feb152012
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
ott032011
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
lug062021
E’ questo uno tra gli importanti atti approvati dalla maggioranza nell’ultimo Consiglio Comunale, che, su proposta del Sindaco Marcello Amante, ha individuato i criteri per il riconoscimento delle agevolazioni sulle bollette TARI 2021.
Un sostegno concreto a tutela sia dei nuclei familiari in condizione di debolezza economica che di tutte quelle attività commerciali alle quali in quest’ultimo anno pandemico è stata imposta la chiusura dal governo centrale e che inevitabilmente hanno subito il maggior danno.
In attesa dei dati necessari a stabilire le tariffe per l’anno in corso, con delibera di giunta, si è autorizzata l’emissione di una fattura di acconto per le utenze domestiche pari al 60% della tariffa 2020 e del 40% per le utenze non domestiche, pagabile in due rate (31 luglio e 30 settembre 2021).
Nessun acconto per le utenze non domestiche che nell’ultimo anno abbiano subito provvedimenti di chiusura da parte della normativa anti-covid.
Il conguaglio verrà determinato successivamente e terrà conto delle seguenti agevolazioni approvate:
● UTENZE DOMESTICHE per le quali è necessario presentare apposita istanza all’ufficio tributi entro il termine del 30 settembre 2021, allegando certificazione ISEE in corso di validità. Eventuali eccedenze, considerando le bollette di acconto, saranno recuperate nell’anno successivo;
● riduzione non inferiore al 70% in favore dei:
− nuclei familiari con ISEE non superiore ad euro 8.265,00;
− nuclei familiari con almeno 4 figli a carico e con ISEE non superiore ad euro 20.000,00;
● riduzione non inferiore al 50%, in favore dei:
− nuclei familiari con ISEE da € 8.265,01 fino ad euro 20.000,00;
− nuclei familiari con almeno 4 figli a carico ed ISEE da euro 20.000,01 fino ad euro 30.000,00;
● riduzione non inferiore al 30%, in favore dei:
− nuclei familiari con ISEE da € 20.000,01 fino ad euro 30.000,00;
− nuclei familiari con almeno 4 figli a carico, con ISEE da euro 30.000,01 fino ad euro 40.000,00.
Per le UTENZE NON DOMESTICHE, distinte come segue, due categorie di riduzioni relative alla tariffa 2020 e 2021 a valere rispettivamente sulla quota variabile (2020) e sia sulla quota fissa che variabile (2021).
• riduzione del 20 per cento per le seguenti attività: esposizioni di mobili, negozi di abbigliamento e calzature per adulti, negozi particolari di tappeti e tessuti e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und15;
• riduzione del 25 per cento per le seguenti attività: Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e pub; Mense, birrerie e hamburgherie; bar, caffè, pasticcerie; spazi comuni centri commerciali;
• riduzione del 30 per cento per le seguenti attività: musei, biblioteche, scuole private di ogni ordine e grado, associazioni, circoli, luoghi di culto, ludoteche, partiti politici, autoscuole; Alberghi con ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und07; alberghi senza ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und08; impianti sportivi, palestre, scuole di danza; sale scommesse e da gioco, sale da videogiochi e slot-machine, sale biliardo;
• riduzione del 65 per cento per le seguenti attività: cinematografi e discoteche;
• riduzione del 10 per cento per le seguenti attività: uffici ed agenzie, con esclusione di Enti Pubblici e delle società di erogazione di pubblici servizi (gas, energia elettrica etc.); Studi professionali con esclusione di studi odontoiatrici, studi medici e veterinari; falegname, idraulico, fabbro, elettricista e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und18; carrozzerie, autofficine, elettrauto; Attività artigianali di produzione beni specifici;
• riduzione del 20 per cento per le seguenti attività: autoscuole, centri di fisioterapia, librerie, cartolerie, edicole, negozi di vendita al dettaglio e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und13, ad esclusione di negozi di abbigliamento e calzature per adulti, ferramenta e colori, onoranze funebri; erboristerie; distributori automatici di bevande; fiorai;
• riduzione del 30 per cento per le seguenti attività: tutte le utenze non domestiche incluse nella categoria Und06 (esposizioni) ad eccezione di esposizioni di mobili, antiquariato, mobili usati;
• riduzione del 35 per cento per le seguenti attività: fotografi, sartorie e lavanderie, zone comuni di centri commerciali;
• riduzione del 50 per cento per le seguenti attività: esposizioni di mobili, antiquariato, mobili usati; alberghi con ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und07; alberghi senza ristorante e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und08; Negozi di abbigliamento e calzature per adulti; negozi particolari di tappeti e tessuti e tutte le altre utenze non domestiche incluse nella categoria Und15; parrucchiere, estetista, barbiere;
• riduzione del 55 per cento per le seguenti attività: Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e pub; Mense, birrerie e hamburgherie; bar, caffè, pasticcerie;
• riduzione del 70 per cento per le seguenti attività: musei, biblioteche, scuole private di ogni ordine e grado, associazioni, circoli, luoghi di culto, ludoteche, partiti politici; impianti sportivi, palestre, scuole di danza; sale scommesse e da gioco, sale da videogiochi e slot-machine, sale biliardo, cinema.
Per le riduzioni alle utenze non domestiche non deve essere presentata istanza ma verranno applicate direttamente in sede di conguaglio.
Galatina, 6 luglio 2021
Vito Albano Tundo e Pierantonio De Matteis
consiglieri comunali
dic252015
State per compiere un viaggio nel tempo e nello spazio.
Il presepe quest’anno è allestito all’interno del Parco del palazzo baronale di Noha che tutti chiamano Castello.
Per godere appieno della visita, vi consigliamo vivamente di soffermarvi sui dettagli, tutti autentici, che potrete apprezzare in ogni angolo del percorso, frutto di una capillare attività di ricerca storica su luoghi, mestieri, profumi e sapori, e di una scuola e un lavoro di attenzione ai particolari che dura mesi.
Tutto questo fa del presepe di pietre e di gente di Noha un museo/teatro dove anche il visitatore può interagire con personaggi e interpreti del copione, diventando a sua volta attore-protagonista della scena.
In questo presepe non noterete sforzo di arte drammatica, non affaticamento da troppa recitazione: in quanto il pastore ha davvero il suo gregge di pecore e di capre portate al pascolo ogni giorno; il contadino vanga e rivanga le zolle ed attende il frutto dalla terra anche al di là del presepe vivente; il fornaio è fornaio vero che produce il pane quotidiano; e così la sarta, il ciabattino, il maniscalco, lo scultore, il fabbro…
Anche gli angeli, forse, lo sono oltre il Castello ed oltre le feste.
Lungo il tragitto si ha modo di ammirare alcuni tra i beni culturali più antichi e importanti di Noha.
A metà del cammino s’incontra l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty, coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della misteriosa Casa Rossa (la casa delle meraviglie nohana che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì) della quale, proprio all’ingresso del presepe, ma dall’altra parte della strada, al di là del muro di cinta, potete osservare il primo piano con tetto spiovente.
Di fronte alla vasca ovoidale, la costruzione che ospita il palazzo di Erode è la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso. Ospita ancora un impianto idraulico ed elettrico tecnologicamente molto interessante, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità.
Continuando nel viaggio, incontrerete il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la straordinaria torre del XIV secolo (1300) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto.
Dall’aspetto severo, militaresco, tremendo, la torre medievale di Noha era capace di generare, specie nei giorni di tempesta, timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse. Ma più forte era la paura di saccheggi, uccisioni e rapimenti da parte dei filibustieri di ogni risma.
Fra’ Leandro Alberti in un’opera del 1525 dal titolo: “Descrittione di tutta l’Italia” definisce questo maniero come “il fortissimo castello di Noja [Noha] posto in forte loco”.
La torre di avvistamento e difesa, intorno alla quale si organizzò il castello, la corte, e il resto del piccolo centro, raggiunge i dieci metri d’altezza. La costruzione è coronata da una raffinata serie di archetti e beccatelli che ne sottolineano il parapetto alla sommità.
Più avanti, prima di giungere nell’osteria, dove potete degustare i prodotti del campo e delle fattorie locali, si osserva uno scorcio delle cantine del Castello, con le enormi botti in legno nelle quali si invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha nello stabilimento omonimo, a due passi dal parco, e imbottigliato a Martina Franca.
Avvisiamo i visitatori che è possibile chiedere agli addetti al presepe informazioni sulle diverse tipologie di bestiame e le svariate razze di volatili presenti nel presepe; e, volendo, ai pastori di accarezzare gli agnellini in tutta sicurezza.
Dopo la doverosa sosta all’interno delle rugose mura della grotta della natività, proseguendo sul sentiero tracciato, all’uscita dal parco, avrete modo di apprezzare il gruppo scultoreo e monumentale delle casiceddhre, ubicate sulla sommità dei forni del Castello, che tante leggende hanno suscitato nel popolo salentino.
Vi ringraziamo per la visita alla nostra Bet Lèhem, che significa, appunto, casa del pane. E a proposito di pane, all’uscita, oltre alle altre specialità, vi aspettano le fragranti pucce con le olive appena sfornate.
Questo e molto altro si scopre viaggiando in questo luogo incredibile custodito nel cuore di Noha.
*
Signore e signori, grazie per la vostra generosità. Le vostre libere offerte e, ovviamente, il passaparola ai vostri parenti e amici, ci daranno la forza di continuare a realizzare anche in futuro rappresentazioni popolari, non solo natalizie, come questa. E, oltretutto, di recuperare e valorizzare i beni culturali del nostro Salento.
Auguri a tutti voi di buone feste. E arrivederci al prossimo appuntamento.
Antonio Mellone – per l’Ass. Presepe vivente di Noha
lug292021
Da un paio di anni circa, sulle mura esterne dell’ex-stabilimento del Brandy Galluccio, l’antica Distilleria di Noha appartenente ancora agli eredi della famiglia che dopo alterne vicissitudini aveva acquistato il feudo dai baroni De Noha, sono stati affissi dei cartelli indicanti la proprietà privata.
Suona alquanto strano questo messaggio in cui il diritto di proprietà ha superato millenni di storia di soprusi e angherie. Un’inutile frase che manca di tatto nei confronti della dignità e dell’onestà dei cittadini che rispettano la legge. Ci è sembrato invece che voglia ricordare ai passanti l'inviolabilità di quelle mura. Abbiamo avuto la sensazione dell'ennesima sferzata al rispetto del Bene Comune, della barriera che non deve essere manco avvicinata.
Che bisogno c'era di ricordare ai cittadini di Noha e dintorni che quelle mura sono proprietà privata?
Noi crediamo che a qualcuno, forse, è venuto in mente di rimarcarne il concetto per prepararci all'ennesima prevaricazione nei confronti della nostra storia locale, in particolar modo delle tombe messapiche, e non ultimo della distilleria (esempio tipico di archeologia industriale). Ne abbiamo parlato e scritto qui e altrove, i ritrovamenti sono stati perfino immortalati in libri e gli oggetti ritrovati archiviati al Museo di Galatina.
Non è la prima volta che siti archeologici vengano presi di mira dalla speculazione edilizia, che cerca di trasformare in superflui appartamenti o in zone artigianali o in centri commerciali tutto quel che le capiti a tiro, a condizione che abbia un certo rilievo storico, sociale o paesaggistico.
Non abbiamo pretese di alcun tipo su quelle mura, ma ci aspettiamo che la proprietà o chi ne gestisce lo stato di degrado - perché questo è - rispetti, se non il buon senso, almeno le leggi che impongono la salvaguardia delle tombe messapiche presenti al disotto di quelle mura, con i vincoli attribuiti dalla Soprintendenza e consegnati all’Amministrazione Comunale di Galatina quale garante dei beni Archeologici. E se ne avanza pure l’anima di quell’antica fabbrica di brandy.
In questi giorni, gli addetti ai lavori incaricati alla pulizia delle strade, hanno tagliato l'erba. Purtroppo ora si vede meglio l'unica cosa che invece era più urgente rimuovere: la spazzatura di questo secol superbo e sciocco.
Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv
"Pubblichiamo l'intervento di Marcello D'Acquarica di domenica 25 Agosto 2013 in occasione del 6° Motoraduno Moto Guzzi, Miero e Pizzica svoltosi a Noha"
Oggi è una giornata di festa. Approfitto di questa occasione per riflettere insieme su ciò che consideriamo bene comune.
Se è chiaro il significato di questi due presupposti: “Insieme” e “bene comune”
possiamo considerare questo momento costruttivo. Altrimenti vuol dire che non siamo né insieme né in grado di intendere il significato di bene comune.
In questo momento mi viene in mente il film “I 100 passi” di Marco Tullio Giordana con Lo Cascio.
Cento passi è una breve distanza. E noi vogliamo contare i cento passi. Cento passi sono lo spazio che ci separa da certe volontà politiche. Sono la distanza che ci separa dal concetto di bene comune, dal rispetto per l’ambiente, da mentalità truffaldine in nome di alti valori.
Cento passi. Dovremmo tutti fare 100 passi, insieme, anche in moto.
Facciamoli insieme questi cento passi: noi cittadini, la Pubblica Amministrazione, la Chiesa, e in questo momento anche voi ospiti di Noha. Facciamoli per vedere che cosa ci circonda cominciando da qui.
Alle mie spalle abbiamo la chiesa madre di San Michele Arcangelo, che mostra sul frontone in alto l’elegante stemma di Noha: tre torri che sorvegliano sul mare tempestoso il pericolo portato da due velieri di pirati. All’interno della chiesa si trovano esposte delle tele seicentesche e altari barocchi, che ci raccontano della sua storia.
Poi voltando le spalle abbiamo, svettante nella nostra pubblica piazza, l’orologio pubblico più fermo del mondo: è rotto da più di un decennio. E mai nessuno ha pensato di compiere i 100 passi per ripararlo. Noi intanto ci consoliamo pensando che segni l’ora esatta due volte al giorno.
Sotto le vostre ruote, cari amici motociclisti, sempre a cento passi c’è un frantoio jpogeo, unico nel Salento, e forse al mondo, per la sua architettura. A cosa serve? A essere adoperato abusivamente come sito per discariche private? Probabile.
Verso la fine di via Castello, a cento passi da qui, potete ammirare le cosiddette “casiceddhre” in miniatura. Dovrete però prestare attenzione ed utilizzare il casco (anche se siete a piedi). C’è il rischio che vi becchiate qualche pietra storica in testa.
Basterebbe poco, giusto 100 passi, per sistemarle una buona volta e per creare quella bellezza in grado di salvarci tutti insieme.
La torre medievale ed il ponte levatoio con il suo stupendo arco a sesto acuto, che sono riprodotte sulle miniature in terracotta offerte da Daniela Sindaco, appartengono al complesso del palazzo baronale. Anche questo si trova a meno di cento passi da qui. Tutto abbandonato nella più totale trascuratezza, come se il comune non esistesse affatto, come se i beni culturali “non ci dessero da mangiare”.
A 100 passi dal palazzo baronale c’è la casa rossa di Noha, un gioiello d’art nouveau, in stile liberty, più o meno come la casa pedreira di Gaudì che si trova a Barcellona (in Spagna) e che certamente alcuni di voi avranno già visitato. La nostra casa rossa di Noha, non solo reclama il restauro - schiaffeggiata com’è dagli anni e dall’incuria dei privati – è pure circondata e nascosta da una muraglia di rara bruttezza.
Sempre a poco più di cento passi da qui potrete ammirare l’antica masseria Colabaldi e i resti messapici, la trozza (un pozzo profondissimo che dava da bere ai nohani), il calvario, le vecchie scuole elementari ristrutturate (ma purtroppo non funzionanti al 100% per via di un allaccio all’energia elettrica, diciamo così, poco funzionale) e non da meno il nostro singolare centro storico di via Osanna e piazzetta Trisciolo.
Ecco, tutte queste testimonianze storico culturali vorrei farvi conoscere e ammirare, ma ahimè, non manca solo il tempo, manca purtroppo la decenza.
Quindi, cari amici, noi ci auguriamo, anche con l’aiuto delle istituzioni qui presenti (se presenti), che nel prossimo futuro saremo in grado (noi ed i ns beni culturali) di accogliere voi e tutti i visitatori di Noha in maniera un po’ più decorosa.
Vi auguro di compiere tutti quanti 100 passi, in avanti.
apr112017
«Il nodo della chiusura del centro storico e quello dell’alienazione dei beni rimangono un problema aperto». Questa la constatazione di Giampiero De Pascalis, candidato sindaco di “Obiettivo 2022” (Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc), dopo l’incontro con il commissario straordinario, Guido Aprea, questa mattina 11 aprile, a Palazzo Orsini. Si è trattato di un incontro interlocutorio voluto dal commissario straordinario per comunicare a tutti i candidati alla carica di sindaco di Galatina l’attività svolta sin qui dall’amministrazione comunale.
«Il commissario straordinario ha descritto tutti gli atti che ha messo appunto – spiega De Pascalis – e dobbiamo ringraziarlo per il lavoro intenso che ha svolto. Purtroppo sul centro storico non ha ritenuto di voler raffreddare il clima teso che si è creato, come pure sui beni a adlienare rimane la mia viva preoccupazione che possano essere venduti con forti ribassi». Sono i due temi su cui il candidato sindaco ha chiesto risposte precise ad Aprea visto che sul centro storico c’è la vibrata protesta dei commercianti e un contenzioso aperto che costa alle casse comunali; mentre sui beni in vendita le prime due aste sono andate deserte e ora c’è il timore di una vendita con forte ribasso.
«Ho rappresentato al commissario straordinario le mie preoccupazioni – afferma De Pascalis – lui vuole andare avanti ed è leggittimato a farlo. Ribadisco che, a mio parere, le scelte devono essere fatte coinvolgendo la città perché il centro storico appartiene a tutti i cittadini di Galatina e frazioni. La chiusura del centro storico è un obiettivo che ogni città d’arte deve rispettare, ma bisogna – contestualmente – creare le condizioni. Serve un piano traffico che tengo conto della viabilità modificata, serve una strategia per incentivare la ristrutturazione delle abitazioni. Non basta che sia curata piazza San Pietro e in parte la zona della Basilica. Un po’ di settimane fa ho fatto un giro nel centro storico e ho trovato una situazione davvero non sopportabile. Dai panni stesi ad asciugare per strada, ai cancelli per chiudere le corti, dall’asfalto sul basolato. Non basta aprire gelaterie per far passeggiare i cittadini e i turisti nel nostro centro storico. La riqualificazione è una cosa seria e impegnarà un capitolo importante del nostro programma elettorale».
Giampiero De Pascalis
mag032017
Il Comune di Galatina collaborerà con l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza nelle attività volte alla prevenzione e contrasto all’evasione fiscale, secondo criteri di efficienza, economicità e collaborazione amministrativa. È quanto ha deciso il Commissario Straordinario Guido Aprea mediante un apposito atto deliberativo, che mira a sottoscrivere e far proprio un protocollo d’intesa trilaterale, mirato per l’appunto alla lotta contro l’elusione fiscale. L’intesa, formalizzata nella mattinata di oggi a Lecce tra il dottor Aprea ed il colonnello Salsano, comandante provinciale della Guardia di Finanza, discende dall’accordo del marzo 2016 sottoscritto a Bari tra l'Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale della Puglia, la Guardia di Finanza – Comando Regionale Puglia e l'ANCI Puglia, che prevede la partecipazione dei Comuni pugliesi al contrasto dell'evasione fiscale ed all'accertamento tramite segnalazioni qualificate relative a diversi ambiti (commercio e professioni, urbanistica e territorio, proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, residenze fiscali all'estero, beni indicanti capacità contributiva). Con la sottoscrizione del protocollo di intesa le parti si impegnano a definire le modalità di accesso alle banche dati, necessarie al fine di trasmettere agli Uffici dell'Agenzia delle Entrate competenti le segnalazioni qualificate ed immediatamente utilizzabili per gli accertamenti fiscali. “Si tratta – ha detto il Commissario Straordinario, dr. Guido Aprea – di un importante documento che testimonia la volontà del Comune di Galatina di perseguire buone pratiche e progetti virtuosi, tese a contrastare in modo serio e deciso l’evasione fiscale, una piaga che oltre a causare danni all’economia rappresenta un brutto malvezzo che colpisce i cittadini onesti e rispettosi della legge”. Adesso, dopo la firma del protocollo tra il dottor Aprea, il colonnello Bruno Salsano, comandante provinciale della Guardia di Finanza, ed il Dr. Antonino Di Geronimo, Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate, il Comune di Galatina avrà uno strumento operativo per la lotta all'evasione.
Il Commissario Straordinario Città di Galatina
Dr. Guido Aprea
Il Comandante Provinciale Guardia di Finanza
Col. Bruno Salsano
Il Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate della Puglia
Dr. Antonino Di Geronimo
set102010
NOI SIAMO PER IL FOTOVOLTAICO RAGIONATO, PER L’AUTOPRODUZIONE DI ENERGIA SUI TETTI DELLE NOSTRE CASE E PER UN VERO RISPARMIO DEI COSTI DELL’ENERGIA!
IL FOTOVOLTAICO E’ NATO PER DIFENDERE IL TERRITORIO NON PER DISTRUGGERLO, COME INVECE STANNO FACENDO NELLA NOSTRA CAMPAGNA.
NOHA dovrà sorbirsi un impianto di circa
che porterà un impoverimento del nostro territorio
E’ stata svenduta la “TERRA” di Noha, l’unica vera fonte di ricchezza per la popolazione.
COSA LASCEREMO AI NOSTRI FIGLI? Cosa mostreremo ai turisti?
I nostri padri con tanto sacrificio ci hanno tramandato fertili terre, uliveti secolari, beni culturali, vigneti, prelibatezza di prodotti, ed ora le grosse multinazionali trasformeranno tutto ciò in distese enormi di pannelli argentati!
ECCO 10 MOTIVI PER RESPINGERE L’ INVASIONE DELLA SPECULAZIONE DEL FOTOVOLTAICO AGRICOLO CHE STA PER CIRCONDARE NOHA:
1) Gli incentivi statali che incassano le società del fotovoltaico li paghiamo noi sulle bollette bimestrali della luce, senza avere alcuna riduzione dei costi dell’energia;
2) Nessuno ha il coraggio di dichiarare che estensioni così grandi e concentrate non sono dannose per la salute umana.
3) I cavi che accumulano e trasportano l’energia accumulata dai pannelli vengono interrati lungo strade e sentieri che i cittadini hanno la necessità di percorrere e sono la fonte di campi magnetici;
4) Grandi estensioni concentrate di pannelli di silicio sovvertono il microclima, disturbano la fauna e le migrazioni.
5) I costi per lo smaltimento dei materiali scaduti (gli impianti si esauriscono dopo 10-15 anni) e per il ripristino della terra sono altissimi, molto ma molto superiore all’introito economico ricavato dagli affitti.
6) Per impedire alla vegetazione di crescere avvelenano la terra inquinando le falde acquifere, l’acqua che è il nostro bene più prezioso insieme alla terra ed all’aria!
7) Grandi estensioni di pannelli di silicio concentrate in una stessa area desertificano (TIPO DESERTO DEL SHARA) le campagne un tempo rigogliose;
8) Le grandi estensioni di campi di fotovoltaico impoveriscono economicamente il territorio in quanto sottraggono terra all’agricoltura;
9) Non danno diretti posti di lavoro, ma accrescono il precariato;
10) I miseri benefici che ne derivano alle amministrazioni non sono minimamente comparabili con il sacrificio che subisce la terra e la popolazione.
Il Comitato
giu162012
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
ago252021
Noi di NoiAmbiente e beni Culturali Odv di Noha e Galatina, parteciperemo perché riteniamo doveroso restituire dignità alla nostra Terra che pochi o tanti incivili, non importa quanti, stanno oltraggiando spregiandola con i loro rifiuti.
Facendolo tutti insieme saremo più forti e torneremo ad essere abitanti di una terra senza malattie e bellissima.
Come vi avevamo promesso è imminente il prossimo clean up estivo organizzato dal CAS! Segnatevi la data e partecipiamo in massa, il Salento ecologista ed ambientalista vuole dare speranza e far sentire che non ci daremo mai per vinti.
Questo evento è diverso dagli altri, speciale, perchè dedicato al carissimo Francesco Cino, promotore del nostro coordinamento e fondatore dell'associazione Amanti della Natura - Punta del Macolone - Parco Naturale di Ugento.
Il 29 agosto siamo chiamati a svolgere un'ardua impresa, che siamo sicuri andrà nel migliore dei modi.
Un'impresa perchè la riserva naturale WWF delle Cesine è bellissima, importantissima dal punto di vista naturalistico e della biodiversità di flora e fauna, marina e terrestre, ma complicata per la logistica, però stiamo lavorando duro per ottimizzare il tutto.
Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile!
Nei prossimo giorni e poi in Loco verranno date informazioni più dettagliate, il fervore è tanto, le zone da pulire sono estese, ma non ci fermerà nessuno, perchè come diceva il nostro caro, saremo
TUTTI INSIEME PER IL BENE COMUNE
CAS - Coordinamento Ambientale Salento
feb022013
All’alba delle elezioni politiche, Noha si barderà per la festa. Certamente qualcuno verrà a chiederci il voto dicendoci: “Io sono meglio degli altri”. Così si da inizio al dilemma: “Chi voterò questa volta?”. Stranamente poi, chi se lo chiede, ha già provato a votare prima per uno schieramento, poi per un altro, con la speranza che i due non sono la medesima cosa e che dunque o l’uno o l’altro è la scelta giusta. Poi però ci si accorge che, il giorno dopo aver votato o per l’uno o per l’altro, chiunque vada a governare, le cose non cambiano. Ed è qui che il mistero si fa più fitto: a cosa è servito votare? Sicuramente a far prendere vitalizi agli uni piuttosto che agli altri. Che senso hanno quei tremila voti di Noha se nulla cambia? Io non ricordo differenze eclatanti tra i vari governi. Noha , come il resto d’Italia, vive le stesse difficoltà di sempre. Noha vota per i motivi qui di seguito riportati: creare occupazione per giovani e donne; diminuire la pressione fiscale e incrementare il benessere delle famiglie; formulare delle agevolazioni per i meno abbienti e per chi è affetto da malattie; salvaguardare la natura e il territorio, la salute e l’istruzione; incrementare la ricerca e lo sviluppo; tagliare sprechi nella pubblica amministrazione e fondi per le spese militari; incrementare il turismo orientando attenzione e sforzi verso beni artistici e culturali; eliminare quanto più possibile la burocrazia facendo risparmiare tempo e denaro, impiegandoli per altre risorse; eliminare finanziamenti pubblici a chi non ha requisiti e a chi non se li merita; estirpare la criminalità e le mafie dal tessuto sociale recuperando fior di miliardi di euro da investire in risorse umane; facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro riducendo al minimo il fenomeno del precariato e agevolando le assunzioni a tempo indeterminato; diminuire le trattenute in busta paga per rilanciare l’economia reale; legiferare in materia di speculazione economica evitando di salvare con i nostri sacrifici le banche dissennate; cancellare il gioco d’azzardo e aumentare il prelievo fiscale ai grandi patrimoni, non solo immobiliari; dichiarare guerra aperta al carovita; ridurre al minimo l’inquinamento atmosferico; individuare una legge veramente efficace contro la corruzione; ridurre al minimo le spese per la politica e i partiti; mettere un tetto massimo etico e decente per gli stipendi dei dirigenti pubblici; ridare la dignità ai pensionati; etc…! Insomma, tutto questo è lo scopo per cui votiamo. Alla gente di Noha, alle nostre famiglie, a piazza San Michele, alla Trozza, alla masseria Colabaldi, alle case Rosse, ad ogni singolo cittadino nohano serve questo. E invece? E invece si parla di premio di maggioranza, di spred che interessa più gli investimenti delle banche che i nostri, di nozze gay, di bipolarismo, di europeismo, di redditometro… A proposito di redditometro: cosa interessa a Noha il redditometro? Hanno impostato una campagna elettorale sul redditometro, un programmino di scuola materna dove si gioca con il colore verde o rosso! Vi prego, cara gente di Noha, apriamo la mente. Con tutti i problemi che ci sono, vogliono concentrare la nostra attenzione sulle sciocchezze! Il redditometro! Quando andremo a votare, cari nohani, andiamoci in massa, ma il giorno dopo vietiamo a questi quattro politicanti di smontare le loro “impalcature comiziali” perché, dopo che abbiamo messo la nostra “ics”, su quei palchetti improvvisati di piazza San Michele, dobbiamo salirci tutti noi per controllare che il nostro voto serva a quello per cui siamo andati a votare. In fondo è questa la politica che è come la libertà, quella che Gaber definiva “PARTECIPAZIONE” non solo al voto ma anche e soprattutto dopo il voto.
dic222011
Marcello D’Acquarica
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1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
set222020
La necropoli messapica di Noha ricoperta da rifiuti non è un grande esempio di educazione civica.
Che il Covid 19 abbia rallentato molte attività è vero. Ma che il rispetto per questi nobili testimoni della nostra storia abbia una considerazione minore di zero non è una novità.
Anche se lo abbiamo già detto decine di volte, con articoli, immagini, segnalazioni, disegni, ecc., non ci stancheremo mai di chiederlo: il rispetto.
In questo luogo esiste una vera necropoli messapica, e presso la sede del nostro rispettabile Comune, è conservata anche una comunicazione della Soprintendenza dei beni Culturali della Provincia di Lecce, che chiede appunto il rispetto dell’area su cui insiste l’antica necropoli.
Anche se, evidentemente, ai nostri amministratori, sia politici che non, non è quasi mai interessata la nostra storia, basta vedere in che stato sono anche gli altri beni Culturali, tutti in balia del tempo e della nostra indolenza.
Non servono altre parole per ricordare a chi amministra questo territorio, che il rispetto non si mette al fondo della lista delle priorità, e che l’educazione e la civiltà si possono pretendere soltanto dando per primi l’esempio.
Senza la giusta considerazione nei confronti di questi beni non possiamo pensare di essere dei buoni tutori per le future generazioni, è come andare ad un’elegante cerimonia vestiti di tutto punto e non essersi lavati nemmeno la faccia.
Marcello D’Acquarica
ago052021
Pensavo a quanto sia improprio chiamare “Prima” (come quella della Scala di Milano - di cui francamente ho sempre apprezzato le contestazioni e detestato la mondanità dei lupi in platea travestiti da visoni, quando non in marsina) il concerto inaugurale di una rassegna organistica.
Elucubrazioni da preludio le mie (nel senso etimologico di prae – prima e ludus gioco), formulate mentre in auto percorrevo i circa 45 chilometri che separano Noha da Salve, nella cui chiesa madre, assiso all’Olgiati-Mauro del 1628, il M° Antonio Rizzato ridava fiato alle canne facendo avvicendare, in concorrenza tra loro, i secoli distesi sui suoi spartiti musicali.
Ne avrei percorsi il doppio, di chilometri, pur di non perdermi l’esibizione del Rizzato che conosco ormai da un decennio (lavoravo in quel di Lequile, terra sua, quando lo conobbi), noto ormai ovunque per il rigore dei suoi studi, la disciplina, direi pure l’intransigenza e il bisogno di perfezione in tutte le sue esecuzioni - improvvisazioni incluse.
Non sarei mancato comunque il 24 luglio scorso al taglio del nastro della settima stagione artistica del Festival Organistico del Salento, non soltanto per gratificare gli sforzi degli incrollabili organizzatori, ma proprio per la mia direi quasi innata passione nei confronti di uno strumento che può riservarti mille sorprese, e parimenti per la responsabilità che avverto nel mio essere salentino: certi beni culturali locali come gli organi a canne (antichi e moderni) si salvano solo attraverso la coscienza, risultato del processo di partecipazione di un popolo.
Mo’ non è che io mi stia profondendo in grandi salamelecchi nei confronti di un Festival Organistico per via del fatto che Francesco Scarcella, il maestro direttore, è un amico mio, tanto che nel 2020, una settimana prima che il mondo si fermasse a causa di un virus, tenne nel duomo del mio paese un concerto che resterà negli annali della storia patria nohana: ne parlo invece perché chiunque si degnasse di ascoltare l’organo a certi livelli, come quelli di codesto concorso musicale, non potrà che riceverne giovamento intellettuale e direi anche sensoriale e fisico (a proposito di benessere e di anticorpi contro ogni patologia in forma epidemica).
Pensavo (per ritornare al tema introduttivo) che ogni concerto d’organo è una Prima.
Mi spiego meglio. Sapete, ogni organo a canne è un pezzo unico. Nel mondo non esistono due organi a canne identici: al più simili, ma mai uguali tra loro. Sono strumenti fabbricati da artisti più che da artigiani, e di industriale hanno ben poco: progettati uno per uno, tengono conto dell’ambiente nel quale vengono poi assemblati (a terra o in alto, incassati su di un balcone in navata o in controfacciata, o nel presbiterio, oppure nella cavea di in un auditorium o incastonati chissà dove a teatro). Ergo il suono di un organo a canne varia sempre. Non solo in funzione della macchina stessa, della sua potenza, del numero di canne, dei timbri, dei materiali, delle dimensioni e delle forme, cambia anche in base all’aula, alla sua acustica, al suo grado di insonorizzazione, e risente della numerosità dei presenti, e financo del loro abbigliamento. Il suono si aggiusta in rapporto alla pressione atmosferica, alla temperatura, al tasso di umidità, ed è condizionato dalle trasmissioni, dalla fisionomia della cassa armonica, e da mille altre variabili. Ed è diverso ovviamente a seconda dell’autore dei segni sui pentagrammi e dell’organista interprete, anch’essi nel novero dei numeri primi.
Ecco perché la Prima di un concerto non può che essere anche l’Ultima. Avete presente il primo bacio dato a una ragazza (o a chi volete voi)? Agognato, sospirato, forse strategicamente procurato. Sapete già sin dall’inizio che quel primo bacio (che ricorderete a lungo) non si ripeterà mai più, e non ce ne sarà un altro simile a quello, perché dopo averlo dato diventerà il vostro ultimo primo bacio.
Cos’è mai un concerto d’organo a canne? – vi chiederete.
Un musicografo (rosa) tra le parole piano e forte.
Antonio Mellone
P.S. L’immagine che mi ritrae alle prese con il Continiello di Noha del 1971 sostituisce la consueta vignetta satirica.
lug252017
Nella sua “DESCRIZIONE di Tutta l’ITALIA”, Fra Leandri Alberto ci delizia con delle stupende note narranti il paesaggio e i costumi delle popolazione che incontra e di cui si fa una sua opinione. Diciamo “sua” perché è evidente che non può essere influenzata dalla storia che noi conosciamo avendone studiato il dettaglio a posteriori. Per esempio quando parla di S. Pietro in Galatina, esprime un giudizio favorevole verso il Duca Ferrante Castriota. Così dice Fra Leandri: “Egli è questo signore molto umano, e generoso”. (Dopo i De Balzo, Giovanni e suo figlio Ferrante furono il primo e secondo duca di Galatina nel periodo che va intorno al 1485).
Invece noi sappiamo benissimo che i cittadini di Galatina, opposero una grave controversia verso il Duca Castriota, per le sue angherie soprattutto di tipo fiscale (“Ebbe contrasti durissimi con la città e la sua Università (autorità municipale), abituate ad una convivenza diversa con i precedenti sovrani --Raimondello e Giovanni Antonio Orsini del Balzo- da "Galatinesi Illustri" a cura di M.F. Natolo, A. Romano, M.R. Stomeo).
Avvicinandosi nel nostro territorio, Fra Leandro Alberti, lo trova pieno di castelli e uliveti, e gli appare alla vista “il fortissimo castello di Noia posto in forte luogo”.
“Fortissimo e forte luogo” sono termini che non troviamo sovente e così accentuati nelle sue narrazioni d’Italia, questo vuol dire che il nostro mastio posto sulla serra che sovrasta la valle dell’Asso, lo colpisce non poco, fino a fargli dire parole tanto importanti.
Marcello D’Acquarica
ago252021
A Galatina (LE) l’impianto del colosso Colacem produce dagli anni Cinquanta diverse tipologie di cemento. Gli impatti sul territorio sono rilevanti. Cinque organizzazioni, e diversi Comuni, hanno ricorso al Tar regionale per chiedere l’annullamento del rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia. La sentenza, decisiva, è prevista per ottobre
Il cementificio Colacem di Galatina © Atlante dei conflitti ambientali
In Salento non si ferma la battaglia delle associazioni ambientaliste contro il cementificio di Galatina del colosso Colacem Spa, che in Puglia produce diverse tipologie di cemento dagli anni Cinquanta. Ad agosto cinque organizzazioni -CittadinanzAttiva Puglia, Coordinamento Civico Ambiente e Salute, Italia Nostra, Forum Amici del Territorio Ets, Noi Ambiente e beni Culturali- hanno deciso di costituirsi nel procedimento pendente presso il Tar di Lecce, ad adiuvandum al Comune di Soleto (LE), relativo alla richiesta di annullare la determinazione provinciale per il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), rilasciata al cementificio nel 2018 con scadenza nel 2030.
Si tratta dell’ultimo passaggio di una mobilitazione che dal 2017 vede gruppi di cittadini e organizzazioni territoriali denunciare le conseguenze causate dall’impianto sulla salute e sull’ambiente, documentate da ricerche e studi scientifici nazionali ed europei. Nel 2012 l’Agenzia europea dell’ambiente inseriva Colacem Galatina tra le industrie a maggiore impatto ambientale e sanitario, a causa delle sue emissioni, posizionandola al 586esimo posto su scala europea. Secondo l’istituto, erano emesse 584mila tonnellate di ossido di carbonio annue e 2.420 tonnellate di ossidi di azoto con un costo dei danni ambientali e sanitari calcolato tra 37 e 67 milioni di euro. Nel 2019 “Protos”, uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento, ha confermato l’esistenza di un cluster tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito Colacem: qui, come era già stato indicato in una ricerca pubblicata nel 2014 dall’Istituto superiore di sanità, è stato registrato un sensibile eccesso di incidenza per tumori polmonari rispetto ai casi attesi.
I prossimi mesi saranno cruciali. “La sentenza del Tar di Lecce, prevista per ottobre, è attesa da tre anni. Il percorso è iniziato nel 2018 quando i Comuni di Galatina e Soleto (in adiuvandum a Corigliano d’Otranto, Aradeo, Martano, Cutrofiano e Sogliano Cavour) hanno fatto ricorso al tribunale per chiedere l’annullamento dell’Aia, considerata insufficiente per tutelare i cittadini”, spiega ad Altreconomia una portavoce del Coordinamento Civico Ambiente e Salute a nome delle realtà coinvolte. Il tribunale deciderà se rinnovare o meno l’autorizzazione.
A pesare sulla decisione del Tar saranno i risultati contenuti nelle oltre cento pagine di una consulenza tecnica, richiesta nel 2018 proprio dal tribunale al fine di verificare se le disposizioni della Provincia fossero state idonee a tutelare l’ambiente e la salute e se fossero state rispettate da Colacem. Realizzata durante più di un anno di ricerca dai periti Mauro Sanna, Nazzareno Santilli e Lucia Bisceglia e consegnata lo scorso maggio, “ha evidenziato profonde carenze strutturali e una situazione preoccupante”, prosegue la portavoce. In particolare, si legge nel documento, l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia non avrebbe previsto alcuna limitazione né alcun particolare vincolo per l’impiego di petcoke (un residuo solido prodotto dalla raffinazione del petrolio, ndr) in alternativa al carbon fossile. Sono anzi considerati equivalenti.
Inoltre la perizia sottolinea i limiti sulle emissioni e sul loro monitoraggio, considerato discontinuo. Secondo i tecnici, la Provincia non avrebbe considerato che nel forno dell’impianto di Galatina non finisce solo il carbone ma che “è effettuato un recupero di materia di rifiuti per mezzo del loro trattamento termico”. Ma questo dovrebbe cambiare la normativa di riferimento: se fosse applicata correttamente, i limiti alle emissioni di ossidi di zolfo dovrebbero essere pari a 50 mentre quelli previsti nell’autorizzazioni sono il quadruplo; quelli di carbonio organico totale dovrebbero essere pari a 10 ma il limite è di 80.
Intanto nel marzo 2021 Colacem ha proposto una istanza di riesame per rivedere l’autorizzazione già rilasciata dalla Provincia. Si tratta, secondo le associazioni, di un tentativo di arrivare a un accordo che faccia cessare la materia del contendere superando, con un nuovo provvedimento Aia, l’eventuale giudizio negativo del tribunale che metterebbe a rischio il futuro dello stabilimento. Al riguardo si esprimerà la Conferenza di servizi il prossimo settembre. “La sentenza del Tar avrà una rilevanza nazionale”, prosegue la portavoce del Coordinamento Civico Ambiente e Salute. “La nostra organizzazione si è occupata anche degli impatti che Colacem produce sugli altri territori dove è attiva a Gubbio (Perugia) e a Sesto Campano (Isernia). Secondo il ‘Rapporto sostenibilità 2019’ dell’azienda, si prevede di bruciare CSS (combustibile solido secondario) nel forno di Galatina. Un aspetto che ci preoccupa ulteriormente”, conclude.
Ma gli impatti di Colacem non sarebbero riconducibili solo al contestato mancato controllo sulle emissioni. “La produzione di cemento penalizza le attività agricole e altera il paesaggio. Bisogna ricordare che è legata alle cave da cui è estratta la materia prima. Si aggiunge che i mezzi pesanti trasportano il cemento fino ai porti di Otranto e Gallipoli perché il prodotto è destinato principalmente all’esportazione”, spiega Marcello Sicli di Italia Nostra Salento. “Il Salento è già colpito da un ingente numero di cave dismesse e Colacem concorre in modo rilevante al consumo di suolo. Per intervenire con efficacia bisogna considerare il ciclo di produzione nella sua interezza”.
mag272013
Il mio pallino è da sempre quello di rintracciare personaggi, accadimenti ed altre cose belle di Noha cercando di sfregarle sulla carta perché rimangano fisse, scripta manent, e non se ne volino, verba volant, al primo alito di vento, o al primo cinguettio o tweet (come con inflazionato inglesismo s’usa dire di una frase di massimo 140 caratteri lanciata nell’arcinoto social-network).
Stavolta ho il piacere di parlare di un evento storico molto importante per la chiesa del Salento (e del mondo intero) come quello del 12 maggio scorso, allorché papa Francesco, in una piazza San Pietro gremita fino all’inverosimile (c’erano più fedeli che sanpietrini) proclamava santi i nostri Antonio Primaldo e Compagni, che tutti ormai venerano comunemente come i Santi Martiri di Otranto.
Ma il fatto straordinario di cui vorrei parlare non è tanto (o solo) la canonizzazione di personaggi storici della nostra terra, quanto il fatto che a servire la messa solenne del papa v’erano, tra gli altri, anche due bravissimi ragazzi di Noha, due seminaristi, Luigi D’Amato e Giuseppe Paglialonga, attualmente studenti (e sappiamo pure con profitto) di Teologia e Filosofia presso il pontificio seminario regionale “Pio XI” di Molfetta (pio collegio che ha “prodotto” pastori di gran prestigio, sacerdoti e vescovi, ma anche professionisti e uomini di importante levatura sociale), dopo aver frequentato, sempre insieme - e con soddisfazione da parte tutti, primo fra tutti l’ordinario diocesano - il seminario arcivescovile di Otranto (istituto ecclesiastico rinomato dal Settecento in poi per la floridezza degli studi e la bontà dei giovani avviati al sacerdozio).
Luigi e Giuseppe sono, dunque, due tra le perle più preziose di quello scrigno di tesori che è la gioventù nohana. Affatto diversi nella loro figura fisica, nel taglio della loro personalità, ma probabilmente non in quello delle loro aspirazioni, sempre pronti a salutarti cordialmente e con un sorriso, Luigi e Giuseppe hanno scritto e siamo certi continueranno a scrivere pagine importanti della Storia di Noha.
Ci sarà certamente il tempo (ora è fin troppo presto data la loro giovane età) per profondersi in biografie, stilare articoli sul loro curriculum vitae, vergare “scritti in onore” di questi due personaggi local con vocazione global (anzi universal, o, meglio, celestial), dandone i giusti colpi di scalpello nell’abbozzo di un loro profilo.
Qui però mi sia consentito di ricordare brevemente un paio di episodi che rispettivamente li riguardano.
Il primo è questo.
Tempo fa accompagnai Luigi D’Amato a Galatina nella casa di un mio amico, il compianto Prof. Mons. Antonio Antonaci, per far conoscere l’uno all’altro: ci tenevo (evidentemente per la stima che nutro nei confronti di entrambi). In quell’occasione il professore non parlò molto, affetto com’era da un principio di depressione senile cronica (che lo accompagnò fino al giorno del suo congedo da questa vita che ebbe termine il 26 settembre del 2011); tuttavia alla fine di quell’incontro il professore ebbe modo di donare a Luigi uno dei suoi numerosi capolavori: lo stupendo volume dal titolo “Fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo – cappuccino - arcivescovo di Otranto (1930 - 1952)”, un libro di oltre 400 pagine sulla vita straordinaria di un vescovo santo che ha operato nella nostra terra durante “gli anni ruggenti” che vanno dal periodo fascista alla ricostruzione post-bellica. Orbene, in una delle prime pagine di questo tomo - il cui testo si legge scorrevolmente come un racconto senza tuttavia divenire un romanzo - Mons. Antonaci, prima dell’autografo, vergava di proprio pugno una dedica al nostro seminarista appellandolo (con molte probabilità profeticamente) don Luigi. In quell’occasione mi parve di cogliere in Luigi, anzi in don Luigi (e credo di non essermi sbagliato), un certo compiacimento, se non proprio un cenno di approvazione.
Il secondo fatto che vorrei menzionare riguarda invece Giuseppe.
Ricordo molto bene questo poco più che imberbe ragazzino beneducato e molto attento, oltre che sempre presente nelle prove o nel corso delle liturgie in cui mi capitava di suonare (con o senza il coro) l’organo a canne di Noha. Orbene, Giuseppe osservava in silenzio e sembrava assorbire come una spugna le tecniche ed i segreti di quella vera e propria orchestra che è l’organo elettromeccanico nohano, le combinazioni dei suoni, dei suoi timbri e registri, l’uso dell’“acceleratore” del “crescendo”, i pulsanti ai pedali, e via di seguito.
So che certe cose si aggrappano all’infanzia come ami nella carne per non staccarsene più; non saprei dire, però, con certezza se io sia stato protagonista in positivo (nel senso che Giuseppe, da buon osservatore nohano, abbia “scoperto” e quindi iniziato ad amare la musica, e soprattutto quella celestiale e sublime, commovente e magnifica di un organo a canne anche grazie a me), oppure in negativo (nel senso che osservando e soprattutto udendo il sottoscritto suonare l’organo con i piedi – ma nel senso metaforico del termine, in quanto un organo si suona pure con i piedi – dunque nel peggiore dei modi, abbia reagito alla violenza provocata ai suoi timpani, oltre che al decoro che si deve all’arte ed al senso estetico, studiando invece seriamente la musica organistica, e giacché c’era anche il canto, onde evitare il ripetersi nel mondo di certe performance melloniane). Sta di fatto che oggi, nell’un caso o nell’altro, Giuseppe Paglialonga è un bravo ed apprezzato organista, oltre che un cantante dalle indiscusse doti canore.
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Ma ritorniamo in piazza San Pietro (ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato - o dal seminario) ed a quelle immagini in mondovisione che hanno proiettato davvero su tutto l’orbe terraqueo, oltre a tutto il resto, anche i nostri due conterranei intenti l’uno, Luigi, a reggere il pastorale del papa (che per essere precisi si chiama “ferula”) e l’altro, Giuseppe – se riesco a veder bene nella foto - catino, brocca e forse anche manutergio per l’abluzione rituale (cioè la lavanda delle mani che avviene nel corso della messa durante l’offertorio e dopo la comunione).
Assisi proprio a pochi metri dalla sedia del papa, i nostri due impettiti seminaristi sono stati impeccabili. Il maestro delle cerimonie pontificie, il rigoroso e apparentemente imperturbabile Mons. Guido Marini (genovese, da non confondere con il prefetto suo predecessore fino al 2007, Mons. Piero Marini, pavese) non avrà faticato molto, né sprecato molto fiato nelle istruzioni da dare ai nostri ragazzi: Luigi e Giuseppe saranno apparsi agli occhi del cerimoniere pontificio come i più navigati liturgisti vaticani, grandi esperti di sacra liturgia, delle sue leggi e regole (e soprattutto delle tre P richieste a tutti i chierici, e cioè la pietà, la pazienza e la precisione) apprese certamente in seminario, ma anche e soprattutto in quella vera e propria scuola-guida che è la parrocchia di Noha.
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In conclusione o ad integrazione di queste note, a me (ma sono certo anche ai miei venticinque lettori) piacerebbe conoscere i sentimenti, l’emozione e l’impressione provati dai nostri due baldi giovani a proposito di questo avvenimento che rimarrà indelebilmente scolpito nel loro animo per tutta la vita. Mi piacerebbe leggere (magari su questo stesso sito) i loro pensieri in merito, i risvolti e la cronaca particolare della cerimonia, il contatto con papa Francesco, i dettagli dell’evento e anche il “dietro le quinte” di questa occasione storica e straordinaria.
Nell’attesa di tutto questo, auguro a Luigi ed a Giuseppe, sicuro d’interpretare anche il pensiero di molti, tutto il bene di questo mondo, qualunque sarà la loro scelta.
Auguro loro di ascoltare e di mettere in pratica i messaggi forti di questo papa evangelico, dunque “rivoluzionario”, che dice papale papale (appunto!) che la chiesa di Cristo non ha titoli da concedere né onori da distribuire ai vanitosi del mondo, ma solo servizi da chiedere agli umili della terra, riaffermando con determinazione le parole di Luca (17,10): “Quando avrete fatto tutto il vostro dovere dite: siamo servi inutili”.
Auguro loro di abiurare il dio del perbenismo di facciata, il dio del potere corrente e mafioso, il dio delle convenienze, delle compiacenze e dei privilegi, il dio di comodo ed il dio denaro. Auguro loro, invece, di credere, accogliere, predicare e donare agli altri il Dio nudo, forestiero, crocifisso, emarginato, diverso, precario e disoccupato, il Dio che inorridisce davanti ad ogni schifezza compiuta specialmente dentro le mura del tempio, il Dio che dà senza aspettarsi nulla in cambio, il Dio delle gerarchie, quelle vere che non hanno bisogno di gradi, il Dio che ha fame e sete di giustizia, il Dio della strada stretta, tortuosa, in salita, difficile, accidentata, il Dio dei poveri cristi, il Dio di una chiesa dell’intra omnes e non quello dell’extra omnes.
Alla fine di questo percorso auguro loro - se sarà questa la loro Vocazione - di caricarsi anche del fardello del pastorale (se non proprio quello di una ferula papale: mai porre limiti alla divina Provvidenza), impugnandolo tuttavia non in qualità di caudatari, ma, possibilmente, in qualità di titolari.
Sempre, però, sulle orme di Francesco.
nov282014
L’Amministrazione di Cutrofiano si appresta a concludere un vergognoso accordo con la Colacem, in danno del territorio, dell’ambiente e di tutta la comunità locale.
Per un obolo di 50.000 euro l’anno – il classico piatto di lenticchie – l’Amministrazione Comunale intende sottoscrivere con la Colacem s.p.a. una nuova convenzione quinquennale, che prevede un ampliamento di circa 5 ettari della cava “Don Paolo”; un’estensione che si somma ai 22 ettari (con profondità di 30 metri) esistenti, sacrificando i beni comuni alle ragioni del profitto e alimentando un’attività insalubre, anche se a norma di legge, che contribuisce al già grave inquinamento nel nostro comprensorio.
Questa svendita di territorio non servirà a ridurre le tasse per i cittadini, ma per rimediare ad errori amministrativi, espropri mal eseguiti e spese scriteriate di precedenti governi cittadini, che gravano sui nostri bilanci per quasi un milione di euro.
Occorre bloccare un patto scellerato, reso possibile dalle connivenze della politica locale, che ha trasformato questo nostro paese, dalle spiccate vocazioni agricole, turistiche e artigianali, in una colonia mineraria, il cui materiale di scavo viene esportato in tutto il mondo senza regole e senza limiti, per dare profitto ad una singola azienda privata.
Un patto così solido che consente ai rappresentanti della Colacem di affermare che fino a quando ci sarà argilla a Cutrofiano, Colacem scaverà per produrre il suo cemento; un’agghiacciante dichiarazione che fa comprendere quale sia il rispetto del territorio da parte dell’Azienda.
Un patto così vincolante che l’Amministrazione Rolli non ha scrupoli, per la sua attuazione, a tradire i propri impegni elettorali di realizzare “una politica di controllo, di contenimento e, se necessario, di contrasto nei confronti delle attività estrattive”.
Tutto ciò mentre il Registro Tumori segnala nel nostro Comune e nel comprensorio una mortalità per tumori polmonari nettamente superiore alle medie regionali e nazionali, e mentre autorevoli scienziati e operatori sanitari, non escludono la relazione tra le malattie registrate e le emissioni industriali e la qualità dell’aria nel territorio.
Ogni volta che decidiamo di distruggere, vendere o consumare il nostro territorio in modo irreversibile, rubiamo il futuro ai nostri figli!
Il progetto di ampliamento interessa un’area, a ridosso del Parco dei Paduli e nella fascia di rispetto del Canale Colaturo (classificato tra le acque pubbliche), di elevato valore paesaggistico, ed è stato già bocciato nel 2011 nell’ambito della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.
Per questi motivi chiediamo all'Amministrazione comunale di Cutrofiano di:
A) Non approvare alcuna Convenzione con la Colacem che preveda l'ampliamento delle cave in cambio di un misero rimborso economico;
B) Aprire un ampio confronto con i cittadini e con i Comuni vicini per valutare l'intera situazione ambientale ed economica connessa alle attività estrattive e quella del cemento;
C) Dotarsi di una serie di Piani e Regolamenti finalizzati a tutelare il territorio, riqualificare le criticità esistenti e a individuare nuove prospettive economiche ed occupazionali ambientalmente sostenibili.
Signor Sindaco e Signori Consiglieri, non svendete il nostro territorio e con esso il futuro di Cutrofiano!
Forum Ambiente e Salute.
Bella giornata non c’è che dire, tenendo conto che eravamo a due passi da casa, anzi si può dire che stavamo proprio dentro la nostra bellissima Noha, in mezzo a ville e giardini.
A parte la bruttissima sorpresa iniziale, e cioè un sacchetto di rifiuti sparpagliati quasi davanti ai nostri cartelli (uno schiaffo alla civiltà) e i cestini traboccanti degli avanzi delle abbuffate fatte in villa probabilmente la sera prima, il resto è filato tutto liscio, senza olio ma con tanta spazzatura già avvinghiata nell’erba.
Sono stati allietanti perfino gli sguardi curiosi e quasi meravigliati dei tanti nostri concittadini che hanno fatto passerella in auto e in carrozze trainate dai cavalli, insomma quasi una festa.
Abbiamo lottato non poco con colate di plastiche stracotte che hanno fatto radice nel terreno, e quindi recuperato una trentina di sacchi stracolmi di bottiglie di vetro, di plastica, di metalli e di indifferenziata varia.
Non è mancata la pausa di metà mattinata servita di caffè caldo bollente e una tornata di pasticciotti alla crema offerti dalla nostra socia di NoiAmbiente e amica Loredana Tundo, che ha anche partecipato alla manifestazione.
E infine ci ha allietato la mattinata il piccolo Luca, che non ha fato altro che leggerci un sacco di barzellette divertenti, giusto per sdrammatizzare lo schifo che stavamo cercando di contrastare.
Ma la brutta sorpresa l’abbiamo trovata alla fine del percorso. Praticamente una montagna di rifiuti di tipo domestico: scarpe, valigie, giochi, materassi, e tanta altra roba sgomberata da qualche sprovveduto, tutte cose che avevamo denunciato alla P. A. e protocollato il 18 di agosto del 2020, e sollecitato durante il corso dell’anno 2021. Niente da fare, tutto andato in fumo, aggiunto quindi altro veleno nell’aria, nell’acqua e nella terra. Qualcuno, è evidente, ha voluto incendiare solo quel tratto di bordo strada dov’erano i rifiuti segnalati. Questa volta abbiamo perso la corsa. La giornata iniziata, diciamo bene, è finita così: allibiti davanti a tanta ignoranza e cattiveria. Siamo arrivati davvero troppo tardi, e la colpa è nostra.
Questa la denuncia fatta il 18 agosto del 2020:
Questo ciò che rimasto nell’erba bruciata:
Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv
apr122018
Non concede alcuna chance la corazzata Normanna Aversa al sestetto di mister Stomeo, rimandandolo nel Salento con una pesante sconfitta per 3-0 , dopo aver stentato a carburare nel primo set agguantandolo ai vantaggi(26-24).
Seppur preventivabile un nulla di fatto in terra campana , ciò che si chiedeva all’Olimpia SBV Galatina era una prova di carattere, in quello che doveva essere un test probante in prospettiva della gara interna e decisiva di domenica contro il Tricase.
La fiammata di orgoglio è durata invece un set :il primo, dove una progressione nel punteggio lasciava ben sperare (6-8, 9-16, 14-22) poi ,capitan Guarini e compagni hanno buttato al vento l’occasione ,facendosi erodere un break positivo di 8 punti.
Sono stati i servizi di Corti e Mandolini ad incidere di netto sul fondamentale della ricezione in casa salentina, che ha racimolato in termini percentuali un insufficiente 27% , nonché i primi tempi di un Vetrano super che realizza il 100% dei suoi attacchi , identificandosi come il migliore nella prima frazione di gara.
C’è un senso di sconforto nelle file galatinesi , quasi di rassegnazione dinanzi allo spessore tecnico del sestetto aversano. Molla incomprensibilmente la squadra salentina , assume comportamenti ed atteggiamenti da vittima sacrificale e le notizie che giungono da Andria con il vantaggio di due set a uno per i padroni di casa sull’ Ottaviano , mettono le ali ai ragazzi di Del Prete che lasciano appena ventiquattro punti all’Olimpia SBV, nei rimanenti due set, con Bonetti e Mandolini sugli scudi.
Non era questo che società e tifosi avevano chiesto ;la gara andava affrontata con la giusta dose di adrenalina, non inquinata da un’acquiescenza per manifesta superiorità dell’avversario . Si chiedeva la continuità nervosa , la tenuta caratteriale del gruppo , senza mollare …invece dopo il primo set si era già sotto la doccia.
Traggano , atleti e tecnici, le dovute considerazioni in prospettiva della gara di domenica 15 aprile contro la Fulgor Tricase che determinerà il futuro dei colori bianco-blu-celesti.
Si affronterà una squadra , quella di mister De Giorgi, reduce dalla vittoria per 3-1 sull’Erredi Taranto, con un Del Monte in evidenza che bisognerà bloccare ed un Muccio da contenere. Poi sarà il pubblico, il tifo caldissimo ,la giusta cattiveria degli atleti in campo a far pendere ,ci auguriamo, la bilancia dalla nostra parte.
Per l’occasione la società del presidente Santoro apre le porte del PalaPanico a tutti in modalità gratuita, invitando i tifosi ad organizzarsi coreograficamente, sostenendo i propri beniamini con il cuore e con le corde vocali in massima estensione.
Ci aspetta una grande giornata di sport.
ROMEO NORMANNA AVERSA – OLIMPIA S.B.V. GALATINA 3-0
(26-24, 25-12, 25-12).
GALATINA: Corsetti 5, Rossetti , Iaccarino 5, Lentini 8, Apollonio (L), Muccione 1 , Calò , Persichino(n.e.), Petrosino , Buracci 7,Guarini 3 Coach: Stomeo. Ass. Bray
AVERSA: D’Auge(L), Nero(L) ,Vetrano 14,Lentola 1, Gaetano, Corti 7, Bonetti 16, Illuzzi 1, Testagrossa 6,Mandolini 15 Coach: Del Prete.
Piero de lorentis
AREA COMUNICAZIONE
OLIMPIA SBV GALATINA
mag182018
Con Mons. Vetta e Mons. Nappi si chiude il l’ottocento. Nuovi vescovi e nuove storie di Nardò e di Noha ci attendono nelle prossime puntate.
La redazione
LUIGI VETTA (1805 – 1873)
Vescovo dal 20 aprile 1849 al 10 febbraio 1873
Dal 1849 al 1873 Pontefice era:
Pio IX (1792-1878) Papa dal 1846 al 1878
Arciprete di Noha
Don Michele Alessandrelli (1812-1882), parroco dal 1847 al 1882
Luigi Vetta, figlio di Angelo e di Maria Berchinio era nato nel 1805 ad Acquaviva Colle Croci, comune di Acquaviva, diocesi di Termoli, provincia di Campobasso. Studiò lettere e filosofia a Napoli. Il 20 aprile 1849 Pio IX, che si era ritirato a Gaeta invocando l’aiuto delle potenze cattoliche, dopo l’uccisione del presidente dei ministri dello stato pontificio Pellegrino Rossi, lo nominò Vescovo di Nardò.
Dopo l’ingresso in diocesi decise di iniziare la visita pastorale, per conoscere più da vicino il suo gregge, per porgere a tutti i suoi figli il suo saluto, la sua parola ed il suo conforto, per conoscere i desideri e le necessità dei medesimi e per poter prestare l’opportuno rimedio ai difetti ed ai mali morali. La indisse il 3 aprile ed il 7 la iniziò e dopo tre anni, il 10 aprile 1853, la portò a termine.
Fin dall’inizio del suo episcopato si adoperò con tutte le forze per la ri-costruzione dell’episcopio, ed intanto, come i suoi predecessori, andò a risiedere in contrada le Cenate. Perciò le bolle di questo periodo sono datate non dalla curia o dal palazzo vescovile, ma dalla nostra residenza. Il 22 maggio 1850 ordinò al maestro muratore Donato Cimino di continuare i lavori, già iniziati per incarico del Lettieri, e, tre anni dopo, il rustico del palazzo era già pronto. Il 30 novembre 1853, il perito architetto Gregorio Nardò eseguì, per disposizione del Vetta, la stima finale dei lavori, dalla quale risulta che quelli del pianterreno comprendevano la costruzione dalle fondamenta di oltre quindici vani, una scala segreta, due portici, un grande arco di comunicazione tra il palazzo vescovile ed il seminario e la scala centrale con due piccoli ripostigli nel sottoscala; inoltre lavori di intonaco, di pavimentazione e di rifiniture in altri sette vani, già fatti costruire dal Lettieri.
Il pianterreno richiese la somma di ducati 3.722,82. I lavori del primo piano, invece, comprendevano la costruzione del blasone della scala maggiore, di circa venti vani con accessori e della scala di accesso alla terrazza; inoltre lavori di intonaco, di pavimentazione e di rifiniture a tre vani costruiti prima. Il primo piano richiese la somma di ducati 5.309,69; per cui la somma complessiva fu di ducati 9.032,51.
Nel febbraio 1854 il palazzo vescovile di Nardò era già completato anche nelle rifiniture.
Il Vescovo Vetta si trovò a Nardò in un periodo storico molto turbolento (1860/1861), allorché il Regno delle due Sicilie fu sconvolto dai moti rivoluzionari per la cacciata della dinastia borbonica, dominante da molti anni, e per l’unificazione con il regno d’Italia, contrastati dalle soldatesche borboniche. Fu bersaglio di persecuzioni da parte dei liberali, fu vittima di violenze, subì il rapimento, l’allontanamento forzato dalla sede e dalla diocesi e il domicilio coatto.
Nel ministero pastorale di questa diocesi fu coadiuvato dall’arcidiacono Giuseppe M. Leante che era il vicario generale, e dai provicari generali, proposito Francesco Toraldo, dal 1851 al 1858, canonico Salvatore Perrone, dal 1858 al 1872, e primicerio Vincenzo Marinaci, per qualche anno soltanto, nel 1869.
Fu uno dei padri del concilio ecumenico vaticano I (1869- 1870), indetto da Pio IX, e prese parte alle varie sessioni.
Verso la fine del 1867 fu colpito da una lunga e crudele malattia, che lo rese quasi immobile per molti anni e che egli sopportò con rassegnazione e con fortezza cristiana.
Dopo ventiquattro anni di episcopato, all’età di 68 anni, il 10 febbraio 1873, alle ore 17, cessò di vivere. Fu sepolto nella chiesa della B. V. Incoronata, posta a qualche chilometro fuori le mura della città, e sulla tomba fu collocata l’epigrafe che sintetizza bene la sua vita e che qui riporto in italiano:
Gesù Maria
Qui riposa
LUIGI VETTA
da Acquaviva Colle - Croci
per circa 24 anni Vescovo di Nardò
Nelle discipline ecclesiastiche
e nelle lettere classiche
dotto
utile alla città e alla diocesi
frugale
assai munifico verso i poveri
la violenza la fuga l’esilio
con animo invitto
per la chiesa per la giustizia
avendo tollerato
a Roma uno dei Padri del grande concilio Vaticano
a 68 anni di età
il 10 febbraio
logorato da lunga e crudele malattia
Improvvisamente morì l’anno 1873
Relazione con la chiesa di Noha
In questo periodo l’arciprete di Noha era don Michele Alessandrelli, nato a Seclì nel 1812 da Michele e Vita Picciolo: fu Arciprete dal dicembre 1847 fino alla sua morte 17 Settembre 1882. Fu sepolto nel cimitero di Galatina. Bisogna anche aggiungere che era molto devoto di San Michele, sia perchè lui stesso si chiamava Michele e sia perchè era parroco di una parrocchia intitolata a questo Arcangelo.
Appassionato della storia locale, oltre al fatto che, come abbiamo già detto, ci ha lasciato nei registri di battesimo un bigliettino su cui annota come suo vanto la scoperta del racconto del miracolo del 1740, attribuito all'intercessione di San Michele, nel 1850 ha compilato un prezioso documento che è la sua relazione per la visita pastorale che Mons. Luigi Vetta condusse alla Diocesi nel 1850-53.
A Noha il Vescovo venne il 14 maggio 1852, poi anche l’11 giugno 1855 e infine il 6 giugno 1857. In questa relazione don Alessandrelli descrive con molti particolari la situazione della chiesa di Noha: strutture, beni e persone. Le notizie che ci trasmette, utili per conoscere la storia della chiesa di Noha, per noi oggi si rivelano molto importanti.
Durante i suoi anni bisogna annotare anche il rifacimento della chiesa di San Michele con l’ampliamento della struttura che inglobava la vecchia chiesa del 1502. Infatti nel 1857 a spese sue personali e col concorso del popolo di Noha, fece costruire dalle fondamenta la chiesa parrocchiale insieme con la sagrestia e la torre campanaria. Il perito architetto Gregorio Nardò, lo stesso che a Nardò aveva costruito l’episcopio, valutò i lavori, ultimati il 7 ottobre 1857, ducati 411,33.
Il 12 agosto 1855, scoppiò una terribile epidemia di colera che durò sino a tutto il mese successivo, seminando rovina e morte. A Nardò oltre seicento furono le persone colpite dall'inesorabile male e ben 373 incontrarono la morte. Ogni giorno, senza nessuna eccezione, per due mesi interi, il terribile morbo fece le sue vittime, che da tre nel primo giorno 12 agosto, toccarono il numero più alto il 5 settembre con ben 29 morti.
Ma si vede che il colera deve essere durato un certo tempo, perché il nostro Arciprete a conclusione dell’anno 1867 nel registro dei morti informa:
In questo anno decorso dominò in questo paese il Colera Morbus, ma per grazia speciale di Dio misericordioso e del nostro Protettore S. Michele Arcangelo fu moderato e non desolante come negli altri paesi e Città.
Sacerdoti presenti a Noha in questo periodo
* Don Mario Resta, di cui non abbiamo notizie e che ha sostituito don Alessandrelli negli ultimi tre anni della sua vita come Economo Curato.
* Don Pantaleo Paglialonga, Economo Curato.
* Don Francesco Greco, di Noha, è Vice Parroco. Nella relazione per la visita pa-storale l’Alessandrelli lo descrive così:
Rev.do Sacerdote D. Francesco Greco di questo stesso Comune di anni 39, ordinato a titolo di patrimonio sacro, e sotto il solo titolo della Chiesa. Sostituto autorizzato a richiesta del Parroco da S.E. Rev. ma Monsignor Vetta Vescovo di Nardò.
* Don Nicola Caputo, Economo Curato e poi arciprete
* Il Can. Salvatore Erroi di Galatone, Economo Curato.
Salvatore Nappi (1828 - 1899)
Vescovo dal 22 dicembre 1873 al 23 giugno 1876
Dal 1873 al 1876 il Pontefice fu:
Pio IX (1792-1878) Papa dal 1846 al 1878
Arciprete di Noha
Don Michele Alessandrelli (1812-1882), parroco dal 1847 al 1882
Salvatore Nappi nacque a Nola, provincia di Napoli, nel marzo 1828. Era canonico e professore di diritto ed aveva 45 anni quando il 22 dicembre 1873 fu nominato vescovo di Nardò dal Papa Pio IX.
Il 18 gennaio 1874 prese possesso della diocesi mediante il procuratore canonico Alessio Bona.
Poche notizie si hanno della sua attività pastorale in questa diocesi, che governò per due anni e cinque mesi circa. Sembra che stesse preparando la visita pastorale ed avesse inviato allo scopo i relativi questionari ai parroci, ma non ebbe il tempo di effettuarla.
Nel giugno del 1876, per motivi sconosciuti, il Nappi rinunziò alla sede di Nardò. Fu quindi Vescovo ausiliare di Calvi e Teano e poi Arcivescovo di Conza e Campagna in provincia di Avellino. Morì arcivescovo emerito nel 1899.
