo che per decenni del nostro pasticciotto si è sentito solo blaterare.

L’invito è quindi quello di volare alto, condizionando a nostro favore le situazioni e facendo in modo che il primo di giugno di ogni anno si venga a comprare #ilpasticciottodiGalatina. 

Nico Mauro

Assessore alle Attività Produttive e Turismo

 
Di Antonio Mellone (del 13/01/2017 @ 21:31:35, in NohaBlog, linkato 2642 volte)

La raffinata doppiezza del comunicato-stampa diramato ‘urbi et orbi’ (soprattutto orbi) da parte di uno dei soci della discarica di famiglia, e già che si trova anche candidato alla poltrona di sindaco [Galatina, per grazia di Dio, non si fa mai mancar nulla, ndr.], ha tutta l’aria di una excusatio non petita.

Sì, perché nel mio pezzo dal titolo: “Cava De Pascalis: è permesso sapere?” quel “Cava De Pascalis” non era un vocativo, ma un complemento di argomento, seguìto appunto non da una virgola (questa, sì, avrebbe forse potuto trarre in inganno), ma dal comune carattere tipografico dei due punti.

Ergo: si parlava di, a proposito di, riguardo a, sopra, circa, about, insomma intorno alla Cava De Pascalis, e non a, all’indirizzo postale o al recapito della spettabile ditta.

Puntuale come la morte è arrivata invece (chi l’avrebbe mai detto) l’originalissima lettera a cielo aperto del titolare effettivo dell’immondezzaio nohan-galatinese (parlando con pardon: uso un sinonimo per non ripetere il solito lemma ‘discarica’ - del resto non stiamo mica discettando di un’oasi del National Geographic, sebbene avrebbe potuto benissimo diventar tale nel caso in cui il bene comune avesse prevalso su uno degli affetti più cari dei diretti interessati: il portafoglio).

Nell’enciclica sociale, il membro scrivente, nel ringraziare l’anonimo cittadino di Noha [che poi sarei io, ndr.], il quale aveva chiesto pubblicamente chiarimenti [non a lui, o all’amministrazione della cava - per considerazioni così scontate che capirebbe pure un bambino in seconda elementare e neppure tanto sveglio - ma a soggetti terzi possibilmente non in conflitto (vale a dire consonanza) di interessi con il padrone delle ferriere: del resto, cosa ti aspetti che dica un Marchionne se non che dai tubi di scappamento delle sue automobili fuoriesca profumo Chanel n. 5? - ndr.], ci attacca un pippone inenarrabile partendo dal 1950, citando antichi proverbi, blaterando di rispetto delle norme, di figli, nipoti e amici, nonché della sua “personale sensibilità alle tematiche ambientali” [giacché c’era poteva anche chiarirci in quali termini, e se per caso lui e i suoi amici di cordata politica fossero, per dire, ancora favorevoli al mega-porco commerciale di 26 ettari da colare nei dintorni di Collemeto: così, tanto per avere un’idea circa certe “sensibilità alle tematiche ambientali”, ndr.].

Il novello pezzo grosso della politica galatinese continua poi imperterrito a tranquillizzarci dicendoci che tutto è apposto e in regola [se lo dice la proprietà dev’esser vero, ndr.] e dichiarando che le porte dell’azienda sono sempre aperte per i dovuti controlli [ci mancherebbe altro che i cancelli dell’azienda rimanessero sprangati di fronte ai dovuti controlli, ndr.] e infine, ciliegina sulla discarica, il suddetto socio-ambientalista mette a disposizione dei cittadini il proprio indirizzo mail cui indirizzare qualsiasi dubbio o richiesta di chiarimenti [mei cojoni: vuoi che l’oste non ti dica subito subito se il suo vino fa schifo? Suvvia, uomo di poca fede. ndr.].

Non pago di tutto questo, il nostro aspirante sindaco, non si sa perché, termina il suo trattato con una dotta nonché interessantissima dissertazione sulla differenza tra traversine ferroviarie in legno e quelle in cemento [si sarà evidentemente laureato discutendo una tesi in traversine, ndr.], del che ovviamente non possiamo che rendergli grazie: del resto tutto è cultura, come diceva quel tale.

*

E Niente. Sarà che in certi settori (come quello delle discariche) la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità; sarà che il sottoscritto è uno al cui confronto Murphy (quello della legge) era un inguaribile ottimista; sarà che certe supposizioni (o supposte) non portano nulla di buono; sarà che nemmeno il più sprovveduto dei cittadini può essere così ingenuo da prendere per oro colato il verbo del padrone di turno (che per definizione sarebbe capace di ogni ritocco pur di far sembrare presentabile persino Fukushima dopo l’esplosione); sarà tutto questo contemporaneamente, ma insomma l’epistola carica del socio nonché probabile futuro sindaco di Galatina non m’ha tranquillizzato per niente.

Oddio, qualcuno l’avrà tranquillizzato, eccome: tipo certi gggiornalisti di Gggalatina (già di per sé sereni e tranquilli per indole e formazione), che, anziché controllare questo o quel potere indigeno con inchieste, ricerche o almeno una domanda una che sia tale, si limitano a copia-incollarne i comunicati ufficiali, bistrattando così i loro poveri, inconsapevoli lettori.

Mi sa tanto che i veri rifiuti tossici da ammassare in discariche severamente controllate come manco un sito nucleare sono certi quotidiani appena usciti dalle rotative tipografiche.

Credo si tratti di veri e propri inerti contaminati, da non toccare nemmeno con una canna da pesca. E sottolineo inerti.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 27/10/2014 @ 21:31:08, in Ex edificio scolastico, linkato 2907 volte)

L’assessore Coccioli è fatto così: bisogna capirlo. Se non scrivi, non solleciti, non chiedi, non “inoltri istanze” più e più volte sembra sia incapace di intendere (cioè fa lo gnorri) e soprattutto di volere. Pare che l’assessore, per indole e formazione, non ce la faccia proprio a degnarsi di formulare ed esprimere pubblicamente un pensiero uno di fronte alla richiesta di un cittadino qualsiasi.

Non ti dico se codesto cittadino per infausto caso dovesse essere di Noha, se la domanda dovesse riguardare un interesse pubblico (non privato), e se la petizione non dovesse essere almeno preventivamente transitata dall’anticamera dell’“ufficio protocollo” del Comune: in questi tre casi concomitanti sembra addirittura che l’assessore fuggente (come l’attimo) si dilegui nel nulla.

*

Il tema purtroppo è sempre quello dell’allaccio alla rete elettrica per il tramite di una cabina in muratura in modo da far funzionare (come sciaguratamente non è finora mai avvenuto) tutti gli impianti acquistati ed installati nella vecchia scuola elementare di Noha, quella di piazza Ciro Menotti, ristrutturata (quasi) per intero grazie ad una spesa pubblica di 1.300.000 euro.  

Sul tema abbiamo finora prodotto e pubblicato su questo sito (cfr. rubrica “ex-edificio scolastico”) circa 19 articoli e 5 video, oltre ad un incommensurabile numero di vignette. Ma temo che di questo passo, per smuovere le terga assessorili (e invero anche quelle degli altri cosiddetti nostri rappresentanti) saremmo costretti a continuare ancora imperterriti su questa falsariga, magari con cadenza settimanale o al più decadale. Vediamo un po’ se con tale metodo anche noi saremo in grado di esclamare, come Galileo Galilei al cospetto dell’Inquisizione, “eppur si muove”.

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E’ che l’assessore Coccioli, non più tardi del 27 marzo 2014 pubblicava su questo sito un comunicato nel quale prometteva la realizzazione di questa famosa cabina elettrica “tra giugno e settembre 2014 [sic!]”. Ora, essendo spirati i termini da egli stesso esternati senza che alcuno abbia visto all’interno o nelle immediate adiacenze di quella scuola un indizio o una traccia di codesta cabina (a meno che questa non sia stata interrata senza che noi altri ce ne accorgessimo), siamo qui a chiedergliene ragione, ed eventualmente una nuova data a partire dalla quale, per dire, in estate in quell’edificio non si sarà più sottoposti agli effetti involontari di una sauna fuori luogo, mentre in inverno non si sarà più costretti, grandi e piccoli, ad accedervi come in un igloo, pragmaticamente imbacuccati con sciarpe e pellicce alla stessa stregua di uno Yeti.

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Vorremmo, già che ci siamo, chiedere anche al consigliere Carlo Gervasi, che aveva pure, come dire, sbandierato un certo interesse al problema con tanto di interrogazione al parlamento galatinese se si ricorda qualcosa in merito alle risposte a suo tempo ricevute dagli interrogati; e soprattutto se ha tuttora “a cuore” la questione di Noha, e – giacché c’è - eventualmente intenzione di intervenire ancora una volta sul tema; o se invece a questo punto non abbia già deciso di gettare la spugna, contribuendo così anche lui a mandare definitivamente in malora quel milionetrecentomila euro di soldi (anche suoi).

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Per quanto riguarda i consiglieri della cosiddetta opposizione nohana, meglio stendere un velo pietoso.

Tu, anche con i tuoi articoli, cerchi in qualche modo, come nella pallavolo di fungere da alzatore, smistando la palla a questi signori che potrebbero con poco sforzo alzarsi dalla poltrona, sollevarsi e schiacciare nel campo avversario, e magari in tal modo guadagnare pure qualche punto. E questi come reagiscono? Con il vucchipertismo, la paresi, il vuoto pneumatico: non vedono, non sentono e non parlano. Evidentemente il verbo “schiacciare” riescono a coniugarlo solo in concomitanza del lemma “pisolino”.     

Salvo poi, in consiglio comunale, dar vita ad una vera e propria sceneggiata napoletana, anzi nohana, sul nulla. Tutti abbiam visto su galatina2000.it il video di quel sonoro siparietto palazzorsiniano, un vero e proprio teatro macchiettistico con tanto di vaiasse sciantose, sbraitanti e rissaiole. Un roba che lascia interdetti, senza parole, indecisi se ridere o piangere.

*

Non v’è altro da aggiungere se non che troppa gente si lascia abbindolare ancora oggi dai diversivi retorici di questa banda larga fatta di Marise Laurito, di Mari Merola, di Nini D’Angelo (per non dire Pulcinelli), che magari in altri contesti s’atteggiano a suorine dalle buone maniere e perbenisti della domenica.

Sappiate invece, cari lettori, che bolge sguaiate come queste fatte di bugie e ipocrisie sono imprese che possono riuscire solo a certi figuranti, attori o marionette, e signori (anzi s’ignori) senza tanti scrupoli, che magari s’incazzano e si placano a comando. Sono quegli stessi personaggi in cerca d’elettore che poi votano tutti insieme appassionatamente le più grandi mega-porcate della storia locale.

E sono quegli stessi che, probabilmente, dopo aver percorso a braccetto la processione alle spalle del santo di turno, vanno pure a farsi due spaghi insieme.

Funzionano così le “larghe intese”, il “governo della non sfiducia” e il “concorso esterno”.     

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 06/09/2017 @ 21:30:55, in Comunicato Stampa, linkato 1626 volte)

Si terrà a Galatina, nel Chiostro dei Domenicani, presso il  Palazzo della Cultura, il giorno venerdì 8 settembre, alle ore 20, la seconda tappa della Staffetta della Responsabilità. Incontro/dibattito di carattere storico e culturale per la comunità galatinese e salentina in generale, dal titolo: "Una donna, un uomo: un impegno comune".

L’iniziativa è incentrata sulla figura di Palmina De Maria ed il rapporto con il fratello beniamino, entrambe figure fondamentali della politica galatinese e forse, primo storico e simbolico esempio di stretta collaborazione e vicendevole passaggio del testimone tra donna e uomo nei processi decisionali delle Istituzioni.

Tra gli esempi più importanti di tale collaborazione, la realizzazione e la direzione dell'Ospedale Santa Caterina Novella.

La serata sarà aperta dai saluti del Sindaco di Galatina, Marcello Amante, e da quelli del Vicesindaco e Assessore alle Pari Opportunità, Maria Rosaria Giaccari.

L’incontro proseguirà con l'intervento dell'Assessore all'industria turistica e culturale della Regione Puglia Loredana Capone e con i ricordi del Senatore Giorgio de Giuseppe, storico della prima repubblica ed amico fraterno della famiglia De Maria.

Leggerà alcune lettere di beniamino De Maria alla sorella, la giovane attrice Sofia Palmieri. 

Coordinerà l'incontro, il giornalista Rossano Marra. 

Intermezzo musicale della violinista Katerina Maci. 

Partner dell'iniziativa: Inondazioni.it, Rete dei centri antiviolenza SanFra, Associazione Donne a Sud, Associazione Metoxè, Associazione Core De Villani.

 
Di Antonio Mellone (del 28/10/2013 @ 21:30:00, in I Beni Culturali, linkato 3704 volte)

Se diamo uno sguardo ai beni culturali di Noha, e se dimostriamo appena un pizzico di sensibilità nei confronti del nostro patrimonio storico-artistico, non possiamo evitare di chiederci perché mai la sublime eredità che ci è stata consegnata dalla storia è costretta a fare l’ingloriosa fine che è sotto gli occhi di tutti (inclusi i ciechi, gli orbi ed i bendati).

Ebbene sì, ormai lo sanno anche le pietre che stiamo dando il colpo di grazia alla memoria dei nostri padri, alla bellezza della nostra terra, all’opera di chi ha costruito capolavori, innalzato cupole, issato menhir, eretto torri medievali di avvistamento e difesa nonché torri civiche con campanile ed orologio, incavato frantoi ipogei, miniaturizzato casiceddhre in pietra leccese, edificato pietra su pietra la stupenda casa rossa, fabbricato masserie antichissime, scavato trozze con tanto di puteali scolpiti in pethra aurea, architettato il palazzo baronale ed il suo bellissimo giardino d’aranci, realizzato la distilleria del Brandy Galluccio, e così via.
Ora per favore non mi si venga a dire con la prosopopea emblematica di chi non ha mai capito un cavolo né di diritto né di economia che “il privato è più efficiente del pubblico”. Ai giuristi de noantri ed agli economisti per caso vorrei sommessamente dire che a Noha c’è la lampante dimostrazione dell’esatto contrario.
Oddio, non è che qui il pubblico brilli per particolari virtù (anche perché a Noha il pubblico forse non è mai esistito, e se anche fosse – ipotetica del terzo tipo – lo sarebbe ancora una volta per sbaglio. Per averne un esempio basta osservare con quali efficienza-efficacia-economicità questo pubblico ha fatto ristrutturare la vecchia scuola elementare di Noha dissipando 1.300.000 euro – bruscolini - e scordandosi al contempo di pensare all’allaccio all’energia elettrica come dovuto, onde, ad oggi, nella suddetta struttura, non è possibile far funzionare nell’ordine: impianto fotovoltaico, ascensore, apparato di condizionamento dell’aria, varie ed eventuali. Ma questa è un’altra storia).   
Dicevo dei privati. Ebbene sì, la maggioranza assoluta dei beni culturali nohani è in mano ai privati. I quali – forse ingrati, e in tutt’altre faccende affaccendati come con molte probabilità sono e saranno sempre stati - tutto hanno in mente di fare men che di prendersi cura dell’oro che hanno per le mani.

Non è un mistero doloroso il fatto che la torre con ponte levatoio, sì, quella medievale vecchia di sette secoli, si mantenga in piedi ormai quasi per quotidiano miracolo (ed i miracoli, si sa, non si ripetono all’infinito); che il palazzo baronale, meglio noto come il castello, ormai senza più anima viva al suo interno dopo la dipartita degli ultimi inquilini, stia andando incontro al suo inesorabile accartocciamento post-muffa; che il frantoio ipogeo ridotto a poco più che una cloaca a cielo chiuso verrà a breve attraversato da un bel canalone della fognatura bianca (una in più o una in meno, cosa cambia); che l’orologio svettante nella pubblica piazza è da quasi un decennio il più fermo del mondo in assoluto (roba da guiness dei primati: dove per primati stavolta bisogna intendere le scimmie); che le casiceddhre che ormai in tanti vengono a vedere anche da fuori paese (invece chi del posto dovrebbe appena alzare lo sguardo sembra affetto o da cataratta cronica o da cefalea letargica, nonostante la possibilità di accedere a prezzo di costo a numerosi antidoti farmacologici) si sta sfarinando per colpa del cancro della pietra leccese (e soprattutto per colpa di quello culturale che distrugge i residui neuroni degli umanoidi nostrani), mentre il grazioso campanile in miniatura è già venuto a mancare all’affetto dei suoi cari appena qualche mese addietro; che l’affascinante misteriosa casa rossa, la casa pedreira nohana, ha finalmente un motivo di attrazione in più dato alla luce di recente da una betoniera trovatasi per caso nelle sue immediate adiacenze: una neonata altèra casa bianca presidenziale.

Antonio Mellone

 

Si è svolta oggi a Palazzo Adorno a Lecce la pre conferenza stampa digitale, organizzata dalla rivista di turismo e cultura del Mediterrano, Spiagge, diretta da Carmen Mancarella, in collegamento con giornalisti e tour operator per annunciare la partecipazione della città di Galatina alla prossima edizione della Borsa Internazionale del Turismo dal 12 al 14 febbraio 2023 a Milano.

La conferenza stampa, in presenza per i media locali ed in digitale in collegamento con giornalisti e tour operator nazionali e internazionali, ha permesso di presentare l’offerta turistica accompagnata da una campagna di comunicazione a largo raggio su siti specializzati in moda, eventi e turismo per valorizzare la partecipazione del Comune alla Bit di Milano.

È previsto un secondo appuntamento in fiera a Milano il 13 febbraio con una conferenza nell’area stampa dello stand della Regione Puglia durante la quale la città presenterà le bellezze architettoniche, l’orgoglio della cultura e tradizioni, le esperienze e la bontà dei prodotti locali, per una Galatina e un Salento oltre i luoghi comuni e da vivere oltre l’alta stagione. 

Galatina si presenta in fiera con una nuova immagine e nuove proposte innovative ma sempre legate alla tradizione e al territorio che ha tutte le potenzialità per attrarre quanti non vedono nell’esperienza di viaggio in Salento solo il mare, ma un insieme di relazioni più profonde ed autentiche con chi vive quotidianamente questi luoghi.

“La nostra presenza come città in una fiera di un contesto internazionale,” - sostiene l’Assessore al turismo e alle attività produttive Maria Grazia Anselmi presente alla Conferenza, “è la dimostrazione tangibile della consapevolezza che rappresenta questo settore per l’economia di Galatina. Abbiamo già gettato le basi per una programmazione di medio e lungo periodo, al fine di poter far conoscere la città e non solo, ad un pubblico nazionale ed internazionale e attento alla cultura locale e a quello che si va sempre più affermando come slow-tourism. Galatina è una città ricca di bellezza, ne abbiamo piena consapevolezza, ora è giunto il tempo di far conoscere quanto possiamo offrire. Dalle bellezze architettoniche, gemme preziose capaci di essere attrattive tutto l’anno per le diverse tipologie di viaggiatori come la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, al fenomeno del tarantismo, nato a Galatina e che attraverso la musica si è affermato sulla scena mondiale, fino ad arrivare all’innovazione applicata ai beni culturali e alla loro conservazione attraverso una mappatura digitale dei monumenti della città per raccontare e preservarne la storia.

Da questa fiera, inizierà il nuovo corso per Galatina e per quanti la metteranno come destinazione per il loro prossimo viaggio,” - conclude l’Assessore.

Fabio Vergine Sindaco 
Ufficio Stampa 

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 16/01/2018 @ 21:28:30, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1669 volte)

Parte da oggi e per diverse puntate la pubblicazione del prezioso lavoro di ricerca del nostro instancabile P. Francesco D'Acquarica, il primo e il più documentato storico di Noha. Oggetto di questo studio - condotto attraverso l'analisi di archivio di documenti rintracciati nei registri parrocchiali di Noha e in quelli delle visite pastorali dei Vescovi di Nardò, ex-diocesi di Noha - è il rapporto giuridico-storico-pastorale tra gli ordinari diocesani neritini e la chiesa particolare di Noha, fatta di clero e popolo dei credenti.

La redazione

Prima Puntata -

Premessa

Questa ricerca vuole essere una testimonianza in più per dimostrare l’antica esistenza di Noha e della sua parrocchia.

Passerò in rassegna alcune notizie riguardanti i Vescovi di Nardò che dal 1412 hanno governato la diocesi neretina fino al 1986, quando la chiesa di Noha fu obbligata a passare alla diocesi di Otranto.

La divisione è molto semplice: di ogni Vescovo, come fosse un capitolo di questa esposizione, riporto alcune notizie sulla personalità con lo stemma e il logo (ove trovati). Segue l’elenco dei Pontefici e i nomi degli arcipreti con il clero di Noha relativi al momento storico. Infine riporto le relazioni che il Vescovo in elenco ha intrattenuto con la chiesa di Noha.

L’introduzione a questa ricerca è composta dall’elenco dei Vescovi di Nardò dal 1412 al 1986 e dall’elenco degli Arcipreti della chiesa di Noha con la data del loro parrocato.

Origini della diocesi di Nardò

Noha ha sempre fatto parte della Diocesi di Nardò, ab immemorabili, e fino al 26 novembre 1988, allorché, per adeguarsi alle nuove norme della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), è passata alla Diocesi di Otranto, in quanto frazione del comune di Galatina già di pertinenza di quella diocesi.

L’origine antichissima di Nardò come diocesi non è nota. Essa si perde nella notte dei tempi e se ne ignorano lo sviluppo e i primi Vescovi. Già esisteva ed aveva i suoi Vescovi ancor prima del sec. VIII.

Al tempo della iconoclastia (sec. VIII e IX) alcuni Monaci Basiliani, per sfuggire alla persecuzione, si misero in mare e dall’oriente vennero verso occidente, recando con sé alcune reliquie e immagini sacre. Una delle loro navi approdò alla spiaggia di Santa Caterina, distante circa 5 chilometri da Nardò. Qui si stabilirono e fecero una dettagliata relazione del loro caso a Paolo I (Roma 700-757), Papa dal 757 al 767. Questo Pontefice fu molto attento al culto delle immagini. Il martirologio così lo ricorda: «28 giugno - A Roma, san Paolo I, papa, che, uomo mite e misericordioso, si aggirava di notte in silenzio per le celle dei poveri infermi, servendo loro degli alimenti; difensore della retta fede, scrisse agli imperatori Costantino e Leone, perché le sacre immagini fossero restituite alla primitiva venerazione; devoto cultore dei santi, trasferì tra inni e cantici i corpi dei martiri dai cimiteri in rovina in basiliche e monasteri all'interno della Città e ne curò il culto».

Paolo I, dunque, sia per aiutarli, sia per premiarli per la loro fedeltà alla dottrina cattolica, con lettera apostolica dell’anno 761, ordinò al clero e al popolo di Nardò che, resasi vacante la sede vescovile neretina per morte del legittimo pastore, non procedessero, secondo la disciplina del tempo, alla elezione del nuovo Vescovo, ma riconoscessero quale loro legittimo pastore il Priore dei monaci Basiliani, conferendogli così tutta la giurisdizione ecclesiastica sulla chiesa e sulla diocesi di Nardò, insieme con l’uso dei beni appartenenti alla sede vescovile.

Da questo documento si ricava che la chiesa di Nardò sino a quel tempo aveva avuto il proprio Vescovo. E le cose andarono avanti con la giurisdizione dei Monaci Basiliani per circa tre secoli.

Nel 1090 Goffredo Normanno * conte di Nardò, che era ostile ai greci, chiese e ottenne da Urbano II (1040 circa - 1099), Papa dal 1088 al 1099, che il governo della diocesi fosse tolto ai Monaci Basiliani e fosse affidato ai Monaci Benedettini.

* Goffredo di Conversano Normanno (1035 circa - Brindisi 1100 ) fu Signore di Montepeloso, poi Signore di Brindisi, Monopoli e Nardò (dal 1070). Era figlio di un tal Ruggero e di Beatrice, sorellastra di Roberto il Guiscardo. "Celebrato dai contemporanei per le qualità di condottiero e di amministratore. Le cronache sono concordi nel rappresentarlo nobilissimo, di indole bellicoso e fiero, ma pure pieno di viva fede religiosa. Fu particolarmente munifico verso gli enti ecclesiastici e sapiente amministratore delle cose delle civitates in suo dominio, rimaste duramente colpite dalla conquista normanna". (Franco Dell’Aquila, Goffredo il Normanno Conte di Conversano, Adda, Bari, 2005).

Da quel momento il superiore dei benedettini e capo della chiesa di Nardò, abbandonato il titolo di Priore, tenuto dai monaci Basiliani *, assunse per sé e per i suoi successori quello di Abate. Così per molti secoli la Diocesi fu retta dal Priore dei Monaci Basiliani prima e poi dall’Abate dei Benedettini. Però per quanto riguarda la cura pastorale delle anime, e cioè per l’amministrazione dei sacramenti della cresima e dell’ordine sacro e per la consacrazione del crisma si dovette ricorrere a qualche altro Vescovo o a più Vescovi di diocesi vicine. E pare che Nardò per queste cose dipendesse dall’Arcivescovo di Brindisi. Soltanto a partire dal 1413 fu soppressa l’abbazia di S. Benedetto  e fu ripristinata la sede vescovile.

I monaci basiliani sono monaci che si ispirano alla regola dettata da San Basilio Magno (morto nel 379). Possono essere sia di rito greco che latino, anche se spesso vengono erroneamente indicati come basiliani tutti i monaci cattolici di rito greco.

San Basilio fece propria l'esperienza cenobitica del monaco egiziano san Pacomio (292-348), ma le attribuì una "carattere ordinale", consistente nel voler conferire una dimensione familiare alle piccole comunità di monaci. Volle inoltre, cosa molto importante, che i monaci fossero integrati nella vita della Chiesa e vivessero inseriti nella comunità civile, dedicandosi anche, sotto l’autorità del Vescovo, all'esercizio del ministero pastorale. Per questo motivo molti erano anche sacerdoti, un elemento che distingue i basiliani, oltre che dai pacomiani, anche dai benedettini, i cui appartenenti non necessariamente sono sacerdoti. Per questo motivo san Basilio fondò i suoi monasteri non in luoghi deserti o impervi, ma nelle città o nelle loro vicinanze, in modo che la scelta del silenzio e del raccoglimento fosse legata alla dimensione caritativa soprattutto verso i poveri. Infatti, fondò delle vere e proprie cittadelle dove i monaci davano lavoro ai bisognosi, assistevano i malati, i poveri e gli orfani; queste cittadelle, in seguito, furono denominate "città basiliane".

 

Elenco degli Abati Benedettini

che ressero la Chiesa di Nardò

 

Giurdaimo                                  (?              - 1092)

Everardo                                     (1092        - 1106)

Tustaine (Tristano)                   (1106        - 1122)

Benedetto                                   (1122        - 1132)

Baldarico                                    (1132        - 1149)

Federico                                      (?               - 1170)

Pagano                                        (1170        - 1191)

Innocenzo                                   (1191         - 1210)

Paolo                                           (1210        - 1226)

Aymerico                                    (?               -         ?)

Loffredo                                      (1226        - 1256)

Ruggero                                      (1254        - 1285)

Desiderio                                    (1285        - 1297)

Giovanni                                     (?               - 1307)

Stefano                                        (1307        - 1324)

Bartolomeo                                (1324        - 1351)

Azzolino De Nestore                 (1351        - 1355)

Pietro                                           (1355        - 1362)

Guglielmo                                   (1362        - 1396)

Antonio da Perugia                   (?              - 1406)

Desiderio                                    (1406        - 1412)

Giovanni De Epifanis, O.S.B., fu l’ultimo abate e il primo Vescovo di Nardò, eletto il 12 gennaio 1413.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/12/2013 @ 21:27:19, in NohaBlog, linkato 3292 volte)

In principio fu il re dei colori. Avvenne quando l’uomo primitivo perse il pelo e scoprì il fuoco. Poi scoprì l’arte e dipinse la sua caverna con il nero dei tizzoni e il rosso della terra. Da lì in poi divenne il colore per antonomasia. Fu scelto dagli incoronati e dagli stessi incoronanti. Col passare del tempo, divenne il colore di molti stemmi di città e di bandiere, del Corsaro Rosso e delle favole, dei garibaldini e delle toghe, degli abiti di vescovi e cardinali e degli addobbi natalizi, delle lotte degli operai e dei cortei della sinistra, per finire nel tifo sfegatato di molte maglie di serie A. Una simbologia contraddittoria, certo, ma a tutto c’è una ragione. Di sicuro il rosso è stato ed è ancora la tinta per eccellenza. Con l’aumentare del prestigio del rosso, soprattutto porpora, nacque una vera e propria malattia, la porporomania. Insomma il rosso con il tempo è divenuto una specie di status symbol, e quindi esclusiva di porporati e potenti. Solo con l’avvento delle rivoluzioni liberiste è passato in uso anche nelle categorie sociali più modeste. E quindi noi nohani, il colore rosso ce lo portiamo dentro ovunque si vada perché è legato all’immagine della nostra terra e alla bellezza della natura che essa stessa genera con i suoi colori e frutti. Terra che ha dato da vivere per secoli a tante famiglie e che invece da qualche tempo stiamo maltrattando ricoprendola di pattume, spacciato a volte per tecnologico, da piattaforme di cemento e da nastri chilometrici di bitume. Nel lasso di tempo di pochissime generazioni abbiamo sepolto più terra che miliardi di uomini in migliaia anni. Fino a poco tempo addietro (i nohani della mia generazione ne sono testimoni), le cappelle di S. Antonio, della Madonna di Costantinopoli e del Buon Consiglio, segnavano il limite dell’area urbanizzata di Noha. Superandole si era in aperta campagna. Il che voleva dire estensione di verde e terra rossa, tracciati di carrarecce e profumi di fiori. Oggi quel limite non esiste più. E’ fuso in egual modo ai medesimi dei paesi limitrofi. Un unicum indefinito di case, strade e mega-porcate di vario genere. Così mentre obbediamo all’incitazione del progresso, la terra si ammala, e noi dietro ad essa. In compenso i nostri figli continuano ad emigrare per cercare altrove ciò che potremmo avere in casa. Un’altra storia questa, ma sempre tinta di rosso, rosso- rabbia. Gli unici beni che ci restano e che per fortuna non possono essere de localizzati, come si usa fare di questi tempi con il lavoro, sono appunto la terra e i nostri beni culturali.

Come le emissioni di gas nocivi devono essere ridotte oggi e non domani, così anche la copertura eccessiva della terra deve essere fermata oggi e non quando il suo recupero sarà irreversibile. Se non decidiamo al più presto che il trend di avanzamento di questa tragedia deve finire, ci vuol poco a immaginare quale rosso vedranno i nostri nipoti guardandosi intorno. Non certo il rosso di vergogna che dovrebbe bruciare sulle facce degli attuali responsabili di questa tragedia, che siamo noi tutti, nessuno escluso, bensì il rosso della loro (dei nostri nipoti) stessa collera per aver ereditato (non certo meritato) un disastro senza pari.

Forse l’unica memoria prestigiosa del rosso che resterà, anche se sbiadito (perché a quanto pare non frega niente a nessuno, politici compresi), è quello della torre dell’orologio, dei sotterranei del castello adiacenti all’ipogeo, della casa rossa, dell’ex cinema dei fiori, degli affreschi nascosti sotto la calce delle colonne della chiesa matrice realizzati da Cosimo Presta, pittore nonché stuccatore della chiesa madre e di una prestigiosa casa privata di Noha, di ciò che resta delle casette che forse qualcuno aspetta che vadano in frantumi per costruirci al loro posto due piani di appartamenti. Forse possono essere salvati solo più da un miracolo del nostro San Michele Arcangelo, come avvenne nella notte del 20 Marzo del 1740, evento miracoloso riportato nel libro della storia di Noha (“Noha, storia, arte e leggenda” di P. Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone, Milano, Infolito Group Editore, 2006), allorquando il nostro San Michele fermò l’uragano con un semplice cenno del suo mantello rosso.

Ecco, questo è quanto chiedo come regalo per il Natale in arrivo: la salvezza dei nostri unici beni culturali che, ahimè, gridano vendetta, compresa la terra che ancora si oppone alle colate delle nostre mega-porcate.
E perché no, aggiungo anche la preghiera per una valanga di rosso che si riversi sulle facce di certi pseudo-elargitori di politica, che hanno perso il pelo, sì, ma non il vizio di fingersi sordi, accecati come sono dall’ignoranza, dagli imbrogli e dalla mancanza di rispetto per Dio. Barcollanti senza mèta, se non la fame di una banale onnipotenza.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 04/03/2014 @ 21:26:32, in Comunicato Stampa, linkato 3414 volte)

Venerdì 7 marzo, alle ore 19:00 nella sala del Cinema Teatro  Tartaro di Galatina, si inaugura IDENTITA’ IN DIALOGO #PATRIASENZAPADRI, rassegna culturale della Città di Galatina, con il patrocinio della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo Cultura e Turismo, Apulia Film Commission e Lecce 2019, in collaborazione con gli Istituti Superiori di Galatina, le Associazioni Intervalla Insaniae e Inondazioni e con il coordinamento del Servizio Cultura e Comunicazione del Comune.

Ospiti di questo primo incontro Antonella Gaeta, Presidente di Apulia Film Commission e Francesco Miccichè, regista del documentario Lino Miccichè, mio padre. Una visione del mondo.

Con il grande Lino Miccichè, intellettuale italiano, che fu critico e storico del cinema, editorialista ed organizzatore di eventi culturali, Gaeta intratterrà un dialogo ideale su “Il Cinema: prospettiva di lettura e di cambiamento del nostro Paese”, attraverso la voce del figlio, conosciuto dal grande pubblico per aver diretto numerose serie televisive e documentari pluripremiati.

L’iniziativa, che proseguirà con altri due importanti appuntamenti, si svolge nell’ambito del progetto Identità in dialogo-Prospettive Meridiane, giunto alla III edizione, promosso dall’Amministrazione del Sindaco Montagna, a cura dell’Assessorato alle Politiche Culturali diretto da Daniela Vantaggiato, su tematiche di carattere storico-filosofico, politico-sociale e antropologico con particolare attenzione alle prospettive del territorio.

L’obiettivo è aprire il dibattito sul ruolo sociale del padre nel passaggio generazionale, del padre portatore della storia e della cultura, elementi fondanti  della struttura dei figli, e contestualmente sviluppare l’interesse, la conoscenza e la comunicazione sui Padri della Città di Galatina.

Per questo sono state invitate ad intervenire  personalità di spicco che offriranno dal proprio osservatorio spunti sulla visione del mondo che transita da padre in figlio.

Successivamente, nelle specifiche attività di ricerca per la divulgazione della biografia e dell’ opera dei Padri Galatinesi saranno in particolare coinvolti gli Istituti Scolastici e le Associazioni che ne portano il nome.

Si registra già in questa prima fase del progetto la partecipazione attiva di docenti, genitori e studenti che, sensibilizzati dai dirigenti d’istituto, presenteranno le loro performance in tutti gli incontri in programma.

Mio padre aveva chiaramente in testa una ‘visione del mondo ’ che ha tentato di migliorare proprio in virtù di quel suo punto di vista. Le domande poste dalla sua generazione, in fondo, non sono molto diverse dalle nostre. La questione è che le loro risposte, per quanto molto chiare, alla fine, non sono state sufficienti a cambiarlo. E le nostre?

Su questo punto di domanda posto da Francesco Miccichè si apriranno momenti di riflessione con i giovani nella diversità di linguaggi, tra immagini, parole e musica.

Nell’occasione al regista verrà consegnata la  targa ricordo del Premio Marcello Romano per il Cinema-Città di Galatina-2014. Il Premio, istituito nel 2009  dal Comune in partenariato con l’ex Istituto d’Arte  ora Liceo Artistico Statale “P. Colonna”, è dedicato alla memoria del galatinese Marcello Romano, cultore di cinematografia, il quale fin da giovane nutrì grande passione per il cinema, approfondendo in particolare lo studio del cinema d’autore. 

Lunedì, 17 marzo alle ore 19:00, nella sala del Tartaro, ospite della rassegna sarà Massimo Ciancimino, autore di “Don Vito”, racconto di una vicenda umana dove il rapporto difficile con il padre padrone si intreccia con oltre  trent’anni di storia italiana vissuta dall’interno.

Il libro, scritto insieme al giornalista Francesco La Licata, già autore di libri su mafia e politica, è uscito nell'aprile 2010 e ha fatto molto discutere, suscitando anche le attenzioni delle Procure di Palermo e Caltanissetta che ne hanno acquisito copia nelle inchieste sulla presunta trattativa.

Molteplici le critiche associate al nome dell’ultimogenito dell’ex Sindaco di Palermo che ha accettato di venire a Galatina per testimoniare  la propria esperienza di figlio su un modello di padre stigmatizzato dalla famiglia e dalla comunità.

Un incontro che si presenta carico di interesse anche per la  conduzione affidata alla giornalista e scrittrice tedesca Petra Reski. Conosciuta e apprezzata per il suo lavoro giornalistico iniziato per la rivista Stern, deve la sua notorietà nel nostro Paese per la sua produzione letteraria “di denuncia” sulla criminalità organizzata.

La prima parte del progetto si concluderà sabato 22 marzo alle ore 19:00 a Palazzo della Cultura nella sala “C.Contaldo” in occasione della prima presentazione di “Luigi Mariano: la materia e il colore” a cura di Paolo Maria Mariano e di Giovanna Rotondi Terminiello. Il volume è un omaggio della Città alla figura dell’artista galatinese che nel  viaggiare con le sue opere per l’Italia in un percorso sempre più ricco,tra realtà e visione, approda all’originalità assoluta delle sue xilopitture. Le belle immagini, che arricchiscono la pubblicazione, esprimono le scelte di vita che hanno accompagnato il maestro che rivive nella ricostruzione del figlio Paolo Maria, docente universitario, degno erede di scienza arte e cultura, e dei ricordi di Giovanna Rotondi Terminiello, emerito Soprintendente dei beni Artistici e Storici della Liguria, del sodalizio urbinate del nostro con il padre professor Pasquale Rotondi, storico dell’arte al quale l’Italia deve la salvezza durante la guerra di incommensurabili capolavori artistici.

Con queste premesse, illuminanti sono le riflessioni del grande psicanalista Massimo Recalcati contenute nel libro-intervista “Patria senza Padri” sugli errori del mito dell’autogenerazione che permea la civiltà ipermoderna, dell’essere genitori di se stessi, nella convinzione che non ci può essere autentico cambiamento se non attraverso la conoscenza delle generazioni che ci hanno preceduto.

Un impegno che l’ Amministrazione Comunale di Galatina assume per un’azione efficace volta a offrire prospettive per il nostro territorio chiamando tutti ad esprimere la propria visione. 

(comunicato del Servizio Cultura e Comunicazione Città di Galatina)

 
Di Redazione (del 25/07/2021 @ 21:25:17, in NoiAmbiente, linkato 948 volte)

Cosi spiega Wikipedia (il dizionario in rete) il detto citato nel titolo:

“Non importa quale sia il risultato, basta che ce ne sia uno. Insomma, non si conosce la destinazione verso cui si sta andando in seguito a  determinate scelte”.

Il fatto:

Dal DL - semplificazioni che l’attuale governo Draghi sta proponendo, spunta il via libera all'incenerimento di CSS (Combustibile Solido Secondario). L’argomento riguarda soprattutto la classificazione di questo genere di rifiuti, definiti come combustibile ottenuto dalla componente secca (plastica, carta, fibre tessili, ecc.) dei rifiuti non pericolosi, sia urbani sia speciali, tramite appositi trattamenti di separazione da altri materiali non combustibili, come vetro, metalli e inerti.

Entrare o non entrare nel merito scientifico della materia chimico/batteriologica o del diritto, onde non basterebbero tre tesi di laurea e almeno un decennio di ricerche istituzionali e non, semplicemente c’è da preoccuparsi moltissimo.

La verità è che non se ne può più dei rifiuti, siamo diventati consumatori voraci e produttori industrializzati. Basta vedere quanti se ne espongono ogni giorno davanti alle nostre case per la raccolta differenziata, e quanti fuoriescono dai processi produttivi di aziende, centri commerciali e ospedali, per non aggiungere le famigerate discariche abusive, piccole e grandi.

La seconda verità è che gli addetti ai lavori, non sanno più dove metterli questi benedetti rifiuti e nessuno vuole più avere discariche o siti di stoccaggio dietro l’angolo.

Quindi si sta decidendo che in fondo va bene bruciarli tutti negli altiforni. Così, oltre a liberare l’ambiente dai rifiuti, aiutiamo gli imprenditori (quelli delle “ricadute occupazionali”) ad aumentare gli utili.

Peccato che a rimetterci saremo tutti, a partire dalle fasce più deboli della popolazione, come bambini, anziani e ammalati.

Di fatto, la varietà dei materiali (mercurio, piombo, cadmio, arsenico, cromo, ecc. ecc.) che compongono tali rifiuti è talmente vasta che gestirne le emissioni mediante filtri al fine di evitare l’avvelenamento del nostro habitat costerebbe più degli utili previsti, ammesso che possano essercene, immaginando l’impegno e la buona fede degli utilizzatori di tale combustibile.

Quindi con il DL Semplificazioni, basterà una semplice autorizzazione comunale e qualsiasi rifiuto denominato CSS potrà finire tranquillamente nei forni degli opifici, nel nostro caso anche nei cementifici a chilometro zero, alla faccia della recentissima denuncia pubblicata da Asl Provincia, mediante l’aggiornamento del rapporto sulla Salute della provincia di Lecce RePol 2020, in cui si dichiara che l’area compresa fra Lecce e Maglie (16 comuni, compresa Galatina) è un “Cluster con la più alta percentuale di tumori ai polmoni”.

E pure alla faccia del neonato appello della Consulta della Provincia di Lecce verso il Governo centrale con il quale si vorrebbe chiedere che il Salento venga classificato come "area ad alto rischio ambientale".

Semplificazioni verso il disastro.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 03/06/2020 @ 21:23:24, in NohaBlog, linkato 1567 volte)

Bravissima la nostra Arianna Gabrieli insignita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere del Lavoro per la sua attività di ricerca.

Congratulazioni, dottoressa, e "ad maiora" da parte di tutti i nohani.

Come annunciato ieri a Codogno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto insignire dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica un primo gruppo di cittadini, di diversi ruoli,  professioni e provenienza geografica, che si sono particolarmente distinti nel servizio alla comunità durante l’emergenza del coronavirus. I riconoscimenti, attribuiti ai singoli, vogliono simbolicamente rappresentare l’impegno corale di tanti nostri concittadini nel nome della solidarietà e dei valori costituzionali.

Annalisa Malara e Laura Ricevuti, rispettivamente, anestesista di Lodi e medico del reparto medicina di Codogno, sono le prime ad aver curato il paziente 1 italiano.

Maurizio Cecconi, professore di anestesia e cure intensive all’Università  Humanitas di Milano,  è stato definito da Jama (il giornale dei medici americani) uno dei tre eroi mondiali della pandemia.

Mariateresa Gallea, Paolo Simonato, Luca Sostini sono i tre medici di famiglia di Padova che volontariamente si sono recati in piena zona rossa per sostituire i colleghi di Vo’ Euganeo messi in quarantena.

Don Fabio Stevenazzi del direttivo della Comunità pastorale San Cristoforo di Gallarate (VA) è tornato a fare il medico presso l’Ospedale di Busto Arsizio.

Fabiano Di Marco, primario di pneumologia all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha raccontato la tragica situazione della città e dell’ospedale.

Monica Bettoni, ex senatrice e Sottosegretaria alla Sanità, medico in pensione, ha deciso di tornare in corsia a Parma.

Elena Pagliarini è l’infermiera di Cremona ritratta nella foto diventata simbolo dell’emergenza coronavirus. Positiva, è guarita.

Marina Vanzetta, operatrice del 118 di Verona, ha soccorso una anziana donna e le è stata accanto  fino alla morte.

Giovanni Moresi,  autista soccorritore di Piacenza Soccorso 118, ha offerto una  testimonianza del ruolo degli autisti soccorritori del 118.

beniamino Laterza, impiegato presso l’Istituto di vigilanza “Vis Spa” e presta servizio nell’ospedale Moscati di Taranto, presidio Covid.

 

Del team presso l'Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma – struttura di eccellenza della sanità pubblica fanno parte:

Maria Rosaria Capobianchi, a capo del team che ha contribuito a isolare il virus

Concetta Castilletti, responsabile della Unità dei virus emergenti.

Francesca Colavita, Fabrizio Carletti, Antonino Di Caro, Licia Bordi, Eleonora Lalle, Daniele Lapa, Giulia Matusali, biologi

 

Nel team di ricerca dell’ospedale Sacco e dell'Università degli Studi di Milano, poli di eccellenza nell’ambito del sistema sanitario e di ricerca nazionale:

Claudia Balotta a capo del team, ora in pensione. Nel 2003 aveva isolato il virus della Sars.

Gianguglielmo Zehender,  professore associato.

Arianna Gabrieli, Annalisa Bergna, Alessia Lai, Maciej Stanislaw Tarkowski ricercatori


Ettore Cannabona, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Altavilla Milicia (Palermo), ha devoluto in beneficenza l’intero stipendio mensile.

Bruno Crosato in rappresentanza degli Alpini della Protezione civile del Veneto  che hanno ripristinato in tempi record 5 ospedali dismessi della regione.

Mata Maxime Esuite Mbandà, giocatore per il Zebra Rugby Club e per la nazionale italiana,  volontario sulle ambulanze per l’Associazione Seirs Croce Gialla di Parma.

Marco Buono e Yvette Batantu Yanzege  della Croce Rossa Riccione hanno risposto all’appello della Lombardia che chiedeva aiuto a medici e personale con ambulanze.

Renato Favero e Cristian Fracassi, il medico che ha avuto l’idea di adattare una maschera da snorkeling a scopi sanitari e l’ingegnere che l’ha realizzata.

Concetta D’Isanto, addetta alle pulizie in un ospedale milanese. Fa parte di quella schiera di lavoratori che ha permesso alle strutture sanitarie di andare avanti nel corso dell’emergenza.

Giuseppe Maestri, farmacista a Codogno, ogni giorno ha percorso cento km per recarsi in piena zona rossa.

Rosa Maria Lucchetti, cassiera all’Ipercoop Mirafiore di Pesaro, ha lasciato una  lettera agli operatori 118  donando loro anche tre tessere prepagate di 250 euro.

Ambrogio Iacono, docente presso l’istituto professionale alberghiero Talete di Ischia. Positivo,  ricoverato al Rizzoli di Lacco Ameno, ha continuato a insegnare a distanza nei giorni di degenza.

Daniela Lo Verde, preside dell’istituto “Giovanni Falcone” del quartiere Zen di Palermo, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per regalare la spesa alimentare ad alcune famiglie in difficoltà.  Suo l’appello  per recuperare pc e tablet per consentire ai suoi allievi di seguire le lezioni a distanza.

Cristina Avancini, l’insegnante di Vicenza che nonostante il contratto scaduto non ha interrotto le video-lezioni con i suoi studenti.

Alessandro Santoianni e Francesca Leschiutta, direttore della casa di riposo della Parrocchia di San Vito al Tagliamento (PN) e coordinatrice infermieristica che,  insieme agli altri dipendenti, sono rimasti a vivere nella struttura per proteggere gli anziani ospiti.  

Pietro Terragni, imprenditore di Bellusco (Monza e Brianza), in seguito alla morte di un dipendente, Erminio Misani, che lasciava la moglie e tre figli, ha assunto la moglie Michela Arlati.

Riccardo Emanuele Tiritiello, studente dell’istituto Paolo Frisi di Milano. Con il padre e il nonno hanno cucinato gratuitamente per i medici e gli infermieri dell’ospedale Sacco.

Francesco Pepe, quando ha dovuto chiudere il suo ristorante a Caiazzo di Caserta ha preparato pizze e biscotti per i poveri e gli anziani in difficoltà, organizzando una raccolta fondi per l’ospedale di Caserta.

Irene Coppola ha realizzato, a sue spese, migliaia di mascherine. Ha aiutato una associazione per sordi inventando una mascherina trasparente per leggere il labiale.

Alessandro Bellantoni  con il proprio taxi  ha fatto una corsa gratis di 1.300 km per portare da Vibo Valentia  all’ospedale Bambin Gesù di Roma una bambina di tre anni  per un controllo oncologico.

Mahmoud Lufti Ghuniem, in Italia dal 2012, fa il rider. Si è presentato alla Croce Rossa di Torino con uno stock di mille mascherine acquistate di tasca sua.

Daniele La Spina in rappresentanza dei giovani di Grugliasco al servizio della città di Torino che hanno portato prodotti di prima necessità a chi ne ha bisogno, in particolare agli anziani soli.  

Giacomo Pigni, volontario dell’Auser Ticino-Olona ha coinvolto una ventina di  studenti che hanno iniziato a fare chiamate di ascolto per dare compagnia alle persone sole.

Pietro Floreno, malato da oltre dieci anni di Sla ha comunicato di voler mettere a disposizione della ASL, per i malati di coronavirus, il suo ventilatore polmonare di riserva.

Maurizio Magli, in rappresentanza dei 30 operai della Tenaris di Dalmine che, quando è arrivata la commessa per la produzione di 5mila bombole nel minor tempo possibile, hanno volontariamente continuato a lavorare.

Greta Stella, fotografa professionista, volontaria presso la Croce Rossa di Loano (Savona), ha realizzato un racconto fotografico dell’attività quotidiana dei volontari.

Giorgia Depaoli, cooperante internazionale e si dedica in particolare alla difesa dei diritti delle donne. Ha subito dato la sua disponibilità alla piattaforma “Trento si aiuta” .

Carlo Olmo,ha contribuito nel rifornire gratuitamente Comuni e strutture sanitarie del Piemonte di mascherine, guanti, camici.

Maria Sara Feliciangeli, fondatrice dell’Associazione Angeli in Moto, insieme ai suoi amici motociclisti si è impegnata per consegnare i farmaci a domicilio alle persone con sclerosi multipla.

fonte:Presidenza della Repubblica

 
Di Redazione (del 31/03/2015 @ 21:22:35, in Comunicato Stampa, linkato 1955 volte)

Ci dispiace leggere polemiche risposte da tecnico comunale a discredito dello Osservatorio, là dove i nostri interventi erano e sono finalizzati a migliorare le opere in corso nell'interesse della collettività.
Pur comprendendo la condizione di frustrazione e di stress in cui operano i tecnici comunali, non possiamo più nascondere una realtà che è sotto gli occhi di tutti.
Questa volta lo diciamo a chiare lettere.
I tecnici comunali col diploma di geometra non hanno le competenze ed i titoli per progettare e dirigere certi lavori.
Lo sancisce la Corte Europea e lo conferma il Consiglio di Stato Italiano.
Per cui siamo in presenza di progettazione e direzione dei lavori illegittime.
Da questo errore alla fonte nascono e ne derivano a cascata tutti gli altri.
La Soprintendenza, per chi è del mestiere lo sa benissimo, va interpellata prima della approvazione di un progetto e non quando le frittate sono fatte.
È un obbligo di legge al quale non ci si può sottrarre e desta stupore quando l'inadempienza è commessa da una Pubblica Amministrazione che dovrebbe dare il buon esempio.
Per i tecnici comunali che vengono retribuiti con compensi aggiuntivi, i lavori e le opere in argomento sono "opere minori", quelle appunto che i geometri potrebbero progettare e dirigere.
Ma per noi e per la legge non è così.
Intervenire in zona A1 di massimo interesse storico, sotto le mura della città antica, affianco alla porta storica, noi non la consideriamo opera minore.
Così pure quando si provvede alla sistemazione dello spazio esterno del più grande complesso monumentale che c'è in città quale e' la struttura del Palazzo della Cultura e Chiesa annessa, non possiamo considerarle opere minori.
Tanto meno gli interventi nei locali di Palazzo Orsini, coevi, se non antecedenti alla Basilica, possono essere considerati opere minori.
La dicotomia di visione da cui nascono poi tutti gli errori e le osservazioni è tutta qua'.
Noi dell'Osservatorio abbiamo come obbiettivo primario la tutela e la salvaguardia del patrimonio artistico architettonico della città e, quindi, è nostro dovere intervenire per consigliare, suggerire e correggere eventuali errori.
A quanto innanzi bisogna aggiungere che in questi casi in cui il committente è il Comune, il progettista è il Comune, il soggetto appaltante è il Comune, buona regola di trasparenza vorrebbe che almeno la direzione dei lavori fosse affidata a terzi.
Ciò detto, l'Osservatorio Tecnico Galatinese, per motivi sia di opportunità e ancor più di legittimità,

CHIEDE

al sig. Sindaco Dott. Cosimo Montagna di voler provvedere a revocare l'incarico di direzione dei lavori ai tecnici comunali che seguono i cantieri in corso nei locali di Palazzo Orsini, in corso porta Luce e nell'area esterna ex Convitto Colonna e di volerinteressare la Soprintendenza ai beni Culturali affinché sovrintenda a detti lavori.

Distinti saluti Galatina,
31/03/2015
Osservatorio Tecnico Galatinese

 

E chi scende da qui? Ci misi giorni di fatica e bestemmie a salire, tra cadaveri maleodoranti e rocce e grida di morte, ci misi l’orrore stampato negli occhi e il coraggio, tutto questo ci misi, tanto che adesso non scendo! Resto quassù. Che poi, se anche scendo, nessuno mi può riconoscere, che la faccia me la fece saltare un mortaio e la voce fu graffiata da schegge. E il mio nome sparì dalla testa quando fu il grande scoppio. Lo scoppio che tutti ammazzò qui all’intorno. Tranne me che, però, non so più chi sono. A volte mi paio uno, a volte un altro... Io sono uno, nessuno e tutti quelli saltati per aria, morti a fuoco, alla baionetta, asfissiati di gas e ghiacciati di freddo. Che tutti me li sento addosso e mi credo nei loro pensieri. Certo, delle volte penserò di sicuro coi miei veri sentimenti, ma non so quando. Perché io mi ignoro. Sono ignoto persino a me stesso, figurati al mondo! Ma io, il mondo, lo aspetto qui sopra, in trincea – tutto lo aspetto – che il mondo tutto è coinvolto. E questa è l’unica cosa che ricordo: che sono in guerra, una guerra enorme, mondiale addirittura e io – io che non so più chi sono, da dove vengo e chi mi ha messo al mondo; io sconosciuto anche alla sola madre che mi resta, la Madre Patria – io, per essa, la patria, giurai di morirmene, proprio come le altre 90.000 tonnellate di muscoli e ossa, morte prima di me. Io non scendo!

Mario Perrotta, racconta la Grande Guerra e lo fa come lui sa fare: dopo un’attenta ricerca e concentrandosi sulle piccole storie, per gettare altra luce sulla grande Storia. Su una pagina scelta perché è il racconto del primo, vero momento di unità nazionale. MILITE IGNOTO - quindici diciotto, è un’altra grande prova per l’attore salentino, Premio Ubu 2015: lui in scena è il soldato ignoto di una guerra in cui, gradatamente anche il nemico diventa ignoto. Nelle trincee di sangue e fango veneti e sardi, piemontesi e siciliani, pugliesi e lombardi si sono conosciuti e ritrovati vicini per la prima volta, accumunati dalla paura e dallo spaesamento per quell’evento più grande di loro. Racconta tutto il soldato Perrotta, con la consueta e straordinaria intensità, e lo fa in una lingua d’invenzione nata dal mescolamento di tutti i dialetti italiani.

Lo spettacolo è il 12 marzo 2016 nel rinnovato Teatro Cavallino Bianco per la stagione di prosa 2016 organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria turistica e culturale.

Orario della rappresentazione:

porta ore 20:30 / sipario ore 21:00

 

Prezzo del biglietto:

1 settore – intero 20,00€ / ridotto 18,00€

2 settore – intero 18,00€ / ridotto 15,00€

 
Di Redazione (del 20/07/2022 @ 21:21:28, in Comunicato Stampa, linkato 410 volte)

Il ruolo dei Circoli Arci nella diffusione della cultura della legalità, contro le mafie.

L'utilizzo dei beni confiscati alla mafia, la necessità di semplificare le procedure di accesso ai beni sequestrati per renderli fruibili alla società civile, aiutando le realtà del terzo settore che in questi luoghi producono e sviluppano cultura e bellezza.

L'esperienza in merito del Circolo Arci Levèra

Ricordando sempre chi, per difendere lo Stato, ha pagato con la vita.

Di questo parleremo venerdì 22 luglio, alle ore 18 a Levèra con:

 Daniele Lorenzi , Presidente Arci nazionale, 
 Guglielmo Cataldi , Procuratore aggiunto DDA di Lecce
 Brizio Montinaro , Terra Somnia Editore 

Saluti:
 Fabio Vergine Sindaco di Galatina, 
 Cosimo Botrugno , presidente di Arci Lecce Comitato Territoriale
 Flavia Luna De Matteis , Presidente Arci Levèra 

Modera
 Roberta Forte , Circolo Arci Levèra

 

 
Di Albino Campa (del 30/11/2013 @ 21:21:25, in Un'altra chiesa, linkato 2199 volte)

L’esortazione apostolica «Evangelii Gaudium» è di fatto il manifesto che il papa vorrebbe attuare nel programma di riforma della Chiesa, a cominciare da se stesso, cioè dal papato. Fa sul serio, ma nello stesso tempo chi collabora con lui, come il prefetto della congregazione della fede, Mueller, ultraconservatore, nominato anche lui dal precedente Ratzinger, lo frena e in parte contraddice le apertura che Francesco tenta. Ci troviamo dunque di fronte ad una fisarmonica: il papa da aria di novità e aperture e Mueller & Company chiudono il mantice e tolgono l’aria. Il documento ne è la prova perché cerca di accontentare tutti e spero che non finisca per scontentare tutti. Per il papa bisogna fare la scelta preferenziale dei poveri, prendendo così uno dei fondamenti della Teologia della Liberazione e un «desiderium» inespresso del concilio Vaticano II (cfr. intervento di Giacomo Lercaro, autorizzato da Paolo VI) e quindi deve sapere che non può accontentare tutti, ma qualcuno lo deve scontentare. E’ nella logica delle cose.

Glielo posso assicurare per esperienza! Gli ultimi trent’anni, io e altri, abbiamo vissuto ai margini della Chiesa, considerati eretici perché non allineati al pensiero ufficiale vaticano che navigava a vista verso il lefrebvrismo fondamentalista, oltre il concilio di Trento, di corsa, verso la schiavitù di Egitto. Per quasi 35 anni siamo stati guardati a vista e ripresi ad ogni sospiro come fossimo appestati. Abbiamo mantenuto la calma e non siamo scappati, abbiamo pagato prezzi altissimi, ma con gioia, senza rinunciare alla nostra visione e alla nostra speranza di un tempo migliore. Avremmo dovuto essere scontenti e in certa misura lo eravamo, ma lottammo per essere fedeli al Concilio, sapendo che curia e papa avevano tradito la profezia conciliare e la fedeltà al vangelo «sine glossa».

Oggi, sempre emarginati dentro la Chiesa, nostro esilio, stiamo un poco respirando perché papa Francesco spesse volte pare usare le nostre stesse parole, espressioni, idee, progetti e speranze. Altri, vescovi, cardinali, preti, seminaristi, curiali et similia sono scontenti perché non vogliono uscire dal chiuso stantio delle sacrestie per paura di sporcare il dopobarba profumato con l’odore puzzolente delle stalle e delle pecore. Come può uno che porta cm 20 di polsi di camicia inamidata con due gemelli d’oro massiccio andare in stalla a dare da mangiare alle pecore in mezzo al letame? Costui piuttosto rinnega il papa o meglio si difende dicendo che è lui, il papa, ad essere fuori di testa.

Ci aspettiamo una posizione forte, decisioni drastiche perché non sono possibili interventi al bisturi. La situazione è talmente incancrenita che bisogna intervenire con l’accetta e con colpi decisi e precisi. Questa volta, o il papa sporca la sua veste bianca di sangue o rischia il fallimento. Mi permetto qualche indicazione.

Stabilisca queste semplici regole, piane piane, lemme lemme:

1. Chiunque lavora in Vaticano, ha il privilegio di aiutare direttamente il papa per cui dura in carica cinque anni e per tutta la sua vita non avrà altro onore (non farà mai carriera).

2. I preti, dal parroco al cardinale miscredente, non possono, per legge, gestire denaro o equipollente (due terzi di preti, oves et boves – ne sono sicuro – se ne andrebbero via perché ci stanno solo per quello).

3. I preti, i vescovi e i cardinali non possono avere proprietà; se ne hanno di famiglia se ne devono disfare prima di diventare preti. Chi parla di Provvidenza deve dimostrare di crederci per primo e preventivamente.

 

 

4. Chi non ottempera alle prime tre regole non può diventare prete, e chi viene meno, mentre è prete, vescovo e cardinale, decade immediatamente; ciò significa decadenza nello stesso istante in cui viene contestata l’inadempienza. Chiunque, naturalmente, può ricorrere in tutti i gradi di giudizio, ma intanto, da decaduto, è sospeso da ogni attività ed eventuali beni posseduti, sono sequestrati.

 

Adelante, Chico, adelante con judicio!

 

Don Paolo Farinella - Genova

Genova 27 novembre 2013

 
Di Antonio Mellone (del 06/05/2017 @ 21:20:39, in NohaBlog, linkato 2869 volte)

In effetti questa storia del “voto Tizio perché è una brava persona” provoca anche a me una forma di evirazione per forza di gravità: ovvero, come potrebbe più prosaicamente dirsi, mi fa cascare le palle.

Nel mese di aprile su galatina.it Lorenzo Candido, un ragazzo di Galatina ora studente di Giurisprudenza in quel di Roma, con una lettera aperta di alto profilo chiedeva alla comunità tutta un pizzico “di passione incondizionata verso la Politica”.

Così continuava Lorenzo nella sua missiva: “Abbiamo bisogno di dire che la nostra città va difesa ad ogni costo. La nostra città deve essere protetta da ogni abuso, da ogni sberla, anche da quella più velata. Abbiamo bisogno di urlare che lo stupro di questa terra è un crimine. Abbiamo il dovere di combattere la mentalità, fin troppo radicata, del culto della persona. […] Bisogna guardarsi allo specchio e dire: sì, la mafia esiste e ora la distruggiamo”. E infine: “Galatina deve vedere, deve sentire, deve parlare. L’omertà e la passività declinate in ogni ambito ammaccano la democrazia”. Insomma, un vero e proprio programma politico.

Uno pensava (sperava) di poter leggere con la medesima evidenza sullo stesso sito una valanga di lettere in risposta ai temi trattati dal Lorenzo, un dibattito pubblico di un livello finalmente un po’ più elevato rispetto a quello dei calzini corti, e soprattutto degli interventi importanti da parte di “qualcuno che si candida” piuttosto che di qualcuno “che è stato candidato”. 

Invece, niente. A Galatina non c’è proprio trippa per gatti (solo truppe di fatti, anzi di strafatti riempiliste).

Sicché ci siam dovuti accontentare di un paio di contributi un po’ così: tipo quello della Roberta Forte, che è partita bene per perdersi subito dopo nel traffico del centro storico di Galatina, il quale, secondo lei, sarebbe da chiudere sì, ma a dosi omeopatiche [cosa c’entra il centro, Roberta: Lorenzo aveva chiesto ben altro, ndr.]; e quello di tal Claudio Bello, che elenca i motivi per cui ha l’Amante, e cioè: 1) perché “non ha simboli di partito alle spalle” [huahahahaha: per la cronaca, il Tipo ha avuto alle spalle qualche fiamma più o meno tricolore, ndr.]; 2) perché sostanzialmente è una “brava persona” (e ridaje); 3) per “non vedere sempre le stesse facce” (come se Amante fosse nuovo di zecca e non un usato sicuro), e soprattutto – ipse dixit - quelle “facce che nelle precedenti tornate elettorali se le son dette, senza mezzi termini, offendendosi vicendevolmente e gridando al pubblico (anche social ma non solo) il proprio disappunto nei confronti dell’antagonista politico”. Ma che film ha visto, Bello? Quando mai se le son dette di santa ragione? Forse quando hanno fatto le peggiori porcate tutti insieme appassionatamente, maggioranza e finta opposizione, come nel caso del mega-porco commerciale di Collemeto? Il problema di Galatina non è affatto l’antagonismo – magari ce ne fosse un po’ – ma il consociativismo, il volemose bene, la Trattativa, il partito trasversale, i tarallucci & vino, la mano che lava l’altra, i finti amiconi, e la cosiddetta mo-de-ra-zio-ne.

Lorenzo avrebbe voluto leggere qualcosa di diverso, di nuovo, magari non necessariamente di inedito, ma non queste coglionate, fritte e rifritte, calzanti con gli argomenti trattati come la Nutella sui cavoli stufati a merenda.      

Sono certo che Lorenzo Candido (ma, per la verità, anche il sottoscritto) avrebbe voluto sentire da qualche concittadino che a Galatina finalmente la Politica dice una volta per tutte “Stop al consumo del territorio comunale” (nel senso che è giunto il tempo di pensare alla razionalizzazione degli spazi già edificati, al recupero delle aree dismesse, e al risparmio di ogni metro anzi di ogni centimetro quadrato di terreno agricolo).

Che d’ora in poi si punterà all’efficientamento energetico, alla riduzione dei consumi per esempio della pubblica illuminazione (pensate, ci è arrivato persino Coccioli) e che si impedirà una buona volta che il paesaggio comunale venga devastato in nome della produzione di energia mascherata come pulita (ergo, divieto assoluto a nuove pale eoliche di massa, al fotovoltaico in mezzo alla campagna e alla produzione di biogas da mega-centrali di compostaggio “ana[l]erobico”).

Che la Politica darà per prima l’esempio di un nuovo stile di vita incentrato sulla mobilità sostenibile, sul bike-sharing, sul pedibus, sul trasporto pubblico integrato, sull’autobus a chiamata eventualmente, e soprattutto sull’utilizzo dei mezzi di locomozione comunale francescana, cioè i piedi (che oggi, a Galatina, sembrano invece tutti affetti da calli, alluci valghi, acidi urici, fasciti plantari, metatarsalgia, occhi di pesce e neuroma di Morton, sicché si arriva ad utilizzare l’auto finanche per un giro di villa).

Che verranno incoraggiate le attività di allevamento domestico degli animali (certamente non negli appartamenti dei “grattacieli” cittadini), caratteristica del nostro piccolo mondo antico. Che si continuerà con la raccolta differenziata porta a porta, portandola a percentuali di eccellenza, promuovendo la strategia dei rifiuti zero e, al contempo, anche il compostaggio domestico. Che si cercherà con le buone ma anche con le cattive di combattere la ludopatia (tragedia che sta portando alla rovina famiglie intere).

Che considereremo i ragazzi migranti come una risorsa preziosa del territorio, prima di tutto culturale, da conoscere meglio e integrare nella comunità, anche ai fini di un reciproco arricchimento. Che, per esempio, si incentiverà sempre più la popolazione a scelte quotidiane sobrie e sostenibili. Che si disincentiverà invece la grossa industria del commercio (il mega-porco, per dire, dovrebbe essere bandito dai confini comunali soprattutto grazie alla domanda, voglio dire alle scelte consapevoli dei consumatori) anche al fine di favorire il piccolo commercio (meglio se equo, solidale e di qualità).

Che ci sarà tolleranza zero - pena la chiusura immediata e la richiesta di risarcimento danni - nei confronti delle aziende che inquineranno l’aria, l’acqua e il suolo comunali (nonostante le loro generose offerte di sponsorizzazione). Che verrà incoraggiato in agricoltura lo scambio dei semi tra i cittadini, e che verrà impedito l’utilizzo di diserbanti e pesticidi chimico-industriali in tutto il territorio galatinese (finora qui s’è bandita invece l’agricoltura e tutti i suoi prodotti, “dalle cicorie alle patate di Galatina” che, nonostante la denominazione, debbono ormai essere prodotte fuori dai confini municipali).

Che si impegna nel restauro paesaggistico e dei beni culturali nel principio del dove erano e come erano, facendo tesoro degli elementi tipici del mosaico del “Genius loci”. E che si cercherà in tutti i modi di debellare la mafia in me, prima che la mafia in sé (sì, qui da noi, soprattutto nei metodi – anche nella richiesta telefonica di una firma per la convalida delle proprie liste elettorali – spesso ci si comporta, più o meno a propria insaputa, secondo il manuale del perfetto mafioso).

Ecco. Cose del genere, avrebbe voluto leggere Lorenzo (ma anche lo scrivente) in risposta alla sua missiva, non le minchiate di cui stanno riempiendo manifesti, social-network, e il nostro ruzzolante binomio anatomico meno oblungo e più sferico, onde la libido per queste elezioni risulta in forte calo.

Lorenzo, studia, ‘manisciate’ e torna a casa. Così da Candido potrai diventare pure candidato.

Il tuo primo voto sarà il mio.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 10/12/2013 @ 21:16:31, in Un'altra chiesa, linkato 3651 volte)

Probabilmente se ne parla da tempo anche nella nostra parrocchia.

Ma visto che (salvo errori e omissioni) non si ha tanto tempo per l’invio delle risposte (pare che la scadenza ultima sia la fine del prossimo mese di gennaio), ci tenevo a pubblicare sul sito di Noha - anche a beneficio di chi non è assiduo frequentatore del tempio, ma è pur sempre un figlio di Dio, per di più cristiano e cattolico - le trentotto domande rivolte “alla base”, cioè alle famiglie ed al popolo dei credenti, attraverso il famoso questionario proposto da papa Francesco, al fine di far riflettere almeno i nostri venticinque lettori se non su tutte almeno su alcune delle sue famose istanze.

Come riportato anche sul sito di “Famiglia Cristiana” (ma anche su Vatican.va) le risposte ai quesiti possono essere raccolte dalle parrocchie e dalle diocesi, oppure inviate direttamente in Vaticano presso la segreteria del Sinodo dei vescovi.

*

La rivoluzione di Francesco sta anche in questo, nel passaggio cioè dalla monarchia assoluta ad una forma di governo in cui il capo ascolta (o almeno ci prova) il suo popolo. Che finalmente diventa “egregio”, cessando di esser gregge. Ma c’è da riconoscere che è “rivoluzionario” il tenore stesso delle domande poste ai fedeli.

Purtroppo di fronte al lemma “rivoluzione” a molti prelati viene l’urticaria, onde l’avvento di Francesco sarebbe soltanto la più importante operazione di marketing della storia della chiesa, mentre la sua elezione la trasformazione di una foglia di fico in papa.

In passato la chiesa gerarchica ha spiegato ex-cathedra, cioè dall’alto, qual è la “verità”, quali i dettami della “natura”, quale il “giusto modo” di rapportarsi ai problemi dell’etica, della sessualità, della famiglia…

Ora è come se la parola (in minuscolo, per carità) fosse stata restituita alla comunità dei credenti, i quali potranno dire la loro su temi di scottante attualità. Temi come le convivenze, le coppie di fatto, le unioni gay, ad esempio, che solo qualche mese addietro (non decenni!) erano considerati veri e propri tabù non solo se pronunciati all’interno delle mura di una qualsiasi cappella, ma addirittura anche solo pensati in un raggio vasto quanto basta avente centro in una sacrestia.

Bisogna qui ribadire che non è assolutamente in discussione la dottrina: qui è soltanto cambiato un metodo per formulare le cosiddette pastorali (soprattutto quella sulla famiglia), partendo appunto dall’ascolto (che poi è quella roba – insieme ad altre – molto predicata dai pulpiti ma quasi per nulla praticata).

*

Come tutti potete leggere di seguito, le domande del quesito non sono strutturate, nel senso che non sono a risposta chiusa, univoca, predeterminata; non siamo, cioè, di fronte ad un test a risposta multipla, o ad un quesito vero/falso. Le domande papali sono “a stimolo aperto” e lasciano spazio alle più svariate risposte.

Vero è che ognuno dei 38 quesiti meriterebbe mesi e mesi di approfondimento, dibatti, relazioni. Ogni questione potrebbe essere benissimo il titolo di una tesi di laurea, ovvero di un ponderoso volume.

Non è materia semplice, dunque, interrogarsi sui grandi mutamenti che hanno cambiato il volto della famiglia; né è pensabile liquidare codesti temi in poco tempo e in poco spazio (e forse bisognerebbe chiedere al committente un po’ più di tempo a disposizione).      

Qui c’è da fare, infatti, un lavoro capillare presso le parrocchie, perché il questionario sia presentato ai laici il più possibile in modo corretto, e si dia loro assoluta libertà di rispondere (pur con tutti i limiti che questo metodo comporta, anche nella raccolta dei dati).

*

Sono sicuro che almeno stavolta non prevarrà l’ottica tradizionale di elaborare il tutto dall’alto, o peggio ancora attraverso le famose “prudenti consultazioni ben guidate”. Mi auguro che in eventuali convegni organizzati su questi argomenti si possa assistere a vere discussioni, magari anche attraverso la presenza di relatori, come dire?, con punti di vista sufficientemente contrastanti. Eventuali nuovi fermenti dal basso dovrebbero essere sostenuti e non venir subito messi a tacere, come invece è avvenuto fino all’altro ieri.

Le rivoluzioni di facciata non servono a nulla. E nessun questionario avrà valore se non si ritorna a discutere seriamente di diritti civili anche nelle parrocchie.

*

Ora vedrai che per questo articoletto ci sarà il solito tiratore scelto pronto (evangelicamente) a lapidarmi scagliando la prima pietra.

La vera rivoluzione avverrà quando finalmente si comprenderà che un articolo non è altro che lo svolgimento, la trattazione, l’elaborazione (seppur breve) di un tema. E ad un tema non si risponde con un anatema.

Antonio Mellone

Documento Preparatorio

Le trentotto domande

 
Di Antonio Mellone (del 10/02/2014 @ 21:15:51, in Compostaggio, linkato 3417 volte)

Ragazzi, lo confesso, è dura. E’ quasi impossibile star dietro a quella macchina da guerra che è l’amministrazione Montagna (che non fa proprio rima con campagna), composta da un bel gruppo di novelli Attila, i quali ce la stanno mettendo tutta (riuscendoci benissimo) per passare alla storia come i nuovi flagelli del bio.

L’ultima boutade (da tradurre con buttanata) di sindaco Cosimino e assessora Roberta, che hanno pure fatto finta di azzuffarsi nel pollaio con il consigliere regionale Galati(nese), riguarda il nuovo impianto di compostaggio “in conformità a quanto previsto nel Piano Regionale dei Rifiuti, che la individua (Galatina, ndr.) come uno dei tre siti necessari per il conferimento della frazione organica e congeniali per situazione geografica e bacino di utenza”.

Capito? Galatina e Frazioni (a questo punto umide) sono congeniali (mentre sindaco e assessora semplicemente geniali, oltreché necessari al futuro del comune). I nostri pollitici, con l’evidente “obiettivo di rendere inutili tanto le discariche quanto gli inceneritori” stanno, povere stelle, “dimostrano la concreta volontà di arrivare in tempi brevi alla chiusura ottimale del cerchio del riciclo dei rifiuti anche attraverso la realizzazione di un impianto di compostaggio, che garantirebbe una riduzione dei costi per il cittadino dovuta all’abbattimento dei costi del trasporto e peggio ancora a quelli di conferimento in discarica di un materiale prezioso per la nostra stessa agricoltura ed economia”. Roba che lascia senza fiato, vista anche la punteggiatura oltre che il resto della sintassi del carme, anzi del poema, del componimento-stampa pubblicato sui siti degli amici.

*

Ma davvero questi ecologistipercaso pensano che tutti se la bevano? Davvero la popolazione di Galatina e dintorni non vede l’ora di ospitare, seppur extra-moenia, in prossimità della tangenziale Est” (ma dove di preciso?), l’ennesimo mega-impianto credendo alla favola per cui poi pagherà meno tasse sui rifiuti? Sì, come no. I cittadini non ci stanno nella pelle, non vedono l’ora, non credono ai loro occhi, alle loro orecchie, e tra un po’ al loro naso.

*

E, a proposito, quanto suolo dovrebbe consumare o assorbire quest’ennesimo mega-porco in nome dell’ecologia e della popolazione virtuosa che fa la differenziata? Uno, tre, cinque, quindici ettari? E codesto mega-impianto dovrebbe poi accogliere, oltre al nostro prodotto interno lurdo, anche frazioni organiche provenienti da fuori comune e, ove necessario, anche da fuori regione? E, di grazia, chi sarebbe preposto alla gestione di questo avveniristico impianto virtuoso? Una nuova o una già esistente società mista pubblico-privato (da leggere: idrovora in grado di ingoiare quantità enormi e non ben precisate di fondi pubblici, di cui s’è già avuta esperienza, e proprio a Galatina)?

*

Ma certo che il sindaco non vede l’ora di incentivare l’agricoltura fornendo quintali e quintali di prezioso humus a chilometri zero ai poderi galatinesi. Però, non si è ben capito per quali - ce lo spiegherà nel prossimo comunicato-stampa -, se per le centinaia di ettari di campi di fotovoltaico che ci attorniano, oppure per i 26 ettari di contrada Cascioni in Pantacom, oppure per quelli che coprirà la nuova erigenda tangenziale, o per i terreni da adibire a nuovi comparti di villette bi-familiari, o per i suoli della nuova area mercatale da spianare quanto prima, come auspicano i consumatori (in tutti i sensi), o per le nuove aree artigianali richieste a gran voce dagli artigiani.

A proposito di artigiani e del loro nuovo comunicato-stampa, in cui, a fianco a richieste ragionevoli, si ritorna a blaterare di nuove aree artigianali, c’è da chiedersi: ma come si fa a non vedere oggi, nelle zone industriali ed artigianali di tutto il Salento, ma anche del resto d’Italia, le decine di capannoni in vendita che, lungo le strade, sembrano attendere un fantomatico compratore, come tante prostitute ormai troppo vecchie? Come si fa a pensare ancora di cementificare il nostro già martoriato territorio con novelle volumetrie? E con quali soldi, poi?

*

Signori, questo è il livello del dibattito politico in Galatina, la bella addormentata nel losco. Nessuno che dica nulla. Nessuno che ribadisca il fatto che il famoso compost si dovrebbe fare a livello micro, cioè di famiglia, o di condominio, o al più di quartiere, e non con la creazione dell’ennesima discarica o mega-impianto fuori porta (ché di questo si tratta).

*

E le cosiddette opposizioni? A convegno, a palazzo della cultura (quella roba, la cultura, con la quale, secondo alcuni alti, pardon, bassi capi proprio di quelle fazioni, non si mangia). Sì, pare che gli amici della rediviva Forza Italia si siano ritrovati domenica scorsa a dibattere di un tema che è tutto un programma: “Il ritorno al futuro”.

O forse al tugurio. Di questo passo, e con questi personaggi di destra e di manca (manca, voce del verbo), le due cose coincideranno.

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 10/09/2015 @ 21:15:37, in NohaBlog, linkato 2578 volte)

Continuiamo con queste note (invero un po’lunghe, ma a puntate) a commento dell’enciclica di papa Francesco, la prima nella storia della chiesa scritta e presentata in italiano (o comunque non in latino), e forse proprio per questo negletta dalla gran massa degli italiani impegnati ad applaudire (come, per esempio, i ciellini a Rimini) ogni tribuno - specie se della compagine governativa - pronto a vendere speranze manco fossero pentole antiaderenti.

*

Alcuni progetti, non supportati da un’analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualità della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro, come ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell’ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell’uso dell’energia nucleare. La cultura consumistica che dà priorità al breve termine e all’interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione” (tratto dal punto 184, pagg. 152 – 153, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015; la sottolineatura è nostra).

Sembrano parole scritte dal Forum Ambiente & Salute, o dai Sognatori Resistenti, o da Ivano Gioffreda, o da Marcello D’Acquarica, o dall’Anita Rossetti, o da Tonino Baldari & Co. Invece – chi l’avrebbe mai detto – si tratta delle parole di un papa, vergate nero su bianco, su di una circolare inviata urbi et orbi (speriamo non troppi orbi).

Assunti che abbiamo espresso infinite volte allorché abbiamo avuto a che fare con il mega-porco Pantacom, il fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, la S.S. 275 che vogliono far giungere fino a Santa Maria de finibus terrae (ormai nomen omen), la statale 8,  il gasdotto Tap, la Xylella vantaggiosa (ai soliti noti), il porto turistico di Otranto, le grandi navi nella laguna di San Marco, e, ultimamente, le trivellazioni in mare, magari a poche miglia dalla battigia: in una parola contro la mafia.

Sì, non c’è niente da fare: là dove si devasta l’ambiente, si deturpa il paesaggio, si mortificano i beni culturali, lì c’è mafia. La mafia non è (più) quella della lupara e della coppola (oddio, qualche pirla così conciato c’è ancora in giro, eccome, anche da noi, e non solo a Palermo o a Roma). La mafia più pericolosa è invece quella del sacco di Palermo (come di Galatina, del Salento, dell’Adriatico…), quella dello scempio ambientale presentato come “sviluppo”, “ricadute occupazionali” e “progresso” (sì, signora mia, saccheggiano anche il vocabolario della lingua italiana, e chiamano “progresso” la barbarie: la solita Itaglia alla cazzo-di-cane). Ma perché la mafia esista e prosperi c’è bisogno di quella zona grigia che è la trattativa stato-mafia: senza trattativa, infatti, non c’è mafia, la quale sta alla trattativa come l’automobile alla benzina: sicché l’una diventa il bene complementare dell’altra, come la scarpa destra e la scarpa sinistra.

 “In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?” (punto 185, pag. 153, ibidem). Qui invece chi pone delle domande è il solito disfattista, un “ecologista” (come se il lemma fosse una bestemmia), uno poco pragmatico, e soprattutto un rompicoglioni, un gufo per giunta “rosicone”. Come se la situazione politica, sociale e culturale che stiamo drammaticamente vivendo non fosse frutto appunto di una carenza di democrazia, a sua volta derivante dalla scomparsa del senso critico, che invece è cultura, senso civico tout court.

L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. E’ realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? [See, campa cavallo, ndr.] All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano” (tratto dal punto 191, pagg. 156 -157, ibidem – la sottolineatura è nostra). Più chiaro di così si muore.

*

Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo. […] Si tratta di aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (tratto dal punto 191, pag. 157, ibidem). Ritorna il concetto della decrescita felice, di un altro paradigma, di un’altra economia, a cui fa più volte esplicito riferimento questo papa “qui sibi nomen imposuit Franciscum” (e modestamente anche chi scrive).

*

Arrivederci al prossimo e ultimo appuntamento con la “Laudato sì”. Oggi e sempre sia laudato.

[continua] 

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 17/03/2014 @ 21:15:00, in Comunicato Stampa, linkato 3149 volte)
E’ aperto il sipario sulla Stagione di Prosa che l’Amministrazione Comunale di Galatina, dopo un lunghissima interruzione, ha voluto fortemente far rivivere con un ciclo di cinque  spettacoli di qualità che porterà al Teatro Tartaro, sin dal 20 marzo e fino al 3 maggio 2014,  interpreti di prestigio tra cui Giobbe Covatta e Michele Placido.

In collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, sotto l’egida del Ministero per i beni, le Attività Culturali e Turismo, e della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo, la Rassegna è rivolta non solo al pubblico affezionato, che ha accolto la notizia con grande entusiasmo, bensì a tutti i cittadini e in particolare agli educatori e ai giovani. L’Amministrazione Comunale tutta, consapevole dell’impegno di energie e delle risorse investite in un momento di generale difficoltà, ha inteso assumere un atteggiamento di non rinuncia, riproponendo la “Stagione Teatrale” che a partire dal 1988 e fino alle soglie del 2000 aveva portato in scena al CavallinoBianco indimenticabili opere.

Giovedì 20 marzo,Una serata veramente orribile” per inaugurare con Carmela Vincenti,attrice brillante e versatile, incontri con il pubblico che si presentano, tra comicità, ironia e satira,occasione di divertimento e  improvvisazione, affidata alla bravura di attrici e attori che si sono già cimentati  in avventure sceniche difficili su ben altri gloriosi palcoscenici, con grande apprezzamento di critica e di pubblico.

Capa tosta, passionale e generosa, con questi aggettivi si definisce la Vincenti, cresciuta da Mirabella e stimata da Banfi,già conosciuta dal pubblico di Galatina in una esilarante serata della scorsa estate. Intriganti la raffinata esistenza di “nostra signora del crudo”,le feste anni ’60, la vita e le confessioni di una donna che ci racconta il vero nudo e crudo, in Una serata veramente orribile, nel senso buono, cioè assai forte.

Gli altri protagonisti, tutti meridionali, sono Ippolito Chiarello e Egidia Bruno che, appena dopo il recital “6°(sei gradi)” di Giobbe Covatta, con “Oggi Sposi” lui, e con “La mascula” lei,ci regaleranno straordinari momenti, narrando di temi e di stereotipi con stile, passione e riguardo alla saggezza popolare ma fuori da schemi ordinari. Il 3 maggio,Serata d’onore” (poesia e musica),appuntamento esclusivo  con Michele Placido per chiudere un cartellone che ha puntato sulla qualità dell’offerta culturale.

Giobbe Covatta, comico, attore e scrittore di grande successo, deve la sua fama nazionale a Maurizio Costanzo Show, doveinizia la sua carriera fortunata anche nel campo dell’editoria, a partire dal primo libro Parola di Giobbe. Nel 2010 porta in teatro Trenta, uno spettacolo dedicato ai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. A marzo 2011, in coppia con Enzo Iacchetti a teatro con “Niente progetti per il futuro" una commedia con ben 87 repliche nei teatri di tutta Italia. A gennaio 2012, debutta in 6° (sei gradi). Anche in questo caso il numero ha un forte significato simbolico: rappresenta l’aumento in gradi centigradi della temperatura del nostro pianeta. Covatta, in  “6°(sei gradi)” ,attore-autore del testo insieme a Paola Catella, si è divertito a immaginare le stravaganti invenzioni scientifiche, ma anche sociali e politiche, che l’umanità metterà a punto in futuro per far fronte all’emergenza ambientale.Per tutti giovedì 27 marzo un’occasione per sorridere degli “scherzi”  del grande comicosul tema della sostenibilità del Pianeta e delle sue popolazioni.

Ippolito Chiarello è unartista eclettico che, spaziando dal teatro al cinema e alla musica,si è cimentato principalmente come attore ma ha praticato anche la strada della regia e della formazione anche in ambito di disagio sociale. Ha lavorato per circa dieci anni con la Compagnia Koreja di Lecce e con altre compagnie pugliesi. Al cinema come attore ha partecipato, tra gli altri, ai film "Italian Sud-Est”, “Galantuomini" e "Fine pena mai”.
Con la sua Compagnia, Nasca Teatri di Terra, ha prodotto, scritto e interpreta da dieci anni con successo lo spettacolo "Oggi Sposi”.

 “Oggi Sposi” inreplica a Galatina venerdì 11 aprile è uno spettacolo “leggero”, tra il serio e il comico, un alternarsi ubriacante di sollecitazioni al riso e all’emozione, secondo i canoni del teatro comico musicale. Attraverso la musica, la letteratura, l’improvvisazione e le massime della saggezza popolare l’attore scava “pericolosamente” nei meandri del “rapporto di coppia” raccontando anche  della sua stessa vita, con gli amori finiti e quelli mai iniziati.

Egidia Bruno è un altro volto noto a Galatina. Attrice dal dicembre 1990, la sua attività artistica è caratterizzata dalla trasversalità,dal teatro di prosa tradizionale, a quello di narrazione, a quello per ragazzi, dalla televisione al cinema, dalla radio al cabaret. Tutto questo la porta a essere coautrice dei suoi testi: “Io volevo andare in America e invece so' finita in India”, “Non sopporto le rose blu”, sviluppando la corda a lei più congeniale, quella dell'ironia. Dopo il successo di “La mascula” nel 2007 scrive e interpreta lo spettacolo “ANTIGONE 2000 d.C. ‘Na tragggedia!!”. La svolta, quindi, con “ W l'Italia.it... Noi non sapevamo", monologo "serio" sulla “questione meridionale”, rappresentato il 23 novembre 2012 a Galatina nell’ambito della Rassegna Culturale Identità in Dialogo _ guardare la Storia dal Sud, e con il quale vince il premio internazionale "Teatro dell'Inclusione - Teresa Pomodoro" 2012 .

Torna martedì 29 aprile con  “La Mascula scritto e diretto con Enzo Jannacci, per raccontare di un pallone calciato da gambe femminili nel Meridione d'Italia. Si racconta la storia di Rosalbadetta la mascula a cui piace giocare a pallone. La storia di un modo di essere, inconsapevole della sua purezza, e forse per questo ancora più libero. La storia di una libertà che non ha bisogno di provocare.

Michele Placido, attore tra i più carismatici e apprezzati degli ultimi vent'anni, vanta una lunga carriera cinematografica e teatrale, oltre ad una positiva esperienza come autore e regista. In tutti i ruoli interpretati emerge sempre uno spiccato interesse per le problematiche sociali, affrontate con grande sensibilità e coraggio.

L’appuntamento esclusivo a Galatina sabato 3 maggio conSerata d’onore” è un omaggio al teatro. Passeggiando nella sua vita tra teatro e cinema, Placido farà rivivere magicamente le più classiche poesie d’amore. Alla poesia si alternerà la canzone, lasciando il posto per l'umorismo e le risate.

All’insegna di Il teatro è azione! lacampagna abbonamentiè stataaperta con la presentazione della Rassegna nella conferenza stampa a Palazzo Orsini mercoledì 12 marzo scorso.

È già quindi possibile acquistare la tessera e i biglietti presso il botteghino del Teatro Tartaro ( Corso Principe di Piemonte,n.19 - tel.0836 568653) che sarà aperto dal martedì alla domenica dalle h.19:00 alle h. 22:00.

(comunicato del Servizio Cultura e Comunicazione Città di Galatina)

 
Di Antonio Pepe (del 21/11/2017 @ 21:14:52, in Comunicato Stampa, linkato 1416 volte)

E’ di questi giorni la notizia secondo la quale la Regione Puglia sia in procinto di indicare al Governo le aree da ricomprendere nelle costituende Zone Economiche Speciali. Il D.L.91/2017 , cd. Decreto Sud, recentemente entrato in vigore, ha programmato un nuovo piano per favorire la crescita economica nelle aree del Mezzogiorno, e introduce a questo fine due misure principali:

1) la misura denominata Resto al Sud per l’imprenditoria giovanile

2) il nuovo concetto di Zona economica speciale, c.d. ZES, già diff use all'estero, che individua zone del paese collegate ad una area portuale, destinatarie di importanti benefici fiscali e semplificazioni amministrative, che consentano lo sviluppo di imprese già insediate e che si insedieranno, attraendo anche investimenti esteri. Le principali caratteristiche di una ZES sono:

- deve essere istituita all’interno dei confini statali, in una zona geografica chiaramente delimitata e identificata.

- può essere composta anche da aree territoriali non direttamente adiacenti, purché abbiano un nesso economico funzionale

- deve comprendere un’area portuale, collegata alla rete trans europea dei trasporti (TEN- T), con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013.

I benefici previsti comprendono agevolazioni fiscali e semplificazioni degli adempimenti, sia per le nuove imprese che per quelle già esistenti nella ZES. E' prevista inoltre l’applicazione, in relazione agli investimenti effettuati nella ZES, del credito d’imposta di cui all’articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 2015, commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti, entro il 31dicembre 2020, nel limite massimo, per ciascun progetto d’investimento, di 50 milioni di euro. Il decreto Sud prevede di crearne almeno cinque in altrettante Regioni meridionali (Calabria, Campania, Sicilia, Basilicata e Puglia).

La Regione Puglia ha già identificato le aree portuali di Bari e Brindisi-Taranto, ricomprendendo, quale collegamento logistico ferroviario, lo scalo merci di Surbo e l’area della relativa ASI di Lecce-Surbo, nonché l’area industriale di Nardò, ove ha sede il noto polo tecnologico. Il passo successivo consisterà nella individuazione delle due aree industriali da ricomprendere nella ZES. Come è noto, il Consorzio dell’Area di Sviluppo Industriale di Lecce, annovera ben sei Agglomerati industriali, e cioè, oltre a quello di Lecce-Surbo, le aree di Gallipoli, Galatina-Soleto, MaglieMelpignano, Nardò-Galatone e Tricase-Specchia-Miggiano, cui si deve aggiungere l’area industriale di Casarano, non consorziata.

Dopo una iniziale attenzione mediatica, l’argomento sembra caduto nel dimenticatoio, dando l’impressione di un ingiustificato disinteresse o viceversa di una irrevocabile decisione già assunta dalle autorità competenti. Il Coordinamento di Forza Italia di Galatina intende esprimere la propria preoccupazione per il rischio che l’area industriale della nostra Città resti esclusa da questa importante occasione di rilancio economico e di sviluppo.

Non possiamo tacere il fatto che una eventuale esclusione della nostra ASI dalla ZES, non solo causerà la perdita dei benefici economici e fiscali per i nostri imprenditori, ma spingerà verso altre aree ricomprese nella ZES, chi vuole investire e fare impresa. Il tutto, con buona pace di ogni buona politica di marketing territoriale e opportunità di sviluppo economico.

Offriamo quindi la nostra voce ed il nostro fattivo impegno e collaborazione all’Amministrazione Comunale di Galatina, per poter insieme perseguire l’interesse della nostra collettività alla conquista di questa significativa opportunità di sviluppo, consci che le legittime contrapposizioni politiche, non debbano essere di ostacolo, quando è in gioco l’interesse comune.

Il Coordinamento Cittadino di Forza Italia

 
Di Dante De Ronzi (del 15/11/2018 @ 21:14:45, in Comunicato Stampa, linkato 1501 volte)

Confessiamo che siamo stati a lungo indecisi se rispondere o meno alla lettera del comitato  pubblicata online sui network locali il 10/11/2018.

Lo facciamo sollecitati dalle tante attestazioni ricevute sui social, lo facciamo perché notiamo  finalmente toni garbati da parte degli interlocutori e non ultimo lo facciamo per dare un contributo di riflessione agli amministratori e alla nostra città.

Cari commercianti, perdonateci, ma in primis vorremmo cercare di farvi comprendere chi sono i soggetti in causa in questa vicenda.

Da una parte ci siete voi, per carità con legittime aspettative, dall'altra parte ci sono i residenti (circa 1300) ed i cittadini galatinesi (circa 27000). 

Voi siete persone intelligenti e sicuramente non vi sfugge che in democrazia contano i numeri….

Non dovete offendervi se si afferma che siete un gruppo portatore di interessi privati perché così è e lo sapete benissimo e non potete millantare di essere associazione di categoria di valenza nazionale perché all'interno delle stesse siete netta minoranza.

Comunque sia non fareste un grande salto perché da gruppo passereste a essere definiti corporazione.

Dall'altra parte c’è un interesse collettivo che partendo dai residenti si estende alla città tutta e via via si espande fino alla comunità internazionale vista l’importanza dei beni in questione.

A questo punto il vostro comportamento da aspiranti “padroni del vapore “, permetteteci la semplificazione, è incomprensibile tanto più perché inevitabilmente si ritorce contro voi stessi oltre che a nuocere a tutta la città.

Potete pretendere, e fare mille riunioni con gli amministratori locali, potete organizzare innumerevoli e discutibili manifestazioni, potete forzare la comunicazione sulla carta stampata, ma non potrete mai fermare il “sentire comune”, non potrete mai fermare il progresso civile, non potrete mai fermare il corso della storia.

La vostra è una battaglia anacronistica e velleitaria. E’ come voler fermare il tempo!

L’automobile nei centri storici è unanimemente considerata un disvalore assoluto.

Pretendere di realizzare un “drive in” in piazza San Pietro è un’offesa alla bellezza e alla sacralità del luogo. Crea indicibile imbarazzo per chiunque, locali e visitatori, che abbiano un minimo di rispetto per il patrimonio storico, artistico ed architettonico esistente.

Le avete mai osservate le facce dei turisti in carovana che devono destreggiarsi nel traffico veicolare e ancora peggio, lo sgomento degli ospiti, quando il maleducato di turno strombazza per chiedere strada libera? 

Tutto ciò forse si poteva tollerare 20 anni fa, ma non più oggi.

Anche perché, e con questo vorremmo tornare sulla visione del nostro centro antico, moltissimo è cambiato.

Una stima in difetto valuta in oltre 100 i grandi interventi di ristrutturazione ed in circa 200 gli interventi minori effettuati negli ultimi 25 anni nel cuore della città. Qualcosa di enorme, che come detto, ha riportato in vita il 90 per cento dell’intero patrimonio immobiliare privato esistente. Qualcosa che ha comportato ingenti investimenti  superiori a 200 milioni di euro, sopportati interamente e senza alcun contributo pubblico dai 1300 attuali residenti dei quali, è bene ricordarlo, numerosi stranieri. Da notare che i residenti non hanno mai rivendicato niente e forse è giunto il momento di cominciare a farlo. Ma questo è un altro discorso che faremo più avanti con i nostri Amministratori.

Un vero miracolo anche dal punto di vista demografico considerato che,  in controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri comuni, il centro si è ripopolato.

Sono tornati a splendere praticamente tutti i palazzi della città che rappresentano la trama principale dell'agglomerato urbano di riferimento.

Si sono recuperati immobili degradati e fatiscenti, sì è bonificato il tessuto urbano, sono stati curati gli spazi all'aperto, sia quelli pubblici che quelli privati, sono comparse diverse piscine per rendere piacevole il soggiorno dei turisti e dei proprietari. Il centro antico oggi è un luogo di accoglienza molto apprezzato dove sorgono  tante dimore storiche adibite a strutture ricettive (Hotel e B&B) e residenze private.

Le loro immagini viaggiano in rete sui più prestigiosi siti del settore promuovendo l'unicità dei luoghi e le tante bellezze di Galatina. Date un’occhiata anche voi. Provate a cliccare su Google Palazzo Nuzzo-Gorgoni o Palazzo Pindaro o Palazzo Congedo o Palazzo Tanza Venturi  o Arco Cadura o Corte del Fuoco o Palazzo Mongiò dell’elefante, Palazzo Aloisi, Palazzo Di Lorenzo, Palazzo Cavoti, Palazzo Adriani Sansò ecc. e diteci se avete mai visto niente di simile prima.

A questi interventi privati si sono aggiunti quelli sul patrimonio ecclesiastico di inestimabile valore interamente  e splendidamente recuperato; ed infine sono da segnalare i numerosi interventi pubblici effettuati in questi anni sul patrimonio comunale.

Tutto ciò ha permesso a Galatina di rinascere e  guadagnarsi l’attenzione e l’ammirazione delle più prestigiose riviste nazionali ed internazionali,  le riprese televisive delle tv nazionali ed i commenti lusinghieri ed entusiasti di chi arriva in città.  (Vedi Allegato 1)

Il giudizio è unanime: Galatina è una città di rara bellezza, un autentico scrigno di tesori, materiali e immateriali da custodire gelosamente.

Alla luce di quanto innanzi la visione da parte di un gruppo di commercianti che definisce il centro antico morto, abbandonato, nell'oblio, desolante ed inquietante, si commenta da solo.

Dio mio che distanza siderale separa la visione sognatrice di Philippe Daverio che vede Galatina a pieno titolo candidarsi quale capitale di una Europa del futuro che comprende i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e quella riduttiva di un gruppo di nostri concittadini commercianti.

Questo d'altro canto, suscita preoccupazione perché manifesta un disagio incredibile che chiarisce e spiega gli assurdi comportamenti ai quali assistiamo.

Di fronte a tale realtà non si può rimanere indifferenti anche perché il disagio è contagioso e fa star male tutti.

Un gruppo di cittadini residenti

In rappresentanza

Dante De Ronzi

Alessio Filieri

Galatina 15/11/2018

 

 

Allegato 1

Solo per fare un accenno si ricordano:

YOU TUBE                               Lectio magistralis di Philippe Daverio,

YOU TUBE                               Riprese televisive di Piero Angela,

YOU TUBE                               Servizi di BelSalento

YOU TUBE                               A drive around Galatina

YOU TUBE                               We are HAPPY from Galatina

YOU TUBE                               Trek on the Clock: Galatina - Gli Econauti-

YOU TUBE                               Galatina città d’arte

IFooD.it                                     Galatina l’Assisi del Sud,  

THELAZYTROTTER.COM       Galatina uno dei più bei posti da visitare nel Salento,

RAI 1                                         Linea Verde ,

REGIONE PUGLIA                   Galatina città d'arte entra a far parte delle città ad Economia turistica,  SARANATHAN.IT                     Galatina : la suite del vescovo,

RAI 1                                         La vita in diretta,

M.LECCESETTE.IT                  La chiesa più straordinaria d'Italia per Philippe Daverio è Santa  BORGHIMAGAZINE.IT            Borgo di Galatina, Lecce,

MORETIMETOTRAVEL.COM  Discovering Galatina e Little Italian Town With a Lot of Tradition, IBORGHID’ITALIA.COM           Galatina,

TRIPADVISOR.COM                Basilica di Santa Caterina d'Alessandria,

 Rai 2                                        mezzogiorno in famiglia

ecc. ecc.

 
Di Antonio Mellone (del 18/03/2017 @ 21:13:41, in NohaBlog, linkato 3930 volte)

C’è una regola aurea che suona più o meno così: “La somma dell’intelligenza dei candidati a sindaco del comune di Galatina è una costante. Il loro numero è in deciso aumento”.   

Mancava giusto la candidatura di Daniela Sindaco per inverare il suddetto assioma e soprattutto per farci sedurre definitivamente dalla pOLITICA, quella scritta in maiuscolo (tranne la prima lettera).

Dopo lunghi e ponderati studi su pensieri, parole, papere e omissioni della Candidata nostra, il tutto consultando video, interventi pubblici, manifesti, sceneggiate napoletane, commenti a caldo, battute a freddo, post su face-book, e infine scritti vari che manco Natalia Ginzburg (anzi Ginseng), arrivi a un punto in cui non riesci più a capire se la locuzione che si enuncia con una sola emissione di fiato, vale a dire DanielaSindaco, sia uno pleonasmo o un ossimoro. Ah, saperlo. Lo scopriremo solo morendo.  

A Daniela la fascia tricolore da facente le veci (e talvolta le feci) del sindaco, indossata durante le processioni nohane, diciamocelo chiaramente, è sempre andata stretta. Ma non per la taglia (non ci permetteremmo mai nei confronti di una signora), ma perché lei merita decisamente di più: cosa sono queste supplenze, questi “delegati alla frazione”, queste seconde linee, questo “vivere all’ombra di qualcuno”, questa subordinazione al Pd di Gggalatina, quando invece si ha il piglio e la stoffa per essere il primo cittadino nonché contemporaneamente la primadonna?

E poi dopo dieci anni di onorata carriera sui banchi del consiglio comunale uno si conquista eccome il carisma del nuovo che avanza (oltre che del vecchio che è avanzato), e assurge al ruolo di sol dell’avvenire, nonché di faro, bussola, timone, cima, randa, parabordo, àncora, gommone e – tanto per rimanere nella metafora della barca a vela - pure di deriva. Da non tacere oltretutto il fatto che la Sindaco è uno dei pochi rappresentanti del popolo che nel corso della sua carriera pOLITICA, poveretta, ci ha pure rimesso economicamente, e di brutto (cfr. le sue ultime dichiarazioni dei redditi).

Noi siamo certi che grazie a Daniela Sindaco scomparirà definitivamente dal palazzo di città la pochezza cosmica che ha caratterizzato per molti anni un gran numero dei suoi inquilini. Magari per lasciare il posto a quella comica [ma per favore non attacchiamoci sempre al capello, ndr.].

Sì, qualche rosicone si permette di affermare che la nostra beniamina abbia molte doti nascoste, ma nascoste così bene che nessuno ne ha mai vista una; mentre il solito professorone insinua che essa scriva maluccio, parli peggio, con quell’eloquio involuto e supponente, a tratti da vaiassa partenopea, e possieda addirittura un raro fiuto nel non beccarne mezza.

Qualcun altro racconta quanto a suo tempo, insieme ad alcuni suoi compagni di merenda, fosse stata addirittura folgorata sulla strada di Collemeto dalla luce immarcescibile della mega-parcomania, tanto che si arrivò a vociferare sottovoce che Daniela non si limitasse a credere nei miracoli, ma ci contasse ciecamente. E qui si spiegherebbero la moltiplicazione dei cortigiani e dei pesci (lessi) e la fede orba nel novello centro commerciale di contrada Cascioni, diventata (con l’ultimo recentissimo colpo di grazia di Guido Aprea in Apnea) la nuova Medjugorje salentina.

I gufi locali asseriscono che tutto quello che la Sindaco tocca muore (politicamente s’intende). O quantomeno agonizza. Tutte chiacchiere senza distintivo. Infatti lei è sempre pronta alla posa della prima pietra. Che si tratti della tombale (o quella di un loculo nohano) è pura coincidenza. Dovrebbe saperne qualcosa, in merito, la fu giunta Montagna.

Un “compagno” ben informato sui fatti non la smette di raccontarci quanto l’anno scorso il PD di Galatina si mettesse a festeggiare tra sospiri di sollievo, giubilo e trenini dei cosiddetti militanti il definitivo allontanamento della Nostra dal partito. Pare addirittura che fosse passata, con tanto di delibera all’unanimità, una mozione sul cambio decisivo di significato del fuorviante acronimo del popolare consesso: da Partito Democratico a Pensioniamo Daniela (l’altra mozione era: Partita Definitivamente, con sottotitolo “ringraziamu Diu”).

Il saputello di turno ricorda infine che prima del referendum del 4 dicembre scorso - quello sull’attentato alla Costituzione definito con un certo sense of humor “riforma” - la Daniela dicesse a tutti che con la vittoria del “no” saremmo morti tutti, l’apocalisse sarebbe scesa sul pianeta terra e tutto sarebbe stato tragedia.

Per la verità la nobildonna nohana, dopo la batosta del referendum, scrisse sul suo profilo fb, tra le altre interessantissime elucubrazioni, quanto segue: “Praticamente siamo peggio che nella merda!”. Chissà perché voleva tirarvi dentro anche i tre quarti di Nohani che l’avevano sfanculata votando non esattamente come aveva chiesto l’avvocata de noantri (1816 no, contro 656 sì). Oggi per lei e per i suoi camerati è come se in fondo non fosse successo nulla. Ed è questo uno dei tanti problemi dei renziani: continuare a sentirsi indispensabili alla causa per la quale ci hanno messo la faccia (o quel che più le somiglia) e soprattutto non riuscire a capire che forse hanno sbagliato “lavoro”. Ma tant’è.

*

Noi ci dissociamo da tutte codeste cattiverie, bassezze e meschinità proferite sine ira et studio dai soliti invidiosi che meriterebbero di essere asfaltati così su due piedi. Anzi, convintamente ma soprattutto affettuosamente spezziamo una lancia in favore di una prossima ventura Daniela Sindaco al quadrato. Ce lo chiede l’Europa.

E poi, in fondo, è risaputo che Sindaco non si diventa: Sindaco si nasce. E lei modestamente lo nacque.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 17/04/2017 @ 21:13:35, in NohaBlog, linkato 2677 volte)

CARO RENZI,

temo che quello che si vocifera in giro sia vero. E cioè che nella sua recente visita pastorale alle pecorelle di Bari che si spellavano le mani nell’applaudirla (incluso qualche candidato Sindaco del mio paese), lei abbia solennemente formulato uno dei suoi pensieri inediti più alti, nobili e profondi in merito allo “sviluppo” e, immagino, alle “ricadute occupazionali” da conseguire nel settore turistico pugliese: quello per il quale sarebbe ormai d’uopo qui e ora procedere al copia-incolla del “modello Rimini”.

Chissà cosa ci vede di bello nel “modello Rimini” (scusi il pleonasmo). Forse le migliaia di alberghi che infestano la riviera romagnola ridottisi quasi tutti ad imprese marginali, con notevoli difficoltà economico-finanziarie per via dei costi crescenti e dei ricavi decrescenti (codesta deflazione si registra anche in altissima stagione), e un valore degli immobili che oggi quotano la metà rispetto a quanto non fosse solo qualche anno fa. Forse il calo inesorabile dei turisti stranieri. Forse il dissesto delle banche emilian-romagnole che hanno finanziato questa tracotante e monotona “idea-guida”, e non riusciranno mai a recuperare i capitali prestati.

O forse le discoteche, i luna park, le piscine in riva al mare, gli stabilimenti balneari uno dietro l’altro, i frizzi, i lazzi e le mille altre strutture artificiali false come un centro commerciale schierate alla stessa stregua di un plotone di esecuzione contro l’esercito di habitué, spesso ignaro della propria schiavitù (lo sa benissimo anche lei quanto la civiltà dei consumi dispensi dal pensare con la propria testa e quindi di decidere in autonomia). O forse quella cosa che chiamano mare.

Ebbene, io inorridisco al solo pensiero che il mio Salento si trasformi in maniera strutturale nella bolgia riminese (oddio, in alcuni tratti d’estate qui stiamo riuscendo anche a fare di peggio); e guardi che la mia visione non è soltanto estetica, ma anche civile e politica.

Io penso, caro Renzi, che la mia terra non abbia bisogno di copiare proprio un bel nulla, né da Rimini, né dai grattacieli di Dubai, né dalle Seychelles. Credo anzi che debba continuare, ove possibile - e nonostante i numerosi tentativi di imbastardimento voluto dalle multinazionali, spesso con successo - a rimanere se stessa.

Per quanto mi riguarda, sono certo che il Salento non abbia alcun bisogno di promozioni, semmai di bocciature. E che i lidi privati (con il contorno di parcheggi a pagamento) siano un danno per tutti, tranne che per quei quattro cosiddetti imprenditori, amici degli amici, perennemente con il cappello in mano e con le pezze al culo.

La mia terra non ha bisogno né di resort né di escort, ma di libertà dal profitto; non necessita di turismo diventato degrado, ma di viaggiatori delicati.

E’ ancora convinto che il nostro modello di turismo - come suggerirebbe la sua sicumera - sia quello di andarsi a rinchiudere in un villaggio turistico? Ma davvero lei crede, come facevano i politici degli anni ’80 del secolo scorso (quello dei paninari e del debito pubblico che si metteva a galoppare) che certi ammassi di calcestruzzo e cafonaggine portino ancora oggi ricchezza alla Puglia? Non pensa invece che questa maniera rétro di fare economia convenga soltanto a quattro speculatori, ai Briatore di complemento, nonché ai mafiosi la cui mamma sembra essere perennemente incinta?

Io non credo che il vero Salento abbia il bisogno improcrastinabile d’ammalarsi di omogeneità, di riempirsi di “baretti sulla spiaggia” con movida a parcella, di affogare negli aperitivi che fanno tanto tendenza specialmente se shakerati con calca, ressa e fiumana di gente.

Io penso invece che sia giunta l’ora della sveglia, e che dunque i salentini inizino a ribattere colpo su colpo alle corbellerie che lei e suoi megafoni (incluso il quotidianato locale simpaticamente definito “giornalismo”) cercate di inculcarci.

Per fortuna v’è un crescente numero di conterranei che finalmente ha iniziato a lottare per la propria e l’altrui felicità. Sta così man mano denunciando gli imbrattacarte asserviti al potere del cemento; sta ribattendo colpo su colpo agli opinionisti organici al clan delle pale eoliche; sta smascherando gli editori e i loro portaborse refrattari alla verità; sta strenuamente opponendosi alla lobby dei transadriatici tubi del gas (fiore all’occhiello del suo disastroso governo); sta condividendo la lotta alle cosche dell’asfalto di autostrade a doppio senso, anzi senza; sta insorgendo contro le bande armate di trivelle petrolifere; sta sbugiardando giorno dopo giorno la frode della Xylella, nonostante i tromboni provino pervicacemente ad insistere con la solita manfrina dell’“emergenza”; sta iniziando a provare repulsione per i centri commerciali che svuotano i (veri) centri delle città; sta mobilitandosi contro i novelli porti turistici, i comparti edilizi, le aree parcheggio e le zone di depressurizzazione.

E finalmente ha votato NO al referendum su quella pigliata per fessi chiamata “riforma” a lei tanto cara, più per salvare la Costituzione che con la speranza che lei mantenesse la sua parola - alla quale, invero, non ha mai creduto (“Se perdo il referendum lascio la politica”- [sic]).

Il vero Salento è quello in grado di dire di No a molte cose, piuttosto che di Sì a tutto, e s’accontenta del poco che è abbastanza, anzi già troppo.

Il turismo può uccidere, caro lei. Può uccidere un territorio, il suo mare, la sua economia, il suo habitat, la sua identità, come ha già fatto altrove.

Sì, senza dubbio, chi ama il Salento lo difende da persone che la pensano come lei.

Con immutata stima.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 28/01/2018 @ 21:12:22, in Comunicato Stampa, linkato 1819 volte)

Non so più quanti messaggi-fotocopia ho ricevuto nei giorni scorsi tra telefonate, mail, sms su Whatsapp, Messenger e Face-book in cui mi si raccomandava di non perdermi assolutamente “Meraviglie – La penisola dei tesori”, trasmissione di Alberto Angela andata in onda il 24 gennaio scorso alle 21.25 su Rai Uno. Sì, perché tra l’altro si sarebbe parlato anche della Basilica di Santa Caterina in Galatina (della quale, nei dispacci di cui sopra, risaltava la foto di un bello scorcio). 

Confesso che non vedevo Rai Uno dal secolo scorso: sto molto attento a evitare come la peste i canali renzusconiani (quasi tutti), inclusi quelli delle reti Mediaset e molti altri non dichiaratamente tali, ma manieristi dei primi nella forma e nella sostanza. Me ne guardo bene, dicevo, sicché utilizzo il telecomando con oculatezza, quasi con cautela, onde evitare che con la digitazione di certi tasti contribuisca anch’io, benché per isbaglio, all’audience di certi programmi, e correlativamente alla fortuna economico-politica delle due note sciagure governative - maestro e allievo, con codazzo di accoliti vecchi e nuovi - che di ventennio in ventennio stanno provando (riuscendovi benissimo) a distruggere quel che di buono resta del nostro Paese. Ma lasciamo ora da parte l’Unno del Signore e il sodale Renzichenecco, e veniamo a noi.

Insomma, mi son fatto violenza e ho visto il suddetto “Meraviglie”.

Ma, detto fuori dai denti, che delusione. E quanta differenza tra il vecchio “Quark - viaggi nel mondo della scienza” (da imberbe ragazzino non me ne perdevo manco uno) condotto da Piero Angela, il padre di Alberto, e la trasmissione dell’altra sera. Il primo, pur sempre divulgativo, ben fatto, con approfondimenti scientifici e talvolta con “servizi di nicchia” (ricordo tutta una puntata su quell’incredibile macchina musicale che è l’organo a canne, per dire: un tema non proprio da folle oceaniche); il secondo, con belle immagini, certamente, ma dallo spessore culturale di una velina (in tutte le accezioni, intendo, inclusa la carta). Insomma una specie di accozzaglia, un blob di icone per turisti inebetiti, pronti a correre al primo Mc Donald’s di un centro commerciale dopo aver visitato (sbuffando) opere sublimi e, si spera, sempiterne a prescindere dai servizietti di Rai & Co (e dunque dai turisti stessi). 

Credo che sia accaduta la medesima storia per gli altri siti trattati (si fa per dire) nel medesimo minestrone, tipo i Trulli di Alberobello, Castel del Monte, o le ville del Palladio della “Repubblica di Venezia”; e temo che abbia funzionato il medesimo tam-tam social, promosso da chissà chi, forse dallo stesso ufficio marketing della tv Diciamo Di Stato, a solo beneficio dell’Auditel. Cosa non si fa per i numeri, per il budget e per i soldi maledetti e subito: la solita quantità che ammazza la qualità.    

Eppure la nostra Basilica (sarò un campanilista al quadrato) meriterebbe di più che una semplice comparsata in uno spottone pubblicitario (la pubblicità, si sa, non dice tutto, anzi sovente non dice proprio nulla).  

Da un conduttore come Alberto Angela, così bravo (lo riconosco), mi sarei aspettato una puntata affatto diversa: avrei cioè voluto sentire (o risentire) storia e leggende della nascita della basilica dedicata, si badi bene, non a Santa Caterina da Siena, ma a Santa Caterina d’Alessandria, la protettrice dei filosofi (fattore sintomatico, questo, poiché tutta la forza ispiratrice, nella concretizzazione architettonica prima, e in quella pittorica poi, sintetizza l’anselmiamo “credo ut intelligam” – di cui mi parlava il mio compianto amico, il prof. mons. Antonio Antonaci - inteso anche nelle sue ripercussioni sociali e culturali in quel periodo di transizione tra l’età di mezzo e l’evo moderno).

Avrei voluto sentir parlare - e non di corsa, cioè in meno di cinque minuti - della rivoluzione anche linguistica del Santo Francesco e dei suoi seguaci francescani (specialmente degli spirituali separatisi dai conventuali, storici e attuali custodi del complesso monumentale galatinese), e poi ancora di Dante Alighieri, dei nove cicli pittorici cateriniani, e delle diverse scuole artistiche (dalla senese, alla veneziana, alla napoletana, e non ultimo alla locale) che hanno contribuito alla varietà decorativa degli affreschi di questa pinacoteca incredibile.     

Ma forse in fondo meglio così. Meglio la discrezione e un altro po’ di riserbo su questi luoghi ancora così autentici e lontani dal sovraffollamento del turismo di massa.

Scusatemi, ma io son quasi geloso al pensiero che un giorno, com'è inevitabile che sia, queste Meraviglie saranno di tanti.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 01/03/2020 @ 21:11:53, in NohaBlog, linkato 1094 volte)

Se ancora vivi, il 29 marzo prossimo saremo chiamati alle urne per il periodico Referendum costituzionale.

Dico bene, periodico, in quanto non passa legislatura senza che al governo di turno, corroborato dalla propria maggioranza, spesso in combutta con la finta opposizione, venga lo sfizio di inoculare il virus P2 nella nostra Costituzione, quella stessa sulla quale i suoi esponenti giurano con la mano sul petto (altezza portafoglio).

Ora. La nostra carta costituzionale non sarà “la più bella del mondo”, come asseriva benigni (quel dapprima bravo attore satirico, passato poi dallo sberleffo al potere al suo disinvolto ossequio), ma molto spesso, quando ci metton mano, la sfigurano oltremodo.

Ricordiamo a mo’ d’esempio la riforma del titolo V del 2001, imposta a colpi di maggioranza dall’allora Ulivo, diventata poi, volenti o nolenti, la quintessenza del pensiero leghista, vale a dire secessionista e antisolidarista; e non scordiamo il colpo di grazia al progetto di uno stato sociale degno di una nazione evoluta inferto nel 2012 con la riforma dell’articolo 81, quello che ora contempla il drammatico comma del pareggio di bilancio portato in porto dal governo Monti e votato da tutti i partiti dell’arco diciamo costituzionale, i cui esponenti, sul tema, oggi fanno finta di stracciarsi le vesti come novelli Caifa.

E non voglio parlare della riforma scritta a sei piedi da uno dei due Matteo (ormai si differenziano solo dal codice fiscale), dalla Maria Elena e dal Denis (il suocero dell’altro), per fortuna naufragata il 4 dicembre del 2016 grazie a un NO grande quanto una chiesa. No, non ne parlo in quanto su quella “riforma” ho già dato: nel senso che ne scrissi una decina di articoli, forse di più, e ora non mi va nemmeno di nominare il protagonista principale di quel grande rischio con connessa enorme perdita di tempo; e non tanto per via della sua querela facile (tipica degli “statisti” finiti, anzi mai nati), ma perché su questo e altre simili querule spoglie politiche, infinitamente più insipienti e ottuse di quel, chiamiamolo, leader indiscusso, venga steso il definitivo pietoso sudario.

Ma torniamo all’ultimo (speriamo) tentativo di contagio in Costituzione da parte degli "impazienti zero" uniti in Movimento, a loro volta soccorsi dal resto dei pavidi onorevoli, cioè quasi tutti gli altri, incapaci di dire che il cosiddetto “taglio delle poltrone” (scusate: le superstiti cosa sarebbero? Le Cadreghe di “Tre uomini e una gamba”?), da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato, è una solennissima cazzata, e che il risparmio dei costi, la maggiore efficienza, e lo strombazzato “miglior rapporto tra cittadini e istituzioni” sono favolette buone per gli zappatori dei propri piedi.

Per dirne una, codesto “miglior rapporto” passerebbe in media da un parlamentare ogni 100.000 abitanti a uno ogni 150.000 circa. Secondo voi, stando così le cose, ci sarà un avvicinamento o un allontanamento del rappresentante dal suo rappresentato? Un maggior coinvolgimento della base nelle decisioni politiche o una sua estromissione a favore delle segreterie di partito? E i territori avranno voce in capitolo o saranno ancor di più vittime di scelte oligarchiche?

Non ho simpatia per la stragrande maggioranza dei parlamentari assisi attualmente su quegli alti scranni, ma questo non mi esime dal difendere l’istituzione repubblicana Parlamento dall’influenza molesta di chi ha in dispregio la democrazia considerandola come un “costo”.

Dunque, il 29 marzo prossimo, se avete ancora anticorpi contro il Sacra Corona Virus, votate NO.

Altrimenti, di ritorno dal vostro centro commerciale di fiducia, per salvaguardare quel che resta della nostra Costituzione e per la salute pubblica di tutti, è meglio che restiate chiusi in casa.

In quarantena.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 03/10/2015 @ 21:07:42, in Fetta di Mellone, linkato 8775 volte)

Caro sindaco Mimino Montagna,

anche se non sembra….. sono la sottoscritta tua delegata per la frazione di Noha. Premetto subito che… devo evitare di mettere tutti questi…..puntini di sospensione sennò quel saputello nonché…. rompicoglioni di Antonio Mellone mi prende per il….. LOCULO da qui all’eternità!!!!!!!

Non mi è facile, proverò in tutti i modi a ridurli ai minimi termini, questi puntini, anzi ai Mimini termini, hahahahahaha.

Tu sai che io quando mi ci metto faccio le cose con il cuore (anche se il Mellons’ di cui sopra, quando gli prudono le mani, scrive che utilizzo un altro organo posto un po’ più in basso, e che inizia sempre con CU. Ma, sai, lui è fatto così, non è cattivo: è solo che ha il brutto vizio di canzonare il POTERE: e io, modestamente, può). E poi, detto tra noi, quella che lui pensa sia satira (che a me non piace, anzi non mi fa per niente ridere) altro non è che…….tutta pubblicità per me. Tiè!!!!

*

Stavolta cercherò di essere, come dire, alquanto stitica, evitando di produrre le….. sette cartelle (cliniche) dell’altra volta. Come, non ti ricordi più? Dai, quelle di autodifesa dalle accuse (INFONDATE!!!!) da parte della direttrice della scuola di Noha per via della transumanza di due sedie volanti da un plesso ad un complesso scolastico. Non le avessi mai scritte quelle pagine: ancora mi stanno prendendo in giro per via del fatto che, stanca morta com’ero, non mi andò manco di rileggere e quindi correggere qualche piccolissimo, invisibile, IRRILEVANTE….. strafalcione scritto in fretta e furia. A dirla tutta….. pensavo che non leggesse nessuno quella roba lì, tranne te ovviamente (che, come noto, sei di bocca buona, tanto è vero che te ne uscisti con una baggianata delle tue, ché ancora la gente sta ridendo). Poi capitarono nelle mani del nostro amico che si crede uno scrittore (quando non è nemmeno uno scrivente), e…. apriti cielo!!!!

*

Ma bando alle chianche, e veniamo a noi, anzi a Noha. Caro Mimino, voglio dirti sempre in premessa che finché scrive Antonio Mellone non ce ne può fregar de meno: è da anni che scrive (non letto e non ascoltato da nessuno) e figurati poi se noi altri facciamo finta di dargli retta: ma manco per l’anticamera del cervelletto. Ma se si mettono a scriverti lettere aperte anche i ragazzi delle scuole medie siamo fritti, finiti, cassati.

*

Oh, Mimino, ma che figura mi fai fare?????

Mi dice l’uccellino che ci sono in palio da parte della regione Puglia ben 17.000.000 di euro (DICO: DI-CI-AS-SE-TT-EM-IL-IO-NI-DI-EU-RO) per raddrizzare i beni CULTURALI e noi non presentiamo nemmeno un progetto uno per la mia Noha????

E’ vero che potrebbe esserti sfuggito, ma santo cielo, per Noha, nonostante i libri, i convegni, le istanze e gli articoli sui beni culturali, non possiamo non avere uno straccio di disegno da farci finanziare!!!! Dai, sindaco mio, com’è possibile? Non dirmi che per Noha non c’è uno sputo di progetto da presentare, sennò m’incavolo come una iena.

E’ vero anche che è da un bel po’ che non ti fai vivo a Noha.

L’altra sera, per dire, dopo tanti anni di assenza, sei apparso nel centro della frazione per la nostra festa patronale come il Risorto doveva essere apparso a San Tommaso: un sacco di  nohani, infatti, non credevano ai propri occhi, e come l’Apostolo incredulo volevano metterti le dita da qualche parte (per esempio negli occhi) per potersene convincere. Però almeno l’altra sera, per una sera, mi hai evitato l’onere di girarmi la processione, come in genere sono costretta a fare, da sola e con tanto di fascia tricolore (UNA FATICACCIA CHE NON TI DICO!!!!).

Te lo chiedo per favore, ogni tanto, e non solo ogni dimissioni di papa, fatti un giro in questa novella Pompei salentina dove tutti i beni culturali comunali, come per esempio la torre dell’orologio ubicata in piazza (non sullu Piezzu!!!!!!!), stanno in piedi tienime ca mo’ casciu.

Caro Mimino, riusciamo magari PRIMA delle prossime elezioni non dico a fare o dire qualcosa di sinistra, seeee, ma almeno qualcosa di meno sinistrato rispetto a quello che abbiamo fatto finora, o meglio non fatto?? Sennò il piccolo scrivano nohano mi combina a dick-dick [che non è il famoso complesso degli anni ’70 – quelli, come ben sai, erano i Dik-Dik - ma il soprannome di una storica famiglia di macellai di Noha, che in italiano suonerebbe più o meno così: “pene-pene”, vabbè te lo dico in indialetto così ci intendiamo meglio: “pica-pica”].

Io vorrei una volta, una soltanto, rispondere NON ad Antonio Mellone [che detto tra noi non è NESSUNO: infatti mi sono ripromessa di non rispondere MAI PIU’ AI SUOI ARTICOLI: SE VUOLE MI FA UN’INTERVISTA con i controcazzi, sennò andasse al diavolo, lui e tutti quelli che gli mettono mi piace su feisbuk!!!!!], ma alla popolazione tutta E CON I FATTI. Perché  DANIELA SINDACO RISPONDE CON I FATTI E NON CON LE CHIACCHIERE. E non voglio che nessuno un domani mi possa dire: DA QUALE PURPU VIENE LA PREDICA.

Io sto dando tutta me stessa per Noha, sto addirittura trascurando il mio lavoro (E LA MIA DICHIARAZIONE DEI REDDITI LO CERTIFICA DAL PRIMO FINO ALL’ULTIMO CENTESIMO), sto cercando di portare in alto il nome del mio paese, organizzo da non so più quanti anni i moto-raduni di agosto (vabbè fanno tutto loro, ma io ci metto la faccia), sono presente ad ogni funerale con tanto di manifesto che sembra più grande il mio nome che quello del morto, sto facendo un sacco di altre belle iniziative che per la verità non mi ricordo manco più quali siano, e qual’è il risultato? (cara prof. Daniela Vantaggiato, hai visto che ce l’ho messo l’apostrofo e come sono migliorata da quando vengo a ripetizione da te?) E – dicevo - qual’è il risultato? Quello di essere presa in giro perché a Noha non stiamo facendo nulla? No, Mimino Montagna, a queste condizioni io non ci sto.

Io sono pronta a votarti in Consiglio tutte le schifezze della tua giunta (tipo il Mega-porco commerciale o l’Area Mercatale, e altri scempi simili), però non voglio passare alla storia di Noha solo per un paio di sedie da asporto come le pizze.

A proposito di “Buona Scuola”, nel complesso scolastico di Noha abbiamo un’aula con tante postazioni-computer bellissima, ma (INCREDIBBILE MA VERO) senza linea Internet, e dunque di fatto inutilizzabile da circa un paio d’anni. Come mai? A Noha è vietato connettersi? Non è che quando si parla di BANDA LARGA qui bisogna sempre intendere le solite Bande note alla cronaca nera? Non dirmi, ti prego, che la legge di cui sopra, anche per Noha, si è trasformata nel decretino della “Buona Sòla”?

*

Non voglio dire niente altro per l’amor di Dio sull’allaccio Enel del centro Polivalente. Dico solo che non c’è la faccio più!!!!! Ma lo sai che l’altro giorno – robba de pacci, Mimino – ‘stu benedetto centro si è trovato al buio mentre noi altri eravamo all’oscuro di tutto.

Tra l’altro la sfiga ha voluto che proprio all’indomani ci fosse la Festa dei Lettori (dove doveva partecipare anche ‘stu rompipalle di Antonio Mellone, che invece di chiamarmi al telefono per avvisarmi, si è messo a scrivere il solito articolo sarcastico e così tutti o quasi hanno saputo della cosa…..). 

Insomma, Mimino mio, hanno portato via puru dhru stozzu de “contatore di cantiere” che permetteva almeno di accendere le lampadine dei cessi di ‘sto cavolo di centro-periferico (ma, tranquillo, non sufficiente per far funzionare ascensore, aria condizionata, riscaldamento e fotovoltaico). Del resto non saprei più da dove partire e soprattutto dove arrivare con questa via-crucis-tragicomica, con questa telenovela nohan-messicana. Vedi, per favore te lo chiedo, di dare una voce tu a Mr. Coccioli, il nostro assessore ai lavori pubici, affinché in qualche modo ci illumini di incenso.

Su dai, Mimino, (anzi sudai, e molto!) diamoci una mossa e facciamo meno mosse. Ad oggi, mentre ti scrivo, sempre se non sbaglio (ma è difficile che io sbaglio!!!!), l’unica luce che c’è è quella diurna del pozzo luce.

*

Ancora una cosa. Si spendono dei SOLDI PUBBLICI, pare  26.000 euro per l’estate galatinese e altri 16.000 euro per la festa patronale di san Pietro. Va bene tutto, ma perché questo Bancomat (che sarebbe il Comune) funziona solo…… per certe aree geografiche, tipo la capitale galatinese, e non per altre (come Noha, i cui abitanti comunque – SALVO I SOLITI CASI DI EVASIONE FISCALE - pagano le tasse con le stesse percentuali)? Perché, per dire, per la festa di San Pietro, come mi dicono, sono stati stanziati 2.000 euro in più, espropriati paro paro dalla festa di San Michele Arcangelo, sicché il contributo per San Pietro è passato da 14.000 a 16.000 mentre quello per San Michele da 4.000 a 2.000? Al paese mio si dice: quandu lu poveru dè allu riccu lu diavulu sotto li piedi de san Micheli si la ride. E mo’ che cosa possiamo inventarci per buttare un altro po’ di fumo negli occhi dei nohani, soprattutto di quelli – e sono tanti grazie a Dio - che si bevono di tutto e di più, e quindi imperterriti continuano a votarci?  

*

Giorni fa, nella seconda fetta di Mellone 2015 (secondo il detto nohano: QUANDU RRIVA LA FICA LU MALONE VE E SE ‘MPICA - e speriamo cu rriva ‘mprima ‘sta benedetta fica), il suddetto Mellone mi ha inviato una lettera (veramente l’ha indirizzata anche agli altri tre moschettieri delegati di Noha, anzi tre mosche – ma figurati se quelli prendono carta e penna e si mettono a rispondere, ma io, Daniela Sindaco sottoscritta, ho una dignità da difendere, mentre loro, cioè gli amici LULO, ANPE, e GICO, non hanno le palle per ribattere - ma come quelle che dico io). Ebbene, dicevo, di loro non m’importa nulla, ma io la risposta vorrei darla, come detto sopra, NON con le lettere (che poi mi vengono come vengono) ma CON I FATTI CONCRETI.

Caro Mimino, penso di essere stata chiara e circoncisa come sempre. Ti dico solo, in conclusione, che se non vi darete una mossa lì a Palazzo Orsini, la sottoscritta Daniela Sindaco sarà costretta a trasformarsi in quattro e quattro otto in una ostinata e implacabile DANIELLA FASTIDIOSA.

E sappi che per estirparla non c’è sega che tenga.

Cordialmente tua e sottoscritta,

avv. Daniela Sindaco

 

In seguito ad alcune segnalazioni di cittadini residenti e vista l’importanza del percorso che insiste in un’area densamente popolata come quella delle vie Tito Lucrezio, C. Colombo e Quinto Ennio, abbiamo inviato all’Ufficio del Protocollo una comunicazione urgente per la messa in sicurezza della rotonda in questione e per l’assenza assoluta di segnaletica stradale.

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Il Direttivo:

NoiAmbiente e beni Culturali

Noha e Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 08/10/2014 @ 21:05:24, in NohaBlog, linkato 3646 volte)

Ho trascorso quasi tutta la serata del 29 settembre scorso, solennità di San Michele Arcangelo, in piazza, a Noha, nei pressi del tavolino allestito dagli osservatori nohani e dagli altri amici per la raccolta delle firme da inviare al FAI (Fondo Ambiente Italia) al fine di far inserire nel catalogo dei beni culturali, degni almeno di un ricordo, le nostre Casiceddhre in miniatura, architettate dallo scultore Cosimo Mariano all’inizio del secolo XX e lasciate marcire nel degrado e nell’abbandono dai contemporanei del XXI.

Insieme a Marcello, Angela, Maria Rosaria, Marco, l’agguerritissima Patrizia, l’Albino, e qualcun altro (che gentilmente ci ha sostituiti giusto il tempo di una passeggiata sul corso illuminato dai festoni ed una puntatina ai panini con la porchetta arrosto) in poche ore e senza tanto clamore s’è raggiunto un totale di circa 240 firme autografe spontaneamente (e in qualche caso spintaneamente) apposte su quei fogli volanti da spedire alla Fondazione. Altre 150 firme sono state raccolte nei tre o quattro giorni successivi. Un buon risultato, non c’è che dire.

*

Ma oltre all’obiettivo primario (cioè l’invio al FAI delle firme), ne avevamo un secondo non meno importante: quello di ritornare ancora una volta a parlare a nohani e forestieri di salvaguardia dei nostri tesori, che sembra siano stati definitivamente archiviati nel dimenticatoio un po’ da tutti (vista la mattanza senza fine del nostro, come dire, tessuto storico).  

Ma non crediate sia mai stato facile parlare (o scrivere) di beni culturali. C’è stato un tempo in cui uno dei capobanda di un votatissimo partito politico nazionale, e purtroppo anche locale, tra le altre inarrivabili locuzioni, proferì la famosa solennissima minchiata per cui con la cultura non si mangia (e qui è d’uopo che vi risparmi gli altri motti suoi, e quelli di qualche suo compare di merende nostrano).

*

Vi confesso che nel corso della serata, nel parlare del più e del meno con avventori e passanti dalla nostra postazione, il mio umore ha più volte repentinamente oscillato tra il tiepido ottimismo ed il pessimismo leopardiano, quello cosmico. Sì, ne ho dovute sentire di tutti i colori, ma così tante che la fantasmagoria di luci caleidoscopiche installate dalla premiata ditta Cesario De Cagna per la festa patronale nohana era nulla al confronto. Io davvero non so come fare a far comprendere alle persone il fatto che, per dirne una, l'occupazione non nasce dalle grandi opere, ma da politiche che stimolano appunto la cultura, il piccolo commercio, magari equo e solidale (e non invece i mega-porci comodi solo a chi ha come unica fantasia quella delle colate di cemento), l'artigianato, l’agricoltura, e infine ma non meno importante anche il locale patrimonio artistico, storico, musicale, creativo.

Ho cercato di spiegare ai passanti, en passant, che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti del nostro (o dell’altrui) patrimonio: quello che può renderli degni di essere tutelati dalla Repubblica (o in subordine dal FAI) può essere anche la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.

Una delle amenità che m’è toccato di sentire (e che comunque non mi suona per niente nuova: segno che c’è ancora qualche scienziato che diabolicamente persevera in questa genialata) è la “proposta” nata non so più quando né da chi (forse, a ragion veduta, ne ho rimosso nome ed esistenza) del trasloco delle casiceddhre dalla loro abituale ubicazione alla volta, magari, di un museo o di qualche non ben definito particolare piedistallo, come se le nostre opere d’arte fossero dei normali ancorché costosi soprammobili. E’ un po’ come se il cervello di una persona potesse essere prelevato e spostato altrove da qualche redivivo dottor Frankenstein junior (oddio, a proposito di fuga di cervelli, anche Noha non sembra immune dal fenomeno: il problema vero è invece quando il corpo rimane qui).

E tu hai voglia a spiegare che finanche anche il filosofo, archeologo nonché critico d’arte Quatremere de Quincy già nel 1796 osservava acutamente che “perfino un quadro di Raffaello, se fuori contesto, non dice nulla, perché non è una reliquia, come un frammento della Croce, che possa comunicare le virtù legate all’insieme”.

Questa regola, si badi bene, non vale solo per i capolavori supremi, ma per qualsiasi opera d’arte.  

*

Ma quando si riuscirà una buona volta a far capire che il nostro patrimonio culturale non è una collezione di icone ma un deposito di memoria culturale? Quando ritorneranno in mezzo a noi i suddetti cervelli in fuga? Temo che qui ci sarà da attendere ancora per molto (visti anche gli ultimi sviluppi e le prove evidenti del fatto che non solo non si sappia scrivere ma nemmeno leggere).    

Altre piccole chicche della serata (roba da spezzare le gambe, ovvero gambizzare) e, quando non espressamente qui e là proferite, sicuramente pensate e inviate al nostro indirizzo sono a titolo esemplificativo le seguenti: “Ma fatevi i fatti vostri”, “Non ve ne incaricate”, “Pensate alle cose serie”, “Lasciate perdere”, “Ma chi ve lo fa fare”, “Certo che avete tempo da perdere”, “Non avete mai concluso niente”, “Attaccate l'asino dove vuole il padrone”, “Tanto queste firme non servono a nulla”, “Passata la festa gabbato il santo”, e infine: “Non credo che con la raccolta di firme per le casiceddhre risolvi i problemi della gente”.

Mo’ ditemi voi se questa non è l’ennesima sparatoria a Noha. Di cazzate a raffica.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 05/04/2016 @ 21:04:49, in Comunicato Stampa, linkato 1271 volte)

Domenica 3 Aprile sui campi di via guidano è andata in scena una grande giornata di sport tra Ct Galatina e Tc Treviglio.Entrambe le squadre si sono date battaglia fino al pomeriggio a suon di colpi spettacolari  e un 3 a 3 che all'inizio era un risultato insperato per il Ct Galatina alla fine sta un po' stretto.Il pubblico di Galatina ha risposto presente con numerose persone che hanno applaudito tutte e due le squadre dando ancora una volta segno di grande sportività.Tomas Gerini e Filippo Stasi sono i primi due a scendere in campo e inaugurare la stagione 2016 rispettivamente contro Bergomi(2.4) e Leonardi(2.4).Tomas Gerini(el tractor) giocando una partita solida e sbagliando 5 palle in tutto il match  ha vinto in maniera agevole portando avanti nel punteggio il Ct Galatina dopo solo un ora il .Subito il Tc Treviglio  però trovava la parità sull'altro campo dove Filippo Stasi nel primo set non sfrutta numerose occasioni concesse e viene sconfitto con un risultato finale bugiardo per quello visto sul campo.Pierdanio Lo Priore contro il forte Scotti(2.3) è il terzo singolare della mattinata .Un Pierdanio formato super si è presentato quest'anno a Galatina voglioso di far bene ha bombardato il malcapitato avversario dall'inizio alla fine portando nuovamente il nostro circolo avanti 2-1.Solido di rovescio e molto potente di diritto ha dato dimostrazione di una grande crescita rispetto all'anno scorso.Ora veniamo alla partita della giornata.Jesper De Jong(15 anni) contro Alberti(2.4 e 22 anni).Inizio contratto per Jesper che va sotto 3 a 1.Poi incomincia la sua rimonta fino al tie break.Si va avanti punto a punto fino al 6-4 Jesper(due set point).L'avversario annulla e con due numeri(gergo tennistico) vince il primo set.In molti casi il secondo set si sarebbe concluso con un 6-0 a favore del Treviglio ma Jesper è un fighter.4-3 sopra 40-0 ma perde il game.Continua a lottare fino al secondo tie break dove perde 7-4.Il pubblico entusiasta tributa un applauso ad entrambi i giocatori all'uscita dal campo.In questa situazione di parità entrano in campo per i doppi  Jesper/Pierdanio e Filippo/Tomas.Jesper e Pierdanio anche se è un doppio mai provato in precedenza vincono facilmente e giocano benissimo contro la coppia Bergomi/Leonardi.Filippo e Tomas si arrendono a Scotti/Moghini dopo un primo set molto lottato.
 
Tomas Gerini-Giannluca Bergomi 6-1 6-2
Filippo Stasi-Luca Leonardi 3-6 2-6
Pierdanio Lo Priore-Mattia Scotti 6-2 6-2
Jesper De Jong-Pietro Alberti 6-7 6-7
De Jong/Lo Priore-Leonardi-Bergomi 6-4 6-2
Gerini-Stasi-Moghini-Scotti 4/6 0/6

Mario Stasi

 

Il Comune di Galatina ha ottenuto il finanziamento di un programma d’intervento con le risorse del Programma operativo nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”, che attua il programma Garanzia Giovani in Italia. Il programma, redatto dal dottor Giampaolo Bernardi, è articolato in due progetti, per un totale di trenta operatori volontari del Servizio civile universale, di cui dodici da impiegare presso le sedi comunali di Galatina. Il programma finanziato è stato redatto nel rispetto delle novità introdotte dal nuovo sistema di Servizio civile; il progetto ha visto il Comune di Galatina tra i primi protagonisti in Regione, nella veste di capofila insieme ai Comuni di Cutrofiano, Martano, Melpignano, Sogliano Cavour e Vernole, della complessa ed articolata procedura di iscrizione al nuovo Albo di SCU, conclusasi a marzo 2020 e propedeutica alla presentazione dei programmi d’intervento.

“Il finanziamento del nuovo programma – dichiara l'assessore alle Politiche giovanili, Maria Rosaria Giaccari - oltre a confermare il protagonismo del Comune di Galatina nell’ambito del Servizio civile, consente di dare continuità ai due progetti ormai giunti all’ottava edizione e di consolidare il percorso di tutela, valorizzazione, promozione e fruibilità delle attività e dei beni culturali del territorio, nonché delle attività ambientali che contribuiscono a costruire una città inclusiva, sicura, duratura e sostenibile. Obiettivi perseguiti dall’amministrazione comunale che, ancora una volta, conferma l’attenzione rivolta ai giovani e al territorio.”

Nelle prossime settimane sarà pubblicato il Bando 2020 per la selezione degli operatori volontari da impiegare nei programmi e nei progetti appena finanziati, al quale potranno accedere i giovani tra i 18 e i 29 anni che siano in possesso dei requisiti richiesti. A seguito della pubblicazione del Bando, tutte le informazioni saranno rese note con apposito avviso sul sito istituzionale del Comune di Galatina.

Ufficio stampa Marcello Amante

sindaco di Galatina (LE)

 
Di Redazione (del 04/12/2017 @ 21:03:28, in Comunicato Stampa, linkato 1339 volte)

Nell'ambito della strategia SMART IN Puglia, Galatina è tra i primi Comuni della Regione ad aggiudicarsi un sostegno finanziario per l'elaborazione di progettazione di qualità, assicurando così la presenza di giovani professionisti al di sotto dei 35 anni nelle procedure di affidamento delle progettazioni.

L'Amministrazione comunale si dimostra in piena linea con la politica regionale in materia di valorizzazione dei beni culturali, sostenuta fortemente dall'Assessore di riferimento, Loredana Capone.

Inoltre, ciò dimostra il costante e attento lavoro di tutta l'Amministrazione, pronta nel partecipare a bandi "a sportello" come questo, a seguito di opportuna valutazione, e nello stesso tempo capace di pensare in grande, con progetti a lungo termine.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Antonio Mellone (del 05/02/2015 @ 21:02:32, in Cronaca, linkato 2834 volte)

Qualcuno mi ha chiesto: “Ma quali errori sei andato a scovare nelle sette cartelle di memoria difensiva scritte dal delegato della tua frazione?”. E qualcun altro: “Ma mica è un tema delle scuole”. Ed altri ancora: “Ma perché non entri nel merito e ti fermi soltanto alla forma?”.

Premesso che io mi soffermo su quello che voglio, son costretto a constatare che sì, purtroppo siamo a questi livelli: c’è chi non s’è accorto di nulla, nonostante refusi e svarioni fossero macroscopici (e sin dall’indirizzo dei destinatari). E c’è chi pensa che una lettera pubblica da inviare agli organi istituzionali ed alla stampa valga meno di un tema scolastico (per cui tutto è lecito in termini di regole apprese sui banchi di scuola).

A partire dal sindaco Montagna, che alla suddetta memoria difensiva ha risposto da par suo, con nonchalance, e con il classico comunicato stampa in cui blatera - e te pareva? - di “strumentalizzazione politica” [una lettera, quella di Mimino, che, come al suo solito, non brilla per ariosità di stile, sagacia e lucidità, ma almeno sembra non contenere grossi strafalcioni, ndr].

Ma apparentemente non ha notato alcunché nemmeno Daniela Vantaggiato, assessore alla Cultura e professoressa di lettere, la quale o non ha letto il tractatus logico-philosophicus della nostra concittadina,oppure, nel momento della lettura, le è caduta definitivamente dalle mani la matita bicolore rossa e blu, oppure sarà stata costretta dalle circostanze a far finta di nulla e ad ingoiare un rospo dietro l’altro, riga dopo riga. Cosa non si deve fare, oggi come oggi, per disciplina di partito (preso).

Ma nel novero degli sbadati lessicali rientrano anche gli altri compagni di partito (che, ovviamente, avranno espresso tutta la loro solidarietà all’avvocato difensore di se stessa), e tutti gli altri membri della coalizione (sanu me toccu), senza scordare gli esponenti della (finta) opposizione (il loro da sempre è un elettroencefalodramma), i siti internet (che hanno riportato la cosa senza muovere un muscolo della faccia), e molti cosiddetti amici di face-book, pronti a likkare (eh sì, alla lingua non si comanda) ad ogni amenità postata in bacheca dai propri beniamini.

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E non sto parlando di un errore di punteggiatura, di una virgola sbagliata (che tuttavia in molti casi evidenzia il fatto che non si sia compreso il funzionamento della “struttura” delle frasi, onde errori del genere diventano “di sintassi”), ma di puntini di sospensione disseminati ovunque (una ottantina in tutto – puntino più, puntino meno), di punti esclamativi ad ogni piè sospinto (una dozzina abbondante), di punti interrogativi a iosa (una quindicina in totale, alcuni a gruppi di tre o quattro per volta, tanto per enfatizzare il senso delle espressioni), di virgolette del tutto assenti nell’utilizzo del discorso diretto, di molte locuzioni in grassetto e se non bastasse a caratteri cubitali (tanto per urlare “al lupo, al lupo” e sembrare così più credibile).

Ma vogliamo parlare anche dello stile? Della proprietà di linguaggio? Dell’ortografia (nonostante il correttore ortografico di Word)? Della morfologia, e quindi della grammatica, e quindi del lessico? E che dire, poi, della pletora di solecismi e idiotismi, e di altre licenze (più o meno poetiche)? [Daniela, per cortesia, non mi querelare: ho scritto “idiotismi”, cioè locuzioni idiomatiche, non “idiozie”, ndr].

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Nessuno sta asserendo che la nostra amatissima delegata non sia affatto colta (sul fatto). Ci mancherebbe.   

E’ che, sicuramente, mossa dalla foga di rispondere per le rime (non baciate) alla dirigente scolastica, la nostra amministratrice provetta si sarà fatta prendere la mano dalla lingua parlata, ottenendo come risultato finale un comunicato stampa così bisbetico e prolisso (sette cartelle fitte fitte) che poi, forse, non ha avuto nemmeno il tempo o la voglia di rileggere (ed eventualmente correggere).

Si dice “scrivi come mangi”; ebbene, in certi casi c’è davvero da augurarsi – per il benessere di tutti – che non si mangi assolutamente come si scrive.

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Qualcuno - tale Antonio - ha glossato a mo’ di commento, in calce alle sette cartelle pubblicate su Noha.it il 25 gennaio scorso, la seguente espressione: “Da Accademia della Crusca!”.

Per quanto ovvio quell’Antonio non è il sottoscritto (che in genere quando si firma usa nome e cognome, e che probabilmente l’ultima volta che ha utilizzato un punto esclamativo, a meno di una citazione diretta come questa, sarà stato alle elementari).

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Orbene, io penso che della crusca, in quegli scritti (e in tutto quello che ne è seguito, consiglio comunale incluso) ci sia solo l’epilogo. Quello per il quale, alla fine di tutto, è d’uopo, oltre che giusto e pio, tirare lo scarico.

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 24/08/2022 @ 21:00:23, in Fetta di Mellone, linkato 538 volte)

Han provato in tutti i modi a farmi diventare un pochino Resiliente, con corsi di formazione ad hoc, lettura dei quotidiani a maggior tiratura nazionale e locale, visione di talk show trasmessi dalla tv generalista, qualche querela acefala e anura, il Pnrr, (e per la verità ci ho pure messo del mio frequentando amici per i quali va tutto bene dacché non vedono, non sentono e non parlano), ma io niente, tosto, con tutti i miei stereotipi intonsi, contro i quali, lo riconosco, è dura combattere.

Confesso che a un certo punto, stanco di fare il bastian contrario su un bel po’ di cose che mi danno intru le corne, dopo approfondite letture di manuali di life coaching (sì, talvolta indulgo al masochismo), proprio all’inizio delle correnti vacanze estive stavo quasi per gettare la spugna, stirare con l’appretto il mio elettroencefalogramma, mettermi nei panni del semplice voyeur dei superstiti compagni ribelli contro il fato ineluttabile, e pensare dunque che sì, non esistono alternative praticabili, e che ci puoi fare, così gira il mondo, guarda il lato positivo della cosa, non essere il solito oscurantista, pensa allo Sviluppo e alla Crescita (immagino del Pil), e smettila una buona volta con certe tue opinioni politiche decisamente giurassiche, per nulla progressiste e men che meno riformiste.

Insomma, apro la stagione lirica dei bagni al mare recandomi bel bello la mattina presto - come soglio da decenni con la mia ultraventicinquennale sediolina pieghevole - in quella zona di mare chiamata Santa Caterina di Nardò, in fondo alla discesa de Le Cenate, esattamente sulla scogliera di fronte all’isolotto controllato a vista dalla Torre dell’Alto, versante Frescura, il mastodontico stabilimento white e glamour che ha cambiato volto e nome al sito un tempo detto de Lu Chiapparu. Codesta permuta semantica avrà pure un suo perché: in effetti mo’ è tutta un’altra cosa, un luogo così discreto, estremamente va-lo-riz-za-to, di tendenza, una “location” ideale per gnocche e redivivi Casanova, vip gaudenti, medi e piccolo-borghesi, e in fondo in fondo anche gente come si dice comune, voglio dire i consumatori del mass-market che ogni tanto decidono di stringere la cinghia (avendone ancora una) per provare il fascino del reality - e vuoi mettere il tramonto sullo Ionio ascoltando il dolce suono del ghiaccio nel bicchiere del cocktail, magari con tanto di applauso finale in piena sindrome di Stendhal.

E così superata agilmente l’area riservata fatta di tubi, pali, fili, piattaforme, gradini, banconi, passamano, tettoie, ponticelli, tavoli, lampade, poltrone, sedie, gazebi, ombrelloni, casse acustiche, bandiera delle cinque vele garrente al vento, e altre amenità della specie, m’inoltro nell’ala per irriducibili (e impenitenti) nostalgici degli spazi ancora esentati dai canoni di noleggio, altrimenti classificati come beni comuni, e m’accorgo (capirai la novità rispetto allo scorso esercizio) che sulla bianca scogliera, pardon white cliffs, continuano a stazionare i cuscinoni, quelli larghi resistenti e morbidi in grado di assicurare alle terga di chi paghi un ticket per pronta cassa il comfort da sabbia del lido (sennò perché uno dovrebbe scegliere lo scoglio). Sempre rigorosamente white (vabbe’ un po’ ingialliti, mica si può star lì ogni santo giorno a sanificarli con spugna e amuchina come virologo comanda), i cuscinoni in tessuto sintetico te li ritrovi sparpagliati qua e là (ultimamente anche impilati) a mo’ di installazioni artistiche sulla fascia costiera ben oltre il recinto del bagno in concessione, dico nell’area spiaggia “libera” (sarà un nuovo metodo di esportazione della democrazia).

Son lì queste novelle chaise longue da cozzi sin dalle prime luci dell’alba, tipo quegli ombrelloni un tempo ‘mpizzati sulla riva pubblica dalla sera prima dai soliti “terroni” per assicurarsi la poltronissima per il giorno seguente.

Ebbene ultimamente (veramente qualche avvisaglia del fenomeno s’era registrata anche nella passata campagna turistica) abbiamo una novità di stagione fresca fresca: vale a dire i pallini di polistirolo che fanno pendant con il bianco dell’habitat naturale e artificiale dell’ameno loco. Come quali pallini? Ma quelli di cui sono imbottiti i suddetti cuscinoni. Sissignore, qualche volta fuoriescono, ora da un angolo, ora da una scucitura, ora da una crepa, e si sparpagliano sul litorale roccioso: talvolta parliamo di intere francate di minuscole sfere nivee che vanno a finire nei micro canyon dei massi santacateriniani, quando non prendono la direzione del vento.

Ma fanno tanto effetto neve del presepe. Roba da brividi proprio e pelle d’oca da freddo polare, anzi da frescura. Sicché d’ora in poi gli avventori del famoso impianto balneare extralusso potranno a scelta (e senza supplemento di prezzo) passare dall’ebbrezza del reality a quella del cine-panettone.

Eh sì, sono in tanti a credersi in Vacanze di Natale. Invece che sul Titanic.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 09/09/2014 @ 21:00:00, in NohaBlog, linkato 2695 volte)

Ma davvero pensavate che la commissione nazionale VIA (Vidimazione Imbratto Ambientale) del “ministero dell’ambiente” (scritto ormai con le virgolette) titubasse per più di due nanosecondi nel rilasciare il suo nullaosta definitivo alla multinazionale svizzera del TAP (la quale potrà ora liberamente otturare i buchi dei salentini, se ve ne fossero ancora di stappati)? 

Ma davvero supponevate che un premier più berlusconiano di Silvio desse retta “a quei quattro comitatini” (strano non abbia aggiunto anche: “oltranzisti e ciechi oppositori al progresso e alla modernità”) che si battono ancora oggi per la terra, l’aria, l’acqua, i beni culturali e l’economia sostenibile? Orsù, miei cari, sveglia.

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“Il Tap si farà”, hanno annunciato trionfalmente il capo del governo e soprattutto il suo gabinetto, mentre l’organo incompetente, il cosiddetto ministro dell’ambiente Luca Galletti (noi, invece, polli), è pronto a firmare il decretino “sbocca Italia” propedeutico all’autorizzazione unica per la fase successiva di inizio lavori: stadio terminale, questo, che verrà gestito dal sinistro dello Sviluppo Economico, sig.ra Federica Guidi, figlia di Guidalberto, un nome una garanzia, vicepresidente di Confindustria, e già che si trova presidente de “Il Sòla 24 Ore”.  

Il nostro presidente del fondiglio, dopo aver incontrato il 14 luglio scorso in forma riservatissima Ilham Aliyev, dittatore dell’Azerbaijan (deve essere una prerogativa dei nostri primi ministri il debole per i presidenti-dittatori, una forma di ammirazione, di più, emulazione: peccato per quella rompiscatole della nostra Carta Costituzionale, che finalmente parlamentari prostituenti, con le ultime riforme autoritarie senza precedenti , anzi con precedenti penali, stanno provvedendo a trasformare in fretta e furia in un lungo, resistente e morbido rotolo a due veli, ndr.), dicevo, il presidente nostrano ha annunciato in uno dei suoi infiniti tweet che non vede l’ora di recarsi nella capitale azera, Baku, per la firma del via libera definitivo al TAP, un’opera che, tra i lobbisti d’eccezione, annovera finanche Tony Blair (sì, quello dei bombardamenti all’Iraq per “esportare la democrazia”).

Come ormai sanno pure le pietre (ma molti belli addormentati nel mostro non ancora) il TAP non avrà alcuna “ricaduta occupazionale”, semmai una caduta verticale e irreversibile; darà il colpo di grazia al mare ed al nostro territorio oltretutto con l’ecomostro della centrale di depressurizzazione (la quale, tra cinquant’anni, quando avrà esaurito il suo compito verrà abbandonata in loco così com’è); non è fonte di energia alternativa e men che meno pulita, tutt’altro; sarà costosissimo e il prezzo lo pagheremo noi, e non solo in bolletta; è antidemocratico, inutile, violento (sebbene magnager e prenditori del TAP sembrino pronti ad accorrere al capezzale di feste patronali, giornali, riviste, eventi, restauri, eccetera, cercando di rianimarli con sponsorizzazioni da quattro soldi, ma di fatto anestetizzando grandi e piccoli - riuscendovi in molti casi).

Ma signori miei, cosa volete da me? Questo è il vangelo secondo Matteo, che tanti proseliti va annoverando; questo il frutto dei vari decreti “allocca o sciocca Italia”, e purtroppo mai “sbrocca Italia”: la quale, infatti, non sbrocca mica, cioè non va mai in escandescenze quando viene violentata; anzi sembra addirittura godere con quel cospicuo 40,8% di applausi incorporati.

*

Ora, secondo voi, con tutto questo, a cosa starà pensando il nostro sindaco Montagna? Vabbè, scherzavo.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 05/04/2016 @ 20:59:37, in Comunicato Stampa, linkato 1980 volte)

Il 07 aprile 2016 il palcoscenico del rinnovato Teatro Cavallino Bianco di Galatina, si fa ‘cattedra’ ed accoglie i giornalisti Ernesto Assante e Gino Castaldo per una delle loro fortunatissime LEZIONI DI ROCK, un format che i due portano avanti già da tempo per raccontare importanti pagine di storia della musica.

Nel 1969 i Beatles tornavano in studio per l’ultima volta, per registrare quello che in molti considerano il loro capolavoro assoluto, “Abbey Road”. La band era già virtualmente finita, le liti tra i quattro erano arrivate al punto di rottura, eppure la bellezza, la ricchezza, la complessità, l’emozione di Abbey Road mostrano una band al suo assoluto apice creativo. I due giornalisti di Repubblica e Radio Capital, vi accompagneranno nel cuore di Londra, per attraversare insieme quelle strisce pedonali che sono diventate un monumento per ogni appassionato del rock.

LEZIONI DI ROCK - The Beatles: Abbey Road, è inserito nel programma della stagione di prosa 2016 organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria Turistica e Culturale.

Prezzo del biglietto per lo spettacolo: 10,00€

Orario della rappresentazione: porta ore 20:30 / sipario ore 21:00

Vendita dei biglietti: Il servizio di vendita degli abbonamenti e dei biglietti è disponibile presso l’Ufficio IAT (via Vittorio Emanuele II, 35 – Torre dell’Orologio) tutti i giorni dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19:00. Il botteghino del Teatro Cavallino Bianco sarà aperto solo il giorno degli spettacoli dalle ore 19:00. Per informazioni: tel. 0836.569984 – cell. 392.9331521 – iat.galatina@gmail.com

 
Di Antonio Mellone (del 02/02/2020 @ 20:58:27, in NohaBlog, linkato 2423 volte)

Questa volta il Parroco di Noha non ha suonato le campane per comunicare Urbi et Orbi di esser diventato ufficialmente - con l’ultimo numero in edicola il 31 gennaio 2020 - il novello direttore de “il Galatino”, uno tra i periodici più longevi dell’Italia meridionale, del Salento sicuramente, puntualmente in edicola ormai da 53 anni.

Io me ne sono accorto acquistando la copia quindicinale del giornale, al quale ho collaborato per un bel po’ a partire dal 1994, sotto la direzione di quel maestro di bella scrittura e soprattutto giornalismo che era il prof. Zeffirino Rizzelli.

Don Francesco prende il posto di Rossano Marra - successore del Rizzelli - venuto a mancare improvvisamente il 7 gennaio scorso, facendosi carico di un’eredità fatta di parole importanti che avrebbero il compito di cambiare il mondo, a partire dalla nostra “piccola patria”.

“il Galatino”, fondato insieme ad alcuni suoi amici nel 1968 dal prof. mons. Antonio Antonaci, un altro gigante della Storia locale (scritta finalmente con la maiuscola e senza virgolette), per continuare a esistere non può non avere che questa ragione sociale: raccontare il bello e il buono certamente, ma senza scordare l’importanza del pensiero critico, inteso come discernimento, ricerca delle differenze, sprone al miglioramento dell’azione politica, denuncia della banalizzazione non più strisciante ma strombazzata ai quattro venti via social network (che di social ormai hanno solo il nome).

L’augurio che mi sento di rivolgere al nuovo Direttore Responsabile del quindicinale galatinese è quello di voler fare la rivoluzione: la quale nasce dalle parole e prosegue con la grammatica dello stare insieme, s’imbeve del lessico del rispetto e fa propria una sintassi che (mi permetto di suggerire a un uomo che ha scelto di fare il prete) potrebbe trovare fondamento su due testi: il primo è il più antico inno rivoluzionario che si conosca, che non è Bandiera Rossa ma il Magnificat, canto di liberazione forte e inesorabile contro le contraddizioni sociali e le distinzioni di classe (“[…] ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore / ha rovesciato i potenti dai troni / ha innalzato gli umili / ha ricolmato di beni gli affamati / ha rimandato i ricchi a mani vuote […]”); il secondo è la Laudato si’, l’enciclica di Papa Francesco del 2015, che affronta in maniera unitaria molti temi chiave della lotta per la giustizia ambientale.

Se a questi due testi (Vangelo ed Enciclica papale) si riuscisse ad affiancare anche la nostra Costituzione (che quasi tutti i governi, non escluso l’ultimo, sembra indulgano nello sport di bersagliare), credo che sarà ancora una volta cosa buona e giusta: di più, nostro dovere e fonte di salvezza per tutti i Cittadini degni di questa carica.

Antonio Mellone     

 
Di Redazione (del 14/09/2021 @ 20:55:35, in Comunicato Stampa, linkato 1230 volte)

Si è svolta il 06.09.2021 la prevista Conferenza di Servizi sul procedimento di riesame AIA ai sensi del D.Lgs. 29-octies del D.Lgs. 152/06. Presenti i rappresentanti della Provincia, dei Comuni di Galatina, Soleto, Sogliano C., Cutrofiano, Martano, Zollino, Arpa e Asl, SISPED (Società Italiana di Sanità Pubblica e Digitale), delle Associazioni ambientaliste Italia Nostra (Valeria Passeri), ISDE (Sergio Mangia), AIRSA (Elena Pitotti), Noi Ambiente e beni Culturali (Antonio De Giorgi), Coordinamento Civico Ambiente e Salute (Alessandra Caragiuli), Forum Amici del Territorio (Elisabetta Parisi), della controparte Colacem. Le Associazioni hanno ribadito la mancanza attuale di garanzie per  la salute collettiva, sulla base delle carenze evidenziate dalla perizia CTU dinanzi al Tar di Lecce e riprese nelle proprie osservazioni. Tale carenza è  evidente se si pensa che:

  •  i limiti di legge non garantiscono di per sé l’assenza di danni alla salute;
  • per alcuni tipi di inquinanti, come le diossine, non esistono limiti di concentrazione al di sotto dei quali non si hanno conseguenze per la salute; ogni dose è un’overdose;
  • per alcuni parametri inquinanti, come le polveri sottili PM10 e PM2.5, non sono neppure previsti i monitoraggi nell’autorizzazione Colacem;
  • i rilevamenti della centralina di monitoraggio pubblica di Galatina evidenziano il superamento costante dei limiti di qualità dell’aria previsti da OMS per PM10, PM2.5 e ozono.

Un’altra grave carenza rilevata dalle associazioni ambientaliste è la difformità dell’AIA rilasciata dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali (DGR n. 1023 del 19.05.2015), rifiuti che Colacem è autorizzata a impiegare nella produzione del cemento nella notevole quantità di oltre 400.000 tonnellate/anno. In particolare si lamenta la mancata applicazione della prescrizione - il chè comporterebbe la non validità dell’atto autorizzativo - di indicare nella domanda di rinnovo i codici CER dei rifiuti speciali trattati con le relative quantità; una norma importante e tutt’altro che formale, che mira a rendere tracciabili i rifiuti speciali in tutto il loro ciclo di vita, controllarne i flussi e prevenire traffici non consentiti. Su questo punto, che pende come una spada di Damocle sulla stessa AIA del 2018, Provincia e Arpa si sono riservate di effettuare delle verifiche.

Rimane intanto aperto il procedimento davanti al Tar di Lecce, promosso dai Comuni di Galatina e Soleto con l’intervento ad adiuvandum di alcune associazioni, per l’annullamento della citata AIA provinciale, per cui si attende la prossima udienza del 6 ottobre.

Le Associazioni hanno nuovamente contestato la procedura di riesame in corso, in quanto elusiva del parallelo procedimento al Tar, che temono venga inficiato da un accordo al ribasso tra Provincia, Comuni e Colacem, avendo tra l’altro notizie di trattative in corso per la definizione concordata del contenzioso.

Le prossime scadenze sono il 21 settembre per la presentazione delle integrazioni richieste a Colacem e agli Enti competenti e il 28-29 settembre per la prossima Conferenza di Servizi, che dovrebbe essere quella finale.

La Provincia tramite l’Avv. Arnò, Dirigente Settore Ambiente, ha manifestato la volontà di pervenire quanto prima a una nuova autorizzazione, qualora Colacem accetti un abbassamento dei limiti emissivi in conformità alla CTU citata, o in caso contrario a un diniego. Le Associazioni dal canto loro chiedono provvedimenti incisivi e immediati, e continueranno a tenere alta l’attenzione sulla vicenda affinchè sia adeguatamente tutelata la salute delle popolazioni interessate.

Il Gruppo di Lavoro Colacem

 
Di Antonio Mellone (del 16/02/2022 @ 20:52:01, in NohaBlog, linkato 1728 volte)

Accanto alle mie Fette di Mellone sarebbe forse opportuno dar vita a una nuova rubrica da denominare Fette di Polpettone. Nella prima antologia, ormai ultradecennale, si raccattano brani di peste e corna; nella seconda estratti di pasta e carne.

Le prime – così invise ai devoti della religione del politicamente corretto - sono dedicate alle gesta eroiche di pOLITICI soprattutto ahimè locali (una prece), nonché alle prodezze imprenditoriali di chi sembra fatto apposta per fare strame di beni un tempo comuni tipo acqua, spiaggia, scogliere, aria, campagna, storia, arte e, con l’occasione, grammatica, sintassi e diritto; le seconde contemplano invece le leccornie di chi in direzione ostinata e contraria ha deciso di non svignarsela dal paesello (parlo di Noha), ma di radicarvisi viepiù aprendo bottega, sfidando il fato e un bel po’ di luoghi comuni, onde il primo prodotto da banco è il coraggio (ebbene sì, molti giovani di queste contrade per fortuna ne hanno da vendere).

Son così passati in rassegna sotto forma di inchiostro questa volta simpatico (mentre la penna delle Fette di Mellone viene intinta perlopiù nell’antipatico) pescherie e frutterie, pizzerie e rosticcerie, pasticcerie e bar a chilometro zerovirgola. Questa è la volta di una gastronomia da asporto “nuova di zecca”, inaugurata in via Aradeo nel mese di luglio dello scorso anno, appellata La Roncella e gestita dalle sorelle Maria Teresa ed Elisabetta Colazzo.

Ci ho dovuto apporre le virgolette a Nuova Di Zecca in quanto è vero che insegne, laboratorio, vetrine, bancone e titolari non hanno alle spalle chissà quanta archeologia di scartoffie legate al mondo dell’imprenditoria, ma di certo vien da lontano quella dote ricevuta da mamma Anna sotto forma di segmento di Dna, la quale a sua volta l’aveva raccolta in dono dalla Lina, sua genitrice e antesignana di questa storia partita, appunto, dalla dispensa di nonna.

Dovete sapere che Lina Tundo in Cisotta (che abbiamo sempre chiamato Linacisotta, senza iato, con una sola emissione di fiato) è una mia vicina di casa, conosco i suoi tre figli Giuseppe, Anna e Angela da una vita (sissignore, un pizzico di conflitto di interessi ci sta tutto, ma nessuno può accusarmi di scrivere con le fette di salame sugli occhi), e non potete immaginare quanto sublimi siano la sua pasta fatta in casa, la pignata di legumi, e le zeppole fritte e al forno (che Giuseppe portava a scuola il giorno dell’onomastico, e che sparivano in pochi minuti manco avessimo avuto addosso la fame degli affamati del mondo). E non sto qui a divagare della Linacisotta, e del suo adorato Luigi, delle lunghe tavolate di carnevale che seguivano i balli in maschera nel salotto di casa sua sempre così ospitale, e quindi dei Valzer (ne avverto ancora i capogiri) e della Quadriglia, e dunque del ballanzè con la dama davanti, se no forse uscirei fuori tema e la maionese impazzirebbe. Qui mi basti aver fatto cenno al fatto che queste due ragazze, con la supervisione di Anna, attraverso il loro quotidiano lavoro fatto di gusto e affetto, riescono a tenere unite tre o forse più generazioni, sicché le loro ricette sono veri e propri atti pubblici di accettazione di eredità.

Il vero lusso è fatto di piccole cose, di vicinanza, economia paziente, interdipendenza, cibo buono che diventa noi (che siamo quello che mangiamo), immaginazione e storie: come questa che parla della Roncella e di due signorine belle e coraggiose.       Tramandare gli antichi sapori e i profumi del Sud [attenti a non sbagliare profumeria eh, ché Euphoria della Jennifer Misciali è a una decina di metri più in là, ndr.] non è mica uno scherzo: significa lottare contro i colossi culinari che ti arrivano in casa via Glovo, alzarsi presto la mattina e andar per campi (Roncella è la campagna nohana da cui tutto è partito e alla quale tutto ritorna), ristrutturare una vecchia dimora con volte a stella in via Aradeo e adibirla a laboratorio e punto vendita, acquistare gran parte delle materie prime da contadini e piccoli commercianti indigeni, piantare nel piatto la propria storia condendola con la geografia, senza scordare l’estetica (il cuoco dev’essere anche un estetista, vero Elisabetta?), far girare le idee prima ancora che il mestolo in pentola, tenere unita una famiglia (anche papà Stefano è sempre disponibile, per esempio per il trasporto vivande), stilare un menù dall’antipasto al dolce tutti i santi giorni (e pubblicarlo con commenti originali e foto e filmati sulla propria bacheca sociale), insomma sentirsi comunità, conservare un posto a tavola agli assenti, e ricordarsi chi siamo stati e potremmo ancora essere.

Fidatevi del sottoscritto che, non per nulla, ha frequentato la Bocconi. La scuola – nomen omen - di arte culinaria. 

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 08/02/2016 @ 20:51:04, in Fotovoltaico, linkato 2924 volte)

Ogni tanto vengo colto da attacchi di masochismo. Stavolta per soddisfare questo compulsivo ma per fortuna sporadico bisogno di farmi del male sono andato a spulciare l’ultimo bilancio approvato dalla “Fotowatio Italia Galatina srl”, che, per chi non lo sapesse, è la proprietaria del mega-impianto di pannelli fotovoltaici che ha fatto sparire, con il silenzio-assenso dei politici che ci ritroviamo tra i piedi, una quarantina di ettari di contrada Roncella, feudo di Noha, sufficienti per una potenza di 9,7 MW.

Perché 9,7 e non 10 MW o qualcosina in più? Semplice: per evitare la V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale). Troppo rischiosa. Meglio costruire tanti impianti di potenza inferiore al limite dei 10 MW, anche confinanti, ma apparentemente di proprietà di diversi soggetti economici, per aggirare l’ostacolo imposto da quelle rompiscatole delle norme di legge (mica al tempo c’era lo “Sblocca Italia” di Renzi come ora). Solo con questo imbroglio l’apocalisse dei campi di sterminio (ovvero lo sterminio dei campi) si trasforma in una bella prateria sconfinata che manco un video del National Geographic.

*

L’impianto di Noha, allacciato alla rete nazionale nel dicembre del 2010, mentre i lavori di completamento si sono conclusi nel 2011 [sic!], ha accesso alle tariffe incentivanti previste dal D.M. del 19 febbraio 2007 (2° Conto Energia), che ha stabilito una tariffa costante per la produzione energetica dalla data di entrata in funzione dell’impianto per una durata di 20 anni. Sì, il progetto si fonda su un business plan che copre il periodo 2011-2030. Cosa succederà alla fine del piano? Chi vivrà vedrà: voglio dire che vedrà le sequenze di The day after 2.

Orbene, ritornando al conto economico della società a responsabilità limitata (in tutti i sensi), osserviamo che i ricavi registrati nel corso del 2014 (ultimi dati di bilancio disponibili) sono pari a 5.829.522,00 euro (quelli dell’anno precedente erano 6.121.552 euro - vuoi vedere che l’impianto inizia a dare i primi segnali di invecchiamento?), mentre l’utile “pulito”, cioè al netto di costi, spese, tasse, eccetera, è pari a 1.346.141,00 euro. L’assemblea dei soci ha deciso di distribuire al socio unico un dividendo dell’importo di 1.100.000,00 euro e di accantonare a riserva di capitale la differenza pari a 246.141,00 euro.

Chi è il socio unico che si pappa ogni anno tutti questi soldi nostri? Tal MR Rent Investment Gmbh con sede a Monaco di Baviera (Koeniginstrasse 107), mentre gli amministratori sono i signori Robert Pottman e Stefan Schweikart, mica Rocco, Gino o Oronza. A sua volta (anzi a sua Volt) la MR Rent Investment Gmbh è posseduta al 100% da un altro giglio di campo (di concentramento): la Munchener Ruckversicherungs-Gesellschaft AG (Munich Re). Punto.

Volete sapere le novità dell’ultim’ora? Da una recente visura della Camera di Commercio risulta che la Fotowatio Italia Galatina srl, non è più di Galatina (veramente manco d’Italia), in quanto la ditta è “cessata” in data 5 agosto 2015 per trasferimento in un’altra provincia. Tiè.

Sicché, noi continueremo ad avere tra le scatole tutti quei pannelli in mezzo alla campagna e a fare da bancomat a questa azienda che non figurerà più nemmeno tra quelle “locali” iscritte alla Camera di Commercio di Lecce (del resto, di fatto, non lo è mai stata, essendo passata, come scritto altrove, dalla dominazione degli spagnoli a quella dei tedeschi), con tutto quello che ne consegue anche a livello di tributi locali.

E a noi cosa entra più che in tasca in qualche altro, come dire, vaso indebito? Presto detto: oltre all’aumento delle bollette Enel (sennò ogni anno come facciamo a pagare circa sei milioni di euro ai nostri conquistadores tedeschi?), un bel po’ di altre cosette carinissime, della serie: inquinamento elettromagnetico generato dalle cabine di trasformazione, dai cavidotti e dagli elettrodotti; dispersione di sostanze nocive (per esempio cadmio) contenute nei pannelli; inquinamento causato dai diserbanti irrorati a terra; variazioni microclimatiche; danno all’ecosistema; gravi impatti visivi al panorama; abbagliamenti (di giorno, ma anche di sera per via di un paio di fari chissà perché puntati sulla circonvallazione di Noha, la Sp. 352, in direzione Collepasso); e, tanto per non farci mancare nulla, una manciata di neoplasie, e danni a questo o quell’apparato del corpo umano.

Più che energie, allergie alternative.

Volendo farmi del male fino in fondo, oltre alla visura camerale e al Bilancio della Fotowatio Galatina srl, sempre sul tema del fotovoltaico, sono andato a rivedere i video con gli interventi di due cosiddetti amministratori locali, due cime, due mostri di intelligenza noti ormai a tutti per la loro perspicacia, che rispondono ai nomi di Giancarlo Coluccia, ex-sindaco di Galatina, e di Daniela Sindaco-in-carica (santa subito, anzi Santanché, c’est plus facile), esponenti rispettivamente del centrodestra e del centrosinistra, vale a dire del Partito Unico della Frazione. Nell’ascoltare i loro storici interventi sembra che l’unico elemento superstite in grado di differenziarli era il baffetto.

Infatti, mentre l’uno – scordando il concetto di biodiversità oltre all’elementare principio di precauzione  -   continuava a blaterare di “terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi”, e che “non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola” e “fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti” (s’è visto poi come sono stati piantumati, anti piantonati); l’altra, sulla stessa falsariga, parlando tanto per dar fiato alla bocca, imbrogliando le carte come sovente usano fare i politici locali, e ribadendo tutto e il contrario di tutto in un intervento sul fotovoltaico pertinente come il pecorino sulle ostriche, confermava che “ambiente è un conto, urbanizzare un altro [e meno male, ndr.]”, e che “quei terreni sono morti, non cresce nulla, non c’è pascolo” [e daie, ndr.], che “Noha si èespasa” [sic]”, che quei “terreni non si prestano per l’agricoltura” [a ridaie, ndr.] e che “dove ci sono cozzi non cresce nulla”, e mille altre elucubrazioni dello stesso tenore (anzi dello stesso orrore: è uguale).

Ma l’acme (e pure l’acne) della serata s’è toccato quando Michele Stursi chiede d’emblée alla nostra beniamina e coram populo: “Ma voi che idea di ambiente avete?”.

E qui casca l’asino, con la Daniela nostra che, con sguardo smarrito, sudorazione a mille e salivazione azzerata,  ripete più volte: “Non riesco a comprendere”, e ancora: “Non ho capito davvero cosa vuoi dire” [e soprattutto: dove vuoi andare a parare, ndr.].

*

Dai, Michele, pure tu che ti metti a parlare in ostrogoto proferendo una sequela di non uno ma addirittura due fonemi che più ostici non si può, irreperibili sul vocabolario dei sinonimi (ma solo su quello dei contrari) dei nostri rappresentanti al comune di Galatina. Mi riferisco ai due lemmi impronunciabili: “ambiente” e soprattutto “idea”.  

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 02/03/2014 @ 20:49:20, in NohaBlog, linkato 2498 volte)

Una storia millenaria custodita da una roccia friabile e porosa come il tufo, un passato doloroso svelato “come le linee d'una mano” (Italo Calvino, “Le città invisibili”) e un paesaggio unico disegnato dall'altopiano della Murgia e dal lento scorrere della Gravina. Qui, a Matera, dal primo marzo 2014 sarà aperto al pubblico il primo Bene del FAI in Basilicata inaugurato questa mattina, Casa Noha, entrata a far parte di una rete di 50 splendidi luoghi tutelati e aperti al pubblico in tutta Italia.

 

Memorie nel tufo

Donata alla Fondazione dalle famiglie Fodale e Latorre nel 2004 perché fosse testimonianza della storia della città e luogo di pubblica utilità, Casa Noha rinasce grazie a un accurato intervento conservativo volto più che ad aggiungere a togliere materia, riscoprendo i vari strati di tufo che compongono le pareti del bene. I cinque vani nel cuore dei Sassi, dal 1993 dichiarati dall'Unesco Patrimonio Mondiale dell'Umanità, sono parte di un Palazzo risalente al XVI secolo e rappresentano oggi un nuovo cancello d'ingresso per visitare Matera.

 

Viaggio straordinario nella storia di Matera

Grazie a Fondazione Telecom Italia Casa Noha diventa un soggetto narrante capace di offrire una chiave di lettura per la comprensione della città. Per la prima volta, infatti, il FAI sceglie di mettere al centro non un suo bene ma il contesto che lo circonda attraverso un inedito percorso multimediale che avvolge il visitatore in un'esperienza immersiva unica: il racconto filmato Sassi invisibili. Viaggio straordinario nella storia di Matera, ideato da Giovanni Carrada e proiettato sulle pareti di sasso dell'abitazione, offre, infatti, al visitatore, grazie a immagini, storie, suoni e riferimenti incrociati, la prima ricostruzione completa della storia della città. Il ricco intreccio di tante esistenze continuerà a rendere vive le stanze di Casa Noha e le sue pareti di pietra continueranno a rievocare i racconti lontani di cui sono custodi. Una narrazione appassionante valorizzata dall'accurato lavoro di un team di venti specialisti, con il coordinamento scientifico di Rosalba Demetrio, che si è confrontato con la complessità del territorio da diverse prospettive: dall'architettura alla storia dell'arte, dall'archeologia alla storia del cinema. Un materiale documentario inedito e di grande valore scientifico il cui obiettivo principale non è la semplice promozione turistica ma far riaffiorare la memoria di una città quasi imprigionata nel tufo in cui è scavata.

 

Un'App per vedere l'invisibile

Un viaggio nel passato che continua per i vicoli della città grazie all'App Matera invisibile. Sulle tracce di una città straordinaria, a cura di Antonio Nicoletti, scaricabile gratuitamente e disponibile per iOS e Android. Cinque gli itinerari narrativi proposti che attraverso testimonianze d'autore svelano il cuore nascosto di Matera descrivendola attraverso i cinque elementi che la costituiscono: l'acqua, la pietra, la luce, il tempo e lo spirito.

 

In punta di piedi

“Si difende ciò che si ama e si ama ciò che si conosce”: questo il principio guida che da sempre ha ispirato l'operato del FAI che attraverso Casa Noha intende favorire un turismo consapevole e rispettoso della delicatezza e della fragilità di questa città unica, che non trasformi Matera in una ‘città-presepe' ma che sia disposto ad adeguarsi alle esigenze del territorio dedicando tempo e attenzione alla scoperta della sua lunga e frastagliata storia.

Il FAI rivolge un grazie particolare a Fondazione Telecom Italia per aver sostenuto e finanziato il progetto culturale di Casa Noha, selezionato tra i 300 pervenuti nell'ambito del bando “beni Culturali Invisibili” (2011). Si ringraziano inoltre Italcementi e “I 200 del FAI” per l'importante contributo al restauro di Casa Noha. Un sentito ringraziamento a Lella Costa e Fabrizio Gifuni per aver collaborato gratuitamente alla realizzazione del progetto “I Sassi invisibili. Viaggio straordinario nella storia di Matera”.

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 26/10/2020 @ 20:47:24, in Le Confraternite di Noha, linkato 925 volte)

Continua, con questa seconda puntata, l’inedita Storia delle Congreghe della nostra cittadina, donataci dall’instancabile penna di P. Francesco D’Acquarica, missionario giramondo per amore di Cristo, ma di fatto mai “allontanatosi” da Noha.

Noha.it

Non una ma tre congreghe

Il fenomeno dell’aggregazionismo in confraternite trovò a Noha, come nel resto della Puglia, le sue più immediate motivazioni anzitutto nelle disposizioni del Concilio di Trento (1545-1563), ma anche nel massiccio radicarsi nel territorio di Ordini monastici come quello francescano e domenicano, affiancati dai Gesuiti nella predicazione delle cosiddette missioni cittadine.

Le disposizioni tridentine prevedevano la costituzione di una confraternita dedicata al Santissimo Sacramento in ogni chiesa parrocchiale, e perciò anche a Noha. Questo spiega l’enorme diffusione nel territorio pugliese di confraternite che ancora oggi si fregiano di questo titolo. La rappresentanza sociale era costituita non solo da notabili del luogo, ma anche da rappresentanti dei civili, cioè dai borghesi, dagli artigiani e dai contadini, la cui direzione spirituale ed anche economica era affidata al clero secolare.

A quella del Santissimo Sacramento seguirono le confraternite legate al culto della Vergine del Rosario gestite dai Domenicani, che si diffusero con altrettanta rapidità specie dopo la vittoria cristiana sui Turchi nella battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), favorite oltretutto dall’ impulso conferito alla pratica della recita del Rosario da parte di Pio V (1504-1572), papa dal 1566 fine alla morte.

A Noha, tranne il convento di Santu Totaru (che di fatto era un priorato rurale retto dai Basiliani), non si annoveravano cenobi dei grandi Ordini Religiosi nati nel medioevo, e tuttavia non mancavano, almeno fino al 1850, le Confraternite. Che erano addirittura tre:  quella del Santissimo Sacramento, quella del Santissimo Rosario e quella della Madonna delle Grazie.

L’informazione certa ce la dà l’arciprete don Michele Alessandrelli (Seclì 1812 - Noha 1882) che nel 1850 prepara la relazione sulla parrocchia per la visita pastorale che Mons. Luigi Vetta, Vescovo di Nardò, e che eseguirà in tutta la sua diocesi tra il 1850 e il 1854.

 

Nell’introduzione alla relazione l’Alessandrelli scrive:

Questo è l'inventario di tutti i beni stabili, mobili, semoventi, rendite, azioni, ragioni e pesi di qualsivoglia sorte della Chiesa Parrocchiale di Noha, provincia d'Otranto e Diocesi di Nardò, fatto nel quindici aprile 1850 dal Rev. Don Michele Alessandrelli, Arciprete Curato della detta Chiesa in conformità delle disposizioni dell'Ill.mo e Rev.mo D. Luigi Vetta, Vescovo di Nardò, contenute nell'editto della S. Visita in data de' tre aprile 1850.

 

E a proposito delle Confraternite così si esprime:

Nella mano sinistra del Coro vi è uno stipo, nello quale il Priore della Confraternita del Sagramento tiene riposta la cera che abbisogna per le funzioni del Corpus, della terza domenica, e del S. Sepolcro: lo stesso è colorito verde oscuro, detto stipo tiene la sua serraglia e chiave.

Vi sono in questa Parrocchia sei statue, cioè nella chiesa matrice due: una del Protettore S. Michele Arcangelo, l'altra di S. Vito, e la testa della statua di Maria SS.ma del Rosario col Bambino: di questa ha cura, e conserva gli abiti il depu-tato della Confraternita del SS.mo Rosario Vitantonio Benedetto: le altre tre si conservano nella Congregazione di Maria SS. ma delle Grazie, come si vedrà nel descrivere la Cappella. Più una statuetta di Cristo Risorto, ed un'altra dell'Ecce Homo.

 

Della Confraternita della Madonna delle Grazie parleremo nei prossimi capitoli, e in maniera più estesa, poiché di questa abbiamo documenti abbastanza recenti.

Sembra difficile crederlo, eppure in un paesino come era Noha dal 1500 al 1800 abbiamo in contemporanea ben tre Confraternite. Certo, si possono immaginare le difficoltà dei congregati: i quali dovevano organizzare il loro spazio associativo in un ambiente ben definito (di solito un vano rettangolare), arredato secondo precisi canoni che ricordassero in qualche modo quelli monastici da cui la confraternita derivava.

Il disegno doveva seguire una logica gerarchica, con i seggi assegnati agli amministratori in funzione del loro grado: lo stallo del priore posto in posizione dominante rispetto all’assemblea degli associati. Elementi accessori, ma fondamentali, erano anche la sacrestia e un piccolo campanile. Altro elemento essenziale era la presenza del sepolcreto, di solito posizionato davanti all’altare del Patrono o della Patrona. Il sepolcreto era di fondamentale importanza per la sensibilità popolare, perché preservava i resti del defunto dall’abbandono e dalla anonima e umiliante commistione nelle fosse comuni.

Di tutto questo a Noha non c’è memoria se non per la Congrega della Madonna delle Grazie, come vedremo. Però, sempre il nostro Alessandrelli ci informa  che l’incaricato della Confraternita del S. Rosario è il sig. Vitantonio Benedetto, che è anche il cassiere della Congrega della Madonna delle Grazie. Dunque verrebbe da pensare che la stessa persona in qualche modo riuscisse a gestire due Congreghe.

 

Nel 1719 il Vescovo di Nardò, il napoletano Antonio Sanfelice fece la visita pastorale alla parrocchia di Noha e nella apposita relazione leggiamo:

Visitavit Ecclesiam Sancte Marie Gratiarum que p.mo a Grecis Sacerdotibus incolebatur, et nunc religiosa ecclesiasticorum et laicorum hominum Sodalidate aucta est, et summopere commendavit.

(Il Vescovo Sanfelice visitò la Chiesa della Madonna delle Grazie, che anticamente era tenuta da sacerdoti greci, e ora vi è una congrega di ecclesiastici e laici e la raccomandò molto).

Perciò nel 1719 sicuramente esisteva una congrega: viene da pensare che si trattasse di quella della Madonna delle Grazie, ma dal documento in questione si potrebbe pensare anche ad altre congreghe che forse usufruivano dello stesso spazio e degli stessi scranni lignei per le adunanze, ma con statuti, insegne, abiti, vessilli, e regole diverse.     

P. Francesco D’Acquarica

[continua]

 
Di Antonio Mellone (del 27/10/2015 @ 20:46:28, in don Donato Mellone, linkato 1955 volte)

Nell’archivio del compianto don Donato Mellone (1925 – 2015) abbiamo rinvenuto gli appunti per un’omelia tenuta giusto vent’anni fa in occasione di una delle prime feste dei donatori di sangue di Noha. La riproponiamo di seguito in concomitanza del quarantennale della Fidas-Leccese, testé festeggiato in grande stile presso il teatro Italia di Gallipoli nel corso di una bella serata di memoria  e spettacolo alla quale abbiamo avuto il piacere di partecipare in compagnia di tanti amici provenienti da ogni dove. Auguri Fidas-Leccese, auguri Fidas-Noha. (Mel)

*

Quest’oggi, l’Associazione Donatori di Sangue della sezione di Noha è in festa. Leggendo il manifesto, esprimo la mia soddisfazione per le tante iniziative intraprese volte ad incrementare donatori e donazioni: iniziative indovinate, iniziative l’una più interessante dell’altra.

Ebbene, quando i dirigenti della Sezione di Noha, guidati dal sig. Antonio Mariano, vennero per invitarmi a celebrare la messa in onore dei donatori di sangue, ci fu qualcuno che mi disse: “Mi raccomando, don Donato, cerca di dirci delle belle parole perché la nostra Associazione si affermi e si sviluppi sempre di più”.

Certo, non sono contrario a questa proposta, in quanto le belle parole sono utili, servono eccome. Quando ci sentiamo delusi le belle parole servono ad incoraggiarci; quando siamo tristi servono a confortarci; quando ci sentiamo deboli le belle parole servono a sostenerci. E quindi non sono contrario alle belle parole. Però temo che le belle parole siano come un fuoco di paglia: anche il fuoco di paglia illumina, riscalda e brucia, però dura poco, e alla fine non rimane che cenere, e poi ritorna il buio di prima.

Quindi non ci possiamo fermare alle belle parole. Anche perché il Vangelo ci mette in guardia: “Non chi dice: Signore, Signore...” Il vero cristiano non è colui che dice belle parole, fa delle belle preghiere, ma chi fa la volontà di Dio, chi osserva i suoi comandamenti.

Ed è molto significativa la parabola che leggiamo sempre nel Vangelo di oggi nella quale si parla di un uomo che, mentre scendeva da Gerusalemme a Gerico venne assalito da alcuni malviventi, i quali non solo lo derubarono di quanto possedeva, ma lo malmenarono fino a lasciarlo moribondo sul bordo della strada.

Sennonché si trovò a passare di là un sacerdote, il quale lo vide, certamente sentì compassione, però continuò per la sua strada. Passò di là anche un levita, cioè un giovane, anche lui addetto al servizio del tempio; però anche lui lo vide, ne sentì compassione, e andò avanti per la sua strada.  Si trovò a passare di là anche un Samaritano, un uomo, diciamo così, poco raccomandabile nel mondo di allora, eppure proprio quell’uomo vide il ferito-moribondo sulla strada, scese dal suo cavallo, curò le ferite alla miglior maniera con olio e vino, e poi lo condusse all’albergo. Qui, diede due denari all’albergatore e gli disse: “Prenditi cura di quest’uomo. E se spenderai qualcosa in più, al mio ritorno, sarai rimborsato.”

Dei tre personaggi chi si è comportato meglio? Certamente il terzo, il buon Samaritano.  E, conclude la parabola: “Va’, e anche tu fa’ lo stesso”.

Ebbene, ci sono dei cristiani che si comportano come il sacerdote o il levita della parabola: questi si commuovono, ma non si muovono, e non fanno nulla per aiutare il prossimo.

Voi, invece, Donatori di Sangue potete benissimo vedervi rappresentati dalla figura evangelica del buon Samaritano. Voi dite, voi fate, voi date. E siccome il sangue è il simbolo della vita, voi date la vita al fratello che ne ha bisogno.

Quante persone sarebbero destinate a morire e invece continuano a vivere grazie al sangue di voi donatori!

Nella preghiera che tra poco verrà letta, voi non chiedete al Signore nessuna ricompensa, né soddisfazione alcuna, e fate bene perché quando si fa il bene la destra non deve sapere ciò che fa la sinistra. E fate bene anche a chiedere al Signore che mantenga in voi la salute, perché possiate continuare a donare il vostro sangue agli altri, proprio come ha fatto Lui che ha dato il suo sangue, e la sua vita per noi.

Nel concludere vorrei formulare l’augurio proprio facendo mie le parole del presidente della vostra, o meglio della nostra associazione: auguro che la Fidas-Noha abbia ad affermarsi e a svilupparsi sempre più.

Che la nostra vita, come la vita di Cristo, e come quella dei donatori di sangue, diventi un dono continuo di amore a Dio e ai fratelli. 

Sac. Donato Mellone

[Immagine d’archivio – Pignatelli Fotografi – Noha]

 
Di Albino Campa (del 02/03/2016 @ 20:45:20, in Comunicato Stampa, linkato 1575 volte)

L’Assessore ai LL.PP. Emilio Tempesta comunica che il Comune di Galatina ha indetto asta pubblica per l’alienazione di 3 terreni appartenenti al patrimonio disponibile del Comune, inseriti nel Piano delle Alienazioni approvato con deliberazione del Consiglio Comunale nr. 20/2015, da espletarsi con il metodo delle offerte segrete in aumento rispetto al prezzo posto a base d’asta.

I terreni da alienare sono:

- un terreno agricolo nel Comune di Cutrofiano (località Cavallerizza), presso a base d’asta € 48.800,00;

 - un suolo in Viale Don Tonino Bello (Galatina), con destinazione B2a del PUG, prezzo a base d’asta € 130.000,00;

- un suolo in Via degli Astronauti (Noha), con destinazione D2 del PUG, suddiviso in due lotti, prezzo a base d’asta € 116.240,00 ed € 21.600,00.

Il termine per la ricezione delle offerte è fissato per il giorno 31.03.2016 mentre per il giorno 04.04.2016 è fissata la seduta pubblica per l’apertura e l’esame delle offerte.

La pubblicità del Bando è effettuata a mezzo Albo Pretorio on-line del Comune di Galatina e del Comune di Cutrofiano, sito internet istituzionale del Comune di Galatina e del Comune di Cutrofiano, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (G.U.R.I.), Bollettino Ufficiale della Regione Puglia (B.U.R.P.), giornali quotidiani “Il Nuovo Quotidiano di Puglia” e “Il Corriere dello Sport – Ed. Puglia”, nonché a mezzo di affissioni di manifesti pubblici nei Comuni di Galatina e Cutrofiano.

E’ il primo provvedimento – conclude Tempesta – di una più complessiva operazione di alienazione dei beni appartenenti al patrimonio disponibile del Comune che, quanto prima, avrà ad oggetto anche gli ulteriori beni individuati con la delibera di Consiglio Comunale nr. 20/2015”.

 
Di Albino Campa (del 14/10/2013 @ 20:44:45, in NohaBlog, linkato 3428 volte)

In questi giorni ci siam voluti far del male. Ci siamo cioè cimentati nella lettura di quella pagina di letteratura pop rappresentata dalla Convenzione approvata dal Consiglio Comunale di Galatina il 25 settembre ultimo scorso.

Tra le cose stravaganti ivi contenute s’annovera anche quest’altra che fa letteralmente scompisciare dalle risate.

Nel tractatus galatinensis all’art. 7 troviamo, oltre al resto, quanto segue: “Il comune si riserva il diritto di recedere unilateralmente dalla presente convenzione, ove sussista una giusta causa. Costituisce, in particolare, giusta causa di recesso, il fallimento della Società, la cessione del ramo d’azienda avente ad oggetto le attività di cui alla presente Convenzione, nonché la cessione dell’intero pacchetto delle quote societarie, la fusione, la scissione, la trasformazione ove il soggetto cedente o il cessionario, ovvero quello risultante dalla avvenuta cessione, trasformazione, fusione o scissione, non offra equivalenti garanzie in merito al regolare adempimento delle obbligazioni assunte con la presente Convenzione ”.

Ma, santo cielo!, ci vuol tanto a capire che, ad oggi, tutti gli eventuali cessionari (cioè eventuali nuove società acquirenti o subentranti) sarebbero meglio della Pantacom srl, atteso che, dato il quadro fedele e corretto del bilancio depositato in Camera di Commercio, la srl dal punto di vista commerciale, finanziario, patrimoniale ed economico, vale poco meno di un fico secco?

Nasce, eccome, il dubbio sulla natura della società in convenzione: che sia cioè soltanto una società veicolo o frontespizio, pronta a vendere al primo acquirente tutto il pacchetto, e con estrema tranquillità, senza cioè alcun rischio di un eventuale recesso dalla Convenzione da parte del Comune. E questo sia per il fatto che le garanzie dei “nuovi” sarebbero sicuramente migliori e più sostanziose delle attuali (è difficile se non impossibile trovare di peggio sulla piazza rispetto all’attuale srl contraente), e sia perché, se anche fosse (ma è difficile), politici e tecnici di Galatina belli addormentati nel bosco non se ne accorgerebbero nemmeno.

*

Infine tanto di cappello per la convinzione in Convenzione.

Siccome i guai non vengono mai da soli, nel noto Patto sono previste anche le rotatorie (e te pareva?). Ne sono pronosticate ben tre: la prima “adiacente la SP Galatina-Collemeto per consentire un accesso continuo e senza interruzione all’interno dell’insediamento produttivo in questione”; la seconda “di svincolo sulla viabilità complanare di collegamento a Copertino”, e, visto che non c’è due senza tre, una terza “di svincolo del traffico dall’arteria complanare che si sviluppa lungo la SS 101”.

 

Me li vedo, tutti i politici delle larghe intese, letteralmente con il fiato sul collo del funzionario comunale, intento a redigere l’articolato della Convenzione, mentre il sindaco - come in “Totò, Peppino e la Malafemmina” - detta gli articoli da sottoporre all’ovazione del consiglio comunale: “Signorina Pantacom!, veniamo noi con questa mia addirvi una parola che scusate se sono poche ma 80.000 euro di garanzia; noi ci fanno specie che questanno c’è stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete.: ma questa megaparco servono solo alle ricadute ed al volano. Noio volevam savuar se ci fate anche l’ufficio turismo e il parco urbano di cinque ettari nel megaparco perché i giovanotti che sono studenti che studiano (e che devono tenere la testa al solito posto cioè sul collo) che si devono prendere una laura per lavorare a Cascioni, vadano a giocare ai campetti di calcio del centro commerciale. [Assessore, qui ci va un punto! Anzi due punti, facciamo vedere che abbondiamo].

Signorina Pantacome, dimenticava di dirvi che vogliamo pure le rotatorie. [Assessore, mettici qui una rotatoria. Anzi aggiungine altre due, facciamo vedere che abbondiamo!] Salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi che siamo noi (anzi i Fratelli Capponi, pennuti della razza della cuccuvascia)”.

*

In alternativa si potrebbe pensare ad un Massimo Troisi (Mario) che detta la lettera o la Convenzione a Roberto benigni (Saverio) da indirizzare “al santissimo Savonarola”.

Forse il paragone sarebbe più azzeccato, visto che non ci resta che piangere.

Antonio Mellone  

 
Di Redazione (del 09/02/2021 @ 20:43:41, in Comunicato Stampa, linkato 858 volte)

Aldilà del fatto che il mondo sarebbe più bello se non ci fossero, ma i confini, solitamente, sono la parte più più sorvegliata, difesa e curata di una proprietà.

A Noha invece, non si capisce bene il perché, non abbiamo trovato un senso, una risposta logica per porre rimedio al dramma. Ebbene, c’è un tratto di terreno al limite con il Comune di Cutrofiano, e di lì a poco anche con quello di Aradeo, trasformato sistematicamente in discarica abusiva, da molti anni.

Qui è ovvio che quel che manca è il rispetto: prima di tutto nei confronti di se stessi.

Adesso non stiamo qui a parlare del quoziente intellettivo dei responsabili finali di certe scenografie da film dell’horror, non serve, ed è del tutto inutile se non si risale alle cause di una situazione entropica ormai irreversibile, da ricercarsi sicuramente in un sistema produttivo pensato per lasciare nelle tasche di pochi fortune monetarie, e nel resto del mondo un enorme immondezzaio. Che poi uno pensa al fatto che già quella strada, per come è stata realizzata, chiusa ai veicoli, e senza alcuna meta è già di per sè un insulto alla Terra.

Dalla causa primigenia parrebbero quindi scaturire i seguenti tre punti:

  • chi considera il mondo circostante come una pattumiera (purché distante qualche decina di metri da casa sua);
  • l’amministrazione pubblica con i suoi tecnici e politici nominati che dovrebbero provvedere al controllo del territorio, confini compresi, e alla salvaguardia della salute pubblica;
  • i cittadini (in questo caso di Noha), vicini e lontani.

I primi, di questa trilogia, occorrerebbe beccarli in fragrante, altrimenti non se ne fa niente; i secondi dovrebbero fare in modo che il suddetto confine non infanghi il buon nome di Noha, un borgo per fortuna ancora bello (e salvabile); i terzi? Bè, i terzi dovrebbero indignarsi un po’ di più e pretendere di non vivere in un immondezzaio.

Conclusione: data la competenza provinciale del tratto della SP in questione, dopo aver per ben due volte protocollato una segnalazione alla Provincia stessa, e visto che sono ormai trascorsi due anni senza alcun riscontro se non quello estremo del taglio delle canne, per ovvie ragioni, abbiamo provato a richiedere l’intervendo all’Assessore dell’ambiente e gestione rifiuti, pubblica istruzione e cultura, Avv. Cristina Dettù. Speriamo in un provvedimento fattivo con l’iclusione di azioni preventive, come per esempio la video sorveglianza e/o l’uso di fototrappole, sistema che ultimamente sta dando i suoi frutti, dove applicate.

Non crediamo nei miracoli, ma nell’impegno delle persone e nel senso di responsabilità. E chissà che, magari, le prossime immagini a corredo dei nostri comuinicati saranno il risultato di ben altri scatti: gli scatti di dignità.     

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 24/10/2015 @ 20:43:16, in Presepe Vivente, linkato 2761 volte)

Stupenda, bellissima, gioiosa notizia quella di poter finalmente allestire il “Presepe Vivente” (sesta edizione) nel giardino del Castello di Noha: luogo magico, incantato, da favola. Che ci sarà mai al di là di quel muro, così alto oltre il quale non si può vedere nulla?

Tutti potremo osservare, ammirare qualcosa dei nostri “beni culturali”, quello che i nostri antenati hanno creato e consegnato alla storia cittadina, quello che si è salvato dall’invasione dell’asfalto e del cemento armato dei nostri tempi:  “il parco degli aranci”, “la torre con il ponte levatoio”, quello che resta del “Castello” della nobile famiglia dei Baroni De Noha che fin dal 1200 qui avevano creato il centro della loro Baronia.

L’anno scorso abbiamo ammirato il presepe vivente nella “Casa Rossa”; qualche anno fa, nelle edizioni presso la Masseria Colabaldi, abbiamo osservato da vicino quell’altro gioiello storico, con le varie parti della Masseria, luogo del cuore, nel cui giardino erano state ricostruite dai ragazzi del presepe, una volta la Throzza e un’altra l’antica torre di Noha. Quest’anno, invece, avremo il privilegio di vedere da vicino, in tutto il suo splendore, uno tra i più belli ed antichi beni culturali di Noha, con tutto lo spazio che il Castello ha conservato per noi.

Fino a non molti anni fa, quello spazio era enorme e andava da Via Pigno fino a ridosso della Casa Rossa dove c’erano le tombe Messapiche. Ora il grande “parco degli aranci” è attraversato dalla continuazione di Via Donatello per facilitare il traffico che sfocia sulla Via di Collepasso. Durante la guerra 1939-45 lì sorse anche una attività industriale, la SALPA (Società Anonima Lavorazione Prodotti Agricoli), per iniziativa della famiglia Galluccio e vi si  lavoravano le mele cotogne, prima, e poi i pomodori, dando lavoro ad un centinaio di operai.

Nel giardino retrostante il Castello ci sono stato per la prima volta 40 anni fa, quando non conoscevo nulla dell’antichità di Noha. Ci andavo per constatare l’esistenza “de lu thrabuccu” che non ho trovato. Mi accompagnò il custode addetto in quel tempo e, mentre osservavo ogni cosa, immaginavo di vedere il Barone Pirro con il suo figlioletto Guglielmo passeggiare nel giardino, o la Baronessa Solemna con la figlia Isabella camminare per i viali, quando d’estate andavano alla Casa Rossa per un po’ di frescura.

Rimasi affascinato dalla Torre. Appartiene all’epoca dell’architettura federiciana. Federico II (1194-1250) figlio di Enrico VI di Svevia, si è caratterizzato per la sua volontà pianificatoria di difesa e di rappresentanza del potere imperiale nel meridione d'Italia. Caratteristica comune dei castelli di epoca federiciana era l'impianto geometrico regolare, tipici nel periodo che oscilla tra il 1235 e il 1245, utile a garantire difesa e controllo del territorio.

La torre di Noha rientra in questo contesto: è situata nel giardino retrostante il "Palazzo baronale". Tuttora presenta tutti i requisiti della torre di avvistamento e di difesa. Con il prospetto principale rivolto verso Nord, quindi verso l'antica strada, la famosa “Strada Reale di Puglia”, s'innalza su due piani a pianta quadrangolare di metri 7 x 5 e raggiunge circa 10 metri di altezza. Una scala risolta in un'unica rampa lievemente incurvata verso Est, è poggiata su un'arcata a sesto acuto ed è munita di ponte levatoio. Il piano di legno ribaltabile è stato sostituito da una lastra metallica, che certamente impediva in caso di pericolo l'accesso al vano, posto al piano superiore. Realizzata con conci di tufo sistemati per corsi orizzontali abbastanza regolari, la costruzione è coronata da un elegante motivo ad archetti tipici dell’architettura federiciana.

Situata a circa 80 metri sul livello del mare, permetteva forse un collegamento a vista con altre torri poste nel territorio circostante e realizzava il posto ideale di osservazione di un lungo tratto di strada. La torre era a ridosso del Castello che era a pianta quadrangolare e dotato di bastioni sui quattro angoli. Teniamo conto che il luogo dove si trova oggi, quello che resta del Palazzo Baronale, era un punto di avvistamento lungo la via per Ugento. Perciò era logico far sorgere una struttura difensiva di quel tipo in quei tempi calamitosi.

Pensate all’esistenza del frantoio ipogeo, lu thrappitu, sotterrato davanti al Castello, alle casiceddhre che stanno per crollare, pensate alla vita che si è svolta in questo luogo quando il tutto divenne la “Masseria del Castello”: padroni succedutisi ai baroni, contadini che lavoravano per i signori benestanti, eventi belli e a volte anche drammatici accaduti nei secoli. Un esempio per tutti lo leggiamo nei registri parrocchiali, quelli dell’Arciprete Don Nicolantonio Soli (1662-1727) che, primo a compilare quelle carte,  ci ha lasciato così la sua testimonianza:

Adì 19 Aprile 1711 - Domenico d'Anna marito di ...    di S. Pietro Ingalatina,  giardiniero nel giardino dietro il castello di Nohe fu trovato ammazzato seu ucciso de fatto con una archibugiata datali al petto ad hore cinque, in sei di notte, et non havendo ricevuto nessuno sacr. però havendo il biglietto del Precetto Pascale adempito nella sua chiesa di questo presente anno et ancora la licenza di Mons. Vicario di Nardò di poterli dare l'ecclesiastica sepoltura questa qui infilata e poi à d. giorno fu sepelito dentro questa mia parrocchiale chiesa di Nohe.

*

Complimenti ai responsabili e collaboratori che ogni anno ci fanno la lieta sorpresa di un Presepe Vivente impostato sulla conoscenza dei nostri beni culturali. Grazie perché con le vostre iniziative ci fate rivivere il Natale cristiano, quello inventato da San Francesco d’Assisi, quello che fa pensare alla storia della nostra salvezza, quello che ci aiuta a vivere ancora in un clima di fraternità natalizia.

Il mio sogno è che presto, prima che per me sia troppo tardi, possa vedere il parco degli aranci aperto al pubblico tutto l’anno, dove la gente di Noha possa andare a trascorrere il tempo libero, a studiare la nostra storia, a godere della frescura e dell’aria buona (da sempre apprezzata come aria salubre di Noha). Mi auguro che anche il frantoio ipogeo, ora sigillato, possa un giorno rivedere la luce; mi auguro che diventi visitabile da parte di tutti, come molti altri frantoi ipogei della provincia. So che ci vuole del tempo, ma con il tempo si crea anche la coscienza delle cose belle. Quando nel 1972 feci le prime ricerche, nessuno conosceva quello che la nostra cittadina nascondeva della sua storia. Ora finalmente molti sanno, e il presepe vivente di ogni anno ne è la prova. A Natale ci sarò anch’io.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Dante De Ronzi (del 01/12/2015 @ 20:41:57, in NohaBlog, linkato 3704 volte)

Prima dell'inaugurazione del Cavallino Bianco, avvenuta domenica 29 novembre, su un noto network ho così commentato: ACUSTICA ZERO. CONTENITORE DEL NULLA. MONUMENTO ALLA RETORICA DEL PASSATO ED ALLO SPRECO DEL PRESENTE.

Oggi, a fari spenti, sento il dovere di spiegare ed informare i cittadini di Galatina e non solo.

Cominciamo col dire che obiettivamente l'immobile in oggetto non ha mai avuto alcunché di artistico e architettonico che lontanamente ci facesse avvicinare ai teatri storici d'Italia. Non parlo della Scala di Milano o della Fenice di Venezia o del San Carlo di Napoli, ma neanche del Petruzzelli di Bari o del Paisiello di Lecce.

La fama del Cavallino, per dirla tutta, si è creata nel dopoguerra per un fenomeno di costume dai profili Boccacceschi: I VEGLIONI. Ne vogliamo parlare? Bene facciamolo senza ipocrisia.

Quegli eventi rappresentarono per quegli anni il trionfo del peccaminoso e della trasgressione che una volta l'anno si celebravano in occasione del carnevale.

Un vero raduno pagano, osteggiato con forza dal mondo ecclesiastico. Una ribellione laica al perbenismo imperante, al bigottismo pervasivo la vita delle nostre comunità.

Chi scrive, all' epoca era troppo giovane per potervi partecipare, ma particolarmente attento e curioso da non perdersi una parola dei racconti delle avvenenti vicine che tutti gli anni erano di casa. Non ho parole per descrivervi l'alone intrigante di emozioni erotiche che da quei racconti sussurrati ne scaturiva e la morbosa curiosità di un giovinetto con gli ormoni in subbuglio.

Provate solo ad immaginare cosa poteva essere l'esibizione delle più belle donne della provincia e della regione, vestite con abiti ammiccanti ed in maschera. Una provocazione ed una tentazione irresistibile per l'esuberante virilità repressa dei giovani, e non solo, di allora. Ovvio che in quel clima l'ascolto dell'artista di turno era secondario, ininfluente, perché solo alibi del raduno.

Ciò nonostante allora la situazione acustica era 100 volte migliore di adesso e vi spiego perché.

Primo, si stipavano a sardina (il che era molto gradito per rubare fugaci contatti) oltre 2000 persone, in ogni dove dalla platea ai palchi, al loggione. Questo garantiva una fono-assorbenza passiva eccezionale che oggi con le norme di sicurezza non è più pensabile.

A proposito, vi informo che attualmente i palchi sono inagibili mancando le vie di fuga e le uscite di emergenza. Secondo, la volta era realizzata in controsoffitto appeso di impagliato pressato perfettamente funzionale allo scopo. Oggi rimossa la copertura in eternit è  stata realizzata una volta in legno lamellare che acusticamente è  uno specchio. Terzo, antichi tendaggi e parziali rivestimenti deteriorati sono stati eliminati.

Il risultato di tutto questo è:  ACUSTICA ZERO.

In passato si prestava molta attenzione al tempo di riverberazione. Ma oggi con l'evoluzione tecnologica l'acustica ha fatto passi da gigante ed in Italia abbiamo esperienze eccezionali che ci giungono dall'AIA (Associazione Italiana Acustica) apprezzata in tutto il mondo.

I parametri che si tengono in conto sono molteplici: il tempo di primo decadimento EDT, gli indici di chiarezza, l'indice di definizione, l'indice di robustezza del suono,  il coefficiente della correlazione mutua inter-aurale, e via dicendo con tantissime altre accortezze previste dalle norme ISO in grado di garantire "l'avvolgimento acustico dell'ascoltatore".

E da noi cosa si è previsto? NULLA.

Né si può accettare la risposta fornita da un amministratore che ha scritto: a ciò si penserà dopo.

No cari politici, le costruzioni si realizzano partendo dalle fondamenta e le fondamenta per un Teatro sono l'ACUSTICA.

Per farmi capire meglio a quell'amministratore pongo una domanda.

E se realizzare a posteriori l'ACUSTICA fosse "mission impossible"?

Che e cosa dovremmo fare? Affidarci a Tom Cruise?  O a padre Pio?

O semplicemente dovremmo dire che abbiamo scherzato? E  nel frattempo che ne facciamo (oltre a pagare il mutuo)?

Ma la mia rabbia, che cerco di contenere, è estesa anche ai miei colleghi tecnici che ben conoscono la tematica e, benché vicini ai partiti di governo ed agli amministratori, non hanno fatto nulla.

E fu così che il GRANDE BLUFF andò in scena con mirabile campagna promozionale e pompa magna riservata agli amici ed agli amici degli amici.

Non voglio immaginare l'imbarazzo del maestro pianista che ha dovuto esibirsi in quel “contenitore”. A proposito, nonostante pubblicizzati in cartellone, i concerti si terranno altrove.  La notizia faceva parte anch'essa del grande bluff?

Per mio conto, tra l'altro non invitato, non ho partecipato all'inaugurazione. Non lo avrei comunque fatto.  E con  infinita tristezza nel cuore il giorno dopo, lasciando il cavallo in stalla, mi sono allontanato dalla mia città cercando pace nell'escursione domenicale degli amici di "Dienneavventura", non prima di avere offerto doverosa  ospitalità all' incolpevole Gad Lerner.

Galatina merita decisamente di più.

Dante De Ronzi

 
Di Redazione (del 17/11/2020 @ 20:40:46, in Comunicato Stampa, linkato 711 volte)

In questo scenario pandetnico vorremmo che nessuno si sentisse abbandonato. La nostra attenzione è posta soprattutto alle persone anziane, a chi è solo e a chi non ha nessuno che possa aiutarli a reperire beni e/o servizi di prima necessità. Uniti ce la faremo! 

Limitatamente al territorio di Noha, il Partito Democratico cittadino è a disposizione di chiunque si trovasse in una situazione di isolamento e qualsiasi persona anziana e/o che vive da sola. Muniti dei dispositivi di protezione, consegneremo a casa la spesa alimentare e farmaceutica.

Saremo disponibili inoltre, per le commissioni bancarie/postali.

Restate a casa, ci pensiamo noi!

Contattaci tutti i giorni,dalle 17:00 alle 19:00, al: 331 218 8504 

IL SEGRETARIO
Michele Scalese

 

Scuola piloti Galatina: stiamo ai fatti. L’onorevole Raffaele Fitto ha sollevato il problema di un depotenziamento della scuola internazionale di volo, orgoglio della nostra Città. Con i colleghi di opposizione Giuseppe Spoti, Michele De Paolis, Francesco Sabato, abbiamo immediatamente chiesto la convocazione di un Consiglio comunale straordinario per la difesa della scuola piloti del 61° stormo attiva a Galatina. Secondo quanto riportato dall’Ansa ad agosto scorso la situazione in Sardegna era la seguente: «La base aerea di Decimomannu, in forte crisi dopo la partenza delle forze aeree tedesche, potrebbe diventare sede della Scuola di volo internazionale per l'addestramento di piloti (Ifts, International Flight Training School). Il condizionale è d'obbligo perché, al momento, è ancora in corso la valutazione del ministero della Difesa e della Regione Sardegna sull'opportunità di localizzare il progetto nell'Isola, in attuazione dell'intesa raggiunta sulle servitù militari. Alla proposta avanzata dalla ministra Elisabetta Trenta, il governatore Francesco Pigliaru e i sindaci dei Comuni interessati guardano con molto interesse. La scuola avrebbe un altissimo grado di innovazione tecnologica e Decimo diventerebbe uno dei centri all'avanguardia nel settore: l'intero sistema addestrativo si svolgerà con l'utilizzo di tecnologie di simulazione virtuali, senza impiego di alcun armamento reale. L'investimento iniziale per l'adeguamento delle infrastrutture sarebbe di più di 40mln di euro, mentre l'indotto occupazionale arriverebbe a superare i 200 addetti civili».

Ora leggo su una testata online che il deputato Leonardo Donno, membro della Commissione bilancio, i senatori Iunio Valerio Romano e Cataldo Mininno, membri della Commissione difesa, tutti del M5S,  ritengono che la questione sollevata da Fitto sia frutto del desiderio di visibilità del politico e che la scuola di volo di Galatina sarà potenziata. benissimo, ma a questo punto vengano a spiegare in Consiglio comunale dove si poggia la loro convinzione visto che su Il Sedile hanno dichiarato che:  «Di contro a causa della vicinanza dell’aeroporto civile di Cagliari Elmas, non sarebbe efficace ed auspicabile spostare le prime fasi addestrative presso Decimomannu e, dato che le prime fasi sono propedeutiche all’ultima, risulta evidente come i piloti, italiani e stranieri, prima di procedere all’addestramento in Sardegna, debbano necessariamente frequentare i corsi a Galatina».

Quindi a Galatina verrebbe lasciata una prima fase di addestramento e a Decimomannu gli investimenti per un progetto internazionale supportato da tecnologie di altissimo livello.  Non mi pare un grande guadagno per Galatina e ai parlamentari vorrei dire che oggi la Città ha, dopo moltissimi anni, una rappresentanza in Parlamento che ci auguriamo sia utile a difendere gli interessi del territorio. Cari parlamentari, lo abbiamo già visto con gli ospedali: prima tolgono i primari, poi chiudono i reparti, poi li declassano e alla fine li chiudono. Venite in Consiglio comunale e date alla Città le risposte che aspetta.

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Antonio Mellone (del 19/03/2020 @ 20:33:46, in NohaBlog, linkato 1461 volte)

Per uscire un po’ dall’Argomento Unico del momento ho deciso di parlarvi di una donna sbalorditiva: Lydia, con la y, classe 1923 (la stessa di mio padre). Ora, quando si parla di Lydia Buticchi non si può non far riferimento a Roberto Franceschi, suo figlio. Voglio dire che non può esistere una senza l’altro: e non c’è Roberto senza Lydia.

Considero Roberto Franceschi come un mio compagno di Università, ma con un particolare: quando nell’87 ho iniziato a frequentarla io, la Bocconi, Roberto Franceschi era ormai il nome di una della aule più grandi del mio ateneo, nonché un megalito però d’acciaio di sette metri d’altezza, issato dieci anni prima all’angolo tra via Sarfatti e via Bocconi dove, a un fischio, precisamente al numero 12, si trovava e si trova tuttavia il pensionato universitario (che mi accolse nelle sue braccia premurose per i quattro anni della magistrale).

Quel monumentale maglio di ferro e carbonio (immagino ve ne siano di uguali solo all’Ilva di Taranto) sorge in memoriam sul luogo dove, la sera del 23 gennaio del 1973, nel corso di una manifestazione organizzata dal Movimento Studentesco, Roberto Franceschi fu colpito alla nuca da un proiettile partito puta caso da un’arma del III reparto Celere di Rumor, ministro del secondo (di una serie troppo lunga) governo Andreotti.

Roberto avrebbe potuto benissimo fregarsene, evitare di esporsi, vivere una vita agiata che la sua famiglia diciamo borghese (mamma Lydia, preside, papà Mario, dirigente d’azienda) gli avrebbe certamente assicurato, e poi fare carriera, magari nella stessa alma mater studiorum: quel ventunenne, colto com’era, aveva d’altronde tutte le carte in regola, una sfilza di trenta sul libretto, capacità di analisi e oratoria brillante.

Insomma la sera maledetta di quell’omicidio di stato Roberto aveva pure il biglietto per il teatro, con mamma, papà e fidanzata. Invece vi rinuncia. Preferisce il Comitato, l’Assemblea serale in Bocconi, la Manifestazione di studenti, operai e militanti a favore dei diritti sociali così invisi al Potere. Sì, Roberto Franceschi è così, un “diversamente bocconiano” (come dice Nando dalla Chiesa, mio prof di Sociologia), di quelli che la rivoluzione la portano nella pancia di un’università benemerita per la floridezza degli studi e la severità nella formazione, ma che ha la nomea di essere un segmento del Capitale. Ma si sappia, per inciso, che ogni rivoluzione parte da una presa di coscienza, e che il primo passo di una lotta è lo studio rigoroso di teoria e fenomeni, in qualunque sede questo avvenga.

Roberto Franceschi aveva succhiato da mamma Lydia il latte dell’antifascismo. È Lydia che gl’insegna il diritto del verbo contrario, il brio della lotta, la necessità della resistenza. Lydia prende la parola nelle assemblee studentesche (la democrazia è anzitutto discussione, mica decisionismo), spiega l’urgenza del pensiero critico, dà sempre la precedenza alla dignità e mai ai poteri (ché, si sa, non ve n’è di buoni).

Dopo la morte di Roberto avvenuta al Policlinico alla fine di una settimana di veglia continua diurna e notturna da parte dei genitori, Lydia dà l’assenso ai suoi funerali pubblici. Saranno civili, laici, silenziosi, senza la retorica dei discorsi solenni. Arriveranno poi a migliaia gli universitari, gli operai delle fabbriche, le bandiere rosse senza scritte, i pugni in aria, le mani strette le une alle altre: è la coscienza di classe che sfila a testa alta come un novello Quarto Stato in una Milano serrata, muta, agghiacciata.      

Gli anni a seguire saranno quelli dei tribunali. Decenni di ritardi, rinvii, depistaggi, insabbiamenti, i “non ricordo”, e la finale insufficienza di prove. Sembra quasi che questo figlio si sia suicidato sparandosi alla nuca da lontano. Lydia, sempre presente in aula, ricorre, s’appella, chiede udienza, l’ottiene: il Diritto non può essere messo in quarantena.

Arriverà la giustizia, certo, ma sarà in minuscolo, sotto forma di risarcimento danni. Troppo poco per la vita di un uomo. Nulla per la vita di un figlio. Con questa somma Lydia darà vita alla Fondazione Roberto Franceschi.

Un modo per evitare il seppellimento di chi, grazie anche a una madre, non è mai morto.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 28/03/2014 @ 20:28:35, in NohaBlog, linkato 2991 volte)

Ho letto con interesse l’intervento di Lino Mariano pubblicato qualche giorno fa su questo sito dal titolo: “Un solo comune ed una sola giunta”. E devo dire che stavolta sono d’accordo con lui.

Non fosse altro che per il fatto che questi concetti, più o meno, li avevo più volte già espressi anch’io sull’Osservatore Nohano.

Per esempio, sull’O.N. n. 2, anno V, 9 marzo 2011, in occasione della recensione del libro dal titolo “Governare la dimensione metropolitana” (Franco Angeli, Milano, 2011), scritto dalla nohana Carmen Mariano (che tra l’altro ha vergato un commento circostanziato alle note di Lino), ribadivo infatti quanto segue: “[…] In questo libro, a pensarci bene, si parla anche (e soprattutto) di Salento, pur non essendovi, quest’ultimo, espressamente menzionato (ma un libro serve anche a questo).

In maniera indiretta, cioè, ci viene suggerito che è giunto il momento di porre termine alla lotta campanilistica portata avanti dal centinaio di comuni leccesi con l’acqua alla gola (e non solo dal punto di vista della finanza pubblica ma anche delle idee); così come è davvero senza senso quell’altra grandissima corbelleria che è la proposta dell’istituzione della “Regione Salento”, la stupidaggine del secolo, cioè la creazione dell’n-esima sovrastruttura (che pagheremmo sempre noi cittadini) sbandierata da quattro disperati con voglia di protagonismo permanente effettivo e molto probabilmente con velleità (o brama) di stipendi da consigliere-regionale-a-due-passi-da-casa.

L’idea innovativa sarebbe invece la nascita di un governo metropolitano salentino, attraverso quella scelta obbligata che è l’associazionismo intercomunale, il quale dovrebbe andare a braccetto con il riordino territoriale. Le strade da percorrere sono le convenzioni o i consorzi tra comuni. Ma meglio sarebbe raggiungere un grado di maturità più alto e pensare addirittura alla forma più radicale (e forse più efficiente) di legame: l’Unione dei Comuni.

Queste scelte strategiche porterebbero finalmente ad una riduzione del numero dei comuni del Salento. Noha – lo diciamo per inciso – ha già dato in questo senso, ed è a tutti gli effetti un’antesignana di questa strategia, attuata già a partire dal 1811, epoca della fusione con il comune di Galatina: fusione che però non ha funzionato alla perfezione a causa di una classe politica nohana “subalterna” da molti punti di vista (ma dagli errori - che si chiamano lezioni – bisognerebbe pur imparare qualcosa).

Ma ritorniamo al Salento, ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato. Con le fusioni tra comuni, dicevamo, non si avrebbero più cento sindaci (anzi cento sindaci disperati), cento consigli comunali, cento presidenti del consiglio, cento segretari comunali, cento assessori all’urbanistica, ed altri cento alle politiche giovanili ed altrettanti alla cultura, e poi altri cento geometri/ingegneri comunali, insomma cento per cento di tutto di più. Con l’integrazione vera si otterrebbero: pianificazione territoriale metropolitana, reti di infrastrutture e di servizi non frammentati, piani di traffico intercomunali, tutela e valorizzazione dell’ambiente, interventi di difesa del suolo in maniera strutturata, raccolta e distribuzione delle acque, protezione civile, sicurezza e finalmente valorizzazione dei beni storici, artistici e culturali, il tutto in maniera organica e sulla scorta non del ghiribizzo dell’assessore comunale di turno ma sulla base di progetti seri e di interesse generale […]. Chiedo venia per la lunga autocitazione.

*

Ma dopo il commento “tecnico” e molto pertinente di Carmen Mariano, ho letto di seguito anche un altro appunto icastico nonché caustico di Michele D’Acquarica che suona così: “Per un popolo che prende a sassate un pullman per un rigore negato e vende il suo voto per un pieno di carburante, tutto è (im)possibile.

Come non convenire anche con Michele.

*

Anzi, se è per questo, io rincarerei un po’ la dose, aggiungendo che tutto è (im)possibile per un popolo che non batte ciglio se gli cementificano 26 ettari di terreno per costruire l’ennesimo centro commerciale con la favola delle “ricadute”, dello “sviluppo” e di altre simil-minchiate; tutto è (im)possibile per un popolo lobotomizzato che non muove un muscolo facciale se si sperperano soldi pubblici (circa 1.300.000 euro) per la ristrutturazione di una vecchia scuola elementare che poi, poveretta, non può funzionare a dovere in quanto non si sa quale ingegnere ha scordato di pensare a priori e non invece a posteriori (a posteriori, in tutti i sensi) ad una cabina di collegamento con la rete elettrica; tutto è (im)possibile per un popolo che sta morendo di cancro ma che non riesce a capirne la causa - da ricercare invece nell’avvelenamento sistematico e cosciente di aria, acqua, terra con il ricatto di quattro posti di lavoro, portato avanti, questo avvelenamento, da imprenditori arricchiti ma pur sempre con le pezze al culo; tutto è (im)possibile per un popolo che ti considera “profeta di sventura” quando cerchi di spiegare che no, il fotovoltaico non è proprio un buon affare per tutti ma per i soliti quattro furbetti (stavolta nemmeno italiani) che non solo sfruttano il nostro territorio uccidendolo con milioni di pannelli in mezzo alla campagna, ma che si beccano pure la polpa di succulenti incentivi pagati in bolletta dai soliti polli (cioè noi stessi medesimi); tutto è (im)possibile per un popolo che non ribatte con argomentazioni serie ed approfondite ai cosiddetti progetti per il mega-impianto di compostaggio (che compostaggio non è: ci hanno derubato anche del vocabolario) in nome della chiusura trionfalistica del ciclo dei rifiuti e del risparmio delle tasse sulla spazzatura (campa cavallo); tutto è (im)possibile per un popolo che sta mandando in rovina la sua storia ed i suoi beni culturali…  

*

Ma questo intervento di Lino Mariano mi fa ben sperare nel ritorno ad un dibattito franco e serio su questi e su molti altri temi che - auguriamoci tutti - inizino ad interessare sempre più il nostro popolo. Un popolo che finalmente la smetta di far rima con ridicolo.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 25/07/2019 @ 20:27:35, in Comunicato Stampa, linkato 1152 volte)

« “PerChiCrea” , l’iniziativa promossa dal MIBAC (Ministero beni e Attività Culturali) e gestita da SIAE raccoglie ottimi risultati anche in Puglia » .

