\\ Home Page : Cerca
Ricerca articoli per cuore
Di Albino Campa (del 15/12/2009 @ 23:57:42, in NohaBlog, linkato 20154 volte)

Qualche giorno fa, per caso, ho scoperto un tesoro. Uno di quei link postati su Facebook da qualche amico, un click a mia volta e si è aperto un mondo: Luigi Paoli in arte Gigetto da Noha. Si tratta di un cantautore di musica popolare salentina, oggi settantaquattrenne, originario di Noha ma stabilitosi a Spongano.
La sua figura mi ha colpito particolarmente. E' un artista ibrido che unisce in sè due filoni della musica popolare salentina: il folk cittadino e il canto contadino.
Fisarmonicista, interprete di brani della tradizione, autore di nuovi testi e nuove musiche. Popolare anche fuori dal Salento, in altre regioni ma soprattutto fra gli emigrati, anche all'estero. La sua produzione ha avuto la tipica distribuzione tramite bancarella, destinata a un pubblico indistinto, non specificamente colto e questo lo sentiamo molto negli arrangiamenti folkeggianti. Ma c'è qualcosa di profondo in quest'artista che è legato a quantu vissuto in prima persona senza quel filtro "intellettuale" che oggi ci contraddistingue. Nasce contadino. Vive la campagna e l'emigrazione da contadino con la famiglia. Impara a cantare il repertorio e lo stile della campagna. Nel tempo libero impara la fisarmonica, un mondo diverso che lo avvicina al filone folk. Emigra anche all'estero, poi rientra. Lavora come cantautore in contatto con dei discografici calabresi (e si sente da alcuni dei suoi testi a da alcuni aspetti stilistici delle sue tarantelle).
Insomma vive tante esperienze diverse che formano e influenzano il suo modo di suonare e cantare per cui la sua produzione è abbastanza varia e variegata. Può piacere tutta o in parte, o può non piacere per nulla..ma merita qualche attenzione.
Personalmente mi entusiasma il suo modo di cantare "contadino", la disinvoltura, oggi rarissima, con cui ricorre al quardo grado aumentato del modo lidio, la sapienza tecnica e il modo di dosare gli abbellimenti come i glissando, i melismi, le esclamazioni, le urla, la sua capacità (un tempo diffusissima e ancora una volta oggi rarissima) di ricorrere agli slittamenti ritmici nel cantare la pizzica (off beat), il timbro vocale assolutamente contadino e il ricorso talvolta a note non temperate.
Insomma, per queste doti, Luigi Paoli entra a pieno titolo fra gli alberi del canto salentini, al pari di tanti cantori che non hanno fatto la "carriera" di cantautori ma con i quali condivide la freschezza del suo stile di canto.

C'è anche un'altro aspetto che ai miei occhi lo rende speciale. Diversamente da quello che la maggiorparte della riproposta contemporanea ha fatto e continua a fare, Luigi Paoli ha fanno innovazione nel patrimonio popolare inventando testi nuovi su arie popolari esistenti..cosa che sembra fosse un tempo il modo naturale di far evolvere la musica tradizionale. Oggi si tende invece a cristallizzare dei testi, cantarli sempre nello stesso modo o reinventare la musica, anche allontanandosi dai moduli della tradizione. Anche per questo Gigetto merita di essere ascoltato, in quanto rappresenta una interessante strada alternativa.

Di tutte le informazioni che in pochi giorni sono riuscito a raccogliere su Luigi Paoli, e degli ascolti che ho potuto fare sulla fantastica piattaforma che è Youtube, devo assolutamente ringraziare Alfredo Romano, salentino che vive nel Lazio e che ha pubblicato vari libri legati alle tradizioni del Salento. Grazie al suo canale su YouTube  è possibile ascoltare quasi tutta la vasta produzione discografica di Gigetto da Noha (e se si ha la curiosità di esplorare, si possono ascoltare interessanti registrazioni sul campo dell'area di Collemeto da cui Alfredo Romano proviene). Da questa vasta produzione, vorrei estrarre solo pochi esempi che testimoniano la bravura di Luigi Paoli (sulla base degli elementi che ho elencato sopra). C'è da ascoltare per ore se se ne ha voglia!

Tarantella dellu nsartu (bellissima e da questa si possono ascoltare tante altre pizziche)
http://www.youtube.com/watch?v=p0VBWrj0NWA

Lu pipirussu maru
http://www.youtube.com/watch?v=Ph4x7IaKZvU

Lu trainieri (canto di trainiere)
http://www.youtube.com/watch?v=Sm64_fWrrng

Stornelli
http://www.youtube.com/watch?v=CZwjTP67eZc

Sempre grazie alla gentilezza di Alfredo Romano, è stato possibile reperire e ripubblicare quest'articolo, pubblicato originariamente su "Il Corriere Nuovo di Galatina" nel 1983, in cui lo stesso Alfredo parla del suo incontro/intervista a Luigi Paoli avvenuto in quel periodo. Buona lettura.

march

*********************

Civita Castellana, 17-8-1983

Caro Carlo[1],
ti spedisco un lavoro su Luigi Paoli, un cantastorie, nativo di Noha, che ascoltavo da tempo e che quest'estate ho avuto la fortuna di conoscere personalmente mentr'era attento a vendere musicassette dietro una bancarella al mercato di Galatina. Poi ho voluto conoscerlo meglio, sono stato a casa sua e non potevo aspettarmi altro che quel personaggio che traspare dalle sue canzoni, e cioè un contadino che ha saputo tirar fuori tanta arte dalla sua faticosa esperienza di vita.
E' una voce popolare autentica che non ha niente a che fare con altre voci del Salento che pur hanno un giro commerciale.
Il titolo del lavoro è tratto da una sua canzone «Lu furese ‘nnamuratu», un omaggio a questo menestrello che ha trascorso la vita cantando l'amore.
Mi preme soprattutto porre Luigi Paoli all'attenzione di un certo tipo di intellettuali, di borghesi, di giovani anche, in ogni caso gente estranea al mondo contadino, che snobbano un certo tipo di canzone popolare, considerandola minore se non addirittura volgare. Io so che la gente va ancora matta per certi ritmi o testi che, pur nella loro semplicità, si fanno interpreti di un gusto, un mondo che va scomparendo.
A mio giudizio c'è dell'arte in Paoli se l'arte, oltre ad essere prima di tutto un fatto estetico è però anche rappresentativo. Mi pregio di aver scoperto Paoli o meglio Gigetto, come si fa chiamare. Ne ho approfittato, tra l'altro, per dire la mia su alcuni aspetti poco noti ma interessanti della canzone popolare salentina.
Alfredo Romano

[1] Carlo Caggia, direttore del Corriere Nuovo di Galatina.

*********************

GIGETTO DI NOHA OVVERO LUIGI PAOLI
L’ULTIMO “FURESE ‘NNAMURATU” DEL SALENTO

"Durante la guerra mio padre suonava il flauto per gli Americani a Brindisi, ed io l'accompagnavo con la mia bianca voce di bambino, per campare. Tempi tristi!".
Comincia così il racconto di Luigi Paoli, un cantastorie, un menestrello, un musicista popolare nato a Noha 48 anni fa e residente a Spongano in una bianca e comoda casa di periferia, con immancabile terrazza e orto giardino, e la cantina, dove le botti suonano di pieno e versano a me, fortunato visitatore, un negramaro robusto, profumato.
Non è facile orientarsi nel mercato minore della canzonetta popolare ora che molti improvvisatori sprovveduti si sono lanciati in questo folk alla moda che non ha niente di peculiare e scimmiotta anzi un certo liscio romagnolo omogeneizzato che imperversa nelle sale e sulle piazze di tutt'Italia.
Basta un po' di gusto però per capire che Luigi Paoli, da trent'anni, nel solco di una tradizione propriamente salentina, elabora testi po¬polari, li arrangia, ne inventa di nuovi per un pubblico non solo salentino, meridionale in genere, emigranti soprattutto (in Australia perfino, in Canada) che curano l'amara nostalgia al ritmo di suoni e canti che ricreano l'atmosfera della terra natia. II suo racconto si dipana lentamente in un gesticolare ampio. La voce, il corpo, assumono una dimensione teatrale, un viso pienotto, da scatinatore, occhi neri e luminosi, a sottolineare un sorriso perenne, contagioso.
Il più piccolo di cinque fratelli maschi, orfano di madre a quattro anni, a otto guardava le capre presso un guardiano di Noha. Un giorno, per via che, assetato, aveva impunemente bevuto in un secchio d'acqua tirata dal pozzo destinata alle capre (pare che le capre si rifiutino di bere dove ha già bevuto un altro, n.d.r.), venne appeso al ramo d'un albero a testa in giù, e, come una bestia, bastonato di santa ragione. Quest'episodio acuirà la sua sensibilità di fanciullo, rivelatore di una futura carica umana che Paoli, da grande, saprà trasfondere nella sua musica.
Di quei tempi funzionava a Noha una, chiamiamola così, palestra di vino e canti che era la puteca te lu nunnu Totu te lu Vergari che Gigetto frequentava in compagnia del padre. Qui rallegravano le serate certo Girbertu e certo Marinu Ricchitisu di Aradeo con quel popolarissimo strumento che è la fisarmonica. È qui che Gigetto affina la voce e il suo orecchio musicale; ma la fisarmonica è ancora un mito per lui e ci vorranno degli anni per farsi regalare solo una “Scandalli 24 bassi”.
Arriva poi la prima grande migrazione di salentini, dopo la guerra, nelle campagne di Bernalda, Pisticci, Scansano Ionico, Ginosa Marina, ecc., per dare inizio a estese coltivazioni di tabacco. Questo tabacco, per necessità o malasorte, i salentini ce l'hanno nel sangue e, più della vendemmia o della raccolta delle ulive, rappresenta una forma di maledizione divina che ti perseguita fin da ragazzo. Nasce così, da questa fatica centenaria, tutta una cultura del tabacco fatta di canti, stornelli, motti, proverbi che in molti casi rispecchiano le amare condizioni di vita esistenti allora nelle campagne. In quei grandi capannoni, soffocati dall'afa estiva, mentre s'infilzava tabacco: "Gigettu, 'ttacca, ca nui ne menamu te contracantu", continua Paoli nel suo narrare.
Amore miu sta sona matutinu
àzzate beddha àzzate beddha
ca lu tabaccu imu scire cujimu
cinquanta are te tabaccu tenimu chiantatu
se bruscia tuttu e lu perdimu.
Ulìa cu te ncarizzu beddha mia
e nu te pozzu mancu tuccare
chine te crassu tegnu le ma ne.

Non c'erano donne in casa e Gigetto s'adattava a lavare, cucinare, fare il pane, la pasta per il padre e i fratelli più grandi. A sera poi, finito il lavoro, inforcava una bicicletta senza freni e senza luce fino a Bernalda, 9 Km., a lezione di musica dal maestro Troiani. Cento lire gli costava, quanto un giorno di lavoro.
I progressi di Gigetto convincono i due fratelli maggiori, emigrati in Inghilterra nel frattempo, a spedirgli il denaro per l'acquisto di una fisarmonica vera, una Paolo Soprani 120 bassi. "E cci me parava, caru miu, cu ‘nna 120 bassi… te nanzi 'Ile signurine, quandu trasìa intra le case: ssèttate ssèttate, li primi valzer, la raspa, un po’ a orecchio, un po' a musi ca...". Nasce anche la prima composizione, naturalmente per la sua Noha, sulla misteriosa Villa Carlucci che, da bambini, si raccontava essere il regno del diavolo, di strani folletti.
Un giorno, sedicenne ormai, mentre era attento in uno stretto sgabuzzino a provare un esercizio sulla fisarmonica, ecco dalla sponda di un'Apetta, scendere Cecilia con madre e sorelle venute anche loro a far tabacco dalla lontana Spongano. "In quelle masserie sperdute dove non appariva donna viva, malati di solitudine, dove contavi le ore del sole nel suo levarsi e sparire, Cecilia, col suo bel visino e il petto già pronunciato, fu un colpo di fulmine".
L'inverno, poi, Cecilia ritornava a Spongano e Gigetto, con la solita bicicletta, percorreva 180 Km, allora di strada bianca, per stare qualche ora con la sua bella. Questa bella sarà l'ispiratrice di tante sue canzoni, questa bella, di cui oggi è ancora perdutamente inna¬morato, che gli ha dato sei figli, che lo segue per i mercati del Salento e che sa dividere con lui l'arte d'arrangiarsi dietro una bancarella.
Poi la fuga, allora d'uso, per sposare Cecilia e, qualche mese dopo, in Costarica a piantare banane e canna da zucchero. Paoli ha steso un velo qui nel suo racconto, dice che sarebbe troppo lungo. A me, che vorrei saperne di più, piace l'idea di vedervi celato un qualche mistero.
Si ritorna in Italia, ma non si campa e, questa volta da solo, con la usuale valigia di cartone, in Germania a fare il manovale chimico. "Non stavo male in fabbrica, ma ogni sera era un tormento e le foto di Cecilia e dei miei bambini in capo al letto mi ammalavano di nostalgia. Così non potei resistere a lungo".
Definitivamente a casa, ma con qualche idea. In fondo ha una bella voce e suona bene la fisarmonica. Si presenta per un provino a Locri in Calabria. È il 1962, Paoli incide i primi dischi: Tuppi tuppi la porticella, La tarantola salata e numerosi balli strumentali che lui sa arrangiare con un'arte che gli deriva, più che dallo studio, da una cultura musicale essenzialmente popolare. Andatevi ad ascoltare queste prime incisioni: hanno un fascino di registrazione sul campo, c'è addirittura un saltarello con ciaramella, uno strumento montanaro col quale Paoli aveva familiarizzato nel soggiorno in Lucania.
In quegli anni poi andavano in voga storie popolari strappalacrime, tratte da tragedie vere o presunte e significative sono nella sua produzione due storie, l'una, II cieco del Belgio, narra di un emigrante che perde la vista nel crollo di una miniera e al suo ritorno a casa, la moglie, interessata solo alla sua pensione, non gli risparmia le corna; la seconda, s’intitola La matrigna cattiva, in quattro parti, dove si narra dì una bambina orfana buttata in pasto a una matrigna che tenta di avvelenarla e sarà punita per questo con cinque anni di carcere. Ambedue le storie Paoli le fa cantare all'allora piccola primogenita Cerimanna. Sono storie che oggi fanno un po' ridere, ma guardatele con gli occhi del tempo e non meravigliatevi se le mamme di mezza Italia hanno pianto ad ascoltare quelle storie. Fu tale il successo, che i falsari di Napoli lanciarono sul mercato migliaia di copie e per Paoli andarono in fumo alcune speranze di guadagno.
Sessantotto, rivoluzione nei valori, nei costumi, si scopre il popolare, si scoprono la lingua, gli usi, i costumi di una civiltà contadina che sta scomparendo. Le case discografiche si danno da fare a scovare questi anonimi canzonettisti popolari degni di un pubblico più vasto. A Paoli s'interessa la Fonola di Milano. Inizia così una vasta produzione musicale che ancora oggi continua. Dodici musicassette in attivo, qualche altra in cantiere, che hanno sorvolato gli oceani, è il caso di dirlo, senza quella pubblicità di cui si servono "i grandi", ma in virtù della parola che si trasmette, un tam-tam, quasi una tradizione orale che ancora resiste.
Diamo uno sguardo a questa produzione. Innanzitutto canzoni e balli strumentali attinti alla tradizione che Paoli arrangia in modo originale con delle varianti sia nel testo che nella musica degne di essere popolarmente connotate. Cosa significhi "popolare" nella canzone è presto detto. Semplicemente Paoli dice: "E’ quandu ‘na canzone la ponnu cantare cinquanta cristiani tutti assieme, trenta femmame ca sta tàjanu l'ua: una cu ttacca e ll'addhe cu tràsanu a cuncertu".
Abbiamo così la pizzica in più versioni col predominante ritmo del tamburello, e Santu Lazzaru, questo canto cristiano che i Grecanici ci portavano 'rretu le porte te casa nel cuore della notte durante la Settimana Santa.
Canzoni d'amore tante, un amore represso che acquista nel canto un moto liberatorio. Lu furese 'nnamuratu, forse la canzone più bella, dove accanto a una visione del lavoro come dura fatica, Paoli prorompe in:
Comu l’àggiu stringere e baciare
Te lu musicchiu sou sangu ha bessire.
(Come la devo stringere e baciare / dal suo muso sangue deve uscire).

La Carmina, dove il bi sogno d'amare è accorato, disperato quasi:
Mamma iu moru
e la Carmina nu’ lla provu
Beddha mia fatte sciardinu
fatte menta e petrusinu...

(Mamma io muoio / e Carmina non l’assaggio / Bella mia fatti giardino / fatti menta e prezzemolo).
E canti e strofe carnascialesche, condite di allusioni piccanti, volgari quasi, ma di una volgarità allegra, simpatica:
Nc'è lu zitu cu la zita
allu pizzu ti la banca
la manu camina te sotta
lu canale dell'acquedotta.

(C’è il fidanzato con la fidanzata / allo spigolo del tavolo / la mano scivola sotto / il tubo dell’acquedotto).

Allusioni che non risparmiano un certo tipo di prete alla Papa Cajazzu al quale non piace chiaramente confessare le vecchiette, bensì le zitelle. In verità molte canzoni, come proverbi e culacchi, rivelano un certo anticlericalismo, anche se molo bonario, diffuso nella nostra gente. E poi canti e stornelli che hanno il ritmo di un lavoro e ti pare di vendemmiare o d’infilzare tabacco in qualche capannone. Non mancano le canzoni tristi per gli emigranti, per quelli che stanno a soldato, per il carcerato che fatalmente al ritmo di una tarantella grida:
Menatine ‘sti corpi chianu chianu
ca suntu testinati pe' mmurire…

(Buttate i nostri corpi piano piano / ché sono destinati a morire).

Naturalmente non tutto è eccelso. Accanto a testi di un certo valore artistico, si alternano altri in cui Paoli piega a seduzioni commerciali. E' laddove, per conquistarsi evidentemente un pubblico più largo, tenta delle melodie in un italiano a lui non confacente. Diciamo subito che a Paoli è più congeniale il testo salentino dove è capace di sfumature e modulazioni possibili solo a una voce popolare tradizio¬nalmente educata come la sua. Ascoltatelo nella canzone Lu trainieri, per es., dove la voce, bellissima, affronta tra l'altro toni decisamente alti. Il tono alto è in verità una caratteristica del canto salentino, cosi come il controcanto, che Paoli sfrutta in tutte le sue canzoni ponendolo una terza sopra, mai sotto la melodia stabilita. Come nella tradizione. L'effetto è tale che è come ascoltare l'eco di una persona che canta a distanza portandosi ad arco la mano sulla bocca. Alle origini di questa forma c'è, evidentemente, la necessità del "lavorar cantando" tra contadini distanti fra loro.
Un discorso a parte merita la fisarmonica, la protagonista di tutti gli arrangiamenti di Paoli. Nelle sue mani diventa magica e ci sono tanti e tali di quegli abbellimenti, non trascrivibili in partitura, che userei chiamarla barocca, in sintonia con una Terra che barocca lo è perfino in cucina e non solo nell’architettura delle chiese e delle case.
C'è una cosa che colpisce nella musica di Paoli, ed è un certo influsso orientale avvertibile in canzoni come la sopracitata Lu trainieri e La vecchiaia è 'na carogna. Qui sia la voce che la fisarmonica assumono un andamento cromatico, orientaleggiante appunto, e la melodia, di particolare bellezza, scivola sul filo dei sogni arcani, un lamento, un pianto quasi dal profondo d'inesplorati abissi.
Ma ciò che più fa scattare l'interesse per le musiche di Paoli è qualcosa di più misterioso che non saprei definire. Propriamente ci si sente scazzicati, come morsi da una tarantola, e vien voglia di abbandonarsi a una danza frenetica, liberatoria.
Quale ragno nascosto nei meandri di grigie pietre assolate, Paoli ci attende al varco esercitando su di noi una qualche magia. Non sarà vero, rna ci piace pensarlo.

Alfredo Romano

Da Il Corriere Nuovo di Galatina, n. 7 del 30 settembre 1983

fonte www.pizzicata.it

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/06/2013 @ 23:56:40, in NohaBlog, linkato 2651 volte)

Non manca il silenzio sacro dell’alba che pur è necessario. Né un grido d’ovazione per il minimo decoro. Per chi di loro t’ama.

Né sono svaniti i testimoni e le profonde ferite mai guarite, dell’infausta illusione di un ventennio inebriato, ferito, velato. A monito di un disastro annunciato, è lì, per gli spiriti imbelli che ancora, purtroppo, s’aggirano per l’aria, per mare e per terra.

Fu poi tempo di leghe contadine e di capi di leghe, dove lo sdegno e la protesta contenevano la tracotanza del servo inoperoso, che mai cambia.

Grida, quelle delle leghe, che non stanno più di qua dalla balaustra, ma fuori, perché scacciati e respinti per sempre da un’ingannevole scelta del comodo e del lusso, dove ogni cosa si muove e muore pian piano, nella replica pedissequa di riti secolari che tutto vorrebbero cambiare per nulla mutare. Mistici  paramenti, relegati per sempre nell’io di un corpo che tracima di fuochi fatui, che si perdono nella monotonia del sé e dell’oblio di mezze messe, seppure cantate.

Giunse poi l’alba dell’ennesimo inganno, e l’ora morta e il tempo stramazzarono inermi in un rovinoso stallo.

Su quella torre impavida, circondata solo più dai voli pindarici di allegre rondinelle, le pietre languono scure mostrando le macchie del tempo: del dono, della perduta gloria, del “boia chi molla”, del turpe travaglio, delle ore suonate, del mezzogiorno, della rabbia, del malanno e del meschino inganno.

Intanto la grassa mano del vil servitore, argina con supponente ingratitudine ciò che è già di per sé, un nulla.  Sembriamo a volte un popolo che tace e mal sopporta  l’altro. Quello di servi, che ride e galleggia.

Due popoli gemelli, che quasi si sfiorano, si danno la mano e nascondono il cuore, perché incertezza e solitudine saltellano di qua e di là, senza alcuna pietà, e a volte perfino rancore.

Ora nulla più spera la piazza, la torre e l’ora. L’ultima, da lungi scoccata, non vede più l’ombra tronfia e straniera che divora e domina sull’ultimo luogo che mai fu suo, ma che è ancora pregno di odori e d’antichi amori.

Amori di bimbi, di piedi nudi, di giovani vesti, di pizzi e merletti, di pie donne e di canti, di sudori e di pianti, di uomini e di cavalli, di prati e di fiori, di notti stellate, di lune crociate, di baci segreti, di tocchi e rintocchi di un tempo voluto e da Dio assegnato e ora, ahimè, da molti deriso e derubato.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 05/05/2015 @ 23:49:58, in Comunicato Stampa, linkato 2347 volte)

La Libreria Fiordilibro promuove ed organizza con il patrocinio del Comune di Galatina e della Comunità Francescana giovedì 7 maggio alle ore 19,30 presso la Sala Francescana di Cultura adiacente alla Basilica di S. Caterina , l’incontro con Rossella Barletta e la sua ultima pubblicazione “Maria d’Enghien, Donna del Medioevo” Grifo Editore .

“Maria d’Enghien, Donna del Medioevo si configura come un saggio/racconto e ci permette di conoscere un po’ più da vicino laContessa, Principessa,  Guerriera , Regina,  Mecenate,  Amministratrice nonché sposa e madre Maria D’Enghien, committente insieme al marito Raimondello Del Balzo Orsini, della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria ed in particolare degli affreschi nel cui  ciclo mariologico  è possibile riconoscere un suo ritratto.

Scrive l’autrice “mi sono avvalsa di piccole curiosità, leggende e aneddoti ….. senza tralasciare la rievocazione doverosa della storia, delle guerre, dei matrimoni combinati, delle alleanze, delle faide interne, dei rapporti con la Chiesa e così via, che costituiscono lo sfondo su cui agì la contessa. Né ho avuto timore, pur essendomi documentata su un numero considerevole di libri, di far ricorso alla fantasia, per completare il panorama. In questo modo mi piace pensare che riesca a toccare l’immaginazione e l’intelligenza del lettore, il quale sarà indotto a considerare il feudo amministrato dalla d’ Enghien per nulla periferico o di minore importanza nello sconfinato regno di Napoli, ma vivace e dinamico dal punto di vista politico, sociale e culturale.”

All’incontro interverranno Fra’ Rocco Cagnazzo Parroco della Basilica di S. Caterina d’Alessandria, Daniela Vantaggiato Ass. re alla Cultura, dialogherà con l’autrice Vincenza Fortuzzi Docente e Storica, modererà  Antonio Liguori della Gazzetta del Mezzogiorno. Nel corso della serata i Laus Nova : Francesco Napolitano liuto e voce Roberto Belcuore percussioni, ci farà rivivere l’atmosfera delle corti medievali.

 
Note

Rossella Barletta ricerca e studia da più di quarant’anni, il patrimonio storico, folklorico, antropologico, artigianale, gastronomico del Salento. Ha all’attivo numerosissime pubblicazioni, negli ultimi anni la sua attenzione si è rivolta al recupero del lessico dialettale e gergale.

Vincenza Fortuzzi docente ,da sempre impegnata nella valorizzazione del patrimonio e della storia locale.

I Laus Nova nascono nel 2012 da un idea di Francesco Napolitano ( voce e liuto) .Il progetto propone le sonorità della musica medievale del XIII con particolare attenzione al repertorio francescano delle laudi. Pur riproposti con strumenti moderni i brani sono eseguiti nel rispetto dell’accordatura e dell’intonazione dell’epoca così come desumibile da ricerche dell’ambito della musicologia e della liuteria.

 
Di Russo Piero Luigi (del 26/07/2021 @ 23:46:25, in Comunicato Stampa, linkato 1072 volte)

Avevamo bisogno di un messaggio semplice, diretto e che arrivasse dritto al cuore dei Bambini. Abbiamo pensato subito a loro, ai Supereroi… e l’accostamento che ne è scaturito è stato quanto più di spontaneo e naturale si possa immaginare…

I bambini, anche da piccoli, sono in grado di distinguere il bene dal male; possiedono un innato senso di giustizia, ed è per questo che sono naturalmente attratti dai Supereroi preferendo infatti una figura che aiuta il prossimo in difficoltà, rispetto a quella che ostacola o   danneggia.   Solo   le   esperienze   e i   modelli   educativi   possono influenzare   lo sviluppo successivo del comportamento positivo o negativo verso il prossimo.

Accostando pertanto ad ogni supereroe una Donna o un Uomo che ha sacrificato la propria vita per combattere la mafia e per difendere le nostre istituzioni democratiche potrebbe far capire ai bambini che si può essere un “Supereroe” anche senza mascherina e senza mantello e soprattutto senza avere poteri particolari, ma “semplicemente” adottando comportamenti ispirati a principi di giustizia, di lealtà e di coraggio, comportamenti positivi rivolti non solo a singole persone ma anche all’intera umanità, proteggendo i più deboli e punendo i prepotenti.

I “Supereroi” sono anche e soprattutto quelle persone che ogni giorno perseguono con determinazione i loro obiettivi, che aspirano a un mondo migliore e lavorano duramente per tramutare i loro sogni in realtà.

Ognuno di noi ha, dentro di sé, un “Supereroe” capace di fare grandi cose che aspetta solo di essere messo a disposizione del mondo.

Inserirsi nel mondo del bambino, parlare il suo linguaggio e assecondare questo loro amore per i Supereroi, ma in generale la fantasia, la creatività e spensieratezza, è utile per trasmettere regole, valori, principi e stili di comportamento positivi, corretti e necessari per la vita futura. Naturalmente nessuno meglio di Paolo Borsellino, Renata Fonte, Lea Garofalo,  Antonio  Montinaro,  Carlo  Alberto  dalla  Chiesa,  Peppino  Impastato  e

 

Giovanni Falcone, raffigurati sul murale in rappresentanza di tante Donne e tanti Uomini che hanno sacrificato la vita per noi, sono depositari di detti valori.

I piccoli “Supereroi” di oggi potranno essere grandi eroi quotidiani nel futuro, facendo del bene a sé stessi e agli altri con tenacia e con il coraggio di affrontare e di superare le difficoltà; da qui “Il muro del Coraggio”, il titolo del murale a cui gli artisti Romaldo Antonaci e Carla Casolari hanno dato corpo con maestria e passione, pennellata dopo pennellata, lungo viale Ofanto a Galatina.

Il progetto è stato fortemente voluto e ideato da “Legambiente Galatina” e “TappiAmo Galatina – Virtus Basket Galatina” in collaborazione con “Centro Colore” e “Ecom servizi ambientali”.

Domenica 01 agosto p.v., alle ore 19.00, presso il murale di viale Ofanto e nel pieno rispetto della normativa anti-covid, si svolgerà una piccola cerimonia di inaugurazione.

Tutta la Cittadinanza è invitata a partecipare.

 

Legambiente Galatina - “La  Poiana”

TappiAmo Galatina - Virtus Basket Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 25/12/2015 @ 23:45:37, in Presepe Vivente, linkato 3065 volte)

State per compiere un viaggio nel tempo e nello spazio.

Il presepe quest’anno è allestito all’interno del Parco del palazzo baronale di Noha che tutti chiamano Castello.

Per godere appieno della visita, vi consigliamo vivamente di soffermarvi sui dettagli, tutti autentici, che potrete apprezzare in ogni angolo del percorso, frutto di una capillare attività di ricerca storica su luoghi, mestieri, profumi e sapori, e di una scuola e un lavoro di attenzione ai particolari che dura mesi.

Tutto questo fa del presepe di pietre e di gente di Noha un museo/teatro dove anche il visitatore può interagire con personaggi e interpreti del copione, diventando a sua volta attore-protagonista della scena.

In questo presepe non noterete sforzo di arte drammatica, non affaticamento da troppa recitazione: in quanto il pastore ha davvero il suo gregge di pecore e di capre portate al pascolo ogni giorno; il contadino vanga e rivanga le zolle ed attende il frutto dalla terra anche al di là del presepe vivente; il fornaio è fornaio vero che produce il pane quotidiano; e così la sarta, il ciabattino, il maniscalco, lo scultore, il fabbro…

Anche gli angeli, forse, lo sono oltre il Castello ed oltre le feste.

Lungo il tragitto si ha modo di ammirare alcuni tra i beni culturali più antichi e importanti di Noha.

A metà del cammino s’incontra l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty, coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della misteriosa Casa Rossa (la casa delle meraviglie nohana che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì) della quale, proprio all’ingresso del presepe, ma dall’altra parte della strada, al di là del muro di cinta, potete osservare il primo piano con tetto spiovente.

Di fronte alla vasca ovoidale, la costruzione che ospita il palazzo di Erode è la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso. Ospita ancora un impianto idraulico ed elettrico tecnologicamente molto interessante, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità.

Continuando nel viaggio, incontrerete il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la straordinaria torre del XIV secolo (1300) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto.

Dall’aspetto severo, militaresco, tremendo, la torre medievale di Noha era capace di generare, specie nei giorni di tempesta, timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse. Ma più forte era la paura di saccheggi, uccisioni e rapimenti da parte dei filibustieri di ogni risma.

Fra’ Leandro Alberti in un’opera del 1525 dal titolo: “Descrittione di tutta l’Italia” definisce questo maniero come “il fortissimo castello di Noja [Noha] posto in forte loco”.

La torre di avvistamento e difesa, intorno alla quale si organizzò il castello, la corte, e il resto del piccolo centro, raggiunge i dieci metri d’altezza. La costruzione è coronata da una raffinata serie di archetti e beccatelli che ne sottolineano il parapetto alla sommità.

Più avanti, prima di giungere nell’osteria, dove potete degustare i prodotti del campo e delle fattorie locali, si osserva uno scorcio delle cantine del Castello, con le enormi botti in legno nelle quali si invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha nello stabilimento omonimo, a due passi dal parco, e imbottigliato a Martina Franca.

Avvisiamo i visitatori che è possibile chiedere agli addetti al presepe informazioni sulle diverse tipologie di bestiame e le svariate razze di volatili presenti nel presepe; e, volendo, ai pastori di accarezzare gli agnellini in tutta sicurezza.

Dopo la doverosa sosta all’interno delle rugose mura della grotta della natività, proseguendo sul sentiero tracciato, all’uscita dal parco, avrete modo di apprezzare il gruppo scultoreo e monumentale delle casiceddhre, ubicate sulla sommità dei forni del Castello, che tante leggende hanno suscitato nel popolo salentino.

Vi ringraziamo per la visita alla nostra Bet Lèhem, che significa, appunto, casa del pane. E a proposito di pane, all’uscita, oltre alle altre specialità, vi aspettano le fragranti pucce con le olive appena sfornate.

Questo e molto altro si scopre viaggiando in questo luogo incredibile custodito nel cuore di Noha.

*

Signore e signori, grazie per la vostra generosità. Le vostre libere offerte e, ovviamente, il passaparola ai vostri parenti e amici, ci daranno la forza di continuare a realizzare anche in futuro rappresentazioni popolari, non solo natalizie, come questa. E, oltretutto, di recuperare e valorizzare i beni culturali del nostro Salento.

Auguri a tutti voi di buone feste. E arrivederci al prossimo appuntamento.

Antonio Mellone – per l’Ass. Presepe vivente di Noha

 
Di Albino Campa (del 22/07/2012 @ 23:42:33, in Eventi, linkato 4673 volte)

La scuola di Noha c'è, eccome!. Anche sotto il sole cocente di luglio.
Eccovi alcuni flash sulla bella iniziativa promossa dalla scuola di Noha e coordinata dalla prof.ssa Rita Colazzo

Si ascoltano i comandi Tutti sulla scacchiera! Le prime prove all'aperto
Il gruppo dei tamburellisti Si insegnano i passi della pizzica
I solisti Si costruiscono i costumi di scena

POLO II SEDE DI NOHA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

  • Gli scacchi questi sconosciuti
  • Io canto

Il 03/07/2012 hanno avuto inizio i , sotto la guida delle docenti Colazzo Rita Maria e Coluccia Barbara, i progetti extra curriculari su menzionati confluiti in seguito nel più realistico “ Scacco matto live”, che ha perseguito i medesimi obiettivi dei suoi fratelli e vale a dire:

  • Impegnare i ragazzi  ,soprattutto  durante l’estate, in attività alternative a quelle offerte dalla strada
  • Scoprire/ divertendosi  non solo il gioco degli scacch,i ma anche il valore della persona umana e i diritti ad essa connessi  e attraverso l’applicazione delle regole del gioco degli scacchi e attraverso il rispetto dei ruoli in un’attività corale

I ragazzi , un gruppo di circa 30 , ha frequentato con regolarità il progetto che si è esteso per tutto il mese di luglio per due incontri settimanali ( martedì e venerdì)  dalle 9.00 alle 12.00
Dal 23/07/2012 fino allo spettacolo finale del 27/07/2012 gli incontri hanno avuto cadenza giornaliera

Le attività messe in atto sono state molteplici:

  • conoscenza della scacchiera e del ruolo dei singoli pezzi anche tramite l’ausilio della LIM
  • Sperimentazione di una partita di scacchi
  • Progettazione e realizzazione  dei costumi di scena in vista della partita di scacchi umana
  • Suddivisione degli allievi in base alle loro abilità canore
  • Lettura , analisi ,studio  ed esecuzione dei testi musicali da proporre sempre in attività corale nella serata finale
  • Saper suonare semplici strumenti a percussione come il tamburello  (proprio in quest’ambito sono emerse delle eccellenze a noi docenti sconosciute e che, nel corso dell’anno scolastico prossimo a venire, ci auguriamo possano essere ulteriormente migliorate e valorizzate)
  • Saper eseguire semplici coreografie  ( anche qui sono emerse eccellenze nell’arte coreutica che si spera  vengano valorizzate in futuro)

I ragazzi, provenienti da varie classi e della primaria e della secondaria di primo grado, hanno imparato

  • a memorizzare un testo musicale ,
  • a saperlo eseguire nel pieno rispetto dei ruoli assegnati e dei tempi musicali,
  • a saper controllare la propria emotività o a vincere la propria innata timidezza,
  • a sapersi muovere al ritmo della musica popolare salentina seguendo i comandi dei docenti  ,
  • a saper portare il ritmo con i tamburelli.

Riguardo poi la conoscenza del gioco degli scacchi hanno imparato

  • a prevedere le mosse dell’avversario a partire dalla propria,
  • ad avere maggior rispetto delle regole della convivenza civile e quindi dell’altro diverso da sè,
  • a saper controllare la propria emotività o a saperla sfruttare  a seconda delle occasioni fornite dalla partita,
  • a sapersi muovere, secondo i ruoli loro assegnati, su una macro scacchiera rispettando le regole del gioco
  • ad imparare ad applicare alcune semplici regole matematiche al gioco degli scacchi

E’ stata un’ attività entusiasmante e per noi docenti e per i ragazzi che non solo si sono divertiti tutti insieme, ma  hanno imparato a convivere e giocare tutti insieme anche se diversi per  età e sesso
Non si sono tirati mai indietro nonostante il caldo a volte si facesse  sentire. Ad alleviare il disagio momentaneo abbiamo provveduto noi stesse fornendoli di acqua fresca e panini e lavorando soprattutto fuori , all’ombra, nella palestra scoperta
Valido è stato il contributo di Ettore Romano, maestro di canto che ha coadiuvato la prof.ssa Coluccia nella messa in opera di un gruppo di canzoni : Happy day. Se la gente usasse il cuore. Quando i bambini fanno oh. L’acqua de la funtana … e altre della tradizione salentina
Altresì importante  è stato il supporto dei genitori che ci sono stati di valido aiuto, ma anche degli sponsor cittadini che hanno creduto nella nostra iniziativa e nella scuola, che  in  un contesto socio/culturale come quello in cui essa è ubicata, ha dimostrato, con apprezzamento della comunità nohana, che è presente con particolare cura e attenzione agli allievi ad essa affidati

Rita Colazzo

 
Di Redazione (del 15/07/2013 @ 23:39:48, in Comunicato Stampa, linkato 2703 volte)
Vogliamo oggi raccontare la storia di Cosimo e Mauro, due operosi personaggi, che amministrano con ruoli diversi, avendone a cuore, gli interessi dei Galatinesi.
 
Cosimo gestisce la proprietà immobiliare di famiglia, tra cui un pregiato immobile concesso in comodato gratuito ad una società, di cui è socio al 25%.
Durante la gestione, però, si arriva al dissesto della sociètà.
Mauro, che tale società ha gestito per tanti anni, in qualità di vice presidente, è chiamato a trovare una soluzione. Dopo mesi e mesi di sofferte e struggenti valutazioni, ha un'idea davvero brillante, che sa di "miracoloso" : affittare, a qualche amico degli amici, l’immobile pregiato avuto in comodato gratuito e, attenzione attenzione, con i soldi ricavati pagare i creditori della società in dissesto.
 
In breve, Mauro, affitta un bene non suo ma di proprietà comunale per pagare i debiti della società in rovina.
 
Gli altri corresponsabili siano tranquilli, a pagare saranno SOLO i GALATINESI,
anche se solo un quarto di quel debito è di competenza comunale, poiché alla società partecipano anche la Regione Puglia, la Provincia e la Camera di Commercio di Lecce
 
Idea miracolosa e geniale!
 
.... ma a vantaggio di chi? Di certo non dei galatinesi ai quali toccherà subire oltre al danno d'immagine ed economico della chiusura della Fiera, anche la beffa di pagare debiti in gran parte di altri.
 
Il Sindaco, con i suoi silenti Assessori, confermando il metodo che l'ha contraddistinto sino ad oggi, decide di ratificare le decisioni altrui, nello specifico quelle del Dott. Mauro Spagnulo.
 
Ora non ci resta che attendere la conferenza stampa, nella quale il liquidatore illustrerà le sue “miracolose soluzioni”, ma ci pare quanto meno doveroso che il Sindaco Montagna "per opportuna conoscenza ed onestà d'informazione " risponda alle domande poste, giacchè riteniamo che nella sua precedente comunicazione abbia confermato più che smentito i fatti denunciati dal Consigliere Marcello Amante.
 
Domande che di seguito riformuliamo :
 
- Perché si è ritenuto di dover affittare la struttura fieristica ad altra società passando per la liquidanda Fiera di Galatina e del Salento Spa e non direttamente, dopo aver richiesto, se necessario anche in modo coatto tramite vie giudiziarie, l' interruzione del contratto di comodato gratuito con la società in liquidazione?
 
- In che modo si è garantita trasparenza e pubblicità, in un atto di affitto di bene pubblico che, riteniamo, non possa essere gestito con modalità privatistiche? Il liquidatore è stato capace di raggiungere dal suo studio tutti i possibili partners del settore? E ancora, siamo certi che non esistano società che possano proporre soluzioni migliori di quella proposta dal dott. Spagnulo?
 
- Dopo aver denunciato, ovviamente, alle autorità competenti gli atti vandalici perpetrati ai danni della struttura fieristica sono state valutate le eventuali responsabilità del Dott. Spagnulo?
 

- Ha l'Amministrazione Montagna chiesto, in occasione del rendiconto intermedio di liquidazione illustrato nell'incontro del 28 giugno u.s., al Dott. Spagnulo perché una società che sostanzialmente ha solo debiti e crediti, dopo un anno dall’inizio della liquidazione, non ha ancora risolto il proprio iter?

Galatina in Movimento
Galatina Altra
Nova Polis Galatina
Movimento per il Rione Italia

 
Di Albino Campa (del 12/03/2008 @ 23:36:13, in Eventi, linkato 4176 volte)

Dall’alto di un traìno
un giorno nella città dei cavalli

di Valeria Nicoletti

Non parte chi parte. Parte chi resta. Sembra recare con sé questo sussurro la tramontana che accarezza le case infarinate di Noha e solletica i pini e gli aranci. In realtà, è un nohano, puro fino al midollo, a ribadire questo singolare assioma. Antonio Mellone, che tornando in terra natia solo il sabato e la domenica, si riscopre sempre più legato alle strade ariose e alle piazzette assolate della sua Noha. E, per un giorno, con l’entusiasmo di chi è partito lasciando un pezzo di cuore nel suo paese, diventa guida insostituibile per le vie nohane.
Nessun treno arriva a Noha. Tappa obbligatoria è la vicina Galatina, la città “che ci ha inglobati e, soprattutto, dalla quale ci siamo fatti inglobare”, dice Antonio con tono amaro. Bastano poche centinaia di metri, infatti, e ci si lascia alle spalle la città per giungere nella piazza di Noha, frazione dal 1811. Piazza San Michele, cuore pulsante del paese, con il bar Settebello, la chiesa, la Torre dell’Orologio che, forse per un inconsapevole rispetto ai ritmi lenti di Noha, non sfoglia le ore ma si limita a dominare la piazzetta, e poi le voci, le notizie, i cappelli abbassati su volti rugosi immobili sotto il sole, e, proprio dietro l’angolo, lo studio d’arte di Paola Rizzo, pittrice e insegnante. Qui il profumo dei pasticciotti caldi, l’aroma del caffè, la sigla de “L’osservatore nohano”, gazzettino della frazione, ma soprattutto il sapore della genuinità e la sete di cose vere, sono solo l’inizio di una mattinata tutta nohana, all’insegna del suo spirito autentico, in questa che ormai, nonostante il disinteresse dell’amministrazione locale, inizia ad essere conosciuta come la “Città dei Cavalli”.
Proprio dalla bottega d’arte di Paola, infatti, redazione e fucina di idee, nacque l’idea di aggiungere sul cartello alla scritta Noha il degno sottotitolo di Città dei Cavalli, trovata che, nonostante il pieno consenso dei nohani, è andata ad ingrossare la pila di scartoffie impolverate su chissà quale scrivania.
Ma a dispetto della burocrazia la definizione ha iniziato a circolare, di voce in voce, di articolo in articolo, varcando i confini angusti della provincia. Così Noha per due volte all’anno si trasforma nell’ombelico del mondo per chi ama i cavalli. A settembre, durante i festeggiamenti della Madonna delle Grazie, e il giorno del Lunedì dell’Angelo, i prati fioriti che incorniciano il piccolo centro diventano il campo, di gioco e di battaglia, per decine e decine di eleganti destrieri, robusti cavalli da tiro e tenerissimi pony. Tutte le cavalcature dei dintorni si danno appuntamento nella frazione per celebrare una ricorrenza che, se non ancora nella storia, è entrata ormai di diritto nella tradizione pugliese. Sotto gli occhi incuriositi dei viandanti e degli stessi abitanti di Noha, cavalli di ogni razza e colore, addobbati con bardature preziose e ridondanti al limite del barocco, trottano e si sfidano nelle prove di forza, in una manifestazione dagli echi spagnoli ma dall’anima tutta salentina, dove lo spirito di competizione non riesce mai a vincere sulla voglia di stare insieme e passare una pasquetta lontana dai nevrotici imbottigliamenti e diversa dalle solite gite fuori porta.
Ma non è solo in virtù delle due tradizionali fiere che Noha merita l’epiteto di patria del cavallo. Di fronte al bar Settebello, ogni domenica, i tanti “cavallari” di Noha si danno appuntamento per un caffè e una passeggiata per le vie e i prati nohani, e, se una domenica di fronte al bar centrale, ci capita uno straniero, ti spiegano che i cavalli loro ce l’hanno nel sangue e non esitano a trascinarti sul calesse e a mostrarti una Noha che, dall’alto di un traino, appare diversa anche a chi da qui non è mai partito.
È così che, aggrappati a una mano forte e sicura e finalmente saliti sul traìno, si parte per un singolare giro, lungo le strade larghe, dove si respira un silenzio interrotto solo dagli zoccoli dei cavalli e da un continuo salutarsi, costume usuale in un paesino di circa 3.800 anime dove tutti si conoscono. Fischi e risate cadono dai balconi dove la gente è affacciata per godere del primo sole invernale e timidi cenni fanno la loro comparsa dietro le persiane. Pochi pedoni, rare biciclette, troppe macchine per un paesino dove a piedi si raggiunge il capo opposto, ma i nohani sembrano essere pigri. Pigri sì, ma, in compenso, di un’allegria contagiosissima mentre da ogni macchina si sbracciano per salutare e c’è anche chi tira il freno in mezzo alla carreggiata per scambiare quattro chiacchiere.
Fermi, all’incrocio principale, sul calesse dondolante, guardando verso la strada che porta verso Galatina, si vede già, a pochi chilometri di distanza, il profilo dell’imponente e scomoda vicina, la dirimpettaia la cui presenza ingombrante si avverte quotidianamente, a partire dalla mancanza di un comune, di un’amministrazione tutta nohana, disposti ad ascoltare più che a finanziare. Tra il comune madre e la frazione, forse per una natura conflittuale congenita ai rapporti gerarchici, infatti, non corre buon sangue.
Con Aradeo, invece, l’altra vicina, i rapporti sembrano diversi, migliori, forse perché la placidità degli aradeini, che scorrazzano in sella alle biciclette, rispecchia la mentalità nohana, una mentalità essenzialmente rurale, che ripone nella frugalità e nella semplicità il segreto di una vita serena che basta a se stessa. “Noi il turismo non lo vogliamo”, spiega Antonio, “ci piace trovare parcheggio quando torniamo a casa, ci piace la calma, l’aria pulita, le quattro chiacchiere tra di noi”. Ma questo voler preservare un clima terso e mite, pur segnato dalle piccole baruffe di paesino, non si traduce in una chiusura rigida e totale verso l’esterno ma, anzi, in una larghezza di orizzonti talmente rara da non essere sempre compresa.
Sì, perché i nohani non fanno dei loro piccoli tesori uno specchietto per allodole, esche per turisti assetati di folclore e, dalle pagine dell’Osservatore, i solerti redattori non mancano di tuonare contro chi arriva a Noha con la pretesa di trovare una cittadina turistica. Riuniti ogni sabato pomeriggio nello studio di Paola, all’ombra degli ulivi nodosi che ammiccano dai suoi quadri, Marco, Antonella e gli altri, capitanati dal direttor Mellone, seduti sui divanetti del laboratorio danno forma a sogni di pennelli e idee di carta, alla ricerca di quella Noha ancora da esplorare, e da far riscoprire, soprattutto agli stessi nohani.
Arrivati al crocevia principale, i cavalli non sono ancora stanchi, i campanelli ritornano a tintinnare e il giro continua per la strada adiacente alla piazza dove, solo in compagnia di un nohano che ti invita ad alzare lo sguardo, si scorgono tre casette misteriose appollaiate sull’alto bordo del muro del vecchio palazzo baronale. Sull’origine delle tre lillipuziane costruzioni, ricche di particolari dettagliatissimi ma che non riproducono nulla di questo paese, ancora si discute. Come su ogni creatura dell’ignoto, anche sulle tre casette di Noha circolano favole e leggende. Come quella di “Sciacuddhri”, l’anima bella di un bambino che si dice le abbia abitate. Non è una leggenda, invece, l’indifferenza che le ha colpite, scardinando il campanile di una delle tre, che giace riverso nella parte interna della piccola costruzione. Un danno invisibile agli occhi dei più, ma evidentissimo per chi, proprio per non coprire quel campanile, ha meticolosamente potato le cime dei pini che ne impedivano la vista. Ma insieme ai rami dei pini, cresce anche l’abitudine a non alzare più lo sguardo, a non guardare più in là del proprio naso, e questo solo perché tanto “a Noha stamu”, frase tanto ordinaria quanto odiata da chi, proprio della piccola straordinarietà di Noha, vuole fare tesoro e sottrarla al menefreghismo, anche di chi, in virtù di una dissennata discendenza, si ritrova in possesso di gioielli che sempre più raramente possono brillare per tutti.
È il caso dell’altrettanto misteriosa Casa Rossa, una costruzione a ridosso della strada che porta a Galatina, alle spalle del vecchio (e dismesso) stabilimento del celebre brandy Galluccio. La strana casupola è circondata da un meraviglioso giardino selvatico, dove svettano le zagare, i boccioli di rosa insieme ai più comuni “zangoni” e, tra i cespugli di bacche e gli alberi di arance, strisciano lucertole curiose. All’interno, le pareti ondulate, quasi spugnose, di pietra rossastra, le volte concave, morbide, costellate di dune e rientranze, danno alla casa un senso di effimero e di fresco, le porte a scomparsa, i vetri colorati - o quello che ne resta - le finestre a oblò, i caminetti dai contorni imprecisi alimentano questo gioco di vuoti e pieni ma anche le voci e le leggende che vogliono questa casa infestata dalle streghe o, maliziosamente, vecchia casa di tolleranza. La Casa Rossa è proprietà privata, ma, nei giorni propizi, il suo cancello si schiude. Ciò non accade invece con la recinzione in muratura che vieta a chiunque l’ingresso nel profumato aranceto che avvolge l’antica torre medioevale. Infatti, a guardia della bellissima torre, con il ponte levatoio dove prima si facevano transitare i cavalli, con l’arco a sesto acuto e gli aranci tondi e pieni che ti strizzano l’occhio dal muro di cinta, brillano minacciosi e appuntiti i cocci di bottiglia da un lato, mentre dall’altro il filo spinato incupisce lo sguardo e il paesaggio, sgraziato avvertimento a chiunque non si accontenti di ammirare solo attraverso un provvidenziale foro nel muro di cinta, questo tesoro costantemente sotto chiave.
Vetri taglienti e filo spinato, però, non fanno parte della natura allegra e accogliente dei nohani, ben contenti di mostrare quello che pochi conoscono del loro paese e soprattutto di rivelare il proprio atavico amore verso i cavalli, dando vita ad una piccola Città dei Cavalli anzitempo. La piazza, solo per gli occhi di pochi forestieri, s’improvvisa teatro di una festa di cavalli bardati e calessi dipinti a mano, un brulicare di speroni, voci, nitriti, code intrecciate che si agitano e crini solleticati dal vento, con il beneplacito di San Michele, patrono di Noha, che dall’alto del cielo, dalle due statue conservate nella chiesa e dalle edicole affrescate ai crocicchi delle vie, sorride e si compiace della natura dei suoi protetti, così inclini alla convivialità e sempre pronti a fare festa. A spasso sul traino, con Totò, Peppino, Emanuele, Igor, Rubino, lo splendido Kibli e gli altri cavalli, tutti disciplinati che si lasciano tentare dai grandi spazi, solo arrivati presso gli sterminati prati in fiore, si schiude piano un mondo sparito, che sonnecchia sotto il sole caldo sui tetti bianchi delle case mentre dalle finestre appena socchiuse si diffonde il profumo di cose buone. È quasi mezzogiorno, infatti, l’ora di pranzo qui. I carretti, però, trottano ancora, lungo la piccola Noha sempre diversa e che, dall’alto di un calesse, sembra davvero infinita.

(fonte http://www.quisalento.it/pagine/luoghi68.html)

(clicca qui per vedere la PhotoGallery)

 
Di Albino Campa (del 10/07/2011 @ 23:35:27, in Letture estive, linkato 3619 volte)

Bianca come il latte, rossa come il sangueBianca come il latte, rossa come il sangue, Alessandro D’Avenia, Mondadori, 2010, pp. 254, € 19,00

Tempo di lettura: 1 giorno, 3 sono troppi

Lettura consigliata. Ma non aspettatevi nulla di eccezionale.

Le pagine scorrono veloci sotto gli occhi; i capitoli si rincorrono freneticamente e senza affannarsi troppo si riesce ad arrivare sino alla fine del romanzo. Peccato che, una volta chiuso e riposto nello scaffale, di lui rimanga solo il ricordo del fastidioso struscio della carta contro le dita, monotono sottofondo di questa rapida prima lettura estiva. Poca musica quindi, solo un leggero brusio interrotto a tratti da timidi singhiozzi di letteratura. Un disco rigato, purtroppo.

Tuttavia ve ne consiglio la lettura, soprattutto se avete letto e amato “La solitudine dei numeri primi”. Di sicuro la storia di Leo, il solito giovane adolescente in crisi, farà di nuovo breccia nel cuore dei “matematici solitari”, e infastidirà non poco i cercatori di novità letterarie, che ahimè, ignari del fatto che il giovane prof. D’Avenia sia stato osannato come il nuovo Paolo Giordano, ne hanno intrapreso la lettura.

La ricerca linguistica è nulla: frasi brevi, sintatticamente banali, interrotte da una poesia scontata. “Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco infatti è un colore che non sopporto: non ha confini”. (pag. 9) Poi si scopre che per fortuna stiamo leggendo i pensieri del giovane adolescente protagonista della storia e non quelli del professore D’Avenia. Attenzione però a non cadere nell’errore di ridurre un ricercato lavoro d’interpretazione del mondo adolescenziale, quale vorrebbe essere quello del D’Avenia, alla solita sceneggiatura targata “Moccia”, fatta unicamente di slang, degli irrinunciabili Google, i-Pode, T9, del classico rifiuto delle regole, dell’ostinata ricerca dell’ignoranza, di banali frasi d’amore, dell’immancabile odio verso adulti, scuola e il mondo tutto, e nient’altro.

Da educatore e quindi profondo conoscitore del mondo adolescenziale, il professore (che si intrufola nel romanzo sotto le sembianze del Sognatore, un supplente di storia e filosofia con un’innata passione per l’insegnamento),  ha il buon senso di aggiungere al mondo “mocciano”, o “giordano” che si voglia, quel tocco di intelligenza ai personaggi, quella spensierata meraviglia che permette di interrogarsi sulle cose del mondo, sul dolore o sul significato della conoscenza (due aspetti chiave del romanzo).

Elementi questi, che conferiscono alla storia quel pizzico di originalità che mi permette di consigliarvene la lettura. Nonostante tutto.

Michele Stursi
 
Di Redazione (del 31/07/2019 @ 23:33:05, in Comunicato Stampa, linkato 963 volte)

La gestione dell’ex Convento di Santa Chiara è scandalosa. Dopo le mie numerose denunce e segnalazioni, fatte anche al prefetto di Lecce e alla Corte dei Conti, oggi aventi diritto sono ospitate nella struttura, ma l’amministrazione Amante continua a gestire quel posto come fosse una dependance a suo uso e consumo. Dopo i rifiuti rimasti per una settimana all’interno, “regalo” di un evento musicale inserito nella rassegna “A cuore Scalzo”, nella tarda serata del 30 luglio è intervenuta una volante della polizia dopo aver ricevuto la segnalazione che nell’edificio da qualche sera entra un uomo, aprendo con la chiave, ma lo stesso non figura tra gli ospiti.  Gli agenti non hanno trovato traccia di questa persona. Forse si era ben nascosta o era fuggita all’arrivo delle forze dell’ordine. Gli agenti hanno rilevato la presenza degli ospiti e tra questi un uomo che avrebbe dichiarato di essere custode e giardiniere della struttura.

Non essendoci traccia di atti che attribuiscano a questa persona questo ruolo mi chiedo a quale titolo occupi un posto letto sottraendolo a chi ne ha diritto e se l’amministrazione Amante ha provveduto alla doverosa comunicazione alla polizia, delle persone presenti nella struttura, come prevedono le norme vigenti. Mi chiedo anche chi ha fornito al non identificato ospite la chiave per accedere all’interno.

Ad allargare il campo della dissennata gestione di un bene pubblico recuperato grazie ai fondi comunitari e destinato a Centro Sociale Polivalente, Comunità alloggio per gestanti e madri con figli a carico, Comunità educativa per minori, Centro di ascolto per famiglie e servizi di sostegno alla famiglia e genitorialità (quindi non è prevista l’ospitalità di uomini), c’è la scelta dell’amministrazione di riservare parte degli spazi a eventi. Ritengo sia un’opzione illegittima, ma in ogni caso dovrebbero almeno preoccuparsi – dopo ogni evento – di ripristinare lo stato dei luoghi, pulizia compresa. Invece non se ne sono preoccupati, limitandosi a circostanziare unicamente l’allestimento e il disallestimento dell’area concessa in uso, ma non la pulizia. Così le ospiti hanno dovuto convivere per una settimana con i rifiuti, in un periodo peraltro di alte temperature. È evidente che il sindaco Amante e la sua maggioranza detengono il primato della peggiore amministrazione che abbia governato Galatina.  

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Redazione (del 05/06/2019 @ 23:30:07, in Comunicato Stampa, linkato 1199 volte)

Domenica 9 giugno, alle 9.40 su Rai 1, “Paesi che vai…” farà tappa in Salento, sulle tracce del Barocco!

L’Assessore al turismo Nico Mauro esprime soddisfazione ed afferma:
La narrazione del “morso delle taranta” sarà centrale nel focus su Galatina e ci permetterà di promuovere la Città in vista della festa dei Santi patroni Pietro e Paolo, di accrescere l’attrattività delle nostre bellezze architettoniche e delle prelibatezze dolciarie e gastronomiche.
Continuiamo a rafforzare l’immagine del nostro territorio e non possiamo che essere orgogliosi dell’attenzione che la televisione nazionale e le riviste di settore dedicano a Galatina.

Livio Leonardi, ideatore e conduttore del seguitissimo programma - medaglia d'oro della società Dante Alighieri per la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo -, prenderà per mano il suo affezionato pubblico portandolo tra i gioielli dei centri storici delle città di Nardò, Gallipoli, Galatina e Galatone, all’insegna di una corrente artistica raffinata e spettacolare, dalle forme elaborate e avvolgenti.

Indagando nel cuore di queste città, autentico scrigno di tesori, il racconto di Livio Leonardi si arricchirà di storie e curiosità, sospese tra profonda religiosità e credenze popolari: ovviamente, con il consueto linguaggio fiabesco che da sempre caratterizza lo storico programma dai grandi ascolti tv.
 
Ma non è tutto e l’arte, come sempre, non sarà l’unico filo conduttore. Lungo il viaggio di Leonardi, esplorando tra distese di ulivi secolari, scopriremo gli antichi segreti della tradizione, legati alla produzione di un olio pregiatissimo. Le vaste campagne fertili, che valsero a questa terra l’appellativo di “Granaio d’Europa”, ci condurranno poi - tramite i protagonisti incontrati da Leonardi, che rappresentano parte delle eccellenze del territorio - sulle tracce della produzione della pasta e di alcune prelibatezze gastronomiche locali.

E infine, Livio Leonardi condurrà il suo pubblico alla scoperta dell’area mediterranea che la CEE ha definito “sito di interesse comunitario” per importanza ambientale, fin nelle profondità dei rigogliosi fondali marini.

Ufficio stampa Marcello Amante

 

Eccovi di seguito un pezzo tratto da 'il Galatino', Anno XLV, n. 13 del 13 luglio 2012. Il nostro concittadino Biagio Mariano ha sfilato insieme a tante altre persone per cercare in qualche modo di abbattere il muro di omertà che ancora oggi oblitera la verità sul caso di Emanuela Orlandi, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, scomparsa in circostanze misteriose nel 1983.

Carissimo Direttore de “il Galatino”, il fratello di Emanuela Orlandi, è stato il primo firmatario della seguente Petizione al Papa per chiedere il suo aiuto: “Sua Santità, mi rivolgo a Lei nella sua duplice veste di Capo di Stato e di rappresentante di Cristo in Terra per chiederLe di porre in essere tutto ciò che è umanamente possibile per accertare la verità sulla sorte della Sua connazionale Emanuela Orlandi, scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. Il sequestro di una ragazzina è offesa gravissima ai valori religiosi e della convivenza civile: a Emanuela è stata fatta l’ingiustizia più grave, le è stata negata la possibilità di scegliere della propria vita. Confido in un Suo forte e ispirato intervento perché, dopo 28 anni, gli organi preposti all’accertamento della verità (interni ed esterni allo Stato Vaticano) mettano in atto ogni azione e deliberazione utili a fare chiarezza sull’accaduto. Un gesto così cristiano non farebbe che dare luce al Suo altissimo magistero, liberando la famiglia di Emanuela e i tanti che le hanno voluto bene dalla straziante condanna a una attesa perenne. Sono stato informato che il 21 gennaio 2012 alle ore 16 si incontravano a Roma, in piazza Sant’Apollinare, davanti alla Basilica che scandalosamente ospita la tomba di un criminale, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di combattere omertà e silenzi. La sepoltura del boss De Pedis in un luogo destinato a papi e cardinali ritengo sia il vero snodo dell’intreccio tra Chiesa, Stato e criminalità che ventotto anni fa si è portato via mia sorella Emanuela. Per questo è anche da lì che passa la nostra battaglia. Vi chiedo di esserci, numerosi, e vi rinnovo il mio sentitissimo ‘grazie’ per il sostegno e il conforto che mi avete già dato. Mi rivolgo soprattutto a chi abita a Roma, ma ovviamente accoglierò con commozione chi decida di dimostrarmi solidarietà partendo anche da lontano: più saremo a Sant’Apollinare, più verità e giustizia saranno vicine”.

A quella manifestazione non  potetti partecipare. Successivamente sono stato informato che il 27 maggio 2012 alle ore 9,30 a Roma da Piazza del Campidoglio partiva la “Marcia per Emanuela” diretta a Piazza San Pietro e ho deciso di essere presente e manifestare a favore della  Verità e della Giustizia. Così mi sono rivolto alla signora Annunziata Carallo ved. Mariano per preparare uno striscione di stoffa sul quale dovevano esserci i tre colori della bandiera italiana ossia: fondo bianco, scritta Noha sul rosso e scritta Lecce sul verde. Così la bravissima e generosa Nunziatina  ha preparato lo striscione gratis mettendo anche la stoffa e che ora io approfitto per ringraziarla di cuore e per dirle brava. Ho scaricato da inernet la foto di Emanuela  alla quale ho posizionato due elastici che sono serviti per infilarli alle braccia, ho preso il volo Brindisi-Roma Ciampino e sono andato a manifestare.

Ho passato una piacevole mattinata romana insieme a mia figlia Enrica ed in compagnia delle belle signore Cecilia e Renata, una romana e l’altra genovese, che hanno voluto unirsi a noi e manifestare. In Piazza San Pietro poi ci siamo incontrati anche con l’atra mia figliola Carmen e con suo marito Sandro. Abbiamo marciato per la dignità di questo Paese e per la credibilità della Chiesa.

Voglio ringraziare di cuore la signora Cecilia che si è offerta volontaria a tenere insieme a me lo striscione con la scritta NOHA – LECCE da Piazza del Campidoglio a Piazza San Pietro. Ammirazione e ringraziamento vanno dati anche alla signora Renata che, una volta rientrata a Genova, ha stampato quattro bellissime foto, ha preso carta e penna e mi ha scritto: “caro Biagio, chissà se riusciranno ad arrivarti queste belle foto, sono un bel ricordo della manifestazione per Emanuela Orlandi che ha avuto grande risonanza sui giornali e in TV. Continuiamo a combattere per lei e la sua famiglia e a non mollare MAI, come è scritto sullo striscione”.

Ha inserito tutto in una busta sulla quale ha scritto “Signor Biagio (non ho indirizzo ma sarebbe importante riuscire a recapitarla)ha preso parte a Roma alla manifestazione per Emanuela Orlandi - NOHA 73012 Galatina LECCE” e l’intraprendenza della determinata Renata è stata premiata da Poste Italiane perché il portalettere, dopo aver accertato che il Biagio ero io ha consegnato la busta. Complimenti Renata.

Domenica 27 maggio in Piazza del Campidoglio a Roma eravamo in tanti e abbiamo potuto ascoltare gli interventi di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela (speriamo che Benedetto XVI possa unirsi a noi nella preghiera), il Sindaco di Roma Alemanno che ha affermato “Tra pochi giorni la salma di De Pedis sarà portata al  Verano”,  il Presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti “Serve giustizia” e l’on. Walter Veltroni “Storia sporca, fiducia nei magistrati”.

Una gigantografia con la foto e la scritta “Verità per Emanuela Orlandi” campeggia da quel giorno in Piazza del Campidoglio da una finestra dei musei capitolini. È iniziata così la marcia che ha attraversato il centro di Roma, fino ad arrivare a San Pietro per chiedere “giustizia” su un mistero che accompagna la storia italiana dal 22 giugno 1983 e riesploso negli ultimi mesi sulla spinta delle iniziative promosse dai familiari, dall’opinione pubblica e dalle notizie arrivate dall’inchiesta. Peccato che il Papa all’Angelus quel giorno non ha ritenuto opportuno dire una sola parola su Emanuela Orlandi.

Con la stima di sempre, La saluto cordialmente Biagio Mariano

Caro geometra Mariano, la sua partecipazione alla manifestazione romana a favore di Emanuela Orlandi è un atto di grande sensibilità. Tra le tragiche vicende italiane che attendono ancora una risposta vi è sicuramente anche quella relativa a Emanuela Orlandi per la quale non solo i familiari sono angosciosamente provati, ma la nazione intera. Speriamo che quella manifestazione e tutte le altre che verranno possano far luce su una pagina buia dell’Italia del ventesimo secolo. La saluto r.m.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 12/01/2014 @ 23:27:36, in Cimitero, linkato 2858 volte)

Non ci sono santi che tengano, il silenzio nel cimitero di Noha, regna sovrano. Sarà per questo che mi vien voglia di parlare. Magari a bassa voce, come se ad ascoltarmi fossero le coscienze. Devo fare in fretta a scegliere il mio primo interlocutore, perché appena varcata la soglia d’ingresso e infilato il primo corridoio a destra, le voci mi assalgono e non so a chi dare retta per primo senza rischiare di far torto a qualcuno. Sono così tanti gli anni che ripasso a mente le centinaia di storie di questa gente, tutta del mio paese, che a volte le confondo con la realtà. La memoria che fa quel che può, e così finisce che ripeto sempre le stesse cose: della disuguaglianza fra chi è ricco e chi no, fra un semplice contadino e un cavaliere titolato, fra un giovane e un vecchio, fra una vergine e un’impura, fra un santo ed un peccatore. Poi però mi viene lo scrupolo e mi chiedo: “Ma i fatti degli altri mi riguardano o no?”.  Ho letto da qualche parte che il credente si differenzia dal non credente perché si preoccupa degli affari altrui. Non vorrei passare per quello che invece, si occupa solo dei propri. Ma qui le differenze fra la condizione morale e sociale dei residenti è eloquente, cioè nessuna. Seppur con il dovuto rispetto cerco di dare a tutti una giusta considerazione. Anche a chi non ha più né volto né nome, a chi magari denuncia solo più  la data di nascita, come se dovesse ancora morire e resiste nonostante lo abbiano costretto in una celletta piccina come la gabbia del gatto di donna Elvira che, quando va in vacanza, oltre a portarsi dietro i biscotti al tonno, lo veste come se fosse lo Scià di Persia. Dico io, ma dove siamo arrivati? La prossima volta, se mi riesce nasco gatto, o cane. Eppure, nonostante l’oggettività delle cose, la disuguaglianza fra eguali la si calpesta passo dopo passo, pure se non alzi lo sguardo, tanto è radicata in questo paese. E’ inutile qui riferirsi alle noiose manifestazioni di disaffezione del bene comune, che differenzia il centro dalla periferia, come dire Noha, Collemeto e S. Barbara da Galatina, tanto sarebbe aria fritta. Si dice anche: raglio d’asino non va in cielo.

Cerco di evitare gli sguardi di chi pare voglia trattenermi e proseguo salutando tutti i miei amici: quello morto annegato, quell’altro squarciato da uno scontro violento con una corriera sulla via del mare, Alfredo, che voleva volare sul velo dell’acqua ma fu tradito dall’onda, Giuseppe che vestiva come un ricco capitano di ventura, la zia dell’orzata, Giovanna della vacanza al mare, la Cetta che confondeva il casco da moto con quello delle banane, Nino il sindaco, Raffaele il collezionista di auto di lusso, Luigi il francese, gli zii, i nonni, i sordi e gli ambulanti, i coscritti, i giovani e i non più giovani. In sostanza qui si è trasferito più di mezzo paese. Tutti sempre vivi in quell’attimo che li ha immolati nell’eternità. Quella a cui ambiscono i vivi, o i non morti, come me. Le classi sociali sono tutte ben rappresentate, come nella famosissima “A livella” di Totò. Eppure qualcosa stona in maniera stridente. Ma che cosa? 

Eccola là! La metropoli. Il cimitero monumentale di Noha, una città nella città. E poi dicono che mancano i loculi. La mandria che macina il prato, lo stesso che timidamente resiste per difendere poche croci di ferro arrugginite, numerate e guarnite con fiori di plastica scoloriti dal sole, senza né volti, né date, né nomi. Nulla. Se non la bellezza dell’erba e i fiorellini di campo che crescono sui resti dei nostri militi ignoti. La necropoli, è la persecuzione di una assurda volontà di voler apparire diversi anche quando tutto finisce. Di voler gridare l’infinita voglia di restare attaccati a questo mondo meraviglioso che però non demorde, e lentamente si riprende ciò che gli appartiene. Compresa la nostra stessa vita. La mia corsa nei viali laterali termina così in un labirinto di sontuose cattedrali, chiese e templi marmorei, dai cancelli lussuosi e spesso sbarrati a chiave, segno di una paura che condiziona solo i vivi non certo altri. Entro dove si può, dove si è dato a chiunque il permesso di pregare. E parlo. Parlo sommessamente cercando di non stonare la melodia di questo straordinario concerto di fine anno. E ascolto le voci di chi, in questo mondo vellutato, risponde a volte con un fremito del vento, a volte con un cinguettio. Dentro, sento battere non solo il mio cuore. All’interno di questa quiete si vivono straordinarie emozioni, fuori di qua, senza le emozioni, si muore. Le ore volano e nella loro scia trascinano con sé le ombre frettolose dei ritardatari, di chi non ha tempo da perdere e se ne fugge quasi furtivo, raffazzonando uno strampalato segno della croce, sincronizzato con una incerta genuflessione che forse, egli crede, lo salverà dalle fiamme dell’inferno. Raggiunta la soglia, mi volto anche questa volta verso l’interno del cimitero e, con un semplice inchino della testa, sorrido a questa meravigliosa verità.

Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 10/01/2007 @ 23:26:42, in PhotoGallery, linkato 5361 volte)
"Eccovi alcuni flash della galleria che è anche la bottega di Paola Rizzo, ubicata nel cuore di Noha, in via Castello. Le foto qui riprodotte sono appena una parte della produzione di Paola e solo una pallida idea della bellezza dei quadri che invitiamo tutti ad ammirare di persona. I quadri qui riprodotti sono corredati da un piccolo componimento di Antonio Mellone"
 
Gli ulivi nei quadri di Paola Rizzo
 
I primi ad accoglierti nella bottega di Paola sono loro,
gli ulivi, impressi per sempre nella tela,
illuminati da fiotti di luce,
scaturiti da un pennello come una carezza.
Sono forza, longevità, lavoro di padri con calli alle mani.
Serbano ricordi di parole e leggende antiche e belle,
sono l’olio della poesia, mistero della vita,
essenza della pietà. E della sensualità.
L’ulivo di Paola s’inchina all’uomo,
che vuole vivere, danzare, volare e non smettere d’amare. Mai.
 
Antonio Mellone
 
 Clicca per visualiazzare la photogallery
 

L’estate galatinese di “A cuore Scalzo” sarà ricca di manifestazioni culturali, artistiche, letterarie, musicali e teatrali, che si svolgeranno nel pieno rispetto dei protocolli sanitari e della normativa anti – covid. C’è una novità importante: l’Amministrazione Comunale ha fortemente voluto la realizzazione di un progetto culturale con un’elevata valenza artistica ed attrattiva che coinvolga l’intero territorio comunale, finalizzato alla promozione del patrimonio culturale materiale e immateriale ed in grado di incidere sulla crescita culturale della comunità, dell’immagine della Città di Galatina e del suo territorio. In particolare, la finalità progettuale volge alla realizzazione di un Festival di Fotografia e di Arte Contemporanea, che ha come tema principale “Il Corpo come luogo oggetto nella storia dell'arte e simbolo di un'evoluzione di pensiero, di espressione, di sentimento, di spazio politico, sociale, economico e di genere” e, in particolare, il Corpo della donna, in ragione del forte legame tra la Città di Galatina e le donne, a partire dal Tarantismo, fenomeno culturale che rappresenta parte dell'identità culturale del territorio, sino alle metamorfosi che il corpo ha subìto nel corso della storia. Il progetto, dal titolo In Trance, è ideato e curato da Alessia Rollo con il partenariato dell’associazione 34° Fuso e il coinvolgimento di associazioni del territorio, privati, giovani e tutto coloro che vogliono dare il loro contributo ad un progetto culturale fortemente identitario. Nelle prossime settimane saranno svelati maggiori dettagli a riguardo.

“A cuore Scalzo” ritorna a ri-vivere, nella sua Città e nel territorio intero, ritorna ad abbracciare i suoi cittadini e ad accogliere i turisti e a stuzzicare il loro interesse e la voglia di essere a Galatina. “A cuore scalzo” significa ancora una volta libertà, purificazione, viaggio. Significa non avere barriere, significa essere, semplicemente essere.

“Dare l’avvio alla terza edizione di “A cuore Scalzo” rappresenta una ripartenza – afferma il Sindaco Marcello P. Amante - un segno di speranza dopo due anni di emergenza che ci vede, ancora adesso, in affanno ma desiderosi di riprendere in mano la nostra vita. Sin dall’avvio della nostra amministrazione abbiamo creduto nella cultura come motore per la ripartenza della Città di Galatina. E “A cuore Scalzo” ci conferma che deve necessariamente essere così: ritrovarci nelle piazze e nei luoghi dove l’anima si nutre attraverso un libro, uno spettacolo teatro, un’opera d’arte, una semplice chiacchierata dopo un concerto musicale”.

“L’emozione di quest’anno è unica – afferma Cristina Dettù, Assessore alla Cultura - : rispetto al primo anno, quello di sperimentazione, e al secondo di conferma, oggi “A cuore Scalzo” compie un salto coraggioso. E non solo perché lo fa in condizioni emergenziali ma anche perché punta su un progetto culturale nuovo per la Città. E l’emozione accompagna la convinzione che il festival, centrale nella nostra estate, sia punto di attrazione per artisti, appassionati, curatori ma soprattutto sia fucina di sapere, curiosità, conoscenza, educazione per tutti coloro che sapranno apprezzare l’arte tra i vicoli di una Città che è l’arte stessa”.  

Si invita a seguire i canali social facebook e instagram per rimane aggiornati.

Ufficio stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 14/04/2022 @ 23:24:16, in NohaBlog, linkato 1024 volte)

Al terzo anno risuscitarono.

Parliamo del 2022 e dei riti della Settimana Santa che a Noha sono iniziati la mattina della Domenica delle Palme con l’adunanza da parte dei fedeli sul piazzale antistante il monumento del Calvario, affrescato da Michele D’Acquarica, pittore e poeta (Noha, 1886 – Cutrofiano, 1971).

Dopo la benedizione dei ramoscelli e dei mazzi di ulivo (molti dei quali ritornati nelle rispettive campagne di provenienza), fedeli e chierici si sono diretti in processione solenne alla volta della chiesa della Madonna delle Grazie (un tempo nella Matrice di San Michele), per la celebrazione eucaristica e la lettura del primo “Passio”.

Oggi, Giovedì Santo la Chiesa ha ricordato l’istituzione del Sacramento dell’Eucarestia. I fedeli hanno seguito la messa in coena Domini, nel corso della quale, con la “lavanda dei piedi” è stata ricordata l’ultima cena di Gesù con gli Apostoli.

Alla fine della messa, il sacerdote ha riposto le ostie consacrate nel Ciborio dell’altare appositamente addobbato con stoffe drappeggiate, fiori, luci e candele. Nel frattempo tutti gli altri altari sono stati spogliati dei sacri paramenti, i candelieri reclinati, le campane “legate”, l’organo ammutolito.

Le Ostie rimangono esposte fino a domani pomeriggio per permettere l’adorazione da parte dei fedeli.

Sepolcri 14.04.2022

E’ tradizione visitare i “Sepolcri” (così impropriamente definiti dal volgo) allestiti nelle diverse chiese di Noha. Il primo è nella Matrice, anche quest’anno apparecchiato sull’altare maggiore (in precedenza presso l’altare del cuore di Gesù), seguono quello della Chiesa Madonna delle Grazie e della Cappella della Madonna del Buon Consiglio di via Aradeo.

Sepolcri 14.04.2022

Nella Chiesa della Madonna di Costantinopoli, invece, come da tradizione, è stata predisposta “la Pietà” (o Deposizione o Calvario) con l’esposizione della statua del Cristo Morto (nella sua antica bara di vetro) ai piedi di quella dell’Addolorata. La statua della Madonna ha un vestito di stoffa nera finemente ricamata, un pugnale appuntato sul petto, due fazzoletti bianchi nelle sue mani protese in avanti, mentre lo sguardo rivolto verso l’alto è pervaso da indicibile dolore per la morte del Figlio.

Il Venerdì Santo la Chiesa si astiene dalla celebrazione della Messa. La sera fa solo memoria della morte di Gesù con la lettura del “Passio” secondo Giovanni e con l’adorazione della Croce. Non si consacra l’Eucarestia, ma il sacerdote e i fedeli consumano le particole del Giovedì Santo, quelle dell’altare della Reposizione (vale a dire il “Sepolcro”). Il popolo continua a chiamare codesta funzione Messa Scierràta, cioè sbagliata, fuori dai canoni noti: come se il celebrante, per la morte del Signore, avesse perso la bussola.

Sul far della sera, verso le ore 22 inizia a snodarsi la lenta, lunga processione del Venerdì Santo, aperta dalla Croce in legno dei Misteri con i simboli della Passione del Cristo, con le associazioni religiose, la statua del Cristo Morto seguita da quella dell’Addolorata, il concerto bandistico nohano, diretto dal M° Lory Calò, e il popolo dei credenti.

Si fa di tutto per risorgere finalmente. Anche a Noha.

Sepolcri 14.04.2022
Sepolcri 14.04.2022 Sepolcri 14.04.2022
Sepolcri 14.04.2022 Sepolcri 14.04.2022
Sepolcri 14.04.2022
Sepolcri 14.04.2022 Sepolcri 14.04.2022
Sepolcri 14.04.2022 Sepolcri 14.04.2022
Sepolcri 14.04.2022

Noha.it

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/01/2013 @ 23:21:53, in NohaBlog, linkato 3230 volte)

Cara amica ti scrivo e siccome l’anno è passato, di terra ancora ti parlerò. “Questo tuo libro - mi dici quasi sussurrando, - è presa di coscienza”. Parlare di coscienza per te è sacro. Mi sembra che tu abbia paura che qualcuno ci senta e pensi di te come ad una persona all’antica e lo bisbigli piano. Lo ripeti ancora che è presa di coscienza, a voce bassa . La coscienza, questa sconosciuta, è:

 …una grossa novità, l’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va.
Continua così la canzone poesia del grande Lucio: “L’anno che verrà”. Poi ti fai coraggio e annunci ai nostri 25 amici che: “Cultura è solidarietà incondizionata, è educazione, è la famiglia, è l’esperienza degli anziani, la salute pubblica, l’acqua, l’aria, la terra, la scuola, i sentimenti, la condivisione, l’attenzione all’altro, il sacrificio per il bene comune, l’amore disinteressato, non discriminante”.

Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione…
Si la trasformazione. Quella che molti amano esteriorizzare a spese della povera gente, dei giovani e del loro futuro.

…e tutti quanti stiamo già aspettando.
Cara amica mia, la presa di coscienza è scivolosa, è su di una strada irta di asperità, lunga quasi quanto una vita. Non sempre si compenetra con le ideologie. Le ideologie, che siano religiose o politiche, sono sempre sani principi, peccato però che ognuno le confonda con la propria im-maturità. Che delusione.
Cara amica mia, Marco è un ragazzo di Noha ed ha 27 anni. Suo papà ha fatto enormi sacrifici per farlo studiare all’università di Pistoia. I sacrifici di suo papà non sono briscole, tu sai che parliamo di rinunce forti, di denti rotti, di malanni trascurati, di mani gonfie, di ossa doloranti e di rughe profonde.
Mica come i sacrifici che (non) fanno i falsi profeti e seguaci di questa crescita infelice che mostra oggi più che mai tutta la sua impotenza. Quando un padre di Noha fa sacrifici è davvero sudore e sangue. Marco sognava di trovare un lavoro, ha studiato con profitto perché sperava. Adesso ha capito, dice guardandomi quasi con rabbia, che la colpa di questo suo fallimento è nostra. E indica me con l’indice della sua mano destra. Mi ferisce come con una pugnalata. Poveri figli nostri. Allora fanno bene tutti quei giovani come Tommaso, Anita, Antonella, Antonio, Tonino, Oreste, Alfredo, e tanti altri ancora, tutti laureati, mica "choosy" come si ostina a crederli qualcuno, a stendere nella piazza di Galatina i loro striscioni di protesta contro quest’ennesimo atto di bieca stupidità.

…ogni Cristo scenderà dalla croce…
Ho chiesto al mio Vescovo di invitare  i suoi sacerdoti, in nome del Vangelo, a condannare chi inquina senza scrupoli, facendo morire di malattie i miei amici. Gli ho chiesto di aiutarmi a capire chi sono i mercanti da cacciare dal Tempio, se quelli che gridano in difesa della salvaguardia della terra o chi si affanna a spargere tonnellate di morte nelle nostre campagne? Chi sono i violenti? Quelli che distruggono la Val di Susa e la sventrano con i carri armati o le famiglie che vi si oppongono disarmate in nome del dialogo?
Che tristezza amica mia.
Dagli altari nessun monito in difesa della terra che è la vita, che è Dio. Anzi spesso si tace e (ahimè) a volte si vuole  perfino far tacere.

Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno…
Per adesso stanno crocifiggendo la nostra terra. Nostra, ma soprattutto dei nostri figli e nipoti. Gli alberi di ulivo di mio zio, si lo zio Santo, Marti Santo, classe 1918, sono poco distanti da contrada Cascioni, temono la morte che scava, scava e cola cemento, ne sentono l’odore. A guardarlo ti si riempie il cuore di amarezza. Zio Santo, e prima di lui quattro secoli di famiglie, ha passato tutta la vita crescendo i suoi figli con molta dignità avvinghiato come l’edera a quegli ulivi che si ricordano della sconfitta dei Saraceni. Oggi è vecchio, onorevolmente vecchio. Vede poco, solo ombre, con cui rivive e racconta il suo passato. E’ quasi sordo, a volte piange altre volte sorride e quando canta la dentiera balla a ritmo della sua canzone.
Che dolcezza amica mia.

Anche i muti potranno parlare e i sordi già lo fanno.
Al consiglio comunale di Galatina e anche di Rivoli, la città in cui risiedo, tutti si riempiono la bocca di crescita, di ricadute occupazionali, di rilancio dell’economia. Ai suoi tempi chi aveva gli alberi di ulivo non andava via, restava a casa. Adesso non servono più, dicono che con l’olio non ci si guadagna più e la crescita felice richiede sacrifici. Felicità e sacrificio, due significati incompatibili. Allora via tutto, anche se ci sono voluti secoli per farli diventare opere d’arte, al loro posto è meglio un grande centro commerciale. Centro fuori dal centro e commerciale per pochi. Lo chiamano megaparco, grande parco, così si tacita la coscienza. Quanto durerà questo delirio, quanto lavoro darà questo scempio? Quanto, amica mia.

E senza grandi disturbi qualcuno sparirà.
Già.. quanti giovani e quanti Giovanni! Il dottor Serravezza e la sua splendida squadra di medici e infermieri che io stesso ho visto all’opera con grande umanità e calore mercoledì della scorsa settimana, al quarto piano, nel reparto di oncologia dell’ospedale di Casarano, continuano  imperterriti a curare i nostri cari ammalati di tumore, e con che amore li curano!  Da anni scrivono  del più alto tasso di mortalità per colpa del cancro nell’area tagliata dall’asse Lecce Maglie.  
Chi e cosa porta la morte fra la nostra gente, dottor Serravezza? E se fosse proprio colpa di questo falso  progresso? Per favore, aiutaci a capire.

Vedi cara amica cosa si deve inventare… per continuare a sperare.
Cara amica ti scrivo e del dolore della mia coscienza ancora ti parlerò  …e più forte ti scriverò.

Grazie Giuliana, grazie Lucio.

Marcello D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 17/09/2014 @ 23:21:24, in I Beni Culturali, linkato 3340 volte)

Il confronto o paragone è il metodo più diffuso per valutare un bene o un valore. Non è raro sentir dire, anche da assessori o personaggi di spicco nostrani, che Noha è parte integrante di Galatina.

Sostenere che Noha è di fatto parte sostanziale di Galatina ci fa piacere e ci porta immediatamente a farne un confronto positivo, dato anche il fatto che Galatina è ormai nota come ai più (forse meno ai galatinesi) come città d’arte. Peccato però che lo si dica soltanto quando non se ne può fare a meno (e soprattutto senza pensarlo).

Io sono il primo a dire che ci sono problemi ben più gravi che vanno affrontati con urgenza, come quello dell’inquinamento della terra e dell’aria e di conseguenza dei cibi che mangiamo, quello del consumo del territorio, della disoccupazione, delle piste ciclabili senza biciclette, delle scuole (incluse quelle senza cabina elettrica), eccetera, eccetera. Ma è ovvio che tutto nasce dalla nostra capacità di fare proprio il pensiero dell’aver cura del territorio in cui viviamo. Se capiamo l’importanza di questo il resto viene da sé.

Adesso passiamo alla sostanza, e cioè alle cosiddette "casiceddhre" di Cosimo Mariano, mastro costruttore di Noha, (Nato a Noha nel 1882 e morto a Galatina nel 1924 - cfr. anche L'Osservatore Nohano, n. 6, anno II, 9 Settembre 2008).

Da quel che si vocifera in giro, pare che lo stabile "case di Corte" su cui sono state costruite le nostre casette, sia passato ad altra proprietà, diversa dalla società immobiliare della famiglia Galluccio, ultima erede di una nobiltà deposta dall'abolizione della feudalità effettuata dai napoleonidi nel 1806. Oggi non ci è dato di conoscere il destino delle casette, ma è evidente che presto l'intero fabbricato diventerà un mucchio di macerie. Basta osservare le crepe delle mura laterali prospicienti la strada (vedi foto e confronta).

Inoltre non ci vuole molto a capire che in soli sei anni (2008 - 2014) il degrado è cresciuto e molti pezzi dell’artistico manufatto sono letteralmente scomparsi.

Vi ricordo che è ancora aperta la raccolta delle firme on-line per l'intervento FAI (Fondo Ambiente Italiano). La raccolta delle firme si può anche effettuare presso alcune attività commerciali di Noha. 

Ora vorremmo chiedere alla “nuova” proprietà cosa avrebbe intenzione di fare, e soprattutto se ha a cuore un pezzo dell’identità, della storia e della cultura nohana, ovvero se le casiceddhre con il passaggio di proprietà sono semplicemente transitate dalla padella alla brace

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 22/02/2017 @ 23:19:56, in Comunicato Stampa, linkato 1729 volte)

Sabato 25 Febbraio, ore 10:00 si svolgerà presso la Sala Pollio - Via Vito Vallone - c\o Chiesa di San Biagio - Galatina l'evento di consegna di 3 DEFIBRILLATORI e 6 corsi BLS-D ai 3 Istituti Comprensivi Polo 1, Polo 2 e Polo 3 di Galatina. La donazione è frutto del taglio degli stipendi dei consiglieri regionali M5S Puglia e si inserisce nel percorso iniziato a giugno 2015 con la decisione partecipata avvenuta online, di destinare attrezzature e apparecchiature sanitarie al territorio pugliese.

http://www.consiglio.puglia.it/dettaglio/contenuto/43946/Restitution-day--M5S---Dal-taglio-stipendi-il-nostro-dono-per-i-bimbi-pugliesi-ammalati-

La prima tappa è stata il 6 ottobre 2016 presso l'ospedale San Paolo di Bari, poi si è proseguito con l'ospedale Santissima Annunziata di Taranto, Gallipoli, Lecce e tanti altri sino a giungere a Galatina. L'occasione dell'evento ha come scopo l'informazione della cittadinanza di Galatina della disponibilità sul proprio territorio di attrezzature salvavita. Sono invitati all'evento i Dirigenti Scolastici, il Primario di pediatria dell'ospedale Santa Caterina Novella di Galatina, il Commissario prefettizio, i comandanti di VV.UU., PS e CC, le associazioni sportive, medici di medicina generale, i pediatri e saranno presenti i consiglieri M5S Cristian Casili e Antonio Trevisi.

Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.

Attivisti 5 Stelle Galatina 

 
Di Albino Campa (del 17/12/2011 @ 23:19:52, in Comunicato Stampa, linkato 2346 volte)

Associazione “Città Nostra”, nel nome della continuità organizza la seconda raccolta di giocattoli nuovi e usati (in buone condizioni), con lo scopo di inviarli e distribuirli ai bambini galatinesi e del territorio. Non è richiesto alcun oggetto in particolare, tutto ciò che può donare un sorriso a un bambino è benaccetto.

 La raccolta di beneficenza sarà effettuata da sabato 17 fino a mercoledì 21 dicembre 2011, dalle ore 18.30 alle ore 20.30. Il punto di raccolta sarà la sede dell'associazione, in Via Umberto I, 29 a Galatina.

Tutti i giocattoli raccolti, saranno distribuiti alle comunità parrocchiali galatinesi ed alle associazioni con cui “Città Nostra” è già in contatto o a quanti vorranno contattarci per farci avere la loro disponibilità.

Donare  un piccolo oggetto, magari un giocattolo che i nostri figli non usano più, potrebbe voler dire regalare un sorriso, dare un senso diverso al nostro Natale e a quello di bambini meno fortunati.

Sarebbe per noi un piccolo gesto, che  riempirebbe il cuore di tutti.

 Info: 331 1800400

Email: associazionecittanostra@live.it

 
Di Albino Campa (del 27/06/2011 @ 23:16:26, in NohaBlog, linkato 4243 volte)

Eccovi di seguito il primo di due articoli a firma di quel "mangiapreti" che risponde al nome di Antonio Mellone apparso nel volume: AA.VV., Giudizi sull'opera e l'eco della stampa - D. Mario Rossetti - Un sacerdote della comunità galatinese, Panico Editore, Galatina, 2011

Non ricordo più l’occasione in cui ho conosciuto don Mario Rossetti. Ho ben chiaro soltanto che l’amicizia che mi lega a questo giovane prete che sta per celebrare sessant’anni di messa è come se ci fosse sempre stata.

 Mi sovviene il fatto che anni fa un mio amico di Noha, Marco D’Acquarica, un tecnico elettromeccanico esperto di campane e campanili, mi disse di essere stato contattato per dei lavori alla torre campanaria della chiesa di Santa Lucia di Galatina. Servivano alcune riparazioni all’orologio e all’automazione elettrica dei marchingegni che producono i rintocchi delle campane di quel tempio, e soprattutto la loro messa in sicurezza. Ricordo che in quel periodo, curioso com’ero (e sono), su mia richiesta salii con lui su quel bel campanile e ricordo anche di avervi visto e toccato con mano una vecchia campana un po’ “rosicchiata” sull’orlo: era la campana di Pietro Olita del 1850, di cui avevo già letto qualcosa in una delle guide verdi su Galatina edite da Mario Congedo. Mi disse anche che il rettore di quella chiesa era tale don Mario Rossetti: “…una persona squisita, propriu nu bravu cristianu, ‘na pasta de mendula”, un sacerdote che, tra l’altro, era rimasto molto contento della sua opera alle campane, all’orologio e a tutto il resto, e che – cosa non sempre scontata, anche in ambienti ecclesiali – aveva pagato puntualmente fino all’ultimo centesimo tutto il lavoro addirittura ancor prima che fosse terminata la sua esecuzione.
 Così continuava a dirmi Marco: “Non solo: oltre ad offrirmi ogni giorno il caffè al bar, alla fine dei lavori don Mario mi ha anche regalato un libro sulla chiesa di San Sebastiano. Cuarda cce bellu!”. E mi consegnò (in prestito) un bellissimo testo con copertina e custodia rigida, rilegatura in tela blu e sovra-copertina con le immagini a colori di San Sebastiano. Questo volume dal titolo “La parrocchia di San Sebastiano Martire in Galatina” era scritto e curato da don Mario Rossetti stesso ed era uscito dai torchi di Panìco, editore galatinese, nel 1996. Ma al bibliofilo, come il sottoscritto “si crede di essere”, pur non sfiorando la bibliomania, non basta la consultazione di un testo, è necessario anche il possesso del libro ricercato, possibilmente da annoverare tra le altre “conquiste” da inserire nella propria libreria o per dirla ampollosamente biblioteca privata. Chi vuole ottenere qualcosa, se s’impegna, alla fine quasi sempre consegue l’obiettivo. Sicché, davvero non so come, da lì a poco riesco ad avere questo libro tutto per me.
 Ma i libri sono come le ciliegie, uno tira l’altro, e nel 2008 ricevo dalle mani dello stesso autore don Mario anche lo stupendo: “La chiesa di Santa Lucia in Galatina”, libro che poi recensii su “il Galatino” del 29 febbraio 2008, esaltandone il profumo. Sì, i libri hanno un loro caratteristico profumo. In quel caso il profumo gradevolissimo non era soltanto quello della carta e della stampa: in quelle pagine c’era (ed io lo sento ancora) anche il profumo dell’incenso, il profumo dei fioretti e delle rose (come quelle di Santa Rita che nel mese di maggio si distribuiscono ai fedeli galatinesi), il profumo della terracotta e della ceramica con cui furono impastate le statue che si affacciano benedicenti dalle nicchie del frontespizio della chiesa, il profumo del sudore di chi costruisce chiese, restaura, tinteggia pareti di opere parrocchiali, e infine il profumo di chi fatica senza mai dare segni di stanchezza, e semina per poi lasciare agli altri il raccolto: proprio come usa fare don Mario.   
 Da allora (sebbene saltuariamente) incontro don Mario nella sacrestia della sua chiesa di Santa Lucia. Ci scambiamo volentieri alcuni punti di vista e sovente alcune pubblicazioni. Io gli ho donato qualche libercolo scaturito dalla mia penna (a volte incontinente) come quei volumetti che hanno quali “personaggi ed interpreti” proprio dei preti. Pur non essendo un “clericale” (ma quando il diavolo si diverte non ci puoi far nulla!) m’è capitato di scriverne addirittura tre: uno nel 2003 su “Mons. Paolo Tundo, arciprete di Noha”; uno nel 2007, per i tipi di Infolito Group, dal titolo “Scritti in onore di Antonio Antonaci” (su un altro gigante della cultura e della storia patria, vivo e vegeto, “il Monsignore per antonomasia”, come dice don Paolo Ricciardi), e, infine, impresso da Panìco nel 2008: “Il sogno della mia vita – appunti inediti, trascritti (all’insaputa dell’autore) ed annotati a cura di Antonio Mellone” (si trattò, in quest’ultimo caso, di un dono per i 60 anni di sacerdozio di don Donato Mellone, zio dello scrivente).
 Ho sempre detto a don Mario che non solo gli archivi parrocchiali, ma anche e soprattutto i cassetti privati dei sacerdoti (e invero di molti altri cittadini) sono pieni zeppi di lettere, immagini e documenti che sarebbe giusto e pio che diventassero in qualche modo di pubblico dominio, e questo da un lato ad maiorem Dei gloriam e dall’altro ad augendam scientiam.
 Purtroppo sovente molti di questi cassetti rimangono chiusi a chiave, e non saprei dire se a causa di una naturale ritrosia o non invece, più frequentemente, di una falsa modestia ovvero di una chiusura mentale che sfiora la gelosia delle proprie cose. Non è la prima volta, né l’ultima, che il sottoscritto – nel tentativo di richiedere documenti per poi scriverne, al fine di contribuire bene o male alla ricostruzione della micro-storia locale (la quale ormai ha la stessa dignità della macro-storia o storia generale) - ha sperimentato il “gran rifiuto”, che a volte lascia il retrogusto della porta sbattuta in faccia…
 In questo momento ho per le mani il menabò di un libro monumentale che sta per uscire dalle macchine del bravo Panìco Editore con il titolo: “Don Mario Rossetti – Un sacerdote della Comunità Galatinese”, scritto dalla prof.ssa Domenica Specchia, insegnante di Storia dell’Arte. Significa che, a semplice richiesta dell’autrice, don Mario non avrà sbattuto porte in faccia a nessuno ma aperto generosamente i suoi archivi e soprattutto il suo cuore a chi, con i suoi flash, sa dare un volto alla Storia (scritta ormai con la maiuscola).
 Ora, quando qualcuno ti consegna un menabò è come se ti stesse recapitando qualcosa di più di un libro finito e non qualcosa di meno. Ti sta dando, infatti, la possibilità di sfogliarlo in anteprima e anche possibilmente di metterci il becco, di darne un giudizio, di usare la penna rossa o blu ove dovesse occorrere. Ma diciamo subito che qui non c’è stato bisogno di usare né penna né matita: quelle poche sviste (croce e delizia di chiunque si accinga a scrivere) erano già state intercettate.
 Questo menabò in bianco e nero, dunque, è già bello, così com’è: ricco di inedite foto d’epoca con accurate didascalie, documenti introvabili altrove, informazioni sulla chiesa pre-conciliare (per dirne una, apprendiamo che per le confessioni o per una benedizione solenne con indulgenza plenaria un tempo non era sufficiente essere sacerdoti ma era necessario avere un patentino od un’autorizzazione scritta dall’ordinario diocesano), e sulla chiesa post-conciliare (con il nostro don Mario finalmente in clergyman): sono tutte tessere preziose del mosaico della vita di un uomo chiamato dal suo Dio a diventare Suo testimone, Suo sacerdote, Suo costruttore di chiese, attraverso l’utilizzo di mattoni, calce, cemento, certamente, ma soprattutto di “pietre vive”.
 E se è già bello il menabò, figuriamoci quanto magnifico sarà il “prodotto finito”.
 Domenica Specchia ha voluto produrre dunque uno “scritto in onore” di Mons. Mario Rossetti (io ho saputo che fosse un Monsignore soltanto dal risvolto di copertina dei suoi libri, e ne ho avuto la conferma dalle foto e dai documenti riprodotti in questo menabò: dai colloqui con don Mario non l’avrei mai saputo).
 Lo “scritto in onore” è un pizzico diverso dallo “scritto in memoria”. Lo scritto in onore è per chi è presente, per chi ti può ascoltare e leggere, è valore, è accortezza, direi anche lungimiranza, è vivere il tempo di una interpretazione autentica che si realizza attraverso il dialogo con l’interessato. Lo scritto in memoria invece è una anamnesi, un rincorrere chi non c’è più, un fargli sapere a scoppio ritardato che forse valeva la pena condividere con lui un tratto di strada. 
 Domenica Specchia sembra volerci dire con questo volume (questo insieme agli altri suoi, numerosi e belli) che certamente una città può ricordare un suo figlio con un monumento, con l’intestazione di una strada, con lo scritto, ecc.; ma perché non parlarne o scriverne finché si è in tempo? Perché non dire grazie a chi è ancora nostro prossimo? E “prossimo” non è chi è lontano, nel tempo e nello spazio; il prossimo è chi ci sta accanto; chi ci tocca, ci parla, ci ascolta ancora.
 Aggiungiamo a mo’ di conclusione di queste note, che gli scritti della Specchia sembrano nascere tutti da una convinzione secondo la quale la bellezza di un luogo (o di una persona) non “basta” se non è fissata su di un supporto: le parole e le immagini di una terra e dei suoi uomini, cioè, bisogna per forza sfregarle su una carta – anche stavolta a colori, bella e patinata – se no se ne volano.
 Accade spesso di ignorare i tesori a noi vicini, forse perché nascosti o forse perché su di essi non si è mai fermata la superficiale attenzione degli uomini, che cercano lontano le cose belle, proprio perché non sospettano neppure che esse siano tanto vicine a noi. Le opere d’arte galatinesi (architettoniche, pittoriche, scultoree, e soprattutto quelle umane e vive) sono tra le più belle del mondo, e non meritano le amnesie e la trascuratezza degli uomini, che in questi nostri tempi infausti sembrano attratti soltanto dai carrelli della spesa stracolmi di inezie o dalle televisioni di non so più quanti pollici sintonizzate dalla mattina alla sera su trasmissioni continue di corbellerie.
 Ecco perché è nato questo nuovo libro di Domenica Specchia: un bel catalogo su quell’opera d’arte che è la vita di don Mario.
 
Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 13/10/2016 @ 23:11:21, in Eventi, linkato 3230 volte)

A Roma han detto finalmente di NO alle Olimpiadi del 2024. Quindi ora siamo liberi di organizzarne a bizzeffe ovunque, ma senza cementificazioni per invadenti “cittadelle dello sport”, senza indebitamenti di intere generazioni future e soprattutto senza mafie.

Ora. Siccome tutte le strade portano a Noha, il tedoforo con la torcia s’è deciso di venire ad accendere la sua fiaccola olimpionica proprio nel cuore della nostra cittadina.

La prima Olimpiade di Noha si terrà, dunque, domenica prossima 16 ottobre 2016 da mane a sera. Sicché la centralissima via Castello e il parco dell’antico maniero nohano si popoleranno di grandi e piccoli concorrenti nelle varie discipline di:

  • Corsa con i sacchi
  • Tiro alla fune
  • Calcio balilla
  • Tiri al canestro
  • Tennis da tavolo
  • Tiro ai barattoli
  • Lancio del giavellotto
  • Sfide a Dama
  • Palleggi
  • Calcio biliardo umano

Dopo le iscrizioni aperte a tutti, alle ore 11 inizieranno le prime gare di questa prima Olimpiade.

Le attività si protrarranno fino alle 13.00, orario d’inizio della doverosa pausa pranzo (al sacco).

All’interno del parco del Castello, all’ombra della torre e del ponte medievali, sarà allestita l’area pic-nic aperta a tutti, mentre i ragazzi dell’associazione del Presepe Vivente, come è loro solito, prepareranno pucce e panini imbottiti di leccornie salentine. Ma anche mortadella bolognese (eh, sì, quando si parla di giochi senza frontiere bisogna per forza andare oltre gli angusti ambiti provinciali).

Alle ore 15.00 riprenderanno i giochi olimpici e il resto dell’animazione con la colonna sonora della Musica Anni ’80.

Il programma olimpico prevede la consegna delle medaglie agli atleti dopo ogni gara. La salita sul podio è accompagnata dal canto dell’inno nazionale (ma quest’ultimo programma potrebbe registrare delle varianti a sorpresa).

*

L’occasione di questa straordinaria festa dello Sport è il battesimo della ASD NOHA CALCIO, la nuovissima squadra di calcio del Noha, che inizierà a disputare le sue partite in Terza Categoria a partire dal prossimo mese di novembre 2016. La festa è promossa e organizzata dall’omonima neo-associazione Sport Calcio Noha, dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo, dall’Associazione Culturale Presepe Vivente “Masseria Colabaldi”, dalle Acli, da  Noha.it, dall’Associazione L’Altro Salento, e da tantissimi altri cittadini liberi e pensanti.

*

La bandiera della ASD NOHA CALCIO che garrirà ad ogni vento è un vessillo a due colori, composto da azzurro e bianco, a due bande verticali di eguali dimensioni. Mentre lo  stemma è un’ellisse con l’asse maggiore in verticale (ovale è anche la forma dello stemma cittadino, per dire), nove stelle di contorno (non poteva essere altrimenti: NOVE = NOHA), un diavoletto nero (la prima squadra di calcio del Noha era denominata appunto “I diavoli neri”) con in mano un tridente (simbolo delle tre torri nohane) pronto a infilzare un pallone (segno del globo terraqueo).

Durante le Olimpiadi entrava in vigore la “Tregua Olimpica”. Gli antichi greci la chiamavano ékecheirìa ed era un periodo sacro durante il quale cessavano tutte le inimicizie pubbliche e private, venivano abbassate le armi e salvaguardata la vita di chi si recava a Olimpia, e nessuno poteva essere molestato per gareggiare o per assistere alle gare. Siamo certi che la ékecheirìa, per l’occasione, si realizzerà anche a Noha.

Nella locandina della manifestazione campeggiano in alto il logo della ASD Calcio Noha e il nome della Parrocchia. Cos’è questo se non un bellissimo segnale di conciliazione tra il diavolo e l’acqua santa?

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 12/04/2018 @ 23:09:04, in Comunicato Stampa, linkato 1396 volte)

Non concede alcuna chance la corazzata Normanna Aversa al sestetto di mister Stomeo, rimandandolo nel Salento con una pesante sconfitta per 3-0 , dopo aver stentato a carburare nel primo set agguantandolo ai vantaggi(26-24).

Seppur preventivabile un nulla di fatto in terra campana , ciò che si chiedeva all’Olimpia SBV Galatina era una prova di carattere, in quello che doveva essere un test probante in prospettiva della gara interna e decisiva di domenica contro il Tricase.

La fiammata di orgoglio è durata invece  un set :il primo, dove una progressione nel punteggio lasciava ben sperare (6-8, 9-16, 14-22)  poi ,capitan Guarini e compagni hanno buttato al vento l’occasione ,facendosi erodere un break positivo di 8 punti.

Sono stati i servizi di Corti e Mandolini ad incidere di netto sul fondamentale della ricezione in casa salentina, che ha racimolato in termini percentuali un insufficiente 27%  , nonché i primi tempi di un Vetrano super che realizza il 100%  dei suoi attacchi , identificandosi come il migliore nella prima frazione di gara.

C’è un senso di sconforto nelle file galatinesi , quasi di rassegnazione dinanzi  allo spessore tecnico del sestetto aversano. Molla incomprensibilmente la squadra salentina , assume comportamenti ed atteggiamenti da vittima sacrificale e le notizie che giungono da Andria con il vantaggio di due set a uno per i padroni di casa sull’ Ottaviano  , mettono le ali ai ragazzi di Del Prete che  lasciano appena ventiquattro punti all’Olimpia SBV, nei rimanenti due set, con Bonetti e Mandolini sugli scudi.

Non era questo che società e tifosi avevano chiesto ;la gara andava affrontata con la giusta dose di adrenalina, non inquinata da un’acquiescenza per manifesta superiorità dell’avversario . Si chiedeva la continuità nervosa , la tenuta caratteriale del gruppo , senza mollare …invece dopo il primo set si era già sotto la doccia.

Traggano , atleti e tecnici, le  dovute considerazioni in prospettiva della gara  di domenica 15 aprile contro la Fulgor Tricase che determinerà il futuro dei colori bianco-blu-celesti.

Si affronterà una squadra , quella di mister De Giorgi, reduce dalla vittoria per 3-1 sull’Erredi Taranto, con un Del Monte in evidenza che bisognerà bloccare ed un Muccio da contenere. Poi sarà il pubblico, il tifo caldissimo ,la giusta cattiveria degli atleti in campo a far pendere ,ci auguriamo, la bilancia dalla nostra parte.

Per l’occasione la società del presidente Santoro  apre le porte del PalaPanico a tutti in modalità gratuita, invitando i tifosi ad organizzarsi coreograficamente, sostenendo i propri beniamini con il cuore e con le corde vocali in massima estensione.

Ci aspetta una grande giornata di sport.

 

ROMEO NORMANNA AVERSA – OLIMPIA S.B.V. GALATINA   3-0

(26-24, 25-12, 25-12).

GALATINA: Corsetti 5, Rossetti , Iaccarino 5, Lentini 8, Apollonio (L), Muccione 1 , Calò , Persichino(n.e.), Petrosino , Buracci 7,Guarini 3  Coach: Stomeo. Ass. Bray

AVERSA: D’Auge(L), Nero(L) ,Vetrano 14,Lentola 1, Gaetano, Corti 7, Bonetti 16, Illuzzi 1, Testagrossa 6,Mandolini 15   Coach: Del Prete.

 

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

OLIMPIA SBV GALATINA

 
Di Redazione (del 19/02/2013 @ 23:06:05, in Un'altra chiesa, linkato 3444 volte)
Premessa. Molti amici e molte amiche mi hanno subissato di e-mail e di messaggi per chiedermi che cosa penso delle dimissioni del papa. Poiché sto preparando un libro per l’editore «Il Saggiatore» in cui chiedevo le dimissioni di questo papa per manifesto fallimento, ho dovuto ripensare come fare e cosa fare del lavoro svolto. Ho pensato di aggiungere un capitolo e di metterlo come cappello all’intero libro. Alla notizia dell’Ansa, la mia prima emotiva reazione è stata: sono stato superato a sinistra da un papa. E’ la fine! Non pubblico più il libro. Poi, a una più puntuale e attenta riflessione, ho capito che quelle dimissioni rendevano il libro ancora più necessario, anzi gli davano fondamento e argomento. Senza di esse, il libro poteva apparire come lo sfogo di un prete «arrabbiato» (anche se non lo era), ora con le dimissioni, i fatti e le ragioni ch espongo hanno il crisma della prova che anche il papa «non ne può più» e pone fine alle ,lotte intestine, ai tradimenti, ai giochi di potere, rompendo il giocattolo nella mani sacrileghe dei cardinali e dei curiali, corrotti e senza Dio. Pertanto per venire incontro a tutti, pubblico questo nuovo capitolo, appena finito, invitandovi, per il resto, ad aspettare l’uscita del libro per i primi di maggio. Alla luce dei fatti, anche il mio precedente romanzo «Habemus papam» acquista una dirompenza profetica inusitata perché il tempo di Francesco I si avvicina sempre più perché è ineluttabile. Ora torno alla revisione del libro, non risponderò ad alcuno perché dovrò consegnarlo entro il 20 di febbraio. Di quello che pubblico, potete fare l’uso che volete. Il papa si dimette. Finalmente un’ottima notizia Iniziai questo libro il giorno lunedì 13 agosto 2012, alle ore 16,57. In esso per almeno due volte chiedo le dimissioni di papa Benedetto XVI per fallimento palese come uomo, perché ha dimostrato di non essere in grado di gestire la curia romana col suo vortice d’intrighi, corruzione, scandali e immoralità. Finita la stesura, mi accingevo a rivedere il testo per limare e aggiustare; giunto a pagina 77, lunedì 11 febbraio 2013, esattamente sei mesi dopo, poco prima di mezzogiorno, lessi sul web il lancio dell’Ansa con la notizia dirompente, quasi in diretta, che Benedetto XVI, nel concistoro in corso, comunicava ai cardinali le sue dimissioni da papa. Il card. Angelo Sodano, presente, prendendo la parola subito dopo il papa, parlò di «un fulmine a ciel sereno». Il papa aveva riunito il concistoro pubblico dei cardinali per concludere tre canonizzazioni, tra cui quella degli «Ottocento Martiri di Otranto», uccisi il 14 agosto 1480 dai Turchi perché non vollero abiurare dalla loro fede e convertirsi forzatamente all’Islam. Finito il concistoro pubblico, il papa proseguì con un concistoro segreto, riservato ai soli cardinali presenti, circa una cinquantina, ai quali, in latino, comunicò la sua ferma e libera decisione di dimettersi da papa perché, - disse - «sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata (ingravescente aetate), non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero pietrino», stabilendo la data d’inizio della «sede vacante» alle ore 20,00 del giorno 28 febbraio 2013. La motivazione che il papa stesso offrì al mondo fu drammatica e lucidamente consapevole: Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato (L’Osservatore Romano CLIII n. 35 [2013] del 11/12-02, p. 1). Quando questo libro sarà uscito (fine aprile 2013), la Chiesa cattolica avrà un nuovo papa e anche un papa emerito, in una situazione speciale, ma non unica nella bimillenaria storia ecclesiale perché altri papi e antipapi hanno convissuto in epoche lontane. Basti ricordare papa Ponziano che, il 28 settembre del 235, rinunciò alla carica perché mandato ai lavori forzati in Sardegna, e papa Antero che gli succedette il 21 novembre dello stesso anno; oppure il mondano Benedetto IX che tra il 1032 e il 1044, espulso e tornato in carica a più riprese, convisse con Silvestro III, Gregorio VI e Clemente II. Volendo si può anche andare all’inizio del sec. XV, al tempo dei papi Gregorio XII e Benedetto XIII, dimessi dal concilio di Pisa nel 1409 perché scismatici. Oppure è sufficiente ricordare l’antipapa Giovanni XXIII (nome ripreso, senza paura, da papa Angelo Giuseppe Rocalli nel 1958) che coesistette con Urbano VI e Martino V, quest’ultimo eletto dal concilio di Costanza; oppure Eugenio IV, scomunicato e deposto con Felice V che abdicò in favore di Nicolò V nel 1447. Si può dire che nella storia con questo valzer di papi e antipapi, doppi papi e tripli papi, non si ha certezza della linearità della successione petrina; tra tutti i papi dimessi o deposti, fa impressione notare che il nome di «Benedetto» ricorre più di ogni altro. L’11 febbraio 2013 fu la volta di un altro Benedetto, numero XVI, il quale non fu obbligato da forze esterne dirette, ma prese la decisione, ponderandola nella sua coscienza e solo quando essa fu matura in lui, la comunicò, secondo le regole del Codice di Diritto Canonico che sancisce: Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti (can. 332 § 2). Il gesto di Benedetto XVI, superato lo stupore di rito, lasciò aperte, e tuttora lascia, molte congetture, dando forza ulteriore di verità alle pagine che seguono, perché è la prova che i fatti e le valutazioni che riporto, spesso molto dure, non sono solo fondate sulla realtà, ma travalicano l’orizzonte delle ipotesi e si collocano sul versante della drammaticità che assiste impotente alle dimissioni del papa. Se il papa stesso motu proprio si dimise perché non ce la faceva più a svolgere il suo ruolo, significava che il livello del degrado era arrivato a tal punto che solo un gesto forte, «un miracolo», poteva porvi rimedio. Per la prima volta il gesto delle dimissioni, non usuale nel mondo clericale dove tutto si misura sul perenne e sull’eterno, portò con sé un germe di cultura e di costume di «laicità». Esso scardinò, «come un fulmine a ciel sereno», la figura del papa dall’aurela di sacralità, dove ingiustamente era stata collocata e la riportò alle dimensioni dell’umanità ordinaria, là dove, uomini e donne stanno al loro posto fino a quando le forze spirituali e fisiche lo consentono. Per la prima volta, il papa in persona disse di non essere un «dio», o peggio, un idolo, ma di essere solo un uomo, e anche limitato, che deve fare i conti con le categorie della possibilità e dell’impossibilità. Nel mondo e nella teologia cattolici crollò un mito. Anzi, iniziò a crollare. Se, alla fine di questo libro, potevo avere qualche dubbio sulla durezza delle valutazioni, dopo il gesto del papa, ogni dubbio si è volatilizzato, perché ora l’esigenza di una grande riforma, non superficiale della Chiesa, è sempre più cogente e necessaria, specialmente «in capite», cioè nella struttura gerarchica che oggi è lo scandalo maggiore dentro il cuore stesso della Chiesa. Giovanni Paolo II (come vedremo più avanti) si era detto disposto a mettere in discussione l’esercizio storico del ministero pietrino e ora Benedetto XVI, suo successore, pose il primo atto di riforma in quella direzione. Il papato non può più essere lo stesso e il potere temporale, formalmente finito il 20 settembre del 1870, di fatto, cominciò a terminare l’11 febbraio 2013, memoria liturgica della Madonna di Lourdes e anniversario dei «Patti Lateranensi», che formalizzarono la coesistenza del pastore e del capo di Stato nella persona del papa. La Storia è una grande maestra di vita, proprio perché non insegna nulla, se è vero che ciascuno vuole compiere fino in fondo i propri errori; essa però si vendica, creando occasionalmente motivi e circostanza e simbolici che valgono più di un trattato scientifico. Nello stesso giorno in cui il papa era riconosciuto come capo del Vaticano (1929), il papa dichiarava al mondo intero di non essere più né capo di Stato né vescovo di Roma perché non era più in grado (2013). Una rondine non fa primavera e i cardinali, ovvero la curia, sono duri a morire. Essi non arriveranno mai a prendere decisioni per scelta, ma da sempre si rassegnano a quelle cui sono costretti dalla storia o dalle convenienze. Il papa cessò di essere vicario di Cristo, titolo quanto mai controverso nella storia della teologia, per restare soltanto il successore di Pietro in un «servizio» a tempo, camminando in tempo per essere in grado, eventualmente, di arrivare in tempo. Lo disse, in modo disarmante, lo stesso Benedetto XVI: «Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti». Con queste parole, egli confessò il suo limite cedendo alla dittatura della fragilità, non solo fisica, ma anche concettuale; lui, uomo di cultura e di studio, non era in grado di reggere i bisogni dei tempi di «oggi» e se non si fosse ritirato in tempo, avrebbe rischiato di mancare l’appuntamento con il Signore che nella sinagoga di Nàzaret, all’inizio del suo «servizio», disse con fermezza e competenza: «Oggi questa parola si compie nei vostri orecchi». Oggi, non ieri, non domani, non in un tempo che si rifugia nell’eternità perché ha paura dell’evolversi della vita, ma solo ed esclusivamente «oggi». Dio e il vangelo sono «oggi». E’ l’oggi di Dio. Benedetto XVI, ormai papa-non-papa, disarmato, e, oserei dire illuminato dallo Spirito, cedendo alla violenza della ragione, depose i sacri paramenti che difendono dalla mondanità esterna, prese atto che «il velo del tempio si era spezzato, da cima a fondo» e lasciò «il sacro soglio» che più prosaicamente si trasformò in una «sedia presidenziale», occupata da un incaricato per il tempo necessario al «ministero affidato». Finito il compito, si lascia la sedia e si torna a pregare e, se c’è, a convivere con la sofferenza. Cristo non ha lasciato la «sua» Chiesa ad alcuno, nemmeno al papa, perché ci ha garantito di essere «sempre con noi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,28). Egli chiama quanti sono disposti a dargli una mano perché ognuno svolga una sola delle «multae mansiones in domo Patris» (Gv 14,2). Anche il papa. Specialmente il papa, che deve dare l’esempio di non essere strumento o manipolatore di potere. Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Gli intrighi medievali e rinascimentali della curia romana non sono finiti. Le dimissioni del papa ne sono una prova, anzi un atto di accusa grave e impotente, come se il papa inerme dicesse: non sono in grado di reggere questa sentina che schizza da ogni parte. Se i cardinali e il segretario di Stato fossero stati uomini dello Spirito, avrebbero preso come criterio di vita le parole del Signore che invitano a un genuino spirito di servizio. Forse, in un clima e in un contesto di preghiera e di abnegazione, lo stesso gesto delle dimissioni papali, sarebbe stato motivato in modo diverso e sarebbe anche apparso meno dirompente: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10). L’inutilità di cui parla Gesù non è comportamentale o funzionale, ma appartiene alla logica della verità e del servizio: non sono più adatto. Il testo greco usa l’aggettivo «achrèios», composto da «a-» privativa e dal verbo «cràomai – io uso/compio», per cui «non sono più nelle condizioni di agire/compiere». La curia romana, purtroppo, da sempre ha usurpato il ministero pietrino al successore di Pietro, relegando questi a una funzione di appariscenza, con un ruolo di approvazione formale, riservando per sé il potere quotidiano, quello invisibile, quello vero, come nomine dei vescovi in primo luogo, scelti tutti per cooptazione e quindi ricattabili con la tentazione della carriera. Benedetto XVI, specialmente dopo gli scontri delle fazioni contrapposte, avvenuti davanti ai suoi occhi e dopo la constatazione che nemmeno la sua scrivania e il suo studio fossero più sicuri, se qualcuno poteva trafugare documenti, anche riservati, aprì gli occhi e vide. Vide e toccò con mano che la sporcizia, la corruzione, il malaffare, l’inganno e la menzogna erano moneta corrente nella sua Città, nella sua casa, nella Chiesa di Dio. Il «fumo di Satana» che Paolo VI, terrorizzato, aveva evocato nel 1968, per Benedetto XVI assunse un nome e una collocazione. Il fumo diabolico del carrierismo e delle lotte intestine per accaparrarsi il potere e imporre la propria immagine di Chiesa, invadeva il Vaticano e annebbiava le menti e gli occhi dei cardinali che, a papa ancora vivo, cianciavano di scenari di morte. Forse, per la prima volta, il papa si rese conto che il male sovrastava la Città del Vaticano e le iene erano in agguato per sbranarlo a pezzi senza pietà e misericordia. Gli uomini di Dio, quando vivono e agiscono senza Dio, sanno essere tragici e anche comici allo stesso tempo perché perdono il senso del ridicolo e riescono anche a prendersi sul serio. Lo Ior, con tutto il marcio che custodisce nei suoi forzieri, scoppiò in mano al papa che volle a capo dell’istituto una persona di sua fiducia perché lo riportasse alla legalità. Non solo non riuscì, ma, a sua volta, fu indagato dalla magistratura e dalla banca d’Italia per riciclaggio e costretto alle dimissioni dal segretario di Stato. Mons. Carlo Maria Vigano (v. sotto), uomo giusto, aveva avvertito il papa che monsignori e cardinali erano ladri e corruttori a forza di tangenti in Vaticano e fuori; per punirlo della sua onestà, fu allontanato dal vaticano e mandato oltre oceano. Di fronte a questi misfatti, non avendo la forza d’imporsi e di licenziare i figli delle tenebre, primo fra tutti il suo segretario di Stato, il papa fece quello che un uomo mite e debole sa fare: si tolse lui di mezzo per disarmare le mani dei suoi nemici. Per fare dimettere tutti e riportarli alla dimensione della ragione e della fede, se qualcuno credeva ancora, rassegnò le sue dimissioni, consapevole che con esse sarebbero decaduti tutti i detentori di qualsiasi incarico. Il fallimento dei colloqui con i lefebvriani, che si sono approfittati della sua eccessiva benevolenza, come dimostro più avanti, alzando sempre più il tiro per indurlo a dichiarare formalmente che il Vaticano II fu un «concilio minore», anzi non può essere annoverato neppure tra i concili perché «eretico», dovette averlo molto amareggiato e forse si è pentito di avere tolto loro la scomunica. Prima, nel 2007, con la concessione senza condizioni della Messa preconciliare, il papa s’illuse che avrebbe potuto dialogare con essi e si adattò alle loro richieste, ma alla fine capì che non era per amore della Chiesa che essi volevano ritornare, ma solo per prendersi una rivincita dottrinale: il vero peccato di orgoglio, il peccato di Adamo ed Eva che non ha mai abbandonato il ceto clericale. Non potendo mettere d’accordo coloro che avrebbero dovuto «naturalmente» andare d’accordo, osservando come ciascuno perseguisse il suo interesse a danno di quello della Chiesa, il papa li costrinse a prendere coscienza che egli non poteva stare dalla loro parte; si tirò fuori e pose, come i profeti della Bibbia ebraica, un gesto fisico, un gesto che parlasse più delle parole: Mi dimetto. Con questo gesto egli affermò che la Chiesa è di Cristo e che nessuno ha il monopolio dello Spirito Santo. All’obiezione di chi sicuramente cercò di bloccarlo dicendogli che «alla paternità non si può rinunciare», il papa rispose, parlando con i fatti, che la paternità è solo di Dio e noi ne partecipiamo secondo la grazia e la possibilità, la misura e le condizioni. Le dimissioni del papa pongono sul tappeto della teologia, la questione che è rimasta irrisolta anche al concilio Vaticano II, la stessa che il Vaticano I non aveva nemmeno affrontato, sbilanciando così l’autorità solo sul versante del papa. La questione riguarda la collegialità dell’esercizio dell’autorità nella Chiesa. Con la dichiarazione dell’infallibilità (vedi sotto) a beneficio esclusivo del papa, per oltre un secolo, la Chiesa è stata zoppicante e le conseguenze si vedono ancora oggi. Con le dimissioni di Benedetto XVI, l’anziano papa dice, forse senza volerlo, che l’autorità papale non è più assoluta, ma relativa, perché dimettendosi inidoneità «all’adempimento del suo ufficio», egli fa rientrare la figura del papa nella normalità della legge che esige le dimissioni (enixe rogatur – è fortemente invitato) di ogni vescovo in qualsiasi parte della Chiesa (CJC 401 §2). Tornando alla chiesa di comunione che è incompatibile con la chiesa piramidale verticistica, si afferma la necessità, non più procrastinabile, di un concilio che stabilisca i confini dell’autorità papale e nel contempo affermi i diritti dei vescovi che tornano a riprendersi la loro natura di «epìskopoi – custodi/sorveglianti» e non più luogotenenti o commissari governativi del papa-re o, ancora peggio, padroni di una porzione di Chiesa. Le dimissioni di Benedetto XVI rientrano nella categoria dei «segni dei tempi», che oggettivamente sta lì, spetta a noi leggerle in qull’ottica e da quella porspettiva che ci impegna a interrogarci sul loro significato che hanno in sé e nel futuro della Chiesa. Che cosa Dio vuole dire alla Chiesa di oggi, con il gesto di un papa che spontaneamente rinuncia al potere assoluto, all’immagine di sacralità di cui la sua funzione ra circonfusa per ritornare a essere un uomo di preghiera e di silenzio? San Paolo direbbe che questo momento è «un’occasione favorevole – un kairòs» per mettersi in ascolto di ciò che il Signore vuole dire alla sua Chiesa all’inizio del terzo millennio. Se deve nascere una nuova Chiesa, dipende anche da noi, perché Dio manda i suoi «segni dei temi», ma non si sostituisce alla nostra responsabilità e nemmeno conculca la nostra libertà, anche se è un impedimento alla realizzazione di un suo disegno. Dalle ore 20,00 del giorno giovedì, 28 febbraio 2013, memoria liturgica dell’asceta san Romano abate, vissuto a cavallo dei secoli IV e V, inizia un nuovo cammino per la Chiesa di Dio: esso può prendere la direzione del Regno attraverso la Storia, oppure il sentiero della paura verso il passato ala ricerca di una sicurezza che nessuno può dare perché è solo lungo il cammino che con i discepoli di Emmaus, sentiremo il cuore scaldarsi e alla fine, solo alla fine, scopriremo il volto del Signore nello «spezzare il pane». Spetta al nuovo papa e alla curia, di cui vorrà dotarsi, dimostrare con i gesti e la testimonianza che Dio è tornato a vivere in Vaticano perché i suoi abitanti, a cominciare dal papa, convertiti, hanno di nuovo cominciato a credere in lui, dandone anche testimonianza quotidiana. Il prossimo papa non potrà più erigere davanti a sé, o permettere che altri erigano, una cortina d’incenso, ma deposte le sontuose vesti della sacralità e preso un bastone, una tunica e un paio di sandali, dovrà scendere sulle strade del mondo per camminare accanto agli uomini e alle donne del suo tempo alla ricerca dei brandelli di Cristo disseminato nella Storia del mondo e delle singole persone. Ascoltando le parole di Benedetto XVI, con grande rispetto, ma reputandolo allo stesso modo colpevole e responsabile del degrado in cui versa la Chiesa, posso affermare che questo libro doveva essere scritto, come è stato scritto. Lo affido anche al nuovo papa, perché nello spirito di Francesco I, ripari la sua Chiesa e, senza paura, ma con la forza della sola fede, si lasci afferrare da Cristo per salire il monte delle Beatitudini e poi riscendere sulla pianura del Magnificat. E’ giunta l’ora ed è questa. Oggi.
 
Di Albino Campa (del 24/11/2011 @ 23:04:07, in Un'altra chiesa, linkato 2867 volte)

Da anni dico, e nel 150° anniversario dell’unità di Italia ho proposto, di sciogliere il parlamento, abolire il governo e «annettere l’Italia la Vaticano». Avremmo il papa re d’Italia come ai bei tempi e molti vantaggi: saremo clericali evidenti e non sottobanco. Leggi e decreti verranno stilate direttamente in latino preconciliare, come la Messa concessa ai lefebvriani. In tutti i luoghi pubblici, oltre al crocifisso, sarà obbligatorio avere il quadro del Sacro cuore di Maria, la statua di Padre Pio e quella di Wojtyła. Tre volte al giorno in tutti gli uffici e luoghi pubblici e parapubblici (chiese, oratori, conventi, casa di Vespa, sede della Cei, ecc.) bisognerà cantare l’Alleluia in gregoriano. I funzionari pubblici maschi avranno il titolo di «Monsignore», le funzionarie donne si chiameranno «Madonna mia bella».

1.Il Vaticano è una ipoteca eterna sull’Italia. Non ce ne libereremo mai. Ciò promesso:

2.Risparmieremmo alla grande, sapendo che mangerebbero solo i preti e i laici clericali.

3.Avremmo il vantaggio di sapere dove siamo e con chi avremmo da fare.

4.In caso di necessità, un’assoluzione e via! Evvai!

Il governo Monti nasce non targato Vaticano, ma in Vaticano: tutta l’impostazione ministeriale sembra pensata al di là del Tevere. La prima uscita, infatti, è stata quella del segretariuccio di Stato Bertone Tarcisio che, beato, dichiara: «E’ un bel governo!» che tradotto in dal liturgico al popolare significa: vi abbiamo fregato tutti. Con questa benedizione, Monti e colline andranno «per pascoli erbosi e acque tranquille» perché Berlusconi potrà fare il gradasso ma non è stupido e non si metterà di traverso contro il Vaticano. Ho dovuto aspettare 60 anni dalla fine della guerra di Liberazione, per vedere i fascisti al governo e ora il ritorno del Vaticano al governo. A questo punto spero che cambino anche l’inno nazionale e ripeschino l’antico inno dell’Azione Cattolica: «Bianco Padre che da Roma ci sei mèta, duce e guida; su noi tutti tu confida un esercito a marciar». L’82% degli Italiani appoggiano il neo governativo Monti, senza nemmeno aspettare i provvedimenti che prenderà. Gli Italiani sono sempre «preventivi»: lo sono stati con Mussolini, con la guerra, con Mussolini, con il Tappo di Arcore e ora con Monti. Santo Iddio, aspettate almeno che cominci a belare, non dategli credito in bianco perché in bianco resteranno le vostre facce terrorizzate. Sono allibito dal vedere passare da un governo all’altro senza nemmeno una pausa di dubbio, di assestamento. Anche i terremoti si assestano per almeno un anno, noi no. Passiamo da Berlusconi a Monti senza soluzione di continuità. Da Berlusconisti a Montiani, con la stessa passione, la stessa stupidità. Nulla fare, noi siamo fatti così. Ora aspettiamo che il papa faccia la visita pastorale in tutti gli otto mila e passa Comuni per rafforzare i fedeli nella «religione Monti». Speravo di morire in una Italia laica, dovrò forse rassegnarmi a sopravvivere in un Paese, colonia perenne del Vaticano. Ciò che non si vuole capire è che la crisi non è la conseguenza di speculazioni (è anche questo), non è frutto della globalizzazione (è anche questo), non è il risultato dell’incapacità dei governi di fare scelte «sapienti» (è anche questo), non è per l’Italia la condanna per la goffaggine di un governo corrotto figlio di un macigno di conflitti d’interessi (e ci mancherebbe altro che non fosse anche questo), ma è la crisi «interiore» di un sistema, del sistema capitalistico che, a 22 anni esatti dalla caduta del muro di Berlino, si sta schiantando su se stesso perché non può più reggere, essendo immorale nell’anima, se mai ne ha avuta una. Il capitalismo di stampo americano ha potuto reggersi in piedi perché, paradossalmente, dall’altra parte c’era il comunismo becero dell’Unione Sovietica che non ha mai conosciuto né Marx né la filosofia del comunismo ideale, ma si è assestata su un capitalismo di Stato/partito finendo per essere il fondamento dello sviluppo del capitalismo oligarchico dell’Occidente. Sono i superficiali hanno potuto cantare vittoria alla caduta del Muro, emblema del fallimento del comunismo come storicamente si è realizzato nei Soviet.«Simul stabunt, simul cadent!» dice il proverbio latino: «Insieme stanno e insieme cadranno». Così è. Caduto il comunismo di stampo sovietico, in Italia crolla la DC e il sistema dei partiti scomparsi sotto le macerie di Tangentopoli, rimpiazzati da un piazzista magliaro e corrotto che ha ereditato il peggio di prima a cui ha aggiunto il peggio di dopo, mettendo in piedi una colossale schifezza che si presenta con una maschera facciale e trapianti di plastica. Berlusconi è la plastica riciclata del craxismo e della peggiore Dc, non a caso nelle sue stalle sono confluiti tutti gli animali immondi della prima repubblica, compresi i fascisti. Il capitalismo è peggiore del comunismo sovietico, perché questo garantiva la miseria abbastanza uguale per tutti, quello invece crea la miseria delle masse per garantire la ricchezza ad un gruppo ristretto di debosciati oligarchi che fanno quello che vogliono. La conseguenza tragica è il «mercato», parola magica che serve per giustificare tutte le ignobili scelte in qualsiasi campo e settore. Il dio che tutto muove è il «mercato» che è il sistema attraverso cui i ricchi schiacciano i poveri e li costringono a pagare il costo della loro esistenza di rapina. Il mercato dovrebbe essere emulazione, concorrenza, confronto, con condizioni uguali per tutti, ma quando è corrotto da chi lo annuncia e lo esige, quando è manipolato da chi se ne fa scudo, quando è deviato da conflitti di interessi micidiali, allora il capitalismo è una bolgia infernale che uccide i deboli e ingrassa i forti e violenti e degeneri e ladri. Se si vuole uscire dalla crisi che è «crisi di sistema», bisogna porsi su un altro piano: ridistribuzione equa delle ricchezze. In un mondo decente non dovrebbero esserci «stock options», e dislivelli di retribuzione nel rapporto di 1/517 come avviene con il sig. Marchionne che prende una paga pari a 517 volte quelle di un suo operaio. Questa è la chiave della riforma e fuori di essa ci sarà il diluvio, l’apocalisse perché quando scoppierà «la collera dei poveri», tireremo giù il sole e incendieremo la terra inondandola di una luce nuova e di un nuovo orizzonte, dove tutti saranno veramente uguali, come vuole il Vangelo, come lo esige la dignità.

di Paolo Farinella, prete

 
Di Albino Campa (del 03/07/2012 @ 23:04:00, in Eventi, linkato 2778 volte)

E’ stato presentato oggi presso la sala convegni del convitto Palmieri a Lecce il progetto estivo Open Days della regione Puglia in collaborazione con Puglia Promozione.
Per 13 settimane aperture straordinarie in notturna dei luoghi più belli di Puglia: il giovedì sarà dedicato alle masserie didattiche, il venerdì alla scoperta di parchi, sport,e natura, il sabato chiese e musei aperti. Open Days ha una caratteristica: è totalmente gratuito e vuole anzitutto stimolare la conoscenza da parte dei pugliesi degli straordinari tesori che insistono sulla regione. Non solo, Open Days sarà anche un punto di riferimento per tutti i turisti che sceglieranno la Puglia come meta turistica per la loro estate.
Anche Galatina è stata coinvolta nel progetto Open Days e la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria osserverà un’apertura straordinaria serale fino alle 21.30. Dal 7 luglio si potranno ammirare anche di sera gli splendidi affreschi quattrocenteschi, ogni sabato per 13 sabati consecutivi.
Un appuntamento che potrebbe diventare anche un appuntamento per tutta Galatina ed in particolare per il suo centro storico.
Ed e’ qui che suona il tasto dolente: dobbiamo, ancora una volta, segnalare l’estremo degrado nel cuore pulsante del centro storico di Galatina. Mi riferisco allo squallido spettacolo di Vico Crocifisso ed un tratto di Via del Balzo in cui i terribili odori, percepibili anche dalla più frequentata via Robertini, le scritte sui muri, porte spalancate in cui regna sovrana sporcizia e disordine, non potrà aiutare di certo “il turista felice” che verrà a visitare Galatina. Telecamere a circuito chiuso, quotidiana sorveglianza e, soprattutto,  pulizia potranno aiutare a prevenire atti di vero e proprio vandalismo ai danni di un patrimonio comune.
So che l’amministrazione è molto sensibile e saprà trovare la giusta soluzione. Auguro un buon lavoro a tutti  per questa estate galatinese già iniziata.

 
Di Redazione (del 03/12/2018 @ 23:02:01, in Comunicato Stampa, linkato 1048 volte)

Doppio passo falso   per l’under 18 di mister Dicillo che, com’era prevedibile, cede nel derby con la Showy Boys opponendo una resistenza orgogliosa solo nel terzo set, ed imprevedibilmente crolla, il giorno successivo, in casa del Lecce Volley.

Due gare dallo svolgimento diametralmente opposto: di contenimento il primo, contro un organico di levatura che in toto milita in serie C, assolutamente involutivo e spuntato quello contro il sestetto del presidente Selvaggi per niente trascendentale, anzi ad ampia portata di aggancio in classifica.

Non trova scusanti il tecnico galatinese blu-celeste che ha provato ad inventarsi una formazione orfana di un palleggiatore e dei due centrali : “ Non è mia abitudine giustificare prestazioni insufficienti della squadra, afferma Dicillo, avallando assenze o indisponibilità di atleti per vari motivi. Sono dispiaciuto per la prova disputata che è stata priva di nerbo e di attenzione. Comportamenti che nel mio modo di allenare non trovano ricettività e non escludono decisioni nella gestione del gruppo che possono anche non essere condivise.”

Ora la risalita passa attraverso lo scontro diretto con i pari età del Calimera, in programma il 10 dicembre nel cuore, per antonomasia, della grecìa salentina, affrontando una compagine ben quadrata, con la quale si condivide la terza piazza.

La formazione under 16, sempre guidata da Giuseppe Dicillo, coabita il secondo posto con il Calimera a 11 punti ma con una gara in meno. Il quadro tra le pretendenti al titolo sarà più esplicito quando lo scontro diretto con il Leverano, in calendario il 13 dicembre, fornirà un responso sulle reali possibilità del gruppo capitanato da Andrea Carrozzini che con Calimera e Squinzano saranno le potenziali antagoniste della BCC Leverano.

Il gruppo dell’under 14, sotto la guida di mister Laura Pendenza e Antonio De Matteis, dopo aver conquistato tre vittorie nelle prime tre giornate, si trova per il momento in testa al girone in attesa della gara tra Squinzano e Calimera in programma domani 04 dicembre. Nelle settimane precedenti la pausa dei campionati per le festività natalizie, De Matteis e compagni saranno sottoposti ad un banco di prova concreto , l’undici dicembre ospitando lo Squinzano e il 18 in trasferta a Calimera, che verosimilmente stabilirà una gerarchia di valori.

Mister Pendenza getta acqua sul fuoco ma non si nasconde: “Ci stiamo esprimendo ad un buon livello: certo non ancora al meglio, a causa di malanni accusati da qualche atleta, ma ai miei ragazzi predico sempre di stare con i piedi per terra. Il campionato ha esaurito solo tre giornate sulle 14 in calendario, quindi niente pronostici affrettati, ma solo lavoro ed applicazione di quanto viene loro richiesto”.

Rincara la dose il secondo allenatore Antonio De Matteis :” Il 4 marzo 2019, data dell’ultima gara della sessione regolare, ci dirà quanto e quale sarà il valore del nostro gruppo ,ricordando che sacrifici e traguardi vanno di pari passo per inquadrare quell’obiettivo a cui tendono società , tecnici ed atleti stessi.”

La prima divisione, pur essendo ancorata sul fondo a zero punti in compagnia del Lequile ed aver messo in fila cinque sconfitte, sta crescendo lentamente ed attende l’inserimento di qualche altro elemento (Palumbo), nonché una costante presenza degli atleti alle sedute di allenamento per trovare coesione ed equilibrio.

Il primo set disputato alla grande, seppur perso per 21-25, contro la capolista Nardò ha detto che la squadra è in fase di crescita tecnica, un po' meno dal punto di vista caratteriale che paga la giovane età di alcuni elementi, ma che può contare sul rendimento in crescendo di alcuni di loro.

Siamo certi che il gruppo si amalgamerà e potrà dire la sua durante la fase dei playoff a cui parteciperanno tutte le squadre.

 

Piero de lorentis

Area comunicazione

SBV Olimpia Galatina

 
Di Albino Campa (del 07/07/2011 @ 23:01:46, in RadioInOndAzioni, linkato 3912 volte)

Eccovi di seguito un articolo a firma di Antonio Mellone sulla nostra 'RadioInOndAzioni' apparso sull'ultimo numero de "il Titano", supplemento economico de "il Galatino", n. 12 del 24 giugno 2012. Insomma W Interet Libero, W la libertà!

Il Titano La Puglia passerà al digitale terrestre entro la fine del corrente anno o al massimo entro il primo semestre del 2012. Questa bella notizia apprendiamo leggendo il calendario del passaggio al digitale. Tradotto in parole semplici vuol dire che per poter guardare i programmi della televisione saremo costretti – come hanno fatto o faranno anche in altre regioni – a riempire le nostre case di alcune scatole chiamate “decoder” da collegare in qualche modo all’apparecchio televisivo. Senza questo decoder le nostre televisioni (a meno che non siano acquistate in tempi recenti con il marchingegno incorporato) diventerebbero un semplice soprammobile.