Il procuratore Alessio Bona al capitolo radunato comunicò di aver ricevuto una lettera assicurata dall’auditore del Papa contenente la libera ed incondizionata rinunzia di Salvatore Nappi a vescovo di Nardò e la benigna degnazione del Pontefice ad accettarla .
Relazione con la chiesa di Noha
Non se ne hanno notizie.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
lug032019
Sono partiti questa mattina i lavori di messa in sicurezza dell’ex chiesetta di Santa Lucia, sita in via Noha a Galatina. L’immobile, di proprietà del comune e in stato di abbandono da decenni, lo scorso anno aveva già beneficiato di un intervento per la rimozione dell’albero di fico cresciuto sul suo tetto che, altrimenti, ne avrebbe potuto determinare il crollo. L’intervento di oggi, portato avanti dalla ditta Nicolì specializzata in restauri, serve, appunto, a mettere in sicurezza una struttura di valore storico e sarà seguito da un finanziamento di 25 mila euro che la Sovrintendenza ha concesso al comune di Galatina per ulteriori lavori.
“La conservazione del patrimonio culturale rappresenta una delle linee guida di questa amministrazione – ha dichiarato l’assessore ai Lavori Pubblici Loredana Tundo - Diversi gli interventi già programmati in questi ultimi tempi, tra i quali la sistemazione da infiltrazioni dell’orologio di Noha, il parere favorevole ottenuto dalla Sovrintendenza per la sistemazione della “Trozza” sempre a Noha e per ultimo la richiesta di finanziamento per la messa in sicurezza della Chiesetta di Santa Lucia a Galatina. Bene vincolato con un decreto del 1993 per la sua importanza storico artistica. Chiesetta dotata anche di un “hospitarum” ovvero di un corpo di fabbrica destinato a luogo di sosta e ricovero dei fedeli, purtroppo distrutto. Questo ci fa capire l’importanza del bene nel 1500. La collaborazione degli uffici, la sensibilità dimostrata dal nostro Dirigente Arch. Nicola Miglietta e dai tecnici comunali al recupero di beni storici, dei quali è ricca la nostra città, è quello che ci sta permettendo di ottenere importanti risultati per la nostra comunità.”
Ufficio Stampa - Marcello Amante
ott122016
Il padre Pijo che abbiamo al governo ha dunque il dono della bilocazione, anzi dell’ubiquità (sennò che padre Pijo sarebbe).
Sta solcando mari e monti per portare ovunque il suo verbo (difettivo) inducendo le genti tutte a rispondere convintamente di ‘sì’ ad un quesito, come dire, molto ‘politically correct’. Roba da indurti a votare plebiscitariamente a favore del referendum (anzi reverendum), non fosse altro che per l’equilibrio con il quale è stato formulato.
Pare che da qui al 4 dicembre prossimo sventuro, il premier dei primati (da interpretare il concetto di “primati”) avrà non so più quanti comizi e visite in agenda (e in azienda): nelle fabbriche, dunque, nei campi di grano, a cavallo, a torso nudo, negli aeroporti, ai giochi olimpici, sui balconi di piazza Venezia a Roma.
Del resto che problemi avrà mai l’Italia perché un primo ministro Superman se ne occupi in prima persona. Secondo la sua favella, infatti, tutto fila a gonfie vele, il Pil è in crescita, il debito pubblico è sotto controllo, la disoccupazione sparita, la sanità va che è una bellezza, “corruzione” non è più un lemma dell’italico idioma, la mafia è stata distrutta (insieme alle intercettazioni di Napolitano), e l’Ilva (grazie alla firma del Primo Sinistro sul decimo decretino salva-Ilva, mica salva-polmoni) non produce più diossina democratica ma inebriante profumo d’intesa Cacharel (o Cacarel, non ne ricordo più con precisione la marca).
La probabilità che possa vincere il sì al reverendum – bisogna riconoscerlo – è invero molto alta, grazie anche a tutta una serie di promotori (finanziari): da mamma Rai che non sa più come incensarne le magnifiche sorti e progressive (tanto d’aver reso ormai inutile la creatività del pubblicitario americano Jim Messina, retribuito con 400 mila euro di moneta nostra: il famoso Messina-denaro) al Tg Orba di Enzo Magistà/Macifà che sta cercando in tutti i modi di cannibalizzare (riuscendovi benissimo) il ben più serio Mudù; dai giornaletti confindustriali, debenedettini, rondoliniani, e altri orrori di Stampa “vergini di servo encomio” a benigni che, dopo “Jonny Lecchino” (cit.) e dopo “Pinocchio” (veramente lo vedrei meglio nei panni della volpe), s’è messo in testa di girare anche il sequel de “Il Pap’occhio”: un novello film horror dal titolo “Il Pastrocchio” (con il protagonista principale che prova a leggere di seguito gli articoli 70, 71 e 72 della nuova carta sulla Prostituzione, ma stramazza al suolo per ipossia ancor prima di terminare la lettura del primo dei tre).
E’ vero che in giro è pieno zeppo di libri sul NO al reverendum (libri di Silvia Truzzi, Marco Travaglio, Salvatore Settis, Alessandro Pace, Gianfranco Pasquino, Stefano Rodotà, Zagrebelsky, don Ciotti, e molti altri). Ma questa è garanzia di vittoria sicura del SÌ: in Italia infatti non si trova un lettore di libri manco a pagarlo a peso d’oro. E invero nemmeno di articoli lunghi più di cinque righe (tipo i miei).
Nè si leggono (a riuscirci) certamente nemmeno quelli della cacoforma costituzionale, così verbosi, prolissi, pieni d’inutili digressioni che faresti prima a rileggerti “Guerra e pace” di Tolstoj e di seguito la “Recherche” di Proust certamente con più celerità (e consolazione).
Sempre a proposito di letture. Se il primo sinistro e gli esponenti della sua corte avessero letto (e capito) Calamandrei, là dove afferma che “quando si scrive la Costituzione, i banchi del governo devono restare vuoti”, forse non avrebbero toccato nemmeno con una canna del canale dell’Asso la nostra bella Carta Costituzionale, e men che meno avrebbero provato l'azzardo di ridurla in coriandoli per le loro carnevalate; e se infine avessero letto (e capito) l’altro passo: “Non bisogna dire che questa è una Costituzione provvisoria che durerà poco, e che di qui a poco si dovrà rifare. NO: questa deve essere una Costituzione destinata a durare” (estratto dal discorso “Chiarezza nella Costituzione”, pronunciato all’Assemblea costituente nella seduta del 4 marzo 1947 – in: Piero Calamandrei, “Lo Stato siamo noi”, Chiarelettere, Milano, 2016, pag. 27-28) non avrebbero collezionato la figura di merda planetaria nell’affermare che già i nostri padri costituenti volevano riformarla; già prima ancora di licenziarla [sic]).
Ecco. Se i novelli padrini costituenti avessero letto (e capito) Piero Calamandrei, non saremmo giunti fino a questo che più che un voto è un vomito.
p.s. Per chi non li conoscesse, i padri costituenti nella foto sono nell'ordine da sinistra verso destra: Maria Elena Boschi, Denis Verdini e Matteo Renzi.
Antonio Mellone
lug012011
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
lug072011
Eccovi di seguito un articolo a firma di Antonio Mellone sulla nostra 'RadioInOndAzioni' apparso sull'ultimo numero de "il Titano", supplemento economico de "il Galatino", n. 12 del 24 giugno 2012. Insomma W Interet Libero, W la libertà!
La Puglia passerà al digitale terrestre entro la fine del corrente anno o al massimo entro il primo semestre del 2012. Questa bella notizia apprendiamo leggendo il calendario del passaggio al digitale. Tradotto in parole semplici vuol dire che per poter guardare i programmi della televisione saremo costretti – come hanno fatto o faranno anche in altre regioni – a riempire le nostre case di alcune scatole chiamate “decoder” da collegare in qualche modo all’apparecchio televisivo. Senza questo decoder le nostre televisioni (a meno che non siano acquistate in tempi recenti con il marchingegno incorporato) diventerebbero un semplice soprammobile.
Fonti più che attendibili ci informano che il digitale terrestre di fatto è un digitale sottoterrestre (o extraterrestre: cioè roba dell’altro mondo), in quanto si tratta di un vero e proprio ferrovecchio, una tecnologia obsoleta morta e sepolta ma temporaneamente risuscitata dall’endemico italico conflitto d’interessi che sembra avere quale obiettivo precipuo quello di far fare i soldi a chi i soldi li ha già: in questo caso i proprietari (più ricchi) delle vecchie reti televisive. Il tutto a discapito dell’innovazione vera, della democrazia e della libertà d’informazione.
Per fortuna la realtà supera l’immaginazione al potere, e il futuro prima o poi arriva. Per fortuna, cioè, a prescindere dalle scelte politiche sceme, c’è una realtà che non vuol perder tempo, che va per conto suo, e soprattutto contro l’archeozoico vento sinistro degli insipienti e gli ottusi. E questa realtà è un mondo in fermento, ricco di idee e di persone libere, pronte a cavalcare le punte più avanzate della comunicazione non allineata attraverso l’utilizzo di una tecnologia che non potrà più essere fermata, tanto meno da un decreto ministeriale.
C’è una tecnologia che invece sta crescendo a ritmi esponenziali (almeno in altre parti del mondo non tanto distanti dal patrio Jurassic Park), ed è la connessione ad Internet.
In rete si possono vedere già da oggi, anzi da ieri l’altro, centinaia di canali televisivi: a condizione che la linea arrivi, che sia veloce e che abbia un costo ragionevole. L’Italia purtroppo sembra relegata ad uno degli ultimi posti quanto a connettività (a momenti la Libia ha più connettività di noi), visto che le suddette tre condizioni necessarie non sono pienamente realizzate, e questo per precise scelte strategico-politiche volte a trasformarci tutti in pecore mute da tosare in tranquillità e possibilmente con il sottofondo della voce del padrone.
Mentre in altre parti del mondo si studiano “ponti unici di comunicazioni”, come sta cercando di fare Microsoft con l’integrazione in Skype di molte piattaforme (MSN, Lync, Hotmail, Outlook, Exchange…), in Italia stiamo perdendo terreno, tempo e denaro con il digitale terrestre e con i decoder. Ma tant’è.
Per fortuna la realtà supera l’immaginazione al potere, e il futuro prima o poi arriva. Per fortuna, cioè, a prescindere dalle scelte politiche sceme, c’è una realtà che non vuol perder tempo, che va per conto suo, e soprattutto contro l’archeozoico vento sinistro degli insipienti e gli ottusi. E questa realtà è un mondo in fermento, ricco di idee e di persone libere, pronte a cavalcare le punte più avanzate della comunicazione non allineata attraverso l’utilizzo di una tecnologia che non potrà più essere fermata, tanto meno da un decreto ministeriale.
Queste persone non bisogna rintracciarle a “Chi l’ha visto?”, né dall’altra parte del globo, ma vivono e operano accanto a noi. Per accorgersene basta aprire gli occhi e magari connettersi in rete.
Uno dei protagonisti della locale rivoluzione cultural-tecnologica in corso è il mite ma determinato nostro concittadino Tommaso Moscara. Il quale, non pago dell’esperienza non semplice di aver dato i natali e linfa continua al cliccatissimo sito www.galatina2000.it, luogo ormai topico di incontro e di dibattito della Galatines’ community, s’è messo in testa anche di “fare la radio”: la neonataRadioIndOndAzioni(d’ora in poi Radioinondazioni).
Radioinondazioni non è una radio come le altre tradizionali che trasmettono con le frequenze in FM. Radioinondazioni – ascoltabile su Galatina2000.it e su Noha.it e sicuramente su altri siti sui quali è stata “importata” – è una web-radio, cioè una radio on-line che permette agli utenti di tutto il mondo di collegarsi per ascoltare in streaming musica e pensieri trasmessi dal computer di un altro.
Moscara ha pensato bene che fosse ora di inondarci di novità a partire da Galatina, la bella addormentata nel Salento, e ha dato vita ad una radio che non è un juke-box senz’anima e a basso costo (i veri costi di una web radio sono il tempo da dedicarle, la determinazione, e la voglia di mettersi in gioco) ma un cuore vivo e pulsante, un collettore dinamico di arte dei suoni e informazioni, un marchingegno che ricorda il tempo rivoluzionario di trenta e passa anni fa, quello delle radio libere (di cui Tommaso sembra aver sempre avuto il pallino).
La prima web radio di Galatina, dunque, è un microcosmo che sta interessando una crescente fetta di pubblico giovanile (giovani di tutte le età, s’intende) grazie anche a quell’aggregatore di ascolti e moltiplicatore di social network che è Facebook, acceleratore di particelle di questa bellissima neorealtà. Sono questi i passi che porteranno anche in Italia il fenomeno che da tempo si registra negli Stati Uniti: cioè il sorpasso degli ascolti delle radio “solo web” su quelli delle radio in FM.
In un futuro non tanto lontano non ci si collegherà alla web radio soltanto stando seduti a tavolino con il computer (e internet) acceso, ma anche in mobilità, tramite I-Phone e altri apparecchi da casa, in auto, e persino in spiaggia, anche senza il bisogno di accendere il computer.
Nella neonata Radioinondazioni s’è voluto addirittura strafare con le novità. Ci sono dei programmi originali ed in diretta come il “Tutti pazzi per la radio” in cui la creatività di alcuni ragazzi straordinari di Galatina si manifesta in forme finora considerate inedite; ci sono programmi culturali di approfondimento sui libri, come quello condotto da Michele Stursi addirittura da Pisa (per una web radio lo studio è il mondo, nel senso che si può avere un ospite “in studio” anche a mille e passa chilometri di distanza); c’è ancora il programma “il Lunedì” condotto da Francesca dalla bella voce e soprattutto dalla dizione finalmente non marcatamente paesana, anzi attenta all’ortoepia, cioè alla corretta pronuncia delle singole parole, e dei suoni della lingua, ma anche alla forma e alla terminologia.
Sì, ci sia consentita questa breve digressione: la radio è una palestra per gli speaker e fare una radio glocal come questa che ha l’ambizione di travalicare gli angusti “confini provinciali” significa anche migliorarsi prestando attenzione all’accento, alla dizione ed alla cadenza, che nei limiti del possibile dovrebbero essere senza pesanti o meschine inflessioni (benché il nostro salentino non presenti intonazioni enormemente difformi da quelle della lingua nazionale). E finanche a Galatina s’inizia ad abbandonare il “carzilarghismo” per prestare finalmente attenzione alla rotondità del linguaggio studiato e connaturale insieme e alla ricerca di una cadenza che non stanchi e che non aberri dalla caratteristica modulazione della lingua italiana. Punto.
Non si può, infine, non citare “Quello che le donne non dicono”, il programma con la musica che si crea addirittura dal vivo. È la trasmissione-spettacolo condotta per due ore di seguito ogni venerdì a partire dalle 19.30 dalla pittrice Paola Rizzo, in diretta dal suo studio d’arte ubicato in Piazza Castello a Noha (e ritrasmessa in replica in altre giornate ed orari). Qui, di volta in volta, viene invitata una band emergente per live acustici in studio, come ad esempio i Rino’s Garden, gli Indi-Ka, i Muffx, gli Adria, i Camden, Gigi Cinto, i Ghigni Five, i Toromeccanica, gli Shotgun, i Jack in the head, e tanti altri ancora. È incredibile la grinta e l’alto livello professionale di questi giovani gruppi dalla firma per lo più anglofona: il che la dice lunga sull’orientamento culturale prevalente.
Radioinondazioni è una radio giovane, alle prime armi, ma con tanta voglia di crescere e di trasmettere musica e programmi, anche di nicchia. Non avendo l’assillo dello share, infatti, su Radioinondazioni si potrebbe perfino parlare di filosofia o di matematica o di diritto o di beni culturali o di educazione civica, insomma di materie che – solo ad evocarle – potrebbero provocare l’urticaria da allergia alla massa dei grande-fratello-dipendenti.
Radioinondazioni ha molta strada da percorrere e, a detta del suo fondatore e dei suoi amici collaboratori, c’è ancora tanto da fare e migliorare, per esempio nella puntualità dell’inizio dei programmi o nell’organizzazione o nella pianificazione del palinsesto o in dettagli tecnici che talvolta hanno fatto registrare fastidiosi fruscii in cuffia soprattutto nel corso di qualche concerto dal vivo… Ma, a pensarci bene, questi sono lussi che Tommaso Moscara può permettersi. Questo coraggioso pioniere, infatti, ha il torto ed il merito di aver fatto la prima web radio nella storia di Galatina.
nov082012
Qualche giorno fa ho assistito alla presentazione di un libro edito dal gruppo Mondadori che raccoglie tutti gli scritti di Eugenio Scalfari, con la partecipazione di Paolo Mieli, all’interno del Cinema Teatro di Lecce. Quando è stata comunicata la notizia della condanna di Berlusconi a quattro anni di reclusione, la platea si è scatenata in un fragoroso applauso, seguito dalla voce dei due intervenuti, Scalfari e Mieli, i quali sostenevano che fosse finita un’era. E come non credere loro! Poi Scalfari, nel suo excursus sulla storia d’Italia, ha detto che la politica italiana è come un fiume carsico che a volte scorre sotto terra e a volte riaffiora per cogliere ogni scintilla di populismo. Ma la cosa che più mi ha convinto è stata l’affermazione che l’Italia non è mai esistita - l’Italia come Stato si intende - poiché i cittadini non hanno mai sentito lo Stato come proprio. Neanche i più grandi geni italiani, i più illustri letterati e artisti sono mai stati dei veri nazionalisti/patriottici, condizionati soprattutto dalla nostra atipica storia. L’italiano è sempre stato individualista poiché non ha mai incarnato un senso di collettività. Lo Stato non esiste, e se mai dovesse esserci, sarebbe nostro nemico. Se queste sono le premesse individuate da uno dei più grandi giornalisti di sempre, di cui riconosco l’importanza e l’influenza, allora non ci rimane altro che fare i bagagli e scappare quanto più lontano possibile. Ora il problema si fa molto serio. Se l’Italia non esiste per gli Italiani, qual’é la prerogativa per una corretta politica sociale? Nessuna. Conclusione non attribuibile al pensiero di Scalfari bensì al mio: la politica in Italia la si fa per se stessi, privi del senso più nobile e comune attribuibile alla stessa Politica e cioè il benessere della collettività. Se le premesse sono queste, e sono pessime, e le conclusioni sono altrettanto scontate ed evidentemente deleterie, a cosa serve ormai elencare i possibili rimedi se gli stessi non si auspicano per abitudini acquisite di clientelismo, corruzione e interessi di economie e mafie? Se bastasse cambiare soltanto i politici la soluzione sembrerebbe possibile. Ma così non è. Non basta sostituire le persone mantenendo uguali le premesse e supportando le medesime conclusioni. Il cambiamento avviene alla radice poiché, somministrando continuamente il concime sbagliato, la pianta finirà col seccare del tutto. E da troppi anni ormai si inietta nel sociale sempre la stessa dose di veleno che, a furia di assuefarsi, ha reso il disgusto saporito al palato. Poniamo la questione in altri termini: è come ci vogliono far credere e che cioè ad un tratto, per opera di un ignoto Houdini, i soldi sono scomparsi nel nulla, volatilizzati, o quella ricchezza, la stessa quantità che c’è sempre stata, è sempre mal distribuita? Non c’è storia, è vera la seconda; traduco: ingiustizia economica e sociale. Ma in fondo la democrazia è bella poiché ognuno può dire la propria; peccato però che qualcuno si è dimenticato che oltre a poter dire qualsiasi cosa in democrazia, si potrebbe e si dovrebbe anche provare a passare dalla contemplatio all’actio poiché siamo pieni di bravissimi oratori e di pessimi faccendieri. Continuo a sperare però che i giovani e i loro strumenti salveranno questo nostro Paese e questo nostro mondo, rimembrando quella frase di quel qualcuno che si faceva legare alla sedia pur di perseguire il suo obiettivo, pronunciando come un mantra sempre la stessa frase: “Volli, sempre volli, fortissimamente volli” (V. A.). Fortunatamente qualcuno più attendibile di noi altri, che sosteniamo questo, disse che sarà la perseveranza a salvare questo nostro mondo. E se a Noha la vecchia scuola elementare è chiusa per l’assenza di una cabina elettrica, le nuove case sono addossate a beni storico – culturali di inestimabile valore, tutte le strade sono impraticabili, le rotonde non illuminate e addobbate per Natale con erbacce alte due metri, marciapiedi inesistenti e iniziative culturali scarse o poco frequentate, presepi viventi sospesi senza apparente motivo, noi vogliamo continuare a perseverare. Forse qualcuno ci dirà che le priorità sono altre, senza specificare come al solito quali siano. Qualcun altro dirà che le casse dei comuni sono vuote anche se, all’improvviso, salta sempre fuori qualche forziere nascosto nella stiva per la gioia di pochissimi. Io, nonostante tutto questo, voglio continuare a credere e persevererò fino alla fine.
Fabrizio Vincenti
ago252021
L’attenzione, da parte di tanti cittadini, per il PD di Galatina ci fa piacere e ci inorgoglisce. Si guarda a noi con grande interesse, condividendo i nostri interventi e sollecitando una presenza maggiore. Vedono nel PD un’alternativa valida al malgoverno dell’attuale coalizione guidata dal Sindaco Marcello Amante. Pur non avendo una rappresentanza nell’Assise Comunale, svolgiamo dall’esterno una opposizione attenta, denunciando situazioni di criticità e di abbandono, che stanno portando indietro la nostra Città, e formulando, nel contempo, proposte di governo per una corretta e più efficace gestione della cosa pubblica.
Il peggioramento delle condizioni economiche e sociali, dopo oltre quattro anni di sindacatura Amante, è sotto gli occhi di tutti, e quotidiane e sempre più numerose sono le segnalazione sulla rete.
Occorre, pertanto, costruire un’alternativa democratica, capace di rimettere ordine ai tantissimi guasti provocati alla nostra comunità. Attualmente il Circolo di Galatina è a gestione commissariale, con la nomina provinciale, come previsto dallo Statuto, di un reggente sino al prossimo Congresso, ma, con continuità ha fatto sentire la sua voce, denunciando le inadempienze, i ritardi e le omissioni. Un’azione costante, grazie alla quale alcuni risultati si sono ottenuti. Batti e ribatti, suscitando reazioni positive in tanti cittadini, singoli o in gruppo, in questi ultimi giorni, la Città è stata resa più presentabile agli occhi di tanti turisti che visitano Galatina, il decoro urbano ha fatto un salto di qualità, strade e marciapiedi (con un impegno di spesa di circa 6.000 euro) sono state liberate dalle erbacce, ma rimangono in uno stato pietoso i giardini pubblici con gli alberi e i cespugli rinsecchiti (anche qui si sono investiti 75.000 euro), i monumenti che ornano le piazze. E potremmo continuare. Se, a volte, come ci fanno notare i lettori che seguono con attenzione le vicende cittadine, spronandoci a fare meglio, e con i quali vorremmo avere, assieme alle associazioni che guardano a noi, un confronto proficuo sul futuro di Galatina, ci assale il dubbio che inveire contro chi è seduto a Palazzo Orsini è come sparare sulla Croce Rossa, che nell’attuale fase pandemica è meglio utilizzarla per altre necessità.
Un punto è fermo: il nostro obiettivo è quello di dare vita ad una coalizione democratica, formata da partiti, associazioni e movimenti che si riconoscono nell’area del Centrosinistra, respingendo, come già abbiamo già fatto, perché le riteniamo sbagliate e fuorvianti, proposte di alleanze e sostegno ai candidati della Destra. Di quelle forze che ci hanno mal governato, con risultati nefasti: il pietoso stato di abbandono, l’inerzia e la mancata salvaguardia de nostri beni artistici e architettonici, la perdita di copiosi finanziamenti (clamoroso quello di oltre 5 milioni di euro per la rigenerazione urbana delle periferie) la svendita di tanti nostri gioielli, ad iniziare dalle strutture del Quartiere Fieristico, che, da polo di promozione dell’economia salentina, è ridotto ormai ad un inutile contenitore di dubbie e, a nostro giudizio, inefficaci iniziative,
Come PD, lo abbiamo detto a chiare lettere a Nardò, lo diciamo a Galatina.
PARTITO DEMOCRATICO
CIRCOLI DI GALATINA E NOHA
dic292022
Meno male che il 22 dicembre scorso a Noha, oltre al concerto per i cinquant’anni del Continiello (dico il bell’organo a canne di comunità), erano previsti nel pomeriggio inoltrato ben altri appuntamenti tra piazza San Michele e via Castello, tipo gli artisti di strada, i canti natalizi a cura delle scuole nohane, il mercatino, le caldarroste, l’assaggio dei dolciumi della tradizione, e l’immancabile Babbo Natale con la sua casetta downtown (insomma Magic Christmas contro Magic Crisi), se no davvero non avremmo saputo come riuscire a ospitare nella parrocchiale di San Michele Arcangelo il pubblico suppletivo in aggiunta a quello intra et extra moenia dei melomani (melomani, puntualizzo, non mellomani) che già la gremivano fin dai primi istanti del diciamo soundcheck, non essendovi in commercio né i banchi da chiesa a castello, e men che meno i doppi turni concertistici come pare facciano per esempio a Helsinki; per non parlare poi dei cachet da capogiro – ergo fuori dalla nostra portata - da riconoscere all’organista per gli straordinari.
Sembra che alla fine (miracolo di Natale) entrambe le cose quasi in contemporanea, ma stocasticamente indipendenti, abbiano registrato robusti indici di gradimento.
Tornando al Concerto diciamo che solo chi si cimenta a organizzarne uno arriva a comprendere il senso più profondo dei suoi significato-etimologia-sinonimi-e-contrari. Per credere provate voi a fissarne una data nell’ambito di una rassegna organistica in corso, trovare una chiesa aperta in grado di ospitarne uno (sia di concerto e sia di organo funzionante), contattare un organista disponibile, stilare un programma plausibile, invitare un pubblico deciso ad accorrervi (non è un concerto di Vasco Rossi su spiaggia demaniale eh), e afferrerete all’istante i concetti di Concorso, Accordo, Intesa, Collaborazione, Armonia, Affiatamento et sim., cioè appunto Concerto.
Ed è proprio questo il nostro caso: un Festival Organistico del Salento e il suo direttore M° Francesco Scarcella pronti a dir di sì senza indugio già a fine settembre; il parroco don Francesco che con la sua santa pacienza proferisce l’ennesimo “Eccomi” e, a proposito di alta fedeltà, lavora come gli altri all’invito di fedeli e infedeli; un amico artista di nome Marcello D’Acquarica che collabora no-profit, anzi a perdere, e dedica il suo tempo libero prima alla redazione del cartellone dell’evento che, tra immagini, lessico, stemma, caratteri, tonalità dei colori, orario, logo del ministero della cultura e quello della regione Puglia, preposizioni semplici e articolate, ha richiesto undici (un-di-ci) versioni, per non parlare dei raffinati bassorilievi in terracotta con le effigi delle tre torri, dei velieri e dell’organo a canne paesano offerti in dono rispettivamente al direttore artistico, al concertista e al parroco; sant’Albino Campa (martire), patron di Noha.it e di Nohaweb, che ha realizzato il servizio fotografico della serata, e che, insieme a Marcello, ha permesso le riprese video in diretta proiettate su grande schermo grazie agli attrezzi forniti da Tommaso Moscara de “il Galatino” e dal mio collega Antonio Sambati; un programma che viaggia nel tempo e nello spazio, dal XVII secolo ai giorni nostri, dalla Germania alla Francia, da Sava a Noha, e quindi dal Fischer a mesciu Bach e al Greco [se giovedì scorso gli antichi autori avessero per caso ascoltato l’esecuzione dei loro pezzi avrebbero sicuramente esclamato: “Però, che belle opere che abbiamo scritto!”, ndr.]; un pubblico colto e raccolto, in sintonia con i brani proposti e decisamente incline a conceder la lode al “candidato” sotto forma di applausi a scroscio; il prof. M° Antonio Rizzato, severo, accorto, a tratti ieratico, attento a dettagli, disciplina, perfezione di tecnica e suono, ma così umile e indulgente e comprensivo con tutti, disposto a seguire il suo allievo passo passo, divenendone, per l’occasione, addirittura assistente e registrante (sarebbe più o meno come un arcivescovo che serve la messa al suo parroco), e dunque coprotagonista del risultato finale; e infine, ma non ultimo, l’organista savese Mattia Francesco Greco che studia, suona, danza leggero su tastiera e pedaliera, improvvisa e diverte, sta al gioco, e dà vita a un concerto d’organo che, come noto, non solo innalza lo spirito e sana il corpo, ma diventa altresì fatto politico, Vangelo e Costituzione, segno di pace (meglio il suono della bombarda ad ancia dell’organo che il fragore di una bombarda lancia proiettili), nonché tutela dei beni comuni, abbattimento di steccati, lotta alle disuguaglianze, e mai più musica classica o erudita per élites e classi dominanti, ma musica tout court per tutti: “[…] Canne tutte diverse, ma nessuna più importante di un’altra”, scriveva don Donato Mellone che mezzo secolo fa volle questo monumentale “organo vitale”.
Strumento che, confesso, ogni tanto suono anch’io.
Ma in codeste evenienze si parla (e a lungo) di organo a cane.
Antonio Mellone
feb222017
Il Commissario Straordinario Dott. Guido Aprea, sin dall’insediamento della gestione commissariale, ha dovuto affrontare la difficile situazione di bilancio del Comune di Galatina, che ha reso necessario il ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e la successiva approvazione del relativo piano, di durata decennale - contenente le misure individuate al fine di ripianare la situazione di squilibrio -, attualmente all’esame del Ministero dell’Interno e della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti.
Tra le misure previste, un ruolo fondamentale assume l’impegno al contenimento dei costi complessivi di gestione amministrativa, la lotta all’evasione fiscale ed il recupero delle entrate, e l’alienazione di parte del patrimonio immobiliare dell’ente, finalizzata alla riduzione del debito.
In questa direzione, è stato, preliminarmente, approvato il progetto di recupero funzionale dell’immobile, già destinato a sede di uffici giudiziari soppressi, preordinato al trasferimento di gran parte degli uffici comunali; nel contempo, è stato avviato il complesso iter tecnico-amministrativo per l’alienazione degli immobili già occupati da tali uffici (Palazzo Bardoscia, Palazzo Mandorino, Palazzo del Sedile), e di ulteriori beni oggetto di valorizzazione e inserimento negli elenchi del patrimonio disponibile alienabile, conformemente alle vigenti disposizioni normative.
Al fine di garantire che tale processo di risanamento possa costituire anche e soprattutto un’occasione di sviluppo dell’intero territorio, queste scelte sono state affiancate da una serie di iniziative di promozione delle attività in itinere, coinvolgendo soggetti pubblici e privati nella definizione di strategie di valorizzazione del contesto storico-culturale della città: una fra tante il tavolo tecnico tenutosi a Palazzo Orsini nel novembre scorso, alla presenza del Prefetto, dei rappresentanti di Regione, Provincia, Soprintendenza, Associazioni imprenditoriali, ecc.
Il bando per l’alienazione degli immobili comunali, recentemente pubblicato e con scadenza per la presentazione delle offerte prevista per il prossimo 10 marzo, si inserisce, pertanto, in una più complessa azione mirata al risanamento del bilancio comunale, unitamente alla riorganizzazione del servizio tributi e del sistema di riscossione degli stessi, oltre alla ridefinizione degli obiettivi strategici di sviluppo del territorio, in un’ottica di valorizzazione del patrimonio immobiliare, culturale, storico, di respiro ampio, con un’offerta formulata ad una potenziale domanda a livello nazionale e internazionale.
Ufficio Stampa
Comune di Galatina
feb012013
Vorrei ritornare un attimo (pensavate di svignarvela?) sul lavoro di catalogazione, valorizzazione e conservazione del bene culturale che ci saltò in mente di appellare con - diciamo così - l’epiteto di Osservatore Nohano, onde evitare la perifrasi “arma di distinzione di massa” o ben più mordaci circonlocuzioni; lavoro, dicevamo, anzi sfacchinata promossa, portata a termine e fattaci recapitare da tre eroi meneghini che rispondono ai nomi di Fabio, Laura e Luca, noti ormai lippis et tonsoribus.
Mi son chiesto le ragioni dell’affetto di questi amici, che probabilmente facevano parte dei nostri venticinque affezionati lettori. E ho pensato che evidentemente l’Osservatore Nohano (nonostante le sajette su di esso invocate giorno e notte da qualche ottuso da riporto) ha sempre avuto un certo valore. E si tratta di un valore-opportunità (cioè la possibilità per le persone di usufruire in futuro di un bene conservato in memoria), di un valore-esistenza (che è il valore che i beni culturali hanno anche per coloro che non ne usufruiscono direttamente, in ragione semplicemente della loro esistenza, appunto), di un valore-eredità (il valore che il nostro lavoro “pseudo-giornalistico” ha in quanto testimonianza per le generazioni future), di un valore-prestigio (in considerazione del prestigio che l’Osservatore Nohano arreca alla nostra piccola patria, e dell’orgoglio e del sentimento di identità culturale che contribuisce a formare) ed, infine, di un valore-educativo (cioè di sviluppo di creatività e di gusto estetico, che oltre ad essere a beneficio del singolo risulta essere a vantaggio per l’intera nostra comunità).
L’Osservatore Nohano dunque non poteva finire così, come qualcuno sperava cantandone a squarciagola il de profundis. Non poteva esser vero, infatti, quanto venuto fuori dalle elucubrazioni dello scienziato di turno, secondo cui il nostro giornalino “non era più seguito da nessuno” (sì, come no).
Questo dono molto gradito ci fa comprendere che forse l’O.N. è ancora vivo e vegeto in mezzo a noi, pur non sotto le specie della carta e dell’inchiostro (inchiostro antipatico), e, soprattutto senza la costrizione della rilegatura, della stampa, della data e del formato. C’è un’onda lunga, un solco che quel mensile nohano ha tracciato in terra di Noha, un’incisione di tale profondità da far sentire ancor oggi il sussulto delle sue fenditure. Ed è una lama che sta ancora arando e dissodando, ed è come se l’aratura non fosse mai terminata.
Il regalo del trio Fabio-Laura-Luca è la dimostrazione del fatto che L’Osservatore Nohano è uno spettro che ancora s’aggira per Noha, ma anche altrove. E’ un’opera, questo dono natalizio, una scultura fabbricata a dispetto del detrattore di turno che non ha colto appieno che questo giornalino forse ha fatto bene anche a lui, rintuzzandone certe uscite fuori luogo e fuori senso, contribuendo addirittura alla sua crescita – del detrattore, dico - magari in maniera meno sussiegosa o spocchiosa di quanto forse non sarebbe stato senza Osservatore Nohano…
Abbiamo appena festeggiato il primo anniversario dell’“assenza” del nostro mensile on-line-ma-anche-cartaceo. Sappiano i nostri 25 followers che nel corso di quest’ultimo anno P. Francesco D’Acquarica continua a rinfacciarmi il fatto che l’Osservatore si sarebbe dovuto prolungare per almeno altri quattro anni, così da raggiungere il numero perfetto, che ovviamente per noi è NOVE (e continua a dirmi che nonostante tutto, lui, il padre spirituale del giornalino, continuerà a ricercare e a scrivere); che l’Antonella Marrocco, che non naviga tanto in Internet e quindi non riesce a seguire gli scritti non sfregati sulla carta, ogni volta che l’incontro mi fa: “allora ricominciamo?”; che la Martina, che parla ormai milanese, quando le dico che il piatto piange, mi riferisce che senza quella scadenza mensile fissa è come se si perdesse in mille fronzoli, e quindi non riesce più a compilare in maniera sistematica le sue schede storiche e tecniche e il dizionario dei modi di dire nohano; che Michele Sturzi, che sembra scomparso dalla circolazione (ribadisco: “sembra”), continua a pubblicare altrove i suoi ghirigori di parole e non smette di riempire Linkedin con i suoi articoli scientifici tutti rigorosamente in inglese (ora ce ne aspettiamo uno about Noha); che Marcello D’Acquarica non sapendo più dove pubblicare le sue vignette sataniche (Gesù, Giuseppe e Maria!), si mette a scrivere libri in men che non si dica; che don Donato non passa domenica senza rammentarmi il fatto che non fare più l’Osservatore è (stato) davvero un bel peccato di omissione (difficilmente perdonabile); che Fabrizio Vincenti sentendosi libero da ogni impegno è addirittura convolato a nozze con la sua bella Romina; che la Paola Rizzo, tra un ritratto ed un quadro d’ulivi e l’altro, adesso s’è messa a fare “due chiacchiere con…” mezzo mondo su Face-book, e dice “quello che le donne non dicono” addirittura alla radio; che da quando non ci siamo noi gli affari della tipografia AGM dell’Antonio Congedo anziché ridursi (come paventavamo) sono aumentati in barba alla crisi economica; che sant’Albino (martire), mentre prima era sotto stress soltanto una volta al mese, oggi è sotto tortura almeno una volta a settimana, con tutte le idee che senza tregua ci frullano nel cervelletto.
Ah dimenticavo: tra i nostri 25 supporters c’è anche la Maria Rosaria che non riesce a farsene una ragione, e s’è sognata il fatto che io avrei detto che a giugno 2013 L’Osservatore Nohano ritornerà (ritornerebbe) di nuovo in edicola in formato cartaceo.
Mi sa che la ribattezziamo Maya Rosaria.
Antonio Mellone
P.S. In un ipotetico editoriale (ipotetica di terzo tipo) di un eventuale numero dell’Osservatore del mese di febbraio 2013 si sarebbe parlato della speranza che almeno stavolta i nohani non si mettano a votare in massa per i soliti cani e soprattutto per i soliti porci.
lug192019
I comuni della provincia di Lecce non si sono lasciati scappare l'occasione: hanno rispettato tutte le regole, potendo godere così dei 6 milioni stanziati in favore di questo territorio nella manovra economica.
A darne notizia per primo è Leonardo Donno, portavoce alla Camera dei deputati del M5S e membro della Commissione Bilancio.
«Il nostro Governo - spiega - ha dimostrato ancora una volta come l'attenzione per i territori ed il sostegno ai sindaci siano assolute priorità. I Comuni in provincia di Lecce, dal canto loro, si sono attenuti alle regole imposte e hanno tutti rispettato i termini ultimi di presentazione dei progetti ed avvio lavori. Così facendo di quei sei milioni non è andato perduto neanche un euro».
Un passo indietro. Nell'ambito della Manovra economica il Governo ha attivato un fondo da 400 milioni di euro destinato ai piccoli comuni, quelli al di sotto dei 20 mila abitanti. Di questi circa 6 milioni sono stati destinati ai comuni della provincia di Lecce.
«Si tratta di fondi da utilizzare per realizzare piccole opere in settori vitali come l'edilizia pubblica, la manutenzione e la sicurezza del territorio - spiega ancora Donno - la manutenzione delle strade, la prevenzione del rischio sismico e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali. I lavori di cui sopra dovevano essere avviati entro il 15 maggio( poi prorogati con lo Sblocca Cantieri al 10 Luglio) . E così è stato. Tutti i Comuni, nessuno escluso, hanno avviato i cantieri entro e non oltre la scadenza imposta».
Più nel dettaglio (e come si evince dalla tabella in allegato) in Legge di Bilancio è stato introdotto un contributo di 40 mila euro per i comuni fino a 2 mila abitanti, di 50 mila euro per quelli fino a 5 mila abitanti, di 70 mila euro per i comuni fino a 10 mila abitanti e di 100 mila euro per quelli fino a 20 mila abitanti. Con il contributo bisogna coprire il 100% dell'importo delle opere. Nessun cantiere deve restare in stand by.
«Questi maggiori investimenti locali -continua Donno- si vanno ad aggiungere ad 1 miliardo di euro di maggiori fondi, derivanti dallo sblocco degli avanzi di amministrazione per i comuni virtuosi. Non solo. Con la norma Fraccaro, contenuta nel Decreto Crescita, il Governo ha stanziato in favore di tutti i Comuni d'Italia, 500 milioni di euro per opere di efficientamento energetico e sviluppo sostenibile. Di questi 21 milioni saranno destinati alla Puglia. Più nel dettaglio 6.750.000 euro saranno destinati al comune di Lecce e a quelli della provincia. Sono previste soglie contributive che vanno dai 50mila euro per i comuni con popolazione fino a 5mila abitanti ai 250mila euro erogati in favore dei comuni oltre i 250mila abitanti. Le risorse - prosegue il deputato - finanzieranno opere per promuovere il risparmio energetico negli edifici pubblici e per consentire l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Inoltre i Comuni potranno utilizzare i fondi anche per la messa in sicurezza delle scuole. Infine, si potranno finanziare progetti per la mobilità sostenibile e per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Le opere, in quest'ultimo caso, dovranno essere avviate dai Comuni entro il 15 ottobre 2019, pena la perdita del beneficio economico. Considerando il comportamento virtuoso dimostrato dal territorio, siamo fiduciosi che anche questo finanziamento sia captato dalle amministrazioni nella sua totalità.
Ce la stiamo mettendo tutta per dare ossigeno agli enti territoriali massacrati fino ad oggi dal Patto di Stabilità interno -chiosa il deputato - e dal principio del Pareggio di Bilancio. Per la Puglia è per la mia Provincia, si tratta di un’occasione preziosa, una grandissima opportunità per avviare quel grande piano di messa in sicurezza del territorio che i Comuni e le Province, da soli, non sono in grado di sostenere».
Grazie e buon lavoro
Leonardo Donno
gen042014
Sempre affascinante ritrovarsi in un posto così suggestivo. Dal 1593 questo luogo divenne “la masseria Colabaldi” perché un ricco commerciante toscano, il sig. Baldi Nicola che viveva a Galatina, rimase anche lui affascinato da questa altura e dall’attiguo convento e chiesa di Santu Totaru che già esistevano, ancora prima dell'anno mille. Chiesa e convento, devastati dai Turchi che saccheggiarono tutto il Salento, furono messi in vendita dalla chiesa di Noha che ne era la proprietaria, sicuramente fino al 1452. Furono così comprati dal Signor Baldi che costruì la masseria.
Questa sera sono qui davanti a questo portale cinquecentesco. Dietro di me una folla enorme, tutta ordinata e paziente, al freddo, attende il suo turno per la visita al Presepe Vivente di Noha, quarta edizione.
Che ci sarà mai di straordinario che attira qui tanta gente?
Io sono accompagnato per la visita in questo spazio di fiabe dove per incanto la masseria è ritornata palpitante di vita. Il percorso comprende una visita all’interno dei locali che un tempo furono abitati anche da mia nonna, la mamma di mio papà, la nonna Nunziata o se vi piace la Sig.ra Annunziata Bianco che nel 1885 sposò mio nonno, Francesco D’Acquarica.
In alcuni locali sono perfettamente ricostruiti gli ambienti domestici delle famiglie dell’antica Noha. Eccomi ora davanti al forno dove gusto la fragranza delle “pucce” appena sfornate: le memorie olfattive dell’infanzia si mescolano con le emozioni per le cose genuine. Ora mi incammino dentro l’abitazione ed eccomi come se una bacchetta magica mi avesse portato indietro nel tempo. Entrando, in un angolo scorgo una ragazzina che si esibisce con il mortaio, lu stompu, per pestare il frumento. Poi c'è lu scarparu che ancora aggiusta scarpe, più avanti una donna lavora ccu lu talaru, visito una cucina completamente attrezzata, lu cconza limbi, e in una stanza donne che lavorano e filano la lana come ai tempi di mia nonna. Più in là visito lu seggiaru che sta impagliando le sedie.
Ora la visita continua all’esterno. Persone e animali domestici ripropongono le scene delle famiglie di un tempo. Incontro oggetti, tradizioni rurali e artigianali del nostro territorio, gli strumenti del lavoro contadino, le ceramiche, le terrecotte e c’è anche chi crea personaggi con la cartapesta.
Mi trovo davanti all’imboccatura di una cisterna. Sicuramente l’avrete notato anche voi. I solchi scavati dalle catene dei secchi armeggiati qui per secoli, mi incantano. Mi fermo e immagino la fatica dei ragazzini delle famiglie che abitavano in masseria: qui venivano ad attingere acqua. Penso alla fatica e anche al rischio e al pericolo. Infatti nei registri antichi di Noha avevo letto che nel maggio 1736 alle ore 22 in circa che per noi significa verso le 17, Giovanni Domenico passò disgraziatamente all'altra vita tirando acqua nella cisterna del Colabaldi, e spezzata la fune precipitò dentro, d'età sua d'anni sei in circa. Sì, avete letto bene, di anni sei. Che tristezza. Così è terminata la vita del nostro piccolo Giovanni Domenico: una disgrazia che oggi non riusciamo a capire.
Mi è piaciuta la ricostruzione della “throzza”. Mi auguro che l’esperienza continui. L’anno scorso vidi la ricostruzione della torre, quest’anno la “throzza”, un altr’anno forse vedrò la “casa rossa” , poi il Calvario, chissà… insomma è cosa ottima riproporre all’attenzione dei visitatori i nostri beni culturali, tanto ignorati, trascurati e poco apprezzati.
La mia visita ogni anno si conclude dove c’è la scena della santa Natività. Ogni anno provo le stesse emozioni. Gesù nasce di nuovo in questo luogo, stalla per gli animali per 420 anni, e prima ancora luogo sacro (la chiesetta di Santu Totaru) per più di sette secoli. Avete notato il pavimento? È ancora quello della chiesetta. E la struttura architettonica? È quella di una chiesetta bizantina. Forse voi non vi siete accorti perché non avete guardato in alto nel buio, ma nella volta a botte si apre un quadrato che dà luce all'interno: è il residuo del lucernario delle antiche chiese greche. Infine mi fermo ancora un attimo ad ammirare il portale dell’entrata del convento. Intravedo sulla parete le impronte ormai cancellate degli affreschi di un santo monaco. Chissà quanti frati hanno vissuto qui, e quanti massari hanno faticato per noi.
Congratulazioni per l'iniziativa e complimenti per il recupero di così tante e importanti memorie.
Grazie organizzatori del presepio vivente Natale 2013.
Grazie gente di Noha per la vostra partecipazione e collaborazione serena e sorridente.
Posso immaginare e capisco la fatica che ci sta dietro per realizzare una cosa così: iniziativa da variare perché non appaia ripetitiva, ma sicuramente da mantenere.
P. Francesco D’ Acquarica
gen052011
feb022017
Ricapitolando in maniera lapidaria e granitica.
1) Una tizia inglese piena di soldi [tutti da dimostrare: ma magari li richiederà alla banca Etruria di turno, ndr.], venuta a conoscenza di un ameno posto del Salento chiamato Sarparea nei pressi di Sant’Isidoro di Nardò, avrebbe intenzione di colare in mezzo ai suoi ulivi monumentali un nuovo villaggio turistico di una settantina di ville più hotel extralusso, spendendoci 70 milioni di euro (dico set-tan-ta-mi-lio-ni) o giù di lì.
2) Un’orda di impresari e costruttori assistiti da un’accozzaglia di agguerritissimi studi associati di ingegneri, architetti, geometri, legulei e altri guastatori, prepara le solite slide renziane, degne del migliore “Sblocca-Italia”, al fine di convincere gli allocchi circa la bontà dell’eco-resort [se ci metti il prefisso “eco” prima di ogni spazzatura ti sembrerà tutto più pulito, ndr.]. E ci riesce benissimo.
3) Un sindaco, pare pure fasciocomunista, dice una cosa in campagna elettorale per poi fare esattamente l’opposto una volta assiso sulla poltrona di primo cittadino [tanto poi basta l’intitolazione dell’aula consiliare a Renata Fonte per stare apposto con la coscienza, ndr.].
4) Un Quotidiano raccoglie eco-balle e le pubblica come fossero notizie.
Nello spot Quotidiano odierno, per dire, il suddetto giornale, gongolante come non mai, titola a caratteri cubitali:
Ma certo, come no. Chissà quale facoltà scientifica avranno frequentato gli economisti per caso di questa “importante e antica associazione di operai e artigiani, anche edili”, che dico, accademia dei lincei, di più, della crusca, per formulare apprezzamenti su tutta ‘sta roba, inclusi “i risvolti occupazionali”.
Sentite cosa dicono codesti “spettatori partecipi” [sic] a proposito della novella Oasi naturalistica però con l'aggiunta di una settantina di ville, più albergo, più strade, parcheggi, e, perché no, rotatorie [ma sì, quante più strade e rotatorie fai più occupazione crei, ndr.]: “ […] mettere in moto un’idea di turismo di questo genere [fosse solo un’idea sarebbe poco il male, ndr.] permetterà di aprire nuovi orizzonti lavorativi [e te pareva, ndr.] per la nostra città [peccato per gli orizzonti veri, quelli che verranno ostruiti dallo skyline di una settantina di ville + pensione di lusso, ndr.] […] perché si sta acquisendo sempre più consapevolezza che nel rilancio del nostro patrimonio naturale vi è la chiave per la ripresa della nostra economia [uhahahaha. Capito dov’è dunque questa chiave della ripresa? Ma ovviamente nel rilancio del nostro patrimonio naturale da coprire con una bella villettopoli. Tanto, come pensano quelli della società operaia, gli ambientalisti voltagabbana e una pletora di neritini assisi sui loro comodi Divani & Divani, visto che la zona è già degradata per via di una moltitudine di case, magari irregolari, tu, per riqualificare il tutto, mica abbatti le costruzioni abusive (macché: è peccato) ne fabbrichi invece delle altre con mattoni, cemento e asfalto però con tanto di autorizzazione, così fai la media del pollo di Trilussa e il degrado si dimezza. Semplice, come una betoniera.
E’ proprio vero che se da certi giornali togli la merda ti rimane giusto la carta.
P.S. Ci mancavano giusto gli inglesi e gli altri lanzichenecchi da riporto a martoriare questa terra e questo mare, quando invece bastiamo e avanziamo noialtri. Sì, noi saremmo capaci in quattro e quattro otto di far diventare malviventi, criminali e fuorilegge perfino certe razze di pesci.
Come la famosa Sarpa rea.
Antonio Mellone
mag222012
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
mar262014
In quest’epoca, che molti definiscono tecnologica, sempre più persone, tra cui io che scrivo, vivono un rapporto platonico con il proprio paese natio, costrette a un allontanamento forzato provocato dalla disoccupazione. Nei rapporti a distanza, si sa, è difficile cogliere ogni aspetto sentimentale della storia, eppure ogni emozione suscitata da questa relazione trasmette un’eco d’indicibile acutezza. Non saprei come definire il mio sentimento per Noha se non con l’ “Odi et amo” catulliano: è l’unico epigramma che si addice alla perfezione alla mia storia e, penso, a quella di molti altri obbligatoriamente esiliati come me. Quando leggo tutto ciò che scrivono quei “geni ribelli” nohani, mi sembra di ripassare la storia di Giona che visse tre giorni nella pancia di una balena. Ogni alta marea, sulle sponde di Noha viene risputato un profeta comandato di convertire Ninive dalla sua condotta ma, a quanto pare, viene rigettato in mare insieme alle sue profezie. Visto che c’è qualcuno che le allegorie non le sopporta, come capita spesso a me, vuotiamo il sacco.
Se dovessi chiedere al signor sindaco, in una piazza pubblica di Noha, cosa ha fatto lui e la sua amministrazione per il nostro paese, che non mi venisse detto che si è partecipato a qualche processione in onore di qualche santo (è qualcosa che non rende se non alla propria coscienza e al Signore Iddio). Non mi venisse detto che è stato creato un solo posto di lavoro per qualche giovincello in cerca di occupazione. Non mi venisse detto che il centro polivalente è sorto per far fronte ai tanti bisogni dei cittadini. Non mi venisse detto che si è avuto un certo riguardo per i beni artistici e architettonici, né tantomeno per il patrimonio naturalistico. Non mi venisse detto che si è salvaguardata la salute dei cittadini né il loro sacrosanto diritto alla felicità. Non mi venisse detto neanche che è stato fatto un piano di tutto questo per il prossimo avvenire, perché nel mare delle parole si annega facilmente. Insomma, signore sindaco e signori assessori, chi sta facendo cosa per Noha? Ve lo chiedo perché, legalmente e soprattutto moralmente, un amministratore dovrebbe rendere conto del suo operato ai vari azionisti. E Noha di azionisti ne ha quasi quattromila. Fosse veramente una società per azioni la nostra, non si conterebbero gli anni di allontanamento forzato che v’infliggerebbe una qualche sorte di giustizia per il vostro operato. E non mi si venisse a dire neppure che non ci sono risorse a disposizione. Michelangelo, per dipingere la volta della Cappella Sistina, ha impiegato due anni e del colore. Voi non siete dei Michelangelo, ma di anni ne sono passati a decine, e non siete stati in grado neanche di fare uno schizzo tipico degli anni della pubertà. E non mi si venisse neppure a dire che non ci sono idee, altrimenti è come se vi stesse dando la zappa sui piedi: la mancanza di buone idee da realizzare esclude aprioristicamente l’atto di impegnarsi in un’amministrazione della cosa pubblica. E poi, se siete a corto d’idee e di soluzioni su come trovare risorse, conosco qualcuno che è in grado di darvi dei suggerimenti. A questo punto, solitamente, si attacca con gli esempi.
In Germania è stato ritrovato un elmo di età romanica e ci hanno costruito su un museo e tutt'intorno delle strutture turistiche. Tutto per vedere un pezzo di armatura, e il biglietto costa anche caro! A Noha c’è un frantoio ipogeo murato volontariamente e chiuso al pubblico, una piccola torre storica in rovina, casette in miniatura, la cosiddetta “casa rossa” e tutto il resto che già sapete. E non solo non si paga il biglietto, non ci portano neanche nessuno per poterle visitare. Volete creare due/tre posti di lavoro? Assumete qualche ragazzo preparato appositamente per fare da guida nella stupenda Basilica di Santa Catarina, in Galatina. Pensate: arrivano i turisti che non solo non pagano il biglietto, ma non trovano neanche una buona anima messa lì appositamente per spiegare quello che stanno ammirando a bocca aperta. Stabilite un giro turistico con un bus e guida a seguito che sia capace di portare sul posto i tanti turisti che ogni anno scelgono il Salento come meta per le vacanze. Ora siete pronti per lo sparo del cannone? A Otranto, nella Cattedrale, c’è uno dei mosaici pavimentali più grande d’Italia. Pensate che una sua figura è stata scelta come immagine simbolo dell’Italia all’EXPO 2015. La notizia non è questa ma è che il turista che va a Otranto ad ammirare il mosaico dell’albero della vita, non trova una guida in loco capace di spiegarglielo. E la seconda notizia, invece, è che la diocesi di Otranto considera uno spreco assumere un giovane come guida turistica per la cattedrale e i suoi tesori. Avete capito bene! A Noha, come a Galatina e come a Otranto, ciò che potenzialmente è una risorsa non è considerato affatto come una ricchezza. Credo che basti questa dimostrazione a giustificare la mia considerazione: siamo amministrati da incompetenti. Solitamente per misurare l’oro si usano dei pesi specifici e ben calibrati. Ciò che vedo, invece, è una folla capeggiata da un sindaco munito di stadera che, non solo non sa cos’è quella cosa che si ritrova in mano, ma è evidentemente anche all’oscuro di come essa si usi.
gen292013
Eccovi di seguito il dettaglio del discorso di Giuseppe Cisotta, del quale, sabato scorso - in occasione della stupenda (e molto partecipata) festa di ringraziamento presso la Masseria Colabaldi indetta per l'ottima riuscita del presepe vivente di Noha - è stato pronunciato a braccio un condensato molto sintetico per via dell'emozione dell'interessato
Buonasera a tutti, e grazie per aver accettato l’invito per questa serata, spero piacevole per tutti.
Il presepe vivente di quest’anno, a detta di molti, è stato un presepe da dieci e lode. Quello che fino ai primi di novembre sembrava impossibile, nell’arco di un mese e mezzo è diventato realtà. Come per miracolo.
Ho visto volti sereni e volti preoccupati, voci fiduciose e voci sfiduciate. Non so se, all’inizio, io facessi parte dei primi o dei secondi.
Ma poi, superata ogni barriera, grazie a voi, ho visto finalmente donne e uomini lavorare con armonia. Non più facce contrite o arrabbiate, e non più voci di capi o duci, ma persone unite da un solo obiettivo: l’amore per noi, per Noha, per la nostra comunità, nel vero clima natalizio.
E’ stata, anche quella di quest’anno, un’esperienza bella, esaltante, una sfida contro noi stessi, superata grazie a tutti.
Se dovessi qui ringraziare uno per uno i protagonisti di questo presepe, dovrei parlare da mo’ fino a domani mattina.
E sicuramente mi dimenticherei di qualcuno.
Sì, perché qui dovrei partire ringraziando i proprietari della masseria per averci permesso anche quest’anno di allestire una vera e propria opera d’arte, per finire citando uno per uno i tecnici, i sostenitori, i responsabili della parrocchia, i vigilanti, il servizio d’ordine, gli addetti al pronto soccorso, i vigili urbani. Ed ovviamente tutti i personaggi del presepe, l’angelo-cantante, e poi i famigliari dei personaggi ed i famigliari degli organizzatori, mogli, padri, figli, fratelli, nonni, sorelle (non fosse altro che per la pazienza dimostrata nel sopportarci).
Dovrei ringraziare chi ha lavorato di giorno e di notte affinché questa antica masseria diventasse un set perfetto per il teatro del presepe più bello del Salento. Ognuno ha lavorato secondo le proprie possibilità, ma certamente senza risparmiarsi.
Dovrei ringraziare anche chi si è occupato della comunicazione, chi della fotografia, chi dei video, chi dei contatti con il pubblico, chi ha disegnato i manifesti e volantini, chi ha dato un parere, chi ha votato sul sito di Noha per le ormai famose “presepiarie”, chi ha stampato i manifesti, chi li ha distribuiti, chi si è occupato dei vestiti dei personaggi, chi ha dato una mano al bancone dell’offerta dei prodotti e chi da dietro le quinte ha prodotto il cibo per i visitatori, chi ha fatto da sponsor ed anche chi mi ha detto di non poter mettere mano al portafogli. Ringrazio davvero anche questi ultimi, perché so che se avessero potuto, avrebbero sostenuto con tutto il cuore il nostro che è anche il loro presepe vivente di Noha.
Ringrazio anche chi ci ha dato delle idee per l’allestimento, ed anche chi ci ha fatto delle critiche (che guai se non ci fossero).
Ringrazio chi ci ha concesso il patrocinio: la regione Puglia, la provincia di Lecce ed il comune di Galatina.
Ma dovrei ringraziare anche chi ha trascorso le notti qui in masseria per fare la guardia, chi ci ha preparato qualcosa da mangiare durante i lavori, chi ha prestato i suoi automezzi per il trasporto delle cose, delle strutture, dei bagni chimici, delle luci, degli altoparlanti, del fieno, del legno, dei tavoli; dovrei ringraziare chi ci ha prestato le attrezzature, chi la filodiffusione, e chi ha messo a disposizione quello che aveva di più caro: gli utensili antichi che hanno trasformato questa masseria in un vero e proprio museo degli antichi mestieri e dell’arte contadina.
Dovrei ringraziare anche coloro che hanno messo a disposizione i loro animali da cortile che contraddistinguono il nostro presepe rendendolo particolare, e forse più originale rispetto a tutti gli altri.
E per essere giusto dovrei ringraziare uno per uno anche i cavalli, gli asinelli, i maialini, le oche, le pecore e gli agnellini, i vitelli, i conigli, e via di seguito, che hanno recitato la loro parte nel migliore dei modi. E ovviamente uno per uno le migliaia di visitatori provenienti da ogni parte della provincia di Lecce, d’Italia ed anche dall’estero.
Ma devo ringraziare anche questa stupenda Masseria Colabaldi, le sue mura rugose, il suo cortile, il suo portale, l’atrio, le stalle, il forno, le cucine, le stanze nobili, le terrazze. Abbiamo fatto rivivere questo bene culturale molto caro ai nohani, un monumento che sta in piedi da secoli, sfidando i colpi secchi del tempo.
Grazie a tutti. E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato di citare.
Concludo dicendo che questa esperienza mi ha fatto capire tante cose.
Intanto che la felicità si trova nelle piccole cose, nell’armonia con le persone, con la natura, con noi stessi, nell’ascolto dei nostri figli. Dovrebbero essere i desideri dei nostri figli a dare ordini al futuro.
Io penso che le persone felici non siano quelle che vivono la propria vita nel lusso più sfrenato, ma quelle che vivono pienamente in un piccolo mondo (come per esempio quello di Noha) fatto di strette relazioni basate sulla famiglia e sull’amicizia. Questo presepe mi ha insegnato che siamo sulla buona strada per eliminare le barriere tra di noi, per eliminare dal vocabolario le parole “estraneo”, “egoismo”, “interesse di parte”, “avidità”.
Con questa esperienza abbiamo creato relazione, dialogo, solidarietà, condivisione, comunicazione, rapporto con gli altri, stima reciproca. Mettendo in comune la passione per le cose belle, genuine, senza secondi fini, facendo sparire l’io per concentrarci sul noi, abbiamo ottenuto quella che si chiama “qualità della vita”.
Abbiamo cercato e raggiunto un terreno comune, un cemento sociale, una sfida comunitaria, una forza comune.
Se ci rendiamo conto di questa forza, noi possiamo fare miracoli, e non soltanto a Natale, e possiamo davvero raggiungere qualsiasi obiettivo.
Noi nohani possiamo, anzi dobbiamo dire che non siamo secondi a nessuno.
Con le piccole cose, con la solidarietà senza steccati, con lo scambio gratuito del tempo e dei beni, con la pura gioia di contribuire al bene comune, con l’idea che il beneficio per uno non sia un danno per l’altro, noi riusciremo a far fronte tranquillamente alla crisi che sembra non lasciarci speranza.
Solo in questo modo, restando uniti, aiutandoci e incontrandoci come abbiamo fatto qui alla Masseria Colabaldi per il nostro presepe, costruiremo una corazza forte contro tutte le crisi, e soprattutto daremo un futuro migliore e più umano ai nostri figli. Saremo una comunità migliore.
Qui ho capito, grazie a voi, che il benessere degli altri è il mio benessere.
Grazie a tutti, e buona serata.
Giuseppe Cisotta
nov292019
Nell’udienza al Tar di Lecce del 27 novembre scorso la discussione del ricorso a difesa dell’Ospedale di Galatina è stata rinviata al 6 maggio 2020. Un rinvio necessario a rendere attuale il dibattimento alla luce del nuovo Regolamento ospedaliero varato dalla Regione Puglia a settembre e che abbiamo voluto impugnare visto che il nostro diritto alla salute, alla luce dei nuovi provvedimenti, continua a non essere tutelato.
Quello che fa indignare ancora di più è il fatto che Regione e Asl di Lecce continuano a produrre documenti che attestano le buone performance dell’Ospedale e nonostante ciò lo hanno svuotato di discipline essenziali quali Cardiologia, Chirurgia, Ortopedia, Gastroenterologia e Pneumologia. Uno scippo a tutto campo che non ha tenuto conto neppure delle previsioni del Dm 70 del 2015 che negli ospedali di base, tale è classificato Galatina, prevedono una dotazione minima di reparti tra cui ortopedia e chirurgia.
Continuerò a battermi per l’ospedale, visto che chi dovrebbe farlo rimane inerte e non mi riferisco solo all’amministrazione comunale che pure manifesta un silenzio assordante, ma a tutti i consiglieri regionali e ai parlamentari (con riferimento specifico a quelli di opposizione) che non hanno firmato il ricorso sottoscritto da centinaia di cittadini e non hanno assunto nessuna iniziativa significativa limitandosi a passerelle da campagna elettorale.
Assisto a politiche sanitarie con due pesi e due misure: Galatina perde Cardiologia e Pneumologia, Geriatria, ma a Copertino e Casarano vengono lasciati sia la Cardiologia che la Geriatria. In più è stata fatta la forzatura di lasciare Neurologia e Rianimazione a Casarano, mentre a Galatina non si permette di avere reparti che hanno funzionato benissimo e servono visto che la rete ospedaliera è carente di posti letto per quelle discipline tant’è che è quotidiano il ricorso all’extralocazione dei pazienti.
Sono convinto che ci sia una volontà politica mirata a far chiudere l’ospedale di Galatina e la prova la possiamo desumere dal fatto che il punto nascita di Scorrano dovrebbe chiudere su richiesta del Ministero della Salute perché ha un numero troppo basso di parti eppure, con l’ultimo Regolamento che abbiamo impugnato viene potenziato a scapito di Galatina.
La misura è colma ed è inaccettabile il risvegliato interesse per la sanità da parte di quei politici che dovendosi presentare alle prossime regionali cercando di dimostrare un impegno che non hanno mai avuto. Per non parlare poi dell’amministrazione Amante che addirittura si è intestata la paternità dello scempio affermando che è frutto di accordi presi dal sindaco a Bari. Ma le elezioni arrivano per tutti e noi cittadini abbiamo buona memoria.
Mi auguro che la Regione non continui a deliberare atti che dilatano il tempo del processo e allontanano la pronuncia dei giudici che devono dire l’ultima parola sul rispetto del diritto alla salute dei cittadini di Galatina e dei comuni limitrofi.
Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis
Giampiero De Pascalis
set112017
Abbiamo volutamente concentrato questo convegno all'abitato di Noha, perché siamo convinti che prima di preoccuparci dello stato di civiltà degli altri paesi, abbiamo il dovere di preoccuparci del nostro.
Sabato 16 settembre alle ore 19:00 piazza S Michele Noha.
Tutti sono invitati a partecipare.
FareAmbiente Lavoratorio Galatina-Noha
mag272012
L’Ass. “Galatina, Arte, Storia e Cultura”, presenta il progetto “Galatina, Estate e Cultura”, con l’intento di offrire un vasto ventaglio di eventi e nutrimento emotivo nel territorio, coniugando divertimento, arte e cultura e alta culinaria. I responsabili del progetto, Daniela Bardoscia, Silvia Cipolla e Francesco Luceri, lavorano ininterrottamente alla programmazione degli eventi, che avranno luogo nella sede di Palazzo Baldi.
La prima proposta riguarda i più piccoli, si tratta infatti di un insieme di laboratori artistici ludico-didattici, intitolato “MaestrARTE e i tesori di Galatina”: attraverso il gioco, l’Arte guiderà i bambini (dai 6 agli 11 anni), alla scoperta della storia locale e dei beni comuni.
Si potrà scegliere di iscrivere i propri figli anche a singoli laboratori (che avranno luogo ogni lunedì, martedì, mercoledì). Le tecniche applicate, infatti, saranno diverse: pittura con acquerello, cartapesta, argilla (sotto la preziosa guida di Sara De Matteis), teatro dei burattini (che sarà costruito proprio dai piccoli partecipanti) e cineforum. Nonostante la possibilità di scegliere i singoli incontri cui partecipare, i responsabili consigliano l’intero percorso che guiderà i bambini dall’antichità ai nostri giorni: conosceranno i Messapi e, via via, personaggi e monumenti che hanno segnato la fortuna della città galatinese.
Il 30 maggio i responsabili saranno disponibili, per l’intero arco della giornata, nella sede di Palazzo Baldi, in Corte Umberto, n. 2, a Galatina, per incontrare i genitori interessati, dare in visione il calendario dei laboratori, raccogliere il parere degli interessati e offrire tutte le informazioni utili sull’argomento.
Per info:
E-mail: galatina.estateecultura@gmail.
Tel:. 3297669635; 3881197170. 3206932342
giu072012
I lavori per l'allargamento della strada statale 16, la Maglie-Otranto, sono partiti. Da oggi sulla strada all'altezza di Giudignano le ruspe del gruppo Palumbo sono al lavoro.
Sui social network i cittadini ed i gruppi ambientalisti gridano allo scempio ambientale e "postano" sulla bacheche messaggi di allarme.
Ecco che cosa si legge sulla pagina facebook del Forum Ambiente & Salute:
"Proprio in queste ore si è dato inizio al massacro del bellissimo territorio di Giurdignano capitale europea del megalitismo preistorico.
Poderosi buldozer e abominevoli ruspe stanno scempiando la preziosa Terra d'Otranto per mortificarla con la costruzione di una malsana e faraonica strada tanto dannosa quanto inutile ai cittadini e fortemente ispirata da mire speculative !!!
Si fa appello a magistratura ed inquirenti per fermare questo ennesimo catastrofico scempio a danno di importantissimi patrimoni pubblici che, a quanto è dato sapere, si sta perpetrando disattendendo le puntuali prescrizioni di ben 2 Ministeri (Ambiente e beni culturali), e in assenza di una valutazione per una più che necessaria accortezza a tutela paesaggistica e storico-archeologica".
I lavori in corso sono quelli relativi all'appalto da 55 milioni di euro, un progetto fermo da tre anni. Proprio questo blocco ha messo in difficoltà i 300 operai della società del gruppo Palumbo, che ha vinto la gara per l'allargamento, oggi in cassa integrazione ed a rischio mobilità.
Il dubbio sollevato è però sull'effettiva necessità di tale allargamento che riguarda un tratto brevissimo di strada, appena 12 kilometri. Da allargare per andare più veloci.
Ma la zona è molto ricca dal punto di vista ambientale ed archeologico.
Solo nell'aprile scorso è stata scoperta una cripta paleocristiana; le testimonianze megalitiche e preistoriche sono tante.