Così in una nota i portavoce del Movimento 5 Stelle alla Camera Leonardo Donno e Michele Nitti. L’iniziativa destina il 10% dei compensi per ‘copia privata’ a supporto della creatività e della promozione culturale dei giovani.

« La novità assoluta fortemente voluta dal Governo -spiegano- è stata la decisione di destinare il 50% delle risorse , circa 6 milioni di euro , ad attività di promozione culturale nelle scuole. I progetti ammessi al finanziamento in tutta Italia sono 238, ben 23 nella Puglia dove arrivano 573mila euro. Un ottimo risultato per aiutare e sostenere i nostri ragazzi a sviluppare i loro talenti e le loro competenze » .

Ecco i gli istituti scolastici finanziati in Puglia:

  • Per il settore “Arti visive, performative e multimediali”: Marconi-Hack di Bari e Don Tonino Bello di Tricase.

  • Per il settore “Cinema”: Moro-Falcone di Adelfia,Ciardo-Pellegrino di Lecce, Cosmai di Bisceglie, Japigia 1-Verga di Bari, Veglie Polo 1, Michele Dell’Aquila di San Ferdinando di Puglia, Salvemini di Fasano
  • Per il settore “Danza”: Ciardo-Pellegrino di Lecce, Catalano-Moscati di Foggia, Palmieri di Lecce
  • Per il settore “Libro e Lettura”: Vito De Blasi di Gagliano del Capo
  • Per il settore “Musica”: Istituto Comprensivo di Matino, Bodini di Monteroni di Lecce, Moro-Falcone di Adelfia, Magistrato Giovanni Falcone di Copertino, Polo 3 di Galatina, Stampacchia diTricase, Verdi-Cafaro di Andria, Antonazzo di Corsano
  • Per il settore “Teatro”: Cassandro-Fermi-Nervi di Barletta, Amedeo d’Aosta di Bari.

M5S

 

 

Al motto di "Rilanciamo la fiera di Galatina" continueranno tutte le domeniche, fino al 19 dicembre, gli appuntamenti con i banchetti di raccolta firme in Piazza Aligheri.

«Un'adesione sorprendente quella che abbiamo riscontrato» commenta il comitato promotore dell'iniziativa, composto da cittadini, liberi professionisti, attuali ed ex amministratori.
L'iniziativa ha mosso i primi passi nella seconda metà di Ottobre. L'Amministrazione Comunale di Galatina ha confermato l'intenzione di voler riservare una porzione del quartiere fieristico alla realizzazione di un centro di alta formazione professionale. E una larga fetta della popolazione è insorta, organizzando una petizione popolare con gazebo e raccolta firme itineranti.
Il prossimo 28 dicembre, sempre a Galatina, sarà promosso un dibattito pubblico sul tema aperto alla cittadinanza, agli imprenditori, alle associazioni di categoria, gli stessi amministratori della cittadina e tutti coloro che vorranno confrontarsi sul tema del rilancio del quartiere fieristico. Saranno presenti esperti del settore e tecnici, per favorire un dibattito mirato e approfondito, in grado di rendere gli stessi cittadini coprotagonisti delle future scelte e azioni che interesseranno la struttura fieristica.

«Noi porteremo la nostra idea, il nostro progetto e la nostra visione - dicono dal comitato promotore - così come ognuno potrà sentirsi libero di addurre un proprio contributo per il rilancio del quartiere fieristico e della città tutta. Bisognerà però lasciare a casa personalismi e preconcetti. La città e i suoi beni sono di tutti i galatinesi. Ed è giusto che tutti possano partecipare attivamente a questo e a tutti gli altri percorsi che tirano in ballo il presente e il futuro di Galatina, realtà centrale del Salento e volano per l'economia del territorio.
In quell'occasione - continuano - saranno anche annunciate ulteriori novità.
Riteniamo che quella avanzata sia una scelta miope e dannosa. Esistono diversi immobili comunali che potrebbero essere destinati ad accogliere il centro di formazione, al quale non siamo contrari, sia chiaro; ma collocarlo nel Quartiere Fieristico sarebbe un danno irreparabile in primis per l'intero immobile, che subirebbe il colpo di grazia definitivo. E poi per tutta la città e il suo hinterland, che perderebbero una realtà altamente attrattiva, se adeguatamente ripensata e recuperata.
Ricordiamo che Galatina è il terzo polo fieristico regionale dopo Bari e Foggia, e l’intero immobile rappresenta, per il bilancio comunale, la proprietà di maggior valore economico.

Crediamo che l'impegno degli amministratori debba essere orientato alla rivalutazione definitiva dell'immobile, tenendo conto principalmente di fattori concreti e di rilievo. Uno su tutti l'importanza per la nostra città di riavere un attrattivo polo fieristico e dei convegni, un’area eventi rinnovata e fruibile 365 giorni all’anno, godendo anche della possibilità concreta di reperire risorse economiche per la ricostruzione dell'immobile e il suo rilancio.
Per questo l'azione di protesta, dal motto “RILANCIAMO LA FIERA DI GALATINA” continuerà e si farà portavoce di tutti coloro che hanno realmente a cuore il benessere della città».

 

 

Tre giornate programmate dalla Città di Galatina, Assessorato alla Cultura, con il contributo della Regione Puglia, Assessorato Mediterraneo, Cultura e Turismo, e la collaborazione del Club UNESCO di Galatina, ricche di appuntamenti per promuovere interesse, studio e ricerca intorno all’unicità della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria e del suo ciclo di affreschi.

Il 21, 22 e 23 novembre la Chiesa - per vastità dei suoi cicli pittorici seconda solo alla Basilica di San Francesco d’Assisi - e i suoi affreschi, che da tempo attirano l’attenzione di importanti critici e storici dell’arte, saranno al centro di una serie di azioni il cui obiettivo fondante, nelle intenzioni del Comune di Galatina e del locale Club UNESCO, è promuoverne non solo la conoscenza presso il più vasto pubblico, ma soprattutto promuoverne lo studio, primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento internazionale UNESCO e la sua iscrizione nella Lista dei Siti Patrimonio dell'Umanità. Non solo, le iniziative previste – mostra, installazione virtuale, lectio magistralis e ricostruzioni storiche – intendono agire a sostegno della prossima creazione di un Centro Studi sulla Basilica di Santa Caterina d'Alessandria presso il Polo Biblio-Museale Comunale.

La manifestazione avrà inizio venerdì 21 novembre alle ore 18:00 con una tavola rotonda presso la Sala “Celestino Contaldo” del Palazzo della Cultura in Piazza Dante Alighieri. L’incontro avrà come oggetto lo studio della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, simbolo della forte presenza della famiglia Orsini nel nostro territorio. Al dibattito, moderato dall'Assessore alla Cultura del Comune di Galatina Prof.ssa Daniela Vantaggiato, partecipano i Proff. Giancarlo Vallone, Benedetto Vetere e Loris Sturlese dell’Università del Salento e il Dr Antonio Cassiano direttore emerito del Museo Provinciale di Lecce . L’appuntamento, che registra la presenza di un’ospite d’onore, la Prof.ssa Maria Paola Azzario, Presidente della FICLU (Federazione Nazionale dei Centri UNESCO) e Membro della Commissione Nazionale UNESCO del Ministero degli Esteri, rappresenta una tappa del progetto di valorizzazione di S. Caterina, elaborato dal Comune di Galatina e sostenuto dalla Regione Puglia, che si è avviato negli ultimi mesi con la collaborazione di altri studiosi, della stessa Basilica e del Club UNESCO di Galatina.Alle ore 20:00 sempre all’interno del Palazzo della Cultura verrà inaugurata "Di cieli e di mondi: tra Medioevo e Rinascimento in Terra d'Otranto", mostra di documenti e libri rari a cura del dott. Luca Carbone, in collaborazione con le dott.sse Beatrice Chezzi ed Elisa Moro e con la partecipazione delle cooperative "Libermedia" e "Le pagine". La mostra si articola su più livelli: come in un viaggio nel tempo, i volumi esposti, incunaboli e cinquecentine di uno dei più ricchi e preziosi repertori di Puglia, si propongono di riesplorare i territori di studio e d'interesse che sono maturati in lunghi secoli, nel Salento ed a Galatina in particolare, grazie alla confluenza di molteplici influenze: ebraiche, greco-bizantine, arabe e latine; da qui anche il titolo della mostra che rimanda alla molteplicità di visioni del cosmo e dell'uomo, che si sono confrontate, scontrate, amalgamate tra medioevo e rinascimento. All'esposizione dei volumi si affiancheranno, grazie alla collaborazione dello spin-off dell'Università del Salento AVR-MED (Augmented Virtual Reality for Medicine), due postazioni in cui viene utilizzato un prototipo sperimentale per sfogliare i volumi pregiati, e digitalizzati, senza usare supporti fisici. Sempre grazie a questa applicazione verranno per la prima volta offerti alla consultazione di un più vasto pubblico anche quaderni e registri dove lo studioso Pietro Cavoti ha raccolto relazioni, corrispondenze, mappature e disegni concernenti la Basilica di Santa Caterina. E poi ancora alcune delle pergamene originali di età orsiniana custodite dal Museo Cavoti, e per la consultazione, uno scaffale degli studi orsiniani e cateriniani sinora prodotti, disponibili nei Fondi della Biblioteca Siciliani, il tutto accompagnato da materiali illustrativi e didascalici; la mostra sarà visitabile fino al 6 dicembre.La seconda giornata del weekend Orsiniano, sabato 22 novembre, si aprirà con Philippe Daverio, insigne storico dell’arte, il quale a partire dalle 17:30 sarà a disposizione nella Sala del Sindaco a Palazzo Orsini per un incontro con giornalisti (è richiesto l’accreditamento), studenti ed addetti ai lavori. A seguire, alle 19:00, il Prof. Daverio terrà all’interno della Basilica, una Lectio Magistralis sulla Basilica di S.Caterina d'Alessandria a Galatina, “una meta leggendaria".

 A seguire, sempre all'interno della chiesa, si potrà fruire dell'installazione "Virtual Reality Experience" conla visita allo spazio Dune Cube del consorzio CETMA di Brindisi, per fare una singolare esperienza della Basilica e dei suoi affreschi; grazie alla collaborazione sinergica tra ingegneri, architetti, informatici, modellatori 3D e professionalità accademiche, come storici ed archeologi, il dispositivo Dune Cube permetterà di fare una esperienza di realtà virtuale in ambito culturale,  grazie a scenari e soggetti 3D ad alto impatto visivo e scientificamente validati.

Il weekend si conclude domenica 23 novembre con i festeggiamenti civili e religiosi: in Piazzetta Orsini, nelle Corti e nelle vie del Centro Storico i cantastorie di “Raccontami Sherazade” reciteranno racconti ed aneddoti del ‘300 e ‘400 galatinese; saranno inoltre disponibili visite guidate presso la Basilica.La manifestazione è patrocinata dal Ministero dei beni Culturali , dalla Federazione  Nazionale dei Centri UNESCO (FICLU), e dalla Federazione Europea dei Clubs e Centri UNESCO (FEACU), ed è stata organizzata in collaborazione con l'Università degli Studi del Salento, l'Accademia Belle Arti di Lecce, la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, il Club UNESCO di  Galatina,  la Sezione di Storia Patria di Galatina,  iI Centro di Studi Orsiniani,  il Centro Studi Salentini.

Info

Club UNESCO Galatina

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Segreteria cell.348.2746393

Ufficio Stampa cell. 338.83221161

 
Di Redazione (del 20/09/2021 @ 20:20:47, in NoiAmbiente, linkato 878 volte)

Senza un regolamento che disciplini la restituzione dei contenitori e di tutta la plastica adoperata in agricoltura (tubazioni e raccorderia, cassette per piantine e per il prodotto, teli di pacciamatura neri e trasparenti, archetti, ecc. ) la situazione è la seguente:

Le discariche abusive nel nostro Salento non son censibili perché sono davvero troppe. Soprattutto quelle della plastica derivate dalle attività agricole. Ad ogni contadino salentino che si reca ad acquistare le plastiche per la pacciamatura e per l'irrigazione, purtroppo non mi pare che venga richiesto l’obbligo del vuoto a rendere. Dove vanno a finire tutte queste tonnellate di plastica vendute ad ogni cambio di stagione/coltura? Ci risulta che in buona parte stiano archiviate ai bordi dei campi. Stanno lì in attesa di essere smaltite, ma spesso capita che gli incendi risolvono il problema, con gravi danni per l’Ambiente. L'abusivismo e l'inquinamento sono figli dello stesso parto in questo nostro paese. Laddove i nostri padri ammucchiavano le pietre per farli diventare dei muretti a secco, oggi si sovrappongono montagne di rifiuti di ogni genere.

Viviamo in una terra che brulica di migliaia di fuocherelli nauseabondi. Se vivi sul posto le tue ghiandole olfattive si abituano e non lo senti più l'odoraccio di aria acida. Se, come capita a chi esce ed entra dalla provincia magari per ragioni lavorative, vai e vieni dalla zona ogni settimana, al ritorno qull’odore sgradevolissimo ti accoglie sempre, nonostante il Salento sia la terra dei venti. Ti entra in circolo nel sangue, ci fai l'abitudine e non lo senti più. Ma i suoi veleni viaggiano dentro di te, e più respiri, più mangi e più ridi, e più ti uccide. Pare che non lo facciano apposta. Alcuni credono di fare “pulizia”, così si dice. Non sanno il danno che procurano. Forse richiedere il ritiro delle plastiche usate per lo smaltimento legale, ha un costo. E forse bruciandoli risparmiano, per aumentare i loro utili, che siano alti o bassi, poco importa. Lo fanno, punto. I mesi di giugno e luglio sono un vero inferno. Durante il resto dell'anno bruciano le plastiche insieme alle ramaglie delle potature e degli sfalci. È un continuo. E insieme alla plastica e alle pietre dei muretti a secco bruciano e si sfalda anche l'amianto, vecchie coperture di ethernet, altro materiale che tutti temono e lo smaltiscono così, sbriciolandolo nella terra.

I nostri figli laureati se ne vanno da questa terra abitata dalla sfortuna e chi resta non ragiona in favore della bellezza e produce degenerazione.

Purtroppo questo malcostume non si risolverà con la formazione culturale di gente che non vuole capire, quindi è necessario che le istituzioni creino un freno ponendo il mercato dei materiali pericolosi sotto il controllo della legge.

Chiediamo che sia normato con il cosiddetto “vuoto a rendere” l’acquisto di quei materiali che dopo l’uso sono considerati “RIFIUTI ALTAMENTI PERICOLOSI”.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv

(fonte:rifiutizeroumbria.blogspot.com)

 
Di Redazione (del 21/05/2020 @ 20:19:58, in Comunicato Stampa, linkato 933 volte)

A seguito dell’ordinanza del Presidente della Giunta della Regione Puglia n. 237 del 17 maggio 2020, avente ad oggetto “Riapertura delle attività economiche e produttive”, da giovedì 21 maggio è disposta la riapertura del mercato settimanale di Galatina e Noha.

Per tale circostanza si raccomanda ai titolari di posteggio di osservare scrupolosamente le misure di competenza previste a loro carico dalle “Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive” allegate alla Ordinanza del Presidente della Regione Puglia n. 237 e cioè:

- pulizia e igienizzazione quotidiana delle attrezzature prima dell’avvio delle operazioni di mercato di vendita;

- l’uso delle mascherine, mentre l’uso dei guanti può essere sostituito da una igienizzazione frequente delle mani;

- messa a disposizione della clientela di prodotti igienizzanti per le mani in ogni banco;

- rispettare i principi generali e speciali in materia di autocontrollo (HACCP) ai fini della sicurezza degli alimenti;

- rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro;

- rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro dagli altri operatori anche nelle operazioni di carico e scarico;

- sottoporre a pulizia e disinfezione ricorrente le superfici in generale delle strutture di vendita;

- sensibilizzare la propria clientela al rispetto delle distanze sociali di almeno un metro ed al divieto di assembramento;

- in caso di vendita di abbigliamento: dovranno essere messi a disposizione della clientela guanti monouso da utilizzare obbligatoriamente per scegliere in autonomia, toccandola, la merce;

- per la vendita di beni usati: igienizzazione dei capi di abbigliamento e delle calzature prima che siano poste in vendita.

Confidiamo nel buon senso dei cittadini affinché abbiano comportamenti che perseguano l’obiettivo di salvaguardare la propria e l’altrui salute.

Adeguarsi a delle nuove norme di comportamento ci aiuterà a mantenere più a lungo la nostra ritrovata libertà.

 

Nico Mauro

Assessore alle Attività Produttive

Marcello Amante

Sindaco di Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 20/11/2018 @ 20:19:13, in NohaBlog, linkato 1358 volte)

A me duole il cuore ogni volta che osservo lo stato in cui versano le nostre Casiceddhre in miniatura, architettate ed eseguite in pietra leccese dallo scultore Cosimo Mariano all’inizio del secolo XX e lasciate marcire nel degrado e nell’abbandono dai noi altri contemporanei del XXI.

Certo, ora ci sarà chi si permetterà di fare dell’ironia spicciola sui beni culturali nohani, chi dirà che non sono assolutamente paragonabili alle opere di Leonardo da Vinci, che ci sono “ben altre” priorità e che, magari, la cultura non si mangia [in effetti per mangiarla bisognerebbe prima masticarla, ndr.].

Per quanto ovvio, del tutto inutile sarà spiegargli il fatto che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti di un patrimonio artistico, bensì il contesto, la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.

Vorrei appena ricordare che questo piccolo complesso monumentale è scenografia di romanzi (come “Il Mangialibri” di Michele Stursi, ma anche “Lento all’ira” di Alessandro Romano), contesto di innumerevoli racconti (alcuni contenuti in altri volumi, tipo “Salento da Favola”, edito da quiSalento), argomento di cataloghi d’arte e libri di storia, servizi giornalistici, trasmissioni televisive, ricerche da parte di studenti di ogni ordine e grado scolastico, e finanche tema di interi capitoli di tesi di laurea in conservazione dei beni culturali. Oltretutto le Casiceddhre sono anche un “Luogo del Cuore” del FAI, ancor oggi ammirato da decine di viaggiatori, e da quei nohani che hanno occhi per guardare il bello nei tesori a loro più vicini.

Non so se abbiate mai notato il fatto che quando capita un disastro (un’alluvione, un terremoto, eccetera) le persone che hanno perso tutto spesso esprimono anche l’angoscia per la distruzione del patrimonio storico e artistico, emblema della loro identità. 

Bene. Un popolo colto è quello che, difendendo le sue ricchezze artistiche, contribuisce a rendere l’ambiente in cui vive più prezioso e civile; mai invece sarà quello che, con la lacrimuccia di coccodrillo (chiagn’e fotte, anzi se ne strafotte), farà finta di riconoscerne presenza, forza e rilevanza solo quando ne verrà privato.

Non so se esista già un progetto di recupero delle Casiceddhre di Noha. In mancanza di notizie in merito, proporrei un incontro monotematico (data e luogo da definire) cui possano partecipare: proprietà, associazioni locali, esperti in materia di restauro, maestranze, storici, istituzioni, cittadini liberi e pensanti, e chiunque voglia contribuire alla ricerca di una strategia comune volta alla tutela della Pompei nohana.

Astenersi perditempo e analfabeti funzionali.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 09/07/2019 @ 20:16:59, in Comunicato Stampa, linkato 1101 volte)

Ho diffidato il sindaco Marcello Amante, insieme agli assessori: Maria Giaccari allo Sport e Loredana Tundo ai Lavori pubblici del Comune di Galatina, affinché impediscano immediatamente l’accesso ai campo sportivo di Collemeto ed entro 15 giorni lo mettano in sicurezza. Su segnalazione di diversi cittadini residenti nella frazione, nei giorni scorsi, ho fatto un sopralluogo con il segretario di Direzione Italia, Matteo Marangi, costatando lo stato di abbandono in cui versa il campo sportivo in questione e il pericolo che rappresenta per l’incolumità pubblica.

Il cancello d’ingresso, infatti, è aperto rendendo il luogo accessibile a chiunque. Su quello che un tempo era il campo da gioco è cresciuta vegetazione spontanea, oggi secca, che presenta visibili tracce di biciclette, moto o scooter. Inoltre vi è un muro parzialmente crollato e pericolante posizionato a ciglio cava, le porte del campo abbandonate al degrado, abbonda sporcizia e sono presenti rifiuti con tutto ciò che questo può comportare per la salute dei cittadini e per la loro incolumità nel caso di incursioni all’interno, in particolare dei ragazzi che a causa della loro età sono meno attenti ai pericoli.

Ancora una volta l’amministrazione comunale si dimostra latitante verso la Città e le sue frazioni. Sono trascorsi poco più di due mesi dal mio allerta sull’immobile di via Piemonte e ora si ripresenta un’altra grave situazione frutto della scarsa attenzione prestata dall’assessore Tundo verso i beni comunali e in questo caso anche dell’assessore Giaccari. È mai possibile che siano lasciati in stato di abbandono beni comunali, realizzati con soldi pubblici, che oltre a rappresentare un pericolo danneggiano i cittadini per il fatto di non poterne usufruire?

Per questo ho diffidato il sindaco e gli assessori competenti rammentandogli che ove mai un cittadino dovesse riportare danni fisici, all’interno di queste strutture, si profilerebbe il reato di culpa in vigilando. Quel che conta è garantire la sicurezza chiudendo il cancello d’accesso, mettendo anche una recinzione provvisoria lì dove si è creato il varco a ridosso della cava, ma mi aspetto anche un progetto di riqualificazione del campo sportivo. Questa amministrazione mostra di non conoscere la Storia della nostra Città e delle sue frazioni. La scuola di calcio di Collemeto ha prodotto campioni di questo sport e oggi fa rabbia assistere a questo scempio che l’amministrazione, colpevolmente, fa finta di non vedere.

Il campo sportivo di Collemeto merita di essere riqualificato con un buon progetto e più attenzione di quella che sinora il sindaco Amante e i suoi assessori hanno inteso dedicargli. D’altra parte non nutro eccessive speranze perché la capacità progettuale del Comune di Galatina è ai minimi storici, atteso che quasi tutti i progetti finiscono per essere bocciati.

In ogni caso, se l’amministrazione non provvederà quantomeno a impedire l’accesso ai luoghi ed entro 15 giorni a mettere in sicurezza il campo, sarò mio malgrado costretto a segnalare alle autorità competenti le violazioni in atto e il pericolo perdurante.

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 

Nel corso del Consiglio Comunale di venerdì scorso il Sindaco ha informato la città rispetto alla periodica relazione della Corte dei Conte che riguarda Galatina. In realtà, la relazione era già disponibile e pubblicata sul sito del comune di Galatina ma era giusto che si aspettasse la comunicazione istituzionale del Sindaco prima di commentarla politicamente.

In quella relazione c’è un dato che salta agli occhi e che dà il senso dell’enormità degli sforzi che Galatina sta compiendo. Mi riferisco in particolare all’indicatore della tempestività dei pagamenti, che quantifica il ritardo che le amministrazioni in difficoltà accumulano per pagare i loro fornitori oltre i canonici 30 giorni previsti per legge. Il comune di Galatina pagava mediamente nel 2018 i suoi fornitori con “ben” 70 giorni di ritardo (vale a dire 100 giorni dopo la presentazione della fattura) mentre nel 2020 il ritardo si è ridotto a “soli” 12 giorni. Una riduzione cioè di 58 giorni rispetto a due anni fa che va a beneficio dei fornitori dell’ente, che spesso sono nostri concittadini stessi, ma che va a beneficio dello stesso comune.

Infatti, nel caso di ritardo nel pagamento dei fornitori, ogni ente è tenuto ad accantonare un fondo di garanzia debiti commerciali, la cui percentuale varia dall’1% al 5% della spesa sostenuta per acquisto di beni e servizi, a seconda dei giorni di ritardo rilevati. Considerato che il Comune di Galatina nel 2019 ha sostenuto spese, a tale titolo, per circa € 12.000.000,00, è di tutta evidenza l’impatto che può determinare l’accantonamento a tale fondo sul bilancio dell’ente. Detto in stampatello, minore è il ritardo nel pagamento dei fornitori, più risorse si liberano per la pubblica amministrazione e più servizi la stessa è in grado di fornire ai suoi cittadini.

Un risultato, va da sé, che non è solo frutto del lavoro di questa amministrazione, intesa in senso politico. È il risultato di una combinazione di fattori che partono certamente dall’aspetto politico, ma che coinvolgono necessariamente quello amministrativo (tutti gli uffici, perché ogni pagamento è frutto di una procedura che coinvolge ovviamente più uffici interessati). Un risultato agli occhi di qualcuno impossibile da realizzare se è vero come è vero che nel corso dell’ultima campagna elettorale c’era chi blaterava di un più conveniente fallimento del comune per farlo ripartire senza i “limiti di spesa” e dopo aver “bidonato” i suoi fornitori. Un risultato che non deve far abbassare la soglia di attenzione e non deve distrarci dall’obiettivo del risanamento economico-finanziario dell’ente unico vero pilastro strutturale sul quale poter ragionare della città del futuro.

Pierantonio De Matteis

 

In questo e nel prossimo fine settimana sono in programma passeggiate guidate nel territorio di Noha alla scoperta non solo dei siti e dei luoghi di interesse storico ed artistico ma anche delle peculiarità agricole e produttive che lo caratterizzano.

Di seguito il programma completo:

 

Noha – Sabato 10 Giugno 17.30

Dalla terra alla tavola. Scoprire le radici del territorio attraverso i prodotti agricoli.

Passeggiata agricola narrativa dalla Chiesetta Madonna di Costantinopoli (via Collepasso) fino all’azienda agricola Bramato per scoprire insieme a Francesco Bramato le curiosità, le caratteristiche di coltivazione ed alcune idee insolite sull’utilizzo di piante, ortaggi e frutta.

Punto di ritrovo Chiesa della Madonna di Costantinopoli(via Collepasso).

CURIOSITA’. Nel corso della passeggiata si scoprirà il singolare labirinto botanico.

 

Noha – Sabato 17 Giugno 18.30

Inaspettato fuoriporta. Noha tra archeologia rurale a industriale.

Passeggiata informale con il divulgatore Marcello D’Acquarica per scoprire attraverso i siti di Masseria Colabaldi, Casa Rossa, Torre Medievale, l’ex fabbrica di Brandy Galluccio, le iconiche Casiceddhre , la Chiesa Matrice e altri che verranno svelati durante il percorso, la storia e lo sviluppo della frazione di Noha.

CURIOSITA’. Nel corso della passeggiata si farà sosta all’interno del giardino dove era custodito il primo quadro elettrico del nucleo urbano di Noha.

Punto di ritrovo Masseria Colabaldi – Via Carlo Alberto Dalla Chiesa

 

A cura di Noi Ambiente e beni Culturali – E’ gradita la prenotazione: noiambiente9@gmail.com

Siete tutti invitati a partecipare a queste incredibili passeggiate esperienziali immersi nell’unicità di Noha.​

 
Di Redazione (del 22/01/2024 @ 20:04:55, in Comunicato Stampa, linkato 228 volte)

I pochi alberi in città, Galatina e frazioni, continuano ad essere presi di mira da “improvvisi” progetti di risanamento. Termine che presuppone l’esistenza di una malattia. 

Sette associazioni del territorio hanno rivolto all’Amministrazione Comunale un appello affinché si proceda con ben altre azioni e, attraverso dati certificati e reperibili in rete, sono state evidenziate le condizioni sanitarie e ambientali che affliggono il nostro territorio.

Si tratta dell’inquinamento atmosferico e dei continui sforamenti delle polveri sottili, dati rilasciati dalle centraline ARPA posizionate sul territorio di Galatina.

Auspichiamo nel dibattito democratico di questa o di qualsiasi altra Amministrazione, verso i cittadini, nello specifico, verso le­­ associazioni che hanno sottoscritto l’appello.

Segue appello protocollato dalle seguenti Associazioni:

Coordinamento Civico Ambiente e Salute - della provincia di Lecce

NoiAmbiente e beni Culturali - di Noha e Galatina

Natural-Mente No Rifiuti - di Collemeto

Galatone Bene Comune

Isde – sez. prov. di Lecce

Nuova Messapia – di Soleto

Forum Ambiente e Salute – di Lecce

 

 

Vuoi vedere che ora la colpa sarà tua, caro italiano che sei andato a votare? Prima sperano che tu vada al seggio, presuntuosi come sono e certi che il voto lo darai certamente al loro partito, poi, dopo che hai votato per chi meglio credi, ti accusano di aver sbagliato a votare, di essere uno schifoso italiano che si fa illudere dai populisti che promettono l’impossibile, di farti abbindolare dagli squadroni fascisti, dalla falsa sensazione di insicurezza, dal finto senso di povertà, dall’inesistente malessere socio-economico. Hai sbagliato a votare perché la ripresa c’è, sei tu che non l’hai percepita. Hai votato quelli sbagliati, secondo loro, perché il tuo potere d’acquisto è aumentato anche se non te ne sei accorto e oggi, come ieri, al quindici del mese non ci arrivi neanche a cappio stretto. Dovevi andare a votare, come hai fatto, caro italiano, ma dovevi votare come volevano loro, non come hai creduto tu. La colpa è tua che sei insicuro, insoddisfatto, fascista, populista, ignorante, moralista, inadeguato, complottista, speculatore, insensibile e scontento. Certo, la colpa è tua, caro italiano, se per un quarto di secolo siamo in queste condizioni, non la loro. Sei tu che dovevi accontentarti dell’Ape sociale, degli ottanta euro, del bonus giardino, della tap, della tav, delle banche fallite, della tassazione al sessanta per cento, del debito pubblico a duemilatrecento miliari di euro. Sei tu caro italiano che non hai capito il motivo per cui la Boschi è stata candidata da nord a sud. Tutti si sono sacrificati per il tuo bene in questi anni e tu non hai capito nulla. Non hai capito gli spot di Renzi, non hai capito il sacrificio di Berlusconi che è tornato giovane solo per governarti e farti un piacere, non hai capito la politica espansiva e inclusiva della Boldrini e la buona fede di D’Alema. Sei tu che non ha capito La buona scuola, i falsi rinnovi di contratti, i numeri ballerini della disoccupazione. Sei tu che hai frainteso il loro operato, che non hai voglia di lavorare e aspetti solo il reddito di dignità per poterti licenziare.

Altro che Bruno Vespa in fase orgasmica e Mentana eccitatissimo: lo sapevano tutti che gli italiani avrebbero preso a calci nel culo chiunque pensava che sotto sotto ce l’avrebbe fatta anche questa volta senza aver fatto nulla. E non potendo sollevare la gamba, almeno domenica scorsa quell’italiano ha sollevato la matita. Sia ben chiaro, non che io sia favorevole alla politica della Lega o a quella dei pentastellati, i quali raccolgono tutto e il contrario di tutto (inglobano ogni entità, dal fascista al partigiano, dall’anarchico al monarchico). Chi ha votato lo ha fatto solo per dire che rivuole la sua dignità, la dignità di appartenere al Paese più bello del mondo, l’orgoglio di appartenere ad uno dei più grandi popoli della storia che si è fatto in quattro per mantenere molti di quelli che pensano di aver fatto politica finora, infide blatte del sottobosco. Cosa speravano, che vincesse la Bonino, la quale si faceva fotografare con una pompa di bicicletta in mano, come se fosse intenta a praticare un aborto e che per cinquant’anni è stata al “talamo” politico di chiunque, prima con la destra e poi con la sinistra, complice di qualsiasi nauseante comitiva definita partito? La colpa di quello che alcuni incolti perbenisti chiamano populismo è di quelli che non hanno saputo amministrare per venticinque anni neanche il salvadanaio a forma di vacca dei loro stessi s-fortunati figli. Hanno dilapidato il futuro di tutti, o quasi, gettandolo ai porci, e ora vogliono dire a noi che sarebbe stato meglio mantenere il porcile del transatlantico pulito. Io, orgogliosamente senzapartito e intellettualmente libero, sono ancora in grado di discernere tra la persona e l’idea, tra l’ambizione personale e il Bene comune. Loro, invece, vecchie volpi che sbraitano di aver perso per colpa degli italiani che non hanno capito, consapevoli di essere propensi alla prostituzione, sono ancora sul ciglio della strada in attesa del prossimo cliente che paga due spiccioli per una squallida prestazione. E fanno anche i difficili, facendo distinzione tra cliente e cliente ed è per questo che con Berlusconi ci sono stati ma con altri no. Ma anche la prostituta, seppure sia la più bella, prima o poi invecchia, e dal ciglio della strada o si leva, o lì muore in ogni senso. E questi, pur di mantenere la loro infima ambizione, sono disposti a far crepare una nazione pur di non riconoscersi secondi a nessuno. Prima di parlare di ricostruzione, dunque, costoro dovrebbero fabbricare un fondamento di coscienza onesta, altrimenti alla posa della prima pietra, come al solito, viene giù tutto e, sotto quelle macerie, inevitabilmente ci restiamo tutti.

Il giglio magico pensa ancora di poter gestire una sorte di casa di tolleranza: forse qualche cliente lo troverà ancora, ma sembra che gli affari iniziano ad andar male. Eppure un politico dovrebbe ben sapere che l’umiltà è tutto se si vuole costruire qualcosa che valga. Cosa speravano? Di far passare il tema accoglienza riempiendo le stazioni di poveri disperati senza alcuna prospettiva futura? Di spolpare gli italiani più fragili con il gioco d’azzardo? Di conquistarsi un angolo di paradiso seppellendo veleno e offrendo fritture di pesce? Io credo che questa gente che in politica è diventata ricca vendendo fumo, non abbia neanche l’onestà e la coerenza di dire “forse ho sbagliato”. A noi non serve un Salvini che giuri sul Vangelo o uno come Renzi il quale dice di essere cristiano ma di giurare sulla Costituzione. Qualcuno del suo partito, sano di mente, glielo spieghi al fiorentino che non si può essere credenti a comando, cristiani di giorno e satanisti di notte. Chi crede in qualcosa lo fa da presidente del consiglio dei ministri o da semplice senatore,  da prete o anticlericale, da maestro o da studente. Gente come questa invece crede soltanto nella cosa più squallida che un essere umano possa pensare: “o io o il nulla”. Quanto è misero quell’uomo che, stretto nell’orgoglio, sputando preferisce annegare nella sua stessa saliva pur di non riconoscere una verità!

Fabrizio Vincenti

 
Di Redazione (del 09/04/2017 @ 19:58:30, in Comunicato Stampa, linkato 1535 volte)

Occorre un approccio integrato per la soluzione del problema “Chiusura Centro Storico”. L’attuale situazione non è proficua per nessuno; alcune attività manifestavano l’evidente stato di crisi già in presenza del transito aperto. La chiusura deliberata dal commissario, repentina e senza una valida programmazione, ha prodotto, se vogliamo, risultati ancora più disastrosi.
Noi vediamo come unica soluzione l’inserimento del centro storico in un contesto più ampio: la CITTA’. Se funziona il centro storico funziona anche la città e viceversa.
Il Comune può sicuramente fare la sua parte puntando ad un maggior decoro urbano della città antica, un arredo urbano da completare (in alcune zone completamente mancante o vandalizzato!). Mancano panchine, cestini, indicazioni stradali per chiese e palazzi storici, e manca anche, molto, il verde! Troppo trascurato, poco presente e poco condiviso dai cittadini che devono diventare attori protagonisti del decoro urbano della città.
La nostra visione di centro storico non si basa solo sull’aspetto estetico; contestualmente sarebbe opportuno riempirlo di contenuti, semplificando la burocrazia per permettere la realizzazione di eventi da parte dei cittadini e delle associazioni (faremo dei modelli semplificati per i piccoli spettacoli).
Saremo propositivi e incentiveremo tutte quelle manifestazioni, piccole o grandi che siano, che abbiano come scopo la cultura da riportare per le strade come la presentazione di libri, spettacoli teatrali, musicali, artisti di strada; eventi realizzati in piazze e vicoli del centro, che solo così si animerebbero invogliando cittadini e turisti a frequentarlo.
A tal proposito è auspicabile una adeguata programmazione culturale: gli eventi della stagione estiva devono essere programmati in tempo, al massimo entro il mese di aprile per poter così effettuare un piano marketing e realizzare un’organizzazione seria, condivisa, mirata e che dia i suoi frutti.
La situazione attuale non è comunque accettabile; il traffico che prima defluiva all’interno del centro storico adesso si è riversato nella città rendendola congestionata. Per questo sarà necessario un piano traffico in grado di individuare nuovi parcheggi e invogliare i cittadini ad un minor uso degli autoveicoli, senza ledere la libertà di chi ha l’esigenza di spostarsi in auto.
L’Italia è il paese in Europa con più macchine per persona e Galatina ha dati impressionanti sulla presenza di auto sul territorio (poco meno di 18mila da dati PRA).
Il nostro piano traffico, basato sull’incentivazione di ulteriori isole pedonali all’interno del centro storico, sarà PARTECIPATO e CONDIVISO. Alla fine del percorso di partecipazione, lo renderemo pubblico e sarà votato da tutti i cittadini e commercianti prima della sua attuazione.
Anche i commercianti dovranno fare la loro parte; il centro storico di Galatina ha delle eccellenze artistiche riconosciute a livello Europeo: Santa Caterina D’Alessandria (Monumento Nazionale), la Chiesa dei Battenti, la Chiesetta di San Paolo, i palazzi e le dimore storiche; abbiamo un patrimonio di bellezze poco conosciute ed apprezzate anche dagli stessi Galatinesi; così come ci sono bellezze ed eccellenze artistiche. Anche i COMMERCIANTI DOVRANNO DIVENTARE DELLE ECCELLENZE!!!. Mi rivolgo ai commercianti: sono sicuro che quando rientrate a casa sapete benissimo come vorreste migliorare, come vorreste innovare, come vorreste il vostro negozio, come vorreste riscoprire la tradizione nell’innovazione.
Se l’amministrazione può dare una mano, troveremo il modo di dare una mano.
Pertanto sulla chiusura totale adottata ora dal commissario non prenderemo posizioni affrettate atte a strappare consensi, speculando sugli allarmismi, ma attenderemo i risultati di questa stagione estiva prima di fare valutazioni pro o contro una chiusura totale.
Abbiamo già un programma per il centro storico, come per tutto il resto. Lo renderemo pubblico in una presentazione ufficiale alla città. Secondo noi, i programmi non si possono scrivere e pensare a due mesi dalle elezioni, ma ci vuole tempo, studio. Stiamo studiando da tempo ed il nostro programma è già scritto, abbiamo già ben chiara la visione di città che vogliamo, UNA CITTA’ A 5 STELLE. Siamo fiduciosi che i cittadini, questa volta, abbiano voglia e desiderio di cambiamento, quello vero. E NOI CI SIAMO.

Paolo Pulli
Candidato Sindaco per il Movimento 5 Stelle in attesa di certificazione

 
Di Redazione (del 25/09/2020 @ 19:58:16, in NoiAmbiente, linkato 1210 volte)

Non vogliamo certamente togliere il lavoro agli operatori ecologici dell’azienda municipalizzata, ce ne guardiamo bene, bensì noi, soci di NoiAmbiente e beni Culturali di Noha, con questa goccia nell’oceano, azione di puro volontariato senza alcun secondo fine (a qualcuno sappiamo che può non sembrare vero),  con questa ennesima quanto assurda bonifica contro l’inciviltà, raccogliendo il vetro sparso ai bordi di Via Dalla Chiesa e nel tratto della via di Noha (via curve curve) quasi angolo via Giotto, abbiamo semplicemente voluto evidenziare il danno ambientale che qualcuno continua a perpetrare indisturbato, tanto né vigili ambientali comunali, né fotocamere (ahimè… sogni di gloria politichese), né la loro stessa coscienza, riescono a frenare.

Il vetro se gettato nell’ambiente, rappresenta un pericolo per ben oltre 400 anni.

Per la produzione di altre bottiglie di vetro si consumano materie prime soprattutto sabbie silicee e di carbonato di calcio, estratti da nuove e deturpanti cave, tutto a svantaggio dell’ambiente e del territorio, quella casa comune grazie a cui viviamo noi stessi.

Inoltre il riciclo del vetro ci permette di risparmiare tonnellate di combustibile che deve essere consumato per la produzione, ed equivale a fumi di combustione che inquinano l’aria, la terra e l’acqua, ovviamente sempre contro la nostra salute. Quindi, con il recupero del vetro, si riduce l’emissione di CO2, il gas che provoca l’effetto serra e che sta desertificando il pianeta. Salento compreso. Caso mai, sempre quel qualcuno, pensasse di stare su Marte o su chissà quale pianeta.

La cosa davvero assurda e che ci preoccupa, lo notavamo mentre i nostri occhi seguivano le mani in mezzo alla cenere degli ultimi incendi e ai nuovi virgulti d’erba spontanea, sono le parti incombuste di oggetti semicarbonizzati, i più disparati che mister qualcuno, continua a gettare per le strade come se fosse la cosa più normale di questo mondo.

Ci teniamo a evidenziare che ci hanno accompagnato in questa lezione di civiltà due baldi giovani: Francesco Luperto e Stefano Ancora. A loro, e di conseguenza alle loro famiglie, vanno i nostri ringraziamenti per la speranza che ci hanno trasmesso con la loro liberissima scelta.

E il tutto davanti ad uno scenario meraviglioso che non finisce mai di sbalordire per la sua bellezza.

 

Il Direttivo

 
Di Antonio Mellone (del 03/04/2021 @ 19:57:36, in NohaBlog, linkato 872 volte)

Ci sono parole che si rovinano, invecchiano rapidamente, rischiano di dire il contrario di quel che avrebbero voluto, forse perché esauste, proferite con superficialità quando non in mala fede, ripetute a pappagallo, dunque razziate dal potere. Senza andare troppo lontano basti pensare a Crescita, Sviluppo, e ultimamente anche Economia Circolare, Sostenibilità, Resilienza, e ulteriori lemmi o locuzioni da Recovery. Del resto la storia è costellata dagli espropri dei vocabolari più che da quelli proletari, essendo il vocabolario probabilmente uno dei beni più preziosi di un popolo, che dico, di ciascun individuo (onde il povero don Milani aveva ragione due volte).

Altre parole sono sulla buona strada del loro (e nostro) logoramento, vista la puntualità svizzera con la quale vengono utilizzate in convegni o in programmi elettoral-amministrativi. Mi riferisco a Riqualificazione e a Valorizzazione. Ricordo, così solo per fare due esempi, che in loco era considerata Riqualificazione (e temo lo sia tuttora per molti conterranei) la trasformazione di ventisei ettari di campagna galatinese in un mega-parco commerciale; e si continua senza alcun ritegno a parlare di Valorizzazione financo della basilica di Santa Caterina d’Alessandria, manco fosse una merce da prezzare sul mercato o un business da quotare in borsa.

Ebbene, personalmente considero valore ciò che per altri (tanti altri) temo sia un disvalore. E viceversa. Tipo il turismo quale “volano” (anche Volano non scherza) di tante belle cose, mentre io ne provo perfino orrore, attesa la visione predatoria peculiare di molti fenomeni di massa, perniciosi anzichenò per loro stessa indole.

È inutile dire quanto l’abbandono del natio borgo selvaggio, più prosaicamente paesino, sia ormai una malattia conclamata, una vera pandemia con un indice Rt strettamente maggiore di uno (e non mi si dica che scimmiotto i virologi, ché l’Rt lo studiai in Statistica qualche decennio fa). Al di là delle buone intenzioni e delle eccezioni, la regola aurea sembra essere quella della forza centripeta il cui centro di gravità permanente diventa la città (preferibilmente metropolitana) con connesso spopolamento della provincia. Si tratta di un discorso sistemico, voluto dalla classe dominante e dai suoi caporali dotati di un iban da impinguare oltremodo, tanto i gregari si trovano sempre in abbondanza e perlopiù gratis.

Per fortuna c’è ancora chi resiste e, credendo nella propria piccola patria, ha deciso non solo di restare, ma di provare a utilizzare parole diverse, possibilmente meno inflazionate. A Noha, per esempio, abbiamo le piccole botteghe (oltre al pugno di ambulanti del mercatino settimanale di via Michelangelo) nonché gli artigiani e i contadini che compiono quotidiani atti di residenza, vale a dire resistenza, e in molti riescono pure a vincere contro i colossi di turno come tanti Davide. E abbiamo due fratelli e un cognato che non sono l’Hilton o il Marriott (per fortuna), i quali senza attendere l’arrivo dello straniero o dell’imprenditore del turismo pronto ad acquistare immobili da trasformare in resort (o addirittura in “eco-resort”) di gran lusso, decidono di buttarsi nell’avventura del recupero del vecchio maniero di Noha, lasciato da decenni nel più totale abbandono da un’aristocrazia decrepita che non si fatica a pensare storicamente parassitaria. Lavorano da tempo giorno e notte con l’aiuto di amici e maestranze locali per recuperare la struttura al fine di rassettarne una decina di camere per gli ospiti che avranno il ghiribizzo di venire a Noha in qualità di viaggiatori più che di turisti. La differenza non è di poco conto, essendo i primi (al contrario dei secondi) alla ricerca del peculiare più che della formula indifferenziata a pacchetto, e dunque dei sapori di una volta, del profumo di zagare all’ombra di una torre medievale, delle rughe di pietre antiche e belle. E magari anche di musica prodotta se non dalle canne di un organo positivo da un pianoforte a coda da piazzare in una delle sale del castello e, perché no, di rime di poeti riecheggianti negli antri ipogei.

Esiste, ed è quella popolare e locale, un’economia che decentra non concentra, allarga non restringe, moltiplica non sottrae, distribuisce non accaparra. Basata su un codice etico certamente arcaico ma sacro, è incardinata nelle relazioni tra pari, nell’identità e nella memoria, nell’equo compenso più che nell’extraprofitto, nell’uso più che nello sfruttamento, nella diversità più che nell’omologazione.

È questa forse la salvezza di un paese che voglia provare se non a coniare parole nuove, almeno a preservarne il senso di quelle testarde, tipo Decrescita, Resistenza, Spirito, e soprattutto Comunità. Concetto, quest’ultimo, affatto dissimile (se non l’esatto opposto) di Community. Nella prima ci si conosce un po’ tutti; nella seconda, nonostante gli emoji, si finisce sovente per essere dei perfetti sconosciuti.

 

 Antonio Mellone

[articolo apparso su “il Galatino”, anno LIV, n. 5, 26 marzo 2021]

 

 
Di Redazione (del 13/02/2018 @ 19:52:50, in Comunicato Stampa, linkato 1113 volte)

Il giorno 9 febbraio si è tenuto presso Palazzo Orsini un incontro tra l’Osservatorio Permanente Lavoro Ambiente e D. di Galatina e non solo ed il Sindaco Marcello Amante e gli Assessori alle Attività Produttive, Nico Mauro, e all’Ambiente, Cristina Dettù.

L’intento dell’incontro, richiesto dall’Osservatorio, è stato quello di creare un momento di confronto tra l’istituzione ed il “territorio”, per uno scambio di opinioni e proposte, che abbiano come punti nodali comuni e condivisi il diritto al lavoro, la tutela dell’ambiente ed il diritto alla salute, complementari tra loro, e non confliggenti, e tutti motivo di interesse a difesa dei diritti della collettività.

Il miglior esito.

L’obiettivo raggiunto si può individuare nella volontà comune di armonizzare esperienze e competenze dell’osservatorio, quale espressione del territorio, con le iniziative ed attività che l’Amministrazione comunale svolge per la tutela dei beni comuni, lavoro ed ambiente.

Fare comunità: per conoscere e per individuare il contributo che ogni singolo attore sociale può apportare per affrontare la crisi del lavoro, nel rispetto delle ragioni di tutela ambientale.

Una prima proposta avanzata dall’Osservatorio – che ha visto l’interesse dell’Amministrazione – è stata quella di promuovere la conoscenza delle diverse realtà produttive del territorio (agricole, artigianali ed industriali), attraverso un progetto di “Aziende aperte”: e ciò, perché il “dubbio”, su tutto e su tutti, diventa pratica del sospetto, che “inquina” e mette paura a volte più di tanti agenti inquinanti reali, che esistono, ma necessitano di essere monitorati ad ogni livello.

Cooperare per favorire la conoscenza delle realtà imprenditoriali locali e dei loro cicli produttivi, può certamente concorrere a fugare eventuali dubbi o inesatte valutazioni di merito che, indirettamente, danneggiano i lavoratori, le aziende e tutto il territorio; e, d’altra parte, consente alle aziende stesse di far conoscere le metodologie con cui ciascuna attività produttiva (dagli agricoltori, agli artigiani, agli industriali) garantisce i livelli di tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini e dei propri lavoratori.

L’attenzione allargata di numerose Istituzioni locali alle questioni ambientali non può che trovare la condivisione di tutti.

 

GALATINA, LI 10/02/2018

 

COORDINAMENTO OSSERVATORIO PERMANENTE

Enzo Del Coco

Roberto Geusa

Salvatore Martalò

Enrico Macchia

 

In questi giorni ho avuto l’opportunità di visitare la nostra chiesetta dedicata alla Madonna di Costantinopoli. Era da un bel  po’ di lustri che non vi entravo.

Vi dirò: sono rimasto favorevolmente colpitodalla trasformazione, l’ampliamento e l’interesse manifestato dai numerosi benefattori succedutisi nel tempo. Ho notato con soddisfazione la lapide posta a destra dell’entrata a perenne memoria della benedizione della campana, avvenuta il 16 marzo 1975 dal vescovo Antonio Rosario Mennonna (Muro Lucano 1906 – Muro Lucano 2009) nel piazzale antistante la chiesa tra due ali di popolo, e della benefattrice Angiolina Capani di Galatina.

Bella l’unica navata rettangolare, cui si è aggiunto a lato il vano pure esso rettangolare dove sono collocati degli stipi contenenti alcune statue in dotazione della parrocchia, dal Cristo morto che fin dal 1880 era nella chiesa ottagonale greco bizantina dedicata alla Madonna delle Grazie, al busto di San Pio da Pietrelcina al Cristo risorto. Le statue di Sant'Antonio da Padova e dell'Immacolata Concezione invece sono poste all’entrata del tempietto, mentre il grande Crocifisso dell’altare è attualmente in restauro. Ho notato ancora le stazioni della Via Crucis offerte dalla Fam. Antonio Vincenti e Anna Miglietta il 19 aprile 1981, il Tabernacolo offerto da Domenico Masciullo nel 1980, e i banchi in legno della navata offerti da diversi benefattori con la relativa targhetta.

Quanto alle antiche tradizioni, bisogna ricordare che nel pomeriggio del Giovedì Santo, dopo la tradizionale Messa in Coena Domini, viene allestito l’altare della reposizione con la Pietà: il Cristo Morto e l'Addolorata. Il Venerdì Santo le due statue vengono portate in Chiesa Madre per la processione solenne della sera. Il Sabato Santo viene addobbato l'altare per la celebrazione della Resurrezione e per il Lunedì in Albis, festa della Madonna di questa chiesa, ora volgarmente detta delle Cuddhrure. Il rito locale prevede che proprio il Lunedì di Pasqua la statua della Vergine venga portata in processione dalla chiesa parrocchiale a questa cappella, mentre la popolazione vive uno spazio di festa “sagra popolare” sin dalle prime ore del mattino, con la fiera dei cavalli. Nella serata dello stesso giorno si riporta in chiesa Madre la statua della Madonna ancora una volta in processione. Fino a non molti anni fa la suddetta statua rimaneva in cappella per tutta l'ottava di Pasqua,

La chiesetta della Madonna di Costantinopoli è un capitolo importante della Storia di Noha, e sarebbe davvero un bel peccato trascurarne la struttura o abbandonarne le antiche usanze. Sarebbe bello invece che qualche anima pia anche oggi, come nel passato non tanto remoto, avesse a cuore le sorti di questo tempio sacro, e s’impegnasse nel suo recupero e nella sua tutela. A partire dall’antico quadro ligneo sopra descritto.

La cultura e la civiltà di un popolo si misurano anche dall’attenzione al proprio patrimonio d’arte e spiritualità, fatto molto spesso di piccoli (ma di fatto enormi) beni comuni.  

Nota.

Ringrazio l’ing. Giovanni Vincenti per la sue preziose ricerche presso l’Archivio di Stato di Lecce sui fatti storici della nostra terra. Lo incoraggio a perseverare nelle sue indagini, qui e altrove, pregandolo di rendercene in qualche modo partecipi. Gliene sarà grato chiunque abbia e avrà a cuore le proprie radici.       

P. Francesco D’Acquarica i.m.c.

 

Ventuno alberi storici saranno abbattuti nel centro di Galatina, nell’ambito del progetto di restyling dei giardini pubblici della cittadina di Piazza Dante Alighieri. Un piano ereditato dalla precedente amministrazione e al quale la nuova giunta sta dando corso. Ma comitati, cittadini, ambientalisti e un gruppo di medici non ci stanno: scrivono al sindaco Fabio Vergine. Rivendicano quei filtri “green” a tutela dei polmoni, in una zona gravemente compromessa dal punto di vista sanitario a causa della presenza di stabilimenti industriali ad alto impatto ambientale. I dossier degli ultimi anni, compreso il report Puglia Salute 2023, collocano infatti l’area del Galatinese in cima alle classifiche per l’incidenza di neoplasie polmonari e tumori in genere. E non solo.

La cittadina è costretta a confrontarsi anche con un altro dato: i suoi abitanti hanno a disposizione un coefficiente di verde pro-capite pari a meno di 2,80 metri quadrati, a fronte del minimo dei 9 metri quadrati disposto invece da un decreto ministeriale del 1968 (dati comparabili sul sito dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). La questione, intanto, è stata sollevata in Consiglio, nei giorni scorsi, dall’esponente della minoranza Antonio Antonaci, che riveste anche il ruolo di presidente della Commissione Sanità, incaricato da questa stessa amministrazione. Ma è stata poi rilanciata in un documento inviato lo scorso 19 gennaio al primo cittadino, a firma di diverse organizzazioni: Coordinamento civico ambiente e salute della provincia di Lecce; Noi Ambiente e beni culturali di Noha e Galatina; Natural-Mente No rifiuti  di Collemeto; Galatone Bene Comune; Isde sezione provincia di Lecce; Forum ambiente e salute e Nuova Messapia di Soleto.

(La nostra redazione ha contattato in mattinata l'Ufficio stampa del sindaco. Ma, per via di impegni, non ha rilasciato dichiarazioni).

La posizione di medici e ambientalisti
“Ricordiamo che Galatina soffre di eccesso di cementificazione da decenni, i cui effetti sono purtroppo ben visibili nello stato di salute della popolazione. Più volte, abbiamo segnalato agli organi preposti gli sforamenti della centralina Arpa (l’Agenzia regionale di protezione ambientale) di Galatina nelle rilevazioni di Pm10, Pm2.5, e il superamento costante della concentrazione limite di ozono. Dalle centraline Arpa (il link al sito Arpa) posizionate sul territorio di Galatina risultano sforamenti importanti: è risaputo che le polveri fini e ultrafini sono le più pericolose e penetranti negli organismi viventi, tanto da superare anche le barriere cellulari”, scrivono gli ambientalisti tra i quali sono presenti anche ingegneri ambientali, biologi, medici e giuristi.


Questi ribadiscono l’importanza della presenza degli alberi fondamentali non soltanto nell’assorbimento della Co2, ma anche come filtro per le vie respiratorie della comunità. Un albero di grandi dimensioni può arrivare a produrre ossigeno per almeno quattro cittadini, cosa che non può garantire un giovane arbusto. I nuovi esemplari, sottolineano i firmatari della lettera, ci impiegherebbero almeno 50 anni per svolgere la propria funzione, lasciando scoperta un’intera generazione futura.

“Pur riconoscendo il ruolo chiave e fondamentale di determinate competenze (agronomiche e forestali), occorre un coinvolgimento fattivo di altri punti di vista, soprattutto quelli di derivazione epidemiologica, urbanistica, ingegneria strutturale, così come una piena partecipazione delle associazioni ambientaliste e della cittadinanza”, concludono gli ambientalisti, chiedendo al sindaco Vergine un incontro pubblico alla presenza di tutte le parti coinvolte, per condividere l'amministrazione di un progetto straordinario che ha a che vedere con la salute  pubblica.

 Valentina Murrieri
(fonte: lecceprima)

 
Di Antonio Mellone (del 11/01/2023 @ 19:38:46, in NohaBlog, linkato 875 volte)

L’altra sera pensavo a quanto fosse bello, di più, sublime assistere a uno spettacolo dell’orchestra di fiati e percussioni di Noha (non so perché il termine banda m’appare decisamente riduttivo) diretta dalla mia amica M° Lory Calò. Ero al teatro Cavallino Bianco di Galatina tra le centinaia di convenuti al concerto di fine anno di giovedì 29 dicembre scorso, e godevo della musica degli autori imperituri come Mascagni, Šostakóvič, Verdi e Strauss, ma anche dei diciamo contemporanei (ormai anch’essi a tutti gli effetti nel novero dei classici), come Bobby Helms, Michel Jackson, André Rieu, o Louis Armstrong, senza tralasciare i motivi della tradizione natalizia non meno, come dire, eclatanti. Il tutto presentato in modo impeccabile dalla nostra Denise D’Amato, con un linguaggio studiato e connaturale insieme, nell’eleganza della dizione libera finalmente dalla marcata inflessione locale, quella che a tratti aberra dalla caratteristica modulazione della lingua nazionale.   

Per la verità pensavo a questo e a molto altro, tipo alle differenze con il pressoché simultaneo (a meno di una manciata d’ore) concerto di capodanno trasmesso urbi et orbi dalla Fenice di Venezia, per non parlare dell’ancor più lussuosa esibizione delle opere liriche in mondovisione dal Musikverein di Vienna (la cui tradizione nacque nel 1939), e ne inferivo che quella galatinese non aveva nulla da invidiare alle altre rappresentazioni musicali tanto blasonate quanto foraggiate da denaro pubblico e donazioni private (meglio note come sponsorizzazioni con sgravi fiscali - a carico ancora una volta di Pantalone), onde le manifestazioni proletarie nostrane, perennemente senza fondi, hanno del miracoloso se messe a confronto con le programmazioni concertistiche da una certa latitudine in su. La stessa Fenice di Venezia, per continuare con l’esempio e per darne un’idea, registra introiti annui pari suppergiù a 28 milioni di euro, dei quali solo circa 3 milioni (poco più del 10%) da biglietteria e prestazioni; il resto mancia, nel senso di “contributi in conto esercizio”, metà dei quali a spese di stato, regione e comune, cioè nostre. Ancor più corposi i numeri della Scala di Milano che, sostanzialmente nelle stesse proporzioni, sono pari a tre volte tanto. Altro che la mangiatoia del nostro Cavallino Bianco (ogni Cavallino che si rispetti ne ha una, sia chiaro), ma se avessimo soltanto un quinto delle risorse di uno solo dei teatri mainstream non saremmo costretti a fare le nozze (di Figaro) coi fichi. Nel frattempo, in ossequio alla Finestra di Overton, a livello governativo si continua a blaterare sempre più insistentemente di “autonomia differenziata”: eufemismo che sta per separatismo regionale basato ancor di più sui privilegi per i territori ricchi a scapito dei più disgraziati. Indovinate quali.

Ma ritorniamo al nostro teatro comunale e alla serata organizzata per il crepuscolo dell’anno vecchio e l’inaugurazione del nuovo per ricordare l’ulteriore tocco di poesia da parte delle due graziose (emozionatissime) bambine che han recitato i rispettivi brani in versi, l’intervento di don Francesco Coluccia che ha raccontato la storia del Concerto Bandistico “San Gabriele dell’Addolorata” da lui medesimo presieduto da più o meno un decennio, e i ringraziamenti di Matteo Costantini, giovane presidente di una neonata associazione di imprese locali, che forse più che farli, i ringraziamenti, dovrebbe riceverli.

E non poteva di certo mancare l’epilogo coi fuochi d’artificio (non quelli che piovono dalla facciata della chiesa madre, ma quelli metaforici) da parte del padrone di casa, vale a dire il sindaco. Uno si aspettava la consueta retorica politica con spruzzatina di propaganda su Rinascimento o Rinascita in corso grazie all’“azione della nuova amministrazione”; e invece il leader nato (e forse anche Nato), andando ben oltre, ci ha regalato una delle sue memorabili perle.  Sicché, rivolgendosi alla Lory Calò - che dal podio lo guardava attonita (così ci è parso) -, l’eletto se n’è uscito confessando di essere “invidiosissimo” del suo ruolo di direttore d’orchestra, per via del fatto che con una bacchetta il maestro riesce a far parlare [sic], voleva dire suonare, e quindi far tacere chi vuole lei, mentre a lui è toccato il ruolo di povero sindaco e – sottinteso - certi lussi non può mica permetterseli. Povera stella.

E mentre probabilmente il nostro primo cittadino – che non è uno sprovveduto - si mordeva la lingua per la battutona “dal sen fuggita” (copyright del Metastasio), i suoi followers sempre più calati nel ruolo di tifosi turibolanti, dimentichi oltretutto del fatto che certe cose dentro le istituzioni cosiddette democratiche non si dicono nemmeno per ischerzo (una bacchetta in mano al potere si chiama manganello), si spellavano le mani estasiati.

Contenti loro: c’è chi vive di solo panen, e chi si nutre di circenses, cioè di ogni cazzata che esce dalla bocca del proprio beniamino.

Antonio Mellone

 
Di Andrea Coccioli (del 02/08/2016 @ 19:38:36, in Comunicato Stampa, linkato 2892 volte)

Sig. Russo Piero Luigi,

dalla sua invettiva emerge che io sia al centro di quasi tutta l’attività amministrativa svolta, secondo Lei, con poca attenzione in questi quattro anni. Al di là delle sue opinioni personali nelle quali evidentemente non mi riconosco, ritengo di poterle rispondere per le questioni di mia competenza.

Credo che i cittadini abbiano elementi per valutare serenamente l’operato dell’Amministrazione Montagna e dei miei tre anni e mezzo di impegno amministrativo. Da parte mia, Le posso dire che ho vissuto e vivo felicemente la vita sociale di Galatina uscendo per le strade, frequentando le piazze, le attività commerciali, incontrando persone, salutando e parlando con tutti i quali mi hanno onorato della loro stima, amicizia, conoscenza. E sono tantissimi, fortunatamente. Sig. Russo Piero Luigi, la mia serenità d’animo, la mia voglia di continuare a fare, a tessere relazioni, a dialogare con tutti e impegnarmi per migliorare la nostra comunità non si fermerà certo davanti alla sua rabbia e invettiva contro la mia persona. Può star certo.

Vivo a Galatina, e io e mia moglie abbiamo scelto di far crescere i nostri figli a Galatina e le posso assicurare che farò di tutto perchè loro possano amare e rispettare questa Città. Lo farò, come ho sempre fatto in vita mia, impegnandomi nel sociale, in politica e cercando di dare esempi positivi.

Ma andiamo in ordine.

Risponderò punto punto alle sue critiche quando di mia stretta competenza. Ad alcune delle sue considerazioni tra l’altro , in questi anni di amministrazione Montagna, è stata data già risposta attraverso risposte alle interrogazioni consiliari oppure attraverso note scritte pubblicate sulle varie testate giornalistiche, ma certamente, repetita iuvant.

La ‘Lampada senza luce” di Gaetano Martinez. Si è provveduto a ristrutturare l’intero vano pompe, sono stati sistemati tutti gli impianti idrici e l’impianto elettrico mettendo nelle condizioni l’impresa di effettuare anche manutenzione continuativa per un anno. L’importo era comprensivo di IVA e manutenzione per un anno. Si è fatta regolare gara d’appalto, come sempre con trasparenza e  rispettando la legge. Ora la fontana funziona. Piuttosto dovremmo prenderci un po’ tutti cura di quel bene prezioso che ci ha lasciato Gaetano Martinez, rispettando e facendo rispettare semplici norme di convivenza civile come evitare di buttare nella vasca cicche, cartacce o altro ancora. Sarebbe altrettanto importante punire chi non rispetta i beni pubblici.

Rup per questioni di carattere economico-finanziario. La professionista in questione è stata incaricata con regolare procedura messa in atto dalla dirigente dott.ssa Rita Taraschi, persona sempre scrupolosa e attenta alla corretta applicazione delle norme. Il lavoro della professionista in questione è finalizzato a reperire risorse finanziarie a disposizione dell’ente. Si è reso  necessario procedere con una ricognizione delle disponibilità residue a valere sui mutui già concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti le cui opere sono state concluse. Lavoro mai svolto in precedenza, molto meticoloso ed espletato con grande impegno.

In particolare tale procedura consiste nel richiedere alla Cassa Depositi e Prestiti le erogazioni a saldo per quei mutui che presentano una disponibilità residua pari o inferiore a 5.000,00 € o nel caso di importi residui pari al 5% del mutuo a suo tempo concesso.

Il lavoro di ricognizione, che è stato espletato per il 50%,  ha portato i seguenti esiti:

somme per le quali è possibile richiedere l’erogazione a saldo: € 76.957,35;

somme che possono essere destinate alla riduzione del prestito originario ovvero ad un diverso utilizzo, nuovi investimenti senza incrementare il debito: € 247.684,69

Questa ultima somma è stata destinata alla riorganizzazione degli ambienti del tribunale per ospitare uffici amministrativi del Comune tra i quali Ufficio LLPP, Urbanistica, Vigili Urbani, Anagrafe e Ufficio Commercio. La nuova organizzazione degli uffici all’ex tribunale porterà indiscutibili vantaggi all’utenza in quanto  un unico luogo ospiterà più uffici e servizi a disposizione anche di utenza con difficoltà motorie. Purtroppo, attualmente, pochissimi uffici sono accessibili ai diversamente abili.

Palestra di via Montinari. Abbiamo inaugurato la palestra perchè i lavori conclusi dovevano subito portare al suo immediato utilizzo. Non si è ancora utilizzata per due motivi. Primo le società sportive di pallavolo e basket ritengono vada prima migliorato il terreno di gioco con altra superficie idonea. Due, serve maggiore collaborazione di tutti per dare seguito alle volontà politiche di un completo utilizzo delle strutture pubbliche. Non va bene che una struttura pubblica rimanga chiusa per molto tempo. L’autocritica è necessaria.

Centro Polivalente di Viale Don Bosco. La struttura è agibile, sono stati terminati i lavori appaltati e viene regolarmente utilizzata da chi ne fa richiesta. Sono stati già organizzati corsi di teatro, spettacoli di vario genere, feste, concerti e conferenze.

La struttura è stata intitolata a Pierantonio Colazzo per volere dell’Amministrazione Coluccia.

Asilo di viale Don Bosco. Abbiamo ereditato duemila problemi, quindi testa bassa e pedalare. E’ stato compiuto un grande sforzo organizzativo per risollevare il cantiere e aprire l’asilo. Ora l’asilo funziona.

Corso Porta Luce e pista ciclabile. Corso Porta Luce è parte del finanziamento PIRU-Piano Integrato Riqualificazione Urbana. E’ stato migliorato il progetto anche con la realizzazione di una pista ciclabile. Prima dell’amministrazione Montagna, Galatina aveva zero Km di piste ciclabili. Ora, grazie alla realizzazione della tangenziale sud-ovest e al miglioramento di Corso Porta Luce, possiede circa 2,5 km. E’ chiaro che ci deve essere la volontà dei cittadini e della politica per continuare a tracciare piste ciclabili se vogliamo rendere Galatina più ecosostenibile e favorire una mobilità dolce e più rispettosa dell’ambiente. La realizzazione di un ulteriore piccolo tratto di pista ciclabile tra angolo Corso d’Enghen- Corso Porta Luce passando da via Ugo Lisi - Ex Tribunale (in prossimità degli Uffici Pubblici), permetterebbe di collegare la tangenziale a tutto il Centro Storico, già zona a traffico limitato. Personalmente mi rallegro quando vedo le persone pedalare in sicurezza nella Città.

Utenze e canoni per telefonia e reti di trasmissione. C’era da fare una piccola rivoluzione. Ci stavamo provando ma non abbiamo finito il lavoro iniziato. Non conosco i dati dei primi sei mesi del 2016. Non ci sono stato. Mi sono dimesso a gennaio. Posso solo dirle che non ho mai utilizzato una scheda telefonica del comune, anche se assegnatami. Ho sempre e solo utilizzato una scheda telefonica con traffico dati pagata personalmente. Il mio numero privato era ed è anche pubblico e segnalato, sin dal 2012, sul mio profilo del sito istituzionale del Comune di Galatina.

Concerto del 27 agosto 2015 in piazza Falcone e Borsellino. Grazie alla sinergia tra diverse associazioni ad agosto del 2015 è stata organizzata una bella rassegna di arte, e cultura giovanile. Tra le diverse associazioni che hanno contribuito alla organizzazione degli eventi, c’è stata la partecipazione dell’Associazione Guerriglia Culturale che ha anche curato l’organizzazione del concerto in piazza Falcone e Borsellino. A un certo punto della serata per pochissimi minuti e prima di essere allontanato dal palco, uno dei componenti di uno dei gruppi rap che si sono esibiti ha urlato al microfono frasi irrispettose e volgari. Sia io, sia  i componenti dell’associazione giovanile Guerriglia Culturale, abbiamo preso nettamente le distanze dal ragazzo maleducato che ha offeso i presenti al concerto.

Sig. Russo Piero Luigi, nelle amministrazioni pubbliche succedono tante cose. C’è chi è bravo ad intercettare fondi pubblici, chi a programmare interventi di pubblica utilità, chi a progettare.  Poi bisogna realizzare gli interventi. Spesso in un unico mandato amministrativo non si riescono ad evadere tutte le fasi di un’idea. Noi abbiamo finito lavori iniziati da altri, certamente, ma abbiamo anche adeguato progetti poco completi, poi li abbiamo appaltati e  li abbiamo terminati. Abbiamo utilizzato le risorse del PIRU e del PIRP (Amministrazione Antonica), abbiamo appaltato e realizzato lavori, abbiamo recuperato fondi pubblici per evitare gli allagamenti nel rione Italia, abbiamo recuperato fondi pubblici per dare nuova vita allo storico Teatro Cavallino Bianco e altro ancora. Non è semplice, l’Italia è un paese che sta cercando la strada della semplificazione. Le complicazioni amministrative impongono l’acquisizione di pareri di molti enti pubblici ognuno con le sue peculiarità, le sue esigenze. Tanta burocrazia inutile frena il fare e la strada per arrivare a risultato è sempre più in salita. In tutto questo è stato fatto tanto. Perciò, giusto perché ripetere aiuta, Le allego le cose fatte perché è sempre meglio essere ricordati per le cose fatte anziché per le cose dette. Inoltre mi piace ricordare, anche a me stesso, che “Tra il dire e il fare, c’è di mezzo il ….FARE”.

Di seguito riporto i più significativi interventi effettuati e lo stato di definizione degli stessi da giugno 2012 a luglio 2016:

Lavori Pubblici

 

Ristrutturazione Cine Teatro Cavallino Bianco. I lotto funzionale

Importo progetto I lotto funzionale: 1.300.000,00 euro

Regione Puglia: 800.000,00 euro

Comune Galatina: 500.000,00 euro

Lavori completati

Inaugurazione Teatro effettuata il 28 novembre 2015.

 

Adeguamento e miglioramento rete fognatura bianca Rione Italia

Importo progetto: 700,000,00 euro

Finanziamento: Regione Puglia

Lavori completati

 

Scuole. Tutti gli istituti comprensivi. Poli 1, Polo 2, Polo 3

Interventi di manutenzione straordinaria scuole Galatina e frazioni

Importo totale progetti: 500.000,00 euro

Finanziamento: Comune di Galatina e Ministero

Lavori completati

 

Riqualificazione ed efficientamento Scuola Noha e aree adiacenti.

Importo progetto: 400.000,00 euro

Finanziamento: Regione Puglia. Importo da restituire in 10 anni senza interessi.

Lavori completati

 

Progetto di messa in sicurezza e rifacimento via Bianchini.

Primo di tre interventi previsti ognuno di 250.000,00 euro.

Importo progetto: 250.000 euro

Finanziamento: Regione Puglia (49%) e Comune di Galatina (51%)

Lavori completati

 

Progetto di pavimentazione stradale e pubblica illuminazione.

Importo progetto: 300.000,00 euro

Finanziamento: Comune di Galatina

Lavori completati

 

Progetto di riqualificazione Corso Porta Luce.

Rifacimento e riqualificazione di Corso Porta Luce, Sostituzione Illuminazione pubblica con Pali Artistici, Realizzazione Pista ciclabile, Rifacimento tappetino stradale, Nuovo rondò incontro via d’Enghien.

Importo progetto: 250.000,00 euro

Finanziamento: PIRU

Lavori completati

 

Progetto di riqualificazione via principessa Iolanda, via Caforo angolo piazza Alighieri, via Giuseppina del Ponte.

Importo progetto: 250.000,00 euro

Finanziamento: PIRU

Lavori completati

 

Centro Polivalente viale don Bosco

Finanziamento: PIRU

Struttura inaugurata e utilizzata.

 

Asilo Nido viale don Bosco

Finanziamento: PIRU

Lavori completati

L’asilo è utilizzato e perfettamente funzionante.

 

Palestra via Montinari

Finanziamento: PIRU

In attesa di essere concessa in uso.

 

Ristrutturazione Cine Teatro Cavallino Bianco. II lotto funzionale

Adeguamento funzionale torre scenica e utilizzo completo dei palchi.

Importo progetto II lotto funzionale: 800.000,00 euro

Regione Puglia: 800.000,00 euro

Lavori da appaltare. Procedure di Gara d’appalto avviate.

 

Progetto riqualificazione Ex convento Santa Chiara.

Importo progetto: 1.000.000,00 euro

Finanziamento: PIRU

Lavori in corso.

 

Progetto di Riqualificazione basolato centro storico.

Importo progetto:  500.000,00 euro

Finanziamento: PIRU

Gara effettuata e aggiudicata

Lavori in corso.

 

Di seguito alcune delle iniziative che hanno coinvolto il settore SPORT:

Utilizzo delle palestre scolastiche comunali

E’ stato difficile coordinare e definire il calendario dell’utilizzo delle palestre scolastiche comunali, ma ogni anno con l’impegno e la volontà di tutte le società sportive si è definito il calendario di utilizzo  degli spazi sociali per lo sport.

 

Festa dello Sport 2014

La festa dello Sport “Sport Day 2014” ha visto la partecipazione di tante società sportive e di tanti ragazzi delle scuole degli istituti comprensivi. E’ stata una tre giorni di sport e partecipazione nello scenario della villetta San Francesco.

 

Festa dello Sport 2015

Festa dello Sport organizzata in collaborazione con SALENTIADI, le olimpiadi del Salento. Bellissimo evento sportivo interamente organizzato presso il complesso sportivo del Palazzetto dello Sport.

 

Green Olympic Games

Progetto che oltre a sensibilizzare sulla corretta separazione dei rifiuti per un ambiente migliore ha promosso i valori dello sport tra i più giovani.

 

Struttura Sportiva di Noha

La struttura sportiva di Noha ha ricominciato a vivere grazie all’impegno di alcune società sportive che l’hanno riaperta e ora quotidianamente è al servizio dei cittadini.

 

Patrocinio e contributi economici a varie iniziative sportive

E’ stato un piacere e un onore patrocinare numerosissime iniziative sportive tenutesi in questi anni. Un grazie va a tutte le numerosissime società sportive che iniettano energia positiva nel tessuto sociale alimentando lo spirito sportivo dei galatinesi.

 

Di seguito alcune delle iniziative che hanno coinvolto il settore POLITICHE GIOVANILI:

Chiostro d’Estate. Estate 2012

Concerti, presentazioni di libri, convegni, spettacoli teatrali e musicali nella cornice del Chiostro dei Domenicani, scenario  suggestivo ed entusiasmante. Una serie di artisti e iniziative differenti, da Cesko degli Après la Classe al cantante folk milanese Andrea Labanca, passando per serate jazz, convegni, proiezioni di film d'epoca, dj set di artisti locali e il suggestivo concerto di Mino De Santis.

 

Festa della musica. Giugno 2013

Musica, cultura e arte. Queste le parole chiave della prima edizione a Galatina della Festa Europea della Musica. Dal 21 al 23 giugno 2012 sono stati tre giorni di musica tra rock, pop, hip-hop e musica popolare, presentazione di libri e una mostra di fumetti a cura di Lupiae Comix. Il tutto è stato realizzato all'interno del Chiostro del Palazzo della Cultura di Galatina e in piazza Galluccio. Tra i vari gruppi presenti alla manifestazione, I TOROMECCANICA e la GIOVANE ORCHESTRA DEL SALENTO, diretta da Claudio Prima. E’ stata notevole la presenza di giovani musicisti come i PLUG IN, CAMDEN TRIO, DYING PURPLE, T.GARAGE, SOOP & NINTAI e l’ORCHESTRA SPARAGNINA.

 

Ciclofficina sociale presso Mercato Coperto

Grazie alla collaborazione di alcune associazioni è nata all’interno del mercato coperto la CiclOfficina Sociale, spazio di socialità, incontro e condivisione. Un luogo dove promuovere la mobilità lenta e sostenibile, il riuso, il riciclo e la partecipazione attiva.

 

Mercato S…coperto,

Manifestazione realizzata all’interno dell’ex sede del Mercato Coperto in via Principessa Iolanda. Proposta rivolta al mondo giovanile della città che ha bisogno di spazi destinati alla socializzazione. L’iniziativa ha coinvolto le associazioni culturali della Città. L’iniziativa ha avuto lo scopo di rivitalizzare uno spazio di proprietà comunale in disuso, situato al centro della città e che già in passato è stato luogo deputato ad iniziative di partecipazione giovanile .All’interno dell’ex mercato coperto si sono svolti incontri d’autore, musica ed happening di discussione scientifica divulgativa.

 

Servizio civile nazionale

In tre anni più di venti ragazzi hanno lavorato presso il Comune di Galatina sviluppando progetti nei settori delle Politiche giovanili, Biblioteca Comunale, Museo e Ambiente. Il servizio civile è una iniziativa fondata sui principi della solidarietà sociale e vede i giovani i primi promotori del processo di partecipazione, in grado di trasformare una società in cui il cittadino è solo colui che riceve un freddo ed astratto servizio ad una società in cui tutti hanno la possibilità di essere attivi e socialmente utili.

 

Rassegna Giovanile NOTE A MARGINE

Note a Margine è stata una Rassegna “periferica” che ha avuto l’obiettivo di coinvolgere ed includere le Periferie della città come luoghi di riferimento alternativi e vitali, da un punto di vista non solo urbanistico ma soprattutto umano e sociale. Luoghi che spesso ispirano forme d'arte e   movimenti  sociali  rappresentanti  di un vero e proprio sottobosco multiculturale e multietnico,  un workinprogress costante e perpetuo, un laboratorio continuo. Spazi inespressi e inascoltati  da recuperare e trasformare, da aiutare ad emergere.

Con l'aiuto dell'associazionismo giovanile è stato scelto di selezionare alcuni “interlocutori d'eccezione” che grazie ai loro contributi hanno potuto affrontare il tema della periferia in luoghi prettamente periferici  attraverso dei  personali  approcci che spaziano dal  mondo della musica a quello del cinema, dal  teatro alla letteratura, al cibo ai graffiti, dall’hip hop alla street art. La ciliegina sulla torta è stata l’opera regalata alla Città di diversi artisti di graffiti che hanno abbellito, con la loro arte, il muro della scuola di via Ugo Lisi.

 

Cordiali saluti

Andrea Coccioli

 
Di Redazione (del 27/02/2019 @ 19:37:23, in Comunicato Stampa, linkato 1311 volte)

Il consiglio comunale di Galatina approva la proposta di adesione alla strategia “Rifiuti zero” la quale si inserisce nel perimetro di una politica ambientale, adottata dall’amministrazione comunale, che in poco più di 18 mesi ha raggiunto risultati importanti e continua a porsi obiettivi ambiziosi ma realizzabili.

“La strategia “Rifiuti zero” assume una doppia valenza - afferma l’Assessore all’ambiente Cristina Dettù - come momento quasi riepilogativo di un lavoro costante, ponderato e analitico svolto sin dall’inizio dell’amministrazione Amante; nello stesso tempo, individua un piano strategico e programmatico per il raggiungimento di precisi obiettivi, che fanno della nostra comunità un aggregato di cittadini virtuosi e in linea con le leggi nazionali e con le direttive comunitarie”.

L’amministrazione comunale crede fortemente nella formazione di una cultura rivolta alla salvaguardia e alla tutela ambientale, all’attuazione di buone pratiche da parte di tutti i cittadini per raggiungere buoni risultati in termini di salubrità della vita. E questa base solida che si costruisce con il sapere, la conoscenza, campagne di comunicazione e sensibilizzazione, l’attuazione di ogni forma di informazione che segua un percorso, anche di sostegno, accanto ad ogni singolo cittadino.

“La strategia “Rifiuti zero” – afferma il Sindaco Marcello Amante - nasce non solo per ottemperare all’attuazione del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle direttive comunitarie, ma anche per raggiungere un possibile risparmio globale sui costi di smaltimento e recupero/riciclo dei rifiuti e di un maggiore gettito dei contributi CONAI, fattori tutti che si traducono in una riduzione della TARI annuale”.

A tal proposito anche il raggiungimento di una soglia sempre maggiore di percentuale di raccolta differenziata consente di variare la misura del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti, la cosiddetta ecotassa. A tal fine la legge regionale richiede il superamento del livello di raccolta differenziata del 65 per cento. I dati del Comune di Galatina si attestano attorno al 66,82 per cento e i risultati che si potrebbero raggiungere, sulla base del nostro metodo di raccolta differenziata, hanno previsioni molto alte. Pertanto, la proposta ivi presentata intende avviare un processo volto all’adozione della strategia internazionale “Rifiuti zero”, attraverso un percorso che conduca ad una corretta gestione del territorio, al controllo dell’impronta ecologia della macchina comunale, alla mobilità sostenibile e all’incentivazione di nuovi stili di vita.

Tra l’altro, alcuni giorni fa è stata emessa un’ordinanza sindacale (n. 14/2019 che entrerà in vigore a partire dall’11 marzo) che riepiloga il corretto conferimento dei rifiuti nella raccolta differenza sia per le utenze domestiche che non domestiche, con annessa indicazione del regime sanzionatorio in caso di infrazioni. Un’ordinanza che rispetta i principi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nell’utilizzo di beni da cui originano rifiuti, in attuazione delle normative nazionali e comunitarie. Un’ordinanza che si modella alle modifiche, tra l’altro, dei siti di conferimento indicate dall’Ager e che si conforma, qualora ci fosse ancora la necessità di dimostrarlo, alla Piano regionale dei rifiuti, nell’ottica di una politica di collaborazione e cooperazione con la Regione Puglia per il raggiungimento di obiettivi comuni.

In ultimo, il consiglio comunale ha approvato la modifica del regolamento sul compostaggio domestico, che intende incentivare l’adozione di questa buona pratica. Consentendo al cittadino, privo di un giardino annesso alla propria abitazione, di effettuare il compostaggio domestico su terreni di proprietà o nella disponibilità, oppure di produrre compost di qualità con delle compostiere elettriche in appartamento. Un elemento chiave nell’ottica del raggiungimento dell’obiettivo “Rifiuti zero” e una pratica che va fortemente incentivata perché ha un “ritorno” a favore del nostro territorio (in quanto fertilizzante) ma anche per l’intero sistema globale.

“Un lavoro costante, quotidiano – conclude l’assessore Dettù - volto anche al monitoraggio di ogni componente ambientale, aria acqua e suolo. Un impegno che assume i caratteri della partecipazione dal basso, della condivisione delle politiche ambientali con i cittadini, della co-progettazione, della sostenibilità di pratiche e di progetti, alcuni anche in divenire, che non chiedono altro di ascoltare la voce dei cittadini”.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 

Siamo lieti di apprendere che in data 30/03/2022, allo scadere dell’ennesima proroga, il Comune di Galatina si è attivato con un progetto dell’Architetto Miglietta per la “valorizzazione, riqualificazione ed efficientamento energetico dell’immobile sito nella frazione di Noha” in via Bellini.

Tale bando era pubblico già da Novembre e la prima scadenza era prevista per i primi di Gennaio. 

Partecipare al bando destinato agli immobili confiscati alla mafia, è certamente una scelta sensata. 

Ragione per la quale consideriamo mortificante (anche per la stessa associazione Lévera assegnataria dell’immobile) che nella piccata risposta dei consiglieri Tundo e De Matteis (ormai siamo abituati all’insofferenza con cui questa Amministrazione si rivolge - quando raramente risponde - ad interlocutori propositivi, siano essi esponenti politici, semplici cittadini e associazioni), si aggiunge che si è stati “costretti” a fare questa scelta (cit. da comunicato stampa).

Una ulteriore proroga è stata concessa fino al 22 Aprile e ci scusiamo se la nostra sollecitazione, che voleva essere assolutamente propositiva e non doveva invece finire in polemica strumentale da campagna elettorale, è arrivata a mezzo stampa in data 4 Aprile 2022, data in cui è stato pubblicato su Albo Pretorio del Comune il testo della Delibera di Giunta. 

Apprendiamo con favore che, QUESTA VOLTA, seppur in ritardo e senza coinvolgimento alcuno della comunità di Noha in primis (anche a questo noi siamo abituati, e i nohani?), l’Assessorato ai Lavori Pubblici abbia proceduto con “costrizione” a scegliere nuovamente l’immobile di Via Bellini, oggi affidato a Lévera.

Pertanto la nostra idea, se non vi arrabbiate perché ne abbiamo tante, era quella di coinvolgere PREVENTIVAMENTE tutta la comunità, per costruire insieme un progetto, finanziato con i fondi del PNRR, che potesse interessare magari L’ALTRO immobile confiscato alla mafia e oggetto del nostro comunicato stampa, sito in Contrada Roncella a Noha (oggi in condizioni di totale degrado ed abbandono), non preso in considerazione, evidentemente, dai consiglieri Tundo e De Matteis. 

La partecipazione alla vita pubblica ed il coinvolgimento di TUTTE le associazioni del territorio galatinese, sono sempre stati al centro della nostra visione della politica e dell’agire amministrativo, e lo saranno quando amministreremmo questa città!

Non occorre specificare che, come MoVimento 5 Stelle e come cittadini, mai avremmo effettuato lezioni di legalità. Lo Stato c’è sempre nelle Istituzioni, tutte, ed i consiglieri Vito Albano Tundo e Pierantonio De Matteis, dovrebbero saperlo. 

Se poi fare vittimismo e buttarla in caciara è necessario per raccogliere consensi in campagna elettorale, è tutto un altro discorso, che alla Città (e a noi) non interessa."

M5S Galatina 

 
Di Redazione (del 19/07/2017 @ 19:33:20, in Comunicato Stampa, linkato 1311 volte)

Il M5S Galatina, in merito all'incendio sviluppatosi presso il CSA nella zona industriale, ha inoltrato formale richiesta di informazioni al Comune di Galatina, in quanto azionista di maggioranza, per fare chiarezza sulla natura dell'evento.
La richiesta di accesso alle informazioni è ampia, articolata ed è stata inviata per conoscenza a numerosi enti che hanno competenza territoriale.
In breve la richiesta di notizie riguarda informazioni su chi fosse il responsabile della custodia e con quali incombenze. Inoltre è stato richiesto se fosse in essere una polizza assicurativa sull'immobile e sui beni e anche se il Comune avesse già richiesto i filmati delle telecamere presenti nella zona in particolar modo all'Ente Pubblico A.S.I. operante nella zona. Abbiamo chiesto quali azioni di monitoraggio ambientale il Comune ha in essere di attivare ed altre informazioni utili a delineare con precisione il contesto in cui si è svolto l'evento calamitoso.

Questa vicenda tocca molti, troppi ambiti per essere derubricata a semplice fatto di cronaca.
Rifiuti, Ambiente, Salute, rapporti amministrativi per non parlare della mancanza di un canale diretto di informazione con la cittadinanza.
Tutte tematiche per cui il M5S si batte da tempo. Il gruppo di Galatina e il consigliere di minoranza del M5S Paolo PULLI sono pronti a mettere a disposizione dell'amministrazione risorse, mezzi e competenze per attuare azioni atte allo scongiurare il ripetersi di eventi di questa portata. Il bene di Galatina prima di tutto e non mancheremo di mantenere alta l'attenzione per l'attribuzione delle responsabilità e delle negligenze che hanno portato a tale situazione.

Paolo Pulli

 
Di Redazione (del 27/11/2021 @ 19:33:12, in NoiAmbiente, linkato 1193 volte)

Galatina, uno dei Comuni con maggiore estensione territoriale nella provincia di Lecce. E tante strade da gestire. Ci sono più strade che utenti che le percorrano. E molte di queste, soprattutto nelle campagne, sono in “balia” della natura che, armata di radici e di piante spontanee, prova a riprendersi quanto a suo tempo le fu strappato di mano. Ma ben venga la natura vista la desertificazione che si sta producendo intorno a noi, se non dietro nostra incitazione, sul nostro silenzio-assenso, prodotto non secondario dell’incoscienza (di classe).

Sembra che il problema più grande dunque sia la manutenzione delle strade (il che richiede un impegno di spesa che il Comune evidentemente non può permettersi di sostenere); ma il problema principale è la soverchiante presenza di rifiuti. Sdegno, amarezza, profondo rammarico e grande delusione, crediamo siano i sentimenti di molti concittadini che ogni giorno sono costretti a subire questo spettacolo.

Ogni giorno nuovi involucri dai colori e dalle forme più disparate appaiono ai bordi delle carreggiate, tutte, provinciali, comunali e campestri. Possiamo dire con certezza che non vi sono strade esenti da questi trattamenti. Tutte, o quasi, soffrono del medesimo virus.

Ogni giorno una parte di questi rifiuti viene spiaccicata dalle ruote degli automezzi in corsa, un’altra fagocitata dai rovi, un’altra ancora dagli aratri che operano nei campi limitrofi; molta resta incenerita nel corso degli incendi “purificatori”. Capita perfino di assistere a voli pindarici di sacchetti lanciati dai finestrini delle auto in corsa: sarà un nuovo sport olimpionico.

Di certo non è che i campioni del lancio rinsavirebbero con lo spauracchio delle multe, o con altre forme di repressione. La lotta continua insomma è impari e a noi non rimane altro da fare che documentare e denunciare i fatti, chiedere ancora una volta all’amministrazione comunale di provare a tamponare gli effetti del fenomeno con la pulizia periodica dei siti, e di questo passo prepararci a dover vivere come porci.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv - di Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 28/03/2023 @ 19:31:56, in NoiAmbiente, linkato 404 volte)

Le associazioni “Coordinamento Civico Ambiente e Salute della prov. di Lecce”, “Natural-mente NO RIFIUTI – Collemeto di Galatina”, “NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina”, “Medici per l’Ambiente-ISDE ItaliaForum Amici del Territorio ETS”, “Nuova Messapia”, “Forum Ambiente e Salute”, “Associazione Bianca Guidetti Serra”, “Associazione Adotta Dog”, “Organizzazione di Volontariato Mobius Circle- ODV”, “CAS Coordinamento Ambientale Salento”, “Salento km0 APS” scrivono al responsabile della task force regionale per l’occupazione Leo Caroli “per esprimere parere contrario alla proposta di destinazione dell’impianto Minermix Galatina aduna ulteriore industria insalubre”.

Si parla di un’azienda di calce e derivati che ha sedi a Galatina e a Fasano (Br), il cui principale committente è l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia.

Appena un mese e mezzo fa l’azienda è stata sotto i riflettori per il rischio licenziamenti paventato nell’ultimo periodo. Ad inizio febbraio si è tenuto un incontro proprio con la Task force regionale, a Bari, in cui l’azienda ha annunciato l’impegno di sospendere i licenziamenti (sono 59 i dipendenti) ed avviare la procedura di richiesta della cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività. La proprietà ha confermato la scelta di carattere industriale di interrompere l’attività, dichiarandosi disponibile a valutare percorsi che conducano alla cessione.

Veniamo dunque alla lettera di cui sopra.

La lettera

“Gentilissimo dott. Leo Caroliin risposta alle recenti preoccupazioni espresse dalla popolazione galatinese a seguito diun possibile impianto di trattamento rifiuti speciali e non a Santa Barbara e dellesegnalazioni di emissioni anomale presso il cementificio Colacem, rimbalza su alcunepagine social la proposta avanzata dalla task force regionale, istituita per il salvataggio delcalcificio Minermix, di chiamare a raccolta altri cementieri o comunque produttori di rischioper la salute.Questa proposta, come forse lei saprà, si inserisce in un quadro territoriale molto delicato.Le autorità sanitarie e gli enti locali che siedono al tavolo provinciale V.I.S. (ValutazioneImpatto Sanitario) per valutare – secondo quanto riporta ASL Lecce – i danni e l’impattosanitario e ambientale con riferimento alle potenziali ricadute cumulative di tutte le attivitàproduttive presenti nell’area industriale, in particolare del cementificio Colacem Galatina,non possono ignorare che l’area Galatina/Soleto e comuni limitrofi, come confermatodall’Istituto Superiore di Sanità, dai rapporti Ambiente e Salute RePOL, dallo studioPROTOS, dai dati LILT e dell’OER Puglia, è un cluster che registra dati epidemiologiciallarmanti, in particolare per neoplasie polmonari, per l’esposizione ambientale come quellederivanti dalle emissioni di grandi camini industriali. Come riportato nei giorni scorsinell’ultimo Rapporto di Puglia Salute in tutta la Provincia di Lecce, in particolare nel Distrettodi Galatina, la fotografia dell’incidenza delle neoplasie è in peggioramento.Nell’area galatinese, la più industrializzata e malsana della provincia di Lecce, con lamaggiore concentrazione di grossi impianti industriali insalubri IPPC, il quadro sanitario eambientale non è stato sufficientemente rappresentato nei lavori della task force regionaleimpegnata nella vertenza Minermix.Lo stabilimento della Minermix Srl, attivo dal 1990, è adibito alla produzione, macinazione emiscelazione di ossido di calcio, calce idrata, premiscelati di minerali, grassello e malte peredilizia. È inserito nella ASI Galatina Soleto a poche centinaia di metri dall’area densamenteurbanizzata, insieme ad altri opifici di trattamenti rifiuti e comunque fortemente nocivi.Come Associazioni, abbiamo preso parte alla CDS del mese di marzo 2022, e in quellaoccasione abbiamo preso atto che la stessa Dr.ssa Teresa Alemanno, presente inconferenza di servizi per il riesame A.I.A. per il Dipartimento di Prevenzione ASL Lecce, puressendo stata molto concisa, ha evidenziato chiaramente la questione “area sensibile”,in riferimento all’area cluster tumore polmonare del Distretto di Galatina, chiedendoquindi ad ARPA se avessero loro effettuato delle verifiche sulle emissioni, con chiaroriferimento al potenziale apporto di ulteriori danni all’ambiente.Occorre ricordare che a Galatina insiste un cementificio Colacem attivo sin dalla fine deglianni ‘50, uno degli impianti più grandi d’Europa. Le ricordiamo che i cementifici sonocompresi nell’elenco delle industrie a maggior impatto ambientale in EUROPA, comeindustrie insalubri di Seconda Classe, cioè di impianti che devono osservare speciali cautelenei confronti del vicinato. L’insostenibilità ambientale è legata non solo alle emissioni diparticolato, di PCB (prodotto clorato simil diossina), metalli pesanti, (Mercurio, piombo,cadmio, cromo esavalente), tutte sostanze gravemente nocive per la salute, cancerogeneed interferenti endocrine, ma anche alla portata di consumo di acqua e suolo.Nel 2017 Colacem Galatina ha prodotto complessivamente 2.658.578 t di Clinker,2.883.528t di cemento, ha consumato 244 litri di acqua per ciascuna delle 309.900tonnellate di cemento prodotto, ovvero 75,6 milioni di litri di acqua. Il consumo è abnormeper un territorio già fortemente penalizzato dalla sua stessa conformità naturale, dove lospessore medio del sottosuolo riferito al livello del mare è di circa 60 metri, con scarsacapacità di filtraggio delle acque pluviali per via della sua condizione carsica, e con unafalda esigua che presenta forti infiltrazioni inquinanti.Le concentrazioni contaminanti e il correlato rischio mortalità mostrano un trend inpeggioramento, secondo quanto indicato in uno studio realizzato nel 2014 dall’istituto diScienze dell’Atmosfera e del Clima ISAC – CNR in collaborazione con l’Istituto di FisiologiaClinica del CNR attraverso una valutazione preliminare nei comuni di Sogliano Cavour,Galatina, Cutrofiano, Corigliano d’Otranto e Soleto.Gli impegni dichiarati anche da alcuni rappresentati politici locali pare che siano finalizzatinel voler salvare i 20 posti di Galatina, e forse anche i 39 di Fasano, con il rischio però diritrovarci un nuovo opificio maggiormente inquinante, chiamando a raccolta altri cementierio comunque opifici produttori di rischio.Inoltre, va tenuto conto dei riferimenti legislativi alla salute della popolazione e all’integrità

dell’ambiente esterno descritti nel d.lgs. n. 81/2008, N.81, sono norme che fanno esplicitoriferimento alla “salute della popolazione” e all’“ambiente esterno”.Da un lato, l’art. 2, comma 1, lett. n), definisce proprio il concetto di “prevenzione” comequel «complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità dellavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispettodella salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno».Dall’altro, l’art. 18, comma 1, lett. q), impone al datore di lavoro e al dirigente l’obbligo di«prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possanocausare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esternoverificando periodicamente la perdurante assenza di rischio» (la violazione di taleobbligo è sanzionata dall’art. 55, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 81/2008 con l’arresto da due aquattro mesi o con l’ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro).Il Dispositivo dell’art. 452 bis Codice Penale, reato di inquinamento ambientale,determina quanto segue:• È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramentosignificativi e misurabili:1. 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o delsottosuolo;2. 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolopaesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in dannodi specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.Dalle norme, si evince come esse siano essenzialmente dirette ad evitare la possibile“esternalizzazione” dei rischi cui sono sottoposti i lavoratori nel contesto produttivo,obbligando l’impresa ad adottare tutti quei provvedimenti necessari affinché lapredisposizione delle misure di salute e sicurezza dei lavoratori non determini unriversamento all’esterno delle nocività presenti nell’ambiente di lavoro, pregiudicando lasalute della popolazione e l’integrità dell’ambiente [15].E’ vero che i galatinesi hanno bisogno di posti di lavoro, il lavoro è nel diritto costituzionale,per tutti, anche di chi va a cercarlo altrove. È vero che è necessario fare il possibile persalvare quei pochi posti esistenti, ma è altrettanto vero che il diritto alla salute èsacrosanto e altrettanto costituzionale, e va individuata una strada occupazionaleperseguibile, che tenga conto dell’intera cittadinanza.Come ben sappiamo tutti, a Galatina non c’è famiglia che non abbia un lutto a causa delcancro, o una patologia che tende a degenerare in tumore. Lo si dice dappertutto:nelle Cds aziendali, nelle Asl, nello studio Protos, nei recentissimi dati LILT, che vede laprovincia di Lecce seconda solo al Piemonte e alla Liguria in numero di morti per tumori, allapari con la Lombardia. Che il quadro sanitario di Galatina sia aggravato con un aumentoulteriore di tumori è anche denunciato nel Registro dei Tumori 2021 appena pubblicato, coni dati di incidenza che vanno dal 2013 al 2017.Lo stesso principio di precauzione consiglia di non rischiare la salute di giovani famiglie chemettono al mondo bambini, la parte più fragile della società, costruendo abitazioni a ridosso diuna zona industriale insalubre, come invece si sta facendo ancora oggi a Galatina, insistendonell’errore fatto negli anni ’70 del secolo scorso, o ri-attivando impianti insalubri, che andrebberoriconvertiti in green.Siamo convinti che quando si tratta di risolvere problemi di straordinaria importanza, come quellodi 30 o 100 posti di lavoro da tutelare, oppure il pericolo per la salute di 140.000 cittadini inermi,non lo debbano decidere solo alcuni rappresentanti della politica. Quando la questione èstraordinaria, si porta ad un tavolo di concertazione con tutte le forze sociali presenti sul territorio,anche con le nostre associazioni impegnate nella tutela dell’ambiente e della salute nei diversiprocedimenti autorizzativi.Certe responsabilità non devono pesare sulla coscienza o presunzione di nessuno, ne va deldiritto, ne va della democrazia, ne va dello stato di civiltà di una comunità, ne va del futuro deinostri figli.Basta fingere che il primato della più alta mortalità per tumori non esista, Galatina e la provinciadi Lecce sono sul podio. Non aspettiamo che il dolore delle persone che vedono morireprematuramente figli e parenti, diventi rabbia, o peggio ancora rassegnazione a doverbarattare il posto di lavoro con la perdita di salute propria, dei propri familiari o deiloro concittadini, rischiamo lo sfascio sociale.Auspichiamo l’impegno dei rappresentanti istituzionali, che si adoperano per il coinvolgimento dinuovi produttori di rischio, a non aprire le porte ad un altro opificio insalubre, di investire sullariconversione di Minermix in chiave green e di riflettere su quale soluzione possa portare ad unosviluppo sostenibile della nostra città”.

Fonte:  Il Gallo

 

PNRR e avviso per la presentazione di progetti per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie: l’appello del M5S di Galatina è fuori tempo massimo.

L’amministrazione del Sindaco Marcello Amante ha già candidato per il Comune di Galatina, con la Delibera di Giunta 85 del 30.03.22, un progetto di riqualificazione sull’immobile di via Bellini a Noha, per un investimento previsto di 2,5 milioni di euro.

Alcune riflessioni però sono necessarie. Su un avviso pubblicato il 23 novembre 2021 con scadenza il 7 gennaio 2022, prorogato poi più volte con ultima scadenza al 22 aprile (salvo ulteriore proroga), solo oggi il M5S ha un sussulto di sensibilità sull’argomento senza nemmeno informarsi se il Comune di Galatina ha candidato già un progetto?

Carpe diem allora o, come appare, un tentativo maldestro di strumentalizzazione politica pre-elettorale?

Rispediamo allora al mittente ogni generico e propagandistico “appello”, i titoli di bandi e avvisi possono leggerli tutti, ma a chi amministra, ovviamente, spetta l’onere approfondire valutando la possibilità di utilizzo e la probabilità di essere finanziati, perché talvolta si è “costretti” a scegliere considerando le risorse umane, prima che economiche, a disposizione dell’Ente.

Al M5S è richiesto, vista la sua presenza ormai da anni al governo dell’Italia, di trovare immediate soluzioni reali e attuabili per mettere gli uffici tecnici dei comuni in predissesto, spesso del Sud, nelle condizioni per poter elaborare e sviluppare i progetti del PNRR. Gli enti locali periferici, a più voci e da tempo, chiedono soluzioni operative, snellimento burocratico, possibilità assunzionale, sgombrando il campo da tutte quelle difficoltà che ingessano i Comuni in difficoltà e che rischiano, queste sì, di trasformarsi in impedimenti nel cogliere le opportunità.

Non accettiamo infine nessuna lezione di “legalità”, nemmeno velata, perché è stato chiaro a tutti sin dal primo giorno che l’amministrazione del Sindaco Marcello Amante la esercita nei fatti e non a parole. Qualora sfuggisse è bene ricordare che questa amministrazione, dopo otto anni di ingiustificato immobilismo, ha assegnato l’immobile confiscato a Noha in via Bellini all’associazione Levèra con uno dei primi atti formali.

 

Il consiglieri comunali

Vito Albano Tundo

Pierantonio De Matteis

 
Di Redazione (del 02/02/2024 @ 19:30:45, in Comunicato Stampa, linkato 961 volte)

CARNEVALE SOCIALE DI NOHA - Domenica 4 Febbraio 2024 alle ore 15:30

Il Carnevale Sociale sta per arrivare, come molti di voi sapranno, per questa prima edizione accenderemo i riflettori su un tema molto speciale: "Contro tutte le guerre". È il momento di unire le forze per celebrare la pace, l'armonia e la solidarietà!
 

Ore 15.00 - Raduno in Largo Michelangelo
Iniziamo tutti insieme a prepararci per l'avventura mascherata!
 

Ore 15.30 - Inizio sfilata con i gruppi mascgherati, scuole e associazioni di Galatina e il Carro allegorico a Tema Harry Potter del collettivo @novetrequarti2024
Una sfilata unica e colorata a favore della pace e dell'unità!
 

Ore 17.00 - Inizio esibizioni dei partecipanti
Lasciatevi sorprendere dalle performances straordinarie dei partecipanti, portando un messaggio di amore e fratellanza.
Gruppi Mascherati:

  • Abilmente Insieme;
  • Agribimbi;
  • Asilo S.Michele;
  • Furia Nohana;
  • Giorè;
  • Il Cielo è di tutti;
  • Istituti Comprensivi di Galatina;
  • Legambiente;
  • Levèra;
  • Liceo Colonna;
  • Liceo Vallone;
  • Noi Ambiente e beni Culturali;
  • Virtus Basket;

Ore 18.00 - Musica Live con Zigo e I Carosello Live&Cabaret
La giornata raggiungerà l'apice con la musica coinvolgente e lo spettacolo live, celebrando la gioia di vivere in armonia.

Non mancate a questa festa straordinaria che unisce divertimento, creatività e impegno sociale. 
Preparate i vostri costumi a tema "Contro tutte le guerre", portate l'entusiasmo e unitevi a noi per un Carnevale indimenticabile!
 

novetrequarti2024

 
Di Marcello D'Acquarica (del 17/07/2017 @ 19:30:04, in NoiAmbiente, linkato 2069 volte)

1.  Buttiamo

2.  Bruciamo (puliamo)

3.  Disinfestiamo.

Qualcosa non va. Il caldo?  La siccità? Si, certo. Contribuiscono, ma abbiamo le prove che gli attori di questo scempio sono umani, e non solo di questo pianeta ma, probabilmente, pure nostri concittadini. Non sono affari miei? Infatti, sono affari di tutti, almeno di chi vuole impegnarsi e avere l’umiltà di sforzarsi a R A G I O N A R E per capire che forse la civiltà è un’altra cosa.

Ultimamente quando spazziamo la terrazza  di casa (e pure dentro casa, dicono i miei amici Maria Rosaria e Fernando Sindaco) ci ritroviamo a raccogliere mucchi di paglia carbonizzata. Certo che il vento fa un bel lavoro in quanto a energia, deve tirare su da terra e anche trasportarle da lontano, un sacco di cose. E chissà quante di queste “pagliuzze” o fibre, come vengono chiamate in gergo tecnico, si infilano nei nostri polmoni.

Ma tanto  non si vedono e quindi, qualcuno potrebbe pensare,  che ce ne frega a noi? Vero? L’importante è buttare via gli oggetti che non ci servono più e poi dargli fuoco, cosi teniamo lontani pure gli animaletti, tipo lucertole, topi e serpenti.

Praticamente paghi uno e prendi tre.

A pensarci bene però non sono così lontani i posti da cui arrivano queste fibre nere. Fibre, certo. Non si tratta solo di paglia o erba carbonizzata.

Se le ho analizzate? Non ce n’è bisogno. Basta andare a vedere gli incombusti che sono rimasti in terra dopo gli incendi. Centinaia di oggetti di consumo quotidiano: vasi di fiori, bottiglie in vetro e in plastica, scarpe, attrezzi da lavoro, sanitari, copertoni, tubazioni varie, lattine, secchi di calce, attrezzi per dare il bianco, lastre di eternit (..nit e non …net, praticamente cancro sicuro) ecc. ecc.

Non sono certo i marziani a buttare questi oggetti, tantomeno possono essere stati cittadini provenienti dai paesi vicini.

Quindi ho voluto fare un giro intorno a Noha, anzi dentro Noha e praticamente da sud a nord girando verso ovest, Noha è circondata da campi incolti e abbandonati. Peccato che però vengano presi in “cura” da un sacco di gente che non oso definire con nessun appellativo. E il guaio è che sono proprio in tanti. Insomma, cari amici miei, siamo circondati.

Mi rivolgo alle tante persone di Noha che sono stanche di questo malcostume rigonfio di ignoranza, non uso termini volgari ma il concetto è proprio quello che stai pensando.

Anche quest’anno, noi di FareAmbiente laboratorio di Galatina,  abbiamo ripulito (per cercare di dare l’esempio) un tratto di campi soggetti al trattamento annuale di “pulizia” piroglionesca. Abbiamo pulito, ma non è servito a niente. Due secondi dopo la popolazione di perbenisti nohani che fa le cose di nascosto, ha già buttato le sue spregevoli merdacce debitamente chiuse nelle borse di plastica.

Volevo solo avvisare i perbenisti nohani che non si vogliono bene e quindi non amano la vita, ma amano sporcare fuori dalla loro casa le nostre vie e le nostre campagne, che  i copertoni di camion e altre frattaglie sempre  debitamente in plastica,  depositati in via Galileo  Galilei,  dove qualche sera fa divampava l’ultimo  incendio, non  sono  ancora del  tutto  carbonizzati,  così  possono elargirci gradualmente ancora un po’ di puzza  e di fibre volatili. Quindi non affrettatevi a portare nuova immondizia. Fate pure con calma.

Marcello  D'Acquarica

 
Di Redazione (del 28/05/2021 @ 19:29:42, in NoiAmbiente, linkato 1288 volte)

Vogliamo ringraziare l’Amministrazione Comunale di Galatina, e in modo specifico l’Assessore ai lavori pubblici, Loredana Tundo, per aver accolto la nostra richiesta di sostituzione dei cartelli di segnalazione agli ingressi di Noha, oramai arrugginiti e quasi del tutto illeggibili. C’è mancato poco che si realizzasse la malsana idea che vagheggiava nella testa di qualche personaggio politico nostrano che confondeva gli accorpamenti amministrativi per una migliore sinergia economica  con l’eliminazione dei nomi delle frazioni. Capitava quando si chiedeva maggiore attenzione ai beni Culturali di Noha. Insomma è stato come aggrapparsi ad un salvagente bucato. Senza considerare invece il fatto che l’identità va salvaguardata e difesa, proprio in nome della diversità e della storia di ogni popolo, sia esso di 100, 1000 o di milioni di abitanti. L’identità soprattutto se affonda le sue radici nella storia, proprio come quella di Noha, è un valore.

E a proposito del nome di Noha, cogliamo l’occasione per una rapida carrellata dei suoi momenti storici, in tre macro momenti: 1192; 1550; 1804 per finire ai nostri giorni.

 

CONCLIUSIONE: nei documenti citati di seguito e nelle mappe antiche, Noha è sempre chiamata con i seguenti nomi: Noe, Nohe, Noia e a volte Novae; Soltanto dal 1811 in poi, allorquando fu pubblicata la nuova circoscrizione territoriale che divise la provincia di Lecce in Comuni, Circondari e Distretti, il Comune di Galatina considerò Noha come sua frazione, da questo momento il suo nome comparirà sempre come è oggi, NOHA.

Non si capisce bene il motivo per cui si sia voluto cambiare il nome senza sceglierlo dalla sua antica storia, ma non ha molta importanza, per nostra fortuna la storia non la si può cancellare. Ciò che è importante è continuare difendere la propria identità, fa parte anche del nostro bagaglio personale. Dimenticare vuol dire perdere la memoria e se non si ha memoria ci si perde facilmente in tutto.

 

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1192 - Jacopo Antonio Ferrari, celebre letterato, storico dei territori italiani nato a Lecce il 24 luglio 1507, in Apologia paradossica, Lecce, pagg.412-413, e più precisamente a proposito della concessione delle Baronie che avvenne nel 1192 (da “NOHA LA SUA STORIA” di Padre F. D’Acquarica, imc; Arti Grafiche Marino- Le; 18 marzo 2021). Scrive così:

Tancredi, volendo che quel più fortemente combattessero alle guerre che egli avea da fare, combattendo ancora per la difensione delle loro baronie, onde:

Al Cavaliere Simbiasi donò Morciano e Salve

Al Caval. Buonsecolo donò Racale e Felline

Al Caval. Incrini, Curigliano e Castrignano

Al Caval. Panevino, S.Pietro e Cutrofiano allora casali

Al Caval. Guarino, Surano ed Acquarica

Al Caval. Chiaromonte, Sternatia allora casale e Zullino

Al Caval. Goti, Vaste e Muro

Al Caval. Falconi, il casale di Galatola e Fulcignano

Al Caval. De Persona, Matino e Seclì

Al Caval. Montefusco, Aradeo e Bagnolo

Al Caval. Monteroni, Taurisano e Specchia

Al Caval. Lettere, Melpignano

Al Caval. DE NOHA, NOJA e Giordignano (è Nicola De Noha)

Al Caval. Capace, Barbarano e Brungo ora feudo disabitato in Muro

Al Caval. Maresciallo, Carpignano e Cursi

Al Caval. Securo, Cursano e Presicce

Al Caval.Lubello, Maglie e Sanarica

Al Caval.Fuggetto, Casarano e Taviano

Al Caval. Anibaldo, Minervino e Morciano

Al Caval.Remanno, Galignano e Martano.

Dal documento riportato siamo dunque informati che nel 1192  esisteva la Baronia di Noia dei Signori De Noha.

 

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Nell’opera “Descrittione di tutta Italia “ scritta nel 1550 da Fra Leandri Alberti, un frate fiorentino, dell'Ordine domenicano,  vicario del convento romano di Santa Sabina e inquisitore di Bologna probabilmente dal 1550 al 1551 o al 1552, alle pagine 196 e 197, ci descrive quello che vede percorrendo il Salento da Otranto verso Gallipoli, e nel tratto in cui si avvicina a Noha, scrive:

Come dinanzi ho detto, si veggono assai ville, e contrade molto habitate dai Greci, in questo paese che si ritrova fra Otranto e Corliano, che è tutto dilettevole e producevole di saporiti frutti. Più oltre Corliano, 5 miglia, appare il nobile Castello di S, Pietro in Gallatina, posto fra e grandi selve di olivi. H ala Signoria di questo Castello Ferrando della Nobile famiglia de ii Castriota, che quivi vennero dall’Albania, fuggendo davanti ai Turchi. Egli è questo Signore molto humano e generoso, quindi parrtendosi e camminando un miglio appare Soleto, molto antico luogo, circa il piccolo colle che riguarda a mezzo giorno, posto, Soletum da Plinio nominato, del quale yiene la signoria il Duca di S. Pietro in Galatina. Non meno è pieno il paese di questo Castello di Olivi di quello di S. Pietro in Galatina sopra nominato. Dopo tre miglia ritrovasi Sternatia, da Otranto discosto tredici miglia, fra questo luogo e Otranto da ogni lato vedensi Ville Contrade e  Castella, tra i quali vi è Scuriano discosto dal bastardo otto miglia, e da cui appare il fortissimo castello di Noia posto in forte luogo.

 

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Lorenzo Giustiniani, docente di critica d'arte all'università partenopea, nella redazione del suo Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, opera monumentale del 1804,  di Noha scrive:

NOE, NOHE, NOJA, come trovasi diversamente presso gli autori, e nelle carte de’ bassi tempi, è una terra in Otranto, in diocesi di Nardò, distante da Lecce miglia 15, e 7 da Nardò. Vedesi edificata in un’altura ove respirasi aria mediocre e si vuole di molta antichità ed abitata da Greci. Il suo territorio è fertile in grano e in vino. In oggi trovasi abitata da circa 500 individui tutti addetti alla sola agricoltura. Or questa terra del Ducato di Puglia era di qualche riguardo nei tempi dei Normanni, infeudata all’uso Longobardo, e colla contribuzione di 4 militi. In oggi è unita al Ducato di Sanpietro in Galatina della famiglia Spinola.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 15/12/2021 @ 19:28:42, in NoiAmbiente, linkato 723 volte)

Gentile Direttore, o caro Don Francesco (che preferiamo), oggi osservando per caso i giornali esposti in un'edicola della nostra cittadina, ci è "caduto l'occhio" sull'editoriale dc "Il Galatino" n. 18, del 5 c.m. e siamo rimasti sorpresi e nel contempo contenti. Sorpresi perché proprio stamattina, parlando fra noi soci del direttivo di NoiAmbiente, dei gravi problemi che sempre più spesso uccidono, nel senso vero della parola, molti nostri concittadini, si diceva così: "non leggiamo mai su nessuna testata giornalistica galatinese notizie che riguardano l'alta percentuale di inquinamento che grava stilla popolazione e di quante sorgenti e produttori di inquinanti ci circondano.
Questa de "Il Galatino", quindi è la sorpresa. Dobbiamo quindi dirti grazie, caro Don Francesco, pur trattandosi di una bruttissima questione. Ma è inutile nascondere la testa sotto la sabbia e fingere che vada tutto bene. La verità soprattutto se "brucia" va denunciata con forza. Contenti, invece, lo siamo perché finalmente un giornale galatinese importante per la sua storia e la sua ricchezza culturale, ha il coraggio di denunciare. Hai fatto bene a ricordare il primato attuale di Galatina: altissimo tasso di mortalità per tumori.
È vero, il Santo Padre non perde occasione per gridare al mondo che così come stiamo vivendo non va bene. È anche vero che l'umanità vive tutta sotto uno stesso ciclo c il cambiamento climatico coinvolge l'intero pianeta. Ma è anche vero che il ciclo dei nostri 16 comuni (Galatina, Galatone, Maglie, Soleto, Sternatia, Zollino, Corigliano d'Otranto, Cutrofiano, Soleto, Cursi, Neviano, Collepasso, Scclì, Melpignano, Castrignano dei Greci, Sogliano Cavour), quelli indicati come Cluster per la percentuale più alta del tumore ai polmoni, ci crollerà addosso prima del resto. Crediamo che sia inutile fingere di non sapere, ma soprattutto insistere nel non ritenerlo prioritario. Prioritario su tutto, perfino sul lavoro, a che serve avere il lavoro se poi ti uccide e fa ammalare i tuoi stessi figli? Prioritario quindi è vivere in un ambiente salubre. Per prima cosa conviene  essere tutti d'accordo su questo punto, e gridarlo da un unico altare: salvaguardiamo il nostro Salento. Sia il progetto Protos, che il registro dei tumori della ASL provincia di Lecce, sia il progetto Minore promosso e realizzato da LILT (Lega Italiana contro la Lotta ai Tumori), che lo Studio I.MP.AIR, inerente ai danni precoci al DNA dei bambini di Galatina portato avanti dall'Università del Salento, tutti stanno gridando sempre più forte che il nostro territorio è avvelenato dalle emissioni di metalli tossici prodotti dagli opifici (e i Comuni di Galatina, Soleto e Sogliano sono circondati da attività insalubri) che bruciano ancora carbone e ora perfino rifiuti, che mangiamo plastica triturata negli alimenti, come succede ai pesci senza esserlo, pesci.
Infine un ultimo appello lo rivolgiamo a te Don Francesco che hai dato voce a questo dramma: solo uniti saremo più forti.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali 

 

Cari Amici di "Noi Ambiente e beni culturali", condivido con voi le preoccupazioni esposte. Dobbiamo aiutare la nostra terra a recuperare la sua vitalità se vogliamo vivere. L'aria sana e i prodotti della nostra terra sono la cura migliore perla nostra salute e la garanzia per il nostro futuro. É necessario pertanto: coraggio, retta intenzione e verità. Uniti per la vita. Le scelte da compiere sono chiare e inequivocabili, occorre solo perseguirle. Non più parole, ma fatti. Quasi in ogni famiglia o nella parentela c'è una persona che soffre e con lei soffriamo anche noi. Non possiamo essere indifferenti. Non scartiamo mai chi è inchiodato ad un letto o legato ad una flebo. Ascoltiamo il loro grido, condividiamo le loro lacrime e daremo sapore ai nostri giorni. Fermiamoci e ripartiamo bene. Si può, si deve. È importante per tutti noi. Ora o mai più. Grazie amici. Un abbraccio. Non stancatevi di osare per il bene di tutti. 

Don Francesco Coluccia 

 

 

Illustrissimo Signor Sindaco,

sono una cittadina di Noha molto amareggiata, amareggiata e delusa per il modo in cui è trattato il nostro cimitero. Si tratta, nel caso specifico, dello stato di degrado degli ultimi lotti a tre livelli che insistono nella parte nuova, a Sud Est del cimitero (vedi schema allegato).

Non entro nel merito del degrado e del livello di insicurezza che ha raggiunto l’abitato. Mi riferisco alle strade, ai marciapiedi e alla circolazione. Ma il cimitero è un luogo piccolo da manutenere, non ha certo l’estensione di una città, il cimitero è un luogo per noi cittadini che va oltre il sacro, un luogo che va rispettato dalla prima all’ultima pietra per moltissimi motivi, che sicuramente conosce bene.

Veniamo al punto e cerco di descrivere quali sono i problemi che mi hanno rattristato così tanto:

  1. I lotti di tombe evidenziati nello schema hanno i solai invasi dalle piante selvatiche che con le loro radici stanno lentamente inficiando la tenuta della copertura, con il conseguente allagamento delle tombe sottostanti.
  2. Nel caso del lotto indicato con la lettera “A”, la situazione è ancora più grave, in quanto il piano su cui è stato edificato tutto il blocco di loculi ha una evidente pendenza che porta le acque piovane ad ammucchiarsi nella zona attigua, e non essendoci impianti di scolo delle acque stesse, tutte le tombe del piano terreno restano completamente a mollo per molto tempo.

Ne abbiamo avuto prova il giorno in cui è stato riesumato mio padre (01-07-2019), lo possono testimoniare anche gli addetti ai lavori, i quali appena rimossa la prima pietra si sono allarmati per la grande quantità di acqua biancastra che ne è fuoriuscita, a tal punto che vista la straordinarietà dell’evento, stavano per sospendere i lavori di estumulazione.

Non le dico le condizioni dei resti di mio padre, una poltiglia indescrivibile, qualcosa di veramente inqualificabile, cose inammissibili per noi cittadini del terzo millennio e di un Paese che di definisce civile.

Mi chiedo con quale coscienza si lascino adibire a luoghi di sepoltura dei loculi soggetti a continui ristagni delle acque piovane, con i rischi connessi alla sicurezza della salute dell’ambiente circostante, infatti al di là del muro di recinzione del cimitero, il terreno che lentamente riceve le acque “filtrate” dalle salme decomposte, è anche coltivato.

  1. Ed eccoci al terzo motivo che mi ha costretta perfino a chiedere aiuto alle Forze dell’Ordine (I Carabinieri di Galatina in via della Costituzione).

I resti non identificabili in ossa o parti personali del mio papà, nel caso specifico la poltiglia nerastra inqualificabile di cui le dicevo prima, sono stati raccolti dal personale addetto all’esumazione, in un contenitore apposito e lasciato stazionare per ben undici giorni in un angolo all’aperto, alla mercé di tutto e di tutti, e non in un “distinto e adeguato punto di raccolta”, come detta il “Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria”, art. 85. (fruibile in rete sul sito comunale: https://www.comune.galatina.le.it/amministrazione/attivita/tutti-gli-atti/item/regolamento-di-polizia-mortuaria)

Ho insisto non poco con gli addetti ai lavori, anche presso gli uffici comunali, affinché riponessero i resti del mio papà in un luogo più discreto e adeguato, ma non ottenendo alcuna soluzione sono stata costretta a rivolgermi alle Forze dell’Ordine, che prontamente, o quasi, hanno risolto la questione dei rifiuti speciali.

Non ho più parole per esprimere la mia indignazione. Può capire benissimo il dolore e il disagio vissuti in questa operazione, Le chiedo pertanto di fare in modo che cose di questo genere, come quelle descritte nei miei tre punti, non debbano più accadere ad altre persone, ma soprattutto di far risanare al più presto i lotti cimiteriali di cui sopra”.

Cordiali Saluti

Marisa Scalese

 
Di Redazione (del 30/08/2020 @ 19:26:11, in NoiAmbiente, linkato 1508 volte)

Gentilissimo Assessore Loredana Tundo,

entriamo nello specifico senza perderci nei lunghi meandri del degrado che regna da decenni dentro e fuori Noha. Ci rivolgiamo all'Assessore ai lavori pubblici e all'urbanistica, ruolo che il Sindaco, come egli stesso ha dichiarato in varie occasioni pubbliche, ha voluto riservare ad una persona di NOHA.

Non poteva certo fare scelta migliore.
Lasciamo per ora da parte la storia di quei benedetti beni Culturali di Noha, che, come molti in questo periodo, sembra siano andati in ferie, nonostante in passato, e per secoli, non abbiano mai fatto un turno di riposo, dando lustro, identità e peculiarità alla nostra comunità nohana, o per meglio dire di Noe, Noje o Nove, come si usava scrivere su tutte le  carte fino agli inizi del secolo scorso.

Sono trascorsi 50 anni da quando P. Francesco D'Acquarica, pubblicò il primo libro sulla storia di Noha sbatacchiandoci sotto il naso la nostra civiltà, l’arte e quindi la storia e le storie: delle tre torri, delle tombe messapiche e dei loro menhir, del castello con case di corte e casiceddhre annesse, del frantoio ipogeo, delle chiese, dei cimiteri sottostanti le chiese stesse e dei palazzi, della torre dell’orologio, della trozza, delle masserie, eccetera.

Ma la nostra, forse, è una storia di periferia e a quanto pare non degna di attenzione da parte delle amministrazioni galatinesi.

Con questa lettera aperta, intendiamo invece evidenziare il senso di disagio, per dire la verità il senso rasenta la vergogna, e la vergogna ha a che fare con la bellezza, in quanto è determinata dalla percezione della violazione delle norme (cfr. Gianrico, Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano, 2010, pag. 65), dicevamo quindi, il senso di disagio che si prova quando si entra o si  esce da Noha percorrendo via Aradeo. Non è che venendo da Galatina o da Collepasso (gli altri due ingressi principali) la cosa sia meno imbarazzante, ma se non altro non hanno l'onore di aprire l'accesso verso il nostro camposanto.

Ecco. Andare al camposanto è un po' come dire: " meglio chiudere gli occhi per non vedere".

Correva l'anno 1951, e magari testimoni ancora viventi lo possono confermare, la via Aradeo era ancora da asfaltare e finalmente, dopo ben 25 anni di progetti, verifiche e carte per costruire il camposanto, il progetto venne realizzato e con esso il sontuoso viale di eucalipti che ha donato ossigeno e dignità per quasi settant’anni sia a chi andava via da Noha, sia a chi vi entrava.

Lo diciamo da anni che quel tratto di strada è in uno stato indecoroso sia dal punto di vista dell’immagine che della sicurezza. La risposta alle nostre richieste è sempre stata la stessa: le idee non mancano.

Finalmente, dopo ormai quattro anni di resistente e intenso lavoro di questa amministrazione, per uscire dal tunnel del “grande debito” comunale, si sentono annunci di progetti che valgono addirittura milioni di euro e che quindi, grazie all’impegno di tutto l’organico amministrativo,  pare debbano scivolare su Galatina, e noi speriamo un po' anche su Noha, magari cominciando a salvare questa ultima sporca dozzina di eroi che hanno visto e aiutato a crescere almeno tre generazioni. In fondo la pista pedonale, seppur striminzita, è già tracciata, e i primi 5 metri ci sono già, si tratta solo di completare gli ultimi 495.

Ci chiediamo come abbiano potuto fare i nostri genitori e nonni nel 1951, dopo appena sei anni dalla fine della seconda guerra mondiale, tempi di sacrifici, di miseria e di emigrazione, come abbiano potuto realizzare un’opera così grande, il Camposanto ed un viale lungo circa 700 metri di maestosi eucaliptus, e oggi, che invece strombazziamo ricchezza e benessere a destra e manca, siamo soltanto capaci di creare deserti.

In conclusione chiediamo:

  • Che venga portata a termine la pista pedonale su via Aradeo;
  • Che siano salvati gli eroi esistenti e piantati quelli distrutti per costruire il nulla;
  • Che vengano ripristinati i viali alberati di via Castello e via Collepasso;
  • Che sia realizzata una pista ciclopedonale su via Dalla Chiesa;
  • Che vengano messi dei dissuasori per limitare la velocità degli autoveicoli su via Aradeo, via Collepasso e via Dalla Chiesa.

 

Gli alberi sono la salvezza della Terra.

Certi di una sua risposta e interessamento concreto alle questioni in oggetto, porgiamo i nostri più Cordiali saluti

Il Direttivo di NoiAmbiente

 
Di Redazione (del 16/05/2019 @ 19:25:40, in Comunicato Stampa, linkato 975 volte)

“Il Maggio dei Libri” è la campagna nazionale promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i beni e le Attività Culturali e del Turismo, e persegue l'obiettivo di promuovere il valore sociale della lettura come elemento di crescita personale, culturale e civile. La Biblioteca “Pietro Siciliani”  anche quest’anno aderisce al progetto.

 “Se voglio divertirmi leggo”  è lo slogan dell’edizione 2019,  con questo motto giocoso  la biblioteca ha programmato attività pensate soprattutto per i bambini e le loro famiglie; incontri informativi per conoscere i benefici della lettura sin dalla più tenera età rivolto agli adulti; la presentazione della famosa graphic novel “Nostra Madre Renata Fonte” di Ilaria Ferramosca; attività di promozione alla lettura per le scuole dell’infanzia e le scuole primarie;  la finale di “Lettori in gioco” , il progetto realizzato con la scuola secondaria dei primo grado del Terzo Polo di Galatina;

Questo il programma

Martedì 7 .Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:00-12:00

Giovedì 9. Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni della classe prima della scuola primaria dell’Ist. com. Primo  Polo. Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:00-12:00

Sabato 11. Storie col Ciuccio: Incontri informativi sui benefici della lettura per la prima infanzia, esempi di lettura dialogica, esposizione di libri che stimolano le emozioni e la mente del bambino più di altri. Ore 17:00. Incontro per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni.  Su prenotazione

 Martedì 14. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:00-12:00.

 Mercoledì 15. Secondo incontro conoscitivo per i potenziali Lettori Volontari per bambini da 0 ai 6 anni. Dalle ore 16:00. Incontro curato dalla dott.ssa Giovanna Rosato referente AIB-Puglia sez. Biblioteche Ragazzi e Nati per leggere. È gradita prenotazione

Giovedì 16.Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni delle classi  della scuola primaria dell’Ist. com. Primo  Polo.  Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:30-12:00

Martedì 21. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:30-12:00.

Venerdì 24. Presentazione del  graphic novel  Nostra Madre  Renata Fonte di Ilaria Ferramosca.  Esposizione degli otto elaborati vincitori del Library’s Talent con i vincitori come ospiti. Dalle ore 17:30 alle ore 19:00. Incontro gratuito aperto a tutti.

 Sabato 25. Storie col Ciuccio:Incontri informativi sui benefici della lettura per la prima infanzia, esempi di lettura dialogica, esposizione di libri che stimolano le emozioni e la mente del bambino più di altri. Ore 17:00. Incontro per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni. Su prenotazione

 Martedì 28. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:30-12:00

Giovedì 30. Lettori in Gioco: finale del gioco pensato e realizzato per le classi seconde della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Terzo Polo di Galatina. Sfida tra le classi in biblioteca, premiazione vincitori. 

Martedì 4 giugno.  Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni della classe prima della scuola primaria Ist. Comp. Terzo Polo . Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:00-12:30

Gli incontri sono gratuiti e aperti a tutti tranne quelli indicati diversamente. Per info e prenotazioni scrivere a chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it  o  telefonare allo 0836-565340

Ufficio Stampa Amante

 
Di Marcello D'Acquarica (del 25/03/2014 @ 19:24:50, in NohaBlog, linkato 3690 volte)

Ieri, come capita ogni tanto, mi ha chiamato al telefono l’amico Antonio Mellone per dirmi che dalle terrazze della casa comunale di Noha hanno portato via una camionata di terra.

Bene! Concludo. Allora questo dimostra che scrivere e denunciare lo stato del degrado che regna sovrano sui beni culturali di Noha a volte serve a qualcosa.

A questo punto, per evitare che al prossimo sforzo debbano intervenire con intere carovane di autotreni per portare via le macerie dei restanti beni culturali di Noha come, dico a caso, la torre medievale, le casette, la casa rossa, la torre dell’orologio, il calvario che si appresta a sprofondare negli abissi della terra, la masseria Colabaldi, il frantoio ipogeo e tutto il centro storico di Noha, incoraggiato anche dal mastodontico sforzo dell’Amministrazione Comunale, rivolgo l’ennesima lettera aperta agli addetti ai lavori:

  • Signor Sindaco, dottor Cosimo Montagna, dov’è finita la documentazione che in occasione della festa di San Michele Arcangelo dello scorso anno, e precisamente nell’omonima piazza, in presenza del nostro “consigliere delegato”, consigliera avv. Daniela Sindaco, disse che avrebbe fatto vagliare dai suoi tecnici?
    (http://www.noha.it/NOHA/articolo.asp?articolo=868)
  • Assessore alla cultura, dottoressa e professoressa Daniela Vantaggiato, che fine hanno fatto i suoi buoni propositi riguardo sempre ai beni culturali di Noha, dietro mio invito a leggere la lettera aperta rimasta appunto aperta, in occasione di una sua visita al Presepe Vivente del Natale 2012 a Noha?
    (http://www.noha.it/NOHA/articolo.asp?articolo=868)
  • Assessore ai LL.PP, Sport e Politiche giovanili, ingegnere Andrea Coccioli, rispondere alle lettere richiede meno impegno che partecipare in una sede di partito, dove il dialogo rischia di diventare un monologo e le decisioni conseguenti, semmai ce ne fossero, un perseverare dell’errore. Non trova?
    (http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=1283)
  • Consigliere dottor Gian Carlo Coluccia, Sindaco al tempo della lettera allegata, perché non c’è mai una risposta alle nostre domande, compresa la lettera di sollecito per la Soprintendenza consegnatole a domicilio?
    (http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=225)
  • Avvocato Roberta Forte, che fine ha fatto l’impegno promesso nel febbraio del 2008 durante una serata “consiliare” nella sede del Circolo Culturale Tre torri di Noha, in presenza dell’avvocato Daniela Sindaco e dell’allora Sindaco Dottoressa Sandra Antonica? Problemi di memoria corta? O semplice disinteresse per la cultura?
    (http://www.noha.it/NOHA/photogallery.asp?dir=Serata_Consiliare_2008)

Non rispondere a domande democraticamente rivolte è un cattivo segnale che lancia messaggi diseducativi, non solo nei confronti del sottoscritto, ma all’intera cittadinanza.

Perché mai nessuno di voi si è degnato non dico di tentare di salvare il salvabile dei nostri beni culturali, ma semplicemente di formulare una risposta, magari banale, magari anche negativa in merito? Non trovate che una risposta alle domande formulate dai cittadini siano un segnale forte, magari in grado di farci ricredere su quell’assioma che vede Noha (ma anche Galatina) solo come una terra di conquista in tempi di elezioni politiche?

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 06/10/2023 @ 19:24:28, in Comunicato Stampa, linkato 314 volte)

L’evento “I Love 80 & 90 Party” del 16 agosto u.s. è stato considerato unanimemente, soprattutto dagli “addetti ai lavori”, il più importante dell’estate salentina 2023 sia in termini di presenze, che di qualità dello spettacolo e di ricaduta economica; abbiamo regalato una bellissima serata gratuita e una “boccata di ossigeno” per le tante attività commerciali galatinesi.

Ma c’è un altro motivo, non meno importante, che ci ha resi particolarmente orgogliosi: grazie al ricavato della vendita delle t-shirts, ricordo della serata, possiamo finanziare piccoli lavori di rimozione barriere architettoniche e/o di ostacoli che non permettono la completa mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita, tipo marciapiedi senza rampe.

Di comune intesa con l’Amministrazione comunale, l’Assessorato ai Lavori Pubblici, la Direzione Programmazione strategica e lavori pubblici e il Servizio Demanio e urbanizzazioni, mobilità urbana e trasporti, nella persona del Geometra Saverio Toma, oggi, 05 ottobre 2023, abbiamo realizzato un altro scivolo, l'ennesimo, dopo quelli realizzati nel 2022 in via Grotti e in via Venezia angolo via Soleto a Galatina.

Qui siamo in via Roma angolo via Viola, nei pressi del Caffe del Corso a Galatina.

In questo modo speriamo di sviluppare la cittadinanza attiva e le competenze civiche e svolgere quindi un ruolo di “catalizzatore” delle energie presenti nella comunità, incoraggiandone l’emersione per la cura dei beni comuni.

Se avete voglia di contribuire in questa splendida ed emozionante maratona di solidarietà non vi resta che contattarci.

Associazione “Quelli di piazza San Pietro 2.0”

 

L’attuale arciprete don Francesco Coluccia nel 2008 ha fatto restaurare la tela dell’altare del 1717 dedicato alla Madonna di Costantinopoli. Grazie a questo restauro sono apparse con grande evidenza le lettere COD, iniziali del committente: il Chierico Orazio Donno. Orazio Donno era un cittadino di Noha, molto pio e devoto, visto che nei registri parrocchiali è classificato come chierico “selvaggio” o “cresto”, facoltoso e “sagrestano”.

Per quanto riguarda la cappella di via Collepasso dedicata alla Madonna di Costantinopoli possiamo aggiungere quanto segue.

C’è un altro atto notarile molto interessante tra i protocolli del notaio Marc’Antonio Cesari di Galatina datato 23 febbraio 1720, stipulato tra “OratiaPaglialonga vedova del fu Donat’Antonio Donno Doctoris Jure Romano, et Natalitia Donno sua figlia e Oratio Donno dello stesso Casale di Noha, Procuratore della Venerabile Cappella o Chiesa di Santa Maria de Costantinopoli sempre di Noha”. Con molta evidenza qui si parla di una “chiesa” e il riferimento alla nostra attuale chiesetta è indubbio. Madre e figlia vendono un terreno con “arbori sedici di olive sito nel feudo di Noha loco detto Sozzurella vicino li beni di Pietro Mastria da levante, li beni dell’heredi di D. Angelo Vonghia da borea, li beni di Ramondo Capano da gerocco, et altri confini il cui valore, secondo quanto stabilito da esperti comunemente eletti, è di ducati trenta. Ma essendo la proprietà pignorata per quindici ducati da parte di Angelo Antonazzo, Orazio Donno [si tratta sempre del nostro Orazio Donno, ndr.] si impegna a versare i quindici ducati all’Antonazzo per estinguere il debito, e con li restanti ducati quindici alle dette madre e filia in moneta argenti. Il detto Orazio “per sua devotione delega alla detta Venerabile Cappella li detti trenta ducati col peso di celebrarsi lì una Messa l’anno in perpetuum secondo la sua intentione nel giorno della festività del Corpus Domini all’Altare di detta Cappella”.

Si può dunque con certezza concludere che nel 1720 (non con la struttura attuale) esisteva la chiesa della “Madonna di Costantinopoli” sulla via Collepasso.

Oltretutto nel registro dei defunti di Noha del 1746 il parroco don Andrea Soli così scriveva:

A 13 Febraro 1746 si trovò nella cappella della V. di Costantinopoli fuori del Casale una figliola di pochi giorni morta con un biglietto et diceva = è battezzata, cioè ha avuto l'acqua dalla mammana, solo li mancano le cerimonie della chiesa: si chiama Angelina. Fu da me portata dal Sindico morta, ho letto il biglietto e li ho data l'ecclesiastica sepoltura in questa mia chiesa come di sopra. Firmato dall’arciprete Don Andrea Soli.

In un  documento del 1829 leggiamo :

N.169 - Noha li 19 Novembre 1829 - Tommaso Verdicchia figlio de’ coniugi Luigi e Rosa Memmi ambedue di Casarano trovandosi di passaggio si sgravò vicino alla Cappella di Costantinopoli, e li convenne cercar asilo in questo Comune, nacque a dì 15 d. ad ore 20.  Li Padrini furono Pasquale Chittani e Giovanna Tundo e fu da me battezzato.  Nicola Valente Arciprete Curato.

[Continua]

P. Francesco D’Acquarica i.m.c

 
Di Redazione (del 25/05/2023 @ 19:22:13, in NoiAmbiente, linkato 465 volte)

Lunedì, come Associazione NoiAmbiente e beni Culturali, abbiamo avuto il piacere di incontrare tre classi dell’Istituto Comprensivo Polo 2 Scuola Primaria di Noha, esattamente due quarte ed una quinta, in tutto poco meno di una cinquantina di alunni che ci hanno davvero sorpreso per la loro disciplina e per la vivace partecipazione ai temi in questione.

Incontrandoli in due gruppi separati, per ragioni organizzative, abbiamo constatato un livello di preparazione omogeno e certamente di alta qualità.

L’esercitazione si è svolta in questo modo: con l’ausilio di figure in cartone già ritagliate per l’occasione i bambini hanno avuto modo di “compilare” due planisferi partendo dalla condizione del pianeta terra priva di tutto, e inserendo successivamente i continenti e i relativi esseri viventi, animali e vegetali di pertinenza, e naturalmente una vasta rappresentanza di rifiuti con annessi alberi secchi, pesci aggrovigliati nelle plastiche e ciminiere fumanti.

Siamo rimasti sorpresi dalla loro rapidità nel sapere individuare le parti predisposte per formare le due condizioni rappresentative della terra: una con la vita illustrata con giochi per bimbi, alberi, animali e habitat in piena salute, ed una seconda terra ingolfata da rifiuti, incendi, veleni e alberi eradicati.

Il dialogo che è seguito, accompagnato da due simpaticissimi filmati, è stato molto interessante, per il loro ascolto ma soprattutto per la loro espressa convinzione di essere pronti a far cambiare direzione al destino del nostro pianeta, partendo esattamente da Noha. Magari fosse così: purtroppo molte catastrofi partono dall’alto e non dal basso, nascono dalla voglia di profitto e dall’assenza di regole (ovvero da norme fatte a uso e consumo dei potentati economici), dal considerare i beni comuni come cosa privata.

Ci siamo salutati con l’impegno da parte di ognuno di continuare a studiare sempre più approfonditamente, non fosse altro che per legittima difesa, di provare a individuare le cause dei disastri e quindi la loro cura effettiva senza dar retta ai soliti palliativi, di evitare come la peste bubbonica privati e aziende dedite al greenwashing, che fingono cioè di essere a favore della salute ambientale, e sicuramente a consolidare sempre di più il senso civico di ognuno, quello della cura e del rispetto del proprio piccolo mondo, come può essere Noha.

Siamo grati alle maestre che ci hanno offerto questa opportunità, ma soprattutto agli uomini e alle donne del futuro che ci hanno dato ascolto con curiosità, gioia e fiducia.

Nel corso dei due incontri, tutti gli alunni, maestre comprese, hanno mostrato molto interesse verso le immagini dei beni culturali di Noha: siamo certi che saranno in mani migliori rispetto alle – diciamo - attuali.

Sarà per noi un grande piacere accompagnare i piccoli Indiana Jones nohani in un auspicabile  tour conoscitivo.

Grazie molte, Quarta “A”, Quarta “B” e Quinta “A” del Polo 2 Scuola  Primaria di Noha!

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 16/06/2023 @ 19:21:23, in Comunicato Stampa, linkato 375 volte)

Noha – Sabato 17 Giugno 18.30

Inaspettato fuoriporta. Noha tra archeologia rurale a industriale.

Passeggiata informale con il divulgatore Marcello D’Acquarica per scoprire attraverso i siti di Masseria Colabaldi, Casa Rossa, Torre Medievale, l’ex fabbrica di Brandy Galluccio, le iconiche Casiceddhre , la Chiesa Matrice e altri che verranno svelati durante il percorso, la storia e lo sviluppo della frazione di Noha.

CURIOSITA’. Nel corso della passeggiata si farà sosta all’interno del giardino dove era custodito il primo quadro elettrico del nucleo urbano di Noha.

 

Punto di ritrovo Masseria Colabaldi – Via Carlo Alberto Dalla Chiesa

 

A cura di Noi Ambiente e beni Culturali 

Siete tutti invitati a partecipare a queste incredibili passeggiate esperienziali immersi nell’unicità di Noha.​

 
Di Dante De Ronzi (del 07/11/2018 @ 19:20:44, in Comunicato Stampa, linkato 1211 volte)

Nel mentre infuria e imperversa  la polemica sullo chiusura al traffico del centro storico c'è una categoria di cittadini che è sempre rimasta fuori dalla mischia.

Sono i residenti, quelli che ci abitano, che ci vivono, spesso proprietari degli immobili.

Sono quelli che hanno investito i loro risparmi per recuperare dal degrado un patrimonio storico architettonico di inestimabile valore.

Sono quelli che presidiano tutti i giorni, giorno e notte, gli spazi pubblici antistanti contribuendo al loro decoro, alla pulizia, alla sicurezza e al vivere civile.

Sono quelli che, avendone preso consapevolezza, rappresentano un argine e una difesa dall'abusivismo.

Un caso tra tutti, già segnalato alle cronache cittadine, è quello di corte  Vinella oggetto di gravi abusi edilizi effettuati nientemeno che da cittadini d'oltralpe.

Corte Vinella si è guadagnata la copertina di una recente splendida pubblicazione Editore Congedo, Costantini autore, ed è annoverata come una tra le più belle case a corte del mediterraneo, un autentico gioiello architettonico meta imperdibile di turisti e visitatori.

Sono quelli che vigilano per salvaguardare il patrimonio pubblico e privato, di cui ne sono fieri, da abusi ed atti vandalici segnalando prontamente.

Sono quelli che, conoscendosi tutti di persona, formano comunità.

Comunità integrata, solidale, forte e radicata nei valori di buon vicinato e di rispetto reciproco, caratteristiche queste da sempre coltivate nella vita degli spazi chiusi delle Corti, delle piccole piazzette e dei vicoli stretti del centro antico.

Certo non mancano le conflittualità, questo è fisiologico, ma nel centro antico, nel bene e nel male, non si è mai soli.

In questo, bisogna riconoscere, la sede della Polizia Locale ubicata nel cuore della città, con i propri addetti svolge un'azione decisiva nel redimere le controversie.

In aggiunta c’è da dire che i proprietari sono consapevoli di non essere realmente proprietari, sentendosi più appropriatamente “custodi” sia perché la durata del bene è di gran lunga superiore alle loro vite, ma soprattutto perché sanno che trattasi di bene vincolato e pertanto bene della collettività.

Considerando ciò, è ovvio che i residenti, vero cuore pulsante della città, rimangono sconcertati quando assistono a” singolar tenzone” scatenata da un esiguo gruppo di esercenti . Esercenti questi che, sfacciatamente, palesano tali comportamenti per dichiarato interesse personale, pretendendo di piegare la comunità intera ai loro scopi.

Invano si è cercato di far comprendere a questi signori che tali comportamenti guastano l’armonia e la magia dei luoghi e danneggiano in primis loro stessi.

Come si fa a non capire che ad un muso lungo di un esercente visibilmente contrariato è di gran lunga preferibile il sorriso di una mamma e le grida di gioia dei bambini che possono fruire liberamente degli spazi pubblici. E che dire dei tanti visitatori e turisti che procedono incantati col naso all'insù; e gli anziani ed i portatori di handicap ed i ciclisti si vogliono considerare?

I residenti conoscono benissimo tutte le attività commerciali presenti nel centro antico che, a dire il vero, non sono molto numerose.

Con quelle attività che si integrano e si adeguano solidarizzano e le adottano in comunità  frequentandole e promuovendole; con quelle che manifestano insofferenza e ostilità nei confronti della realtà dei luoghi mostrano indifferenza.

È normale che assistere a manifestazioni di denigrazione del centro antico con esposizione di manifesti da morto e corone per i defunti fa molto male e ferisce chi invece lo adora.

Il centro storico non è Morto ! Al contrario non è mai stato cosi ben curato, recuperato al novanta per cento, rivalutato, ristrutturato pregevolmente, oggetto di interesse e di investimento.

Molti sono gli  stranieri che, tra infinite località presenti sul pianeta, hanno scelto di venire ad acquistare a Galatina e viverci. A loro dire è magnifico….così com’è.

Questi nuovi concittadini leggono articoli su carta stampata che non comprendono, lontani anni luce dalla loro visione ed esperienza.

Se un certo tipo di commercio è morto, quello si, ed è morto dappertutto non certo per colpa della chiusura al traffico dei centri storici, non si riesce a capire chi ancora lo vorrebbe impiantare forzosamente proprio nel tessuto urbano meno adatto.

Galatina non è mai stata così bella, asseriscono i visitatori, si è ripresa la sua identità di agglomerato urbano di assoluto pregio.

A questo punto non ci vuole molto per comprendere Le istanze dei residenti.

A loro l'istituzione della ZTL appare un naturale riconoscimento del valore dei luoghi.

A loro la riduzione del traffico veicolare e dei parcheggi selvaggi giunge come una azione di buon senso.

A loro la chiusura totale ha accresciuto le condizioni di sicurezza.

Per tutti questi motivi incoraggiano  l'amministrazione a proseguire sulla strada della tutela del centro antico ed invitano altresì l'amministrazione a fare attenzione nel rilasciare licenze commerciali  appurando preventivamente se le stesse sono coerenti col tessuto urbano di riferimento.

Una istanza accorata è rivolta perché sia accresciuta la cura, la pulizia e l’igiene.

Una considerazione finale va fatta : nel centro antico si vive o si esercita un'attività per scelta non per obbligo.

Galatina, 06/11/2018

Un gruppo di cittadini, residenti ed esercenti

Elenco firme: Dante De Ronzi, Alessio Filieri, Salvatore Chiffi, Marilena Seclì, Antonio Romano, Giuseppe Selleri, Antonio Marra, Alessandra Filieri, Federica Serra, Alberigo Skera, Piero Santoro, Paolo Congedo, Giuseppe Ciccardi, Fernando Bello, Rosalba Meli, Sterile Lucia.

 
Di Redazione (del 21/11/2023 @ 19:18:38, in Comunicato Stampa, linkato 289 volte)

Quello che doveva essere la celebrazione della band salentina più famosa.
Quello che sarebbe stato lo spettacolo che avrebbe proiettato Galatina nel gothadel turismo nazionale ed internazionale.
Quello che sarebbe stato ricordato come la punta più alta dell' "epopeaverginiana", si sta rivelando un vero e proprio boomerang per la nostra Città.
Perché ora non si tratta più di censurare l'organizzazione di uno spettacolo, ditentare di tutelare l'immagine della Città, ipotizzando inesistenti reati di " lesamaestà", qui si tratta di aver compiuto una attività amministrativa in spregio alleistituzioni, manifestando una totale incapacità, inadeguatezza ed irresponsabilità.
L' avere chiesto di utilizzare un bene sequestrato alla mafia ed averlo ceduto aprivati, che hanno lucrato su quel bene, è una condotta a dir poco illegittima, cheviola il principio fondante del "Codice Antimafia" e cioè che la gestione dei beniconfiscati o delle somme ricavate dalla loro gestione devono essere versate nelFondo Unico Giustizia per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso.
Questa è l ' unica e vincolata destinazione che può essere data a quelle somme,non quella di arricchire un privato.
Ora, attendiamo che il Sindaco, se è ancora in tempo e prima che l'operato dellaAmministrazione sia sottoposta al vaglio delle autorità di controllo, compia quantonecessario per recuperare e versare quanto lucrato da quel kartodromo, nell'unico ed esclusivo interesse della Città, che - questa volta si - subirebbe ungravissimo danno di immagine.

PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI GALATINA
PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI NOHA

 
Di Redazione (del 09/03/2023 @ 19:17:37, in Comunicato Stampa, linkato 303 volte)

L' Istituto Comprensivo Polo 1 di Galatina e Collemeto ha promosso un percorso di approfondimento sulle tematiche di Ambiente e Legalità destinato agli alunni delle classi terze di scuola secondaria di I grado.

L’attività rientra nell’ambito del curricolo di educazione civica, relativa al percorso sull’ambiente, che vede coinvolte tutte le classi della scuola secondaria e si concluderà il 21 aprile, Giornata Mondiale della Terra con la condivisione dei lavori e delle riflessioni.

Obiettivo è promuovere negli alunni la conoscenza del proprio ambiente di vita, sensibilizzarli al rispetto della natura e far maturare la consapevolezza dell’importanza del ruolo di ciascuno e di tutti per poterla salvaguardare, contribuendo così a perseguire gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030.

In particolare, il percorso Ambiente e Legalità intende, avvalendosi del contributo di esperti, sviluppare negli studenti la competenza di “lettura” e “interpretazione” della propria realtà locale e la capacità di prendersi cura della stessa in un'ottica di salvaguardia e promozione della bellezza, al fine di avviarli verso quella cittadinanza attiva fondamentale per il contrasto della illegalità in tutti i suoi aspetti (dal caporalato, ai rifiuti, dall’eco-mafia alle infiltrazioni nella pubblica amministrazione, così come il rispetto e la tutela).

Sono stati così programmati nel mese di marzo alcuni significativi incontri realizzati anche con la collaborazione di Libera, Associazione impegnata a sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia:

- presso la sede della scuola secondaria
• 7 marzo, incontro di sensibilizzazione sulle mafie con il dottor Raffaele Casto, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi, e il dottor Mario Dabbicco, Coordinatore Libera Puglia, per conoscere il fenomeno Mafia e comprendere il rapporto mafia ed Ambiente;
• 13 marzo, incontro di sensibilizzazione sulle ecomafie con il Tenente Colonnello Dario Campanella, Comandante del Nucleo Operativo Ecologico Carabinieri di Lecce;

- presso Levera, la casa della legalità, bene confiscato alla Mafia, a Noha
• 17 marzo, incontro con la presidente Roberta Viva ed il vicepresidente Fernando Cacciuottolo di Levera per conoscere l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia.

Il percorso Ambiente e Legalità culminerà il 21 marzo, giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, con un collegamento ricco di interventi e partecipato dalle scuole che hanno aderito all’incontro on line con Libera Lecce e Libera Nazionale.

Fiorella Mastria

 
Di Dante De Ronzi (del 07/05/2019 @ 19:17:20, in Comunicato Stampa, linkato 1329 volte)

Vi ricordate quanto fece discutere qualche anno fa l'iniziativa del nostro amato concittadino vescovo di Oria Mons. Vincenzo Pisanello per aver donato un gran numero di tablet alle sue parrocchie ?

Credo invece che il vescovo Pisanello sia una persona illuminata e lungimirante, che intenda realmente operare per il bene della comunità e sopperire ad un enorme vuoto istituzionale.

Ha capito come pochi che  il crimine, la violenza, i reati, corrono veloci; si consumano, si diffondono, si emulano con gli strumenti e le tecniche  dell'era digitale.

Ha capito anche che le istituzioni  invece sono inefficienti, inefficaci perché operano  con modalità di risposta lente, antiquate, imbrigliate nella burocrazia.

Un esempio per tutti gli agghiaccianti video del caso Manduria.

Da una parte il branco tutti connessi in un rituale di esaltazione mostruoso dall'altra le grida disperate e inascoltate: Polizia, Carabinieri !   Polizia Carabinieri !

Questo episodio mi ha riportato alla mente una scena terrificante alla quale ho assistito qualche tempo fa.

Nella bucolica campagna salentina giocavano giulive un branco di oche.

Ad un certo punto hanno cominciato a litigare e quando una di loro a caso ha iniziato a sanguinare, come fosse giunto un segnale ancestrale, è stata immediatamente massacrata e uccisa da tutte le altre messe insieme,nessuna esclusa.

E’ l'istinto primordiale mi si dirà.

Sì è vero, ma l'uomo si è plasmato in millenni di civiltà in una cultura indirizzata all’amore e alla tolleranza ed ha raggiunto il suo punto più alto proprio nella difesa dei più deboli.

Certo che ci sono la polizia e i carabinieri, ma sono lenti non sono connessi.

Certo che ci sono i servizi sociali, magari anche aggiornati e sensibili ma sono lenti.

Certo che ci sono le istituzioni e le brave persone ma non sono connesse ed arrivano sempre a tempo scaduto.

Che mondo strano!

Sindaco Lei è il massimo rappresentante delle istituzioni locali e la ritengo persona intelligente e sensibile,  circondata tra l’altro da ragazzi svegli, esperti in uso simultaneo di diversi dispositivi (multitasking) e sempre interconnessi.

Si faccia promotore di una rivoluzione culturale che adegui e aggiorni i tempi di risposta delle istituzioni alle minacce dei nostri giorni.

Non ci vuole uno stratega militare per comprendere che ad una veloce azione ostile si risponde efficacemente solo con una altrettanto rapida azione di contrasto.

Ammoderni in primis il corpo della polizia locale valorizzandolo e istruendolo all’uso appropriato delle nuove tecnologie.

Il problema di chi non sapeva o non voleva neanche accendere un computer è superato perché lo smartphone lo usano tutti.

Chieda  collaborazione alle migliaia e migliaia di cittadini onesti portatori sani di orecchie ed occhi digitali.

Non occorrono risorse finanziarie  ma solo tanta buona volontà.

Con una semplice applicazione potreste disporre di un potentissimo mezzo di vigilanza e controllo a beneficio della sicurezza dei cittadini e della salvaguardia e tutela dei beni pubblici.

Coinvolga le opposizioni e l’intera comunità.

Non voltiamoci dall'altra parte, non organizziamo manifestazione postume, ricordiamoci per tempo che ognuno di noi potrebbe trovarsi nella condizione dell'oca sanguinante.

Dante De Ronzi

 
Di Redazione (del 25/09/2019 @ 19:15:55, in Comunicato Stampa, linkato 841 volte)

La Regione continua a spogliare l’ospedale di Galatina e a privarlo dei reparti che per legge dovrebbero essere presenti. Il 23 settembre la Giunta regionale ha approvato il nuovo Regolamento ospedaliero. Rispetto al precedente Regolamento del 2017 (che già aveva fortemente penalizzato l’ospedale in termini di posti letto passando da 255 a 143) perde Cardiologia e  Pneumologia, Geriatria. È vero che si tratta di reparti non previsti negli ospedali di base, qual è Galatina, ma mi chiedo perché sono previsti a Copertino e Casarano che hanno la stessa classificazione. Perché si fa la forzatura di lasciare Neurologia e Rianimazione a Casarano e a Galatina non si permette di avere reparti che hanno funzionato benissimo e servono in una rete ospedaliera che soffre per la mancanza di questi posti letto.

Chirurgia e Ortopedia passano da 12 posti letto a 5, per reparto, senza peraltro che sia presente la terapia intensiva. Nei tre ospedali di base: Galatina, Casarano, Copertino,  è stato inserito il reparto di riabilitazione con 24 posti letto, ma Geriatria è stata prevista solo a Copertino (30 posti letto) e a Casarano (24 posti letto). Rispetto ai 143 posti letto previsti dal Regolamento 7/2017, ora a Galatina ce ne sono 154 in virtù dell’apertura della Riabilitazione: 11 posti letto in più a fronte dei reparti essenziali che mancano, nonostante siano previsti dal Dm 70 del 2015. Un decreto invocato da tutti, ma a Galatina non rispettato.

         Tutto questo si è consumato con la colpevole complicità del sindaco Amante che oggi festeggia questa pseudo vittoria frutto di accordi stretti da lui a Bari. Con grande faccia tosta ci fa sapere che è il responsabile dello scempio che come cittadini paghiamo. La chiusura dell’Ospedale è legata alla costruzione del nuovo ospedale del Sud Salento e non ha nulla a che vedere con il fatto che ci siano 154 posti letto a Galatina. Marcello Amante, prima di parlare dovrebbe studiare più seriamente le questioni.

La mia azione è nell’interesse dei cittadini e per questo la battaglia continua, con grande scorno di questo sindaco sideralmente lontano dai cittadini e dai loro bisogni. Il nuovo ricorso contro l’ultimo atto di riorganizzazione ospedaliera sarà presentato a breve ed è stato sottoscritto da 250 cittadini con una raccolta di due ore fatta in una sola giornata. In precedenza hanno firmato oltre 400 e l’istanza ai vertici della Regione e della Asl di Lecce è stata firmata da più di 7mila cittadini. La firma dei politici che hanno incarichi istituzionali, non è arrivata. A seguire le tabelle con la situazione precedente e attuale dell’Ospedale.

 

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 

Mi fa piacere la dialettica che si viene a creare, con l’avvicinarsi del termine del mandato dell’Amministrazione Amante, perché tutti cominciano a dimostrare attenzione alle problematiche della nostra città e le sue frazioni, quando per anni sono stati a guardare.

Non è per fare polemica, ma con i fatti posso smentire le affermazioni del segretario PD della sezione di Noha.

Parto da lontano, ma questo serve per poter rinfrescare la memoria del segretario che il Sindaco Amante è stato il primo ad aver scelto due assessori delle frazioni, riponendo nella loro azione amministrativa le deleghe più complesse, proprio per valorizzare al massimo le frazioni della Città di Galatina, fino a quattro anni fa bistrattate da tutte le amministrazioni. In passato, del resto, Noha ha espresso un sindaco, alcuni assessori e/o consiglieri, sarebbe bene chiedere anche a loro cosa hanno lasciato e se sono orgogliosi della loro azione amministrativa.

Lo dico a ragion veduta in quanto sono nata a Noha, ho scelto di esercitare la mia attività professionale a Noha e conosco molto bene le problematiche di chi vive nella frazione e lo scempio, posso dirlo senza temere smentita, perpetrato dalle passate amministrazioni con l’utilizzo di strutture pubbliche per proprio uso e abuso.

Mi verrebbe da chiedere a quei tempi il PD, sezione di Noha, dove fosse e perché ha lasciato che Noha vivesse nel degrado.

Ma oramai fa parte del passato e spero veramente che i cittadini possano oggi riflettere e vedere la differenza.

Ora veniamo a ciò che si è fatto per la nostra Noha e le altre frazioni di Collemeto e Santa Barbara. Cercherò di fare un elenco completo ed esaustivo, ma mi perdoneranno se magari potrò completare l’elenco anche successivamente con i fatti e non con le parole.

Durante la campagna elettorale, non essendo candidata in prima persona non ha potuto promettere nulla e chi mi conosce sa che prendo un impegno nel momento in cui sono sicura di poterlo portare a termine, altrimenti cerco di capire il problema, di approfondirlo e cercare una soluzione, senza impegnarmi con promesse elettorali.

SCUOLE E PALESTRE - Da quando ci siamo insediati, abbiamo presentato dei progetti per la ristrutturazione di tutte le scuole comprese quelle delle frazioni, tutte ammesse e finanziate e per le quali l’iter è in corso. In aggiunta a Collemeto la scuola l’abbiamo candidata ad un progetto per la realizzazione di una palestra, i cui lavori sono in corso ed entro l’anno saranno terminati.

IMPIANTI SPORTIVI - Per Noha abbiamo candidato l’impianto sportivo per il quale abbiamo portato un bando a finanziamento e i lavori cominceranno a breve.

SICUREZZA - Sempre per Galatina e le frazioni, abbiamo realizzato un progetto di videosorveglianza, già completato, ed a Noha abbiamo installato le telecamere in Piazza XXIV Maggio (Trozza) la quale è sempre stata oggetto di atti vandalici, e nei pressi del cimitero e dell’impianto sportivo.

ACQUA E FOGNA - Per Galatina e le frazioni abbiamo realizzato tutti i tronchi di acqua e fogna mancanti. Nelle frazioni i lavori sono in corso e a breve Santa Barbara sarà interessata per il primo lotto della condotta che porta l’acqua da Collemeto a Santa Barbara con la sostituzione del tronco in cemento di amianto.

Abbiamo iniziato una interlocuzione con l’autorità di bacino in merito al rischio idraulico e per Noha abbiamo ottenuto il finanziamento per collocare una stazione altimetrica sul canale asso, che sarà monitorata direttamente dalla protezione civile regionale.

Abbiamo una collaborazione con il consorzio di bonifica che ha provveduto alla pulizia del canale Asso e di tutti i suoi affluenti.

RIFIUTI - A Collemeto è in corso di realizzazione il Centro Comunale di Raccolta, sempre grazie a un finanziamento ottenuto dall’amministrazione Amante.

SANITA’ - A Noha il centro Polivalente, utilizzato ai tempi dell’amministrazione guidata dal PD in maniera allegra, oggi dato in comodato dall’amministrazione Amante, alla ASL che svolge per tutto il territorio di ambito, un servizio sanitario indispensabile e che, se il Sindaco Amante non fosse intervenuto, sarebbe sparito da Galatina, lasciando le persone più fragili con problemi psichici alla deriva.

TERZO SETTORE - Al piano terra dello stesso immobile è ospite, fin dal nostro insediamento, un’Associazione Onlus che presta servizi alle famiglie per altre fragilità, integrata benissimo nella comunità di Noha.

DISABILITA’ - Sempre per Noha è in corso di realizzazione in collaborazione con l’associazione Virtus Basket un progetto di riqualificazione e di integrazione per tutte le disabilità nei giardini Madonna delle Grazie.

LEVERA - Continuo ricordando al Segretario che a Noha ha sede l’Associazione Levera, in uno stabile confiscato, assegnato dall’amministrazione Amante.

RIGENERAZIONE - Sempre per Noha abbiamo candidato negli ultimi bandi di rigenerazione urbana l’area a verde nella zona del Calvario che comprende la Piazza XXIV Maggio, insieme a due progetti per Galatina.

Sicuramente avrò dimenticato qualcosa ma non dimentico di informarlo che per la Torre dell’orologio è in corso un progetto di messa in sicurezza.

Inoltre sempre per Noha è aperta una interlocuzione con la provincia, cominciata ben prima della lettera che fece il PD qualche mese fa al Presidente, il quale ha rimandato al Comune le competenze, ma che in realtà interessa entrambi gli enti, evidentemente sarà stato informato male, che potrebbe portare in prossimo futuro alla realizzazione del passaggio pedonale per il cimitero.

Volutamente sto tralasciando in questo mio resoconto altre attività che sono in corso su Galatina, come il polo bibliomuseale, per il quale abbiamo ottenuto, grazie a un bando, due milioni di euro di finanziamento, la realizzazione della palestra in Via Arno, la riqualificazione della palestra in Via Montinari, il progetto sulla viabilità dolce, il progetto di ampliamento del recapito finale “Bomba”, i finanziamenti per la progettazione e ampliamento del recapito finale “Bomba” e quello del Viale Carlo Alberto dalla Chiesa. Tanto altro ancora che ci sarà tempo e modo in questa lunga campagna elettorale di ricordare al segretario del PD di Noha e a tutti i cittadini.

 

Loredana Tundo

Assessore ai Lavori Pubblici

 
Di Redazione (del 18/02/2021 @ 19:14:22, in NoiAmbiente, linkato 856 volte)

Finora si sono fatte solo tante parole, e con la scusa del "green economy" e dell'energia da fonti rinnovabili, si è solo consumato tanto territorio in impianti fotovoltaici su terreni fertili, di contro continuiamo a inquinare l'aria facendo il deserto di alberi e  bruciando combustibile da fossile, così come si fa per esempio nella più grande centrale elettrica a carbone: la centrale termoelettrica "Federico II" di Cerano.

 

Lettera aperta al Ministero per la Transizione ecologica
Galatina, 15 febbraio 2021

DI INQUINAMENTO SI MUORE

ULTIME SU: EX ILVA; PROGETTO MINORE; TERRA DEI FUOCHI; RePOL 2020

Signor Ministro Roberto Cingolani

Parliamo del Salento, che Lei conosce bene, e quindi sa che è un lembo di terra lungo appena 100 chilometri e largo circa 50. Vi sono però concentrati talmente tanti opifici da ottenere il primato di una delle zone con il più alto tasso di inquinamento. Un paradosso incredibile: poco lavoro e tanto inquinamento.

Lo scrivono da tempo scienziati e ambientalisti, lo hanno dichiarato apertamente su “RePol 2020” (Rete per la Prevenzione Oncologica Leccese ) i Medici e Veterinari del Dipartimento di Prevenzione della ASL di Lecce, i tecnici del servizio ambiente della Provincia di Lecce, i tecnici della Prevenzione dell’ASL di Lecce, i tecnici di ARPA Puglia, Ordinari e Associati  dell’Università del Salento, i ricercatori di Unisalento e CNR -(2); notizia di questi ultimi giorni, sul caso “Terra dei Fuochi”,  lo hanno dichiarato in una intesa anche l’Istituto Superiore della Sanità e la Procura di Napoli: “di inquinamento si muore”. (1)

E ancora, ultimissima, pare non siano sufficienti le migliaia di morti per cancro compresi i bambini, a causa dell’acciaieria più inquinante d’Europa, se non addirittura del mondo: l’Ex Ilva di Taranto, per cui il Tar ordina lo stop agli impianti: "Pericolo urgente per la salute dei cittadini". (3)

Ci chiediamo che cosa stiamo attendendo ancora per invertire la rotta nella gestione dell’economia locale che non tiene conto in forma prioritaria di cosa succede dopo:

  • le concessioni di urbanizzazione senza un vero piano regolatore del verde;
  • il mancato rispetto delle norme che riguardano il consumo di territorio (di drammatica attualità le centinaia di ettari di impianti fotovoltaici di Galatina e dintorni, con la scusa dell’”energia green”);
  • i rinnovi A.I.A. di tutte le aziende private che evidentemente consumano acqua terra e aria e forse, quest’aria, la “arricchiscono” di ben altro;
  • l’utilizzo esagerato di pesticidi, erbicidi e fitofarmaci in genere, che stanno avvelenando la residua falda acquifera, già reduce di mille contaminazioni.

Evidentemente, a far cambiare rotta alle scelte che vanno contro la salute dei cittadini, non sono sufficienti nemmeno i “sospetti” resi pubblici dal Progetto Minore, in un nuovo incontro con la Regione condotto da Asl, Arpa, Cnr e Università, in cui si evince che i dati sul tumore alla vescica, e la sua alta mortalità, potenzialmente incrociano quelli relativi all'inquinamento della falda.

E inoltre, così riporta l’articolo pubblicato su LeccePrima, nella sezione Salute del 11 febbraio 2021 (vedi link (4) : “I dati sulla mortalità in provincia di Lecce sono tra i più elevati d’Italia. E a ciò si aggiungano i casi di Seu (Sindrome uremico emolitica) legati alla salubrità dell'acqua e che mietono vittime nel Salento”.


Il Covid ha dimostrato quanto sia fondamentale la prevenzione - ha aggiunto il direttore del dipartimento di Prevenzione della Asl di Lecce, Alberto Fedele: “lì dove questa è venuta meno nel tempo, si sono riscontrate importanti falle e minore resistenza ai fattori patogeni ambientali e virali come il Covid -19”.

Signor Ministro Roberto Cingolani, siamo preoccupati perché alle parole accorate in merito alla salvaguardia dell’Ambiente seguono spesso discariche abusive, tagli indiscriminati di alberi e incapacità a gestire il disseccamento di migliaia di ettari di ulivi, consumo di suolo, controlli soltanto di nome, e autorizzazioni a devastazioni e scempi su vasta e su piccola scala “a norma di legge”.

Non ci facciamo molte illusioni sul cambiamento di rotta auspicato, ma crediamo nel risveglio delle coscienze.

Cordiali saluti

 

  1. (1) Di rifiuti si muore. Ecco i dati e la mappa di rischio che lo provano (avvenire.it)
  2. (2) https://issuu.com/forumambientesalute/docs/report_ambiente_salute_in_provincia_di_lecce_2020
  3. (3) Ex Ilva di Taranto, il Tar ordina lo stop agli impianti: "Pericolo urgente per la salute dei cittadini" - la Repubblica
  4. (4) https://www.lecceprima.it/salute/occhi-puntati-salute-falda-acquifera-nuovi-passi-progetto-minore.html

 

Il Direttivo di: 

NoiAmbiente e beni Culturali odv  diNoha e Galatina

 
Di Marcello D'Acquarica (del 28/11/2016 @ 19:12:55, in NohaBlog, linkato 2966 volte)

Con immensa gioia condivido con voi tutti, l’ennesima testimonianza dell’amore che provano le persone  quando sono lontane dalla propria terra e dal proprio paese, in questo caso il nostro, che risponde al fantastico nome di Noha.

Fiorela e Fulvia D’Acquarica, che vivono in Brasile, sono figlie di Mario D’Acquarica, a sua volta figlio di Michele D’Acquarica, il pittore di Noha. Mio zio.

Mario emigra in Brasile il 27 maggio del 1954. Abbiamo trovato la targa esposta al “Museo del mare” di Genova, dove sono esposti i dati di tanti emigranti italiani del secolo scorso. Al suo arrivo in Brasile, svolge diverse attività. Fa anche il vetrinista in un grande magazzino, poi attore e scenografo per alcune reti televisive, fra queste ricordiamo la rete televisiva Tupi, la rete Globo TV, la rete Excelsior. Ha lavorato anche per molti anni, e fino alla sua morte, per la serie brasiliana molto famosa - Sesame Street, nel SBT (Brazilian Television System) dove ha ricevuto il trofeo ufficiale dell'anno. Mario quindi è a tutti gli effetti un artista: buon sangue non mente. Abbiamo alcune piccole opere della sua arte, fra cui un meraviglioso ritratto in grafite della moglie, Neyde Marques, realizzato nel 1955 (vedi foto). Le figlie di Mario, Fulvia e Fiorela, sentono molta nostalgia per il paese di origine della loro famiglia. Sovente mi chiedono informazioni sulle loro origini. Perciò a inizio anno, chiedo una copia del libro della Storia di Noha (“Noha, storia, arte e leggenda” di P. Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone - Infolito Group, 2016) ad Antonio Mellone e mi decido di spedire in Brasile sia la copia del libro che il “Catalogo dei beni culturali di Noha” (di Marcello D’Acquarica, Ed. Panico, 2008).

Così, dopo alcuni mesi di attesa a causa di un errore nella compilazione dei dati per la spedizione, finalmente il pacco con i due libri giunge a destinazione. Fiorela e Fulvia leggono con interesse e ci inviano le loro considerazioni.

Di seguito la loro lettera di ringraziamento di Fiorela e Fulvia:

Con grande piacere ed emozione profonda, abbiamo finito di leggere questo libro meraviglioso che si riferisce all'amata città di NOHA, e che abbiamo avuto l'opportunità di incontrare passando attraverso l'Italia meridionale nel 2006.
Anche Fiorela, farà prossimamente un viaggio nella terra in cui è nato il nostro caro nonno che purtroppo non abbiamo conosciuto e che ha vissuto, ha prodotto e ha lasciato un enorme patrimonio culturale per NOHA, e ovviamente, in onore del nome della nostra famiglia: artisti nati.

Il libro evidenzia la ricchezza con profondi dettagli sia del patrimonio storico che sulle varie curiosità. Abbiamo osservato con gioia che la nostra famiglia D'Acquarica ha lasciato e lascia un segno che ha avuto inizio con il nostro caro nonno Michele D'Acquarica, passando attraverso cugini e per ultimo a Marcello D'Acquarica che è stato estremamente gentile ad inviarci i due libri grazie ai quali siamo riuscite a capire un po’ di più di questa bella cittadina.

La scrittura, le illustrazioni e la presentazione delle copertine sono di una tale sensibilità che ci hanno fatto ricordare la splendida giornata, quando con i cugini Padre Francesco D'Acquarica e Giuseppe, andammo a vedere la casa dove nostro nonno è nato, le belle opere come per esempio il Calvario di Noha, gli affreschi e le altre opere a Cutrofiano. E’ piacevole e gratificante sapere che siamo parte di una famiglia che ha contribuito e contribuisce a sensibilizzare le persone nei riguardi del patrimonio storico che nessuno potrà mai portarci via. Grazie ai libri, nonostante l’usura dovuta agli anni, l’incuria e i danni vandalici, ci sarà sempre qualcuno che si ricorderà per tutto il tempo che i beni culturali di NOHA appartengono a tutti.

Fulvia e Fiorela D'Acquarica – Brasile

*****

Originale in lingua portoghese:

Agradecemos este carinho, primo Marcello D'Acquarica, que por meio deste livro, perpetue a história de NOHA e seus bens culturais. terminei de ler seu livro I Beeni culturali di NOHA, belissimo. anche mi sorela fiorela ha letto. Deixamos nossos comentários:

com grande satisfação e profunda emoção, terminamos de ler este belo livro onde relata de forma surpreendente a querida cidade de NOHA, que eu tive a oportunidade de conhecer de passagem pelo sul da Itália em 2006. 
Minha irmã Fiorela de certeza e num futuro próximo, também pisará em terras donde nasceu nosso querido avô (infelizmente não o conhecemos), que viveu, produziu e deixou um legado cultural enorme para NOHA e obviamente, para o segmento do bom nome de nossa família, artistas natos. O livro nos mostra riquezas de profundos detalhes tanto sobre o patrimônio histórico quanto curiosidades diversas. Pudemos observar com alegria, que nossa família D'Acquarica marcou e segue marcando presença começando com nosso querido avô Michele D'Acquarica, passando por vários primos e chegando em Marcello D'Acquarica que foi extremamente gentil e solicito ao enviar-nos este exemplar para que pudessemos entender um pouco mais desta bela cidade.

A escrita, a ilustração, a encadernação e a apresentaçao da capa sáo de uma sensibilidade tamanha que me fez voltar ao maravilhoso dia em que aí estive, com o primo Padre Francesco D'Acquarica e primo Giuseppe, que me levou a conhecer a casa onde nasceu nosso avô, ás belissimas obras como o Calvário, os afrescos entre outras. Que táo agradável e gratificante saber que fazemos parte de uma família que contribuiu e contribui sensibilizando a todos nohanos e náo só, que o patrimônio histórico é um legado que apensar dos anos se passarem, ninguém jamais poderá tirar-nos; mesmo que o tempo o desgaste, o danifique, haverá sempre alguém que o fará lembrar a todo instante que NOHA faz parte de todos.

Fulvia e Fiorela D'Acquarica – Brasil

 
Di Redazione (del 22/09/2021 @ 19:12:24, in Comunicato Stampa, linkato 602 volte)

Dopo la sosta obbligata a causa del maltempo, tornano i Concerti del Chiostro. La XXI edizione della stagione concertistica, diretta dal Maestro Luigi Fracasso e finanziata dalla Regione Puglia, torna a Galatina giovedì 23 settembre 2021, alle ore 21, all’interno della sacra cornice della Chiesa SS. Pietro e Paolo.

A partire dalle ore 21, si esibirà il duo formato da Luisa Sello (flauto) e Bruno Canino (pianoforte).
Essendo due tra i talenti più noti della musica classica, Sello e Canino vantano numerose esibizioni e successi sia in Italia, che all’estero.

Luisa Sello, flautista del panorama internazionale, nel 2016, viene definita dal New York Concert Review artista dalla “avvincente passione e spontanea cantabilità, con tecnica brillante, eccellente controllo del fiato, suono generoso e grande charme”.
La sua attività è anche riconosciuta dal Ministero dei beni culturali, oltre che da numerosi Paesi in tutto il mondo.

Nel suo curriculum, spiccano le collaborazioni con Riccardo Muti, Alirio Diaz, Trevor Pinnock, Edgar Guggeis e tanti altri ancora.

Bruno Canino è riconosciuto come uno dei massimi pianisti dei nostri tempi. Apprende l’arte del pianoforte a Napoli, con Vincenzo Vitale. Cresce dal punto di vista della composizione con Bruno Bettinelli. Nella sua lunga carriera, ricopre il ruolo di docente di pianoforte al conservatorio di Milano e alla Hochschule di Berna.
Attualmente, è docente di musica da camera con pianoforte presso la Scuola di Fiesole e alla Escuela Reina Sofia di Madrid.
Tra il 1999 ed il 2002, ricopre la carica di direttore musicale della Biennale di Venezia.

Il direttore artistico de I Concerti del Chiostro, il Maestro Luigi Fracasso, motiva la scelta su questo duo: “Siamo felici di poter ospitare Bruno Canino e Luisa Sello. Entrambi hanno il pregio di saper comunicare delle emozioni difficili da dimenticare. Sono sicuro che sarà una serata ricca di emozione e di fascino. Voglio ringraziare Don Lucio per l’ospitalità che ci ha offerto all’interno della Chiesa Madre di Galatina. Un luogo di culto, che merita grande rispetto”.

L’ingresso al concerto è gratuito ed è riservato ai possessori di Green Pass o di un tampone negativo effettuato con un massimo di 48 ore dall’inizio dell’evento.

Intanto, procedono spedite le prenotazioni per il concerto di Danilo Rea, previsto per il 27 settembre a Soleto, presso Largo Osanna. Per Rea, si tratterà dell’unico evento con ingresso a titolo gratuito in Puglia.

Alessio Prastano

 

Non chiedere quello che il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese (J.F.K.).
Questa è la famosa quanto ambiziosa frase che ha ispirato da sempre il nostro operato… Ci induce infatti a riflettere sui rapporti che ci sono e a quelli che ci potrebbero essere tra cittadini e suoi amministratori, ma soprattutto tra cittadini e la città stessa, tra cittadini e Associazioni, tra Cittadini e attività produttive, ecc…
Questa frase non solo non perde un centesimo della sua bellezza e della sua verità, ma addirittura assume ancora più importanza in un momento storico particolare in cui le Amministrazioni comunali devono fare i conti con le casse sempre più esangui e con i vincoli contabili e amministrativi sempre più stringenti…
L’evento “I Love ’80 & ’90 party” del 17 agosto 2022 è stato considerato unanimemente, soprattutto dagli “addetti ai lavori”, il più importante dell’estate salentina 2022 sia in termini di presenze, che di qualità dello spettacolo e di ricaduta economica; abbiamo regalato una bellissima serata gratuita e una “boccata di ossigeno” per le tante attività commerciali galatinesi…
Ma c’è un altro motivo, non meno importante, che ci ha resi particolarmente orgogliosi: grazie al ricavato della vendita dei cappellini e delle t-shirts, ricordo della serata, possiamo finanziare piccoli lavori di rimozione barriere architettoniche e/o di ostacoli che non permettono la completa mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita, tipo marciapiedi senza rampe.
Di comune intesa con l’Amministrazione comunale, l’Assessorato ai Lavori Pubblici, la Direzione Programmazione strategica e lavori pubblici e il Servizio Demanio e urbanizzazioni, mobilità urbana e trasporti, nella persona del Geometra Saverio Toma, abbiamo individuato alcuni punti che necessitano di questo tipo di interventi.
Qui siamo in via Grotti per eseguire il primo degli interventi programmati.
Siamo coscienti che il nostro intervento non potrà mai essere risolutivo, ma, come diceva Madre Teresa di Calcutta, quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno…
In questo modo speriamo di sviluppare la cittadinanza attiva e le competenze civiche e svolgere quindi un ruolo di “catalizzatore” delle energie presenti nella comunità, incoraggiandone l’emersione per la cura dei beni comuni.
Se avete voglia di contribuire in questa splendida ed emozionante maratona di solidarietà non vi resta che contattarci…
Grazie di heart

Ass.ne “Quelli di piazza San Pietro 2.0”
Natale 2022

 
Di Redazione (del 23/10/2021 @ 19:10:30, in Comunicato Stampa, linkato 794 volte)

Dopo numerosi e opportuni lavori di ristrutturazione e un processo partecipato di sensibilizzazione della cittadinanza che ha coinvolto associazioni, istituzioni, scuole e operatori del settore, torna agibile il prestigioso Teatro Cavallino Bianco di Galatina (Le) con la cerimonia inaugurale che si terrà sabato 13 novembre alle ore 10.30 (prenotazione obbligatoria) e un ricco e qualificato programma di spettacoli sostenuto da Ministero della Cultura, Regione Puglia e Città di Galatina col sindaco Marcello Amante.

Si riparte con la consapevolezza del teatro come bene pubblico, come bene comune, risorsa importante per il riscatto culturale, sociale ed economico di una città depositaria di un patrimonio culturale invidiabile (Galatina è culla del tarantismo, città ricca di beni culturali come la Basilica di Santa Caterina, di eccellenze enogastronomiche).

Anche il programma degli spettacoli impaginato dall’associazione OTSE (Associazione Theatrikès Salento Ellada) diretta da Pietro Valenti, già direttore di Emilia Romagna Teatro, nell’ambito di un progetto speciale finanziato dal Ministero della Cultura, in partnership col Comune di Galatina, Regione Puglia e AMA-Accademia Mediterranea dell’Attore di Lecce, diretta da Franco Ungaro, è coerente con una visione di teatro pubblico di prossimità, vicino ai bisogni della comunità e dei più giovani e al profilo che il Cavallino Bianco ha sempre avuto come ‘Teatro di tutti’.

Un progetto che coinvolgerà gli studenti degli Istituti scolastici Superiori in attività di alternanza scuola-lavoro, attività laboratoriali e incontri con gli artisti ospiti.

L’intenso e articolato programma propone in esclusiva regionale e nazionale spettacoli di alto profilo artistico con la presenza di riconosciuti protagonisti della scena culturale e teatrale, come Marco Baliani, attore, drammaturgo, regista teatrale e scrittore tra gli inventori del teatro di narrazione, che propone una sua versione del Rigoletto di Verdi, lo stesso titolo con cui nel 1949 venne aperto il Cavallino Bianco. Baliani sarà in scena sabato 13 novembre alle ore 21.

Seguiranno gli appuntamenti con: Virgilio Sieni, danzatore e coreografo, inventore di una gestualità rituale, poetica ed evocativa col suo omaggio a Dante Alighieri (16 novembre); la compagnia di operette di Corrado Abbati con Sul bel Danubio blu (17 novembre); Daniel Pennac, noto al grande pubblico per i suoi romanzi di straordinario successo che hanno per protagonisti Benjamin Malaussène, la sua squinternata famiglia e il quartiere parigino di Belleville (19 novembre); Gabriele Lavia, una delle colonne portanti del teatro italiano, che al Cavallino Bianco porterà il suo recital su Leopardi (20 novembre); Nicoletta Manni, originaria di Santa Barbara di Galatina, dal 2014 prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano che si esibirà insieme a Timofej Andrijasenko e al Maestro Luigi Fracasso (21 novembre); Mariangela Gualtieri, tra le più apprezzate poetesse italiane (25 novembre); Gino Castaldo, con le sue Lezioni di rock e gli omaggi a David Bowie e Franco Battiato (26 novembre )

Di rilevante impatto e riconoscibilità artistica saranno la nuova creazione di Fredy Franzutti, Haribaírg, con le allieve e gli allevi delle scuole di danza di Galatina, Ballet studio e Oistros balletto (23 novembre); lo spettacolo di Roberto Piumini, Mattia e il nonno, con Ippolito Chiarello e la regia di Tonio De Nitto (28 novembre); gli spettacoli rivolti alle famiglie e ai ragazzi Biancaneve, la vera storia con la regia di Michelangelo Campanale e la produzione del Crest di Taranto (14 novembre); l’attore e scrittore Fausto Romano, originario di Galatina e proiettato sulla scena internazionale col suo lavoro L’eterno riso (30 novembre)

 

Programma

IL FUTURO È ADESSO

13 novembre ore 10.30

Cerimonia inaugurale del Cavallino Bianco di Galatina

Nel corso della cerimonia si esibirà il corpo bandistico “San Gabriele dell’Addolorata” di Noha- Galatina diretta dal m° Loredana Calò

13 novembre ore 21

RIGOLETTO: LA NOTTE DELLA MALEDIZIONE

Marco Baliani con

Giampaolo Bandini chitarra

Cesare Chiacchiaretta fisarmonica

Musiche di Giuseppe Verdi, Nino Rota, Cesare Chiacchiaretta

Produzione Società dei Concerti di Parma

In collaborazione con Teatro Regio di Parma

Rigoletto è un monologo, quindi per farlo c’è bisogno di un personaggio in carne e ossa, spirito e materia. Poter rivestire per una volta la pelle di un altro e starci dentro dall’inizio alla fine: è una gioia particolare per me che in scena da narratore non ho mai la possibilità di calarmi interamente nelle braghe di chicchessia, sempre devo stare vigile a controllare e dirigere l’intero svolgersi della vicenda. La proposta fattami dal Teatro Regio di Parma di occuparmi, a mio modo, di una “rilettura” di un’opera di Verdi, la potevo facilmente risolvere con un bel reading, lettura più musica e via così. Mi son detto però  che era l’occasione buona per osare un personaggio e incarnarlo, dopo tanto tempo, tornare a mettere mano a tutte le cose che ho imparato strada facendo sul mestiere antico dell’attore e provare a costruirci sopra un testo scritto, un bel canovaccio su cui giorno dopo giorno, provando, creare un dire per niente letterario, ma concreto, materico. Compreso il trucco in faccia e il costume preso in prestito nei depositi del teatro Regio, appartenuti ai tanti Rigoletti passati da quelle parti.  Poi c’è stata la mia passione per gli esseri del circo, ma quei circhi piccoli, non eclatanti, non amo i “soleil” circensi fatti di effetti speciali e artisti al limite della robotica per la bellezza scultorea e bravura millimetrica del corpo. No, preferisco la rozzezza faticosa ma meravigliosa di quei circhi dove chi strappa i biglietti te lo ritrovi dopo vestito da pagliaccio e il trapezista sa anche fare giocolerie, esseri nomadi, zingarescamente affamati di vita, mi prende uno struggimento totale quando varco quei tendoni, a percepire la fatica quotidiana di un vivere precario ma impeccabile. Volevo fare un omaggio alle cadute, alle sospensioni, alle mancanze di appoggi.

Marco Baliani

 

14 novembre ore 17.30

Testo, regia, scene e luci Michelangelo Campanale

con Catia Caramia, Maria Pascale, Luigi Tagliente

costumi Maria Pascale

assistente alla regia Serena Tondo

 tecnici di scena Walter Mirabile e Roberto Cupertino

produzione Crest, vincitore Eolo Award 2018 e premio Padova 2017 – Amici di Emanuele Luzzati.

L’ultimo dei sette nani diventa testimone dell’arrivo di una bambina coraggiosa, che preferisce la protezione del bosco sconosciuto allo sguardo, conosciuto ma cupo, di sua madre. Una madre che diventa matrigna, perché bruciata dall’invidia per la bellezza di una figlia che la vita chiama naturalmente a fiorire. Nel bosco Biancaneve aspetta come le pietre preziose che, pazienti, restano nel fondo delle miniere, fino a quando un giorno saranno portate alla luce e potranno risplendere di luce propria ai raggi del sole.

Tutti i bambini conoscono già questa fiaba, lo spettacolo del Crest li vuole portare per mano “dietro le quinte” della storia, lì dove prendono forma e vita i personaggi, i loro sentimenti e le loro azioni, talvolta buoni e talvolta cattivi, quasi mai sempre buoni o sempre cattivi. Proprio come uno spettacolo: un po’ comico, un po’ emozionante; o come la vita che impariamo ad affrontare: un po’ dolce, un po’ irritante, un po’ divertente, un po’ inquietante, un po’.

Con questo lavoro continua il progetto che il Crest condivide con l’immaginario di Michelangelo Campanale – ricordiamo “La storia di Hansel e Gretel” (2009) e “Sposa sirena” (2012) – per raccontare ai ragazzi storie che riescano ad emozionarli davvero, senza edulcoranti e senza bugie, ma solo con grande rispetto della loro capacità di comprendere ed elaborare pensieri e opinioni in autonomia, semplicemente sulla strada della crescita.

16 novembre ore 21

PARADISO

Regia, coreografia e spazio  Virgilio Sieni
musica originale Paolo Damiani
interpreti Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Giulio Petrucci

costumi Silvia Salvaggio
luci Virgilio Sieni e Marco Cassini
allestimento Daniele Ferro
produzione Comune di Firenze, Dante 2021 comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni in collaborazione con fondazione teatro Amilcare Ponchielli – Cremona

Il Paradiso di Dante ricompone il corpo secondo una lontananza che è propria dell’aura, un luogo definito dal movimento, da ciò che è mutevole. Un viaggio che si conclude nello spazio senza tempo della felicità.

Dante non è un flâneur, viaggiatore della notte alla ricerca di se stesso nelle pieghe infernali della città; né un wanderer, viandante immerso negli abissi della malinconia e letteralmente risucchiato dai paesaggi emozionali; né un passeggiatore scanzonato, come ci indica divinamente Petrarca, cioè un camminatore che tiene lontani i pensieri invadenti e si sospende nell’ “errabondare tra le valli”. È un cammino dall’umano al divino, dal tempo all’eterno. Lo spettacolo è la costruzione di un giardino e non riporta la parola della Divina Commedia, non cerca di tradurre il testo in movimento ma si pone sulla soglia di una sospensione, cerca di raccogliere la tenuità del contatto e il gesto primordiale, liberatorio e vertiginoso dell’amore. Danza dialettale che si forma per vicinanze e tattilità.

Nella prima parte la coreografia è costruita per endecasillabi di movimenti dove i versi della danza ritrovano il risuonare della rima da una terzina all’altra. Questo continuo manipolare, accarezzare e pressare lo spazio invisibile intorno ai corpi edifica un continuum di terzine sillabiche del gesto: una maniera umile per porsi nei confronti della loro magnificenza geometrica, matematica e cosmica. Allo stesso tempo il gesto scaturisce da una ricerca sullo spazio tattile e sull’aura della persona.

Nella seconda parte tutto avviene cercando nel respiro delle piante la misura per costruire un giardino quale traccia e memoria dei gesti che lo hanno appena attraversato. La coreografia è costruita portando, sollevando e depositando le piante nello spazio. Le piante, la cosa alta, restituiscono il vero senso della danza, la lingua penultima: dialettale e popolare, in grado di mettere in dialogo le persone secondo declinazioni astratte, simboliche, inventate e immediatamente inscritte nella memoria.

 

17 novembre ore 21

SUL BEL DANUBIO BLU

Compagnia Corrado Abbati

musiche di Johann Strauss

coreografie Giada Bardelli
direzione musicale Marco Fiorini

Poco più di 150 anni fa Johann Strauss figlio scriveva quello che sarebbe diventato il manifesto di un'intera epoca: Sul bel Danubio blu. Più che un semplice valzer, il simbolo di un mito che ancora oggi vive e si rinnova generazione dopo generazione: chi non lo conosce? Chi non lo canticchia? Un'espressione di buonumore, di voglia di vivere, di fare festa. Ecco dunque uno spettacolo pieno di gioia e di buon umore: caratteristiche tipiche di una delle più importanti espressioni di quell’epoca: l’operetta!

Una “rivista” dove il ritmo della narrazione e l’armonia degli spunti melodici unisono e fondono, in una sequenza di allegri e spensierati episodi, gli stilemi delle espressioni teatrali tipiche dell’epoca: dalla commedia all’operetta, dalla musica da ballo all’opera. Uno spettacolo pieno di leggerezza e seduzione dove, ballando un vorticoso valzer, può succedere di innamorarsi, perché questa è musica che scioglie i cuori e scalda l’anima.

Buon divertimento! Corrado Abbati

Le musiche di Strauss, Lehar, Kalmann, Abraham, sono i cardini di questo spettacolo in quanto non si tratta di una serie di arie come in un concerto, ma di una vera e propria drammaturgia in forma scenica dove la coppia lirica, quella comica, gli assieme e le coreografie si integrano in vere e proprie e scene tratte da “Il pipistrello”, “La vedova allegra”, “La principessa della czarda”, “Ballo al Savoy”, solo per citarne alcune. Ne nasce quindi uno spettacolo pieno di ritmo e praticamente privo di quei tempi morti che si trovano spesso nei libretti di ogni lavoro teatrale.

 

19 novembre ore 10

COMPAGNIEMIA MOUVEMENT INTERNAZIONAL ARTISTIQUE

DANIEL PENNAC

Incontro con le Scuole

 

19 novembre ore 21

DAL SOGNO ALLA SCENA

Un incontro teatrale

di e con Daniel Pennac

e con  Pako Loffredo e Demi Licata

mise en espace Clara Bauer

musiche Alice Loup

Produzione Compagniemia – Mouvement International Artistique

Un incontro « teatrale » che nasce dal desiderio di raccontare e condividere con il pubblico il lavoro creativo di Compagniemia con Daniel Pennac, un montaggio che mette in evidenza alcuni passaggi dei suoi ultimi adattamenti teatrali uniti nella magia della scena, che disegneranno l'universo narrativo e onirico dell'autore .

"Che ci faccio qui? Che ci sto a fare dietro le quinte di questo teatro, dietro a questa porta che sta per aprirsi sul palcoscenico? Io! Su un palcoscenico! Che mi ha preso? Io che non ho mai voluto fare l'attore! Tra poco la porta si aprirà e io mi precipiterò in scena. Perché? Perché io? In che cosa ti sei andato a cacciare? Che cosa hai nella testa?"
Daniel Pennac, in scena con alcuni suoi compagni di viaggio di CompagnieMia,  Pako Ioffredo e Demi Licata,  con le musiche di Alice Loup e la mise en espace di Clara Bauer, entrerà dal vivo fra le pieghe dei suoi libri e dei suoi ultimi spettacoli, incontrando il pubblico in quella linea di confine fra interpretazione e narrazione, lettura e recitazione.  La piuma di Pennac gioca con la poesia della scena.

E che il piacere e lo humour ci guidino!

Incontro in lingua italiana ed in lingua francese tradotta dal vivo in italiano

 

20 novembre ore 21

LEOPARDI

di e con Gabriele Lavia

produzione Effimera srl –

L’attore non legge né interpreta le poesie di Giacomo Leopardi, ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche dei Canti e non solo, da “A Silvia” a “L’Infinito”, dal “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” a “Il sabato del villaggio” e a “La sera del dì di festa”.

I versi leopardiani ripetono che l’amore, l’intimità rubata e immaginata fatta di attese e ricordo, i sogni senza sonno, le nobili aspirazioni dell’animo, le speranze che riscaldano lo spirito umano e che a volte svaniscono di fronte alla realtà, sono tutti elementi che rendono faticosa e impegnativa la vita, ma straordinariamente degna di essere vissuta.

È un viaggio nella profondità dell’animo umano, un nuovo omaggio al poeta, a quella sua nuova voglia di sondare la parola e il suono in un momento della sua esistenza che si tramutò in esaltante creatività artistica.

«Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro – spiega Gabriele Lavia -. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto».

 

23 novembre ore 21

Haribaírg

performance di danza in una parte

Coreografia di Fredy Franzutti

Con Allieve e Allievi Scuole di danza: A.S.D. BALLET STUDIO / OISTROS BALLETTO

La restituzione alla comunità del contenitore che ospita il flusso della trasmissione culturale tra arte e pubblico è opportunità per elaborare il luogo come “Haribaírg” nel significato gotico che sta alla radice di “Albergo”. Ospitare, Accogliere, Custodire, Contenere sono sinonimi che possono descrivere un “luogo ricettivo” e un’attività teatrale virtuosa. L’ispirazione viene dal nome del Teatro dedicato all’operetta di Ralph Benatzky “Al Cavallino Bianco” che si svolge appunto in un albergo in Baviera. La narrazione non è nel testo dell’operetta, che viene solo citata nelle atmosfere e nei personaggi, ma nel concetto allontanante di un’operetta Bavarese calata nella società, tradizioni e storia della cittadina di Galatina. Le immagini del mito di Atena, Santa Caterina, il Barocco, i riti pagani di Pietro e Paolo, la vita rurale e il Salento vengono ospitate e sovrapposte nella condizione surreale dell’albergo bavarese creando la situazione onirica e straniante come il nome del Teatro che appare senza connessione con il tessuto sociale e culturale della cittadina. Il ponte fantasioso tra Salento e Baviera, che sembrano, e sono, due estremi distanti di una parabola stilistica ed emotiva, si accorcia e trova sintesi nella figura di Carlo V d’Asburgo. La presenza dell’imperatore che governa dai paesi bassi al sud Italia, che appare nel finale della performance, offre coerenza al progetto come messaggio di unità. Non solo casualmente, anche nel finale dell’operetta, “Al cavallino Bianco”, appare un Re: deus ex machina e risolutore delle incoerenze del testo. Fredy Franzutti

 

25 novembre ore 21

IL QUOTIDIANO INNAMORAMENTO

rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri

con la guida di Cesare Ronconi

Produzione Teatro Valdoca  con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena

Il quotidiano innamoramento dà voce ai versi di Quando non morivo, recente silloge einaudiana di Mariangela Gualtieri, li intreccia ad altri del passato e compone tutto in una partitura ritmica ben orchestrata, con un aggancio, in questa occasione, al tema della memoria. Tutto muove dalla certezza che la poesia attui la massima efficacia nell’oralità, da bocca a orecchio, in un rito in cui anche l’ascolto del pubblico può essere ispirato, quanto la scrittura e quanto il proferire della voce.

Mariangela Gualtieri è nata a Cesena, in Romagna. Si è laureata in architettura allo IUAV di Venezia. Nel 1983 ha fondato, insieme al regista Cesare Ronconi, il Teatro Valdoca, di cui è drammaturga. Fin dall’inizio ha curato la consegna orale della poesia, dedicando piena attenzione all’apparato di amplificazione della voce e al sodalizio fra verso poetico e musica dal vivo.

Fra i testi pubblicati: Antenata (Crocetti ed.,1992 e 2020), Fuoco Centrale (Einaudi, 2003), Senza polvere senza peso (Einaudi, 2006), Sermone ai cuccioli della mia specie (L’arboreto Editore, 2006), Paesaggio con fratello rotto (libro e DVD, Luca Sossella Editore, 2007), Bestia di gioia (Einaudi, 2010), Caino, (Einaudi, 2011), Sermone ai cuccioli della mia specie con CD audio (Valdoca ed., 2012), A Seneghe. Mariangela Gualtieri/Guido Guidi (Perda Sonadora Imprentas, 2012), Le giovani parole (Einaudi, 2015), Voci di tenebra azzurra (Stampa 2009 ed., 2016), Beast of joy. Selected poems (Chelsea Editions, New York, 2018), coautrice – con Cesare Ronconi e Lorella Barlaam - dell’Album dei Giuramenti/Tavole dei Giuramenti (Quodlibet, 2019) di Teatro Valdoca, Quando non morivo (Einaudi, 2019), Paesaggio con fratello rotto (Einaudi, 2021).

 

26 novembre ore 10 per le Scuole

LEZIONI DI ROCK con Gino Castaldo

Ascoltare la musica, vedere la musica, raccontare la musica. Gino Castaldo, critico musicale del quotidiano “La Repubblica”, in Lezioni di Rock indaga temi e personaggi della storia del rock, ricostruendo storie, raccontando dischi, curiosità, aneddoti e testi, per guidare il pubblico nell’ascolto di opere che fanno parte della storia della musica ma anche della vita di noi tutti. Due ore di lezione ricche di canzoni memorabili e storie indimenticabili.

David Bowie L’8 gennaio 2016, giorno del sessantanovesimo compleanno, è uscito Blackstar, considerato il suo “canto del cigno”. Due giorni dopo, nella notte del 10 gennaio, David Bowie si è spento nel suo appartamento di New York. Anche la sua morte può essere considerata un’opera d’arte.

Musicista, cantautore, attore, produttore discografico, artista completo e intellettuale complesso, ha attraversato cinque decenni di evoluzione culturale, in particolare della musica rock, lasciandosi periodicamente dietro le spalle i più diversi stili con i quali si è cimentato, le più diverse immagini che ha incarnato.

Dal folk acustico all’elettronica, dal glam rock, al soul, dal cinema al video, dal palco alla scrittura, ha influenzato il pensiero, i gusti, le mode di varie generazioni del “secolo breve”.

 

26 novembre ore 21

LEZIONI DI ROCK Con Gino Castaldo

Franco Battiato Un colosso della cultura italiana, un intellettuale che ha usato ogni mezzo possibile per promuovere arte e bellezza, un artista che con incredibile originalità ha realizzato opere che, senza alcun dubbio resteranno nel tempo, pittore, regista, scrittore, compositore, direttore d’orchestra, cantante, autore, divo pop, e tanto altro. Ed è stato poeta, nel senso pieno del termine, perché con le parole ci ha fatto vedere cose che non avremmo visto altrimenti, provare emozioni fortissime, ci ha fatto scoprire e conoscere cose che non conoscevamo, è stato “maestro” in grado di insegnare e mostrare. E saranno proprio le sue parole a mancarci di più, quelle de “La cura” o di “Povera patria”, parole, dure e dolci, mescolate alle sue melodie, in grado di farci vedere la nostra misera vita quotidiana da altezze inarrivabili, ci mancherà la sua visione, mistica e misteriosa, e il suo saperci portare in ogni  momento in ogni luogo del mondo.

 

28 novembre ore 17.30

MATTIA E IL NONNO

di Roberto Piumini dal romanzo omonimo pubblicato da Einaudi Ragazzi

con Ippolito Chiarello

adattamento e regia Tonio De Nitto

musiche originali Paolo Coletta

Costume Lapi Lou

Luci Davide Arsenio

Tecnico Matteo Santese

Organizzazione Francesca D’Ippolito

coproduzione  Factory compagnia transadriatica , Fondazione Sipario Toscana  in collaborazione con Nasca Teatri di Terra

Mattia e il nonno è un piccolo capolavoro scritto da Roberto Piumini, uno degli autori italiani più apprezzati della letteratura per l’infanzia.

In una lunga e inaspettata passeggiata, che ha la dimensione forse di un sogno, nonno e nipote si preparano al distacco, a guardare il mondo, a scoprire luoghi misteriosi agli occhi di un bambino, costellati di incontri magici e piccole avventure pescate tra i ricordi per scoprire, alla fine, che non basta desiderare per ottenere qualcosa, ma bisogna provare e soprattutto non smettere mai di cercare.

In questo delicato passaggio di consegne il nonno insegna a Mattia, giocando con lui, a capire le regole che governano l’animo umano e come si può fare a rimanere vivi nel cuore di chi si ama.

Una tenerezza infinita è alla base di questo straordinario racconto scritto con dolcezza e grande onirismo. Un lavoro che ci insegna con gli occhi innocenti di un bambino e la saggezza di un nonno a vivere la perdita come trasformazione e a comprendere il ciclo della vita.

Domenica 21 novembre ore 21

Nicoletta Manni – Timofej Andrijasenko

Passo a due da “Il Corsaro”

Musiche: Adolphe Adam Coreografie: Marius Petipa

Passo a due da “Caravaggio”

Musiche: Bruno Moretti Coreografie: Mauro Bigonzetti

Passo a due da “Luminus”

Musiche: Max Ritter Coreografie: Andras Lucaks

Maestro Luigi Fracasso

L. v BEETHOVEN Sonata in Do diesis min. op. 27 n. 2 min 17
 Adagio sostenuto
 Allegretto
 Presto agitato

F. CHOPIN Notturno in Fa min. op. 55 n. 1
 Polacca in La bemolle magg. op. 53

Nicoletta Manni, nome di punta della compagnia del Teatro alla Scala è nata e cresciuta a Santa Barbara di Galatina (Lecce, Italia).

Ha ricevuto la sua formazione iniziale presso la scuola di ballo di sua madre, a 13 anni è ammessa al 4° corso presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala. Nel 2009, dopo essersi diplomata all'età di 17 anni, ha ricevuto un contratto presso lo Staatsballett di Berlino sotto la direzione di Vladimir Malakhov, dove è rimasta per tre stagioni, prendendo parte in tutte le produzioni classiche e contemporanee.  Sotto l'invito di Makhar Vaziev, è tornata in Italia, nella compagnia del Teatro alla Scala, debuttando con Myrtha(Giselle) e Odette/Odile nel Lago dei cigni di Rudolf Nureyev. Un anno dopo, all'età di 22 anni, è stata promossa Prima Ballerina del Teatro alla Scala. Da allora ha ballato tutti i ruoli principali, accanto a etoile e ospiti internazionali, interpretando molte nuove creazioni, oltre ai numerosi capolavori del repertorio classico.

Timofej Andrijasenko nato a Riga, in Lettonia, nel novembre 1994, dove inizia i suoi studi di balletto alla National State Academy. Nel 2009, all'età di 14 anni, ha partecipato al Concorso Internazionale di Danza "Città di Spoleto", vincendo una borsa di studio; questo premio gli consente di frequentare il Russian Ballet College di Genova diretto da Irina Kashkova, dove si diploma nel giugno 2013.  Da novembre 2014, su invito di Makhar Vaziev, entra a far parte del corpo di ballo del Teatro alla Scala e nel 2018 viene promosso Primo Ballerino. è nel cast dei marinai russi in The Nutcracker di Nacho Duato ed è tra i principali interpreti di Cello Suites di Heinz Spoerli.

Luigi Fracasso, pianista italiano, di  Galatina (Le) ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio di Musica di Stato “T. Schipa” di Lecce, conseguendo con il massimo dei voti il Diploma di Pianoforte. Aldo Ciccolini ha scritto: “… Luigi Fracasso è un musicista vero, agguerritissimo, con idee sane sulla nostra arte e con un vivo senso della logica strumentale.”. È direttore artistico dei concerti del chiostro.

30 novembre 2021 – ore 21

L’eterno riso

di e con Fausto Romano

musiche, eseguite dal vivo, di Eva Parmenter

Produzione FAUST

I pomeriggi d’estate, in un afoso Salento, il chierichetto Faustino, di otto anni, si reca con padre Luigi a “prendere i morti” da casa per far loro il funerale. È un bambino acuto, attento e analizza il tutto con estrema curiosità cogliendo le diverse contraddizioni del rito e i lati colorati della più grande recita della vita, dove ognuno vuol togliere al morto la parte del protagonista. Incontriamo allora il becchino Rafele, che per fare il suo lavoro deve vestirsi obbligatoriamente di nero e tagliarsi i capelli; la ventriloqua Maria che colleziona presenze in chiesa; Gianni, che si è costruito da solo la propria bara finendoci dentro con una donna; il “cane degli inferi”, presente a ogni corteo funebre; la banda musicale che accelera il passo e il ritmo dei brani per tornarsene presto a casa... E ancora, il numero di manifesti mortuari perché “più manifesti ci sono, più il morto è importante”; gli strani oggetti contenenti nelle bare; le divertenti frasi di congedo e i pericolosissimi elogi funebri tenuti dagli amici del “fu”.

Fausto Romano, con la sua usuale leggerezza e intelligente vena umoristica, ci trasporta in un paesino del Salento degli anni novanta nel quale ognuno di noi potrà ritrovarsi e scoprire che la morte, alla fine, è uno spettacolo per tutti.

 

 

info: 3881814359 / 3201542153

mail: officinetse.com

www.otse.it

 

Prevendita online dal 28 ottobre su: www.diyticket.it

Prevendita presso la biglietteria del teatro Cavallino Bianco

Via Giuseppe Grassi, n.13 – GALATINA (Le) dal giorno 26 ottobre

dal lunedì al venerdì dalle ore 16.30 alle ore 19.30

sabato dalle 10 alle 13

 

Prenotazione tramite centralino telefonico:

la prenotazione del biglietto e quindi del posto a sedere può essere effettuata anche

chiamando i seguenti numeri telefonici 388.1814359 / 320.1542153 a condizione che il biglietto venga poi ritirato in botteghino entro 24 ore dalla prenotazione, altrimenti la stessa viene considerata annullata.

 
Di Antonio Mellone (del 01/04/2019 @ 19:09:16, in Eventi, linkato 1339 volte)

Alcuni esponenti della Diciamo Opposizione di Galatina le stanno provando tutte per convincere gli elettori superstiti a votare di tutto men che le sigle che li rappresentano. Un altro piccolo sforzo e l’obiettivo di far durare l’attuale maggioranza di palazzo Orsini un’altra decina d’anni abbondante sarà raggiunto in volata. Ottima strategia per le europee. Rallegramenti vivissimi a tutti.

La scorsa settimana, la suddetta Diciamo Opposizione se n’è uscita con la storia delle “erbacce” [che detto tra noi non esistono: quella roba lì si chiama Natura, ndr.], le quali pare che ci stiano invadendo come gli alieni in Indipendence Day; mentre non più tardi di qualche giorno fa le prefiche “oppositrici” piagnucolavano in coro, ma senza alcun cenno alla musica contrappuntistica dunque all’unisono, a proposito della prematura dipartita de “I Concerti del Chiostro” dal campanile di Galatina a quello di Soleto.

Nei loro comunicati stampa - indistinguibili uno dall’altro se non dalla firma - i novelli paladini della cultura musicale non lesinavano lacrime d’inchiostro per spiegare a noi altri profani che peccato è “perdere” questa piccola grande rassegna.

Per fortuna di tutti, “I Concerti del Chiostro” non hanno traslocato alla volta del Festival dei Due mondi di Spoleto (e vivaddio nemmeno al festival dell’altro mondo), ma semplicemente a Soleto nel santuario della Madonna delle Grazie, cioè a 4,2 km di distanza, vale a dire a 6 minuti di automobile partendo dal centro di Galatina (cfr. Via Michelin). Un tragitto che, volendo, tutti (inclusi gli stilanti comunicati) potrebbero percorrere in bici o addirittura a piedi se codesti mezzi di locomozione “francescana” non fossero troppo rivoluzionari o addirittura eretici per certe papille gustative ovvero ghiandole salivari tutte pregne di “volani per lo sviluppo” e di “ricadute occupazionali” (locuzioni ovviamente mai disgiunte fra loro, come i famosi beni complementari che si studiavano in Economia, tipo la scarpa destra e la sinistra, l’automobile e la benzina, e che suonano bene per un mega-porco commerciale come per un quartetto d’archi).

Ma il vero problema non è tanto il fatto che l’attuale amministrazione comunale di Galatina ce la stia mettendo tutta per esser degna di cotanta opposizione (del resto ogni maggioranza ha l’opposizione che si merita), quanto i tagli alla Cultura a ogni livello causati dai cosiddetti vincoli di bilancio.

Chissà se i Caifa nostrani, pronti a strapparsi le vesti per l’eliminazione degli eventi culturali locali, riuscendo a fare due più due abbiano mai alzato ciglio contro l’impostura di certe “grandi opere” (tipo Tav, Mose, Ponte sullo Stretto, autostrade inutili…) che grande e piccola stampa, prona ai partiti a loro volta prostrati ai costruttori, continua a presentarci come la panacea di tutti i mali e del Pil che non vuol saperne di crescere, nascondendoci invece quanto quei soldi buttati nel cesso potrebbero servire a ripianare i tagli alla Ricerca, alla Scuola, all’Università e dunque alla Cultura (inclusi dunque i concerti).

*  

Permettetemi ora di puntualizzare l’ovvio (sapete com’è, c’è sempre il rischio concreto che gli analfabeti funzionali si mettano a leggere questo articolo capendo come al solito fischi per melodie flautistiche). Ebbene, il festival de “I Concerti del Chiostro” è una rassegna musicale di alto livello, e consiglio a tutti (inclusi i piagnucolanti estensori dei suddetti comunicati stampa - chissà fino a quanto assidui frequentatori della manifestazione) di seguirne le sue serate, fossero, queste, pure in capo al mondo.

Ve lo dice il sottoscritto, girovago per concerti del genere in Italia e all’estero (specialmente quelli d’organo: sublimi i salentini, organizzati ultimamente dal M° Francesco Scarcella e dai suoi bravi collaboratori).

Parola di melomane. Anzi mellomane.

 

Antonio Mellone 

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 19/11/2020 @ 19:08:08, in Le Confraternite di Noha, linkato 1248 volte)

Con questa quinta passeggiata nei boschi narrativi della storia di Noha, P. Francesco D’Acquarica inizia a entrare nel dettaglio degli statuti, degli accadimenti, delle curiosità, ma soprattutto delle persone (a noi più vicine, e tanto care) che fecero parte delle Confraternite di Noha.

Noha.it

La divisa

Anche se non abbiamo documenti o foto a proposito dell’abito delle Confraternite del Santissimo Sacramento e della Madonna del Rosario per analogia si può facilmente immaginare quale fosse la loro divisa.

Confraternita del Santissimo Sacramento

Gli iscritti alla Confraternita del Santissimo Sacramento indossavano l’abito di rito composto dalla mozzetta con medaglione raffigurante il Santissimo Sacramento, il camice bianco con cappuccio bianco, che veniva calato sul volto per i riti penitenziali della Settimana Santa, cingolo rosso legato in vita, scarpe nere e calze bianche.

Confraternita della Madonna del Rosario

Quelli della Confraternita della Madonna del Rosario indossavano la mozzetta nera a somiglianza della mantella dei frati domenicani con appuntato sulla sinistra un medaglione con l'effigie della Madonna del Rosario, camice bianco con cappuccio bianco, da calare anche questo sul volto durante i riti penitenziali della Settimana Santa, cingolo bianco e corona del Rosario alla cinta, scarpe nere e calze bianche.

Confraternita della Madonna delle Grazie

Anche la Confraternita della Madonna delle Grazie di Noha aveva la sua divisa.

Nello Statuto così viene descritta:

Art.39 - Nelle funzioni, processioni ed accompagnamenti funebri, i fratelli indosseranno un sacco bianco, legato ai fianchi con una fascia celeste, una mozzetta celeste; uno scudo metallico su cui è incisa l'immagine della Madonna, ed un cappuccio bianco in testa.

Art.40 - Ogni fratello custodirà in casa il proprio sacco; lo custodirà scrupolosamente, e per nessuna ragione lo farà mai indossare da altri che non sia un confratello.

A Noha abbiamo visto l’abito indossato dai soci della Confraternita fino alla morte dell’ultimo confratello, Pietro Costa (u Malampu), avvenuta alla fine del 2012. Ora non c’è più nessun iscritto e perciò possiamo considerare la Confraternita giuridicamente sciolta. Ricordiamo qualcuno degli ultimi confratelli, oltre a Pietro Costa, Andrea Miri, Michele Paglialunga (Pichinnanni), Nino Specchia e Gerardo Paglialonga (Pata).

La popolazione li chiamava “Confratelli”, perché così voleva lo Statuto e anche perché nei confronti di questi personaggi forse nutriva un certo rispetto, se non proprio una certa ammirazione.

Il direttivo era costituito da un Priore e da due Consiglieri maggiori o Assistenti, oltre ad altri otto detti minori che erano: il segretario, il cassiere, due maestri di cerimonie, il sagrestano, l’organista e due revisori dei conti. Queste persone erano elette ogni anno nella terza domenica di dicembre con votazione segreta.

Potevano essere confermati solo per un secondo “mandato”, ma il sagrestano e l’organista potevano essere riconfermati finché si riteneva opportuno. Prendevano ufficialmente possesso dell’incarico il giorno di Capodanno.

Da notare la finezza con cui sono descritti gli impegni dei due cerimonieri e del sagrestano.

Art.9 - I maestri di Cerimonia "la cui scelta sarà fatta dal Rettore d'accordo col Priore" ordineranno e guideranno i fratelli nelle Processioni e nei funerali facendoli procedere a due a due composti e devoti. Veglieranno perchè i Fratelli stiano modesti e raccolti in chiesa per non dar motivo di dissipazioni e di scandalo ai circostanti.

Art.10 - Il Sacrestano suonerà la campana al solito, terrà pulita la chiesa, conserverà con cura e diligenza i paramenti ed i vasi sacri, accomoderà le lampade, non farà entrare persone estranee durante le adunanze, farà insomma tutte quelle cose concernenti il suo ufficio.

L’articolo 13 ricorda che oltre a questi incarichi c’erano anche due commissioni formate da quattro membri ciascuna. Una aveva il compito di discutere l’ammissione o meno di nuovi iscritti e l’altra di discutere quali multe applicare allorché se ne presentava il caso. Pur essendo un’associazione laicale aveva un Rettore Spirituale che era un Sacerdote scelto e proposto dal Direttivo, nominato a maggioranza con voto segreto, e approvato con decreto vescovile. Del periodo che riguarda il secolo scorso troviamo anche i nomi dei Rettori Spirituali che si sono succeduti.

Nel 1924 don Paolo Tundo, con appena dieci anni di Sacerdozio, si diede da fare per riorganizzarla, come lui stesso scrisse nel registro dei verbali della Confraternita. “L’anno 1924 si è cercato di organizzare la Confraternita “Maria S.S. delle Grazie”. Confraternita che da oltre 20 anni si era disorganizzata”.

Perciò Rettori Spirituali dal 1924 fino alla scomparsa della Confraternita furono:

1°  Don Paolo Tundo (Noha 1888-1962)  dal 1924 al 1933

2°  Don Liberato Demitri (Nardò 1889-1964) dal 1934 al 1937

3°  Don Paolo Tundo dal 1937 al 1952

4°  Don Gerardo Rizzo (Noha 1924-2007) dal 1953 fino alla sua morte.

 

N.B. E’ opportuno tenere presente che nel 1850 il Padre Spirituale della Congrega era don Francesco Greco (di Noha 1811-1879), vice parroco di don Michele Alessandrelli.

Già la relazione dell’Alessandrelli del 1850 precisava gli obblighi del Padre Spirituale in questi termini:

Il Padre Spirituale celebra in Ogni sabbato, ed in tutti i giorni festivi: nel sabato dà il solo comodo senza applicazioni. Nelli giorni festivi poi deve applicare pro vivis atque defuntibus fratribus. 

In ogni domenica prima del mese si canta la messa coll'esposizione del SS.mo e dopo la processione intorno la Congrega. L'orazione delle quarant'ore nell'ultimi tre giorni del Carnevale. La Novena del S. Natale, e della Natività di Maria Santissima. Nella morte dei fratelli li funerali, e venti messe piane, in quella delle sorelle il funerale, e dieci messe piane.

Deve la Congregazione intervenire alle processioni del Protettore, dell'Ascensione, dell'Ottava del Corpus, e delle Crociate.

In quanto allo Spirituale s'inculca ai Fratelli la frequenza de' Sacramenti in ogni mese, osservando le regole in tutto quanto riflette la perfezione cristiana.

 

Ma lo Statuto, riconfermato da don Paolo Tundo, precisa ancora quali erano le funzioni che di solito il Padre Spirituale doveva compiere, e cioè:

- Celebrare la Messa in tutte le domeniche e festività dell’anno;

- Cantare la Messa nel funerale di un socio defunto;

- Celebrare due messe mensili per tutti gli iscritti vivi e defunti;

- Cantare la messa funebre il primo giorno dopo l'ottava dei morti, in suffragio dei fratelli e sorelle defunte;

- Fare la pia pratica della Via Crucis durante i venerdì di quaresima;

- Fare la processione del Cristo Morto la sera del Venerdì Santo e quella della protettrice a settembre;

- Fare la funzione per l’ammissione dei fratelli in 4 festività della S. S. Vergine, e cioè: il 2 Febbraio, il 25 Marzo, l'8 Settembre e l'8 Dicembre;

- Curare che si celebrino al più presto le messe per i confratelli defunti;

- Fare quelle altre funzioni che crederà più opportune (sempre lo Statuto) per l'incremento della pietà dei fratelli, purché però queste funzioni non siano di diritto parrocchiale, o non impediscano quelle parrocchiali. Nel dubbio se le funzioni nuocciano al ministero parrocchiale, spetta all'ordinario diocesano decidere e stabilire le norme pratiche da seguirsi.

 

Per essere ammessi alla Confraternita erano richieste alcune caratteristiche:

 - età minima di anni 15;

 - una condotta cristiana;

 - fare domanda al Priore;

 - avere il consenso dei genitori se si trattava di uno minore di anni 21.

Le norme di comportamento sono chiarite negli articoli 22/23. Li rileggiamo perché ci aiutano a capire l’impostazione educativa e cristiana che si intendeva dare ai consociati.

Art.22 - Tutti i fratelli assisteranno alle funzioni che si terranno in congregazione, entrando nella quale faranno un tantino di orazione all'altare, e quindi siederanno al proprio posto. Si ameranno e correggeranno scambievolmente, fuggiranno le cattive pratiche, le male abitudini, le mormorazioni, le liti, i dispetti, i rancori; eviteranno il più che si può la frequenza delle bettole, le ubriachezze, ecc.

Art.23 - Tutti i fratelli sono tenuti ad intervenire alla riunione mensile (ordinaria) nelle ore pomeridiane di ogni terza Domenica del mese (ad eccezione nei mesi luglio, agosto, settembre). Chi manca abitualmente a queste riunioni sopporterà quella pena che il Priore crederà infliggergli.

Si poteva anche essere puniti, di solito con ammende in denaro, o anche espulsi dalla Confraternita per il cattivo esempio.

A proposito degli espulsi è scritto:

Art.36 - Saranno espulsi: tutti coloro che, lungi dal serbare una condotta lodevole, s'immergono in ubriachezze ed immoralità; coloro che resistono alle correzioni, e si rendono insubordinati ai superiori; tutti coloro che non hanno pagato le multe in cui sono incorsi, nello spazio di due mesi; e coloro che hanno ritardato il pagamento della quota annuale per sei mesi. In questi casi però ci sarà sempre l'avviso per iscritto fatto almeno 10 giorni prima.

 

Nel verbale del novembre 1937 è registrata una espulsione così descritta:

Infine di seduta per futili motivi il Confratello G. muoveva lite con un altro Confratello, tanto da venire alle mani. Il Padre Spirituale li esortava alla calma più volte. Il G. continuando a provocare disubbidiva al P. Spirituale e disconosceva la sua autorità in Confraternita. Conscio del mal fatto il G. domandava la cancellazione dalla Confraternita. E’ stata accettata e si è mandato verbale alla Curia per la ratifica.

La Curia di Nardò, come visto nella precedente Parte Quarta, accettava il licenziamento di P. G. dalla Confraternita e data la sua grave insubordinazione decretava di non poter essere più ammesso ad altra istituzione Cattolica. Ma in realtà l’anno dopo fu riammesso in seguito alla sua stessa richiesta (Vedi Verbale del 18 dicembre 1938).

 

Anche le donne, che in Congrega erano chiamate “Consorelle”, potevano essere ammesse con gli stessi diritti e doveri e potevano essere espulse per gli stessi motivi previsti per le eventuali espulsioni degli uomini.

 

La Confraternita della Madonna delle Grazie non aveva rendite da beni immobili. Contava solo sulle entrate mensili di Confratelli e Consorelle e sulle offerte del popolo. E la sua attività si è protratta si può dire fino all’altro giorno.

Segno che la Carità è ben più forte ed efficace di ogni forma di proprietà o possesso.

Download Priori e Rettori della Confraternita della Madonna delle Grazie.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 

Si terrà venerdì 13 ottobre 2022, presso Palazzo Orsini in Via Umberto I n.40 nella sala del Sindaco, alle ore 11:00, la Conferenza Stampa per la presentazione della Cerimonia di Sottoscrizione del Patto di Amicizia tra la Città di Galatina e la Città di Assisi, che avrà luogo il 14 ottobre alle ore 18:30 presso la Basilica di Santa Caterina d'Alessandria a Galatina. Evento di portata storica per Galatina che sottolinea o meglio traccia un solco di profonda connessione tra le due comunità.

Il Patto di Amicizia è il risultato di un impegno di promozione e cooperazione tra le due Città attraverso la condivisione dei valori spirituali, la valorizzazione del patrimonio culturale e storico, lo sviluppo turistico non solo di carattere religioso, seppur catena portante che lega le due Città, attraverso azioni comuni condivise.

 Il Patto di Amicizia costituisce atto formale di reciprocità tra realtà territoriali nazionali che, grazie alle loro caratteristiche comuni o affini, desiderano istituzionalizzare un rapporto basato su valori culturali, storico-artistici, religiosi, sociali ed economici condivisi, nonché sull'azione comune per la pace e la tutela dei diritti umani.

Le Città di Galatina e Assisi condividono legami storici, artistici e spirituali profondi, con un'importante e consolidata presenza francescana che sottolineano la comune vocazione culturale e la condivisione dei valori intrinseci che il Santo patrono d’Italia ha predicato. Il ciclo pittorico della Basilica di Galatina, semplice, esplicito diretto, sembra fare da prefazione alla magnificenza giottesca di Assisi, capolavoro assoluto di espressione cristiana di grande potenza visiva. Patrimonio dell’umanità

Il Patto di Amicizia rappresenta un impegno a promuovere la cooperazione e a realizzare "pratiche" positive, tra cui la condivisione delle eccellenze dei rispettivi territori, la connessione tra le culture e le tradizioni locali, e la valorizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale. Inoltre, si propone di favorire l'interscambio tra le due città, tra giovani e meno giovani, studiosi e interessati, al fine di migliorare e incoraggiare la reciproca conoscenza e la scoperta dei valori condivisi.

Durante la significativa cerimonia, sarà consegnato inoltre il prestigioso "Premio beniamino De Maria" per il biennio 2019/2020 al Professore Sergio Fusetti, originario di Galatina ma da anni residente ed attivo ad Assisi. Al Professor Fusetti, si deve la direzione del restauro dopo il devastante territorio che ferì l’Umbria e il mondo intero nel 1997. Sua la mano e la direzione sul ciclo pittorico della cappella degli Scrovegni a Padova, Città del Vaticano, l’Aquila, Perugia. Il premio Città di Galatina a Fusetti, legato alla cerimonia del patto di amicizia sono momenti storici che non possono essere disgiunti o disconnessi. È la storia stessa che li prevede: alla Città di Galatina l’obbligo di renderli “una storia da raccontare”.

La cerimonia segna l'inizio di una nuova e promettente fase di scambio tra la Città di Galatina e Assisi, fondata su un patto morale di amicizia, condivisione e profonda consapevolezza delle loro radici storiche, culturali e spirituali comuni.​

 Segreteria Sindaco

 

Venerdì 21 maggio 2021 alle ore 12:00, in modalità digitale al link https://zoom.us/j/93731437308?pwd=SUlXckIwVDNuM0ZzSlpkWHFxOHNrUT09

si terrà la conferenza stampa di presentazione della maratona partecipativa “Cavallino Bianco, il futuro è ora”, 9 laboratori online che si terranno dal 24 maggio al 4 giugno, dalle 19.00 alle 21.00, per costruire insieme traiettorie condivise per il futuro del Teatro Cavallino Bianco.