Fonti più che attendibili ci informano che il digitale terrestre di fatto è un digitale sottoterrestre (o extraterrestre: cioè roba dell’altro mondo), in quanto si tratta di un vero e proprio ferrovecchio, una tecnologia obsoleta morta e sepolta ma temporaneamente risuscitata dall’endemico italico conflitto d’interessi che sembra avere quale obiettivo precipuo quello di far fare i soldi a chi i soldi li ha già: in questo caso i proprietari (più ricchi) delle vecchie reti televisive. Il tutto a discapito dell’innovazione vera, della democrazia e della libertà d’informazione.

Per fortuna la realtà supera l’immaginazione al potere, e il futuro prima o poi arriva. Per fortuna, cioè, a prescindere dalle scelte politiche sceme, c’è una realtà che non vuol perder tempo, che va per conto suo, e soprattutto contro l’archeozoico vento sinistro degli insipienti e gli ottusi. E questa realtà è un mondo in fermento, ricco di idee e di persone libere, pronte a cavalcare le punte più avanzate della comunicazione non allineata attraverso l’utilizzo di una tecnologia che non potrà più essere fermata, tanto meno da un decreto ministeriale.

C’è una tecnologia che invece sta crescendo a ritmi esponenziali (almeno in altre parti del mondo non tanto distanti dal patrio Jurassic Park), ed è la connessione ad Internet.

In rete si possono vedere già da oggi, anzi da ieri l’altro, centinaia di canali televisivi: a condizione che la linea arrivi, che sia veloce e che abbia un costo ragionevole. L’Italia purtroppo sembra relegata ad uno degli ultimi posti quanto a connettività (a momenti la Libia ha più connettività di noi), visto che le suddette tre condizioni necessarie non sono pienamente realizzate, e questo per precise scelte strategico-politiche volte a trasformarci tutti in pecore mute da tosare in tranquillità e possibilmente con il sottofondo della voce del padrone.

Mentre in altre parti del mondo si studiano “ponti unici di comunicazioni”, come sta cercando di fare Microsoft con l’integrazione in Skype di molte piattaforme (MSN, Lync, Hotmail, Outlook, Exchange…), in Italia stiamo perdendo terreno, tempo e denaro con il digitale terrestre e con i decoder. Ma tant’è.

Per fortuna la realtà supera l’immaginazione al potere, e il futuro prima o poi arriva. Per fortuna, cioè, a prescindere dalle scelte politiche sceme, c’è una realtà che non vuol perder tempo, che va per conto suo, e soprattutto contro l’archeozoico vento sinistro degli insipienti e gli ottusi. E questa realtà è un mondo in fermento, ricco di idee e di persone libere, pronte a cavalcare le punte più avanzate della comunicazione non allineata attraverso l’utilizzo di una tecnologia che non potrà più essere fermata, tanto meno da un decreto ministeriale.

Queste persone non bisogna rintracciarle a “Chi l’ha visto?”, né dall’altra parte del globo, ma vivono e operano accanto a noi. Per accorgersene basta aprire gli occhi e magari connettersi in rete.

Uno dei protagonisti della locale rivoluzione cultural-tecnologica in corso è il mite ma determinato nostro concittadino Tommaso Moscara. Il quale, non pago dell’esperienza non semplice di aver dato i natali e linfa continua al cliccatissimo sito www.galatina2000.it, luogo ormai topico di incontro e di dibattito della Galatines’ community, s’è messo in testa anche di “fare la radio”: la neonataRadioIndOndAzioni(d’ora in poi Radioinondazioni).

Radioinondazioni non è una radio come le altre tradizionali che trasmettono con le frequenze in FM. Radioinondazioni – ascoltabile su Galatina2000.it e su Noha.it e sicuramente su altri siti sui quali è stata “importata” – è una web-radio, cioè  una radio on-line che permette agli utenti di tutto il mondo di collegarsi per ascoltare in streaming musica e pensieri trasmessi dal computer di un altro.

Moscara ha pensato bene che fosse ora di inondarci di novità a partire da Galatina, la bella addormentata nel Salento, e ha dato vita ad una radio che non è un juke-box senz’anima e a basso costo (i veri costi di una web radio sono il tempo da dedicarle, la determinazione, e la voglia di mettersi in gioco) ma un cuore vivo e pulsante, un collettore dinamico di arte dei suoni e informazioni, un marchingegno che ricorda il tempo rivoluzionario di trenta e passa anni fa, quello delle radio libere (di cui Tommaso sembra aver sempre avuto il pallino).

La prima web radio di Galatina, dunque, è un microcosmo che sta interessando una crescente fetta di pubblico giovanile (giovani di tutte le età, s’intende) grazie anche a quell’aggregatore di ascolti e moltiplicatore di social network che è Facebook, acceleratore di particelle di questa bellissima neorealtà. Sono questi i passi che porteranno anche in Italia il fenomeno che da tempo si registra negli Stati Uniti: cioè il sorpasso degli ascolti delle radio “solo web” su quelli delle radio in FM.

In un futuro non tanto lontano non ci si collegherà alla web radio soltanto stando seduti a tavolino con il computer (e internet) acceso, ma anche in mobilità, tramite I-Phone e altri apparecchi da casa, in auto, e persino in spiaggia, anche senza il bisogno di accendere il computer.

Nella neonata Radioinondazioni s’è voluto addirittura strafare con le novità. Ci sono dei programmi originali ed in diretta come il “Tutti pazzi per la radio” in cui la creatività di alcuni ragazzi straordinari di Galatina si manifesta in forme finora considerate inedite; ci sono programmi culturali di approfondimento sui libri, come quello condotto da Michele Stursi addirittura da Pisa (per una web radio lo studio è il mondo, nel senso che si può avere un ospite “in studio” anche a mille e passa chilometri di distanza); c’è ancora il programma “il Lunedì” condotto da Francesca dalla bella voce e soprattutto dalla dizione finalmente non marcatamente paesana, anzi attenta all’ortoepia, cioè alla corretta pronuncia delle singole parole, e dei suoni della lingua, ma anche alla forma e alla terminologia.

Sì, ci sia consentita questa breve digressione: la radio è una palestra per gli speaker e fare una radio glocal come questa che ha l’ambizione di travalicare gli angusti “confini provinciali” significa anche migliorarsi prestando attenzione all’accento, alla dizione ed alla cadenza, che nei limiti del possibile dovrebbero essere senza pesanti o meschine inflessioni (benché il nostro salentino non presenti intonazioni enormemente difformi da quelle della lingua nazionale). E finanche a Galatina s’inizia ad abbandonare il “carzilarghismo” per prestare finalmente attenzione alla rotondità del linguaggio studiato e connaturale insieme e alla ricerca di una cadenza che non stanchi e che non aberri dalla caratteristica modulazione della lingua italiana. Punto.

Non si può, infine, non citare “Quello che le donne non dicono”, il programma con la musica che si crea addirittura dal vivo. È la trasmissione-spettacolo condotta per due ore di seguito ogni venerdì a partire dalle 19.30 dalla pittrice Paola Rizzo, in diretta dal suo studio d’arte ubicato in Piazza Castello a Noha (e ritrasmessa in replica in altre giornate ed orari). Qui, di volta in volta, viene invitata una band emergente per live acustici in studio, come ad esempio i Rino’s Garden, gli Indi-Ka, i Muffx, gli Adria, i Camden, Gigi Cinto, i Ghigni Five, i Toromeccanica,  gli Shotgun, i Jack in the head, e tanti altri ancora. È incredibile la grinta e l’alto livello professionale di questi giovani gruppi dalla firma per lo più anglofona: il che la dice lunga sull’orientamento culturale prevalente.

Radioinondazioni è una radio giovane, alle prime armi, ma con tanta voglia di crescere e di trasmettere musica e programmi, anche di nicchia. Non avendo l’assillo dello share, infatti, su Radioinondazioni si potrebbe perfino parlare di filosofia o di matematica o di diritto o di beni culturali o di educazione civica, insomma di materie che – solo ad evocarle – potrebbero provocare l’urticaria da allergia alla massa dei grande-fratello-dipendenti.

Radioinondazioni ha molta strada da percorrere e, a detta del suo fondatore e dei suoi amici collaboratori, c’è ancora tanto da fare e migliorare, per esempio nella puntualità dell’inizio dei programmi o nell’organizzazione o nella pianificazione del palinsesto o in dettagli tecnici che talvolta hanno fatto registrare fastidiosi fruscii in cuffia soprattutto nel corso di qualche concerto dal vivo… Ma, a pensarci bene, questi sono lussi che Tommaso Moscara può permettersi. Questo coraggioso pioniere, infatti, ha il torto ed il merito di aver fatto la prima web radio nella storia di Galatina.

 
Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 13/06/2019 @ 23:01:22, in Comunicato Stampa, linkato 1110 volte)

Alla fine di Novembre del 1990, avevamo chiuso la Casa di Caracaraì dove la sottoscritta aveva lavorato per nove anni in qualità di responsabile della Parrocchia di San Giuseppe Operaio. Nei mesi successivi mi trovavo nella Casa Regionale di Boa Vista - RR - per un po’ di riposo in attesa di nuova destinazione.

Il 31 Dicembre dello stesso anno, la mia Superiora mi ha premiato dandomi la possibilità di trascorrere una settimana nella Missione di Catrimani tra gli Indios Yanomami.

Questa Missione si trova nei confini di Roraima. Il posto è una immensa foresta abitata dagli Indios Yanomami. I Padri IMC è da un bel po’ di anni che hanno fondato questa Missione per aiutare questo popolo a conoscere Cristo, testimoniarlo con la propria vita, salvare la loro cultura, e la loro salute. Infatti, quando i Cercatori d’Oro hanno invaso la foresta, si sono diffuse tante malattie come la malaria, la TBC e altre patologie infettive che prima non esistevano. Noi missionarie della Consolata abbiamo sempre soccorso gli Indios Yanomami quando c’era bisogno. Da qualche anno abitiamo  con loro, usando gli  ambienti della Missione di Catrimani.

La Missione di Catrimani è circondata da varie Malocas, ognuna con la propria Casa Comune, avendo ciascuna un capo indigeno (la Maloca prende il nome del responsabile).  Quella più vicina alla Missione di Catrimani era la maloca Carrera, con una sessantina di persone.  Questo Indio da un po’ di anni è già in cielo e adesso dopo cinque anni che sono in Italia non saprei dire dove gli Indios hanno costruito la Nuova Maloca e chi è il nuovo responsabile.  – Maloca è il nome indigeno che vuol dire Villaggio. Anche dove abitano gli Indios Macuxì si chiamano “Malocas”, ma è sempre un villaggio, solo che  gli Indios Macuxis  hanno la casa Uni Famigliare, non è una casa comune, ma  ogni famiglia ha la sua abitazione, mentre gli Indios Yanomami  hanno una Casa Grande per vivere insieme ed è la loro Casa Comune.

La casa Comune è costruita con Pali di legno e paglia ben lavorata, può contenere diverse famiglie fino a 60 persone o più. Ogni famiglia ha il suo angolo con i pali  per appendere le amache e  per terra ha un quadrato dove accendere il fuoco per allontanare gli insetti  notturni, come pure per scaldarsi, perché di notte nella foresta è freddo e loro vanno nudi  e hanno bisogno del tepore del fuoco.

Siccome noi Suore MC. dovevamo costruire la nostra casetta, il 31 Dicembre del 1990  con una Land-Rover siamo partite il mattino presto da  Boa Vista – capitale di Roraima.  Eravamo un bel gruppo. Due Suore, la famiglia che si interessava per costruire la nostra casa, un Indio Yanomami e l’autista. Abbiamo fatto quasi 200 chilometri, metà di asfalto e metà di terra battuta. Arrivati alla riva del fiume che dovevamo attraversare, non ricordo il nome del fiume, abbiamo lasciato la Land- Rover vicino ad una casa di campagna, siamo saliti sulla zattera fatta di bidoni legati fra di loro e con molta delicatezza abbiamo caricato il materiale che portavamo alla Missione e in pochi minuti eravamo all’ altra riva.

Li, c’era già Padre Guglielmo Damioli che ci aspettava con un furgone dei tempi della guerra.

In questa zona abitava una famiglia Indigena, i cui componenti erano quasi tutti affetti dalla malaria. La Suora Infermiera che viaggiava con me: Sr. Rosaurea Longo, Brasiliana, li ha visitati e medicati come meglio poteva, e dopo abbiamo intrapreso il viaggio.

Mancavano ancora 100 chilometri di foresta da attraversare.

In quel periodo c’era nella Missione il Fratello Antonio IMC che  si impegnava a mantenere la strada  relativamente pulita, cioè senza grossi tronchi di intralcio

Quindi  ogni  gruppo deve munirsi di coltellacci per tagliare i rami e ogni tanto  fermarsi  per liberare lo spazio e  poter passare.  Questo è successo a noi e per me che era la prima volta che viaggiavo nella foresta era una novità. – Comunque verso le ore 16 del pomeriggio siamo arrivati alla Missione di Catrimani, sani e salvi, grazie a Dio.

Da parecchi anni, ormai, la strada non c’è più  per  evitare l’accesso dei Garimpeiros (i cercatori d’oro). Il Vescovo Don Aparecido Josè Dias, non ha più voluto mantenere questa strada (dunque chi vuole andare alla Missione Catrimani deve  prendere l’aereo che è molto caro), ma almeno così si risparmia altri tagli alla natura.

Alla sera abbiamo cenato tutti insieme con la lampada alimentata da un motore elettrico e poi siccome eravamo stanchi siamo andati a dormire. E’ inutile dire che mentre cenavamo alcuni Yanomami ci guardavano dalla parte di fuori attraverso le finestre del refettorio.

Dopo siamo andati a dormire.

Curioso che durante la notte non sono riuscita a chiudere occhio, perché sentivo  come se qualcuno mi pizzicasse, ma a buio che cosa potevo vedere?

Al mattino mi sono accorta del fatto che tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi, era rosso.   Erano entrati i “MICUIM”, insetti microscopici che mi hanno, come dire, vaccinata. Sono guarita solo dopo una settimana, quando dovevo già andar via.

Il giorno dopo era Capodanno. Un capo indigeno chiamato MACHADAO aveva cacciato una bestia enorme chiamata ANTA, una specie di maiale.

Non so come facciano loro a comunicare le notizie così in fretta (pur non avendo i social network), sta di fatto che in un attimo la Missione era piena di Yanomami: piccoli e grandi. L’Indio Machadào che ormai è in cielo da un po’ di anni, pulì l’animale, lo tagliò e ne distribuì degli spiedini di carne a grandi e bambini.

Tutti sono andati alle loro rispettive Malocas per arrostire la carne, e tutti, quel giorno hanno mangiato a sazietà. Il di più fu lasciato alla Missione per i più bisognosi.

Io sono rimasta meravigliata nel vedere quella bellissima scena. Tutti hanno mangiato e ciò che era avanzato fu dato a chi ne aveva bisogno. Nessuno ha tenuto niente per sé, né ne ha fatto commercio. Ha condiviso tutto.

Il Vangelo, cioè la buona novella, è questo. La purezza del cuore. Il primo dell’anno 1991 i nostri fratelli Yanomani mi hanno insegnato questo. Dopo 29 anni, quella scena di distacco dal possesso delle cose e la condivisione con gli altri, la vivo nel mio cuore come se fosse oggi.

Sr. Orsolina D ‘Acquarica  MC

 
Di Albino Campa (del 13/04/2011 @ 23:00:00, in Musicando pensieri, linkato 4849 volte)

In questo nuovo appuntamento della rubrica “Musicando Pensieri” vi proponiamo una delle pagine più intense e poetiche de “Il nome della rosa” di Umberto Eco. È difficile non rimanere colpiti dall’armonia del linguaggio aulico, dalla melodia di questi versi poetici che fanno di un fatto di per sé impuro, un’esperienza unica e irripetibile. Del resto, a mio dire, il best seller di Eco rientra nei libri da leggere assolutamente prima di morire.

Ad accompagnare la vostra lettura un’opera di Wolfgang Amadeus Mozart : Piano Concerto No. 21 – Andante.

Come sempre buon ascolto e buona lettura!

 

Michele Stursi

 

 

[]

Cosa provai? Cosa vidi? Io solo ricordo che le emozioni del primo istante furono orbate di ogni espressione, perché la mia lingua e la mia mente non erano state educate a nominare sensazioni di quella fatta. Sino a che non mi sovvennero altre parole interiori, udite in altro tempo e in altri luoghi, certamente parlate per altri fini, ma che mirabilmente mi parvero armonizzare con il mio gaudio di quel momento, come se fossero nate consustanzialmente a esprimerlo. Parole che si erano affollate nelle caverne della mia memoria salirono alla superficie (muta) del mio labbro, e dimenticai che esse fossero servite nelle scritture o sulle pagine dei santi a esprimere ben più fulgide realtà. Ma v’era poi davvero differenza tra le delizie di cui avevano parlato i santi e quelle che il mio animo esagitato provava in quell’istante? In quell’istante si annullò in me il senso vigile della differenza. Che è appunto, mi pare, il segno del rapimento negli abissi dell’identità.

Di colpo la fanciulla mi apparve così come la vergine nera ma bella di cui dice il Cantico. Essa portava un abituccio liso di stoffa grezza che si apriva in modo abbastanza inverecondo sul petto, e aveva al collo una collana fatta di pietruzze colorate e, credo, vilissime. Ma la testa si ergeva fieramente su un collo bianco come torre d’avorio, i suoi occhi erano chiari come le piscine di Hesebon, il suo naso era una torre del Libano, le chiome le suo capo come porpora. Sì, la sua chioma mi parve come un gregge di capre, i suoi denti come greggi di pecore che risalgono dal bagno, tutte appaiate, sì che nessuna di esse era prima della compagna. E: “Come sei bella, mia amata, come sei bella”, mi venne da mormorare, “la tua chioma è come un gregge di capre che scende dalla montagne di Galaad, come nastro di porpora sono le tue labbra, spicchio di melograno è la tua guancia, il tuo collo è come la torre di David cui sono appesi mille scudi.” E mi chiedevo spaventato e rapito chi fosse costei che si levava davanti a me come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribilis ut castrorum acies ordinata.


Allora la creatura si appressò a me ancora di più, gettando in un angolo l’involto scuro che sino ad allora aveva tenuto stretti contro il suo petto, e levò ancora la mano ad accarezzarmi il volto, e ripeté ancora una volta le parole che avevo già udito. E mentre non sapevo se sfuggirla o accostarmi ancora di più, mentre il mio capo pulsava come se le trombe di Giosuè stessero per far crollare le mura di Gerico, e al tempo stesso bramavo e temevo di toccarla, essa ebbe un sorriso di grande gioia, emise un gemito sommesso di capra intenerita, e sciolse i lacci che chiudevano l’abito suo sul petto, e si sfilò l’abito dal corpo come una tunica, e rimase davanti a me come Eva doveva essere apparsa ad Adamo nel giardino dell’Eden. “Pulchra sunt ubera quae paululum supereminent et tument modice”, mormorai ripetendo la frase che avevo udito da Ubertino, perché i suoi seni mi apparvero come due cerbiattim due gemelli di gazzelle che pascolavano tra i gigli, il suo ombelico fu una coppa rotonda che non manca mai di vino drogato, il suo ventre un mucchio di grano contornato di fiori delle valli.


“O sidus clarum puellarum”, le gridai, “o porta clausa, fins hortorum, cella custos unguentorum, cella pigmentaria” e mi ritrovai senza volere a ridosso del suo corpo avvertendone il calore e il profumo acre di unguenti mai conosciuti. Mi sovvenni: “Figli, quando viene l’amore folle, nulla più l’uomo!” e compresi che, fosse quanto provavo trama del nemico o dono celeste, nulla ormai potevo fare per contrastare l’impulso che mi muoveva e: “Oh langue”, gridai, e: “Causa languoris video nec caveo!” anche perché un odore roseo spirava dalle sue labbra ed erano belli i suoi piedi nei sandali, e le gambe erano come colonne e come colonne le pieghe dei suoi fianchi, opera di mano d’artista. O amore, figlia di delizie, un re è rimasto preso dalla tua treccia, mormoravo tra me, e fui tra le sue braccia, e cademmo insieme sul nudo pavimento della cucina e, non so se per mia iniziativa o per arti di lei, mi trovai libero del mio saio di novizio e non avemmo vergogna dei nostri corpi et cuncta erant bona.


Ed essa mi baciò con i baci della sua bocca, e i suoi amori furono più deliziosi del vino e all’odore erano deliziosi i suoi profumi, ed era bello il suo collo tra le perle e le sue guance tra i pendenti, come sei bella mia amata, come sei bella, i tuoi occhi sono colombe (dicevo) e fammi vedere la tua faccia, fammi sentire la tua voce, ché la tua voce è armoniosa e la tua faccia incantevole, mi hai reso folle di amore sorella mia, mia hai reso folle con una tua occhiata, con un solo monile del tuo collo, favo che gocciola sono le tue labbra, miele e latte sotto la tua lingua, il profumo del tuo respiro è come quello dei pomi, i tuoi seni a grappoli, i tuoi seni come grappoli d’uva, il tuo palato un vino squisito che punta dritto al mio cuore e fluisce sulle labbra e sui denti… Fontana da giardino, nardo e zafferano, cannella e cinnamomo, mirra e aloe, io mangiavo il mio favo e il mio miele, bevevo il mio vino e il mio latte, chi era, chi era mai costei che si levava come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere vessillifere?

[]

 
Di Redazione (del 16/06/2019 @ 22:59:30, in Comunicato Stampa, linkato 796 volte)

In un’ottica di valorizzazione e migliore fruibilità del centro storico con riferimento  anche agli eventi programmati con la rassegna estiva “ A cuore scalzo” e quindi per consentire ai cittadini ed ai turisti una migliore fruibilità degli spazi urbani orientata anche alla sicurezza, con la Delibera di Giunta n.

143 del 10.06.2019 sono state istituite tre aree pedonali e in particolare:

  • corso Garibaldi – tratto compreso tra piazza San Pietro e via Del Balzo;
  • via Cavoti – tratto da via Pietro Siciliani a piazza San Pietro;
  • via Vittorio Emanuele II – tratto da via Lillo a piazza San Pietro;

Le aree perdonali saranno istituite dalle ore 19.00 alle ore 07.00 del giorno successivo a partire dal 15.06.2019 e sino al 30.09.2019 come previsto dall’Ordinanza n. 45 del 13.06.2019 a firma del Comandante della Polizia Locale Domenico Angelelli.

“Le aree pedonali cosi come realizzate rappresentano un’idea di miglioramento del centro storico in tema di fruibilità e vivibilità dei luoghi in un’ ottica di sviluppo dell’ area antica della Città immaginata tale nel progetto esecutivo denominato “CULTURA IN-CENTRO; PERCORSI TURISTICO-CULTURALI NEL CENTRO STORICO DI GALATINA; INTERVENTI PER LE ATTIVITÀ DI PROMOZIONE E DI INFRASTRUTTURAZIONE TURISTICA”, approvato con la Delibera di Giunta n. 22 del 24.01.2019 che prevede tra le altre anche la pedonalizzazione di parte di piazza San Pietro, parte di corso Garibaldi e tutta la via Vittorio Emanuele II.

Vogliamo anche contemperare i diversi interessi in campo, favorendo da un lato lo sviluppo economico delle attività commerciali, artigianali e dei pubblici esercizi  che  ricadono  nelle  aree  interessate,  tutelando  dall’altro  lato  la sicurezza dei flussi di circolazione stradale e pedonale. Puntiamo ad avere un centro storico sempre più attraente e sicuro con spazi urbani vivi e animati – dichiara l’Assessore alla Polizia Locale – Nicola Mauro.”

L’ASSESSORE ALLA POLIZIA LOCALE
F.to Sig. Nicola MAURO

 
Di Redazione (del 03/12/2018 @ 22:57:35, in Comunicato Stampa, linkato 1010 volte)

PREMESSO CHE:

-La rassegna “A cuore scalzo” organizzata dall’amministrazione comunale ha raccolto e programmato eventi musicali, culturali e di intrattenimento nei mesi estivi;

-Diversi enti, associazioni, organizzazioni e soggetti privati hanno beneficiato di contributi economici per la realizzazione di determinati eventi all’interno di questa rassegna;

-Tra queste organizzazioni figura anche Archeoclub, specializzata nello studio e nella tutela del patrimonio archeologico, che ha beneficiato di un contributo economico di 5.000 €;

-Sulla base della rendicontazione delle spese della rassegna a cuore scalzo, dei 5.000 € ottenuti da Archeoclub 2.440 € sono stati giustificati come spesa per il piano di comunicazione;

 

CONSIDERATO CHE

-Sempre dalla lettura della rendicontazione delle spese emerge che la comunicazione della rassegna tramite giornali, video promozionali, totem e altri vettori pubblicitari sia stata gestita con fondi a parte, diversi dai 2.440 € giustificati per il piano di comunicazione;

tanto premesso si interroga IL SINDACO

-Per sapere chi ha gestito i 2.440 € inerenti la realizzazione del piano di comunicazione;

-Per sapere a che tipo di comunicazione e per quale attività sono stati destinati nello specifico i 2.440 €;

-Per sapere se la spesa di 2.440 € è giustificata dal tipo di attività effettuata o dalle capacità professionali del soggetto che l’ha posta in essere;

-Per sapere per quale motivo o ragione la gestione della comunicazione è stata affidata proprio ad Archeoclub, che sottolineiamo è un’associazione specializzata nello studio e nella tutela del patrimonio archeologico e che quindi poco o nulla ha a che vedere con la comunicazione ed il marketing.

 

Giuseppe Spoti

Partito Socialista Italiano

 
Di Redazione (del 17/07/2014 @ 22:57:20, in Un'altra chiesa, linkato 2693 volte)

Certo, non si pretende che domenica mattina il papa, affacciandosi al balconcino di piazza San Pietro, proclami a tutto il mondo: “D’ora in poi i preti cattolici e le suore si potranno sposare!”.
Ce n’è ancora di strada da fare. Si è appena all’inizio. Forse non si è nemmeno partiti.
Ma il problema è sempre lo stesso: la Chiesa aspetta sempre troppo tempo, prima di decidersi. E, quando lo fa, è perché è costretta. Anche i preti che se ne vanno perché hanno deciso di fare famiglia fanno riflettere, e prima o poi metteranno la gerarchia di fronte al dilemma: “Che facciamo?”.
Il crollo delle vocazioni dipende solo dall’edonismo o dalla mancanza di fede? E il gravissimo fenomeno della pedofilia non ha proprio alcun legame con il fatto che ai preti è proibito di amare una donna o un uomo? Come si spiega l’estensione che ha avuto la pedofilia del clero? Ora può bastare che il papa la condanni, prendendo magari un bastone? A che servirebbe? Come al solito, non si va alla radice.
Ma non avete mai pensato che uno dei più grossi crimini (rovinare l’innocenza dei piccoli) sia stato compiuto proprio dai preti o dalle suore, che hanno un rapporto speciale con Dio? Preghiere, confessioni, digiuni, penitenze, sacramenti ecc. ecc. a che cosa sono serviti? E allora qual è la vera causa? Come uscire da questa spirale?
Ho una mia teoria, ma non credo che sia solo mia e sia solo una teoria. La Chiesa, nella sua gerarchia, ha sempre cercato di coprire il marcio, canonizzando santi e sante, offrendo forti ideali di vita. Comunque, non mi pare che tutti i santi e tutte le sante siano stati o state persone “equilibrate”, tali da essere un modello comune di fede e di vita. Gente talora costretta a disumanizzarsi per evadere da questo mondo, dove il corpo era visto come peccato, perciò da demonizzare. Gente “squilibrata” a tal punto da chiederci se non avessero problemi di carattere neurologico. Quanti drammi vissuti nei conventi. Quante depressioni psichiche dovute a una disciplina veramente disumanizzante! Ogni pensiero di donna o di uomo represso fino al limite della follia.
Certo, la Chiesa aveva nel passato buone motivazioni dalla sua: il matrimonio mistico, l’amore eterno, il regno dei puri di cuore. E così si reprimeva, si reprimeva, si reprimeva. Il corpo veniva trattato come il corpo di Cristo flagellato dalla soldataglia. Flagellare il corpo fino a farlo sanguinare, il tutto per evitare che ci fossero pensieri sul sesso considerati impuri, che ci fossero stimolazioni o erezioni naturali, che si godesse anche solo spiritualmente pensando alla bellezza dell’amore umano. No. Tutto proibito!
Come si poteva pensare che, continuando con questi stillicidi, il clero o il mondo religioso femminile mantenessero a lungo i propri equilibri? E la Chiesa gerarchica, pur sapendo (anche perché essa stessa coinvolta in prima persona), faceva finta di non sapere, oppure intensificava la propria opera di repressione, con autoflagellazioni d’ogni tipo. Dal masochismo al sadomasochismo. Chi può negare che ogni potere abbia incluso questa forma di perversione nel far soffrire gli altri? Che dire allora di chi aveva delle responsabilità di comando negli ordini maschili e femminili? Godere nel far soffrire gli altri, giustificandosi di agire così, solo per la maggior gloria di Dio. Cavoli! Quale maggior gloria di Dio? Come si può far soffrire una persona, solo perché bisogna attenersi agli ordini o alle regole. La disciplina! Quanto male ha procurato alle persone più semplici. Pensate alla obbedienza, imposta come virtù!
Tutto questo mondo di repressioni, fisiche e psichiche, in nome delle virtù stabilite dalla Chiesa-struttura per autodifendersi e per autoalimentarsi, ha procurato un mondo di repressi, di castrati, di sottomessi. E chi si ribellava, aveva il resto.
Ecco, bisognava castrarsi per sopravvivere nella religione. Ma questo sistema repressivo sembrava risparmiare, ma solo in parte, il popolo di Dio. In realtà anche il popolino non aveva vita facile. L’amore coniugale aveva le sue regole, aveva i suoi ritmi, aveva i suoi canoni, naturalmente stabiliti dalla Chiesa. Il tutto in vista di fare figli. Solo in funzione della copula. Sì, eccitarsi per produrre lo sperma generativo, ma possibilmente senza godere. Era proibito godere!
Oggi le cose in parte, ma solo in parte, sono cambiate, anche perché tra il popolo più nessuno obbedisce alle direttive ecclesiastiche nel campo sessuale. Finalmente! Ognuno agisce secondo la propria coscienza, dando privilegio all’amore più che all’atto creativo. E se parliamo di preservativi, oggi la gente, anche quella più cattolica, ne fa L'uso che vuole. Finalmente.
E il clero e il mondo religioso femminile? Credo che, superato quel momento critico del più losco medioevo, ha imparato ben presto a convivere con la propria sessualità. Davanti alla legge, in un modo, e, poi, nel privato, in un altro. Non c’erano solo amanti segrete, ma purtroppo si arrivò alle perversioni più criminose. E la Chiesa taceva, esigendo solo che si salvassero le apparenze. Tutto divenne “mere penalis”, espressione della teologia morale che, in poche parole, significa: “Se non ti beccano, allora tutto va bene; ma se ti beccano, allora preparati a pagarne il prezzo!”.
Taci oggi taci domani, copri e copri, alla fine il bubbone scoppiò. E oggi siamo qui tutti quanti a scandalizzarci, quando tutti quanti, chi in un modo chi nell’altro, abbiamo taciuto, collaborando con i vertici ecclesiastici.
Ma non si tratta solo del fenomeno pedofilia (comunque, è fuori discussione la sua gravità), si tratta più in generale anche del diritto all’amore umano, che la Chiesa ancora oggi fa di tutto per reprimere tra il suo clero e il mondo religioso femminile.
La Chiesa finalmente ha condannato la pedofilia, promettendo ogni collaborazione nel reprimerla, ma non ha ancora condannato la violazione al diritto all’amore per ogni essere umano, anche per i suoi ministri e le sue ministre.
Ognuno deve avere il diritto a fare la sua scelta. Non si è obbligati a sposarsi, ma credo che tutti abbiano il diritto di voler bene ad una persona. E non si dica più che l’amore universale è superiore all’amore per il singolo. Smettiamola con queste contrapposizioni.

Don Giorgio De Capitani
 
Di Albino Campa (del 04/02/2012 @ 22:56:27, in Un'altra chiesa, linkato 3135 volte)

Io e Dio. Una guida dei perplessi
(di Vito Mancuso; Editore: Garzanti Libri; Settembre 2011)

Perché chiedersi che fare se e quando Dio dovesse chiederci di uccidere il proprio figlio?
Perché Dio dovrebbe chiedercelo? Per mettere alla prova la nostra Fede? Ma non è la nostra Fede
prova di morigeratezza e di Amore?
Si è scoperto analizzando ritrovamenti di resti umani che le comunità di 150000 anni fa, parliamo di uomini preistorici, ospitavano e quindi offrivano cura ed accoglienza a individui con malformazioni, diremmo oggi: disabili.
È stato ritrovato uno scheletro di un uomo risalente a 100.000 anni fa che aveva vissuto almeno venti anni con una gamba rotta. Non si può sopravvivere in certe condizioni senza l’aiuto di qualcun altro.
A questo punto viene da chiedersi dove sia finita la civiltà che oggi tanto decantiamo, se accantoniamo, nella migliore delle ipotesi, i nostri cari in strutture di accoglienza,  a volte profittatrici e con scarso senso dell’etica. Quando obbediamo al comandamento di Gesù che dice “amare il prossimo è amare Dio”, oppure: “se avete dato da mangiare, da bere, ecc…. lo avete dato a me” (Matteo 25,31-46), se allontaniamo dal nostro calore, dal nostro affetto chi ha bisogno, delegando ad altri, che siano pseudo-strutture private o create appositamente per la nostra effimera immagine?
La carità, dovrebbe sorprenderci sempre come accadde ai  discepoli che sorpresi, appunto, si chiesero:
“Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?".
La carità non lavora in silenzio e senza sceneggiate di apparenza?
Che cos’è Dio se non il Bene Assoluto? Quello stesso bene che opera in noi e che è il nostro unico appiglio, la nostra unica ancora di salvezza. Il bene, dice V. M. a pag. 173, è una forza sconvolgente che si esprime con l’amore per la terra in quanto generatrice della catena alimentare, nella sessualità, quale forza di vita, nell’amore. Il bene inteso come servizio generoso è il vero miracolo che va contro la tragicità della vita stessa. E’ la  dimensione ottimistica e drammatica nello stesso tempo.
Il messaggio di Gesù è importante per l’insegnamento del bene. La guida della nostra Chiesa, ha bisogno di riconciliarsi con la realtà. Il ‘900 ha portato molti cambiamenti, ha visto la falsità del messaggio di carità con il silenzio dei massacri di milioni di Ebrei e zingari. Ha manifestato la sua inciviltà nelle guerre di religione nei Balcani, in Iraq, in Israele e nella Palestina. Se la scienza non avesse forzato alcune contrarietà dogmatiche oggi moriremmo ancora di vaiolo o di poliomelite, così come si muore di AIDS a causa delle contrarietà nei contraccettivi. Per essere credibili bisogna spogliarsi dalla presunzione accusatrice, bisogna disporsi umilmente allo stesso livello dell’altro da cui pretendiamo l’ascolto. La Fede ha senso se è resa da tutti compatibile con le esigenze della vita. I Vangeli vanno letti con responsabilità, confrontandone i concetti liberamente per  conoscerne il concetto straorinario di rivoluzione, considerati i tempi.
Il Bene Assoluto è negli occhi e nel cuore di Gesù, non può venire da questo mondo, ma possiamo e dobbiamo esercitarci e impegnarci coerentemente.
Un tempo c’era ingenuità, analfabetismo, superstizione, oggi invece siamo nel liquido, dice lo scrittore Vito Mancuso, occorre parlare con onestà a se stessi (e poi agli altri) se non si vuole far morire a fuoco lento tenendo calmi tutti come se nulla fosse cambiato. E’ necessario guardare in faccia il mondo che ha bisogno di credere nella forza del bene e dell’essere protagonisti attivi e non semplici spettatori. Bisogna vivere la perplessità, perché questa abita la mente di chi pensa e non si dispera, né predica sventure.

 

Marcello D’Acquarica
 
Di Antonio Mellone (del 30/05/2013 @ 22:55:20, in NohaBlog, linkato 3465 volte)

Veramente il titolo di queste note avrebbe potuto (o forse dovuto) essere un po’ più triviale con l’utilizzo di un lemma dalla medesima radice ma con una desinenza in rima con le parole ioni, milioni, delusioni. Ma per non urtare la suscettibilità dei puri di cuore ai quali capita talvolta di visitare perfino questo sito abbiamo utilizzato un vocabolo meno volgare, ma non meno icastico. 

Ma andiamo con ordine.

L’altro giorno, precisamente domenica 26 maggio 2012, avevo voglia di comunicare a qualche consigliere comunale nohano (categoria che sembra sempre più cieca, muta e sorda) il fatto che l’illuminazione in via Carlo Alberto Dalla Chiesa sembra funzionare ad intermittenza. Ricordo che si tratta del viale alberato che unisce Noha a Galatina (viale che tra poco verrà pure interrotto dalla mega-rotonda della circonvallazione interna che perfino la Roberta “rivendica” [sic!], ma questa è un’altra storia). Voglio dire che le luci issate in cima a quei pali metallici attualmente sono accese più o meno a partire dall’uscita di Galatina e fino alla metà della distanza che intercorre tra la masseria Colabaldi e la chiesa parrocchiale di San Rocco; da questo punto in poi, continuando sempre verso Noha, queste luci sono invece spente sia a destra e sia a sinistra, e, per un certo segmento, solo da un lato, e fino all’altezza del secondo semaforo, quello della rotonda (un’altra) che porta a Collepasso.

Domenica mattina, dunque, avevo provato a chiamare al cellulare i due consiglieri comunali di maggioranza locali (sperando di poter comunicare almeno con la maggioranza relativa di questi, dunque con il loro 50%, cioè uno), ma mi sbagliavo di grosso: la maggioranza stavolta è stata compatta. Il 100% , l’unanimità degli assenti, cioè, non ha risposto punto. Nella mia dabbenaggine avevo pure pensato che vedendo il mio numero di telefono, non appena fosse stato possibile, qualche autorità-anima-pia mi avrebbe richiamato. Ed a dire il vero qualche altra volta questo è pure avvenuto. Ma stavolta nulla di nulla. Il black-out – ho pensato - avrà colpito, oltre che l’Enel, anche le linee telefoniche dei nostri magnifici due.

Nel pomeriggio inoltrato della stessa domenica ho ritentato (non è mica facile farmi desistere dai miei intenti) sperando di essere più fortunato. Dopo un tot di squilli maggiore di sei, poco prima che riattaccassi, mi ha risposto finalmente (ciò che giusto e giusto e va riconosciuto) il pezzo grosso della nostra bella amministrazione comunale che avevo chiamato (e di cui è opportuno celare il nome in quanto è nostra intenzione chiosare sui fatti e mai infierire sulle persone).

Mi presento dicendo di essere quel rompiscatoloni dell’Antonio Mellone (ma, ribadisco, ho detto qualcosa di assonante a rompiscatoloni perché fosse più immediatamente intelligibile, benché certe espressioni non facciano parte del mio idioma). E dall’altra parte, di rimando, quasi a suggello della mia autoironia : “Tu stesso lo dici”.

Ora, di grazia, con questa risposta  potevo io far finta di nulla e tacere oltremodo?

Sicché alla battutona del politico replico: “Ma scusa, [Mister x], se non volevi seccature (non ho detto seccature, ma rottura di…, insomma avete capito) perché cavolo ti sei candidato diventando pure rappresentante del popolo? Per star tranquillo? Ma se volevi stare tranquillo era inutile fare tutta ‘sta manfrina. O no?”

Dopo questa breve paternale da parte mia all’indirizzo del malcapitato interlocutore, e qualche schermaglia della serie excusatio non petita si parla finalmente dell’argomento.

Ora il consigliere comunale de quo, per troncare sul nascere la conversazione avrebbe potuto dirmi di occuparsi di questioni politiche comunali alte (ma non gli conveniva, altrimenti avremmo dovuto parlare di Megaparco, di Pantacom, della nuova area da cementificare per le baracche del mercato, o dell’apertura della vecchia scuola elementare di Noha ristrutturata al novantanovesimo cancello a meno dell’ultimo - come la barzelletta dei pazzi) e non del funzionamento delle luci di una strada o dei cessi del mercato comunale o, chessò io, del cassonetto della spazzatura troppo pieno, o dell’erba sul marciapiede (come si legge su certi ineffabili siti), rimandandomi agli uffici preposti alla bisogna.

Invece con la santa pazienza il politico nostrano mi dice pure che il dirigente comunale (probabilmente quello addetto ai pali della luce) era assente da circa quattro giorni. Al che ho ribadito che questa storia non va avanti da soli quattro giorni, ma da oltre un mese, quasi due, aggiungendo che se le luci di viale C.A. Dalla Chiesa fossero spente per ragioni di risparmio energetico (nonostante siamo circondati da pannelli fotovoltaici) sarei pure stato d’accordo. Ma a questo punto perché non spegnere anche tutte le altre luci?

Ed ho concluso supplicandolo per favore che ci tenessero informati sullo stato dell’arte, magari con due righe scritte su questo sito, ancorché ormai a quanto pare inviso ai più, forse a causa del fatto che pone troppe domande (che puntualmente rimangono senza risposte).

*   *   

Ecco, signore e signori, siamo arrivati fino a questo punto.

Tu denunci un atto osceno in luogo pubblico, come per esempio il fatto che a Noha c’è una bellissima scuola ristrutturata, ed inaugurata precisamente
da a meno del particolare dell’energia elettrica, e pertanto non potrà mai funzionare; gli vai a dire che, ancorché chiusa, quella scuola potrebbe far “guadagnare” dei soldi al comune con la produzione e la vendita dell’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici (che stanno sul terrazzo inutilmente ad abbronzarsi ormai da quasi due anni), e i nostri rappresentanti ed il loro codazzo di aruspici del pragmatismo che fanno? Ti danno del rompiscatole. Per non dire di peggio.

Ora vorremmo ricordare ai nostri rappresentanti al Comune di Galatina (se ne facciano una ragione) che accanto a questi articoli, che continueranno imperterriti come sempre a comparire su questo sito fino alla soluzione del problema (o più probabilmente fino al crollo della struttura), inizieremo a mobilitarci anche utilizzando altri canali. Per esempio interpellando le televisioni locali, girando dei video di denuncia e mettendoli in rete, raccogliendo le firme dei cittadini…

E già che ci siamo, visto che molti concittadini non avendo di meglio da fare guardano Canale 5 e pare s’informino anche (o solo) per il tramite di “Striscia la notizia”, facendoci un po’ di violenza psicologica, adeguandoci dunque al target dell’audience, abbiamo pensato di invitare anche noi  Fabio e Mingo (o il Gabibbo in persona) per un servizio su questa vergogna. Va bene? Contenti così?

Sono certo che anche stavolta non si muoverà foglia.

Però come diceva Trilussa: quanno ce vo’ ce vo’. E almeno sarà a ragione e non a torto quando questi personaggi, in conciliabolo tra loro, ci daranno dei rompicoglioni.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 29/01/2013 @ 22:54:26, in Presepe Vivente, linkato 4207 volte)

Eccovi di seguito il dettaglio del discorso di Giuseppe Cisotta, del quale, sabato scorso - in occasione della stupenda (e molto partecipata) festa di ringraziamento presso la Masseria Colabaldi indetta per l'ottima riuscita del presepe vivente di Noha - è stato pronunciato a braccio un condensato molto sintetico per via dell'emozione dell'interessato

Buonasera a tutti, e grazie per aver accettato l’invito per questa serata, spero piacevole per tutti.
Il presepe vivente di quest’anno, a detta di molti, è stato un presepe da dieci e lode. Quello che fino ai primi di novembre sembrava impossibile, nell’arco di un mese e mezzo è diventato realtà. Come per miracolo.
Ho visto volti sereni e volti preoccupati, voci fiduciose e voci sfiduciate. Non so se, all’inizio, io facessi parte dei primi o dei secondi.
Ma poi, superata ogni barriera, grazie a voi, ho visto finalmente donne e uomini lavorare con armonia. Non più facce contrite o arrabbiate, e non più voci di capi o duci, ma persone unite da un solo obiettivo: l’amore per noi, per Noha, per la nostra comunità, nel vero clima natalizio.  
E’ stata, anche quella di quest’anno, un’esperienza bella, esaltante, una sfida contro noi stessi, superata grazie a tutti.
Se dovessi qui ringraziare uno per uno i protagonisti di questo presepe, dovrei parlare da mo’ fino a domani mattina.
E sicuramente mi dimenticherei di qualcuno.
Sì, perché qui dovrei partire ringraziando i proprietari della masseria per averci permesso anche quest’anno di allestire una vera e propria opera d’arte, per finire citando uno per uno i tecnici, i sostenitori, i responsabili della parrocchia, i vigilanti, il servizio d’ordine, gli addetti al pronto soccorso, i vigili urbani. Ed ovviamente tutti i personaggi del presepe, l’angelo-cantante, e poi i famigliari dei personaggi ed i famigliari degli organizzatori, mogli, padri, figli, fratelli, nonni, sorelle (non fosse altro che per la pazienza dimostrata nel sopportarci).
Dovrei ringraziare chi ha lavorato di giorno e di notte affinché questa antica masseria  diventasse un set perfetto per il teatro del presepe più bello del Salento. Ognuno ha lavorato secondo le proprie possibilità, ma certamente senza risparmiarsi.
Dovrei ringraziare anche chi si è occupato della comunicazione, chi della fotografia, chi dei video, chi dei contatti con il pubblico, chi ha disegnato i manifesti e volantini, chi ha dato un parere, chi ha votato sul sito di Noha per le ormai famose “presepiarie”, chi ha stampato i manifesti, chi li ha distribuiti, chi si è occupato dei vestiti dei personaggi, chi ha dato una mano al bancone dell’offerta dei prodotti e chi da dietro le quinte ha prodotto il cibo per i visitatori, chi ha fatto da sponsor ed anche chi mi ha detto di non poter mettere mano al portafogli. Ringrazio davvero anche questi ultimi, perché so che se avessero potuto, avrebbero sostenuto con tutto il cuore il nostro che è anche il loro presepe vivente di Noha.
Ringrazio anche chi ci ha dato delle idee per l’allestimento, ed anche chi ci ha fatto delle critiche (che guai se non ci fossero).
Ringrazio chi ci ha concesso il patrocinio: la regione Puglia, la provincia di Lecce ed il comune di Galatina.
Ma dovrei ringraziare anche chi ha trascorso le notti qui in masseria per fare la guardia, chi ci ha preparato qualcosa da mangiare durante i lavori, chi ha prestato i suoi automezzi per il trasporto delle cose, delle strutture, dei bagni chimici, delle luci, degli altoparlanti, del fieno, del legno, dei tavoli; dovrei ringraziare chi ci ha prestato le attrezzature, chi la filodiffusione, e chi ha messo a disposizione quello che aveva di più caro: gli utensili antichi che hanno trasformato questa masseria in un vero e proprio museo degli antichi mestieri e dell’arte contadina.
Dovrei ringraziare anche coloro che hanno messo a disposizione i loro animali da cortile che contraddistinguono il nostro presepe rendendolo particolare, e forse più originale rispetto a tutti gli altri.
E per essere giusto dovrei ringraziare uno per uno anche i cavalli, gli asinelli, i maialini, le oche, le pecore e gli agnellini, i vitelli, i conigli, e via di seguito, che hanno recitato la loro parte nel migliore dei modi. E ovviamente uno per uno le migliaia di visitatori provenienti da ogni parte della provincia di Lecce, d’Italia ed anche dall’estero.
Ma devo ringraziare anche questa stupenda Masseria Colabaldi, le sue mura rugose, il suo cortile, il suo portale, l’atrio, le stalle, il forno, le cucine, le stanze nobili, le terrazze. Abbiamo fatto rivivere questo bene culturale molto caro ai nohani, un monumento che sta in piedi da secoli, sfidando i colpi secchi del tempo.

Grazie a tutti. E grazie anche a tutti quelli che ho dimenticato di citare.
Concludo dicendo che questa esperienza mi ha fatto capire tante cose.
Intanto che la felicità si trova nelle piccole cose, nell’armonia con le persone, con la natura, con noi stessi, nell’ascolto dei nostri figli. Dovrebbero essere i desideri dei nostri figli a dare ordini al futuro.
Io penso che le persone felici non siano quelle che vivono la propria vita nel lusso più sfrenato, ma quelle che vivono pienamente in un piccolo mondo (come per esempio quello di Noha) fatto di strette relazioni basate sulla famiglia e sull’amicizia. Questo presepe mi ha insegnato che siamo sulla buona strada per eliminare le barriere tra di noi, per eliminare dal vocabolario le parole “estraneo”, “egoismo”, “interesse di parte”, “avidità”.
Con questa esperienza abbiamo creato relazione, dialogo, solidarietà, condivisione, comunicazione, rapporto con gli altri, stima reciproca. Mettendo in comune la passione per le cose belle, genuine, senza secondi fini, facendo sparire l’io per concentrarci sul noi, abbiamo ottenuto quella che si chiama “qualità della vita”.
Abbiamo cercato e raggiunto un terreno comune, un cemento sociale, una sfida comunitaria, una forza comune.
Se ci rendiamo conto di questa forza, noi possiamo fare miracoli, e non soltanto a Natale, e possiamo davvero raggiungere qualsiasi obiettivo.
Noi nohani possiamo, anzi dobbiamo dire che non siamo secondi a nessuno.
Con le piccole cose, con la solidarietà senza steccati, con lo scambio gratuito del tempo e dei beni, con la pura gioia di contribuire al bene comune, con l’idea che il beneficio per uno non sia un danno per l’altro, noi riusciremo a far fronte tranquillamente alla crisi che sembra non lasciarci speranza.
Solo in questo modo, restando uniti, aiutandoci e incontrandoci come abbiamo fatto qui alla Masseria Colabaldi per il nostro presepe, costruiremo una corazza forte contro tutte le crisi, e soprattutto daremo un futuro migliore e più umano ai nostri figli. Saremo una comunità migliore.
Qui ho capito, grazie a voi, che il benessere degli altri è il mio benessere.
Grazie a tutti, e buona serata.

Giuseppe Cisotta

 
Di Redazione (del 27/06/2019 @ 22:53:34, in Comunicato Stampa, linkato 1319 volte)

Care concittadine, cari concittadini,

l'amministrazione Amante, sin dalle sue linee di mandato, decide di investire nella cultura come strumento attraverso cui fa rinascere la Città di Galatina e tutto il suo territorio. Una programmazione strategica ben precisa, con un obiettivo chiaro da raggiungere a piccoli passi pur avendo grandi ambizioni. Perché questa città lo merita, ha le potenzialità per farlo ma è necessario che rivendichi la propria identità e ne faccia vanto. E' necessario, tuttavia, confrontarsi con la realtà e capire le risorse economiche a disposizione dell'Ente: fino a dove ci si può spingere non venendo meno alla qualità delle proposte? Come si può fornire una scelta culturale ricca, vasta, ma nello stesso tempo di spessore tale da far diventare questa Città meta, non di passaggio, ma di alloggio anche per i turisti? Come fare, pur avendo vincoli e legami di un ereditato piano di assestamento?

Cari cittadini, l'amministrazione Amante ha tentato di fare ciò in due modi. 

Innanzitutto, la programmazione estiva è il risultato di mesi di lavoro, scambio di idee, confronti e scontri, relazioni, rinvii, opportunità colte all'ultimo momento e analisi sistematica di ogni minimo dettaglio. E anche in questa occasione non siamo venuti meno al nostro concetto di politica intesa come partecipazione, coinvolgimento degli attori di questo splendido spettacolo, ossia le associazioni e/o i privati che avessero voluto far parte della nostra rassegna estiva esibendo la loro arte e il loro sapere nei luoghi della Città. Poi ci abbiamo messo anche del nostro, sperimentando, rischiando ma credendo fortemente nella struttura di qualsiasi progetto, dal tarantismo, alla lettura, al teatro sino all'incontro di varie culture. E lo abbiamo fatto e lo faremo con puro entusiasmo, fonte principale per credere ancora in questa Città. Galatina merita di ritrovare un senso di comunità e di orgoglio che coinvolga tutti a prescindere da tutto. Galatina merita unione. 

E come nell'economia di una famiglia, abbiamo programmato le somme necessarie a sostenere tutto questo nei limiti delle possibilità dell'Ente. Dovendo, pertanto, in alcuni casi rinunciare a qualcosa. Ed è qui che entra in gioco l'altro modo con cui si è pensato alla programmazione di "A cuore scalzo". L'amore per questa Città. La gratuità del servizio svolto, per cosa? Appunto, per amore della Città. 

Pensare di "offrire" il proprio servizio alla comunità sembrerà strano a chi considera la pubblica amministrazione come il gioco delle tre carte. 

Il problema sta sempre negli occhi di chi guarda! E allora, cari concittadini...evitando di citare qui alcun nome, ci sono aziende del territorio che credono e investono nel progetto dell'amministrazione comunale e, quindi, credono ancora in questa Città. Ci sono aziende che investono con il proprio denaro e altre che, invece, rendono il proprio servizio pur mantenendo un livello qualitativo del prodotto reso molto alto. Tutto gratuitamente. E questo termine non cela alcun sotterfugio. E lo scrivo anche per rispetto non solo di queste aziende ma anche di ogni dipendente comunale che, in maniera più o meno diretta, è coinvolto in questo importante lavoro di programmazione e di attività burocratica in merito alla rassegna estiva.

Infine, questa rassegna ha in sé anche una sfida: quella di credere in un'associazione giovanile, di nuova costituzione, composta, nel suo direttivo, nella maggior parte da under 35, alcuni anche lontani dalla propria terra per motivi di lavoro, ma che sono legati fortemente a questa terra. Ragazzi, che sono anche professionisti, coraggiosi e vicini ad un concetto di città come comunità. Ragazzi che non chiedono nulla se non mettere a disposizione la loro disponibilità a livello logistico, organizzativo e professionale al fianco dell'amministrazione e di tutta la Città. E lo fanno gratuitamente. Sì, ed è come non prendere impegni una sera perché al termine di uno spettacolo è necessario riportare le sedie al loro posto. Gratuitamente. Ed è come rimanere nel proprio studio oltre il consueto orario di lavoro per inviare mail e ultimare gli aspetti logistici per il concerto di sabato sera in piazza. Gratuitamente. Ma, si sa, nemo propheta in patria.

Cari concittadini, Galatina è fatta anche di gente buona, trasparente e che continua ad amare questa città nonostante calunnie, offese, ingiurie e bugie che non meritano neppure il tempo di essere prese in considerazione. I vostri occhi non hanno la loro trave, che possa impedirvi di guardare ciò che è la realtà.

Guardate la vostra città, criticate, dialogate, chiedete spiegazioni. Ma fatelo con la vostra testa. Con i vostri occhi. A cuore scalzo.

Cristina Dettù

 
Di Redazione (del 13/06/2019 @ 22:53:06, in Comunicato Stampa, linkato 997 volte)

La Cabala Ebraica è il tema del V appuntamento della Rassegna Incontri al Collegio, curata dalla libreria Fiordilibro e che si terrà venerdì 14 giugno alle ore 19,30 presso la Chiesa del Collegio. Ci guiderà nei meandri della Sacra Mistica Ebraica Grazia Piscopo autrice del libro - La Via per la Cabala… La Via del cuore Introduzione allo Studio della Cabala edito da “I Quaderni del Bardo”.  “La Kabala, è la sfida di chi vuole guardare il reale al di là del reale stesso e non è facile camminare per quei luoghi, ma Grazia lo fa. Grazia sceglie di unire il suo sguardo di donna allo sguardo della tradizione ebraica e della mistica. (Dall’introduzione di Pierpaolo Pinhas Punturello).  Converseranno con l’autrice  Stefano Donno  di  iQdB ed il prof. Vincenzo Fasano docente di Diritto Ebraico presso la Pontificia Antonianum. Introduce il Rettore di Santa Maria della Grazia, Don Antonio Santoro

Grazia Piscopo è nata a Taranto, il 10 febbraio del 1961. La mistica, le religioni e l’ebraico sono gli studi a cui approda intorno agli anni Ottanta e che continuerà ad approfondire fino a giorni nostri. Nel 2001 fonda l’Associazione Culturale per la promozione delle Scienze Olistiche Filosofiche ed Umanistiche “Thorah”. Nel 2006 frequenta la facoltà di Scienze Teologiche e Religiose presso la Curia Vescovile di Lecce. Nel gennaio del 2018 formalizza l’adesione dell’Associazione alla Federazione delle Associazioni di Italia-Israele. Successivamente, a luglio del 2018, decide, con l’Approvazione dell’Assemblea dei Soci di modificare lo Statuto e il nome del Sodalizio, per rispetto verso la Comunità Religiosa Ebraica e la Sue Sacre Scritture da Associazione “THORAH” in Associazione “HORAH”. Ancora adesso il suo grande amore, la Cabala è motivo di studio, ricerca e di approfondimento

Vincenzo Fasano, si è laureato in Giurisprudenza nel 1997 con una tesi in diritto ebraico. Ha proseguito la sua formazione umanistica a Parigi X- Nanterre ( con un mémoire de maîtrise in Lingua e cultura straniera dedicato all’architettura romanzesca nella produzione dell’ultimo Bassani) e a Parigi III- Sorbonne Nouvelle, alla Pontifica Università Lateranense (con una dissertazione di licenza sul reato dell’incesto nella Tôrâ ed una tesi di dottorato sull’incriminazione in materia di reati sessuali nell’Antico Testamento). È dottore di ricerca dell’Università Parigi VIII-Vincennes-Saint-Denis (F) dove ha discusso una tesi dottorale sull’immagine dell’ebreo nel feuilleton romanzesco italiano fra il 1870 e il 1915. È  professore invitato presso la Pontificia Università S. Tommaso D’Aquino (Roma). Si interessa in prevalenza di diritto ebraico e di storia dell’ebraismo italiano. Trai le sue pubblicazioni ricordiamo le monografie tratte dai suoi lavori dottorali, edite dalla casa editrice Congedo di Galatina: L’incriminazione in materia di reati sessuali nell’Antico Testamento (2002) e Le Juif dans le roman-feuilleton italien (1870-1915) (2008).

Emilia Frassanito

 
Di Albino Campa (del 27/10/2011 @ 22:51:39, in Un'altra chiesa, linkato 3459 volte)

Eccovi di seguito un'intervista a don Andrea Gallo, il prete genovese che porta in giro uno spettacolo in cui recita le parole del frate Girolamo
Savonarola. Tratta dal sito www.overgrow.it

Per la sua gente della Comunità di San Benedetto al Porto è semplicemente “Il Gallo”. A lui piace di più definirsi un prete “angelicamente anarchico”.

Ottantatre anni appena compiuti, una verve da fare invidia a un giovanotto, intelligenza lucida e fede profonda, strenuo e ostinato difensore degli “ultimi”, don Andrea Gallo è abituato a parlare chiaro. Un prete scomodo per la Chiesa “ufficiale” e le sue gerarchie che più volte gli hanno fatto intendere di non condividere le sue idee e certe sue prese di posizione. “La mia non è contestazione, né provocazione – sbotta – perché la Chiesa è la mia casa. Una casa in cui sto bene ma rivendico l’importanza di dare ascolto alla mia coscienza”. Un prete da marciapiede, amico di Vasco Rossi e Beppe Grillo, di Maurizio Landini (segretario Fiom) e Luca Casarini, che da anni passa le sue notti girovagando per le strade di Genova a soccorrere i disperati, barboni, drogati, alcolizzati e prostitute. Autore di diversi libri, ospite televisivo di molte trasmissioni cult (Che tempo che fa, Le Iene, Le invasioni barbariche…), da qualche tempo è impegnato nella messa in scena di “Io non taccio” lo spettacolo teatrale scritto da Stefano Massini (produzione PromoMusic) dedicato alla figura del predicatore Girolamo Savonarola in programma a Udine il prossimo 1° agosto (Piazzale del Castello ore 21.30).

A chi dobbiamo questo suo debutto nel ruolo di attore?

“Non è mica stato facile accettare una simile proposta. Mi sentivo inadeguato e comincio a sentire il peso dell’età. Ho detto alla produzione di rivolgersi a “colleghi” come padre Alex Zanotelli, don Ciotti, il “vostro” don Di Piazza. Io sono un prete da marciapiede, non ho titoli, non ho cattedra, non ho cultura!”.

Com’è che poi ha accettato?

“Quando ho letto i testi del grande frate domenicano ho compreso l’incredibile attualità del suo messaggio. Fra’ Savonarola non era un mito, ma un uomo che dava voce agli indigenti, al popolo, schierandosi contro il potere, contro la corruzione e il degrado morale della Chiesa e della società di fine del ‘400. E’ impressionante quante siano le similitudini con il nostro tempo”.

Ha un esempio da anticipare?

“Il tiranno di allora giudicava i magistrati esattamente allo stregua di certi politici di oggi. Il pubblico quando me lo sente dire ride pensando a una trovata dello spettacolo. Invece è la stessa storia che, a distanza di secoli, si ripe te Bisognerebbe riflettere…

“Basta pensare all’articolo 3 della nostra Costituzione. Esprime un concetto giuridico alto. Non si limita a dire che la legge è uguale per tutti ma che tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge.”

Una guida da accostare al Vangelo?

 

“La Costituzione italiana e il Vangelo sono bussole che guidano la vita”.

Con quale stato d’animo affronta il palcoscenico e che cosa apprezza di questa esperienza?

“Le due ore di spettacolo mi costringono a un esame di coscienza, a una meditazione, a un ritiro spirituale. Mi chiamano a rispondere personalmente di ciò che leggo facendomi sentire ogni volta più uomo, più cristiano, più prete, più non-violento, più antifascista, più anticapitalista…”.

Soddisfazioni?

“Le tante persone che, a fine serata, vengono a dirmi di avere apprezzato. A Firenze si è presentato un signore distinto, in abiti borghesi, che mi ha rivelato essere il priore di San Marco, quindi il successore di Girolamo Savonarola! E un’autentica sorpresa è stato il biglietto delle suore domenicane di clausura. ‘Bravo don Gallo, amico del nostro Priore. Guarda che non è da tutti. Grazie e in bocca al lupo’ diceva”.

Qualche anno fa c’era chi definiva Grillo un moderno Savonarola. Visto che vi conoscete lei come lo giudica?

“Siamo molto amici e così quando lo sento gli dico che la deve smetterla di credersi un padreterno. Lui ribatte dicendomi che deve esagerare perché deve far ridere la gente”.

Una conferma alle sue doti di grande comunicatore: che ne pensa dei social-network?

“Non sono molto esperto anche se mi dicono che il popolo della rete mi conosce e mi segue. Su Facebook si sono costituiti due gruppi “Don Gallo Papa subito” e “Vogliamo il Gallo al posto di Ratzinger”. Un mio intervento a “Le Iene” in cui ho affrontato tematiche d’interesse giovanile quali la sessualità, l’uso delle

droghe e del preservativo è finito su YouTube dove è stato visto da 45 mila persone! Questo mi rende felice e mi stimola a continuare il mio cammino”.

 

Esiste la censura da parte della stampa in Italia?

“Mi riguarda personalmente. In un giornale cattolico come l’Avvenire vige il divieto di pubblicare il mio nome. E’ accaduto in occasione della consegna di un premio e poi di una manifestazione cui ero stato invitato. Gli articoli sono usciti ma evitando di citarmi!”.

Sarà perché don Gallo è spesso in dissenso con i suoi superiori…

“Ogni tanto provano a mandarmi messaggi, preannunciando “severi provvedimenti”. Fui richiamato dal Cardinal Bertone per avere detto che avrei votato per il referendum sulla Legge 40/2004 (fecondazione assistita). Ma poi non ci sono stati provvedimenti anzi, a essere precisi, non sono mai stato neppure ammonito”.

Il senatore Giovanardi ha firmato a Washington un patto che afferma la completa identità di vedute fra Italia e Stati Uniti per quanto riguarda il no alla liberalizzazione delle droghe. Che ne pensa?

“La tossicodipendenza nel nostro Paese è una strage mafiosa di cui tutti devono sentirsi responsabili. Negli ultimi quarant’anni non è cambiato nulla e la Legge Fini-Giovanardi è una tragedia ed è scientificamente basata sul nulla”.

Quando parla di sessualità come un dono di Dio le danno del provocatore.

“Eppure è proprio così. L’importante è educare alla sessualità e al rispetto. Anche gay e lesbiche sono parte della natura umana”.

Si parla meno di Aids ma dati recenti dicono che il pericolo è assolutamente presente. Consiglia sempre il preservativo?

Ai ragazzi predico la castità ma, come l’Abbè Pierre, dico anche che in caso di rapporti non protetti non solo fanno peccato ma compiono un atto criminale. Io lo distribuisco a quelle povere ragazze costrette a prostituirsi.

Che cosa l’aiuta ad andare avanti?

“La mia Università è la strada e gli incontri a partire dagli “ultimi”. Quando vedo il sorriso di una giovane nigeriana che lavora a “La Lanterna”, la trattoria che gestiamo vicino al porto, mi si apre il cuore. Ha lottato per liberarsi dal racket e oggi è felice perché riesce a mandare 30 euro al mese ai suoi fratelli rimasti al villaggio. Mi aiuta la preghiera, la lettura e l’idea di ricominciare ogni nuovo giorno con un patrimonio di idee, energie e sofferenze”.

Ruba ancora i libri per permettere agli ospiti della Comunità di studiare?

“Ho smesso perché adesso me li regalano”.

Che cosa ha chiesto come regalo per il suo compleanno (il 18 luglio)?

“Vorrei che la gente uscisse dall’indifferenza che giudico l’ottavo vizio capitale. C’è bisogno di riscoprire valori come la lealtà, la solidarietà, l’accoglienza. Solo così potremmo affrontare il mare grosso e in tempesta di questi nostri tempi moderni”.

 
Di Redazione (del 29/11/2019 @ 22:42:01, in Comunicato Stampa, linkato 916 volte)

È già tempo di festa in Corso Giuseppina del Ponte a Galatina. Plant 008 e Polline d’Amore  organizzano, infatti, la seconda edizione di Natale in Corso G. del Ponte domenica Primo Dicembre. Numerosissime le attrazioni e i divertimenti per grandi e piccini. La giornata all’insegna del divertimento inizia alle ore 16 con gli spettacoli per i bambini: il Fachiro mangia fuoco, un laboratorio Circo Tabarin, un dolce pony da cavalcare e lo spettacolo di Giocoleria comica terranno i nostri piccoli con lo sguardo e il cuore in un’unica direzione, quella degli artisti. Dalle 18.30 sarà il momento di Roberto Lezzi e il suo dj set. Ancora musica live alle 20.30 con gli Avvocati Divorzisti e il loro bagaglio di simpatia, buona musica e carica rock. Il tutto, ovviamente, condito da buon cibo: lo Speciale Street Food avvolgerà i galatinesi e gli ospiti provenienti dalle città del Salento. Prodotti tipici, buon vino e dolci per completare la serata nel migliore dei modi.

Vietato mancare, dunque. L’appuntamento è per domenica 1 dicembre per iniziare il mese del Natale nel migliore dei modi.

Marika Martina

 
Di Albino Campa (del 11/03/2011 @ 22:40:15, in Recensione libro, linkato 3892 volte)

Stabat Mater di Tiziano Scarpa, vincitore del Premio Strega 2009, è un testo che si fa fatica a leggere con gli occhi, con la mente, dentro di sé, nel silenzio di una stanza buia. Un moto impulsivo, sussultorio dell’anima irrompe presto nell’aria sottoforma di suono e le parole scritte sulle pagine divengono melodia. Ed ecco, quindi, che riesce spontaneo alzare la voce, declamare i passi di quest’opera, unica nella forma, straordinaria nei contenuti.

 Ne viene fuori una lettura convulsa, che con fatica si riesce ad addomesticare. Si legge in poche ore, con il rischio di rimanere con quel nodo alla gola che solo le grandi emozioni riescono a regalare. Sarebbe davvero un peccato d’altronde trattenersi, rallentare il passo per paura della fine, per gustare l’intermezzo e saziarsi dei particolari, quando l’intento dell’autore è proprio quello di tradurre in parole il turbamento d’animo della sua protagonista.
 Cecilia, infatti, è una giovane ragazza orfana che, nelle sue lunghe notti insonni trascorse in cima ad una rampa di scale dell’orfanotrofio, cerca di tradurre in parola scritta i pensieri e i sentimenti, i dubbi e le incertezze, che le dilaniano di continuo l’anima. Scrive su pezzi di carta racimolati qua e là, tra le righe di un pentagramma, negli spazi vuoti tra una nota e l’altra, rivolgendosi ad una Signora Madre che mai ha conosciuto, di cui tuttavia sente scorrere nelle proprie vene quel vitale bisogno che unisce, sin dal principio, come un cordone ombelicale, ogni figlio alla propria madre.
 “Signora Madre, vi scrivo nell’oscurità, senza candela accesa, senza luce. Le mie dita scorrono sul foglio appoggiato sopra le ginocchia. Bagno la penna nell’inchiostro, la intingo nel cuore della notte. Riesco a distinguere con difficoltà le parole che si srotolano sulla pagina, forse non sono nient’altro che grumi di buio anche loro. Dentro queste parole, ogni notte io vengo a farvi visita. Voi non potete vedermi, ma i miei occhi spalancati vi guardano” (pag.15).
 Così passa i giorni Cecilia, obbligata in quelle quattro mura che l’hanno accolta in fasce un ventuno aprile e che ora sembrano pesare, tanto da diventare quasi insopportabili. Cecilia è cosciente di crescere in un mondo che non conosce, di utilizzare talvolta delle parole vuote di significato poiché non ha mai avuto modo di viverle. E mentre di notte scrive alla persona più intima e allo stesso tempo più lontana, di giorno suona il violino in chiesa insieme alla sue compagne musiciste, sospese ad alcuni metri di altezza, dietro una balaustra, seminascoste da grate metalliche che lasciano indovinare ai nobili in ascolto soltanto delle sagome, stuzzicandone così l’immaginazione.
 Per Cecilia la musica è monotonia, un incessante e tormentoso ripetersi di note. Nell’Ospitale gli è stato insegnato che la musica è un modo per elevare la propria preghiera al Signore, ma lei ne dubita fortemente. “Io credo che la musica cada. Noi suoniamo dall’alto, sospese, sui poggioli di fianco alle due pareti della chiesa, a qualche metro da terra, perché la musica pesa, cade giù. La versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci. Li sommergiamo, li soffochiamo con la nostra musica” (pag. 48).     
 Un giorno però, con l’arrivo di un giovane sacerdote, le cose cominciano a cambiare. Antonio Vivaldi è il suo nome, giovane compositore e insegnante di violino, con un’idea del tutto originale di fare musica. Sarà lui a scuotere la giovane orfana, a destarla da quell’intorpidimento in cui inevitabilmente si cade, quando si è costretti a non oltrepassare i contorni che delimitano la conoscenza del mondo al proprio ego, senza alcuna possibilità di esternarsi.

 

Michele Stursi

Di seguito l’incipit dell’opera (musica: A. Vivaldi, Concerto per due violini in Re min. - Op.3, n. 11, Orchestra Classic Music Studio, S. Pietroburgo, dir. A. Titov; voce: E.F. Ricciardi).

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 07/01/2013 @ 22:39:24, in La Storia, linkato 4182 volte)

Sull'arcata del portone principale dell’attuale masseria Colabaldi si legge la data 1595 che indica  l'anno di costruzione dell'ultima parte del fabbricato. In alto,  scolpito su pietra, c'è lo stemma della famiglia Baldi (o Bardi) Nicola.
Vediamo di capire meglio chi erano i Baldi o Bardi.