La questione non è semplice. A complicarla ulteriormente la necessità di espiantare ben 8mila ulivi secolari. Negli scorsi mesi è partita on line una petizione per adottarli in quanto solo 1.500 era stata avanzata ufficiale richiesta di adozione da parte dei Comuni limitrofi. Ma anche in questo caso le mancanze o la carenza di notizie ha confuso le carte in tavola. Perché il reimpianto degli 8mila ulivi è un obbligo dell'Anas, che deve farlo a sue spese, così come indicato dal Ministero nella prescrizione contenuta nel decreto di Via del progetto.
fonte: iltaccoditalia
set132011
Giovedì 29 Settembre in occasione della festa patronale di Noha onoriamo l'Arcangelo San Michele e scopriamo i " Gioielli" artistici e culturali di Noha.
Ore 16:00 Percorso turistico culturale guidato dalla Dott.ssa Angela Beccarrisi che ci illustrerà tratti di storia, origini e rivalutazione dei beni artistici di Noha, partendo dalla Chiesa Madre.
Ore 19:00 Solenne Celebrazione Eucaristica presso la Chiesa di San Michele presieduta dal Parroco Rev.mo Sac.Francesco Coluccia con la partecipazione dei genitori e dei ragazzi della Comunità Parrocchiale, a conclusione dell'itinerario artistico, come segno di unità e vitalità tra le culture incontrare e i beni ammirati.
La S.V. è invitata a partecipare
fonte: Gruppo Mimi'
apr032012
Depositate a Palazzo Orsini gli elenchi con i nominativi (sedici per lista), ma anche i simboli delle liste e dei partiti e il nome del candidato sindaco che intendono sostenere.
In questa tornata elettorale sono in quattro a correre per la poltrona di primo cittadino, ben venti le liste che si contenderanno i voti e, addirittura, trecentoventi i candidati alla carica di consigliere comunale.
Sono cinque i simboli del centrosinistra che appoggiano la candidatura a sindaco di Cosimo Montagna. Per il Partito Democratico si ricandida il gruppo consiliare dell’ultima amministrazione con Piero Lagna, Daniela Sindaco e Daniela Vantaggiato. La Federazione della Sinistra si stringe attorno a Roberta Forte, Apollonio Tundo e Dino Santoro. Sempre all’interno dell’area di centrosinistra, l’Italia dei Valori punta su Luigi Boselli ed infine Sinistra ecologia e libertà con Vendola e la lista civica Montagna Sindaco.
Cinque anche le liste che sostengono la ricandidatura di Giancarlo Coluccia. L’ex sindaco è appoggiato da Io Sud, suo partito di riferimento, Futuro e Libertà per l’Italia, Udc e dalle liste civiche Partito della Nazione e Città migliore. Per il partito della senatrice Adriana Poli Bortone ripresentano la loro candidatura gli ex consiglieri comunali Luigi Cisotta e Nicola Surdo, mentre Fli, schiera l’attuale segretario cittadino, Pierantonio De Matteis. Per il partito dello scudocrociato, infine, scendono di nuovo in campo il vice sindaco uscente, Lilli Villani, e l’ex presidente del consiglio comunale, Cosimo Marra.
Antonio Pepe candidato della coalizione di centrodestra, conta sul sostegno di quattro liste: Popolo delle Libertà, La Pugliaprima di tutto, Partito Socialista Italiano e Città libera. Quest’ultima lista civica presenta un ex consigliere comunale, Maria Grazia Sederino, mentre per il Pdl, scontata è la ricandidatura di Francesco Sabato e Giuseppe Viva, anche loro consiglieri uscenti. Si riconferma in blocco l’ex gruppo consiliare dei Socialisti, Marcella Biancorosso, Giuseppe Spoti, Massimo Sparapane e Antonio Garzia.
Il quarto candidato alla carica di primo cittadino è Carlo Gervasi con la sua coalizione composta da sei liste civiche. La lista Polis, che nell’ultima tornata elettorale ha appoggiato la candidatura dell’ex sindaco Coluccia, che per queste elezioni amministrative passa, invece, a sostegno di Carlo Gervasi. Tra i nomi presenti nella lista Polis, gli ex consiglieri comunali Francesco Carrozzini e Andrea Maio. Le altre liste civiche sono quella del Movimento Rione Italia, Galatina Altra, Galatina in movimento, Socialdemocrazia con Gervasi e Lista Gervasi.
CANDIDATO SINDACO: COSIMO MONTAGNA | |
LISTA MONTAGNA De Pasquale Paolo Fachechi Augusto Cesare Grassi Anna maria Levanto Maria Maggio Valeria Masciullo Antonella Mastrolia Barbara Mele Antonio Mino Alessandro Nobile Vincenzo Patera Salvatore Quarta Annamaria Romano Pasquale Schirinzi Pietro Serra Salvatore Vergaro Valentina |
FEDERAZIONE DELLA SINISTRA Forte Roberta Abaterusso Luigi Carmine BeccarisiAngela Congedo Antonio Contaldo Salvatore D'Amico Fabio De Pascalis Luigi Cesare Greco Massimo Lezzi Simona Longo Luigi Mele Paola Perrone Sergio Dantoro Santo (detto Dino) Spedicato Francesco Antonio Tundo Apollonio Viva Roberta |
PARTITO DEMOCRATICO Vantaggiato Daniela Baffa Fernando Colazzo Salvatore Congedo Mirko Lagna Alessandro Lagna Giuseppe Lagna Luigi Antonio Lagna Piero Luciano Marra Massimo Mellone Antonio Minardi Antonio Miri Gianni Sindaco Daniela Spagna Maria Teresa Tempesta Emilio Tundo Daniele |
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA' Cuppone Claudia S. In De Benedittis Cafaro Chiara Codazzo Antonio Orazio Colazzo Graziano De Giovanni Corrado Gigante Pietro Mandorino Maria Addolorata Manna Andrea Mariano Maria Misciali Lina Panico Giuseppe Perrone Riccardo Rossetti Vanessa Tesoro Andrea Angelo Valentini Fabiana Vantaggiato Marco |
IDV Boselli Luigi Giuseppe Sabella Patrizia Gabrieli Paola Galante Biagio Gentile Antonio Greco Luigi Mandorino Vincenzo Margiotta Marco Marino Norma detta Sonia Marra Alberto Marra Marco Masciullo Maria Grazia Panico Claudio Specchia Priscilla Valentini Donata Vinsper Beatrice Maria |
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CANDIDATO SINDACO: CARLO CARMINE GERVASI | |
LISTA GERVASI Bianco Marcella Cappello Elisa De Matteis Paola Esposito Maria Rosaria Detta Sara Gerardi Giuseppe Giannuzzi Daniela Lisi Federico Luceri Vincenzo Mangia Enzo Palama’ Mario Palumbo beniamino Patera Antonio Patera Danilo Perrone Alessandro Stasi Carlotta Stefanelli Rosi |
GALATINA ALTRA Florido Carmela Detta Carmen Gorgoni Maria Antonietta Maiorano Annalisa Mangia Flora Maria Luce Musca Maria Luce Panico Valentina Del Coco Vincenzo Detto Enzo Marra Antonio Ciccardi Giuseppe Detto Pino Perrone Antonio Antonaci Paolo Bodelmonte Angelo Forletti Fabio Perrone Mario Surdo Enrico Surdo Marco |
SOCIALDEMOCRAZIA CON GERVASI Al Aarag Luca Attanasi Sara Beccarisi Santo Candito Helenio Cascio Giampiero Cascione Andrea Cudazzo Andrea Gatto Andrea Loreta Gianfranco Maglio Marta Mangia Loredana Marra Valentina Micheli Donato Luigi Murciano Rocco Giovanni Detto Gianrocco Sanso’ Giuseppe Serafini Giuseppe |
NOVAPOLIS GALATINA Valente Raimondo Carrozzini Francesco Tundo Cesario Carratta Simone Spinelli Santino Antonio Campa Maria Antonietta Greco Pietro Greco Alessandro Coluccia Michele Garzia Chiara Carratta Fabio Spagna Rosario Jari Maio Andrea Santoro Luigi Vincenti Francesca Tarantino Cosimo |
MOVIMENTO PER IL RIONE ITALIA E PER GALATINA Bello Massimo Russo Piero Luigi Leopizzi Cinzia Surdo Pietro Forte Antonio Coluccia Tonia Ciriolo Alessandro De Pirro Franco De Blasi Pantaleo Massimo Ciccarese Stefano De Pascali Luciano Rizzo Antonio Santoro Gianpiero Gugliersi Salvatore Arcadi Giuseppe Perrone Gianpiero |
GALATINA IN MOVIMENTO Amante Marcello Pasquale Ancora Cosimo Caiaffa Aida Cucurachi Livio Bonuso Eligio Marco De Micheli Manuela Farmo Massimiliano Furio Oreste Detto Cosimo Galluccio Giacomo Giannini Massimo Grato Pasquale Mauro Nicola Detto Nico Palumbo Stefania Romano Fortunato Stefano Romano Stefano Villano Pasquale |
CANDIDATO SINDACO: GIOVANNI CARLO COLUCCIA | |
IO SUD Bodelmonte Antonio Cioffi Roberto Cisotta Luigi Di Bella Mauro D’Onghia Milena Gaballo Gianluca Ingrosso Daniele Mandorino Pierluigi Margiotta Angelo Micia Pietro Misciali Marzia Monastero Pompilia Papadia Pierpaolo Surdo Nicola Tardi Antonio Villano Nico |
UDC Marra Cosimo Villani Pasqualina detta Lilli Quarta Davide Arcuti Vito Antonio Baldari Massimo Calabrese Maria Grazie Clementi Matteo Chirco Anna Maria Ciccardi Biagio Pasquale De Blasi Simona De Paolis Lucia Grappa Gabriele Notaro Graziano Tundo Salvatore |
FLI FINI De Matteis Pierantonio Aloisi Lucio Chiriatti Daniel D’Errico Pietro Fedele Gianluca Francone Salvatore Giaccari Matteo Maggio Luciano Margiotta Adriano Onorato Francesco Perrone Antonio Stefanelli Maria Luce Surdo Piero Massimo Toma Giuseppe Venuto Alberto Vergari Pasquale |
150 Aloisi Lucia Arcadi Pietro De Lorenzis Ernesto De Pandis Romina Fulco Giuseppe Inguscio Vincenzo Leto Antonio Notaro Antonio Sambati Pietro Santoro Lucia Santoro Maria Serena Scarcia Marco Serra Carmine Roberto Liaci Giorgio |
CITTA' MIGLIORE Ballarino Giancarlo Beccarisi Alessio Calimero Natale detto Natalino Coluccia Salvatore Frisenda Massimiliano Greco Maria Angela Lupo Francesco Margiotta ilario Margiotta Maurizio Maria Mariano Elisa Marra Francesco Mazzotta Luigi Dario Paglialunga Antonio detto patta Perrone Gloria Stefanizzi Alba Mazzotta Federica |
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CANDIDATO SINDACO: ANTONIO PEPE | |
LA PUGLIA PRIMA DI TUTTO Abaterusso Luigi Aloisi Alessandro Bianco Paola Carrozzo Maria Concetta Fulvi Michele Greco Antonio Gugliersi Antonio Leone Francesca Maiorano Tommaso Antonio Marti Giacomo Mita Fernando Russo Davide Andrea Sabella Antonio Schilardi Yari Schirinzi Antonio Alessandro Stefanelli Donato Maurizio |
CITTÀ LIBERA Barbaro Gianluca Carlino Pierlorenzo D’Elia Roberto De Iaco Annarita Geusa Marco Lupo Danilo Antonio Mandorino Alessandro Mariano Emanuele Masciullo Pierluigi Notaro Giovanni Dario Ferrero Marina Rigliaco Luigi Schirinzi Paolo Sederino Maria Grazia Vergaro Renato |
PDL Aloisi Stella Ciarfera Gianluca Fazzi Giuseppe Cosimo Filieri Carmine Franco Dario Lombardi Ivan Magnolo Antonio Marra Antonio Papadia Antonio Perrone Tommaso detto Tommy Sabato Francesco Santoro Salvatore Saracino Cristina Dolores Stomaci Luigi Todisco Anna Rita Viva Giuseppe detto Bepi |
SOCIALISTI Spoti Giuseppe detto Peppino Biancorosso Marcella Coluccia Maurizio Congedo Antonella De Lorenzis Lorena D’Errico Pietro Forte Luca Garzia Antonio Lazzari Giampiero Lattarulo Donato Marrocco Giuseppe Nuzzaci Luigi Russo Cosimo Roberto Santo Lucio Antonio Schirinzi Antonio Sparapane Massimo |
giu032013
Può darsi. Anzi voglio proprio crederlo, come cittadino di questa “Repubblica democratica” (che a volte purtroppo va tra virgolette).
Ma da osservatore (nohano) non posso non rilevare che sabato scorso alla manifestazione a sostegno del pm Di Matteo fortemente voluta dal popolo delle “Agende Rosse” animato dall’Anita Rossetti - donna invincibile e coraggiosa - oltre ai ragazzi (stupendi) ed ai loro insegnanti e dirigenti scolastici, ed oltre ai consiglieri comunali Antonio Congedo e Luigi Longo, ed all’assessore Daniela Vantaggiato (che, bisogna riconoscere, s’è impegnata in prima persona per la riuscita di questa iniziativa), mancavano, guarda un po’, proprio il “padrone di casa”, il sindaco Montagna, il suo vice-sindaco, e salvo errori o sviste da parte mia, il resto del Consiglio Comunale, e dunque tutti gli altri esponenti della maggioranza e tutta l’opposizione.
Mi si obietterà che ciò che contano sono gli “atti formali”, come ad esempio la delibera all’unanimità del Consiglio Comunale del 29 aprile scorso, con la quale si esprime solidarietà al magistrato Di Matteo impegnato nel processo sulla famosa “trattativa Stato-mafia”, e, ancora, che assessori e consiglieri comunali non sono tenuti a giustificare o a spiegare a me le loro eventuali assenze dalle pubbliche manifestazioni di piazza…
Alla prima obiezione risponderei che, sì, va bene una delibera unanime, spero fatta con convinzione e non magari per salvare la faccia, ma credo che sia importante la forma quanto la sostanza, in quanto l’una non ha senso senza l’altra; alla seconda, risponderei che i miei rappresentanti politici non dovrebbero spiegare solo a me i motivi della loro latitanza, ma anche al resto dei cittadini di Galatina e frazioni - che francamente meritano di più dai loro “beniamini” che hanno eletto affinché rispondano alle loro istanze e non fuggano di fronte alle loro responsabilità, sentendosi magari come “autorità” impettite, altezzose, intoccabili.
Mi auguro che quello striscione appeso al balcone principale di palazzo Orsini non passi inosservato; mi auguro che faccia riflettere i cittadini di Galatina (la maggior parte dei quali, anche per colpa dell’“informazione” televisiva e giornalistica che ci ritroviamo, non sa nemmeno lontanamente cosa sia questa maledetta “trattativa Stato-mafia”, la quale, oltre tutto, ha portato alla morte anche i giudici Falcone e Borsellino); mi auguro che il mio Sindaco vada fino in fondo nell’attuazione della delibera del Consiglio Comunale del 29 aprile scorso, rappresentando al Presidente della Repubblica, sua maestà Giorgio II, “la pressante richiesta di spendere tutto il peso delle istituzioni repubblicane che rappresenta a tutela dell’azione della Magistratura”. Non vedo l’ora di leggere questa lettera raccomandata a.r. a firma di Cosimo Montagna Sindaco indirizzata al Quirinale.
Con la speranza di avere in risposta qualcosa in più di un semplice avviso di ritorno.
Ma non basta uno striscione esposto su di un balcone a Palazzo Orsini.
nov212014
Tra i malanni che affliggono i rappresentanti della nostra amministrazione comunale, di cui continuiamo a pagare le conseguenze, un posto privilegiato assume l’inaugurite cronica, una forma di fregola compulsiva che porta sindaco, assessori e turiferari di complemento con macchinetta fotografica incorporata a correre a destra e a manca come tanti ossessi ad inaugurare, appunto, quelle che con un certo senso dell’umorismo si osa definire opere pubbliche. Tutti costoro pensano, in tal modo, di prendere in giro gli allocchi (in molti casi riuscendovi benissimo, essendo la materia prima abbondante in Galatina e dintorni).
Peccato, però, che le inaugurazioni e i tagli dei nastri tricolori siano soltanto delle goffe rappresentazioni di un attivismo fuori senso, se è vero come è vero che le strutture social-popolari che questi tizi fanno finta di aprire al pubblico sono rappresentate dalle solite cattedrali nel deserto. Anzi, più che cattedrali, cappelle.
Non sto qui a tediarvi oltre in merito alla vecchia scuola elementare di Noha, per la quale furono spesi da Pantalone 1.300.000 euro di soldi pronta cassa per poi scoprire che qualcuno, vale a dire l’Innominato, s’era scordato di una cabina in muratura per allacciare l’energia elettrica necessaria al funzionamento di impianti nuovi di zecca (come ascensore, impianto di condizionamento aria e pannelli fotovoltaici). Ad oggi quella struttura opera alla men peggio con un allaccio di cantiere buono soltanto per l’accensione delle lampadine (ma non tutte insieme, s’intende: si rischierebbe il collasso della linea e quindi il blackout). Non sto nemmeno a dirvi – dovreste già saperlo a menadito – che quella specie di assessore ai lavori pubblici galatinesi, meglio noto come l’ing. Loculo, aveva pure provato a promettere la soluzione definitiva del problema “tra giugno e settembre 2014”, per poi scomparire subito dopo il solenne annuncio, come David Copperfield, l’illusionista.
Per non smentirsi, la banda larga palazzorsiana ha testé inaugurato (e nella maniera più goffa del mondo) anche il presunto Auditorium, quella specie di costruzione colacementata in fondo al viale don Bosco “per riqualificare le periferie”. E’ il fabbricato che, al di là dell’estetica, tra gli altri rischi/difetti/schifezze che non possiamo qui sciorinare in dettaglio, ha anche quello di essere attraversato o di tangente o di secante dalla nuova circonvallazione interna (sennò, oltretutto, senza il rombo delle automobili che Auditorium è?).
Non so se qualcuno di voi abbia avuto il coraggio di visitare questo stretto e lungo corridoio cubista con tanto di colonne infami a lato, onde con un tratto di penna su di un progetto e con un po’ di soldi pubblici, i nostri amministratori son riusciti a trasformare gli stupendi “Concerti del Chiostro” nei concerti del mostro.
Le altre chicche su questa nuova bella addormentata in viale don Bosco, le scopriremo audendo.
gen232012
Marcello D’Acquarica
Indice
1. NOHA
2. ARCHITETTURA RELIGIOSA
3. ARCHITETTURA CIVILE
4. ARREDO URBANO E DEL TERRITORIO
5. ARCHITETTURA MILITARE
6. ARCHITETTURA RURALE
7. ARCHITETTURA RUPESTRE
8. ARCHITETTURA FUNERARIA
9. ARCHITETTURA INDUSTRIALE
10. AREA ARCHEOLOGICA
11. beni CULTURALI E AMBIENTALI SCOMPARSI
12. beni ETNOANTROPOLOGICI
13. AREA NATURALISTICA
14. beni CULTURALI LIBRARI
nov282012
Circonvallazione è il nome che comunemente si dà ad un sistema viario che organizza la circolazione dei veicoli attorno al nucleo abitativo di una città.
(Definizione proveniente da Wikipedia, l'enciclopedia libera).
Quindi “attorno” e non dentro il nucleo abitativo.
E’ il caso di dire che quando non si sa più che pesci prendere si rischia di fare un bel guazzabuglio d’ogni cosa. Perfino in urbanistica. Quando mi trovo a Noha, posto in cui amo trascorrere il mio tempo libero, uso molto la bicicletta. Stupendo mezzo di locomozione: silenzioso, produttore di zero emissioni, economicissimo, elargitore di libertà, praticamente diventa la protesi quasi naturale delle mie gambe. Per questo mi ritengo fortunato. Per svariate ragioni, sono portato a gironzolare in bicicletta (se non addirittura a piedi) per le vie di Galatina e lo trovo un valido modo per alleggerire l’intasamento del centro della nostra città. Se devo andare in zona nord-est, e cioè dalla piazza centrale fino a tutta via Soleto, percorro la via di Noha, cosiddetta “via curve curve”. Qui sono costretto a maledire il genio di una così irrazionale stortura con curve che sembrano tornanti, come se dovessi arrampicarmi chissà su quale montagna. Eppure sono trascorsi all’incirca sessant’anni da quando venne asfaltata. E’ il caso di dire che le scempiaggini, una volta deliberate restano per sempre. Pensando alla questione in oggetto, è il caso di dire che errare è umano ma perseverare è diabolico. Se invece devo recarmi nella zona di Galatina che è a sud-ovest, e cioè nell’area che va dalla piazza centrale all’ospedale, passo per il viale Dalla Chiesa. Percorrerlo in bicicletta è a rischio di suicidio. Perché? Perché pur essendo la carreggiata abbastanza larga ma sconquassata come da un bombardamento appena subito, ti ritrovo costretto o ad evitare le buche oppure le auto che fra l’altro sfrecciano come bolidi. Il marciapiede è ridotto ad un nastro rialzato interrotto continuamente dagli alberi (che meritavano un altro posto) come un rosario per le Ave Marie. Anche quest’opera una volta fatta, tal quale è rimasta da all’incirca una trentina d’anni.
Che c’entra tutto questo con la pseudo-tangenziale o bellissimo viale urbano che dir si voglia, e che è decantato ottimisticamente dall’ing. Andrea Coccioli nella presentazione di fine ottobre al Palazzo Comunale? Un conto è discutere di un progetto quando si ha la possibilità di correggerlo, un altro è dire che il progetto viene da lontano, per dire innocentemente che è colpa di chi c’era prima. Oppure che è un progetto della Provincia (Ma come? La provincia ci viene a fare le strade provinciali in pieno centro comunale?) o, ancora peggio, che oramai è già stato appaltato. Come dire: il dado è tratto o chi ha avuto ha avuto ecc.
L’area impegnata dal I° lotto di questo strano progetto (strano perché tutti parlano di tangenziale, mentre sembra semplicemente ciò che resta di una vasta area urbanizzata negli ultimi 25 anni e mai terminata), è di fatto un labirinto, con strade chiuse o impercorribili che costringono sovente i cittadini a preferire la già super intasata via Gallipoli. Che la zona fosse da definire non v’è dubbio. Visto che non possiamo considerarla una tangenziale, quale senso razionale ha tagliare con una diagonale un’area già urbanizzata mediante un tracciato ortogonale, ordinato e di facile fruizione? Infatti “tagliando” in diagonale, oltre a spaccare in due un quartiere, si vanno a creare delle orribili tangenti a palazzi, scuole, giardini e quant’altro pensato a suo tempo nella stessa ortogonalità viaria con cui è progettata la maggior parte di Galatina ad esclusione del centro storico. Il dubbio che una superstrada così anomala porterebbe molti utenti ad infrangere le regole del codice della strada, per evitare inutili giri viziosi, viene spontaneo ad un invitato alla presentazione pubblica, ma la riposta pronta e risolutiva di un tecnico della Provincia presente è perentoria: sarà lui ad essere punito, non certo chi ne ha creato l’occasione.
Che dire? Mi verrebbe voglia di gridare: basta autostrade nei centri urbani dove vivono intere famiglie. Basta errori con i soldi pubblici. Basta nuove strade dove ce ne sono a bizzeffe. Basta palazzi. Basta cemento a spese della terra. Occorre rivalutare e razionalizzare gli spazi già turlupinati e trasandati. E’ di oggi la notizia riportata su Il Fatto Quotidiano, che i cinesi, per riprendersi la terra da coltivare stanno togliendo i loro morti dalle tombe, e noi invece la terra la facciamo diventare tutta un cimitero. Non ho parole. Davanti al genio impositore nessuna democrazia potrà mai risultare civile.
Se questa della “circonvallazione” è l’occasione (seppur involontaria) per rivalutare dei beni culturali dimenticati, come per esempio la preziosissima e conosciuta ai pochi, quercia vallonea di San Sebastiano di ben 280 anni di vita, oppure il gelso del 1750, o i resti di siti storici o piante selvatiche e spontanee di specie rara, è anche l’occasione per offrire al mondo il meglio della nostra cultura, che non sono certo chilometri e chilometri di asfalto a gogò che portano ovunque ma di fatto in nessun luogo.
Marcello D’Acquarica
mar152022
Mi hanno chiesto: Perchè lo fai? Chi te lo fa fare? “Per amore!”rispondiamo! Quello con la A maiuscola, quello che ti permette di non sentirti mai in pace con te stesso e che ti mette nelle condizioni giorno dopo giorno di fare di più perchè si avverte di avere un dovere morale verso chi soffre. E ciò che di più bello ho scoperto è il fatto di non essere solo. No! Vivo in un paese, la mia Noha, che mi ha dato tanto e che continua a dimostrarmelo giorno dopo giorno, e il momento di maggiore dimostrazione l’ho avvertita ogni sera della raccolta generi alimentari indetta dal PD di Noha.
Immaginate un Circolo di un partito qualunque in pieno disordine, sporco per il continuo andirivieni di persone con buste e pacchi in mano ma colmo di beni. Ecco, esso è casa mia, è tutto ciò significa che la politica sta andando per il verso giusto, una politica più vicina alla gente dal momento in cui quei beni rappresentano l’amore fatto dono per gli altri.
Per questo, cari amici di Noha e non, vi ringrazio singolarmente, ringrazio gli occhi colmi di emozione di ognuno di voi, ringrazio la scuola di Noha, il caro amico dirigente Prof. Melissano, le maestre, i bambini, le mamme e i papà, il personale tutto. Grazie a Natasha, Tatiana e Giorgia, mamme volenterose, grazie alle famiglie, grazie di cuore a tutti.
Siamo un paese e siamo una scuola che può dare tanto e in questo periodo lo abbiamo dimostrato. Grazie alla Protezione Civile per il servizio svolto in questi giorni di consegna del ricavato che partirà per l’Ucraina.
Non so come ricambiarvi se non con un abbraccio, magari virtuale e con un semplice GRAZIE.
Quando si ama non si può che far Bene e noi tutti lo abbiamo capito.
Michele Scalese e il Circolo PD di Noha.
nov192015
Oggi, 19 novembre 2015, mentre spuntava l’aurora, è venuta a mancare all’età di 93 anni la prof.ssa Mimì Piscopo, la prima laureata in “Lettere classiche” della nostra cittadina.
Vorrei ricordarla con le stesse parole di un articolo che vergai in suo onore sei anni fa (cfr. “L’Osservatore Nohano” - n. 8, anno III, del 9 dicembre 2009).
*
<< Sono di fronte agli occhi color cielo quando è bello di una nohana purosangue: Mimì Piscopo, la mia professoressa di Italiano della mitica “I G” dell’Istituto Tecnico Commerciale “M. Laporta” di Galatina. Le chiedo alcune informazioni sul suo conto per una rubrica che tengo saltuariamente sul mio giornale, una rubrica dal titolo Curriculum Vitae.
Riesco a prendere appunti interessantissimi, ma il rischio è che anziché un articolo qui salti fuori un vero e proprio ponderoso volume. Perché le notizie e le curiosità (che sono come le ciliegie: una tira l’altra) sono interessanti e affascinanti, e riguardano non soltanto un’autentica gloria della scuola del XX secolo, ma anche la storia tutta e l’evoluzione (chiamiamola pure così) del contesto ambientale salentino, quello che ci fece da culla, e che ancora oggi funge da cornice alla nostra vita.
Ma ci provo ugualmente, tentando di lavorare con la lima più che con la penna, e cercando di non perdermi in mille fronzoli. Mi trovo di fronte – dicevo – ad una ragazza di 87 primavere, una Donna che senza indugio ti dice “sono nata il 16 luglio del 1922”, e subito mi viene da pensare che una vera Signora non si fa alcun problema nel rivelare la sua età.
Mimì frequenta a Noha la scuola elementare come molti suoi coetanei. Terminato il ciclo della scuola primaria, sfidando la tradizione che voleva che le donne rimanessero in casa a fare la calza, Mimì decide di sostenere l’esame di ammissione. “Solo coloro che superavano questo esame potevano frequentare la scuola media”.
L’ingresso nella scuola media quindi non era automatico, ma era una prima conquista per chi voleva proseguire negli studi. E’ inutile dire che andavano avanti solo coloro che si sentivano portati, che sovente coincidevano con i figli del censo e del privilegio, mentre gli altri venivano avviati verso un’attività agricola o artigianale, allu mesciu o alla mescia. La maggior parte dei ragazzi dunque si fermava di fatto all’esame di licenza elementare (ed una buona percentuale di essi non ci arrivava punto). “Quanti sacrifici per frequentare la scuola media e poi quarto e quinto ginnasio, e successivamente il liceo classico fuori paese. Erano tempi in cui la gente era costretta a stringere la cinghia. La fame faceva sentire i crampi allo stomaco. Si razionava il pane, addirittura! Il mio povero papà a volte rinunciava alla sua razione per non farla mancare a noi.. Il più delle volte andavamo a Galatina a piedi. Qualche volta alle sei in punto passava una corriera di studenti provenienti da diverse cittadine del Salento. Ci si conosceva un po’ tutti e, prima dell’inizio delle lezioni, si stava insieme a chiacchierare piacevolmente nell’atrio della scuola. A volte, quando pioveva, e quando era possibile, mi accompagnava il mio povero papà, con il suo biroccio trainato da un cavallo”. Qui si capisce benissimo quanto Mimì Piscopo sia dunque un’antesignana dell’emancipazione femminile nohana e salentina: “Non era facile soprattutto per una donna continuare negli studi. Andare a Galatina era come tradire una tradizione. Ma mio padre per fortuna era di più ampie vedute ”.
Ha un sogno, questa Donna, e a costo di sacrifici, di rinunce e di rottura di schemi arcaici, lo realizza. Questo è uno degli insegnamenti più importanti della professoressa di Noha: quando si crede nelle proprie possibilità e si lotta con determinazione ed impegno, non ci sono risorse finanziarie scarse o barriere culturali impossibili da abbattere.
Il “Pietro Colonna” di Galatina, e soprattutto la serietà ed il rigore degli studi che vi si conducevano, lasceranno nell’animo e nella formazione della studentessa Piscopo Cosima un’impronta incancellabile. E certamente – come evinco dalle sue parole – sentimenti profondi di nostalgia, di rimpianto ed anche di commozione. E’ come se, mentre ti parla, sentisse nell’angolo della sua memoria suonare ancora la campanella del “Colonna” incastrata a ridosso di un pilastro quadrato dell’antico chiostro domenicano, quell’aggeggio sonoro che scandiva l’inizio e la fine delle lezioni col tocco squillante dell’Idea che non muore.
La maturità arriva nel 1944. “E ormai volevo andare avanti. Mi consigliavano di prendere Farmacia. Ma io ero contraria all’idea, perché le farmaciste – così dicevo – mi sembravano delle bottegaie (soprattutto per gli orari di lavoro). Decisi di prendere Lettere con indirizzo classico, perché mi piacevano molto il greco ed il latino. E mi iscrissi all’università di Bari, dove avevo un punto d’appoggio presso il collegio Regina Elena”. Già dai tempi dell’università, Mimì evidenzia la sua passione. “Leggere, studiare, insegnare erano la mia passione”, tanto che corre spesso in soccorso alle esigenze di molti studenti amici e di molti colleghi in difficoltà, studiando e ripetendo insieme a loro, dando loro una mano nel superamento degli esami nelle materie più difficili.
In quel tempo i testi classici ed i distici erano per lei a portata di mano e di memoria; dalle sue scarpe, ad ogni passo, sembravano entrare ed uscire aoristi e ablativi assoluti. “Era difficile superare l’esame di latino. Sentivo che molti studenti l’avevano provato molte volte prima di superarlo… Io sostenni lo scritto un anno in anticipo, ancor prima che mi si consentisse di presentarlo. E ricordo il terribile prof. Vantaggiato che mi chiamò – io incredula – per sostenere l’esame orale, che superai subito e brillantemente. Ma non mi esaltavo mai. Questa è la mia indole: tra l’altro ero anche molto timida”.
Cosimina Piscopo si laurea nell’anno accademico 1948-49 discutendo una tesi (scritta a macchina) dal titolo: “La classe rurale in Terra d’Otranto nei primi sessant’anni del sec. XIX”, relatore il chiarissimo prof. G. Masi [tesi trascritta a cura di Marcello D’Acquarica e pubblicata su Noha.it nel luglio 2010].
Rientrata a Noha, inizia sin da subito a dare lezioni private di lettere, latino e greco, come del resto aveva sempre fatto quando era possibile durante la guerra. “Ma non mi pagavano mica!”. Nel 1954 diventa finalmente – come noi studenti l’abbiamo sempre chiamata – “La Piscopo”, sottintendendo “la professoressa” o, come i giovani d’oggi usano dire, la Prof.
Inizia dunque in quell’anno la sua carriera di insegnante di Lettere all’Istituto Tecnico Commerciale di Galatina “che non era ancora statale ma parificato. Tra l’altro io, insegnante, sembravo allora una ragazzina al confronto dei miei studenti”.
Dopo questa esperienza iniziale intraprende un lungo tour in diversi istituti che qui posso soltanto citare di sfuggita, avvistandoli dall’alto come in un ideale volo d’aquila.
Insegna così al Professionale Statale e poi al Professionale Femminile di Galatina. Successivamente a Maglie di nuovo presso un Istituto Tecnico Commerciale, con alcune ore presso il Magistrale di Galatina. Dopo “non ricordo precisamente l’anno” entra nei ruoli della scuola media ed insegna Italiano, Storia e Geografia ad Aradeo e poi finalmente a Noha alla “Giovanni XXIII” dove viene nominata anche vice-preside.
Ma dopo due anni decide di ritornare alle scuole superiori: sicché ritorna all’Istituto Tecnico Commerciale (nel 1981-82, quando chi scrive frequentava la famosa I G) e contemporaneamente al Professionale Femminile dove ricopre la cattedra di Storia. E poi ancora da Galatina a Gallipoli, alla volta dell’Istituto Nautico, con alcune ore settimanali a Carmiano presso un altro Istituto Professionale…“Amavo il mio lavoro. Ero molto scrupolosa. Andavo al lavoro anche con la febbre. E mi volevano bene. Ricordo che quando morì il mio povero papà (insegnavo al Professionale) il preside e tutti i ragazzi vennero al corteo funebre. Questo mi fu di grande conforto.”
Raccontare qui la vita a scuola della docente Piscopo sarebbe impossibile: dovremmo indugiare in numerosi, singolari, piacevoli, interessanti particolari, come la preparazione delle lezioni, le spiegazioni, le interrogazioni, i consigli di istituto, gli incontri scuola-famiglia, i compiti in classe corretti a casa (a volte anche con l’ausilio della sorella Laura, che leggeva tutti gli elaborati degli studenti per filo e per segno), i problemi dei ragazzi che trovavano in lei una istitutrice, sì, ma anche una sorella, una madre e a tratti un’amica alla quale confidare i propri dubbi esistenziali. “Ci fu un periodo drammatico, anni terribili, quando a scuola entrò la droga. In un anno in una classe fummo costretti a respingere addirittura 14 studenti. Quanti incontri tra professori e genitori. Alcuni venivano a trovarmi perfino a casa chiedendo consiglio, sostegno, incoraggiamento. Erano problemi delicati: non si poteva far finta di nulla. […] Quante storie e quanti viaggi di istruzione al seguito dei miei studenti. Ovunque in Italia, nelle città d’arte, in montagna… Ricordo anche un viaggio bellissimo a Parigi. E quante esperienze: pensa che una volta andammo a finire persino in discoteca! Tuttora incontro in giro dei miei studenti che mi chiedono: si ricorda di me? Io confesso di ricordarmi dei più bravi. E dei più diavoli.”
Chiudo questo curriculum vitae et studiorum su una persona di valore di Noha, non senza aver detto che Mimì Piscopo è stata nominata anche “Giudice Popolare”, incarico che ha esercitato per un certo periodo di tempo nel foro di Lecce. “Il Giudice Popolare è chi, con fascia tricolore, affianca i giudici nelle Corti d’Assise e nelle Corti d’Assise d’Appello, assistendoli nelle udienze e partecipando alle decisioni contenute nelle sentenze”. La scelta di un così delicato compito di magistratura penale (nelle Corti d’Assise si trattano infatti processi penali per i crimini più gravi previsti nel codice) ricadde su Mimì sicuramente per le sue doti di equilibrio, e soprattutto per la sua irreprensibile condotta morale. Anche quest’ultimo incarico è parte sostanziale di un brillante curriculum vitae.
Concludo questo scritto dicendo che a volte noi altri cerchiamo lontano (o peggio ancora in televisione) le persone di valore e degne di lode, ignorando i tesori a noi più vicini, benché umili ed al riparo dalle luci dei riflettori alimentati con l’energia dell’ottusità e dell’insipienza.
Sarebbe saggio se invece ci accorgessimo di chi, pur in atteggiamento di ritrosia, evitando la pompa magna, vive accanto a noi ed ha ancora molto da dare ed insegnare.
Con questi colpi di scalpello mi auguro di essere riuscito ad abbozzare un seppur grossolano profilo “della Piscopo”, alla quale vorrei indirizzare un grazie di cuore per tutto quello che ha fatto per i ragazzi suoi discenti (incluso il sottoscritto) e per il lustro che con il suo studio, il suo lavoro ed i suoi incarichi ha dato alla nostra cittadina.
Infine vorrei chiederle di essere indulgente con me ancora una volta, nel caso in cui nel corso di questo articolo (o di altri) dovessi aver seminato a destra o a manca qualche strafalcione, o, peggio ancora, qualche errore di sintassi o di grammatica che, come usava ripetere la Prof, “è sempre in agguato”>>.
*
Addio professoressa Piscopo, addio Mimì, e buon vento.
Con te se ne va una brava insegnante, una grande Donna, una pagina gloriosa della Storia di Noha.
Antonio Mellone
mag082022
Questa volta non realizzerò la cosa secondo il metodo “Solo se la suona e solo se la canta” ma, grazie all’ospitalità del parroco don Emanuele Vincenti, nella Chiesa Madre di Cutrofiano saranno con me (o meglio io sarò con loro), il prof. Giovanni Leuzzi, dantista, filosofo e scrittore, e il prof. beniamino Masciullo, docente di Italiano e Latino al liceo “Colonna” di Galatina - ma per l’occasione alla tastiera e alla pedaliera del settecentesco organo a canne di Cutrofiano.
L’appuntamento con la Lectura del Canto XXXIII del Paradiso di Dante, commento, recitazione e colonna sonora, è per giovedì 12 maggio 2022 alle ore 19.30 nella chiesa parrocchiale Santa Maria della Neve.
Durata dell’incontro 60 minuti (incluso il quarto d’ora accademico). Ingresso ovviamente libero. Sorpresa finale.
Mel
nov122020
La scuola riapre puntando in primis alla sicurezza, in un periodo purtroppo ancora estesamente interessato dall’emergenza epidemiologica che stiamo attraversando e che è rinvenibile in molti documenti presenti sul sito.
La nostra scuola, così come tutte le altre istituzioni scolastiche, in linea con il Decreto Ministeriale risalente allo scorso giugno 2020 che contiene le “ linee guida per la ripresa a settembre”, (Piano Scuola 2020-21), ha pienamente recepito le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico che ha fornito misure di prevenzione e raccomandazioni per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, in vista della ripresa dell'anno scolastico 2020/21.
A questo proposito sono state messe in atto una serie di misure per fronteggiare la contingente situazione attuale che si riflette non solo nella modulistica presente sul sito della scuola, ma ha inciso anche profondamente sulle abitudini quotidiane della vita scolastica attuale.
Tra queste misure si possono citare l’adeguamento del patto educativo di corresponsabilità all'emergenza sanitaria in corso e che prevede una ancor più stretta collaborazione tra scuola e famiglia, a partire dai vari vademecum pubblicati per tutte le classi di ogni ordine di scuola con le indicazioni sui comportamenti corretti da tenere o le direttive sulla gestione di una persona sintomatica a scuola.
D'altro canto la scuola garantisce la tracciabilità nella gestione di ingressi e uscite di tutto il personale e non solo, le periodiche operazioni di pulizia e sanificazione degli ambienti, la fornitura dei dispositivi di protezione per alunni e docenti (mascherine e dispenser gel con azione virucida); la nomina di un docente referente Covid per la gestione dei casi di emergenza per ogni plesso e un docente referente generale d'istituto; personale docente “ Covid” di potenziamento per le classi più numerose che necessitano di essere sdoppiate.
Non ultimo la nostra scuola ha poi recepito anche le Linee guida per la Didattica Digitale Integrata ( DDI) che forniscono indicazioni per la progettazione del Piano Scolastico da adottare in modalità complementare alla didattica in presenza, qualora si rendesse necessario ( come si sta verificando parzialmente nella situazione attuale) sospendere le lezioni in presenza e , a questo riguardo, sono in cantiere ulteriori attività di formazione sulla piattaforma digitale Gsuite in uso nel nostro Polo a cura dell’animatore digitale ed anche ulteriori corsi di didattica digitale più specifici per ambito disciplinare rivolti a tutto il personale e tenuti da esperti della materia.
Di conseguenza, nonostante le nuvole all’orizzonte, le attività progettuali per l’ampliamento dell’offerta formativa della scuola riprendono con forte entusiasmo; sono stati riattivati i Programmi Operativi Nazionali ( PON), già avviati nel precedente anno scolastico per tutti e tre gli ordini di scuola : “ Un click per crescere” con l'obiettivo di potenziare la creatività ed incentivare un uso consapevole del digitale per i bambini di 5 anni e “Give me Five 3” per la Scuola dell’Infanzia, rivolto sempre agli alunni di 5 anni con l'obiettivo di avvicinare i bambini ad un codice linguistico diverso dal proprio e alla conoscenza di altre culture; “Matematica da campioni” per la Scuola Primaria e la Scuola Secondaria di primo grado con l'obiettivo di potenziare le conoscenze logico-matematiche degli studenti; poi ancora “ il Francese anche per me” per avvicinare i bambini della scuola Primaria alla conoscenza della lingua francese di livello A1 ed infine il corso di spagnolo per la Scuola Secondaria di primo grado , per approcciare gli alunni alla conoscenza della lingua spagnola.
Tra le iniziative più apprezzate nell'ambito del Polo 1 riprende poi il progetto STEM (che vede interessate le discipline di Scienze, Tecnologia e Matematica), con lo scopo di avvicinare a norme di comportamento civili, interiorizzare il rispetto per i beni comuni e la decodifica dei principali segnali stradali.
Da sempre di rilevante interesse per l'utenza, si ripropone anche il progetto KET ( Key English Test) per la Scuola Secondaria di primo grado, per il conseguimento della certificazione linguistica di livello A2.
Infine, di importanza cruciale anche in seguito all’inserimento dell’Educazione civica nel curricolo nazionale per tutti gli ordini di scuola e date le emergenze sociali giovanili venute alla ribalta ai nostri giorni, si è resa necessaria l’esigenza di progettare un’unità didattica trasversale che attraversi tutte le discipline “ Noi cittadini in Europa” per promuovere, tra gli altri obiettivi, la diffusione della cultura della legalità, della tolleranza e della solidarietà nelle nostre generazioni future.
I docenti dell'Istituto Comprensivo Polo 1 Galatina
Mussardo Emanuela
Schirinzi Gianfranco
Cesari Stefania
apr192011
Ecco la terza puntata della rubrica "Un'altra chiesa" a cura di Marcello D'Acquarica.
Genova 14 aprile 2011. – Nel 2004 Lega e Berlusconi hanno vinto le elezioni all’insegna dell’anti-Europa: l’euro era la fine del mondo, la crisi economica era colpa dell’euro. L’Europa è una gabbia che punisce i popoli e, guarda caso, quello «padanotto» (cioè il nulla) si sarebbe staccato e inneggiavano alla Scozia, ai Catalani, ecc. Poi venne la politica militare: l’Europa era restia ad entrare in guerra con l’Iraq, ma Berlusconi doveva andare nel ranch del Texas del bovaro Bush a scodinzolare e tanto disse e tanto fece che da solo andò in guerra con gli Usa e senza Europa, rompendo la diplomazia estera. Poi venne l’Afghanistan e ancora una volta Berlusconi sceglie l’asse preferenziale con gli Usa, da solo, senza Europa, vista come un impedimento.
Poi venne la crisi economica e solo l’Italia andava bene, mentre tutti gli altri paesi europei andavano malissimo – parola del bugiardo Berlusconi, faccia di tolla e malato mentale – e ancora una volta l’Europa da una parte e l’Italia dall’altra. Infine, per abbreviare, venne la politica estera formale, e contro il parere dell’Europa unanime, Berlusconi inizia le processioni sulle vie dei dittatori: Ben-Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto, Gheddafi in Libia e Lukashenko in Georgia. Riesce ad irritare anche gli Usa per la sua predilezione per il vero erede dei comunisti del kagb, Putin pur di avere un strapuntino in tv e ubriacarsi di «granditudine» che per lui è come una droga.
Maroni (un altro «con gli oni» [copyright benigni]) sputa ogni giorno dispari e pari sull’Europa, Bossi vuole la secessione addirittura dall’Italia, figuriamoci dall’Europa e non si accorgono di essersi bevuti il cervello, le fegatella e la trippa per i gatti.
Oggi, davanti ad una mangiata di migranti che scappano da dove scappano, dopo avere creato il caso ad arte per aizzare la loro gente perversa e cattolicheggiante, incapaci e impreparati ad affrontare un solo problema, si appellano all’Europa come la panacea dei mali e delle loro incapacità. L’Europa ha detto picche: fino ad ora ci avete sempre sputato addosso e ora venite a scaricare le vostre incompetenze su di noi? Nella guerra del Kosovo, nel 2008, la Germania da sola in un solo colpo ha preso 460 mila immigrati: li ha inseriti nel ciclo produttivo e oggi la Germani corre come un treno ad alta velocità, lasciando Berlusconi a piedi e Maroni a rifarsi baffi e pizzetto spelacchiato.
Mai l’Italia era caduta così in basso, con incompetenti incapaci: e dire che era un imprenditore «ghe pensi mi»; e se non fosse stato un imprenditore, dove saremmo? forse a vendere sabbia calda nel deserto tra la Libia e la Tunisia, là dove sono morti migliaia di persone per conto del governo italiano che pagava perché Gheddafi li facesse fuori.
L’Europa in sostanza ha detto al leghista xenòfobo ministro dell’interno di non essere ridicolo e di non coprire di ridicolo l’Italia di fronte al mondo. Cosa fa il leghista «autarchico»? Minaccia di rompere il vetro e scappare via. Forse nessuno gli ha spiegato che non può andare da alcuna parte per un imbecille dovunque vada riesce a perdersi da solo, anche in una rotonda in centro città.
lug222014
Mercoledì 23 luglio, nella suggestiva cornice della Chiesa dei Battenti di Galatina, alle ore 20,30 Maurizio Nocera, Nico Mauro, Marco Graziuso e l’assessore al Cultura Daniela Vantaggiato ricorderanno Lucio Romano nella sua complessa figura di poeta e di intellettuale impegnato.
Lucio Romano nato a Galatina nel 1936 è scomparso nel 2007 si è occupato di studi storici, conducendo tra l’altro ricerche sul movimento operaio e sulle origini del fascismo in Terra d’Otranto. Con le sue opere letterarie ha ricevuto numerosi riconoscimenti in ambito locale e nazionale. Molti critici letterari hanno scritto di lui. Lui stesso ha scritto note critiche su Salvatore Quasimodo, Rocco Scotellaro, Alfonso Gatto. Accanto a questo bisogna ricordare il suo imprescindibile impegno civile è stato consigliere comunale per quindici anni e consigliere provinciale. Ha dettato l’epigrafe per Carlo Mauro, principale esponente del socialismo salentino, collocata tutt’ora in Piazza della Libertà .
Ricordiamo alcuni titoli delle sue raccolte di poesie “ Sul calar della sera” (1958-1964); “ Vagare stanco” (1965-1968); ” Romano” (1969-1974); “Alografie” (1983-1987); “Morire di verso” (1988-1990); “ Lettere di Gioacchino Toma a Eduardo Dalbono”(1992-1997); “Una vita in versi ”(2001).
L’amministrazione di Galatina gli ha assegnato alla memoria il Premio beniamino De Maria per il biennio 2009-2010, ci piace riportarne per intero la motivazione : Un uomo che ha saputo coniugare poesia ed impegno civile. Un uomo che ha lasciato un chiaro messaggio secondo il quale potere e poesia significano altruismo, solidarietà umana, generosità, tentativo di edificazione di un altro mondo possibile nel quale tutti siano impegnati facendo tesoro anche della parola del poeta che lotta per il suo popolo, la sua gente, per gli umili e i diseredati.
In attesa di incontrarlo attraverso il ricordo degli amici e dei familiari lo ricordiamo così:
Salento da “Sul calar della sera”
bruciato dal sole
avaro dei piogge
ha sotto gli occhi
schiene curvate, some
dal cuore in pena:
antichi rumori di zappe.
L’evento, promosso ed organizzato dalla libreria Fiordilibro da sempre impegnata nella valorizzazione della cultura salentina , dei suoi esponenti e di quanti hanno contribuito e contribuiscono con il loro lavoro spesso solitario e misconosciuto, a dare lustro al Salento ed in questo caso anche alla città di Galatina. L’evento ha ricevuto il Patrocinio del Comune di Galatina ed è inserito nella Sezione “Vivi il Salento” della rassegna estiva“ l’Estate della Cuccuvascia”- ritrovarsi a Galatina.
lug262021
Martedì 27 luglio alle 19 dal Museo Pietro Cavoti di Galatina parte l’inaugurazione della sezione outdoor di InTrance, festival di fotografia e arte contemporanea, curato da Alessia Rollo. La prima edizione della manifestazione, inserita all’interno della rassegna estiva e culturale “A Cuore Scalzo”, proporrà in spazi urbani, palazzi storici e corti del comune salentino, fino al 31 agosto, una mostra diffusa di opere di artisti italiani e internazionali - Ornella Mazzola, Federico Estol, Alejandra Carles-Tolra, Giulia Frigieri, Myrto Papadopoulos, Roberto Tondopó, Gloria Oyarzabal - che si aggiungono a quelle di Rossella Piccinni, Yolanda Domínguez e Rubén H. Bermúdez già in esposizione nella Gigi Rigliaco Gallery. Durante l’inaugurazione, coordinata dall’amministrazione comunale, il pubblico potrà seguire il percorso espositivo per scoprire insieme alla curatrice le opere in mostra e per apprezzare, con alcune guide turistiche, i luoghi d’interesse del festival tra cui Palazzo Orsini, Palazzo Gorgoni, Piazza Dante Alighieri e l’Ex Complesso Monastico delle Clarisse. Qui la serata si concluderà intorno alle 21 con le selezioni musicali del duo Underspreche, in collaborazione con “FeelM”, residenza artistica promossa dal Sei Festival di Coolclub, in sinergia con la sede leccese del Centro Sperimentale di Cinematografia e il DAMS dell’Università del Salento, che fino al 31 luglio sarà ospitata dal Castello Volante di Corigliano D’Otranto. Fino al 15 settembre, inoltre, “In Trance Lab - Il Mio corpo…!”, proporrà una serie di attività culturali e incontri partecipati promossa dall’Associazione 34° Fuso che prenderà il via venerdì 30 luglio alle 21 in Piazza San Pietro con “Il corpo tra immagini antiche e tabù contemporanei”. Dopo un tour guidato nella mostra che partirà sempre dalla Piazza alle 19:30 e si diramerà attraverso vari punti d’interesse della città, i partecipanti potranno degustare diverse tipologie di birre artigianali - grazie al format “Dopolavoro con l’archeologo”, finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 - partecipando alla conversazione tra Flavia Frisone, docente di Storia Greca e Presidente del Corso di Laurea Triennale in beni Culturali dell’Università del Salento e l’influencer Denise D’Angelilli - Due dita nel cuore, moderata dalla giornalista e scrittrice Loredana De Vitis.
Partendo dalla storia della città di Galatina legata al fenomeno del tarantismo, di corpi posseduti non solo dal morso della taranta, ma anche dallo sguardo degli antropologi ed etnografi negli anni ’50, InTrance vede proprio nel corpo il leit motiv di questa prima edizione del festival per sviluppare un percorso che lo libera da pregiudizi e stereotipi geografici, sociali, sessuali. Il corpo è un luogo, oggetto nella storia dell’arte e simbolo di un’evoluzione di pensiero, spazio politico, sociale, economico e di genere. Non è un contenitore passivo e le sue azioni non sono solo segni che richiamano l’attenzione su forme astratte, anzi, è soggetto alla nascita e alla decadenza e acquisisce specifiche abilità e capacità oltre a manchevolezze e debolezze. Il corpo non è un’entità statica, immobile, al contrario cresce e si sviluppa relazionandosi con l’ambiente in molteplici forme.
«Galatina ha potenzialità enormi e sta finalmente vivendo un tempo di maturità culturale e di coraggio tali da generare InTrance, un festival di fotografia e arte contemporanea per scoprire il cuore di Galatina e le sue radici», spiega Cristina Dettù, assessora alla cultura di Galatina. «Artisti internazionali e ospiti da ogni parte d'Italia e del mondo saranno presenti nella nostra città. Si tratta di un progetto che fa tremare le gambe, un progetto ambizioso per cui tutta Galatina investe non solo in termini culturali e turistici, ma anche sociali, economici e di sviluppo del territorio».
InTrance propone un festival di fotografia di artisti contemporanei che lavorano sul tema del corpo come luogo di espressione di forme di pensiero, questioni di genere, identità personale e collettive della società contemporanea attraverso differenti approcci fotografici che spaziano dalla fotografia documentaria, al reportage, alla messa in scena e con diverse cifre stilistiche che passano dalle immagini di archivio, al fanzine, alla fotografia di presa diretta fino alla performance. Fino all’8 agosto la Gigi Rigliaco Gallery ospita Rossella Piccinno | Bride’s journey and funeral; Yolanda Domínguez| Little black dress, Poses; Rubén H. Bermúdez | Y tu porquè eres negro?. Fino al 31 agosto, invece, saranno allestite le opere di Ornella Mazzola (Corte di Palazzo Orsini), Federico Estol (Corte Palazzo Gorgoni), Alejandra Carles-Tolra e Giulia Frigieri (Piazza Dante Alighieri), Myrto Papadopoulos, Roberto Tondopó, Gloria Oyarzabal (Ex Complesso Monastico delle Clarisse). Il Museo Civico “Pietro Cavoti”, inoltre, sarà anche residenza d’artista con Claudia Mollese.
Dal 30 luglio, come detto, prenderà il vai anche “In Trance Lab - Il Mio corpo…!”, attività culturali e laboratoriali a cura dell’Associazione 34° Fuso con l’obiettivo di avviare un processo di partecipazione attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini e delle associazioni locali nelle diverse azioni del festival. Oggi gli operatori culturali hanno una responsabilità sociale ben precisa che consiste nel sostenere l’educazione alla bellezza e il protagonismo civico per contribuire allo sviluppo di una società più equa. Attuare politiche partecipative, inclusive e sostenibili, significa riconoscere un “valore” culturale, sociale, economico che va oltre quello già inestimabile che il patrimonio possiede. Per questo motivo la rassegna prevede il coinvolgimento attivo delle realtà locali, ognuna delle quali è stata chiamata a co-progettare un percorso educativo finalizzato alla costruzione di un racconto corale e multidisciplinare sul tema del corpo.L’incontro di apertura si pone al contempo quale momento di divulgazione del patrimonio archeologico identitario e di riflessione sui temi del contemporaneo connessi al ruolo della donna a partire dai reperti più emblematici delle collezioni archeologiche salentine, in un ambiente del tutto informale e degustando una birra artigianale a km0. L’appuntamento rientra nel progetto “Dopolavoro con l’archeologo” finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 e vede la collaborazione tra 34° Fuso e i musei archeologici coinvolti nelle attività (Museo Diffuso di Cavallino dell’Università del Salento, Museo Archeologico Sigismondo Castromediano, USA - Museo Archeologico dell’Università Salento, Area Archeologica di Roca Vecchia/Melendugno, Parco dei Guerrieri e Museo di Vaste, Museo Civico Pietro Cavoti di Galatina, Museo del Mare Antico e il Museo della Preistoria di Nardò). Altri partner coinvolti nell’iniziativa sono The Monuments People APS, M(u)ovimenti, La Capagrossa Coworking, Cooperativa Sociale Orient-Occident; Aps Terre Archeorete del Mediterraneo, Associazione Culturale Articolo 9.
InTrance Lab proseguirà con “Il mio corpo suona!”, laboratorio per bambini sulla musica del corpo a cura di Giovani Realtà Aps e condotto da Ettore Romano ed Elisa Romano (6-20-23-27-30 Agosto e 5 Settembre); “Il mio corpo parla!”, laboratorio di storytelling a cura di Maira Marzioni (5/7 agosto); “Il mio corpo canta!”, laboratorio di canto polifonico ideato e diretto da Rachele Andrioli per donne che amano cantare (16-17-22 agosto), “Il mio corpo accoglie” a cura di 34° Fuso Aps e Arci (6-7-10 settembre) e “Il mio corpo si racconta” a cura di Agribimbi - Adalgisa Romano (10 settembre). Tutte le attività sono gratuite. Info e prenotazioni info@34fuso.it - 3271631656
mag312021
Non chiedere quello che il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese (J.F.K.).
Questa è la famosa quanto ambiziosa frase che ha ispirato da sempre il nostro operato; ci induce infatti a riflettere sui rapporti che ci sono e a quelli che ci potrebbero essere tra cittadini e suoi amministratori, ma soprattutto tra cittadini e la città stessa, tra cittadini e Associazioni, tra Cittadini e attività produttive, ecc…
Questa frase non solo non perde un centesimo della sua bellezza e della sua verità, ma addirittura assume ancora più importanza in un momento storico particolare in cui le Amministrazioni comunali devono fare i conti con le casse sempre più esangui e con i vincoli contabili e amministrativi sempre più stringenti.
Riappropriarsi dell’interesse dei luoghi dove viviamo quotidianamente è certamente un grande passo in avanti per il nostro senso civico e di appartenenza responsabile che troppo spesso in passato lo abbiamo legato unicamente al concetto di delega; siamo riusciti pertanto a dare vita a un vero e proprio circolo virtuoso e ne siamo orgogliosi perché non c’è niente di più bello che ricevere un sorriso dai bambini.
Una interazione tra pubblico, privato e associazionismo che rappresenta concretamente un modo diverso di concepire e realizzare progetti per tutta la comunità.
Ecco perché l’inaugurazione di una nuova piccola area giochi assume una valenza ancor più incisiva…
In questo modo speriamo di sviluppare la cittadinanza attiva e le competenze civiche e svolgere quindi un ruolo di “catalizzatore” delle energie presenti nella comunità, incoraggiandone l’emersione per la cura dei beni comuni.
Noi siamo assolutamente convinti che un bene è veramente “comune” se tutti possono disporne senza che esso venga meno per gli altri ed a condizione che tutti ne abbiano riguardo. I beni comuni sono invisi alle mafie, poiché ne rappresentano concretamente e simbolicamente una riduzione del potere sociale: in luoghi nei quali tutti controllano tutti non c’è spazio per le mafie.
Se tutto ciò è stato possibile lo dobbiamo in modo particolare a “ECOM SERVIZI AMBIENTALI”, prestigioso partner che ci ha da sempre accompagnato in questa entusiasmante avventura.
Doveroso poi ringraziare Don Pietro Mele, l'Amministrazione Comunale di Galatina (Marcello Amante, Loredana Tundo, Vito Albano Tundo), l'area tecnica (Lorena Mengoli e Saverio Toma), Centro Colore in via Marche 76 a Galatina, il vivaio di Antonio Vincenti per le bellissime piantine che hanno abbellito la nuova area, Daniela De Santis, Roberto Cioffi e Piero Ciccardi, due maestranze che non hanno fatto mai mancare la disponibilità e la professionalità, “Legambiente Galatina” per la realizzazione del murale, Maurizio Albanese, Alessandro Patera, “Allianz - Stefanizzi Assicurazioni Maglie” e quanti, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione della nuova area.
In ultimo, ma non certo per importanza, dobbiamo ringraziare tutte le attività commerciali e tutti gli amici che in questi mesi ci hanno "inondato" di tappi...
Tra qualche settimana, appena definite le collaborazioni, presenteremo il nostro nuovo progetto…
mar282017
"La Basilica di Santa Caterina d'Alessandria a Galatina ed i Monumenti Orsiniani a Soleto, incontro tra Oriente ed Occidente, riflessione per l'Europa di domani"
La manifestazione avrà inizio Sabato 1 Aprile 2017 alle ore 10.00 presso il Teatro Tartaro di Galatina con la Proiezione dei documentari sui Monumenti Orsiniani di Galatina e Soleto: "La legenda Aurea di Galatina " prodotto da RAI STORIA , e "Santo Stefano a Soleto" prodotto da IN-Cul.Tu.Re , cofinanziato dal MIUR e con la collaborazione del MIBACT, per le Scuole Secondarie del Distretto di Galatina, con il commento dello Storico dell'Arte Luigi Manni e delle curatrici di IN-Cul.Tu.Re Paola Durante e Sofia Giammaruco.
Sempre Sabato 1° Aprile alle ore 18.00 si proseguirà presso il Teatro Tartaro con una Tavola Rotonda sulla "Basilica di Santa Caterina di Galatina” ed in particolare sul suo ciclo di Affreschi; interverranno gli Storici dell’Arte Prof.ssa Maria Stella Calò Mariani, Emerita dell'Università di Bari; Dott.ssa Antonella Cucciniello, Direttrice dei Musei del Palazzo Reale di Napoli; Prof.ssa Anna Trono, Docente di Economia Politica presso il Dipartimento di beni Culturali dell'Università del Salento; Dott.ssa Eugenia Vantaggiato, Segretario Regionale MIBACT per la Puglia; Arch. Maria Piccarreta, Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto.
La Tavola Rotonda sarà coordinata dal Prof. Rosario Coluccia, Ordinario di Linguistica Italiana e Accademico della Crusca.
Anche quest'anno, nella giornata di Domenica 2 Aprile, avrà luogo il Corteo Storico di Maria d'Enghien, che percorrerà le vie del Centro Storico al mattino a Soleto, e nel pomeriggio-sera a Galatina.
Nelle giornate di Sabato 1° Aprile nel pomeriggio, e per tutta la giornata di Domenica 2 Aprile, si terranno visite guidate nei luoghi Orsiniani con l'assistenza di esperte guide turistiche; si inizierà da Palazzo Orsini, attuale Palazzo di Città, per passare poi alla Basilica di Santa Caterina con il Suo Chiostro ed il Museo; analogamente a Soleto si terranno visite guidate alla Guglia degli Orsini ed alla Chiesa di Santo Stefano.
Sempre nelle giornate di Sabato e Domenica i Ristoratori del centro Storico di Galatina e di Soleto proporranno agli Avventori ed ai Turisti un Menu con i piatti tipici della tradizione Medievale del Salento, con la consulenza dei Ricercatori e dei Docenti dell'Istituto Alberghiero "A.Moro" di Santa Cesarea Terme; analogamente Docenti ed Alunni dell'Istituto Alberghiero di Santa Cesarea offriranno al Pubblico una dimostrazione dei principali piatti medievali.
giu072016
Oggetto: frazione di Noha - Atto di vandalismo alla fontana denominata “Trozza” e stato di degrado del monumento ai Caduti in Guerra. Interrogazione urgente.
Con riferimento all’oggetto, il sottoscritto ANTONIO PEPE, nella sua qualità di Consigliere Comunale, con la presente
premesso che
considerato che
chiede
alla S. V. di sapere quali provvedimenti intende adottare per risolvere le problematiche innanzi elencate.
Il sottoscritto, inoltre, chiede ai sensi dell’art. 18, comma 3, del Regolamento del Consiglio Comunale che l’interrogazione e la risposta siano comunicate al Consiglio.
Con Osservanza.
Antonio Pepe
ott152013
Poiché assente fisicamente da Noha da qualche mese, oggi voglio parlare di Noha “per sentito dire”, il ché è un’impresa che sconsiglio vivamente a tutti vista la pericolosità del compito, e lascio a voi immaginarne il motivo. A volte, però, i pettegolezzi di paese hanno la loro vena di verità. Resta da capire se tutto quello che sta succedendo contribuisca al bene o peggiori la situazione; intanto provo a raccontarvi cosa si sente su Noha a mille chilometri di distanza. Gira voce che gli abitanti siano disperati per la mancanza di lavoro e le ristrettezze economiche ma questo, per mera consolazione, è ciò che vive tutta quanta la Penisola. So per certo, comunque, che i nostri amministratori locali stanno affrontando il difficile momento a viso aperto (per gli amanti degli aforismi “a spada tratta”). È stato inaugurato un centro presso lo stabilimento delle vecchie scuole elementari che darà decine di posti di lavoro ai nostri tanti giovani disoccupati. Tutti quelli che invece non riusciranno a farsi assumere in questa struttura perfettamente funzionante, avranno un contratto a tempo indeterminato nel nuovo centro commerciale che sta sorgendo alle porte di Noha: centinaia di posti di lavoro ben retribuiti e, aprite bene le orecchie, tutti assunti a regola d’arte! Poi, visto che è in deroga per qualche miliardo il patto di stabilità dei comuni (e Galatina di milioni ne ha tanti da spendere), qualche altro centinaio di nohani verrà assunto dal Comune per far fronte ai servizi che il nostro territorio richiede: autisti di mezzi pubblici, giardinieri per curare aiuole e rondò, elettricisti per illuminare strade buie, muratori, geometri e architetti per restaurare beni artistici e architettonici abbandonati da tempo. Mi è stato anche riferito che la mafia o le mafie (termine che secondo il pentito Buscetta non esiste se non per i giornalisti: la locuzione corretta è “cosa nostra”) sono state estirpate una volta per tutte dal nostro paese, troppo piccolo per vederlo comparire sulle cronache nere per ingiustizie e malvivenze. Si dice anche che tra l’amministrazione comunale, efficientissima peraltro, e i cittadini, ci sia una sorte di idilliaca convivenza (o mera rassegnazione?). Se questo è vero, è meraviglioso, efficace esempio di validità. Mi è stato detto che anche tra la parrocchia e i fedeli c’è un ottimo intendimento; anche i più lontani dalla Madre Chiesa so che si stanno avvicinando all’ovile: si racconta di sante messe affollatissime, processioni interminabili per l’alto numero di devoti partecipanti. Si sente dire anche del profondo rispetto che c’è tra i cittadini, tra le istituzioni civili ed ecclesiastiche e tra il clero locale e il laicato. So che anche tutte le feste di paese sono state ben organizzate, che tutto si è svolto nel massimo rispetto tra le parti, che ognuno fa il suo e lo fa nel miglior modo che gli riesce. Insomma, ora che a Noha per mia sfortuna non ci vivo più, tutto sembra aver intrapreso la rotta giusta e tutto, finalmente, va come è giusto che vada e auspicabile che sia. Era questa la Noha che volevo; resta sempre il fatto se quello che si sente dire corrisponda al vero o meno. Perché di voci esattamente contrarie a quanto sopra riportato ce ne sono, e anche di gran numero. Ma io non ci credo, saranno le voci dei soliti noti che vedono tutto nero. Le solite polemiche: il nuovo polo, inaugurato due volte, ancora chiuso per ferie prolungate; una colata di cemento su ettari di terreno per buttare un po’ di fumo negli occhi ai tanti disoccupati che non hanno di certo da poter spendere in un nuovo centro commerciale; screzi tra il parroco e i fedeli sull’organizzazione e l’amministrazione della chiesa, liti tra fedeli e fedeli, insulti e minacce varie indegni per un paese civile; incuranza e pessima amministrazione delle opere d’arte e dei beni pubblici; scandalosa sporcizia dei luoghi aperti e delle strade; insormontabili incomprensioni tra l’amministrazione comunale e i cittadini e chissà cos’altro ancora. A proposito del nuovo “ponte sullo stretto” a Collemeto che verrà fatto dalla Pantacom srl, vi volevo dire che basta studiare questo caso nelle Università per capire di come un’intera nazione può andare a rotoli. Ma questa non è la sede adatta per spiegarvelo, mi ci vorrebbe un’ora circa! Insomma, peggio di così non si può. Come si fa a credere a questa descrizione di Noha? Io, da nohano, più che non posso, non voglio credere perché amo la mia Noha ed un giorno voglio che mio figlio sia orgoglioso del posto in cui è nato suo padre. Se poi qualche politico “di zona” o buon’anima di paese vorresee impiegare due minuti del suo preziosissimo tempo per smentire tutte queste infanganti dicerie, renderebbe un grande servizio all’intera comunità. Ho l’impressione però che più di qualcuno si sia dimenticato del valore della gratuità che non vuol dire regalare qualcosa a qualcuno ma rendergli il dovuto perché il sol fatto di esserci in questo mondo implica il sacrosanto impegno di aiutarsi. E qui, di gente che sia aiuta per cristiana convinzione, non ne vedo neanche l’ombra. Se si smuove qualcosa è perché sotto si è sentito il profumo dei soldi più pervadente di quello dei tartufi. E se poi a questo si aggiunge la presenza di tanti “onorevoli Brunetta” che pensano di essere meglio di Padre Pio, allora non ho più alcun dubbio sulle dinamiche che scrollano Noha facendola rovinare pezzo per pezzo. Lì, di collaborazione tra le parti ne vedo veramente poca e per nostra sfortuna, forse, son vere più le consuete polemiche dei soliti noti che la rappresentazione bucolica dei tanti sconosciuti. Qualunque sia la realtà dei fatti, non prendetevela con me. Ho scritto solo per sentito dire.
giu262013
Galatina in Movimento
Galatina Altra
Nova Polis Galatina
Movimento per il Rione Italia
nov132012
Noha, 13 Novembre 2012
LETTERA APERTA A:
-Gentilissimo signor Sindaco del Comune di Galatina, Dottor Cosimo Montagna.