Con la conclusione dei lavori che hanno interessato il Teatro “Cavallino Bianco”, il Comune di Galatina intende restituirlo alla pubblica fruizione, identificando le prospettive del piano di valorizzazione con i portatori di interessi, pubblici e privati. Il processo partecipativo è guidato da Mecenate 90, Associazione che in Italia svolge attività di assistenza tecnica agli Enti pubblici nei settori della valorizzazione e gestione dei beni culturali, dello sviluppo locale e della pianificazione strategica a base culturale.

Per consolidare la comunità educante e individuare il ruolo possibile del Teatro nella formazione delle giovani generazioni, i sei Istituti scolastici della Città hanno aderito all’iniziativa convocando docenti, rappresentanti di famiglie e di studenti dei propri Consigli.   

Si avvia ora la fase di pieno coinvolgimento e adesione alle attività. Le comunità scolastiche, le associazioni, gli operatori della cultura, della creatività e dello spettacolo, i professionisti, gli esperti, sono invitati a ragionare insieme sui presupposti di cooperazione per la riapertura del Teatro, immaginato come hub culturale, a partire dalle esperienze e dalle competenze vissute, per raccogliere ed elaborare elementi di indirizzo come mattoni costruttivi del futuro prossimo.

Sin d’ora è possibile iscriversi all’incontro preliminare online di preparazione alla maratona programmato per venerdì 21 maggio alle 17.45:

https://www.eventbrite.it/e/biglietti-cavallino-bianco-comunita-creativa-verso-il-laboratorio-partecipativo-154883788581

Con la conferenza stampa si aprono le iscrizioni alla maratona vera e propria, al link https://forms.gle/13SpRg9RdmDt6fPx6

Compilando e inviando il form si ottengono tutti i link di accesso ai laboratori. In questo modo ogni partecipante può liberamente perfezionare la propria iscrizione a una o a più tappe.

Per far crescere da subito i contenuti di discussione sono previsti 2 moduli digitali immediatamente accessibili a tutti, uno per le comunità scolastiche (https://forms.gle/6imkX5PLX21DEi2X7), uno per tutti gli altri partecipanti (https://forms.gle/5jwMYDzF5FTXVV198). Verrà così alimentata una grande lavagna digitale comune pubblicata online, che crescerà con l’avanzare delle risposte e della maratona.

Sin d’ora è possibile iscriversi all’incontro preliminare online di preparazione alla maratona partecipativa, che verrà attuato venerdì 21 maggio alle 17.45:

https://www.eventbrite.it/e/biglietti-cavallino-bianco-comunita-creativa-verso-il-laboratorio-partecipativo-154883788581

A presentare il percorso partecipativo saranno:

  • Marcello Amante, Sindaco di Galatina
  • Cristina Dettù, Assessore alla Cultura e alla Pubblica istruzione
  • Ledo Prato – Segretario Generale Associazione Mecenate 90
  • Fedele Congedo – Architetto Senior di Mecenate 90 - Coordinatore delle attività partecipative

Galatina, 18 maggio 2021

 

Ufficio Stampa

Società Cooperativa Coolclub

Piazza Giorgio Baglivi 10, Lecce

 
Di Redazione (del 04/05/2021 @ 19:04:20, in NoiAmbiente, linkato 1136 volte)

Abbiamo fatto un conto approssimativo, tanto per avere un’idea di quanti ettari di verde ci sono stati sottratti dagli impianti fotovoltaici galatinesi, quelli che hanno infranto il “REGOLAMENTO COMUNALE RECANTE NORME PER LA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI NEL TERRITORIO DI GALATINA REVISIONE X-2010”, fruibile in rete:

https://www.comune.galatina.le.it/documenti/delibere_consiglio/REGOLAMENTOPIANOENERGETICO.pdf

Il suddetto regolamento prevede che gli impianti in aperta campagna siano protetti da recinzioni “leggere” e che queste siano a loro volta coperte visivamente da essenze arboree, quindi obbliga i costruttrori di impianti fotovoltaici a predisporre sostanzialmente delle siepi (vere) intorno all’area occupata dai pannelli per tutto il perimetro.

Abbiamo cercato un campo fotovoltaico dappertutto intorno a Galatina, non se ne trova nemmeno uno che abbia una essenza arborea intorno, che non sia qualche filo d’erba spontaneo. Più che essenza avranno capito assenza? Insomma fatta la legge trovato l’inganno.

Contando gli impianti esistenti su Galatina e i 100 ettari su Noha, considerando una media di 750 metri lineari di perimetro per ogni impianto (si può fare semplicemente con le opzioni di Google, non ci vuole mica la bacchetta magica), si direbbe che siano stati oltre 32 i chilometri di essenza arborea “sfilati” al patrimonio arboreo di Galatina e frazioni. Se teniamo conto che la città di Galatina si sviluppa su una superfice rettangolare con all’incirca 2500 metri lineari per 1500, ai relativi lati, immaginando di mettere 15 file di piante (una ogni cento metri) lunghe 2500 metri lineari cadauna, avremmo un bosco grande quanto tutta la superficie urbana. Un bosco perso grazie al mancato rispetto della legge.

In tempi come quelli che stiamo vivendo, di emergenza climatica e di lotta contro l’inquinamento (Covid e Xylella compresi), è necessario cambiare stile di pensiero nei confronti delle piante. Dobbiamo renderci conto che sono l’unica strada concreta per tentare quantomeno di ridurre i danni all’ambiente e salvaguardare quindi il futuro, che non è solo nostro.

Quindi, quanto facciano bene le piante lo dice la scienza e lo dicono anche i nostri polmoni. E purtroppo lo dice anche il rapporto di salute della provincia di Lecce, RePol 2020, in cui Galatina risulta in testa alla classifica, insieme ad altri 15 comuni limitrofi, con il più alto tasso di tumori ai polmoni.

In conclusione chiediamo a questa Amministrazione, e ovviamente alle future, di tutelare al meglio la salute del nostro Ambiente, facendo rispettare legge e regolamenti ove previsto a suon di multe, e chiedendo il ripristino immediato del parco di essenze arboree mancante all’appello.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali

 

SCHEDA TECNICA

Casella di testo: SCHEDA TECNICA

Nella mappa sopra, sono rappresentati tutti gli impianti fotovoltaici presenti e in richiesta di allestimento sul territorio comunale di Galatina. I quattro indicati con i numeri: 1; 2; 3 e 4 sono stati presi a campione come dimostrazione (vedi foto) che nessun impianto è in regola, in quanto sprovvisto di recinzione arborea come previsto dal Regolamento Comunale citato.

Nell’immagine sotto un esempio di rilevamento dei metri lineari effettuato con google maps del perimetro di un impianto (nello specifico quello di Contrada Roncella a Noha). Avendoli misurati tutti con questo metodo, ovviamente molto indicativo, risulterebbero ben km 32,500. Una fila di alberi da Galatina fino a Punta della Palacia sull’Adriatico

.

Volendo distribuire equamente i 32 chilometri e mezzo di essenze arboree, concentrati nell’abitato di Galatina, giusto per capire il polmone di verde che è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari, e soprattutto ai nostri polmoni, abbiamo immaginato di mettere 15 filari di piante lunghi km 2,5 alla distanza di circa 100 metri l’una dall’altra: ebbene, risulterebbe coperta dal verde tutta la superficie urbana del nostro Comune. Con il deserto che avanza nelle nostre campagne, ci manca proprio

.

 

Di seguito la segnalazione protocollata il 13 aprile 2021:

Download PDF.

 
Di Albino Campa (del 15/06/2006 @ 19:02:23, in Libro di Noha, linkato 5153 volte)

Buonasera a tutti. E grazie per essere insieme a noi.

 

*   *  *

 Ora prima di dire altre cose o che qualcuno, in seguito al mio intervento, caschi dal sonno, fatemi capire: fino a questo momento ne è valsa la pena? Siete contenti?

 Fatevi sentire!

 

*   *   *

 Non posso che partire con un ringraziamento. Se questa sera siamo qui lo dobbiamo all’editore, Infolito Group di Milano, ma soprattutto a Michele Tarantino, di Noha.

 “Caro e illustre amico, permettetemi di mettere il vostro nome all’inizio di questo libro e ancora prima della dedica; perché a voi soprattutto ne devo la pubblicazione. Passando per la vostra magnifica perorazione, la mia opera ha acquistato ai miei stessi occhi quasi un’autorità imprevista. Accettate quindi l’omaggio della mia gratitudine, che, per quanto grande, non sarà mai all’altezza della vostra eloquenza e della vostra dedizione”. Con queste parole, il 12 aprile 1857 a Parigi, Gustave Flaubert ringraziava Monsieur Marie-Antoine-Jules Sénard, per la pubblicazione del suo splendido “Madame Bovary”.  

Credo che queste parole calzino bene – non saprei trovarne di migliori – per esprimere la nostra gratitudine a Michele per il nostro: “Noha. Storia, arte, leggenda”. Che non sarà un “Madame Bovary”. Ma insomma!

 

*   *   *

 Allora prima che qualcuno si abbandoni, come dicevo, nelle braccia di Morfeo, vi dico un paio di cose. Ed ho pensato di incominciare… dando i numeri. Siamo di fronte ad un libro di 455 pagine; 3.773 paragrafi (per paragrafo intendiamo un periodo, una frase in cui abbiamo messo un punto e siamo andati a capo. Cioè non solo quando si mette il punto. Ma quando si mette il punto e si va a capo.).

Abbiamo scritto 14.518 righe (senza contare le didascalie alle foto che scritte di seguito assommano a ben 12 pagine fitte di espressioni); 124.318 parole.

 Se non ci credete, provate a contare!

 Perché vi ho dato questi numeri? Per raccontarvi della mole del lavoro che abbiamo svolto. Ma soprattutto per dirvi che, paradossalmente, di fatto, non abbiamo scritto niente. Come diremo: c’è molto altro ancora da studiare e scrivere.  

 

*   *   *

 Ma andiamo, più o meno, per ordine.

Qualcuno di voi mi ha chiesto: ma quando hai scritto?

La risposta deve necessariamente seguire un ragionamento.

Sappiamo che in un anno (non bisestile) ci sono 8.760 ore. In media, ogni giorno: 8 ore di sonno, 1 ora e mezza tra sera e mattina: pigiama, sveglia, barba, doccia, notizie ecc. ecc., sono 3.468. Rimangono 5.292 ore.

Dieci ore di lavoro al giorno (sono direttore di una filiale di banca con dieci persone; ed un direttore non lavora meno di quelle ore al giorno, escluso il sabato e la domenica, ovviamente); e sono 2700 ore.

Ed in questo computo non calcolo le ore per gli eventuali (numerosi) corsi di aggiornamento o quelli non residenziali o cosiddetti manageriali altrove in Italia: Bari, Napoli, Milano…. Rimangono 2.582 ore.

Vado in palestra due volte la settimana (e si vede!) per un totale di 3 ore e mezza a settimana: sono 189 ore.

Per gli spostamenti da casa al lavoro e da Putignano a Noha (e viceversa) impiego circa 5 ore la settimana:  dunque 270 ore all’anno. Sottraendo anche queste ne rimangono 2.133.

Scrivo almeno una volta al mese su “il Galatino” (e non considero gli articoli saltuari inviati alle altre riviste). Per trovare l’argomento, documentarmi, stendere una prima bozza dell’articolo, rileggerlo, correggerlo, limarlo, inviarlo alla redazione: impiego a dir poco tre ore a settimana. Dunque altre 162 ore.

L’anno scorso ho seguito dei ragazzi di scuola superiore impartendo lezioni di matematica, ed un laureando e due laureande, rispettivamente in Economia e in beni Culturali nelle loro tesi di laurea (correzione bozze, ricerche bibliografiche, ecc. ecc.): circa quattro ore a settimana. Altre 216 ore. Rimangono 1.785 ore.

Poi ci sono i giornali e soprattutto i libri. E Internet: almeno un’ora e mezza al giorno. Fa 547 ore.

Non rinuncio mai, ogni settimana, a cinema, o teatro, o concerti, o spettacoli, feste, passeggiate al mare, incontri con amici e amiche, scambi sociali, incontri galanti, la pizzeria, la santa messa domenicale, la caffetteria, la libreria, il pub; e poi ancora shopping, convegni, presentazioni di libri, viaggi,… che assorbono oltre 16 ore (in media) la settimana: sono 864 ore.

Rimangono 374 ore, (cioè un po’ più di 1 ora al giorno) da dedicare ai pasti, alla televisione, e, in qualità di invitato, a cerimonie, come battesimi, cresime, matrimoni,  ecc. ecc.

SIGNORE E SIGNORI: QUESTO LIBRO S’E’ SCRITTO DA SOLO!!!

 

*   *   *

 Dunque il libro, come per magia, s’è scritto da solo.

Vi dico, tra l’altro, che la redazione del testo è forse la cosa più semplice da fare. O almeno per me così è stato.

Il problema inizia con l’Art Designer (cioè con il compositore delle pagine del libro), soprattutto se questo compositore si trova a Genova, come la signora Gabriella Zanobini Ravazzolo (che salutiamo con un battimani). Che è splendida, ma che non conosce Noha.

Per comporre un libro ricco di foto bisogna indicare dove vanno inserite le foto.

Ma non basta. Bisogna dire a chi non conosce Noha ad esempio che la foto del palazzo baronale deve avere un certo formato, quella di una casa anonima di un formato più piccolo; quella della torre va inserita in un certo contesto, mentre quella di una processione, o quella di una cassetta di pomodori, in un altro. Insomma un lavoro incredibile.

Se poi ti si impalla, cioè si inchioda il computer (abbiamo lavorato molto con le e-mail) perché la definizione delle foto assorbe e rallenta il lavoro; o se in qualche caso, come è successo, dopo aver scritto un brano o una frase, ti chiama qualcuno al telefonino, ti dimentichi di salvare, devi rifare il lavoro, ecc… potrete capire il livello di disperazione.

Se a tutto questo aggiungete una madre che ogni tanto ti dice: ancora con questo libro!?. Ma quando sarà pronto!? Mi pare ca sta vu la pijati a passatiempu!!! Potrete subito capire!!!  

 

*   *   *  

E non voglio parlarvi del lavoro per “sposare” i due scritti, per trovare un linguaggio omogeneo e semplice, per la cernita delle fotografie, per la loro ubicazione nel testo, per far combaciare le didascalie (dopo averle preventivamente pensate e scritte), per le note a piè pagina che  - non capivo perché – si sfasavano, per l’ordine delle foto inserite in ben sei CD con l’ordine tipico di un pazzesco marasma, che definire coacervo confuso è dire poco.  

 

*   *   *

 A proposito di fotografie. Le fotografie oltre 460 sono parte essenziale del testo: per favore, però… se comprate il libro non limitatevi a guardare le fotografie riportate nel testo. Non limitatevi  a leggere le didascalie delle foto. Leggetelo, andate un po’ oltre le foto, potreste trovare cose incredibilmente interessanti o divertenti o affascinanti o curiose o intriganti o misteriose.

Tra l’altro il libro lo potete leggere anche a salti. Non è necessario seguire per forza la sequenza dei capitoli.

A proposito di cose carine vi vorrei raccontare l’aneddoto del telefono: lo trovate a pag. 336. E’ l’accadimento del telefono avvenuto tempo fa nel bar di Ninetto (che ci ha lasciato nel mese di novembre dello scorso anno).

Il telefono a muro color beige, è l’ultima cosa di cui vorremmo scrivere in questa sorta di nostalgiche “disiecta membra” sui bar di Noha.

Con il disco con i buchi per comporre i numeri, il telefono attaccato al muro, sulla sinistra dell’ingresso del bar, non era in una cabina: sicché di fatto era pubblico non solo il telefono ma anche la telefonata. Tutti gli astanti potevano quindi ascoltare per filo e per segno tutte le conversazioni  telefoniche (la privacy era ancora un vocabolo sconosciuto); anzi nel corso di una telefonata i presenti interrompevano le loro chiacchierate, facevano addirittura silenzio “per non disturbare chi telefonava” (e per cogliere meglio il succo della comunicazione). 

A questo proposito, ecco l’aneddoto (tutto vero!) di “Fernando – oggetti sacri”.

 Fernando di Noha, ora in pensione anche lui, era commerciante di oggetti sacri. Non avendo in casa un telefono, (così come accadeva per la quasi totalità degli abitanti di Noha), pensò bene di lasciare ai clienti quale recapito quello del bar di Ninetto (sempre su autorizzazione del barista, s’intende); recapito telefonico che aveva fatto riprodurre anche su materiale pubblicitario come potevano essere i calendari o bigliettini da visita.

Un bel dì squilla il telefono, come tante volte era successo. Risponde Ninetto, come al solito, con il suo vocione squillante: “Prontooo?!!”.

E dall’altra parte una voce titubante fa : “Pronto?...  Parlo con Cacciapaglia Fernando?... Il rappresentante di oggetti sacri?” (Era un sacerdote che necessitava di alcuni “prodotti” trattati dal Fernando).

E Ninetto, preso alla sprovvista, e onde evitare di fornire una dettagliata lunga spiegazione, in un attimo decide: taglia corto e risponde: “Nooo!! Eeeeh…sono sua moglie! Dica!!”!    

Vedete? Con questo libro ci si può anche divertire.

Il nostro libro ha tante pagine, tanti paragrafi, tante parole, tante fotografie…

Ma vi volevo dire che non abbiamo scritto chissà quanto.

Anzi diciamo meglio: chissà quante cose o persone o accadimenti sono rimasti nella nostra penna (o nei tasti dei nostri computer). Oserei dire che, dunque, non abbiamo scritto proprio nulla!

Nella conclusione, infatti, invitiamo le nuove generazioni a continuare a scoprire, a studiare, a riscrivere, a ripensare magari, a confutare (anche!) gli stessi argomenti o i temi che nel libro s’è trattato soltanto superficialmente o che non s’è trattato affatto.

Ben vengano, allora, tutti quanti vogliano scrivere saggi, libri, trattati, articoli sulla Storia di Noha, vogliano scattare nuove foto o girarne documentari; in queste pagine, e soprattutto altrove, c’è materiale a sufficienza per la ricerca di una risposta ai mille “perché”. Ciò che è già stato scritto non è mai bastevole, mai commisurato all’assoluto bisogno di conoscenza.

Se dopo di noi qualcun altro vorrà scrivere sulla Storia, l’Arte e le Leggende di Noha con più penetrazione, tanto meglio: il nostro intervento ha il torto ed il merito di essere stato fatto prima.

 

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Adesso consigli per gli acquisti. Del libro.

Il libro costa 30 euro. L’editore non riesce nemmeno a coprirne i costi. Avete visto la veste tipografica: magnifica e accattivante.

Pensate 30 euro per la storia, l’arte e la leggenda della nostra cittadina.

Adesso, pur non utilizzandone i toni, faccio un po’ la Vanna Marchi della situazione. Signori: quanto un CD di Eros Ramazzotti! Quanto due pizze e due birre! Quanto una cravatta (no: la cravatta costa di più, a meno che non sia di Andrews-Tie): una maglietta non di marca. Quanto un taglio ed una messa in piega. Quanto manco un pieno di benzina.

Trenta euro.

Spesso ci si adopera a misurare i costi della cultura. Senza avere idea però di quanto costi l’ignoranza. Sappiate comunque che i costi della cultura sono sempre infinitamente più bassi dei costi che può generare l’ignoranza.

L’emarginazione non è un fatto solo economico.

Indifeso, emarginato, ultimo, non è tanto chi non ha soldi (anche!); ma soprattutto chi non riesce a far propria la ricchezza della comunicazione con gli altri: cioè la cultura.

 

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 Voi sapete che prima di essere uno scrivente di fatti locali io sono un economista.

 

Ora vi spiego perché dal punto di vista economico l’acquisto di questo libro è un affare. Anzi un investimento.

Vi spiego però prima che cosa è un investimento. Anzi un buon investimento. E poi, per essere completo, vi spiego anche che cosa è invece un finanziamento (che è una cosa speculare dell’investimento).

Semplificando al massimo diciamo che un investimento non è una semplice uscita monetaria: cioè un costo.  Un investimento è un’uscita monetaria che comporterà degli introiti. Saremo di fronte ad un buon investimento se gli introiti, i benefici, immediati e differiti, superano il sacrificio di quella spesa.

Dunque un investimento è un’uscita monetaria cui seguono delle entrate. E l’investimento è tanto più buono quanto più la somma di queste entrate supera la somma delle uscite.

Mentre un finanziamento è un’entrata monetaria, dunque un debito, che prima o poi dovrò rimborsare in una sola botta o a rate. Quando una banca mi concede un finanziamento, ho un introito di soldi che poi restituirò in una unica soluzione o spalmandoli nel tempo.

Ho la presunzione di dire che il nostro libro è un buon investimento poiché il suo valore supera di gran lunga la sua spesa per acquistarlo.

Il valore del libro è sia intrinseco e sia estrinseco.

Intrinseco è il suo contenuto: le foto a colori, la ricerca, gli scritti, i documenti, la stampa, l’eccellente carta, l’inchiostro, la copertina rigida ricoperta di pregiata tela color rosso-cardinale, la sovra-copertina, l’eleganza del testo, e il lavoro, le ore impiegate per scriverlo di cui vi ho parlato, il trasporto, l’opera dell’ingegno, il diritto d’autore…

Il valore di mercato o estrinseco deriva invece dal fatto che questo bene, essendo a tiratura limitata, è, di fatto, una risorsa scarsa. Forse non riusciremmo a dare un libro per ogni famiglia.

Tra due, tre, quattro anni. Anzi, diciamo, tra dieci anni, il libro sarà una risorsa ancora più scarsa.

Il libro tra dieci anni non circolerà quasi più. Sarà un bene raro, da mercato secondario di intenditori. E per questo alcuni sarebbero disponibili a pagare cifre molto più alte dei 30 euro di oggi (sempre che 30 euro tra dieci anni varranno quanto i 30 euro di oggi). Vi invito dunque a guardare lontano, a volare alto.

Questo discorso, fidatevi, funziona indipendentemente dal contenuto del libro.

C’è gente che sarebbe disponibile, su una sorta di mercato secondario, a sborsare parecchie decine di euro anche se quel determinato libro, ben fatto, difficile da reperire sul mercato, dovesse parlare… di cucuzze. Questo libro come potrete notare non parla di cucuzze. O meglio non parla solo di cucuzze (ci sono pure quelle!)…

 

*   *   *

 

Noi (ma questo tutti gli scrittori) abbiamo bisogno dello sguardo dei lettori, di voi, della vostra attenzione.

 

*   *   *

 

A cosa serve il nostro libro?

 

Ma ovviamente cambiare il mondo!!!

 

 Diceva Plinio il Vecchio (citato da Plinio il Giovane in una lettera): “Non c’è libro tanto brutto che in qualche sua parte non possa giovare”.

 

Ogni autore che aggiunge qualcosa a quanto è già stato scritto supera un limite, magari spiega qualcosa che prima non era chiaro, ci dà una visione diversa del mondo. Anche se questo mondo è piccolo e si chiama Noha.

 

Possiamo dire che la novità di questa opera sta nel farci vedere il mondo, il nostro piccolo mondo, in modo diverso, sotto un’altra luce. E sarò contento se, quando lo leggerete, mi fermerete per strada e mi confermerete questo. 

 

Ma sarò contento anche se mi criticate (o come si dice qua, mi malangate).

 

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Io mi auguro, anzi vi auguro, che prendendo in mano il nostro libro voi possiate sentire suoni, annusare odori, gustare sapori. Vi auguro di compiere un viaggio nel tempo. Mi auguro e vi auguro che sentiate il desiderio di andare avanti, nella lettura e nella ricerca.

 

Mi auguro che il nostro libro stimoli la vostra fantasia.

 

Se mi fosse consentito vi augurerei che la lettura di questo (ma anche qualsiasi altra lettura) diventasse per voi come una sorta di sostanza stupefacente: una droga che però che accelera l’intelligenza, la fortifica, non la comprime.

 

Chi non ha questo privilegio si rifugia nelle droghe “normali” che servono a dimenticare l’infelicità dell’esistenza (nei confronti di queste persone è opportuno praticare il giudizio moderato della comprensione…).  

 

Come per umana consolazione fu scritta la “Divina Commedia” di Dante, così il nostro libro è stato scritto perché rinasca un antico orgoglio, il legittimo orgoglio per le nostre radici: quello di essere cittadini di Noha, questo lembo di terra che in passato era importante nel Salento e che ancora può essere conosciuto non come territorio di mafia, ma finalmente come centro di solidarietà, di cultura e libertà!!!

 

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Il nostro libro serve. Un libro di storia serve. Sempre.  

 

Si dice che la Storia è maestra della vita. E’ vero.

 

Però ci tengo a dire che il nostro futuro non è mai determinato dal nostro passato.

 

Il passato illumina il presente, ma non lo determina.

 

Ci si rivolge alla Storia non per sapere cosa dobbiamo fare oggi o domani. (Quello lo dobbiamo decidere noi). Ma per sapere in quale situazione ci muoviamo; per avere consapevolezza da dove veniamo e dove possiamo andare, se esiste una possibilità di farlo.

 

Ecco perché è importante la storia.

 

La storia ci aiuta a vedere meglio, magari più nitido, un accadimento. Ma non può dirci quello che dobbiamo fare.

 

La storia ci dice da dove veniamo. Non dove vogliamo andare!

 

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Infine i libri allungano la vita.  

 

“Un uomo che legge ne vale due”: questa non è mia: è una citazione di Valentino Bompiani (fondatore di quella casa editrice).

 

Con questo intendo dire che la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, analfabeta, non legge) è questa: colui il quale non legge, si limita a vivere solo la sua vita, mentre noi, grazie alla lettura, ne viviamo moltissime.

 

Cioè la lettura e la memoria ci permettono di conoscere le esperienze e le vite degli altri, ci fa andare alle radici. Sovente la lettura di un libro (specialmente quella di un classico) ci dice non solo come si pensava in un tempo lontano, ma ci fa anche capire perché oggi pensiamo ancora in quel modo…

 

Ecco perchè i libri allungano la vita. Ma sono anche una forma di assicurazione contro l’Alzheimer, per il semplice fatto che la lettura tiene in attività, diciamo, tiene allegro il cervello (il quale è come le gambe: le quali necessitano di alcune ore di allenamento sportivo, o comunque di movimento, ogni giorno).

 

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Una casa senza libri, poi, è come un corpo senza anima. I libri ci affascinano; ci parlano, ci danno dei consigli…

 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso.

 

L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. Anche se gli scrittori si chiamano Antonio Mellone, e Francesco D’Acquarica, (mi assolva padre!).

 

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Un giorno un amico mi chiese se la lettura del mio libro (il don Paolo, qualcuno di voi ricorderà quel mio libercolo del 2003) gli sarebbe servita per una certa ricerca che stava facendo sul novecento. Gli ho detto che gli sarebbe servita anche se poi avesse fatto il venditore ambulante di materassi a molle!

 

Ecco l’utilità di un libro: che poi è il succo di tutto ciò che vi ho raccontato questa sera.

 

*   *   *

 

Ringraziandovi ancora una volta per la pazienza con la quale mi avete ascoltato,  ringrazio ancora gli ospiti, Giuliana Coppola e Nicola Toma (splendidi!) che mi hanno onorato della loro presenza; Paola Congedo ed il marito maestro cantautore-chitarrista Walter Faraone, grazie per la vostra performance; Emanuele Vincenti (che ha letto e riletto le bozze del libro); Giuseppe Rizzo ed Antonio Salamina (che hanno sorvolato Noha con l’aereo da turismo ed hanno scattato splendide foto dall’alto, qui presentate per la prima volta in assoluto); grazie al geometra Michele Maiorano per lo stradario, il “tutto-città” di Noha; grazie al prof. Zeffirino Rizzelli (che ha scritto la presentazione del lavoro), a Don Francesco Coluccia (padrone di casa), a don Donato Mellone (che ci ha concesso di consultare l’archivio parrocchiale nel tempo), a Bruna e Dora Mellone (per aver letto le bozze del testo), a Matteo Mellone (da Milano con furore!), a Paola Rizzo maestra d’arte (per i disegni del libro e per la mostra di questa sera dei suoi tre bellissimi ragazzi: Angelo Cisotta, Veronica Gianturco, Francesca Lupo), a Michele Tarantino e sua moglie Rossana D’Acquarica, venuti apposta da Milano per questa serata, oltre che per il loro determinante contributo per la stampa del nostro libro; saluto tutti i miei amici ed amiche che ho invitato a partecipare a questa presentazione quasi per forza (alcuni per l’occasione provenienti da Bari, Brindisi e Taranto); ringrazio Daniele, Michele e Rinaldo Pignatelli (dello studio fotografico Mirelfoto per le foto e le riprese ed i cortometraggi qui presentati, come vedo, con grande successo); ringrazio Telerama, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, “il Galatino”, “Il nuovo Quotidiano di Lecce”, e “Quisalento”; grazie a Gigi Russo e Radio Reporter, ringraziamenti anche a Radio Orizzonti Activity; sono grato a Gianni Miri ed alla sua auto che, opportunamente “microfonata”, per le strade di Noha ci ha annunciato, con un bel sottofondo di Bob Marley, questo straordinario evento storico; grazie ad Albino Campa, webmaster, per aver in anteprima pubblicato la notizia dell’avenimento di oggi e la copertina del libro sul suo blog Noha.it (e mi auguro che quanto prima ritorni a funzionare il suo sito www.noha.it, il portale con l’h, che arricchiremo con tante foto, sito attualmente in “riparazione”); grazie a Piera Sturzi, per l’omaggio floreale alle gentili signore, a Sasà ed il suo B. & B. “Per le vie” (ed anche per l’ottimo pranzo offertomi proprio oggi, nella sala ristorante della struttura, in occasione dell’inaugurazione, appunto,  del secondo Bed and Breakfast di Noha; il primo è “Mimì”); saluto tutti i miei amici ed amiche (vedo là in fondo anche i miei amici di Galatina e Lecce e Gallipoli, oltre che quelli di Noha); grazie a Enzo Turi per l’esilarante fuori programma (che di fatto era in programma: l’abbiamo provato e riprovato: bravissimo!); grazie ai miei amici di Milano che mi hanno ospitato nella città meneghina e sopportato nel corso della redazione delle pagine di questo libro; grazie a tutti coloro che hanno preparato questa sala per l’occasione; grazie al bar Settebello che ha offerto il buffet che seguirà da qui a qualche minuto (a proposito siete invitati: paste di mandorla e prosecco ce n’è per tutti). E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato.

 

*   *   *

 

E visto che ha funzionato quella volta, vorrei concludere, con le stesse parole con cui presentavo il mio libro del 2003, il “don Paolo”, sempre in questa sala convegni, parole prese in prestito e parafrasate da Alessandro Manzoni: quelle con le quali don Lisander conclude il suo romanzo “I Promessi Sposi”:  se la storia, diciamo, se il nostro libro e se questa serata  non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta (e presentata). Ma se invece fossi riuscito ad annoiarvi, credetemi non l’ho fatto apposta!

 

Grazie.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/11/2020 @ 19:02:05, in NohaBlog, linkato 1259 volte)

Mi verrebbe quasi voglia di fidarmi degli addetti ai lavori che si occupano dei beni comuni, tipo l’aria, l’acqua e la terra, e quindi di lasciar perdere tutto quello che mi passa per la mente e che vedo in giro. In fondo, penso, come si usa dire: “andrà tutto bene”. Così chiudo i pensieri per una frazione di secondo. Ma poi certe immagini mi ritornano davanti con prepotenza, e con esse le parole dette, insieme a tutti quei dati e a quelle tabelle che ho letto nel Report dei tumori nella nostra provincia aggiornato al 2020.

E allora non posso fare finta di niente. Le immagini sono anche quelle degli impianti di pannelli fotovoltaici tra le Contrade Roncella e Scorpio che, ora che hanno perso i ripari (ulivi martiri) dietro cui parevano nascondersi, manifestano tutta la loro sfacciataggine. Non ci sono parole, gli alberi d’ulivo, quelli scampati agli incendi, rimangono lì come testimoni muti della (voluta?) mancanza di cure. Invece la distesa infinita di pannelli luccicanti come l’oro sembra non fare una piega.

Inutile farvi leggere per l’ennesima volta la sfilza di controindicazioni che generano le devastazioni della campagna: desertificazione del suolo, impoverimenti della biodiversità, scarsa generazione di ossigeno nell’aria, danni idrogeologici, cambiamenti microclimatici, ecc.

Tant’è che si sono studiate norme altamente specifiche che dovrebbero tutelare tutto il sistema ambientale, paesaggistico ed economico. Si tratterebbe soltanto di farle rispettare se non avessero purtroppo la stessa efficacia delle grida di manzoniana memoria .

Nonostante l’impegno – eravamo quattro gatti spelacchiati - non riuscimmo a evitare i danni del 2010 (quelle devastazioni sono sotto gli occhi di tutti, tranne dei ciechi), ma pensavamo che questo maledetto discorso si fosse chiuso definitivamente là, con i danni a noi e i milioni di euro alle società a responsabilità limitata, che oltretutto sono pure di fuori regione, se non spagnole (prima) e tedesche (poi).

Nel 2010, forse presi dalla smania degli incentivi elargiti dallo Stato (cioè da noi stessi, altro che energia gratuita) e dai baratti per la sistemazione di un canile, l’allora amministrazione comunale non fiatò nemmeno per denunciare l’invasione degli alieni, sicché Noha subì un tremendo taglio di parco naturale (zona Roncella e Scorpio),  e fu risparmiata chissà per quale miracolo da un altro impianto di pannelli di vetro, ferro e silicio, proprio dirimpetto alle case del nascente (e per fortuna poi morto nella culla) comparto 4, quello che prevedeva a nord di Noha una cosa come una ottantina di villette a schiera.

Ma tranquilli, i comparti non muoiono mai del tutto, e i progetti di impianti fotovoltaici neanche.

Ed eccolo qui, a poche decine di metri dalla Masseria Colabaldi, dunque a ridosso delle case della 167 di via Lago di Garda, a due passi dalla Chiesa di San Rocco: dieci ettari di ferraglia che chiamano “parco”, pronti a sovrastare la collinetta da Via Dalla Chiesa a via delle Tre Masserie. Chissà questa volta chi parerà il sacco a questi novelli “investitori”, chissà quale conferenza dei servizi, quale legge o regolamento, quale dirigente-impiegato-funzionario-burocrate.

Il fotovoltaico è cosa buona e giusta, ma non in mezzo alle campagne, di cui dovremmo ormai tutelare ogni centimetro quadrato di terreno (chissà quando riusciremo a capire quanto la terra valga più dell’oro, più di un conto in banca con tanti zeri), ma sulle parti ormai morte dei territori, cioè quelle già cementificate o asfaltate,  quelle dei tetti delle costruzioni civili o dei capannoni artigianali e industriali, quelle dei parcheggi, e quelle delle cave dismesse e, perché no, dei cimiteri. Prima che si ripeta una nuova Roncella, i cittadini dovrebbero poter partecipare a decisioni così impattanti: in fondo siamo né più e né meno che un grande condominio e le decisioni straordinarie, quelle che riguardano la salute di “tutti”, dovrebbero essere condivise con “tutti”. Così almeno se si scegliesse di farne un’ecatombe saremmo “tutti” più o meno direttamente responsabili. L’ Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Marcello Amante, in accordo con la Sovrintendenza dei beni culturali della Provincia di Lecce e Taranto, con delibera n. 223 del 16 ottobre scorso, ha già bocciato mediante notifica di svariate incongruenze ambientali e normative altri tre progetti in zona Collemeto, per un totale di circa 21 ettari di suolo vergine. Ma questo non ci lascia mica tranquilli per il futuro. Ci sarebbe bisogno, crediamo, di più informazione preventiva, più partecipazione, ma soprattutto di più buon senso.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 08/10/2023 @ 19:02:05, in NoiAmbiente, linkato 870 volte)

A proposito di bellezza, oggi ci siamo ritrovati con la Nostra Terra, sotto un cielo  azzurro e splendido e l'abbiamo amata, la Nostra Terra. Amata e ringraziata per la vita che ci dona. Tant'è che se fosse per cemento e catrame di cui ci circondano e ci circondiamo, non potremmo essere così come siamo: vivi.

A pregare con noi nostra Madre Terra c'erano:

Paola che ha portato con sé Chiara, l'altra Paola che invece ha portato con sé la piccola Mia, poi sempre a pregare con noi, c'erano ancora Lucia, Gabriella, Tamara, Stefania e Paolo, Federico, Albino, Angela, Giovanna, Angelo, Fernando e Maria Rosaria, Pierluigi, il delegato della nostra Noha e l'instancabile Loredana, a cui assicuriamo il posto fisso, se lo merita proprio il contratto a tempo indeterminato perché riesce sempre a ristorare le nostre GG Ecologiche con dolci e caffè al momento giusto.

Infine dobbiamo dire, che insieme a noi, a pregare Nostra Madre Terra, c'era un docile cagnolino anche lui (o forse era una lei)  ci ha tenuto compagnia durante la pausa caffè, meritandosi cosi oltre alla nostra amicizia, un pezzetto di dolce. 

Abbiamo fatto del nostro meglio per togliere dalla nostra Amata Terra un po' di sporcizia, che non se la merita proprio e nel mentre abbiamo sentito il suo silenzioso ringraziamento sibilato dal vento di tramontana. Ora cari amici e concittadini, facciamo a voi la preghiera di smettere di insudiciare Nostra Madre Terra. Per il Suo bene ma soprattutto per il bene dei vostri stessi figli. Almeno a loro non si può non voler bene. 

Abbiamo rimosso 18 sacchi di rifiuti, di cui 13 colmi di bottiglie di vetro. All'incirca 1300 bottiglie quasi tutte adoperate per contenere birra.

Purtroppo la plastica è rimasta bruciata nel terreno con gli ultimi falò, impregnandolo così di veleni. 

Altri piccoli ingombranti sistemati nei tre mucchi raccolti, sono per lo più i resti di metallo che i vari incendi non hanno potuto sciogliere.

Vi ricordiamo cari concittadini che l' azienda incaricata dal Comune passa a prelevare i rifiuti di ogni genere, ogni giorno, per tutto l'anno feste comprese, davanti alla nostra porta di casa. 

 Il Direttivo di Noiambiente e beni Culturali di Noha e Galatina

 
Si inaugura a Galatina, venerdì 24 gennaio alle ore 18.30, presso la Sala di Cultura Francescana,  il ciclo di  incontri di approfondimento sui diversi aspetti storici, culturali ed artistici della Basilica di Santa Caterina d'Alessandria che, per il fatto di possedere il più grande ciclo pittorico del XV secolo, rappresenta un "Unicum" nel panorama artistico dell’Italia Meridionale.
"FRATER IOSEPH A GRAVINA REFORMATUS PINGEBAT", (Il Quadriportico di Santa Caterina d'Alessandria negli affreschi del XVII secolo), il titolo del primo incontro, in cui Andrea Panico, giovane e talentuoso laureato in beni Culturali presso l’Università del Salento, porterà all’attenzione del Pubblico, i nuovi studi condotti sui dipinti del chiostro seicentesco, realizzati appunto sul finire del XVII secolo  da fra’ Giuseppe da Gravina.
Una lettura affascinante e complessa della scuola pittorica francescana del XVII secolo; dialoga con lo Studioso, il Prof. Massimiliano Cesari, cultore della materia presso la cattedra di “Fenomelogia degli stili” dell’Università del Salento; dopo i saluti di Fra’ Rocco Cagnazzo, Parroco della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria e dell’Assessore alla Cultura del Comune di Galatina Prof.ssa Daniela Vantaggiato, introduce i lavori il Presidente del Club UNESCO di Galatina Salvatore Coluccia;  coordina  gli interventi la Dott.ssa Angela Beccarisi.
 L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la libreria Fiordilibro, l’Associazione Culturale Il Mandorlo e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.

Sala della Cultura Francescana, piazzetta Orsini – info 3396845616

 
Di Redazione (del 05/04/2017 @ 19:00:00, in Comunicato Stampa, linkato 1795 volte)

Ringrazio sentitamente il segretario del Pd di Galatina, Antonio De Matteis, che con un lungo proclama ha dato ai cittadini di Galatina la possibilità di capire perché l’ospedale “Santa Caterina Novella” sarà chiuso e nel frattempo ridotto a poca cosa. Il segretario del Pd locale non si è accorto che dal 2005 la Regione è governata, senza interruzioni, dal centrosinistra ed essendogli sfuggita questa circostanza attribuisce a Raffaele Fitto la responsabilità della triste fine a cui il centrosinistra ha destinato il nostro ospedale. Evidentemente non essendosi accorto che il suo partito era al governo della Regione non ha mosso un dito per evitare la catastrofe. Ma non è l’unica cosa di cui non si accorge e su altre che mi riguardano fa confusione. Mi chiede, De Matteis, dov’ero sia nelle vesti di semplice cittadino, che in quelle di candidato alla Regione Puglia nelle liste di Forza Italia.

A De Matteis comunico che la mia avventura politica è durata 20 giorni, nel 2010, con la candidatura al Consiglio regionale in una lista civica e non con Forza Italia come ritiene il segretario Pd. Ecco dov’ero da semplice cittadino, avevo deciso di mettermi in gioco e dare il mio contributo alla collettività: allora come ora sono mosso dallo stesso sentimento. Apprendo poi, sempre dal segretario del Pd, che il suo partito si è mosso per salvare l’ospedale di Galatina riportando nel presidio ben due reparti. Se così stanno le cose, ci vuole spiegare il Pd per quale motivo oggi, con il nuovo Piano di riordino, si è comportato in maniera diametralmente opposta, con un silenzio assordante di importanti esponenti del partito che hanno ricoperto incarichi istituzionali e hanno un ruolo rilevante nello scenario del partito a livello regionale? Non crederà il signor De Matteis che noi cittadini ci beviamo la storiella della difesa dell’ospedale da parte dell’amministrazione Montagna che presentò un ricorso senza dare mai concretamente impulso all’azione giudiziaria.

Non sono il sindaco di Galatina, ma uno dei candidati eppure i vertici di Regione e Asl mi hanno ascoltato quando ho chiesto, motivando, che sulla messa in atto del Piano di riordino ospedaliero si attendesse l’insediamento della nuova amministrazione, qualunque essa sia.  Poteva benissimo fare il segretario De Matteis, ma l’ho fatto io interpretando non la rabbia dei cittadini (il Pd ha soffocato anche quella), ma la rassegnazione di questa città sinora utilizzata dal centrosinistra solo come serbatoio di voti, sempre più esigui a dire il vero.

Ora, mi aspetto dal segretario del Pd un proclama altrettanto circostanziato per spiegare a noi cittadini come ha fatto la sua amministrazione  a cumulare 12 milioni di debiti, come ha fatto a far portare la Tari a un rialzo di oltre il 25 per cento, come ha fatto il suo sindaco Montagna a farsi commissariare da presidente dell’Aro 5 per inerzia, come ha fatto ad accettare che a Noha il Centro Polivalente fosse utilizzato per scopi politici e di svago del suo partito. Spieghi questo, il signor De Matteis piuttosto che cercare di cancellare i 12 anni di governo della Regione: lui guarda indietro, noi guardiamo avanti.

Giampiero De Pascalis

Candidato sindaco di “Obiettivo 2022”

(Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc)

 
Di Redazione (del 05/09/2017 @ 18:58:37, in Comunicato Stampa, linkato 1610 volte)

“La giraffa senza gamba” il nuovo film breve del regista salentino Fausto Romano è pronto per il grande schermo alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia.

In concorso per il Premio Migrarti 2017, il film sarà proiettato l’8 settembre alle ore 11.30 nella Sala Casinò del Lido di Venezia. Prodotto da Vincenzo D’Arpe per Maxman Coop, “La giraffa senza gamba” si è aggiudicato il finanziamento del Mibact, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, vincendo il bando MigrArti 2017, con l’obiettivo di coinvolgere le comunità di immigrati in Italia, prestando particolare interesse ai giovani di seconda generazione che fanno ormai parte integrante del nostro Paese.

Il cortometraggio girato nel mese di giugno a Galatina, città natale del regista, narra la storia di Salvatore Principe (interpretato da Pietro Ciciriello), un burbero e misantropo avvocato in pensione che vive in un sontuoso appartamento dove passa le sue giornate comprando online rari francobolli. Quando una famiglia senegalese si trasferisce nell’appartamento di fronte al suo, l’avvocato si barrica in casa per timore dei nuovi vicini. Ma la piccola Fatima (Hana Mangistu Kebede), una delle figlie dei Dembaba', vuole a tutti i costi farlo entrare nel suo “regno a colori”. L’avvocato bloccherà sul nascere ogni suo tentativo, fino a quando non avrà un buon motivo per farsi amica la bambina…

“Una delle prime versioni della sceneggiatura ambientava la storia a Roma – afferma il produttore Vincenzo D’Arpe – successivamente abbiamo deciso di “girare” nella nostra terra, infatti sia io che il regista siamo di origini salentine. Il tema ben si adattava ad una regione che é da sempre terra di immigrazione e accoglienza”.

La sceneggiatura è scritta dallo stesso Romano, la fotografia è firmata da Francesco Di Pierro, mentre il commento musicale è del contrabbassista Marco Bardoscia, entrambe eccellenze salentine.   

 

Pagina facebook del film:  www.facebook.com/laGiraffasenzagamba

Gloria Romano

cell: 3343260456

e-mail: glo.romano92@gmail.com

 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 16/11/2023 @ 18:56:41, in NoiAmbiente, linkato 512 volte)

Le zone circoscritte in colore verde nell’immagine rappresentano i parchi (anche nel senso di “contenuti”) di Galatina

Premesso che per sopperire alla desertificazione in corso, non solo delle campagne ma anche dell’abitato, non basterebbero miliardi di feste dell’albero. Una città senza boschi è una città senza polmoni, o comunque malata. Nel seguente collegamento si possono riscontrare i dati del RTP relativi al periodo 2013-2017  del DSS di Galatina  (sanita.puglia.it)

Parliamo quindi di Galatina in quanto “Città Vivibile e Verde”.

Nei sei numeri della storia urbanistica di Galatina e frazioni, pubblicati su Il Galatino di questi ultimi mesi, a proposito di “città vivibile” ne scrive l’Arch. Rosario Scrimieri.   Si tratta di uno scrigno di informazioni di un grande valore storico.

Da questa raccolta precisa si capisce per quale ragione Galatina si ritrova ad essere oggi una città sofferente dal punto di vista urbano e ambientale.

In una nota delle varie controversie per adottare un PUG (Piani Urbanistico Generale), scrive così l’architetto nel primo numero de Il Galatino:

 ..”potenti” cittadini che miravano a salvaguardare soprattutto i loro personali interessi, chiedendo estensioni di edificabilità ai loro terreni e l’aumento delle cubature, si favorì l’edificazione dei cosiddetti “Grattacieli” che trasformarono la città in un disastroso scenario urbano, inquieta e confusa”.

E poi ancora:

“Così diversi da quelli edifici precedenti con le loro facciate e cortili, dai palazzi storici e strutture religiose campanili compresi, pregnanti di armonia e bellezza offuscata dal nuovo stile che della bellezza ha ben altra considerazione. La figurabilità del passato, che identificava Galatina in una città rilassante, si trasforma in pochi anni in una identità moderna,  inquieta e confusa.

E così che dalla specifica disamina si evince il percorso rocambolesco con cui Galatina partorisce un PUG, “rigonfio” di cubature utili ai pochi e dannosi ai molti. A partire dagli anni 1967/68 (con il tentativo dell’ingegnere Saverio Congedo, degli anni 1971/’73; e poi con l’affidamento all’Arch. Raffaele Panella, sospeso ancora per il Programma di Fabbricazione con relativo Regolamento dell’architetto Carlo Martines) arriviamo fino agli anni ’90 con il progetto dell’ingegnere Luigi Cervellati, integrato e modificato sempre a favore di maggiori cubature dall’ingegnere Claudio Conversano con cui Galatina vede finalmente l’approvazione del Piano Urbanistico Generale con delibera n.62 del 6 /12/ 2005.

A parte le infinite vicissitudini “tribali” fra i vari contendenti il metro cubo da “strappare” per definire un Piano Urbano Generale decente in circa 40 anni di tempo e di soldi spesi, è chiaro che il risultato della “Città stratificata” non può essere degno di quell’altra cosiddetta “Città d’Arte”.

Piantare un albero o due all’anno è soltanto un segnale promosso da un’associazione ambientalista come la nostra, ma non la soluzione del problema: chi dovesse pensare che questa sia la panacea di tutti i mali ambientali o è un illuso o in mala fede.

Contando le villette e/o parchi pubblici ibridi, misti cioè con verde e mattoni, presenti a Galatina, e cioè: Falcone e Borsellino; Bersaglieri; San Francesco; villa Comunale; Parco di via Calatafimi; Stazione e Giovanni Fedele, secondo un calcolo approssimativo a Galatina vi sono meno di 2,80 mq di verde pubblico pro capite (mentre il Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 impone ai comuni un minimo di 9 mq pro capite). Il Verde urbano.pdf — Qualità dell'ambiente urbano (isprambiente.it)

Ma non occorrono decreti o normative per capire che la proporzione fra verde pubblico e area cementata è contro natura. La stessa cosa, ovviamente, vale per le frazioni di Noha, Collemeto e Santa Barbara.

Se alla fame di terra da ricoprire di cemento e asfalto (con connesse autorizzazioni trionfalistiche da parte degli uffici preposti) si aggiunge anche il fatto che i cosiddetti “parchi cittadini” (tipo quello della Stazione) sembrano abbandonati a se stessi, mentre su alcuni viali (tipo viale don Bosco) la scure si è abbattuta su alberi sanissimi, mentre su altri viali sta senza dubbio per abbattersi ancora inesorabile, il quadro è chiaro o quasi.

Qui serve una svolta fatta prima di tutto di un linguaggio nuovo (nuovo dico, non tutto chiacchiere e marketing buono per i followers), e quindi di una Politica finalmente attenta più all’uomo che al suo fatturato. La vita è “natura” e l’inquinamento è malattia, e questo è un dato di fatto. Se non facciamo qualcosa per lasciare ai posteri spazi sani e reversibili, il futuro di Galatina e frazioni resterà quello di un borgo bloccato nel cemento senza servizi pubblici primari. Come scrive lo stesso Arch. Rosario Scrimieri nella sua relazione: “basta con le espansioni residenziali a catena ma… Qualità e non più quantità”.

Marcello D’Acquarica

Presidente di NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina

 

 
Di Redazione (del 18/10/2018 @ 18:54:40, in Comunicato Stampa, linkato 918 volte)

Una vittoria da tre punti, meritata e di carattere, per i ragazzi di mister Stomeo seppur con qualche incertezza nel primo e quarto set che poteva pregiudicare l’andamento della gara.

Nonostante una lenta carburazione in distribuzione e negli attacchi da posto due e quattro, facilmente leggibili per la prima linea aversana, il costante vantaggio nel punteggio(+5 ) sembra spianare la strada per l’acquisizione della prima frazione.

Invece il cambio operato dal tecnico campano, Fasulo per il mancino Mugnolo, sovverte il trend e si giunge ai vantaggi che premiano gli ospiti per 27-25.

Il disappunto di mister Stomeo, trasmesso ai suoi sotto forma d’iniezione di fiducia e di recupero dell’autostima, produce una reazione positiva nel secondo e terzo set che si traduce in continuità di gioco. Lotito e Durante non forzano i colpi ma li giocano  con manualità e destrezza : Buracci e Zonno terminano la loro fase di rodaggio e girano a pieno regime, Musardo e Iaccarino attaccano con efficacia e  toccano un’infinità di muri, Pierri dà certezze in difesa.

Si va sul 2-1 concedendo agli avversari punteggi modesti, 14 punti nel secondo set e 12 nel terzo.

Il pubblico è caldo ed incita continuamente i propri beniamini.

La quarta frazione però è molto equilibrata: punto a punto con scarti minimi, poi sul 19 pari mister Stomeo cambia il regista: Calò subentra ad uno Zonno affaticato, autore di tre punti su attacchi di seconda intenzione, e chiama ripetutamente alla conclusione Lotito da posto quattro che innesca tre schiacciate in diagonale stretta molto potenti.

Buracci velocizza le sue conclusioni maturando il 24-20, ma tre dei quattro macht ball  vengono sprecati con dei servizi privi di difficoltà che Lomuto offre con facilità ad un Diouf inafferabile e ad un Conte molto positivo.

La squadra sente il momento: mister Stomeo richiama tutti ad una maggiore attenzione, Calò offre il pallone di chiusura a Buracci e il capitano capitalizza il suo ultimo attacco portando a casa set e partita (25-23).

Sabato 20 la trasferta ad Ottaviano non ammetterà questi “chiaroscuri” che una formazione come quella napoletana tramuterà in cospicui vantaggi, senza concedere la minima opportunità di ripresa.

Sarà una settimana in cui  Lotito, gran prova la sua con appena dieci giorni di allenamento, smaltirà qualche acciacco e cercherà la coordinazione con il gruppo ,si affineranno le intese tattiche e si partirà per dare battaglia  senza remora alcuna.

TABELLINO

EFFICIENZA ENERGIA GALATINA- NORMANNA AVERSA ACADEMY (3-1)

(25-27 , 25-14 , 25-12 , 26-24)

 

EFFICIENZA ENERGIA

Calò,Zonno,Lotito,Durante,Rossetti,Iaccarino,Musardo,Buracci,Persichino,Apollonio,Pierri,De lorentis

All.Giovanni Stomeo  Ass. Antonio Bray

 

NORMANNA AVERSA

Bortolini,Lomuto,Conte,Mugnolo,Pappalardo,Diouf,Mastrangelo,Fasulo,Pugliatti,Di Vincenzo,Mignone

All. Antimo Del Prete

 

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

EFFICIENZA ENERGIA

 
Di Redazione (del 18/05/2021 @ 18:53:59, in Comunicato Stampa, linkato 939 volte)

Le associazioni: CittadinanzAttiva Puglia, Italia Nostra sez. sud Salento, Coordinamento Civico Ambiente e Salute, Forum Amici del Territorio di Cutrofiano, NoiAmbiente e beni Culturali di Galatina, diffidano il Servizio Tutela e Valorizzazione Ambiente della Provincia di Lecce, dal procedere all’esame del progetto della nuova istanza di riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per l’impianto di produzione clinker (cemento) sito in Galatina (LE) di Colacem S.p.A., perché si rileva una illegittimità procedimentale, per il fatto che una nuova procedura di riesame dell’AIA non può sostituire la precedente autorizzazione già approvata, per giunta senza migliorie sotto l’aspetto della tutela ambientale.

I Fatti.

Il cementificio di Galatina del colosso Colacem S.p.A., per poter produrre il cemento, ha bisogno dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), un provvedimento che mira a verificare la compatibilità ambientale dello stabilimento.

Per tale motivo, alla scadenza decennale dell’AIA rilasciata dalla Regione Puglia con la Determinazione Dirigenziale n. 42 del 29.07.2009, la ditta ha chiesto il rinnovo del provvedimento presso il Servizio Tutela e Valorizzazione Ambiente della Provincia di Lecce, ente delegato al rilascio dell’autorizzazione.

Dopo un lungo iter, che ha visto contrapporsi le necessità economiche e produttive del colosso industriale, con le istanze di maggior tutela ambientale e sanitaria dei Comuni interessati, insieme a diverse associazioni di Cittadini, il Dirigente Provinciale di Settore ha autorizzato il rinnovo dell’AIA con atto di Determinazione di settore n. 71 del 22.02.2018, iscritto al n.282 del Protocollo Generale, e successive integrazioni.

A questo punto, i Comuni di Galatina e Soleto, in adiuvandum con i Comuni di Corigliano d’Otranto, Aradeo, Martano, Cutrofiano, Sogliano Cavour, ritenuto il provvedimento AIA insufficiente, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute dei Cittadini hanno proposto ricorso disgiuntamente dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, contro Colacem S.p.A, per l’annullamento della determinazione della Provincia di Lecce, di rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale al cementificio di Galatina e di ogni altro atto consequenziale.

In risposta, nonostante l’atteso giudizio del TAR ad Ottobre, la ditta con nota prot. n. 13731 del 30/03/2021 ha proposto istanza di riesame per rivedere integralmente l’Autorizzazione Integrata Ambientale già rilasciata dalla Provincia di Lecce.

Un maldestro tentativo della società di costituire ad arte una sorta di doppio binario, al fine di superare con il nuovo procedimento AIA l’eventuale giudizio negativo del TAR, che metterebbe in seria difficoltà il futuro dello stabilimento di Galatina.

La Provincia di Lecce, da canto suo, anziché dichiarare improcedibile l’istanza di Colacem, ha dato corso ad un giudizio di riesame parallelo, chiaramente finalizzato ad eludere l’esito del giudizio innanzi al TAR e la pesante relazione della consulenza tecnica d’ufficio incaricata dal collegio giudicante.

I timori di Colacem, di un probabile giudizio sfavorevole del TAR e il tentativo di trovare strada alternativa seppur illegittima, si possono dedurre leggendo le criticità rilevate nella relazione della consulenza tecnica d’ufficio incaricata dal collegio giudicante, specie nella mancanza di trasparenza e certezza nei controlli e nella composizione chimico-merceologica dei rifiuti utilizzati unitamente per produrre il cemento. Le carenze riguarderebbero anche: emissioni, rifiuti, scarichi, privi di dati tecnici e trasmessi su diverse basi temporali rispetto ai limiti stabiliti, sforamenti dei limiti di concentrazione degli inquinanti, assenza di dati sulla potenza termica dell’impianto, di prescrizioni delle materie prime impiegate e sulla quantità e qualità dei rifiuti, senza alcun vincolo all’impiego di pet-coke in alternativa al carbone fossile essendo essi clamorosamente ed erroneamente considerati equivalenti.

Le associazioni

 
Di Marcello D'Acquarica (del 29/10/2023 @ 18:53:29, in NohaBlog, linkato 545 volte)

Ve lo ricordate il Menhir di Noha?

Quell’antichissimo monolite che apparteneva al cosiddetto “Convento di Santu Totaru”?

Quello su cui Padre Francesco D’Acquarica, scoprì per primo l’incisione di un nome - - in un dialetto greco antico?

Bene, grazie al nobile gesto di donazione alla comunità da parte dell’attuale proprietario, come associazione NoiAmbiente e beni Culturali, e insieme ad altri amici che ne condividono l’idea, abbiamo deciso di chiedere l’autorizzazione alle autorità per posizionarlo in un luogo pubblico dove tutti potranno godere del suo fascino.

Di seguito il collegamento internet che porta alla scheda tecnica con i dati storici.

Il mistero di Erthyanna di Noha

Così abbiamo dato inizio alla procedura (lunga e accidentata) per realizzare questo sogno.

Questa mattina, all’alba, grazie all'aiuto dei potenti mezzi meccanici messi a disposizione dai nostri amici e concittadini Pantaleo, Michele e Totò, abbiamo trasferito il monolite di Santutotaru dalla sua casa nativa, dov'è rimasto per quasi duemila anni, al cortile dell'anagrafe di Noha. Sede provvisoria, dove un archeologo accreditato per la Soprintendenza dovrà redigere una relazione, e magari svelarci se non tutti qualche suo segreto.
Spostandolo dal basso del pendio del campo dove è nato, fin sopra il piano del viale Dalla Chiesa, la luce del sole che sorgeva in quel momento, lo illuminava gradualmente mettendone in risalto le forme tondeggianti, quasi a volergli dare vita, mostrando le sembianze di un corpo umano.

La spolverata, necessaria per la sua “prima uscita” in pubblico, ne ha esaltato l'effetto, e CI è venuto spontaneo accarezzarlo. Sembrava facesse di tutto per alleggerire il suo peso; docile e sereno si lasciava fasciare dalla imbracatura per essere issato al braccio della gru, per poi essere caricato sul cassone del camion del nostro amico Michele.

Durante i pochi minuti di sospensione in aria, con qualche oscillante dondolio, il nostro monolite si è adagiato finalmente sul piano, e in quel momento abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo, anche lui, il nostro caro menhir, ha sospirato.

Anche perché stare appesi ad una gru non c'è da stare tanto tranquilli, può accadere di tutto, si sa.

Ora è sistemato, al sicuro nel retro dell'anagrafe, speriamo provvisoria e il meno tempo possibile, per essere poi esposto in un luogo pubblico, affinché possa godere per i millenni futuri, della  compagnia e del rispetto di tutti, piccoli e grandi, alunni e insegnanti, sindaci e consiglieri, e cittadini di tutto il mondo.
Gianni e lo zio Antonio “buonanima”, sono contenti  per questa opportunità di cui loro stessi sono protagonisti importanti. Un dono non ha scadenze, resta per sempre.
Per ora lo affidiamo alla protezione del nostro San Michele Arcangelo che, dall’alto della sua nicchia, lo protegge dagli assalti del maligno che si serve, come noto, delle armi portentose dell’insipienza, dell’ottusità, della sciatteria e dello snobismo. 

 Marcello D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 09/12/2020 @ 18:53:16, in NohaBlog, linkato 1421 volte)

Correva l’anno 1848, Noha era molto più piccola rispetto a oggi, praticamente un insieme di case, corti, palazzi (pochi), luoghi di culto, eccetera chiusi in un quadrilatero:  il lato Nord rappresentato da via Benevento e il complesso di case e cantine del Palazzo Baronale, il lato Ovest da via Catania con pochissime costruzioni civili e artigianali, e scavalcando via Aradeo, il lato Sud da Via Principe Umberto, Trozza compresa, e via Nazario Sauro, per chiudere il quadrilatero con il lato Est di via Collepasso che va a ricongiungersi con largo Castello, in cui insisteva l’ingombro di ciò che fu il glorioso Mastio menzionato da Fra’ Leandri Alberto. Non esisteva ancora via Carso e via Donatello “moriva” a ridosso delle mura dell’aranceto del Palazzo Baronale.

A dire il vero, via Donatello, che allora si chiamava “via Cisternella”, non moriva affatto, bensì proseguiva svoltando accanto alla misteriosa Casa Rossa, nel vico che oggi si chiude contro l’ingresso della villa cosiddetta “dell’Arciprete Greco”, per proseguire ancora davanti al muro che guarda a ovest dello Stabilimento Brandy Galluccio, fino a congiungersi con l’imbocco di via Collepasso.

La Masseria Colabaldi, oggi praticamente dirimpettaia delle case di via Tito Lucrezio, appariva lontana mille miglia dal centro del paese. Galatina ancora di più, un altro mondo.

Veniamo quindi alla nostra via Donatello, proseguimento di via Dalla Chiesa. Nessuna delle mappe descrive nel dettaglio il complesso dello stabilimento del Brandy, sia quella del 1948 che le mappe di Google. Quello che non si nota è il fabbricato perimetrale scollegato dal vero e proprio opificio, e cioè i piccoli locali adibiti alle attività amministrative che praticamente fanno da margine alla via di Noha attuale, quella cosiddetta “curve curve” e che a quel tempo si chiamava via Santa Lucia, in nome della omonima chiesetta, posta all’uscita di Galatina, oggi sulla grattugia del tempo.

I piccoli fabbricati amministrativi che fanno parte del Brandy Galluccio sono importanti per noi, perché praticamente sono stati costruiti direttamente sopra la necropoli messapica di cui tanto si è parlato, da essere state perfino oggetto di interesse della Soprintendenza dei beni Culturali, che ha posto i suoi sigilli di tutela.

L’area interessata dai ritrovamenti di tombe messapiche si ritrova in una zona molto rocciosa, con banchi di pietra carsica che ne favorivano l’uso per le sepolture. Il fatto che i piccoli fabbricati dello stabilimento siano stati costruiti sopra le sepolture ha impedito che venissero profanate e fatte scomparire per sempre (insomma non tutti i mali vengono per nuocere).

Forse sarebbe il caso di chiedere che il tratto di via Donatello, quello che va da via Cisternella a via Castello prenda il nome di  VIA DEI SEPOLCRI MESSAPICI.

Non so se attesa l’attenzione ai beni culturali di Noha sia meglio appellarla via dei Sepolcri Messapici o via dei Sepolcri imbiancati.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 27/06/2018 @ 18:52:16, in Comunicato Stampa, linkato 1452 volte)

L’attenzione sempre crescente per Galatina, la sua festa, le sue tradizioni, la sua bellezza e la sua storia si nota sempre di più su ogni mezzo di comunicazione, nuovo o tradizionale. Numerose testate giornalistiche si sono interessate alla nostra città che ha attualmente un notevole risalto mediatico.

Il 29 giugno Galatina sarà su Rai Uno alla Vita in Diretta, in orario pomeridiano. Durante la trasmissione l’inviato Giuseppe Di Tommaso racconterà agli spettatori la festa e la tradizionale processione del 28 e sarà in diretta televisiva dal Convento delle Clarisse dove si parlerà del Progetto “Il ritmo e il battito della Pizzica Tarantata”, una rievocazione storica del rito ormai noto in tutto il mondo e una rassegna di musica, danza e cinema, promosso dal Club Unesco Galatina ed inserito nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale. 

È utile ricordare, inoltre, che il nostro Comune si è aggiudicato un bando Regionale Progetto Educational che prevede la presenza di otto giornalisti che racconteranno le meraviglie, la storia e le tradizioni della Città.  Il progetto “Le spose di San Paolo, viaggio alla scoperta delle origini del tarantismo”, realizzato e curato da Maria Antonietta Nuzzo e Maria Elisabetta Carrozzo, consentirà alla nostra di Città di essere meta del Press Tour 2018 dal 27 al 30 giugno. Blogger, giornalisti e opinion leader visiteranno le bellezze di Galatina ed il suo territorio (http://lesposedisanpaolo.info/).

Come se non bastasse, giorno 27 giugno, Galatina apparirà anche su La REPUBBLICA che dedicherà uno spazio alla Notte delle Ronde, così come il 24 giugno è accaduto per la promozione della settimana della festa patronale.

Saremo presenti anche all’interno della Guida Salento dell’ESPRESSO che verrà presentata a Gallipoli il 2 luglio e diffusa nelle librerie Feltrinelli e negli aeroporti di Puglia.

La rivista SALENTODOVE distribuita, anche in lingua inglese, negli infopoint della provincia, dedica undici pagine a Galatina, alla sua tradizione gastronomica, artistica e culturale.

A tutto ciò va aggiunto la presenza su TeleNorba dal 24 al 28 giugno, in sei spot giornalieri, del nostro video celebrativo (https://www.facebook.com/acuorescalzogalatina/videos/270001196902165/)

La promozione del territorio rientra non solo in un progetto di rilancio turistico, ma anche in un progetto che intende dare centralità a livello nazionale al valore culturale dei nostri beni, sia materiali ed immateriali.

 

Nico Mauro, assessore al Turismo e Marketing Territoriale comune di Galatina

Cristina Dettù, assessore alla Cultura comune di Galatina

 
Di Admin (del 14/05/2009 @ 18:52:12, in Libro di Noha, linkato 5611 volte)


Abbiamo il piacere e l’onore d’informare tutti i nostri lettori che grazie all’instancabile lavoro del nostro amico e collaboratore Marcello D’Acquarica, il patrimonio librario di Noha si è arricchito di un nuovo bellissimo volume. Si tratta de I beni culturali di Noha, (Panìco Editore, Galatina, 2009), in una stupenda ed elegante edizione tutta a colori che riporta in maniera analitica e dettagliata le schede di quei monumenti nohani dei quali tutti noi dovremmo diventare studiosi diligenti e custodi gelosi.
Questo libro - che all’inizio sembrava una pazzia - è un progetto, un’idea partita subito dopo la nascita del nostro periodico on-line, e portata avanti da Marcello come un viaggio, un’avventura incredibile nella quale spendere tempo, energie, scienza e passione. I beni culturali di Noha sono finalmente fissati per sempre in questo libro, che, ormai, come l’Arte ed i Monumenti, sopravviverà a noi altri.
In questo tomo la nostra cittadina è vista dall’autore come un giardino d’infanzia (quello che più perdi dallo sguardo e più  ti cresce dentro), come un luogo del cuore i cui beni culturali sono da trattare come si fa con i bambini quanto a premura e tenerezza......
(tratto dell'OSSERVATORE NOHANO n°4 Anno III)

Si puo richiedere una copia direttamente da Noha.it inserendo un commento al seguente articolo, oppure presso lo studio d'Arte di Paola Rizzo

 
Di Redazione (del 23/05/2019 @ 18:51:19, in Comunicato Stampa, linkato 1005 volte)

Il neonato campionato di 3^ divisione “ TROFEO YOUNG” riservato agli under 14 con l’implemento di due fuori quota, sfugge ai ragazzi di mister Pendenza che nella finalissima non riescono ad arginare i pari età della Showy Boys.

In un PalaPanico quasi vuoto, complice un orario decisamente lavorativo (16.30), va in scena la finalina per il 3°-4° posto tra Lecce Volley ed Esseti Nardò, con i neretini a chiudere al tie-break  la gara a loro favore.

Poi il massiccio arrivo dei tifosi per quello che è l’ultimo derby della stagione del volley galatinese; la platea comincia ad occupare i settori di parte, anima l’ambiente plaudendo ai propri beniamini con cori ed applausi ed alla fine la vittoria arride ai ragazzi di mister Nuzzo.

Il buon livello tecnico espresso in campo dalle due compagini ha esaltato il tifo, sempre molto colorito ma corretto, aiutato da una direzione arbitrale perfetta.

Gara in bilico sin dalle prime battute nonostante un break importante(+6) dei ragazzi SBV OLIMPIA : difficile mantenere però il cospicuo vantaggio, per la pronta reazione degli atleti della Showy che fanno sentire il loro fiato sul collo dei padroni di casa.

Il set va in parità sul 23-23 , poi l’allungo finale premia capitan De Matteis e compagni per l’uno a zero.

Nella seconda frazione emergono difficoltà in ricezione in casa SBV OLIMPIA: si fatica molto nel registrare i reparti , una distribuzione forzata trova muri avversari ben disposti e il fuori quota avversario De Pascalis  diventa imprendibile.

La parità dei set  arriva con un tranquillo 16-25 e rafforza entusiasmo ed energie nel sestetto Showy che parte di slancio ed apre dei break determinanti.

La reazione dei ragazzi di mister Pendenza non trova efficaci contro misure: i numerosi errori in attacco lasciano più di un dubbio sulla condizione fisica di qualche elemento e in difesa si fatica a tenere le posizioni più idonee. Facilmente il terzo set è appannaggio per 17-25 della squadra di mister Nuzzo.

La frazione di gioco successiva è ancora favorevole ai giocatori Showy che ora sono gasatissimi intravedendo una vittoria alla loro portata; una fiammata d’orgoglio dei ragazzi SBV alimenta qualche speranza di arrivare al quinto set, ma l’accelerata finale è della società ospite che chiude vittoriosa sul 20-25 set e gara.

Grande gioia nelle file Showy e tra i numerosi tifosi presenti, di converso amarezza e tanta stanchezza nel gruppo allenato dal binomio Pendenza-De Matteis.

La lunga stagione agonistica, culminata con la partecipazione alle Finali Nazionali di Bormio, ha pesato molto sul gruppo del Presidente Panico che, senza nulla togliere al merito degli avversari, è arrivato a questa finale un po' svuotato da energie psico-fisiche, quasi sazio e convinto di aver dato già tutto.

Ci si è un po' cullati, a dire il vero, dopo la magnifica prestazione tecnica offerta nelle eliminatorie nazionali contro Montichiari, di avere le migliori frecce in faretra e che tutto sarebbe venuto fuori nel verso migliore.

Non è stato così. E’ mancato un buon approccio alla gara, si è faticato dannatamente sul piano fisico che poi ha penalizzato quello tecnico, e poi ci sono gli avversari determinati a tagliare un traguardo. 

La manifestazione si è conclusa con la rituale premiazione di tutte e quattro le società finaliste verso le quali il Presidente del Comitato Territoriale FIPAV, Pierandrea Piccinni, ha rivolto un plauso per il buon livello tecnico espresso dai partecipanti, prima di consegnare la coppa ai vincitori del “TROFEO 3D YOUNG “.

A rappresentare istituzionalmente l’amministrazione comunale erano presenti il vice sindaco, nonchè assessore allo sport e alle politiche giovanili, signora Maria Rosaria Giaccari, il Presidente del Consiglio, Raimondo Valente e il consigliere Alessio Prastano, ai quali è stata consegnata la maglietta di gara della SBV OLIMPIA GALATINA  che ha rappresentato nelle Finali Nazionali Under 14 in Lombardia, la nostra città.

Analogo omaggio è andato alla dirigente scolastica del 3° Polo, Rosanna Lagna, che condivide da anni il Progetto Giovani “FernandoPanico” consentendo un connubio cultural-sportivo con la Scuola Media Giovanni XXIII e al Presidente dell’Associazione Arma Aeronautica“ F. Cesari”, Saverio Mengoli per la mai sopita passione verso il nostro gruppo        societario.

 

Piero de lorentis

Area Comunicazione

S.B.V. OLIMPIA GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 01/08/2015 @ 18:50:54, in NohaBlog, linkato 2061 volte)

Quando nel nostro piccolo, da perfetti sconosciuti quali eravamo (e siamo), anche dalle pagine del fu “Osservatore Nohano”, scrivevamo gli stessi concetti affermati oggi con più determinazione (e magari efficacia) anche da papa Francesco venivamo additati da pulpiti più o meno autorevoli quali “profeti di sventura”, “disfattisti”, “eretici”, “radicali”, “fautori del no”, e, non ultimo, “comunisti” (scanza-e-libera-Signore).

Ebbene sì, l’enciclica “Laudato sì’” è una sorta di Manifesto contro il pensiero unico liberista [allora come oggi, purtroppo, al governo del nostro paese: la differenza sta soltanto nell’anagrafe: ma non si sa bene chi sia più rincitrullito, se il maestro pregiudicato o l’allievo-bullo da affidare – questi sì - ai servizi sociali, ove questi riuscissero a sopravvivere. Ma forse è molto più probabile che i rincitrulliti siano gl’italiani, sudditi per vocazione, ndr].

In questo scritto papale, di scorrevolissima lettura, dicevamo, si sottolinea la necessità non solo di correggere ma cambiare le abitudini e gli stili di vita, i valori di fondo della società consumistica. Il diritto alla proprietà privata, per il papa, non è né assoluto né intoccabile (ne conveniamo, eccome: cfr. anche il nostro editoriale “Proprietà privata”, su L’Osservatore Nohano, n. 8, anno II, del 9 novembre 2008), mentre la decrescita del mondo ricco a vantaggio di quello più povero è una necessità improrogabile ed urgente (cfr., tra gli altri, il nostro “Decrescita felice?”, il Titano, anno XLV, n. 12, giugno 2012).

Mentre i perbenisti benpensanti di Noha, Galatina e del resto d’Italia, appiattiti sul renzismo di maniera, pensano che i comitati spontanei di cittadini per la salvaguardia dei beni culturali, della campagna, del mare, dell’aria, della legalità, non valgano una cippa (“questi quattro comitatini”, così parlò Zarathustra, cioè l’impiastro twittatore), Francesco, al contrario, scrive determinato: “Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo” (tratto dal punto 13, pag. 17, “Laudato sì’”, ed. Ancora, Milano, 2015 – la sottolineatura è nostra), e poi ancora: “Il movimento ecologico mondiale ha già percorso ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche” (tratto dal punto 14, pag. 18, ibidem, la sottolineatura è nostra). Ben detto, papa Francesco. Ti dispiacerebbe ribadirlo anche ai tuoi confratelli vescovi e preti?

Anche noi, nel nostro piccolo, parlammo di indifferenza (cfr. tra gli altri il nostro “Contro l’indifferenza”, su L’Osservatore Nohano, n. 7, anno II, 9 ottobre 2008), ma figurarsi se gli indifferenti nostrani mossero mai un muscolo del viso in segno di approvazione (non-sia-mai-la-Madonna):più facile sarebbe stato che un cammello passasse per la cruna di un ago disperso nel pagliaio che qualche neurone di certi atei devoti, obnubilato da anni di incensi e salamelecchi, fosse mosso alla riscossa ovvero al risveglio dal sonno della ragione.

[continua]                                                          

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/07/2016 @ 18:49:18, in Cimitero, linkato 2513 volte)

Il percorso per andare al Camposanto? UN VERO DISASTRO!
Si, cosi mi è girato, li ho voluti proprio contare. Si, sono cento i passi che separano il cartello del benvenuti a Noha, dal viale d'ingresso al camposanto. Parrebbe inappropriata la relazione che c’è fra i “cento passi” che vanno dalla casa di Nino Impastato a quella de lu zù Tanu (nel film di M.T. Giordana), e i nostri cento passi. Lì, nel caso d Nino Impastato, si parla di mafia, qui invece di qualcosa di molto simile: si parla di ignavia, di indifferenza, di remissione di coscienza. Il risultato non cambia: la gente onesta subisce la volontà di chi non lo è. Ovviamente qui si sta parlando di onestà intellettuale. Quella cosa che non dovrebbe essere un optional, ma uno stile di vita di ognuno, un insegnamento ricevuto e dato. E se nei casi di mafia a volte ci possono essere degli indiziati “innocenti”, nel nostro caso no, sono (o siamo) tutti colpevoli. Colpevoli quelli come il sottoscritto che ogni tanto ritornano e gridano senza la giusta impetuosità. Sono colpevoli quelli che tacciono. Colpevoli quelli che predicano di tutto meno che la ribellione alle offese e pretendere il diritto alla dignità. Colpevoli quelli che hanno il dovere di curarsi del bene comune e invece si fanno i “beni” loro.

Le persone che semplicemente preferiscono andare  al camposanto a piedi, oppure in bicicletta, corrono oltretutto molti rischi. Quindi ho voluto provarlo anch’ io questo benedetto rischio, tenendo la destra, come detta il codice stradale.

Ecco come si presenta la situazione:

fino all'altezza della chiesetta della Madonna del buon Consiglio non ci sono problemi, sembra di stare in una city conforme ad uno stile architettonico che non ci appartiene. Tranquilli, comunque sono solo poche decine di metri. Ma qui si scende di livello, e da un marciapiede largo tre metri in cui ci stavamo scialando nella comodità, ci imbattiamo in un'orribile barriera arrugginita che mi ricorda tanto i viadotti della basentana, una sconquassata provinciale che da Potenza traghetta fino allo sbocco sullo Jonio.

Qui, invece siamo a Noha, frazione di Galatina, fantomatica città dei vini e della cultura e quando si dice “cultura” uno non si aspetta un degrado simile. Ma tant’è. Per proseguire quindi ci tocca scendere in strada, dove Il rischio di rimanere spiaccicati contro le lamiere del paracarri è altissimo.

A meno di non passare all'interno del campo. E qui sorge un'altra questione. Ve lo ricordate il viale alberato di eucalipti che negli anni sessanta e settanta del secolo scorso abbellivano via Aradeo? Le loro alte fronde davano al paese l'aria di un verdeggiante giardino. Abbellivano anche quella landa oggi smattonata e in perenne attesa della ristrutturazione, la piazzetta che corrisponde al nome di Piazza Ciro Menotti, quella che ospita una delle tante vergogne di questo strampalato gusto alla magnesia San Pellegrino: il monumento dedicato ai caduti.

Abbellire? Ma che mi viene in mente!
Ora in via Aradeo, che a dire il vero bisognerebbe chiamarla via “BaraDeo” tanta è la desolazione, di eucalipti ne sono sopravvissuti diciotto, di cui un paio sono solo due monconi spelacchiati.
Se resistono ancora un decennio, festeggeremo il secolo. Così a colpi di Cento faremo l’ambo. A questo punto, per tornare al nostro itinerario, conviene avventurarsi dal lato opposto della via, contravvenendo in una doppia infrazione: attraversamento senza strisce pedonali e percorso contromano. A Noha questo e altro.

Diciamo che con un discreto equilibrio riusciamo a illuderci di camminare in una fascia di sicurezza in cemento ruvido “sbattuto alla carlona” larga circa 40 cm.
Semmai fossi in compagnia è d'uopo la fila indiana, chiaro? Siamo a Noha ma è consigliabile fare l'indiano o il portoghese, come ci pare. C'è l'imbarazzo della scelta. Purtroppo terminata la striscia di sicurezza limitrofa a quell'altra cattedrale nel deserto che è la sede COOP, finiamo di camminare. L'ultima opportunità sono le ali. Mi guardo intorno desolato e provo il tipico senso di colpa, anzi di vergogna: ruggine, sterpaglie e un incomprensibile groviglio di barriere, sono lo scenario in cui sovrasta impotente (e non imponente) il cartello che segnala l'inizio del centro abitato: “Benvenuto a Noha, il paese dei cento passi e del bingo assicurato. Amen”.

Marcello D’Acquarica

 

Oggetto: Interrogazione consigliare urgente su utilizzo quale parcheggio dell'area presso Pex Kartodromo prospiciente la S.P.362, di proprietà dell'Agenzia Nazionale per la amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,per P'organizzazione dell'evento “concerto Negramaro di Galatina”.

Premesso che

questa A.C. ha accolto la richiesta avanzata dalla Ambaradan s.r.ls, concedendo il patrocinio richiesto e l'autorizzazione all'utilizzo del logo/stemma del Comune per l'evento dal titolo "NGR20", concerto del gruppo "Negramaro” programmato per il 12.08.2023 presso I'Aeroporto militare di Galatina;

L'evento patrocinato dalla P.A. avrebbe dovuto apportare un contributo culturale,promuovere l'immagine della Città e valorizzare il territorio comunale a livello turistico,sociale edeconomico;

in disparte da ogni considerazione in ordine all'effettiva promozione del territorio che l'evento in parola avrebbe dovuto dare, soprattutto in merito alle numerosissime polemiche in ordine all'organizzazione dello stesso e alla sua effettiva fruibilità da parte degli utenti,è dovere della P.A.chiarire ogni questione con riguardo l'uso di un'area di proprietà dell'Agenzia Nazionale per la amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalià organizzata,per fini squisitamente lucrativi da parte di soggetti terzi;

Come risulta dalla Deliberazione Della Giunta Comunale N.304 Del 09/08/2023, questa P.A.per conto della Società organizzatrice dell'evento ha provveduto ad acquisire la disponibilitànel periodo di interesse (1/15 agosto 2023),dell'area individuata presso l'ex Kartodromo prospiciente la S.P.362, di proprietà dell'Agenzia Nazionale per la amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e da destinare a parcheggio;

Più precisamente, questo Comune ha richiesto all'Agenzia, con apposita nota del 27.03.u.s.protc.n.15203 la concessione in comodato d'uso gratuito per il periodo 1-15 Agosto 2023,al fine di destinarlo ad arca parcheggio, come previsto nel progetto organizzativo dell'evento, e su apposita richiesta della Società organizzatrice dell'evento;

In ragione di quanto si legge nella citata Delibera di Giunta, P'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, con nota del 5/04/2023 protc.n.17272 ha riscontrato positivamente la richiesta del Comune,concedendo l'area indicata per il periodo richiesto;

Ciò premesso, è doveroso inquadrare brevemente la disciplina normativa che regola la gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata;

Il codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 159/2011)ess.mm.agli artt. 45 e successivi disciplina la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Le norme richiamate sono state adottate dal legislatore con lo scopo di restituire alla comunità le ricchezze accumulate illecitamente dalle mafie. “Le mafie restituiscono il maltolto” era il nome della campagna avviata da Libera nell'anno della sua nascita,il 1995.

Oggi tali beni sono gestiti dall'Agenzia soprarichiamata, che sotto il controllo del ministero dell'Interno,si occupa della destinazione dei beni confiscati e li amministra in attesa del passaggio di gestione. Quasi il 79 per cento dei beni immobili "destinati" è in mano ai Comuni. In altri casi,invece,i beni sono assegnati alle forze dell'ordine o altri organi dello Stato. Gli enti territoriali destinatari possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione gratuita ad associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative, comunità terapeutiche e di recupero,associazioni di protezione ambientale,a patto che non siano a scopo di lucro, e operatori dell'agricoltura sociale.

Dal richiamo delle norme in parola, emerge inconfutabilmente che i beni immobili possono essere mantenuti in proprietà allo Stato, che per il tramite dell'Agenzia potrà svolgere anche attivitàeconomiche i cui proventi andranno versati al Fondo Giustizia, oppure concessi in comodato d'uso gratuito ad organizzazioni di volontariato, a cooperative sociali o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti, ad altre tipologie di cooperative purché sia fermo il requisito della mancanza dello scopo di lucro.

E però con riguardo all'uso dell'arca confiscata alla mafia utilizzata in occasione dell'evento “concerto Negramaro”è evidente ed incontestabile che l'area è stata utilizzata da un soggetto che non solo non appartiene alle categorie indicate dalla legge,ma che ha agito esclusivamente per un fine di lucro/economico squisitamente personale.

·  Invero, è documentale che l'area in questione è stata utilizzata come parcheggio dalla Società FRIENDS & PARTNERS SPA, la quale ha preteso dai cittadini-utenti il pagamento di un ticket di € 20,00 per consentire l'accesso e la sosta in detta area, incassando diverse decine di migliaia di euro.

Ove l'uso ai fini di lucro (privato) non sia stato specificamente giustificato ed assentito per P'area concessa dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, o comunque vincolato al reimpiego per fini sociali, è del tutto evidente che la P.A. ha agito in totale spregio alla normativa di settore (codice antimafia).

Considerato che

a tutt'oggi nessunatto/convezione è reperibile presso P'Albo pretorio in ordine ai rapporti che sono intercorsi tra il Comune e la Società FRIENDS & PARTNERS SPA per la gestione dell'area in questione, e quindi non si ha contezza alcuna degli atti assentivi ed il rimpiego delle somme,

gli scriventi

Chiedono

di sapere:

 

- se l'Agenzia nazionale perl'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, è stata notiziata dell'uso dell'area di sua proprietà per fini economici da parte della Società FRIENDS & PARTNERS SPA;

- se, tra la P.A. e la società sia stata sottoscritta apposito atto/convenzione per la gestione dell'area che ne dispianasse, uso, modalità, termini e quanť'altro;

- se i proventi della area di parcheggio in questione conseguiti dalla società che ha preteso il pagamento del ticket nella misura di € 20,00 per ogni vettura sono destinati al reimpiego sociale;

- in definitiva quali provvedimenti questa Amministrazione ha adottato per la fattispecie in questione in coerenza ed ossequio delle prescrizioni imposte dal Codice Antimafia.

Per la tipologia delle problematiche evidenziate nella presente interpellanza e per le domande poste, oltre a chiede risposta urgente e in forma scritta n Consiglio comunale, la presente è inviata per opportuna conoscenza, compresi gli allegati delle documentazioni citate, all'Agenzia dei beni confiscati alla mafa, a Sua Eccellenza il Prefetto di Lecce, all'Autorità Nazionale Anticorruzione e alle associazioni a tutela dei consumatori.

Distinti saluti.

Galatina, 16 settembre 2023

I Consiglieri Comunali

ANTONICA Sandra

AMANTE Marcello

ANTONICA Anna

MARIANO Emanuele

TUNDO Loredana

 

 

 
Di Albino Campa (del 13/12/2011 @ 18:47:51, in I Beni Culturali, linkato 2455 volte)

In data 12 dicembre 2011 è stata protocollata presso la casa comunale di Galatina la petizione di 1471 cittadini per la tutela del patrimonio storico-artistico di Noha. La richiesta è stata inviata all'intero consiglio comunale di Galatina, agli organi provinciali e regionali affinché il patrimonio di un'intera comunità, che ha resistito a secoli di cambiamenti architettonici ed urbanistici, non vada perduto nel giro di pochi anni. Non solo, quelle 1471 persone chiedono che venga valorizzato perché potrebbe costituire ottimo veicolo economico per un territorio quale è Noha.

Già nell'ultimo consiglio comunale di novembre la consigliera Daniela Sindaco aveva presentato un'interrogazione al sindaco per evidenziare la raccolta firme di migliaia di cittadini che chiedevano che questo patrimonio in gran parte privato, potesse esser tutelato. In questi giorni la raccolta è stata formalmente protocollata.

Diversi i soggetti indicati, tra cui non bisogna dimenticare la premiata distilleria Galluccio, famosa agli inizi del XX secolo per il suo brandy, il cui fronte di un colore rosso sbiadito ed un galletto che rimanda alla famiglia proprietaria, è ancora oggi un biglietto da visita per chi raggiunge Noha da Galatina, Collepasso ed Aradeo. Sarebbe un vero peccato veder demolita questa storica facciata. A questo aggiungiamo che il grande capannone interno (architettura industriale dei primi del Novecento) conserva ancora meccanismi arrugginiti dell'epoca e piccoli spazi in cui sono ancora presenti vetrate e ferro battuto lavorate secondo lo stile dell'art nouveau. Sarebbe una vera offesa all'arte e alla storia perdere questi particolari che rendono unico un luogo.

Così come su un grande muro laterale della stessa fabbrica si può ancora leggere VIA CISTERNELLA , la vecchia strada su cui insisteva uno dei due pozzi di Noha, immediatamente fuori le mura del centro abitato. E'un appello accorato a chi in quella zona sta avviando i lavori di costruzione di appartamenti e locali: cercate di preservare l'esistente! Ne guadagneranno non solo le nuove costruzioni, ma un'intera comunità.

Angela Beccarisi

 
Di Antonio Mellone (del 27/01/2017 @ 18:47:37, in Presepe Vivente, linkato 2226 volte)

Anche il presepe vivente di quest’anno, giunto alla sua settima edizione, a detta di molti, è stato straordinario. E bellissimo.

Il gruppo dei ragazzi denominato “Presepe vivente Masseria Colabaldi” è evidentemente attrezzato per migliorarsi di presepe in presepe, anzi di miracolo in miracolo.

Sì, perché è un vero e proprio miracolo natalizio quello di superare se stessi; valicare un ostacolo e subito dopo trovarne ancora un altro (non sia mai di percorrere una strada larga e in discesa, nossignore: sempre stretta, impervia e possibilmente in salita); creare una comitiva di amici che ancor oggi scommettono su dialogo, solidarietà reciproca, condivisione, convivialità (e ci mancherebbe), e soprattutto gratuità, schiettezza, stima vicendevole, e accoglienza (quest’anno, per dire, il presepe di Noha è diventato oltretutto multicolore, multietnico e, perché no, anche multi-religioso, vale a dire ecumenico, con i due nuovi amici nonché attori provenienti rispettivamente dal Senegal e dal Ghana, uno di lingua francese e uno di lingua inglese).

Il presepe vivente di Noha diventa così sempre più terreno comune, cemento sociale, sfida comunitaria, forza popolare, passione di un gruppo di folli innamorati dell’arte (arte povera, purtuttavia ricchissima), e sedotti dalla cultura e dalla Storia locale, frazione nobile della più ampia Storia globale.

*

Giuseppe Cisotta l’altra sera mi diceva: “Per favore, scrivi un articolo per ringraziare tutti?”.
Certo, Giuseppe, lo scrivo, eccome.

Ma non posso mettermi qui a elencare tutti quelli che vorresti nominare tu, uno per uno, sennò davvero arriveremmo fino al Natale del 2017. E poi, con la memoria che mi ritrovo, rischierei di lasciarne qualcuno per strada, e sarebbe un bel peccato.

Allora, sì, ringraziamo chi si è speso per mesi, sfidando freddo, gelo e quest’anno anche la neve, e con orari incredibili che talvolta e per qualcuno sono coincisi con quelli della sveglia mattutina; ringraziamo chi ha pensato e realizzato un set perfetto per un teatro natalizio tra i più graziosi del Salento.

La gratitudine va dunque a tutto lo staff (senza tralasciare ovviamente i familiari – pazientissimi - dei componenti di questo benedetto staff), e poi certamente ai superlativi  attori, ai tecnici, ai vigilanti, a chi ha provveduto al bestiame per lo zoo del presepe, a chi lo ha curato giorno e notte, a chi si è occupato della comunicazione (dai manifesti, ai comunicati-stampa, ai video e alle fotografie), a chi ha dato una mano in termini di idee, risorse, contributi, e, non ultimo, anche di critiche (in effetti, che gusto ci sarebbe a fare cose meravigliose senza manco una disapprovazione o una censura).

Un grande ringraziamento va anche a tutti i visitatori provenienti da ogni landa italiana ed estera: congratulazioni per averci scelto.

Bisogna ringraziare infine anche quel pezzo di Storia patria che è la scenografia naturale di questa Rinascita nohana: il parco del Castello e il suo boschetto che profuma di zagare, la fontana ellittica, l’affresco di Albino, le cantine del brandy, e l’angolo più romantico e grazioso del mondo: quello della torre medievale con il suo dirimpettaio ponte levatoio: i due incantevoli rugosi beni culturali di Noha che, sfidando i manrovesci del tempo e le amnesie umane, sembrano voler resistere imperterriti ancora per un altro po’.

Giusto il tempo d’insegnarci, se possibile, a diventare una comunità migliore.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 30/11/2020 @ 18:46:23, in NohaBlog, linkato 970 volte)

Ce l’abbiamo fatta. Si anche quest’anno, siamo riusciti a ufficializzare per l’ennesima volta il nostro grido di allarme, quello per il Creato, sempre più degradato. Lo abbiamo fatto piantando due nuovi alberi al Giardino della Madonna delle Grazie. Due piante che si vanno ad aggiungere ad altre tre già messe a dimora nei giorni scorsi da qualche nostro concittadino sensibile alla causa.

Poca cosa, viene da dire, ed è vero se facciamo il confronto con la desertificazione in corso, cinque piante non fanno nemmeno la fatidica goccia nell’oceano. Considerando ciò il rischio di scivolare nell’amarezza prevale facilmente sul buon umore.

Viene a mancare perfino la voglia di dirlo, tanto che queste nostre buone intenzioni, quelle di continuare a ripetere a destra e manca che gli alberi ci danno l’ossigeno, che non sono loro a disturbare il nostro cammino, che sia un marciapiede, una strada asfaltata, una casa o qualsivoglia altro nostro alibi insostenibile, che loro, gli alberi, sono molto più importanti del 5G, dei comparti di abitazioni a schiera a scapito di tante abitazioni vuote, delle decine e decine di ettari di impianti fotovoltaici, che con la scusa del fabbisogno di energia verde, stanno (loro) desertificando le nostre campagne come fosse ( e lo è) un’altra pandemia. E non ci stanchiamo mai di dire che le risorse di questa Terra non sono infinite e che a doversene preoccupare dobbiamo esserlo tutti, dal primo all’ultimo: amministratori pubblici, politici, padri e madri, e nessun’altro escluso.

Non si capisce più quale sia la retorica, se le giornate scandite dal calendario delle celebrazioni per ricordare i più importanti valori della nostra civiltà (?), oppure questa incredibile mania distruttiva cavalcata dai tanti in nome di una crescita che non fa altro che mostrare falle e fallimenti.

E niente, mentre noi, sempre i soliti quattro gatti, continuiamo a ripetere la nostra “oratoria” di allarme, speriamo che nel frattempo la famigerata luce in fondo al tunnel, non sia un treno in corsa, del tipo quello che stiamo sopportando con fatica, ma il risveglio di chi ha il dovere di amministrare bene questa nostra splendida Terra.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente

e beni Culturali di Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 20/01/2015 @ 18:43:40, in Un'altra chiesa, linkato 2658 volte)

Discorso di Papa  Francesco di lunedì 22 dicembre 2014 davanti alla curia nella Sala Clementina

Cari fratelli,

Al termine dell’Avvento ci incontriamo per i tradizionali saluti. Tra qualche giorno avremo la gioia di celebrare il Natale del Signore; l’evento di Dio che si fa uomo per salvare gli uomini; la manifestazione dell’amore di Dio che non si limita a darci qualcosa o a inviarci qualche messaggio o taluni messaggeri ma dona a noi sé stesso; il mistero di Dio che prende su di sé la nostra condizione umana e i nostri peccati per rivelarci la sua Vita divina, la sua grazia immensa e il suo perdono gratuito. E’ l’appuntamento con Dio che nasce nella povertà della grotta di Betlemme per insegnarci la potenza dell’umiltà. Infatti, il Natale è anche la festa della luce che non viene accolta dalla gente “eletta” ma dalla gente povera e semplice che aspettava la salvezza del Signore.

Innanzitutto, vorrei augurare a tutti voi - collaboratori, fratelli e sorelle, Rappresentanti pontifici sparsi per il mondo - e a tutti i vostri cari un santo Natale e un felice Anno Nuovo. Desidero ringraziarvi cordialmente, per il vostro impegno quotidiano al servizio della Santa Sede, della Chiesa Cattolica, delle Chiese particolari e del Successore di Pietro.

Essendo noi persone e non numeri o soltanto denominazioni, ricordo in maniera particolare coloro che, durante questo anno, hanno terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età o per aver assunto altri ruoli oppure perché sono stati chiamati alla Casa del Padre. Anche a tutti loro e ai loro famigliari va il mio pensiero e gratitudine.

Desidero insieme a voi elevare al Signore un vivo e sentito ringraziamento per l’anno che ci sta lasciando, per gli eventi vissuti e per tutto il bene che Egli ha voluto generosamente compiere attraverso il servizio della Santa Sede, chiedendogli umilmente perdono per le mancanze commesse “in pensieri, parole, opere e omissioni”.

E partendo proprio da questa richiesta di perdono, vorrei che questo nostro incontro e le riflessioni che condividerò con voi diventassero, per tutti noi, un sostegno e uno stimolo a un vero esame di coscienza per preparare il nostro cuore al Santo Natale.

Pensando a questo nostro incontro mi è venuta in mente l’immagine della Chiesa come il Corpo mistico di Gesù Cristo. È un’espressione che, come ebbe a spiegare il Papa Pio XII, «scaturisce e quasi germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella Sacra Scrittura e nei Santi Padri». Al riguardo san Paolo scrisse: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12).

In questo senso il Concilio Vaticano II ci ricorda che «nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11)». Perciò «Cristo e la Chiesa formano il “Cristo totale” - Christus totus -. La Chiesa è una con Cristo».

E’ bello pensare alla Curia Romana come a un piccolo modello della Chiesa, cioè come a un “corpo” che cerca seriamente e quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso e con Cristo.

In realtà, la Curia Romana è un corpo complesso, composto da tanti Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni e da numerosi elementi che non hanno tutti il medesimo compito, ma sono coordinati per un funzionamento efficace, edificante, disciplinato ed esemplare, nonostante le diversità culturali, linguistiche e nazionali dei suoi membri.

Comunque, essendo la Curia un corpo dinamico, essa non può vivere senza nutrirsi e senza curarsi. Difatti, la Curia - come la Chiesa - non può vivere senza avere un rapporto vitale, personale, autentico e saldo con Cristo. Un membro della Curia che non si alimenta quotidianamente con quel Cibo diventerà un burocrate (un formalista, un funzionalista, un mero impiegato): un tralcio che si secca e pian piano muore e viene gettato lontano. La preghiera quotidiana, la partecipazione assidua ai Sacramenti, in modo particolare all’Eucaristia e alla riconciliazione, il contatto quotidiano con la parola di Dio e la spiritualità tradotta in carità vissuta sono l’alimento vitale per ciascuno di noi. Che sia chiaro a tutti noi che senza di Lui non potremo fare nulla (cfr Gv 15, 8).

Di conseguenza, il rapporto vivo con Dio alimenta e rafforza anche la comunione con gli altri, cioè tanto più siamo intimamente congiunti a Dio tanto più siamo uniti tra di noi perché lo Spirito di Dio unisce e lo spirito del maligno divide.

La Curia è chiamata a migliorarsi, a migliorarsi sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per realizzare pienamente la sua missione. Eppure essa, come ogni corpo, come ogni corpo umano, è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità. E qui vorrei menzionare alcune di queste probabili malattie, malattie curiali. Sono malattie più abituali nella nostra vita di Curia. Sono malattie e tentazioni che indeboliscono il nostro servizio al Signore. Credo che ci aiuterà il “catalogo” delle malattie - sulla strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui parliamo oggi: ci aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti noi per prepararci al Natale.

1. La malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile” trascurando i necessari e abituali controlli. Una Curia che non si  autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo. Un’ordinaria visita ai cimiteri ci potrebbe aiutare a vedere i nomi di tante persone, delle quale alcuni forse pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili! È la malattia del ricco stolto del Vangelo che pensava di vivere eternamente (cfr Lc 12, 13-21) e anche di coloro che si trasformano in padroni e si sentono superiori a tutti e non al servizio di tutti. Essa deriva spesso dalla patologia del potere, dal “complesso degli Eletti”, dal narcisismo che guarda appassionatamente la propria immagine e non vede l’immagine di Dio impressa sul volto degli altri, specialmente dei più deboli e bisognosi. L’antidoto a questa epidemia è la grazia di sentirci peccatori e di dire con tutto il cuore: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17, 10).

2. Un’altra: La malattia del “martalismo” (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”: il sedersi sotto i piedi di Gesù (cfr Lc 10,38-42). Per questo Gesù ha chiamato i suoi discepoli a “riposarsi un po’” (cfr  Mc 6,31) perché trascurare il necessario riposo porta allo stress e all’agitazione. Il tempo del riposo, per chi ha portato a termine la propria missione, è necessario, doveroso e va vissuto seriamente: nel trascorrere un po’ di tempo con i famigliari e nel rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica; occorre imparare ciò che insegna il Qoèlet che «c’è un tempo per ogni cosa» (3,1-15).

3. C’è anche la malattia dell’“impietrimento” mentale e spirituale: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e un “duro collo” (At 7,51-60); di coloro che, strada facendo, perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando “macchine di pratiche” e non “uomini di Dio” (cfr Eb 3,12). È pericoloso perdere la sensibilità umana necessaria per farci piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono! È la malattia di coloro che perdono “i sentimenti di Gesù” (cfr Fil 2,5-11) perché il loro cuore, con il passare del tempo, si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il Padre e il prossimo (cfr Mt 22,34-40). Essere cristiano, infatti, significa «avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5), sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità[9].

4. La malattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo. Quando l'apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose effettivamente progrediscano, diventando così un contabile o un commercialista. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo, che rimane sempre più grande, più generosa di ogni umana pianificazione (cfr Gv 3,8). Si cade in questa malattia perché «è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo… - addomesticare lo Spirito Santo! - … Egli è freschezza, fantasia, novità».

5. La malattia del cattivo coordinamento. Quando i membri perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. Quando il piede dice al braccio: “non ho bisogno di te”, o la mano alla testa: “comando io”, causando così disagio e scandalo.

6. C’è anche la malattia dell’“alzheimer spirituale”: ossia la dimenticanza della “storia della salvezza”, della storia personale con il Signore, del «primo amore» (Ap 2,4). Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi  handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. Lo vediamo in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore; in coloro che non fanno il senso deuteronomico della vita; in coloro che dipendono completamente dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie; in coloro che costruiscono intorno a sé dei muri e delle abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani.

7. La malattia della rivalità e della vanagloria. Quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di San Paolo: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,1-4). È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso “misticismo” e un falso “quietismo”. Lo stesso San Paolo li definisce «nemici della Croce di Cristo» perché «si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra» (Fil 3,19).

8. La malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il sevizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete. Creano così un loro mondo parallelo, dove mettono da parte tutto ciò che insegnano severamente agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta. La conversione è alquanto urgente e indispensabile per questa gravissima malattia (cfr  Lc 15,11-32).

9. La malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Di questa malattia ho già parlato tante volte ma mai abbastanza. E’ una malattia grave, che inizia semplicemente, magari solo per fare due chiacchiere e si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania” (come satana), e in tanti casi “omicida a sangue freddo” della fama dei propri colleghi e confratelli. È la malattia delle persone vigliacche che non avendo il coraggio di parlare direttamente parlano dietro le spalle. San Paolo ci ammonisce: «Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri» (Fil 2,14-18). Fratelli, guardiamoci dal terrorismo delle chiacchiere!

10. La malattia di divinizzare i capi: è la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo, onorano le persone e non Dio (cfr Mt 23,8-12). Sono persone che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo (cfr Gal 5,16-25). Questa malattia potrebbe colpire anche i Superiori quando corteggiano alcuni loro collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica, ma il risultato finale è una vera complicità.

11. La malattia dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a sé stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. Quando il più esperto non mette la sua conoscenza al servizio dei colleghi meno esperti. Quando si viene a conoscenza di qualcosa e la si tiene per sé invece di condividerla positivamente con gli altri. Quando, per gelosia o per scaltrezza, si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo.

12. La malattia della faccia funerea. Ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arroganza. In realtà, la severità teatrale e il pessimismo sterile sono spesso sintomi di paura e di insicurezza di sé. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia ovunque si trova. Un cuore pieno di Dio è un cuore felice che irradia e contagia con la gioia tutti coloro che sono intorno a sé: lo si vede subito! Non perdiamo dunque quello spirito gioioso, pieno di humor, e persino autoironico, che ci rende persone amabili, anche nelle situazioni difficili. Quanto bene ci fa una buona dose di sano umorismo! Ci farà molto bene recitare spesso la preghiera di san Thomas More: io la prego tutti i giorni, mi fa bene.

13. La malattia dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro. In realtà, nulla di materiale potremo portare con noi perché “il sudario non ha tasche” e tutti i nostri tesori terreni - anche se sono regali - non potranno mai riempire quel vuoto, anzi lo renderanno sempre più esigente e più profondo. A queste persone il Signore ripete: «Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo ... Sii dunque zelante e convertiti» (Ap 3,17-19). L’accumulo appesantisce solamente e rallenta il cammino inesorabilmente! E penso a un aneddoto: un tempo, i gesuiti spagnoli descrivevano la Compagnia di Gesù come la “cavalleria leggera della Chiesa”. Ricordo il trasloco di un giovane gesuita che, mentre caricava su di un camion i suoi tanti averi: bagagli, libri, oggetti e regali, si sentì dire, con un saggio sorriso, da un vecchio gesuita che lo stava ad osservare: questa sarebbe la “cavalleria leggera della Chiesa?”. I nostri traslochi sono un segno di questa malattia.

14. La malattia dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un cancro che minaccia l’armonia del Corpo e causa tanto male – scandali – specialmente ai nostri fratelli più piccoli. L’autodistruzione o il “fuoco amico” dei commilitoni è il pericolo più subdolo. È il male che colpisce dal di dentro; e, come dice Cristo, «ogni regno diviso in se stesso va in rovina» (Lc 11,17).

15. E l’ultima: la malattia del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri. È la malattia delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per tale scopo sono capaci di calunniare, di diffamare e di screditare gli altri, perfino sui giornali e sulle riviste. Naturalmente per esibirsi e dimostrarsi più capaci degli altri. Anche questa malattia fa molto male al Corpo perché porta le persone a giustificare l’uso di qualsiasi mezzo pur di raggiungere tale scopo, spesso in nome della giustizia e della trasparenza! E qui mi viene in mente il ricordo di un sacerdote che chiamava i giornalisti per raccontare loro - e inventare - delle cose private e riservate dei suoi confratelli e parrocchiani. Per lui contava solo vedersi sulle prime pagine, perché così si sentiva “potente e avvincente”, causando tanto male agli altri e alla Chiesa. Poverino!

Fratelli, tali malattie e tali tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale sia comunitario.

Occorre chiarire che è solo lo Spirito Santo - l’anima del Corpo Mistico di Cristo, come afferma il Credo Niceno-Costantinopolitano: «Credo... nello Spirito Santo, Signore e vivificatore» - a guarire ogni infermità. È lo Spirito Santo che sostiene ogni sincero sforzo di purificazione e ogni buona volontà di conversione. È Lui a farci capire che ogni membro partecipa alla santificazione del corpo e al suo indebolimento. È Lui il promotore dell’armonia[18]: “Ipse harmonia est”, dice san Basilio. Sant’Agostino ci dice: «Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né curarsi né guarirsi».

La guarigione è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura.

Dunque, siamo chiamati - in questo tempo di Natale e per tutto il tempo del nostro servizio e della nostra esistenza - a vivere «secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16).

 

Cari fratelli!

Una volta ho letto che i sacerdoti sono come gli aerei: fanno notizia solo quando cadono, ma ce ne sono tanti che volano. Molti criticano e pochi pregano per loro. È una frase molto simpatica ma anche molto vera, perché delinea l’importanza e la delicatezza del nostro servizio sacerdotale e quanto male potrebbe causare un solo sacerdote che “cade” a tutto il corpo della Chiesa.

Dunque, per non cadere in questi giorni in cui ci prepariamo alla Confessione, chiediamo alla Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, di sanare le ferite del peccato che ognuno di noi porta nel suo cuore e di sostenere la Chiesa e la Curia affinché siano sane e risanatrici; sante e santificatrici, a gloria del suo Figlio e per la salvezza nostra e del mondo intero. Chiediamo a Lei di farci amare la Chiesa come l’ha amata Cristo, suo figlio e nostro Signore, e di avere il coraggio di riconoscerci peccatori e bisognosi della sua Misericordia e di non aver paura di abbandonare la nostra mano tra le sue mani materne.

Tanti auguri di un santo Natale a tutti voi, alle vostre famiglie e ai vostri collaboratori. E, per favore, non dimenticate di pregare per me! Grazie di cuore!

+ Francesco

 

Tre giornate programmate dall'Assessorato alla Cultura della Città di Galatina,  con il contributo della Regione Puglia, Assessorato all'Industria Turistica e Culturale, e la collaborazione del Club UNESCO di Galatina, ricche di appuntamenti per promuovere interesse, studio e ricerca intorno all’unicità della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria e del suo ciclo di affreschi.

La manifestazione avrà inizio venerdì 27 novembre alle ore 18:00 con una Tavola Rotonda Santa Caterina di Galatina presso la Sala “Celestino Contaldo” del Palazzo della Cultura in Piazza Alighieri. Dopo gli interventi di apertura del Sindaco Cosimo Montagna e dell’Assessore alla Cultura Daniela Vantaggiato la Tavola rotonda, moderata dal Prof. Giancarlo Vallone, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Salento e Docente di Storia del Diritto Medievale e Moderno,  vedrà la partecipazione di storici dell’arte ed esperti del calibro di Antonella Cucciniello, oggi direttrice del Palazzo Reale di Napoli, del Prof. Angelo Maria Monaco, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, dello Storico dell'Arte Sergio Ortese,  della Dott.ssa Rosa Stella Lorusso, della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di BA, BT e FG, di Sergio Fusetti, Restauratore capo del Sacro Convento di Assisi, della Dott.ssa Sofia Giammaruco e del Padre francescano Michele Carriero, storico. L’incontro avrà come oggetto di studio e di confronto la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, il suo inserimento nel contesto del tardogotico nel Salento e dei monumenti orsiniani tra Galatina e Soleto, ed in particolare il ciclo di affreschi ed il culto della Santa tra Galatina ed Assisi nella Cappella di Santa Caterina della Basilica di San Francesco.

La serata proseguirà con l'apertura al pubblico, nel Chiostro del Palazzo della cultura, nel cinquantesimo della scomparsa di Ernesto De Martino, della Mostra "Il cattivo passato - il pensiero di De Martino tra autori del  passato e luoghi di oggi", a cura di Meditfilm, nell'ambito del Progetto di Antropologia visiva "Luoghi e Visioni". Le foto sono di Tommaso Faggiano e Fabrizio Lecce, i testi di  Tommaso Faggiano e Francesca Casaluci, il  Coordinamento scientifico del Prof. Eugenio Imbriani, Antropologo, e la progettazione grafica di Daniele De Paolis.  Anteprima del seminario di studio che si terrà martedì 1 dicembre p.v.

La seconda giornata del Weekend Orsiniano, sabato 28 novembre,  si aprirà alle ore 17 con l'Inaugurazione del Teatro Storico "Cavallino Bianco", alla presenza del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, madrina d’eccezione l’attrice Elena Sofia Ricci; il teatro recentemente restaurato, e quindi restituito alla sua funzione primaria di centro culturale della città, potrà così rilanciare, insieme alla valorizzazione del bellissimo Centro Storico con i suoi palazzi e le sue Chiese, e del suo unicum la Basilica di Santa Caterina d'Alessandria, l'immagine di Galatina città d'Arte.

A seguire, sempre presso il Teatro Cavallino Bianco, alle ore 19,30, ospite d'eccezione del II° Weekend Orsiniano quest'anno, lo scrittore, giornalista e conduttore televisivo Gad Lerner che, reduce da "Il cortile di Francesco” ad Assisi sul tema umanità, terrà la Lectio Magistralis  “I beni artistici deposito dell’umanità”; introduce il giornalista di TV 2000, Marcello Favale; numerosi gli ospiti tra cui un delegato del Ministro Dario Franceschini che porterà un messaggio d’augurio e la Dott.ssa Maria Piccarreta, Sovrintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto. La lectio verrà trasmessa in diretta su schermo gigante all'esterno del teatro stesso in Via Grassi e in Piazza San Pietro per consentire a tutti gli interessati di seguire la manifestazione nei due momenti.

Novità di quest'anno del II° Weekend Orsiniano, il Corteo Storico di Maria d'Enghien (a cura dall'Associazione "Maria d'Enghien" di Taranto), che dalle ore 20,30 percorrerà le vie del Centro Storico partendo da Piazza San Pietro per arrivare poi a Palazzo Orsini e alla Basilica di Santa Caterina, dove alle ore 21.00 inizierà un concerto del Laudario di Cortona a cura dei “Laus Nova”. Nel frattempo i cantastorie di “Raccontami Sherazade” reciteranno in Piazzetta Orsini racconti ed aneddoti del ‘300 e ‘400 galatinese.

Sempre nella serata di sabato 28 novembre a partire dalle ore 20.00 in Piazzetta Orsini, si terranno, con l'assistenza di esperte guide turistiche, visite guidate nei luoghi Orsiniani, iniziando da Palazzo Orsini, attuale Palazzo di Città, all'interno del quale sarà possibile effettuare una visita virtuale della Chiesa di Santo Stefano di Soleto (attraverso l'APP. di In-Cul.Tu.Re), proseguendo per la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria.

Il weekend si concluderà domenica 29 novembre con i festeggiamenti civili e religiosi: la Fiera di Santa Caterina d'Alessandria, la  Benedizione degli animali, come prevede la tradizione, con la statua della Santa che lasciata la Basilica di Santa Caterina in Piazzetta Orsini accompagnata dal parroco fra Rocco Cagnazzo e dai fedeli, si recherà processionalmente in Piazza Alighieri dove si svolgerà la XX Edizione della sfilata di cavalli, carrozze e carri d'epoca, con la partecipazione degli sbandieratori e dei ragazzi delle scuole che costituiranno la giuria per l’attribuzione dei premi.

 

Per info ed accreditamento giornalisti:

Club UNESCO Galatina

Cell. 3297864424 / 3290251349

clubunescogalatina@gmail.com;                                                                                     www.clubunescogalatina.it

 
Di Redazione (del 22/06/2019 @ 18:42:35, in Comunicato Stampa, linkato 1290 volte)

La Rete Ambiente e Salute del Salento, su proposta di cittadini attivi di Galatina, organizza per domenica 23 giugno ore 9,00 una passeggiata di riflessione paesologica presso l'area d'interesse storico-paesaggistico denominata “li Grutti” a Galatina.

La passeggiata vedrà coinvolte alcune realtà associative del Salento e saranno presenti esperti di paesaggio, storia patria, territorio ed etnobotanica che brevemente illustreranno alcune peculiarità che caratterizzano i luoghi visitati.
L'obiettivo è quello di recuperare, aumentando ed approfondendo, la conoscenza dei luoghi per riscoprire un sito anticchissimo, pare, teatro del primo insediamento che diede origine alla fondazione della città di Galatina. Un luogo poco conosciuto, ma estremamente importante per la comunità di Galatina e per il Salento, ad oggi ancora inspiegabilmente lasciato nell'oblio e nell'abbandono.

L'evento si propone di richiamare l'attenzione di tutta la comunità salentina, di appassionati ed esperti, giornalisti e di amministratori pubblici nei confronti di un'area di alto pregio paesaggistico, culturale, etnobotanico ed archeologico dove sono tutt'ora presenti importanti e numerosi elementi architettonici, masserie e chiesette, ed ambienti ipogei scavati nei banchi di roccia affiorante. Tali luoghi abitati da comunità religiose, presumibilmente di epoca basiliana, e dedicati in epoche successive a luogo di culto mariano, erano meta, fino a qualche tempo addietro, di pellegrinaggio e vedevano svolgersi partecipate processioni di devoti con cerimonie religiose fortemente sentite dai fedeli.

La presenza di numerose e misteriose vestigia arcaiche dimostra come la storia dei luoghi affondi le sue radici, a detta di studiosi ed esperti, fino a giungere alla civiltà messapica. Ma i luoghi naturali e rurali, caratterizzati da banchi di roccia affiorante, rimasti immutati nei secoli purtroppo oggi sono messi in pericolo di mutamento radicale da un avanzamento d'espansione edilizia che mette a repentaglio il paesaggio, la sua storia e la sua conservazione.

Non ultimo proprio la naturalità e ruralità del sito rappresenta non solo un prezioso scrigno di biodiversita`floro-faunistica ma soprattutto un irrununciabile polmone verde per tutta la città di Galatina che, se non ben custodito, si rischia di andare per sempre perduto.

Pertanto si inviata chiunque voglia riscoprire questi luoghi, conoscere e dare il proprio contributo alla passeggiata e alla riflessione aperta a prendere parte a tale iniziativa.

Raduno e percorso

La passeggiata avrà inizio alle 9,00 dal piazzale d'ingresso della ex-Fiera del Salento via Ippolito De Maria per proseguire su via Europa fino all'incrocio di via Trapani.

Proseguendo da santa Maria de' li Grutti, fino a Masseria San Giuseppe.

 

Maggiori info sul sito:

Luoghi del Cuore FAI

https://www.fondoambiente.it/luoghi/santa-maria-dei-grotti?ld

https://massimonegro.wordpress.com/2012/12/13/galatina-un-appello-per-lantica-s-maria-dei-grotti/
https://massimonegro.wordpress.com/2013/04/25/galatina-la-dimenticata-cripta-basiliana-in-contrada-tabelle-tabelluccio/

Sul sito del Comune di Galatina Chiesa e cripta della madonna della grotta
 https://www.comune.galatina.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/chiesa-e-cripta-della-madonna-della-grotta-o-della-grottella
 https://www.comune.galatina.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/cripte-basiliane

Ministero dei beni Culturali Primo censimento
 http://iccdold.beniculturali.it/medioevopugliese/index.php?it/82/catalogo-iccd/48/galatina-cripta-di-s-maria-della-grotta

Vestigia messapiche a Galatina

https://www.salentoacolory.it/galatina-messapica/

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/01/2018 @ 18:40:05, in NoiAmbiente, linkato 1727 volte)

Per inaugurare il nuovo anno  in continuità con la nostra attività di volontariato per Ambiente e beni culturali, abbiamo pensato di  presenziare con le nostre iniziative al Presepe vivente di Noha. E grazie all’Associazione del Presepe Vivente e al suo Presidente, Giuseppe Cisotta, tutto ciò è stato possibile.

Come già dichiarato fin dalla nascita del nostro  Laboratorio, noi di FareAmbiente vogliamo contrastare e denunciare il malcostume che dilaga nel nostro territorio (malcostume che si manifesta per esempio con gli incendi e le infinite discariche abusive di rifiuti) e, in sintonia con il nostro Statuto, vogliamo anche contribuire alla bellezza di Noha e dintorni mediante la valorizzazione dei beni Culturali locali che (ricordiamo sempre a chiunque ce lo chieda) sono unici al mondo per le loro stesse peculiarità. Fino qui niente di nuovo, potrebbe dire qualcuno.

Quello che non avevamo previsto e nemmeno immaginato è stata l’attenzione che molti ospiti del Presepe ha rivolto verso la nostra presenza al Presepe Vivente di Noha, ospiti davvero speciali: i bambini.

Abbiamo scoperto una  gioia inaspettata negli occhi di tutti i bambini che hanno transitato davanti alla nostra postazione. Certo, anche gli adulti si sono mostrati interessati al nostro messaggio, ma i bambini si sono gettati anima e corpo sul nostro operato. Edoardo, Giacomo, Gabriele, Veronica, Sele, Jacopo, Miriam, ecc. ognuno ha inciso il suo nome sulla propria opera. Tanto che per qualche genitore è stato davvero faticoso allontanarsi dalla nostra postazione per proseguire nella visita del Presepe. Sono stati davvero in tanti a chiederci dove abbiamo il laboratorio e quando avrebbero potuto mandarvi  i loro piccoli. Insomma abbiamo capito che l’idea del laboratorio culturale per la lavorazione dell’argilla aperto ai piccoli, è molto attesa. Vedremo come fare per realizzare questa bellissima iniziativa.

E’ vero che i bambini sono attratti dal “gioco” con l’argilla, è vero che la loro felicità è stata quella di creare liberamente delle  opere di fantasia  quali alberi, coniglietti, cuffie, orologi,  case o cuori. E’ nella loro natura contrastare le regole e le imposizioni del mondo degli adulti. Ma quello che ci ha sorpresi è stato l’interesse a cimentarsi insieme a noi nel riprodurre i beni Culturali di Noha. Ecco, questa è l’ennesima testimonianza, semmai ce ne fosse ancora la necessità, che i bambini ci guardano, osservano quello che facciamo. E crescono, formando la loro personalità tramite il nostro esempio. E quindi se cerchiamo di salvaguardare l’ambiente e i beni culturali, loro ci imitano. Ci imitano, ahimè anche nel male. E certi risultati si vedono.

Forse dovremmo cercare di riscoprire la bellezza che sta nella loro semplicità,  nella campagna pulita e nei beni Culturali curati: tutte cose che possono aiutarci a non apparire come un paese fatto solo di case e strade,  copia incolla, tutte uguali, senza alcuna bellezza particolare.

Con la loro passione bambini ci hanno insegnato che con la creatività anche noi possiamo liberare il gusto represso (evidentemente) per il bello. Quel gusto che fa la differenza e dà risalto e lustro alla nostra identità, individuale e collettiva.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 26/10/2017 @ 18:39:59, in Comunicato Stampa, linkato 1223 volte)

Si unisce al gruppo capitanato da Davide Guarini, rinforzando la linea d’attacco, un nuovo atleta di indiscusse capacità e provata competenza pallavolistica: Paolo Mastropasqua.

L’opposto campano, classe’80 e 190 cm. di altezza ,va a rafforzare la giovane formazione galatinese, mettendo al servizio di mister Stomeo la sua pluriennale esperienza e le sue indiscusse qualità, nonostante l’anagrafe ne limiti l’elevazione e la potenza di un tempo.

Ma la classe ,fatta di manualità e di doti inestinte, è l’elemento compensativo con cui Paolo si esprime ancora sui campi di gioco.

Veterano da più di un ventennio della pallavolo di livello, negli ultimi dodici anni ha espresso la sua attività agonistica sui parquet di tutta la Puglia, con un privilegio per le società salentine di cui è stato sempre un beniamino per la sua dote realizzatrice.

L’unico intermezzo lo ha avuto nel 2015-2016 con il ritorno nella sua Campania, a difendere i colori dell’Ottaviano, e poi eccolo di nuovo nel tacco di Puglia. Ha sempre assicurato un alto rendimento tecnico, divenendo una bandiera per le tifoserie e soprattutto si è ritagliato il ruolo di aggregatore, per la grinta espressa in campo e per la capacità di essere ascoltato dal gruppo, ricevendone rispetto.

Pur non essendo al meglio della condizione fisica, sarà per mister Stomeo una freccia in più nella sua faretra e ,soprattutto, un punto di riferimento nello spogliatoio e sul campo.

2006-2008      Indeco Ragno Molfetta

2008-2010      Murgia Sport Altamura

2010-2011      Azzurra Alessano

2011-2012      Casarano

2012-2013      Falchi Ugento&Virtus Taviano

2013-2014      Altamura

2014-2015      Gap Presicce

2015-2016      Ottaviano(NA)

2016-2017      Virtus Tricase

2017-2018      Olimpia S.B.V. Galatina

Piero de Lorentis

AREA COMUNICAZIONE

OLIMPIA S.B.V. GALATINA

 

Dopo il tavolo presso il Dipartimento ambiente della Regione Puglia di venerdì, Anna Grazia Maraschio si è impegnata a prendere in carico, ai fini di una valutazione, tutta la documentazione prodotta sulla vicenda del rinnovo dell’Aia al cementificio galatinese

Dopo il tavolo sulla vicenda del cementificio Colacem, presso il Dipartimento ambiente della Regione Puglia di venerdì mattina, due sono le novità salienti: l’assessora Anna Grazia Maraschio ha garantito l’impegno all’analisi di alcuni temi da esaminare, “per capire quali possano essere i margini di intervento e di contributo da parte della Regione”. Al contempo, in quella stessa giornata, le associazioni ambientaliste del territorio e il Comitato civico ambiente e salute hanno presentato diffida nei confronti della Provincia di Lecce. Hanno sottoscritto l’atto formale inviandolo, oltre che all’ente di Palazzo dei Celestini (al Settore Ambiente ed energia, e Servizio tutela e valorizzazione ambiente), anche alla Procura contabile regionale (l’organo inquirente della Corte dei conti, ndr) e ai carabinieri del Noe leccese, il Nucleo operativo ed ecologico.

I referenti di CittadinanzAttiva Puglia, del Coordinamento civico Ambiente e Salute, della sezione Italia Nostra su Salento, di NoiAmbiente e beni culturali e del Forum Amici del territorio hanno firmato la diffida dal procedere all’istruttoria dell’istanza di riesame Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale relativa all’impianto industriale Colacem e sulla quale si discuterà in sede di Conferenza dei servizi a partire dal prossimo 4 giugno. I firmatari della diffida dichiarano il riesame richiesto dalla ditta delle autorizzazioni, considerato “palesemente illegittimo”.

Per le associazioni e il comitato instaurare un procedimento amministrativo non sarebbe altro che un “maldestro tentativo di costituire ad arte una sorta di giudizio parallelo extra moenia, e prevenire in questo modo la decisione del Tar con un nuovo provvedimento autorizzativo (di rinnovo Aia) che, depositato in quel giudizio, ne determinerebbe la cessazione della materia del contendere. Come se la Provincia, anziché attendere l’esito della consulenza tecnica d’ufficio davanti al tar, tentasse un riesame anticipato dall’Aia, fuori dal giudizio”.

Nell’atto di diffida, peraltro, i firmatari evidenziano alcuni passaggi della Ctu dai quali si evincerebbe un “difetto di trasparenza e certezza nei controlli e nella composizione chimico-merceologica dei rifiuti utilizzati assieme al pet-coke”. Chiedono che i monitoraggi vengano eseguiti senza condizionamenti esterni e che il gestore dell’impianto ne resti dunque fuori. E si appellano inoltre alla Regione per un intervento, affinché inserisca il Distretto di Galatina come area a rischio ambientale. Intanto, sull’argomento, la Regione è intervenuta nella mattinata di venerdì scorso, nel tanto atteso tavolo istituzionale di un confronto già avviato a partire damarzo scorso. I sindaci del circondario galatinese e del Coordinamento civico Ambiente e salute della provincia hanno incontrato anche il direttore del Dipartimento Ambiente regionale Paolo Garofoli.

“Credo che la giornata di oggi (venerdì, ndr) – ha dichiarato l’assessora regionale all’Ambiente, Anna Grazia Maraschio – sia particolarmente significativa e confermi l’utilità dell’ascolto come metodo. Anche per questo ringrazio chi, come i sindaci e le associazioni, vive il territorio e può avviare approfondimenti importanti per la collettività. A noi il dovere di accogliere queste istanze e di esaminare temi così delicati e complessi. Rinnovo il pieno impegno ad approfondire questa vicenda, che ha bisogno di essere approcciata con grande serietà. L’attenzione mia e della Regione Puglia rimarrà altissima al fine di poter garantire la massima tutela dell'ambiente coniugata con lo sviluppo del nostro territorio", ha dichiarato l'assessora.

“Grazie al confronto odierno – ha dichiarato Garofoli – abbiamo aggiornato una scaletta di temi da esaminare anche per capire quali possano essere i margini di intervento e di contributo da parte della Regione. Impegnandoci ad approfondire tutti i documenti a disposizione sul tema, analizzeremo le problematiche emerse, anche di concerto con Arpa, con la finalità di garantire un opportuno e accurato monitoraggio", ha concluso.

Valentina Murrieri
(Fonte: Lecceprima)

 
Di Redazione (del 12/06/2022 @ 18:38:53, in NoiAmbiente, linkato 556 volte)

Le vore sono in pratica un accesso naturale che porta direttamente verso il bene più prezioso: l'acqua. E qui da noi, nel Salento, l'acqua scarseggia e quella che c'è è a rischio di non potabilità per tante ragioni, dovute soprattutto alle attività dell’uomo.
Per esempio, la Vora Bosco, dopo il primo tratto di cunicoli tortuosi di circa trenta metri precipita per i restanti 40 m.  a capofitto fino al fondo, dove soggiace la nostra preziosissima acqua, benedetta da tutti nei secoli dei secoli.
A proposito di vore nostrane, abbiamo chiesto e protocollato presso il Comune di Galatina, in questi ultimi (5) anni la richiesta di messa in sicurezza  della Vora Bosco, in contrada San Vito e la bonifica della Vora di Noha che si trova all'imbocco della via che porta a Sirgole.
Bonificare serve, oltre a restituire dignità ai cittadini, ad arginare lo sversamento continuo in falda del percolato prodotto dai rifiuti ammassati.
Mettere in sicurezza serve a  impedire atti vandalici, sempre più frequenti e scarsamente controllati, ma soprattutto vuol dire  impedire l'accesso delle acque di dilavamento delle strade (e di certe campagne). Le acque di dilavamento, non solo quelle aziendali ma anche piovane, non fanno altro che, appunto, lavare le superfici dai più svariati inquinanti che il progresso del consumismo ci porta a spargere ovunque, compresi olii e polveri derivanti dall'uso spasmodico degli autoveicoli.
Queste acque quindi andrebbero convogliate in appositi impianti di pretrattamento e bonificate, prima di essere rilasciate in falda.

Non certo convogliarle nelle vore, che invece vanno messe in sicurezza sotto tutti gli aspetti.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali
di Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 22/03/2021 @ 18:38:08, in NoiAmbiente, linkato 1361 volte)

Un colpo al cerchio e uno alla Colabaldi, si fa per dire ovviamente, ma di fatto il colpo lo stiamo dando su noi stessi. Tutti resteremo penalizzati da certi comportamenti, tollerati purtroppo con il silenzio. Come sia possibile che vengano demolite delle mura così grandi, in pieno centro abitato, in un posto che più in vista di così non si può e nessuno si allarma? Contribuisce certamente questa sfortunata situazione di emergenza generata dal Covid-19.  Ma il fatto resta ugualmente molto grave.

La masseria Colabaldi è un Bene Culturale di Noha, della sua storia si è scritto e parlato ovunque. Lo sanno anche le pietre che è stata edificata sul punto più alto della serra che domina la valle dell’Asso, e che molto probabilmente la parte più antica risale a duemila anni addietro. Insomma è lì da secoli, ha superato quasi indenne, terremoti, uragani, guerre e relativi bombardamenti, la spagnola e se vogliamo perfino le tremende mine della cava adiacente che facevano vibrare i vetri delle case di Noha. Chi ha memoria e coscienza queste cose le sa.

I fatti: pare che qualcuno (probabilmente vandali) abbia deciso di cambiare corso al destino della nostra antca Masseria Colabaldi, non con restauri o rivalutazioni ovviamente, ma a colpi di violenza, una violenza inspiegabile, talmente possente da buttare giù le mura secolari. Per adesso pare che abbiano cominciato a buttare giù i parapetti ed i cornicioni di alcuni pezzi del perimetro delle terrazze, ma se nessuno interverrà potrebbero continuare fino a raderla al suolo completamente, anche se sembra una cosa assurda, in mancanza di interventi e in presenza di una ambigua tolleranza, tutto è possibile. Che dire, una comunità savia conosce bene l’importanza di certi valori, sa bene che a identificarci al cospetto del mondo non sono certo i megaimpianti fotovoltaici, le nuove borgate di villini bi o tri familiari copia incolla, le strade senza alberi, tantomeno il “business” del deserto che cementifica la campagna. Quindi la comunità sa.  Il nostro è un appello al senso di responsabilità di tutti, dal Primo fino all’ultimo cittadino, dalle istituzioni pubbliche tutte, nessuna esclusa, alla proprietà e quindi alla responsabilità di chi è “educatore” degli autori di questi atti vandalici. Se così possono ancora definirsi.

 


IL DIRETTIVO di
NOI AMBIENTE E beni CULTURALI Odv
Noha e GALATINA

 
Di Redazione (del 21/10/2021 @ 18:37:22, in Comunicato Stampa, linkato 433 volte)

Pubblicato sul sito del Comune di Galatina il nuovo avviso per la distribuzione dei Buoni Spesa digitali destinato alle famiglie in condizioni di assoluto momentaneo disagio a causa della situazione emergenziale dovuta al protrarsi della diffusione del virus Covid-19.

Possono presentare istanza di ammissione all'erogazione di buoni spesa elettronici i nuclei familiari, anche monoparentali, in gravi difficoltà economiche (anche avvalendosi di un delegato abilitato, come ad esempio Patronati e CAF) a partire dalla data del 21 ottobre e fino al 05 novembre 2021, compilando esclusivamente online il modulo disponibile sui seguenti link:

1. https://galatina.cartaspesa.it/modulo-richiesta-buoni-spesa/
2. oppure, accedendo dal link CartaSpesa disponibile sul sito internet istituzionale dell’Ente www.comune.galatina.le.it.

Sul sito del Comune di Galatina e sui principali canali di informazione è disponibile un video tutorial per l’utilizzo dei buoni spesa digitali.

FINALITA’: I buoni spesa elettronici sono finalizzati ad integrare il reddito familiare per quanto attiene alla gestione della spesa di generi alimentari o di prima necessità, in costanza del protrarsi della situazione di emergenza epidemiologica in atto. I buoni spesa elettronici, il cui importo verrà caricato sulla tessera sanitaria del richiedente beneficiario, potranno essere utilizzati solo ed esclusivamente presso gli esercizi commerciali presenti nell’elenco pubblicato sul sito del Comune di Galatina che hanno manifestato l’interesse.

L’importo sarà assegnato direttamente al richiedente beneficiario, il quale potrà utilizzarlo mediante un meccanismo interattivo che gli consentirà di effettuare le transazioni negli esercizi commerciali che hanno aderito all’iniziativa, tramite l’esibizione del proprio codice fiscale e l’utilizzo di un “codice pin” opportunamente assegnato.

Si possono acquistare quali prodotti e generi di prima necessità:

  • pasta, riso, latte, farina, olio di oliva, frutta e verdura, legumi, tonno, carne, pesce, ecc.
  • bevande, con esclusione di vino, birra, liquori e di tutte le bevande alcoliche;
  • prodotti alimentari e per l’igiene per l’infanzia (omogeneizzati, biscotti, latte, pannolini, ecc.);
  • prodotti per l'igiene della casa e della persona;
  • prodotti farmaceutici o parafarmaceutici (farmaci da banco, ecc.);
  • cibi pronti e gastronomia;
  • altri prodotti rientranti nei beni di prima necessità.

Gli operatori commerciali, a loro volta, potranno verificare in tempo reale, tramite apposita applicazione, i requisiti e la capienza del budget messo a disposizione dal Comune al beneficiario.

MODALITÀ DI CONCESSIONE DEI BUONI SPESA: I beneficiari sono individuati mediante istruttoria del Servizio Sociale, tenendo conto dei nuclei familiari più esposti ai rischi derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus COVID-19.

IMPORTO DEL BUONO SPESA: Varia a seconda della composizione del nucleo familiare, secondo la seguente descrizione: € 100 per ogni componente del nucleo familiare avente diritto, sino ad un massimo di € 500.

PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA: La domanda va compilata on line, a far data dal 21 ottobre al 05 novembre 2021, inserendo tutte le informazioni richieste nei vari campi. Dovranno essere allegati mediante upload la carta di identità e il codice fiscale del richiedente.

L’istanza deve essere presentata da un solo componente per singolo nucleo familiare.
Le domande di assegnazione dei buoni, a seguito di istruttoria, saranno soddisfatte nei limiti delle risorse disponibili, secondo gli indirizzi della Deliberazione della Giunta Comunale n. 247 del 09.09.2021, e secondo l’ordine cronologico di arrivo delle stesse sulla piattaforma gestionale.

INFORMAZIONI: Per informazioni e supporto alla presentazione della domanda gli interessati potranno:

  • contattare gli Uffici comunali ai numeri telefonici 0836/561550 – 0836/528295 0836/569476 - 320/5315880 (Segretariato Sociale) – 371/4371965 (Spiol) –) dal lunedì al venerdì esclusivamente dalle 09:00 alle 13:00 e il martedì e giovedì dalle ore 15:30 alle ore 17:30;
  • consultare il sito del Comune di Galatina e i principali canali di informazione.

 

Per i commercianti che volessero candidarsi ad accettare i buoni spesa presso la loro attività, il link da seguire è il seguente:

https://www.comune.galatina.le.it/vivere-il-comune/attivita/notizie/item/servizio-politiche-sociali-e-servizi-alla-persona-5

Per gli utenti che volessero accedere al sito e avere maggiori informazioni il link è il seguente:

https://www.comune.galatina.le.it/vivere-il-comune/attivita/notizie/item/servizio-politiche-sociali-e-servizi-alla-persona-6

Antonio Palumbo

Assessore alle Politiche Sociali e all’Integrazione.

 

Dopo un sereno dibattito interno,  “Galatina Altra”, movimento civico, non sarà presente in questa tornata elettorale per le amministrative.

Il simbolo non comparirà sulle schede elettorali, ma chi ha aderito al progetto, continua a lavorare per “un’altra Galatina” e Frazioni, per quella parte di città che tarda a far sentire la sua voce.

Questa volta vogliamo partire dalla centralità delle frazioni, vogliamo partire da Noha, essendo sicuri che c’è “un’altra Noha” che vuole affrontare il tema della legalità in tutte le sue sfaccettature.

C’è un’altra Noha che, nonostante l’indifferenza, o forse, la distrazione, dei politici nostrani, rimasti silenziosi, inermi e inerti, ha riacquistato fiducia quando il commissario straordinario, con l’autorevolezza della legge e del  ruolo, ha finalmente deciso di intervenire per rimuovere situazioni di illegalità che persistevano da tempo a Noha.

C’è stato bisogno di un Commissario straordinario per accorgersi che un centro polivalente, realizzato con finanziamenti pubblici in un territorio “sensibile”, per essere destinato ad attività dirette a “minori a rischio”, frutto di un intervento costato 1.300.000,00 euro, da immobile funzionale ad iniziative di integrazione sociale e prevenzione della marginalità, cambia destinazione d’uso e viene ridotto ad “affittacamere e sezione di partito”.

Abbiamo dovuto attendere il Commissario per ritornare a sperare in un uso dei beni pubblici trasparente, pluralista, funzionale all’aggregazione ed alla crescita sociale e slegato da logiche clientelari e prepotenti, sciaguratamente utili solo a costruire consenso e potere fine a se stesso.

L’attenzione rivolta dal Commissario all’uso distorto dei beni di tutti e le iniziative di recente assunte, sicuramente possono aiutare l’esercito di aspiranti sindaco a riflettere e ad intervenire con forza sulla cultura della legalità.

Così come, la sciagura che sta per abbattersi sulle tasche della “Galatina onesta”, che ha sempre pagato le tasse, ci spinge ad offrire agli aspiranti candidati sindaco un nostro contributo di idee. Siamo certi che la struttura sta procedendo in maniera solerte ed attenta agli accertamenti degli evasori o elusori dei tributi e delle entrate locali. Ma ci sentiamo, comunque, di suggerire a chi si propone alla guida della città di testimoniare la serietà dell’impegno assunto e la consapevolezza del ruolo che è chiamato a svolgere, avendo cura di accertarsi che i potenziali amministratori abbiano provveduto al pagamento dei tributi locali.

Atto dovuto, da parte di tutti, aspiranti sindaco e consiglieri comunali, sarebbe quello di presentare, unitamente alla scheda di candidatura, prova di essere in regola con i pagamenti dei tributi locali, degli ultimi cinque anni.  

Bene ha fatto il Commissario straordinario a firmare il protocollo d’intesa trilaterale Comune di Galatina, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, per la prevenzione ed il contrasto all’evasione fiscale, ma altrettanto bene dovrà fare chi si appresterà a governare il comune nel dare esecuzione all’accordo concluso, provvedendo ad ogni segnalazione utile all’accertamento tributario nei diversi ambiti: commercio e professioni, urbanistica e territorio, proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, beni indicanti capacità contributiva. Ed è doveroso evitare qualunque imbarazzo o distrazione.

La “Galatina onesta” ha bisogno di un palazzo di città trasparente come il cristallo e di recuperare una cultura della legalità un po’ sopita, dalle piccole alle grandi cose; perché, da decenni, parte dal cristallo trasparente appena insediati, ma qualche ora dopo si trasforma in vetro fumé.

Enzo Del Coco

Ex consigliere Comunale Galatina Altra

 
Di Antonio Mellone (del 30/10/2020 @ 18:36:42, in NohaBlog, linkato 1000 volte)

Per somiglianza di suoni Sìrgole rievoca un po’ Frìttole - il borgo di “Non ci resta che piangere”, film del 1984 con Troisi e benigni - ma è una tenuta, meglio, la denominazione di una contrada del feudo di Cutrofiano frequentata da molti nohani e altrettanti galatinesi, tra i quali mio papà Giovanni che ne ha coltivato un pezzo per una vita, coinvolgendo per un tratto e suo malgrado (nel senso di mio malgrado) il sottoscritto: erano i tempi infausti del tabacco, un’era geologica fa. Oggi ce lo porto io, mio padre, insieme ai suoi 97 anni a far due passi, a prendere aria, a “sbariare” un po’.

Ebbene, ogni volta che vado a Sìrgole torno a casa sempre con qualcosa di buono. A seconda della stagione, i gelsi, i peperoncini e le melanzane, l’uva, i kaki e i kiwi (con questa k che sa di esotico), e le cicorie che oggi coltivano i miei cugini di campagna; ma anche le “creste” (sempre nel senso di cicorie) che la terra ci dona sua sponte. A volte tra le produzioni fresche e genuine abbiamo pure i libri (ché cultura e agricoltura sono sempre andate a braccetto). Questi ultimi non me li passano i suddetti cugini, ma, copiosi, dunque con la carriola, i vicini di campagna: o meglio, il vicino che risponde al nome di Gianluca Virgilio, professore di lettere al liceo scientifico di Galatina, conosciuto ormai da tutti perché da anni scrive su “il Galatino”, e pure un bel po’ di libri - alcuni addirittura tradotti in francese (non vedo l’ora di rileggerli in quest’altra lingua romanza).

Questa volta il fragrante tomo “virgiliano”, letto come d’abitudine nell’arco di due pomeriggi, è “Zibaldone Salentino”, Edit Santoro, Galatina, 2020, 150 pagine, quasi omonimo della rubrica (cambia solo l’aggettivo in “galatinese”) tenuta, appunto, su questo giornale. Si tratta di un tipico prodotto a km 0, giacché è stato certamente pensato nel corso di letture sotto il pergolato, annaffiature di piantine e sfalcio di erbe, e dunque scritto, benché rapsodicamente, sempre a Sìrgole, “campagna ricca di sogni”, onde finalmente podere è potere.

Il titolo del libro, ça va sans dire, è un omaggio a Giacomino nostro, che al suo “scartafaccio” attribuì gli aggettivi di “smisurato” e “immenso” (io ci aggiungerei “superbo”, molto usato dal Leopardi nell’accezione di magnifico e grandioso, e giammai di protervia o spocchia), tipici del Pensiero: il quale o è critico - dunque senza limiti timori o altre siepi che il guardo escludono - o non è. Purtroppo codesto pensiero è oggi, come dire, negletto, quando non spinto sul banco degli imputati, non necessariamente da una querela temeraria, ma proprio dal comune sentire, dall’uniformazione globale falsamente pluralista, dall’omologazione a senso unico.

Ciononostante vale la pena di provare esprimerlo, questo pensiero (o questo spirito), anche a costo di spaccare il capello in quattro e apparire antipatici alla massa ondivaga a seconda di dove spira il vento del marketing, vale a dire la propaganda da parte della classe dominante. E così nascono le pagine di questo diario senza tempo che ti fa riflettere sulle parole, tipo “successo”, una cosa a cui molti ambiscono ma che altro non è che un participio passato; sul senso della vita, che visto che è a scadenza val la pena di trattarla con più ironia e distacco; sullo spreco delle migliaia di case vuote, mentre tutto intorno le betoniere continuano rovesciare cemento sui comparti edilizi senza fine; sul ruolo dell’insegnante e quindi della scuola che non dev’essere un luogo dove “si formano e si valutano gli studenti”, bensì un posto dove “dialogare e stare a vedere”; sulla violenza del capitalismo, che fa rima con cannibalismo, suicidio dell’umanità; sul ruolo della tecnologia che ci sta spingendo verso il distanziamento sociale ante-litteram; su quanto la mia ricchezza non valga nulla se il mio dirimpettaio sta male; sul Panem et circenses quale metodo di inquadramento delle masse; su quanto il potere si serva dell’inganno per raggiungere i suoi obiettivi; sul Neo-Barocco, che è quello della nostra epoca, così pervasa dalla “gentrificazione” dei centri storici, dallo scimmiottamento della pizzica e dai riti vuoti del turismo; e su infiniti altri temi tipici di uno Zibaldone.

Scrive bene Gianluca, avrà preso da suo padre, il compianto prof. Giuseppe Virgilio. Lo stesso giorno in cui mi consegnava la sua novella creatura – guarda la combinazione - terminavo di rileggere, di Giuseppe, lo stupendo “Memorie di Galatina”  - Congedo Editore, Galatina, 1998 - che consiglio vivamente. A Noha si dice: “L’arte de lu tata è menza ‘mparata”, ovvero “Sotta ‘nu pannu finu c’è ‘naddhru ‘ncora chiù finu”.

Credo non ci sia bisogno del traduttore di Google perché si colga il senso di questi apoftegmi nohani anche a Galatina.

Antonio Mellone

 

[articolo pubblicato su “il Galatino”, anno LIII, n. 17 – 23 ottobre 2020]

 
Di Redazione (del 06/07/2020 @ 18:34:01, in Comunicato Stampa, linkato 802 volte)

Si svolgerà martedì 7 luglio, alle ore 19.00, presso Palazzo Orsini, la Cerimonia di conferimento del Premio "Città di Galatina – beniamino De Maria", attribuito a personalità galatinesi e non che, nel loro percorso professionale, artistico e culturale, hanno dato lustro alla Città di Galatina rendendole nel contempo servizi di particolare rilievo.

Saranno assegnati due bienni dell’illustre riconoscimento: (per il biennio 2016-2017) al dottor Antonio De Donno, Procuratore della Repubblica di Brindisi, espressione della costante attenzione per la legalità e per la lotta a tutte le mafie, valori ed impegno che contraddistinguono il Suo operato e l'azione della nostra Amministrazione; (per il biennio 2018-2019) a Nicoletta Manni, prima ballerina al Teatro alla Scala,  simbolo di tenacia determinazione, forza di volontà e grande umiltà, un esempio per i giovani e un fiore all’occhiello per la nostra Terra, dove la Cultura e l’Arte rappresentano volano per la crescita di un territorio e, soprattutto, dell’animo delle persone che lo abitano.

Il Premio “beniamino De Maria” rappresenta il riconoscimento più alto della Città di Galatina: venne istituito nel 1998 in memoria del compianto e illustre concittadino beniamino De Maria, deputato all'Assemblea Costituente dal 1946 al 1948, deputato alla Camera dalla I alla VI Legislatura, dal 1946 al 1975 e Sindaco di Galatina negli anni Settanta e Ottanta.

Il Premio viene assegnato ogni biennio da un'apposita commissione, quest’anno presieduta dal Sindaco Marcello Amante e composta dal Prof. Attilio Pisanò, delegato dal Rettore dell'Università degli Studi di Lecce, dal dott. Donato De Giorgi, Presidente dell'Ordine dei Medici, dal parroco della Parrocchia SS. Pietro e Paolo, don Lucio Greco, e dai consiglieri comunali Alberto Noel Vergine e Paolo Pulli.

Alla cerimonia di consegna del Premio "beniamino De Maria" della Città di Galatina saranno presenti, oltre al dott. Antonio De Donno e a Nicoletta Manni, il Prefetto di Lecce, dott.ssa Maria Teresa Cucinotta, il Presidente della Provincia Stefano Minerva, i membri della Commissione e le altre autorità politiche, civili, militari e religiose. Coordinerà la serata Antonio Liguori, giornalista de “La Gazzetta del Mezzogiorno”.

Ufficio stampa Marcello Amante
sindaco di Galatina (LE)

 
Di Redazione (del 03/12/2015 @ 18:29:38, in Comunicato Stampa, linkato 2616 volte)

Dal 8 dicembre 2015 al 6 gennaio 2016 vieni a scoprire l’incanto degli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina ma non solo. Qui tra ricchi portali e chiese barocche si mescolano i ricami più dolci ed eleganti del rococò. Da piazza San Pietro con il monumentale fronte della Chiesa Matrice a vicoli improvvisi con chiese piccole e grandi, conventi, cappelle. E ancora, immergetevi nei suoni affascinanti della Grecìa Salentina, l’unione dei comuni nei quali gli anziani ancora parlano il griko, dialetto dalla fortissima influenza greca: il viaggio prosegue così a Carpignano Salentino, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Soleto e Sternatia.

Ti aspettano tante attività in un itinerario tra beni culturali, piccoli borghi, artigianato e tradizioni. Con il programma Christmas 2015 | HOME OF... GALATINA promosso dall’ufficio IAT Galatina, con il Patrocinio del Comune di Galatina, il Natale si arricchisce di un nuovo affascinante racconto di una comunità  che  ha  la  cultura  dell’accoglienza,  così  radicata  da  far  provare  agli  “ospiti” emozioni uniche, il piacere della scoperta e del viaggio insieme con la sensazione di sentirsi a casa.

08 dicembre 2015

Galatina - h 16.00

“Welcome to | Benvenuti a Galatina”

Visita guidata alla scoperta della città di Galatina + degustazione Prodotti Tipici, presso Palazzo

Baffa | Dimora Storica

Dal 12 al 20 dicembre 2015

Galatina - h 16.00

“Treasures of | Tesori di Galatina”

Visita guidata alla scoperta della città di Galatina e...

12 e 20 - Chiesa della SS. Trinità + degustazione Pasticciotto

13 e 19 - Chiesa della Madonna del Carmine + degustazione DonnaOleria | olio extra vergine di oliva, presso Ristorante Corte del Fuoco

Dal 26 dicembre 2015 al 06 gennaio 2016

Salento - h 10.00 e/o h 16.00

“Riti e tradizioni della Grecìa Salentina”

Visita guidata alla scoperta della Grecìa Salentina

26 - Corigliano d’Otranto

27 - Sternatia

28 - Carpignano Salentino

30 - Martano

02 - Soleto

06 - Martignano

26 dicembre 2015 e 06 gennaio 2016

Galatina - h 16.00

“Christmas Carol | Canto di Natale”

Visita guidata a misura di bambino + sorpresa

 

Info, costi e prenotazioni: Ufficio IAT, c/o Torre dell’Orologio, Via V. Emanuele II n.35, Galatina

T. 0836 569984 - 392 9331521 – E: iat.galatina@gmail.com

For All: le visite guidate sono fruibili anche da persone con disabilità, grazie a un servizio dedicato alle esigenze specifiche, tra cui interpreti LIS, su richiesta.

Prenotazione obbligatoria:  scegli  la  tua  attività e  prenota  almeno 5  giorni prima della  data prescelta.

 
Di Antonio Mellone (del 27/04/2015 @ 18:29:20, in NohaBlog, linkato 2720 volte)

Aveva ragione il mio compianto amico, il prof. mons. Antonio Antonaci, quando mi diceva: “Chi scrive e pubblica, in un certo qual modo rischia di diventare come certe donne di strada: non sa mai in che mani potrebbe andare a finire”.  Le peggiori sono quelle di coloro che sentono su di sé tutto il peso di una scuola fatta male. E non perdono occasione di dimostrarlo senza ritegno. 

Fra questi s’annoverano quelli che non solo non sanno scrivere, ma soprattutto non sanno leggere: e chiosano di conseguenza, con le solite elucubrazioni oltretutto sgrammaticate e insolenti.   

Ora, nessuno, a meno che non sia paranoico, può pretendere che gli altri leggano tutto quello che scrive, ma almeno può sperare che non gli facciano dire il contrario.

Per quanto ovvio, non è mai il caso di prendersela, nell’un caso o nell’altro; né di ribattere o confutare o litigare oltremodo regredendo al livello del marciapiede. Ci mancherebbe altro. Del resto, come diceva Oscar Wilde, mai discutere con un idiota, ti trascina al suo stesso piano e ti batte con l’esperienza (e poi, detto tra noi, la gente potrebbe non notare la differenza).

*

Si sa che in Matematica più per più fa più, più per meno fa meno, meno per più è meno, e meno per meno è più. Sono nozioni basilari, diciamo da seconda media (chi l’avesse scordato è pregato di andarsi a rileggere i libri di testo dopo preventiva opportuna spolverata; chi, invece, non ne avesse punto voglia e non sapesse nemmeno di cosa si stia discettando può terminare qui la lettura di questo pezzo e darsi, come suole, alle chat di fb).

Orbene, trasponendo questi concetti elementari di logica ed epistemologia nel campo degli eventuali insulti e/o dei complimenti che ad ognuno di noi può capitare di ricevere, applicando il criterio razional-matematico di cui sopra, ed utilizzando mutatis mutandis le medesime categorie semiotiche impiegate da Umberto Eco in un suo memorabile articolo pubblicato nel 1997 su “L’Espresso” (cfr. U. Eco, Come prepararsi serenamente alla morte, in “La bustina di Minerva”, L’Espresso, 12 giugno 1997), sicuri di non scandalizzare nessuno se non il solito perbenista di facciata, diciamo che potremmo trovarci di fronte ai seguenti quattro casi o combinazioni:

a) se una persona in gamba, degna di stima, colta (concetti a valenza positiva) ti rivolge dei complimenti (segno positivo) non puoi che esserne contento (più per più infatti fa più);

b) se la stessa valorosa persona (segno più) invia al tuo indirizzo degli improperi, degli insulti, dei giudizi poco lusinghieri (segno negativo) c’è di che preoccuparsi (più per meno dà un risultato negativo);

c) se un coglione (accezione ovviamente negativa) ti adula, ti ammira, ti loda (segno positivo), parimenti c’è poco di che rimaner compiaciuti (in quanto meno per più è ovviamente meno);

d) infine, se un coglione (segno meno) ti biasima, ti denigra, ti disprezza e addirittura prova a diffamarti (sempre segno meno), il poveretto - a digiuno delle suddette elementari classi della Filosofia pura anzi applicata (e cioè che meno per meno fa più: vale a dire che due negazioni affermano) – non sa di averti in un sol colpo rivolto un grande complimento, appuntato al petto una medaglia al valore e concesso un attestato di benemerenza.

*

Dunque, sì, bisogna tenere in debita considerazione che cosa si afferma, si giudica, si dice, si considera, ma anche da chi proviene l’affermazione, il giudizio, l’espressione, la considerazione o l’epiteto.

Questo è quanto. Ora, signora mia, vuoi vedere che il coglione di turno mi darà, appunto, del coglione?

Antonio Mellone

 

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/11/2020 @ 18:27:54, in Le Confraternite di Noha, linkato 946 volte)

In questa quarta parte P. Francesco D’Acquarica entra nel vivo del discorso sulla terza congrega religiosa di Noha, quella con la quale abbiamo forse più dimestichezza, per avervi, molti di noi, conosciuto di persona alcuni suoi confratelli: stiamo parlando della Confraternita della Madonna delle Grazie. In allegato a questa sezione si troverà lo statuto della suddetta Comunità di fedeli suddivisa in NOVE (e in quanti sennò?) capitoletti.

Noha.it  

 

Ho già spiegato che le confraternite sono associazioni cristiane ancora presenti in molti paesi anche del nostro Salento. Furono fondate con lo scopo di promuovere l'aggregazione tra i fedeli, esercitare le opere di carità e di pietà, nonché incrementare il culto. I loro componenti conservavano lo stato laico e restavano nella vita secolare. Essi non avevano quindi l'obbligo di prendere i voti o di condurre vita in comune, né di conferire il proprio patrimonio e la propria attività nella confraternita. Per adempiere le opere cristiane e per testimoniare la fede, l’umiltà, la carità e la penitenza i congregati sentirono il bisogno di indossare un saio e non mostrarsi pubblicamente, nascondendo la propria identità e il proprio volto coprendolo con un cappuccio, annullando in tal modo completamente la propria personalità: ed ecco spiegata la tradizione tuttora in uso in molte Confraternite.

 

L'organizzazione interna

 

Gli Iscritti

Dai registri consultati si riesce a ricavare il numero degli iscritti, ma soltanto per alcune annate. Tra gli iscritti si annoverano uomini e donne: i confratelli e le consorelle.

Gli Ufficiali

Tre maggiori: ''Priore - Primo e Secondo Assistente" e otto minori: "Segretario - Cassiere - due maestri di Cerimonie - Sacrestano - Organista - due Revisori dei conti".

Il Consiglio

Era un gruppo di confratelli, chiamati generalmente Ufficiali, che costituivano il "Consiglio" con degli incarichi codificati: gli Ufficiali, o organi statutari della Confraternita, venivano eletti ad una data fissa e duravano per un periodo stabilito dallo statuto.

Per quanto riguarda la Congrega della Madonna delle Grazie, dallo Statuto sappiamo che le votazioni avvenivano la terza domenica di dicembre. Il giorno di Capodanno o la domenica più prossima a detto giorno, venivano presentati i neo-eletti che prendevano possesso ufficiale e si cantava il Te Deum.

Gli incarichi erano rinnovabili. Erano eletti in seno all'assemblea degli associati in una riunione che avveniva al suono della campana nella stessa chiesa in cui la Confraternita aveva la sua sede, il giorno avanti la ricorrenza della festività del santo, sotto il cui titolo si riconoscevano, alla presenza del Vicario generale o altro delegato. Nello stesso il Consiglio doveva dare conto al Vescovo o al Vicario di tutte le entrate e tutte le uscite, e consegnare alla Confraternita tutte le scritture contabili nel caso non fosse stato riconfermato. Quest'ultima disposizione s'inquadrava con quanto stabilito dal concilio tridentino e dal decreto della Sagra Congregazione del 2 aprile 1622.

 Il Priore

Aveva il governo della Confraternita, vigilava sull'osservanza delle norme statutarie, ordinava le spese ordinarie. Le spese straordinarie, invece, dovevano essere approvate dall'assemblea. Il Priore rispondeva del suo operato soltanto all'assemblea. Aveva il potere di convocare la Consulta e la Giunta, dirigeva la vita dell'associazione ed era il suo legale rappresentante.

Il Vice priore o assistente

Dovevano essere in due, primo e secondo assistente, che dovevano sostituire il Priore in caso di sua assenza, impedimento o decesso.

Il Segretario

Ovvero colui che conservava gli atti, le scritture ed i libri della congregazione (statuti, regole, cronache, manuali di preghiera, elenchi di beni posseduti, attestati di acquisiti), e verbalizzava le sedute dell'assemblea.

Era lui che registrava in un libro la data di ingresso degli iscritti, e alla loro morte, firmava gli atti di pertinenza del suo ufficio. Diramava gli avvisi di convocazione, redigeva i verbali e le deliberazioni, che saranno firmati sempre dal Presidente, dal Padre Spirituale o Rettore e controfirmati da lui stesso; conservava l'archivio e custodiva tutte le carte e i registri, come pure l'elenco aggiornato dei confratelli.

Il Revisore o Razionale

Revisionava e sottoponeva i conti all'approvazione dell'assemblea.

Il Cassiere o contabile

Registrava il versamento delle quote associative e degli altri cespiti, le altre entrate, e i pagamenti per le spese effettuate. La rendita della Confraternita doveva essere depositata nella "cassa" gestita dal Cassiere, sempre chiusa a chiave (custodita dallo stesso contabile). Qualora si fosse verificato qualche abuso da parte del Cassiere ne rispondeva chi lo aveva scelto (culpa in eligendo), ovvero i confratelli se scelto dai confratelli, gli Ufficiali se scelto dagli Ufficiali. Il Cassiere aveva l'incarico di riscuotere le rendite dagli affittuari e dai confratelli.

Terminato l'anno amministrativo, dopo un mese perentorio, gli amministratori ed il Cassiere dovevano renderne conto dinanzi ad uno o più Razionali che trasmettevano "l'esito" ai nuovi amministratori.

Egli provvedeva all'amministrazione ordinaria dei beni della Confraternita che amministrava sotto la sorveglianza del Presidente e della Giunta; non poteva fare né contratti né spese straordinarie senza deliberazione della Consulta.

Spettava al Cassiere preparare i resoconti e i bilanci di tutto l’anno, i quali dovevano essere esaminati e approvati dai due revisori dei conti, nominati per un triennio dalla Consulta. Dopo l'approvazione di quest'ultima i resoconti erano trasmessi alla Curia per gli adempimenti canonici.

Il Tesoriere

Doveva riscuotere una quota associativa mensile per ogni confratello che veniva utilizzata dopo la sua morte, per la sepoltura, l'accompagnamento del feretro da parte dei confratelli in divisa, le cere da consegnare al parroco, la celebrazione dell'ufficio dei morti, la recita del Rosario e le messe di suffragio. Il Tesoriere non poteva effettuare spese senza il consenso del Priore e di un Assistente, ed in mancanza del Priore, del suo vice.

Il Maestro dei novizi

Era un confratello incaricato della formazione spirituale e liturgica dei novizi, dall'intervallo tra l'ammissione alla Confraternita e la conferma.

Il Maestro di cerimonia

Sovrintendeva all'organizzazione e al buon andamento delle funzioni religiose, soprattutto le processioni, secondo gli usi tradizionali. Era incaricato anche della manutenzione e dell'efficienza delle insegne e delle suppellettili della Confraternita. Accanto al Maestro di cerimonia, c’era il Cerimoniere che indicava il percorso da seguire nelle processioni solenni, sovrintendendo alla stessa processione, mentre il Maestro delle cerimonie controllava la Confraternita e la condotta dei confratelli.

Il Maestro di cerimonia (o mazziere) era dotato del bastone pomato: era lui che nella Messa celebrata alla presenza della Confraternita, durante l'elevazione, richiamava tutti i confratelli a disporsi dinanzi la balaustra dell'altare maggiore.

Il Rettore

A questi ruoli si aggiungeva il Padre spirituale o Rettore, un sacerdote, il quale non era coinvolto nei problemi temporali della Confraternita: curava la vita spirituale dei confratelli. Il Padre spirituale aveva anche il compito di officiare presso la chiesa in cui aveva sede la Confraternita e di prestare opera spirituale anche ai confratelli infermi.

Nella storia delle Confraternite troviamo altri ruoli non codificati, ma necessari per svolgere alcune funzioni all'interno delle Confraternite. Alcuni erano utilizzati per lo svolgimento della processione, Porta croce o Crocifero, ovvero colui che portava la croce di legno, Porta stendardo, Porta bandiera, Porta lanterne o lampiuni e per la processione di Cristo morto, la threnula, o "trenula" (it. raganella), termine dialettale che deriva dal greco "trenos", = lamento, melodia triste.

Si aggiungeva l'incarico di Infermiere, non nel senso che oggi si pensa, di curare gli infermi, ma si trattava di un confratello scelto per fare visita (senza la divisa) ad un confratello infermo. Tra parentesi ricordo che visitare gli infermi era ed è un’opera di misericordia corporale.

Consulta

Era la riunione dei confratelli in Assemblea per deliberare in merito alle attività della Confraternita: veniva alternativamente chiamato anche "Consiglio" o "Assemblea generale".

La Consulta, composta da tutti i confratelli professi e dal Padre Spirituale (Cappellano), era il supremo organo della confraternita ed eleggeva le cariche direttive. Era convocata ordinariamente dal Presidente almeno due volte l'anno per esaminare le linee direttive dell'associazione e poteva essere richiesta, in seduta straordinaria, da almeno dieci membri, nel qual caso, il Presidente convocava la Consulta al più presto.

Gli ordini del giorno erano vari. Analizzando i verbali si ricava che i temi principali erano:

- resoconto economico della gestione dell'anno precedente;

- rinnovo delle cariche direttive;

- accettazione di nuovi confratelli a fronte di domande di iscrizione;

- ripulitura/restauro degli attrezzi portati in processione e delle relative cinture porta attrezzi;

- acquisto di mozzette e cordoni;

- rinnovo dei piedistalli delle statue portate in processione e delle relative stanghe;

- contributi per mantenere in ordine la chiesa (ripulitura altari, pitturazioni/restauro delle statue presenti nella chiesa, ecc.);

- aiuti economici ad associazioni religiosi e/o civili, sia del paese che esterne.

Norme per le votazioni

I Presidenti facevano compilare, in modo più o meno diligente ed in modo più o meno ordinato, dei verbali.  Nei verbali delle consulte si trova principalmente il dettaglio delle votazioni: tipo di votazione (per il presidente, per il segretario, ecc.), nome e cognome dei candidati con relativa paternità. Seguiva il risultato della votazione con favorevoli, contrari e astenuti per ogni singolo candidato e, dunque, la proclamazione del candidato eletto.

Potevano essere proposti dei nomi per acclamazione durante la seduta e poi si passava alla votazione. Affinché un candidato fosse eletto a cariche direttive era necessario che raccogliesse nella prima votazione la maggioranza assoluta delle adesioni; nelle successive votazioni era sufficiente raggiungere la maggioranza relativa dei consensi. Tutte le votazioni erano tenute a scrutinio segreto, a meno che tutta la Consulta non si trovasse d'accordo in modo unanime e aperto sul nome di un candidato. In questo caso l'elezione avveniva per acclamazione.

Nel caso di votazione a scrutinio segreto, per tutelare la segretezza delle decisioni individuali, la votazione veniva effettuata con il sistema della fava e del pisello. La fava indicava parere positivo, il pisello parere negativo: metodo molto semplice in una società contadina in cui l’analfabetismo era imperante e la carta un bene di lusso.

Ammissione alla Confraternita

Appartenere ad una Confraternita assicurava dei vantaggi, mentre l'esclusione significava un prezzo alto da sostenere in una società dai valori religiosi radicati e con deficienze di varia natura. L'adesione alla Confraternita era una sorta di assicurazione sulla vita presente, e sull'aldilà. L'appartenenza o l'esclusione rivestiva rilevanza ai fini dell'associazione stessa: più numerosi erano gli iscritti e più vasta era l'area sociale controllata dalla Confraternita, maggiore era la consistenza economica della Confraternita e il suo prestigio sociale.

Anche nella Confraternita della Madonna delle Grazie c’è l’articolo che riguarda l’espulsione. E’ l’articolo 36 che dice: Saranno espulsi: Tutti coloro che, lungi dal serbare una condotta lodevole, s'immergono in ubriachezze ed immoralità; coloro che resistino alle correzioni, e si rendono insubordinati ai superiori; tutti coloro che non hanno pagato le multe in cui sono incorsi, nello spazio di due mesi; e coloro che hanno attrassato il pagamento della quota annuale per sei mesi. In questi casi però ci sarà sempre l'avviso per iscritto fatto almeno 10 giorni prima.

Come vedremo anche a Noha ci sarà un caso di espulsione. Il verbale del 1937 dice così: Infine di seduta per futili motivi il Confratello G. muoveva lite con un altro Confratello, tanto da venire alle mani. Il Padre Spirituale li esortava alla calma più volte. Il G. continuando a provocare disubbidiva al P. Spirituale e disconosceva la sua autorità in Confraternita. Conscio del mal fatto il G. domandava la cancellazione dalla Confraternita. E’ stata accetta e si è mandato verbale alla Curia per la ratifica.

Sappiamo poi che la Curia accettava il licenziamento del confratello G. dalla Confraternita e data la sua grave insubordinazione decretava di non poter più essere ammesso ad altra istituzione cattolica. Ma soltanto un anno dopo il signor G. sarà riammesso dietro sua richiesta. Insomma, come Dante fa dire a Manfredi nel III canto del Purgatorio, nonostante i peccati: “[…] la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei”.

Download Statuto della Confraternita Madonna delle Grazie di Noha.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 11/02/2024 @ 18:22:39, in NohaBlog, linkato 791 volte)

Siccome tutto sono men che un tipo politicamente corretto (ergo non è da me fare sviolinate), volevo trovare un difetto uno al Carnevale Sociale di Noha celebrato domenica scorsa. Che so io: il capello di una parrucca fuori posto, una barba finta che non sembrasse vera, un costume dai colori malamente abbinati, il principale carro carnascialesco ingrippato, una coreografia priva di sincronismo, i cavalli nohan-murgesi imbizzarriti, qualche brano musicale stonato, una pubblicità insulsa e dozzinale, un tempo molesto pronto a colpire con freddo acqua e vento febbraiuoli un’organizzazione viepiù abborracciata, un paese apatico allo stato terminale, scarsa partecipazione di pubblico intra et extra moenia, o finanche un tema di fondo acefalo, dico privo di senso compiuto.

Questa volta mi è andata male: niente di tutto questo. Anzi: colori azzeccatissimi manco fossero stati scelti da un armocromista di lungo corso; nemmeno un refolo di vento o una nuvoletta nel cielo di Noha (così bello quando è bello); non un carro in cartapesta incartapecorito o un mappamondo fuori scala. A questo s’aggiunga la colonna sonora scelta con gusto, una partecipazione da parte di cittadini e sponsor che non si vedeva dai tempi di Pappagone, il treno di Harry Potter in perfetto orario in partenza dal binario NOVE (Noha) e 3/4, gli inediti messaggi di invito alla festa  da parte di Nandu Popu, Sabina Blasi e di Tekemaya (e quelli successivi di saluto proiettati su grande schermo da parte di altri amici della comunità nohana), la sicurezza della kermesse in ottime mani di responsabili, vigili urbani e Protezione Civile, e quella decina abbondante di gruppi mascherati esteticamente curati e culturalmente motivati che vanno dai bambini della scuola dell’infanzia San Michele Arcangelo di Noha a quei “ciucci longhi” di Levéra; dagli atleti della Virtus Basket agli studenti dei licei classico e scientifico di Galatina che oltretutto si sono “sfidati a singolar tenzone” sul palcoscenico di via della Pace con musica dal vivo, canti e performance teatrali interessanti e di rilevante spessore educativo (altro che la ribalta dell’Ariston a tratti impregnato di banalità, pubblicità occulte, messaggi dozzinali per masse lobotomizzate, e altre carnevalate del genere horror); dagli splendidi ragazzi di Abilmente Insieme e dei loro encomiabili accompagnatori agli esponenti di Legambiente e di Noi Ambiente e beni Culturali travestiti da “Masci Sostenibili”; dagli Agribimbi agli altri bimbi degli Istituti Comprensivi di Galatina e Noha che, accompagnati dai loro insegnanti, pure loro in maschera, han dato il massimo con i loro balli di gruppo a soggetto studiato approfonditamente a Nohagwarts School; dagli Zorro della Furia Nohana che hanno aperto la sfilata con un elegantissimo cavallo nero del locale Centro Ippico Sant’Eligio (immagino si chiamasse Tornado, il purosangue, come il destriero di don Diego della Vega) ai vocalist arcobaleno di Gioré che han cantato in coro e a cappella in un intervallo di tempo senza tempo in cui tutto sembrava essersi fermato per l’ascolto, in religiosissimo silenzio, dei motivi preparati per l’occasione.

Ora, siccome “Il cielo è di tutti” non son mancate altre comitive di cui in questo momento mi sfugge la sigla, ma protagoniste al pari degli altri dell’eccentrico veglione all’aperto sparpagliato per strade, piazze, giardini e parchi pubblici nohani, oltre a numerosi altri singolari performer, tipo un’imperdibile Ferragni travestita da Sindaco (con la differenza che questa volta i pandori, più che sponsorizzarli, il personaggio se li era mangiati tutti), un cabarettista scafato, mattatore dello spettacolo collettivo, un fotografo travestito da Antonio Mellone e l’Albino Campa truccato da Nohaweb.  

A proposito di Sindaco, salvo errori e omissioni, sembra che il nostro primo cittadino si fosse volatilizzato nel nulla, eclissato, scomparso dalla circolazione, roba da interpello senza indugio di “Chi l’ha visto?”.  Eppure s’è provato a rintracciarlo nel gruppo dei clown e in quello dei venditori di pentole, ma niente da fare: avranno prevalso sicuramente le sue proverbiali ritrosia e discrezione.

Infine il tema della Pace scelto dagli organizzatori. Non penso proprio si trattasse dell’ecumenica Pace Nel Mondo stile Miss Italia o di quella tipica degli scemi di guerra che, insieme ai giornali al servizio delle macro-direttive a tavolino, usano stilare ignominiose liste di proscrizione di “conniventi con il nemico”, ma quella di chi scende in piazza chiedendo l’impegno diretto di tutti per i cessate il fuoco immediati e l’avvio degli armistizi, invoca la riduzione delle spese militari e quindi lo stop all’invio di armi a destra e a manca, pretende l’apertura dei canali per gli aiuti umanitari e il blocco immediato dell’“esportazione della democrazia” a suon di bombe sui popoli inermi da parte del “moralmente superiore Occidente”.

Il tutto egregiamente sintetizzato, tra gli altri, dai due striscioni presentati dai liceali in corteo: il primo con impresso l’ormai obliato l’art. 11 della Costituzione Italiana, l’altro con una mordace citazione dell’intramontabile Bertolt Brecht: “Generale, l’uomo fa di tutto. Ma ha un difetto: può pensare”.  

Organizzatori e partecipanti tutti, nessun difetto: bravi.

E non meritate 9 e  ¾, ma stavolta dieci e lode.

Antonio Mellone

 

“Galatina non ha bisogno dei M5S e del loro populismo distruttivo”.

Questo è un estratto della risposta ufficiale del Sig. Coccioli (segretario del Partito Democratico di Galatina) in seguito al nostro comunicato del 23/10/2017. Ci teniamo a precisare al Sig. Coccioli quanto segue:

NOI LE CARTE LE LEGGIAMO E BENE PURE!!! (la ripetizione di “LE”, prima come articolo e poi come pronome, è volontaria)

Bollenti Spiriti è il programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili, cioè un insieme di interventi e di azioni dedicate ai giovani pugliesi e a chi lavora con e per loro.

Nel mese di Agosto 2011 fu pubblicato dal Comune di Galatina il Bando di gara per l'appalto del servizio per la gestione del laboratorio nell'ambito del progetto Bollenti Spiriti di cui alleghiamo il link per chi volesse avere tutte le informazioni necessarie (anche per il Sig. Coccioli).

http://www.comune.galatina.le.it/atti/bandi-di-gara-e-contratti/item/bando-di-gara-per-l-appalto-del-servizio-per-la-gestione-del-laboratorio-nell-ambito-del-progetto-bollenti-spiriti

 

La premessa del Capitolato Speciale d’Appalto stabilisce che:

“Il progetto “GIOVANI E…” ha previsto il recupero funzionale dei locali del Palazzo della Cultura di Galatina e la fornitura e posa in opera di attrezzature per l’allestimento di sala teatro di posa, sala regia e produzione audio, sala prove e ripresa e relativo ufficio di segreteria, nonché attrezzature per manifestazioni all’aperto (palco – sedie e service) con la finalità generale di creare un ambiente (inteso non solo come luogo fisico, ma emotivo e sociale) che favorisca l’incontro, la socializzazione, la crescita evolutiva nel senso dell’autodeterminazione e della responsabilità da parte dei giovani e destinati prioritariamente alla promozione della imprenditorialità dei giovani residenti nel Comune di Galatina.”

L’art. 1 del Capitolato Speciale d’Appalto aggiunge che:

ART. 1 – OGGETTO DELL’AFFIDAMENTO

Forma oggetto della concessione la gestione del complesso di beni immobili e mobili denominati ubicati:

COMUNE SEDE

Galatina Palazzo della Cultura – Via Cafaro

L’immobile individuato nella planimetria (Allegato A) e le attrezzature, (Allegato B), sono destinati all’attività prevista dal Progetto :”Giovani E…”, attività riportate nel piano economico-gestionale, (Allegato C), e solo in subordine ad altre manifestazioni o usi purché compatibili con la programmazione dell’attività e con la destinazione d’uso dell’immobile.

Il soggetto gestore successivamente denominato Concessionario è tenuto a garantire l’uso dei locali destinati a:

- Sala teatro di posa,

- Sala regia e produzione audio;

- Sala prove e ripresa;

- Sala conferenze ed attività varie “Celestino Contaldo”;

- Segreteria;

- Piazzale esterno adiacente;

e la loro utilizzazione secondo la programmazione e negli orari stabiliti, ai soggetti aderenti al Protocollo di Rete Locale Bollenti Spiriti applicando le tariffe che saranno proposte ed annualmente approvate dal Comune di Galatina in seguito denominato Soggetto Attuatore.

Vogliamo puntare l’attenzione sull’uso dell’immobile che, dalla lettura di quanto sopra, ha una destinazione ben definita cioè l’immobile e le attrezzature sono destinati all’attività del progetto e solo in subordine ad altre manifestazioni o usi purché compatibili con la programmazione dell’attività e con la destinazione d’uso dell’immobile.

La deliberazione di Giunta Comunale n. 21 del 10 agosto 2017 sottolinea in maniera ancora più marcata il concetto su esposto in quanto stabilisce diAccogliere, al fine di evitare interruzioni nella realizzazione dei progetti in essere e nelle more dell’espletamento della procedura di gara volta all’individuazione del nuovo soggetto per la concessione del servizio di gestione del Laboratorio nell’ambito del Progetto Bollenti Spiriti, la richiesta dell’Associazione Art & Ars Gallery di Galatina concedendo alla stessa Associazione la prosecuzione delle attività dei LABORATORI URBANI PART sino al 31.12.2017 nel rispetto delle condizioni sinora applicate prevedendo, inoltre, la disponibilità ad ospitare eventi culturali organizzati dall’Ente o da altre associazioni o da altri soggetti pubblici/privati patrocinati dall’Ente

Pertanto, vorremmo capire dal Sig. Coccioli COME il CONGRESSO PD possa inquadrarsi nelle finalità proprie del progetto Bollenti Spiriti ripetendo quando detto sopra (REPETITA IUVANT) e cioè che l’immobile e le attrezzature sono destinati all’attività del progetto e solo in subordine ad altre manifestazioni o usi purché compatibili con la programmazione dell’attività e con la destinazione d’uso dell’immobile.

Alla luce di quanto sopra invitiamo il Sig. Coccioli, segretario del Partito Democratico di Galatina, a chiedere scusa in primis a TUTTI i cittadini, poi al Movimento 5 Stelle di Galatina ai suoi attivisti e ai suoi elettori che meritano RISPETTO. In secondo luogo, lo invitiamo a rendere pubblica l’autorizzazione ricevuta per l’utilizzo della sala “Celestino Contaldo”.

Inoltre, sarebbe utile capire la maggioranza come valuta la vicenda.

Le regole ci sono e TUTTI devono rispettarle: i 5 Stelle, i cittadini, e sembrerà strano (solo al Sig. Coccioli) persino il Partito Democratico.

Dalla parte dei cittadini, SEMPRE!

#RevolutionGalatina #Movimento5StelleGalatina

 
Di Redazione (del 14/02/2020 @ 18:13:38, in Comunicato Stampa, linkato 943 volte)

Programma della rassegna "Pragmatica" che si terrà il 15 febbraio 2020 a Galatina in Piazzetta Galluccio, nella splendida nuova sala convegni dell'ex complesso monastico delle Clarisse "Santa Chiara", a partire dalle ore 16:00. 

La rassegna, patrocinata dal Comune di Galatina, vedrà la partecipazione di beniAMINO A. PICCONE (docente universitario), ANTONIO FUNICIELLO (già capo di gabinetto del presidente Gentiloni), ROBERTO MARONI (già Presidente della Regione Lombardia e già Ministro dell'Interno).
 

Tipo di iniziativa:  rassegna culturale;

Denominazione dell’iniziativa: “Pragmatica - Piccolo Festival della buona politica”.

Modalità di svolgimento dell’iniziativa: Durante l’iniziativa saranno presentati di tre libri di tematica politica e sociale. Tre libri in tre slot da un’ora circa ciascuno.

Data di svolgimento: 15 febbraio 2020.

Orario di svolgimento: Dalle ore 16:00 alle ore 21:00.

Sede di svolgimento: Sala Convegni ex Monastero delle Clarisse “Santa Chiara” – Piazzetta Galluccio, Galatina.

Altre informazioni: L’evento è patrocinato dal Comune di Galatina.

 

Programma della rassegna

Ore 16:00  Registrazioni e accrediti

Ore 16,45  Apertura dei lavori

Partecipa: Il sindaco di Galatina Marcello Amante.

Alla maratona di presentazione dei libri, parteciperanno:

  • beniamino A. Piccone (autore – docente universitario) che presenta “Italia: molti capitali, pochi capitalisti”;
  • Antonio Funiciello (autore – giornalista e già capo di gabinetto del Presidente Gentiloni) che presenta “Metodo Machiavelli – Il leader e i suoi consiglieri: come servire il potere e salvarsi l’anima”;
  • Roberto Maroni (autore – già Presidente della Regione Lombardia e già Ministro dell’Interno e Ministro del Lavoro) che presenta  “Rito Ambrosiano: per una politica della concretezza”;

Il festival sarà moderato dagli organizzatori: Edoardo Mauro e Vittorio Aldo Cioffi.

STAFF DI PRAGMATICA

 
Di Antonio Mellone (del 18/06/2017 @ 18:12:12, in Comunicato Stampa, linkato 3272 volte)

Ormai è risaputo quanto la mia incompatibilità con Daniela Sindaco sia genetica, ancor prima che culturale e quindi politica. Ciò non toglie che non si possa o non si debba riconoscere all’ex-delegata della frazione di Noha un coraggio e una forza fuori dal comune [ormai in tutti i sensi, ndr.].

L’avvocata de nohantri (bisogna darle atto) è riuscita con un lavoro indefesso a convincere un bel gruppo di persone, un centinaio abbondante, non tanto a darle retta [qui da noi è facile credere a tutto, anche agli asini che volano, ndr.], quando addirittura a metterci la faccia, diciamo così, candidandosi in non so più quante liste a sostegno di una Sindaco alla seconda - cui a questo punto, visti i risultati, sarebbe d’uopo estrarre finalmente la radice quadrata, con il risultato di una Sindaco solo di cognome e non più di potenziale carica [lo so: questa è difficile per chi in terza media non ha studiato come si deve le potenze e le radici. Ma cosa volete da me: chi sa si diverte di più di chi non sa, ndr.].

La nostra beniamina, già espulsa dal gruppo PD (Politicanti Dozzinali), s’è impegnata Anima & Cuore, anzi s’è dannata pur di far perdere voti al suo ex-partito (riuscendovi in parte), ma ritrovandosi di fatto come quel marito che, per far dispetto alla consorte, decide d’emblée di evirarsi.

Evidentemente alla tapina sfuggiva il fatto che i Perdenti Democratici, già a un passo dal baratro, non avevano mica bisogno della sua spinta per fare il famoso passo avanti e cadere così nel burrone elettorale: infatti avevano ormai da tempo programmato da se medesimi la loro Caporetto, non tanto con la designazione di Paola Carrozzini [che, detto tra noi, è mille volte meglio di Renzi, ndr.], bensì suicidandosi politicamente grazie alla candidatura di vecchie cariatidi, portatrici sane di pensieri e progetti che sanno di stantio nonostante il disperato tentativo di utilizzare profusamente il noto idrocarburo aromatico polinucleato detto naftalina.

Fra le idee da esporre nel museo dell’archeologia politica ce n’è una tutta da incorniciare: è il famoso “progetto” del  mega-porco, ossia il centro commerciale in contrada Cascioni, da realizzare nel bel mezzo dell’era dell’e-commerce che sta portando da tempo e un po’ ovunque alla chiusura di molti megastore [avrebbero forse avuto più successo di pubblico se avessero proposto la costruzione a Collemeto di un centro di recupero per politici rincoglioniti, i cosiddetti Partiti Definitivamente: ma non se ne ha ancora notizia, ndr.].

Sapete com’è: certi amministratori nostrani con le idee si regolano come dicono che si deve fare con gli amici: ne hanno poche; ma a quelle poche son molto affezionati: tra le poche, ce n’è per disgrazia molte delle storte; e non son quelle che son loro le men care [così, tanto per parafrasare il vecchio caro don Lisander, ndr.]  

Dunque l’immolazione della Sindaco Daniela Sindaco sull’altare del dispetto è stata del tutto inutile [per lei. Per noi, a dirla tutta, un sospiro di sollievo, ndr.], se è vero come è vero che la sommatoria dei voti delle due coalizioni a vocazione minoritaria (cioè Carrozzini + Sindaco) avrebbe comunque prodotto un miserrimo terzo posto, sempre comunque dopo ‘u Giampieru e l’Amante.

Guardate, non mi è facile, ma io vorrei a tutti i costi spezzare una lancia in favore della trombata e purtuttavia impettita Daniela nostra. Vorrei dirle che questa campagna elettorale le è servita se non altro a migliorare nella forma i contenuti del suo “pensiero” [nella sostanza un po’ meno, ndr.], per esempio addolcendo i toni, rinunciando finalmente alle sue filippiche [roba da video virali sui social, ndr.], perfino la sua pronuncia, nel mettere in croce due o tre frasi, si è liberata da qualche topica meschina inflessione dialettale [qualche, dico, non tutte, ndr.].

Ora, la Sindaco-solo-di-cognome, come riportato qualche giorno fa dal noto diversamente giornalista del Quotidiano, viene corteggiata (politicamente, s’intende) da certa accozzaglia di destra, con la quale, già prima delle elezioni, s’erano registrati baci, abbracci e moine varie. A parte poi il fatto che un candidato sindaco trombato alle elezioni non “possiede” [“possesso” è copyright del Quotidiano, ndr.] i voti dei suoi elettori che non sono suoi ma, appunto, degli elettori, volevo dire a Daniela (per quel che serve: cioè a niente) di stare attenta, di non fidarsi di certi mammasantissima della politica locale, capacissimi di farle un altro sgambetto molto più devastante di quello riservatole dai suoi ex-compagni del Partito Distrutto.   

Adesso sarebbe il caso che Daniela si prendesse un periodo sabbatico per riflettere (lontano dai riflettori) su tutti gli errori commessi. E sarebbe d’uopo che lei e i suoi accoliti, soprattutto quelli che per decenza non si son nemmeno votati da soli [sissignore, non si contano i candidati nelle sue sette o otto liste con zero preferenze, ndr.] si mettessero con il culo sulla sedia e iniziassero seriamente a studiare e a lasciar perdere le sconcezze, i commenti da zotici e le chiacchiere da webeti sparpagliate sui social. Sarebbe davvero un bel peccato disperdere così tante energie per sbraitare contro questo o quel tizio che ti muove una critica, un appunto, una nota di biasimo, fosse anche satirica o addirittura sarcastica [anziché farne tesoro, ndr.], piuttosto che guardare per una volta in faccia alla realtà senza manipolarla o accomodarsela a proprio uso e consumo.

Ecco. Questa sarebbe già una buona battaglia da combattere, il vero cambiamento culturale da compiere: una specie di rivoluzione russa.

Purtroppo oggi russa è ancora voce del verbo.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 16/03/2016 @ 18:10:58, in Comunicato Stampa, linkato 1958 volte)

Il 18 marzo 2016 andrà in scena, nel rinnovato Teatro Cavallino Bianco per la stagione di prosa 2016 organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria Turistica e Culturale, “l’ape regina dei geni”. Questo è l’appellativo di Misia Sert, la prima talent scout della storia. A lei è dedicato lo spettacolo IO SONO MISIA.

Dopo il successo di “Malamore”, Premio Flaiano, Lucrezia Lante della Rovere continua a dare vita a profili di donne straordinarie che hanno costruito la cultura del ‘900. Con la sensibile regia di Francesco Zecca e un testo inedito del poeta Vittorio Cielo, rivela al pubblico italiano l’incredibile storia e la fascinosa personalità di Misia Sert. Straordinaria mecenate – a lei dobbiamo la scoperta, fra gli altri, di Cocò Chanel – il cui salotto parigino era frequentato da Pablo Picasso, Paul Morand, Claude-Achille Debussy, fu ritratta da Pierre-Auguste Renoir e da Henri de Toulouse-Lautrec, ispirò Jean Cocteau e fu definita da Marcel Proust “un monumento di storia, collocata nell’asse del gusto francese come l’obelisco di Luxor nell’asse degli Champs Elysées”.

Prezzo del biglietto:

1 settore – intero 20,00€ / ridotto 18,00€

2 settore – intero 18,00€ / ridotto 15,00€

Orario della rappresentazione:

porta ore 20:30 / sipario ore 21:00

Vendita dei biglietti:

Il servizio di vendita degli abbonamenti e dei biglietti è disponibile presso l’Ufficio IAT (via Vittorio Emanuele II, 35 – Torre dell’Orologio) tutti i giorni dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19:00. Il botteghino del Teatro Cavallino Bianco sarà aperto solo il giorno degli spettacoli dalle ore 19:00. Per informazioni: tel. 0836.569984 – cell. 392.9331521 – iat.galatina@gmail.com

 
Di Redazione (del 04/04/2020 @ 18:10:34, in Comunicato Stampa, linkato 757 volte)

Circa due settimane fa, noi, i ragazzi di Fero Think-Tank, abbiamo deciso di affiancare nelle dura lotta al Covid-19 i medici, gli infermieri e le forze dell’ordine attraverso la nostra arma più forte, quella che più di tutte caratterizza la nostra generazione: la tecnologia. Grazie all’ausilio delle piattaforme social, di un PC e di uno Smartphone per tenerci sempre in contatto, siamo riusciti a veicolare un messaggio di solidarietà e beneficenza per noi importante e siamo orgogliosi di aver riscontrato un così tanto seguito e apprensione circa la nostra causa da parte dei galatinesi. In tanti hanno deciso di aiutarci (e qui vorremmo dire grazie a due instancabili “amiche” per l’impegno ed il loro aiuto in questa giusta causa). Ma la risposta più bella è arrivata da chi ci è vicino. Moltissimi ragazzi hanno collaborato con noi, donando e condividendo il nostro messaggio. E noi non possiamo esimerci dal ringraziarli perché, grazie anche a loro, abbiamo dimostrato che anche i giovani possono essere esempio di partecipazione e abnegazione verso la comunità (nonostante lo scetticismo e diffidenza che aleggia sulle nostre capacità). I dati della nostra campagna benefica parlano di un totale di oltre 12.000€ raccolti attraverso la piattaforma GoFundMe con la campagna “UN AIUTO PER GALATINA: sosteniamo la sanità del meridione con una T-Shirt” e l’iban messo a disposizione della Nucleo Operativo Protezione Civile – Onlus Galatina.

Oggi però a far paura non è solo la pericolosità del virus, ma anche la richiesta di aiuto a causa dell’assenza di lavoro. Per porre rimedio alle difficoltà dei cittadini, delle famiglie e degli anziani che, in questo momento di emergenza, si trovano in uno stato di necessità e di forte bisogno, noi ragazzi di Fero abbiamo deciso di proporre un’iniziativa che vedrà protagoniste tutte le attività commerciali locali autorizzate alla vendita di generi alimentari e beni primari e tutti i cittadini che credono nel valore della solidarietà. In ciascun punto vendita aderente già da alcuni giorni è stato predisposto un apposito carrello affinché si possano raccogliere beni alimentari o di prima necessità donati dai singoli cittadini. Attraverso l’aiuto dei volontari del Nucleo Operativo della Protezione Civile, poi, i beni sono consegnati ogni giorno presso il centro operativo cittadino Caritas.

Noi non ci fermiamo. E insieme a voi ce la faremo.

Area Comunicazione Think-Tank "Fero" 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 28/02/2012 @ 18:10:09, in S.Maria della Porta, linkato 3774 volte)

Ho visitato per la prima volta il sito di S. Maria della Porta, grazie a Raimondo Rodia, instancabile divulgatore delle nostre meraviglie storico\artistiche. Difatti il sito è poco visibile al passeggero soprattutto a causa dell’attraversamento della SP371 che ha occluso il passaggio di una antica carrareccia di comunicazione. Questo è un esempio di pegno che paghiamo per il famigerato “progresso”.

La descrizione del nostro amico Massimo Negro e relativa documentazione fotografica rende merito a questo stupendo gioiello d’Arte sacra. Vorrei aggiungere però qualche dettaglio.

Raimondo Rodia in un suo comunicato del 3 Ottobre del 2008 pubblicato sia sul sito “Blogolandia” che sul sito Noha.it (sezione “Categorie News” sul menù laterale), scrive di “S. Maria della Porta e l’acchiatura…”, ma il “dettaglio” importante a cui mi riferivo prima è quanto Raimondo riporta nel suo comunicato di cui allego uno stralcio:

Le nozze tra Adriana De Noha e Girolamo Montenegro mutarono l’intestazione feudale a nome dei Montenegro. Dopo un breve possesso di Orazio Guarini, che aveva acquistato Pisanello nel 1606, il territorio entrò a far parte della vastissima baronia degli Spinola con Galatina , Soleto, Noha, ecc.

Da un documento presente nell’archivio di stato del notaio Emilio Arlotta del 22 Luglio 1906, registrato al n° 93 del repertorio generale ed al n°610 dello speciale, relativo alla domanda di separazione di Noha dal comune di Galatina, risulta che Noha ebbe autonomia comunale fino al 1811, quando venne fagocitata dalla potente Galatina. Dal documento si evince anche che Pisanello, suffeudo di Noha sin dal 1200 fino all’epoca catastale, ha gli stessi diritti del feudo di Noha a cui era legato. Infatti molti documenti del casale di Pisanello sono legati alle vicende del feudo di Noha.

I successivi dettagli riportati sono molto interessanti e chi volesse può andare a leggerli nei siti riportati.

Che i suffeudi di Pisano e Pisanello fossero sotto la giurisdizione della Baronia dei De Noha è riportato ampiamente sui libri di Noha, quali per esempio le due edizioni del 1971 e 1982 della “Storia di Noha” di P. Francesco D’Acquarica; “NOHA, storia, arte, leggenda” di Antonio Mellone e P. Francesco D’Acquarica, a cura di Antonio Mellone, Editore Infolito Group, Galatina, 2006; “I beni Culturali di Noha”, di M. D’Acquarica, editore Panico, Galatina 2010; e da molti altri testi storici che non cito per ragioni di spazio.

Il fatto che Noha fosse al centro delle vicende territoriali sia di Pisanello che dei relativi beni culturali come S. Maria della Porta,  la pietra su cui riposò S. Pietro, oppure la stele messapica oggi depositata nel museo di Galatina, vuol dire che a Noha va riconosciuta una virtù d’essenza, in quanto comunità che esiste e resiste da lustri nonostante le altalenanti vicende storiche, in cui si sa, scrivono il finale i cosiddetti “vincitori”.

Qui non si vuol fare un discorso fra perdenti e vincitori, sarebbe oltre che anacronistico anche fuori luogo, né di parte, anche perché io stesso potrei essere tacciato di “conflitto di interessi” in quanto inflessibile sostenitore del valore di Noha (checché si blateri da certi altari carismatici) ma la storia è storia soprattutto se documentata ed i meriti di Noha vanno rispettati.

 Marcello D’Acquarica
 

Per il settimo anno consecutivo la Biblioteca comunale Pietro Siciliani di Galatina aderisce a Il Maggio dei Libri,  la campagna nazionale di promozione della lettura organizzata dal Centro per il libro e la lettura (CEPELL) del Ministero per i beni e le Attività Culturali e del Turismo in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, diventata ormai un appuntamento abituale e diffuso in tutta Italia.

L’edizione di quest’anno è la prima a svolgersi con il marchio di Città che legge, il riconoscimento assegnato dal Centro per il Libro e la Lettura, d'intesa con l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), alle località, tra cui Galatina, che hanno promosso sul territorio con regolarità attività di diffusione della lettura.

Di seguito il programma delle iniziative che si terranno presso la sede della biblioteca comunale P. Siciliani – Palazzo della Cultura Z. Rizzelli:

Mercoledì 10, 17 e 24  maggio VISITE GUIDATE E ATTIVITA’ LABORATORIALI per  gli alunni del Polo 1 di Galatina  a cura delle volontarie del Servizio civile nazionale – In Reading 2015;

Venerdì 12, mercoledì 17 e venerdì 26 dalle ore 15:30 alle ore 17:00  

TI PRESENTO UNO SCRITTORE. LETTURE E ATTIVITA’ LABORATORIALI PER BAMBINI DAI 4 AI 7 ANNI. Verranno letti storie e racconti dei più importanti autori italiani per ragazzi: Emanuela Bussolati, Bruno Tognolini, Gianni Rodari, Italo Calvino.

È gradita la prenotazione.

Venerdì 19 maggio  alle ore 19:00

LA RIFORMA PROTESTANTE 500 ANNI DOPO. Mostra di libri antichi e moderni, che trattano della Riforma e di alcuni suoi protagonisti.  In occasione dell'inaugurazione la dottoressa Rossella Schirone, Docente di ecumenismo presso l’ISSR di Lecce della Facoltà Teologica Pugliese, illustrerà cosa è stata la Riforma, cosa ha significato nei secoli e cosa rappresenta oggi.  La mostra è visitabile fino al 18 giugno.

Giovedì 25  maggio alle ore 10:30

LA RISCOSSA DELLE GRAPHIC NOVEL. DUE AUTORI RACCONTANO.  Gli studenti delle classi IIª dell’IISS "Falcone e Borsellino" e del Liceo Artistico "P. Colonna" di Galatina  incontreranno Ilaria Ferramosca e Mauro Gulma, sceneggiatrice e disegnatore della graphic novel “Sulla Collina” edita dalla casa editrice Tunuè.

Per informazioni:

Tel. 0836-565340,

e-mail:bibliotecasiciliani@comune.galatina.le.it   chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it

Facebook: www.facebook.com/Biblioteca.Siciliani.Galatina

 
Di Redazione (del 21/04/2020 @ 18:08:55, in Comunicato Stampa, linkato 1058 volte)

L’associazione Città Nostra e un gruppo di volenterosi cittadini, Piero Russo e Danilo Antonica, hanno donato quattro tablet per la didattica a distanza. Gli strumenti tecnologici verranno messi a disposizione degli studenti degli istituti di Galatina, Collemeto e Noha. Fondamentale il legame tra l’Amministrazione Comunale e la rete di solidarietà, attivissima in questo periodo. Legame che ha rappresentato, di fatto, un collegamento tra le scuole, le richieste dei singoli cittadini e le indicazioni della Protezione Civile. Quest’ultima provvederà alla consegna dei tablet che consentiranno ai nostri piccoli studenti di continuare a seguire le lezioni on line e alle loro famiglie di essere un po’ più serene, in questo momento complicato, circa l’istruzione dei loro ragazzi. Inoltre, in questi giorni, sempre i volontari della Protezione Civile sono impegnati nella consegna di numerosi strumenti recuperati dall'IISS Laporta/Falcone e Borsellino grazie ai fondi messi a disposizione del Ministero dell’Istruzione e assegnati ai suoi studenti galatinesi e fuori sede.

"Un grande gesto, fondamentale non solo perché giunge in un momento di emergenza ma soprattutto perché un tablet o un PC, come i beni di prima necessità, sono divenuti oggi strumenti essenziali per la formazione dei nostri studenti. Formazione che non può fermarsi, noi non possiamo permettere che si fermi. Grazie a Città Nostra, grazie ai privati cittadini: questa donazione fa onore a voi ed è un esempio per tutta la comunità" ha dichiarato l’assessore alla Pubblica Istruzione Cristina Dettù.

Ufficio stampa Marcello Amante

 

Con riferimento al finanziamento di € 500.000,00 ottenuto da questa Amministrazione per la realizzazione dell’intervento in oggetto, con i fondi del contributo finanziario a valere sul Programma operativo interregionale “Attrattori culturali, naturali e turismo (FESR) 2007-2013 (di seguito POIn o Programma), Asse I , Linea di intervento 1.1 per l’importo provvisorio di € 475.000,00, e a valere sul piano di azione coesione (di seguito PAC o Piano) – “Valorizzazione delle aree di attrazione culturale”, Linea I ex Del. CIPE n. 113/2013, per l’importo provvisorio di € 25.000,00 si comunica che lavori di ristrutturazione e riqualificazione (Opere Immobili) del Museo Civico P. cavoti sono stati consegnati in data 29.05.2014 alla ditta A.T.I. Manutenzioni SRL (Capogruppo) – Molfetta/Sistec SRL (Mandante) – Molfetta.

In seguito a sopralluogo effettuato, l’arch. Di Fonzo della Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di LE-BR-TA ha richiesto alcune modifiche progettuali, e contenute nelle prescrizioni trasmesse con nota del 04.10.2013 prot. n. 20130034887. Tali modifiche sono state inserite tra le migliorie da richiedere alle ditte partecipanti ciò ovviamente per garantire all’Amministrazione Comunale il rispetto dei tempi previsti dalla Regione Puglia.

L’arch. Antonella Perrone, in qualità di progettista e direttore dei lavori, ha stabilito un confronto con la Soprintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di LE-BR-TA per meglio definire con l’arch. Carmelo Di Fonzo (funzionario soprintendenza) i contenuti nelle modifiche-prescrizioni da effettuate.

Pertanto, accertato che a causa dell’impossibilità a proseguire i lavori in quanto si è in attesa della conferma formale di assenso da parte della Sopraintendenza per i beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di LE-BR-TA sugli aspetti relativi al progetto migliorativo con il conseguente parere di competenza, il Direttore dei Lavori e Coordinatore della Sicurezza ordinava in data 28.07.2014 la sospensione dei lavori di cui in oggetto.

Cosimo Montagna – Sindaco di Galatina
Andrea Coccioli – Assessore Lavori Pubblici
 
Di Antonio Mellone (del 10/01/2021 @ 17:59:49, in NohaBlog, linkato 1226 volte)

Nossignore, questo non è il panegirico del trancio di filoncino con una barretta di cioccolato, una delle merende certamente più salutari rispetto agli snack industriali pieni zeppi di grassi animali, zuccheri raffinati e sale quanto basta e avanza (roba da farti venire in un baleno carie, sovrappeso e problemi cardiovascolari): è invece la storia di un negozietto di abbigliamento per bambini dagli Zero ai Sedici anni, ubicato in piazzetta Trisciolo, uno dei campielli storici più graziosi di Noha, all’imbocco di via Benevento, là dove un tempo sorgeva il vecchio forno a legna della buonanima di Gino Misciali Maraiuli. E chissà che questa denominazione non intenda rievocare, più o meno involontariamente, la fragranza di pucce e panetti appena sfornati dal buon Gino ogni santa mattina prima dell’aurora.

L’ha voluto nel 2004 Anna Maria Baldari, la titolare, dopo aver maturato precedenti esperienze nel medesimo settore nelle città “più commerciali” (almeno sulla carta) di Maglie e Casarano. Dice: “Ma a spingermi fino a questo passo sono stati anche i miei: cioè mio marito Michele, mia figlia Maria Grazia, e soprattutto l’Umberto, il piccolo di casa, che soffriva – ma io più di lui – della mia assenza per molte ore al giorno. Mamma – mi ripeteva in continuazione – apri il negozio a Noha e io sarò contento, anzi contentissimo. […] E fu così che ristrutturammo i locali dell’ex-panificio di mio suocero, e iniziammo questa nuova avventura”.

Anna Maria mi racconta la sua passione per l’abbigliamento, l’atelier, i corredini di una volta: “Sin da piccola adoravo confezionare vestiti per le mie bambole, ed ero pure brava. Pensa, più grandicella ho frequentato un corso di taglio e cucito. Sì, in fondo io mi sentivo (mi sento) una sarta, ma davvero non ho il tempo nemmeno per fare gli orli ai pantaloni che vendiamo”. Insomma è una che capisce di stoffe, materiali, modelli, cuciture interne ed esterne e vestibilità: “Ho sempre scelto il meglio nei miei campionari: devi guardare tanti aspetti, e soprattutto la qualità rapportata al giusto prezzo. Oggi sembra che la cosa più importante sia la moda del momento a quattro soldi, ma a volte si tratta - scusami se parlo così - di vere e proprie porcherie. Invece guarda per esempio questo completo, la perfezione delle sue cuciture, la precisione del taglio, la morbidezza del tessuto, e soprattutto il pregio della lana e del cotone con cui è stato prodotto, oltretutto da una ditta salentina”. Mi fa i nomi di alcune aziende produttrici a livello nazionale, che per mia ignoranza della materia non conosco, ma mi rassicura su quanto diano sempre il massimo in termini di comodità, sicurezza e rispetto della salute della pelle, al contrario di certi indumenti “di battaglia”, spesso offerti da certe grandi catene di spaccio di guardaroba indistinguibili dalle cineserie usa e getta.  

Ora c’è da puntualizzare il fatto che da un bel po’ da Pane e Cioccolato si trova anche (soprattutto) abbigliamento per gli adulti, principalmente da donna. L’idea è nata spontaneamente nel corso degli anni dal fatto che i sedicenni, o molti fra loro, dal punto di vista delle taglie sono ormai da svariati lustri uomini e donne belli che fatti: sicché capitava non di rado che genitori, zie, nonne e comari andassero a comprare qualcosa per il proprio pargolo, uscendone invece con un capo tutto per sé. E così Anna Maria decide di ampliare l’intervallo inizialmente chiuso e limitato, passando dal vestiario Zero-Sedici a quello Zero-Infinito. Quando si dice che un’attività cresce in tutti i sensi.

Io confesso che, l’altro giorno, in questo emporio di magliette e calzoncini, maglie, camicie, cardigan e felpe, abiti, gonne, pantaloni, giacche e cappotti, berretti e pigiami, tute e giubbini per un attimo mi son sentito come catapultato nell’era geologica in cui mandavo a memoria la partizione delle Alpi e ripetevo la tavola pitagorica stampata sulla copertina dei quaderni a quadretti: era l’epoca in cui Berta filava (anzi, visto il contesto, Berta sfilava), e la regina madre per trovare qualcosa da mettermi addosso mi conduceva a Galatina da Cappuccetto Rosso, il negozio di cose per mocciosi, gestito dalla signora Franca e dal marito di cui non ricordo il nome, un signore col parrucchino, a mio avviso uscito provvisoriamente da una fiaba di Andersen. Questo invero accadeva semel in anno, in quanto, con una certa frequenza indossavo i vestiti dismessi da Livio, il mio fratello maggiore, attuando in un sol colpo il riciclo dei beni, la strategia dei rifiuti zero e pure l’economia circolare ante-litteram (onde non mi si dica io sia un ambientalista dell’ultima ora). Il fatto che l’acqua passata sotto i ponti dei rispettivi fratelli corrispondesse a quella di un novennio era un dettaglio di secondaria importanza, sicché ostentavo quei panni senza fare un plissé, benché talvolta mi sentissi azzimato come manco il piccolo lord (dico quello del romanzo dell’800).

Ma ritorniamo a Pane e Cioccolata, la bottega nohana che resiste nonostante i centri commerciali, le grandi catene in franchising, le piattaforme web e ultimamente le chiusure a singhiozzo per via di un virus. Esistono, come in questo caso, dei modi per riuscire ad andare avanti malgrado tutto, senza fare tante chiacchiere, riempirsi la bocca di vision, mission e fashion, e sbandierare i grandi marchi.

Insomma, in molti casi come questo, per cavarsela e bene non ci vuole la mano di Dior.

Antonio Mellone 

 
Di Antonio Mellone (del 13/05/2017 @ 17:59:41, in NohaBlog, linkato 2284 volte)

A volte ritornano.

Uno pensava che gli impegni professionali [fu questo il “motivo ufficiale” per cui a suo tempo si dimise dalla carica di assessore ai lavori pubici per ritirarsi finalmente a vita privata, ndr.], l’avrebbero tenuto lontano per un bel po’ dalle faccende di Stato (in luogo), per la precisione quelle di Palazzo Orsini.

Invece, dopo appena un anno da quel fatidico gran rifiuto, mister Andrea Coccioli s’è riorganizzato per tornare in campo più cazzuto che pria, candidandosi alle comunali con la nota sfollagente Paola Carrozzini.

Manco Amintore Fanfani, “il rieccolo” per antonomasia, era capace di tante risurrezioni.

Non l’ho scoperto mica andando a compulsare l’elenco dei quasi quattrocento candidati suddivisi tra le decine e decine di liste a sostegno dei sei concorrenti alla poltrona di sindaco di Galatina (figurarsi se ho tutto questo tempo da perdere io), è che ogni volta che apro la mia pagina face-book m’appare il suo simpatico faccione, con quella barba un po’ così che fa tanto sinistra(to), e con un sorriso (o forse un ghigno) che è tutto un programma; per non parlare dei suoi slogan e delle sue genialate.

Ora dovete sapere che io – pare che sia in buona compagnia - non sono immune dalla mania di controllare più volte al giorno il mio profilo fb (lo confesso: è la pagina che più in assoluto consulto) probabilmente per quell’ansia di apparire, di farmi osservare e ammirare che manco un concorrente di Uomini & Donne. Una mini-fiction individuale, la mia, una specie di droga leggera, una forma di esibizionismo personale che mi spinge a verificare più volte al dì i like che i miei post riescono a riscuotere dalla rete [pochissimi, invero: primo, perché i miei messaggi sono sovente un po’ prolissi - e sui social un pensiero più lungo di cinque righe manda in crisi da ipossia il malcapitato internauta; secondo, perché se sei antipatico ai più, come cavolo puoi pretendere che gli altri ti mettano pure i loro “mi piace”? Mistero della fede in se stessi, ndr.].

Dunque, ogni volta che si apre questa benedetta pagina, oltre al mio profilo con papillon, m’appare immancabilmente sulla destra anche quello dell’ingegner Andrea Coccioli con tanto di slogan: “Impegno, condivisione, innovazione”. Io ci avrei aggiunto pure “Energia”, visto il culo che s’è dovuto fare per il centro polivalente di Noha, quello per il quale non ci ha mai fatto sapere chi aveva scordato di costruire la cabina per l’allaccio alla rete elettrica nazionale dopo aver speso 1.300.000 euro di restauri.

Ebbene, per la cronaca, questa benedetta cabina elettrica – dopo soli 4 anni, 5 mesi e 13 giorni, è stata finalmente costruita: vabbè, hanno dovuto spendere un altro po’ di soldi pubblici; vabbè, hanno dovuto sventrare il giardino del centro polivalente; vabbè, non è ancora entrata in funzione; vabbè, tutti gli impianti sono ancora fermi e chissà se con questi chiari di luna si metteranno mai in moto (tanto è sufficiente un po' di pragmatismo). Ma possiamo dire che in qualche modo s’è corso ai ripari nella forma. Nella sostanza un po’ meno. Vabbè, ma che vuoi che sia.

Ma non era della cabina elettrica che vi volevo parlare, bensì sempre della pagina fb del signor Coccioli che risulta essere addirittura “sponsorizzata”. Cioè, il candidato paga face-book – come per intenderci fa anche Renzi o i suoi colleghi venditori di batterie di pentole - perché i suoi post appaiano sulle nostre bacheche (contando sul fatto che alla fine prima o poi uno lo prendi per sfinimento).

Orbene, nei giorni scorsi, tra i messaggi del nostro genio della lampada senza luce s’annovera uno nel quale si propone la sostituzione di tutte le torce comunali con luci a Led. Una trovata acutissima alla quale, invero, sarebbe potuto arrivare persino quel trust di cervelli ormai in comunione dei beni composto da Gianpiero De Pascalis e da Sindaco Daniela Sindaco, se non fossero rispettivamente incasinati, uno con i dieci cantieri del programma ancora tutto da redigere, e l’altra con il PD che l’ha cacciata così su due piedi dall’anagrafe dei suoi iscritti (poveri renziani di Noha, ora non sanno più a che santo votarsi. Anzi votare).

L’ultimissima cocciolata è ovviamente sul mega-porco (l’ex-assessore continua ad appellarlo “parco”, bontà sua), che sarebbe ottimo, irrinunciabile, impellente (come quando devi correre in bagno, per dire) per via delle solite “ricadute occupazionali” (ricade sempre su questa balla quotidiana chi ha il cemento in testa, non c’è niente da fare); secondo, per i tributi che entreranno nelle casse del comune di Galatina (sì, come no, azzereranno il debito in quattro e quattro otto e avanzeranno pure); e terzo perché se non lo colassero a Galatina, il mega-porco commerciale si farebbe più in là (come le sorelle Bandiera).

Pensavo tra me e me: “Il rieccolo” de noantri sembra pintu e scuddhratu al segretario del suo partito (il quale affermò deciso: “se perdo il referendum lascio la politica”). Pare che in quella consorteria funzioni così: qualcuno si dimette, ma in dosi omeopatiche, diciamo, senza esagerare.

Però devo riconoscere che questa candidatura almeno un risultato positivo l’ha già ottenuto: grazie agli agguati feisbucchini sponsorizzati dal Coccioli per lanterne, il sottoscritto ha ormai una sorta di repulsione nel compulsare il suo profilo più di una volta al giorno, per paura dell’apparizione di quest’altra primadonna della pOLITICA nostrana e soprattutto delle sue frasi fatte e dei suoi slogan per bimbi-minchia.

Vedete, a volte basta poco per guarire in un’unica botta da narcisismo compulsivo, vanità personale, bassa autostima, e nostalgia della politica del tempo che fu.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 27/08/2023 @ 17:56:11, in Fetta di Mellone, linkato 585 volte)

Per quanto tu possa sforzarti di concepire una vignetta, architettare un meme, pensare dei calembour, vergare una fetta di Mellone (di quelle che gli intelligenti artificiali non capiscono manco quando gliela spiega un giudice), la realtà sarà sempre più tragicomica di ogni fiction.

Non più tardi di un paio di mesi fa, intervistato da TelepagliaroRama, l’Uomo della Provvidenza, vale a dire il Sindaco del mio comune, così si esprimeva testualmente: “Bisogna fare un’opera di persuasione alla pazienza. Abbiamo un grande appuntamento con la storia […], che chiede un contributo di pazienza [‘ntorna, ndr.] a tutti i cittadini di buona volontà. Ci saranno inevitabilmente dei disagi, ma è proprio in questi momenti che si vede lo spirito, la maturità di una comunità”. Vai a scoprire che quel grande appuntamento con la storia era il concerto per il Ventennio dei Negramaro, mentre gli inevitabili disagi e il contributo di pazienza l’inscindibile binomio a carico di migliaia di “invitati” (le virgolette stanno a indicare a pagamento) che han potuto partecipare alla festa di compleanno della storica band del buco salentina soltanto con il proprio portafoglio e con copiose castime da scomunica petrina.

Qualche mese prima, il suddetto Sindaco, “con il cuore pieno di gioia e con un entusiasmo forte” (e con un’enfasi degna di un cerimoniale di stato), in un altro video pandemico - lui assiso al desco sindacale, la sua giunta start-up e i consiglieri di maggioranza schierati in piedi alle sue spalle come un plotone di esecuzione (noialtri, al di qua dello schermo, nel ruolo di condannati) - aveva rivolto urbi et soprattutto orbi il suo “invito strepitoso” a non prendere appuntamenti per il 12 agosto 2023, in quanto: “[…] Vi aspetto per ballare e cantare a squarciagola sotto il palco dei Negramaro”. Il filmato terminava tra i sorrisi radiosi degli astanti e la loro manina mossa come un emoji in segno di saluto.

Insomma uno spottone da fare invidia contemporaneamente al “Pliis visit Italy” del miglior Rutelli, all’“Open to Meraviglia” della Santanchè in Visibilia e alla “Guerra al lardo” dell’allora incensurata Wanna Marchi. Io m’aspettavo che da un momento all’altro il leader Nato [“Leader si nasce, non si diventa”, asserì con grande slancio il nostro Figlio del Secolo durante un comizio elettorale, pardon “bagno di folla”, annientando in un nanosecondo non so quanti lustri di Business School, ndr.], si mettesse a urlare ossessivamente: “CHIAROOOO?”. Sta di fatto che un guru del marketing di tal calibro sarebbe in grado di venderti la Pupa con tutta la vasca, come manco Totò la fontana di Trevi all’americano.

Peccato che per la serata del 12 agosto scorso avevo, come si dice, precedenti impegni, se no quasi certamente avrei ceduto all’invito del nostro Product Manager di fiducia, acquistando anch’io il biglietto gratta-e-vinci per l’imperdibile “concerto epico” [sic].

Veramente l’attributo epico, nel senso di eroico, toccherebbe di diritto allo spettatore, anzi aspettatore. Pare, infatti, che i modi più sbrigativi per atterrare nel novello “Campovolo” [sic] ribattezzato per l’occasione Sfortunato Cesari fossero o il drone portapersone o il teletrasporto studiato in meccanica quantistica: ai classici automuniti, invece, è toccata l’inesorabile processione dei misteri del sabato santo (a Galatina slitta di un giorno), sicché i sette dolori questa volta sarebbero concentrati tra i piedi e quell’altra parte del corpo usata metaforicamente per indicare la fortuna.

E così quasi tutti i giornali anziché uscire con il preventivato “Meraviglioso” a caratteri cubitali, han dovuto ripiegare su titoli ben più prosaici, tipo “Il più grande disastro organizzativo della stagione” per raccontare della sventura concertistica a pagamento, degli incolonnamenti del traffico stile Bombay, del parcheggio P2 esaurito prima del tempo (Licio Gelli, a quanto pare, colpisce anche da morto), della mega-figura di stallatico di un’intera città, e del fatto che ormai senza il dono della bilocazione (tipica di alcuni santi: per esempio Sangiorgi) è pressoché impossibile assistere a certi appuntamenti con la storia.

Il resto è appunto storia contemporanea, tipo i post post-concerto del nostro Fabio verginello (geniale la foto del primo cittadino assiso in mezzo al pubblico, della serie: “Io sto qua e voi fuori, tie’”), le sue elucubrazioni da medaglia d’oro di alpinismo sugli specchi con quel “sospetto di overbooking” del parking [cfr. Comunicato Città di Galatina 14/8/2023, ndr.] (ma sbaglio o fu egli medesimo a scrivere nel necrologio in memoria della buonanima di Silvio - evidentemente suo maître à penser - che per gli imprenditori come loro 2+2 fa sempre 8?), e ancora “noi siamo per il fare e non per il non fare” (e meno cazzate no?), senza scordare il foscoliano “Galatina mia” (ho ancora la pelle d’oca), e “questa serata è solo l’inizio di un lungo percorso” e “lo rifaremmo mille volte” (in pratica una minaccia), e altre spiritosaggini della collana “l’analisi di quanto accaduto” (siamo ancora in attesa del relativo referto), per non parlare del ritorno di immagine per Galatina (un affarone; altro che una percentuale dell’oltre milione e duecentomila euro di incassi per il genetliaco di uno dei gruppi “più apprezzati a livello internazionale”). Tralascio infine i comunicati istituzionali da Istituto Luce, e gli alti lai dei followers in difesa del loro beniamino anzi, viste certe penne, dei pollowers – un esempio fra tutti quello del tizio che blatera di “4 detrattori sfigati” (senti chi parla).

In effetti è dura passare d’emblée dal concerto dei Negramaro a quello dei Cazziamari.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 10/07/2014 @ 17:55:57, in NohaBlog, linkato 3202 volte)

Sembra tutto inutile. Scriviamo, parliamo, denunciamo e insistiamo nel cercare di evidenziare le malefatte e i malfattori, ecc. e poi che cambia? Niente! O comunque poco più di niente.

Per non affliggerci più del dovuto, forse, ci converrebbe vivere con i paraocchi come si fa con i cavalli. Oppure farsi iniettare una buona dose di farmaco intorpidente, fino allo schiacciamento totale di quei quattro neuroni che si ostinano a schizzare fuori da quell’atavico conformismo che è poi la causa di questo niente.

Da noi, il detto riportato nel romanzo di Tomasi di Lampedusa: “tutto cambia affinché nulla cambi”,  andrebbe rivisto forse così: “nulla cambi affinché tutto peggiori”.

Infatti, dopo tutte le lamentele pre-elettorali, ad amministrare il bene comune vengono nominati sempre i soliti arcinoti. Tutte bravissime persone, per carità, ma visti i risultati, se non venisse eletto nessuno, probabilmente, tutto resterebbe come prima con il grande vantaggio che non si sommerebbero altri danni.

Che novità ci sono? -starete pensando voi.

Appunto, nessuna: le tangenziali a Galatina, tagliano invece di tangere; le piste ciclabili (e soprattutto le biciclette) restano solo chimere; i marciapiedi sono solo sul vocabolario; si aggirano fantasmi di nuovi mostri tipo il mega-sito per il compostaggio di 30.000 tonnellate annue “sennò perdiamo i finanziamenti”; non c’è nessuno che voglia benedire la terra; si condannano i peccati di sesso (e mancu tutti) ma non quelli contro la legalità; con il caldo e lo scirocco l’aria torna a puzzare di carne morta come la scorsa stagione; l’orologio è morto e tra poco sarà anche sepolto (e senza l’onore delle campane a morto – che fa pure rima); il parco degli aranci è praticamente una nuova 167 per pantegane; la casa baronale cade a pezzi, così come si sta sbriciolando sotto la grattugia dell’inerzia l’annessa torre medievale con relativo ponte a sesto acuto; la masseria Colabaldi è posta in vendita al peggior offerente; le casiceddhre attendono qualche firma perché rientrino nel progetto FAI (Fondo Ambiente Italia), anche se ciò che servirebbe veramente sarebbe il fatto che quella parola “FAI” fosse voce del verbo fare; l’ipogeo sta diventando un calvario, ed il calvario un ipogeo; la casa rossa - subito dopo le camionate di cemento per il grande massetto intorno alla casa bianca - è probabile che con le venture piogge monsoniche diventi una palafitta; la vecchia scuola elementare di Noha ristrutturata, nonostante i proclami e le promesse dell’assessore Coccioli, continua ad avere un “allaccio da cantiere” di 10 kw e non di 50 e presto resterà nuovamente inutilizzata come l’altro catafalco di via Bellini angolo via Ippolito Nievo; le statistiche dicono che nel triangolo dei prodotti DOP (Lecce, Galatina, Maglie) la percentuale di malattie tumorali supera di gran lunga la media delle zone più industrializzate d’Italia. E per giunta senza avere le industrie, che di solito sono le principali indiziate per l’inquinamento ambientale. Come dire: curnuti e mazziati.

Fino a qualche tempo fa, quando le persone mi vedevano arrivare, mi salutavano così: “bè… osce ssi rrivatu? E quandu te ne vai?”, o comunque i soliti convenevoli per una buona accoglienza.

Adesso nemmeno apro bocca che da più parti suonano lugubri annunci di concittadini colpiti da malattie gravissime. Credo che sia ora di accantonare un po’ la parola “speranza”, quella cioè armata di buone intenzioni, di togliersi i paraocchi, di smetterla di pensare che accada solo agli altri o che le cause siano ignote.

Forse è giunto il momento di fare tutti qualcosa, smettendo per esempio di delegare ai soliti falsi “non vedenti” la politica nostrana.

Cosa fare? A questo proposito mi sono venute in mente delle parole ascoltate in circostanze diverse e da persone molto distanti fra loro, geograficamente e culturalmente. Ricordo per esempio che, in occasione della Festa dei Lettori del settembre 2008, e più precisamente riguardo alla salvaguardia dei nostri beni culturali, il Soprintendente della provincia di Lecce, dottor Giovanni Giangreco, a cui avevamo affidato tutte le nostre speranze, concluse dicendo a tutti i presenti nell’atrio del palazzo baronale, che a quel punto, la salvaguardia dei nostri beni dipendeva dai nohani (e non dalla Soprintendenza) e che tutti ci saremmo dovuti tirare su le maniche.

Lì per lì restai deluso, mi sembrò quasi un tradimento. Gira e sbota, pensai, ti fanno promesse e poi tocca sempre a nnui!

Poi ebbi l’occasione di ascoltare l’intervista fatta da un giornalista a Carmine Schiavone, ex boss del Clan dei Casalesi e pentito della Camorra, il quale esordì dicendo che se non fosse stato per la ribellione del popolo, della terra dei fuochi, non se ne sarebbe mai parlato così tanto. E il problema non sarebbe mai venuto fuori.

E di recente, giusto per toglierci ogni dubbio, la stessa cosa ha annunciato Papa Francesco a proposito di cambiamento della Chiesa, dove il Santo Padre diceva appunto che se non è la gente a volerlo fortemente, la Chiesa non cambierà mai

( e quindi, aggiungo io, nemmeno lo stato devoto).

E poi leggi di inchini di madonne ai boss, e soprattutto di sponsorizzazioni di feste patronali da parte del TAP, l’ennesimo scempio dedicato alla mafia, e ti cadono un’altra volta le braccia, e  pure il resto.

Marcello D’Acquarica

 

È un momento della storia galatinese troppo importante per lasciar correre e stare al gioco di liturgie che sono inutili e pericolose. Mettiamo un punto di verità.

Come avevamo annunciato già da tempo si è creata una saldatura conservatrice e restauratrice nella città, che non credo riuscirà nel suo intento.

Cercano di farsi spazio personaggi politici scaltri, preparati nell’arte dell’alta strategia e nel gioco delle mezze verità, delle omissioni e delle illazioni. Le due aree sono quelle del campo allargato PD, M5S, fuoriusciti da Fratelli d’Italia da una parte e quelle del Sindaco civico di destra Amante dall’altra.

È da quando ho iniziato questa mia avventura che sento dire di me le cose più disparate, sempre a bocca socchiusa e sempre tramite i picchiatori social. Perché in fondo se avessero trovato qualcosa di sconcio sul mio conto, ne avrebbero costruito dei castelli: questo vuol dire che sono una brava persona dal passato trasparente e senza scheletri nell’armadio.

Ad inizio campagna abbiamo bloccato decine di profili fake, tutti rivelatisi provenienti dalle stesse aree comunicative, che dettavano con precisione quale e quanto fango gettare sugli estranei, sui parvenue. Cioè noi.

Il candidato Antonio Antonaci, fatta eccezione dalla nostra coalizione, è sempre stato sottovalutato e considerato lo zio un po’ sciroccato da non prendere sul serio, quindi trascurato.

Non risponderò quindi velocemente alle ultime dichiarazioni di Alessandra Antonica, alle quale auguro sinceramente una pronta guarigione (perché il rispetto umano viene prima di ogni interesse politico), ma mi spiace se lei non abbia mai superato il fallimento della sua amministrazione del 2009 ed abbia vissuto tutti questi anni da vedova di Palazzo Orsini, restando bloccata ad allora.

Una cosa è avere una coalizione con sensibilità diverse, un’altra è sentirmi sporco e ritrovarmi a partorire messaggi come quelli che la candidata Antonica ha inviato ad Antonio Antonaci il giorno prima del primo turno, oppure mandare messaggi come quello che ha, incautamente, fatto trapelare il Neo consigliere (in Pectore) di Fratelli d’Italia Matteo Marangi in cui scrive “in questa trattativa abbiamo recuperato una posizione di governo cittadino!”.

Non voglio che chi tifa per me pubblichi solo le notizie che mi interessano come Dino Valente, persona a cui si manda un plauso per l’attività editoriale, ma che negli ultimi giorni ha compiuto scelte che mi appaiono difficili da comprendere: l’immediata pubblicazione della decisione di Del Coco di votare contro di me e la contemporanea omissione del comunicato di Stomaci e le altre liste di Antonaci che annunciano il voto per Vergine con il fine di fare entrare Antonaci in consiglio, immediata pubblicazione della lettera di Sandra Antonica.

Vedremo questa mia lettera se slitterà a stanotte o verrà pubblicata con altrettanta celerità.

Noi abbiamo fatto della trasparenza e della chiarezza il nostro stile. Tutti gli esponenti e le identità politiche hanno avuto visibilità e sono state comunicate senza omissioni.

Vogliamo rompere con questo vecchio modello che non ha prodotto nulla, perché la gente ha compreso bene.

In questi giorni anche io ho avuto contatti con le segreterie provinciali. Mi spiace vedere che il concetto di area di sinistra si stia riducendo a “persone a noi gradite”.

Da quando Amante è di sinistra, visto che tutti i galatinesi conoscono benissimo la sua provenienza di destra?

Noi abbiamo due consiglieri dei socialisti, di cui un ragazzo splendido e appassionato con una laurea in scienze politiche da 110 e lode. Abbiamo una consigliera di Io Amo Galatina, sinceramente democratica e desiderosa di impegnarsi nell’area progressista italiana, con una laurea in bocconi e un lavoro importante. Così come sono di altissimo profilo tutti gli altri consiglieri eletti: donne e uomini che vengono dalle professioni e dalla società civile. Radicati sul territorio e rappresentativi.

Tutte persone, però, a sentire i Probiviri della politica galatinese, inaffidabili perché infette dal peggior virus mondiale. No, non il covid, essere loro avversari!