La famiglia Bardi o Baldi

I Bardi furono una famiglia fiorentina di banchieri e mercanti che creò una ricchissima compagnia commerciale nel Basso Medioevo. Li troviamo a Firenze fin dal secolo XI e si dedicarono all'attività mercantile e in seguito bancaria.
Al massimo del loro splendore la loro compagnia era una delle più ricche d'Europa. Aveva numerose filiali in Italia (Ancona, Aquila, Bari, Barletta, Castello di Castro, Genova, Napoli, Orvieto, Palermo, Pisa, Venezia) e in tutto il continente (Avignone, Barcellona, Bruges, Cipro, Costantinopoli, Gerusalemme, Maiorca, Marsiglia, Nizza, Parigi, Rodi, Siviglia, Tunisi). Con i Peruzzi e gli Acciaiuoli essi ebbero di fatto il monopolio delle finanze pontificie.
Per dare un esempio dell'efficienza della loro "holding", nel  1336 essi ricevettero dalla loro filiale di Avignone l'incarico da parte di Papa Benedetto XII di inviare agli armeni, assaliti dalle popolazioni turche, il corrispettivo di diecimila fiorini  d'oro in grano. Detto fatto: il 10 aprile arrivò l'ordine, poche settimane dopo gli agenti italiani dei Bardi comprarono il grano sulle piazze di Napoli e Bari tramite le loro filiali, e prima della fine del mese navi cariche delle vettovaglie erano già salpate verso il Mar Nero.

Il fallimento della compagnia

Per capire le ragioni del repentino crollo è necessaria un'analisi della struttura della compagnia commerciale. Ciascuna filiale, sulla carta, era considerabile come un'agenzia indipendente che aveva il diritto di stipulare affari, di fissare i prezzi e di auto regolamentarsi. Tutte queste agenzie erano però legate tra loro da un accordo di solidarietà che faceva sì che non fossero troppo esposte ai capricci dei singoli mercati e che potessero lavorare in modo coordinato. Un tale modello organizzativo offriva una notevole flessibilità alla struttura che si vedeva tutelata in tutte le sue parti dalla solidarietà interna. Era perciò possibile decidere i punti vendita delle merci a seconda dei vari valori di mercato locali, massimizzando così i profitti. Fu questa la forza della compagnia, ma anche la sua debolezza.

Nel caso in cui una filiale fosse fallita trovandosi con un profondo rosso, le altre sedi avrebbero dovuto aiutarla a ripianare i bilanci. Ciò poteva portare ad un pericoloso effetto domino avente come il risultato la bancarotta di tutte le filiali della compagnia. Fu ciò che avvenne nel 1343.

Dopo il crollo le sorti familiari non tornarono più allo splendore del passato, ma i Bardi mantennero comunque un certo spessore di rilievo nella vita fiorentina.

Lo stemma

Lo stemma dei Bardi consiste in alcune losanghe rosse (da cinque a sette) messe in banda (cioè in diagonale) in campo d'oro. Nell'angolo destro in alto i Bardi di Vernio avevano un castello d'argento con una sola torre.
Altri rami avevano in questo cantone un leocorno, un leone, un drago, una ghirlanda, una corona, o lo scudo del popolo fiorentino (croce rossa in campo d'argento) o tre leoni d'oro, simbolo della monarchia inglese.

Lo stemma Baldi a Noha

Lo stemma che a Noha troviamo scolpito sul portale della masseria Colabaldi sicuramente è di Nicola Baldi, che apparteneva ad un ramo dei Baldi che abbiamo descritto.
E’ bene tener presente che lo stemma è scolpito su pietra leccese, quindi senza colori particolari, per di più esiste dove ora si trova almeno fin dal 1595, perciò consunto dal tempo: il che rende più difficile l’interpretazione.
In alto pare di capire che ci sia la testa di qualcuno con sopra non la corona ma l’elmo, che indica un gentiluomo come barone per esempio. Al di sotto nel mezzo sono scolpite due lettere ben visibili e cioè la N e la B, iniziali del nome del nostro Nicola Baldi, poi abbreviato o contratto in Colabaldi o Colabardi.  Nel mezzo tra le due lettere è visibile un cimiero da cui spuntano tre rametti di felce, che fin dall’antichità è simbolo di potenza e virilità.
In basso vi è la testa  di un leone, simbolo di dominio e nobiltà eroica, forza e coraggio.
Lo stemma è decorato con due fiocchi che spuntano ai lati forse da una divisa militare, mentre due braccia, una per parte, sostengono due attrezzi di mestieri che sembrano due martelli. Due rametti di alloro ornano la parte superiore dello stemma.
Inoltre sappiamo anche che nel cuore dell'antico borgo di Galatina sorge l'Hotel Residence Palazzo Baldi, uno splendido edificio storico eretto nel XVI secolo da Cosimo e Nicola Baldi, attivi finanzieri umbro-toscani, i quali si ritagliarono un angolo di riservato fascino nell'ambito della cittadina di Galatina.

Mie conclusioni

Io penso che uno di questi fratelli e cioè Nicola Baldi alla fine del 1500 comprò dalla Chiesa di Noha, alla quale apparteneva il Convento Basiliano e la chiesetta di S.Teodoro, quello che ne restava dopo il saccheggio dell'invasione dei Turchi del 1481. Il 7 Ottobre 1481 infatti i Turchi avevano devastato Galatina e Soleto, provocando il fuggi fuggi da tutta la zona. Anche Sogliano, Aradeo, Noha, Cutrofiano furono abbandonate precipitosamente. Il nostro Nicola Baldi comprò dunque quello che restava con i terreni annessi e  fece costruire l’attuale masseria, inglobandovi le antiche strutture del convento e della chiesetta basiliana e così l’uno e l’altra diventarono purtroppo della stalle.

 P. Francesco D'Acquarica

 
Di Redazione (del 28/03/2019 @ 22:38:58, in Comunicato Stampa, linkato 970 volte)

Di seguito il testo dell'intervento in Aula del portavoce alla Camera dei deputati del Movimento 5 Stelle, Leonardo Donno

Che la mafia stia cambiando gradualmente pelle è un dato ormai noto. Quello che aumenta e che spesso sfugge, di pari passo con gli episodi di microcriminalità e infiltrazioni mafiose nelle pubbliche amministrazioni, è la fame di giustizia dei cittadini italiani. Chiediamo di riporre fiducia nelle istituzioni, in cambio dobbiamo dimostrare di meritarla. 
Parto dalla mia terra, il Salento. Nell’ultima relazione del presidente della Corte d’Appello, Roberto Tanisi, il quadro che emerge è tutt’altro che rassicurante. Molti politici e funzionari pubblici si venderebbero per poco. Alcuni di loro avrebbero anche fatto ricorso a metodi mafiosi. Si parla di “microcorruzione” dilagante, che ha rimpiazzato le vecchie maxitangenti: in un anno i procedimenti per corruzione sono passati da 32 a 61, con 298 indagati, il quadruplo rispetto all'anno precedente. È un’allerta chiara quella in tema pubblica amministrazione, che fa il paio con lo scioglimento per mafia di ben 3 comuni ad oggi: Surbo, Sogliano Cavour e Parabita. A rischio, notizia di ieri, il Comune di Carmiano.
Quello che realmente fa tremare è l’esponenziale aumento dei delitti basati sull’indebita percezione di contributi o finanziamenti concessi dallo Stato o dall’Ue. Così la mafia indossa i guanti bianchi, si insinua, tenta di passare inosservata. Numeri come quelli che ho elencato non necessitano di commento. La mafia non è più coppola e lupara, per dirla citando Borsellino. La lotta alla mafia, oggi, va di pari passo con la lotta alla corruzione. Per questo abbiamo fortemente voluto la legge Spazzacorrotti, grazie alla quale, per la prima volta in Italia, i più gravi reati contro la pubblica amministrazione vengono equiparati ai delitti mafiosi. Il maltolto sarà restituito a cittadini, le pene saranno esemplari. Con la legge sul voto di scambio politico mafioso spezziamo via definitivamente qualsiasi legame tra politica e malaffare. Chi si candida a rappresentare i cittadini nelle istituzioni, e lo fa accettando i voti della mafia, colpisce al cuore la democrazia e la legalità.
Sono certo che sia questa la strada giusta per lanciare un segnale importante ad un Paese stanco e sfiduciato, dove la mafia, purtroppo, ha stretto la mano anche a chi ci ha preceduto. E' ora di dire basta!

M5S

 
Di Michele Scalese (del 15/03/2022 @ 22:38:46, in Comunicato Stampa, linkato 615 volte)

Mi hanno chiesto: Perchè lo fai?  Chi te lo fa fare? “Per amore!”rispondiamo! Quello con la A maiuscola, quello che ti permette di non sentirti mai in pace con te stesso e che ti mette nelle condizioni giorno dopo giorno di fare di più perchè si avverte di avere un dovere morale verso chi soffre. E ciò che di più bello ho scoperto è il fatto di non essere solo. No! Vivo in un paese, la mia Noha, che mi ha dato tanto e che continua a dimostrarmelo giorno dopo giorno, e il momento di maggiore dimostrazione l’ho avvertita ogni sera della raccolta generi alimentari indetta dal PD di Noha. 

Immaginate un Circolo di un partito qualunque in pieno disordine, sporco per il continuo andirivieni di persone con buste e pacchi in mano ma colmo di beni. Ecco, esso è casa mia, è tutto ciò significa che la politica sta andando per il verso giusto, una politica più vicina alla gente dal momento in cui quei beni rappresentano l’amore fatto dono per gli altri. 

Per questo, cari amici di Noha e non, vi ringrazio singolarmente, ringrazio gli occhi colmi di emozione di ognuno di voi, ringrazio la scuola di Noha, il caro amico dirigente Prof. Melissano, le maestre, i bambini, le mamme e i papà, il personale tutto. Grazie a Natasha, Tatiana e Giorgia, mamme volenterose, grazie alle famiglie, grazie di cuore a tutti. 

Siamo un paese e siamo una scuola che può dare tanto e in questo periodo lo abbiamo dimostrato. Grazie alla Protezione Civile per il servizio svolto in questi giorni di consegna del ricavato che partirà per l’Ucraina. 

Non so come ricambiarvi se non con un abbraccio, magari virtuale e con un semplice GRAZIE. 

Quando si ama non si può che far Bene e noi tutti lo abbiamo capito. 

Michele Scalese e il Circolo PD di Noha.

 
Di Antonio Mellone (del 19/11/2015 @ 22:38:33, in Necrologi, linkato 3040 volte)

Oggi, 19 novembre 2015, mentre spuntava l’aurora, è venuta a mancare all’età di 93 anni la prof.ssa Mimì Piscopo, la prima laureata in “Lettere classiche” della nostra cittadina.

Vorrei ricordarla con le stesse parole di un articolo che vergai in suo onore sei anni fa (cfr. “L’Osservatore Nohano”  - n. 8, anno III, del 9 dicembre 2009).

*

<< Sono di fronte agli occhi color cielo quando è bello di una nohana purosangue: Mimì Piscopo, la mia professoressa di Italiano della mitica “I G” dell’Istituto Tecnico Commerciale “M. Laporta” di Galatina. Le chiedo alcune informazioni sul suo conto per una rubrica che tengo saltuariamente sul mio giornale, una rubrica dal titolo Curriculum Vitae.

Riesco a prendere appunti interessantissimi, ma il rischio è che anziché un articolo qui salti fuori un vero e proprio ponderoso volume. Perché le notizie e le curiosità (che sono come le ciliegie: una tira l’altra) sono interessanti e affascinanti, e riguardano non soltanto un’autentica gloria della scuola del XX secolo, ma anche la storia tutta e l’evoluzione (chiamiamola pure così) del contesto ambientale salentino, quello che ci fece da culla, e che ancora oggi funge da cornice alla nostra vita.

Ma ci provo ugualmente, tentando di lavorare con la lima più che con la penna, e cercando di non perdermi in mille fronzoli. Mi trovo di fronte – dicevo – ad una ragazza di 87 primavere, una Donna che senza indugio ti dice “sono nata il 16 luglio del 1922”, e subito mi viene da pensare che una vera Signora non si fa alcun problema nel rivelare la sua età.

Mimì frequenta a Noha la scuola elementare come molti suoi coetanei. Terminato il ciclo della scuola primaria, sfidando la tradizione che voleva che le donne rimanessero in casa a fare la calza, Mimì decide di sostenere l’esame di ammissione. “Solo coloro che superavano questo esame potevano frequentare la scuola media”.

L’ingresso nella scuola media quindi non era automatico, ma era una prima conquista per chi voleva proseguire negli studi. E’ inutile dire che andavano avanti solo coloro che si sentivano portati, che sovente coincidevano con i figli del censo e del privilegio, mentre gli altri venivano avviati verso un’attività agricola o artigianale, allu mesciu o alla mescia. La maggior parte dei ragazzi dunque si fermava di fatto all’esame di licenza elementare (ed una buona percentuale di essi non ci arrivava punto). “Quanti sacrifici per frequentare la scuola media e poi quarto e quinto ginnasio, e successivamente il liceo classico fuori paese. Erano tempi in cui la gente era costretta a stringere la cinghia. La fame faceva sentire i crampi allo stomaco. Si razionava il pane, addirittura! Il mio povero papà a volte rinunciava alla sua razione per non farla mancare a noi.. Il più delle volte andavamo a Galatina a piedi. Qualche volta alle sei in punto passava una corriera di studenti provenienti da diverse cittadine del Salento. Ci si conosceva un po’ tutti e, prima dell’inizio delle lezioni, si stava insieme a chiacchierare piacevolmente nell’atrio della scuola. A volte, quando pioveva, e quando era possibile, mi accompagnava il mio povero papà, con il suo biroccio trainato da un cavallo”. Qui si capisce benissimo quanto Mimì Piscopo sia dunque un’antesignana dell’emancipazione femminile nohana e salentina: “Non era facile soprattutto per una donna continuare negli studi. Andare a Galatina era come tradire una tradizione. Ma mio padre per fortuna era di più ampie vedute ”.

Ha un sogno, questa Donna, e a costo di sacrifici, di rinunce e di rottura di schemi arcaici, lo realizza. Questo è uno degli insegnamenti più importanti della professoressa di Noha: quando si crede nelle proprie possibilità e si lotta con determinazione ed impegno, non ci sono risorse finanziarie scarse o barriere culturali impossibili da abbattere.

Il “Pietro Colonna” di Galatina, e soprattutto la serietà ed il rigore degli studi che vi si conducevano, lasceranno nell’animo e nella formazione della studentessa Piscopo Cosima un’impronta incancellabile. E certamente – come evinco dalle sue parole – sentimenti profondi di nostalgia, di rimpianto ed anche di commozione. E’ come se, mentre ti parla, sentisse nell’angolo della sua memoria suonare ancora la campanella del “Colonna” incastrata a ridosso di un pilastro quadrato dell’antico chiostro domenicano, quell’aggeggio sonoro che scandiva l’inizio e la fine delle lezioni col tocco squillante dell’Idea che non muore.

La maturità arriva nel 1944. “E ormai volevo andare avanti. Mi consigliavano di prendere Farmacia. Ma io ero contraria all’idea, perché le farmaciste – così dicevo – mi sembravano delle bottegaie (soprattutto per gli orari di lavoro). Decisi di prendere Lettere con indirizzo classico, perché mi piacevano molto il greco ed il latino. E mi iscrissi all’università di Bari, dove avevo un punto d’appoggio presso il collegio Regina Elena”. Già dai tempi dell’università, Mimì evidenzia la sua passione. “Leggere, studiare, insegnare erano la mia passione”, tanto che corre spesso in soccorso alle esigenze di molti studenti amici e di molti colleghi in difficoltà, studiando e ripetendo insieme a loro, dando loro una mano nel superamento degli esami nelle materie più difficili.

In quel tempo i testi classici ed i distici erano per lei a portata di mano e di memoria; dalle sue scarpe, ad ogni passo, sembravano entrare ed uscire aoristi e ablativi assoluti. “Era difficile superare l’esame di latino. Sentivo che molti studenti l’avevano provato molte volte prima di superarlo… Io sostenni lo scritto un anno in anticipo, ancor prima che mi si consentisse di presentarlo. E ricordo il terribile prof. Vantaggiato che mi chiamò – io incredula – per sostenere l’esame orale, che superai subito e brillantemente. Ma non mi esaltavo mai. Questa è la mia indole: tra l’altro ero anche molto timida”.

Cosimina Piscopo si laurea nell’anno accademico 1948-49 discutendo una tesi (scritta a macchina) dal titolo: “La classe rurale in Terra d’Otranto nei primi sessant’anni del sec. XIX”, relatore il chiarissimo prof. G. Masi [tesi trascritta a cura di Marcello D’Acquarica e pubblicata su Noha.it nel luglio 2010].

Rientrata a Noha, inizia sin da subito a dare lezioni private di lettere, latino e greco, come del resto aveva sempre fatto quando era possibile durante la guerra. “Ma non mi pagavano mica!”. Nel 1954 diventa finalmente – come noi studenti l’abbiamo sempre chiamata – “La Piscopo”, sottintendendo “la professoressa” o, come i giovani d’oggi usano dire, la Prof.

Inizia dunque in quell’anno la sua carriera di insegnante di Lettere all’Istituto Tecnico Commerciale di Galatina “che non era ancora statale ma parificato. Tra l’altro io, insegnante, sembravo allora una ragazzina al confronto dei miei studenti”.

Dopo questa esperienza iniziale intraprende un lungo tour in diversi istituti che qui posso soltanto citare di sfuggita, avvistandoli dall’alto come in un ideale volo d’aquila.
Insegna così al Professionale Statale e poi al Professionale Femminile di Galatina. Successivamente a Maglie di nuovo presso un Istituto Tecnico Commerciale, con alcune ore presso il Magistrale di Galatina. Dopo “non ricordo precisamente l’anno” entra nei ruoli della scuola media ed insegna Italiano, Storia e Geografia ad Aradeo e poi finalmente a Noha alla “Giovanni XXIII” dove viene nominata anche vice-preside.

Ma dopo due anni decide di ritornare alle scuole superiori: sicché ritorna all’Istituto Tecnico Commerciale (nel 1981-82, quando chi scrive frequentava la famosa I G) e contemporaneamente al Professionale Femminile dove ricopre la cattedra di Storia. E poi ancora da Galatina a Gallipoli, alla volta dell’Istituto Nautico, con alcune ore settimanali a Carmiano presso un altro Istituto Professionale…“Amavo il mio lavoro. Ero molto scrupolosa. Andavo al lavoro anche con la febbre. E mi volevano bene. Ricordo che quando morì il mio povero papà (insegnavo al Professionale) il preside e tutti i ragazzi vennero al corteo funebre. Questo mi fu di grande conforto.

Raccontare qui la vita a scuola della docente Piscopo sarebbe impossibile: dovremmo indugiare in numerosi, singolari, piacevoli, interessanti particolari, come la preparazione delle lezioni, le spiegazioni, le interrogazioni, i consigli di istituto, gli incontri scuola-famiglia, i compiti in classe corretti a casa (a volte anche con l’ausilio della sorella Laura, che leggeva tutti gli elaborati degli studenti per filo e per segno), i problemi dei ragazzi che trovavano in lei una istitutrice, sì, ma anche una sorella, una madre e a tratti un’amica alla quale confidare i propri dubbi esistenziali. “Ci fu un periodo drammatico, anni terribili, quando a scuola entrò la droga. In un anno in una classe fummo costretti a respingere addirittura 14 studenti. Quanti incontri tra professori e genitori. Alcuni venivano a trovarmi perfino a casa chiedendo consiglio, sostegno, incoraggiamento. Erano problemi delicati: non si poteva far finta di nulla. […] Quante storie e quanti viaggi di istruzione al seguito dei miei studenti. Ovunque in Italia, nelle città d’arte, in montagna… Ricordo anche un viaggio bellissimo a Parigi. E quante esperienze: pensa che una volta andammo a finire persino in discoteca! Tuttora incontro in giro dei miei studenti che mi chiedono: si ricorda di me? Io confesso di ricordarmi dei più bravi. E dei più diavoli.

Chiudo questo curriculum vitae et studiorum su una persona di valore di Noha, non senza aver detto che Mimì Piscopo è stata nominata anche “Giudice Popolare”, incarico che ha esercitato per un certo periodo di tempo nel foro di Lecce. “Il Giudice Popolare è chi, con fascia tricolore, affianca i giudici nelle Corti d’Assise e nelle Corti d’Assise d’Appello, assistendoli nelle udienze e partecipando alle decisioni contenute nelle sentenze”. La scelta di un così delicato compito di magistratura penale (nelle Corti d’Assise si trattano infatti processi penali per i crimini più gravi previsti nel codice) ricadde su Mimì sicuramente per le sue doti di equilibrio, e soprattutto per la sua irreprensibile condotta morale. Anche quest’ultimo incarico è parte sostanziale di un brillante curriculum vitae.

Concludo questo scritto dicendo che a volte noi altri cerchiamo lontano (o peggio ancora in televisione) le persone di valore e degne di lode, ignorando i tesori a noi più vicini, benché umili ed al riparo dalle luci dei riflettori alimentati con l’energia dell’ottusità e dell’insipienza.

Sarebbe saggio se invece ci accorgessimo di chi, pur in atteggiamento di ritrosia, evitando la pompa magna, vive accanto a noi ed ha ancora molto da dare ed insegnare.

Con questi colpi di scalpello mi auguro di essere riuscito ad abbozzare un seppur grossolano profilo “della Piscopo”, alla quale vorrei indirizzare un grazie di cuore per tutto quello che ha fatto per i ragazzi suoi discenti (incluso il sottoscritto) e per il lustro che con il suo studio, il suo lavoro ed i suoi incarichi ha dato alla nostra cittadina.

Infine vorrei chiederle di essere indulgente con me ancora una volta, nel caso in cui nel corso di questo articolo (o di altri) dovessi aver seminato a destra o a manca qualche strafalcione, o, peggio ancora, qualche errore di sintassi o di grammatica che, come usava ripetere la Prof, “è sempre in agguato”>>.

*

Addio professoressa Piscopo, addio Mimì, e buon vento.

Con te se ne va una brava insegnante, una grande Donna, una pagina gloriosa della Storia di Noha.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 26/06/2013 @ 22:37:57, in Cimitero, linkato 3801 volte)

Scopo di un articolo, come di ogni scritto, è sempre quello di far riflettere, e dunque possibilmente di cambiare il mondo. Fosse anche solo marginalmente, ma è pur sempre un cambiamento (si spera in meglio).

Stavolta si parlerà della morte, dalla quale, come diceva Francesco d’Assisi, “nessuno può scappare”.

Non è nostro obiettivo (né saremmo in grado) di discettare di escatologia (che è quella parte della teologia avente per oggetto l’indagine sui destini ultimi dell’uomo e dell’universo), bensì più prosaicamente dell’opzione della cremazione delle salme (che saremo).

Come tutti certamente sapranno la cremazione è “la pratica di ridurre, tramite il fuoco, un cadavere nei suoi elementi di base. Si tratta di una pratica molto antica: in Asia tale consuetudine si è mantenuta pressoché inalterata da millenni” (fonte: Wikipedia).

Con la cremazione il corpo umano (ormai esanime), composto principalmente di acqua, si trasforma in gas, vapore acqueo, carbonio e frammenti ossei. Il cadavere inserito in un forno crematorio a 1000/1200 gradi, in circa 20/30 minuti, si riduce non in cenere ma in frammenti ossei friabili che, in un secondo momento, verranno sminuzzati fino a formare quella che chiamiamo cenere. Questa “cenere” sarà poi a seconda delle usanze (o di quanto disposto dal de cuius) o custodita in un’urna o sepolta, ovvero sparsa in natura.

Per molti secoli la Chiesa cattolica ha bandito questa soluzione che pensava in contraddizione con la fede nella resurrezione dei morti. C’è voluta la rivoluzione del Concilio Vaticano II per sconvolgere anche questa “verità” - che molti teologi già ammettevano, in quanto, di fatto, la cremazione non fa altro che accelerare il processo naturale di ossidazione (sicché la “risurrezione della carne” era salva).

Dal 1963 dunque la Chiesa non considera più come un peccato anzi ammette la cremazione dei cari estinti a condizione che non sia in odium fidei, se non è decisa cioè in disprezzo della fede cristiana. Nel 2012 s’è finanche rieditato il libro liturgico del “Rito delle esequie”, completandolo con le preghiere in caso di cremazione. Oggi è addirittura possibile che le esequie avvengano in presenza dell’urna cineraria, ma la Chiesa preferisce che i funerali avvengano in presenza del corpo, e dunque prima dell’eventuale cremazione.

Per chiudere questo capitolo, diciamo infine che la stessa Chiesa, che promuove il culto dei defunti, è tuttavia contraria allo spargimento delle ceneri o la loro conservazione in luoghi diversi dai cimiteri (per esempio in casa o in giardino), e questo anche per scongiurare o contrastare concezioni panteistiche o naturalistiche o, peggio ancora, forme di feticismo o idolatria verso i morti.

La cremazione molto diffusa nel resto d’Europa (si pensi che a Bruxelles viene cremato circa il 65% delle persone decedute), in Italia, pur in crescita, si attesta in media intorno al 10% dei casi.

Una pratica, dunque, sempre più comune altrove ma non nel nostro Comune: tanto è vero che sembrano esauriti i loculi sia nel cimitero di Galatina e sia in quello di Collemeto (mentre a Noha ne avremo ancora per poco).

Perché tutto questo? Ma ovviamente perché ancora la cremazione non è entrata nell’ordine delle nostre idee e, dunque, viene praticata ancora in percentuali da prefisso telefonico.

Eppure se ci ragionassimo un po’ su capiremmo che la scelta della cremazione ha un suo valore etico e un suo rilievo morale, permette il risparmio dello spazio per chi resta, non ha risvolti negativi dal punto di vista igienico, contribuisce alla razionalizzazione degli esborsi economico-finanziari per le famiglie e per il Comune (si pensi al costo di un cimitero, al suo mantenimento, alle difficoltà di trovare nuovi spazi, e, non ultimo, alle spregevoli e mai debellate mafie che ruotano attorno al “business” dei camposanti). E si consideri, infine, il fatto che ci verrebbero risparmiati gli ineffabili (e a tratti ridicoli) manifesti di lotta politica di bassa lega sul “divieto di morire a Galatina” per mancanza di loculi al cimitero.      

Il ricordo dei defunti non sta nel portare un mazzo di fiori ad un mucchio di ossa custodite in un’urna ingombrante da ostentare, magari all’interno di una sontuosa cappella funeraria, e dunque nella crescita senza limiti dei nostri cimiteri, ma nel ricordo che i nostri cari hanno lasciato nella nostra mente e nel nostro cuore.

Allora non sarebbe meglio, più saggio, economico ed ecologico lasciare la terra ai vivi, sperando che ne sappiano fare buon uso finché sono ancora in tempo?

Antonio Mellone  

Fonte. il Titano, supplemento economico de il Galatino, n. 12, anno XLVI, del 26-06-2013

 
Di Albino Campa (del 21/04/2011 @ 22:35:16, in Un'altra chiesa, linkato 2832 volte)

[pubblicato sula Repubblica/Il Lavoro [edizione Ligure] il 10 aprile 2011 p. XIII con il titolo «La settimana che porta alla Pasqua occasione di silenzio e riflessione» ]

Con oggi, domenica 17 aprile 2011, inizia per i Cristiani, la settimana più importante dell’anno, quella che dà l’avvio e il senso alla stessa esistenza della Chiesa. Gli antichi la chiamavano con una espressione potente, «la Settimana delle settimane» oppure «la Madre delle settimane». Con la domenica delle Palme, cioè oggi, infatti, si entra in un tempo senza tempo, nell’ultima settimana di vita di Gesù che segna l’inizio di una svolta nella storia con la quale ancora oggi stiamo facendo i conti: chi non crede perché deve misurarsi con una Persona inquietante e un messaggio travolgente che comunque si appella alla coscienza; chi crede per come crede, o, ancora peggio nei tempi bui e osceni del berlusconismo, per come corrompe e svende il cuore della propria fede. Semplici credenti, preti e cardinali che colludono con il massimo esponente della delinquenza e della illegalità sistematica, in questa settimana faranno fatica a ritrovare il volto di quel Cristo che non diede soddisfazione nemmeno al potere indeciso di Pilato, procuratore romano. Al quale procuratore, Gesù, al contrario, contrappone la sua identità austera e limpida: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande» (Gv 19,11). Coloro che hanno consegnato un Paese, un sistema istituzionale, il potere della Legge ad un depravato, corruttore di democrazia e di legalità, commettono un peccato ancora più grande.

Oggi, però, non voglio sciupare il tempo mio e dei lettori con il fango che sale sempre più abbondante sui fondamenti dello Stato di Diritto, ma desidero invitare i nostri lettori ad entrare in uno spazio di silenzio per guardare dentro di noi e verificare quali siano le ragioni che ci spingono ad essere o non essere, a prendere o a non prendere certe posizioni. O siamo motivati solo dall’interesse immediato e gretto oppure i nostri pensieri e le nostre scelte sorgono come acqua sorgiva dalla sorgente delle nostre convinzioni profonde fondate sulla Costituzione Italiana e/o sul Vangelo. Noi sappiamo e vediamo che la destra fascista (Lega e compagni di merenda) scelgono e agiscono senza alcun pensiero fondativo perché è loro interesse consumare la pagnotta «adesso» e se per fare questo devono essere cristiani, xenòfobi, illegali, ridicoli e immorali, lo sono perché il loro orizzonte è arraffare. Noi vediamo e constatiamo che la gerarchia cattolica italiana si adegua al momento storico come l’acqua in recipiente e viene a patti con chiunque sta al potere, anche se questo significa svendere i propri principi, lo stesso Vangelo e, cosa ancora più grave, quello stesso Crocifisso che in questa settimana onorano e inneggiano spudoratamente.

Gesù non cercava mai lo scontro diretto con il potere, perché cercava di operare nei centri piccoli, quasi mai nei centri dove la presenza del potere religioso e politico era ingombrante. E’ difficile trovarlo nelle città, perché il suo ambiente operativo erano i villaggi, anonimi come i loro abitanti. Quando percepiva che il potere religioso e il potere politico s’interessavano a lui cambiava ambiente e strategia. Per due/tre anni ha agito così, ma … venne un giorno, anzi il tempo, in cui «doveva andare» a Gerusalemme e vi andò senza esitazione: «prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme» (Lc 9,51) dove avrebbe avuto lo scontro finale con il potere religioso che si era alleato col potere politico: «Non abbiamo altro re che Cesare» (Gv 19,15) e con lo stesso potere politico dal quale si distingue senza esitazione: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36). Gesù non accetta nemmeno che Pilato gli salvi la vita, mentre a distanza di XXI secoli da qual giorno memorabile, coloro che pretendono di rappresentarlo oggi, si sono venduti per accettare su di sé il regno perverso di un potere diabolico.

 
Paolo Farinella, prete
 
Parrocchia S. Torpete - Genova
 

Mercoledì 23 luglio, nella suggestiva cornice della Chiesa dei Battenti di Galatina, alle ore 20,30  Maurizio Nocera, Nico Mauro, Marco Graziuso e l’assessore al Cultura Daniela Vantaggiato ricorderanno Lucio Romano nella sua complessa figura di poeta e di intellettuale impegnato.

 Lucio Romano nato a Galatina nel 1936 è scomparso nel 2007 si è occupato di studi storici, conducendo tra l’altro ricerche sul movimento operaio e sulle origini del fascismo in Terra d’Otranto. Con le sue opere letterarie ha ricevuto numerosi riconoscimenti in ambito locale e nazionale. Molti critici letterari hanno scritto di lui.  Lui stesso ha scritto note critiche su Salvatore Quasimodo, Rocco Scotellaro, Alfonso Gatto. Accanto a questo bisogna ricordare il suo imprescindibile impegno civile è stato consigliere comunale per quindici anni e consigliere provinciale. Ha dettato l’epigrafe per Carlo Mauro, principale esponente del socialismo salentino, collocata tutt’ora in Piazza della Libertà .

 Ricordiamo alcuni titoli delle sue raccolte di poesie “ Sul calar della sera” (1958-1964); “ Vagare stanco” (1965-1968); ” Romano” (1969-1974); “Alografie” (1983-1987); “Morire di verso” (1988-1990); “ Lettere di Gioacchino Toma a Eduardo Dalbono”(1992-1997);   “Una vita in versi ”(2001).

L’amministrazione di Galatina gli ha assegnato alla memoria  il Premio Beniamino De Maria per il biennio 2009-2010, ci piace riportarne per intero la motivazione : Un uomo che ha saputo coniugare poesia ed impegno civile. Un uomo che ha lasciato un chiaro messaggio secondo il quale potere e poesia significano altruismo, solidarietà umana, generosità, tentativo di edificazione di un altro mondo possibile nel quale  tutti siano impegnati facendo tesoro anche della parola del poeta che lotta per il suo popolo, la sua gente, per gli umili e i diseredati.

In attesa di incontrarlo attraverso il ricordo degli amici e dei familiari lo ricordiamo così:

Salento       da “Sul calar della sera”  

 
E’ questo il Salento

 bruciato dal sole

ove il cielo del sud

 avaro dei piogge

 ha sotto gli occhi

 schiene curvate,  some

 dal cuore in pena:

ove sirene di cantieri sono

 antichi rumori di zappe.

L’evento, promosso ed organizzato dalla libreria Fiordilibro da sempre impegnata nella valorizzazione della cultura salentina , dei suoi esponenti e di quanti hanno contribuito e contribuiscono con il loro lavoro spesso solitario e  misconosciuto, a dare lustro al Salento ed in questo caso anche alla città di Galatina. L’evento ha ricevuto il Patrocinio del Comune di Galatina ed  è inserito nella Sezione “Vivi il Salento” della  rassegna estiva“ l’Estate della Cuccuvascia”- ritrovarsi a Galatina.

 

Martedì 27 luglio alle 19 dal Museo Pietro Cavoti di Galatina parte l’inaugurazione della sezione outdoor di InTrance, festival di fotografia e arte contemporanea, curato da Alessia Rollo. La prima edizione della manifestazione, inserita all’interno della rassegna estiva e culturale “A cuore Scalzo”, proporrà in spazi urbani, palazzi storici e corti del comune salentino, fino al 31 agosto, una mostra diffusa di opere di artisti italiani e internazionali - Ornella Mazzola, Federico Estol, Alejandra Carles-Tolra, Giulia Frigieri, Myrto Papadopoulos, Roberto Tondopó, Gloria Oyarzabal - che si aggiungono a quelle di Rossella Piccinni, Yolanda Domínguez e Rubén H. Bermúdez già in esposizione nella Gigi Rigliaco Gallery. Durante l’inaugurazione, coordinata dall’amministrazione comunale, il pubblico potrà seguire il percorso espositivo per scoprire insieme alla curatrice le opere in mostra e per apprezzare, con alcune guide turistiche, i luoghi d’interesse del festival tra cui Palazzo Orsini, Palazzo Gorgoni, Piazza Dante Alighieri e l’Ex Complesso Monastico delle Clarisse. Qui la serata si concluderà intorno alle 21 con le selezioni musicali del duo Underspreche, in collaborazione con “FeelM”, residenza artistica promossa dal Sei Festival di Coolclub, in sinergia con la sede leccese del Centro Sperimentale di Cinematografia e il DAMS dell’Università del Salento, che fino al 31 luglio sarà ospitata dal Castello Volante di Corigliano D’Otranto. Fino al 15 settembre, inoltre, “In Trance Lab - Il Mio corpo…!”, proporrà una serie di attività culturali e incontri partecipati promossa dall’Associazione 34° Fuso che prenderà il via venerdì 30 luglio alle 21 in Piazza San Pietro con “Il corpo tra immagini antiche e tabù contemporanei”. Dopo un tour guidato nella mostra che partirà sempre dalla Piazza alle 19:30 e si diramerà attraverso vari punti d’interesse della città, i partecipanti potranno degustare diverse tipologie di birre artigianali - grazie al format “Dopolavoro con l’archeologo”, finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 - partecipando alla conversazione tra Flavia Frisone, docente di Storia Greca e Presidente del Corso di Laurea Triennale in Beni Culturali dell’Università del Salento e l’influencer Denise D’Angelilli - Due dita nel cuore, moderata dalla giornalista e scrittrice Loredana De Vitis.

Partendo dalla storia della città di Galatina legata al fenomeno del tarantismo, di corpi posseduti non solo dal morso della taranta, ma anche dallo sguardo degli antropologi ed etnografi negli anni ’50, InTrance vede proprio nel corpo il leit motiv di questa prima edizione del festival per sviluppare un percorso che lo libera da pregiudizi e stereotipi geografici, sociali, sessuali. Il corpo è un luogo, oggetto nella storia dell’arte e simbolo di un’evoluzione di pensiero, spazio politico, sociale, economico e di genere. Non è un contenitore passivo e le sue azioni non sono solo segni che richiamano l’attenzione su forme astratte, anzi, è soggetto alla nascita e alla decadenza e acquisisce specifiche abilità e capacità oltre a manchevolezze e debolezze. Il corpo non è un’entità statica, immobile, al contrario cresce e si sviluppa relazionandosi con l’ambiente in molteplici forme.

«Galatina ha potenzialità enormi e sta finalmente vivendo un tempo di maturità culturale e di coraggio tali da generare InTrance, un festival di fotografia e arte contemporanea per scoprire il cuore di Galatina e le sue radici», spiega Cristina Dettù, assessora alla cultura di Galatina. «Artisti internazionali e ospiti da ogni parte d'Italia e del mondo saranno presenti nella nostra città. Si tratta di un progetto che fa tremare le gambe, un progetto ambizioso per cui tutta Galatina investe non solo in termini culturali e turistici, ma anche sociali, economici e di sviluppo del territorio».

InTrance propone un festival di fotografia di artisti contemporanei che lavorano sul tema del corpo come luogo di espressione di forme di pensiero, questioni di genere, identità personale e collettive della società contemporanea attraverso differenti approcci fotografici che spaziano dalla fotografia documentaria, al reportage, alla messa in scena e con diverse cifre stilistiche che passano dalle immagini di archivio, al fanzine, alla fotografia di presa diretta fino alla performance. Fino all’8 agosto la Gigi Rigliaco Gallery ospita Rossella Piccinno | Bride’s journey and funeral; Yolanda Domínguez| Little black dress, Poses; Rubén H. Bermúdez | Y tu porquè eres negro?. Fino al 31 agosto, invece, saranno allestite le opere di Ornella Mazzola (Corte di Palazzo Orsini), Federico Estol (Corte Palazzo Gorgoni), Alejandra Carles-Tolra e Giulia Frigieri (Piazza Dante Alighieri), Myrto Papadopoulos, Roberto Tondopó, Gloria Oyarzabal (Ex Complesso Monastico delle Clarisse). Il Museo Civico “Pietro Cavoti”, inoltre, sarà anche residenza d’artista con Claudia Mollese.

Dal 30 luglio, come detto, prenderà il vai anche “In Trance Lab - Il Mio corpo…!”, attività culturali e laboratoriali a cura dell’Associazione 34° Fuso con l’obiettivo di avviare un processo di partecipazione attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini e delle associazioni locali nelle diverse azioni del festival. Oggi gli operatori culturali hanno una responsabilità sociale ben precisa che consiste nel sostenere l’educazione alla bellezza e il protagonismo civico per contribuire allo sviluppo di una società più equa. Attuare politiche partecipative, inclusive e sostenibili, significa riconoscere un “valore” culturale, sociale, economico che va oltre quello già inestimabile che il patrimonio possiede. Per questo motivo la rassegna prevede il coinvolgimento attivo delle realtà locali, ognuna delle quali è stata chiamata a co-progettare un percorso educativo finalizzato alla costruzione di un racconto corale e multidisciplinare sul tema del corpo.L’incontro di apertura si pone al contempo quale momento di divulgazione del patrimonio archeologico identitario e di riflessione sui temi del contemporaneo connessi al ruolo della donna a partire dai reperti più emblematici delle collezioni archeologiche salentine, in un ambiente del tutto informale e degustando una birra artigianale a km0. L’appuntamento rientra nel progetto “Dopolavoro con l’archeologo” finanziato dalla Regione Puglia nel Programma straordinario in materia di cultura e spettacolo per l’anno 2020 e vede la collaborazione tra 34° Fuso e i musei archeologici coinvolti nelle attività (Museo Diffuso di Cavallino dell’Università del Salento, Museo Archeologico Sigismondo Castromediano, USA - Museo Archeologico dell’Università Salento, Area Archeologica di Roca Vecchia/Melendugno, Parco dei Guerrieri e Museo di Vaste, Museo Civico Pietro Cavoti di Galatina, Museo del Mare Antico e il Museo della Preistoria di Nardò). Altri partner coinvolti nell’iniziativa sono The Monuments People APS, M(u)ovimenti, La Capagrossa Coworking, Cooperativa Sociale Orient-Occident; Aps Terre Archeorete del Mediterraneo, Associazione Culturale Articolo 9.

InTrance Lab proseguirà con “Il mio corpo suona!”, laboratorio per bambini sulla musica del corpo a cura di Giovani Realtà Aps e condotto da Ettore Romano ed Elisa Romano (6-20-23-27-30 Agosto e 5 Settembre); “Il mio corpo parla!”, laboratorio di storytelling a cura di Maira Marzioni (5/7 agosto); “Il mio corpo canta!”, laboratorio di canto polifonico ideato e diretto da Rachele Andrioli per donne che amano cantare (16-17-22 agosto), “Il mio corpo accoglie” a cura di 34° Fuso Aps e Arci (6-7-10 settembre) e “Il mio corpo si racconta” a cura di Agribimbi - Adalgisa Romano (10 settembre). Tutte le attività sono gratuite. Info e prenotazioni info@34fuso.it - 3271631656
 

Per tutti i dettagli del festival www.intrancefestival.it

Ufficio stampa 34° Fuso
Società Cooperativa Coolclub
Piazza Giorgio Baglivi 10, Lecce
 

Da un lato conferma i mugugni che da mesi si protraggono all’interno della stessa maggioranza e che sono culminati con la destituzione di Pierantonio De Matteis da capogruppo di Andare Oltre, sostituito proprio dal consigliere Garzia.

Dall’altro evidenzia la pessima prassi, che ultimamente si sta insinuando in città, di non rispondere alle richieste di cittadini, associazioni e imprenditori.

L’Amministrazione dovrebbe essere imparziale e dovrebbe rispondere a tutti i cittadini a prescindere dalle appartenenze e dalle simpatie.

Certo è che se non risponde alle sollecitazioni del padre di un consigliere di maggioranza, figuriamoci a quelle degli altri cittadini. Tra l’altro chi amministra dovrebbe capire che la responsabilità vale sia per le azioni che vengono compiute, sia per quelle che non vengono poste in essere o che vengono osteggiate.

Per questo, se le cose stanno come dice Garzia allora il Sindaco risponda e chiarisca subito la situazione pubblicamente se non vuole che l’argomento arrivi in Consiglio comunale e che venga chiamato in causa anche il Prefetto.

Nell'attesa di conoscere  il suo pensiero riguardo questa vicenda, condanniamo però l’atteggiamento del Sindaco (quello stesso atteggiamento che in campagna elettorale rimproverava strumentalmente alle altre forze politiche) tipico di chi crede di essere il proprietario del comune mentre invece è solo un inquilino che presto abbandonerà la sua postazione.

Inoltre, riguardo alla fiera, avevamo deciso di portare l'argomento nel prossimo Consiglio comunale che però sembra non arrivare mai nonostante il "grande  lavoro"  dei nostri amministratori.

Per questo chiediamo  che il Sindaco spieghi, tra le altre cose, anche quali sono i progetti e le idee che riguardano il futuro della fiera, ammesso che ce ne siano.

Sono questi gli argomenti che interessano alla città e non lo sperpero di denaro per le associazioni amiche ed i clientelismi.

Fatta eccezione per “A cuore scalzo”, per “Natale in tutti i sensi”, per Città Nostra, per Archeoclub, per Metropolitan ADV e per la neonata Associazione Futuramente, per i quali risorse e attenzioni non mancano mai, a tutti gli altri, consiglieri comunali e organi politici compresi, viene riservato solo il silenzio.

Neanche la decenza e la responsabilità di una risposta, solo il nulla. Quel nulla che questa Amministrazione rappresenta con una sempre maggiore coerenza.

Giuseppe Spoti

Consigliere comunale – Partito Socialista

 
Di Redazione (del 29/03/2016 @ 22:30:38, in Comunicato Stampa, linkato 1794 volte)

Si è chiusa con un successo oltre ogni aspettativa, nonostante le condizioni meteorologiche non proprio favorevoli, la prima uscita ufficiale dell’Associazione “Virtus Basket Galatina”: l’evento di beneficenza fortemente voluto dal Presidente Sandro Argentieri ha coinvolto per tutta la mattinata di Domenica 06 marzo u.s. un numero rilevante di famiglie galatinesi e non solo.

Un risultato eccezionale con oltre un centinaio di “Pasqualotti” venduti e tante, tantissime persone che hanno voluto conoscere il progetto “Bimbulanza” ed il progetto “TappiAmo Galatina”.

Con la vendita del “Pasqualotto” abbiamo contribuito a coprire i costi di gestione della "Bimbulanza”: la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha sempre partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.

Il progetto, fortemente voluto e realizzato da don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte verso chi soffre", nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.

Con i tappi di plastica abbiamo invece contribuito all’iniziativa “TappiAmo Galatina”: i tappi sono fatti di un materiale particolare (polietilene – Pe) diverso da quello delle comuni bottiglie. Normalmente nelle operazioni di riciclaggio gli impianti non separano i tappi dalle rispettive bottiglie ma li fondono insieme. Così facendo si finisce per produrre un maggiore inquinamento. Bisogna poi sapere che anche l’utilizzo dei materiali è diverso: le bottiglie vengono utilizzate per produrre “tessuti non tessuti”, come il pile (ottenuto combinando plastica e lana), mentre i tappi riciclati sono adatti a produrre vasi per i fiori, cassette per la frutta, sedie da giardino ecc… I tappi di plastica raccolti separatamente hanno, quindi, un loro valore specifico. Inoltre la raccolta differenziata contribuisce a ridurre l’inquinamento ambientale.

Due sono gli obiettivi che si prefigge la nostra iniziativa (“TappiAmo Galatina”):
   

  • Obiettivo Ecologico – Educativo: la raccolta tappi è un mezzo che contribuisce ad educare al problema del riciclaggio e della corretta raccolta differenziata;

  •    
  • Obiettivo Solidale: la nostra iniziativa, totalmente senza scopo di lucro, consentirà di realizzare, con un piccolissimo gesto, varie iniziative di solidarietà.
  •  

    Per raggiungere il nostro scopo e per avvicinarci quanto più possibile alla gente, abbiamo intenzione di distribuire in maniera capillare  su tutto il territorio comunale, all’interno delle Attività commerciali che aderiranno all’iniziativa, circa 100 contenitori identificati da apposito adesivo ed adibiti alla  raccolta di tappi di plastica.

    Periodicamente provvederemo al loro svuotamento.

    Grazie alla Ditta “ECOM SERVIZI AMBIENTALI s.r.l.” di Galatina, nostro partner in questa iniziativa, con cadenza annuale tutti i tappi raccolti, verranno portati presso il centro preposto allo smaltimento che corrisponderà la cifra corrispondente al loro peso. La stessa provvederà al trasporto ed alla compilazione dei formulari richiesti.

    Il ricavato di questa vendita sarà destinato esclusivamente ad obiettivi di volta in volta individuati tra quelli più critici della realtà cittadina quali giochi per le villette, sussidi per le scuole per l’infanzia e scuole materne o reparti pediatrici dell’Ospedale; tutte iniziative comunque considerate sensibili per il raggiungimento delle quali è richiesto l’impegno di tutta la comunità. Nello specifico il primo obiettivo di questa nuova edizione, che si realizzerà verosimilmente entro giugno 2016, sarà dividere l’intero ricavato dalla vendita dei tappi equamente tra tutte le Scuole che aderiranno all’iniziativa che potranno poi autonomamente decidere come utilizzarlo (materiale didattico, sportivo, ecc.).

    Altra importantissima iniziativa che verrà presto presentata è “Bambini & Sport”: un con lo  scopo principale di favorire la socializzazione, la crescita, il benessere psico-fisico e l’inclusione sociale di minori svantaggiati, attraverso il linguaggio comune dello sport e del divertimento.

    Promuovere e incentivare un’idea di sport per tutti, sport che diventa divertimento e cultura senza limitazioni soprattutto economiche.

    Con questo obiettivo verranno promosse una serie di iniziative finalizzate alla raccolta fondi per consentire a minori di famiglie in difficoltà di praticare sport, inserendoli in programmi sportivi per un anno.

    Su Facebook: TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica.

    Info e contatti:

    Sandro Argentieri: 333-4368532;

    Piero Luigi Russo: 349-8471729;

    Alessandro Antonaci: 328-0459945.

     

     
    Di Antonio Mellone (del 24/07/2014 @ 22:22:51, in Circonvallazione, linkato 5051 volte)

    Volevo chiedere scusa ai mie venticinque (ridottisi ormai a quattro) lettori. Sì, perché non più tardi del 7 maggio scorso su questo stesso sito era apparso un mio articoletto dal titolo “Lavori pubici”, nel quale discettando sull’inutile e dannosa circonvallazione interna di Galatina (la prima tangenziale al mondo che non tange, trancia), avevo fatto un cenno a quella specie di “recinzione-ringhiera di assi in legno disposta su più file orizzontali e a X, sostenute da pali verticali infissi a terra”, una specie di balaustra per la “prova Olio cuore” adatta ai galatinesi più accorti alla loro silhouette.

    Orbene, in quel pezzo, nell’osservare le mille similitudini tra quella e la defunta palizzata dei giardini Madonna delle Grazie di Noha, vaticinavo il suo sbriciolamento (o ‘ncravulisciamento) - se non altro a causa delle solite intemperie - in un ragionevole lasso temporale espresso al massimo in un lustro.

    Stavolta ammetto di essermi sbagliato di grosso: quella recinzione, infatti, ha iniziato a mandare segnali di fumo sin da subito. Infatti è venuta a mancare all’affetto dei suoi cari designer/assessori/fornitori/committenti (cari, nel senso di costosi) nell’arco di tre/quattro mesi dalla sua installazione. A farla fuori però non è stata l’aria, o l’acqua, o la terra, ma il quarto degli elementi di presocratica memoria, quello che nella tradizione ellenica corrisponde al fuoco. Siamo, dunque, di fronte ad un’ecpirosi, una cremazione, un incenerimento di portata tale che gli altiforni della Colacem con il CDR non avrebbero saputo far di meglio.

    *

    Così leggevo su uno dei massimi siti di Galatina a proposito di questo rogo: “Erano le 16 circa di sabato 19 luglio quando un denso fumo ha avvolto le abitazioni di via Vernaleone. […] Nel frattempo però il fuoco ha totalmente distrutto la recinzione in legno posta a protezione della pista ciclabile [pista ciclabile? Where is it? Ndr] della nuova tangenziale”.

    Si fosse fermato qui il comunicato della redazione di quel sito non avrei postillato più di tanto. Purtroppo l’estensore di quelle note è andato oltre la famosa “siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, tanto che per un attimo m’è venuto qualche dubbio su quale dei due siti galatinesi stessi in quel momento navigando. Temevo cioè (prima di avere la certezza del contrario) di non trovarmi sul portale, chiamiamolo per semplicità, A, ma di essere incappato tra le pagine di quell’altro portale, il B (quello che fa rima con cementina.it o con la-tap-pina.it) dove, per dire, giorni fa si è pubblicata una lettera aperta del presidente del nostro consiglio regionale in merito al TAP, ma non la risposta a tono del sindaco di Melendugno, destinatario di quell’epistola; e con un bel titolone ad effetto con tanto di virgolette – come si trattasse di un discorso diretto quando quella frase compendiosa non fu mai vergata nel corpo della suddetta pubblica missiva – titolo che invero ti indurrebbe subito subito a cogitare, come molti avranno fatto: “Davvero TAP è un’occasione da non perdere!”.

    *

    Orbene, “la redazione” del sito A, dopo essersi posta legittime domande in merito ai danni o a chi eventualmente pagherà la staccionata [ovviamente Pantalone, ndr] o se il sindaco avesse promulgato apposita ordinanza di pulizia dei terreni [figurarsi, ndr], così purtroppo continua: “Da anni ormai quella zona incolta, destinata ad ospitare l’area mercatale, è colpita dalle fiamme creando paura e disagio, ma rimane sempre il problema degli animali che trovano riparo all’interno della stessa. […] E’ possibile che al centro di una città che si definisce “mediterranea” vi siano zone in totale abbandono?” [tralasciando la sintassi, io vorrei chiedere al redattore di quelle note: ma scusi, una città “mediterranea” ha paura proprio della “macchia mediterranea”? E va in panico per un po’ di sterpaglia, rovi, scrasce, e per “degli animali che trovano riparo all’interno della stessa”? E che animali saranno mai? Delle tigri malesi, degli alligatori assassini, degli orsi plantigradi? O qualche scurzone  che si crede un boa costrictor? O forse dei topolini di campo che come tutti sanno sono più pericolosi di un branco di ippopotami?

    *

    Vuoi vedere che la colpa dell’incendio alla fin fine è dell’erba secca, e non invece di quel coglione che vi ha appiccato il fuoco? Davvero non riusciamo più a godere di un superstite scampolo di terreno vicino casa nostra dove cresce ancora l’erba spontanea, e dove trova riparo qualche lucertola, scorrazzano i gechi, o ballano le tarante? Siamo diventati tutti così schizzinosi, così pseudo-borghesi, così, come dire?, vavusi, in una parola così pirla?

    Ed ecco l’inaspettato colpo di grazia che più che del sito A sembrerebbe farina del sito anzi del lato B: “Senza voler fare polemica, con l’occasione sarebbe ora che l’Amministrazione comunale decidesse una volta per tutte il destino di quell’area prevista dal piano regolatore da destinare a mercato settimanale”. Ancora con questa storia del mercato settimanale? Ma come: non esiste già una grande area mercatale nei dintorni della defunta fiera di Galatina, con parcheggio incorporato? Non riusciamo proprio a fare a meno del deserto intorno a quella cattedrale ormai sconsacrata? Pare che i commercianti si lamentino per il calo delle vendite. Ma siamo sicuri che la cagione della crisi sia imputabile alla topografia comunale piuttosto che all’economia e dunque alle rimanenze finali di spiccioli nelle tasche dei consumatori di Galatina e dintorni? Ma volete voi ancora una volta far decidere all’attuale giunta Attila (appoggiata di fatto dalla finta opposizione di Ostrogoti) che in nome delle “ricadute” e dei “volani” non esiterebbe a lastricare quella residuale area di campagna di buone intenzioni ma soprattutto di cemento e asfalto?

    *

    Cara redazione del sito A (o B, non importa) stavolta non condivido le tue idee, ma…no niente, a posto così.

    Antonio Mellone

     
    Di Antonio Mellone (del 04/12/2015 @ 22:22:45, in Presepe Vivente, linkato 3122 volte)

    I trafiletti da inviare a “quiSalento” devono essere concettosi, stringati, lapidari; contenere alcune informazioni essenziali, incuriosire il lettore, indurlo a visitare i luoghi e partecipare alle manifestazioni. Ormai lo so bene per averne scritti e spediti a decine, se non a centinaia, nel corso dei quasi quindici anni di vita di questa bella rivista: brani, articoli, reportage, servizi sul conto di Noha e dintorni, a proposito di eventi, beni culturali, libri, feste patronali, concerti, sfilate, presepi viventi e fiere dei cavalli.

    Quest’anno, nel vergare il passo sul prossimo venturo presepe vivente nohano, non son mica riuscito a fermarmi alle solite dieci quindici righe d’ordinanza, tanto che ho dovuto inviare a Marcello Tarricone e alla Cinzia (che è dolcissima e non so come faccia a sopportarmi) una mail che non finiva più. Sì, mi son fatto prendere la mano, sicché temo che i miei amici della redazione dovranno lavorare non poco di lima e forbici per far quadrare i conti dell’impaginazione.

    Ma credo di esserne scusato.

    Infatti, come fai a non dire che il presepe vivente di questa edizione avverrà in un luogo incredibile nel cuore della cittadina di Noha, un palcoscenico unico al mondo, un piccolo mondo antico che nessuno pensava di poter rivedere, anzi rivivere, chiuso com’è stato fino a ieri da un alto muro di cinta per abbondanti quattro o più decenni?

    Come fai a non raccontare dei ragazzi-eroi di questo presepe che sono riusciti finalmente ad espugnare la fortezza, il castello, la torre medievale e il suo ponte levatoio, risvegliando i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli?

    Non è la prima volta che questi prodi guerrieri rianimano i beni culturali del mio paese, là dove il vento sinistro degli insipienti e degli ottusi ha sempre lavorato per occultarli, denigrarli, seppellirli, anestetizzando le coscienze e la loro voglia di esistenza in vita. E così fu per la Masseria Colabaldi, per le Casiceddhre, per la Casa Rossa finalmente tornate al centro dell’attenzione. E’ inutile dire che la prossima e più ardimentosa sfida sarà il frantoio ipogeo: e nessuno pensi di metterci una pietra sopra.

    Ma ritornando al punto. Come si fa a non scrivere che quest'anno il presepe vivo e itinerante di Noha ha fatto cadere i muri di Berlino del mio paese, spalancato porte sante, realizzato un miracolo di Natale, dando ossigeno al parco del Castello, soffocato da rovi e da amnesie umane, considerato come un vuoto a perdere, un cimitero di rovine e ruderi, un reticolo di crepe e rughe fino a ieri?

    Finalmente dopo troppo oblio, ripulita da sterpaglie e dai mille segni del suo metodico abbandono, ritorna a svettare orgogliosa più che mai la Torre medievale di Noha (XIV secolo), accompagnata dal suo inseparabile Ponte Levatoio. Torre e Ponte diventano i nostri Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, con l’augurio che stavolta non si tratti di una tragedia, ma di una Storia di Noha a lieto fine. Basterebbe questo archeo-gruppo scultoreo di beni culturali antichi di rara bellezza per giustificare la visita al presepe vivente 2015.

    Il resto dei “fori imperiali” salentini ubicati nel parco del maniero nohano è tutto un susseguirsi di scorci spettacolari (e autentici), come per esempio le cantine con le enormi botti di rovere dove s'invecchiava il Brandy Galluccio, prodotto a Noha e imbottigliato a Martina Franca, fusti manutenuti da esperti maestri bottai gallipolini; la monumentale piscina ovale in stile Liberty, perfetta e aggraziata, ubicata al centro di quest’oasi di verde; la “castelluccia”, vale a dire la torre dell'acquedotto con un bellissimo impianto elettrico dei primi del ‘900, con marmi e pezzi in ceramica utilizzati a mo’ di isolante, e un sistema idraulico di pompe e canali irrigui collegati al pozzo ricco di acqua dolce. Tutto diventa materia da ammirare e studiare, oggetto di osservazione e dibattito, come avviene in un’escursione o in un viaggio didattico.

    Al presepe di Noha non mancheranno poi i destrieri (come potrebbero nella “Città dei cavalli”?), ma anche un'infinità di altri animali da masseria, onde il presepe di Noha è rinomato nel Salento per il suo peculiare, nostrano ma anche esotico zoo.

    In questa novella agorà, poi, si potranno degustare le pucce con le olive (che verranno prodotte in diretta nei forni allestiti all'interno del presepe) ed altre specialità culinarie nohane: dalla pasta fatta in casa alle pittule calde calde, dai panini farciti ai dolci natalizi prodotti dalle nohane, e ci si potrà scaldare con un bicchiere di vin brulé, rifocillarsi con i formaggi, i latticini, le olive sotto-sale, i pomodori secchi, i peperoncini piccanti, gli schiattuni de cicora, le noci locali e le altre leccornie da campo e da fattoria rigorosamente Noha-Dop, offerte nelle osterie del presepe.

    Ultima chiosa. A Noha non esistono i mestieri “di una volta”, ma “di questa volta”: occupazioni, attività, professioni che fortunatamente continuano ad essere esercitati da un gran numero di artigiani-artisti locali, che vanno dallo scalpellino della pietra leccese al falegname, dal produttore di piatti e pignatte di terracotta alla ricamatrice al tombolo, dal maniscalco al calzolaio, dal contadino al pastore, dal casaro al sellaio, dalla ricamatrice al seggiolaio...

    Nel presepe vivente di Noha non esistono comparse, ma solo protagonisti: i quali, per indole e formazione, non recitano mai una parte imparata a memoria, ma semplicemente vissuta tutti i giorni dell'anno. Inclusi, a questo punto, anche quelli delle feste comandate.

    Antonio Mellone

     
    Di Antonio Mellone (del 31/01/2013 @ 22:22:40, in NohaBlog, linkato 2571 volte)

    Giorni fa, su di uno dei siti di Galatina, ci è toccato di leggere con la santa pazienza un’avvincente “intervista senza filtri” ad un responsabile dei progetti per il mega-parco della Pantacom.

    Il tutto, francamente, ci ha dato l’impressione di una pantomima (in nome omen: mo’ siamo llà). S’intende che nulla vieta che si discetti in interviste senza filtri del più e soprattutto del meno, come la fantaeconomia, la fantapolica o la fantascienza. E chi le vieta? Se un’intervista è senza filtri, è senza filtri. E’ inutile andare a trovare il pelo nel parco. Punto.

    E poi che bisogno c’è di crearsi tanti crampi mentali volendo a tutti i costi trovare la differenza tra una Fantacom ed una Pantacom (il cui acrostico a questo punto potrebbe suonare così: Per Allocchi Non Tanto Accorti Contro Ogni Megacazzata).

    Orbene, il “giornalista” (ci piacerebbe tanto, almeno una volta, scrivere giornalista senza virgolette: ma per ora non ci è dato) ha rivolto al suo interlocutore delle domande diremmo pure magnifiche, sorprendenti, impensate, a tratti struggenti, roba da manuale del perfetto intervistatore.

    Voi ci chiederete curiosi: l’ha forse steso con queste benedette domande da manuale? E’ scoppiato a ridergli in faccia ad ogni risposta? Avrà quanto meno usato l’arma sottile dell’ironia? Gli ha forse chiesto quali garanzie reali o personali, anzi, meglio, fideiussorie, l’azienda avrebbe potuto offrire a fronte degli impegni sbandierati a destra e soprattutto a centro-sinistra? Si è comportato come dovrebbero tutti i giornalisti: cioè da whatchdog, cane da guardia, attento, anzi pronto a mordere ad ogni eventuale corbelleria propinata dall’interlocutore? Visto che l’intervista era condotta in assenza di filtri, gli ha scucito qualcosa in merito alla fantastica storia dell’azienda, al suo valore, al suo capitale, al suo fatturato, alla sua consistenza patrimoniale, alla compagine sociale? L’ha inchiodato sulla possibilità di pratica realizzazione di quei numeri sciorinati manco fossero quelli del Superenalotto?

    Purtroppo nada de nada. Non s’è visto alcun whatchdog, ma solo una serie di arf arf, scodinzolii, linguate affettuose, domande scendiletto, addirittura dei mugolii di piacere, come di un innamorato perso pronto a scappellarsi di fronte alla sua adorata. Si potrebbe ragionevolmente arguire che nemmeno dei turiferari alla Minzolini avrebbero saputo fare di meglio.

    E così, come con una canna senza filtro, abbiamo potuto respirare boccate d’aria salubre fatta di: pucci pucci, non te ne andare a Nardò, resta con noi, non ci lasciar, la notte mai più scenderà. E ancora: trottolino amoroso, e tutù dadadà, e se facciamo così poi tu ritorni da noi? Se non ci dai nemmeno una speranza il cuore ci si infrange: e tu permetterai mai questo? E se il sindaco ci ripensa, allora ci ripensate anche voi? Su dai, non fare così, lasciaci almeno uno spiraglio. Prometticelo. Non ci vorrete mica tradire con il primo salumificio Mera che vi capiterà a tiro [forse, a proposito di fette di salame sugli occhi, avrebbe voluto dire chi-Mera, ndr].

    Dopo aver letto questa sorprendente intervista ti vien da pensare, anzi t’accorgi, che dopo la categoria degli pseudo-giornalisti (che, recidivi, copia-incollano comunicati stampa senza pietà), c’è anche quella dei giornalisti che s’offrono. Eccome s’offrono.

    Antonio Mellone
     
    Di Albino Campa (del 10/01/2011 @ 22:21:09, in Eventi, linkato 2980 volte)

    “L’essenziale è invisibile agli occhi”, leggiamo nel “Piccolo Principe”. Ma quali sono gli occhi con cui dobbiamo vedere l’embrione umano? Certamente gli occhi del corpo, dell’intelligenza e della ragione innanzitutto. Le evidenze scientifiche che dimostrano il protagonismo biologico dell’embrione dovrebbe essere ormai un dato acquisito. Gli occhi della ragione, le ragioni della ragione scientifica inoltre ci parlano di un secondo aspetto così poco riflettuto: la nostra relazionalità con nostra madre, dapprima solo biologico-ormonale, poi psicodinamico e intensamente simbiotico anche sul piano emozionale. Infine, il terzo aspetto evidenziato dalle ragioni della ragione scientifica è che l’embrione, il feto, può essere curato come un paziente a tutti gli effetti. Queste tre evidenze fondano i veri diritti dell’embrione: il suo protagonismo biologico, la sua relazionalità, il feto come paziente. È in quest’ottica che si colloca il Convegno Diocesano di Pastorale della Salute dal tema “Diritto alla Vita, Diritto alla Salute” che si terrà venerdì 14 gennaio 2011 nella Sala Convegni dell’Oratorio Madonna delle Grazie di Noha alle ore 17.00. Viviamo un tempo particolarmente soggetto a mutamenti continui e questo è causato da diversi fattori, in special modo dalle scoperte tecnologiche che investono la vita e da un pensiero debole incapace di agire criticamente nella ricerca della verità. Il Santo Padre Benedetto XVI afferma:«I tentativi di clonazione hanno suscitato viva preoccupazione nel mondo intero. Diversi organismi a livello nazionale e internazionale hanno espresso valutazioni negative sulla clonazione umana e nella stragrande maggioranza dei Paesi è stata vietata. La clonazione umana è intrinsecamente illecita, in quanto, portando all'estremo la negatività etica delle tecniche di fecondazione artificiale, intende dare origine ad un nuovo essere umano senza connessione con l'atto di reciproca donazione tra due coniugi e, più radicalmente, senza legame alcuno con la sessualità. Tale circostanza dà luogo ad abusi e a manipolazioni gravemente lesive della dignità umana»(Caritas in Veritate, 18). L’uomo è continuamente minacciato dalle sue stesse scoperte ed è per questo che, aiutati da alcuni esperti, vogliamo fare chiarezza. L’appuntamento di studio e di approfondimento ci farà conoscere:La verità su: clonazione e cellule staminali: aspetti scientifici e clinici” con la relazione tenuta dal Prof. Dott. Giuseppe Noia, Responsabile del Centro Diagnosi e Terapia fetale-Day Hospital Ostetrico-Università Cattolica del Sacro cuore di Roma e Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici;La verità su: clonazione e cellule staminali: aspetti biogiuridici” con la relazione tenuta dalla Dott.ssa Marina Casini, Docente di Bioetica- Istituto di Bioetica- Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” di Roma.

    Don Francesco Coluccia

    fonte: http://www.francescocoluccia.it/

     
    Di Redazione (del 04/04/2017 @ 22:20:35, in Comunicato Stampa, linkato 1163 volte)

    Non poteva partire meglio la squadra del presidente Giovanni Stasi in questa nuova avventura nel Campionato di Serie A2. Questa volta è il Cesena ad essere sconfitto per 5a1. I mattatori della giornata sono stati Duilio Beretta, Tomas Gerini e Jesper De Jong e i due doppi De Jong/Lo Priore e Beretta/Giannini. Unico incontro perso dai ragazzi galatinesi è stato quello di Alberto Giannini. Grandissima presenza di pubblico( non si vedevano tante macchine dalle edizioni dei vari tornei Internazionali) che sono rimasti entusiasti dal gioco espresso. Jesper De Jong è stato il primo ad entrare in campo e il primo ad uscire dopo solo 50 min con un risultato che non lascia scampo all'atleta cesenate. Sull'altro campo Alberto Giannini, dopo aver perso il primo set, combatteva su ogni palla perdendo solo al tie break. Duilio Beretta con la sua solita tranquillità vinceva in due set sfoderando tanti colpi di un grosso repertorio. Tomas Gerini spolverava un altra prestazione monstre contro un forte avversario.

    " Sono strafelice- dice Giovanni Stasi Presidente del Ct Galatina-. Vedere l'affetto del numerosissimo  pubblico nei confronti di questa squadra ci ripaga alla grande. Siamo un piccolo club di A2 pero' con un cuore grandissimo. Grazie Galatina e grazie a tutti coloro(sponsor e dirigenti) che hanno reso possibile questa bellissima avventura".

    Domenica 9 Aprile il Ct Galatina sarà impegnato nella difficilissima trasferta di Messina contro una squadra candidata alla promozione. In questa squadr milita Gianluca Naso(ex 180 Atp) e Caio Silva(attuale 800 atp).

     

    Jesper De Jong- Giacomo Mazzotti 6-1 6-1

    Alberto Giannini- Andrea Calogero 2-6 6-7

    Duilio Beretta- Lorenzo Brunetti 6-2 6-3

    Tomas Gerini- Mattia Barducci 6-3 6-4

    Beretta/Giannini- Giangrandi/Brunetti 6-2 6-3

    Lo Priore/De Jong- Calogero/Mazzotti 6-2 6-0

    Mario Stasi

     
    Di Luigi D’Amato, Giuseppe Paglialonga (del 28/05/2013 @ 22:20:09, in NohaBlog, linkato 3643 volte)
    Due seminaristi di Noha al servizio di papa Francesco Due seminaristi di Noha al servizio di papa Francesco

    Premettiamo che un intero articolo sul servizio liturgico che abbiamo prestato in san Pietro il 12 maggio scorso non ce lo saremmo mai aspettato. Sicuramente è stata un’esperienza per noi molto significativa; d’altra parte con nostra grande sorpresa e – perché no? – piacere, abbiamo potuto apprezzare la lunga cronaca, arricchita da tante digressioni ed evidentemente permeata da grande partecipazione affettiva, che il Dott. Mellone ne ha redatto. Il “piacere” non è legato tanto al fatto di essere apparsi su qualche “prima pagina” o di avervi visto le nostre foto – anzi questo, in verità, ci ha procurato anche un po’ di imbarazzo! –, ma piuttosto dall’aver percepito in questo periodo e in vari modi la vicinanza di molti nostri concittadini e l’orgoglio che – così leggiamo tra le righe – tanti nohani hanno provato nel vederci lì a due passi dal Papa… Come dire: è come se là, accanto a Pietro, ciascuno di voi si è potuto sentire rappresentato dalla nostra discreta presenza. Approfittiamo, quindi, di questa circostanza per esprimere tutta la nostra gratitudine alla Comunità di Noha, che ci ha generati alla fede e ci sta accompagnando in questo cammino di formazione e sequela, per il rispetto, la stima e l’affetto con cui segue i nostri passi e “benedice” le nostre aspirazioni più belle e sante.

    Questa “benedizione” del popolo non può che riportarci proprio alla grande figura di Papa Francesco che, con questa richiesta, rivolta alla sua Chiesa di Roma, ha inaugurato il ministero petrino circa due mesi fa. Veniamo, così, a tracciare qualche “pennellata” – sicuramente non esaustiva! – della bella esperienza che abbiamo vissuto il 12 maggio scorso, soprattutto cercando di soddisfare la richiesta rivoltaci di raccontare qualcosa delle impressioni personali e dei “retroscena”.