-Assessore con delega alle Politiche sociali, alla Cultura e polo biblio-museale, al Diritto allo studio e servizi scolastici, Prof.ssa Daniela Vantaggiato.
Oggetto:
Istanza riguardante l’attuazione di un procedimento amministrativo al fine di apporre un vincolo giuridico (finalizzato al loro recupero) dei beni Culturali di Noha.
Gentilissimo Signor Sindaco e Assessore, con la presente, mi faccio carico di riassumere in breve i vari sforzi profusi dai nohani al fine di tutelare e valorizzare i beni Culturali di Noha:
A questo punto mi chiedo e Vi chiedo, se è giusto che un dipendente dello Stato (o comunque in possesso di incarico) non si faccia vivo (come forse suo dovere), ed attenda invece che sia un privato cittadino, come il sottoscritto, a sollecitare una risposta, qualunque essa sia.
Non pensate che anche i beni Culturali di Noha abbiano un minimo di dignità e dunque, anch’essi, una specie di diritto di cittadinanza? Non trovate deprimente lo scempio infinito cui questi beni vengono sottoposti, prima dai privati proprietari e poi dal pubblico (che dovrebbe limitare un po’ l’ignavia del privato, così come previsto dalla Legge)?
Vi ritengo, gentile Sindaco e Assessore, persone degne di fiducia e attente agli impegni di cui Vi siete fatti carico. Per questo Vi chiedo di incontrarci al più presto, affinché possa meglio spiegarVi lo stato dell’arte del lungo processo che porterà (porterebbe) al vincolo di salvaguardia sui suddetti beni culturali. Sono certo che un Vostro intervento nei confronti della Sovrintendenza accelererà, anzi sbloccherà l’iter che sembra essersi inceppato per chissà quali strampalati marchingegni. Ogni giorno trascorso senza un nostro intervento equivale ad un colpo di piccone alla bellezza, all’arte e dunque al benessere di tutta la collettività.
Distinti saluti
Marcello D’Acquarica
nov282013
Tanto per dirne un’altra, c’è il nostro sindaco (vieni avanti Mimino!) che vuol vederci chiaro, su ‘sta storia delle diossine e dell’aria inquinata che sta riempiendo di tumori gli apparati respiratori, e non solo quelli, della popolazione di Galatina e dintorni. E sembra fare pure la voce grossa, mica bruscolini.
Mi par di vederlo e di sentirlo, mentre con risolutezza detta (o scrive o fa scrivere per inviare) al “giornalista” del quotidiano della famiglia Caltagirone il comunicato sulla necessità di una “rilevazione puntuale attraverso una serie di centraline per il monitoraggio ambientale” sparpagliate sul territorio, per analizzare la qualità dell’aria del suo comune.
Dunque, se ho ben capito, la panacea dei mali diventerebbe la rilevazione dei fumi e la raccolta dei dati dell’aria che respiriamo. Non la rimozione delle loro cause, note anche ai bambini dell’asilo. Assolutamente no. Insomma il solito guardare al dito che indica la luna.
Ti verrebbe da chiedergli così ex-abrupto (sapendo che non ti risponderà mai): scusami tanto, signor sindaco, ma secondo te e gli scienziati della tua corte un nuovo mega-parco commerciale di appena 26 ettari quadrati da piazzare in mezzo alla campagna di Collemeto migliora o peggiora la qualità dell’aria comunale? Oppure per avere una risposta dovremmo prima impiantare un bel po’ di centraline di monitoraggio anche in contrada Cascioni?
Dicono che me la prendo troppo; che la mia è una forma di accanimento terapeutico nei confronti dei malati di “cementite” acuta irreversibile; che è inutile riempire paginate intere di Noha.it e Nohaweb con invettive che non troveranno mai risposta; che “uso” l’Albino ed il suo sito per i miei scopi personali, e altre amenità del genere.
E quali sarebbero questi miei “scopi personali”? Ah sì, i miei interessi privati come la qualità della vita, dell’aria, del territorio, e poi ancora la salvaguardia della bellezza, dell’arte, dei beni culturali. Mi chiedo, perché mai questi luminari a loro volta non usino anzi non “sfruttino” Noha.it per dire la loro (magari sui loro scopi personali), o per aprire un dibattito argomentato e a più voci su questo o quel tema, senza il bisogno di nascondersi dietro le solite minchiate. Temo proprio per mancanza di argomenti, altrimenti non avrebbe senso il detto rem tene, verba sequentur.
Invece no, meglio blaterare sotto coperta, spettegolando come tante comari.
Molti (per fortuna non tutti), a cominciare dai nostri ineffabili politici sembrano pronti a classificare il sottoscritto non per quello che scrive, ma per il suo grado di “amicizia” a questa o quella forza politica. Per quanto mi riguarda confermo di non essere amico né vero né falso di nessuno. Quando qualcuno sostiene le mie battaglie, lo sostengo a mia volta; quando qualcuno fa o dice fesserie, lo combatto. Semplice.
Ci sono un sacco di persone che per indole e formazione non hanno commercio d’amorosi sensi con la libertà del pensiero e dell’informazione, e non possono nemmeno lontanamente immaginare che esista invece un cittadino libero, senza padroni né partiti presi, che giudica di volta in volta gli esponenti politici e le loro scelte elogiandoli quando dicono o fanno qualcosa di buono e criticandoli nel caso contrario.
Essendo intruppati ed irreggimentati, questi signori intruppano ed irreggimentano anche gli altri. E non si accorgono che, continuando ad attribuirmi referenti di qua e di là, di sopra e di sotto, non fanno che evidenziare – se ce ne fosse ancora il bisogno - la mia relativa indipendenza (stavo per dire assoluta, anche se il concetto di assoluto non funziona con gli esseri umani).
Cerco, nei limiti delle mie possibilità di stimolare la riflessione, di avere un’occhiata oltre, di non salire sul carro del consenso generale misurato dall’applausometro e dalle ondate di saliva, e di non cavalcare mai le aperture, neppure quelle più promettenti, di chi sta al potere. Insomma denuncio non rinuncio (come purtroppo non fanno molti concittadini spalmati sui loro comodi divani).
Essere di pungolo, però, non significa negare l’evidenza, fare il bastian contrario ad ogni costo, contrastare ogni novità. Significa invece praticare la profezia, con la consapevolezza della difficoltà di farlo hic et nunc.
Questa roba ovviamente, molti la capiranno con il tempo, forse quando sarà troppo tardi (molti altri, invece, mai). Ma non bisogna darsi per vinti.
C’è bisogno di santa pazienza e di tempo, dunque, anche per far digerire questi semplici concetti, e per provare a debellare l’ottusità imperante. Soprattutto quando questa si presenta in giacca e cravatta, e talvolta con tanto di fascia tricolore.
Antonio Mellone
mag272011
Certo a voi manca!
ago032020
Nella giornata di domenica 02 agosto, in collaborazione con l’Associazione “NOI Ambiente e beni Culturali” e con l'amico Giancarlo Ballarino abbiamo provveduto ad una pulizia e igienizzazione straordinaria e particolarmente incisiva delle aree giochi di piazzetta “G. Fedele”, “Pietro Antonio Colazzo” di Galatina e “Madonna delle Grazie” di Noha.
Questo per rispondere in maniera perentoria e decisa alle raccomandazioni del Ministero della Salute che ha emanato precise misure di informazione e prevenzione in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Nonostante l’aiuto della stagione favorevole, con l’estate che ci porta a vivere meno in spazi chiusi, i focolai che negli ultimi giorni hanno interessato diversi paesi stanno ad indicare che il virus SARS-CoV-2 è, purtroppo, ancora presente e che se ogni caso non viene tempestivamente arginato l’infezione rischia di tornare ad accelerare.
Gli ambienti frequentati dai bambini devono necessariamente essere particolarmente attenzionati.
Proprio per questo nei prossimi giorni provvederemo a distribuire alle famiglie che frequenteranno le suddette aree giochi prodotti per la disinfezione e detersione delle mani. L'iniziativa “TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica” è promossa, nell’ambito delle proprie iniziative statutarie volte al miglioramento delle condizioni sociali e culturali degli abitanti di Galatina, dall'Associazione “Virtus Basket Galatina” con sede a Galatina, in collaborazione con la ditta “ECOM SERVIZI AMBIENTALI” di Galatina.
feb242016
Il Teatro è amicizia, amore, buonumore, diversi sostantivi per comunicare e promuovere la stagione di prosa 2016 che andrà in scena nel rinnovato Teatro Storico Cavallino Bianco, organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria turistica e culturale.
“Accade solo a teatro che le emozioni prendano forma” - afferma Daniela Vantaggiato, Assessore alla cultura della Città di Galatina - “a teatro, perimetro magico delle azioni e dei sentimenti che, come qualcuno ha scritto in questi giorni, appartiene a noi e a chi ci ha preceduti #ilcavallinoèanchemio vorrei dicessero tutti i Galatinesi nel momento in cui andranno a fare l’abbonamento per la Stagione, sì il Cavallino è un luogo, è luogo dell’umanità e dell’anima dei Galatinesi come di tutti coloro che da sempre fanno teatro calcando il palcoscenico o sedendo in platea! Poco importa!”. Accadrà anche al Teatro Cavallino Bianco ed amicizia, amore e buonumore prenderanno vita, diventeranno protagonisti di questa stagione 2016, dove per cinque serate, si aprirà il sipario alle ore 21:00. Dal 26 febbraio al 21 aprile 2016, il palco ospiterà spettacoli di prosa e non solo.
26 febbraio 2016 CANTO… ANCHE SE SONO STONATO con la partecipazione di STONATO BAND & SWING OUT DANCERS. Coreografie Elena Capriati. Stonato Band: Davide Saccomanno - pianoforte, Antonio Di Lorenzo - batteria, Davide Penta - basso, Mino Lacirignola - tromba, Fabrizio Scarafile - sax. Swing Out Dancers: Tiziana Loconsole, Luisa Losito. Regia SAVINO ZABA.
#aggiungiunabbonamentoateatro
Il servizio di vendita degli abbonamenti e dei biglietti è disponibile presso l’Ufficio IAT (via Vittorio Emanuele II, 35 – Torre dell’Orologio) tutti i giorni dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19:00
Il botteghino del Teatro Cavallino Bianco sarà aperto solo il giorno degli spettacoli dalle ore 19:00
mar132014
L'altro giorno avevo mandato una mail ad Antonio per alcuni chiarimenti su quello che sta succendo intorno a noi, a Noha e a Galatina in particolare (a proposito dei nostri beni culturali che stanno andando in rovina, sulla storia del mega-impianto di finto compostaggio che vorrebbero impiantare non so dove, e per sapere se qualcuno si fosse degnato di rispondere, magari in privato, a qualcuna delle sue lettere aperte).
Maria Rosaria Paglialonga
gen082012
Era la notte di Natale, c’era molta nebbia e faceva molto freddo. Babbo Natale stava consegnando i regali ai bambini di Noha. Stava volando sopra la masseria “Colabaldi”, quando all’improvviso la renna Rudolph iniziò a sbandare. Babbo Natale cercò di tirare le redini per ritornare sulla giusta rotta, ma le renne ormai avevano perso l’equilibrio e si schiantarono sui cozzi della masseria.
Babbo Natale, dopo lo schianto, stava per svenire e barcollava come se fosse ubriaco; alcune renne erano svenute, altre ferite alle zampe, una si era attorcigliata alle redini. A Babbo natale sembrò di vedere un piccolo ometto con le orecchie a punta, che si appariva e scompariva vicino a ciò che rimaneva della slitta. D’un tratto sentì alcuni colpetti sulla spalla, soffici e veloci; capì che si trattava dello sciacuddhri, di cui tanto aveva sentito parlare e si diceva abitasse proprio a Noha, nelle casiceddhre. Lo sciacuddhri, intanto, nascosto dietro un cozzo, se la rideva per il dispetto che era riuscito a fare nientemeno che a Babbo Natale.
Le persone che erano riunite intorno alla focara vicino alla masseria, sentendo quel rumore, decisero di andare a vedere cosa fosse successo. Accesero delle fiaccole e andarono a controllare.
Alcune persone pensarono che stessero sognando, altre che avessero bevuto un po’ troppo a tavola, altre ancora erano assonnate e non riuscivano a vedere nulla. I bambini, invece, ci vedevano benissimo e cercarono di convincere i grandi che si trattava di Babbo Natale in carne e ossa. Ci volle un po’ per convincere i grandi, ma alla fine tutti insieme decisero di darsi da fare e si avviarono velocemente verso la masseria. I papà presero gli attrezzi del falegname del presepe vivente e si misero a lavorare per riparare la slitta. I nonni condussero le renne nella mangiatoia per farle riposare. I bambini raccolsero e ripararono i pacchetti sparsi tra i cozzi. Le mamme fecero accomodare Babbo Natale sul trono di Erode e le nonne iniziarono a friggere pittule e a sfornare pucce con le olive.
Dopo circa un’ora la slitta era come nuova e portava sul retro lo stemma di Noha, con le tre torri e le due barchette tra le onde del mare. Le renne erano in forma smagliante, Babbo Natale riposato e sazio.
Babbo Natale e le renne ripartirono per consegnare gli ultimi doni e i nohani, credendo di essere finiti nel bel mezzo di un sogno, si avviarono verso le proprie case.
Il mattino seguente, vicino al camino, i nohani trovarono una piccola statuetta che raffigurava Babbo natale che mangiava pittule nella masseria “Colabaldi”.
ott102013
Le chicche contenute nella famosa Convenzione siglata tra il Comune di Galatina e la Pantacom , quella che ha dato il via libera al Mega-porco commerciale in contrada Cascioni, non finiscono mai di stupire per la loro numerosità e per la loro ridicolaggine.
Antonio Mellone
dic042015
I trafiletti da inviare a “quiSalento” devono essere concettosi, stringati, lapidari; contenere alcune informazioni essenziali, incuriosire il lettore, indurlo a visitare i luoghi e partecipare alle manifestazioni. Ormai lo so bene per averne scritti e spediti a decine, se non a centinaia, nel corso dei quasi quindici anni di vita di questa bella rivista: brani, articoli, reportage, servizi sul conto di Noha e dintorni, a proposito di eventi, beni culturali, libri, feste patronali, concerti, sfilate, presepi viventi e fiere dei cavalli.
Quest’anno, nel vergare il passo sul prossimo venturo presepe vivente nohano, non son mica riuscito a fermarmi alle solite dieci quindici righe d’ordinanza, tanto che ho dovuto inviare a Marcello Tarricone e alla Cinzia (che è dolcissima e non so come faccia a sopportarmi) una mail che non finiva più. Sì, mi son fatto prendere la mano, sicché temo che i miei amici della redazione dovranno lavorare non poco di lima e forbici per far quadrare i conti dell’impaginazione.
Ma credo di esserne scusato.
Infatti, come fai a non dire che il presepe vivente di questa edizione avverrà in un luogo incredibile nel cuore della cittadina di Noha, un palcoscenico unico al mondo, un piccolo mondo antico che nessuno pensava di poter rivedere, anzi rivivere, chiuso com’è stato fino a ieri da un alto muro di cinta per abbondanti quattro o più decenni?
Come fai a non raccontare dei ragazzi-eroi di questo presepe che sono riusciti finalmente ad espugnare la fortezza, il castello, la torre medievale e il suo ponte levatoio, risvegliando i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli?
Non è la prima volta che questi prodi guerrieri rianimano i beni culturali del mio paese, là dove il vento sinistro degli insipienti e degli ottusi ha sempre lavorato per occultarli, denigrarli, seppellirli, anestetizzando le coscienze e la loro voglia di esistenza in vita. E così fu per la Masseria Colabaldi, per le Casiceddhre, per la Casa Rossa finalmente tornate al centro dell’attenzione. E’ inutile dire che la prossima e più ardimentosa sfida sarà il frantoio ipogeo: e nessuno pensi di metterci una pietra sopra.
Ma ritornando al punto. Come si fa a non scrivere che quest'anno il presepe vivo e itinerante di Noha ha fatto cadere i muri di Berlino del mio paese, spalancato porte sante, realizzato un miracolo di Natale, dando ossigeno al parco del Castello, soffocato da rovi e da amnesie umane, considerato come un vuoto a perdere, un cimitero di rovine e ruderi, un reticolo di crepe e rughe fino a ieri?
Finalmente dopo troppo oblio, ripulita da sterpaglie e dai mille segni del suo metodico abbandono, ritorna a svettare orgogliosa più che mai la Torre medievale di Noha (XIV secolo), accompagnata dal suo inseparabile Ponte Levatoio. Torre e Ponte diventano i nostri Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, con l’augurio che stavolta non si tratti di una tragedia, ma di una Storia di Noha a lieto fine. Basterebbe questo archeo-gruppo scultoreo di beni culturali antichi di rara bellezza per giustificare la visita al presepe vivente 2015.
Il resto dei “fori imperiali” salentini ubicati nel parco del maniero nohano è tutto un susseguirsi di scorci spettacolari (e autentici), come per esempio le cantine con le enormi botti di rovere dove s'invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha e imbottigliato a Martina Franca, fusti manutenuti da esperti maestri bottai gallipolini; la monumentale piscina ovale in stile Liberty, perfetta e aggraziata, ubicata al centro di quest’oasi di verde; la “castelluccia”, vale a dire la torre dell'acquedotto con un bellissimo impianto elettrico dei primi del ‘900, con marmi e pezzi in ceramica utilizzati a mo’ di isolante, e un sistema idraulico di pompe e canali irrigui collegati al pozzo ricco di acqua dolce. Tutto diventa materia da ammirare e studiare, oggetto di osservazione e dibattito, come avviene in un’escursione o in un viaggio didattico.
Al presepe di Noha non mancheranno poi i destrieri (come potrebbero nella “Città dei cavalli”?), ma anche un'infinità di altri animali da masseria, onde il presepe di Noha è rinomato nel Salento per il suo peculiare, nostrano ma anche esotico zoo.
In questa novella agorà, poi, si potranno degustare le pucce con le olive (che verranno prodotte in diretta nei forni allestiti all'interno del presepe) ed altre specialità culinarie nohane: dalla pasta fatta in casa alle pittule calde calde, dai panini farciti ai dolci natalizi prodotti dalle nohane, e ci si potrà scaldare con un bicchiere di vin brulé, rifocillarsi con i formaggi, i latticini, le olive sotto-sale, i pomodori secchi, i peperoncini piccanti, gli schiattuni de cicora, le noci locali e le altre leccornie da campo e da fattoria rigorosamente Noha-Dop, offerte nelle osterie del presepe.
Ultima chiosa. A Noha non esistono i mestieri “di una volta”, ma “di questa volta”: occupazioni, attività, professioni che fortunatamente continuano ad essere esercitati da un gran numero di artigiani-artisti locali, che vanno dallo scalpellino della pietra leccese al falegname, dal produttore di piatti e pignatte di terracotta alla ricamatrice al tombolo, dal maniscalco al calzolaio, dal contadino al pastore, dal casaro al sellaio, dalla ricamatrice al seggiolaio...
Nel presepe vivente di Noha non esistono comparse, ma solo protagonisti: i quali, per indole e formazione, non recitano mai una parte imparata a memoria, ma semplicemente vissuta tutti i giorni dell'anno. Inclusi, a questo punto, anche quelli delle feste comandate.
Antonio Mellone
giu142013
I dirigenti fanno il bilancio della stagione, in attesa di un nuovo colpo di mercato.
Un grande successo sportivo, quello che si è potuto ammirare domenica scorsa (09 giugno), negli impianti del Circolo Tennis di Galatina. I numerosi appassionati hanno assistito a delle partite di alto livello, che hanno portato i beniamini di casa a battere gli avversari del Tennis Club Terni con un sonoro 4 a 0, nel conteggio dei match.
I ternani non sono mai sembrati in partita, forse appannati da un caldo torrido che invogliava ad andare al mare, piuttosto che correre appresso ad una pallina giallo fluorescente. Un caldo che certamente anche i galatinesi sentivano, ma che non ha tolto loro alcuna energia. Da segnalare la partita del campano Antonio Pepe, che con un sonoro 6-0 6-0 ha battuto il suo rivale Filippo Parca in una partita senza storia. Il leone di San Giorgio del Sannio, come ormai ribattezzato dai suoi tifosi salentini, ha giocato un tennis sciolto e concreto; facendo un parallelo con la scherma, si direbbe che Pepe è andato sia di sciabola che di fioretto. Un altro galatinese d'adozione, il greco Paris Gemuochidis, ha affrontato una sfida che si preannunciava dura, contro il numero uno del Terni, David Iacoboni. La sua consueta calma olimpica, ha permesso al greco di battere il suo avversario per 6-3 6-1 regalando un tennis controllato e senza sbavature; facendo innervosire il ternano fin dai primi giochi della partita e costringendolo a rompere una racchetta ed a regalarne un'altra ad uno spettatore.
“Non siamo mai stati realmente in zona retrocessione. In alcuni tratti del campionato siamo anche stati al primo posto in classifica e solo per due trasferte particolarmente sfortunate, ci siamo ritrovati a fare i playout. Posso dire, senza possibilità di smentita, che abbiamo meritato questa conferma in serie B. Cosa potrà fare ancora il C.T. Galatina per il prossimo anno? Anticipo che stiamo già lavorando per rafforzare ulteriormente la squadra, con un nuovo e prestigioso acquisto”. Giovanni Stasi – Presidente
“E' stata una stagione a tratti esaltante, che ha regalato a noi tennisti la possibilità di ritornare a calcare dei campi che al C.T. Galatina mancavano da tanto, troppo tempo. Il merito di tutto questo è sicuramente del Presidente Giovanni Stasi ed al figlio Mario, che hanno sempre creduto in noi aiutandoci concretamente in tutte le fasi del campionato. Da direttore sportivo del circolo e capitano della squadra di serie B, ringrazio tutti i miei compagni che hanno sempre dato il massimo in ogni occasione e tutti i nostri sostenitori che ci hanno sempre fatto sentire la loro vicinanza”. Filippo Stasi – Direttore Sportivo
Galatina, 14 Giugno 2013
set192014
Vi ho già detto che nei giorni scorsi un cervello in Congedo assiso in consiglio regionale se n’è uscito con la grande nefandezza di un altro porto turistico idruntino nuovo di zecca. Ci mancava giusto questo ennesimo intervento dell’uomo per il completamento del secondo sacco di Otranto dopo quello del 1480 per mano dei turchi.
La Grande Opera dello sbancamento di un po’ di chilometri di scogliera inizierà così, con qualche chilo di dinamite, giusto qualche migliaio di camionate di cemento per la creazione di una bella piattaforma grande quanto un paio di stadi di calcio, l’asfalto di una strada a quattro corsie in grado di collegare il morto turistico alla nascente S.S. 275, rotonde qua e là quanto bastano, un po’ di villette a schiera da vendere a peso d’oro (che non guasta mai), un bel centrone commerciale stile Pantacom (benedetto ormai dal Patto del lazzarone PD-PDL-PRC), qualche frasetta sulla “scarsa significatività” della flora e della fauna interessata (con tanto di firma del professorone universitario di turno prezzolato a suon di mazzette e visibilità), paginate intere del “Quotidiano di Lecce” inneggianti al nuovo investimento, l’irrisione alle paranoie di quei quattro ambientalisti fissati e sfigati: ed ecco bell’e pronto un faraonico mega-porco turistico in grado di fungere da “volano per lo sviluppo” e di creare “ricadute occupazionali” a bizzeffe. Non è fantastico?
E poi, per finire, perché non innaffiare il tutto stappando una bella bottiglia di petrolio adriatico? Massì, visto che trivelleranno pozzi petroliferi in Croazia, Montenegro ed Albania, sarebbe d’uopo impiantare anche un paio di piattaforme a chilometri zero nelle acque territoriali di nostra pertinenza (sicché anche noi avremo così tanto petrolio che riusciremo a soddisfare le esigenze nazionali per ben due mesi). Tanto c’è lo “Sblocca Italia” a dar manforte al tutto, in barba ad ogni eventuale parere contrario e soprattutto grazie al silenzio-assenso da parte delle povere Sovrintendenze ai beni architettonici e culturali, deputate, appunto, al silenzio.
In effetti ad Otranto mancavano giusto le grandi navi per l’inchino (vuoi mettere la soddisfazione?), ed un nuovo panorama: in quattro e quattro otto si passerà dai monti dell’Albania alle montagne russe, costituite da tralicci, piloni, trivelle, sonde, e tante belle Costa Concordia.
Antonio Mellone
dic022012
Nonostante qualche titubanza iniziale, e qualche maldestra operazione matematica di sottrazione, anche quest’anno il presepe vivente presso la Masseria Colabaldi di Noha verrà allestito dagli stessi ragazzi che ebbero per primi l’idea e la voglia di far rivivere, seppur per qualche giorno, uno dei beni culturali nohani da decenni in balia di sterpaglie e menefreghismo.
Il “gruppo Masseria Colabaldi”, già da tempo al lavoro per la terza edizione del più bel presepe vivente (anzi presepe vivo) di Puglia vorrebbe render noto ai cittadini che la masseria è aperta a tutti coloro che vorranno aderire alla manifestazione sia nelle vesti dei figuranti che in quelle di collaboratori del disegno, dell’organizzazione, e della realizzazione del presepe nohano.
Sarebbe bella una partecipazione corale di tutti gli esponenti della nostra società civile, senza alcuna esclusione o distinzione “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” [art. 3 Cost.].
Vangelo e Costituzione, come dice don Andrea Gallo, dovrebbero essere le nostre due bussole. Anzi le nostre due stelle comete.
Antonio Mellone
P.s. S’era sparsa una voce in giro secondo la quale alcuni uomini di buona volontà avrebbero voluto allestire un presepe presso la casa rossa. Secondo il nostro modesto parere – già altre volte ribadito – sarebbe stupendo, meraviglioso, inedito, un motivo di attrazione particolare in più per Noha. E poi in quei dintorni sembra esserci già tutto l’occorrente. Perfino il palazzo di Erode.
gen272024
Nossignore, nel titolo di questo pezzo non c’è alcun refuso tipografico. La sostituzione di consonante ad “autonomia” che ha poi prodotto “autotomia” (la quale, come noto, è la capacità di alcuni animali di auto-mutilarsi - ma almeno loro lo fanno per scopi di sopravvivenza) è puramente causale, ed è riferita all’ennesimo siluro lanciato fresco fresco ai danni di quella che fu la nostra Carta Costituzionale, questa volta sotto forma di DDL (disegno di legge) che per caso porta il nome dell’odontoiatra bergamasco divenuto inopinatamente - e purtuttavia per la terza fiata nel corso del presente XXI secolo - ministro della Repubblica: a questo giro addirittura “Per gli Affari Regionali e le Autonomie”.
Del noto giureconsulto si ricordano, in ordine sparso, il suo primo matrimonio in rito celtico (immagino con la benedizione di Odino e i brindisi a sidro al posto dello spumante); una legge elettorale poi bocciata in più parti dalla Consulta e guarda un po’ definita Porcellum, chissà quanto in suo onore; la brillante uscita su una ex-ministra di colore (“Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango” [sic]), per dire dell’apertura mentale del personaggio; il famoso lanciafiamme per “incenerire 375 mila leggi inutili” allorché ricopriva il ruolo di ministro “Per la Semplificazione”, a proposito di Numeri Immaginari e di sortite folkloristiche; e numerose ulteriori varie ed eventuali.
Ma stavolta il problema principale non è mica il soggetto, ma l’oggetto. E a onor del vero v’è da aggiungere il fatto che ogni “riforma” che ne abbia rimaneggiato il testo in vigore dal 1948 si è comportata di fatto da proiettile esplosivo in grado di annientarne uno o più principi fondamentali, dico sempre della Costituzione: inclusa per esempio la modifica del suo titolo V avvenuta nel 2001 per le mani – o per i piedi – della sedicente sinistra ovvero diversamente destra allora al governo, poi sigillata dal 64% circa di Sì al referendum costituzionale, al quale, per la cronaca, partecipò più o meno il 34% degli aventi diritto al voto. Non so perché a tal proposito mi viene in mente la monaca di Monza del Manzoni con i suoi ripetuti Sì, e il successivo inesorabile “la sventurata rispose” (ovviamente ancora una volta di Sì), per dire quanto forse sia ormai complicatissimo innescare la retromarcia, e quanto, paradosso per paradosso, sia purtroppo vera l’asserzione secondo la quale chi ora è contro l’Autonomia Differenziata è contro la Costituzione.
È quel “novello” titolo V dunque la vera fonte del diritto del suddetto DDL dedicato all’Autonomia Differenziata, istituto giuridico del tutto ignoto dal punto di vista teorico alla stragrande maggioranza degli italiani e ai loro rappresentanti: i quali tuttavia presto recupereranno lezioni ed esami, imparandone a menadito gli effetti dal punto di vista empirico, vale a dire sulla propria pelle. E non parlo tanto delle continue espropriazioni di ogni genere subite dal meridione del Paese (che notoriamente partono da lontano, come minimo dai tempi della cosiddetta Unità d’Italia, e che continueranno d’ora in poi a ritmi più serrati grazie al minestrone in cottura, sicché i diritti reali dei cittadini varieranno in funzione della residenza anagrafica), quanto piuttosto della mortificazione del ruolo del Parlamento e quindi del dibattito politico, e soprattutto dell’impossibilità pratica di gestire le ventitré materie, e le centinaia di sottocategorie oggetto della prevista “contrattazione tra centro e periferia”: temi che vanno dai rapporti internazionali con l’Unione Europea al commercio con l’estero, dalla tutela e sicurezza del lavoro al governo del territorio, dalla produzione di energia alla salvaguardia della salute, dalla valorizzazione dei beni culturali all’alimentazione, dal sistema tributario all’organizzazione della giustizia di pace, dalle norme per l’istruzione alla tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Il tutto “a invarianza di bilancio”, vale a dire a saldo zero: che tradotto in soldoni significa senza spendere una lira in più rispetto a prima.
Immaginiamo già sin d’ora la gioia delle regioni più povere pronte, come neoliberismo comanda, alla concorrenza con le regioni che han gettiti fiscali tre/quattro volte superiori, e che dunque per rendere “attrattivi e competitivi” i rispettivi territori, o semplicemente per poter racimolare qualche euro in più per la loro stessa (temporanea) sopravvivenza, consentiranno trivelle, pale eoliche e campi di fotovoltaico in terra in mare e in cielo, accoglieranno a braccia aperte le scorie nucleari di vicini e lontani, creeranno Zes (cioè paradisi fiscali) in favore di cani e porci d’oltre confine (regionale). in compenso aumenteranno le tasse agli indigeni, ridurranno a zero le superstiti tutele ai lavoratori locali in uno con l’introduzione delle gabbie salariali, chiuderanno ospedali appellandosi al loro “riordino” e allungheranno le già chilometriche liste d’attesa, sdemanializzeranno quel che resta dei beni pubblici un tempo inalienabili e imprescrittibili, e inviteranno a nozze i novelli colonizzatori da ogni dove.
Quanto ai Lep (livelli essenziali delle prestazioni) e, specie nel campo sanitario, ai Lea (livelli essenziali di assistenza), tranquilli: è tutto studiato a tavolino per l’ottima riuscita della suddetta Autotomia. Ma non specifichiamo di cosa.
[Articolo apparso su: il Galatino, anno LVII, n.2, 26 gennaio 2024]
Antonio Mellone
mag012020
Semplice. Basta interpretare la Costituzione a proprio piacimento, a partire dall’articolo uno, senza scordare il trentasei.
Praticare il politically correct, facilitare il vocabolario, semplificare il numero dei pensieri riducendoli all’Unico. Seminare ignoranza in modo da trasformare in miraggio la coscienza di classe. Ridurre lo studio all’alternanza scuola-lavoro, più che renderlo occasione di interrogativi critici.
Promuovere a Cavalieri del Lavoro i padroni e quasi mai i loro operai. Confondere le acque facendo credere alla classe dominata di essere la dominante. Ritenere che i sindacati firma-tutto facciano gli interessi dei loro assistiti. Scaricare sui lavoratori la cagione della loro oppressione.
Stimolare la guerra tra poveri e mortificare la lotta di classe. Continuare a estrarre plusvalore dalle fasce più deboli della popolazione. Parlare di Legalità scordando la Giustizia. Reputare il Liberismo come passaggio obbligato alla Modernità. Far credere che la disoccupazione sia colpa dei fannulloni.
Considerare certi diritti come un optional. Lasciare al palo i salari e portare acqua al mulino dei profitti. Caldeggiare il lavoro a titolo gratuito. Dare la colpa al cuneo fiscale con l’assunto secondo il quale la questione retributiva sia un problema meramente redistributivo. Prendere per verità assoluta il fatto che il salario minimo sia di intralcio a “sviluppo e crescita”. Vedere gli stipendi come un costo e non come un pezzo di società da rispettare.
Non capire che il saccheggio dei beni comuni è l’altra faccia del profitto. Pensare che il fine ultimo delle politiche economiche non siano il benessere e la piena occupazione, ma la “concorrenza e la competitività”. Parlare in continuazione di merito e di competenti (confondendone gli epigoni con i leccapiedi), e, dio non voglia, di resilienza.
Spacciare per labouristi i partiti che promuovono lavoro flessibile, mobile, in affitto, esternalizzato, in subappalto, facilmente licenziabile, riunito in false cooperative, così, per essere “al passo coi tempi”. Condonare l’evasione contributiva. Celebrare i funerali dei morti sul lavoro come se niente fosse. Non cogliere il fatto che smart-working è “divide et impera”, capitalismo che entra in casa, controlla, comanda con algoritmi, e assorbe tempo libero. Definire Occasione lo sfruttamento, tipo i part-time con prestazioni di otto ore al giorno.
Ammettere come normali le liberalizzazioni, le aperture festive, i turni massacranti, e venderli a suon di slogan: “24 ore su 24”, “sette giorni su sette”, o “365 giorni all’anno”. Travestire di Opportunità le molestie morali, le minacce velate e le intimidazioni edulcorate come metodo di gestione delle cosiddette risorse umane. Chiamare risorse umane le persone.
Prenderle per il culo con la festa del primo maggio.
Antonio Mellone
feb122012
Incontro con Antonio Mellone, fondatore de L’Osservatore Nohano
Come è stato il 2011 per la nostra Galatina e qual è la tua speranza per 2012?
Queste le domande fatte al collega Antonio Mellone, direttore de L’Osservatore Nohano.
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Abbiamo deciso di smettere per scelta strategica, pensando che L’Osservatore Nohano avrebbe forse dato più fastidio da morto che da vivo. Ciò detto, ribadisco il fatto che il sito noha.it continua ad essere vivo e vegeto e ricco di contenuti. Anche attraverso questo sito (il discorso vale anche per gli stupendi ed utilissimi siti di Galatina, che consulto ogni giorno) si può riuscire a scorgere nella vita quotidiana locale molti elementi di generalità ed universalità.
Dunque, caro professore Contaldo, qui non parlo che in veste di direttore di me stesso, o - il che è lo stesso - di cittadino. Dovremmo capire una buona volta, cioè, che la vera autorità locale non è il sindaco, o il parroco, o il vescovo, o il direttore della posta o della banca, o l’onorevole di turno, o il direttore di un giornale, o il capo di un partito, o un consigliere comunale o regionale, eccetera eccetera; la massima autorità dovrebbe tornare ad essere il Cittadino (scritto finalmente con la maiuscola) dal quale tutte le (ormai ex) autorità summenzionate dovrebbero sentirsi i dipendenti. Concetto scontato soltanto a parole; un po’ meno nei fatti.
Non c’è unto dal Signore che tenga, né un leader al quale affidare il futuro e noi stessi. La parola leader, si badi bene, è un insulto per il popolo. Non dovremmo aver bisogno di leader o di eroi! Guai seri sarebbero per quel popolo che si affidasse al leader, che poi inevitabilmente si trasforma in padrino locale, anzi in caporale locale. E noi non abbiamo bisogno di caporali, ma di Uomini!
Ognuno è responsabile di se stesso e verso la società. Basta con il velo sugli occhi, con la deferenza, con il servilismo sciocco, con le nebbie dell’incenso, col timore reverenziale, con il belato caprino o ovino, con la paura della verità.
Ma, caro professore, veniamo al dunque, alle risposte, cioè, alla sua domanda sul nuovo anno, sul nuovo che avanza (sperando di non imbatterci nel vecchio che è avanzato). Per questioni di spazio mi limito a guardare avanti più che fare un bilancio dell’anno testé passato, evidenziando cosa mi aspetto e cosa auspico per me e per gli altri concittadini.
Galatina, la più bella terra del mondo, sta attraversando ormai da un decennio una stagnazione politica terribile, che si riflette ovviamente nel campo sociale ed economico. E’ dunque giusto e pio che il Cittadino apra finalmente gli occhi, si svegli dal torpore, diventi parte attiva delle scelte politiche, e, smettendo di essere allergico al nuovo, faccia finalmente piazza pulita - attraverso una X apposta sulla scheda elettorale - di faccendieri, miopi arrivisti, millantatori, navigatori sotterranei conto terzi, malati di logorrea, protagonisti di batracomiomachie e zuffe da pollaio. Qui non si richiede quella corbelleria meglio conosciuta come “ricambio generazionale” (in quanto si può essere giovani a ottant’anni e rincoglioniti a venti), ma, magari, una discontinuità di volti e soprattutto un ricambio di vocabolario. Abbiamo bisogno di una nuova grammatica dello stare insieme, e un nuovo linguaggio che aborra, ad esempio, lemmi della serie: “apparentamento”, “ricaduta elettorale”, “visibilità”, “personalismo”, “vertice di maggioranza”, “poltrona”, “appoggio esterno”, e soprattutto quel luogo comune triviale, anzi quello slogan volgare che è la “politica del fare”…
Detto questo, aggiungo anche che non basterebbero uno o più politici virtuosi per il riscatto di Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara. Infatti non sempre succede che un uomo pubblico virtuoso riesca a rendere virtuosa la propria città; ma è certo invece che una città virtuosa sa esprimere sempre uomini politici virtuosi. E i cittadini virtuosi sono quelli che si chiedono cosa possono fare per la comunità e non cosa la comunità possa fare per loro.
Dunque bisogna capire che le parole sono importanti, ed è arrivato il momento di impadronircene. Non si capisce perché ultimamente gli arroganti sono diventati intraprendenti; i buffoni, simpatici; i delinquenti, furbi che sanno stare al mondo; i cinici, intelligenti; né si comprende, per contro, perché gli onesti sono diventati fessi; i coraggiosi, visionari; e gli intransigenti, noiosi moralisti.
Serve un nuovo linguaggio comunitario (e laico) che parli finalmente di tutela del territorio, di risparmio energetico, di micro-generazione di energia, di valorizzazione dei beni culturali, di recupero e riciclo delle risorse, di sviluppo sostenibile e quindi anche di decrescita felice, di ristrutturazione del patrimonio edilizio piuttosto che di cementificazione…
A Galatina serve più aria pura e meno CDR, più libri e meno televisione, più conflitti e meno interessi, più centro antico e meno centri commerciali, più passeggio pedonale e meno auto, più incontri pubblici e meno isolamenti casalinghi, più autoregolamentazione e meno divieti (una cittadinanza culturalmente evoluta, ad esempio, non va in giro nel centro storico - ma anche in periferia - in automobile, quando invece può benissimo andare a piedi o al più in bicicletta, e senza il bisogno di vincoli o proibizioni).
Questo auspico per il nuovo anno. Non so se questo sia chiedere troppo.
Va bene, allora, se concludo dicendo che illudersi è pericoloso, mentre sperare obbligatorio?>>
Virgilio Contaldo
mag312015
L’ultima volta è stata a metà aprile di quest’anno, eravamo a casa di Marcello a festeggiare insieme ad altri amici il sessantesimo genetliaco del padrone di casa (compagno di classe di Roberto).
“Ehi, Roberto comu sciamu?”. “Tocca dicimu sempre boni, Antonio” - mentre mi stringeva forte, come al solito, la sua mano.
Ma sapevamo entrambi che era molto duro resistere contro quel male che sembra non voglia più risparmiare nessuna famiglia di Noha, anzi salentina. Eppure era incredibile l’energia che Roberto metteva in ogni cosa, nonostante tutto.
Io, a dire il vero, ho sperato fino in fondo e fino all’ultimo che ce la facesse: ero, come dire, fiducioso più che nelle cure degli oncologi nel coraggio, nella forza d’animo di quest’uomo e nei “metodi naturali” adottati con determinazione.
Sì, perché Roberto aveva una sua teoria sulla cura del male: “Devi essere più forte tu. Nun hai fare cu te cumanda iddhru. E poi devi mangiare molta verdura, i legumi e gli altri cibi naturali, devi stare sempre in movimento”. E questa, a ben vedere, non è mica una politica strampalata: è risaputo, infatti, che il sistema immunitario risente eccome dell’amore per la vita, e si comporta di conseguenza.
Io penso che se Roberto non avesse lottato così strenuamente, non avesse continuato a coltivare il suo orto, a dare una mano a Pietro in quella che è sempre stata la sua autocarrozzeria, e se non avesse avuto voglia di girare senza sosta alla scoperta delle piccole cose di cui meravigliarsi ancora, di godere delle amicizie, dell’amore di Lucia e dei suoi ragazzi, di partecipare alle manifestazioni organizzate da “I dialoghi di Noha” (l’ultima delle quali al centro Polifunzionale di piazza Menotti non più tardi di giovedì 8 gennaio 2015 avente per tema, guarda un po’, “Le radici del nostro benessere o malessere”, raccontandoci, con la sua presenza, la sua storia) probabilmente ci saremmo dovuti salutare qualche anno fa. Ma ci saremmo persi i suoi insegnamenti, anzi le ultime “lezioni” impartiteci da quest’uomo dalla cattedra più importante che esiste: l’esperienza.
I ricordi ora si accavallano, si rincorrono, s’intrecciano, e io in questo momento non ho la lucidità di descriverli con ordine in queste righe. Ma come si fa a non ricordare qui il suo entusiasmo da bambino mentre con l’aiuto del suo Gianpiero issa con orgoglio il pesante menhir di Noha scoperto da P. Francesco D’Acquarica nel terreno di Santu Totaru? E come non ringraziare Roberto per aver collaborato con Marcello “prestandogli” la sua officina, oltre che la sua consulenza e le sue mani esperte, per la pulizia e la messa a nuovo del marchingegno dell’orologio della torre pubblica di Noha (ora conservato presso le scuole di via degli Astronauti)? E come dimenticare la sua partecipazione attiva alla giornata ecologica di domenica 23 novembre 2014, lui in prima fila in contrada Scorpio insieme agli altri volontari armati di sacchi e di buona volontà pronti a ripulire i bordi delle strade dai rifiuti abbandonati dalla stupidità umana?
Questo era Roberto, una miscela di passione e generosità, attenzione e delicatezza per il suo paese: un vero monumento umano, un novello menhir di Noha.
Pensavo che bel paese è Noha che, nonostante tutto, non si sa bene da dove né come, riesce ancora a partorire degli angeli laici, anzi dei Serafini come il nostro beneamato Roberto.
Dai Roberto, appena arrivi in paradiso organizza un bel convegno, così gli altri ti guardano e imparano come si fa: lì sicuramente saranno più attenti di noi ai beni culturali e alla tutela di madre natura (ché quaggiù, su queste cose, spesso facciamo orecchio da mercante).
Però, per favore, insisti anche con noi. E continua ad insegnarci, anche da lassù, che non importa essere vincenti, ma invincibili. Come lo sei sempre stato tu.
Antonio Mellone
Condoglianze da parte della redazione di questo sito a Lucia, Gianpiero e Graziana, agli altri parenti, agli amici e alla comunità tutta di Noha.
nov252012
Il primo novembre scorso, all’indomani della “Presentazione della nuova circonvallazione Sud-Ovest” che avevo visto (inorridito) su galatina2000.it, ed alla luce delle battaglie portate avanti, tra gli altri, anche da Tonino Baldari sulla salvaguardia dell’antica quercia vallonea che verrebbe tradita da questa “opera” “pubblica” (ci vogliono le virgolette sia su opera e sia su pubblica), invio da Milano (dove mi trovavo per una breve vacanza: non potevo perdermi la mostra su Picasso) il seguente lapidario sms alla Roberta Forte: “Cara Roberta, non dobbiamo salvare solo una quercia, ma ogni centimetro quadrato della nostra terra. Come i rifiuti non si riducono con gli inceneritori ma prima di tutto con minori consumi, e poi con la raccolta differenziata, così il traffico di Galatina non si ridurrà con una circonvallazione ma lasciando a casa le macchine, e usando di più il cervello per muoverci. Io continuerò a lottare ancora per questo. E tu?”
Nel pomeriggio della stessa giornata, mi perviene, sempre sul telefonino (non ho l’i-phone, né bazzico su face-book), la risposta della Roberta: “Io non ho mai smesso, consapevole però che l’obiettivo non si raggiunge premendo il tasto di un telecomando, ed anche che spesso ciò che appare non è quello che sembra, e che bisogna affrontare le cose, analizzarle e trovare le soluzioni”. E poi ancora, saltando da palo in frasca: “Sbaglio o credevi che la ristrutturazione della scuola a Noha fosse un bluff e che la sua chiusura nascondesse chissà quali nefandezze? Io sto imparando ad accordare meno fiducia a quello che mi viene detto, al contrario spero che tu possa iniziare a fidarti appena un po’ di più. E’ un lavoro difficile per entrambi.”
E qui, prima di entrare nel merito della prima parte di questa risposta, vorrei liquidare la seconda (quella a proposito della vecchia scuola elementare di Noha che inizia con “Sbaglio o credevi…”) con un brano della mia replica che suona così: “[…] Per quanto riguarda la scuola di Noha non ho mai pensato a chissà quali nefandezze: è fin troppo evidente la sciatteria con cui s’è lavorato […]”.
Avrei voluto aggiungere che probabilmente la mia interlocutrice non aveva letto una beneamata mazza di tutto ciò che avevo scritto sul sito di Noha, e soprattutto che non avevo “accordato alcuna fiducia a quello che mi viene detto”, anche perché non mi era stato detto proprio nulla, purtroppo. Anzi, ero stato (per mesi, invano) alla disperata ricerca di qualcuno che mi raccontasse più o meno ufficialmente qualche verità sullo stato di fatto della struttura, che, oltre tutto, era sotto gli occhi di tutti, anche dei ciechi, dei sordi, dei plaudenti, dei bendati e degli imbavagliati. Ma lasciamo, per ora, il semi-bluff della vecchia scuola di Noha, e ritorniamo a noi, cioè al tema della circonvallazione di Galatina, ed alla prima parte del messaggio della Roberta, che sembra scritto in politichese puro.
Quando ho letto che “l’obiettivo non si raggiunge premendo il tasto di un telecomando” e che “ciò che appare non è quello che sembra”, e che “bisogna affrontare le cose”, eccetera eccetera, ho capito il dramma umano della nostra vice-sindaco (l’avrei abbracciata): insomma è come se volesse dire, ma, data la sua carica, non potrebbe; è come se fosse costretta ormai dal suo status ad arrampicarsi sugli specchi ed a dare il solito colpo al cerchio alternato da quello alla botte; è come se la sua coscienza fosse portata necessariamente ad accettare le ragioni del potere o della sua poltrona, rinnegando in un minuto-secondo anni di convinzioni. Ma tant’è.
Io mi sarei aspettato una reazione di questo tenore: <<Sono d’accordo con voi, cari compagni di tante lotte. Ora basta: me ne frego del consenso degli altri assessori, dei consiglieri della mia maggioranza (e di quelli dell’opposizione che non si oppone), dei perbenisti di facciata, degli interessati, e dei cementificatori di sogni. Questa circonvallazione è un’emerita stronzata: inutile, dannosa e costosa. E’ un’opera disegnata anni fa, e pertanto anacronistica: sono altre le “strade” da percorrere per il benessere di tutti. E’ davvero un bel peccato cementificare ed asfaltare altri tratti della nostra vita.
Voglio ancora ribadire, miei cari, quello che ho sempre detto in mille altre occasioni: “Stop al consumo di territorio”. La terra è un bene comune, come l’aria, l’acqua, l’energia e la cultura. E va salvaguardata, metro quadro per metro quadro, senza se e senza ma. Questa circonvallazione interna è un pugno nell’occhio alla ragione, al buon senso ed alle pubbliche finanze. Questo n-esimo scempio non s’ha da fare, né oggi né mai. Ci saranno delle penali da pagare in caso d’interruzione dell’opera? Pazienza, si paghino pure: gli esborsi saranno pur sempre inferiori al totale dei costi monetari, e soprattutto a quelli sociali.
Dimettermi? Perché dovrei? Ci mancherebbe altro. Ho preso i voti dei miei concittadini proprio perché le idee di chi mi ha suffragato – che poi sono anche le mie - camminino sulle mie gambe, ed ora dovrei rassegnare le dimissioni? Giammai. Si dimetta piuttosto chi non pensa con la propria testa, ma con il portafoglio o con la logica di breve periodo, che non mi appartiene.
Le ferite al nostro territorio sono irreversibili. E poi l’ho sempre detto, e qui lo ribadisco: la terra è finita>>”
Andiamo in pace.
Antonio Mellone
P.S. Ora non salti in mente a qualche scienziato pazzo (o a qualche politico no-strano) di fare la solita variante in corso d’opera, spostando magari questa circonvallazione verso la terra di Noha. Quell’altra ci mancava.
Nessuno ne ha parlato. Ma è meglio metter le mani avanti: non si sa mai.
feb012012
18/01/2012. Ho visto, al TG2 delle 13 di oggi, le immagini della benedizione degli animali che sono stati portati in Piazza San Pietro a Roma (oggi è sant’Antonio…) e mi sono sentito male. Non per gli animali, incoscienti ed ignari dell’evento, poveretti, ma per le persone, esse sì, coscienti ma ignoranti, che ve li hanno condotti.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse bene, in termini evangelici e non in termini feticcio-clericali, cosa sono e cosa significano queste benedizioni. Personalmente ricordo che il primo anno in cui sono stato parroco a Poggio Filippo, un paesino di montagna a 1050 metri, ai parrocchiani che mi chiedevano di benedire gli animali risposi, molto gentilmente, che se avevano delle malattie (gli animali, beninteso…) potevano rivolgersi al veterinario; se invece stavano in salute (sempre gli animali…) “benedicessero” Dio di tanta salute, prete aspergente absente!
Da allora non mi risulta che tra gli animali di Poggio Filippo, vista la mancata benedizione, ci sia stata una epidemia generale, né i miei contadini mi chiesero più di benedire somari o vacche o asini da soma.
Io da anni non benedico più non solo gli animali, ma nemmeno le macchine, le case, ancor meno le banche o i negozi. Benedico le persone che vengono a Messa perché siano esse portatrici di bene per il mondo e chi le incontra possa “dire bene” della vita e di Dio, se credente.
Mi fa senso vedere i preti, ma che dico? i vescovi e i cardinali ridotti al rango di stregoni, invece che esser coscienti e rivendicare il loro ruolo di educatori nella fede, che nulla ha a che fare con il feticismo. Mi fa senso vedere le chiese, che dovrebbero essere il luogo di crescita e di maturazione dei fedeli, ridotte a supermarket del credulismo e della deresponsabilizzazione. Se qualcuno può, mi spieghi cos’è quel gesto divinatorio che nulla aggiunge alla bontà che le cose e gli esseri già hanno in sé.
Lo so, sono in minoranza, in una strettissima minoranza; ma, grazie a Dio, non sono solo. Ho avuto modo di leggere appena due settimane fa, una bellissima riflessione di Padre Alessandro Cortesi, del convento di San Domenico a Pistoia. Scriveva:
«Benedire non si esaurisce solamente nel ‘dire’, nel pronunciare una benedizione. Tanto meno può essere identificato con un gesto clericale, quello a cui siamo abituati e a cui spesso si pensa in rapporto a questa espressione, come se fosse qualcosa che dal di fuori si aggiunge alle cose. Benedire è piuttosto scoprire il bene che è presente già dentro nelle cose, gioire di un bene che è dono. Nella natura che ci è data, nei volti delle persone, nelle situazioni, nonostante tutte le contraddizioni. Certamente il male offusca il bene, lo contrasta ma non vince i semi di bene presenti nella vita, la radice di un bene che sta dentro [...]
Benedire non si connota allora come dare qualcosa dall’alto, ma può essere un modo di guardare alla realtà, un modo di ascoltare le vicende e le esistenze, e di starvi dentro e di incontrare gli altri con uno sguardo particolare, con quell’abbraccio benedicente che ripropone l’attesa e la speranza del padre misericordioso della parabola di Gesù. E’ in questo senso una attitudine laica, non sacrale, tutt’altro dalla religiosità affettata di chi va in cerca di santoni e di benedizioni».
Perché, scrive Raniero La Valle, «tutto ciò che è umano non ha bisogno di essere ulteriormente sacralizzato, clericalizzato, conteso e strappato al divino».
Capisco che questa volgarizzazione della benedizione sia presente nel mondo delle religioni che pretendono di rendere sacre le cose profane, ma non riesco a capire come ciò possa esser avvenuto all’interno del cristianesimo, là dove, al contrario, si crede nel Dio che in Gesù Cristo rende “profano” se stesso.
mar012013
La telenovela dei famigerati beni Culturali di Noha continua. Mi sembra una di quegli sceneggiati a puntate degni della nostra televisione, così ancor oggi incredibilmente seguita (v. don Matteo). Per giunta gratis, senza cioè l’incombenza canonica di alcuna tassa da pagare per i servizi.
Ci mancherebbe che ci chiedessero di pagare pure il canone, visto che i servizi li vediamo solo nel senso deleterio dell’espressione (“ci hanno fatto proprio un bel servizio”). Di fatto ogni volta che noi abbiamo indirizzato delle domande in merito ci è stato risposto: “Adesso tocca a voi!”
Così, come un fulmine a ciel sereno, è giunta al Circolo Culturale Tre Torri di Noha, da parte della Soprintendenza della Regione e della Provincia (non sia mai che qualcosa ci pervenga dal Comune di Galatina) la risposta alle tante domande che ci siamo fatti e che abbiamo rivolto a lor signori\e nei tempi dei tempi.
Di recente, nel mese di dicembre 2012, su questo stesso sito, abbiamo condiviso una lettera aperta indirizzata al Sindaco e all’Assessore alla cultura in cui si elencavano, punto per punto, le innumerevoli richieste inerenti i nostri beni culturali e rivolte all’attenzione della Soprintendenza.
Chissà a quale delle domande della lettera aperta hanno pensato di rispondere i mandatari della missiva recapitataci (e che di seguito alleghiamo)? Ma non è questo il punto, l’importante è che lo abbiano fatto. La cosa più sconvolgente è che la risposta sembra priva di senso logico per almeno due ragioni.
Nella lettera identificata con il n. di protocollo 000417, e che alleghiamo di seguito, leggiamo infatti:
Si riscontra la nota in oggetto e si rappresenta che la Regione, nei passati cicli di programmazione è stata fortemente impegnata in una azione di supporto e sostegno delle amministrazioni locali per il recupero, la conservazione, la riqualificazione e la fruizione del ricco e qualificato patrimonio culturale diffuso nel territorio. Sia attraverso lo strumento degli Accordi di programma quadro (delibere Cipe 142/99; 17/03; 20/04; 35/05; 3/06), per quanto riguarda la programmazione di Fondi FAS, che per il tramite delle varie azioni del PPA dell’Asse IV, linea 4.2.1. del PO FESR 2007-2013, sono state erogate risorse a beneficio di complessi monumentali di pregio, teatri storici, aree archeologiche, musei e biblioteche.
La parte evidenziata (a noi così giunta), sembra quasi voler sottolineare il fatto che, essendo già state erogate le risorse, qualcuno se ne guardi bene di richiederne delle altre. Come d’altronde viene specificato chiaramente tre righe dopo nella lettera stessa.
Ora ci viene spontanea la domanda: “Come e da chi sono state erogate e consumate le risorse di cui si parla in questa lettera?”.
Secondo punto o dubbio. Nella letterina di Natale pervenutaci si parla di “stato di avanzamento della progettazione che consenta di valutare il programma di fruibilità pubblica del bene”.
Di cosa parlano? Esiste, dunque (a nostra insaputa) una progettazione di fruibilità dei nostri beni in cui qualcuno s’è impegnato? E per quale ragione, se così fosse, i cittadini di Noha ne sono tenuti all’oscuro?
Non ci sembra di aver mai chiesto soldi o progetti ai Dirigenti firmatari del protocollo Regionale, dott. Mauro Paolo Bruno e Avv. Silvia Pellegrini, ma semplicemente un vincolo giuridico affinché quei beni siano salvaguardati da qualsiasi atto vandalico o eventuali progetti pseudo-legali. Inoltre, visto che la suddetta comunicazione protocollata (per la quale si sono scomodati i Dirigenti sunnominati e il Presidente della Provincia di Lecce), è stata inviata all’attenzione del Signor Sindaco del Comune di Galatina, di cui siamo riconosciuta periferia, saremo degni questa volta di un Suo interessamento? Oppure la puntata si chiuderà con l’ennesima calata del sipario sul mistero dei beni Culturali di Noha?
Marcello D’Acquarica
lug152019
Il GAL Valle della Cupa srl, nell’ambito del PSR 2014-2020 Misura 19 "Sostegno allo sviluppo locale LEADER" Sottomisura 19.2 " Sostegno all'esecuzione nell'ambito degli interventi della strategia" ha pubblicato il BANDO Azione 2 - Creazione e sviluppo di impresa per rafforzare l’offerta di servizi di turismo esperienziale, accoglienza ed ospitalità Intervento 2.2 - Pacchetto multimisura per l’avvio di nuove pmi extra agricole
(BURP n. 78 del 11 Luglio 2019)
SOGGETTI BENEFICIARI
Microimprese e piccole imprese, persone fisiche che avviano nuove attività extra-agricole, nelle aree rurali, presentando un progetto di diversificazione, nell’ambito dei servizi turistici, attività artigianali e attività agroalimentari.
ATTIVITÀ FINANZIABILI
Investimenti a sostegno di processi di qualificazione delle aziende non agricole per favorire la creazione di nuovi servizi turistici a supporto dello sviluppo del turismo esperienziale.
Le imprese dovranno far riferimento ai seguenti comparti:
1. Servizi turistici: guide turistiche, noleggio di attrezzature sportive e ricreative, noleggio biciclette, noleggio di altre attrezzature sportive e ricreative, altri servizi di prenotazione e altre attività di assistenza turistica non svolte dalle agenzie di viaggio, attività delle guide e degli accompagnatori turistici, attività creative, artistiche e di intrattenimento, attività di biblioteche, archivi, musei ed altre attività culturali, altre attività di intrattenimento e divertimento non altrove classificate, attività di organizzazioni che perseguono fini culturali, ricreativi e la coltivazione di hobby, ecc;
2. Attività artigianali: terracotta, legno, ferro battuto, pietra leccese, ricami, cuoio ed eventuali altre attività artigianali della Vdc che realizzino un prodotto finito;
3. Attività agroalimentari: trasformazione e commercializzazione prodotti tipici.
TIPOLOGIA DEGLI INVESTIMENTI E COSTI AMMISSIBILI
Per l’avviamento: Non sono previsti costi ammissibili.
Per lo sviluppo aziendale:
• Ristrutturazione ed ammodernamento di beni immobili necessari per lo svolgimento delle attività anche in termini di accessibilità ai diversamente abili;
• Modesti ampliamenti, nell’ambito di opere di ammodernamento o ristrutturazione dei fabbricati, necessari esclusivamente per gli adeguamenti tecnologici e igienico-sanitari, di volumi tecnici e per l’eliminazione delle barriere architettoniche;
• Sistemazione delle aree esterne che interessano l’attività;
• Acquisto di arredi e di attrezzature per lo svolgimento di attività;
• Acquisto o sviluppo di programmi informatici e acquisizione di brevetti, licenze, diritti d’autore, marchi commerciali;
• Spese generali ammissibili fino ad un massimo del 12% dell’investimento.
TIPOLOGIA ED ENTITÀ DEL SOSTEGNO PUBBLICO
Il pacchetto, oltre a finanziare aiuti all’avviamento di nuove attività, comprende l’aiuto in conto capitale nei limiti di seguito stabiliti:
a. Per l’avviamento: l’aiuto sarà corrisposto nella forma di un premio di € 10.666,67 per le PMI extra agricole. L’aliquota di sostegno è pari al 100%;
b. Per lo sviluppo aziendale:
Il sostegno sarà concesso nella forma di contributo in conto capitale pari al 50% della spesa ammessa al beneficio. E’ previsto l’investimento minimo di Euro 30.000,00. La spesa massima ammissibile per ciascun intervento è pari a Euro 42.000,00.
CONDIZIONI DI AMMISSIBILITÀ
Tra le altre, la presentazione di un piano aziendale contenente elementi minimi, come specificato nel bando ed il raggiungimento del punteggio minimo di 30 punti, così come previsto dai criteri di selezione.
LOCALIZZAZIONE INTERVENTI
Esclusivamente nell’area territoriale di competenza del GAL VALLE DELLA CUPA S.R.L. (Comuni di Arnesano, Cavallino, Lequile, Lizzanello, Monteroni di Lecce, Novoli, San Cesario di Lecce, San Donato di Lecce, Galatina, San Pietro in Lama, Squinzano, Surbo, Trepuzzi).
RISORSE FINANZIARIE MESSE A DISPOSIZIONE
Spesa Pubblica totale: Euro 760.000,00
Scadenza per il rilascio della domanda di sostegno sul portale SIAN: ore 23.59 del 23 Settembre 2019. Scadenza per l’invio della documentazione: ore 23.59 del 24 Settembre 2019 (fa fede il timbro apposto sul plico dall’Ufficio Postale o dal Corriere accettante)
“Attraverso il sostegno offerto dall’ Intervento 2.2 del Bando AZIONE 2 del GAL VALLE DELLA CUPA viene offerta una reale possibilità di sviluppo di piccole attività commerciali nell’abito dell’artigianato e dei servizi turistici - afferma l’Assessore alle attività produttive Nico Mauro - Si attivano così concrete possibilità di sviluppo economico del territorio e per questo è necessario darne il giusto rilievo e mettere a conoscenza, soprattutto i giovani, di questa opportunità di finanziamento”.
In allegato si pubblica il bando integrale.
E' possibile scaricare l'Elenco Regionale dei prezzi delle opere pubbliche - Anno 2019 al seguente link:
http://www.regione.puglia.it/elenco-prezzi-2019
https://www.valledellacupa.it
mag302014
Si svolgerà lunedì 2 giugno, alle ore 19.00, presso Palazzo Orsini, la Cerimonia di conferimento del Premio “Città di Galatina – beniamino De Maria”, destinato a personalità galatinese e no, che abbia illustrato con la sua opera la Città di Galatina e le abbia reso servizi di particolare importanza.
Il Premio venne istituito nel 1998 in memoria del compianto e illustre concittadino beniamino De Maria, deputato all’Assemblea Costituente dal 1946 al 1948, deputato alla Camera dalla I alla VI Legislatura, dal 1946 al 1975 e Sindaco di Galatina negli anni Settanta e Ottanta.
Il Premio viene assegnato ogni biennio da apposita commissione che, in data 11 febbraio 2014, presieduta dal Sindaco Cosimo Montagna e composta inoltre da: prof. Antonio Lucio Giannone, Prorettore dell’Università degli Studi di Lecce; dott. Salvatore Riccardo Monsellato, Vice Presidente dell’Ordine dei Medici di Lecce; don Aldo Santoro, Parroco della Parrocchia SS. Pietro e Paolo; dott. Biagio Galante e dott. Marcello Pasquale Amante, Consiglieri comunale, ha stabilito di conferire il riconoscimento alle seguenti personalità:
Mons. Don Fedele Lazari – biennio 2008-2009 – VI edizione;
Prof. Lucio Romano - biennio 2010-2011 – VII edizione;
Prof. Rosario Coluccia - biennio 2012-2013 – VIII edizione;
La cerimonia di consegna del Premio “Città di Galatina - beniamino De Maria”, a cui l’amministrazione Montagna ha desiderato fortemente dare continuità alle iniziative già consolidatesi negli anni passati, si terrà, come già detto, il 2 giugno 2014 alla presenza di autorità politiche, civili, militari e religiose. Interverranno il Sen. Prof. Giorgio De Giuseppe e i componenti della Commissione in rappresentanza dell’Università del Salento, dell’Ordine dei Medici, della Parrocchia SS. Pietro e Paolo, del Consiglio Comunale.
Coordinatore il direttore de “Il Galatino” dott. Rossano Marra.
La serata sarà allietata da un intermezzo musicale con la violoncellista laura Ferulli.
Il Premio “Città di Galatina – beniamino De Maria” è stato precedentemente così assegnato: Mons. Prof. Antonio Antonaci (1998), Prof. Aldo Vallone (2000), Prof. Dr. Vincenzo Carrozzini (2002), Prof. Mario Signore (2004), Sen. Giorgio De Giuseppe (2006).
gen202021
Di seguito il discorso del Comandante in occasione della celebrazione della Santa Messa in onore del Patrono della Polizia Locale San Sebastiano
Saluto e ringrazio per la presenza le Autorità civili e militari ; ringrazio Don Dario e don Matteo per averci concesso, anche in quest’anno così particolare, di onorare adeguatamente anche se in forma ristretta il protettore della Polizia Locale San Sebastiano; grazie a tutte le associazioni oggi convenute, a iniziare dagli Scout dell’AGeSci.
Naturalmente un grazie ai colleghi dei paesi vicini che ci hanno onorato della loro partecipazione anche quest’anno.
Sarò breve, come promesso a don Dario, e per questo il mio intervento si articolerà
su una riflessione prima e su un brevissimo passaggio finale che non anticipo.
È passato un anno da quando proprio da qui in occasione della Festa del nostro Santo Patrono avevamo espresso quelli che erano i desiderata del nostro agire per l'anno in corso.
Nessuno avrebbe mai immaginato nemmeno lontanamente quello che sarebbe successo da lì ad un mese appena con l'insorgere della pandemia.
Da allora tutto, dico TUTTO, è diventato provvisorio e insicuro! Ci siamo ritrovati catapultati in pochi giorni a operare in una realtà indescrivibile.
Non era più il nostro territorio, non era più la Nostra, forse caotica, ma ridente realtà! Sui volti delle poche persone che ancora si vedevano in giro si leggeva benissimo lo sgomento e la paura.
Da quel momento però in ognuno di noi operatori di Polizia è nata la consapevolezza del nuovo ruolo che dovevamo svolgere.
Siamo stati, nostro malgrado, portatori di una pesante responsabilità, come cioè se da noi dipendesse in parte l'esito positivo di questo terribile momento.
La giornata lavorativa era segnata da ben 4 appuntamenti, all'inizio ed alla fine dei due turni di servizio, in cui si cercava di far chiarezza sulle norme, per la verità non sempre ben chiare, che dovevamo far rispettare e per cercare, senza dircelo espressamente, risposte ai nostri tanti dubbi...e perché no, paure!!!
Il nostro Comando diventava ogni giorno di più per i nostri concittadini il luogo dove fugare, personalmente o con una telefonata, un dubbio o, a volte succedeva anche questo, avere una risposta che infondesse fiducia.
Oggi voglio rivolgere innanzitutto un ringraziamento e una preghiera al Nostro Santo
Patrono San Sebastiano che SICURAMENTE veglia su di noi e, in secondo luogo,
rivendicare con forza l'operato dei miei Collaboratori, rimarcando il loro impegno, la loro abnegazione e anche la loro infantile leggerezza con cui hanno assolto i loro compiti!!!! Sì, proprio leggerezza....perché non si va in guerra armati solo di buona fede e coraggio!!!
In verità però non c'era tempo né di approntare l'armatura, né di studiare l'avversario....tra l'altro ancora oggi subdolo e indescrivibile!!!
Siamo ancora in "guerra" e continueremo a svolgere il nostro compito per non vanificare quel prezioso consenso civico acquisito in questi mesi che costituisce per ogni Operatore di Polizia Locale il riconoscimento più ambito a cui può anelare. Vorrei infine formulare un augurio per tutti noi, che è quello di tornare quanto prima a vivere sereni senza l'assillo di questa intollerabile pandemia che ci limita e ci condiziona anche nei nostri discorsi e gesti quotidiani.
GRAZIE.....e W LA POLIZIA LOCALE
Galatina, 20 gennaio 2021 – Chiesa San Sebastiano -
IL COMANDANTE DEL CORPO DI POLZIA LOCALE
Comm. Sup. ANGELELLI dott. Domenico
mag012017
L’altra sera, mentre guardavo Open, anzi per la precisione “Open mouth” (Vucchiperti), la surreale trasmissione di Telerama in cui venivano intervistati i sette-diventati-in-diretta-sei personaggi in cerca di elettore, le lacrime scendevano copiose dai miei poveri occhi attoniti, rigandomi il volto e infradiciando non so più quanti Kleenex.
Non riuscivo, però, a darmi una spiegazione sensata circa la loro provenienza: non sapevo cioè dire se quelle lacrime fossero di gioia o di lutto, di risate a stento represse o di disperazione tendente alla depressione.
Quel liquido fisiologico incolore ricopriva vieppiù la mia congiuntiva palpebrale (ma soprattutto le cornee) in quantità inversamente proporzionale alla correttezza dei congiuntivi proferiti dalla platea dei sindaci concorrenti in questa specie di talent show, e in funzione diretta al quadrato del numero di epiteti e invettive (tipo: “le corne ca tieni”) che suscitavano in me certe grottesche risposte-fotocopia, le quali stanno alla Politica come il pecorino sul pasticciotto appena sfornato.