Credo che le donne e gli uomini che si rivedono nel progressismo italiano sentano forte questo disagio, ne ho incontrati tanti in campagna elettorale. Gli prometto che abbiamo le persone giuste perché quell’area culturale trovi un luogo di ascolto e di protagonismo e tutta la libertà necessaria per crescere forte.

Oggi io mi sottraggo dai giochetti e lo dico chiaramente: c’è stato un incontro, anzi più incontri in cui Delli Noci, la Capone, Minerva e altri hanno detto che il confine del centrosinistra galatinese è Amante Antonica, hanno trovato le compensazioni (un ruolo a Marangi, già Fratelli d’Italia e quindi pericoloso comunista).

Si tratta di liturgie, piccole miserie quotidiano.

Anche nella lettera accorata di oggi, Sandra, notatelo, non ha smentito gli accordi: ha smentito di fare il vicesindaco. Non di aver chiuso un accordo tramite il provinciale per un asse Antonica-Amante. Giochi di parole.

Noi non siamo quella roba lì. Anche quando abbiamo proposto a Antonio Antonaci la commissione sanità (che gli proporremo in ogni caso se dovessimo vincere), lo abbiamo fatto senza accordi e senza compensazioni. Per stima e credendo fosse la cosa giusta, per la città.

Ecco, ora sapete la verità e potete leggere, disvelate, le parole che raccontano.

Ripeto, noi non siamo quella roba lì. Noi siamo il cambiamento.

Per questo, con ancora più convinzione, domenica 26 giugno invertiremo la rotta e metteremo fine a vent'anni di accordicchi. Si respira un'aria pulita e nuova. Un vento fresco, pronto a spazzare via questi meccanismi da Prima Repubblica, per ridare nuova linfa a Galatina.

Domenica 26 giugno c'è solo una scelta da fare per realizzare finalmente la Galatina di tutti e non dei pochi.

 Fabio Vergine Sindaco

 
Di Albino Campa (del 07/09/2010 @ 17:45:44, in Comunicato Stampa, linkato 3332 volte)
Cutrofiano e Noha non possono morire sotto ettari di fotovoltaico!
Quando: 08/09/2010 (mercoledì)
Dove: Cutrofiano - Sala parrocchia S. Giuseppe   Mappa
Ore: 20.00
Organizzato: Amici del Territorio - Cuitrofiano (Le)


Il Comitato Amici del Territorio di Cutrofiano, comitato fatto da tantissimi cittadini attenti e attivi che non vogliono vedersi sottrarre i propri beni Comuni quali il preziosissimo e fertile territorio agricolo del feudo di Cutrofiano divorato da ben 200 ettari di morti pannelli fotovoltaici voluti per avidità e ingordigia di affaristi che vedono nella "Green Economy" solo un nuovo modo per fare soldi facili dando in cambio distruzione e desertificazione al territorio, con la perdita totale della naturalità e della salubrità dei luoghi vero patrimonio di tutti i cittadini, si stanno riunendo
mercoledì 09 Settembre
alle ore 20.00
presso la sala della Parrocchia di San Giuseppe in via Trapani a Cutrofiano.  Vedi la mappa
Per l'importanza dei temi trattati e per la grave emergenza in corso si invita caldamente a prendere parte all'incontro e darne massima diffusione.
Il Futuro del Salento passa attraverso l'interesse di ciascuno di noi.
Il Forum Ambiente e Salute
Approfondimento:
Ringraziando per il tempo noi dedicato, porgo distinti saluti.
Per il Forum Ambiente e Salute - settore comunicazione
Alfredo Melissano
Forum Ambiente e Salute
vico De' Fieschi, 2
73100 - Lecce
sito
 
Di Antonio Mellone (del 22/01/2017 @ 17:45:22, in NohaBlog, linkato 2839 volte)

Capisco: la Masseria Colabaldi di Noha è in mano ai privati.

Capisco che chi a suo tempo ne è diventato il proprietario tutto aveva in mente men che conservare, tutelare e valorizzare questo antichissimo bene culturale del mio paese. Come noto a tutti, aveva invece in progetto l’affarone del secolo con la costruzione nelle sue immediate adiacenze di una ottantina di villette a schiera. O meglio: schierate. Come un plotone di esecuzione. Poi, per fortuna, non se ne fece niente per mancanza di acquirenti autolesionisti.

Capisco che Noha non è (per fortuna) una città per turisti in colonna, con una guida con bandierina in mano. Capisco che affidare il patrimonio storico e artistico ai privati è dimostrazione lampante di inefficienza, spreco, trascuratezza, insomma, stupidità di una nazione. E di una frazione.

Per questo basta dare un’occhiata anche allo stato delle ‘Casiceddhre’ in pietra leccese: stato che tra poco passerà da solido a liquido, anzi gassoso, aeriforme, visto il loro abbandono. [E pensare che il loro proprietario è stato amministratore pubblico, e s’accinge a ritornare ad esserlo nelle prossime elezioni: evidentemente per meriti sul campo, avendo già dimostrato di avere a cuore i beni pubblici come fossero privati. E viceversa, ndr.].

Capisco che per la sciatteria dei nostri “politici” i beni culturali nohani non sono mai stati all’ordine del giorno, nonostante il Codice di codesti beni attesti chiaramente quanto la storia culturale aveva già affermato da tempo. E cioè che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti: ciò che può renderli degni di essere tutelati dallo Stato può essere anche la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.

Insomma capisco tutto.

Ma qui non sto chiedendo alla proprietà della Masseria Colabaldi di investirci dei soldi per la sua salvaguardia (e sarebbe forse l’unico investimento realmente produttivo: le colate di cemento invece da tempo non sono più un affare, bensì la causa principale del fallimento di tante imprese edili). Non sto chiedendo di provvedere immediatamente al restauro, al recupero e magari finalmente all’apertura al pubblico dell’intrigante costruzione ubicata sull’acropoli di Noha (troppa grazia sant’Antonio).

Qui sto semplicemente chiedendo che la proprietà dimostri ogni tanto, mica sempre, di meritare di avere per le mani una ricchezza non immediatamente esprimibile in termini economico-finanziari. Anzi pure.

Chiedo che insomma il solito padrone delle ferriere dia un’occhiata all’ingresso della Masseria, proprio al portale principale, dove campeggia un enorme ramo secco di Pino domestico (Pinus pinea) che, caduto da mesi, oltre che rappresentare un pericolo serio (di incendio, di caduta sull’edificio, di inciampo, eccetera), occlude la vista all’eventuale viaggiatore che volesse ammirare le vestigia del glorioso passato del paese, e magari fotografarle a futura memoria.

Purtroppo, di questo passo, l’unico modo per tramandare alle future generazioni la storia dei nostri monumenti sarà quello di fermarne la sagoma in un flash.

Come quelle di certi selfie. 

Antonio Mellone    

 

Veritas filia temporis

La verità è figlia del tempo ed il tempo scopre tutto.

Il 17 settembre avevamo posto un’interrogazione al Sindaco di Galatina sull’utilizzo del Kartodromo, bene confiscato alla mafia con procedimento definitivo ed affidato all’ Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, (ANBSC), in occasione del concerto dei Negramaro tenutosi il 12 agosto u.s.

Attesa la risposta che è pervenuta a firma del Sindaco solo il 24 ottobre, abbiamo chiesto ed ottenuto un incontro con la Prefettura di Lecce, giacché nella risposta, evasiva, confusa nel merito, piena di inesattezze, si faceva riferimento al “conforto” della Prefettura circa le modalità di gestione del procedimento in questione.

Quasi a tirare in ballo il Prefetto, cioè lo Stato, nella scelta di “derogare” al codice antimafia che disciplina tale materia con fermezza e rigore.

Siamo usciti da tale incontro, non pubblicizzato prima per rispetto del Prefetto e della Prefettura tutta, rafforzati nel convincimento che LO STATO NON DEROGA, e che le funzioni di controllo sugli atti amministrativi messe in campo dalla minoranza sono risultate necessarie a ristabilire la verità e rafforzare la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni.

Nel ringraziare la Prefettura per i chiarimenti fornitici, durante l’incontro abbiamo appreso che la stessa Agenzia Nazionale che amministra i beni confiscati alla mafia il 20 settembre, appena due giorni dopo aver ricevuto per conoscenza la nostra interrogazione, ha inviato una nota molto chiara e incontrovertibile al Sindaco Vergine (Nota nr. 57668 del 22.09.23).

La risposta del Sindaco, (Nota nr. 60421 del 03.10.23) ha lo stesso tenore della risposta inviata a noi consiglieri di minoranza.

Assistiamo sgomenti ad un capovolgimento della verità e all’assoluta inconsapevolezza del Sindaco Vergine della portata del problema posto.

Riassumiamo dunque per aiutare a comprendere:

  1. I beni confiscati alla mafia sono dati in concessione alle ONLUS senza scopo di lucro e/o per fini di pubblica utilità anche economicamente con l’obbligo di utilizzare le risorse rinvenute da tale utilizzo per fini sociali o per il fondo unico per la lotta alle mafie.
  2. Il Prefetto Bruno Corda, direttore della ANSBC SCRIVE il Comune NON POTEVA e NON DOVEVA sub concederlo a terzi smentendo categoricamente e chiaramente le affermazioni del Sindaco Vergine.
  3. Il bene è stato concesso con solo atto di indirizzo della Giunta nr. 304 del 9 agosto (presenti Vergine, Anselmi, Perrone, Palombini, Lisi);
  4. Nessun atto di convenzione è stato firmato dagli uffici competenti e non c’è nessuna determina di affidamento in concessione;
  5. La società Friends & Partners ha dunque utilizzato il bene confiscato alla mafia per parcheggi a pagamento in assenza di convenzione (la domanda precisa sarebbe: chi ha dato loro le chiavi?).

Il subdolo tentativo di tirare in ballo la Prefettura e l’Agenzia Nazionale per l’utilizzo dei beni confiscati alla mafia è miseramente fallito.

È arrivata invece la verità che è figlia del tempo e noi sentiamo il bisogno di andare fino in fondo.

Ragione per cui abbiamo chiesto al Prefetto Corda di essere ascoltati.

Il Sindaco Vergine mostra in questa occasione assoluta inadeguatezza, spregio per le istituzioni e poco senso dello Stato.

La capacità di sovvertire la verità con supponenza e arroganza non basterà e non ci fermerà nel compimento dei nostri doveri.

CHIEDIAMO attraverso questa nota pubblica che il Sindaco ponga in essere con immediatezza tutti gli atti necessari all’annullamento in autotutela (per l’Ente si intende) della Delibera 304, avviando l’iter del recupero delle somme, CHE DEVONO, per legge, essere destinate a scopi sociali e al contrasto delle mafie e delle criminalità in genere.

Nel caso in cui il Sindaco dovesse perseverare con l’atteggiamento mistificatorio ed elusivo della legge rispetto al codice antimafia saremo costretti a notiziare le autorità competenti al fine di garantire l’interesse dei cittadini e dello Stato.

I Consiglieri di minoranza
Marcello P. Amante
Alessandra Antonica
Anna Antonica
Emanuele Mariano
Loredana Tundo

 
Di Albino Campa (del 28/05/2010 @ 17:34:51, in Fotovoltaico, linkato 4040 volte)

La frase del titolo è un’esclamazione di Lorenzo Tomatis, uno dei maggiori oncologi del dopoguerra morto nel 2007.

crf “Così ci uccidono”, Emiliano Fittipaldi, Rizzoli, Milano, 2010.

Vogliamo un paese produttore di energie e quindi quasi certamente di rifiuti tossici o un bel paese?

La salvaguardia della natura va fatta a prescindere dal colore politico. Le amministrazioni pubbliche hanno il dovere di fare il bene per il popolo in maniera democratica. I cambiamenti di simpatia da un partito all’altro non devono influire sulle scelte guidate dalla ragione. La mia osservazione in merito a contrada Roncella, è volta alla difesa di quel territorio, che altrimenti verrebbe devastato dall’ennesimo impianto fotovoltaico. Oggi è una superstite area naturale, ancora incontaminata da prodotti di scarto dell’uomo. E non può essere paragonata a nessuna distesa di pannelli, nemmeno se sopra vi si dipingessero diecimila ulivi secolari o prati di papaveri rossi. Se ognuno di noi avesse più cura del proprio spazio, saremmo un paese civile. Purtroppo non è così.

Non è necessario essere professori o geni dell’economia per chiedersi da che parte sta la verità. Sarebbe sufficiente confrontarsi democraticamente (e lottare per mantenere questo diritto), informarsi ed avere un briciolo di attenzione per il mondo che ci circonda, comprese le attività di alcuni furbi rivolte esclusivamente al proprio lucro. Il territorio in quanto ambiente di vita per tutta la natura, fatta di flora e fauna e non di cemento e immondezzai, non ci appartiene. Lo abbiamo ereditato dai nostri predecessori, e siamo altresì obbligati a lasciarlo ai nostri successori indenne il più possibile da inquinamenti di ogni sorta.

Oppure  pensiamo davvero di essere eterni o di poter arraffare tutto per portarcelo all’altro mondo?

I pannelli fotovoltaici di per sé inquinano, e non solo per le parti in plastica o derivati usate nella struttura o per i cablaggi vari, ma per il fatto stesso che per costruirle si inquina ma soprattutto un terreno ancora allo stato naturale si riempie di carcasse di alluminio, ferro e silicio. Ma visto che è proprio necessario procedere al fotovoltaico sarebbe bene utilizzare gli spazi già occupati da case, palazzi e capannoni (ce ne stanno a bizzeffe) prima di ricoprire i residui centimetri quadrati di terra a nostra disposizione.

Il problema allora non sta nella scelta del fotovoltaico, ma nel fatto che si finisce sempre per esagerare. Gli utili diretti spesso vanno a quei pochi che sfruttano il meccanismo degli incentivi, ribaltando sui poveri cittadini il costo sociale. A questi ultimi restano le briciole, le macerie da smaltire a fine ciclo degli impianti, i problemi ecologici derivanti dallo scempio ambientale, oltre che il costo degli incentivi (che di fatto sono pagati da tutti i contribuenti).

Oramai dovremmo sapere tutti che una richiesta maggiore di energia da parte del mercato serve solo a produrre ulteriori forme di inquinamento, sia nella fase di produzione dell’energia stessa (vedi scorie e rifiuti tossici vari) che nelle migliaia di oggetti usa e getta di cui stiamo riempiendo la terra. Senza accorgercene stiamo chiedendo di avere ulteriori “beni” spargi veleni: altre televisioni, altre luci da accendere, altre auto da rottamare, altri viaggi low-cost, altre inutili autostrade, altre TAV, altre piattaforme petrolifere, altre antenne per la telefonia, altri ponti sugli stretti…

Più questo trend cresce e più aumentano le aree pericolose per la salute pubblica, compresi i depositi tossici per decenni, secoli e millenni.

I turisti non verranno nel Salento, a Galatina, a Noha o in qualche altro paese intorno a noi per vedere distese di fotovoltaici o foreste di pale eoliche o, peggio ancora, coste ricoperte di colate di cemento sottoforma di ville, alberghi, capannoni o villaggi turistici. Gli spot pubblicitari sul nostro Salento ci parlano di mare, di coste naturali e di un territorio ancora indenne da segnali di inquinamento e di stupidità umana. Facciamo in modo che questa volta non si tratti della solita propaganda ingannevole.

La difesa di questo patrimonio di benessere dal vandalismo consumistico o dalle paventate sedi di nuove Cernobil, con connessi depositi di scorie radioattive, dovrebbe essere per ognuno di noi il primo obiettivo da raggiungere.

L’energia è necessaria, ma la terra è indispensabile. Non ne abbiamo altre sulle quali poter vivere.

Marcello D’Acquarica

 

Con l’estate ritorna puntuale l’appuntamento con Puglia Open Days, il più vasto e articolato progetto di promozione e valorizzazione dell’offerta turistica territoriale voluto dall’Assessorato Regionale al Turismo e attuato da Pugliapromozione, in collaborazione con il MIBACT, la Conferenza Episcopale Pugliese, l’ANCI Puglia, l’UNPLI Puglia.

Dal 5 luglio al 27 settembre, ogni sabato puoi scoprire gratuitamente dalle 20:00 alle 23:00 il fascino dei beni culturali e la bellezza dei centri storici in compagnia di guide esperte.

Aperti circa 250 luoghi d’arte e cultura in oltre cento Comuni, con visite guidate in 70 centri storici, 56 basiliche, cattedrali, chiese, santuari, 2 abbazie, 1 sinagoga, 27 castelli, 19 dimore storiche, 14 siti ipogei, 46 musei, 5 ecomusei, 12 aree archeologiche, 3 teatri storici. Accanto ai luoghi simbolo anche i tesori meno noti, lontani dai tradizionali circuiti turistici. Sono i piccoli Comuni delle reti dei “Borghi più belli d’Italia”, dei “Borghi autentici d’Italia”, dei “Gioielli d’Italia”, dei “Borghi accoglienti” certificati con la Bandiera arancione del Touring club, le marine delle “Bandiere Blu” e delle “Cinque Vele”. Da segnalare anche le visite guidate per bambini – Puglia Open Days for Kids – i luoghi della Puglia si raccontano attraverso laboratori e visite guidate pensati appositamente per i più piccoli. E itinerari agli ospiti con esigenze speciali – Puglia Open Days for All – il patrimonio culturale della Puglia è sempre più accessibile a tutti. Le visite guidate sono fruibili anche da personale con disabilità, grazie a un servizio dedicato alle esigenze specifiche, tra cui interpreti LIS, su richiesta.

Galatina propone ai suoi visitatori l’apertura straordinaria dalle 20:00 alle 23:00 della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Monumento in stile romanico-gotico, con cinque navate completamente affrescate, tant’è che per la vastità dei cicli pittorici di scuola giottesca, è seconda solo alla Basilica di San Francesco ad Assisi.

La cartoguida (IT-EN) è lo strumento per percorrere in lungo e largo la regione, tracciando il proprio itinerario. Può essere ritirata presso la rete degli uffici d’informazione turistica della Rete Regionale IAT, dove si possono ricevere dettagli sulle attività ed è possibile prenotare alcuni servizi. Inoltre, aggiornamenti sempre disponibili sul sito internet www.viaggiareinpuglia.ite dai profili sui principali social networks. Infine, è possibile raccontare la propria esperienza in Puglia con immagini, video e post da condividere con #PugliaOpenDays.

Per maggiori informazioni:

IAT Informazione e Accoglienza Turistica - IAT Tourist Office

GALATINA, Torre dell’Orologio - Via V. Emanuele II, 35

tel. 0836 569984 - iat.galatina@gmail.com

 
Di Antonio Mellone (del 13/10/2019 @ 17:13:05, in Fetta di Mellone, linkato 1446 volte)

Incredibile quanto i libri si parlino tra loro. Lo diceva perfino Umberto Eco.

Quest’estate oltre a tagliare copiose fette di Mellone, ho impilato una serie libri per salirci sopra. La lettura ti permette infatti di montare sulla pila dei libri che leggi, e dunque di riuscire a guardare un po’ più in là che dalla solita altezza marciapiede.

Stavolta ho per le mani due volumi: il primo, “Palermo Connection” di Petra Reski (Fazi Editore, Roma, 2018), letto a giugno scorso in concomitanza della prima fetta di Mellone, proprio quando (combinazione?) mi recavo a Palermo per diletto; il secondo è “Pizzica Amara” di Gabriella Genisi (Rizzoli, Milano, 2019), terminato qualche giorno fa in occasione di quest’ultima fetta 2019. In mezzo, come dicevo, molti altri volumi (ma sempre troppo pochi, eh) sicuramente legati in qualche modo da un fil rigorosamente rouge.

Ebbene, questi due libri sembrano in rapporto tra loro come lo sarebbero in matematica le funzioni iniettive, se non proprio biettive. E già con questo mi sono giocato un bel po’ “mi piace”, ma non tanto per il riferimento alla proprietà delle f(x), quanto per il fatto che sto discettando di libri. Vero è che d’altro canto il vero piacere (like) non è mai un fenomeno di massa.

Ma torniamo a questi due scritti da fiato sospeso se non mozzato e alla straordinarietà delle loro relazioni: sulle rispettive copertine prevale il nero (vogliamo definirli noir? Noir); uno è edito da Darkside (Fazi), l’altro, guarda un po’, da Nero (Rizzoli); sono scritti entrambi da due donne, e donne sono pure le protagoniste, due investigatori, Serena Vitale, procuratrice antimafia a Palermo, battagliera e dalla schiena dritta (è ovvio che è la Reski), e Chicca Lopez, salentina, maresciallo dei Carabinieri, tutt’altro che allineata e coperta (io ci vedo la Genisi, che ci posso fare).

In entrambi i volumi si parla di lavori sporchi (quelli che dunque solo i galantuomini possono fare), di depistaggi istituzionali, di infiltrazioni e perbenismo, di documenti falsi e liste di proscrizione, di strategie della tensione, di smemoratezza e commemorazioni di stragi piene zeppe di retorica, di mafie e logge massoniche in cui c’è dentro di tutto, dagli alti burocrati ai faccendieri, dagli onorevoli ai magistrati che chiudono sempre un occhio.

Ma cosa sono, se non trattativa stato-mafia, i bastoni tra le ruote, il “sopire, troncare, padre molto reverendo”, la distruzione di intercettazioni telefoniche presidenziali, il cemento chiamato Sviluppo, l’affaire Xylella e la sua gestione a suon di decretini e giro di soldi, la querela temeraria a mo’ di bavaglio, il giornalismo d’accatto e da riporto, il potere sulla vita degli altri, le riforme della Costituzione promosse dai governi, le anestesie dei diciamo intellettuali, e la rimozione dal dibattito pubblico dell’ultima pesantissima sentenza di condanna (ancorché di primo grado) scaturita dal pluriennale processo Trattativa, diventata vero e proprio tabù per i benpensanti.     

Io so che questa terra è avvelenata da rifiuti tossici, scarti di una ricchezza prodotta e consumata altrove, saccheggiata nei suoi alberi in nome di una guerra contro una misteriosa epidemia, perforata in uno dei tratti di costa più belli da un tubo lungo centinaia di metri che, come una flebo nel corpo di un malato, deve pompare nelle sue vene il gas trasportato dall’oriente, attaccate anche nel suo mare con le trivelle nei fondali vicino Leuca, sempre alla ricerca di gas. Anche questo è progresso? Siamo sotto attacco. Quelli come me che avvertono ancora nella carne una ferita inflitta alla propria terra si sentono così. E si ribellano. E sono in tanti e diventano sempre di più. E sa perché? Perché ci hanno colpito nei nostri simboli più cari”.

Quest’ultimo sembra un brano scritto da Petra Reski: invece è quanto Gabriella Genisi fa dire al suo maresciallo Chicca Lopez a pag. 302. A voi scoprirne molti altri riportati nelle trame di questi due thriller da assaporare con vera appetenza cartivora.

Un romanzo in genere è narrativa, fiction, invenzione. In questi due casi, permettetemelo, è qualcosa di più che semplice calligrafia.

Eh, sì, a volte, come asserisce Petra Reski, per ovviare alle querele dei soliti prepotenti, “per dire la verità sei costretto a mentire”. 

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 02/01/2016 @ 17:11:18, in NohaBlog, linkato 4697 volte)

Il danno alla Trozza. 01.01.2015La mamma dei coglioni è sempre incinta.

La mattina di capodanno, quando ho aperto face-book (sì, nonostante non venga bene di profilo, ne ho uno anch’io), mi son cadute le braccia.

Una delle risposte ad un mio messaggio testuale di auguri e brindisi urbi et orbi (pare che in gergo si chiamino post), riportava la foto del puteale della Trozza - uno dei beni culturali più emblematici di Noha - semidistrutto da ignoti, probabilmente con l’ausilio di qualche ordigno in maniera edulcorata definito petardo, accompagnata da un caustico commento didascalico vergato dalla mia amica Maria Rosaria Paglialonga, che suona più o meno così: “Brindo ai vandali che hanno accolto il 2016 nel migliore dei modi e secondo le loro buone abitudini. Auguri!”.

La mia amica m’ha confidato successivamente che alla visione di quello scempio inaudito, la sua pressione arteriosa era arrivata a 200 millimetri di colonna di mercurio, e che ha impiegato una notte insonne per riuscire a riportare per iscritto le sue prime impressioni nella maniera meno triviale possibile, utilizzando cioè l’eufemismo “vandali” per definire la natura mentulomorfa del cranio degli autori del crimine perpetrato al nostro monumento [per ottenere il significato di mentulomorfo, basta tradurre dal latino il lemma “mentula”, ndr.].

Le ho successivamente risposto che si farebbe un torto ai vandali, e che era il caso di utilizzare l’epiteto più appropriato al caso: coglioni.

Ma la prima a denunciare il misfatto e a pubblicare su Nohaweb l’agghiacciante spettacolo del crollo del grosso pezzo di pietra leccese scolpita dai nostri avi è stata la Lory Calò, anch’ella incavolata nera e mordace quanto basta: “Brindo alle telecamere sulla Trozza, al suo imminente restauro e alla recinzione tutto intorno. Ah, anche ai vigili e alle forze dell'ordine che si faranno vedere spesso. Auguri.”.

In effetti, ultimamente a Noha il controllo del territorio è diventato un optional, se è vero come è vero che le bombe fatte esplodere durante queste feste natalizie un po’ ovunque e da chiunque (anche minorenni, a detta di qualcuno) farebbero impallidire, quanto al fragore, quelle dei recenti bombardamenti in Siria. In effetti, c’è da chiedersi chi acquista questi ordigni e soprattutto chi li commercializza. E inoltre come mai, visto che la storia si ripete da anni, non s’è vista in giro un’auto una delle forze dell’ordine, se non altro per prevenzione o a mo’, diciamo così, di dissuasore mobile.

Ho risposto alla Lory che, come al solito, ha ragione, ma che in fondo non mi piace tanto l’idea delle telecamere ovunque: “[] Le vere telecamere dovremmo essere noi cittadini. In una Comunità degna di questo lemma non dovrebbero esserci dei presidi tecnologici di tal fatta che di fatto limitano la nostra libertà: la vera tutela dei nostri beni culturali non dovrebbe, cioè, essere delegata a marchingegni/personaggi esogeni, tipo un monitor, le forze dell'ordine, e men che meno i cosiddetti politici (in tutt'altre faccende affaccendati […]), ma alla Cultura. Bisogna continuare a lottare in tal senso. E tu lo fai benissimo, per esempio insegnando la Musica. Vuoi sapere quale condanna infliggerei ai suddetti coglioni responsabili (minorenni o maggiorenni, non importa, sempre coglioni sono)? La condanna consisterebbe nel seguire ogni giorno, per almeno due ore di fila, delle lezioni di Storia dell'Arte, a partire dalle prime civiltà, passando per l'arte in Mesopotamia, in Egitto, in Grecia (l'arte ellenistica: tutta, dalla A alla Z), l'arte classica, e poi l'etrusca, la romana, la bizantina, e poi ancora, il romanico, il gotico, il barocco, il rococò, fino all'arte moderna (realismo, impressionismo, simbolismo, liberty), fino alle transavanguardie, fino all'arte informale e alla video art dei giorni nostri. I corsi, ovviamente, li terrei io. Sarebbe, penso, un giusto guiderdone alla natura mentulomorfa (vedi sopra il significato, ndr.) delle loro teste.” Chissà che in tal modo questi pirla non lascino finalmente in pace la Trozza, e gli altri beni culturali, liberandoci da scritte (oltretutto sgrammaticate), graffiti, pedate, buchi e altre porcherie peggiori di queste.

Ma ecco pronta la risposta di Maria Rosaria: “Eh no, caro Antonio Mellone, condannare gli autori di questo scempio ad almeno dieci ore di tue lezioni (con interrogazioni) di Storia dell'Arte, dalla preistoria ai nostri giorni, sarebbe per loro un onore troppo grande che, a mio avviso, non meritano. Mandiamoli a spalare letame meglio, almeno stanno con un loro pari (la merda) ca tantu ci nasce tundu nu pote murire quatratu.

Ovviamente sono lusingato per le parole di Maria Rosaria (alla quale forse sfugge la spietatezza di certe mie interrogazioni, per dire, sulla sintesi epesegetica delle opere di certi autori), ma da qualche parte bisognerebbe pur incominciare.

Aggiungo che a codeste lezioni e alle relative interrogazioni farei partecipare anche gli eventuali genitori della suddetta prole illetterata e cogliona, responsabili quanto meno per non aver vigilato (culpa in vigilando: colpa per non aver vigilato).

*

Un ultima chiosa in merito alle reazioni dei politici nostrani (e per nostrani intendo i nostri quattro consiglieri comunali di Noha - ché quelli di Galatina non conoscono non dico i nostri beni culturali, ma nemmeno dove è ubicata Noha).

Ebbene, salvo errori, non si registra da parte dei magnifici quattro nessun commento su Nohaweb (troppa grazia Sant’Antonio), nessun comunicato-stampa (né su Noha.it, né sui tanto cari siti di Galatina), nessuna reazione, nessuna denuncia, nessuna esecrazione del gravissimo atto consumato ai danni della Trozza, men che meno sui loro rispettivi profili face-book. Per dire, su quello di Giancarlo Coluccia della cosiddetta opposizione appare la pubblicità di una commedia in vernacolo; mentre sulla bacheca di Antonio Pepe appare una poesia, chiamiamola così, sul nuovo anno “postata” da chissà chi.

Per quanto riguarda i due consiglieri di maggioranza, vediamo un po’: sul profilo di Luigi Longo abbiamo in primo piano l’immagine di una porta con un cartello con evidente errore di ortografia (e con una pletora di “mi piace” – sic!), mentre il messaggio del giorno prima riporta un’altra foto con dei fuochi pirotecnici (mi auguro non si tratti di quelli che probabilmente hanno distrutto la Trozza).

Dulcis in fundo, sul profilo del politico più di peso della nostra cittadina, vale a dire Daniela Sindaco, c’è una bella foto di Topolino e Minnie (per fortuna senza alcun “mi piace”, mentre scrivo queste note).

*

Purtroppo, di tutto questo degrado i veri responsabili siamo noi cittadini.

E la nostra colpa è duplice: culpa in vigilando (come detto sopra) e culpa in eligendo (colpa nella scelta, nell’elezione di questi personaggi in cerca di bastonatore).

Antonio Mellone

 

Il danno alla Trozza. 01.01.2015 Il danno alla Trozza. 01.01.2015
Il danno alla Trozza. 01.01.2015 Il danno alla Trozza. 01.01.2015
Il danno alla Trozza. 01.01.2015 Il danno alla Trozza. 01.01.2015
Il danno alla Trozza. 01.01.2015 Il danno alla Trozza. 01.01.2015
Il danno alla Trozza. 01.01.2015 Il danno alla Trozza. 01.01.2015
Il danno alla Trozza. 01.01.2015

 

 
Di Antonio Mellone (del 15/05/2016 @ 17:10:24, in NohaBlog, linkato 9338 volte)

Ho dovuto chiedere all’Antonio dell’anagrafe comunale di Noha qual è la sua data di nascita: “E’ il 14 ottobre del 1966.” - m’ha detto, richiudendo un librone ingiallito dal tempo, ed ha subito aggiunto - “Caspita, quest’anno compie 50 anni”.

*

Lui non se lo ricordava. Non si ricordava di questo importante traguardo. Anzi credo che non ci abbia mai pensato. Ma sì, a che serve ricordare le date dei compleanni se non sei abituato a festeggiarne, o a riceverne gli auguri su Face-Book. E poi, come diceva quel tale, hai sempre vent’anni quando non ci pensi, e quando non hai paura di averne più del doppio.

Non è altissimo. Ha la carnagione olivastra, anzi più scura. Forse perché è sempre abbronzato. Anche d’inverno. Ma mica per la frequenza del solarium di qualche centro estetico per vip (probabilmente non sa nemmeno che esistano queste diavolerie; né gli interessano i vip o gli smorfiosi pari loro), ma perché stando sempre all’aperto, lavorando nei campi di qualche “amico” che gli chiede una mano, o al cimitero, o in giro per il paese, è sempre baciato dai raggi del sole. Diciamo così.

I capelli sono neri con qualcuno che inizia a incanutirsi e molti altri a espatriare, e i muscoli non ancora vittime della forza di gravità. Voglio dire: muscoli da lavoratore instancabile più che da culturista, imbacuccati nei mesi freddi nel suo inseparabile giubbotto, a prima vista di due taglie più grande, e dai perpetui jeans, più o meno blu, sempre di una larghezza superiore al necessario. Ma quello che conta è la comodità, mica le chiacchiere di cui si nutre la moda.

La sua andatura è inconfondibile, dinoccolata, identica a quella della buonanima di suo papà Antonuccio, “manovale” di una ditta di fuochi artificiali, scomparso nel 2005. Gli occhi, invece, sono quelli di mamma Gina (Luigia Carrozzino), che, una fredda mattina del 10 gennaio 2006, dopo appena tre mesi di intervallo, segue il povero marito “nella stanza accanto”, affidando di fatto quel figlio ai suoi fratelli.

Proprio lui, il primo di nove. Lui il “grande” di casa, nato giusto nove mesi e qualche giorno dopo il matrimonio dei genitori. Amore grande, però fu. Allietato dall’arrivo anche di Giuseppe, di Roberto, dell’Adele, e poi di Eugenio Michele, di Salvatore, di Luigi, e dell’Anna Maria. E infine di Angelo, il piccolo di casa, che dopo nove mesi diviene “angelo” per davvero. Oggi avrebbe avuto 35 anni.

*

Lui è Pasquale Frassanito, ma tutti lo conoscono come Lino. Vabbè, c’è anche il nickname “Sparafochi”. Ma chi, a Noha e dintorni, non ne ha uno? Di soprannome, dico. E poi, che c’è di male: Lino è davvero un intenditore di fuochi d’artificio.

Dunque, Lino Sparafochi.

*

Poco tempo fa lo incontro e noto viso e occhio destro tumefatti: “Cosa è successo, Lino?” – gli faccio – “Sei caduto? No, non mi dire che è un pugno”. “None, noneee: lu dente ede, li morti soi”, e mi fa vedere un canino oblungo (e solitario) non proprio sfoggiabile in una pubblicità per dentifrici.

Mi chiede se ho in casa una pastiglia per i denti, ma non so proprio che pastiglia dargli. Gli dico che sarebbe il caso di farsi vedere da un medico, e che potrei accompagnarcelo io se vuole.

Assolutamente, no. Quando sente la parola “medico”, anzi “dottore” se la svigna. Se la darebbe a gambe anche se venisse a sapere che anch’io sono un “dottore”. Dottore commercialista, ma pur sempre un dottore. No, non si fida dei dottori. Di qualunque campo siano (e penso faccia fondamentalmente bene, ndr.). Non ne vuol sentire parlare nemmeno da lontano. E poi il dolore al dente prima o poi passa da solo. Basta aspettare. Delle volte passa prima il dente del dolore. Ma quello che conta non sono i denti, ma il sorriso. E Lino, nonostante i quattro denti superstiti, ha un sorriso bellissimo.

*

Lino è buono come il pane, e disponibile con tutti: è lui che innaffia l’aiuola della pubblica piazza (“se nu lu fazzu iu, sicca tuttu a quai”), nelle pubbliche manifestazioni sistema le transenne nelle strade principali, lava il sagrato della chiesa con pompa e scopa per liberarlo dal guano dei piccioni, predispone le sedie davanti alla cassa armonica della festa patronale (e alla fine della serata le rimette pure a posto, mentre tutti gli altri fanno finta di nulla), prepara le buche per la fiera dei cavalli, dà una mano all’allestimento del presepe vivente, accompagna gli operai delle ditte dei fuochi pirotecnici quando vengono a Noha, (a condizione che non si tratti di Michelino “Pipìo”, suo rivale e antagonista storico). Insomma è un bene comune, Lino. E’ uno che non farebbe male nemmeno ad una mosca, e poi puoi lasciare pure tutto l’oro del mondo in casa o in macchina: Lino non sarebbe in grado di approfittarsi nemmeno di uno spillo.

*

Il pomeriggio o la sera lo trovi in piazza, vicino al bar Settebello. Si diverte con poco. Gli basta vedere gli altri giocare a carte. O ascoltare le persone quando parlano di campi, di animali, del paese, e qualche volta di donne. Tanto poi birra e sigarette sono assicurate dagli amici (che, spero, non esagerino con l’una e con le altre).

*

Io lo considero come un mio amico. Quando lo becco in giro, mi ci metto a parlare volentieri. A volte preferisco conversare più con Lino che con tanti altri concittadini. Per dire. Preferisco lui davvero alla pletora di saputelli, perbenisti, petulanti, chattanti scemenze su fb, pseudo-politicanti, accoliti di Tizio o di Sempronio. Lo confesso: meglio la fantasia di Lino che i cervelli vuoti di tanti, troppi, che ti parlano di nulla, cadono dal pero anche sulle cose che un cittadino dovrebbe quanto meno conoscere per sommi capi, o che t’attaccano un bottone sui ristoranti o le pizzerie che frequentano, sulle loro macchine nuove, sui viaggi, le fidanzate, o, Dio non voglia, Renzi.

E poi, meglio il dialetto (perfetto) di Lino, che l’italiano sgrammaticato dei più, inclusi certi cosiddetti liberi professionisti della parola e della politica, che sovente, e purtroppo, parlano e scrivono come mangiano. Vedi i drammatici elaborati indirizzati urbi et orbi da parte di alcuni presunti amministratori locali, noti attori protagonisti del film horror: “Dimission Impossible”.

*

E sì che Lino è un portento quanto a fantasia: lui ha il cellulare (“ca moi è scaricu”); i giornalisti lo chiamano per intervistarlo (“iu essu sullu giurnale”); è lui il presidente della Fiera di Verona (c’è anche un bello striscione: “Lino, presidente fiera Verona” [sic]); ha una casa “china de coppe” (in effetti ad ogni fiera dei cavalli uno dei trofei più grandi è riservato a lui). Inoltre è lui il presidente del comitato festa patronale, è lui che sceglie le bande, i concerti sinfonici e i fuochi; e infine è a lui che il sindaco si rivolge per avere informazioni sul paese (magari fosse così, Lino: forse così il sindaco conoscerebbe meglio Noha e i suoi guai, ndr.).

E’ proprio vero: la logica può portarti da A a B. La fantasia ovunque. E Lino, in questi termini è un grande viaggiatore.

*

Ci sono pure dei pirla in giro per il paese che, in branco (mica da soli: non ne sarebbero in grado), provano a prenderlo in giro, con scherzi stupidi o squallidi atti di bullismo.

 

Non te la prendere, Lino. Chi prende di mira l’altro che considera “diverso” è incapace di andare oltre il proprio “normale” schema mentale (dove “normale” stavolta sta per gretto, insipiente e ottuso).

Che ci vuoi fare. Dobbiamo compatirli, questi grandissimi osceni del villaggio.  

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 12/06/2014 @ 17:10:23, in Comunicato Stampa, linkato 2184 volte)

Domenica 15, a Galatina, ci si aspetta il pubblico delle grandi occasioni.

La fortuna è cieca, si sa, ma a volte la sfiga ci vede benissimo. E' questo che devono aver pensato dalle parti del C.T. Galatina, appresa la notizia che, malgrado un gran campionato ed il primo posto in classifica nel girone 8, le sorti dei play-off, si sarebbero dovute decidere ai bussolotti.
Dopo la scorsa domenica, giornata in cui i salentini hanno guadagnato altri 3 punti, in virtù della vittoria a tavolino per la mancanza di giocatori disponibili, il primo posto nel girone era assicurato. Non si è fatto i conti con i fortissimi giocatori del “Circolo La Stampa” di Torino, che, imponendosi per 6 a 0 sul Pescara, hanno raggiunto il C.T. Galatina al primo posto in classifica. Ieri mattina, dunque, alle ore 11,30, presso i locali romani della Federazione Italiana Tennis, si è svolto il sorteggio, come da regolamento F.I.T. Purtroppo per i salentini, però, il primo nome uscito dal bussolotto, è stato quello del Circolo La Stampa di Torino, che quindi per poter approdare in serie A2, dovrà disputare (e vincere) solo una partita contro la vincente tra “Nomentano Roma” (seconda del girone 5) e “Le Pleiadi Torino” (la terza del girone 6).
Il C.T. Galatina, invece, stante il risultato del sorteggio, disputerà una partita ad unico turno, in casa contro la “Ferratella” di Roma (terza nel girone 7) ed in caso di vittoria, giocherà un match a doppio turno contro i tennisti del fortissimo “Tennis Club Ambrosiano” di Milano (prima classificata del girone 5).
Appuntamento, dunque, domenica prossima, 15 giugno, a partire dalle 10:00, presso il centro sportivo del Circolo Tennis di Galatina in Via Guidano, per fare l'impresa. Ci si aspetta un gran pubblico, che tifi e che porti anche un po' di fortuna ai tennisti del C.T. Galatina; perchè si sa che la fortuna è cieca...

Galatina, 11 Giugno 2013

Ufficio Stampa

 
Di Redazione (del 02/12/2018 @ 17:04:14, in Comunicato Stampa, linkato 953 volte)

Una Showy Boys Galatina tutta cuore e grinta vince per 3-0 la sfida contro la Sbv Olimpia nel campionato provinciale under 18. La gara, valida per la quinta giornata del torneo di categoria, si è giocata presso la palestra dell’Istituto Comprensivo Polo 2 e al cospetto di una bella cornice di pubblico tra cui tifosi, genitori e simpatizzanti.

Parte fortissimo il gruppo allenato da Gianluca Nuzzo che nella prima azione di gioco piazza subito un muro vincente. Basta poco per capire la carica agonistica e la grande determinazione dei ragazzi della Showy Boys che in poco tempo si ritrovano a condurre il primo set per 15-5. I bianco-verdi giocano una buona pallavolo e ciò che colpisce è l’ottimo approccio al match che li spinge a chiudere il primo parziale sul punteggio di 25-14.

Il secondo set vede sempre in campo una squadra di casa compatta e attenta. La battuta continua ad essere una delle armi in più del collettivo di mister Nuzzo assieme al muro e all’attacco (20-11). La Showy Boys tiene benissimo il campo e ogni atleta prende in consegna e mette in pratica le disposizione impartite dalla panchina (25-13).

Si va al terzo set. Sempre un ottimo gioco del team bianco-verde e con azioni che mettono in evidenza le caratteristiche tecniche dei singoli componenti (13-6). Sbaglia pochissimo la compagine di casa e solo negli ultimi punti del game, sino all’attacco da posto 2 di Martina che mette fine alla gara (25-20).

Bella prova della Showy Boys Galatina, apparsa convincente e con personalità, che ha sicuramente fornito al tecnico Nuzzo conferme e nuove indicazioni su cui concentrare il lavoro nel prosieguo della preparazione.

“E’ stato un bel pomeriggio di sport - dicono dallo staff dirigenziale della Showy Boys - una partita giocata in quel giusto clima di sana competizione sportiva e alla presenza di numerose famiglie. Al di là del risultato finale che ha premiato la Showy Boys, il match ha reso protagonisti tutti i ragazzi in campo, di entrambe le formazioni. Peccato soltanto per un gesto antisportivo compiuto a fine gara da un componente della squadra ospite al momento del saluto. Prima in qualità di educatori e poi di dirigenti – aggiungono dalla società bianco-verde - ci auguriamo che certi comportamenti scorretti vengano fermamente condannati per evitare che si possano verificare in futuro e per poter continuare a dire ad alta voce che il nostro sport è differente”.

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Showy Boys Galatina – Sbv Olimpia 3-0 (25-14, 25-13, 25-20)

Durata: 54 minuti (13’, 19’, 22’)

Showy Boys Galatina: 2 Martina, 3 Petracca, 6 Spedicato, 7 Donno, 8 Carachino, 12 De Pascalis, 13 Schiattino, 14 Corvino, 16 Parlati, 22 Salvio, 32 Urso, 99 Stifani (L1), 18 Rizzello (L2). All.: Nuzzo

Sbv Olimpia: 11 Esposito L., 23 Cafaro, 24 De Matteis M., 27 Loreta, 32 Murrone, 34 Rizzo, 37 Esposito M., 38 Carrozzini, 46 Mazzotta, 55 De Matteis L., 36 Stefanizzi, 1 Liguori (L). All.: Dicillo

Arbitro: Resta

                                                                                                                                                                                                                                                                               www.showyboys.com

 
Di Andrea Coccioli (del 30/05/2015 @ 17:00:54, in Comunicato Stampa, linkato 2093 volte)

Lunedì 1 Giugno e Martedì 2 Giugno l'arte, in tutte le sue forme e sfaccettature, conquisterà il centro storico di Galatina: è in arrivo l'Epidemia dell'Arte.

Due giornate a ingresso gratuito con protagonisti i migliori talenti salentini e non, con tantissime iniziative e nomi di spicco tra cui Brusco, cantautore romano autore di tantissime canzoni di successo, Rankin Lele e Papa Leu, duo trepuzzino capace di far ballare le folle al ritmo della migliore musica reggae, Pino Aprile, scrittore di libri di assoluto successo come “Terroni” (250mila copie vendute), e Nandu Popu, storico componente dei Sud Sound System. Infine i suoni preziosi di Max Nocco Placeforthesoul che con i suoi vinili riempirà lo spazio .

Nata da un'idea dell'associazione Chiu Stili Pe Tutti, con il patrocinio del Comune di Galatina, Epidemia dell'Arte è un contenitore multimediale artistico in cui pittori, scultori, fotografi, musicisti e artisti vari presenteranno le loro idee, al fine di accompagnare lo spettatore attraverso un viaggio fatto di visioni artistiche differenti.

L’associazione Gi.Ga Giovani Galatinesi ha contribuito con grande entusiasmo alla realizzazione dell’evento.

“L'obiettivo è ambizioso: attivare il territorio, incrementare la partecipazione e la cittadinanza attiva utilizzando i linguaggi delle arti, promuovendo la cultura musicale ed artistica del territorio, attraverso musica dal vivo, danza, giocoleria, pittura, esposizioni fotografiche, creazioni artistiche, teatro e tanto altro. L'intento è quello di valorizzare gli artisti - locali e non - cercando contemporaneamente di incentivare le attività di artigianato artistico e di prodotti dell'ingegno nel territorio cittadino, ravvivando e arricchendo un panorama cittadino che annovera poche iniziative di tipo creativo.

Epidemia dell'Arte si svolgerà in un contesto versatile e dinamico, nel quale il pubblico, muovendosi tra dipinti, sculture, aree concerti ed espositive, sarà protagonista di esperienze sensoriali uniche e irripetibili, coinvolto e attratto da manifestazioni artistiche eterogenee.

Inoltre, in collaborazione l'Associazione culturale AMICA ideatrice dell'applicazione per smartphone e tablet Galatina Città Amica – app che permette di visitare Galatina, ascoltare la storia dei monumenti, condividere e commentare tutto - Epidemia dell'Arte proporrà una serie di percorsi all'interno delle zone di maggiore attrazione storico-culturale, con il coinvolgimento, nel ruolo di “cicerone” d'eccezione, degli studenti delle scuole superiori galatinesi. Sin da subito e con grande soddisfazione ho accolto questo eccezionale evento denominato “Epidemia dell'Arte”. Un progetto volto a promuovere, in particolare il centro storico della nostra bellissima città ed a coinvolgere tutte le attività produttive già presenti sul medesimo territorio ma ancor di più a sollecitare i cittadini ed i visitatori tutti ad avere un approccio diretto con l'arte a tutto tondo, ed a valorizzare gli artisti locali. “Epidemia dell'Arte” da il via alla stagione estiva della città di Galatina, città nella quale, mi preme sottolineare, le presenze turistiche negli ultimi due anni e mezzo, sono cresciute notevolmente, quasi del 40% in più rispetto agli anni precedenti. Tutto questo grazie ad una politica sin da subito intrapresa dall'attuale amministrazione comunale ed in particolare dall'assessorato al turismo e al marketing territoriale, volta a far conoscere la propria città, il suo ricchissimo patrimonio architettonico, storico ed enogastronomico al di là dei confini regionali e nazionali attraverso la partecipazione ad esclusivi appuntamenti di vetrina con presenze giornalistiche di primissimo piano anche di livello internazionale. Ed ancora, la città di Galatina con i suoi circa 50 QR code installati davanti ai monumenti, con l'APP Turistica telematica “Amica” ed i suoi nuovissimi tre circuiti turistici telematici del centro storico, con l'APP dei racconti magici denominata “Sherazade” sita in tre luoghi cardine del centro storico e con l'App dedicata alle attività produttive “Frontiere 21”, rappresenta certamente uno dei comuni pugliesi maggiormente informatizzati, atti ad accogliere sul proprio territorio presenze turistiche anche quelle con particolari esigenze. 

Insomma la città della civetta, dei SS Pietro e e Paolo e del tarantismo, degli Orsini del Balzo, di Marie D'Enghien con la emozionante Basilica di Santa Caterina D'Alessandria e del barocco, incuriosisce ed affascina, ma sopratutto sale sul podio come una delle città più visitate della nostra provincia insieme a Lecce, Otranto, Gallipoli, Leuca, Castro ed a poche altre ancora.” Alberto Russi - Assessore alle attività produttive, turismo e marketing territoriale

“Quando sono interessati direttamente i giovani galatinesi nell’organizzazione degli eventi di questa splendida Città, il tutto diventa magico perché le nuove generazioni imprimono un entusiasmo particolare e mai scontato al tutto”. Andrea Coccioli - Assessore alle Politiche giovanili

 “Guardiamo con curiosità ed attenzione a questi due giorni di arti nel centro cittadino” dice Daniela Vantaggiato Assessore alla cultura “l’associazione Chiù stili pe tutti  ha già dato prova di indubbia creatività e di certo non deluderà, la formula proposta per alcuni versi torna spesso nelle serate galatinesi laddove si cerca sempre di coniugare cultura, territorio, promozione dei beni artistici e delle attività produttive, ma ci sarà una grande capacità visionaria ed un approccio esperienziale, questo mi aspetto, in grado di rendere unico l’evento; unanimemente apprezzati i musicisti che interverranno, a tutti allora l’1 e il 2 giugno ritroviamoci a Galatina!” Daniela Vanmtaggiato - Assessore alla cultura

 
INFO
Epidemia dell'Arte
Centro Storico, Galatina
Infoline: 3276573545
Email: epidemiadellarte@gmail.com
 
Alla luce della vicenda dell’impianto richiesto da Entosal srl, considerato che la stessa amministrazione, con l’inserimento all’ordine del giorno del Consiglio Comunale di domani, ha di fatto delegittimato il Presidente della Commissione Sanità, non coinvolgendolo nel processo di partecipazione ed escludendolo totalmente dal confronto e dibattito, riteniamo opportuno non essere presenti oggi nella commissione convocata dal Dott. Antonio Antonaci, nominato Presidente della Commissione Sanità solo e soltanto in virtù del pagamento di una cambiale politica firmata ormai 7 mesi fa, il primo giorno dell’insediamento dell’amministrazione Vergine. 
Riteniamo il Consiglio Comunale quale unico luogo deputato alla trattazione di argomenti così importanti per la Città, tanto da aver richiesto un consiglio monotematico aperto soprattutto alle Associazioni, le stesse che vengono udite oggi in una Commissione ristretta e non deliberante. Tutto ciò non è stato preso in considerazione dall’amministrazione! Ci riserviamo inoltre di fare altre valutazioni in futuro anche alla luce delle false e tendenziose dichiarazioni del Dott. Antonaci, a mezzo facebook. Chiarisca lo stesso, piuttosto, alla Città come mai essendo a conoscenza della vicenda Entosal srl dal 2/1/23 (l’Associazione Noi Ambiente e beni Culturali di Noha e Galatina protocolla nota sul tema il 31.12.2022) convoca la commissione ben 25 giorni dopo. Delle due l’una o non si è reso conto della gravità del problema segnalatogli da una solerte associazione, o si è reso complice del più lungo silenzio e della più grave perdita di tempo mai perpetrata da una qualsivoglia pubblica amministrazione su un tema, quello ambientale, che dovrebbe essere invece il primo a cui dedicare tempo e lavoro. Ma tant’è! Se si calcola che la conferenza dei servizi del 12/12/2022 a cui l’amministrazione ha scelto di non partecipare, destina 90 giorni per la produzione  di ulteriore documentazione da parte di Entosal per le gravi violazioni segnalate da ARPA, le nostre preoccupazioni aumentano. Perché dunque caro il nostro presidente, convocare una non meglio specificata audizione (l’ordine del giorno è del16/1, cioè dopo la nota dei consiglieri di minoranza e ancora dopo l’articolo di una nota testata giornalistica web) a quasi 45 giorni dalla conferenza dei servizi? La verità è servita. Delle blaterazioni di chicchessia ne facciamo volentieri a meno. Perché le chiacchiere sempre e per sempre stanno a zero. Ed i fatti di questa vicenda parlano da soli. Chiarisca il Sindaco come mai il presidente della commissione ammette (e citiamo ancora il post di Antonaci su facebook) che l’Associazione per prima ha sollecitato le istituzioni pubbliche. Dunque, signor sindaco di Galatina, è vero che non ne sapevate nulla? È per questo che non si è andati in conferenza dei servizi? Ci auguriamo che il dottore Antonaci abbia pubblicato una notizia falsa perché altrimenti sarebbe gravissimo. In ogni caso dovrebbe smentire. Perché possiamo tollerare un presidente egotico ma un Sindaco distratto sui temi ambientali di certo NO.
 
I consiglieri comunali
 
Marcello Amante
Anna Antonica
Sandra Antonica
Emanuele Mariano
Loredana Tundo
 
È nato il “Comitato Nazionale Contro Fotovoltaico Ed Eolico Nelle Aree Verdi”. Come prima iniziativa pubblica del Comitato Nazionale: si è levato un appello forte ed apartitico al Governo e a tutto il Parlamento, perché facciano rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto , perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!

Perché sia imposta una moratoria urgente per tutte le miriadi di impianti eolici e fotovoltaici industriali in progetto nel paesaggio del Bel Paese, l’ Italia, e che comporterebbero se realizzati la cancellazione totale di tutto ciò che significa “Italia” nel mondo, nonché gravi problemi di disagio e mobilitazione sociale a difesa del vitale spazio vitale e del territorio! Fatta l’Italia, fatti gli italiani, dopo 150° anni di speculazioni crescenti, ed impennatesi esponenzialmente oggi nella grave aberrante iper-speculazione della mala della Green Economy Industriale, ora abbiamo bisogno di rifare il paesaggio identitario, rurale, storico e naturale, d’Italia, e di farlo risorgere e restaurarlo a 360°!

Il gruppo, dall’eloquentissimo nome “Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi”, nato su facebook (http://www.facebook.com/groups/192311587488270), ma già attivo anche nella realtà delle relazioni umane e sul territorio, ha ormai raggiunto e ampiamente superato la simbolica soglia “dei 1000” iscritti, nonostante si sia costituito solo da pochissimi giorni! Vi è un malumore dilagante, enorme, in tutta la Nazione, da un capo all’altro della penisola e sulle sue isole, che sta trovando così sfogo e forme di coordinamento ed organizzazione, attraverso il canale iniziale del social network di internet facebook, per reagire contro la mala della Green Economy Industriale, che tiene quasi del tutto in mano l’informazione di molte tv nazionali, e ha creato una macchina di controllo mediatico fittissima, atta a non dare voce, e a gettare fango su chi sta cercando di fare emergere tutta la Verità relativa al sistema di fondamentalismo fanatico interessato falso-verde, neo-industrialista, mistificatorio, e iper-speculativo, cresciuto sul tema, strumentalizzato oltre ogni immaginazione, dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.

Una macchina impressionante della menzogna che ha trasformato immoralmente le energie rinnovabili, che con forme virtuose di utilizzo dovevano negli intenti iniziali, salvare il nostro Pianeta, nel più grande e devastante per lo stesso Pianeta, business fraudolento di inizio millennio! La gravità di quanto avvenuto, se da un lato distrugge l’ambiente ed il paesaggio in ogni dove ed in ogni direzione con impianti di dimensioni mastodontiche a fini puramente economici, dall’altro sta erodendo democrazia e libertà, oltre che calpestando diritti fondamentali dei cittadini. Il gruppo pertanto indirettamente persegue anche l’obiettivo, altra faccia della stessa medaglia della protezione del paesaggio, di salvare anche la stessa “filosofia buona di fondo” delle energie rinnovabili, da queste aberrazioni mostruose industriali ed oligopolistiche che le stanno snaturando profondamente, e rubando di fatto ai cittadini medesimi!

La forza del vasto crescente gruppo sta anche nella sua costitutiva apartiticità ed al contempo apertura a tutti senza distinzioni alcune a tutti coloro che stanno percependo in tempo tutta la gravità della catastrofe falso-verde in corso! Anche da diverse associazioni nazionali, ormai nella sostanza del tutto pseudo-ambientaliste, scivolate nella macchina speculativa della Green Economy, numerosi sono coloro che stanno prendendo le distante dai loro direttivi degenerati, e stanno sostenendo queste nuove realtà organizzative espressione della necessità di reagire e di salvare la vera “ecologia”, dall’ ecologia malata e strumentalizzata che oggi l’ Italia subisce come un flagello! Il Gruppo è totalmente aperto a chiunque sia contrario e sensibile alla devastazione del paesaggio da impianti industriali fotovoltaici ed eolico sulle aree verdi.

In quasi tutto il territorio nazionale è in scandaloso corso una installazione selvaggia di impianti industriali fotovoltaici a terra in zone agricole e naturali e sui laghi, e di eolico, con torri di media e mega altezza (fin anche oltre 100 m ,e anche 150 m), tanto in mare quanto sulla terraferma, spesso anche senza alcuna informazione del cittadino. Viene calpestata il più delle volte ogni buona norma per la distanza degli impianti da abitazioni e presenze umane. Chi ne viene danneggiato, case sparse ed agriturismi, non è giusto che debba subire i danni materiali da deprezzamento dell’immobile oltre le spese per difendere i propri beni da tali scempi, e danni morali e psico-somatici da impatto ambientale (acustici, visivi, elettromagnetici) per 20 anni fino a dismissione dell’impianto. Inoltre essendo autorizzazioni “rinnovabili” è probabile che avendo già una predisposizione possano rimanere per sempre operanti in loco. Quindi dobbiamo batterci sia per noi stessi che per le bellezze naturali d’Italia, prima vanto e attrazione turistica, ora deturpate da questi mostri che dovrebbero produrre energie “pulite” alternative e non distruttive del territorio, che pertanto pulite non sono. Siamo favorevoli alle energie alternative, ma sui tetti e tettoie di tutti gli edifici recenti, per l’autoconsumo, sopra i capannoni industriali, nei parcheggi, autostrade ecc., purché si eviti di sottrarre i terreni all’agricoltura e ai paesaggi ricchi di verde della nostra nazione.

Siamo stati tutti in prima linea nella lotta contro la “Pazzia del Nucleare”, e lo abbiamo fatto perché credevamo e crediamo davvero nella possibilità di produrre energia pulita per rispettare ambiente e paesaggio insieme, attraverso il fotovoltaico ubicato sui tantissimi tetti inutilizzati degli edifici recenti, ed è per questo che affermiamo che sarebbe un crimine continuare ad appioppare il falso nome di “energie pulite” al mega e medio eolico e al fotovoltaico nei campi e sui laghi con cui si vuole oggi distruggere la nostra nazione, l’Italia, il giardino bello del Mediterraneo con la cornice del suo incantevole mare, la più bella nazione del mondo culla di cultura e vita, da millenni! I principi fondanti delle richieste di questo gruppo: sono sintetizzati nel nome del gruppo stesso "Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi", e, alla luce dell'attuale tecnologia eolica falcidia uccelli e paesaggio, si aggiunga "e nel mare"; Pertanto:

-) Sì solo al fotovoltaico sui tetti di tutti gli edifici recenti – e sottolineiamo “recenti” per evitare di dare lo spiraglio ad altri disastri della Nazione da iper-sfavorire, dei suoi centri, palazzi e luoghi storici;

-) No al mega e medio eolico ovunque per il suo danno paesaggistico di portata chilometrica.

Il principio forte e nuovo, e più onnicomprensivo, che viene lanciato da questo comitato,  è la “DECEMENTIFICAZIONE”, che noi chiediamo per la nostra Nazione, la sua bonifica dal cemento, di cui questa mala della Green Economy Industriale è figlia (vedi basamenti di cemento di torri eoliche e pannelli nei campi), e quindi la sua rinaturalizzazione, in cui crediamo, e che vogliamo e che sappiamo, in coscienza e scienza, essere davvero fattore strategico per la nostra vita e crescita culturale umana ed economica! Di fronte alla noncuranza con cui taluni difendono il fotovoltaico industriale a terra, sebbene quasi tutti, sono persone più o meno direttamente collegate al nero business sottostante, ci chiediamo retoricamente “quanti hanno un’idea di come viene prodotto il cibo che tutti noi consumiamo”!? Solarizziamo pertanto tutti tetti gli sconfinati tetti degli edifici recenti, e solo dopo averlo fatto valutiamo cosa serve ancora all' Italia davvero, e vediamo un po' intorno a noi, solo allora, cosa offrono i vari “pifferai magici” per poi decidere con saggezza; la stessa saggezza di chi dirà si oggi solo al fotovoltaico sui tetti per salvare campi, mare e cielo, vita, nerezza paesaggio! Sui tetti delle brutture della modernità del cemento i pannelli fotovoltaici non possano peggiorare in alcun modo tali orrori, al più su questi edifici recenti i pannelli possono dare un tocco di estetica! Tutt'altro il discorso per edifici storici e centri storici dove ai normali pannelli occorre sostituire e pensare, se proprio anche lì dei privati vogliano ubicarvi impiantini solari, a soluzioni iper-integrate, innovative e di zero impatto estetico!

Alcune associazioni  falso-ambientaliste stanno tentando di favorire soluzioni miste tra fotovoltaico ed agricoltura, con serre fotovoltaiche, panelli sospesi ecc. che comunque sottraggono la risorsa “Sole”, al mondo vegetale e pertanto di dubbia efficacia e di conclamata dannosità paesaggistica, pur di favorire ancora la fotovoltaicizzazione ed iperelettrificazione speculativa dei campi, sulla cui nocività per innumerevoli fattori (dall’ uso dei diserbanti, ai campi elettromagnetiche, ai componenti nocivi dei pannelli, come per il Tellururo di Cadmio, l’Arseniuro di Gallio, ecc.) oggi colpevolmente da parte delle autorità pubbliche preposte (Asl, ARPA, ecc.) ancora non si indaga adeguatamente, con il grave rischio di avere tra qualche anno un’emergenza del tipo di quella “amianto” causata da una eccessiva superficialità iniziale!

Le stesse associazioni, mere scatole svuotate degli originari valori statutari ecologisti, si dicono, strumentalmente, “favorevoli all’ubicazione dei pannelli fotovoltaici in zone agricole”, che essi definiscono “degradate”! “Degradate” !? Ma non si deve assolutamente introdurre in queste logiche il concetto stesso di zone degradate!!! Sarebbe iper-sbagliato! Nelle cave, ad esempio, si facciano laghi, si piantino piante, si coltivi! Nelle aree degradate agricole, inquinate, cementificate, le si de-cementifichi, le si bonifichi dagli inquinanti e le si ri-naturalizzi! Le si rimboschisca, se si ha davvero a cuore i clima del globo, e soprattutto il microclima e la biodiversità! Le si facciano tornare campi e pascoli fertili e produttivi!

Le aree degradare dall'uomo ad hoc esistono già e si chiamano "zone industriali" preesistenti, e tante con tanti lotti inutilizzati ancora, o dismessi, e son pure già urbanisticamente infrastrutturate ad hoc per la sicurezza, e programmate non certo per viverci! I pannelli fotovoltaici vadano su tetti di tutti gli edifici recenti, migliaia di ettari inutilizzati e biologicamente morti, di nullo valore estetico! Solo dopo averli occupati ci metteremo a tavolino e decideremo cosa altro ci serve in termini energetici! E faremo eventualmente altre concessioni, come sistema Italia, ma intanto anche la tecnologia delle rinnovabili sarà avanzata, più efficiente e di minore impatto, rispetto a quella attuale di eolico e fotovoltaico, tecnologicamente disponibile sul mercato, e che siamo costretti ad affrontare! Il concetto di area degradata pro-fotovoltaico è pericoloso, pericolosissimo, si presta a mille invenzioni diaboliche da parte delle male lobbies di speculatori politico-imprenditoriali, scoraggia ogni futuro intervento di restauro paesaggistico, di cura del paesaggio che deve partire proprio dalle aree degradate e che deve essere il contributo che da noi tutti più deve giungere alla cultura amministrativa italiana, dove deve divenire pratica prioritaria!

Ed inoltre in un circolo vizioso, tale concetto porta a degradare strumentalmente aree oggi non tali, al fine di favorirvi la speculazione, quasi fisiologicamente “mafiosa”,  della Green Economy Industriale, fisiologicamente tale poiché fondata non sui doni della terra o del sole e del vento, ma sui nostri incentivi pubblici, e poiché depreda noi tutti non solo dei nostri denari, ma anche del nostro vitale habitat e del nostro paesaggio, il libro aperto al cielo della nostra storia ed identità, la scenografia della piacevolezza della nostra esistenza! Paesaggio che questa estesa mala distrugge incostituzionalmente ed immoralmente come nulla mai sin ad oggi nella storia umana, con rapidità ed estensità inaudite! Si deduce oggi dalle ultime normative  che: sono utilizzabili terreni da almeno 5 anni non coltivati per l’ubicazione dei pannelli nei campi per impianti industriali, cioè volti alla vendita dell’ energia”! Ma che significa?! Sono follie! Si vuole far passare per degradati terreni non coltivati da 5 anni almeno? Ma son proprio quelli i terreni più naturalmente fertili!! Ma si è smarrito ogni rapporto con la natura, con la scienza millenaria dell’agricoltura: sono i terreni a riposo, quelli più arricchiti di humus, quelli a più alto potenziale di fertilità! Si è dimenticato, nella pazzia speculativa dell’industrializzazione chimica dell’agricoltura che fa oggi massiccio uso di abbondanti, e anche nocivi, fertilizzanti chimici, concetti come il “riposo dei terreni”, le “rotazioni delle colture”, il “maggese”! I terreni "degradati" non esistono! E se esistono non devono esistere più!

Tutta la degenerazione del tessuto socio-politico ambientalista italiano si evince nella delittuosa scomparsa di qualsiasi politica di rimboschimento, e di riforestazione vera, estesa, partecipata e razionale dell’Italia, che dovrebbe essere la priorità di ogni impegno in favore del clima e del microclima e non solo, del suolo, della salubrità dell’ambiente, della biodiversità, del paesaggio e dell’economia silvo-agro-pastorale. Invece si concedono finanziamenti pubblici fortissimi per una speculazione, quella industrializzante del fotovoltaico a terra che desertifica artificialmente vetrificando migliaia di ettari ed ettari di territorio, depauperandone l’ humus vitale, cancellandone la biodiversità, ed estirpandone ogni cultura, anche persino della vite e dell’ olivo, delle blasfemie,  in nome di politiche di facciata contro i cosiddetti “surriscaldamenti climatici” ed il conseguente rischio di naturale desertificazione cui ampie zone dell’ Italia e del Mediterraneo sono sottoposte, come dichiarato dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite-ONU (si pensi solo ad esempio alla Puglia). Siamo al paradosso più totale ed umanamente intollerabile!   Ed è questa una denuncia forte che il comitato lancia affinché il mondo politico-amministrativo italiano ripercorra con decisone la strada dei rimboschimenti, come stanno facendo numerosi paesi europei e del mondo, dall’ Inghilterra alla Cina, abbandonando la mala strada innaturale e esecrabile della industrializzazione all’energia delle campagne!

Urge una rievangelizzazione alla cultura dell’ elementarità della natura della nostra società e di tutta la nostra presente e futura classe dirigente! Quella odierna, di destra sinistra e centro, ha fallito non solo davanti al popolo italiano, davanti alla costituzione che calpesta! Ha fallito il suo ruolo storico davanti alla Natura, e questo è gravissimo! Anche questa è una missione culturale, tra le missioni politiche-ambientaliste fondanti! Un impegno per la vita e per la bellezza della nostra sacra nazione Italia! le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolari.le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolariDa tutta Italia, come prima iniziativa del comitato, di fatto spontaneamente costituitosi intorno a questo gravissima deriva della nostra democrazia che la Green Economy Industriale odierna fortemente rappresenta, con il grave logorarsi conseguente ed il venir meno anche delle più elementari garanzie e del rispetto dei diritti dei cittadini e dei principi sanciti dalla Costituzione italiana, Si leva un appello forte al Governo e al Parlamento tutto perché intervengano facendo rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto, ed un appello ogni uomo politico italiano, di qualsiasi schieramento, perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!

Chiediamo il taglio  in maniera retroattiva di tutti gli incentivi pubblici per tutti gli impianti eolici e fotovoltaici già realizzati, di qualsiasi potenza, industriali, cioè destinati alla produzione di energia prioritariamente per la vendita e non per l’autoconsumo, e l’azzeramento del meccanismo mistificatorio e falso-ecologista dei “certificati verdi”, ma una tassazione permanente per tutti questi impianti per il danno immane che arrecano al Paese e alla qualità della vita dei cittadini, ovunque in rivolta contro questi orrori industriali ubicati sulle campagne, in mare e persino sui laghi! Una “tassa sul brutto” che scoraggi definitivamente e che renda economicamente del tutto sconvenienti ulteriori simili sfregi e tentativi speculativi ai danni del paesaggio italiano! In tutto il percorso autorizzativo degli impianti industriali da rinnovabili i cittadini, scientemente, nella maggior parte dei casi, non sono stati messi adeguatamente a conoscenza degli iter autorizzativi, né tantomeno dei progetti, della loro entità e dell’impatto sui luoghi e sulle economie locali. La mancanza di rispetto del diritto dei cittadini locali da parte delle amministrazioni, nel coinvolgimento  e nell’informazione, previsti a norma di legge per queste tipologie d’industrie, è vergognosa, soprattutto alla luce dei fatti ormai noti di errori grossolani di progettazione, falsità e di anomale omissioni e dimenticanze. Si tagli il finanziamento statale a questa frode assurda della Green Economy Industriale, che, strumentalizzando e calpestando al contempo l’ “ecologia”, grava pesantemente sui cittadini e sulle casse dello Stato, con bilanci da intere finanziarie, senza alcun beneficio per l’ambiente, ma anzi con innumerevoli danni ad esso ed al paesaggio italiano tutelato dalla Costituzione italiana, art. 9, tra i principi fondamentali. Un danno incalcolabile all’economia del Bel Paese fondata sul paesaggio attraverso il turismo! Una speculazione che inoltre disperde le ricchezze finanziarie statali, le volatilizza, poiché gran parte dei guadagni finiscono all’estero attraverso il coinvolgimento nelle proprietà di questi impianti di istituti bancari stranieri e ditte estere, con sistemi di scatole cinesi, che portano talvolta, o meglio spesso, a società off-shore con sede nei paradisi fiscali! Anche ed ancor più all’indomani del referendum contro il nucleare, con il quale gli italiani hanno espresso la volontà di favorire forme di produzione dell’energia davvero ecocompatibili e pulite, il fotovoltaico industriale che vetrifica e desertifica i campi, sottraendo spazio alle colture, ai pascoli e alla vita selvatica, ed il mega e medio eolico che falcidia i volatili e sfigura catastroficamente il paesaggio quotidiano di ognuno di noi, devono essere fermati, e sostituiti da una politica volta a favorire le produzioni di energia rinnovabile in forme davvero pulite, eticamente parlando ed ecologisticamente, che sostituiscano le forme industriali sopra accennate fisiologicamente di grave impatto ambientale: occorre favorire pertanto l’autoproduzione di energia del sole con pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici recenti, superfici queste biologicamente morte, inutilizzate, estesissime per centinai e centinaia di ettari; le ubicazioni su di esse dei pannelli capta sole hanno pertanto un impatto nullo ambientale ed estetico, con azzeramento del consumo di vivo suolo, e massimo rispetto del paesaggio e degli edifici, luoghi e centri storici. Si pensi alle enormi superfici dei capannoni industriali, di scuole, altri istituti, ospedali, caserme, uffici pubblici, condomini, civili abitazioni di epoca recente, parcheggi coperti, stazioni ecc. ecc. Non solo, in tal modo si aiutano direttamente i privati che installando i pannelli sui tetti di loro proprietà ne conseguono immediati sgravi in bolletta, senza più alcuna speculazione ai loro danni e ai danni delle casse dello Stato intero! Prima si inizi, con la politica dei piccoli passi, a solarizzare i tetti degli edifici recenti, all’indomani del recente referendum, rimandando alla fine di tale operazione, la valutazione di ulteriori strategie energetiche, dopo aver ponderato i virtuosi risultati così ottenuti dal paese in termini energetici!

Inoltre un appello a tutti gli enti preposti ai controlli sulle autorizzazioni rilasciate, a tappeto, si laddove per situazioni omertose o altro non vi siano esposti, sia laddove ci siano già esposti alla Magistratura per irregolarità, falsità ed omissioni! Autorizzazioni che devono essere revocate in autotutela a difesa dei cittadini vittime di tali soprusi e vengano riconosciuti i danni morali e materiali subiti. Si chiede al Governo una moratoria urgente per gli impianti industriali fotovoltaici a terra ed eolici, considerata la necessità di verificare le procedure adottate da Comuni e Province che in molti casi risulterebbero difformi e irregolari, e soprattutto al fine di impedire la catastrofica e generalizzata devastazione che la loro realizzazione comporterebbe per grandissime aree dell’intero paese, che verrebbero stuprate profondamente e snaturate senza neppure poter trovare precedenti storici oggi, per descriverne sensitivamente l’ immane portata! L’appello ad un impegno politico-trasversale forte per salvare, con l’economia di questo nostro Paese, forse per la prima volta nella sua storia, anche il paesaggio e la natura, che questi impianti falso-ecologisti, e dalle falsissime e artatamente gonfiate ricadute occupazionali, di eolico e fotovoltaico industriali, distruggono ignominiosamente! La crescente rete di persone incontratasi su facebook  costituirà un Comitato Nazionale legalmente riconosciuto che sia anche portavoce e cassa di risonanza forte di tutti e possa presentare delle mozioni ai responsabili dell’ambiente! Un comitato che nasce già dalla confluenza di tantissime realtà associative, e comitati locali e nazionali e di tantissimi cittadini italiani e non amanti del paese più bello del mondo! Vogliamo essere quanto più apartitici possibile, o pan-partitici, la lotta per la difesa del territorio è appena iniziata e chi condivide questo nostro approccio alla soluzione dei problemi di tipo ambientale è invitato ad iscriversi su facebook al link: “Comitato nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi” link: http://www.facebook.com/groups/192311587488270


Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio, della Salute e dei Diritti del Cittadino

Forum Ambiente e Salute del Grande Salento – Rete Apartitica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 17/04/2017 @ 16:57:21, in NoiAmbiente, linkato 1561 volte)

Come si fa a non restare meravigliati davanti a questo esplodere di verde e fiori. Soprattutto dove l’uomo non ha messo mani con la pretesa di abbellire la sua dimora. Lo spettacolo che ci viene offerto nuovamente in questi giorni dalla natura è veramente qualcosa di strabiliante. Più di una festa di compleanno, di una crociera, di un nuovo amore, più di ogni torta a venticinque piani, più di un gratta e vinci che ti cambia la vita, più di un’auto nuova, più della vittoria della squadra del cuore, più della elezione a sindaco, insomma più di tutte le ambizioni che apparentemente ci distolgono dagli accidenti che spesso ci procuriamo da soli.

Ecco, lo spettacolo che ci viene offerto è davvero stupendo. E la sua meraviglia sta proprio nel fatto che fra pochi giorni, sarà tutto secco e io amo anche il secco. Questa è la Natura. Questa è la sua magia.

Così mentre cerco di scomparire con lo sguardo in questo oceano di colori non posso fare a meno di evitare il colpo allo stomaco. Mi sarei dovuto fermare fuori e accontentarmi di guardare da lontano quello che la vista mi permette di vedere. Ma io sono stato ingordo e mi sono voluto avvicinare, a sentire anche i profumi del finocchio selvatico, della menta e delle erbe aromatiche. Così l’idillio è finito.

Il mondo dell’apparenza, dell’esteriorità, del bello fuori e schifo dentro, lo abbiamo esteso pure alla Natura. Solo che la Natura non fa sconti a nessuno, restituisce il maltolto.

Sbattendo contro secchi di plastica e sacchi di immondizia gettati a spaglio, come si fa con la semina del grano. Niente da fare, la natura comprende anche le idiozie di alcuni nostri concittadini. E dulcis in fundo, l’ennesima discarica di plastica, una montagna di teli che i contadini usano per la pacciamatura. Pronti per essere diffusi nell’aria del paese in fumo. Altro inceneritore dispensatore di diossina. Ci dovremo adeguare e anche i nostri polmoni dovranno smetterla di protestare e ammalarsi di cancro.

Con questi idioti stiamo perdendo la battaglia.

Per fortuna non tutto è perso, e Maurizio, un operaio della Monteco, sta cercando di porre rimedio al danno che gli anonimi costruttori di discariche e inceneritori abusivi realizzano di continuo.

Maurizio è un ragazzo di Noha. Conosco la sua famiglia da sempre. Mi avvicino per fare quattro chiacchiere.

“Buongiorno. Io mi chiamo Marcello.” Lo dico pensando che non si ricordi di me.

E lui invece prontamente mi risponde: “si.. si.. ti conosco.”

“Ah, bene.” E continuo dicendogli: “Finalmente Monteco ha deciso di mandare qualcuno a ripulire questo angolo di schifezze che non fa onore a nessuno.”

Maurizio mi risponde che non è esattamente così. Lui ha un programma ben definito che deve svolgere durante le sue ore di lavoro. Ripulire le discariche abusive non fa parte del suo programma. Anche se a volte il suo responsabile gli chiede di farlo. Ma raramente. Oggi però Maurizio ha fatto uno strappo alla regola, quella che il suo capo squadra gli ordina. Ha terminato le sue attività programmate e passando davanti all’ingresso della cava De Pascalis, si è fermato e ha raccolto tutti i sacchi di immondizia ammucchiati al lato dell’ingresso. Altro tallone d’Achille del nostro finto perbenismo. Gli chiedo anche il nome del suo capo squadra, perché vorrei chiamarlo e dirgli che ha come collaboratore una ottima persona, onesta intellettualmente, cosa molto rara (l’onestà intellettuale). Vorrei dire al suo caposquadra di far ripulire più spesso questi scorci di panorami così diffusi in giro. Ma Maurizio mi risponde che loro, Monteco, ce la mettono tutta, solo che dopo aver ripulito, nel lasso di pochi giorni, gli idioti del malaffare tornano a sporcare. Ecco, così a perdere la battaglia ora siamo in tanti. Insomma in questo paese pochi “Zozzoni” vincono sulla civiltà. Forse sarebbe opportuno che tutti noi facessimo uno strappo alla regola, come ha fatto Maurizio. Forse il prato verde, quando fra pochi giorni sarà secco, ci svelerà altre meraviglie, che non dovrebbero necessariamente essere montagne di rifiuti e di plastiche che vanno in fumo. Chissà se un giorno riusciremo ad essere tutti onesti intellettualmente come Maurizio.

 Marcello D’Acquarica

 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/09/2019 @ 16:46:04, in I Beni Culturali, linkato 1835 volte)

Giornata di sole e l’ora giusta per notare come una nuova luce possa cambiare l’immutabile scenario del muro di cinta di ciò che resta dello Stabilimento Brandy Galluccio, sull’ultima curva all’ingresso di Noha. Oggi, ore 12,00, con il taglio dell’erba appena eseguito, un bellissimo cespuglio di fiori si erge solenne sui resti del monte calcareo che regge le mura degli uffici del vecchio complesso.

Sono bocche di leone, dice Maria Rosaria, cresciute in un piccolissimo strato di terra dove non crescerebbe nemmeno l’erba.

Uno spettacolo che mi colpisce all’istante, e un attimo dopo sono davanti a questo altare rinnovato che si erge con imponenza, quasi a voler chiedere rispetto per questo luogo di preghiera perenne scelto duemila anni fa dai nostri antenati. Sì, sembra proprio un altare.

Approfitto del ciglio della strada ripulito e della luminosità abbagliante per osservare lentamente, come già fatto decine di volte, quel tratto di muro costruito agli inizi del secolo scorso, senza scavi, poggiando semplicemente le pietre di fondamenta sul monte calcareo e quindi sugli antichi e numerosi sepolcri messapici. Non sappiamo se chi ha costruito quel muro sapeva della presenza dei sepolcri, ma hanno fatto bene a non distruggerli, come purtroppo è stato fatto durante i lavori di ristrutturazione della via di Noha, una volta denominata via S. Lucia. (L’Osservatore Nohano -  07 gennaio 2008 - n°10 Anno I)

In questa favorevole condizione, altre tombe risaltano alla vista, ne ho contate almeno dieci. Sono tracce di colori, di incisioni e forme quasi inconfondibili. E questo soltanto sul profilo tagliato per tracciare la strada. Possiamo immaginare come tutto quel tratto di promontorio sia stato una vera e propria necropoli dei nostri antenati di circa duemila anni fa.

Dieci tombe, dieci persone, non ci è dato di sapere se uomini o donne, se soldati o sacerdoti, se bambini e vecchi. Pochi sono i resti venuti alla luce e, come sappiamo, almeno quelli ritrovati negli anni ’50 dello scorso secolo sono andati persi. Persi nel nulla di questa epoca che non rispetta la vita, tantomeno la storia.

A che serve continuare a dire che i beni culturali di Noha sono i testimoni di una bellissima storia, la nostra. Se poi tutto viene lasciato andare nel degrado più assoluto, se non addirittura distrutto come sta accadendo allo stesso testimone di archeologia industriale tutta ancora da scoprire. Il nuovo cartello indicante la proprietà privata, sembra quasi voler imporre a tutti la sua arroganza.

Così funziona nel nostro paese da un bel po’ di decenni.

No, non può bastare che la Soprintendenza abbia posto un vincolo di rispetto per questi sepolcri, altari, guglie, camini, e mura ancora “vivi”. Sono beni che ci implorano solo un po’ di rispetto e, se possibile, un pizzico di riverenza: come si deve a chi ha superato le barriere del tempo, ma non ancora quelle della stupida tracotanza di chi calpesta perfino la bellezza gratuita.

Su questa parte di roccia affiorante, si possono notare le parti concave, tracce di due sepolcri attigui,  tinte dello stesso colore delle altre tombe messapiche.

Queste sono le tracce delle due tombe messapiche riportate nelle tre edizioni del libro “La storia di Noha” di P. Francesco D’Acquarica, scoperte durante i lavori di sistemazione della via di Noha negli anni ’50 del secolo scorso.

 

Marcello D’Acquarica

 

E’ argomento di questi giorni in città l’intervento programmato dall’Amministrazione per il restauro e la messa in funzione dello storico orologio in un contesto generale di restauro e riqualificazione della Torre Civica in via Vittorio Emanuele II i cui lavori, finanziati interamente dal GAL senza nessun aggravio sulle casse comunali, sono giunti a conclusione e i locali si apprestato ad ospitare l’Ufficio di Informazione Turistica.

L’attenzione e la volontà di fare le cose nel migliore di modi è evidente; l’amministrazione del Sindaco Marcello Amante ha incaricato il Dirigente ai LLPP, Arch. Nicola Miglietta, di curare il progetto e la direzione dei lavori in perfetto accordo e sintonia con la Sovrintendenza per i beni culturali di Lecce.

Se i lavori di ristrutturazione dell’immobile sono stati affidati alla ditta Nicolì SpA, specializzata nel settore con un’esperienza a valenza internazionale (peraltro in città ha curato il restauro della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria), l’intervento sull’orologio posizionato nella parte alta della torre è stato affidato ad un’azienda altrettanto specializzata, Bellucchi Echi e Luci Srl, che da sempre interviene e recupera in tutta Italia orologi dalla particolare valenza storica.

Comprendiamo alcune preoccupazioni di chi ben comprende l’unicità del nostro orologio e ne teme una potenziale snaturalizzazione che potrebbe svilire il suo valore “storico” ma possiamo senza alcun dubbio rassicurare costoro: non è prevista nessuna manomissione del meccanismo, non lo volevamo e non lo avremmo permesso. All’ingranaggio, che ripetiamo non sarà modificato, sarà integrato un sistema di carica automatica che permetterà all’orologio di segnare ininterrottamente le sue ore senza la necessità di un intervento umano quotidiano. Abbiamo chiesto peraltro alla ditta del Cav. Bellucchi la possibilità di poter disinserire tale sistema automatico per poter riassaporare il sapore dell’antica carica manuale in qualsiasi momento lo si voglia.

La struttura meccanica con i suoi pregiati “ingranaggi e meccanismi” è a tutt’oggi nella sua naturale allocazione e non è previsto nessun spostamento in altro luogo. Ogni intervento sarà effettuato in loco e pertanto l’orologio non abbandonerà mai la sede della Torre Civica.

Discorso a parte va fatto per il quadrante in cristallo, anch’esso di valenza storica ma che risulta essere rotto in tre parti (e le foto allegate lo evidenziano) e, pur intervenendo con un’azione conservativa di restauro, i tecnici e la Sovrintendenza considerano potenzialmente pericoloso il suo posizionamento nella sede originaria. La scelta dell’Amministrazione, che non può disattendere tali indicazioni, è quella di sostituire il quadrante con altro nuovo, sempre in cristallo, dando indicazioni affinché il quadrante storico sia, una volta messo in sicurezza, posizionato ed esposto nel locali della medesima Torre Civica.

Nessun allarmismo quindi, l’Amministrazione è ben consapevole dell’importanza, della necessarietà e della delicatezza di questo intervento di restauro e meccanizzazione, da aver impiegato le sue migliori energie e competenze per intervenire laddove ci avevano provato in molti negli ultimi decenni. Infatti, una delibera di giunta del lontano 1981 che dava indicazioni in tal senso è agli atti del Comune con la firma del Sindaco beniamino De Maria, ma riteniamo di poter affermare che questa volta l’orologio della Torre Civica di Galatina tornerà a scandire il tempo per i galatinesi, grazie al pragmatismo e alla concretezza dei fatti del Sindaco Marcello Amante e di questa amministrazione.

Vito Albano Tundo

Pierantonio De Matteis

 

Domenica mattina, e cioè domani, tempo permettendo, è stato organizzato un giro cognitivo sui beni culturali di Noha, saranno ospiti e quindi fruitori dell'evento, un club di appassionati della lambretta: New Club Salento.
L'appuntamento è alle ore nove, nei pressi delle casiceddhre.
Siamo lieti che i beni Culturali di Noha richiamino ancora  l'attenzione di "forestieri".
P.S.: l'organizzatore ci ha confidato queste parole: "vogliamo vedere le casette di Noha". 

Redazione

 
Di Marcello D'Acquarica (del 30/04/2017 @ 16:13:59, in NohaBlog, linkato 2186 volte)

Martedì 25 aprile, giorno della Liberazione, Loredana Tundo, Direttore provinciale dell’Acli, vice presidente del neo nato laboratorio locale di FareAmbiente Laboratorio di Galatina e segretaria dell’Associazione calcistica di Noha, madre responsabile, sennonché amica carissima, mi ha invitato a fare da “mentore” per parlare dei beni Culturali di Noha, durante la passeggiata organizzata in onore della nostra squadra di calcio. Non me lo sono fatto dire due volte. Guai a chiedermi di esprimere la mia opinione su NOHA (vi ricordo che abbiamo già appurato che il suo vero nome è Nove). Non mi ferma più nessuno. Molto probabilmente ho anche annoiato gli sfortunati partecipanti alla manifestazione che spesso mi hanno dovuto “strappare” via la voce, visto che non avevo nemmeno un microfono. Quello di parlare tanto su Noha e della sua bellezza è un difetto che proprio non riesco a correggere. Non me ne vogliamo gli ospiti che erano presenti alla manifestazione.

Quindi otre alle tante notizie che ho menzionato durante il percorso, ho fatto notare ai presenti, fra cui anche alcuni cittadini galatinesi che ci hanno onorato della loro presenza, che un “possidente” di Noha, vissuto al tempo della costruzione dell’Ospedale e della Basilica di Santa Caterina Novella, ha contribuito al progetto della medesima Basilica di S. Caterina con la donazione di vari terreni di sua proprietà.

Così riporta Pietro Congedo nel libro “Chiesa, convento e ospedale “S. Caterina” di Galatina, nella storia del Meridione d’Italia”.  [S.l. : s.n.], stampa 2006 (Aradeo: Guido)

“Nel 1390 la costruzione della nuova casa di cura orsiniana non era stata ancora ultimata, come si evince dall’atto notarile del 28 settembre, relativo alla donazione di vari terreni effettuata da Giovanni Ciranoia di Noia (Noha)  a favore di …Frà Nicola da Nardò, Guardiano Procuratore della Chiesa e spedale da farsi nuovo di S. Caterina di Galatina (v. M. Montinari, o.c., doc. n. 13 p. VIII).”

In conclusione, siamo orgogliosi di poter affermare, che anche Noha ha contribuito alla realizzazione di quella grande opera artistica orsiniana che è la Basilica di S. Caterina Novella, uno dei più insigni monumenti dell'arte romanica pugliese e gotica in Puglia, già classificata monumento nazionale di I categoria nel 1870.

P.S.: Nella Basilica sono conservati anche i 19 schienali del coro ligneo e dipinti da P. Matteo di Noha  (Noha 1704 + Nardò 1728)  P.Matthaeus a Noha Reform. Pingebat A.D. 1721.

Vedi: L’OSSERVATORE NOHANO 09 novembre 2008 - n°8 Anno II - su Noha.it

Marcello D’Acquarica

 

Parliamo di libri questo pomeriggio di fine estate, in questo cortile, luogo del cuore, purtroppo semidiruto, graffiato dall’ira del tempo e dall’abbandono degli uomini. E lo facciamo quasi sottovoce (anche se con il microfono), con delicatezza, come si conviene, per non svegliare i fantasmi del passato, aggrappati alle volte dei secoli.
In questo luogo, appena cinque secoli fa, si sentiva ancora rumore di armi e di guerrieri, di cavalli e cavalieri, di vincitori e vinti.
Al di là di questo muro, tra alberi di aranci, una torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: è la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300. Quelle pietre antiche e belle urlano ancora, ci implorano, richiedono il nostro intervento, un “restauro”, il quale sempre dovrebbe rispettare e storia e arte.
Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. Qui abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa. 
Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
Da qui passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…
*
Ma la storia noi stiamo continuando a scriverla; voi potete continuare a scriverla, e non solo nelle pagine di un libro. Solo se diamo corso (come stiamo credendo di fare) ad un nuovo Rinascimento ed ad un nuovo Umanesimo di Noha, daremo una svolta alla nostra vita e alla nostra storia. E alla nostra civiltà. 
*    *    *
Noi ci troviamo dunque in un “praesidium”, un presidio. E Noha era un presidio.
E sapete anche che Noha è, da non molto tempo, invero, “Presidio del libro”.
Ma cosa è un presidio?
Sfogliando un dizionario d’italiano (che dovremmo sempre avere a portata di mano, pronto per la consultazione) al lemma o parola “presidio” troviamo questi significati: 1) presidio = complesso di truppe poste a guardia o a difesa di una località, di un’opera fortificata, di un caposaldo; luogo dove queste truppe risiedono (per esempio si dice “truppe del presidio”);
2) presidio = occupazione di un luogo pubblico a fini di controllo e sorveglianza o anche solo di propaganda (per esempio “presidio sindacale nella piazza”); 
3) presidio = circoscrizione territoriale sottoposta a un’unica autorità militare;
4) presidio = complesso delle strutture tecnico-terapeutiche preposte in un dato territorio all’espletamento del servizio sanitario nazionale (presidi ospedalieri);
5) presidio = difesa, protezione, tutela (essere il presidio delle istituzioni democratiche);
6) presidio = sostanze medicamentose (presidi terapeutici) oppure presidi medici e chirurgici….
Vedete quanti significati può avere la parola “presidio”!
Penso che per il concetto di “Presidio del libro”, tutte queste definizioni, più o meno, calzino bene.
E’ un luogo. E la biblioteca Giona è il cuore di questo presidio.
Ci sono le truppe.
Ma le truppe siamo noi e  le armi sono i libri; i carri armati sono gli scaffali che li contengono.
Le altre armi, invece, quelle da fuoco, le lasciamo agli illetterati, ai vandali, ai mafiosi, a chi non è trasparente, a chi non ha idee, a chi non ama il bello.
Presidio del libro è anche sostanza medicamentosa, terapeutica, contro i mali della società.
Il presidio del libro riuscirà a sovvertire, a sconfiggere quell’altro presidio: il “presidio della mafia”? 
Forse si: se questi libri li apriamo, li sfogliamo. Li annusiamo, anche, e li leggiamo, li prendiamo in prestito, li consigliamo agli altri, li doniamo. Ne incontriamo gli autori, ne parliamo a scuola, in piazza, dal parrucchiere, dall’estetista, al supermercato, al bar, al circolo, fra amici.
Tutti i luoghi sono opportuni per parlare di libri: a volte basta solo un cenno, non c’è bisogno di una conferenza in una sala convegni per parlare di letteratura, di poesia, di storia, di leggenda, di arte...
Ecco allora che “Presidio del libro” diventa “difesa”, “protezione”, “tutela”, “crescita”, rispetto della persona, dei luoghi, dei beni culturali, di Noha tutta. Solo chi legge difende i monumenti, la piazza, la torre, questo castello, la masseria, la casa rossa, la trozza, la vora, il frantoio ipogeo, le casette dei nani… Ma anche i giardini, le terrazze, la campagna, i colori delle case di Noha (che stanno sempre più perdendo il loro colore bianco brillante, quello della calce, per diventare d’arlecchino multicolore, a volte troppo appariscente…). Chi legge difende la civiltà, la democrazia, l’etica, la libertà del pensiero e del giudizio e finanche della critica (costruttiva), e tutela il bello che è integrità, luminosità e proporzione.     
Guardate che la biblioteca o la libreria (che non dovrebbe mai mancare in ogni casa: meglio se questa libreria è ricca, e piena di libri e non contenga solo un’enciclopedia a fascicoli che ti danno in regalo con l’acquisto dei detersivi o con la raccolta dei punti al distributore di benzina); dicevo, la libreria non è solo un deposito o una raccolta di libri. Ma uno strumento di conoscenza ed in certi casi di lavoro.
*
E’ vero: esistono così tanti libri, che spesso non si sa da dove incominciare.
Se soltanto volessimo leggere i “classici”, cioè i libri, diciamo, fondamentali per l’uomo di buona cultura, volendone leggere, ad esempio, uno ogni settimana (che è una ragionevole media), non ci basterebbero 250 anni. Dovremmo vivere almeno 250 anni, per leggere ininterrottamente i libri diciamo più importanti o indispensabili.
Se a questi volessimo aggiungere le collane della Harmony, o i libri di Harry Potter, o quelli degli scrittori minori o locali (come siamo noi), o gli altri che leggiamo per diletto o divertimento, (tutti ottimi! Ma non classici) necessiteremmo almeno del doppio di questi anni, vista permettendo!
Dunque: nessuno può aver letto o leggere tutto (neanche le opere più importanti).
E questo però ci consola.  
Intanto perché possiamo partire a piacere da dove vogliamo.
Ed un altro fatto che ci rassicura è che spesso i libri parlano di altri libri: cioè con la lettura di un libro a volte riusciamo a entrare in altri libri (anche senza aver mai visto questi altri libri): i libri infatti sovente, tra un riferimento e l’altro, si parlano tra loro.
I libri sono come i nostri amici che ci riferiscono come stanno gli altri nostri amici, che magari non vediamo da tempo.
*
Sentite.
Spesso si parla del dovere di leggere.
No! 
Leggere non è un dovere: è un diritto!
Inoltre il lettore ha altri diritti (come dice Daniel Pennac, nel suo libro intitolato Come un romanzo, Feltrinelli, 6 Euro):  e  questi diritti sono i seguenti: primo il diritto di non leggere (ciò che ci impongono); poi, il diritto di saltare le pagine; poi abbiamo il diritto di non finire un libro; il diritto di rileggere (non preoccupatevi: si può essere colti sia avendo letto quindici libri che quindici volte lo stesso libro. Si deve preoccupare invece chi i libri non li legge mai!); il diritto di leggere qualsiasi cosa; c’è poi il diritto di leggere ovunque (non solo a casa, ma al mare, sull’autobus, in villetta, ovunque); il diritto di spizzicare (si da uno sguardo, si legge la bandella della copertina, si apre a caso una pagina, si legge come comincia o come finisce: insomma pian piano un libro si può assorbire anche a “spizzichi e mozzichi”. Chi ce lo impedisce?); ancora il diritto di leggere a voce alta; infine il diritto di tacere: cioè nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa lettura, che è e rimane una cosa intima, esclusivamente nostra.

Leggendo, ragazzi, vedrete, poi, che riuscirete a descrivere qualcuno o qualcosa, utilizzando quelle stesse parole del libro: vi viene quasi automatico. Vi accorgerete di essere stati chiari e non banali; non avrete più il problema di cadere nei silenzi tra una parola e l’altra. Quei silenzi orrendi e imbarazzanti. Come il silenzio nel corso di certe  interrogazioni.
E non abuserete dei “cioè”; vi sentirete soddisfatti di questo, ma soprattutto imparerete a sognare, a volare alto, e difficilmente sarete malinconici.
*
Il nostro scritto prima ancora di iniziare a vivere nel libro, o su un giornale o su una rivista, si può già assaporare nelle parole della gente, con i suoi racconti, le sue esperienze: sentimenti, che lo scrittore ha raccolto e animato.
Ecco lo scrittore cerca di colorare il mondo. Noi abbiamo cercato di dare calore e colore alla nostra storia, alla nostra arte, alle nostre leggende.
P. Francesco D’Acquarica, che ha scritto con me le pagine di questo tomo (è come se avessimo eseguito una suonata a quattro mani e quattro piedi ad un organo a canne) ha compiuto un lavoro lungo decenni, s’è consumato gli occhi, per leggere, interpretare e ritrascrivere i documenti dell’archivio parrocchiale di Noha o quello vescovile di Nardò e numerosi altri documenti. E ha fatto rivivere la storia della gente ed i suoi pensieri (se leggiamo i proverbi che abbiamo posto in appendice, ad esempio, capiremo subito).
Ha risvegliato, ha ridato voce e fiato e vita e colorito ai nostri avi, ai nostri bisnonni, gli antenati. Per questo non finiremo mai di ringraziarlo.
Però il miglior modo di ringraziare uno scrittore è leggerlo.
E’ sfogliare il nostro libro, che abbiamo scritto con tanta passione. Leggerlo, consultarlo, criticarlo (anche), ma prima di tutto studiarlo.
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Vedete: Noha dopo il nostro libro: “Noha. Storia, arte, leggenda” non è più quella di prima. Anzi quanta più gente legge il nostro libro, tanto di più migliorerà la nostra Noha. Potremmo anche dire che oggi Noha è un po’ migliore, rispetto a ieri. Non dobbiamo aver paura di pensarlo e dirlo.
E sarebbe proprio la città ideale se tutti leggessimo quel libro, fossimo curiosi, ci conoscessimo di più.
Saremmo più gentili. Meno sospettosi. E anche più accoglienti.
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Abbiamo bisogno a Noha di scrittori, di gente che può cambiare il mondo. Ma prima di tutto abbiamo bisogno di lettori. I lettori sono i primi che possono cambiare il mondo. Se con la lettura si riesce a svagarsi, divertirsi, sognare, imparare a riflettere, allora si capisce meglio il mondo, e non si da retta alle futili mode o tecnologie o alle corbellerie. Ma è così che si cambia il mondo! 
Con la lettura miglioriamo il nostro stile di vita, il nostro equilibrio morale ed anche economico. Non a caso chi legge è anche più ricco, e gode di un più alto tenore di vita.
E, il più delle volte, è anche un po’ più affascinante (o almeno così qualcuna mi dice, lusingandomi)…
*
Democrazia e libri sono sempre andati storicamente a braccetto.
Le librerie e le biblioteche nei paesi liberi sono veri e propri presìdi di democrazia e civiltà. La libreria o la biblioteca è uno spazio amico. Giona è dunque una nostra amica. E certe amicizie vanno frequentate. 
In libreria o in biblioteca c’è la sostanza più potente di tutte: la parola scritta. Tutte le altre sono chiacchiere, parole al vento.
Nella vita di ogni uomo c’è un pugno di libri che lo trasformano radicalmente. Entra in un libro una persona e ne esce un’altra, che vede se stessa ed il mondo in maniera completamente diversa e farà cose diverse.
Un maglione, un’auto, una moto possono rappresentare un uomo ma mai cambiarlo come invece può fare un buon libro.
*
Il libro è un regalo. Un regalo che potete fare innanzitutto a voi stessi ma anche agli altri. E’ un regalo che si può “scartare”, aprire diverse volte e non soltanto una volta sola. E ogni volta la pagina di un libro può riservarci una gradita sorpresa.
Il libro è un capitale, un investimento che produce interessi incalcolabili.
E non c’è libro che costi troppo!
*
Qualcuno mi dirà alla fine di tutta questa pappardella: e il tempo per leggere? Dove lo trovo?
Certamente non abbiamo mai tempo! Presi come siamo dalla diuturna frenesia.
Ma su questo tema del tempo chiudo prendendo in prestito, guarda un po’, le parole di un libro.
E’ quello già citato di Daniel Pennac, il quale a pag. 99, di Come un romanzo, (Feltrinelli, ed. 2005), così si esprime:
<<…Si, ma a quale dei miei impegni rubare quest’ora di lettura quotidiana? Agli amici? Alla Tivù? Agli spostamenti? Alle serate in famiglia? Ai compiti?
Dove trovare il tempo per leggere?
Grave problema.
Che non esiste.
Nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. Poiché, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. Né i piccoli, né gli adolescenti, né i grandi. La vita è un perenne ostacolo alla lettura.
“Leggere? Vorrei tanto, ma il lavoro, i bambini, la casa, non ho più tempo…”
“Come la invidio, lei, che ha tempo per leggere!”
E perché questa donna, che lavora, fa la spesa, si occupa dei bambini, guida la macchina, ama tre uomini, frequenta il dentista, trasloca la settimana prossima, trova tempo per leggere e quel casto scapolo che vive di rendita, no?
Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.)
Rubato a cosa?
Diciamo al dovere di vivere.
……..
Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare?
Non ho mai avuto tempo di leggere, eppure nulla, mai, ha potuto impedirmi di finire un romanzo che mi piaceva.
La lettura non ha niente a che fare con l’organizzazione del tempo sociale. La lettura è, come l’amore, un modo di essere.
La questione non è di sapere se ho o non ho tempo per leggere (tempo che nessuno, d’altronde, mi darà), ma se mi concedo o no la gioia di essere lettore>>.

Grazie.


ANTONIO MELLONE
 

Nell’ambito delle direttive strategiche formulate per affrontare l’emergenza connessa all’insorgenza di patologia COVID 2019

Per l’intera durata del periodo emergenziale sarà svolta dal Nucleo Operativo di Protezione Civile di Galatina un servizio di assistenza dedicato ai cittadini in quarantena domiciliare, ovvero in condizioni di fragilità che ne consiglino l’isolamento, o ancora impossibilitati per ragioni contingenti e serie a provvedere a:

• Recupero di farmaci e ritiro delle relative prescrizioni mediche

• Rifornimento di generi di prima necessità

• Pasti preconfezionati

Si specifica che le spese per i beni acquistati sono a carico delle persone da assistere.

Il servizio verrà effettuato dalle ore 08:00 alle ore 20:00 tutti i giorni della settimana, festivi inclusi.

Per la trasparenza e la sicurezza, all’utente verrà comunicato preventivamente il nome dell’operatore che effettuerà il servizio

Per poter richiedere assistenza si possono utilizzare i seguenti numeri telefonici:

Nucleo protezione Civile 0836.561205

Comando Polizia Locale 0836.566514 – 0836.564767 -  366.5360194

 

Gli operatori che presteranno il servizio seguiranno prescrizioni di sicurezza rimanendo alla distanza minima di mt. 1, utilizzando mascherina e guanti monouso laddove fosse opportuno.

 Si raccomanda di fare ricorso al servizio solo in casi di effettiva necessità, permettendo così di poter assolvere nel migliore dei modi a tutte quelle criticità che sono la reale ragione della prestazione stessa.

Il servizio di assistenza domiciliare è svolto su base volontaria ed anche per questo va il nostro ringraziamento alle donne e uomini che contribuiscono con il loro tempo e rendere un servizio utile alla comunità.

Nico Mauro

Assessore alla Protezione Civile

 

Nelle scorse ore ho appreso dal social Facebook della cerimonia organizzata per l'assegnazione del “Premio Città di Galatina - beniamino De Maria” e della conseguente assegnazione già definita nei fatti e resa pubblica da un post pubblicato nel pomeriggio di ieri dal Club per l'Unesco di Galatina e della Grecia Salentina, successivamente rimosso.
Preciso che la predetta commissione è stata convocata per il giorno 09/10/2023 p.v. e della stessa sono stato nominato componente quale rappresentante delle forze politiche di minoranza, proprio per la individuazione dell'illustre concittadino meritevole del premio.
Evidente che se tale notizia fosse confermata, svilirebbe sia il ruolo della Commissione e dei suoi emeriti componenti, chiamati a ratificare una decisione già presa, sia l'importanza del premio, proprio perché la valutazione della commissione per la sua qualificata composizione (Magnifico Rettore dell'Università del Salento, Presidente dell'Ordine dei Medici e Parroco della chiesa Matrice), conferisce dignità e valore alle proposte ed alle scelte conseguenti.
Le chiedo, pertanto, di chiarire immediatamente la natura del manifesto riportante tra gli altri il logo della nostra Città, al fine di poter trarre le opportune considerazioni riguardo alla mia permanenza nella commissione.

Con Osservanza.

Emanuele Mariano

 
Di Albino Campa (del 29/06/2009 @ 16:04:09, in NohaBlog, linkato 3969 volte)

Su "Il Titano" di quest'anno 2009 a pag. 45 troviamo l'articolo di Antonio Mellone che recensisce il libro "I beni culturali di Noha" di Marcello D'Acquarica. Ve lo riproponiamo di seguito. Il libro, che verrà presentato con una grande festa nel mese di settembre è disponibile presso la bottega d'arte di Paola Rizzo.

 

“I beni culturali di Noha” di Marcello D’Acquarica

E’ da poco venuto alla luce dai torchi del bravo editore galatinese Panìco un libro dal titolo “I beni culturali di Noha”, il cui autore è Marcello D’Acquarica, un nohano che come tanti altri ha come domicilio un avverbio di luogo: fuori.
Marcello D’Acquarica infatti si guadagna il giorno a Rivoli, alle porte di Torino; ma appena può con moglie e figli torna a Noha, il borgo che gli ha dato i natali e che si è afferrato alla sua infanzia, quasi come gli ami si conficcano nella carne.
I beni culturali sono quei beni materiali ed immateriali che hanno qualcosa da insegnarci e che dovrebbero essere a disposizione di tutti. Al di là dei banali luoghi comuni che lo snob di turno possa formulare, Noha è ricca di beni culturali: ne ha molti di più di quanti non possano essere inclusi in un libro come questo di 135 pagine; anzi ne ha molti di più di quanti non si possa immaginare. E sono belli; alcuni originalissimi, e unici al mondo.  
I beni culturali non hanno un valore puramente filosofico e teorico, ma si riflettono in tutte le trasformazioni ed il progresso di un popolo, il quale quanto più sa valutare e conservare il suo patrimonio d’arte, tanto più si sente spinto a rendere l’ambiente in cui abita più prezioso e civile. Il monumento non è soltanto una testimonianza del passato ma vive nel presente, svolge la propria missione sociale e rappresenta uno sprone a meglio operare per il bene della comunità. I beni culturali di fatto sono anche una latente energia che può trasformarsi in crescita e sviluppo valutabile pure in termini di ricchezza economica. 
Questo libro rivoluzionario, fatto di parole ed immagini colorate, spinge a guardare Noha sotto nuova luce: che finalmente non sarà più quella della solita cronaca nera, della malavita, della mafia capace soltanto di tranciare gli alberi d’ulivo che lo Stato le confisca, ma quella della libertà, quella degli uomini dal cuore forte che non si piegheranno mai di fronte alla stupidità ed alla violenza dei talebani di turno.
Il libro dell’indomito Marcello D’Acquarica dedicato alle bibbie di pietra del nostro paese cerca di mettere al sicuro ciò che la trascuratezza minaccia continuamente di annientare attraverso omicidi colposi o premeditati della memoria: serve a foderare di carta i nostri beni culturali che sovente sfuggono dal nostro cervello per una distrazione che diventa distruzione, bombardamento, atto di terrorismo.
Il libro sui beni culturali di Noha è un congelatore, una cella frigorifera nella quale immagazzinare parole ed immagini per l’avvenire; parole e immagini che radicano un’appartenenza, una dignità, un’identità e spronano il lettore a non andare mai in pensione epistemologica.
L’obiettivo di questo libro-lotta allora non è quello di addobbare Noha a museo di storia fulminata, né quello di fermare il tempo intorno ai suoi pezzi di antiquariato, ma quello di farci comprendere che esiste una nuova grammatica dello stare insieme, e che l’investimento in cultura è forse quello che paga le cedole di interessi più alti, nonostante il capitalismo in buona salute tratti oggi la nostra società a merci in faccia e ci spinga a credere che l’unico metro dello sviluppo sia il PIL del cemento e dell’asfalto.
Questo libro non è già di per sé un restauro di beni culturali, che a Noha hanno calli, rughe ed osteoporosi, ma un pagamento di ticket, anzi una ricetta medica, quella rizzetta rossa preliminare, necessaria perché all’ASL (o alla Soprintendenza) ti facciano le analisi, i raggi, o le visite specialistiche. Questo libro spalanca le finestre per rinfrescare l’aria intorno ai beni culturali nohani: che sono pazienti, nel senso di degenti, infermi con bisogno di flebo ricostituenti o di ancor più invasive operazioni chirurgiche.  
“I beni culturali di Noha” di Marcello D’Acquarica non serve solo da contenitore, da ricettacolo, ma anche da grandangolo attraverso il quale, con occhio libero da cataratta, tutto osservare e raccontare, e molto forse anche decidere.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 17/02/2024 @ 16:01:24, in Comunicato Stampa, linkato 338 volte)

È questo il titolo che abbiamo voluto dare al nuovo progetto che ci vede protagonisti della tradizione del “Santu Lazzaru”, e degli altri canti di Passione.

Abbiamo ereditato musica, parole, strumenti e voglia di continuare una storia, e dunque tutti  insieme s’è deciso di far risuonare nelle strade, nelle piazze e nelle case di Noha  il nostro archivio sonoro, incoraggiati dai compaesani che anno dopo anno ci hanno ospitato nelle loro case, sostenendoci: di più,  spingendoci a non desistere in questa ricerca del bello e del buono.

Quest’anno abbiamo voluto aggiungere ulteriori novità. Abbiamo infatti pensato, come suggerisce anche  il testo “Sta benimu via via”, di cantare la Passione di Nostro Signore in un particolare rione  del paese: sicché ogni venerdì di Quaresima intorno alle ore 22:00, daremo vita a un piccolo corteo che ci porterà nel punto più significativo del quartiere o della contrada di Noha dove avrà luogo un mini-concerto corale del nostro particolare Santu Lazzaru.

Si parte DOMENICA 18 FEBBRAIO nella chiesa Madonna delle Grazie, al termine della Santa Messa delle 10:30, con un saggio del nostro repertorio.

Successivamente, ogni venerdì alle ore 22:00, daremo vita a una tappa del giro canoro di Noha.

Il programma verrà aggiornato progressivamente sui canali social “Mpizzicaturi” e su Nohaweb.

Sarà un itinerario quaresimale di fede, spiritualità, arte e cultura, grazie certamente al nostro (modesto) contributo, ma soprattutto al calore e alla partecipazione di chi vorrà unirsi a noi in quest’opera di ricerca, cura e trasmissione dei sempiterni valori della nostra antica comunità.

Mpizzicaturi di Noha

 

In questi  giorni, una  felice  notizia  per Galatina  e  le  sue  frazioni.  Uno dei  due   beni  sequestrati  alla criminalità  organizzata  nel  lontano  2001 appartenente  al   Clan  Coluccia, esattamente  l'immobile rustico di   Noha  in via  Bellini  -angolo  via  Nievo,  ha  visto finalmente  concluso il  suo lungo  iter burocratico amministrativo  con l'affidamento della  gestione  della  struttura   al  Circolo Levera   e  Arci  Provinciale.  Iter voluto e  iniziato dall'Amministrazione  Antonica  ( Pon Sicurezza  per lo  Sviluppo affidando  il progetto  a  Libera  )  proseguito  da  quella  Montagna   ( lavori  per  ristrutturazione,  adeguamento  e idoneità)  perseverato dal  Commissario  Prefettizio  ( proposta  di  aggiudicazione  dell'immobile  con il progetto/piattaforma  OPEN  ReG.I.O) e  conclusosi   con l'  Amministrazione  Amante  che  ne  ha affidato   la  gestione  ad un progetto destinato  a  soggetti  svantaggiati  di  durata  quinquennale. Esempio  di  come   gli  Enti  locali  e  le  Istituzioni  tutte,  in collaborazione  con  l'associazionismo,  possono in sinergia,  raggiungere  risultati  meritori   nel  campo  della  legalità  e  della  lotta  alla criminalità  con azioni  concrete  pratiche  e  quotidiane, e  soprattutto,  come  in questo caso, amministrative. I Comuni  e  chi  li  amministra  devono avere  il  coraggio del  progetto  e  la  lungimiranza  di  risposte adeguate  alla  Cultura  della  legalità  e  del  rispetto delle  regole. Questo chiedono  i  cittadini  e  per questo il  nostro  Circolo  ha  lavorato e  continuerà  a  lavorare. 

Andrea Coccioli, segretario del circolo PD di Galatina ribadisce che: “Tradire la fiducia  che  l'elettore ripone nelle  Istituzioni è un atto gravissimo. La Politica deve garantire la pratica della legalità nella gestione della cosa pubblica”.

Circolo PD Galatina

 
Di Albino Campa (del 01/10/2011 @ 16:00:00, in Eventi, linkato 3193 volte)

Continua anche oggi Valorizziamo i nostri gioielli, la raccolta firme promossa dal Gruppo Mimì e sostenuta dal circolo le Tre Torri per sottoporre a tutela i beni storico-artistici di Noha. Sono diverse le evidenze architettoniche ancora poco conosciute nella cittadina di Noha: dalla torre duecentesca che conserva la struttura del ponte levatoio, liberata dalla fitta vegetazione che ne copriva interamente il prospetto, le casiceddhre di Cosimo Marra sul terrazzo del castello, i labirinti dei frantoi ipogei che gravitano nel sottosuolo di piazza S. Michele, oggi oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione comunale di Galatina affinché possano essere aperti al pubblico. E poi la ricca masseria Colabaldi situata nel punto più alto di Noha, illuminata da una splendida luce autunnale del pomeriggio. Grazie agli Amici del presepe di Noha sarà possibile rivivere gli arredi e le atmosfere di un tipica masseria di fine XIX secolo e visitarla nella giornata di domenica 2 ottobre magari accompagnando i figli a far conoscere la civiltà contadina salentina, ormai scomparsa. Resta ancora chiusa alla curiosità del grande pubblico, l’architettura eclettica e bizzarra della casa Rossa, con le sue grotte artificiali e il bellissimo aranceto e ci auguriamo che queste giornate servano a smuovere gli attuali proprietari per un’apertura straordinaria del sito.
Tanto e ancora di più racconta questa cittadina nel cuore del Salento, grazie all’amore e agli studi di un gruppo di idealisti ottimisti che sono gli amici dell’Osservatore Nohano che da qualche anno a questa parte stimolano l’opinione pubblica con le loro ricerche ed i loro dibattiti. Padre Francesco d’Acquarica, il fratello Marcello, l’artista Paola Rizzo, Antonio Mellone e tutti coloro che si sono affiancati a questa volontà comune di far emergere dall’oblìo del tempo, tesori di storia locale.
Mi piace chiudere con le belle parole pronunciate ieri da Marcello d’Acquarica in occasione della presentazione del libro di P. Francesco d’Acquarica, Curiosità sugli arcipreti e persone di chiesa di Noha, -“ chi non conosce non può amare”- ha esordito nel suo discorso, stimolando la conoscenza sulla città di Noha, si cerca di far rinascere l’amore verso il proprio territorio e la propria identità. Mi auguro che si al’inizio di qualcosa di bello.
Per questo serve anche la tua firma : in via del Pigno a Noha, anche stasera esprimi l’amore che è in te.

Angela Beccarisi

fonte:galatina2000.it

 
Di Marcello D'Acquarica (del 09/09/2023 @ 15:58:11, in NohaBlog, linkato 424 volte)

Oggi è un giorno importante per il nostro Paese, importante dal punto di vista storico. Sono certo che per molti italiani, spero tanti, questo ricordo rappresenti un monito, una sferzata di giustizia non disgiunta da un velo di tristezza.

La storia uno può accomodarsela come vuole, ma la verità supera ogni forma di revisionismo. Voglio dire che nessuno può cancellare l’epilogo che vide molte città italiane semi-distrutte dai bombardamenti anglo-americani con quasi 800.000 morti, di cui 85.000 civili.
Numeri che forse non danno l'esatta idea della sofferenza e dei sacrifici che buona parte degli italiani subirono.

L'8 Settembre del 1943, scatenò l'immediata repulsione della guerra da parte di tutto il popolo italiano, perlomeno quella parte che ebbe il coraggio di ribellarsi al fascismo.

Che fine ha fatto questa memoria? Come mai i venti di guerra spirano forti ancor oggi ad appena ottant’anni da quella tragedia?

Perché continuiamo imperterriti a incrementare le spese per le armi, e tagliamo quelle per la sanità, l’istruzione, la ricerca scientifica, i beni comuni? 

Anche a Noha si abbatterono i simboli nefasti del fascismo. Si dice che fu presa di mira l'aquila del nostro orologio, simbolo emblematico, e in quel giorno di presunta fine della disperazione, nel tentativo di cancellare la storia a colpi di mazza, venne demolito il fascio littorio presente fra gli artigli dell'aquila. La testa invece le venne mozzata dall’incuria dei decenni successivi.

Anche se nei nostri giorni il silenzio grava su ciò che resta di quel simbolo, è bene tenere alta la guardia: certe strampalate ideologie sono dure a morire.

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 10/09/2022 @ 15:56:40, in Fetta di Mellone, linkato 712 volte)


Nell'immagine è assente P. Francesco D'Acquarica

Mamma mia come passano i secoli. Sembra ieri, e invece sono trascorsi ben due decenni (era il mese di settembre del 2002) dalla nascita di Noha.it, il blog geofilosofico di questo angolo di terra che nella sua denominazione vanta niente poco di meno che la lettera H: come quella (su, illudiamoci un po’) di Honeste vivere (uno dei tre precetti del diritto), o di Harmonium (che oltre a evocare l’idea dell’armonia è uno strumento musicale francese molto simile all’armonium), o di Habitat (quella cosa che si riuscirebbe forse a custodire un po’ senza il sistema tutto chiacchiere, sviluppo e crescita), ovvero di Humus (addirittura culturale), ma anche di Home sweet Home e di Hallo (per chi alle medie ha studiato inglese).

A tal proposito v’è da puntualizzare il fatto che, come diremo, in questi venti anni quell’H - per la fortuna di chi ne capisce e l’ira funesta di chi no – è stata tutt’altro che muta.

È ora il caso di chiarire anche che Noha.it non fu né inventato né creato dal sottoscritto, che dunque non ne è assolutamente l’azionista di maggioranza (anche perché codesto blog non ha né quote, né azioni, e per fortuna nemmeno obbligazioni), ma soltanto un intermittente benché sostanzialmente fedele collaboratore. Invece l’artefice di tutto l’ambaradan è sempre stato l’Albino Campa, esperto informatico, ideatore, e quindi patron ma decisamente non il “padron” di codesto diario elettronico comunitario, se non altro per via della diciamo usucapione ventennale da parte dei suoi venticinque lettori vicini e lontani: onde il sito de nohantri rientra ormai nel novero dei beni comuni, se non proprio demaniali.

Vero è che qualcuno vedendo che numerose fra le migliaia delle sue pagine sono inguacchiate dal risultato delle mie battute (intendo quelle su questa benedetta tastiera, non quelle di spirito) ha creduto che insomma io ne fossi il titolare effettivo, tanto che poco tempo fa, proprio nel corso della recente campagna elettorale per le amministrative galatinesi (quelle, come dicono, vinte da Pippi Calzelunghe, ora naturalizzato Pippi Carzilarghi), un signore mi chiese se per caso io fossi di “Noha-punto-it”: gli risposi laconicamente che sì, sono di Noha: ma senza punto. Punto.

Ma, detto per inciso, questo 2022 non è soltanto il ventennale di una nascita, ma anche il decennale di un trapasso, quello de “L’Osservatore Nohano”, il mensile cartaceo e on-line (o forse borderline) del sito, una rivista senza interessi (solo conflitti), dai temi anacronistici (dico con il futuro incorporato), vergato talvolta con inchiostro antipatico da un gruppo di ragazzi allora come ora capaci di sognare. Requiescat in pace (quel rotocalco, non i suoi redattori).

Ma ritorniamo alla casa madre Noha.it e così agli interventi, gli articoli, i racconti, le gallerie di foto, le vignette e i video, tutti pubblicati con lo spirito partigiano per cui è meglio cambiare il paese che cambiare paese, possibilmente liberandolo dalla rassegnazione resiliente, dall’ineluttabilità di una politica acefala ma stucchevolmente furba pasticciona e forse pure affarista, dalla criminalità organizzata senza scorno, in sostanza da un capitalismo nichilista ben incravattato che, con ‘sto fatto della necessità del business, tumula i rapporti, devasta la geografia, scorda la storia, rovina la salute, privatizza il pubblico e indebita financo i nascituri.

Certamente non si fa la rivoluzione con un sito internet, ma a volte un sito internet come il Nostro, oltretutto senza Caltagironi-Cairi-Agnelli-Elkanni-et-Partiti Vari in veste di editori, e dunque sponsor, contributi, pubblicità e soldi (e già codesta gratuità suona tanto di rivoluzionario) potrebbe aiutare una comunità a riflettere, conoscersi meglio, e far venire la voglia di cercarne le radici, prendere coscienza dei grandi inganni, riscoprire e tutelare il genius loci, costituire una raccolta di dati e di notizie (già citate quali fonti di ricerca perfino nelle tesi di laurea), aprire gli occhi.

Ma non è tutto rose e fiori: è che per evitare di essere considerati soltanto (o del tutto) eretici, rompicoglioni, anarchici, senz’altro populisti, o maisia burloni fino a politicamente scorretti (rischiando raffiche di denunce e processi che manco un serial killer), ogni tanto ci tocca pure far passare i Comunicati Stampa “politici”, ultimamente a valanghe, redatti, se non tutti molti, dal Pci (none il partito comunista italiano, ma il partito conformista internazionale).

Chissà quando s’arriverà ad archiviare i tempi degli inenarrabili guitti della pOLITICA extra e intramoenia dalla sintassi impressionistica e dalla grammatica da Herpes Zoster - il cui nemico più acerrimo sembrerebbe essere non tanto la satira graffiante quanto lo specchio riflettente. Probabilmente quando tutti saremo in grado di cogliere le differenze, scongiurando il rischio di fare di tutte le erbe un fascio (littorio).

Un ventennale contro ogni Ventennio.

 

Antonio Mellone

 

Visto che la prima (cioè l’ennesima) lettera indirizzata all’assessore Andrea Coccioli il 24 luglio scorso non ha avuto esito alcuno (capirai che novità, sicché la luce in fondo al tunnel del centro polifunzionale di Noha la vedremo con il binocolo), proviamo ad indirizzare alla nostra carissima delegata dal sindaco, al secolo avv. Daniela Sindaco, queste domandine semplici semplici. Ma, giacché ci siamo, vorremmo che sul tema battessero un colpo (non apoplettico, per carità di Dio) anche gli altri politici nohani, vale a dire: Antonio Pepe, Giancarlo Coluccia e Luigi Longo, tutti esponenti, insieme alla collega di cui sopra, del partito unico PD-NCD-RC (Pancia Dilatata, Non C’è Dubbio , Riposo Cerca).  

*

Cari D-A-G-L, lo sapevate che, salvo errori od omissioni, sarebbero a disposizione dei comuni pugliesi 17.000.000 di euro per la ristrutturazione, il restauro e la riqualificazione del patrimonio architettonico e artistico del comune? Che questi fondi pare siano stati messi a disposizione dall’assessorato all’Industria turistica e culturale della Regione Puglia (e non, per dire, del Friuli Venezia Giulia)?

L’uccellino, cioè Internet (basterebbe bazzicarvi un poco, lasciando perdere ogni tanto le baggianate di FB, specie quelle sgrammaticate e oziose) ci ha rivelato che c’è un avviso pubblico, dunque  senza segreto di Stato, rientrante nell’accordo di programma quadro (Aqp) “beni e Attività culturali”, FSC Fondo di Sviluppo e Coesione 2007/2013, sottoscritto dalla Regione Puglia, dal Mibact e dal Mise il 13 novembre 2013, ratificato con delibera di Giunta regionale n. 2165 del 19 novembre 2013 (pubblicato sul Burp n. 158 del 3 dicembre 2013) e successivamente modificato con procedura scritta, avviata il 18 dicembre 2014 e conclusa l’8 gennaio 2015 (Dgr n. 461 del 17 marzo 2015).

Ebbene, lo sapevate che potrebbero (o, ahimè, avrebbero potuto) presentare le istanze di finanziamento gli Enti pubblici locali territoriali come i Comuni, singoli o associati, le Province, le Città metropolitane della Regione Puglia?

Cari D-A-G-L, volevo chiedervi, da semplice cittadino stanco della solita fuffa, se per caso aveste pensato e magari presentato (o sollecitato la presentazione di) un qualche progetto di “restauro, riqualificazione e valorizzazione” di qualche bene  culturale di Noha, come per esempio la torre dell’orologio, svettante nella pubblica piazza (non si sa bene per quanto tempo ancora viste le sue condizioni statiche).

Se sì, perché non ce l’avete detto? E se no, perché no?

Ah dimenticavo: lo sapevate (ma sì che lo sapevate) che le domande dovrebbero essere inoltrate, pena esclusione, unicamente via Pec all’indirizzo beni culturali.regione@pec.rupar.puglia.it, a partire dal 1° settembre 2015 e fino alle ore 24 del 15 settembre 2015?

Dai, ditemi che ce l’abbiamo fatta.

Bene: ora avanti con la solita bufala. Di cui si sente già, lontano un miglio, un olezzo di stalla.

Antonio Mellone

 

A Noha, appena fuori del paese, direzione Collepasso, s’incontra la bella chiesetta dedicata alla “Madonna di Costantinopoli”.

Quando è stata costruita quella chiesa o una prima di quella?

Grazie alla collaborazione dell’Ingegner Giovanni Vincenti ho potuto consultare un documento di tre secoli fa composto da due atti rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Lecce, nei Protocolli del Notaio Marcantonio Cesari che parlano appunto di questa chiesetta.

Intanto è bene ricordare che già nella visita pastorale del 1452 del Vescovo di Nardò Ludovico de Pennis alla sua diocesi si dice che nel territorio di Noha erano elencate 13 chiese, oltre alla chiesa di Sant’Angelo, la più importante e la più ricca di beni immobili.  Due di quelle chiese avevano il titolo di “Santa Maria”, anzi una di queste era detta “S. Maria de…” (non essendo leggibile il titolo completo si può pensare a “de Costantinopoli”: ma questa del 1452 è soltanto un’ipotesi).

Il tipo iconografico di S. Maria di Costantinopoli ritrae, tra l’altro, la città cinta di mura in preda alle fiamme che alcuni storici descrivono come un imponente incendio; altri spiegano quel fuoco, più realisticamente dal punto di vista storico, come conseguenza di un assedio di saraceni.

Sappiamo inoltre con ragionevole certezza che nel 1700 nella chiesa madre di Noha c’era un altare dedicato alla medesima Madonna. La pala di questo altare esiste tuttora, ed è appesa sulla parete a destra di chi entra dalla bussola principale. La tela di autore ignoto è di dimensioni tre metri per due, e ritrae la Madre di Dio in alto con tanti angioletti intorno. In basso sono effigiati, oranti, San Nicola di Bari (Patara di Licia 270 – Myra 343) e San Francesco da Paola (Paola 1416 – Tours 1507).

San Nicola è uno dei santi più popolari del cristianesimo. Il suo emblema è il bastone pastorale e tre sacchetti di monete (o anche tre palle d’oro), perché secondo la tradizione il vescovo Nicola aiutò tre ragazze che non potevano convolare a nozze per la mancanza di dote gettando nelle loro stanze, attraverso una finestra, dei sacchetti di denaro per tre notti consecutive. Ma è facile identificare anche San Francesco di Paola, in quanto i puttini svolazzanti intorno a lui indicano il motto “Charitas”. Tra i due santi, ancora una volta, si intravede Costantinopoli in fiamme.

L’altare nella chiesa madre fu eretto nel 1717 per devozione del Sig. Orazio Donno (1659 - 1729), come risulta nei Protocolli dell’archivio di Stato di Lecce del notaio Marc’Antonio Cesari. L’atto notarile è del 28 gennaio 1717 redatto dal notaio Domenic’Antonio Palamà della Terra di S. Pietro in Galatina e il Chierico Orazio Donno Rettore della Venerabile Cappella di S. Maria di Costantinopoli Casalis Noha come per sua devotione, e per accrescersi il culto de’ fedeli alla Cappella di Santa Maria di Costantinopoli, e per appicciarsi in quella la lampada, e per altri suoi giusti motivi, e perché così li pare e piace, intende donare come che da oggi dona […]alla detta Cappella una curte con una capanda sgarrata sita fuori il Casale di Noha vicino li beni della Baronal Corte da levante e borea, li beni della Parrocchial Chiesa di Santo Angelo, et altri confini”.

*

A proposito di questa lampada don Michele Alessandrelli arciprete di Noha nel 1850, e cioè circa 130 anni dopo, scriveva che “la lampada con branca di ferro fissata al muro, deve rimanere sempre accesa, perché la parrocchia, per l’adempimento di questo obbligo, ha in eredità un orticello murato di stoppelli uno in circa seminatoriale sito in feudo di Noha, e propriamente poco fuori dell'abitato. Un altro orticello di stoppelli due in circa semensabile, ed arbustato sito in feudo di Noha, e propriamente dietro le Case del menzionato Orazio Donno. Oggi si possiede dall’erede Ferdinando Donno, [Ferdinando è il nipote del nostro Orazio Donno, ndr.] confina il giardino della Baronal Corte da Levante ed altri confini. La manutenzione della lampada è a carico del su detto Ferdinando Donno per sei mesi ogni anno. Gli altri sei mesi spettano a Don Gaetano Congedo di Galatina, come compratore della prima stoppellata adiacente al suo giardino, e perchè asserisce di avere acquistato franco, e libero da ogni peso; per tale riflesso non riconosce l'obbligazione di accendere per gli altri sei mesi annualmente la lampada. Tiene e possiede detto altare l’infrascritti beni, della rendita de’ quali si dovessero in detto altare celebrare Messe numero quattro in perpetuum,cioè una nel giorno della sua festa, ch’è il primo martedì di Marzo, l’altra nel giorno di Pasqua di Resurrezione, l’altra la seconda festa del SS.mo Natale, e l’altra nel giorno del Corpus Domini” [brano tratto dalla relazione di don Michele Alessandrelli].

[Continua]

P. Francesco D’Acquarica i.m.c.

 
Di Albino Campa (del 09/03/2012 @ 15:44:55, in NohaBlog, linkato 2229 volte)

LIBERA. Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie, presieduta da don Luigi Ciotti nasce il 25 marzo 1995 con l'intento di diffondere legalità, partecipazione e giustizia. TERRE di PUGLIA-LIBERA TERRA è il nome della cooperativa sociale fondata il 31 gennaio 2008 da giovani pugliesi per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla Sacra Corona Unita. Nei comuni di Torchiarolo e San Pietro Vernotico vi sono circa 30 ettari di vigneto e uliveto, nel comune di Mesagne altri 20 ettari coltivati a grano, carciofi, pomodori.

SABATO 10 MARZO 2012
ORE 9 –CONTRADA RONCELLA –Noha di Galatina (LE)
Responsabilità e Partecipazione per la potatura di un uliveto confiscato
Due piccoli passi, insieme ai tantissimi piccoli passi che stanno muovendo l'Italia verso la XVII GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL'IMPEGNO IN RICORDO DELLE VITTIME DELLE MAFIE che si terrà a Genova il 17 Marzo 2012.

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 30/01/2018 @ 15:44:16, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1197 volte)

Con questa terza puntata, continua di buona lena la pubblicazione dell’interessante ricerca sui rapporti tra i vescovi di Nardò e la chiesa particolare nohana condotta nei luoghi e sulle sudate carte da parte di P. Francesco D’Acquarica, missionario giramondo ma con lo sguardo sempre rivolto all’amata sua piccola patria che risponde, guarda un po’, al dolce nome di Noha.

La redazione

 

 

GIOVANNI BARELLA (1359-1435)

Vescovo di Nardò dal 1423 al 1435

 

 

Dal 1423 al 1435 i Pontefici furono:

Martino V    (1369-1431)    Papa dal 1417 al 1431

Eugenio IV (1383-1447)     Papa dal 1431 al 1447

           

Arciprete di Noha

Don Giovanni (? - ?)      parroco dal 1445 al 1485 circa.

           

Giovanni Barella nacque nel 1359 a Galatina da una nobile famiglia. Il padre, Tuccio Barella, era  consigliere del re di Napoli Ladislao (1376-1414) e della regina Giovanna (1373-1435).

La madre di Giovanni Barella era sorella di Stefano De Pendinellis (1400-1480), il futuro martire di Otranto che nel 1436 fu eletto Vescovo di Nardò.

Il nostro Giovanni fu educato cristianamente ed entrò nell’ordine dei Frati Minori, allora molto diffuso nel Salento. Divenuto Sacerdote, esercitò la predicazione con grande fama e ben presto divenne celebre, non solo per l’eloquenza, ma anche per la dottrina, per la perizia nelle lettere greche e latine e per la santità di vita. Fu proprio per l’esemplarità dei costumi che il Papa Martino V nel 1423 lo nominò Vescovo di Nardò.

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            Per ora interessa sapere che per il governo della diocesi il Barella si fece aiutare da due vicari generali. Il primo fu Francesco De Grisilione, patrizio neretino e canonico. Questo canonico fu convisitatore nella visita pastorale del 1452 alla chiesa di Noha (come vedremo) con il Vescovo Ludovico de Pennis. Lo troveremo con “diritto di patronato” su tutte le chiese di Noha.

            Diritto di patronato significa che le chiese di Noha erano state fondate da questo canonico, il quale aveva il diritto di designare il cappellano o arciprete rurale. L’altro vicario generale fu Giacomo di Napoli.

 

STEFANO AGERCOLO (o Agricoli) DE PENDINELLIS (1400-1480)

Vescovo di Nardò dal 1436 al 1451

Dal 1436 al 1451 i Pontefici furono:

Eugenio IV (1383-1447)   Papa dal 1431 al 1447

Niccolò V (1397-1455)     Papa dal 1447 al 1455

           

Arciprete di Noha:

Don Giovanni (? - ?)       parroco dal 1445 al 1485 circa.

 

            Terzo Vescovo di Nardò fu il grande Stefano Agercolo de Pendinellis, martire della fede. Probabilmente era nato a Galatina nel 1400, visto che sua madre, la signora Barella, sorella del suo predecessore, era di Galatina. Fu Vescovo di Nardò dal 1436 al 1451, e poi Arcivescovo di Otranto, dove morì martire nel 1480.

 

            Fece i suoi studi nella Università di Nardò, alla quale accorrevano i giovani di tutte le provincie di questo regno, desiderosi di apprendere le lettere e le discipline liberali e dalla quale uscirono di fatto oratori sacri di grido, come il notissimo Roberto Caracciolo di Lecce, medici e scienziati, come il De Ferraris e Bartolomeo Tafuri, avvocati e professori di lettere e di scienze, come Francesco neretino (Francesco Securo), che insegnò nella Università di Padova, ambasciatori ed alti dignitari ecclesiastici e così via. Quivi egli apprese quella splendida erudizione, di cui parlano gli scrittori antichi dicendolo istruito in molte dottrine e illustre per la mirabile varietà della dottrina. (Giovanni Granafei)

 

            Scelse la via del Sacerdozio, e l’8 febbraio 1436 fu eletto Vescovo di Nardò da Eugenio IV. Fu consacrato Vescovo e diede inizio all’attività pastorale nella  diocesi.

            Durante il ministero pastorale, Stefano De Pendinellis dimostrò grande zelo per il bene delle anime e si interessò assai del decoro esterno della sua chiesa. Siccome la cattedrale era poco luminosa, fece aprire un’ampia finestra nella facciata, abbellendo questa con vari ornamenti, come per esempio i tre stemmi ivi collocati: quello del Vescovo De Pendinellis, quello del principe di Taranto Giovanni Antonio Del Balzo - Orsini, allora Signore del Salento, e quello della città di Nardò. Abbellita e restaurata la cattedrale, la arricchì e la dotò di preziosi paramenti sacri. Si adoperò tenacemente per la difesa dei diritti e dei beni della sua chiesa. Resse la diocesi di Nardò per 14 anni, dal 1436 al 1451, quando fu nominato Arcivescovo di Otranto dal papa Nicola V.

            Resse la diocesi di Nardò con somma saggezza, con insigne prudenza e con mirabile santità. Fu assai stimato ed amato dal popolo neritino e tenuto in grande benevolenza, considerazione ed onore dai principi del suo tempo, dalla regina Maria d’Enghien, da Isabella Chiaromonte, da Giovanni Antonio Del Balzo-Orsini, principe di Taranto e signore di quasi tutto il Salento, da Alfonso I e da Ferdinando I D’Aragona, l’uno e l’altro re di Napoli.

 

Relazione con la chiesa di Noha

            Nel suo ministero pastorale si fece aiutare da due vicari generali: Ludovico Spinelli e Nicola Grande (li ritroveremo con Francesco De Grisilione, convisitatori nella visita pastorale alla chiesa di Noha del 1452, compiuta da Ludovico De Pennis).

            Il primo, Ludovico Spinelli, era stato canonico e poi arcidiacono della cattedrale. Nel 1458, in considerazione dei suoi meriti, fu nominato Vescovo di Gallipoli da Callisto III (1378-1458), papa dal 1455 al 1458, ed ivi si rese assai benemerito e visse lungamente. Morì in tarda età nel 1487.

            L’altro, Nicola Grande,  fu canonico abate, patrizio neritino, insigne dottore e convisitatore anche lui durante la visita pastorale di Ludovico De Pennis alla Chiesa di Noha.

            Stefano De Pendinellis, creato Arcivescovo di Otranto, resse con la stessa saggezza e santità quella archidiocesi per ben 29 anni. Morì all’età di 80 anni, l’11 agosto 1480, barbaramente massacrato dai Turchi, martire della fede.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 

 

 
Di Antonio Mellone (del 05/02/2017 @ 15:42:28, in NohaBlog, linkato 2243 volte)

Non c’è popolo al mondo più sonnacchioso, rassegnato, smemorato, in una parola, ‘vavusu’ del galatinese. Con le dovute eccezioni, s’intende. Che confermano la regola.

Gli si può fare di tutto: come per esempio liberare definitivamente il suo territorio dagli alberi residui (quercia vallonea inclusa) per farne una circonvallazione senza senso più che a doppio senso; affumicarlo con gl’inebrianti miasmi delle ciminiere di un cementificio o di una fabbrica di calce; uccidere i suoi beni culturali, come il suo  stupendo centro storico, con il traffico diuturno di auto di ogni cilindrata grazie all’alibi dei negozi “che altrimenti chiuderebbero”; buttar via i soldi delle sue tasse in opere cosiddette pubbliche, inutili, costose e spesso dannose (come un hangar-palestra inservibile, un auditorium inaudito, un centro polivalente senza energia elettrica, e via elencando);  devastare la sua periferia con una miriade di comparti edilizi di frontiera, quando del già costruito non si contano le volumetrie invendute, inutilizzate, abbandonate; riempire i suoi campi e, quando non bastano, anche le piazzole di sosta delle strade dei suoi suburbi con rifiuti di ogni colore, taglia, puzza e pericolo; fargli credere che certe aziende (tipo Tap, e altri gigli di camposanto) sponsorizzino la sua festa patronale o altre “iniziative culturali” per magnanimità o mecenatismo e non invece per la loro coda di paglia lunga fino alla via di Soleto; indurlo all’esultanza quando i politicanti locali se ne escono con qualcuna delle loro, tipo una novella area mercatale che consista in altri ettari di terreno da coprire con una bella coltre cemento vibrato; prenderlo per il culo con la scusa del “volano dello sviluppo” e delle “ricadute occupazionali” (ricadute una dietro l’altra) derivanti dall’ennesimo centro commerciale di una ventina di ettari da impiantare nella campagna di Collemeto; eccetera, eccetera.

A proposito di quest’ultimo centro commerciale, il 13 gennaio scorso, la solita penna ad inchiostro linfatico (siamo ormai nel campo delle ghiandole salivari), sul consueto quotidiano (il minuscolo non è casuale ma causale) scioglieva inni e canti al divino e eucaristico progetto Pantacomico, che pare abbia avuto un ulteriore OK da parte del dirigente (o digerente, vista la bocca buona e lo stomaco forte), funzionario addetto a non so cosa, tale Antonio Orefice, che tomo tomo, cacchio cacchio, immagino con l’assenso anche del commissario prefettizio Guido Aprea (o forse Guido in Apnea), con un assenso nel silenzio generale, ha cambiato nome alla città: da Galatina a Sodomina.

In un trafiletto-colpo-di-grazia, il gazzettante di corvée si presta a illustrarci tutti i punti per i quali il mega-porco commerciale è di “pubblica utilità”, anzi una figata vera e propria. Tipo: “la salvaguardia della rete commerciale della città” [come, non è dato sapere, ndr.]; “la cessione al comune di un’area di 300 metri quadrati da destinare alla promozione dei prodotti locali” [come per dire il pasticciotto di Galatina, e altre leccornie loro. Secondo me la salma del povero Andrea Ascalone, per risparmiargli ulteriore pena, l’avranno sepolta già rivoltata, ndr.]; per non parlare poi della “creazione di impianti sportivi e per il tempo libero” [da trascorrere ovviamente al centro commerciale, e dove sennò, ndr.]; e ancora “un impianto ludico-ricreativo per bambini di 10.000 metri quadri” [povere creature. Poi si lamentano se a 20 anni i figli ammazzano i genitori, ndr.] e infine – mi voglio rovinare - “il parco pubblico che sarà attrezzato, completato e ceduto al patrimonio comunale” [così i galatinesi non faranno più le loro passeggiate ecologico-romantiche con decine di giri in macchina intorno alla villa, con tanto di braccio fuori dal finestrino, ma direttamente in questo novello parco: sarà certamente più cool, anzi paracool, ndr.].          

Mi sa tanto che di questo passo, tra un copia-incolla, un taglia-e-cuci, un mangia-e-bevi, un servo encomio e un codardo oltraggio, l’unica superstite rubrica del Quotidiano in grado di mantenere un sufficiente livello di autentica scientificità rimarrà quella dell’oroscopo.

*

Ora. Capisco che a Galatina la democrazia faccia ribrezzo, se non addirittura schifo, e che la maggioranza dei notabili locali con il codazzo degli accoliti preferisca il “quieta non movere”, un podestà ad un sindaco democraticamente eletto, la presa in giro alla verità. Ma santo cielo, è mai possibile che nessun elettroencefalogramma abbia dato un minimo segnale di movimento, o che nessuno abbia fiatato o alzato ciglio o storto il muso o mosso un dito all’annuncio di questo capolavoro di alta oreficeria (Orefice), ulteriore passo verso il Golgota di una città già provata da anni di malapolitica, scemenze inenarrabili e consociativismo da picchi himalaiani? Sì, evidentemente è possibile.

Oh, Galatina, per favore, smetti di farti del male una buona volta: lascia in edicola ‘sto cazzo di giornale, spegni la televisione e mettiti a leggere finalmente un libro.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 10/12/2023 @ 15:36:48, in Comunicato Stampa, linkato 329 volte)

Un’amica di professione avvocato (che pensavo mi volesse bene) ha iniziato a inviarmi dapprima in maniera diciamo omeopatica, poi con una certa discreta continuità, e infine compulsivamente, vale a dire a ogni ora del giorno e della notte, un po’ di documentazione relativa al Grande Raccordo Anulare. Non quello di Roma, ma il “nostro” a chilometro zero, la Pista più famosa del Salento: che non è nemmeno quella stupefacente a cui state pensando in molti, malpensanti che non siete altro, ma la celeberrima Pista di Nardò o, per gli amanti dello slang imperiale, Nardò-Ring, orgoglio di sindaci e presidenti di regione, di assessori e di quella categoria che in analisi grammaticale definivamo “sostantivo collettivo”: mi riferisco ovviamente al gregge (nelle due versioni muto/belante).

Si tratta di un’area di circa 700 ettari delimitata da un alto muro di cemento vibrato (o forse di gomma), che contiene, tra le altre cose, e sin dagli anni ’70 del secolo scorso, la gloriosa circonferenza di 4 km di diametro stampagnata nel territorio tra Nardò e Porto Cesareo, su cui viene testata l’alta velocità delle automobili da una certa cilindrata in su (mica la Panda inquinante di mia zia Cetta), tanto è vero che sin dal 2012 proprietaria del complesso monumentale è la Porsche Engineering, società a sua volta totalmente controllata dalla casa madre Porsche Ag., tedesca dalla testa ai piedi. E voi sapete bene benissimo che tipo di veicoli produce e vende la Porsche: modelli senz’altro biologici, ecosostenibili e green che non ti dico, ma principalmente inclusivi, non li noti proprio in giro, men che meno ne avverti il rombo, talmente ovattato, stavo per dire introverso, che sembra un ultrasuono udibile soltanto da cani & porsche, tanto che il noto Quotidiano turiferario – edito dall’Istituto Luce - intesse il panegirico di più di un suo modello a favore del notoriamente molto sveglio suo lettore medio:  “Profilo inconfondibile”, con il suo “Grigio-Turbonite, ovvero Nardò-Gray per enfatizzare l’unicità dei modelli turbo”, che pervade perfino lo stemma-scudetto che ritroveremo, “oltre che sul frontale, anche sui cerchi in lega leggera e sul volante”, e non perdetevi “la Mecan Ev con una potenza che arriva a 603 Cv” e con “l’overboost dovrebbe essere possibile aumentare temporaneamente la potenza a 751 Cv” (Cv=cavalli vapore: altro che l’allevamento in qualche masseria circostante, da espropriare fuscendu, col turbo). E che esemplari, signora mia, niente affatto aggressivi, anzi alquanto morigerati, ed e-co-no-mi-cis-si-mi: a partire da 92.000 euro e rotti. Ebbene sì, oggi come oggi quale salentino non ha almeno 100/200.000 euro sul conto corrente pronti all’uso per una Porsche come dio comanda.

Vi starete chiedendo come mai i crucchi avrebbero scelto il Salento per quest’n-esimo IDE (Investimento Diretto Estero). Be’, vai a trovare in giro su tutto il globo terracqueo un’altra terra come questa a prezzo di saldo, così pianeggiante, adatta dunque alla bisogna di lorsignori, e manco a dirlo istituzioni e popolazioni ospitali, accoglienti, empatiche, e così facilmente colonizzabili (chissà perché mi veniva in mente pure imbelli). D’altronde si sa da tempo ormai che per forzare questa terra al fine di assicurarsi i suoi gioielli non serve affatto un piede di porsche.

Ma andiamo al sodo. Quella sadica giureconsulta della suddetta amica mia legge gli atti dal suo punto di vista: il forense; e non sa (o finge di non sapere) che la mia angolatura è invece quella forese, vale a dire terra-terra. Orbene, il corposo materiale inoltratomi (credo ponderoso quanto la Summa Theologiae dell’Aquinate, benché con un numero di dogmi infinitamente maggiore) è tutto un florilegio di piani, progetti, figure, tabelle, allegati, confronti, matrici Swot (cioè minacce/opportunità e punti di forza/debolezza), scenari, descrizioni, giustificazioni, minimizzazioni di ripercussioni negative, e soprattutto Motivi-Di-Rilevante-Interesse-Pubblico connessi all’“Intervento di miglioramento sulle piste esistenti [nonché] la realizzazione di nove [mica una!] nuove piste per ampliare le possibilità di testing”; e, mi voglio rovinare, aggiungiamoci la costruzione di “edifici tecnici di appoggio”, e pure “edifici amministrativi e di servizio”, ma anche “un nuovo parcheggio per mezzi pesanti e [giacché] l’ampliamento del parcheggio per mezzi leggeri esistente”. Ma c’è dell’altro: “È prevista la realizzazione di un nuovo centro di logistica e manutenzione, di una nuova stazione di servizio per auto e camion, nonché un nuovo centro di valutazione e check-in dei mezzi”.

In pratica un’altra città al posto del bosco, da cui il nuovo slogan coniato dall’efficientissimo ufficio marketing della multinazionel: “C’è da spostare una macchia” [mediterranea].

[continua a breve con la seconda e ultima puntata]  

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/09/2020 @ 15:32:24, in NohaBlog, linkato 894 volte)

In questi ultimi mesi di "vita permanente a Noha" ho compreso meglio un paio di cose che ritengo importanti. Parliamo di cultura, di educazione civica, ma soprattutto di beni culturali e, ahimè, di sporcizia. In una parola sola: degrado.

Credo che se Galatina non avesse la basilica di Santa Caterina, forse non sarebbe un Comune fuori dal comune, sarebbe come tanti altri, tipo: Seclì, Collepasso, Andrano, ecc. Tutti bellissimi centri del Salento, senza nulla togliere, ma vogliamo mettere la  cultura e la storia grandiosa che riguarda Galatina? Si preferisce invece tenere viva l'attenzione sulla mondanità giornaliera, quella ardente della passione consumistica, frivola e qualunquista. Per cui tolta la Basilica (che sta rischiando, anch’essa, di diventare merce di scambio), conviene chiudere gli occhi già solo entrando in città provenendo da Lecce: il passaggio a livello è sempre lo stesso da almeno settant'anni. Evito volutamente di entrare nel merito di un’eventuale ulteriore devastazione cui si è pure fatto cenno di recente, a proposito di improbabili sottopassaggi. Per non parlare, poi, di quell'altro fantasioso progetto (speriamo abortito) di un mega parcheggio sotterraneo nelle adiacenze di corso porta Luce. Cose dell'altro mondo, si direbbe, se non che l’altro mondo sembra essere proprio questo.

Anche entrando da sud, e cioè dalla via di Noha, c'è da mettersi le mani nei residui capelli. Eppure sbattiamo il naso davanti ad un complesso scolastico che dovrebbe educare migliaia di ragazzi. Invece cosa vedono i nostri figli? Nuovi comparti edilizi e spazzatura (posto che esista una differenza tra i due concetti). L'estate scorsa, ottemperando al loro impegno, i ragazzi del progetto Monitor 7018 del servizio civile, hanno rimosso, sparsa nell'erba un bel po’ di monnezza del tipo casalingo, dall’area adibita a parcheggio per l’intero complesso scolastico. D'altronde l’area non è mica una zona PIP.

Quando piove un po’, e questo accade ormai da decenni, la via di Noha, a ridosso del complesso scolastico, diventa un mare, e a questo mare, con un sostrato di asfalto e cemento, noi altri non facciamo altro che aggiungere copiose lacrime di coccodrillo.

E vogliamo parlare dell’area Nachi? Incendio propedeutico al cantiere: fra i soliti rifiuti bruciati ci stava anche un palo di cemento e amianto che con l'incendio si è sfarinato e ha brillato le sue ceneri al vento per almeno due settimane. Naturalmente certe polveri sottili non devono chiedere il permesso per finire dritte dritte nei polmoni degli esseri viventi. Alla faccia delle famose normative che costringono alla messa in sicurezza dei cantieri.

A voi pare che s’indigni qualcuno (salvo le solite eccezioni)? A me sembra che tutto taccia. Oggi pare che non ci faccia più caso nessuno. Sta diventando normalità la bruttezza. L’eccezione è diventata la regola.

Dei beni culturali, manco a parlarne. Men che meno dei beni culturali di Noha.  D'altronde se la magnificenza di Galatina con i monumenti e i suoi illustri personaggi, al di là di qualche cittadino (che ancora esercita il ben dell’intelletto), dorme di fatto il sonno della ragione, come possiamo sperare che venga ricordata e custodita la storia millenaria di una piccola frazione con le sue (modeste per carità) testimonianze?  E non mi riferisco alle famose (spero non tristemente) Casiceddhre che si stanno viepiù riducendo in farina di pietra leccese, visto la sostanziale continuità di “attenzione” tra la vecchia e la nuova proprietà, ma anche per esempio ai ritrovamenti delle tombe messapiche che sembrano spariti perfino dal museo civico di Galatina, dov’erano posti, diciamo così, al sicuro.

E di fra' Matteo da Noha che dipinse gli schienali del chiostro di Santa Caterina si parla mai?  E di Giovanni Ciranoia, un possidente di “Noia” che donò i suoi terreni per costruirci sopra la basilica orsiniana, qualcuno fa mai menzione nei suoi tour? Pure l'idea di dire che “Noha non esiste” (dichiarazione pubblica di un assessore delle ultime amministrazioni), che è dunque una periferia di Galatina, è diseducativo, nonché poco rispettoso della nostra identità storica. Se non si conosce non si ama. E  difatti i risultati si vedono.

Insomma, il degrado prima ancora che materiale è soprattutto mentale.

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 30/04/2018 @ 15:28:14, in NohaBlog, linkato 1572 volte)

Cos’è questa fregola per il nuovo governo? Ma davvero non vedete l’ora che se ne insedi uno “NEL PIE-NO DEI SU-O-I PO-TE-RI”, sì da “RI-SOL-VE-RE I PRO-BLE-MI SUL TAP-PE-TO”?

Ho sentito qualcuno pontificare in merito all’urgenza di un “esecutivo forte” (dev’essere una fissa) per ridurre subito il debito pubblico italiano (come se tutti i precedenti governi nella pienezza delle loro funzioni avessero scalfito di un centesimo questo benedetto debito – che, dispettoso come un bullo a scuola, ogni giorno batte il record del suo valore assoluto); qualcun altro, allarmato dagli scenari di guerra internazionali, aspetta con trepidazione il novello consiglio dei ministri (in effetti in passato, grazie agli “uomini forti” in carica, non ci siam mica genuflessi all’imperialismo americano concedendo le basi militari italiane per i bombardamenti “esportatori di democrazia”, né ci è mai venuto in mente d’inviare generosi contingenti di nostri soldati a morire nelle famose missioni di pace).

Insomma, sembra ci sia molta fretta per il ritorno degli interventi straordinari, e dunque la dolce attesa di Grandi Opere e correlative spese: come il TAV (una ferrovia dedicata alle merci, accanto a un’altra sottoutilizzata, per far arrivare a destinazione una scatoletta di tonno una mezzoretta prima del solito, non senza aver prima distrutto una valle e speso una barcata di quattrini), o il Mose di Venezia (che non funziona nemmeno con i carabinieri, nonostante gli arresti, la decina di miliardi scialacquati e il centinaio di milioni di euro all’anno necessari alla sua manutenzione ordinaria: in compenso le Grandi Navi – sempre per tutelare Venezia - possono arrivare fin dentro la basilica di San Marco e accendere un cero), o il TAP (per la solita febbre dei combustibili fossili - che ci vendono come rinnovabili - onde il loro finanziamento sarebbe come investire nella Kodak, o in Blockbuster, o in Lehman Brother, di cui si diceva: “non falliranno mai”), o il redivivo Ponte dei sospiri sullo Stretto, o l’acquisto degli Aerei F35 (F di fregatura), o la Pedemontana lombarda (più milioni di euro che auto), e altre genialate del genere.   

Ebbene sì, non riusciamo proprio a vivere senza un Premier pronto a eseguire (a proposito di esecutivo) i desiderata della Troika (pronuncia esatta senza k), della JP Morgan (alla quale fanno ribrezzo le Costituzioni antifasciste) e del Club Bilderberg (qualunque cosa sia) messi assieme, alla luce dello spauracchio del declassamento del rating, dell’aumento dello spread e dell’invasione delle cavallette.

Prepariamoci, dunque, non appena apparirà sul display del nostro smartphone, a esultare per il nuovo governo, i suoi decretini e le ingegnose proposte PER-IL-BE-NE-DEL-PA-E-SE , così come abbiamo già dimostrato di saper fare benissimo con la Buona Scuola (sic), il Jobs Act (soldi alla Confindustria), la Legge Bavaglio (contro la libertà di stampa), il Decreto Intercettazioni (la verità, si sa, è rompicoglioni), l’Abolizione dell’articolo 18 (libertà di licenziamento = occupazione, pare sia un’equazione), i Condoni EdiliziTombali& Fiscali, la Legge Fornero (per lavorare fino all’Alzheimer incluso), la Flessibilità del Lavoro (libertà di schiavitù), i Vaccini Obbligatori (anche quelli per l’unghia incarnita), l’Abolizione dell’Imu ai Ricchi (poveretti), gli Scudi Fiscali (pro-evasori), la Separazione delle Carriere dei Giudici (così il Governo Forte potrà meglio controllare l’iniziativa giudiziaria), una nuova Legge Elettorale (possibilmente incostituzionale, come Porcellum e l’Italicum), lo Sblocca-Italia (sblocca-mafia, volevano dire), l’Abolizione delle Sovrintendenze (già il nome pare brutto – disse un noto presidente del consiglio in un programma vespasiano), le Trivelle (ormai anche in casa), il Legittimo Impedimento (sospensione dei processi per gli uomini d’onore dello stato – stato, in minuscolo), la decina di Decreti Salva Ilva (e nemmeno uno salva-polmoni), le leggi Ad Personam (o Ad Minchiam), le Risoluzioni pro-Tap (“più Tap e meno Tar” disse il solito premier spara-slogan che aveva promesso di ritirarsi dalla politica), e soprattutto l’n-esima Riforma della Costituzione.         

Dopo il governo di Clistene (500 a.C., circa) - che contribuì a un avvicinamento della politica ateniese alla democrazia -, qui (nel 2018 d.C.) siamo in trepidante attesa di un (altro) governo di clistere.

Antonio Mellone

 

Il 13 dicembre 2012 è stato pubblicato per i tipi dell’Editrice Salentina il volume di AA.VV.  “La nostra Chiesa – Sessantesimo di sacerdozio di Mons. Mario Rossetti  1952-2012” a cura di Domenica Specchia. Il bel libro a colori con molte foto d’epoca è in distribuzione gratuita a Galatina in via Roma presso la chiesa di Santa Lucia. In questo volume, tra gli altri, troviamo il “breve” saggio di Antonio Mellone, nostro collaboratore, di cui vi proponiamo di seguito la terza ed ultima parte. 

Don Mario ricorda ancora la sua prima volta in clergymen.
Un bel giorno decide di utilizzare l’abito confezionato giorni prima dal sarto per antonomasia: Mesciu Toma, che aveva bottega nel centro storico di Galatina. Esce dalla sua dimora di via Marche, e s’incammina diretto alla volta della chiesa madre. Ma non percorre nemmeno metà del tragitto che ad un certo punto lo prende l’agitazione. Tutto rosso in volto (manco avesse compiuto chissà quale reato), turbato, spaventato quasi, sentendosi a disagio, e oltretutto osservato, decide di tornare indietro a re-indossare la sua solita sottana nera con tanti bottoni. Ritorna in casa per dar corso d’impulso al suo “intento di restaurazione”.
E così, con il solito abito lungo, esce nuovamente dalla sua residenza imboccando la strada per la sua solita destinazione. Ma anche stavolta dopo un breve tratto di strada viene colto da un certo scrupolo di coscienza (il primato della propria coscienza – diciamo qui per inciso - è sancito ufficialmente dal Concilio), si trova dibattuto, contrastato, anzi più imbarazzato di prima, ma stavolta con se stesso più che nei confronti del mondo. Che fare? Non è facile uscire dall’impasse.
Sarà finalmente la sua stessa dignità a fargli prendere, in breve, una decisione irrevocabile. Così don Mario decide di nuovo di ritornare sui suoi passi, rientra in casa e, quasi a voler affermare la sua ferrea forza di volontà, ancora una volta indossa il clergymen, come da iniziale proposito. Stavolta è fatta. E indietro non si torna.
E poi non era il Concilio stesso che gli richiedeva di andare “oltre” un semplice vestito da cambiare?
Così il nostro don Mario decide di affrontare il mondo, incluse le malelingue che nel centro di Galatina (ma anche in periferia) non sono mai mancate. Arrivato dunque in centro, “vicinu allu bicchieraru” s’accorge con la coda dell’occhio che un conciliabolo di persone, appena uscite dalla Messa indica quel prete in borghese, lo segnala, anzi lo addita quasi come un deviante, un rivoluzionario, un eretico; roba da segnarsi subito: Gesù, Giuseppe e Maria. Ma per don Mario la decisione è già presa e la storia, pur non facendo salti, deve andare avanti, infilando possibilmente un percorso di libertà.

Ecco, questo è un altro degli insegnamenti di don Mario impartitici dall’alto di una cattedra di fede, di grazia (di acciacchi e di sofferenza), eretta nel corso di 84 primavere, 60 delle quali di sacerdozio: invece della strada comoda, larga ed in discesa del fondamentalismo becero e del portamento ieratico (paludato di curiale perbenismo di facciata), val sempre la pena di imboccare la strada stretta, impervia ed in salita, ma genuinamente evangelica, dell’Umanità e della Semplicità.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 12/03/2016 @ 15:23:01, in don Donato Mellone, linkato 2819 volte)

Nella nostra continua ricerca filologica, stavolta, tra le carte del compianto parroco don Donato Mellone (1923 – 2015) abbiamo rinvenuto la seguente bozza di discorso di commiato indirizzato a tre Padri Passionisti, P. Silvano Fiore, P. Luigi Pallavicino e P. Franco Ireneo Materdomini, impegnati nella Missione quaresimale che ha avuto luogo a Noha dal 12 al 27 marzo del 1988. Nel corso di questa Missione (le due precedenti risalgono rispettivamente al 1954 e al 1972) si provvide al rifacimento “ab imis” della croce-ricordo ubicata in via Collepasso nelle immediate adiacenze della Trozza.

Ringrazio, come al solito, lo studio fotografico Pignatelli di Noha per le foto-riproduzioni d’archivio a corredo di questo brano.

Antonio Mellone

    

* * *

Illustrissimo sig. Sindaco, Reverendi Padri Missionari.

Siamo giunti alla fine della Missione che Voi, Padri Missionari, avete svolto nella nostra Parrocchia. Ma prima di rivolgermi a voi, consentitemi di indirizzare al Sindaco on. beniamino De Maria la mia parola di ringraziamento e l’augurio di una sollecita e completa sua guarigione, in modo tale che possa ritornare a svolgere in pieno la sua attività di primo cittadino in mezzo a noi.

Dopo queste parole di saluto al sindaco, mi rivolgo a Voi, Padri Missionari, per dirvi che in questo momento nel cuore di noi tutti s’intrecciano sentimenti di soddisfazione e di contentezza, e sentimenti di sofferenza e amarezza.

Ci sono sentimenti di soddisfazione per il lavoro da Voi svolto con tanta dedizione e spirito di sacrificio. Avete lavorato con intensità ed in profondità, ed i risultati si vedono: quel che si proponeva la Missione è stato pienamente raggiunto.

Si potrebbe dire che veramente in questi giorni, per mezzo vostro, il Signore è passato per le vie della Parrocchia, è entrato nelle nostre case, ha parlato ai nostri cuori, ha chiamato i lontani, ha rialzato i caduti, ha confermato i buoni, ha scosso gli indifferenti.

Davvero si può dire che il volto della nostra parrocchia da questa Missione ne esce completamente rinnovato. Per tutto questo lodiamo e ringraziamo il Signore, ma al tempo stesso ringraziamo di cuore Voi, Padri Missionari, strumenti attivi e validissimi nelle mani di Dio.

Ed il nostro ringraziamento va a Voi, considerandovi nell’insieme. Ma sento il dovere di dire una parola di ringraziamento a ciascuno di voi. In primo luogo devo ringraziare Padre Luigi, il quale ha saputo conquistare tutti i giovani di questa comunità. Negli incontri con i la gioventù, che ho seguito sempre con molto interesse, ho visto che Padre Luigi “non si perso in chiacchiere”: ha toccato i problemi del mondo giovanile con competenza e serietà. Potrei dire che nelle parole di Padre Luigi i giovani hanno trovato pane per i loro denti. I denti dei giovani sono sani e forti, ma anche le parole di Padre Luigi sono state un pane sano, saporito e nutriente. Grazie a te per tutto, Padre Luigi.

Diciamo “Grazie” anche a Padre Franco per le sue meditazioni sempre profonde e oltretutto convincenti. Mi riferisco alle meditazioni tenute la sera. Nonostante gli argomenti difficili, Padre Franco li ha saputi presentare sempre così bene nel corso delle conferenze che tutti rimanevano ad ascoltarlo con la massima attenzione. E’ proprio vero, carissimo Padre Franco che la gallina vecchia fa buon brodo: le tue parole sono state come la pioggia che cade lentamente nel terreno e lo rende fertile e fecondo. Le tue parole, non le dimenticheremo e anche a te diciamo grazie di cuore.

E per ultimo diciamo grazie anche a Padre Silvano, il direttore della Missione. Se i suoi superiori lo hanno posto a capo di questa piccola comunità di sacerdoti è perché hanno visto in Lui quello che abbiano visto anche noi: l’uomo sempre sorridente, sempre accogliente, sempre pronto, sempre disponibile. Abbiamo visto in Lui insieme l’entusiasmo di Padre Luigi e la saggezza di Padre Franco. E se tutto è andato per il meglio è perché a guidare le diverse attività vi è stato un animatore instancabile come Padre Silvano. Anche a Lui vanno i nostri ringraziamenti.

E avrei quasi ultimato, ma prima di passare la parola al sig. Sindaco, un ultimo pensiero devo aggiungere. Ed è questo. Se finisce oggi la Missione svolta dai Padri Passionisti, deve continuare la missione di evangelizzazione che siamo chiamati a svolgere tutti noi altri.

Non badiamo agli elementi che ci dividono, non pensiamo alla diversità di vedute, non al contrasto delle idee, non alle differenze tra le associazioni: concentriamoci piuttosto su quello che ci unisce. E ciò che ci unisce è la nostra fede e il nostro amore a Cristo.

Lavorando insieme si otterrà di più. Ed è questa la più grande soddisfazione che potremo dare ai Padri Missionari quando, anche da lontano, sapranno che il loro lavoro non è stato un fuoco di paglia, ma ciò che essi hanno seminato continuerà a dare frutti abbondanti di ogni bene alla nostra comunità parrocchiale.

E’ un impegno che prendiamo oggi, e che cercheremo di mantenere, nel nome di Cristo, nostro Signore. Amen.

Sac. Donato Mellone  

 
Di Redazione (del 28/12/2017 @ 15:20:22, in Comunicato Stampa, linkato 846 volte)

Il Comune di Galatina, nell’ambito delle iniziative previste per il periodo natalizio, organizza, per sabato 30 dicembre 2017, alle ore 10:30, presso lo Stadio Comune “G. Specchia” di via Soleto, la partita di calcio “Capodanno in campo” tra la ASD Avvocati Lecce e una rappresentativa del Comune di Galatina, alle quale si uniranno i ragazzi del progetto Sprar di ArciLecce.

Organizzato mediante la sinergia tra l’Assessorato allo Sport e Pari Opportunità e l’Assessorato alla Cultura, rappresentati rispettivamente da Maria Giaccari e Cristina Dettù, l’evento ha come fine quello di perseguire un nobile scopo, ossia una raccolta fondi per le famiglie galatinesi tutt’ora in difficoltà economiche.

L’obiettivo mira a sensibilizzare i cittadini su temi attuali e di estrema importanza come questo, unendo le storie di chi ha vissuto sulla propria pelle situazioni difficili, economiche e psicologiche, e chi, come la rappresentativa degli Avvocati di Lecce, è da sempre impegnata alla salvaguardia dei diritti dei più deboli.

Il biglietto d’ingresso è di € 3,00 e sarà interamente devoluto all’acquisto di beni di prima necessità da destinare alla famiglie in difficoltà residenti nel Comune di Galatina.

 
Di Antonio Mellone (del 31/12/2014 @ 15:20:00, in Presepe Vivente, linkato 2288 volte)

L’altra sera mi chiama Gianni De Ronzi, invero un po’ risentito, no, che dico, risentito è troppo, diciamo un po’ amareggiato: “Ma tu cosa pensi dei miei cento passi? Non hai ancora detto nulla. Perché non parli”.

Glielo dico ora con queste righe, forse perché vado meglio negli scritti che all’orale (o comunque – diciamo così - meno peggio).

*

I cento passi rievocano la distanza che c’è o c’era tra la villa del boss Tano Badalamenti e la casa di Peppino Impastato, figlio di un mafioso, ma giornalista antimafia, assassinato il 9 maggio 1978, indovinate da chi.

Peppino Impastato nel film dal titolo “I cento passi” (appunto) di Marco Tullio Giordana così urla la sua rabbia: “Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”.

*

Sì, “prima di non accorgerci più di niente” abbiamo bisogno di fermarci, riflettere sui cento passi, dei nostri cento passi, e decidere di andare avanti percorrendoli, oppure di bloccarci, ritornare sui nostri passi, fare marcia indietro, o percorrerne altri cento in tutt’altra direzione.  

Cento passi è una distanza da mantenere, ampliare o colmare. Mi piace mantenere o ampliare certi intervalli; vorrei colmarne molti di più, compiendo i miei cento passi persino in salita, in strade strette, impervie, accidentate.   

I pellegrini del presepe di Noha hanno percorso con lentezza i cento passi per raggiungere la grotta della Ri-Nascita, ammirato volti impressi su fogli ed attaccati su di un muro (anch’esso da abbattere prima o poi), ricalcato orme bianche sull’asfalto, atteso il proprio turno al vento di tramontana.

Cento passi alla ricerca di un Dio-Salvatore, spero non un Dio vincente ma un Bambino dalla parte dei vinti; non un sommo sacerdote ma un pargolo adagiato nei bassifondi del mondo. Un Dio che ha il volto di una ragazza mai baciata o quello di un giovane senza amore; un Dio disoccupato, precario, a scadenza, uno schiavo moderno senza diritti, uno sventurato vittima del disinteresse (o interesse) degli altri, un emigrante considerato “clandestino” da una legge barbara, una prostituta sfruttata dai papponi di basso o alto bordo, un omosessuale discriminato dai perbenisti di facciata, un disabile senza assistenza, un morto sul lavoro sacrificato al profitto, un malato di cancro per via dei nostri disastri ambientali, uno studente senza sussidio, un ricercatore senza fondi, uno scioperante per il proprio contratto. Cento passi per questo Dio e per il riscatto di molti.

Conviene compiere cento passi giorno dopo giorno per scippare ai poteri costituiti dei pezzi di verità, per alimentare uno spirito critico sempre vigile, per avere il coraggio di indignarsi e dire quel che si pensa, per non respingere sogni e utopia in grado di cambiare il mondo, per metterci la faccia (come hanno fatto i protagonisti del presepe vivente di Noha). Cento passi si percorrono per la difesa del paesaggio, per il consumo frugale, per la crescita zero in fatto di sviluppo edilizio, per la tutela dei nostri beni culturali. Cento passi per incontrarsi, dar corso alla rivoluzione della sobrietà e della saggezza, non cessare mai di imparare dalle sconfitte, aver voglia di credere che si possa sempre ricominciare, garantire che nessun vantaggio venga da una prepotenza. Ancora cento passi per essere stecca nel coro belante, non smettere di combattere, e credere che la parola lotta sia voce del verbo amare.

Questi sono i miei cento passi. Spero che qualcun altro abbia voglia di percorrerli insieme a me.  

Auguri, e altri cento passi ad ognuno di voi.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 18/10/2008 @ 15:19:45, in NohaBlog, linkato 3839 volte)

Continuiamo nell'esercizio di quello che a giugno scorso su questo blog chiamammo "Decalogo del salentino". Per quanto ovvio alla parola salentino potrebbe benissimo essere sostituita la "nohano".
Cerchiamo cari amici internauti di arricchire quello che all'inizio era un semplice decalogo. Di seguito vi suggeriamo i nostri: a voi il seguito.



SEI SALENTINO O NOHANO SE...

  • sei salentino se quando vivi fuori, almeno una volta al mese la mamma ti manda il pacco con le friselle e non solo quelle;
  • sei salentino se ami la tua terra e ti fai le vacanze nei tuoi posti di mare.
  • sei salentino se, pur vivendo al Nord da dieci anni, non hai perso una virgola del tuo meraviglioso accento!!( puru ca tutti te pijianu pe' culu!);
  • sei salentino se trovi un portafoglio per terra e ti futti tutti li sordi... (e puru lu borsellinu se è bonu);
  • sei salentino se per fare 100 metri prendi la macchina;
  • sei salentino se quando devi andare da una parte inizi a ripetere all´amico/amica/moglie/marito/figlio/genitore/cugino: MENA, MOVITE, MANISCIATE;
  • sei salentino se le parole "pizzicarella mia pizzicarella, lu caminatu tou pare ca balla" le senti cantare in 20 paesi diversi in una sera d´estate;
  • sei salentino se vai allo stadio con la macchina piena di gente vestita giallo rossa, con la sciarpa dietro Forza Lecce, e canti CI NU ZUMPA NU BARESE E´ E';
  • sei salentino sei hai i cd dei Sud Sound System e quando sei al Nord li fai sentire a tutta la comitiva;
  • sei salentino se quando stai in mezzo al traffico litighi con tutte le macchine vicine e bestemmi i morti a tutti;
  • sei salentino se ad ogni rumore che senti ti affacci a vedere che è successo;
  • sei salentino se quando vai al mare ti ritrovi come vicini di ombrellone i tuoi vicini di casa;
  • sei salentino se vai al militare perché non sai che fare del tuo futuro;
  • sei salentino se parcheggi la macchina nei parcheggi abusivi e per te è tutto normale;
  • sei salentino se al parcheggiatore abusivo dai 50 cent... puru cu ti lu cacci de nanzi;
  • sei salentino se trovi normale vedere 3 ragazzi che vanno in giro tutti su uno scooter(ovviamente senza casco);
  • sei salentino se vai ogni anno alla Notte Della Taranta puru ca stai alla Svizzera;
  • sei salentino se alla Notte Della Taranta arrivi cu' le damigiane te vinu/mieru pe' tutti;
  • sei salentino se commenti quello di prima con la frase: 'STU 'NZALLU!;
  • sei salentino se alle Elezioni Provinciali hai dato il voto a Vendola solo perché Fitto aveva fatto schifoL;
  • sei salentino se quando incontri fuori dalla Puglia un tuo concittadino che non avevi mai cagato, in città ci parli come se usciste insieme da una vita;
  • sei salentino se ascolti i Negramaro anche se non ti piacciono, perché sono di Lecce;
  • sei salentino quando dici di non essere permaloso e ti incazzi ad ogni appunto che ti fanno;
  • sei salentino se almeno una volta nella tua vita usi i proverbi: "Lu cane sècuta lu strazzàtu"; "Ogni petra azza parete"; "Quandu addhu nu tieni, cu mammata te corchi", "puru i pulici tenanu la tosse";
  • sei salentino se ridi anche nelle situazioni drammatiche e fai divertire la gente;
  • sei salentino se vai al Nord per lavorare per la tua famiglia;
  • sei salentino se te faci a quatthru cu faci nu favore all´amicu;
  • sei salentino se lavori in nero pure tutta la vita;
  • sei salentino se passi l´estate tra dance hall e sagre di paese;
  • sei salentino quando la gente ti definisce simpatico "cu dd´accentu!"
  • sei salentino se ti mangi lu purpu, la pitta, e i pisieddhri cu li pummidori schiattarisciati; e ti ssuppi la puccia.
  • sei salentino se il sabato sera vai a ballare solo se hai gli omaggi;
  • sei salentino se hai sempre un sorriso e un consiglio per gli amici;
  • sei salentino se hai un soprannome che ti danno gli amici del paese;
  • sei salentino se in estate la prima volta che ti abbronzi, ti ustioni e spelli;
  • sei salentino se anche se non hai un lavoro, scorrazzi in giro con il macchinone;
  • sei salentino se per richiamare gli amici gridi "VAGNUNIII!!!";
  • sei salentino se vivi a Milano.
Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 01/01/2022 @ 15:18:43, in NoiAmbiente, linkato 609 volte)

Parafrasando Giacomo Leopardi in una sua famosa frase, ci viene da pensare: Siamo storditi dai rifiuti che produciamo.
Senza questa abbondanza di rifiuti, non ci sarebbe bisogno di tante discariche, non ci sarebbe il CSS da bruciare, il percolato che intossica terra e acqua, emissioni che bruciano i polmoni, roghi abusivi e inceneritori ufficiali. Se ci fossero meno rifiuti la Natura ci benedirebbe. Ma aldilà di ogni "io credo che..." c'è la realtà, o verità che dir (non) si voglia.
Quanto (NON) sia prioritario il problema "inquinamento", lo si vede a partire dalle piccole cose:

Queste sono solo un piccolissimo esempio del degrado che regna dentro e fuori le nostre bellissime Galatina e frazioni. Senza contare delle centinaia di migliaia di buste e bustoni sparsi lungo i bordi delle strade, che puntualmente vengono macerati dal tempo e rinnovati da ignobili individui.
Poi ci sono le grandi “cose” che se pur impegnate nel sacrosanto diritto di garantire occupazione e nel rispetto di norme  tirate allo stremo (quindi, per  decine e decine di anni sempre al massimo con inquinamento e profitto e con alto rischio salute) lasciano, obtorto collo, ingenti tracce preoccupanti nell'aria, nel suolo e nell'acqua.
Dell'acqua, questo miracolo della Vita, non ne parliamo. Quella emunta dai pozzi artesiani della nostra zona, pare che vada bene solo per innaffiare i campi. Non potabile, così dicono da ben oltre un decennio buona parte dei laboratori di analisi, sempre di zona.
Resta infine il cibo che ingeriamo, ma quello ovviamente è coltivato nel sistema e con il sistema (industrializzato) serve a salvare capra e cavoli. Dove i cavoli, amari, sono sempre degli inermi cittadini.
E i medici, i poveri medici, che devono dire? Fanno la conta di quanti e di quali tumori uccidono i loro pazienti, spesso prematuramente, e con maggiore virulenza di nuove patologie, ora pure endemiche. E lo denunciano perfino su PROTOS 2020, sul progetto Minore promosso e realizzato da LILT  (Lega Italiana contro la Lotta ai Tumori), sugli Studi IMP.AIR, inerente ai danni precoci al DNA dei bambini di Galatina portato avanti dall’Università del Salento. Ma a quanto pare, i notiziari del tutto e del di più, compresa la maggior parte dei media galatinesi, preferiscono trattare altro, forse parlarne porta male e quindi avanti con il “tutto va bene”.

Resta quindi il dolore per chi incappa nella tragedia della malattia.
Per questo proprio non ci riesce di augurarvi un buon fine anno e un felice anno nuovo con le consuete parole del tipo "speriamo che...".
Certo non diciamo di no alla speranza della resurrezione in coscienza, ma diciamo con forza che abbiamo il dovere di considerare la tutela del Creato e delle Sue creature "Prioritario" con ogni atto, a cominciare dal primo pensiero di ogni mattina al risveglio.

Sindaco, Assessori, maggioranze e minoranze di questa Amministrazione, cittadini tutti, ci manca forse il coraggio?  O non lo riteniamo "Prioritario"?

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali

 
Di Antonio Mellone (del 20/08/2019 @ 15:15:14, in Fetta di Mellone, linkato 1559 volte)

Tranquilli, questo non è un necrologio. Anche perché per definizione Albino Campa.

Se state leggendo questo pezzo su Noha.it e/o sul profilo Nohaweb è perché da un lato sono riuscito a convincere Albino che, se anche non avesse voluto pubblicarlo sul suo sito, io l’avrei comunque postato sulla mia bacheca fb (ergo qualche internauta, e per di più nohano, prima o poi se ne sarebbe accorto), e poi perché Albino è un ragazzo intelligente, e va da sé che uno non può fare tanto il prezioso dopo aver ingoiato rospi per anni sopportando magari miriadi di comunicati stampa - tra i vuoti di contenuto e i raccapriccianti nella loro sintassi – spediti in redazione da una genia di politici, molti per fortuna ex, convinti del fatto che il rasoio di Occam sia lo strumento per depilare gambe ascelle e inguine.

Per chi ancora non lo conoscesse, Albino Campa, esperto informatico, è l’ideatore, il creatore, il patron, insomma il tutto del sito www.noha.it, partorito nel 2002 (mentre, per la cronaca, le Fette di Mellone festeggeranno il decennale l’anno prossimo, sempre se esisterà ancora la libertà di parola contraria).

Noha.it, diciamolo subito, non è una testata giornalistica, non un quotidiano on-line, né un “prodotto editoriale” ai sensi della legge sulla stampa, ma un blog aggiornato senza periodicità alcuna. È senza scopo di lucro, non riceve finanziamenti pubblici né contributi da parte di alcuno, non ha sponsor, e come potete accertarvi di persona non fa alcuna raccolta pubblicitaria (questo per dire che l’economia del dono esiste, funziona benissimo, e il suo metro è la dismisura). Non è espressione di partiti o movimenti politici (alla fazione preferisce la frazione, per dire), non ha un editore o una casa editrice alle spalle; la sua ragione sociale è la libertà di espressione, di critica e, per chi la capisce, di satira (roba che i cultori del diritto vedrebbero contemplata nella nostra Costituzione; i cultori del rovescio invece chissà dove).

A dirla tutta, per un quinquennio, precisamente dal 2007 al 2012, un periodico on-line, o meglio borderline, vale a dire semi-clandestino, è pure apparso puntualmente su questo sito: era L’Osservatore Nohano, un mensile di scritti con inchiostro antipatico, perlopiù anacronistici (cioè con il futuro incorporato), ma soprattutto senza interessi (per grazia divina solo conflitti), pubblicato con lo spirito partigiano per cui è meglio cambiare il paese che cambiare paese, liberandolo possibilmente dal fatalismo, dalla rassegnazione, dall’ineluttabilità di un capitalismo che, con ‘sta storia della necessità del Pil, inaridisce i rapporti, rovina la salute, indebita perfino i nascituri.

Ebbene, senza Albino nostro tutto questo sarebbe (stato) probabilmente più difficile. Senza il suo sito geofilosofico, la sua disponibilità e la costante presenza con macchinetta fotografica e videocamera pronte a immortalare il bello e il brutto di questa terra, forse la nostra comunità avrebbe rinviato a tempo indeterminato l’attenzione nei confronti del suo genius loci, e molti concittadini perso l’occasione di cogliere il fatto che un atto di residenza non può prescindere da uno o più atti di resistenza; che il Destino non è ineluttabile se il suo lemma diventa radice del verbo Destare; che il senso cinico non può sovrastare il senso civico; e, infine, che il contrario dell’amore non è l’odio (che è una forma perversa di amore) ma l’in-differenza, perché, come diceva quello, “l’amore è imperniato sulla differenza assoluta che fa considerare unica e insostituibile la persona o l’entità amata”.

Per carità, non è che abbiamo vinto chissà quante battaglie (ché le sconfitte superano di gran lunga le vittorie), ma ciò non toglie che era e sarà ancora nostro dovere lottare per questo pezzo di geografia, e per la sua storia.      

Mena, Albino, sbrigati a pubblicare questo articolo: non ti ho mica (come è poi capitato ad altri) fatto a fette.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 14/02/2007 @ 15:13:03, in La Storia, linkato 6449 volte)

Eccovi le lezioni  tenute da
P. Francesco D'Acquarica - il 29 gennaio 2007
e da
Antonio Mellone - il 1 febbraio 2007
davanti a vasta e competente platea, nel ciclo di lezioni dell'Anno Accademico 2006-2007  dell'Università Popolare "Aldo Vallone" di Galatina, nei locali del Palazzo della Cultura, in piazza Alighieri, cuore di Galatina.
E' ora che la nostra storia varchi i confini e gli ambiti più strettamente "provinciali".

 

1)Lezione di P. Francesco D'Acquarica



2)Lezione di Antonio Mellone

Lunedi scorso da questa stessa “cattedra” ha parlato P. Francesco D’Acquarica. Il quale m’ha riferito di aver preparato la sua lezione con slides e foto che poi per questioni tecniche non ha potuto utilizzare.
Oggi chi vi parla, non disponendo,… anzi - diciamo tutta la verità - non avendo tanta dimestichezza nemmeno con quella diavoleria elettronica altrimenti chiamata Power Point, non ha preparato slides, né foto, non vi farà provare l’ebbrezza di effetti speciali (a prescindere dal loro funzionamento) e non vi proietterà nulla. E dunque, pur avendo oltre trenta anni di meno di P. Francesco, essendo molto meno tecnologico di P. Francesco, dimostrerà, con questo, come la storia a volte… possa fare salti indietro.

*

Quindi da un lato non vi proietterò nulla; dall’altro vi chiederò uno sforzo di immaginazione (ma alla fine vi suggerirò un supporto, uno strumento portentosissimo per fissare, per memorizzare quanto sto per dirvi. Poiché come diceva il padre Dante “… Non fa scienza, sanza lo ritener l’aver inteso”. La scienza è cioè contemporaneamente “comprensione” e “memoria”. Sapere le cose a memoria senza averle capite non serve a nulla; ma non serve a nulla nemmeno comprendere e non ricordarle! Cioè se uno intende, comprende, ma non ritiene, cioè non memorizza, è come se non avesse fatto nulla: o meglio non ha – diciamo – aumentato la sua scienza).

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Questa sera cercheremo però in un modo o nell’altro di fare un viaggio nel tempo e nello spazio. E’ come se questa stanza si trasformasse in una macchina del tempo (ma anche dello spazio: ma non un’astronave!) che ci porti indietro nel tempo, nella storia, ma anche nella leggenda, nella favola, poiché, sovente, là dove scarseggia la documentazione, là dove il piccone dell’archeologo tarda a farsi vivo, è necessario supplire con altri dati, in molti casi con delle “inferenze” (che non sono proprio delle invenzioni) ma, diciamo, delle ipotesi ragionevoli.
Così dice il Manzoni nel capitolo XIII, allorché parla dello sventurato vicario – poi, bene o male, salvato, dalla inferocita folla, da Antonio Ferrer – “ Poi, come fuori di se, stringendo i denti, raggrinzando il viso, stendeva le braccia, e puntava i pugni, come se volesse tener ferma la porta… Del resto, quel che facesse precisamente non si può sapere, giacché era solo; e la storia è costretta ad indovinare. Fortuna che c’è avvezza.”
La storia è costretta ad indovinare; la storia s’inventa sovente le cose: fortuna che c’è avvezza.
La storia è avvezza ad inventar le cose!
E se lo dice il Manzoni stiamo tranquilli.
Dunque a volte nella storia può funzionare (e funziona: tranne che per qualche sofisticato prevenuto o per chi voglia leggere la storia con pretese inutilmente tormentatrici) la “ricerca interpretativa”; quella, per esempio, che porta un autore a dire esplicitamente quello che non ha detto, ma che non potrebbe non dire se gli si fosse posta la domanda.
Così in mancanza di documentazione la storia può servire non a darci delle risposte, ma a farci porre delle domande.
Le risposte ragionevoli a queste domande altro non sono che la costruzione della storia, nella quale – come dice Antonio Antonaci - il territorio, il folclore, la trasmissione orale, il dialetto, il pettegolezzo finanche, la leggenda il dato antropico, quello religioso, quello politico, ecc., si intersecano, uno complemento dell’altro…
E’ ormai pacifica un’altra cosa: lo storico, nelle sue ricostruzioni, inserisce il suo punto di vista, la sua cultura, finalità estranee ai testi ed ai fenomeni osservati. Per quanto cerchi di adattare il suo bagaglio concettuale all’oggetto della ricerca, lo storico riesce di rado a sbarazzarsi del filtro personale con cui studia le cose.

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Ma prima, di procedere in questo viaggio fantastico, visto che vedo qualche volto perplesso (della serie: a che titolo questo sta parlando?) volevo dirvi chi è l’autista di questo autobus, chiamiamolo pure pulman turistico diretto verso Noha: la guida, se volete, di questa sera.
Dunque mi presento intanto dicendovi che sono Antonio Mellone. E su questo non ci piove.
E poi come constato con piacere, in mezzo a voi questa sera ci sono tanti miei cari ed indimenticati maestri che mi hanno avuto alunno alle scuole superiori: oltre al prof. Rizzelli, vedo la prof.ssa Benegiamo, la prof.ssa Baffa, la prof.ssa Giurgola, il prof. Carcagnì, la prof.ssa Tondi, la prof.ssa Masciullo, il prof. Beccarrisi, il prof. Bovino conterraneo, il preside Congedo, vedo l’ing. Romano, e tanti altri illustri professori delle medie, dei licei, della ragioneria ed anche dell’Università di Lecce, come il prof. Giannini, che ringrazio per le parole a me indirizzate. Sicché stasera più che in cattedra, mi sento interrogato, diciamo.
Grazie per l’onore che mi concedete nel parlare a voi, siate indulgenti con me, come tante volte lo siete stati allorché sedevo … dall’altra parte della cattedra!

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Dunque per chi non mi conoscesse…
Sono di Noha, 39 anni, laurea cum laude in Economia Aziendale presso la Bocconi di Milano, dottore commercialista e revisore ufficiale dei conti, attualmente impiegato alle dipendenze di un importante istituto di credito (importante è l’istituto di credito: non io!) con la carica di Direttore della filiale di questa banca in quel di Putignano, in provincia di Bari.
Ecco: finora questi dati sono soltanto serviti a confondervi ulteriormente le idee, perché da subito spontanea sorge in voi la domanda: e questo Mellone cosa c’azzecca con la storia di Noha?
Allora aggiungo qualche altro dato: e vi dico che sono di Noha e che quell’Antonio Mellone che scrive su “il Galatino” (e gli argomenti nella maggior parte dei casi vertono su temi nohani) da ormai oltre 10 anni, è il sottoscritto.
Non solo, aggiungo e quadro il cerchio, dicendovi che ho curato e scritto insieme a P. Francesco D’Acquarica per l’editore Infolito Group di Milano nel mese di maggio 2006, il libro “Noha. Storia, arte, leggenda”, sul quale ritornerò qualche istante alla fine della nostra conversazione.
Fatta tutta questa premessa di carattere metodologico (che se volete potete considerare pure come “excusatio non petita”) entriamo nel vivo della discettazione, o lectio, o “lettura” che dir si voglia (così come un tempo veniva chiamata una lezione universitaria).

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Per la Storia di Noha, questa sera, non faremo un exursus: salteremo da palo in frasca, parleremo di tutto di più, ma vedrete che, senza dirvelo, un filo conduttore, un disegno, fra tutte queste disiecta membra ci sarà.

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La prima domanda che sento rivolgermi da tutti quelli con cui discetto di Noha è la seguente: da dove deriva questo nome?
Risposta a voi qui presenti: ve ne ha già parlato P. Francesco D’Acquarica lunedì scorso.

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Una curiosità intanto: sapete cosa significa Noha nell’arcaico linguaggio degli indiani d’America? Il lemma “Noha” significa: auguri di prosperità e gioia. L’ho scoperto sentendo un CD dal titolo The sacred spirit - Indians of America. Collezione Platinum Collection 2005. Quindi a qualcuno se volete augurare salute, prosperità e gioia, d’ora in avanti, al compleanno, a Natale o al compleanno, potete dirgli “Noha”. Noha: e non sbagliate!

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P. Francesco la volta scorsa vi ha parlato di una serie di ipotesi a proposito del nome Noha. Io questa sera vi racconto un mito: quello della principessa Noha, che poi avrebbe dato il nome al nostro paese, che prima si chiamava NOIA..
… Noha era una bellissima principessa messapica, che per amore di un giovane principe-pastore, Mikhel, principe di Noia, si stabilì in quel paese cui poi diede il nome.

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Nei campi dell’antica Messapia, per una traccia di sentiero, segnata da innumerevoli piedi nudi tra le erbe, (solo le più abbienti portavano i calzari) le donne messapiche, sguardo fiero di occhi neri e pelle bruna, capelli lucidi aggrovigliati e andatura energica, portavano con sé panieri pieni di cicorie e formaggio.
Andava, sì, scalza, anche la principessa Noha, mentre le piante dei piedi si espandevano illese sul sentiero, ma il suo portamento, il piglio, il tintinnio dei suoi monili e la cura con cui annodava i capelli e li fermava con cordelle di seta colorata, manifestavano la sua origine regale, nonché la sua voglia di essere bella.
Quando fu il tempo deciso dal re suo padre, Noha si trovò a dover scegliere quale compagno di vita uno fra i molti pretendenti invitati a palazzo…
Ogni pretendente portò con se un dono, secondo le proprie possibilità. Ora, uno portò collane di diamanti costosissime, un altro un anello d’oro molto prezioso, un altro ancora in dote avrebbe portato terreni e palazzi…
Ma la saggia principessa Noha, fra i tanti corteggiatori, per condividere la sua vita, scelse Mikhel, principe di Noia, che le aveva portato in dono solo ciò di cui egli era dotato: e cioè il sorriso, la gentilezza, la semplicità, il rispetto dell’ambiente, l’altruismo, la gratitudine, il senso del dovere e tutto quanto fa vivere in armonia con se stessi, con gli altri e con il creato. Noha reputò che questo era un vero e proprio scrigno di tesori.
Noha rinuncia così per amore allo sfarzo ed agli agi del castello della “Polis” di suo padre (che viveva nella importante città di Lupiae), vivendo felice e contenta nella cittadina del suo Mikhel.

Mikhel e Noha celebrarono le loro nozze a palazzo reale, ma poi vissero la loro vita coniugale nella piccola Noia, nella semplicità, nella concordia e nell’armonia e la governarono così bene da rendere tutti felici e contenti.
Fu così che il popolo, grato, scelse democraticamente di cambiare il nome della cittadina da Noia in Noha.

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Ora allacciate ben bene le cinture di sicurezza: andiamo finalmente a Noha!
La volta scorsa avete avuto modo di conoscere la chiesa piccinna, il Pantheon della Nohe de’ Greci, una chiesa che si trovava proprio in centro, accanto alla chiesa madre, dedicata a san Michele, patrono di Noha.
Questa chiesa piccinna era dedicata alla Madonna delle Grazie, compatrona di Noha, e presentava all’interno degli affreschi. Non esistono delle foto che la ritraggono nella sua interezza: ma soltanto dei disegni di chi la ricorda bene, e qualche foto di piccoli brani dell’interno e dell’esterno di questo monumento.
Era di forma ottagonale. Io non l’ho mai vista (se non in disegno e nelle foto di cui dicevo).
Ma se vi volessi dare una mano o qualche idea ad immaginarla, vi direi che era molto somigliante alla vostra chiesa delle anime (aveva una cupola, però, con dei grandi finestroni).

Ma questo monumento non c’è più: abbattuto, come molti altri…
Ma è inutile ormai piangere sul monumento abbattuto, così come è inutile piangere sul latte versato. Ma questo non è l’unica chiesa abbattuta. Le chiese di Noha abbattute furono molte… Ve ne ha già parlato P. Francesco…
Ma non vi preoccupate. Non sono state abbattute proprio tutte. Qualcuna rimane ancora e qualcun’altra è stato costruita ex novo.
Oggi ne rimangono in piedi, (molte rifatte ab imis) - oltre alla chiesa Madre, dedicata a San Michele Arcangelo, la chiesa della Madonna delle Grazie inaugurata nel 2001, la chiesa di Sant’Antonio di Padova, (che per la forma ricorda in miniatura la basilica del Santo a Padova), la chiesa della Madonna di Costantinopoli, e la chiesa della Madonna del Buon Consiglio e la grande chiesa del cimitero, il quadro del cui altare maggiore, ricordo da ragazzino allorchè ero chierichietto, rappresentava la Madonna del Carmine.
Ma questa sera non voglio portarvi in giro per chiese… che magari vedremo una prossima volta.

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Ma si diceva: un tempo le persone non capivano erano iconoclaste incoscientemente; non si dava importanza ai beni culturali, si abbatteva tutto con facilità.
Può darsi.
Ma questo poteva essere vero quaranta o cinquanta anni fa.
Ma oggi?
Un delitto contro la cultura e la storia, lo stiamo compiendo noi (non il tempo!) oggi: nel 2007! Noi di Noha; voi di Galatina: anche voi che mi state ascoltando, nemmeno voi ne siete esentati.
Perché? Perché tutti siamo responsabili di qualcosa.
Per esempio siamo responsabili se non conosciamo questi luoghi e questi fatti che si trovano ad un fischio da noi. Dovremmo cioè smetterla di pensare al mondo, solo quando al mondo capita di transitare dal tinello di casa nostra!
Il piccone della nostra ignavia si sta abbattendo giorno dopo giorno su quale monumento? Sulla torre medievale di Noha.
Si, perché, signori, se non lo sapete a Noha c’è una torre medioevale le cui pietre gridano ancora vendetta. E questa torre si trova proprio in centro. Dentro i giardini del castello.

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Al di là di un muro di cinta, in un giardino privato (ma trascurato: quindi non sempre il privato è meglio del pubblico), dunque in un giardino tra alberi di aranci mai potati. Questa torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300.
Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. A Noha abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e chissà forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa.
Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
Da Noha passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…

La sopravvivenza stessa e lo sviluppo dell’antico casale di Noha debbano molto a questa torre di avvistamento e di difesa, situata su questo asse viario di cui abbiamo già parlato (così come riconoscenti ai loro edifici fortificati devono essere Collemeto e Collepasso; mentre a causa della mancanza di tali strutture difensive vita breve ebbero i casali di Pisanello, Sirgole, Piscopio e Petrore).

La “strada reale di Puglia” ed in particolare la sua arteria che congiungeva Lecce ad Ugento, nata su un tracciato di strada preromana, aveva proprio nelle alture di Noha e Collepasso, e nelle rispettive torri, due punti strategici di controllo e difesa del percorso.

Come si presenta dal punto di vista architettonico?
La torre di Noha, che raggiunge i dieci metri d’altezza permettendo così il collegamento a vista con le altre torri circostanti, si presenta composta da due piani di forma quadrangolare. Una bella scala in unica rampa a “L” verso est, poggiata su un arco a sesto acuto, permetteva l’accesso alla torre tramite un ponte levatoio (una volta in legno oggi in ferro).
La torre è stata realizzata con conci di tufo regolari, un materiale che ha permesso anche un minimo di soluzioni decorative: la costruzione infatti è coronata da un raffinata serie di archetti e beccatelli.
Dei doccioni in pietra leccese permettevano lo scolo dell’acqua della terrazza (con volta a botte).

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Chiuso anche questo argomento della torre.

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Nel complesso del castello si trovano (oltre al castello stesso: ma di questo non ve ne parlo) altri monumenti: il primo è curiosissimo. Si tratta delle “casette dei nani o degli gnomi”, anche queste un mistero. (Il secondo è un ipogeo; il terzo la “casa rossa”)
Le casette dei nani.
Le avete mai viste? Qualcuno di voi le ha mai viste? Sapete cosa sono? E dove si trovano?
E’ una specie di villaggio in pietra leccese, un capolavoro di architettura, fatto di tante casette piccole, che sembrano tante case dei nanetti. Si trovano sulla terrazza di una casa che fa parte del complesso del castello di Noha. Una delle case dove abitavano i famigli, i servi dei signori del palazzo.

Il villaggio di Novella frazione di Nove è fatto di casette piccine e leggiadre: un piccolo municipio, la piazzetta, la chiesetta con un bel campanile, la scuola, la biblioteca, le casette degli altri gnomi, il parco dei giochi, ecc.
Nel paese di Novella non vi erano mega-centri commerciali, aperti sette giorni su sette e fino a tarda ora; ma negozietti e botteghe a misura d’uomo… anzi di gnomo… di gnomo.

Così, da basso (lasciando alle spalle la farmacia di Nove) basta alzare lo sguardo e tra la folta chioma di un pino marittimo, si riesce ad intravedere il campanile ed il frontespizio di una “casetta” dalla quale sporge un balconcino arzigogolato, finemente lavorato.
Ma per poter vedere tutto quanto il paese di Novella bisogna salire sulla terrazza di quella casa - chiedendo il permesso alle gentilissime signore che attualmente abitano il primo piano del castello.
Quando passate da Noha, fermatevi un attimo ad ammirare i resti di queste casette. Sono ricami di pietra, lavoro di scalpellini e scultori che hanno creato opere d’arte. Anche queste casette-amiche ci chiedono di essere restaurate.

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Ora facciamo quattro passi a piedi (abbiamo lasciato il nostro pulman virtuale) e attraverso via Castello dirigiamoci verso il centro della cittadina.
Stiamo calpestando un luogo antico ed un manto stradale che cela un sotterraneo: è un ipogeo misterioso.

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Nella primavera del 1994 a Noha, fu una ruspa, impegnata in lavori alla rete del gas metano, durante lo scavo di una buca, sfondandone improvvisamente la volta, a portare alla luce un mondo sotterraneo, un ipogeo misterioso di notevoli dimensioni.
Il gruppo speleologico leccese "'Ndronico" invitato dall’allora sindaco prof. Zeffirino Rizzelli, provvide alla perlustrazione, ai rilievi ed alle analisi di quegli antri. E conclusero che si era in presenza di un reperto di archeologia industriale di Terra d'Otranto: un frantoio ipogeo.
Concordo con questa conclusione e con la relazione degli speleologi. Però aggiungo che è proprio della scienza la ricerca continua di elementi che possano confutare o confermare una tesi.
La tesi in questo caso è quella della vox populi che narra di un passaggio segreto in grado di collegare il palazzo baronale di Noha con la masseria del Duca nell'agro di Galatina.
E come in molti altri Castelli italiani o stranieri avviene, è ragionevole ipotizzare che anche in quello di Noha possano esserci anfratti, nascondigli, passaggi, dei trabucchi, carceri e bunker sotterranei, al riparo da occhi indiscreti, o di difesa dalle armi nemiche, o assicurati contro facili evasioni, o in grado di imporre dura vita ai prigionieri.
Vi sono in effetti alcuni elementi contenuti nella relazione e confermati da una nostra visita che abbiamo avuto la fortuna di compiere proprio in questo ipogeo, durante l'estate del 1995, insieme ad un gruppo di amici (tra i quali P. Francesco D'Acquarica: non pensavamo dieci anni fa di scrivere un libro a quattro mani) elementi, dicevo, che fanno pensare che ci sia un collegamento tra il Palazzo Baronale, l'adiacente Torre medioevale, l'Ipogeo stesso e chissà quali altri collegamenti.

Dalla relazione degli speleologi si legge: "sul lato Nord si diparte un corridoio che, dopo alcuni metri, si stringe e permette di accedere ad un pozzo d'acqua stagnante sotto una pittoresca piccola arcata bassa, di elegante fattura e dolcemente modellata e levigata, dinanzi alla quale siamo costretti a fermarci…". Poi ancora un altro brano dice: "…la pozza sull'altra sponda presenta una frana in decisa pendenza accumulata fino alla sommità superiore di un arco ogivale che a sua volta sembrerebbe nascondere un passaggio risalente in direzione del Palazzo Baronale..". In un altro stralcio leggiamo: " …esiste un cunicolo a Sud. Tale galleria risulta riempita, al pavimento e sino ad una certa altezza, di terriccio, per cui abbiamo proceduto carponi. Il corridoio di mt. 11,00 circa, largo mt. 1,10 ed alto nel punto massimo mt. 1,30, mette in comunicazione i due ipogei, come se il primo volesse celare il secondo in caso di assedio…". Infine in un altro pezzo è scritto: "Ripartendo dalla scalinata Sud ed inoltrandoci nella parte destra, a circa 6,00 mt., vi è un tratto di parete murata come se si trattasse di una porta larga circa mt. 1,30…"
Dalle mappe abbozzate risultano a conferma "porte murate", "probabili prosecuzioni", "cunicoli da utilizzare in caso di assedio".
Se questi elementi da un lato, non dandoci certezze, ci permettono di fantasticare e nutrire mitiche leggende di "donne, cavallier, arme e amori” o il mito dell’Atlantide sommersa proprio a Noha; dall'altro potrebbero servire agli addetti ai lavori, agli studiosi, per proseguire, nella ricerca di altre tessere importanti del mosaico di questa storia locale. Per ora questo ipogeo è chiuso e dimenticato da tutti.

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Un altro mistero. Vedete quanti misteri. Questa sera più che Antonio Mellone sembro Carlo Lucarelli, con la sua trasmissione Bluenotte, quella che va in onda su Rai tre.

Ora un cenno ad un altro mistero, un monumento: la Casa Rossa.

La Casa Rossa è una costruzione su due piani, che un tempo era parte del complesso del palazzo baronale di Noha (o Castello). E’ così chiamata a causa del color rosso mattone delle pareti del piano superiore. La Casa Rossa ha qualcosa che sa di magico: è un’opera originale e stravagante.
Da fuori e da lontano, dunque, si osserva questa specie di chalet, rosso, dal soffitto in canne e gesso, con tetto spiovente (cosa rara nel Salento), con due fumaioli, una tozza torre circolare, a mo’ di garitta a forma di fungo, con piccole finestre o vedute.
L’ingresso alla Casa Rossa si trova sulla pubblica strada, continuazione di Via Michelangelo, nel vico alle spalle della bella villa Greco (oggi Gabrieli).

Il piano terra invece pare ricavato nella roccia: all’interno si ha l’impressione di vivere in una grotta ipogea, scavata da una popolazione africana. Le pareti in pietra, prive di qualsiasi linearità, hanno la parvenza di tanti nidi di vespe, con superfici porose, spugnose, completamente ondulate, multicolori (celestino, rosa e verde), ma dall’aspetto pesante: somigliano quasi a degli organismi naturali che sorgono dal suolo.
In codesta miscela d’arte moderna e design fiabesco, ogni particolare sembra dare l’idea del movimento e della vita.
I vari ambienti sono illuminati dalla luce e dai colori che penetrano dalle finestre e dalle ampie aperture da cui si accede nel giardino d’aranci.
In una sala della Casa Rossa c’è un gran camino, e delle mensole in pietra.
In un’altra v’è pure una fonte ed una grande vasca da bagno sempre in pietra, servite da un sistema di pompaggio meccanico (incredibile) dell’acqua dalla cisterna (cosa impensabile in illo tempore in cui a Noha si attingeva con i secchi l’acqua del pozzo della Trozza o dalla Cisterneddhra, che sorgeva poco lontano dalla Casa Rossa, mentre le abluzioni o i bagni nella vasca da bagno, da parte della gente del popolo, erano ancora in mente Dei).
Le porte interne in legno, anch’esse, come le pareti, sembrano morbide, come pelle di vitello. Il cancello a scomparsa nella parete e le finestre che danno nel giardino sono grate in ferro battuto e vetro colorato. I vetri (quei pochi, purtroppo, superstiti) rossi, blu e gialli ricordano per le loro fantasie iridescenti le opere di Tiffany.
Al piano superiore si apre un ampio terrazzo, abbellito con sedili in pietra, che permetteva di godere del panorama del parco del Castello o del fresco nelle calde serate estive.
Ma cosa possa, di fatto, essere la Casa Rossa (o a cosa potesse servire) rimane un mistero.
Alcuni la ritengono come il luogo dove venivano accolti gli ospiti nel periodo estivo, del solleone; altri come la casa dei giochi e degli svaghi della principessina (proprio come era la Castelluccia che si trova nel parco della Reggia di Caserta); altri ancora ipotizzano che si tratti di un “casino” di caccia.
Qualcuno maliziosamente afferma che fosse adibita a casa di tolleranza.
Le leggende sul conto della Casa Rossa s’intrecciano numerose: storie di spiriti maligni e dispettosi, di persone che sparivano inspiegabilmente, di briganti che là avevano il loro quartier generale, di prigionieri detenuti che nella Casa scontavano, castighi, torture, o pene detentive.
Qualcuno azzarda anche l’idea che fosse abitata dalle streghe, o infestata dai fantasmi; qualcun altro dice addirittura che fosse occupata dal diavolo in persona (per cui un tempo la Casa Rossa di Noha era uno spauracchio per i bambini irrequieti)…

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La Casa Rossa di Noha a me sembra un vero e proprio monumento in stile Liberty.
Il Liberty è il complesso e innovativo movimento stilistico europeo che si diffuse tra il 1880 e il 1910.
Elemento dominante di questa “moda” sono le linee curve ed ondulate, spesso definite con l’espressione coup de fouet (colpo di frusta), ispirate alle forme sinuose del mondo vegetale e combinate ad elementi di fantasia. Non fu un unico stile: ogni nazione lo diversificò, lo adattò, lo arricchì secondo la propria cultura.
Il modernismo o arte nuova (art nouveau) toccò anche Noha e Galatina. E la Casa Rossa, quindi, costruita con molta probabilità tra l’ultimo ventennio del 1800 ed il primo del 1900, è la massima espressione di quest’epoca, che diventerà in francese belle epoque, in nohano epoca beddhra.

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Allora vi ho parlato fino a questo momento di monumenti. Vi avrei potuto parlare dei personaggi di Noha. Ce ne stanno. Ce ne stanno. E molti pure!
Se vi va lo faremo una prossima volta.
Ora permettetemi solo di fare un cenno ad un solo personaggio di Noha, scomparso recentissimamente. Lo merita. E’ venuto a mancare a Firenze all’età di 53 anni. Era un artista. Un grande.
Era il grande Gino Tarantino, architetto, scultore, pittore, fotografo: un maestro, un esteta.
Ha vissuto gli anni della giovinezza a Noha e dopo ha studiato architettura a Firenze, dove è rimasto e dove ha creato la maggior parte delle sue opere d’arte. Originali e geniali. Gino Tarantino era un artista, ma, prima di tutto, un uomo intelligente e sensibile. Un uomo che ha dato lustro a Noha ed al suo Salento (la sua opera fu perfino pubblicata da “Flash-art”, rivista d’arte e cultura, conosciuta in tutto il mondo, se non altro dagli addetti al settore)…

Qualcuno lo definiva un tipo “eccentrico”.
Io l’ho conosciuto nel corso della scorsa estate. Gino Tarantino aveva piacere di trascorrere le vacanze a Noha, nella sua terra natale, ne amava il sole, il mare, la luce ed in fondo anche la gente. Colse molti volti salentini, specialmente di adolescenti e giovani. Creava e lavorava anche in vacanza: disegnava, fotografava, impastava, scolpiva, plasmava.
Creava. Elaborava interiormente immagini su immagini.
Era il Gaetano Martinez di Noha.

Diciamo che era un tipo originale, anticonformista, estroso, creativo, uno spirito libero, uno che volava alto con il pensiero, non influenzato dalla banalità delle immagini televisive (“non ho la televisione. Non ho neanche un’antenna” – diceva. E veramente, nemmeno la macchina e nemmeno la patente: per scelta di vita).
Era cordiale, sorridente e (anche a detta di molte donne) un tipo affascinante.
Le sue opere stupiscono e incantano, seducono ancora e riescono, con combinazioni inedite di elementi noti, a dare idea di quanto la mente umana sia in grado di inventare.
Con la sua arte e le sue capacità intellettive ha lottato per integrarsi in quel mondo (chi è del giro sa) così duro e ristretto degli artisti, e delle gallerie; un campo difficile, e ancor peggio, in una città come Firenze: culla dell’Arte Italiana.
Uno spirito così libero ed estroverso come Gino non avrebbe mai accettato di fare altro. A volte partecipava a progetti di architettura (ha arredato case di illustri personaggi a Roma, a Parigi, in Spagna ecc.) ma esclusivamente per ragioni economiche: preferiva dedicare il suo tempo e le sue energie alle sue sculture, alle sue opere la cui rendita economica, come sempre accade per l’arte in genere, si proietta quasi sempre in un futuro estremo.
Ci auguriamo che quanto prima molte sue opere rimesse sul vagone (anzi su più di un vagone) di un treno tornino a Noha. E che presto trovi giusta collocazione nella storia, nell’arte e nella leggenda anche Gino Tarantino e la sua opera, finalmente catalogata e rivalutata.
Purtroppo, dobbiamo constatare ancora una volta che anche per Gino Tarantino vale la legge della morte quale condizione necessaria per l’immortalità della fama!

* * *

A mo’ di notizia in anteprima (questa non è storia, non è attualità è futuro… prossimo) vi comunico che con un gruppo d’amici abbiamo dato vita ad una redazione che sta per dare alla luce un nuovo periodico (di cui non conosciamo, pensate un po’, neanche la periodicità!) on line dalla testata che suona così: L’OSSERVATORE NOHANO. Somiglia per assonanza, ma solo per assonanza all’altra testata ben più famosa: l’organo della Santa Sede. Ma rispetto a quello il nostro è di matrice puramente laica. Rispetteremo la chiesa cattolica così come rispetteremo, né più né meno, le altre Istituzioni.
Abbiamo dedicato il primo numero a Gino Tarantino, del quale vorremmo poter emulare la libertà del pensiero e dell’azione (sempre nel rispetto degli altri, s’intende). Potete accedere al nostro Osservatore attraverso il sito www.Noha.it e buona navigazione. Come dicevo non sappiamo dove tutto questo potrà portarci: a noi interessa partire con entusiasmo e dirigerci ed andare là dove ci porterà il cuore.

* * *

Lo strumento portentosissimo di cui vi parlavo all’inizio di questa mia relazione che volge al termine (vi ricordate quando dicevo: non fa scienza sanza lo ritener l’aver inteso?), dunque questo strumento è (non poteva essere altrimenti) un libro. Il libro scritto a quattro mani dal sottoscritto e da Padre Francesco: il titolo: “Noha. Storia, arte e leggenda”. Un libro prezioso, per il contenuto, e pregiato per il contenitore. Che questa sera chi lo volesse potrebbe farlo ad un prezzo speciale. Prezzo speciale Università Popolare 30 euro, anziché 35.
Ma non voglio fare la Vanna Marchi della situazione. E non vorrei approfittarne. Se lo volete me lo chiedete. Altrimenti non fa nulla.

*

Cari amici concludo.
Questa sera vi ho parlato di Noha.
Ve ne ho parlato per contribuire solo un poco alla sua conoscenza. Perché si sa che la conoscenza è condizione necessaria (e sufficiente, dico io) per il rispetto e per l’amore dei luoghi, delle persone e della loro storia.
La conoscenza ci rende un po’ più umili. E l’umiltà ci permette non di giudicare, non di guardare dall’alto verso il basso, ma di guardare dentro, di sintonizzarci, di imparare, di capire, di rispettare.
Solo con questi atteggiamenti miglioreremo: e staremo bene con noi stessi e con gli altri.
Mi auguro che non pensiate soltanto che Noha sia come la cronaca nera ci fa leggere sui giornali soltanto la cittadina della mafia o della sacra corona unita. Non è questo. Non è solo questo. Come ho cercato di raccontarvi fino a questo momento.
Mi auguro dunque alla fine che amiate un po’ di più Noha, i suoi monumenti, la sua storia, i suoi abitanti, e - se questa serata non v’è dispiaciuta affatto – anche chi vi ha parlato finora, tenendovi incollati o inchiodati alla sedia.
Se invece fossi riuscito soltanto ad annoiarvi: guardate non l’ho fatto apposta!

Grazie.

 
Di Antonio Mellone (del 10/11/2012 @ 15:12:48, in Ex edificio scolastico, linkato 3066 volte)

Non  perdiamoci in chiacchiere, e torniamo ad un’altra cappella, anzi basilica nel  deserto nohano: la vecchia scuola elementare di Noha, già pronta da un anno e  mezzo, anzi no, per via di una serie di piccoli dettagli che vanno dall’hardware al software della struttura.
In effetti l’argomento mancava da questi schermi da un bel po’. E qualcuno ci ha chiesto lumi (!) in merito, anche se noi siamo tutto meno che l’ufficio tecnico, e tanto meno stampa, del Comune di Galatina che - ci assicurano fonti informate - “sta lavorando alacremente, giorno e notte” per risolvere il problema (ci auguriamo non a lume di candela).  
La rogna ancora irrisolta nell’Anno Domini 2012 che volge al termine è, dunque, l’allaccio all’energia elettrica, per brevità, Enel. E’ vero, si è già provveduto come pragmatismo comanda ad installare un contatore provvisorio (nelle nostre contrade la provvisorietà dura più o meno un quarto di era geologica ndr), che misurerà il flusso di elettroni per una potenza massima di 10 kwh, anziché dei 50 previsti. Mentre il collegamento alla rete dovrebbe “arrivare da un momento all’altro”. A sorpresa. Come un miracolo. Come una sajetta.
Poi sarà la volta delle gare, o come diavolo si chiamano, per affidare la struttura ad un gruppo di persone di buona volontà che la faccia funzionare come previsto dai progetti per i quali è stata finanziata. Diciamo che con un po’ d’impegno potremmo farcela nel corso dell’attuale decennio. Tutt’al più del prossimo.
E qui sarebbe d’uopo aprire una parentesi per parlare delle attività che si potrebbero/dovrebbero svolgere nel nuovo centro sociale nohano, anche alla luce delle interrogazioni fatte in seno al consiglio comunale di Galatina da chi forse non s’è nemmeno preso la briga di leggere intenti e progetti (non essendone minimamente interessato). Ma finiremmo per andare oltre il seminato. Ci proponiamo di scriverne prossimamente, sempre qui, anche perché ne stiamo sentendo di tutti i colori. C’è, infatti, chi mettendo le mani avanti e arrotando la boccuccia a cul di gallina ti spiega: “No, non si può far questo, né si può far quell’altro” (ma non ti suggerisce che cos’altro). Altri, accennando a stracciarsi le vesti ed alzando il solito ditino, sembrano dirti: “Ma signora mia, non è proprio possibile pensare ad attività di questo tipo” (più che attività chissà se i nostri interlocutori saranno interessati alle passività). L’esperto, anzi il tecnico di turno, cimentandosi un po’ con l’alpinismo sugli specchi e sciorinando il solito nulla in risposta alle tue proposte ribadisce secco: “Non penso proprio: lì sono previste attività specifiche per giovani fino a 24 anni. E assolutissimamente nulla altro” (notare l’avverbio che enfatizza il nulla). E così via farneticando.        
Sentendo corbellerie di questa stazza t’accorgi che qui la vera energia che manca non è proprio quella elettrica.
Ma rimandiamo ad altre note queste amenità (sennò non la finiremmo più) e ritorniamo al tema per ora prioritario.

Noi crediamo che, arrivati a questo punto, debba essere il nostro Sindaco in prima persona a spendersi, protestando nei confronti dell’Enel, e proferendo papale papale (o sindacale sindacale) più o meno queste parole: “Cara Enel, o Eni, o chiunque tu sia, per favore non andare alla ricerca del pelo nell’uovo. Ti pregherei di non ostacolare ma di agevolare questo benedetto collegamento alla rete energetica per la vecchia scuola elementare di Noha. Te lo chiediamo nell’interesse pubblico, e non soltanto della mia maggioranza. Guarda che non ti stiamo mica dicendo che dovresti regalarci l’energia elettrica, o farci degli sconti, o degli abbuoni, o di trattarci con i guanti bianchi. Noi siamo pronti a pagarti ogni chilowattora consumato, e addirittura puntualmente, ad ogni scadenza, e secondo tariffa. Perché ci stai mettendo il bastone tra le ruote (o il relé di traverso)? Perché ti ostini a dire che no, non si può senza una cabina elettrica costruita così e cosà?   
Detto tra noi, tu lo sai benissimo che per un collegamento del genere non c’è bisogno di tutto ‘sto ambaradan (chè noi non sappiamo manco da dove partire, e abbiamo mille altri problemi per la testa).
Cara Enel, o chi per te, non costringermi a dire al mondo intero che un collegamento di 50 kwh potrebbe benissimo esser fatto pur senza il bisogno di costruire alcuna cabina elettrica (magari a forma di cappella: ne abbiamo a bizzeffe, di cappelle dico).
Sì, per la verità qualche nostro tecnico ha sottovalutato la portata del problema; diciamo che non ci ha proprio pensato se non in procinto di ultimare i lavori, ma, di grazia, non ti ci mettere pure tu, obbligandoci a costruire qualcosa che per noi è così difficile che al confronto sarebbe di poco più gravosa la costruzione di una novella piramide nel deserto del Sahara.
L’abbiamo capito, sai, che il tuo è puro puntiglio spagnolesco. Ma permettimi di aggiungere che non ti conviene fare, come sovente fai, orecchio da quel mercante che sei. Stavolta, fidati di me, non faresti un buon affare.
Non obbligarmi a condurre una campagna di informazione per far capire a tutti i cittadini di Noha, Galatina, Collemeto e Santa Barbara, che non ti frega nulla del pubblico, ma che il tuo è solo business, o interesse particulare.
Non indurmi ad organizzare una manifestazione di protesta sotto i tuoi uffici. Non spingermi a promuovere iniziative volte al risparmio energetico così risolute ed “energiche” che, almeno per il nostro territorio, il tuo fatturato sarà costretto a contrarsi inesorabilmente (vabbè, questa roba ci starebbe bene a prescindere n.d.r.).
Non farmi spegnere tutte le luci comunali notturne, e pure diurne, ancor prima che il decretino di Monti ce lo imponga.
Non istigarmi oltremodo, altrimenti sarò costretto a far sapere a tutti che uno dei problemi principali dell’economia italiana è proprio il costo dell’energia elettrica. Che i costi sono per noi mentre tutti i ricavi per te. Che ogni anno affluiscono dalle nostre alle tue tasche tanti miliardi di euro di extraprofitti, che come al solito vanno ad ingrassare il capitale ed una classe dirigente (o digerente) fatta di manager (o magnager) strapagati, miopi, opportunisti, sine fine dicentes.
Cara Enel, tu sei tu, una multinazionale forte ricca e potente, ma non t’illudere più di tanto: noi siamo noi, e tutti insieme potremmo formare una Montagna di uomini e donne in grado di scatenare un’onda d’urto di inaudita potentissima energia. E senza il bisogno di cabine, centraline e ammennicoli vari.”

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 12/02/2010 @ 15:11:32, in I Dialoghi di Noha, linkato 3321 volte)

Lunedi 15 febbraio 2010, alle ore 18, a Galatina, nell'ambito delle lezioni per l'anno accademico 2009/2010 dell'Università Popolare "A. Vallone", in collaborazione con "I dialoghi di Noha", nell'aula magna del primo circolo didattico, in piazza F. Cesari (Villa San Francesco), Antonio Mellone terrà la lezione dal titolo:

 "Lectura Dantis, quinto canto, Paolo e Francesca"



Canto quinto, nel quale mostra del secondo cerchio de l'inferno, e tratta de la pena del vizio de la lussuria ne la persona di più famosi gentili uomini.

 
Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.        3

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.        6

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata        9

vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.        12

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.        15

"O tu che vieni al doloroso ospizio",
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,        18

"guarda com'entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!".
E 'l duca mio a lui: "Perché pur gride?        21

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare
".        24

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.        27

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.        30

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.        33

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.        36

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.        39

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali        42

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.        45

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid'io venir, traendo guai,        48

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: "Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?".        51

"La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper", mi disse quelli allotta,
"fu imperadrice di molte favelle.        54

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.        57

Ell'è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.        60

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.
       63

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.        66

Vedi Parìs, Tristano"; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.        69

Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.        72

I' cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri".        75

Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno".        78

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!".        81

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;        84

cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido.        87

"O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,        90

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c' hai pietà del nostro mal perverso.        93

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.        96

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.        99

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.        102

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.        105

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense
".
Queste parole da lor ci fuor porte.        108

Quand'io intesi quell'anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: "Che pense?".        111

Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!".        114

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.        117

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?".        120

E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
       123

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.        126

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.        129

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.        132

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,        135

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".        138

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.        141

E caddi come corpo morto cade.

 
Di Antonio Mellone (del 06/03/2016 @ 15:06:26, in NohaBlog, linkato 2660 volte)

Conosco un anziano signore del mio paese, un contadino, un tipo di poche parole. Un giorno quest’uomo mi raccontò la sua personale tragedia. Lo fece nel suo stile laconico, tacitiano anzichenò, con le sue frasi lapidarie. Ne parlava con commozione mentre più di una lacrima imperlava i suoi occhi, ma senza rancore né ferocia.

Nel 1943, durante la seconda grande guerra, era stato soldato prima a Chiavari (Genova), poi in Grecia da aprile a settembre. Aveva da poco compiuto 20 anni.  

Con l’armistizio dell’8 settembre dello stesso anno, gli ormai ex-alleati tedeschi “invitarono” la sua guarnigione a deporre le armi. Subito dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle schiere dell'esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il dieci per cento della truppa accettò l'arruolamento. Gli altri vennero considerati “prigionieri di guerra”.

*

Fu così che questo uomo, insieme alla maggior parte dei suoi compagni, fu costretto a salire su di un treno merci, o meglio su dei sovraccarichi vagoni-bestiame adattatati alla bisogna.

Il convoglio dopo oltre un mese di viaggio attraverso i Balcani giunse finalmente a Berlino. Berlino-Spandau per la precisione, un quartiere della zona occidentale della città, sulle rive del fiume Havel presso le foci della Strea. Lì era stato allestito un campo di concentramento nazista, o lager, come si diceva in tedesco.

Per quest’uomo non fu valida nemmeno la Convenzione di Ginevra, quella che prevedeva le tutele da parte della Croce Rossa Internazionale. Le SS, infatti, nella loro viltà, decisero arbitrariamente di non rispettarla, derubricando il suo status da “prigioniero” a “internato” (IMI = Internato Militare Italiano), azzerando in tal modo ogni straccio di diritto umano. Stessa sorte per i suoi commilitoni.

Per due anni il suo mondo fu un enorme campo di lavori forzati, di torture, polizia ed esecuzioni capitali; la sua dimora, una baracca di legno con brande di tre piani per una ottantina di posti letto non sufficienti per tutti. Si dovevano fare i turni anche per dormire.

Per tutto il tempo della prigionia, il suo abbigliamento fu la divisa estiva con la quale era stato catturato in Grecia, insufficiente e del tutto inadatta ai duri inverni berlinesi. Molti suoi compagni non sopravvissero al freddo, alla tubercolosi, alle polmoniti. Ma soprattutto agli stenti, alle vessazioni, agli abusi. E alle esecuzioni.

Il suo lavoro forzato fu la produzione del carbone dal legname, in una specie di altoforno. Il suo rancio quotidiano, le “rapeste” bollite. “Ogni giorno la stessa razione di rapeste” – mi dice. Ma sovente anche alcuni scarti di refettorio delle truppe del terzo Reich racimolate nelle immondizie, bucce di altri tuberi, qualche patata cruda rinvenuta chissà dove, e talvolta lumache cacciate in giro. Il pane era nero, quando c’era, ed era solo un tozzo da mettere sotto i denti tra i fumi dell’altoforno.

I suoi dialoghi interiori erano con i ricordi e con i suoi sogni di ventenne.

*

La liberazione arrivò l’8 maggio del 1945. Gli dissero di correre nella direzione indicata, verso l’esercito alleato. Si mise a correre, per quel che poteva, aiutandosi con un carrello con due ruote, come quelli porta-spesa, nella cui borsa, non ricorda come, aveva salvato un po’ di riso. Nel sua corsa sulle rive del fiume Havel - mi racconta – fu raggiunto e agguantato da un soldato nazista. Il tedesco gli saltò addosso. Caddero entrambi nel fiume, e con loro anche il carrellino e “quella francata di riso”.

Impiegò quattro mesi per rientrare finalmente a casa. Giunse a Noha il 7 settembre dello stesso anno, vigilia della solennità della Madonna delle Grazie, compatrona di Noha. Lo ricorda benissimo, quest’uomo, non fosse altro per il fatto che, all’indomani, la sua famiglia aveva programmato la vendemmia, alla quale, ancorché neo-liberato, il “figliol prodigo” non poteva sottrarsi.

*

Aveva sofferto molto, quest’uomo, e tuttavia non ha mai inveito contro il suo aguzzino.  Emaciato a tal punto che al ritorno in patria pesava appena quarantacinque chili, quest’uomo aveva riottenuto la libertà ma portava ancora i segni di quell’esperienza chiusa in fondo al cuore. Aveva perso chili, la parola e il sorriso. Ma non la dignità.

Oggi nessuno può fargli prepotenza più di quanto è già stato offeso dal nazi-fascismo.

E nulla di tutto ciò che accade all’uomo, per quanto terribile sia, può essere detto inumano. Purtroppo.

*

Pur sempre di poche parole, questo signore è l’uomo più buono del mondo, non farebbe male nemmeno ad una mosca, si accontenta di quello che ha, non lascia mai nel piatto nemmeno una briciola, non ha mai voluto la pensione integrativa, che pure gli sarebbe spettata per la prigionia nel lager: dice che gli basta e gli avanza quella della previdenza sociale di 540 euro mensili.