    Abbiamo conosciuto innanzitutto un “mondo”, quello dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, che è fatto sì di rigore e formalità – come l’attento articolista ha notato –, ma anche e soprattutto di grande affabilità e cortesia, disponibilità e simpatia, che l’“imperturbabile” mons. Marini ha manifestato già dal primo istante nei nostri confronti. La sua serietà e precisione nella liturgia si è svelata, sin dalle prime prove liturgiche di Sabato mattina, come spiritualità profonda e attenzione nei confronti di chi come noi, almeno nei primi momenti, si sentiva quasi come un pesce fuor d’acqua. Così, non possiamo negarlo, si è stabilito sin dall’inizio con lui e con la sua équipe di cerimonieri un particolare feeling, che è emerso più volte e in vari modi. Possiamo accertare che al soglio di Pietro, tante volte oggetto di più o meno fondati attacchi e critiche, si respira ancora la fede di chi esercita un ufficio con l’energia ricevuta da Dio (cfr. 1Pt 4,11) e la carità di chi è accogliente, disponibile e attento nei confronti del “forestiero” (cfr. Mt 25,35).

    D’altra parte, il momento culminante di questa esperienza è stato ovviamente quello di Domenica mattina. A partire dalle 7,30, quando abbiamo varcato la soglia della Porta del Perugino – proprio accanto alla Domus Sanctae Marthae, dove attualmente alloggia il Santo Padre –, dopo aver ricevuto il rituale saluto da parte della Gendarmeria Vaticana e delle Guardie Svizzere, il livello di emozione e sano timore ha iniziato ad elevarsi. Terminate le ultime prove con il Maestro delle Cerimonie, proprio sotto la Pietà del Michelangelo – che, finalmente, abbiamo potuto contemplare “senza veli”, cioè al di là del vetro che, ormai da molto tempo, la protegge dalla moltitudine dei visitatori –, abbiamo sentito il fatidico “è partito”, pronunciato da uno degli uomini della sicurezza del Sommo Pontefice, che ci ha fatti veramente sussultare di gioia e trepidazione. Tra l’altro, l’emozione era accresciuta dal fatto che avevamo tra le mani i paramenti che il Pontefice avrebbe di lì a poco indossato per la Celebrazione e che, per l’appunto, erano già stati più volte utilizzati dal suo Beato Predecessore Giovanni Paolo II. Ma non è finita qui: l’ultima grande sorpresa è stata sentire, per bocca del gentile Custode del Sacrario apostolico, padre Paolo Benedik, le parole “Ragazzi, lasciate tutti i paramenti e disponetevi in fila: il Santo Padre vi vuole salutare!”; e ancora, davanti al nostro sguardo smarrito e al nostro impaurito esitare: “Ma insomma, il Papa lo volete salutare o no? Lasciate tutto e sistematevi!”. Così, pochi attimi dopo, si è aperta la porticina da cui è venuta fuori una simpatica figura bianca che aveva proprio qualcosa di familiare… E nel frattempo si sentiva flebile la voce di Luigi che diceva: “Giuseppe, il Papa! Il Papa!”, ricambiato dallo sguardo smarrito ed emozionato di Giuseppe stesso. “Bongiorno, me sembra che state aspettando el bus”: finalmente la voce paterna di Francesco risuonava in quella stanza e, per la prima volta dal vivo, nelle nostre orecchie. Così il Papa è passato a salutarci ad uno ad uno, in un cortese scambio di “Grazie, grazie”, che lasciavano trasparire un certo imbarazzo dall’una e dall’altra parte. Poi il Pontefice, in preghiera e profondo raccoglimento, ha indossato, dopo aver tolto dalla tasca cellulare e occhiali, e dopo aver fatto il lavabo rituale, i sacri paramenti. Noi abbiamo approfittato di quei pochi istanti per accostare S.E. Mons. Georg Gänswein, Segretario particolare di Benedetto XVI e Prefetto della Casa Pontificia, che ci ha rassicurato – anch’egli con grande simpatia e affabilità – sulle condizioni di salute del Papa emerito. Ciò che è successo da lì a pochi istanti, dopo l’ingresso mozzafiato in una piazza san Pietro orante e festante, l’avete potuto conoscere dagli schermi TV, per cui non vi tediamo ulteriormente nel racconto.

    Inutile dire che questa esperienza ci ha segnati profondamente e si è scritta nel cuore come una delle pagine più belle della nostra vita oltre che, ovviamente, della storia della nostra Arcidiocesi di Otranto, che ha esultato per la Canonizzazione dei suoi Patroni. Non sembri esagerato dire che, nelle parole di incoraggiamento e di congratulazione che ci avete rivolto prima e dopo la Celebrazione, abbiamo quasi potuto sentire l’eco di quelle espressioni di incitamento e affetto che gli stessi Santi Martiri di Otranto si scambiavano tra loro in un’ora certamente più decisiva della vita cristiana. In fondo è la stessa Chiesa che vive, là dove si avverte il calore e l’affetto che, come in una famiglia, ne unisce i membri. Accanto a Pietro, poi, questo legame spirituale e affettivo non può che rinsaldarsi: Ubi Petrus, ibi Ecclesia – Dov’è Pietro, ivi è la Chiesa (Ambrogio, Expositio in Ps. XL, 30). Grazie, allora, della vostra vicinanza e del vostro affetto; e grazie al Signore di averci reso parte di una Chiesa che è così viva e bella.

    Luigi D’Amato
    Giuseppe Paglialonga

     

    Grandissima affluenza di pubblico e, soprattutto, di bambini, per la “Notte Bianca dei Bambini – Rione Italia in festa” a loro dedicata dalla Sezione di Galatina dell’Associazione Arma Aeronautica svoltasi il 16 settembre 2017.

    L'attesissimo evento è stato un vero successo con spettacoli di giocoleria, artisti di strada, teatro dei burattini, laboratori di gommapiuma, trucca bimbi, animazione di strada, spettacolo circense e spettacolo di magia che hanno fatto di ogni bambino il protagonista assoluto della grande festa notturna.

    Come per incanto l'intera piazzetta si è trasformata in uno spazio a misura di bambino dedicato quest'anno al progetto “Un tuffo nel passato – Scopriamo insieme i giochi di una volta”.

    Il progetto ha incoraggiato i bambini a scoprire l’importanza del gioco per lo sviluppo delle proprie attitudini psico-fisiche, attraverso la conoscenza e la pratica dei giochi tradizionali ripresi dal patrimonio culturale dei nonni. Attraverso la testimonianza orale di nonni e genitori i bambini hanno imparato a costruire ed usare i giochi di un tempo e scoprire che quei giochi che vengono dal passato e che fanno parte del nostro “patrimonio culturale immateriale” possono ancora oggi essere fonte di divertimento e socializzazione, capaci di superare qualsiasi differenza sociale, fisica o di razza per abitare in un villaggio globale fatto ancora di vicoli, piazze, campetti dove correre in libertà, affinché il gioco divenga e resti un diritto inalienabile di ogni bambino.

    Un’intera serata dedicata ai più piccoli e alle famiglie ha trasformato il Rione Italia in un immenso parco divertimenti con tante attrazioni che hanno soddisfatto ogni gusto ed immaginazione.

    L’evento ha previsto attrazioni come: trenino, teatro dei burattini, laboratori di gommapiuma, trucca bimbi, animazione di strada, spettacolo circense e spettacolo di magia per bambini e finanche lo spettacolo pirotecnico per il quale dobbiamo ringraziare “L'arte nel cielo” di Alessandro Coluccia e “FunnyClub Galatina” di Schinzari Simona.

    La solidarietà è per l’Associazione Arma Aeronautica l’irrinunciabile impegno di ogni manifestazione; parte dei fondi provenienti da contributi pubblici e la totalità dei fondi provenienti dalla sensibilità volontaria dei privati vengono, infatti, puntualmente devoluti in beneficenza. Quello che all’inizio poteva sembrava quasi un azzardo, è diventata ormai una scelta definitiva che ha permesso in questi anni di sostenere molti progetti concreti a favore della città e dei cittadini, in particolare delle persone più deboli o meno fortunate.

    In questa occasione abbiamo deciso di promuovere l’Associazione Onlus "Abilmente Insieme" che opera presso il Centro aperto polivalente per minori a Noha in piazza Menotti; abbiamo posizionato infatti un salvadanaio e nei prossimi giorni consegneremo il ricavato.

    Doveroso un ringraziamento alla Monteco che, con pazienza e professionalità, ha esaudito tutte le nostre richieste, a Biagio Tabella, Roberta, Carolina ed a tutto lo staff dell’Associazione “Teste di Legno”, agli Sponsor che hanno voluto legare il nome della loro Attività Commerciale alla nostra iniziativa, ma soprattutto a tutti Voi che ancora una volta ci avete accompagnato in questo fantastico viaggio.

    A malincuore, personalmente, devo sottolineare la quasi totale “assenza” dell’Amministrazione Comunale anche quando ho chiesto cose non particolarmente complicate e comunque funzionali alla manifestazione in generale ed alla piazzetta in particolare. Se ci sarà da parte loro la volontà di un confronto noi, naturalmente, sarò presente…

    Intanto ci godiamo i sorrisi dei bambini che ci hanno ripagato alla grandissima degli sforzi e dei sacrifici fatti per portare avanti questo progetto e, forse, per riproporlo anche a Natale…

    Permettetemi però un ultimo, ma non meno importante, ringraziamento: se la manifestazione si è realizzata è stato anche grazie al silente e solerte lavoro fatto dall’amico Santino Beccarisi. GRAZIE!!!

    Russo Piero Luigi

     

     

    Se Suor Orsolina fosse qui direbbe a tutti grazie per la vostra presenza. E grazie vi dico anch’io: anzitutto all’arciprete don Francesco che ci ha ospitati, alle Suore della Consolata qui presenti Suor Carmelita e Suor Felicita che con lei hanno vissuto in Amazzonia, ai concelebranti don Salvatore Farì che con lei ha trascorso un paio d’anni in Brasile, e grazie a P. Matteo e al seminarista Aronne che sono qui a nome della Comunità dei Missionari di Galatina, e grazie infine a P. Giuseppe Galeone, superiore della comunità di Martina Franca.

    Teniamo presente che Sr Orsolina è nata qui, in questa chiesa fu battezzata e in questa chiesa ricevette dal Vescovo di Nardò Mons. Antonio Rosario Mennonna il mandato missionario.

    La morte è sempre un momento triste. Ho ricevuto in questi giorni tantissimi messaggi di condoglianze dall’Italia, dal Kenya, dalla Tanzania, dalla Colombia, dall’Amazzonia, ma si sa che tutti i messaggi non potranno mai colmare il vuoto che la morte crea. Noi tutti ci sentiamo fatti per la vita, ci piace vivere sulla terra nonostante i problemi, le difficoltà, nonostante il Covid, la guerra e le bollette che aumentano. Poi arriva la morte e sembrerebbe che questo istinto per la vita sia tutto un fallimento. Intanto sappiamo che la morte non era nei progetti di Dio. La morte entra in seguito al peccato. E di fronte a questa realtà tenebrosa tante volte l’uomo si ribella. La reazione più istintiva è quella del pianto. A questo nostro istinto per la vita ci viene una risposta dalla Parola di Dio che ci parla di vita eterna. Noi battezzati crediamo alla vita eterna e alla risurrezione dei morti. Se Cristo non fosse risorto, scrive San Paolo ai suoi cristiani, vana sarebbe la nostra predicazione e inutile la vostra fede.

    Di Suor Orsolina prima di tutto vi dirò la sua vera identità: donna missionaria. Donna e Missionaria, due sostantivi che indicano l’infrastruttura, le coordinate dell’amore, quello vero, quello che indica il massimo di questa parola e ci fa pensare a chi si dona a tutti senza risparmi: a Suor Orsolina bisognerebbe dire solo grazie per tutto il bene che ha fatto nel mondo, nella chiesa, specialmente per i più poveri e per gli ultimi. Ricordo Mons. Vincenzo Franco che è stato arcivescovo di Otranto e permise ai Sacerdoti della sua diocesi di fare l’esperienza missionaria proprio nell’Amazzonia Brasiliana, e lui stesso andò a visitare le attività missionarie. Ritornando nella sua Diocesi, in un convegno dei Sacerdoti esprimeva il suo stupore, la sua meraviglia nel vedere nelle Suore Missionarie la capacità straordinaria di compiere la loro missione.

    Magari, voi sarete tentati di pensare: ma questa donna era senza difetti? Certo che ne aveva (come tutti), ma non è il caso di descriverli qui. Condivido con voi il buono a comune edificazione. Scriveva bene il grande poeta latino Orazio Flacco: Dove brillano tante belle qualità, io non darò importanza a qualche macchia.

    Suor Orsolina sapeva che la morte era imminente, anche prima che glielo dicessero i medici. Dieci giorni prima che fosse ricoverata all’ospedale mi ha mandato una specie di iter biografico da cui ora prendo qualche parte; e poi i suoi messaggi: Se muoio avvisate i miei amici.

    Scorriamo un attimo i suoi 88 anni. Gli appunti biografici che lei mi ha inviato riportano questa annotazione: Questo non l’ho scritto io. Lo traduco rispettando quello che hanno scritto.

    Nel Paese di Noha (Le), in Italia nel 28 Marzo del 1934, nasce una bella bambina che subito dopo tre giorni viene battezzata col Nome di MARIA ANNUNZIATA D’ACQUARICA. Questa bimba, figlia del signor Ambrogio D’Acquarica e della signora Antonietta Paglialonga, da piccola, è stata educata nella fede cattolica da quando è nata e con 10 anni, conferma il suo Battesimo attraverso il sacramento della Cresima nella Diocesi di Nardò.

    Poi lei stessa continua la sua storia con questo messaggio:

    Dal 1941 al 1945 ho frequentato la Scuola Elementare del mio paese. Dal 1945 al 1959, fino all’età di 25 anni, sono rimasta in casa per aiutare la mamma. Ho frequentato la scuola di taglio e cucito a Galatina e nel tempo libero andavo da Ada Nocco per imparare a cucire da uomo. Infatti, in casa eravamo 7 fratelli e due sorelle. Dal 1959 al 1961 ho lavorato a Torino nel Seminario dei Padri Missionari della Consolata ed ero ospite insieme ad altre ragazze di Supersano delle Suore Missionarie della Consolata.

    Nel mese di novembre del 1961, a 27 anni, Maria Annunziata entra a far parte delle Suore Missionarie della Consolata e diventa Suor Orsolina.

    E’ di questo periodo l’episodio di quando io, Sacerdote da pochi mesi, nel mese di settembre 1961 mi trovavo in famiglia per un breve periodo di ferie. Succede che mentre sono in chiesa per celebrare la Messa, passa il postino e consegna a mia madre una lettera di mia sorella indirizzata a me. Nella lettera, spedita da Torino, Maria Annunziata diceva che lei ormai aveva deciso di farsi suora missionaria della Consolata e mi incaricava di trovare il modo di dirlo a mamma. Ma mia madre, conoscendo la grafia della figlia, apre la lettera prima che io arrivi, e la legge. Finita la celebrazione della Messa torno a casa e trovo mamma seduta in un angolo, sconvolta, in pianti, triste e arrabbiata per quello che aveva saputo. A me risparmiò la fatica di trovare il modo di informarla della decisione di sua figlia.

    Il 22 maggio 1964 Suor Orsolina emette la Professione Religiosa, consacrandosi a Dio per servire la chiesa missionaria. Intanto avendo solo la quinta elementare, frequenta alcuni corsi di formazione culturale e pastorale, e viene inviata a Rovereto, in provincia di Trento dove io mi trovo, per stare un po’ con Padre Francesco, per insegnarle a suonare l’armonio (dai suoi appunti).

    Nel 1967 fu destinata in Mozambico che in quel tempo era una colonia portoghese. Per apprendere il portoghese va prima in Portogallo. Ma intanto in Mozambico arriva la guerra d’indipendenza e così Suor Orsolina, resta in Portogallo per 14 anni: dal 1967 al 1981.

    29/10/1967 sono partita per il Portogallo con la Nave Eugenio Costa, insieme ad altre Sorelle. Lì ho imparato il portoghese perché dovevo andare a lavorare in Mozambico ma siccome in quel periodo c'era la guerra ed io avevo fatto presente alla Madre Generale che avevo paura della guerra, mi hanno fermata lì per un po' di anni e ho completato la mia formazione studiando la lingua, facendo le elementari e ho preso il diploma dello stesso. Ho frequentato un Corso per Catechista, uno di Taglio e Cucito e anche un Corso di Missionologia per corrispondenza, terminandolo con 15 giorni di frequenza.

    1974/1977 ho lavorato a Villa Nova de Foz Coa come catechista e orientando il Gruppo Corale.

    Nel 1977 /1980 ho lavorato con i padri Missionari della Consolata nell’ Animazione Vocazionale e Missionaria ad Ermesinde dove i Padri avevano il Seminario Minore. Insieme a qualche Padre, di giorno andavamo nelle Scuole dei dintorni ed alla sera nelle parrocchie. Appena ci è stato possibile noi Missionarie della Consolata abbiamo comprato una bella casetta a CORIM e quindi di là col pullman andavo ad Ermesinde per il Lavoro di Animazione Missionaria (dalla testimonianza di Suor Orsolina).

    Nel 1981 è chiamata a condividere la Vita Missionaria, in Brasile, nell’Amazzonia Brasiliana. Qui ha dedicato la sua Vita Missionaria nella Formazione di catechisti e di laici per la pastorale. E quasi subito il Vescovo le dà l’incarico di parroco di Caracaraì, dove ci rimane per quasi 9 anni fino al 2001, costruendo la Chiesa fidandosi della Divina Provvidenza, perché scrive lei: avevo solo 16 milioni di lire, ma mi è costata 46 milioni. E nel 2001 lascia Caracaraì per continuare il servizio pastorale di parroco a Mucajaì.

    A Caracaraì, dove ha lavorato molto nelle scuole, nella parrocchia e nelle famiglie portando a tutti la Parola di consolazione e di gioia, Suor Orsolina è molto ricordata, ancor oggi. La comunità cristiana di quella parrocchia in questi giorni ha potuto seguire mediante un link appropriato la celebrazione dei suoi funerali svoltisi a Torino. E da Caracaraì sono giunti molto messaggi di cordoglio. Ne cito uno tra tanti: Ciao, Orsolina, mia e nostra carissima sorella, la Sig.ra Nokigna e alcuni cristiani della parrocchia di Caracaraì dove fosti incaricata dal Vescovo come parroco, stanno seguendo on line questo evento.

    Oppure anche l’altro che ci è giunto nella celebrazione della Messa del giorno settimo:

    Buon pomeriggio. Venerdì 29 aprile ha avuto luogo la Messa del settimo giorno per Suor Orsolina. Abbiamo fatto delle camicette* per partecipare alla Messa. Mancavano 4 colleghe che stavano lavorando, per questo non partecipavano alla Messa. Furono molto belle le testimonianze fatte alla presenza del celebrante. P. Luigi rimase incantato nel venire a sapere come la Suora realizzava il suo ministero pastorale nella Città. E tutti annuivano quando domandai chi si ricordava di quella bicicletta nera che la Suora usava perché suor Orsolina con quella bicicletta attraversava tutta la città, risolveva le cose, andava a dare lezione nella scuola ed aveva perfino le credenziali per dare i battesimi a Caracaraì. Il Padre rimase incantato ascoltando tutto.

    In principio io avevo un nodo alla gola, ma dopo, la sig.ra Grazia ha dato la sua testimonianza e io ho detto qualcosa. Mi permise di parlare su Suor Orsolina che era una persona molto speciale e al Padre piacque molto.

    * Sulle camicette bianche indossate durante la celebrazione della Messa di 'Settima' era stampata l'immagine di Suor Orsolina.

    Nel 2004 al 2007 la Regione le chiede un altro servizio che lei assume con responsabilità e capacità gioiosa, vale a dire il lavoro di Segretaria nella Direzione Regionale. Nonostante tutti gli impegni Suor Orsolina non abbandonò mai l’apostolato e la visita alle famiglie con la preghiera di gruppo.

    Nel 2007 fu destinata ad Ananindeua a lavorare con due Sacerdoti Fidei Donum di Torino nello Stato del Parà. E’ una zona molto povera dove la città si espande a dismisura, senza un minimo di infrastrutture anche elementari: acqua potabile, rete fognaria, scuola, sanità... il che genera miseria, violenza, malnutrizione e tanti altri mali che lasciano ferite profonde nelle persone. In questo clima di grande povertà, Suor Orsolina si dedicò alla pastorale del Battesimo. Erano 16 Comunità, e lei preparava i Catechisti del Battesimo, con corsi di formazione e visitando le Famiglie e le comunità. Da una di queste cappelle, da ICUI’ è giunto in questi giorno questo messaggio di cordoglio: Suor Orsolina è stata una grande missionaria, passò nella nostra comunità S. Rita da Cascia, oggi è andata  con Dio Padre. La nostra gratitudine per tutto l’impegno della nostra carissima Suor Orsolina che è stata con noi. 

    È stata sempre una persona allegra e comunicativa: Il suo slogan era: “Per mangiare e passeggiare, è solo mi invitare.”

    (Nota di suor Orsolina per far capire questo slogan):

    Eravamo tre Suore Missionarie della Consolata, una Portoghese, una Brasiliana e la sottoscritta. C’erano due Sacerdoti Diocesani di Torino: don Pier Antonio Garbiglia, che era il parroco, e Don Marino Gabrielli. C’erano anche due coppie: Il Diacono Franco Scaglia con la moglie Loredana, e una coppia giovane, appena sposati di Venaria: Fabrizio e Laura. Non ricordo il loro cognome. Questa coppia ha sofferto molto a causa dei Documenti solo perché erano laici. Hanno dovuto avere un figlio per poter restare in Brasile. Abitavamo nella periferia di ICUI di 80.000 abitanti. Non c'era una abitazione finita. Ognuno di noi aveva la sua casa. I due Sacerdoti abitavano nella Casa parrocchiale. Era un rione povero senza alcun tipo di organizzazione civica. C'era solo una piazzetta vicino casa nostra dove c'era un bar, e quasi tutte le mattine ci svegliavamo con un morto. Bevevano, si drogavano e poi per niente si ammazzavano.

    Un giorno, non sapendo più che cosa fare per finirla con tanti morti, ho pregato la Madonna delle Grazie, mi sono messa in tasca una Medaglia della Madonna Miracolosa e sono andata in piazza. Il bar era metà a muro e l’altra metà era costituita da una grata in ferro. Volevo mettere là la medaglia della Madonna ma pensavo tra me: se la butto dentro per terra, loro la scopano e la buttano via. Ho preso un pezzo di pietra, ho guardato se qualcuno mi vedesse, ho fatto un buco nella parete che era di fango e argilla, ho pregato la Madonna e ho messo la Medaglia nel buco del muro e sono andata via pregando, lasciando che la Madonna facesse il resto.

    Alla sera, il bar è rimasto chiuso e dopo una ventina di giorni l’hanno riaperto ed hanno istallato una scuola di internet con vari computer. Io stessa andavo a scrivere la mia corrispondenza per l’Italia. In quei giorni, non c’era persona al mondo più felice di me. Vivevo ringraziando la Madre di Dio per la grande grazia concessami e quando c’è l’opportunità regalo la Medaglia Miracolosa a qualcuno, e incentivo a pregare la Madonna e a portarla addosso.

    Tutti i Lunedì avevamo la giornata libera di pastorale, e come equipe andavamo a passeggio tutti insieme visitando musei, boschi e altri posti belli della città di BELEM. Andavamo anche un po’ lontano in un posto turistico con un grande Hotel e un altro posto dove c’era un grande fiume. Infatti, Belém è circondata da fiumi. Tutti i mercoledì avevamo l’incontro con l’Equipe Missionaria per la verifica e per progettare quello che c’era da fare. In quella Missione veramente ho goduto per le uscite e le passeggiate dei Lunedì, tutti insieme e tutte le settimane. Per questo abbiamo inventato lo slogan “per mangiare e passeggiare è solo da mi invitare”.  A tutte piacevano queste uscite e i passeggi e le mie Consorelle si appoggiavano su di me.

    Il saluto di partenza dal Brasile per tornare definitivamente in Italia

    Adesso Suor Orsolina, che l’Istituto ti chiede una nuova Missione in Italia vogliamo con molto gratitudine restituirti alla Regione Europa, come Pietra preziosa ringraziandoti di cuore per tutto quello che hai condiviso con noi con molta gratitudine, perdonando ciò che non è andato bene e chiedendo il tuo perdono. Siamo sempre la nostra famiglia, solo cambiamo casa. Per questo, vai con la certezza che qui hai fatto la tua parte. Il tuo profumo di gioia e di donazione, rimane sempre con noi.  

    Infine l’ultimo anno della sua vita con la sofferenza per la salute precaria, la sofferenza per la malattia che in poco più di un mese l’ha letteralmente consumata. Pregate perché faccia una buona morte, erano gli ultimi suoi messaggi che mandava agli amici. E lei stessa pregava ancora anche quando, sedata dalla dose di morfina, non poteva più parlare, ma nei momenti di preghiera comune riusciva a seguire le orazioni muovendo ancora le labbra.

    La nostra  preghiera ora è per lei. E certamente lei non mancherà di pregare per noi, per Noha, e per tutti.

    P. Francesco D’Acquarica

     
    Di Redazione (del 28/06/2017 @ 22:18:36, in Comunicato Stampa, linkato 2577 volte)

    Ringrazio tutti di cuore per avermi accompagnata nella travolgente esperienza della campagna elettorale per l’elezione del nuovo Sindaco della Città di Galatina.

    Un’esperienza che ha aggiunto tasselli importanti alla mia formazione in continuo divenire. Ognuno di noi ha il dovere di non smettere mai di migliorarsi quotidianamente e fino all’ultimo dei suoi giorni, considerato che “fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.

    Ho ascoltato tanto, ho osservato comportamenti, ma guardando le persone, ho cercato di andare oltre quello che sentivo e vedevo per percepire e com-prendere la vera anima e le  reali intenzioni  di ciascun interlocutore. E devo dire che la competenza che ho maturato in questo faticoso periodo, è stata proprio quella di “leggere” veramente gli individui.

    Sono stati circa due mesi di lavoro frenetico, notti insonni , tantissime cose da imparare e fare…come suppongo accada in tutte le campagne elettorali. Momenti di entusiasmo e momenti di incertezza, ma sempre momenti di fede: io credo che Galatina possa essere quello che speravo e do credito a chi governerà, certa che si adopererà al meglio per la nostra città e i suoi concittadini.

    Voglio ringraziare chi ha condiviso con me il “sogno” e soprattutto tutte le persone comuni, incontrate per strada, nei cui occhi ho visto riaccendersi  la speranza che “politica” possa essere “cosa buona”. Questa l’esperienza più motivante e confortante: sentirmi persona comune tra persone comuni e percepire in tanti il desiderio di essere ascoltati e soprattutto compresi.

    I risultati di una consultazione elettorale sono sempre significativi e vanno rispettati, perché espressione della volontà popolare. Galatina ha fatto le sue scelte, io non le discuto, cerco di interpretarle per capire le cause che le hanno determinate. Detto questo, penso sia doveroso guardare al futuro e perseguire, nel ruolo di consigliere, gli obiettivi che io e i tanti che mi hanno votata, ci eravamo prefissati.

    Nell’espletamento del mio futuro mandato di consigliere comunale di minoranza, non intendo fare opposizione sterile, fine a se stessa ma, piuttosto, opposizione responsabile, costruttiva e propositiva.

    Penso di avvalermi del supporto, dei consigli e dei suggerimenti sia di amici che hanno fatto parte della mia coalizione, sia di individui esterni ad essa. Tuttavia, in entrambi i casi, parlo di persone con cui ho condiviso e condivido ancora affinità di pensiero, principi morali, valori come onestà, correttezza, trasparenza e coerenza.

    Mi propongo di costituire un Gruppo di Lavoro di questo tipo, della società civile, prettamente laico, non contraddistinto da etichette di partito. Un gruppo con un nuovo nome e un nuovo simbolo.

    Un gruppo con il quale relazionarmi tutte le volte in cui l’importanza degli argomenti oggetto di Consiglio Comunale, dovesse richiederlo.

    Auguro buon lavoro al Sindaco della Città di Galatina e confido che il nuovo Consiglio, privo di persone in passato destabilizzanti, possa avere continuità ed essere efficiente ed efficace.

    Sottoporrò al Sindaco eletto il programma che la mia coalizione ha redatto con attenzione e cognizione, con l’augurio che i punti qualificanti del programma trovino accoglimento e valida attuazione, nell’esclusivo interesse dei cittadini.

    Mi auguro che si possa assistere alla rinascita e alla crescita della Città.

    Con affetto e stima

    Paola Carrozzini

     
    Di Redazione (del 10/11/2020 @ 22:17:59, in Comunicato Stampa, linkato 681 volte)

    Va bene che per la pandemia dobbiamo essere più comprensivi verso chi governa, ma guai ad esagerare. Mi pare che di esagerazioni dobbiamo parlare a proposito di quanto sta accadendo all’Ospedale di Galatina. La Regione Puglia ha deciso di convertire l’intero nosocomio alla cura del Covid. Hanno chiuso l’Ospedale senza che vi fossero le condizioni per una ripartenza con la cura dei pazienti Covid facendo un doppio danno al Salento che non ha più un ospedale per la cura dei no-Covid verso i quali l’offerta di servizi è sempre più ridotta e non ha neppure un ospedale dedicato ai Covid. Chissà se la Corte dei Conti avrà eccezioni al riguardo, ma ora il problema sta in questo imbarazzante e dannoso limbo.

    Eppure nessuno parla, non si sente la voce dei sindaci del distretto socio sanitario, non si sente la voce dell’opposizione peraltro già timida nella prima legislatura guidata da Emiliano. Si consuma la distruzione dell’Ospedale di Galatina nell’indifferenza generale.

    Mi domando come sia stato possibile ipotizzare di destinare alla cura del Covid un ospedale la cui terapia intensiva e semi-intesiva è scritta solo sulla carta, non c’è un’area cuore pur essendo ormai noto che il contagio può determinare problemi cardiaci, non c’è una Pneumologia visto che – sempre la Regione – ha deciso di chiuderla.

    Nel frattempo, a pochi giorni di distanza dalla chiusura dell’Ospedale, la Asl di Lecce ha destinato al Covid il Dea che ha una capacità di 330 posti letto. Qual è la ratio di tutto questo pasticcio? La Regione ha chiesto alla Asl di Lecce 380 posti per fine mese. Con la destinazione del Dea al Covid non ha più senso continuare a tenere chiuso Galatina e mi appello all’assessore regionale alle Politiche della Salute, Pier Luigi Lopalco, affinché metta ordine e restituisca l’Ospedale al territorio. Mi auguro che tutta questa confusione non sia la premessa per dare un colpo mortale al Santa Caterina Novella: a pensar male, a volte si colpisce nel segno.

    Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

    Giampiero De Pascalis

     
    Di Antonio Mellone (del 12/05/2013 @ 22:17:48, in Ex edificio scolastico, linkato 3194 volte)

    Non so voi, ma io non riesco proprio a mandar giù il fatto che s’è inaugurata se non in pompa magna, in pompetta (giusto per farci stare zitti per un po’) la ristrutturazione della vecchia scuola elementare di Noha da parte dei nostri “preparatissimi e disponibilissimi” rappresentanti locali (sovente guardati con gli occhi che dovevano avere i pastorelli di Fatima davanti alla Madonna) esattamente da:

    Ebbene - per chi non se ne fosse ancora accorto a causa di un bel paio di paraocchi che farebbero impallidire quelli dei nostri cavalli - quella bella struttura restaurata è ancora chiusa al pubblico. E sapete perché? Semplice. Perché NON può proprio essere riaperta in mancanza di un collegamento con l’energia elettrica. Oddio, un cavo ce l’hanno pur messo, ma è di soli 10 kwh, e soprattutto è provvisorio, posticcio, un favore, roba, appunto, da cero alla Madonna per grazia ricevuta.

    Sì, qualcuno - ormai nel rimpallo delle responsabilità non si sa più chi - avrebbe dovuto prevedere un collegamento Enel di 50 kwh, ma purtroppo, questo non è stato, ed, ora, in mancanza di una cabina in muratura necessaria alla bisogna (da costruire chissà quando: se ce lo facessero sapere gli assessori addetti li ringrazieremmo di cuore) questo non è ancora possibile.

    Ed in mancanza di questo, cioè del piccolo dettaglio dell’energia elettrica, tu hai voglia a indire “concorsi di idee per l’affidamento della struttura”: nessuno potrebbe entrarvi ufficialmente proprio per via di questo piccolo particolare, cioè l’assenza della corrente elettrica come previsto dai regolamenti (e senza la quale di fatti nulla si potrebbe architettare in termini di attività di qualsivoglia genere nonostante tutte le idee del mondo).

    Di questo passo non ci resta che attendere il disfacimento di questa struttura costata a Pantalone appena 1.300.000 euro (diconsi unmilionetrecentomilaeuro).

    Nel frattempo il cuore dei nostri rappresentanti politici di tutte le sfumature inciuciste sembra votato a quel dogma di fede che è il Mega-parco (che vuoi farci: al cuore non si comanda), panacea di tutti i problemi dei collemetesi, dei galatinesi e a quanto pare anche del resto del mondo.

    Che almeno ricordino ai loro amici della Pantacom, tra gli svariati fantastiliardi da investire, di accantonare qualche decina di migliaia di euro per l’installazione di una “cabina prefabbricata di trasformazione” per l’allaccio dell’Enel. E ove possibile per la connessione dei loro cervelli.     

    Antonio Mellone
     
    Di Antonio Mellone (del 08/10/2013 @ 22:16:06, in NohaBlog, linkato 2443 volte)

    Che ne direste di un bel negozietto (scusate il pleonasmo) già ubicato nel centro storico di Galatina, il quale, per vedersi “accresciuto e valorizzato” come “eccellenza commerciale presente in zona” (come riportato nella cir-Convenzione d’incapace votata quasi all’unanimità dal coniglio comunale del nefasto 25 settembre 2013),  smonta tutto per trasferirsi con armi e bagagli, chessò io, da corso Vittorio Emanuele o da via Roma proprio nel cuore del Megaporco di Collemeto?

    Ebbene sì, nel papiro della Convenzione è scritto a caratteri cubitali che sì, c’è anche la convenienza economica di questo, come dire, trasloco. Eccome se c’è. Infatti i negozianti di Galatina e frazioni potranno addirittura “acquistare ovvero affittare gli spazi destinati al commercio all’interno dell’intervento proposto, sino ad un massimo del 50% della superficie prevista, con preferenza rispetto agli altri e con uno sconto del 10% sul canone d’affitto”.

    Ma certo. I commercianti di Galatina e dintorni sicuramente non vedono l’ora di aprire il loro punto vendita nel Pantacom-Park, anzi sono già sin da oggi tutti in fila per due nell’attesa della Menga-struttura, con tutte le mazzette di soldi in mano - visto che sicuramente ne avranno a bizzeffe e che la crisi qui da noi tarda ad arrivare – pronti ad investire nella nuova avventura Mega-galattica.

    Venghino, signori, venghino: il 3X2 è già partito con la cir-Convenzione e noi vi aspettiamo a braccia aperte.

    Totò che vende la fontana di Trevi a Nino Taranto nelle vesti di un turista americano di origini italiane al confronto è un dilettante allo sbaraglio.

    *

    Questo sì che è “volano per lo sviluppo” e poi non immagini, signora mia, quante “ricadute”, una dietro l’altra. Disoccupazione pari a zero, stop alla fuga di cervelli, Pil alle stelle, e soprattutto più Pil per tutti, ed una miriade di aziende artigianali tutte alle prese con gli appalti per la costruzione del paese dei balocchi, dell’ennesimo centro-in-periferia, della gallina dalle uova d’oro, della cuccagna pronta per essere acchiappata dai gonzi.  

    Sì, perché oltre tutto alcuni locali piccoli artigiani-alla-canna-del-gas sperano di ricevere un po’ d’ossigeno con i lavori di costruzione della nascente-mega-struttura. Pensano di guadagnare soldi a palate, soldi veri, mica bruscolini.   

    Questi signori (o quell’uno che sarà) scordano il fatto fondamentale secondo il quale, essendo artigiani, per indole e costituzione, non potranno mai ricevere benefici dalle “grandi opere”, commissionate solitamente da vecchi volponi, che notoriamente per statuto e DNA strozzano i piccoli nei subappalti con ribassi di prezzo incredibili, e soprattutto pagano a o babbo morto o alle calende greche (cioè al tempo del poi, parente del mai).

    Molte piccole imprese, artigianali o commerciali che siano, nella maggior parte dei casi falliscono proprio a causa degli scarsi margini e soprattutto dei crediti (non saldati), più che dei debiti accumulati, ma principalmente per via di queste amnesie o della pia illusione secondo la quale  “il grande favorisce il piccolo”.

    Campa cavallo. Quando gli artigiani di tutto il mondo capiranno che il target del loro mercato è il pesce piccolo e non il pescecane sarà forse troppo tardi.

    *

    Infine, vi immaginate voi un Andrea Ascalone che per vedersi “accresciuto e valorizzato” apre una bella pasticceria nei pressi del nuovo ipermercato Pantacom?

    Ma riuscite a figurarvi voi i pasticciotti dell’Andrea nostro, artigianali, fragranti, dorati, adagiati su di un bancone dell’ipermercato nascente, magari accanto al bancone del pesce o a quello della mortadella, pronti per essere venduti – addirittura esportati in tutto il mondo – ventiquattro ore al giorno, inclusi i sabati, le domeniche e tutte le feste comandate?

    Perché non provate a chiedere cosa ne pensa l’interessato (posto che vi permetta di terminare la domanda senza accompagnarvi cortesemente alla porta con un calcio dove non si può dire)?

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 28/03/2017 @ 22:15:05, in Comunicato Stampa, linkato 1516 volte)

    Il Ct Galatina batte subito un colpo.La squadra del presidente Giovanni Stasi si è aggiudicata in trasferta l'incontro per 4 a 2 contro il Tc Bergamo nella prima giornata del Campionato di Serie A2. La situazione,dopo i primi 4 singolari vedeva le due formazioni sul punteggio di parità con i successi di Jesper De Jong e Tomas Gerini. Sconfitta solo al terzo set per Duilio Beretta contro Panfil (polacco attuale 697 atp ed ex 250 del mondo) e Alberto Giannini. Il 4 a 2 definitivo  è stato ottenuto dal successo nei doppi  dalle coppie formate da Jesper De Jong/Pierdanio Lo Priore e Duilio Beretta/Alberto Giannini. Jesper De Jong, 16 anni, ha battuto in due facili set Luca Rovetta dimostrando ai tanti tifosi giunti da Galatina e non la sua crescita rispetto all'anno passato dal punto di vista fisico e tecnico. Alberto Giannini è stato sconfitto in due set con Jacopo Locatelli(ex 2.3). Tomas "El tractor " Gerini ha vinto contro l'ottimo Jordan Angioletti in due facili set.Il quarto singolare è stata battaglia punto a punto. Duilio Beretta, avanti un set e un break, si lasciava sorprendere sul 5-5 nel secondo set. Nel terzo set, lottava su ogni palla,ma la potenza di Panfil aveva la meglio. Nei doppi Giannini/Beretta superavano agevolmente la coppia Rovetta/Angioletti giocando entrambi un tennis di alto livello. Nell'altro doppio iniziava lo Jesper De Jong show insieme a Pierdanio Lo Priore. La coppia galatinese superava Panfil/Locatelli in tre set.

    "Sono felicissimo- dice Filippo Stasi Direttore Sportivo e giocatore del club-. Questi tre punti valgono tanto anche se è ancora la prima giornata. Conoscevo tutti tranne Duilio ma sono rimsto impressionato dalla sua facilità di gioco.E' stata una vittoria di squadra e di cuore. E poi segnatevi questo nome: Jesper De Jong. "

    Domenica 2 Aprile ore 10 ci sarà l'esordio casalingo per il Ct Galatina contro il Ct Cesena. Servirà l'apporto dell'intera cittadinanza e di tutti i tifosi della provincia.

     

    Jesper De Jong-Luca Rovetta 6-1 6-2

    Alberto Giannini- Jacopo Locatelli 1-6 2-6

    Duilio Beretta-Gzrgorz Panfil 7-5 5-7 3-6

    Tomas Gerini-Jordan Angioletti  6-2 6-3

    Beretta/Giannini-Rovetta-Angioletti 6-2 6-2

    De Jong-Lo Priore-Panfil/Locatelli 6-2 6-7 6-4

    Mario Stasi

     
    Di Albino Campa (del 16/11/2010 @ 22:14:08, in Fidas, linkato 2953 volte)
    Carissimi concittadini,
    ricordando La vostra attenzione e la generosità riservata alla Fidas Noha, siamo nuovamente a chiedervi di partecipare alla compagna annuale di sostenimento iniziata ad Agosto, dedicata alla Cassa del Donatore di Sangue della Fidas.
    La Fidas Noha da ben 24 anni è impegnata nella promozione della donazione del sangue e relativa raccolta periodica. In questi 24 anni la Fidas ha conquistato il cuore dei cittadini ed è oggi un elemento fondamentale del tessuto sociale.
    La campagna di sostenimento dello scorso anno grazie al generoso contributo di ogni singolo partecipante e soprattutto dai negozianti locali ha permesso il raggiungimento della somma necessaria per il pagamento dell’affitto sede per l’anno 2010.
    Da parte nostra, possiamo dire che la tranquillità economica della Fidas Noha ha trasmesso a noi dirigenti quella sensibilità per raggiungere gli obiettivi prefissati, trasformando questa serenità in programmi mirati a promuovere la donazione volontaria del sangue e a dare nuove speranze a tutti quelli che ne hanno avuto bisogno.
    Per far fronte alle spese e per il mantenimento della nostra Fidas, dobbiamo fare ricorso nuovamente alla vostra sensibilità e generosità invitandovi a partecipare alla lotteria annuale per il sostegno economico della Cassa del donatore di Sangue che si concluderà l’8 Gennaio.
    Acquistando uno o più biglietti al costo di 2,50 euro cadauno, questo contributo vi consentirà di partecipare all’estrazione finale dei prestigiosi premi in palio.
    Fiduciosi come sempre nella vostra fattiva collaborazione e partecipazione porgiamo molti cordiali saluti e ringraziamenti anche solo per averci dedicato qualche minuto del vostro prezioso tempo.
    Il Presidente ed il Consiglio Direttivo della Fidas Noha
     
    Di Albino Campa (del 07/02/2012 @ 22:13:55, in Necrologi, linkato 5163 volte)

    Ieri a Milano ha cessato di battere il cuore grande di Michele Tarantino, nohano purosangue. E' stato "editore a perdere" (senza cioè alcun obiettivo di profitto) del monumentale volume "Noha, storia, arte e leggenda" scritto a quattro mani da P. Francesco D'Acquarica e Antonio Mellone.
    Fu il primo a sostenere ed a volere su carta l'avventura fantastica de "L'Osservatore Nohano", la rivista on-line che per cinque anni ha  sollecitato nel bene o nel male l'elettroencefalogramma di molti nohani.
    Secondo le sue disposizioni, le sue spoglie mortali ritorneranno, per rimanervi per sempre, nella sua amata antica terra di Noha.
    Tutti i collaboratori di questo sito - e, siamo certi, numerosissimi altri concittadini - ricordano la figura di questo benefattore, e affettuosamente abbracciano la sig.ra Rossana, ed i suoi due figli, Federica e Dario.

     
    Di Redazione (del 29/08/2021 @ 22:13:54, in NoiAmbiente, linkato 841 volte)

    Anche questa volta, noi i soliti "quattro sognatori" di "NoiAmbiente e Beni Culturali di Noha e Galatina, siamo riusciti a offrire la nostra fatidica seppur piccola goccia che compone l'oceano. Quell'oceano buono che si contrappone con forza a quell'altro fatto di indifferenza e di maltrattamenti alla Natura.

    Abbiamo preso parte ad un evento straordinario che vede contrapporsi sempre più questi due mondi: il primo, il prodotto dei vizi dell'uomo che con i suoi rifiuti tenta di soffocare questo paradiso, in questo caso la riserva delle Cesine, un luogo fantastico, e il secondo, tantissime persone soprattutto giovani, che con la loro semplice generosità riescono a fare tutti insieme cose inimmaginabili.
    In queste  occasioni di operatività ci si trova insieme a tanti amici e amiche e si prova quella grande emozione di unione, di forza e del sentirsi meno soli, che dà conforto e fa ben sperare.

    Purtroppo davanti a certe orribili scene di rifiuti imbrigliati nella vegetazione e fra gli scogli lambiti dalle onde marine, come quelli visti oggi, si oscura il cuore.

    Oggi, 29 agosto sulla spiaggia delle Cesine, un velo di tristezza (ma anche di speranza) calava davanti alla vista di quelle mani e di quei giovani volti che imperterriti non volevano mollare la presa di plastiche che solo a sfiorarle spesso si sbriciolano in mille pezzettini.

    Ve lo diciamo sinceramente: forza ragazzi, forza Daniele S. e Daniele T., forza Chiara, Valentina, Giorgio, Clara, forza tutti voi ragazzi e ragazze del CAS, con la vostra partecipazione ci avete fatto capire che siete oltre la barriera dell’indifferenza e che è necessario agire.

    Francesco Cino con il suo dire insistente ha seminato bene: “Tutti insieme per il bene comune”

     

    Il Direttivo di NoiAmbiente e Beni Culturali Odv

     
    Di Redazione (del 03/06/2021 @ 22:12:23, in Comunicato Stampa, linkato 1483 volte)

    Nonostante le mascherine, nonostante i percorsi pensati per garantire il distanziamento sociale, nonostante il gel ed il termoscanner, finalmente, i nostri bambini hanno potuto assaporare la "normalità"...

    Un pomeriggio festivo, quello del 2 giugno, che è sembrato quasi normale.
    Tantissimi bambini hanno partecipato allo spettacolo “Alice nel regno di Posidonia” organizzato dalla “Virtus Basket Galatina” e da “ECOM SERVIZI AMBIENTALI” per il progetto “TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica” in occasione della inaugurazione della nuova area giochi in memoria del "Maresciallo Marcello Solidoro" presso l'Area verde "Questore Giovanni Palatucci" in via Pavia a Galatina.

    Fieri di essere riusciti a regalare un pomeriggio di serenità a tantissime famiglie.
    Un grande grazie di cuore a Biagio Tabella e Carolina Monti della Compagnia Teatrale de le “Teste di Legno” di Galatina che, ancora una volta, hanno dimostrato maestria e professionalità nell'arte dell'intrattenimento dei bambini...

    Ci scusiamo con chi non è riuscito a prenotare in tempo promettendovi che presto, molto presto, ne organizzeremo degli altri...

     
    Di Redazione (del 23/10/2013 @ 22:10:56, in Comunicato Stampa, linkato 2669 volte)
    Le associazioni non si fermano nella loro giustissima Difesa del Salento e dei suoi Beni Comuni minacciati da maxi speculative colate di cemento!

    Mega Mostro Commerciale di Galatina: i 'giochi' degli iter burocratici non si sono per nulla chiusi e le associazioni sono intenzionate a percorre tutte le strade possibili, garantite dalle norme, per difendere il territorio da un'aggressione famelica fatta di nuove mortifere e immense colate di cemento!

    Sono state presentate ieri 22 ottobre 2013 le nuove osservazioni promosse da associazioni e cittadini sulle possibili e inaccettabili varianti dello strumento urbanistico di Galatina che minacciano di trasformare un territorio agricolo vergine di pregio e di qualità tra terre di eccellenti vigneti produttori di famosi e apprezzatissimi vini DOC, territorio addirittura esposto a pesantissimi rischi alluvionali come le cronache di questi giorni hanno drammaticamente registrato, aprendo le porte a un indicibile devastazione del paesaggio rurale tra clivi e serre caratterizzate dalla presenza di bellissime e antiche masserie, rischiando così di oltraggiare i, lì presenti e importantissimi, coni visuali colpendo al cuore il Salento rurale con cemento e asfalto, le associazioni compatte ribadiscono il giustissimo, fermo e fortemente motivato 'NO' alla Mega Mostruosa Aliena struttura Commerciale in contrada rurale masseria Cascioni, tanto inutile e, quanto mai, dannosa!

    -------------------------------------------------------------

    Oggetto: Osservazioni sulla variante allo strumento urbanistico, adottata con delibera del Consiglio Comunale di Galatina (Le) n. 33 del 25/09/2013, ai sensi degli artt. 3 e 16 della L.R. n. 13/2001, per il progetto delle opere definite di pubblica utilità, su l’area già tipizzata dal PUG Comunale E2 – Agricola di Salvaguardia -, complementare al progetto di un’area commerciale integrata, in Contrada “Cascioni” .

    Si invia in allegato quanto in oggetto specificato.
     
    Cordialità.
     
    Anita Rossetti
     
    Di Redazione (del 21/10/2013 @ 22:08:06, in Comunicato Stampa, linkato 2403 volte)

    La migliore lezione è l'esempio. Dopo tanto parlarne, a circa sei anni dall'avvio e con estremo ritardo, si porta a conclusione il progetto dell' estensione della raccolta differenziata su tutto il territorio comunale. Riteniamo la cosa indispensabile ed ineludibile per questo non ci esprimiamo oggi su modi, tempi e metodi utilizzati dall'amministrazione, non volendo sollevare polemica alcuna e rimandando ogni analisi a progetto consolidato.

    Non possiamo però tacere su un problema grave : la colpevole assenza del buon esempio. Come si ritene di poter assumere autorevolezza se mentre si chiede ai cittadini galatinesi civismo e senso di responsabilità l'Amministrazione non assolve pienamente ai propri doveri ? Il territorio galatinese è assediato nelle sue periferie da numerosissime discariche abusive (un'associazione di liberi cittadini ne ha censite oltre 400) che aumentano di giorno in giorno e spuntando talvolta anche in pieno centro abitato. Da ultima anche nei pressi del rondò sulla strada per Corigliano d'Otranto dove, con un chiaro esempio di differenziata spinta, si è concretizzata una distesa d'amianto, solo amianto. Circa 30 metri quadri di lastre di eternit frantumate, quindi ad alto rischio cancerogeno, depositate da qualche ignorante e delinquente che meriterebbe solo la galera. Questa discarica và messa in sicurezza subito, così come prevede la legge, e il far finta di non vederla, cosa impossibile, è da irresponsabili oltre che perseguibile.
    Abbiamo anche segnalato, a chi di dovere, qualche giorno fa una montagna di
    farmaci scaduti fuori dagli appositi cassonetti di raccolta nel cuore della
    città. Pericolosi rifiuti speciali abbandonati, su una delle principali arterie cittadine, a ridosso del muro di cinta di un plesso scolastico, alla portata dei centinaia di ragazzi che frequentano quotidianamente la zona.

    Possibile che tuttò ciò si sia palesato solo alla nostra vista ? L 'Ispettore Ambientale, che prima o poi dovrà pur rendere conto alla città sul suo operato, o uno degli amministratori cittadini non hanno mai percorso tali strade ?

    È possibile, ma non è credibile.

    Da liste civiche, quale sono, Galatina in Movimento, novaPolis Galatina, Galatina   Altra e Movimento per il Rione Italia, sentono la necessità di dover dare una mano alla città e a chi ha responsabilità di ruolo, quindi, senza nessuna enfasi da spot pubblicitario, hanno pensato di dare vita alla figura dell' "ispettore ambientale ombra". Vigileremo, segnaleremo e controlleremo affinché chi ha responsabilità nell'agire oltre che predicare sappia anche razzolare bene.

     
    Galatina in movimento
    Galatina altra
    novaPolis Galatina
    Movimento per il Rione Italia
     
    Di Redazione (del 12/07/2019 @ 22:06:12, in Comunicato Stampa, linkato 1152 volte)

    La Città di Galatina e Arci Lecce presentano sabato 13 luglio"Intrecci di notte – La cultura unisce", una serata ricca di iniziative, inserita nell’ambito della rassegna estiva “A cuore scalzo”, promossa dall'amministrazione comunale.

    Tra le iniziative in programma il concerto gratuito della “BandAdriatica” in Piazza San Pietro, oltre a dibattiti, testimonianze, stand gastronomici, workshop e spettacoli per continuare a crescere come comunità responsabile e consapevole attorno alle tematiche della migrazione e dell’accoglienza.

     

    Sarà il coro Made in World, composto da richiedenti asilo e rifugiati ospiti nei progetti di accoglienza integrata gestiti da Arci Lecce e diretti dal maestro Andrea Cataldo, ad aprire il concerto di Claudio Prima e compagni che condurranno il pubblico in un vero e proprio viaggio musicale tra le coste del Mediterraneo.

    BandAdriatica, la band che voga sulle onde agitate della musica salentina con elementi di tutte le coste sonore del Mediterraneo, porterà in scena l'ultimo lavoro Odissea. Uno spettacolo coeso e potente, arricchito da nuove coreografie, dove i linguaggi si armonizzano con le melodie popolari nel fervore meticcio delle città portuali. 

    Dall'ex Monastero di Santa Chiara a Piazza San Pietro, i luoghi più significativi della città si intrecceranno con un programma ricco di iniziative, sostenibile e eco-friendly

    L’evento sarà rigorosamente plastic-free, grazie al Comune di Galatina risultato vincitore del bando “Ecofeste” promosso dalla Regione Puglia; saranno utilizzate posate e stoviglie completamente compostabili e verrà distribuito materiale informativo. Fondamentale sarà la presenza di Officine Cittadine, che porterà “in piazza” una serie di laboratori e attività, per favorire la partecipazione cittadina nella realizzazione di una società democratica, economicamente efficace, socialmente equa, ecologicamente sostenibile e culturalmente diversificata. 

    Numerosi anche gli espositori presenti lungo alcune strade del centro storico, tra cui l’associazione Nerò di Zollino con zafferano e legumi, l’apicoltore Saverio Alemanno, Canapa e Dintorni con prodotti tessili di canapa e Luna Laboratorio Rurale.

    Ad aprire la serata, ore 19.30, in Piazza Galluccio, l'incontro di presentazione con gli interventi di Marcello Amante, sindaco di Galatina, Cristina Dettù, assessora alla Cultura e Anna Caputo, presidente di Arci Lecce. A seguire la performance teatrale di Gianluca Carrisi dal titolo “Le regole del viaggio”, attraverso il quale l’attore salentino interpreterà gli appunti che due etiopi rifugiati scrissero prima di partire da Addis Abeba per raggiungere le coste europee. 

    Dalle 20.00 Piazza Galluccio ospiterà il laboratorio gratuito a cura di Blablabla "Arte migrante. L'immigrazione spiegata ai bambini" e per l’intera durata della manifestazione l'esposizione dei lavori artigianali realizzati dai ragazzi richiedenti e gli stand gastronomici con cibo dal mondo curati dal progetto Sprar "Safia Ama Jan" di Galatina. 

    Uno spazio speciale sarà dedicato al progetto "Gombo - il frutto dell'integrazione" di Arci Lecce e grazie alla collaborazione del Panificio "Notaro" e della Pasticceria "Dolce Arte", sarà possibile degustare alcuni piatti della tradizione salentina cucinati con la tipica pianta originaria dell'Africa.

    Nella stessa piazza, sarà possibile partecipare dalle 20 alla "biblioteca vivente", con la collaborazione del Servizio Civile "In reading 2017”.

    Inoltre, rientra nell’ambito di Intrecci di Notte anche l’iniziativa dell’associazione Egerthe: la presentazione del libro LAMIERE, introdotto da Ettore Marangi, missionario a Nairobi, e con l’intervento di Phina Ajuoga. L’evento si terrà al Palazzo della cultura (P.zza Alighieri) a partire dalle ore 20.00.

    A partire dalle 21.00, all'interno dell'ex Monastero di Santa Chiara, restituito recentemente alla città, si svolgerà lo spettacolo di Milonga a cura di Almavals di Stefania Filograna, accompagnati dal duo Lucia Conte e Monica Terlizzi. Spazio alla musica jazz, invece, in Piazza Orsini con Filippo Bubbico che sullo sfondo della storica Basilica di Santa Caterina, accompagnato da Dario Congedo e Gino Semeraro, porterà in scena una contaminazione artistica inedita.

    “Intrecci di Notte è, prima di tutto, una sfida culturale – afferma l’assessore alla cultura Cristina Dettù - un progetto ambizioso che vuole regalare alla Città non solo un programma ricco di eventi, ma anche un messaggio importante: far scorrere lungo le strade e le piazze di Galatina l’essenza vera della cultura, quella di unire, creare, intrecciare le maglie della propria vita, del sapere, delle proprie emozioni per realizzare un qualcosa di unico, che sia in grado di aprire la mente e il cuore, resistendo alle storture della civiltà di oggi. Un festival che già nella sua organizzazione, rappresenta l’”intreccio” perfetto di tutto questo”.

    Ufficio Stampa - Marcello Amante

     
    Di Antonio Mellone (del 07/02/2013 @ 22:05:14, in NohaBlog, linkato 2877 volte)

    Ne ho viste e sentite di tutti i colori (e non siamo che all’inizio) in merito al megaparco collemetese, quello dell’Ikea, ma forse no, quello dell’ipermercato food ma anche sì, quello che porterà un sacco di posti di lavoro: sì, insomma, quello delle “ricadute” e del “volano” per lo sviluppo (sono desolato nel riportarli, ma “ricaduta” e “volano” sembrano essere gli unici lemmi, le sole parole chiave più in voga negli ambienti in cui bazzicano molti politici galatinesi, probabilmente poco avvezzi al vocabolario e affatto allergici al dizionario dei sinonimi - tanto che a volte ti chiedi se buona parte di costoro abbia sciacquato i suoi panni per corrispondenza alla Scuola Radio Elettra, ovvero non sia mai stato in grado di conseguire più altisonanti licenze accademiche senza l’ausilio del Cepu, con rispetto parlando).  

    Dicevo, ne ho viste così tante che m’è venuta in mente un’idea stratosferica per controbilanciare quelle altre della mia concorrente Pantacom.

    La trovata geniale è la seguente.

    Ho pensato di costituire una nuova Srl, con un euro (sì, uno) di capitale sociale (oggi, grazie ad una delle sedicenti riforme Monti si può; e poi che cambia? Qui non si bada a certe inezie). La sua denominazione sarà, guarda un po’, Pantamellon srl (quella, dunque, dei Perrone, questa dei Mellone).

    A dire il vero, avevo pensato dapprima di battezzarla con il magniloquente appellativo di Mellon Bank srl, così, per fare più effetto. Ma poi a pensarci bene, quel “bank” forse avrebbe potuto portare un po’ di confusione, ma per nulla insospettire (figuriamoci se qui qualcuno s’insospettisce di nulla) i benpensanti, gli ingegneri da riporto, i fatalisti, i disperati strumentalizzati. Tanto qui s’accontentano di molto meno, e si suggestionano con poco o nulla.

    Con questa bella srl (o balla srl) nuova di zecca, iscritta alla Camera di Commercio e pure “attiva” (non come quell’altra inavvertitamente “inattiva”) mi presenterò al Comune di Galatina con un progetto grosso così, ricco di grafici, tabelle, promesse, cash flow, business plan perfetti, e soprattutto con un bell’elenco di “ricadute” e di “volani” che non finisce più. Il tutto condito da altre menate degne del ghe-pensi-mi più in forma (quello che mi restituirà l’Imu in contanti) e da un insieme di budget e modelli in 3D molto suggestivi. Il tutto, ovviamente e come al solito, per “riqualificare” la povera contrada Cascioni, trasformandola in una novella Beverly Hills.  

    Darò pure un sacco di garanzie (sempre a parole, s’intende, tanto questi credono a tutto), e mi dichiarerò pronto ad investire - signore e signori – non uno, non due, non 10, ma 20 milioni di euro di capitale proprio, euro più euro meno. Giurerò pure con la mano sul cuore che creerò non 300 ma addirittura 301 posti di lavoro a tempo indeterminato (così li spiazzo tutti), e dirò pure (mi voglio rovinare) che l’80% dei nuovi assunti nel cielo di Collemeto saranno pescati tra i disoccupati locali, anzi tra i firmatari d’appelli locali. Per fargli venire la strizza aggiungerò che sarò pronto in quattro e quattro otto a spostarmi da Galatina a Nardò dove mi accoglierebbero a braccia aperte (sì, come no). Dunque o prendere o lasciare.  

    Ah dimenticavo. Nel bel mezzo del nuovo megacentro commerciale (che – non risulta da alcun atto, ma pare, si vocifera, si sussurra - tutti vogliano: da Nardò a Gallipoli, da Parabita a Matino e tirittuppiti a Casarano), piazzerò pure uno stupendo asilo nido (così, già che ci siamo, le roviniamo fin dalla culla, le creature).

    Voglio proprio vedere se alla Conferenza dei Servizi del mese di aprile 2013 o giù di lì, non mi daranno almeno 10 punti (non saprei di cosa), per aggiudicarmi il benestare, la firma, insomma l’imprimatur al progetto da parte di regione, provincia, comune e soprattutto della frazione più interessata.

    Nonostante una bizzarria del genere sono certo che ci sarà sempre qualcuno (fra “giornalisti”, consiglieri ed ex-consiglieri senza sale, beati 800 martiri di Collemeto e dintorni dalla firma pronta, economisti per caso, cittadini di mondo, ingegneri pentiti convertiti sulla via dei comparti C2) a dare ancora retta nel 2013 agli asini che volano. O semplicemente ragliano.

    Antonio Mellone
     

    Sarà presentato ufficialmente il prossimo 29 giugno alle 18.30 presso la Lega navale di Gallipoli il progetto Tourism for all realizzato dall’associazione Portatori sani di sorrisi  odv. Si tratta di un progetto integrato di turismo accessibile finalizzato a far vivere una vacanza spensierata a coloro che hanno delle difficoltà motorie e sensoriali, ma soprattutto a creare delle relazioni che consentiranno di vivere meglio anche dopo la vacanza.

    Tourism for all comprende Felicetta portami al mare, Dinamiko Beach, Dinamiko Village e Access City. Si tratta di quattro progetti distinti ma connessi, accomunati dall’obiettivo di realizzare le migliori condizioni per far vivere dei giorni di spensieratezza agli ospiti ed ai loro familiari, ma anche di far riflettere sul concetto che le barriere si possono superare più facilmente senza i limiti mentali che ci si pone.

    Felicetta portami al mare, è l’ultimo progetto di turismo sociale accessibile, la cui presentazione ufficiale è prevista il 29 giugno presso il porto mercantile – Banchina Foranea presso la Lega Navale di Gallipoli. Si tratta di un’imbarcazione completamente attrezzata anche per persone con disabilità che consentirà a tutti di vivere un’esperienza positiva in mare. Il progetto, però, non punta soltanto all’eliminazione delle barriere fisiche delle barche tradizionali, ma soprattutto a creare momenti di incontro, aprendo a delle nuove opportunità di divertimento e sport.

    “Felicetta” è la prima imbarcazione accessibile, presente in tutta la costa nel nostro Salento e sarà ormeggiata nei vari porti. È dotata di rampa per consentire l’accesso a chi ha difficoltà motorie e sensoriali, dando l’opportunità di vivere il mare senza barriere e di capire a tutti che a volte " i limiti più ingombranti sono nella testa e che sono superabili”.

    Con Felicetta – afferma il presidente dell’associazione Pierangelo Muci - offriremo finalmente la possibilità di trascorrere una giornata in libertà a chi ogni giorno vive tante difficoltà per poi affrontare con più energia le sfide quotidiane. Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica sui concetti della “progettazione per tutti” e sull’importanza dell’abbattimento delle barriere architettoniche, non solo urbane. Vogliamo consentire la socializzazione, creando momenti comuni tra chi ha determinate necessità e chi invece ha la possibilità di soddisfarle. Non si possono sottovalutare gli enormi benefici dell’acqua sul benessere psicofisico di ogni persona, soprattutto per chi ha una disabilità motoria. Sono tantissimi gli studi che ormai confermano che il più grande farmaco gratuito è il MARE”.

    Dinamiko Beach, si concretizza con la gestione di un lido in località Sant’Isidoro, riservando un’area demaniale destinata alla balneazione, alla possibilità di far vivere il mare a tutti. La postazione, oltre ad essere dotata di sedie Job e Tuareg per l’accesso al mare in libertà, è fornita di ombrelloni provvisti di sdraio e lettino posti lungo la passerella a ridosso del bagnasciuga. La gestione è curata dai volontari con diligenza, gioia, sorrisi e tanto amore che garantiscono, nel periodo estivo, l’apertura giornaliera dalle ore 9 alle ore 19. Gli utenti possono prenotare gratuitamente l’ombrellone attraverso il sito internet ed eventualmente il taxi sociale se non hanno la possibilità di raggiungere la spiaggia in autonomia.

    DinamiKo Village nasce con l’obbiettivo di regalare sette giorni di relax e puro divertimento a tutte quelle famiglie vulnerabili che hanno vissuto una lungodegenza o che vivono una situazione di disabilità in casa, per far riscoprire loro la serenità perduta. Famiglie che spesso non possono neanche permettersi una vacanza e che arrivano da noi tramite una rete di associazioni dislocate in tutta Italia che collaborano con la nostra struttura.

    Questo villaggio è il luogo ideale dove la famiglia può mettere da parte ansie e problemi per condividere un programma fatto di emozioni senza fiato! Si trova in una zona centrale del Salento immerso nel verde a pochi chilometri dalla costa.

    I nostri ospiti, attraverso il servizio di Taxi sociale, se ne hanno bisogno, o muniti dei mezzi propri, frequentano le meravigliose spiagge salentine, sono impegnati in visite guidate alla scoperta del nostro territorio e la sera tornando al villaggio sono immersi in un’atmosfera magica di giochi, musica, buon cibo e condivisione di esperienze e di emozioni tra gli stessi ospiti e i nostri instancabili volontari.

    Quando la malattia irrompe nelle case tutti gli equilibri si sfaldano e i problemi economici sono tra i primi a farsi sentire, il poter fare una vacanza tutti insieme si trasforma in un miraggio. 

    Access City è, infine, un tour alla scoperta delle più belle città del territorio salentino che gli ospiti possono fare accompagnati dai volontari dell’associazione. Un giro tra bellezze culturali e paesaggistiche, una visita nei borghi antichi, sempre vissuto con inclusione e interazione, attraverso il supporto di guide turistiche del luogo che faranno conoscere i monumenti, le tradizioni, l’arte e la cultura del Salento.

    Noi ci scontriamo quotidianamente con le tante difficoltà legate al mondo della disabilità - conclude Muci - e spesso sul territorio manca proprio la cultura degli spazi e dei luoghi accessibili davvero a tutti.

    Siamo vicini a migliaia di famiglie che si rivolgono al nostro centro ascolto per problematiche diverse e spesso affrontiamo momenti di tristezza o disagio, ma vivere la disabilità non è solo questo.

    Siamo convinti che dare l'opportunità a tutti di trascorrere momenti di gioia e armonia sia un dovere civile e morale che per chi ha la possibilità di fare per gli altri. Un semplice sorriso ed un particolare sguardo ricevuto sono in grado di riempire il cuore, di far dimenticare i problemi della vita quotidiana, offrendo un momento non solo di svago, ma anche e soprattutto di profonda riflessione morale”.

    L'associazione

    “Portatori sani di sorrisi ODV” è un'Associazione senza scopo di lucro che nasce nel 2013 da un gruppo di volontari. Essa opera per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, svolgendo principalmente in favore di terzi, le attività di interesse generale di cui all'art. 5 comma 1 del Codice del Terzo Settore.

    L´Associazione si occupa di inclusione sociale, di abbattimento di barriere architettoniche, di diritti dei minori e di uguaglianza del genere umano da circa 9 anni.

    Uno dei punti cardine della nostra Associazione è l'inclusione sociale di tutti e i progetti posti in essere dai nostri membri vanno ad intervenire dove purtroppo ancora oggi nella società si trovano barriere architettoniche sia fisiche che mentali. Siamo in prima linea per difendere i diritti della persona, dei minori, dei migranti e soprattutto di chi vive in condizioni di disagio, di malattia, di disabilità, dove spesso tali diritti vengono posti a margine o completamente calpestati.

    Siamo un gruppo di volontari “clown” uniti da un fine comune: mettersi in gioco, donare sé stessi, con la convinzione che a far del bene, si riceve sempre del bene.

    I “Portatori sani di sorrisi ” rappresentano l’emblema dell’allegria, quella pura! Quell’allegria che scaturisce dalla semplicità dei gesti e delle azioni, quell’allegria impagabile e spontanea che trova riscontro ogni giorno nei milioni di sorrisi donati e ricambiati dagli sguardi dei bambini e degli adulti pieni di gioia e di riconoscenza.

    La nostra associazione è presente assiduamente nei diversi reparti degli ospedali salentini, si occupa dei bisogni primari delle famiglie, di mobilità sociale, di umanizzazione dei reparti pediatrici, di supporto alla malattia nelle cure lontano da casa, di turismo sociale accessibile e di progetti racchiusi nel nostro Villaggio sociale, il “Dinamiko Village”.

    Recentemente l’associazione è stata selezionata tra 14 mila associazioni italiane per far parte del progetto “il gusto unico di donare”, nata dalla sinergia tra Coppa del nonno e 1 Caffè onlus, fondata dall’attore Luca Argentero.

     

    Intervista al presidente e volontario Pierangelo Muci: https://youtu.be/kpM39aXxEgY 

    Presentazione Dinamiko Village: https://youtu.be/Sa99gpxMh-g

    Pagina Facebook: https://www.facebook.com/search/top?q=portatorisanidisorrisi

    Sito web: https://www.portatorisanidisorrisi.it/

    Antonio Torretti

     
    Di Redazione (del 19/03/2014 @ 22:03:42, in Un'altra chiesa, linkato 2367 volte)

    Tutte le realtà nelle quali noi ci imbattiamo, per via diretta e mediata, possono essere oggetto di plauso o di biasimo, di approvazione o di condanna; le possiamo caldeggiare o combattere, sentirle nostre o avvertirle come nemiche. Tutto dipende dalla nostra posizione e/o predisposizione, e dalla visione che abbiamo della realtà stessa.

    In riferimento alla religione in genere, alla Chiesa in particolare e, in maniera più specifica, a papa Francesco, è diverso che ci si ponga come cattolici o come cristiani in genere o come non credenti o, infine, come atei. Ma è ancora più determinante il concetto che si ha della "religione", della "Chiesa" e del "Papa". Di fronte ad una chiesa conservatrice, invadente, prigioniera delle sue certezze e collusa con il potere, tutti i "conservatori", praticanti e non, credenti o atei (li chiamano "atei devoti") non faranno che riverirla, osannarla e omaggiarla. Di contro, una chiesa che si interroga, aperta alla ricerca, vicina agli ultimi e lontana dal potere non può non essere ben vista dai progressisti, siano essi credenti o meno.
    Ma c'è ancora di più.

    Sappiamo, ad esempio, che all'interno dello stesso individuo possono darsi orientamenti diversi da cui scaturiscono atteggiamenti diversi. Non è raro imbattersi in persone che sono allo stesso tempo socialmente avanzate, politicamente rivoluzionarie e religiosamente tradizionaliste; e l'inverso. In questo caso gli psicologi parlano di "dissociazione", una specie di "cultura allegra" che non vede le contraddizioni di fondo e, nei casi più gravi, può sfociare in uno stato confusionale fino a rasentare la schizofrenia. Più spesso ricorre il caso di persone che pur avendo un comune orientamento, reagiscono in maniera molto diversa di fronte ad un evento, una persona, una istituzione, perché a dividerli è il concetto, l'"idea" che hanno dell'oggetto stesso, sia esso una persona o una istituzione.