Non so voi, ma io, nonostante le concordanze lessicali in libertà e la pesante inflessione gggalatinese dei magnifici sette, non son mica riuscito a cogliere chissà quali differenze di pensiero o di programma politico tra l’uno e l’altro candidato alla poltrona di primo cittadino del mio paese.
Una, la neofita, quella che deve “studiare per diventare sindaco”, quella dell’“emergenza abitativa a Galatina, per cui servono di corsa 36 nuovi appartamenti” [o più probabilmente 36 nuovi posti letto nel reparto psichiatria del Santa Caterina Novella, ndr.], così tesa, così rigida, così agitata e ansiosa (nonché ansiogena) che non riesce a formulare un pensiero uno di senso compiuto [alla fine della trasmissione si sarà certamente sciolta in un liberatorio pianto isterico - con la speranza che non abbia preso a pugni il povero accompagnatore nominato dal partito, ndr.]; l’altra, la scissionista, la reproba, l’apostata (da non confondere con la prostata), cioè la ex-compagna del PD [l’acronimo del cui partito sta ormai per Paola/Daniela, ndr.] che con la solita sicumera, nel suo italiano maccheronico tradotto verbatim dal nohano, sciorina le sue ridicole banalità su mega-porco commerciale e centro storico, nonché su varie ed eventuali come una Daniela Santanché qualsiasi. L’altro ancora, il De Pascalis (o meglio, il De Profundis), affamato alla Steve Jobs così tanto che continua a mangiarsi le parole, riesce a polemizzare persino sul vuoto pneumatico sparando a zero sulla Croce Rossa, cioè sullo smarrito Giannini che, colto in fallo, riesce a superare tutti in retromarcia facendo il famoso “passo indietro” per cadere in diretta e come una pera bacata nelle amorevoli braccia del PD (Partito Destrorso). C’è la volta del democristiano che gira e rigira riesce a non dir nulla neanche stavolta (e dunque anche per questo socialmente nonché politicamente pericoloso viste le sue buone probabilità di successo in questa città divano-munita); e, novità assoluta nel panorama galatinese, il Niente a Cinque Stelle (anche e soprattutto sul mega-porco: che tristezza). Insomma, l’unica che ancora una volta ne esce con le ossa integre è la Roberta, la candidata che predica benissimo ma razzola come cazzo vuole lei.
Di questa trasmissione televisiva, ricettacolo di imbarazzi, rimane ormai solo questa foto emblematica gentilmente estrapolata dal profilo della Sindaco Daniela Sindaco. E’ l’abbraccio della morte alla città di Galatina, il mastodontico inciucio, l’asse destra-centro-destra, l’imbroglio elettorale, il partito unico del comune altrimenti detto delle larghe intese. In parole povere, le grandi scemenze.
Antonio Mellone
mar232017
Non c’è niente da fare. Qui dalle nostre parti sembra dominare ancora indisturbato il pensiero unico del consenso di massa.
Perdurano graniticamente (e chissà per quanto tempo ancora) il volemose bene, i tarallucci e vino, le pacche sulle spalle, i finti amiconi, la solidarietà di specie (più che di genere), il partito unico della nazione, l’eterna Trattativa, e dunque frotte di censori (che non sanno nemmeno di esserlo).
Conciliaboli di perbenisti, genie di “borghesi” radical chic, gruppetti di maître à penser, squadre di spacciatori di catene per schiavi novelli, circoli di raddrizzatori di elettroencefalogrammi, staff di incravattati dei dì di festa, clan di amici degli amici, cerchie di intellettuali neo-conformisti, élite con la puzza sotto il naso, ordini di giornalisti da riporto, associazioni culturali foraggiate da pOLITICI e un’accozzaglia indefinita di allegre comari: tutti morbosamente suscettibili, pronti a scandalizzarsi, a stracciarsi le vesti, a sentirsi offesi in prima persona se osi scrivere quello che pensi, utilizzando talvolta più che le biro le penne all’arrabbiata.
Prediligono il disarmo del dissenso al dissenso disarmante. Deplorano la contestazione, l’alterità, la critica, la possibilità di pensare, di programmare e sognare eventuali futuri alternativi. Favoriscono più o meno inconsapevolmente la comunicazione tautologica (e alienata), quella in cui tutti pensano e dicono le stesse cose.
Eh, sì, i tuoi toni sono troppo lapidari, accesi, aggressivi, sagaci e mordaci per i loro gusti raffinati. Loro non si sbottonano mai, per prudenza. Per definizione.
Pazienza se poi in privato sull’argomento, sul fatto o sul tizio di cui ti capita di raccontare le gesta eroiche ti confidino indicibili, inaudite, che dico, oscene “mazze e corne”. Ma in pubblico, no. In pubblico devi essere politically correct, assertivo, allineato e possibilmente coperto.
Certi toni, signora mia, è preferibile ammorbidirli. Meglio i semitoni, il bemolle più che il diesis, i guanti di velluto più che la cartavetro, il fioretto più che il machete, la quiete più che la tempesta. E soprattutto MO-DE-RA-ZIO-NE.
Nessuno, tra codesti moderati-in-pubblico/estremisti-in-privato, che si chieda se le cose che dici o scrivi siano vere o false. Niente. Quel che conta è il tono. Pazienza se la casa sta bruciando, l’importante è aver spento la luce del tinello.
Temo che a Galatina e dintorni si sia ormai regrediti a un punto tale che la gente debba addirittura essere rieducata alla libertà del pensiero, di cui la satira (questa sconosciuta) con il suo potere a volte dissacrante è uno degli strumenti didattici più efficaci.
Non ricordo più dove ho letto che l’obiettivo della satira è esprimere un punto di vista in modo divertente. Divertente per chi la fa, s’intende. Ogni risata dell’autore contiene una piccola verità umana (che spesso fa male). Se poi gli altri ridono, tanto di guadagnato, ma non è un criterio per giudicare la satira. Certo, mica la satira può piacere a tutti: i suoi bersagli o gli amici dei bersagli, ad esempio, non ridono affatto.
E poi non è che la satira debba per forza far ridere, perché a volte deve far piangere. Anzi talvolta la satira più riuscita, la più tagliente e corrosiva, è quella che fa scoppiare di rabbia (per la verità soprattutto i bacchettoni), mentre il disagio che aumenta è solo quello dei parrucconi.
Nell’attesa di accettare, anzi di auspicare un po’ più di satira in questo piattume cosmico continuiamo pure a farci del male: applaudendo al neo-feudalesimo atrofizzante, inneggiando agli anestetici sociali contro il dolore da vita vuota, auspicando l’assopimento dei neurociti, minacciando le teste pensanti, sopprimendo la disobbedienza civile, emarginando i ribelli, i resistenti, gli oppositori, e lottando contro tutto ciò che potrebbe mettere in discussione la nostra omologante schiavitù.
*
Qui da noi la casa brucia, la nave affonda, il comune fallisce, il debito avanza, il cemento straripa, l’asfalto corre, la Tap penetra, la stampa disinforma, il popolo dorme, gli attivisti scarseggiano, la Colacem affumica, il cancro dilaga, la gente muore, i poliziotti caricano, la Sarparea incombe, il fotovoltaico devasta, la mafia tratta, la politica latita, le multinazionali occupano, gli ulivi soffrono, l’ambiente detona, il profitto campa e la Costituzione crepa.
In tutto questo l’intellighénzia del pasticciotto (che di questi problemi non ha mai detto mezza parola, probabilmente perché non ne sa nulla o perché più o meno consapevolmente corresponsabile e fautrice) continua invece a parlare di toni, di stile e del solito PD (Pistolotto Domenicale).
Io ho un dubbio atroce, il solito, su chi sia esattamente il soggetto che, mentre indichi la luna, guarda il dito (tra l’altro quello sbagliato).
Sì, signora mia, faccio sempre confusione tra lo stolto e lo stronzo.
Antonio Mellone
ago292021
Anche questa volta, noi i soliti "quattro sognatori" di "NoiAmbiente e beni Culturali di Noha e Galatina, siamo riusciti a offrire la nostra fatidica seppur piccola goccia che compone l'oceano. Quell'oceano buono che si contrappone con forza a quell'altro fatto di indifferenza e di maltrattamenti alla Natura.
Abbiamo preso parte ad un evento straordinario che vede contrapporsi sempre più questi due mondi: il primo, il prodotto dei vizi dell'uomo che con i suoi rifiuti tenta di soffocare questo paradiso, in questo caso la riserva delle Cesine, un luogo fantastico, e il secondo, tantissime persone soprattutto giovani, che con la loro semplice generosità riescono a fare tutti insieme cose inimmaginabili.
In queste occasioni di operatività ci si trova insieme a tanti amici e amiche e si prova quella grande emozione di unione, di forza e del sentirsi meno soli, che dà conforto e fa ben sperare.
Purtroppo davanti a certe orribili scene di rifiuti imbrigliati nella vegetazione e fra gli scogli lambiti dalle onde marine, come quelli visti oggi, si oscura il cuore.
Oggi, 29 agosto sulla spiaggia delle Cesine, un velo di tristezza (ma anche di speranza) calava davanti alla vista di quelle mani e di quei giovani volti che imperterriti non volevano mollare la presa di plastiche che solo a sfiorarle spesso si sbriciolano in mille pezzettini.
Ve lo diciamo sinceramente: forza ragazzi, forza Daniele S. e Daniele T., forza Chiara, Valentina, Giorgio, Clara, forza tutti voi ragazzi e ragazze del CAS, con la vostra partecipazione ci avete fatto capire che siete oltre la barriera dell’indifferenza e che è necessario agire.
Francesco Cino con il suo dire insistente ha seminato bene: “Tutti insieme per il bene comune”
Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali Odv
giu242021
Venerdì 25 giugno alle 19 (ingresso gratuito con prenotazione su Eventbrite) l'Ex Complesso Monastico delle Clarisse di Santa Chiara in Piazzetta Galluccio a Galatina ospiterà l’evento di condivisione dei contenuti emersi e dei tratti più significativi della maratona partecipativa "Cavallino Bianco: il futuro è adesso". Dal 24 maggio al 4 giugno si sono tenuti, infatti, nove laboratori online, coordinati dall'esperto di metodi e processi partecipativi Fedele Congedo, architetto senior dell'associazione Mecenate 90, per costruire insieme traiettorie condivise per il futuro del "Cavallino Bianco" di Galatina. Con la conclusione dei lavori che hanno interessato lo storico Teatro, il Comune di Galatina intende restituirlo alla pubblica fruizione, identificando le prospettive del piano di valorizzazione con i portatori di interessi, pubblici e privati. Per questo, è stato realizzato uno specifico percorso partecipativo, con il supporto di Mecenate 90, un’associazione che in Italia svolge attività di consulenza e di assistenza tecnica agli Enti pubblici nei settori della valorizzazione e gestione dei beni culturali, dello sviluppo locale e della pianificazione strategica.
Il sindaco Marcello Amante, l'assessora alla Cultura e alla Pubblica istruzione Cristina Dettù, il segretario generale di Mecenate 90 Ledo Prato (in collegamento) e il coordinatore delle attività partecipative Fedele Congedo presenteranno al pubblico i risultati del percorso che ha coinvolto la comunità educante dei sei Istituti scolastici e la comunità creativa di Galatina con oltre 900 contribuiti apportati attraverso la piattaforma. I laboratori online hanno registrato quasi 200 accessi da profili unifici e hanno ospitato 18 testimoni dal mondo del teatro e della cultura, locale e nazionale ( Cesare Liaci, Gabriele Polimeno, Carlo Infante, Alessandro Santoro, Linda Eroli, Alessandro Rossi, Antonio Rollo, Susan George, Fabio Tolledi, Alessio Di Clemente, Ylenia Politano, Marco Martinelli, Pietro Valenti, Gabriele Rampino, Maurizio Braucci, Luca Scalzullo, Valentino Ligorio, Carmen Ines Tarantino), tutti disponibili sul canale youtube del percorso partecipativo. La lavagna digitale di facilitazione visuale, cresciuta in tempo reale e accessibile a tutti sin dal primo incontro, è il report completo del percorso. Nel cruscotto di navigazione, tutti i contenuti emersi, i dati e i link attivati. È consigliata la consultazione mediante pc desktop, al link https://bit.ly/ilfuturoadesso. L'ingresso all'incontro è gratuito con prenotazione tramite piattaforma Eventbrite. Ulteriori info sul sito www.comune.galatina.le.it.
Gruppo Telegram Comunità Cavallino Bianco
https://bit.ly/comunitacavallino
Ufficio Stampa
Società Cooperativa Coolclub
Piazza Giorgio Baglivi 10, Lecce
apr292012
Giuro che questo è l’ultimo pezzo della mia, chiamiamola così, trilogia pre-elettorale. Mi spiace tediare il lettore (quell’uno che sarà) per la terza volta su di un tema fritto e rifritto; tuttavia talora non si può prescindere da certe elucubrazioni per puntualizzare l’ovvio.
Se mi fosse concesso, passerei subito prima o subito dopo i clerici vagantes - che in questi giorni come tanti commessi viaggiatori stanno passando “a benedire” le nostre case, a promettere mari o monti (Mario Monti?), a distribuire i santini su cui è effigiata la loro immagine ed il loro motto (che parla), e finalmente ad implorare la nostra croce sul simbolo del loro partito e sul loro nome prima di imbucare nell’urna la scheda elettorale – dicevo: passerei io, porta a porta, cercando di convincere i miei concittadini non tanto a chi dare il voto, quanto a chi NON darlo.
E lo farei usando più o meno queste parole: “Caro concittadino, non votare gli arrivisti, i faccendieri, i profittatori, i navigatori sotterranei conto terzi, i marpioni vecchi ed i marpioni “giovani e concreti”, i soliti noti che si presentano come esponenti del nuovo che avanza, mentre di fatto sono il vecchio che è avanzato. Non votare chi per opportunismo cambia facilmente casacca, chi passa da destra a sinistra, e viceversa (Franza o Spagna purché se magna). Non votare gli inguardabili, gli inaudibili, gli intoccabili, i leccapiedi, i baciapile e i baciamadonne, gli improvvisati salvatori della nostra piccola patria, i politicanti dell’ultima ora, i politicanti incalliti, quelli che ti fanno ancora credere che gli asini volano. Non votare il “trota” locale, il bifolco locale, il pirla locale, né chi è appoggiato dai mafiosi locali. Non sprecare il tuo voto a vantaggio di chi vorrebbe fare della politica la sua professione (e magari campare comodamente a tue spese); non buttar via il tuo voto in favore di chi pensa agli affaracci suoi e a quelli della sua famiglia. Non votare chi ti vede come un suddito, una pecora da tosare, un mulo da soma da sfruttare per i suoi porci comodi. Non votare gli assassini della democrazia, chi ha della politica un’idea burocratica e definisce “antipolitica” i politici veri, i soggetti della polis che invece fanno proposte politiche serie. Forse la vera antipolitica oggi è quella tradizionale, bacchettona, parruccona, paludata a nuovo ma impregnata di naftalina, pronta a scagliare anatemi contro la ragione e la passione.
Per favore, caro elettore, non andarti a mettere nei Casini, con la scusa del centro, del moderatismo (sarebbero questi i moderati?), e dei “valori della famiglia”: come fai ancora a fidarti di chi fa i risciacqui e i gargarismi con l’acqua santa, di chi usa la religione come un vestito buono per tutte le stagioni, di chi è ancora attaccato alla sottana dei preti in nome del perbenismo e di chissà quali “valori non negoziabili”, quando poi si dimostra che il vero valore per questi formigonini, ciellini, opusdeini, in una parola “casini”, è quello del potere e del denaro? Come fai a votare chi è appoggiato dai vari Miccichè (che vergogna!), chi è dell’UDC (unione dei condannati), chi finge di essere di centro quando di fatto è fascista nei secoli dei secoli amen? Non dare ancora (se pur l’avessi già fatto) il tuo suffragio ad un partito che nel corso di questi anni ha portato l’Italia nel baratro economico, finanziario, sociale, culturale e politico: sì, il partito dell’amore (a pagamento), il partito del “nuovo miracolo italiano”, il partito del “meno tasse per tutti”, il partito de “la crisi è alle nostre spalle”, il partito della quarantina di leggi porcata o leggi-vergogna, quello personale del bifolco di Arcore, il papi delle cene eleganti, del bunga-bunga, anzi del burlesque, l’amico del barbaro leghista, e delle prescrizioni brevi.
Non votare chi non ha sale in zucca, e vuole avvelenarti con il CDR (combustibile derivante da rifiuti), con gli inceneritori (che, per prenderti in giro, ribattezza come “termovalorizzatori”). Non sprecare il tuo voto dandolo a chi non ti merita, a chi s’infischia del territorio che vuole martoriare ancora con il cemento, con i pannelli fotovoltaici, con i centri commerciali, con le cave trasformate in discariche di rifiuti di ogni tipo, con i nuovi comparti artigianali o commerciali o per “civili” abitazioni, “in nome della crescita”. Non votare chi deride il lavoro di tanti concittadini, che pur non appartenendo ai partiti politici ed in nome della democrazia partecipativa lottano per la salvaguardia dei beni comuni, delle risorse pubbliche, della campagna, della natura, dei beni culturali (il cui scempio si compie sotto i nostri occhi proprio mentre ci si professa – o ci si atteggia a - tutori, difensori, paladini di questi beni culturali).
Non votare chi vuole uccidere il tuo futuro e quello dei tuoi figli in nome del “progresso”, del profitto, del capitale, del denaro, dei suoi interessi di bottega…”
E’ vero che alla fin fine le persone da votare si conterebbero sulle dita di una mano. E sarebbero da ricercare con la lanterna, anzi come si fa con un ago nel pagliaio.
Ma un popolo virtuoso sa e deve scegliere secondo coscienza. Se ne ha ancora una.
Antonio Mellone
ott232013
gen202021
L’antica chiesetta Santa Lucia (da non confondere con l’attuale di via Roma, i cui lavori ebbero inizio nel 1922), situata all’inizio della strada per Noha, è uno dei tanti beni comunali che attendono una nuova vita.
Il luogo di culto, molto venerato nel passato, è una testimonianza delle nostre tradizioni religiose, architettoniche e culturali; una volta recuperata, assieme alle tante opere presenti a Galatina (non solo la Basilica di Santa Caterina D’Alessandria), diverrà una nuova occasione per incrementare il turismo religioso, che, in questi anni (anche nell’ultimo colpito dalla pandemia), ha avuto un notevole incremento.
Una storia ultracentenaria non può andare perduta. Sorta, come tramandato, in sostituzione di un’edicola votiva, che segnalava il luogo dove la strada Reale si incrociava con la Lecce - Leuca, denominata il “cammino di S. Pietro”. Poco distante venne, infatti, rinvenuta la pietra dove si sedette l’Apostolo, in cammino dalla Terra Santa a Roma, e nel lontano 1665 traslocata nella Chiesa Matrice, ammirata e venerata da centinaia di pellegrini..
In più occasioni, le Amministrazioni che si sono alternate alla guida di Palazzo Orsini, si sono impegnate a trovare i finanziamenti per il restauro.
Il primo intervento è datato 1993. L’allora sindaco, il prof. Zeffirino Rizzelli, aveva inserito nel programma elettorale e nella sua dichiarazione programmatica, la necessità dell’acquisto, sino ad allora di proprietà privata; un decreto sindacale, nello stesso anno, dichiarò la struttura patrimonio artistico. Promessa che non ebbe seguito per l’interruzione anticipata del suo mandato.
Nel 2000 si completò l’acquisizione al patrimonio comunale, il proprietario la cedette al prezzo simbolico di mille lire, il sindaco di allora era Giuseppe Garrisi.
Il 2019 sembrava segnare una svolta, e l’avvio della fase di progettazione e restauro sembrava imminente, e in poco tempo la chiesetta resa fruibile alla comunità. L’avvio dei lavori fu reso possibile grazie ad un finanziamento di 25.000 euro della Sovrintendenza provinciale. Un primo intervento aveva permesso l’espianto di un albero di fico, cresciuto rigoglioso sul tetto. Per dimostrare che si faceva sul serio, e che ambizione dichiarata della Giunta Amante era quella di lavorare con sollecitudine per conservare il copioso patrimonio culturale, la struttura fu ingabbiata con robusti tubi innocenti, il tetto protetto da una solida copertura. Anche in questa occasione, le aspettative sono andate deluse: a circa due anni tutto è rimasto immutato, non le infiltrazioni, l’umidità e l’erbacce, peggiorando così lo stato di abbandono.
Una domanda, infine, è legittima: il finanziamento di 25.000 euro è stato già speso per la messa in posa dei tubi e della copertura e il pagamento di due anni del loro affitto?
PARTITO DEMOCRATICO
CIRCOLO DI GALATINA
nov202011
I bambini entrarono nella stanza cercando di far meno rumore possibile. Sapevano di trovare la nonna come al solito seduta su una vecchia sedia dietro l’uscio, addormentata in posizione così precaria che chiunque sarebbe caduto al suo posto, ma non lei. Con le spalle avvolte da una copertina di lana che lei stessa aveva fatto lavorando ai ferri e con una borsa d’acqua calda sulle gambe, la nonna sentì i due bambini che si avvicinavano di soppiatto ma non aprì gli occhi, continuando a far finta di dormire. Solo quando il più piccolo dei due, accovacciato ai suoi piedi, iniziò a giocare con i pendagli della copertina finse di svegliarsi quasi di soprassalto – “Ehi voi due che ci fate qui? Mi avete fatto prendere uno spavento, pensavo fossero i ladri”.
I due bambini iniziarono a ridere, contenti di aver fatto una sorpresa alla loro nonnina.
“Nonna, nonna … ci racconti una favola?” dissero quasi all’unisono. La nonna sapeva che ai nipotini piacevano le sue storielle e a lei piaceva raccontarle – “E quale favola volete che vi racconti?”.
“Quella del piccolo principe … si, quella del piccolo principe” - “Dai nonna, … dai nonna!”.
“Va bene” disse la nonna, “ma prendete due sedie e alzatevi da terra, altrimenti se vi raffreddate chi sente vostra madre!”
I due nipotini presero due vecchie sedie impagliate e si sedettero quanto più vicino possibile alla nonna pronti ad ascoltare la storia.
C’era una volta un piccolo principe che viveva nell’antico Castello di Noha. Purtroppo il piccolo era nato affetto da una rara malattia che gli impediva di uscire dalla sua stanza, e a nulla erano valse le tante cure e visite di dottori provenienti da tutto il mondo. Purtroppo niente e nessuno era riuscito a guarirlo. Nonostante questa grave limitazione e l’impossibilità di uscire all’aperto a giocare come gli altri bambini, il piccolo principe cercava di non annoiarsi e di divertirsi con i tanti giochi con i quali i suoi genitori riempivano la sua stanza. Al piccolo piaceva in particolare disegnare case e palazzi, ricche di ghirigori ed elaborati fregi. La sua passione era tale che si divertiva a riprodurre i più belli su una delle pareti della sua stanza, tracciando con la matita schizzi di grandi palazzi, torri e castelli, immaginando di poter passeggiare intorno o di vivere come un grande cavaliere pronto ad intraprendere eroiche avventure.
Al principino sarebbe tanto piaciuto provare a realizzare sull’ampio terrazzo del castello le sue opere per farle vedere a tutti, ma sapeva benissimo che non poteva uscire, e suo padre non permetteva che giocasse nella sua stanza con pietre o altri materiali, giudicandoli giochi non degni di un principe.
Purtroppo un giorno il bambino iniziò a stare più male del solito e le sue condizioni peggiorarono rapidamente.
Una notte mentre dormiva, venne svegliato da strani bagliori. Aprì lentamente gli occhi, convinto che fosse entrata nella stanza sua madre con una candela per vedere come stava, come solitamente accadeva durante quelle notti. Ma quello che vide lo lasciò a bocca aperta per lo stupore. Una bellissima e splendente figura femminile gli apparve innanzi avvolta da un mantello stellato. La donna lucente si avvicinò lentamente al letto del piccolo. Il suo viso sorridente e il suo sguardo pieno di amore ebbero l’effetto di tranquillizzare il principino che si mise a sedere sul letto come se si trovasse in compagnia di un’amica, ma ancora incapace di proferire parola.
“Ciao piccolo principe” disse la donna “Dimmi cos’è che più desideri? Non aver paura!”
Il piccolo prese coraggio e disse “Io vorrei tanto che i palazzi e le torri che disegno venissero costruite, anche se in miniatura. Purtroppo io non posso, ma mi piacerebbe tanto che altri li potessero vedere”
“Non ti preoccupare piccolo mio, tu ora riposa” e così come era apparsa, la donna scomparve.
L’indomani mattina una guardia allarmata corse in gran fretta a svegliare di buon’ora il Signore del Casale. Strane costruzione in pietra, piccoli palazzi e case, erano state costruite da qualcuno nella notte sul terrazzo del Castello. Il nobile si fece accompagnare dalla guardia sul posto a vedere con i propri occhi quello che gli veniva raccontato. Credendo che fossero state costruite dal figlio uscito di soppiatto, andò nella sua stanza e gli fece una gran sfuriata ricordandogli che non poteva assolutamente uscire a causa delle sue condizioni, e che per punizione le avrebbe fatte abbattere. Guai a lui se fosse uscito nuovamente.
Il piccolo provò a spiegare che non era stato lui e che non si era mai allontanato dalla stanza, ma il genitore non gli credette e la sgridata andò avanti finché non si trovò costretto a promettere di non uscire più di nascosto.
Quella notte, come la precedente, la donna lucente apparve nuovamente al piccolo.
Questa volta il principino non aspettò che fosse la Signora a parlare e le chiese – “Com’erano?”.
“Bellissime, come i tuoi disegni” rispose la donna lucente. E quella notte ripeté nuovamente la domanda “Dimmi cos’è che più desideri? Non aver paura!”. Il principino ci pensò un po’ su e rispose “Io vorrei tanto che i palazzi e le torri che disegno venissero ricostruite ancora più grandi e più belle”.
“Non ti preoccupare piccolo mio, tu ora riposa” e così come era apparsa, la donna scomparve.
All’indomani il Signore del Casale era ancora più infuriato del giorno precedente. Fece nuovamente abbattere le casette e dopo una strigliata ancora più sonora al figlio, fece mettere di guardia alla porta della stanza un soldato con l’ordine tassativo di non farlo uscire per nessuna ragione.
Quel giorno purtroppo le condizioni del piccolo principe si aggravarono. I medici chiamati al suo capezzale uscirono sconsolati dichiarandosi impotenti.
Nonostante stesse molto male il bambino anche quella notte aspettò l’apparire della Signora dal mantello stellato, e come le notti precedenti, ella apparve circondata da una luce ancora più splendente. Si avvicinò al letto e amorevolmente gli accarezzò una guancia. “Dimmi mio piccolo principe, cosa vuoi che io faccia per te?”.
Il bambino rispose – “Vorrei tanto che tu ricostruisca le mie casette, falle più belle di prima, le più belle del mondo, e che nessuno, neanche mio padre le possa distruggere”.
“Mio piccolo caro” – rispose la donna lucente – “non sono io ma è il tuo amore che le costruisce come tu le desideri. Farò ciò che mi chiedi, ma non posso prometterti che nessuno le distrugga nuovamente. Purtroppo io nulla posso contro la volontà di voi uomini. Le casette vivranno finché qualcuno si occuperà di loro, finché gli uomini sapranno custodire l’ambiente in cui vivono e si prenderanno cura dei doni che hanno ricevuto. Contro un animo ingrato e insensibile io nulla posso. Tutto è rimesso alle vostre scelte”.
La Signora dal mantello stellato abbracciò forte il piccolo principe e prendendolo per mano gli disse - “Vieni con me ora, ti porto da mio figlio che ti aspetta. Sai, lui da piccolo era un falegname e sono sicura che assieme costruirete giochi e palazzi bellissimi”.
L’alba del giorno dopo fu accolta da dolore e pianti. Tutto la popolazione del Casale si strinse affranta attorno al Castello alla triste notizia della morte del piccolo principe. Nessuno mancava, in particolare i bambini.
Il Signore del Casale si affacciò alla finestra per ringraziare tutti per la grande dimostrazione di affetto, ma mentre parlava alla folla il grido di meraviglia di un bambino attirò l’attenzione dei presenti.
“Guardate! Guardate!” gridò a voce ancora più alta il bambino – “ le casiceddhre! le casiceddhre!”.
Sul terrazzo erano nuovamente apparse delle piccole costruzioni in pietra, palazzi e castelli, così belle che splendevano come il sole abbagliando i presenti. Un alone di luce le circondava, e quel giorno ci fu chi giurò di aver visto le figure di un bambino e di un ragazzo accovacciati accanto ad esse intenti a costruirle.
Da quel giorno un editto vietò che nessuno recasse danno alle casette del piccolo angelo di Noha.
Nonna e bimbi rimasero per un po’ in silenzio, finché uno dei due avvicinandosi all’uscio e guardando attraverso il vetro le piccole casette sull’altro lato della strada disse – “Nonna, ma tu hai mai visto il piccolo angelo?”.
“No cari miei, non l’ho mai visto. Ma sono sicura che, finché ci saranno le piccole casette, lui sarà lì a vegliare su di noi”.
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Le piccole costruzioni in pietra di palazzi e torri furono costruite da un certo Cosimo Mariano che visse a cavallo tra ‘800 e il ‘900. Lui stesso si definiva “mastro”. Sono all’interno del complesso dell’attuale palazzo baronale di Noha, che fu un castello sino al ‘500 prima di essere abbondantemente rimaneggiato. Le casette, o casiceddhre, si trovano sulla terrazza di una delle corti della casa baronale e i disegni sulle pareti, molto probabilmente dello stesso Mariano, si trovano all’interno dei una delle abitazioni del complesso.
Le “casiceddhre” sono in stato di abbandono e versano in cattive condizioni. L’intero complesso è ora in vendita e sono in molti nel piccolo centro di Noha ad auspicare iniziative concreta per la loro salvaguardia.
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apr032019
Luisa Sello, flautista friulana scelta dal Ministero dei beni Culturali per rappresentare la musica italiana in tutto il mondo, il 4 aprile sarà la protagonista del secondo appuntamento della XX Stagione Concertistica Internazionale de “I Concerti del Chiostro”.
Lo scorso 28 marzo, l’affiatato Duo Pollice ha inaugurato la rassegna con un concerto per
pianoforte a quattro mani. I due musicisti sono stati accolti nella splendida chiesa della Madonna delle Grazie da uno straripante e caloroso pubblico che per quasi due ore ha goduto delle note di Mozart, Beethoven, Verdi, Rossini e Puccini.
“Siamo molto felici di ospitare nel nostro paese questa rassegna musicale internazionale diretta dal M° Luigi Fracasso - afferma il sindaco di Soleto, Graziano Vantaggiato – I Concerti del Chiostro sono vera Cultura e il mio augurio è che diventino un appuntamento itinerante in più comuni della Provincia e non solo”.
[**]Luisa Sello, definita dal New York Concert Review 2016 un’artista dall’avvincente passione e spontanea cantabilità, con tecnica brillante e grande charme, ci accoglierà insieme al suo flauto con il programma “Quadri di colore”, tre sentimenti legati alla musica e a temi della vita: Arte, Amore e Gioia. Saranno eseguite musiche di J. S. Bach, W. A. Mozart, A. Vivaldi, G. Verdi e G. Rossini.
Appuntamento a giovedì 4 aprile alle ore 20 presso il Santuario Madonna delle Grazie di Soleto.
Come ogni concerto, anche questo sarà preceduto da una visita guidata nel Comune di Soleto a
cura dell’Associazione “Amici del Presepe” previa prenotazione.
Infoline: 3292198852
I Concerti del Chiostro – Associazione Musicale – via del Ciclamino 32, Galatina
Libreria Viva Athena – Via Liguria 73/5, Galatina 0836.566088
Pagina Fb: www.facebook.com/IConcertidelChiostro/
Email: iconcertidelchiostro2019@gmail.com
Gloria Romano
Ufficio stampa
Luisa Sello, flauto
Quadri di colore
LUISA SELLO Artista eclettica ed innovativa, flautista del panorama internazionale con una intensa attività solistica in Europa, Estremo Oriente, Stati Uniti e Sud America, è ospite di orchestre quali i Wiener Symphoniker, la Salzburger Kammerorchester, la Miami Great Symphony Orchestra, I Virtuosi Italiani.
Un’artista unica, una ‘musicista dall’eccezionale versatilità e dal carisma ammaliante, che riesce ad arrivare dentro l’anima di chi la ascolta, lasciando un’emozione difficile da dimenticare’. (Altromolise, Il Mattino di Bolzano, ABC Madrid, General Anzeiger Bonn, Messaggero Veneto).
Il suo repertorio abbraccia diverse epoche e forme d’arte, in un percorso da lei ideato
come esecutrice, autrice e regista, riscontrando consensi unanimi per ‘classe, eleganza, presenza, talento,
emozione’.
Ha lavorato con l'Orchestra del Teatro Alla Scala di Milano sotto la direzione di Riccardo Muti ed ha suonato accanto ad Alirio Diaz, Trevor Pinnock, Edgar Guggeis, il Nuovo Quartetto Italiano, lo Jess Trio Wien. Ambasciatrice della musica italiana nel mondo, è tra gli artisti sostenuti dai Ministeri degli Affari Esteri e delle Attività Culturali .
Ideatrice di spettacoli estremamente originali e nuovi, propone repertori classici e programmi riscoperti dal
gesto, in un personale percorso aperto a diverse forme d'arte, e da lei generato come interprete musicale, autrice di testi e regista .
Docente al Conservatorio di Trieste e Professore ospite all'Università di Vienna e di Graz, viene regolarmente invitata presso Istituzioni Accademiche in Giappone, Cina, Argentina, USA, Russia, Austria, Germania, Spagna, Estonia .
Laureata in Lingue per la Comunicazione Internazionale ed in Letterature Moderne, ha pubblicato saggi
comparativi tra letteratura e musica ed ha vinto diversi premi letterari di poesia.
Incide per 'Stradivarius', una delle eccellenze discografiche europee, e per la Beijjing Honhchen Millennium
& Art,in Cina .
Luisa Sello ha studiato a Parigi con Raymond Guiot, primo flauto dell'Operà, ed è stata una delle allieve predilette di Severino Gazzelloni che di lei ha scritto ‘qualità di primissimo ordine: tecnica e suono di ottimo livello, unite ad una magnifica sensibilità interpretativa‘.
Dopo il successo del 'Pierrot Solaire' vincitore del premio Speciale Start Cup 2008, e 'Canto per la vita' commissionato per il Premio Unesco 2008, sta ora lavorando sui progetti 'Bach, musica eterna' e 'Quadri di colore'.
lug132021
Pubblichiamo la lettere inviata il 18 marzo 2021 all'Amministrazione Comunale e della quale si attende ancora una seria valutazione del problema.
Il pericolo di crollo calcinacci o di parti sporgenti dal profilo della facciata di tutta la struttura in oggetto è tutt’altro che improbabile.
Abbiamo segnalato più volte ai tecnici comunali intervenuti per dei controlli, la necessità di un risanamento della struttura nel suo insieme, comprendendo quindi anche gli interni che mancano delle funzioni basilari, con l’obiettivo di ripristinare l’agibilità, ma forse si sta sottovalutando il problema dal punto di vista “sicurezza” pubblica.
Sul lato destro della torre dell’orologio, per chi lo osserva dalla piazza, è evidente a occhio nudo lo stacco dal muro del cornicione verticale in tutta la sua lunghezza, non è altrettanto visibile lo stato di aderenza delle altre parti intorno all’aquila, tantomeno si può dire dei massi calpestabili della balconata. Oltretutto il 18 giugno del 2013 si staccava improvvisamente un pezzo simile del balcone al primo piano della casa attigua, arrecando gravi danni ad una automobile in sosta, e per fortuna non a persone. La fortuna finora ci ha assistiti ma forse non è il caso di continuare così.
http://www.noha.it/noha/articolo.asp?articolo=1039
Crediamo non ci sia più tempo per attendere progetti dedicati e finanziamenti relativi che non arrivano mai, la salvaguardia della sicurezza per chiunque si trovi a transitare nell’ambito adiacente alla struttura va ben oltre all’aspetto indecoroso di un Bene Storico e Culturale, va perfino oltre alla assurda assenza di un meccanismo che faccia funzionare l’orologio, il risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia è già di per sè un progetto.
Chiediamo all’Aministrazione Comunale che intervenga al più presto possibile sullo stato pericolo che incombe su tutto il tratto prospiciente alla struttura pubblica, restituendo all’area la sicurezza dovuta.
Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina
dic182016
Così ti capita di ritornare a Milano “per ossigenarti”, come vai ripetendo periodicamente ai tuoi amici (sì, devi usare le virgolette dacché il sindaco sovente è costretto a bloccarne il traffico, causa superamento livelli di PM10 o forse 11 e qualche cosa).
Lo fai più volte l’anno, anche se il punto di accumulazione di codeste visite pastorali usualmente coincide con l’apertura delle feste natalizie, prima fra tutte quella di Sant’Ambrogio patrono, con ponte dell’Immacolata incorporato.
E’ più forte di te: non ce la fai proprio a saltare l’appuntamento con la tua Alma Mater, né l’incontro con qualcuno dei tuoi ex-compagni di corso anche se può capitare d’imbatterti nel bocconiano di turno tra il milione-e-quattro di milanesi con la stessa probabilità con la quale potresti più o meno fare un terno in una tombolata parrocchiale.
E’ successo così per puro caso anche con la Anna, per dire, girovaga per le amene stradine di Brera (e dove sennò visto che vi abita), e sei dunque costretto a declinarne l’invito a pranzo in compagnia di altri, atteso che la tua agenda meneghina è piena zeppa di altri rendez-vous convivial-pantagruel-prenatalizi da lì a poche ore.
Stavolta è mancato all’appello il Matteo Fini della situazione, nonché la Manuela e pure la Donatella che, menomale, non hanno profili face-book (le quali s’erano tanto raccomandate quasi all’unisono: “Se non mi chiami quando sei qua, m’offendo di brutto”. Per carità: rimanga il segreto tra noi e fb), e chissà quanti superstiti ‘amici miei’ del tempo che fu. Fortuna che non han saputo niente la Samantha e la Titty, sennò chi le sente quelle.
Ma non puoi davvero completar tutto in soli sei giorni, altrimenti, oltre a tutto il resto (Navigli, colonne di San Lorenzo, San Maurizio, michelangiolesca Pietà Rondanini, pièce al Carcano, varie ed eventuali) come avresti fatto a visitare anche “Lo stupore e la luce”, cioè la mostra sul Vedutismo del Canaletto e di suo nipote Bellotto alle Gallerie d’Italia, nei locali di quella che fu la filiale di piazza della Scala della Banca Commerciale Italiana, sì proprio quella dove mettesti piede tu per la prima volta da neoassunto in quel glorioso istituto di credito.
Ma devi tagliar corto ché le divagazioni potrebbero portarti lontano, e concentrarti sulla gita mattutina fuoriporta con Pasquale Marannino (bitontino, onde Milano ringrazia la Puglia per averle fornito i novelli milanesi) e la sua auto che taglia freddo e nebbia alla volta delle abbazie di Chiaravalle e Viboldone, alla ricerca di pace, organi a canne e affreschi di scuola giottesca.
In auto - archiviato finalmente con un sospiro di sollievo il tema del referendum costituzionale - non puoi fare a meno di parlare della prole (la sua: tu non dovresti averne sparsa per il globo, ma il condizionale è d’obbligo in certi casi), e tra gli altri l’attenzione ricade su Luca Marannino, il grande di casa, anzi a quanto ti è dato di capire subito un grande ‘tout court’.
Luca, che oggi è al secondo anno di Matematica (Matematica pura, si badi bene, non le varie ingegnerie matematiche, nucleari, elettroniche – quisquilie, Antonio Congedo - o peggio ancora le economie cui si dedicarono quelle mezze calzette del papà e del suo amico nohano), nel 2015 ha pubblicato un libro per Mondadori (Luca lo chiama libello, vabbé), dal titolo: “Secchione ma non troppo”.
L’hai acquistato subito grazie al buono che t’ha regalato la Giuliana la sera precedente (ma non bastava la cena, e che cena, a casa sua? No.) e ti sei messo a divorarlo senza alcun indugio stravaccato sul divano (divano-terapia col segno meno davanti, Marannino jr.), sacrificando giusto le ore che avresti invece dedicato ad un paio di sieste pomeridiane. Libro stupendo (al netto della quarantina di punti esclamativi – tu li usi ormai solo per il fattoriale di un numero naturale, vale a dire n!: e lo riferisci all’autore del pamphlet, così, solo perché non si monti più di tanto la testa).
Perché asserisci che Luca è un grande? Bè, non (solo) perché in terza media aveva già letto una quarantina di libri di quelli lunghi, o perché ha preso sempre dieci in tutte le materie (e pensare che tu rimproverasti la Romano, la tua insegnante di Mate, per un dieci all’ultimo compito in quarta superiore: “Prof., ma è pazza? Che figura. Ma mi metta nove, non dieci. Suvvia, un po’ di democrazia. E che diamine”) e addirittura la ‘laude’ finale al Berchet di Milano, o perché gioca discretamente a pallacanestro, scia, suona il pianoforte da più di dieci anni (ma solo gli spartiti dei grandi autori, s’intende), o perché ha fatto teatro (Elisabetta, dovresti leggere le sue pagine sul tema a proposito “di quel margine di errore, che è poi un margine di libertà in fin dei conti, a fare la differenza tra il successo e l’insuccesso”: nel senso che rispetto al copione “bisogna sempre aggiungere o togliere qualcosa di proprio, lasciarsi un margine di errore”), o perché segue i ragazzi dell’oratorio, o perché ha la ‘zita’, è simpatico e ironico, aiuta i compagni di studi che necessitano di una mano, dà consigli a professori alunni e genitori, scrive benissimo, o perché un po’ ti somiglia. Per dire.
Ma soprattutto perché a tratti riesce perfino a burlarsi di se stesso. E un po’ anche a prenderti per il culo.
Antonio Mellone
mar062018
Eccoci giunti alla parte ottava della ricerca di P. Francesco D’Acquarica. In questa puntata si parla tra l’altro di due Sinodi diocesani, ai quali partecipò anche Noha con due sacerdoti.
La redazione
CESARE BOVIO (verso il 1530 - 1583)
Vescovo di Nardò dal 1577 al 1583)
Dal 1577 al 1583 i Pontefici furono:
Gregorio XIII (1502-1585) Papa dal 1572 al 1585
Sisto V (1521-1590) Papa dal 1585 al 1590
Arciprete di Noha:
Don Salvatore Colafilippi (1550-1600), parroco dal 1570 al 1600 circa.
Cesare Bovio, fu eletto Vescovo di Nardò (il 14° della serie) da Gregorio XIII il 15 aprile del 1577. Era nato a Bologna verso il 1530 ma oriundo di Brindisi.
Era specializzato in diritto civile ma specialmente nelle discipline ecclesiastiche che aveva appreso dal fratello Carlo (1522-1570), famoso Arcivescovo di Brindisi. Curò l’osservanza della disciplina ecclesiastica, la formazione dei chierici e di tutti gli addetti al culto, guidandoli all’onestà della vita.
Appena giunse in diocesi, complimentandosi per il bene operato dal suo predecessore e dell’ottimo stato spirituale in cui la trovò, disse queste famose parole: Io trovo il terreno della mia diocesi ben governato, senza alcun’erba trista, di modo che non c’è bisogno d’altro che di ottima semenza.
Nominò vicario generale Fabio Fornari, arcidiacono di Brindisi, suo nipote da parte materna e poi suo successore nel governo della diocesi. Secondo le indicazioni del Concilio di Trento (1545-1563) indisse il primo sinodo diocesano, che celebrò il 15 agosto 1577.
In esso trattò delle chiese, della celebrazione dei divini misteri e delle Messe; della vita e dell’onestà dei chierici; degli arcipreti e dei rettori di chiese parrocchiali; delle norme da osservarsi nelle feste; dei Sacramenti del Battesimo, della Confermazione, della SS.ma Eucaristia, della Penitenza o Confessione, con l’elenco dei casi riservati e la forma di assoluzione da pronunziarsi uniformemente da tutti nelle confessioni ordinarie e l’altra di assoluzione generale da censure e da peccati, da usarsi in tempo di giubileo plenario, dell’Estrema Unzione, dell’Ordine e ‘Per quel che tocca la collatio di benefici, del Matrimonio; delli Maestri di scola et librari et de li libri che haran da visitare e quelli che haràn da tener per i Preti’.
A questo primo sinodo vi presero parte tutti i rappresentanti della chiesa di Nardò e delle parrocchie della diocesi. Anche Noha fu presente.
Di Nardò c’erano dunque 5 dignità, 20 canonici abati del capitolo cattedrale, 28 sacerdoti, 4 diaconi e 6 suddiaconi del clero; 11 abati dai conventi di Nardò e del resto della diocesi.
Erano inoltre presenti i 42 arcipreti seguenti col relativo clero:
Tabelle, Galatone, con 25 sacerdoti;
Copertino, con 39 sacerdoti, 3 diaconi, 2 suddiaconi e 10 chierici beneficiati;
Parabita, con 8 sacerdoti ed un diacono;
Racale, con 10 sacerdoti, 3 diaconi, 4 suddiaconi e 7 chierici beneficiati;
Casarano grande, con 5 sacerdoti;
Matino, con 4 sacerdoti e 2 diaconi;
Taviano con 3 sacerdoti ed un diacono;
Alliste, con un sacerdote, 2 diaconi ed un suddiacono;
Casarano piccolo, con un sacerdote;
Felline, con 3 sacerdoti, un diacono ed un suddiacono;
Collemeto, Tuglie, Fulcignano, Ugiarico, Carignano, Aradeo, con 3 sacerdoti;
Seclì, con 2 sacerdoti ed un diacono;
Noha, e Neviano con 2 sacerdoti.
Noha partecipò dunque con due sacerdoti. Ormai la cittadina “Domus Novae” con le 13 chiese non esiste più: rimane un paesino con pochi abitanti con l’Arciprete e un vice parroco. Non ho trovato il nome di questo arciprete che ha partecipato al Sinodo, ma con molta probabilità fu lo stesso don Salvatore Colafilippi.
Pur non avendo trovato particolare notizie su questo arciprete possiamo dire quanto segue.
Il Colafilippi fu arciprete di Noha dal 1570 al 1600 per circa 30 anni. Probabilmente era nativo di Galatina ma residente a Noha.
Nel 1563 era terminato il Concilio di Trento che aveva stabilito che in ogni parrocchia ci fossero i registri dei battezzati, dei morti e dei coniugati. Ma a Noha per ora tutto questo non c’è: si vede che il nostro arciprete non ha ancora preso coscienza delle disposizioni del Concilio di Trento, e passeranno più di cento anni prima di avere i primi registri (almeno quelli conservati) che sono del 1689.
Durante il suo governo pastorale la chiesa basiliana di S. Teodoro, probabilmente danneggiata dai Turchi dopo il 1480, fu acquistata dal sig. Nicola Baldi, un affarista toscano ma residente a Galatina, assieme a tutta la proprietà terriera e venne inglobata nella masseria Colabaldi (1595). Stessa sorte seguirà il convento dei Basiliani.
Il 9 aprile 1578 Cesare Bovio diede inizio alla visita pastorale della diocesi. Ebbe come convisitatori Fabio Fornari, dottore nelle due leggi, Giovanni Francesco Nestore, dottore nelle due leggi, Leonardo Gaballo, cantore, gli abati Leonardo Trono e Giovanni Carlo Coluccia, dottore nelle due leggi, e Don Nicola Marziano, dottore nelle due leggi, sacerdote.
Gli atti di questa visita, pervenuti sino a noi in buono stato di conservazione, sono molto importanti per le abbondanti notizie storiche che ci tramandano sia riguardo alle persone che alle condizioni della diocesi.
Può essere utile conoscere lo schema del loro contenuto. Premessi i decreti generali di indizione della visita, inizia la relazione dettagliata della visita alle dignità, canonici, beneficiati e sacerdoti della città di Nardò, con la citazione delle varie bolle di ordinazione e del conferimento dei singoli benefici (A-4, ff. 3-108). Segue la relazione delle visite fatte nella cattedrale: alla custodia del SS.mo Sacramento (f. 117), alle sacre Reliquie (f. 119), al fonte battesimale (1. 119) alla sagrestia (f. 121); quindi vi è l’inventario di tutti gli arredi e di tutti i beni mobili della sagrestia con la descrizione e la provenienza di ciascuno: croci, incensieri, calici, pissidi, mitrie, pastorali, libri, campane, arredi ed oggetti preziosi vari (ff. 121-126); la descrizione dei beni, diritti ed oneri della mensa vescovile di Nardò; il sommario di ciò che dagli antichi scritti risulta intorno alla chiesa di Nardò e la serie dei vescovi (ff. 126-128); l’inventario di tutti i beni immobili: palazzo vescovile, censi in denaro, censi in cera, vigneti, oliveti, feudi di Fango, Parasceve o Santa Venerdia, Tabelle, Àrneo, le masserie Morroni, Donna Menga, Uomo morto, Schiavoni, Pendinello, feudo di Lucugnano, feudo di S. Nicola di Cigliano, terreno e feudo in Casarano, terreno in Taviano, in Racale ecc. (ff. 129-173); infine il sommario di tutte le scritture della chiesa cattedrale di Nardò e sua mensa vescovile (ff. 173-177).
Si passa quindi alla visita del capitolo e del clero della cattedrale, che risultarono così composti: 5 dignità arcidiacono, preposito, cantore, tesoriere, arciprete, 20 canonici, 43 sacerdoti, 4 diaconi, 6 suddiaconi, 33 chierici minori, di cui 8 beneficiati. Vi sono poi alcune disposizioni sulla celebrazione dei divini offici, sui puntatori, sulle riunioni capitolati, sul diritto di voto nel capitolo, su alcune prescrizioni del concilio Trento e sul reddito della mensa capitolare. Completano gli atti l’inventario dei beni, dei redditi e dei diritti del capitolo, i diritti dei funerali capitolari e la visita alla prebenda dell’ arcidiaconato (ff. 149-196).
Terminata la visita in Nardò il 27 giugno 1578, l’anno successivo la compì nelle parrocchie di Galatone, Copertino, Noha, Seclì, Neviano, Aradeo, Racale, Felline, Casarano grande e Taviano. Negli anni seguenti sino al 1582 continuò la visita nelle restanti parrocchie.
Il 15 agosto 1579, celebrò il secondo sinodo diocesano, i cui atti si conservano nell’archivio.
Sicuramente vi partecipò anche il nostro arciprete, perché quella era la prassi.
Cesare Bovio, a sue spese, fece edificare in Copertino una chiesa ed un cenobio in onore di S. Maria della Grottella. Qui si formò S. Giuseppe da Copertino, e affidò l’una e l’altro ai frati Minori Conventuali, riserbando a sé e ai suoi successori la proprietà dell’edificio, di modo che, per significare l’obbedienza prestata annualmente al vescovo di Nardò, il guardiano ed il superiore del cenobio, presentavano al vescovo in una coppa d’argento le chiavi della chiesa e del chiostro, domandando la grazia di poter soggiornare ancora un altro anno.
Si deve alla cura ed alla saggezza lungimirante di Cesare Bovio la compilazione del registro di testamenti, lettere, bolle (Reg. instr. A-6), avendo fatto trascrivere in un sol volume tutte le bolle delle varie ordinazioni e conferimento di benefici presentategli durante la visita da dignità, canonici e sacerdoti. Sono così pervenute sino a noi un gran numero di bolle di conferimento di ordini sacri e di benefici ecclesiastici non soltanto dei vescovi di Nardò, predecessori del Bovio, ma anche di vicari capitolari della cattedrale e di vescovi di altre diocesi.
L’episcopato di Cesare Bovio fu, purtroppo, assai breve, di soli sei anni: infatti nel mese di febbraio 1583, serenamente e santamente come visse, tra il compianto generale, si spense in Nardò. Fu sepolto in cattedrale nella cappella del SS.mo Sacramento, al lato destro.
Alcuni anni dopo, nel 1619, durante l’episcopato di Girolamo De Franchis, sulla sua tomba fu apposta questa epigrafe:
CESARE BOVIO
nobile bolognese oriundo di Brindisi
Vescovo di Nardò
peritissimo in diritto civile ed ecclesiastico
avendo migliorato il clero e il tempio
caro a tutti - pianto da tutti
morì l’anno del Signore 1583
sesto del suo episcopato
Girolamo De Franchis Vescovo di Nardò pose
l’anno del Signore 1619
Relazione con la chiesa di Noha
Non è difficile rendersi conto che questo Vescovo si è preoccupato di tutta la diocesi ed ha avuto relazioni anche con la chiesa di Noha. Già abbiamo sottolineato che Noha partecipò al primo sinodo con due preti.
Negli atti della visita pastorale alla diocesi del 1579 è descritta tutta la diocesi, e tra le terre e luoghi abitati, sotto il numero 14 c’è il casale di Noha. Come abbiamo già detto sopra, ormai non si parla più delle 13 chiese elencate nell’inventario del 1452. Si parla solo della chiesa parrocchiale che ora ha un unico altare, ai lati del quale c’erano le statue dei santi Pietro e Paolo. Poi il documento conclude:
Tutte le Terre sopra elencate hanno la propria chiesa parrocchiale e il proprio parroco.
Anche al secondo Sinodo (1579) Noha partecipò con i suoi Sacerdoti: era la prassi e la chiesa di Noha ovviamente era presente.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
ago262011
Una grande partecipazione per la visita guidata di Noha organizzata da RaiRo Servizi Turistici e svoltasi venerdì scorso.
Oltre un centinaio si sono presentati all'appuntamento e molti di loro provenivano da fuori Noha, si e trascorso un bel pomeriggio alla scoperta dei beni Culturali.
set182020
Consiglio Comunale corposo, quello di ieri 17 settembre, con molti punti all’ordine del giorno, quasi tutti di natura finanziaria e con ampi riflessi sulla città e sull’attività amministrativa dell’ente.
Si sono ridotti i debiti comunali liberando risorse finanziare per gli anni futuri, una buona notizia per la città.
La maggioranza in Consiglio ha approvato all’unanimità la proposta per l’estinzione anticipata di mutui sottoscritti negli anni 2000 e 2001 con la Cassa Depositi e Prestiti per un ammontare di oltre € 562.000,00 e destinando oltre € 254.000,00 all’estinzione di altrettanti mutui nel 2021.
Operazione resasi possibile grazie alla vendita di alcuni immobili comunali per un incasso di circa € 816.000,00, la cui parte più corposa è rappresentata dal ricavato sull’ex Carcere Mandamentale (€ 712.120,00).
Merito al Sindaco Amante per aver raggiunto un obiettivo che tanti in precedenza avevano inseguito vanamente.
Approvato un intervento a sostegno delle attività commerciali e dei nuclei familiari più deboli: un aiuto concreto dell’Amministrazione Amante diretto a famiglie e imprese di circa € 300.000,00
Un’attenzione al tessuto economico della città, senza ignorare le istanze di quei nuclei familiari “deboli”, che hanno particolarmente subito le conseguenze economiche del lockdown. Seppur in un contesto finanziario “delicato” dell’ente, complicato ancor più dalle mancate entrate nel periodo Covid-19, l’obiettivo è stato perseguito con forza e determinazione dal Sindaco Amante.
L’approvazione del piano tariffario Tari è da sempre argomento spinoso, ancor più quest’anno con gli uffici finanziari comunali che hanno dovuto districarsi tra le numerose disposizioni dell’ARERA, ente regionale di regolazione e controllo anche in materia di ciclo dei rifiuti urbani, oltre che con le inevitabili complicazioni normative e operative causate dall’emergenza Covid-19.
In sintesi queste le agevolazioni approvate per l’anno 2020:
- confermate le stesse tariffe ai fini TARI approvate per l’anno 2019, escludendo di fatto tutti i maggiori costi conseguenti alla gestione dei rifiuti nel periodo di maggior rischio pandemico;
- riduzione del 35% su base annua della quota variabile della tariffa per le seguenti attività: Cinematografi; Discoteche; Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto, ludoteche, asili; Impianti sportivi, palestre, scuole di danza, centri di fisioterapia; Alberghi; Negozi di abbigliamento, calzature, e altri beni durevoli (ad esclusione di negozi di elettrodomestici, telefonia, accessori elettrici, nonché di prodotti per l’igiene della casa e della persona), librerie, cartolerie, edicole; Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato; Banchi del mercato beni durevoli; Parrucchiere, barbiere, estetista; Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e pub; Mense, birrerie e hamburgherie; Bar, caffè, pasticcerie; Fiori e piante e pizza al taglio; sale scommesse e da gioco; negozi per animali;
- riduzione del 30% su base annua della quota variabile della tariffa per le seguenti attività: Esposizioni, autosaloni; Campeggi; Uffici ed agenzie, con esclusione di Enti Pubblici e delle società di erogazione di pubblici servizi (gas, energia elettrica etc.); Falegname, idraulico, fabbro, elettricista; Studi odontoiatrici, studi medici specialisti (liberi professionisti) e veterinari; Studi professionali; Carrozzerie, autofficine, elettrauti, banchi di mercato di generi alimentari; Attività industriali con capannoni di produzione e Attività artigianali di produzione beni specifici, a condizione che attestino, anche mediante autocertificazione, di aver sospeso la propria attività;
- riduzione del 25% su base annua della quota variabile della tariffa per le seguenti attività: distributori di carburante, negozi di elettrodomestici, telefonia, accessori elettrici, ferramenta e colori;
- riconoscimento per il 2020, in via sperimentale e straordinaria, del bonus sociale pari ad una riduzione del 25% della tariffa complessiva dovuta in favore delle utenze domestiche economicamente svantaggiate, già identificate con l’ammissione al bonus sociale per disagio economico per la fornitura di energia elettrica, gas e/o del servizio idrico integrato.
Non meno importi gli altri punti all’ordine del giorno portati all’attenzione del Consiglio Comunale e approvati all’unanimità dalla maggioranza, tra i quali:
Vito Albano Tundo
Presidente II Commissione Bilancio, Finanze e Tributi
nov272013
Domenica mattina, 24 novembre 2013, solo 100 passi dividevano due piazze, anzi due ville galatinesi: villa San Francesco e la villa per antonomasia, quella grande del girodellavilla (da pronunciare tutto d’un fiato) da compiersi rigorosamente in auto.
Una villa, quella del giro, stracolma di gente; quell’altra frequentata, diciamo, quanto basta. Una a passeggio, svagata, distratta, divertita dagli sbandieratori, dai cavalli, dall’acqua benedetta e dai circenses; l’altra concentrata, attenta, impegnata a sostenere un giudice pazzo, Nino Di Matteo, che s’è messo in testa di voler scoprire la verità sulla purtroppo reale e non presunta (come invece insinuano gli amici degli amici) Trattativa Stato–Mafia.
E a causa di questo, il bravo magistrato Di Matteo si trova a passare le pene dell’inferno: da un lato minacciato di morte dalla mafia, e dall’altro processato da alcuni “compari magistrati” (questi sì politicizzati) davanti al Consiglio Superiore della Magistratura per via di un’intervista rilasciata ad un giornale; e, non ultimo, beffeggiato da Napolitano, il presidente della cosiddetta Repubblica, citato come testimone nel processo sulla Trattativa. Il quale prima si dice “ben lieto” di partecipare e poi (proprio in questi giorni) invia ai giudici la letterina di Babbo Natale in cui afferma di non sapere nulla sul tema. Ma non s’è mai vista una cosa del genere: un testimone che spedisce una lettera per chiedere l’esonero dalla sua testimonianza. Un testimone ad un processo si presenta e risponde alle domande, punto. Anche se questo testimone si chiama Giorgio II Napolitano. E questo, fino a quando la legge, almeno sulla carta, continuerà ad essere uguale per tutti.
Nella villa San Francesco c’era l’Anita Rossetti delle Agende Rosse di Galatina con il microfono in mano - e con la rabbia che tutti dovremmo avere – pronta a spiegare ai presenti queste ed altre cose, quelle che non troveremo mai, ad esempio, sul giornale più venduto a Galatina (incredibile ma vero) cioè il quotidiano di Lecce, anzi della famiglia Caltagirone, e men che meno nei programmi televisivi. Per dirne una: il programma più visto in tv venerdì 22 novembre u.s. è stato “Tale e quale show” con 6,6 mln – dico seivirgolaseimilioni - di spettatori ed uno share del 27,4%!, ed ho detto tutto.
I 100 passi di Galatina, dunque, sono i 100 passi d’Italia.
Mi piace pensare che anche nel resto delle città italiane ci siano altre villette San Francesco che cercano di imporsi sul frastuono del nulla o il luccichio del vuoto delle più ampie e frequentate piazze Alighieri, ovvero, ribadiamolo, di altrettanti mega-porci commerciali (è d’uopo citare un mega-porco commerciale anche qui, così il mio amico Raimondo Rodia è contento). Mi piace pensarle, queste villette San Francesco, come quella di domenica scorsa, con tanti ragazzi della Scuola Media di Noha (Istituto Comprensivo Polo 2), guidati dalla prof. Rita Colazzo - tanto di cappello per l’impegno extra-orario scolastico, e addirittura festivo - e dalla turbo-dirigente scolastica, la Eleonora Longo, sempre presente, anzi promotrice di certi tipi di manifestazioni di vera, non fasulla formazione culturale. Mi piace partecipare a convegni come questo in cui non manca mai l’artista Tonino Baldari (che non ho ben capito a quale pianta di zangone si sarebbe dovuto incatenare all’indomani per protesta), e poi ancora la Francesca, la Stefania, e Carlo, e l’Emanuele, e Luigi Longo ed i suoi “compagni” (purtroppo solo alcuni: ma dove cavolo sono andati a finire i latitanti?), e addirittura un senatore ed un onorevole, e, perché no, anche la Daniela Vantaggiato (che dopo il dovere è corsa al piacere dell’altra piazza: ma ci accontentiamo lo stesso), e decine e decine di altri compagni di lotta per il buon senso, la legalità, l’ambiente, in una parola la Costituzione della Repubblica Italiana.
Sarebbe bello sentir risuonare in tutte le villette San Francesco d’Italia, come in quella di Galatina (ma sarebbe più bello sentirle ovunque) alte e forti le parole di Peppino Impastato, figlio di mafiosi, ma giornalista antimafia, ucciso dalla mafia: “Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!” [brano tratto dal film “I cento passi” di Marco Tullio Giordana].
Sì, “prima di non accorgerci più di niente” il magistrato Nino di Matteo ha bisogno della nostra voce, del nostro sostegno, della nostra solidarietà, visto che non li ha ricevuti (salvo errori od omissioni) ad esempio dal presidente Letta o dalla Cancellieri (figuriamoci!) o dalla Boldrini o da Renzi o dalle altre autorità-compari di merende.
Oddio, sarebbe stato bello se anche in quell’altra piazza il mio sindaco, issato su quel palco, nel suo discorsetto di circostanza, avesse fatto appena un cenno al convegno antimafia che si svolgeva a 100 passi da lui: sarebbe bastata una frase, una sola parola di sostegno al magistrato Di Matteo. Purtroppo nulla. Certo, in molti non avrebbero capito nemmeno di chi si trattasse, né che cosa fosse la Trattativa. Ma cultura significa proprio questo: rompere gli argini, rompere i muri del silenzio, dell’indifferenza, dell’ignoranza, ed il più delle volte rompere le scatole. Percorrere 100 passi. Invece no, tutti zitti e mosca, fermi al punto di partenza, pronti a fare i gargarismi con il perbenismo di facciata tutto galatinese.
Sarebbe bello sentire parole antimafia da parte delle cosiddette autorità, dalle alte e anche dalle basse cariche istituzionali. Purtroppo (o per fortuna) queste parole sono proferite soltanto da semplici cittadini, le vere cariche dello Stato. Le altre, evidentemente, sono (sovente state) solo delle scariche.
giu212021
In questi giorni, abbiamo avuto modo di apprendere tramite i canali social ufficiali dell’Amministrazione Amante, di come sia in atto un piano di riqualificazione e restauro della Torre Civica di Via Vittorio Emanuele II e della messa in funzione dell’annesso orologio, da anni fermo e – ahinoi – vittima della continua corrosione da parte degli agenti atmosferici. Il Comunicato stampa evidenzia come i locali dell’antica Torre galatinese, presto diverranno sede di un Infopoint per i turisti alla ricerca di cose belle da poter visitare in quel di Galatina (e ce ne sono davvero a iosa!). Il punto di maggiore interesse da parte del lettore, il quale non sa precisamente se interpretarlo come un augurio o un mero “riepirsi il pugno di mosche”, trova senso nella frase “L’attenzione e la volontà di fare le cose nel migliore dei modi è evidente […]” (ndr.), allorchè il lettore stesso cerca di riflettere a lungo, traendone le proprie e personali conclusioni. Lungi da noi essere in disaccordo sulla fruibilità della Torre Civica galatinese, del restauro dell’Orologio e di tutto ciò che di più bello può esserci nella Città; saremmo infatti felici, allorquando avessimo la possibilità di sperimentare (magari è la volta buona!) che questa Amministrazione stia lavorando argutamente alle tante e incresciose situazioni che la stessa è chiamata a risolvere, ma come sempre finiamo a riempirci la bocca di belle parole gettando fumo negli occhi dei cittadini che, ormai inermi e privi di speranza si affidano alla sorte, sperando che questa sia la volta buona.
Ma veniamo al dunque: apprezzando ovviamente lo sforzo del Sindaco, dell’Assessore ai LL.PP. e dei Consiglieri tutti, nell’adempiere a una delle promesse fatte alla città in piena campagna elettorale, ci dispiace ricordare agli stessi che il Comune di Galatina comprende anche tre frazioni tra cui Noha, che vanta anch’essa una Antica Torre dell’Orologio esposta al degrado, in completo stato di abbandono e con un orologio fermo da ormai diversi decenni, vittima di questa Amministrazione che evidentemente pone le frazioni e i suoi beni culturali in secondo piano. E ad onor del vero, per onestà intellettuale e sottolineando il fatto che il Partito Democratico di Noha non cerca il primato su argomenti che già di per sé da diversi anni sarebbero dovuti essere risolti, ci pare ovvio evidenziare che già molto prima di noi diverse associazioni del luogo o singoli cittadini, hanno tentato in tutti i modi di risolvere l’annoso problema, ponendo la questione all’attenzione del Sig. Sindaco a mezzo di propagande giornaliste e raccolta firme; la stessa attenzione però che non è mai arrivata, continuando così ad avere un bene prezioso abbandonato e se stesso. Solo un evento ci pare di ricordare: era il 10 maggio 2018 quando l’Assessore Tundo organizzò, agli albori del suo mandato, un’Assemblea cittadina, promettendo a tutti che sarebbe stata riqualificata la Torre dell’Orologio di Noha, auspicando – dulcis in fundo - anche un restauro della famosa Trozza. Da allora sono passati esattamente tre anni. Tre anni di silenzio, tre anni di abbandono, tre e molti altri anni di dimenticanza di quelli che sono tesori da saper custodire e valorizzare. Non sarebbe ora di mettere la parola fine a questo continuo stato di abbandono? Noha chiede l’attenzione che merita!
Il Segretario PD - Noha
Michele Scalese
gen112016
Abbiamo atteso con pazienza il solito ritardatario. Però poi alla fine, come stella cometa, è apparsa sul sito del Comune di Galatina (http://www.comune.galatina.le.it/) anche l’ultima delle dichiarazioni dei redditi dei nostri magnifici quattro (politici nohani).
Il cosiddetto Decreto Trasparenza (D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 – art. 14 in particolare) prevede la pubblicazione di questi e di altri dati (per esempio il curriculum vitae, la situazione patrimoniale, i depositi bancari, vabbé) “dei titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale regionale e locale […] entro tre mesi dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dell'incarico”.
In pratica ne avremo da qui fino all’eternità, o almeno per tutto il prossimo ventennio (più tre anni successivi alla cessazione dell’incarico), visto che l’affezionato elettorato locale non fa mai mancare il suo consenso ai propri beniamini, invero mai avari di promesse con la mano sul cuore e sempre prodighi di pacche sulle spalle condite da locuzioni del tenore: “Tranquillo, ci penso io” (sicché talvolta il diritto del cittadino assume le fattezze di una gentile concessione o di un favore ad personam. Ma questa è un’altra storia).
Eppure a dare un’occhiata veloce ai guadagni dei nostri parlamentari comunali si direbbe che fare il politico nohano non è poi un così grosso affare (o arraffare come insinua il solito maligno). Tutt’altro. Dall’osservazione dei numeri, in effetti, non si capisce granché: e soprattutto se qualcuno fa il falso povero o il falso ricco (posto che a entrambe le categorie va tutta la nostra comprensione, oltre che l’umana solidarietà).
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Prendiamo i dati del dottor Giancarlo Coluccia, farmacista di professione e politico per vocazione.
Orbene, nella dichiarazione del 2015 (che, come noto, rileva i numeri del 2014) il reddito annuo lordo, salvo errori od omissioni, passa dai 36.773,00 euro del precedente 2013 ai 44.025,00 euro, con un bell’incremento del 19,72%. Mentre il reddito al netto dei costi e degli oneri deducibili, il cosiddetto reddito imponibile, passa dai 26.817,00 euro ai 36.002,00 euro. Sicché l’imposta netta liquidata nel 2015 quasi raddoppia, da 5.525,00 euro a 10.087,00 euro: una boccata d’ossigeno per le casse dello Stato.
Possiamo, dunque, affermare che il locale rappresentante dello scudocrociato [sic!], che vive con 25.915,00 euro all’anno, pari a circa 2.160,00 euro al mese, si conferma lo zio Paperone dei consiglieri comunali nostrani.