*

Oggi ha sempre il volto sorridente, legge i libri che gli passo, tiene il suo orto in campagna, ma più per gli altri che per sé, va ogni sera al circolo cittadino, è innamorato come il primo giorno di una donna bellissima, compagna di vita e madre dei suoi figli.

Molti suoi pari più sfortunati, soprattutto quelli allora massacrati nei campi di sterminio dalla pazzia del nazi-fascismo in quanto ebrei, rom, omosessuali o minorati non hanno mai potuto raccontare le loro storie ai propri figli. Lui, il suo dì tardo traendo, è riuscito a raccontarmela tutta, questa storia, anche se a tratti.

Io mi reputo molto fortunato di aver raccolto questi fatti dalla sua viva voce. Sì, perché questo uomo taciturno è il mio orgoglio: si chiama Giovanni, e a maggio compie 93 primavere.

Quest’uomo è mio padre.

Antonio Mellone

 

P.S. 1
Ringrazio il collega Adolfo Cavallo per avermi presentato e quindi prestato il volume “I deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti” di Pati Luceri (Grafiche Giorgiani, Castiglione d’Otranto, 2015). Si tratta di un monumentale lavoro di studio e catalogazione di 7368 schede biografiche, la maggior parte tratte dai 35.000 fogli matricolari consultati dall’autore per la sua ricerca. In questa Bibbia sulla sofferenza inferta ai salentini dai regimi nazifascisti ho rinvenuto la scheda di mio padre, dnl - deportato nel lager.

P.S. 2
I regimi fascista e nazista si sono tradotti in sofferenze e in migliaia, milioni di morti per fame, gasificazioni, forni crematori, deportazioni, esperimenti medici.
La responsabilità di tutta questa violenza sta nel potere del capitalismo che ha sottomesso vieppiù le classi subalterne, servendosi degli autoritarismi e dei totalitarismi di Mussolini e Hitler, due dittatori che hanno governato con olio di ricino, manganelli, carri armati, omicidi ed eccidi, sottomettendo l’uguaglianza e innalzando a costituzione la discriminazione, l’odio razziale, l’intolleranza, la soverchieria, la barbarie.

Io non mi spiego l’esistenza dei cosiddetti “revisionisti” che negano l’esistenza dei campi di concentramento, di lavoro e sterminio, nonostante la copiosa documentazione e le innumerevoli testimonianze dirette (non ultima, quella di mio padre). Né riesco a capire i sedicenti “nostalgici”. Non capisco cioè come si possa aver nostalgia di chi ammirava incondizionatamente il cosiddetto ordine nuovo: la mistificazione dei treni in perfetto orario, l’unisono dei giornali e della radio, l’autorità rispettata, la religione tutelata, gli oceanici raduni nel corso dei quali tutti applaudivano le stesse parole e la stessa persona, i tanti personaggi dai cervelli vuoti in vestito d’orbace, i cortigiani (di cui ancor oggi c’è sovrabbondanza). Non riesco a capire come mai oggi possano esistere ancora dei servi sciocchi dispensati dal pensiero. Oltre che della convinzione che il fascismo sarebbe stato grottesco, una vera buffonata, se non fosse stato tragico.

P.S. 3
Vi invitiamo a segnalarci altri nominativi di Noha deportati nei lager nazifascisti. Mentre veniva pubblicato questo articolo, ne abbiamo rinvenuto un altro di Gabrieli Pasquale, liberato dai partigiani e poi combattente per la liberazione nella divisione partigiana Garibaldi.

 

 

P.S. 4
Scheda di Barrazzo Paolo, Noha 23/12/1912

 

 

 

 

 
Di Albino Campa (del 15/07/2010 @ 15:04:31, in Fotovoltaico, linkato 3986 volte)



Uno slogan pieno di grandi significati. E' il titolo del programma amministrativo presentato dal nostro neo-eletto Sindaco, dott. Giancarlo Coluccia. Lo si può leggere nel Galatino n. 10 del 28 Maggio scorso. Gli impegni dichiarati riguardano soprattutto l'ambiente. Il nostro Sindaco promette il mantenimento delle bellezze paesaggistiche, compreso il centro storico di Galatina (noi speriamo anche delle frazioni), del basolato, delle piste ciclabili dentro la città e nei percorsi di congiungimento con le frazioni, della viabilità. A proposito dell'ambiente, il nostro Sindaco, si sofferma molto sul tema dell'energia: …uno dei settori strategici per un futuro eco-efficiente e ambientalmente compatibile;… installare su tutti gli edifici pubblici impianti fotovoltaici;…ridurre i costi energetici della pubblica illuminazione con impianti ad energia solare; dotare i cimiteri di Galatina e delle frazioni di impianti fotovoltaici… L'articolo prosegue considerando nuove soluzioni al problema del randagismo, dell'approvvigionamento dell'acqua potabile, di una migliore ripartizione della tassa sui rifiuti premiando chi ne produce meno, ecc. Grandi idee e ottimi propositi! Ma, ahimè, appena eletto il nostro Sindaco si ritrova a dover rispondere di decisioni prese dai suoi predecessori, e confermate dal Commissario Prefettizio, sul fenomeno del fotovoltaico per piccole e grandi estensioni. La richiesta fattagli da un numeroso gruppo di cittadini è quella di fermare lo scempio di quasi 100 ettari di campagna ricoperta da pannelli fotovoltaici, in zona Roncella, Vernaglione e Gamascia. Un'area equivalente a circa una novantina di campi da calcio. Dalla mappa territoriale si evince chiaramente l'enorme estensione delle aree prestabilite dal P.E.C. (Piano Energetico Comunale) e l'eccezionale vicinanza all'abitato, anche se spezzettate in piccoli appezzamenti. Inoltre le case di molte vie a nord di Noha: v.Tito Lucrezio, v. Giovenale, v. Q. Ennio, v. Catullo, ecc., avranno le finestre con vista panoramica direttamente sul campo n. 037 di circa 25 ettari di fotovoltaico. Il panorama si avrà ancora più diretto sulle case del comparto 4 appena questo verrà realizzato. Sia il Consiglio Provinciale di Lecce che il nuovo Piano Paesaggistico Regionale (Deliberazione G.R. 20,10, 2009 n. 1947) denunciano il divieto di localizzazione su suolo di impianti fotovoltaici in aree tipicizzate come agricole, e cioè di campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità, vigneti, uliveti, ecc. Le nostre aree sono tutto questo: campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità! Le due linee guida dicono anche che l'area riservata all'impianto deve risultare un terzo della proprietà mentre i restanti due terzi devono continuare a rimanere di uso agricolo. L'art. 41 della Costituzione sancisce che l'iniziativa economica privata è libera, ma che tuttavia non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (quanto a sicurezza, vista la presenza di molte abitazioni nel raggio di poche decine di metri, le aree in questione non sono, forse, conformi). La fine dei combustibili fossili, petrolio in testa, sarà una grande conquista. Ma questo non vuol dire tappezzare la terra di pannelli fotovoltaici, pale eoliche, trasmettitori di telefonia e televisione, pubblica o privata che sia, se non regolati e disciplinati con sobrietà e onestà. Il fotovoltaico è nato per salvare il territorio e non per distruggerlo. Gli impianti vanno fatti su aree già deturpate, tipo capannoni, zone industriali, cave, depositi di rifiuti su cui tanto non si potrebbe fare altro, sui tetti delle case, sulle aree cimiteriali, ecc. Mai sulla campagna ancora in uso! Sui due appezzamenti attigui tra loro, quelli più grandi, pari a circa 60 ettari in totale e indicati in mappa con le sigle 035 e 027, mentre ci raccontiamo di giustizia e ripartizione equa dei beni comuni (e il territorio è un bene comune), le ruspe e gli operai delle imprese costruttrici, con il benestare del Commissario Prefettizio, dott. Capuano (vedi Atto n. 78 del 16-02-2010 fruibile sul sito del Comune di Galatina), stanno dando inizio al sacrificio della nostra terra. Di questo sacrificio non sappiamo quanto sarà il bene restituito ai cittadini residenti, ad esclusione di particolari "convenzioni" con l'impresa costruttrice, come per esempio quella per la ristrutturazione del canile in forma appunto di donazione di una cifra pari a 192.000 euro e degli utili che serviranno a rimpinguare le casse del Comune. Da una ricerca di mercato il costo dell'impianto di un MW su grandi estensioni pare equivalga a 4 milioni di euro, se moltiplichiamo la cifra per i cento MW previsti capiamo di che cosa si sta parlando. Di certo sappiamo che, secondo il progetto, impregneranno l'area della nostre contrade di veleni affinché non crescano più alcun tipo di piante, con un forte rischio per le falde sotterrane. Di certo sappiamo che saremo privati di una natura meravigliosa e offesi dalla vista di 60 ettari di iniezioni di cemento e stagnola riflettente. E' certo che non siamo sicuri di essere esenti da nuove forme di tumori causate dai campi magnetici prodotti dai due mega impianti. La Sezione Salentina di "Italia Nostra", che difende il territorio da questo scempio anti-amore per la natura, sostiene che ci sono forti rischi per l'equilibrio del micro clima e la fauna. Per certo nessun turista verrà nel nostro Salento a portare lavoro per i nostri figli e ancor meno per visitare distese interminabili di ferraglia e silicio. Dopo aver risparmiato, volenti o dolenti, la nostra terra dallo scempio dell'industrializzazione (tranne, per fortuna, poche realtà, come l'Ilva di Taranto, l'Enichem di Brindisi, Colacem di Galatina, ecc.), con gli stenti e le fatiche di generazioni intere di emigranti, roviniamo l'attimo di magia che il Salento sta vivendo come fonte di turismo e di lavoro, colmandolo di pannelli fotovoltaici, biomasse e pali di ogni tipo!? Ma la cosa che più crea allarme nella gente è la quasi totale assenza di informazione sulla straordinarietà di tale evento. Visto che il P.E.C. è già stato preparato, ed anche attuato, sarebbe corretto e doveroso da parte dell'A.C. renderlo pubblico. Condividerlo non solo tramite i meandri contorti del net work Galatinese, che forse pochi praticano, ma con un semplicissimo manifesto di carta, magari riciclata, esposto nella bacheca in piazza, la stessa dove vengono affisse lusinghe e promesse dei candidati al tempo delle elezioni, con spreco di costi altissimi. Se non conosciamo i propositi programmati dai nostri geniali delegati e tecnici per la cura del nostro territorio, è lecito l'allarmismo di chi come noi, semplici cittadini e popolo sovrano, è continuamente bombardato dalla comunicazione (e speriamo che duri e non venga imbavagliata) che denuncia raggiri, speculazioni, e sprechi provenienti dalle personalità più insospettabili e insite a tutti i livelli, sia locali che nazionali. Se la corsa all'abbruttimento del territorio e della salute pubblica non viene regolata con determinazione e coraggio continueremo a piangere ogni giorno i tanti morti di tumore del nostro territorio, in quello che invece dovrebbe essere il cuore palpitante e salubre dell'intero Salento. Non ci appelliamo solo alle regole, che ci sono e andrebbero rispettate e non raggirate, ma soprattutto al buon senso dei nostri amministratori e degli addetti ai lavori.

Marcello D'Acquarica

 
Di Albino Campa (del 10/03/2011 @ 15:00:00, in Grafite è Musica, linkato 3557 volte)
"Grafite è Musica" in connubio con "I dialoghi di Noha" è passata da noi domenica 6 marzo 2011 in prima serata. 
 La bottega della Paola Rizzo, come sempre, è stata fucina di incontri, dialoghi, idee, quadri belli come il sole, ritratti d'artisti e la musica, senza la quale la nostra vita sarebbe senz'anima.
 I musicisti ospiti della serata (grandissimi, straordinari!): Marco Rollo alla tastiera e Giancarlo Dell'Anna alla tromba. Il Dell'Anna è l'artista ritratto stavolta dalla grafite della Paola nel corso di questa splendida serata.
 L'appuntamento è andato benissimo. Ora ci attendiamo tanti nuovi artisti in quel vero circolo culturale che è la bottega d'arte di Paola Rizzo, la pittrice più in gamba del Salento. 
 

Eccovi un scorcio della serata in un video girato a più mani da improvvisati cameramen.

 

Quella che oggi è “solo” frazione del Comune di Galatina fino a qualche secolo fa era un centro autonomo con una chiesa matrice, un castello, mura di difesa, il nome potrebbe derivare dalla famiglia de Noha già presente in alcuni documenti del 1253. L’autonomia del feudo de Noha è stata sottolineata dalla torre campanaria con orologio, costruita dalla famiglia Congedo agli inizi del XIX secolo e dalla presenza di uno stemma proprio: tre torri coronate che poggiano su un ramo d’arancio ed uno di leccio.

Dal punto di vista ecclesiastico la chiesa era sotto la giurisdizione della diocesi di Nardò e non di Otranto, come la vicinissima Galatina. Del patrimonio medievale è possibile ancora ammirare la torre di guardia del XIII secolo che ha conservato intatta la struttura originaria: la scalinata in pietra staccata dalla torre, cui si poteva accedere solo con il ponte levatoio ( ancora presente all’interno).

A Noha, agli inizi del Novecento, la rinomata distilleria Galluccio produceva il brandy migliore per tutto il mondo. Il grande complesso, che oggi dovrebbe essere un vanto dell’archeologia industriale, prevedeva anche una costruzione piuttosto anomala che gli abitanti ancora oggi chiamano la casa rossa:  una costruzione in pietra che ricorda le baite di montagna, con ambienti interni che simulano grotte e anfratti. Un gusto dell’eclettico figlio dello stile liberty di quegli anni, che attingeva alle diverse forme della natura. Sempre agli inizi del XX secolo mastro Cosimo Mariano, muratore, realizzava degli edifici in miniatura sulla balconata del castello, modellini in pietra di edifici realizzati per tutta la provincia di Terra d’Otranto. Si tratta delle “casiceddhe de Noha”, un tesoro di tradizione popolare, antesignane dell’Italia in Miniatura,che negli anni hanno alimentato storie e leggende. E poi il ricchissimo sottosuolo di Noha: una serie di frantoi ipogei che producevano l’ olio lampante destinato a Gallipoli.

Quanta storia, un patrimonio unico, che oggi 1471 cittadini chiedono che venga sottoposto a tutela e rivalorizzato. La raccolta firme è stata promossa in occasione della festa patronale di S. Michele Arcangelo grazie alla sensibilità del gruppo Mimì, in collaborazione con il circolo ricreativo le Tre Torri, aziende private e singoli cittadini che non ci tengono affatto che un tesoro che ha resistito alle insidie del tempo e della storia vada perduto nel giro di pochi anni.

 Il pericolo maggiore è che buona parte dei beni fin qui descritti, essendo privati, possano essere distrutti per far posto a moderni ed anonimi edifici: l’intero complesso del castello, con le casiceddhre e lo splendido aranceto è già stato posto in vendita. Parte delle fabbriche Galluccio vedrà presto la realizzazione di immobili. La rivalorizzazione di questi beni potrebbe essere un ulteriore elemento economico per il tessuto di Noha e non solo, basti pensare al presepe vivente che anche quest’anno verrà riproposto all’interno dell’antica masseria Colabaldi, del XVI secolo. Un evento che lo scorso anno ha contato 15.000 presenze. Basta poco per muovere tanto: e’ un appello agli organi amministrativi e alla Sopraintendenza della Puglia per la salvaguardia di un intero borgo quale è quello di Noha. E’ quello che chiedono 1471 firme.

Bibliografia: F. D’Acquarica, A. Mellone, Noha , storia, arte, leggenda,Milano, 2006

M. D’Acquarica, I beni Culturali di Noha, Galatina, 2009

torre XIII secolo

Angela Beccarisi

 
Di Redazione (del 16/08/2019 @ 14:56:57, in Comunicato Stampa, linkato 1398 volte)

A SESSANT’ANNI DALLA TERRA DEL RIMORSO UN FOCUS DEDICATO A ERNESTO DE MARTINO

ORE 19 IL BORGO RACCONTA - PIAZZA ORSINI

VISITA GUIDATA BASILICA DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA

ORE 19 LABORATORIO DI PIZZICA E TAMBURELLO - PIAZZA DANTE ALIGHIERI

ORE 20 DE MARTINO 60 - RACCONTO DI UN LIBRO - CONVENTO DELLE CLARISSE

LA TERRA DEL RIMORSO DI E. DE MARTINO CON STEFANO DE MATTEIS E PAOLO APOLITO

MOSTRE: IL LUOGO DEL CULTO, GALATINA, SAN PAOLO, TARANTISMO E DINTORNI;

MENADI DANZANTI

ORE 21 ALTRA TELA - PIAZZA GALLUCCIO

ORE 22 PIZZICA IN SCENA -  CASTELLO CASTRIOTA SCANDERBERG

A seguire CONCERTO RAGNATELA - PIAZZA DANTE ALIGHIERI

Solo una settimana al Concertone finale del festival itinerante “La Notte della Taranta” Galatina il 17 agosto ospiterà la quindicesima tappa di questa 22/a edizione.

Per la rassegna il Borgo Racconta sarà possibile effettuare una visita guidata a cura dell’Archeoclub Terra D’Arneo partendo da Piazza Orsini dove è situata la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, uno dei monumenti nazionali in stile romanico-gotico  edificato da Raimondello Orsini del Balzo tra il 1369 e il 1391. Si continuerà alla scoperta della pizzica, al cui rito è dedicata la  Cappella di San Paolo in Piazza SS Pietro e Paolo. Ultima fermata di questa visita guidata sarà il Museo Civico “Pietro Cavoti”,  in cui viene conservata una collezione di documenti, opere di artisti e studiosi galatinesi e locali. Il ritrovo è previsto alle ore 16.45 in Piazza Orsini; le visite inizieranno alle ore 17, poi ne seguiranno altre alle ore 18 (qui prevista anche in lingua inglese), ore 19  e l’ultima alle ore 20. E’ gradita la prenotazione chiamando il  324 059411.

Come per altre tappe itineranti, anche a Galatina in Piazza Dante Alighieri inizierà alle ore 19 il laboratorio di pizzica e tamburello, che permetterà a tutti i partecipanti di conoscere le basi della pizzica-pizzica e le tecniche per suonare il tamburello. Entrambi gratuiti, il laboratorio di pizzica è aperto a tutti, mentre per il laboratorio del tamburello, oltre ad essere muniti di strumento, è prevista una prenotazione per un numero max di 30 persone. Per prenotare chiamare il 324 059411.

Il laboratorio è curato dai danzatori del Corpo di Ballo de “La Notte della Taranta”: Cristina Frassanito,  Serena Pellegrino, Fabrizio Nigro e Andrea Caracuta.

La Notte della Taranta non è solo musica, danza, ma anche tradizione e letteratura. Tra gli appuntamenti alle ore 20 la sezione De Martino 60 a cura di Kurumuny  e Polo Bibliomuseale, con la direzione scientifica di Maurizio Agamennone e Luigi Chiriatti. A sessant’anni dal viaggio  nel Salento dell’antropologo Ernesto De Martino,  Stefano De Matteis e Paolo Apolito spiegheranno l’importanza che avuto lo studio La terra del rimorso per inaugurare una stagione di recupero della tradizione etnomusicale nel Salento.  

Stefano De Matteis si è  occupato di rappresentazioni simboliche, pratiche performative e processi rituali.  Ha diretto la collana di antropologia Mnemosyne ed è stato tra i fondatori delle “Opere di Ernesto de Martino” dove ha curato la nuova edizione di Naturalismo e storicismo nell’etnologia.

Paolo Apolito, uno degli  antropologi più stimati in Italia, è stato presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione delle tradizioni culturali italiane, del Ministero per i beni e le Attività culturali e della Commissione di Abilitazione scientifica nazionale per professore universitario di discipline demoetnoantropologiche e  studioso dei fenomeni religiosi e rituali.

 

Saranno loro a raccontare Ernesto De Martino, antropologo e filosofo italiano che  con una serie di missioni etnografiche dai primi anni ’50, raccolse una quantità di documenti relativi a manifestazioni magico-religiose e ne studiò le origini storiche, i rapporti con le condizioni storico-sociali attraverso i secoli, i motivi impliciti che ne giustificavano il persistere. Oggetto della sua investigazione furono particolarmente: il complesso mitico-rituale della fascinazione in Lucania (Sud e magia, Milano 1959); le persistenze del pianto funebre in Lucania (Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958); il tarantismo del Salento (La terra del rimorso, Milano 1961).

Fu proprio De Martino a imprimere una svolta decisiva nello studio del fenomeno del tarantismo. Nell’estate del 1959 inaugurando la tecnica dell’indagine interdisciplinare, con l’unione in un’unica équipe di uno psichiatra, una psicologa, un’antropologa culturale, un etnomusicologo e un documentarista cinematografico, indagò a fondo il rituale magico-religioso del tarantismo pugliese, raccogliendo i risultati dell’analisi, in quella mitica estate del ’59, in quello che sarà poi uno dei testi fondamentali: La terra del rimorso.

Nel 2019 corrono sessant’anni dall’indagine sul tarantismo salentino condotta da Ernesto De Martino e dalla sua équipe, tra Nardò, Galatina e Muro Leccese, nel giugno-luglio 1959.

Il progetto “demartino’60”, omaggiando e celebrando l’opera pionieristica di Ernesto De  Martino e dei suoi collaboratori, intende divulgare parte dei documenti prodotti intorno al fenomeno.

Saranno allestite anche due mostre presso il Convento delle Clarisse: sul luogo del culto di Galatina, San Paolo, Tarantismo e dintorni, e sulle Menadi Danzanti.

Galatina, la cappella di San Paolo e lo spazio antistante, rappresentano uno dei luoghi simbolo  in cui si svolgeva questo rituale legato al tarantismo.   La mostra multimediale restituisce gli scatti di fotografi professionisti e non, che nel corso di un cinquantennio hanno varcato la soglia del luogo del culto. Le fotografie sono di: Chiara Samugheo, Paolo Longo, Paolo Albanese e Paola Chiari, Salvatore Congedo, Carmelo Caroppo, Fernando Ladiana, Luigi Chiriatti.

Passato e futuro del Salento si incontrano nella mostra Menadi Danzanti  progetto realizzato grazie alla sinergia tra Assessorato alla Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, Polo Biblio Museale di Lecce e Fondazione La Notte della Taranta. La mostra presso il Convento delle Clarisse propone la visione della straordinaria collezione di ceramiche antiche, greche e magno greche, con immagini legate alla musica ed ai suoi diversi aspetti e funzioni, ai luoghi e alle occasioni in cui si suonava, agli dei che la proteggevano ed ai miti che la raccontavano. Curata dall’archeologa Anna Lucia Tempestapunta a far conoscere, attraverso le immagini vascolari i reperti musicali e le fonti scritte, i laboratori di gestualità e la “messa in movimento” delle opere, l’importanza della musica nel mondo antico e gli incredibili legami con la contemporaneità. I reperti esposti nel Museo Castromediano di Lecce, insieme ad una selezione di vasi, eccezionalmente allestita nelle sale del palazzo marchesale De Luca di Melpignano, databili tra la fine del VI ed il I secolo a.C.,  documentano i diversi momenti di vita in cui la musica è presente e protagonista.

 

Passando alla musica, alle 21 al via i concerti previsti per la serata. Primo appuntamento con Altra Tela in Piazza Galluccio dell’ensemble Accipiter dalla Basilicata, uno dei gruppi provenienti da altre zone d’Italia e che il festival itinerante ospita per celebrare l’incontro della cultura salentina con quella delle altre regioni del nostro paese.

E’  un gruppo di giovani musicisti che si propone di portare in giro spettacoli in cui le musiche tradizionali del Sud vengono contaminate da influenze più moderne. Un folk-pop-funk con melodie accattivanti, ritmi aggressivi e testi ritmici che si fondono e si mescolano. La voce di Michela Labbate, le melodie della fisarmonica e dell’organetto di Domenico Piliero, i ritmi di Domenico Dimilta, interprete della tammorra, il basso di Franky Damato, il mandolino e i flauti di Domenico Imperatore, le percussioni di Giovanni Guarino, l’incedere delle cornici di Graziano  Lamarra, chitarra e voce di Pietro  Varvarito e la danza di Sara Colucci, creano uno spettacolo che punta ad una corrispondenza di sensi tra il pubblico e gli artisti sul palco.

 

Una delle principali novità di questa edizione del festival itinerante è Pizzica in scena con i danzatori del Corpo di Ballo de La Notte della Taranta che offriranno agli spettatori una performance innovativa tra luci e specchi che riflettono l’incanto dei monumenti. 

Protagonisti di Pizzica in scena a Galatina nel Castello Castriota Scanderbeg saranno i danzatori: Cristina Frassanito, Serena Pellegrino, Stefano Campagna, Andrea Caracuta, Lucia Scarabino, Fabrizio Nigro.

 

Ultimo appuntamento della serata in Piazza Dante Alighieri con i concerti della sezione Ragnatela. Alle ore 22 a salire sul palco saranno l’Orchestra del Liceo Da Vinci di Maglie e a seguire Antonio Castrignanò, Taranta Sounds & Sona Jobarteh.

L’Orchestra del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Maglie nasce dalla convinzione che la musica sviluppi nei ragazzi creatività e armonia, responsabilità e partecipazione. Nata nel 2011, da una idea della dirigente scolastica Annamaria Corrado e del professore Massimiliano Cananà, l’orchestra è composta da 48 elementi che suonano classici rivisitati, spaziando tra i generi più disparati. Il progetto mette in campo un confronto continuo tra modernità e radici, cultura dei libri e cultura dei sensi. In questa occasione l’Orchestra si cimenta con il repertorio musicale salentino, “contaminandolo” con i timbri del proprio organico. La musica cosiddetta colta e la tradizione popolare, trasfuse in note accanto alle sonorità rock e pop, diventano ritmo appassionato ma anche esercizio continuo disciplinato, quasi una colonna sonora per una delicata fase della vita, quella dell’adolescenza. I 48 giovani musicisti saranno diretti dal maestro Armando Ciardo, docente di violino che ha collaborato negli anni con Aldo Ciccolini, Uto Ughi, Luis Bacalov, Lucio Dalla e i Negramaro.

Chiuderà la serata Antonio Castrignanò, Taranta Sounds & Sona Jobarte.

Antonio Castrignanò, musicista salentino, ha cominciato la sua carriera, giovanissimo, con La Notte della  Taranta, prima come tamburellista, poi come frontman. Compositore della colonna sonora del film “Nuovomondo” di Emanuele Crialese,  ha condiviso palchi e festival con numerosi artisti. A Galatina lo stesso Castrignanò (voce, tamburo, mandola) sarà accompagnato da Rocco Nigro (fisarmonica), Gianluca Longo (mandola e mandolino), Luigi Marra (violino e voce), Giuseppe Spedicato (basso), Maurizio Pellizzari (chitarra elettrica), Gianni Gelao (fiati), Davide Chiarelli (batteria e percussioni). Insieme sul palco Sona Jobarteh, la prima donna proveniente da famiglia “Griot” a suonare la Kora, strumento tradizionale dell’Africa, in un percorso musicale con note intime che si alterneranno al ritmo travolgente della pizzica.

 

Tema centrale del Festival 2019 è la tutela dell’ambiente. In collaborazione con Intesa Sanpaolo e Legambiente, la Fondazione La Notte della Taranta promuoverà la raccolta fondi per la campagna #RigeneriAMOlaNatura che consentirà di rendere accessibili 4 oasi del Mezzogiorno d’Italia alle persone diversamente abili e fruibili dal pubblico attraverso sentieri guidati. Si tratta dell’oasi dei Variconi a Castel Volturno (Campania), Foce Cavone nella marina di Pisticci (Basilicata), Dune di Sovereto a Isola Caporizzuto (Calabria) e Torre Squillace nella marina di Nardò (Puglia).

Si può partecipare alla raccolta fondi attraverso la piattaforma www.forfunding.intesasanpaolo.com/  o acquistando la T-shirt creata da Yezael di Angelo Cruciani per la Notte della Taranta in vendita tra i prodotti ufficiali del Festival.

Gloria Romano

 
Di Redazione (del 27/02/2015 @ 14:56:42, in Comunicato Stampa, linkato 2493 volte)

La Biblioteca comunale “Pietro Siciliani” organizza, per sabato 28 febbraio alle ore 16.00, presso la Sala Lettura, l’evento Libri in culla, con lettura di libri ad alta voce e la distribuzione in dono ai bambini nati nel 2014 di uno zainetto colorato contenente un albo illustrato, un libro cartonato e altro materiale selezionato dagli esperti nazionali del Centro per il libro e la lettura del Ministero per i beni culturali.

Il Sindaco dott. Cosimo Montagna e l’Assessore alla cultura prof.ssa Daniela Vantaggiato, con lo staff della Bibliomediateca, daranno il benvenuto ai piccoli.

Partecipano la pediatra Piera Angela Negro e la dott.ssa Giovanna Rosato componente del Gruppo di lavoro AIB Puglia Biblioteche Ragazzi e NPL (Nati per leggere) e referente locale del progetto NPL a Cavallino.

Nell’incontro i genitori saranno informati  sull’importanza della lettura ad alta voce nello sviluppo cognitivo ed emotivo dei propri figli, ampiamente dimostrata da ricerche all’avanguardia in campo medico e pedagogico in Italia e all’estero.

L’evento Libri in culla rientra nel progettopilota In Vitropromosso dal Centro per il libro e la lettura, con il sostegno della società Arcus (Arte, Cultura, Spettacolo). Il progetto, che si svolge nei territori di Biella, Lecce, Nuoro, Ravenna, Siracusa e Regione Umbria, prevede l'aumento del numero dei lettori abituali partendo dalla prima infanzia, per trasformare i piccoli di oggi nei lettori di domani.

Visita i siti:

www.progettoinvitro.it

www.invitrolecce.com

 
Di Albino Campa (del 20/01/2011 @ 14:55:09, in I Beni Culturali, linkato 3122 volte)

In Viaggio tra i beni Culturali di Noha 1a parte. Una produzione InOndAzioniTV in collaborazione con l'Osservatore Nohano.

La 1° puntata dedicata alla  scoperta di un vecchio menhir e dell'antica Masseria Colabaldi.

 
Di Albino Campa (del 29/11/2008 @ 14:54:38, in Eventi, linkato 3813 volte)
Eccovi di seguito gli atti del convegno per la presentazione del libro "Il sogno della mia vita" di don Donato Mellone che ha avuto luogo nel salone del circolo culturale "Tre Torri" di Noha il 18 ottobre scorso, nell'ambito della rassegna nazionale Ottobre piovono libri. Noi di Noha.it ovviamente eravamo presenti.



Presentazione del libro

Il sogno della mia vita”


(Circolo culturale Tre Torri – Noha, 18 ottobre 2008)


Buonasera a tutti e benvenuti a questa manifestazione in cui parleremo di libri.

Questa serata rientra in un cartellone che ormai esiste dal 2006, e nel quale proprio dall’inizio io ho avuto l’onore di far parte per esserne stato sempre invitato come relatore. La rassegna si chiama: “Ottobre piovono libri. I luoghi della lettura.” Sottotitolo: “Il Salento ed altre storie”.

Questa manifestazione, come avrete visto dal manifestino, è promossa in collaborazione con tante istituzioni che non sto qui ad elencarvi, e comprende presentazioni di libri, maratone di lettura, bookcrossing (cioè incrocio o scambio di libri), letture di brani nelle chiese, nelle scuole, nelle biblioteche, nei parchi, e anche negli ospedali o nelle carceri o negli autobus, ecc.

Questa sera siamo in un circolo culturale. Il circolo culturale “Tre Torri” che ringraziamo per l’ospitalità.


*


Permettetemi ora di aprire una parentesi e la chiudo subito. Qualcuno m’ha chiesto: a che serve la presentazione di un libro?

Vi dico intanto cosa è la presentazione di un libro. La presentazione di un libro è una specie di battesimo del libro. E la si può fare anche più volte. Solo che la seconda volta anziché chiamarsi battesimo, si chiamerà magari cresima.

La presentazione di un libro la si può fare anche se il libro è già conosciuto e, come in questo caso, sia già in circolazione da tempo.

Un libro vive di vita propria. Una volta messo in circolazione non ha più bisogno dell’autore. Però un libro, come una persona ha bisogno di momenti comunitari, magari di festa.

Sicché la presentazione di un libro che come sapete potrebbe essere fatta in televisione, in casa tra amici, in un oratorio, in piazza, o in un circolo culturale, come stasera, deve essere semplicemente un momento di festa.

 

E qui siamo ad una festa, c’è anche il video, c’è la musica (dal vivo, grazie Maestro e grazie e bravi ragazzi!), c’è l’ospite o la madrina della serata, la Giuliana Coppola, dopo ci sarà anche un rinfresco, e tutti voi alla fine avrete anche una piccola immagine in dono: la bomboniera. Ecco cos’è la presentazione di un libro. Una festa necessaria. Che serve al libro in sé, e non necessariamente all’autore o al curatore o all’editore.

Un’ultima cosa brevissima sul concetto di “evento culturale”. Si è parlato di evento culturale, lo avete anche letto sull’invito o sul manifestino. Ma volevo farvi capire che la cultura non è l’evento in sé, che è qualcosa che passa: la cultura è quello che rimane dell’evento. Se di un evento non rimane nulla, allora è meglio non farlo. Di questo evento spero vi rimanga qualcosa. A me certamente rimarrà molto. Chiusa la parentesi.

 

* * *




Io vi presenterò un libro la cui edizione è fresca anzi ancora calda di torchio (è uscito infatti nel mese di giugno di quest’anno) ma di fatto si tratta di un libro che era già stato scritto in diversi anni - una cinquantina circa - a partire dagli anni quaranta del secolo scorso.

Si tratta di un libro i cui paragrafi erano già scritti e sparpagliati in fogli di quaderni trovati per caso. Sicché il mio lavoro è stato come quello per esempio del cuoco (sul libro ho scritto “del sarto”, ma dovevo trovare un’altra metafora per non ripetermi), un cuoco che ha già gli ingredienti a portata di mano e si diletta a preparare a sperimentare un nuovo piatto con una combinazione inedita di elementi noti, mettendoci un po’ di sale ed anche un pizzico di pepe.

Il cuoco di un libro si chiama “curatore”. Il curatore è colui che cerca di legare le parti di un libro, cerca di spiegare, di mettere in relazione, di commentare, di ricordare, di narrare qualche aneddoto; in questo caso è quello che ha scelto la copertina, il carattere, le dimensioni del volume, le foto, i colori, la carta del libro, l’impaginazione, gli spazi tra un rigo e l’altro, e molte altre cose.

Chi di fatto ha scritto il libro invece è l’autore.

Dunque questo libro, diciamo, per l’80% non è stato scritto dal curatore (cioè io che avrò al massimo scritto il restante 20%), ma dall’autore che è il qui presente Donato Mellone (ho detto Donato Mellone perché quando si parla di autori non ci vanno i titoli: dottore, don, professore, onorevole, o zio…).

Ma c’è un’altra particolarità.

Nel 99% dei casi l’autore è consapevole non solo di quello che ha scritto ma anche del fatto che ciò che ha scritto è destinato ad un prodotto editoriale. Cioè è destinato a comporre le pagine di un libro.


Nel caso di questo libro, invece, l’autore sapeva certamente di aver scritto delle cose su dei quaderni: omelie, pensieri, prediche, panegirici. Ma non avrebbe mai pensato che in occasione del suo sessantesimo di sacerdozio, che ricorre proprio in questo 2008 (il 18 luglio scorso, per la precisione: giusto tre mesi fa a partire da oggi), - l’autore dicevo, non avrebbe mai pensato che le sue omelie si sarebbero trasformate in questo libro.

Per forza di cose l’autore doveva rimanere all’oscuro di tutto, altrimenti al sottoscritto curatore non sarebbe mai stato permesso non dico di mettere tutto assieme ma nemmeno di leggere i manoscritti o di riprodurre le foto.

L’autore poi in maniera intelligente ha accettato il tutto, una volta messo di fronte al fatto compiuto. Poi magari ci dirà se ha gradito o meno.


Il titolo del libro… Beh lascio a voi scoprire il perché di quel titolo. Altrimenti che ci state a fare? A cosa servirebbe un lettore se tutto gli venisse scodellato?

Sappiate solo che la storia del titolo di questo libro è bella e sarebbe proprio da leggere. Non vorrei dirvi altro: Elias Cagnetti ebbe a scrivere: “Chi mi consiglia un libro me lo strappa di mano, chi lo esalta me lo guasta per anni”.


Il lavoro del curatore – sappiate - non così facile come potrebbe sembrare a prima vista. Il curatore non si limita a “copiare” (“copiare” con tanto di virgolette). Il curatore deve anche interpretare, capire, deve andare un po’ più in là dell’apparenza.

Nel mio caso è stato come fare un viaggio nel tempo. Ritornare indietro nel tempo per respirare l’aria, l’aura, la cornice di quei quaderni. Del resto riordinare le carte di un archivio è sempre fare un’avventura contro tempo, quando il passato si svela con sorprese inimmaginabili e senti che alcune cose ti appartengono per chi sa quale strampalato marchingegno.


Il presente lo conosciamo attraverso la televisione (purtroppo), mentre i decenni scorsi li conosciamo attraverso i libri e attraverso la visita dei luoghi, oserei dire anche attraverso le pietre.

Allora, sono andato a rileggermi tanti libri per rituffarmi nel periodo degli anni ’40, ’50, ’60. E poi i miei anni ’70, ’80 e ’90, gli anni che mi appartengono. Così non ho potuto non rileggermi Umberto Eco e la sua “La misteriosa fiamma della regina Loana”; un sacco di libri sul mitico ’68, e poi ancora i libri di Antonio Antonaci come per esempio il “Gaetano Pollio”, il “fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo”, il “Luigi Accogli”; ancora alcuni libri sulle cronache del tempo, per esempio alcuni volumi de “L’Espresso” di quegli anni (che vendevano in allegato con Repubblica) e poi ancora il bellissimo e recente libro di Michele Rielli “Salento anni ’60 (Congedo Editore, 2007), e poi il libro “Memorie di Galatina” di Giuseppe Virgilio (sempre Congedo, 1998), e ovviamente “L’immaginazione che voleva il potere”, AAVV di Manni del 2004, e tanti altri. I libri si parlano tra loro del resto.

Ed altre decine di libri, tra i quali – non stupitevi - qualche testo mio come il “Don Paolo” e il “Noha – Storia, arte, leggenda”.

Cosa credete? Anch’io devo spesso andare a rileggermi quei due o tre libri che ho scritto! Mica mi ricordo tutto.


Poi ho pescato molte cose nella mia memoria di chierichetto, tra l’altro ritratto con altri ragazzi-colleghi sulla prima di copertina. E poi ho chiesto informazioni a destra e a manca. E soprattutto, per descrivere alcuni ambienti, ho dovuto visitare i luoghi del tempo che fu: la vecchia chiesetta di Santa Maria al Bagno, mi sono intrufolato fin nella vetusta sacrestia nella quale ci sono ancora alcune sedie mezzo sgangherate, ma anche nella nuova chiesa dedicata all’Assunta, costruita dal qui presente Donato Mellone stesso. Sono stato a Santa Caterina in quell’altro tempietto. Mi sono recato a Nardò nella cattedrale per percepire nella fissità arcaica di quella maestosa chiesa l’atmosfera solenne dei riti, molti officiati dallo stesso qui presente Donato Mellone, che di quella cattedrale fu viceparroco; ho visitato alcuni ambienti del vecchio seminario, l’episcopio, e villa Tabor a Le Cenate di Nardò. Eccetera.

I luoghi della chiesa di Noha e della canonica ce li ho, anzi ce li avete presenti tutti. Anzi proprio in questo momento, in questi locali, aggrappati alle pietre e agli anni di questi muri, ci sono le storie e le immagini della canonica del tempo narrato nel libro.

Insomma elementi importanti per la sceneggiatura, diciamo.

Dunque nulla di improvvisato. Non si improvvisa nemmeno se si copia.

“Bisogna saper copiare” - ci hanno sempre detto a scuola.

Ora prego Paola Congedo a leggere due brevi brani del sottoscritto, così sentirete con le vostre orecchie se ho copiate bene o male…



(Ecco uno dei due brani letti dalla Paola Congedo)


Da pag. 34

Don Donato, nelle funzioni solenni, e specialmente nel corso del triduo pasquale, voleva che i giovani (finalmente!) fossero presenti sull’altare, accanto al celebrante, nella lettura del “Passio”, della preghiera dei fedeli, ma anche nel corso di tutta la messa, senza bisogno di indossare alcuna tunica o veste liturgica.

Erano “grandi conquiste”, cose inaudite né mai viste prima di quei tempi.

Anche a Noha erano finalmente finiti i tempi in cui le “pizzoche” assistevano attivamente alla messa semplicemente recitando il rosario (che altro potevano fare se non intendevano né potevano ritenere nella loro mente il latinorum?).

A dire il vero, alcune di queste “comandanti di plotone” le vedevi annuire alle parole del prete che recitava preghiere in latino: volevano quasi dimostrare di essere in grado di capire quelle espressioni (latine o italiane che fossero), ma in realtà molto probabilmente non sapevano neanche di cosa il prete stesse parlando.

Al tempo della messa in latino le immancabili pie donne, sovente, ripetevano per assonanza, a memoria (e oltremodo deformavano) le parole che venivano fuori dalla bocca del parroco o da qualcuno più istruito che padroneggiava quella lingua, senza conoscere il reale significato, ma con tanta apparente devozione.

Perciò capitava spesso di ritrovarsi in un coro di fedeli che miscelava frasi e parole latine con il dialetto di Noha: l’esilarante spettacolo era assicurato: “Dominu vu mbiscu”, “Requie e statti in pace”, “Amme”.


* * *

Molti fedeli non sapevano né leggere né scrivere. E quando chi scrive, vestito da chierichetto, distribuiva i foglietti della messa, non era infrequente che qualcuno gli dicesse di non poter leggere. Era facile accorgersi della loro ignoranza; che i più furbi cercavano di mascherare in qualche modo, per esempio adducendo la scusa di aver dimenticato gli occhiali a casa.

Era bello vedere la “Nzina”, la “Tetta”, la “Sina” e la “Vata” tutte prese rigorosamente sotto braccio, dirette alla volta della messa vespertina.

Erano vere e proprie comitive di amiche, colleghe di nero vestite, con abiti e scamiciati perlopiù taglia “over-size”, donne pronte ad intonare, con voci più o meno accordate, più o meno nasali, seguendo chi più chi meno il tempo, l’inossidabile e bellissimo canto “Tantum ergo” (o come a squarciagola stornellavano le allegre comari: “Santu mergo”), ma anche il nuovissimo “Noi canteremo gloria a te…”.

 

Queste donne, così desiderose di spiritualità, erano quasi legate alla sottana (si potrebbe dire così?) di don Donato, tanto che lo seguivano in ogni iniziativa proposta.

Così, una volta, nel Seminario Vescovile di Nardò si tenne un convegno su Bioetica e Religiosità, il cui relatore principale era monsignor Elio Sgreccia, teologo e presidente della Pontificia Accademia Pro-Vita.

Orbene, alcune delle donne cattoliche nohane venendo a sapere dell’importanza del relatore vollero non solo partecipare a tutti i tre giorni del simposio, ma giocando d’anticipo sulle altre colleghe-concorrenti provenienti dalle altre parrocchie della diocesi, riuscirono anche a prendere i posti in prima fila, diremmo “in poltronissima”, onde esser accorte, attente a non perdere nemmeno una parola delle relazioni.

Ma per un paio di esse il tutto fu inutile.

Non passò molto dall’inizio del meeting che, sarà per la comodità della poltrona, sarà per l’ambiente ovattato, sarà per il rilassamento post-battaglia per accaparrarsi i primi posti, sarà per i discorsi invero un po’ monotoni o soprattutto difficili per le loro menti, sarà, dicevamo, per tutte codeste concause prese all’unisono, un paio di esse caddero inesorabilmente nelle braccia di Morfeo: si addormentarono, trasportate dalla voce del monsignore. Il quale, senza dover scrutare oltremodo l’attenzione dell’uditorio, se ne accorse, e ironicamente nel suo discorso fece pure cenno al “trasporto” con il quale qualche signora, assisa proprio di fronte a lui, seguiva la sua prolusione…

Alla fine della lectio magistralis, le belle addormentate, non solo si svegliarono di botto ed applaudirono entusiaste, ma al loro ritorno a Noha non finivano di dire a tutti: “Come è stato bello il convegno, e quanto era bravo il relatore!”>>.

 

* * *


Dopo tutto questo lavoro preparatorio si è potuto procedere alla ricopiatura dei quaderni.

Ecco, in questo libro ci sono 14 quaderni scampati al macero per un caso fortuito. Non vi racconterò - neanche in questo caso – tutta la storia avventurosa di questi quaderni, altrimenti non la leggerete dalle pagine del libro e vi soffermerete e vi limiterete a guardare le foto (vizio di molti).


Si tratta di quaderni stracarichi di anni e di esperienza. Quaderni pieni di versi che sono arrivati fino al nostro tempo a volte senza compiersi per una pazienza che non so capire. Ma come invece capiremo dalla lettura di qualche brevissimo brano, finché ogni giorno ognuno di noi può stare anche su un solo rigo delle scritture sacre o su queste di questo libro che di quelle parlano, riusciremo a non mollare la sorpresa di essere vivi.


Prego Ileana, ora tocca a te.


(Brani letti dall’attrice)



Da pag. 57: La vita è un viaggio spesso doloroso. In questo viaggio sovente si scivola, si cade, si smarrisce la via, ma chi si è comunicato bene la prima volta, si rialza, se si è perduto si ritrova, perché la Comunione accende una stella sulla che attraversa il mare della vita, conduce al porto dell’eterna salute.





Da pag. 67: Noi moderni tutti assillati nella conquista dei beni della terra, abbiamo quasi dimenticato i beni dello spirito; mai come oggi l’umanità è stata trascinata verso la terra, verso la materia, verso le paludi dell’immoralità; mai come oggi l’umanità incredula, scettica nelle verità della fede si è affannata e si affanna a chiedere alla terra, ai beni della terra, la felicità che essi non potranno mai dare.



 

Da pag. 75: Chi è mai in grado di evitare tutti i dolori, i fastidi, le avversità, le malattie, le contraddizioni, le delusioni che l’esistenza di quaggiù riserva al più innocente degli uomini? Se dunque la croce è di tutti, perché rifiutarla, perché non farne tesoro, perché non abbracciarla? Perché guardarla con diffidenza e scansarla o voler liberarsene ogni volta? Come potremo portarla trionfalmente in cielo, se oggi la temiamo e la disprezziamo?



Da pag. 77: La fede che Gesù vuole da noi non deve aver bisogno di miracoli.



Da pag. 78: Di fronte alle angosciose contraddizioni della vita ed alle prove più dure, non mettiamoci a ragionare, non pretendiamo di avere spiegazioni da Dio.



Da pag. 94: La vergogna di certi errori non deve allontanare dal perdono.



Da pag. 113: All’umiltà si oppone l’orgoglio e noi pecchiamo così spesso d’orgoglio. Che cosa è infatti il non voler riconoscere mai il proprio torto, il voler sempre occupare i primi posti, quel criticare le azioni del prossimo, il non accettare i richiami di alcuno?



Da pag. 123: Ricordiamoci che con Cristo si vince sempre. Passeranno gli anni, passeranno i secoli, non importa. Cristo non ha fretta, perché è eterno.



Da pag. 125: Per molta gente rozza non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro alto, nobile: quello del pensiero, quello della poesia e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile.



Da pag. 135: Ma siamo tutti fratelli! Se un mio fratello cade nel male, chi mi dà il diritto di condannarlo? Chi mi ha costituito giudice?



Da pag. 136: L’uomo ozioso non si occupa di nulla. Sa di avere un’anima da salvare, ma praticamente vive come se non ce l’avesse. Pensiamo che la nostra vita passa. […] Il tempo è nelle mani di Dio. Il tempo vola.



Da pag. 143: Saremo noi giudicati del bene e del male compiuto, saremo giudicati anche del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto.



Da pag. 159: La chiesa è la casa della preghiera, il luogo in cui la creatura viene ad umiliarsi davanti al suo creatore, a chiedergli perdono delle sue colpe, ad adorarlo, a glorificarlo, rendergli il supremo culto. Nella chiesa tutto è sacro, tutto è santo, sacre le immagini, le reliquie, sacre perfino le mura, i santi sacramenti, la divina parola, sante le funzioni che in essa si celebrano. La casa di Dio non solo deve essere rispettata, ma in essa devono essere santi tutti i nostri pensieri, tutte le nostre opere, tutte le nostre parole.



Da pag. 153: Quando il peccatore si curva su se stesso, riconoscendo i propri torti ed invocando perdono e misericordia, allora Dio si abbassa e quasi lo abbraccia con il suo perdono.


Da pag. 156: Sentiamolo nel cuore l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo come noi stessi. La stessa misura che noi avremo usato nel trattare col prossimo, quella stessa misura ci sarà usata dinanzi a Dio.



Da pag. 162: Noi i Santi ce li immaginiamo lontani, invece ci sono vicini, sono nostri fratelli, forse nostri fratelli di sangue.


Da pag. 164: A noi tocca essere bravi cristiani e bravi cittadini. Si è bravi cristiani se si è bravi cittadini e viceversa.


Da pag. 165: Dal buon uso della lingua scaturisce la civiltà, dal cattivo uso di essa viene fuori la barbarie.


Da pag. 182: Siamo dei nomadi in cammino verso una patria eterna.


* * *

Grazie Ileana. Ora la parola all’autore Donato Mellone (vi confesso che mi risulta difficile, quasi innaturale chiamare Donato, chi ha scelto di essere per sempre don Donato).


* * *


Intervento di P. Francesco D’Acquarica, Missionario della Consolata. Ha raccontato alcuni aneddoti del periodo in cui, al rientro dalle missioni in giro per il mondo, ha soggiornato a Noha ed ha collaborato con don Donato. Molto divertenti (accompagnati da applausi e risate) gli aneddoti risalenti agli anni ’70. In particolare quello del traino della sua vettura da parte della mitica 600 di don Donato, dalla città di Parabita a Noha: 12 km di difficoltà, colpi di scena, drammi, risate.

Molto simpatica anche la storia del clergymen di don Donato acquistato con l’ausilio di P. Francesco a Roma da De Ritis, negozio di abbigliamento religioso (ubicato nella strada romana che dal Pantheon conduce a Porta Argentina) poco prima di partire in pellegrinaggio alla volta di Lourdes…


* * *


Intervento di don Donato Mellone, molto applaudito.

- Racconto della favola della “montagna che partorisce il topolino”;

- “Ma io non voglio essere Donato Mellone; io voglio essere don Donato Mellone;

- “Non mi piace e non so parlare nei convegni. A me piace parlare in chiesa. Ma quando parlo in chiesa non sono io che parlo è un Altro che parla per me”;

- “Io non sono nessuno. Io sono il topolino di cui vi parlavo. Non sapevo nulla di questo libro. Se avessi saputo qualcosa, sarei, come dire, scomparso dalla circolazione”

- Ringraziamenti.


* * *


Intervento della giornalista e scrittrice prof.ssa Giuliana Coppola.

(Non abbiamo la registrazione. Diciamo soltanto che l’intervento di Giuliana, bellissimo, ascoltato in religioso silenzio per tutti i suoi quindici minuti, ha incantato l’uditorio).



* * *



Grazie Giuliana, ci hai commosso.


A me ora non rimane che concludere. E come ogni buona conclusione che si rispetti dovrei terminare con dei ringraziamenti. Ma stavolta non farò un elenco interminabile di persone da ringraziare. Mi limito a ringraziare soltanto una persona per tutti. Non ne dirò il nome per non nominarlo invano. Capirete di chi si tratta.

Ma dopo le bellissime parole della Giuliana, non posso più usare parole mie. Per esserne all’altezza devo prendere in prestito le parole di un grande scrittore, Erri De Luca, stese alla pag. 18 del suo libro “Nocciolo d’oliva” (ed. Messaggero, 2002), quello stesso dal quale ho tratto l’incipit del libro che stasera abbiamo festeggiato e che vi leggo di seguito.

Allora, ringrazio Chi…

“…Nacque e fu vivo grazie al solo prodigio di cui non fu lui stesso autore.

Per tutta la vita, poca, cercò di pareggiare il conto di quell’ingiustizia, fino a farsi appiccare sopra l’osceno patibolo romano che esponeva la morte in alto, in vista, a manifesto. […]

Per tutta la vita, poca, fu abitato da una folla di bambini mancati, dal dolore delle loro madri. Così poté sopportare quello della sua, ai piedi della croce.

Molti dei suoi prodigi erano […] miracoli, ma non colossali, non inceppò la macchina del cielo come Giosuè, che fermò il sole in Gabaòn e la luna sulla valle di Aialòn. Non aprì le acque come Mosè, però ci camminò sopra senza bagnarsi.

Non creò il frutto della vite, ma seppe provvedere, in una festa, a vendemmiare vino dall’acqua.

Non creò il sole, il fuoco, né luna, né stelle già create, ma diede vista ai ciechi e questo è un modo di inventare luce.

Non ebbe figli, non procurò una sua discendenza, ma litigò con sua sorella morte e le strappò di mano un corpo già in sepolcro, riportandolo indietro a rivivere, certo, ma anche a rimorire.

Fu battezzato in acqua dolce, amò la pesca, frequentò pescatori, ne riempì le reti, placò le ondate di una tempesta sul lago di Tiberiade. […]

Delle scritture sacre preferì Isaia; di Davide gustò più i salmi che le imprese. Discendeva da lui, così vuole la legge del Messia. […]

Chiese all’offeso di esporre l’altra guancia, mettendo l’offensore al rischio del ridicolo, ma pure stabilendo un termine alla prova: in numero di due, non più, sono le guance.

Non scrisse, non dettò, le sue parole facevano il viaggio delle api sopra i petali aperti delle orecchie. Salvò una donna dalla condanna di lapidazione chiedendo ai suoi accusatori che il primo di loro, se puro da peccati, si facesse avanti con la prima pietra. Sapeva che gli uomini tirano volentieri le seconde.

Diverse donne lo seguivano di luogo in luogo alla pari degli apostoli. Non pretese astinenza; il celibato venne dopo, a chiese fatte.

Sudò sangue, morì con tutto il corpo resistendo alla morte con nervi, fiato, febbre, piaghe e mosche intorno all’agonia. Risuscitò per intero, carne, ossa e promessa di essere solo il primo dei destinati alla risurrezione.

[…] Dopo di lui il tempo si è ridotto a un frattempo, a una parentesi di veglia tra la sua morte e la sua rivenuta. Dopo di lui nessuno è residente, ma tutti ospiti in attesa di un visto”.


Ecco a questo protagonista - non a me - vorrete indirizzare l’applauso del ringraziamento.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 26/03/2016 @ 14:53:39, in NohaBlog, linkato 2650 volte)

Ci sono delle parole, la maggior parte tronche, cioè accentate sull’ultima sillaba, che si utilizzano sovente per sintetizzare l’identità civile di una popolazione. Si parla così di napoletanità per indicare il complesso dei valori spirituali, culturali e tradizionali caratteristici della città partenopea e della sua gente; così come si parla di romanità per esprimere la caratteristica di chi (o di cio che) è romano. Ancora, si usa meridionalità, milanesità, o leccesità, per indicare quelle rispettive (intuitive) peculiarità.

Abbiamo finanche trovato in qualche scritto galatinesità per indicare il modo specifico di essere cittadini di Galatina: si fa riferimento alla cadenza della lingua, alla flessione stessa della voce, a determinati comportamenti, addirittura al modo di pensare e di agire.

E’ ovvio qui ribadire che non sarebbe scientifico generalizzare e che è difficile pensare ad esempio che un ideal-tipo galatinese abbia caratteristiche specifiche che lo possano distinguere nettamente da un collepassese o da un abitante di Strudà. Ma, in molti casi, pur non disponendo di categorie sociologiche basate sull’osservazione empirica o matematico-rigorosa, quando siamo di fronte ad un galatinese, ma questo vale per chiunque  anche per un trentino o un calabrese, riusciamo il più delle volte ad indovinarne la provenienza per quel non so che di noumeno che da qualche parte dovrà pur derivare.

Ma poniamo che in un ipotetico esercizio accademico sia possibile ricercare anche delle peculiarità specifiche di Noha, la nostra cittadina (ché di questo ci stiamo occupando); quale sostantivo, quale parola tronca potremmo utilizzare? Ebbene, in un processo di deduzione logica, se per Napoli questo sostantivo è napoletanità, se per Galatina è galatinesità, per Noha (che in dialetto è Nove) non potrà che essere NOVITA’.

Tutta questa premessa (chi vuol leggere i miei articoli deve portare un po’ di pazienza) per dire che la pasquetta nohana quest’anno non sarà la sublime e costante ricapitolazione di una lunga tradizione (come è anche giusto che sia), fatta di Fiera dei Cavalli (dal mattino e fino all’ora del pranzo), di processione post-prandiale della statua della Madonna delle Cuddhrure portata in spalla dalle donne nohane, di presa della Cuccagna, di scoppio di fuochi artificiali, di rogo delle Curemme nei diversi quartieri di Noha con distribuzione a tutti di fette di colomba pasquale e spumante…

Non è solo questo. La pasquetta nohana a partire da questo 2016 ha, appunto, una NOVITA’ straordinaria (incredibile fino a qualche mese fa): l’apertura al pubblico del “Parco del Castello”.  Quest’anno nohani, ospiti e viaggiatori tutti (non ci piace d’appellarli come “turisti”) avranno la possibilità di compiere un viaggio nel tempo, accedendo ai Fori Imperiali di Noha per riappropriarsi di un luogo del cuore per troppi decenni relegato nell’oblio.  

Qui si avrà modo di godere dei beni culturali più significativi della nostra cittadina, come l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty (coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della dirimpettaia Casa Rossa, la misteriosa casupola delle meraviglie che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì); la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso (con l’interessante impianto idraulico ed elettrico, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità); le cantine con le botti di rovere o di altri legnami dove s’invecchiava il Brandy Galluccio; e infine il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la torre del XIV secolo (1300 d. C.) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto. Ah, dimenticavo il dulcis in fundo e ultimo arrivato: un pezzo dell’“affresco di Albino” scoperto di recente dagli Indiana Jones nohani che rispondono ai nomi di Marcello D’Acquarica e, appunto, l’Albino Campa.

*

Nel parco del Castello di Noha il lunedì in albis si potrà in tutta libertà scorrazzare, giocare al pallone, poltrire, gareggiare a carte o con altri giochi di società, e soprattutto apprezzare le leccornie della pasquetta salentina, anche utilizzando liberamente i barbecue predisposti dal gruppo “Ragazzi della Masseria Colabaldi”.

Non mancheranno - ci dice l’uccellino - nemmeno le incursioni della Banda armata (di strumenti musicali) diretta dalla Lory Calò.

Chissà, infine, se riusciremo a degustare le cuddhrure appena sfornate dai due forni del Castello? Chi vivrà vedrà: non possiamo mica svelarvi tutto e subito. Sennò che sorpresa di Pasqua sarebbe?

Antonio Mellone

 

P.S. Il Parco del Castello è la parte più sana, intonsa e biologica di Noha, ricca di erbe spontanee (è pieno di sucamèli e di altre autoctone varietà di “verdure naturali”, per dire), scampata, com’è da decenni, dall’invadenza dell’uomo. Per fortuna qui non è stato spruzzato alcun erbicida, come invece purtroppo è avvenuto altrove con il silenzio-assenso degli Unni di Palazzo Orsini con l’ausilio delle loro trippe corazzate.

 

Venerdì 11 Aprile p.v. alle ore 18,30, presso la Sala Conferenze dell'Istituto Immacolata ASP (ex-IPAB) a Galatina in Via Ottavio Scalfo n.5, nell'ambito della Rassegna "Dialogoi sto Monastiri" (Dialoghi nel Chiostro), "Notizie storiche e culturali intorno alla Basilica di Santa Caterina d'Alessandria", avrà luogo il 6° Incontro dal titolo:

"Il volgare ai tempi degli Orsini del Balzo" a cura del Prof. Rosario Coluccia, Accademico della Crusca, Ordinario di Linguistica Italiana e Preside della facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue, beni culturali dell'Università di Lecce.

«Nell’incontro si presenterà la situazione linguistica della Puglia e del Salento nel tardo medioevo, nei decenni caratterizzati dalla presenza della dinastia Orsini-Del Balzo.
Etnie diverse (in particolare quella ebraica e quella greco-bizantina) si affiancano alla tradizione latina e alla incipiente cultura locale: ne risulta un singolare crogiuolo di testi e di esperienze, conviventi nella medesima regione e negli stessi anni. Nelle corti salentine si raccolgono e si producono codici di vario argomento, in parte  legati a specifiche esigenze pratiche, didascaliche, amministrative, in parte aperti agli influssi culturali provenienti dall’esterno, soprattutto da Napoli e dalla Toscana».
si è occupato della tradizione lirica dei primi secoli, di storia linguistica dell’Italia meridionale, del rapporto dialetto~lingua nella storia linguistica antica e recente, di formazione delle koiné scrittorie e del sistema interpuntivo e grafico italiano, di lessicografia italiana e dialettale, di questioni linguistiche dell’Italia contemporanea.
Nel corso della serata il Club UNESCO di Galatina assegnerà al Prof. Rosario Coluccia la tessera di Socio Onorario del Club, per il significativo contributo allo studio della storia linguistica dell’Italia meridionale (in particolare della Puglia), e per il costante impegno professionale che, alla luce dei Valori dell'UNESCO, perpetua la migliore tradizione culturale dei Galatinesi.
L’evento ideato e promosso dal Club UNESCO di Galatina, in collaborazione con la Libreria "Fiordilibro", l’Associazione Culturale "Il Mandorlo" e la Comunità Francescana di Santa Caterina d’Alessandria, ha il Patrocinio del Comune di Galatina, e vuole essere un primo passo del complesso iter necessario per ottenere il riconoscimento UNESCO del complesso di Santa Caterina d’Alessandria come Monumento di Pace e Bene Materiale dell'UNESCO.
 
Rosario Coluccia accademico della Crusca, ordinario di "Storia della lingua italiana" (L FIL LET 12 – “Linguistica italiana”) e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e beni culturali presso Unisalento; in questo Ateneo ha anche ricoperto altri incarichi istituzionali: Direttore del Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura (1998-2003), Delegato del Rettore per il Diritto allo studio (1996-2001) e per la ricerca scientifica (2002-2004), Prorettore (2005-2007). Fa parte della direzione di "Medioevo Letterario d'Italia" (Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Roma-Pisa), del Comitato Scientifico di "Bollettino Linguistico Campano" (Liguori, Napoli) e del Comitato Scientifico del “Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani” (Palermo). Dall’ottobre 2005 al dicembre 2008 è stato Presidente Nazionale della Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI, Firenze); dall’ottobre 2006 all’ottobre 2010 è stato Segretario della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (SILFI). È socio del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani (Palermo). È stato coordinatore nazionale dei PRIN 2000 e 2002 su “Corpora linguistico-testuali italiani on-line [1/2]” (CLIO [1/2]) cui hanno partecipato le università di Lecce, della Basilicata, di Catania, di Milano e di Roma “La Sapienza”, del PRIN 2005 su “Censimento, Archivio e Studio dei Volgarizzamenti Italiani” (CASVI) cui hanno partecipato le università di Lecce, della Basilicata, di Catania, di Pisa (Scuola Normale Superiore) e di Torino, del PRIN 2007 su “Studio, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani” (SALVIt) cui hanno partecipato le università del Salento (Lecce), di Catania, di Napoli (L’Orientale), di Pisa (Scuola Normale Superiore) e di Salerno. È revisore del Lessico Etimologico Italiano (Universität des Saarlandes, Saarbrücken) e revisore del Dictionnaire Étymologique des Langues Romanes (ATILF-Université/CNRS, Nancy). È valutatore di progetti PRIN, FIRB e FNS (Fonds national suisse de la recherche scientifique). È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche. Si è occupato della tradizione lirica dei primi secoli, di storia linguistica dell’Italia meridionale, del rapporto dialetto~lingua nella storia linguistica antica e recente, di formazione delle koiné scrittorie e del sistema interpuntivo e grafico italiano, di lessicografia italiana e dialettale, di questioni linguistiche dell’Italia contemporanea. Ha pubblicato per i Meridiani di Mondadori la prima edizione critica e commentata dei Poeti siculo-toscani.
 
Di Antonio Mellone (del 02/12/2017 @ 14:52:21, in NohaBlog, linkato 1614 volte)

Non so se sapete che la Conferenza dei Servizi - quella che si sarebbe dovuta tenere giorni fa a Bari per la famosa proroga a Pantacom (la società a responsabilità non esagerata nel cui libro dei sogni d’oro e nel nostro degli incubi è previsto un centro commerciale di 25 ettari alle porte di Collemeto) - è stata rinviata a data da destinarsi.

Pare che si voglia lasciare tutto il tempo alla suddetta Srl per predisporre la documentazione necessaria alla richiesta di una dilazione [ancora rimandi, procrastinazioni e more. Tattiche dilatorie, insomma. E, di grazia, 'Usque tandem'? Se non chiediamo troppo: perché mai concedere un altro slittamento dei tempi? ndr.].

A questo punto, già che ci siamo, e se non già fatto, io staccherei pure qualche dirigente comunale di bocca buona e con le mani in pasta per darle una mano: poveretta, ‘sta Pantacom, non può mica fare tutto da sola. E se poi dovesse sbagliare? O scordare qualche carta? O perdersi nei meandri delle leggi, dei regolamenti e della convenzione, e magari incappare in qualche scadenza, decadenza o prescrizione?

No, meglio non correre rischi; meglio lasciarle tutto il tempo che le serve, tanto che fretta c’è. E poi non possiamo mica permetterci il lusso di perdere questo popò di “volano per lo sviluppo” e ben “200 nuovi posti di lavoro”. Recentemente, a dirla tutta, il monocorde quotidiano caltagironeo parlava addirittura di 300 nuovi posti di lavoro: il 50% in più dei soliti 200. Eh sì, pare che ultimamente le assunzioni nei centri commerciali lievitino come le 'pittule' dell’Immacolata [l’Immacolata Cementificazione per la precisione, propedeutica all’Assunzione, ndr.].

*

A proposito: vi è mai capitato di leggere la famosa “Convenzione Galatina/Pantacom”? Non potete perdervela per nessuna ragione al mondo: musica per le orecchie, poesia, arte, letteratura [a tratti horror, ma pur sempre letteratura, ndr.].

Orbene, nella suddetta Convenzione [altrimenti detta cir-convenzione di capaci di tutto, ndr.], oltre alla piattaforma per i capannoni commerciali, sono previste anche le famose rotatorie.

Ne sono state pronosticate ben tre: la prima “adiacente la SP Galatina-Collemeto per consentire un accesso continuo e senza interruzione all’interno dell’insediamento produttivo in questione”; la seconda “di svincolo sulla viabilità complanare di collegamento a Copertino”, e, visto che non c’è due senza tre, una terza “di svincolo del traffico dall’arteria complanare che si sviluppa lungo la SS 101”.

Me li vedo, tutti i politici delle larghe attese, letteralmente con il fiato sul collo del funzionario del Comune intento a redigere l’articolato della Convenzione, mentre il sindaco detta gli articoli da sottoporre all’ovazione consiliare: “Signorina Pantacom!, veniamo noi con questa mia addirvi una parola che scusate se sono poche; noi ci fanno specie che questanno c’è stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete.: ma questo mega-porco servono solo alle ricadute sull’occupazione e al volano per lo sviluppo. Punto. Anzi due punti.

Noio della Comune volevam savuar se 420.000 euro sulla carta quale compensazione, ristoro e pure ristorante per la soppressione sia del parco urbano di cinque ettari e sia dei campi di calcetto (dove i giovanotti, con la testa al solito posto cioè sul collo, potevano giocare), vi sembrano troppi onde, poscia e per cui vi concediamo tutto il tempo che volete per pensare di ridurre l’importo, tanto noi vi approviamo tutte le schifezze.

Poi faremo un’altra circonvenzione, sempre con calma, per darvi tutto il tempo necessario di vendere il pacchetto, anzi il pacco (chiavi in mano o in tasca: fate voi). Noi siamo sempre qui, con la faccia sotto i vostri piedi, per supportarvi ma soprattutto per essere suppostati.

Signorina Pantacom, dimenticava di dirvi che però in cambio vogliamo le rotatorie. [Assessore, mettici qui una rotatoria. Anzi aggiungine altre due, facciamo vedere che abbondiamo!, Abbondandis in abbondandum].

Salutandovi indistintamente, i fratelli Caproni, scusate, Caponi che siamo sempre noi [caponi o capponi = pennuti della razza della cuccuvascia, ndr.]”.

*

In alternativa a Totò e Peppino potremmo pensare anche a Mario e Saverio [al secolo Massimo Troisi e Roberto benigni, quando quest’ultimo faceva ridere, ndr.] intenti a stendere la nota convenzione da indirizzare al santissimo Savonarola.

Sarebbe certamente più azzeccato, visto che non ci resta che piangere.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 10/08/2014 @ 14:43:25, in NohaBlog, linkato 2937 volte)

Mannaggia a me e a quando mi metto a discutere (addirittura in spiaggia!) con chi pensa che lo “sviluppo” del Salento sia fatto di turismo (per antonomasia quello invadente, sudato, inebetito) e dunque di orde di lanzichenecchi pronti ad invadere la quiete della nostra terra, che in alcuni periodi dell’anno sembra trasformarsi nella striscia di Gaza. Il tizio continuava a dirmi che fosse per me ed i miei amici “ambientalisti” (cosa cavolo significherà mai questo lemma, lo ignoro) non si farebbe nulla, tanto che noi tutti oggi staremmo ancora viaggiando con gli asini, i muli ed altri quadrupedi da soma. Avrei voluto rispondergli che quelli come lui hanno fatto invece alla nostra terra tutte le mega-porcate che hanno voluto, in quanto quelli come me, minoranza endemica, non hanno mai avuto voce in capitolo.

Poi, ovviamente, quando uno inizia a parlarti in questi termini - cioè di ciucci, birocci, traini, ed altre amenità del genere - l’unica cosa saggia da fare è issare bandiera bianca, e lasciar cadere immediatamente ogni tentativo di esposizione logica di qualsivoglia argomentazione. Non vale la pena di perdere il fiato, e poi se ti metti a litigare con un idiota il terzo che osserva la scena potrebbe non capire la differenza.

Se al posto di codesto logorroico interlocutore, che si crede addirittura un economista (ma come faccio a spiegargli che un laureato in Economia non è necessariamente un economista, così come un laureato in Filosofia non è sempre un filosofo - infatti, per dire, se Buttiglione fosse un filosofo, io avrei serie difficoltà nel capire cosa facesse Aristotele), dicevo, se al posto di questo soggetto avessi beccato un altro appena un po’ più ricettivo avrei potuto dirgli che purtroppo il nostro Salento è ormai tutto una strada, solcato com’è da viadotti e circonvallazioni di tutti i tipi e per tutti i gusti.

Ma noi mica ci accontentiamo del primato (mondiale!) di chilometri stradali per chilometro quadrato (nel Salento questo rapporto è di 1:1). Nossignore, noi vogliamo ancora di più. Alcuni esempi? La “Regionale 8” fino a San Foca (così già che ci siamo anche il gas del TAP potrà viaggiare più comodamente), la “275 Maglie-Santa Maria di Leuca” (l’hanno chiamata strada-parco per mitigarne l’impatto: questi ci derubano anche del vocabolario), la “Maglie-Otranto” (cosa vuoi che siano 8000 ulivi divelti, al confronto delle decine di migliaia che verranno sradicati per la Xylella Fastidiosa, altra panzana-colpo-di-grazia alla nostra terra già martoriata; dell’“attivismo” a sua insaputa da parte del sindaco Montagna parleremo in altre circostanze, ndr), la “Otranto-Gallipoli” (ennesimo mostro di asfalto e cemento che ci costerà quanto un rene), la “Casalabate-Porto Cesario” (per collegare le due coste del Salento, una specie di segnalatore visivo del prepuzio salentino: anche nel senso della natura mentulomorfa del pensiero dei nostri politici locali). Per non parlare delle circonvallazioni (perfino interne, come certi assorbenti), delle strade infinite di raccordo e servizio dei mille comparti edilizi, delle asfaltature delle residue strade bianche di campagna, dei viali o vialoni privati da coprire con un bel massetto. Stiamo insomma predisponendo un bel lacrimatoio necessario per raccogliere i lucciconi di coccodrillo che abbondanti produrremo subito dopo qualche goccia di pioggia che inesorabilmente trasformerà i nostri paesi in un unica alluvione.

Avrei continuato (sempre discettando di “turismo”) col dire che per esempio in Inghilterra non allargano le loro strade, le tengono strette, e che nelle Highlands scozzesi si deve fare un percorso a passo lento per apprezzare la bellezza dei luoghi. Che comunque le strade strette sono più sicure di quelle a scorrimento veloce (infatti lo capirebbero anche alla scuola materna che gli incidenti sono dovuti alla velocità e non alle strade strette).

Avrei infine aggiunto che forse chi viene a visitare il Salento avrebbe voglia di trovare una terra selvaggia, di ammirare il fico d’india, la chiesa rupestre, la taranta sui cozzi e anche gli scurzuni (non i serpenti d’asfalto), che vorrebbe trovare cioè quello che tipizza il Salento, e soprattutto ciò che rende il Salento diverso, chessò io, dal Veneto o dall’Emilia Romagna. Se un turista volesse trovare il resort con le piscine o il parco acquatico o il mega-villaggio o il centro commerciale, o se desiderasse percorrere una mega-strada a quattro o più corsie potrebbe benissimo risparmiarsi il lungo viaggio fino a Lecce per dirigersi verso altre regioni dove questa roba c’è già in abbondanza, e dove non sanno più cosa inventarsi per “attrarre il turismo”. Queste regioni ormai hanno perso e per sempre il loro territorio, sicché l’unica cosa che rimane da fare a quei poveretti è creare la giostra continua del divertimentificio senza fine, insomma un Samsara beach anzi bitch 24 ore su 24.

Temo che noi salentini siamo sulla buona strada: nel senso di averne purtroppo imboccata una a senso unico.

P.S. Buone vacanze, cari lettori, con l’augurio che le nostre spiagge non vengano affollate da fiumane di coglioni.

Antonio Mellone
 
Di Marcello D'Acquarica (del 14/01/2014 @ 14:40:40, in NohaBlog, linkato 3899 volte)

Cade o non cade? Questo è il dilemma. Penserete mica che questo dubbio se lo pongano i nostri politici? Ma nemmeno per sogno. “Se cade…dice il pollitico di turno… il Comune paga”. E chi sarebbe questo Comune? Da dove prende i soldi per pagare? Ci stiamo dicendo da lungo tempo che la casa e relativa torre con orologio sono la proiezione ortogonale della politica di Noha e di Galatina. Che ci piaccia o no, è così. E in questo la politica nostrana rappresenta benissimo quella romana: senza colore, né di centro, né di destra e né sinistra. Per guardarla (la politica) basta alzare la testa, e non è solo l’orologio fermo da lustri (o che segna l’ora giusta due volte al giorno), a destare sdegno e paura, ma tutta la struttura nel suo insieme. E non se ne esca il solito oratore di turno accusandoci di sventura profetica. Come se crolli del genere accadessero solo a Pompei.

Vorrei ricordare che sotto quella torre e relativa struttura comunale, con grande dispendio di parate in pompa magna e gloria, si svolgono cerimonie e feste previste dal calendario, che sia politico o religioso poco cambia. Un po’ come se il pranzo di nozze venisse servito in un pollaio. Le responsabilità non hanno due morali, ma incidono sulla stessa faccia, la nostra.

Non è che la religione si debba occupare dello spirito e la politica della carne, non entro nei meandri filosofici della differenza fra il concetto di anima e di corpo, bensì dovremmo semplicemente ricordarci della dignità come, per l’appunto, ho avuto occasione di ascoltare con le mie orecchie in uno degli ultimi sermoni liturgici. Dignità che prescinde dall’appartenenza ad una corrente di pensiero o religione che sia, ma che è di pertinenza dell’uomo in quanto figlio tale (e se vogliamo in quanto figlio di Dio). Cioè tutta l’umanità.

Per farla breve, la casa con torre e relativo orologio, sono per l’ennesima volta sotto le mire di fantomatiche opere di ristrutturazione. “Era ora”, direte voi. Non fatevi illusioni. Si tratta semplicemente di una lavata di faccia che si vuol fare facendo aggiustare solamente l’orologio (purché si faccia). Le solite vave nostrane.

Il genio che progettò e fece costruire quell’opera è stato un grande maestro d’arte. Un po’ meno lo è chi si arrampica là sopra appendendo lampadari natalizi, fari alogeni e sparando fuochi artificiali ad ogni parata. Errare è umano ma perseverare è diabolico. Le foto sono poco eloquenti, ma le pietre no. E’ quanto basta per sapere che il soffitto della prima stanza, quella che si affaccia sulla piazza, sta cedendo sotto il rigonfiamento del ferro annegato nel cemento. Le ali dell’aquila si potrebbero scollare da un momento all’altro (e magari spiccare il volo) così come la cornice del lato che guarda verso nord-est. Il resto del pietrame sovrapposto a regola d’arte nel 1861, e forse pure prima, soffre di gravi infiltrazioni ovunque. Viene da credere davvero che sia il nostro santo protettore a perpetuare il miracolo e che quelle pietre non siano normali pietre ma acrobati provetti senza rete.

E su questa roba si vorrebbe rimontare orologio, campane e relativa struttura di sostegno.

Cose dell’altro mondo.

   
 

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 20/02/2016 @ 14:38:38, in Comunicato Stampa, linkato 1853 volte)

Il Teatro è amicizia, amore, buonumore, diversi sostantivi per comunicare e promuovere la stagione di prosa 2016 che andrà in scena nel rinnovato Teatro Storico Cavallino Bianco, organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria turistica e culturale.

Accade solo a teatro che le emozioni prendano forma” afferma Daniela Vantaggiato Assessore alla cultura della Città di Galatina “a teatro, perimetro magico delle azioni e dei sentimenti che, come qualcuno ha scritto in questi giorni, appartiene a noi e a chi ci ha preceduti #ilcavallinoèanchemio vorrei dicessero tutti i Galatinesi nel momento in cui andranno a fare l’abbonamento per la Stagione, sì il Cavallino è un luogo, è luogo dell’umanità e dell’anima dei Galatinesi come di tutti coloro che da sempre fanno teatro calcando il palcoscenico o sedendo in platea! Poco importa!”. Accadrà anche al Teatro Cavallino Bianco ed amicizia, amore e buonumore prenderanno vita, diventeranno protagonisti di questa stagione 2016, dove per cinque serate, si aprirà il sipario alle ore 21:00. Dal 26 febbraio al 21 aprile 2016, il palco ospiterà spettacoli di prosa e non solo.

Di seguito il programma completo della stagione:

  • 26 febbraio 2016 CANTO… ANCHE SE SONO STONATO con la partecipazione di STONATO BAND & SWING OUT DANCERS. Coreografie Elena Capriati. Stonato Band: Davide Saccomanno - pianoforte, Antonio Di Lorenzo - batteria, Davide Penta - basso, Mino Lacirignola - tromba, Fabrizio Scarafile - sax. Swing Out Dancers: Tiziana Loconsole, Luisa Losito. Regia SAVINO ZABA.
  • 12 marzo 2016 MILITE IGNOTO - quindici diciotto tratto da ‘Avanti sempre’ di Nicola Maranesi e da ‘La Grande Guerra, i diari raccontano’. Foto di scena Luigi Burroni. Uno spettacolo di MARIO PERROTTA. Un progetto a cura di Pier Vittorio Buffa e Nicola Maranesi per Gruppo editoriale L’Espresso e Archivio Diaristico Nazionale.
  • 18 marzo 2016 IO SONO MISIA - l’ape regina dei geni di Vittorio Cielo. Liberamente ispirato dalle memorie di Misia Sert, dalle confidenze, ricordi, messaggi, lettere, di Proust, Stravinsky, Diaghilev, Nijinsky, Debussy, Tolouse Lautrec, Picasso, Ravel, Cocteau. Co-produzione Fondazione Devlata, DoppioSogno. Regia FRANCESCO ZECCA.
  • 07 aprile 2016 LEZIONI DI ROCK - The Beatles: Abbey Road di e con ERNESTO ASSANTE E GINO CASTALDO.
  • 21 aprile 2016 JUKE BOX ALL’IDROGENO di Allen Ginsberg. Con Franco Angiulo - trombone, Vittorino Curci - sax e versi, Nando di Modugno - tastiera e contrabbasso, Marcello Magliocchi - percussioni, Roberto Ottaviano - sax, Vito Signorile - voce. Percorso musicale ROBERTO OTTAVIANO. Percorso poetico VITO SIGNORILE.

#aggiungiunabbonamentoateatro

Il servizio di vendita degli abbonamenti e dei biglietti è disponibile presso l’Ufficio IAT (via Vittorio Emanuele II, 35 – Torre dell’Orologio) tutti i giorni dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19:00. Il botteghino del Teatro Cavallino Bianco sarà aperto solo il giorno degli spettacoli dalle ore 19:00. Per informazioni: tel. 0836.569984 - cell. 392.9331521 - iat.galatina@gmail.com

 
Di Antonio Mellone (del 17/10/2015 @ 14:37:10, in NohaBlog, linkato 2364 volte)

Eccome se ci dispiacerà quando, tra un paio d’anni (posto che non lo facciano fuori prima), questo papa si dimetterà per tornarsene nella sua Argentina a vivere da povero. A maggior ragione se i cardinaloni, scottati dal ciclone Francesco, nomineranno un papa pompiere, buono a spegnere i bollenti spiriti (anzi lo Spirito tout court), facendo evaporare l’ebbrezza delle novità bergogliane e riportando le lancette dell’orologio ecclesiastico indietro nel tempo, possibilmente ad una data antecedente all’apertura del Concilio Vaticano II (insabbiato di fatto da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI).

Però non siamo così ingenui da pensare che un papa faccia primavera (come la rondine del famoso adagio), o che Francesco sia un pontefice rivoluzionario, e che dunque da un giorno all’altro preti o monsignori potranno sposarsi (con un uomo o magari con una donna), oppure che le donne potranno accedere all’ordinazione sacerdotale o episcopale, o che la gerarchia venga abolita insieme a titoli onorifici, appellativi, e ordinariati militari (e con essi, dunque, quegli ossimori vergognosi rappresentati dai preti militari o dai vescovi generali di corpo d’armata con tanto di stipendio da parte del ministero della difesa), o che si accetti il testamento biologico, o che dal sinodo sulla famiglia esca fuori chissà cosa [cfr. a questo proposito il nostro “Un questionario papale” apparso su Noha.it del 10/12/2013]; né si può pretendere che in tutte le parrocchie sia chiara la portata di certe aperture (figurarsi: molti preti con pecorelle di complemento al seguito vivono come se Francesco non ci fosse. O nonostante la sua presenza). E poi, detto tra noi, una rivoluzione per definizione non può mai partire dall’alto.

E’ che non possiamo non rallegrarci quando le parole della sua enciclica infastidiscono gli ambienti clericali e conservatori e innervosiscono i poteri economici internazionali, o quando, come il 21 giugno 2014, in Calabria, Francesco scomunica la mafia con parole pesantissime mai pronunciate da alcuno dei suoi predecessori (che avevano solo blaterato qualcosa in merito, ma mai “scomunicato” come parresìa comanda) o quando il papa stigmatizza il lusso e gli onori di alcuni ecclesiastici (parlammo di codesti teatrini clericali in un nostro articolo dal titolo Nunzio vobis, apparso su questo sito non più tardi dell’11 settembre 2014, rischiando la scomunica), o quando vengono finalmente riabilitati degli eccellenti teologi allontanati dall’insegnamento (qualche anno fa, non secoli fa) e dunque perseguitati per le loro idee “progressiste”, o quando scopriamo che le parole del nostro amico Fra’ Ettore Marangi, profeta e prete scomodo, sono più “moderate” di quelle dell’attuale romano pontefice…

*

Ma torniamo alle battute conclusive della “Laudato sì” e dunque all’epilogo di questa nostra recensione a puntate.

Il principio della massimizzazione del profitto che tende a isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell’economia: se aumenta la produzione, interessa poco che si produca a spese delle risorse future o della salute dell’ambiente; se il taglio di una foresta aumenta la produzione, nessuno misura in questo calcolo la perdita che implica desertificare un territorio, distruggere la biodiversità o aumentare l’inquinamento” (tratto dal punto 195, pag. 160, “Laudato sì” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015).  Invece oggi si parla ancora di Pil, di crescita, di aumento della produzione, e altre scemenze del genere, come la panacea di tutti i guai (nel nostro piccolo ne parlammo anche noi, non in qualche nostra enciclica – non ne avremmo le carte per scriverne – ma più modestamente sull’Osservatore Nohano. Cfr. i nostri “Mamma li turchi”, editoriale L’O. N., n. 6, anno III, 9 ottobre 2009, e anche “Frugalità Nohana”, editoriale L’O. N., n. 10, anno II, 9 gennaio 2009).

Se una persona, benché le proprie condizioni economiche le permettano di consumare e spendere di più, abitualmente si copre un po’ invece di accendere il riscaldamento, ciò suppone che abbia acquisito convinzioni e modi di sentire favorevoli alla cura dell’ambiente. E’ molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita. L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via.” (tratto dal punto 211, pag. 173, ibidem, la sottolineatura è nostra). Ecco come si potrebbe passare dalle virtù teologiche alle virtù ecologiche, dalla teoria alla pratica.  

*

La crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e del pragmatismo, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti. Manca loro dunque una conversione ecologica” (tratto dal punto 217, pag. 177 - 178, ibidem, la sottolineatura è nostra). Toh, guarda, che anche papa Francesco se la prende con il pragmatismo e contro chi si fa beffe delle (nostre) preoccupazioni per l’ambiente.

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Non tutti sono chiamati a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce un’innumerevole varietà di associazioni che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e urbano. [che combinazione: cfr. anche il nostro “Politica e democrazia” pubblicato su Noha.it il 20/04/2012]. Per esempio si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere, risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità comune, una storia che si conserva e  si trasmette” (tratto dal punto 232, pag. 187 – 188, ibidem). Ah, ecco: non era archeologismo, il nostro, ma cura disinteressata dei nostri beni culturali, che dovrebbero essere beni comuni tout court. Per dire, anche i nostri “Dialoghi di Noha x l’Ambiente” stanno cercando nel loro piccolo di fare il loro mestiere in tal senso.

*

Non c’è molto altro da aggiungere alle parole di papa Francesco, se non che la vera fede favorisce e incoraggia la laicità e che sarebbe troppo bella una chiesa fatta da un popolo plurale e non allineato; una chiesa libera, liberatrice, non clericale, più donna e democratica, aperta alle differenze, e meno vendicativa; una chiesa con pochi pizzi e merletti e pregiudizi ridotti al minimo, e magari con sacerdoti ministeriali più umani, umili e laici, e possibilmente anche con un nome femminile, e, perché no, con dei figli, da amare ed educare (e casomai da lasciare a casa con la babysitter nelle serate di ritrovo con la comunità). 

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Cos’altro aggiungere? Ah, sì, che non si è buoni credenti se si è troppo sicuri di credere.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 10/09/2013 @ 14:35:51, in NohaBlog, linkato 3881 volte)

Oggi, sciroppo nohano, ops... volevo dire scirocco nohano. Quando l’aria si fa irrespirabile e soprattutto alla sera, quando cala la cappa di umidità, arriva il cosiddetto “faugnu”. “C’è cu mmori” si dice dalle nostre parti.  Il caldo torrido di Agosto fa il resto. Ma a questo, per fortuna, ci pensa Qualcun altro, diciamo il più altolocato. Il clima, come anche tante altre cose, non le decidiamo noi.

“Tu sei un fenomeno…” - mi dice Gianluca Misciali, neofita nohano alla ricerca delle sue origini (un altro che non ascolta le prediche nostrane dove viene abiurato il passato, quale testimone dell’antiprogresso) - “…capisco amare una donna, un Santo, il lavoro, ma un paese.”

In effetti, al contrario degli altri anni, quest’anno mi sono sorpreso pensando ad alta voce, “ma chi me lo fa fare!”. Tranquilli. Mi è capitato una sola volta. Forse vinto dalla puzza nauseabonda di cani morti che regna a Noha da qualche tempo. D'altronde, se fosse solo un romanzo, sarebbe tutto normale, così finiscono buona parte dei racconti di storie d’amore: annegati nel tradimento da parte di chi hai sempre amato e rispettato. Per convincermi che sbaglio a pensare questo, provo di nuovo a cercare la meraviglia che da sempre mi riporta in questo meraviglioso paese:

 il silenzio che regna nelle vie, gli orizzonti a portata di mano, i colori del tramonto e il suono delle campane che, anche se impostate da un banale programma di neo-battenti, si ostinano a rammentarci il fascino misterioso di riti antichi e menzadie cadenzate. Cose di un altro mondo.

Guardando le facce beate dei nostri politici (e ci li vide mai? Bisogna cercarli su face-book, o nei “santini” pre-elettorali) sembrerebbe che nulla accada, se non le loro faccende in cui sono affaccendati.

Ho chiesto agli abitanti di via Aradeo, a cosa si deve l’olezzo di cadavere che si sente in giro per il paese, soprattutto nei pressi della grotta della Madonna di Lourdes. Qui la puzza è davvero insopportabile. Vengo così a conoscenza che la signora Maria Rosaria Mariano, contitolare del negozio di ferramenta, con l’aiuto di alcuni cittadini, si è data da fare con una petizione popolare per informare del cattivo odore il sindaco Montagna e gli amministratori de-localizzati altrove (tanto, anche se abitassero a Noha, come i nostri 4 consiglieri eletti, cambierebbe poco o nulla). Dopo alcune cantonate lapalissiane (del tipo: pulire dalle foglie solamente il tombino davanti al negozio di ferramenta, oppure inviare una squadra di tecnici sprovvisti del più banale attrezzo per aprire un tombino), finalmente si è concluso di demandare la questione all’azienda incaricata al completamento dei lavori della fogna bianca (ca puzza cchiui de a nera). Intanto una buona parte di Noha, tutta la zona del Calvario per intenderci, da anni soffre dello stesso problema a causa dell’ennesima vigliaccata perpetrata approfittando della buona fede della gente: la discarica dell’impianto fognario adiacente alla villetta dedicata a Padre Pio. Siamo nel terzo millennio, a Galatina ci si vanta d’essere “Città d’Arte” e traboccante di cultura, ma quando non si sa che fare si ricorre sempre all’aiuto dei Santi. E sarebbe pure una cosa giusta, basterebbe però riconoscere i propri limiti, che nel nostro caso si sciolgono in vaveggianti e perenni indecisioni. Povero Padre Pio. Tutte le disgrazie spettano a lui. E ai cittadini di Noha. Ma che avranno fatto mai per meritarsi tutto questo? Insomma non possiamo dire che a Noha ci si annoi.

Ogni giorno che passa i problemi aumentano e l’ultimo scaccia sempre quelli già esistenti: chiodo scaccia chiodo. A questo punto diciamo che Noha è diventato un paese dove si mangia con la puzza di fogna, ci si lava con la puzza di fogna, si dorme con la puzza di fogna, si vive sempre con la stesa puzza, che importa se l’orologio della piazza - fiore all’occhiello di ogni paese - è una taroccata, se i beni culturali di Noha sembrano quelli che erano sepolti sotto la città di Acaya fino a qualche anno addietro, se la casa Rossa è solo un ricordo sbiadito, se il frantoio ipogeo più originale del Salento diventa una discarica di rifiuti, se le casette di Cosimo Mariano non reggono più nemmeno le luminarie pietose della festa di San Michele, se le pantegane girano indisturbate dentro e fuori del Castello, se la campagna de lu Ronceddhra è un ammasso di pannelli fotovoltaici riparati da pochi scheletrici ulivi trapiantati per nasconderli alla vista, se un faro da 5000 watt acceca gli automobilisti che transitano su quella via, se il viale che porta al cimitero sembra un residuato del dopoguerra, se si spendono milioni di euro in ristrutturazioni di edifici confiscati alla mafia e in vecchie scuole elementari (senza manco pensare all’allaccio elettrico come si deve)…

Se potessi continuare non basterebbe un’enciclopedia, tanti sono i fenomeni nohani dipendenti dalla trascuratezza e dalla dabbenaggine dei nostri rappresentanti (che a questo punto penso rappresentino solo se stessi). Speriamo che il vento cambi al più presto, e la tramontana non ci porti altre sorprese visto che ultimamente sono di moda i cosiddetti “termovalorizzatori” e a pochi passi da Galatina ne abbiamo uno che, forse, non aspetta altro.

Marcello D’Acquarica
 

Affrontare e risolvere il problema del dissesto idrogeologico di un territorio richiede certamente un approccio tecnico e specialistico, ma ancor prima una volontà politica che parta dalla consapevolezza che una risoluzione davvero efficace di questa problematica richiede lungimiranza, una conoscenza approfondita delle cause (antropiche e naturali) che l’hanno generata e tempi medio – lunghi di pianificazione e attuazione delle misure di compensazione.

Da un punto di vista operativo è necessario procedere per step, partendo anzitutto dall’individuazione di tutte le criticità esistenti sul territorio di Galatina e delle cause che le hanno generate. Chiarito questo aspetto, si può procedere alla programmazione coordinata degli interventi utili alla risoluzione delle problematiche. Gli strumenti di cui dispone un’amministrazione sono sia degli interventi strutturali (ad esempio su infrastrutture o edifici) sia interventi non strutturali (ad es. la manutenzione ordinaria di corsi d’acque e reti fognarie e l’aggiornamento del piano di protezione civile comunale).

Una prima ricognizione delle criticità rilevabili nel territorio comunale è stata fatta in occasione della candidatura all’avviso pubblico per l’implementazione della sezione del piano di protezione civile relativa al rischio idraulico.

Questa analisi ha evidenziato che le attuali perimetrazioni del PAI non rispecchiano esaustivamente le reali situazioni di criticità. Alla luce di ciò, l’Amministrazione si è mossa per concordare con l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale i passi da compiere per giungere ad un aggiornamento delle perimetrazioni.

Pertanto, è stato richiesto un preventivo di spesa per l’acquisizione di un Modello Digitale del Terreno dell’intero territorio comunale, con tecnologia Lidar, che sarà ben più dettagliato di quello utilizzato in passato dall’Autorità di Bacino per la modellazione idraulica che ha portato alle vigenti perimetrazioni del PAI. L’acquisizione di questo nuovo rilievo costituisce la base imprescindibile per effettuare nuove modellazioni idrauliche con cui procedere all’aggiornamento del PAI.

Si conferma, dunque, non solo la fattibilità dell’aggiornamento del PAI, ma il fattivo impegno dell’amministrazione per procedere in tal senso.

I tempi di aggiornamento saranno dettati da quelli di elaborazione tecnica della nuova proposta e di approvazione da parte dell’Autorità di Bacino Distrettuale.

Inoltre, un altro passo fondamentale e all’avanguardia che l’Amministrazione sta compiendo è quello di sottoscrivere un accordo di collaborazione con l’Autorità di Bacino, ai sensi della legge 241/90, finalizzato non solo all’aggiornamento del PAI, ma soprattutto alla programmazione e attuazione degli interventi di riduzione del rischio idraulico e – più in generale – di difesa del suolo.

Con Determinazione del Dirigente Sezione Protezione Civile del 25 febbraio 2021 n.124 è stata approvata la graduatoria definitiva delle proposte progettuali ammesse a finanziamento e finanziabili nell’ambito del bando POR Puglia 2014-2020 Azione 5.1 “Riduzione del rischio idrogeologico e di erosione costiera” – Avviso rivolto ai comuni per la selezione di proposte all’implementazione dei piani di protezione civile con riferimento alla previsione, prevenzione e contrasto del rischio idraulico ed idrogeologico.

Nell’ambito di codesta selezione, la proposta progettuale presentata dal Comune di Galatina è stata giudicata finanziabile, collocandosi al 18^ posto sulle 140 proposte ammesse a finanziamento e seconda in ambito provinciale.

Il Piano di Protezione Civile è riconosciuto, nel modo tecnico-scientifico, come uno degli interventi non strumentali utili a ridurre i rischi (incluso quello idrogeologico) a cui un territorio è soggetto. Esso racchiude le procedure operative di intervento necessarie a fronteggiare una qualsiasi calamità attesa in un determinato territorioè lo strumento che consente alle autorità di predisporre e coordinare gli interventi di soccorso a tutela della popolazione e dei beni in un’area a rischio

Attraverso il finanziamento regionale, il Comune di Galatina potrà anzitutto aggiornare la sezione del Piano di Protezione Civile Comunale relativa al rischio idraulico, allineandola alle disposizioni delle recenti Linee Guida approvate e adottate con D.G.R. 30 luglio 2019, n.1414.

Inoltre, parte dei finanziamenti saranno utilizzati per incrementare la comunicazione e la condivisione di dati tra il sistema locale di Protezione Civile e quello regionale. In particolare, è stata prevista l’installazione di un sensore idrometrico lungo il torrente Asso, nel tratto immediatamente a monte della S.P. Noha – Aradeo – frequentemente chiusa al traffico per effetto dello straripamento del suddetto corso d’acqua. La funzione di tale strumento sarà quella di monitorare e registrare costantemente il livello dell’acqua all’interno del canale e di inviare questi dati al Centro Funzionale Decentrato della Protezione Civile della Regione Puglia. Obiettivo di questo monitoraggio è acquisire una serie storica di dati relativi ai livelli critici delle piene del Torrente Asso – responsabili dell’allagamento della strada e delle aree circostanti- e di utilizzare questa informazione per l’allertamento dei soccorsi in occasione degli eventi alluvionali.

Inoltre, il sensore sarà collegato a un segnalatore luminoso, da posizionarsi lungo la S.P. 41,che si attiverà automaticamente in caso di straripamento del torrente, vietando l'accesso ai veicoli.

Il sensore entrerà a far parte del Sistema Regionale di Monitoraggio gestito dalla Protezione Civile della Regione Puglia.

Inoltre, per aumentare la resilienza della cittadinanza rispetto al rischio idraulico, verranno implementati dei canali telematici per favorire la comunicazione in tempo reale alla popolazione sia dei messaggi di allerta meteo che delle buone pratiche da mettere in atto in occasione di eventi calamitosi. Ciò nel rispetto del principio per cui la riduzione del rischio passa anche dalla consapevolezza e dal coinvolgimento dei cittadini nelle pratiche di protezione civile.

Inoltre, in occasione della partecipazione al suddetto bando e per rendere efficaci le misure in esso previste, il Comune di Galatina ha confermato e rafforzato la collaborazione con l’Associazione di Volontariato di Protezione Civile e ha stretto due importanti sinergie:

  • con il Centro Funzionale Decentrato della Protezione Civile della Regione Puglia – che si occuperà di acquisire ed elaborare i dati della centralina da installarsi lungo il torrente Asso;
  • con l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale per gli approfondimenti del quadro relativo all'assetto idrogeologico che caratterizza il territorio di Galatina e le relative strategie di gestione, concorrenti alla definizione del quadro conoscitivo per la difesa del suolo e per la tutela dell'incolumità in rapporto ai rischi collegati.

Tutta questa premessa a dimostrazione della complessità del lavoro che si dovrà svolgere e del fatto che la previsione e prevenzione del rischio idraulico che si dovrà attuare attraverso il Piano di Protezione Civile non si riduce alla semplice installazione di una centralina lungo la Strada Provinciale Noha – Aradeo.

Con riferimento ai tempi di attuazione dell’aggiornamento del Piano di Protezione Civile – Rischio idraulico, si resta in attesa:

  1. dell’atto dirigenziale contenente l’impegno di spesa per l’erogazione del finanziamento, successivo  all’approvazione della D.G.R. di variazione al bilancio vincolato regionale 2021  e pluriennale 2021-2023;
  2. sottoscrizione del Disciplinare con i soggetti beneficiari (come previsto al paragrafo 6.1 dell’Avviso Pubblico approvato con A.D. 276 del 29/06/2020), successivamente all’adozione dell’Atto Dirigenziale di impegno della spesa

così come previsto dalla citata Determinazione del Dirigente Sezione Protezione Civile del 25 febbraio 2021 n.124 (Approvazione graduatoria definitiva).

In seguito ai suddetti adempimenti, verranno avviate le attività progettuali/affidamento dei servizi secondo il cronoprogramma presentato in sede di Avviso Pubblico, per una durata complessiva di 210 giorni.

CRONOPROGRAMMA

Fase

Tempistica(mesi/giorni)

  1. Completamento della progettazione funzionale alle attivazioni delle procedure per l’affidamento dei servizi/forniture

30 giorni

  1. Avvio della procedura per l’affidamento dei servizi/forniture

30 giorni

  1. Assunzione dell’obbligo giuridicamente vincolante per l’affidamento dei servizi/forniture

30 giorni

  1. Avvio concreto delle attività (inizio del servizio/consegna delle forniture)

30 giorni

  1. Completamento delle attività (completamento servizi/forniture)

90 giorni

C’è inoltre, un altro aspetto fondamentale che riguarderà gli interventi sul torrente Asso legato alla sottoscrizione del Contratto di Fiume, che permetterà di pianificare e coordinare tutti gli interventi che riguarderanno il corso d’acqua alla scala di bacino idrografico, evitando dunque interventi spot che non portano ad una reale soluzione delle problematiche. Il Comune di Galatina, al pari di tutti gli altri comuni ricadenti nel bacino del torrente Asso, verrà coinvolto nella programmazione e sarà chiamato a presentare un resoconto delle criticità presenti nel proprio territorio e a partecipare alla individuazione delle possibili soluzioni. In tal senso, c’è stato già un incontro preliminare tra l’assessore Tundo e i responsabili tecnici e amministrativi del Consorzio di Bonifica dell’Arneo per avere delucidazioni sul percorso che si dovrà compiere.

Con riferimento alla progettazione dei recapiti finali Bomba e C.A. Dalla Chiesa, l’affermazione “se non avessimo avuto accesso a questi fondi per la progettazione non avremmo potuto proceder per eliminare il problema di via Sogliano” sta a significare che in assenza di recapiti finali adeguatamente dimensionati rispetto alle portate convogliate dalla rete di fognatura bianca, non solo non sarebbe possibile farvi confluire ulteriori portate di acqua (tra cui quella di via Sogliano), ma si rischierebbe di aggravare la situazione in altre aree per effetto del mancato smaltimento delle acque. Inoltre, ampliando i recapiti finali si mira a ridurre la pericolosità idraulica che attualmente interessa quelle aree, riducendo anche le portate di acqua che naturalmente defluiscono verso nord in direzione del centro abitato.

Con riferimento al recapito finale di via C.A. Dalla Chiesa va evidenziato che l’ampliamento in progetto darà beneficio anche alle aree cittadine servite dalla rete di fognatura bianca che recapita in questa vasca. Infatti, in occasione degli eventi piovosi più critici si è verificato un tale innalzamento del livello dell’acqua nella vasca che ha provocato il ritorno delle acque stesse nella rete fognaria con conseguente allagamento della zona di via Puglia, via Piemonte.

Il problema degli allagamenti dell’area cittadina è legato non solo alla naturale conformazione del territorio che porta le acque ad accumularsi nelle aree più depresse, ma alla crescente impermeabilizzazione delle superfici e ad una rete fognaria che in alcuni casi è inesistente o sottodimensionata rispetto alle portate attuali.

Ogni area della città interessata da queste problematiche ha delle caratteristiche proprie che richiedono degli approcci mirati e conformati alle caratteristiche delle stesse e che saranno frutto di  un’analisi sito-specifica.

Inoltre, considerando il fatto che spesso gli allagamenti sono legati alla rete fognaria, e che il dimensionamento della fognatura bianca richiede dei calcoli delle portate sulla base di piogge che si verificano con tempi di ritorno ben più bassi di quelli utilizzati per calcolare la pericolosità idraulica del PAI, ne deriva che per l’attuazione di questi interventi non si potrà accedere a finanziamenti per la mitigazione del rischio idrogeologico (che fanno riferimento a eventi di pioggia con 200 anni di ritorno), come evidenziato sia dai funzionari dell’Autorità di Bacino che dall’Ufficio Regionale Difesa del Suolo.

Un ultimo aspetto di fondamentale importanza, per quanto apparentemente meno evidente, è l’impegno dell’amministrazione nel garantire la continua e costante manutenzione del torrente Asso da parte dei gestori e dell’intera rete di fognatura bianca (inclusi i recapiti finali).

Dott.ssa Loredana Tundo
Assessorato Comune di Galatina
Lavori Pubblici e Urbanistica

 

C’ è poco  da fare, quando qualcosa la vogliono fare costi quel che costi la fanno. Se poi si tratta di far passarella e ruotare la coda, basta un fischio. Il problema nasce quando qualcosa non la vogliono fare.  Giusto per fare un esempio (solo uno dei tanti in quanto quasi simile) il sindaco Montagna e l’assessore Coccioli li avrò sentiti e letti almeno una decina di volte impegnarsi che presto avrebbero fatto  realizzare la famosa cabina che avrebbe permesso all’ENEL di  allacciare il nuovo contatore che avrebbe dato piena funzionalità al Centro Polivalente di Noha .

“Sarà realizzata entro l’anno”  diceva Coccioli, ma non diceva mai l’ anno a cui si riferiva. E’ così di anni ne son passati un bel po’; è passato il 2012, poi il 2013, poi il 2014 e siamo ormai agli sgoccioli del 2015 ma della cabina nessuna traccia. Son riusciti persino a costringere ll’ENEL a dover staccare, per la loro inadempienza, il contatore di cantiere e quindi lasciare senza luce l’immobile. Ora vanno avanti con un gruppo elettrogeno.

L’ultimo richiesta di avere spiegazioni  alle inadempienze del sindaco e dell’assessore, peraltro del suo stesso partito,  è stata fatta in occasione dell’ultimo Consiglio Comunale dalla consigliera Daniela Sindaco la quale aveva presentato un’interrogazione consiliare chiedendo, in sintesi, il perché dei ritardi. L’assessore Coccioli rispose che “avrebbe indagato”.

Veramente ci stava ben poco da indagare in quanto il tutto è frutto esclusivamente di cattiva volontà nel fare qualcosa, magari determinata anche dal maggior o minor peso specifico che ogni consigliere PD riveste all’interno del proprio partito.

Tutto ciò si ricava anche dalla lunga serie di bugie sempre addotte per giustificare l’inadempienza tra cui è sempre spiccata quella della mancanza di disponibilità liquide perché vedremo ora l’esempio pratico che allorquando vogliono reperire i soldi riescono a farlo benissimo e li trovano.

A dimostrazione di quanto detto ci viene in soccorso la delibera di Giunta Comunale n. 403 del 25 novembre in cui si torna a parlare di Cavallino Bianco e di nuove ed ulteriori spese e guarda caso la principale è più consistente proprio quella per risolvere problemi connessi all’illuminazione.

In essa si legge che “ i lavori del Cinema-Teatro Cavallino Bianco sono stati completati come da verbale in data 23.11.2015. Che l’Amministrazione Comunale ritiene, per un migliore utilizzo della struttura, procedere ad un aumento  di potenza elettrica per garantire un adeguato allestimento degli impianti e luci necessari delle future manifestazioni ed eventi e che per garantire quanto in premessa è necessario procedere allo spostamento del cavo Enel e prolungarlo fino al punto di nuovo allaccio disposto da Enel Spa per attestare la conformità degli impianti e che il costo complessivo dei lavori é pari ad € 13.300,00 IVA compresa” .

Unitamente al cavo elettrico vi sono un’altra serie attività quali forniture e servizi per permettere  “una celere riapertura della struttura fra cui la Scia, necessaria per il rilascio del certificato prevenzione incendi, la pulizia dei locali”. Dalla stessa delibera si ricava poi che “ occorre integrare le somme previste nel Quadro economico di progetto per il collaudo tecnico-amministrativo tra le somme a disposizione dell’Amministrazione Comunale in quanto non sufficienti

Pertanto deliberano  “di autorizzare il RUP all’utilizzo della somma di € 20.000,00 (ventimila euro) del cap. di PEG 515 “Interventi per la valorizzazione del territorio” – bilancio 2015 – Gestione residui affinché possa porre in essere tutti gli atti amministrativi necessari per l’esecuzione dei lavori, servizi e forniture necessarie per una celere riapertura della struttura nel rispetto delle normative di riferimento”.

Ecco dimostrato che quando vogliono fare qualcosa la fanno, il problema, forse, consiste proprio nella volontà di volerla veramente fare, oltre naturalmente alla capacità di chi chiede di poterla ottenere.

fonte: ilsedile.it

 
Di Antonio Mellone (del 03/09/2017 @ 14:29:09, in Fetta di Mellone, linkato 2389 volte)

Non è mai stata mia intenzione di pontificare sulle sorti sempre magnifiche e progressive dell’Italia intera (poveretta). Nelle mie modeste note sfregate sulla carta (viepiù virtuale), mi son limitato a qualche denuncia concernente le cose di casa nostra (e talvolta di Cosa Nostra), che molti finti tonti locali han sempre considerato come la topica filippica a firma del sottoscritto cui non dare seguito alcuno (e dimostrando così quanto superfluo fosse quel “finti”).

Confesso subito che spesso ho dovuto contare fino a cento prima di vergare certe chiose che avrebbero rischiato altrimenti di essere composte soltanto da espressioni indistinguibili da quelle proferite da uno scaricatore di porto infuriato formate da improperi, invettive e 'castime' tra le più triviali (benché il mio idioma aborra certi scurrili frasari).

E’ che non ce la faccio proprio a bendarmi gli occhi, turarmi le orecchie, imbavagliarmi la bocca, incerottarmi le dita e stravaccarmi sopra un divano (che tra l’altro non possiedo: sarebbe del tutto inutile a casa mia), come invece usano fare molti nohani e altrettanti loro compari di merende galatinesi.

Prendiamo, ad esempio, la torre dell’orologio di Noha.

Ebbene, mi son consumato le dita su questa tastiera per certificare l’estremo degrado in cui versa da diversi lustri codesta specie di torre di Pisa - o meglio degli asinelli (in minuscolo) - oltre al mancato rispetto delle più elementari condizioni di sicurezza.

Quel complesso monumentale si regge ancor oggi quasi per quotidiano miracolo, mentre le stanze ubicate al primo piano - la casa comunale del tempo che fu - sembrano essersi trasformate in un ricettacolo degno di una torre colombaia. Vi lascio immaginare il sudiciume, l’aria mefitica, l’olezzo pestilenziale che si sprigiona da codesto novello B.&B. per topi e piccioni stanziali più che viaggiatori, tanto che davvero non si ha più il coraggio di pensare a cosa possa nascondersi sotto il primo corposo strato di guano, altrimenti detto merda.

*

A proposito di effluvi immondi, c’è da ricordare che intorno alla torre civica e all’orologio pubblico nohani sono state condotte intere campagne elettorali.

C’è infatti chi vi ha costruito la sua fortuna pOLITICA locale (e quindi specularmente la nostra sfiga), grazie al cielo durata giusto il tempo (pur sempre lungo) che i cittadini aprissero un pochino gli occhi e - visti certi discorsi altamente cul-turali sparati a palla (anzi a palle) dal palco dei comizi - anche le orecchie.

Io non vedevo l’ora che certi personaggi in cerca di elettore se ne ritornassero finalmente a casa loro, anzi in villa. E, per fortuna, visti i risultati, ero in buona compagnia.

*

Sapete bene che l’archivio non perdona.

In questo momento ho per le mani un dépliant (o depilant) molto interessante. Si tratta del volantino di propaganda elettorale per le amministrative del maggio 2006 dell’ex-PDS (Promesse Da Sailor), ex-DS (Deludere Sempre), e finalmente PD (Programmi Disattesi). Sì, insomma, è sempre il solito partito, con l’aggravante che ultimamente, oltre a essere fintamente spaccato, è pure renziano e trova indigesta la Costituzione.

Insomma, voi non ci crederete, ma tra le svariate cazzate riportate in codesto orripilant - tipo la creazione a Noha di una “zona artigianale” [cioè un enorme cimitero da costruire proprio di fronte al cimitero, ndr.], il “rifacimento totale dell’attuale Monumento ai Caduti sostituendolo con una stele in pietra leccese e includendo i caduti [sic] delle due guerre” [e magari anche i nomi dei politici delle due/tre successive legislature de-caduti per insufficienza di voti e per sufficienza di prove, ndr.], “sistemare le vore e i canali” [per esempio cementificandone l’imboccatura e rovinando definitivamente una delle vore naturali più importanti del Salento, sicché al prossimo venturo disastro da alluvione dovremmo pure sorbirci un bel po’ di lacrime di coccodrillo dei soliti noti, ndr.] - oltre a tutto questo, dicevo, vi è nientepopodimeno che la Torre dell’Orologio di Noha: “Non è accettabile – scrivono i promittenti marinai – che lo storico orologio della Torre Civica rimanga ancora muto. Necessita [di] un intervento di manutenzione e restauro della facciata per riascoltare i rintocchi e abbellire l’intera piazza” [sissignore, i DS-PD ci avevano messo la mano sul fuoco. E se la sono bruciata pure sulla torre dell’orologio, ndr.].

A ulteriore dimostrazione del fatto che con certi chiari di luna politici a Noha l’ora legale non sarebbe mai scoccata, men che meno da quel cronometro pubblico, nel mese di luglio del 2016 mi perviene una telefonata da parte dell’ufficio Lavori Pubblici (o come cavolo si chiama) del Comune di Galatina.

E qui stramazza l’asino.

Avrò parlato con due esponenti di quell’ufficio [ubicato evidentemente su Marte o su qualche nuvola dalla quale ogni tanto qualche funzionario-dirigente si degna di cadere, ndr.].

Codesti responsabili, di cui davvero non ricordo il nome, mi chiedevano informazioni, guarda un po’, in merito a torre e orologio civico di Noha e soprattutto se avessi un progetto di sistemazione da presentare non ho ben capito se alla Sovrintendenza o ad altro ente pronto a finanziarne il restauro più o meno conservativo. Ovviamente il progetto ce l'avevo. Io.

Questo tanto per dirvi che certi (finalmente ex) delegati locali, al di là delle chiacchiere da discoteca, durante la loro legislatura non avevano trasmesso un bel nulla agli uffici comunali preposti [non avendo evidentemente alcuna documentazione per le mani, e soprattutto alcuna idea per la testa, ndr.], e se l’avessero fatto sarebbero stati così generici, così all’acqua di rose, così poco attendibili, o di così scarso peso politico da esser considerati poco più che delle macchiette sbraitanti e gementi in questa valle di lacrime. Tanto che i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Per farla breve, e con l’aiuto di san Marcello D’Acquarica martire, nel giro di un paio di giorni ho predisposto un elenco per punti [nove punti per la precisione, visto che siamo a Nove, ndr.] delle cose indispensabili da fare su quel bene culturale, corredandolo di fotografie, di planimetria catastale, e anche di alcuni preventivi che m’ero premurato di richiedere a qualche ditta specializzata nel settore dell’automazione elettronica dei campanili. Questo, così, tanto per provare a ridare un pizzico di dignità non alla torre, non all’orologio, non alla piazza, ma ad un paese intero: il mio.

Per la cronaca, ad oltre un anno da quell’invio di documentazione, ancora nessuna buona nuova in merito al suddetto progetto.

*

Io non so come sia la nuova classe dirigente testé insediatasi a Palazzo Orsini: troppo presto per esprimerne un giudizio.

Vabbè, non si può sentire da un Assessore alla Cultura un’idiozia del seguente tenore: “[…] E questo lo si impara non sui libri ma nelle stanze, sulle scale e nei corridoi degli uffici comunali.” [sic]. Spero che non lo pensi realmente, e che codesta uscita assessorile sia frutto soltanto della foga di un neofita politico nel rispondere a caldo a una lettera aperta che oltretutto si commentava da sé.

Ma al di là di questo, mi auguro che i nostri nuovi amministratori non siano come certi loro predecessori, pronti a passare dalla favella all’orbace [questa è sottile, lo so, ndr.] in men che non si dica, e che considerino i nostri beni culturali come una delle priorità della loro azione politica.

Noi altri abbiamo imparato (invero un po’ tardi) la lezione. E ormai, con orologi fermi oppure in movimento, abbiamo capito come non perdere altro tempo per mandarli a cagare.

Antonio Mellone     

  

 

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BOZZA DEL PROGETTO DI SISTEMAZIONE E RESTAURO DELLA TORRE E DELL’OROLOGIO CIVICO DI NOHA (di Antonio Mellone)

Al di là della messa in funzione dell'orologio pubblico di Piazza San Michele a Noha, per il quale possediamo un preventivo, ricapitoliamo qui di seguito, e per punti, i lavori propedeutici necessari per il buon esito del restauro del bene pubblico "Torre civica di Noha".

1) E' necessario innanzitutto il consolidamento e il ripristino di alcune parti già franate della torre campanaria del 1861 (come ad es. la sfera in pietra locale ubicata in cima alla guglia). Si notano altresì delle crepe nei cornicioni in pietra leccese. Esiste cioè il serio rischio che si stacchino dei pezzi interi di materiale lapideo costituente la torre: è richiesto pertanto un intervento urgente per scongiurarne ulteriori lesioni e crolli;

2) Il balcone prospiciente piazza San Michele, con base in pietra leccese necessita di consolidamento (e questo a prescindere dall'estetica: l’intervento è richiesto per la pubblica incolumità);

3) Il solaio pericolante delle due stanze al primo piano di pertinenza del complesso monumentale dovrebbe essere consolidato o, alternativamente, abbattuto e rifatto ex-novo;

4) La creazione di un bagno di servizio non sembra strettamente (o immediatamente) necessaria. Le due stanze potrebbero essere adibite a piccolo museo dove esporre al pubblico l’antica macchina dell’orologio (attualmente depositata presso i locali della scuola media di Noha), insieme ad altri oggetti di sicuro interesse storico;

5) Non si può prescindere da un’attività di pulizia di tutta la casa comunale, del frontespizio della torre e delle parti scolpite in pietra leccese (come ad esempio il corpo dell'aquila, lo stemma gentilizio del mecenate donante, gli archi del campanile).

6) E’ richiesta la sostituzione delle porte e delle finestre del fabbricato, ormai fatiscenti (da riprodurre rispettando possibilmente il disegno originario, e in materiale rigorosamente ligneo, avuto riguardo alla fattura e all’armonia della facciata monumentale del complesso edilizio);

7) E’ necessaria l’installazione di un parafulmine con banderuole segnavento in ferro battuto (magari riutilizzando le originali già esistenti), da issare sulla sommità del campanile;

8) L’illuminazione della torre con nuove tecnologie ("sculture di luce") renderà più decoroso il monumento e tutta la piazza San Michele;

9) I lavori dovrebbero concludersi con la messa in funzione dell'orologio, la pulizia delle campane e l’installazione di martelli percussori (uno per le ore, l’altro per i quarti), da azionare con un nuovo sistema elettromeccanico (con esclusione del suono pomeridiano e notturno).

Per quanto ovvio, e per un discorso più generale sarebbe d'uopo che i finanziamenti fossero richiesti eventualmente anche per la rimozione dell’asfalto presente in tutta la piazza e in via Castello, e la sua sostituzione con un basolato (come era in passato – il cosiddetto Basolato del Barone - e come avviene in molti comuni e frazioni salentine), nonché per l'illuminazione del frontespizio della chiesa madre, della sua cupola monumentale (con luci dal basso) e ovviamente di tutta la piazza, cuore storico del paese.

A.M.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/08/2015 @ 14:28:17, in Necrologi, linkato 2550 volte)

E’ una mattina come tante di questo caldo agosto. Tutto nella norma: il solito sole, il cielo azzurro, e i più svariati rumori della vita di paese, del mio paese e della mia via. Una volta in strada però due manifesti funebri fanno calare un velo di tristezza a questo nostro nuovo giorno. Li noto contemporaneamente, tanto che sono vicini alla nostra casa. Il primo è quello di Mariannina Pepe, un altro caposaldo di Noha, e sul muro della casa dei Nocco, quello di Maria. In un nanosecondo rivedo le scene delle ultime volte in cui ho avuto modo di parlarle, seduta nella stanza che dà su via Cadorna, dietro la porta con le ante aperte a presidiare Noha. Sì perché Maria godeva di questa grandissima specialità che spetta, evidentemente, a pochi fortunati: l’amore per il proprio paese. E ogni volta non perdeva occasione per dirmi che tutte le domeniche sentiva il dovere di tornare e di stare qualche ora nella sua casa paterna. Me lo raccontava con accanto Gigi, suo marito,  che sapeva benissimo di aver sposato, oltre a Maria, anche questo suo “difetto”. A questo punto chiedo a Chiara di avvisare subito le mie sorelle, soprattutto suor Orsolina che era anche la sua amica d’infanzia. Figuriamoci se suor Orsolina non aveva qualcosa da dirle, ecco di seguito le sue parole:

 
Carissima amica e sorella Maria Nocco,

hai voluto andartene in cielo, in punta di piedi come sei vissuta e mi è dispiaciuto tanto di non aver potuto venire a salutarti e darti l'ultimo abbraccio. Un giorno prima che te ne volassi in cielo, ti avevo pensato e mi ero chiesta: “chissà come sta la Maria Nocco?” e stavo pensando di telefonare a Patrizia per avere tue notizie. Poi il giorno dopo, apro Internet e incontro l'inaspettata notizia di mia nipote Chiara, che mi avvisava del tuo trapasso da questa terra per l'Eternità. Non so se devo farti gli auguri perché ce l'hai fatta e hai finito di soffrire, oppure se devo piangere per questo grande distacco e separazione. Intanto, cara Maria, voglio dirti di cuore il mio grazie per il bene che ci siamo volute quando eravamo adolescenti. Insieme, andavamo all'Azione Cattolica alla Domenica,  e avevamo il Gruppo delle beniamine. Insieme abbiamo fatto il Corso di taglio e Cucito a Galatina, quindi tutte le mattine ci incontravamo nella Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo e di là, insieme alle altre compagne, andavamo a piedi dalla via vecchia, alla scuola di taglio e cucito fino a Galatina, e questo durante tre mesi.  

Poi io sono partita per Torino e ci siamo lasciate, seguendo ciascuna la sua strada. 

Grazie Maria, per tutte le volte che ritornando dalla Missione, mi hai accolto a casa tua a Galatone e tu preparavi un pranzo saporito che poi consumavamo insieme a Gigi, tuo marito. 

Ricordo che una volta hai mandato Gigi nella sua campagna per raccogliere l'origano che si mette sulla pizza e me ne ha portato un sacco. Poi io l'ho pulito e l’ho portato con me, in Missione. 

Ogni volta che ritornavo dalla Missione dell'Amazzonia dove ho lavorato per 33 anni, tu mi venivi a prendere a Galatina, dalla casa di mia sorella Maria Assunta e mi portavi con te a casa tua. 

Tu lavoravi ricamando le camicette con le perline e tutte quelle che ti avanzavano le davi a me per portarle in Missione, affinché anche le nostre Indie potessero fare braccialetti e collane per mettersele al collo e alle braccia. Tutte le volte che venivo a casa tua, avevi sempre una piccola offerta da darmi e condividevi volentieri con le Missioni quello che potevi. Grazie per la tua amicizia e per i tanti piccoli gesti di delicatezza e di fraternità. Ti sentivo come una sorella e sono orgogliosa di aver vissuto con te tanti momenti belli della vita. 

Adesso che sei in Cielo, contemplando il volto di Dio, prega per noi, che siamo ancora su questa terra e aiutami a farmi santa. Prega per Gigi, che è rimasto da solo e per tutti i tuoi fratelli e nipoti. 

Prega per la nostra Italia che ha tanto bisogno di Fede. E prega anche per la nostra NOHA che ti ha visto crescere, e dove hai ricevuto la Fede nella tua famiglia e nella Comunità Cristiana la quale oggi prega per te.

Arrivederci in Cielo Maria Nocco, e lassù salutami tua sorella Ada, la Nunna Luce e il tuo caro Papà Angiolino. Arrivederci e grazie per tutto.

Sr. Orsolina D' Acquarica  MC. 

 
Di Redazione (del 20/08/2016 @ 14:26:49, in Comunicato Stampa, linkato 2015 volte)

Il sabato puoi scoprire a tarda sera il fascino dei beni culturali e la bellezza del centro storico in compagnia di guide esperte.

Da Agosto a Settembre 2016 aperture straordinarie e visite guidate dei beni.

Nell’abbraccio di una conchiglia, Galatina nasconde un tesoro: la sua storia. Una storia che, come rugiada, stilla dai blasoni nobiliari, dalle corti schive, dalla fama dei suoi artisti ed eruditi, rinominati in tutto il Bel Paese. Galatina non è solo terra di tarantate e miracoli compiuti a ritmo di sonagli e tamburi battenti. È città operosa di artigiani, un tempo intenti a conciare le pelli e raccogliere bambagia. Oggi, tra un’insegna a neon e una serranda ferrigna, nel gomitolo delle sue strade si incontrano invece le nuove leve del commercio e molte di queste non hanno rinunciato alla filosofia della bottega, rispondendo alla frenesia dei tempi nuovi con la semplicità del vivere lento, più dolce, più profondo.

La Chiesa della Ss. Trinità – luogo aperto in queste serate –, accoglierà i suoi visitatori locali/turisti. Un tempo sede della congregazione della Misericordia o dei Battenti: il nome dei confratelli, in gran parte conciatori, deriva dalla foga con cui si flagellavano. La firma è dell’architetto Giovanni Maria Tarantino: su una semplice facciata, spiccano i nastri cesellati del portale e la statua della Vergine con gli angeli reggi-cortina. Più difficile da scorgere, le figure dei “Battenti” prostrati ai piedi della Vergine: un doveroso risarcimento, dopo tanti (e quali) penitenze. L’interno e la sua storia è tutta da scoprire.

 

20 e 27 AGOSTO 2016 | 20:00 - 23:00

03 e 10 SETTEMBRE 2016 | 20:00 - 23:00

 

Meeting point:

IAT Informazione e Accoglienza Turistica

GALATINA, c/o Torre dell’Orologio - via Vittorio Emanuele II, 35

T. +39 0836 569984 - +39 392 9331521 – E: iat.galatina@gmail.com

Prenotazione obbligatoria

#VisitGalatina

 
Di Antonio Mellone (del 10/03/2024 @ 14:21:21, in NohaBlog, linkato 530 volte)

Non ho mai visto un cartello per cantiere di lavori pubblici più esilarante di quello fissato con quattro robusti chiodi a vite direttamente sul frontespizio lapideo della torre civica di Noha giusto qualche giorno fa: farebbe più ridere di una barzelletta, un film di Totò, o un comizio del nostro Sindaco, se non avesse tutta l’aria di una presa in giro.

Si sa quanto il Big Ben nohano, ormai 163enne, si regga sulle proprie gambe quasi per quotidiano miracolo, mentre le stanze al primo piano del medesimo complesso edilizio non esiterebbero a mandarci all’inferno, o in qualche altro incavo indebito altrettanto tenebroso, se solo possedessero il dono della favella.  

Per venire al dunque, il suddetto avviso riporta alcune informazioni importanti, tipo il committente (vale a dire il Comune di Galatina, bontà sua), i progettisti e i direttori della fabbrica (che in questo caso sembrano coincidere), i responsabili rispettivamente del procedimento e della sicurezza, e soprattutto la durata dell’opera: “150 giorni” [sic], non uno in più, né uno di meno.

Mistero fitto, invece, sull’importo dell’appalto, benché in teoria la spesa dell’operazione sarebbe tutta a carico nostro, e non, chessò io, del solito sponsor privato (tipo il cavaliere eugubino che ci compra e soprattutto ci vende a bordo di un elicottero), mentre segretissima rimane la data della prima pietra che, s’intende, potrebbe essere anche domani stesso, e quindi il momento (o l’era) di fine attività. In pratica allo stato attuale non sappiamo quando potrà partire il contatore di quei famosi 150 giorni: dies certus an et incertus quando, direbbero i latini (Dies incertus an et incertus quando, mi suggerirebbe il mio inguaribile pessimismo cosmico tendente ormai all’eroico).  

E comunque, a ben pensarci, 150 giorni, vale a dire più o meno 5 mesi di lavori per il consolidamento strutturale e il ripristino di alcune parti franate (come per esempio la pietra in cima alla guglia), la sistemazione delle crepe e la riparazione di cornicioni, balcone e decorazioni, il rifacimento ex-novo del solaio pericolante e dei pavimenti delle due sale del vecchio “Municipio” un tempo nel medesimo stabile, la pulizia di tutta la facciata dell’edificio turrito, nonché il restauro delle arcate del campanile, oltre che della grande aquila dalla testa mozzata e dello stemma di famiglia del mecenate del tempo che fu, in uno con l’installazione del parafulmine, per non parlare del rifacimento delle banderuole segnavento in ferro battuto, e dunque della ri-messa in funzione dell’orologio e della ri-sonorizzazione delle due campane (quella delle ore e quella dei quarti) - magari con esclusione notturna e/o pomeridiana per la sacra siesta soprattutto estiva - e infine dell’illuminazione artistica di tutto il monumento in pietra leccese, se non altro per rendere un po’ più decorosa tutta la prospiciente piazza San Michele; dicevo: 150 giorni per tutte codeste incombenze paiono davvero un po’ pochini. E in effetti sarebbero pochi anche se gli operai venissero sottoposti ai lavori forzati, con turni diurni e notturni, giacché frustati a sangue, senza pause, ferie, malattie, e contratto collettivo nazionale di lavoro; ma esigui, quei giorni, pure se intervenissero simultaneamente l’esercito, le stampanti 3D, la meglio tecnologia automatica e l’intelligenza artificiale in persona.

Questo sempre che quel cartello non contempli l’istintiva subliminale locuzione “rronza e camìna”, o non contenga una buona dose di presaperilculismo (elemento imprescindibile di ogni manifesto elettorale); ovvero non funga da consueto specchietto per pollowers rincitrulliti plaudenti a ogni scemenza del loro beniamimo. Che stavolta non è De Maria.   

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 17/08/2018 @ 14:20:14, in Comunicato Stampa, linkato 1360 volte)

Chiese aperte - edizione estiva nasce da un’idea dell’Associazione Archeoclub Terra d’Arneo, sezione di Galatina e Pro Loco Galatina.

Dalle 20:00 alle 24:00 del 19 Agosto prossimo, turisti e non potranno visitare, osservare e conoscere dieci chiese che saranno, in maniera straordinaria, aperte fino a tarda sera.

“Un esperimento mai tentato prima”, dice la Dott.ssa Antonietta Martignano, Presidente dell’Associazione Archeoclub, “Una sfida che trova però il giusto seguito ad un evento che come Associazione abbiamo brillantemente portato a termine qualche mese fa: il 13 maggio, infatti, è stata la Chiesa della Purità ed essere aperta in maniera straordinaria e per tutta la giornata. L’importanza di conoscere il proprio territorio ed i propri beni è una delle colonne portanti della nostra associazione che svolge il suo operato in maniera del tutto gratuita e per amore del territorio.”

Alle sue parole fanno eco quelle dell’Arch. Adriano Margiotta, Pro Loco Galatina, “Chiese Aperte, come tutti gli eventi organizzati dalla Pro Loco, va nella direzione della valorizzazione dei beni materiali e immateriali della nostra Galatina. In particolare Chiese Aperte sarà un’occasione unica per vedere dei gioielli architettonici che rimangono chiusi troppo spesso e sicuramente meriterebbero maggiore visibilità. La collaborazione con Archeoclub ha permesso una sinergia tra le due associazioni che garantirà la buona riuscita dell'evento”.

“La proposta delle due associazioni” aggiunge Nico Mauro, Assessore al Turismo del Comune di Galatina, “ha trovato subito terreno fertile nell'Amministrazione Comunale che si è prodigata, per quanto possibile, a dare il suo contributo nella buona riuscita dell'evento. Ciò che più ci ha colpito è stata la capacità delle due associazioni di fare rete e coinvolgere altre realtà presenti sul territorio. L'iniziativa sposa perfettamente la volontà di valorizzare il patrimonio culturale architettonico monumentale, rende consapevole la comunità della bellezza che custodisce e permette ai turisti di godere in una sola sera di tutto il suo valore.”.

Ai soci Archeoclub e Pro Loco, ciceroni per una sera, si accompagneranno, infatti, intermezzi musicali e teatrali a cura di Elisa Romano, Caterina Luceri, Benedetta Margari e Maria Margherita Manco dell’Associazione di promozione sociale GioRè, le letture della poetessa Carla Casolari e una lezione a cura del Prof. Luigi Rossetti.

In occasione dell’apertura straordinaria, grazie anche alla collaborazione con “La Casa delle Comunità Ospitanti degli Itinerari Francigeni della Puglia Meridionale", alcuni locali galatinesi serviranno il Cibo del pellegrino.

L’iniziativa culturale gode del patrocinio dell’Amministrazione Comunale e rientra nel programma estivo “A cuore scalzo”.

Per ulteriori dettagli ed altre informazioni ci si può rivolgere presso la sede Pro Loco Galatina, via Umberto I, oppure seguire l’evento facebook “Chiese Aperte Galatina”.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 

Cari concittadini, inauguro il decennale della mia rubrica Fette di Mellone con questa ennesima lettera aperta, ben sapendo, dalle precedenti, quanto le sue parole siano scritte sul bagnasciuga.

Non so se sapete che mentre voi altri eravate tappati in casa per via del virus,  - e per ammazzare il tempo qualcuno scriveva “Ce la faremo” (con la variante poetica “C’è la faremo”), o imbrattava lenzuola con l’arcobaleno “Andrà tutto bene”, quando non si metteva a cantare l’Inno balconato -, ecco proprio in quel periodo là c’è chi ce l’ha fatta davvero (sotto il naso), gli è andato tutto bene veramente, e oggi può zufolare l’Inno nazionale alla faccia nostra.

Mi riferisco a una bella società milanese nuova di zecca, tale Byopro Dev 2 srl (che evoca tanto il Bio, peccato per quella y), costituta ad aprile 2019 e pronta a impiantare a nord di Galatina, a un fischio da Collemeto, un altro bel porco (ché “parco” nella lingua mia ha un’altra accezione) di 22 ettari di pannelli fotovoltaici su di un terreno che per la verità sarebbe per costituzione destinato all’agricoltura. No, tranquilli, non è in contrada Cascioni, è un po’ più in là, zona Masseria del Duca: e chi ve la tocca la Pantacomica del centro commerciale su altri 26 ettari di campagna, visto che la pietra tombale su quel diciamo progetto tarda ad arrivare, atteso che a Galatina e dintorni su certi argomenti il concetto di decadenza dei termini si misura con l’elastico.

Per informazioni più dettagliate, e per rimanere in tema, potete rinvenire il pacchetto (pacco, sarebbe lemma più appropriato), a partire dall’11 maggio 2020 sul sito della Provincia di Lecce. Ma mica riuscirete a visualizzarlo con dei semplici click. Nossignore: per aprire tutti gli allegati di questo, come dire, schizzo programmatico di centinaia di pagine dovreste assoldare se non un hacker almeno un perito informatico (quando si dice la trasparenza della pubblica amministrazione). Una volta riusciti nell’ardua impresa vi si aprirà un mondo. Il solito. Quello fatto di tante belle parole, di attenzione all’ambiente, di relazione paesaggistica, di cronoprogramma, di riduzione ai minimi termini delle emissioni di CO2, di benessere agronomico, di immagini simulate che manco le foto del National Geographic, addirittura di tutela di storia e beni culturali, insomma di impatto ambientale che ovviamente per i proponenti (e per chi crede ai quadrupedi da soma volanti) è sostanzialmente pari a zero; ma soprattutto, signore e signori, di Ricadute Occupazionali (poteva mai mancare il prezzemolo delle Ricadute e del sottinteso Sviluppo? No): in sintesi quei documenti contengono la Giornata mondiale dell’Albero, quella della Terra, quella della Custodia del Creato, quella dell’Habitat, e poi ancora, la Giornata mondiale del Suolo, la Giornata della Diversità Biologica, quella dei beni Comuni e infine la Giornata mondiale della Lotta alla Desertificazione, da festeggiare tutte insieme il Primo Maggio.

Mo’ vai a spiegare ai digerenti (che stomaco, eh) del nostro comune che la società richiedente ha un capitale sociale pari a 10.000 euro (non male per un investimento di una ventina e passa di milioni di euro); che è inattiva (“Embè – ti risponderanno in coro –, ormai siamo abituati a trattare con le apparizioni di Fatima, anzi di Galatina.”); che a sua volta la srl è posseduta da un’altra srl, la Byopro srl, con un capitale sociale, guarda un po’, di 10.000 euro, la quale a sua volta è partecipata… vabbè, in Cina le chiamerebbero scatole; che, ehm, impiantare un campo di sterminio su suolo agricolo è qualcosa di leggermente diverso del concetto di Green New Deal; che in Puglia si produce già più del doppio del fabbisogno energetico regionale, e che il fotovoltaico da scampagnata non ha ridotto di un microgrammo le emissioni per esempio della centrale di Cerano, anzi con la storia dei Certificati Verdi le ha probabilmente addirittura aumentate; che il nostro territorio già di per sé fragile ha già dato in termini di consumo di suolo, cioè sterminio dei campi (grazie anche ai politici zombie momentaneamente trapassati); che “scavi e sbancamento del terreno” per 1.198.267,15 euro, iva esclusa (quando si dice la precisione), non sono proprio una passeggiata ecologica in quell’area; che i profitti saranno tutti da una parte (indovinate quale) e le perdite tutte dall’altra (indovinato?); che la previsione di 1.400.813,51 euro per “parziale dismissione e ripristino” (cioè smantellamento dell’impianto, demolizione delle opere, conferimento in discarica, e recupero di quel campo profanato) alla fine della fiera, cioè tra 25/30 anni, dovrebbe far saltare tutti sulla sedia, e far nascere un punto interrogativo grande quanto la stessa piantagione di pannelli, ovvero: “E chi cazzo ci dà la garanzia che tra trent’anni una società con 10.000 euro di capitale sociale, posto che esista ancora, non se la svignerà abbandonando in loco tutto l’ambaradan, onde i cocci (cocci per non ripetere la trivialità di prima), saranno tutti nostri?”.            

Non so voi, ma io ho il fotovoltastomaco.

Antonio Mellone

 
Di Fabrizio Vincenti (del 29/05/2017 @ 14:16:05, in NohaBlog, linkato 4044 volte)

Hai stancato! Sì, caro Antonio Mellone, ora hai proprio stancato Noha, Galatina, Collemeto e Santa Barbara. Taci una volta per tutte, capra, capra, capra! Chi ti credi di essere tu con quella tua penna da strapazzo! Come ti permetti di criticare, di dire sempre la tua, di farti i fatti degli altri? Sai solo scrivere tu, mica sai parlare ai comizi, inventare storie, sparare numeri, narrare leggende! Cosa sai fare tu oltre al tuo lavoro? Pensi che occupandoti della cosa comune, dei fallimenti delle passate amministrazioni, dell’incapacità cognitiva di chi, con profondo senso del dovere e senza pensare ai duemila euro di stipendio, si candida alla carica di sindaco, tu riesca a fare una bella figura?

Hai stancato tu e la tua cultura, la salvaguardia dell’ambiente, il restauro delle opere d’arte, il problema della cementificazione, dell’inquinamento, del chilometro zero, delle autostrade a sei corsie! Basta con questa trozza, con la torre dell’orologio, con le casiceddrhe, con la masseria Colabaldi, col frantoio ipogeo.

Cosa fai tu per Noha, oltre a scrivere? Sei stato tu a sostituire la lampadina al calvario? No di certo. Non capisco, dunque, che cosa scrivi a fare! E basta anche con questo fatto della cabina dell’Enel alla struttura di Noha. Cosa te ne frega a te se a noi i compleanni piace farli al buio? Non sai che così le candeline sulle torte fanno più effetto?

Basta con questa casa rossa, col tuo Dante, con questa storia del “megaporco”! Come ti permetti di dire che noi, gente che spera, non abbiamo fatto niente per questo paese! Dove vivi, caro bancario dei miei stivali? Qui non ci sono inoccupati, come affermi tu; le strade sono perfette, l’illuminazione anche, il turismo va a gonfie vele, la raccolta differenziata funziona benissimo. Non c’è immondizia alla piazzole di sosta, i rondò sono curatissimi, abbiamo l’agenda piena di attività culturali. Hai organizzato tu gli anni scorsi la notte della taranta? E poi, visto che stavo per dimenticarmene, quanto dichiari tu all’anno? Fai un confronto se hai il coraggio! E tu vieni a dire a noi, che dichiariamo duemila euro, che non si fanno così le cose? Con quale faccia ci vieni a dire che bisogna recuperare l’evasione fiscale perpetrata nel nostro comune? Comincia a dichiarare il giusto intanto! Ma in banca le fatture le fai, le paghi le tasse, tu, il moralista dei giorni nostri?

Tu che parli, sai come si fa a far fallire un Comune? Sai come si fa a spendere un milione e seicentomila euro per qualcosa che non si può utilizzare? Sai come si sostituiscono le lampadine al calvario? Sai come si mantiene efficiente un parco cittadino? Sei stato tu a mettere ventinove cestini in un parco di trenta metri quadrati? E che cavolo, basta lamentarti, e inizia a scrivere come mangi! E cosa te ne frega a te chi siamo e cosa faremo una volta eletti? Tu devi solo mettere una croce sul nome, e nient’altro.

E ancora: sai dove te la devi mettere la tua grammatica? Io scrivo come voglio, dico quel che voglio, penso quel che voglio! E dopo tutte queste “e”, punti interrogativi, virgole e punti esclamativi, cosa pensi di farmi?

Io sono io, e me ne vanto!

Lettera da uno che non è mai diventato sindaco.

(Fabrizio Vincenti)

 
Di Antonio Mellone (del 10/08/2013 @ 14:06:28, in Fetta di Mellone, linkato 2993 volte)

C’è una parola sconosciuta ai più, ma soprattutto ai politici. Questa parola è parresìa. La parresìa è il coraggio della verità di colui il quale parla assumendosi il rischio anche di un’eventuale reazione negativa da parte dell’interlocutore.

Purtroppo sembra che la verità debba essere tenuta ben nascosta ai cittadini. Non bisogna raccontarla, neanche per sbaglio. Così continuano a prenderci in giro, ad ingannarci come se il futuro possa costruirsi sull’inganno. Manca il coraggio della verità, sia al vertice e sia alla base della nostra comunità.  E questo è ormai assodato.

Io, però, non me ne capacito ancora. Non riesco proprio a capire come sia stato possibile che consigliera, sindaco ed ineffabile assessora, nel corso del convegno di presentazione del “Nuovo Centro Aperto Polivalente per Minori”, siano riusciti a dire tante cose senza dir nulla (e senza sganasciarsi dalle risate), e soprattutto ad essere applauditi dalla platea.

Mi chiedo davvero come si possa avere la faccia tosta di dire sempre (ed anche in maniera prolissa: cfr. i video su questo sito) che tutto va ben madamalamarchesa.
Ma cosa costa ai suddetti sindaco, consigliera delegata, e assessora presenzialista proferire per una sola volta, dico una, la verità così com’è, nuda e cruda, senza la pantomima del trionfalismo cui non crede (o non dovrebbe credere) più nessuno?

Quanto sarebbe stato meglio se, provando a guardare in faccia alla realtà, i nostri rappresentanti comunali avessero detto papale papale quanto segue:
Cari concittadini di Noha, stiamo inaugurando una bellissima struttura per la quale è stata fatta una grandissima cazzata. E’ inutile che vi diciamo (perché certamente lo sapete già, se avete avuto modo di consultare Noha.it) che l’allaccio elettrico che ci permette in questo momento per esempio di usare questi microfoni non è quello definitivo, ma quello provvisorio. Purtroppo si tratta di una provvisorietà che durerà un bel po’, eh, eh, eh [risata con ammiccamento, ndr].

Non sappiamo a chi imputare la colpa di tutto questo. Anzi, a dirla tutta, lo sappiamo benissimo, ma dobbiamo far finta di non sapere. Dobbiamo far finta che tutto fili a gonfie vele, e a noi [soprattutto dal punto di vista politico – con la p minuscola ovviamente, ndr] conviene continuare nell’arte nella quale siamo dei maestri insuperabili: lo scaricabarili.  

Cari Nohani, mettetevi l’anima in pace: questo problema dei 50 kwh non si risolverà né oggi né mai. Dobbiamo, anzi dovete arrangiarvi, nonostante 1.300.000 euro di soldi pubblici spesi senza troppi problemi (infatti mica erano i nostri).

Detto questo vorremmo aggiungere una preghiera: per favore, ora non venite a romperci con questa storia della cabina elettrica. Nelle casse comunali non c’è il becco di un quattrino. Quindi, amici di Noha e dintorni, non veniteci a fracassare timpani e scatole, ché noi non sapremmo manco da dove iniziare. Tenetevi dunque ‘sta benedetta scuola così com’è, senza ascensore, senza impianto fotovoltaico funzionante, senza aria condizionata (che come ben sapete fa male alla cervicale). Vi basti per ora la nostra aria fritta: tanto ci siete abituati. Soffrite in silenzio, come avete saputo fare fino ad oggi e come, di questo passo, continuerete a fare nei futuri secoli dei secoli, amen.

Ci dispiace per questi poveri ragazzi della cooperativa aggiudicataria [ai quali va tutta la nostra solidarietà, ndr] che dovranno arrabattarsi tra mille difficoltà: noi abbiamo fatto quel che potevamo, cioè vendergli questa struttura come se fosse l’oro del mondo. Poveretti, ci sono cascati e se la sono bevuta. Ed ora saranno cavoli loro, mica nostri.

Farà caldo negli ambienti? Farà freddo nelle aule? Non funzionerà l’ascensore in questa scuola? Pazienza, fatevene una ragione tutti quanti, cittadini, utenti, e soprattutto gestori di questa bellissima “Ferrari” - come l’ha definita qualcuno - ma senza possibilità di far funzionare il motore in quanto hanno scordato di fare al serbatoio il buco in cui introdurre la pompa della benzina.

Suvvia, non fate quella faccia e cogliete il lato positivo della cosa. Qui i ragazzi potranno sviluppare una mentalità nuova per affrontare le emergenze o gli imprevisti, qui impareranno il coordinamento motorio e soprattutto tecniche e capacità di adattamento: insomma questa sarà una vera e propria scuola di sopravvivenza. Che altro volete da noi? Una puccia con le olive?   
Grazie per l’attenzione”.
Ecco, se ci fosse stato un discorso sulla falsariga di questo, probabilmente i cittadini di Noha avrebbero pure ingoiato il rospo (non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo), ma di fronte alla sfacciataggine di questi personaggi e all’ostentazione di un ottimismo fuori luogo e fuori tempo massimo, ti vien proprio voglia di far aprire un bel fascicolo di indagini al Giudice preposto (abbiamo ormai materiale a sufficienza da inviare al magistrato) in modo tale che si accerti una volta per tutte la verità, e soprattutto si individui il responsabile di questo scandalo, chiedendogliene in qualche modo conto.

Ecco perché quel contatore continuerà a campeggiare sulla home page di questo sito misurando il tempo, in mesi, anni, e forse anche in ere geologiche.

Se noi non interveniamo in qualche modo quel contatore non la smetterà mai di segnare il tempo.

Non so se tra qualche secolo qualche scienziato studierà l’epoca attuale, la nostra civiltà, il nostro modo di pensare e di agire come cittadini. In caso positivo gli studiosi che potrebbero occuparsene sarebbero pur sempre gli archeologi. Ma con l’imprescindibile ausilio degli psichiatri.

P.S.
Purtroppo tutto questo è il risultato, oltre a tutto il resto, anche del pragmatismo di maniera del Pd (pragmatico devoto) di turno.
E a proposito di pragmatismo proprio in questi giorni vado a leggere da qualche parte, tra le altre, anche questa frase: “… anche i sacerdoti hanno bisogno di andare contro la corrente dell’efficientismo e del pragmatismo”.

Uno pensa che queste parole siano state scritte plagiando quello scomunicato del sottoscritto. Invece sono state proferite, e con enfasi, guarda un po’, proprio da papa Francesco in persona, nel corso della GMG che ha avuto luogo giorni fa in Brasile.

Vuoi vedere che prima di essere un osservatore nohano e dunque un osservato speciale lo scrivente è (sempre stato) un cattolico osservante?
Roba da Pd (pragmatiche delusioni).

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 27/05/2009 @ 14:03:55, in I Dialoghi di Noha, linkato 4308 volte)


 

La macchina dell’orologio risale al 1911, costruita dalla Premiata Fabbrica Orologiai di Fontana Cesare di Milano, come potrete vedere dalla targhetta originale fissata sul telaio che la sostiene.

 2° Era collocata dietro il quadrante, sulla torre. Dal 1911 fino agli anni’80 ha fatto funzionare l’orologio, in piazza S.Michele, ricordando a tutti i Nohani l’ora, con il battito delle campane ogni quarto d’ora (1 battito), mezz’ora 2, tre quarti tre e le ore con il relativo numero.
Oggi dietro il quadrante dell’orologio c’è un congegno elettronico moderno, attualmente            guasto, che, speriamo, venga al più presto riparato.

3° Nella terza slide vediamo la macchina al momento del suo recupero dal magazzino in cui era stata archiviata, ancora sporca di polvere e grasso secco e indurito. A destra in basso,  la vediamo dopo il restauro eseguito con pulizia e vernice trasparente, lavoro eseguito con l’aiuto di G.P. Serafini.
Questo recupero è avvenuto grazie anche all’aiuto della nostra Daniela Sindaco che si è prodigata insieme a me, grazie al sindaco, Sandra Antonica, che ci ha concesso il trasferimento nella nostra Noha, ed infine grazie alla preside, prof. Silvana Ferente, che ci ha offerto la disponibilità del luogo in cui ospitarla e renderla utile a voi dal punto di vista didattico.

4° Nella quarta slide notiamo la data della costruzione della torre, 1861, mentre la nostra macchina, come si è visto prima,  è del 1911. E’ probabile che fra il 1861 ed il 1911 vi fosse una macchina della prima versione di orologi da torre, come questo modello, che ho fotografato nella scuola degli orologiai di Torino, è evidente la tecnica più semplice sia nell’uso di chiodi invece che dadi e bulloni per l’assemblaggio delle parti, sia nel modo di costruire gli ingranaggi, sia nelle dimensioni.

5° Come potete vedere da questa immagine, intorno alla nostra macchina si susseguono 4 parole chiave, fondamentali, tutte della stesa importanza e che commentiamo insieme:

PROTAGONISTA
-il termine protagonista deriva dal greco ed è una parola composta, vuol dire semplicemente due cose: pròtos (primo) e agonistes (lottatore, combattente). Essendo voi la generazione futura,
siete i protagonisti di Noha, i combattenti per Noha.  Oggi lo siete in forma meno responsabile, in proporzione con il vostro impegno di ragazzi, ma presto lo sarete in prima posizione, quando salirete sul podio del mondo degli adulti. Allora da lottatori (protagonisti) per Noha vi prenderete cura della sua immagine. Ovviamente nel frattempo dovrete imparare a conoscerla, perché se non sapete che cosa è Noha, di che si tratta, non potrete rispettarla e soprattutto amarla.

IMMAGINE
Quando incontriamo una persona che non conosciamo, la prima cosa che notiamo e che ci colpisce cos’è? E’ la sua immagine, il suo aspetto esteriore, se è curato o trascurato.
Quindi la prima cosa che ci colpisce, dicevo, è l’immagine. La stessa cosa vale per una classe, per una famiglia, per una comunità e per una città.
Così come è capitato per la macchina che ha cambiato aspetto ed è diventata interessante per tutti dopo il restauro.
L’ immagine di Noha è ciò che pensano le persone quando ne parlano. Se ha una bella immagine non possono che dire che è una bella cittadina. Per dare a Noha una bella immagine, bisogna mantenerla ordinata, pulita ma soprattutto deve avere l’abito della festa ben stirato e lucido.
Cos’è l’abito della festa di una cittadina? E’ il centro, la piazza, i monumenti, come per esempio la torre medievale, la torre dell’orologio. Lo sapete che in quasi tutti i paesi del Salento ci sono castelli, frantoi jpogei, torri medievali, ma nessuno ha beni come le nostre  casiceddhre e la casa rossa?

IDENTITA’
Quando siamo chiamati per una iscrizione ad un esame, oppure ad un concorso, o in altre circostanze simili, dopo il nome ed il cognome cosa ci viene chiesto? La data di nascita ed il luogo di origine. Vedete quindi  che importanza assume il paese di origine? (Quello è di Roma…?! E quell’altro è di Milano…! Quello è di Noha,…!) Addirittura importante quanto il nostro cognome e nome. Ecco perché è importante che ci preoccupiamo della nostra identità.
Per il fatto che è parte integrante del nostro stesso futuro.

BENE CULTURALE
Un bene lo è perché lo dice la parola stessa: “bene, in economia è qualcosa che soddisfa un bisogno”. Rappresenta la cultura a cui voler bene.
Culturale lo è perché esprime, oltre alla storia della sua presenza nelle vicende del paese, anche concetti di tecnologia, E’ un esempio visivo di come è disegnato un ingranaggio, del rapporto di Pesi, forze, geometrie e metodi di montaggio. Un tesoro di tecnologia storica.

Possiamo concludere ricordando:
che essendo noi i protagonisti di Noha, dobbiamo curarne i beni culturali, per avere una buona immagine e difendere la propria identità.

Marcello D’Acquarica

 

“Ci aspetta una grande sfida: far rivivere il nostro teatro, il “Cavallino Bianco” – sono le parole del Sindaco Marcello Amante - Come amministratori, abbiamo e sentiamo una grande responsabilità, ovvero quella di restituire il teatro alla Città in una prospettiva di piena ed effettiva valorizzazione, da attuare con il coinvolgimento di tutti i portatori di interessi, pubblici e privati”.

Le decisioni in merito alla gestione del teatro e al suo futuro hanno coinvolto ogni singolo assessorato, in una forma di sinergia tale da garantire la scelta migliore per la Città, primi tra tutti l’Assessorato ai Lavori Pubblici e quello alla Cultura, attenti a valutare tempi, modi e possibilità di sviluppo del teatro e della Città intera. “Immaginiamo un modello di gestione virtuoso – così l’Assessore Cristina Dettù - ispirato ai criteri di reale efficacia ed efficienza in grado di innescare lo sviluppo di attività economiche per la creatività, la cultura, l’interazione e l’integrazione sociale. Immaginiamo una gestione dai 0 ai 99 anni e più, un teatro del territorio e della comunità che sappia dialogare con scuole, polo bibliomuseale, associazioni, piazze, privati e chiunque voglia entrare a far parte di questo tessuto. A tal proposito occorre avviare un processo partecipativo rivolto a tutti i cittadini e gli stakeholder da coinvolgere attivamente nella redazione del piano di gestione del Teatro comunale”.

Il processo partecipativo coinvolgerà istituzioni, amministrazioni, imprese, cittadini, scuole, associazioni, artigiani, si svilupperà nell’arco di due mesi circa e consentirà, alla fine, di avere linee guida dettagliate in merito alla tipologia di gestione da attuare. L’Amministrazione Comunale ha accolto la proposta di “Mecenate 90”, associazione culturale di livello nazionale che promuove la collaborazione tra soggetti pubblici, privati e privato sociale per la valorizzazione e gestione dei beni culturali e fornisce assistenza tecnica alle istituzioni pubbliche nell’ambito delle politiche di sviluppo strategico a base culturale. Tra i progetti realizzati, l’associazione si è occupata del Programma Italia 2019 con le città candidate a Capitale Europea della Cultura 2019.

Mecenate 90 ha presentato un progetto articolato in una prima fase, che prevede la realizzazione di un percorso partecipativo volto ad individuare, attraverso il coinvolgimento delle Istituzioni, delle Scuole, delle Associazioni, delle imprese culturali e degli stakeholder del sistema culturale, produttivo e commerciale, lo scenario di riferimento, i fabbisogni e le principali linee di indirizzo per la riapertura e la gestione del Teatro comunale. Il processo si concluderà con un meeting conclusivo dello scenario rilevato, con l’analisi dei contenuti emersi e la formulazione delle linee principali di indirizzo rispetto alla riapertura del Teatro.

Tale percorso partecipativo si configura come atto prodromico alla definizione di una più ampia strategia di valorizzazione del Teatro comunale condivisa da tutti gli attori, fondata su un logica di rete ed in grado di far emergere le specifiche competenze di ciascun operatore coinvolto, necessarie al raggiungimento dell’obiettivo di una migliore ed efficace valorizzazione del bene.

Non ci resta che iniziare questo nuovo percorso. Insieme.

Ufficio stampa Marcello Amante
sindaco di Galatina

 

"Il nostro Governo dimostra con i fatti che l'attenzione per i territori ed il sostegno ai sindaci, sono assolute priorità'. Attiviamo un fondo da 400 milioni di euro complessivi, circa 6 MILIONI DI EURO a disposizione dei comuni sotto i 20.000 abitanti della Provincia di Lecce, per finanziare piccole opere in settori vitali come l'edilizia pubblica, la manutenzione e la sicurezza del territorio, la manutenzione della rete viaria, la prevenzione del rischio sismico e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In particolare introduciamo, in Legge di Bilancio, un contributo di 40 mila euro per i comuni fino a 2 mila abitanti, di 50 mila euro per quelli fino a 5 mila abitanti, di 70 mila euro per i comuni fino a 10 mila abitanti e di 100 mila euro per quelli fino a 20 mila abitanti. Con il contributo andiamo a coprire il 100% dell'importo delle opere". Lo dichiara in una nota il portavoce alla Camera dei Deputati del MoVimento 5 Stelle, membro della Commissione Bilancio, Leonardo Donno.
"Questi maggiori investimenti locali si vanno ad aggiungere ad 1 miliardo di euro di maggiori fondi, derivanti dallo sblocco degli avanzi di amministrazione per i comuni virtuosi. Diamo ossigeno agli enti territoriali massacrati fino ad oggi dal Patto di Stabilita' interno e dal principio del Pareggio di Bilancio. ", conclude.

 

 

LEONARDO DONNO M5S

 

 
Di Antonio Mellone (del 05/08/2017 @ 14:00:33, in Fetta di Mellone, linkato 1794 volte)

Qualcuno m’ha chiesto quando avrei intenzione di smetterla con questa rubrica di fette di Mellone.

Come soglio (voce del verbo), gli ho risposto impulsivamente e in maniera lapidaria: “Quandu rriva la fica lu malone ve e se mpica”.

Premesso che il dolcissimo frutto della pianta xerofila della famiglia delle Moraceae in salentino si declina al femminile e che mi deprimono alquanto i perbenisti falsi come una Louis Vuitton acquistata in un sottopassaggio ferroviario, non vorrei ora aprire un dibattito sul concetto subliminale del testé citato aforisma composto dai due succosi termini dal poliedrico significato. Sì, perché qui ci sarebbe insomma da soffermarsi su ogni sintagma del periodo, e magari inoltrarsi (e perdersi) nei boschi narrativi disposti sui suoi diversi piani di lettura.

Tutto questo panegirico per dire che codesta fetta di Mellone non può essere dolce (o edulcorata o sdolcinata) come le altre che parlavano di spiagge, di trombature (appunto) post-elettorali e dunque d’Amore, bensì aspro come il limone e amaro come certi peperoncini calabresi di mia conoscenza. Perché? – vi starete presumibilmente chiedendo.

Ma perché a rovinarmi l’estate (e dunque la verve da sviolinata estiva da leggere sotto l’ombrellone sorseggiando un cocktail alcolico ma anche anal-) è apparso l’altro giorno un diciamo articolo vergato dal diciamo giornalista sul diciamo quotidiano di Lecce, avente ad oggetto (capirai che novità) il Mega-porco commerciale Pantacom da colare su di una ventina di ettari concentrati nel bel mezzo della campagna di Collemeto.

Ero al bar, e nel leggere ‘sto pezzo, il caffè (decaffeinato - se no non dormo) mi è andato di traverso, la schiena mi si è bloccata in erezione, la bocca è rimasta semiaperta per via del crampo mandibolare che mi prende davanti alle coglionate, e così per un tempo indeterminato son rimasto immobile [avrebbero potuto affittarmi, ndr.] a riflettere sulle magnifiche sorti e progressive di Galatina e dintorni.

E niente. Uno pensava che codesto Merda-parco commerciale fosse la classica ideona oggetto ormai di appassionati studi di archeologia, ove non di psichiatria econometrica e sociale, e invece no: c’è infatti ancora chi ne scrive con un afflato, anzi un empito mistico che denuncia, come dire, una sorta di asservimento di alcune classi giornalistiche e diciamo intellettuali alla greppia dei poteri (apparentemente) forti che dovrebbero invece controllare.

Sentite il prologo del cosiddetto articolo apparso venerdì scorso su quella specie di morbido rotolo a più veli, anzi veline: “La vittoria del Polo Civico a Palazzo Orsini rimette in discussione il progetto della Pantacom srl volto alla realizzazione di un megaparco commerciale in località ‘Cascioni’ a Collemeto”.

E qui non si capisce se una nuova discussione sul Megaparco ci sia stata o meno da parte dei Vincitori Civici. Chissà se ne han parlato in giunta (magari a porte chiuse). O in consiglio comunale non ancora insediato. Oppure negli antri di qualche recondito frantoio ipogeo, lontano da occhi e orecchie indiscrete dove sarebbe stato “rimesso in discussione” ‘sto benedetto progetto. Mistero delle prede.

Ma il problema non sta tanto in questa fantomatica (o pantacomica) discussione, quanto nel fatto che un dirigente del nostro comune, tal Antonio Orefice, ha partecipato alla conferenza dei servizi (evidentemente nel senso di un servizio tanto così a noi altri) finalizzata a quanto pare a modificare, ovviamente tutto al ribasso (Ovviamente. Tutto. Al. Ribasso.), la famosa Convenzione (meglio nota come Circonvenzione d’incapace) siglata tra il comune e la Pantacom srl [che, ricordo, è la società della famiglia Perrone – quella del per fortuna ormai ex-sindaco di Lecce – “impresa” tuttora inattiva, con una struttura economico/patrimoniale/finanziaria e commerciale così tenera che si taglia con un grissino: insomma, una società a responsabilità limitatissima ovvero a irresponsabilità illimitata, entità più astratta che reale con un peso specifico pari a quello del polistirolo, il cui sogno nel cassetto con molte probabilità sarà quello di rifilare il pacchetto o meglio il pacco ai soliti cinesi. E addio sogni di gloria di qualche buontempone che s’aspetta un posto al parco calato, anzi colato dall’alto, ndr].

Orbene, questo Orefice, che visto il cognome dovrebbe essere il nostro Re Mida (in grado di trasformare in oro anche ciò che non luccica), si è rivelato d’emblée nel suo esatto contrario (vale a dire un Re Merda) grazie alla partecipazione alla suddetta conferenza dei servizi nel corso della quale, in nome del sovrano popolo comunale (spero abbia specificato “ad eccezione di Antonio Mellone”) ha accettato la “cancellazione di uno spazio verde all’interno della struttura commerciale […]. Provvedimento opportuno [se lo dice lui, sarà certamente opportuno, ndr.] in quanto nella zona in questione non è consentita la piantumazione di alberi ma solo cespugli di piccola altezza”.

Ma tu guarda: stravolgono le convenzioni, ammazzano il superstite buon senso, prendono per il culo le persone che è una bellezza e nessuno che osi emettere un suono (finanche gutturale), un mugugno, un “machecazzostatefacendo”. Niente.

 *

Eppure nella delibera regionale a proposito del Mega-parco Pantacom non sembrava nemmeno che stessero per costruire un centro commerciale, ma un bosco, una selva, un vivaio con tanti alberi e verde che al confronto il Parco Nazionale d’Abruzzo e l’Amazzonia messi assieme ci farebbero un baffo [roba da provocar danni indelebili ai polmoni per iperossiemia, ndr.].

E ora, come se nulla fosse, arriva un orefice qualsiasi a dirci che nell’area non è consentita la piantumazione di alberi (nemmeno di “fica”), ma solo qualche cespuglio (magari di Aloe Vera). Prima ci riempiono la testa (sempre nel decretino regionale) di “conservazione dei caratteri identitari e delle sistemazioni agrarie tradizionali”, di “corretto inserimento paesaggistico”, di “viali alberati” [forse avevano in mente quelli dei cimiteri, la famosa ombra dei cipressi visti i sepolcri di cui stiamo discettando, ndr.], di “ampi spazi di verde” [si saranno resi conto di aver esagerato con questo “ampi”, ndr.], di “percezione del profitto [sic] degli orizzonti” [volevano dire “profilo”, scusateli: è più forte di loro, ndr.], di “isole ecologiche” [e giacché anche qualche penisola, ndr.], di “qualificazione ecologica dell’area” [immaginate un po’ cosa sarebbe la squalificazione dell’area, ndr.], di “piantumazione di essenze arboree autoctone a basso consumo idrico” [non avevamo capito noi: volevano dire “assenze arboree”, ndr.], di “sistemi di raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche” [i classici prodotti del meteorismo, ndr.], di “notevole abbattimento della CO2” [invece hanno abbattuto gli alberi ancor prima di piantarveli, ndr.], e ora tomo tomo cacchio cacchio ci vengono a dire che avevano scherzato.

Insomma, signore e signori, mettiamoci l’anima in pace: avremo d’ora in poi un Parco senza alberi. Mo’ vaglielo a dire tu al Devoto-Oli o allo Zingarelli o al Treccani di cambiare la descrizione del vocabolo “Parco”.

Ma leggete quest’ultima chicca uscita sempre dalla diciamo penna del diciamo cronista quotidiano: “La convenzione approvata nei mesi passati dall’amministrazione comunale uscente punta innanzitutto alla salvaguardia della rete commerciale della città, nonché ad uno sviluppo del tessuto socio-economico della frazione di Collemeto”.

Sì, come no. D’altronde lo sanno tutti ormai che il sole bagna, l’acqua asciuga, la neve scalda, il fuoco raffredda, a Roma non esiste la mafia, e il Mega-porco creerà una caterva posti di lavoro.

Ritornando come dire alla tridimensionalità, mi pare che di questo passo l’unica “fica” in arrivo sarà quella risultante dall’unione di due sillabe contenute più o meno al centro, precisamente centro-destra, della parola Cementificazione.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 22/08/2017 @ 14:00:17, in NoiAmbiente, linkato 2140 volte)

NOI NON PULIAMO! MANIFESTIAMO CONTRO LA SCORZA ATAVICA DI CHI AMA LA MORTE E NON LA VITA.


Dal punto di vista organizzativo, possiamo dire molto bene. Abbiamo avuto la collaborazione diretta dell’Assessore all’Ambiente e ai beni Culturali, Avv. Cristina Dettù, la presenza dei Vigili Urbani e l’intervento molto efficace degli operatori di Monteco che hanno portato via quasi subito, tutti i rifiuti raccolti  nelle aree ai margini delle  due vie interessate dalla manifestazione.

Abbiamo avuto il piacere di avere con noi anche alcuni cittadini di Galatina che hanno apprezzato molto l’iniziativa.

E’ invece veramente sconvolgente la realtà trovata in mezzo a tutto quel nerume residuo dell’incendio, dove svolazzano tutt’ora fibre di materiali tossici risultanti dalla combustione che finiscono nei nostri polmoni e sicuramente non fanno bene.

E’ sconvolgente che gli abitanti di quella zona (quelli che hanno manifestato il loro pensiero con parole e omissioni), siano convinti di aver fatto bene a bruciare e che fosse più pericoloso avere intorno a casa delle sterpaglie secche, che tanto non sarebbero mai diventate una foresta impenetrabile, vista la siccità prolungata di sette mesi, 
piuttosto che diossina in aria e in terra per secoli e seculorum. Amen.

E’ sconvolgente trovare in mezzo alle sterpaglie buste di immondizia domestica senza la minima attenzione di nasconderne la paternità, sfalci da attività di giardinaggio, vasi rotti, televisori, copertoni, centinaia di bottiglie di vetro, scarpe, borse colme di rifiuti, ecc.

E’ sconvolgente sentirsi dire da qualcuno di questi personaggi scampati alla peste nera, che la colpa è sempre degli altri: dell’Amministrazione Comunale, dei tecnici, dei proprietari dei fondi, e mai di chi butta con non curanza rifiuti ovunque e per giunta li brucia pure.

E’ sconvolgente che nessuno, o quasi, fra tutti gli abitanti che si sono affacciati sull’uscio di casa, abbia avuto il buon gusto di avvicinarsi, non dico per pulire insieme a noi, ma perlomeno a interessarsi su cosa stessimo facendo. Se non chiederci se ci stavano pagando bene per il lavoro che stavamo facendo. Qui ogni discorso sensato finisce insieme ai rifiuti bruciati. Punto.
Conclusione: buona parte della persone "perbene" residenti in questo paese è convinta che bruciare tutto, "ce' ccappa ccappa", faccia pulizia, serva a igienizzare l'ambiente dalle malattie, tipo scurzoni e zoccole. Insomma esattamente come nel medio evo contro la peste. Si bruciava tutto, anche le persone. 

Che fare? Continueremo a cercare di far capire a tutti, facendogli fare magari la scuola elementare del rispetto di Dio,  che non basta comprare un SUV e  chiudersi in casa lasciando fuori le schifezze buttate nei prati per credere di avere conquistato la dignità di persone civili, ma che è ora di cominciare a cambiare modo di pensare e di fare.

FareAmbiente

Laboratorio di Galatina Noha

 
Di Marcello D'Acquarica (del 08/01/2015 @ 14:00:04, in Presepe Vivente, linkato 2163 volte)

Il Presepe vivente di Noha in questi giorni non lascia tregua. E' tale la gioia per questa festa, tutta nostra, che pare non finisca mai. Tutto questo, grazie naturalmente alle persone che lo hanno realizzato e al sito Noha.it che continua ad immortalarlo nella rete degli internauti vicini e lontani, tutti uniti come in un incantesimo. Ed è proprio qui, su Noha.it, che scopro attraverso le video-interviste di Antonio Mellone una cosa alquanto sorprendente: le risposte della professoressa Daniela Vantaggiato, fra l'altro anche Assessore alla Cultura.

In occasione della presentazione del mio libro "In men che non si dica", a fine dicembre 2012, consegnai personalmente una copia del Catalogo dei beni culturali di Noha alla suddetta gentile professoressa in visita a Noha. Non pago di ciò, tempo fa ho vergato una lettera aperta indirizzata a lei e al Sindaco di Galatina pubblicandola sul sito Noha.it (http://www.noha.it/NOHA/articolo.asp?articolo=868). In questa missiva evidenziavo quanto la Soprintendenza ai beni Culturali avesse richiesto chiarimenti sul “progetto” del Comune di Galatina a proposito dei beni Culturali di Noha (chiarimenti che purtroppo la Soprintendenza non ha mai ottenuto da parte dei nostri amministratori per chi sa quale strampalato motivo).

Ecco, non fosse altro che sulla base di queste prove, mi chiedo come faccia la professoressa e Assessore alla Cultura del Comune di Galatina a venire in visita al Presepe vivente di Noha e addirittura candidamente proferire le seguenti parole: "... diversamente non avrei capito quello che c'era qua intorno da vedere e da visitare...".

La stessa prof. considera (se lo dice lei!) come un "suo grosso limite culturale" il fatto di ignorare la presenza in questo territorio di un bene straordinario come la Casa Rossa. Ora mi chiedo: ma siamo davvero ancora a questi livelli? Come mai un Assessore alla Cultura così attento e così “presente” arriva a formulare queste inaudite asserzioni, nonostante i libri in merito, gli infiniti nostri interventi sul sito di Noha (lettere aperte, denunce, articoli, interrogazioni popolari, raccolta di firme..,), e, non ultimo, le trasmissioni televisive sul tema dei beni culturali nohani?  

Siccome la cosa mi lascia alquanto perplesso, e a tutto c'è una spiegazione sarà possibile avere delle delucidazioni in merito? Speriamo che la stella cometa faccia luce a sufficienza prima di un altro Natale. Sempre a NOHA, ovviamente.

Marcello D'Acquarica

 
Di Albino Campa (del 23/04/2009 @ 13:58:35, in I Dialoghi di Noha, linkato 4398 volte)

Presentazione del libro: “Una vita non basta”
(Mario Congedo Editore, Galatina, 2008)

Noha, sabato 4 aprile 2009

Presso la sala del Circolo Culturale Tre Torri

Buonasera a tutti voi e buonasera al senatore Giorgio De Giuseppe. Benvenuti a questo quarto “dialogo di Noha”.
Il primo fu presso la Scuola Elementare, nello scorso dicembre 2008 nell’occasione della presentazione dell’antico orologio della torre civica di Noha, ripulito e rimesso a nuovo ed in bella mostra dal nostro amico Marcello D’Acquarica; il secondo ha avuto luogo in questa stessa sala ed ha visto quale protagonista il prof. Giuseppe Taurino, presidente del Consiglio Comunale di Galatina, che ci ha raccontato la sua storia umana e politica ed il suo pensiero, rispondendo anche a numerose nostre domande; il terzo dialogo - indegnamente curato dal sottoscritto - ha avuto luogo nello studio d’Arte della pittrice Paola Rizzo, ed ha avuto quale protagonista Dante Alighieri e la sua Comedia, con il V canto dell’Inferno…
Questo quale doveroso riassunto delle puntate precedenti.

Ma cosa sono “I dialoghi di Noha”?
Per chi non lo sapesse ancora, i dialoghi sono dei momenti di incontro, di crescita culturale, e ove possibile di confronto: se non altro tra le nostre idee e quelle del relatore di turno. I dialoghi di Noha non sono qualcosa di preconfezionato, ma una modalità tutta ancora da inventare, e da scoprire vivendo. I dialoghi sono un’idea, un marchio se vogliamo, per esempio per una conferenza, un concerto, la visione di un film in comune, un’opera teatrale, il racconto dei fatti di una volta, la degustazione di un prodotto, un corso di storia o di matematica o di diritto, la declamazione di alcuni versi poetici…
L’unico obiettivo è sempre quello di far dialogare, discutere, pensare.

In una lettera di risposta ad alcune richieste di delucidazioni sui dialoghi nohani inoltratemi da Biagio Mariano, così scrivevo: “… noi siamo alla ricerca di qualcuno che abbia qualcosa da raccontare al fine di edificare meglio la nostra comunità. Se avessimo dei buoni motivi (e se ci credessimo davvero) noi potremmo invitare a Noha (perché no?) finanche un premio Nobel, o un Premio Oscar, ma anche il Presidente della Repubblica o il Papa in persona.”

Ecco questa sera, in mezzo a noi, non c’è il Presidente della Repubblica. Ma quasi!
Non sto dicendo delle corbellerie. Insomma nel 1992 al primo scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica, De Giuseppe ottenne 296 voti (non sufficienti però per la massima magistratura).

*   *   *

Questa sera avremo l’onore di dialogare dunque con il qui presente senatore Giorgio De Giuseppe, che presenterà il suo recente libro: “Una vita non basta”, sottotitolo: “Ricordi politici dell’Italia Repubblicana (1953 – 1994)”, Mario Congedo Editore, Galatina 2008, 424 pagine.

Ma vediamo un po’ chi è Giorgio De Giuseppe.
Classe 1930, magliese purosangue, De Giuseppe è politico e avvocato. E’ stato Provveditore agli studi di Lecce e professore di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università di Lecce (oggi si chiama Università del Salento).
Per sei legislature è stato Senatore, eletto nelle liste della Democrazia Cristiana nel collegio Gallipoli-Galatina (e quindi anche di Noha).
Ha ricoperto svariati compiti negli organismi istituzionali dello Stato come per esempio Presidente del gruppo parlamentare dei senatori della DC, Vicepresidente Vicario  del Senato per tre legislature dal 1983 al 1994.
E’ cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana, onorificenza concessa dal Presidente della Repubblica.
E’ stato insignito di molti altri attestati, lauree ad honorem e benemerenze, ma non ci dilunghiamo oltre nell’elencarli tutti, per lasciare spazio e tempo alla sua parola.

*   *   *

Diciamo subito che abbiamo molte domande da porgli. Io ne ho appuntata qualcuna. Qualcun'altra arriverà strada facendo. Le domande, si sa, sono come le ciliegie: una tira l’altra.
Gli argomenti trattati nel libro sono così ricchi di accadimenti, personaggi, storie, curiosità, pensieri, riflessioni, che non si saprebbe da dove incominciare per prima (magari partiremo dalla fine, come vedremo). Una cosa l’abbiamo capita leggendo questo ponderoso tomo: la storia si studia, non si giudica.
Qui abbiamo a che fare con chi ha vissuto da vicino eventi, visti con un’ottica particolare quella del politico protagonista; eventi che hanno inciso ed hanno influito su ciò che oggi siamo. Nel bene e nel male.

Ci piacerebbe allora che questa sala si trasformasse per un po’ (si parva licet componere magnis) in un aula del Parlamento, diciamo del Senato, in cui si dà corso a quella cosa definita question time: botta e risposta. Magari in maniera lapidaria e granitica da parte di noi altri. E soprattutto evitando il politichese, quello che Ella, caro Senatore, a pag. 73 del suo tomo definisce: “…linguaggio poco chiaro, ambivalente, contorto, che contribuì a disorientare i cittadini e ad attenuare l’interesse da parte loro per la politica”.

*   *   *

E veniamo al libro: “Una vita non basta” ed alle nostre curiosità. Scorrevole, ben scritto, ne ho sottolineato diversi punti. E gli argomenti sono tantissimi. I temi sono incredibilmente interessanti. Vi dicono niente alcuni accadimenti come il terrorismo ed il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro, la strage dell’Italicus o l’omicidio di Ezio Tarantelli; il compromesso storico o il pentapartito; l’attentato al Papa Giovanni Paolo II o la caduta del muro di Berlino; la questione morale o tangentopoli? O personaggi come (cito a casaccio e senza consecutio temporum) Carlo Alberto dalla Chiesa o Oscar Luigi Scalfaro o Gorbaciev o Fanfani e Forlani o i giudici Falcone e Borsellino o Giovanni Leone, Sandro Pertini, Ciriaco De Mita o Giovanni Spadolini o Francesco Cossiga, o Enrico Berlinguer e mille altri, riportati, tra l’altro, nel fitto indice dei nomi riportato nelle ultime pagine, tutti visti da vicino e conosciuti dall’autore che con loro ha avuto in qualche modo commercio di pensieri e parole?

Ma mi fermo qui. E parto senza indugio con una raffica di domande, alcune appuntate su questo foglio.

*   *   *
Ecco alcune delle domande poste al senatore Giorgio De Giuseppe
(le risposte purtroppo non sono state registrate su supporto magnetico, e quindi non stato possibile riportarle).La prima domanda ovviamente non può che partire dalla fine del libro. Ma mi permetta un prologo di geografia più che di storia:

* Noha: che cosa le rievoca questo nome, questo luogo, magari nelle sue battaglie politiche?

* A pag. 371 così scrive Giorgio De Giuseppe: “A Maglie si dice: una buona casa va costruita due volte. Ricostruire, per me, non era più possibile. Si vive una sola volta, anche se una vita non basta a completare l’opera e rimediare agli errori”.
Caro senatore, quali potrebbero essere questi errori, se ci sono stati?

* Cosa ha lasciato in eredità la Democrazia Cristiana? E chi l’ha raccolta questa eredità? Sono anche scomparse realmente le correnti?

* Lei ha fatto di persona, a bordo della sua auto e con l’aiuto di tanti amici le sue campagne elettorali. Ci ha messo del suo, s’è guadagnato i voti. Le piace la nuova legge elettorale, quella, per intenderci, che non ci permette di scegliere il candidato, non c’è il voto di preferenza, sicché il candidato di fatto è scelto dalle segreterie dei partiti?

* Senatore De Giuseppe, che cosa è per lei e come si combatte la mafia?

* Lei propose un massimo di tre mandati onde evitare il professionismo politico. Pensa ancora oggi che quindici, ma anche dieci anni, siano un periodo sufficiente per offrire il proprio contributo al bene comune, in modo tale da lasciare all’elettore la scelta del destino del candidato, scoraggiando, così, tentazioni clientelari? C’è in Italia la cosiddetta gerontocrazia?

* Si chiede Gianluca Virgilio nell’articolo di recensione del suo libro su “il Galatino” (30/01/2009): La logica dei blocchi contrapposti, la guerra fredda, l’inaffidabilità del PCI alle dipendenze dell’Unione Sovietica spiegano tante cose, ma l’immobilismo politico dei partiti di governo, in primis la DC, in che misura deve essere attribuito ai suoi dirigenti?

* E ancora: se la politica estera filo-atlantica della DC ha garantito all’Italia un regime di libertà e la prosperità economica per un quarantennio, quale costo l’Italia ha dovuto pagare per tutto questo?

* Cosa ci dice della Lega Nord?

* Un breve ricordo dell’onorevole beniamino De Maria.

* Cosa intende per secolarizzazione della società? Cosa pensa del motto: libera chiesa in libero stato (laico)?

* Caro senatore, siamo un paese moderno? La democrazia è compiuta? Ritiene che la cosiddetta informazione stia facendo il suo dovere oppure o c’è qualcosa che deliberatamente non ci viene riferito? Mi spiego meglio facendo un esempio: è vero secondo lei che la televisione un tempo insegnava a parlare, oggi invece insegna a tacere?

* Il dramma Aldo Moro.  

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 29/10/2007 @ 13:56:47, in Eventi, linkato 5301 volte)
"Eccovi il discorso di sabato 20 ottobre 2007 tenuto da Antonio Mellone (nonostante decimi di febbre da influenza) nella sala 'Celestino Contaldo' del Palazzo della Cultura "Zeffirino Rizzelli" di Galatina, per la presentazione del libro "Scritti in Onore di Antonio Antonaci". 
Serata stupenda, resa ancor più bella (e storica) grazie alla presenza del Prof. Mons. Antonio Antonaci, che così ha voluto fare una graditissima sorpresa ai presenti, incluso il relatore, che non sperava in tanto onore".

(qui i videoclip della serata con il discorso di  monsignor Antonaci)

 

Presentazione del libro “Scritti in Onore di Antonaci”

Galatina, 20 ottobre 2007

PALAZZO DELLA CULTURA “ZEFFIRINO RIZZELLI”

Sala “Celestino Contaldo”

*   *   *

“Scritti in Onore”.  Da dove è partita tutta questa storia?

L’anno accademico 1990/1991, quello nel quale mi laureai a novembre in Economia Aziendale presso l’Università Bocconi, fu l’anno in cui insieme ad altri studenti, con il superamento di un concorso per titoli ed esami, fui nominato “Tutor”.
Il Tutor è uno studente “senior”, anziano, che indirizza, segue, consiglia le giovani matricole…
Il direttore dell’ISU Bocconi (si chiamava Salvatore Grillo, il dottor Grillo) subito dopo il concorso, chiamò tutti quanti noi tutor, eravamo in tutto una decina, per farci un dono. Regalò ad ognuno di noi un pacco di non meno di quattro chili di peso, contenente due tomi – “sono due libri di grande valore” ci disse.
Questi libri di circa 900 pagine l’uno erano intitolati, sentite un po’, “Scritti in Onore di Luigi Guatri”.
Luigi Guatri era il nostro Rettore, nonché professore di Marketing e di Valutazione delle aziende, e di non so quali altre materie.

Mi rimase impresso quel titolo. Mi sembrava strano.
Sfogliando le pagine di quei poderosi volumi vidi che solo le prime trenta/quaranta pagine (su 1800!) parlavano della persona e dell’opera del Prof. Luigi Guatri. Tutte le altre erano pagine nelle quali diversi professori dell’università o dottori di ricerca o assistenti universitari avevano scritto sugli argomenti più disparati, focalizzandosi soprattutto sul marketing, materia preferita dal Guatri, ma non solo.

Mi accorsi con il tempo che si trattava di saggi (interessantissimi per carità) che poi bene o male si ritrovavano riciclati in altri libri, o in dispense o in riviste dello stesso genere.

Girovagando in biblioteca mi trovai di fronte ad altre raccolte corpose, massicce, come per esempio: “Scritti in Onore di Ugo Caprara”; “Scritti in Onore di Carlo Masini”, “Scritti in Onore di Gualtiero Brugger”, “Scritti in Onore di Giordano dell’Amore”, “Scritti in Onore di Umberto Cerroni”, “Scritti in Onore di Isa Marchini”… E via di seguito.

Oppure “Studi in Onore”, che è la stessa cosa. Oppure “Liber amicorum”…
 
Provate a cercare nelle biblioteche, specialmente nelle biblioteche universitarie, troverete una certa quantità di questi volumi di “Scritti in Onore”, un vero e proprio genere letterario. Se cercate su internet con qualsiasi motore di ricerca troverete un’infinità di titoli di “Scritti in Onore”… Si tratta sempre, provate per credere, di libri poderosi, voluminosissimi. Dei veri e propri mattoni.

Cercai di chiedere, di approfondire di che genere di libri si trattasse. Capii che si era in presenza, nella maggior parte dei casi, di “scritti di circostanza”.
Scritti offerti al professore che aveva compiuto un tot. di anni, in genere una settantina; o in determinate occasioni, come per esempio la messa a riposo del professore, proprio quando il professore stava per diventare, come si dice nel linguaggio accademico, “emerito”.

Gli “scritti in onore” sono del genere AA.VV, cioè Autori Vari.
Capita sovente agli altri professori, o ai ricercatori, che venga richiesto il loro contributo per gli “scritti in onore”. Sappiate che questi professori o questi dottori in ricerca sovente hanno già pronto in un cassetto o nella memoria di un file di computer il loro contributo scritto. Pronto per l’uso.

Per dirla tutta vi dico qua per inciso che anche il prof. Antonaci ha partecipato ad una di queste opere collettive. Il titolo: “Studi in Onore di Antonio Corsano”. Un libro di 870 pagine, un libro alto così.
Ma, anche in questo caso, leggendo l’indice si capisce subito che del professore Antonio Corsano, l’onorato, s’è scritto solo di striscio. Di Antonio Corsano, oltre alla fotografia, poco o niente.

Arriviamo ai nostri giorni.
Alla luce di tutto questo che vi ho appena raccontato, volevo trovare un modo per stravolgere il concetto di “Scritti in Onore” come se fossero “scritti di circostanza”. Volevo innovare questo genere letterario. Anche il libro più ignobile – si sa - è pur sempre una novità.

E l’ho fatto con il libro del quale questa sera celebriamo il battesimo. Non m’interessava il numero delle pagine (l’importanza di un libro non si misura dal suo peso o dallo spazio che occupa). Ed ho cercato di fare uno “Scritti in onore”, diciamo, in senso stretto. Con questo libro ho voluto dunque stravolgere il concetto di “scritti in onore” e fare in modo che questi scritti non fossero scritti d’occasione, ma un saggio appassionato che avesse come oggetto le opere di un professore, come soggetto il professore Antonio Antonaci.ù

Ma chi è, in breve, il professore Antonio Antonaci?

Onde evitare di tediarvi troppo con la mia voce, per questi brani chiederò l’aiuto a Paola Congedo, che all’inizio di questa serata ha già letto il brano di Zeffirino Rizzelli ed i due inizi dei capolavori, il “Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo” e il “Cuccarollo”. Subito dopo, l’omaggio musicale della brava flautista gallipolina Gabriela Greco. Io per qualche minuto farò il mio turno di riposo.

Prego Paola.

CHI E’ IN BREVE IL PROF. MONS. ANTONIO ANTONACI

Antonio Antonaci, galatinese purosangue, è nato il 9 giugno del 1920 da una famiglia di agricoltori. E’ stato ordinato sacerdote dal santo vescovo idruntino Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo, il 29 giugno del 1943.
Laureato in Teologia, Filosofia, Lettere Classiche, specializzato in scienze storico-morali, ha operato nell’ambito del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), prima presso l’Istituto di Scienze Politiche dell’Università di Torino e poi presso l’Istituto di Storia della Filosofia dell’Università Statale di Milano.
E’ stato titolare della cattedra di Storia della Filosofia (nel corso di laurea in Pedagogia) nella Facoltà di Magistero dell’Università di Bari, dove ha pure tenuto per alcuni anni la cattedra di Storia della Filosofia Medievale. Ha diretto l’Istituto di Scienze Religiose “Giovanni Paolo II” di Otranto, dove ha anche insegnato Storia della Chiesa.
A partire dal 1953 e per molti anni è stato Prefetto degli Studi del Seminario Arcivescovile Idruntino; dal 1970 è Prelato d’Onore di Sua Santità e dal 1987 è Arcidiacono del Capitolo dell’antica e gloriosa Cattedrale della Chiesa metropolitana di Otranto, con il titolo dell’Annunziata.
Con decreto del Presidente della Repubblica del 2 giugno 1973 gli è stata conferita la Medaglia d’Oro di Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte.
Per molti anni è stato Ispettore Onorario ai Monumenti del Salento.
E’ Cittadino Onorario di Otranto e di Muro Leccese.
Nel 1968 vinse il Premio Nazionale “Salento” per la saggistica per il lavoro su Francesco Storella filosofo salentino del Cinquecento (Bari, 1966).
Nel 1998 gli è stato attribuito il premio “Città di Galatina – beniamino De Maria” ricevuto dalle mani dell’allora Presidente della Repubblica, On. Oscar Luigi Scalfaro, giunto a Galatina per l’occasione.

Incommensurabile è la produzione letteraria di Antonio Antonaci, composta oltre che da numerosi volumi anche da una sterminata numerosità di lezioni, interventi, articoli ed editoriali su riviste e periodici locali e nazionali.
   
Citiamo a proposito, tra le riviste, “L’Eco Idruntina”, il bollettino diocesano che di fatto nel corso di oltre un quarto di secolo vide impegnato Mons. Antonaci nella redazione degli editoriali e di numerosi altri interventi di formazione pastorale, catechistica, liturgica, oltre che d’informazione della vita diocesana e della Chiesa Universale; e “il Galatino”, il quindicinale di informazione salentino del quale Antonaci fu socio fondatore nel 1968 (come pure del numero annuale “il Titano”, nato anni prima, edito per la Fiera Campionaria di Galatina in occasione della festa patronale galatinese).
De “il Galatino” Antonaci fu direttore editoriale per lunghi decenni. E ancor oggi, il Professore non manca d’inviare al “suo” giornale (dattiloscritti con la sua inseparabile “Olivetti”) interventi, recensioni di libri, articoli e lettere al direttore, che si contraddistinguono per l’ariosità dello stile, la lucidità e la sagacia di sempre. 

*    *    *

Ma torniamo a noi. Continuiamo.
Che cosa ho voluto riportare? Di che cosa parla questo libro che questa sera è piovuto in questa bellissima sala? Del resto la rassegna di questo mese d’ottobre patrocinata dal Ministero per i beni e le attività culturali e nel cui cartellone rientra questa serata è proprio intitolata “Ottobre piovono libri: i luoghi della lettura”…
E’ un libello che non vi pioverà in testa come un mattone. State tranquilli. Potrei dirvi soltanto: compratevelo, non ve ne pentirete. Ma qualcosa ve la voglio anticipare.

In questo libro, intanto dico subito che non c’è tutto Mons. Antonio Antonaci. Ci mancherebbe altro! In questo libro c’è un aspetto di Mons. Antonaci. Anzi a guardar meglio, più d’uno. Ma sicuramente non tutti.
C’è un po’ il succo delle conversazioni tra il sottoscritto e Monsignore, ma soprattutto i libri di Monsignore. Quelli che avete visto scorrere nel video preparato da Daniele Pignatelli, che ringrazio ancora una volta per la disponibilità. Anzi, per essere ancor più precisi, alcuni libri di Monsignor Antonaci.
E questo libro parla di libri. Perché come ben sapete i libri si parlano tra di loro. Dall’interno di un libro è possibile entrare in un altro.

Dicevo che il mio libro parla di alcuni dei libri di Monsignore.
Infatti, proprio in questi giorni ne ho scoperto un altro (i libri di Antonaci sembrano spuntare come i funghi cardoncelli in questo periodo); un libro di cui non conoscevo l’esistenza. E non è che si trattasse di un libercolo di quattro pagine, o di secondaria importanza, ma un libro di ben 300 pagine, edito dalla Editrice Salentina, ed intitolato semplicemente “Editoriali” (è una raccolta di 52 articoli pubblicati sull’Eco Idruntina - la rivista diocesana - dal 1961 al 1967). Questo per dirvi che davvero non si finisce mai di scoprire, davvero “fino alla bara sempre s’impara”. E si scopre.

*    *    *

Scritti in Onore.

Onore e memoria.

E’ fin troppo facile onorare la memoria: chi non lo fa?
E’ lungimiranza, è accortezza invece onorare chi è presente, chi ti sta di fronte ancora; è un valore provare gratitudine per la stanchezza di chi non si è risparmiato, curvo una vita intera sui libri e sulle sudate carte per insegnare e cambiare il mondo, (in meglio s’intende). E dare anche dignità alla nostra terra.
Guardare con riconoscenza a chi ha ancora tanto da insegnare, è gratitudine.
 
Onore e memoria.
L’onore è per chi è presente, per chi ti può ascoltare e leggere, è per chi ti sta di fronte. “Onore”, può essere anche un bell’appellativo: lo si può usare perfino tra fidanzati, se non si vuole utilizzare diminutivi banali o vezzeggiativi melensi comuni, inflazionati, e non troppo lirici.
Memoria è invece una anamnesi, un rincorrere chi non c’è più, un fargli sapere che forse valeva la pena di parlare con lui, leggere i suoi libri, i suoi articoli, condividere il pensiero, un obiettivo, o un tratto di strada.
 
Ma perché non dirlo prima?
Perché mangiarsi le mani perché si è arrivati in ritardo: cioè si è arrivati al tempo della “memoria” e non al tempo dell’“onore”?
La memoria è importante, ma vale molto di più l’onore. Una città può ricordare con un monumento, l’intestazione di una strada, dopo dieci anni dalla morte. Ma perché non ringraziare finché si è in tempo? Perché non premiare e dire grazie a chi è ancora nostro prossimo?

Prossimo non è chi è lontano, lontano nel tempo e nello spazio; il prossimo è chi ci sta accanto; chi ci tocca; chi ci parla e ci ascolta. Il prossimo sovente finisce per allontanarsi da noi, perché non sappiamo apprezzare la sua presenza; non sappiamo essere grati per nostra incapacità, quella che poi si manifesta quando una persona la perdiamo o si allontana da noi.

*   *   *

Mi riferisco in questo momento ora alla memoria del prof. Zeffirino Rizzelli, al quale va la nostra riconoscenza, non solo per il bel saggio che ha voluto scrivere per il mio libro (questa volta è stato lui ad onorarmi, impreziosendo la mia opera: e basterebbe il solo saggio di Rizzelli per giustificare l’acquisto del mio libro) ma, dicevo, perché proprio lui meritava, in vita, forse qualcosa in più. Ha fatto bene ancora una volta l’Amministrazione Comunale di Galatina ad intestare questo stupendo “Palazzo della Cultura” alla memoria di Zeffirino Rizzelli. In questo ambiente tutto sembra parlare di Lui: il distretto scolastico, l’università popolare, la biblioteca, il museo.
Questi muri che adesso ci stanno ascoltando, hanno per più anni ascoltato le lezioni (di vita) di Zeffirino Rizzelli, si sono impregnati della sua sapienza, del suo modo di essere giusto, democratico, saggio.  Rizzelli non è mai andato alla ricerca di medaglie al valore, di  lusinghe, di successi. Eppure al di là di questo Rizzelli meriterebbe di più. Per esempio - è una proposta che faccio questa sera alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni - tra gli altri anche il “Premio -  Città di Galatina – beniamino De Maria”. Proprio il 2008 scadrà il biennio per l’assegnazione di questo premio. Per cosa? Per la sua attività di intellettuale, studioso, scrittore (di libri, articoli e studi su riviste specializzate di matematica, logica ed epistemologia) ed infine di politico e sindaco di Galatina. Il nome di Zeffirino Rizzelli entra di diritto nel novero dei “grandi” che hanno reso “grande” Galatina.  
Ma al di là dei premi e delle intitolazioni deve essere chiaro a noi che per Rizzelli ogni attestato di benemerenza ed ogni medaglia al valore sarebbero una ricompensa da tre soldi. Sono certo che per Rizzelli la più bella ricompensa sarebbe la rilettura delle centinaia di suoi scritti. Belli, attuali sempre, formativi. Sono custoditi, raccolti nella biblioteca di Galatina, un paio di porte più in là di questa.

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Ora la nostra lettrice leggerà l’ultima paginetta del mio libro, mentre io faccio un’altra pausa. In questo momento credo calzi molto bene il significato di quanto in essa contenuto. Alla parola Antonaci si potrebbe tranquillamente sostituire la parola Rizzelli.

“L’Antonaci con i suoi libri ha scritto in fondo di sé, anche se a prima vista questo potrebbe non apparire: egli sembra aver tramutato la sua vita in scrittura ed è così che ha raggiunto, conquistato, potremmo dire, un pezzo di eternità. Per uno scrittore, scrivere è l’aldilà a portata di mano, l’altra vita a cui sacrificare questa!
A questo aggiungiamo, tuttavia, che per Antonaci, la gloria di questo mondo altro non sarà che “silenzio e tenebre”: la transeunte vita terrestre altro non sarà che pulviscolo informe, naufrago nell’eterno.
“Quando saremo davanti a nostro Signore, altro non potremo che dirGli: fanne cce bboi: aggiu fattu tantu, ma nunn’aggiu fattu propriu nienti!” (cioè: “ho fatto tanto, ma di fatto sono stato “un servo inutile”: questo sono io con i miei difetti e, forse, con qualche raro pregio…”) ci diceva in uno dei nostri più recenti colloqui, allorché si toccava, nell’argomentare, il concetto della consolazione dalle umane fatiche, in vista della morte. Il richiamo al Vangelo in questi pensieri è evidente.
E, a proposito della “gloria” derivante dalla scrittura dei libri, Antonaci (che ha impostato la sua vita in cerca di ben altra gloria: quella celeste!) sembra far proprio il concetto molto ben espresso da Marcello Veneziani nel suo “La sposa invisibile” (Fazi Editore, Roma, 2006): che riportiamo a mo’ di explicit di questo nostro percorso: “Lo scrittore è un portatore di secchi dall’oceano al deserto. Crede di viaggiare dal nulla all’essere, creando; invece compie il tragitto inverso.
Proviene dall’essere e porta al nulla il suo catino d’acqua.
Quando lo versa è per metà evaporato nel percorso e per metà scompare nella sabbia dopo aver accennato ad un’ombra di umidità.
In quell’alone provvisorio sta tutta la gloria dello scrittore”.
E – con questo chiudiamo - se è vero il detto oraziano: “Non omnis moriar”, è però anche vero che, purtroppo (o per fortuna!), gloria caduca ed effimera, sarà, in ogni modo, quella dello scrittore. Di tutti gli scrittori.
Vanitas vanitatum et omnia vanitas. (Ecclesiaste, 1, 2).

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Torniamo un attimo ad Antonaci ed ai suoi libri.
I libri di Antonaci si conficcano come ami nella carne. Del resto se i libri non hanno questa presa di trascinamento, se è il lettore a doverseli trascinare dietro, allora sono carta pesante.
Siamo noi a portare i libri o sono i libri a portare noi? E’ questo un dilemma che decide l’intesa o il rigetto tra un lettore ed un libro.
 
Se è lui che porta me, compresi il mio tempo, la mia voglia o anche la mia stanchezza, allora è libro. Se invece oltre al mio carico giornaliero, o alla mia stanchezza, devo aggiungere anche il peso del libro e devo portarlo io, allora non è libro, è peso, è zavorra. E ad Ottobre non pioverebbero libri ma, peggio, sassi o mattoni.

Se vinco io allora è libro, se vince lui è soma, pondo, peso. E’ carta e lettere d’inchiostro insieme. Alcuni libri, devo dire in verità, hanno vinto su di me; io, dal mio canto, ho vinto tanti libri e tuttavia non ne ho mai (o ancora) vinti abbastanza.

Sarebbe impossibile, anche a voler leggere soltanto i più importanti. Non basterebbe una vita di duecentocinquanta anni impiegata a tempo pieno a leggere soltanto i classici più importanti, cioè i libri imprescindibili, quelli di cui non si possa proprio fare a meno. Non è possibile fare un bilancio del letto e del non letto: la partita doppia non può essere applicata alla lettura.
I libri letti sono sempre numerabili; i libri non letti sempre incommensurabili.
  

Con i libri bisogna avere una certa confidenza fisica. I libri si toccano, si annusano, si scartabellano a piacere. In casa mia anche a Putignano, città dove abito e lavoro cinque giorni su sette, non trovereste troppi arredamenti, ma libri. Sono l’arredo, la tappezzeria di casa.

Sono belle le case stivate di volumi dal pavimento al soffitto. Nella casa di monsignor Antonaci per esempio i libri si trovano anche sulle scale; anche sulle scale che portano al terrazzo! Si assorbe quasi il loro isolamento sonoro; d’inverno si gode del loro tepore; d’estate si respira quel loro sudar polvere di carta. Queste sensazioni provavo e provo quando vado a trovare il professore monsignore. E vorrei provarle anche a casa mia. Mi sto attrezzando per questo.

Quando si sfoglia un libro è come sentire il rumore delle onde del mare. Sfogliare i libri di Antonaci è come sentire il rumore dello Ionio e dell’Adriatico, i nostri mari di smeraldi, quando sono un po’ mossi dallo scirocco o dalla tramontana. Ché questo è il Salento: un biscotto intinto nei due mari di colori. Così ce lo ha presentato Antonaci oltre cinquanta anni fa. Prima di tutti gli spot di oggi!
 
Allora è il libro che ti porta, non porti tu il libro di Antonaci: ti porta un “Galatina, storia ed arte”, un “Otranto”,  un “Muro Leccese”, o un “Pollio”, un “Cuccarollo”, un “Accogli”, ecc. Libri, questi, voluminosissimi eppure leggeri come una piuma: non li potrai leggere magari a letto, o al mare, sono troppo grossi; ma sotto un pergolato, con la colonna sonora delle cicale. Sono grandi libri eppure non pesano, ti trasportano, e ti fanno volare.

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I libri di Antonaci sono soggetti che compiono l’azione e non complementi oggetto; sono causa efficiente, o meglio complemento d’agente. Sono libri che parlano, libri che si possono vedere mentre si leggono, libri che profumano di terra e di altri libri.
 
Ognuno reagisce ad un libro in maniera diversa. Un libro è semplicemente la metà dell’opera. Chi scrive un libro fa la metà del lavoro. L’altra metà la fa chi prende in mano quel libro e lo legge, lo consuma, lo sottolinea, gli fa le orecchie, ci litiga pure, ci si addormenta con il libro e qualche volta lo butta anche.  

Il lettore dunque conclude l’opera iniziata dallo scrittore, finisce quel semilavorato acquistato in libreria. L’incontro o lo scontro con il lettore fa di un libro un’opera finalmente compiuta. Dunque il libro, comunque vada a finire, è un incontro. Se non è un incontro, è solo parallelepipedo di carta, una confezione, una tecnologia.    
Mi piacerebbe che il mio libro non rimanesse un semilavorato.

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A me è capitato di entrare nei libri di Antonaci e di uscirne migliore, più ricco. Oserei anche dire che ho iniziato a scrivere quei due o tre libri di cui sono autore grazie proprio alla lettura dei libri di don Antonio.
I libri di Antonaci per me sono stati palestra: leggendoli e rileggendoli si impara ad utilizzare una certa espressione, si riesce a descrivere qualcuno o qualcosa, utilizzando magari quelle stesse parole. Viene quasi automatico. Non è plagio, non sono inconfessate citazioni quando utilizzo certe espressioni: ma assimilazione, apprendimento.
Come quando si va in palestra, ci si esercita con certi pesi e poi ci si accorge nel sollevare un peso che non si fa (più) lo sforzo che si faceva prima, o quello che si sarebbe fatto senza allenamento.

Dicevo: nei libri antonaciani trovi cose scritte così bene che ti par di divorare e non di leggere. Certo, l’anoressico della lettura non viene smosso da questo o quello scrittore; ma chi solo ha un po’ d’appetito, avrà veri e propri attacchi di bulimia.
 
Di fronte alla perspicuità di certi argomenti e alla bellezza della loro formulazione non puoi non sottolineare le frasi, non appuntartele sulla tua agenda e riscodellarle agli altri quando a tua volta scrivi. Sicchè son diventato una sorta di “manierista” della scrittura, di fronte a quel Michelangelo dello stile che è Antonaci (che in un libro si definisce “scalpellino”, mentre di fatto egli è architetto e scultore incomparabile).

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Ed ecco che con questo “Scritti in Onore” ho voluto pagare il mio debito: a rate. Essendo un bancario non potevo non fare questa metafora! E le rate sono le pagine di questo mio libello, pagine-rate come quelle di un prestito. Ma a tasso zero.
Non c’è interesse, non c’è guadagno in questo libro, ci mancherebbe altro: soltanto riconoscenza per quanto ho ricevuto. Ed è bello che la Galatina migliore, ma anche Noha, ma anche tanti altri salentini, siano qui presenti per onorare Antonaci. Non il mio libercolo: ma quello che il mio libro ha voluto cantare.

 
Mi avvio alla conclusione.
Zeffirino Rizzelli e Antonio Antonaci sono due astri che hanno irradiato, irradiano luce su Galatina. Ci hanno insegnato tanto. Si insegna a volte anche con il silenzio e l’umiltà, una volta che si è scritto migliaia di pagine e si è parlato altrettante volte. E sono tante le cattedre da cui si può impartire una lezione: e la scuola può essere anche quella della sofferenza; a volte anche quella dell’irriconoscenza; o quella dell’indifferenza; o quella della critica spicciola e negativa ricevuta senza approfondimento e senza motivo.
     
Se si legge con trasporto ci si arricchisce; con la lettura troviamo altri padri ed altre madri, oltre a quelli nostri naturali. Si creano dei legami, degli affetti, delle parentele:
si finisce per essere costola di libri e delle pagine scritte e non solo dei nostri padri naturali. Antonaci e di Rizzelli sono così diventati anche nostri padri.

 

Il nostro non è un paese che compra libri. Ma un paese migliore, una città migliore passano attraverso i libri: non da altro. Non c’è alternativa. E permettetemi questo piccolo atto d’orgoglio: forse passa anche attraverso il mio libro.

 

Il mio libello allora vuole essere una specie di risarcimento, o meglio di trattenimento di quello che si sta, per un motivo o per un altro, dimenticando, disperdendo nel passaggio delle generazioni. Ci sono generazioni che cominciano a dimenticare, allora ho sentito la necessità di trattenere, di ricordare, di mettere per iscritto.
 
*   *   *

Prima di terminare questa conversazione, permettetemi di ringraziare quanti hanno lavorato per questo libro. Prima di tutto Michele Tarantino di Infolito Group che ancora una volta ha creduto nel mio lavoro di ricerca. Per la stampa in digitale, Fabio Tarantino e la nuovissima Infoprinting (che è sempre di Michele Tarantino), azienda che non ha compiuto ancora un anno, ubicata in un capannone sulla via di Lecce, subito dopo il SuperMac per intenderci. Tra l’altro Infoprinting è specializzata nella stampa e nella spedizione di lettere di ogni genere. E’ una specie di stampante virtuale da attivare tramite Internet tramite il sito www.postapronte.eu.  

Ringrazio Lorenzo Tundo dello Studio Ermes di Galatina e Silvia Stanca, che non si è “stancata” della mia pignoleria nella redazione delle pagine di questo libro. Ringrazio il dott. Antonio Linciano, direttore della gloriosa biblioteca “P. Siciliani” di Galatina e Paola Congedo, direttrice della altrettanto gloriosa biblioteca “Giona” di Noha, per l’organizzazione di questa serata. Ringrazio la bravissima musicista Gabriela Greco che ci ha fatto capire quanto vadano a braccetto libri e musica.

Ringrazio il Professore Antonio Antonaci per la sorpresa che ci ha voluto fare questa sera. Il più bel regalo, professore, è la sua presenza! Ormai m’ero rassegnato all’idea che Ella non sarebbe stata presente. Ancora una volta (per fortuna!) mi son dovuto ricredere. Ringrazio la gentilezza di Dino Valente ed il suo sito www.galatina.it e quella di Albino Campa ed il suo sito www.noha.it. Ringrazio anche Radio Sole e… anche tutti quelli che ho dimenticato.

*   *   *

Il mio libro vuole essere allora un manifesto, uno spot, un’insegna, un abbraccio di parole per Antonio Antonaci. Vuole essere un segnale stradale che indichi dove andare, un messaggio nella bottiglia, perché in qualche modo quello in cui io ho creduto, o che m’è parso bello, possa essere creduto ed appaia bello a coloro che leggeranno, o a coloro che verranno. Un libro, anche il più brutto, sopravvive sempre al suo scrittore. Anche se questo scrittore (o meglio scriba o scrivente) è minuscolo e si chiama Antonio Mellone. Il quale vi ringrazia per la benevolenza e soprattutto la pazienza con la quale avete voluto ascoltarlo.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/02/2017 @ 13:52:30, in I Beni Culturali, linkato 2677 volte)

Ci chiediamo tutti se per le nostre bellissime e uniche casiceddhre sia arrivata l'ora del maquillage oppure si sta procedendo ad altro?

Non vogliamo nemmeno pronunciarla la parola "DEMOLIZIONE".

Capisco benissimo che si debba il rispetto più totale sul diritto di proprietà privata, ma visto che si tratta di un bene culturale e storico, molto amato dai nohani e dal resto dell'umanità, sarebbe corretto e doveroso che i cittadini siano informati prima di effettuare qualsiasi modifica.

Marcello D'Aquarica

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 06/02/2018 @ 13:52:11, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1394 volte)

Condotti per mano da P. Francesco D’Acquarica, continua il nostro pellegrinaggio attraverso i secoli. In questa puntata conosceremo mons. Ludovico De Pennis, dottore in diritto, per grazia di Dio e della santa sede, Vescovo di Nardò e quindi di Noha.

La Redazione

 

LUDOVICO DE PENNIS (1393-1484)

Vescovo di Nardò dal 1451 al 1484)

 

Dal 1451 al 1484 i Pontefici furono:

Niccolò V (1397-1455)      Papa dal 1447 al 1455

Callisto III (1379-1458)     Papa dal 1455 al 1458

Pio II (1405-1464)           Papa dal 1458 al 1464

Paolo II (1417-1471)        Papa dal 1464 al 1471

Sisto IV (1414-1484)        Papa dal 1471 al 1484

           

   Arciprete di Noha:

   Don Giovanni (? - ?)          parroco dal 1445 al 1485 circa.

   Con lui ci sono altri tre sacerdoti e cioè don Leone, don Francesco e don Nicola Canozuri.

 

            Ludovico de Pennis, quarto Vescovo di Nardò, era nato a Napoli nel 1393 da nobile famiglia. Fu il terzo di cinque fratelli: Giovanni, Fabrizio, Andrea e Francesco. Fin da piccoli tutti e cinque i fratelli, sotto la guida del loro papà  Onofrio, che era segretario del re Ladislao (1376-1414), dimorarono nel palazzo reale e crebbero nella intimità del re e della regina Giovanna (1373-1435), sorella di Ladislao.

          Ladislao I di Napoli, detto il  Magnanimo, noto anche come Ladislao d'Angiò-Durazzo o Ladislao di Durazzo, fu re di Napoli e detentore dei titoli di re di Gerusalemme, re di Sicilia, conte di Provenza. Giovanna II di Napoli, nota co-me Giovanna II d'Angiò-Durazzo o più semplicemente come regina Giovanna, fu regina di Napoli dal 1414 alla morte, avvenuta nel 1435. Ebbe anche il rango di regina titolare di Gerusalemme, Sicilia e Ungheria. Ben presto i cinque fratelli entrarono nel servizio di questi signori, Ladislao e Giovanna. Fu tanta la benevolenza che il loro papà Onofrio si era acquistata presso la regina per la prudenza, la perizia e la fedeltà che, alla sua morte avvenuta nel 1416, la regina decretò per i figli la riversibilità della pensione di Onofrio. Ludovico divenuto adulto si specializzò in diritto ecclesiastico fino al punto di essere annoverato tra i principali dottori del suo tempo. Nicola V nel 1451, nello stesso giorno in cui nominò arcivescovo di Otranto Stefano De Pendinellis che lasciava la sede neretina, lo nominò Vescovo di Nardò.  

Relazione con la chiesa di Noha

            L’anno seguente, durante la primavera del 1452, Ludovico iniziò la visita pastorale alla diocesi. Di questa visita ci ha lasciato la descrizione in un volume, il primo del genere pervenuto sino a noi, che oggi, per l’opera deleteria del tempo, si presenta assai logoro. Contiene importanti notizie anche riguardanti la chiesa di Noha. Così scrisse Giovan Bernardino Tafuri (1695-1760): lasciò alla città e diocesi esattissimi atti di visita pastorale, nei quali ha consacrata la memoria di molte antiche e pregiate notizie.

            La prima parrocchia visitata fu quella di Copertino il 24 aprile 1452. L’8 maggio dello stesso anno visitò la chiesa di Taviano, il 9 maggio quella di Racale, l’11 maggio di Alliste, il 12 maggio di Felline e Casarano Grande, il 14 maggio di Parabita e Matino. Il 15 maggio di Aradeo e finalmente il 20 maggio la chiesa di Noha.

            L’inventario dei beni mobili e stabili delle chiese è fatto - si dice nel documento - dal Reverendissimo in Cristo Padre e Signore, il Sig. Ludovico De Pennis da Napoli, Dottore in Diritto, Vescovo di Nardò, nell’anno del Signore 1452, alla presenza dei Venerabili Signori: Ludovico Spinello, Arcidiacono di Nardò, l’abate Francesco de Grisilione, cantore neretino, l’abate Nicola Grande, vicario generale, l’abate Riccardo Spicalizio, canonici neretini, l’abate Cecco Morrerio, don Antonio de Cetera di Galatone, l’arciprete e molti altri testimoni.

            Si sa che a volte, come convisitatori, vi erano gli stessi baroni che governavano i paesi visitati. Di Noha non sappiamo con certezza se c’era il barone Antonello, ma possiamo immaginare di sì perché si dice “molti altri testimoni”. Degli abati Francesco de Grisilione che aveva diritto di patronato su tutte le chiese di Noha e di Nicola Grande abbiamo già detto. Ludovico Spinelli fu poi ottimo Vescovo di Gallipoli dal 1458 al 1487.

            Siamo prima dell’invasione di Otranto del 1480 da parte dei Turchi.  Nella relazione di questa prima visita alla Diocesi, nel territorio di Noha sono elencate 13 chiese, oltre alla chiesa di S. Angelo, la più importante e la più ricca di beni immobili. Su tutte queste chiese il canonico neretino Francesco De Grisilione aveva diritto di patronato. Il documento ci assicura che l’arciprete in questo periodo era un certo don Giovanni, senza che si sappia il cognome. Altri Sacerdoti elencati erano don Leone, don Francesco di Noha e don Nicola Canozuri.

            Segue l’elenco delle altre chiese di Noha nel 1452 con la descrizione delle proprietà che qui, per brevità, omettiamo.

            Questo è l’elenco delle chiese:

* Chiesa di S. Leone e S. Maria,

* Chiesa di S. Stefano,

* Chiesa di S. Teodoro e di S. Vito,

* Chiesa di S. Caterina,

* Chiesa di Santa Venere,

* Chiesa di S. Giovanni, vicino alla chiesa di S. Teodoro,

* Chiesa di S. Antonio,

* Chiesa di S. Nicola,

* Chiesa di S. Giorgio,

* Chiesa S. Maria de (...) (probabilmente è la chiesa “piccinna”),

* Chiesa di S. Antonio Vecchio.

            Tutte queste chiese erano officiate dall’arciprete di Noha  Don Giovanni, dice la Relatio, che nel documento è detto appunto arciprete della terra di Noha.

            Tutti i Sacerdoti elencati in questo documento posseggono  terreni. A parte la chiesa di S. Angelo (la chiesa principale che ha proprietà di terreni appartenenti alla parrocchia), l’arciprete don Giovanni possiede terre, vigneti e due stoppelli di terra per ricavare l’incenso; Don Francesco di Noha è proprietario di terre, chiasure e un giardino; e anche don Nicola Canozuri e don Leone possiedono proprietà terriere.

            La chiesa di S. Angelo sicuramente esisteva già da tempo, da quando cioè Roma aveva cominciato a premere affinché la liturgia nelle chiese che erano sotto il controllo della chiesa bizantina (e Noha era una di quelle), si svolgesse in  latino e non più in greco, perché il greco aveva sapore di eresia, a causa dello scisma che la chiesa di Roma subiva con la chiesa d’Oriente. Si sa dalla storia che i Papi di Roma, non tollerando la presenza dell’eresia del rito greco sul territorio nazionale, inviarono i Normanni con la promessa di riconoscerli signori delle terre sottratte ai Bizantini. Vinte le resistenze,  nel 1071 i Normanni presero possesso dell’Italia Meridionale, conservando la brillante cultura dei vinti che sarebbe sopravvissuta. E così, nonostante i Normanni, a Noha si continuò a parlare greco e a celebrare le sacre liturgie secondo il rito bizantino.

            Durante l’episcopato di Ludovico de Pennis (1451/1484) ci furono due eventi gravissimi che penalizzarono il Salento e perciò anche Noha. Alla fine del 1456 tutto il regno di Napoli fu ripetutamente scosso da violenti terremoti, che provocarono danni e rovine, e dai quali non andò esente la Città di Nardò e tutta la diocesi. Per allontanare tale calamità il Vescovo ordinò che si facesse penitenza ovunque e promosse un pellegrinaggio di trecento fanciulli di età inferiore ai dodici anni, da Foggia a Leuca e ad essi si unirono anche Vescovi e Sacerdoti. Il pellegrinaggio suscitò grande commozione in tutti i luoghi dove passava. 

            L’altro evento drammatico che sconvolse tutto il Salento fu l’invasione dei Turchi che seminarono terrore dappertutto, non solo in Italia, ma anche in Europa. Dopo l’eccidio di Otranto (1480) i Turchi diventarono padroni: da Otranto scorrazzarono per più di un anno indisturbati per tutto il Salento, seminando terrore e morte fino al Gargano. L’espressione dialettale che ancora oggi si usa quando si vuole indicare paura: Mamma, li turchi ! risale a quel periodo. La mappa delle 14 chiese inventariate nella visita pastorale del 1452 ne rimase gravemente compromessa e modificata. Il 7 ottobre 1481 i Turchi devastarono Galatina e Soleto, provocando il fuggi fuggi da tutta la zona. Anche Sogliano, Aradeo, Noha, Cutrofiano furono abbandonati precipitosamente.

            Il 13 febbraio del 1484 si tenne un parlamento generale per cercare rimedio al gravissimo pericolo che incombeva su tutti. A questo parlamento generale intervennero il Vescovo di Nardò, De Pennis, con gli altri Vescovi, patrizi, baroni, di tutto il regno di Napoli. Anche il Barone di Noha, Antonello De Noha, vi intervenne. Fu stabilito che i Vescovi, il clero, i patrizi, i magnati ed i baroni dovessero dare al re la metà dei loro proventi di un anno per poter combattere e cacciare il tiranno.             Ludovico De Pennis morì nel 1484, ormai novantenne. L’autore anonimo che verso il 1540 scrisse il più antico catalogo dei vescovi di Nardò ci ha tramandato quanto segue: Mons. Ludovico De Pennis, insigne dottore in Diritto, successe al predetto Stefano De Pendinellis nel 1451 e fu Vescovo di Nardò sino al 1484, nel quale anno morì, vecchio novantenne.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Redazione (del 09/06/2022 @ 13:48:56, in Comunicato Stampa, linkato 629 volte)

Siamo quasi giunti alla fine di questa nuova campagna elettorale galatinese, che vede impegnati alla candidatura per il ruolo di sindaco ben quattro volenterosi concittadini.

Un segnale di vitalità che speriamo ricada altrettanto positivamente sul futuro di tutta la comunità.

Come rappresentanti di associazioni del territorio, sentiamo la necessità di farci portavoce di alcune linee di pensiero e di questioni strutturali per aiutare Galatina a uscire da una situazione di lenta sopravvivenza.

Abbiamo quindi pensato di condividere con i candidati sindaci, e con voi lettori, il nostro punto di vista e le nostre idee, tramite un documento intitolato: "Galatina città sostenibile".

Chiederemo quindi, appena gli impegni della campagna elettorale lo permetteranno, un confronto pubblico con i nostri futuri amministratori. Fra gli obiettivi a cui auspichiamo  vi sono il potenziamento e il coordinamento delle istituzioni preposte per un più efficace controllo e contrasto dei reati ambientali, e soprattutto la nascita di una visione partecipativa verso il bene comune.

COORDINAMENTO CIVICO AMBIENTE E SALUTE Prov. di LECCE
NOI AMBIENTE e beni CULTURALI di Noha e Galatina
Associazione culturale GALATINA Arte, Storia e Cultura
CITTADINANZA ATTIVA DI GALATINA NUOVA MESSAPIA - SALENTO KM 0
Associazione ITALIA NOSTRA - Sezione Sud Salento

 
Di Dante De Ronzi (del 31/12/2018 @ 13:46:52, in Comunicato Stampa, linkato 1165 volte)

Come freccia lanciata sul bersaglio l'evento della presentazione del libro “ La casa a corte” di Antonio Costantino editore Congedo organizzato da Emilia Frassanito della libreria Fiordilibro fà centro.

Fa centro perché giocando con l'immaginazione svela un gioco di matriosche  che partendo dallo spazio Salento si riduce allo spazio città di Galatina ed ancora al suo centro antico sino  allo spazio della strada corte Vinella e poi  allo spazio delimitato dalla  casa  a corte omonima, fino al locale privato interno che ospita l'evento.  Ciò facendo di fatto riporta prepotentemente alla ribalta la città ed il suo inestimabile valore storico artistico architettonico.

Coordina impeccabilmente Valentina Pagano ed introduce  Marcello  Seclì di Italia Nostra che ammonisce sui rischi che corre il territorio sull’eccessivo consumo di suolo e sulla insufficiente attenzione per la  tutela e la salvaguardia dei beni culturali.

Segue una chiara ed approfondita  esposizione del libro da parte dell’autore Antonio Costantini che serve a comprendere l’importanza dell’opera ed arricchire di contenuti la lettura. Interessanti i richiami culturali, sociali ed antropologici trattati.

L'evento fa centro perché suscita e richiama l'attenzione del pubblico ma soprattutto coinvolge la pubblica amministrazione che in materia molto può fare. 

Hanno partecipato il sindaco Marcello Amante, l’assessore Loredana Tundo e l’ assessore Nico Mauro offrendo un  segnale importante  di convinta consapevolezza.

L’occasione è stata utile per rinnovare la richiesta agli amministratori di un’azione più efficace che scoraggi il fenomeno degli abusi edilizi nel centro antico, di una maggiore igiene e cura degli spazi pubblici, della rimozione dell’asfalto deturpante e più in generale di una maggiore sicurezza e tutela.

Ed infine una considerazione ed un proposta personale.

Corte Vinella affascina sempre più ma tanti misteri ancora permangono.

Affascina perché meritatamente si è guadagnata la copertina del volume di Antonio Costantini. Dopo aver letto il libro ed ascoltato l'autore potremmo definire corte Vinella la Regina delle Corti perché mutuando la filosofia delle case a corti popolari realizza una inedita tipologia di casa a Corte Patrizia.

Questo non a caso accade nel cuore del centro antico di Galatina  inserendosi magnificamente ed  armonicamente nel  suo tessuto urbanistico,  caratterizzato  prevalentemente da palazzi di pregio, impreziosendolo ulteriormente.

A me appare come un’orchidea al centro di un meraviglioso bouquet, appunto, una corte patrizia tra cento palazzi gentilizi.

Un'eccezione unica ed esclusiva che conserva ancora intatto il mistero  sull’identità del committente e del l'ideatore.

Si è scritto molto del dottor Vinella che lì ha abitato così pure del guerriero senza testa riprodotto nelle opere scultoree,  ma poco si conosce sia  dell'autore (attribuito forse a Giuseppe Cino) ed ancor meno del committente (si ritiene la famiglia Comi). Nulla si conosce infine circa l'evoluzione urbanistica dei luoghi antecedente l’edificazione del manufatto.

 Un'altra pagina di storia locale potrebbe essere scritta da giovani laureandi in beni culturali che volessero approfondire questi aspetti con delle tesi di laurea.

 Anche in questo senso gli amministratori, e non solo, possono fare molto.

Un ringraziamento particolare ai numerosi intervenuti ed un grazie ancora ad Emilia.

 

Galatina 29 dicembre 2018

Dante De Ronzi

 

 

 
Di Antonio Mellone (del 31/12/2013 @ 13:46:38, in NohaBlog, linkato 2414 volte)

L’arrivo del nuovo anno è occasione per bere alla salute di qualcuno o di qualcosa.

Io brindo a chi è al servizio dell’altro, a chi è di turno in ospedale, in caserma, in carcere, nei capannoni delle fabbriche; brindo a chi transita nel nuovo anno senza un saluto e a chi non è invitato ad alcun cenone; brindo agli amori passati e a chi è nessuno per la persona amata.

Brindo ai lavoratori scrupolosi, ai professori preparati, ai pubblici dipendenti responsabili, agli imprenditori onesti, ai medici per passione, ai politici perbene, a chi, nel suo ambito, non si risparmia.

Brindo ai cassintegrati, ai precari in attesa di sicurezza, ai disoccupati in cerca di lavoro, agli scioperanti per i propri diritti calpestati. Brindo ai malati senza ospedali, ai soldati inviati a combattere guerre spacciate per missioni di pace, agli studenti senza sussidi, ai ricercatori senza fondi.

Brindo a chi si fa in quattro per presidiare il territorio, ai tribunali senza personale e senza fotocopiatrici, ai muri delle tante Noha-Pompei che crollano sotto i nostri occhi.

Brindo alle vittime delle frane e dei disastri ambientali amplificati dal cemento e dall’asfalto senza limiti; brindo all’acqua pubblica, alla sanità pubblica, alla felicità pubblica; brindo alla laicità dello Stato, alla Costituzione della Repubblica Italiana, a chi rispetta le leggi e non se le fa cercando di adattarsele a proprio uso e consumo.

Brindo a chi combatte la mafia e a chi ne è vittima; brindo a chi non ce la fa, a chi sa perdere, a chi cade e cerca di rialzarsi, a chi non smette di combattere, a chi si ribella all’ingiustizia, a chi è stecca nel coro belante, a chi crede che la parola lotta sia voce del verbo amare.

Brindo a chi tutela la campagna dei nostri avi, a chi protegge i prati, le piante, gli alberi, l’aria e le nuvole; brindo a chi pratica la frugalità individuale per l’abbondanza di tutti, a chi non respinge i sogni, a chi compie il reato d’utopia, anzi ne è tendenzialmente colpevole e recidivo.

Brindo a chi allestisce un presepe vivente nonostante tutto, agli attori che vi partecipano, a chi si mette in fila al freddo ed attende il suo turno.

Brindo a chi non è ancora con noi, e a chi non c’è più.

Brindo a Noha, ai suoi figli vicini e lontani, ai suoi beni culturali, a chi pubblica su questo blog, e a chi lo consulta.

E brindo, infine, anche alla salute ed alla buona sorte di chi ho scordato di annoverare tra questi brindisi.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 20/08/2021 @ 13:46:05, in Comunicato Stampa, linkato 669 volte)

Le Associazioni “TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica – Virtus Basket Galatina”, “Legambiente Galatina – circolo La Poiana” e “NOI Ambiente e beni Culturali”, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Galatina, organizzano per domenica 22 agosto, una “Giornata Ecologica” per la pulizia delle aree verdi di Galatina e Frazioni. L’evento si svolgerà nel rispetto del protocollo di sicurezza sanitaria anti Covid-19.

Il punto di ritrovo è previsto per le 08.00 di Domenica 22 agosto presso Piazza Alighieri a Galatina.

Si prega di dare conferma di partecipazione, indicando inoltre la zona preferita di intervento (Galatina, Noha o Collemeto), ai seguenti numeri:

Silvana Bascià: 327-7315048 (anche Wathsapp);
Sandro Argentieri: 333-4368532 (anche Wathsapp);
Piero Luigi Russo: 349-8471729 (anche Wathsapp).

In base alle conferme di partecipazione ricevute decideremo su quante e quali aree verdi intervenire, fermo restando che l’iniziativa sarà replicata anche nelle settimane a venire.

Tutti i cittadini e le Associazioni presenti sul territorio sono invitati a partecipare.