    Ultimamente mi sono ritrovato in Piazza San Pietro a Roma, di mercoledì, nell'udienza generale che il papa tiene settimanalmente ad un pubblico sempre più numeroso ed entusiasta. Prete cattolico in mezzo a migliaia di fedeli cattolici, mi sono sentito come un pesce fuor d'acqua: "straniero in casa", per dirla con le parole della Lettera di Diogneto. Già la ressa da stadio in attesa dell'ingresso in piazza, davanti ai tornelli, mi aveva infastidito. E poi quel gridare "eccolo!", "eccolo!", "eccolo!" all'apparire del papa nella piazza....; e le esclamazioni sussurrate: "bellissimo!", "bellissimo!" mi hanno dato conferma della scarsa maturità del popolo credente. Ho fatto il mio esame di coscienza e mi sono chiesto da dove venisse questo paganeggiante culto della personalità in una comunità, quella cristiana, che dal vangelo avrebbe dovuto imparare a considerare le persone senza appellativi ("non fatevi chiamare maestri..."), ad amare la nuda umanità degli uomini e delle donne emarginati dal potere più che inginocchiarsi davanti ai titolati e ai cooptati di turno.

    So, e me ne rallegro assai, che papa Francesco sta facendo del tutto per smontare questa aura di elitismo segregante e segregato. Ciononostante c'è troppa gente schiava di questo abbrivo all'adorazione: un paganesimo che fa a pugni con il disincanto evangelico di una fede vissuta nel cuore delle cose e delle persone, e lontano dai paludamenti patinati delle cerimonie e della celebrità. Il luccichìo del potere e il fascino del comando calamitano sempre i sogni di un popolo non cresciuto, disposto a barattare anche la propria dignità oltre che la conquistata libertà. Quella libertà "difficile", che F. Dostoevskij diceva anche "insopportabile". Nel discorso del Gande Inquisitore (I Fratelli Karamazov, V,5) si legge: "Non c'è né c'è stato mai nulla di più intollerabile per l'uomo e per la società che essere liberi".

    Lo stiamo sperimentando in questi tempi di crisi, in cui sembra esserci in giro una voglia matta di consegnarsi a chicchessia: "gli uomini consegnano la loro libertà alle donne e le donne agli uomini. I cittadini consegnano la loro libertà ai politici. Ed i lavoratori ai loro padroni. Tutti noi cerchiamo motivi "razionali" e persino "sublimi" per giustificare le nostre schiavitù. Ma la pura verità è che "non c'è per l'uomo rimasto libero più assidua e più tormentosa cura di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi" (F. Dostoevskij)".

    Don Aldo Antonelli - parroco in Antrosano (AQ)
     
    Di Antonio Mellone (del 10/01/2017 @ 22:03:11, in NohaBlog, linkato 5166 volte)

    Voglio sapere di cosa stanno riempiendo la discarica De Pascalis, quella ubicata a metà strada tra Noha e Galatina. Voglio sapere cosa succede ad un fischio da casa mia.

    Ne avrei il diritto come cittadino oppure è stata soppressa la sovranità che un tempo apparteneva al popolo stanziato su di un territorio? Vuoi vedere che è passato con la maggioranza dei SÌ il famoso Referendum del 4 dicembre scorso e io non me ne sono accorto?

    No, non ditemi che è entrata in vigore la “nuova” costituzione Boschi-Verdini che prevede il “principio di supremazia”, e quindi i territori non contano più una cippa (posto che prima qualcosa contassero).

    Può darsi. Ma se anche dovesse essere passata quella riforma a mia insaputa, io sottoscritto, l’ultimo dei cittadini di Noha, esigo di sapere.

    *

    Di recente, m’han fermato per strada un bel po’ di nohani chiedendomi lumi in merito a ‘sta benedetta discarica. M’hanno raccontato di decine di Tir autoarticolati che, pieni zeppi di non si sa bene cosa, vanno a svuotare i loro mega-cassoni nella cava de quo.

    Io son cascato dal pero. Non ne sapevo nulla, anche perché – come mi dicono - i noti giornaletti caltagironei parlano di presepi viventi da Latiano a Fasano, senza citare, per dire, anche quello di Noha (salvo poi pubblicarne a tutta pagina una bella immagine), mentre i siti “giornalistici” locali - dopo i primi spot pubblicitari di qualche anno fa a favore di discarica - sembra che, come il sottoscritto (che tutto è men che un “giornalista”), non si siano accorti di nulla.

    Mi raccontano, questi cittadini, che pare siano dirette alla volta di quella cava profonda centinaia ma forse anche migliaia di traversine ferroviarie in cemento o qualcosa di simile. E che subito dopo vengano interrate o coperte da altro materiale. Vai a sapere.

    Ora. La prima domanda è la seguente: è vero ciò che va dicendo la ‘vox populi’? Ci è permesso avere qualche informazione più dettagliata in merito?

    Sul sito internet della cava De Pascalis si trova l’elenco dei materiali autorizzati per il conferimento in quella discarica. Orbene, salvo miei errori od omissioni, nella lista non risulterebbero elencate traversine ferroviarie in cemento o in altro materiale.

    Si parla, è vero, di “rifiuti provenienti da costruzioni e demolizioni” (tipo mattoni, ceramiche, mattonelle, scorie in cemento, materiali da costruzione, eccetera) ma, salvo smentite dell’ultima ora, non mi pare che le traversine ferroviarie rientrino nella fattispecie. In realtà si parla anche di “pietrisco per massicciate ferroviarie”, ma salvo interpretazioni estensive mi chiedo se le traversine possano rientrare nella voce “pietrisco”. E poi, posto che le traversine siano conferibili e che si tratti di sole traversine, chi controlla che il materiale non sia impregnato di sostanze pericolose in grado da provocare danni al terreno e alla falda acquifera sottostante?

    Sapevo che le traversine lignee dismesse dalle ferrovie statali se non sono da considerarsi “rifiuto speciale” poco ci manca. D’accordo, quelle conferite nella discarica nohan-galatinese non sono traversine in legno ma in cemento armato: ciò non toglie che non possano contenere olii, composti chimici o altre schifezze pericolose (mica le lavano o le trattano prima di gettarle in quella cava).

    Comunque sia: sono io sottoscritto libero di non fidarmi di ciò che (non) ci raccontano?

    Atteso quanto è successo nel Salento negli ultimi quarant’anni, con le discariche abusive sparpagliate ovunque e con le altrettante munite di autorizzazioni ministeriali (tipo la Burgesi) che nascondono le più pericolose e impensate sostanze inquinanti - tanto che la nostra provincia fa ormai concorrenza alla Terra dei Fuochi, un baffo a Gomorra e non ha rivali in Italia quanto a percentuali crescenti di malati di cancro e di altre malattie legate all’avvelenamento del territorio - mi è lecito fasciarmi la testa ancor prima di rompermela?

    Posso dirvi che sono preoccupato anch’io, insieme ai nohani che mi hanno fermato per strada chiedendomi informazioni che non ho saputo fornire? Son padrone di chiedere che tutti (mica uno ogni tanto: dico tutti) gli automezzi che si presentano su viale Carlo Alberto dalla Chiesa, diretti alla volta della ex-cava De Pascalis vengano sottoposti a controllo preventivo?

    Attenzione: per controllo non intendo il “controllo formale” della documentazione (non saprei che farmene), né i “controlli interni” eventualmente posti in essere dalla proprietà (non prendiamoci in giro: i proprietari fanno il loro mestiere: cioè soldi, business, profitti sul ciclo di questi particolari rifiuti, mica solidarietà sociale), ma ispezioni, verifiche ed esami da parte di soggetti terzi, tipo, chessò io, Arpa Puglia, Asl, Polizia locale, Carabinieri di nuclei speciali [non si possono più citare le Guardie Forestali, in quanto il loro corpo è stato sciolto nell’acido dal precedente governo, sicuramente a causa della scomparsa delle foreste: gli unici Boschi superstiti evidentemente saranno quelli ancora al governo e, giacché, anche legati al nome di qualche banca rotta,ndr.].

    *

    In conclusione, vorrei che fossero accertate, per ogni accesso alla cava (Per. Ogni. Accesso. Alla. Cava.) la quantità e la qualità del conferito, e che nemmeno uno spillo uno non consentito venga gettato o sversato in quella discarica privata a chilometro zero.  

    E’ permesso chiedere o tutto questo è forse chiedere troppo?

    Infine. E’ esagerato pretendere che i candidati al prossimo venturo governo di palazzo Orsini abbiano a cuore il bene del suolo, dell’acqua e dell’aria del nostro territorio, e siano dunque espressione più del bene comune che dei potentati economici anche locali interessati a ben altro? No, così, tanto per sapere.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 04/06/2013 @ 22:03:09, in NohaBlog, linkato 3647 volte)

    La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013Noha. Piccoli giornalisti crescono…e non solo: vincono! La II B della scuola media di Noha è lieta di comunicare il suo piccolo traguardo raggiunto: la Gazzetta del Mezzogiorno ci ha premiato. Siamo giovani dodicenni inesperti, ma con tanti sogni nel cassetto e con una grande passione per la scrittura, la quale ci ha spinto a partecipare al concorso “Lo scrivo io”. Ed ora con gioia stringiamo questa targa di merito, con la quale siamo stati premiati per il giornale “The student”.

    La premiazione si è tenuta ieri 3 giugno presso l’hotel Tiziano a Lecce da parte dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Lecce, ne siamo orgogliosi e tramite queste righe vogliamo ringraziare di cuore la nostra professoressa di Lettere Rita Maria Colazzo e tutti quelli che hanno apprezzato il nostro giornale.

    E l’avventura di noi piccoli reporter è solo all’inizio, continua!

    I ragazzi della II B

     

    La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013
    La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013
    La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013
    La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013
    La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013 La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013La II B di Noha ritira il premio. 03.06.2013

     

     
    Di Albino Campa (del 03/06/2012 @ 22:01:55, in Cultura, linkato 3265 volte)

    Vorrei continuare a percorrere con voi i luoghi della cultura, ripartendo ancora una volta dalla periferia per dirigermi nel cuore della città di Galatina. Comincio a camminare quindi, a testa bassa come fan quelli che non hanno meta e cercano di dirigersi verso il luogo giusto, ovvero quello che sicuramente la sorte ha loro in serbo. Mi viene in mente un racconto di Gianluca Virgilio, una di quelle sue incantevoli passeggiate che la penna fortunatamente è riuscita a riprodurre sulla carta per la gioia di noi lettori, e sorrido ricordando la sua meraviglia quando, attraversando la piazza di Noha e chiedendo informazioni per raggiungere la Biblioteca Giona, non solo gli astanti erano a conoscenza della biblioteca, ma addirittura sapevano indicargli la direzione da prendere.
    Camminando e riflettendo, eccomi quindi giunto dinanzi al complesso scolastico di Noha, dalle pareti ormai consumate dal calore dei raggi del sole e dalle finestre disseminate di cartoncini colorati. Una scatola di cemento sbiadito che a malapena riesce a contenere il fermento culturale che sprizza da ogni dove, una vecchia spugna rovinata turgida di “desiderio di crescere, fare, essere”. Tanti ricordi si affacciano nella mia mente, ricordi di un’infanzia oramai alle spalle, che non ritornerà più, ma che vive ancora dentro di me grazie a delle immagini che conservo intatte.
    Salgo per le scale, appoggiandomi al passamano unto e gelido, porto lo sguardo in alto cercando di intravedere la fine, e intanto chiudo gli occhi e respiro: l’odore, come al solito, mi aiuta a rinfrescare i ricordi. Un odore aspro e pungente, proveniente forse dalla palestra, mi insegue e affretta il mio passo: salgo, veloce, due scalini alla volta, cercando di continuare a centellinare il gusto per la sorpresa.
    L’avventura della biblioteca “Giona” ha avuto inizio quando io ancora frequentavo la scuola elementare: era nata in un angolo del secondo piano dell’edificio, alcuni scaffali colorati disposti a staffa di cavallo raccoglievano i primi volumi suddivisi in categorie di accesso. Ricordo che la sezione over 14, di cui io ignoravo il significato, era relegata in cima e c’era stata più volte negata dalla signora Paola, maestra bibliotecaria, con asserzioni tipo “siete troppo piccoli ancora”, “non potete leggere quei libri”, “guarda questi colorati, quelli non hanno alcuna immagine”. Ecco, giustificazioni siffatte erano, secondo me, motivo per incuriosire i lettori più piccini piuttosto che intimidirli. Il gusto di trasgredire, anche a costo poi di rimanere effettivamente delusi, valeva quanto leggere o sfogliare dieci di quei libricini cartonati, tutti colorati e animati, che piacevano tanto alle bambine e alle maestre. Noi, piccoli mocciosi, ci sentivamo già da letture da grandi, da intense storie con finale a sorpresa. Sta di fatto che, una bella sgridata e una barcata di libri cartonati da leggere durante l’estate come compito di punizione, mi fecero presto passare la voglia di indagare sezioni della biblioteca proibite.
    Poi iniziai a crescere, purtroppo, e insieme a me anche la biblioteca “Giona” diveniva sempre più grande e robusta, si rimpinzava sempre di nuovi volumi, offerti o acquistati, con nuove sezioni e nuovi spazi dedicati alla lettura. Essere biblioteca in un piccolo paesino come Noha, non era facile: era come essere la principessa sul pisello senza i sette materassi … capite bene che non è la stessa cosa, non si è credibili allo stesso modo! Quindi oltre al pisello, servivano i materassi e presto, grazie all’impegno delle maestre, dei genitori degli alunni e degli alunni stessi, la Biblioteca mise in piedi un progetto che aveva come obiettivo l’affermazione di “Giona” all’interno di Noha, come realtà indispensabile e da sostenere per il bene di tutta la comunità. Ed ecco quindi che “Giona” esce dalle sue quattro mura e i suoi libri iniziano a vagabondare per le vie del paese, attraverso le voci dei suoi lettori la biblioteca comincia a parlare a tutti, a entrare nelle case di tutti senza bisogno di bussare.
    “Giona” diviene quindi un simbolo, quello della crescita culturale di un paese di contadini e pastori che vogliono mettersi al passo, sollevare la testa da terra, guardare avanti e incominciare ad affermarsi anche fuori dalle propria mura come una realtà in forte sviluppo. I libri diventano per Noha il pretesto giusto per svoltare, per dare un futuro diverso ai propri figli.
    Arrivo, quindi, con l’affanno al secondo piano della scuola di Noha. Mi accorgo subito che ora la biblioteca “Giona” non è più relegata in un angolo buio, ma ha allargato i suoi confini per poter contenere tutti i libri e offrire nuovi servizi ai suoi lettori. Quella che una volta era la sala degli insegnanti è divenuta ora la stanza riservata ai lettori più piccoli, e conserva ancora gli scaffali colorati per sezioni, mentre dall’anno scorso per i lettori adulti è stata allestita una nuova confortevole sezione, dotata persino di un comodissimo divano su cui adagiare le proprie letture.
    Insomma, mi rendo conto che, come i suoi lettori, la biblioteca “Giona” continua a crescere, senza mai venire meno, però, a quel tocco di fanciullezza e spensieratezza che l’ha vista nascere e affermarsi nel territorio.
    continua…

    Michele Stursi

     
    Di Redazione (del 12/07/2019 @ 22:01:50, in Comunicato Stampa, linkato 918 volte)

    In merito alle recenti esternazioni del consigliere comunale Giampiero De Pascalis riguardo le condizioni di sicurezza dell'impianto sportivo di Collemeto e delle condizioni del manto erboso dello stadio comunale Pippi Specchia di via Chieti, l'amministrazione comunale respinge al mittente tutte le accuse riguardo una presunta disattenzione nei confronti di tali strutture.

    Per quanto riguarda l'impianto sportivo di Collemeto, già nel passato oggetto di atti vandalici e di aperture forzate dei cancelli, il personale tecnico del Comune, appena avuta notizia, è prontamente intervenuto per chiudere i varchi e per rimettere in sicurezza la struttura. Gli interventi, purtroppo, sono periodici e sono diretta conseguenza di continue azioni vandaliche già registrate nel passato. Dispiace che il consigliere De Pascalis polemizzi con l'amministrazione comunale per le condizioni di sicurezza dell'impianto e non spenda una parola invece per stigmatizzare i comportamenti di gruppi di persone che non rispettano una struttura che dovrebbe invece essere maggiormente rispettata in quanto patrimonio della collettività.

    Per quanto riguarda il manto erboso del Pippi Specchia, nei giorni scorsi il Comune ed i tecnici comunali hanno effettuato un sopralluogo ed hanno programmato un intervento di sistemazione che partirà nelle prossime ore. I lavori, già programmati da tempo, riguarderanno la rasatura e risemina del manto erboso ove necessario. Le strutture comunali sono a cuore dell’amministrazione comunale e molteplici sono gli interventi di manutenzione che negli ultimi mesi sono stati eseguiti senza clamore; tale azione proseguirà anche in futuro.

    Loredana Tundo, assessore ai Lavori Pubblici

    Maria Giaccari, assessore allo Sport

     
    Di Antonio Mellone (del 11/01/2016 @ 22:00:02, in NohaBlog, linkato 4196 volte)

    Abbiamo atteso con pazienza il solito ritardatario. Però poi alla fine, come stella cometa, è apparsa sul sito del Comune di Galatina (http://www.comune.galatina.le.it/) anche l’ultima delle dichiarazioni dei redditi dei nostri magnifici quattro (politici nohani).

    Il cosiddetto Decreto Trasparenza (D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 – art. 14 in particolare) prevede la pubblicazione di questi e di altri dati (per esempio il curriculum vitae, la situazione patrimoniale, i depositi bancari, vabbé) “dei titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale regionale e locale […] entro tre mesi dal conferimento dell'incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dell'incarico”.

    In pratica ne avremo da qui fino all’eternità, o almeno per tutto il prossimo ventennio (più tre anni successivi alla cessazione dell’incarico), visto che l’affezionato elettorato locale non fa mai mancare il suo consenso ai propri beniamini, invero mai avari di promesse con la mano sul cuore e sempre prodighi di pacche sulle spalle condite da locuzioni del tenore: “Tranquillo, ci penso io” (sicché talvolta il diritto del cittadino assume le fattezze di una gentile concessione o di un favore ad personam. Ma questa è un’altra storia).

    Eppure a dare un’occhiata veloce ai guadagni dei nostri parlamentari comunali si direbbe che fare il politico nohano non è poi un così grosso affare (o arraffare come insinua il solito maligno). Tutt’altro. Dall’osservazione dei numeri, in effetti, non si capisce granché: e soprattutto se qualcuno fa il falso povero o il falso ricco (posto che a entrambe le categorie va tutta la nostra comprensione, oltre che l’umana solidarietà).   

    *

    Prendiamo i dati del dottor Giancarlo Coluccia, farmacista di professione e politico per vocazione.

    Orbene, nella dichiarazione del 2015 (che, come noto, rileva i numeri del 2014) il reddito annuo lordo, salvo errori od omissioni, passa dai 36.773,00 euro del precedente 2013 ai 44.025,00 euro, con un bell’incremento del 19,72%. Mentre il reddito al netto dei costi e degli oneri deducibili, il cosiddetto reddito imponibile, passa dai 26.817,00 euro ai 36.002,00 euro. Sicché l’imposta netta liquidata nel 2015 quasi raddoppia, da 5.525,00 euro a 10.087,00 euro: una boccata d’ossigeno per le casse dello Stato.

    Possiamo, dunque, affermare che il locale rappresentante dello scudocrociato [sic!], che vive con 25.915,00 euro all’anno, pari a circa 2.160,00 euro al mese, si conferma lo zio Paperone dei consiglieri comunali nostrani.

    *

    Le cifre dell’avvocato Antonio Pepe, sindaco mancato per un pelo, evidenziano invece, sempre salvo errori, una significativa diminuzione della voce redditi lordi (stiamo sempre parlando della dichiarazione 2015, relativa ai dati del 2014) passati dai 33.918,00 euro del 2013 ai 27.111,00 euro del 2014, con una differenza negativa di oltre il 20%, derivante principalmente dalla sua attività forense.

    Il reddito imponibile, ottenuto come differenza tra il reddito lordo e le spese deducibili, passa così dai 32.436,00 ai 23.995,00 euro attuali, sicché l’imposta netta pagata all’erario quasi si dimezza, da 8.023,00 a 4.364,00 euro. A conti fatti, l’ex-scudocrociato nohano [sic!] vive della sua libera professione con uno “stipendio mensile” di 1.635,00 euro.     

    *

    Passando alla disamina dei dati consegnati dal geometra Luigi Longo, si osserva un bel balzo in avanti, pari al 21,30% del suo reddito lordo, passato da 10.965,00 euro a ben 13.303,00 euro (salvo errori o omissioni). Il reddito imponibile - decurtato cioè degli oneri deducibili - da 8.659,00 euro del 2013 raggiunge il picco dei 9.715,00 euro nel 2014.

    Considerate esenzioni ed eventuali compensazioni, l’Irpef pagata dal “geometra comunale nohano” è pari a zero (come a maggior ragione era pari a zero anche quella del precedente anno). Il consigliere di RC, Luigi Longo, vivendo dunque con 809,00 euro al mese (decisamente meno di un operaio Fiat neoassunto a tutele crescenti) si conferma degno rappresentante dei proletari de’ noantri.

    *

    Dulcis in fundo, diamo un’occhiata ai numeri della nostra cara delegata alla frazione di Noha, al secolo avvocato Daniela Sindaco.

    In effetti, pare che inizino a produrre i loro benefici effetti le manovre di politica economica del governo Renzi (dal Jobs-Act ai famosi 80 euro), se è vero come è vero che i “compensi derivanti dall’attività professionale o artistica” della nostra predi(e)letta consigliera sembrano, salvo nostri errori, finalmente forieri di un bel periodo di vacche grasse. E che vacche, visto l’incremento di oltre il 50% del reddito lordo, balzato da 2.343,00 del 2013 (mentre l’anno precedente era pari a zero) a ben 4.797,00 euro.  

    Il reddito imponibile, al netto cioè degli oneri deducibili, da 1.902,00 euro del 2013 giunge al picco di ben 4.356,00 euro nel 2014.

    Invece l’imposta da versare allo Stato, come nei due anni precedenti, è pari a zero a causa della “No-Tax area” (che non significa che Noha è un paradiso fiscale, ma che, sempre salvo errori, i redditi di lavoro autonomo sono esenti da Irpef se inferiori a 4.800,00 euro). Quando uno dice la combinazione.

    Dunque la nostra deputata locale riesce a vivere con 363,00 euro al mese. Tanto di cappello, ci mancherebbe, per chi riesce a stringere la cinghia in tal modo.

    Poi però uno si chiede da dove la Daniela nostra potrà prendere i soldi per finanziare di tasca propria, come ipotizzato in consiglio comunale, la famosa cabina elettrica del centro polivalente di Noha in black-out totale da oltre 100 giorni. Probabilmente, uno pensa, – e noi glielo auguriamo di cuore - sarà ricca di famiglia.

    Ecco: alla luce di questi dati e di certe dichiarazioni verbali si comprende quanto il governo centrale (ma anche quello comunale) sembri attrezzato per compiere veri e propri miracoli, dando uno schiaffo morale allo scetticismo di noi altri gufi, e realizzando in men che non si dica tutti i Tweet del premier che mezzo mondo c’invidia: da #passodopopasso a #cambioverso, da #lavoltabuona a #Italiariparte.

    E soprattutto #Fiscostaisereno.

    Antonio Mellone

     

    Giancarlo Coluccia

    Download PDF file.

     

    Antonio Pepe

    Download PDF file.

     

    Luigi Longo

    Download PDF file.

     

    Daniela Sindaco

    Download PDF file.

     

    Al via il progetto AMICI WE CARE. Per la prima volta in Europa una ricerca della Associazione AMICI Onlus indagherà sui reali bisogni del paziente. In Italia le MICI colpiscono oltre 200 mila persone.

    Milano, 12 dicembre 2016 Ai nastri di partenza la campagna nazionale “Amici We Care”, promossa dell’associazione Amici Onlus e dedicata alla qualità della cura per i pazienti di MICI (malattie infiammatorie croniche intestinali).

    Con la campagna “Amici We Care” l’Associazione  intraprende un percorso di coinvolgimento attivo dei pazienti di MICI in Italia chiedendo direttamente ai pazienti, affetti da malattia di Crohn e  colite ulcerosa, quali sono gli elementi importanti e migliorabili  sia nei servizi che essi ricevono dalle strutture pubbliche in cui sono assistiti, sia nella tipologia di cura che ricevono.

    Gli aspetti che interessano principalmente queste patologie croniche sono molteplici, in particolare come sottolinea in una nota la Presidente di AMICI Onlus, Enrica Previtali: “Il livello di cura raggiunto oggi in Italia per i pazienti di MICI è alto, tuttavia riteniamo che una certa qualità raggiunta non debba essere un punto di arrivo ma rappresenti il punto di partenza per migliorare” e aggiunge “il nostro lavoro di questi anni ci ha portato alla definizione di quello che riteniamo un vero e proprio decalogo della cura per i pazienti di MICI, ma ci siamo resi conto che questi elementi dovevano essere condivisi da parte di tutti i pazienti andando a chiedere loro cosa e come migliorare”.

    Fra questi aspetti, molto può essere fatto in termini di ascolto, disponibilità del team medico e attenzione sotto il profilo psicologico, per questo motivo la campagna vede attivo il Laboratorio di Culture Organizzative e di Consumo, Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano, che ha predisposto un questionario on line attivo alla pagina del sito dedicato www.amiciwecare.com attraverso cui è possibile contribuire alla stesura dei nuovi parametri di qualità della cura.

    Amici We Care ha ottenuto il patrocinio di IG-IBD (Italian Group for the study og Infiammatory Bowel Disease) ed è stata realizzata con il contributo incondizionato di AbbVie.

    L’indagine verrà condotta distribuendo  materiali informativi in tutti i centri di gastroenterologia dedicati, presso le sedi dell’Associazione dislocate sul territorio nazionale e tramite il web e social network

     

    Per info:

    Salvo Leone

    Email salvo.leone@amiciitalia.net

    Tel 3351331589

     
    Di Rosario Centonze  (del 28/01/2016 @ 21:59:36, in Eventi, linkato 2189 volte)

    PROGRAMMA

    Ore 17.30 Coroncina al Sacro cuore di Gesù (Chiesa Madre)

    Ore 18.00 Processione con il seguente itinerario: Chiesa Madre, via Pigno, via Carso, via Giotto, via Colombo, via Congedo, via Benevento, via F. Filzi, via Maddalena, via D’Annunzio, via Bellini, via Catania, via A. Magno, via Della Pace, Chiesa Madonna delle Grazie.

    Ore 18.45 Solenne Celebrazione eucaristica presso la Chiesa Madonna delle Grazie

    Ore 19.45 Spettacolo di Fuochi pirotecnici a cura della Ditta Piero Coluccia da Galatina (LE)

    Ore 20.00 Music & Fish serata di musica e cabaret con ALEX e ZAGO in Oratorio

     

    Il Parroco e l’Apostolato della Preghiera ringraziano la Comunità parrocchiale per la partecipazione

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 16/03/2020 @ 21:58:24, in NohaBlog, linkato 1741 volte)

    La morte di don Donato Mellone fu per me come un tuono nel cuore e il fatto di non aver potuto partecipare al suo funerale mi lasciò per giorni come in una nottata tempestosa. Oggi apprendo della morte di Antonio Guido e vedo Noha con una finestra chiusa: è un’epoca che oggi è finita del tutto poiché don Donato e lu Pasulu erano due universi dipinti su una medesima tela. Questa tela oggi è stata staccata dalla parete e appesa chissà dove, sicuramente anche nei miei cari ricordi.

    Hanno condiviso lo spazio e il tempo. Amore e odio, sacro sarcasmo e indicibile rispetto l’uno per l’altro. Don Camillo e Peppone di una Noha passata e che mi manca indicibilmente; fintamente nemici, amorevolmente fratelli, come di sangue, più che di sangue.

    Ho avuto molte famiglie perché famiglia è dove si trascorre il proprio tempo. Io ho trascorso anni interi con loro due e loro sono stati una delle mie tante famiglie, non perfette poiché la perfezione non fa parte dell’umano. Loro sono come quei protagonisti di un film che non ha tempo. Uno con gli abiti di un prete, l’altro vestito come il più pio dei laici in circolazione. Per anni sono stato a messa ogni giorno e loro insieme a me: parlavano pochissimo tra loro e le poche cose che si dicevano erano di un’ironia che nessun comico al mondo potrebbe eguagliare. S’intendevano con uno sguardo accennato.

    Erano due veri cristiani.

    Ricordo con quanta dignità e cura il laico vestiva delle vesti sacre il chierico, come adagiava la casula sul capo attento a non sfiorare gli occhiali del prete, come porgeva il cingolo tra le sue mani sui fianchi. E poi lo ricordo sull’ambone a scandire ogni singola parola della lettura del giorno come un megafono fiero prestato al sacro. Si è chiusa una finestra a Noha, l’ennesima da cui si vedeva un bel paesaggio. Ringrazio Iddio per avermi dato almeno la possibilità di stare affacciato a quella finestra per qualche tempo.

    Ciao Antonio. Appena giunto lassù sai già cosa ti aspetta: c’è don Donato con la sua risata a dirti “era ora, finalmente sì rrivatu!”. Non oso immaginare come gli risponderai.

    Fabrizio Vincenti

     
    Di Redazione (del 22/11/2017 @ 21:57:24, in Comunicato Stampa, linkato 1948 volte)

    Dal 20 al 26 Novembre le associazioni culturali “Archeoclub Terra D’Arneo”, "La Fornace", "Fare Ambiente-Laboratorio di Galatina", "Giovani Galatinesi Gi.Ga” , con il patrocinio del Comune di Galatina, vi danno appuntamento per celebrare insieme la Giornata contro la Violenza sulle Donne. Un momento importante di riflessione collettiva su un tema che ci presenta quasi quotidianamente i suoi tristi numeri: nel 2017 l’agghiacciante media di una vittima ogni tre giorni, 120 donne uccise nel 2016, 7 milioni di donne che, secondo dati Istat, hanno subito almeno una volta violenze e abusi.

    “La violenza di genere rappresenta uno degli ostacoli più meschini tra il nostro paese e la civiltà” afferma il Presidente di Gi.Ga Edoardo Mauro ”una situazione piena di viltà e gravi silenzi di cui (e lo dico da uomo) mi vergogno tantissimo. Come associazione giovanile ci siamo sempre mossi con grande attenzione sul tema, consapevoli del fatto che una corretta testimonianza all’ interno del mondo giovanile possa essere fondamentale per abbattere stereotipi e preconcetti. Solo con una giusta educazione collettiva si può combattere questa assurda piaga sociale: ecco spiegato il perché di questi momenti, per esserci non solo come singoli ma soprattutto come comunità”

    È chiara sugli intenti di questa manifestazione Simona Ingrosso della Fornace “In comune con le associazioni ideatrici ci siamo ritrovati uniti in un'unica idea e obiettivo, parlare e far parlare della violenza sulle donne. Il messaggio che vogliano lanciare è "Noi ci siamo" per denunciare lo STOP alla violenza sulle donne. Le installazioni fisse comunicano e sensibilizzano: oggi la donna riveste ruoli importanti, ma nelle sue mura ritorna ad essere amica, compagna, moglie, figlia, madre e nonna e lì escono le sue fragilità, la sua bellezza. Il nostro scopo è rivolgersi non solo alla cittadinanza ma anche a tutti coloro che vogliono accogliere questa nostra posizione: ecco spiegata la scelta di luoghi come il centro storico, giornalmente passeggiato da turisti che possano testimoniare come Galatina sia attenta a queste tematiche. La biblioteca comunale è luogo incontro dei più giovani perché dobbiamo partire da loro se vogliamo che false verità vengano screditate con una giusta cultura sul tema”

    Presente anche Maria Antonietta Martignanò, Presidente dell’Associazione Archeoclub Terra D’Arneo “L’Associazione Culturale Archeoclub Terra D’Arneo, in occasione del mese dedicato contro la violenza sulle donne, propone “SCATENIAMOCI”, un evento che vede la nascita di alcune istallazioni volte a sensibilizzare sul tema della violenza di genere in altrettanti luoghi del Comune di Galatina, frazioni comprese. Abbiamo pensato alla parola scateniamoci perché volevamo avesse più significati, tutti positivi. Scateniamoci nel senso letterale: togliamo le catene con coraggio! Coraggio di parlarne, coraggio di denunciare, coraggio di metterci la faccia. Scateniamoci con frasi, pensieri, aforismi sulle donne e contro la violenza sulle stesse. Presso il Palazzo Gorgoni e presso la Biblioteca ci saranno degli spazi per scrivere, lasciare il vostro pensiero, il vostro no!”

    Particolarmente rilevante sarà la giornata del 25, dove SCATENIAMOCI prevedrà l'occupazione delle piazze di Galatina, Noha e Collemeto. Siete tutti invitati a partecipare con la testa, con il cuore, con un fiore!

    (Si ringraziano la Fioreria Andrea Cafaro, CentroColore Ferramenta, Arte Rustica Santoro, Libreria Fabula e i singoli cittadini che, donando le loro scarpe, hanno contribuito alla realizzazione delle installazioni)

    -"Archeoclub Terra D’Arneo”;
    -"La Fornace";
    -"Fare Ambiente-Laboratorio di Galatina";
    -"Giovani Galatinesi-Gi.Ga"

     
    Di Redazione (del 11/01/2017 @ 21:57:03, in Comunicato Stampa, linkato 1640 volte)

    Visita guidata di Galatina + degustazione presso Ristorante Anima&cuore

    Che effetto fa gustare qualcosa di buono in un pezzo di storia, un luogo leggendario per tutto il Salento?

    Per scoprirlo venite con noi domenica 15 Gennaio 2017 per le vie del centro antico di Galatina, tra vicoli, corti e piazze, terminando il tour guidato presso il ristorante Anima & cuore, sito all’interno di palazzo Tondi-Vignola, il settecentesco edificio che ingloba la cappella di San Paolo. È da qui, dal pozzo dove le donne (solo donne?) morse dalla tarantola si recavano per bere l’acqua guaritrice, che racconteremo suggestioni d’un tempo ormai lontano, tuttavia oggetto di indagini per antropologi e studiosi di musica mentre la pizzica è diventata negli ultimi anni la colonna sonora di un Salento che, forte della sua identità, di un patrimonio culturale e naturalistico vastissimo e del folklore, rapisce il cuore dei suoi visitatori.

    Arte, storia e territorio. Eccola, in tutto il suo splendore, Galatina.

    C’è tanto da vedere, l’incanto degli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, il barocco nelle chiese piccole e grandi, nei conventi, nelle cappelle. Un’incursione al Museo Civico “Pietro Cavoti”. Riaperto al pubblico il 19 giugno 2016 il museo è allestito nelle sale del piano superiore del Palazzo della Cultura “Zefferino Rizzelli”, già Convento dei Domenicani - ex Convitto Colonna. Custodisce reperti archeologici – degna di nota la lastra con iscrizione messapica –, frammenti lapidei provenienti dai palazzi aristocratici e dalle chiese di Galatina, una pinacoteca, gli acquarelli di Pietro Cavoti (1819-1890) e le opere di Gaetano Martinez (1892-1951).

    Per info, costi – prenotazione obbligatoria

    IAT Informazione e Accoglienza Turistica

    GALATINA, c/o Torre dell’Orologio - via Vittorio Emanuele II, 35

    T. +39 0836 569984 - +39 392 9331521 – E: iat.galatina@gmail.com

     
    Di Albino Campa (del 27/01/2011 @ 21:56:15, in Comunicato Stampa, linkato 3311 volte)

    Parte il concorso fotografico di beneficenza “Vecchi e Antichi Mestieri”, organizzato dall’associazione A.E.C. in collaborazione con l’associazione “cuore e mani aperte Onlus” di Don Gianni Mattia per l'acquisto di una Bimbulanza.

    “Il primo appuntamento per promuovere la nostra iniziativa – dice l'avv. Valentina Castorina, presidente A.E.C. Provincia di Lecce e vice presidente Puglia – sarà il  29 gennaio p.v., dalle ore 9.30 con continuazione fino alle 20.30, presso il Centro Commerciale Ipercoop Lecce Mongolfiera Surbo.
    In tale occasione saranno presenti anche i volontari clown dell’associazione “cuore e mani aperte Onlus” che, oltre ad animare e rallegrare la giornata, daranno maggiori informazioni sul progetto di acquisto di una Bimbulanza, una vera e propria ambulanza attrezzata per rendere meno traumatico il viaggio dei bambini bisognosi di cure verso strutture mediche e/o ospedaliere l'ospedale.
    Il concorso fotografico, aperto a tutti i fotografi dilettanti, amatori e professionisti, consentirà di raccogliere fondi destinati all'acquisto della “Bimbulanza”.
    Le fotografie costituiranno un vero e proprio viaggio fra quelli che un tempo erano gli antichi mestieri praticati nel nostro territorio, così ricco di spunti interessanti, di tradizioni e di magiche atmosfere
    Nelle prossime settimane – continua l'avv. Castorina – seguiranno ulteriori incontri grazie, anche, al supporto e sostegno di numerose associazioni e gruppi che, con entusiasmo, stanno partecipando alla raccolta fondi”.
    Potrete trovare tutte le informazioni dettagliate ed il regolamento del concorso sul sito www.tutelare.it.

    Avv. Valentina Castorina
    Vice Presidente AEC per la Regione Puglia
    Presidente AEC per la Provincia Lecce
     
    Di Albino Campa (del 27/05/2011 @ 21:54:57, in Comunicato Stampa, linkato 3217 volte)
    Sinistra Ecologia Libertà di Galatina, dopo la nascita ufficiale del partito e la sua grande crescita in termini di consenso popolare, rende noto che finalmente da oggi, anche a Galatina si può partecipare attivamente alla nascita di questo nuovo soggetto politico che riunisce sotto la stessa bandiera tutti quelli che si sentono di Sinistra, ma che non si riconoscono nell’antico emblema della falce e martello. Un partito nuovo, nato nel XXI secolo con la voglia di affermarsi in questo secolo. Un nuovo modo di fare politica, una politica che parte dal bisogno della gente, che coinvolgerà i cittadini rendendoli protagonisti delle loro scelte. Anche a Galatina, siamo pronti a far crescere un soggetto politico, forte, un progetto avanzato per discutere progetti sulla società, l’ambiente, la salute, la cultura, il lavoro, lo sviluppo, per sentirsi parte integrante di un cambiamento epocale, per avere sia una Galatina migliore che una Puglia migliore e magari, perché no, un domani, un Italia migliore, sembra insomma arrivato il momento, per fare una politica attenta, capace, dove il cittadino-elettore non si sente soggetto passivo di scelte altrui, ma pronto egli stesso ad intervenire ed essere soggetto propositivo di progetti che lo coinvolgono direttamente. Apre così a Galatina il circolo SEL in via Lillo 24 nel cuore del centro storico della città . L’apertura del circolo è prevista per sabato 28 maggio 2011 alle ore 20.30 con un breve discorso introduttivo dei responsabili locali, seguito dal taglio del nastro da parte di Alba Sasso assessore regionale ” Per il diritto allo studio “. Presenti alla manifestazione Sonia Pellizzari Presidenza Nazionale Sinistra Ecologia Libertà, Anna Cordella portavoce Provinciale SEL. Alle 21 si esibiranno gli AMISTADE con la loro musica tratta dal vasto repertorio dei cantautori italiani. Infine circa alle 22 il gruppo musicale ” AEDO ” con la particolarità delle sue sonorità etno-arcaiche. Il tutto si svolgerà nella piazza adiacente al circolo SEL cioè Piazza Cavoti, molto scenografica, chiamata dai galatinesi ” Staffa di Cavallo ” per la sua particolare conformazione. Sinistra Ecologia Libertà a Galatina, si impegnerà a produrre politiche ambientali capaci di restituire il sorriso e togliere la preoccupazione per il futuro. Discuterà di argomenti come la salute, un argomento che appassiona tutti, perchè legato al nostro benessere psico-fisico. Il nostro impegno va anche nella direzione di creare una società con pari diritti e pari dignità. Una cultura finalmente protagonista del futuro, perchè senza di essa, ci sarebbe solo ignoranza e barbarie. Il tema del lavoro, sempre più precario, senza sicurezze, in questo momento così nebuloso, con la creazione di nuove attività legate alle nuove tecnologie, che possono dar vita a nuove opportunità di lavoro e crescita professionale. Tutto questo per uno sviluppo della società e per migliorare le condizioni sociali del cittadino. Entra nel partito che racconta in tre lettere il suo programma: Una politica finalmente di SINISTRA vicina ai bisogni della gente. ECOLOGIA un ambiente salubre per un futuro migliore nostro e dei nostri figli. LIBERTA’ dalle mafie, dalle menzogne, libertà di pretendere diritti e verità, senza chiedere permesso.
    Sinistra Ecologia Libertà Galatina
     
    Di Redazione (del 24/11/2018 @ 21:54:49, in NoiAmbiente, linkato 1316 volte)

    NOI di Fareambiente intendiamo  violenza ogni atto criminoso rivolto verso qualsiasi genere e quindi  verso l’UMANITA’, comprese le attività distorte dall’idea di fare utili a scapito dell’Ambiente, che è VITA.

     
    Di Antonio Mellone (del 10/07/2021 @ 21:53:45, in Fetta di Mellone, linkato 898 volte)

    Ebbene sì, e nel periodo più bello dell’anno: maggio e quota parte di giugno 2021. Mo’ non dite che non ne sapevate nulla ché a Noha per esempio lo sapevano pure i cuccetti. Tranne, forse, il mio confessore (i confessori sono sempre gli ultimi a sapere le cose, seppur ne fossero messi a conoscenza dai diretti interessati).

    E dunque il virus s’era preso una cotta per me, innamorato proprio, non mi voleva lasciare nemmeno con le bustine di Aulin. Fortunatamente poche noie dal punto di vista clinico, febbre ballerina per una settimana, un po’ di spossatezza (se no che gusto c’è a fare l’influenza senza neanche sentirla nelle ossa) e null’altro di rilevante. Almeno dal punto di vista fisico: psichico invece sarà tutto da scoprire vivendo. Solo che quella che voi chiamate quarantena per me è stata una quaresima: 40 (dico quaranta) giorni di domiciliari. In tal modo sono andato ad aumentare la già ragguardevole media mobile delle custodie cautelari nohane.

    Insomma, dopo il 298esimo tampone, finalmente un esito positivo, vale a dire negativo (eh sì, in medicina il negativo è positivo e il positivo negativo, più o meno come nei referendum).

    Ora non chiedetemi come possa essermi contagiato, ché non lo saprò mai, giacché un anacoreta al mio confronto sarebbe un gaudente epicureo da discoteca spacciata per stabilimento balneare; quanto all’uso dei dispositivi di protezione farei invidia contemporaneamente all’uomo mascherato (quello dei fumetti), a un saldatore siderurgico e a un chirurgo cardiovascolare in sala operatoria. Per non parlare poi dell’utilizzo di alcol etilico quale disinfettante (fuori e dentro il corpo), della sanificazione della scrivania prima e dopo l’uso, e del fatto che in ufficio gli avventori entrassero uno per volta e solo su appuntamento (quando si dice casa d’appuntamenti). Sta che nonostante i sistemi profilattici una variante ha bussato alla mia porta penetrandovi poi con tutte le corna, vale a dire la famosa corona.

    Ma il mio dramma non è stato tanto l’esser rimasto solo come un mastino tibetano nella mia casetta downtown Noha per così tanto tempo, né quello, proprio all’inizio della storia, di aver fissato per ore il vuoto pneumatico temendo che i miei piani e quelli del Padreterno divergessero oltremodo, né la roba definita smart-working che ti fa lavorare come Kunta Kinte però con risultati tendenti allo zero assoluto, né il terrore di rimanere a corto di libri o di giornali cartacei. Tutto questo è stato alleviato intanto dall’attributo dell’evento (vale a dire paucisintomatico), ma soprattutto da amici e parentado sempre presenti seppur a distanza: e così uno ti porta il giornale lanciandotelo in veranda dopo avergli impresso l’aerodinamicità dell’aeroplanino, un’altra ti spedisce in dono un libro in “piazza del Duomo a Noha” [che non esiste] e il libro ti arriva puntualmente giusto in tempo per risparmiarti la lettura della garanzia (in ideogrammi giapponesi) dell’obsoleto e invero già rottamato cellulare, zia Egle ti telefona prima e dopo i pasti per vedere se respiri ancora, un’amichetta del cuore ti fa pervenire i cornetti e ti chiedi se questi abbiano o meno un significato recondito, per non parlare del vettovagliamento matriarcale giornaliero, talvolta sostituito a sorpresa da quell’altro con dentro il sapore del mare, preparato da ragazzi incredibili come Sara e Manuele.  

    Sicché l’unica vera tragedia di tutta questa vicenda ha un nome e un cognome: Pulizie Domestiche. Quelle quotidiane. Puntuali. Rigorose. Intransigenti. Imprescindibili. Con le quali, confesso, non avevo avuto dimestichezza e men che meno corrispondenza d’amorosi sensi se non come utilizzatore finale.

    Ho dovuto chiedere lumi sul da farsi a qualche mia conoscenza onde evitare di mettere a repentaglio tubature, smalto dei sanitari, splendore dei lavelli, lucido della mobilia ed estetica dei pavimenti. Mai e poi mai mi sarei sognato di chiederne info alla regina madre, ché quella mi avrebbe trascinato in una dissertazione più estenuante di un seminario in Dad della durata non inferiore al lasso temporale che va da qui fino all’ora della nostra morte amen.  

    Insomma, non è che la curiosità sul tema specifico mi stesse mangiando vivo, ma ho imparato più cose in questi giorni di cattività nohese che all’università, tipo che la polvere più o meno sottile non è un prodotto finito ma un processo continuo inesorabile e spietato.

    Un altro dei misteri dolorosi, che credo rimarranno irrisolti in saecula saeculorum, è la quantità di peluria che si deposita su tutte le superfici. Ma quanta. Un discreto mucchietto ramazzato ogni santo giorno (credo di non aver mai scopato tanto in vita mia: sul pavimento dico), onde, sbalordendomi e non poco, arrivavo a dire allo specchio che se fosse tutta produzione autoctona a quest’ora dovrei essere completamente glabro (il che non è). Né potrebbe trattarsi dei rinomati peli sulla lingua, ché quelli dovrebbero esser metaforici e non letterali.

    Alla fine della quarantena/quaresima, dopo aver sgobbato come un cavamonti per mantenere lindo il tutto, la regina madre nonché la bravissima signora che l’aiuta nelle faccende casalinghe, irrompono in casa mia (Dio ve ne scampi e liberi: meglio la Guardia di Finanza) entrambe con una mano al naso manco fossero atterrate da Mercurio direttamente in un impianto di compostaggio anaerobico, e con l’altra mano occupata rispettivamente dal Mastro Lindo concentrato e da uno strano strumento che avevo scambiato per la Vorwerk Folletto.

    Nossignore, era un lanciafiamme. Per spegnere il focolaio.

    Antonio Mellone

    P.S. Nell’immagine misuro la temperatura.

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 12/06/2017 @ 21:53:09, in NohaBlog, linkato 4800 volte)

    Galatina avrà il suo capo. Il voto dei cittadini premierà la repubblica o la monarchia (chi rappresenta cosa non lo so)? Un’analisi dei risultati ottenuti dai vari candidati, però, a questo punto è doverosa. Lo spasso, infatti,  che ci hanno regalato i vari comizi e confronti elettorali ha fatto sembrare Antonio de Curtis, in arte Totò, un dilettante.

    Iniziamo con colei che ha preso meno voti, Sindaco Daniela.

    Considerato che la suddetta si è presentata con ben sette liste, l’aver preso meno voti di tutti non è una sconfitta, ma una disfatta. Infatti, se solo avessero votato tutti i parenti dei soli candidati nelle sue varie liste civiche, mamme e papà, fratelli e sorelle, zii, nonni e cugini e cognati degli aspiranti consiglieri o assessori, la candidata avrebbe dovuto prendere almeno il doppio dei voti ottenuti. Poiché ciò non è accaduto, si capisce che la signora Daniela non ha convinto neanche quelli di famiglia: o non ha funzionato il suo programma, o non hanno funzionato i suoi candidati, o non ha funzionato lei. Una cosa è certa: lei vuole la politica, ma la polis non ha voluto lei e, poiché esistono infinite arti, questo forse sarebbe l’invito a fare altro nella vita.

    Segue, a pochi voti di distanza, Roberta Forte.

    È un volto conosciuto ai galatinesi, folta chioma e sorriso smagliante. Se io però avessi dovuto scegliere tra l’appoggiare il programma spaziale americano e il suo di programma, di certo mi sarei schierato per il primo in quanto, mentre la conquista dello spazio sembra avere possibilità di successo, il secondo contempla le stelle senza telescopio. Se poi consideriamo il fatto che il suo modello di sostenibilità e sviluppo è Napoli, allora è chiaro che Roberta ha le idee poco chiare in quanto il capoluogo partenopeo non è proprio un gioiello di welfare. Essendo queste le premesse, tutti quei voti sono anche troppi poiché vaneggiare è mestiere molto deprimente. L’invito emerso dalle urne però è chiaro: è vero che tentar non nuoce, ma è vero altresì che perseverare è diabolico.

    Eccoci a Paolo Pulli del M5S.

    È il vero vincitore. Considerato che il signor Paolo si è presentato con una sola lista, coerente con il movimento pentastellato, più di milleseicento voti sono una vittoria. È un volto, il suo, che trasmette onestà e trasparenza (consapevole del fatto che non si giudica dall’apparenza). Il suo programma è comprensibile, realista, visionario, una ventata di novità che suscita interesse in un paese in cui l’età media della popolazione guarda al cimitero mentre i giovani che la Fornero definì choosy emigrano come rondini in primavera. Quanto emerge dalle urne è un invito a Pulli a crederci ancora, poiché una grande fetta d’elettorato crede in lui.

    Giunti al podio, al terzo posto Paola Carrozzini.

    Presentatasi con cinque liste, la signora Paola pensava che il simbolo del partito democratico gli avrebbe garantito la vittoria. Ma poiché dietro a quelle due lettere (PD) incombe l’ombra diabolica del Burns Renzi Simpson, e considerato che Renzi equivale a fandonie, allora è chiara la sconfitta: se Renzi è uguale a frottole e PD è uguale a Renzi, allora la candidata del centrosinistra e il suo programma equivalgono a frottole, esattamente come i primi due.

    Siamo al secondo classificato, Marcello Amante.

    Le sue cinque liste civiche gli hanno garantito il successo sperato. Faccia pulita la sua, occhiale intellettuale, trasparente nell’immagine, meno in ciò che intende fare. Il suo è un programma pieno di lacune, da cui non si comprende quale vuole essere il suo punto di forza. La grande paura è che la sua, semmai vincerà al ballottaggio, possa essere un’amministrazione del “un po’ qui e un po’ là” ed è già chiaro che non sarebbe nulla di splendido. Ma noi, umili e delusi cittadini, ci accontenteremmo dell’ordinaria amministrazione, cioè di quella che non c’è mai stata. Caro Marcello, non volendoti sopravvalutare, credi che almeno per l’ordinario tu potresti esserne capace? Ai posteri, anzi a posteriori la sentenza.

    Primo classificato della fiera, Giampiero De Pascalis.

    Vince il centrodestra, anzi, mi correggo, con le sue sette liste, vincono tutti, proprio tutti. Lo scopo, infatti, era mettere in campo quante più persone possibile in quanto la matematica non è un’opinione: più candidati, più voti (non sempre l’equazione si verifica: vedi Sindaco). Qui l’armata brancaleone riesce nell’intento. Se costui però, qualora dovesse vincere al ballottaggio, amministrerà con la stessa sensibilità con cui si è rivolto (durante un confronto con gli altri candidati davanti all’associazione Fidas) a qualcuno che ha dovuto giustificargli la presenza con il fatto di essere iscritto all’ordine dei giornalisti, partiamo veramente male. Se poi Berlusca gli ha insegnato la mossa dell’ “alzati e vattene” come fece con Lucia Annunziata, gli si richiede almeno che lasci il confronto con più stile di quello dimostrato finora. Di chi sia Giampiero e di cosa abbia fatto per il Comune di Galatina non ci interessa (siamo costretti a non interessarci, altrimenti dovremmo già screditargli la vittoria). Il problema grosso, però, è che non abbiamo capito un sola virgola di che cosa voglia fare, ed è ancor più preoccupante il fatto che non lo abbia capito neanche lui. Praticamente, come al solito vi toccherà votare sulla fiducia.

    Vediamo cosa chiedere al prossimo sindaco.

    Decoro, decoro, decoro. Lavoro, lavoro, lavoro.

    Galatina e frazioni sono abbandonate ad un’incuria inaccettabile; gli spazi pubblici, già pochi sulla mappa, sono la cartina tornasole delle ultime passate amministrazioni e di anni di commissariamenti. La desertificazione ha raggiunto ormai da anni un livello inaccettabile (sfido chiunque a trovare un po’ d’ombra sotto quattro rami). Rifiuti dovunque, strade disastrate, criminalità, un debito del Comune vergognoso, tasse altissime, servizi inesistenti, beni artistici abbandonati all’incuria.

    Quello che c’è da fare, dunque, è evidente. Creare opportunità lavorative per i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro, offrire istruzione adeguata, garantire ai cittadini tutti i servizi di cui hanno bisogno, a partire dal trasporto pubblico che deve essere promosso e incentivato. Prendersi cura degli spazi comuni, del verde pubblico, programmando un serio e meticoloso rimboschimento di tutte le aree possibili. Fontane pubbliche funzionanti. Rifacimento del manto stradale e scrupolosa disamina delle concessioni edilizie future. Controllo accurato delle campagne affinché non si verifichino incendi incontrollati, sanzioni salatissime a chi da fuoco ai rifiuti, soprattutto quelli tossici. Vigilanza sulla raccolta dei rifiuti che deve essere fatta scrupolosamente in modo differenziato, controllando anche che gli operatori della raccolta facciano bene il proprio lavoro, e incremento delle raccolte straordinarie di spazzatura disseminata per tutto il territorio. Recupero e utilizzo appropriato delle strutture a disposizione della comunità. Maggior efficacia nel recupero dei crediti e nel risanamento del debito. Azzerare lo spreco. Incrementare i fondi e reperirne quanti più possibile per il restauro delle opere d’arte, apertura al pubblico dei siti d’interesse storico, archeologico ed artistico, costruzione di un marciapiede con annessa pista ciclabile dal paese di Noha al suo cimitero, cura o affidamento a privati dei rondò e delle isole pedonali. Maggior sforzo per eliminare il randagismo. Rilancio del quartiere fieristico. Promozione turistica e maggior sensibilità alla sicurezza stradale (in media abbiamo più incidenti stradali mortali noi che tutta la città di Milano). E qui mi fermo.

    Il futuro sindaco potrebbe però chiedermi: “Io devo fare tutto questo?”. Certo che devi, altrimenti fatti da parte poiché noi non siamo disposti a darti un solo euro se tu sei incapace di fare quello per cui ti sei candidato. Hai tutto il tempo per farlo (se sarai in grado di non farti commissariare prima): cinque anni, vale a dire milleottocentoventicinque giorni.

    C’è il rischio, dunque, che dopo anni di malagestione e commissariamenti, il nuovo arrivato si senta come lu pulice intru la farina ca se ntise capumulinare. Chi indosserà la fascia tricolore però, lo sa bene quale sarà la sua responsabilità e costui stia pur certo che noi vigileremo, eccome se vigileremo. Osserveremo ogni sua mossa, leggeremo ogni sua delibera, ascolteremo ogni sua parola e, se non dovesse svolgere bene il proprio incarico, allora costui si prepari poiché quelli che hanno a cuore questo paese, vicini e lontani, residenti e non,  insomma quelli come me, dei rompicoglioni, gli daranno filo da torcere.

    La fascia non è un simbolo di potere: al contrario essa rappresenta chi è al servizio della comunità e non a capo di essa. C’è un’altra figura che indossa la fascia (seppur al contrario rispetto al sindaco, e cioè dalla spalla sinistra al fianco destro) nella chiesa cattolica e ortodossa, ed il diacono. È la stola che nell’antichità serviva a tenere il canestro per la distribuzione dei beni.  Diacono, dunque, vuol dire schiavo, servo della comunità. Sindaco, invece, significa “difensore di una comunità”. Che cosa dovrebbe difendere il nuovo sindaco glielo abbiamo detto, come dovrebbe farlo sta a lui capirlo.

    Fabrizio Vincenti

     
    Di Antonio Mellone (del 01/03/2015 @ 21:52:55, in NohaBlog, linkato 2657 volte)

    “Noi moderni tutti assillati nella conquista dei beni della terra, abbiamo quasi dimenticato i beni dello spirito; mai come oggi l’umanità è stata trascinata verso la terra, verso la materia, verso le paludi dell’immoralità; mai come oggi l’umanità incredula, scettica nelle verità della fede si è affannata e si affanna a chiedere ai beni della terra la felicità che essi non potranno mai dare”.

    *

    “Chi è mai in grado di evitare tutti i dolori, i fastidi, le avversità, le malattie, le contraddizioni, le delusioni che l’esistenza di quaggiù riserva al più innocente degli uomini? Se dunque la croce è di tutti, perché rifiutarla, perché non farne tesoro, perché non abbracciarla? Perché guardarla con diffidenza e scansarla o voler liberarsene ogni volta? Come potremo portarla trionfalmente in cielo, se oggi la temiamo e la disprezziamo?”

    *

    “La fede che Gesù vuole da noi non deve aver bisogno di miracoli”.

    *

    “Di fronte alle angosciose contraddizioni della vita ed alle prove più dure, non mettiamoci a ragionare, non pretendiamo di avere spiegazioni da Dio”.

    *

    “La vergogna di certi errori non deve allontanare dal perdono”.

    *

    “All’umiltà si oppone l’orgoglio e noi pecchiamo così spesso d’orgoglio. Che cosa è infatti il non voler riconoscere mai il proprio torto, il voler sempre occupare i primi posti, quel criticare le azioni del prossimo, il non accettare i richiami di alcuno?”

    *

    “Ricordiamoci che con Cristo si vince sempre. Passeranno gli anni, passeranno i secoli, non importa. Cristo non ha fretta, perché è eterno”.

    *

    “Per molti non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro più alto e nobile: quello del pensiero, quello della poesia, della musica e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile”.

    *

    “Siamo tutti fratelli! Se un mio fratello cade nel male, chi mi dà il diritto di condannarlo? Chi mi ha costituito giudice?”

    *

    “L’uomo ozioso non si occupa di nulla. Sa di avere un’anima da salvare, ma praticamente vive come se non ce l’avesse. Pensiamo che la nostra vita passa. Il tempo è nelle mani di Dio”.

    *

    “Noi saremo giudicati del bene e del male compiuto. E saremo giudicati anche del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto”.

    *

    “La chiesa è la casa della preghiera, il luogo in cui la creatura viene ad umiliarsi davanti al suo creatore, a chiedergli perdono delle sue colpe, ad adorarlo, a glorificarlo, rendergli il supremo culto. Nella chiesa tutto è sacro, tutto è santo: sacre le immagini, le reliquie, sacre perfino le mura, i santi sacramenti, la divina parola, sante le funzioni che in essa si celebrano. La casa di Dio non solo deve essere rispettata, ma in essa devono essere santi tutti i nostri pensieri, tutte le nostre opere, tutte le nostre parole”.

    *

    “Quando il peccatore si curva su se stesso, riconoscendo i propri torti ed invocando perdono e misericordia, allora Dio si china su di lui, si abbassa e quasi lo abbraccia con il suo perdono”.

    *

    “Sentiamolo nel cuore l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo come noi stessi. La stessa misura che noi avremo usato nel trattare col prossimo, quella stessa misura ci sarà usata dinanzi a Dio”.

    *

    “Noi i Santi ce li immaginiamo lontani, invece ci sono vicini, sono nostri fratelli, forse nostri fratelli di sangue”.

    *

    “A noi tocca di essere bravi cristiani e bravi cittadini. Si è bravi cristiani se si è bravi cittadini e viceversa”.

    *

    “Dal buon uso della lingua scaturisce la civiltà, dal cattivo uso di essa viene fuori la barbarie”.

    *
    “Siamo dei nomadi in cammino verso una patria eterna”.
    Don Donato Mellone
     
    Di Redazione (del 31/10/2019 @ 21:52:06, in Comunicato Stampa, linkato 1005 volte)

    I fondi stanziati dal Governo, di cui il M5S è parte importante e propositiva, nel Decreto Crescita hanno dato i loro frutti anche a Galatina, risolvendo questioni annose e da sempre a cuore alla cittadinanza.

    Il contributo destinato ai Comuni per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile saranno impiegati soprattutto per la sede municipale in via Monte Bianco, l'ex tribunale di Galatina, per l'adeguamento impiantistico e la messa in sicurezza della struttura. Si sta parlando di 130 mila euro di stanziamento.

    «Quest'intervento auspichiamo possa rappresentare un primo passo per il successivo accorpamento di tutti gli uffici comunali in un unico stabile -dichiara il consigliere comunale pentastellato, Paolo Pulli- Passaggio questo che consentirebbe di risparmiare i costi di gestione degli immobili comunali ed offrire un miglior servizio ai cittadini». Il consigliere del movimento 5 Stelle Galatina prosegue augurandosi che:«Questo stanziamento permetta di liberare definitivamente gli edifici comunali messi in vendita, permettendo quindi di recuperare risorse preziose per il risanamento del bilancio e il contestuale rilancio della città. Nell’ultimo consiglio comunale (NdA 22/10/2019) ho ribadito durante l’approvazione del bilancio consolidato come i quasi 20 MILIONI di euro di fabbricati, terreni ed immobili ascritti in bilancio rappresentino un patrimonio non fruttuoso, che necessita di risorse continue per contrastare la naturale obsolescenza ed invece può e deve rappresentare una risorsa per la città attraverso cessioni a privati o gestioni pubblico-private che siano in grado di valorizzare questa massa enorme di proprietà altrimenti poco o per nulla utilizzate.»

    Consigliere

    Paolo PULLI

     
    Di Redazione (del 07/02/2013 @ 21:51:48, in NohaBlog, linkato 3188 volte)
    L'INCHIESTA di quiSalento.it - Di strada in strada, asfalto e cemento sul Salento, Dalla Regionale 8 alla statale 275 fino alla Maglie-Gallipoli, i progetti che feriscono il paesaggio e l'agricoltura compromettendo lo sviluppo sostenibile.

    http://quisalento.it/salento-news/linchiesta/15263-ambiente-di-strada-in-strada-asfalto-e-cemento-sul-salento.html

    Cemento e asfalto per fare del Salento un groviglio di strade, spesso inutili, quasi sempre a quattro corsie, frutto di progetti faraonici partoriti in altri tempi, quando lo sviluppo del Salento sembrava legato ad un modello industriale, rivelatosi illusorio. Oggi, invece, tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica, dal piano territoriale di coordinamento della Provincia al Piano paesaggistico regionale di prossima presentazione, guardano al territorio in un’altra dimensione, facendone un elemento unico e insostituibile di uno sviluppo sostenibile basato su tre pilastri: Turismo, Ambiente e Cultura.

    Ma pezzi del Governo e delle stesse amministrazioni pubbliche, dall’Anas alla stessa Regione Puglia fino alla Provincia di Lecce, marciano in tutt’altra direzione, dando il via libera a progetti devastanti che continuano a consumare il suolo, abbattendo uliveti, ingoiando campi coltivati e rovesciando tonnellate di cemento e asfalto che altereranno per sempre il paesaggio del Salento. E spesso, mentre la magistratura amministrativa si sostituisce alla politica con una lunga serie di verdetti, il ricatto occupazionale con la “necessità” di spendere i fondi europei stanziati fa il resto.

    Eppure il Salento ha la sua rete di strade efficiente e diffusa sul territorio, strade che diventano “della morte” quando vengono percorse a velocità ben superiori dai limiti di velocità imposti dal Codice della strada, e solo raramente per carenze strutturali. D’altro canto, si continuano a progettare arterie in grado di indirizzare sempre maggiori volumi di auto verso la litoranea, ma già ora in alta stagione lunghi tratti della costa risultano intasati dalle auto per l’assenza di parcheggi e/o di mezzi alternativi. Una progettazione, dunque, che non guarda al futuro e che vede protagonista il partito dell’asfalto e del cemento con un fatturato previsto, solo per queste cinque strade, di una cifra che sfiora complessivamente i 500 milioni di euro.

    Per rompere questo circolo vizioso, nasce la mobilitazione di un gruppo di cittadini che ha lanciato una petizione via Internet dal titolo “Basta strade inutili. Salviamo la terra del Salento” (> leggi la petizione).

    Ecco quali sono attualmente i progetti che nella petizione si chiede di fermare e/o di rivedere legandoli alle esigenze reali del territorio.

    > REGIONALE 8, AGRICOLTORI IN GINOCCHIO. Ufficialmente il cantiere non è ancora partito, ma le ruspe sono lì e il primo crinale verde alle porte di Vernole è stato già aggredito dalle macchine movimento terra che si sono dovute fermare, dopo la segnalazione dei lavori abusivi da parte di alcuni cittadini. Circostanza che ha portato all’apertura di un’inchiesta della Procura della Repubblica.

    Il ventilato avvio del cantiere della Regionale 8, ha provocato la ferma reazione di numerosi agricoltori, supportati dalla Coldiretti (> vedi denuncia) che si vedono cancellare le loro aziende, paradossalmente finanziate dagli stessi enti pubblici. Il progetto è in piedi da più di un quarto di secolo e nel corso tempo, peraltro, ha subito variazioni che ne hanno snaturato gli stessi presupposti. La strada, infatti, nasce come “Circumusalentina”, un progetto faraonico che negli anni Ottanta prevedeva di costruire un anello parallelo alla costa, un nastro di asfalto a quattro corsie. Di tutto ciò rimane solo il primo tratto, completamente stravolto nel tracciato ma non nella invasività.

    Si tratta di un’arteria a quattro corsie lunga poco più di 14 chilometri con ben dieci rotatorie e, come se non bastasse, 16 chilometri di strade complanari e raccordi. Il tracciato ora parte dalla Tangenziale est di Lecce, all’altezza della strada di Fondone, quattro corsie per un tratto correranno quasi parallele alle quattro corsi della tangenziale per andare a innestarsi sulla Provinciale 1, ovvero la Lecce- Vernole) all’altezza della rotatoria vicina al residence Giardini di Atena. Da questo punto (e quasi fino a Vernole) la Regionale 8 prevede l’allargamento della provinciale sul tracciato esistente per poi diventare nuova strada per aggirare con circonvallazioni sia Vernole sia Melendugno per andare a finire sulla Melendugno-San Foca. La colata di cemento è impressionante: migliaia e migliaia di ulivi sradicati (2.400 nel solo territorio di Melendugno): oltre ai 14,230 chilometri a quattro corsie con spartitraffico e complanari, un cavalcavia a Melendugno, svincoli con la costruzione di dieci grandi rotatorie.

    L’opera è finanziata con ben 57 milioni di euro dal Cipe e ricade tra le strade di categoria C considerate non prioritarie (in teoria potrebbe essere anche a doppia corsia). I comuni attraversati dalla Regionale 8 sono Lecce, Lizzanello, Vernole e Melendugno. L’appalto è stato aggiudicato all’Associazione temporanea di imprese (Ati), composta dal Consorzio cooperative costruzioni, Leadri e Montinaro Gaetano e figli.

    Fra gli altri problemi, non soltanto una Via (valutazione di impatto ambientale) scaduta nel 2011 ma anche vincoli idrogeologici in quello che la Gazzetta del Mezzogiorno ha definito “tormentato e lacunoso procedimento”, da cui emergono più ombre che luci. Anche per questo la Coldiretti di Lecce nei giorni scorsi ha annunciato che la sua organizzazione sarà al fianco degli agricoltori che si stanno costituendo in giudizio per fermare la realizzazione della strada (>vedi articolo). Anche le altre organizzazioni degli agricoltori, Cia e Confagricoltura stanno seguendo la vicenda al fianco degli agricoltori interessati.

    > 275 STRADA PARCO? MACCHÈ.  L’hanno chiamata strada-parco per tentare di mitigarne l’impatto. Ma la momento, soprattutto nel tratto che va da Montesano a Leuca, non è altro che una nuova superstrada a quattro corsie con un’enorme rotatoria tra San Dana e Leuca, sempre a quattro corsie. Il progetto della Maglie-Leuca prevede il raddoppio della statale 275 da Maglie fino a Montesano Salentino, ma da quel punto in poi è tutto un nuovo tracciato che sbancherebbe il cuore del Capo di Leuca. Il progetto della nuova 275 ha un importo complessivo di ben 288 milioni di euro e prevede la realizzazione di viadotti, ponti, rotatorie, svincoli e complanari. Si calcola che non meno di ventimila alberi che verranno abbattuti per la realizzazione della strada e tonnellate di cemento e di asfalto  modificheranno irrimediabilmente l’attuale morfologia di una delle zone più incontaminate del Salento. Attualmente il progetto sembra fermo, incagliato nelle pieghe della burocrazia, ma l’appalto sembra già a buon punto nonostante le voci di protesta che si levano da una parte del territorio.

    > MAGLIE-OTRANTO, RUSPE IN AZIONE. L’allargamento della statale 16 è iniziato. Non sono serviti gli appelli, neanche del Difensore Civico della Provincia di Lecce, il senatore Giorgio De Giuseppe, a bloccare un progetto definito “faraonico”. A settembre scorso, mentre le ruspe stavano per entrare in azione, De Giuseppe, raccogliendo le istanze degli ambientalisti e delle associazioni, aveva scritto alla Regione Puglia invitandola a “scongiurare il danno macroscopico che tali opere arrecano al territorio compromettendo, per altro, sviluppo e benessere futuri” e per dire no ai “progetti faraonici”. “Correre a gran velocità sulla strada, infatti”, spiegava, “è inconciliabile con la valorizzazione di un territorio che merita visite e scoperte appropriate”. Appello caduto nel vuoto e lo scempio ha avuto inizio con quasi ottomila alberi di ulivo che dovranno essere espiantati o abbattuti, per far posto all’allargamento della strada Maglie - Otranto, tra il km 985 e il km 999,1  trasformandosi in una superstrada a quattro corsie con tanto di svincoli con cavalcavia e lunghe complanari per il traffico locale. Si tratta di poco meno di venti chilometri con un progetto che prevede una spesa di quasi 55 milioni di euro. Attualmente è cantierizzato il primo lotto, da Maglie a Palmariggi. Il secondo, fino a Otranto, potrebbe essere meno invasivo?

    > OTRANTO-GALLIPOLI, STRADA MOSTRO. L’hanno chiamata “strada mostro” gli ambientalisti salentini. Si tratta della provinciale che dovrebbe collegare Otranto a Gallipoli, un progetto approvato e finanziato con 20 milioni di euro con fondi Fas (che pur fanno gola). La strada è progettata dalla Provincia di Lecce e il tratto più criticato è quello dell’attuale provinciale 361 da Maglie ad Alezio, che, passando per Parabita e Collepasso, devasterebbe la serra con le due tangenziali di Alezio e di Collepasso. La strada ignorerebbe distese di ulivi secolari, con i relativi vincoli paesaggistici e attraverserebbe aree archeologiche ma anche straordinarie dal punto di vista paesaggistico, come la la collina di Sant’Euleterio che, con i suoi duecento metri di altitudine, è il punto più alto del Salento. Il tutto quando si potrebbe più agilmente mettere in sicurezza l’attuale rete stradale della zona.