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Le cifre dell’avvocato Antonio Pepe, sindaco mancato per un pelo, evidenziano invece, sempre salvo errori, una significativa diminuzione della voce redditi lordi (stiamo sempre parlando della dichiarazione 2015, relativa ai dati del 2014) passati dai 33.918,00 euro del 2013 ai 27.111,00 euro del 2014, con una differenza negativa di oltre il 20%, derivante principalmente dalla sua attività forense.
Il reddito imponibile, ottenuto come differenza tra il reddito lordo e le spese deducibili, passa così dai 32.436,00 ai 23.995,00 euro attuali, sicché l’imposta netta pagata all’erario quasi si dimezza, da 8.023,00 a 4.364,00 euro. A conti fatti, l’ex-scudocrociato nohano [sic!] vive della sua libera professione con uno “stipendio mensile” di 1.635,00 euro.
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Passando alla disamina dei dati consegnati dal geometra Luigi Longo, si osserva un bel balzo in avanti, pari al 21,30% del suo reddito lordo, passato da 10.965,00 euro a ben 13.303,00 euro (salvo errori o omissioni). Il reddito imponibile - decurtato cioè degli oneri deducibili - da 8.659,00 euro del 2013 raggiunge il picco dei 9.715,00 euro nel 2014.
Considerate esenzioni ed eventuali compensazioni, l’Irpef pagata dal “geometra comunale nohano” è pari a zero (come a maggior ragione era pari a zero anche quella del precedente anno). Il consigliere di RC, Luigi Longo, vivendo dunque con 809,00 euro al mese (decisamente meno di un operaio Fiat neoassunto a tutele crescenti) si conferma degno rappresentante dei proletari de’ noantri.
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Dulcis in fundo, diamo un’occhiata ai numeri della nostra cara delegata alla frazione di Noha, al secolo avvocato Daniela Sindaco.
In effetti, pare che inizino a produrre i loro benefici effetti le manovre di politica economica del governo Renzi (dal Jobs-Act ai famosi 80 euro), se è vero come è vero che i “compensi derivanti dall’attività professionale o artistica” della nostra predi(e)letta consigliera sembrano, salvo nostri errori, finalmente forieri di un bel periodo di vacche grasse. E che vacche, visto l’incremento di oltre il 50% del reddito lordo, balzato da 2.343,00 del 2013 (mentre l’anno precedente era pari a zero) a ben 4.797,00 euro.
Il reddito imponibile, al netto cioè degli oneri deducibili, da 1.902,00 euro del 2013 giunge al picco di ben 4.356,00 euro nel 2014.
Invece l’imposta da versare allo Stato, come nei due anni precedenti, è pari a zero a causa della “No-Tax area” (che non significa che Noha è un paradiso fiscale, ma che, sempre salvo errori, i redditi di lavoro autonomo sono esenti da Irpef se inferiori a 4.800,00 euro). Quando uno dice la combinazione.
Dunque la nostra deputata locale riesce a vivere con 363,00 euro al mese. Tanto di cappello, ci mancherebbe, per chi riesce a stringere la cinghia in tal modo.
Poi però uno si chiede da dove la Daniela nostra potrà prendere i soldi per finanziare di tasca propria, come ipotizzato in consiglio comunale, la famosa cabina elettrica del centro polivalente di Noha in black-out totale da oltre 100 giorni. Probabilmente, uno pensa, – e noi glielo auguriamo di cuore - sarà ricca di famiglia.
Ecco: alla luce di questi dati e di certe dichiarazioni verbali si comprende quanto il governo centrale (ma anche quello comunale) sembri attrezzato per compiere veri e propri miracoli, dando uno schiaffo morale allo scetticismo di noi altri gufi, e realizzando in men che non si dica tutti i Tweet del premier che mezzo mondo c’invidia: da #passodopopasso a #cambioverso, da #lavoltabuona a #Italiariparte.
E soprattutto #Fiscostaisereno.
Antonio Mellone
Giancarlo Coluccia
Antonio Pepe
Luigi Longo
Daniela Sindaco
nov062013
Cari politici di Noha, di Noha sì. Perché un conto è dire di Noha e un altro è dire di S. Barbara, di Collemeto o di Galatina. “Cari”, lo dicevo nel senso economico, non nel senso di “prediletti”. Per cui volendo adoperare un contrario del termine “cari” dovrei dire “economici” se non addirittura “sgraditi”, o forse sarebbe più consono l’aggettivo sostantivo “miserabili”, per il servizio non reso, ovviamente, non certo per il Vostro status socio-economico che è di rispettabilissimo livello.
Vorrei fare il punto della situazione a proposito della politica nohana.
“Politica”, cioè l'occuparsi del bene pubblico per il bene di tutti, è un concetto arcinoto dalle Vostre eccellenze, e stra-inflazionato durante le Vostre mirabolanti promesse di buona politica in tempi di elezioni. Ora, premesso questo, vorrei analizzare lo stato di degrado in cui versano i nostri beni culturali. Qui conviene ricordare che per “bene culturale” s’intende non solo il palazzo, la cattedrale o il mobile d’epoca, bensì tutto ciò che è decoro comune. Sognando come me un paese pari al senso civico che meriterebbe Noha, appunto, potreste per esempio meravigliarvi imbattendovi nella rotonda che precede il viale di eucalipti di via Aradeo, il tratto dove incombe anche l’assenza di una indispensabile pista ciclo-pedonale. Tre evidenti piaghe che evidenziano l’alto grado di trascuratezza politica nei confronti delle persone e della natura. La rotonda, dove perfino zzanguni e cicore creste si rifiutano di nascere, è una evidente isola sperimentale di bruttezza dove le Vostre Eccellenze hanno infatti vomitato il peggiore dei servizi al cittadino.
Il viale di eucalipti nemmeno possiamo più considerarlo tale essendo solo un ricordo nella memoria di pochi, e nei quattro esemplari sopravvissuti, e che gridano pietà.
Volendo evitare la vista degli ulivi stecchiti perché trapiantati in pieno Agosto (per far da siepe – parola di ex-sindaco - ai 40 e passa ettari di pannelli fotovoltaici di contrada Roncella), siamo costretti a entrare in Noha percorrendo la rambla, cioè la via curve-curve, o la “via nova” che di nuovo ha solo il sole che tramonta ogni giorno insieme all’altra pista ciclo pedonale che tutti sognano.
Quindi non abbiamo alternative. Per giungere a Noha evitando le brutture citate, e tappandosi le narici per la puzza di fogna, non ci resta che via Collepasso. Inutile tentativo di pista per pseudo-piloti indefessi che puntualmente si trovano costretti ad atterrare davanti all’altrettanto inutile incrocio rotonda-semaforizzata, triste esempio di cretin’ingegneria urbanistica multitasking. Provare per credere.
Forse Dio consolerà gli ingegneri che l’hanno partorita, la via e la fogna, ma noi no.
Bene, forse ce l’abbiamo fatta. A fare cosa? Direte. A entrare sani e salvi nell’unico paese al mondo dove i beni Culturali si manutengono da soli. Fino a quando non ce la fanno. Le casiceddhre però sono ormai agli sgoccioli, la casa rossa non si capisce a che punto sia, la torre con ponte levatoio del XIV sec. ubicata nel parco degli aranci si sta sfarinando, il frantoio ipogeo e l’antichissimo sito messapico-romano della Masseria Colabaldi da rintracciare a “Chi l’ha visto?”, la pubblica piazza, più che il salotto sembra il cesso del paese.
Qui non ci sono altri commenti che possano rendere merito all’illogica manomissione architettonica delle opere esistenti, pubbliche e private. Praticamente il primo che si sveglia al mattino può issare un qualsivoglia manico di scopa addobbato con lampadine multicolore in perenne clima natalizio, o il proprio scettro goliardico a sua immagine e somiglianza. Questo accade da qualche tempo nella piazza San Michele di Noha. Così gridano vendetta le ali dell’aquila senza tempo (in quanto l’orologio è fermo), perenne monito della Vostra, anzi nostra ignavia. Gridano pietà le zoccole (specie evoluta di pantegana autoctona) che s’affacciano dal palazzo baronale per invadere le case dei pazienti concittadini. Chiedono aiuto perfino le zecche (autoctone al pari delle zoccole), che accorse numerose perché richiamate dal forte odore cadaverico di eau de fogne estivo, rischiano a loro volta di perire sotto il degrado in cui versano case e torri.
Ora, visto tutto il Vostro impegno e l’attenzione costante ai nostri beni culturali, in null’altro possiamo sperare se non nel miracolo di San Gabriele dell’Addolorata, che, seppur adagiato nel riposo eterno di un’urna, rimane l’unica nostra speranza per una politica più simile alla faccia che alla facciata.
dic162006
"Eccovi di seguito la seconda parte della storia del Tabacchino di Noha, tratta dal -il Galatino-, anno XXXIX, n. 21, dell'8 dicembre 2006. La terza ed ultima puntata di questa mini-serie verrà trasmessa su questi stessi schermi la prossima settimana"
IL TABACCHINO DI NOHA
(seconda parte)
di
Antonio Mellone
Il tabacchino di Cici si trovava proprio di fronte alla Chiesa Piccinna, la Congrega della Madonna delle Grazie, il Pantheon della Nohe de’ Greci, abbattuto nel corso degli anni ’60 (Cici e consorte ospiteranno poi nella propria casa la statua della Madonna delle Grazie per molti anni – nel 2001 la statua ritornerà nella nuova grande Chiesa a Lei dedicata – riservando alla loro illustre “Ospite” il posto d’onore, la cura e l’attenzione che meritava).
* * *
Accanto ai beni di Monopolio (sale, tabacchi, fiammiferi, accendini e valori bollati) nel tabacchino di Noha s’iniziano a vendere altri prodotti come i fogli di protocollo (che da ragazzi acquistavamo, a righe o a quadretti, in occasione del compito in classe, sul quale rimanevano impressi i nostri elaborati nelle più disparate discipline scolastiche), le buste per le lettere, la carta copiativa o carta-carbone (scomparsa dalla circolazione) e altri articoli di cartoleria, e poi ancora lamette per i rasoi (un tempo non c’era ancora “il radi e getta”, ma lamette, da riutilizzare più volte nei rasoi eterni), l’ottima crema dopobarba Proraso, introvabile altrove, e poi ancora man mano che il tempo passava, caramelle alla menta o alla liquirizia (le Golìa), gomme da masticare, altri prodotti per l’igiene personale.
Da Cici c’erano anche le cartoline, oggi introvabili, che ritraevano in bianco e nero scorci della Noha del tempo che fu (una loro riedizione o la stampa di nuove cartoline della nostra cittadina oggi non sarebbero poi così fuor di luogo).
Nel tabacchino di Noha si distribuivano anche gratuitamente i libri di testo della scuola dell’obbligo, sussidiari freschi di stampa, abbecedari intonsi, testi bellissimi che hanno introdotto intere generazioni ai piaceri della lettura.
Cici si occupava anche della prevendita dei biglietti per il cinema di Noha, il “Cinema dei Fiori” (chiuso nella seconda metà degli anni ’70), i cui film western, mitologici, fantascientifici, comici, venivano pubblicizzati proprio all’ingresso del tabacchino, con dei cartelloni o manifesti enormi esposti in una bacheca in legno protetta da una rete metallica molto simile a quella della gabbie per le galline.
* * *
Da adolescenti ci capitava spesso di frequentare il tabacchino di Cici almeno un paio di volte al dì. Questo non perché necessitavamo delle lamette per la barba (non eravamo che ragazzini imberbi), o perché, bambini viziati, acquistavamo le figurine Panini dei calciatori (erano lussi che solo in pochi potevano permettersi, e noi non eravamo tra questi), e nemmeno perché eravamo fumatori precoci (non lo siamo tuttora). Ma perché non passava giorno senza che almeno un paio di persone adulte ci chiamassero per strada (era sufficiente essere di passaggio), in piazza, o soprattutto al Circolo Cittadino, per incaricarci di acquistare uno o più pacchetti di sigarette e fiammiferi. Si passava dalle Nazionali, alle Esportazioni senza filtro e alle MS, dalle Diana, alle Marlboro, dalle Rotmans, alle Dunhill, o ad altre marche straniere light o strong che non sapevamo nemmeno pronunciare correttamente. I fiammiferi più richiesti erano per lo più i Minerva e soprattutto i cerini (oggi rarissimi).
Cici (invalido di guerra) un signore distinto, elegante, sempre con la cravatta, anche durante la calda stagione, sapeva che sigarette e fiammiferi non erano per noi. E ci serviva tranquillo.
Gli adulti un tempo “te cumandavanu a bacchetta!”. Ci chiamavano: “Vane e ccattami nu pacchettu de Milde Sorte dure e nu pacchettu de pospari…”. E noi di corsa ad eseguire “l’ordine” ed a riportare tutto all’ordinante: sigarette e, soprattutto, il resto: la mancia non rientrava punto nell’ordine delle idee. Si aveva soggezione, quasi timore reverenziale nei confronti dei grandi, quello che oggi (grandi noi; ahinoi!) non ci sembra nutra la novella progenie nei confronti della generazione che la precede.
giu122017
Galatina avrà il suo capo. Il voto dei cittadini premierà la repubblica o la monarchia (chi rappresenta cosa non lo so)? Un’analisi dei risultati ottenuti dai vari candidati, però, a questo punto è doverosa. Lo spasso, infatti, che ci hanno regalato i vari comizi e confronti elettorali ha fatto sembrare Antonio de Curtis, in arte Totò, un dilettante.
Iniziamo con colei che ha preso meno voti, Sindaco Daniela.
Considerato che la suddetta si è presentata con ben sette liste, l’aver preso meno voti di tutti non è una sconfitta, ma una disfatta. Infatti, se solo avessero votato tutti i parenti dei soli candidati nelle sue varie liste civiche, mamme e papà, fratelli e sorelle, zii, nonni e cugini e cognati degli aspiranti consiglieri o assessori, la candidata avrebbe dovuto prendere almeno il doppio dei voti ottenuti. Poiché ciò non è accaduto, si capisce che la signora Daniela non ha convinto neanche quelli di famiglia: o non ha funzionato il suo programma, o non hanno funzionato i suoi candidati, o non ha funzionato lei. Una cosa è certa: lei vuole la politica, ma la polis non ha voluto lei e, poiché esistono infinite arti, questo forse sarebbe l’invito a fare altro nella vita.
Segue, a pochi voti di distanza, Roberta Forte.
È un volto conosciuto ai galatinesi, folta chioma e sorriso smagliante. Se io però avessi dovuto scegliere tra l’appoggiare il programma spaziale americano e il suo di programma, di certo mi sarei schierato per il primo in quanto, mentre la conquista dello spazio sembra avere possibilità di successo, il secondo contempla le stelle senza telescopio. Se poi consideriamo il fatto che il suo modello di sostenibilità e sviluppo è Napoli, allora è chiaro che Roberta ha le idee poco chiare in quanto il capoluogo partenopeo non è proprio un gioiello di welfare. Essendo queste le premesse, tutti quei voti sono anche troppi poiché vaneggiare è mestiere molto deprimente. L’invito emerso dalle urne però è chiaro: è vero che tentar non nuoce, ma è vero altresì che perseverare è diabolico.
Eccoci a Paolo Pulli del M5S.
È il vero vincitore. Considerato che il signor Paolo si è presentato con una sola lista, coerente con il movimento pentastellato, più di milleseicento voti sono una vittoria. È un volto, il suo, che trasmette onestà e trasparenza (consapevole del fatto che non si giudica dall’apparenza). Il suo programma è comprensibile, realista, visionario, una ventata di novità che suscita interesse in un paese in cui l’età media della popolazione guarda al cimitero mentre i giovani che la Fornero definì choosy emigrano come rondini in primavera. Quanto emerge dalle urne è un invito a Pulli a crederci ancora, poiché una grande fetta d’elettorato crede in lui.
Giunti al podio, al terzo posto Paola Carrozzini.
Presentatasi con cinque liste, la signora Paola pensava che il simbolo del partito democratico gli avrebbe garantito la vittoria. Ma poiché dietro a quelle due lettere (PD) incombe l’ombra diabolica del Burns Renzi Simpson, e considerato che Renzi equivale a fandonie, allora è chiara la sconfitta: se Renzi è uguale a frottole e PD è uguale a Renzi, allora la candidata del centrosinistra e il suo programma equivalgono a frottole, esattamente come i primi due.
Siamo al secondo classificato, Marcello Amante.
Le sue cinque liste civiche gli hanno garantito il successo sperato. Faccia pulita la sua, occhiale intellettuale, trasparente nell’immagine, meno in ciò che intende fare. Il suo è un programma pieno di lacune, da cui non si comprende quale vuole essere il suo punto di forza. La grande paura è che la sua, semmai vincerà al ballottaggio, possa essere un’amministrazione del “un po’ qui e un po’ là” ed è già chiaro che non sarebbe nulla di splendido. Ma noi, umili e delusi cittadini, ci accontenteremmo dell’ordinaria amministrazione, cioè di quella che non c’è mai stata. Caro Marcello, non volendoti sopravvalutare, credi che almeno per l’ordinario tu potresti esserne capace? Ai posteri, anzi a posteriori la sentenza.
Primo classificato della fiera, Giampiero De Pascalis.
Vince il centrodestra, anzi, mi correggo, con le sue sette liste, vincono tutti, proprio tutti. Lo scopo, infatti, era mettere in campo quante più persone possibile in quanto la matematica non è un’opinione: più candidati, più voti (non sempre l’equazione si verifica: vedi Sindaco). Qui l’armata brancaleone riesce nell’intento. Se costui però, qualora dovesse vincere al ballottaggio, amministrerà con la stessa sensibilità con cui si è rivolto (durante un confronto con gli altri candidati davanti all’associazione Fidas) a qualcuno che ha dovuto giustificargli la presenza con il fatto di essere iscritto all’ordine dei giornalisti, partiamo veramente male. Se poi Berlusca gli ha insegnato la mossa dell’ “alzati e vattene” come fece con Lucia Annunziata, gli si richiede almeno che lasci il confronto con più stile di quello dimostrato finora. Di chi sia Giampiero e di cosa abbia fatto per il Comune di Galatina non ci interessa (siamo costretti a non interessarci, altrimenti dovremmo già screditargli la vittoria). Il problema grosso, però, è che non abbiamo capito un sola virgola di che cosa voglia fare, ed è ancor più preoccupante il fatto che non lo abbia capito neanche lui. Praticamente, come al solito vi toccherà votare sulla fiducia.
Vediamo cosa chiedere al prossimo sindaco.
Decoro, decoro, decoro. Lavoro, lavoro, lavoro.
Galatina e frazioni sono abbandonate ad un’incuria inaccettabile; gli spazi pubblici, già pochi sulla mappa, sono la cartina tornasole delle ultime passate amministrazioni e di anni di commissariamenti. La desertificazione ha raggiunto ormai da anni un livello inaccettabile (sfido chiunque a trovare un po’ d’ombra sotto quattro rami). Rifiuti dovunque, strade disastrate, criminalità, un debito del Comune vergognoso, tasse altissime, servizi inesistenti, beni artistici abbandonati all’incuria.
Quello che c’è da fare, dunque, è evidente. Creare opportunità lavorative per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro, offrire istruzione adeguata, garantire ai cittadini tutti i servizi di cui hanno bisogno, a partire dal trasporto pubblico che deve essere promosso e incentivato. Prendersi cura degli spazi comuni, del verde pubblico, programmando un serio e meticoloso rimboschimento di tutte le aree possibili. Fontane pubbliche funzionanti. Rifacimento del manto stradale e scrupolosa disamina delle concessioni edilizie future. Controllo accurato delle campagne affinché non si verifichino incendi incontrollati, sanzioni salatissime a chi da fuoco ai rifiuti, soprattutto quelli tossici. Vigilanza sulla raccolta dei rifiuti che deve essere fatta scrupolosamente in modo differenziato, controllando anche che gli operatori della raccolta facciano bene il proprio lavoro, e incremento delle raccolte straordinarie di spazzatura disseminata per tutto il territorio. Recupero e utilizzo appropriato delle strutture a disposizione della comunità. Maggior efficacia nel recupero dei crediti e nel risanamento del debito. Azzerare lo spreco. Incrementare i fondi e reperirne quanti più possibile per il restauro delle opere d’arte, apertura al pubblico dei siti d’interesse storico, archeologico ed artistico, costruzione di un marciapiede con annessa pista ciclabile dal paese di Noha al suo cimitero, cura o affidamento a privati dei rondò e delle isole pedonali. Maggior sforzo per eliminare il randagismo. Rilancio del quartiere fieristico. Promozione turistica e maggior sensibilità alla sicurezza stradale (in media abbiamo più incidenti stradali mortali noi che tutta la città di Milano). E qui mi fermo.
Il futuro sindaco potrebbe però chiedermi: “Io devo fare tutto questo?”. Certo che devi, altrimenti fatti da parte poiché noi non siamo disposti a darti un solo euro se tu sei incapace di fare quello per cui ti sei candidato. Hai tutto il tempo per farlo (se sarai in grado di non farti commissariare prima): cinque anni, vale a dire milleottocentoventicinque giorni.
C’è il rischio, dunque, che dopo anni di malagestione e commissariamenti, il nuovo arrivato si senta come lu pulice intru la farina ca se ntise capumulinare. Chi indosserà la fascia tricolore però, lo sa bene quale sarà la sua responsabilità e costui stia pur certo che noi vigileremo, eccome se vigileremo. Osserveremo ogni sua mossa, leggeremo ogni sua delibera, ascolteremo ogni sua parola e, se non dovesse svolgere bene il proprio incarico, allora costui si prepari poiché quelli che hanno a cuore questo paese, vicini e lontani, residenti e non, insomma quelli come me, dei rompicoglioni, gli daranno filo da torcere.
La fascia non è un simbolo di potere: al contrario essa rappresenta chi è al servizio della comunità e non a capo di essa. C’è un’altra figura che indossa la fascia (seppur al contrario rispetto al sindaco, e cioè dalla spalla sinistra al fianco destro) nella chiesa cattolica e ortodossa, ed il diacono. È la stola che nell’antichità serviva a tenere il canestro per la distribuzione dei beni. Diacono, dunque, vuol dire schiavo, servo della comunità. Sindaco, invece, significa “difensore di una comunità”. Che cosa dovrebbe difendere il nuovo sindaco glielo abbiamo detto, come dovrebbe farlo sta a lui capirlo.
Fabrizio Vincenti
mar012015
“Noi moderni tutti assillati nella conquista dei beni della terra, abbiamo quasi dimenticato i beni dello spirito; mai come oggi l’umanità è stata trascinata verso la terra, verso la materia, verso le paludi dell’immoralità; mai come oggi l’umanità incredula, scettica nelle verità della fede si è affannata e si affanna a chiedere ai beni della terra la felicità che essi non potranno mai dare”.
“Chi è mai in grado di evitare tutti i dolori, i fastidi, le avversità, le malattie, le contraddizioni, le delusioni che l’esistenza di quaggiù riserva al più innocente degli uomini? Se dunque la croce è di tutti, perché rifiutarla, perché non farne tesoro, perché non abbracciarla? Perché guardarla con diffidenza e scansarla o voler liberarsene ogni volta? Come potremo portarla trionfalmente in cielo, se oggi la temiamo e la disprezziamo?”
“La fede che Gesù vuole da noi non deve aver bisogno di miracoli”.
“Di fronte alle angosciose contraddizioni della vita ed alle prove più dure, non mettiamoci a ragionare, non pretendiamo di avere spiegazioni da Dio”.
“La vergogna di certi errori non deve allontanare dal perdono”.
“All’umiltà si oppone l’orgoglio e noi pecchiamo così spesso d’orgoglio. Che cosa è infatti il non voler riconoscere mai il proprio torto, il voler sempre occupare i primi posti, quel criticare le azioni del prossimo, il non accettare i richiami di alcuno?”
“Ricordiamoci che con Cristo si vince sempre. Passeranno gli anni, passeranno i secoli, non importa. Cristo non ha fretta, perché è eterno”.
“Per molti non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro più alto e nobile: quello del pensiero, quello della poesia, della musica e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile”.
“Siamo tutti fratelli! Se un mio fratello cade nel male, chi mi dà il diritto di condannarlo? Chi mi ha costituito giudice?”
“L’uomo ozioso non si occupa di nulla. Sa di avere un’anima da salvare, ma praticamente vive come se non ce l’avesse. Pensiamo che la nostra vita passa. Il tempo è nelle mani di Dio”.
“Noi saremo giudicati del bene e del male compiuto. E saremo giudicati anche del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto”.
“La chiesa è la casa della preghiera, il luogo in cui la creatura viene ad umiliarsi davanti al suo creatore, a chiedergli perdono delle sue colpe, ad adorarlo, a glorificarlo, rendergli il supremo culto. Nella chiesa tutto è sacro, tutto è santo: sacre le immagini, le reliquie, sacre perfino le mura, i santi sacramenti, la divina parola, sante le funzioni che in essa si celebrano. La casa di Dio non solo deve essere rispettata, ma in essa devono essere santi tutti i nostri pensieri, tutte le nostre opere, tutte le nostre parole”.
“Quando il peccatore si curva su se stesso, riconoscendo i propri torti ed invocando perdono e misericordia, allora Dio si china su di lui, si abbassa e quasi lo abbraccia con il suo perdono”.
“Sentiamolo nel cuore l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo come noi stessi. La stessa misura che noi avremo usato nel trattare col prossimo, quella stessa misura ci sarà usata dinanzi a Dio”.
“Noi i Santi ce li immaginiamo lontani, invece ci sono vicini, sono nostri fratelli, forse nostri fratelli di sangue”.
“A noi tocca di essere bravi cristiani e bravi cittadini. Si è bravi cristiani se si è bravi cittadini e viceversa”.
“Dal buon uso della lingua scaturisce la civiltà, dal cattivo uso di essa viene fuori la barbarie”.
set162018
Come qualche mio studente sa bene [sì, ne ho qualcuno per hobby: nel senso che vengono a lezione da me per hobby, ndr.], l’Economia per fortuna non veste l’uniforme. Purtroppo nemmeno l’impermeabile, visto quant’è pregna degli umori del potere e dei caratteri dell’antropologia sociale, a loro volta influenzati dai primi. Insomma siamo in presenza del ciuco che si morde la coda.
Si possono avere eccome delle idee diverse in materia. Questo non implica però che il primo che si sveglia la mattina – mancando di categorie e strumenti dell’analisi economica - possa discettare di Economia. Chi s’improvvisa economista non discetta, scetta (che al paese mio significa tutt’altra cosa), oppure è una Cetta. Laqualunque.
Vero è che gli economisti mainstream son convinti del fatto che la loro disciplina sia una scienza esatta [sbagliato: nel senso che l’Economia non è propriamente una scienza, ndr.], e continuano a sfornare teorie-luoghi-comuni in grado di assicurar loro prebende e carriere universitarie, quando non anche politiche. Codesti Diciamo Professori, perlopiù teologi del neoliberismo, li vedi spesso correre al capezzale dello Stato: ma non per rianimarlo, bensì per impartirgli l’estrema unzione. Ubiqui come manco padre Pio, scorrazzano indisturbati sui cosiddetti giornali nazionali e locali, sulle tele-orba a reti unificate, e purtroppo anche nei dintorni del governo del Paese (incluso l’attuale “del cambiamento” che sta facendo di tutto per assomigliare al Precedente Direttorio, in sigla Pd, riuscendovi benissimo), con l’obiettivo di edulcorare la pillola - posto che si tratti di un farmaco assumibile per via orale e non per altri orifizi.
Ma ritorniamo ai cultori dell’Economia allopatica, i cui ragli sono presi come manco il Verbo descritto dall’evangelista Giovanni. Nel clero di codesto falso pluralismo s’annoverano gli accoliti degli organismi sovranazionali meglio noti come troike (con la k, ma anche senza), che ci spingono verso le dimissioni dalla nostra carica di cittadini, sermoneggiando qua e là su quanto la democrazia sia controproducente al nostro bene supremo.
Ci sono poi in ordine sparso: la setta delle politiche economiche del drenaggio di risorse dai molti che s’impoveriscono verso i pochi che s’arricchiscono, la congrega del Santo Briatore, i servitori dello Status quo, l’arciconfraternita del paesaggio-intonso-roba-da-antiquati, i fautori della Deregulation per gli amici e la Regulation per gli altri, gli ortodossi del Meno Stato e Più Mercato (pazienza se poi le mafie dei mono-oligopoli portano al fallimento di questo benedetto mercato), l’associazione degli schiavi moderni che non sanno di esserlo, i flagellanti delle multinazionali (tipo Tap, parlando con pardon), gli idolatri dei centri commerciali h24 incluso il giorno del Signore (degli Agnelli), e tutto il gregge degli adoratori del Pil, oggi e sempre sia lodato.
Il fanatismo (religioso) Pilifero scorda che nel famoso indice non rientrano cose che invece vale la pena di considerare valore, come la pasta e la salsa di pomodoro fatte in casa, i fagiolini dell’orto di tuo fratello, il polpo pescato in riva al mare con la zampa di gallina, ogni dono ai vicini di campagna, la saggezza di molti padri, l’amore di madre, le calze rammendate, il maglione lavorato ai ferri da zia, l’aria frizzante di un’alba a Lido Conchiglie e il tramonto al canneto di Sirgole. In compenso il Pil aumenta con la vendita di armi, con la caduta di ponti, e perfino quando si scrivono stupidaggini su fb.
L’economista eterodosso, quindi scostumato, forse non avrà mai una cattedra alla Business School (il cui numero di docenti sovente supera quello dei decenti), ma aprirà mondi nuovi alle persone e significati diversi al Pil. Che così potrà diventare Poesia: Ispirazione Lirica, ma anche Pensare Insieme Liberamente, oppure Perfetta Ideale Letizia, Piacevole Interpretazione Logica, Promuoviamo Iniziative Lodevoli, e infine, dulcis in fundo, Pasticciotto Incidentalmente Leccese.
“Incidentalmente”, dico, in quanto il Pasticciotto è Inequivocabilmente Galatinese. Pazienza se l’acronimo che ne vien fuori sarà Pig traducibile con Maiale.
L’importante è che non si tratti di un Mega-Porco[1].
Antonio Mellone
[1] Il Mega-Porco per antonomasia è il centro commerciale di 260.000 mq di cemento vibrato che alcuni talebani dell’ipermercato vorrebbero ancor oggi colare nell’amena campagna di Collemeto, fraz. di Galatina, convinti come sono che gli asini volteggino nell’aere.
feb012014
"Eccovi di seguito un articolo a firma di Antonio Mellone, apparso sul n. 1, anno VI, de "Il Foglio Lequilese" (mensile al quale Antonio collabora da circa un anno e mezzo). Si tratta di un ciclo di lezioni d'Economia impartite ai ragazzi di terza delle scuole medie di Lequile e di San Pietro in Lama.
Per quanto ovvio, il nostro professore (ormai senza virgolette) è disponibile a replicare questi incontri presso le scuole medie di Noha e/o di Galatina. Basta un fischio da parte degli interessati."
“Pronto, direttore? Allora, quando potremmo fissare qui a scuola gli incontri con gli alunni della terza media?”.
E’ la prof. Graziella Mazzotta che mi chiama al telefono per stabilire - in maniera non perentoria ma lapidaria e granitica - le date delle lezioni propedeutiche alla visita guidata presso la mia filiale da parte dei ragazzi dell’ultimo anno dell’Istituto Comprensivo Statale di Lequile – San Pietro in Lama.
Sì: professoresse, preside e il resto del personale scolastico, ma anche chi scrive, danno per scontato il fatto che qui c’è ormai una bella tradizione da rispettare (che va vieppiù consolidandosi e strutturandosi), come quella dei meeting tra gli uomini della banca del territorio, il Banco di Napoli, del quale sono un indegno direttore, e la platea della gioventù studiosa lequilese.
Quest’anno poi (mi si conceda questa digressione di natura personale) il sottoscritto vi ha partecipato, oltre che con la sua solita nota motivazione, anche, diciamo così, con più titoli, avendo affrontato positivamente, precisamente il 18 luglio 2013, il famoso concorsone pubblico per docenti indetto dal Ministero (MIUR). Ebbene, dopo uno studio “matto e disperatissimo” di leopardiana memoria, nel corso del solleone dello scorso anno chi scrive ha superato anche lo scoglio dell’esame orale conclusivo insieme ad altri 21 concorrenti superstiti (all’inizio, prima della falcidia, ne eravamo 1500 circa nella sola Puglia) diventando ufficialmente – se così si può dire – professore di Economia (classe di concorso A017, Discipline Economico-Aziendali). Questa cosa m’è particolarmente gradita; e questo non tanto perché l’insegnamento è da sempre la mia passione o, se vogliamo, il mio hobby (il che è vero), ma soprattutto per il fatto che il miglior metodo per imparare le cose è insegnarle.
Ma lasciamo da parte i casi “particulari” della vita, ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato, e ritorniamo al futuro di Lequile, cioè agli splendidi ragazzi delle terze classi delle medie convenuti in aula magna in ben tre incontri di un’ora e mezza cadauno, con l’assistenza delle ottime insegnanti (come si fa a non citare la prof. Rosa Chiara Serio, e poi ancora la prof. Cristina Aralla, e la prof. Adele Talesco, oltre alla prof-gancio già menzionata all’inizio di queste note?).
Le conversazioni dal tema “Le parole dell’Economia” hanno toccato tanti argomenti (oltre che un nuovo vocabolario) che vanno dai bisogni ai beni economici, dalla moneta al risparmio, dalla legge della domanda e dell’offerta al mercato, agli attori del sistema economico, alla teoria della banca, al concetto di benessere, di ricchezza, di Pil, di equilibrio. E poi ancora, per sommi capi ma non senza rigore, i concetti di interesse, investimento, prestito, azioni e obbligazioni, carte di credito, conti correnti, borsa valori…
C’è da rimaner sbalorditi per la curiosità, l’attenzione, la partecipazione ed il coinvolgimento degli studenti di Lequile, e soprattutto per il loro contributo al dialogo o al dibattito in aula attraverso domande e risposte mai banali, anzi il più delle volte sagaci e mordaci. Congratulazioni a docenti e discenti di questa bellissima scuola.
Mi piacerebbe che al di là delle nozioni (o del nozionismo, che secondo me non guasta mai), ai ragazzi di Lequile rimanesse impresso il fatto che lo studio serve soprattutto a dare più o meno valore a persone ed accadimenti, ma anche a cogliere le differenze tra i pesi specifici delle cose. Vorrei che davvero il loro patrimonio fosse composto da alcuni concetti essenziali, come per esempio il fatto che l’essere sia più importante dell’avere, che la vita vissuta sta nel provare il bisogno (mentre il suo appagamento è la morte), che la vera forza non sta nella violenza (verbale o fisica) ma nell’accoglienza e nella comprensione dell’altro, che la scuola è il monumento, anzi il bene culturale più importante per una persona e per una comunità intera, che chi sa si diverte di più di chi non sa, che è giusto nutrire dei dubbi piuttosto che presumere di avere la certezza in tasca, che la felicità sta nel trovare un ostacolo o un muro (e nel provare ad abbatterlo o scavalcarlo), che il lemma lotta è voce del verbo amare.
Non mi rimane che augurare ad insegnanti ed a studenti lequilesi di sognare sempre l’impossibile. E di realizzarlo ogni giorno.
P.S. Ora resto in attesa della visita dei piccoli turisti di Lequile nella filiale della mia banca (che avverrà un giorno di questi).
E poi m’aspetto di leggere un resoconto redatto dai miei piccoli ospiti proprio su questi incontri ravvicinati del terzo tipo. Magari dalle stesse colonne di questo “Il Foglio lequilese”.
nov212013
Cari bambini, oggi voglio raccontarvi una storia. Una volta a Noha c’era il Natale. Non Babbo Natale, ma proprio il Natale in persona che si aggirava tra le vie del paese. C’erano alberi addobbati, luci colorate, panettoni e presepi, comete e regali. I bambini aspettavano che passasse quell’omone barbuto vestito di rosso sulla slitta, accompagnato da cornamusa, a consegnare il regalo che da tempo sognavano. La notte di Natale si ritrovavano tutti in Chiesa per adorare Gesù; si aspettava la mezzanotte per mettere lu bambinieddru nella sua povera mangiatoia. Anche gli adulti attendevano i loro regali non meno agognati di quelli dei loro figli. C’era chi aspettava un anno intero per giocare una partita a stoppa e chi non vedeva l’ora di spolverare il vecchio gioco della tombola, naturalmente sperando di vincere qualche cento lire. Ci si riuniva mesi prima per scaldare le voci per il concerto di Natale, ci si chiudeva intere notti nelle varie chiese per allestire il più bel presepe dell’anno, ci si vestiva tutti con abiti di festa per il giorno del bambinello. La gente sorrideva perché credeva nella felicità! Nell’aria c’era sempre un’aria solenne. Nella vecchia cappella “Madonna di Costantinopoli”, quella che ora è chiusa e abbandonata tra muffa e crepe, due o tre ragazzi passavano le loro sere al freddo gelido per costruire un bel presepe. Oggi le luci colorate sui balconi non ci sono più, i cenoni di Natale si sono trasformati in picnic solitari, i presepi sono stati abbandonati dai loro tradizionali personaggi. Il moderno Natale vede tutti vestiti con gli stessi abiti che vengono indossati tutto il resto dell’anno. Ci si regala lo smartphone o la playstation ma non si recitano più le poesie con le quali i più piccoli guadagnavano tanti soldini. Le veglie liturgiche del 24 sono un piccolo ritrovo tra i soliti conosciuti. Ah, quanto vorrei mostrarvelo il vero volto del Natale, cari bambini! Fatevi raccontare dai vostri genitori cos’era il Natale a Noha: un tempo di magia in cui tutti si riunivano in famiglia attorno a immensi tavoloni imbanditi con ogni ben di Dio. Lo so che ora, invece, vi vogliono far credere che la magia non esiste, ma non dategli retta perché a volte anche i vostri genitori che sono stati piccoli come voi e che ora son grandi, a volte si fanno vincere dall’angoscia. La magia del Natale c’è, e neanche una crisi economica come questa può cancellarla perché la magia del Natale è immortale. Se volete rivederla basta poco. Qualcuno di voi vada a chiedere le chiavi della cappella “Madonna di Costantinopoli” al parroco e prepari un bellissimo presepe da poter visitare nei giorni di festa. Tutti gli altri mettano anche una sola lucetta sui propri balconi. Altri ancora si cuciano un vestito da pastorello e vadano a fare la loro comparsa nel presepe vivente nella masseria “Colabaldi”. Arricchite i vostri presepi di nuovi personaggi perché il Natale è sempre nuovo. Scambiatevi i doni. Non serve spendere centinaia di euro: un portachiavi o una torta fatta in casa va benissimo. Vostro padre si accontenterà di una lametta da barba rubata magari dal bagno del nonno e vostra madre sarà felice nel vedervi donare un suo stesso maglione che aveva ormai da anni dimenticato nell’armadio. Non ascoltate quello che dicono in televisione; scambiatevi i doni (un vostro oggetto del passato che appartiene ai vostri più bei ricordi o un semplice disegno scarabocchiato) perché è questo il senso del Natale: contemplare la Bellezza concentrata in un semplice bambinello, donandosi gli uni agli altri e, soprattutto, pensare agli altri. Chiedete alle vostre nonne di prepararvi un bel cenone con quello che trovano in campagna, possibilmente non contaminato dai diserbanti. Alle vostre mamme ditegli di lasciarvi nell’armadio un vestitino esclusivamente per quei giorni di festa. Se andrete in Chiesa, forse qualcuno vi parlerà di alcuni personaggi del passato chiamati “Magi”. Anche loro portavano dei doni. So che quest’anno andrete a visitare il presepe vivente nella spettacolare masseria “Colabaldi”. Io spero che lì all’entrata, proprio davanti a quel bellissimo portone, possiate trovare due banchetti, uno a destra e uno a sinistra. Su di uno lascerete qualcosa da mangiare, un pacco di pasta o dei biscotti. Ci penserà la Caritas di Noha a distribuirli ai bambini che ne hanno più bisogno perché, anche se noi non li conosciamo, anche a Noha ci sono dei poveri, e il Natale è anche e soprattutto per loro. Sull’altro banchetto forse troverete un salvadanaio dove metterete il vostro euro. Alla fine dei giorni di festa lo romperemo e con quei soldi forse riusciremo a far rimettere in sesto almeno una delle casette del palazzo baronale o forse, chissà, basteranno per far ripartire le lancette della torre dell’orologio perché, se Natale è festa, lo è anche per Noha che non riceve visite di magi da secoli. Non si sa mai che forse la magia si trasformi in miracolo è qualche politichetto di quartiere, in preda ai fumi del vin brûlé, non sia illuminato dalla stella e si decida a far arrivare qualche bel regalino anche al nostro paesino. Sia chiaro, se non si tratta d’incenso, non vogliamo fumo negli occhi né porcherie sgradite a noi e all’ambiente. Per il resto non preoccupatevi, il Natale farà tutto il necessario affinché anche quest’anno resti in voi un barlume di speranza. Lasciate stare le vetrine, guardate piuttosto le pupille di chi incontrate, non lanciatevi occhiate di sfida né sguardi invidiosi perché una è la stalla, una è la mangiatoia e una è la stella da seguire che conduce sempre alla stessa grotta. A ognuno sarà chiesto, prima o poi, di aprire il suo scrigno e di mostrare al mondo intero cosa ha portato in dono. A chi nulla aveva, non gli sarà chiesto più di tanto, ma a chi tanto poteva fare e dare, non avete idea di quanto gli sarà domandato! In quel momento vedrete molti tornare in oriente con la faccia triste perché il Natale, prima o poi, si prende la sua rivincita. Nelle stalle del bambinello non serve spingere e mettersi in pompa magna, come tanti fanno o hanno fatto in questi ultimi giorni, perché ognuno sarà considerato per quello che è o è sempre stato. Sapete chi è quel bambinello che nacque? Fu uno che sedette accanto ai peccatori ma che non diventò mai uno di loro. Il mondo, cari bambini, vuole dimenticarsi del Natale e, mentre i pastori che vestono gli stracci fanno di tutto per tramandarlo, quelli che vestono le fasce tricolori nei giorni di festa e si mostrano in giacca e cravatta tutti i giorni dell’anno, fanno di tutto per distruggere la magia che è nei vostri occhi. Difendete il Natale perché ha bisogno di voi bambini e della vostra speranza per vincere contro i cattivi. E se un giorno dovreste incontrare per le strade di Noha uno sconosciuto che vi chiede “Che cos’è il Natale?”, voi rispondetegli: “Caro signore, il Natale è la Festa dei giusti”, anche se qui, a Noha come nel resto del mondo, di giusti non se ne vedono così tanti.
feb052018
Si rischiara il cielo in casa Olimpia SBV Galatina con una vittoria netta da tre punti che rincuora, alimentando speranze di una risalita possibile, seppur ardua. Si ravvivano gli entusiasmi da tempo narcotizzati degli spettatori, assistendo ad una gara puntigliosa ed attenta dei loro beniamini , priva dei black out che avevano caratterizzato nelle precedenti gare le parti finali dei set, in cui il crollo puntualmente si materializzava.
Sembrano rinati e rigenerati i ragazzi del presidente Santoro, pur avendo di fronte una formazione che occupa il settimo posto in classifica e reduce dal colpo esterno in quel di Taranto.
Mister Stomeo assegna i posti quattro al neo acquisto Lentini e a Corsetti, piazza Iaccarino e il giovane Rossetti (degno sostituto di capitan Guarini) al centro, affida la regia difensiva a Pierri e si affida alla diagonale Muccione-Buracci.
I napoletani rispondono con Di Giorgio alla regia in opposizione a Calabrese, Pirozzi e Rumiano centrali, Lombardi libero, di banda Di Santi e Calabrese.
Il primo set è ben giocato dai padroni di casa che chiamano ripetutamente l’opposto Buracci alle conclusioni : Muccione trova uno Iaccarino ispiratissimo in attacco ed attento a muro, Pierri calamita palloni importantissimi, Lentini tiene percentuali rassicuranti in ricezione (33%).
La sequenza dei punteggi vede sempre in vantaggio (8-4 , 16-13, 21-17) i padroni di casa che accelerano nel finale conquistando il primo parziale per 25-20.
Nella seconda frazione continua sullo stesso canovaccio l’orchestrazione del gioco: ricezione affidabile , muri che contengono gli attacchi avversari, con Corsetti e Lentini pericolosi ed efficaci. Le numerose rigiocate da ambo le parti portano al pareggio sul 25-25, rinviando ai vantaggi l’esito finale :un mani fuori dell’opposto Calabrese su Lentini ed un primo tempo violento di Rumiano chiudono il set sul punteggio di 28 a 30 per il Marigliano.
Non accusano il colpo i ragazzi di mister Stomeo: anzi certi di un ritrovato spirito di gruppo e soprattutto di una tenuta psicologica, tirano fuori carattere e tecnica affidandosi ad un rigenerato Corsetti, ad uno Iaccarino attentissimo e pervaso dopo ogni punto da una scarica di adrenalina che genera entusiasmo .Non sfugge all’Olimpia SBV il terzo set, condotto sempre in testa al punteggio con break positivi oscillanti tra i 3 e 4 punti , e va sul 2-1 con pieno merito.
Nella quarta frazione la reazione del Marigliano è consistente: passa a condurre per 8 a 6 ma subisce la rimonta prima per16-14, poi per 21-17 di un Rossetti stratosferico nella lettura a muro su Rumiano(205 cm.) e con conclusioni efficaci, poi Muccione si esalta con tre muri da posto due su Di Santi e Picariello fino a totalizzare 6 punti.
Il traguardo della prima vittoria è vicino e il pubblico lo avverte:,sostiene rumorosamente con incoraggiamenti i propri atleti, dissente altrettanto sonoramente i servizi al salto di Di Santi che subisce la pressione e sbaglia.
Poi un primo tempo splendido di Rossetti porta il punteggio sul 24 a 22 per l’Olimpia SBV inchiodando a terra il centrale Rumiano che, ancora frastornato nonostante il bottino di 15 punti, chiede ed ottiene da Di Giorgio il primo tempo. La sua torsione è eccessiva ,la palla termina abbondantemente fuori e l’Olimpia SBV Galatina esce fuori dall’incubo.
Ora si ha certezza ,come affermava Friedrich Nietzsche , che se si ha carattere, si ha anche una propria tipica esperienza interiore, che ritorna sempre, dando positività.
La cartina tornasole di quanto si è visto questa sera al PalaPanico sarà la gara di domenica prossima ad Ostuni , reduce da una sconfitta a Taranto, dove il cammino dell’Olimpia S.B.V. dovrà riprendere la risalita
TABELLINO
OLIMPIA SBV GALATINA: Corsetti 10,Rossetti 6,Iaccarino 10,Lentini 8, Muccione 6, Apollonio n.e.,Calò,Pierri (L2),Persichino (n.e.),Tundo,Petrosino(n.e.) Buracci 30.
All. Giovanni Stomeo Ass. Antonio Bray
Piero de lorentis
AREA COMUNICAZIONE
OLIMPIA S.B.V. GALATINA
feb132023
La proposta di un impianto di trattamento dei rifiuti speciali a Santa Barbara, per una capacità di trattamento di 90.000 tonnellate / anno, conferma la tendenza in atto a trasformare il comprensorio di Galatina in uno snodo di raccolta e smistamento di rifiuti speciali al servizio non solo della Provincia di Lecce ma di vasti territori regionali ed extra-regionali.
Appare significativa in tal senso la dichiarazione d'intenti contenuta nel progetto Entosal per cui "L'impianto per la sua posizione geografica, può concretamente fungere da centro di riferimento per le attività di raccolta recupero e trasporto di particolari tipologie di rifiuti speciali (soprattutto pericolosi, prodotti nella Provincia di Lecce e nella Regione Puglia. Il gestore punta a riferirsi ad un mercato più ampio di quello locale, avendo accesso anche a clienti nazionali grazie alla specificità dei rifiuti trattati.”
beninteso il termine “specificità” dei rifiuti trattati non esprime la eterogeneità e la nocività dei rifiuti stessi; un elenco di circa 400 variegate tipologie, che comprende quanto di più inquinante e pericoloso provenga dalle lavorazioni industriali; non stupisce quindi che vi siano in Italia diversi produttore lieti di liberarsi di tali sostanze, che costituiscono però una vera bomba ecologica per le comunità locali. L'elenco dei codici CER (Codice Europeo dei Rifiuti) spazia dai residui dalle lavorazioni siderurgiche agli scarti animali, dai fanghi di vario tipo a bagni con cromo e inchiostri dai residui delle concerie ai reflui petroliferi, dai rifiuti della lavorazione dell'amianto ai residui di pitture e vernici. Alcuni di questi scarti hanno una composizione talmente problematica da poter essere definiti “rifiuti di rifiuti", avendo un Codice CER indicato come "scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione".
Un aspetto della proposta che inquieta fortemente è la presenza in gran parte delle operazioni previste di trattamenti di “frantumazione" e di "miscelazione” che potrebbero determinare, se non correttamente gestiti e controllati da enti terzi, la perdita delle caratteristiche nei rifiuti in ingresso, con possibili difficoltà successive a garantire la tracciabilità dei singoli rifiuti ed a evitare la miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi, come previsto dalla legge. La proposta, prima ancora di entrare nel mento dei contenuti, appare in contrasto non solo per il progetto in sé, ma anche per il contesto politico-amministrativo in cui si pone con alcuni fondamentali indirizzi comunitari, contenuti nella Direttiva 2008.98.CE e successive modifiche e recepite nella normativa nazionale (D.Lgs. 152'06):
Nel progetto in esame non si intravede né dove sia "l'integrazione" tra i vari impianti in esercizio o previsti, né quali strategie siano adottate dagli enti locali per rispettare il principio di autosufficienza e minimizzare i trasferimenti.
Di fatto nella realtà questi principi vengono troppo spesso ignorati grazie ad una programmazione a maglie larghe della Regione, e alla totale inosservanza da parte della Provincia di Lecce degli obblighi di corretta localizzazione e di controllo degli impianti (art. 197 D. Lgs. 152/2006), ogni procedimento autoriz zativo considera ogni proposta come a sé stante, senza una ottimizzazione del sistema di raccolta ed una minimizzazione degli spostamenti cui è soggetto ciascun carico di rifiuti. Ciò indubbiamente agevola i produttori ed i gestori, grazie ad una sostanziale deregolamentazione, che amplia discrezionalmente i limiti di mercato e facilità i traffici di rifiuti da e verso altre regioni o altri stati, imponendo però alle popolazioni locali pesanti e spesso inaccettabili ricadute ambientali, come nel nostro caso. Intanto prolificano nel comprensorio di Galatina gli impianti di trattamento di rifiuti speciali anche pericolosi, oltre alla Entosal, sono già autorizzati o in via di autorizzazione le società “Ecom S.A.", "Salento Riciclo" e "Ambiente e Riciclo" di Gelatina; "Cave Marra Ecologia” di Galatone (con 2 sedi sulla S.P. Galatone-Galatina e nella zona industriale di Galatone-Nardò), “Progest" di Galatone (Zona Ind.) e la stazione di trasferenza dei rifiuti organici "Bianco” nella stessa zona industriale, oltre alla ben nota Colacem di Galatina /Soleto, che da sola è autorizzata a trattare fino a 400.000 tonnellate anno di rifiuti speciali.
L'atteggiamento benevolo della Regione nei confronti dei vari gestori è particolarmente evidente esaminando le variazioni intervenute nella stesura dell'ultimo Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali, approvato con Delibera Giunta Regionale n. 673 del 11.05.2022. Nella precedente versione del 2015 (approvato con Deliberazione Giunta Regionale n. 1023 del 19.05.2015) erano imposte delle distanze minime di sicurezza per la popolazione insediata nell'area e per alcuni siti sensibili come scuole e strutture sanitarie, da definire in fase di autorizzazione previo studio di approfondimento delle condizioni climatologiche locali (venti dominanti. altezza dei camini, tipo di emissione ecc.)
Nella versione attuale del Piano tali vincoli incredibilmente scompaiono, cosi come l'obbligo del relativo studio propedeutico. Perché un'area sia considerata inidonea occorre che sia oggetto di un esplicito vincolo ai sensi del Piano Regionale di Qualità dell'Aria (Legge Regionale n. 52 2019). In assenza di tale vincolo, gli insediamenti possono essere localizzati anche in prossimità di centri abitati, con poche blande prescrizioni sull'inquinamento acustico.
Un altro aspetto inquietante su cui meditare è costituito da una strategia che si sta diffondendo in questi anni nelle amministrazioni pubbliche, pressate da un lato dai gestori, desiderosi di dare avvio alle attività, e dall'altro lato dalle associazioni e comunità locali preoccupate per gli effetti ambientali: la finta opposizione.
In pratica la Provincia o il Comune di turno emettono il diniego all’autorizzazione alla conclusione del procedimento autorizzativo ma senza poi motivarlo con solide argomentazioni scientifiche. In tal senso fa scuola e merita di essere riportata per stralcio la sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Comune di Gelatina, che chiedeva la conferma del diniego stabilito dalla Provincia di Lecce e annullato dal Tar ad uno degli impianti prima citati poi effettivamente realizzato anche sulla base di questa sentenza: 'Il Consiglio Comunale di Galatina si è limitato a richiamare l'esistenza di un ambito paesaggistico tutelato ma non ha saputo o potuto indicare quali specifiche caratteristiche dell’intervento in progetto arrechino pregiudizio al contesto tutelato".
Per quanto concerne poi gli impatti cumulativi (aspetto essenziale collocandosi l'insediamento in un contesto in cui operano altre strutture simili), il Tar aveva notato "la genericità delle obiezioni del Comune nelle quali non è contenuta nessuna valutazione tecnico-scientifica quanto al consumo di territorio, non si citano infatti le superfici già interessate dagli impianti in esame, nonché la vicinanza dell'impianto dal più vicino centro urbanizzato, e le ripercussioni negative che la sua realizzazione determinerebbe sulla collettività - (Gazzetta del Mezzogiorno. 22.06.2020).
Ma questo atteggiamento dell'Amministrazione Comunale non è isolato, se anche la nuova compagine oggi al governo cittadino ha fatto notare la sua assenza alla Conferenza di Servizi convocata sull'argomento. Grave segnale di indifferenza nei confronti della salute collettiva e dei beni comuni.
Né stupisce, se questo è l'andazzo nei procedimenti amministrativi nella nostra realtà, che nel Rapporto Ecomafia 2022 di Legambiente, la Puglia occupi il 3° posto in Italia per reati ambientali e che nella stessa classifica la provincia di Lecce si ponga al decimo posto, mentre nella classifica dei reati legati al ciclo dei rifiuti la Puglia occupi il 4° posto in Italia, mentre la provincia di Lecce sia al 18° posto.
La criminalità odierna non è quella di un tempo, che agiva a suon di lupara ed estorsioni, ma si è evoluta ed ha infiltrati nelle nostre istituzioni nutrendosi di assenze e silenzi, istruttorie carenti, di autorizzazioni a maglie larghe e di controlli inadeguati. come è stato denunciato più volte dalla nostra magistratura.
Antonio De Giorgi
apr302022
Il giorno 26 aprile a.c., a Noha in via G. Galilei e via Bellini, all’interno della nuova recinzione metallica che separa le vie dalla zona in corso di urbanizzazione, alle ore 9,30 circa si ripeteva lo stesso evento accaduto lo scorso anno, e da noi segnalato al Protocollo come da copia in calce. La ditta incaricata per il diserbo dell’area in oggetto, senza alcun preavviso, poneva dei cartelli sulla recinzione con su scritto “ZONA AVVELENATA”. Si accingeva quindi a irrorare l’area con il prodotto diserbante senza curarsi delle persone che abitano nella via. Abbiamo chiesto l’intervento dei vigili urbani i quali prontamente sono intervenuti e, preso atto del mancato prevviso e della nostra segnalazione indicante l’art. 177 delRegolamento di igiene del Comune di Galatina, hanno eseguito la sospensione del diserbo. Chiediamo se il Regolamento di igiene indicato nel nostro documento è ancora vigente, e se il Vs. Ufficio ritiene idoneo al diserbo in quella area (in centro all’abitato) il prodotto che l’operatore si accingeva a irrorare e registrato dai vigili sul loro verbale. In attesa di un Vostro gentile riscontro porgiamo i nostri più cordiali saluti
Il Direttivo dell’Associazione NoiAmbiente e beni Culturali
di Noha e Galatina
apr292016
Veniamo ora brevemente alla lettera-capolavoro vergata dalla nostra delegata Sindaco, la nostra Isabelle Arrende, la Orina Fallaci de noantri (ovvero la Susanna Tamarro, fate voi).
Orbene, di primo acchito, uno, leggendo la richiesta della Daniela nostra, pensa subito: “Brava Daniela, fatti valere, fagliela vedere tu (di cosa sei capace di fare, s’intende) a questi della Comune”.
Poi, con un minimo di attenzione in più, cercando di interpretare le locuzioni enigmatiche del massimo esponente dell’ermetismo locale, capisci bene che non si tratta di una richiesta di intervento rivolta al sindaco e a tutto il suo cucuzzaro, ma alle associazioni locali, ai volontari, ai “Portatori sani di sorrisi”, che in questo caso in particolare dovrebbero trasformarsi pure in portatori sani di “giochini” da installare nei giardini Madonna delle Grazie.
Sindaco, presidente del consiglio comunale, assessore ai LL.PP. (cioè Ludici Programmi), dirigente ai LL.PP. (Leccornie Prelibate), segretario generale, inclusi vari ed eventuali commessi di Palazzo Orsini evidentemente sono in indirizzo solo p.c. (vale a dire “per conoscenza”; non diciamo “per culo” per non essere triviali). Sicché chi dovrebbe di fatto metter mano al portafoglio sarebbe ancora una volta il cittadino o le associazioni di volontariato delle quali il cittadino fa eventualmente parte.
Bella trovata, non c’è che dire. Cosa centri con il ruolo di pubblico amministratore [la scritta “Consigliere Comunale” a caratteri cubitali, come potete vedere, campeggia in alto nella lettera, ndr.] rimane un mistero. Meno male che le minchiate non hanno mai ammazzato nessuno, se no bisognerebbe liberare anzitempo tutti i loculi già prenotati nel cimitero di Noha.
*
E comunque siamo alle solite: i compiti dello Stato (o degli altri enti pubblici) ancora una volta vengono delegati al cittadino, che dunque dovrebbe sostituirsi alle funzioni di pertinenza dello Stato (o degli altri enti pubblici).
Io inorridisco di fronte a questo principio, anzi ne ho il terrore. Ma ciò che più mi preoccupa è che si proceda a delegare al privato non solo alcune gestioni dei servizi, ma anche la funzione stessa di tutela dei diritti dei cittadini. Se i “corpi privati intermedi” si sostituiscono allo Stato (o agli altri enti pubblici) nei settori per esempio dell’istruzione, dell’educazione, dell’assistenza sanitaria, dei servizi sociali o della stessa informazione stiamo freschi.
Lo Stato non può e non deve delegare a nessuno la funzione di garanzia dei diritti di cittadinanza sociale. E tutte le varie associazioni, cooperative, onlus, e così via, non devono offrire alibi su questo (magari in cambio di sgravi, convenzioni, amicizie o appalti: parlo in generale, ovviamente), sostituendosi equivocamente allo Stato stesso.
Per volare più terra terra voglio dire che va benissimo il volontariato, che a sua volta per definizione non dovrebbe chiedere mai soldi allo Stato o agli altri enti pubblici territoriali, e che, per fare qualche esempio, è quello dell’organizzazione di una sagra, della redazione di un giornalino, dell’allestimento di un presepe vivente, della guida ad un percorso turistico, dell’insegnamento del catechismo, della costituzione di una squadra sportiva, della creazione di laboratori permanenti di idee, eccetera, ma non oltre questo.
Insomma non è uno Stato civile quello che (pur in nome della cronica penuria di fondi) si fa tinteggiare le aule dai genitori degli alunni, o quello che chiede contributi in denaro “volontari”, oppure dei “giochini” per un parco pubblico, oppure quello che istituisce ronde private “per la sicurezza”, ovvero quello che con una palandrana colorata invita il nonno a fare il vigile urbano, o quello che in mancanza di infermieri permette che un ospedale si riempia di badanti notturne o diurne. Per dire.
Questo è quanto.
In riferimento alla forma della lettera della Daniela Sindaco, cosa dire? Che sta facendo dei grandi passi avanti, da gigante. Certo, non siamo ancora ai livelli di Leopardi (al massimo, leopardata) o di un novello classico della letteratura contemporanea, ma la ragazza s’impegna assai. S’è pure risparmiata i puntini di sospensione e i punti esclamativi di cui è sempre stata generosa nei suoi scritti. Cosa volete di più?
Vabbè, la lettera è naïf come un posacenere fatto con il Das, e pure la sintassi è quella che è. E poi, dai, cosa vuoi che siano in una lettera indirizzata a mezzo mondo tre o quattro periodi senza capo né coda: tanto i destinatari, quei destinatari, avvezzi come sono a questo e ad altri simili elaborati, mica rischiano un’ernia al cervelletto per lo sforzo di capirne il senso.
La coniugazione dei verbi, lo stile involuto, la pesantezza del linguaggio (“ossequiosamente saluto”), la ridondanza della parola “giochini” ripetuta sette volte (l’utilizzo delle particelle pronominali, si sa, è rognoso per tutti), i pleonasmi (“augurando a tutti una buona collaborazione e lavoro”) sono un nulla in confronto alla diligenza e alla buona volontà della Nostra.
Dite che c’è ancora qualcosa che non va in merito all’utilizzo dei pronomi personali? Suvvia, non attaccatevi al pelo come al solito. Vuol dire che l’eroina di Noha è in grado di passare dalla prima alla terza persona singolare come se niente fosse: “Io sottoscritta […] chiede [sic]". “Chiede […] e ossequiosamente saluto [sic]”.
Ora non ditemi per favore che non vi è mai capitato di dire a qualcuno: “Scusi, ma lei chi sei?”, ché non ci credo. La Daniela nostra talvolta lo fa per vedere se stiamo attenti.
*
E poi figurarsi se qualcuno della presunta opposizione s’è accorto di nulla: cambiando l’ordine degli attori di palazzo Orsini il risultato non cambia. Tanto che se in quelle vetuste stanze t’azzardi a fare una citazione, come per esempio: Pape Satàn, Pape Satàn Aleppe, quelli capiscono: pane e salam, pane e salam a fette.
Antonio Mellone
mar272018
Cinque consiglieri di minoranza la buttano in caciara per nascondere l’incapacità politica ed amministrativa di esercitare il ruolo che i cittadini hanno riconosciuto loro. Attaccare a testa bassa e senza motivo gli assessori Loredana Tundo e Antonello Palumbo è solo un modo per distogliere l’attenzione sia perché i fatti stanno in modo assai differente da come vengono rappresentati sia perché di tempo per studiare le carte ne hanno avuto ben al di là della settimana di cui parlano.
Quello del 26 marzo era certamente un consiglio comunale ricco di argomenti importanti, su tutti il bilancio, che necessitavano studio e attenzione. L’iter di studio dei documenti è partito con le prime commissioni consiliari già dalla prima metà di marzo e le bozze di delibera sono transitate in più commissioni, come nel caso della Tari o del regolamento della ZTL. Contestualmente alla convocazione delle commissioni, quindi ben prima della convocazione del consiglio, sono state allegate anche le delibere in discussione e pertanto le stesse erano nella disponibilità di tutti i consiglieri già da tempo. Così come nelle loro disponibilità era il bilancio, già approvato con delibera di giunta e quindi pubblicato all’albo pretorio del Comune.
Specifichiamo ciò da un lato per ribadire la correttezza delle procedure messe in atto dagli uffici e dall’altro per rendere manifesto quanto sia pretestuoso l’affermare di non aver avuto tempo di “leggersi le carte” e che ciò sia solo un modo per uscire dall’aula, in modo disordinato, e fuggire dalle proprie responsabilità. O forse le carte le avevano lette e non avevano trovato argomenti per votare contro. Contro un piano finanziario della Tari che nonostante una sentenza che ci condanna a pagare oltre 700mila euro nel 2018 per debiti risalenti al periodo 2010-2015 non comporta aumenti di costo; contro una serie di riduzioni e agevolazioni per chi voglia mettersi in regola spontaneamente; contro un regolamento di ZTL che è la più grande operazione per eliminare le auto dal centro storico; contro l’eliminazione del Sedile dall’elenco dei beni in vendita; contro un piano triennale delle opere pubbliche che vede l’inserimento di importanti finanziamenti ottenuti da questa amministrazione come la Community Library e la bonifica di via Giada. Forse sono usciti perché non hanno avuto il coraggio di votare contro la Città ma non hanno avuto nemmeno l’onestà intellettuale di riconoscere la bontà del lavoro di questa amministrazione.
Sugli stipendi dei due assessori mentono sapendo di mentire dal momento che avevano avuto la risposta all’interrogazione già il 21 marzo scorso. Per quanto riguarda l’assessore ai Lavori pubblici, Loredana Tundo, si è proceduto ad una trattenuta a saldo di quanto corrisposto già nei mesi di settembre ed ottobre 2017. Per quanto, invece, riguarda l’assessore ai Servizi sociali, Antonio Palumbo, si sta procedendo ad una trattenuta mensile già da gennaio e si proseguirà fino al saldo. L’interrogazione del consigliere Paolo Pulli è stata protocollata in data 7 marzo, quindi a cose fatte. Ci chiediamo a questo punto quale sia il senso della polemica intrapresa e della sceneggiata messa in atto nel corso dell’ultimo consiglio comunale.
I capigruppo di maggioranza
Pierantonio De Matteis (Andare Oltre)
Vito Albano Tundo (Galatina in Movimento)
Danilo Patera (Nova Polis)
Noel Alberto Vergine (Idea Galatina)
feb102019
Non era questa la gara da cui trarre risorse per la classifica, con un pronostico chiuso a favore dei campani, ma esprimersi al meglio per il prosieguo del campionato era quanto meno obbligatorio: e così è stato.
Cuore e carica agonistica erano sul parquet, con Musardo e Iaccarino a scaricare l’adrenalina con esternazioni vocali da lottatori di Judo, tifo e passione smodata sugli spalti con continui supporti sonori ad incoraggiare i propri beniamini.
Gli ingredienti c’erano tutti, però poi bisognava fare i conti un avversario che girava a mille con sincronismi da orologio, sì qualche sbavatura, ma anche potenti attacchi, grandi difese e percentuali realizzative di contrattacco a sfiorare il 60% contro il 22% dei locali.
Pronti via e le due formazioni si presentano con i seguenti sestetti: gli ospiti partono in P1, con Scialò in diagonale ad Antonio Libraro, Bonina ed Enrico Libraro a completare la prima linea, Guancia e Giacobelli rispettivamente in posto cinque e sei, Ardito il libero.
Mister Stomeo risponde con Zonno in P6 avendo in opposizione Buracci e con Durante e Iaccarino gli altri guastatori; in seconda linea si posizionano Musardo e Lotito con Pierri a surrogare i centrali.
Scialò mette a segno i primi punti ed Enrico Libraro non gli è da meno aprendo il primo break importante per i suoi (5-11),poi Iaccarino , Lotito e Buracci replicano (12-17) ma la risposta della capolista mantiene inalterato il vantaggio(18-23). Cambia poco con le sostituzioni di Petrosino per Durante e di Persichino per Buracci : un doppio errore dei blucelesti chiude il set a vantaggio dell’Ottaviano(20-25).
Il piglio dei padroni di casa nel secondo set è più deciso: la ricezione lievità in positività, ne beneficia Zonno che chiama ripetutamente i due centrali Musardo e Iaccarino a cecchinare i loro dirimpettai Bonina e Giacobelli, considerata la miglior coppia del campionato.
Si apre per Efficienza Energia un break favorevole di 5 punti (11-6) prima che Enrico Libraro e Scialò operino il sorpasso sul 12-13. Lotito e Musardo rispondono con efficacia (19-20) alle realizzazioni degli attaccanti napoletani, teleguidati da un Antonio Libraro che ha nei suoi ricettori, ed in Ardito in particolare, delle certezze monumentali. Poi la chiusura è dell’opposto campano con Lotito ultimo a mollare (20-25).
Ininfluente il cambio sul 19-24 di Calò per Zonno.
Il terzo set si complica per Efficienza Energia quando su un attacco di Lotito, Guancia sale a muro e ricade, invadendo, sulla caviglia del laterale galatinese procurandogli una distorsione. Interruzione di gioco (siamo sul 2-3), prime cure ed abbandono del campo per il martello locale, sostituito dal giovane Petrosino.
Lo spirito di corpo moltiplica le forze a capitan Buracci e compagni e alimenta certezze negli avversari che commettono qualche errore di troppo. Bonina porta i suoi sul 9-13, Scialò e Libraro contengono (18-20) un Musardo esplosivo che terminerà con un 62% di attacchi messi a segno, supportato da un Ciccio Calò positivo anche in difesa.
Sfrutta il suo secondo time-out mister Stomeo, ma un muro di Giacobelli ed un attacco di Enrico Libraro portano a quattro i punti per la capolista. Persichino prende il posto di Durante, Buracci ed un errore di Scialò dimezzano lo scarto, quindi una diagonale precisa ed un ace del giovane Lorenzo ci portano sul 23-23 complice un rosso esposto a Guancia per ripetute proteste.
Il successivo servizio di Persichino, carico di emotività, termina fuori ed Enrico Libraro chiude la gara con un potente diagonale.
Prestazione generosa degli uomini di mister Stomeo, non indenni da una sterilità di attacco contenuta dai muri possenti di Giacobelli e Libraro e da una ricezione non sempre all’altezza, ma in compenso giocata con determinazione e senza remora alcuna.