 Piero Luigi Russo

 
Di Redazione (del 17/02/2017 @ 13:45:23, in Comunicato Stampa, linkato 1091 volte)

Settimana di lavoro intenso per i ragazzi dell’olimpia in cui stanno ripercorrendo tutti i punti salienti e dolenti che hanno portato l’ultima sconfitta casalinga contro il forte Leverano. A questo punto del campionato la linea di mister Stomeo è chiara: c’è da insistere tanto sui propri limiti per cercare di migliorarsi, si va dunque in fondo a quei blackout che spesso capitano durante i match e che sono trasversali all’avversario che si ha di fronte, perchè capitano con il Locorotondo, con il Potenza e con le squadre di vertice come il Leverano. Allo stesso tempo quando i ragazzi iniziano a fare quello che sanno fare si vede chiaramente che la squadra potrebbe giocare ed insidiare chiunque in questa categoria, è tutta una questione di contrazione, di testa! Stomeo che conosce benissimo queste dinamiche cerca di spingere i propri ragazzi a far prendere coscienza di queste criticità facendo leva sulla voglia di migliorarsi. Questa strategia potrebbe essere la chiave di volta per l’Olimpia in questa parte finale del campionato e gettare le basi per un futuro ricco di soddisfazioni, tuttavia nel futuro prossimo abbiamo l’ennesima delicatissima sfida. Domenica prossima andiamo a giocare a Lamezia dove ci attende il Conad Lamezia una delle due squadre della città calabrese che militano in questo campionato, i lamentini sono reduci come noi da una sconfitta in un derby, infatti hanno perso 3-2 proprio con il Raffaele Lamezia, sarà inevitabile trovarsi di fronte una squadra agguerrita e speranzosa di dare una imminente risposta ai propri tifosi…ma lo stesso identico discorso si potrebbe fare per noi quindi non ci resta che aspettare e gustarci un’altra battaglia di questo meraviglioso sport! Forza Olimpia!

ufficio stampa

Olimpia Volley Galatina

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/02/2024 @ 13:44:01, in Comunicato Stampa, linkato 201 volte)

Costruzione ed esercizio di un impianto fotovoltaico BYOPRO DEV2 e opere connesse - Potenza impianto 31,91 MWp - Comune di Galatina (LE)

Venghino, signori, venghino, ché qui è tutta pianura, i terreni te li regalano (o al massimo te li danno per due soldi), le istituzioni non proferiscono verbo, i padroni del vapore comandano, la propaganda green fa il resto, e il gregge fa il gregge bevendosi di tutto, muto e rassegnato come sempre.

L’impianto, della potenzialità di picco di 31,9116 Megawatt (MW), sarà da realizzarsi nell’area ubicata nel comune di Galatina, in provincia di Lecce, località Collemeto e proposto dalla BYOPRO DEV2 S.r.l., società corrente in Milano, alla Via A. Manzoni n. 41. Quando si dice “a chilometro zero”.

L’area prevista per quest’ennesimo impianto di pannelli fotovoltaici resta nelle vicinanze di quell’altra  zona per il  Comparto D4. Si tratta di un’area di oltre 10 ettari a ridosso della S.S.101 Lecce-Gallipoli. La finalità del pianificatore era quella di allocare, di fronte al polo commerciale (o forse pollo commerciale), costituito dalla D7, una area-vetrina che desse risalto e sviluppo alle realtà produttive locali di Collemeto.

Ecco quanto emerge dalla relazione tecnica disponibile sull’albo pretorio della Provincia per l’ennesimo consumo di suolo:

“…A seguito dell’emergere di vincoli di natura urbanistico-edilizio, segnalati dai referenti del Comune di Galatina nel corso della Conferenza di Servizi, si è reso necessario stralciare una porzione dell’impianto, per cui la superficie complessiva occupata dall’impianto ha subito una riduzione di circa 23.800 mq. La potenza complessiva del generatore fotovoltaico passerà di conseguenza da 31,9116 a 30,0252 MWp.”

Apposto. Problemi risolti. In poche parole su 40 ettari sono stati tolti 2 per via di “vincoli di natura urbanistico-edilizia” e il mondo (e Collemeto e pure Santa Barbara) sono salvi.

Tanto poi per farci stare ancor più tranquilli basterà la promessa di qualche “ristoro”, che ovviamente arriverà con calma, cioè al tempo delle calende greche. Nel frattempo, in mancanza d’altro, mai sia che ci facciano un parco alberato, per evitare di agonizzare sotto il caldo tropicale tipico delle ultime stagioni, potremo rinfrescarci le idee comodamente sdraitai in salotto, sotto i nostri eco-climatizzatori corredati di  pompe di calore, ovviamente green, come le bollette.

Galatina, avanti così. Mica possiamo fermarci ad appena il 5 % del nostro territorio ricoperto da una spessa coltre di pannelli, pale eoliche, e altre trovate del genere. Urge arrivare presto e senza indugio al 95% del suolo, ma direi anche al 100%. Se no come faremo a completare la famosa transizione ecologica con una bella centrale nucleare a km0?     

Marcello D’Acquarica

(NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina)

 
Di Redazione (del 20/08/2013 @ 13:42:08, in Cultura, linkato 9131 volte)

"Pubblichiamo un interessantissimo stralcio di una ricerca sugli orologi pubblici diventata libro, scritto da Rosanna Verter. Tra gli altri, c'è anche l'orologio pubblico di Noha, che, fermo ormai da troppi anni, si limita a segnalare l'ora esatta soltanto due volte al giorno"


Gli orologi da torre di Galatina e Noha di Rosanna Veter
Ieri
La sera del 21 febbraio 1848 il decurionato galatinese, sotto la presidenza di Domenico Galluccio, deliberò le feste costituzionali nominando una commissione guidata da Orazio Congedo che, unitamente al comitato composto da Innocenzo Calofilippi, Giacomo e Francesco Galluccio, Arciprete Siciliani, Antonio Viva, Bernardino Papadia, Luigi Mezio, Pasquale Angelini, Onofrio Vonghia, Ferdinando Capani, Antonio Dolce, organizzò la festa per la Costituzione promulgata da Re Ferdinando II il 10 febbraio 1848.
I festeggiamenti iniziarono di buon mattino, il 9 marzo 1848, con i fuochi d’artificio che durarono per l’intera giornata; le due bande musicali di Galatone e Neviano allietavano i cittadini; Piazza S. Pietro venne addobbata con ramoscelli di mirto, coccarde e bandiere. Nei pressi dell’ingresso della chiesa Madre, fra due bandiere, fu messa una grande iscrizione inneggiante al re e al papa eseguita a penna dall’architetto Fedele Sambati e dettata da Pietro Cavoti. Oltre a tutto ciò allietarono la vista dello scenario festoso varie luminarie e la processione con il busto argenteo di San Pietro che ebbe inizio dalla casa delle signorine Andriani, dove era custodito il busto del Santo, e percorse con a capo il capitolo «la via che mena alle Monache crandi», altrimenti dette Clarisse (oggi è quel tratto di strada tra Via Zimara e Piazzetta Gal-luccio, tra la chiesa dei Battenti e quella di S. Chiara o di S. Luigi), «S. Caterina, Corpo di Guardia e Piazza S. Pietro».
Da ciò possiamo dedurre, quindi, che nel 1848 la Torre dell’Orologio esisteva già nella sua semplice mole e che i locali erano sede del Corpo di Guardia. Proprio in quelle salette si svolsero le elezioni del plebiscito del 21 ottobre 1860 per l’Unità d’Italia ed eleggere Vittorio Emanuele II, Re costituzionale.
Il primo anno di libertà nacque con la fame che imperava tra la povera gente in tutta la provincia e i tumulti erano all’ordine del giorno. Il sindaco Antonio Dolce convocava immediatamente il Consiglio Comunale per disporre il prelevamento dal bilancio di 1815 ducati e 53 grana per poter acquistare legumi, orzo e grano per i poveri. Nel frattempo, il Ministero dell’Interno aveva ordinato alle Prefetture di segnalare eventuali monumenti da dedicare a Sua Maestà Vittorio Emanuele II. L’amministrazione comunale scelse la torre civica che fu adornata di due stemmi sabaudi posti ai lati dell’iscrizione; sul lato ovest, invece, si nota un’aquila capovolta ad ali aperte con la testa tra il tamburo e il cannone, mentre tra mine e palle di cannone anche una scure. Forse questa decorazione è stata inserita dopo la caduta del fascismo o forse c’era già visto che l’aquila è anche nell’arme sabauda. Sull’arco a tutto sesto del portone d’ingresso, Francesco Sammartino incise su marmo la seguente lapidaria iscrizione:
ALL’ELETTO DEL POPOLO VITTORIO EMANUELE II RE D’ITALIA IN MEMORIA DELLA RICUPERATA UNITÀ CHE LA PATRIA OGGI SOLENNEMENTE CONSACRA GALATINA PONEVA ADI 2 GIUGNO 1861
Ruggero Rizzelli nelle sue Memorie, edite nel 1912, sostiene che l’iscrizione è «sgrammaticata e fa poco onore alla torre del Caccialupi; falsando la storia offende le tradizioni della colta cittadinanza»; fu dettata da un insegnante del locale liceo Colonna, padre Sebastiano Serrao, dell’ordine degli Scolopi, congregazione religiosa fondata da Giuseppe Colasanzio nel 1617.
Per tale lavoro il Sammartino venne compensato con ducati 13 e grana 53.
I locali dell’Orologio avevano ospitato per qualche anno la Guardia Nazionale; dal 1850 oltre 250 militi della Guardia Urbana. In quell’occasione, per renderli più ospitali, i nudi locali furono arredati con candelieri, bracieri, sedie e qualche panca. Il tutto per la cifra di 65 ducati e 80 grana.
I primi restauri al Corpo di Guardia furono deliberati il 27 novembre alle ore 21 dell’anno del Signore 1861 da un Consiglio Comunale presieduto dal sindaco Antonio Dolce e composto dai consiglieri comunali Giuseppe Maggio, Carlo Lezzi, Michele Astarita, Carmine Zappatore, Pietro Colella, Arcangelo Trivisanno, Francesco Greco, Vincenzo De Matteis, Giuseppe Siciliano, Giovanni Congedo, Diego Papadia, Pasquale Angelieri, Domenico Bardi, Gaetano Colaci, Giuseppe Vozza, Paolo Baldari, e dal segretario comunale Luigi Santoro. Per i lavori fu costituita una commissione con Giuseppe Galluccio, Pietro Congedo e Michele Astarita i quali raccolsero ducati
160.66 per sottoscrizione e la somma venne aggiunta ai ducati 437 già stanziati dal consiglio. Oltre al proseguimento delle opere murarie, furono sostituite le porte ai camerini, le invetriate e il portone. Alla deputazione furono restituiti 79.05 ducati che risultarono in più.
Il 21 giugno 1877 nella segreteria comunale fu convocato dal sindaco Giacomo Viva, in seduta straordinaria, il Consiglio Comunale per deliberare circa «l’acquisto di una nuova macchina di orologio pel servizio del pubblico essendo l’attuale ridotta in uno stato da non essere soddisfacente ai bisogni del pubblico». Per l’acquisto della nuova macchina il sindaco esibì la corrispondenza tenuta col capo fabbrica, signor Alfonso Curci da Napoli, e coi F.lli Peperis da Udine dalla quale risultava che per avere «una macchina costruita secondo gli ultimi sistemi» si doveva spendere circa £ 2000, somma da prelevare da un articolo del bilancio del 1877.
Si poteva certamente spendere di meno, ma come giustamente osservò il consigliere Giuseppe Capani «una volta che il Consiglio deve venire nella determinazione di acquistare una nuova macchina di orologio è necessario che fosse di quelle costruite colla massima precisione». Alla sua proposta si uniformò tutto il Consiglio.
Il 3 luglio la Prefettura rilevava in una sua nota che trattandosi di «una spesa non lieve, non prevista nel bilancio e che poteva dissestare l’andamento finanziario del comune», suggeriva «di sperimentare l’asta pubblica e visto l’ammontare della spesa» si doveva «richiedere a un competente artefice un atto che equivalesse alla perizia» e che poteva a un tempo «essere anche l’offerta del fornitore stesso. Tale atto dovrà assoggettarsi all’approvazione del Consiglio Comunale che sarà chiamato a precisare i mezzi per la spesa e domandare la dispensa dei pubblici incanti coll’autorizzazione di far luogo a norma del caso alla privata licitazione tra persone del mestiere oppure alla trattativa privata».
Fallite le trattative con il Curci e i Peperis, l’amministrazione diede incarico ad Epimaco Olivieri Caccialupi, successore di Augusto Bernard, di fornire la macchina dell’orologio.
La ditta Caccialupi, presente con i suoi orologi da torre in molti comuni della provincia, aveva la sua sede in Napoli alla strada Egiziaca n. 44 a Pizzofalcone, oggi sede del distretto militare.
L’8 aprile 1879 il sindaco facente funzioni, Pietro Santoro, comunicava al Consiglio Comunale che il signor Giuseppe Greco aveva presentato «una di-manda» con la quale proponeva di effettuare a proprie spese le opere in muratura «occorrenti per l’impianto del nuovo orologio, a seconda del disegno proposto dall’architetto Fedele Sambati l’8 maggio 1861 su una perizia di Giuseppe Mandorino». Come compenso il Greco chiedeva di ricevere a titolo di cessione l’aia su cui sorgeva la Torre dell’Orologio. Naturalmente il Consiglio respinse la proposta considerato che non vi era molto squilibrio per le finanze locali e pertanto i lavori potevano essere sostenuti a spese del Comune anche perché cedendo l’area al Greco si restringeva un camerino che poteva essere utile per edificare una sala. Qualche mese dopo la giunta deliberava di licenziare i regolatori dei pubblici orologi di Galatina, Salvatore Zuccalà, nonché quello della frazione di Noha, Fedele Bonuso. Ma il 30 maggio 1882 il Consiglio Comunale, presieduto dal sindaco Giacomo Viva e composto dai consiglieri Luigi Papadia, Alessandro Verdosci, Gaetano Cola-ci, Giustiniano Gorgoni, Luigi Vallone, Liberato Congedo, Vitantonio Colaci, Salvatore Tondi, Raffaele Baldari, Giuseppe Vonghia, determinò di abbattere la Torre del vecchio Orologio perché «inutile ed indecorosa» e diede mandato ai consiglieri Liberato Congedo e Vitantonio Colaci di «trattare con qualche muratore di fiducia».
I consiglieri scelsero Pasquale Alessandrelli per l’appianamento della Torre «contro il pagamento di £ 50 ed il materiale ricavabile pro-beneficio».
Fu costruita così una nuova torre con timpano e furono messe a vista le campane.
Qualche anno dopo, precisamente il 24 aprile 1885, Francesco Bardoscia, assessore delegato dal sindaco, convocò il Consiglio Comunale per deliberare con urgenza l’illuminazione dell’orologio per tutta la notte e per l’intero anno, a differenza di una precedente convenzione con Vincenzo Giurgola regolatore del pubblico orologio, e di tenerlo acceso per sei mesi fino alle 9.00 p.m. e per sei mesi per tutta la notte.
Per tale lavoro al Giurgola vennero corrisposte £ 360 annue, sia per la manutenzione che per l’illuminazione del pubblico orologio, invece di £ 300. L’anno dopo, tale incarico fu affidato a Pietro Ascalone, orologiaio, con la riduzione del salario a £ 300.
Nel 1913, a cura della “Società Galatinese per le imprese elettriche”, con una spesa di £ 140,03 venne effettuato «l’impianto elettrico negli uffici della Polizia Urbana e al pubblico orologio sovrastante detti uffici».
L’8 ottobre 1932 il segretario cittadino del Partito Nazionale Fascista scriveva al Podestà per sapere come mai l’orologio non suonava da 15 giorni e poiché il servizio era affidato a persone responsabili, egli non riusciva a spiegarsi come mai non fosse stato ancora riparato. Il Podestà, in una missiva di qualche giorno dopo, gli comunicava che si era provveduto all’acquisto di una corda metallica necessaria per il funzionamento della suoneria. Nella comunicazione di risposta, il Podestà si chiedeva anche se era il caso di spendere elevate somme per la riparazione oppure di esaminare l’ipotesi dell’acquisto di un nuovo macchinario la cui spesa sarebbe ammontata a £ 3.500.
Oggi
Al termine della centralissima Via Vittorio Emanuele II, strada ricca di palazzi settecenteschi e zona viaria più antica della città, la Torre del Caccialupi, più comunemente nota come l’Orologio o Corpo di Guardia, si innalza nella sua sobria e superba semplicità, espressione dell’entusiasmo post-unitario. La torre è fra le più belle del Salento, è una costruzione di chiaro stampo neoclassico che, all’indomani dell’Unità d’Italia, fu dedicata a Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele II.
I locali della torre, che anticamente erano adibiti a cappella privata della famiglia Greco-Bardoscia, vennero donati successivamente all’amministrazione comunale che li destinò a sede delle guardie urbane. Per quanto riguarda l’anno di costruzione della torre, possiamo supporre che se l’attiguo palazzo Bardoscia è datato fine 1789 è molto probabile che anche la torre sia della stessa epoca.
La torre ha base quadrata, è posta ad angolo tra Via Vittorio Emanuele II e Via Umberto I. Il vasto salone e le due salette che si aprono a sinistra hanno le volte a botte e, per gli amanti dei dati statistici e architettonici, si presenta con questi dati: l’altezza è di metri 18,37 mentre la larghezza è di metri 8,16; il quadrante, vero e proprio indicatore del tempo, incastonato in una cornice in pietra leccese, ha un diametro di centimetri 120; la lancetta delle ore ha una lunghezza di centimetri 40, quella dei minuti è lunga invece centimetri 50.

I numeri indicanti le ore sono in caratteri romani e il numero che indica le ore “quattro” è graficamente rappresentato con il segno IIII e non IV come detta la grafia romana. Questo fatto è dovuto, forse, per simmetria grafica all’interno del quadrante. Molti, comunque, sostengono che invece è una caratteristica degli orologi da torre.
Osservando la torre si evidenziano due cornicioni marcapiano che la segmentano in quattro ordini: il primo è sostanzialmente molto semplice; il secondo ordine invece è stato abbellito con gli stemmi sabaudi e con l’iscrizione dedicatoria; il terzo è riservato esclusivamente al quadrante dell’orologio; il quarto ordine chiude con il timpano dove, all’interno di una monofora aperta (arco), sono ospitate due campane in bronzo, oggi in pessimo stato.
Per accedere alla stanza dell’orologio bisogna arrampicarsi su 21 scalini di una poco agevole scala a chiocciola, molto stretta, consunta dagli anni, che conduce sul terrazzo e da qui, attraverso un’altra ripida scala di 15 scalini, si entra nella magica stanzetta dove la meccanica della sveglia cittadina ci appare in tutta la sua bellezza.
La cittadina macchina del tempo è di grandi dimensioni ed è ancora oggi meccanica, azionata da ruote dentate in cui sono state praticate delle tacche regolari con larghezza proporzionale al numero dei rintocchi che devono suonare. La velocità è regolata da una ruota a paletta frenata dall’attrito dell’aria; invece la forza motrice è fornita da tre enormi massi in pietra leccese, legati con cavi di acciaio molto flessibili. Il peso delle pietre varia in base alla grandezza della campana su cui battono le ore. Questi cavi si avvolgono ad un cilindro quando vengono manovrati, ogni ventiquattro ore, dal-l’addetto alla carica con una manovella. La velocità di rotazione è controllata da un pendolo, che consente ai pesi di scendere lentamente sino a piano terra. Il pendolo serve a rallentare o ad accelerare la marcia alle ruote che compongono il meccanismo dell’orologio; l’ora invece è regolata da un disco girevole. Tutti questi ingranaggi sono legati da un sistema di scappamento ad ancora.
La macchina poggia su travi in legno sostenute nel muro per contrasto ai pesi. La molla, dopo essere stata avvolta, inizia a svolgersi facendo girare gli ingranaggi che muovono le lancette delle ore e dei minuti a velocità diversa attorno al quadrante. La carica al nostro segnatempo è a cura di Gianni Venturiero che continua imperterrito a salire e scendere le ripide scale. Egli è l’erede di quella passione e volontà di tutti quei cittadini che per anni sono saliti in cima alla torre, con la pioggia battente, con il caldo e con il freddo.
Grazie alla loro costanza le lancette non si sono fermate e hanno continuato a tenere attiva la sveglia cittadina. Nel lontano 1991 l’ingranaggio della storica torre civica si fermò alle 12,10 o alle 00,10?
Le campane
Le campane, messaggere civiche, sono un esempio di architettura laica legata all’Universitas e un bene artistico che come tale va protetto. Hanno molte funzioni: segnalano allarmi o adunanze o funzioni religiose o di orologio che scandisce il tempo.
La voce campana, che molti credono di origine gotica, fu introdotta intorno alla fine del VII secolo e venne usata per la prima volta da S. Beda (672735), monaco e storico vissuto in un monastero benedettino in Inghilterra, considerato il più grande erudito dell’Alto Medioevo.
L’Accademia della Crusca, nella lessicografia, cita campana con aes campanum, nome con cui era noto il bronzo, lega metallica composta dall’80% di rame e dal 20% di stagno, metalli teneri, la cui unione nella lega permette di ottenere un materiale di grande durezza, a grani fini, dotato di caratteristiche di grande sonorità. Oppure il nome potrebbe derivare dalla forma di un vaso arrovesciato e sboccato, e fu adoperato per la prima volta da S. Paoli-no, vescovo di Nola, dalla omonima città in provincia di Napoli, dove vi era una miniera di rame. Alcuni umanisti chiamano la campana, in latino nola, dal nome della città dove furono ritrovate molte campane; altri invece sostengono che le prime campane siano state fuse in Campania, e da qui campana che sembra la più accreditata. Ancora oggi si brancola nel buio, nell’incertezza.
Le campane della torre cittadina hanno misure ben calibrate e adatte per la nota “la” e per il “re”; sono sprovviste di ceppo, cioè sono fisse, non oscillano e suonavano tramite il martello esterno e non con il battaglio. Sono entrambe ornate di ricami, di iscrizioni e di altorilievi a prova dell’eccellenza a cui era giunta l’arte di fondere il bronzo già nel 1700.
La campana piccola, quella posta in alto, batteva i quarti d’ora, molti anni orsono. Ha un’altezza di centimetri 55 e un diametro di centimetri 63; dalla dimensione possiamo ipotizzare un peso di 150 chili. Tra due bellissime cornici di motivi floreali reca un’iscrizione:
ANGELI MONGIÒ SINDICATUM A. D. 1762
Presenta una varietà di decorazioni: sul lato nord, in posizione centrale, vi è lo stemma civico, mentre sul lato sud si evidenzia un’immagine in rilievo, sulla superficie esterna del bronzo e costituente corpo unico con la campana stessa, che potrebbe essere un santo, forse S. Pietro.
La campana maggiore, quella che batteva le ore e oggi un cupo don allo scoccare dell’ora, ha un’altezza pari a centimetri 70 e un diametro di centimetri 85, con un peso presumibile di circa 200 chili; anche qui al centro, lato nord, lo stemma della città. Tra le due cornici si legge:
NOLA, HÆC, HORIS DENVNTIANDIS REFICITVR A.D. 1762 HORARIO RESTITUTO ANNO VULGARÆ
Questa campana per annunciare le ore fu rifatta nell’anno del Signore 1762 dell’era volgare dopo che fu ricostruito l’orologio.
Alcuni studiosi hanno letto, erroneamente, in quel “Nola” la contrazione di Vignola, oggi Pignola, piccolo centro della provincia di Potenza, famosa patria dei fonditori Olita e Bruno. È giusto chiedersi: «Da chi sono state fuse le campane dell’Orologio?». Stupisce, infatti, che le campane non sono “firmate” dal mastro campanaro.

Occorre ricordare che il 20 febbraio del 1743 un terremoto del nono grado della scala Mercalli, magnitudo 6.9, colpì tutta la penisola salentina, le isole Ionie e la Grecia, con epicentro nel canale d’Otranto. Le scosse durarono circa un’ora e l’intensità maggiore fu registrata nella vicina Nardò. Forse il rifacimento della campana e la ricostruzione della torre si devono ai danni che quel terremoto provocò anche nella città di Galatina.
La lapide
Al carabiniere Domenico Secondo Della Giorgia è dedicata la lapide posta sul lato ovest della torre. Insignito della medaglia d’argento, era nato a San Cesario di Lecce il 1° luglio del 1888 da Antonio e Matilde Rollo. L’anno seguente la famiglia Della Giorgia si trasferì nella non lontana Galatina, dove il padre assunse l’incarico prima di Guardia Municipale e poi di Comandante e dove nacquero gli altri cinque fratelli.
Da giovane lavorava come maniscalco e il 15 ottobre 1908 fu chiamato alle armi, arruolandosi nel novembre nel 5° Genio Minatori.
Lo troviamo a Messina e Reggio Calabria a prestare soccorso durante il terremoto del dicembre 1908 e per tale opera meritoria ricevere la Medaglia Commemorativa. Per la sua corporatura e per la sua altezza, raggiungeva il metro e ottanta, chiese di essere arruolato nei Carabinieri e il 26 maggio 1909 fu assegnato come Allievo Carabiniere a Piedi.
Promosso effettivo, è trasferito nella Legione di Napoli. In Libia prese parte alla guerra italo-turca e ricevette la seconda Medaglia Commemorativa. Ritornato in Italia, fu assegnato alla Legione Territoriale di Bari. Quando nel maggio del 1915 l’Italia entra in guerra contro gli Austro-Ungarici il nostro eroe viene aggregato al Reggimento Carabinieri Reali, 8a Compagnia Mobilitata, e raggiunge il territorio di guerra con la bandiera e la banda d’ordinanza: siamo alla seconda battaglia dell’Isonzo. Il 6 luglio 1915, sull’altura del Podgora, dove vi erano le trincee nemiche, vengono stanziati 30 ufficiali e 1.399 Carabinieri. In una rassegna dell’Arma dei Carabinieri leggiamo la drammatica giornata di guerra vissuta dai Carabinieri e da Domenico:
... la mattina del 19 luglio, dopo la consueta preparazione con tiri di artiglieria, il terzo battaglione, verso le ore 11, scattò dalla trincea verso le linee nemiche. Balza fuori per prima, l’ottava compagnia [alla quale apparteneva Della Giorgia, N.d.A.] seguita dal comando del battaglione, tenuto dal tenente colonnello Teodoro Pranzetti, poi la settima e la nona. Tempesta di fuoco del-l’avversario sulla zona di attacco. L’ottava compagnia, pur falcidiata, avanza lentamente con le due ali, e si frammischia con gli elementi sopravvenienti della settima, le tre compagnie giungono fin sotto i reticolati; molti morti per via. Tutti i superstiti resistono, attaccati a quei reticolati, pur sentendo l’inutilità del loro sacrificio. Quindi sopraggiunge l’ordine di ripiegamento.
L’attacco durò molte ore con lo stile dei combattimenti rapidi e ad orario che, per circa un anno, fino alla conquista di Gorizia, fu praticato nelle battaglie dell’Isonzo. Al reparto costò 53 morti, 143 feriti e 10 dispersi.
Il tenente Moscatelli, comandante del plotone, raccontava che nell’assalto il nostro concittadino venne ferito una prima volta da una raffica di mitragliatrice che lo colpì al braccio sinistro. Il tenente gli ordinava di ritirarsi, ma Domenico gli rispondeva: «Non mi mandi indietro, signor tenente, ho il braccio destro che funziona ancora, posso impugnare la baionetta per quei briganti». Continuava a dare nell’azione l’esempio ai compagni: giunto nelle vicinanze del reticolato, venne colpito alla testa e morì con il viso al sole e al nemico. Erano le 12,30 circa del 19 luglio 1915 e aveva appena ventisette anni. Nel suo portafogli fu rinvenuta una lettera, forse del giorno prima, dove era scritto: «Cara madre, domani andremo all’attacco della fortezza di Gorizia. Se dovessi cadere non piangete. Mandate gli altri fratelli quassù che ne è bisogno per la grandezza della patria».


Per questo suo atto di grande eroismo e abnegazione gli fu decretata la Medaglia d’Argento al valor militare alla memoria con la motivazione che oggi è leggibile sulla lapide tra Via Vittorio Emanuele II e Via Umberto I.
Il 25 luglio 1943, con la caduta del fascismo, dalla lapide venne eliminato il fascio littorio, ma non l’anno fascista (XIII E.F.).
L’Arma dei Carabinieri in pensione di Galatina ha dedicato a Domenico l’elegante sede di Piazza Alighieri. A lui è intitolata la caserma della Compagnia dei Carabinieri di Maglie ed è ricordato, dal 2001, nella toponomastica di San Cesario di Lecce, sua città natale. La sua eroica morte è stata illustrata su cartolina da Vittorio Pisani.

L’orologio di Noha
«... una piazzetta commoda ed un orologio che misura il tempo...», così leggiamo in una pagina dedicata a Noha dal giudice Tommaso Vanna.
La torre, sulla quale è allocato l’orologio pubblico, è in stile classico e termina con un chiostro di archetti dai quali sono visibili le campane. È stata costruita, probabilmente, intorno al 1861, come indica la lapide posta a circa quattro metri dal piano di calpestio. Giacomo Arditi nella sua Corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto scrive: «...un orologio pubblico eretto in piazza con denaro dello stesso benemerito». La torre, in stile classico, fu donata alla cittadina dalla generosità dei fratelli Orazio e Gaetano Congedo. Sul muro della torre è scolpito in uno scudo il loro stemma gentilizio: un albero di pino al naturale accostato a sinistra da tre stelle disposte: 1, 2; il centro del tronco di pino è attraversato dalla figura di un toro furioso.
Al di sotto dello stemma l’epigrafe:
NOHA FRAZIONE DEL COMUNE DI GALATINA CIRCONDARIO DI GALATINA COLLEGIO ELETTORALE DI MAGLIE DISTRETTO DI LECCE PROVINCIA DI TERRA D’OTRANTO 1861
Il quadrante dell’orologio è inserito nel corpo di un’aquila, simbolo di forza e coraggio: fu insegna delle legioni romane e negli stemmi esprime fedeltà all’Impero. Secondo alcune testimonianze, sia la testa che il fascio su cui si aggrappavano gli artigli furono rimossi subito dopo la caduta del fascismo nel 1943. Le lancette sono ferme, ormai da data immemorabile, alle ore 09,40 o alle 21,40. Marcello D’Acquarica nel suo catalogo I beni culturali di Noha scrive:
La prima versione della meccanica dell’orologio risalente al 1861 non è più esistente. Apparteneva ad una tecnologia più semplice e meno raffinata, costruita totalmente in modo artigianale, dai denti degli ingranaggi ai chiodi che ne bloccano la struttura. La seconda versione risale al 1911, anno della sua costruzione e installazione sulla torre dell’orologio in Piazza S. Michele. Costruita dalla Premiata Fabbrica Orologiai di Fontana Cesare di Milano, è la seconda generazione di orologi meccanici dell’inizio del ’900.

La macchina, completamente restaurata e inaugurata il 23 dicembre 2008, oggi fa bella mostra di sé nell’atrio della Scuola Media “G. Pascoli”, sezione distaccata di Noha, con funzione di studio e didattica.
Tra le carte d’archivio vi solo alcune delibere in cui la Giunta Comunale approvava, viste le spese sostenute, il pagamento a Giovanni Nocco e a Pasquale Monastero per la riparazione dell’orologio negli anni 1908-1909.
Nel 1913 abbiamo un nuovo impianto di orologio. La carica viene data da Pantaleo Rocca e la spesa per il petrolio viene desunta dall’art. 25 del bilancio prelevando £ 74,00 dal fondo riserva. Nel 1912 viene retribuito Giuseppe Potenza con £ 20,00 per la sistemazione dell’orologio.


BIBLIOGRAFIA
ARCHIVIO STORICO COMUNE DI GALATINA: Delibera del 27.11.1861 Delibera del 5.06.1862 Delibera n. 22 del 21.6.1877 Delibera n. 10 dell’8.5.1882 Delibera n. 38 del 30.5.1882 Delibera n. 77 del 24.4.1885 Delibera CC dell’8.04.1889 AA.VV., Guida di Galatina, Congedo Editore, Galatina 1994. ANTONACI ANTONIO, Storia di Galatina, Panico editore, Galatina 1999. ARDITI GIACOMO, Corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto, Stab. tip. “Scipione
Ammirato”, Lecce 1879, Ristampa anastatica, 1994.
D’ACQUARICA FRANCESCO,MELLONE ANTONIO, Noha, storia, arte, leggenda, Infolito Group Edito
re, Milano 2006.
D’ACQUARICA MARCELLO, I beni culturali di Noha, Edizioni Panico, Galatina 2009.
GUADAGNI CARLO, Nola sagra: 1688, Il Sorriso di Erasmo, Massa Lubrense 1991.
MINIERI ANTONIO, Compendio della terra di Nola, Palo, Nola 1973.
RIZZELLI RUGGERO, Pagine di storia galatinese: memorie, Tip. economica, Galatina 1912.
SIMONI ANTONIO, Orologi italiani dal Cinquecento all’Ottocento, A. Vallardi Editore, 1967.
VANNA TOMMASO, Urbs Galatina, Editrice Salentina, Galatina 1992.

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Di Marcello D'Acquarica (del 16/05/2018 @ 13:41:07, in NohaBlog, linkato 2040 volte)

Ore Sette. Quindici maggio duemiladiciotto. Noha. Ora X.

Sono stati eliminati i pini di via Castello che facevano pendent con le famose casiceddhre, bene culturale tutelato dal FAI.

Non entro nel merito delle procedure burocratiche che hanno portato all’abbattimento dei pini di via Castello; non entro nemmeno nel merito del codice legislativo della proprietà privata o pubblica. Provo semplicemente ad usare il buon senso. Ma qualcosa mi pare che non funzioni, o forse è colpa del solito decreto Martina già applicato in loco: non sia mai che la Xylella colpisca anche i pini marittimi: meglio eradicarli sani. Per prevenzione.

In una società che si definisca progredita si dovrebbe rispettare l'ambiente (e dunque ogni essere vivente che lo compone: piante incluse).

Se invece proviamo a guardarci intorno, il nostro territorio è invaso dal pensiero che bellezza equivalga a disordine (non diciamo sporcizia per non auto-offenderci) e che i due termini, evidentemente contrari fra loro, siano sinonimi e companatico di questo falso progresso.

Considerato che è atteggiamento civile e ritenere i pini, così come i beni che appartengono alla storia di questo paese, non di proprietà privata, bensì proprietà di ogni cittadino vivente e che nascerà in futuro sulla faccia della terra, mi chiedo come mai si perseveri nella distruzione del bene comune.

Non discuto sui danni che i pini avrebbero potuto arrecare a persone o cose, né voglio entrare nel merito dei costi che si sarebbero  per l’eventuale spostamento dei nostri poveri pini in un’area verde più adeguata (noi di Fareambiente lo avevamo pure proposto); ma se dobbiamo decidere se amputare o meno un braccio (sano, non malato) ad un componente della nostra famiglia, posto che questo nostro parente non fosse in grado di decidere da sé, non sarebbe forse un pizzico più democratico e morale riunirla tutta, questa famiglia prima di ogni fatidica ora X?

Perché quando vengono programmate opere straordinarie, che riguardano il bene pubblico, come in questo caso i pini di via Castello, la popolazione ne viene a conoscenza solo a cose fatte e non vengono pubblicizzati i progetti in ogni dettaglio?

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 03/05/2017 @ 13:38:14, in NohaBlog, linkato 1943 volte)

Caro dottor Serravezza,

scusaci se ti stiamo lasciando da solo in questo sciopero della fame e della sete contro il TAP, se nel nostro perbenismo di facciata rimaniamo stravaccati sui nostri comodi divani & divani, se ce ne fottiamo del mondo ubicato al di fuori dell’uscio di casa nostra, salvo poi stracciarci le vesti quanto capita al mondo di attraversare il tinello del nostro appartamento.

Scusaci, dottore, se parli ai sordi, ai muti, ai ciechi e ai cerebrolesi che siamo diventati, e se con il nostro silenzio-assenso stiamo permettendo alle multinazionali del capitalismo di rapina di fare nella nostra terra quel cazzo che vogliono, come l’import-export dei loro modelli fatti di finanza fasulla, di spazzatura, di mafia, di sterilità e morte.

Scusaci se non abbiamo fatto raggiungere il quorum richiesto al referendum sulle trivelle in mare, però poi andiamo in massa a votare alle primarie per scegliere il leader di un partito che ha trasformato la sinistra nell’opposto di se stessa (con il Jobs Act, per dire, è iniziato l’esodo del partito dal suo insediamento sociale) e ha sferrato un attacco micidiale alla nostra Costituzione.   

Scusaci, dunque, se non siamo riusciti ancora a liberarci di quarant’anni di monossido di democrazia cristiana, di venti altri di berlusconismo e dei prossimi venti di renzismo, e se stiamo riempiendo i nostri consigli comunali di gente impresentabile.

Scusaci ancora se abbiamo infarcito le nostre campagne di impianti fotovoltaici e pale eoliche con la scusa delle energie rinnovabili e alternative, e poi continuiamo a trivellare la Basilicata per il petrolio, a seguitare con il carbone a Cerano, a permettere i rigassificatori, e a farci penetrare da un tubo del gas senza manco proferire una parola.

Scusaci se resistiamo poco, non lottiamo abbastanza, non sogniamo più, e se alla verità intransigente che taglia, disaggrega e divide preferiamo gli inciuci, il partito unico della nazione, le grandi intese, le pacche sulla spalla, l’eterna trattativa stato-mafia.

Scusaci se applaudiamo ancora ai Twiga del Briatore di turno, se permettiamo un novello porto turistico a Otranto per grandi navi (e giacché anche un altro gasdotto, il Poseidon), se non mandiamo al diavolo la lady inglese e i suoi legulei che vorrebbero impiantare un villaggio extralusso a Sarparea, se stiamo uccidendo le nostre coste con non so più quanti stabilimenti balneari, e se vogliamo un’autostrada a quattro corsie fino a Santa Maria ‘de finibus terrae’.

Scusaci se abbiamo permesso l’eradicazione del Salento con il piano Silletti, non abbiamo reagito al decimo (de-ci-mo) decreto salva-Ilva (mica salva-polmoni), ce ne siamo bellamente sbattuti dello scempio Tempa Rossa, se sappiamo poco dei veleni della discarica Burgesi, e se crediamo che “sviluppo” e “ricadute occupazionali” si trovino nel funerale di trenta ettari di terreno dove impiantare l’ennesimo mega-centro commerciale.

Scusaci se abbiamo battuto tutti i record quanto a numerosità di tumori e neoplasie, e, nonostante tutto, stiamo ancora a chiedere le correlazioni tra i veleni che fuoriescono dalle ciminiere di un cementificio e le malattie: sì, vogliamo “i riscontri, le analisi, i numeri, le prove” - anche se le prove sono sotto gli occhi di tutti, ma nessuno le vede.

Scusaci, infine, se non sappiamo nulla di nulla, e se ci “informiamo” ancora guardando il Tg Rai (che non ti hanno cagato nemmeno di striscio), o Tele Orba o leggendo quotidiani caltagironei e altre mezze calzette più o meno prezzolate del Mezzogiorno.      

Scusaci tanto, dottor Serravezza, se siamo dei grandissimi stronzi.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 25/05/2017 @ 13:37:34, in Comunicato Stampa, linkato 1965 volte)

Galatina è tra i 363 Comuni che hanno i requisiti richiesti dal MiBact per la qualifica di Città che legge 2017.

Il Centro per il libro e la lettura  ha qualificato Galatina "Città che legge", inserendola nell’elenco delle  363 Amministrazioni comunali impegnate a svolgere con continuità sul proprio territorio politiche  pubbliche di promozione della lettura.

L’iniziativa, promossa dal Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo d’intesa con l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia),  “vuole riconoscere e sostenere  la crescita socio-culturale delle comunità urbane attraverso la diffusione della lettura come valore riconosciuto e condiviso, in grado di influenzare positivamente la qualità della vita individuale e collettiva”.

Una Città che legge garantisce l’accesso ai libri e alla lettura, organizza e/o ospita rassegne in grado di mobilitare i lettori e di attivare i non lettori, partecipa a iniziative congiunte di promozione della lettura tra biblioteche, scuole, librerie, associazioni, aderisce a progetti nazionali del Centro per il libro e la lettura.

E  Galatina,  grazie alle molteplici iniziative promosse ed organizzate in campo culturale, soprattutto in questi ultimi anni,  dall’Assessorato al ramo e dalla Biblioteca Pietro Siciliani, e che hanno interessato tutte le fasce d’età,  ha partecipato all’Avviso per la qualifica di Città che legge, ed ha superato la selezione prevista dal bando nazionale, dimostrando di possedere tutti i requisiti richiesti  dal MiBact .

Tra le attività  proposte per la candidatura si segnalano le iniziative svolte anche in collaborazione con  biblioteche, scuole e associazioni e librerie,  quali  La festa cittadina dei lettori, le rassegne  la Notte bianca della Cultura e l’Estate della Cuccuvàscia, nei cui calendari largo spazio viene dato alla diffusione della cultura del libro, il Mese della Memoria a cura del Presidio del libro di Noha, nonché l’adesione ai progetti nazionali del Centro per il Libro e la lettura (Libriamoci, Maggio dei libri e In vitro con gi eventi connessi: Festa del libro dei ragazzi e In culla).

Grazie a questo riconoscimento Galatina potrà accedere  ai  bandi di finanziamento che il Cepel lancerà a partire dal 2017, con l’intento di premiare i progetti più innovativi e meritevoli in base a categorie da definire.

UFFICIO STAMPA CITTA’ DI GALATINA

 
Di Redazione (del 02/09/2020 @ 13:36:52, in NoiAmbiente, linkato 1383 volte)

A proposito di “Ambiente” cominciamo a pensare che sia diventato uno dei tanti stereotipi per friggere aria, cioè aria fritta. In buona sostanza ci stiamo abituando a vivere nella sporcizia.

Infatti più se ne parla e più il disastro ambientale aumenta. Siamo parlando del consumo di territorio perpetrato dalle concessioni per l’urbanizzazione e relative colate di cemento senza mai pretendere un reso, vale a dire senza mai andare a verificare la percentuale di case abbandonate e decadenti in cui nessuno più vi abita ma che stanno degradando e permeabilizzando il territorio. Così non viene chiesto alcun reso agli utenti dei materiali plastici per attività sia agricole che di altro tipo, non viene chiesto il reso di nulla ma solo concessioni per altre montagne di materiali inquinanti che soffocano l’aria, la terra, l’acqua e la salute degli esseri viventi, e cioè il nostro benedetto “Ambiente”. Non c’è un freno che renda sostenibile il rapporto fra consumato e consumabile. Di questo passo non avremo futuro. Intanto i rifiuti, che fra l’altro compriamo grazie alla grande distribuzione, aumentano sempre più e insieme ad essi gli sprovveduti che pensano di disfarsene gettandoli per la strada.

E’ tutto cosi rapido il degrado che non c’è più nemmeno il tempo per pensare che è già arrivata una nuova epidemia, che si chiami xilella fastidiosa o Covid - 19.

Quindi abbiamo deciso di non stare soltanto a guardare e a lamentarci e che perlomeno fuori dalla nostra porta di casa, la nostra bella casa linda e pulita, non vogliamo più avere lo sporco. E qui mi riferisco esattamente a tutto quello che vedete anche voi ai bordi delle nostre vie, sui nostri marciapiedi, nelle nostre campagne, insomma ovunque dove noi viviamo. Dite che la cosa non è di nostra competenza? Che è qualcun altro che si deve prendere carico di pulire e magari di punire gli sporcaccioni?

Certo, sarebbe anche ora che in ogni assemblea consiliare e legislativa del nostro Comune di Galatina, per esempio, e di tutti quelli del resto del mondo, venisse posta al primo posto all’ordine del giorno, la questione ambientale, dovrebbe cioè diventare prioritaria. E soltanto dopo aver messo in sicurezza la salute degli esseri viventi e dell’Ambiente, preoccupandosi della salvaguardia del verde esistente, di impiantarne del nuovo, di punire chi inquina, solo allora preoccuparsi del resto.

Domenica 30 agosto, in poche ore, oltre duecento persone, iscritte in trentuno associazioni e organizzate dal C.A.S. (il neonato Coordinamento Ambientale Salento) lo hanno già iniziato a fare, anzi abbiamo iniziato a fare, perché c’eravamo pure noi di “NoiAmbiente beni Culturali di Noha”. Sono stati rimossi ben 500 sacchi di rifiuti vari, soprattutto bottiglie di vetro e di plastica, nel tratto di costa che va da Gallipoli a Lido Conchiglie. E tutto questo con il coinvolgimento dei Comuni interessati.

Speriamo che gli amministratori dei Comuni salentini, si rendano conto che occorre iniziare a lavorare sul serio contro questo malcostume, che è necessario attuare delle azioni per prendere in fragrante i colpevoli, occorre far rispettare le leggi sulla prevenzione degli incendi.  Siamo stanchi di respirare i fumi tossici dei rifiuti che ardono e mangiare plastica liofilizzata sparsa nei campi e quindi negli alimenti.  Dite che siamo in pochi e non riusciremo a far cambiare questo stile di vita errato?  E se tutti per assurdo ci impegnassimo a darci una mano?

Di seguito l’elenco delle Associazioni e gruppi di volontari che hanno partecipato sotto la rappresentanza del C.A.S.

Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali di Noha

 
Di Redazione (del 03/09/2021 @ 13:35:41, in Comunicato Stampa, linkato 724 volte)

A fronte di performance economiche solide come "il cemento", sarebbero però stati ridotti i monitoraggi ambientali. Da una lettura alle oltre 130 pagine del report divulgato da Colacem emergerebbe infatti un sostanziale incremento dell’utile dell’esercizio rispetto al 2019 da parte del gruppo industriale (il dato si riferisce alla totalità degli impianti, diffusi in Italia e all’estero), davanti però a una altrettanta, evidente riduzione delle spese di investimento per la protezione ambientale di diversi punti percentuali (due le voci riscontrabili a pagina 7 del dossier).

Alcuni dei dirigenti della Colacem, questa mattina, erano a Galatina proprio per presentare il 14esimo report sulla sostenibilità ambientale (che alleghiamo integralmente all’articolo), illustrando i propri progetti aziendali in un futuro di riconversione “green”. Ad essere assenti, semmai, erano i primi cittadini dei comuni limitrofi. Oltre a una manciata di amministratori comunali infatti, soltanto tre gli esponenti della politica locale: il consigliere regionale Donato Metallo, la presidente del consiglio pugliese Loredana Capone e l’assessore alla Formazione e lavoro Sebastiano Leo.

Eppure mancano ormai pochi giorni alla Conferenza dei servizi prevista per lunedì prossimo, presso la Provincia di Lecce, nella quale la società a capo di uno dei più produttivi cementifici italiani sarà chiamata a presentare la Vis, la Valutazione di impatto sanitario, sollecitata nei mesi scorsi dall’Osservatorio ambiente e salute presso il Dipartimento di prevenzione  della Asl salentina e su pressione di diverse organizzazioni ambientaliste e ben undici sigle mediche. Queste ultime, oltre a premere su una riduzione della pressione ambientale, hanno altresì richiesto di subordinare le autorizzazioni dell’impianto alla Vis.

Quella di lunedì 6 settembre anticiperà peraltro di un mese esatto un’altra data molto attesa: il 6 ottobre. Giorno in cui è prevista la sentenza del Tar del capoluogo salentino: il Tribunale amministrativo si esprimerà  in merito al ricorso presentato da cinque associazioni (Coordinamento civico Ambiente e salute, Italia Nostra sezione Sud Salento, CittadinanzAttiva Puglia, Forum amici del territorio e Noi ambiente e beni culturali) intervenute ad adiuvandum accanto ai sindaci del circondario per chiedere che l’autorizzazione provinciale all’impianto galatinese venga rilasciata soltanto sulla scorta dei garanzie sanitarie a tutela dei cittadini.

“Interrogata” dalla nostra testata circa la preoccupazione per un’area  (quella galatinese) ad alta incidenza tumorale per malattie polmonari, l’azienda ha garantito che fornirà tutte le risposte e i dati nel giorno della conferenza dei servizi, lunedì prossimo. Bisognerà dunque attendere appena qualche giorno per avere una risposta ufficiale su quelle connessioni tra emissioni inquinanti e cluster tumorali emerse dal rapporto Protos dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, che avevamo reso pubblico in un articolo pubblicato nel mese di maggio.

Valentina Murrieri

(Giornalista LeccePrima)

 
Di Redazione (del 16/05/2023 @ 13:34:13, in Comunicato Stampa, linkato 230 volte)

La Città di Galatina ha il piacere di invitarvi al quarto Job Day realizzato all'interno di Punti Cardinali:

"SALENTO CIRCOLARE. Il Tracciato per una Nuova Economia."

Gli anni della Transizione Circolare vanno verso un nuovo paradigma economico capace di ridisegnare attraverso la ricerca e lo sviluppo un diverso sistema della produzione che ridefinisce il rapporto tra     produzione e consumo di materia rispettando l’ambiente e i territori dove opera.

Scopo di questo JOB DAY, è FARE RETE per essere sempre più competitivi nei confronti dei processi di innovazione dettati dallo Sviluppo Sostenibile. Il Green Deal Europeo, gli obiettivi di riduzione degli impatti definiti dagli SDGs e l’Agenda di Parigi, il PNRR, le nuove disposizioni in materie di Economia Circolare, l’importanza crescente dei criteri ESG , delle misurazioni e delle certificazioni di sostenibilità, insieme alla crisi climatica, la crisi energetica e la crisi sanitaria, definiscono l’urgenza di dotarsi di luoghi capaci di “raccontare” lo specifico economico e l’impegno delle Comunità e dei Territori nei confronti del processo di Transizione e Trasformazione.

OBIETTIVI dell’ECONOMIA CIRCOLARE:

1.            l'estensione della vita dei prodotti attraverso la produzione di beni di lunga durata

2.            la produzione di energie rinnovabili

3.            le attività di ricondizionamento, la riduzione della produzione di rifiuti, la generazione di materie prime seconde dagli scarti di produzione

4.            una migliore qualità della vita all’insegna del benessere oggettivo e soggettivo e della Comunità.

L'evento si terrà Mercoledì 17 Maggio p.v. presso la Sede Confartigianato in via Matteotti snc, a Galatina (LE), a partire dalle ore 9:30.

Programma della giornata.

Dopo i saluti istituzionali del Comune di Galatina e di Luigi Derniolo, Presidente Confartigianato Imprese Lecce, interverranno e si alterneranno:

- dr. Paolo Marcesini, direttore del network di informazione Italia Circolare

- dr. Gabriele Cena, responsabile relazioni esterne della Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo)

- prof. Mario Fontanella Pisa, ricercatore della LIUC “Università Cattaneo” di Castellanza, consulente aziendale sulla sostenibilità e circolarità

- prof. Angelo Salento, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro presso l’Università del Salento.

 

Modera Ettore Bambi, responsabile progetti Confartigianato Imprese Lecce.

Ore 14.30 Confronto e dibattito

 Desk Comune Galatina
Rete Punti Cardinali

 
Di Redazione (del 18/01/2016 @ 13:33:58, in Affresco misterioso, linkato 2578 volte)

Abbiamo chiesto un parere ad Angela Beccarisi sul misterioso affresco spuntato per caso su di un muro del Castello di Noha. Ecco le sue prime impressioni scaturite dopo il sopralluogo della dottoressa esperta in beni Culturali, autrice di diverse pubblicazioni di storia e arte locali.

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Tanti interrogativi pone la scoperta di un piccolo affresco segnalato da Marcello d' Acquarica e l'Associazione Presepe Vivente di Noha, su un muro prospiciente l'attuale giardino del palazzo baronale di Noha ( fraz. Di Galatina).

Sulla stessa area sorge una torre merlata presumibilmente del XIII secolo, quando Noha viene citata in un documento del 1292 come casale, ovvero villaggio privo di mura. Da quella data, però, di fatti ne sono accaduti e il giardino del palazzo baronale e relative costruzioni hanno visto pesanti cambiamenti. Non ultimo la creazione di un pozzo artesiano tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso per la famosa distilleria Galluccio di Noha,  produttrice di brandy, nel mezzo di detto giardino e la creazione di un aranceto negli anni Cinquanta  che ha portato all'innalzamento di circa un metro del terreno.

E poi gli anni Ottanta con l'apertura della nuova strada Noha-Galatina che ha finito per dividere a metà la fabbrica Galluccio e l'aranceto in cui è stato rinvenuto l'affresco.

L'immagine riporta un cavaliere con l'elmo, su di un rosso cavallo e molto interessante risulta la porzione di intonaco che circonda l'affresco diversa dal resto del muro. Si tratta di uno strato di «coccio pesto (tecnica diffusa dall'epoca romana fino al secolo scorso),  di un secondo strato più sottile messo tempo dopo e infine una scialbatura di calce » (Angelo Micello).

Sembrerebbe che questa porzione di muro sia stata preservata nel corso dei secoli e abbia fatto da supporto al muro della fine del XVIII secolo. Viene da chiedersi come mai l'affresco risulti su una parete su cui non si evidenzia alcuna edicola votiva esterna e a poca distanza dal livello del terreno.

Affascinante l'idea che possa trattarsi di scene cavalleresche del XIII secolo, ma per avere conferme bisogna attendere studi più approfonditi.

Angela Beccarisi

 
Di Redazione (del 30/07/2018 @ 13:32:02, in NoiAmbiente, linkato 2073 volte)

Non entriamo nel merito delle ragioni per cui viviamo in un contesto diciamo così, poco curato, si aprirebbe una voragine incolmabile di accuse verso “altri” assenti e/o vandalismi indefinibili, e mentre attendiamo il ritorno del buon senso civico di chi non rispetta il bene comune e la restituzione di diritti elementari come può essere il decoro, pur condividendo il principio per cui nessuna associazione, cooperativa, onlus, e così via, debba sostituirsi allo Stato, presi da un tracollo sfrenato di dignità, noi di Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha, con il contributo di: alcuni cittadini privati, aziende commerciali, Fidas Noha, Acli, e la stessa Amministrazione Comunale (Deliberazione della Giunta Comunale n. 206 del 17-07-2018) , abbiamo deciso di ovviare (solo in una piccola parte) all’incuria e al degrado del bellissimo spazio verde, che è il Giardino Madonna delle Grazie. Molto c’è da fare per riportare il giardino ai fasti di quando venne inaugurato, seppur corredato con semplicità, era comunque fornito di panchine, cestini, vialetti recintati e alberi curati. Poi pian piano, non si capisce bene la ragione, anche questo angolo di bellezza, costato fatica e risorse economiche non trascurabili, sta rischiando di diventare come molte altre aree verdi nostrane. Abbiamo così deciso di restituire un po’ di decoro tramite l’installazione di alcune panchine, indispensabili ai familiari che accompagnano i loro bimbi al parco, e alle stesse persone che vogliono godersi il verde, una goccia d’ossigeno in questo mare di cemento che sterilizza, tutto e tutti, terra compresa.

Sappiamo benissimo che non basteranno poche panchine a ridare decenza al nostro giardino, tantomeno la mancanza dei vialetti o dei cestini per i rifiuti possono essere l’alibi per approfittarne e riempire il circondario di escrementi di cani (la colpa naturalmente non è dei cani, ma dei loro padroni che non provvedono puntualmente a raccogliere i "bisognini" che i loro animali lasciano per strada). E quindi, in attesa che l’Amministrazione Comunale provveda alle responsabilità per cui è chiamata, compresa la sorveglianza e la punizione di chi non rispetta le regole, crediamo sia prioritario salvaguardare il nostro stesso decoro che non è certo ben rappresentato dall’incuria che ci circonda. Ai “vandalini”, cioè i ai figli dei vandali, chiediamo di sfogare altrove la loro esuberante imbecillità.
Quindi, giusto per iniziare, stiamo organizzando l’acquisto e la relativa installazione di dieci panchine (nel 2002, come si evince dalla foto allegata, le panchine installate erano 20) corredate di targhette identificative del donatore, naturalmente coadiuvati e autorizzati per il rispetto delle normative, dagli Enti Tecnico/Amministrativi preposti.

Chiediamo a chiunque desideri essere parte di una comunità che vuole salvaguardare la propria immagine, di contribuire al progetto, comunicando le proprie intenzioni a questa redazione attraverso il sito “Noha.it”.

Il Direttivo di Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha

 
Di Marcello D'Acquarica (del 16/03/2023 @ 13:30:16, in Comunicato Stampa, linkato 288 volte)

Egregio Signor Sindaco, Dr. Fabio Vergine, egregio Presidente della Commissione per la tutela della salute dei cittadini e la salvaguardia dell’Ospedale S. Caterina Novella, Dr. Antonio Antonaci; egregi consiglieri tutti.

Noi del Direttivo NoiAmbiente e beni Culturali, che mi onoro di rappresentare, abbiamo preso atto, dal sito della Provincia (Albo Pretorio – Amministrazione Trasparente) che su Galatina ci sono nuove richieste di installazione e di ampliamento di siti per il trattamento di rifiuti pericolosi e non. E più precisamente:

  1. La richiesta di Ampliamento riguarda un sito già operante nella zona industriale di Galatina, la ECOM Servizi Ambientali, che si trova in via Portogallo, Contrada San Giuseppe. Nello specifico, la società Ecom S.A. chiede di aumentare la produttività con rifiuti CER (che come tutti ben sappiamo sono rifiuti ALTAMENTE pericolosi) integrando la produzione di circa 24.000 t/a. Dichiara nella relazione tecnica il gestore “….Per mutate esigenze di mercato..”.  Le attività ovviamente rientrano nelle autorizzazioni rilasciate in conformità alla normativa sulla sicurezza delle Aree Industriali, purtroppo decisamente meno restrittive delle aree urbanizzate. Dobbiamo infatti tenere conto che il sito, seppur rientrante nella fascia di rispetto dei 500 m. indicata dalle norme, è ubicato in prossimità dell’area in cui si è - e si sta- urbanizzando con abitazioni per uso civile. Per cui, è lecito dubitare che qualsiasi forma di tutela ambientale applicata, possa assumere in certe situazioni estreme un livello di pericolo differente.

 

  1. La richiesta di un nuovo sito invece, riguarda quella effettuata da ENTOSAL SRL, avente sede legale a Grisignano di Zocco (VI). La società veneta si propone di REALIZZARE UN IMPIANTO DI RECUPERO E SMALTIMENTO RIFIUTI PERICOLOSI E NON in via degli Andriani n°12/A Santa Barbara di Galatina (LE).

ENTOSAL SRL, di cui tanto si parla e si scrive in questi ultimi giorni, appartiene ad un gruppo di ben sei aziende facenti capo a Ethan Group spa. Operano a tutto campo nel settore dell’Ecologia, e sono le seguenti: ELITE Ambiente srl; EXECO srl; EURO VENETA srl; EMME TRASPORTI SRL; EXOREX srl. Tutte aziende del Nord Est, fra Vicenza e Padova, ma che estendono le loro attività nel Sud Italia.

ENTOSAL SRL acquisisce di fatto una attività di gestione rifiuti già esistente la cui autorizzazione è stata però revocata dalla Provincia di Lecce con determina n° 494 del 24/11/2017. “Con il nuovo impianto di Santa Barbara il gruppo Ethan vorrebbe offrire un servizio alle aziende del sud Italia, sia direttamente ai produttori sia agli imballaggi raccolti dagli altri impianti del sud Italia. “  (testo rilevato dalla Relazione tecnica del gestore proponente)

Si tratterebbe di attività di bonifiche ambientali, e consistono principalmente in: rimozione e stoccaggio dell’amianto (R12); miscelazione di oli ed emulsioni oleose (R12); stoccaggio provvisorio dei rifiuti anche pericolosi destinati allo smaltimento; trattamento di inertizzazione dei rifiuti (fanghi e polveri); raccolta e riciclo dei rifiuti agricoli, quali confezioni vuote di agrofarmaci, teli agricoli, reti, pneumatici, olio, filtri, batterie, trattamento di rifiuti pericolosi e non, finalizzato alla preparazione di miscele per termovalorizzatori o comunque inceneritori.

Occorre però fare molta attenzione, perché quello che è dichiarato nel verbale della C.d.s. del 12-12-2022, dove il Comune di Galatina, pur essendo informato non era presente, e mi riferisco ai volumi di rifiuti trattati, pari a “90.000 tonnellate anno, ripartita in 47.500 tonnellate di rifiuti non pericolosi e 42.500 tonnellate di rifiuti pericolosi”,  non corrisponde alle dichiarazioni che lo stesso gestore specifica nella sua Relazione tecnica allegata al fascicolo dei documenti richiesti dalla Provincia in sede di valutazione PAUR,  così dichiara ENTOSAL:

“…Nella logica di ottimizzare le potenzialità produttive dell’impianto e di servire le attività presenti sul territorio, non vengono definiti i quantitativi massimi stoccabili o lavorabili per ogni singolo codice EER lasciando pertanto la possibilità all’impianto di ottimizzare gli ingressi in funzione delle richieste di mercato”.

Inoltre, sempre nella relazione tecnica, ed esattamente alla pag.7, così dichiara la società proponente:

Con il nuovo impianto in Puglia, (e si riferisce naturalmente a Santa Barbara) il gruppo Ethan vorrebbe offrire tale servizio ai produttori degli altri impianti del sud Italia. Si fa inoltre presente che ad oggi Elite Ambiente (una delle sei consociate) svolge già un servizio di ritiro di suddette tipologie di rifiuti provenienti dal Sud Italia che verrebbero convogliate al nuovo impianto (sempre a Santa Barbara) con evidenti positive ricadute per i produttori dei rifiuti, sia in termini ambientali che di costi di smaltimento.”

Quindi se le 90 000 t/a dichiarate nel verbale della cds del 12 – 12 -2022 sono una quantità probabilmente spropositata rispetto alla sostenibilità del nostro territorio, aprendo le porte alle “variabili di mercato” ed alle “altre società del Gruppo Ethan”, ci ritroveremmo ad avere a che fare con una vera e propria bomba ecologica.

N.B.: tengo a precisare che le informazioni qui riportate sono tutte trascritte dalla Relazione tecnica depositata negli atti, in rete e disponibili al pubblico: AIA - AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE.

Conclusione:

l’importante aspetto riguardante la salute di ogni cittadino, è quello di una corretta comunicazione. I cittadini spesso si ritrovano coinvolti in inserimenti straordinari di attività impattanti sulla loro stessa vita, a cose fatte. Ed è bene dirlo, ci rimettono e ci rimettiamo in prima persona, non soldi, non stiamo parlando di soldi… ma della stessa vita. Sfortunatamente chi muore e soffre per colpa dell’inquinamento ogni giorno accanto a noi non sono solo alberi, di per sé un dramma tutto salentino, ma sono fratelli, parenti, amici, indiscriminatamente donne, uomini e bambini.

Ben vengano i progetti che portano vantaggi economici e occupazione nel nostro territorio, ma a che prezzo?

Anche noi vogliamo che sia curata l'immagine di Galatina, l’immagine di Galatina siamo tutti noi, che sia positiva e attrattiva, che i suoi valori abbiano credibilità, ma oggi più che mai è necessario un piano di difesa, far sapere all'opinione pubblica che davanti alla questione ambientale non si sta facendo finta di niente ma si sta attivando un programma, con lo studio sulle cause e relative azioni preventive. Quindi chiediamo:

  • di rispettare il principio di sostenibilità ambientale. Lo stesso che presuppone il giusto equilibrio fra la capacità della natura di rigenerare la quantità di biomassa che noi con le nostre attività – schiave di un fantomatico mercato - distruggiamo. La salute non ha il tempo di aspettare che la burocrazia sbrogli problemi così prioritari.
  • Chiediamo se davvero la nostra Terra, l’aria e la falda idrica già fortemente compromesse, hanno i requisiti per essere impregnate di ulteriori accumuli di sostanza non biodegradabili, quali quelle trattate da questi opifici e atri insalubri già abbondantemente concentrati sul nostro territorio?
  • Quale altra vocazione di sacrificio – oltre quelle già esistenti deve assumersi la salute della comunità di Galatina e del Salento?

Grazie per l’ascolto egregi signor Sindaco, Presidente Dr Antonio Antonacci e grazie a voi tutti consiglieri.

Presidente dell’Associazione NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina:

Marcello D’Acquarica 

 
Di Redazione (del 06/09/2018 @ 13:29:32, in NoiAmbiente, linkato 1627 volte)

Fu Aldo Moro a introdurla come materia curricolare nella scuola statale nel lontano 1958 ma successivamente la legge è stata totalmente esclusa dai programmi scolastici se non lasciata alla buona volontà degli insegnanti.

A breve però le cose potrebbero cambiare con l’arrivo dell’iniziativa di ANCI per una legge popolare, a cui partecipa anche Galatina, e quindi Noha.

Se ne parlava giusto ieri con l’Assessore Loredana Tundo, e cioè di un bisogno impellente di educazione civico culturale nella nostra comunità. La riflessione nasceva dal continuo logorio che il vandalismo in genere procura in modo vistoso ovunque si volga lo sguardo e vi si trova l’incuria e il degrado. Di fatto si ragionava nel caso specifico, dei beni comuni di Noha, e cioè i giardini pubblici con i loro arredi, la Trozza e i beni culturali storici, le aree private incustodite che diventano discariche abusive di materiali spesso pericolosi e nocivi alla nostra salute, le strade, gli edifici scolastici o pubblici in genere,  i marciapiedi, gli alberi, la piazza, insomma tutti quegli spazi che stanno al di fuori dell’uscio di casa ma che tutti condividiamo e viviamo.

http://www.comune.galatina.le.it/item/raccolta-firme-per-l-educazione-alla-cittadinanza

Il vandalismo non si limita alle malefatte del minore che, non educato o non seguito bene dalla famiglia, rompe i giochi dei giardini, né al cittadino che non raccoglie i bisogni corporali che il suo cane lascia in giro ovunque, il vandalismo va ben oltre. E’ l’indifferenza di chi non denuncia chi brucia la plastica, o chi sversa rifiuti ovunque, è la mancanza assoluta di presa di coscienza di ogni azione, compreso l’uso indiscriminato di prodotti chimici che avvelenano la terra e l’acqua, è il continuo non rispetto di tutte le regole del  codice stradale, come per esempio la guida senza cinture, con minori in piedi sui sedili anteriori, attaccatissimi al cellulare, parcheggiare in mezzo alla strada, ecc. Il vandalismo peggiore è proprio la mancanza di senso civico, di rispetto per l’altro, l’attenzione a non produrre rifiuti, l’azzeramento assoluto della gentilezza.  

Infine, e non per ultimo, la mancanza di educazione civica dei cittadini può anche diventare la causa di scelte rischiose per l’ambiente di chi governa il territorio (tipo inceneritori, TAP e/o Decreto Martina vari).

L’Educazione civica è alla base della formazione di un cittadino onesto intellettualmente, che ragiona in funzione del bene comune e partecipa al confronto sociale.

Quindi ben venga il ritorno  dell’educazione civica nelle scuole. Per il bene delle nuove generazioni che avranno a che fare con il futuro di questo Paese.

 

Il Direttivo

Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha

 
Di Antonio Mellone (del 04/01/2016 @ 13:29:11, in Presepe Vivente, linkato 2546 volte)

Caro Antonio Mellone,

quando ci siamo incontrati l’ultima volta al Presepe vivente di Noha,  per un attimo, alla fine dell’intervista che con il mio supporto (nel senso che tenevo in mano il microfono) hai fatto a mio fratello P. Francesco, ho temuto che, come nei tuoi soliti “agguati”, subito dopo, volessi fare un’intervista anche a me.

Dico “ho temuto” perché (come già accadde a quella del Presepe nella stupenda Masseria Colabaldi, che si erge ancora oggi fiera sul promontorio della serra nohana), avevo delle cose da dire, ovviamente; ma poco belle e quindi, giusto per non rovinare l’aria di festa che invece aleggia in tutta Noha per il felice evento, devo concludere così: “ Meno male che non mi hai chiesto nulla”.

Però qui, dove l’aria diciamo è per pochi intimi, te lo voglio dire lo stesso, il mio pensiero, a proposito del nostro magnifico Presepe.

Un Presepe unico, se non altro,  per la sua ubicazione. E’ inutile star qui a decantare e riscrivere cose trite e ritrite del castello di Noha, del ponte levatoio sulla torre, dell’arco a sesto acuto, delle casette (ca sta cadanu), del parco degli aranci con fontana ellittica, della torre con impianto elettrico da archeologia industriale, del magazzino delle botti dell’ex-distilleria Brandy Galluccio, della dirimpettaia Casa Rossa illuminata a festa (sia ca se vidia pocu, speriamo che presto venga abbattuto anche quell’altro muro di Berlino, come promesso dai proprietari). Punto.

Tanto si è parlato e scritto di questi  beni, che per molti oramai è cosa conosciuta. Anche se poi chi dovrebbe conoscerle meglio, finge, o proprio  non ha intelligenza a sufficienza (nu lli rriva, si dice da noi); e mi riferisco ai vari sindaci e assessori che fanno finta di alternarsi a palazzo di città. Non serve nominarli, in quanto somigliano molto alle bevande dei distributori automatici delle sale d’attesa: cambiano nome ma  il gusto è sempre lo stesso.

Veniamo al dunque, e cioè all’intervista mancata. Allora la prima domanda sarebbe stata: “Ci dici il tuo parere sul Presepe Vivente di Noha di questa edizione?”

Risposta: “Sono arrivato al punto che considero questo evento un Mistero dalla doppia valenza. La prima in assoluto è il riferimento all’evento cristiano che tutti conosciamo e (spero) consideriamo nella Sua radicale importanza.

La seconda (valenza del Mistero), è la forza silenziosa che muove braccia e mani, cuori e cervelli di questo popolo. Mi riferisco naturalmente ai figuranti, alle donne e agli uomini che lavorano nelle varie botteghe, e alle maestranze che costruiscono l’opera magna”.

Ti avrei detto caro Antonio, che questa gente, la nostra gente, compie ogni anno una rivoluzione.

Il termine “rivoluzione” richiama alla mente masse di popolo che si riversa nelle strade, e con bandiere e slogan, quando va bene, protesta e grida la sua rabbia per le ingiustizie da cui si vuole difendere.

Invece, i nostri amici del presepe ci insegnano che le rivoluzioni si possono fare brandendo il segno di pace per eccellenza. Ci insegnano che hanno capito cosa vuol dire “preghiera”, e con il loro sacrificio, perché tale è, pregano le nostre sconsiderate e innominabili “bevande calde”, che Noha attende il battesimo delle sue meraviglie storiche, che la storia di Noha non è da confondersi con quella di Galatina ma da “fondersi” in una unica forza.

Questo pregano e preghiamo.

Cari Sindaco Montagna e Assessore alla Cultura Prof.ssa Vantaggiato, la Soprintendenza attende ancora dal 2013 (http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=967) una risposta sui Vostri progetti che riguardano i beni Culturali di Noha”.

Con gratitudine.

Marcello D’Acquarica

 

Caro Marcello,

che dirti? Mi hai tolto le parole di bocca. Per quanto riguarda le domande, ma soprattutto le risposte.

Con altrettanta gratitudine.

Antonio Mellone

P.s. Continuiamo a lottare, caro Marcello, per i nostri beni culturali.  Purtroppo siamo ancora ai piedi della croce. Il primo gennaio nohano è stato purtroppo funestato da un atto criminale che ha semidistrutto uno dei simboli della Storia di Noha: la Trozza. Qui c’è ancora molto da fare. A partire dalla base, per finire alla cosiddetta altezza (cioè le suddette “bevande calde”).  

 

E’ stato il monopolio delle squadre baresi a caratterizzare semifinali e finali regionali del campionato Under 13, nella versione 3x3, offrendo delle prestazioni di buon livello e mettendo fuori gioco nei quarti e nelle semifinali i padroni di casa ,rispettivamente OLIMPIA S.B.V. GALATINA E SHOWY BOYS.

La manifestazione indetta dalla FIPAV PUGLIA ed organizzata dalla dirigenza dell’OLIMPIA S.B.V. si è svolta, nelle fasi eliminatorie (quarti e semifinali), in contemporanea sui due impianti galatinesi: Scuola Media “Giovanni XXIII” e Palasport “ Fernando Panico” determinando al termine delle eliminatorie le due squadre finaliste.

Nel primo raggruppamento sono confluite AKITA TEAM VOLLEY S. MARZANO, SCUOLA E VOLLEY ALTAMURA, SHOWY BOYS GALATINA e VOLLEY SAVA.

Fuori subito ai quarti S.Marzano e Sava , l’Altamura non ha trovato ostacoli e ha regolato la Showy Boys garantendosi il diritto di disputare la finale.

Il secondo gruppo invece ha annoverato PALLAVOLO S.VITO, OLIMPIA S.B.V. GALATINA,MATERDOMINI CASTELLANA e PRIMIGI ALBEROBELLO.

Quest’ultimi si sono imposti con facilità sui padroni di casa dell’Olimpia SBV Galatina e poi hanno battagliato con la Materdomini Castellana rimontando un set e conquistando la finale.

Lo spettacolo offerto dai giovanissimi primi attori ha infiammato il pubblico : la folta rappresentanza barese ha  sovrastato gli spettatori indigeni, ormai fuori dai giochi, tifando per i propri beniamini  in un crescendo di gara che alla fine ha visto prevalere la Primigi Alberobello.

Con il titolo di campioni regionali Under 13  è scattata per la Primigi anche la partecipazione alle  Fasi Nazionali  del Campionato in questione, a cui si unirà anche l’altra finalista Altamura a rappresentare il volley pugliese.

La premiazione , quale atto conclusivo della manifestazione,  ha registrato la presenza di autorità sportive e politiche che hanno consegnato i riconoscimenti rituali ad atleti e tecnici.

Registriamo la presenza del consigliere regionale Antonio Mattei, del vice presidente territoriale di Lecce Piero de lorentis, del vice presidente dell’Olimpia S.B.V. Francesco Liguori, di una gloria del volley salentino Dario Preste, del vice sindaco ed assessore alle politiche giovanili e allo sport Maria Rosaria Giaccari e della dirigente Istituto Comprensivo polo 3 , professoressa Rosanna Lagna.

Il protocollo federale non prevedeva una gara fra le due semifinaliste perdenti , pertanto coppe e medaglie federali sono state assegnate agli attori della finale regionale .

Gli organizzatori dell’evento però hanno inteso, di propria iniziativa, gratificare le squadre escluse dall’atto finale  con la consegna di medaglie bronzee a ricordo dell’evento.

A conclusione della serata un buffet a base di rosticceria e di una vasta gamma  di dolciumi ha allietato anche gli animi degli sconfitti.

allietato anche gli animi degli sconfitti.

Fase Regionale Under 13 Maschile (3vs3) - Finale

Gara

G

Data / ora

Squadra casa

Squadra ospite

Risul.

Dettagli

 

9836

1

06/05/18 19:00

SCUOLA & VOLLEY ALTAMURA

PRIMIGI ALBEROBELLO

0 - 2

8-1510-15

 

 

Pos.

Squadra

Punti

PG

PV

PP

S.F.

S.S.

Q.S.

P.F.

P.S.

Q.P.

Penal.

1

PRIMIGI ALBEROBELLO

3

1

1

0

2

0

---

30

18

1,67

0

2

SCUOLA & VOLLEY ALTAMURA

0

1

0

1

0

2

0

18

30

0,6

0

Piero de lorentis

 

 

Con questa puntata si chiude il laborioso lavoro di ricerca storica portato avanti dall’indefesso nostro concittadino e amico, P. Francesco D’Acquarica, un monumento vivente, un uomo del quale in Onore non si dirà né si scriverà mai abbastanza.

Nonostante le sue ottantatré primavere, sappiamo che P. Francesco è già al lavoro sulle sudate carte, pronto a farci intraprendere nuovi e appassionanti viaggi nel mondo della nostra affascinante (e talvolta misteriosa) Storia di Noha.

Con spirito di gratitudine, formuliamo a P. Francesco (e a tutti i lettori di Noha.it) il nostro fervido voto augurale.

La redazione

 

Questa è l'ultima parte della mia mia ricerca condotta fra archivi di curia e parrocchia. Attraverso un lungo percorso di circa 1200 anni di storia di Vescovi di Nardò e Parroci di Noha (anche se descritti sinteticamente) vi ho portato a conoscere persone ed eventi che in qualche modo hanno modificato il corso della vicende storiche della nostra cittadina. Don Donato Mellone, come potrete leggere, fu l'ultimo dei parroci di Noha legato alla diocesi di Nardò. Sotto il suo archipresbiterato la parrocchia cambiò giurisdizione, passando definitivamente sotto quella dell’arcidiocesi di Otranto e dei suoi Vescovi.

Il percorso dunque termina qui. Ma la storia, come la vita, continua inesorabile.

P. Francesco D’Acquarica

 

Antonio Rosario Mennonna (1906 - 2009)

Vescovo di Nardò dal 22 feb. 1962 al 30 set. 1983 

Motto: Ut ascendam in montem Domini

(Per salire sul monte del Signore)

Dal 1962 al 1983 i Pontefici furono:

            Paolo VI (1897-1978)                                           Papa dal 1962 al 1978

            Giovanni Paolo I (1912-1978)                             Papa dal 1978 al 1978

            S. Giovanni Paolo II (1920-2005),                   Papa dal 1978 al 2005

 

            Arciprete di Noha

            Don Donato Mellone (1925-2015),                   parroco dal 1963 al 2002

 

            Antonio Rosario Mennonna nacque a Muro Lucano il 27 maggio 1906. Frequentò i corsi ginnasiali presso il seminario arcivescovile di Benevento, insieme a Pasquale Quaremba (futuro Vescovo di Gallipoli),  grazie ad una borsa di studio. 

            Nel 1928 si laureò cum laude in sacra teologia. Presso l'università degli studi di Napoli ottenne invece la laurea in Lettere Classiche.

            Fu ordinato sacerdote, il 12 agosto 1928. Insegnò lettere nel seminario di Potenza e presso l'istituto vescovile parificato di Muro Lucano ove ricoprì anche l'ufficio di preside.

            Il 5 gennaio 1955 Pio XII lo elesse Vescovo di Muro Lucano. Qui rimase per 10 anni.

            Papa Giovanni XXIII (1881-1963), il 22 febbraio 1962, alla vigilia dell'apertura del Concilio Vaticano II, al quale partecipò assiduamente, lo trasferì la sede vescovile di Nardò quale successore di Mons. Corrado Ursi. Salvatore Rizzello, che confermerà suo vicario generale, lo accolse, a nome dell'intera diocesi neretina, i cui fedeli erano accorsi numerosissimi nel corso di una giornata torrida, il 23 giugno 1962, giorno della sua presa di possesso canonico.

            Tra le sue prime decisioni troviamo la prosecuzione della costruzione della nuova sede del seminario diocesano, opera voluta dal suo predecessore, le cui fondamenta erano state benedette il 31 maggio 1960. Il medesimo istituto venne poi inaugurato il 7 maggio 1964 dal Mennonna stesso e dal predecessore Corrado Ursi.

            Svolse 3 visite pastorali, negli anni 1964, 1970 e 1975, ed infine, una visita ad limina, verso gli inizi degli anni ottanta.

            Valorizzò la casa per Esercizi spirituali, Villa Tabor, in contrada Cenate. Visitò, più volte, all'estero, gli emigranti diocesani. Eresse 13 parrocchie e fece costruire 22 chiese.

            Indisse un pellegrinaggio mariano diocesano a Lourdes. Fece ristrutturare il palazzo vescovile grazie ad una legge ad hoc, per danni di guerra e, successivamente, la cattedrale. Grazie all’interessamento di Mons. Mennonna, la cattedrale di Nardò nel 1980 fu elevata al rango di basilica minore pontificia dal papa Giovanni Paolo II.

            Nel 1979 indisse, nel ricordo del 25º di ordinazione episcopale, un anno mariano che si svolse per tutto il 1980. Le celebrazioni, alle quali partecipò il domenicano P. Mario Luigi Ciappi (1909-1995), celebre teologo fiorentino suo amico, ebbero inizio il 31 ottobre 1979 in piazza San Pietro, a Roma. In quella occasione Papa Giovanni Paolo II, al termine della rituale preghiera dell'Angelus, alla presenza di Jacques-Paul Martin e di Stanisław Dziwisz, benedisse la nuova statua della "Madonna della Pace" e rivolse un caloroso saluto al vescovo Mennonna, al Clero, ai sindaci ed ai fedeli accorsi per l'occasione. La statua della Vergine fu poi portata, solennemente, in pellegrinaggio in tutti i Comuni della diocesi, Noha inclusa. A detta dello stesso Mennonna, Noha fu “una delle parrocchie più attive e meglio organizzate a ricevere il simulacro della Santa Vergine della Pace, ma soprattutto le Sue Grazie”.

            Nel 1980 proclamò la Madonna della Coltura quale “Patrona dei  Coltivatori Diretti” della diocesi. Per suo interessamento, Michele Mincuzzi, Vescovo di Lecce, nel 1981, estese il patronato della Vergine a tutti gli altri coltivatori dell'intera provincia  ecclesiastica dell’arcidiocesi di Lecce.

            Il 20 ottobre 1980, su delega di Mons. Nicola Riezzo, presso l’aeroporto militare di Galatina, Antonio Rosario Mennonna, con una corona di numerosi seminaristi, accolse e congedò papa Giovanni Paolo II in visita pastorale ad Otranto.

            Nell'estate del 1981, ai sensi delle norme canoniche, presentò a papa Giovanni Paolo II la rinuncia al governo pastorale della diocesi per raggiunti limiti d'età. Ottenne, a causa delle conseguenze del terremoto dell'Irpinia del 1980, una proroga del mandato, sino al 30 settembre 1983.

            Lasciò definitivamente la diocesi neretina, dopo aver salutato personalmente tutte le parrocchie, il 7 dicembre 1983, per far ritorno a Muro Lucano.

            Al momento della sua morte, avvenuta il 6 novembre 2009, all’età di 103 anni, era il decano dell'episcopato italiano ed il secondo Vescovo più anziano al mondo, dopo il vietnamita Antoine Nguyên Van Thien.

           

Relazione con la chiesa di Noha

            In questo periodo il parroco di Noha era don Donato Mellone.

            Il Vescovo Mennonna, come abbiamo già detto,  era arrivato in diocesi il 23 giugno 1962 e quasi subito dovette risolvere il problema della nomina del nuovo parroco di Noha. Il vecchio parroco don Paolo Tundo era morto quasi improvvisamente all’età di 74 anni il 30 giugno del 1962. Il suo viceparroco era un suo nipote don Gerardo Rizzo (1924-2007) che sperava di essere il successore. Le cose invece andarono in maniera diversa.

            Tra le vecchie carte di don Donato Mellone abbiamo rinvenuto una pergamena in ottimo stato con la quale il Papa Paolo VI (1897-1978) di sua propria autorità, affidava al quarantaduenne don Donato Mellone la parrocchia di San Michele Arcangelo in Noha, senza concorsi e senza esami, quando invece, a norma del Diritto Canonico, concorso ed esami erano a quel tempo richiesti. Addirittura il Papa si era personalmente disturbato per la parrocchia di Noha.

Perché il Pontefice intervenne personalmente per stabilire la successione di don Paolo Tundo? Il documento papale in questione dice: “[...] Su segnalazione del nostro fratello, il Vescovo di Nardò, con l’autorità apostolica, senza concorso e senza esame, la conferiamo e la assegniamo a te”.

            Possiamo accennare qui ad una situazione piuttosto delicata che si era venuta a creare al momento della morte dell’arciprete Mons. Paolo Tundo. Il successore naturale sembrava che dovesse essere don Gerardo Rizzo, suo nipote, che già era anche il suo viceparroco.

            Intanto bisogna tenere presente che prima della riforma del 1983 voluta dal Concilio Vaticano II, il Sacerdote candidato alla parrocchia doveva “vincere” un concorso sostenendo e superando un esame davanti ad una commissione e, una volta eletto (dal Vescovo), era inamovibile. Solo in seguito a morte o a personale rinuncia, o anche per promozione ad un incarico superiore, il Vescovo poteva rimuovere il parroco dal proprio servizio pastorale.  Attualmente, invece, l’incarico di parroco viene conferito direttamente dal Vescovo diocesano senza concorsi e senza esami per una durata di nove anni, e perciò a tempo determinato. Allo scadere dei nove anni il Parroco deve essere disponibile all’avvicendamento, e il Vescovo potrebbe destinarlo a nuovo incarico.

 

            Pare però che don Gerardo incontrasse qualche difficoltà nel superamento di questo concorso, o forse ne era nata una contestazione. Così, onde evitare ogni tipo di complicazioni, il Papa in persona, dopo un anno e tre mesi di “sede vacante”, richiesto dal Vescovo di Nardò pro-tempore, Mons. Antonio Rosario Mennonna, che proponeva don Donato Mellone, diede direttamente il mandato di Parroco a quest’ultimo, senza concorsi e senza esami, data anche l’esperienza decennale maturata nella parrocchia di Santa Maria al Bagno e Santa Caterina di Nardò, “contro ogni appello di coloro che avrebbero potuto vantare pretese diverse”: Decernentes irritum et inane quidquid in contrarium attentatum fuerit vel contigerit attentari. Linguaggio latino ecclesiastico molto semplice e molto chiaro. Così nel 1963  don Donato Mellone divenne arciprete di Noha.

Nipote dell’arciprete don Paolo Tundo da parte materna, don Donato era nato a Noha nel 1925. Nel 1948 fu ordinato sacerdote.

            Un problema urgente che si presentò a questo arciprete fu l’instabilità statica dell’antichissima Chiesa Madonna delle Grazie. Anzi la trovò già inagibile perché pericolante. Il Comune di Galatina offriva 1750 mq di terreno che poi divennero 3000 per costruirne una nuova, in cambio del suolo su cui c’era l’antica chiesa che, purtroppo, fu demolita. Sicuramente Noha ci ha guadagnato con la costruzione della nuova chiesa terminata agli inizi del nuovo millennio, con tutte quelle strutture oggi necessarie per la pastorale come le varie salette per aule di catechismo, salone parrocchiale, sala giochi, uffici per il parroco e spazi anche all’esterno. Ma la demolizione dell’antica chiesa ottagonale fu una grave perdita: un tempo a Noha ma anche altrove i beni culturali non erano una priorità. E a proposito di questa demolizione è opportuno precisare che non fu solo responsabilità del parroco ma soprattutto delle autorità competenti del Comune di Galatina, che preferirono la demolizione al restauro di quella chiesa.

            Fu di questo tempo la costruzione della casa canonica quasi di fronte alla chiesa parrocchiale, molto utile per le opere parrocchiali. E' anche di questo tempo il rifacimento dell’altare maggiore della chiesa madre secondo le nuove norme liturgiche. A  mio parere la demolizione di quello vecchio è discutibile: si poteva conservarlo pur creando quello moderno. Fu anche tolto il vecchio organo a canne e a mantice, sostituito con uno nuovo della Ditta Continiello di Monteverde Avellino inaugurato nel 1971.

            Il Vescovo Mennonna spesse volte si recò a visitare la parrocchia di Noha e incontrò Don Donato. Oltre alle diverse visite pastorali compiute in quegli anni venne per esempio nel 1964 a benedire la campane del cimitero; nel 1973 partecipò, insieme ad altro clero, ai festeggiamenti per il XXV di sacerdozio del parroco; benedisse e inaugurò il nuovo altare maggiore e il nuovo organo a canne; benedisse la casa canonica e anni dopo la nuova sacrestia. Infine, qualche mese prima di lasciare la diocesi benedisse e inaugurò con il calcio a un pallone il nuovo stadio comunale di Noha, assistendo alla partita amichevole Associazione Calcio Noha – Unione Sportiva Pro-Italia di Galatina…

            La nuova chiesa della Madonna delle Grazie fu inaugurata l'otto dicembre 2001 quando ormai Noha non era più nel territorio della diocesi di Nardò ma in quello dell’archidiocesi di Otranto: fu certamente una data storica per tutta la comunità di Noha, una data che rimase scolpita nella memoria di molti suoi cittadini che, stretti attorno al loro parroco, inaugurarono, con la cerimonia di consacrazione e dedicazione alla Madonna delle Grazie, la nuova chiesa, gli annessi locali per le attività pastorali, la casa canonica e gli ampi saloni parrocchiali.

            Il nuovo complesso edilizio ubicato in una vasta area nella nuova zona presidenziale è opera grandiosa, monumentale, fortemente voluta e sognata da don Donato Mellone per molti anni.

            Per quest'opera, l'instancabile parroco, ormai di venerata memoria, profuse per tanti anni, impegno, energie, notti  insonni e i suoi risparmi.

            Alla cerimonia fu presente l'Arcivescovo di Otranto, mons. Donato Negro, vi erano numerosi sacerdoti, chierici e diaconi, il Sindaco ed altre autorità civili e militari. La comunità, riunitasi prima nella Chiesa Madre "San Michele", si mosse poi in processione solenne verso la nuova Chiesa dove una folla enorme attendeva già da tempo l'arrivo del corteo.

            Sull'ampio sagrato, l'ingegnere Vincenzo Paglialunga, prendendo la parola, descrisse le caratteristiche strutturali, tecnologiche, planimetriche dell'opera, consegnando, alla fine del discorso, le chiavi all'Arcivescovo, il quale, a sua volta, le consegnò all'emozionatissimo don Donato che aprì per la prima volta il portale ligneo della nuova Chiesa.

            Il rito si  concluse con il discorso del Parroco, che con voce rotta dall'emozione e da numerosi applausi, volle ringraziare tutti coloro che lo avevano aiutato a realizzare la nuova chiesa.

            Anche l'Arcivescovo, contravvenendo al cerimoniale, volle andare incontro al parroco e portandolo al centro, di fronte all'altare, disse: Ha ringraziato tutti, ma ora noi tutti ringraziamo don Donato. Un lungo applauso tributato a don Donato dai presenti, tutti in piedi, nella nuova Chiesa gremita fino all’inverosimile, fu l'espressione della gioia e della partecipazione più bella e più toccante.

           

Sacerdoti di questo periodo

            In questo periodo il Vice parroco fu sempre don Gerardo Rizzo, nipote di don Paolo Tundo da parte materna.

            Anche il sottoscritto è nato a Noha: vissuto quasi sempre lontano perché Missionario della Consolata, ma che ha conservato tutto l’amore e l’affetto per il paese d’origine. Anche don Francesco Turrino (classe 1954) è nativo di Noha, ma incardinato nella diocesi di Avezzano.

 

Suore di questo periodo

* Suor Anna Maria Misciali, nata nel 1944 e morta nel 2000, delle Suore “Discepole di Gesù Eucaristico”. E’ sepolta nel cimitero di Noha.

* Suor Anna Flaminia Scrimieri, nata nel 1914 e morta nel 1985. Anch’essa sepolta nel cimitero di Noha.

* Suor Agata Paglialunga (1913-2002) della Congregazione Discepole di Gesù Eucaristico.

Sono ancora viventi:

* Suor Carmelita De Lorenzis

* Suor M.Maddalena Piscopo

Anche queste Suore Discepole di Gesù Eucaristico. E infine:

* Suor Orsolina D’Acquarica, Missionaria della Consolata che ha vissuto per 30 anni in Amazzonia brasiliana.

            Don Donato Mellone, compiuti i 75 anni diede le dimissioni, ma il Vescovo di Otranto, Mons. Donato Negro, gli concesse (non richiesta) una proroga biennale, affinché fosse portato a termine e coronato il sogno della sua vita: vale a dire l’inaugurazione del complesso monumentale della Madonna delle Grazie.

 

Aldo Garzia (1927-1994)

Vescovo di Nardò dal 30 settembre 1983 al 17 sett. 1994

Motto: Evangelii factus minister

(Divenuto ministro del Vangelo)

Dal 1983 al 1994  il  Pontefice era:

            S. Giovanni Paolo II (1920-2005)                    Papa dal 1978 al 2005

 

            Arciprete di Noha

            Don Donato Mellone (1925-2015),                   parroco dal 1963 al 2002

 

            Aldo Garzia, figlio di agricoltori, era nato a Parabita, in provincia di Lecce,  il 3 maggio 1927.

            Giovanissimo entrò nel seminario diocesano di Nardò e, successivamente, per gli studi liceali nel seminario regionale Pio XI, di Molfetta, allora guidato dal rettore Corrado Ursi.

            A Napoli completò gli studi teologici, presso il seminario pontificio di Posillipo. Si laureò in teologia e in filosofia. Nella sua diocesi natale ebbe molti incarichi. Fu anche segretario particolare di Corrado Ursi e di Antonio Rosario Mennonna.

            Paolo VI, il 7 ottobre 1975, lo elesse amministratore apostolico alla chiesa titolare di Assidona e lo assegnò quale amministratore apostolico, sede plena, e vescovo coadiutore di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, in sostituzione di Settimio Todisco che era stato promosso arcivescovo di Brindisi. Alla morte del vescovo di Molfetta Achille Salvucci, avvenuta il 18 marzo 1978, Aldo Garzia divenne Vescovo della diocesi di Molfetta.

            Ricoprì anche l'incarico di amministratore apostolico, sede vacante, di  Bitonto e Ruvo di Puglia.

            Giovanni Paolo II, il 15 giugno 1982, lo trasferì alla diocesi di Gallipoli e nello stesso tempo lo nominò coadiutore del Vescovo Antonio Rosario Mennonna. Il 30 settembre 1983 divenne Vescovo di Nardò. Il 30 settembre 1986, in base alle disposizioni della Santa Sede riguardo al riordino delle diocesi italiane, fu nominato primo vescovo della nuova diocesi di Nardò-Gallipoli. Morì, a causa di una grave malattia, il 17 dicembre 1994, a Nardò. Fu sepolto nella cattedrale di Nardò.

 

Relazione con la chiesa di Noha

            A questo punto devo mettere un punto alla mia ricerca su “La Chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò”, perché fu proprio durante l’episcopato di Mons. Aldo Garzia che avvenne il passaggio della chiesa di Noha dalla diocesi di Nardò a quella di Otranto.

            In virtù del Decreto del 16 Luglio 1988 della Congregazione dei Vescovi per la revisione dei confini territoriali delle circoscrizioni diocesane della Provincia ecclesiastica di Lecce che vuole che i confini della Diocesi coincidano esattamente con i confini dei Comuni dello Stato Italiano, Noha, in quanto oggi frazione di Galatina, la quale a sua volta dipende dalla Diocesi di Otranto, il 26 novembre 1988 passò definitivamente alla Diocesi di Otranto. Il rito solenne del passaggio fu celebrato nella chiesa madre di San Michele Arcangelo in Noha alla presenza del Vescovo di Nardò Mons. Garzia e di Mons. Vincenzo Franco (2917-2016) che fu Arcivescovo di Otranto dal 1981 al 1993.

Così la nostra cittadina, dopo aver perso la sua autonomia politica nel corso della seconda metà del ‘800, perse anche il legame canonico, ma mai quello del suo, diciamo così, Dna strettamente legato alle origini e alla storia della sua diocesi primitiva.

            Terminano così la serie dei Vescovi di Nardò che hanno avuto relazioni giuridiche, pastorali, ecclesiali e, perché no, anche d’affetto con la chiesa di Noha.

            Peccato. Sì, perché l’appartenenza secolare alla Diocesi di Nardò in un certo senso identifica la storia della Comunità con quella della Diocesi.

            Ma quel che conta veramente è l’unità, dono dello Spirito, che ci fa volgere lo sguardo verso un solo Dio, un solo Signore, un solo Battesimo e una sola Speranza.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 28/12/2015 @ 13:27:46, in Presepe Vivente, linkato 2875 volte)

Il collaudato miracolo del presepe vivente di Noha che si rinnova annualmente in occasione del Natale è da ascriversi alla collaborazione, anzi all'unione che fa la forza dei seguenti gruppi associativi:

 
  •  Associazione Ragazzi del Presepe Masseria Colabaldi - Noha, 
  •  Fidas - donatori di sangue di Noha, 
  •  Acli - Noha, 
  •  Associazione L'Altro Salento, 
  •  CNA - confederazione nazionale artigianato - sez. di Galatina, 
  •  I dialoghi di Noha, 
  •  Associazione Amici dell'Allegria - Galatina,  
  •  Associazione Amici del Carro di Sant'Elena di Galatone,
  •  gli allevatori di bestiame che da ogni dove hanno popolato lo zoo del presepe con i loro splendidi esemplari di cavalli, asini, capre e pecore, maialini, bovini, e un'infinità di razze di volatili,
  •  il blog Noha.it (sempre presente con i suoi reportage sul presepe).   
 
Poi ci sono tanti, tantissimi altri Cittadini liberi e pensanti che hanno prestato senza tornaconto alcuno la loro opera manuale e intellettuale per l'allestimento della scenografia, la scrittura della sceneggiatura e la rappresentazione di una pièce teatrale straordinaria, apprezzata ormai anche al di là degli ambienti delimitati dai cosiddetti confini "provinciali". Il tutto, in un paesaggio intonso, fatto, tra l'altro, di beni culturali antichissimi e di rara bellezza.
 
Grazie a tutti, anche a quelli che eventualmente avessimo scordato di inserire nell'elenco.
 

Mel

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Egregi Signor Sindaco, Dr. Fabio Vergine, e Dr. Antonio Antonaci Presidente della Commissione per la tutela della salute dei cittadini e la salvaguardia dell’Ospedale S. Caterina Novella, egregi consiglieri tutti.

Siamo lieti per l’attenzione che la Commissione per la Salute, una grande opportunità per il benessere della comunità, impegna non solo sulla questione “Ospedale Santa Caterina” ma anche su altre problematiche collegate comunque alla salute dei cittadini. Ci auguriamo che questa Commissione diventi uno standard strutturale, per sempre, e non solo il proposito di una amministrazione.

Come referente dell’Associazione NoiAmbiente e beni Culturali e a nome quindi degli stessi soci, chiediamo quanto segue:

Facendo riferimento alla richiesta effettuata dalla Commissione, quella cioè di un tavolo tecnico permanente con AQP, il Sindaco Fabio Vergine e con gli Uffici comunali preposti, sulla questione che riguarda il presidio fognario in via Ascoli Piceno, (Un tavolo tecnico con AQP per pianificare gli interventi sul presidio fognario in via Ascoli Piceno - GALATINA24) e restando quindi in tema di prevenzione e tutela della salute dei  galatinesi, siamo qui a segnalare con forza  la dubbia  applicazione delle norme che riguardano la distanza delle aree urbanizzate dagli opifici della ASI Galatina/Soleto. Norme che, come ben sappiamo, sono purtroppo regolate da leggi anacronistiche, incompatibili con i cambiamenti avvenuti in questi ultimi decenni (T.U. delle leggi sanitarie R.D. 1265/1934). Se 50 anni addietro la distanza fra la zona industriale e le abitazioni poteva ritenersi adeguata alle attività  di quei tempi, e ai materiali di allora, oggi è chiaro che non è più così. Sono tante le variabili intercorse, fra cui l’elevato uso di prodotti nocivi e soprattutto l’aumento - non proporzionato all’ambito territoriale – dei volumi produttivi di alcuni opifici considerati fra i più insalubri dal quadro normativo europeo (Industrie insalubri | Quadro normativo - Certifico Srl).

Dobbiamo prendere atto che produrre in continuo e per decenni, seppur rispettando i limiti consentiti delle emissioni, è comunque dannoso alla salute (nessun limite può salvaguardarci dalla nocività degli inquinanti).

Dobbiamo altresì prendere atto che se il quantitativo delle emissioni di un opificio viene sommato agli altri (opifici), e così è in realtà, ciò scatena un eccesso delle emissioni difficilmente rientranti nelle norme dello SME (Sistemi di Monitoraggio in continuo alle Emissioni). E non ci sono regolamenti bastevoli alla tutela della nostra salute, viste le deleghe all’autocertificazione che spesso Arpa,  a quanto pare sia costretta a demandare agli stessi gestori. Tant’è che tutti gli studi epidemiologici esistenti definiscono la nostra una “area sensibile”. Dove Protos (Studio caso controllo relativo all'incidenza del tumore al polmone in Provincia di Lecce; convenzione tra la ASL di Lecce e l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, https://issuu.com/forumambientesalute/docs/report_ambiente_salute_in_provincia_di_lecce_2020) come sappiamo tutti, include Galatina tra i 16 comuni nell’area di Lecce e Maglie, il famigerato “cluster” con la più alta percentuale di tumori.   Lo stesso principio di precauzione (Trattato CE; ATTO/Comunicazione della Commissione, del 2 febbraio 2000, sul ricorso al principio di precauzione [COM (2000) 1) consiglia di non rischiare la salute di giovani famiglie che mettono al mondo bambini, la parte più fragile della società, costruendo abitazioni a ridosso di una zona industriale insalubre, andando per giunta nella direzione dove la concentrazione dei suddetti opifici risulta maggiore.

Comprendiamo gli aspetti tecnici e i costi di eventuali aggiornamenti di un PUG, ma davanti ad una situazione ambientale così a rischio non si può attendere oltre.  E’ necessario passare ad azioni più pratiche, come per esempio l’idea che qualcuno a suo tempo aveva già suggerito di circondare Galatina di grandi aree boschive. E’ opportuno ricordare che un albero, un solo albero, assorbe 15 kg di Co2 all’anno e regala due gradi di frescura in estate.

Chiediamo quindi a questa Amministrazione e a Lei Signor Sindaco:

  • di programmare con urgenza una variante al PUG,per ridurre in parte il rischio per la salute che corrono tanti cittadini inermi;
  • di non rilasciare altre concessioni abitative in questa area così “sensibile”;
  • di agevolare l’uso di spazi già urbanizzati, quindi già tolti alla terra, con adeguate attività di recupero degli stessi, favorendo tra l’altro la riduzione di consumo del territorio tanto declamato dalle norme Europee. Rapporto ISPRA 2020 sul consumo del suolo in Italia - BibLus-net (acca.it)

 

Grazie per l’ascolto egregi signor Sindaco, Presidente Dr Antonio Antonacci e grazie a voi tutti consiglieri.

Il Presidente dell’Associazione NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina:

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 13/08/2020 @ 13:26:26, in Fetta di Mellone, linkato 946 volte)

Con gli argomenti che mulinano nella mia testa potrei scrivere una fetta di Mellone al giorno. Ma c’è un ma: sono (sarei) in ferie. Dunque ho poco tempo a disposizione. Sta di fatto che, accavallandosi or ora tre temi che mi stanno pascalianamente a cuore, provo a concentrarli tutti in questa quinta Fetta una e trina.

1) Festival Organistico del Salento. Gli organi si danno delle arie.

Ci sono tanti modi per distruggere gli organi a canne. Uno è quello di incendiarli. Ne abbiamo avuto degli esempi fino all’altro ieri, con ecpirosi sviluppatesi non più tardi dello scorso mese di luglio a Favara, in Sicilia, e poi in Francia, nella cattedrale di Nantes. Gli altri metodi sono ancora più semplici. Tipo lasciarli marcire, riempire di polvere, zittirli. Per buona sorte nostra e dei nostri organi vitali abbiamo in loco dei leoni da  tastiera (nell’altro senso però), testardi e resistenti, i quali, anno dopo anno, e siamo al sesto nonostante tutto, hanno dato vita al Festival Organistico del Salento. Il quale anche nel corso di questo 2020, da agosto a ottobre, leggiadro e armonioso, insufflerà un bel po’ d’aria nei polmoni (cioè i mantici) degli strumenti a canne di mezza provincia, facendoli continuare a respirare. Tranquilli, nelle chiese dei concerti d’organo salentini non c’è mai stata la calca (alla “l” si può tranquillamente sostituire la “c”) della “Beach & Bitch Movida”, onde il distanziamento sociale, ma viepiù culturale, è assicurato. Come si evince dal cartellone, la maggior parte dei colpi sono sparati a Salve - ma, come diceva quello, il sito val bene una messa. Gli irriducibili organisti sono coordinati dal maestro Francesco Scarcella, direttore artistico della rassegna. Chiedo venia agli altri professori del Festival se non li cito uno per uno: non vorrei che, ecco, strumentalizzando la cosa, mi mettessero delle note sui registri. Anzi sì.

2) quiSalento. Si compra, si legge, si colleziona.

Se il Salento, di fronte a mille storture, mafie, devastazioni e neocolonialismo, conserva quel tocco di grazia che mi permette ancora di non darmela a gambe è dovuto a più di un motivo. Fra questi gli irriducibili ragazzi che, in cooperativa, nel 2018 han fatto rinascere quiSalento. Non so voi ma io vedo in Cinzia, Dario, Valeria, e poi ancora in Massimo Vaglio, nella nostra Francesca Casaluci, e negli altri collaboratori della testata, dei novelli Rina Durante, Maria Corti, Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Salvatore Toma, e pure Antonio Antonaci, riuniti in redazione per tirar fuori parole curate e immagini belle che, come si sa, influiscono eccome sulla realtà. QuiSalento è una delle poche voci amiche della nostra terra: mai leggeremo nelle sue pagine di “volani per lo sviluppo” (qualunque cosa vogliano dire), di “ricadute occupazionali” (specie quelle senza diritti: ricadute, appunto), e di “valorizzazione del territorio” (nel senso di applicazione di un prezzo e di un codice a barre a pezzi di storia e geografia che tutto sommato non lo meritano) – locuzioni invece di cui si stanno riempiendo la bocca molte delle facce (rieccole) impresse sui 6X3.  

3) Nicla Guido. Massa acritica, resilienza assicurata.

Si sa che durante il Ventennio 12 professori universitari su oltre 1200 rifiutarono il giuramento fascista. Quel pugno di professori – che ci rimise la cattedra - salvò la dignità dell’università italiana, che dico, dell’Italia intera. C’è una persona a Galatina che non le manda a dire, si espone, commenta su questo social che considera la sua “finestra sul cortile” (oddio, a volte si tratta di una finestra sul porcile), aborre i post emozionali strappa-like, sente puzza di sfruttamento da miglia di distanza, le canta di santa ragione al ducetto o alla du-Cetta di turno nell’impari lotta contro l’analfabetismo funzionale mai disgiunto dal becerume di certi gregari, riesce a vedere sempre l’altra faccia della medaglia, irride i perbenisti gementi e chiagnefottenti in questa valle di lacrime: cerca insomma di far capire che la vera democrazia non si misura dal consenso, ma dal livello di dissenso. Scusate se è poco. A fronte dei suoi atti di igiene politica, intellettuale e democratica, non solo riceve pochi “mi piace” (e ci mancherebbe pure che gli asini si mettessero ad applaudire sagacia e mordacia altrui), ma sovente diventa bersaglio di quella montagna di merda detta shitstorm. Quest’altra irriducibile cittadina che, insieme a qualche altro sparuto compagno, sta provando a salvare la dignità di Galatina e dintorni si chiama Nicla Guido, e sa bene che le aquile non volano a stormi. Ora mi auguro che dopo questa Aria sulla Quinta Fetta non mi quereli. Pure lei.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 12/01/2017 @ 13:25:32, in Lettere, linkato 5210 volte)

(foto inviataci da un lettore di Noha.it )

Ringrazio il cittadino di Noha che ha chiesto pubblicamente chiarimenti sull’attività della discarica controllata per rifiuti inerti speciali gestita dalla società “Ecologica De Pascalis”, situata a Galatina in località Masseria Colabaldi, perché mi permette di sciogliere dubbi e di dare informazioni corrette. “Domandare è lecito, rispondere è cortesia”, dice un vecchio proverbio, ma in questo caso ritengo la risposta doverosa sia come imprenditore, che come candidato che si propone di amministrare la città.  

Le mie aziende hanno una storia che per la società madre risale al 1950 e di cui sono solo un socio. Ogni imprenditore ambisce a una lunga vita per la sua azienda, ma è la cosa più difficile da ottenere. Non si arriva facilmente al traguardo della lunga vita di un’azienda: si raggiunge per capacità imprenditoriale, ma anche rispettando le norme. Mi preme poi precisare che anch’io vivo a Galatina con la mia famiglia, ci sono cresciuti i miei figli e i miei nipoti, qui vivono tutti gli affetti più cari e tanti amici. Aldilà della mia personale sensibilità alle tematiche ambientali rimane il fatto che se danneggiassi l’ambiente lo farei anche a mio danno e a danno delle persone a cui voglio bene.

E ora veniamo ai quesiti del cittadino di Noha preoccupato dei tanti tir che arrivano nella discarica controllata e per l’eventuale pericolosità del materiale stoccato. La sua preoccupazione verte, in modo particolare, sulle traversine ferroviarie che, secondo lui, non potrebbero essere smaltite nella nostra discarica in quanto non assimilabili al materiale edile. Si preoccupa anche, in caso di smaltimento legittimo delle traversine, di «chi controlla che il materiale non sia impregnato di sostanze pericolose in grado da provocare danni al terreno e alla falda acquifera sottostante». Tutte le preoccupazioni sono poi infarcite di rimandi a fatti di cronaca più o meno recenti: discarica di Burgesi e Gomorra che nulla hanno a che vedere con la realtà della discarica controllata per rifiuti inerti speciali gestita dalla società “Ecologica De Pascalis”. benissimo.

Tranquillizzare il cittadino nohano e tutti i miei concittadini è molto semplice: non devo inventare nulla perché l’attività della discarica controllata è assolutamente chiara e trasparente. Si tratta di una discarica controllata per rifiuti inerti speciali regolarmente autorizzata che, al momento, smaltisce anche traversine ferroviarie in cemento. La differenza tra queste e quelle in legno è sostanziale perché le prime sono traversine in cemento precompresso, particolarmente innocue e inerti. Sono realizzate con una semplice colata di cemento, nella relativa forma, senza subire alcun trattamento e l’aggiunta di alcuna sostanza. Nel momento in cui non sono più utilizzate sono classificate dal Catalogo Europeo Rifiuti (Cer) con il codice 17.01.01 dove il 17 indica la provenienza del rifiuto (rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione), lo 01 la famiglia a cui quali appartiene il rifiuti (cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche) e le ultime due cifre (01) indicano la tipologia del rifiuto da smaltire (cemento). Diverso il discorso delle traversine ferroviarie in legno impregnate con creosoto (una sostanza di composti chimici, anche cancerogeni) che sono considerate rifiuto speciale pericoloso.

La discarica controllata “Ecologica De Pascalis” non riceve traversine ferroviarie in legno e quindi non procura alcun danno ambientale. Le porte dell’azienda sono sempre aperte per i dovuti controlli e non ho alcun timore al riguardo. A disposizione dei cittadini metto un indirizzo mail (giampierodepascalis@libero.it) a cui indirizzare qualsiasi dubbio, richiesta di chiarimenti, segnalazioni di criticità.

Per chi, poi, vuole essere informato in modo dettagliato sulle differenze che ci sono tra traversine ferroviarie in legno e in cemento a seguire potrà troverà una descrizione delle differenze tra i due prodotti e i riferimenti normativi che regolano lo smaltimento.

 

Giampiero De Pascalis

 

Traversine in legno

Le traversine in legno sono state diffusamente utilizzate in passato  dalle Ferrovie dello Stato per la costruzione delle linee ferroviarie. A far data 01/01/2002, con l’entrata in vigore dei nuovi codici Cer (Catalogo Europeo Rifiuti) a seguito della Decisione 2000/532/Cee e s.m.i., le traversine ferroviarie in legno venivano riclassificate con codice Cer 17.02.04 (rifiuto pericoloso) che sta ad indicare “… legno contenenti sostanze pericolose o da esse contaminate” . Pertanto, da tale data, le traversine di legno impregnate con creosoto sono da considerate rifiuto speciale pericoloso, quindi non più riutilizzabili ai sensi del punto 9.1 del Dm 05/02/1998. Tale classificazione era dovuta, per l’appunto, alla sostanza, pericolosa (creosoto) utilizzata per renderle più resistenti nel tempo. Pertanto, le stesse, una volta rimosse dal tracciato ferroviario, possono: essere riutilizzate quale traversine o, in caso contrario, smaltite come rifiuti pericolosi, in quanto impregnate col predetto creosoto, composto fenolico pericoloso.

 

Traversine in cemento

Recentemente le predette traversine in legno, per l’eccessivo costo di smaltimento a fine vita e per la sostanza pericolosa utilizzata per la loro preparazione, avente un forte impatto sulle matrici ambientali, sono state sostituite da traversine in cemento precompresso, particolarmente innocue e inerti. Infatti si tratta di una semplice colata di cemento, nella relativa forma, che non ha subito alcun trattamento e l’aggiunta di alcuna sostanza.

A fine vita le traversine in cemento, che non sono più utilizzate nelle tratte ferroviarie, sono classificate dal Cer con il codice 17.01.01 dove il 17 indica la provenienza del rifiuto (rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione), lo 01 indica la famiglia ai cui appartiene il rifiuto (cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche)  e l’ultimo 01 indica la tipologia del rifiuto da smaltire (cemento).

Ovviamente stiamo parlando di traversine in cemento dismesse sulle quali sono passati solo dei treni e non sono mai venute a contatto con sostanze pericolose. Certo è che se al momento dell’accettazione del rifiuto in discarica si notano situazioni diverse da quelle dichiarate nel Fir (Formulario Identificazione Rifiuti comunemente detta “bolla” dai non addetti ai lavori), la discarica richiederà al produttore ulteriori analisi sul rifiuto, pur non essendo dovute né richieste.

 

L'Assemblea si svolgerà giovedì 10 maggio 2018 alle ore 19.00, in PIAZZA XXIV MAGGIO a NOHA, davanti alla nostra Antica Trozza.

Interverrà l'Assessore, Loredana Tundo, per informare la comunità sui progetti in agenda per Noha e anche delle ultime novità riguardanti la Trozza e i principali beni Culturali di Noha.

 

TUTTI SONO INVITATI A PARTECIPARE.

 

FareAmbiente
Laboratorio Galatina-Noha

 

 
Di Redazione (del 21/12/2023 @ 13:22:27, in Comunicato Stampa, linkato 107 volte)

Da un po' di mesi si discute su quale sia il ruolo dell’opposizione all’interno del Consiglio Comunale della nostra Città, sulla sua attività, sulle sue proposte.

La riflessione sull’argomento si è fatta più attenta dopo la pubblicazione di un post (15/11/23) da parte del    nostro Sindaco in cui riferiva: “ L’attenzione cresciuta intorno alla vicenda dell’ex kartrodomo ed al suo utilizzo durante il concerto dei Negramaro, impone che tutti gli atti siano vagliati con attenzione dagli organi amministrativi preposti”. Tale affermazione al di la del fatto specifico, presuppone evidentemente una mancanza di fiducia nei suoi collaboratori.  

Ma con precisione, cosa intendeva dire il Sindaco con questa sua dichiarazione?  A chi era rivolto questo invito? Forse è un rimprovero ai funzionari/dirigenti della sua amministrazione che non hanno avuto la giusta attenzione su alcuni atti amministrativi? Forse un tentativo maldestro di scaricare responsabilità su altri soggetti?

Le risposte si possono avere riscontrando le interrogazioni consiliari e gli esposti prodotti dall’attuale opposizione (non tutta per la verità) che tra l’altro, hanno fatto emergere scottanti realtà in merito a subconcessioni a società con scopo di lucro, per utilizzo di beni sequestrati ad organizzazioni mafiose.

A questo punto è opportuno e necessario chiedersi: se non ci fosse stata una opposizione attenta e informata, chi avrebbe fatto uscir fuori questo disastro?

   Ovviamente le opinioni sono diverse a seconda dei soggetti che si assumono l’onere di esprimere dei giudizi (molto spesso non richiesti e frutto di un tifo irrefrenabile), tutti legittimi in Democrazia, fermo restando il responso ufficiale da parte delle autorità preposte alle quali tutti si dovranno adeguare.

Da fatti e circostanze simili emerge, ancora una volta, la necessità di avere un forte “opposizione” che garantisca correttezza, vigilanza e controllo di tutti gli atti amministrativi e nell’interesse di TUTTI i cittadini, compresi anche quelli che legittimamente hanno appoggiato e appoggiano il Sindaco Vergine. 

Credo che tutti (o quasi) i consiglieri di minoranza abbiano un ruolo, forse più importante rispetto a quelli della maggioranza,  se non altro perché devono agire nell’ambito che gli elettori hanno assegnato loro, ossia il controllo e vigilanza sugli atti amministrativi e politici e se opportuno, fornire aiuti e suggerimenti per il buon funzionamento della “macchina”,  nell’interesse esclusivo della Città.

Fortunata è quella Nazione o Città  in cui insiste un governo o una  amministrazione che può contare su una forte opposizione, perché è grazie a questa che si garantisce una sana Democrazia.

Esattamente il contrario di quanto accade in realtà in cui ha preso piede un qualunque modello “consociativo”: in questi casi si assiste ad un lento declino della società, frutto di mancanza di controllo, vigilanza e proposte.

In questi contesti l’obiettivo non è quello di “premiere” chi più merita, ma chi meglio e più velocemente si adegua alle decisioni delle maggioranze.    

E sicuramente il ruolo del consigliere di minoranza (o di opposizione) è un ruolo scomodo, faticoso e impegnativo: deve studiare gli atti, verificare i documenti, proporre eventuali interrogazioni, interpellanze, mozioni etc.

Il consigliere di maggioranza in aula si limita a votare “SI”,  non sempre per convinzione e condivisione, ma spesso per dimostrare la sua fedeltà e il suo spirito di appartenenza. 

E allora perchè nel nostro contesto cittadino si continua ad assistere ad attacchi scriteriati, continui e lesivi della dignità personale di alcuni esponenti della minoranza? 

Per il futuro ci si augura che, ogni cittadino che ricopre un ruolo pubblico, nel proprio ambito con le proprie competenze e nel rispetto delle leggi, agisca solo ed esclusivamente per il bene comune, senza denigrare o sminuire chi ha idee diverse.

PARTITO DEMOCRATICO CIRCOLO DI GALATINA

 
Di Albino Campa (del 14/07/2011 @ 13:21:49, in Un'altra chiesa, linkato 2603 volte)

Un’idea sconclusionata si aggira per i meandri di menti superficiali e poco acconce alla problematica politica e anche religiosa che si ritrovano in molti dibattiti, convegni, giornali. L’idea è questa: Non si tratta più di parlare di politica nei vecchi termini di destra, sinistra e centro, ma di affrontare i temi concreti. Questa affermazione è becera, ingiusta, qualunquista e fuorviante perché vuole livellare tutte le differenze ideali che stanno dietro ogni scelta politica. Non a caso l’ha fatta sua il senatore Enrico Musso, ex Pdl oggi al gruppo «fritto misto» del senato. Per lui è importante differenziarsi per racimolare voti tra i cattolici perché se non c’è più destra e sinistra, lui sta al di sopra, quindi è affidabile. Per me è il contrario.

Non è vero che oggi non bisogna parlare di politica di destra o di sinistra perché urgono i problemi concreti. Questo modo di pensare la politica uccide la Politica e la trasforma in qualunquismo del peggior stampo. Destra e Sinistra non sono etichette che si mettono e smettono come sulle cassette da frutta, ma sono «visioni» di vita, prospettive antropologiche, angoli di visuale dell’organizzazione della società.

La Destra è classista perché mira al bene di una piccola parte, quella benestante, anzi ricca. Parla di mercato, ma poi corrompe i meccanismi per alimentare la crescita finalizzata non al bene comune di tutta la società, ma solo di quella che specula finanziariamente, che accumula con gli intrallazzi e le protezioni politiche, camorristiche, piduiste e religiose. La destra parla di liberalismo e meritocrazia, ma poi fa il contrario perché ritiene i detentori della ricchezza più liberali degli altri con privilegi propri e inamovibili. Promuove solo per raccomandazione, per utilità, interessi e casta. La Destra da che mondo è mondo ha sempre fatto gli interessi dei ricchi e si è sempre servita dei poveri per accrescere la propria ricchezza con lo sfruttamento, con il lavoro, nero, con il razzismo, con la demagogia, con ogni turpe accordo con chiunque purché sia turpe e garante di risultati, non importa come si perseguono. La Destra è sempre stata la rovina dei poveri e della gente perbene.

La Sinistra (a scanso di equivoci dico subito che oggi non esiste «più») dovrebbe essere (Oh! come è bello il condizionale che almeno permette ancora di sognare sogni nobili) la prospettiva della democrazia come condizione essenziale di convivenza dove ognuno è un valore in sé, indipendentemente da quello che «possiede». La sinistra è anche prospettiva socialista perché se la democrazia è l’affermazione del diritto di uguaglianza di tutti, il socialismo non può che essere lo sforzo di rendere realizzabile questo diritto e di estenderlo efficacemente a tutti. Non a caso la Costituzione parla di «rimuovere gli ostacoli» (art. 3). La Sinistra è l’economia vista e gestita dal punto di vista del lavoro, per cui pone la persona al centro del mercato e non i beni di produzione che sono solo strumenti che cambiano con il cambiare delle condizioni. La Sinistra dovrebbe avere cura dei più piccoli e dei più poveri, perché il suo obiettivo storico è eliminare non la sobrietà, che è e resta un valore permanente e uno stile di vita umano, ma la miseria come degrado dell’individuo e colpa di una società opulenta che ingrassa i pochi affamando i molti. La Sinistra ha come metodo la laicità che la condizione previa perché anche tutte le religioni possano trovare il loro spazio, la loro libertà incondizionata e la loro coesistenza pacifica. La Destra al contrario usa la religione paganamente e si allea con essa per interessi momentanei, passeggeri, spesso immorali. Per la Destra contano il fine giustifica i mezzi; per la Sinistra i mezzi devono essere adeguati al fine.

Non è possibile fare di ogni erba un fascio, perché se anche di giorno e non solo di notte, tutti i gatti son bigi, significa che questo o quelli pari sono e allora ci domandiamo perché fare partiti e programmi diversi, quando se non ci fosse alcuna distinzione tra Destra e Sinistra, allora tanto vale che vi sia un partito unico. Come nell’URSS che ebbe un partito unico ma non era di Sinistra, era semplicemente una Destra famelica e ignobile travestita da sinistri figuri.

In Italia Destra vuol dire Berlusconi, Fini, Casini, Bossi, Maroni, ecc. Sinistra non lo sappiamo ancora perché dobbiamo inventarla con in mano un programma intramontabile: la Costituzione italiana. Ad essa i cattolici onesti e coerenti allegano anche il Vangelo. Un cattolico non può costitutivamente votare a Destra o uomini di destra anche se professano i principi cristiani, specialmente se professano i principi cristiani perché li useranno sempre strumentalmente per i loro fini di casta e di economia di classe. La Destra cerca sempre l’appoggia della gerarchia cattolica o religiosa perché sa che la religione è un potente strumento di condizionamento sociale, un’arte per dominare le coscienze e piegarli a fini anche poco lodevoli e morali. Su tutta la vicenda Berlusconi, corrotto, corruttore, ladro, evasore, sfruttatore di minorenni, complice di tratta delle prostitute, spergiuro e immorale senza neanche l’ombra di una coscienza, i vescovi italiani hanno taciuto per viltà e vigliaccheria perché hanno preferito tutelare i loro interessi legislativi ed economici, le loro prebende. Hanno ucciso la profezia per la quale erano stati chiamati e si sono assisi sulla soglia del potente come cani a cuccia perché a libro paga.

La Sinistra dovrebbe essere tutto il contrario perché nel servire il bene comune, si dota di persone oneste, che non usano mai il loro potere per interessi particolari, escogita politiche che partano dal «basso» sociale e portare tutti non allo stesso livello, ma alle stesse condizioni di partecipazione, salvaguardando un minimo essenziale sotto il quale si deve parlare di povertà, se non di miseria. La Sinistra tutela i pensionati e gli operai, parola ormai scomparsa dal vocabolario degli usurpatori della sinistra che imperano oggi: ometti incapaci di coltivare il loro giardino e pretendono di governare il Paese. La rovina della Sinistra sono gli egoismi e le fazioni. Nessuno ha la soluzione per tutti, ma solo il popolo ha chiave per risolvere i problemi di tutti. Senza un popolo cosciente, libero, antifascista, nessuna Sinistra potrà mai avere la dignità di essere la Sinistra. Ascoltare il popolo è la via maestra per imparare a costruire la Sinistra che possa, come deve, essere alternativa alla Destra, che è la vera sciagura dell’Italia e del mondo perché la Destra è guerrafondaia, mentre la Sinistra dovrebbe perseguire la Pace come convergenza di ideali, di popoli e di culture. Senza condizioni.

Se un cattolico vota Destra, a mio parere, commette un delitto morale incommensurabile perché è complice delle conseguenze di chi, senza etica e senza vergogna, usa la «res pubblica» in modo osceno esponendola al ludibrio e alla dissoluzione. Venti anni di fascismo hanno portato l’Italia alla guerra e quindi alla fame e alla morte, alle leggi razziali e alla negazione della libertà. Quindici anni di berlusconismo al governo hanno portato l’Italia in due guerre «preventive», cioè illegittime e immorali, hanno diffuso il senso xenòfobo in tutto il pase, hanno distrutto lo stato sociale costruito sul sangue di chi è morto nelle Resistenza, hanno impoverito i poveri, hanno arricchito i ricchi, hanno devastato le Istituzioni piegate agli interessi di un solo debosciato che ha manipolato coscienze e libertà attraverso il potere e la corruzione dei mezzi di comunicazione di massa pubblici e privati (tv, radio, giornali, rotocalchi, ecc.). Un cattolico dovrebbe interrogare la propria coscienza, illuminata dal Vangelo, e scegliere sempre il bene, mai il male, nemmeno se dal male potesse venire qualche scampolo di bene. Il posto sociale di un cattolico è certamente a Sinistra, dove dovrebbe lottare e impegnarsi perché prevalga sempre l’interesse di tutti e mai di pochi.

Paolo Farinella,

prete – Parrocchia San Torpete - Genova

 
Di Redazione (del 13/06/2018 @ 13:21:07, in Comunicato Stampa, linkato 1099 volte)

Sabato 16 giugno 2018, alle ore 19.00, nel Chiostro del Palazzo della Cultura Zeffirino Rizzelli, piazza Dante Alighieri 51, Galatina, si terrà il Convegno sul Tarantismo NEI RI-MORSI DELLA STORIA, organizzato dal Polo Bibliomuseale di Galatina –gestore Libermedia/Servizi e formazione per i beni culturali– in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Galatina e curato da Salvatore Luperto, Direttore artistico del Museo civico “Pietro Cavoti”.

Nei RI-MORSI DELLA STORIA: un ritorno periodico sul tarantismo, sui “morsi” ciclici della “tarantola” per analizzarne gli aspetti moderni antropologici e creativi.

Dopo i saluti del Sindaco Marcello Pasquale Amante e dell’Assessore alla Cultura Cristina Dettù, i relatori, docenti dell’Università del Salento, Carlo Alberto Augieri, Eugenio Imbriani, Giancarlo Vallone, Gianfranco Salvatore con Mario Cazzato (architetto), Tony Candeloro (danzatore, coreografo), Tommaso Faggiano (documentarista) s’intratterranno su alcuni aspetti del tarantismo in particolare sulla parola evocatrice, sull’immagine e sulla devozione.

L’iniziativa ha lo scopo di introdurre una serie di convegni ciclici sul tarantismo e sugli attuali sviluppi nell’ambito creativo (arti visive, pièce in musica, danza, prosa e pièce drammatica) con l’obiettivo di restituire a Galatina il suo originario e antico ruolo di terra protagonista del fenomeno storico-sociale che caratterizza la cultura antropologica del Salento.

Durante il convegno sarà presentato il libro Il peso dei rimorsi, Ernesto De Martino cinquant’anni dopo a cura di Eugenio Imbriani e sarà proiettato, a chiusura della manifestazione, il cortometraggio Il fascino discreto del volto del santo di Fabrizio Lecce e Giuseppe Carrieri.

Ufficio Stampa di Galatina

 
Di Marcello D'Acquarica (del 15/06/2020 @ 13:20:28, in NoiAmbiente, linkato 1293 volte)

Stamattina, seguendo il consiglio di Lino Sparafochi (Lino, tra parentesi, è il più ambientalista di Noha, perché oltre a dispiacersi delle oscenità dei perbenisti pronti a sparpagliare ovunque l’unica vera cosa che più sono in grado di produrre, vale a dire la spazzatura, si indigna a tal punto da venirmelo a raccontare), mi sono recato verso la Vora, dove Lino aveva avvistato dei rifiuti, tanti rifiuti.

E così, recatomi sul posto, mi sono reso conto che a partire dalla chiesa Madonna delle Grazie e poi verso sud, fino a Sirgole, nohani & co. esprimono tutta la loro “sensibilità” in tema di rispetto per l'ambiente e, dunque di loro stessi. Tanto, per lavarsi la coscienza, è sufficiente raccontare ai bambini delle scuole la favoletta degli alberi da piantare, del Piedibus, delle cartacce ai giardini, ecc. ecc.

Queste diciamo persone saranno così sensibili e così preparate da cogliere subito anche la gravità di un’altra ventina di ettari di pannelli fotovoltaici che stanno cercando di impiantare nelle campagne di Collemeto e, subito dopo, in quel di Porto Cesareo. Così come, qualche annetto fa, furono attente e pronte a fare le barricate, insieme ai loro degni rappresentanti al comune di Galatina, quando qualche SRL (società a responsabilità limitatissima, prima di pertinenza di alcuni spagnoli, poi la proprietà della società passò ai tedeschi) tentò di infilzare la campagna di Noha con una settantina di ettari di loculi solari.

Tanto per dirne un’altra, nel triangolo davanti ai giardini Madonna delle Grazie, i soliti ignoti, hanno prima gettato delle tapparelle; poi siccome sembrava brutto che le tapparelle soffrissero di solitudine ci hanno aggiunto dei copertoni di seconda mano e, per il meritato relax, qualche poltrona e divani. Però, siccome in giro c’era un bel po’ di Salvione crestu, e poi piantine di Camomilla, e Carote selvatiche, e altri fiori di campo (definite dal volgo: “erbacce”), il piromane di turno ha pensato bene “di far pulizia” appiccando un bel fuoco catartico.

Potevano lasciare in pace almeno la zona del Calvario? Nossignore. Se Calvario è, lo sia fino in fondo, anche in senso letterale. Ebbene in questa zona i volontari di NoiAmbiente (ex Fareambiente), avevano piantato tre Querce, e un Noce invece era spuntato da solo. Hanno bruciato tutto, e giacché c’erano anche ombrelloni, secchi di plastica e varie ed eventuali.

Continuando in questa specie di “passeggiata ecologica”, giungiamo nei pressi della Vora. Dove non hanno ancora appiccato il fuoco.

Strano. Si saranno esauriti i fiammiferi? O il gas dell’accendino?

Tranquilli. Che ci vuole. Per l’“igiene del mondo” (chissà chi ricorda i roghi nazisti) questo e altro.

Ultimamente non sono uscito di casa per via delle norme sulla pandemia, e speravo che questo incidente improvviso del Covid avesse fatto riflettere un po’ tutti sul guaio che stiamo combinando a questa benedetta Terra che ci dà la vita.

Evidentemente mi sbagliavo. Abbiamo ripreso come e peggio di prima.

Forse Lino Sparafochi ha ragione: siamo degli ottusi (per non usare l’espressione più colorita che forse renderebbe meglio l’idea).   

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 12/05/2022 @ 13:20:13, in Comunicato Stampa, linkato 412 volte)

Presentazione del progetto Precious Plastic Salento

TALK + WORKSHOP sul riciclo artigianale della plastica
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Giovedì 12 maggio ore 19.00
Manifatture Knos - LECCE
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Con interventi di: Fridays For Future; Marcello D'Acquarica, Ass. Noi Ambiente e beni Culturali e Alfredo Melissano, attivista di Rete Ambiente e Salute Salento.

Djset di ManuFunk

Giovedì 12 Maggio 2022
Lecce, Manifatture Knos
Via Vecchia Frigole 36
Ore 19
Ingresso gratuito

L’Associazione Mobius Circle presenta il progetto Precious Plastic Salento in un dibattito pubblico sull’economia circolare ed un workshop sul riciclo della plastica. A seguire dj-set di Manu Funk.

In un mondo minacciato dai cambiamenti climatici, dall’esaurimento delle risorse e dalle instabilità delle relazioni internazionali, le modalità di consumo e produzione globalizzate non solo non rispondono alle emergenze della nostra epoca, ma non fanno che esasperare la crisi ambientale e sociale.
Transitare a una piena economia circolare, sociale, territoriale, decarbonizzata, è la strategia più efficace che abbiamo per affrontare queste emergenze e rendere le nostre comunità più auto-sufficienti e resilienti, e liberarne il potenziale occupazionale.
Durante il talk sarà presentato alla comunità “Precious Plastic”  un movimento di riciclatori artigiani che cerca di affrontare il problema dell’inquinamento da plastica in maniera innovativa e creativa, attraverso la sperimentazione del riciclo artigianale in Salento, con una prospettiva di impresa sociale.

Nel corso dell’iniziativa saranno illustrate le finalità di Precious Plastic Salento (promozione di modelli di economia circolare, cittadinanza attiva) messe in campo attraverso le attività progettuali nazionali ed internazionali attualmente in corso: Civic Monitoring, Comunità Circolari. Parteciperanno al talk: Fridays For Future; Marcello D'Acquarica, Ass. Noi Ambiente e beni Culturali e Alfredo Melissano, attivista di Rete Ambiente e Salute Salento.

Seguirà una dimostrazione delle funzionalità delle macchine utilizzate presso l’officina sociale dell’associazione.
Per tutta la durata dell’evento sarà possibile visitare il mercatino con le produzioni artigianali nate dal riciclo della plastica ed ascoltare la musica di ManuFunk.
Ingresso gratuito

 
Maggiori info: https://preciousplasticsalento.it/il-riciclo-artigianale-della-plastica-talk-e-workshop/
 

Mobius Circle APS | Ente Non Profit
website:  preciousplasticsalento.it
email:  mobiuscircleodv@gmail.com
address:  Manifatture Knos, via Vecchia Frigole 36, Lecce
Tel (+39) 351 987 1636

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/06/2023 @ 13:18:18, in Comunicato Stampa, linkato 316 volte)

A causa di una carente programmazione e di altrettanto carenti controlli, il Salento leccese si sta trovando sempre più spesso sulle rotte commerciali di importanti gestori di rifiuti speciali, anche pericolosi.

Sono numerose le autorizzazioni rilasciate in questi anni dalla Provincia di Lecce, e altre sono interessate da procedimenti amministrativi in corso, per una capacità complessiva di gestione di gran lunga superiore alle reali necessità del nostro territorio.

Ancora una volta, come per altri fenomeni di neocolonialismo come quello energetico, il Salento è nel mirino di speculatori di ogni parte d’Italia (e non solo) e soggetto a gravi devastazioni ambientali.

Il grido di allarme e l’appello ad intervenire tempestivamente viene da 19 associazioni culturali e ambientaliste locali; le cause, le responsabilità e gli effetti di questa emergenza saranno illustrate in un incontro pubblico che si terrà a Galatone giovedi 15 giugno alle 18e30, nei locali di Opera Seme, nell’area della Cantina Sociale Agricola Galatea 1931, sulla Strada Provinciale Galatone-Galatina al km 1.

Nell’occasione saranno raccolte le adesioni delle associazioni locali ad un Documento comune sul tema, che sarà inviato a tutti gli amministratori e gli operatori interessati, in modo da contribuire ad azioni di contrasto efficaci.

I firmatari:

Adottadog, AIRSA Ass. Indipendente Ricerca Salute Ambiente, Aria Pulita, Comitato Spina Morrone, Coordinamento civico Ambiente e Salute prov. di Lecce, Progetto Progetto Terra, Forum Ambiente e Salute, Forum Amici del Territorio, Galatina Storia Arte e Cultura, Galatone Bene Comune, Galatonesi a Raccolta, Isde Ass. Medici per l’Ambiente, Medicina Democratica, Nardò Bene Comune, Natural-Mente No Rifiuti, NoiAmbiente e beni Culturali, Nuova Messapia, Precious Plastic Salento, Salento Km 0.

 
Di Redazione (del 08/06/2021 @ 13:18:06, in Comunicato Stampa, linkato 860 volte)

Il 23 aprile 2021 è stato pubblicato sull'albo on-line della Provincia di Lecce l'ultimo mega progetto di fotovoltaico a terra.

Un impiantino industriale di fotovoltaico a terra per un'estensione di 103 ettari, pari alla grandezza di una città di 10.000 abitanti.

La capacità di produzione è di 60 Megawatt. La fantasia contorta è quella di spacciarlo per "impianto agro-ovi-fotovoltaico e biomonitoraggio ambientale" (è più facile colpire con il vocabolario: basta aggiungerci agro, bio, eco, green e altri detersivi del genere), ma nulla viene detto su 103 ettari di territorio agricolo e paesaggio naturale e storico trasformati di fatto in zona industriale. Con buona pace dell'articolo 9 della Costituzione Italiana, pensato dai nostri padri costituenti per difendere il paesaggio della Repubblica, un Bene Pubblico.

Per non farci mancare nulla, accanto all'impianto di 103 ettari citato, si unisce un altro che ospiterà pannelli in silicio per la produzione di 4 megawatt in territorio di Nardò. E poi ancora su Galatina, Lecce, Carmiano, Porto Cesareo, Copertino e via discorrendo.

Ormai abbiamo quasi perso il conto del numero di codesti “parchi” e la loro estensione totale, che un popolo sano di mente avrebbe chiamato “Consumo di Suolo vergine e naturale”. 

Sono altre centinaia di ettari di terra bellissima, ancora tutta da scoprire nelle sue testimonianze storico culturali e archeologiche, migliaia di muretti a secco e centinaia di antiche ville, chiese rurali e masserie, veri tesori in completo abbandono. beni unici al mondo che vengono continuamente tagliati fuori da ogni percorso se non addirittura fagocitati da "impianti agro-ovi-fotovoltaico e biomonitoraggio ambientale".

Chiediamo agli amministratori del territorio, e nello specifico al nostro sindaco Marcello Amante:

  • Perché si continua ad autorizzare nuovi impianti di fotovoltaici se il fabbisogno dei 4 milioni di pugliesi è già garantito dagli impianti esistenti?
  • Perché si continua a produrre energia con impianti cosiddetti verdi, se Centrali elettriche come quella di Cerano, continuano a inquinare con il carbone e altri combustibili fossili?
  • Cosa succederà fra pochi anni, meno di otto, quando tutti gli impianti obsoleti saranno improduttivi? Dove andranno a finire tutte le macerie installate e che fine faranno i nostri campi ricoperti da centinaia e centinaia di ettari di rottami?
  • Che terra stiamo lasciando ai nostri figli?

  • Comune di Nardò - Potenza 4 MW
  • Comune di Lecce - Potenza 30 MW
  • Comune di Galatina potenza 42 MW
  • Comune di Copertino - potenza 4 MW
  • Comune di Melpignano - potenza 20 MW
  • Comune di Nardò - potenza  68 MW
  • Comune di Lecce - potenza 7 MW
  • Comune di Galatina - potenza 23 MW
  • Comune di Carmiano potenza 4 MWp
  • Comune di Copertino 3 MW per un’area di 7 ettari
  • Comune di Galatina potenza di 44 MW per un’area di 21 ettari
  • Comune di Porto Cesareo - potenza di 7,5 MW per un’area di 9,5 ettari
  • Comune di Corigliano d’Otranto- potenza di 11 MW per un’area di 17 ettari
  • Comune di Campi Salentina – Guagnano potenza di 10 MWp per un’area di 17 ettari
  • Lecce 1 – Villa Convento- potenza di 7 MW per un’area di 17 ettari
  • Lecce-Surbo - potenza di 4 MW per un’area di 8 ettari
  • Comune di Soleto – potenza di 2,5 MW per un’area di 4 ettari
     

Il Direttivo di NoiAmbente e beni Culturali

 
Di Antonio Mellone (del 18/08/2016 @ 13:17:34, in NohaBlog, linkato 2754 volte)

P. Francesco D’Acquarica è un uomo incredibile. Ha 81 anni ma ne dimostra 18. Ha una voglia di ricercare, studiare, catalogare, prendere appunti sulla Storia e le Storie, e finalmente pubblicare, che manco un dottorando in ricerca di nemmeno trent’anni d’età.

Ho già scritto altrove di lui, e più volte. E anche stavolta non posso fare a meno di metter mano su questa tastiera per raccontarvene un’altra.

Come qualcuno di voi ormai saprà, quest’anno ricorre il decimo anniversario della pubblicazione del monumentale volume “Noha, storia, arte & leggenda” (Infolito Group, Milano, 2006) da me curato e scritto a quattro mani con P. Francesco e pubblicato grazie al mecenatismo di Michele Tarantino (che Dio l’abbia in gloria).

Non so come (il marasma nel mio archivio personale è tale che cercare e trovare un qualsiasi oggetto è come recuperare un ago in un bosco di pini marittimi), ho rinvenuto le fotografie della consegna del suddetto libro fresco anzi ancora caldo di torchio, proveniente da Milano su furgone e scaricato con muletti e transpallet nohani, e della sua presentazione in forma privata nel soggiorno di casa mia (stanza enorme usata la penultima volta, credo, alla mia cresima: adoperata invece in maniera diuturna da mia madre a mo’ di palestra per l’arte marziale delle pulizie, di cui ella è cintura nera non so più di che dan). La presentazione ‘urbi et orbi’, invece, avvenne da lì a qualche giorno nella sala convegni dell’Oratorio Madonna delle Grazie gremita come non mai.   

Dunque, in quella bella mattinata del maggio 2006 erano presenti a casa mia, come si vede dalle immagini, i compianti mons. Antonio Antonaci, il prof. Zeffirino Rizzelli e don Donato Mellone; nonché don Francesco Coluccia, parroco di Noha, e poi ovviamente il coautore P. Francesco, un suo collaboratore, e ancora Giuseppe Rizzo (che aveva scattato le foto di Noha dall’alto a bordo di un Tucano, un aereo ultraleggero decollato dalla pista di Ugento), la nostra Paola Rizzo, la maestra Bruna Mellone (che m’aveva dato una mano nella rilettura delle bozze), mio cugino Marcello, mio padre, mia madre e ‘the last & the least’ il sottoscritto.

Orbene, non ci crederete, un paio di mesi fa P. Francesco m’ha voluto fare un regalo straordinario per questo decennale.

“Senti, Antonio: sei a Noha? Ho una cosa da darti”. “Domani pomeriggio, dici?” “Io arrivo da Martina Franca verso le 18”. “Va bene, Antonio, ci vediamo alla ‘casa del popolo’?” “Molto bene, Antonio. A domani, allora”.  

Puntualissimo come sempre - e non come l’orologio della pubblica piazza di Noha (staremmo freschi) - P. Francesco si presenta da me in quella specie di ufficio di piazza San Michele denominato, appunto, ‘casa del popolo’ (che non è un covo di comunisti, ma insomma). “Tieni – mi fa – questo è il mio testamento”. E mi consegna un plico da cui estraggo un libro.

E’ uno stupendo volume a colori, con elegante copertina rigida verde vivo, e l’immagine spettacolare della torre medievale di Noha e, in quarta, il bell’affresco dell’Arcangelo nostro protettore, opera di Michele D’Acquarica (1886 – 1971). Il titolo del tomo di 302 pagine, finito di stampare a tiratura limitatissima il 27 marzo 2016 a Martina Franca per i tipi di Pubblimartina srl è, guarda un po’: “Noha, la sua storia e oltre..”. Sì, con tre puntini di sospensione nel titolo. Chi mi conosce sa che non amo tanto l’utilizzo di codesta punteggiatura. Ma stavolta ho capito il messaggio di P. Francesco, che suona più o meno così: “to be continued”.

E sì, P. Francesco non si ferma mai: altro che “questo è il mio testamento”.

Quando c’è da scrivere un articolo per il sito di Noha, o effettuare qualche ricerca d’archivio per una pubblicazione a più mani (della serie AA.VV.), o una relazione sui nostri beni culturali, o la biografia di qualche personaggio locale, chiedo sempre una mano a P. Francesco. Lui si schermisce sempre, dice che è difficile che ce la faccia, che ci deve pensare, che non sa da dove iniziare, che teme di ripetersi, e mille altre scusanti del genere.

Ora, siccome ormai lo conosco bene, io so che è sufficiente che gli scriva la traccia da elaborare, e magari gli ponga qualche domanda a mo’ di chiave di lettura sull’argomento da trattare, o che gli chieda qualche curiosità o ricordo in merito. Ebbene, all’indomani mattina, puntuale come il sorgere del sole, quando apro la mia posta elettronica non solo vi trovo l’articolo bello e pronto per la pubblicazione, corredato di foto straordinarie d’archivio, ma anche con tanto di commenti, chiose e glosse per specificarne i dettagli.

E’ fatto così questo ragazzo. Un insieme di ricerca, passione e soprattutto fede (in Dio, e nell’Umanità).

Non so come faccia. La mia pagina è sofferta, letta e riletta, limata, e poi ancora cancellata, rifatta daccapo cento volte. La sua scorre che è una bellezza. Avevano evidentemente ragione i latini: “Rem tene verba sequentur”.

Non so se sapete – e chiudo - che P. Francesco D’Acquarica è un esperto informatico e che ha raccolto in un database tutti i dati, i nomi, le relazioni, e mille altre informazioni contenute nei registri parrocchiali di Noha. E’ stato lui, per dirne un’altra, a rinvenire il racconto del miracolo del nostro San Michele Arcangelo avvenuto a Noha nel 1740, scritto a margine di un registro dei battezzati dell’epoca dal viceparroco di allora, tal don Felice De Magistris, e molte altre ‘indiscrezioni’ pubblicate nell’agile libello: “Curiosità sugli Arcipreti e persone di Chiesa a Noha”, edito da L’Osservatore Nohano nel 2011.

P. Francesco, ha svolto un lavoro immane durato decenni, consumandosi gli occhi su dei pezzi di carta mezzo sgualciti e corrosi dal tempo, scritti con grafie cangianti e a tratti indecifrabili, e in una lingua e in una sintassi non sempre facilmente comprensibili.

Poche parrocchie in Italia e nel mondo posseggono una catalogazione così puntigliosa e precisa come quella “creata” da P. Francesco per la parrocchia di Noha. Senza quest’opera certosina non sarebbero nate tutte le pubblicazioni sulla Storia di Noha, prime fra tutte “La Storia di Noha” del 1973 (ed. Borgia di Casarano). Mentre l’ultima non sarà certamente quella di cui sto discettando in queste note. Infatti, Francesco D’Acquarica è l’Andrea Camilleri di Noha: non riesci a terminare  la lettura di un suo libro (a proposito: di Camilleri è uscito il centesimo volume) che già ne è nato uno nuovo. Per dire.

Ci sono tanti motivi per celebrare con una monografia ad hoc il nostro P. Francesco D’Acquarica, Missionario della Consolata, giramondo per amore di Cristo (e dei poveri cristi d’America, d’Africa e soprattutto d’Italia), ma con il pallino della sua terra natia che in questo caso risponde al dolce nome di Noha. Sì, nel 2011 ha celebrato il cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale, lo scorso anno l’ottantesimo genetliaco, quest’anno i 55 anni di Messa, mentre si trova  svolgere il suo apostolato a Martina Franca (Ta), come detto sopra.

Ma il nostro “Scritti in Onore” (come altri ne abbiamo pubblicati su altri personaggi nelle edizioni de “L’Osservatore Nohano”) sarebbe roba di poco conto rispetto al monumento che questo gigante della nostra Storia locale (scritta ormai con la maiuscola, grazie anche al suo certosino lavoro) meriterebbe.

E di questo passo, più che tributargli uno “Scritti in Onore”, sarà lui a dedicare a noi altri uno “Scritti in Memoria”.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 11/05/2018 @ 13:17:04, in Comunicato Stampa, linkato 1014 volte)

È in programma domenica 13 maggio la XXIV edizione della campagna nazionale Chiese Aperte che l’associazione Archeoclub Italia organizza per far conoscere il patrimonio culturale italiano, accrescere la curiosità intorno ad esso, riportare all’attenzione e rendere fruibili una serie di monumenti storici ed evitare che scompaiano nell'incuria e nell’indifferenza. Una iniziativa che ha il patrocinio dell’Ufficio Nazionale per i beni Culturali Ecclesiastici e della segreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana. Archeoclub Terra d’Arneo Nardò/Galatina aprirà a Galatina la chiesa della Purità e a Nardò le chiese di Santa Teresa e dell’Immacolata.

Nella mattina di domenica la chiesa sarà aperta dalle 10 alle 12 e nel pomeriggio dalle 16 alle 19 a Galatina, con l’ausilio dei soci e degli esperti di Archeoclub che metteranno a disposizione degli opuscoli informativi e guideranno i visitatori a scoprire i beni. L’evento è aperto a tutti e le visite sono gratuite. Con le preziosi collaborazioni dell’Istituto Immacolata ASP si è provveduto a pubblicare un opuscolo informativo e di Pro Loco a organizzare una visita guidata alle ore 15.30. Quest’ultima partirà dalla sede dell’associazione, in Via Umberto I, dove sarà possibile prenotare la propria adesione all’iniziativa.

 “Quando una città custodisce un patrimonio artistico e culturale che ha scandito la propria storia - spiega l’assessore alla Cultura di Galatina Cristina Dettù - vanta un onore unico e irripetibile. Un patrimonio che non è statico e fermo, anzi genera giorno dopo giorno, generazione dopo generazione, momenti di pura emozione. La Città di Galatina non smette mai di stupire per i tesori, tanti e preziosi, che si trovano tra le sue mura. A Galatina, la manifestazione nazionale "Chiese aperte", giunta alla XXIV edizione, riempie di luce la Chiesa della Purità: un'occasione per respirare profumo di storia e di storia dell'arte, per ammirare la bellezza, per scoprire i particolari, per lasciarci andare alla sua unicità. Un'apertura straordinaria che si pone nella direzione di trasformarsi nell'ordinario. Un progetto, un augurio, una collaborazione proficua: almeno per oggi una realtà.”

“Bisogna riscoprire le antiche radici della nostra civiltà e le sue forme artistiche più suggestive - spiega Antonietta Martignano, presidente di Archeoclub Terra d’Arneo Nardò/Galatina - perché è un dovere collettivo e perché questi tesori non possono restare nascosti o sfuggire alla fruizione di tutti. Sarà una giornata dedicata alla conoscenza di pezzi di patrimonio di due città bellissime.”

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Marcello D'Acquarica (del 19/01/2016 @ 13:16:53, in Affresco misterioso, linkato 3932 volte)

Il primo giorno dei preparativi per la chiusura e il ritiro di tutti gli elementi della scenografia del presepe vivente dal giardino del palazzo baronale di Noha, mi decisi di fare un sopralluogo. Stavolta alla luce del sole.

Avevo notato che sul muro lato ovest della torre, e precisamente quello che guarda su vico Pigno (oggi via), persiste una fascia che parte dall’angolo ed è sporgente dal profilo della muraglia di circa una ventina di centimetri. La sporgenza parte dall’alto con un lieve distacco e scendendo a filo terreno si allarga fino ai venti centimetri alla base.

A guardare attentamente questo lato del muro si evince che è stato rimaneggiato pesantemente, probabilmente per sistemare alla meglio uno sgarramento.

Ho pensato che a quel profilo leggermente sporgente potrebbe esserci stata una continuazione del muro, magari a scarpata, giusto per rafforzare quell’angolo del maniero che era il più esposto agli assalti e quindi doveva essere il più resistente.

Così con Albino Campa, fedele seguace di noi maniaci di Noha, abbiamo provato a scavare lungo la larghezza del suddetto profilo sporgente. Quindi armati di zappone e di vanga, siamo scesi di circa mezzo metro sotto terra, poi ci siamo lasciati vincere dalla stanchezza.

Insieme a noi c’era il prode Giuseppe Cisotta, e in cuor mio vi confido, che vedendo i due improvvisati zappatori, avevo sperato nella sua pietà. Invece niente. Non ha fatto manco una piega e ci ha lasciati tranquillamente finire il lavoro. A parte le ossa rotte, abbiamo comunque avuto ragione: sotto terra, in corrispondenza di quel muro, esistono più livelli di altri conci di tufo. Chissà come era il nostro “forte loco” di Frà Leandri Alberti?

Poi incuriositi dalla vista meravigliosa della torre e dell’arco, continuando a fare i raggi “x” al muro che prosegue verso la costruzione a est, dove stanno le gigantesche botti dell’ex Brandy Galluccio, notai che quel pezzo di muro dove insiste l’affresco, è antichissimo. Probabilmente dell’antico castello. Lo si evince dal fatto che per realizzare il palazzo baronale, in occasione del completamento delle grandi terrazze del primo piano, sono stati costruiti muri nuovi con conci nuovi e di materiale più preciso nella sua fattura, meno grezzo. Il muraglione antico è fatto con conci di pietra irregolari e riempito con svariate tipologie di materiali di recupero. La botta finale a questa scena la offre l’intonaco fatto di rena rossa mista a grossi frammenti di cocci in terracotta, «coccio pesto -tecnica diffusa dall'epoca romana fino al secolo scorso,  di un secondo strato più sottile messo tempo dopo e infine una scialbatura di calce » (Angelo Micello), come riporta Angela Beccarisi in una sua relazione.

A questo punto l’occhio del fedele Albino cade (si fa per dire) sulle zampe del cavallo affrescato e da qui in poi si può immaginare il resto e la nostra sorpresa, e la voglia di continuare le nostre ricerche su un pezzo straordinario della nostra storia patria.

Ora tanto si potrà dire e chissà cos’altro verrà ancora fuori da questa nostra benedetta Noha, ma bisogna sapere ancora che un testimone vivente ha raccontato a Giuseppe Cisotta che a ridosso degli anni ’50, quindi con il Brandy Galluccio già attivo, si sversò in quel giardino una montagna di terra (e non del sindaco Cosimino, che di Noha non gli frega un fico secco) per piantarvi gli aranci che erano stati portati in loco da un’azienda siciliana.

Quindi la torre, l’arco e l’antica muraglia, sono stati seppelliti alla base per almeno un metro e mezzo. D’altronde i cordoni semitondi di finizione dell’arco, che oggi sono a meno di un metro da terra, erano probabilmente a più di due metri fuori terra, come si può notare nel complesso monumentale delle Quattro colonne di S. Maria al Bagno, la cui fattura somiglia molto a quella del fu castello di Noha.

Dulcis in fundo, io e Albino, decidemmo di salire sul solaio dell’antica torre e così, oltre alla vista di un meraviglioso prato di sucameli gialli, abbiamo notato che il tratto merlato è sostenuto da un muraglione spesso almeno 80 cm., mentre i lati dove i merli mancano, il muro è semplice. Questo vuol dire che il tratto merlato continuava sul perimetro del castello e non su quello della torre.

Ovviamente non avendo documenti d’archivio storico che ci descrivono come era esattamente il nostro castello del XIV sec. ci dobbiamo arrangiare con ciò che vediamo.

Speriamo che i futuri progetti di rivalutazione dei beni Culturali di Noha che i nostri amici dell’Associazione del Presepe vivente di Noha sicuramente realizzeranno ancora, portino alla luce altre testimonianze.

Noi saremo ancora qui a documentarlo.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 26/02/2021 @ 13:16:46, in NoiAmbiente, linkato 1181 volte)

                                  

Alla c.a.:

  • del Sindaco, Dott. Amante Marcello Pasquale;
  • dell’Assessore Dr.ssa Cristina Dettu’ (Politiche ambientali e di gestione dei rifiuti);
  • sig. Sig. Mauro Nicola (Polizia municipale, protezione civile)

p.c. alla c.a.:

  • Resp.le Domenico Angelelli (Comando di Polizia Municipale)
  • Assessore Dr.ssa Loredana Tundo (Urbanistica e lavori pubbl.)

OGGETTO:

Denuncia di disastro ambientale contro ignoti, a Noha via G. Galilei, 3 febbraio ore 9,30.

Premesso che:

IL REGOLAMENTO DI IGIENE del Comune di Galatina (reperibile in rete 6-titolo_3.pdf; Città di Galatina - Regolamento di igiene), al punto 5), art. 177, sancisce quanto segue:

E’ vietato il trattamento con prodotti diserbanti delle banchine stradali e dei fondi ubicati nel perimetro urbano. Eventuali deroghe evono essere concesse dal Sindaco di volta in volta, previo parere favorevole del servizio di igiene egli alimenti e della nutrizione”

L’articolo n. 178 inoltre elenca tutte le regole comportamentali degli addetti ai lavori, le misure di sicurezza, le condizioni meteo necessarie e la descrizione in quanto a rischi sulla salute dei prodotti usati per il trattamenti del diserbo.

 

L’evento accaduto:

il giorno 3 febbraio a.c., a Noha in via G. Galilei e via Bellini, all’interno della nuova recinzione metallica che separa le vie dalla zona in corso di urbanizzazione, alle ore 9,30 (e anche un po’ prima), un operatore privato, armato di tutti i dispositivi di sicurezza (DPI) consigliati dalla normativa dello stesso produttore del prodotto velenoso, apponeva una serie di cartelli indicanti il pericolo di morte, contro la recinzione metallica  e subito dopo irrorava il campo, compreso il bordo che confina con la via pubblica, con diserbante Glifosato (lo dichiarava lui stesso alle persone intervenute per chiedere spiegazioni).

Regolamento a parte, è davvero incomprensibile come si possa pensare che una semplice rete di 2 mm di spessore a maglie larghe 5 cm circa,  possa mettere in sicurezza inermi cittadini che transitano o che abitano lì davanti e ovviamente non provvisti di DPI.

Abbiamo apprezzato molto il pronto intervento dei vigili urbani, accorsi dopo alcune segnalazioni dei cittadini preoccupati del diserbo a sette metri dalle proprie  finestre, ma siamo altrettanto preoccupati per la condizione di pericolo a cui sono stati esposti tutti gli abitanti lungo il percorso delle vie G. Galilei e via Bellini.

 Non entriamo nel merito di quanti dubbi ci siano sulla salubrità di certi diserbanti chimici utilizzati in agricoltura, ci sono dati molto allarmanti in merito, basta aprire internet e si scopre un mondo di sospetti,  e il primo sotto accusa è proprio il Glifosato, ma la superficialità con cui viene venduto e adoperato il diserbante è raccapricciante.

Nelle immagimi sopra è evidente la triste situazione che si presenta dopo il trattamento contro l’erba effettuato in quel campo. Non è difficile immaginare gli effetti sulla salute delle persone che possono conseguire  dopo il trattamento fatto eseguire dal proprietario del fondo in questione, fra l’altro senza alcun preavviso.

Chiediamo all’Aministrazione Comunale che in futuro sia salvaguardata la salute dei cittadini facendo rispettare il regolamento, ed eventualmente laddove la legge non sia sufficientemente  supportata da certezze scientifiche, evitare assolutamente gravi rischi per la salute pubblica. E’ rispauto da tutti che oramai la lotta per debellare  l’inquinamento, che fa ammalare l’ambiente, deve essere prioritario su qualsisi altro impegno.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina

 
Di Redazione (del 21/01/2019 @ 13:16:19, in Comunicato Stampa, linkato 944 volte)

In un contesto cittadino che ci vede arretrare anche a causa della continua perdita e smembramento di importanti presidi, l’allarme lanciato qualche settimana fa da parte dell’On. Raffaele Fitto circa un possibile depotenziamento dell’aeroporto “F. Cesari” ci ha indotto subito ad approfondire l’argomento per capire quali saranno i reali sviluppi di questa vicenda.

Per tale ragione il Partito Socialista ha sottoscritto la richiesta di convocazione di un Consiglio comunale a tema, voluto non per far strumentalizzare politicamente l’argomento, come qualcuno crede, bensì per discutere e capire apertamente se l’aeroporto sarà oggetto di depotenziamento o se invece continuerà ad essere un’eccellenza e, in tal caso,  quali saranno gli investimenti e gli interventi da realizzare.

Il senso di responsabilità ci induce a non sottovalutare nessuna questione che abbia ad oggetto direttamente o indirettamente il nostro territorio. Ecco perché per noi non è rilevante il colore politico di chi fa emergere una criticità, quello che ci interessa è capire quali sono le conseguenze di determinate decisioni e quali soluzioni si possono trovare di concerto con tutte le istituzioni interessate e che tra l’altro hanno partecipato al Consiglio comunale monotematico.

Ascoltando i vari interventi da parte delle autorità politiche presenti però, i dubbi non sono stati chiariti e al contrario sono addirittura aumentati.

Il Senatore pentastellato Mininno ha garantito che l’aeroporto resterà un’eccellenza e che non sarà depotenziato, ma al contempo ha riferito che nei prossimi giorni presenterà un’interrogazione al Ministro Trenta per fare luce sulla questione. Probabilmente se il Senatore Mininno, membro della commissione difesa, ritiene necessaria un’interrogazione al Ministro della Difesa, anche’esso pentastellato, vuol dire che in qualche modo le nostre paure ed i nostri dubbi non sono del tutto infondati.

Ed infatti a chiarire in parte la situazione ha provveduto il Generale Paolo Tarantino, capo di Stato Maggiore del Comando scuole dell’aeronautica militare, che ha spiegato come delle quattro fasi di addestramento dei piloti, Galatina perderà la quarta fase a vantaggio della base di Decimomannu in Sardegna.

Nonostante le rassicurazioni sugli interventi volti a potenziare l’aeroporto di Galatina, ci sembra una contraddizione che si possa potenziare qualcosa sottraendogli competenze, specializzazioni e quindi anche investimenti che inevitabilmente saranno destinati alla base sarda. Contraddizioni che noi galatinesi conosciamo bene, visto che iniziò con queste stesse premesse e queste stesse rassicurazioni il declino dell’ospedale Santa Caterina Novella e oggi sappiamo benissimo quali sono state le conseguenze.

Proprio per questo, considerando che la scuola piloti dell’aeroporto di Galatina costituisce un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale e analizzando le ricadute in termini economici che ha sul nostro territorio, garantendo il nostro sostegno, rivolgiamo al Sindaco ed ai nostri parlamentari l’invito a fare squadra ed a compiere in maniera compatta tutte le azioni necessarie, al di là dei colori politici e delle varie strumentalizzazioni, affinché venga tutelato l’interesse della nostra città.

Il Segretario

Pierluigi Mandorino

 

L’Amministrazione Comunale di Galatina promuove una raccolta di beni per l’Ucraina.

Nei giorni scorsi infatti, la Giunta Comunale ha approvato una delibera per sostenere fattivamente la popolazione ucraina colpita dal tragico conflitto contro la Russia.

L’iniziativa rientra nei valori di pace e di solidarietà interpretati dall’intera Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Fabio Vergine.

All’iniziativa collaborano l’Ambito Territoriale Sociale di Galatina e la Protezione Civile di Galatina, che avrà il compito di ricevere i beni presso la sede di Viale Don Bosco. Il materiale raccolto verrà distribuito alla popolazione ucraina attraverso la CO DAKAR (National State Registry of Ukranian Enterprise and Organizations).

Il Sindaco di Galatina Fabio Vergine commenta l’iniziativa: “Desideriamo coinvolgere la comunità galatinese, attraverso una raccolta solidale, per essere vicini al popolo ucraino e, soprattutto, ai bambini ed agli anziani, prima dell’arrivo del prossimo inverno.

Non è concepibile - continua il Primo Cittadino -  come in quest’epoca moderna esistano ancora i conflitti armati. La storia del secolo scorso ci ha insegnato che le guerre sono solo causa di morte, povertà e distruzione materiale e morale.

Questo piccolo gesto della nostra Amministrazione Comunale viene promosso nel segno di uno spirito di pace e di solidarietà, valori che cerchiamo di attuare fin dal primo giorno del nostro mandato”.

Sono necessari biancheria non usata ed indumenti puliti.

Sarà possibile consegnare i beni fino a mercoledì 26 ottobre, eccetto la domenica.

Ufficio Stampa
Fabio Vergine Sindaco di Galatina
 
Di Redazione (del 05/04/2022 @ 13:14:27, in Comunicato Stampa, linkato 520 volte)

In contrada Roncelle, a Noha, c'è un immobile (una villetta) sequestrato dal 2010, passato nella disponibilità del Comune, abbandonato, fatiscente e mai riqualificato, né riassegnato. 

Ed è per quell'immobile che il Movimento 5 Stelle di Galatina lancia un appello agli amministratori in carica, perché la riqualificazione possa essere avviata cogliendo le occasioni messe a disposizione dal Governo. Quelle che non sempre questa amministrazione ha saputo cogliere, tutt'altro. 

Di cosa si sta parlando? L'Agenzia per la Coesione territoriale ha prorogato fino al 22 aprile 2022 i termini per la presentazione delle domande relative all'avviso pubblico rivolto a progetti di recupero, rifunzionalizzazione e valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata presenti nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). 

In particolare, il bando finanzia opere di demolizione e ricostruzione, di ristrutturazione e/o adeguamento di questi beni, che potranno così essere restituiti alla collettività. La destinazione finale delle opere potrà essere di natura istituzionale, sociale o economica, con il vincolo di riutilizzare i proventi a scopi sociali e per reinserire quanto prodotto nel circuito della legalità.

I beni possono essere candidati soltanto da enti pubblici: la scelta è dettata dalla necessità di rispettare le stringenti tempistiche previste dal PNRR ed evitare, quindi, procedure che - in altri casi - sarebbero state più lunghe e complesse. 

Gli enti territoriali possono comunque coinvolgere sin da questa fase di progettazione gli enti del Terzo Settore. Coinvolgimento  premiato da un apposito criterio di valutazione inserito nel bando.

Ciascun progetto selezionato attraverso la procedura selettiva può ottenere fino a un massimo di 2,5 milioni di euro di finanziamento.

«Ci sono tantissimi operatori del terzo settore pronti a presentare proposte, idee, progetti e garantire la propria collaborazione all'amministrazione - dicono dal Movimento - le premesse per cogliere quest'opportunità ci sono tutte, basta perdere tempo. Bisogna semplicemente far rete e partecipare al bando. Sarebbe un'occasione straordinaria per riqualificare un bene e riconsegnarlo ai cittadini, promuovendo al suo interno attività che lo reinseriscano, a pieno titolo, nel circuito della legalità, al servizio di tutti. Inoltre, sarebbe un segnale importantissimo per ribadire, con forza e determinazione, FUORI LA MAFIA da Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara!».

 

Qui il link dell'avviso:

https://www.ministroperilsud.gov.it/it/approfondimenti/bandi-e-opportunita/bando-beni-confiscati-pnrr/?fbclid=IwAR1qGD-lB40zybM_DCCpUMhmFCoWCbFKQa7FtyxWyj0JtTAs2Au0Izn8KxM

M5S

 
Di Redazione (del 24/12/2017 @ 13:14:21, in Comunicato Stampa, linkato 1422 volte)

La Regione Puglia finanzia il progetto presentato dal Comune di Galatina in merito all'avviso pubblico regionale "Community Library - Biblioteca di Comunità" nell'ambito della strategia Smart-in Puglia. È un grandissimo risultato per la Città e le sue frazioni, che avranno una nuova "Siciliani", una biblioteca intesa come spazio comune, una piazza che sappia mettere in comunicazione storia e innovazione, in un luogo che sia il crocevia di tutta la comunità.

L'Amministrazione del sindaco Amante ha accolto, sin dall'inizio, la politica strategica della Regione Puglia, che sostiene e rilancia il patrimonio culturale attraverso la valorizzazione, la fruizione e il restauro dei beni culturali. È dalla cultura e dai suoi luoghi che Galatina rinasce, in una logica di collaborazione e sviluppo del tessuto sociale ed economico che sia in grado di abbracciare le dinamiche tutte della Città. In linea con tale politica, il progetto prende il nome di CULT, Community Urban Library and Tecnhological square. 2 milioni di euro che cambieranno il volto del Palazzo della Cultura attraverso interventi di rifunzionalizzazione degli spazi come la copertura del chiostro al fine di renderlo fruibile nel corso di tutto l'anno, l'allestimento di due sale per bambini, l'adeguata sistemazione delle nostre cinquecentine e dei nostri incunaboli in una sala completamente rinnovata e con temperatura controllata, l'allestimento di una sala-cinema multimediale, la dotazione dei portici di moderni strumenti tecnologici, la climatizzazione di tutti gli ambienti e l'efficientamento energetico dell'intera struttura. Ma il progetto non include solo interventi strutturali: prevede anche un piano di gestione sostenibile e una serie di attività culturali che aumenteranno la fruibilità di tutta la struttura, coinvolgeranno nuovi soggetti sociali, promuoveranno l'inclusività di fasce disagiate e prevederanno nuove forme di integrazione culturale. Il CULT di Galatina sarà una vera e propria "piazza culturale" che creerà un asse ideale con la Basilica di Santa Caterina d'Alessandria e che della stessa basilica sarà al tempo stesso cassa di risonanza per tutti i turisti che passeranno dalla città.

"Al momento di presentazione del progetto ero convinta che, a prescindere dal risultato, avevamo tra le mani un prodotto straordinario. In questi mesi, abbiamo imparato a conoscere la biblioteca "Siciliani", a studiare la sua quotidianità, a comprendere le esigenze degli utenti, cercando di cucire l'abito perfetto sulla base degli obiettivi prefissati dalla Regione e muovendoci sulla scorta delle parole chiare, preziose e lungimiranti dell'Assessore regionale Loredana Capone. Un lavoro importante, studiato, approfondito e fortemente voluto, con passione, coraggio e un pizzico di follia, un lavoro che ci riempie di orgoglio perché Galatina si arricchisce di un tesoro senza tempo. Un grazie di cuore al Sindaco Marcello Amante per la massima fiducia e libertà che ha sin da subito lasciato a tutto lo staff nonostante si avvertisse costante la sua presenza. I miei non sono ringraziamenti ma giusti meriti dati a chi ha donato a questo progetto giornate intere, notti insonni e lunghi fine settimana. Un'attenzione costante e minuziosa che vede la diretta collaborazione tra il consigliere Pierantonio De Matteis, la progettista Chiara Eleonora Coppola, l'Ufficio tecnico e gli architetti del Comune, la dott.ssa Angela Impagliazzo, la dott.ssa Monica Albano di LiberMedia e tutte le sue collaboratrici, le ragazze del Servizio civile nazionale, gli utenti e i loro preziosi suggerimenti, le scuole, le associazioni, i professionisti esterni che hanno messo a disposizione le loro capacità per pura passione. Un ringraziamento speciale a Pierfrancesco Persichino e Sara De Matteis, giovani laureati che hanno sposato in maniera del tutto disinteressata questo progetto un po' per amicizia un po' per amore di Galatina. Che sia l'inizio di un ritorno al glorioso passato guardando ad un fertile futuro."

Ufficio stampa Marcello Amante

 

I Nirvana: il gruppo musicale più discusso e più famoso degli anni Novanta. Per la storia del rock una pietra miliare discutibile e contraddittoria, affascinante e indelebile. In pochi anni e con una manciata di album all’attivo, sono riusciti a imporsi come la vera leggenda della scena di Seattle, riuscendo a interpretare l’umore di un’intera generazione e trasformando l’alternative rock in un fenomeno di massa. Penultimo appuntamento con la mini rassegna Note a Margine dedicata al mondo delle Periferie promossa dall'Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Galatina, che incontra alle ore 21 di questo sabato 26 settembre presso il Centro Polivalente di Viale Don Bosco, i due scrittori leccesi Osvaldo Piliego Ennio Ciotta i quali spiegheranno come i Nirvana di Kurt Cobain sono riusciti, in soli cinque anni di vita, a entrare nell'olimpo del rock, attraverso i loro personali e intimisti racconti e ricordi. Una chiacchierata introduttiva sulle periferie dell'anima, sulla perdita dell'innocenza, sul rumore e sul silenzio di un'intera generazione definita non a caso Post, quella appunto che dal 1989 in poi che ha visto in Cobain il suo martire o forse il suo capro espiatorio. Alle ore 22 circa si proseguirà con la proiezione del documentario Kurt Cobain: Montage of Heck di Brett Morgen. Una rara opportunità di sentire un artista raccontare la sua vita con le sue parole e le sue immagini. Un film potente, una storia incredibile e molto dolorosa. Una storia raccontata come si deve, su qualcuno che è stato trasformato in una icona fragile e sensibile. Un racconto di una generazione, di una storia di luoghi lontani, dimenticati, difficili e maledetti che hanno creato un mito difficilmente dimenticabile.

Dai diamanti non nasce niente, ma dal cemento nascono i fior. Le periferie sono anche questo. Vi aspettiamo.

OSVALDO PILIEGO: vive a Lecce ed è laureato a Lecce. Ha scritto per diverse riviste locali e nazionali.E' giornalista pubblicista. Attualmente è direttore di Coolclub.it e collabora con il “Quotidiano di Lecce” e “Rockerilla”. Ha organizzato centinaia di concerti e suona male la batteria da 15 anni.E' l'autore di Fino la fine del giorno e La citta Verticale entrambi editi da Lupo Editore. ENNIO CIOTTAGiornalista, scrittore, critico musicale e dj da oltre quindi anni vive e analizza dall'interno gli ambienti controculturali. Con i suoi articoli supporta principalmente il Do it yourself, la tutela dei beni comuni, l'ecologia radicale e i movimenti underground. Ha scritto “Street art-la rivoluzione nelle strade” edito da Bepress.

MONTAGE OF HECK: Un film di Brett Morgen. Con Kurt Cobain, Dave Grohl, Courtney Love, Krist Novoselic Documentario, durata 135 min. - USA 2015.

 Andrea CoccioliAssessore Politiche giovanili – Comune di Galatina

Paola VolanteCoordinatrice della ressegna “Note a Margine” – Rassegna di periferie.

 

 

 

La promozione in B1 è appesa al risultato della gara di ritorno che si giocherà a Galatina il 2 luglio prossimo, essendo il match di andata, giocato oggi a Roma, terminato con un pareggio 3: 3. Non si possono fare previsioni, sia per il valore delle squadre che per la posta in gioco che vale una stagione.  

Il CT «G. Stasi» è partito con grande determinazione, riuscendo a vincere 3 singolari e portandosi nella mattinata sul risultato parziale di 3:1 contro la compagine della capitale. Si sono dovuti attendere i doppi nel pomeriggio per avere il verdetto finale dell’andata che è terminato con un pareggio. 

Ecco tutti i risultati: Scialla Alessandro contro Bellifemine Alessandro Raffaele 4-6/1-6, De Filippo Gian Rocco contro Rocco Jeremias Facundo 3-6/4-6, Noce Gabriele Maria contro Fuele Matyas Lajos 4-6/6-7, Abbruciati Lorenzo contro Cardinale Andrea 6-1/6-0. Nei doppi Noce/Abbruciati contro Fuele/Rocco 6-3/6-3 e Scialla/De Filippo contro Cardinale/Bellifemine 7-5/6-7/10-8. 

«Siamo partiti benissimo portandoci sul 3:1 dopo i singolari – ha dichiarato il capitano Donato Marrocco - con una grandissima prova da parte di tutti, nei doppi un po’ di sfortuna e di stanchezza non ci ha dato la possibilità di vincere almeno uno dei due doppi. Ora ci giocheremo tutto tra una settimana a Galatina, mettendo il massimo impegno per coronare una stagione che già è stata esaltante». 

Determinante l’apporto del gruppo di tifosi partiti sabato da Galatina assieme alla squadra che non ha smesso per un minuto di tifare i propri giocatori. 

«Siamo abituati a giocarci le partite fino alla fine – ha affermato il direttore sportivo Marco Ottaviano – e così abbiamo provato a fare anche oggi. Un pareggio che ci deve spronare a lavorare per arrivare domenica prossima in casa al massimo delle condizioni e provare a raggiungere la serie B1, un bel traguardo dopo cinque anni di gestione sportiva. un ringraziamento al Circolo Tennis Canottieri Roma per l’ospitalità». 

Antonio Torretti - Ufficio Stampa CT “Giovanni Stasi” Galatina

 

Il Patto locale per la lettura di Galatina, anche in questa estate così anomala, ha deciso di offrire uno sguardo diverso sulla città proponendo un  programma dipasseggiate letterarie. Dopo un duro periodo, ciascuno costretto nelle proprie case, queste prossime settimane possono rivelarsi momenti ideali per riscoprire la propria città, guardandola con occhi diversi, per riprendersi i propri spazi.

Partendo proprio dal libro e dalla lettura, della cui promozione il Patto locale ha fatto un obiettivo fondamentale della propria attività, i suoi sostenitori accompagneranno i viandanti alla scoperta (o ri-scoperta) di alcuni palazzi e luoghi della città, raccontando le storie degli illustri galatinesi che, in qualche modo, hanno legato ad essi il loro nome. Si tratterà non tanto d’itinerari turistici tradizionalmente definiti, ma di “passeggiate”, dove a guidare i visitatori, saranno alcuni libri che racconteranno di quei luoghi attraverso la voce dei promotori del “Patto”. D’altronde, proprio nel narrare di luoghi e persone, i libri non potranno che essere guide quanto mai attendibili, che orienteranno i curiosi viandanti attraverso un viaggio nel tempo e nello spazio, che cercherà di abbracciare un po’ tutte le epoche: si andrà, perciò, dalle atmosfere medievali di Maria d’Enghien fino al ventesimo secolo, si farà la conoscenza del filosofo Zimara e del pittore patriota Gioacchino Toma. Saranno diverse anche le forme di narrazione, con il teatro e la danza a sottolineare la “parola scritta”.

Sono stati organizzati cinque percorsi differenti, comprese due piccole “trasferte” nella vicina frazione di Collemeto, mentre, per i piccoli visitatori, è stato pensato un itinerario speciale: un viaggio da fermi”, alla scoperta della città, sulle ali di tanti meravigliosi albi illustrati.

Si partirà, dunque, Sabato prossimo 1° Agosto, con il percorso dedicato a “Maria D’Enghien e Marcantonio Zimara”, curato dall’Università Popolare “A. Vallone”, con le letture teatralizzate di T. Buccarella e l’accompagnamento musicale del violinista A. Pizzola; appuntamento alle 19, al Palazzo della Cultura di P.za D. Alighieri.

Secondo percorso, Giovedì 6 Agosto: il gruppo “Fidas” racconterà la “Storia della Chiesa di Collemeto”; alle ore 20, ritrovo in piazza Italia, vicino la Chiesa della B.V.M. di Costantinopoli.

Il giorno successivo, Venerdì 7 Agosto, si fa ritorno a Galatina, dove, dalle 19, con ritrovo presso il Palazzo della Cultura, l’associazione “Giorè” e la cooperativa “Polvere di Stelle” cureranno il terzo percorso dedicato al “Tarantismo”.

Un salto di qualche settimana per arrivare a Giovedì 27 Agosto, quando si tornerà a Collemeto, per una serata dedicata ai più piccoli: “Il Paese delle Storie: Letture ad alta voce per bambini dai cinque ai dieci anni”. Sarà Daniela De Santis ad attendere i piccoli partecipanti, alle ore 19, in piazza Madonna di Costantinopoli. Raccomandata la prenotazione, per un massimo di quindici partecipanti, accompagnati dagli adulti.

Ultimo percorso, il giorno successivo, Venerdì 28 Agosto: la sezione “Acli” di Noha proporrà una serata dedicata a “Baldassarre Papadia” con le letture dialogate di S. Ingrosso e A. Panico, mentre A.M. Mangia racconterà “Gioacchino Toma, . Ritrovo alle 20, presso il Palazzo della Cultura.

Per tutte le informazioni e le relative prenotazioni ci si può rivolgere alla Biblioteca comunale “P. Siciliani”, in P.za D. Alighieri, 51, a Galatina (Tel. 0836-565340 – mail: chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it pattoperlalettura@gmail.com).

Per tutti i percorsi, il numero dei partecipanti non potrà essere superiore alle venti persone, come previsto dalle Ordinanze Regionali.

Sfogliando Galatina” è un’iniziativa organizzata dal Comune, dalla Biblioteca “P. Siciliani”, dal “Patto locale per la Lettura” e da “LiberMedia – Servizi e Formazione per i beni Culturali”.         (Maria Grazia Barnaba)

 
Di Redazione (del 26/10/2022 @ 13:10:53, in NohaBlog, linkato 499 volte)

Venerdì 28 ottobre 2022 alle ore 18.00 l'Associazione NoiAmbiente e beni Culturali incontra: il Sindaco, i Consieglieri e la Giunta Comunale di Galatina, presso la sede di Levèra in via Bellini 24, NOHA.

Saluti
- Fabio Vergine Sindaco di Galatina
- C.re Pierluigi Mandorino Delegato di Noha
- Ass.re Ugo Lisi Delegato per le Associazioni

Interventi
- Roberta Viva Presidente di Levera
- Marcello D'Acquarica Presidente di NoiAmbiente

SIETE TUTTI INVITATI

NoiAmbiente e beni Culturali
di NOHA e GALATINA

 
Di Redazione (del 20/10/2023 @ 13:10:06, in Comunicato Stampa, linkato 341 volte)

Si è tenuto ieri a Galatina, presso il Teatro Cavallino Bianco, il primo degli incontri informativi organizzati da Terna per illustrare il progetto del nuovo Elettrodotto Italia-Grecia. L’opera è contenuta nel Piano biennale di sviluppo dell’Ente e collegherà i due Paesi con un doppio cavo a 380.000 V interrato (per 50 km) e sottomarino (per 250 km), con stazione di conversione corrente continua/alternata per la parte italiana a Galatina.

Erano presenti esponenti di diverse associazioni ambientaliste tra cui Italia Nostra Sez. Sud Salento (Mario Fiorella), Galatone Bene Comune (Antonio De Giorgi), Noi Ambiente e beni Culturali (Marcello d’Acquarica)

Nella documentazione allegata alla proposta, tuttavia, non si evincono argomentazioni tecnico-scientifiche che giustifichino la realizzazione di tale infrastruttura, che si sommerebbe a quella esistente e realizzata una ventina di anni fa e che - si ricorda - solo grazie alla decisa opposizione delle associazioni ambientaliste e delle comunità locali fu convertita da devastante conduttura aerea, con decine di tralicci alti 36 metri, ad una interrata. Sono diversi gli aspetti che non hanno convinto gli ambientalisti presenti.

1.L’obiettivo di “rafforzare il ruolo dell’Italia quale hub elettrico del Mediterraneo” cozza violentemente con un elementare principio di pianificazione energetica, cioè quello di ragionare in termini di bacino per equilibrare domanda ed offerta di energia e annullare o ridurre gli scambi tra aree diverse, al fine di limitare perdite di trasporto e impatti ambientali, in un quadro di generazione distribuita;

2.L’altro obiettivo di “integrazione della produzione efficiente degli impianti alimentati da fonte rinnovabile non programmabile, con conseguente riduzione della over-generation” appare poco realistico, considerando che al contrario la generazione di energia da fonte rinnovabile è fortemente in ritardo rispetto agli obiettivi fissati dall’ultima PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima). Il Piano infatti si pone un obiettivo di copertura delle rinnovabili elettriche del 65% sui consumi finali di elettricità al 2030, mentre attualmente siamo al 30% circa, né si intravede come colmare tale gap, considerando l’attuale tendenza politica governativa al rilancio delle fonti fossili e del gas in particolare;

3.Il progetto prevede una nuova area di 7,5 ettari da adibire alla stazione di trasformazione nella campagna di Galatina, in un’area caratterizzata da valenza storico-culturali e costellata di insediamenti residenziali e ricettivi, mentre ignora il possibile riutilizzo almeno parziale della vicina centrale di trasformazione esistente, che resta ancora in gran parte inutilizzata;

4.L’approdo a mare interessa un’area delicata della costa di Melendugno, densa di emergenze storiche e archeologiche, che subirà gli impatti e le servitù conseguenti.

In definitiva, l’opera appare rispondente più a logiche di mercato legate agli scambi internazionali di energia elettrica, che a reali esigenze del territorio; da queste il territorio salentino rischia di ricevere solo impatti negativi, a fronte di vantaggi effimeri e miopi “compensazioni”, che però si teme scateneranno le bramosie delle amministrazioni locali.

I prossimi incontri informativi si terranno martedì 24 ottobre presso il Comune di Calimera e mercoledì 25 ottobre presso il Comune di Melendugno.

 

Galatone, 18 ottobre
Ing. Antonio De Giorgi
(settore energia Galatone Bene Comune)

 
Di Marcello D'Acquarica (del 25/09/2014 @ 12:55:03, in NohaBlog, linkato 3118 volte)

Capisco benissimo la delusione (condita da altrettanta confusione) manifestata da alcuni commenti alla mia proposta, così come condivido in parte la rabbia di alcuni internauti, ma le cose vanno ragionate e valutate con i dati di fatto. Quindi cerco di rispondere a tutti (anche se non sono Antonio, ma ad Antonio ho girato preventivamente queste righe che sottoscrive dalla prima all’ultima) cercando di chiarire qualche dubbio.

- Al momento nessuno ha mai chiesto fondi, men che meno da devolvere ai privati. Né risulta siano mai arrivati. E semmai fossero arrivati dei fondi, la domanda andrebbe posta ai nostri Assessori e Sindaco.

Le firme da inoltrare al FAI sono finalizzate, in caso di raggiungimento del quorum minimo (pari a 1000 autografi), all’inserimento del bene culturale casiceddhre nel catalogo di questa importante Fondazione. Magari ci fossero dei fondi per restauro e valorizzazione dei nostri gioielli! Ne godremmo tutti [forse un po’ meno il privato proprietario, che in tal modo, con qualche vincolo, non potrebbe (più) fare dei suoi immobili quello che gli pare e piace, inclusa la porcata di ulteriori costruzioni nelle sue immediate adiacenze, se non di peggio].

- Come si evince dalla documentazione fruibile cliccando il link qui di seguito evidenziato (http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=1315) abbiamo semplicemente chiesto alla Soprintendenza per i beni Culturali e Ambientali (ribadisco il concetto “nostri” e non dei privati) il vincolo di tutela da parte degli attuali titolari nel rispetto del Codice dei beni culturali (corpo organico di disposizioni, in materia di beni culturali e beni paesaggistici della Repubblica Italiana; emanato con il decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42).

Mettere la propria firma (o faccia) è il minimo che un cittadino possa e debba fare per la salvaguardia del bene comune. Se non capiamo che ognuno di noi deve essere il protagonista delle nostre strade, dei giardini, della salute pubblica, delle bellezze artistiche e storiche della nostra terra, nessuno da fuori verrà a porre rimedio allo scempio che invece è opera di gente ignorante e poco accorta. Una firma è il minimo indispensabile, dopo di che occorre tirarsi su le maniche e darsi da fare.

La raccolta delle firme dei 1471 cittadini ha fatto sì che si aprisse un dialogo (speriamo non tra sordi) fra la Soprintendenza e l’Amministrazione di Galatina. Senza quelle sacrosante firme non si sarebbe mai nemmeno parlato di beni Culturali di Noha, se non in effetti sulle pagine di questo sito (oltre che su quelle del’Osservatore Nohano).

Quelle firme sono servite eccome per far capire ai nostri politicanti e a chi pensava che i beni culturali di Noha fossero una trascurabile inezia (e che “con la cultura non si mangia”) che 1471 persone (ma certamente di più) non la pensavano esattamente come loro. Ci tengo ad aggiungere che non si era mai vista una mobilitazione del genere, grazie ai ragazzi del gruppo Mimì, agli artigiani di Noha, alla parrocchia, al circolo Tre Torri, e a tanti semplici cittadini di buona volontà.

Quelle firme sono servite per far percepire alla Soprintendenza che c'è una popolazione intera che tiene ai suoi beni culturali.

Cari signori, le firme, per quanto ovvio, sono necessarie ma non sufficienti per smuovere l'ignoranza di certi nostri rappresentanti politici, e se è il caso, bisogna continuare a raccoglierne non una, ma due, tre, dieci, mille volte, prima che qualcuno ci ascolti. Non esiste una firma per sempre. Bisogna insistere fino allo sfinimento di certi interlocutori ottusi o in tutt’altre faccende affaccendati.

Se non si sono ottenuti finora dei risultati significativi non vuol dire che non se ne otterranno mai; se gli obiettivi non sono stati raggiunti non è colpa delle firme raccolte ma di chi fa orecchio da mercante e soprattutto di chi forse ha bisogno di più convinzione e più partecipazione da parte della popolazione.

Certamente non è sufficiente apporre una firma per sentirsi con la coscienza a posto, così come uno non può sentirsi con la coscienza a posto andando a messa, o presenziando alle processioni. Per cercare di essere a posto occorre come minimo capire, informarsi, partecipare.

Concludo ribadendo il fatto che non capisco certi commenti sensibilmente distonici nei confronti delle nostre denunce. Se qualcuno avesse da suggerire qualche altra forma "più efficace" per far sentire la nostra voce (e noi siamo apertissimi), e magari risolvere il problema dello sfacelo dei nostri beni architettonici, si faccia avanti: il sito Noha.it e relativa redazione sono a sua disposizione.

Marcello D’Acquarica
 

Il Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni Immobiliari rappresenta il cardine della procedura di riequilibrio finanziario dettata dalla Corte dei Conti per risanare le finanze del nostro comune.

Tuttavia l’alienazione degli immobili comunali non dovrebbe in alcun modo giustificare una loro svendita né dare luogo a speculazioni di qualsiasi genere.

In quest’ottica nel corso dell’ultimo Consiglio comunale ci siamo opposti alla delibera approvata dalla maggioranza in cui viene stabilito che per la vendita di alcuni immobili comunali tra cui l’ex carcere, Palazzo Bardoscia, Palazzo Mandorino e Palazzo Ferrarese, l’Amministrazione comunale avrebbe ridotto del 10% il valore a base d’asta rispetto all’ultimo incanto andato deserto(quello del 21/9/2018), valutando anche offerte di valore inferiore.

Una contraddizione evidente dal momento che non ha senso mettere una base d’asta ribassata se poi si lascia all’Amministrazione comunale la possibilità di procedere con la trattativa privata, in cui verrà valutata discrezionalmente la congruità delle offerte.

Per impedire qualsiasi forma di svendita e speculazione, che in questi casi può sorgere, noi socialisti abbiamo proposto di fissare un’ulteriore limite del  5-10% al ribasso del prezzo oltre al 10% già stabilito in precedenza o in alternativa di portare le offerte in Consiglio comunale dove, se ci fossero state speculazioni, sarebbero venute fuori.

In un primo momento il Dirigente al ramo si è detto favorevole, salvo essere contraddetto poco dopo dal Segretario comunale che invece confermando il testo della delibera così come ci è stata presentata, ha autorizzato il Dirigente a svendere ai privati il patrimonio immobiliare, anche grazie al voto favorevole della maggioranza, come sempre silente e anonima.

Il Sindaco a parole ha rassicurato tutti, ma con il voto favorevole in Consiglio comunale, di fatto il Dirigente ha avuto la possibilità di poter trattare senza limiti e con ampia discrezione.

Noi vigileremo e controlleremo ogni trattativa per evitare che in nome del piano di riequilibrio finanziario possano giustificarsi speculazioni per tutti quei privati che pensano di poter fare ottimi affari mettendo le mani sui beni della città.

 

Il Segretario

Pierluigi Mandorino

 
Di Antonio Mellone (del 16/01/2016 @ 12:45:02, in NohaBlog, linkato 2782 volte)

Non mettetevi mai a discutere con un politico galatinese (e men che meno nohano): vi porta al suo stesso livello e vi batte con l’esperienza. E poi, detto tra noi, un terzo che guarda la scena potrebbe non riuscire a cogliere la differenza tra voi e lui.

Nel corso delle recenti festività natalizie, m’è capitato d’incontrare uno dei pezzi grossi della politica nohana [si sa che talvolta in politica, come nella legge di gravitazione universale di Newton, l’importanza dei protagonisti è direttamente proporzionale alla massa di corbellerie proferite moltiplicate per le cazzate prodotte, e inversamente proporzionale al quadrato dei loro redditi, ndr].

Nossignori, stavolta non è quella che pensate voi, ma un altro soggetto di sesso probabilmente opposto.

Orbene, mi son fermato solo pochi secondi per porgere gli auguri di buone feste a questo signore e, giacché c’ero, chiedergli succintamente conto delle opere, delle parole e soprattutto delle omissioni (di pensieri, si sa, nemmeno l’ombra) di questa sedicente Amministrazione Comunale. 

Il Tizio se ne esce con la solita solfa: “E’ facile per te scrivere: vorrei vederti all’opera” (o qualcosa del genere); e poi con quest’altra castroneria mondiale simile alla prima: “Tra un anno e mezzo, o quando sarà, candidati pure tu, così, quando sarai eletto, in un mese e mezzo risolvi tutti i problemi che ci sono”.

Sarebbe stato del tutto inutile ricordargli che a Palazzo Orsini ora c’è lui e i suoi compagni di merende e non il sottoscritto; che è lui, non io, che insieme ai suoi sodali ha voluto farsi avanti promettendo mari e Montagna (e non solo nel periodo elettorale); che nessuno gli ha mai chiesto di risolvere tutti i problemi sul tappeto (anche perché la patologia principale del nostro Comune è rappresentata, guarda un po’, dai politici come lui – cioè la quasi totalità - e in certi casi, come questo, l’omeopatia è assolutamente inefficace); che sarebbe ora che la smettessero (lui e tutto il cucuzzaro assessorile di palazzo) di prenderci in giro con le solite chiacchiere trionfalistiche, della serie tutto-va-ben-madama-la-marchesa; che questa giunta ha collezionato più fiaschi della cantina sociale dello storico Castello di Noha; che il cosiddetto Centro Polivalente nohano, utilizzato negli ultimi tre mesi a intermittenza grazie a provvisori gruppi elettrogeni prêt-à-porter – mentre sul tema s’ode ancora l’eco delle esilaranti interrogazioni-farsa in seno al consiglio comunale tra compagni dello stesso partito (Sindaco/Coccioli) - è in dolce attesa di una cabina elettrica necessaria per il funzionamento dei suoi impianti, esattamente da; e che per loro fortuna (dei politici, dico) la stragrande maggioranza dei concittadini non sa una beneamata mazza di tutto questo (l’ignoranza delle persone, come noto, è un instrumentum regni), non legge gli articoli di Noha.it (ma al massimo gli edulcorati-stampa pubblicati altrove), e se per caso dovesse leggerli fa pure finta, come pragmatismo comanda, di non comprenderli o non averli visti.

*

Oltretutto sembra che, da tempo, a palazzo Orsini si sia annidata una genia di inquilini (burocrati & politici) di rara maleducazione. Esattamente un anno fa, i ragazzi dell’Associazione del Presepe Vivente di Noha indirizzarono all’illustrissimo signor sindaco di Galatina una lettera con la quale richiedevano la concessione in comodato d’uso della casa e della torre dell’orologio di Noha, quella svettante nella pubblica piazza San Michele ormai quasi per quotidiano miracolo.

Come hanno già dimostrato di saper ben fare, e  da anni, e senza spesa di pubblico denaro, i ragazzi dell’Associazione del Presepe Vivente avrebbero rimesso a nuovo e ridato decorosità alla torre civica di Noha, ancor oggi, purtroppo, emblema massimo di insipienza, sciatteria e ottusità di chi fa finta di governarci.

Secondo voi, signori e signore, ad un anno di distanza, qualcuno dei bifolchi del palazzo di città ha mai dato uno straccio di risposta alla suddetta lettera? Fosse anche un diniego, un cenno del capo, una pernacchia? Nulla di nulla, elettroencefalogramma(tica) piatto, come sempre.

*

Ora, proprio di recente, questi s’ignori felicemente regnanti sembrano tutti commossi, tutti determinati e pronti ad accorrere al capezzale della Trozza di Noha, danneggiata dal coglione di turno. Non vedono l’ora di dimostrare efficienza, tempestività, amore per la cultura e l’arte: insomma la solita lavata di faccia, con un bell’intervento riparatore da commissionare con quattro soldi (giusto per rimanere al di sotto di certe cifre e al riparo da certe procedure) alla solita ditta amica.

*

Non s’accorgono, questi Attila comunali, che, così facendo, hanno raso al suolo la loro credibilità (semmai ne avessero avuto una), e soprattutto stanno radendo a zero quel che rimane dei nostri beni culturali, della dignità di un popolo, della Politica, dell’ambiente, della ragione e, non ultimo, della buona creanza.  

Sembrano tutti attori protagonisti di un film dell’orrore dal titolo: “Quo rado?”

Antonio Mellone

 

Lettera indirizzata al Sindaco del Comune di Galatina, protocollata e in attesa di una qualche risposta da oltre un anno.

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Di Marcello D'Acquarica (del 23/09/2014 @ 12:44:48, in Lettere, linkato 3409 volte)

Carissima Martina,

ti scrivo mettendo anche gli altri per conoscenza, perché la tua iniziativa di raccolta firme, da inviare al FAI (Fondo Ambiente Italia) per la tutela delle nostre casiceddhre, coinvolge tutti.
Quindi è giusto che tutti sappiano di cosa si tratta.
Come sai, durante la sera della festa di San Michele, con la collaborazione del Circolo culturale Tre Torri, porteremo avanti la raccolta delle firme per le casette di Cosimo Mariano da inviare al FAI.
Come abbiamo fatto sempre (spesso non riuscendovi, ma noi non ci diamo facilmente per vinti) cercheremo di far passare questo messaggio:
"le nostre casiceddhre non sono, come qualche stupido di complemento purtroppo crede (vedi commenti su Noha.it), un banale mucchio di pietre più o meno raggruppate ad arte, bensì espressione della dignità di un paese lasciato nella più totale trascuratezza".
Il fatto che al di fuori delle nostre quattro mura domestiche ci sia il degrado più assoluto non è questione da poco. E a noi non va di continuare a tacere. Le nostre battaglie sono sacrosante, e tutti noi dovremmo pretendere un pizzico di interesse in più da parte degli addetti ai lavori. Il degrado chiama altro degrado, è una questione psicologica. Infatti, come spesso accade, quando qualche incivile butta un sacchetto di immondizia fuori posto (vedi per esempio l'angolo in largo "cisterneddrha"), quasi sempre altri si sentono autorizzati a fare altrettanto.
A proposito di beni Culturali, come si evince dall’ultima (e unica) risposta data all’Amministrazione Comunale dalla Soprintendenza, in cui si chiedono maggiori ragguagli (cfr. allegato), il dirigente del Servizio, Avv. Silvia Pellegrini, firmataria della missiva, attende risposta dagli addetti ai lavori di Palazzo Orsini, da più di un anno.
Più volte ho sollecitato l’intervento dei nostri rappresentati politici presentando fotocopie di tutto il percorso burocratico della questione. L’ultima volta, esattamente il 29 settembre 2013, al Sindaco Montagna per il tramite della nostra Daniela Sindaco.
Tutto continua come da prassi: silenzio assoluto.
Ed i nostri beni culturali subiscono gli schiaffi del tempo, l'incuria degli uomini, l'egoismo di proprietari privati.
Occorre, tuttavia, insistere, perché le persone capiscano che non è sufficiente lamentarsi dello stato delle cose, bisogna agire mettendo in atto tutte le iniziative che la legge ci consente.
Sarebbe ora che anche a Noha qualcuno leggesse e soprattutto rispettasse il Codice dei beni Culturali, che è legge dello Stato.
Un caro saluto a te e a Michele.

Marcello D'Acquarica

 
Di Albino Campa (del 10/06/2011 @ 12:43:37, in Referendum, linkato 2804 volte)

Noi non avremo legittimi impedimenti per andare a votare ai referendum. Servono quattro SI. Quattro "scoppule" al disprezzo dell'ecologia (nucleare), allo svilimento dei beni comuni (privatizzazione dell'acqua) e alla mortificazione della legalità (legittimo impedimento).
Evitiamo, per favore, che ci privatizzino anche il pensiero.

Antonio Mellone

 

 
Di Antonio Mellone (del 10/06/2017 @ 12:36:08, in NohaBlog, linkato 3140 volte)

Ragazzi, è dura e io vi capisco. Non è mica facile di questi tempi decidere il candidato sul cui nome segnare una bella croce il giorno delle elezioni.

Vero è che il concetto espresso dalla locuzione “metterci una croce sopra” assume accezioni affatto contrastanti a seconda dei casi:

  • a) in senso letterale significa dare il proprio voto in favore di Tizio;
  • b) in senso letterario, al contrario, la proposizione si tradurrebbe con la nota formula: “Caia, per te miss Italia finisce qui” [l’allusione alla fascia tricolore da sfilata, anzi da processione solenne ci sta tutta, ndr.].

Apparentemente il caso sub a) sarebbe più semplice, visto che in senso letterale le croci da apporre sono numericamente inferiori (un paio al massimo) rispetto a quelle che sarebbe d’uopo listare in senso letterario. Tuttavia la scelta di quell’uno è di gran lunga più ostica rispetto alla bocciatura degli incommensurabili scarti politici, altrimenti detti riempilista (da moltiplicare per il numero delle innumerevoli liste). Non fosse altro che per il tempo che si perderebbe nel farne l’appello uninominale.

Se a questo si aggiunge il fatto che certa politica non è più di sinistra (forse mai stata), né di destra, ma solo ego-centrica,  riusciamo a cogliere meglio le motivazioni per le quali spesso arriviamo alla vigilia del voto (quasi) tutti parzialmente stremati.

A proposito di selezione naturale del primo cittadino, collegandomi al mio precedente pezzo dal titolo “Sindaco chi?” [chiedo venia: l’autocitazione non è mai elegante ma questo scritto è la logica prosecuzione di quello, ndr.], provo ad aggiungere un altro tassello alla metodologia da utilizzare per la cernita del sindaco. Ed è il vocabolo “Cultura”.

Orbene: è empiricamente dimostrato quanto tra i sei personaggi in cerca di elettore se ne annoverino alcuni che hanno un rapporto, come dire, idiosincratico, di più, conflittuale con codesto lemma.

Ce n’è qualcuno che, emulando il ministro del nefasto e innominabile governo di qualche anno fa, pensa tuttora che “con la cultura non si mangia [sic]” . Tanto che al solo sentirne il suono, in default, è pronto a metter mano alla pistola (delle cazzate).

Ci sta poi il candidato che non riesce proprio a proferire questa parola che trova così inedita, così eteroclita e così bisbetica da diventare paonazzo e dislessico a un tempo. E pensare che s’è cimentato più volte nella sua pronuncia, ma niente. Hanno pure provato a scrivergliela (come i discorsi a effetto vergati dal solito ghostwriter, letti dal pulpito con la stessa scioltezza di un alunno di quarta elementare), ma al massimo ne vien fuori un luculliano “Cottura” [visti certi girovita, sarà la fissa per il solito cibo che bolle in pentola, ndr.].

C’è poi l’altro concorrente di grido che oltre a non saper scrivere non sa neanche leggere (in compenso crede di saper parlare), che pensa che il termine Cultura sia una parola composta da “cul” e “tura”, con maggiore enfasi soprattutto alla prima parte [la quale tanto somiglia alla faccia che ci mette su manifesti e slogan, ndr.], mentre la seconda potrebbe essere una voce del verbo strettamente connessa alla prima.

E’ che certi portatori sani di promesse, i famosi guardiani del farò - il cui ultimo libro sfogliato fu probabilmente il sussidiario delle elementari (ma sol perché costretti dalla maestra o da chi ne faceva le veci) - pensano che Cultura sia svegliarsi la mattina e decidere senza chiedere il permesso a nessuno di installare un bel faro di luci a led bianche e accecanti da puntare direttamente sugli  affreschi del Calvario di Noha, rendendo di fatto inguardabile tutto il complesso artistico. Son fatti così, signora mia: trattano certi monumenti come fossero il garage di casa propria. E’ la famosa politica del fare (quello che gli pare).

Per esigenze di completezza, e sempre a proposito di Cultura, diciamo che v’è anche il candidato che si “informa” leggendo solo il Quotidiano [la cui carta è ormai buona solo per l’indifferenziata, anzi per l’umido visto il livello di bava di cui è inzuppato e/o le scemenze che il superstite suo lettore è costretto a leggere, ndr.]; c’è anche quello che ce la sta mettendo tutta a svuotare il centro città per riempire in compenso il centro commerciale di Collemeto [così finalmente ci sarà più Pil per tutti, ndr.]; c’è il contendente che pensa che il borgo antico debba diventare il luna park di un turismo di massa, possibilmente grasso, sudato e inebetito in slalom perenne tra i tavolini sparpagliati qua e là sullo storico basolato [magari alla disperata ricerca di un Mc Donald’s, ndr.]; c’è chi arringa i suoi plaudenti gregari con il fare tipico dello “spiritual coach” e con il carisma di un animatore di villaggio vacanze in cerca spasmodica di una citazione da hard discount della Cultura [roba davvero da morir dal ridere, ndr.]; v’è anche chi  schiuma di rabbia dal palco sparando minacce, avvertimenti e provocazioni con un linguaggio da trivio così scurrile che, al confronto, uno scaricatore di porto sarebbe un raffinato nobiluomo d’altri tempi [ci mancherebbe giusto una bestemmia da scomunica papale per farla completa, ndr.].

Il bello (o il brutto) di questa storia tragicomica è che alcuni fra questi candidati coesistono nella stessa persona.   

*

Permettetemi infine una carezza affettuosa ai folkloristici cettoqualunquisti. Ce ne stanno a bizzeffe. E son quelli dall’endorsement facile, anzi commovente. Son quelli per i quali le sguaiataggini del proprio beniamino sono “passionalità”, il clientelismo e il favoritismo insito nelle sue fibre più intime sono “spirito di servizio”, la collezione di fiaschi che manco la cantina Valle dell’Asso sono “conoscenza amministrativa”, l’attivismo onde tutto quel che tocca muore è “caparbietà con cui [Cetto o Cetta] risolve i problemi” [risolve?, ndr.], le figure di merda che ci fa accatastare in maniera diuturna sono “l’amore che nutre per tutto il comprensorio di Galatina” [insomma un amore così grande, viscerale, urbi et orbi, ma soprattutto orbi, ndr.].

Poi uno rivede “Qualunquemente” del 2011 - il film di Giulio Manfredonia con  Antonio Albanese -, ne riascolta dialoghi e comizi e inizia a capire che il “Truman show” de noantri non è poi così lungi dalla fiction.

Infatti.

[Un comizio] <<Cari amici elettori, e sdraiabilmente amiche elettrici, mi è stato chiesto, se vengo eletto, cosa intendo fare per i poveri e i bisognosi: 'na beata minchia! È ora di finirla: 'sta cosa dei bisognosi è una mania! Poi sono bisognoso anche io di voti, affettivamente mi servono più dell'ossigeno: qui siamo in guerra, e io non faccio prigionieri. Tu mi voti, ti trovo un lavoro e ti sistemo. Tu non mi voti, 'ntu culu a ttìa e a tutta 'a famighia! Applauso! Io amo lo scontro, e soprattutamente non amo i pacifisti […]>>

E ancora.

  • Cetto: [Dopo aver letto sul giornale un articolo critico verso di lui] “Di cosa parla? Tu Pino hai capito?
  • Pino: “No”.
  • Cetto: “Perfetto. Pino è l'elettore medio: se Pino non ha capito niente, non capirà niente nessuno”.

Ecco. Se ci riuscite, provate a cogliere le differenze.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 14/03/2020 @ 12:26:30, in Comunicato Stampa, linkato 706 volte)

La difficile situazione sanitaria in Italia e nel mondo ci obbliga ad attenerci alle regole di sicurezza e prevenzione studiate ad hoc per contrastare la diffusione del Covid-19. Il conseguente blocco totale di tutte le attività e forme di aggregazione non poteva non colpire il mondo dello sport, in cui la pallavolo è stata la precorritrice, sospendendo per prima tutti i campionati organizzati dalla FIPAV.

Misure più stringenti poi sono state applicate dalla maggior parte delle società, tra cui Salento Best Volley, che ha annullato ogni forma di allenamento sia pur prevista in forme limitative dalle norme legislative.

Ora l’imperativo è rimanere in casa azzerando quasi del tutto la vita sociale: tutto ciò sta comportando una rivoluzione nelle nostre abitudini difficile da accettare e che potrebbe comportare un assorbimento di emotività negative.

La mancanza di impegni scolastici, seppur surrogati in alcuni casi dalla didattica a distanza, e di attività di svago e sport, penalizzano i nostri giovani che comunque sono stati edotti, responsabilmente, dalle famiglie sulla gravità della situazione.

Con un ottimismo tipico della freschezza mentale giovanile ecco allora nascere, spontaneamente, una marea di iniziative che la rete fa prolificare in modo esponenziale. E’ il caso dell’hashtag #iorestoacasa che imperversa sui social network ed è stato rilanciato anche dal ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini.

Mai come oggi tale iniziativa è volutamente ridondante per la finalità che si propone nelle sue varie formulazioni, sintetizzando il provvedimento governativo di rimanere in casa e diventando una campagna di sensibilizzazione sociale.

Anche Salento Best Volley si allinea con tutti i suoi atleti e propone al settore giovanile un’iniziativa: vedere il mondo da un’angolazione diversa.

Un’idea che ci espone la nostra dirigente Zaira Gemma che così la illustra:” La vita tutti insieme sul divano è bella ma alla fine ci si stanca. E’ vero si studia con tempi dilatati, si dà una mano a sistemare le camerette, ci si tiene in movimento per non perdere la forma fisica come consigliato dagli allenatori, ma poi ci si annoia. Ed allora diciamolo con una storia o con un disegno come trascorriamo il nostro tempo dopo aver stravolto le abitudini. Condividiamo insieme il mondo visto da una prospettiva diversa taggando le vostre storie su INSTAGRAM @ s.b.v. olimpia o sulla pagina Facebook @ Salento Best Volley”. 

Per noi intrisi di pallavolo sarà dura ma dobbiamo resistere; tra poco tornerà tutto alla normalità e ricominceremo a giocare!

Il nostro sport ci insegna che per fare punti bisogna attaccare; ora è il momento di mettersi tutti “in difesa”.

Il nostro sport ci insegna che dobbiamo essere sempre mobili e rapidi negli spostamenti; ora è il momento di stare fermi, il più possibile.

Il nostro sport ci abitua ad usare con sapiente tecnica le mani; ora è il momento di usare” la testa” (le mani laviamocele con frequenza ed accuratamente).

Vinceremo anche questa, come sempre con compattezza e spirito di squadra. Contiamo su di voi: siete l’orgoglio di Salento Best Volley.

 

AREA COMUNICAZIONE

SBV OLIMPIA GALATINA

 
Di Albino Campa (del 02/03/2007 @ 12:16:29, in Racconti, linkato 3927 volte)
"Ecco il racconto della Genesi di Noha, che secondo la "Cosmogonia" di Marcello D'Acquarica sarebbe nata dalle 'gocce di sudore di Dio', 'gocce di vita', allorchè, crea, proprio nel cuore del Salento, un giardino rigoglioso, degno dell'Eden: Noha, il paese bello anche quando fa brutto tempo."

Genesi
Dal primo racconto della Creazione.

In principio Dio creò il cielo e la terra
Così ha inizio il primo racconto della creazione del mondo riportato in “Genesi”, il primo dei cinque libri del “Pentateuco” dell’Antico Testamento.
Dopo racconta come Dio fece ogni cosa e come portò a termine la Creazione: “Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio, nel settimo giorno…”.
Continua dicendo che nel settimo giorno Dio si riposò, ma non venne riportato che per piantare il giardino in Eden, a Oriente, si accomodò, volgendo necessariamente le spalle al barbarico nord, in quel area che oggi si identifica nel nostro mar jonio, e più esattamente, in quello che sarebbe stato successivamente il Golfo di Taranto. Cosicché alla sua destra (essendo il Signore destro così come noi umani, fatti a Sua immagine),
dove vi è ora la Calabria, durante la Creazione della Sua opera, lasciò cadere la maggior parte del Materiale che risultava in esubero. Alla Sua sinistra lasciò cadere un po’ di Materiale che riteneva potesse recuperare per eventuali lavori di aggiustamento. Così, magicamente, nacque il Salento.
Sul racconto Biblico non è stato riportato neanche quanto di seguito Vi racconterò ma che può ritenersi altrettanto attendibile (si fa per dire):
-durante la piantagione dell’Eden, forse mentre con la mano sinistra si toglieva il sudore dalla fronte, lasciò cadere sulla zona centrale di quello che sarebbe diventato il Salento, delle piccole “gocce di Vita”… sono queste le fondamenta di Noha.
Infine, casualmente, vi volse anche lo sguardo e, con Sua stessa Immensa sorpresa, si accorse di aver Creato un altrettanto eccellente e meraviglioso Paradiso Terrestre. Ed esordì così:
“ Ma cuarda bidi c’è ngraziatu! Quasi quasi mi lu tegnu de riserva”. E così fu! Lo tenne di riserva.
Noi tutti sappiamo come prosegue il racconto Biblico… Adamo ed Eva disobbedirono alla Legge e per questo vennero cacciati dall’Eden, che, rimasto incustodito, finì per diventare quello che oggi è la terra d’Oriente martoriata da tanta discordia.
Intanto nel Salento, e più esattamente in quel area che oggi possiamo identificare in Noha e dintorni, quelle piccole gocce di vita, proliferarono e si riprodussero aiutati dal Signore che, a Loro stessa protezione, concesse il Suo Arcangelo migliore: San Michele.
Per tutti i secoli a seguire, gli uomini, le donne ed i bimbi di questo posto benedetto, sottomessi e devoti al loro Santo Protettore, vissero in pace ed armonia, coltivando la terra, costruendovi case e Masserie, due Chiese ed un Castello con tre torri, e nutrendosi di quello che la generosità della natura stessa offriva.
Nel frattempo in Cielo era successo un gran “casino”: alcuni Angeli, servitori di Dio, si erano ribellati al Signore e Questi, per punizione li scacciò per sempre dal Cielo. Poveri Diavoli! Dove potevano andare? Alcuni di loro, si sa, trovarono rifugio sulla terra.
Ovviamente questi Angeli disubbidienti, per non farsi riconoscere dalla gente comune, si trasformarono in altre forme viventi del Creato: alcuni in persone cattive, altri in animali delle più variate specie.
E, come si suole dire: “quando il diavolo ci mette la coda”, uno di loro andò a finire proprio in un posto nei pressi di Noha, esattamente a due chilometri più a nord, dove praticamente, sorgerà la Galatina attuale.
Quel angelo che purtroppo ci riguarda, si camuffò in civetta, all’apparenza un rispettabilissimo uccello notturno ma di fatto, per la sua vorace ingordigia, il peggiore di quei disperati cacciati dal Cielo.
Le persone dei paesi intorno non si accorsero della sua presenza fino a quando, un bruttissimo giorno dell’anno 1811 (vd. La storia di Noha a pag.293), l’angelo disubbidiente travestito da civetta, cosi come fa il camaleonte per catturare le sue prede, si trasformò fulmineamente in Gazza Ladra (la Ciola), e come si addice all’istinto di tale uccello, fu attratta morbosamente dai gioielli dei Nohani ignari, che si ritrovarono ben presto poveri in canna e senza più né case né terre. Da allora e per sempre la rapace Civetta abusò di ogni Loro bene per il proprio insaziabile egoismo. Ai suoi seguaci, a causa della loro ingordigia, crebbero le "garze larghe"sotto cui nascondono i beni sottratti con l’inganno ai Nohani. Quello che la Civetta indiavolata non seppe mai sopprimere fu però la dignità di popolo indipendente che arde ancora forte nei cuori di tanti Nohani.

Dedica:
Affinché nella gente di Noha si risvegli l’orgoglio di “popolo” capace di gestire il proprio benessere. Così ha inizio il primo racconto della creazione del mondo riportato in “Genesi”, il primo dei cinque libri del “Pentateuco” dell’Antico Testamento.Dopo racconta come Dio fece ogni cosa e come portò a termine la Creazione: Continua dicendo che nel settimo giorno Dio si riposò, ma non venne riportato che per piantare il giardino in Eden, a Oriente, si accomodò, volgendo necessariamente le spalle al barbarico nord, in quel area che oggi si identifica nel nostro mar jonio, e più esattamente, in quello che sarebbe stato successivamente il Golfo di Taranto. Cosicché alla sua destra (essendo il Signore destro così come noi umani, fatti a Sua immagine), dove vi è ora la Calabria, durante la Creazione della Sua opera, lasciò cadere la maggior parte del Materiale che risultava in esubero. Alla Sua sinistra lasciò cadere un po’ di Materiale che riteneva potesse recuperare per eventuali lavori di aggiustamento. Così, magicamente, nacque il Salento.Sul racconto Biblico non è stato riportato neanche quanto di seguito Vi racconterò ma che può ritenersi altrettanto attendibile (si fa per dire):-durante la piantagione dell’Eden, forse mentre con la mano sinistra si toglieva il sudore dalla fronte, lasciò cadere sulla zona centrale di quello che sarebbe diventato il Salento, delle piccole “”… sono queste le fondamenta di Noha.Infine, casualmente, vi volse anche lo sguardo e, con Sua stessa Immensa sorpresa, si accorse di aver Creato un altrettanto eccellente e meraviglioso Paradiso Terrestre. Ed esordì così: E così fu! Lo tenne di riserva.Noi tutti sappiamo come prosegue il racconto Biblico… Adamo ed Eva disobbedirono alla Legge e per questo vennero cacciati dall’Eden, che, rimasto incustodito, finì per diventare quello che oggi è la terra d’Oriente martoriata da tanta discordia.Intanto nel Salento, e più esattamente in quel area che oggi possiamo identificare in Noha e dintorni, quelle piccole, proliferarono e si riprodussero aiutati dal Signore che, a Loro stessa protezione, concesse il Suo Arcangelo migliore: . Per tutti i secoli a seguire, gli uomini, le donne ed i bimbi di questo posto benedetto, sottomessi e devoti al loro Santo Protettore, vissero in pace ed armonia, coltivando la terra, costruendovi case e Masserie, due Chiese ed un Castello con tre torri, e nutrendosi di quello che la generosità della natura stessa offriva.Nel frattempo in Cielo era successo un gran “”: alcuni Angeli, servitori di Dio, si erano ribellati al Signore e Questi, per punizione li scacciò per sempre dal Cielo. Poveri Diavoli! Dove potevano andare? Alcuni di loro, si sa, trovarono rifugio sulla terra.Ovviamente questi Angeli disubbidienti, per non farsi riconoscere dalla gente comune, si trasformarono in altre forme viventi del Creato: alcuni in persone cattive, altri in animali delle più variate specie.E, come si suole dire: “”, uno di loro andò a finire proprio in un posto nei pressi di Noha, esattamente a due chilometri più a nord, dove praticamente, sorgerà la Galatina attuale.Quel angelo che purtroppo ci riguarda, si camuffò in civetta, all’apparenza un rispettabilissimo uccello notturno ma di fatto, per la sua vorace ingordigia, il peggiore di quei disperati cacciati dal Cielo.Le persone dei paesi intorno non si accorsero della sua presenza fino a quando, un bruttissimo giorno dell’anno 1811 (vd. La storia di Noha a pag.293), l’angelo disubbidiente travestito da civetta, cosi come fa il camaleonte per catturare le sue prede, si trasformò fulmineamente in Gazza Ladra (la Ciola), e come si addice all’istinto di tale uccello, fu attratta morbosamente dai gioielli dei Nohani ignari, che si ritrovarono ben presto poveri in canna e senza più né case né terre. Da allora e per sempre la rapace Civetta abusò di ogni Loro bene per il proprio insaziabile egoismo. Ai suoi seguaci, a causa della loro ingordigia, crebbero le "garze larghe"sotto cui nascondono i beni sottratti con l’inganno ai Nohani. Quello che la Civetta indiavolata non seppe mai sopprimere fu però la dignità di popolo indipendente che arde ancora forte nei cuori di tanti Nohani.Dedica:Affinché nella gente di Noha si risvegli l’orgoglio di “” capace di gestire il proprio benessere.

Marcello D’Acquarica
 
Di Antonio Mellone (del 30/09/2017 @ 12:14:33, in Comunicato Stampa, linkato 2067 volte)

“Nel Consiglio Comunale di Galatina, quello di martedì 26 settembre 2017, i lungimiranti politici locali, in maniera bipartisan, decidono finalmente di dire ad alta voce e addirittura all’unisono ‘Stop al consumo di territorio’, di annunciare al mondo che basta con il cemento e l’asfalto, e che non ha senso uccidere ulteriori 25 ettari di fertile campagna di contrada Cascioni attraverso la creazione di un inutile, anacronistico e dannoso mega-porco commerciale, promosso dagli speculatori di turno e caldeggiato da chi non coglie il senso dell’ulteriore dramma ecologico ed economico che ne deriverebbe.”.

Poi ti svegli, la dolce visione onirica svanisce, e ti ritrovi nel bel mezzo di un incubo.

“Sogno o son desto?” mi son più volte chiesto mentre ascoltavo allibito gli interventi dei miei Diciamo Rappresentanti politici in seno a quel consiglio comunale, pieno zeppo del nulla cosmico [bei tempi quando questo nulla era almeno comico, ndr.]: un nulla tuttavia pericoloso in grado ancora una volta di scrivere una delle pagine più losche della storia di Galatina.

C’era da discutere - ma invero di reali Discussioni Politiche, nemmeno l’ombra - sull’ennesima convenzione [o meglio circonvenzione, per giunta d’incapace, ndr.] tra Comune e Pantacom, la società a responsabilità segata che vorrebbe costruire un centro commerciale nella periferia di Collemeto.

Qualche dirigente comunale, in maniera maldestra e giacché c’era pure con mille refusi (e altrettanti pallosissimi interminabili “errata corrige” comunicati agli astanti Tafazzi), fa votare quasi all’unanimità, tranne un contrario, un paio di astenuti e i soliti assenti [per la verità, assenti anche quando fisicamente presenti, ndr.], l’ennesima modifica alla suddetta convenzione, dando così l’imprimatur alla definitiva approvazione dello scempio da parte della Regione, e spingendo la povera monaca di conza, vale a dire Galatina, verso la clausura nell’ennesimo centro commerciale.

La precedente versione della suddetta cir-convenzione [tra l’altro approvata da quasi tutti i consiglieri di destra: incluso dunque il PD, ndr.] prevedeva, a ristoro del macello ecologico derivante dalla colata, nientepopodimeno che un “parco urbano” di 5 ettari [da noi, una cosa del genere, è da considerarsi ormai come un bosco a tutti gli effetti, ndr.] con tanto “di piante, panchine, sentieri, impianti di illuminazione, e un’area giochi per bambini”. Insomma un’oasi nel deserto di fronte alla cattedrale [da intitolare probabilmente agli 800 beati/beoti martiri di Collemeto, quelli della famosa raccolta firme pro-Pat (Pat è il diminutivo, anzi il vezzeggiativo di Pantacom), ndr.].

Pare che per questioni legate all’aspetto idrogeologico dell’area non sia assolutamente possibile piantare degli alberi [e pensare che un tempo erano gli alberi il miglior antidoto a certi dissesti, ndr.], ma solo cespugli, sicché, anziché lasciare il mondo come sta e dire a Pantacom: “Signori, la convenzione è quella che abbiamo a suo tempo siglato insieme e da lì non ci muoviamo di un millimetro; questo è quanto; è stato un piacere; arrivederci”, si mettono invece a spianarle la strada, parlando di fantomatiche penali milionarie, e di altre simili minchiate, e barattano così il genius loci, il territorio e finanche la loro anima per 420.000 denari emessi dalla Bce [euro che, detto tra noi, Galatina vedrà con il binocolo, ndr.].

Ma quel che risulta oltremodo ridicolo [per fortuna il ridicolo non ha mai ammazzato nessuno, se no l’altra sera in quell’aula consiliare avrebbe fatto un’ecatombe, ndr.] è il livello del cosiddetto dibattito. Uno pensava che con le precedenti amministrazioni ci si fosse asintoticamente avvicinati allo zero. Ma a quanto pare, con l’attuale, non solo l’abbiam toccato, ma a breve saremo costretti a utilizzare i numeri relativi (in particolar modo quelli con il meno davanti).

Ora. Nessuno pretende che i consigli comunali locali siano dei seminari su Wittgenstein, e nemmeno che gli interventi siano perfetti e irreprensibili dal punto di vista della dizione [vabbè, qualche ‘nciarfisciamento ci sta pure: ma, per favore, non esageriamo, ndr.], o inappuntabili quanto a chiarezza o impeccabili nella sintassi, bensì soprattutto nella logica e nella coerenza politica, che spesso sono apparse, come dire, ossimoriche.

Intanto c’è stato l’intervento di un discreto manipolo di politici della maggioranza che han così tanto fatto brillare della loro stessa perspicuità il “nuovo modo di fare politica", da meritare sul campo (ad honorem, diciamo) il cambio di denominazione della loro fazione: da Andare Oltre ad Andare A Cagare [i perbenisti per favore si voltino dall’altra parte o bazzichino lontano il più possibile dai miei appunti, ndr.].

Gli esponenti di codesto gruppo (alcuni pivelli, o presunti tali) nelle loro dichiarazioni di voto sembravano ostili al mega-porco, anzi contrarissimi, convinti, ma così tanto, ma veramente tanto, che il sottoscritto, dagli spalti riservati al pubblico (sparuto, anzi sparito dalla circolazione), stava per sciogliersi in un caloroso applauso al loro indirizzo.

Un applauso davvero scrosciante, l’avrebbero meritato da lì a qualche minuto, allorché le loro manine si sono alzate nel voto unanime a favore della novella suddetta cir-convenzione-d’incapace-pro-porco-Pantacom: quando si dice Andare Oltre la coerenza, la dignità politica e la decenza.

C’è pure chi ha accennato – e te pareva - agli immancabili 200 posti di lavoro [gli interessati in cerca di occupazione inizino a mandare già sin d’ora i loro curricula, non si sa mai, ndr.], per concludere con l’ineffabile intervento del portavoce dei Cinque Stelle che ha votato No, ma ha blaterato di ristori o risarcimenti insufficienti per cui si sarebbe potuto magari chiedere di più, se non altro per l’enorme perdita di tempo da parte degli uffici della curia galatinese. Va bene, ma non era questo il punto principale.

I temi veramente importanti erano altri ed era necessario esplicitarli in quell’assise (se solo fossero stati pensati): e cioè che nessun risarcimento sarebbe stato sufficiente a riparare i danni di un mega-porco commerciale; che un consiglio comunale non è stato istituito per ratificare alcunché, men che meno le cir-convenzioni al ribasso con soggetti come Pantacom, società oltretutto “inattiva”, che non danno uno straccio di garanzia; che se davvero il gruppo più corposo della maggioranza avesse manifestato un pizzico di coerenza tra il dire e il fare, e soprattutto la schiena dritta, votando contro il mega-porco (com'era nei suoi propositi pre-elettorali), avrebbe con molte probabilità fermato la corsa verso il baratro, e non solo commerciale, di un intero territorio; che l’impianto di un centro commerciale oggi è così anacronistico che potrebbe esser paragonato all’utilizzo del Televideo per leggere le notizie; che i fantomatici (o pantacomici) risarcimenti a carico del comune sono una presa per il culo inventata da chissà chi [perché mai il comune avrebbe dovuto risarcire Pantacom? Perché non ha voluto cambiare la convenzione? E che cavolo di “convenzione” sarebbe codesta, etimologicamente parlando? ndr.]. E altre motivazioni del genere, ben più forti dell’insufficienza di un risarcimento.

*

Ma, a quanto m’è dato di capire, il vero problema qui non sono i rappresentanti, ma i rappresentati; non gli eletti ma gli elettori; non la Pantacom ma Galatina stessa. La bella addormentata nel bosco. Ormai scomparso. Per convenzione.

 

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 03/06/2017 @ 12:07:30, in NohaBlog, linkato 2844 volte)

Secondo un mio personale sondaggio condotto con l’utilizzo di un “campione bernoulliano” (insomma ho posto la domanda soltanto ad alcuni candidati: agli altri era del tutto inutile, tanto scontata sarebbe stata la risposta), l’80% dei concorrenti alla poltrona di Sindaco e/o consigliere comunale non conosce il programma stilato dagli avversari, nemmeno i tratti più salienti, e quindi non sa cogliere le differenze (posto che esistano) con il suo. Anche perché il restante 20% di questo campione non conosce nemmeno le proposte della propria fazione.

Con questi dati alla mano, attraverso un banale processo di inferenza statistica, si può ragionevolmente dedurre che la percentuale di elettori che non padroneggia almeno due punti del programma dei propri beniamini s’aggira intorno al 150%.

La scelta dunque del sindaco ideale per il proprio comune diventa una vera e propria variabile aleatoria, ovvero stocastica, vale a dire ad minchiam: ergo con grandi probabilità di vittoria del peggiore e non del migliore [migliore che - a dispetto dello stucchevole luogo comune secondo il quale “sono tutti uguali” - per nostra fortuna in loco esiste eccome: basta saperlo individuare usando quell’organo che ha grandi potenzialità ma che sovente non utilizziamo appieno se non quando siamo all’acme dell’eccitazione ovvero al massimo del suo stimolo, vale a dire il cervello, ndr.].

Siccome stiamo discutendo del futuro del territorio, e di conseguenza del nostro e di quello dei nostri cari, mi permetto di dar qui di seguito a galatinesi e frazionesi qualche sollecitazione o qualche imbeccata sul metodo da utilizzare per selezionare chi avrà l’onore e soprattutto l’onere di diventare il nostro Primo Cittadino.

*

La prima linea di demarcazione è quella del referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. 

Bisognerebbe prestare molta attenzione e quindi scansare come la peste bubbonica i candidati e i loro accoliti che solo qualche mese fa hanno sostenuto fino allo spasimo (per fortuna perdendo rovinosamente) una cosiddetta riforma della Costituzione scritta con i piedi, anzi con l’artrite reumatoide dei piedi: una proposta di modifica della legge fondamentale dello Stato che ha provato a spaccare anziché unire il Paese, e che, oltretutto, con l’abolizione della “legislazione concorrente” e con la clausola di “supremazia statale”, avrebbe fatto contare i territori (tipo i Comuni) come il due di picche con briscola a denari, persino su argomenti essenziali alla loro stessa sopravvivenza (come: Tap, Trivelle, Ilva, Cerano, Ulivi, strade statali, inceneritori, per dire).

*

Un altro elemento di scelta è il tema del giorno: “Laurea sì, laurea no”.