    > CASALABATE-PORTO CESAREO, L’ULTIMO SOGNO. In ordine di tempo è ultimo, ma il progetto della Casalabate-Porto Cesareo non ha niente da invidiare ad altri progetti quanto ad invasività. Per il solo secondo lotto è di pochi giorni fa l’approvazione del progetto preliminare, con un impegno di 8 milioni di euro per la sola tangenziale di Campi Salentina. La strada dovrebbe collegare le due coste nel Nord Salento, congiungendo la direttrice per Salice e Veglie con la strada provinciale Campi-Squinzano. Anche qui si tratta di finanziamenti europei: fondi Fas relativi al “Piano per il Sud”.

    > FIRMA LA PETIZIONE SUL SITO DI PETIZIONEPUBBLICA.IT


    ROBERTO GUIDO

    fonte: quiSalento

     
    Di Redazione (del 13/07/2021 @ 21:51:38, in Comunicato Stampa, linkato 670 volte)

    Attuando le disposizioni anti-contagio del Virus SARS-Cov-2, è fatto obbligo ai partecipanti del I Seminario di Formazione etico-sociale "Le parole dell'odio: temi, metodi e strumenti d'analisi" indetto dal PD di Noha, di prenotare il proprio posto a sedere chiamando o mandando un messaggio al nr. 331/2188504 entro e non oltre il 16 Luglio 2021

     Questo il primo di una serie di Seminari di formazione etico-sociale, che il PD di Noha ha indetto. Siamo pronti da un anno, abbiamo un sacco di cose da dire, da raccontare, abbiamo lo strumento migliore per essere presenti sul territorio: la formazione soprattutto dei più giovani. E così, dopo un anno di fermo a causa della pandemia, siamo nuovamente pronti a presentare a tutti voi il nostro primo evento, il nostro primo Seminario. Abbiamo scelto l'odio come prima tematica perchè sentiamo nostri i mezzi di contrasto dello stesso, e lo facciamo dipanando la tematica così diffusa da creare soprusi, discriminazioni e disuguaglianza sociale. Con noi ci saranno autorevoli Relatori - che già da ora ringrazio personalmente per il loro servizio - pronti a condividere con tutti noi il loro sapere. Perchè chi conosce non può odiare, la sapienza genera sempre Amore dell'altro!

    Vi aspettiamo Sabato 17 Luglio 2021 alle ore 20 a Noha in P.zza San Michele, sarà l'occasione inoltre di rivederci e incrociare anche solo per un attimo il nostro sguardo!"

    Grazie a chi ci sarà, noi ci mettiamo il cuore, sosteneteci!


    Michele Scalese
    Segretario PD - Noha

     
    Di Antonio Mellone (del 25/09/2015 @ 21:51:37, in Ex edificio scolastico, linkato 2709 volte)

    Volete sapere l’ultima? “La festa dei lettori” di Noha, la seconda parte, quella prevista nel pomeriggio di sabato 26 settembre 2015, dalle ore 17 in poi, presso il centro Polivalente di piazza Ciro Menotti, si farà al buio.

    Mi chiederete voi altri: volete forse provare l’ebbrezza di una delle tante esperienze sensoriali che oggi vanno tanto di moda (tipo le cene al buio)? Oppure volete sperimentare le letture in braille? O siete così romantici da voler leggere i vostri libri al lume di candela?

    Nossignore: l’Enel ha staccato la corrente (veramente ha proprio asportato il contatore) proprio oggi pomeriggio.

    Come mai? Ma come, non vi ho già detto in una trentina di articoli sul tema che l’allaccio esistente è quello “di cantiere”, cioè provvisorio, vale a dire con una scadenza fissa, come il latte UHT?

    Ebbene, quella scadenza prima o poi doveva arrivare. Ed è arrivata, guarda un po’, proprio alla vigilia della festa dei lettori nohani costretti in tal modo a brancolare nelle tenebre, anzi a giocare a mosca cieca senza nemmeno il bisogno del bendaggio degli occhi.

    E pensare che le maestre Paola Congedo e Anna Rita Gentile, e poi anche la mitica Laura Salamac, nel primo pomeriggio di oggi hanno fatto di tutto per allestire al meglio la sala convegni del Centro polifunzionale-ma-non-troppo, sudando le famose sette camicie, e mai avrebbero pensato, così sudate, a questa doccia fredda con il rischio di una broncopolmonite.

    Pare, si dice, si vocifera che gli uffici tecnici del Cumone di Galatina fossero stati preventivamente avvisati dall’Enel (che in genere prima di staccare la corrente, in qualche modo, comunica agli utenti le sue mosse: mica si mette così a fare degli agguati); ma figurarsi se la burocrazia palazzorsiniana aveva il tempo, la testa, il cuore e il fegato di capire quello che le stava accadendo intorno. Anche perché i problemi sono di pertinenza di quella terra di nessuno che risponde al nome di Noha e del suo centro polli-valente.

    *

    Eppure c’è chi vede la luce in fondo al tunnel. Sarà quella dell’assessore Coccioli che, esasperato, si dà fuoco.

    Antonio Mellone

    P.S. Lector in fabula. Come andrà a finire questa bella storia della festa dei lettori (su cui si può, a proposito, scrivere un libro)? Per fortuna a lieto fine, grazie al miracolo di Sant’Antonio Mandorino martire, presidente della CNA (confederazione nazionale artigianato di Galatina). Il santo taumaturgo di Galatina (ormai anche cittadino onorario di Noha) ha trovato, tra gli associati alla sua confederazione, un volontario (domani ci dirà anche il nome) che con un gruppo elettrogeno riaccenderà le speranze di tutti. 

    Mel

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 27/03/2018 @ 21:49:44, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1781 volte)

    La storia si fa sempre più interessante. Qui scopriamo che uno dei Vescovi di Nardò (e quindi anche di Noha), Fabio Chigi, fu eletto papa con il nome di Alessandro VII. Fu il papa, tra l’altro, del colonnato del Bernini in piazza San Pietro. La prossima volta che capitate nella città eterna, e proprio in quella piazza, alzate lo sguardo verso i numerosi stemmi del Chigi che vi campeggiano scolpiti nel marmo: quelli che inquartati - al di sotto della tiara e delle chiavi decussate (tipici di tutti gli stemmi papali) – riportano gli alberi di rovere e i colli sormontati da una stella. E pensate che quel vescovo di Roma fu anche vescovo di Noha. Del resto, come si suol dire, tutte le strade portano a Noha.

    La redazione

    Girolamo de Franchis (1581 - 1635)

    Vescovo di Nardò dal 13 novembre 1617 al 27 novembre 1634

    Dal 1617 al 1634 i Papi furono:

                            Paolo V (1550-1621)                             Papa dal 1605 al 1621

                            Gregorio XV (1554-1623)                      Papa dal 1621 al 1623

                            Urbano VIII (1568-1644)                       Papa dal 1623 al 1644

     

                Arciprete di Noha

                Don Antonio De Aprile (1594-1650), parroco dal 1622 al 1650

     

                Girolamo De Franchis, figlio di Vincenzo, era nato a Capua nel 1581 e nel 1617 successe a suo fratello Luigi al governo della diocesi di Nardò.

                Fu uomo di grande acutezza d’ingegno e perspicacia, laureato in diritto civile. Era cappellano del re di Spagna Filippo III, che nello stesso periodo gli aveva offerto la chiesa di Pozzuoli. Girolamo tuttavia preferì la sede di Nardò che resse con molto zelo per 17 anni. Celebrò più sinodi diocesani. I documenti di questi sinodi sono giunti fino a noi e si conservano nell’archivio di Nardò in due volumi. Il primo volume contiene i documenti che riguardano i sinodi del 1619, 1620, 1623, 1624, 1626 e 1628. Il secondo volume quelli del 1629. Compì più volte la visita pastorale della diocesi. Ebbe cura della cattedrale che arricchì di sacre suppellettili, doni e costruzioni artistiche. Fece restaurare ed ingrandire l’organo della cattedrale. Concesse definitivamente ai frati minori conventuali la chiesa ed il monastero della Grottella di Copertino. Il 4 settembre 1634, quando aveva 53 anni, per le sue qualità di mente e di cuore, da Urbano VIII fu promosso alla chiesa arcivescovile di Capua, sua città natale. Ma vi rimase poco tempo perché, a causa di una grave malattia, morì prematuramente a Napoli  il 30 gennaio 1635 a 54 anni. Nel ministero pastorale fu coadiuvato dai vicari generali Antonio Colucci e Giovan Battista Bonincasa.

     

    Relazione con la chiesa di Noha

     

                Sicuramente la chiesa di Noha partecipò ai diversi sinodi e fu oggetto delle visite pastorali. Ma non ho trovato nulla di particolare da sottolineare.

                In questo periodo il parroco di Noha si chiamava don Antonio De Aprile, nativo di Carpignano, un Comune vicino Martano, in diocesi di Otranto. Fu Arciprete di Noha per circa 30 anni. Nonostante il lungo periodo del suo ministero pastorale, non abbiamo trovato particolari notizie su di lui.

              Forse possiamo fare questa considerazione. Dopo le invasioni dei turchi, guerre ed epidemie la “Domus Novae” era ridotta a poche case, molta gente era fuggita e l’antica cittadina conservava solo la chiesa madre “S. Michele” e l’antichissima chiesa greca della “Madonna delle Grazie”. Sacerdoti necessari per la piccola comunità erano non più di due.

                      Fabio Chigi (1599 - 1667)                          

    Vescovo di Nardò dall’8 gennaio 1635 al 19 feb.1652

    Nel 1655 fu eletto papa con il nome di Alessandro VII

    Dal 1635 al 1652 i Papi furono:

                            Urbano VIII (1568-1644)           Papa dal 1623 al 1644

                            Innocenzo X (1574-1655)         Papa dal 1644 al 1655

     

                Arcipreti di Noha:

    Don Antonio De Aprile (1594-1650),             parroco dal 1622 al 1650

    Don Ant. Donato Palamà (1625-1689),         parroco dal 1650 al 1689

     

                Fabio Chigi, pur essendo stato vescovo di Nardò per 17 anni, non ebbe relazioni con la chiesa di Noha perché, come vedremo, non venne mai in diocesi.

                Era nato a Siena nel 1599. Da piccolo fu educato alla pietà e nelle virtù cristiane, e mostrò presto una grande severità di costumi. Riusciva tanto bene negli studi letterari e filosofici che a dodici anni difese in casa sua, con grande stupore dei presenti, varie tesi di filosofia. A quattordici anni fu costretto a sospendere gli studi per mal di stomaco, malattia che più volte lo spinse a non sperare nella guarigione. Quando gli sembrò di essere guarito, a 16 anni, si recò in pellegrinaggio a Loreto per adempiere un voto alla SS.ma Vergine. Qui, forse per caso, si trovò nello stesso alloggio dove si trovava l’Arcivescovo di Ginevra Francesco di Sales (1567-1622). Parlando con lui, dopo aver trattato diversi argomenti, Fabio Ghigi gli domandò il parere sulla sua intenzione di farsi prete. Francesco da Sales (canonizzato poi dallo stesso Fabio Chigi quando divenne sommo Pontefice) rispose affermativamente, ma lo esortò a non accettare mai qualsiasi grado nella gerarchia, aggiungendo che se l’avesse fatto gli sarebbe accaduto di raggiungere il grado più alto.

                Ritornato a Siena, Fabio riprese gli studi.

                A 21 anni, terminati gli studi filosofici, difese pubblicamente le tesi di filosofia. L’anno dopo, difese in pubblico alcune proposizioni di diritto civile, alla presenza di non pochi valenti giureconsulti. Intraprese poi gli studi teologici, che compì egregiamente, così che il 12 settembre 1626, a ventisette anni, fu proclamato dottore in teologia ed in diritto civile e canonico nell’università di Siena. Poco distante da Roma possedeva una villa dove, quando desiderava la quiete, era solito ritirarsi. A Roma frequentò dotte personalità famose in diritto e discipline ecclesiastiche, per cui fu conosciuto da Urbano VIII papa dal 1623 al 1644, che nel 1630 gli diede alcuni incarichi di carattere diplomatico.

                Nel 1634 fu ordinato sacerdote e, alcuni mesi dopo, resasi vacante la diocesi di Nardò, dal cardinale Francesco Barberini (1597-1679), cancelliere di S. R. Chiesa, fu proposto al Pontefice per essere eletto Vescovo della città neretina.

                La nomina di Fabio Chigi a vescovo di Nardò, suscitò ovunque grande entusiasmo. Consacrato Vescovo, prevedendo di non potersi recare subito a prendere possesso della sua diocesi, fece nominare suo vicario generale Giovanni Granafei (Brindisi 1603-Bari 1683), già vicario apostolico. Per mezzo di costui, l’otto giugno 1635 prese possesso  e amministrò la diocesi in tutto il tempo che fu Vescovo di Nardò, perché continuamente impegnato in importanti missioni apostoliche da parte della S. Sede. Dal Granafei nel 1637 fece iniziare la visita alla diocesi. Nell’archivio di Nardò si conservano gli atti della visita. Essi sono  molto importanti perché contengono notizie storiche sullo stato, sulle vicende e lo sviluppo della diocesi, sulle parrocchie e sulle altre chiese. Della chiesa di Noha non c’è nulla di particolare da sottolineare.

                Nel 1651 Fabio Chigi fu fatto cardinale e dopo circa due mesi di cardinalato e dopo 17 anni di episcopato neritino, nel 1652 fu trasferito da Nardò a Imola. Nel 1655 moriva Innocenzo X, piamente e amorosamente assistito dal segretario Fabio Chigi. Dal conclave che seguì uscì eletto Pontefice proprio Fabio Chigi che prese il nome di Alessandro VII. Negli anni del suo pontificato non dimenticò mai la diocesi di Nardò dove era stato Vescovo senza mai risiedere. Morì il 22 maggio 1667, dopo 12 anni di pontificato a 68 anni di età.

     

    Relazione con la chiesa di Noha

     

              L’arciprete di Noha era don Antonio Donato Palamà che fu parroco per circa 40 anni, dal 1650 al 1689.

                Non abbiamo notizie sicure sulla sua vita, se non quello che è stato arciprete di Noha per lungo tempo. E’ lui che fece mettere l’iscrizione in latino in alto, sopra l’altare di San Michele, leggibile ancora oggi, anche se scorretta nella data, perché è stata ritoccata quando la chiesa nel 1901 fu ampliata e l’altare con tutta la lapide spostato al luogo attuale.

              Riporto qui il testo della lapide tradotto in italiano dove leggiamo anche il nome del Palamà:

    A Dio ottimo Massimo.

    Allo splendore  orientale,

    al principale capo dei cori angelici.

    Michele Arcangelo, vessillifero del nuovo Giove,

    la munificenza, l'onore, l'augurio,

    a spese proprie il suo predecessore ora in cielo,

    Don Donato Palama Arciprete

    e i cittadini di Noha

    diedero, donarono, dedicarono

    nell'anno del Signore 1664.

     

              I Vescovi di Nardò che si sono succeduti in questo lungo periodo di arcipretura di Antonio Donato Palamà furono Calanio Della Ciaia (1652 - 1654), Girolamo De Coris (1656 - 1669)  e Tommaso Brancaccio (1669 – 1677). Nella prossima puntata esporrò  brevemente alcune informazioni su questi ultimi tre Pastori neretini.

     

    [continua]

    P. Francesco D’Acquarica

     

    Il Quartiere Fieristico di Galatina è da sempre al centro dell’attenzione dell’amministrazione del Sindaco Amante, e mia per specifica delega assessorile.

    Si è partiti dalle macerie, una tra le tante ereditate.

    Non possiamo non ricordare che la lunga storia della “Fiera Campionaria”, nel cuore di tutti i galatinesi, fu interrotta per vicende di mala gestione dell’Ente Fiera culminata con la dichiarazione di fallimento nel 2016. I fatti ormai appartengono alla storia di questa città e sono anche stati sottoposti al giudizio di tutti, ma qualcuno, tra chi oggi ne invoca un generico rilancio, essendo all’epoca politicamente attivo, dovrebbe provare a spiegare ai galatinesi come sia stato possibile giungere a una fine ingloriosa con una situazione debitoria imbarazzante.

    Le nostre energie non sono mai state orientate alle facili recriminazioni e come consuetudine abbiamo valutato ogni possibile opportunità, seppur in un contesto finanziario difficile. Tante le interlocuzioni con organismi ed enti regionali e nazionali, qualcuna assunta anche alle cronache cittadine in occasione di un incontro a Roma, nel febbraio 2020, con l’allora viceministro all’economia.

    Il rinnovato interesse che solo oggi alcune parti politiche riversano sul Quartiere Fieristico di Galatina, che affianca quello dell'Amministrazione, non può che farci piacere, per una battaglia che è della città e per la città, alla luce anche delle tante risorse che stanno per giungere sui territori dal PNRR nelle cui maglie siamo certi potrebbero essere individuate le risorse necessarie per l’adeguamento strutturale.

    L’idea funzionale che deve affiancare la ristrutturazione del complesso è articolata ed è quella di realizzare un centro polifunzionale integrato che permetta una fruibilità ed una operatività sostenibile nel tempo, facendo, dei 32.000mq su cui insistono gli immobili, un’area viva per tutto l’anno.

    Se la storia, non cancellabile, ha collocato il quartiere fieristico come casa primaria per eventi fieristici è altrettanto vero che vicende più recenti ci hanno insegnato che la sostenibilità della struttura per essere al passo con i tempi, funzionale e fruibile per 365 giorni all’anno, deve avere un utilizzo polifunzionale.

    È un passo verso questa direzione l’accordo sottoscritto con ARPAL Puglia per il nuovo Centro per l’Impiego che si allocherà in una parte di quelli che già oggi sono uffici, al piano superiore della palazzina. Una prima azione di rivitalizzazione del complesso fieristico con un recupero strutturale della zona interessata di circa € 835.000,00, interamente a carico della Regione Puglia e senza gravare sulle tasche dei cittadini galatinesi.

    Quindi non solo fiere, laddove queste comunque necessitano di padiglioni in parte recuperati ed ampliati, adeguati e funzionali alle reali esigenze degli espositori, ma anche un centro congressi che permetta di offrire al Salento una struttura degna di grandi manifestazioni in una Città gradita anche per la centralità territoriale o spazi adeguati alla realizzare di grandi eventi al coperto, contribuendo alla destagionalizzazione dell'attrattività turistica.

    La candidatura di una parte dell’area invece presso ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive sul Lavoro) per realizzare un Centro per la formazione e riqualificazione professionale è quindi da considerarsi un’opportunità che nella nostra idea globale non pregiudica in alcun modo la possibilità di raggiungere l'obiettivo in maniera completa.

    L’attenzione con cui il Governo Nazionale guarda al lavoro, sia per i risvolti di tipo sociale che economico, non può non trovare sensibilità ed attenzione da parte di che ha nel proprio dna politico simili problematiche.

    Creare in un polo integrato di sviluppo per il territorio, un centro di formazione per il settore manifatturiero e dei servizi (compresi quelli Sanitari), delle produzioni agro-alimentari, del turismo è dal nostro punto di vista avere una visione di prospettiva ampia e non limitante.

    L'approssimarsi della campagna elettorale predispone a radicalizzare le opinioni ma nell’interesse superiore di Galatina sarebbe dannoso e irresponsabile cadere nella strumentalizzazione senza un confronto costruttivo finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo. Quello che oggi serve alla Città non sono le polemiche ma una idea di comunità capace di lavorare verso direzioni condivise di interesse pubblico.

    Nico Mauro

    Assessore alla attività produttive e turismo

     

    Una serata ricca di iniziative, inserita nell’ambito della rassegna estiva “A cuore scalzo”, promossa dall'amministrazione comunale. Dall'ex Monastero di Santa Chiara a Piazza San Pietro, i luoghi più significativi della città si intrecceranno con le molteplici attività in programma sabato 13 luglio, per una prima edizione che culminerà con il concerto gratuito della BandAdriatica.  

    Ad aprire la serata, ore 19.30, in Piazza Galluccio, l'incontro di presentazione con gli interventi di Marcello Amante, sindaco di Galatina, Cristina Dettù, assessora alla Cultura e Anna Caputo, presidente di Arci Lecce. A seguire la performance teatrale di Gianluca Carrisi dal titolo “Le regole del viaggio”, attraverso il quale l’attore salentino interpreterà gli appunti che due etiopi rifugiati scrissero prima di partire da Addis Abeba per raggiungere le coste europee. 

    A partire dalle 21.00 la manifestazione "Intrecci di notte" si sposta in altri due luoghi simbolo della città: l'ex Monastero di Santa Chiara e Piazza Orsini. All'interno dell'ex Monastero, restituito recentemente alla città, si svolgerà lo spettacolo di Milonga a cura di Almavals di Stefania Filograna, accompagnati dal duo Lucia Conte e Monica Terlizzi, che attraverso i grandi classici di Carlos Gardel fino all’arte espressionista di Astor Piazzolla ripercorrerà la storia malinconica e passionale della tipica danza argentina.

    Spazio alla musica jazz in Piazza Orsini con Filippo Bubbico che sullo sfondo della storica Chiesa di Santa Caterina, accompagnato da Dario Congedo e Gino Semeraro, porterà in scena una contaminazione artistica inedita. Il trio rappresenta una nuova veste per il musicista salentino, fresco d'esordio solista con l'album "Sun Village", che si immergerà nel clima del funk, jazz e r'n'b' nell'intento di rivisitare alcuni dei temi chiave della storia della musica afroamericana.

    Gran finale alle 22.30 in Piazza San Pietro con il concerto della BandAdriatica, che sarà aperto dal coro Made in World, composto da richiedenti asilo e rifugiati ospiti nei progetti di accoglienza integrata gestiti da Arci Lecce e diretti dal maestro Andrea Cataldo. 

    Claudio Prima e compagni condurranno il pubblico in un vero e proprio viaggio musicale tra le coste del mediterraneo. La band, che voga sulle onde agitate della musica salentina con elementi di tutte le coste sonore del Mediterraneo, porterà in scena l'ultimo lavoro Odissea. Uno spettacolo coeso e potente, arricchito da nuove coreografie, dove i linguaggi si armonizzano con le melodie popolari nel fervore meticcio delle città portuali. 

    Per l’intera durata della manifestazione, Piazza Galluccio ospiterà il laboratorio gratuito a cura di Blablabla "Arte migrante. L'immigrazione spiegata ai bambini", l'esposizione dei lavori artigianali realizzati dai ragazzi richiedenti asilo nell’ambito dei laboratori artistici “Made in World” e gli stand gastronomici con cibo dal mondo curati dal progetto Sprar "Safia Ama Jan" di Galatina. 

    Uno spazio speciale sarà dedicato al progetto "Gombo - il frutto dell'integrazione" di Arci Lecce, sviluppato all'interno del percorso didattico di agricoltura sociale con ragazze e ragazzi richiedenti asilo. Grazie alla collaborazione del Panificio "Notaro" e della Pasticceria "Dolce Arte", sarà possibile degustare alcuni piatti della tradizione salentina cucinati con la tipica pianta originaria dell'Africa, in un incontro unico fra diverse culture culinarie. 

    Nella stessa piazza, sarà possibile partecipare dalle 20 alla "biblioteca vivente", con la collaborazione del Csvs e Servizio Civile "in reading 2017". La biblioteca vivente è uno strumento nato in Danimarca e ideato per rompere stereotipi e diffidenze, promuovendo la conoscenza e il dialogo. Attraverso i "libri parlanti" il pubblico potrà ascoltare le storie vissute e raccontate direttamente dai protagonisti.

     

    Maria Pia De Medici

    Uff. Stampa Arci Lecce

    3202835043

     
    Di Redazione (del 21/11/2017 @ 21:47:40, in Comunicato Stampa, linkato 1170 volte)

    Da Venerdì 24 a Domenica 26 Novembre (dalle ore 16.00 alle ore 20.00) la Libreria Fiordilibro, organizza il Laboratorio di Scrittura e Lettura Creativa "Corpo Scritto | Raccontami una storia" a cura della pluripremiata scrittrice e giornalista Luisa Ruggio. Tre giornate dedicate al mestiere del narratore, ma rivolte a chiunque desideri giocare a scoprire la propria scrittura sommersa ed indagare da vicino i cortocircuiti e le tecniche narrative che scandagliano il cuore di ogni storia. Il Laboratorio di Scrittura e Lettura Creativa, nella formula del workshop, si svolgerà negli spazi di Palazzo Di Lorenzo, in via Mory a Galatina.

    Ci sono alcune storie che ci attendono da sempre, come anime gemelle spesso tardano ad arrivare perché dobbiamo ancora scoprirle, o meglio, scriverle. Questo semplice principio guidato dalla curiosità e dal gesto di indagare la vita e il cuore umano, è alla base del laboratorio di scrittura e lettura creativa rivolto a tutti e suddiviso in tre lezioni teoriche e pratiche, reading, training del narratore.

    Finalità del Laboratorio: riportare i gesti della scrittura e della lettura nella dimensione conoscitiva ed introspettiva tipica del giocare, del viaggiare e dell'inventare. Un allenamento dell’immaginario in quanto cassetta degli attrezzi della vita umana, avviare alla lettura delle parole e delle storie custodite e tradite dal corpo e pronte ad essere condivise, scrittura per il corpo e stesura di un racconto, esercitare le tecniche narrative e drammaturgiche, ideare ed elaborare un testo e confrontarsi con le dinamiche della scrittura intesa come pratica necessaria al mestiere di vivere.

    Luisa Ruggio, giornalista e scrittrice, dopo l'esordio con i saggi Cinema e Psicoanalisi, ha pubblicato con Besa il pluripremiato "Afra" (2006), "La nuca" (2008), la raccolta di racconti brevi "Senza Storie" (2009),  “Teresa Manara” ( 2014), “Notturno” ( 2015) “Un poco di grazia” (2016).-

    Per info e costi rivolgersi a Libreria Fiordlibro via Vitt. Emanuele II,31 Galatina , tel 3803797092

     

    Continua a nascere dentro di noi il desiderio impellente di informare tutti i nostri concittadini che nulla di quanto questa Amministrazione professa poggia su solide basi di realtà. Evidentemente i nostri amministratori aleggiano su un ideale utopico di buona politica, se credono davvero di fare un buon lavoro. Siccome siamo un Circolo che vanta la sua storica sede nella piazza di Noha, proprio riguardo Noha urge ancora parlare.
    Circa tre settimane orsono abbiamo redatto l’ennesimo comunicato stampa (e credeteci se diciamo che non vorremmo pubblicarne nemmeno uno, ma tant’è!) a proposito della riqualificazione della Torre dell’Orologio di Noha. Ad oggi ancora nessuna risposta in merito, ma non c’è affatto da meravigliarsi: attendiamo risposte dal lontano maggio 2018, cosa saranno mai 20 giorni? Nel frattempo però, la struttura che ospita la Torre dell’Orologio è in pericolo di crollo; il balcone che dà sulla piazza da cui si intravede materiale ferroso e pezzi di cemento mancante, è in serio pericolo di crollo. Ciò dovrebbe destare dal sonno i signori Amministratori, considerando che rappresenta un serio rischio per l’incolumità delle persone che molto spesso transitano al di sotto l’immobile. Per non parlare delle tante, troppe scuse che giustificano il mancato lavoro edilizio per quella struttura, quando poi basterebbe ristrutturarla non come bene immobile, ma come IL bene immobile della cittadinanza, poiché rappresenta per noi nohani un tesoro da custodire, un monumento della nostra Noha. E pensare che in illo tempore qualcuno si propose di restaurare gratuitamente l’ingranaggio meccanico dell’Orologio (fermo da decenni), ma indovinate la risposta dell’Amministrazione Amante? Silenzio. Segno tangibile di quanto gli è a cuore una frazione di circa 4000 anime che pagano le stesse tasse, ma come al solito vengono sminuite e umiliate in questo modo. Intanto l’ingranaggio è custodito all’interno del Polo 2 di Noha, nell’attesa di una ricollocazione, mentre noi aspettiamo un minimo di considerazione.
    Poco fa parlavamo di scuse: una delle più gettonate è quella di ribadire che le casse comunali languono a causa delle precedenti amministrazioni. Bene, notiamo però da parte di questa amministrazione uno sperpero pecuniario alquanto oneroso. A proposito dell’iniziativa “A cuore scalzo”, leggiamo sull’Albo Pretorio del Comune di Galatina che in tempi non lontani è stato pubblicato un bando di quasi 40.000 euro (quarantamila) finalizzato alla realizzazione di una mostra fotografica sul tema “Il corpo come luogo oggetto nella storia dell'arte e simbolo di un'evoluzione di pensiero, di espressione, di sentimento, di spazio politico, sociale, economico e di genere.” Signori, 40.000 euro per una mostra fotografica. Quarantamila euro di soldi pubblici che avrebbero potuto essere investiti per iniziative più urgenti. È inutile ribadire la nostra amarezza, il nostro disappunto, la nostra aberrazione difronte a queste notizie che tra l’altro, non valorizzano neppure la comunità galatinese. È inutile affermare quanto, dal nostro punto di vista, sia immondo l’utilizzo di finanziamenti pubblici (già di per sè molto carenti nel territorio galatinese) per eventi che non fruttano ma depauperano una comunità, quando allo stesso tempo proprio a Galatina l’impianto di sorveglianza di P.zza Cesari è guasto, così che quella piazza è divenuta luogo di vandalismo. Per non parlare di Noha: Torre dell’Orologio pericolante e orologio fermo (di cui sopra), Trozza mai più riparata dopo l’atto vandalico di diversi anni addietro (basterebbero 500 euro per la riparazione), erba e sterpaglie ovunque, villette impraticabili e, dulcis in fundo, totale e ingiustificata assenza di almeno un’Unità di Polizia Locale posta al controllo del traffico e della sicurezza pubblica. Ci rendiamo conto di quanto siamo abbandonati a noi stessi, ma siamo davvero stanchi di continuare a essere oggetto di soprusi da parte dei nostri amministratori, mentre questi continuano a fare orecchie da mercante.

    Il Segretario PD - Noha

    Michele Scalese

     

    Torna A cuore SCALZO, la rassegna estiva di Galatina, con la sua II Edizione e un programma ricco di eventi. La Conferenza Stampa ufficiale si terrà venerdì 31 maggio alle ore 10:00 nella suggestiva cornice del Museo Cavoti.

    Parteciperanno il Sindaco della Città di Galatina Marcello Amante, l’Assessore alla Cultura Cristina Dettù e l’Assessore al Turismo Nico Mauro. Saranno presenti il presidente di Arci Lecce Anna Caputo, il presidente di PugliArmonica Graziano Cennamo, e l’ufficio stampa dei Cantieri Teatrali Koreja, Paola Pepe.

    Un’estate che, anche quest’anno, è “A cuore Scalzo”, ma che segue ancora di più il battito che ne accompagna lo spirito. Energia e delicatezza di una donna che stringe tra le mani sole e musica. L’estate di Galatina è in questo quadro di passione e leggerezza, in un vortice di emozioni che la bella stagione sa suscitare.

    La rassegna estiva di Galatina “A cuore scalzo” nasce dalla città per la città. Si inaugura per il secondo anno consecutivo una nuova stagione che punta a far diventare Galatina punto nevralgico di una strategia culturale ben definita, che guarda all’intero Salento e a tutta la Puglia. “A cuore scalzo” si sviluppa tra eventi musicali, letterari, artistici, enogastronomici, tra feste patronali in tutto il territorio e momenti di puro intrattenimento. Una rassegna così concepita non può che coinvolgere i soggetti che conoscono e vivono giorno dopo giorno Galatina, Collemeto, Noha e Santa Barbara, che amano a tal punto la loro terra da colorare di gioia, pensieri, ricordi e sorrisi le sere d’estate.

    Grande risalto, anche quest’anno, viene attribuito alla festa dei SS. Pietro e Paolo. Dopo il successo della scorsa edizione, si dedicherà un’intera settimana alla festa, con eventi, mostre e spettacoli incentrati sul culto del tarantismo, ma anche “sull’abito della festa”, quello che Galatina vestirà in quei giorni.

    La Città ha una maturità culturale tale da potersi “intrecciare” anche con altre culture, all’apparenza molto lontane da noi, ma che di fatto parlano la stessa lingua.

    E poi ancora i libri, la letteratura, la libertà entrano anche quest’anno nel circuito del Salento Book Festival. “Libri, letteratura e liberà: non ci discosteremo mai da queste tre parole e da ciò che muovono – afferma l’assessore alla cultura Cristina Dettù - le porteremo anche nelle calde sere di scirocco, mentre la luna illumina le piazze e i bambini aprono le ali alla loro fantasia. A cuore Scalzo è quindi carico, pieno di quell’entusiasmo che ha il sapore della bellezza, della storia, della musica che accompagna i nostri passi. “A cuore scalzo” è un invito a porte aperte per tutti quei turisti che rimangono affascinati dalla semplicità e dallo stile di una città straordinaria com’è Galatina”.

    Ufficio Stampa Amante

     
    Di Redazione (del 12/06/2017 @ 21:45:17, in Comunicato Stampa, linkato 2328 volte)

    È stata una notte lunga, ma solo per la lentezza dello spoglio. L’esito finale si è delineato subito e non ci sono stati patemi d’animo.

    Devo ringraziare di cuore tutti i cittadini e le cittadine che hanno creduto nel nostro progetto a cui sin d’ora mi sento di garantire che se saremo noi a governare non li deluderemo.

    Abbiamo vinto una battaglia, ora dobbiamo vincere la guerra. Il 25 giugno si deciderà il destino di governo della città e delle sue frazioni. Il distacco dall’altro candidato sindaco è importante, 16 punti percentuali, ma continueremo a spiegare il nostro programma perché sia ancora più chiara qual è la nostra visione per lo sviluppo del territorio.

    È stata una lunga campagna elettorale, almeno per me che sono stato il primo e per molto tempo l’unico candidato sindaco. Mentre gli altri litigavano per decidere chi doveva fare il candidato sindaco noi ci siamo preoccupati di valutare le criticità e capire in che modo risolverle. Non è stato frutto di un caso, ma l’effetto naturale di un progetto politico maturato da molto tempo. Galatina ha bisogno di un governo capace e credibile, noi siamo pronti a darglielo.

    Giampiero De Pascalis

    candidato sindaco per “Obiettivo 2022”

    (Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc)

     

    Cari bambini,

    la scuola è il luogo in cui imparate a leggere e a scrivere ma anche a sorridere, a piangere, a giocare e a non stancarvi mai di essere curiosi.

    Cari ragazzi,

    per voi la scuola è pura formazione per un domani forse poco nitido ma che vi potrà consentire di fare ciò che veramente amate. Non accontentatevi mai, sappiate superare gli ostacoli con lo studio e la maturità che acquisirete anno dopo anno.

    Cari maestri, cari professori,

    definire il vostro come un lavoro sarebbe poco corretto. Avete tra le mani bambini e ragazzi come fossero creta da modellare, ognuno in base alle proprie aspirazioni, al carattere, ai punti di forza e debolezza, nello stesso tempo. Ricordate che sarete punto di riferimento per ciascuno di loro, sia come educatori in grado di ascoltare, sia come maestri pronti a donare il proprio sapere.

    Cari dirigenti,

    è facile comprendere come abbiate a cuore la scuola come fosse la vostra casa, una grande famiglia da coccolare, in cui organizzare al meglio il lavoro affinché tutto proceda per il meglio, avendo un unico obiettivo: la formazione e la soddisfazione dei vostri studenti. Continuate a dimostrare cura e attenzione per ognuno di loro e per i vostri docenti e a proiettare all’esterno in maniera completa la visione della vostra realtà scolastica.

    L’impegno dell’Amministrazione Comunale tutta sarà quello di preservare la crescita degli studenti, mettendo a disposizione ciò che di autentico, innovativo e reale possiamo offrire perché la scuola è alla base di ogni società civile moderna e futura.

    L’augurio più sincero per un anno scolastico vivo, mai stanco, capace di rinnovarsi giorno dopo giorno e, quindi, carico di entusiasmo e soddisfazioni. Crediamo fortemente nella scuola perché possa formare i bambini e i ragazzi di Galatina, Collemeto, Noha e Santa Barbara come donne e uomini in grado di camminare nel mondo di domani sicuri del loro sapere e consci del proprio essere.

    L’Assessore alla Pubblica Istruzione Cristina Dettù

    Il Sindaco Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 17/05/2016 @ 21:44:21, in Comunicato Stampa, linkato 1822 volte)

    Con una giornata di anticipo il Circolo Tennis Galatina può festeggiare l'accesso ai play-off  per la serie A2.Un grandissimo risultato quello ottenuto da questo gruppo fantastico formato da un giusto mix tra esperienza e gioventù.Il risultato di 4-2 in trasferta a Finale Ligure garantisce l'accesso ai play off ma solo l'ultima partita del girone quella in casa di Domenica 22 Maggio contro il Reggio Emilia(un punto dietro noi)consegnerà la classifica definitiva con i relativi accoppiamenti.Ora il match di Finale Ligure.Formazione tipo quella mandata in campo dal capitano Mario Stasi con il numero 3 Jesper De Jong che si sbarazzava in meno di un ora del suo avversario il 2.7 Davide Sergo mentre Filippo Stasi usciva vincitore dopo una battaglia di tre ore contro Giorgio Ghigliazza(2.7).Grande prova di cuore per Filippo che sul 5-5 del terzo set 40-30 subiva un infortunio alla caviglia che lo costringeva a chiedere le cure con il medical timeout.Ripreso il match vinceva il parziale per 7-6.Pierdanio Lo Priore faceva sognare la squadra portandosi al match point nel terzo set contro Emanuele Molina(2.3) prima di cedere 7-5.La sorpresa più grossa della giornata è stata la sconfitta di Tomas Gerini contro Lorenzo Apostolico(2.5).Impressionante il numero di vincenti giocati da Apostolico da ogni posizione del campo.Sul risultato di parità entravano in campo i doppi.La coppia Gerini-Giannini(al suo secondo doppio stagionale) superavano la coppia ligure formata da Apostolico-Vicini(giocatore di San Marino che vanta il più alto numero di presenze in Coppa Davis superando una leggenda come Nicola Pietrangeli) in due set.L'altro doppio è stato giocato da Lo Priore-De Jong contro Molina-Ghigliazza  e vinto dal coppia galatinese con un Jesper sugli scudi.
     
    FILIPPO STASI-GIORGIO GHIGLIAZZA 6-3 3-6 7-6
    JESPER DE JONG-DAVIDE SERGO  6-1 6-1
    PIERDANIO LO PRIORE-EMANUELE MOLINA  6-2 3-6 5-7
    TOMAS GERINI-APOSTOLICO LORENZO 6-7 5-7
    GERINI/GIANNINI-APOSTOLICO-VICINI 6-1 7-5
    LO PRIORE/DE JONG-MOLINA-GHIGLIAZZA 7-5 6-2

    Mario Stasi

     
    Di Redazione (del 10/02/2019 @ 21:42:56, in Comunicato Stampa, linkato 837 volte)

    Non era questa la gara da cui trarre risorse per la classifica, con un pronostico chiuso a favore dei campani, ma esprimersi al meglio per il prosieguo del campionato era quanto meno obbligatorio: e così è stato.

    cuore e carica agonistica erano sul parquet, con Musardo e Iaccarino a scaricare l’adrenalina con esternazioni vocali da lottatori di Judo, tifo e passione smodata sugli spalti con continui supporti sonori ad incoraggiare i propri beniamini.

    Gli ingredienti c’erano tutti, però poi bisognava fare i conti un avversario che girava a mille con sincronismi da orologio, sì qualche sbavatura, ma anche potenti attacchi, grandi difese e percentuali realizzative di contrattacco a sfiorare il 60% contro il 22% dei locali.

    Pronti via e le due formazioni si presentano con i seguenti sestetti: gli ospiti partono in P1, con Scialò in diagonale ad Antonio Libraro, Bonina ed Enrico Libraro a completare la prima linea, Guancia e Giacobelli rispettivamente in posto cinque e sei, Ardito il libero.

    Mister Stomeo risponde con Zonno in P6 avendo in opposizione Buracci e con Durante e Iaccarino gli altri guastatori; in seconda linea si posizionano Musardo e Lotito  con Pierri a surrogare i centrali.

    Scialò mette a segno i primi punti ed Enrico Libraro non gli è da meno aprendo il primo break importante per i suoi (5-11),poi Iaccarino , Lotito e Buracci replicano (12-17) ma la risposta della capolista mantiene inalterato il vantaggio(18-23). Cambia poco con le sostituzioni di Petrosino per Durante e di Persichino per Buracci : un doppio errore dei blucelesti chiude il set a vantaggio dell’Ottaviano(20-25).

    Il piglio dei padroni di casa nel secondo set è più deciso: la ricezione lievità in positività, ne beneficia Zonno che chiama ripetutamente i due centrali Musardo e Iaccarino a cecchinare i loro dirimpettai Bonina e Giacobelli, considerata la miglior coppia del campionato.

    Si apre per Efficienza Energia un break favorevole di 5 punti (11-6) prima che Enrico Libraro e Scialò operino il sorpasso sul 12-13. Lotito e Musardo rispondono con efficacia (19-20) alle realizzazioni degli attaccanti napoletani, teleguidati da un Antonio Libraro che ha nei suoi ricettori, ed in Ardito in particolare, delle certezze monumentali. Poi la chiusura è dell’opposto campano con Lotito ultimo a mollare (20-25).

    Ininfluente il cambio sul 19-24 di Calò per Zonno.

    Il terzo set si complica per Efficienza Energia quando su un attacco di Lotito, Guancia sale a muro e ricade, invadendo, sulla caviglia del laterale galatinese procurandogli una distorsione. Interruzione di gioco (siamo sul 2-3), prime cure ed abbandono del campo per il martello locale, sostituito dal giovane Petrosino.

    Lo spirito di corpo moltiplica le forze a capitan Buracci e compagni e alimenta certezze negli avversari che commettono qualche errore di troppo. Bonina porta i suoi sul 9-13, Scialò e Libraro contengono (18-20) un Musardo esplosivo che terminerà con un 62% di attacchi messi a segno, supportato da un Ciccio Calò positivo anche in difesa.

    Sfrutta il suo secondo time-out mister Stomeo, ma un muro di Giacobelli ed un attacco di Enrico Libraro portano a quattro i punti per la capolista. Persichino prende il posto di Durante, Buracci ed un errore di Scialò dimezzano lo scarto, quindi una diagonale precisa ed un ace  del giovane Lorenzo ci portano sul 23-23 complice un rosso esposto a Guancia per ripetute proteste.

    Il successivo servizio di Persichino, carico di emotività, termina fuori ed Enrico Libraro chiude la gara con un potente diagonale.

    Prestazione generosa degli uomini di mister Stomeo, non indenni da una sterilità di attacco contenuta dai muri possenti di Giacobelli e Libraro  e da una ricezione  non sempre all’altezza, ma in compenso giocata con determinazione e senza remora alcuna.

    E’ l’infortunio subito da Lotito che preoccupa la dirigenza, per quella che sarà l’assenza del forte del giocatore nell’economia della squadra. Gli accertamenti strumentali dei prossimi giorni forniranno un quadro più preciso sulle condizioni fisiche dell’atleta e sui tempi per il recupero.

    L’augurio per Marco da parte di tutti ,tifosi, atleti e società è quello di una pronta guarigione.

     

    TABELLINO

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA -GIS OTTAVIANO 0-3 (20-25,20-25,23-25)  

     

    GIS OTTAVIANO: E.Libraro 21, Scialò 18, A. Libraro 5, Guancia 8,Bonina 6,Giacobelli 8, Ardito(L) 44%, 28%, Ndrecaj,Lucarelli(ne),D’Alessandro(ne),Bianco(ne),Ammirati(ne),Giuliano(L),

    Valla(ne), Settembre(ne). All. Gennaro Libraro

     

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA: Apollonio(ne),Musardo 10,Iaccarino 6,Durante 3,Calò,Rossetti(ne),Pierri(L) 36%,21%,Persichino 2, Lotito 9,Zonno 1,Petrosino,Buracci 8.

    All.Giovanni Stomeo   Ass. Antonio Bray

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    EFFICIENZA ENERGIA

     
    Di Redazione (del 10/07/2021 @ 21:42:51, in Comunicato Stampa, linkato 581 volte)

    Dopo il Senato, anche la Camera dei Deputati ha approvato la mozione che invita il Governo a riconoscere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki. Il documento, sostenuto anche da 300.000 firme di cittadini, è stato votato da tutti i gruppi parlamentari, ad eccezione di Fratelli d’Italia che, in modo strumentale, si è astenuto.

    Come ormai tutti sanno, il giovane ricercatore dell’Università di Bologna dal febbraio del 2020  è rinchiuso nel carcere del Cairo, senza aver commesso alcun reato, senza aver  violato le leggi egiziane, e, sino ad oggi,  non gli è stato notificato alcun capo d’imputazione. La sua detenzione arbitraria è stata più volte prorogata da 45 a 45 giorni, e nessuna data è stata fissata per l’eventuale celebrazione del processo.

    Il nostro Governo deve, da subito, avviare la procedura perché Zaki diventi cittadino italiano. Anche il Parlamento Europeo, per bocca del suo Presidente David Sassoli, ha chiesto che allo studente venga ridata la libertà, e della questione sarà interessato, nella sua prossima sessione, il Consiglio d’Europa.

    A sostegno delle tantissime iniziative che si stanno tenendo in tutto il Paese, il Circolo del PD di Galatina, da tempo, ha chiesto al sindaco Marcello Amante, al Presidente del Consiglio e ai Consiglieri comunali che a Zaki sia concessa la cittadinanza onoraria, come sta avvenendo in moltissimi comuni. Il sindaco e il presidente, sino ad oggi, non hanno ritenuto opportuno portare all’attenzione dell’assise cittadina la nostra richiesta, né l’hanno ritenuta degna di una risposta.  Con rammarico, dobbiamo constatare che nemmeno i consiglieri hanno dato segnali di vita. Una riflessione per tutti quei cittadini che hanno a cuore il rispetto dei diritti civili e la dignità della persona.

    PARTITO DEMOCRATICO

    CIRCOLO DI GALATINA       

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 18/12/2013 @ 21:42:45, in NohaBlog, linkato 3122 volte)

    Sotto le ali protettrici dell’aquila imperiale, a bighellonare sui gradini di pietra fra il marciapiede e l’ingresso alla vecchia torre, c’erano quasi sempre i figli di Luigi, l’impiegato comunale. Oltre a occuparsi dell’anagrafe di Noha, fra un certificato e l’altro, aiutava i suoi concittadini a districarsi nella contorta burocrazia amministrativa, e fra una croce e l’altra, apponeva sigilli e timbri manco fosse il primo tesoriere del re.  Data la vicinanza di quell’altra Casa Comune che era la chiesa, si dedicava anche all’apertura e chiusura del Tempio. Qui svolgeva funzioni di animatore dell’Azione Cattolica, di autista dell’Arciprete, di accompagnatore ufficiale di tutte le cariche istituzionali che venivano in visita a Noha (cioè nessuno, tranne la guardia campestre e il predicatore delle 4 settimane di Avvento, che essendo solitamente un frate con il saio e i sandali, se ne veniva da solo). A tempo perso ripuliva la rastrelliera portacandele del Sacro cuore dai moccoli di cera sciolta. Si occupava del giardino della chiesa, annunciava i bandi per i concorsi pubblici, nominava i suoi aiutanti nel periodo delle elezioni, si occupava degli addobbi natalizi, della gita di pasquetta, dell’organizzazione dei funerali, della composizione delle salme, dei dati anagrafici da far scrivere con lo smalto nero sulle lapidi di marmo. Della vita e della morte, della gioia e del dolore. In qualche modo, quell’uomo era la forza motrice del tempo che grazie all’orologio, marcava il destino stesso dei nohani. Insomma, via lui, c’era il rischio che si fermasse il mondo. Si occupava, ovviamente, anche della manutenzione della macchina dell’orologio. S’affacciò dal balcone del municipio, sulla cui ringhiera sovrastava imperioso il vecchio scudo delle tre torri, e con aria perentoria comandò ai figli di salire. C’era da dare la carica all’orologio. La vecchia macchina era un vero gioiello di meccanica, però non bisognava mai lasciargli seccare le boccole, né dimenticarsi dei pesi che la gravità trascinava irrimediabilmente giù. I due fratelli, stufi di fare quel lavoro un giorno si ed uno no, vedendomi passare mi chiesero se avessi voglia di aiutarli. Ci inerpicammo così in cima alla torre come dei caprioli. Arrancavo le scale mezze a chiocciola e mezze dritte menando manate a destra e manca sul bianco sporco delle pareti, con la paura di essere morsicato da qualche tarantola. Mi guardavo intorno affascinato dall’odore antico di quell’antro. Sbirciando qua e là in ogni anfratto buio delle nicchie che disordinatamente apparivano sulla vecchia parete, sognavo già di antichi tesori e battaglie da cui uscire vincitori. Quell’avvitarsi stretto intorno al nulla non finiva mai e mi girava la testa, sembrava la scala della cupola del Duomo dove si andava a suonare a mano i batacchi del campanone. Quasi in cima, davanti a noi chiudevano il vano della macchina due ante sporche di calce e ben ricamate dal tarlo. Le aprimmo tramite un vecchio ferro, sgangherato come la dentiera semovente di mio nonno. Davanti a noi c’era la macchina e sotto di essa si apriva l’infinito. Un precipizio scuro attraversato a tratti da fendenti che il sole infilava nei fori delle mura. Il fratello più vecchio diede inizio al rito delle 48 ore infilando la manovella nel primo verricello. Tanto sarebbe durata la carica di quella molla. Girando si tirava su un contrappeso in pietra leccese, agganciato alla fune d’acciaio che man mano si raccoglieva nel suo albero arrotolandosi come un serpente. Le corde erano due, una per muovere le ore e una per le campane. La fatica di sollevare quel masso di pietra, era immane per le nostre fragili braccia. Ma diventava così una prova di forza, come lo stringere le corna del toro, alle giostre del luna Park. L’odore sudaticcio delle nostre giovani carni saturava l’aria di quell’antro che sembrava essere la porta del purgatorio, dove l’angelo alato senza testa che imperava sulla facciata esterna,  segnava con i suoi rintocchi il tempo rimasto.
    Il rumore provocato dall’aggrovigliarsi del verricello, quel dradradrà-dradradrà- dradradrà metallico e cadenzato che provocava ogni scatto del fermo a molla sulla ruota dentata del meccanismo, ci affascinava. Dradradrà…sembrava il rombo di  quei motori a basso numeri di giri dei moto-carri, che rincorrevamo per le strade di Noha. A tratti pareva una melodia, a tratti l’inquietante eco di case deflagrate e corpi straziati. Immerso così in quei pensieri, mi sembrò per un attimo di essere in una situazione del tutto nuova, o vecchia, nel senso di già vista. Eccomi quindi, attorniato da un corteo di tecnici del Comune giunti a Noha per fare una valutazione dell’eventuale ristrutturazione della casa. Cosa che in realtà sarebbe accaduta molti anni dopo. Al seguito dell’ingegnere, c’erano: il geometra, l’assessore di turno, un impiegato tuttofare e due operai, e per chiudere l’elenco, affianco a me, una strana sagoma di cui non identificavo null’altro che l’essenza, forse la paura che fosse l’ennesima presa in giro, oppure del politico di turno. La storia della ristrutturazione di quella torre durerà in eterno, tanto che morirò e rinascerò per la seconda volta, ma non sarà mai finita. Mala politica e buon senso non sono le mammelle di una stessa mucca. Allora che si può fare se a lottare hai davanti le pale di un mulino a vento? La visita alla torre dell’orologio durò tutta la mattina, ma la vista di quell’antro vuoto, dove per decenni aveva palpitato la macchina del tempo, mi turbò profondamente. Al suo posto una miserabile scatoletta bianca da cui fuoriuscivano non più corde e verricelli ma due smunti e banalissimi cavi elettrici che avrebbero dovuto trasportare l’energia per dire a tutti che forse non stavano più vivendo.

    Marcello D’Acquarica

    Riferimento Osservatore n.6 Anno III pag. 4

     
    Di Redazione (del 08/09/2015 @ 21:42:43, in Comunicato Stampa, linkato 1867 volte)

    La rassegna estiva di cinema “AnimaMente” si conclude con “La storia della Principessa Splendente”
    Ultimo appuntamento per la rassegna dedicata al cinema d'animazione per adulti “AnimaMente” promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Galatina all'interno del cartellone dell'estate galatinese 2015.
    Giovedi 10 settembre h 21 presso il Chiostro del Palazzo della Cultura si proietterà il film del grande regista giapponese Takahata “La storia della principessa splendente”.
    Ispirato a uno dei più popolari racconti giapponesi (Taketori monogatari, Il racconto di un tagliabambù), narra le vicende di Kaguya, minuscola creatura arrivata dalla Luna e trovata in una canna di bambù da un vecchio tagliatore. Accolta e cresciuta come una figlia dal tagliabambù e sua moglie, la piccola cresce a vista d’occhio, affascinando tutti quelli che entrano in contatto con lei, fino a diventare una splendida giovane donna. Molti sono i suoi pretendenti, ma nessuno è in grado di portarle quello che davvero desidera, e nessuno, nemmeno l’Imperatore, riesce a conquistare il suo cuore.
    La storia della Principessa Splendente parla dell'importanza di ‘imparare a convivere con quello che ci portiamo dentro’ a costo di dolori e problemi da affrontare”.
    Il miglior cinema dello studio Ghibli che sposa favola a poesia.
    Imperdibile!

     
    Di Redazione (del 06/02/2014 @ 21:41:05, in Eventi, linkato 2818 volte)

    Casa Betania-Noha (LE) in occasione della Giornata Nazionale per la Vita dal Tema “Generare Futuro” organizza per Domenica 2 febbraio Domenica 9 febbraio 2014 al mattino: la presenza dei suoi volontari per la promozione del Progetto Gemma con la vendita delle primule al termine delle Ss. Messe d’orario presso le Parrocchie di “San Michele Arcangelo” in Noha; Parrocchia “San Sebastiano Martire”, “Santa Caterina D’Alessandria”, cuore Immacolato di Maria”, “Madonna della Luce” in Galatina; Parrocchia “Maria Ss.ma di Costantinopoli” in Collemeto; Parrocchia “San Giuseppe” e “Madonna della Neve” in Cutrofiano; Parrocchia “Natività di Maria Vergine” e “Cristo Re” in Collepasso; Parrocchia “Sant’Antonio Abate” in Giuggianello; Parrocchia “Ss.mi Pietro e Paolo Apostoli” in Zollino; Parrocchia “Trasfigurazione del Signore” in Giurdignano; Parrocchia “Trasfigurazione del Signore” in Poggiardo; Parrocchia “Maria Ss.ma Assunta” in Soleto. La sera: Festeggia con noi la Vita! Casa Betania lancerà 45 lampade volanti  per i 45 bambini aiutati a venire al mondo accompagnate da una coreografia di danza sui trampoli, attorno ad una culla, segno dei tre bambini che nasceranno nei prossimi giorni. Musica e artisti di strada contribuiranno a dare luce alla Vita insieme ai 2000 lumi, forniti da Casa Betania, accesi dalle famiglie di Noha ed esposti sulle proprie finestre come segno di accoglienza della Vita.

    fonte: sanmichelenoha.it

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/10/2013 @ 21:40:10, in Cultura, linkato 3523 volte)

    Nel 1973, esattamente 40 anni fa, veniva alla luce il volumetto “Storia di Noha” edito da “Grafiche  C.Borgia” di Casarano. E’ opportuno ricordare quell’evento, anche per verificare il cammino che si è fatto e non spegnere l’entusiasmo che aveva creato.

    Ero da poco rientrato in Italia, dopo 5 anni di Missione in Canada, e per motivi di salute mi fermai a Noha oltre il previsto. Fu così che, tanto per passarmi il tempo, cominciai a curiosare nell'archivio parrocchiale di Noha. Trovai un libretto di una cinquantina di paginette intitolato: “L'Università e il Feudo di Noha - Documenti e Note” scritto da un certo prof. Gianferrante Tanzi, ed edito nel 1906 da Tipografia Cooperativa a Lecce. Questo scritto prezioso, essendo ovviamente fuori catalogo, non è facilmente reperibile.

    Le mie ricerche su Noha partirono proprio da lì. Mi resi conto, leggiucchiando il libriccino del Tanzi, che Noha aveva avuto una storia molto antica e molto ricca di notizie, anche se quello che leggevo in quel libercolo a volte era vago e impreciso. Mi venne voglia perciò di fare ricerche più accurate.

    Mi misi a intervistare testimoni qualificati e informati su alcune notizie e tradizioni di Noha. Cominciai a consultare anche altri documenti di storia locale, arrivai all'archivio vescovile di Nardò, di cui ab immemorabili Noha aveva fatto parte, consultai l'archivio di Stato di Lecce e la biblioteca comunale di Galatina. Negli spostamenti sovente mi guidava don Donato Mellone, in quel tempo Arciprete di Noha, a cui devo tanta gratitudine sia per la sua grande disponibilità ad accompagnarmi e sia per avermi permesso di consultare l'archivio della Parrocchia.

    Dopo circa un anno di ricerche (1972-1973), per la prima volta davo alle stampe la prima edizione. Di Noha e della sua storia nessuno conosceva le antichità, nessuno ne parlava, nessuno sapeva, neanche a livello di istituzioni o di cosiddetta gente di cultura.

    Il libro di appena 90 pagine fu stampato a Casarano dall’editrice Borgia; mi sovvenzionò la stampa un'amica dei Missionari della Consolata che avevo conosciuto durante la mia permanenza a Salve, un comune vicino Santa Maria di Leuca. Furono stampate 300 copie, arricchite da una mappa del paese che avevo fatto io stesso in maniera molto artigianale, senza essere né un tecnico né un geometra, tracciandone il disegno delle strade che percorrevo con la mia Bianchina. Anche le foto le avevo fatte io stesso in bianco e nero. Il volumetto fu messo in vendita a 1.000 Lire la copia e andò letteralmente a ruba, soprattutto perché l'avevo arricchito con una raccolta di proverbi dialettali e di alcune mie poesie in dialetto che suscitarono (finalmente) la curiosità dei nohani. Quell’edizione si esaurì in men che non si dica.

    Pubblicato e venduto quel libro, le mie ricerche non finirono più. Per me era naturale continuare ad approfondire le ricerche su Noha (che, voglio dirlo con determinazione anche ai giovani, danno sempre grandi soddisfazioni).

    Dopo 15 anni, scoperti nuovi documenti, nel 1989 chiesi al Sindaco di Galatina, che in quel tempo era l’On. Beniamino De Maria, se valeva la spesa stampare i miei aggiornamenti. Fu così che l’Amministrazione Comunale si prese cura del mio scritto, approvò e sovvenzionò completamente la stampa della nuova opera con 4 milioni di Lire. L’Editrice Salentina di Galatina stampò così la seconda edizione della mia “Storia” in mille copie, questa volta arricchita dalle foto in bianco nero dello studio fotografico Mirelfoto- Pignatelli di Noha, oltre che quelle del mio archivio.

    Feci la “presentazione” della nuova edizione alla scuola media di Noha dove fu adottata come testo di cultura locale: l’edizione era più ampia della prima per i contenuti ma anche più elegante nella forma.

    Intanto io continuavo le mie ricerche (le notizie sono come le ciliegie: una tira l’altra) e scoprivo altre notizie sempre molto interessanti. Trovai per esempio una relazione sullo stato della parrocchia da parte di Don Michele Alessandrelli, arciprete di Noha dal 1847 al 1882, che, in occasione della visita pastorale del Vescovo di Nardò, aveva compilato con molta precisione di particolari preziosissimi. Trovai anche una relazione ricchissima di informazioni del “primo” Vescovo di Nardò che ritenevo molto interessante.

    Inoltre analizzando meglio tutti i documenti dell'archivio parrocchiale, che lessi e trascrissi in “file digitali” per scoprire i miei antenati (ho potuto costruire cos’ il mio albero genealogico fino al 1500), trovai notizie abbondanti sulla situazione sociale, religiosa, economica e politica della gente di Noha. Erano tutte notizie preziose che meritavano di essere pubblicate.

    Erano passati trent’anni dalla prima edizione. La seconda edizione era ormai esaurita. Valeva la pena far conoscere al pubblico le notizie di cui ero venuto a conoscenza. Cercavo il modo di stampare una terza edizione, ma come tutti sanno, la difficoltà principale in questo settore dell’editoria locale era proprio quella di reperire i fondi, o comunque trovare un mecenate che si prendesse cura della cosa.

    La mia destinazione a Galatina nel 2003 in qualità di parroco della Parrocchia cuore Immacolato di Maria e l’incontro con il Dott. Antonio Mellone fu provvidenziale. Fu Antonio che venne a cercarmi in parrocchia per propormi di stampare i miei aggiornamenti con una nuova edizione elegante, bella, ricca, di lusso, direi anche spettacolare e impensabile e degna di stare nelle migliori biblioteche nazionali ed estere (come di fatto mi risulta essere) e nacque così il volume Noha, Storia, Arte, Leggenda. Grazie all’editore-mecenate, il compianto Michele Tarantino, l’edizione venne alla luce nel 2006. In quella occasione Michele ebbe a scrivere: “Questo libro è a tutti gli effetti un bene culturale, un dono, un regalo che ho voluto fare innanzitutto a me, ma anche a mia moglie, legata, come me, alla terra dei nostri genitori; e - consapevole del fatto che i buoni frutti nascono da alberi che hanno coscienza delle loro radici - ai miei figli, nati e cresciuti nell’Italia del Nord, affinchè conoscendo la Storia di quello sperduto paese di provincia che risponde al nome di Noha, imparino sempre più ad amare e a rispettare le loro stesse origini; ai miei conterranei salentini ed ai miei amici sparsi in ogni parte d’Italia, e a tutti quanti si degnino di leggere e consultare questo volume, perché, benché a volte mute, anche le piccole realtà locali possono essere importanti testimoni della Storia”.

    Grazie Michele Tarantino per questo messaggio così caldo e sentito! Oggi anche tu sei una pagina bella della Storia di Noha.

    Ma le mie ricerche sono sempre continuate (secondo quel saggio proverbio nohano secondo il quale: fino alla bara sempre s’impara). Oggi a 40 anni da quella prima edizione posseggo notizie e scoperte che quarant’anni fa erano impensabili e sconosciute a tutti. Tante sono state rese pubbliche sul nostro giornalino on-line l’“Osservatore Nohano” di felice memoria.

    Ma a questo punto sarebbe opportuna una pubblicazione nuova “ordinata e completa” di come avevo immaginato che fosse la storia del mio paese, quando, esattamente quarant’anni fa, resi pubblica la mia prima edizione della “Storia di Noha”.

    P. Francesco D’Acquarica

     
    Di Redazione (del 21/09/2015 @ 21:39:33, in Un'altra chiesa, linkato 2099 volte)

    Non tocco il problema dell’amnistia ai carcerati. Non saprei esattamente se il Papa si riferisse ad un condono di pena anche nel campo civile. Vorrei parlare invece di ciò che ritengo più attinente al campo della fede, ovvero della remissione dei peccati e delle indulgenze.

    Non vorrei tornare a parlare delle indulgenze. Ho già detto più volte il mio pensiero, che si fonda su argomenti anche teologici. Le indulgenze sono la più grossa balla della Chiesa, che per secoli e secoli ha distribuito grazie e condoni a titolo “personale”, strumentalizzando i voleri di Dio secondo interessi puramente terreni. Fino a quando parlerà di indulgenze, la Chiesa resterà vittima di se stessa, e starà al gioco di chi imbroglia e inganna le anime più allocche.

    Sul ritorno ad una grande confessione assolutoria dei peccati da estendere a tutti, ho forti dubbi sulla sua efficacia interiore. Sarà un fallimento generale, anche perché, dopo aver allontanato numerosi penitenti perché scomunicati, sarà difficile dir loro: Scusate, siamo stati troppo cattivi! Ora vi aspettiamo…

    A parte il fatto che anche qui, oltre ad una iniziale irritazione, la gente, anche credente, ha imparato a fregarsene delle scomuniche. La Chiesa ha scomunicato i comunisti, e i comunisti hanno continuato come prima, e, se si sono poi estinti, non è stato per le scomuniche, ma perché i tempi sono cambiati. Quando i comunisti sono passati all’altra sponda, votando Berlusconi e Lega, allora la Chiesa li ha riammessi ai sacramenti. Mi chiedo: era meglio il comunismo oppure il berlusconismo e il razzismo leghista? Ora la Chiesa, almeno in parte, si sta accorgendo di ciò che di male ha fatto il berlusconismo e ciò che di male sta facendo la Lega. Troppo tardi!

    Non vorrei insistere nel ripetere che oggi bisognerebbe riscoprire ciò che è il vero “peccato”, in una società dove i comportamenti personali incidono nella misura in cui i rapporti sociali sono violati dal punto di vista soprattutto della giustizia e della fratellanza. Non credo che la masturbazione o l’uso del preservativo producano effetti  devastanti sulla società. Anche il problema degli omo per la Chiesa non è mai stato una questione diciamo di carattere sociale, ma solo etico, in nome di quelle norme veterotestamentarie che erano il prodotto di un altro tipo di società, sempre condizionata dalla religione. Dio approva ciò che la religione vuole.

    Perché la Chiesa è ancora così chiusa al sesso, ai diritti civili da estendere anche alle coppie di fatto, agli omo, ecc.?E poi parla di amnistia ai carcerati? Ma chi sono i veri carcerati? Solo quelli che si trovano nelle prigioni statali? E che dire delle anime rese schiave da una religione senza cuore?

    Da ultimo. Presso gli ebrei, il giubileo aveva anzitutto uno scopo di carattere sociale. Ogni tot anni, i debiti venivano estinti e i beni della terra tornavano agli antichi proprietari: questo per evitare l’accumulo, ciò che oggi chiamiamo latifondismo o capitalismo. Perché il Papa non parla di queste cose? Perché non invita i potenti a estinguere i loro crediti nei riguardi delle popolazioni più povere: povere anche perché sfruttate dagli stessi creditori?

    Mi sarei aspettato che il papa, per il prossimo giubileo, calcasse la mano su coloro che hanno troppo, per aver rubato a milioni di persone il loro diritto ad avere il “suo”. Non sto dicendo che la Chiesa, nelle sue Encicliche sociali, non abbia mai parlato di destinazione universale dei beni, ma vorrei dire che il Giubileo è una grande occasione per insistere e battere questo chiodo.

    Ma tutto si ridurrà ad una grande messinscena, anche spettacolare, con una tale migrazione di pellegrini da competere con la massa dei poveracci che fuggono dai loro paesi in cerca di un po’ di felicità. Tranne che questi ultimi procurano paure e anche violenze, mentre i romei in cerca di qualche perdono per le loro malefatte faranno magari crescere il pil e anche le casse vaticane.  


    0209/2015

    Don Giorgio De Capitani

     
    Di Redazione (del 11/07/2016 @ 21:39:13, in Istituto Comprensivo Polo 2, linkato 2874 volte)

    Il 14 maggio 2016 un gruppo di ragazzi della terza B scuola secondaria primo grado Noha

    Ha ricevuto il 2° premio 250€, per un progetto studio bandito dalla Banca di Credito Cooperativo di Leverano. Titolo “Alla ricerca della perduta gioia”

    Hanno lavorato sodo, da soli, senza aiuto alcuno da parte degli insegnanti

    Ora potevano spendere quei soldi per se stessi, acquistare materiale didattico per la scuola o per chissà quali altri motivi. Invece, nella semplice gioia di vivere e di con-dividere hanno pensato bene di destinare la somma all’associazione guidata da Fra’ Ettore Marangi, frate francescano che opera in Kenia da alcuni anni

    Con Fra’ Ettore la terza B di Noha ha stretto un gemellaggio per aiutare i loro coetanei ad andare a scuola

    Non si è trattato di pura e semplice beneficenza, niente affatto! Ciò che li ha spinti a lavorare, oggi come ieri, è stata la GIOIA di rendersi utili a qualcuno, di farsi prossimo agli altri senza chiedere nulla in cambio, con la sola consapevolezza che la vita è un bene prezioso e che un sorriso ripaga il peso di qualsiasi fatica

    Ed io, la loro semplice e modesta insegnante, sono fiera di loro, delle loro fatiche e del loro gran cuore

    Ritamaria Colazzo

     
    Di Redazione (del 12/02/2015 @ 21:39:01, in Comunicato Stampa, linkato 2763 volte)

    Galatina "ombelico del Salento", così chiamata in quanto posta esattamente al centro del territorio salentino.

    Rappresenta uno dei principali poli turistici del territorio grazie alla ricchezza ed all’originalità del proprio patrimonio storico, culturale ed enogastronomico.

    I gioielli artistici di Galatina sono custoditi principalmente all’interno della cinta muraria del XVI secolo, dove palazzi nobiliari, corti e vicoli, rendono suggestiva la visita e l’ammirazione del barocco galatinese.

    Autentico fiore all’occhiello è la francescana basilica di Santa Caterina d’Alessandria del XIV secolo situata nell’antica Piazzetta Orsini, come anche la centrale chiesa matrice dei Santi patroni Pietro e Paolo che impone la sua facciata barocca sull’omonima piazza nel cuore del centro antico.

    La vastità e l’imponenza del patrimonio architettonico espresso, ha portato alla conquista da parte di Galatina del titolo di “Città d’arte”, che ha spinto l'amministrazione comunale ad investire sulla creazione di alcuni brand turistici che focalizzano l’attenzione proprio sulle potenzialità espresse della città.

    In questo senso è giunta già alla quinta edizione la manifestazione “Le Corti a Mezzanotte”, che rappresenta uno dei principali brand turistici su cui Galatina ha deciso di puntare, anche alla luce dei risultati.

    Nata nel 2011, “Le Corti a Mezzanotte” è una manifestazione che si tiene all’interno della splendida cornice del centro storico di Galatina, nell’arco di una serata, generalmente nell’ultima settimana di Agosto (VI edizione 21 agosto 2015).

    Durante questa serata oltre agli antichi palazzi barocchi, il borgo apre a tutti i visitatori le sue principali corti, che sono valorizzate ed arricchite da esposizioni pittoriche, da spazi musicali e da percorsi enogastronomici, che contribuiscono

    a far assaporare in tutte le sue forme il barocco galatinese. (www.lecortiamezzanotte.it)

    Non a caso Galatina oltre al marchio di “Città d’arte” possiede anche il marchio di “Città del vino”, in virtù dell’antica e sempre attuale produzione di vino locale, portato avanti negli anni da importanti cantine vinicole che contribuiscono ad esportare il nome di Galatina a livello nazionale ed internazionale.

    Ecco perché nasce, il festival “Barocco wine music” attivando un sistema di promozione ed avvicinamento alla cultura del vino con oltre 200 etichette regionali.

    Barocco wine music, manifestazione organizzata nel mese di Ottobre (edizione 2015 10 ottobre), rappresenta da questo punto di vista il secondo brand turistico sul quale l'amministrazione comunale ha investito, in linea con la tradizione e con i marchi posseduti dalla città. (www.baroccowinemusic.it)

    Molte le tradizioni culinarie e sopratutto dolciarie del territorio: africano, mustacciolo, sibilla, mafalda e il famoso pasticciotto, una grande tradizione che esplode già nel 1745 nella bottega pasticciera della famiglia Ascalone con questo dolce tipico composto da pasta frolla farcita di crema pasticcera e cotto in forno.