E’ l’infortunio subito da Lotito che preoccupa la dirigenza, per quella che sarà l’assenza del forte del giocatore nell’economia della squadra. Gli accertamenti strumentali dei prossimi giorni forniranno un quadro più preciso sulle condizioni fisiche dell’atleta e sui tempi per il recupero.
L’augurio per Marco da parte di tutti ,tifosi, atleti e società è quello di una pronta guarigione.
TABELLINO
EFFICIENZA ENERGIA GALATINA -GIS OTTAVIANO 0-3 (20-25,20-25,23-25)
GIS OTTAVIANO: E.Libraro 21, Scialò 18, A. Libraro 5, Guancia 8,Bonina 6,Giacobelli 8, Ardito(L) 44%, 28%, Ndrecaj,Lucarelli(ne),D’Alessandro(ne),Bianco(ne),Ammirati(ne),Giuliano(L),
Valla(ne), Settembre(ne). All. Gennaro Libraro
EFFICIENZA ENERGIA GALATINA: Apollonio(ne),Musardo 10,Iaccarino 6,Durante 3,Calò,Rossetti(ne),Pierri(L) 36%,21%,Persichino 2, Lotito 9,Zonno 1,Petrosino,Buracci 8.
All.Giovanni Stomeo Ass. Antonio Bray
Piero de lorentis
AREA COMUNICAZIONE
EFFICIENZA ENERGIA
dic232013
Ormai, come diceva quel tale, solo un Dio ci potrà salvare. E allora a Natale nasca per noi un Dio-Salvatore. E questo Dio non sia un Dio irraggiungibile ma un Dio vicino; non un vincente, ma un Bambino che sta dalla parte dei vinti; non un sommo sacerdote capriccioso e vendicativo, ma un pargolo adagiato nei bassifondi del mondo e in grado di ascoltare gli altri senza escluderli in nome di dogmi o convenienze.
Nasca per noi un Dio che ci liberi da tutte le religioni dei sopraffattori, che sia povero tra i poveri, che annunci il vangelo della liberazione degli oppressi. Nasca un Dio che non tolga alle persone non sposate il diritto di amare, non proibisca il preservativo che ostacola la diffusione di malattie, non sia maschilista, e non discrimini l’altra parte del cielo, di qualunque sesso questa sia. Nasca un Dio che favorisca la libertà di coscienza, e non imponga alle donne le sue convinzioni sull’aborto, ma stia loro vicino con amore e solidarietà.
Venga in mezzo a noi un Dio che ripudi ogni guerra, aborrisca ogni arma e disarmi i suoi discepoli. Venga qui da noi un Dio che non sia convinto di avere la verità in tasca, ma che la cerchi insieme agli altri anelando all’Umanità. Nasca per noi un Dio che si arrabbi quando è necessario, e scacci dal tempio i mercanti, i ladri ed i bari, i clerico-fascisti, gli arrivisti, i pettegoli, i delinquenti vestiti di broccato, i violenti travestiti da agnelli.
Nasca ancora per noi un Dio che abbia il volto di una ragazza mai baciata o quello di un giovane senza amore, che indossi le vesti di chi marcisce in carcere, che stia dalla parte delle vittime delle sacre inquisizioni e delle intolleranze religiose.
Il nostro Dio nascente sia un disoccupato, un precario, un lavoratore a scadenza, un esubero in nome del profitto, un licenziato a causa dell’“efficientamento”, uno schiavo moderno sfruttato e senza diritti, un morto sul lavoro sacrificato alla produzione, un emigrante considerato clandestino da una legge barbara, una prostituta sfruttata dai papponi di basso o alto bordo, un perseguitato a causa del colore della sua pelle, della sua lingua, della sua fede, un omosessuale discriminato dai perbenisti di facciata, un palestinese derubato della sua terra, un disabile senza più assistenza, un malato vittima dei tagli della sanità e del disinteresse (o interesse) di chi dovrebbe prendersene cura.
Nasca un Dio la cui chiesa stia dalla parte degli sventurati non solo per far loro l’elemosina, ma per pretendere con loro giustizia e diritti.
Il nostro Dio non si riempia la bocca di “crescita, sviluppo, competitività”, ma insegni la decrescita felice, faccia piazza pulita del liberismo e del turbo-capitalismo di rapina, ci liberi dalle speculazioni finanziarie, ci salvi dai rapporti impuri e parassitari tra chiesa e potere, e non ci induca nella tentazione del denaro fine a se stesso, dell’egoismo, della fiera delle vanità.
Il nostro Dio freni la mano di chi firma progetti faraonici inutili e devastanti che derogano al buon senso della tutela del territorio, freni le colate del cancro cementifero e dell’asfalto che saccheggia e impermeabilizza il suolo, e fagocita il futuro.
Non ridicolizzi, il nostro Dio, chi denuncia i rapporti impuri tra Stato e mafia, tra politica e affari, e chi lotta contro la voracità edificatoria in nome delle espansioni urbanistiche, dei centri commerciali, dei comparti-truffa, delle strade a quattro follie.
Nasca per noi un Dio che scenda in piazza per contrastare la disinformazione, l’ignoranza pilotata, gli interessi di bottega, e sproni alla lotta che è voce del verbo amare, alla partecipazione ed alla cittadinanza attiva, e marci quale indignato speciale alla testa dei cortei in difesa della nostra Carta Costituzionale.
La nascita di questo Dio dipende anche da noi.
Antonio Mellone
ott102016
Avete provato per caso a leggere l’articolo 70 della nuova carta (igienica) costituzionale?
Un vero capolavoro, un’opera di Manzoni: Piero, s’intende, non Alessandro, la cui opera principale è racchiusa in alcune scatolette, 90 barattoli per la precisione, conservati in diversi musei d’arte contemporanea dislocati in tutto il mondo.
Ebbene, l’articolo 70 è l’emblema sommo di questa schizzoforma.
Il vecchio articolo, con 9 parole (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”) illustrava l’iter di formazione delle leggi; il “nuovo”, che riporto integralmente nel poscritto, con 439, più che l’iter il vater.
Eppure lo sanno anche i bambini delle elementari che una Costituzione dovrebbe essere semplice, chiara, accessibile a tutti (e non soltanto ai legulei alla dottor Azzeccagarbugli, deboli con i forti e stronzi con i deboli).
La Costituzione di una Democrazia degna di questo nome non può essere nevrotica, tecnicistica, verbosa, labirintica, incomprensibile (anche agli stessi suoi estensori, anzi stenditori), né può presentarsi con mille esasperanti rinvii ad altri articoli e ai rispettivi commi, come invece è la Boschi-Verdini-benigni, un'accozzaglia di locuzioni bisbetiche e contorte che manco il codice della strada quello della navigazione e un regolamento di condominio messi assieme. Sono certo che senza il testo a fronte non dico i suoi sostenitori (figurarsi), ma nemmeno i suoi autori sarebbero in grado di spiegarla agli altri. Secondo me nessuno, dico nessuno, dei sostenitori del sì ha mai letto, arrivando sino alla fine, quest’aborto di articolo.
*
Del resto si sa che chi pensa male scrive peggio. Immaginatevi come governa.
Ma il problema di questa norma non sta tanto o solo nella forma sgradevole del suo lessico, quanto nella sostanza. Questa procedura in effetti complica l’iter di formazione delle leggi in circa 10 diversi meccanismi, con conseguenti molto probabili contenziosi (e conflitti di attribuzioni) tra Governo e Parlamento, fra Camera e Senato, e soprattutto fra Parlamento e Regioni davanti alla Corte costituzionale. Tutto questo sempre a proposito di “semplificazione” sbandierata ai quattro venti.
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Più che democrazia questa è demenza senile, anzi senatoriale.
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E’ proprio vero che questa cacoforma costituzionale ha spaccato il paese in due: da una parte quelli che votano NO. Dall’altra i soliti: che a loro volta si dividono tra i (pochi) interessati - tipo i renzini attaccati alla cadrega, e poi i Marchionne, i Briatore, i Chicco Testa, l’ambasciatore americano in vacanza, JP Morgan, la Coldiretti, altri massoni, e tutti quelli che “ce lo chiede l’Europa” - e the last but not least la moltitudine di chi non ha (mai) capito una mazza.
[continua]
Antonio Mellone
P.S. 1 Eccovi il nuovo (nuovo si fa per dire) art. 70. Scusateli tanto.
«Art. 70. -- La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma.
Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati».
P.S.2 La vignetta è di Vauro, nell’attesa, sempre, di una vignetta sul tema da parte di Marcello D’Acquarica.
ago212021
Ci ho dovuto riflettere alquanto prima di tagliare quest’n-esima fetta: infatti, nelle migliori scuole di giornalismo (che io non ho frequentato, ma so come va il mondo avendo fatto il militare a Cuneo, vabbè a Milano) dicono che la notizia non sia il cane che morde l’uomo, ma il contrario. Ergo questo pezzo sarebbe (stato) totalmente inutile in un contesto diverso, o per meglio dire normale.
È che però, nelle mie ricerche sull’archeologia nohana, non mi sembra di essermi mai imbattuto in una cerimonia solenne di tal fatta: pertanto, salvo sviste o omissioni, trovandomi nel campo, appunto, delle notizie, essendo questo avvenimento il primo nel suo genere, mi accingo a lasciare su questa pergamena (elettronica) quelle impressioni che, pur con i miei illimitati limiti, ho la presunzione di pensare contribuiscano a fare la Storia del mio paese, scritta finalmente in maiuscolo e d’ora in poi mai più di serie Zeta.
Ebbene, senza tirarla troppo per le lunghe, il primo di agosto scorso due ragazzi si sono uniti civilmente ovvero – preferisco questa seconda formula - sono convolati a nozze: si tratta di Jerry Misciali di Noha e di Antonio Antonazzo di Parabita. Non me ne vorranno, gli sposi, se per questo passaggio utilizzo alcune immagini pescate dai loro profili social, quindi già pubbliche, e nemmeno gli autori delle rispettive foto, nei confronti dei quali mi dichiaro sin d’ora disponibile a citarne il nome quale giusto guiderdone al loro copyright.
Nel titolo parlavo di fichi. Ma ci terrei a precisare che non v’è alcun riferimento alla botanica, dunque alle Moracee nelle centinaia delle loro varietà e ai relativi frutti eduli, freschi o essiccati; e men che meno al modo di dire “Fare le nozze coi fichi secchi”, pare coniato nel 1896 in occasione del matrimonio tra Vittorio Emanuele di Savoia e la principessa Elena del Montenegro per indicare le non proprio prosperose finanze dell’augusta consorte. Oltretutto, per la cronaca, i fichi di certe geografie rientrano nella categoria dei presidi slow food, vere e proprie eccellenze gastronomiche, e sembra ne fossero stati offerti in abbondanza, insieme ad altre leccornie s’intende, persino nel “rinfresco” reale seguito allo sposalizio di William e Kate.
Invece questa volta mi riferisco al concetto più popolare (magari gergale) di fico, allorché in maniera icastica vogliamo far riferimento a qualcosa o a qualcuno che risponda agli attributi di piacevole, accattivante, originale, sollecitandone al contempo approvazione, compiacimento e complimenti.
Sì, esclusivamente in questi termini dico che si è trattato di nozze coi fichi, a partire dagli sposi: ma non solo in quanto belli, eleganti, radiosi, manco un pelo delle loro barbe fuori posto (ma quanto si somigliano ‘sti carusi), e giacché pure ironici, e imbranati quanto basta come accade a quasi tutti i coniugi del pianeta nel giorno degli sponsali, ma soprattutto perché hanno saputo tener duro facendo comprendere a chiunque che non esiste una parte “sbagliata” della storia, e che spesso certe barriere architettoniche mentali (se non proprio culturali o addirittura intellettuali) son fatte di perbenismi puritani e adattamenti conformisti, quando non di ipocrisie apocalittiche. La verità, che brilla della sua stessa perspicuità, o è di carne o è ideologia di bassa lega: e sarebbe il caso che il potere ne prendesse atto una buona volta.
Non posso concludere queste note senza un cenno a quanto fichi siano (stati) i genitori dei coniugi, non tanto nell’aver superato brillantemente il groppo emotivo della giornata epocale, quanto per l’orgoglio e la dignità dimostrati nel rimanere accanto ai loro “bambini” in ogni attimo di questa bella realtà. Ma fichi, di più, fichissimi sono anche gli altri parenti (a partire dai più anziani, straordinariamente moderni e laici, per finire ai giovanissimi, testimoni e si spera protagonisti di cieli nuovi e terra nuova), e il resto degli invitati, senza tralasciare, in questa era di cibernetica, gli amici diciamo in Dad (incluso il sottoscritto), che non hanno lesinato sui like all’indirizzo dell’avvenimento, di chi l’ha pensato, voluto e raccomodato.
Sono certo che d’ora in poi “tracce” di unioni civili di tal natura saranno rinvenibili ovunque, oltre che negli archivi dello stato civile di ogni comune, anche nei registri parrocchiali locali e globali, in quelli delle moschee, delle sinagoghe, dei santuari shintoisti, insomma negli elenchi conservati nei templi di ogni religione.
Per di più, se Dio è amore non può non benedire legami sacri (e fichi) come quello di Jerry e Antonio.
Antonio Mellone
ott132013
Nel 1973, esattamente 40 anni fa, veniva alla luce il volumetto “Storia di Noha” edito da “Grafiche C.Borgia” di Casarano. E’ opportuno ricordare quell’evento, anche per verificare il cammino che si è fatto e non spegnere l’entusiasmo che aveva creato.
Ero da poco rientrato in Italia, dopo 5 anni di Missione in Canada, e per motivi di salute mi fermai a Noha oltre il previsto. Fu così che, tanto per passarmi il tempo, cominciai a curiosare nell'archivio parrocchiale di Noha. Trovai un libretto di una cinquantina di paginette intitolato: “L'Università e il Feudo di Noha - Documenti e Note” scritto da un certo prof. Gianferrante Tanzi, ed edito nel 1906 da Tipografia Cooperativa a Lecce. Questo scritto prezioso, essendo ovviamente fuori catalogo, non è facilmente reperibile.
Le mie ricerche su Noha partirono proprio da lì. Mi resi conto, leggiucchiando il libriccino del Tanzi, che Noha aveva avuto una storia molto antica e molto ricca di notizie, anche se quello che leggevo in quel libercolo a volte era vago e impreciso. Mi venne voglia perciò di fare ricerche più accurate.
Mi misi a intervistare testimoni qualificati e informati su alcune notizie e tradizioni di Noha. Cominciai a consultare anche altri documenti di storia locale, arrivai all'archivio vescovile di Nardò, di cui ab immemorabili Noha aveva fatto parte, consultai l'archivio di Stato di Lecce e la biblioteca comunale di Galatina. Negli spostamenti sovente mi guidava don Donato Mellone, in quel tempo Arciprete di Noha, a cui devo tanta gratitudine sia per la sua grande disponibilità ad accompagnarmi e sia per avermi permesso di consultare l'archivio della Parrocchia.
Dopo circa un anno di ricerche (1972-1973), per la prima volta davo alle stampe la prima edizione. Di Noha e della sua storia nessuno conosceva le antichità, nessuno ne parlava, nessuno sapeva, neanche a livello di istituzioni o di cosiddetta gente di cultura.
Il libro di appena 90 pagine fu stampato a Casarano dall’editrice Borgia; mi sovvenzionò la stampa un'amica dei Missionari della Consolata che avevo conosciuto durante la mia permanenza a Salve, un comune vicino Santa Maria di Leuca. Furono stampate 300 copie, arricchite da una mappa del paese che avevo fatto io stesso in maniera molto artigianale, senza essere né un tecnico né un geometra, tracciandone il disegno delle strade che percorrevo con la mia Bianchina. Anche le foto le avevo fatte io stesso in bianco e nero. Il volumetto fu messo in vendita a 1.000 Lire la copia e andò letteralmente a ruba, soprattutto perché l'avevo arricchito con una raccolta di proverbi dialettali e di alcune mie poesie in dialetto che suscitarono (finalmente) la curiosità dei nohani. Quell’edizione si esaurì in men che non si dica.
Pubblicato e venduto quel libro, le mie ricerche non finirono più. Per me era naturale continuare ad approfondire le ricerche su Noha (che, voglio dirlo con determinazione anche ai giovani, danno sempre grandi soddisfazioni).
Dopo 15 anni, scoperti nuovi documenti, nel 1989 chiesi al Sindaco di Galatina, che in quel tempo era l’On. beniamino De Maria, se valeva la spesa stampare i miei aggiornamenti. Fu così che l’Amministrazione Comunale si prese cura del mio scritto, approvò e sovvenzionò completamente la stampa della nuova opera con 4 milioni di Lire. L’Editrice Salentina di Galatina stampò così la seconda edizione della mia “Storia” in mille copie, questa volta arricchita dalle foto in bianco nero dello studio fotografico Mirelfoto- Pignatelli di Noha, oltre che quelle del mio archivio.
Feci la “presentazione” della nuova edizione alla scuola media di Noha dove fu adottata come testo di cultura locale: l’edizione era più ampia della prima per i contenuti ma anche più elegante nella forma.
Intanto io continuavo le mie ricerche (le notizie sono come le ciliegie: una tira l’altra) e scoprivo altre notizie sempre molto interessanti. Trovai per esempio una relazione sullo stato della parrocchia da parte di Don Michele Alessandrelli, arciprete di Noha dal 1847 al 1882, che, in occasione della visita pastorale del Vescovo di Nardò, aveva compilato con molta precisione di particolari preziosissimi. Trovai anche una relazione ricchissima di informazioni del “primo” Vescovo di Nardò che ritenevo molto interessante.
Inoltre analizzando meglio tutti i documenti dell'archivio parrocchiale, che lessi e trascrissi in “file digitali” per scoprire i miei antenati (ho potuto costruire cos’ il mio albero genealogico fino al 1500), trovai notizie abbondanti sulla situazione sociale, religiosa, economica e politica della gente di Noha. Erano tutte notizie preziose che meritavano di essere pubblicate.
Erano passati trent’anni dalla prima edizione. La seconda edizione era ormai esaurita. Valeva la pena far conoscere al pubblico le notizie di cui ero venuto a conoscenza. Cercavo il modo di stampare una terza edizione, ma come tutti sanno, la difficoltà principale in questo settore dell’editoria locale era proprio quella di reperire i fondi, o comunque trovare un mecenate che si prendesse cura della cosa.
La mia destinazione a Galatina nel 2003 in qualità di parroco della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria e l’incontro con il Dott. Antonio Mellone fu provvidenziale. Fu Antonio che venne a cercarmi in parrocchia per propormi di stampare i miei aggiornamenti con una nuova edizione elegante, bella, ricca, di lusso, direi anche spettacolare e impensabile e degna di stare nelle migliori biblioteche nazionali ed estere (come di fatto mi risulta essere) e nacque così il volume Noha, Storia, Arte, Leggenda. Grazie all’editore-mecenate, il compianto Michele Tarantino, l’edizione venne alla luce nel 2006. In quella occasione Michele ebbe a scrivere: “Questo libro è a tutti gli effetti un bene culturale, un dono, un regalo che ho voluto fare innanzitutto a me, ma anche a mia moglie, legata, come me, alla terra dei nostri genitori; e - consapevole del fatto che i buoni frutti nascono da alberi che hanno coscienza delle loro radici - ai miei figli, nati e cresciuti nell’Italia del Nord, affinchè conoscendo la Storia di quello sperduto paese di provincia che risponde al nome di Noha, imparino sempre più ad amare e a rispettare le loro stesse origini; ai miei conterranei salentini ed ai miei amici sparsi in ogni parte d’Italia, e a tutti quanti si degnino di leggere e consultare questo volume, perché, benché a volte mute, anche le piccole realtà locali possono essere importanti testimoni della Storia”.
Grazie Michele Tarantino per questo messaggio così caldo e sentito! Oggi anche tu sei una pagina bella della Storia di Noha.
Ma le mie ricerche sono sempre continuate (secondo quel saggio proverbio nohano secondo il quale: fino alla bara sempre s’impara). Oggi a 40 anni da quella prima edizione posseggo notizie e scoperte che quarant’anni fa erano impensabili e sconosciute a tutti. Tante sono state rese pubbliche sul nostro giornalino on-line l’“Osservatore Nohano” di felice memoria.
Ma a questo punto sarebbe opportuna una pubblicazione nuova “ordinata e completa” di come avevo immaginato che fosse la storia del mio paese, quando, esattamente quarant’anni fa, resi pubblica la mia prima edizione della “Storia di Noha”.
P. Francesco D’Acquarica
set212015
Non tocco il problema dell’amnistia ai carcerati. Non saprei esattamente se il Papa si riferisse ad un condono di pena anche nel campo civile. Vorrei parlare invece di ciò che ritengo più attinente al campo della fede, ovvero della remissione dei peccati e delle indulgenze.
Non vorrei tornare a parlare delle indulgenze. Ho già detto più volte il mio pensiero, che si fonda su argomenti anche teologici. Le indulgenze sono la più grossa balla della Chiesa, che per secoli e secoli ha distribuito grazie e condoni a titolo “personale”, strumentalizzando i voleri di Dio secondo interessi puramente terreni. Fino a quando parlerà di indulgenze, la Chiesa resterà vittima di se stessa, e starà al gioco di chi imbroglia e inganna le anime più allocche.
Sul ritorno ad una grande confessione assolutoria dei peccati da estendere a tutti, ho forti dubbi sulla sua efficacia interiore. Sarà un fallimento generale, anche perché, dopo aver allontanato numerosi penitenti perché scomunicati, sarà difficile dir loro: Scusate, siamo stati troppo cattivi! Ora vi aspettiamo…
A parte il fatto che anche qui, oltre ad una iniziale irritazione, la gente, anche credente, ha imparato a fregarsene delle scomuniche. La Chiesa ha scomunicato i comunisti, e i comunisti hanno continuato come prima, e, se si sono poi estinti, non è stato per le scomuniche, ma perché i tempi sono cambiati. Quando i comunisti sono passati all’altra sponda, votando Berlusconi e Lega, allora la Chiesa li ha riammessi ai sacramenti. Mi chiedo: era meglio il comunismo oppure il berlusconismo e il razzismo leghista? Ora la Chiesa, almeno in parte, si sta accorgendo di ciò che di male ha fatto il berlusconismo e ciò che di male sta facendo la Lega. Troppo tardi!
Non vorrei insistere nel ripetere che oggi bisognerebbe riscoprire ciò che è il vero “peccato”, in una società dove i comportamenti personali incidono nella misura in cui i rapporti sociali sono violati dal punto di vista soprattutto della giustizia e della fratellanza. Non credo che la masturbazione o l’uso del preservativo producano effetti devastanti sulla società. Anche il problema degli omo per la Chiesa non è mai stato una questione diciamo di carattere sociale, ma solo etico, in nome di quelle norme veterotestamentarie che erano il prodotto di un altro tipo di società, sempre condizionata dalla religione. Dio approva ciò che la religione vuole.
Perché la Chiesa è ancora così chiusa al sesso, ai diritti civili da estendere anche alle coppie di fatto, agli omo, ecc.?E poi parla di amnistia ai carcerati? Ma chi sono i veri carcerati? Solo quelli che si trovano nelle prigioni statali? E che dire delle anime rese schiave da una religione senza cuore?
Da ultimo. Presso gli ebrei, il giubileo aveva anzitutto uno scopo di carattere sociale. Ogni tot anni, i debiti venivano estinti e i beni della terra tornavano agli antichi proprietari: questo per evitare l’accumulo, ciò che oggi chiamiamo latifondismo o capitalismo. Perché il Papa non parla di queste cose? Perché non invita i potenti a estinguere i loro crediti nei riguardi delle popolazioni più povere: povere anche perché sfruttate dagli stessi creditori?
Mi sarei aspettato che il papa, per il prossimo giubileo, calcasse la mano su coloro che hanno troppo, per aver rubato a milioni di persone il loro diritto ad avere il “suo”. Non sto dicendo che la Chiesa, nelle sue Encicliche sociali, non abbia mai parlato di destinazione universale dei beni, ma vorrei dire che il Giubileo è una grande occasione per insistere e battere questo chiodo.
Ma tutto si ridurrà ad una grande messinscena, anche spettacolare, con una tale migrazione di pellegrini da competere con la massa dei poveracci che fuggono dai loro paesi in cerca di un po’ di felicità. Tranne che questi ultimi procurano paure e anche violenze, mentre i romei in cerca di qualche perdono per le loro malefatte faranno magari crescere il pil e anche le casse vaticane.
0209/2015
Don Giorgio De Capitani
nov142013
A proposito di campi di concentramento di impianti fotovoltaici nohani volevo cogliere l’occasione per ricordare, nel loro terzo anniversario, le storiche parole dell’ex-sindaco di Galatina Giancarlo Coluccia pronunciate nel corso di un intervista apparsa on-line anche su questo sito il 2 settembre 2010, conversazione davanti a telecamera e microfono, condotta dal bravo Tommaso Moscara. Che davvero non so come faccia a non scoppiare in fragorose risate in faccia all’interlocutore di turno, rimanendo invece imperturbabile di fronte alle scemenze propinategli dai politici di ieri e di oggi, inclusi gli americani e i Russi. Ma questa è un’altra storia.
Il per fortuna ex-sindaco di Galatina, a proposito del fotovoltaico, riuscì in quell’intervista da manuale a concentrare in poche ma sintatticamente malferme parole un incredibile numero di baggianate.
Dopo aver premesso che probabilmente la calura estiva poteva aver annebbiato la mente a qualcuno (inclusa certamente anche quella del sottoscritto) che s’era permesso addirittura di lottare insieme ad altri contro l’invasione dei pannelli in mezzo alla campagna, dopo essersi retoricamente chiesto se noi fossimo o meno per le energie alternative, e dopo aver aggiunto che comunque la sua amministrazione non aveva alcuna responsabilità in merito al fotovoltaico, il Giancarlo nostrano si è esibito in sperticati numeri da trapezista che neanche al circo Orfei. Se si fosse fermato alle prime elucubrazioni forse avrebbe fatto miglior figura. Ma i salti mortali evidentemente provocano in certi folkloristici personaggi una qualche forma, come dire, di ebbrezza.
Così continuava a blaterare il nostro pervicace e per grazia di Dio ex-sindaco: “…Se andiamo a vedere quei terreni, sono terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi. Non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola. Fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti”. E così via di questo passo.
Chiaro? Il sindaco e la sua giunta non ne erano i responsabili. Ma se dobbiamo dirla tutta, di fatto, almeno politicamente un pizzico lo erano, eccome. Questo si evince dagli atteggiamenti e dalle parole. Il sindaco sembrava quasi rammaricarsi per non essere stato lui, ma altri, a dare l’imprimatur a codesto impianto di “energia alternativa”. Del resto nessun esponente dell’allora maggioranza (e a dire il vero anche della sedicente opposizione) sembrava non dico avversare ma almeno batter ciglio contro lo scempio dei nostri campi occupati dall’invasore. Anzi! Visto che i “terreni sono impervi” e non “dalla grande produzione agricola” tutto sommato – così si arguisce – si poteva pure fare il megaparco di pannelli in contrada Roncella. E così sia.
Chi va a dire al poveretto che anche “i terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi” sono fondamentali per la biodiversità vegetale ed animale? Che la fotosintesi clorofilliana non è solo quella delle “grandi produzioni agricole” ma anche quella delle erbe spontanee, molte delle quali edule, e dei “pascoli per i greggi”? Che per quanto si possa “piantumare” con siepi perimetrali un parco fotovoltaico di quella estensione, il disastro rimane nei secoli dei secoli? E che eventuali siepi anche fitte sarebbero niente altro che il classico tappeto sotto il quale nascondere la polvere? E che la siepe del parco nohano, fatta tra l’altro con alcuni ulivi già secchi, è semplicemente ridicola?
Chi va a spiegare a questi mostri di intelligenza che per un piatto di lenticchie anzi di briciole, oltretutto una tantum, gentilmente concesse dai nostri conquistadores, non si può svendere la nostra primogenitura e che, dunque, non sono sufficienti “la ristrutturazione del canile di Galatina” ed “il rifacimento della villetta Fedele in via Soleto” per indennizzarci della perdita del panorama, del futuro, della faccia, della dignità, della bellezza e, non ultimo, dei soldi (che tra l’altro, a quanto pare, imboccano la strada per la Germania direttamente da contrada Roncella senza manco transitare da Galatina)?
Chi va a spiegare a chi si rifiuta di capire persino l’ovvio che questa non è assolutamente “energia alternativa”?
E’ “alternativa” (oltre che rinnovabile) quell’energia che compensa la minor produzione di corrente elettrica prodotta ad esempio da fonti fossili come petrolio, gas e carbone. Il che non è. Abbiamo cercato di dire, ridire e ricordare minuziosamente almeno un milione di volte che questi impianti fotovoltaici danno ai titolari il diritto di ottenere i cosiddetti “certificati verdi”. Cosa sono? Ma sicuramente l’ennesima truffa, in quanto si tratta di veri e propri permessi di inquinare, liberamente negoziabili a prezzi di mercato. I suddetti attestati, dunque, vengono venduti, tra gli altri, anche e soprattutto alle centrali di produzione di energia tradizionale, che a loro volta, grazie a questi permessi di inquinare, possono addirittura aumentare e non ridurre la produzione di corrente da fonti non rinnovabili. Altro che “energia alternativa”.
La centrale di Cerano, per dire, nonostante la Puglia sia ormai completamente ricoperta da pannelli fotovoltaici (e tra poco anche da pale eoliche: non ci facciamo mancare niente) non ha ridotto di un solo kw la sua produzione, anzi l’ha addirittura aumentata. Con quali conseguenze? Ma ovviamente con maggiori emissioni di fumi, anidride carbonica, gas di scarico ed altre schifezze che arrivano anche da noi grazie a quel “gasdotto” naturale che è la tramontana. A questo si aggiungano le autoproduzioni salentine di diossina e miasmi ed esalazioni varie provenienti dai camini di certi altiforni svettanti intorno a noi come la torre Eiffel ed il quadro è completo.
Poi uno si chiede come mai nel leccese, e a Galatina e dintorni in particolare, si muore molto di più che in altri luoghi per neoplasie, mesoteliomi, e cancro all’apparato respiratorio.
Infine, come far comprendere a questi signori, per i quali sembra che la logica sia un’allergia, il concetto basilare per cui non serve una centrale da un milione di kw ma un milione di utenti che mettono in rete un kw ciascuno? Dunque l’energia solare va benissimo, ci mancherebbe altro; ma in impianti di micro-generazione energetica e non in mega-impianti in mezzo alla campagna, anche se piena di cozzi, impervia, o morfologicamente assimilabile ad una pseudo-steppa. E’ così difficile da comprendere questa roba? Questi signori hanno mai preso in mano un libro, che so io, di un Jeremy Rifkin, ammesso che conoscano il professore e le sue ricerche scientifiche?
Anzi, formuliamo meglio: hanno mai preso in mano un libro (che non sia, per favore, il tomo-panettone di Bruno Vespa)?
feb122015
Galatina "ombelico del Salento", così chiamata in quanto posta esattamente al centro del territorio salentino.
Rappresenta uno dei principali poli turistici del territorio grazie alla ricchezza ed all’originalità del proprio patrimonio storico, culturale ed enogastronomico.
I gioielli artistici di Galatina sono custoditi principalmente all’interno della cinta muraria del XVI secolo, dove palazzi nobiliari, corti e vicoli, rendono suggestiva la visita e l’ammirazione del barocco galatinese.
Autentico fiore all’occhiello è la francescana basilica di Santa Caterina d’Alessandria del XIV secolo situata nell’antica Piazzetta Orsini, come anche la centrale chiesa matrice dei Santi patroni Pietro e Paolo che impone la sua facciata barocca sull’omonima piazza nel cuore del centro antico.
La vastità e l’imponenza del patrimonio architettonico espresso, ha portato alla conquista da parte di Galatina del titolo di “Città d’arte”, che ha spinto l'amministrazione comunale ad investire sulla creazione di alcuni brand turistici che focalizzano l’attenzione proprio sulle potenzialità espresse della città.
In questo senso è giunta già alla quinta edizione la manifestazione “Le Corti a Mezzanotte”, che rappresenta uno dei principali brand turistici su cui Galatina ha deciso di puntare, anche alla luce dei risultati.
Nata nel 2011, “Le Corti a Mezzanotte” è una manifestazione che si tiene all’interno della splendida cornice del centro storico di Galatina, nell’arco di una serata, generalmente nell’ultima settimana di Agosto (VI edizione 21 agosto 2015).
Durante questa serata oltre agli antichi palazzi barocchi, il borgo apre a tutti i visitatori le sue principali corti, che sono valorizzate ed arricchite da esposizioni pittoriche, da spazi musicali e da percorsi enogastronomici, che contribuiscono
a far assaporare in tutte le sue forme il barocco galatinese. (www.lecortiamezzanotte.it)
Non a caso Galatina oltre al marchio di “Città d’arte” possiede anche il marchio di “Città del vino”, in virtù dell’antica e sempre attuale produzione di vino locale, portato avanti negli anni da importanti cantine vinicole che contribuiscono ad esportare il nome di Galatina a livello nazionale ed internazionale.
Ecco perché nasce, il festival “Barocco wine music” attivando un sistema di promozione ed avvicinamento alla cultura del vino con oltre 200 etichette regionali.
Barocco wine music, manifestazione organizzata nel mese di Ottobre (edizione 2015 10 ottobre), rappresenta da questo punto di vista il secondo brand turistico sul quale l'amministrazione comunale ha investito, in linea con la tradizione e con i marchi posseduti dalla città. (www.baroccowinemusic.it)
Molte le tradizioni culinarie e sopratutto dolciarie del territorio: africano, mustacciolo, sibilla, mafalda e il famoso pasticciotto, una grande tradizione che esplode già nel 1745 nella bottega pasticciera della famiglia Ascalone con questo dolce tipico composto da pasta frolla farcita di crema pasticcera e cotto in forno.
Così da una grande tradizione dolciaria ma anche enogastronomica nasce "Dolce Città Nostra" che si presta alla sua seconda edizione dopo il grande consenso ottenuto.
La manifestazione si terrà domenica 12 aprile 2015 in occasione della giornata
"La Penisola del Tesoro" del Touring Club che ha scelto, insieme ad altri otto comuni italiani, anche Galatina dove saranno presenti circa 900 associati.
La Penisola del Tesoro 2015 è un’iniziativa importante del Tci che da 16 anni porta i soci a scoprire i beni culturali meno noti prendendo come punto di riferimento, il patrimonio negato, per valorizzare un patrimonio fondamentale per il futuro del Paese.
“Galatina investe anche nei nuovi sistemi di comunicazione on-line per dare servizio alla città stessa ma soprattutto – come rimarcano il sindaco Cosimo Montagna e l’assessore al Turismo Alberto Russi - per incentivare i turisti a fruire e muoversi liberi nel grande patrimonio architettonico. Già da due anni Galatina ha investito nella guida virtuale con i codici qr diffusi tramite paletta sui maggiori monumenti del centro storico che permettono al turista di avere tutte le informazioni utili senza nessuna guida.
Aderisce quest'anno al progetto dell’Associazione culturale AMiCA (Audio Musei a Cielo Aperto), che ha il principale obiettivo di promuovere il patrimonio culturale attraverso lo sviluppo di progetti e strumenti innovativi”.
Strumenti che si fondono con la creazione dell’APP GalatinaAmica, disponibile in italiano e inglese per IOS e Android che presenta 6 sezioni principali: Monumenti (contenente le schede dei beni esaminati con foto, descrizioni, ubicazione nonché la relativa traccia sonora), Categorie (in cui sono presenti alcuni selezionati consigli per l’utenza), Itinerari (sezione in cui sono presenti i percorsi per fruire di tutti i beni analizzati), Mappa (contenente i punti di interesse) e Downloads (sezione contenente l’elenco delle audioguide disponibili sul proprio dispositivo e quindi fruibili in OFFLINE). Lo strumento realizzato è una proposta per una visita multimediale della città, un cicerone interattivo che grazie alla funzione Realtà Aumentata porterà il visitatore a scoprire ciò che ha intorno. (www.arteamica.com)
apr212019
Be'... Non ci credevo più nemmeno io. A forza di vedere in giro alberi capitozzati e altri tutti secchi, con al massimo qualche rara parvenza di fogliame, pensavo che solo un miracolo potrebbe salvare i nostri ulivi. Dopo aver visto gli alberi di Michele, invece, mi si è riaperta la speranza.
Il mio cuore ha sentito come il chiudersi improvviso di un taglio che perdeva, perdeva appunto, la speranza.
E pensare che Michele non è un contadino, di mestiere fa tutt'altro. Eppure il suo giardino sembra la vetrina di un gioielliere, i suoi ulivi sono tutti in fiore, tutti. Nonostante il suo campo sia circondato da terreni trascurati e ulivi malandati. Cosa fa per mantenerli così? Semplicemente li tratta con la poltiglia bordolese, una potatura arieggiata che ha fatto lui stesso e infine, dice Michele, con le piante ci parla, le tratta come fossero delle persone care.
Osservavo il confronto tra i due uliveti, sono perfettamente uno di fronte all’altro ai lati della strada, in via Aradeo, esattamente nei pressi del viale che porta all’antica Masseria della Contessa, osservavo dicevo, l’incredibile condizione dell’uliveto dirimpetto a quello di Michele, è stato ghigliottinato barbaramente, e lasciato soffocare dal sottobosco di erbe spontanee, mentre le piante di fronte, quelle del nostro amico, sono l’esatto opposto, con un carico di fiori inimmaginabile.
Con questo non voglio dire che basta fare semplicemente come fa Michele e tutti gli ulivi del Salento guariranno o risorgeranno. Certamente in giro lo scenario degli ulivi secchi e tagliati come dei crocefissi nudi, è reale e raccapricciante. Non entro nel merito del come ha avuto inizio questa storia, tanto se ne è parlato ovunque e in abbondanza, quello che non è ragionevole è invece il fatto che stiamo tutti cadendo nella trappola dell’”ormai non c’è più niente da fare, seccheranno tutti”. Così concludono i tanti contadini e non, scoraggiati da questa situazione. Invece bisognerebbe prenderci cura di ciò che abbiamo, e sono tanti gli uliveti come quello di Michele. Ci stiamo affannando per impiantare nuove cultivar spacciate per essere resistenti, con promesse favolose, ma che nessuno garantisce, anzi è già risaputo che bisognano di un intensivo uso di fitofarmaci e di risorse idriche, due condizioni, l’ambiente e le risorse idriche, già fortemente compromessi.
Tutto il contrario dei nostri ulivi che hanno vissuto con eccellenza per secoli su terreni spesso pietrosi e secchi.
E la cosa ancor più orripilante, è che il governo di un Paese come l’Italia, in grado di armare eserciti potenti, come massima espressione della sua onniscienza, attraverso il “Decreto legge Emergenze 07-03-2019”, e precisamente negli articoli 6 ed 8, Obbliga (in barba al diritto della salute dei cittadini dettato dalla Costituzione) 2 trattamenti chimici su tutto il territorio con insetticidi a maggio e giugno e Obbliga (sempre in barba al divieto assoluto di deroga sulla salvaguardia dei beni culturali dettato dalla Costituzione) l’estirpazione di piante secolari ospiti nei 100metri attorno a piante infette.
Grazie Michele, per la speranza, speriamo che sia più contagiosa di questa fantomatica Xylella.
Decreto Emergenze: una coalizione di oltre 200 scienziati, medici, giuristi, economisti, agricoltori, giornalisti, organizzazioni della società civile contro art. 6 e 8 | ISDE Italia @MIUI|
Marcello D’Acquarica
gen182018
Il Comune di Galatina e il Dipartimento di beni Culturali dell'Università del Salento stipulano un accordo al fine di collaborare nell'organizzazione e nella realizzazione di progetti nel campo dei beni Culturali ed in materia di sviluppo coordinato ed integrato delle attività di ricerca scientifica, di conservazione, recupero e valorizzazione del patrimonio locale e non.
Galatina è stata individuata dall'Università del Salento come sede di svolgimento di attività anche di interesse della Facoltà del DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, in ragione della rilevanza del proprio patrimonio culturale.
“È un onore per tutta la Città accogliere l'arte e la scienza dell'Università del Salento all'interno del nostro palazzo della Cultura. Per il Comune di Galatina la cultura rappresenta un'importante opportunità strategica per la valorizzazione e lo sviluppo culturale, sociale ed economico dell'intero territorio" dice il Sindaco Amante. "Tra l'altro, in coerenza con gli obiettivi programmatici di mandato, l'amministrazione ha avviato sin da subito azioni rivolte a rendere la cultura il motore da cui far rinascere l'economia e l'orgoglio della Città."
Allo stesso modo l'Assessore alla Cultura Dettù afferma che "la partecipazione degli studenti iscritti al DAMS rappresenta per la Città un'importante occasione di crescita culturale e di coinvolgimento di giovani, esperti, operatori del settore docente e portatori di interesse, che potranno rappresentare per tutto il territorio galatinese una preziosa risorsa. L'accordo con l'Università del Salento si arricchisce anche della rinascita a Galatina della <Notte della Cultura> che coinvolgerà tutte le associazioni del settore, a dimostrazione dell'investimento credibile che l'amministrazione sta facendo sulla madre-cultura."
Ufficio stampa Marcello Amante
gen282021
L’Amministrazione Comunale di Galatina, guidata dal sindaco Marcello Amante, sposa il progetto di rigenerazione ambientale denominato “Il Bosco di Athene”, proposto dall’Associazione Salento Km0. L’associazione, che negli anni ha sviluppato come sua missione principale quella di tutelare, promuovere e valorizzare il patrimonio ambientale e culturale del nostro territorio, intende agire soprattutto attraverso eventi, laboratori, mostre, pubblicazioni, incontri, progetti e prodotti, in sinergia con le Istituzioni, tra cui appunto il Comune.
Nello specifico il progetto “Il Bosco di Athene” ha l’importante e ambizioso obiettivo di rigenerazione ambientale e valorizzazione delle aree verdi ed extraurbane per rispondere alla crisi ecologica in corso, fortemente compromesse dal disseccamento rapido degli olivi, diventati nel giro di pochi anni distese di alberi secchi, facili bersagli di incendi e speculazioni edilizie. In particolare si intende convertire un’area attualmente sottoutilizzata e degradata in un bosco di comunità, incrementandone il valore ambientale e sociale attraverso laboratori permanenti di pratiche agro ecologiche e di sperimentazione.
Per realizzare il progetto l’Amministrazione, partner attivo dell’Associazione Km0, si occuperà della realizzazione di una mappatura dei terreni demaniali per replicare il progetto e ampliarne le ricadute; darà il via all’autorizzazione a campagne di piantumazione in terreni di proprietà comunale da individuare con apposita ricognizione; consentirà la concessione in comodato d’uso di terreni demaniali senza alcun onere per l’Ente; realizzerà la bonifica dei terreni dai rifiuti presenti; garantirà il supporto organizzativo attraverso gli uffici competenti; garantirà il supporto comunicativo per l’iniziativa presso gli organi di stampa e per informare la comunità.
Il “Bosco di Athene” nasce – dichiara Casaluci, presidente dell’associazione Salento KmO - dalla collaborazione dell’Associazione Salento Km0 con un gruppo di cittadini e professionisti galatinesi con l’intento di rigenerare e valorizzare la cinta rurale di Galatina, ricca di beni ambientali e culturali sotto-utilizzati e oggi fortemente colpita dal disseccamento degli olivi. Vogliamo realizzare un progetto incentrato sulla riforestazione di terreni pubblici e privati abbandonati, nel nostro comune così povero di spazi naturalistici dove godere del contatto con la natura. Vogliamo creare un “bosco di comunità”, realizzare attività e laboratori permanenti di pratiche ecologiche e di sperimentazione di produzioni sostenibili. Siamo soddisfatti del supporto manifestato dall’Amministrazione sin dal primo momento per un progetto così importante per la comunità, formalizzatosi nella deliberazione di un partenariato attivo, certi che sia solo il primo passo verso la costruzione di un percorso collettivo di interesse comune».
Ufficio stampa Marcello Amante
sindaco di Galatina
nov202014
Anche quest'anno ci sarà a Noha il presepe vivente nei seguenti giorni: 25, 26 e 28 dicembre 2014 e l'1, il 4 e il 6 gennaio 2015.
Dall'antica masseria Colabaldi il presepe trasloca nel centro storico di Noha.
La natività avverrà all'interno di in uno dei beni culturali più belli e suggestivi del Salento, un luogo mitico, unico al mondo.
Dove? Rimanete sintonizzati con Noha.it: lo scopriremo insieme strada facendo.
La redazione di Noha.it
mar062017
Bagno di folla, per il candidato sindaco di Galatina, Giampiero De Pascalis, e per la sua coalizione battezzata, proprio ieri, “Obiettivo 2022”, al primo incontro pubblico con la città, al Teatro Tartaro. Un incontro segnato da due passaggi fondamentali: il discorso del candidato e la firma dei rappresentanti dei partiti e delle liste civiche su un documento di “Impegno per la città, con la città”.
«Se sarò il sindaco di questa città, le aziende della mia famiglia non parteciperanno alle gare bandite dal Comune». Questa la premessa di De Pascalis e poi, con tono deciso e sguardo fisso alla traboccante platea: «Quindi non ho alcun conflitto d’interesse e la scelta di candidarmi è stata difficile anche per questo. La situazione economica non è facile, e non si rinuncia a cuor leggero a partecipare a gare pubbliche, ma Galatina sta morendo e ognuno deve mettere le proprie conoscenze a disposizione degli altri per tentare di far crescere al meglio la propria collettività ». Prima del suo discorso ha voluto che fosse proiettato un frame tratto da “Quinto Potere” per riprendere poi il sentimento di rabbia che traspare nel monologo clou del film e farlo proprio. Una rabbia per l’ospedale declassato, per il buco da 12 milioni di euro delle casse comunali, per i beni messi all’asta «per le incaute scelte di chi ci ha preceduto e ha determinato questo dissesto», per il degrado del centro storico, per gli sprechi, per gli stipendi e gli incentivi «da grandi manager», per le frazioni con le strade piene di buche e Santa Barbara «la più dimenticata».
Non solo rabbia, ma anche le leve che azionerà se Galatina lo vorrà primo cittadino.
«La casa comunale – ha affermato – non può reggere in assenza di programmazione,
serve una spending review seria e non di facciata, serve un serio controllo sui centri di costo, è necessaria una costante formazione del personale dipendente per migliorare le loro competenze. Non possiamo permetterci un sistema informatico obsoleto, non permetterò sprechi energetici». E poi la chiusa: «Se sarò il vostro sindaco, non lasciateci soli».
Ufficio stampa del candidato sindaco
gen252016
Bello! Vedo che in occasione del presepe vivente, con l’obiettivo di far conoscere meglio i beni culturali di Noha, ogni volta si scopre qualcosa di nuovo e di importante.
L’anno scorso, (Natale 2014), mi accorsi che faceva bella mostra di sé, appoggiata per terra all’ingresso della “Casa Rossa” messa lì apposta, ma forse non notata, un’antica pietra circolare che sicuramente fu un coperchio delle fosse granarie che a Noha erano scavate nella roccia in località cisterneddhra, risalenti probabilmente al tempo dei monaci basiliani, il che vuole dire prima dell’anno mille.
Quest’anno (Natale 2015) abbiamo avuto la gioiosa sorpresa di vedere un affresco sull’antico muro del Castello. Veramente anche nella Masseria Colabaldi mi aspettavo di vedere qualche icona bizantina nel conventino dei basiliani o nella chiesetta di Santu Totaru. Forse il degrado ha avuto la meglio e tutto è scomparso.
L’affresco di quest’anno è una testimonianza in più che conferma l’antichità della nostra cittadina. Senza voler entrare nel merito del valore artistico, dell’autore e di quando è stato fatto (per il momento si può fare solo ipotesi), volevo presentarvi le mie considerazioni.
E’ risaputo che i baroni dal secolo XI e seguenti ci tenevano a costruire il loro Castello. Sappiamo anche per certo che il nostro primo Barone fu Pietro De Noha che nel 1270 mise il centro della baronia (molto estesa) del suo casato a Noha. Pietro De Noha morì nel 1308 e gli successe il figlio primogenito Guglielmo. Ma Pietro De Noha non è sorto come un fungo, la sua casata già esisteva. Per cui troviamo nel secolo XII Nicolò De Noha, uno dei 12 capitani che condussero in Lecce i principi normanni, al quale, siccome agli altri, donarono nobili feudi (cf. Archivio mutatoriano: studi e ricerche in servigio della nuova edizione de “Rerum italicarum scriptores” di L. Muratori, Edizioni 11-15 pg.695). E sappiamo anche che Nicolò De Noha era figlio del celebre Cavaliere di Malta Goffredo De Noha.
Non so se sia in piedi alcun legittimo Rampollo della nobilissima Famiglia di Noha, denominati di tal forma per la Signoria di quel Castello sito nel fertilissimo Territorio Leccese, ove son stati anche Signori di Padulano, di Francavilla, e di Cavallino, e altre Terre nella medesima Provincia, reputati nobilissimi nella Città di Lecce, havendosi memoria posseder tal Dominio sin dall’anno 1253, e nel Registro del Re Carlo Primo dell’anno 1268 ritrovai Guglielmo de Noha con il titolo di Miles comparire avanti il detto Re, come altri Baroni della Provincia, e ben se ritrovano altri honori in detta Famiglia, come si scorge da’ Reali Registri. (Testimonianza di don Giuseppe Reccho “Notizie di famiglie nobili ed illustri della città e Regno di Napoli” stampata a Napoli nel 1717).
Nel 1268 dunque Guglielmo De Noha con il titolo di “Miles” compare avanti il detto Rè, come altri baroni della provincia e havendosi memoria posseder tal Dominio sin dall’anno 1253.
Il termine miles, nel linguaggio delle fonti medievali, si riferisce al combattente a cavallo o cavaliere. Il miles fa parte di un ceto sociale, con l’investitura cavalleresca da parte del Re. Allo status di miles erano connessi privilegi fiscali, ereditari, giudiziari. E ad un certo punto chi apparteneva alla stato di miles era considerato parte della nobiltà.
Ebbene tutto questo per dimostrare che la nobile famiglia De Noha apparteneva a questo ceto dei Miles (combattenti a cavallo). Ecco allora perché l’affresco che abbiamo visto ci riporta una scena di cavalleria. I De Noha amavano l’arte cavalleresca e niente di strano che nel loro Castello abbiano fatto affrescare le pareti del giardino con scene di cavalieri a cavallo.
Già sappiamo che quando nel 1700 il Castello fu ristrutturato e divenne una masseria, quel muro fu ricoperto di intonaco: così l’affresco è arrivato fino a noi per quel tanto che si può ancora vedere, ma è un tesoro prezioso da salvare e custodire.
P. Francesco D’Acquarica
apr242014
Serie B maschile, appuntamento il 27 in casa contro il “Circolo della Stampa” di Torino.
Filippo Stasi (ds): “Per noi i playoff sarebbero un sogno”.
Anche quest'anno il Circolo Tennis di Galatina disputerà il campionato maschile di serie B. Lo scorso anno, la vittoria ai playout contro il C.T. Terni ha regalato un nuovo anno di permanenza in questa serie, ai salentini guidati dal Direttore Sportivo e Capitano, Filippo Stasi.
Il primo incontro di questa nuova stagione della Divisione Nazionale di Serie B, si giocherà nei campi del Circolo Tennis di Galatina domenica 27 aprile contro il Torino a partire dalle 9:30.
Il “Circolo della Stampa” di Torino, con il suo splendido impianto (23 campi da tennis in terra rossa) è uno dei circoli più importanti ed antichi d'Italia. Il suo campo centrale ha ospitato la Coppa Davis, la Federation Cup, gli Internazionali d’Italia e alcune dei Campionati Italiani Assoluti. Hanno calcato il campo del CT La stampa di Torino giocatori del calibro di Lindsay Davenport, Mark Philippoussis, Lleyton Hewitt, David Nalbandian, Elena Dementieva e Fabio Fognini, per citarne solo alcuni.
”Quest'anno ci siamo rinforzati con tre innesti importanti: Alberto Giannini, proveniente dal nostro vivaio, Perdanio Lo Priore dal CT Roma ed il numero tre d'Europa under 16, Stefanos Tsitsipas. Da direttore sportivo mi aspetto molto dai nuovi arrivati; ma sono certo si integreranno al meglio nella nostra squadra, che ci ha regalato un 2013 meraviglioso. Stiamo molto bene fisicamente e pensiamo di poter iniziare la stagione con il piede giusto, contro una squadra forte, il Torino, che l'anno scorso ha fatto benissimo in questa serie. Quest'anno voglio puntare direttamente ai playoff, sarebbe un sogno.
Galatina, 24 Aprile 2013
Filippo Stasi
mag302021
L’amico Pierantonio De Matteis, Consigliere Comunale, è intervenuto in maniera abbastanza critica a proposito del “PASTICCIOTTO DAY”, iniziativa che promuove il consumo del dolce più conosciuto del Salento e che, al secondo anno di vita, vanta una significativa eco mediatica.
La sua è una posizione che può trovare consensi ma che non condivido.
L’iniziativa ha valenza commerciale, incentiva l’acquisto del dolce offerto ad un prezzo scontato di 0,60 centesimi e funge da traino al settore delle pasticcerie salentine che, comunque, nella settimana della proposta aumentano le proprie vendite.
E’ giusto spostare l’attenzione proprio sul valore identitario locale del dolce ma a mio parere questo non è intaccato dall’iniziativa. Alcune attività cittadine, tra laboratori di pasticceria e semplici bar hanno aderito al “PASTICCIOTTO DAY” ed ognuna di esse ha una precisa riconoscibilità per tradizione e per servizio alla clientela.
Difendo e sostengo tutte le attività che lo hanno fatto, come allo stesso tempo, rispetto la scelta di chi ha declinato l’invito.
Non possiamo contestare a nessuno la qualità del prodotto solo perché il prezzo è ridotto e neppure fare dei confronti tra professionisti del settore.
Noi offriamo una storia, la tradizione che si è consolidata in generazioni di maestri pasticceri che hanno generato un dolce unico per tipicità. Un dolce riconoscibile nella sua forma, nel colore, nella sua consistenza, nel suo profumo. Che a Stoccolma o in ogni angolo del mondo facciano un pasticciotto simile e buono va benissimo, solo non è il nostro.
Auspico quindi un sempre maggiore successo della manifestazione, perché accentuerà i riflettori sul dolce e, di conseguenza, avrà un diretto beneficio sul valore identitario di GALATINA CITTA’ DEL PASTICCIOTTO ®.
All’interno di una cassa mediatica nazionale sarà molto più agevole far riconoscere le nostra tradizione e il nostro prodotto.
Le posizioni di principio devono fare i conti con la realtà che si muove intorno a noi. Gli scacchi insegnano che l’arrocco è una mossa difensiva e la nostra partita comincia ora, dopo che per decenni del nostro pasticciotto si è sentito solo blaterare.
L’invito è quindi quello di volare alto, condizionando a nostro favore le situazioni e facendo in modo che il primo di giugno di ogni anno si venga a comprare #ilpasticciottodiGalatina.
Nico Mauro
Assessore alle Attività Produttive e Turismo
gen132017
La raffinata doppiezza del comunicato-stampa diramato ‘urbi et orbi’ (soprattutto orbi) da parte di uno dei soci della discarica di famiglia, e già che si trova anche candidato alla poltrona di sindaco [Galatina, per grazia di Dio, non si fa mai mancar nulla, ndr.], ha tutta l’aria di una excusatio non petita.
Sì, perché nel mio pezzo dal titolo: “Cava De Pascalis: è permesso sapere?” quel “Cava De Pascalis” non era un vocativo, ma un complemento di argomento, seguìto appunto non da una virgola (questa, sì, avrebbe forse potuto trarre in inganno), ma dal comune carattere tipografico dei due punti.
Ergo: si parlava di, a proposito di, riguardo a, sopra, circa, about, insomma intorno alla Cava De Pascalis, e non a, all’indirizzo postale o al recapito della spettabile ditta.
Puntuale come la morte è arrivata invece (chi l’avrebbe mai detto) l’originalissima lettera a cielo aperto del titolare effettivo dell’immondezzaio nohan-galatinese (parlando con pardon: uso un sinonimo per non ripetere il solito lemma ‘discarica’ - del resto non stiamo mica discettando di un’oasi del National Geographic, sebbene avrebbe potuto benissimo diventar tale nel caso in cui il bene comune avesse prevalso su uno degli affetti più cari dei diretti interessati: il portafoglio).
Nell’enciclica sociale, il membro scrivente, nel ringraziare l’anonimo cittadino di Noha [che poi sarei io, ndr.], il quale aveva chiesto pubblicamente chiarimenti [non a lui, o all’amministrazione della cava - per considerazioni così scontate che capirebbe pure un bambino in seconda elementare e neppure tanto sveglio - ma a soggetti terzi possibilmente non in conflitto (vale a dire consonanza) di interessi con il padrone delle ferriere: del resto, cosa ti aspetti che dica un Marchionne se non che dai tubi di scappamento delle sue automobili fuoriesca profumo Chanel n. 5? - ndr.], ci attacca un pippone inenarrabile partendo dal 1950, citando antichi proverbi, blaterando di rispetto delle norme, di figli, nipoti e amici, nonché della sua “personale sensibilità alle tematiche ambientali” [giacché c’era poteva anche chiarirci in quali termini, e se per caso lui e i suoi amici di cordata politica fossero, per dire, ancora favorevoli al mega-porco commerciale di 26 ettari da colare nei dintorni di Collemeto: così, tanto per avere un’idea circa certe “sensibilità alle tematiche ambientali”, ndr.].
Il novello pezzo grosso della politica galatinese continua poi imperterrito a tranquillizzarci dicendoci che tutto è apposto e in regola [se lo dice la proprietà dev’esser vero, ndr.] e dichiarando che le porte dell’azienda sono sempre aperte per i dovuti controlli [ci mancherebbe altro che i cancelli dell’azienda rimanessero sprangati di fronte ai dovuti controlli, ndr.] e infine, ciliegina sulla discarica, il suddetto socio-ambientalista mette a disposizione dei cittadini il proprio indirizzo mail cui indirizzare qualsiasi dubbio o richiesta di chiarimenti [mei cojoni: vuoi che l’oste non ti dica subito subito se il suo vino fa schifo? Suvvia, uomo di poca fede. ndr.].
Non pago di tutto questo, il nostro aspirante sindaco, non si sa perché, termina il suo trattato con una dotta nonché interessantissima dissertazione sulla differenza tra traversine ferroviarie in legno e quelle in cemento [si sarà evidentemente laureato discutendo una tesi in traversine, ndr.], del che ovviamente non possiamo che rendergli grazie: del resto tutto è cultura, come diceva quel tale.
*
E Niente. Sarà che in certi settori (come quello delle discariche) la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità; sarà che il sottoscritto è uno al cui confronto Murphy (quello della legge) era un inguaribile ottimista; sarà che certe supposizioni (o supposte) non portano nulla di buono; sarà che nemmeno il più sprovveduto dei cittadini può essere così ingenuo da prendere per oro colato il verbo del padrone di turno (che per definizione sarebbe capace di ogni ritocco pur di far sembrare presentabile persino Fukushima dopo l’esplosione); sarà tutto questo contemporaneamente, ma insomma l’epistola carica del socio nonché probabile futuro sindaco di Galatina non m’ha tranquillizzato per niente.
Oddio, qualcuno l’avrà tranquillizzato, eccome: tipo certi gggiornalisti di Gggalatina (già di per sé sereni e tranquilli per indole e formazione), che, anziché controllare questo o quel potere indigeno con inchieste, ricerche o almeno una domanda una che sia tale, si limitano a copia-incollarne i comunicati ufficiali, bistrattando così i loro poveri, inconsapevoli lettori.
Mi sa tanto che i veri rifiuti tossici da ammassare in discariche severamente controllate come manco un sito nucleare sono certi quotidiani appena usciti dalle rotative tipografiche.
Credo si tratti di veri e propri inerti contaminati, da non toccare nemmeno con una canna da pesca. E sottolineo inerti.
Antonio Mellone
ott272014
L’assessore Coccioli è fatto così: bisogna capirlo. Se non scrivi, non solleciti, non chiedi, non “inoltri istanze” più e più volte sembra sia incapace di intendere (cioè fa lo gnorri) e soprattutto di volere. Pare che l’assessore, per indole e formazione, non ce la faccia proprio a degnarsi di formulare ed esprimere pubblicamente un pensiero uno di fronte alla richiesta di un cittadino qualsiasi.
Non ti dico se codesto cittadino per infausto caso dovesse essere di Noha, se la domanda dovesse riguardare un interesse pubblico (non privato), e se la petizione non dovesse essere almeno preventivamente transitata dall’anticamera dell’“ufficio protocollo” del Comune: in questi tre casi concomitanti sembra addirittura che l’assessore fuggente (come l’attimo) si dilegui nel nulla.
Il tema purtroppo è sempre quello dell’allaccio alla rete elettrica per il tramite di una cabina in muratura in modo da far funzionare (come sciaguratamente non è finora mai avvenuto) tutti gli impianti acquistati ed installati nella vecchia scuola elementare di Noha, quella di piazza Ciro Menotti, ristrutturata (quasi) per intero grazie ad una spesa pubblica di 1.300.000 euro.
Sul tema abbiamo finora prodotto e pubblicato su questo sito (cfr. rubrica “ex-edificio scolastico”) circa 19 articoli e 5 video, oltre ad un incommensurabile numero di vignette. Ma temo che di questo passo, per smuovere le terga assessorili (e invero anche quelle degli altri cosiddetti nostri rappresentanti) saremmo costretti a continuare ancora imperterriti su questa falsariga, magari con cadenza settimanale o al più decadale. Vediamo un po’ se con tale metodo anche noi saremo in grado di esclamare, come Galileo Galilei al cospetto dell’Inquisizione, “eppur si muove”.
E’ che l’assessore Coccioli, non più tardi del 27 marzo 2014 pubblicava su questo sito un comunicato nel quale prometteva la realizzazione di questa famosa cabina elettrica “tra giugno e settembre 2014 [sic!]”. Ora, essendo spirati i termini da egli stesso esternati senza che alcuno abbia visto all’interno o nelle immediate adiacenze di quella scuola un indizio o una traccia di codesta cabina (a meno che questa non sia stata interrata senza che noi altri ce ne accorgessimo), siamo qui a chiedergliene ragione, ed eventualmente una nuova data a partire dalla quale, per dire, in estate in quell’edificio non si sarà più sottoposti agli effetti involontari di una sauna fuori luogo, mentre in inverno non si sarà più costretti, grandi e piccoli, ad accedervi come in un igloo, pragmaticamente imbacuccati con sciarpe e pellicce alla stessa stregua di uno Yeti.
Vorremmo, già che ci siamo, chiedere anche al consigliere Carlo Gervasi, che aveva pure, come dire, sbandierato un certo interesse al problema con tanto di interrogazione al parlamento galatinese se si ricorda qualcosa in merito alle risposte a suo tempo ricevute dagli interrogati; e soprattutto se ha tuttora “a cuore” la questione di Noha, e – giacché c’è - eventualmente intenzione di intervenire ancora una volta sul tema; o se invece a questo punto non abbia già deciso di gettare la spugna, contribuendo così anche lui a mandare definitivamente in malora quel milionetrecentomila euro di soldi (anche suoi).
Per quanto riguarda i consiglieri della cosiddetta opposizione nohana, meglio stendere un velo pietoso.
Tu, anche con i tuoi articoli, cerchi in qualche modo, come nella pallavolo di fungere da alzatore, smistando la palla a questi signori che potrebbero con poco sforzo alzarsi dalla poltrona, sollevarsi e schiacciare nel campo avversario, e magari in tal modo guadagnare pure qualche punto. E questi come reagiscono? Con il vucchipertismo, la paresi, il vuoto pneumatico: non vedono, non sentono e non parlano. Evidentemente il verbo “schiacciare” riescono a coniugarlo solo in concomitanza del lemma “pisolino”.
Salvo poi, in consiglio comunale, dar vita ad una vera e propria sceneggiata napoletana, anzi nohana, sul nulla. Tutti abbiam visto su galatina2000.it il video di quel sonoro siparietto palazzorsiniano, un vero e proprio teatro macchiettistico con tanto di vaiasse sciantose, sbraitanti e rissaiole. Un roba che lascia interdetti, senza parole, indecisi se ridere o piangere.
Non v’è altro da aggiungere se non che troppa gente si lascia abbindolare ancora oggi dai diversivi retorici di questa banda larga fatta di Marise Laurito, di Mari Merola, di Nini D’Angelo (per non dire Pulcinelli), che magari in altri contesti s’atteggiano a suorine dalle buone maniere e perbenisti della domenica.
Sappiate invece, cari lettori, che bolge sguaiate come queste fatte di bugie e ipocrisie sono imprese che possono riuscire solo a certi figuranti, attori o marionette, e signori (anzi s’ignori) senza tanti scrupoli, che magari s’incazzano e si placano a comando. Sono quegli stessi personaggi in cerca d’elettore che poi votano tutti insieme appassionatamente le più grandi mega-porcate della storia locale.
E sono quegli stessi che, probabilmente, dopo aver percorso a braccetto la processione alle spalle del santo di turno, vanno pure a farsi due spaghi insieme.
Funzionano così le “larghe intese”, il “governo della non sfiducia” e il “concorso esterno”.
Antonio Mellone
set062017
Si terrà a Galatina, nel Chiostro dei Domenicani, presso il Palazzo della Cultura, il giorno venerdì 8 settembre, alle ore 20, la seconda tappa della Staffetta della Responsabilità. Incontro/dibattito di carattere storico e culturale per la comunità galatinese e salentina in generale, dal titolo: "Una donna, un uomo: un impegno comune".
L’iniziativa è incentrata sulla figura di Palmina De Maria ed il rapporto con il fratello beniamino, entrambe figure fondamentali della politica galatinese e forse, primo storico e simbolico esempio di stretta collaborazione e vicendevole passaggio del testimone tra donna e uomo nei processi decisionali delle Istituzioni.
Tra gli esempi più importanti di tale collaborazione, la realizzazione e la direzione dell'Ospedale Santa Caterina Novella.
La serata sarà aperta dai saluti del Sindaco di Galatina, Marcello Amante, e da quelli del Vicesindaco e Assessore alle Pari Opportunità, Maria Rosaria Giaccari.
L’incontro proseguirà con l'intervento dell'Assessore all'industria turistica e culturale della Regione Puglia Loredana Capone e con i ricordi del Senatore Giorgio de Giuseppe, storico della prima repubblica ed amico fraterno della famiglia De Maria.
Leggerà alcune lettere di beniamino De Maria alla sorella, la giovane attrice Sofia Palmieri.
Coordinerà l'incontro, il giornalista Rossano Marra.
Intermezzo musicale della violinista Katerina Maci.
Partner dell'iniziativa: Inondazioni.it, Rete dei centri antiviolenza SanFra, Associazione Donne a Sud, Associazione Metoxè, Associazione Core De Villani.
ott282013
Se diamo uno sguardo ai beni culturali di Noha, e se dimostriamo appena un pizzico di sensibilità nei confronti del nostro patrimonio storico-artistico, non possiamo evitare di chiederci perché mai la sublime eredità che ci è stata consegnata dalla storia è costretta a fare l’ingloriosa fine che è sotto gli occhi di tutti (inclusi i ciechi, gli orbi ed i bendati).
Non è un mistero doloroso il fatto che la torre con ponte levatoio, sì, quella medievale vecchia di sette secoli, si mantenga in piedi ormai quasi per quotidiano miracolo (ed i miracoli, si sa, non si ripetono all’infinito); che il palazzo baronale, meglio noto come il castello, ormai senza più anima viva al suo interno dopo la dipartita degli ultimi inquilini, stia andando incontro al suo inesorabile accartocciamento post-muffa; che il frantoio ipogeo ridotto a poco più che una cloaca a cielo chiuso verrà a breve attraversato da un bel canalone della fognatura bianca (una in più o una in meno, cosa cambia); che l’orologio svettante nella pubblica piazza è da quasi un decennio il più fermo del mondo in assoluto (roba da guiness dei primati: dove per primati stavolta bisogna intendere le scimmie); che le casiceddhre che ormai in tanti vengono a vedere anche da fuori paese (invece chi del posto dovrebbe appena alzare lo sguardo sembra affetto o da cataratta cronica o da cefalea letargica, nonostante la possibilità di accedere a prezzo di costo a numerosi antidoti farmacologici) si sta sfarinando per colpa del cancro della pietra leccese (e soprattutto per colpa di quello culturale che distrugge i residui neuroni degli umanoidi nostrani), mentre il grazioso campanile in miniatura è già venuto a mancare all’affetto dei suoi cari appena qualche mese addietro; che l’affascinante misteriosa casa rossa, la casa pedreira nohana, ha finalmente un motivo di attrazione in più dato alla luce di recente da una betoniera trovatasi per caso nelle sue immediate adiacenze: una neonata altèra casa bianca presidenziale.
Antonio Mellone
feb082023
Si è svolta oggi a Palazzo Adorno a Lecce la pre conferenza stampa digitale, organizzata dalla rivista di turismo e cultura del Mediterrano, Spiagge, diretta da Carmen Mancarella, in collegamento con giornalisti e tour operator per annunciare la partecipazione della città di Galatina alla prossima edizione della Borsa Internazionale del Turismo dal 12 al 14 febbraio 2023 a Milano.