Ora. Chi scrive crede che la laurea non sia più un’attenuante (veramente non lo è mai stata) bensì un’aggravante per il “candidato laureato” che, con la spocchia del togato, continua a fare in pubblico e con nonchalance i suoi strafalcioni lessical-grammaticali, e - anziché vergognarsi e andarsi a rinchiudere in qualche comitato elettorale di periferia buttando via la chiave - addirittura se ne auto-compiace in un crescendo di ridicolaggine corroborata dagli applausi scroscianti dei suoi turiferari (i quali, ove possibile, son peggio di lui). Meglio dunque un candidato con la terza media fatta per bene, che un laureato più o meno fresco di toga grazie magari ai bignami, ai bigini, alle slide o ai riassunti gentilmente fornitigli dagli altri (onde il suo ultimo libro studiato approfonditamente fu il sussidiario delle elementari, ma soltanto perché costrettovi dalla scuola dell’obbligo).

*

Un’altra selezione radicale dovrebbe avvenire in considerazione dei partiti che compongono certe coalizioni a sostegno di questo o quel candidato.

La prima da non toccare nemmeno con una canna da pesca telescopica è l’ormai tristemente famosa accozzaglia pigliatutto destra-sinistra [o meglio: sinistra-chiamatemi, ndr.] nata in diretta nel corso di una trasmissione televisiva di Telerama (la famosa Open, cioè Vucchiperti). Un trasversalismo mefitico e pestilenziale, cinico e politicamente foriero di ulteriori tremebonde schifezze: altro che “siamo tutti Fratelli d’Italia”.

La seconda coalizione intoccabile è quella composta dai mammasantissima dell’eterna destra locale sempre uguale a se stessa (ci manca giusto la Lega per fare l’en plein) i cui leader storici a livello nazionale potrebbero essere annoverati tra gli impresentabili. Me ne vengono in mente due, sufficienti per decidere di starne il più lontano possibile.

Il primo partito è quello il cui proprietario fu condannato poco tempo fa per frode fiscale, assegnato ai servizi sociali, prescritto nove volte per dei reati molto gravi, prosciolto invece in altri casi [non per non aver commesso il fatto, ma perché il fatto non è più reato, essendo nel frattempo arrivata –guarda un po’ - l’ennesima legge ad personam, ndr.]. E’ il tristemente famoso presidente delle olgettine, quello della nipote di Mubarak e della compravendita dei senatori, quello che ci ha fatto fare tante figure di merda anche a livello internazionale, e ultimamente, a beneficio di allocco, si fa pure ritrarre con gli agnellini in braccio, poverini [poverini gli agnellini, e i suoi seguaci, probabilmente appartenenti alla stessa razza ovina, ndr.].

Il secondo partito è quello che ha fatto più volte rivoltare nella tomba non dico Marx ed Engels, ma lo stesso Pietro Nenni. E’ il partito nato a sinistra e finito a destra, quello che ebbe quale segretario (poi addirittura presidente del consiglio) il famigerato politico corrotto morto latitante ad Hammamet. Pare che ci sia tuttora in giro per Galatina un nostalgico, per di più candidato nelle liste di codesto partitino, il quale sta cercando di darla da bere a noi altri attraverso un’operazione amnesia (o forse amnistia), con una serie di scritti pubblicati sul web un giorno sì e l’altro pure, conditi dai famosi racconti strappalacrime della “barberia” [evidentemente gli affiliati a questo partito saranno esperti in barba e capelli agli italiani, ndr.]. Sta di fatto che durante la permanenza al governo di questo giglio o meglio garofano di campo, vale a dire dal 1983 al 1986, il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo passò dal 70% al 92% [ottime referenze, dunque, per il risanamento finanziario del comune di Galatina, ndr.].

Per la cronaca, il suddetto il politico corrotto (che alcuni vorrebbero santo subito) aveva intascato su conti esteri per sé (e non per il partito) tangenti per circa una quarantina di miliardi del vecchio conio. Certo, il partito ne aveva presi molti molti di più, però, come si dice, chi si contenta gode [ma chi gode si accontenta di più, ndr.].

Pare che i novelli adepti della suddetta consorteria continuino a chiamarsi tuttora “compagni”, e sembra che abbiano (come allora) un concetto molto elastico di legalità, tanto che per esempio chiamano “folklore” i manifesti abusivi attaccati un po’ dovunque. E’ proprio vero: “L’arte de lu tata è menza mparata” [il mestiere del padre (politico) è già imparato a metà, ndr.].

Infine ci sarebbero da schivare [qui alla v si potrebbe sostituire la f, ndr.] i candidati diversamente politici; quelli che nei confronti pubblici fanno a gara a chi la spara più grossa menando il can per l’aia; quelli che nei comizi pensano (pensano, si fa per dire) e parlano (sbraitano sarebbe più azzeccato) come mangiano; quelli che manifestano a cento decibel la propria pochezza (o più frequentemente l’ochezza); quelli che ostentano più poster pubblicitari che idee politiche; quelli che aprono e chiudono le loro kermesse in piega con la sigla-tormentone “De Pascalis Karma”. Insomma quelli che, in caso di vittoria, sarebbero in grado di trasformare l’undici giugno nell’undici settembre della nostra povera piccola patria.

*

Detto questo, non riesco a spiegarmi perché mai quando di recente ho formulato gli auguri per la sua elezione a Sindaco a quell’unico candidato degno di assumere una carica così importante, questi mi ha risposto risentito: “Ma Sindaco a chi? Sindaco, vallo a dire a tua sorella”.

Mah, vai a capire.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 17/09/2017 @ 12:06:57, in NoiAmbiente, linkato 2435 volte)
 
Di Redazione (del 03/06/2017 @ 12:05:50, in Comunicato Stampa, linkato 1424 volte)

Il giorno 29 maggio 2017, in Galatina, presso la Sala Convegni dell’ Hotel Baldi, Le sottoscritte associazioni culturali e movimenti concordano e pattuiscono quanto segue:

È in fase di costituzione un nuovo soggetto di secondo livello che raggruppa le associazioni e movimenti anzidetti aventi finalità affini, e sono:

la Proloco di Galatina, Archeoclub Galatina, Club Unesco Galatina, l’Osservatorio Tecnico Galatinese, Italia Nostra sez. Sud Salento, l’ Associazione Galatina Arte Storia Cultura, il Movimento del Risveglio del Centro (nel quale si riuniscono operatori, residenti e cittadini sostenitori), e le altre associazioni che si riconoscono in questi principi e vorranno aderire in seguito a questo coordinamento. Il nome di detto soggetto è in fase di definizione.

Lo scopo di tale Rete è: tutela, salvaguardia, decoro, valorizzazione promozione, studio, ricerca e fruizione dei beni materiali e immateriali del Centro Antico di Galatina.  Dette finalità si ritiene che possano essere meglio e più efficacemente raggiunte da questo soggetto in fase di costituzione.

L’azione si estrinseca e si concretizza con iniziative finalizzate all’ accrescimento di una cultura della legalità, del senso civico, della solidarietà, del rispetto del bene comune, rafforzando l’identità della comunità, il senso di appartenenza del singolo, studiando e riscoprendo le proprie radici al fine di elevare la coscienza collettiva a un nuovo modo etico di vivere.

Il coordinamento delle varie iniziative è di volta in volta curato dal movimento o associazione proponente. L’utilizzo del nome della Rete è previsto sempre e soltanto se autorizzato dalla maggioranza delle associazioni e dei movimenti aderenti con precisazione ove richiesto, di coloro che si astengono. Il logo del soggetto è in fase di definizione.

Letto approvato e sottoscritto

Ciò premesso, riteniamo che la coscienza civica dei cittadini Galatinesi é ormai matura per una nuova consapevolezza del bene comune, tralasciando quindi le visioni o gli interessi di pochi. Con questo spirito i cittadini prima e le associazioni che aderiscono a questa Rete poi, hanno collaborato con la gestione commissariale e intendono farlo anche con la futura amministrazione comunale che si insedierà a breve. Teniamo a segnalare il D.L. 20 febbraio 2017 N.14 cui far riferimento per i problemi di decoro urbano, per i relativi provvedimenti sanzionatori e di prevenzione. Segnaliamo l'urgenza di intervenire sui problemi di parcheggio selvaggio e della velocità sostenuta nel perimetro del Centro Antico, nonché di applicare le norme del codice della strada relativamente alla sosta. Proponiamo di ridurre il limite di velocità a 20km orari all’interno del perimetro Antico  e di eliminare totalmente i parcheggi in Piazza San Pietro (eccezion fatta per i disabili), in modo da restituire la Piazza ad una vivibilità, fruibilità,  decoro e bellezza che da sempre le appartengono. Certi che questo spirito che anima Cittadini, Operatori e la Rete associativa, possa essere lo stesso che anima l'azione politica e amministrativa presente e futura... invitiamo le istituzioni tutte a condividere un percorso comune.

Firmato

Il Coordinamento Associativo per il Centro Antico

 
Di Albino Campa (del 21/03/2011 @ 12:05:38, in NohaBlog, linkato 3421 volte)

Andrea Ferreri, conquista un prestigioso terzo posto in quello che rappresenta il massimo evento sportivo per le arti marziali cinesi

Verrebbe quasi da dire, “dalla Cina con furore”: ecco a voi la medaglia di bronzo dei mondiali di kung fu-Sanda, Andrea Ferreri. Ebbene sì, il ragazzo di Noha torna nella sua Galatina al termine della nota competizione continentale tenutasi ad Hong Kong. La conquista del prestigioso terzo posto in quello che rappresenta il massimo evento sportivo per le arti marziali cinesi, inorgoglisce tutto il Salento e in particolare il ds della polisportiva Zen Shin Antonio Buono, premiato con la targa di miglior coach della competizione iridata.

Il maestro galatinese traccia gli obiettivi agonistici del ragazzo: “Il prossimo match di Andrea è previsto nel mese di giugno a Parigi per l’Euro Liga; al momento ci godiamo il risultato storico appena conseguito. La manifestazione mondiale si ripete una volta l’anno e tra due edizioni, l’evento avrà luogo a Vercelli; in prospettiva, uno stimolo in più per impegnarci a far meglio”. Un bronzo che vale come un oro per il giovane Ferreri, unico atleta italiano nella categoria dei -56 kg tra una moltitudine di orientali. Dopo le prime scalate al vertice, il diciottenne salentino ha dovuto cedere solo in semifinale dinanzi al beniamino di casa e principale favorito al titolo; atleta cinese sconfitto poi nella finalissima a causa dei traumi all’arto inferiore sinistro infertigli dal granitico salentino.

Un successo che affonda le sue radici nel ’98, quando il piccolo Andrea a soli 5 anni, prende confidenza con la nobile pedana del Sanda; un quadrato rialzato privo di corde che racchiude l’ essenza dell’ antica arte cinese, basata sul rispetto delle regole e dell’ avversario. Appena tre anni dopo, il giovanissimo talento inizia l’attività agonistica sotto la guida dell’arguto scopritore di talenti Antonio Buono, selezionatore da circa un anno, della nazionale italiana di Sanda (combattimento libero cinese) e maestro della medesima disciplina insieme a quella della Muay Thai.

La carriera sportiva del piccolo grande Andrea è proseguita con i precoci risultati ottenuti a livello nazionale, fino ai trionfi dei campionati europei a Pisa lo scorso novembre. Il resto è storia appena scritta dal sorprendente Ferreri che, a soli 18 anni, rappresenta già passato, presente e futuro del kung fu-Sanda sul panorama intercontinentale. Inoltre, il fulgido terzo posto conquistato al mondiale, ha attirato l’attenzione dei più esperti maestri orientali, pronti ad offrire al talentuoso salentino un banco all’ università delle arti marziali di Pechino.

Un’onorificenza ma soprattutto una grande possibilità che impreziosisce il bronzo ottenuto dal ragazzo di Noha. La chance di proseguire gli studi delle discipline marziali tra i “mostri sacri” del Kung fu, sarebbe inequivocabilmente il definitivo salto di qualità alla carriera agonistica di Ferreri che, oltre ad affinare tecniche di combattimento, arricchirebbe le sue conoscenze sull’ affascinante civiltà cinese; etnia che fonde le sue tradizioni alle arti marziali, dove si vive e si respira kung fu incessantemente. Un progetto, quello cinese, ancora da delineare date le priorità del giovane, prossimo agli esami di maturità e alle prese con una scelta di enorme responsabilità considerata la carta d’ identità.

Con certezza potremmo sostenere che se da queste parti Fabrizio Miccoli è denominato da tutti come il Romario del Salento, l’astro nascente Andrea Ferreri può indiscutibilmente essere considerato come il Bruce Lee di Galatina. Oltre alle doti innate di puro combattente, Andrea ha saputo unire dedizione e spirito di sacrificio, valori inculcati dalla saggezza di maestro Buono il quale vanta una polisportiva composta da 300 tesserati. Un alveare di talenti capace di esportare il marchio galatinese oltre i confini europei e, in tal caso, paventare l’idea di scavalcare le antiche muraglie cinesi.

fonte: lecceprima.it

 

Condanniamo fortemente ogni forma di atto vandalico e di mancanza di rispetto nei confronti dei nostri spazi pubblici e soprattutto dei beni storici.

La nostra Amministrazione è al fianco di tutti i cittadini di Noha stanchi di svegliarsi la mattina e vedere mortificata la Trozza a causa di abbandoni di rifiuti, sporcizia e atti vandalici.

Una situazione incresciosa che va avanti da diversi anni e rispetto alla quale abbiamo garantito, sin da subito, il nostro impegno per trovare una soluzione che possa cercare di impedire il verificarsi di ulteriori episodi di questo tipo nei confronti di uno dei beni storici più importanti di Noha. 

Un impegno che nei prossimi giorni si sostanzierà nell'installazione di telecamere di videosorveglianza collegate alla centrale della Polizia Locale.

È evidente che nessuno vorrebbe vessare i propri concittadini, ma davanti a questo tipo di reiterati comportamenti si rende necessario intervenire a tutela della collettività.

Allo stesso tempo, oltre all'installazione della videosorveglianza, abbiamo già programmato ulteriori interventi di riqualificazione volti a ripristinare il decoro e la dignità della villetta che ospita la Trozza.

 

Pierluigi Mandorino

Consigliere comunale con delega alla frazione di Noha

 
Di Antonio Mellone (del 04/08/2018 @ 11:56:06, in Fetta di Mellone, linkato 1735 volte)

Il vocabolario d’italiano della mia famiglia non contemplava il lemma “vacanza”: che invece credeva fosse (e crede tuttora sia) arabo.

Sicché, come detto altrove, nell’infausto mese di giugno da noi iniziava la Raccolta Del Tabacco e sul tema non erano previsti margini per chissà quali speculazioni filosofiche da parte di uno sbarbatello come il sottoscritto che prima di diventare un No-Tap era giustamente un No-Tab (Tab = tabacco).   

Si partiva senza indugio con il frunzone, cioè le prime foglie in basso, quelle che toccavano terra, le peggiori, le più infide. Io raccoglievo ginocchioni queste benedette foglie, strisciando nella polvere della dura gleba manco fossi un devoto pellegrino genuflesso in uno dei santuari del Prodotto Interno Lourdes (Pil).

Avevo le ginocchiere a quei pantaloni inguardabili di due taglie più grandi. Nel frattempo ogni foglia strappata alla pianta era un’imprecazione dentro di me e una fervida preghiera a Zeus, dio del fulmine, affinché benigno scagliasse su quelle piantagioni la più portentosa delle sue sajette. Credo di essere stato uno dei precursori, se non proprio l’inventore, della Giornata Mondiale Senza il Tabacco che tanto successo riscuote oggi in ogni angolo della terra.

La raccolta avveniva la mattina presto prima del canto del gallo. Per dirvi il livello di disperazione ero arrivato a invidiare perfino quello stupido pollastro che, per quanto stupido, aveva comunque il privilegio di svegliarsi dopo di me. E voi non potete nemmeno immaginare il groviglio dei miei pensieri all’indirizzo dei suoi avi defunti.

Si lavorava dunque al lume di luna e stelle: e io mi sentivo alternativamente un po’ Giacomo Leopardi pervaso dal pessimismo cosmico, a tratti un licantropo (il famoso lupo mannaro americano a Noha), e talvolta un vampiro ormai terrorizzato dalla luce del sole.

*

Il tabacco si cuciva con l’acudeddhra, un ago lungo trenta o quaranta centimetri. Quest’aculeo d’acciaio, venduto anzi spacciato dagli zingari al mercato del giovedì di Galatina, presentava una cruna dove si infilava lo spago di circa un metro di lunghezza. Io da quella cruna m’aspettavo di veder passare tranquillamente un cammello, piuttosto che il ricco di turno - che si stava viepiù arricchendo anche grazie al mio indefesso lavoro - entrasse nel regno dei cieli.

Quando si riempiva la filza si staccava dall’ago e, doppiandola, la si parcheggiava di fianco insieme a tutte le altre. C’era anche una sorta di gara fra poveri cristi su chi ne sfornasse di più. Anni dopo all’università appresi che questa abiezione si chiama produttività, ovvero asserto di Kunta Kinte (quest’ultimo enunciato è copyright del sottoscritto).

Le mani era praticamente impossibile proteggerle con i guanti di plastica o con preservativi di altro materiale, tanto che in breve si riempivano di quella sorta di grasso nero appiccicoso e insopportabile, altrimenti detto siu. In quei frangenti, intrattabile com’ero, era pressoché impossibile avvicinarmi, pena la topica imprecazione icastica idiomatico-liberatoria indirizzata urbi et orbi che suona: cu butti lu siu.   

*

Dopo l’infilatura o la cucitura bisognava appendere le corde al telaio (taralettu) per l’essiccatura.

Ebbene. Quando il tempo si annuvolava o quando iniziava a piovere (chissà come mai i temporali estivi capitavano proprio quando avevi da poco posato il capo sul cuscino per la sacrosanta pennichella pomeridiana) eri costretto ad alzarti dalla branda per correr fuori all’impazzata a ricoprire i telai/taraletti con la Manta Di Plastica. Chi se ne fregava se t’inzuppavi con l’acqua dei gavettoni scagliati dagli angeli del cielo in vena di scherzi da caserma: l’importante era non farla prendere al tabacco che poteva sciuparsi o assumere un colore sgradito al  monopsonista acquirente dotato di cravatta in senso letterario e in senso letterale. Per la cronaca nessun tabacco, nemmeno il più curato nei dettagli, fu mai pagato adeguatamente e soprattutto per pronta cassa. E tu, insieme a molti altri, eri costretto ad ascoltare sotto le volte del magazzino di consegna la solita salmodiante voce del padrone che faceva: àggili bbire [i.e. aspetta e spera].

*

Decenni dopo arrivò Marchionne (parce sepulto), amministratore delegato della fabbrica dei consensi, incensato dal clero mediatico-giornalistico dell’ordine del neoliberismo, e applaudito dal gregge di fedeli precarizzati e senza coscienza.

Ancora fumo. Di quello buono.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 28/07/2011 @ 11:47:02, in Letture estive, linkato 3045 volte)
Ogni volta che leggo un romanzo o racconto di Stefano Benni un pensiero mi schiocca rumorosamente in testa e puntualmente sono tentato di uscire per strada e chiedere alla gente che passa: “scusi, sa dirmi quanto pesa la Fantasia?”. Da qualche parte ho letto che la Fantasia non ha limiti, ma di sicuro avrà un peso, altrimenti non riesco a spiegarmi cosa diavolo toccavo con mano mentre leggevo La compagnia dei Celestini. Quindi posso affermare che è dalla lettura di questo libro che ho subitaneamente (è orrendo questo termine, lo so, ma è adatto al contesto filosofico che si sta creando) dedotto che la Fantasia esiste e che molto probabilmente è fatta di fili che si intrecciano intorno al nostro mondo, tanti fili colorati che pendono dal soffitto della nostra camera, che fuoriescono dalla tazza del water, che imbottiscono i nostri vestiti, foderano gli oggetti che ci trasciniamo dietro tutti i giorni.

È un peccato che voi non riusciate più né a vederli né tanto meno a toccarli. Io un rimedio a questa strana malattia, forse pandemia, ce l’avrei pure, ma non fa per tutti. Bisogna essere consapevoli di quello che state per fare – ricordo a coloro che si sono distratti che state per toccare la Fantasia! -, dovreste lasciarvi alle spalle una miriade di pregiudizi, disfare ogni perbenismo che tormenta il vostro viver sociale e non essere particolarmente inclini al “Mussolardismo”. Altri requisiti? Beh, non guasterebbe se per l’occasione lasciaste il vostro cervello libero di scodinzolare fuori dal cortile in cui vi siete murati.

Perché tutte queste raccomandazioni? Non fate domande e statemi a leggere. La compagnia dei Celestini è il rimedio che fa per voi, in quanto questo testo è l’incarnazione della Fantasia. Sconvolti? Io pure. Ma come si potrebbe non affermare ciò per un testo colmo di lessici inventati, personaggi strambi, discorsi surreali, ambienti che sembrano esser stati progettati dalla Fantasia in persona, il tutto a contorno di una storia semplicemente e meravigliosamente assurda. Non è facile rendere con la parola scritta l’incredibile lavoro di costruzione letteraria di Benni, la fusione perfettamente riuscita tra il nostro mondo e quello parallelo della Fantasia che gli permette di non essere mai banale e allo stesso tempo di portare avanti, pur nella semplicità della narrazione, un monito contro le ingiustizie del mondo reale.

Difatti come non riconoscere nell’Egoarca Mussalardi, l’uomo più ricco e potente di Gladonia, e nel giornalista Fimicoli una pungente critica contro una politica squallida e un’informazione corrotta? Come non prestare attenzione agli ambienti in cui scorazzano i piccoli orfani protagonisti di questo romanzo e quindi ignorare la protesta di Benni contro l’inesorabile devastazione del nostro paesaggio? Oppure come si fa a non riconoscere nel comportamento del re dei “famburger” Barbablù un sottile dissenso contro l’invasione dei cibi da fast food?

Ah dimenticavo, bisogna avere anche un bel fiato per stare dietro a questi piccoli orfani che fuggono dall’orfanotrofio di Santa Celestina, retto dei Padri Zopiloti, in cui sono rinchiusi per andare a disputare il Campionato Mondiale di Pallastrada, organizzato dal Grande Bastardo in persona!

Michele Stursi

La Compagnia dei Celestini, Stefano Benni, Universale Economica Feltrinelli, pp. 288, € 7,50

 
Di Antonio Mellone (del 03/10/2020 @ 11:40:50, in Fetta di Mellone, linkato 939 volte)

Che carini i deputati che festeggiano il taglio dei deputati. Mi ricordano tanto quel condannato a morte che gongola per quanto il boia abbia affilato la lama che farà rotolare la sua testa. Non stanno nella pelle, non si danno pace, non vedono l’ora di eliminare finalmente le loro “poltrone” (chiamano così i seggi parlamentari). E pare che vogliano contribuirvi partendo dalle proprie, visto che i consensi del moVimento proponente (quello passato dallo streaming del “nulla dev’essere nascosto al popolo” al conclave del “nulla deve trapelare”) sembrano tendere a una riduzione, guarda un po’, del 36,5%. Ma anche il resto dei partiti del famoso 98% non scherza mica quanto a decrescita felice dei voti spacciata come sempre per crescita esponenziale.

Fanno tenerezza anche i tifosi così tanto protagonisti di questa bella “sforbiciata alla casta”, la quale casta non vedeva l’ora di faticare di meno (avendo meno impiastri cui dar retta) per ottenere quello che ha sempre voluto: la libertà di farsi gli affaracci suoi. Ma vuoi mettere: con tutto questo po’ po’ di risparmio è capace che non solo si fermerà l’avanzata del debito pubblico italiano, ma che si riesca addirittura ad azzerarlo in quattro e quattro otto, a dispetto di quei menagramo dei matematici sempre così tristi e demoralizzanti con tutti quei più, meno, diviso e per.

Ma mo’ bando alle ciance e pensiamo subito a come spendere i soldi del Mes o quelli del Recovery Fund (chi riesce a trovare le differenze tra i due istituti vince un buono sconto per un ricovero al San Raffaele). Orbene preparatevi, o popoli tutti, al “boom economico” trainato dai consumi (soprattutto di suolo - ma non attacchiamoci al pelo), al fiume di denaro che “darà una scossa” e “creerà nuovi di posti di lavoro” (con gli stessi diritti di Kunta Kinte, vabbè, ma la soddisfazione dello zuccherino non ha prezzo), all’Italia “che deve tornare a correre” smettendo di essere “la lumaca d’Europa” e, non ultimo, al nuovo miracolo italiano (questa mi pareva di averla già sentita).

Prendiamo ad esempio la Sanità, tema d’attualità. Con i flussi di cassa (a debito) che giungeranno dall’Europa faremo la rivoluzione: ma mica assumeremo i ricercatori o raddoppieremo medici e infermieri in corsia o al pronto soccorso, o quelli per l’assistenza domiciliare integrata (see: una visita a casa costa 100 euro, un ricovero 1.500 euro al giorno, dunque conviene di più il ricovero), bensì per prima cosa toglieremo le regole, e già che ci siamo anche il tetto di spesa alle cliniche private (cosa appena fatta in Puglia ma anche altrove: e poi non dite che il Covid non sia una cuccagna), e ovviamente andremo avanti come un treno con il RI-OR-DI-NO ospedaliero, cioè con la chiusura degli ospedali esistenti (che potrebbero funzionare benissimo con piccole manutenzioni, ma che gusto c’è a spender poco) e quindi con la costruzione di novelli nosocomi, ovvero di cittadelle sanitarie così tanto di moda (insieme alle cittadelle dello sport, della giustizia, e financo della cultura). Siamo “’n gop”, direbbero a Napoli (dove gop sta per grandi opere pubbliche).  

Però, tranquilli, il comitato tecnico scientifico ha detto che tutto sarà green, sostenibile, biologico, salutare, compostabile, eco, circolare, digitale, inclusivo, a zero emissioni, smart, consapevole, a basso impatto, e pure boscoverticale che fa tanto Amazzonia anche in città con traffico stile Bogotà. I vari house organ, cioè televisione, stampa e stampelle varie sono già al lavoro per aiutare la ricrescita.

Soltanto così la casta (cioè il capitalismo privato o di stato, cosa cambia) la smetterà finalmente di chiagnere. Limitandosi a fottere.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/08/2017 @ 11:40:05, in I Beni Culturali, linkato 1856 volte)

Negli antichi edifici i nostri mastri costruttori, per le parti importanti come gli angoli oppure i pilastri e le architravi delle porte, usavano selezionare delle pietre particolarmente forti e di pregio. La costruzione al n. 17 di via San Michele, pur essendo una casa semplice, non di pregio, mostra pietre di dimensioni e importanza evidentemente sproporzionate rispetto all'uso per cui mostrano di essere state posizionate. Ma queste sono mura secolari e tante sono le vicende che hanno visto e accolto, a volte di miseria altre di sofferenza, altre ancora di gioia. E’ la vita.

Siamo in una profonda e sottilissima appendice del centro antico di Noha. Quante persone abbiamo visto uscire o scomparirvi al rientro nelle buie sere d'inverno, in questo vicolo chiuso e dall’aria impenetrabile. Sembrava uno spazio proibito ai molti, tanto trasudava mistero.

Eppure, a screditare questa sensazione inquietante, al fondo della timida piazzetta di pochi metri quadrati, c'era addirittura una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo. Seppur sbiadito e appena percettibile, il nostro Angelo protettore è ancora lì e mostra imperterrito la sua lancia puntata verso l'alto. 

In un lato dell'antica architrave è invece ben visibile il sigillo che il maestro costruttore pose nell'Anno del Signore 1779.

Forse i nostri ospiti non hanno manco notato l’antico cavaliere alato, in singolar tenzone contro il maligno che da lungi attanaglia le vite di una moltitudine di anime. O forse avendone capito l’importanza, stanno valorizzandone lo spazio, vivendolo finalmente.

Ora è piacevole rivederla viva e popolata, non la chiesetta antica, chiusa e stravolta per sempre da una moltitudine di successioni, ma l'antica piazzetta antistante il Sacro Portale. Rallegra il cuore vedere che nuovi abitanti ne colmano lo spazio con la loro vita.  Seppur in un disordine poco ragguardevole, è sempre meglio che vederla in totale abbandono come accade, ahimè, a molti altri nostri beni Culturali. Che a questo punto si spera, visto che non ce ne prendiamo cura da tempo, verranno valorizzati dai nostri giovani ospiti venuti da lontano.

Marcello D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 05/06/2013 @ 11:40:00, in NohaBlog, linkato 3992 volte)

Alessio Ingusci un piccolo OsservatoreQuando si parla di un argomento, uno qualsiasi, ascolto con attenzione prima di esprimere il mio parere. Se però l’argomento è il disegno, l’antenna telescopica della mia attenzione si proietta come il periscopio di un sommergibile che scruta l'orizzonte, in cerca della meta da raggiungere. Oggi sono a casa di Mauro, il papà di Alessio, che con evidente orgoglio, mi racconta della premiazione del suo bambino per un disegno scelto a scuola, l’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina e Noha, avvenuto a Lecce presso l'Hotel Tiziano, il 31 Maggio. Il concorso, denominato “Lo scrivo io”, a cui hanno partecipato molti studenti della provincia di Lecce, è stato indetto dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Non faccio nemmeno in tempo ad abbozzare il desiderio di vedere quel disegno che Mauro sparisce nella stanza affianco per riapparire con una valanga di pagine colorate. A parte la mia esperienza quarantennale nel disegno, ho visto molti bambini, fra cui i miei due figli, crescere con il loro modo di disegnare. Oltre alla parola, il disegno è uno dei primi metodi di comunicazione. Infatti un bambino, appena è in grado di tenere in pugno una matita, inizia a compiacersi dei suoi “geroglifici” che con il passare del tempo prendono forma. Osservando le opere di Alessio mi rendo conto di avere fra le mani qualcosa di diverso dal solito. Alcuni suoi lavori esprimono la normale espressività di forme e figure tipiche dei bambini della sua età, come per esempio, il villaggio Maya, dove la rappresentazione topografica del fiume e di alcune scene di vita quotidiana spiana la vista isometrica del tempio. Forme che con il raffinarsi della tecnica e con l’avanzamento nei corsi di studio cambiano generalmente allo stesso modo quasi per tutti. Ma qui noto una capacità libera e straordinaria di entrare nel disegno prospettico che sicuramente Alessio non può avere acquisito da regole o insegnamenti che fanno parte di programmi scolastici ancora a divenire. Alessio è in grado di intercalare nello spazio del suo disegno strutture dislocate in varie angolazioni mantenendo alto il livello del buon gusto visivo. Per rendersene conto, basta osservare la piazza con lo sfondo della cupola di San Pietro che lui ricorda (senza l’ausilio di foto) da una sua recente gita a Roma. Una capacità evidentemente innata in lui poiché, io stesso dovendo impegnarmi in cose del genere, dovrei necessariamente ricorrere a regole e trucchi acquisiti con l’esperienza del mio lavoro, naturalmente dopo la maturità tecnica. Quindi Alessio ci dimostra di essere un concentrato di attenzione, oltre che di maestria del disegno. Sicuramente ha un alto spirito di osservazione che lui, ovviamente, non gestisce con la ragione ma estrapola liberamente dal suo animo con la leggerezza di chi vede e sente con il cuore. E’ chiaro che Alessio in questo momento dell’età, attraverso i disegni che fa di sua libera iniziativa, ci racconta dei suoi sogni di bambino. Ma è probabile che con il passare del tempo diventerà comunicazione pura e forma espressiva dei suoi pensieri. Lo spirito di osservazione è la base necessaria per costruire un qualsiasi progetto, nel bene e nel male. Se non siamo capaci di osservare non saremo mai in grado di decidere cosa fare. E se non lo facciamo noi ci sarà sempre qualcuno pronto a prendere e pretendere di dominare sulla nostra stessa libertà. I risultati sono evidenti ovunque, Noha compresa, ma questa è un'altra storia. Quindi Alessio è un “osservatore”, come me, uno che osserva e disegna. A questo punto non mi resta che proporgli di “osservare” Noha. E così prendo dalla mia borsa una copia del Catalogo dei beni culturali di Noha pensando di fargli un gradito regalo. Alla vista del libro la sua sorpresa è grande. Fino a questo momento il nostro dialogo è stato distratto e discontinuo, sono stato io a tenere “vincolata” la sua attenzione. Ma appena aperto il libro sulle pagine dei disegni delle nostre Chiese, delle masserie, delle casette, della Casa rossa, del Castello, della Torre, della Trozza, della pianta di Noha, della masseria Colabaldi, ecc. Alessio sbarra i suoi grandi occhi scuri. Anche se non lo fa con le mani (educatamente ferme), sento le pagine scivolarmi sotto le dita, mosse certamente dal suo forte desiderio di ammirazione per i disegni a colori che si susseguono nelle pagine del Catalogo. Quasi me lo strappa dalle mani per immergersi in quelle pagine che lo attraggono visibilmente. Ora Alessio è sereno, sta certamente elaborando nella sua mente altri progetti da disegnare sui fogli di carta che in casa abbondano. Forse si è aperta una nuova vena preziosa in questa miniera di tesori che è Noha con i suoi valori e i suoi beni.

Auguri Alessio, per la tua passione e per il tuo futuro di giovane Osservatore Nohano.

Marcello D’Acquarica

Alessio Ingusci un piccolo OsservatoreAlessio Ingusci un piccolo OsservatoreAlessio Ingusci un piccolo Osservatore

 
Di Andrea Coccioli (del 08/02/2015 @ 11:35:21, in Comunicato Stampa, linkato 2157 volte)

E’ giunto al nono anno consecutivo il Progetto “Educazione alla Legalità, organizzato dall'Amministrazione Comunale di Galatina, in collaborazione con tutte le Scuole di Galatina, e tenuto dall'avv. Paolo De Pasquale, in qualità di esperto.

Le principali finalità che ci si propone di perseguire sono: Formazione del cittadino; Educare alla legalità; Educare alla convivenza civile ed alla cittadinanza attiva; Maturare la consapevolezza che la norma è codificazione di valori sociali; Favorire l'inclusione sociale e Tutelare la condizione giovanile; Sviluppare/rafforzare la fiducia nelle Istituzioni; Comprendere il ruolo dell'individuo nella comunità sociale; Prevenire il disagio e le devianze giovanili; Sviluppare il senso etico e capire l'importanza dei valori ai quali ispirare i propri comportamenti; Favorire l'alleanza educativa.

Mentre, i maggiori contenuti dell’offerta formativa sono i seguenti: Principi di libertà, democrazia ed uguaglianza; Diritti e doveri dell’uomo; Norma giuridica e norma sociale: significato e differenze; Costituzione Italiana; Fiducia nelle Istituzioni; Cittadinanza attiva e Democrazia partecipata; Il comportamento deviante (compresa la violenza di genere, ad es.: Stalking, ecc.); Devianza e criminalità minorile; Bullismo, banda e cyberbullismo; Droga, alcoolismo e tabagismo; Gioco d’azzardo; Lotta alle mafie; Analisi delle cause sociologiche e psicologiche della devianza; Dinamiche emotive e socio-psico-relazionali; Competenza conflittuale; Problematiche preadolescenziali e adolescenziali; Orientamento e mediazione; Pari opportunità; Corretto rapporto con i mezzi di comunicazione, intrattenimento e nuove tecnologie; Navigare sicuri in internet; Valore e rispetto della privacy; Gestione del disagio e suo impatto sulla salute del cittadino; Pari opportunità ed inclusione sociale; Educazione ambientale ed al rispetto dei beni culturali; Educazione stradale; Cittadinanza Europea.

Il tutto, ovviamente, con delle metodologie didattiche e strategie di apprendimento innovative.

Negli scorsi anni scolastici, gli incontri hanno visto la partecipazione attiva e propositiva dei docenti, e soprattutto l'impegno dei ragazzi, che con estro ed entusiasmo hanno preso parte alla discussione, evidenziando una notevole attenzione ed un forte interesse per gli argomenti affrontati, esprimendo sempre le loro idee ed opinioni, senza timore di generare una vivace e sincera discussione.

Da ciò si evince, che gli adolescenti hanno una singolare esigenza di apprendere gli argomenti concernenti la legalità, tant'è che è proprio la loro conoscenza che fa accrescere la sensibilità verso gli stessi. Questo, a conferma dell'importanza di veicolare l'informazione e favorire il senso critico, per prevenire ed arginare il fenomeno della delinquenza minorile e del disagio giovanile.

La Scuola, teatro privilegiato di conoscenza, è l'Istituzione più adatta a coltivare la cultura della Legalità, il rispetto dei diritti umani, l'esercizio della democrazia, per formare i ragazzi a divenire cittadini adulti, responsabili e solidali. Così come, il Comune, quale Ente Locale che rappresenta la propria Comunità e ne cura gli interessi è anche l'Istituzione più adatta per promuovere le politiche giovanili, nonché lo sviluppo civile, sociale, culturale ed economico del suo territorio, nell'ambito dei molteplici servizi in favore dei suoi cittadini.

La legalità - afferma un documento della CEI del 1991 - è «insieme rispetto e pratica delle leggi». Non solo rispetto di norme imposte dall'alto, ma pratica quotidiana di regole condivise.

Bisogna fare attenzione perché per noi tutti e per i giovani in particolare, le sole regole non bastano più. L'insegnamento più importante verso i giovani é quello della coerenza, della responsabilità,  dell'esempio.

Già Giovanni Paolo II, parlando a Napoli nel 1990, rilevava la grave crisi di legalità dell'Italia. «Non c'è chi non veda - disse - l'urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì: urge un recupero di legalità».

Sono sempre più convinto che la legalità si fonda sull'uguaglianza.

«Non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che dovranno tenere in tale onore le leggi da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate». Sono parole di don Lorenzo Milani. Parole che anche a distanza di anni risuonano da monito per la nostra coscienza.

Dobbiamo essere consapevoli che non ci può essere legalità senza uguaglianza. La legalità passa dal comportamento virtuoso e corretto di ognuno di noi.

Come diceva Gandhi, ognuno deve diventare il cambiamento che vogliano vedere.

Assessore alle Politiche Giovanili

Ing. Andrea Coccioli

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/12/2014 @ 11:32:33, in NohaBlog, linkato 2733 volte)

Il 30 novembre è scaduto il termine di presentazione delle firme per far entrare Le Casiceddhre di Noha nella lista dei luoghi del cuore del FAI (Fondo Ambiente Italiano), un’associazione che si occupa di salvare, restaurare e aprire al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano.

Grazie all’impegno delle persone che ci hanno aiutato con le loro adesioni, abbiamo raggiunto il numero di firme necessarie per essere inserite nella lista. Sul sito del FAI, a oggi sono registrate 1130 firme, di cui 791 on-line.

(http://iluoghidelcuore.it/luoghi/lecce/galatina/le-casiceddhre-di-noha/5652).

Per queste ultime è stato di grande aiuto il Comitato del Monastero di San Nicola di Casole, il quale ha chiesto ai suoi visitatori di aderire al nostro progetto. La generosità e la cultura sono la linfa della nostra terra. Mancano al conteggio finale le firme raccolte a Noha durante i mesi di ottobre e novembre nelle attività commerciali di Noha. I risultati definitivi del censimento verranno resi pubblici entro marzo 2015. Quando il FAI aggiornerà i dati avremo un totale di 1688 firme, abbondantemente oltre il quorum delle 1000 firme richieste dal regolamento.

Il FAI stilerà una classifica in base al numero di segnalazioni pervenute; in questo momento le nostre Casiceddhre sono al 125° posto; inoltre così detta il Regolamento alle pagg. 2 e 3:

Il FAI invierà ai Sindaci territorialmente competenti, notizia dell'avvenuta segnalazione, indipendentemente dai voti ricevuti dai singoli luoghi, affinché conoscano il vivo interesse dei cittadini nei confronti dei beni sul loro territorio.Il FAI si impegna inoltre a intervenire su alcuni dei luoghi segnalati, attivandosi per promuovere sul territorio azioni di recupero, tutela e valorizzazione, anche attraverso la possibile erogazione di contributi per sostenere le iniziative promosse dai portatori di interesse. In particolare il FAI interverrà a favore dei primi tre luoghi maggiormente votati, secondo la classifica ufficiale pubblicata sul sito www.iluoqhidelcuore.it, sulla base di specifici progetti di azione. Inoltre la Fondazione, dopo la pubblicazione dei risultati, lancerà le Linee Guida per la definizione degli interventi, in base alle quali i proprietari, i concessionari, gli affidatari o i portatori di interesse dei Luoghi del Cuore che hanno ricevuto almeno 1.000 voti, secondo la classifica ufficiale, potranno presentare una richiesta di intervento diretto da parte della fondazione sulla base di specifici progetti d'azione. Una commissione interna, in collaborazione con le Direzioni Regionali del MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e turismo), valuterà le domande pervenute e selezionerà i luoghi idonei a un intervento da parte del FAI.

Per approfondire:
http://iluoghidelcuore.it/assets/static/istituzionali/Regolamento_I_Luoghi_del_Cuore_2014.pdf

Augurando una buona sorte alle nostre Casiceddhre, ci impegniamo a tenerVi aggiornati sull’evoluzione di questo progetto  e, con il Vostro indispensabile aiuto, a ricominciarne di nuovi dedicati alla Torre del XIV secolo, alla Casa Rossa, al Frantoio ipogeo, alla Masseria Colabaldi, al Menhir di Epojoanna, alla Trozza, alla Torre dell’orologio, alle Tombe messapiche, alle nostre chiese, all’aria, alla terra, all’acqua e alla nostra stessa dignità.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 09/07/2022 @ 11:22:09, in Necrologi, linkato 729 volte)

La comunità dei Padri Passionisti ci ha dato notizia della dipartita di padre Silvano Fiore. 
P. Silvano era di casa a Noha, più volte invitato dal parroco del tempo quale "predicatore quaresimalista".
Memorabile fu la Missione popolare del 1988, della quale rimangono la Croce monumentale in via Collepasso (nei pressi dei giardini della Trozza), alcune foto e il discorso di commiato pronunciato da don Donato (che riportiamo di seguito), e soprattutto il ricordo di quegli Happy Days nella memoria di molti nohani.

Noha.it

 

Di seguito il discorso di don Donato:

Illustrissimo sig. Sindaco, Reverendi Padri Missionari.

Siamo giunti alla fine della Missione che Voi, Padri Missionari, avete svolto nella nostra Parrocchia. Ma prima di rivolgermi a voi, consentitemi di indirizzare al Sindaco on. beniamino De Maria la mia parola di ringraziamento e l’augurio di una sollecita e completa sua guarigione, in modo tale che possa ritornare a svolgere in pieno la sua attività di primo cittadino in mezzo a noi.

Dopo queste parole di saluto al sindaco, mi rivolgo a Voi, Padri Missionari, per dirvi che in questo momento nel cuore di noi tutti s’intrecciano sentimenti di soddisfazione e di contentezza, e sentimenti di sofferenza e amarezza.

Ci sono sentimenti di soddisfazione per il lavoro da Voi svolto con tanta dedizione e spirito di sacrificio. Avete lavorato con intensità ed in profondità, ed i risultati si vedono: quel che si proponeva la Missione è stato pienamente raggiunto.

Si potrebbe dire che veramente in questi giorni, per mezzo vostro, il Signore è passato per le vie della Parrocchia, è entrato nelle nostre case, ha parlato ai nostri cuori, ha chiamato i lontani, ha rialzato i caduti, ha confermato i buoni, ha scosso gli indifferenti.

Davvero si può dire che il volto della nostra parrocchia da questa Missione ne esce completamente rinnovato. Per tutto questo lodiamo e ringraziamo il Signore, ma al tempo stesso ringraziamo di cuore Voi, Padri Missionari, strumenti attivi e validissimi nelle mani di Dio.

Ed il nostro ringraziamento va a Voi, considerandovi nell’insieme. Ma sento il dovere di dire una parola di ringraziamento a ciascuno di voi. In primo luogo devo ringraziare Padre Luigi, il quale ha saputo conquistare tutti i giovani di questa comunità. Negli incontri con i la gioventù, che ho seguito sempre con molto interesse, ho visto che Padre Luigi “non si perso in chiacchiere”: ha toccato i problemi del mondo giovanile con competenza e serietà. Potrei dire che nelle parole di Padre Luigi i giovani hanno trovato pane per i loro denti. I denti dei giovani sono sani e forti, ma anche le parole di Padre Luigi sono state un pane sano, saporito e nutriente. Grazie a te per tutto, Padre Luigi.

Diciamo “Grazie” anche a Padre Franco per le sue meditazioni sempre profonde e oltretutto convincenti. Mi riferisco alle meditazioni tenute la sera. Nonostante gli argomenti difficili, Padre Franco li ha saputi presentare sempre così bene nel corso delle conferenze che tutti rimanevano ad ascoltarlo con la massima attenzione. E’ proprio vero, carissimo Padre Franco che la gallina vecchia fa buon brodo: le tue parole sono state come la pioggia che cade lentamente nel terreno e lo rende fertile e fecondo. Le tue parole, non le dimenticheremo e anche a te diciamo grazie di cuore.

E per ultimo diciamo grazie anche a Padre Silvano, il direttore della Missione. Se i suoi superiori lo hanno posto a capo di questa piccola comunità di sacerdoti è perché hanno visto in Lui quello che abbiano visto anche noi: l’uomo sempre sorridente, sempre accogliente, sempre pronto, sempre disponibile. Abbiamo visto in Lui insieme l’entusiasmo di Padre Luigi e la saggezza di Padre Franco. E se tutto è andato per il meglio è perché a guidare le diverse attività vi è stato un animatore instancabile come Padre Silvano. Anche a Lui vanno i nostri ringraziamenti.

E avrei quasi ultimato, ma prima di passare la parola al sig. Sindaco, un ultimo pensiero devo aggiungere. Ed è questo. Se finisce oggi la Missione svolta dai Padri Passionisti, deve continuare la missione di evangelizzazione che siamo chiamati a svolgere tutti noi altri.

Non badiamo agli elementi che ci dividono, non pensiamo alla diversità di vedute, non al contrasto delle idee, non alle differenze tra le associazioni: concentriamoci piuttosto su quello che ci unisce. E ciò che ci unisce è la nostra fede e il nostro amore a Cristo.

Lavorando insieme si otterrà di più. Ed è questa la più grande soddisfazione che potremo dare ai Padri Missionari quando, anche da lontano, sapranno che il loro lavoro non è stato un fuoco di paglia, ma ciò che essi hanno seminato continuerà a dare frutti abbondanti di ogni bene alla nostra comunità parrocchiale.

E’ un impegno che prendiamo oggi, e che cercheremo di mantenere, nel nome di Cristo, nostro Signore. Amen.

Sac. Donato Mellone  

 
Di Albino Campa (del 21/03/2009 @ 11:17:15, in I Dialoghi di Noha, linkato 6671 volte)


I dialoghi di Noha vanno avanti. Eccovi il testo e le immagini del commento e della recita del canto V dell'Inferno di Dante Alighieri che ha avuto luogo il 28 febbraio 2009 a cura di Antonio Mellone nello stupendo scenario dello studio d'Arte di Paola Rizzo.

I DIALOGHI DI NOHA

DANTE ALIGHIERI: IL CANTO V DELL’INFERNO


Vi dico subito come è strutturata questa lectura Dantis.

Cercheremo brevemente d’inquadrare il canto V nel girone dell’Inferno. Il secondo per la precisione. Spiegherò chi sono i personaggi. E poi prima del vero e proprio canto V (che proverò a recitare a memoria) commenteremo le singole terzine. Come saprete, i livelli di lettura della Comedia sono molteplici. Noi cercheremo una chiave di lettura: la più semplice possibile.

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Adesso farò girare delle fotocopie sulla struttura dell’oltretomba dantesco. Ed in particolare sull’Inferno.

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L’Inferno è come una grande vora, diciamo una voragine a forma di imbuto il cui termine, o il cui punto di minimo, si trova al centro della terra. Dunque un imbuto o un cono rovesciato enorme (come potete vedere dalle fotocopie). Un burrone che si apre sotto Gerusalemme causato dalla caduta di Lucifero (l’angelo, il più bello fra tutti, che si era ribellato a Dio) quando fu scaraventato dal Paradiso sulla Terra in seguito alla battaglia condotta e vinta dal nostro Arcangelo San Michele e dai suoi angeli.

La terra dunque in seguito a questa caduta si ritira, per paura, per ripugnanza, per schifo… per ricomparire dall’altra parte dell’emisfero terracqueo come una enorme montagna: la montagna del Purgatorio.

L’Inferno è diviso in nove cerchi concentrici che si rimpiccioliscono man mano che si scende, man mano che si va al centro della terra, per terminare nel lago di Cocito, lago ghiacciato a causa del vento (un vento freddissimo, diremmo di tramontana) prodotto dalle ali (enormi e senza piume, come quelle dei pipistrelli), ali di Lucifero, a sua volta immerso nel ghiaccio. Lucifero ha tre teste ed in ogni bocca sgranocchia anzi maciulla coi denti un peccatore. I tre traditori rosi dal diavolo sono Bruto, Cassio (entrambi responsabili della congiura contro Cesare) ed ovviamente Giuda (traditore di Gesù).

Vediamo ancora un attimo insieme la struttura dell’Inferno per vedere dove ci troviamo con questo canto quinto. Siamo nel II cerchio. Vedete? Subito dopo il primo cerchio che contiene il Limbo, che è quello in cui si trovano le anime di coloro che non furono battezzati. Ma prima ancora c’è la famosa porta dell’Inferno sulla quale c’è scritto (recito): Per me si va nella città dolente/ per me si va nell’eterno dolore / per me si va tra la perduta gente./Giustizia mosse il mio alto fattore/fecemi la divina potestate/la somma sapienza e il primo amore./ Dinanzi a me non fuor cose create/se non etterne ed io etterno duro/ lasciate ogni speranza voi ch’intrate.

Poi c’è l’Antinferno, dove ci sono gli Ignavi, quelli che non si schierarono mai, quelli che vissero sanza infamia e sanza lode, di cui lo stesso Virgilio dice a Dante: non ti curar di lor ma guarda e passa. Fanno così ribrezzo che non li vuole manco l’Inferno! Dunque c’è la necessità di schierarci.

Il terzo cerchio è quello dei Golosi, il IV quello degli Avari e Prodighi, nel V troviamo gli Iracondi e gli Accidiosi; il sesto cerchio è quello dove sono puniti gli Eresiarchi (o Eretici).

Il settimo cerchio è quello dei Violenti. Questo cerchio a sua volta è diviso in tre gironi: il primo dei violenti contro il prossimo e le sue cose; il secondo dei violenti contro se stessi e le proprie opere; il terzo dei violenti contro Dio e le sue cose.

Dopo una ripa scoscesa si va all’ottavo cerchio: quello dei violenti contro chi non si fida. L’ottavo cerchio è diviso in dieci bolge: 1) Seduttori; 2) Adulatori; 3) Simoniaci; 4) Indovini; 5) Barattieri; 6) Ipocriti; 7) Ladri; 8) Consiglieri Fraudolenti; 9) Seminatori di discordia; 10) Falsari.

Dopo c’è il pozzo dei giganti. Ed infine si arriva al nono cerchio (dove sono puniti i violenti contro chi si fida: cioè i traditori). Il nono cerchio è diviso in quattro zone: la prima dei traditori dei parenti (la cosiddetta Caina. Nel canto di questa sera vedremo che Francesca farà riferimento a questa zona del nono cerchio), la seconda dei traditori della patria, la terza dei traditori degli amici, la quarta dei traditori dei benefattori. In fondo c’è Lucifero, come detto sopra.

Ora ritorniamo sopra, al secondo cerchio e vediamo un po’ di focalizzarci su alcuni personaggi che Dante incontra nel suo viaggio.

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La storiella dei due amanti che Dante incontra è questa.

Per sedare antichi rancori, due potenti famiglie di Romagna (i Polenta da Ravenna e i Malatesta da Rimini) pensano di pacificarsi combinando un matrimonio. Gli sposi sono Francesca da Polenta, bellissima, e Giovanni Malatesta detto Gianciotto, brutto e sciancato.

Per evitare un rifiuto secco da parte della giovane, le famiglie decidono di celebrare il matrimonio per procura. Questo fatto rappresenterà un altro raggiro, in quanto Francesca per un attimo pensa che lo sposo promesso sia l’ambasciatore o meglio il procuratore: Paolo Malatesta, uomo bellissimo, fratello di Giovanni, lo zoppo.

Ma così non è.

Francesca capirà subito chi sarà il vero marito e, sottomessa com’è, si sottopone al vincolo coniugale.

Però la scintilla era scoppiata. A sua volta a Paolo piacque subito Francesca, così come a Francesca piacque subito Paolo. Vedremo anche questo concetto: amor che a nullo amato amar perdona.

Ed una sera di maggio, in una loggia panoramica del castello di Gradara (che è bellissimo: v’invito a visitarlo come ho fatto io tempo fa) basterà la lettura a due della pagina di un famoso romanzo cavalleresco, in cui si raccontano gli inizi di una vicenda extraconiugale, perché i due cognati si bacino finalmente non riuscendo più ad andare avanti. Qui pare che irrompesse il marito (Gianciotto, cioè Giovanni Malatesta, lo zoppo) sorprendendo i due in flagranza di adulterio (un bacio!) e infilzandoli con una spada o una lancia in un’unica stoccata.

Tra l’altro a quanto pare questo duplice omicidio non sembra aver sciupato la vantaggiosa alleanza per le due famiglie che anzi viene rinsaldata con questa specie di patto di sangue.

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Ora iniziamo a commentare il canto (prima di cercare di recitarlo tutto intero a memoria). Il canto è quello in cui Dante incontra i due amanti appunto in questo secondo girone dell’Inferno.

Dante con Virgilio discendono dal primo cerchio giù nel secondo, che ha una circonferenza più piccola, ma che contiene più dolore che spinge al lamento (che punge a guaio).

Piantato nell’entrata sta Minosse, giudice dell’inferno, che giudica e manda secondo ch’avvinghia. Ovviamente il giudizio è sempre inappellabile e soprattutto qui si parla di ergastolo. Qui la pena ed il carcere è vita. O meglio a vita eterna.

Dunque, quando l’anima mal nata (nata alla propria dannazione) gli capita davanti, confessa tutti i suoi peccati. E Minosse individua il comparto dell’Inferno che fa per lei e glielo comunica o glielo notifica secondo ch’avvinghia: cioè avvolgendosi nella coda un numero di volte pari all’ordine del grado o cerchio in cui l’anima deve precipitare. Per esempio quattro giri di coda, quarto cerchio; otto giri di coda, ottavo cerchio, e così via.

Il flusso delle anime è incessante: a turno vanno al giudizio, si confessano, ascoltano la sentenza, e poi sono scaraventate di sotto a capofitto.

Come vede Dante, Minosse s’accorge che non si tratta di un’anima ma di un uomo in carne ed ossa (in quanto Dante proietta un’ombra) e subito interrompendo l’atto di cotanto uffizio, gli urla: Tu che vieni in questo ospizio di dannati, stai attendo a dove ti stai cacciando. Non t’inganni l’ampiezza dell’entrata.

E Virgilio (compagno di viaggio di Dante) gli ribatte: Perché pur gride? Non tagliargli la strada. Vuolsi così colà dove si può (puote) ciò che si vuole e più non chiedere (dimandare).

Poi Dante viene al nocciolo del racconto. Or incomincian le dolenti note (il suono del dolore) a farmisi sentire, or son venuto là dove molto pianto mi percuote (mi investe e mi turba).

Io venni in loco d’ogne luce muto, cioè nel buio, silenzioso di luce, che mugghia come fa mare in tempesta quando è schiaffeggiato dai venti.

La bufera infernale che mai non s’arresta, e tormenta le anime dei dannati nella sua rapina sbattendole di qua, di là, di su, di giù.

Quando giungono davanti alla ruina si scatena un coro stonato di strida, singhiozzi, lamenti e bestemmie.

A questo punto Virgilio dice a Dante che i dannati sottoposti a quella pena sono i peccator carnali che la ragion sommettono al talento, cioè che subordinano l’ordine della ragione ai disordini del desiderio. Cioè sottomettono la ragione alla passione: sono in una parola i lussuriosi.

Ecco la legge del contrappasso: sbattuti dal vento delle passioni da vivi, questi peccator carnali saranno allora strapazzati dalla bufera infernale nei secoli dei secoli, amen.

Ecco allora due similitudini (ce ne stanno molte nella Divina Commedia).

La prima. Gli spiriti di questo cerchio, la massa dei lussuriosi, sono paragonati allo stormo largo e pieno degli storni (un tipo di uccelli) che in massa turbinano alla rinfusa.

La seconda. Le ombre travolte dalla medesima tormenta (de la detta briga) striano gemendo, come gru che disposte in lunga riga van cantando lor lai (cioè si lamentano). Dunque sono gru lamentose queste anime selezionate, ch’amor di nostra vita dipartille, cioè che han perso la vita a causa dell’amore.

Dante domanda: chi sono queste anime-gru?

Risponde Virgilio. La prima è Semiramide, la leggendaria imperatrice, che succeduta al marito Nino, regnò sulla terra che il Soldan corregge, cioè la città che oggi è retta dal sultano d’Egitto. Questa Semiramis, Semiramide, fu donna talmente depravata che per abrogare l’ignominia a cui s’era ridotta, decretò la liceità di ogni sfrenatezza: libito fe’ licito in sua legge. Insomma si fece una legge ad personam. Le leggi ad personam evidentemente non sono un’invenzione di questi nostri giorni!

La seconda delle anime in riga è colei che s’uccise per amore, dopo aver rotto il patto di fedeltà giurato sulle ceneri del marito Sicheo: si tratta della vedova Didone, regina di Cartagine: la quale folle di Enea (quando questi partì) si lanciò tra le fiamme.

Segue Cleopatra lussuriosa: Cleopatra amante di Cesare e Antonio e di molti altri (si suicidò morsa da un aspide).

Segue ancora Elena, per cui tanto reo tempo si volse, (dieci anni della guerra greco-troiana)

Vedi Parìs: vedi Paride, amante di Elena, e vedi Tristano (quello che preleva la bella Isotta in Irlanda per tradurla sposa a suo zio Marco, re di Cornovaglia: poi i due bevono una pozione, un filtro d’amore. Ma poi Marco mette a morte il nipote… Ma questa è un’altra storia).

L’elenco dei sette morti lussuriosi, completato da mille altri nomi di donne antiche e cavalieri, sgomenta Dante e pietà lo coglie.

Quando ecco che qualcosa, sconvolgendolo ancor di più, cattura la sua attenzione. E si rivolge a Virgilio e gli dice: poeta, mi piacerebbe parlare con quei due che volano insieme e sembrano essere così leggeri al vento. Ed il maestro gli risponde: non ti preoccupare, quando saranno più vicini a noi, pregali in nome dell’amore che li sbatte a destra e a manca e vedrai che verranno.

E così Dante, non appena il vento sembra rallentare un attimo, si rivolge a loro dicendo: oh anime affannate, venite a parlare a noi, se altri (se Dio, cioè) non lo vieta.

Dalla riga di gru, come due colombi, si staccano due anime, tratte dalla forza dell’appello affettuoso. Ma inizia a parlare solo lei. Lui (Paolo) non parlerà mai in questo canto. Piange in silenzio.

Francesca si dice allora disposta a dire tutto quello che Dante, quella creatura vivente vorrà sapere. Mentre che il vento come fa ci tace.

Francesca per designare la sua città, si dichiara nata sulla marina dove sfocia il Po per aver pace con i suoi affluenti. Ed aggiunge che se qualche udienza lei e Paolo potessero ottenere (ma mai l’otterranno) nei cieli, pace pregherebbero per il pellegrino commosso dalla loro pena. Pace e niente altro: pace che altro non è che la disperata aspirazione di questa signora che, con l’amante, tinse il mondo di sanguigno, e ora gira e rigira furiosamente nell’aere perso del secondo cerchio dell’Inferno.

Amor, che in un cuore nobile attecchisce subito, prese questo Paolo del bel corpo di cui sono stata privata, ed il modo ancor m’offende. Può significare: la smodatezza della passione di Paolo mi tiene ancora in sua balìa; oppure: il modo dell’omicidio continua ad offendermi.

Amor gentile. Amor cortese. Dolce stil novo: quello che sublima la donna, vista come un angelo. Non vi posso a questo punto non recitare la bella poesia di Dante: Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia…[recita].

Tanto gentile e tanta onesta pare

La donna mia quand’ella altrui saluta

Ch’ogne lingua devien tremando muta,

E gli occhi no l’ardiscono di guardare

Ella si va, sentendosi laudare,

benignamente d’umiltà vestuta;

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,

che dà per gli occhi una dolcezza al core

che ‘ntender no lo può chi non la pruova

e par che de la sua labbia si mova

uno spirito soave pien d’amore,

che va dicendo a l’anima: sospira.

* * *


Amor che a nullo amato amar perdona.

Amore che non esonera nessuna persona amata dall’amare a sua volta, prese me della bellezza di quest’uomo, e con tanta forza che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amore ci coinvolse in un’unica morte. La Caina, cioè quel cerchio dei traditori dei parenti (che abbiamo visto anche sulle fotocopie) che è la zona del lago di ghiaccio che chiude il cratere infernale, la Caina – dicevo – attende chi a vita ci spense: cioè mio marito che ci uccise.

* * *

Ora apro una breve parentesi su quel verso 103 ormai famosissimo: Amor, ch’a nullo amato amar perdona.

Secondo questa specie di teorema si può affermare che sempre, fulmineamente, senza appello, chiunque s’innamori di una persona automaticamente non può che esserne corrisposto. Dunque c’è reciprocità d’amore. Istantanea e perfetta.

C’è chi dice invece che questo funziona solo con l’amore di Dio per cui amare Dio ed essere amati è un’unica cosa. Ma senza approfondire questi concetti ché si sconfinerebbe in altri campi (teologici, morali, psicologici, filosofici…) diciamo che nel tempo altri poeti pensarono invece che non esiste questa corrispondenza d’amorosi sensi.

Per esempio nel seicento ci fu una suora di lingua spagnola, Suor Juana Ines de la Crux, di Città del Messico che scrisse questa poesia molto bella che ora vi recito: “L’ingrato che mi lascia cerco amante”… [recita].

Chiusa la parentesi.

L’ingrato che mi lascia, cerco amante

L’amante che mi segue, lascio ingrata;

costante adoro chi il mio amor maltratta

maltratto chi il mio amor cerca costante.

Chi tratto con amor, per me è diamante,

e son diamante a chi in amor mi tratta;

voglio veder trionfante chi mi ammazza,

e ammazzo chi mi vuol veder trionfante.

Soffre il mio desiderio, se ad uno cedo;

se l’altro imploro, il mio puntiglio oltraggio:

in ambi i modi infelice io mi vedo.

Ma per mio buon profitto ognor m’ingaggio

A esser, di chi non amo, schivo arredo

E mai, di chi non mi ama, vile ostaggio.

Ecco: in questa poesia si evidenzia molto bene non la simmetria ma la asimmetria degli amorosi sensi…

* * *

Ma torniamo al nostro canto V.

Dopo aver ascoltato quelle anime offense, Dante abbassa gli occhi e tanto li tiene bassi, finché Virgilio gli chiede: che pensi? Cosa ti passa per la testa?

E Dante risponde dopo un po’: Ahimè, quanti dolci pensier, quanto desìo menò costoro al doloroso passo.

Poi si rivolge a Francesca dicendole: Francesca, le tue pene, il tuo dolore mi impietosiscono fino alle lacrime. E poi le chiede, quasi morbosamente curioso: ma dimmi, per quali indizi ed in quali circostanze vi ha consentito Amore di conoscere i vostri titubanti e mutui desideri?

E Francesca: Nessun maggior dolor …premesso che nulla fa più male che ricordarsi del tempo felice nella miseria, dirò come colui che piange e dice: dirò come direbbe chi piangendo dicesse.

E continua: un giorno, per svago, senza essere insospettiti da alcun presentimento, lei e Paolo leggevano insieme un romanzo francese, dove era raccontata la storia d’amore di Lancillotto e Ginevra, moglie di re Artù (qualcuno ricorda il film con Richard Gere e Sean Connery, su questa storia. ecc.).

Più di una volta la lettura costrinse i loro sguardi ad incrociarsi, ed i loro visi a sbiancare. Ma a sopraffarli fu una pagina: proprio quella. Quando lessero il desiderato sorriso di donna Ginevra essere baciato da cosiffatto amante, questi che mai da me non fia, non sia, diviso la bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, quel giorno più non vi leggemmo avanti.

Il Galeotto di cui si parla è il siniscalco Galehaut, che nel romanzo francese istiga il leale Lancillotto a dichiarare il suo amore a Ginevra; e sotto i suoi occhi, Ginevra prende Lancillotto e lo bacia.

Dunque: Galeotto fu il libro: il libro o meglio il suo autore, ci ha fatto da mezzano.

Quel giorno più non vi leggemmo avante…

Questa frase di Francesca ha dato luogo a diverse interpretazioni. Può significare che la lettura, interrotta dal bacio, sarebbe stata immediatamente e definitivamente troncata dall’irruzione del marito zoppo e quindi dal doppio omicidio.

L’altra interpretazione forse più plausibile, benché più piccante, è quella per cui da quel giorno, i due abbiano accantonano le perlustrazioni letterarie sul tema dell’amor cortese, per abbandonarsi alla passione.

Il canto finisce con Dante che sviene cadendo come corpo morto cade.


Eccovi dunque la recita integrale del canto V dell’Inferno.

Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.

«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,

«guarda com' entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid' io venir, traendo guai,

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».

«La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell' è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.

Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.

Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

I' cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggieri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;

cotali uscir de la schiera ov' è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido.

«O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand' io intesi quell' anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com' io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

 

Dall'ultimo Report dei tumori di Asl - Lecce 2021, comprendente il periodo che va dal 2013 al 2017, in provincia di Lecce, rispetto alla media regionale, il primo dato che balza all’occhio è l’eccessiva incidenza del tumore al polmone (+24%):

le aree maggiormente colpite sono quelle servite dai distretti sanitari di Galatina e Gagliano del Capo.

Nel frattempo il Salento, senza nessun piano programmato, rischia di diventare il Far West per siti di trattamento di rifiuti per mezza Italia.

 

 

La proposta di un impianto di trattamento dei rifiuti speciali a Santa Barbara (Galatina - Le), per una capacità di trattamento, secondo il progetto iniziale, di 90.000 tonnellate/anno, è solo l’ultima di una nutrita serie di proposte di impianti per il trattamento di rifiuti speciali e pericolosi, che presentano un’anomala e inquietante concentrazione nella Provincia di Lecce ed in particolare nel comprensorio Galatina-Galatone e comuni vicini.

Riportiamo qui un elenco non esaustivo di tali insediamenti:

  • Colacem. Gruppo Financo, terzo produttore e distributore di cemento in Italia, con dodici unità produttive tra cui Galatina (dove è in funzione con varie forme societarie dal 1953). Nel 2012 l’Agenzia europea dell’ambiente inseriva la società al 586° posto in Europa tra le industrie a maggiore impatto ambientale e sanitario. La società è autorizzata al recupero di rifiuti per 408.800 tonnellate/anno.
  • Entosal, Galatina-Santa Barbara. Impianto già autorizzato nel 2010, che ha di recente chiesto l’autorizzazione allo smaltimento di 90.000 tonnellate/anno di rifiuti speciali anche pericolosi, con l’obiettivo aziendale dichiarato di fungere da punto di riferimento di gestione dei rifiuti dentro e fuori la Puglia.
  • Salento Riciclo, Galatina, S.P. 47 Galatone-Galatina. Impianto per il trattamento di rifiuti speciali autorizzato nel 2020 per una quantità 27.000 tonnellate annue. Esempio emblematico della gestione delle pratiche ambientali da parte della Provincia di Lecce: la richiesta di autorizzazione, presentata in origine per il trattamento di rifiuti urbani ma che incontrava vincoli normativi a causa della carente distanza di sicurezza dalla popolazione, è stata “convertita” in corso d’opera in autorizzazione al trattamento di rifiuti speciali.
  • Cave Marra Ecologia, Galatone, S.P. n° 47 Galatone - Galatina. Gestisce un impianto di recupero e smaltimento rifiuti urbani e speciali, con stazione di trasferenza per forsu, autorizzato dalla Provincia di Lecce nel 2010 con rinnovo nel 2020 per una quantità di circa 4800 tonnellate/anno di rifiuti speciali, più una stazione di trasferenza da 10.400 tonnellate annue (di cui nel 2022 si è richiesto il raddoppio), più circa 2000 tonnellate/annue di rifiuti urbani assimilabili.
  • Cave Marra Ecologia, Zona Industriale Nardò-Galatone. La stessa Società è autorizzata all’esercizio di un secondo impianto di recupero rifiuti speciali, autorizzato dalla Provincia di Lecce nel 2018, per un totale complessivo di 2.000 tonnellate annue, di cui recentemente è stato richiesto un potenziamento.
  • Ecom S.A. Galatina. La Società è stata autorizzata recentemente a compostare scarti ligneo-cellulosici per un totale di 75.000 tonnellate/anno.
  • Ambiente e Riciclo, Galatina, S.P. 47. Autorizzata dalla Provincia al trattamento di rifiuti speciali derivanti da costruzioni e demolizioni per circa 35.000 tonnellate/anno, con voltura dalla Società Salento Riciclo.
  • Progest, Galatone, Zona Industriale Galatone-Nardò. Autorizzata nel 2017 al trattamento di rifiuti urbani e speciali, ha richiesto di recente un potenziamento delle capacità trattate di rifiuti urbani e speciali per circa 39.000 tonnellate annue.
  • Bianco Igiene Ambientale, Zona Industriale Galatone-Nardò. La società è stata recentemente autorizzata a gestire rifiuti speciali con stazione di trasferenza per circa 68.000 tonnellate annue.

Da questi dati derivano alcune importanti considerazioni:

  1. Nella Provincia di Lecce ed in Puglia in generale è saltato qualunque tentativo di attuare una razionalizzazione nella gestione dei rifiuti, in attuazione dei principi comunitari e nazionali di “autosufficienza” (in ogni bacino si dovrebbe tendere ad un sostanziale equilibrio tra produzione e capacità di trattamento dei rifiuti, riducendo le importazioni e le esportazioni dei rifiuti stessi), e di “prossimità” (ogni rifiuto va trattato nell’impianto più vicino, evitando il più possibile i trasferimenti);
  2. La disapplicazione sostanziale da parte della Provincia dei compiti di localizzazione degli impianti, previsti dal D.Lgs. 152/06, ed il recente Piano dei Rifiuti Speciali della Regione a maglie larghe, che ratifica la situazione esistente rinunciando ad ogni razionalizzazione degli impianti di trattamento, stanno causando una generale deregolamentazione nel settore, che ostacola la tracciabilità dei rifiuti ed agevola traffici illeciti;
  3. La tendenza a proporre (ed approvare) impianti in cui si trattano indifferentemente rifiuti urbani, come la forsu, e rifiuti speciali anche pericolosi, oltre che in contrasto con la normativa di settore (vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi, ai sensi dell’art. 187 D.Lgs. 152/2006) contribuisce alla perdita della tracciabilità dei rifiuti e apre la strada alle illegalità.

Per sottolineare la gravità del fenomeno in corso e la necessità di un deciso cambio di rotta da parte delle autorità preposte alla pianificazione, alle autorizzazioni ed ai controlli degli impianti (Regione, Province, Comuni, Arpa, Asl) basti considerare che, se la produzione media annua di rifiuti speciali in Italia è di circa 2,5 tonnellate pro capite (circa 147 milioni di tonnellate per 59 milioni di abitanti), nei soli Comuni di Galatina e Galatone si concentra una capacità di trattamento di almeno 600.000 tonnellate anno, corrispondente ad una capacità media di circa 15 tonnellate per abitante e per anno!

Ci rifiutiamo di pensare che i nostri amministratori accettino consapevolmente di trasformare il nostro territorio in un ricettacolo nazionale di rifiuti speciali, come purtroppo sta avvenendo. Ci attendiamo pertanto un conseguente sussulto di orgoglio, con il recupero della corretta programmazione ed immediate contromisure rispetto ai fenomeni in atto.

Il presente Comunicato viene inviato agli uffici competenti della Regione Puglia, della Provincia di Lecce, dell’Arpa, dell’Asl, ai comuni di Galatina, Galatone, Seclì, Neviano, Aradeo, Collepasso, Cutrofiano, Sogliano, Soleto, Sternatia, Zollino, Maglie, Melpignano, Castrignano dei Greci, Corigliano, Cursi, agli organi di informazione.

Le associazioni:

Comitato Spina Morrone - Galatone

AIRSA (Associazione Indipendente Ricerca Salute e Ambiente)

Associazione ODV Adotta Dog Ets – Uggiano La Chiesa

Coordinamento Civico Ambiente e Salute della prov. di Lecce - Galatina

Forum Ambiente e Salute - Lecce

Forum Amici del Territorio ETS - Cutrofiano

Comitato Spina Morrone - Galatone

Galatone Bene Comune – Galatone

Medici per l’Ambiente-ISDE Italia (AIMPA)

Natural-mente NO RIFIUTI - Collemeto di Galatina

Noi Ambiente e beni Culturali di Noha e Galatina

Nuova Messapia - Soleto

Organizzazione di Volontariato Mobius Circle- APS - Lecce

Salento km0 APS – Galatina

 
Di Redazione (del 14/10/2023 @ 10:34:55, in Comunicato Stampa, linkato 211 volte)

Il ritorno del professor Fusetti nella sua città natale è carico di gloria: meritata, mai ostentata, profondamente ricca di passione viscerale e competenza tecnica.

Chi come il sottoscritto lo ha conosciuto fin da giovinetto, alto e smilzo, con indosso la divisa da lupetto color kaki e all’occasione, più d’una, intrufolarsi con un secchio di attrezzi in mano osservando le maestranze che operavano all’interno della chiesa di S. Caterina, doveva immaginare che il “coup de foudre” sarebbe scoppiato nel futuro maestro, interessato alle figure pittoriche degli affreschi basilicali.

L’innamoramento è andato al di là del colpo di fulmine. La curiosità alimentata dalla passione e da studi specifici è diventata professione, vissuta come vocazione da cinquant’anni a questa parte.

Assisi è diventata la sua città e l'incontro con San Francesco e il suo mondo materiale e spirituale ha dato una svolta e definito, in gran parte, la sua attività professionale.

Restaurare ripristinando capolavori, consolidando opere murarie delle Basiliche e ridando splendore, colori vita e bellezza ad opere pittoriche di uomini di Chiesa e della società, è la testimonianza che il suo percorso di vita e di professionalità è all’insegna di un altruismo speso per la comunità civile.

Sergio Fusetti ritorna alle sue origini, nella sua Galatina e nella sua Basilica. Non più da scout con pantaloni corti poco sopra al ginocchio e calzettoni, obbediente alle branche gerarchiche dell’Associazione (Michele, Corrado), ma da eroe e salvatore del tesoro pittorico della Basilica di S. Francesco.

Verrà insignito del prestigioso Premio “beniamino De Maria”, a conclusione della sottoscrizione del Patto di Amicizia tra la nostra Città ed il Comune di Assisi, e riceverà nella sede dell’Associazione Galatina al Centro, nella giornata di domenica 15 ottobre in via Principe di Piemonte 32, il titolo di Socio Onorario.

<< E’ dall’estate scorsa che tentiamo, grazie ai comuni amici Michele e Corrado, dichiara il professor Michele De Benedetto presidente dell’Associazione civico-culturale, di avere un rendez-vous con Sergio Fusetti cogliendo un eventuale suo rientro nel Salento per assegnargli l’onorificenza. L’opportunità ci è stata data da questo rapporto di reciproche relazioni instaurato tra le città di Assisi e Galatina in profonda vicinanza sul piano religioso, culturale e turistico. Non sarà un riconoscimento magnificato, continua ancora Michele De Benedetto, ma di oggettiva spettanza, per chi, come il professor Fusetti, si è letteralmente speso per la comunità civile e per i valori più alti della nostra cultura artistica>>.

Insomma un fine settimana per il nostro concittadino più che movimentato, raccogliendo plausi ed onori che renderanno ancora più pregnante il legame di amicizia tra Galatina, sua città natale, e la comunità assisana, che lo ha insignito dell’onorificenza di Cittadino Benemerito già dal 2001.

Piero de Lorentis

 
Di Redazione (del 26/02/2013 @ 10:20:50, in Un'altra chiesa, linkato 2827 volte)
Il Vicario generale della Diocesi di Milano, mons. Mario Delpini, portavoce autorevole del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha rivolto il messaggio quaresimale a tutta la Diocesi milanese, dal titolo “Lasciatevi riconciliare con il Dio vicino” (una frase di San Paolo che si trova nella sua seconda lettera ai cristiani di Corinto, 5,20).
La parola “riconciliazione” può assumere significati diversi e ampi, ma alla fine porta sempre a indicare quella che una volta si chiamava “confessione sacramentaria”, limitatamente ad un rapporto individuale con Dio. Ma con quale Dio? Con il Dio della religione di tipo moralistico che stabilisce i peccati in base ad un criterio tutto suo. La Chiesa, lungo i secoli, ne ha inventati di peccati, soggiogando le anime creando in loro dei disagi, ma unicamente in rapporto alla struttura della religione. Altra cosa è il nostro rapporto con il Dio della libertà.
Di nuovo belle parole, anche queste del Vicario generale. Parole, e parole, supportate opportunisticamente da citazioni altolocate. Come al solito.
C’è una frase che meritava di essere sviluppata: «Sappiamo quale sia il digiuno gradito a Dio: è operare la giustizia e soccorrere i bisognosi. Un appello al pentimento e a riparare il male compiuto deve essere rivolto in modo particolare a coloro che hanno commesso ingiustizia sfruttando il lavoro altrui, sperperando il denaro pubblico, cercando un ingiusto vantaggio personale nell’esercizio di un servizio alla comunità».
Sembrano parole messe tra parentesi, per inciso, poi subito dimenticate dalla preoccupazione di salvare le anime peccatrici dei poveri cristi costretti già a vivere nella precarietà di una vita dura e con poche gioie. Se poi togliete loro le piccole gioie, dicendo che sono opera del demonio, beh allora capite a che punto siamo arrivati!
Siamo tornati ai confessionali, alle famose e tristi penitenzierie. Già la parola mette depressione. Quante angosce spirituali hanno creato, altro che luoghi di liberazione, e perciò di gioia!
- Forza, cristiani, confessatevi. Avete perso il senso del peccato!
Ma di quale peccato? Forse il peccato più grave della Chiesa, e quindi dei suoi fedeli (già la parola: fedeli a chi?) è quello di aver perso il vero volto di Dio. No, ci si ostina ancora a inculcare il senso del peccato come ribellione al codice morale ecclesiastico, il quale presenta un volto di Dio sfigurato o, diciamo, offuscato.
E ci si ostina sull’aborto, come se questi fosse il peccato più grave. E perché poi annettere all’aborto la scomunica, mentre sugli altri peccati, come quello citato dell’ingiustizia sociale, la Chiesa non dà un giudizio così duro? E poi perché parlare di confessori di seria A e di confessori di seria B? Ma scherziamo?
Ma ciò che veramente è allucinante è credere ancora nelle indulgenze. Tutti sanno, anche le pietre, che sono state una invenzione della Chiesa. Dietro non c’è alcun fondamento teologico! Lutero non ha insegnato proprio nulla? Come si può parlare di indulgenza plenaria, facendola dipendere da alcune condizioni, come se si trattasse di qualcosa di magico?
Infine, c’è il problema dei divorziati e dei separati, dei conviventi ecc. È vero che stiamo assistendo a un crescendo verso chissà quale traguardo. Forse la Chiesa ha capito, e tenta di fare tanti piccoli passi per paura di urtare i fondamentalisti. Magari, chissà fra quando, arriverà ad accogliere tutti, offrendo senza più preclusioni la grazia di Dio che, se è gratuita, non può essere condizionata dalle situazioni oggettive, del resto stabilite da certe esigenze di ordine richieste da una certa struttura.
Qui trovo ancora tanta ipocrisia: quel voler salvare la misericordia divina e la rigidità moralistica della Chiesa. E così si arriva a dei compromessi veramente ridicoli, per non dire assurdi. “La Chiesa vi accoglie nel suo seno, però a debite distanze…!”. Beh, il colmo dei colmi è la proposta della comunione spirituale. Non so se ho letto e capito bene: «In particolare può essere di aiuto che i pastori invitino questi fedeli e altri che non fossero in condizione di accostarsi alla comunione sacramentale ad accostarsi comunque al presbitero o al diacono, mentre viene distribuita la comunione, per ricevere una benedizione (compiendo un gesto quale quello di incrociare le braccia sul petto), e proporre la pratica della comunione spirituale da collocare opportunamente nella celebrazione eucaristica».
Immaginiamo la scena. Come se io partecipassi a un banchetto, e, per vari motivi, mi sentissi dire: Scusi, sa, lei non può mangiare. Però può benissimo far finta di mangiare, col desiderio!
Questa è pura follia!  
don Giorgio De Capitani
 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 30/12/2014 @ 10:12:58, in Presepe Vivente, linkato 2993 volte)

Sempre bella e sempre affascinante la visita al presepe vivente di Noha. Complimenti ancora agli organizzatori per questa lodevole iniziativa. Non stancatevi, cari ragazzi, di proporre e riproporre ancora e sempre il mistero della Nascita di nostro Signore, e giacché ci siete la conoscenza dei beni culturali di Noha.

Avevo seguito da lontano, via internet, la prima edizione del vostro, del nostro presepe vivente, perché mi trovavo in Missione a Rivoli, in provincia di Torino.

Invece nel corso delle altre edizioni ho avuto il piacere di venire apposta da Martina Franca (Ta) - dove attualmente mi trovo per il mio servizio missionario e sacerdotale – a visitare almeno per una sera, anzi di più, a vedere e gustare di persona la natività nohana (oltre che gli ottimi prodotti della nostra terra e della nostra cucina, così bene presentati anche sulle bancarelle appositamente allestite: verdura, formaggi, pucce, pittule, vino…).

Certamente anche la masseria Colabaldi aveva il suo fascino. Ma l’idea di spostarsi all’entrata del paese in una delle sue zone più antiche è stata ottima. Le abitazioni dei vecchi coloni del nobile castellano, il barone Antonello De Noha, sono state bene utilizzate. Bisogna pensare alla realtà di quel luogo per coglierne tutto l’incanto: ci troviamo nei pressi dell’entrata principale del Castello, e – vorrei ricordare - sotto il piazzale antistante si custodisce il grande ipogeo di epoca post-antica. Sarebbe bello poterlo utilizzare in un futuro presepe vivente. Per ora mi accontento di sognare. Ma (come ho avuto modo di constatare anche quest’anno) nulla è impossibile a Dio e alla volontà degli uomini (soprattutto se nohani).

E poi i cento passi… Li ho percorsi anch’io, mentre una tramontana pungente mi tagliava il volto, per approdare alla Casa Rossa. Questo residuo del castello di Noha io l’avevo visitato più volte nel corso delle mie ricerche storiche. Ottima cosa valorizzarlo con la scena della Natività.

Ma quello che mi ha colpito di più è stato l’aver notato, quasi all’entrata della “Casa Rossa”, messa lì apposta ma forse non notata, un’antica pietra circolare che sicuramente fu un coperchio delle fosse granarie che a Noha erano scavate in località cisterneddhra, risalenti probabilmente al tempo dei monaci basiliani, il che vuole dire prima dell’anno mille.

Già nel 1973 nella prima edizione della “Storia di Noha” a pag.17 avevo scritto:

“Probabilmente sono di questo tempo (dei monaci basiliani) quella specie di “granai” scoperti qualche anno fa dietro il Castello in località detta volgarmente “Cisterneddhra”. Ne sono stati trovati numerosi, uno accanto all’altro, scavati e incavati nella roccia, di forma ovale, profondi circa 3 metri e larghi nel punto più ampio circa 2 metri, alcuni ancora con il coperchio di circa 60 centimetri. Dovevano servire per conservare viveri, come grano, olio e forse anche per raccogliere la neve (neviere) importandola da lontano, per usarla poi durante l’estate come ghiaccio. Sono stati tutti interrati e distrutti”.

Ora eccola qui davanti ai miei occhi quella pietra antica. Ero venuto per il presepe vivente, quinta edizione, ma sono rimasto incantato nel vedere quel coperchio di pietra locale, cimelio di storia passata. Mi sono fermato a guardarla: se avesse potuto parlare, quanto cose avrebbe potuto raccontarmi.

Con tutta la tramontana che mi sono “goduta” ne è valsa la pena essere venuto qui anche questa sera e vedere qualcosa della storia di Noha (che poi è la mia storia).

Ecco i beni culturali: custodiamoli, proteggiamoli, valorizziamoli, non facciamo come i barbari che, non conoscendo i libri, li bruciavano. Questo a Noha non deve più accadere.

P.Francesco D’Acquarica
 
Di Albino Campa (del 13/03/2012 @ 10:03:00, in Cronaca, linkato 4577 volte)

Prime condanne, a seguito di giudizio con rito abbreviato, nell'ambito dell'inchiesta scaturita dall'operazione "Canasta". Il gup Ines Casciaro ha condannato a 3 anni e quatro mesi di reclusione Gabriele Antonio De Paolis, 34enne di Noha e Giuseppe Perrone, 55 anni, di Galatina. Il sostituto procuratore della Repubblica di Lecce, Elsa Valeria Mignone, aveva invocato una condanna a 5 anni di reclusione per entrambi. L'accusa nei loro confronti era di turbativa d'asta ed estorsione. Reato, quest'ultimo, derubricato dal gup in violenza privata. I due imputati erano assistiti dagli avvocati Luigi Greco e Donato Sabetta. Assolto, invece, perché il fatto non sussiste, Marco Mazzotta, 46enne leccese. A carico dell'imputato un solo episodio di falso in atti pubblici per aver redatto un verbale irregolare nell'ambito di una procedura fallimentare. Secondo la stessa ricostruzione accusatoria, però Mazzotta avrebbe operato sempre in buona fede. Il 46enne era assistito dall'avvocato Amilcare Tana.

Quella condotta per due anni dai militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Lecce, sotto la guida del comandante del nucleo di polizia tributaria, il colonnello Vito Pulieri, e coordinata dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Elsa Valeria Mignone, è un'inchiesta che ha evidenziato gli interessi del malaffare e della criminalità organizzata nel mondo delle aste giudiziarie per i beni mobiliari e immobiliari del Salento. Un sistema fatto non solo di aste pilotate e truccate con la copertura di professionisti al di sopra di ogni sospetto, ma anche di connivenze e relazioni tra uomini d'affari e pubblici ufficiali. Sullo sfondo due dei clan storici della Sacra corona unita salentina, quello dei Padovano di Gallipoli e dei Coluccia di Galatina, che avevano incentrato i loro interessi economici proprio sulle aste giudiziarie.

Due le figure principali al centro dell'inchiesta, quella di Carmelo Tornese, 64 anni, direttore dell'Istituto vendite giudiziarie (gestito da una società facente capo ai figli), e quella di Giancarlo Carrino, 49 anni, "faccendiere" originario di Nardò. Il primo avrebbe avuto un ruolo di factotum nel settore dell'esecuzione mobiliare, mentre Carrino avrebbe gestito il redditizio mondo dell'esecuzioni immobiliari. Sarebbe stato sempre il faccendiere neretino, come evidenziato dalle numerose intercettazioni telefoniche, a gestire in prima persona i rapporti con i fratelli Padovano, Salvatore (alias "Nino bomba") e Rosario. Ventisette, complessivamente, gli imputati finiti a processo.

fonte: lecceprima.it



 
Di Marcello D'Acquarica (del 26/06/2016 @ 09:53:01, in Necrologi, linkato 5261 volte)

Ciao Serena, noi ci siamo conosciuti qualche anno addietro nello studio di Paola Rizzo. Conosciuti per modo di dire, sapevo benissimo chi eri, ma la lontananza forzata da Noha mi ha impedito di vederti crescere. Tu quindi mi hai accolto immersa in quegli stessi colori che in un recente post su fb hai gridato al mondo di voler usare come strumento di lotta contro il buio della vita. I colori erano l'espressione della tua immagine. Tu stessa eri un bellissimo giovane colore. Forse ti raccontai del mio amore per il nostro paesaggio e quel giorno tu stessa dicesti a me: "....spesso organizziamo escursioni nella natura, se vuoi bastano un paio di scarpe da trekking e puoi venire con noi a scoprire le bellezze della nostra Terra".

Io che per molti anni ho sentito il peso della parola "accoglienza" così ti ricorderò, Serena: accogliente, maestra di gioia, compagna solare di tante passeggiate, colore fra i colori in cui tu stessa amavi confonderti.

Marcello D'Acquarica

 

 

 

 
Di Redazione (del 28/12/2018 @ 09:52:48, in Comunicato Stampa, linkato 920 volte)

Venerdì 28 dicembre alle ore 18,30 in Corte Vinella a Galatina (Centro Storico) nell’ambito della Rassegnaper Corti e Palazzi ideata ed organizzata dalla libreria Fiordilibro,  verrà presentato il libro “La Casa a Corte nel Salento Leccese “del prof. Antonio Costantini, di Congedo Editore. La case a corte rappresenta la tipica espressione dell’architettura domestica e contadina dei nostri territori, era luogo di lavoro, spazio sacro in cui si custodivano gli affetti, ma anche socializzante in cui venivano  tramandati usi e costumi. Il prof. Costantini ha dedicato anni di ricerche a questo patrimonio architettonico cosiddetto minore, indagando aree omogenee del Salento come l’area della Cupa, il territorio della Grecìa Salentina e l’area di Galatina. Ne “ La Casa a Corte del Salento Leccese” viene offerto un ampio quadro d’insieme di questo patrimonio in parte già estinto e che rischia di scomparire del tutto . La presentazione del libro avrà luogo, in una delle più belle case a corte di Galatina, a Corte Vinella, grazie alla collaborazione di Palazzo Baldi. All’incontro saranno presenti oltre all’autore prof. Antonio Costantini, il dott. Marcello Seclì  Presidente di Italia Nostra Sez. Sud Salento, l’avv. Mario Congedo Editore e la dott.ssa in beni Archeologici  Valentina Pagano che coordinerà l’incontro.

Emilia Frassanito

 
Di Redazione (del 04/07/2021 @ 09:52:11, in NoiAmbiente, linkato 762 volte)

Di seguito, una sintesi di quanto accade a due passi delle nostre case, ovviamente a Noha:

Le nostre prime due segnalazioni per la presenza di una enorme discarica di rifiuti pericolosi, con evidenti tracce residue di combustioni pregresse, verso la Provincia, e per conoscenza verso il Comune di Galatina, risalgono al trascorso 2020.

Nella richiesta ci offrivamo come volontari per la bonifica dell’area, per ciò che riguarda la parte di rifiuti ovviamente non pericolosi. Mentre la parte dei rifiuti cosiddetti “speciali” l’avrebbero trattata i tecnici incaricati dalle Istituzioni Pubbliche coinvolte.

Dall’altra parte, sia dalla sede della Provincia che dal Comune di Galatina, nessuna risposta.

Ma non ci siamo arresi. Abbiamo Insistito nella richiesta. In prima battuta, dal Comune ci hanno informati che la Sp 371 non è di loro competenza, ma della Provincia. Che ovviamente latita.

Quest’anno, nonostante le difficoltà create dalla pandemia, abbiamo nuovamente inviato la richiesta ai due Enti Pubblici, a mezzo posta certificata e ai relativi protocolli. Grazie alla collaborazione dei ragazzi del C.A.S., ci siamo messi in contatto con i responsabili della Polizia Provinciale, e con la collaborazione del Comune di Galatina, che si sarebbe accollato lo smaltimento dei rifiuti ammassati nella tratta in questione, abbiamo effettuato un sopralluogo con i tecnici incaricati dalla Polizia Provinciale e insieme abbiamo constatato la gravità della situazione.

D’accordo con l’Assessore per l’Ambiente del Comune di Galatina, l’avv. Cristina Dettù, avevamo già programmato la data per la giornata dedicata alla manifestazione ambientale, in cui oltre a far rimuovere tutti i rifiuti, speravamo in una sensibilizzazione dei cittadini, residenti e non residenti, verso il grave malcostume che dilaga sempre più, e che di fatto è un atto criminale non solo giuridico ma di coscienza.

Con nostra grande sorpresa, invece, la Direzione della Polizia Provinciale, ha ritenuto opportuno di anticipare la bonifica da noi segnalata più volte.

Ringraziamo l’Assessore per l’Ambiente del Comune di Galatina per l’impegno promesso e soprattutto la Direzione della Polizia Provinciale per l’insperata bonifica e messa in sicurezza dell’area.

Adesso però, inqualificabile la definizione dell’autore, i sacchi di rifiuti sono di nuovo ritornare ad appestare la zona. Grazie alle fotocamere, la Polizia Provinciale quasi certamente provvederà a scoprire e sanzionare l’innominabile sporcaccione, per non dire peggio, ma tocca a noi essere più rispettosi degli spazi comuni, soprattutto meno indifferenti verso tutto ciò che riguarda il Bene Comune, sia che si tratti di una strada, o di un’area di proprietà comune o privata che sia. Questa nostra indifferenza ci sta portando in alto nella classifica delle zone più sporche del Paese. O quantomeno alla pari.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 08/12/2020 @ 09:43:40, in Le Confraternite di Noha, linkato 1042 volte)

In questa settima parte, P. Francesco D’Acquarica ha trascritto parola per parola gli antichi verbali della Confraternita della Madonna delle Grazie di Noha. Qui si parla di cerimonie solenni, di espulsioni di confratelli venuti alle mani, di nuovi statuti, di compensi e di “urnie”, e sono riportati i nomi di confratelli e consorelle che diedero il nome ai loro nipoti e pronipoti, che oggi possono qui di seguito leggere la storia dei loro avi (esponenti delle fam. Tundo,  Guido, Specchia, Nocco, Costa, Colazzo, Prastaro, Lagna, Gentile, Piscopo, Nocera, Bianco, Fico, Giordano, Mastria, D’Acquarica, Paglialunga, Costantini, Campa, Micali, Luceri, Zerbi, eccetera).

Noha.it

 

Trascrizione dei Verbali

dal 1924 al 1940

 

Credo che possa essere utile leggere i verbali delle riunioni perché danno l’idea della vitalità e degli obiettivi della Confraternita, una pagina gloriosa della Storia di Noha.

Anno 1924

L’anno 1924 si è cercato di organizzare la Confraternita “Maria SS delle Grazie”: confraternita che da oltre 20 anni si era disorganizzata, così scriveva don Paolo Tundo nel 1924.

Disorganizzata significa che al tempo dell’arciprete don Vitantonio Greco (Noha 1867-1932, Arciprete dal 1895) la Confraternita era stata poco curata dal punto di vista organizzativo e direi anche spirituale, e certamente il parroco aveva le sue responsabilità.

Don Paolo Tundo, giovanissimo sacerdote di solo 35 anni con appena dieci anni di sacerdozio, trovandosi a Noha, con l’incarico di “sostituto del Parroco” dal 1920 al 1933,  prese l’iniziativa di dare una svolta alla Confraternita Maria SS. delle Grazie e ne venne eletto anche Padre Spirituale (o Rettore Spirituale). Il testo che segue sono le sue parole scritte nella prima pagina del nuovo Statuto della Confraternita.

Nel gennaio 1924 si è cercato di riunire alcuni Fratelli tra vecchi e nuovi iscritti. Si sono iscritti  N.45 i quali hanno formulato uno Statuto, promettendo di attenersi ad esso scrupolosamente.

Lo Statuto che qui si dice “formulato” dagli iscritti di quell’anno è il medesimo che abbiamo analizzato sopra, sicuramente con qualche adattamento e aggiornamento.

Nel 1924 dunque la Congrega non nasce da zero, infatti si parla anche dei “vecchi” iscritti: solo che da oltre 20 anni era disorganizzata.

Nota: da ora in poi nei verbali che ho trascritto riporto in grassetto il nome del Priore di turno.

 

Il verbale del 1924 così continua:

Il 2 Febbraio 1924 detti Fratelli si sono riuniti in Congregazione: hanno approvato alcune spese fatte ed indispensabili; hanno proceduto alla nomina degli Ufficiali.

Sono così riusciti eletti ad unanimità:

Priore:                                 Prastaro Cosimo

1° Assistente:                      Tundo Luigi fu Giuseppe

2° Assistente:                      Guido Lorenzo fu Vincenzo

Segretario:                          Guido Vincenzo di Raffaele

Cassiere:                             Piscopo Antonio di beniamino

Tabellario:                            Lagna Michele di Vito

Cerimonieri:                        Bianco Michele di Paolo

                                            e Specchia Gioacchino

Revisori d. conti:                 Gentile Pietro e Vito D’Acquarica di Donato

Organista:                           Piscopo Paolo di beniamino

Sacrestano:                         Nocco Giovanni.

N.B. Ricordo molto bene come negli anni della mia infanzia facendo il chierichetto, mi colpiva la presenza costante dei due Piscopo Paolo, l’organista e suo fratello Piscopo Antonio, il cantore, (citati nell’elenco sopra) per le numerose Messe da morto (quasi quotidiane) che si usava celebrare prima del Concilio: Paolo alla tastiera del vecchio organo, Antonio che cantava, e io che servivo la Messa rigorosamente tutta in latino.

Dappiù si è nominato il Rettore Spirituale nella persona del Sac. Don Paolo Tundo. Si è stabilito anche il compenso da dare al Sacrestano, organista e Rettore; e cioè L.60,00 annue al sacrestano ed organista per tutte le funzioni solite a farsi nella Confraternita; e L.200.00 al Rettore. In ultimo si è stabilito di sottoporre alla competente Autorità Ecclesiastica lo Statuto e la nomina del Rettore, per le necessarie approvazioni oppure osservazioni.

NB.  Siccome in questa relazione spesso si parla di denaro è opportuno tenere conto del suo valore all’epoca dei fatti.

Dalla Relazione dell’Alessandrelli sappiamo che nel 1850 al Padre Spirituale spettavano 36,00 ducati all’anno. Al sagrestano spettavano 7 ducati l’anno e all’organista 3 ducati l’anno. Ora si sa che un ducato equivaleva a 10 carlini e 10 carlini erano uguali a 100 grana. Nel 1924 don Paolo Tundo si adegua all’economia del tempo e in congrega si stabilisce L.60,00 al sagrestano e all’organista e L.200,00 al Padre Spirituale.

Se vogliamo capire il valore del ducato in relazione all’uro potremmo fare il seguente ragionamento nel seguente modo: tenendo conto del valore della lira dell’anno 2001 quando entrò in vigore l’uro, si hanno questi valori.

Ducato              =             L. 31.028,90           . 16,03

Carlino              =             L.   3.102,89          .   1,60

Grana                =             L.       310,29         .   0,16

Tornese             =             L.       155,14         .   0.08

Cavallo              =             L.         25,86         .    0,01

 

Il giorno 13 aprile 1924,domenica delle Palme la Confraternita ha fatto la sua inaugurazione ufficiale. Previa la benedizione delle insegne fatta dal Rettore, si è celebrata la S. Messa in cui i Fratelli hanno fatto la S. Comunione, offrendo pure alla SS. Vergine una candela.

La sera poi del 17 corr. giorno del Giovedì Santo, tutta la confraternita ha preso parte alla Processione del Cristo Morto; processione che ha destato uno spettacolo meraviglioso di fede e di pietà religiosa. Lo stesso si è praticato la mattina del Venerdì Santo. [N.B. Un tempo le processioni con il Cristo Morto e l’Addolorata si tenevano il Giovedì Santo e il Venerdì Santo all’alba. La tradizione continua a perpetuarsi nelle città dove le confraternite di antica anagrafe continuano a esistere, anzi a incrementarsi anno dopo anno con i nuovi iscritti, come per esempio nelle città di Gallipoli e di Taranto].

Il giorno 27 Aprile, domenica in Albis, si è riunita la Confraternita in seduta straordinaria, previo avviso personale ai Confratelli.

Si è parlato e discusso per la Cassa mortuaria (Vedi nota nel verbale del 1931). Ad unanimità quasi si è stabilito la tassa di L.15.00 per ogni Fratello e Sorella: salvo ad aumentare detta cifra di qualche poco, quando sarà conosciuto l’importo finale della Cassa. Dappiù si è parlato per l’Ebdomada ai Fratelli defunti. A maggioranza quasi assoluta di voti si è stabilito che l’Ebdomada resterà in carica finché non abbia accompagnato un Fratello o Sorella defunta. Dopo ciò, subentrerà l’altra Ebdomada. 

NB. Ebdomada di per sé significa incarico settimanale. Leggendo lo Statuto si comprende che i confratelli venivano incaricati per l’accompagnamento funebre, noi  oggi diremmo a turno. Ecco perché in questo verbale si dice che “l’ebdomada resterà in carica finchè non abbia accompagnato un fratello o sorella defunta”.

Il giorno 18 Maggio 1924 si è riunita la Confraternita in seduta straordinaria, previo avviso personale ai Confratelli. Ad unanimità di voti si è stabilito che ciascun Fratello e Sorella dovrà pagare la tassa stabilita per la Cassa mortuaria, lasciando però a facoltà dei singoli volere approfittare o meno in caso di decesso. Si sono anche tirate a sorte l’Ebdomade per l’accompagnamento funebre.

 

Anno 1925

La terza domenica di dicembre 1925, riunitasi la congrega in adunanza straordinaria, si è proceduto alla nomina degli Ufficiali.

Sono stati eletti:

Priore:                     Mastria Michele

1° Assistente:          Specchia Gioacchino

2° Assistente:          Nocera Luigi

Segretario:              D’Acquarica Vito

Cassiere:                Gentile Pietro

Cerimonieri:            Fico Luigi e Lagna Salvatore

Razionali:               Giordano Paolo e Piscopo Antonio

La 3° domenica di Luglio riunitasi la Congrega in seduta straordinaria si è discusso per la Festa della Madonna (8 Settembre).

Si è stabilito che non si dovesse ricorrere agli estranei; ma che ogni Fratello pagasse la tassa di L.10,00; lasciando facoltà ai singoli di sottoscrivere di più.

 

Anno 1926

La 3° domenica di dicembre (19 dicembre 1926) riunitasi la Congrega in seduta straordinaria ha proceduto alla nomina dei suoi ufficiali. Sono rimasti eletti a maggioranza di voti segreti:

Priore:                     Michele Tundo

1° Assistente:           Michele Bianco

2° Assistente:           Fico Luigi

Segretario:              Guido Vincenzo di Lorenzo

Cassiere:                Piscopo Antonio

Cerimonieri:            Paglialunga Vincenzo di Antonio e

                               Paglialunga Antonio di Vitangelo.          

Inoltre si è stabilito di elevare la tassa mensile, giusta disposizione dell’Ordinario Diocesano Mons. Giannattasio, a L.10,00 all’anno.

 

Negli anni 1927 e 1928 nei registri non risulta alcun verbale

 

Anno 1929

Cariche speciali per l’anno 1929

Il Priore:                       Prastaro Cosimo

1.mo Assistente:           Paglialunga Cosimo

2° Assistente:               Guido Vincenzo di Raffaele

Cassiere:                      Specchia Gioacchino

Segretario:                   Guido Vincenzo di Lorenzo

Revisori dei conti:        Bianco Salvatore e fratello M. mazzieri.

La prima Domenica di Aprile 1929 è stata riunita in seduta straordinaria, ha deliberato l’aumento del mensile annuale da L.10 è stato portato a L.12. Il priore Prastaro Cosimo, il Segretario Vincenzo Guido.

 

Anno 1930

Cariche speciali 1930.

Priore.                                 Nocera Luigi

1° Assistente:                       D’Acquarica Vito

2° Assistente:                      Lagna Salvatore

Revisori d.conti:                  Piscopo Antonio e Gentile Pietro

Segretario:                          Guido Vincenzo di Lorenzo

Cassiere:                            Specchia Gioacchino.

 

Anno 1931

In questo giorno è stata riunita la Confraternita in seduta straordinaria. Ha deliberato che la tassa di ogni socio povero invece da c.20 è stata portata a c.70.

(Tutto questo è poi stato segnato come abolito)

Nella detta seduta è stato pure deliberato che si affittasse l’urnia per la somma da L.110. Però la stessa congrega deve fare a proprie spese la cassa di abete rustica e il ritorno dell’urnia dal cimitero.

Il segretario Vincenzo Guido, il priore Nocera L.

NB. Per capire il senso di questa decisione bisogna tenere presente che in quel tempo i defunti di Noha erano portati al Cimitero di Galatina. I più benestanti potevano permettersi il trasporto della bara su lu sciarabà trainato da un cavallo. E se no, il morto veniva trasportato in spalla, percorrendo a piedi la distanza dalle chiese di Noha al Cimitero di Galatina per la strada più breve che era la cosiddetta “via curve curve o via nova” o Via S. Lucia. Per lunghi anni, e cioè dal 1867 al 1951, il che vuol dire per 84 anni, Noha non solo aveva perso il suo diritto di Comune indipendente ma anche il diritto di seppellire i propri morti entro le sue mura. Tutto questo è vergognoso, ma fu così.

L’“urnia”, di cui si parla nel verbale, era la cassa esterna dentro la quale si poneva la cassa di abete rustica con il cadavere. Una volta portato il morto al Cimitero, l’urnia ritornava a Noha; ma nel 1931 la Confraternita non possedeva detta cassa esterna e veniva ogni volta affittata a canone di L. 110.

             

Nel 1932 non ci sono annotazioni

Anno 1933

Cariche speciali

Priore:                     Bianco Michele

1° Assistente:           Lagna Michele

2° Assistente:           Campa Antonio e

Segretario:                Lagna Cesare e Costantin Biagio

Revisori:                   D’Acquarica Vito e Guido Vincenzo di Raffaele

Organista:                 Piscopo Paolo

Sagrestano:              Specchia Salvatore

Cassiere:                   Specchia Gioacchino.

 

Il 19 Marzo 1933 riunita la Confraternita ha deliberato che per essere fratello onorario deve pagare:

1. la tassa di ammissione secondo l’età

2. L.15 per l’urnia

3. L.50 per ogni anno, e non più tardi del 31 luglio per ogni anno.

 

Anno 1934

Cariche speciali

Priore:                                Giordano Paolo

1° Assistente:                     Bianco Arcangelo

2° Assistente:                     Paglialunga Vincenzo

Maestri di cerimonie:          Lagna Cesare e Costantini Biagio

Revisori dei conti:               D’Acquarica Vito, Guido Vincenzo di R.

Organista:                          Piscopo Paolo

Cassiere:                           Specchia Gioacchino.

 

Anno 1935/1936

Cariche speciali:

Priore:                                Nocera Luigi

1°Assistente:                        Lagna Michele

2°Assistente:                        D’Acquarica Vito

Segretario:               

Maestri di cerimonie:         Nocco Angelo, Piscopo Paolo

Revisori d.conti:                D’Acquarica Vito, Gentile Vito

Sagrestano:                      Luceri Vito

Organista:                        Piscopo Paolo

Cassiere:                         Specchia Gioacchino.

 

Anno 1936/1937

Il giorno 20 dicembre 1936, previo avviso a tutti i confratelli si è tenuta l’adunanza nella Chiesa della Confraternita per l’elezione delle Nuove Cariche.

Recitata l’orazione e dopo poche parole di raccomandazione del Padre Spirituale, ha avuto luogo  l’elezione col metodo di fava (favorevole) e pisello (negativo).

Al primo scrutinio è risultato eletto Costa Angelo come Priore, con voti favorevoli 16 ed uno contrario.

Al 2° scrutinio è risultato eletto Campa Giuseppe come 1° Assistente con voti favorevoli 15 e due contrari. Al 3° scrutinio è risultato eletto Paglialunga Donato come 2° assistente con voti favorevoli 18 su 18.

Confratelli presenti nell’adunanza N.18, assenti giustificati N.7 perché soldati. Essendo perciò in maggioranza rimangono eletti i sunnominati, salvo l’approvazione ecclesiastica.

Su proposta del Confratello Giordano Paolo si chiede di trovare il mezzo che tutti i confratelli in morte abbiano a spese della Confraternita il “mezzo funerale”. Tutti i presenti accettano la proposta e si riserbano di discuterla in altra adunanza.

NB. C’è la proposta del Parroco (il parroco è ormai don Paolo Tundo e il Rettore Spirituale è sempre don Liberato Dimitri) di mandare una lettera di ringraziamento al Benefattore Congedo Pietro per aver donato un apparato completo di candelieri in bronzo dorato, tutti si associano ed accettano di nominare Confratello onorario il Signor Pietro Congedo.

Noha, 20 dicembre 1936/XV, Firmato:

Il priore:                            Costa Michele;

Il segretario:                       Nocera L.

Visto il Padre Spirituale:    Sac. Liberato Demitri.

NB. Il numero romano, accanto alla data, indica l’anno del regime fascista: XV sta per quindicesimo dal suo avvento. Si era obbligati a indicarlo in ogni occasione. Nei registri della confraternita quest’ordine, per fortuna (o per dignità), viene spesso disatteso.

 

3 Gennaio 1937

Verbale di nomina del segretario e Cassiere.

Nelle ore pomeridiane del 3 Gennaio 1937 nella chiesa della Confraternita si sono riuniti il Priore ed i due assistenti, prendeva pure parte il P. Spirituale; recitate le preghiere di comune accordo hanno nominato il Segretario nella persona del confratello Nocera Luigi e dopo hanno confermato nella carica di cassiere il confratello Specchia Gioacchino che da più anni copre tale carica con zelo e rettitudine. Recitate le dovute grazie al Signore si è sciolta la riunione.

Noha 3 Gennaio 1937

Il Priore Costa Michele; il segretario Nocera L.                

Visto il P.SpiritualeSac. L. Demitri.

 

30 Maggio 1937

Oggetto: Comunicazione

e lettura nuovo Statuto Confraternita.

Il 30 Maggio 1937 avvisati con biglietto personale tutti i Confratelli si è tenuta l’adunanza nella propria Chiesa nelle ore pomeridiane per mettere a conoscenza dei Confratelli le nuove e comuni disposizioni riguardanti le Confraternite. Sono stati presenti tutti i dirigenti della Confraternita ed i confratelli in tutto N.18. Si è disposto che tutti nel termine stabilito e secondo le proprie mansioni mettano in regola tutto ciò che riguarda il retto procedimento della confraternita. Recitate le preci si è sciolta l’adunanza.

Noha 30 Maggio 1937, XV - Il priore Costa Michele, il segretario Nocera L. Visto il P. Spirituale Sac. L. Demitri.

 

6 Novembre 1937

Oggetto: relazione all’Uff. amministrativo

situazione Patrimoniale

Il 6 Novembre 1937, in seguito ad invito dell’Ufficio Amministrativo per presentare lo stato Patrimoniale ed economico della Confraternita, previo invito personale, si sono riuniti tutti i componenti del Consiglio Direttivo della Confraternita e si è risposto alla Circolare N.162 Prot. al sudetto Ufficio: dicendo che la confraternita possiede due buoni fruttiferi postali uno di L.1000.00 N.D.000028; e l’altro di L.500.00 N.D.000032; più un libretto a piccolo risparmio presso la Banca popolare di Galatina di L.500.00 inoltre un giro di capitale di circa L.800.00 ricavato da mensile dei confr/e, questue ed offerte di sedie. Tutti i suddetti titoli sono intestati al cassiere Specchia Gioacchino il quale ha dichiarato che rilascerà titolo legale dicendo che le sudette somme non appartengono alla famiglia ma alla Confraternita.

Letto il presente verbale si approva e si sottoscrive.

Noha 6/XI/1937- XVI

Il Priore Costa Michele, Il segretario

Visto il P. Spirituale L. Demitri

 

14 Novembre 1937

Oggetto: Richiamo in vigore pagamento multe.

Espulsione Giordano Paolo

Il 14 Novembre 1937 in seguito ad avviso scritto a tutti i Confratelli si è tenuta l’adunanza nella Chiesa della Confraternita. Dopo le preci del Padre Spirituale si è parlato di onorare la titolare col dovuto culto anche esterno; dopo si è a lungo parlato di mettere in pratica la legge già approvata, che i Confratelli mancanti a processioni obbligatorie o associazione di confratelli, eccetto il caso di giustificata assenza, come malattia. Tutti accettano i mancanti pagare le multe stabilite. Tutti i presenti in N. di 18 hanno approvato.

Infine di seduta per futili motivi il Confratello Giordano Paolo [mesciu Paolo Giordano, già Priore, ndr.] muoveva lite con un altro Confratello, tanto da venire alle mani. Il Padre Spirituale li esortava alla calma più volte. Il Giordano continuando a provocare disubbidiva al P. Spirituale e disconosceva la sua autorità in Confraternita. Conscio del mal fatto il Giordano domandava la cancellazione dalla Confraternita. E’ stata accetta e si è mandato verbale alla Curia per la ratifica.

Noha 14 Novembre 1937. Il priore Costa Michele, il segretario Nocera Luigi, visto il P. Spirituale L. Demitri.

 

20 Novembre 1937

Oggetto: Licenziamento del Confr. Giordano dalla Confraternita.

Il 20 Novembre 1937 la reverendissima Curia accettava il licenziamento di Paolo Giordano dalla Confraternita e data la sua grave insubordinazione decretava di non poter essere più ammesso ad altra istituzione Cattolica. Il Giordano ne ha ricevuto formale avviso.

Noha 20 Nov.1937. Il Priore Costa Michele, Il segretario.

Visto p. Spirituale L.  Demitri.

 

19 Dicembre 1937

Oggetto: Nomine nuove cariche

Il 19 Dicembre 1937 dietro regolare avviso si è riunita la Confraternita per eleggere i nuovi ufficiali; erano presenti 21 su trenta. Dette le preci  si è proceduto alla nomina del Priore con votazione di fava e pisello, fave 20, piselli 1.

E’ stato eletto per

Priore:                     Mastria Michele con voti 20;

1° assistente:            Bianco Michele e

2° assistente:             D’Acquarica Vito con voti 20.

Recitate le preghiere si è sciolta l’adunanza.

Noha 19/XI/1937. Il Priore Costa Michele, il segretario Nocera,

visto il P. Spirituale Sac. L. Demitri.

 

Anno 1938

16 Gennaio 1938

Oggetto: Bilancio ed ammissione nuovi ascritti

Il 16 Gennaio 1938 si è riunita la confraternita in N.18. dette le preghiere dal P. Spirituale il cassiere ha letto gli introiti e gli esiti del 1937 e si è approvato il bilancio con un esito di L.273.39 e con un maggior introito di vecchie rate in L.488.00 in modo che il totale è risultato in cassa di L.3260.39. Tutti hanno approvato l’operato del Cassiere. Dopo si è proposto ed approvato che i nuovi confratelli sino ai 18 anni paghino in complesso compreso il medaglione ecc. L.10.00 e la tassa annuale, metà degli effettivi. In caso di morte avranno diritto all’urna con cassa semplice e L.40.00.  Sono obbligati ad intervenire a tutte le associazioni come i confratelli. Avranno diritto solo a le messe piane e ad una cantata nel 7° giorno. Letto ed approvato. Noha 16/1/1938. Il Priore Mastria Michele,

Il segretario Nocera, visto il P. Spirituale Sac. L. Demitri.

 

2 Febbraio 1938

Oggetto: Ricezione nuove consorelle.

            Il 2/2/1938 si sono ricevute le nuove consorelle: Colazzo Carmela, Paglialunga Addolorata, Bianco M. Luce, Micali Paola e Campa Addolorata pagando relativamente compreso il medaglione, tassa di ammissione e cassa funebre L.52.00+ 58.00+ 43.00 +183.00+52.00. Tutte hanno fatto la comunione e sono state in fine della Messa ricevute solennemente.

Noha 2/2/1938. Il Priore Michele Mastria,

Visto il P. Spirituale L. Demitri.

 

19 Marzo 1938

Oggetto: Norme per le Consorelle

Il 19 Marzo alle ore 2 pomer. dietro invito personale si sono riunite le consorelle in N. di 24 presenti e si è stabilito quanto segue:

Recitate le preghiere, si è proposto ed approvato il distintivo proprio della Confraternita (ciò il giorno della SS. Annunziata); inoltre si sono tutte obbligate a partecipare alla processione della titolare, le assenti non giustificate pagheranno una multa di L.2.00; tutte sono tenute a recitare nella morte di un confratello o consorella un Rosario (5 poste); nella morte di una consorella sei di  esse a turno parteciperanno al funerale in chiesa recitando in comune il Rosario. Infine si è stabilito che le nuove Consorelle da ammettersi da 40 in sopra pagheranno il doppio della tassa d’ammissione attuale, salvo il caso di infermità per cui il Consiglio stabilirà la tangente opportuna.

Letto e approvato il 19/03/1938-XVI

Il priore Michele Mastria, Il segretario,

visto il P.SpiritualeSac. L. Demitri.

 

18 Dicembre 1938

Oggetto: Nuove cariche e riammissione in Confraternita del confratello Giordano Paolo

Il 18 dicembre 1938 previa approvazione della Rev.ma Curia si sono riuniti i confratelli in numero di 19; hanno proceduto alla nomina delle cariche e per votazione segreta con mezzo di fave(sì) e pisello(no) è stato nominato Priore il signor Bianco Michele con 15 voti su diciannove e Campa Antonio e Nocco Angiolino rispettivamente 1° e 2° assistente. Inoltre i suddetti hanno nominato due mazzieri nella persona di Gentile Pietro e Zerbi Giuseppe, segretario Nocera Luigi e Cassiere Specchia Gioacchino. Inoltre dietro domanda del Signor Giordano Paolo di essere riammesso nella Confraternita tutti hanno accettato purché si metta a corrente coi pagamenti.

Letto il verbale e recitate le preci si è sciolta la seduta.

Noha 19/12/1938. Visto ecc.

 

Anno 1939

17 dicembre 1939

Oggetto: nuove nomine

Il 17 dicembre 1939 si sono riuniti i Confratelli per la nomina delle nuove cariche.

Su proposta di un confratello accettata all’unanimità dagli altri 20 presenti, è stata confermato in carica l’amministrazione uscente e cioè:

Bianco Michele                   Priore

Campa Antonio                    1 assistente

Nocco Angelo                      2 assistente

Gentile Pietro e Zerbi Giuseppe    mazzieri

Nocera Luigi                        Segretario

Specchia Gioacchino           Cassiere

Letto il verbale e recitate le preci di uso si è sciolta la seduta.

Visto ecc.

 

Anno 1940

29 Dicembre 1940

Oggetto: nuove cariche (confermate quelle del precedente verbale).

Nota Bene. Mentre trascrivevo questi verbali, mi veniva di formulare i sensi della mia gratitudine nei confronti degli estensori di questi registri e anche del supporto (cartaceo) che è giunto fino a noi. E mi veniva un dubbio su quello che tra cento anni i nostri pronipoti riusciranno a scoprire di noi attraverso i “documenti” digitali diversi dalla carta. La carta è storicamente, almeno finora, il più duraturo e il più efficiente dei mezzi di trasmissione di dati e notizie attraverso i secoli. Tra cento anni chi vivrà vedrà.

 

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 

È in corso la scoperta a livello globale di Galatina e del suo centro storico.

Complici i potenti mezzi di comunicazione moderni ed i miracoli della rete, è in atto la scrittura di una narrazione. Una narrazione appena iniziata .

Un sacco di gente da ogni parte del mondo ci scruta, ci osserva.

E’ curiosa di sapere di più.

Si interroga, al di là del mondo materiale esistente costituito dal patrimonio artistico storico monumentale di straordinaria bellezza.

Scava e cerca con avidità nello scrigno prezioso dei valori impalpabili che sente indissolubilmente incorporati nelle trame del tessuto urbano del centro antico.

Non si accontenta delle visite guidate tradizionali.

E’ esigente, è attratto soprattutto dalla cultura e dalla civiltà che ha segnato quei luoghi in almeno sei secoli di storia .

Spera di scoprire emozioni ed illuminazioni nuove da scovare nel fascino, nell’unicità e nell'autenticità dei luoghi.

Sicuramente si aspetta che a tanta bellezza faccia riscontro tanta cultura, tanta civiltà, tanta consapevolezza.

Sono curiosi di scoprire come sia possibile la riproposizione di una vita di comunità coerente con le peculiarità di questo meraviglioso contenitore.

Sono questi i motivi che hanno spinto gli investitori stranieri provenienti da Londra, Parigi , New York  ecc. a scegliere Galatina, concorrendo a dar vita ad una nuova interessante aristocrazia culturale cosmopolita.

L’Associazione  Galatina Arte Storia Cultura ritiene che  Bellezza -Cultura- Civiltà sono tre fattori inscindibili se si vuole scrivere un lieto fine alla storia che si sta raccontando sulla città.

Una storia, la cui valenza culturale, porta con sé, tra l’altro,  ricadute socio-economiche inimmaginabili.

A tale scopo ed in questa direzione l’associazione ha voluto dare un piccolo contributo,

redigendo un “ Decalogo” di base, di  comportamenti virtuosi, da rispettare per chi intende fruire o vivere il centro antico.

La proposta è stata inviata al Sindaco perché  venga discussa migliorata ed adottata in Consiglio Comunale.

Si auspica altresì che dopo l’approvazione il Decalogo venga diffuso ampiamente alla popolazione tutta a  partire dalle scuole di ogni ordine e grado, e tradotto in più lingue, esposto all'attenzione dei visitatori.

Siamo certi che verrà compreso come è oramai ineludibile la necessità di rendere coerente e commisurata la bellezza è l'importanza dei luoghi al livello di civiltà a cui bisogna ambire.

Così pure non vanno nascoste alcune criticità emerse che vanno prontamente affrontate e risolte.

Per essere chiari i comportamenti incivili sono paragonabili ad  una bomba di degrado sociale e culturale con effetti devastanti tali da vanificare ogni aspettativa di sviluppo.

Ricordiamoci che nelle vecchie mura è racchiuso il cuore della città e le sue massime Istituzioni Civili e Religiose.

Decalogo dei comportamenti virtuosi da adottare nel centro antico.

– Ogni centro storico è il cuore e la radice di una città. Così è anche per Galatina .

Diventa consapevole dell'importanza del luogo, visitalo, studialo, amalo, fallo conoscere.

2 - Il centro antico è anche come un museo a cielo aperto ricchissimo di manufatti preziosi, unici, irripetibili, che custodiscono e raccontano la memoria di quello che siamo stati: una passeggiata tra le strade del Centro è come un viaggio nel tempo di almeno sei secoli; rispetta quelle mura e pietre ed archi e giardini, proteggile col tuo sguardo attento, coi tuoi comportamenti civili.

3 - I veicoli a motore danneggiano il patrimonio artistico, architettonico, monumentale del centro antico perciò cerca di farne un uso limitato, riducendo le emissioni e appena puoi spegni il motore.

4 - Rispetta gli spazi pubblici, sono un bene di tutti noi, abitanti e visitatori: non occuparli

abusivamente, non limitare la libera fruizione degli stessi, usa correttamente gli stalli per la sosta degli autoveicoli.

5 - Non sporcare, non imbrattare, collabora a migliorare il decoro e l'igiene dei luoghi pubblici e privati.

6 - Evita rumori inutili e molesti che disturbano la bellezza dei luoghi e ricordati che il tuo

divertimento non deve disturbare il riposo e la concentrazione degli altri.

7 - Vivi il centro antico percorrendolo a piedi lentamente. Immergiti nella sua storia nelle sue tradizioni. Accostati alla sua anima e apprezza gli aspetti della sua autenticità.

8 – La sovrappopolazione di colombi comporta delle criticità urbanistiche ed igieniche: non dar loro ospitalità, né da mangiare.

9 - Rispetta la sacralità dei luoghi e non usare i sagrati delle chiese, o gli accessi dei privati, per bivacchi e intrattenimenti chiassosi.

10- Considera che i proprietari degli immobili sono consapevoli di possedere dei beni di pregio vincolati per cui non ti meravigliare se da custodi vigilano, controllano, tutelano.

11- Ricordati Galatina è una città d'arte: sii gentile e cortese con i suoi visitatori, italiani o stranieri, ed aiutaci a renderla più accogliente per tutti.

Se ami il centro antico difendilo, diffondendo e divulgando, e soprattutto applicando, il decalogo dei comportamenti virtuosi.
 

Si ringraziano i tanti amici che hanno contribuito alla redazione del Decalogo ed in particolare Luca Carbone.


 

Associazione Galatina  Arte Storia Cultura

Ing. Dante De Ronzi

 
Di Antonio Mellone (del 24/07/2015 @ 09:28:48, in Fetta di Mellone, linkato 2665 volte)

Gentile assessore Coccioli,

ti scrivo con la consapevolezza che, come al tuo solito, farai finta di non aver letto questo pezzo (non è la prima, né sarà l’ultima volta). 

Il problema, do you remember?, è sempre quello della vecchia scuola elementare di Noha, quasi del tutto ristrutturata ma, appunto, rimasta in mezzo al guado per via di una cabina elettrica dimenticata nella penna di chissà quale ingegnere progettista lautamente retribuito, onde, con il solo allaccio di cantiere (ma quanto durano ‘sti benedetti cantieri a Galatina e dintorni?), in quella scuola diventata nel frattempo Centro (quasi) Polivalente, non funzionano ancora - sebbene installati e nuovi di zecca - né l’ascensore, né l’impianto fotovoltaico, né l’impianto di condizionamento dell’aria.

Abbiamo già sperimentato quanto i nostri politici di Palazzo Orsini siano di fatto tutti chiacchiere e sedativo, ovvero portatori sani di sorrisi ma soprattutto di promesse per allocchi [l’ultima cocciolata, per dire, suonava più o meno così: “Si prevede l’esecuzione dell’intervento di realizzazione della cabina così come sopra detto necessaria ad Enel per fornire i 50 KW richiesti attivando i suddetti impianti tra giugno e settembre 2014.  - Chissà che, parlando di 2014, l’assessore più “promettente” della storia locale non ipotizzasse a suo tempo la reincarnazione, o la vita del mondo che verrà, amen, ndr]; così come non c’è da aspettarsi nulla da certi cittadini affetti da pragmatismo cronico che non considerano codesto scempio di pubblico denaro come un qualcosa di insopportabile, ma come una normale prassi su cui non vale la pena poi di soffermarsi più di tanto (e ripetono con salmodiante democristiano acume:  “U fattu è fattu e l’arciprevate è mortu” – da qualche mese ormai in tutti i sensi).

*

Gentile assessore Coccioli, come ben saprai, dal 13 luglio scorso e fino al 13 agosto prossimo, il Cesfet con la collaborazione di alcune associazioni di Noha, ha organizzato “DoppiamentEstate”, un campo scuola pomeridiano per i bambini ed i ragazzi della scuola elementare e media di Noha e paraggi. Orbene, visto il caldo di questi giorni, quel campus si è trasformato in una vera e propria scuola di sopravvivenza in pieno deserto subsahariano: in mancanza di aria condizionata, infatti, le aule del primo piano hanno una temperatura media vicina a quella descritta nell’Inferno dantesco dal sesto girone e fino all’ottavo [in inverno, al contrario, la temperatura scende per assestarsi intorno alla condizione termica del nono cerchio, nelle immediate adiacenze del lago di Cocito, ndr].
Caro assessore, prova un po’ tu a svolgere i compiti o a fare i laboratori previsti dal programma in quelle aule scolastiche in questo periodo buone solo per infornare il pane, e poi ne parliamo.

*

Gentile ingegnere, concludo.

Sappi che probabilmente per molti galatinesi e altrettanti nohani, belli addormentati sul divano - usi a scrivere scemenze su face-book, oltretutto sgrammaticate – il problema del Centro Polifunzionale di Noha non esiste. Invece i ragazzi del campus di Noha, di gran lunga più svegli dei cosiddetti adulti, hanno capito tutto, e hanno colto immediatamente che, così a mezz’aria, senza cabina elettrica in grado di far funzionare gli impianti, quell’immobile pubblico di piazza Ciro Menotti è un’opera non solo priva di senso ma soprattutto offensiva per i soldi che ha succhiato (stiamo parlando di 1.300.000,00 euro per pronta cassa: bruscolini).

Un’ultima cosa, signor Coccioli, vorrei dirti. Ed è questa: tu puoi provare a prendere in giro tutti, ma con i bambini sei capitato male.

I nostri ragazzi, infatti, hanno capito benissimo che la cialtroneria, che per definizione ha le gambe corte, sovente ha nome e cognome: connotati che spesso combaciano con quelli di numerosi esponenti di una classe dirigente e politica locale dalla fedina penale probabilmente ancora pulita, ma dalla coscienza (penosa) certamente sporca.

Con la stima di sempre.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 30/09/2009 @ 09:24:21, in PhotoGallery, linkato 2743 volte)
  • Inagurazuine della Bacheca storica dedicata alla chiesa della Madonna delle Grazie.


    vedi la photogallery

  • Festa dei Lettori e presentazione del catalogo dei beni Culturali di Noha.


    vedi la photogallery


 
Di Antonio Mellone (del 16/08/2015 @ 09:14:01, in Necrologi, linkato 2854 volte)

All’inizio, leggendo di sfuggita il manifesto (quando sei in macchina riesci a scorrere o a decifrare solo i caratteri cubitali senza alcuna possibilità di soffermarti sui particolari), non avevo capito che la defunta Maria Pietrina Pepe era la Mariannina. Poi, una volta a casa, me lo ha riferito mia madre che non c’era più la nostra dirimpettaia di campagna, la mamma di Marcello, della Rosanna, della Maria Luce, della Lidia e della Tina Pepe (quando nomini la Tina non puoi ometterne il cognome). E pensare che avevo chiesto a mia madre della Mariannina solo qualche giorno prima, e m’ero tranquillizzato avendo saputo che anche quest’anno, nonostante gli acciacchi (ma la vecchiaia è già di per sé una malattia) si era “ritirata in campagna”.  

Chissà perché il ricordo delle persone anziane ci riporta sovente al tempo della nostra infanzia, il periodo della nostra vita che si conficca come un amo nella carne per non staccarsene più. E il ricordo di Mariannina, donna energica, grande lavoratrice, il rosario sempre a portata di mano, come lo scapolare del Cuore di Gesù, classe di ferro 1922, dunque 93 primavere sulle spalle, capelli bianchi e ciglia nere (caratteristica dei Pepe), non sfugge a questa regola aurea.

*

Io ero di casa dalla Mariannina, ci andavo di tanto in tanto accompagnando mia madre. Le nostre campagne sarebbero confinanti, adiacenti, unite, se non fossero   divise dalla strada statale Noha – Collepasso. E un tempo tra i campi non c’erano, come purtroppo oggi è, quelle barriere architettoniche rappresentate da cancelli, siepi, muri perimetrali alti due metri, ma solo un ostacolo ove possibile ancora più insormontabile, vale a dire la mancanza di tempo per via del lavoro che assorbiva molte ore del giorno (e della notte) di tutti i componenti delle famiglie, dal primo fino all’ultimo. Sì, con la produzione del tabacco il concetto di villeggiatura per i furesi assumeva tutto un altro significato (tanto che il sottoscritto preferiva mille volte le collezioni scolastiche autunno-inverno che le infilate primavera-estate).

Sta di fatto che non poche volte, sovente di pomeriggio, quando possibile, e quando c’era qualcosa da scambiarsi (come i pomodori, i peperoni, le pupuneddhre, il basilico, qualche puccia con le olive, o anche il bidone grande per le bottiglie di salsa da cuocere a bagnomaria - un tempo l’economia del dono era parte del DNA della cultura contadina) o andavamo noi oppure venivano loro da noi: la Mariannina e suo marito Pascalinu (pace anche all’anima sua), uomo buono, di poche parole (come, del resto, anche mio padre: manco li avessero fatti con lo stampino).

Io ricordo benissimo che la Mariannina, quando ero da lei, non mi faceva mai mancare un bel bicchiere di aranciata fresca, qualche biscotto, e i fichi appena raccolti. Dolci ricordi.

*

Quando ho appreso della sua morte, come un flash, mi son venute in mente anche le processioni del Corpus Domini, quelle solenni con il pallio, il baldacchino color porpora enorme e maestoso, le cui sei aste lignee erano rette da altrettanti robusti giovani, mentre il turibolo per l’incenso toccava a quell’imberbe ragazzino vestito da chierichetto che risponde al nome dello scrivente.

Ebbene, in via Catania non c’erano gli altarini (che invece erano allestiti altrove), ma il Corpo di Cristo non mancava degli onori, delle luci e dei fiori (e soprattutto delle preghiere) da parte dei devoti. Quando passava la processione solenne da quella strada (la casa della Mariannina si affaccia su due strade, via Fabio Filzi, la porta de nanti e, dunque, via Catania), una pioggia di petali di rosa e di altri fiori ricadeva, come fiocca la neve, lenta e silenziosa, sul percorso processionale, sui devoti e sul baldacchino: era la Mariannina a lanciarli, discreta e orante, dalla terrazza di casa sua. Lo ricordo come fosse ieri.

*

Ora, Mariannina, tutti quei petali di rose variopinte sono gli angeli lanciarteli al tuo passaggio, mentre varchi di corsa e con gioia, senza più il bisogno di una sedia a rotelle, la soglia del tuo meritato Paradiso.

Riposa in pace.   

Antonio Mellone

 

Condoglianze ai figli, ai parenti tutti, agli amici, alla comunità nohana da parte della redazione di Noha.it

 
Di Albino Campa (del 25/12/2016 @ 09:12:48, in Presepe Vivente, linkato 2801 volte)

Il presepe vivente 2016-2017 è allestito tutto all’interno del Parco del palazzo baronale di Noha che tutti chiamano Castello.

Per godere appieno della visita, vi consigliamo vivamente di soffermarvi sui dettagli, tutti autentici, che potrete apprezzare in ogni angolo di questo percorso museale.

Lungo il tragitto avrete modo di ammirare alcuni tra i beni culturali più antichi e importanti di Noha.

Subito dopo il primo curvone, incontrerete il bene culturale più vetusto e interessante della cittadina: la torre del XIV secolo (1300 d.c.) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto.

Dall’aspetto severo, militaresco, tremendo, la torre medievale di Noha era capace di ingenerare, specie nei giorni di tempesta, timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse.

La torre di avvistamento e difesa, intorno alla quale si organizzò il castello, la corte, e il resto del piccolo centro, raggiunge i dieci metri d’altezza. La costruzione è coronata da una raffinata serie di archetti e beccatelli che ne sottolineano il parapetto alla sommità.

Sulle mura di cinta potrete scorgere l’affresco di Albino (dal nome di chi l’ha scoperto per caso). E’ l’immagine  di un corpo mosso, come in un ritmo di danza equestre o circense. Quello che sbuca dalla vetusta superficie di quel muro, conservato intatto nel corso dei secoli al netto delle abrasioni causate dall’umidità e dal tempo, è in effetti un cavallo rampante, imbizzarrito, pieno di energia, più un destriero che un palafreno.

Continuando nel percorso del presepe incontrerete l’originale vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty, coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della misteriosa Casa Rossa (la casa delle meraviglie nohana che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì) della quale, proprio all’ingresso del presepe, ma dall’altra parte della strada, al di là del muro di cinta, potete osservare il primo piano con tetto spiovente.

Di fronte alla vasca ovoidale, la costruzione che ospita il palazzo di Erode è la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso. Ospita ancora un impianto idraulico ed elettrico tecnologicamente molto interessante, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità.

Più avanti, prima di giungere nell’osteria, dove potete degustare i prodotti del campo e delle fattorie locali, si osserva uno scorcio delle cantine del Castello, con le enormi botti in legno nelle quali veniva invecchiato il Brandy Galluccio, prodotto a Noha nello stabilimento omonimo, a due passi dal parco, e imbottigliato a Martina Franca.

Avvisiamo i visitatori che è possibile chiedere agli addetti al presepe informazioni sulle diverse tipologie di bestiame e le svariate razze di volatili presenti in questa novella Arca di Noha.

Volendo, grandi e piccoli, potranno chiedere ai pastori di accarezzare gli agnellini in tutta sicurezza.

Alla fine del percorso troverete le fragranti pucce con le olive appena prodotte nei forni di pietra della Bet Léhem, casa del pane, del castello nohano e altre leccornie paesane.

Signore e signori, la vostra presenza e il vostro passaparola daranno la forza agli straordinari ragazzi del presepe di Noha - “gruppo Presepe Vivente Masseria Colabaldi” - di proseguire nel lavoro di recupero non solo dell’affascinante tradizione dei presepi viventi, ma anche dei beni culturali più belli e tuttavia ancora dimenticati, del nostro Salento.

Congratulazioni per la vostra partecipazione, e infiniti auguri di Buone Feste.

Antonio Mellone

 

Gli appuntamenti con il Presepe Vivente di Noha sono il 25 e il 26 dicembre 2016 e il 1 e il 6 gennaio 2017, dalle ore 16.30 alle ore 21.30

 
Di Marcello D'Acquarica (del 06/09/2014 @ 09:03:18, in NohaBlog, linkato 2816 volte)

Sul quel numero de “L’Osservatore Nohano”, annunciammo l’inaugurazione del “palo della Chiesa Piccinna”. Avvenne in forma ufficiale lo stesso giorno della Festa dei Lettori in cui presentammo anche il catalogo de “I beni Culturali di Noha” alla presenza di molti cittadini e cariche istituzionali. Ci sembrò una cosa gradita dalla popolazione. 

Da lì a poco tempo il palo fu reso illeggibbile dalle spruzzate di vernice nera di chissà quale vangale.

Con la collaborazione dei ragazzi del “Presepe Vivente Masseria Colabaldi”, quest’anno, verso la fine del mese di Luglio, i due pannelli sono stati rimpiazzati nuovamente.

La stampa a colori dei pannelli ed il lavoro di tutto il montaggio sono stati eseguiti gratuitamente, rispettivamente da:

"Digital Graphic Di Del Gottardo Lucio & C." e da "MGM di Misciali Anna Serena Via Cuccarollo - Noha".

Anche se effettuato senza annunci di trombe né inaugurazioni di alcun genere, ma nel semplice silenzio del “gratuito”, l’evento meritava di essere presentato in tutta la sua luce.

Grazie a tutti.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 28/11/2015 @ 09:00:49, in Comunicato Stampa, linkato 1928 volte)

Martedì 1 dicembre 2015 - Palazzo della Cultura (Galatina, Le)

La città di Galatina rende omaggio a Ernesto De Martino con la rassegna "Il peso dei rimorsi", dedicata al grande antropologo italiano nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsa.

L'appuntamento ricade all'interno di una serie di incontri e dibattiti organizzati in numerose città italiane, curati dall'Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, l'Associazione internazionale Ernesto De Martino, la Fondazione Premio Napoli, l'Università di Ginevra, la Scuola di specializzazione in beni demoetnoantropologici dell'Università di Perugia, la Fondazione Istituto Gramsci e la Fondazione Angelo Celli.

Come molti sanno, a Galatina, Ernesto de Martino fece tappa nel ’59 con la sua équipe, per studiare a fondo, per la prima volta in maniera organica e multidisciplinare, il fenomeno del tarantismo: da quella spedizione scaturì il celebre saggio “La terra del rimorso”, oggi tradotto, conosciuto e studiato in numerosi Paesi del mondo.

Ma la tappa galatinese della celebrazione vuole rendere omaggio ad un de Martino meno conosciuto e al suo travagliato percorso ideologico e politico, che lo ha visto protagonista, dagli anni 40 agli anni 60, del panorama intellettuale italiano, insieme ad altri illustri personaggi che ne hanno segnato la formazione e con alcuni dei quali egli stesso ha intrattenuto una intensa dialettica intellettuale: Gramsci, Croce, Pavese e molti altri.

Al convegno interverranno:

  • Dott. Cosimo Montagna (Sindaco del Comune di Galatina)
  • Prof.ssa Daniela Vantaggiato (Assessore alla Cultura del Comune di Galatina)
  • Prof. Pietro Clemente (Università di Firenze),  “Al capezzale di don Ernesto. Storie di rimorsi
  • Prof. Riccardo Di Donato (Università di Pisa), “Sud senza magia
  • Prof. Carlo Alberto Augieri (Università del Salento), “Poesia dell’estraneo o estraneità dalla poesia? De Martino e l’immaginario vuoto del linguaggio poetico contemporaneo
  • Prof. Eugenio Imbriani (Università del Salento), “Cattivo passato, cattivo presente
  • Modera il Prof. Mario Lombardo (Università del Salento)

Il convegno sarà accompagnato da una mostra fotografica dal titolo “Il cattivo passato” e dalla “Breve rassegna Luoghi e Visioni” a cura di Meditfilm, un percorso di antropologia visiva che prevede la proiezione di alcuni documentari etnografici e la presentazione in anteprima del cortometraggio “Equilibri nel tempo” prodotto da Meditfilm, scritto e diretto da Fabrizio Lecce:

L’evento è promosso dal Comune di Galatina – Assessorato alla Cultura e organizzato in collaborazione con Meditfilm nell’ambito del progetto “Luoghi e Visioni - Frammenti di Antropologia Visuale”.

L'intera manifestazione si svolgerà martedì 1 dicembre a Galatina, presso il Palazzo della Cultura, con il seguente programma: alle 16:00 apertura mostra fotografica “Il cattivo passato”, alle 17:00 inizio del convegno "Il peso dei rimorsi", alle 19:00 proiezione dei film in rassegna con l’anteprima del corto "Equilibri nel tempo".

 

Link di approfondimento

www.luoghievisioni.it

www.meditfilm.com

 

Info e Contatti

MEDITFILM

info@meditfilm.com

+39 3277305829

ufficiostampa@meditfilm.com
+39 3355772274

 

Il turismo esperienziale, dalle nuove tendenze emerse alla Bit di Milano a Galatina, sarà il focus dell’iniziativa firmata da Barbara Perrone e da Galatina al Centro, per rilanciare il turismo in città.

Al via, sabato 23 e domenica 24 Aprile, il 2° Tour Educational, ideato dalla travel blogger Barbara Perrone e promosso dall’Associazione culturale Galatina al Centro finalizzato a valorizzare gli “attori turistici” della città attraverso il saper fare tra arte e cibo.

L’obiettivo dell’iniziativa si inserisce, all’interno dei trend evidenziati nell’appena conclusa 42° edizione della Bit – Borsa internazionale per il turismo, a Milano. La manifestazione in maniera chiara, tra talk, conferenze stampa e laboratori, in particolare nello stand di Regione Puglia, ha messo in evidenza come proposte sostenibili ed esperienziali saranno fattori chiave per agganciare e spingere la ripresa del turismo in un momento in cui il settore affronta le incertezze degli scenari internazionali.

Il 2° tour educational – Impara l’arte e mettila da parte si inserirà proprio in questa tendenza, grazie alla visionarietà, alla capacità di progettazione e realizzazione basata esclusivamente sulla determinazione di fare squadra e sistema tra gli attori del settore turistico. Artigiani, maestri d’arte, guide turistiche, ristoratori, strutture ricettive e ovviamente beni culturali, saranno sotto i riflettori di 20 comunicatori di viaggio tra giornalisti, blogger, fotografi ed influencer, che vivranno questa volta un’esperienza di viaggio in città focalizzata sulla conoscenza delle tradizioni e cultura locale, attraverso l’imparare a fare, testando in prima persona le offerte già in essere e altre in divenire.

Impara l’arte e mettila da parte è il titolo dato a questo secondo appuntamento, che fa seguito a quello tenutosi il mese di febbraio, Pasticciotto Tour, dove si è dato risalto al dolce simbolo della città, il pasticciotto di Galatina, attraverso una verticale itinerante e le sue bellezze artistiche – architettoniche, valorizzando anche il Museo Civico Pietro Cavoti.

“Visti gli eccellenti risultati del primo appuntamento, abbiamo ritenuto che i tempi fossero maturi per alzare l’asticella nella creazione dello sviluppo delle sinergie sul territorio“ afferma il presidente di Galatina al Centro, l’avv. Vincenzo Specchia.

Il progetto infatti nasce come iniziativa dal basso, dove tutte le persone coinvolte mettono a disposizione professionalità, competenze e servizi gratuitamente, con il solo obiettivo di dare fare rete e dare una ricaduta economica e circolare alla città.

“Dopo 20 anni di viaggi attorno al mondo, e di firma editoriale in questo settore, ho sentito l’urgenza di dare un contributo pragmatico alla città dove sono nata, perché non basta sventolare il possesso di un patrimonio o registrare un  marchio, se non si creano prodotti vendibili che possano creare una vera e propria economia turistica che genera welfare per chi vive la città” afferma Barbara Perrone. “Da viaggiatrice ho sempre cercato e vissuto le esperienze attorno al mondo come il più grande souvenir di viaggio. Dalla cooking class a Saigon in Vietnam, dove la chef mi venne a prendere in hotel per andare al mercato e poi nel suo ristorante a preparare i piatti tipici vietnamiti all’emozionalità che mi ha lasciato il workshop di pizzica tenuto quest’estate, proprio in una masseria galatinese, senza andare troppo lontano, tenuto dalla fotografa e ballerina Simona Marra, sono state esperienze che hanno cambiato il mio modo di vivere e ricordare un viaggio” continua Barbara Perrone.

La strada del turismo esperienziale e dell’undertourism, sono grandi attrattori sia per i giovani viaggiatori, ovvero la generazione zeta, che silver, capaci di attrarre oltre i mesi estivi, ma soprattutto invitano a spendere oltre le 2 ore di tempo, che in questo momento è il tempo medio di permanenza in città.

Secondo i dati di Booking, il più grande portale di prenotazione viaggi emerge il desiderio dei viaggiatori di avere un rapporto autentico con la comunità locale e più consapevole, così come al 73% piacerebbe fare esperienze genuine e rappresentative della cultura locale. “Alla luce di questi dati, come associazione civico- culturale, abbiamo l’obbligo morale e civile, di rimboccarci le maniche e creare iniziative di questo tipo, nonostante le tante difficoltà che si incontrano nel portarle alla luce” afferma Vincenzo Specchia.

“Ho immaginato e disegnato questo tour educational, per far conoscere la città per come vorrei farla scoprire io alle persone a me care. Si inizierà sabato mattina con una visita guidata attraverso il centro storico e la Basilica di Santa Caterina, sotto la guida di Raimondo Rodia; si ascolteranno le storie del maestro d’arte e tarsie lignee Antonio Congedo; poi una pausa pranzo nel giardino segreto di Plant 008. Il pomeriggio inizierà con un workshop per imparare a fare il pasticciotto e seguirà ascoltando le storie di Iro l’antiquario di città. Si ammirerà il tramonto con un aperitivo da Vanesio con vista sulla bellissima chiesa dei Santi Pietro e Paolo, e a seguire il workshop di pizzica proprio davanti al famoso pozzo di San Paolo, luogo dal quale veniva attinta l’acqua che bevuta, guariva le donne morse dalla taranta. La giornata di chiuderà con una cena firmata dallo chef Biagino De Matteis, e ispirata proprio alla danza popolare salentina.

La domenica si aprirà con un laboratorio di cartapesta con Andrea Merico e a seguire un workshop sull’imparare a fare le friselle, regine delle tavole conviviali salentine, con il panettiere Roberto Notaro, chiudendosi infine con un picnic nello storico aranceto di Parco degli Aranci, ascoltando la storia di imprenditorialità visionaria e agricola di Ambra Mongiò. Alcuni degli ospiti avranno modo di alloggiare all’interno di Palazzo Elefante della Torre e Hotel Hermitage.

Per i comunicatori invitati a vivere le esperienze e raccontarle, saranno due giorni all’insegna del saper fare, della scoperta di antichi mestieri, di preziosi artigiani che tramandano le arti antiche e diventano costruttori di preziose esperienze di viaggio. La conoscenza della città prende forma non più solo attraverso i monumenti, ma anche attraverso l’imparare a fare a tu per tu con gli artigiani locali, le loro storie e botteghe.

Il capitale umano delle menti e delle mani che lo portano avanti, diventano nuovi attrattori turistici per continuare a scoprire il potenziale inespresso della città di Galatina, facendola conoscere ad un pubblico che cerca ispirazioni di viaggio nel mondo digitale, che guarda oltre il mare e che decide di spendere del tempo nel vivere usi e costumi di una città, vivendo il territorio in modo immersivo tra passato e futuro.

Associazione Galatina al Centro
Barbara Perrone

 
Di Redazione (del 01/10/2021 @ 08:51:57, in NoiAmbiente, linkato 781 volte)

I rifiuti gettati in terra non servono alla nostra dignità. 
E con il degrado, oltre alla dignità, se ne va in fumo anche la nostra salute, sopratutto dei più deboli.
Domenica 3 ottobre alle ore 8,30 ci incontreremo davanti al Centro sportivo di via Giotto, a Noha. 
Per ricordarci che la salvaguardia dell'Ambiente è un dovere di tutti, a prescindere dal titolo di studio o professione, è quindi un dovere dei genitori, dei nonni, dei figli,  dei giovani e  dei vecchi. L'Ambiente, in un certo senso, è una "Livella" che accomuna tutti.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv

 
Di Antonio Mellone (del 16/07/2022 @ 08:48:12, in Fetta di Mellone, linkato 598 volte)

Avevo in mente di aprire in pompa magna le Fette di Mellone - Estate 2022 con il primo canto del Purgatorio di Dante Alighieri girato nel mese di maggio scorso nella riserva del Porto Selvaggio di Nardò. Ma poi mi sono giunte su di un piatto d’argento le motivazioni dell’assoluzione nel processo alle invenzioni (a proposito di alta fantasia), intentato ai miei danni da un revanscista per caso, magistralmente redatte da una Giudice (un’altra toga rosso Mellone?): sicché non ho potuto fare a meno di esclamare anch’io con Bertolt Brecht: “C’è un giudice a Zollino” (e dunque rinviare di qualche settimana la suddetta pompa).

A pensarci bene, questo canto del Purgatorio (senza dubbio il più bello: come ognuno degli altri novantanove del Poema) non è poi così scollegato dal tema del diritto di Parola Antipatica che certi pseudo-satrapi locali sovente considerano codardo oltraggio: ché ormai proferire e vergare parole allineate, oggi addirittura resilienti, e ça a va sans dire politicamente corrette non è chissà quale forma di libertà, anzi è una mano di antiruggine a catene e guinzagli più o meno lunghi, l’ennesimo giro di vite alla presa di coscienza individuale e collettiva, il tiraggio del doppino al nodo scorsoio. Sì vabbè, mi volevano diciamo morto provando maldestramente a levarmi la penna di mano, ma facciamo che sarà per un’altra volta (la morte dico, ché la penna, a dispetto di ogni anatema di perbenisti e madamine, me la porterò nella tomba).

Insomma riparto da qui, finalmente uscendo “fuor de l’aura morta che m’avea contristati li occhi e ‘l petto”, “per correr miglior acque”, come del resto Dante e Virgilio che incontrano sulla spiaggia un vegliardo di nome Marco Porcio Catone, detto l’Uticense. E a Catone Virgilio, nel presentare il suo compagno di viaggio, cioè il vian-Dante, rivolge una delle terzine più belle della Commedia (come del resto ognuna delle rimanenti 4710), quella che suona così: “Or ti piaccia gradir la sua venuta:/libertà va cercando, ch'è sì cara,/ come sa chi per lei vita rifiuta.” [vv. 70-72].

Non so perché, ma ogni volta che ripeto questi versi mi viene di pensare a Julian Assange, quel signore che i Migliori al potere (la maggior parte, si sa, marcio) vogliono di fatto agli arresti perpetui da scontare nei “democratici” Stati Uniti d’America, dopo quella sporca dozzina di anni al gabbio già espiati nell’altrettanto “democratico” Regno Unito. Il reato gravissimo di cui si sarebbe macchiato quest’uomo colpevole e recidivo si chiama Giornalismo: un delitto perfetto, invero sempre più raro (ed esecrabile) in queste e in altre contrade in cui le penne all’arrabbiata sovente si traducono in pene dell’inferno se non intinte nel liquido secreto da certe ghiandole orali. E mutatis mutandis è la storia di tanti piccoli Julian Assange precarizzati, boicottati, intimiditi quando non rubricati in liste di proscrizione da parte di chi ha interesse a far percepire un campo di concentramento come un paradiso terrestre. Ma il discorso varrebbe anche per chi, pur non iscritto ad alcun albo o congrega o ordine, osi asserire che il re è ignudo, e farebbe cagare anche vestito.

Quanto al resto, che dire se non che questo canto avrebbe forse preteso una posa declamatoria decisamente più flemmatica, e può darsi un tantino più lenta, solenne e stavo per dire ieratica: ma – lo crediate o meno - non v’è stata possibilità alcuna: men che meno di rinviare il tutto, giacché il tempo stringeva, il sole calava, l’estate pressava, il turismo avanzava, l’imprecazione sacrilega premeva, Daniele Pignatelli smadonnava, e il rischio che quel paradiso diventasse di lì a poco un inferno senza manco passare dal purgatorio incombeva.    

Per una serie di motivi il Paradiso può attendere. Il Purgatorio invece no. Nemmeno il fatidico momento in cui la massa inebetita dei turisti smonterà le tende per andare a farsi fottere perlomeno fino alla prossima estate.

Antonio Mellone

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 26/03/2020 @ 08:42:55, in I Beni Culturali, linkato 1902 volte)

Sul portale della porta accanto alla chiesetta dell’Annunciazione sono venute alla luce alcune

lettere di una scritta che quasi certamente si riferisce al Duca di Galatina “SPINOLA” che fu anche padrone di Noha.

Come si può vedere dall’albero genealogico qui riportato, da Gio.Filippo Spinola (1677-1753) nacque Maria Teresa Spinola che sarà la moglie di Gio. Battista Scotti. E proprio costui avrà dagli Spinola in eredità il feudo di Noha, che quindi apparterrà alla famiglia Scotti.

Nel mio libro “La Storia di Noha” avevo già scritto:

Nel 1754 morì Francesco Maria Spinola, Duca di San Pietro in Galatina. La vedova Anna Maria, tutrice dell'unica figlia ed erede universale Isabella Maria Spinola, si affrettò a prendere possesso del patrimonio ereditario.  

Noha ne faceva parte ed è probabile che quella scritta si riferisca alla volontà di far sapere che anche il Palazzo Baronale di Noha con proprietà annesse appartenga agli Spinola/Scotti.

Giulio Cesare De Noha fu l'ultimo Barone di Noha. Non essendoci alla sua morte (1583) discendenza maschile il feudo della famiglia De Noha si divise. Il Casale

di Merine passò alla famiglia Palmieri. Quello di Giurdignano agli Alfarano Capece e quello di Cellino ai Chiurlia, Conti di Lizzano. Restò solo la Terra di Noha con i suffeudi di Pisanello e di Padulano che le appartenevano. Questo residuo dell'antica baronia toccò in eredità ad Adriana, figlia primogenita del defunto Barone Giulio Cesare. Quando costei si sposò con Geronimo Montenegro*, Marchese di Marigliano, gli portò in dote l'eredità avuta dal padre.

I Montenegro* furono un antichissimo casato genovese, le cui prime vestigia, rimontano al 1130, propagatosi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. La famiglia, passata in Napoli, già al tempo di re Federico II, il 14 aprile 1573, divenne possidente di alcuni terreni, tra cui il contado di Marigliano, in provincia di Napoli, grazie all'acquisto effettuato da Geronimo Montenegro, banchiere napoletano e tesoriere del Regno. In data 23 dicembre 1578, lo stesso Geronimo, ottenne il titolo di marchese di Marigliano, dall'Imperatore Filippo II. Nel 1611 Geronimo si sposò con Adriana figlia del nostro barone Cesare De Noha.

In un atto notarile del 1611 il Marchese Geronimo dichiarò di essere signore e padrone della Terra di Noha situata in Terra d'Otranto, con i feudi di Pisanello e di Padulano. Questa Terra confinava con Galatina, Soleto, Corigliano, Sogliano e altri confini.

Il Marchese di Montenegro a sua volta subaffittò a Giovan Battista Personè di Lecce, per un quadriennio a 2100 ducati l'anno la sua terra di Nohi e feudi di Padulano e Pisanello con giurisdizione civile e criminale. Ma l'affittuario si impegnava a non modificare, senza l'espressa volontà del Marchese il Castello, e a pagare una tassa sul grano, sull'orzo, sulla frutta e su tutti i prodotti della terra.

Nel 1631 Noha era posseduta da Pompeo Colonna Principe di Gallicano. Ma nel 1644 i Marchesi di Marigliano fallirono. Noha con i suffeudi di Pisanello e Padulano fu comprata da Giovanni Maria Spinola*, che aveva nello stesso anno comprato anche il ducato di Galatina e rimase in possesso della famiglia Spinola fino a tutto il Settecento.

La Famiglia Spinola* era una grande famiglia genovese di antica origine. Costituisce una delle quattro famiglie di nobiltà feudale più importanti della Repubblica di Genova, con i Grimaldi, i Doria ed i Fieschi. Arricchitasi con la mercatura, la finanza, e l'acquisto di terre, si divise in numerosi rami.

Nel 1754 morì Francesco Maria Spinola, Duca di San Pietro in Galatina. La vedova Anna Maria, tutrice dell'unica figlia ed erede universale Isabella Maria Spinola, si affrettò a prendere possesso del patrimonio ereditario.

Possediamo l'atto di possesso della Terra di Noha in cui sono descritti tutti i diritti e le prerogative spettanti questa Terra, come corpo distinto dagli altri beni del defunto Duca.

(Per chi volesse leggere il documento del 1754 può consultare “Noha - Storia, arte, leggenda” Francesco D’Acquarica-Antonio Mellone edito da Infolito Group nel 2006, alla pagina 78/79).

P. Francesco D’Acquarica

 

In un periodo di emergenza sociale, sanitaria ed economica improvvisa ed imprevedibile come quella che oggi ci troviamo tutti a fronteggiare, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Galatina ha predisposto un Pronto Intervento Sociale utilizzando la struttura organizzativa del Progetto “Spreco meno” secondo la Legge nazionale “Gadda” e la Legge regionale “Mennea” si dà avvio, anche, al servizio di “Distribuzione di beni alimentari”.

In collaborazione con la Protezione civile e la Caritas idruntina, il Comune di Galatina ha allestito presso la sede della Caritas idruntina a Galatina, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa 1, un’area per lo stoccaggio di generi alimentari che le attività commerciali, le aziende agricole, le associazioni e i cittadini possono donare a chi si trova in condizioni di bisogno. I volontari della Protezione civile garantiscono il ritiro a domicilio dei beni alimentari che si vogliono donare e la loro distribuzione. A tal fine l’assessorato alle politiche sociali ha messo a disposizione due numeri telefonici che è possibile contattare per organizzare le donazioni: Protezione civile 0836.561205 – 333.2659984.

I cittadini in difficoltà, invece, possono telefonare per ricevere aiuto dal lunedì al venerdì dalle ore 09:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:30 alle ore 18:30 ai seguenti numeri: 320.5315880, 371.4371965, 350.0729782, 320.5755886, 329.0006185.

In merito ai contributi disposti dalla Presidenza del Consiglio siamo al lavoro per adottare criteri e modalità operative anche in collaborazione con ANCI per avere uniformità di comportamenti. Comprendiamo l’emergenza e vi chiediamo disponibilità per attendere istruzioni e procedure per richiedere i contributi previsti.

 

Il Sindaco  Dr. Marcello Amante 

L’Assessore Politiche Sociali Dr. Antonio Palumbo

 
Di Redazione (del 07/03/2023 @ 08:34:05, in NoiAmbiente, linkato 580 volte)

Sono passati ben oltre 14 mesi dagli annunci dell’insperata promessa di restauro della casa dell’orologio di Noha. Ma lo stato di degrado della nostra casa e relativa torre, è vecchio di almeno quattro decenni. Allorquando il servizio di anagrafe comunale venne spostato in una struttura più sicura. Il degrado chiama degrado, si dice. Ma i cittadini di Noha hanno dimostrato di saper resistere con grande dignità a certi strani eventi del destino.

Un uomo sano non pensa in continuazione al suo essere in salute; solo chi è malato è interessato alla salute. Per cui se, per esempio, non soffri di mal di testa, non sai neppure di avere una testa. A quanto pare, tutto ciò che sperimentiamo, dipende dal suo opposto. Sappiamo quindi quanto sia vero il fatto che se si è costretti a vivere nel degrado, si rischia di farci l’abitudine.

“L'abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, e ci si rassegna a tutto.” Oriana Fallaci, Un uomo (Milano, Rizzoli 1979). Bell’insegnamento che abbiamo dato alle ultime due generazioni che hanno dovuto acquisire a proprie spese la capacità di fare resilienza.

Naturalmente la speranza è sempre l’ultima morire.

Basta guardarla! La paura adesso non è più di rimanere folgorati dall’amarezza, ma dal rischio di beccarsi un concio di cornice sulla testa, come accadde il 18 giugno del 2013, allorquando si staccava improvvisamente un pezzo del balcone al primo piano della casa attigua, per fortuna senza danni alle persone. Così come segnalato al Protocollo di Galatina il 18 marzo 2021. casa comunale pec.pdf (Noha.it) Che tristezza caro Sindaco. Eppure la piazza è il luogo in cui cultura e storia, simboli e tradizioni, dovrebbero rivivere quotidianamente in una forma armonica l’idea di sicurezza e di felicità, la stessa che una Amministrazione deve saper offrire ai suoi abitanti. 

Basta scrivere sul motore di ricerca di internet “casa dell’orologio di Noha” e si vedranno apparire una sfilza infinita di lettere e articoli pubblicati da destra e manca dedicati alla mancanza di cura della nostra casa dell’orologio, raccontano per esempio del ““l’orologio pubblico più fermo del mondo” o “l’orologio pubblico più veloce del mondo” (e quindi, ad honorem, “l’orologio pubblico più ridicolo del mondo”).

Martirologio - Noha.it

Quindi siamo qui, Signor Sindaco, a chiedere per l’ennesima volta:

Per quanto tempo i cittadini di Noha dovranno attendere che  la promessa di messa in sicurezza della Casa dell’orologio diventi finalmente il lieto fine di questa abominevole quanto bruttissima storia?

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina

 
Di Fabrizio Vincenti (del 04/09/2020 @ 08:33:06, in NohaBlog, linkato 1178 volte)

Tutto d’un tratto la storia cambia direzione, come uno sciame d’api in mezzo a un campo. È difficile coglierla sul fatto”. Così scriveva André Frossard in un suo libro che diedi in prestito e che da allora non è mai più tornato indietro. Aveva un nemico pubblico quel libro: il comunismo. State lontani da tutto ciò che termina in – ismo: fascismo, socialismo, razzismo. Gli – ismi uccidono spesso il corpo, quasi sempre lo spirito. Non sono leggende del passato: guardatevi intorno, sono tornati!

La storia ha cambiato direzione, o meglio, qualcuno ha voluto che la cambiasse ancora una volta, ma sempre in peggio. Siamo già in una new age fascista, solo che non ve ne siete accorti e io non capisco ancora cosa vi occorra per farlo. Poiché se pensate che fino a quando qualcuno non bussa alla vostra porta con il fucile in mano non si può parlare di fascismo, allora sappiate che state commettendo un errore di valutazione colossale. Siete in pericolo, tutti! Potrete anche salvarvi la pelle, ma lo spirito signori miei quello no! Ve lo hanno già internato in un campo a marcire. Tutto comincia quando nessuno è più libero di pensare, ma tutti devono obbedire. C’è qualcuno che oggi pensa di esere libero di pensare e di esprimersi? No, assolutamente no. Infatti, o si pensa e ci si esprimi secondo “il partito” oppure sei bollato. Come una fake news. Questa è la nuova espressione, coniata dal regime. Invertendo i fattori, hanno addirittura scomodato un termine che solo a sentirlo crea tremore: negazionisti. Era stato utilizzato per definire quelli che negano l’esistenza dei campi di concentramento. Oggi lo utilizzano per marchiare chi solo osa dire qualcosa contro il partito. Ci siete ricascati, e non ve ne siete accorti.

Non puoi manifestare, non puoi avvicinarti a qualcuno, devi sempre avere paura dell’altro in modo che tutti possano avere paura di te. Hanno sospeso tutto, le cure, le visite mediche, addirittura la scuola. Hanno estirpato col sorrisetto la filosofia dalle aule in modo che nessuno scopra quanto è bello e interessante e vitale pensare, e l’hanno sostituita con i banchi con le rotelle. I banchi con le rotelle! Neanche benito aveva avuto una fantasia simile. Non puoi muoverti, non puoi viaggiare, non puoi restare, non puoi lavorare, non puoi parlare, non puoi neppure fare le smorfie dietro la tua mascherina. Tu non puoi e basta, e ti ostini a ridere davanti a chi ti mette in guardia dal regime? Fra qualche giorno per muoverti dovrai avere un passaporto vaccinale. Saranno loro a dirti che cosa devi iniettarti e dove puoi andare.

Neanche la fame nel mondo fa più notizia, figuriamoci le acquasantiere vuote che negli anni avrebbero potuto far diventare la lebbra una pandemia. Salutatevi col gomito ed evitate di parlarvi. Evitate i luoghi affollati, insomma non state insieme, passate il tempo sui vostri smartphone a scorrere col dito i video su tiktok. Poi accendete la televisione e assumete la vostra dose di eroina: una becera disinformazione fatta solo di bollettini di un’idiozia inaudita che riportano numeri senza alcun senso. Sono aumentati i positivi e diminuiti i tamponi, crescono i guariti, calano i decessi per poi ribaltare tutto il giorno dopo e così via, per mesi e mesi. E il tempo passa mente i vostri figli non vanno a scuola, voi non lavorate, non vi curate, non parlate, non pensate, non ragionate.

Ogni –ismo ha una radice comune: la paura. Voi dovete essere terrorizzati e vi dovete terrorizzare a vicenda per facilitare il loro lavoro. Vi denuncerete a vicenda, vi scannerete a vicenda perché questo è quello che vogliono. Darete la colpa prima ai cinesi, poi a Trump, poi ai negazionisti, poi ai barconi di migranti, poi ai no-vax, poi ai giovani, poi ai bambini delle scuole. Darete la colpa a tutti pur di non accettare il fatto che la colpa è vostra perché siete voi che avete abdicato alla facoltà di pensare e ragionare, come quello che solitario, a mille metri d’altezza, corre in salita su per la montagna con la mascherina indossata, per paura che gli abeti possano infettarlo. E così vi hanno convinto. Non serve pensare perché c’è già qualcuno che sta pensando per voi: siete voi i colpevoli, come postano quegli infermieri irriconoscibili, mascherati di tutto punto, che tempo fa sigillavano con il nastro adesivo gli spifferi delle porte dov’erano i degenti. E così, mentre voi lasciavate fare agli altri, i vostri nonni morivano soli nelle case di cura abbandonati, i vostri morti inceneriti chissà dove, le vostre visite mediche rimandate a chissà quando. Tutto perché ieri ci sono stati quattro presunti morti di coronavirus e due giorni fa ne sono stati tre. Che ogni giorno muoiano più di seicento persone di tumore non importa a nessuno, né che ogni giorno ne muoiano altrettante di malattie cardiovascolari. È scomparsa dalla scena la violenza sulle donne, il bullismo, gli omicidi di mafia, la disoccupazione diffusa, l’inquinamento ambientale, tutto volatilizzatosi improvvisamente nel terrore di un contagio. Una volta c’erano i giornalisti, quelli che scovavano la notizia annidata sotto un doppio strato di omertà. C’erano quelli che su un foglio riordinavano tutti gli elementi per ricostruire la trama e raccontare la realtà così come essa è. Oggi, questi che si definiscono giornalisti ma che io non chiamerei neppure scrivani, non fanno altro che copiare ed incollare da mattina a sera comunicati stampa. Imbecilli, c’è modo e modo di sbarcare il lunario!

Settembre è iniziato e la D’Urso freme per spiegarvi come lavarvi le mani e togliere una mascherina in modo corretto. E se questa storia dovesse andare avanti per un paio d’anni ancora? Cosa faremo? Continueremo ad entrare uno alla volta in farmacia? Diremo ai bambini di tenere la mascherina tutto il giorno altrimenti la maestra mette la nota? Staremo sugli autobus non più di quindici minuti, pronti a fermarci ogni due chilometri e poi scendere tutti giù? Approveremo ogni escremento di legge poiché siamo sempre in emergenza? Rimanderemo i nostri battesimi, le cresime, i matrimoni a data da destinarsi? Cosa dobbiamo fare?

Il problema oggi è che c’è qualcuno che pensa che, se siamo in queste condizioni, è per colpa del coronavirus, che nel novanta percento dei casi non fa sorgere neppure un sintomo. Hanno incolpato un virus per giustificare vent’anni di malaffare nella sanità, nell’istruzione, nel comparto pubblico, nell’economia e nella finanza. Hanno trovato un capro espiatorio che voi ritenete più che valido per privarvi di tutto, anche dell’aria che una volta respiravate. E voi continuate ad osannare chi “ha gestito al meglio la situazione”? A mio avviso andrebbero tutti sottoposti a processo ma da una giustizia degna di questo nome.

Fabrizio Vincenti

 
Di Redazione (del 18/01/2023 @ 08:32:19, in NoiAmbiente, linkato 456 volte)

La nostra terra, l'aria e la falda idrica, già fortemente compromesse, hanno davvero i requisiti per essere impregnati di ulteriori sostanze non biodegradabili, quali quelle prodotte da questi opifici e altri insalubri già abbondantemente concentrati sul nostro territorio?

Quali altre vocazioni di sacrificio, oltre quelli già esistenti deve accollarsi la comunita’ di GALATINA?

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali
di Noha e Galatina

 

 

Durante lo svolgimento della manifestazione Tappa della Notte della Taranta di Galatina di sabato 17 Agosto 2019 Operatori della Polizia Locale, coordinati dal Comandante Comm. Sup. Domenico Angelelli, hanno effettuato un sequestro di numerosi capi di abbigliamento e di borse e borselli, delle migliori marche contraffatte quali Adidas, Gucci, Louis Vutton, Moschino, Prada, Chanel, OBag, Burberry pronte per la vendita.
In totale sono stati sequestrati 21 capi di abbigliamento (magliette e giubbini) e 44 tra borse portamonete.
Tale operazione dimostra l’impegno della Polizia Locale volto a prevenire e reprimere l’abusivismo commerciale con riferimento alla vendita di prodotti di noti marchi contraffatti.
“Nonostante le numerose difficoltà legate alle crescenti incombenze ed agli adempimenti amministrativi che assorbono numerose risorse umane riusciamo a garantire dei servizi importanti per garantire la concorrenza e il regolare commercio su aree pubbliche” – Afferma il Comandante - L’operazione compiuta ha anche il significato di deterrente per chi, sul nostro territorio, intende esercitare qualsivoglia tipo di commercio non rispettando le comuni regole.
Anche l’Assessore alla Polizia Locale – Nico Mauro – plaude all’operazione compiuta dalla Locale “Gli Operatori del Corpo di Polizia Locale in questa occasione come in molte altre hanno dimostrato professionalità e capacità d’intervento. Sono soddisfatto di quello che nella serata della Notte della Taranta si è riusciti a realizzare anche per il ruolo di Assessore alle Attività Produttive che svolgo in questa Amministrazione; oggi più che mai il commercio ha bisogno del rispetto delle regole. La lotta all’abusivismo commerciale è fondamentale per tutelare gli operatori onesti che con molti sacrifici fanno il massimo per andare avanti. Il Comando di Polizia Locale sta altresì pianificando una serie di interventi mirati alla verifica dei requisiti per l'occupazione delle aree pubbliche per ogni tipo di attività commerciale su tutta l'area cittadina. Questa iniziativa, che nel centro storico farà anche riferimento alle indicazioni avute dalla sovrintendenza ai beni monumentali, permetterà di mantenere in equilibrio le legittime esigenze degli operatori con il rispetto dei regolamenti comunali.
I prodotti contraffatti sono stati oggetto di sequestro penale con relative informative di reato alla Procura della Repubblica per la prosecuzione dell’iter procedurale.

Segreteria Comando

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/07/2013 @ 08:20:01, in NohaBlog, linkato 3648 volte)

“Viva soddisfazione”, dice il Sindaco alla seconda inaugurazione della ex-struttura delle vecchie scuole elementari di Noha.

“Occorrono tanti contenitori culturali” dice l’Assessore alla Cultura, pensando, forse, di far crescere il senso civico nelle persone. Certo un po’ di informazione sul significato di senso civico non guasterebbe, anche se la gente fa già del suo meglio per vivere dignitosamente. Da un certo punto di vista, le intenzioni dei nostri rappresentanti, potrebbero sembrare perfino una svolta per un insperato atteggiamento di fiducia, e lo sarebbe se non fosse che, per esempio, nel caso delle vecchie scuole elementari appena re-inaugurate come Centro Polifunzionale, si è realizzata un’opera da “tre soldi" ad alta risonanza sì, ma in un contesto privo di ogni elementare servizio collaterale. Un po’ come dire, abbiamo il volante in radica, ma lo usiamo per guidare uno sciarabà.

La faccenda è talmente seria che viene spontaneo chiedersi se prima di spendere un milione e trecentomila euro per un’opera, fra l’altro incompiuta, non sarebbe stato necessario dare al paese un minimo di decoro, del tipo: piste ciclabili, aree verdi attrezzate seriamente, marciapiedi meritevoli di tale definizione, una piazza degna della sua funzione, un area per il parcheggio di potenziali ospiti, di un centro (se pur modesto) chiuso al traffico, protetto cioè dall’invasione di veicoli a motore che sono sinonimo di fetore e rumore. Insomma di ciò che un paese cosiddetto civile ha bisogno. Questo è l’atteso “atteggiamento di fiducia” dei cittadini nohani.

Ma perché spendere dei soldi per fare delle piste ciclabili,  visto che la sicurezza a casa nostra è improntata solamente nel costruire pseudo tangenziali intramoenia, aree mercatali e centri commerciali fuori dall’abitato, giusto appunto per motivare spostamenti in massa di autoveicoli. Dietro questi slogan da piazzisti sfegatati e di buonismo impeccabile si nasconde, sovente, un disinteresse puro per il bene comune e bramosia per il proprio. La storia, specialmente locale, insegna.

Cresce sempre di più la moda dell’annunciare, e ora anche del denunciare, cori osannanti a moralità auree e contraddizioni altrui, di sinistra o di destra. Di negligenze degli imprenditori che dovrebbero impegnarsi nel cambiamento, dei lavoratori che devono rinunciare ai diritti acquisiti, dei giovani che sono troppo selettivi e mammoni e degli anziani che invece di costare meno esigono di più ricorrendo a cure sanitarie che il pubblico non riesce più a offrire. Di disattenzione dei cittadini alla cosa pubblica e di veri valori. Come se ci potessero essere valori falsi, un valore è un valore. Punto.

Falso è invece il perbenismo di facciata, le prediche vuote di concretezza, di pensieri a cui non seguono azioni. Falsi sono gli slogan da campagna elettorale, o i monologhi alla ricerca di carrierismo o di banale notorietà.

Non servono più nemmeno i dialoghi, compresi i Dialoghi di Noha, tanto che avvengono fra sordi. Fra persone, cioè,  che pur avendo un ottimo udito, non sentono perché non riescono a togliersi l’appanno che gli intorbidisce i 4 neuroni rimasti vuoti.

Allora ci chiediamo a che servono i decantati “contenitori culturali” sognati dal nostro Assessore alla Cultura, se l’immagine di Noha, giusto per partire dalla periferia di Galatina, è da qualche tempo quella di un dormitorio, semmai di un centro di attraversamento, nonostante il consumo del territorio perpetrato a danno della campagna circostante, con infinite strade, mega rotonde  e superstrade. A proposito di danni, abbiamo seppellito ettari di terra fertile sotto il catrame.

A cosa serve la cultura se parlando per esempio di raccolta dei rifiuti, nessuno dice che sarebbe bene smettere di produrli, i rifiuti, se nessuno ci racconta (con un contenitore culturale, per esempio) dove e come vengono fatti scomparire, o quale sarebbe invece il circuito migliore per ridurre inquinamento e costi. Invece il “leitmotiv” (motivo conduttore) della stampa locale e di buona parte della politica, è l’aumento delle bollette e voler convertire la Colacem in inceneritore. A che serve la cultura se annoveriamo virtù da buona condotta ogni giorno del calendario, come per esempio la storia del “pedibus” in cui si chiede agli studenti di recarsi a scuola a piedi, se il giorno dopo assaliamo gli ingressi con auto sempre più grandi, se camminando a piedi rischiamo di essere travolti da automobilisti insensati e se la bicicletta è di fatto un mezzo di trasporto pericoloso, per i ciclisti ovviamente. A cosa servono presentazioni di libri, elargizioni di glorie e onori se poi per far giocare i nostri bambini dobbiamo portarli nei parchi-gioco dei paesi limitrofi.

A che cosa serve fare indigestione teorica di cultura se viviamo in centri abitati dove non regna né decoro né senso civico, ma soltanto l’idea che basta parlare, senza fare. Riempiamoli pure i contenitori culturali, ma per favore, caro sindaco Montagna e cara Assessore Vantaggiato, siamo stanchi dell'ipocrisia.

Marcello D’Acquarica
 

A dicembre commentavo con un importante giornalista politico locale i motivi per cui ritenevo inevitabile che si sarebbe arrivati ad un Mattarella bis. In questi giorni abbiamo avuto un intenso scambio scritto e orale in cui abbiamo visto delinearsi questa soluzione. Certo, ero avvantaggiato dalla mia consuetudine con Bruno Tabacci e dalle conversazioni con lui, ho avuto la fortuna di avere buoni maestri politici.

Eppure mi sembrava chiaro che non ci fossero le condizioni perché si arrivasse a conclusioni diverse. Al di là della inadeguatezza degli attuali attori mi sembra di poter dire che non è la presenza di un leader o di un “Salomone” a risolvere tutto. Buoni politici, buoni parlamenti nascono da buone società.

Non mi dilungo sulle analisi del voto del Quirinale perché non credo che si potesse fare di meglio in assenza di un accordo, precedente, sugli assetti del Governo. Hanno perso tutti e quindi, in pratica, nessuno. L’Italia è in sicurezza e si dovrà mettere a punto solo qualcosina a palazzo Chigi.

Io ho avuto l’onore di essere candidato alla Camera dei Deputati nel 2018 e di attraversare il grande Salento in lungo e largo per parlare di Europa, di accoglienza, di un mondo senza muri, di libertà e di politica. Spesso i volti della gente che incontravo apparivano infastiditi, come se parlassi di corda a casa dell’impiccato. Sono i volti di quei cittadini che hanno desiderato, bramato, voluto che entrassero in parlamento centinaia di sconosciuti senza storia politica, che flirtavano con il populismo di Salvini e che osannavano la fine dei partiti politici e della scuola politica (ritenuta inutile e vetusta).

È dal 1993 che questa storia va avanti: stiamo abbattendo i nostri santuari, le nostre cattedrali culturali perché un mal interpretato egalitarismo ci ha convinti che il merito e la competenza fossero uno strumento di oppressione e che tutti devono fare tutto. L’eguaglianza, nelle società, invece, deve garantire a tutti pari condizioni di partenza, non di risultato. Anche nei partiti funzionava così. C’era la gavetta. C’erano le prime file e i gregari. Tutti con la loro dignità. Che tristezza questa smania di leaderismo, di bisogno di riconoscimento continuo da parte degli altri, di incapacità di lavorare solo per un obiettivo giusto che possa riempire il cuore piuttosto che l’ego.

Oggi non possiamo permetterci questo lusso. Partendo dalle città.

Abbiamo affrontato, grazie all’Europa unita, una delle crisi peggiori che si potessero immaginare ed abbiamo deciso di chiedere un prestito per svolgere il maggior investimento infrastrutturale e sociale mai visto dopo il dopoguerra.

Sarebbe un errore credere che si siano semplicemente aperti i portafogli e che finalmente l’Europa ci fa spendere un pochino di soldini. È esattamente il contrario: stiamo indebitandoci per investire, non per spendere.

È come se in una famiglia in crisi si accedesse ad un mutuo da pagare in 30 anni e anziché usarli per comprare una casa, per studiare, per prepararsi al lavoro, per aprire un’attività redditizia o per comprare gli strumenti migliori per lavorare, si decidesse finalmente di fare il viaggio alle Maldive, di comprare la macchina sportiva la tv 60 pollici e tanti vestiti firmati.

Ecco, questo succederebbe di certo se quei soldi fossero affidati alla parte della famiglia immatura, meno avveduta e probabilmente meno adatta a immaginare gli effetti delle proprie azioni.

Perché quei soldi servono per creare lavoro, benessere che aumenti il giro di affari e porti utili da usare DOPO per i beni di lusso o per spese secondarie.

Arrivo così al punto: oggi dobbiamo usare il PNRR dimenticando quanto abbiamo fatto con i Fondi Strutturali, spesso trasformati in strumenti di redistribuzione o di spesa corrente. Le amministrazioni pubbliche non devono accedere a quel denaro (CHE E’ DEBITO) come chi entra all’ipermercato e compra a caso tra le offerte nei cestelli centrali senza ricordare che ha giusto i soldi per gli ingredienti del pranzo.

Ci vuole visione, ci vuole la gente migliore, ci vuole il modello Draghi. Far convivere le varie esperienze all’interno di un progetto serio con un programma condiviso porta all’espulsione automatica di incompetenti e improvvisati: come Salvini a favore di Giorgetti ad esempio.

A Galatina abbiamo bisogno di un nuovo Sindaco che sia in grado di programmare investimenti, non di fare ragioneria dei bandi che si riescono a raccattare qua e là, con una visione di insieme e il coinvolgimento dei tutti: anche di chi sarà all’opposizione.

Per fare questo serve una persona che abbia il coraggio di sottrarsi dal giogo dei personalismi, degli odi incrociati, della politica vissuta tra le offese e le illazioni. Serve qualcuno fuori da queste dinamiche. Anche a me è successo di incrociare persone poco serene che, di fronte ad una argomentazione politica con la quale negavo un aiuto elettorale, venivo investito da offese e illazioni. Ecco, sono le persone da allontanare e isolare. Facciamo vincere la politica e il bene comune sulla partigianeria, tenendo fuori il tifo e le furberie dialettiche di chi cerca un nemico per accecare gli sguardi e nascondere il proprio vuoto.

Io credo nel futuro: Galatina tutta insieme ci deve credere e avrà una cittadina di Visionari per il 2030. Soprattutto di giovani.

Andrea Salvati

 
Di Marcello D'Acquarica (del 28/07/2023 @ 08:18:52, in NoiAmbiente, linkato 714 volte)

Sono giorni, questi ultimi, di annunciazioni per grandi cambiamenti, novità che interesseranno a breve Galatina e frazioni.

Lei stesso, Signor Sindaco, in un post pubblicato sulla Sua pagina social, avvisa noi cittadini in merito a questa rivoluzione, pregandoci di aver pazienza e di prepararci al conseguente, ineluttabile disagio, a partire dal corrente mese di luglio.

Si parla anche di piste ciclopedonali che congiungeranno Galatina a Noha, e perfino Noha ad Aradeo. Insomma.

Nel corso di un’intervista, ci ha dato inoltre l’annuncio della importante partecipazione di Galatina, “prima in tutta la provincia”, al progetto ZES (Zona Economica Speciale), che interessa un'area di 50 ettari inseriti in un denso contesto urbano, grazie a una legge più o meno datata (T.U. delle leggi sanitarie R.D. 1265/1934). Una legge che, ahinoi, nel caso di Galatina non tutela gli abitanti da precise distanze delle case - sia vecchie che da nuovi insediamenti - da opifici insalubri e rischiosi per la salute.

La ZES Adriatica interregionale Puglia–Molise è una piattaforma online e pienamente digitale georeferenziata del territorio, compresa quindi la zona industriale di Galatina e quella adiacente di Soleto. Si tratta, cosi si dice, di una mappa che fornisce tutte le informazioni utili per cui qualsiasi imprenditore può chiedere di localizzare il proprio insediamento produttivo dove più gli aggrada, compresa, ovviamente, la nostra zona industriale. La quale con i suoi 17 ettari di infrastrutture (che si innalzano altissime nel cielo e a tratti semi dirute) fa da viale principale di ingresso alla nostra bellissima colta e storica città.

In ultimo, in occasione dell'inaugurazione della 64a fiera campionaria regionale, nel corso della nostra festa patronale iniziata il giorno 27 giugno scorso, è stato presentato dall’architetto leccese Alfredo Foresta (i maligni parlerebbero di ossimoro) un nuovo progetto riguardante il sito di 20 ettari, che includono la Fiera Commerciale di Galatina.

In base alla rapidissima presentazione dell'architetto, s’è compreso che sono in arrivo enormi volumetrie per congressi, piste sportive, piscine con vasche lunghe fino a 50 metri, impianti di produzione di energia elettrica e di recupero delle acque pluviali e/o piovane.
Tanta roba, si direbbe nello slang di questi giorni.

Alla luce di questi stravolgimenti è normale che i cittadini di Galatina e frazioni (almeno quelli degni della carica di cittadino) si pongano degli interrogativi. E si chiedano in primis che impatti avrebbero queste ulteriori “grandi opere pubbliche” sul loro habitat e quindi sulla loro salute. Purtroppo, ad oggi,  Galatina è annoverata fra i 16 comuni di un Cluster con la più alta percentuale di tumori (cfr. registro dei tumori, dati ASL, CNR E PROTOS), e non vorremmo che quest’ulteriore consumo di suolo rappresentasse il colpo di grazia a un territorio già martoriato.

Non ci sembra di aver sentito qualcosa in merito alla “riforestazione” o al “ripristino dei luoghi”. Quanto alle cosiddette “comunità energetiche” meglio per ora lasciar perdere, tanto temiamo le solite operazioni di green-washing così di moda in questi tempi di emergenze à la carte: chissà perché invece temiamo solo ulteriori rotatorie, cemento, asfalto, comparti edilizie e infinite volumetrie.

Di questo passo forse ci vorrebbe ben più della temporanea pazienza da Lei richiesta ultimamente alla cittadinanza nei suoi accorati appelli.

Cordialità.

Il Direttivo di Noiambiente e beni Culturali di Noha e Galatina

 
Di Albino Campa (del 15/04/2012 @ 08:18:27, in TeleNoha , linkato 4282 volte)

Sul portale della masseria è incisa una data: 1595. Probabilmente è l'anno della sua costruzione. Nel 1595 il proprietario è il Conte Nicola Baldi. Nel 1709 la proprietà passa ad un certo Giò Andrea Gorgoni. Nel 1804 è proprietario Dolce Lazaro di Galatina. Dal 1806 fino al 2000 la proprietà è della fam. Giacomo Galluccio. Dal 2000 la proprietà passa ad un gruppo di persone di Aradeo, Galatina e Cutrofiano. Dalle informazioni tratte dai registri parrocchiali possiamo trarre i nomi dei coloni che si succedono nei secoli: nel 1709 muore in questa masseria all'età di 90 anni Giovanni Donno di Corigliano. Nel 1728 vi muore Lattanzio Thoma all'età di 85 anni sempre di Corigliano. Nel 17 30 muore all'improvviso all'età di 50 anni Donata Maiese anche lei di Corigliano. Nel 1742 sono coloni Antonio Melona e Saveria Mele di Galatina. Nel 1811 troviamo insediata la famiglia Bianco Ippazio, anche questa sembra originaria di Corigliano e di Galatina, già presente in Noha fin dal 1781, rimarrà residente nella masseria fino al 2000.

La Torre della masseria Colabaldi la parte più alta e più antica di tutta la struttura a cui è stata affiancata la masseria nel 1595. Le basi delle sue mura perimetrali ed il pavimento appartengono ad una costruzione di epoca romana. Molto probabilmente costituiva un forte militare posto sul percorso della Antica via Reale di Puglia. Ubicato sul punto più alto del nostro promontorio, aveva anche la funzione di torre di guardia collegata a vista con le altre torri esistenti lungo il percorso stesso. Di giorno si comunicava con i fumi e di notte con i fuochi. Distrutta durante le invasioni dei barbari del 400 d.C. dovute alla caduta dell'Impero Romano, venne, molto probabilmente ricostruita dai monaci Basiliani intorno all'anno 850 d.C. I Basiliani utilizzarono le mura in opus vulgaris cementizio spesse due metri ed il pavimento in basolato di pietra viva locale. Realizzarono il portale frontale ad arco con finiture pregiate in pietra leccese, e trasformarono la struttura in convento, ricavandoci anche le celle per i frati. La porta laterale che guarda ad est venne realizzata durante la costruzione della masseria nel 1595. Questo particolare lo si può dedurre sia dallo stile architettonico conforme alla masseria, sia dalla voltina a schiena d'asino del passaggio ricavato nel muraglione in opus.

fonte: “I beni culturali di Noha”di Marcello D’Acquarica – Edizione Panico 2008.

 
Di Redazione (del 02/08/2023 @ 08:17:09, in Lettere, linkato 444 volte)

Ho letto con attenzione la lettera aperta rivoltami dal Direttivo di Noiambiente e beni Culturali di Noha e Galatina. Probabilmente è opportuno dare delle risposte alle garbate domande poste.

Innanzitutto continuo ad annunciare il bisogno di pazienza da parte dei cittadini per i lavori che sono partiti, stanno partendo e continueranno a partire nei prossimi mesi.

Abbiamo visto alcuni cantieri già aperti in luglio come i lavori stradali nella contrada Guidano o il cantiere appena consegnato alla ditta appaltatrice per l’ecocentro.

Abbiamo già i primi confronti, a tratti anche complicati, per i lavori in partenza come quelli del plesso scolastico del 3 Polo dove è necessario organizzare lo spostamento dei giovani studenti per realizzare i lavori. Non ci sfugge quindi che i lavori previsti in piazza Alighieri, in piazza stazione, il corso Re D’Italia, ecc… richiederanno grande pazienza nei cittadini e capacità di gestione da parte nostra.

Una cosa voglio chiarirLa: è chiaro da tempo che nel  2021 e nel  2022 l’Europa ha chiesto che si procedesse   velocemente  all’impegno   delle  risorse  del   PNRR  motivo per  cui   molte  idee progettuali sono state finanziate sulla base di progetti di massima.

Ed è chiaro a noi,  che amministriamo oggi,  che  far diventare quei progetti di massima, dei progetti  reali,  delle gare  d’appalto, dei cantieri e infine delle opere  pubbliche è un’azione amministrativa unica per comunità piccole come la nostra. Rivoluzionaria direi.

A noi  la responsabilità di tutto questo, con buona pace di  parte dell’opposizione che ironizza e cavilla, intendendo a modo suo il proprio mandato, che dovrebbe essere sempre finalizzato al bene comune e non ad un gioco stucchevole delle parti e che, soprattutto, ha spesso praticato lentezza richiedendo oggi una velocità incompatibile con i tempi che richiede il buon lavoro degli uffici.

Passando al successivo punto richiamato tengo a chiarire che la ZES non è una piattaforma on line (la piattaforma è solo uno strumento digitale) e non è un progetto legato al T.U. delle leggi sanitarie Regio Decreto 1265/1934.

Le  Z.E.S.  sono Zone  Economiche  Speciali collocate  in  alcune zone industriali  esistenti, che godono di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Sono rette da un Commissari del Governo e sono state istituite con una serie di decreti a partire dal 2017.

In questi mesi stanno divenendo pienamente operative e affinché ciò accasa è necessario che vengano adottati degli atti da parte delle amministrazioni locali. Noi siamo stati i primi perché crediamo nel bisogno dello sviluppo economico e nella necessità che la nostra zona industriale sia attrattiva.

Tutti  gli argomenti utilizzati nella vostra comunicazione colpiscono la sensibilità di moltissimi di noi  e sono attuali  se pensiamo alla recente modifica  dell’articolo 41 della nostra Costituzione che declama  che “l'iniziativa  economica  privata è libera.  Non può  svolgersi  in  contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”

Nessuno vuole agire allinfuori del dettato Costituzionale. Credo che il futuro sia proprio questo: conciliare sviluppo e benessere economico con il grande faro che ha acceso Agenda 2030.

Andando avanti,  non entrerò in polemica sulla Zona Fiera  in  cui si  parla di realizzazione di  un parco urbano complesso e di opere sportive, espositive e culturali oltre che di ampi spazi verdi

(compreso  un   orto botanico) che  recupera  e  rende  fruibile   una intera   area  oggi non a disposizione  della  comunità.  Non si  tratta solo di  “Imponenti  cubature”  e presto speriamo  di dimostrarlo.

Chiudo rispondendo  in merito alle Comunità energetiche. Saremmo tutti felici se potessimo con un colpo di bacchetta, rinunciare all’energia o al gas o ai manufatti. Purtroppo non è così. La politica e l’amministrazione è l’arte del possibile e noi a quello dobbiamo tendere. Realizzeremo la produzione di fotovoltaico sui tetti dei palazzi comunali e creeremo una comunità energetica per massimizzarne l’utilizzo. Siamo convinti che sia una cosa giusta da fare. Sostenibile.

Spero di incontrarvi presto e di potervi ascoltare sui tanti temi affrontati oggi e su altri che potremo trovare insieme.

Grazie.

Sindaco Fabio Vergine

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 15/06/2016 @ 08:15:32, in Necrologi, linkato 2792 volte)

Domenica 15 Maggio, trenta giorni fa, il Generale di Brigata Vittorio D’Acquarica ha cessato di vivere.

Nostro concittadino: era nato a Noha nel 1939. Con lui ho passato la mia infanzia perché cugini e si può dire cresciuti nella stessa casa di via Aradeo. Poi le scelte di vita ci hanno separati. Io, giramondo per servire la chiesa missionaria; Vittorio, dopo aver frequentato il liceo classico a Galatina, poi l’accademia militare a Modena, si era stabilito a Roma.

Ci siamo incontrati poche volte nella vita, ma sempre legati dall’affetto di parentela, di amicizia e d’interesse per la Storia di Noha.

Volle essere presente alla celebrazione della mia prima Messa a Noha 55 anni fa, esibendosi con la divisa militare di allievo dell’Accademia militare di Modena per dare più solennità alla mia festa.

Lo rividi nel 1966 pochi giorni prima di partire per l’America, quando mi invitò a battezzare Rosarita, la sua prima figlia, frutto dell’amore con la sua giovane sposa, Silvana Luceri. L’ho rivisto solo l’anno scorso a Lecce al funerale di sua sorella Maria.

Fu lui a suggerirmi di aggiungere nella “Storia di Noha” quando descrivevo il monumento ai caduti, oggi non più esistente, le frasi scritte ai lati di quella colonna quadrangolare con punta piramidale, quasi come un obelisco e che lui aveva memorizzato:

Chi per la patria muore,

vissuto è assai, la fronda dell’alloro

non langue mai !

Sull’altro lato:

… e qui verran le madri

ai pargoli mostrando …

 

Gli ultimi giorni della sua vita, prima della morte, pur nella malattia e nella sofferenza, sono stati alleviati dall’affetto e dalle cure delle sue tre figlie.

E’ morto cristianamente il 15 maggio scorso a Roma dove pure è sepolto.

Ma lo ricordiamo come cittadino di Noha, la sua patria natale, alla quale ha sempre dato decoro e onore.

Penso che sia doveroso ricordare una persona come Vittorio. Da annoverare, ormai, tra le pagine più belle della Storia di Noha.

Nella Foto: A destra di don Paolo, arciprete, P. Francesco, missionario della Consolata, alla sinistra di don Paolo l’On. beniamino De Maria e accanto a lui Vittorio D’Acquarica in divisa ]

P. Francesco D’Acquarica i.m.c.

 
Di Antonio Mellone (del 13/02/2023 @ 08:15:31, in NohaBlog, linkato 450 volte)

L’altro pomeriggio, di rientro a casa dopo una giornata di lavoro non del tutto poetica, la regina madre mi fa: “Di là c’è posta per te”. Oddio – rifletto trasalendo - o un’altra multa (sarò passato col rosso nohano), oppure l’n-esima querela dalla solidità accusatoria di un castello di carte, o forse l’agenzia delle entrate che s’è presa una cotta per me, o maisia una raccomandata della banca [magari spedita dal sottoscritto medesimo senza accorgersene, ndr.]. Sicuramente non sarà la busta arancione dell’Inps: non ho l’età (rimugino tra orgoglio e depressione) e oltretutto dai simulatori on-line le mie aspettative pensionistiche sono asintotiche a zero come minimo per i prossimi dieci anni.

Ancora tutto preso dalle irresolute cogitazioni the queen mother continua: “Sine, me li hanno consegnati dei bambini delle scuole di Noha: ‘Tieni signora, mi hanno detto, questi sono per l’Antonio’. Ma non ho avuto il tempo di chiedere di chi erano figli, sai, dovevo assolutamente pulire casa ché sta tutta sporca [per la cronaca a casa nostra, asettica ab imis fundamentis, non entra un acaro da decenni per il terrore di soccombere immantinente, ndr.]”.

Insomma, superata la paresi dei primi istanti, e a dispetto di tutto quello che avevo paventato, mi ritrovo tra le mani quattro fogli variopinti, disegnati con passione, ricchi di scritte in versi e una sigla di rivendicazione che a tratti sa un po’ di eversivo se non proprio di rivoluzionario e quasi quasi insurrezionalista: Poeteppisti.

Cerco di decifrare le immagini, quella quindicina di cuori effigiati, il cielo azzurro, i prati verdi, gli alberi, “la marina dove il Po discende”, i fiori e infine la coppia che si direbbe di innamorati, e quindi le nuvole: ebbene sì, non possono che essere Paolo Malatesta da Rimini e Francesca Polenta da Ravenna, gli amanti sbattuti dal vento delle passioni da vivi, e quindi per contrappasso strapazzati dalla bufera perversa nei secoli dei secoli amen, come narrato da Dante Alighieri nelle terzine del canto V del suo Inferno. Il tutto confermato dalle strofe riportate su quelle pagine a mo’ di didascalia, alcuni a caratteri cubitali multicolori “come l’aere, quand’è ben pïorno, per l’altrui raggio che ’n sé si reflette, di diversi color diventa addorno”.

Mentre mi si stampa in volto il disiato riso penso che v’è una bella differenza tra Teppisti, Teppistelli e Poeteppisti. Della prima categoria, cioè dei Teppisti, fanno parte tendenzialmente i mammasantissima della cupola padronale, dico della classe dirigente: dagli amministratori infedeli agli speculatori di ogni risma, dai militari bellicosi ai politicanti tutti “armiamoci-e-partite-ma-per-la-pace” (infatti per spegnere il fuoco basta buttarci su un po’ di benzina super), dagli scienziati al servizio del soldo agli accademici genuflessi agli oligarchi che però qui da noi si chiamano filantropi mecenati e magnati, dalle gazzette dell’impero (che mandano in stampa il Testo Unico quotidiano con l’obiettivo di sollevarci dalla fatica di pensare autonomamente) ai guitti affascinatori di platee manipolabili prima durante e dopo il campionato canoro rivierasco. Il che ha come risultati, dico a caso, la devastazione dei beni comuni, l’asservimento della politica ai mercati, la guerra permanente, la mortificazione della scuola statale, la sanità pubblica in rianimazione (mentre la privata scoppia di salute), la banalizzazione del vocabolario, la ricerca scientifica promossa o retrocessa a dogma, la pax mafiosa, varie ed eventuali.

Vengono poi i Teppistelli (tipo ladri di galline, scemi di guerra, fascistelli redivivi, vandali acefali, bulli di periferia in degrado programmato, bassa manovalanza dei padrini di turno, autolesionisti di complemento…), di fatto sudditi felici e balenghi dei suddetti Teppisti, mandati avanti per giustificare “le reazioni indignate” dei perbenisti di prima classe, e dunque spianare la strada alle eterne “emergenze” fatte di regole, intimidazioni e propaganda pro fidelizzazioni e obbedienza massive.          

Infine i Poeteppisti, così invisi a Teppisti e Teppistelli, in quanto pericolosissimi per i primi e per i secondi per via del loro vizio di usare il cervello, allenandolo pure con lo studio serio e la ricerca di informazioni alternative.

Che ci posso fare: sono i miei preferiti, anche se, in assoluto anonimato, han provato (riuscendoci) a farmi il verso. Con quelle immagini e con quegli endecasillabi dell’Inferno mi son sentito in Paradiso.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 03/11/2015 @ 08:15:19, in Necrologi, linkato 2103 volte)

Senza tanti giorni di preavviso, nel silenzio della notte,  è giunto  il telegramma di convocazione per nunna Ada Marzo, 90 primavere tra qualche mese, vedova da vent’anni di Cici Gabrieli, buonanima.

Lucidissima come sempre, ha dispensato consigli, impartito gli ultimi voleri, e detto parole buone alle figlie, ai generi e agli amati nipoti fino all’ultimo istante della sua vita.

Quando ho letto sul mio cellulare il messaggio della scomparsa della signora Ada (o come la chiamavano in tanti zi’ Ada) le pagine del mio album mentale dei ricordi si sono aperte immediatamente su un periodo molto bello della mia vita.

Erano i primi anni ’80 del secolo scorso, ed io poco più che imberbe ragazzino.

Alla fine del mese di maggio a Noha, ad una certa ora del pomeriggio, era tradizione che i devoti, per tredici giorni di fila, recitando il Rosario, si recassero a piedi in pellegrinaggio alla volta del grazioso tempietto (un tempo in piena campagna, ora circondato da una meno romantica villettopoli), dedicato a Sant’Antonio di Padova. Chi scrive faceva parte di quella marcia.

Lì, in quella chiesetta, sotto la guida di don Gerardo Rizzo (1924 -2007) celebravamo in un clima di raccoglimento, ma soprattutto di festa, la “Tredicina” in onore del Santo. Io e il mio amico e compagno di classe Adriano Scrimieri eravamo i chierichetti deputati al servizio delle sacre funzioni.

Le tredici splendide giornate di primavera inoltrata si concludevano il tredici giugno, solennità del Santo Taumaturgo di Padova, con la benedizione e la distribuzione a tutti del pane benedetto.

Certe memorie s’aggrappano ad un’infanzia per non staccarsene più. Ricordo benissimo che Ada non mancava mai a quell’appuntamento quotidiano: ci aspettava sempre sull’uscio di casa, preparandosi con largo anticipo. Quando la combriccola dei fedeli transitava da via Collepasso, Ada socchiudeva la porta (che non ha mai chiuso a chiave, neanche ultimamente), e, discreta e orante, si aggregava a noi altri.

*

L’avevo vista non tanto tempo fa, la Ada. E, stringendomi la mano, mi ripeteva sorridendo: “Ti ricordi quando andavamo a Sant’Antonio? Tu e il figlio della comare Maria servivate la messa. Antonio mio era piccolo così. Lo tenevo per mano”.

Sì, cara Ada, ricordo tutto benissimo. E ricorderò sempre.

E ora che sei giunta davanti a sant’Antonio, prega Lui per noi tutti, ché noi pregheremo per te e per gli altri, cantando a squarciagola, come un tempo, le litanie alla Madonna e l’inno al Santo, che non scorderemo mai più.

Addio nunna Ada, riposa in pace. 

A.M.

 
Di Redazione (del 20/07/2023 @ 08:11:33, in Comunicato Stampa, linkato 237 volte)

Ai sensi dell’art. 20 dello Statuto Comunale e dell’art. 29 del Regolamento del C.C., il Consiglio Comunale è convocato in seduta ordinaria di 1^ convocazione per il giorno martedì 25.7.2023 alle ore 09:00, con
continuazione, e occorrendo in seconda convocazione per il giorno mercoledì 26.7.2023, alle ore 10:00, presso la sala consiliare di Via Umberto I n. 40 – Sede Istituzionale, per trattare i seguenti argomenti:

  1. INTERROGAZIONI.
  2. APPROVAZIONE VERBALI SEDUTA PRECEDENTE.
  3. APPROVAZIONE REGOLAMENTO PER LA STIPULA E GESTIONE DEI PATTI DI GEMELLAGGIO, DI AMICIZIA E DI FRATELLANZA.
  4. BILANCIO DI PREVISIONE FINANZIARIO 2023/2025 – RATIFICA DELIBERAZIONE DI VARIAZIONE N. 253/2023 ADOTTATA DALLA GIUNTA COMUNALE.
  5. ASSESTAMENTO GENERALE DI BILANCIO E SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI ESERCIZIO FINANZIARIO 2023 AI SENSI DEGLI ARTT. 175, COMMA 8 E N. 193 DEL D.LGS. N. 267/2000 – VERIFICA STATO DI ATTUAZIONE DI PROGRAMMI.
  6. ESECUZIONE SENTENZA N. 372/2023 DELLA CORTE D’APPELLO DI LECCE, RESA NEL GIUDIZIO R.G. N. 319/2019 – RICONOSCIMENTO DELLA LEGITTIMITÀ DEL DEBITO PORTATO DALLA SENTENZA, AI SENSI DELL’ART. 194, COMMA 1, LETT. A) DEL D.LGS. N. 267/2000.
  7. REGOLAMENTO SULLA COLLABORAZIONE TRA CITTADINI E AMMINISTRAZIONE PER LA CURA, LA GESTIONE CONDIVISA E LA RIGENERAZIONE DEI beni COMUNI URBANI.

Il Presidente del Consiglio Comunale
Dott. Francesco Sabato

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Chiedono gli atti e le informazioni ambientali sul monitoraggio del cementificio Colacem di Galatina. Medici per l’ambiente Isde, Italia Nostra sezione Sud Salento, Noi Ambiente e beni Culturali, Coordinamento Civico ambiente e salute e Forum amici del territorio hanno infatti presentato - nei giorni scorsi - un’istanza  per ottenere i dati relativi all’anno di sperimentazione disposto dalla Provincia di Lecce, nell’ambito dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) rilasciata per dodici anni alla società.

Le associazioni e i comitati hanno inviato la richiesta non solo all’ente provinciale, ma anche ai carabinieri del Nucleo operativo ed ecologico di Puglia, all’Agenzia di prevenzione e protezione dell’ambiente della Regione, alla Asl di Lecce, al Comune di Galatina e infine alla Procura della Repubblica di Lecce. Il cementificio con sede a Galatina ha infatti ottenuto dalla Provincia, con una determina del dicembre del 2021, un’autorizzazione subordinata al rispetto di determinati parametri.

Valori che sarebbero stati monitorati da Arpa Puglia da lì a un anno, dunque fino al dicembre del 2022. Terminati i dodici mesi di questo monitoraggio, i firmatari dell’istanza pretendono all’accesso agli esiti delle verifiche sul rispetto delle prescrizioni imposte a Colacem.  Nello specifico sollecitano gli enti a fornire loro risposte a ognuna delle voci e agli interrogativi sollevati nel documento. Colacem ha superato la "prova" per poter proseguire con le attività? Questa la domanda che si sono posti ambientalisti, ricercatori e amministratori locali anche alla luce dei recenti sforamenti delle emissioni di polveri sottili rilevate da Arpa a gennaio 2022 e poi di quelle seguite nel mese di agosto.

 Valentina Murrieri
(fonte: lecceprima.it)

 
Di Antonio Mellone (del 20/04/2012 @ 08:00:01, in NohaBlog, linkato 3709 volte)

Per riprendere il discorso iniziato con l’articolo a mia firma dal titolo “Il candidato” apparso recentemente su questo sito, vi racconto un aneddoto realmente accaduto.

Qualche giorno addietro, m’incontra per caso a Noha un signore di mia conoscenza (non ne dirò ovviamente il nome) che dall’interno della sua macchina, abbassando il finestrino mi fa: “Allora ti stai cimentando!?”

Non ci voleva mica una laurea alla Bocconi per capire subito due cose: la prima, che alludesse ad una mia candidatura alle imminenti amministrative per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale di Galatina (a ridaje!) e la seconda, strettamente connessa alla prima, che avesse letto il mio succitato articolo (o che quanto meno avesse visto la vignetta satirica di Marcello a corredo di quell’articolo).

Insomma, si vedeva da mille miglia di distanza quanto il mio interlocutore giocasse in qualche modo a fare lo gnorri.

Dico subito che il suo tentativo di sfottò (?) fu stroncato da una mia battuta spontanea e fulminea che giocando con l’assonanza - e non con l’etimologia del gerundio che aveva utilizzato l’astante - fu la seguente: “Ormai lo dovresti sapere a memoria che sono contrario al cemento!”. E gli ribadivo anche che quell’Antonio Mellone, candidato, non era il sottoscritto (che invece è candido, vale a dire senza macchia di tessere partitiche).

E’ stata sufficiente questa risposta lapidaria per lasciare a bocca asciutta l’amico che in una manciata di nanosecondi se la svignava scomparendo dalla mia vista...

Avrei potuto aggiungere, se ne avessi avuto l’opportunità e il tempo (chiedo venia per il pleonasmo), che la democrazia può essere: a) rappresentativa; b) diretta; c) partecipativa, e che senza la compresenza di questi tre pilastri armoniosamente combinati tra loro vani sarebbero tutti gli sforzi per stabilire modelli di governo che prevedano la partecipazione dei cittadini. Da Wikipedia si legge che la democrazia rappresentativaè una forma di governo nella quale gli aventi diritto eleggono dei rappresentanti per essere governati”; nella democrazia diretta, invece,“i cittadini in quanto popolo sovrano non sono soltanto elettori che delegano il proprio potere politico ai rappresentanti ma sono anche legislatori e amministratori della cosa pubblica” (un esempio tipico di democrazia diretta è l’istituto del referendum). Infine c’è la democrazia partecipativa che “lavora per creare le condizioni per cui tutti i membri di un corpo politico possano portare contributi significativi ai processi di decisione”. 

Mi piacerebbe che fosse chiaro una buona volta che non si fa Politica soltanto se ci si candida alle elezioni, o se si stampa la propria faccia su di un manifesto con tanto di slogan pacchiano o su di un santino (per poi sparire dalla circolazione fino alla successiva tornata elettorale). La Politica vera (notare la maiuscola) si esprime in mille modi, tutti parimenti importanti e degni di rispetto.

Ci sono anche a Noha persone che non rinunciano all’impegno, alla passione civile, alla razionalità critica, alla partecipazione e non hanno intenzione di dimettersi né oggi né mai dalla cittadinanza attiva. C’è gente che non ha voglia di mollare, e che vuol fare Politica anche senza avere i posti d’onore nelle processioni solenni dietro la statua del santo di turno.

E fanno e sono Politica tutte quelle voci libere che sovente sono stecca nel coro belante del pensiero unico dominante.

Si è già dimostrato mille volte, anche qui da noi, che quando pezzi importanti della cosiddetta “società civile” trovano un canale per manifestare visibilmente il proprio malcontento, lorsignori-politici sono costretti a tenerne conto, anche se dispongono della più bulgara maggioranza politica, culturale o mediatica in seno ai consigli o ai parlamenti.

Davanti alla democrazia partecipativa e finalmente matura nulla è più ineluttabile, nemmeno di fronte ai luoghi comuni più strutturati, anzi più incarniti a mo’ di sacro totem nella nostra mente. Tutto si può dunque ridiscutere e nulla più può esserci imposto dall’alto.  

Per far questo va coltivato il terreno di coltura che è composto da tante cose: dalla rete di lotte diffuse, dalle iniziative individuali, dalle rivendicazioni locali, e - perché no - anche dalla satira corrosiva e graffiante (che fa irritare soprattutto chi ha la coda di paglia), dalla redazione di un giornalino libero (senza padroni e senza padrini, in cui possano esprimersi liberamente tutti), da un appello contro l’indecenza, dall’esercizio della critica e della solidarietà sul territorio e sul web, dal combinato disposto di questi e altri fattori. E siamo noi e la nostra inventiva civica a creare quotidianamente l’humus per questo terreno di coltura.

Avrei voluto dire al mio (ormai malcapitato) interlocutore tutte queste cose; invece gli ho risposto con una battuta delle mie.

Ma poi a pensarci bene, quel gioco di parole dette così a mo’ di celia, quasi a freddo, condensava in una sorta di sintesi epesegetica tutto il lavoro di democrazia partecipativa che da qualche lustro cerco di portare avanti, bene o male, insieme agli altri amici di questo blog. A questo servono gli articoli, i libri, gli interventi su questo sito, le trasmissioni televisive, i video di denuncia e mai di rinuncia, il nostro giornalino L’Osservatore Nohano (che, tranne per i ciechi e per i sordi, oggi è più vivo e attuale che mai), la raccolta di firme (a favore dei beni culturali, dell’acqua pubblica, della felicità bene comune, dell’aria pulita, della legalità, dei rifiuti zero, ecc.) e le svariate battaglie (contro il CDR, contro il fotovoltaico delinquente in mezzo alla campagna, contro il cemento, contro la mafia, contro la stupidità masochista che ci sta portando alla tomba…).

Questa è Politica; questa è democrazia. Forse molto più attiva di quella che si esercita stando assisi su di un seggio, o su di una poltrona, o su di una sdraio, o distesi su di un lettino (c’è chi trascorre la sua vita da addormentato) anche in seno ad un’assemblea di politici di professione.

Antonio Mellone  
 
Di Antonio Mellone (del 24/01/2014 @ 07:52:46, in NohaBlog, linkato 2568 volte)

Forse non si usa commentare o chiosare un’intervista gentilmente concessa da un sindaco, o forse semplicemente non fa parte del bon-ton del bravo giornalista scendiletto. Ma io ho sempre pensato (e detto) di non essere né l’uno né l’altro. Cioè né giornalista né scendiletto, ma un cittadino qualunque che crede sia giusto e pio dire la propria, cercando di non formulare mai giudizi sulle persone (come potrei trovare la pagliuzza nell’occhio dell’altro quando temo di avere una trave nel mio?), ma certamente non sospendendo pareri o opinioni in merito a certe esternazioni, decisioni o comportamenti, frutto di convinzioni bislacche (che sto cercando di combattere ormai da tanto tempo, non dandomi mai per vinto).

*

Sta di fatto che, incredibile ma vero, il 6 gennaio scorso ho avuto modo di intervistare in fretta e in furia il mio sindaco, il dott. Mimino Montagna, all’uscita dalla Masseria Colabaldi.

Incredibile non che lo abbia intervistato il sottoscritto, ma che al sindaco sia capitato di trovarsi nientedimeno che nei dintorni dell’acropoli di Noha, in visita pastorale al presepe vivente colà allestito; e proprio il giorno dell’epifania (mai lemma fu più appropriato di questo per l’occasione).

Ebbene sì, non poteva più farne a meno. Nel senso che gli è toccato di compiere lo sforzo natalizio di farsi vivo nella frazione “sennò i nohani chi li sente?”.

*

Dopo le visite canoniche al presepe da parte di ben quattro magi, Daniela Sindaco, Luigi Longo, Roberta Forte ed addirittura Daniela Vantaggiato (quest’ultima affetta da una malattia rara e contagiosa che non le permette di pronunciare l’ostico vocabolo Noha) - ambasciatori ai quali avevamo dato l’incarico di salutare per nostro conto il loro principale - ha voluto o forse dovuto fare la sua personale toccata e fuga alla manifestazione nohana anche Sua Eccellenza in persona.

E così il Montagna è apparso ai pastorelli di Noha come la Madonna doveva essere apparsa a quelli di Fatima.

Ma qui non è tanto della venuta a Noha di nostro signore (in minuscolo, per carità) che vogliamo discettare, o del fatto che abbia atteso l’ultimo giorno delle feste natalizie e di apertura del presepe vivente per far capolino tra le nohane vestigia (se avesse atteso un altro po’ avrebbe corso seriamente il rischio che il Bambinello ascendesse al cielo), quanto della miscela di parole proferite in quei quattro minuti di intervista al volo, già pubblicata su questo sito ormai un mesetto fa.

*

E qui devo impormi di tagliar corto (dunque cinque articoli sul tema posson bastare), ché ci sarebbe da disquisire su ogni periodo, ogni frase, ogni parola uscita dalla bocca del primo cittadino di Galatina, con il rischio di farne una voluminosa tesi di laurea da discutere in più ambiti accademici che vanno dall’Economia al Diritto, dalla Conservazione dei beni Culturali alle Lettere, senza tralasciare la Psicologia ed alcuni rami specialistici della Medicina.

Ma prima di dissertare del verbo sindacale, c’è da rilevare la fretta, l’impazienza quasi, la premura di correre verso la capitale (e te pareva!), per uno dei suoi tanti “impegni istituzionali”, come per esempio l’assegnazione dei premi in palio ai migliori presepi (non viventi) allestiti nel centro storico di Galatina. Non sia mai che qualcosa del genere capiti, dico a caso, a Collemeto o a Santa Barbara, o chessò io, a Noha. Nossignore.

E poi, per dire, Collemeto ha già il suo ricco premio, anzi proprio un bel pacco sotto l’albero (segato). Vale a dire un bel Mega-Porco commerciale nuovo di zecca e griffato Pantacom.

Ma cosa vogliono di più dalla vita questi borgatari delle frazioni?

[continua]

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 27/08/2015 @ 07:47:28, in NohaBlog, linkato 2143 volte)

Continuando nelle note a margine della bella recente enciclica di papa Francesco, intitolata “Laudato sì”, che, come detto altrove, in molti non toccheranno nemmeno con una canna (l’enciclica, s’intende, mica le nostre considerazioni: figurarsi), riprendiamo di buona lena con questo brano molto significativo: “La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata […] Su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale” (tratto dal punto 93, pag. 80 - 81, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015). E su questo ormai non ci piove più: ne abbiamo già parlato nella terza parte di questa recensione, invero un po’ lunga, che, viste alcune reazioni piccate, sembra stia dando l’orticaria a qualche cosiddetto politico e a qualche cosiddetto giornalista.

*

Ancora: “La cultura ecologica dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico […] La liberazione dal paradigma tecnocratico imperante avviene di fatto in alcune occasioni. Per esempio, quando comunità di piccoli produttori optano per sistemi di produzione meno inquinanti, sostenendo un modello di vita, di felicità e di convivialità non consumistico.” (punto 111, pag. 96 – 97, ibidem, la sottolineatura è nostra). Ma come ci piace ‘sto papa. Siamo convinti che anche su codesta cultura ecologica per cambiare, appunto, il volto di una comunità basterebbe che i parroci pro-loco e pro-tempore facessero proprie le parole del capo della loro chiesa, e non facessero orecchio da mercante (ovvero, in certi casi, i mercanti nel tempio) di fronte a certe istanze non più oltre differibili. Basterebbe davvero poco.

*

In molte zone si constata una concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi, dovuta alla progressiva scomparsa dei piccoli produttori, che, in conseguenza della perdita delle terre coltivate, si sono visti obbligati a ritirarsi dalla produzione diretta. I più fragili tra questi diventano lavoratori precari e molti salariati agricoli finiscono per migrare in miserabili insediamenti urbani. L’estendersi di queste coltivazioni [transgeniche, ndr.] distrugge la complessa trama di ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali. In diversi paesi si riscontra una tendenza allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione, e la dipendenza aggrava se si considera la produzione di semi sterili, che finirebbe per obbligare i contadini a comprarne dalle imprese produttrici. (punto 134, pag. 114 -115, ibidem). Forse il papa si riferisce alla multinazionale Monsanto, che di santo ha solo il nome.

Per favore, leggete anche questo pezzo: “C’è bisogno di un’attenzione costante, che porti a considerare tutti gli aspetti etici implicati. A tal fine occorre assicurare un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome. A volte non si mette sul tavolo l’informazione completa, ma la si seleziona secondo i propri interessi, siano essi politici, economici o ideologici. […] E’ necessario disporre di luoghi di dibattito in cui tutti quelli che in qualche modo si potrebbero vedere direttamente o indirettamente coinvolti (agricoltori, consumatori, autorità, scienziati, produttori di sementi, popolazioni vicine ai campi trattati e altri) possano esporre le loro problematiche o accedere ad un’informazione estesa e affidabile per adottare decisioni orientate al bene comune presente e futuro. (punto 135, pag. 115, ibidem, la sottolineatura è nostra).   

Come non essere d’accordo? Nel nostro piccolo abbiamo avuto modo di parlare anche di questo, denunciato quasi in solitudine, scritto articoli, stampato volantini, partecipato a manifestazioni, e, con “I dialoghi di Noha”, organizzato convegni, e raccolto firme, fatto controinformazione. Invero con diversi sognatori ma con pochissimi “fedeli” al seguito (alcuni pragmaticamente in tutt’altre faccende affaccendati).

Sarebbe bello, invece, avere a che fare con tanti sognatori resistenti piuttosto che con tanti, troppi resistenti al sogno. Ma siamo fiduciosi nel cambiamento, tanto che nutriamo la certezza del fatto che “un giorno questa terra sarà bellissima”. Ah dimenticavamo: i veri sognatori dormono poco o niente

“Insieme al patrimonio naturale, vi è un patrimonio storico, artistico e culturale, ugualmente minacciato. E’ parte dell’identità comune di un luogo e base per costruire una città abitabile. […] Bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale. Perciò l’ecologia richiede anche la cura delle ricchezze culturali dell’umanità nel loro significato più ampio. (punto 143, pag. 122, ibidem). Toh, guarda. E noi, con i nostri libri e con i nostri articoli, con le nostre battaglie di sensibilizzazione sul tema dei beni culturali, che pensavamo di essere affetti dal peccato mortale dell’archeologismo: quando si dice “corsi e ricorsi e storici”.

*

Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello di inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano. (tratto dal punto 153, pag. 129, ibidem). Pare scritto per Galatina (o per Noha), dove si vogliono costruire ancora parcheggi e circonvallazioni, e, ove fosse stato possibile, un po’ di rotonde in contrada Cascioni prima di inaugurare un bel Mega-porco commerciale.

Quanto a Noha, ne scrivemmo su questi stessi schermi. Si trattò dell’ennesimo articolo passato sottogamba, o appunto messo sotto i piedi, non preso in considerazione nemmeno di striscio (cfr. il nostro Piedibus, del 30/5/2012, pubblicato su questo stesso sito). Secondo voi, ora, i devoti di Noha daranno retta almeno un pochino al papa di Roma e lasceranno finalmente in garage la loro auto o continueranno nelle loro abitudini in saecula saeculorum? Mistero annoso.  

Nell’attesa che si compia la beata speranza, temiamo che, per indole e formazione, faranno finta di non aver sentito, e, come al solito, nelle feste comandate, riempiranno di lamiere su quattro ruote tutte le strade perimetrali dei luoghi di culto, trasformando i centri parrocchiali in novelli centri commerciali. In tutti i sensi. E così sia.

[continua]

Antonio Mellone

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 30/12/2015 @ 07:43:20, in Presepe Vivente, linkato 2750 volte)

Abbiamo visto sorgere la sua stella,
e siamo venuti per adorarlo (dal Vangelo di Matteo  2,2)

Carissimi organizzatori, figuranti, collaboratori tutti: grandi! grandi! grandi! Non ho altre parole per dirvelo.

Anche se non conosco tutti i vostri nomi e i vostri volti, vorrei salutarvi uno ad uno, vorrei guardarvi negli occhi e dirvi complimenti, e grazie.

E’ bello che ogni anno con la festa del Natale del Signore ci fate questa sorpresa, perché di sorpresa si tratta: ci regalate tante emozioni, non solo perché fate rivivere la nascita di Gesù, ma perché ci fate conoscere e gustare la bellezza, il fascino, il mistero dei beni culturali di Noha: prima la masseria Colabaldi, poi la Casa Rossa, ora questo luogo da magia del Castello Baronale.

Sono arrivato domenica sera che ormai faceva buio da Via Carlo Alberto dalla Chiesa e già quella gigantesca stella luminosa vista da lontano mi riportava alle pagine del Vangelo secondo Matteo: abbiamo visto la sua stella e siamo venuti … Quest’anno, con il clima meteo più mite, sono venuto più volentieri, ho passeggiato per quei viali che vi siete inventati, guardando le scene che animavano quel luogo e i visitatori che si stupivano ad ogni passo. Sì, stupore, deve essere questa la parola giusta del vostro, del nostro presepe vivente 2015.

Trovarsi davanti a quella torre ancora così bella, a quel ponte così armonioso, così dinamico e al contempo forte.  Quanti pensieri, quante emozioni. Ma sapete che Noha possiede beni così importanti?  E non da alcuni anni, non da un secolo, ma da ben otto secoli.

Il Castello era a pianta quadrangolare dotato di bastioni sui quattro angoli. Questa struttura fu il centro del potere feudale e certamente a quei tempi era una risposta valida per le esigenze difensive del paese, sia per la sua posizione strategica e sia per la costruzione della torre a ridosso del Castello che controllava la triplice entrata nel paese.

Nel 1700 il Castello, che ormai non era più di proprietà dei Baroni della famiglia De Noha, subì delle modifiche sostanziali, perché, riparato alla meglio, diventò una masseria. Ma diventando masseria, la torre e il ponte non furono demoliti. Il che significa che anche allora sembrarono beni importanti da conservare e da non distruggere.

Quando a Noha sorgevano questi monumenti, S. Francesco d’Assisi (l’inventore del presepio vivente) aveva da poco percorso l’Italia (1182-1226), Dante Alighieri (1265-1321) era appena vissuto, Giovanni Boccaccio (1313-1375) e Francesco Petrarca (1304-1374) erano appena diventati famosi, i padroni di Noha, i Baroni De Noha, avevano già preso possesso della loro baronia, della nostra cittadina.

Ho ammirato e mi sono stupito di tutto: delle scene animate dai personaggi, degli attrezzi antichi in mostra, delle creazioni che  vi siete inventate.

Ma non mi sono accontentato di quella visita. Già ho problemi di vista. Immaginate un po’ se mi accontentavo del buio, anche se nel buio il presepe vivente ha ancora più fascino. Ho preferito ritornare la mattina seguente, prima di ripartire per la mia sede, per godere ancora un po’ di quelle bellezze. Mi hanno imprestato una chiave e alle 8 del mattino sono rientrato, attrezzato anche per fare delle foto digitali.

Mi ha accolto una capretta che, o per la gioia di vedere qualcuno o forse per chiedere cibo, saltellava da una parte all’altra con capriole, che sembrava volessero dire: ci sono anch’io.

Sono ripassato a rivedere quel Ponte medioevale, l’ho percorso salendoci sopra: che incanto, che armonia di linee. Ho fotografato ancora quella Torre federiciana. Poi in basso, in quello che resta del passaggio per entrare nel sotterraneo della torre, mi sono fermato e ho rivisto “lu sciacudhhri” della sera precedente. Nella mia immaginazione, era ancora lì, buffo, burlesco, stravagante. Uno spasso. Proprio come nei “cunti” di una volta.

Se  non l’avete ancora visto, recatevi (o ritornate) nel presepe vivente di Noha nelle successive giornate di apertura: nella torre trecentesca c’è ancora lui, “lu sciacuddhri” che vi aspetta.

Ho continuato il mio giro turistico mattutino, completando il mio personale album fotografico, e poi sono ripartito, carico di entusiasmo, di gioia, di ammirazione per tanta bellezza per troppi anni tenuta nascosta, ed ora rinata grazie ad un gruppo di ragazzi straordinari che, ancora una volta, ha saputo dare dignità e valore alla nostra Storia di Noha.

P. Francesco D’Acquarica imc

 
Di Redazione (del 18/11/2022 @ 07:41:07, in NoiAmbiente, linkato 376 volte)

Anche quest'anno regaleremo degli alberi alla comunità. Sono sempre pochi, ma  buoni.

Se qualcuno/a  può venire è benvenuto/a. Come sempre. Siamo fiduciosi.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali
di Noha e Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 30/03/2012 @ 07:30:00, in NohaBlog, linkato 2904 volte)

Nel 1519, Raffello così scriveva al papa Leone X, che lo aveva incaricato di censire e disegnare le cadenti antichità di Roma: “Ma perché ci doleremo noi de’ Goti, Vandali e d’altri perfidi nemici, se quelli li quali come padri e tutori dovevano difendere queste povere reliquie di Roma, essi medesimi hanno lungamente atteso a distruggerle?

Queste parole vergate cinque secoli fa dal Sanzio sembrano non solo attuali, ma indirizzate proprio a noi altri, nohani del 2012.

Ho già detto altrove che Noha non è una città per turisti in fila con tanto di guida poliglotta (anche se – incredibile ma vero! – è capitato anche questo). Ma, come attestato ormai da schede storiche, libri, articoli, raccolta di firme e trasmissioni televisive, Noha presenta finalmente un patrimonio culturale di tutto rispetto. Purtroppo, accade sovente di ignorare i tesori a noi più vicini, forse perché nascosti in un angolo oscuro, in atteggiamento di umiltà o ritrosia; o perché su di essi non s’è mai fermata la superficiale attenzione degli uomini, che cercano lontano le cose belle, proprio perché non sospettano neppure che esse siano tanto vicine, in mezzo a noi.    

Fosse solo questo! A volte non ci contentiamo di snobbare i nostri beni culturali nostrani (e chi ne parla e ne scrive) ma con pervicace ostinazione finiamo per diventare noi altri i vandali (qualcuno direbbe vangàli) immemori della nostra stessa identità.    

A volte sono i proprietari stessi di questi beni che - con l’ebete consenso di qualche firma facile apposta in qualche ufficio comunale da qualche dirigente di bocca buona - non sapendo (e ormai non volendo) dare un valore all’oro che si ritrovano per le mani, permettono lo scempio diuturno che è fatto di dimenticanza, di miopi interessi, di caprino oltraggio, di oscurantismo, dunque, di mattoni e cemento senza se e senza ma, a ridosso di questi beni. E questa è storia contemporanea: solo chi gioca a mosca cieca anche da adulto non s’accorge di quello che sta accadendo ad uno dei beni culturali più singolari di Noha, e al povero giardino di aranci e zagare che lo circondava fino all’altro giorno. Io credo che una proprietà che permetta che il suo patrimonio sia devastato non è degna di possederlo: certi beni dovrebbero essere di chi se li merita!