La conferenza stampa, in presenza per i media locali ed in digitale in collegamento con giornalisti e tour operator nazionali e internazionali, ha permesso di presentare l’offerta turistica accompagnata da una campagna di comunicazione a largo raggio su siti specializzati in moda, eventi e turismo per valorizzare la partecipazione del Comune alla Bit di Milano.
È previsto un secondo appuntamento in fiera a Milano il 13 febbraio con una conferenza nell’area stampa dello stand della Regione Puglia durante la quale la città presenterà le bellezze architettoniche, l’orgoglio della cultura e tradizioni, le esperienze e la bontà dei prodotti locali, per una Galatina e un Salento oltre i luoghi comuni e da vivere oltre l’alta stagione.
Galatina si presenta in fiera con una nuova immagine e nuove proposte innovative ma sempre legate alla tradizione e al territorio che ha tutte le potenzialità per attrarre quanti non vedono nell’esperienza di viaggio in Salento solo il mare, ma un insieme di relazioni più profonde ed autentiche con chi vive quotidianamente questi luoghi.
“La nostra presenza come città in una fiera di un contesto internazionale,” - sostiene l’Assessore al turismo e alle attività produttive Maria Grazia Anselmi presente alla Conferenza, “è la dimostrazione tangibile della consapevolezza che rappresenta questo settore per l’economia di Galatina. Abbiamo già gettato le basi per una programmazione di medio e lungo periodo, al fine di poter far conoscere la città e non solo, ad un pubblico nazionale ed internazionale e attento alla cultura locale e a quello che si va sempre più affermando come slow-tourism. Galatina è una città ricca di bellezza, ne abbiamo piena consapevolezza, ora è giunto il tempo di far conoscere quanto possiamo offrire. Dalle bellezze architettoniche, gemme preziose capaci di essere attrattive tutto l’anno per le diverse tipologie di viaggiatori come la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, al fenomeno del tarantismo, nato a Galatina e che attraverso la musica si è affermato sulla scena mondiale, fino ad arrivare all’innovazione applicata ai beni culturali e alla loro conservazione attraverso una mappatura digitale dei monumenti della città per raccontare e preservarne la storia.
Da questa fiera, inizierà il nuovo corso per Galatina e per quanti la metteranno come destinazione per il loro prossimo viaggio,” - conclude l’Assessore.
Fabio Vergine Sindaco
Ufficio Stampa
gen162018
Parte da oggi e per diverse puntate la pubblicazione del prezioso lavoro di ricerca del nostro instancabile P. Francesco D'Acquarica, il primo e il più documentato storico di Noha. Oggetto di questo studio - condotto attraverso l'analisi di archivio di documenti rintracciati nei registri parrocchiali di Noha e in quelli delle visite pastorali dei Vescovi di Nardò, ex-diocesi di Noha - è il rapporto giuridico-storico-pastorale tra gli ordinari diocesani neritini e la chiesa particolare di Noha, fatta di clero e popolo dei credenti.
La redazione
Premessa
Questa ricerca vuole essere una testimonianza in più per dimostrare l’antica esistenza di Noha e della sua parrocchia.
Passerò in rassegna alcune notizie riguardanti i Vescovi di Nardò che dal 1412 hanno governato la diocesi neretina fino al 1986, quando la chiesa di Noha fu obbligata a passare alla diocesi di Otranto.
La divisione è molto semplice: di ogni Vescovo, come fosse un capitolo di questa esposizione, riporto alcune notizie sulla personalità con lo stemma e il logo (ove trovati). Segue l’elenco dei Pontefici e i nomi degli arcipreti con il clero di Noha relativi al momento storico. Infine riporto le relazioni che il Vescovo in elenco ha intrattenuto con la chiesa di Noha.
L’introduzione a questa ricerca è composta dall’elenco dei Vescovi di Nardò dal 1412 al 1986 e dall’elenco degli Arcipreti della chiesa di Noha con la data del loro parrocato.
Origini della diocesi di Nardò
Noha ha sempre fatto parte della Diocesi di Nardò, ab immemorabili, e fino al 26 novembre 1988, allorché, per adeguarsi alle nuove norme della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), è passata alla Diocesi di Otranto, in quanto frazione del comune di Galatina già di pertinenza di quella diocesi.
L’origine antichissima di Nardò come diocesi non è nota. Essa si perde nella notte dei tempi e se ne ignorano lo sviluppo e i primi Vescovi. Già esisteva ed aveva i suoi Vescovi ancor prima del sec. VIII.
Al tempo della iconoclastia (sec. VIII e IX) alcuni Monaci Basiliani, per sfuggire alla persecuzione, si misero in mare e dall’oriente vennero verso occidente, recando con sé alcune reliquie e immagini sacre. Una delle loro navi approdò alla spiaggia di Santa Caterina, distante circa 5 chilometri da Nardò. Qui si stabilirono e fecero una dettagliata relazione del loro caso a Paolo I (Roma 700-757), Papa dal 757 al 767. Questo Pontefice fu molto attento al culto delle immagini. Il martirologio così lo ricorda: «28 giugno - A Roma, san Paolo I, papa, che, uomo mite e misericordioso, si aggirava di notte in silenzio per le celle dei poveri infermi, servendo loro degli alimenti; difensore della retta fede, scrisse agli imperatori Costantino e Leone, perché le sacre immagini fossero restituite alla primitiva venerazione; devoto cultore dei santi, trasferì tra inni e cantici i corpi dei martiri dai cimiteri in rovina in basiliche e monasteri all'interno della Città e ne curò il culto».
Paolo I, dunque, sia per aiutarli, sia per premiarli per la loro fedeltà alla dottrina cattolica, con lettera apostolica dell’anno 761, ordinò al clero e al popolo di Nardò che, resasi vacante la sede vescovile neretina per morte del legittimo pastore, non procedessero, secondo la disciplina del tempo, alla elezione del nuovo Vescovo, ma riconoscessero quale loro legittimo pastore il Priore dei monaci Basiliani, conferendogli così tutta la giurisdizione ecclesiastica sulla chiesa e sulla diocesi di Nardò, insieme con l’uso dei beni appartenenti alla sede vescovile.
Da questo documento si ricava che la chiesa di Nardò sino a quel tempo aveva avuto il proprio Vescovo. E le cose andarono avanti con la giurisdizione dei Monaci Basiliani per circa tre secoli.
Nel 1090 Goffredo Normanno * conte di Nardò, che era ostile ai greci, chiese e ottenne da Urbano II (1040 circa - 1099), Papa dal 1088 al 1099, che il governo della diocesi fosse tolto ai Monaci Basiliani e fosse affidato ai Monaci Benedettini.
* Goffredo di Conversano Normanno (1035 circa - Brindisi 1100 ) fu Signore di Montepeloso, poi Signore di Brindisi, Monopoli e Nardò (dal 1070). Era figlio di un tal Ruggero e di Beatrice, sorellastra di Roberto il Guiscardo. "Celebrato dai contemporanei per le qualità di condottiero e di amministratore. Le cronache sono concordi nel rappresentarlo nobilissimo, di indole bellicoso e fiero, ma pure pieno di viva fede religiosa. Fu particolarmente munifico verso gli enti ecclesiastici e sapiente amministratore delle cose delle civitates in suo dominio, rimaste duramente colpite dalla conquista normanna". (Franco Dell’Aquila, Goffredo il Normanno Conte di Conversano, Adda, Bari, 2005).
Da quel momento il superiore dei benedettini e capo della chiesa di Nardò, abbandonato il titolo di Priore, tenuto dai monaci Basiliani *, assunse per sé e per i suoi successori quello di Abate. Così per molti secoli la Diocesi fu retta dal Priore dei Monaci Basiliani prima e poi dall’Abate dei Benedettini. Però per quanto riguarda la cura pastorale delle anime, e cioè per l’amministrazione dei sacramenti della cresima e dell’ordine sacro e per la consacrazione del crisma si dovette ricorrere a qualche altro Vescovo o a più Vescovi di diocesi vicine. E pare che Nardò per queste cose dipendesse dall’Arcivescovo di Brindisi. Soltanto a partire dal 1413 fu soppressa l’abbazia di S. Benedetto e fu ripristinata la sede vescovile.
I monaci basiliani sono monaci che si ispirano alla regola dettata da San Basilio Magno (morto nel 379). Possono essere sia di rito greco che latino, anche se spesso vengono erroneamente indicati come basiliani tutti i monaci cattolici di rito greco.
San Basilio fece propria l'esperienza cenobitica del monaco egiziano san Pacomio (292-348), ma le attribuì una "carattere ordinale", consistente nel voler conferire una dimensione familiare alle piccole comunità di monaci. Volle inoltre, cosa molto importante, che i monaci fossero integrati nella vita della Chiesa e vivessero inseriti nella comunità civile, dedicandosi anche, sotto l’autorità del Vescovo, all'esercizio del ministero pastorale. Per questo motivo molti erano anche sacerdoti, un elemento che distingue i basiliani, oltre che dai pacomiani, anche dai benedettini, i cui appartenenti non necessariamente sono sacerdoti. Per questo motivo san Basilio fondò i suoi monasteri non in luoghi deserti o impervi, ma nelle città o nelle loro vicinanze, in modo che la scelta del silenzio e del raccoglimento fosse legata alla dimensione caritativa soprattutto verso i poveri. Infatti, fondò delle vere e proprie cittadelle dove i monaci davano lavoro ai bisognosi, assistevano i malati, i poveri e gli orfani; queste cittadelle, in seguito, furono denominate "città basiliane".
Elenco degli Abati Benedettini
che ressero la Chiesa di Nardò
Giurdaimo (? - 1092)
Everardo (1092 - 1106)
Tustaine (Tristano) (1106 - 1122)
Benedetto (1122 - 1132)
Baldarico (1132 - 1149)
Federico (? - 1170)
Pagano (1170 - 1191)
Innocenzo (1191 - 1210)
Paolo (1210 - 1226)
Aymerico (? - ?)
Loffredo (1226 - 1256)
Ruggero (1254 - 1285)
Desiderio (1285 - 1297)
Giovanni (? - 1307)
Stefano (1307 - 1324)
Bartolomeo (1324 - 1351)
Azzolino De Nestore (1351 - 1355)
Pietro (1355 - 1362)
Guglielmo (1362 - 1396)
Antonio da Perugia (? - 1406)
Desiderio (1406 - 1412)
Giovanni De Epifanis, O.S.B., fu l’ultimo abate e il primo Vescovo di Nardò, eletto il 12 gennaio 1413.
[continua]
P. Francesco D’Acquarica
dic112013
In principio fu il re dei colori. Avvenne quando l’uomo primitivo perse il pelo e scoprì il fuoco. Poi scoprì l’arte e dipinse la sua caverna con il nero dei tizzoni e il rosso della terra. Da lì in poi divenne il colore per antonomasia. Fu scelto dagli incoronati e dagli stessi incoronanti. Col passare del tempo, divenne il colore di molti stemmi di città e di bandiere, del Corsaro Rosso e delle favole, dei garibaldini e delle toghe, degli abiti di vescovi e cardinali e degli addobbi natalizi, delle lotte degli operai e dei cortei della sinistra, per finire nel tifo sfegatato di molte maglie di serie A. Una simbologia contraddittoria, certo, ma a tutto c’è una ragione. Di sicuro il rosso è stato ed è ancora la tinta per eccellenza. Con l’aumentare del prestigio del rosso, soprattutto porpora, nacque una vera e propria malattia, la porporomania. Insomma il rosso con il tempo è divenuto una specie di status symbol, e quindi esclusiva di porporati e potenti. Solo con l’avvento delle rivoluzioni liberiste è passato in uso anche nelle categorie sociali più modeste. E quindi noi nohani, il colore rosso ce lo portiamo dentro ovunque si vada perché è legato all’immagine della nostra terra e alla bellezza della natura che essa stessa genera con i suoi colori e frutti. Terra che ha dato da vivere per secoli a tante famiglie e che invece da qualche tempo stiamo maltrattando ricoprendola di pattume, spacciato a volte per tecnologico, da piattaforme di cemento e da nastri chilometrici di bitume. Nel lasso di tempo di pochissime generazioni abbiamo sepolto più terra che miliardi di uomini in migliaia anni. Fino a poco tempo addietro (i nohani della mia generazione ne sono testimoni), le cappelle di S. Antonio, della Madonna di Costantinopoli e del Buon Consiglio, segnavano il limite dell’area urbanizzata di Noha. Superandole si era in aperta campagna. Il che voleva dire estensione di verde e terra rossa, tracciati di carrarecce e profumi di fiori. Oggi quel limite non esiste più. E’ fuso in egual modo ai medesimi dei paesi limitrofi. Un unicum indefinito di case, strade e mega-porcate di vario genere. Così mentre obbediamo all’incitazione del progresso, la terra si ammala, e noi dietro ad essa. In compenso i nostri figli continuano ad emigrare per cercare altrove ciò che potremmo avere in casa. Un’altra storia questa, ma sempre tinta di rosso, rosso- rabbia. Gli unici beni che ci restano e che per fortuna non possono essere de localizzati, come si usa fare di questi tempi con il lavoro, sono appunto la terra e i nostri beni culturali.
Come le emissioni di gas nocivi devono essere ridotte oggi e non domani, così anche la copertura eccessiva della terra deve essere fermata oggi e non quando il suo recupero sarà irreversibile. Se non decidiamo al più presto che il trend di avanzamento di questa tragedia deve finire, ci vuol poco a immaginare quale rosso vedranno i nostri nipoti guardandosi intorno. Non certo il rosso di vergogna che dovrebbe bruciare sulle facce degli attuali responsabili di questa tragedia, che siamo noi tutti, nessuno escluso, bensì il rosso della loro (dei nostri nipoti) stessa collera per aver ereditato (non certo meritato) un disastro senza pari.
Forse l’unica memoria prestigiosa del rosso che resterà, anche se sbiadito (perché a quanto pare non frega niente a nessuno, politici compresi), è quello della torre dell’orologio, dei sotterranei del castello adiacenti all’ipogeo, della casa rossa, dell’ex cinema dei fiori, degli affreschi nascosti sotto la calce delle colonne della chiesa matrice realizzati da Cosimo Presta, pittore nonché stuccatore della chiesa madre e di una prestigiosa casa privata di Noha, di ciò che resta delle casette che forse qualcuno aspetta che vadano in frantumi per costruirci al loro posto due piani di appartamenti. Forse possono essere salvati solo più da un miracolo del nostro San Michele Arcangelo, come avvenne nella notte del 20 Marzo del 1740, evento miracoloso riportato nel libro della storia di Noha (“Noha, storia, arte e leggenda” di P. Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone, Milano, Infolito Group Editore, 2006), allorquando il nostro San Michele fermò l’uragano con un semplice cenno del suo mantello rosso.
Ecco, questo è quanto chiedo come regalo per il Natale in arrivo: la salvezza dei nostri unici beni culturali che, ahimè, gridano vendetta, compresa la terra che ancora si oppone alle colate delle nostre mega-porcate.
E perché no, aggiungo anche la preghiera per una valanga di rosso che si riversi sulle facce di certi pseudo-elargitori di politica, che hanno perso il pelo, sì, ma non il vizio di fingersi sordi, accecati come sono dall’ignoranza, dagli imbrogli e dalla mancanza di rispetto per Dio. Barcollanti senza mèta, se non la fame di una banale onnipotenza.
mar042014
Venerdì 7 marzo, alle ore 19:00 nella sala del Cinema Teatro Tartaro di Galatina, si inaugura IDENTITA’ IN DIALOGO #PATRIASENZAPADRI, rassegna culturale della Città di Galatina, con il patrocinio della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo Cultura e Turismo, Apulia Film Commission e Lecce 2019, in collaborazione con gli Istituti Superiori di Galatina, le Associazioni Intervalla Insaniae e Inondazioni e con il coordinamento del Servizio Cultura e Comunicazione del Comune.
Ospiti di questo primo incontro Antonella Gaeta, Presidente di Apulia Film Commission e Francesco Miccichè, regista del documentario Lino Miccichè, mio padre. Una visione del mondo.
Con il grande Lino Miccichè, intellettuale italiano, che fu critico e storico del cinema, editorialista ed organizzatore di eventi culturali, Gaeta intratterrà un dialogo ideale su “Il Cinema: prospettiva di lettura e di cambiamento del nostro Paese”, attraverso la voce del figlio, conosciuto dal grande pubblico per aver diretto numerose serie televisive e documentari pluripremiati.
L’iniziativa, che proseguirà con altri due importanti appuntamenti, si svolge nell’ambito del progetto Identità in dialogo-Prospettive Meridiane, giunto alla III edizione, promosso dall’Amministrazione del Sindaco Montagna, a cura dell’Assessorato alle Politiche Culturali diretto da Daniela Vantaggiato, su tematiche di carattere storico-filosofico, politico-sociale e antropologico con particolare attenzione alle prospettive del territorio.
L’obiettivo è aprire il dibattito sul ruolo sociale del padre nel passaggio generazionale, del padre portatore della storia e della cultura, elementi fondanti della struttura dei figli, e contestualmente sviluppare l’interesse, la conoscenza e la comunicazione sui Padri della Città di Galatina.
Per questo sono state invitate ad intervenire personalità di spicco che offriranno dal proprio osservatorio spunti sulla visione del mondo che transita da padre in figlio.
Successivamente, nelle specifiche attività di ricerca per la divulgazione della biografia e dell’ opera dei Padri Galatinesi saranno in particolare coinvolti gli Istituti Scolastici e le Associazioni che ne portano il nome.
Si registra già in questa prima fase del progetto la partecipazione attiva di docenti, genitori e studenti che, sensibilizzati dai dirigenti d’istituto, presenteranno le loro performance in tutti gli incontri in programma.
Mio padre aveva chiaramente in testa una ‘visione del mondo ’ che ha tentato di migliorare proprio in virtù di quel suo punto di vista. Le domande poste dalla sua generazione, in fondo, non sono molto diverse dalle nostre. La questione è che le loro risposte, per quanto molto chiare, alla fine, non sono state sufficienti a cambiarlo. E le nostre?
Su questo punto di domanda posto da Francesco Miccichè si apriranno momenti di riflessione con i giovani nella diversità di linguaggi, tra immagini, parole e musica.
Nell’occasione al regista verrà consegnata la targa ricordo del Premio Marcello Romano per il Cinema-Città di Galatina-2014. Il Premio, istituito nel 2009 dal Comune in partenariato con l’ex Istituto d’Arte ora Liceo Artistico Statale “P. Colonna”, è dedicato alla memoria del galatinese Marcello Romano, cultore di cinematografia, il quale fin da giovane nutrì grande passione per il cinema, approfondendo in particolare lo studio del cinema d’autore.
Lunedì, 17 marzo alle ore 19:00, nella sala del Tartaro, ospite della rassegna sarà Massimo Ciancimino, autore di “Don Vito”, racconto di una vicenda umana dove il rapporto difficile con il padre padrone si intreccia con oltre trent’anni di storia italiana vissuta dall’interno.
Il libro, scritto insieme al giornalista Francesco La Licata, già autore di libri su mafia e politica, è uscito nell'aprile 2010 e ha fatto molto discutere, suscitando anche le attenzioni delle Procure di Palermo e Caltanissetta che ne hanno acquisito copia nelle inchieste sulla presunta trattativa.
Molteplici le critiche associate al nome dell’ultimogenito dell’ex Sindaco di Palermo che ha accettato di venire a Galatina per testimoniare la propria esperienza di figlio su un modello di padre stigmatizzato dalla famiglia e dalla comunità.
Un incontro che si presenta carico di interesse anche per la conduzione affidata alla giornalista e scrittrice tedesca Petra Reski. Conosciuta e apprezzata per il suo lavoro giornalistico iniziato per la rivista Stern, deve la sua notorietà nel nostro Paese per la sua produzione letteraria “di denuncia” sulla criminalità organizzata.
La prima parte del progetto si concluderà sabato 22 marzo alle ore 19:00 a Palazzo della Cultura nella sala “C.Contaldo” in occasione della prima presentazione di “Luigi Mariano: la materia e il colore” a cura di Paolo Maria Mariano e di Giovanna Rotondi Terminiello. Il volume è un omaggio della Città alla figura dell’artista galatinese che nel viaggiare con le sue opere per l’Italia in un percorso sempre più ricco,tra realtà e visione, approda all’originalità assoluta delle sue xilopitture. Le belle immagini, che arricchiscono la pubblicazione, esprimono le scelte di vita che hanno accompagnato il maestro che rivive nella ricostruzione del figlio Paolo Maria, docente universitario, degno erede di scienza arte e cultura, e dei ricordi di Giovanna Rotondi Terminiello, emerito Soprintendente dei beni Artistici e Storici della Liguria, del sodalizio urbinate del nostro con il padre professor Pasquale Rotondi, storico dell’arte al quale l’Italia deve la salvezza durante la guerra di incommensurabili capolavori artistici.
Con queste premesse, illuminanti sono le riflessioni del grande psicanalista Massimo Recalcati contenute nel libro-intervista “Patria senza Padri” sugli errori del mito dell’autogenerazione che permea la civiltà ipermoderna, dell’essere genitori di se stessi, nella convinzione che non ci può essere autentico cambiamento se non attraverso la conoscenza delle generazioni che ci hanno preceduto.
Un impegno che l’ Amministrazione Comunale di Galatina assume per un’azione efficace volta a offrire prospettive per il nostro territorio chiamando tutti ad esprimere la propria visione.
(comunicato del Servizio Cultura e Comunicazione Città di Galatina)
lug252021
Cosi spiega Wikipedia (il dizionario in rete) il detto citato nel titolo:
“Non importa quale sia il risultato, basta che ce ne sia uno. Insomma, non si conosce la destinazione verso cui si sta andando in seguito a determinate scelte”.
Il fatto:
Dal DL - semplificazioni che l’attuale governo Draghi sta proponendo, spunta il via libera all'incenerimento di CSS (Combustibile Solido Secondario). L’argomento riguarda soprattutto la classificazione di questo genere di rifiuti, definiti come combustibile ottenuto dalla componente secca (plastica, carta, fibre tessili, ecc.) dei rifiuti non pericolosi, sia urbani sia speciali, tramite appositi trattamenti di separazione da altri materiali non combustibili, come vetro, metalli e inerti.
Entrare o non entrare nel merito scientifico della materia chimico/batteriologica o del diritto, onde non basterebbero tre tesi di laurea e almeno un decennio di ricerche istituzionali e non, semplicemente c’è da preoccuparsi moltissimo.
La verità è che non se ne può più dei rifiuti, siamo diventati consumatori voraci e produttori industrializzati. Basta vedere quanti se ne espongono ogni giorno davanti alle nostre case per la raccolta differenziata, e quanti fuoriescono dai processi produttivi di aziende, centri commerciali e ospedali, per non aggiungere le famigerate discariche abusive, piccole e grandi.
La seconda verità è che gli addetti ai lavori, non sanno più dove metterli questi benedetti rifiuti e nessuno vuole più avere discariche o siti di stoccaggio dietro l’angolo.
Quindi si sta decidendo che in fondo va bene bruciarli tutti negli altiforni. Così, oltre a liberare l’ambiente dai rifiuti, aiutiamo gli imprenditori (quelli delle “ricadute occupazionali”) ad aumentare gli utili.
Peccato che a rimetterci saremo tutti, a partire dalle fasce più deboli della popolazione, come bambini, anziani e ammalati.
Di fatto, la varietà dei materiali (mercurio, piombo, cadmio, arsenico, cromo, ecc. ecc.) che compongono tali rifiuti è talmente vasta che gestirne le emissioni mediante filtri al fine di evitare l’avvelenamento del nostro habitat costerebbe più degli utili previsti, ammesso che possano essercene, immaginando l’impegno e la buona fede degli utilizzatori di tale combustibile.
Quindi con il DL Semplificazioni, basterà una semplice autorizzazione comunale e qualsiasi rifiuto denominato CSS potrà finire tranquillamente nei forni degli opifici, nel nostro caso anche nei cementifici a chilometro zero, alla faccia della recentissima denuncia pubblicata da Asl Provincia, mediante l’aggiornamento del rapporto sulla Salute della provincia di Lecce RePol 2020, in cui si dichiara che l’area compresa fra Lecce e Maglie (16 comuni, compresa Galatina) è un “Cluster con la più alta percentuale di tumori ai polmoni”.
E pure alla faccia del neonato appello della Consulta della Provincia di Lecce verso il Governo centrale con il quale si vorrebbe chiedere che il Salento venga classificato come "area ad alto rischio ambientale".
Semplificazioni verso il disastro.
Il Direttivo di NoiAmbiente e beni Culturali odv; Noha e Galatina
giu032020
Bravissima la nostra Arianna Gabrieli insignita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere del Lavoro per la sua attività di ricerca.
Congratulazioni, dottoressa, e "ad maiora" da parte di tutti i nohani.
Come annunciato ieri a Codogno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto insignire dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica un primo gruppo di cittadini, di diversi ruoli, professioni e provenienza geografica, che si sono particolarmente distinti nel servizio alla comunità durante l’emergenza del coronavirus. I riconoscimenti, attribuiti ai singoli, vogliono simbolicamente rappresentare l’impegno corale di tanti nostri concittadini nel nome della solidarietà e dei valori costituzionali.
Annalisa Malara e Laura Ricevuti, rispettivamente, anestesista di Lodi e medico del reparto medicina di Codogno, sono le prime ad aver curato il paziente 1 italiano.
Maurizio Cecconi, professore di anestesia e cure intensive all’Università Humanitas di Milano, è stato definito da Jama (il giornale dei medici americani) uno dei tre eroi mondiali della pandemia.
Mariateresa Gallea, Paolo Simonato, Luca Sostini sono i tre medici di famiglia di Padova che volontariamente si sono recati in piena zona rossa per sostituire i colleghi di Vo’ Euganeo messi in quarantena.
Don Fabio Stevenazzi del direttivo della Comunità pastorale San Cristoforo di Gallarate (VA) è tornato a fare il medico presso l’Ospedale di Busto Arsizio.
Fabiano Di Marco, primario di pneumologia all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha raccontato la tragica situazione della città e dell’ospedale.
Monica Bettoni, ex senatrice e Sottosegretaria alla Sanità, medico in pensione, ha deciso di tornare in corsia a Parma.
Elena Pagliarini è l’infermiera di Cremona ritratta nella foto diventata simbolo dell’emergenza coronavirus. Positiva, è guarita.
Marina Vanzetta, operatrice del 118 di Verona, ha soccorso una anziana donna e le è stata accanto fino alla morte.
Giovanni Moresi, autista soccorritore di Piacenza Soccorso 118, ha offerto una testimonianza del ruolo degli autisti soccorritori del 118.
beniamino Laterza, impiegato presso l’Istituto di vigilanza “Vis Spa” e presta servizio nell’ospedale Moscati di Taranto, presidio Covid.
Del team presso l'Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma – struttura di eccellenza della sanità pubblica fanno parte:
Maria Rosaria Capobianchi, a capo del team che ha contribuito a isolare il virus
Concetta Castilletti, responsabile della Unità dei virus emergenti.
Francesca Colavita, Fabrizio Carletti, Antonino Di Caro, Licia Bordi, Eleonora Lalle, Daniele Lapa, Giulia Matusali, biologi
Nel team di ricerca dell’ospedale Sacco e dell'Università degli Studi di Milano, poli di eccellenza nell’ambito del sistema sanitario e di ricerca nazionale:
Claudia Balotta a capo del team, ora in pensione. Nel 2003 aveva isolato il virus della Sars.
Gianguglielmo Zehender, professore associato.
Arianna Gabrieli, Annalisa Bergna, Alessia Lai, Maciej Stanislaw Tarkowski ricercatori
Ettore Cannabona, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Altavilla Milicia (Palermo), ha devoluto in beneficenza l’intero stipendio mensile.
Bruno Crosato in rappresentanza degli Alpini della Protezione civile del Veneto che hanno ripristinato in tempi record 5 ospedali dismessi della regione.
Mata Maxime Esuite Mbandà, giocatore per il Zebra Rugby Club e per la nazionale italiana, volontario sulle ambulanze per l’Associazione Seirs Croce Gialla di Parma.
Marco Buono e Yvette Batantu Yanzege della Croce Rossa Riccione hanno risposto all’appello della Lombardia che chiedeva aiuto a medici e personale con ambulanze.
Renato Favero e Cristian Fracassi, il medico che ha avuto l’idea di adattare una maschera da snorkeling a scopi sanitari e l’ingegnere che l’ha realizzata.
Concetta D’Isanto, addetta alle pulizie in un ospedale milanese. Fa parte di quella schiera di lavoratori che ha permesso alle strutture sanitarie di andare avanti nel corso dell’emergenza.
Giuseppe Maestri, farmacista a Codogno, ogni giorno ha percorso cento km per recarsi in piena zona rossa.
Rosa Maria Lucchetti, cassiera all’Ipercoop Mirafiore di Pesaro, ha lasciato una lettera agli operatori 118 donando loro anche tre tessere prepagate di 250 euro.
Ambrogio Iacono, docente presso l’istituto professionale alberghiero Talete di Ischia. Positivo, ricoverato al Rizzoli di Lacco Ameno, ha continuato a insegnare a distanza nei giorni di degenza.
Daniela Lo Verde, preside dell’istituto “Giovanni Falcone” del quartiere Zen di Palermo, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per regalare la spesa alimentare ad alcune famiglie in difficoltà. Suo l’appello per recuperare pc e tablet per consentire ai suoi allievi di seguire le lezioni a distanza.
Cristina Avancini, l’insegnante di Vicenza che nonostante il contratto scaduto non ha interrotto le video-lezioni con i suoi studenti.
Alessandro Santoianni e Francesca Leschiutta, direttore della casa di riposo della Parrocchia di San Vito al Tagliamento (PN) e coordinatrice infermieristica che, insieme agli altri dipendenti, sono rimasti a vivere nella struttura per proteggere gli anziani ospiti.
Pietro Terragni, imprenditore di Bellusco (Monza e Brianza), in seguito alla morte di un dipendente, Erminio Misani, che lasciava la moglie e tre figli, ha assunto la moglie Michela Arlati.
Riccardo Emanuele Tiritiello, studente dell’istituto Paolo Frisi di Milano. Con il padre e il nonno hanno cucinato gratuitamente per i medici e gli infermieri dell’ospedale Sacco.
Francesco Pepe, quando ha dovuto chiudere il suo ristorante a Caiazzo di Caserta ha preparato pizze e biscotti per i poveri e gli anziani in difficoltà, organizzando una raccolta fondi per l’ospedale di Caserta.
Irene Coppola ha realizzato, a sue spese, migliaia di mascherine. Ha aiutato una associazione per sordi inventando una mascherina trasparente per leggere il labiale.
Alessandro Bellantoni con il proprio taxi ha fatto una corsa gratis di 1.300 km per portare da Vibo Valentia all’ospedale Bambin Gesù di Roma una bambina di tre anni per un controllo oncologico.
Mahmoud Lufti Ghuniem, in Italia dal 2012, fa il rider. Si è presentato alla Croce Rossa di Torino con uno stock di mille mascherine acquistate di tasca sua.
Daniele La Spina in rappresentanza dei giovani di Grugliasco al servizio della città di Torino che hanno portato prodotti di prima necessità a chi ne ha bisogno, in particolare agli anziani soli.
Giacomo Pigni, volontario dell’Auser Ticino-Olona ha coinvolto una ventina di studenti che hanno iniziato a fare chiamate di ascolto per dare compagnia alle persone sole.
Pietro Floreno, malato da oltre dieci anni di Sla ha comunicato di voler mettere a disposizione della ASL, per i malati di coronavirus, il suo ventilatore polmonare di riserva.
Maurizio Magli, in rappresentanza dei 30 operai della Tenaris di Dalmine che, quando è arrivata la commessa per la produzione di 5mila bombole nel minor tempo possibile, hanno volontariamente continuato a lavorare.
Greta Stella, fotografa professionista, volontaria presso la Croce Rossa di Loano (Savona), ha realizzato un racconto fotografico dell’attività quotidiana dei volontari.
Giorgia Depaoli, cooperante internazionale e si dedica in particolare alla difesa dei diritti delle donne. Ha subito dato la sua disponibilità alla piattaforma “Trento si aiuta” .
Carlo Olmo,ha contribuito nel rifornire gratuitamente Comuni e strutture sanitarie del Piemonte di mascherine, guanti, camici.
Maria Sara Feliciangeli, fondatrice dell’Associazione Angeli in Moto, insieme ai suoi amici motociclisti si è impegnata per consegnare i farmaci a domicilio alle persone con sclerosi multipla.
fonte:Presidenza della Repubblica
mar312015
Ci dispiace leggere polemiche risposte da tecnico comunale a discredito dello Osservatorio, là dove i nostri interventi erano e sono finalizzati a migliorare le opere in corso nell'interesse della collettività.
Pur comprendendo la condizione di frustrazione e di stress in cui operano i tecnici comunali, non possiamo più nascondere una realtà che è sotto gli occhi di tutti.
Questa volta lo diciamo a chiare lettere.
I tecnici comunali col diploma di geometra non hanno le competenze ed i titoli per progettare e dirigere certi lavori.
Lo sancisce la Corte Europea e lo conferma il Consiglio di Stato Italiano.
Per cui siamo in presenza di progettazione e direzione dei lavori illegittime.
Da questo errore alla fonte nascono e ne derivano a cascata tutti gli altri.
La Soprintendenza, per chi è del mestiere lo sa benissimo, va interpellata prima della approvazione di un progetto e non quando le frittate sono fatte.
È un obbligo di legge al quale non ci si può sottrarre e desta stupore quando l'inadempienza è commessa da una Pubblica Amministrazione che dovrebbe dare il buon esempio.
Per i tecnici comunali che vengono retribuiti con compensi aggiuntivi, i lavori e le opere in argomento sono "opere minori", quelle appunto che i geometri potrebbero progettare e dirigere.
Ma per noi e per la legge non è così.
Intervenire in zona A1 di massimo interesse storico, sotto le mura della città antica, affianco alla porta storica, noi non la consideriamo opera minore.
Così pure quando si provvede alla sistemazione dello spazio esterno del più grande complesso monumentale che c'è in città quale e' la struttura del Palazzo della Cultura e Chiesa annessa, non possiamo considerarle opere minori.
Tanto meno gli interventi nei locali di Palazzo Orsini, coevi, se non antecedenti alla Basilica, possono essere considerati opere minori.
La dicotomia di visione da cui nascono poi tutti gli errori e le osservazioni è tutta qua'.
Noi dell'Osservatorio abbiamo come obbiettivo primario la tutela e la salvaguardia del patrimonio artistico architettonico della città e, quindi, è nostro dovere intervenire per consigliare, suggerire e correggere eventuali errori.
A quanto innanzi bisogna aggiungere che in questi casi in cui il committente è il Comune, il progettista è il Comune, il soggetto appaltante è il Comune, buona regola di trasparenza vorrebbe che almeno la direzione dei lavori fosse affidata a terzi.
Ciò detto, l'Osservatorio Tecnico Galatinese, per motivi sia di opportunità e ancor più di legittimità,
CHIEDE
al sig. Sindaco Dott. Cosimo Montagna di voler provvedere a revocare l'incarico di direzione dei lavori ai tecnici comunali che seguono i cantieri in corso nei locali di Palazzo Orsini, in corso porta Luce e nell'area esterna ex Convitto Colonna e di volerinteressare la Soprintendenza ai beni Culturali affinché sovrintenda a detti lavori.
Distinti saluti Galatina,
31/03/2015
Osservatorio Tecnico Galatinese
mar092016
“E chi scende da qui? Ci misi giorni di fatica e bestemmie a salire, tra cadaveri maleodoranti e rocce e grida di morte, ci misi l’orrore stampato negli occhi e il coraggio, tutto questo ci misi, tanto che adesso non scendo! Resto quassù. Che poi, se anche scendo, nessuno mi può riconoscere, che la faccia me la fece saltare un mortaio e la voce fu graffiata da schegge. E il mio nome sparì dalla testa quando fu il grande scoppio. Lo scoppio che tutti ammazzò qui all’intorno. Tranne me che, però, non so più chi sono. A volte mi paio uno, a volte un altro... Io sono uno, nessuno e tutti quelli saltati per aria, morti a fuoco, alla baionetta, asfissiati di gas e ghiacciati di freddo. Che tutti me li sento addosso e mi credo nei loro pensieri. Certo, delle volte penserò di sicuro coi miei veri sentimenti, ma non so quando. Perché io mi ignoro. Sono ignoto persino a me stesso, figurati al mondo! Ma io, il mondo, lo aspetto qui sopra, in trincea – tutto lo aspetto – che il mondo tutto è coinvolto. E questa è l’unica cosa che ricordo: che sono in guerra, una guerra enorme, mondiale addirittura e io – io che non so più chi sono, da dove vengo e chi mi ha messo al mondo; io sconosciuto anche alla sola madre che mi resta, la Madre Patria – io, per essa, la patria, giurai di morirmene, proprio come le altre 90.000 tonnellate di muscoli e ossa, morte prima di me. Io non scendo!”
Mario Perrotta, racconta la Grande Guerra e lo fa come lui sa fare: dopo un’attenta ricerca e concentrandosi sulle piccole storie, per gettare altra luce sulla grande Storia. Su una pagina scelta perché è il racconto del primo, vero momento di unità nazionale. MILITE IGNOTO - quindici diciotto, è un’altra grande prova per l’attore salentino, Premio Ubu 2015: lui in scena è il soldato ignoto di una guerra in cui, gradatamente anche il nemico diventa ignoto. Nelle trincee di sangue e fango veneti e sardi, piemontesi e siciliani, pugliesi e lombardi si sono conosciuti e ritrovati vicini per la prima volta, accumunati dalla paura e dallo spaesamento per quell’evento più grande di loro. Racconta tutto il soldato Perrotta, con la consueta e straordinaria intensità, e lo fa in una lingua d’invenzione nata dal mescolamento di tutti i dialetti italiani.
Lo spettacolo è il 12 marzo 2016 nel rinnovato Teatro Cavallino Bianco per la stagione di prosa 2016 organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria turistica e culturale.
Orario della rappresentazione:
porta ore 20:30 / sipario ore 21:00
Prezzo del biglietto:
1 settore – intero 20,00€ / ridotto 18,00€
2 settore – intero 18,00€ / ridotto 15,00€
lug202022
Il ruolo dei Circoli Arci nella diffusione della cultura della legalità, contro le mafie.
L'utilizzo dei beni confiscati alla mafia, la necessità di semplificare le procedure di accesso ai beni sequestrati per renderli fruibili alla società civile, aiutando le realtà del terzo settore che in questi luoghi producono e sviluppano cultura e bellezza.
L'esperienza in merito del Circolo Arci Levèra
Ricordando sempre chi, per difendere lo Stato, ha pagato con la vita.
Di questo parleremo venerdì 22 luglio, alle ore 18 a Levèra con:
Daniele Lorenzi , Presidente Arci nazionale,
Guglielmo Cataldi , Procuratore aggiunto DDA di Lecce
Brizio Montinaro , Terra Somnia Editore
Saluti:
Fabio Vergine Sindaco di Galatina,
Cosimo Botrugno , presidente di Arci Lecce Comitato Territoriale
Flavia Luna De Matteis , Presidente Arci Levèra
Modera
Roberta Forte , Circolo Arci Levèra
nov302013
L’esortazione apostolica «Evangelii Gaudium» è di fatto il manifesto che il papa vorrebbe attuare nel programma di riforma della Chiesa, a cominciare da se stesso, cioè dal papato. Fa sul serio, ma nello stesso tempo chi collabora con lui, come il prefetto della congregazione della fede, Mueller, ultraconservatore, nominato anche lui dal precedente Ratzinger, lo frena e in parte contraddice le apertura che Francesco tenta. Ci troviamo dunque di fronte ad una fisarmonica: il papa da aria di novità e aperture e Mueller & Company chiudono il mantice e tolgono l’aria. Il documento ne è la prova perché cerca di accontentare tutti e spero che non finisca per scontentare tutti. Per il papa bisogna fare la scelta preferenziale dei poveri, prendendo così uno dei fondamenti della Teologia della Liberazione e un «desiderium» inespresso del concilio Vaticano II (cfr. intervento di Giacomo Lercaro, autorizzato da Paolo VI) e quindi deve sapere che non può accontentare tutti, ma qualcuno lo deve scontentare. E’ nella logica delle cose.
Glielo posso assicurare per esperienza! Gli ultimi trent’anni, io e altri, abbiamo vissuto ai margini della Chiesa, considerati eretici perché non allineati al pensiero ufficiale vaticano che navigava a vista verso il lefrebvrismo fondamentalista, oltre il concilio di Trento, di corsa, verso la schiavitù di Egitto. Per quasi 35 anni siamo stati guardati a vista e ripresi ad ogni sospiro come fossimo appestati. Abbiamo mantenuto la calma e non siamo scappati, abbiamo pagato prezzi altissimi, ma con gioia, senza rinunciare alla nostra visione e alla nostra speranza di un tempo migliore. Avremmo dovuto essere scontenti e in certa misura lo eravamo, ma lottammo per essere fedeli al Concilio, sapendo che curia e papa avevano tradito la profezia conciliare e la fedeltà al vangelo «sine glossa».
Oggi, sempre emarginati dentro la Chiesa, nostro esilio, stiamo un poco respirando perché papa Francesco spesse volte pare usare le nostre stesse parole, espressioni, idee, progetti e speranze. Altri, vescovi, cardinali, preti, seminaristi, curiali et similia sono scontenti perché non vogliono uscire dal chiuso stantio delle sacrestie per paura di sporcare il dopobarba profumato con l’odore puzzolente delle stalle e delle pecore. Come può uno che porta cm 20 di polsi di camicia inamidata con due gemelli d’oro massiccio andare in stalla a dare da mangiare alle pecore in mezzo al letame? Costui piuttosto rinnega il papa o meglio si difende dicendo che è lui, il papa, ad essere fuori di testa.
Ci aspettiamo una posizione forte, decisioni drastiche perché non sono possibili interventi al bisturi. La situazione è talmente incancrenita che bisogna intervenire con l’accetta e con colpi decisi e precisi. Questa volta, o il papa sporca la sua veste bianca di sangue o rischia il fallimento. Mi permetto qualche indicazione.
Stabilisca queste semplici regole, piane piane, lemme lemme:
1. Chiunque lavora in Vaticano, ha il privilegio di aiutare direttamente il papa per cui dura in carica cinque anni e per tutta la sua vita non avrà altro onore (non farà mai carriera).
2. I preti, dal parroco al cardinale miscredente, non possono, per legge, gestire denaro o equipollente (due terzi di preti, oves et boves – ne sono sicuro – se ne andrebbero via perché ci stanno solo per quello).
3. I preti, i vescovi e i cardinali non possono avere proprietà; se ne hanno di famiglia se ne devono disfare prima di diventare preti. Chi parla di Provvidenza deve dimostrare di crederci per primo e preventivamente.
4. Chi non ottempera alle prime tre regole non può diventare prete, e chi viene meno, mentre è prete, vescovo e cardinale, decade immediatamente; ciò significa decadenza nello stesso istante in cui viene contestata l’inadempienza. Chiunque, naturalmente, può ricorrere in tutti i gradi di giudizio, ma intanto, da decaduto, è sospeso da ogni attività ed eventuali beni posseduti, sono sequestrati.
Adelante, Chico, adelante con judicio!
Don Paolo Farinella - Genova
Genova 27 novembre 2013
mag062017
In effetti questa storia del “voto Tizio perché è una brava persona” provoca anche a me una forma di evirazione per forza di gravità: ovvero, come potrebbe più prosaicamente dirsi, mi fa cascare le palle.
Nel mese di aprile su galatina.it Lorenzo Candido, un ragazzo di Galatina ora studente di Giurisprudenza in quel di Roma, con una lettera aperta di alto profilo chiedeva alla comunità tutta un pizzico “di passione incondizionata verso la Politica”.
Così continuava Lorenzo nella sua missiva: “Abbiamo bisogno di dire che la nostra città va difesa ad ogni costo. La nostra città deve essere protetta da ogni abuso, da ogni sberla, anche da quella più velata. Abbiamo bisogno di urlare che lo stupro di questa terra è un crimine. Abbiamo il dovere di combattere la mentalità, fin troppo radicata, del culto della persona. […] Bisogna guardarsi allo specchio e dire: sì, la mafia esiste e ora la distruggiamo”. E infine: “Galatina deve vedere, deve sentire, deve parlare. L’omertà e la passività declinate in ogni ambito ammaccano la democrazia”. Insomma, un vero e proprio programma politico.
Uno pensava (sperava) di poter leggere con la medesima evidenza sullo stesso sito una valanga di lettere in risposta ai temi trattati dal Lorenzo, un dibattito pubblico di un livello finalmente un po’ più elevato rispetto a quello dei calzini corti, e soprattutto degli interventi importanti da parte di “qualcuno che si candida” piuttosto che di qualcuno “che è stato candidato”.
Invece, niente. A Galatina non c’è proprio trippa per gatti (solo truppe di fatti, anzi di strafatti riempiliste).
Sicché ci siam dovuti accontentare di un paio di contributi un po’ così: tipo quello della Roberta Forte, che è partita bene per perdersi subito dopo nel traffico del centro storico di Galatina, il quale, secondo lei, sarebbe da chiudere sì, ma a dosi omeopatiche [cosa c’entra il centro, Roberta: Lorenzo aveva chiesto ben altro, ndr.]; e quello di tal Claudio Bello, che elenca i motivi per cui ha l’Amante, e cioè: 1) perché “non ha simboli di partito alle spalle” [huahahahaha: per la cronaca, il Tipo ha avuto alle spalle qualche fiamma più o meno tricolore, ndr.]; 2) perché sostanzialmente è una “brava persona” (e ridaje); 3) per “non vedere sempre le stesse facce” (come se Amante fosse nuovo di zecca e non un usato sicuro), e soprattutto – ipse dixit - quelle “facce che nelle precedenti tornate elettorali se le son dette, senza mezzi termini, offendendosi vicendevolmente e gridando al pubblico (anche social ma non solo) il proprio disappunto nei confronti dell’antagonista politico”. Ma che film ha visto, Bello? Quando mai se le son dette di santa ragione? Forse quando hanno fatto le peggiori porcate tutti insieme appassionatamente, maggioranza e finta opposizione, come nel caso del mega-porco commerciale di Collemeto? Il problema di Galatina non è affatto l’antagonismo – magari ce ne fosse un po’ – ma il consociativismo, il volemose bene, la Trattativa, il partito trasversale, i tarallucci & vino, la mano che lava l’altra, i finti amiconi, e la cosiddetta mo-de-ra-zio-ne.
Lorenzo avrebbe voluto leggere qualcosa di diverso, di nuovo, magari non necessariamente di inedito, ma non queste coglionate, fritte e rifritte, calzanti con gli argomenti trattati come la Nutella sui cavoli stufati a merenda.
Sono certo che Lorenzo Candido (ma, per la verità, anche il sottoscritto) avrebbe voluto sentire da qualche concittadino che a Galatina finalmente la Politica dice una volta per tutte “Stop al consumo del territorio comunale” (nel senso che è giunto il tempo di pensare alla razionalizzazione degli spazi già edificati, al recupero delle aree dismesse, e al risparmio di ogni metro anzi di ogni centimetro quadrato di terreno agricolo).
Che d’ora in poi si punterà all’efficientamento energetico, alla riduzione dei consumi per esempio della pubblica illuminazione (pensate, ci è arrivato persino Coccioli) e che si impedirà una buona volta che il paesaggio comunale venga devastato in nome della produzione di energia mascherata come pulita (ergo, divieto assoluto a nuove pale eoliche di massa, al fotovoltaico in mezzo alla campagna e alla produzione di biogas da mega-centrali di compostaggio “ana[l]erobico”).
Che la Politica darà per prima l’esempio di un nuovo stile di vita incentrato sulla mobilità sostenibile, sul bike-sharing, sul pedibus, sul trasporto pubblico integrato, sull’autobus a chiamata eventualmente, e soprattutto sull’utilizzo dei mezzi di locomozione comunale francescana, cioè i piedi (che oggi, a Galatina, sembrano invece tutti affetti da calli, alluci valghi, acidi urici, fasciti plantari, metatarsalgia, occhi di pesce e neuroma di Morton, sicché si arriva ad utilizzare l’auto finanche per un giro di villa).
Che verranno incoraggiate le attività di allevamento domestico degli animali (certamente non negli appartamenti dei “grattacieli” cittadini), caratteristica del nostro piccolo mondo antico. Che si continuerà con la raccolta differenziata porta a porta, portandola a percentuali di eccellenza, promuovendo la strategia dei rifiuti zero e, al contempo, anche il compostaggio domestico. Che si cercherà con le buone ma anche con le cattive di combattere la ludopatia (tragedia che sta portando alla rovina famiglie intere).
Che considereremo i ragazzi migranti come una risorsa preziosa del territorio, prima di tutto culturale, da conoscere meglio e integrare nella comunità, anche ai fini di un reciproco arricchimento. Che, per esempio, si incentiverà sempre più la popolazione a scelte quotidiane sobrie e sostenibili. Che si disincentiverà invece la grossa industria del commercio (il mega-porco, per dire, dovrebbe essere bandito dai confini comunali soprattutto grazie alla domanda, voglio dire alle scelte consapevoli dei consumatori) anche al fine di favorire il piccolo commercio (meglio se equo, solidale e di qualità).
Che ci sarà tolleranza zero - pena la chiusura immediata e la richiesta di risarcimento danni - nei confronti delle aziende che inquineranno l’aria, l’acqua e il suolo comunali (nonostante le loro generose offerte di sponsorizzazione). Che verrà incoraggiato in agricoltura lo scambio dei semi tra i cittadini, e che verrà impedito l’utilizzo di diserbanti e pesticidi chimico-industriali in tutto il territorio galatinese (finora qui s’è bandita invece l’agricoltura e tutti i suoi prodotti, “dalle cicorie alle patate di Galatina” che, nonostante la denominazione, debbono ormai essere prodotte fuori dai confini municipali).
Che si impegna nel restauro paesaggistico e dei beni culturali nel principio del dove erano e come erano, facendo tesoro degli elementi tipici del mosaico del “Genius loci”. E che si cercherà in tutti i modi di debellare la mafia in me, prima che la mafia in sé (sì, qui da noi, soprattutto nei metodi – anche nella richiesta telefonica di una firma per la convalida delle proprie liste elettorali – spesso ci si comporta, più o meno a propria insaputa, secondo il manuale del perfetto mafioso).
Ecco. Cose del genere, avrebbe voluto leggere Lorenzo (ma anche lo scrivente) in risposta alla sua missiva, non le minchiate di cui stanno riempiendo manifesti, social-network, e il nostro ruzzolante binomio anatomico meno oblungo e più sferico, onde la libido per queste elezioni risulta in forte calo.
Lorenzo, studia, ‘manisciate’ e torna a casa. Così da Candido potrai diventare pure candidato.
Il tuo primo voto sarà il mio.
Antonio Mellone
dic102013
Probabilmente se ne parla da tempo anche nella nostra parrocchia.
Ma visto che (salvo errori e omissioni) non si ha tanto tempo per l’invio delle risposte (pare che la scadenza ultima sia la fine del prossimo mese di gennaio), ci tenevo a pubblicare sul sito di Noha - anche a beneficio di chi non è assiduo frequentatore del tempio, ma è pur sempre un figlio di Dio, per di più cristiano e cattolico - le trentotto domande rivolte “alla base”, cioè alle famiglie ed al popolo dei credenti, attraverso il famoso questionario proposto da papa Francesco, al fine di far riflettere almeno i nostri venticinque lettori se non su tutte almeno su alcune delle sue famose istanze.
Come riportato anche sul sito di “Famiglia Cristiana” (ma anche su Vatican.va) le risposte ai quesiti possono essere raccolte dalle parrocchie e dalle diocesi, oppure inviate direttamente in Vaticano presso la segreteria del Sinodo dei vescovi.
La rivoluzione di Francesco sta anche in questo, nel passaggio cioè dalla monarchia assoluta ad una forma di governo in cui il capo ascolta (o almeno ci prova) il suo popolo. Che finalmente diventa “egregio”, cessando di esser gregge. Ma c’è da riconoscere che è “rivoluzionario” il tenore stesso delle domande poste ai fedeli.
Purtroppo di fronte al lemma “rivoluzione” a molti prelati viene l’urticaria, onde l’avvento di Francesco sarebbe soltanto la più importante operazione di marketing della storia della chiesa, mentre la sua elezione la trasformazione di una foglia di fico in papa.
In passato la chiesa gerarchica ha spiegato ex-cathedra, cioè dall’alto, qual è la “verità”, quali i dettami della “natura”, quale il “giusto modo” di rapportarsi ai problemi dell’etica, della sessualità, della famiglia…
Ora è come se la parola (in minuscolo, per carità) fosse stata restituita alla comunità dei credenti, i quali potranno dire la loro su temi di scottante attualità. Temi come le convivenze, le coppie di fatto, le unioni gay, ad esempio, che solo qualche mese addietro (non decenni!) erano considerati veri e propri tabù non solo se pronunciati all’interno delle mura di una qualsiasi cappella, ma addirittura anche solo pensati in un raggio vasto quanto basta avente centro in una sacrestia.
Bisogna qui ribadire che non è assolutamente in discussione la dottrina: qui è soltanto cambiato un metodo per formulare le cosiddette pastorali (soprattutto quella sulla famiglia), partendo appunto dall’ascolto (che poi è quella roba – insieme ad altre – molto predicata dai pulpiti ma quasi per nulla praticata).
Come tutti potete leggere di seguito, le domande del quesito non sono strutturate, nel senso che non sono a risposta chiusa, univoca, predeterminata; non siamo, cioè, di fronte ad un test a risposta multipla, o ad un quesito vero/falso. Le domande papali sono “a stimolo aperto” e lasciano spazio alle più svariate risposte.
Vero è che ognuno dei 38 quesiti meriterebbe mesi e mesi di approfondimento, dibatti, relazioni. Ogni questione potrebbe essere benissimo il titolo di una tesi di laurea, ovvero di un ponderoso volume.
Non è materia semplice, dunque, interrogarsi sui grandi mutamenti che hanno cambiato il volto della famiglia; né è pensabile liquidare codesti temi in poco tempo e in poco spazio (e forse bisognerebbe chiedere al committente un po’ più di tempo a disposizione).
Qui c’è da fare, infatti, un lavoro capillare presso le parrocchie, perché il questionario sia presentato ai laici il più possibile in modo corretto, e si dia loro assoluta libertà di rispondere (pur con tutti i limiti che questo metodo comporta, anche nella raccolta dei dati).
Sono sicuro che almeno stavolta non prevarrà l’ottica tradizionale di elaborare il tutto dall’alto, o peggio ancora attraverso le famose “prudenti consultazioni ben guidate”. Mi auguro che in eventuali convegni organizzati su questi argomenti si possa assistere a vere discussioni, magari anche attraverso la presenza di relatori, come dire?, con punti di vista sufficientemente contrastanti. Eventuali nuovi fermenti dal basso dovrebbero essere sostenuti e non venir subito messi a tacere, come invece è avvenuto fino all’altro ieri.
Le rivoluzioni di facciata non servono a nulla. E nessun questionario avrà valore se non si ritorna a discutere seriamente di diritti civili anche nelle parrocchie.
Ora vedrai che per questo articoletto ci sarà il solito tiratore scelto pronto (evangelicamente) a lapidarmi scagliando la prima pietra.
La vera rivoluzione avverrà quando finalmente si comprenderà che un articolo non è altro che lo svolgimento, la trattazione, l’elaborazione (seppur breve) di un tema. E ad un tema non si risponde con un anatema.
Antonio Mellone
feb102014
Ragazzi, lo confesso, è dura. E’ quasi impossibile star dietro a quella macchina da guerra che è l’amministrazione Montagna (che non fa proprio rima con campagna), composta da un bel gruppo di novelli Attila, i quali ce la stanno mettendo tutta (riuscendoci benissimo) per passare alla storia come i nuovi flagelli del bio.
L’ultima boutade (da tradurre con buttanata) di sindaco Cosimino e assessora Roberta, che hanno pure fatto finta di azzuffarsi nel pollaio con il consigliere regionale Galati(nese), riguarda il nuovo impianto di compostaggio “in conformità a quanto previsto nel Piano Regionale dei Rifiuti, che la individua (Galatina, ndr.) come uno dei tre siti necessari per il conferimento della frazione organica e congeniali per situazione geografica e bacino di utenza”.
Capito? Galatina e Frazioni (a questo punto umide) sono congeniali (mentre sindaco e assessora semplicemente geniali, oltreché necessari al futuro del comune). I nostri pollitici, con l’evidente “obiettivo di rendere inutili tanto le discariche quanto gli inceneritori” stanno, povere stelle, “dimostrano la concreta volontà di arrivare in tempi brevi alla chiusura ottimale del cerchio del riciclo dei rifiuti anche attraverso la realizzazione di un impianto di compostaggio, che garantirebbe una riduzione dei costi per il cittadino dovuta all’abbattimento dei costi del trasporto e peggio ancora a quelli di conferimento in discarica di un materiale prezioso per la nostra stessa agricoltura ed economia”. Roba che lascia senza fiato, vista anche la punteggiatura oltre che il resto della sintassi del carme, anzi del poema, del componimento-stampa pubblicato sui siti degli amici.
Ma davvero questi ecologistipercaso pensano che tutti se la bevano? Davvero la popolazione di Galatina e dintorni non vede l’ora di ospitare, seppur extra-moenia, “in prossimità della tangenziale Est” (ma dove di preciso?), l’ennesimo mega-impianto credendo alla favola per cui poi pagherà meno tasse sui rifiuti? Sì, come no. I cittadini non ci stanno nella pelle, non vedono l’ora, non credono ai loro occhi, alle loro orecchie, e tra un po’ al loro naso.
E, a proposito, quanto suolo dovrebbe consumare o assorbire quest’ennesimo mega-porco in nome dell’ecologia e della popolazione virtuosa che fa la differenziata? Uno, tre, cinque, quindici ettari? E codesto mega-impianto dovrebbe poi accogliere, oltre al nostro prodotto interno lurdo, anche frazioni organiche provenienti da fuori comune e, ove necessario, anche da fuori regione? E, di grazia, chi sarebbe preposto alla gestione di questo avveniristico impianto virtuoso? Una nuova o una già esistente società mista pubblico-privato (da leggere: idrovora in grado di ingoiare quantità enormi e non ben precisate di fondi pubblici, di cui s’è già avuta esperienza, e proprio a Galatina)?
Ma certo che il sindaco non vede l’ora di incentivare l’agricoltura fornendo quintali e quintali di prezioso humus a chilometri zero ai poderi galatinesi. Però, non si è ben capito per quali - ce lo spiegherà nel prossimo comunicato-stampa -, se per le centinaia di ettari di campi di fotovoltaico che ci attorniano, oppure per i 26 ettari di contrada Cascioni in Pantacom, oppure per quelli che coprirà la nuova erigenda tangenziale, o per i terreni da adibire a nuovi comparti di villette bi-familiari, o per i suoli della nuova area mercatale da spianare quanto prima, come auspicano i consumatori (in tutti i sensi), o per le nuove aree artigianali richieste a gran voce dagli artigiani.
A proposito di artigiani e del loro nuovo comunicato-stampa, in cui, a fianco a richieste ragionevoli, si ritorna a blaterare di nuove aree artigianali, c’è da chiedersi: ma come si fa a non vedere oggi, nelle zone industriali ed artigianali di tutto il Salento, ma anche del resto d’Italia, le decine di capannoni in vendita che, lungo le strade, sembrano attendere un fantomatico compratore, come tante prostitute ormai troppo vecchie? Come si fa a pensare ancora di cementificare il nostro già martoriato territorio con novelle volumetrie? E con quali soldi, poi?
Signori, questo è il livello del dibattito politico in Galatina, la bella addormentata nel losco. Nessuno che dica nulla. Nessuno che ribadisca il fatto che il famoso compost si dovrebbe fare a livello micro, cioè di famiglia, o di condominio, o al più di quartiere, e non con la creazione dell’ennesima discarica o mega-impianto fuori porta (ché di questo si tratta).
E le cosiddette opposizioni? A convegno, a palazzo della cultura (quella roba, la cultura, con la quale, secondo alcuni alti, pardon, bassi capi proprio di quelle fazioni, non si mangia). Sì, pare che gli amici della rediviva Forza Italia si siano ritrovati domenica scorsa a dibattere di un tema che è tutto un programma: “Il ritorno al futuro”.
O forse al tugurio. Di questo passo, e con questi personaggi di destra e di manca (manca, voce del verbo), le due cose coincideranno.
set102015
Continuiamo con queste note (invero un po’lunghe, ma a puntate) a commento dell’enciclica di papa Francesco, la prima nella storia della chiesa scritta e presentata in italiano (o comunque non in latino), e forse proprio per questo negletta dalla gran massa degli italiani impegnati ad applaudire (come, per esempio, i ciellini a Rimini) ogni tribuno - specie se della compagine governativa - pronto a vendere speranze manco fossero pentole antiaderenti.
“Alcuni progetti, non supportati da un’analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualità della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro, come ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell’ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell’uso dell’energia nucleare. La cultura consumistica che dà priorità al breve termine e all’interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione” (tratto dal punto 184, pagg. 152 – 153, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015; la sottolineatura è nostra).
Sembrano parole scritte dal Forum Ambiente & Salute, o dai Sognatori Resistenti, o da Ivano Gioffreda, o da Marcello D’Acquarica, o dall’Anita Rossetti, o da Tonino Baldari & Co. Invece – chi l’avrebbe mai detto – si tratta delle parole di un papa, vergate nero su bianco, su di una circolare inviata urbi et orbi (speriamo non troppi orbi).
Assunti che abbiamo espresso infinite volte allorché abbiamo avuto a che fare con il mega-porco Pantacom, il fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, la S.S. 275 che vogliono far giungere fino a Santa Maria de finibus terrae (ormai nomen omen), la statale 8, il gasdotto Tap, la Xylella vantaggiosa (ai soliti noti), il porto turistico di Otranto, le grandi navi nella laguna di San Marco, e, ultimamente, le trivellazioni in mare, magari a poche miglia dalla battigia: in una parola contro la mafia.
Sì, non c’è niente da fare: là dove si devasta l’ambiente, si deturpa il paesaggio, si mortificano i beni culturali, lì c’è mafia. La mafia non è (più) quella della lupara e della coppola (oddio, qualche pirla così conciato c’è ancora in giro, eccome, anche da noi, e non solo a Palermo o a Roma). La mafia più pericolosa è invece quella del sacco di Palermo (come di Galatina, del Salento, dell’Adriatico…), quella dello scempio ambientale presentato come “sviluppo”, “ricadute occupazionali” e “progresso” (sì, signora mia, saccheggiano anche il vocabolario della lingua italiana, e chiamano “progresso” la barbarie: la solita Itaglia alla cazzo-di-cane). Ma perché la mafia esista e prosperi c’è bisogno di quella zona grigia che è la trattativa stato-mafia: senza trattativa, infatti, non c’è mafia, la quale sta alla trattativa come l’automobile alla benzina: sicché l’una diventa il bene complementare dell’altra, come la scarpa destra e la scarpa sinistra.
“In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?” (punto 185, pag. 153, ibidem). Qui invece chi pone delle domande è il solito disfattista, un “ecologista” (come se il lemma fosse una bestemmia), uno poco pragmatico, e soprattutto un rompicoglioni, un gufo per giunta “rosicone”. Come se la situazione politica, sociale e culturale che stiamo drammaticamente vivendo non fosse frutto appunto di una carenza di democrazia, a sua volta derivante dalla scomparsa del senso critico, che invece è cultura, senso civico tout court.
“L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. E’ realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? [See, campa cavallo, ndr.] All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano” (tratto dal punto 191, pagg. 156 -157, ibidem – la sottolineatura è nostra). Più chiaro di così si muore.
“Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo. […] Si tratta di aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (tratto dal punto 191, pag. 157, ibidem). Ritorna il concetto della decrescita felice, di un altro paradigma, di un’altra economia, a cui fa più volte esplicito riferimento questo papa “qui sibi nomen imposuit Franciscum” (e modestamente anche chi scrive).
Arrivederci al prossimo e ultimo appuntamento con la “Laudato sì”. Oggi e sempre sia laudato.
Antonio Mellone
mar172014
In collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, sotto l’egida del Ministero per i beni, le Attività Culturali e Turismo, e della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo, la Rassegna è rivolta non solo al pubblico affezionato, che ha accolto la notizia con grande entusiasmo, bensì a tutti i cittadini e in particolare agli educatori e ai giovani. L’Amministrazione Comunale tutta, consapevole dell’impegno di energie e delle risorse investite in un momento di generale difficoltà, ha inteso assumere un atteggiamento di non rinuncia, riproponendo la “Stagione Teatrale” che a partire dal 1988 e fino alle soglie del 2000 aveva portato in scena al CavallinoBianco indimenticabili opere.
Giovedì 20 marzo,“Una serata veramente orribile” per inaugurare con Carmela Vincenti,attrice brillante e versatile, incontri con il pubblico che si presentano, tra comicità, ironia e satira,occasione di divertimento e improvvisazione, affidata alla bravura di attrici e attori che si sono già cimentati in avventure sceniche difficili su ben altri gloriosi palcoscenici, con grande apprezzamento di critica e di pubblico.
Capa tosta, passionale e generosa, con questi aggettivi si definisce la Vincenti, cresciuta da Mirabella e stimata da Banfi,già conosciuta dal pubblico di Galatina in una esilarante serata della scorsa estate. Intriganti la raffinata esistenza di “nostra signora del crudo”,le feste anni ’60, la vita e le confessioni di una donna che ci racconta il vero nudo e crudo, in Una serata veramente orribile, nel senso buono, cioè assai forte.
Gli altri protagonisti, tutti meridionali, sono Ippolito Chiarello e Egidia Bruno che, appena dopo il recital “6°(sei gradi)” di Giobbe Covatta, con “Oggi Sposi” lui, e con “La mascula” lei,ci regaleranno straordinari momenti, narrando di temi e di stereotipi con stile, passione e riguardo alla saggezza popolare ma fuori da schemi ordinari. Il 3 maggio, “Serata d’onore” (poesia e musica),appuntamento esclusivo con Michele Placido per chiudere un cartellone che ha puntato sulla qualità dell’offerta culturale.
Giobbe Covatta, comico, attore e scrittore di grande successo, deve la sua fama nazionale a Maurizio Costanzo Show, doveinizia la sua carriera fortunata anche nel campo dell’editoria, a partire dal primo libro Parola di Giobbe. Nel 2010 porta in teatro Trenta, uno spettacolo dedicato ai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. A marzo 2011, in coppia con Enzo Iacchetti a teatro con “Niente progetti per il futuro" una commedia con ben 87 repliche nei teatri di tutta Italia. A gennaio 2012, debutta in 6° (sei gradi). Anche in questo caso il numero ha un forte significato simbolico: rappresenta l’aumento in gradi centigradi della temperatura del nostro pianeta. Covatta, in “6°(sei gradi)” ,attore-autore del testo insieme a Paola Catella, si è divertito a immaginare le stravaganti invenzioni scientifiche, ma anche sociali e politiche, che l’umanità metterà a punto in futuro per far fronte all’emergenza ambientale.Per tutti giovedì 27 marzo un’occasione per sorridere degli “scherzi” del grande comicosul tema della sostenibilità del Pianeta e delle sue popolazioni.
Ippolito Chiarello è unartista eclettico che, spaziando dal teatro al cinema e alla musica,si è cimentato principalmente come attore ma ha praticato anche la strada della regia e della formazione anche in ambito di disagio sociale. Ha lavorato per circa dieci anni con la Compagnia Koreja di Lecce e con altre compagnie pugliesi. Al cinema come attore ha partecipato, tra gli altri, ai film "Italian Sud-Est”, “Galantuomini" e "Fine pena mai”.
Con la sua Compagnia, Nasca Teatri di Terra, ha prodotto, scritto e interpreta da dieci anni con successo lo spettacolo "Oggi Sposi”.
“Oggi Sposi” inreplica a Galatina venerdì 11 aprile è uno spettacolo “leggero”, tra il serio e il comico, un alternarsi ubriacante di sollecitazioni al riso e all’emozione, secondo i canoni del teatro comico musicale. Attraverso la musica, la letteratura, l’improvvisazione e le massime della saggezza popolare l’attore scava “pericolosamente” nei meandri del “rapporto di coppia” raccontando anche della sua stessa vita, con gli amori finiti e quelli mai iniziati.
Egidia Bruno è un altro volto noto a Galatina. Attrice dal dicembre 1990, la sua attività artistica è caratterizzata dalla trasversalità,dal teatro di prosa tradizionale, a quello di narrazione, a quello per ragazzi, dalla televisione al cinema, dalla radio al cabaret. Tutto questo la porta a essere coautrice dei suoi testi: “Io volevo andare in America e invece so' finita in India”, “Non sopporto le rose blu”, sviluppando la corda a lei più congeniale, quella dell'ironia. Dopo il successo di “La mascula” nel 2007 scrive e interpreta lo spettacolo “ANTIGONE 2000 d.C. ‘Na tragggedia!!”. La svolta, quindi, con “ W l'Italia.it... Noi non sapevamo", monologo "serio" sulla “questione meridionale”, rappresentato il 23 novembre 2012 a Galatina nell’ambito della Rassegna Culturale Identità in Dialogo _ guardare la Storia dal Sud, e con il quale vince il premio internazionale "Teatro dell'Inclusione - Teresa Pomodoro" 2012 .
Torna martedì 29 aprile con “La Mascula” scritto e diretto con Enzo Jannacci, per raccontare di un pallone calciato da gambe femminili nel Meridione d'Italia. Si racconta la storia di Rosalbadetta la mascula a cui piace giocare a pallone.