Il patrimonio storico-artistico di Noha non ha un valore puramente speculativo e teorico, ma ha anche una “missione sociale”: quella di rendere l’ambiente nel quale viviamo più prezioso e civile. Se non salvaguarderemo il nostro patrimonio (che dovrebbe essere “comune”) saremo un territorio senza futuro. I beni culturali sono la nostra antimafia. Senza di essi la mafia (che purtroppo esiste eccome!) la farà da padrone, nei secoli dei secoli. Amen.

Un ultima chiosa.

Ho notato una sorta, come dire, di rancore, anzi di antipatia nei confronti sia dei beni culturali nohani e sia nei riguardi di chi ormai da anni combatte se non altro per evidenziarne il problema, da parte di alcuni commentatori che bazzicano su questo sito. Vorrei che fosse chiaro una buona volta che chi parla di casiceddhre, di frantoio ipogeo, di casa rossa, di torre medievale, ecc. ecc. non è contro o in competizione con le iniziative promosse da altri settori della nostra comunità. Ci mancherebbe altro.

I beni culturali nohani sono di tutti, e non soltanto di chi da qualche anno a questa parte sta rompendo i timpani e qualcosa d’altro per portarli all’ordine del giorno prima di tutto dei nohani e poi (se la specie dovesse ancora esistere: ma sembra in via di estinzione) dei politici.

Questi opinionisti per caso (che non sono di Noha, sicuramente non sono di Noha, e non possono essere di Noha) anziché coalizzarsi con noi altri (che siamo poco più che quattro gatti spelacchiati), se ne fa beffe con asserzioni, proposizioni ed espressioni tra il sarcastico e l’allocco, perpetuando di fatto una catena di vandalismo, diretto o indiretto, di cui non si intravede la fine.  

Non si capisce perché tanta animosità.

Boh? Mistero della fede.

Antonio Mellone
 

Tra le vecchie carte di don Donato Mellone, di venerata memoria, arciprete emerito di Noha, abbiamo rinvenuto una pergamena in ottimo stato con la quale il Papa Paolo VI (al secolo Giovanni Battista Montini, 1897 – 1978) di sua propria autorità, affida al quarantaduenne don Donato la parrocchia di San Michele Arcangelo in Noha, senza concorsi e senza esami, quando invece, a norma del Diritto Canonico, concorso ed esami erano a suo tempo richiesti.

Credo che sia bene rendere pubblico questo documento papale dando la spiegazione plausibile della decisione di Paolo VI che si è personalmente disturbato per la parrocchia del nostro paese.

*

Nei suoi venti e passa secoli di storia la chiesa cattolica si è sempre data delle norme per disciplinare i rapporti al suo interno e con i terzi. Nel complesso di queste norme troviamo anche dei canoni che regolano la nomina dei Parroci. L’ultima riforma in tempi recenti fu pubblicata il 25 gennaio 1983 dal Papa San Giovanni Paolo II.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2179, riprendendo il can. 515 del Codice del Diritto Canonico, afferma che la parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore.

Prima della riforma del 1983, il Sacerdote candidato alla parrocchia doveva “vincere” un concorso sostenendo (e superando) un esame davanti ad una commissione e, una volta eletto (dal Vescovo), era inamovibile. Solo in seguito a morte o a personale rinuncia, o anche per promozione ad un incarico superiore, il Vescovo poteva rimuovere il parroco dal proprio servizio pastorale.

Attualmente, invece, l’incarico di parroco viene conferito direttamente dal Vescovo diocesano senza concorsi e senza esami per una durata di nove anni, e perciò a tempo determinato. Allo scadere dei nove anni il Parroco deve essere disponibile all’avvicendamento, e il Vescovo potrebbe destinarlo a nuovo incarico.

Al momento dell’entrata in vigore del nuovo Codice di Diritto Canonico la Chiesa Italiana aveva adottato questa norma: i Parroci, nominati secondo le nuove norme (9 anni), devono essere disponibili all’avvicendamento che il Vescovo può chiedere. Invece, i Parroci nominati prima del 1983 potevano restare in carica vita natural durante, a meno che loro stessi non avessero chiesto le dimissioni.

 

Leggendo i registri parrocchiali della chiesa di Noha e scorrendo l’elenco degli arcipreti lungo i secoli, si vede che la parrocchia di S. Michele Arcangelo era molto ambita perché ricca di “benefici” o rendite. Dopo la riforma del Concordato tra il Governo Italiano e la Santa Sede del 1984 tutti i beni ecclesiastici (rendite e benefici) furono centralizzati a Roma dove fu creato l’“Istituto per il Sostentamento del Clero” affinché tutti i parroci, anche i più poveri, potessero avere un contributo per vivere. Così la chiesa di Noha è ritornata a livello comune.

Il nostro don Donato divenne parroco di Noha prima della riforma del 1983.

Fu dunque invitato a lasciare la parrocchia di S. Maria al Bagno (dove era parroco da una decina d’anni) per prendere possesso della parrocchia di Noha il primo ottobre del 1963, senza concorsi e senza esami, “direttamente o per il tramite di un procuratore, secondo la norma del Diritto Canonico”, in quanto “già esperto nella cura delle anime”.

A rigor di legge, una volta accettato l’incarico, don Donato poteva restare parroco a vita, ma al compiere dei suoi 75 anni preferì dare le dimissioni, secondo le nuove norme. Il Vescovo di Otranto, come noto, gli concesse una proroga biennale, giusto il tempo di inaugurare la nuova chiesa sussidiaria di Noha dedicata alla Madonna delle Grazie, per la quale don Donato aveva profuso tutte le sue energie.

*

Perché il Papa si è disturbato personalmente per la parrocchia di Noha? Il documento papale in questione dice: “[...] Su segnalazione del nostro fratello, il Vescovo di Nardò con l’autorità apostolica, senza concorso e senza esame, la conferiamo e la assegniamo a te”.

Possiamo accennare qui ad una situazione piuttosto delicata che si era venuta a creare al momento della morte dell’arciprete Mons. Paolo Tundo di venerata memoria. Il successore naturale sembrava a tutti che dovesse essere don Gerardo Rizzo, anch’egli di venerata memoria, suo nipote, che era anche il viceparroco dello zio.

Pare però che don Gerardo incontrasse qualche difficoltà nel superamento di questo concorso. Così, onde evitare ogni tipo di complicazioni, il Papa in persona, dopo un anno e tre mesi di “sede vacante”, richiesto dal Vescovo di Nardò pro-tempore,  Mons. Antonio Rosario Mennonna (1906 – 2008), che proponeva don Donato, diede direttamente il mandato di Parroco a quest’ultimo, senza concorsi e senza esami, data anche l’esperienza decennale maturata nella parrocchia di S. Maria al Bagno e S. Caterina di Nardò, contro ogni appello di coloro che avrebbero potuto vantare pretese diverse: Decernentes irritum et inane quidquid in contrarium attentatum fuerit vel contigerit attentari. Linguaggio latino ecclesiastico molto semplice e molto chiaro.

 
 P. Francesco D’Acquarica
 

Eccovi di seguito, anche a beneficio dei ricercatori e degli storiografi di domani, il testo del suddetto decreto su pergamena e la mia traduzione. Anche questo documento è da annoverare tra le pagine più importanti della Storia di Noha.

F. D’A.

 
 (testo originale in latino)
Paulus episcopus servus servorum Dei

dilecto Donato Mellone, Salvatoris filio, Rectori Parochialis Ecclesiae Sancti Michaelis Archangeli loci vulgo "Nohen" in diocesi Neritonensi, salutem et Apostolicam benedictionem. Cum Parochialis Ecclesia, "Archipresbiteratus" nuncupata, sub titulo Sancti Michaelis Archangeli loci vulgo "Nohen" in dioecesi Neritonensi, per obitum Pauli Tundo, bo. me. Joannis Papae Vigesimi Tertii, Decessoris Nostri, Cubicularii honoris extra Urbem, illius ultimi possessoris, mense iulio praeteriti anni Domini secutum, vacaverit et adhuc vacet ad praesens; Nos ad eiusdem Parochialis Ecclesiae provisionem procedere cupientes, illam, una cum suis iuribus et fructibus, tibi, presbytero e dicto loco oriundo bonis moribus praedito, duodequadragesimus aetatis annum agenti, in curae animarum exercitio versato atque a Venerabili fratre Nostro Episcopo neritonensi commendato, Apostolica auctoritate, absque concursu et absque examine, conferimus et assignamus. Aliam, vero, parochialem ecclesiam loci vulgo "s. Maria al Bagno" in suburbis civitatis neritonensis, quam tu modo obtines, ob solam praesentis gratiae concessionem vacare eo ipso volumus ita ut de illa per Nos et Sedem Apostolicam tantum disponi possit. Dilecto autem Ordinario neritonensi mandamus ut Ipse, per Se vel per Suum ad normam iuris delegatum, te vel procuratorem tuum in realem possessionem priusdictae Parochialis Ecclesiae atque adnexorum iurium et pertinentiarum inducat auctoritate Nostra, contradictores, quacumque appellatione postposita, compescendo. Decernentes irritum et inane quidquid in contrarium attentatum fuerit vel contigerit attentari. Contrariis quibuscumque minime obstantibus.

Datum Romae apud Sactum Petrum. Anno Domini millesimo nongentesimo sexagesimo tertio - Kalendis octobribus - Pontificatus Nostri anno primo.

Paulus card. Giobbe S.M.E. Datarius

Joseph Massimi adiutor a studiis

 

 
(traduzione in italiano)
Paolo, Vescovo servo dei servi di Dio
 

Al carissimo Donato Mellone, figlio di Salvatore, Rettore della chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo in località volgarmente detta “Noha”, in diocesi di Nardò, salute e apostolica benedizione.

Siccome la chiesa parrocchiale, detta Arcipretura, sotto il titolo di San Michele Arcangelo, in località volgarmente detta Noha, in diocesi di Nardò, per la morte di don Paolo Tundo, di venerata memoria, da Giovanni XXIII nostro predecessore nominato Cameriere d’Onore di Sua Santità fuori Roma, ultimo parroco, nel mese di luglio dell’anno scorso si era resa vacante e ancora è vacante, volendo noi provvedere alla medesima chiesa parrocchiale, con tutti i suoi diritti e benefici, a te sacerdote di buoni costumi, oriundo della stessa località, nell’anno 42° della tua età, già esperto nella cura delle anime ed indicato dal nostro fratello il Vescovo di Nardò, con l’Autorità Apostolica, senza concorso e senza esame, la conferiamo e la assegniamo. L’altra chiesa parrocchiale volgarmente detta di “S. Maria al Bagno” situata ai margini della città di Nardò, che solo tu servi, con la presente concessione tu la possa allo stesso modo lasciare, di modo che la Sede Apostolica possa disporre.

Al carissimo Ordinario di Nardò diamo mandato perché lui stesso o per suo delegato secondo la norma del diritto, tu o un tuo procuratore venga immesso nel reale possesso della predetta chiesa parrocchiale e dei diritti annessi e pertinenti, e per la nostra autorità convinca coloro che sono contrari, o che pretendono di fare ricorso. Dichiarando irrito e vano qualsiasi pretesa contraria o che tenterà di vantare. Nonostante qualsiasi cosa minimamente contraria.

Dato a Roma presso S. Pietro, nell’anno del Signore 1963, il primo di ottobre, anno primo del nostro Pontificato - 

Paolo Giobbe, Cardinale Datario.

Giuseppe Massimo suo aiutante nell’ufficio.

 

P.S.

Si ringrazia lo Studio Fotografico Pignatelli di Noha per la riproduzione delle foto d'archivio.

 

Il Comune di Galatina, attraverso un processo iniziato nel tempo e diversamente partecipato da alcune associazioni culturali ivi presenti, ha dato vita ad un percorso di valorizzazione, riqualificazione e salvaguardia dei beni materiali ed immateriali e dei luoghi presenti sia nel Centro antico della Città, sia sull’intero territorio, frazioni comprese. Galatina ha un profondo patrimonio storico culturale fatto di palazzi gentilizi, edifici storici  e di personaggi illustri, di tradizioni, di fenomeni antropologici (si pensi al fenomeno del tarantismo che viene attenzionato e riproposto durante i festeggiamenti dei Santi Pietro e Paolo dal 28 al 29 giugno), e di una ricca tradizione di riti e festeggiamenti religiosi (si pensi alla processione dell’Addolorata durante la Settimana Santa). Negli ultimi tre anni molto successo ha avuto la rievocazione di un Corteo Storico promosso dal locale Club Unesco per i Weekend Orsiniani, iniziativa che si coagula attorno alla figura di Maria d’Enghien e sulla Basilica di Santa Caterina.

Tra le peculiarità alimentari, possiamo ricordare le varie pasticcerie, che custodiscono alcune antiche ricette di dolci, di cui alcune anche con marchio registrato come nel caso della mafalda®, la produzione di vini, di farine e paste speciali, e di alcune produzioni agroalimentari di eccellenza quali la cicoria, la patata sieglinda, e prodotti tipici realizzati in occasione di festività (es. le “caddhe caddhe” che sono una pietanza antica, oggi quasi estinta, e sembra che si usasse solo nella città di Galatina la sera della vigilia di Natale, infatti se provi a chiedere ad un salentino non sa risponderti cosa siano). Galatina vanta la presenza di alcuni storici circoli letterari e di varie associazioni culturali, tra cui il Circolo  Athena, l’Università Popolare “Aldo Vallone”, il Club Unesco, ecc. Recentemente è nata una Rete di Associazioni a Presidio permanente per il Centro Antico, il cui acronimo è R.A.D.I.C.I. (Rete di  Associazioni a Difesa delle Identità Culturali  Insieme), il cui scopo è la tutela, salvaguardia, decoro, valorizzazione promozione, studio, ricerca e fruizione dei beni materiali e immateriali del Centro Antico di Galatina.

Attualmente la Città continua a sedurre molti visitatori stranieri, che spesso decidono poi di comprare qualche storico edificio da ristrutturare. Notevole è la presenza di inglesi e di americani, che hanno deciso di acquistare casa nella cittadina, ed in alcuni casi di trasferirsi a viverci. Molti anche coloro che dai paesi vicini, affascinati dalla bellezza dei luoghi, dall’impronta comunitaria richiamata dall’atmosfera del Borgo Antico, che hanno deciso di trasferirvisi. Nell’intento di declinare un nuovo modello di sviluppo turistico ed economico sostenibile, al fine di meglio valorizzare la rete di comunità sottesa tra arte e luoghi d’arte, di stimolare una rinascita e valorizzazione del Borgo Antico, per facilitare la fruizione dello stesso, questo Comune, dopo aver intrapreso un percorso sempre più convinto di pedonalizzazione e di limitazione al traffico della zona antica, intende attraverso questo piccolo educational tour, far conoscere all’esterno le tante potenzialità  che questa Città d’Arte offre, grazie alla presenza di giornalisti, blogger ed opinion leader, che saranno condotti in uno speciale percorso dalle guide abilitate della nostra Città.

 

Durante la giornata sono previsti tre speciali percorsi di visita gratuita per visitatori e turisti (uno la mattina e due il pomeriggio), oltre ad uno speciale programma di accoglienza per i due giornalisti invitati per l’occasione. Gli orari di ritrovo sono dettagliati nella locandina.  Il Tour organizzato prevede un itinerario che si snoda oltre che nell’interno della suggestiva e maestosa Basilica di Santa Caterina d’Alessandria ed il relativo Museo adiacente al Chiostro, anche tra vicoli e corti, ammirando palazzi, decori, epigrafi, stemmi, visitando il Museo Civico e la Biblioteca che custodisce preziosi incunaboli. Presso le botteghe, le pasticcerie, ed altri locali commerciali e di ristorazione sarà proposto il meglio di alcune specialità alimentari del luogo, dai dolci (si pensi al pasticciotto, all’africano, ai divini amori, alle maddalene, alla mafalda®, ai quaresimali, alle bocche di dama, ai mustacciuoli, ai cioccolatini, ecc.), al vino, ai prodotti da forno ed ad alcuni piatti e prodotti tipici.  Sarà possibile visitare alcune gallerie e la mostra Odissea Minima allestita presso L’Atelier di Marcello Toma al civico 17di Via Umberto I. Per l’occasione tutte le Botteghe del Centro saranno aperte fino a tarda sera, tra cui la storica pasticceria di Ascalone, nota in ogni dove per i suoi famosi pasticciotti.

 

PROGRAMMA

Inizio del programma ore 9:30, raduno in Piazzetta Orsini e/o Piazza San Pietro.

Mattina: due turni di visite. Il primo turno raduno ed accoglienza ore 9:30. Inizio percorso partendo dalla Basilica di Santa Caterina.

Pomeriggio: due turni di visite.  Il primo ritrovo ore 17:00, il secondo ritrovo ore 17:30. I percorsi sono misti e spaziano tra arte, curiosità e gusto.

Ore 19:30 “La patata di Galatina, occasione da cogliere per la promozione della nostra città”,  incontro tematico sulla specialità agroalimentare patata sieglinda, incontro moderato dal giornalista Bruno Conte. Relatori: Salvatore Manfreda, Presidente Associazione Produttori Patate di Galatina; Federico Manni, Export Manager Cooperativa Acli di Racale; Michele Bruno, Presidente di Puglia Expo; Ambra Mongiò imprenditrice agricola; saranno presenti anche i due candidati sindaco Marcello Amante e Giampiero de Pascalis.

Alle 21:00– Tavola Rotonda : “Gli itinerari dell’arte: il Centro Antico e la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria”. Saranno presenti il Commissario dott. Guido Aprea, il sub Commissario dott. Vincenzo Calignano, giornalisti e blogger, tra cui la dott.ssa Annamaria Demartini editore e dirett. Editoriale MondoPressing e la dott.ssa Susanna Crimelia giornalista di Ambiente Europa, alcuni esperti, tra cui lo storico dell’arte Giovanni Giangreco, il prof. Giancarlo Vallone, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Salento, il dott. Luigi Galante critico d’arte ed alcuni appassionati d’arte insieme ad esponenti di associazioni locali ed alla Rete associativa. Modera  l’incontro il prof. Maurizio Nocera. Dopo l’incontro culturale,  previsti alcuni momento di improvvisazione artistica e musicale.

NB: Controllare le locandine in allegato per orari, info, e nomi dei relatori di entrambi i convegni.

Per info contattare:                  Gianfranco Loreta 347 6413286

 
Di Antonio Mellone (del 17/01/2014 @ 07:24:05, in NohaBlog, linkato 2815 volte)

Non è che non me ne vada bene una: è che certe enormità non possono essere prese sotto gamba, o passare inosservate (almeno per un osservatore nohano che abbia i riflessi un po’ meno allentati di quelli di un bradipo).

Negli ultimi tempi a Noha s’è assistito ad un viavai di eventi religiosi di grande risonanza. E i primi “fedeli” a sentirne il richiamo sono stati – c’era da scommetterci – alcuni dei nostri politici, pronti a presenziare ed a sfilare impettiti, ed ove possibile con tanto di fascia tricolore (no, non è il nostro sindaco: questi si fa vedere solo accidentalmente, ed in campagna elettorale) immediatamente alle spalle delle teche contenenti le insigne reliquie dei santi di volta in volta ospitati e portati in processione (tanto che a volte si ha il dubbio su chi sia effettivamente la reliquia, ndr).

Ma il fatto da rilevare non è tanto il presenzialismo dei nostri cosiddetti amministratori. Anzi, in mancanza d’altro ci accontentiamo, come dire, anche delle loro apparizioni ad ogni dimissione di papa, o in subordine ad ogni transizione da Noha di sacre spoglie. Però almeno in quelle rare volte ci facciano la grazia (i politici, non i santi!) di non fare la figura dei pivelli che non hanno contezza nemmeno delle più elementari norme del galateo per aspiranti uomini (o donne) di Stato.

Mi riferisco a quelle immagini che, diciamo così, restano impresse per la loro potenza simbolica - ma che non sono il massimo dal punto di vista del bon ton istituzionale - come i baciamano a vescovi o padri conventuali o altri prelati in visita pastorale.

Sì, ci è toccato di assistere al deprimente spettacolo (anzi pacchianate vere e proprie) da parte di codesti principianti prostrati al bacio del venerabile anello al presule di turno. Sceneggiate che, a dirla tutta, sembrano più rappresentazioni degne di alcuni riti della sacra corona (che non è quella del rosario) che non atti di devozione sincera. Ma questa è un’altra storia.

Ora, che un fedele si chini o s’inginocchi a baciare più o meno fervidamente la mano al suo vescovo od al suo arciprete o a chiunque gli capiti a tiro, anche fuori dai cerimoniali dove questo sia previsto, ci sta pure. Ci mancherebbe altro: ognuno è libero di baciare le mani, i piedi ed i pavimenti di chi vuole, di cantare in coro Osanna, Exultet, e Te Deum a volontà in onore del proprio beniamino, anche al di là della liturgia e delle funzioni religiose. Ma che a dar segni di sudditanza (stavo per dire squilibrio, il che è uguale) siano i rappresentanti delle istituzioni, che per definizione dovrebbero rappresentare tutto il popolo e non solo una sua fetta, non è mica cosa buona e giusta nostro dovere e fonte di salvezza.

[continua]
Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 31/12/2015 @ 07:23:41, in don Donato Mellone, linkato 2075 volte)

Abbiamo di recente rinvenuto questa omelia di  don Donato Mellone, (1925 – 2015), fittamente dattiloscritta su tre facciate e mezza abbondanti di due fogli formato A4 incartapecoriti dal tempo di archiviazione in un vecchio quaderno a righe utilizzato quale brogliaccio di appunti per prediche. Il quaderno (e dunque anche questa omelia) risale con molta probabilità ai primi anni ’60 del secolo scorso, se non addirittura ancor prima. Si tratta di un discorso pronunciato nel corso di una messa solenne di capodanno di almeno mezzo secolo fa.

Si noterà quanto la mentalità e la visione delle cose sia cambiata. Sono le stesse istanze apostoliche che hanno cambiato rotta. Certe “priorità” o “urgenze” di catechesi, a cui allora si dava la precedenza assoluta, sono oggi diventate addirittura trascurabili; certi schemi pastorali sono considerati nell’epoca attuale non solo anacronistici, ma in certi casi addirittura ingenui e perfino risibili.

Tuttavia al di là di alcuni richiami ad una vita più costumata lontana “da certi ardori” e ovviamente “dai balli”, molte altre sollecitazioni e molti consigli da parte dell’antico parroco di Noha, per esempio sul giusto tempo da dedicare al lavoro o ad altre terrene preoccupazioni, sembrano quanto mai opportuni e attuali.

*

Cogliamo l’occasione, anche noi, per far giungere agli internauti di Noha.it il nostro fervido voto augurale per il 2016.

Albino Campa e Antonio Mellone

*

Buon anno!

Queste due parole riassumono i sentimenti che in questo giorno gli uomini si scambiano gli uni con gli altri.

Ma perché l’anno possa essere buono l’augurio scambievole è che Dio tenga lontano il male e doni a tutti un po’ di bene, un po’ di felicità, un po’ della sua pace.

L’alba del nuovo anno ci fa guardare con una tenerezza insolita a tutte quelle persone che ci circondano, che ci son legate dai vincoli di sangue o dall’amicizia. Quasi istintivamente ci stringiamo a loro e vorremmo che non venisse mai il giorno del distacco.

Questo l’augurio.

Ma quale può essere in questo giorno l’augurio del parroco ai suoi fedeli? Poiché dinanzi a me son presenti tutte le età rivolgo la mia parola augurale a ciascuna.

All’infanzia.

Sui bambini sono rivolti gli sguardi dei genitori. Non potrebbe essere diversamente, perché essi portano il loro nome, formano la poesia e la gioia della casa. I genitori sentono che senza di loro non sarebbero felici, che la loro vita è legata a quella dei figli con vincoli così stretti che se essi venissero a mancare, per loro la vita non avrebbe più un senso, diventerebbe inutile. L’augurio, dunque, è che essi possano crescere negli anni, ma ancor di più nella bontà e soprattutto in sapienza. Non dimentichiamo che i bambini sono delle piante molto delicate: hanno bisogno di molta vigilanza e molta cura. L’opera della Chiesa diventa sterile quando manca la collaborazione dei genitori. Purtroppo ho l’impressione che molti genitori si preoccupino più della salute fisica dei loro figli, che della loro formazione intellettuale e spirituale. E’ necessaria, invece, per l’avvenire una maggiore collaborazione tra il sacerdote educatore e i genitori. E i frutti si vedranno, e saranno abbondanti.

La gioventù.

E’ l’età più bella della vita, ma anche la più pericolosa. La gioventù è l’età in cui un sentimento nuovo, leggiadro, ma pericoloso, spunta nel cuore e, se non dominato, porta alla distruzione e alla rovina. E’ un’età privilegiata, la gioventù: con i suoi slanci, con i suoi entusiasmi, con le sue promesse, con i suoi ardori, traccia nella nostra vita, spesso monotona, una scia luminosa di bellezza e poesia.

Però è anche l’età più pericolosa.

Cari giovani che m’ascoltate, non abusate della vita esuberante che Dio vi ha donato. Non profanate nei vizi il vostro corpo, l’ardore, la forza, lo sviluppo che rallegra lo sguardo e apre alle migliori speranze. Custodite la fede che nutre gli entusiasmi più nobili, custodite la virtù che alla vostra età può sembrare difficile, ma non è impossibile. Dominate i sentimenti bizzarri del vostro cuore, frenate la smania oggi tanto diffusa di piacere, di comparire, di mettersi in mostra. Non siate assidui frequentatori dei balli, perché vi farebbero perdere la testa. Alle giovani raccomando che non si rendano schiave della moda scandalosa, con la quale perdono esse l’onestà cadendo nel peccato. Non dimenticatevi di Dio e dei doveri che ognuno di voi ha verso di Lui.

L’età adulta.

L’ardore nella conquista, l’accanimento nel lavoro, l’attaccamento agli affari sono le caratteristiche di questa età. Bisognerebbe invece richiamarla a pensieri più nobili, a pensieri più alti. Oh, uomini curvi sotto il peso enorme delle preoccupazioni materiali e familiari, fermatevi un po’ in questa vostra marcia affannosa, e mescolate un po’ di spirituale nella vostra vita laboriosa. Potrà anche aumentare la vostra ricchezza, ma potreste non raggiungere la felicità. Nei vostri affari non dovete dimenticare il grande unico affare che è la salvezza dell’anima vostra. Dovreste più spesso guardare in alto, pensare al fine per cui siete stati creati da Dio. Voi avete fondato una famiglia, volete ingrandirla, vi sacrificate per dare una posizione ai vostri figli: nulla di male. Ma non dimenticate che la forza, la salute, la fortuna, il benessere sono nelle mani di Dio. Dovete rendervi degni di questi beni con la vostra vita cristiana, con l’adempimento dei vostri doveri religiosi, tra i quali in primo luogo il precetto della messa festiva.

La vecchiaia.

Come si addice l’augurio di lunga vita a colui che ne è al termine? Nel suo viaggio lungo la vita il vecchio ha seminato fatiche, ambizioni, sogni, illusioni, e la natura, che tutto gli aveva dato, ora tutto gli va togliendo. L’età lo spinge ogni giorno di più verso l’abisso della morte. Nella grande foresta del mondo la scure del taglialegna colpisce talvolta i tronchi giovani, ma la fronte vacillante del vecchio ci avverte che è forse lui che cadrà per primo. Il vecchio reagisce, resiste con la sua energia, con la sua costituzione come la quercia dal tronco rugoso resiste all’uragano. Anche se ogni anno nuovo segna un avvicinamento verso la fine, sembra che il vecchio si aggrappi sempre più alla vita e alla terra.

Alla vecchiaia, i nostri auguri più cari e più rispettosi. Egli deve distaccarsi un po’ per volta da ciò che passa, da ciò che bisogna lasciare. Nel raccoglimento degli ultimi anni, l’anima è più disposta a sentire le verità eterne. Il vecchio, allora, ravvivi la sua fede. Se per disgrazia si fosse velata, torni a rischiarare il tramonto della vita. Sarebbe troppo triste avere il piede sull’orlo della tomba, senza la speranza, la certezza dell’immortalità e della risurrezione futura. Nella luce, la morte non è una fine ma un principio.

Una società aveva organizzato una grandiosa festa da ballo. Era stato affisso un manifesto: “Il ballo avrà inizio alle ore otto e non avrà fine”. Strana combinazione: dopo qualche ora veniva affisso un secondo manifesto, un contro-avviso: “Poiché è morta la moglie del capo-orchestra, il ballo è stato sospeso”. E così la grande serata da ballo che non doveva avere fine non ebbe neppure inizio.

Anche la nostra vita avrà una fine. Non sciupiamola, la nostra vita. Non comportiamoci come quel viandante che camminava lungo la riva del mare. Cammin facendo, ad un tratto, trovò un sacchetto pieno di pietre e senza pensarci, ad una ad una, le gettava nel mare. Prima di gettar via l’ultima pietra si accorse che erano vere pietre preziose. Quale non fu la sua sorpresa e il suo dolore.

I giorni della vita sono anche per noi delle vere e proprie pietre preziose. Non gettiamole via: non viviamoli inutilmente. Ma ogni giorno che passa sia per tutti una pietra preziosa, una sorgente di vita, e un altro gradino superato per raggiungere il cielo. Questo il mio augurio e la mia preghiera per il nuovo anno.

Sac. Donato Mellone

Immagine: scuola materna, primi anni ‘80 – Archivio fotografico Pignatelli - Noha

 
Di Antonio Mellone (del 26/01/2014 @ 07:12:34, in NohaBlog, linkato 2912 volte)

Che dire poi dei mestieri rappresentati nel presepe? Per il mio sindaco “alcuni mestieri sono del passato e quindi chiaramente non ritorneranno più”.

Ora, io mi chiedo se il mestiere del contadino, quello dell’allevatore, e poi ancora l’attività del pastore, ma anche quelle del ciabattino, del falegname, del maniscalco, dell’oste, del lavoratore della terracotta e/o della pietra leccese, del fruttivendolo, del fornaio, del pescivendolo, dell’impagliatore di sedie, e degli altri artigiani (tra l’altro quasi tutti raffigurati nel nohano presepe da chi nella sua vita quotidiana svolge tuttora, guarda un po’, proprio quel mestiere) siano arti e professioni morte e sepolte, o non invece il vero sistema nervoso della comunità di oggi e di domani.

Chissà se il mio sindaco ha mai sentito parlare di “Economia della prossimità”. Quella roba che, anche grazie alla crisi, è (ri)comparsa nel mondo del commercio e del retail con forme organizzate di nicchia come i Gas (Gruppi di acquisto solidale), gruppi di persone consapevoli, spesso coinquilini o vicini di casa, che si organizzano per ridurre la filiera distributiva, rivolgendosi direttamente agli agricoltori per l’acquisto di frutta, olio, vino, ortaggi e prodotti vari della terra e dell’allevamento (ma anche dell’artigianato).

Chissà se il mio sindaco pensa che la produzione e il consumo a chilometri zero, come le cicorie locali o come le patate novelle di Galatina (queste ultime pare abbiano ottenuto pure il marchio DOP), od anche di alcuni formaggi, come il pecorino del Salento, siano cose che “fanno parte del passato e quindi chiaramente non ritorneranno più” oppure se questo sia il famoso “futuro” su cui investire energie tentando un novello rinascimento economico.

E chissà come potrebbe essere la pastorizia dei giorni nostri o di domani, quella “garantita e studiata e collegata con i tempi, e con [l’utilizzo] della tecnologia moderna, come [del resto] l’agricoltura” (visto che come si evince anche dal montuoso pensiero “non è più come quella di cinquanta o cento anni fa”).

Chissà cosa avrà in mente il sindaco di Galatina. Forse una pastorizia, come dire, in grande, ma soprattutto senza pascoli, con delle pecore bioniche con antifurto satellitare incorporato, con ovini nati in laboratorio e da crescere in batteria, pompandoli magari a estrogeni e nutrendoli a erba sintetica; oppure un gregge seguito non più da un pastore ma da un robot, o magari, visto che oggi vanno tanto di moda, dai droni. Ma sì, rimoderniamoci.

E poi, visto che i pascoli sono ormai così anacronistici (ormai esistono solo nei musei o sulle terrazze di alcuni beni culturali di Noha, come la casa dell’orologio di piazza San Michele) l’unico modo di pensare alla pastorizia in chiave moderna potrebbe essere questo.

Ideona: potremmo pure brevettarlo e presentarlo all’Expo 2015 di Milano (che, tra l’altro, ha per tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”: un titolo presa-per-il-culo), magari con il seguente slogan coniato dal nostro primo cittadino in persona (ipse dixit): “l’agricoltura non va più fatta su piccoli appezzamenti ma attraverso un sistema di cooperative”. Si potrebbe poi comporre un bel sottofondo musicale, romantico anzichenò, anzi una canzone il cui ritornello potrebbe suonare così: “Mi ricordo campagne verdi”.

*

Ma le elucubrazioni sindacali non si fermano mica a questo. Imperterrito il sindaco ha continuato con una montagna di altre interessanti arguzie, tipo che “i servizi vanno spostati nei centri storici”, i quali “vanno salvaguardati, altrimenti rimangono una cattedrale nel deserto”.

I centri storici, cattedrale nel deserto? Non i centri commerciali?

Ma forse avrò capito male io. Anzi sicuramente.

O forse voleva dire che al centro storico bisogna fare un servizio così.

*

Ma sì, che stupido che sono, un bel centro commerciale nuovo di zecca, magari eretto dagli amichetti della Pantacom su ventisei ettari quadrati di campagna (o di pascolo) è matematico che possa incentivare l’agricoltura e la pastorizia e soprattutto il centro storico di Galatina.

Una logica di ferro, un ragionamento granitico, un pensiero solido. Come il cemento.

*

Bene. Ed ora osserviamo un minuto di coerenza.

[continua]
Antonio Mellone
 

 

Carissimi Fratelli e Sorelle,

ci ritroviamo come comunità a condividere la mensa della Parola di Dio come sosta che ci rinfranca in questo cammino in salita verso la Pasqua. Il Signore oggi vuole aiutarci a compiere un passaggio dal buio alla luce. E questi giorni di pandemia che provocano tristezza, paura e angoscia forse ci hanno portato a non vedere che buio intorno a noi. Allora ecco una lieta notizia di luce. Ascoltiamo il Vangelo:

Dal vangelo secondo Giovanni (9, 1-41)


In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo". Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe", che significa "Inviato". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: "Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma è uno che gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". Allora gli domandarono: "In che modo ti sono stati aperti gli occhi?". Egli rispose: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista". Gli dissero: "Dov'è costui?". Rispose: "Non lo so". Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri invece dicevano: "Come può un peccatore compiere segni di questo genere?". E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!". Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?". I genitori di lui risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé". Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età: chiedetelo a lui!". Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Quello rispose: "Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo". Allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". Lo insultarono e dissero: "Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu, credi nel Figlio dell'uomo?". Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". Ed egli disse: "Credo, Signore!". E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: "È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi". Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo ciechi anche noi?". Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane".

 

Meditiamo insieme il Vangelo che abbiamo ascoltato:

Torno a vedere

Ci sono momenti nella vita in cui sprofondiamo nella notte.

Non quella che si alterna al giorno, che può essere dolce e intensa.

Ma quella dello spirito, dell’anima, dell’inconscio. Uno stato in cui la tenebra contraddistingue le nostre scelte, il nostro percorso.

Una notte interiore che possiamo scoprire d’improvviso, come uno stato dell’essere in quel mestiere straordinario che è la vita o in cui possiamo entrare dopo un evento difficile, un lutto, un fallimento, un errore. A volte può essere anche l'ostinazione a voler vedere solo buio intorno a noi. Perché forse abbiamo deciso di fare da soli. Abbiamo deciso di abbandonare una prova, abbiamo voltato le spalle ad un progetto, abbiamo gettato la spugna tirandoci fuori. Il buio non si abbandona, si attraversa.

 

Quante notti nella vita, fanno parte di noi e se non le abitiamo non possiamo pretendere di vedere la luce. Oppure possiamo anche far finta di niente ed illuderci che vada tutto bene. In un mondo di tenebra ci si abitua presto all’assenza della luce. Questo tempo di quaresima coincide con la lotta al Covid-19 in cui siamo costretti a starci dentro e a restare anche chiusi in casa. Niente è per caso. Evidentemente tutto si presenta come un percorso di purificazione, di essenzialità, di rianimazione, di vivificazione.

 

Un cammino in cui ci prepariamo a riscoprire il nostro battesimo e che chiamiamo illuminazione. Siamo assetati e Cristo è l’acqua, domenica scorsa con la donna Samaritana abbiamo lasciato le nostre sicurezze, imparato a dissetarci da colui che è la vera acqua e con il suo amore pronti ad annunciarlo con la testimonianza dei segni.

 

Siamo ciechi e Cristo è la luce.

L’evangelista Giovanni tenta di descrivere in che cosa consista la conversione, l’accoglienza del Vangelo: in una reale illuminazione, come chi sta in una stanza buia da tutta una vita e d’improvviso, qualcuno spalanca le ante e lascia entrare la luce. La stanza è la stessa ma ora forme, colori, spazi hanno un significato diverso.

 

È l’esperienza che fa il cieco nato, mendicante, giudicato peccatore, lui o i suoi genitori, nella spietata logica dei suoi concittadini: ha peccato, perciò è così, e se non è stato lui, è colpa dei suoi genitori. Vedete come siamo pronti al giudizio, ecco la notte, ecco il buio, non riusciamo a vedere. Ed ecco il cieco. Un uomo abituato a convivere con le tenebre e col giudizio.

Come avviene anche a noi, sempre appesi alle parole degli altri, sempre attenti a comportarci come gli altri vorrebbero che ci comportassimo per meritarci attenzione e approvazione. Purtroppo anche fra cristiani.

 

È Gesù che, passando, vede l’uomo cieco. Perché, come per Davide, Dio non vede ciò che guardano gli uomini, egli vede il cuore. E inizia una liturgia di gesti semplici e primitivi, di dita, di saliva, che si pensava contenesse il soffio della vita, di acqua, segno del Battesimo che purifica.

L’illuminazione avviene per gradi, ma inizia sempre con un incontro.

L’uomo è cieco, ma Dio ci vede benissimo. E avviene il cambiamento. Inesorabile. Potente. Talmente forte che la gente non riconosce più quell’uomo. Quando diventiamo discepoli, inesorabilmente, non siamo più le persone di prima. Irriconoscibili. Anche a noi stessi.

 

Obiezioni

Invece di danzare per ciò che è accaduto i puri della Legge obiettano.

Non hanno emozioni, affetti. Si sono ritagliati il ruolo di difensori di Dio.

Senza che nessuno glielo abbia chiesto.

Investigano, interrogano, chiedono.

Gesù è un peccatore perché trasgredisce la Legge, quindi è impossibile che abbia guarito quell’uomo che, quindi, è un bugiardo.

 

Il loro schema tiene, ingabbiano Dio nelle loro logiche assurde. Come rischiamo di fare noi, quando non ammettiamo che Dio ha molta più fantasia di noi per guarire le persone, quando ci facciamo i custodi della Torà, la legge, sostituendoci a lui.

La lotta è dura, di mezzo c’è la più terribile delle armi di distruzione di massa: il senso di colpa.

È cieco, dev’essere colpa di qualcuno.

Se non lui i genitori, i quali, nutriti per decenni di sensi di colpa, impauriti ed intimoriti non difendono nemmeno il figlio. Anch’essi divorati dai sensi di colpa.

 

Dio è già oltre. E la Parola, ricordiamocelo, non perde tempo a scovare i colpevoli o a dare risposte alle nostre domande filosofiche sull’origine del male.

Non intenta un processo, attua una nuova Creazione.

 

Autonomia

Gesù, intanto è sparito.

Lascia crescere il cieco che ora vede bene ed è davvero un’altra persona.

Non la vittima rosicchiata dai sensi di colpa, ma un uomo nuovo.

Leggete, vi prego. Tratta alla pari i dottori della Legge, risponde a tono, li prende pure per i fondelli.

Loro che credono di sapere non sanno spiegare come possa un peccatore guarire un cieco.

 

Giovanni, penna raffinata, lancia il sasso: chi è veramente cieco fra questi?

Chi non ci vede o chi presume di vedere tutto benissimo?

Alla fine la buttano in rissa.

Ma il cieco è ormai libero. Ha tagliato i ponti con quel mondo. È roba vecchia. Lui ora è un illuminato.

 

Riecco Gesù

Ora il cieco guarito ha tutti gli elementi per capire.

Ora è libero. Ora vede. Ora non è più oppresso dal giudizio degli altri.

Peggio: dal giudizio dei devoti e dei pii.

Il Signore ci raggiunge sempre, prende l’iniziativa, ci insegue, si fa vicino.

Se solo lo desideriamo.

 

Ora torniamo a rileggere il vangelo, lasciamo che la mano di Gesù con la sua Parola si posi sui nostri occhi affinché tornino a vedere senza più giudicare e a riconoscere Gesù come Salvatore e Signore della nostra vita. Con Lui non possiamo aver paura, dubitare. Coraggio il Signore ci sta conducendo per mano.

Don Francesco Coluccia

 
Di Albino Campa (del 27/06/2012 @ 00:35:16, in I Beni Culturali, linkato 3276 volte)

L'iter per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico di Noha si sta concretizzando. A seguito della raccolta firme, promossa dal gruppo Mimì, nel settembre 2011 in occasione della festa patronale di s. Michele, sono stati 1500 cittadini a sottoscrivere la proposta di sottoporre a vincolo importantissimi monumenti della storia e dell'arte di Noha. Nel mese di aprile 2012 il soprintendente per i beni Architettonici e Paesaggistici delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, arch. Carmelo Di Fonzo, a seguito delle segnalazioni pervenute agli uffici competetenti, ha effettutato un sopralluogo a Noha coadiuvato dall'arch. Adriano Margiotta (che ha curato anche la schedatura) e Paola Rizzo, in rappresentanza dell'Osservatore Nohano.
In questi giorni è stata terminata la schedatura dei beni immobili che si vuole sottoporre a vincolo: la torre medievale, il castello, le casiceddhre, la masseria Colabaldi, il frantoio ipogeo, beni privati che rappresentano l'identità storica e culturale di questa comunità.
Noha, che oggi è frazione di Galatina, fino agli inizi del XIX secolo era un importante feudo che gravitava sotto la diocesi di Nardò, da qui passava la famosa via Regia di Puglia, un'arteria principale nel Regno delle Due Sicilie, per i traffici ed i commerci dei secoli scorsi.
Un ottimo lavoro di squadra che ha visto l'impegno di tanti per la salvaguardia e la tutela di questo straordinario patrimonio. Grazie naturalmente al gruppo Mimì, a tutti i componenti dell'Osservatore Nohano (tra cui ricordare Padre Francesco e Marcello D'Acquarica e Antonio Mellone), al circolo le Tre Torri, all'associazione commercianti di Noha, Daniela Sindaco, Angela Beccarisi.
beni preziosi e rari (come la torre del XII secolo e le casiceddhre) possono essere un ottimo strumento di crescita economica del territorio nonchè strumento di conoscenza e e coesione sociale.
Ci auguriamo che l'iter porti buoni frutti e che Noha veda riconosciuta l'immagine di un antico borgo con tutti gli aspetti positivi che ne conseguono.

Angela Beccarisi

 
Di Marcello D'Acquarica (del 19/12/2023 @ 00:34:04, in Comunicato Stampa, linkato 564 volte)

Il 19 di dicembre ricorre l’anniversario della morte di Michele D’Acquarica, classe 1886, “il Pittore di Noha”, fratello maggiore di mio padre, Ambrogio Antonio D’Acquarica, classe 1908.

Non sono qui soltanto a ricordare una persona a me cara perché di famiglia, diciamo che non si parla mai abbastanza di chi ha operato per il bene della comunità.

Inutile dirvi che stiamo macinando il tempo a velocità supersonica e gli eventi, i più terribili come mai nella storia, ci sovrastano la mente e il cuore, benché sulla “stampa” molti drammi vengano edulcorati, se non altro per distrarci un po’. Credo invece che qui sia giusto parlare di zio Michele perché è lui stesso “luogo” di bellezza, l’unica arma, la bellezza, da contrapporre alle devastazioni sociali e ambientali che ci macinano con metodo.

Michele D'Acquarica, mediante le sue opere d’arte, ha scelto di lasciarci un messaggio importante. Ci fa notare cioè che nella vita è necessaria sì la competizione, ma non per sovrastare l'altro, per togliergli qualcosa (a volte, ahimè, perfino l’esistenza), appropriarsene per puro egoismo, ma ci dice che è necessario competere in bellezza, partecipare con le proprie qualità e conoscenze alla costruzione di riferimenti positivi, sforzarsi d'essere un esempio che faccia migliorare “il luogo” di tutti, dove ognuno di noi, primi ed ultimi, anzi soprattutto gli ultimi, quelli che faticano e sono meno fortunati, possano avere a loro volta delle certezze, e quindi sentirsi parte fondamentale di una grande famiglia, come può esserlo una comunità che progredisce.

Prossimamente, come Associazione NoiAmbiente e beni Culturali, dedicheremo a Michele D’Acquarica una mostra temporanea, e insieme a testimoni molto vicini a lui vi racconteremo parte della sua vita, quella vissuta proprio qui, nelle vie e con la gente di Noha, da “zzoccatore” nelle cave di pietra a caporal maggiore nella grande Guerra, a poeta e pittore;  e grazie alle molteplici opere d’arte che ci ha lasciato, cercheremo di vedere con i suoi occhi nuovi paesaggi, volando attraverso i suoi affreschi, da un cielo a un altro, da un fiore a un santo, da un volto a un paesaggio: in poche parole, alla bellezza dell’arte.

Abbiamo voluto dedicare un po' del nostro tempo per ricordare Michele D’Acquarica, la sua Opera, e soprattutto l’educazione sentimentale impartitaci da un Uomo che era ed è ormai per sempre parte della nostra comunità che risponde al dolce nome di Noha.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 12/03/2020 @ 00:27:28, in NohaBlog, linkato 827 volte)
Nell'ambito del "Lockdown", vale a dire le misure di Isolamento emanate dal governo centrale nel tentativo di arginamento del contagio virale, il Sindaco di Galatina Marcello Amante ha disposto la sospensione temporanea del mercatino settimanale di Noha che tradizionalmente si tiene ogni lunedì in via Michelangelo. Le trasmissioni, ci si augura, riprenderanno il più presto possibile.
 
Nel rispetto del decreto del Presidente del Consiglio, rimangono aperte quasi tutte le altre attività commerciali di Noha, tipo quelle legate alla vendita di generi alimentari e di prima necessità (come botteghe e market), il fornaio/panetteria, le macellerie, la pescheria, ovviamente la farmacia, il tabaccaio/edicola, le agenzie di assicurazione, i due distributori di carburante, gli idraulici e gli altri artigiani, il negozio di elettrodomestici e materiali per l'illuminazione, la ferramenta, il piccolo negozio di profumeria e quello di prodotti per l'igiene personale e della casa, la lavanderia, il fotografo, negozi al dettaglio di articoli igienico-sanitari, i meccanici, gli artigiani e i servizi di Bancoposta e, non ultimo, (naturalmente), il servizio di pompe funebri.
 
Dovrebbe esser consentita anche la ristorazione con consegna a domicilio, sempre nel rispetto delle norme igienico-sanitarie previste. Sono garantite altresì le attività del settore agricolo, zootecnico e di trasformazione agro-alimentare "comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi" (vale a dire i due negozietti di beni/servizi connessi al settore primario).
 
Per quanto ovvio, tutti devono far rispettare la distanza di sicurezza, i protocolli a tutela dei lavoratori, gli altri accorgimenti, ma prima di tutto le regole del buon senso comunitario (valide anche al di fuori delle dichiarazioni di emergenza). 
 
La Regola Madre consiste nella limitazione degli spostamenti. Che poi, per l'economia locale, è una buona regola a prescindere. 
 
La Redazione
 
Di Redazione (del 26/05/2015 @ 00:24:14, in NohaBlog, linkato 2865 volte)
Lunedì 25 maggio 2015, presso l'Istituto Scolastico di via degli Astronauti, sono stati consegnati in dono agli alunni della scuola elementare e media di Noha oltre 200 volumi del "Noha - storia, arte e leggenda" di P. Francesco D'Acquarica e Antonio Mellone (che ne è anche il curatore). 
Alla dirigente scolastica, dott.ssa Elenora Longo è stato regalato un classico: "Il Mangialibri" di Michele Stursi, il primo romanzo ambientato a Noha. 

Eccovi di seguito la lettera di Antonio Mellone indirizzata ai ragazzi di Noha, e la fotogallery a cura di Federica Mellone (che si ringrazia per la collaborazione).

Noha.it

 

Cari Alunni delle Scuole di Noha,

è con vero piacere che vi offro in dono codesto “Noha – storia, arte, leggenda”, volume da me curato e scritto a quattro mani con padre Francesco D’Acquarica.

Questo libro, forse, non avrebbe mai visto la luce dieci anni orsono senza l’interessamento ed il contributo del compianto Michele Tarantino, la cui famiglia - nel suo ricordo - gioisce oggi insieme a me per questo omaggio.

Sì, cari ragazzi, è bello fare regali: direi anche che è molto più bello (e divertente) dare che ricevere, a condizione che si doni con letizia e senza tornaconti.

Vi prego allora di accettare questo volume, frutto di tanto lavoro e altrettanta passione da parte di padre Francesco, storico nohano, da oltre mezzo secolo alla continua ricerca dei segni della storia della nostra piccola patria, del sottoscritto osservatore di fatti di ieri e di oggi (e ove possibile anche di domani), dei maestri Pignatelli esperti nell’arte della fotografia, e di tanti altri che in un modo o nell’altro ci hanno aiutato nel lavoro di ricerca, redazione e pubblicazione di questo testo.

Prendete nelle vostre mani questo deposito di cronache, illustrazioni e reportage, sfogliatelo, leggetene una pagina e vedrete spuntare pensieri, storie e ricordi. Non frugate in questo libro come un cercatore dentro una miniera per estrarre una cosa sola, ma come uno che percorre un campo (o s’immerge in mare) per meravigliarsi del brulichio delle specie viventi.

Partendo da questa “bozza” son sicuro che scoprirete dell’altro, vi entusiasmerete nella ricerca (ma questo avviene con ogni libro), e in qualche modo anche a voi capiterà di scrivere nuove deliziose pagine di storia, arte e leggenda (e non solo nohane). Anche così potrete essere protagonisti di una comunità sempre più bella, accogliente, sana, colta, pulita e curata, solidale, responsabile, onesta e laboriosa, antica ma giovane d’animo, più attenta all’essere che all’avere, più interessata al noi che all’io, più impegnata nel pubblico che nel privato, premurosa dei suoi “spazi condominiali” e della natura che ancora la circonda; una comunità mai vinta e pronta a sperimentare la gioia della lotta per le grandi idee, propensa a valorizzare il suo capitale sociale e umano, e partigiana, sì, partigiana dei suoi beni culturali (il più importante dei quali non è l’antica torre medievale, non il frantoio ipogeo, non il castello, né la casa rossa, e nemmeno uno degli altari barocchi della chiesa madre: ma la Scuola, questa Scuola).

Cari ragazzi, il mondo non si cambia con le chiacchiere, ma con i sogni e le utopie. E io vi auguro di sognare molto. Ma sappiate che i veri sognatori dormono poco o niente.

Cordialmente Vostro.

Antonio Mellone

 

 

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Di Albino Campa (del 04/09/2011 @ 00:23:48, in I Beni Culturali, linkato 2564 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE

8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Albino Campa (del 13/07/2010 @ 00:21:55, in NohaBlog, linkato 5366 volte)

È stata la passerella dell' Italian-Style Marriage in Apulia il primo evento organizzato dalla Puglia all'Expo di Shanghai 2010, di cui la Regione sarà ospite del Padiglione italiano fino al 7 luglio.
Più di 40 abiti da sposa -realizzati in seta, pizzi, shantung e organza di eccellente qualità- hanno mostrato l'originalità e la creatività degli atelier italiani. La sfilata, che si è tenuta nella piazza ''Joy of Living'' del Padiglione italiano, ha presentato al pubblico gli abiti da sposa più eleganti e alla moda di questa stagione. Gli atelier protagonisti della sfilata, ripresa dalle principali tv cinesi, erano Azzurra Collezione, Bellantuono, Giovanna Sbiroli, Rossorame, Ninfe Collezioni Sposa, Anna Primiceri Spose e Gianni Calignano.
''Ci auguriamo che i visitatori dell'Expo colgano l'opportunità di conoscere in modo più approfondito la Puglia attraverso questa mostra regionale, che permetterà loro di scoprire maggiormente la cultura italiana'', ha dichiarato beniamino Quintieri, Commissario Generale del Governo per l'Expo di Shanghai 2010.
Per Quinteri "la Puglia incarna perfettamente il tema dell'Expo 'Better City Better Life'. È una terra dai paesaggi meravigliosi, dove le tradizioni antiche, la storia e la cultura convivono con le tecnologie più moderne e innovative in termini di attenzione all'ambiente, di sostenibilità ed energie rinnovabili. E' certamente una realtà che ha molto da offrire e siamo lieti che sia nostra ospite in questa sfida internazionale che è Expo 2010''.
La regione si è si presentata a Shanghai con un bagaglio ricco di creatività e innovazione, in settori che vanno dalla moda, al cinema e alle energie rinnovabili.
Oltre alla sfilata di abiti nuziali, nelle due settimane di permanenza a Shanghai la Regione ha in serbo un fitto programma di appuntamenti. Visitando il padiglione del nostro paese all'Expo, che ha già attratto oltre 2 milioni di persone, il presidente Nichi Vendola ha ufficialmente inaugurato lo spazio dedicato alla Regione, sottolineando come il padiglione "rispecchia al meglio l'Italia che lavora innova e crea, in una parola il Made in Italy che vince nel mondo, e si presenta in Cina nella sua veste migliore".

fonte http://whymoda.blogosfere.it

 

La notizia del sotto-titolo, apparsa di recente sui principali giornali on-line nostrani, www.noha.it compreso,  e che sorprende per il raro interesse dedicato alle “periferie”, ha del trionfalismo fuori luogo. Noha, infatti, non è per niente, quel che si suol dire, la prima donna delle pagine dei suddetti organi informatori, capita a volte, ma raramente. Il fatto che finalmente l’Amministrazione Comunale abbia deciso di restituire dignità e sicurezza agli immobili interessati dal finanziamento, è cosa minima in confronto allo spreco e al degrado che impera a Noha da decenni. Non per essere tra quelli che hanno continuamente da ridire su tutto, ma l’esercizio del tenere a mente le brutture nostrane non è per nulla faticoso, nemmeno per chi come il sottoscritto, ci vive poco,  né si può mai pensare di abituarsi al peggio dimenticandosi del meglio. Non è da noi. Ecco di seguito almeno cinque esempi:

  1. Quando si saprà che utile restituiranno ai cittadini, nohani e non,  il milione e trecentomila euro spesi per le vecchie scuole elementari inaugurate in pompa magna e poi richiuse?
  2. Quando e cosa ne sarà dei locali requisiti alla mafia di via Bellini angolo via Ippolito Nievo?
  3. Quanti secoli passeranno ancora prima di dare l’opportunità ai nohani di recarsi in bici o a piedi a Galatina percorrendo viale Dalla Chiesa, oppure via Aradeo per recarsi al cimitero (da vivi)?
  4. Quando Noha meriterà il rispetto urbanistico e funzionale dell’unica piazza e delle due vie di attraversamento principale?
  5. Quando privati cittadini smetteranno di infangare la storia di Noha requisendo o, peggio ancora, lasciando al degrado più totale, opere architettoniche e storiche come i beni Culturali di Noha? (A proposito di questi ultimi la Soprintendenza si è fatta viva, Deo gratias, ne parleremo al più presto)

E via così per tutto il resto, c’è spazio per un concorso a premi.
Comunque tengo a precisare che, fra le attività da farsi e elencate per la Scuola Elementare e Media di Via degli Astronauti, mancano cenni di ristrutturazione della cinta esterna, sia muraria che inferriata, il degrado assoluto è evidente.
Si dice inoltre nell’elenco, di voler recuperare a verde l’area pubblica in via degli Astronauti (formazione giardino scolastico), con realizzazione di staccionata in legno. Sarebbe opportuno evitare di spendere soldi per staccionate del tipo “giardini della Pace”, durate “da San Martino a Natale”con il perpetuo pericolo di chiodi arrugginiti a vista. A volte è meglio fare  niente che rischiare di produrre danni.

   
 

 

Marcello D’Acquarica

 
Di Michele Scalese (del 29/06/2021 @ 00:18:24, in Comunicato Stampa, linkato 799 volte)

Ci fa piacere come l’Assessore Tundo risponda celermente ai nostri comunicati, per questo non possiamo esimerci dal controbattere alle tante parole che purtroppo non trovano riscontro nei fatti.

Ci preme anzitutto chiarire che il Partito Democratico di Noha è composto da uomini e donne che fanno della politica un servizio. Il nostro è un Partito che, nell’attuale scenario politico galatinese, altro non può fare che essere attento e vicino ai bisogni e alle segnalazioni che, possiamo garantire, quotidianamente giungono al sottoscritto e ai tanti che ci seguono. Scegliamo ogni giorno di servire il territorio in cui abitiamo, e siamo partiti proprio da “quei tempi”, perché il Partito Democratico non ha bisogno di attendere la tornata elettorale per essere presente, in quanto per tutti questi anni abbiamo puntualmente denunciato ciò che non era idoneo a questa Città; però una domanda ci sorge spontanea: le liste che hanno sostenuto il candidato Sindaco Amante, in questi anni, dove sono state?

La nostra azione politica ad ora si trova a vantarsi dell’operato passato e pone un confronto con l’attuale azione amministrativa che purtroppo non regge. La conferma di ciò sta proprio nella nostra dialettica, che preferiremmo si chiamasse pragmatica che si sviluppa quotidianamente in seno a ciò che definiamo “processo di crescita e sviluppo” del nostro Circolo. Come dicevamo in altre occasioni, siamo un Circolo che ha come scopo non la mera opposizione campanilistica, ma l’attenzione nei confronti della nostra Noha attraverso lo sguardo dei giovani che, assieme al supporto dei veterani, ha a cuore ogni singolo suo cittadino. Possiamo garantire quindi, che né il sottoscritto, né il Circolo nel suo insieme, sente la necessità di offuscare la “credibilità” dell’attuale Amministrazione, poiché del resto, sappiamo brillare di luce propria!

E proprio perché abbiamo un obbligo morale nei confronti di chi ripone fiducia in noi, che non possiamo né vogliamo stare zitti, mentre assistiamo a questo scempio amministrativo. Abbiamo avuto modo di leggere ancora una volta soltanto folte schiere di autocelebrazioni, attraverso le quali trapela un leggero e quasi impercettibile senso di mancata responsabilità dell’attuale esecutivo. Rifacendoci al precedente comunicato, il PD di Noha conosce molto bene il fatto che l’Assessore sia stata scelta da Sig. Sindaco e che non sia stata candidata; le responsabilità nei confronti dei cittadini, quindi, non risiedono “soltanto” nella campagna elettorale, ma ci riferiamo più esplicitamente a quel pomeriggio di maggio 2018. Fu in quella occasione che furono asserite promesse a proposito dell’opera di valorizzazione dei beni culturali di Noha e di progetti di riqualificazione urbana. Sono passati tre anni da allora, cosa è cambiato? Cosa è successo? Da parte nostra abbiamo avuto modo di leggere solo elenchi poco chiari circa il contenuto e soprattutto privi anch’essi di fondamento, che dirottano il discorso su altri fronti e che ancora una volta non rispondono alle nostre domande! Il meccanismo dell’Orologio di Noha al momento si trova presso il Polo 2 nell’attesa di un progetto che lo restituisca funzionante alla comunità. Quanto occorre ancora attendere? This is the question!

Ci permettiamo inoltre di ritornare sul lungo elenco di ciò che secondo l’Assessore, la sua Amministrazione avrebbe compiuto: è bene che la cittadinanza sia messa a conoscenza del fatto che molte di quelle realizzazioni sono il frutto del lavoro progettuale, finanziario e giuridico proprio di quelle vecchie Amministrazioni PD che, con lungimiranza, per anni hanno dato lustro alla Città e alle frazioni. Dobbiamo poi rammentare all’Assessore che, se oggi quelle realizzazioni hanno avuto compimento, non è di certo per merito della sua Giunta, ereditiera di progetti andati in porto e strade in rettilineo (non ci permettiamo di asserire “in discesa” perché conosciamo bene la fatica che costa) spianate dalle passate Amministrazioni così tanto criticate dalla stessa. Uno degli esempi più evidenti è la rimozione della stazione di carburanti in P.zza Stazione, motivo di lustro indebito da parte di questa Giunta. Ci preme sottolineare infatti, come questa Amministrazione abbia riempito innumerevoli testate giornalistiche gettando fumo negli occhi dei cittadini al grido di “Noi abbiamo fatto!”, non considerando il fatto che lo scoop più importante non sia la rimozione della struttura esterna, ma sarebbe stato nel provvedere alla bonifica dei serbatoi interrati che contenevano il carburante oggi potenzialmente esplosivi e inquinanti. Il PD, ricordiamo ai signori amministratori, durante il suo mandato, oltre che alla rimozione dei condotti esterni di P.zza Alighieri, rimosse anche e soprattutto i serbatoi interrati, dove per la bonifica dell’area si rese necessaria l’attivazione di molte conferenze di servizi a livello regionale.

Ad ora non ci resta che l’amarezza di affermare ancora una volta che le varie promesse che si protraggono da anni sono solo in potenza e mai messe in atto, nel degrado di quattro anni di Amministrazione Amante. Oltre alle belle parole di gloria il Comune di Galatina consta di opere incompiute, conta la perdita di innumerevoli finanziamenti per le opere di riqualificazione urbana, culturale e sociale, ma soprattutto la deturpazione del territorio. Noi comprendiamo perfettamente la difficoltà nel governare una Città popolosa come la nostra (che col passar del tempo sta comunque perdendo abitanti, per cui sarebbe necessario studiarne le cause), su cui grava anche un rallentamento dei lavori dovuto al COVID, ma ciò non può giustificare il fatto che le nostre strade, i nostri cimiteri, le nostre piazze siano completamente ricoperte di erba fitta e alta. Nei Giardini Madonna delle Grazie (Noha) e in molte aree gioco del Comune, l’erba cresce così robusta che è i bambini si intravedono soltanto, i marciapiedi sono quasi impraticabili, il Campo Sportivo è nell’abbandono più totale. Servirebbero poche cose, cara Assessore, ma fatte bene, e al primo posto dovrebbe esserci la cura dei luoghi pubblici già esistenti, che permetterebbe quantomeno un minimo di decoro al nostro Comune.

 Michele Scalese

 
Di Antonio Mellone (del 20/05/2016 @ 00:15:35, in Libro di Noha, linkato 3125 volte)

Ricordo benissimo quell’attimo. Un’emozione indescrivibile, una fra le più belle della mia vita (e sì che ce ne sono state parecchie, grazie al cielo). E fu quello in cui la lama del taglierino fendeva il nastro adesivo col quale era sigillata la scatola di cartone contenente i libri. I miei libri.

*

Potevano essere le nove di una splendida mattinata di metà maggio. Erano appena arrivati da Milano i due ragazzi che per tutta la notte si erano alternati alla guida del furgone carico di non so più quanti scatoloni di pezzi di storia, arte e leggenda del mio paese. Si trattava di decine, che dico, centinaia di volumi di pagine rilegate e racchiuse con copertina in tela rosso fuoco, e sistemati in numero di dieci per ogni pacco.

Non so come, in pochi minuti arrivò anche il muletto di un compaesano per scaricare dal cassone dell’automezzo tutti quei colli (a Noha funziona così, non c’è manco il bisogno di chiedere le cose). Se avessimo dovuto usare mani e braccia, oltre alla fatica, avremmo impiegato tutta la mattinata, e forse anche un pezzo del pomeriggio.

Erano due estranei, quei corrieri, ma per la contentezza li invitai a pranzo a casa mia. E non volli sentir ragioni. Mangiarono con gusto le specialità salentine preparate da mia madre, e subito dopo il convivio, prima del loro rientro nella città meneghina, decisi di far loro il regalo del panorama, o meglio, dello spettacolo del nostro litorale.

Li accompagnai a Santa Maria al Bagno, offrii loro un affogato al caffè, mentre il mare ai nostri piedi sembrava il contenuto di uno scrigno immenso di zaffiri e smeraldi. Ho avuto sempre il dubbio che quella più che una gentilezza fosse uno sgarbo, anzi un dispetto (non voluto, per carità) nei loro confronti, costretti a ritornare di lì a poco sui loro passi, diretti alla volta del loro porto d’imbarco, quello delle nebbie.

Sembra ieri, ma son passati dieci anni esatti da allora. Il libro che mi si materializzò fra le mani, espulso da quell’utero a forma di scatola di cartone, era proprio come l’avevo immaginato io, voluto, desiderato. Quel formato, quelle pagine, i colori, l’immagine della sovra-copertina, le scritte, le fotografie, i caratteri, le didascalie, perfino il profumo: tutto come sognato, progettato, predisposto. 

E sì che non è stato per niente facile raggiungere questo risultato.

Certo, non ero alla mia prima esperienza quanto alla redazione di libri. Oltre a quello della mia tesi di laurea (il classico mattone dal titolo interminabile), nel 2003 avevo consegnato alle stampe un altro dei delicta iuventutis meae, il “Don Paolo” (frutto di una ricerca tra le carte, le foto e le cronache del tempo sul conto di un mio prozio arciprete e monsignore, scomparso un lustro prima del mio arrivo).

Ma questo terzo mio libro era tutt’altra cosa. Intanto era opera di due autori: il sottoscritto (che ne è stato anche il curatore) e quel grand’uomo, maestro e amico che risponde al nome di P. Francesco D’Acquarica, storico, ricercatore, scrittore, nonché - come il sottoscritto - affetto da un’incurabile mal d’amore per Noha. E si sa che un’opera a due mani costa sempre il doppio, non la metà della fatica.

*

Guardate che scrivere un libro è la cosa più semplice di questo mondo: il difficile è ciò che viene dopo. Nella stragrande maggioranza delle volte quel “difficile” diventa “impossibile”. Non fu così nel mio caso. Sulla mia strada incontrai dei facilitatori incredibili. Il primo fu quell’esaurito di mio cugino Matteo (è questione di geni), il quale m’introdusse al cospetto di un altro pazzo scatenato: Michele Tarantino, nohano trapiantato a Milano.

Il colloquio con Michele, nel corso dell’estate 2005, fu, come dire, surreale. Ancora oggi stento a crederci. Gli parlai del libro per sommi capi. Mi disse soltanto di sbrigarmi a finire l’opera. Lui avrebbe pensato a tutto il resto. “E’ così – mi venne di pensare - che la dimensione onirica delle cose diventa realtà concreta”.

C’è chi dice che Michele se ne sia andato nel mese di febbraio del 2012. Io non ci credo. Non può essere. Michele è ancora qui con noi. Sarà in giro da qualche parte, quel mattacchione. No, non gli permetterò mai di sparire dalla circolazione.

*

Dalla data di quel colloquio, il film da slow passò in fast motion.

Sbrigati a scrivere e a collegare il tutto, fai riprodurre le foto da quei santi martiri che sono Daniele, Michele e Rinaldo Pignatelli, chiedi una mano a Giuseppe Rizzo per le foto dall’alto (scattate poi da un Tucano, aereo ultraleggero levatosi in volo grazie ad Antonio Salamina. Sì, un tempo non c’erano i droni o le diavolerie di google), chiedi uno stradario di Noha al geometra Michele Maiorano, fai leggere le bozze al (compianto) prof. Zeffirino Rizzelli (che poi ne scrisse pure la prefazione), sentiti più volte con la stupenda Gabriella Zanobini Ravazzolo di Genova per l’impaginazione, ricevi e inviale per ogni paragrafo le relative pesantissime e lentissime mail, senza Adsl e con un pc del ciclo carolingio e bretone costantemente impallato), vai e vieni da Milano dall’Istituto Grafico Basile, dove il tomo doveva prender forma…  

E firma finalmente il menabò per l’imprimatur.     

*

Dopo l’arrivo del mio libro portatomi in dono dai due re magi di cui all’inizio di questo pezzo, trascorre giusto il tempo di una settimana, non di più, per la sua presentazione. Che a detta di molti fu un vero show, grazie al talent dei diversi ospiti-artisti intervenuti in quella sala convegni dell’Oratorio, gremita come non mai.

Per la cronaca, alla “prima”, furono venduti 115 volumi. Un record assoluto. Anche d’incassi, considerato oltretutto il costo non proprio popolare del tomo.

Ne seguirono delle altre, di presentazioni, dico: alla Festa dei Lettori nell’atrio del Castello di Noha riaperto per l’occasione, all’Università Popolare di Galatina, e poi presso le scuole, e addirittura al centro Polivalente-senza-cabina-elettrica.

*

Oggi, a distanza di dieci anni, posso dire che lo rifarei. Rifarei tutto. Dalla A alla Zeta. Dove c’è gusto c’è sempre guadagno. E poi credo che in fondo, e nonostante tutto, Noha, la sua storia, la sua arte e le sue leggende meritino questo e molto altro ancora.

Potrei parlarvi ora del sito dell’Albino (Noha.it), del nostro mensile (L’Osservatore Nohano), dei convegni (I dialoghi di Noha), eccetera. Ma ora conviene che mi fermi qua.

Solo su questo tema e per queste note, s’intende. Rischierei seriamente di scriverne un altro libro. Il mio sesto.

Antonio Mellone

 
Di Admin (del 23/06/2012 @ 00:13:54, in Un'altra chiesa, linkato 2824 volte)

(riflessioni a proposito del discusso libro di suor Margaret Farley, “Just love. A framework for Christian Sexual Ethics” – un libro “condannato” dal Vaticano)

Perché eretica? Che cosa ha scritto di tanto strano questa suora?
Ha detto cose che la maggior parte dei cristiani pensa, e vorrebbe che la Chiesa ci ripensasse e si aprisse liberandosi di quei tabù secolari che hanno pesato, come macigni, sulla vita morale individuale e di coppia dell’intero Popolo di Dio, superando quelle barriere che stanno producendo tuttora lacerazioni nel tessuto stesso dei rapporti ecclesiali.
Come si può ancora sostenere che la masturbazione, sia maschile che femminile, sia qualcosa di tanto peccaminoso? Un peccato, pensate un po’, che nel passato costringeva i fedeli a confessarsi frequentemente (e i preti costretti a subire la solita tiritera!), magari dimenticando altre virtù, ben più importanti, quali la giustizia, il perdono, la fratellanza. Si rubava, e si trovavano mille scuse per auto-giustificarsi; ci si masturbava, e allora ci si sentiva a disagio fino alla successiva confessione, la quale, oltre l’effetto-placebo della grazia sacramentaria, lasciava intatti gli istinti come prima. Per fortuna! La masturbazione non è affatto un peccato! Non dico che sia una virtù: ognuno del proprio sesso faccia quello che crede!
E poi è successo che si è messo sotto silenzio quel fenomeno “criminale” che si chiama pedofilia dei preti! Masturbazione = peccato maledetto, pedofilia quasi giustificata con un silenzio complice, così complice da lasciare il pedofilo indisturbato nella sua perversione.
Chiesa, come hai potuto fare questo? E come puoi ancora oggi insistere nel tuo diabolico comportamento di punire in coscienza uno che si masturba, e di tollerare uno che violenta il corpo di un bambino o di una bambina?
Non mi soffermo sugli omosessuali e sulle coppie gay. Oggi tutti ne parlano, forse in un modo troppo ossessivo. Si è detto quasi tutto. La Chiesa, più che non capire, non vuole pubblicamente riconoscere i loro diritti, nemmeno quelli civili. Prova ne è il fatto che esistono tanti preti omosessuali, ma che non lo dicono pubblicamente. Se uno fa outing, ovvero rivela pubblicamente di essere gay, allora l’autorità ecclesiastica interviene nel rimuoverlo dall’incarico, naturalmente imbrogliando un po’ le carte: si aggrappa a qualche frase un po’ fuori delle righe in campo dottrinale per dare peso al provvedimento disciplinare.
Ma il tema ancora più scottante è quello relativo ai divorziati risposati. Qui bisognerebbe chiarire subito: un conto dire divorziato che non si è risposato, e un conto dire divorziato che si è poi risposato, naturalmente in Comune. I primi possono benissimo partecipare ancora alla vita sacramentaria, tranne che talora la gente, che ha idee un po’ confuse, si fa giudice ancor peggio della gerarchia ufficiale! Il problema si pone con i divorziati che si risposano, e qui la Chiesa è tuttora rigida nell’escluderli dai sacramenti, anche se gioca molto bene, come ha fatto il Papa a Milano, nel parlare di una Chiesa accogliente, con le braccia aperte, nel dire loro che non sono abbandonati…
Ipocrisia! E la gente non capisce più nulla, tranne i giornalisti ignoranti che subito scrivono di “grande apertura” della Chiesa. Pensate un po’!
Sì, ho usato la parola ipocrisia. Non saprei trovare una parola peggiore. La Chiesa, nella sua gerarchia, non sa più che pesci prendere: sa che i divorziati risposati aumentano sempre più, sa che si sta creando una specie di scisma all’interno della Chiesa stessa, e gioca sulle parole, illudendo la massa di “scismatici” a restare nella Chiesa, ma ai margini, a guardare i “perfetti”, i “regolari”, le coppie fortunate, o tanto fortunate che, appena muore il coniuge divorziato subito l’altro dà un forte sospiro di sollievo: Adesso mi posso finalmente sposare di nuovo in Chiesa, e partecipare ai sacramenti come prima! Un altro colpo di fortuna consiste nel riuscire, con mille cavilli, ad annullare il precedente matrimonio!
Quando la Chiesa si libererà da queste ipocrisie, e cesserà di illudere la gente con parole aleatorie che vorrebbero dare un po’ di conforto a chi vorrebbe aggrapparsi talora a un po’ di grazia risanante di Cristo?
don Giorgio De Capitani

 
Di Albino Campa (del 08/07/2007 @ 00:12:54, in NohaBlog, linkato 3771 volte)

Eccovi di seguito l'articolo di Antonio Mellone apparso su -il Titano- di quest'anno (supplemento de 'il Galatino' n.12 del 27 giugno 2007) dal titolo: "Giuseppe Paglialunga di Noha, Pippi Caddhripulinu, Capilega". Si tratta di un saggio breve su un personaggio di Noha, Pippi Caddhripulinu, appunto, il quale, sebbene inquadrato in un ambiente delimitato con confini provinciali, ha comunque contribuito alla costruzione della micro-storia o storia locale. Che non è da considerarsi storia di serie B o di seconda classe, ma storia tout court

GIUSEPPE PAGLIALUNGA DI NOHA: PIPPI CADDHRIPULINU, CAPILEGA.

Queste brevi note vogliono essere l’omaggio alla memoria di una personaggio di Noha, Giuseppe Paglialunga, da tutti meglio conosciuto con il nome di Pippi Capilega o Caddhripulinu, una persona che, insieme a molte altre coraggiose coscienze, ha dimostrato che anche nell’Italia del Sud (ed addirittura a Noha!) fu alta la voce dell’antifascismo, causa efficiente della repubblica democratica del dopoguerra.
Pippi, che nasce a Noha il 5 giugno 1923 da una modesta famiglia di braccianti agricoli (i nonni erano oriundi di Gallipoli, da qui il soprannome), insieme ad altri eroi contribuisce con il suo pensiero e la sua lotta a rompere un sistema crudele e disumano: quello che schiacciava la dignità del povero servo della zolla, costretto alla produzione del “plusvalore” che l’opulento agrario di turno rapinava con zelo da sempre, protetto da leggi ingiuste, e da una concezione del pensiero basata sull’ignoranza e la rassegnazione.
E’ stato con persone ardimentose come Pippi che finalmente si giunge anche nel Mezzogiorno ad un punto di rottura, alla resa dei conti tra il feudalesimo e la modernità, e alla nascita di una nuova idea di società.
Contadino di semplici origini, come i genitori ed i fratelli, Pippi, “primula rossa” nohana, comunista convinto fino alla fine, viene nominato responsabile della “Camera del Lavoro” di Noha, ubicata in umili locali nella splendida piazzetta Trisciolo, un tempo lastricata con conci di pietra viva proveniente dalle cave di Soleto, all’ombra del signorile palazzo dell’arciprete Don Paolo Tundo, Monsignore, già podestà di Noha, imbevuto di idee fasciste (come molti; anche a fascismo crollato!), e con il quale, proprio a causa della divergenza di vedute, Pippi ha un rapporto dialettico vivace e a volte polemico.   
Una camera del lavoro sempre stracolma di gente, era quella di Noha, come un tempo erano anche le altre piazze della cittadina, brulicanti di persone in cerca della giornata lavorativa.
E piazzetta Trisciolo è il luogo tradizionale dei raduni popolari - dopo la caduta del fascismo s’intende – raduni che hanno come uditorio la plebe, ceto povero di mezzi, ma anche di istruzione ed educazione. In dialetto si parla anche in pubblico; si argomenta in maniera chiara e senza atteggiamenti demagogici, o menzogne ed ipocrisie; l’intransigenza diventa, prima che un dovere morale, una necessità di vita.
Pippi è capolega dei contadini, compagno di lotta e quasi coevo (solo tre anni di differenza d’età) di Isa Palumbo, la Isa, sindacalista e difensora delle tabacchine, ideologa - potremmo dire - del comunismo di Noha, inteso come voglia di riscatto del Salento e di tutto il Meridione [cfr. il nostro: Isa Palumbo. La pasionaria di Noha, in Il Titano, suppl. de il Galatino,  n. 12, 27 giugno 2005]
 
I contadini frequentavano la piazza di buon mattino, nell’attesa che il caporale (o il fattore) ingaggiasse la manodopera per il campo; uomini esposti come cavalli, scelti dal palafreniere di turno; come schiavi con la schiena curva dall’alba al tramonto.  Se eri più debole non lavoravi. Di diritti neanche a parlarne.
Solo i comunisti cercavano di far comprendere che la lotta (che si manifestava con l’arma pacifica dello sciopero) era l’unico strumento di liberazione, che non serviva solo ad un bracciante o ad un contadino ma avrebbe portato benessere a tutta la collettività. Eppure il comunista era quello “che mangiava i bambini”, schedato come “vagabondo abituale”, colui che “riceveva gli ordini direttamente da Mosca”, un “uomo senza Dio”… 
Ma il compagno Pippi un Dio ce l’aveva, e lo pregava anche. Ed era il Dio cristiano di giustizia, di amore, e di pace e libertà; il Dio degli ultimi, dei poveri, dei bisognosi, degli indifesi; il suo Signore era quello della chiesa delle origini: quella nella quale i fedeli vivevano la vera Comunione, allorché “mettevano in comune i loro beni e non v’era tra loro distinzione”. Non era un fariseo, ma, oseremmo dire, un teologo della liberazione. Non frequentava il tempio, ma voleva che moglie e figli fossero puntuali alle sacre funzioni. Addirittura ricordava loro i doveri religiosi e li richiamava anche, nel caso in cui fossero in ritardo.

*  * *

Pippi era l’esponente di una generazione che ha lottato ed ha pagato in prima persona il costo delle conquiste che ormai sono patrimonio acquisito (e a volte dato per scontato se non proprio dimenticato) da noi contemporanei. Un sognatore, potremmo dire: ma un sognatore con i piedi per terra: una persona che sognava un mondo migliore, un mondo da realizzare “su questa terra” nei limiti di ciò che era possibile.
Pippi era una persona pratica; non pensava ai grandi sistemi, ma all’urgente necessità del pane e dei diritti per tutti, per i quali era disposto anche a perdere la giornata lavorativa (e ne perse più d’una).
Così Pippi scrive lettere all’onorevole Pajetta e all’onorevole Galasso per far ottenere una pensione di sussistenza a chi la meritava ma non aveva santi in Paradiso.
Zi’ Monacu di Noha (un tempo ci si conosceva con uno sciame di soprannomi) per esempio fu uno di questi. Zi’ Monacu, anziano, invalido di guerra, senza parenti che gli potessero dare una mano, ottiene quanto sperato, e vuole anche “disobbligarsi” con Pippi. Che rifiuta il regalo e invita il poveretto a spendere per se stesso le ventimila lire che voleva donargli. 
Poi ancora lo vediamo impegnato contro gli agrari opulenti ed a favore alle donne, che di fatto erano più contadine dei contadini, nel riconoscimento del loro status di lavoratrici e non di casalinghe (come invece conveniva al padronato) senza diritti né contributi.
Ed infine lo si vede in prima fila nell’organizzazione degli scioperi.
Una di queste contestazioni, siamo nel 1947, si svolse con grande partecipazione di popolo. Di mira era stato preso l’aristocratico don Gino Vallone, e la sua casa gentilizia nel centro di Galatina.
L’urlio crescente, rimbalzava e rimbombava come un tuono; ogni buco del palazzotto ne rintronava: e di mezzo al vasto e confuso strepito, si sentivano forti e fitti colpi di pietre ed altri arnesi alla scala d’accesso dell’abitazione. La quale cede dopo non molto, sotto i colpi inferti dai furibondi in rivolta.
Il popolo esasperato (ma anche caricato dal tumulto), infine, si avventa quasi sull’intimidito don Gino, finalmente uscito allo scoperto, bianco come un panno lavato…
Per fortuna il capilega Pippi non era di quelli che per un riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per gusto del soqquadro, fanno di tutto per spingere le cose al peggio. Pippi era invece uno che cercava di ragionare, un po’ anche per un certo pio e spontaneo orrore del sangue e dei fatti atroci, tanto che lo stesso don Gino, per protezione viene abbracciato dallo stesso Pippi, e in fondo, anche grazie a questo gesto, protetto, salvato da ben più nefaste o addirittura ancor più rovinose e magari fatali conseguenze.
Ma Pippi, anche in seguito a questi eventi, è ormai segnalato, guardato a vista dalla polizia di Scelba, considerato come “socialmente pericoloso”, “turbolento”, “sobillatore”, “occupante di terre”. La sua modesta casetta (in affitto) viene perquisita di giorno e di notte. E finisce anche in arresto.   
Un punto fermo del suo pensiero, però va detto, rimane il rifiuto della violenza nelle lotte di massa e nell’azione del movimento sindacale, convinto come era che nel nuovo regime democratico ai lavoratori erano dati gli strumenti pacifici, come lo sciopero, per sviluppare le loro rivendicazioni e per allargare la loro influenza sugli altri ceti della popolazione italiana.

*  *  *

La vita di Pippi, che contava appena 58 primavere, fu stroncata da un’emorragia cerebrale il 23 febbraio 1981. Il malore lo colse nella sua piccola ma frequentata bottega di generi alimentari ubicata sempre a Noha nella storica via Trisciolo.
Un fascio di rose rosse fu composto dai suoi compagni di partito, che lo accompagnarono, insieme ad altra moltitudine al cimitero: quel luogo che per definizione è la più alta ed inesorabile forma di comunismo, per volenti o nolenti, ricchi e poveri.
Ecco: in queste righe abbiamo voluto ricordare la voce di un protagonista delle battaglie per l’emancipazione e l’affrancazione dall’oppressione. Ma questi appunti sono anche la dimostrazione di come quella voce possa essere soffocata dall’assenza di memoria se non si concorresse - come abbiamo cercato di fare, ci auguriamo alla men peggio – a dare un volto alla storia.
A noi piace ricordare Pippi, allorchè, in piazza San Michele, sull’uscio della sezione del Partito, conversava con i suoi amici nella sua solita postura, seduto a cavalcioni su di una sedia, con entrambi i gomiti appoggiati alla spalliera. In quella sezione gloriosa, dedicata al nome del grande Giuseppe Di Vittorio (Cerignola, 13 agosto 1892 – Lecco, 3 novembre 1957), che a tutti gli effetti era - oltre che omonimo - sindacalista e capilega come lui, il Nostro trascorreva il tempo libero.
Da quel luogo strategico, cuore di Noha, quando ti scorgeva da lontano, Pippi, ti salutava cordialmente con una mano, mentre sul suo volto si disegnava un timido sorriso…

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 15/06/2013 @ 00:12:37, in NohaBlog, linkato 2718 volte)

Nel pomeriggio inoltrato di mercoledì 12 giugno scorso, si è tenuto a Galatina il convegno dal titolo “C’è il creato da difendere”, promosso da svariate associazioni di promozione e tutela della salute, della cultura e della bellezza, cioè dell’intelligenza civica tout court.

Iniziato con i topici tre quarti d’ora di ritardo accademico (onde Galatina e dintorni sono noti ormai in tutto il mondo - e se talvolta un simposio dovesse iniziare con puntualità non staremmo più a Galatina), il dibattito è stato moderato dall’ottima Tiziana Colluto, giornalista whatchdog, cioè cane da guardia, come dovrebbe essere ogni giornalista, e non come qualche altro suo collega (si fa per dire) che fa sì il cane, ma leccante, scodinzolante e riportante la voce del padrone (infatti non mi pare che la Colluto scriva per il Quotidiano di Lecce), ed ha avuto quali relatori assisi al desco la vice-presidente della Regione Puglia, nonché assessore alla qualità del Territorio, arch. Angela Barbanente, ed il sindaco di Galatina, dott. Cosimo Montagna.

Ma alla tavola rotonda hanno partecipato molti esponenti di associazioni e comitati convenuti che dopo la prolusione (invero un po’ prolissa da parte dell’assessora) hanno preso la parola per denunciare, rivendicare, implorare, render noto, chiedere interventi (consistenti soprattutto nel non far danni) per questa Puglia, questo Salento, e questa povera Galatina, presentati nelle varie Bit come tanti paradisi terrestri, quando nella realtà sono stati trasformati in poco tempo in altrettanti purgatori, se non ancora in inferni, da fumi, diossina, cemento, asfalto, mafie, discariche, percolati, impianti fotovoltaici in mezzo ai campi, strade a quattro follie, circonvallazioni interne, querce e gelsi segati o in procinto di esserlo, laghetti oggetto di scempio ecologico,piani sregolatori, comparti denominati con coordinate da battaglia navale da colpire e affondare, villettopoli (incluse quelle a schiera), distruzione del paesaggio, megaporci (il concetto di “parco” è invece ben altra cosa: ci hanno pure espropriato il vocabolario), zone artigianali ed industriali ormai inutili, depuratori che non depurano, imminenti aree mercatali mattonate in cima a via Liguria...

Peccato che a codesta tavola che più che rotonda m’è sembrata sghemba - non solo per l’asimmetria degli interventi, ma anche per il fatto che i relatori non assisi in cattedra, al fine di prendere la parola, tra gradini, pedane e microfoni, han dovuto fare i contorsionismi – non ci sia stato il tempo per far conferire tutti i prenotati con il dovuto rispetto.

Infatti l’una (l’assessora) si è dilungata oltremodo a descrivere un piano fantastico che sembrava scritto, come ha ben detto l’Anita Rossetti, per una regione diversa dalla nostra (“Assessore, ma lei dove vive?”), per un piccolo mondo antico, forse nemmeno italiano (ovvero un piano paesaggistico applicato nella nostra Puglia, ma al contrario o con un meno davanti); l’altro, il sindaco, che per un impegno credo “istituzionale”, come si dice in questi casi, aveva l’urgenza di chiudere l’incontro in un ragionevole intorno destro delle venti. Poi uno si chiede: ma se uno partecipa in qualità di relatore ad un convegno importante come questo, non sarebbe appena il caso di evitare altri impegni?

Ma tant’è. Chissà che fine ha fatto il bon ton istituzionale di una volta.

Ma il fatto non è tanto o solo questo.

E’ che m’è sembrato di vedere il mio sindaco - con l’immancabile codazzo di qualche assessore di complemento - mantenere un contegno asettico, istituzionale (appunto), neutro, quasi impassibile, a tratti impenetrabile. Quasi prigioniero del suo ruolo, il primo cittadino, sembrava non riuscire – né si è sforzato punto – a capire quello che stava succedendo intorno a sé, in quella sala.

E quando è intervenuto non mi è sembrato capace di dire nemmeno una parola fuori dal protocollo; ha recitato pedissequamente la solita solfa e con l’arcinoto ma stucchevole linguaggio (“volano” e “ricadute”) ha ribadito in una sorta di excusatio non petita (tutt’altro che sentita) che il “Mega-parco è un progetto politico che parte da lontano, da altre amministrazioni” e che dunque l’attuale, trovandosi quasi alla fine del percorso, non poteva fare più di tanto (infatti, l’ha considerato “di interesse pubblico” dandone definitivamente l’imprimatur).

Peccato, davvero un bel peccato, aver dovuto sentire dal tutore della salute pubblica comunale quelle risposte che avevano in quell’aula la stessa attinenza che hanno i cavoli a merenda.

Un altro appuntamento con la storia mancato, un’altra occasione perduta per il mio sindaco, per la sua amministrazione, per la maggioranza, e per la minoranza della maggioranza (rappresentata da qualche consigliere comunale, che, memore di antiche battaglie, avrebbe il diritto-dovere di ottenere francamente un po’ di più dalle scelte politiche, evitando - per favore - il manzoniano e democristiano “sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire” adottato per il quieto vivere).

*   *   *

Ma come, caro Sindaco, ti dicono che l’incidenza dei tumori a Galatina è altissima, addirittura tra le più alte del Salento, e tu anziché proferire probabilmente per la prima volta in vita tua e ad altissima voce un liberatorio e salutare STOP AL CONSUMO DEL TERRITORIO, che significherebbe un “basta” una volta per tutte allo scempio che ci circonda ed alle cause dei mali che tutti gli studi clinici elencano, dapprima ti arrampichi sugli specchi in politichese puro, e poi in una sorta di cupio dissolvi (cioè “a casa bruciata metti fuoco”) rivendichi la circonvallazione interna, e, non contento, dici e certifichi pure che il Mega-parco in contrada Cascioni è “di interesse pubblico”? Ed aggiungi a mo’ di ciliegina sulla torta, quasi a giustificazione non richiesta, che noi (popolino) non immaginiamo nemmeno quanta gente disperata ogni giorno viene a bussare alla tua porta in cerca di occupazione?

Non sia mai che tu dica a questa povera gente che i posti di lavoro in questo centro commerciale sono una boiata pazzesca. No, assolutamente no: con il tuo atteggiamento attendista, accomodante, possibilista su questa robaccia continui anche tu ad illudere le persone con questa storia delle “ricadute” (mantra buono per ogni occasione e soprattutto per gli allocchi) e non spieghi invece che nessun galatinese guadagnerà nemmeno un fico secco (e come potrebbe più) dalla scomparsa di Contrada Cascioni.

*   *   *

Poi, costernato, prima di andartene dal convegno, ti guardi attorno e vedi che ci sono molti esponenti di associazioni provenienti da ogni dove, finanche da Taranto, Brindisi ed oltre, e cerchi (invano) il volto di qualche galatinese.

Tranne il solito pugno di amici attivisti, il cui numero non scomoda nemmeno le dita di una mano, capisci, un po’ sconsolato, che i concittadini di Galatina sono quasi del tutto assenti.

Vorresti immaginarli tutti in bicicletta per le strade del centro o in campagna, ma non ti riesce proprio in questa città bici-free (altro che Ogm-free appiccicata sulla cartellonistica). E temi che si saranno andati a cacciare in qualche centro commerciale, magari in quello di Surbo in attesa di quello nuovo di zecca da inaugurare e aspergere con acqua benedetta in Contrada Cascioni, ad un fischio da Collemeto.

Non c’è niente da fare: quando a Galatina parli di creato da difendere, i galatinesi capiscono reato da cui difendersi. E subito mettono mano alla pistola. Per puntarsela alla tempia.       

Antonio Mellone
 

P.S. Io preferisco il pittore(sco) e un po’ confusionario Tonino Baldari, la sua passione e la sua intransigenza nella lotta per la bellezza e la salute, rispetto ai perbenisti di facciata, sedicenti “moderati” in tiro, sprezzanti e sogghignanti come tante iene ridens.

 
Di Albino Campa (del 19/11/2011 @ 00:07:16, in I Beni Culturali, linkato 2510 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
icon5. ARCHITETTURA MILITARE
icon6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE

8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Redazione (del 14/09/2023 @ 00:01:55, in NohaBlog, linkato 1178 volte)

All’improvviso, quasi come un fulmine a ciel sereno, la parete dello stabile dell’anagrafe in via Calvario, a due passi dalla chiesa madre di san Michele Arcangelo, è diventata la tela di un quadro astratto (astratto nel senso etimologico del termine).

A volte ci chiediamo se la città di Galatina abbia toccato il fondo della famigerata "cultura" su cui fondava la sua storia o se siamo noi a non essere più al passo con i tempi.

Davvero sono troppe le ombre che oscurano quel glorioso passato sancito dalle vite di numerosi personaggi illustri che hanno portato Galatina agli onori della Storia e dell'Arte, le quali resistono ancor oggi nelle piazze, nei palazzi e nelle sue chiese.

Sono talmente tante, le ombre, che rischiano di sovrapporsi alla bellezza in maniera così prepotente da farti venire il dubbio che sia forse questa la normalità. 

Non entriamo nel merito dei problemi economici, e quante migliaia di euro i cittadini di Galatina e frazioni pagheranno per il disegno murale (impropriamente detto affresco, attesa una tecnica affatto diversa da quel metodo): murale del tutto inaspettato, una sorpresa (invero tra le più sconcertanti) che sta per essere "scoperta" sul muro degli uffici dell’anagrafe comunale che s’affaccia su via Calvario, in pieno centro storico.

Non entriamo nemmeno nel merito della questione urbanistica, e l'attuale non è certamente degna di una città d'Arte & Cultura, compresa la iattura dello "zero" in tema di polmoni di verde cittadino, senza parlare poi di quell'infausto primato che molti enti della salute pubblica stanno da tempo denunciando, Asl in primis. E speriamo davvero che quei problemi che vedono Galatina purtroppo ai primi posti, diventino quanto prima prioritari su tutto il resto, e soprattutto sul banale pensiero che sia sufficiente "affrescare" dei muri per uscire dal degrado.

Ora il buon senso dice che se una comunità come Noha ha resistito quasi due millenni seppur contro la più ostinata ignavia di tante distratte amministrazioni, mantenendo la sua identità in storia e tradizioni e superando ambigui tentativi di annullamento di tale identità, vuol dire che  Noha - e si direbbe anche i nohani, non vuole che la sua immagine venga rimossa, o peggio sostituita a pie' pari da un evidente falso storico.

Noha è per i nohani e per il Salento la "Città dei cavalli".

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Noha è per la storia la Baronia dei De Noha, secondo lo storico Jacopo Antonio Ferrari, dal 1192.

Immagine che contiene testo, schermataDescrizione generata automaticamente

Noha ha uno stemma civico complesso, bellissimo, ricco di storia e significati.

Immagine che contiene Artefatto, arte, IntaglioDescrizione generata automaticamente

Noha è stata per secoli la roccaforte della valle dell'Asso grazie alle sue tre torri, che resistono ancora nonostante l'arroganza che vorrebbe coprirle con dei falsi stereotipi, come quella ragnatela che forse Galatina non riesce a tessere diversamente. 

Immagine che contiene Storia, arte, Intaglio, edificioDescrizione generata automaticamente

Apprezziamo l'idea delle integrazioni culturali, anche quella dei gemellaggi fra comunità, perché sono azioni che tendono a unire ciò che è separato.

Ma che cosa ha di separato Noha da Galatina a tal punto da portarci i santi Pietro e Paolo, che in un certo senso i nohani fin dalla nascita li sentono già come propri. 

Noha, e lo sanno pure le pietre, ha già i suoi Santi protettori e proprio in questo mese sono nel cuore e negli occhi dei nohani.

 

Quindi ben vengano gli “affreschi”, ma per favore lasciamo i santi e le ragnatele al loro posto, proviamo tutti a rispettare il Genius Loci di ogni comunità, mentre le Autorità provino a sbrogliare quell’altra matassa di problemi certamente più gravi e urgenti.

Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturai di Noha e Galatina

 

L'Associazione Amici del Presepe di Noha è lieta di comunicare questa decisione presa all'unanimità, al fine di concedere una giornata supplementare di bellezza, arte, storia, cultura, gusto, spiritualità presso uno dei più interessanti beni culturali di Noha.

L'apertura straordinaria dell'antico portale della Masseria Colabaldi permetterà il recupero delle visite della serata di domenica 5 gennaio sospese per pioggia.

Benvenuti a Noha ospiti di ogni dove.

 
Di Albino Campa (del 18/05/2012 @ 00:00:50, in Cultura, linkato 3530 volte)

Notizie curiose

Il Venerdì Santo il funerale veniva cantato con voce sommessa...
* 1737 - accompagnato in questa chiesa parochiale submissa voce per venerdì santo ad hore 24 in circa e poi fu sepolto il suo corpicciolo alla sepoltura de' fanciulli privatamente,

Anche il seguente documento è del 1700. E’ poco chiaro nell’esposizione ma c’è quanto basta per divertirsi.
* … fu battezzato da me sottoscritto nella mia chiesa parrocchiale sub condizione per aver assunto l'acqua dall'ostetrice per esser nato con pericolo quand'ella afferma,  ma perché non ... troppo vicino vedere  perire, e di conseguenza non posso capire  come abbi fatto, con tutto ad dire ... avanti di me, onde per l'ho battezzato come di sopra.
I puntini di sospensione stanno ad indicare che nell’originale il documento non è per nulla chiaro.

* 1741 - havendo havuto l'acqua dalla femina assistente e da me infro sustituto battezzato sub condizione ...
* A 4 Maggio 1746 - Pasquale Paglialonga marito di Teresa Scollato si annegò nel mare di Gallipoli e in questa cattedrale fu sepolto avendo presa da me qui sottoscritto la fede d'aver adempiuto il precetto pasquale, e qui ancora li fu sonata la spirazione e cantata la messe.
* A 25 8bre 1751 - Leonarda figlia di Giovanne Vergaro e di Giovanna Donno nacque à 24 d.in pericolo di morte, e li fu data l'acqua dall'ostetrice in un braccio, ed uscì p.mo con condizione se fusse masculo o femina dicendo Leonardo o Leonarda .... uscì morta e fu sepolta in questa chiesa par.

* Le 6 Novembre del 1805 - Angelo Antonio de Ramundo  in età di anni diece fece passaggio da questa a meglior vita da tocco ipopletico improviso ed il suo corpo sepolto giace nella mia chiesa parrochiale.
La morte improvvisa quasi sempre si dice che è dovuta ad un problema cardiaco o colpo apoplettico.  

Lasciti in suffragio

Infine un'altra categoria descritta in questi documenti è quella di coloro che morendo lasciano non solo del denaro, ma soprattutto dei beni alla chiesa per avere il suffragio di messe.
Chi aveva disponibilità, faceva testamento a favore della Chiesa con vari lasciti (case, vigne, animali, indumenti, effetti personali), chiedendo in cambio Messe per sé e per i familiari defunti, funerale con Messa cantata o letta.
A volte è detto semplicemente non lasciò niente per la sua anima. A volte è detto per esempio che lasciò per la sua anima ducati diece perpetui da celebrarsi messe alla Cappella della Grazia vicino la Chiesa Madre di questo casale di Nohe. A volte invece si tratta di beni che vengono lasciati alla chiesa per suffragio.

* Domenico Margiotta... morì d'anni 40 in circa... lasciò per la sua anima un orto di vigne alla Cappella del glorioso S. Michele Arcangelo in perpetuo da celebrarsi quante messe verranno tassate da Mons. Illustrissimo... queste vigne stanno nel feudo di S.Leo vicino al spartifeudo di Nohe.
Il feudo di S. Leo vicino al spartifeudo di Nohe”: è chiaro il riferimento all’antica chiesa di S.Leo o S.Leone come risulta dalla Visita Pastorale del 1452.

* Adì 23 Maggio 1695 - Francesco Margiotta di questo casale di Nohe morì d'anni 50 in circa... Lasciò per la sua anima orte quattro di vigne loco detto Lo Coluccia, un paro di bovi et trenta pecore da vendersi a messe a cenzo... da celebrarsi sante messe quante ne voliranno alle vigne, et venduto le pecore ducati  22 et li bovi ducati... un carlino di lana tutti li debiti per spese fatte ...
Il documento non è completamente leggibile per la carta tarlata o mancante. Ma si capisce bene come l'elemento di scambio sono i beni e non tanto il denaro.

* Adì 30 7bre 1695 - Donato Antonio Navarro marito di Margarita Paglialonga morì d'anni 33... lasciò per la sua anima ducati diece per farsi la pompa funebre et il restante per messe: di queste si spesero cinque e carlini sette per il funerale, et in beneficio di quest'anima rimasero messe trenta tre.

* Adì 25 Luglio 1724 - Gaetano Tundo marito di Leonarda Mangione della terra di Soleto habitante in questo casale di Nohe nella Massaria dell'Aere di Gio:Giuseppe Congedo (è l’attuale palazzo dei Prantera sito in Via Aradeo) morì d'anni 60... lasciò per la sua anima una somma ricca et una cappa di lana da vendersi, e di questa vendita che si fa di dette robbe si dovessero celebrare sante messe pro una vice tantum, et anche lasciò in obbligo a suo figlio maggiore di portare nell'altare di S. Michele Arcangelo di questa mia chiesa un... di grano per carità in honore di S. Michele e questa fu l'ultima sua volontà ... Si sono celebrate 47 messe per la sua anima dalla vendita della... e cappa di lana.

* Adì 20 Aprile 1726 - Matteo Carachino vedovo di Martano, habitante nel feudo di Nohe propriamente nella Massaria del Sig. Dieco Mongiò della Terra di S. Pietro Ingalatina loco detto li Pigni morì d'anni 60... e lasciò per la sua anima ducati diece per messe pro una vice tantum da celebrarsi da me sottoscritto   Arciprete, et  ancora lasciò a sua nipote ducati trenta, una mula annina, et una somera gravida e ducati cinque per li funerali...

* Adì 16 8bre 1723 - Angel'Ant.o Turre di Nohe, marito di Domenica Paglialonga, morì d'anni 65 in circa ad hore una di notte in circa, confessò li suoi peccati a me sotto scritto Arc. à dì 8 7bre 1723 giorno della Natività di M.a Vergine …   e lasciò per la sua anima carlini cinque male oblati e si sono applicati al Capoaltare di detta mia chiesa mentre si faceva attualmente novo, e messe 20 pro una vice tantum per la sua anima. D. Nicol'Ant.Soli Arc.
I “cinque carlini male oblati”  stanno ad indicare un’offerta volontaria di un'ammenda per avere agito male, e intanto l’arciprete ci informa che in quel periodo stava facendo nuovo l’altare maggiore della chiesa madre.

Anche il documento seguente conferma quanto già detto:
* Adì 18 Giugno 1724 - Oronzio d'Argento vedovo di questo casale di Nohe morì d'anni 75 in circa, ad hore 15 in circa… Lasciò per la sua anima un tarì di male oblato.

 

I soprannomi

Negli antichi Registri Parrocchiali di Noha troviamo anche il fenomeno dei soprannomi. Molte volte per evitare confusione in caso di omonimia, il parroco, accanto al nome aggiunge un soprannome con la locuzione latina “alias” da “alias vices” che vuol dire 'altre volte',  o meglio ancora “altrimenti detto”.

Ne riporto qui di seguito alcuni come si leggono nei registri, anche se non sempre è chiaro il significato della qualifica.

1698 - Domenico (il cognome non è leggibile) alias Garzia di Tisciano.
1701 - Leonardo Vonghia alias Scardali
1709 -  Caterina Bienna alias Roccalena
1729  - Orazio Donno, Chierico Selvaggio e Sagrestano
1740 -  Gioseppe Paglialonga alias Maggiore 
1740 - Gioseppe Paglialonga alias Minore
1742 - Domenico Paglialonga alias Minore
1732 -  Domenico Paglialonga alias Maggiore
1742 -  Paschalina Paglialonga Maggiore
1742 -  Pasquale Donno Minore
1742 -  Pasquale Paglialonga Minore
1743 - Sabatino Paglialonga alias Donato
1786 -  Giuseppe Carcagnì alias Capasella
1787 - Francesco Scrimieri alias mezza lana
1791 - Paschale Paglialonga alias Gianuburda
1792 - Paschale Donno alias secundo
1801 - Domenico Greco  alias prussiano zitello
1802 -  Giuseppe Orlando, zitello,  alias manta
1818 - Leonardo Totaro alias evasciuto
1819 -  Giuseppe Paglialonga alias Pica
1781 - Pascale Donno alias sagrestano
1843 -  Oronzo Notaro alias urjo

Sovente, quando il caso lo richiede, la persona è descritta con la qualifica di zitello o zitella. Questa apposizione viene attribuita a persone dai 15 anni in su non ancora sposate.

 

I Sindaci di Noha

Si sa che Noha è sempre stato un Comune autonomo. Ma anche dopo la sua aggregazione al vicino Comune di Galatina nei nostri registri non si parla mai di “frazione”, ma si continua a dire il “Comune” di Noha.
Nei registri parrocchiali a volte troviamo anche notizie sui Sindaci.
1)Tudisco Onofrio
nato a Noha nel 1652 e morto a Noha il 16/11/1726 all’età di 74 anni.
Questo Sindaco è importante perché sotto di lui a Noha ha avuto luogo il catasto onciario antico del 1689 che precede di mezzo secolo e più i catasti onciari dei Centri vicini.
Quando aveva 37 anni è Sindaco a Noha nel 1689.
Marito di Gaetana Vonghia (Noha 1661+29/12/1691) che muore a 30 anni e perciò resta vedovo. Nel 1692, quando aveva 40 anni si risposa con Franceschina Cosmà di Corigliano ed ha i seguenti figli.
1694 - Leonardo Fortunato che muore appena dopo 2 giorni dalla nascita il 02/03/1694.
18/01/1696 nasce Lazara Leonarda
12/01/1699 nasce Leonarda Virginia che muore all’età di anni 20 il        01/02/1720
14/11/1700 nasce Leonardo Donato
1704 nasce Tommaso che muore dopo 9 giorni il 24/01/1704
11/01/1705 nasce Leonardo Nohè
16/09/1708 nasce Leonardo Tommaso che muore il 10/09/1710

2)Angelo Donno
(1688+1715) Sindaco forse nel 1711/12

3)Domenico Marrazzo
è Sindaco a Noha il 13/03/1719( Sindico odierno)
Non ci è dato conoscere la sua data di nascita. Si sposa con Prodenzano Marina.
06/02/1707 nasce Abramo Leonardo
12/09/1713 nasce Oronzio Nicola
26/04/1718 nasce Angela Margarita
E’ testimone di battesimo nel 1696, nel 1706, nel 1715; è testimone di matrimonio nel 1704.

4) Vonghia Felice è sicuramente Sindaco il 17/04/1747
* 13/02/1746: si nomina il Sindico senza dirne il nome. Forse è già il  “Vonghia Felice”… si chiama Angelina. Fu da me portata dal Sindico morta, ho letto il bi­glietto e li ho data l'ecclesiastica sepoltura in questa mia chiesa come di sopra...
Marito di Maddalena Marangella o Marangina
Il primo settembre 1753 resta vedovo perché la moglie muore all’età di 40 anni
1742 nasce Domenic’Antonia che muore il 26/07/1745 a 3 anni
01/11/1740 nasce Ippazio Antonio Quintino
10/02/1742 nasce Domenic’Antonia
17/04/1747 nasce Francesca Domenica Paolina, mentre è sindaco
30/08/1749 nasce Leonarda Felice che muore il 26/08/1753 a 4 anni
14/10/1751 nasce Nicola
15/01/1738 è padrino di battesimo
15/03/1739 idem
28/08/1739 idem
14/12/1747 idem
13/11/1735 Testimone di matrimonio
1738 idem.

5) Domenico Carletta Sindaco il 01/05/1754
Marito di Lazara D’Argento (1696+25-12-1746), ha celebrato il matrimonio il 13/08/1725 nella chiesa della Madonna delle Grazie.
I figli di questa coppia sono:
1726 nasce Maria Leonarda Pascalina
1731 nasce Giuseppe Francesco
1734 nasce Michelangelo Costantino
1738 nasce Leonardo Antonio Vito

6) Sindaco il 29/03/1797 ALOISIO ANGELO
(43 anni di differenza dal precedente sindaco)
Marito di Perrone Barbara
19/01/1786 nasce Antonio Paschale
17/05/1788 nasce Leonarda Lucia Maddalena
24/11/1793 nasce Maria Stella
19/01/1786 nasce Antonio Paschale
13/01/1788 Padrino di Battesimo
06/12/1807 idem
13/03/1812 muore all’età di 70 anni circa

7) Il Sindaco al 04/02/1811 FORTUNATO TONDI

Conosciamo anche i nomi di qualche sagrestano di Noha. E cioè:
1783 - Pasquale Cordella
1781 - Paschale Donno
1729 - Orazio Donno
1791 - Fedele Donno

 
Di Albino Campa (del 14/03/2008 @ 00:00:00, in Racconti, linkato 4498 volte)

Una serenata per San Lazzaro
Marcello D’Acquarica

La figura di Lazzaro è fantasiosa ed il suo evento viene ricordato durante la Passione di nostro Signore, per evidenziare il concetto della carità.
Il Lazzaro di cui parliamo è quel personaggio riportato nel Vangelo di San Luca  (16, 9-13).
Come  è avvenuto per vari personaggi minori, che compaiono nei racconti evangelici e che in seguito nella tradizione cristiana, hanno ricevuto un culto, un ricordo perenne, un titolo di santo, anche per Lazzaro, pur essendo un personaggio protagonista di un racconto di fantasia, da non confondere con Lazzaro di Betania che fu resuscitato da Gesù, nel corso del tempo, si è instaurata una devozione, come se fosse stato un personaggio realmente esistito.
La parabola ha, come tutti sappiamo, un significato molto profondo e contiene un insegnamento universale. Essa è raccontata per mostrare ai farisei ed a tutti gli avari di ogni epoca, dove portano le ricchezze usate per soddisfare il proprio egoismo.
Ancora oggi noi stessi possiamo incontrare spesso Lazzaro: nel mendicante, nell’ammalato, nel bisognoso d’aiuto, nei poveri che con dignitoso atteggiamento soffrono in silenzio la fame e l’indigenza.
Cosicché dalle nostre abbondanti mense dovremmo riuscire a togliere almeno il superfluo per impedire al nostro Lazzaro di soffrire e di morire lentamente.
Così facendo, forse, tutta la nostra comunità ne avrebbe beneficio e non dovremmo temere di ritrovarci, quando saremo morti, separati dal nostro fratello, da un grande abisso. L’abisso dell’indifferenza, dell’invidia, del disaccordo e dell’avarizia. Lo stesso abisso che a volta separa perfino il cuore delle famiglie e dei vicini più intimi.
Non confondiamo l’essere poveri di spirito come l’antitesi della forza e della grandezza. Si può essere grandi senza necessariamente imitare il ricco epulone e, parimenti, possiamo esserlo semplicemente affiancandoci ai bisogni del nostro prossimo che attraversa un periodo di carestia.
Ecco come la tradizione ci rammenta il Lazzaro bisognoso e povero proprio nel periodo della Passione di Gesù Cristo, per dare maggiore esaltazione alla sofferenza umana, e per offrire a tutti i ricchi la possibilità di redimersi condividendo la propria fortuna con chi non ne ha avuta.
Ancora oggi, anche a Noha,  la gente aspetta con gioia questo periodo. Alcuni suonatori di fisarmonica e chitarra, cantando le parole del testo riportato sotto, passando da casa in casa, invitano le persone a festeggiare ed a donare loro beni alimentari, soprattutto uova e formaggi, esattamente come avveniva anni addietro. E’ questa una passione antica, che oggi, purtroppo molti di noi ignorano. In questa tradizione viene così ripetuta e scongiurata la cattiva azione del ricco epulone che vestendo di porpora e bisso si ingozzava di abbondanti banchetti e negava ogni dono al mendicante Lazzaro.

 Buonasera a quiste case se siti tutti vui l’abitanti
vene Cristu cu tutti li Santi.
Cu bbu descia ijutu e  salvazione
osce si fa per devozione, ca mò Lazzaru è surcitatu.

E’ cumparsa la Maddalena cu n’Ave Maria e na Grazia Plena.
Giuda foe lu thraditore  de lu Diu e de nosthru Signore.
Lui a l’addhri li piedi bagnava e cu li soi capelli  li sciugava.

Queste furon le catene ci ncatenara nosthru Signore.
Quisti furon li thre chiodi ci ncrucifissera nosthru Signore.

A ddhrai comparse la Maddalena
e a ddhrai Cristu pè fare la cena.

Oggi  oggi se fa minzione ca moi Lazzaru è surcitatu.
Cu lle soi lacrime se li bagnava e cu lli soi capelli se li sciugava.
Cu trenta denari sciucara Cristu li Sacerdoti e li Farisei.
Cu trenta denari sciucara Cristu cu Pater nosci e cu Ave Marie.
Sciamu fandu comu lu vientu se nnu nniti de rame ni li dati d’argentu.

Spezza doi rami de vulia e li scia menandu mienzu sti fiei.
Mienzu stì fiei e mienzu ste macche a ddhrai ci ippe vobi, pecore e bacche.
Sciamu a casa de Pilatu e thruvamu Cristu surcitatu.
Sciamu a casa de Simone a ddhrai sciu Cristu per fare la cena.
Azzate prestu e nu tardare ca tie lu sai c’è nnai ddare.
Azzate prestu azzate mprima ca tie lu sai mò ccè bulimu.

Sciamu prima all’Annunziata cu ni caccia a luce puru l’enthrata.
Preamu Diu cu Santu Marcu cu nni caccia lluce puru lu tabaccu.
Sta bbenimu a confidenza e nni scusati sta male creanza.
Sta bbenimu de luntanu se nnu ni dai nienti  ve ringraziamu.
Buonasera de Sante Pasque datini l’ove de le puddhrasce.

Ave puru la mia spurtella e  mi l’aggiu fare na frittatela.
Don Ciccillu nu fare le mosse vane pija l’ove cchiu crosse.
Azza la capu de lu cuscinu cu ni dai nu biccherinu.
Lazzarenu essi cquai ca si chiamatu de lu Signore.
Azzate prestu e nu tardare ca tie lu sai cce mmai dunare.

Buonasera ca ninda sciamu ni dai cè bboi e te rengraziamu.
Sciamu fandu comu li mpisi se nnu nniti ove ni dati turnisi.
Santu Lazzaru benedettu mo sia ludatu Gesù Cristu.
Buonasera e bonanotte ti l’aggiu cantata la tua passione.

(il testo è tratto  da una canzone interpretata  da Pippi Chittano di Galatina)
Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 21/03/2011 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 2907 volte)

Il 21 marzo, primo giorno di primavera, è stata istituita nel 1999 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO la Giornata mondiale della poesia.

Ma cos’è la poesia? Non è semplice dare una risposta a questa domanda, forse perché non esiste una risposta. A scuola ci insegnano che la poesia è un genere letterario, come il teatro e la prosa; i nostri professori ci invitano a studiare i poeti e a leggerne le poesie, a fermarci a riflettere sui contenuti e ad analizzare la struttura del testo.

È solo allora che ci rendiamo conto che occorrono fiumi di parole per provare a interpretare il pensiero di un poeta; giriamo intorno alle parole, le scuotiamo come fossero rami di mandorlo e ce ne stiamo in basso, a bocca aperta, ad aspettare che qualcosa cada giù, ai nostri piedi.

Quei versi ci sembrano innocenti, musicalmente incantevoli, ma soffermandosi un attimo a riflettere, provando magari a rileggerli più volte, è inevitabile non essere turbati da una qualche visione sconvolgente, controcorrente e inusuale allo stesso tempo, del mondo. Quello che fino ad un attimo prima ci circondava, l’universo intero, assume un nuovo aspetto, un nuovo significato, una nuova veste, grazie appunto al suggerimento del poeta.

Poesia, quindi, potrebbe essere a mio dire, la visione interiore del mondo che ognuno di noi si porta a spasso nella vita e che solo in pochi riescono ad esprimere. Le parole esistono perché noi le abbiamo messe al loro posto e dovremmo essere noi a sceglierle: poeta, quindi, è l’uomo in grado di addomesticare le parole.   

Di seguito vi proponiamo due video in cui alcuni grandi poeti e intellettuali del ‘900 cercano di rispondere alla domanda: Cos’è la poesia?

Il primo è tratto dal film “La tigre e la neve” del 2005, diretto e interpretato da Roberto benigni; nel secondo video invece, tratto dal programma “In cerca della poesia” di Giuseppe Bertolucci, Mario Soldati pone la fatidica domanda a Giuseppe Ungaretti, Giorgio Caproni, Sandro Penna e Andrea Zanzotto.

 
Buona poesia a tutti!

        Michele Stursi

 
Di Albino Campa (del 03/06/2011 @ 00:00:00, in I Beni Culturali, linkato 2275 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

icon Indice
icon 1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE

8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Albino Campa (del 01/08/2011 @ 00:00:00, in I Beni Culturali, linkato 2322 volte)
I beni Culturali di Noha in spv (stato vegetativo permanente) resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

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11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
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13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Albino Campa (del 22/09/2011 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3299 volte)

Quando parliamo di “bene comune” e ci proponiamo di fare qualcosa affinché lo scopo venga raggiunto non dovremmo preoccuparci di appropriarci di meriti di alcun tipo, tantomeno se non ci competono. Non dovremmo annunciare il “nostro fare”, che fra l’altro scopriamo  poi essere fatica espressa e documentata da altri, per essere le primedonne. Noi del “L’Osservatore Nohano” spesso ci siamo sorbiti prediche e contraddittori per il semplice fatto di aver difeso coerentemente i nostri principi sacrosanti di salvaguardia del bene comune, sia che si tratti di terreni da difendere dalle speculazioni più disparate sia che si tratti di beni architettonici che storicamente appartengono ai nohani.  E’ doveroso ricordare, per escludere eventuali dubbi, che quando si è trattato di informare i cittadini di Noha della iniqua ripartizione dell’area agricola da adibire a terreno per il fotovoltaico, la notizia è emersa soltanto grazie ad almeno due Dialoghi di Noha a cui hanno partecipato tanti cittadini. Ovviamente non vogliamo avere la prerogativa di aver fatto qualcosa per il bene comune (molti lo hanno fatto prima di noi), tanto i fatti, i documenti ed i libri lo testimoniano, ma siamo felici che finalmente, per la seconda volta a Noha, dopo l’evento del Natale alla Masseria Colabaldi, che ci auguriamo continui alla grande, sia emerso un nuovo gruppo di volenterosi cittadini nohani, che hanno scoperto (parole precise di Giampiero De Ronzi, Mimì) la propria responsabilità nei confronti di tali beni. Cogliamo l’occasione per abbracciare la causa profusa mediante web che riguarda l’attenzione posta alla nostra antichissima e storica torre. Grazie all’energica forza passionale del Gruppo Mimì, noi oggi finalmente possiamo ammirare in tutta la sua storicità la struttura residua dell’antichissimo castello di Noha, documentato in molti testi storici. Saremo orgogliosi di partecipare anche alla visita guidata organizzata dal Gruppo Mimì e diffusa sia su web che sul programma della Festa di San Michele. Ci auguriamo che siano tantissimi i cittadini di Noha che insieme a Giampiero, scoprano la propria responsabilità sulla rivalutazione di beni culturali di grande rilevanza come: le casiceddhre, la masseria Colabaldi, il frantoio ipogeo, la casa baronale, la casa rossa, la trozza, la torre dell’orologio, la Chiesa di San Michele, il calvario, e tutti gli altri, che sono tantissimi, descritti nel catalogo dei beni Culturali di Noha, che oltre tutto è anche fruibile dal sito Noha.it.

 
I componenti del gruppo L’Osservatore Nohano:

Marcello D’Acquarica
Antonio Mellone
Martina Chittani
P. Francesco D’Acquarica
Michele Stursi
Paola Rizzo
Antonella Marrocco
Albino Campa
Fabrizio Vincenti.

 
Di Albino Campa (del 02/10/2011 @ 00:00:00, in Ipogeo, linkato 7103 volte)

Questa mattina avevo un appuntamento importante con alcuni amici di Noha per visitare il poco conosciuto frantoio ipogeo che si trova tra vico Marangia e piazza Castello a Noha. Mi aspettavo, come poi si è rivelato un luogo da scoprire, pieno di fascino e che potesse conservare ancora qualcosa del passato. Ma non mi aspettavo certo di rivedere lo scjakùddhi. Voi penserete certo che mi sto inventando tutto, ma non ero il solo ad avere le visioni, quindi non penso nemmeno ad una suggestione, visto che eravamo tanti. Comunque presto un filmato dell’amico Albino di Noha.it potrà fare luce sull’accaduto. Infatti il folletto dispettoso di nascosto spiava le nostre mosse e solo la telecamera nel buio dell’anfratto ha potuto cogliere il movimento dell’elfo. Ma facciamo un passo indietro, l’invito a scoprire il frantoio ipogeo, era partito da Marcello D’Acquarica infaticabile cultore del territorio di Noha. Marcello insieme agli altri dell’Osservatore Nohano hanno in progetto di riaprire il frantoio ipogeo al pubblico, per trasformarlo in un contenitore culturale a disposizione di tutti. Infatti successivamente hanno raggiunto il luogo anche l’assessore Carrozzini, l’assessore De Paolis e l’ing. Gianturco per i rilievi del caso, da portare sotto forma di documenti alla sovraintendenza dei beni storico – artistico – architettonici di Puglia per avere un lasciapassare, primo passo per rendere fruibile il bene. Ecco come in un vecchio articolo del mio sito web www.rairo.it descrivo il folletto dispettoso. Lo Scjakùddhi, oppure secondo i luoghi carcalùru, lauru, monacizzu, scazzamurièddhu, uru. Altro non è se non il daimon dei greci, oppure l’incubo dei latini che durante la notte si sedeva premendo sullo sterno, impedendo la respirazione e provocando brutti sogni. Poteva essere ora tormentatore degli uomini, ora benefico. Lu scjakùddhi era descritto come un essere molto basso, ancora più piccolo di un nano, con un cappello rosso a sonagli in testa e ben vestito ( il nostro sembra essere vestito di nero ). Era un folletto tra il bizzarro e l’impertinente, cattivo con chi l’ostacolava o svelava le sue furberie, benefico con chi gli usava tolleranza. Bazzicava volentieri le stalle dove spesso si innamorava della cavalla o dell’asina che meglio gli garbava, l’assisteva e l’accarezzava, nutrendola della biada sottratta alle compagne o alle stalle vicine e intrecciava code e criniere, quando i cavalli non gli permettevano di mangiare la biada con loro. Lu scjakùddihi era il dio tutelare dei frantoi di olio, specie di quelli ipogei sua stabile dimora. In passato, quando nelle fredde serate autunno-vernine si vedevano esalare fumi dai fori sovrastanti il frantoio si pensava allo scazzamurièddhu che veniva considerato come il benefattore dei poveri e il folletto del focolare domestico. Spesso, si immaginava che fosse l’anima di un morto, che non aveva ricevuto i sacramenti.

Ma per essere concreti ecco una descrizione dei frantoi ipogei e del commercio dell’olio di Gallipoli.

Gallipoli già dall’inizi del XVI secolo, risultava la maggiore piazza europea in materia di olii per cui l’amministrazione dell’epoca tassava l’immissione degli olii provenienti dall’intera provincia che servivano nella stragrande maggioranza non per usi alimentari, ma in particolare si produceva un tipo di olio grasso e che non produceva fumo, un tipo di olio che serviva ad illuminare le grandi città d’Europa cosicchè Londra, Parigi, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam ecc. usarono l’olio salentino per illuminare le strade fino alla fine del XIX secolo quando l’arrivo dell’elettricità mando in crisi l’esportazione del cosidetto olio lampante. La produzione di quest’olio avveniva sottoterra, dove vi erano le condizioni ottimali di calore ed umidità per produrre un olio da esportare, nella stessa Gallipoli vi erano circa 35 frantoi ipogei che lavoravano a ciclo continuo da fine settembre fino a fine aprile due di essi sono stati recuperati e resi fruibili alla visita del pubblico sono quello di Palazzo Briganti in via Angeli e quello di palazzo Acugna-Granafei in via A. De Pace . Della lavorazione niente andava buttato ed anche il sottoprodotto della macinazione e torchiatura delle olive veniva usato per creare un sapone diventato famoso poi, come “sapone di Marsiglia” oppure veniva impiegato nei lanifici. Vi erano molte saponiere in città, tanto che ancora oggi esiste via Saponiere, proprio accanto alla chiesa di S.Francesco. La grande importanza del porto per il commercio degli olii fece accorrere in città vari commercianti, ma anche le rappresentanze di diversi governi europei . Era tanto considerevole il commercio di questo prodotto che papa Gregorio XIII nel 1581 e papa Sisto V nel 1590 accordarono l’assoluzione collettiva a tutti coloro che, impegnati nelle operazioni di caricamento, non avessero santificato la domenica. Per tutto il XVII secolo nel porto di Gallipoli da documenti dell’epoca si ricava la presenza di innumerevoli navi fino a punte di 70 di esse in un solo giorno. Nel secolo successivo la presenza divenne massiccia tanto che Gallipoli ebbe, seconda nel regno dopo Napoli il Consolato del Mare 29 Gennaio 1741, esattamente un mese dopo Napoli che era anche la capitale del regno. Il celebre pittore Filippo Hackert su incarico del re dipinse una tela raffigurante il porto di Gallipoli, questa tela, destinata alla reggia di Caserta insieme alle altre meraviglie del Regno si trova oggi nel museo di S.Martino . In Gallipoli ebbero sede, fino al 1923 i vice consolati di molte nazioni europee : Austria, Danimarca, Francia, Inghilterra, impero Ottomano (Turchia), Olanda, Portogallo, Prussia, Russia, Spagna, Svezia e Norvegia. La nomina a vice consoli avveniva per rilascio di patenti da parte del ministero degli esteri della nazione interessata convalidate dal ministero degli affari esteri Italiano. A corredo del nostro articolo corredato dalle foto del celebre quadro di Hackert, una vasca ed una antica macina per le olive presente nei frantoi ipogei , riportiamo la foto del documento datato 26 Marzo 1877 in cui si rilascia la patente di nomina di vice console di Svezia e Norvegia al commerciante gallipolino Vincenzo Palmentola, ed un paio di foto del palazzo che fungeva da vice consolato di Svezia e Norvegia nel cuore del borgo antico della città a due passi dalla Cattedrale di S.Agata.

Raimondo Rodia
 
Di Albino Campa (del 07/10/2011 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3286 volte)

Del frantoio ipogeo e dello Scjakuddhi vi avevo relazionato, ma quella mattina del 1 Ottobre 2011 oltre la presenza del mitico folletto, abbiamo scoperto ed individuato in questo luogo buio ed umido, alcune cose, che faranno ancora parlare e discutere. Intanto la situazione delle sciave, cioè le stive dove venivano conservate le olive momentaneamente prima della loro molitura, murate e rese come deposito dei reflui fognanti delle case sopra il frantoio, sfruttando il camino di ingresso posto all’esterno, dove si svuotavano i sacchi di juta pieni delle preziose olive. Poi abbiamo scoperto un passaggio scavato nella roccia, che porta ad est dell’abitato, chiuso male da un muro posticcio non legato da calcina. Dove porta ? fa parte di una via di fuga ? e poi le vasche intonacate delle cisterne poste proprio sotto il marciapiede accanto all’ingresso superiore del palazzo baronale. Le stalattiti che pendono dalla parete, la data incisa 1771, la mancanza delle vasche di macina, dei torchi, delle lampade ad olio di terracotta, delle ruote di pietra delle stesse macine, ci fa pensare che in passato qualcuno si è impossesato di questi materiali, che hanno un senso solo se posti nel luogo dove si trovavano. Poi cosa ancor più straordinaria dello scjakuddhi è il ritovamento di ossa umane, si, ossa umane, poste sotto un mucchietto di vasellame sminuzzato. In particolare l’osso sacro, di chi è ? Come è finito sotto il frantoio ? Era un uomo ? Oppure una donna ? sarà stato vittima del tremendo ” Trabocchetto ” in cui sparivano le persone indesiderate posto in essere in tutti i castelli ? Quale sarà stata la sua vita, da quanto tempo si trova lì, perchè ? il resto dello scheletro ? spero di potervi aggiornare e rispondere alle mille domande. Ma quel sabato le scoperte non finivano mai.

Con Marcello D’Acquarica ed Albino Campa sono entrato nel giardino del castello da una porta accanto alle conosciutissime ” casiceddhe ” forzata alcuni giorni prima dagli ambulanti della festa patronale di Noha. Ci siamo ritrovati immersi nel giardino, un agrumeto che insieme alle vasche, i resti di quello che era un fontanile, le colonne crollatre a terra del pergolato e la visibile ” Casa Rossa ” posta ormai fuori dal giardino con la costruzione della strada anni fa. Sicuramente questo ci fa pensare ad un cosidetto giardino di delizia, luogo del quiete vivere, dove si rilassavano i signori. A partire dagli inizi del 1700, vi fu una riorganizzazione dell’habitat rurale che si concretizzò nella realizzazione di aristocratiche residenze campestri usate dalla nobiltà per trascorrere lunghi periodi di villeggiatura, quindi ville, casine e casini caratterizzarono il paesaggio. Il fattore comune è l’esaltazione del giardino chiuso, interpretazione poetica del tipico giardino all’italiana, dove l’elemento naturale e l’elemento artistico si combinano per creare sorprendenti scenografie, pozzi monumentali, fantasiosi padiglioni con pergolati, raffinati sedili in pietra, riposanti ed accoglienti coffee-house, geometriche intersezioni di vialetti, dove comunque il pozzo è il monumento principale. Poi come attirati da una calamità ci siamo portati lì dove il ponte in pietra della torre trecentesca gira ad est. Questa torre di avvistamento posta su di un promontorio ed alta più di dieci metri controllava il pasaggio della cosidetta ” Via Reale ” che tagliava da est ad ovest dall’adriatico allo Ionio il territorio, mentre sempre a vista correva la strada Pietrina, che oggi sarebbe la vicinale di S. Vito, che incrociava la Via Reale proprio all’altezza del cippo dove una volta si trovava il masso di S. Pietro, oggi posto in chiesa madre a Galatina per volere del vescovo Gabriele Adarso de Santader nel 1665. Oggi a ricordare il luogo, dove la scritta latina racconta che ” Riposò le stanche membra l’apostolo Pietro ” vi è un edicola votiva malmessa. Ma torniamo alla torre, sicuramente un mastio ( maschio ) del vecchio castello nella parte inferiore di esso anche qui abbiamo scoperto un passaggio sotteraneo che collega la torre al palazzo baronale, ostruito da materiale edile, mattoni posti quasi a chiudere il passaggio. Insomma tante cose in una sola mattinata, le foto a corredo raccontano in parte quello che abbiamo osservato. Con questo mio scritto vorrei lanciare un appello alla conservazione dei beni culturali, affinchè anche le future generazioni possano godere di quello che abbiamo visto noi, che si interroghino sulla presenza del folletto nel frantoio ipogeo, che godano della vista della Trozza un pozzo antico che conserva ancora la scritta in latino ” Disseto e non mi esaurisco ” da un lato e la firma dell’impresa H C ( Horatio Congedo ) Orazio Congedo avvocato ed amministratore per più di trenta anni del vecchio ospedale di Galatina. Conserviamo e tramandiamo le nostre tradizioni ai posteri, facciamolo con amore.

Raimondo Rodia

 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 09/03/2012 @ 00:00:00, in I Beni Culturali, linkato 2447 volte)
I beni Culturali di Noha resistono all’accanimento di indifferenza da parte dei “legittimi” proprietari e degli enti competenti (Soprintendenza della Provincia e relativi addetti ai lavori del Comune di Galatina, che non sono essenze virtuali ma reali funzionari e dipendenti dello Stato).
Per dargli un'altra possibilità di vita e di respiro, sempre nella speranza che i suddetti ir- responsabili abbiano un rigurgito di coscienza, abbiamo pensato di pubblicare mensilmente ogni capitolo del Catalogo mettendolo a disposizione di tutti: studenti, ricercatori e chiunque volesse utilizzare le informazioni ai fini cognitivi e culturali.

 

Marcello D’Acquarica

 

 

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icon 2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
icon3. ARCHITETTURA CIVILE
icon4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
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icon6. ARCHITETTURA RURALE
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icon8. ARCHITETTURA FUNERARIA
icon9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
icon10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI

 
Di Antonio Mellone (del 04/04/2012 @ 00:00:00, in Eventi, linkato 3929 volte)

La fiera dei cavalli di Noha si svolge ab immemorabili sul grande prato adiacente la cappella dedicata alla Madonna delle Cuddhrure. Ma da quando è partito il contatore, siamo alla cinquantanovesima edizione della festa della pasquetta nohana che ha come protagonisti i più bei cavalli del Salento.
C’è chi afferma che il rapporto tra l’uomo e le bestie sia sempre stato di natura speculativa e basato sui canoni della convenienza. Ma a Noha s’è dimostrato nel corso dei decenni che questo rapporto può dar luogo ad una sorta di spirito comunitario che ha radici nella comune appartenenza alla natura: uomini e bestie sono quasi consustanziali, fatti della stessa vita.
Partecipare alla fiera della pasquetta di Noha, come al solito, dalle prime ore dell’alba e fino all’ora del pranzo, significa di fatto lottare per la tutela del paesaggio, dei beni comuni, degli ulivi del Salento, e della decrescita felice. Anche i cavalli hanno da insegnarci che non serve correre se si è sulla strada sbagliata. E che dobbiamo pretendere un mondo migliore, non sognarlo soltanto.

 

Antonio Mellone
"Fonte: quiSalento, aprile 2012"

 

 
Di Antonio Mellone (del 30/05/2012 @ 00:00:00, in Piedibus, linkato 3729 volte)

Il 23 maggio scorso, a Noha, è partito in fase sperimentale il progetto Piedibus. Questo progetto consiste nel far andare a scuola i bambini, ed anche i genitori, finalmente lasciando l’auto nel garage di casa.
E’ un’iniziativa stupenda alla quale hanno preso parte oltre alla scuola anche alcune associazioni ed istituzioni locali.
Una tra le più imponenti ed influenti istituzioni locali nohane vicine al Piedibus è la parrocchia San Michele Arcangelo.  
Siamo certi che il nostro brillante parroco avrà già parlato ai fedeli coinvolgendoli e preparandoli per questa iniziativa. Avrà sicuramente detto ai cristiani nohani di cambiare registro e di andare a messa finalmente a piedi (e non mandarci solo i ragazzi a scuola).
Tuttavia come si evince dalle foto scattate per caso domenica 27 maggio scorso, solennità di Pentecoste, e riprodotte a margine di questo articolo, evidentemente c’è ancora molto da fare e da dire per indurre i fedelissimi nohani ad un’ulteriore opera di misericordia moderna, un fioretto alla Madonna, o qualcosa del genere, come quello di lasciare finalmente le auto nel loro parcheggio e mettersi realmente in cammino verso Gerusalemme.
Ecco, allora, un esempio di comunicazione da ribadire, a questo punto più di una volta (gutta cavat lapidem), nella scaletta degli avvisi di cose buone e giuste che si usa indicare al termine della celebrazione eucaristica (e che talvolta, come stavolta forse, supera la durata di un’intera omelia).
Diciamo infine per inciso che non è nostra intenzione sostituirci al parroco ed alle sue funzioni, lungi da noi: non ne avremmo né la stoffa, né, invero, la vocazione al “sacerdozio ministeriale” (ci basta, e avanza, il “sacerdozio comune”).
Siamo certi che il nostro parroco, democratico e aperto com’è ad ogni istanza culturale, accetterà di buon grado, e farà  proprio questo nostro umile suggerimento, non limitando la sua partecipazione al Piedibus ad una semplice benedizione parrocchiale una tantum o al topico intervento istituzionale di facciata.
Ecco, di seguito, un canovaccio di codesto intervento.

Carissimi fratelli e sorelle, come ormai già saprete, e - se non ve l’avessero detto a scuola o se non l’aveste visto sul sito di Noha o non aveste notato in giro i cartelloni delle fermate - ve lo dico io: la nostra parrocchia ha aderito con gioia al progetto del Piedibus.
Cos’è il Piedibus? E’ la possibilità per tutti i bambini di Noha di percorrere il tragitto casa-scuola a piedi, accompagnati da un genitore o da un volontario, seguendo degli itinerari con fermate e orari predeterminati. Grazie al Piedibus si riduce il traffico cittadino e soprattutto quello mattutino nei pressi delle scuole, migliorando così la sicurezza e il  benessere di tutti.
Ora permettetemi di dirvi che noi non dovremmo limitarci soltanto a benedire o ad apporre il nostro imprimatur formale a questa iniziativa: noi dovremmo adottare e far nostro questo bellissimo stile di vita. Che è quello di usare finalmente la testa per ragionare, e quindi, per esempio, i nostri piedi per spostarci.
Voi mi direte: dove vorrà andare a parare oggi il nostro Don?
Bè, vi dico subito, cari fratelli, che dovreste venire a messa a piedi, evitando di intasare di auto tutte le strade adiacenti la nostra chiesa Madonna delle Grazie, per non parlare di piazza e dintorni attigui alla chiesa madre di San Michele.
Camminare dilata il tempo e prolunga la vita.
Camminare rende il mondo molto più grande e dunque più interessante. Andando a piedi abbiamo la possibilità di osservare i dettagli, le case, il cielo, gli alberi, i negozi, gli uccelli, le altre persone. Possiamo finalmente sorridere ai passanti, scambiare con loro un saluto o due chiacchiere. Se andiamo a piedi ci sentiamo più in armonia con Noha e le sue bellezze naturali e finalmente anche con i suoi beni culturali.
Le passeggiate, poi, distendono, allentano la tensione, permettono di tenerci in forma, proteggono dal cancro, dall’infarto, e da tante altre malattie. Il tutto può anche trasformarsi in un’attività meditativa, anzi di preghiera. Del resto è quello che facciamo con le processioni religiose, che notoriamente non vengono fatte a bordo delle nostre vetture.
Penso che sappiate già cosa sia la “Via Francigena”. E’ un itinerario della storia, una via maestra percorsa in passato da migliaia di pellegrini che si spostavano a piedi per raggiungere le sacre mete più importanti di sempre, come Santiago de Compostela, in Spagna, e poi Roma (il cuore della cristianità), e poi Monte Sant’Angelo (in Puglia, presso la grotta poi trasformata in basilica, dove nel V secolo apparve il nostro San Michele Arcangelo) ed infine Gerusalemme. Perché non creiamo noialtri, nel nostro piccolo, una “via Francigena-Nohana” per raggiungere piedibus i nostri luoghi di culto? A volte non ci vuol mica tanto a compiere un miracolo.    
Vi confesso che in questa battaglia non mi fermerò a Noha. Visto che sono anche vicario di zona, vi annuncio che nella prossima occasione lo dirò anche ai miei confratelli sacerdoti, tanto spero che questa bellissima iniziativa si propaghi a macchia d’olio in tutta la vicaria, che dico?, in tutta la diocesi, e poi in provincia, e in tutta la Puglia.
Anche questa è “Pastorale sulla Salute”. E chi più di me (visto che ne sono anche assistente nazionale, anzi per la precisione: membro della Consulta Nazionale Cei per la Pastorale Sanitaria) può lavorare in quest’ambito della comunicazione sociale per migliorare (e a costi zero) la qualità della vita di ognuno di noi?
Anche questa è una forma di “Movimento per la vita”, dal concepimento fino alla morte naturale. E vale molto di più delle chiacchiere e delle elucubrazioni prolisse sfoggiate nei convegni a tema.  
Vi prego di accogliere il mio appello: non dobbiamo essere soltanto spettatori del Piedibus Nohano, né figuranti di striscio o comparse pronte a scomparire, ma attori protagonisti. Adottiamolo, dunque, questo costume, realizziamolo venendo in chiesa tutti quanti a piedi (o al più in bicicletta), lasciando a casa le nostre automobili, salvo ovviamente i casi eccezionali di difficoltà di deambulazione.  
I piedi sono il più francescano dei mezzi di trasporto. Mettetevi pure un paio di scarpe comode, evitate i tacchi a spillo, o il tacco dodici. Questa è un’aula di preghiera, non una passerella per sfilate di moda.
Andare in chiesa è come andare a scuola: la stessa e identica cosa. Andiamoci, allora, passeggiando, e non solo nelle belle giornate, ma anche quando piove. Anzi, quando c’è il sole diciamo che “è una bella giornata”; quando piove dovremmo dire che “è una giornata bellissima”. Infatti abbiamo sempre più bisogno di acqua oggi, ma soprattutto nel prossimo futuro, e la pioggia che ci manda il buon Dio è una vera benedizione. Quando piove, ripariamoci pure con l’ombrello e con l’impermeabile, ma continuiamo ad usare il Piedibus Cristiano: sarà un modo come un altro per ringraziare nostro Signore per nostra sorella acqua. “Ella è multo utile et humile et pretiosa et casta”, come dice San Francesco nel suo “Cantico delle Creature”.
Evitiamo di costruire, anche e soprattutto nel corso delle domeniche e delle feste comandate, quell’indecoroso muro di Berlino intorno alle nostre belle chiese fatto dalle lamiere delle nostre automobili.
Questi buoni propositi, partiranno da me, già da domani mattina.
Si dimostra, tra l’altro, che per le piccole distanze (e a Noha nulla è lontano!) si fa molto prima a piedi che in macchina.
C’è un detto che dice che in Paradiso non si va in carrozza. Ed io aggiungerei: tanto meno in turbo-diesel.
E infine, ma non meno importante, c’è da considerare il risparmio. In questo periodo di crisi lasciare da parte la macchina è una forma di saggezza, oltre che di sana sobrietà, se non un’impellente necessità.
In piedi, dunque, o fedeli!
E trasformiamo Noha in una “città – slow”, ancor più bella, silenziosa e pulita, un vero centro di aiuto alla vita.
Saliamo tutti sul Piedibus. Facciamolo per noi, per i nostri fratelli, per l’aria, per la salute, per il creato, per Cristo nostro Signore.
Amen.      

Antonio Mellone

 

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Di Antonio Mellone (del 05/06/2012 @ 00:00:00, in Un'altra chiesa, linkato 3129 volte)

Quando scrissi il mio romanzo «Habemus papam. La leggenda del Papa che abolì il Vaticano» che esce in questi giorni nelle librerie, non potevo immaginare la concomitanza con quanto sta succedendo in quel lupanare che si chiama Vaticano, ma conoscendo alcuni restroscena, ho tenuto in conto il contesto di delinquenza semplice e organizzata che lo circonda e lo alimenta.

Il Vaticano è sempre stato un covo di vipere e di faccendieri senza scrupoli, uomini (le donne lì sono pleonastiche o funzionali solo in senso sessuale, per il resto non esistono) malati di carrierismo e mondanità che per riuscire nel loro intento sono disposti a vendersi anche gratis. Da quando c’è Bertone a capo della Segreteria di Stato, il livello della nefandezza si è abbassato fino a sprofondare negli inferi perché l’uomo è un senza Dio, pieno di sé e tronfio nella sua vuotezza.

Sono certo che a lui pensasse Sant’Antonio da Padova quando tuonava nel sec. XII con parole di fuoco contro la curia e i curiali corrotti che pretendono di rappresentare Dio, mentre invece rappresentano solo abiezione, delinquenza, misfatti, orrori, immoralità e prostituzione:
«Nelle curie dei vescovi i birboni fanno risuonare la legge di Giustiniano [leggi: Diritto Canonico, ndr] e non quella di Cristo: fanno grandi chiacchiere, ma non secondo la tua legge, o Signore, che ormai è abbandonata e presa in odio”. “Se un vescovo o un prelato della Chiesa fa qualcosa contro una decretale di Alessandro, o di Innocenzo, o di qualche altro papa, viene subito accusato, l’accusato viene convocato, il convocato viene convinto del suo crimine, e dopo essere stato convinto viene deposto. Se invece commette qualcosa di grave contro il vangelo di Gesù Cristo, che è tenuto ad osservare sopra tutte le cose, non c’è nessuno che lo accusi, nessuno che lo riprenda».
Il pomposo abbigliamento religioso con il quale gli ecclesiastici incedono «tronfi e impettiti, a pancia in fuori», per sottolineare la sacralità della propria persona e distinguersi dai comuni mortali, non impressiona il santo, che anzi così li ridicolizza:
«Che cosa dirò degli effeminati prelati del nostro tempo, che si agghindano come donne destinate alle nozze, si rivestono di pelli varie, e le cui intemperanze si consumano in lettighe variopinte, in bardature e sproni di cavalli, che rosseggiano del sangue di Cristo?».

Antonio è spietato nella sua denuncia. Non trova alcuna attenuante o virtù nei prelati: vescovi e preti non sono pastori, ma lupi rapaci che «predicano per denaro», mentre i chierici, «molli, effeminati e corrotti, si presentano per denaro nei tribunali e nelle curie, come le prostitute». Per Antonio prelati e chierici sono i «predoni del nostro tempo», che eccellono solo nella loro insaziabile ingordigia: «Non c’è in essi alcuna forma di virtù, non c’è onestà di costumi, ma solo marciume di peccati; fa eccezione la formazione delle unghie, con le quali arraffano i beni dei poveri… questi indegni prelati della Chiesa non hanno alcuna energia nella mente, non essendo capaci di resistere alle tentazioni del diavolo: ma tutta la forza l’hanno nelle braccia e nei fianchi, forza di rapina e di lussuria».

Mentre Cristo «da ricco che era si è fatto povero» [2Cor 8,9], i suoi immaginari rappresentanti si arricchiscono impoverendo il popolo: «Il prelato della Chiesa è un leone che rugge con la sua superbia, un orso affamato con le sue rapine, che spoglia il misero popolo». «Ecco a chi viene affidata oggi la sposa di Cristo, il quale fu avvolto in panni e adagiato in una mangiatoia, mentre essi si rivestono di pelli e si abbandonano alla lussuria in letti di avorio».
Quando lessi la lista degli ultimi cardinali, fatti da Benedetto XVI, un senso di frustrazione mi colpì al cuore perché mi resi subito conto che lo sfacelo aveva superato il livello di guardia e non si poteva più tornare indietro, ma si poteva solo andare verso l’abisso, come i fatti di oggi stanno dimostrando.

Il 24 ottobre 2010, su la Repubblica(edizione ligure, p. XIX) scrissi: «La nomina del genovese Mauro Piacenza a prefetto della congregazione vaticana del clero, nominato
cardinale fresco di giornata è un brutto segno espressione di un pontificato disperato.

Come prete dovrei dipendere dal nuovo prefetto, ma non ne ho alcuna intenzione e dichiaro pubblicamente che in quanto prete non riconosco a Mauro Piacenza alcuna autorità su di me né morale né dottrinale e sono pronto a renderne ragione in qualsiasi sede competente. Con Piacenza fa carriera anche il suo pupillo Marco Simeon, già indagato a Perugia per lo scandalo di Propaganda Fide. Dell’uno e dell’altro, purtroppo, sentiremo parlare ancora e presto».

Conosco Piacenza, conosco Bertone e le loro carriere. Mauro Piacenza ha impiegato 25 anni di leccaggine e di asservimento a uno o più padroni e di padrone in padrone, finalmente è arrivato al club esclusivo che può eleggere il papa. Egli è il padrino di Marco Simeon, la cui figura è semplicemente orripilante. Egli andò via da Genova nel 1987, pochi giorni dopo l’arrivo del card. Giovanni Canestri che egli giudicava «di sinistra» (risate e applausi convinti!). Si trasferì a Roma e qui cominciò il lento pellegrinaggio di tessitura silenziosa e proficua: un giorno ti vendi a questo, un giorno fai il servo a quello, fai vedere che sei affidabile, offri i tuoi servigi senza riserva, metti da parte la coscienza, proteggi gli uomini giusti come Marco Simeon, stai a cuccia sulla soglia delle porte giuste, se necessario in quell’ambiente non si disdice neanche il letto profumato d’incenso, e alla fine ti ritrovi cardinale senza nemmeno accorgerti come ci sei arrivato.

Come possono costoro condannare gli omosessuali se poi li custodiscono e li usano nel segreto delle mura vaticane che esonda di travestiti? Almeno stessero zitti! Se, però, condannano, devono guardarsi prima allo specchio e solo dopo avere tolto la trave dal loro occhio, solo dopo, potrebbero pretendere, chiedendo permesso, di togliere la pagliuzza nell’occhio degli altri. Come possono presumere di dettare legge in campo sessuale, se poi sono loro stessi gli utilizzatori concomitanti e finali della pederastia, della devianza e di ogni perversione? La via sessuale è una via maestra per fare carriera e dentro il Vaticano vi è il mercato delle vacche con buona pace per la dignità della persona.

Una Chiesa sana e discepola di Cristo non avrebbe nemmeno preso in considerazione un individuo scellerato come Piacenza, così come avrebbe mandato alla Caienna il Tarcisio Bertone, uomo che non doveva nemmeno diventare prete perché è solo l’incarnazione della vacuità e del potere fine a se stesso. I cardinali Tarcisio Bertone e Mauro Piacenza con i loro affiliati e scherani, vere bande di malaffare, sono una sciagura per la Chiesa sia da un punto di vista teologico che umano. La colpa esclusiva ricade sul papa che li ha scelti o se li è lasciarti imporre da una cricca che vuole condizionare anche lo Spirito Santo.
Oggi il cardinale Mauro Piacenza, l’uomo più retrivo che io conosca, più fondamentalista dei lefebvriani, nemico acerrimo del Vaticano II, che egli ha subito come un oltraggio alla Chiesa e a cui non si è mai rassegnato. Quest’uomo, insieme a Bertone, è al centro dello scandalo che colpisce il Vaticano. Sua creatura e discepolo è il neo patriarca di Venezia: la tela del ragno clericale nefasto avanza, ma si frantumerà davanti alla Chiesa del popolo di Dio e del Vaticnao II che non cederà.

Questa Chiesa, quella delle manovre e della corruzione, può stare allegra: con questa gente non andrà lontana, ma toccherà il fondo della sentina come stiamo vedendo in questi giorni.
Si dice che il papa non governi. Per forza! Gli uomini di cui si è circondato li ha scelti lui e non un altro. Ha voluto contro la Chiesa del Vaticano II togliere la scomunica ai lefebvriani e fargli ponti d’oro? Ha voluto minimizzare le orrende immoralità dei Legionari di Cristo? Ha voluto tacere omertosamente la piaga purulenta della pedofilia? Ora non pianga e non si triste, perché è lui il vero colpevole di questo disfacimento ecclesiale. E’ lui che ha lasciato spazio alle bande, colpendo chi difendeva il Concilio e innalzando e onorando chi lo denigrava e ostacolava.

Ha voluto circondarsi di uomini sicuri, di servi attenti e premurosi e questi fanno sul serio: si cercano lo spazio per realizzare la «loro» Chiesa che non è di certo quella di Cristo, il quale in questo frangente se n’è andato alle isole Cayman per avere un alibi di ferro: non essere stato presente sulla scena del crimine nella notte del pontificato del Pastore Tedesco.
Lo yacht lo mise a disposizione il Celeste Formigoni, a cui lo ha prestato Daccò che paga di tasca sua, ma ad insaputa di tutti.
A costoro non riconosco alcuna autorità. Insegnano che lo Spirito Santo guida la Chiesa e che anche il papa è eletto per ispirazione dello Spirito Santo.
Se fosse vero quello che insegnano non si darebbero così da fare per manovrare a fare eleggere questo o quello o per condizionare il conclave a «papa ancora vivo». Costoro sono miscredenti che usano Dio e lo Spirito come un elastico per adattarlo alle loro nefandezze che ha un solo Dio: il potere, cioè la frenesia di volere imporre una chiesa a loro immagine e somiglianza di uomini falliti e per questo presuntuosi: si credono Gesù Cristo e ne sono anche convinti.
Essi sono solo la banda della Magliana con cittadinanza vaticana, ma le loro colpe non verranno mai alla luce direttamente, perché il loro ambiente naturale è il buio. Quando Giuda pensava di tradire il Maestro per appena 30 denari, l’evangelista Giovanni annota la tragedia con sole tre parole: «Ed era notte!» (Gv 13,30).

Don Paolo Farinella - parrocchia San Torpete – Genova, 31 maggio 2012

Note-
* Cfr. ALBERTO MAGGI, Le cipolle di Marta (profili evangelici), Cittadella Editrice, Assisi (2002)
* Le citazioni sono tratte da SANT’ANTONIO DI PADOVA, Sermones Dominicales (I Sermoni, edizione italiana a cura di G.Tollardo), Padova, EMP, 1996

 
Di Antonio Mellone (del 02/07/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3418 volte)

"Eccovi di seguito un articolo di Antonio Mellone apparso sull'ultimo numero de "il Titano", anno XLV, n. 12 del 26 giugno 2012"

Sì, bisogna pur iniziare a parlarne una buona volta anche a Galatina, e anche su questo “Supplemento economico de il Galatino” edito ormai da decenni in occasione della fiera campionaria di San Pietro.

Anche in quest’epoca di recessione, anzi di depressione economica, non è fuori luogo o fuori tempo introdurre quest’àncora di salvezza, nonostante la maggioranza degli opinion leader, supportata dal codazzo di “autorità civili, militari e religiose”, continui a proferire, a mo’ di mantra taumaturgico, le parole chiave di quest’epoca di insipienza: “sviluppo”, “nuovi posti di lavoro”, “fase della crescita”, et similia. E tutti gli altri a ripetere con salmodiante ottusità l’unico ed immodificabile credo di cui possa asserirsi l’incontrovertibile verità: crescita ora e sempre, amen.

Ci sfugge, forse, che in nome della crescita ci siamo intossicati di consumismo, abbiamo scordato cioè di essere prima persone e poi consumatori e siamo caduti nel topico circolo vizioso consumo-lavoro-guadagno-consumo; ci siamo auto-condannati alla schiavitù dei lavori forzati con la convinzione di essere liberi; siamo stati indotti a lavorare 24 ore su 24, anche di sabato, di domenica ed in tutte le feste un tempo comandate, ultimamente in nome delle “liberalizzazioni”; abbiamo fatto di tutto (riuscendoci benissimo) per distruggere quel che rimane del nostro bel territorio con colate ininterrotte di asfalto e cemento; ci siamo rinchiusi in case-alveari in cui è bandita la parola “comunicazione” (anche con il vicino dirimpettaio, di cui a volte non conosciamo nemmeno il nome; salvo poi litigarci nell’assemblea condominiale); abbiamo prodotto così tanti rifiuti che non sappiamo più sotto quale tappeto andare a nascondere; in molti casi (trovata geniale!) abbiamo pensato bene di trasformare questa spazzatura in CDR (combustibile derivante da rifiuti) e quindi in particelle tossiche: forse per poterle più facilmente respirare e trattenere nei nostri polmoni finché morte, possibilmente precoce, non sopraggiunga; siamo diventati obesi e pregni di colesterolo, diabete, gotta, e ci siamo ammalati di (chissà quale) benessere; le automobili ormai dominano il paesaggio urbano e noi ci siamo incolonnati in code interminabili di traffico frenetico e congestionato, con il rischio di incidenti elevato all’n-esima potenza; siamo arrivati a passare interi quarti d’ora ogni giorno (sprecando così un po’ della nostra vita) per trovare un parcheggio; ci siamo assuefatti a vivere in fila ovunque; siamo sempre sotto stress e frequentiamo periodicamente il medico di famiglia per la prescrizione degli ansiolitici; abbiamo creato un sistema mostruoso che non si cura della felicità delle persone, ma del profitto senza se e senza ma. Punto.

Ma siamo proprio certi che valga la pena di seguire come tanti allocchi questa benedetta “crescita”? A noi sorge il dubbio che dietro la password “crescita” si celi un grande inganno, oltre che una perdita di tempo (che sarebbe invece più opportuno dedicare a noi stessi).          

Ebbene, per chi non lo sapesse ancora, diciamo che esiste anche la “decrescita felice” che non è un ossimoro, né una trovata dell’“antipolitica” dell’ultima ora, né un crampo mentale di un deviato folgorato sulla via di Damasco dell’Economia, ma, purtroppo (anzi, per fortuna!) una necessità non più procrastinabile. Parlare di decrescita felice, elogiare la lentezza, pensare seriamente al downshifting (scalare la marcia) non è essere rei di porto abusivo di utopia, ma capire l’Economia, finalmente anche nella sezione in cui si parla di produttività marginale decrescente. L’evoluzione ulteriore sarebbe introdurre nella grammatica del nostro vocabolario il termine Ecosofia, ma questo forse, e per ora, sarebbe chiedere troppo.

*  *  *
E’ ovvio che il potere in tutte le sue epifanie, per mantenere le sue posizioni, deve spargere voci tendenziose e false sulla decrescita, insinuando che questo significhi smettere di produrre, sdraiarsi sul divano, indossare le pantofole, vivere da parassiti, aumentare la disoccupazione, ritornare al passato.

Tutt’altro. Decrescita felice può significare tornare a percorrere una via accessibile, avere un’ottica di lungo respiro, lavorare meno ma lavorare tutti, produrre valori reali e non finti, perseguire il giusto profitto, focalizzare l’attività del paese su ciò che è sensato come: cultura, ambiente, benessere, recupero e salvaguardia del territorio, cibo, vino e olio di qualità, restauro dei nostri centri storici, valorizzazione dei beni culturali materiali e immateriali, ricerca pura, valore intellettuale, empatia, tradizioni, mercato equo e solidale, prodotti a chilometri zero. Roba, insomma, in cui gli italiani sono sempre stati storicamente dei grandi.
Decrescita felice può significare anche riduzione degli sprechi; calo dei consumi al quale far corrispondere un aumento del nostro grado di libertà; utilizzo dei piedi quale nostro miglior mezzo di locomozione; aumento della nostra attività fisica (anche senza la necessità di spendere dei soldi per pedalare su di una bicicletta ferma in una palestra); miglioramento delle nostra salute e del nostro star bene; diminuzione dell’obesità, del diabete, dei trigliceridi e di tutti i malanni di questo “secol superbo e sciocco”.

Non è possibile continuare a dar retta a chi ci riempie la testa (e qualcos’altro) di crescita senza fine. Il mondo non può andare a finire in una discarica. Chi predica la crescita senza limiti o è in mala fede o non sa (più) quel che dice. E non si sa, tra le due opzioni, cosa sia peggio.

Oggi siamo attorniati di tecnici, di professori al governo, di Banca Centrale Europea, di Fondo Monetario Internazionale, di Autority di ogni risma (e di tanti servi) che non fanno altro che ripetere il ritornello del salmo responsoriale sulla crescita benedetta quale cosa buona e giusta. Ma non ci sfiora per nulla il dubbio che uno dei nostri problemi sia il fatto che riponiamo troppa stima e fiducia in chi siede nelle stanze del potere?

Accade che anche quando critichiamo chi prende le decisioni siamo un po’ in soggezione: pensiamo che i cosiddetti “tecnici” abbiano studiato tanto, che ne sanno più di noi, che siano consapevoli della responsabilità che hanno sulla nostra vita. In verità, in verità vi dico che molti di questi professoroni - che a volte danno l’impressione di credere che il mondo possa essere regolato attraverso le formule - brancolano nel buio come e forse più di noi altri.

L’Economia e la Finanza sono mere discipline accademiche, dunque libere di sbagliare e contraddirsi a piacimento. Le leggi economiche non sono mai deterministiche ma al più probabilistiche. Nessun economista ha la verità in tasca. Bisogna stare molto attenti in questo, ed evitare di trasformare in “pensiero unico” privo di contraddittorio tutto ciò che ci viene propinato dall’alto delle cattedre.

Parola di economista.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 18/07/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 4030 volte)

Recentemente  mi son capitate per le mani alcune fotocopie di articoli di giornale (quelle  stesse recapitate nelle mani di molti concittadini).
Stavolta il termine “fotocopia” è da intendersi nella duplice accezione: fotocopia di articoli (estrapolati da una testata giornalistica) e articoli-fotocopia (nel senso che i “diversi” articoli tratti dai “diversi” giornali danno l’impressione di essere uno la fotocopia dell’altro). Potrei sbagliarmi di grosso, per carità. Ma il dubbio rimane, eccome.
Sì, perché la vera differenza tra un articolo e l’altro sembra essere soltanto la firma del “giornalista” (si fa per dire) oltre che ovviamente la denominazione del “giornale” (si fa sempre per dire), e qualche periodo qua e là rimaneggiato.
Finanche le foto a corredo degli “articoli” (chiedo venia, ma non riesco proprio ad omettere le virgolette), le loro inquadrature, il formato, i sorrisi di circostanza dei protagonisti stampigliati sulla carta sono i medesimi. In questi pezzi perfino le risposte riportate nell’“intervista” sembrano frutto di una clonazione non eterologa: capita sovente che l’intervistato esprima gli stessi concetti, ma certamente a seconda dell’interlocutore o della domanda – a meno che non si sia di fronte ad un Robocop qualsiasi - li esterni di volta in volta con parole diverse, e non nella stessa ed identica maniera, punti, virgole, trattini e virgolette inclusi.
Ora è pur vero che - almeno in linea teorica - potrebbe accadere che una scimmia battendo a caso i tasti di una macchina da scrivere (o di un computer)  finisca per comporre la Divina Commedia (e magari riesca pure in photoshop a clonare delle foto scattate da altri), ma converrete con me che si tratti di un evento con una probabilità così remota che non sbaglieremmo di molto se la facessimo tendere a zero. Così come credo che sia pressoché nulla la probabilità che questi “giornalisti” di quotidiani a tiratura locale e finanche nazionale abbiano per puro caso (come nella storia della scimmia e della Commedia) effettuato le stesse battute in modo tale da ottenere quale risultato finale dei report giornalistici, testimonianze incluse, pressoché identici.
Non so se qui siamo di fronte a casi di vero e proprio plagio o a casi - molto comuni per la verità - di ampie ed inconfessate citazioni, né, a dire il vero, m’interessa più di tanto.
Sorge il dubbio però che più che di una notizia - che il giornalista-segugio (come invece dovrebbe essere) sia andato a scoprire con il lanternino - qui si tratti di un vero e proprio comunicato-stampa emanato da un ente o da un soggetto che ha bisogno di farsi propaganda in qualche modo, e che il giornalista si ritrovi bello e pronto, scodellato nella sua mail, pronto per l’uso, diciamo, promiscuo.
Successivamente, lo stesso giornalista, senza scomodarsi dalla sua scrivania, magari solo per visitare i luoghi e rendersi conto di persona di cosa egli stesso stia parlando nel suo pezzo, senza porsi o porre delle domande agli interessati, si limiti a qualche piccola spuntatina qua e là, qualche ritocco, un  po’ di maquillage, un copia ed un incolla, una limatura ed una perifrasi, ed ecco che ottiene il suo bell’articolo pronto per l’impaginazione.   
Sia chiaro ancora una volta: qui non si sta dicendo che non sia giusto fare un comunicato stampa. Ci mancherebbe altro: ognuno fa il suo mestiere, e s’ingegna di farlo nel migliore dei modi, e cerca di ottenerne la giusta visibilità magari a buon mercato. Qui si sta invece sottolineando il fatto che un comunicato a mezzo stampa dovrebbe rimanere tale anche sulla carta stampata e non trasformarsi in un articolo come se fosse farina del sacco del giornalista di turno (che invece, in tal modo, non mi sembra abbia sudato le classiche sette camicie per far bene il suo mestiere).


A volte purtroppo non esistono nella nostra collettività (stavo per dire comunità) livelli sufficienti di anticorpi che facciano riflettere con la dovuta serenità su tutto quanto ci viene propinato dalla cosiddetta informazione di massa. Capita così che intere generazioni di persone gementi e piangenti in questa valle di perbenismo ipocrita (e non riuscendo nemmeno a discernere un articolo vero da un paracarro) vengano indotte a bere, ad ingoiare e a digerire certe brodaglie come verità rivelate senza mai essere sfiorate da un seppur minimo dubbio.
La causa di tutto questo è ancora una volta lo pseudo-giornalismo, anzi gli pseudo-giornalisti. “Pseudo”, come dice il mio Devoto-Oli, è “primo elemento di composti, derivati dal greco o formati modernamente, col significato di falso, apparente, esteriormente simile” [il  corsivo è mio].
Gli pseudo-giornalisti, dunque, non sono – come qualcuno vorrebbe insinuare - tutti gli scrittori (o gli scriventi) di fatti e di opinioni non iscritti all’“Albo dei giornalisti” (Albo, oltre tutto, di memoria fascista, che c’è solo in Italia e non negli altri paesi europei e del quale Indro Montanelli stesso scriveva che fosse da abolire in quanto “…non ha alcuna funzione, se non quella comune a tutti gli ordini professionali: difendere le mafie di interessi corporativi”  - citazione di seconda mano, tratta da “La deriva” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, Rizzoli, 2008, pag. 238).  
Dovremmo invece in quanto cittadini essere tutti giornalisti, pur senza iscrizione all’albo, liberi di scrivere fatti ed opinioni, con un auspicabile seguito di lettori inversamente proporzionale al valore dello spread tra i primi e le seconde.
Invece siamo costretti a leggere gli elaborati di “giornalisti”, questi sì pseudo, pur se iscritti all’albo, che lungi dall’assumere la figura del watchdog, cane da guardia, come si converrebbe, diventano di fatto cani da passeggio, tenuti al guinzaglio, scodinzolanti e leccanti, forse per essere introdotti nella corte dei miracoli; invece di alzare la testa e porre domande vere la inchinano proni al bacio della pantofola di questa o quell’altra “autorità civile o religiosa”; invece di scrivere con l’inchiostro vero intingono le loro penne nella saliva; più che fare gavetta ed esercizi di ricerca e di scrittura indugiano negli esercizi spirituali; invece di aprire gli occhi e vedere fingono di essere orbi e ciechi; invece che lottare per la pluralità dell’informazione contribuiscono (anche con i loro copia-incolla) al pensiero unico dominante.
Ecco: lo pseudo-giornalista è chi si affianca (e non rintuzza) chi si arrabatta a manipolare vite e coscienze (magari per inseguire il suo personale treno dei desideri), chi si serve dei mezzi e mezzucci e fa da scudo ai navigatori sotterranei conto terzi, chi assume la veste del turiferario o del trombettiere e non permette ai propri lettori di discernere l’eventuale iato tra il verbo “sapere” e il verbo “credere”. Lo pseudo-giornalista si è ridotto ad appoggiare i predicatori del regime della ciarla, e a dar voce a chi, parlando spesso a vanvera, per indole e formazione è uso propinare urbi et orbi e ad ogni livello intere menzogne o al massimo mezze verità.          
E’ pseudo-giornalista, insomma, chi dimentica che la bugia va avanti, ma la verità le corre dietro.

Antonio Mellone

 

Se qualcuno non se ne fosse accorto che da un anno in qua stiamo sprecando il nostro fiato (virtuale) per parlare della vecchia scuola elementare di Noha ancora chiusa per paradosso, non per ferie, o non siamo in grado di farci intendere (e volere) oppure siamo circondati da concittadini (e da politici) con una prontezza di riflessi che il  bradipo, al confronto, è una scheggia.
C’è da deprimersi davvero al pensiero che esistono dei nohani che si scandalizzano per delle cose che non vanno, solo quando in televisione appare quel pagliaccio felpato di rosso denominato Gabibbo (veramente sono andati in visibilio per anni per un altro pagliaccio che faceva finta di governarli), mentre invece ad un fischio dalla loro abitazione, con lo sperpero di centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico, s’è finanziata la ristrutturazione di una novella cappella nel deserto.

*  *  *

Da oltre un anno stiamo assistendo attoniti a questo film horror girato a Noha. Il film è quello di un bene pubblico, come un centro sociale di rara bellezza, che non può entrare in funzione in quanto manca il collegamento alla rete elettrica: un’inezia, un particolare, una quisquilia come le altre.
Qualche giorno fa, a proposito di questa ennesima cosuccia che non va, è apparso su questo sito un commento cornuto (nel senso che è stato vergato da tale Sandro Corna) in cui giustamente si evidenziava il fatto che alla vecchia scuola elementare di Noha non manca la luce (ce n’è a volontà ed entra a fiotti copiosi, anche quando non servirebbe, dai vetri delle finestre costruite apposta senza ante, o scuri o lustri), bensì l’energia elettrica.
Sì, in effetti l’impianto c’è ed anche le prese (soprattutto quelle per i fondelli), ma manca l’allaccio al sistema elettrico nazionale.

*  *  *

E qui non si può non osservare che tra i due ingegneri ciceroni, il Memmi ed il Cocciolo, seppur in maniera edulcorata, ma non tanto da non potersi percepire, si evidenziava una divergenza di vedute mica da poco. Mentre il progettista dei lavori continuava imperterrito, come una macchinetta, ad osannare lavoro, uomini, tecniche e materiali utilizzati alla bisogna, l’assessore Coccioli sembrava voler smadonnare dicendo papale papale: “Ma perché cavolo non ci avete pensato prima a chiedere che cosa servisse all’ente elettrico per l’allaccio di questa benedetta (o maledetta) scuola? Se vi foste svegliati prima, non mi sarei trovato io con questa patata bollente da pelare (ché non so manco da dove cominciare!)”.
Ebbene sì, avrebbe potuto parlar chiaro, l’assessore, ed avrebbe anche acquisito punteggio ai nostri occhi (per quel che vale), ma, ahinoi, ancora una volta abbiamo dovuto ascoltare il solito: “Mo’ vediamo; nel frattempo cercheremo; proveremo un allaccio provvisorio di 10 kwh (?), anche se purtroppo non funzionerà né l’impianto di riscaldamento [ma tanto a Noha abbiamo un sacco di buoi e asinelli, n.d.r.], né quello di raffreddamento [siamo abituati a passare il nostro tempo facendoci vento con il ventaglio, n.d.r.], né i pannelli fotovoltaici ubicati sulla terrazza [che vuoi che sia, ce ne stanno a bizzeffe in mezzo alla campagna per produrre energia per le compagnie private di mezza Europa, n.d.r.]”.

*  *  *

Ricapitolando, qui siamo di fronte al più classico degli scaricabarili tra progettista, pubblica amministrazione (nel senso di politici e funzionari dell’ufficio tecnico comunale), l’Eni, la società di cui il comune di Galatina ci pare aver capito sia cliente, e la di fatto monopolista Enel, alla quale non gliene frega nulla né di Noha, nè dell’assessore, nè dei tecnici comunali, e tanto meno dell’Eni di cui è fornitrice-concorrente.
Avete presente, a mo’ d’esempio, i rapporti tra Fastweb o Tiscali o altri sub-fornitori di servizi e Telecom Italia? Non v’è mai capitato un guasto, anche banale, per cui abbiate dovuto fare i salti mortali pur di venirne a capo, in quanto Fastweb (o Tiscali, ecc.) rimanda tutto a Telecom, e Telecom di cui non siete clienti vi fa attendere il tempo del poi che è parente del mai? Bé, qui a Noha sta accadendo qualcosa di simile. L’Enel ha specificato in maniera chiara e tonda (ma non ufficiale) che senza una cabina costruita con tutti i carismi e, appositamente, all’interno della scuola, non procederà mai e poi mai all’allaccio energetico. Alcuni tecnici consultati ci hanno rassicurato che avrebbe potuto benissimo farlo pur senza cabina, ma non essendoci l’immediato interesse (dell’Enel, mica dei cittadini) non è tenuta ad allacciare alcunché. E sì, l’Enel non è mica un ente pubblico. L’Enel è una società privata, ed in quanto tale non guarda in faccia a nessuno. L’Enel deve vendere energia, fare business, fatturato e soprattutto profitti, soldi, e tanti. Cosa volete che importi all’Enel del comune, dei centri sociali, dei minorenni o dei maggiorenni, delle opere pubbliche, dell’assessore, e del sindaco (Daniela inclusa)?
Ma, signori, questo è il privato. E pensare che intere generazioni di allocchi continuano a credere, ancora oggi, che il privato (anche in settori strategici come energia e acqua) sia più efficiente del pubblico.
Il privato, da quando mondo è mondo, si muove solo per interesse, che mai, manco per sbaglio, coincide con quello del cliente. E men che meno con quello della collettività.
[Continua nella parte quinta di quattro. Cioè 5/4, nota in matematica come una “frazione impropria”. Proprio come Noha]

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 25/09/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3658 volte)

Carissimo Lino,
non buttarti giù in questo modo. Uno che scrive una lettera come la tua, tutt’altro che “striminzita nel testo di esposizione”, e infarcita di lemmi ed espressioni del tipo “malgrado non sia avvezzo”, “ [i testi] viscerali e sentiti”, “accezione etimologica”, “il modus vivendi”, “il mio compiacimento”, e ancora “eufemismo”, “PRAGMATISMO”, e mille altre amenità forbite e ricercate, è tutto men che affetto da “scarsa cultura”.
Che gli strafalcioni, tuttavia, siano sempre in agguato è ben risaputo e possono capitare a tutti: chi non scrive non incorre mai in errore, né di ortografia, né di grammatica, né di sintassi, né di altro tipo. Al massimo si macchia del peccato di omissione (che credo sia uno dei più gravi).

Se ho segnato con il [sic] e successivamente messo tra virgolette il tuo “soluzionare” è stato per evidenziare invece le tue doti di neologista. Guarda che “soluzionare” non è poi così ripugnante, tanto che l’ho utilizzato nel prosieguo del mio articoletto, pur sempre tra virgolette (ma solo per questioni di copyright).
“Soluzionare” rende l’idea, e non è peggio di mille altri verbi che ormai s’utilizzano correntemente, ma non sempre correttamente, come “implementare”, “monitorizzare”, “taggare”, “scannerizzare”. Ma tant’è.
Quanto al mio “linoleum”, sì, è l’olio di lino, il quale con opportuni processi non solo ossidativi, passando dallo stato liquido allo stato solido, diventa il linoleum (di cui sono composti i pavimenti). Lino-oleum = linoleum, c’est plus facile, come per il Sanbittèr.

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Ma ora lasciamo perdere le questioni di lino lana caprina, per entrare nel merito della tua epistola. Che in qualche tratto ha tutta l’aria di una excusatio non petita.
Ovviamente qui non mi metterò a chiosare per filo e per segno ogni rigo della tua missiva con il pericolo di non finirla più (e con il rischio che la testa mi caschi sulla tastiera, ed un paio di attributi per terra), ma soprattutto perché, prima di ogni nostra batracomiomachia, viene la battaglia per la messa in funzione della vecchia scuola elementare di Noha, per la quale dovremmo essere tutti uniti, evitando possibilmente di fare la fine dei capponi di Renzo Tramaglino, mentre questi era diretto alla volta del dottor Azzeccagarbugli.

Tu, caro Lino, sei vittima come me, e come molti altri nohani inconsapevoli, della spesa pubblica di 1.300.000 euro effettuata per la ristrutturazione della vecchia scuola elementare; spesa che finora non ha portato a nulla se non ad un semilavorato inservibile. E forse non è chiaro nemmeno a noi quanto ci abbiano preso in giro (non voglio credere per dolo, ma sicuramente per colpa, cioè per negligenza, imperizia, superficialità, e soprattutto per sciatteria nei confronti di Noha). Dunque io non sono contro di te, in questa lotta, ci mancherebbe altro. Ma insieme a te vorrei trovare altri concittadini per fare fronte comune (ovviamente discutendone, anche animatamente, come stiamo facendo noi).  

Mi piacerebbe che su questo sito ci fossero altri interventi sul tema, pertinenti e perfino impertinenti, per mantenere alta la tensione nei confronti di tecnici e politici che dovrebbero mettere all’ordine del giorno, fino alla sua soluzione definitiva, il problema di questa benedetta vecchia scuola elementare di Noha.
Sarebbe ora che altri cittadini, degni di questo status, facessero le loro rimostranze per il fatto che tecnici e politici si siano fatti vivi a Noha solo dopo tre mesi e passa di suppliche, insistenze, video, inchieste, articoli e telefonate in merito. Se ci fossimo rivolti a Benedetto XVI avremmo sicuramente ottenuto udienza molto prima di quella gentilmente concessaci da questo stramaledetto (sedicesimo) apparato burocratico.

Sarebbe ora che i nohani si agitassero per il fatto che non ci abbiano ancora inviato la lista degli arredamenti previsti per la struttura de quo, che ci avrebbero fatto avere “subito subito”, come da promessa (da marinaio) fatta nel corso dell’ultima visita guidata nella struttura. Sarebbe ora che anche gli altri concittadini alzassero la testa e si interrogassero sul perché i nostri rappresentanti non si siano mai degnati di farsi vivi  per iscritto. Ovviamente nemmeno quelli di opposizione (che non si oppongono) hanno fatto capolino dal loro rifugio segreto. Qualcuno m’ha pure riferito che se noi altri avessimo “presentato domanda come previsto dalla legge”, sicuramente avremmo ottenuto risposta. Sì, come no. Magari in carta da bollo.
Converrai con me, caro Lino Mariano, che quando tutte queste “autorità” cominceranno a capire che la massima carica istituzionale è quella del cittadino sarà sempre troppo tardi.

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Congratulazioni per il tuo curriculum professionale, per i titoli, i galloni, i pennacchi e le “gratificazioni a non finire” ricevute dalla tua azienda. A saperlo prima ne avrei fatto oggetto di uno degli articoli della rubrica “Curriculum Vitae” che tenevo sul defunto Osservatore Nohano, del quale, se non erro, eri uno dei nostri 25 affezionati lettori.
Tu hai scritto che hai fatto tutto questo senza chiedere niente a nessuno. Molto bene. Ma perché considerare eroico quel che dovrebbe essere normale? Perché vedere come straordinario quello che dovrebbe essere ordinario? Se uno ha conquistato il suo posto di lavoro grazie alla sua bravura, o come si dice oggi per “meritocrazia”, ha fatto semplicemente il suo dovere. Non vedo dove sia la notizia. Così come non dovrebbe esser notizia il fatto che uno paghi le tasse, rispetti la legge, non rubi, e rispetti l’ambiente. Insomma, se è vero che la notizia non è il cane che morde l’uomo, semmai quella dell’uomo che morde il cane, qui mi pare che ci troviamo nel caso topico in cui il cane che non abbia morso proprio nessuno.

Continuando a scorrere la tua lettera, leggo la seguente espressione: “Per quell’assunzione [in Fiat] non devo dire grazie a NESSUNO se non (come tanti di Noha) a qualche membro della MIA FAMIGLIA”. E qui qualche “domanda sorge spontanea” anche a me, della serie: cosa avrà mai voluto dire il nostro Lino?
Io mi sono dato questa risposta. Questo qualcuno altri non potrà che essere il padre, o la madre (che ricordo entrambi con affetto) o anche gli altri famigliari, ed il grazie è soltanto per la vita, per l’educazione ricevuta, per la scuola di formazione ai valori dell’onestà, dell’intraprendenza, della voglia di lavorare, dello spirito di servizio, di abnegazione e di sacrificio. Per questa roba e non per altra! Altre forme di “aiuto”, diverse da quelle testé enunciate, non credo siano permesse.
Io penso che quel NESSUNO - che tu scrivi a caratteri cubitali - debba significare nessuno, sic et simpliciter, nessuno punto e basta, e non “nessuno tranne uno però famigliare”. Mi chiedo, nella mia ingenuità: forse che chiedere “un aiutino” a qualcuno della propria famiglia sia meno grave che chiederlo ad un estraneo? E dunque se mi raccomanda un parente va bene, se invece dovesse essere un terzo, no? Ma che ragionamento è codesto? Se fosse vero questo saremmo fermi ancora ai tempi del quarantennio di monossido di democrazia cristiana. Ma non voglio proprio pensarlo. E certamente avrò male interpretato le tue parole.

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Tralascio il discorso sul primo (e per fortuna ultimo) consiglio circoscrizionale di Noha, che se non sbaglio aveva soltanto “poteri” di proposta. Chissà perché lo avranno abolito. Non sarà stato forse perché considerato come l’ennesimo organismo inutile per l’organizzazione del nostro comune? Probabile. E senza dubbio meglio così se uno dei suoi membri migliori (figuriamoci gli altri) ancora oggi è costretto ad utilizzare espressioni altamente “politiche” come la seguente: “Chi avrebbe dovuto darmi una mano per quanto gli ho dato, ha appoggiato altri e non me”.  

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Ancora onore a te ed alla tua onestà per aver rifiutato al “compianto amico preside e presidente di una sessione di esami di maturità il conferimento di un diploma magistrale, che [ti] avrebbe sempre con il suo aiuto (allora si poteva) [sic] fatto vincere il concorso per l’insegnamento”. Hai fatto benissimo ad opporgli il gran rifiuto. Non so come fosse possibile una cosa del genere (sempre se ho ben capito) e cioè il regalo di un diploma. Se avessi accettato avresti fatto la figura del Trota (ma di Trota basta e avanza l’originale).

Ma anche in questo caso, non mi è chiaro quel tuo successivo inciso tra parentesi: “allora si poteva”. Si poteva cosa? Ottenere una cattedra grazie all’interessamento di un amico preside? Io non credo proprio che si potesse. Mi rifiuto di crederlo. Penso che anche allora, come ora e come sempre, fosse illegale, anzi di più, disonesto, un abuso, una vigliaccheria, un’ingiustizia nei confronti di chi invece non poteva permettersi il lusso di qualche santo in terra (più che in paradiso) e si trovasse, poveretto, a partecipare, ignaro di tutte le magagne ordite contro di lui, in un rito di ipocrisia chiamato “concorso pubblico”. Concorso di cosa? O forse che anche questo sarebbe “pragmatismo”?
Invece, a mio avviso, quel preside si sarebbe dovuto denunciare alla magistratura su due piedi; senza se e senza ma, anche per il fatto di aver solo pensato al più classico dei favoritismi (o clientelismi, o parassitismi, o altra tipologia di ismi, che hanno ridotto il nostro Stato in un colabrodo).

E bene hanno fatto i tuoi figli (amici che saluto tutti cordialmente) a non chiedere aiuto a nessuno, e a farsi in quattro svolgendo ogni tipo di lavoro (dopo la laurea mi misi anch’io a lavare bicchieri in un ristorante, quindi so di cosa si parla), e sopportando la croce dell’emigrazione, che sovente per chi parte e per chi resta è così pesante che chi è credente potrebbe trovarne una di maggior gravezza soltanto in quella che portò il Cristo.

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E veniamo al pragmatismo, anzi al PRAGMATISMO, ripetuto come il ritornello di un novello salmo responsoriale.
In cosa consisterebbe questo pragmatismo? Nell’incensare con il turibolo sindaco, giunta e tutto il cucuzzaro (pur senza aspettarsi nulla in cambio in quanto mai fatto, anzi mai “unto e leccato nessuno in passato, anche quando ce ne sarebbe stato il bisogno”)? Ed in cosa sarebbe “cambiato sensibilmente questo vento”? Nel fatto che questi nuovi rappresentanti siano meno peggio degli altri (e cioè che l’indecenza di quegli altri toccasse livelli così elevati da risultare fuori concorso)?

Caro Lino, io credo che pragmatismo sia attendere i risultati prima di cantar vittoria e non lodare e ringraziare ogni momento i compagni di partito a priori e a prescindere. Credo significhi stare con i piedi per terra (per esempio con 10 kwh non penso proprio che potrà entrare in funzione l’impianto di condizionamento dell’aria - se mai si dovesse ottenere questo allacciamento per gentile concessione o per grazia ricevuta), e non assumere, come mi pare abbiano fatto i nostri ingegneri, l’atteggiamento tipico dei praticoni e degli affaristi.

Pragmatismo è non accontentarsi delle stupidaggini che ci raccontano dalla mattina alla sera, ma pretendere quanto meno il rispetto della parola data. E se si fosse davvero pragmatici non ci si esalterebbe per il vuoto pneumatico (qui infatti non si vedono “né ove né caddhrine”, manco con il binocolo), ma si richiederebbe a tutti il minimo esistenziale di serietà, e soprattutto il rispetto dei progetti (costati un sacco di soldi alla collettività).

Infine pragmatismo non è chiudere gli occhi di fronte alle responsabilità, non è far finta di nulla, non è “chi ha avuto avuto chi ha dato ha dato scurdammoce ‘o passato simmo ‘è Nove paisà”. E’ pragmatismo, invece, e per di più scientifico, evidenziare la storia e i fatti, e far capire alle persone (quelle che vogliono capire, per gli altri invece “è  inutile ca li fischi”), chi ha fatto chi, e dove, e come, e quando, e perché si sarebbe potuto fare e non s’è fatto, e non invece far finta di nulla, mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi (qui una z potrebbe essere sostituita con una n), e ripetere a pappagallo “u fattu è fattu e l’arciprevate è mortu”. Altro che dietrologia. Questa è “avantilogia”, e le cose migliorerebbero infinitamente se si riuscisse a bilanciare il sapere ed il credere (oggi, per comodità, molto sbilanciato, anzi assolutamente squilibrato a favore del secondo).
Con questa storia “del fatto è fatto” non si sa più chi debba rispondere delle proprie azioni o inazioni, sicché a pagare rimane il solito Pantalone.

Il “fatto è fatto e l’arciprevate è mortu” rievoca molto l’istituto giuridico della prescrizione. Quella prescrizione che ha ammazzato tanti processi, e che ha fatto cantare vittoria a tanti personaggi, uno meglio dell’altro, a partire da Giulio Andreotti (colpevole per concorso esterno in associazione mafiosa, ma non condannato per intervenuta  prescrizione), per finire al piccolo cesare arcoriano (il minuscolo non è casuale) per una serie di altri reati, che non sto qui ad elencare. Certo, noi non siamo giudici, ma cittadini. Ed in quanto tali abbiamo il diritto-dovere di sapere, conoscere, intendere e volere.
Ah dimenticavo: anche nei famosi condoni (fiscali, edilizi, tombali, ecc.) è come se venisse recitato con salmodiante ottusità “il preziosissimo proverbio”: u fattu è fattu e l’arciprevate è mortu. Vogliamo accodarci anche noi a codesto coro belante, sapientemente sfruttato dai paraculi di professione?       

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Caro Lino, scusami se non mi dilungo oltre su questi e su altri interessanti punti della tua letterina, ma rischierei di non finirla più.
Sono certo che continuerai anche tu, insieme a me (ormai non puoi più tirarti indietro) a lottare per l’apertura di quel nuovo centro sociale nohano, che ci auguriamo avvenga nel migliore dei modi, senza ripieghi, espedienti e rimedi abborracciati di secondo ordine (il famoso “uovo oggi”, che quasi sempre è anticamera della “gallina mai”).

Vedrai che alla fine, magari ad obiettivi raggiunti, festeggeremo insieme. E vedrai anche che in quell’occasione anche io mi esibirò in lunghi e sperticati elogi, plausi, complimenti, e lustrate nei confronti dei nostri preparatissimi amministratori e tecnici. Naturalmente con un’abbondante dose di olio di lino (o linoleum, c’est plus facile).
Con altrettanta simpatia, e anch’io ovviamente senza rancore,

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 19/10/2012 @ 00:00:00, in I Beni Culturali, linkato 3315 volte)

Qualche portatore sano di cultura (nel senso che ne parla in continuazione senza esserne minimamente affetto), in buona compagnia con le solite grandi menti locali, ne ha sparata un’altra delle sue a proposito della vecchia scuola elementare di Noha. Sentite questa: la colpa di eventuali atti vandalici a quella benedetta struttura sarebbe nostra, cioè di noi altri che da un bel po’ stiamo rompendo l’anima su questo tema. Dunque sarebbe nostra la responsabilità nel caso in cui dovessero accadere degli atti vandalici alla struttura de quo testé “restaurata” (è d’uopo, per ora, vergare certe parole grosse con le virgolette, almeno fino a quando la struttura non verrà finalmente aperta al pubblico con tutti i carismi), non in quanto mandanti diretti di scelleratezze criminali, non perché si potrebbe cogliere nelle nostre parole istigazione al vandalismo nichilista, non perché il nostro interesse recondito sarebbe quello di una novella distruzione del lavoro fin qui “gregiamente” (senza la e) svolto, ma semplicemente perché ci siamo azzardati ad evidenziare il problema, e dunque avremmo svegliato il can che dorme (ma secondo il nostro modesto punto di vista i cani che dormono sono ben altri).
I nostri ghirigori di parole, secondo gli scienziati locali, non avrebbero fatto altro che accendere i riflettori (senza Enel purtroppo) sulla struttura della vecchia scuola elementare di Noha, sicché avremmo dato una buona idea, anzi un’occasione propizia al vandalo di turno, risvegliandone i sopiti impulsi. Il vandalo/vangàle, dunque, che non sapeva dove sfogare per prima i suoi istinti più truculenti ha avuto finalmente l’illuminazione (e ridaje) dopo aver letto in Internet i nostri trafiletti di denuncia, ed avrebbe poi deciso di dare il suo colpo di grazia (o di disgrazia a seconda dei punti di vista), infierendo su di un bene così appartato, così sperduto, così introvabile e quasi invisibile che non gli sarebbe mai venuto in mente se nessuno glielo avesse indicato scodellandoglielo sotto il naso. Dunque per questi matematici nostrani, facendo due più due il risultato non può che essere uno: il vandalismo eventuale sarà in correlazione diretta con la nostra attività di denunzia.  
Se invece non ne avessimo sollevato il polverone, nessuno avrebbe saputo nulla e nessuna pulce sarebbe mai stata piazzata nell’orecchio di teppisti e saccheggiatori. Davvero una logica ferrea, un ragionamento impeccabile, un’inferenza da statistici rigorosi.
Ma sì, in fondo, i vandali siamo noi. Che ci viene in mente di dire urbi et orbi (e perfino in televisione, quando verrà) che a Noha si rischia di buttar via dei soldi pubblici. Anziché far nostro il “sopire troncare, padre molto reverendo, troncare sopire” di manzoniana memoria, anziché lavare i panni sporchi in casa nostra, o nel canale dell’Asso, possibilmente insabbiando il più possibile, ci mettiamo a dire che qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo dovere. Ma che cittadini insolenti che siamo; che razza di gente per nulla pragmatica.

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Veramente di corbellerie sesquipedali di questa stazza avevamo già avuto sentore in più di qualche occasione. Una di queste fu a proposito del bene culturale più particolare di Noha (veramente lo sono un po’ tutti, particolari): e cioè lo chalet fulvo, la rubiconda “casa pedrera” nohana, quando ne parlammo tanti anni fa per la prima volta. Secondo un autorevole personaggio locale, se avessimo taciuto, come per incanto, nessuno (soprattutto le tarme) avrebbe manomesso la lignea porta  d’accesso alla casa rossa, come pare talvolta qualche pirla s’azzardasse di fare.
Sì, come no: se avessimo fatto finta di nulla la casa rossa e gli altri beni culturali sarebbero ora stati restaurati e resi fruibili in quattro e quattro otto, secondo un equilibrio pubblico-privato virtuoso, ideale, perfetto. Se non ne avessimo trattato nel catalogo dei beni culturali, se non se ne fosse parlato in “Salento d’Amare”, prima, e in “Terra tra due mari”, poi, nessun proprietario privato avrebbe costruito villoni bifamiliari da Beverly Ills nelle loro immediate adiacenze, e nessun muro di Berlino con cuccetti di tufo (benché, ci auguriamo, temporaneo) sarebbe stato innalzato alle spalle della porta d’ingresso di quella casa prospiciente la pubblica strada. Se noi sottoscritti rompiscatole non avessimo steso articoli e pubblicato libri, se non avessimo indetto convegni, raccolto firme, girato documentari, promosso visite guidate, la Sovrintendenza avrebbe apposto il suo vincolo di propria iniziativa, automaticamente, per opera dello Spirito Santo paraclito, e dunque finanche il frantoio ipogeo si sarebbe scoperto da solo, rivelato da sé, e si sarebbe pure restaurato e (giacché c’era) si sarebbe anche trasformato in un battibaleno nel museo nohano di civiltà contadina; la torre medievale si sarebbe ristrutturata, illuminata, recuperata dall’abbandono e dall’oblio per mano di una joint-venture miracolosa e inedita; il castello sarebbe da un bel pezzo aperto al pubblico (ovviamente con tutto il parco degli aranci) per mostre, incontri culturali, spettacoli di musica e teatro per grandi e piccini; se avessimo taciuto ancora per un po’, le sozzure pervicacemente portate avanti dagli uomini del fare, alcuni beni culturali sarebbero stati ugualmente restaurati a regola d’arte (sì, campa cavallo)…

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Ecco, alla fine i vandali siamo noi quando denunciamo il declino ed il degrado dei nostri beni culturali; e siamo noi quando smascheriamo le schifezze che vengono perpetrate alla nostra storia, alla nostra cultura ed alla nostra natura; siamo ancora noi i profeti di sventura quando leggiamo i segni della decadenza che sarà (anzi che è già) per prevenirne le cause o per curarne gli effetti e mai per propagarne la cancrena; siamo noi e le nostre considerazioni a buon mercato i vandali (e gli antipolitici) nonché i responsabili dei tumori che ci stanno devastando quando denunciamo il CDR e le mille lordure, onde il nostro territorio è stato trasformato in una discarica in nome dello “sviluppo e del progresso”; e siamo affetti da insolazione quando denunciamo la truffa del fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, operazione che stiamo già pagando caro (ed i suoi costi aumenteranno a dismisura in futuro per tutti noi). Siamo infine “estremisti” quando incriminiamo i lucchetti (questi sì moderati) che negano un passaggio (soprattutto mentale) che è anche tuo, e le serrature che negano l’accesso e la fruizione di un bene culturale. Il quale per definizione dovrebbe essere di tutti, e mai di pochi, o di uno solo.  
Non sappiamo se qui siamo nel campo del codice penale (o penoso) o del codice civile (o incivile). Ma a questo punto un reato da smascherare c’è di sicuro. E si chiama schifo.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 31/10/2012 @ 00:00:00, in Cimitero, linkato 3556 volte)

Cappelloni e cappellate

A Noha siamo abituati ai semilavorati. I prodotti finiti evidentemente non fanno per noi. Chi non ricorda la cappella comunale del cimitero, cattedrale nel deserto anche quella (e in tutti i sensi)?
Dopo il pericolo crolli, circa un lustro fa, o forse più, il Comune si assunse l’onere di restaurarla attraverso la ricostruzione del pericolante solaio. I lavori furono poi effettivamente realizzati (salvo errori) dalla ditta Gianturco di Noha.
Ma, anche in questo caso, ci troviamo al cospetto di un’opera mai ri-aperta al pubblico in quanto incompiuta (manco fosse la Sagrada Famiglia di Barcellona, inaugurata poco tempo fa da papa Benedetto XVI, dopo un paio di secoli dall’inizio dei lavori). Mancherebbe, a detta dei tecnici di allora, soltanto una mano di pittura e il solito impianto elettrico (ma in una chiesuola come quella, utilizzata ad ogni morte di papa - mo’ siamo llà - l’energia e la luce potrebbero essere rifornite da un paio di candele di cera o da due lumini con l’effigie di P. Pio).
Invece, nulla di nulla, né energia elettrica, né pittura, né candele, né lumini, né agibilità (stavamo per dire “abitabilità”). Il cappellone del cimitero è vuoto da anni e la sua campana in bronzo muta dalla stessa quantità di tempo. Sembra non vi sia stato nemmeno il collaudo (come si collauderà mai una chiesa: con una funzione solenne?), e dunque da tempo non vi mette piede anima viva, nemmeno per sbaglio, nonostante siamo in una necropoli.
Cari concittadini, se in questi giorni vi dovesse capitare di errare per i viali del camposanto di Noha, toglietevi la solita benda dagli occhi e l’auto-bavaglio impostovi dalle anestesie iniettatevi dal potere e dal perbenismo di facciata che v’induce a sorvolare su tutto e a non indignarvi di nulla, date un’occhiata a quest’ennesima cappellata nostrana, affacciatevi dalla porta d’ingresso e mirate tra le inferriate (tanto i vetri sono ormai rotti da tempo) la desolazione dell’interno, ammirate l’arte contemporanea prodotta dai piccioni e da altri animali di passaggio, e mettendo in movimento qualche neurone superstite chiedetevi che fine hanno fatto i vostri soldi (ormai cari estinti).   
Sono trascorsi diversi anni da quei benedetti lavori socialmente inutili, e quella chiesa è là a testimoniare che i morti, forse, non sono soltanto in quel cimitero ma anche altrove, a Noha, a Galatina, in certi uffici tecnici, in certi parlamenti e/o assessorati comunali.
Ora poniamo alcuni quesiti/proposte.
Anziché promuovere la costruzione di nuove cappelle cimiteriali (che non servono a nulla se non a consumare suolo rovesciandovi altro cemento - in nome dell’ostentazione di uno status che nel luogo dell’’a livella per eccellenza non ha proprio senso), e anziché costruire nuovi loculi magari al posto dei pluriennali alberi di cipresso testé troncati alla radice (aprite gli occhi e capirete dove fossero) non sarebbe il caso a questo punto di utilizzare quel cappellone per la costruzione di urne, alla stessa stregua della dirimpettaia cappella della Confraternita della Madonna delle Grazie? Almeno a qualcosa quella chiesa, dopo anni di abbandono, potrebbe iniziare a servire.
Non credete che in tal modo si eviterebbe, almeno per un po’ di anni, di prendere ulteriori pugni nell’occhio rappresentati dai nuovi loculi in cemento a tre livelli, come quelli già costruiti nella nuova area a sud e ad est nella zona cimiteriale?
Già che ci siamo ci chiediamo ancora (e se ci fosse qualcuno in grado di spiegarcelo gli saremmo grati), come mai le “nuove” cellette cementizie non sono delle stesse dimensioni di quelle costruite anni prima sul lato ovest, più contenute, più umane, più comode, e ugualmente funzionali, mentre appaiono molto più alte, quasi sproporzionate, tanto che per raggiungere il terzo livello di tombe si è costretti ad utilizzare una scala posticcia in ferro, oltretutto pericolosa? Forse che, in tal modo, i nostri defunti godono di maggior comfort?     
Ecco, questo volevamo dire a proposito del cappellone e della consueta sciatteria nohana che sembra non interessare nessuno.
Non sappiamo se qualche concittadino si sia ancora chiesto come mai il due di novembre, solennità dei defunti, non si possa celebrare la messa all’interno di quel sacro tempio - come invece avveniva anni fa - ma all’esterno (condizioni meteo permettendo).
Non sappiamo se qualcuno abbia notato lo stato pietoso in cui versa quella chiesa restaurata a metà. Non sappiamo se qualche avventore abbia notato i cipressi troncati o i nuovi loculi a tre livelli scomodi perlopiù ai vivi…  
Di certo - vista la prontezza di riflessi di molti fra loro – i nostri storici rappresentanti locali ed i loro tecnici non si saranno mica posto il problema: per costoro è già difficile che si occupino dei vivi, figuriamoci dei morti loro.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 09/04/2013 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3627 volte)

Che ingenuo che sono. Pensavo che il capitolo del mega-porco (ho già detto altrove che non mi riesce proprio di appellarlo mega-parco) e dunque della violenza che si vuol perpetrare con altro cemento nell’amena campagna di Collemeto fosse archiviato una volta per tutte. Mi sbagliavo di grosso. Pare che navigatori sotterranei conto terzi stiano ancora brigando per riportare all’ordine del giorno questa “opportunità anticrisi”.   

Da qui a qualche giorno temo che si sarà costretti ancora una volta a sentirne parlare enfatizzando - di un centro commerciale - le magnifiche sorti e progressive in termini di “volano” e “ricadute” per l’occupazione di chi di speranza vive e dunque per definizione disperato muore (e tra collemetesi e tifosi dell’onirico progetto s’annoverano circa 800 beoti martiri).

Orbene, si sarà costretti, noi altri (Tonino, Anita, Tommaso, Marcello, Alfredo, Oreste e compagnia bella prepariamoci) a caricarci la croce dell’improbo compito di scendere in piazza ancora una volta con le uniche armi di cui disponiamo, la pazienza e la ragione, per rintuzzare appena un po’ convinzioni e linguaggio di alcuni galatinesi folk (una minoranza, ma sempre troppi sono) che sembra che al posto della testa mossa in continua annuenza abbiano una betoniera.

Come già ampiamente documentato, la Pantacom srl è la società a responsabilità limitatissima che - secondo la lettura dei dati di bilancio che si evincono da una recente visura camerale, sostanzialmente identica a quella di qualche mese fa - dal punto di vista finanziario, patrimoniale e commerciale ha il valore del due di spade con briscola a bastoni, ergo assolutamente non in grado di dare al Comune di Galatina ed agli attendenti di complemento uno straccio di garanzia (lemma ignoto, quest’ultimo, alle parti in causa) sui suoi megagalattici business-plan che, oltretutto, visto che risultano “inaccoglibili”, si dice siano redatti con i piedi.

Come arcinoto anche agli svampiti di professione, la Pantacom è una società della galassia Perrone, la famiglia del sindaco più amato dai suoi sudditi leccesi - felici di esserlo - e presumibilmente anche da molti galatinesi, soprattutto i politici della minoranza, inclusa probabilmente anche quella extraparlamentare, cioè trombata alle ultime comunali. La quale insiste nell’inviare ai siti internet locali ed al povero “Quotidiano di Lecce” i propri capolavori di letteratura altrimenti detti comunicati-stampa (d’altronde prontamente pubblicati, evidentemente in mancanza d’altro e soprattutto di giornalisti).    

Ma purtroppo questi ultimi soggetti sono in buona compagnia. A codesti estimatori dello scempio della prima ora bisogna aggiungere i nuovi dell’ultima, rappresentati nientepopodimeno che da una bella fetta della maggioranza del governo cittadino che – rispondendo ai ragli in libertà - sembra credere ancora agli asini che volano sebbene “a determinate condizioni”.

Pare che dal vocabolario di questa variegata maggioranza manchi il coraggio di proferire un NO secco ed incontrovertibile alle sirene d’Ulisse, sia per mancanza di coraggio sia forse e soprattutto di basi culturali fondate sul sacrosanto principio dello “STOP AL CONSUMO DEL TERRITORIO”. E non s’accorgono che in tal modo stanno trasformando a velocità supersonica una città d’arte in una città del cemento (da Galatina a Cementina) ed un suo graziosissimo borgo rurale ed artigiano in un ghetto-parcheggio periferico con la benedizione di alcuni fra i suoi abitanti (che in tal modo sembra vogliano ribattezzare la loro patria cambiandone il nome da Collemeto in Follemeto).

Purtroppo qui si continua a parlare di comparti in contrada Cascioni, di circonvallazioni, di capannoni, di milioni, insomma di paroloni cogli “oni”, e si trascura l’arte, i beni culturali, l’ambiente, il suolo, il commercio equo e solidale, lo sviluppo sostenibile, la salute. Il tutto in nome degli stucchevoli ritornelli per allocchi fatti di “volano per lo sviluppo” e di “ricadute occupazionali” (quando non elettorali).

Se tutto questo non fosse davvero tragico sembrerebbe di essere nel bel mezzo di uno spettacolo di Pantacomiche.

Antonio Mellone
 
 
P.s.

Caro dott. Serravezza, parli ai sordi. Qui fingono di ascoltarti e addirittura di darti ragione nei convegni, ma poi gli interessi miopi e spiccioli prevalgono su tutto, anche sulla salute e sul benessere vero.

 
Di Antonio Mellone (del 23/04/2013 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3520 volte)

Per chi non se ne fosse accorto, proprio nella “Giornata mondiale della Terra” nel comune di Cementina la giunta comunale (o cumonale) ha deliberato lo schema di convenzione che in settimana verrà firmato con la Pantacom (o Fantacom) per la costruzione in contrada Cascioni, vicino Collemeto, di una piramide o di altro mega-saburcu simile, tutto rigorosamente in cemento, a meno di qualche brano di terreno che invece verrà trattato con asfalto puro di primissima qualità.

Dunque in un battibaleno la giunta cumonale dell’ex-città d’arte ha sancito la trasformazione della giornata della Terra nella giornata del Terrore (o del terrorismo contro la Natura e soprattutto l’Economia).

Ma quel che più fa riflettere è che la stragrande maggioranza dei galatinesi non sa nemmeno di cosa stiamo parlando, mentre la stragrande maggioranza della maggioranza di governo era già d’accordo da molto tempo su questa robaccia e la minoranza della maggioranza per altrettanto tempo ha fatto finta di stracciarsi le vesti (come i sommi sacerdoti), per poi, di fatto, sul più bello, lavarsi le mani (come Pilato; il riferimento alla via Crucis non è casuale).

Ci hanno detto soltanto che non erano d’accordo, e che pertanto hanno votato contro. E che dunque finirà come al solito a tarallucci e vino (rigorosamente acquistati in un centro commerciale dove pare costino di meno purché riportati sul tradizionale volantino che intasa ogni buca delle lettere).

Ora ci chiediamo: può la minoranza della maggioranza votare contro una delibera, e soprattutto non dire nulla, non scrivere nulla, non indire conferenze stampa, non redigere manifesti per esplicitare il proprio “pensiero politico” contrario a quello dei propri compagni (di merende), magari antitetico a quello del suo sindaco, non convocare consigli comunali, non fare nemmeno finta di indignarsi pensando di svignarsela dai suoi quattro superstiti incazzati elettori?

Eppure sembra sia successo proprio questo: cioè nada de nada, nulla di nulla. E nel più assordante silenzio. Così pensano di lavarsi la coscienza, limitandosi a votare no in giunta. Tanto non c’è riverbero sulla “tenuta della maggioranza”. Tanto basta (così pensano) il comunicato del sindaco ben architettato, calibrato parola per parola, onde tacitare gli animi urbi et orbi (e soprattutto orbi).

Ma che bel modo di fare politica. Poi dicono che uno parla di inciuci, come li chiamano oggi. Il cemento naufraga nel verde, e questi zitti e mosca. Tanto hanno votato di no, e non ci possono far nulla. E poi ti dicono pure che purtroppo “l’opinione pubblica” è a favore del mega-porcile. E chi sarebbe questa “opinione pubblica”? Quei quattro commentatori (tendenti a due, anzi a zero) le cui elucubrazioni si leggono in calce ai poemi-comunicati-stampa elaborati da quegli accademici della crusca (o della canija) che sono i nostri  politici, inclusi i trombati, e pubblicati sul sito internet di Galatina2000? O bastano le firme di 800 beoti martiri (chissà come raccolte) per creare la cosiddetta “opinione pubblica”?

*   *   *

Oggi a Cementina, presso il palazzo della Cultura ci sarà la presentazione di un libro su Renata Fonte. Sicuramente ci saranno le “istituzioni” cumonali, pronte a fare gli onori di casa, e a portare il loro saluto “e quello del sindaco” ai relatori.

Povera Renata Fonte, questi ipocriti ti stanno uccidendo un’altra volta. Ti uccidono perché sono ecocidi fin nel midollo e non lo sanno (o fingono di non saperlo), ti uccidono perché attentano ancora e senza alcun rincrescimento alla tua e nostra terra trucidandola con le circonvallazioni che non servono a nessuno (se non ai signori del cemento e dell'asfalto), ti ammazzano ancora una volta quando nel silenzio dei loro palazzi s'accordano per volumetrie senza limiti, inceneritori di CDR, nuovi comparti edilizi, zone mercatali da spianare sotto rulli compressori, nuove inutili zone artigianal-industriali, mega-centri commerciali da inaugurare quanto prima, strade a quattro corsie (o a quattro follie) pronte a portarci a finibus terrae (in nomen omen). Questi signori insultano la tua memoria con la loro sfacciataggine in nome dello sviluppismo senza se e senza ma, correi, come sono, di vilipendio alla tua figura alta e nobile, caduta sotto i colpi dei killer e dei loro mandanti mafiosi, magari in giacca e cravatta, paludati a nuovo, perbenisti impettiti, paladini del “volano per lo sviluppo” e delle “ricadute sull’occupazione”. Soprattutto occupazione di suoli. 

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 08/01/2014 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 6645 volte)

In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando MiriInaugurammo la quinquennale fortunata stagione dell’Osservatore Nohano con la prima uscita su Noha.it della nostra rivista on-line (che divenne immediatamente anche cartacea) il 7 febbraio 2007.

Il comitato di redazione decise all’unanimità di dedicarne il primo numero a Gino Tarantino, Venardìa, una persona straordinaria di Noha che un mese prima, l’8 gennaio per la precisione, appena 53enne, s’era congedato da questa vita.

Son trascorsi esattamente sette anni da quel giorno, ma il ricordo di Gino sembra non subire l’ingiuria del tempo o il rischio dell’oblio nella mente di molti nohani, i quali nutrivano nei confronti di questo ragazzo una vera e propria forma di venerazione.

E’ il caso di Antonio Miri detto Fernando, romano d’adozione, che incontrandoci a Noha nel corso del testé trascorso Natale ci ha proposto di rendere omaggio a Gino Tarantino con la galleria di foto d’epoca di sua proprietà pubblicata a corredo di questo trafiletto. Ovviamente abbiamo accettato la proposta della pubblicazione di questi stupendi documenti con grande entusiasmo e gratitudine.

* *

Gino Tarantino era un artista, una persona sensibile, colta, integerrima. La sua opera rappresentata da sculture, fotografie, ritratti, quadri, installazioni, scenografie, architetture d’interni, e via di seguito, fu addirittura recensita da Flash-art, una rivista d’arte e cultura conosciuta in tutto il mondo (soprattutto dai cultori e dagli addetti al settore).

Era sì, un tipo eccentrico, Gino, alto, dinoccolato, un tipo originale, un anticonformista, estroso e creativo (tanto che il solito perbenista di facciata - quello che non ha mai prodotto in vita sua un pensiero non del tutto elementare – potrebbe definire come un “comunista” o scansaeliberasignore addirittura un “anarchico”).

Ma qui non stiamo mica a sondare i due millimetri di profondità del pensiero di chi sa solo vendere fumo o di chi lo compra a buon mercato, ma celebrare Gino Tarantino, il suo spirito libero, il suo pensiero, uso a volare alto, non influenzato dalla banalità dei pettegolezzi o dalle immagini dei programmi della televisione (“non ho neanche l’antenna” - diceva), né legato alla schiavitù dell’avere (nemmeno un’auto, nemmeno la patente, per scelta di vita).

Gino era questo, e molto altro ancora. Era avanti, precorreva i tempi, sempre attento all’ecologia, all’archeologia, alla cultura, alla bellezza, alla salvaguardia dei beni culturali, allo studio della storia, insomma all’amore vero e non sbandierato nei confronti dell’Umanità. Era, diciamo, un Osservatore Nohano ante-litteram.

Un profeta. Ma purtroppo, come molti profeti, non ascoltato in patria.

Oggi Gino Tarantino è più vivo che mai. E forse, come un tempo, ci guarda ancora dall’alto. Compatendoci. 

 Antonio Mellone

 

In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri
In ricordo del nostro amico e artista Gino Tarantino Ciao Gino. Fernando Miri 

 

 
Di Antonio Mellone (del 31/03/2016 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 1946 volte)

Cara Renata,

32 anni fa come oggi (era il 31 marzo del 1984, e tu avevi appena compiuto 33 anni) cadevi sotto i colpi dei tuoi sicari e dei loro mandanti mafiosi in giacca e cravatta.

L’altro giorno ti ho pensato, quando Maria Rosaria, una mia amica sognatrice e resistente come cerco di essere anch’io, mi ha invitato a parlare brevemente della Torre dell’Alto e di Porto Selvaggio, a margine di una passeggiata da organizzare in quel paradiso terrestre per metà aprile prossimo, insieme ad un gruppo di donatori di sangue del mio paese.

Non potevo, dunque, non pensare a te, e al fatto che, nonostante le belle parole, le commemorazioni istituzionali e le intitolazioni di strade, una manica di palazzinari e finanzieri, politici e giornalisti al guinzaglio, sedicenti scienziati ed una pletora di accoliti di complemento vorrebbero attentare un’altra volta alla tua vita.

Sì, Renata, vorrebbero farti fuori per salvaguardare i loro sporchi interessi privati; provare di nuovo a eliminarti quando nel segreto dei loro palazzi s’inventano l’emergenza Xylella, e una “cura” come l’eradicazione del Salento che sarebbe stata grottesca, una vera buffonata, se non fosse stata tragica; vorrebbero toglierti di mezzo quando, sull’onda dell’emotività per la morte per incidente stradale del figlio sedicenne di un mio collega avvenuta qualche giorno fa, gli sciacalli di mestiere e il loro misero potere avvolto nella carta dei giornali invocano per la solita “sicurezza” l’apertura dei cantieri per la SS. 275 (non vedono l’ora, forse anche per tumulare veleni e rifiuti pericolosi disseminati lungo il percorso previsto dal progetto); vorrebbero farti sparire quando l’organo politico del mio Comune decide di dare il via libera ad un mega-parco commerciale che devasterà ventisei ettari di terreno agricolo (oltre a che quel che resta dell’economia locale); vorrebbero cancellare la tua esistenza quando permettono ad un TAP inutile, costoso e dannoso di rovinare mare, costa ed entroterra (e di comprare il consenso delle popolazioni al prezzo di saldo di una sponsorizzazione); vorrebbero che tu scomparissi dalla circolazione quando considerano la legge e il buon senso come un intralcio alle “grandi opere”, e s’inventano pure un decreto incostituzionale che chiamano “Sblocca-Italia” (che, cambiando l’ordine dei fattori, è di fatto uno sblocca-mafia).

Cara Renata, insultano la tua memoria in nome del neocapitalismo di rapina che non porta a nulla se non al disastro; non perdono occasione per attentare al tuo Porto Selvaggio, salvatosi per un pelo grazie a te. Continua il vilipendio del tuo nome quando proprio a Nardò, in giunta, immolano beni e spazi comuni deliberando non so più quante concessioni per nuovi stabilimenti balneari.

E ora, cara Renata, c’è pure il problema delle trivelle e delle concessioni senza limiti alle multinazionali del petrolio. Sai, le provano tutte per non farci conoscere la verità.

Pensa: un governo che si definisce democratico - dopo aver speso ulteriori trecento milioni di euro per aver disgiunto la data del referendum da quella delle elezioni amministrative –  sta attuando una specie di congiura del silenzio, quando non va dicendo ai suoi sudditi di lasciar perdere, che il loro voto è inutile, e - incurante del ridicolo - li invita pure, quel giorno, ad andare al mare.

*

Come ben sai, la posta in gioco è alta.

E’ alta per loro, e farebbero di tutto per ucciderti, ogni giorno, con il silenzio.

Ma è ancora più alta per noi. Che abbiamo bisogno di te, e non possiamo lasciarti andare.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 07/08/2017 @ 00:00:00, in don Donato Mellone, linkato 1913 volte)

Fino al 2015, anno della sua scomparsa, il 7 agosto, solennità di san Donato, si festeggiava a Noha l’onomastico del parroco don Donato Mellone, classe 1925.

Quest’anno - per non venire meno alla tradizione della pubblicazione di qualche brano che lo riguarda - vorrei ricordarlo con le parole di una lettera giuntami tempo fa da Nazareth da un suo alunno, poi sacerdote: don Salvatore Grandioso.

Avendola molto apprezzata, non solo per lo stile e per l’episodio che vi si racconta (davvero bello) ma anche per l’insegnamento che se ne trae, vorrei sottoporne la sua trascrizione alla vostra cortese attenzione (in particolar modo a quella di chiunque ricopra ruoli di responsabilità: direttori, capiarea, manager, imprenditori, insegnanti, genitori, consorti, rappresentanti politici...).

In questo scritto c’è la narrazione di alcuni episodi (veri) e la lezione si di un metodo infallibile per il famoso cambiamento (possibilmente in meglio) del corso della vita di ognuno e della storia di tutti.

Buona lettura.

Mel

 *

«Carissimo Antonio,

sono già a Nazareth per il mio lavoro di Confessore Ausiliario nel Santuario dell’Annunciazione e, con gioiosa gratitudine eccomi alla tua gentile richiesta di ricordare tuo zio: don Donato Mellone.

 

Tra i miei ricordi più lontani nel tempo, uno, per me tra i più significativi, è legato proprio alla figura di don Donato.

 

I figli non sono solamente il frutto del seno e del sangue; figli sono anche i propri alunni, i propri dipendenti e ogni persona alla cui crescita umana, spirituale, culturale o professionale abbiamo, in qualche modo, collaborato.

Il tempo, si sa, ha denti di acciaio e morde i bronzi e le memorie riducendo il tutto in polvere di ruggine che poco e in maniera deformata ha da raccontare. Tranne che non si tratti di qualche avvenimento, talmente importante, che, in positivo o in negativo, ha condizionato tutto il resto della nostra esistenza.

 

E per me è proprio questo il caso che coinvolge tuo zio, don Donato, che lasciò nella mia vita una impronta indelebile nella sua positività.

 

Non ne ho mai parlato con nessuno ma, prima di chiudere la parentesi terrena della mia esistenza, considero doveroso esaltare quella circostanza le cui conseguenze furono per me talmente significative da condizionare positivamente la mia stessa identità.

Sono trascorsi molti anni da quel 1950 quando sul sentiero della mia ancor piccola vita venne a “camminare insieme a me” il carissimo don Donato, lasciandovi un’orma che il tempo, lungi dal cancellare, ha quasi pietrificato.

 

Avevo appena undici anni e in seconda media venne in seminario a insegnarci Italiano, Latino, Storia e Geografia questo giovane sacerdote, alto, sfilatino, dai capelli ricciolini e con due lenti che lo circondavano di severità periodicamente interrotta da battute brevi e secche come stilettate.

“Viene da Noha, - ci dissero -, ha uno zio arciprete [don Paolo Tundo, monsignore, 1888 - 1962, ndr.] e il Vescovo lo ha appena nominato Parroco di Santa Maria al bagno”.

 

A lubrificare i meccanismi della mia memoria contribuisce una foto-ricordo che, in quell’anno scolastico 1950-51, don Donato volle che facessimo e che il fotografo Mauro di Nardò eseguì nell’atrio del vecchio Seminario.

 

Oggi la miro con un misto di tanti sentimenti quasi impossibili da spiegare con un solo termine. Credo che non ci sia nel nostro vocabolario una parola che esprima  malinconia, nostalgia, desiderio, ricordo, brama, struggimento, sospiro: e tutti questi insieme.

Lo spagnolo usa il termine “aňorar”, ma è ancora poco; una badante romena mi diceva che il termine romeno “dor” è quello che esprime al meglio tale contrastante realtà.

 

Cari amici miei del 1950.

Alcuni sono tornati alla Casa del Padre (Greco, Mele, Bove); di altri ho perduto le tracce (Giuri, Polo, Petrelli);  altri ancora li incontro già nonni per le strade del mio paese (Fanuli, Ciccarese).

Solo in tre abbiamo raggiunto il Sacerdozio: io, don Enzo Prete e don Gregorio Patera, parroco per tanti anni alle Cenate di Nardò. Tutti e tre abbiamo già celebrato il cinquantesimo anniversario di Ordinazione.

 

Mi rivedo nella foto alla destra di don Donato: avevo  problemi di crescita fisica ma soprattutto di crescita intellettuale per la seria difficoltà ad avere un metodo per studiare.

 

1950: anno singolare, anno unico, anno strano per diversi motivi.

Per tutti fu l’Anno Santo per il Giubileo; per me fu anche “santo” ma per altro che tocca il mio “destino” e nel quale fu determinante la figura di don Donato.

 

E’ qualcosa che ho sempre tenuto gelosamente per me come si fa per quelle cose sacre dove ci leggi il dito della Divinità e che intendere non può chi non le vive.

Il mio 1950 tutto racchiuso in una foto.

La osservo e, credimi, caro Direttore, ho tanta difficoltà ad affidare alla penna il compito di tradurre in parole i profondi sentimenti che proprio come onde mi sommergono.

 

Il 1° di novembre, a Roma, il Papa aveva proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria SS.ma al Cielo e a Nardò, la mia pagella del 1° trimestre aveva proclamato la mia totale e disastrosa inadeguatezza allo studio e quindi a diventare sacerdote.

 

La rivedo, quella pagella, nelle mani del Rettore don Nicola Tramacere che me la legge come una sentenza senza appello: Italiano: 2, Latino: 2, Storia: 3, Geografia: 2, Matematica: 2, Francese: 2, Disegno: 4, Musica: 5, Educazione Fisica: 6 (uno scandalo!), Condotta: 8.

Nel consegnarla a mio papà, il Rettore non aggiunse troppe parole: “’Sto ragazzino e lo studio sono due cose differenti; forse è troppo piccolo, forse sarà bravo in qualche altra attività, ma credo che solamente un miracolo lo potrà salvare da una bocciatura che, forse, gli farà anche bene!”

 

Il povero vecchio rimase paralizzato: lui che, insieme alla famiglia, stava facendo sacrifici durissimi per pagarmi la retta e che lavorando nei campi amava sognare il suo unico figlio maschio da sacerdote.

Nel salutarmi, mi disse solamente: “Pensa che io non mi sono comprato un cappotto per pagarti gli studi! E adesso con che faccia mi presenterò al Parroco?”

E il Parroco, Mons. Nestola, arrivò qualche giorno dopo solamente per fulminarmi col suo sguardo severo e minacciarmi: “Tra un mese ritorno e, se non ti sarai ripreso, prenderai il tuo materasso e ti riaccompagnerò a casa: tuo padre ha bisogno di aiuto nel lavoro dei campi!”

Altro che assunzione al cielo. Si trattava di una precipitazione nell’inferno.

Dissi di sì a tutti, promisi impegno e dedizione nello studio, si calmarono tutti ma l’unico che non capiva il perché di tanto fallimento ero solamente io.

 

In questo contesto di totale disastro ecco l’intervento del “destino”: un intervento strano e imprevisto che vede don Mellone al centro di quello che accadde.

 

Quella domenica di gennaio papà era giunto in Seminario con la sua bicicletta come sempre e, come sempre, stanco e infreddolito mi chiese speranzoso: “Beh! Come va alla scuola?” ed io subito: “Bene, papà. Mi sto impegnando e sto andando bene!”

Mentivo e sapevo di mentire ma non volevo bruciare le poche speranze di papà. E, proprio in quel momento si trova a passare da lì don Donato e io subito dissi a papà: “Quello è il mio professore di Lettere; si chiama don Donato: chiedilo a lui!”

 

E questa è un’altra foto che nessuno mai scattò ma che mi porto dentro indelebile. Tuo zio, caro Antonio, fissa mio papà, fissa me e mi dice: “Vai su in classe a prendere il registro e così tuo padre potrà vedere come stai andando.”

 

Vado su e, prima di scendere, apro il registro per sbirciare la situazione e rendermi conto di quanto stava per accadere: 2, 3, 4, mi venne un colpo.

Non conoscevo ancora il Vangelo e la storia del servo infedele, ma senza star lì a riflettere troppo, presi la penna e in alcune caselle vuote (che forse non erano neanche quelle giuste) ci scrissi: 5, 5, 6, 6,…

Non ci feci caso neanche al colore dell’inchiostro che era diverso da quello che usava il professore. Ma quel mio gesto era come il grido disperato di un ragazzino che, dal profondo del pozzo, chiedeva aiuto non tanto per sé quanto per il suo papà condannato alla più terribile disillusione.

Certo, ero piccolino, ma capivo che la mia entrata in Seminario era stata una sfida a parenti e amici che ripetevano a mio papà: “Un Grandioso sacerdote? Non è normale. Risparmiati quei soldi e portalo con te in campagna!”

 

Don Donato aprì il registro e capì immediatamente la strana origine di quei voti freschi di scrittura non sua; mi fissò in modo strano e, mostrando il registro a mio padre gli disse sorridendo: “Coraggio! Vedi che sta andando meglio? Comincia a raggiungere la sufficienza. Questo figliolo tuo è un ragazzo intelligente e, se continua a impegnarsi seriamente, non ti dico che potrebbe essere promosso, ma per lo meno potrebbe evitare la bocciatura!”

Chiuse il registro e dandomelo, mi fissò in modo ancora più strano e, col suo caratteristico mezzo sorrisino mi esortò benevolmente: “Se vuoi potrai farcela! Ricorda sempre i sacrifici di tuo papà!”

 

1950: Anno Santo!

Quella domenica mattina di un gennaio freddoloso e insignificante, mentre tutto sembrava banale nella sua normalità, per un ragazzino che aveva difficoltà a crescere, qualcuno dall’Alto gli aveva cambiato la storia: fu per me un dogma di speranza oltre che di fede: il mio professore di Lettere non mi rimproverò, non mi umiliò ma mi indicò un orizzonte e accese una scintilla che il tempo avrebbe trasformato in incendio.

Mi cambiò veramente la vita: salvai l’anno e, da allora, ho salvato tutti gli anni, tutti gli esami al ginnasio come al liceo, in Teologia come alle Università.

Ma che cos’è la vita, per la miseria!

A volte pensiamo che bisogna fare salti mortali e dare giravolte di qua e di là per raddrizzare situazioni difficili e al limite della impossibilità, quando basta un mezzo sorriso e una goccia di speranza per liberare capacità impensabili e offrire opportunità all’apparenza immeritevoli.

 

Nulla è stato facile nella mia vita, come credo lo sia per ogni vita, ma nei momenti più delicati ho sempre davanti agli occhi quel professore di Lettere che al suo alunno pasticcione, svogliato e imbroglione, invece di mollargli un meritatissimo ceffone, gli sussurra  sorridendo: “Dai, se vuoi potrai farcela!”

 

So bene quanto sia menzognero un successo senza il suo carico di lotta, sacrificio e dolore come, del resto, mi insegnava mio nonno che un pezzo di pane non ha sapore se non è rammollito da qualche lacrima e da tante gocce di sudore.

Ma alla base di ogni lotta, sacrificio e dolore sono indispensabili quei valori insostituibili e non negoziabili che vengono da lontano e che solamente un buon educatore può mostrare prima ancora di insegnare. Senza di essi si incorre nel grave errore di stravolgere la realtà presentando come reale ciò che, purtroppo, è solamente virtuale.

Ma c’è qualcosa di più criminale e offensivo per la dignità di un educatore che spacciare ai suoi educandi ciò che è virtuale come se fosse reale?

 

Sì, ho voluto, ho potuto e, sembra, che abbia raggiunto traguardi di spessore. Ma tutto è radicato su qualche 5 e un 6 che avevo rubato alla mia speranza e che qualcuno con nome e cognome: don Donato Mellone, molto saggio e aperto a una buona ispirazione che non poteva che venire dall’Alto, mi comunicò dicendomi che potevo benissimo meritare.

Io lo ricordo così don Donato: forse un po’ strano, un po’ svagato, un po’ singolare… Di tutto un po’, ma di parecchia umanità saggiamente mascherata da una fine ilarità.

 

All’inizio di quel benedetto anno scolastico di 2^ Media ci fa: “Cari ragazzi, la scuola è dura, è amara e difficile da digerire; quindi dobbiamo renderla un po’ dolce. Perciò  una volta  al mese ognuno di noi porterà in classe per sé e per i suoi amici e per il professore una caramella”.

Direte: “Una caramella?”

Certo: una caramella che nel 1950 era l’equivalente di una torta di oggi. In genere si trattava di una menta-ghiaccio e, in giorni speciali, una moka-caffè: lasciarla sciogliere lentamente in bocca era quasi un rito religioso. Sarà anche per questo che ancora quando debbo scegliere una caramella le mie dita prendono sempre una menta-ghiaccio o una moka al caffè.

Eh! Sì, caro Direttore, sono fermamente convinto che nella rotta della vita degli alunni (come del resto dei figli, dei dipendenti, dei credenti) regola e garanzia di buona navigazione sia la fede del maestro (o dei genitori, del responsabile, del pastore).

Credimi: non è la cattedra che fa importante il maestro ma è esattamente il contrario.

Con raccapriccio ho visto salire su prestigiose cattedre dei somari che poi hanno ridotto in stalla quella scuola; invece qui a Betlem ho visto una stalla dove entrò un Maestro eccezionale e trasformò questa stalla nella cattedra più prestigiosa del mondo.

Non escludo le doti umane che pure è giusto apprezzare e valorizzare, né le capacità di comunicazione e di leadership per le quali è buona cosa ringraziare Dio; ma ciò che caratterizza un vero maestro è la sua fede.

Fede nella vita, nell’alunno, nei suoi sogni appena abbozzati, nel destino che si materializza in segnali talvolta impercettibili a chi guarda distrattamente la sua missione.

Raccontare la fede di un proprio maestro, come lo era don Donato, è sempre raccontare la sua storia anche se in essa entra la stranezza di essere goloso di frutti di mare crudi, conditi solamente con qualche goccia di limone!

E la fede del tuo maestro spesso ti si rivela attraverso frammenti di una umanità disarmante.

 

Carissimo Antonio, forse mi sono dilungato troppo, ma ti ringrazio per avermi fatto parlare a cuore aperto del mio professore di 2^Media che, andando contro vento e contro tempesta, mi insegnò a saper addolcire la vita e a credere in me prima di tutto e soprattutto.

Con l’amicizia e l’affetto di sempre

                                                                                          Don Salvatore Grandioso»

 

 

Grazie a te, don Salvatore.

Grandioso come sempre.

E  buon onomastico zio Donato, ovunque tu sia.

Antonio Mellone

 

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