    Così da una grande tradizione dolciaria ma anche enogastronomica nasce "Dolce Città Nostra" che si presta alla sua seconda edizione dopo il grande consenso ottenuto.

    La manifestazione si terrà domenica 12 aprile 2015 in occasione della giornata

    "La Penisola del Tesoro" del Touring Club che ha scelto, insieme ad altri otto comuni italiani, anche Galatina dove saranno presenti circa 900 associati.

    La Penisola del Tesoro 2015 è un’iniziativa importante del Tci che da 16 anni porta i soci a scoprire i beni culturali meno noti prendendo come punto di riferimento, il patrimonio negato, per valorizzare un patrimonio fondamentale per il futuro del Paese.

    “Galatina investe anche nei nuovi sistemi di comunicazione on-line per dare servizio alla città stessa ma soprattutto – come rimarcano il sindaco Cosimo Montagna e l’assessore al Turismo Alberto Russi - per incentivare i turisti a fruire e muoversi liberi nel grande patrimonio architettonico. Già da due anni Galatina ha investito nella guida virtuale con i codici qr diffusi tramite paletta sui maggiori monumenti del centro storico che permettono al turista di avere tutte le informazioni utili senza nessuna guida.

    Aderisce quest'anno al progetto dell’Associazione culturale AMiCA (Audio Musei a Cielo Aperto), che ha il principale obiettivo di promuovere il patrimonio culturale attraverso lo sviluppo di progetti e strumenti innovativi”.

    Strumenti che si fondono con la creazione dell’APP GalatinaAmica, disponibile in italiano e inglese per IOS e Android che presenta 6 sezioni principali: Monumenti (contenente le schede dei beni esaminati con foto, descrizioni, ubicazione nonché la relativa traccia sonora), Categorie (in cui sono presenti alcuni selezionati consigli per l’utenza), Itinerari (sezione in cui sono presenti i percorsi per fruire di tutti i beni analizzati), Mappa (contenente i punti di interesse) e Downloads (sezione contenente l’elenco delle audioguide disponibili sul proprio dispositivo e quindi fruibili in OFFLINE). Lo strumento realizzato è una proposta per una visita multimediale della città, un cicerone interattivo che grazie alla funzione Realtà Aumentata porterà il visitatore a scoprire ciò che ha intorno. (www.arteamica.com)

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 21/04/2019 @ 21:38:54, in NohaBlog, linkato 1501 volte)

    Be'... Non ci credevo più nemmeno io. A forza di vedere in giro alberi capitozzati e altri tutti secchi, con al massimo qualche rara parvenza di fogliame, pensavo che solo un miracolo potrebbe salvare i nostri ulivi. Dopo aver visto gli alberi di Michele, invece, mi si è riaperta la speranza.

    Il mio cuore ha sentito come il chiudersi improvviso di un taglio che perdeva, perdeva appunto, la speranza.
    E pensare che Michele non è un contadino, di mestiere fa tutt'altro. Eppure il suo giardino sembra la vetrina di un gioielliere, i suoi ulivi sono tutti in fiore, tutti. Nonostante il suo campo sia circondato da terreni trascurati e ulivi malandati. Cosa fa per mantenerli così? Semplicemente li tratta con la poltiglia bordolese, una potatura arieggiata che ha fatto lui stesso e infine, dice Michele, con le piante ci parla, le tratta come fossero delle persone care.

    Osservavo il confronto tra i due uliveti, sono perfettamente uno di fronte all’altro ai lati della strada, in via Aradeo, esattamente nei pressi del viale che porta all’antica Masseria della Contessa, osservavo dicevo, l’incredibile condizione dell’uliveto dirimpetto a quello di Michele, è stato ghigliottinato barbaramente, e lasciato soffocare dal sottobosco di erbe spontanee, mentre le piante di fronte, quelle del nostro amico, sono l’esatto opposto, con un carico di fiori inimmaginabile.

    Con questo non voglio dire che basta fare semplicemente come fa Michele e tutti gli ulivi del Salento guariranno o risorgeranno. Certamente in giro lo scenario degli ulivi secchi e tagliati come dei crocefissi nudi, è reale e raccapricciante. Non entro nel merito del come ha avuto inizio questa storia, tanto se ne è parlato ovunque e in abbondanza, quello che non è ragionevole è invece il fatto che stiamo tutti cadendo nella trappola dell’”ormai non c’è più niente da fare, seccheranno tutti”. Così concludono i tanti contadini e non, scoraggiati da questa situazione. Invece bisognerebbe prenderci cura di ciò che abbiamo, e sono tanti gli uliveti come quello di Michele. Ci stiamo affannando per impiantare nuove cultivar spacciate per essere resistenti, con promesse favolose, ma che nessuno garantisce, anzi è già risaputo che bisognano di un intensivo uso di fitofarmaci e di risorse idriche, due condizioni, l’ambiente e le risorse idriche, già fortemente compromessi.

    Tutto il contrario dei nostri ulivi che hanno vissuto con eccellenza per secoli su terreni spesso pietrosi e secchi.

    E la cosa ancor più orripilante, è che il governo di un Paese come l’Italia, in grado di armare eserciti potenti, come massima espressione della sua onniscienza, attraverso il “Decreto legge Emergenze  07-03-2019”, e precisamente negli articoli 6 ed 8, Obbliga (in barba al diritto della salute dei cittadini dettato dalla Costituzione) 2 trattamenti chimici su tutto il territorio con insetticidi a maggio e giugno e Obbliga (sempre in barba al divieto assoluto di deroga sulla salvaguardia dei beni culturali dettato dalla Costituzione) l’estirpazione di piante secolari ospiti nei 100metri attorno a piante infette.

    Grazie Michele, per la speranza, speriamo che sia più contagiosa di questa fantomatica Xylella.

    Decreto Emergenze: una coalizione di oltre 200 scienziati, medici, giuristi, economisti, agricoltori, giornalisti, organizzazioni della società civile contro art. 6 e 8 | ISDE Italia @MIUI| 

    https://www.isde.it/decreto-emergenze-una-coalizione-di-oltre-200-scienziati-medici-giuristi-economisti-agricoltori-giornalisti-organizzazioni-della-societa-civile-contro-art-6-e-8/

    Marcello D’Acquarica

     

    L' Asso Arma Aeronautica Galatina “F. Cesari” ha organizzato infatti, nella mattinata di Domenica 26 marzo, un gazebo per la vendita delle uova solidali a favore del progetto “Bimbulanza”.

    L’evento per grandi e piccini è fissato a partire dalle ore 09.30 in Piazza Alighieri a Galatina ed avrà fine intorno alle ore 13.00.

    La “Bimbulanza” è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.

    Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte verso chi soffre" ONLUS, nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.

    Il prezzo per singolo uovo dal peso di 300 gr., disponibile sia di cioccolato al latte che di cioccolato fondente, è di 5€.

    Saverio Mengoli

     
    Di Russo Piero Luigi (del 02/12/2021 @ 21:38:19, in Comunicato Stampa, linkato 685 volte)

    L’evento per grandi e piccini è fissato per Domenica 05 dicembre a partire dalle ore 09.00 ed avrà fine intorno alle ore 13.00. In Piazza Alighieri a Galatina. La “Bimbulanza” è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici. Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte" O.d.V., nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri. L’offerta minima per singolo Pandorotto di cioccolato dal peso di 200 grammi, è di 5€.

    Info e prenotazioni:
    Sandro Argentieri: 333-4368532;
    Alessandro Antonaci: 328-0459945;
    Piero Luigi Russo: 349-8471729.

     
    Di Redazione (del 09/08/2016 @ 21:37:19, in Comunicato Stampa, linkato 2466 volte)

    In Puglia ogni angolo, ogni paese, è l’occasione per scoprire la straordinaria ricchezza di un patrimonio musicale unico. Ritmi che parlano un linguaggio semplice, ma incredibilmente affascinante. Una terra che può essere percorsa seguendo i flussi della musica, fuori dalle consuete indicazioni turistiche. Dove non esiste alcuna differenza tra il musicista e l’ospite. Dove il turista è immediatamente uno del posto. Non rimane che lasciarsi andare al piacere della musica e della scoperta, farsi travolgere dalle note che raccontano questa terra e la sua gente, contagiati da una frenesia che sembra non finire mai. Uno spettacolo che ci farà entrare, sempre più, nel cuore autentico della Puglia.

    Basta il suono di un tamburello per evocare riti antichissimi e per entrare in quel miscuglio di sentimenti autentici che vive nel Salento più profondo; il set perfetto, quello originale, per storie di tarantate e di donne morsicate dal ragno maculato, di antiche abitazioni dove andava in scena il rito della guarigione.

    Cercatene le tracce a Galatina, un posto al di fuori dei più battuti circuiti turistici, un luogo di misterica suggestione, con uno splendido ed esteso centro storico e la suggestiva piazza San Pietro, tripudio di barocco e rococò. Luogo simbolo del tarantismo – la Cappella di San Paolo –, nel tempietto a navata unica le devote ammorbate dal veleno dal ragno venivano a chiedere la grazia e a bere l’acqua del pozzo che zampillava nell’androne del palazzo. Dopo un lungo restauro, la pala di Francesco Saverio Lillo è tornata a vegliare dall’altare e a preservare il ricordo delle sorelle Farina, immortalate ai piedi del Santo. Leggenda narra che le due donne erano note in tutto il circondario per i loro poteri taumaturgici. Non avendo figli a cui passare questa eredità, le sorelle sputarono nel pozzo di palazzo Tondi-Vignola, dando così origine alle ben note processioni delle “tarantolate”. Ma forse, osservando la tela, sarebbe il caso di declinare al maschile il sostantivo: tra le braccia delle due donne non giace infatti una giovane, bensì un uomo.

    Un itinerario guidato alla scoperta di suggestioni d’un tempo ormai lontano, tuttavia oggetto di indagine per antropologi e studiosi di musica mentre la pizzica è diventata negli ultimi anni la colonna sonora di un Salento che, forte della sua identità, di un patrimonio culturale e naturalistico vastissimo e del folklore, rapisce il cuore dei suoi visitatori.

     

    16 AGOSTO 2016 | 10:30 - 11:30 - 16:30 - 18:30

     

    Meeting point:

    IAT Informazione e Accoglienza Turistica

    GALATINA, c/o Torre dell’Orologio - via Vittorio Emanuele II, 35

    T. +39 0836 569984 - +39 392 9331521 – E: iat.galatina@gmail.com

    Prenotazione obbligatoria

    #VisitGalatina

     

    Siccome parlare di certi argomenti con i diciamo rappresentanti del municipio di Galatina è fiato sprecato, mi rivolgo a voi, egregi esponenti degli altri Comuni invitati alla Conferenza dei Servizi convocata a Bari presso la Regione Puglia, una prima volta il 20 ottobre 2017, poi rimandata al 23, e definitivamente, pare, al 3 novembre prossimo venturo [diciamo in piena atmosfera da festa dei morti, anzi, meglio, di Halloween, cioè delle zucche vuote, ndr.] avente ad oggetto “richiesta di proroga [l’ennesima, ndr.] all’autorizzazione per la realizzazione di un’area commerciale integrata in località Cascioni”, per alcune raccomandazioni.

    Si tratta, in parole povere, del famigerato Mega-porco commerciale Pantacom, rara opera di archeologia economica ancor prima del suo impianto [scusate se utilizzo il lemma “porco”: ma “parco” mi pare un po’ esagerato, essendo, quest’ultimo, un concetto legato più ad un’area alberata che ad una cementificata, ndr.].

    Gentili Rappresentanti dei Comuni intorno a Galatina, convocati alla suddetta conferenza dei servizi, vi prego, nell’esclusivo interesse dei vostri rispettivi territori, di prendere buona nota degli appunti che seguono in merito allo scempio economico-ambiental-razionale che si vuol perpetrare intorno a voi.

     

    1°) Chiedetevi innanzitutto chi è l’interlocutore, nella fattispecie la Pantacom srl, che ha in progetto un centro commerciale (l’ennesimo nel Salento) di 25 ettari da impiantare in contrada Cascioni, nei dintorni di Collemeto. Dando un’occhiata ad un prospetto Cerved (documento pubblico della Camera di Commercio, che per sommi capi evidenzia le caratteristiche delle imprese) si evince che Pantacom è una SRL, società a responsabilità limitata, costituita nel 2001, con un capitale sociale pari ad euro 35.000, avente quale oggetto sociale: “la progettazione, la costruzione, l’acquisto, la vendita, la gestione e la locazione attiva e passiva di centri commerciali […]”). Codesta Pantacom srl risulterebbe “Inattiva”. Come mai? Dimenticanza? Si è forse in attesa di particolari autorizzazioni per la “dichiarazione di inizio di attività”? Non si direbbe mica che sia in (dolce) attesa: tutt'altro. Osservando la frenesia con la quale si muove l’amministratore unico, evidentemente in contatto continuo con gli enti pubblici e i suoi emissari, l’azienda appare invece attiva, attivissima. Perché non lo è anche di diritto, oltre che di fatto?

     

    2°) Il capitale sociale, come detto, risulta essere pari a 35.000 euro (dico trentacinquemila, non trentacinquemilionidieuro). Bene. Mi dite, per favore, come fa una società con questo patrimonio a portare avanti un progetto con investimenti di svariati milioni di euro? Dove prenderebbe i fondi per iniziare a sbancare i venticinque ettari di campagna da trasformare poi in decine di capannoni da adibire a centro commerciale? Dai soci, forse? Vale a dire dai componenti della famiglia Perrone (quella dell’ex-sindaco di Lecce)? O magari da finanziamenti di terzi? E se anche fosse, “basta la parola” di codesti fantomatici capitali provenienti da chissà dove per garantire i portatori di interessi diffusi (e non particolari), come quelli degli enti pubblici territoriali, espressione della sovranità popolare che voi rappresentate? Non servirebbero forse dei documenti più concreti dei semplici proclami, dei sentito dire, delle promesse con la mano sul cuore?

     

    3°) Oltre al risibile importo del capitale sociale (inadeguato a tutto, finanche al saldo della parcella di un progettista), osserviamo che la società “inattiva” presenta per più anni, proprio perché inattiva, un fatturato pari a zero. E questo ci può stare. Un’azienda può anche esistere sulla carta, può pure essere inattiva, e può anche per più anni consecutivi non aver venduto nulla. Ma in questo caso nell’attivo dello stato patrimoniale, sempre per più anni consecutivi, lo zero assoluto la fa da padrone anche tra le rimanenze, tra le immobilizzazioni materiali e, giacché ci siamo, anche tra le attività finanziarie. Di terreni, nello stato patrimoniale della Pantacom, nemmeno l’ombra. Né risulterebbe, al di là della linea di bilancio, diciamo tra i conti d’ordine, nessuna opzione all’acquisto dei terreni interessati. Che questi diritti/impegni siano registrati fuori bilancio? Cominciamo bene. Alla luce dei pochi dati a nostra (a vostra) disposizione, non riuscite anche voi a inferire agevolmente quanto si sia di fronte a un’entità astratta, uno spirito, un fantasma (Fantacom, appunto)? Vi stanno cioè facendo conferire, cari rappresentanti delle istituzioni comunali invitate, non con dati reali, incontrovertibili, garantiti, ma con delle congetture, con delle ipotesi, con delle promesse, con delle supposizioni (anzi, supposte).

    In base ai basilari principi di buona amministrazione, di precauzione, di diligenza, di interesse collettivo, vi chiedo: è sufficiente che una società qualsiasi, oltretutto “inattiva”, presenti “istanze urgenti” perché si convochi in tutta fretta un consiglio comunale, magari ad hoc, o sia invitata a una conferenza dei servizi, o altro consesso pubblico, per cose tipo: delibere, proroghe, istanze, compensazioni, eccetera? E fino a quando continueremo a perder soldi, tempo e denaro pubblico dietro queste pantomime (etimologia non casuale)? Magari fino a quando non si troverà qualche cinese disposto a comprare il pacchetto (anzi il pacco) preconfezionato? E se non ci fosse nessuno disposto ad acquistare il diciamo progetto, cosa facciamo? Continuiamo a concedere proroghe su proroghe sine fine dicentes?

     

    4°) Che garanzie occupazionali una società così eterea, labile ed evanescente da più punti di vista (commerciale, patrimoniale e finanziario) può dare alla collettività? Come mai un’azienda come questa, pronta “a combattere la disoccupazione dando lavoro a 200 persone” [sic] (all’inizio la promessa era di 300 posti di lavoro [ri-sic]), non ha nemmeno un dipendente, nemmeno un ragioniere, un portantino, un commesso? Possiamo noi consolarci con la promessa di 200 nuovi posti di lavoro prossimi venturi, scritti sulla carta con inchiostro simpatico?

     

    5°) Andando ancor più nel dettaglio, ci si chiede: ha senso dal punto di vista della politica economica di un comune un altro centro commerciale di grandi dimensioni come questo, quando a meno di dieci minuti di auto si trovano agevolmente il complesso Bricoman (Lecce), e a meno di un quarto d’ora i centri commerciali di Cavallino (a Est) e di Surbo (a Nord), e chissà quante altre formule facilmente raggiungibili nei dintorni, tra supermercati, discount, megastore, ipermercati e cash & carry?

    6°) Quali utilità potrebbero vantare i vostri Comuni, il loro Pil, la vitalità dei vostri centri abitati, il piccolo e medio commercio intramoenia, il vostro bilancio pubblico, il benessere economico delle vostre popolazioni, eccetera, da questo ennesimo centro commerciale fuori-porta? E quali benefici potrebbe portare un eco-mostro di 25 ettari (oltretutto su di un terreno a medio rischio idro-geologico, con annesse rotatorie, viadotti, traffico, inquinamento e stravolgimento del paesaggio) nei paraggi del vostro territorio?

     

    7°) Se non ci fossero danni all’ambiente e all’economia locali con l’installazione di questo centro commerciale [ma il discorso è valido per ogni “grande opera” sul territorio, ndr. ] come mai si parla sempre di “ristori” e di “compensi” ai comuni che ospitano queste strutture [posto che nelle casse dei vostri enti non entrerà il becco di un quattrino a titolo, appunto di “ristori” e “compensi”, nonostante la svendita (anche) del vostro territorio, ndr.]? E, in base a banali considerazioni di Economia Aziendale, può mai un “ristoro” o un “compenso” bilanciare la “diseconomia esterna” (o “esternalità”) provocata da un siffatto investimento aziendale? Non credete che se così fosse, saremmo di fronte a un principio (antieconomico, dunque assurdo) per il quale un’azienda rinuncerebbe all’idea di profitto (trasformandosi di fatto in una Onlus)? Vi pare plausibile una sciocchezza del genere? Il discorso varrebbe anche per TAP (altra storia).

     

    8°) Come già detto altrove, svariati comuni italiani hanno bandito i centri commerciali dal loro ambito. Ultimamente perfino un’intera provincia, quella di Trento, al fine di “salvaguardare l’ambiente, ridurre il traffico veicolare, e rinnovare il metodo degli insediamenti commerciali sul territorio all’insegna della qualità e della valorizzazione dei piccoli esercizi”. Orbene. Cosa vi sembra più anacronistico: una scelta come quella della provincia di Trento, o non piuttosto quella di continuare ad aver fede nella Beata Cementificazione?

     

    9°) Negli Stati Uniti il mito del centro commerciale è crollato da un pezzo (gli Stati Uniti anticipano generalmente la nostra socio-economia di circa un decennio). Secondo molti analisti nei prossimi anni chiuderanno addirittura 400 dei 1.100 centri commerciali statunitensi. Esiste un’inchiesta del New York Times che attesta che svariati Malls (centri commerciali) sono ormai alla stessa stregua di vere e proprie città-fantasma, deserte, vuote, fallite.

    Bene. Con questi chiari di luna (e con queste luci in fondo al tunnel), vorreste voi continuare a credere alle allucinazioni di marketing di una società a responsabilità modesta, che vale quel che vale, per giunta “inattiva”, e giacché dar retta anche ai suoi supporter politici più o meno local, vale a dire agli asini volteggianti nell’aere?

     

    Antonio Mellone

     
    Di Michele Scalese (del 22/07/2021 @ 21:36:38, in Comunicato Stampa, linkato 788 volte)

    Siamo consapevoli del fatto che i nostri Comunicati Stampa facciano risvegliare dal torpore di sicurezza e narcisismo parecchie coscienze, soprattutto quando chi compone gli stessi è prima di tutto un cittadino che assiste quotidianamente al depauperamento del proprio Comune, e un Segretario di Circolo poi che, assieme ai propri iscritti, altro non fa che porre all’attenzione pubblica quanto poco si è fatto in questi quattro anni di Amministrazione. Ciò che in particolar modo ci stupisce è che le critiche non vengano mosse da questa (magari!), ma da uno pseudo giornalista che “sanza infamia e sanza lode” continua a viaggiare per partito preso, sinonimo questo di ignoranza e malcostume. L’aspetto più curioso è che lo stesso non scrive riferendosi ai contenuti dei nostri Comunicati, bensì alla terminologia utilizzata e ciò ci fa pensare che almeno sui contenuti sia d’accordo con noi. Ebbene, riguardo a ciò pensiamo che la risposta più eloquente sia il silenzio di chi sa guardare oltre il proprio naso, poiché il lettore di cui lo stesso parla, sa bene che certi termini decontestualizzati generano significati differenti. 

    Ci vorremmo soffermare piuttosto su due punti fondamentali:

    1) I nostri comunicati non verranno più mandati a costui per la semplice ragione che siamo contrari alla censura. Poiché “una stampa cinica e settaria prima o poi creerà un pubblico ignobile” (J.Pulitzer), riserviamo i nostri scritti a chi pratica un sano ed equo giornalismo. 

    2)Riguardo la parola “politico” con tanto di punto interrogativo tra parentesi, ci teniamo a precisare che siamo soprattutto un gruppo che abita tra la sua gente e come tale si fa portavoce di quelli che sono i dissapori comuni, denunciando a chi ha la responsabilità di porvi rimedio. Se il medesimo ci considera politici, ossia coloro che hanno a cuore la vita delle persone, allora si, siamo felici di esserlo. 

    In conclusione, è davvero stimolante assistere a questi episodi di patetico servilismo a discapito di chi ci mette soprattutto il cuore in ciò che fa, ma capiamo anche che dinanzi alla verità delle cose, non si può far altro che mordersi le labbra. 

    Lasciamo al paziente lettore la ricerca sulla rete dell’articolo completo.

    Michele Scalese

    Il Segretario PD - Noha

     
    Di Redazione (del 13/12/2021 @ 21:36:25, in Necrologi, linkato 4773 volte)

    Improvvisamente se n'è andato Luigi Coluccia (Curulla), sì Luigi del Bar Settebello. Non sembra vero, ma purtroppo è così. A un certo momento il cuore di un uomo, anche a settantaquattro anni, decide di fermarsi e non puoi farci nulla.

    Quel cuore che ha battuto da sempre nel cuore di Noha, in quel bar che era il luogo del cuore di molti: ma specialmente di intere generazioni di ragazzi che nel corso degli anni ruggenti '70, '80, e anche '90 del secolo scorso furono iniziati al gioco del calcio nelle più disparate categorie.

    In quel locale li voleva Luigi per i loro briefing, disciplinati, educati, attenti ai consigli e alle regole del mister, pronti a raggiungere un risultato, frutto unicamente di impegni e sacrifici, mai di sotterfugi. Che lezioni di vita.

    Ognuno ha un ricordo di quest'Uomo, a volte serio, severo, ma con l'espressione sempre un po' beffarda, che la diceva lunga sulla sua umanità.

    Noha.it è vicina alla moglie Lina, al figlio Toto e alla nuora Michela Specchia, nonché al nipote che porta il nome del nonno adorato. E si stringe affettuosamente intorno alla sorelle Lilliana e prof.ssa Giovanna, e agli altri famigliari.

    Condoglianze esprime infine anche nei confronti degli assidui frequentatori del bar Settebello e a tutti gli amici del caro Luigi.

    La Redazione di Noha.it 

     
    Di Redazione (del 04/02/2014 @ 21:33:09, in Un'altra chiesa, linkato 2744 volte)
    Pensavo che certi fenomeni da baraccone fossero scomparsi, e che subentrasse al loro posto una fede più autentica, radicalmente evangelica. Ma mi sbagliavo.
    Quando sono venuto a conoscenza che anche nella nostra Diocesi di Milano ci sarà la Peregrinazione dell’urna di San Giovanni Bosco, mi sono cadute le braccia, e ancora una volta mi sono chiesto come sia possibile aggrapparci a queste idolatrie (o mummia latria). Sì, perché effettivamente di questo si tratta: di adorazione (o latria) di resti cadaverici a cui affidare le nostre attese e speranze. Di che?
    Che ci siano i santi o i beati o i venerabili o i servi di Dio (non ho ancora capito la differenza: è tutta questione di quantità taumaturgica?), che la Chiesa gerarchica ufficialmente proclama e propone come modelli da imitare davanti al mondo cattolico, lo posso anche capire, soprattutto in epoche in cui la Chiesa ha bisogno di auto-celebrarsi. In realtà è così: la Chiesa canonizza usando come criterio le virtù più consone al sistema. Che poi il popolo di Dio veda nei santi canonizzati più di quanto la Chiesa vorrebbe, questo è un altro discorso. E la Chiesa è così scaltra che sa mettere il cappello sopra quei profeti che, in vita, hanno contestato la religione. E ci riesce: basta poco, ovvero si presenta il profeta scomodo togliendogli le sue reali provocazioni, addolcendo il tutto.
    Non vorrei insistere su questo, perché il discorso ci porterebbe lontano dal nostro caso, ovvero da questa insana voglia di far risuscitare i santi, venerandone le spoglie o i resti di ciò che il tempo ha consumato. E smettiamola di pensare che il Padre Eterno riservi particolari favori al corpo di alcuni suoi devotissimi. Ciò che Dio non vuole fare, lo fa la pratica dell’imbalsamazione, usanza pagana tipica dei tempi dei faraoni.
    - Ma, si dice, è lo spirito del Santo che viene evocato!
    A che punto siamo arrivati? Evocare lo spirito del Santo? E quale spirito?
    Basta con queste forme di superstizione miracolistica per cui si crede che toccare l’urna o la sola presenza dell’urna possa compiere il miracolo. E quale miracolo? Risvegliare la fede? Ridare ai giovani l’entusiasmo di vivere?
    Siamo o non siamo in cattiva fede? Oppure devo credere nella buona fede di tanti allocchi?
    Ho l’impressione che, provate tutte le esperienze, anche le più strampalate, non sia rimasta altra soluzione che aggrapparci a qualche santo. Non è che questa sia la prova del nostro fallimento educativo?
    - Chissà, dopo averle tentate tutte, adesso affidiamo la patata bollente a qualche spiritello vagante che, disoccupato, vorrebbe trovare un po’ di lavoro!
    È forse così?
    Fosse anche così, sarebbe il minor male. Ma proporre oggi un’urna di ossa ricoperte da una maschera di cera o d’altro per risvegliare lo spirito nei giovani, questo è il colmo che rasenta il grottesco più irrazionale. Per fortuna, tempi fa era proibita la cremazione. Altrimenti, saremmo qui a venerare un pugno di ceneri. Santi moderni, se volete domani avere l’onore di peregrinare tra gli applausi della gente, non fatevi cremare! La Chiesa sarebbe fregata. Non avrebbe più nemmeno un osso da dare in pasto al popolo credulone.
    Lo so che qualcuno mi accuserà di essere dissacrante, di essere blasfemo.
    Io blasfemo? Ma chi bestemmia realmente il vero Dio? Certo, bestemmio il dio della religione, ma questo non è che un idolo. L’idolatria, nell’Antico Testamento, era un peccato punibile con la morte. Ed è successo paradossalmente che la Chiesa abbia mandato sul rogo come bestemmiatori i cultori del vero Dio.
    Tornando al tema, se crediamo di risvegliare nei giovani l’entusiasmo della fede o, meglio, il risveglio delle loro energie vitali, proponendo forme superstiziose che rasentano l’idolatria, ci sbagliamo di grosso. I giovani d’oggi hanno bisogno d’altro: casomai di essere aiutati a cercare il divino che è in loro, che non ha nulla a che fare con una religione che vive di apparenze, di aggregazioni strutturali, di apparizioni di santi o di madonne, di questo o di quello. I nostri ragazzi hanno perso la “sacralità” della vita e del contesto in cui vivono. Sacralità non sta per religiosità. Sono due cose diverse. La religione toglie la sacralità innata per imporre la sua visuale di dio, che è una sua creazione, mentre la sacralità fa parte del nostro essere, ed è il divino in noi.
    Mentre la religione vive di superstizione o di magia (nel senso peggiore del termine), la sacralità è ciò che noi siamo. Qui sta il punto. Qui sta il segreto. Più esteriorizzi la fede di un giovane, o i suoi ideali, o le sue energie vitali, più tradisci la sua sacralità, che è il divino del suo essere.
    E noi che facciamo? Mettiamo questi giovani, già alieni per tutta una serie di cause, al contatto con un’urna di ossa, e speriamo nel miracolo. Ma il miracolo è già dentro nei giovani. Basta farli rientrare nel loro essere.
    Quando una Chiesa è ancora ferma a queste forme blasfeme, non ci sarà via d’uscita. È inutile, perfettamente inutile che Papa Francesco faccia di tutto per rinnovare la Chiesa, quando poi non affonda il suo fendente nel cuore di una religione che vive ancora di un culto cadaverico.

    30/1/2014

    Don Giorgio de Capitani
     
    Di Fabrizio Vincenti (del 28/12/2015 @ 21:31:22, in NohaBlog, linkato 1861 volte)

    In occasione della sospensione dei corsi di Teologia per le vacanze natalizie, l’ISSR di Verona organizzò un semplicissimo spettacolo di marionette. Quella sera non sapevo se assistervi o tornare a casa. Fuori una nebbia tetra incuteva paura tanto da convincere chiunque a rintanare. Decisi di rimanere. Entrai nella Sala Conferenze e vidi proiettata sulla parete in fondo quest’immagine, quella che vedi qui a lato. Non capivo cos’era, chi fossero tutte quelle persone. Poi mi ricordai: quello lì era un presepe, il presepe di don Lorenzo Milani. Non sto a raccontarvi chi fosse questo sacerdote. Vi dico soltanto che, per alcuni screzi avuti con il vescovo, fu mandato a fare il parroco di Barbiana, una piccolissima frazione sperduta in montagna del comune di Vicchio, in Toscana. Questo è ciò che fece, un presepe che durava tutto l’anno: una scuola. Era la scuola per i meno fortunati, per chi un’istruzione non se la poteva permettere. Lo vedete quel bambino seduto davanti alla stufa, lì nel centro? Era un bambino con seri problemi. Don Lorenzo lo metteva a sedere lì affinché lui, il più indifeso di tutti, fosse d’insegnamento per gli altri. Diceva che bisognava imparare da quelli più sfortunati di noi. Questa era la sua scuola. Questo era il suo Natale. Il Creatore diede a tutti il dono della parola, ma alcuni prepotenti avevano depredato i deboli di questa facoltà. Egli non fece altro che ridare la parola agli ultimi che, per colpa degli arroganti, l’avevano perduta. Il motto di don Lorenzo Milani divenne famoso. Egli convinse tutti che la cosa migliore era “I care”, una verbo inglese che in italiano tradurremmo con “Mi interessa”, “Mi sta a cuore”. Diceva che era in contrapposizione al fascista “Me ne frego!”.

    Ora che siamo alla fine dell’anno, verremo sommersi da fiumi in piena di parole, discorsi preparati col fine di insufflare speranza, ostentare buoni propositi di cui dimenticarsene già il primo dell’anno. Tutti i presidenti terranno i loro soliloqui, altri si autocomplimenteranno per i risultati conseguiti. Alcuni si batteranno le mani da soli mentre altri si autocommisereranno. Non cercate di far parte di una di queste categorie. In questo caso siate felici di esserne esclusi. Il mio augurio per il nuovo anno è che vi possiate riprendere la parola poiché da troppo tempo ormai non parlate, non parliamo. Parlare non vuol dire criticare, essere disfattisti e piangersi addosso. Parlare non è essere icone del pessimismo, canti funebri di qualche prefica. La parola è diritto di riconoscersi uomini, individui attivi costituenti una comunità.

    Questa forma di agnosticismo morale, che rende quasi impossibile prendere una decisione, non sia la causa che ci spinga a vivere la nostra vita “alla giornata”, senza sogni e senza ideali. Tutti abbiamo il diritto ad una esistenza migliore, e questo diritto è radicato nel diritto stesso alla parola. Nessuno vi fa parlare perché molti hanno paura di ciò che possiate dire. Fanno parlare sempre lo stesso perché, solo così, non c’è il pericolo della vostra rivalsa. C’è il renzi di turno che parla per voi. Non importa se voi non lo abbiate votato. Riprendiamoci la facoltà di poter distinguere nettamente ciò che è giusto da ciò che non lo è poiché, questo svilupparsi di un radicale secolarismo, ci toglierà del tutto la possibilità di pronunciarsi, dicendo che su qualcosa potremmo anche non essere d’accordo. Questo definitivo crollo di un tessuto valoriale comune non ci tolga anche il buon senso di stare dalla parte dei meno fortunati, dalla parte di chi è stato privato di tutto, della casa, del lavoro, dei figli, del riposo, della dignità di uomo. Questa forma di autoreferenzialità narcisistica non sia la nostra tomba. Non imponiamoci il pregiudizio “Io non cambio: se vuoi mi accetti così come sono”. Questa è la formula dei cretini, di chi per non sentire le critiche altrui, si tappa le orecchie e canta il ritornello del bla bla bla. Ritroviamo il coraggio della parola per dire che le corporazioni, nate per difendere gli interessi di un gruppo, hanno soppiantato gli interessi di chi non fa parte di alcuna corporazione o, magari, è in una corporazione più debole rispetto a qualcun’altra. I medici o i notai non possono avere più spazio nella platea rispetto agli sfrattati o ai disabili. Il capitalismo selvaggio che disturba oramai anche il nostro sonno, non diventi l’unico scopo di vita, l’unica ambizione del riccone di turno che sciupa i diritti altrui per potersi ancora permettere il suo scellerato tenore di vita. Chi si ostina ad accusare una crisi del sacro e non vede che quella, cominci col guardare prima a ciò che sta affrontando lui: una crisi di senso o di fondamento stesso dell’essere umano. Quest’ultime, infatti, hanno effetti devastanti più del crollo della sensibilità spirituale. Lo stato di disagio esistenziale in cui viviamo oggi non è semplicemente la mancanza di morale o l’assenza di un’etica condivisa. Ciò che è in crisi è quello che da sempre ci ha contraddistinto nei periodi migliori della storia dell’umanità: il senso della carità. Non è semplicemente una questione di umanesimo, non siamo chiamati ad essere filantropi mandando un messaggino al 45… ,o a donare un pacco di pasta al banco alimentare a favore dei poveri. Il senso del nostro essere è riconoscere sempre e comunque in chi ci sta affianco il nostro prossimo, l’oggetto amorevole di tutta quanta la nostra attenzione. Questo è ciò che salva da una crisi economica ed esistenziale, l’amore incondizionato per l’altro. Se fosse questo l’ingranaggio a muovere la macchina della società per il nuovo anno, tu saresti a tua volta salvato proprio come il prossimo che tu aiuti poiché, a tua volta, verresti considerato prossimo anche tu. Non è la legge di stabilità che ci salverà dalla crisi o darà un senso alla nostra vita. Non ci salverà questo o quel governo, la no tax area, il bonus bebè, gli ottanta euro al mese o i cinquecento euro ai diciottenni per assistere ad uno spettacolo. Queste sono fandonie, fiabe raccontate prima di mandarci a dormire. L’unica cosa che salverà le nostre vite, oltre ad essere Dio (per chi crede), sarà il senso di carità per il prossimo che sapremo coltivare nel nostro cuore. Noha è il mio piccolo termometro per misurare la temperatura del mondo in cui viviamo. In fondo, in quel presepe di don Milani, potresti essere proprio tu quel bambino seduto lì al centro, davanti alla stufa.

    Fabrizio Vincenti

     

    Si festeggia la Pasquetta in sella a un carretto, nella piccola grande Noha, che per un giorno diventa Città dei Cavalli, con lo storico corteo di cavalcature, destrieri e cavalieri che invadono il grande prato verde accanto alla cappella della Madonna di Costantinopoli o, come si dice dalle parti della frazione di Galatina, Madonna delle “Cuddhrure”, le tradizionali forme di pane biscottato, preparato a Pasqua.

    Ci si sveglia presto, al ritmo del trotto, con i cavalli che già al mattino giungono nel cuore della festa, agghindati di tutto punto, con cavaliere in sella o trainando i caratteristici carretti decorati a mano.

    I cavalli sfilano, si mettono in mostra, per farsi notare dai giudici e guadagnarsi la gloria e una meritata balla di biada, mentre tutto intorno si fa festa, con i giochi di un tempo, il palo della cuccagna, il mercatino, la fiera e le giostre, e l’immancabile banda musicale di Noha, che suona la sigla di apertura e chiusura della fiera del lunedì di Pasqua.

    [fonte quiSalento, aprile 2019] 

     
    Di Antonio Mellone (del 27/10/2014 @ 21:31:08, in Ex edificio scolastico, linkato 2907 volte)

    L’assessore Coccioli è fatto così: bisogna capirlo. Se non scrivi, non solleciti, non chiedi, non “inoltri istanze” più e più volte sembra sia incapace di intendere (cioè fa lo gnorri) e soprattutto di volere. Pare che l’assessore, per indole e formazione, non ce la faccia proprio a degnarsi di formulare ed esprimere pubblicamente un pensiero uno di fronte alla richiesta di un cittadino qualsiasi.

    Non ti dico se codesto cittadino per infausto caso dovesse essere di Noha, se la domanda dovesse riguardare un interesse pubblico (non privato), e se la petizione non dovesse essere almeno preventivamente transitata dall’anticamera dell’“ufficio protocollo” del Comune: in questi tre casi concomitanti sembra addirittura che l’assessore fuggente (come l’attimo) si dilegui nel nulla.

    *

    Il tema purtroppo è sempre quello dell’allaccio alla rete elettrica per il tramite di una cabina in muratura in modo da far funzionare (come sciaguratamente non è finora mai avvenuto) tutti gli impianti acquistati ed installati nella vecchia scuola elementare di Noha, quella di piazza Ciro Menotti, ristrutturata (quasi) per intero grazie ad una spesa pubblica di 1.300.000 euro.  

    Sul tema abbiamo finora prodotto e pubblicato su questo sito (cfr. rubrica “ex-edificio scolastico”) circa 19 articoli e 5 video, oltre ad un incommensurabile numero di vignette. Ma temo che di questo passo, per smuovere le terga assessorili (e invero anche quelle degli altri cosiddetti nostri rappresentanti) saremmo costretti a continuare ancora imperterriti su questa falsariga, magari con cadenza settimanale o al più decadale. Vediamo un po’ se con tale metodo anche noi saremo in grado di esclamare, come Galileo Galilei al cospetto dell’Inquisizione, “eppur si muove”.

    *

    E’ che l’assessore Coccioli, non più tardi del 27 marzo 2014 pubblicava su questo sito un comunicato nel quale prometteva la realizzazione di questa famosa cabina elettrica “tra giugno e settembre 2014 [sic!]”. Ora, essendo spirati i termini da egli stesso esternati senza che alcuno abbia visto all’interno o nelle immediate adiacenze di quella scuola un indizio o una traccia di codesta cabina (a meno che questa non sia stata interrata senza che noi altri ce ne accorgessimo), siamo qui a chiedergliene ragione, ed eventualmente una nuova data a partire dalla quale, per dire, in estate in quell’edificio non si sarà più sottoposti agli effetti involontari di una sauna fuori luogo, mentre in inverno non si sarà più costretti, grandi e piccoli, ad accedervi come in un igloo, pragmaticamente imbacuccati con sciarpe e pellicce alla stessa stregua di uno Yeti.

    *

    Vorremmo, già che ci siamo, chiedere anche al consigliere Carlo Gervasi, che aveva pure, come dire, sbandierato un certo interesse al problema con tanto di interrogazione al parlamento galatinese se si ricorda qualcosa in merito alle risposte a suo tempo ricevute dagli interrogati; e soprattutto se ha tuttora “a cuore” la questione di Noha, e – giacché c’è - eventualmente intenzione di intervenire ancora una volta sul tema; o se invece a questo punto non abbia già deciso di gettare la spugna, contribuendo così anche lui a mandare definitivamente in malora quel milionetrecentomila euro di soldi (anche suoi).

    *

    Per quanto riguarda i consiglieri della cosiddetta opposizione nohana, meglio stendere un velo pietoso.

    Tu, anche con i tuoi articoli, cerchi in qualche modo, come nella pallavolo di fungere da alzatore, smistando la palla a questi signori che potrebbero con poco sforzo alzarsi dalla poltrona, sollevarsi e schiacciare nel campo avversario, e magari in tal modo guadagnare pure qualche punto. E questi come reagiscono? Con il vucchipertismo, la paresi, il vuoto pneumatico: non vedono, non sentono e non parlano. Evidentemente il verbo “schiacciare” riescono a coniugarlo solo in concomitanza del lemma “pisolino”.     

    Salvo poi, in consiglio comunale, dar vita ad una vera e propria sceneggiata napoletana, anzi nohana, sul nulla. Tutti abbiam visto su galatina2000.it il video di quel sonoro siparietto palazzorsiniano, un vero e proprio teatro macchiettistico con tanto di vaiasse sciantose, sbraitanti e rissaiole. Un roba che lascia interdetti, senza parole, indecisi se ridere o piangere.

    *

    Non v’è altro da aggiungere se non che troppa gente si lascia abbindolare ancora oggi dai diversivi retorici di questa banda larga fatta di Marise Laurito, di Mari Merola, di Nini D’Angelo (per non dire Pulcinelli), che magari in altri contesti s’atteggiano a suorine dalle buone maniere e perbenisti della domenica.

    Sappiate invece, cari lettori, che bolge sguaiate come queste fatte di bugie e ipocrisie sono imprese che possono riuscire solo a certi figuranti, attori o marionette, e signori (anzi s’ignori) senza tanti scrupoli, che magari s’incazzano e si placano a comando. Sono quegli stessi personaggi in cerca d’elettore che poi votano tutti insieme appassionatamente le più grandi mega-porcate della storia locale.

    E sono quegli stessi che, probabilmente, dopo aver percorso a braccetto la processione alle spalle del santo di turno, vanno pure a farsi due spaghi insieme.

    Funzionano così le “larghe intese”, il “governo della non sfiducia” e il “concorso esterno”.     

    Antonio Mellone

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 10/04/2018 @ 21:24:44, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1490 volte)

    La storia non fa salti. Con il vescovo Orazio Fortunato varchiamo la soglia del 1700, e iniziamo, grazie anche ai registri redatti e conservati con più rigore, ad avere notizie più dettagliate circa la chiesa particolare di Nardò e quindi anche di Noha. Una curiosità: come si evince dalle immagini, tutti (o quasi tutti) i Vescovi del tempo erano muniti di baffi, barba, ovvero, come nel caso del Vescovo Fortunato, di pizzetto.

    La redazione  

    ORAZIO FORTUNATO (1635 – 1707)

     

    Vescovo di Nardò dal 10 gennaio 1678 al 23 luglio 1707

    Dal 1678 al 1707 i Pontefici furono:

                            Innocenzo XI (1611-1689)                           Papa dal 1676 al 1689

                            Alessandro VIII (1610-1691)                       Papa dal 1689 al 1691

                            Innocenzo XII (1615-1700)                         Papa dal 1691 al 1700

                            Clemente XI (1649-1721)                           Papa dal 1700 al 1721

     

                Arciprete di Noha:

                Don Ant. Donato Palamà (1625-1689),         parroco dal 1650 al 1689

                Don Nicolantonio Soli (1662-1727),               parroco dal 1689 al 1727

     

                Orazio Fortunato nacque in Sant’Arcangelo di Lucania il 18 gennaio 1634.

                Il 6 dicembre 1666 Alessandro VII (il nostro Fabio Chigi) lo nominò protonotario apostolico. Il 6 ottobre 1670, a 36 anni,  fu eletto Vescovo di San Severo (Fg) da Clemente X, papa dal 1670 al 1676. Dopo circa otto anni, il 10 gennaio 1678 fu trasferito alla diocesi di Nardò da Innocenzo XI.

                Era una persona dotta, padre dei poveri, amante della giustizia, e oratore sacro di grande fama.

                Lo stesso anno in cui venne a Nardò, diede inizio alla visita pastorale della diocesi, della quale ci ha tramandato un’ampia relazione. Nel 1680, terminata la visita pastorale, nei giorni 9, 10 e 11 giugno, celebrò il primo sinodo diocesano, le cui costituzioni sono pervenute integre sino a noi.

                Il 7 luglio 1688 morì il Sac. Domizio Zuccaro, che lasciò a disposizione del Vescovo la somma di 619 ducati e grana 28. Orazio Fortunato, grato alla Provvidenza per quella offerta, la assegnò a favore del seminario e precisamente per aumentare il numero degli insegnanti e aprire nuove scuole a vantaggio dei giovani che accorrevano da più parti, desiderosi di una guida sicura nell’istruzione, nella pietà e nella formazione sociale e religiosa. Mentre attendeva ad opere di bene e di apostolato in diocesi  Innocenzo XII, che ne conosceva bene le capacità, la rettitudine e le rare virtù, lo chiamò a Roma per un incarico di curia. Egli però, dopo aver assolto tale incarico per qualche anno con somma saggezza ed incorrotta fama, vi rinunziò. Grande fu il dispiacere della curia romana, ed il Pontefice acconsentì a malincuore che facesse ritorno tra i suoi fedeli di Nardò.

                Il 26 dicembre 1690 celebrò il secondo sinodo diocesano, nel quale integrò quanto aveva stabilito nel primo. Le costituzioni sono tuttora conservate in archivio.

                Diede grande incremento al seminario diocesano: ne accrebbe le rendite, ne ampliò la costruzione, aggiungendo nuovi locali, lo rese più bello e più accogliente e, sopratutto ne affidò l’insegnamento a dotti e valenti insegnanti. Sotto la loro guida si formarono buoni e saggi sacerdoti, alcuni dei quali raggiunsero la dignità episcopale. Il seminario acquistò vasta fama, tanto che vennero a studiarvi non pochi giovani provenienti da altre diocesi e perfino da altre regioni. Egli stesso negli atti del secondo sinodo diocesano del 1690 aveva lasciò scritto: il seminario, che a lungo fu desiderato in questa diocesi, ebbe un’esigua origine dall’ Ill.mo vescovo Brancaccio, nostro predecessore, da noi poi, o piuttosto da Dio, ricevette splendore negli edifici, qualche incremento nelle rendite, ma non tale da non avere ancora troppa indigenza, che anzi, di giorno in giorno (cosa che noi sopportiamo mal volentieri) per la durezza e contumacia dei convittori nel corrispondere la retta, verte in maggiore bisogno.

                Per dare stabilità all’economia del seminario proibì al rettore di ricevere convittori che non avessero versato anticipatamente un semestre della retta, che stabilì in 36 ducati l’anno per i diocesani e 40 per gli extra-diocesani.

                Nel 1696 celebrò il terzo sinodo diocesano, le cui costituzioni si conservano in archivio.

                Dal 1682 al 1706 compì, per la seconda volta, la visita della diocesi, della quale ci ha tramandato un’ampia relazione. Nell’archivio di Nardò si conservano gli atti dei sinodi diocesani del 1680, 1690 e 1696 e gli atti delle visite pastorali del 1678 e del 1706.

                Ebbe come collaboratore il vicario generale don Carlo Cioccolo di Sant’Arcangelo della  Lucania, dottore in diritto e protonotario apostolico.

                Il Fortunato si spense santamente a Nardò il 23 luglio 1707, all’età di 73 anni, sei mesi e sei giorni, dopo oltre 36 anni di episcopato, di cui circa 29 in Nardò.

     

    Relazione con la chiesa di Noha

     

                Nei i primi dieci anni di servizio pastorale di Orazio Fortunato, l’arciprete di Noha era ancora don Antonio Donato Palamà che sicuramente accolse il Presule per la visita pastorale del 1678 e partecipò al Sinodo diocesano del 1680.

                Inizia in questo tempo il lungo periodo dell’arcipretura di don Nicolantonio Soli, dal 1689  al 1727. Fu il Vescovo Orazio Fortunato ad affidargli l’incarico per la chiesa di Noha. Don Nicolantonio Soli fu il primo parroco che compilò i registri parrocchiali secondo le indicazioni del Concilio di Trento, e lui stesso sulla prima pagina del registro dei morti scrisse:

     

    J.M.J.

    Libro nel quale si scrivono li Morti secondo il Rituale Romano, fatto da me Don Nicol'Antonio Suli di Sugliano, Arciprete di Nohe, fatto àdì p.mo Xbre 1689 nell'istesso giorno che mi fu dato il possesso in detta Chiesa di Nohe sotto il titolo di  S. Michele Arcangelo da Don Alfonzo Vernichio, Mastro d'Atti nella Curia del Vescovado di Nardò con ordine del Rev.mo Abbate D. Carlo Cioccolo, degnissimo Vicario Generale di Nardò sotto la prelatura dell'Ill.mo e Rev.mo D. Orazio Fortunato, Vescovo degnissimo della Città di Nardò.

    Laus Deo, Beate Marie Virgini

    et Divo Michaeli Archangelo.

     

                Don Nicol’Antonio fu Arciprete per 38 anni, dal primo dicembre 1689 all’11 dicembre 1727, data della sua morte. Siccome sappiamo per certo che questo arciprete è morto all’età di “anni 65 in circa”, possiamo dire che era nato a Noha verso il 1621 da genitori di Sogliano ma residenti a Noha. Per questo motivo lui si considera di Sogliano.

                Non è sbagliato pensare che si sia formato nel Seminario di Nardò. All'età di 27-28 anni, forse già Sacerdote da un paio d’anni, divenne Arciprete di Noha. E' il primo parroco che con diligenza cura i registri parrocchiali resi obbligatori dal Concilio di Trento (1534-1563). I Registri da lui compilati sono redatti con scrittura lineare e chiara e sono per noi fonte di preziose notizie.

                Ai tempi di Don Nicola Antonio Soli la chiesa era di dimensioni molto più piccole dell'attuale: era quella che don Stefano Sergio aveva rifatto dalle fondamenta. Era larga metri 6,25 e lunga metri 12,50 dalla Porta Maggiore al Presbiterio. Don Nicola Antonio la arricchì di un nuovo Coro nel 1706: lungo m.5,25 e largo m.3,75. Nel 1705 sostituì la lapide che era sopra la porta che conduceva alle tombe con un’altra in latino che traduciamo così:

     

    “Qui giacciono ossa aride;

    udranno la Parola di Dio. A.D. 1705”.

     

              Nel 1723 fece costruire il nuovo Altare Maggiore a spese proprie e con le offerte della gente. Fu questo arciprete che fece fare l’altare e la relativa pala della Madonna di Costantinopoli (1717) come quella di S. Vito (1721) e anche quella delle Anime Sante del Purgatorio (1725) oggi non più esistente. E penso che anche l’organo a canne che si trovava sopra il presbiterio (rimosso nel 1969-70) fosse di questo periodo. Le foto di quell’organo che ancora si possono trovare, mettono ben in evidenza lo stemma dell’antico Comune di Noha, posto in alto sulla parte centrale dell’organo.

                Certamente partecipò al Sinodo diocesano del 1696 e accolse il Vescovo nella visita pastorale del 17 maggio 1694 e quella del 1706.

                In questo periodo si annoverano diversi sacerdoti nativi di Noha. Oltre al parroco ci sono don Giovanni Turre (1682-1726) e don Nicolò Paglialonga (1685-1737) entrambi viceparroci. C’è inoltre don Francesco Donno (1680-1764), che fu poi arciprete di Tuglie; e c’è anche un seminarista nel seminario di Nardò, Andrea Soli (1695-1754) nipote del parroco, che diventerà poi arciprete di Tuglie e successivamente di Noha succedendo allo zio don Nicolantonio.

                Se volessimo confrontare il clero e l’arciprete di questo periodo con quelli che abbiamo trovato verso la metà del 1500 possiamo dire che la parrocchia di Noha in questi anni riprende vigore e prosperità.

     

    [continua]

    P. Francesco D’Acquarica 

     

    Alcune immagini a corredo di questi scritti sono estrapolate dal bel volume di Mario Mennonna, “Nardò e Gallipoli – Storia delle diocesi in oltre seicento anni (1387 – 2013), Congedo Editore, Galatina, 2014

     

    L’Amministrazione Comunale ha programmato per l’estate 2018 la rassegna estiva denominata “A cuore Scalzo” che prevede una serie di eventi e di manifestazioni da svolgersi in luogo pubblico o aperto al pubblico. Per questo motivo, tenuto conto della necessità di tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini, l’Assessore alle Attività Produttive e alla Polizia Municipale tiene a ricordare le disposizioni previste dall’Ordinanza Commissariale n. 49 del 22.06.2017 in particolare:

    “L’ordinanza in questione prescrive il divieto di vendita e somministrazione, nonché il consumo di bevande, alcoliche e non, in contenitori di vetro e latta o comunque idonei all’offesa, su tutto il territorio comunale comprese le frazioni, in occasione di manifestazioni in luoghi pubblici o aperti al pubblico (a titolo esemplificativo feste patronali, concerti, fiere, luna park e altri tipi di intrattenimenti pubblici) e, nello specifico, fino ad un raggio di distanza di mt. 500 dal luogo di svolgimento dell’evento. Pertanto si raccomanda agli esercenti nonché agli avventori e fruitori degli eventi di attenersi scrupolosamente a quanto prescritto al fine di collaborare fattivamente con l’Amministrazione Comunale alla riuscita degli eventi e delle manifestazioni in sicurezza e tranquillità.”

    Allo stesso modo il Comandante della Polizia Municipale ricorda come “l’inottemperanza alle prescrizioni contenute nell’ordinanza, oltre ad una sanzione amministrativa di € 50,00, può comportare anche un risvolto penale qualora siano compromessi l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica e la pubblica incolumità. Inoltre, come da recente giurisprudenza in merito alla somministrazione di alcolici a minori, l’esercente nonché il barman devono prestare la massima attenzione nella somministrazione e, pertanto, laddove necessario fugare ogni dubbio sull’età, gli stessi possono accertarsi previa richiesta di un documento di identità. L’invito è alla massima collaborazione perché gli Operatori della Polizia Municipale saranno molto attenti e scrupolosi nel far rispettare l’ordinanza e le altre norme in materia”.
    Infine l’Assessore ricorda che “l’ordinanza al di là delle manifestazioni prevede il divieto di vendita e somministrazione, nonché il consumo di bevande, alcoliche e non, in contenitori di vetro e latta o comunque idonei all’offesa, su tutto il territorio comunale comprese le frazioni, vietando la stessa vendita, somministrazione e consumo dalle ore 20.00 alle ore 06.00 del giorno successivo nel periodo dal 01 aprile al 30 settembre.
    Collaborare insieme nel rispetto delle regole è il primo passo per trascorrere un’estate divertente, gioiosa e tranquilla”.

    L’ASSESSORE ALLA POLIZIA MUNICIPALE

    F.to Sig.Nicola MAURO

    IL COMANDANTE DEL CORPO DI P.M.

    F.to Com. Sup. Domenico Angelelli

     
    Di Albino Campa (del 30/11/2006 @ 21:20:33, in Eventi, linkato 5099 volte)
    "Grande successo di pubblico per il convegno del 27 ottobre 2006 organizzato dalla CGIL di Galatina per commemorare dei veri e propri eroi della lotta per i diritti dei lavoratori "Carlo Mauro, Biagio Chirenti e Luisa Palumbo".
    Dal palco dei relatori, moderati da Ninì De Prezzo, si sono alternati il Sindaco di Galatina, Sandra Antonica, che ha introdotto il simposio; Carlo Macrì che ha svolto il tema sulla nascita della CGIL nel Salento; Antonio Mellone che ha discettato della pasionaria di Noha: Luisa Palumbo, meglio nota come La Isa; Angela Chirenti che ha raccontato la storia di suo padre Biagio Chirenti, contadino, sindacalista e sindaco; ed infine Giuseppe Taurino, in sostituzione di Lucio Romano, che ha trattato della romantica attualità di Carlo Mauro.
    Di seguito riportiamo il discorso commemorativo di Antonio Mellone sulla passione e la lotta della nostra concittadina Luisa Palumbo...".


    Luisa Palumbo (La Isa): passione e lotta

    Questa sera ho l’onore di parlare di un nome, celebrandolo (alla fine di ognuno di noi non resterà che il nome): quello caro di Luisa Palumbo (1920 - 2003), meglio nota come la Isa, e ancor più nota quale pasionaria di Noha.
    Come vedremo la Isa, comunista convinta, è stata una sindacalista battagliera, protagonista delle lotte per la rivendicazione dei diritti degli ultimi. Ma prima di tutto questo, la Isa era una Donna!
    Ne parlerò sul filo della memoria, delle testimonianze e soprattutto del cuore.
    Scopriremo come sia vero il fatto che certe figure inquadrate in ambienti “provinciali”, come Noha, meritano di essere fermate finalmente sotto il flash della Storia, la quale, benché “locale” o “micro” (come dice Antonio Antonaci), dovrebbe essere comunque scritta con la maiuscola. Per capirci meglio, diciamo che la Storia locale è Storia tout court: non c’è più Storia di prima scelta e Storia di seconda scelta. Di fatto la storia generale non può fare a meno della micro-storia, quella delle piccole località e della gente non blasonata spesso testimone o protagonista “muta” della Storia: così come è vero che ogni mosaico è, del resto, fatto da mille piccole tessere, tutte importanti.
    Questa sera, dunque, parlerò di una di queste tessere musive.
    ************************************************************************
    Conobbi la Isa in circostanze particolari.
    Eravamo nel 1983. La mia famiglia come numerose altre famiglie di Noha (e di Galatina) trovava sostentamento nell’agricoltura.
    Nell’ambito di questo settore la coltivazione che assorbiva i pensieri e le energie e le ore del giorno e della notte di tutti i membri della mia famiglia, incluso il sottoscritto, era il tabacco…
    Ora vi devo confessare che non solo non ho mai amato, ma neanche provato la pur minima simpatia questa coltura (e, a dirla tutta, nemmeno per le altre: verdura, vigneto ed uliveto, le principali, non collimavamo punto né con le mie aspirazioni, né con i miei hobby: l’idea dell’agricoltura quale sbocco occupazionale non mi sfiorava il pensiero: nemmeno come ripiego). Diciamo che la campagna mi sarebbe piaciuto intenderla al più come villeggiatura. Le mie braccia preferivano il carico di dieci libri pesanti, ma non uno di una “filza” di tabacco.
    I miei genitori ovviamente non mi avrebbero permesso di trascorrere l’estate nel “dolce far nulla”: era un lusso che solo alcuni dei miei amici, più fortunati di me, potevano permettersi. L’ozio non era contemplato né negli schemi mentali né nel vocabolario dei miei familiari, e, a dire il vero, neanche nei miei.
    Bisognava dunque trovare un’alternativa all’aborrito tabacco.
    ************************************************************************
    Il bisogno aguzza l’ingegno anche dei ragazzini. Il mio mi portò in quell’amena località di mare al nord di Gallipoli che risponde al nome di “Lido Conchiglie”, dove venni assunto per tutta l’estate (e così per le successive quattro bellissime “stagioni”), in qualità di cameriere, alle dipendenze del grazioso hotel-pensione denominato appunto “Le Conchiglie”, un complesso turistico allora di proprietà proprio della signora Luisa Palumbo, nonna di Tony Serafini, un mio compagno di classe delle medie, qui presente, che di fatto era stato il mio “gancio”. Anche egli, colà, non era, oltre tutto, in vacanza, ma cameriere, al pari di me (non c’erano forme di nepotismo per la Isa!)…
    ************************************************************************
    La proprietaria era, dunque, una anziana signora corpulenta, anziché no; ma attivissima, soprattutto in cucina, e combattiva, come vidi, financo al mercato del pesce di Gallipoli, dove conosciuta da tutti, veniva rispettata anche dal più incallito e smaliziato pescivendolo all’ingrosso.
    La cosa che colpiva subito della Isa, a Lido Conchiglie dove visse gli ultimi vent’anni e più della sua vita, era un nugolo di cani e gatti che per la strada la seguivano o la precedevano: insomma l’accompagnavano ovunque movesse il suo passo lento e grave. Erano povere bestie randagie, abbandonate da gente violenta e senza scrupoli, delle quali la Isa si prendeva amorevole cura.
    Questa donna dalla folta canizie, all’inizio mi sembrò burbera: compresi invece, in seguito alle nostre conversazioni (e ce ne furono molte) che la Isa aveva temprato il suo carattere coraggioso e agguerrito, ma in fondo altruista, alla scuola dura delle battaglie e delle mobilitazioni, degli scioperi e delle persecuzioni degli anni cinquanta che avevano finalmente interessato la provincia di Lecce; lotte senza le quali inesorabilmente si sarebbe rimasti ai tempi del feudalesimo dei servi della gleba.
    ************************************************************************
    Mi rammarico di non aver approfondito e di non aver raccolto altre informazioni di prima mano da quella protagonista della Storia, animosa ed intrepida: quella donna che ha sfidato la storia del “ciclo dei vinti” (di verghiana memoria), contribuendo a cambiarla, questa storia!
    Ma credo di esserne scusato: non ero che un imberbe sedicenne.
    ************************************************************************
    La Isa fu un’attivista politica soprattutto negli anni cruciali delle lotte per i diritti delle tabacchine e successivamente negli anni delle contestazioni sessantottine, dove a Lecce, a Roma e altrove, era sempre in prima fila (lei allora casalinga) a fianco degli operai e degli studenti universitari, negli scioperi, nelle manifestazioni e nelle lotte che cambiarono il mondo, sulle note di “Avanti popolo”, “Bella ciao”, “L’Internazionale”…
    Canti di Resistenza!
    E sventolio di bandiere rosse con falce e martello, simboli del lavoro dei campi e delle fabbriche: vessilli che garrivano con fierezza ad ogni vento, specie se contrario.
    Una volta le chiesi spiegazioni circa una sua cicatrice sulla fronte. Mi disse che si trattava del ricordo di un tumulto avvenuto nella capitale, allorché racimolò una manganellata sulla fronte, il cui segno (una ventina di punti di sutura!) rimase quale marchio indelebile della sua indole, che pare volesse dire agli interlocutori: “mi spezzo, ma non mi piego”.
    La sua passione era quella di “contagiare” con le sue idee rivoluzionarie, lavoratrici e lavoratori, di quella voglia di libertà e di diritti necessari alla costruzione di una moderna democrazia. Soleva ripetere in codesta funzione, quasi didattica, nei confronti dei suoi concittadini: “…Accorgiamoci dell’ingiustizia! Se ci mettiamo insieme, se ci difendiamo, allora i padroni borghesi non possono far nulla. I diritti si ottengono con la lotta. Se non difendi il tuo pane, nessuno ti tutela…”.
    Ed ancora: “Cercavamo di parlare alle tabacchine, in riunioni di caseggiato, nelle fabbriche, nelle borgate, nei locali più svariati per renderle edotte della loro condizione e dei loro tabù. Non era facile. C’era tanto da lavorare. Ce ne voleva per far comprendere questi principi.” (Queste appena proferite sono parole estrapolate dallo stupendo documentario di Luigi del Prete (anch’egli qui presente) intitolato “Le tabacchine. Salento 1944 – 1954”, edizioni Easy Manana; parole non molto dissimili da quelle che mi comunicava di persona).
    ************************************************************************
    La Isa ha vissuto nell’ambiente rurale, come era quello di Noha, che non dava spazio a nessuno: figuriamoci ad una donna.
    Mentre le altre compagne della stessa classe d’età della Isa negli anni ‘50 conducevano la loro vita di “schiavette” in seno alla famiglia o in mezzo ai campi (o le più “fortunate” in fabbrica) senza il diritto di parola o addirittura di pensiero, la Isa studiava, leggeva libri e riviste, e giornalmente “l’Unità”, quotidiano comunista (che cercava anche di distribuire e vendere specialmente nelle manifestazioni, anche come forma di autofinanziamento).
    Le generazioni di oggi non possono avere nemmeno una pallida idea di cosa questo potesse allora significare: era questa una vera e propria rivoluzione, uno stravolgimento inaudito di uno status quo. Una donna poi!
    Il lungo commercio con le lettere, la sua dote naturale di comunicativa, ma soprattutto le convinzione che era necessario agire, spingeranno la Isa a diventare un’agguerrita sindacalista, ovviamente della CGIL, o meglio una “capopopolo”, sempre presente nelle piazze e sui palchi dei comizi (anche improvvisati), nei quali sempre prendeva la parola: che scandiva con risolutezza e con un italiano impeccabile.
    Si elevava in alto questa voce di Donna; e incantava, caricava gli animi scoraggiati dei “vinti”, quelli che ai propri figli potevano donare soltanto fame e freddo.
    ************************************************************************
    La Isa diviene quasi un mito per i contadini di Noha e le altre operaie e tabacchine: la persona alla quale rivolgersi per ogni istanza, per la tutela e la rivendicazione dei diritti dei propri diritti di lavoratori: l’altra faccia dei diritti umani.
    La Isa non spingeva alla ribellione soltanto per la povertà, la paga misera, il riconoscimento degli assegni di maternità, la fame, lo sfruttamento, la corruzione, ma soprattutto per il peso insopportabile della dignità calpestata e l’oltraggio del ricco: concessionario del tabacco o proprietario terriero che fosse.
    La Isa non era affetta mai da timori reverenziali, nemmeno nei confronti del prefetto di Lecce, il tremendo Grimaldi, che voleva sminuire il valore della sua rappresentanza. La Isa fu una delle organizzatrici, insieme a tanti altri compagni, di uno sciopero straordinario (era il 24 settembre 1944). All’indomani di quella memorabile notte preparatoria la ribelle si presentò dal Prefetto, perché era di commissione, dicendogli: “Venga Eccellenza! Le faccio vedere le tabacchine che rappresento!”
    Affacciatosi alla finestra il Prefetto non credeva ai propri occhi: circa 40.000 tra contadini e tabacchine gremivano le piazze e le strade dell’aureo barocco di Lecce.
    ************************************************************************
    I contadini e le tabacchine si spaccavano le braccia, le ossa, la schiena: la terra arida dava magre ricompense. La campagna povera del sud dell’Italia doveva diventare una civiltà alla scuola della fame e della dignità.
    Bisognava far capire che il lavoro era una condizione collettiva, tanto più dignitosa quanto più il capitale ed il lavoro (i due fattori classici della produzione) erano remunerati con equilibrio e bilanciamento.
    Ma non era facile: chi per paura di perdere anche quel poco che aveva, chi per pigrizia, chi per ignoranza, chi per quieto vivere, pur accettando in linea di principio quelle istanze, difficilmente si esponeva in prima persona rivendicando ciò che gli spettava.
    Proprio per questo, per il contesto da vera e propria cappa feudale, il merito della Isa va raddoppiato. Anzi decuplicato.
    ************************************************************************
    La lotta e la passione della Isa dovrebbero camminare oggi sulle nostre gambe. Altrimenti sarebbe inutile questa sera starne qui a parlare. Ecco: la democrazia è una conquista giornaliera. Mai definitiva!
    La fissità arcaica di rapporti sociali fondati sull’abuso della vita non è poi così lontana dai nostri tempi. Chi ha sfogliato L’Espresso di qualche settimana fa, allorché si parlava dei nuovi schiavi, avrà avuto modo di capire che proprio nella nostra Puglia, nei nostri campi c’è una realtà feroce, che non ama i riflettori, ma che non deve faticare tanto per nascondersi...
    Il caporalato non è un cimelio antico, rispolverato in occasione di una coraggiosa inchiesta giornalistica: è invece una miscela nauseabonda di lavoro nero e criminalità, anche mafiosa. E non c’è differenza se il lavoratore è pugliese o extracomunitario o se è un contadino di colore schiavizzato nella raccolta dei pomodori del foggiano, o una badante dell’est europeo sottopagata e senza orari di lavoro.
    ************************************************************************
    Oggi si assiste tra l’altro a fenomeni strani che colpiscono molti lavoratori dipendenti, “invitati” a lavorare così tanto da stravolgere il senso stesso della natura del lavoro, che è mezzo e non fine della vita.
    Approfondendo la ricerca si scopre che la giornata lavorativa di 10 o 12 ore sta diventando (oggi, 2006!) per molti un’eccezione sempre più rara: “capireparto” di ipermercati impegnati per circa 72 ore settimanali, senza contare le eventuali domeniche; brillanti laureati cooptati da multinazionali di consulenza aziendale, che dopo i massacranti turni settimanali, sono costretti a portarsi il lavoro a casa (per “terminare la relazione nel week-end”). E, sia chiaro, spesso non si hanno alternative.
    ************************************************************************
    Per carità: io sono il primo a rimproverare il giovane, magari trentenne, mammone e pigro, che oggi si aspetta la manna dal cielo, il posto di lavoro scodellato bello e pronto e a tempo indeterminato, solo perché “ha studiato”.
    Penso che gli anni di gavetta siano necessari, per tutti. Aggiungo perfino (e lo dico con coraggio in questa assise di sindacalisti!) che una quota di “sfruttamento”, allo scopo di imparare un mestiere, debba essere messa in conto… Ma una cosa è dire questo, un’altra è pensare di mantenere la “competitività aziendale” attraverso codeste inqualificabili politiche gestionali. Politiche che ovviamente non vengono mai chiaramente esplicitate: nessuno ti chiede palesemente di passare la vita dentro l’azienda; nessuno ti obbliga a rimanere fino a sera; devi solo saperti organizzare e raggiungere gli obiettivi prefissati…
    Ma in questo modo tu sei solo contro il mondo intero!
    La corsa frenetica verso il profitto spinge l’uomo a calpestare la dignità di un suo simile, che poi è un suo “collega”. Il lavoro è un diritto di cittadinanza, non una merce grezza di scambio!
    ************************************************************************
    Chiudendo la parentesi e ritornando al nostro tema diciamo che la Palumbo (per dirla con il nostro presidente Nichi Vendola) era “rea di porto abusivo di sogno”.
    Anzi aggiungiamo dicendo che tendenzialmente era colpevole e recidiva. Viveva in una realtà da incubo ma nutriva il sogno in cui le persone sono finalmente più importanti delle merci e dei soldi.
    Se non ci fossero stati i capipopolo come la Isa oggi saremmo ancora alla condizione dei dipendenti dell’800, quelli della prima rivoluzione industriale. La lotta non serve ad un solo bracciante o ad un operaio; quell’unione serviva (e serve) al benessere di tutti.
    ************************************************************************
    La Isa ora riposa in pace nella cappella di famiglia nel cimitero di Noha. Intorno alla sua tomba in primavera ho visto crescere spontanei gruppi di papaveri rossi. E ci stanno bene.
    ************************************************************************
    Non so che rapporto con Dio o con la trascendenza possa la Isa aver avuto.
    Mi pare che fosse atea, o scettica, o agnostica, o comunque una cristiana non praticante; ma di lei ammiravo la fede profonda nella continuità della vita, il senso assoluto del dovere, quello che ha spinto molti non credenti, anche altrove nel mondo, alla tortura pur di non tradire gli amici, o altri ancora a farsi appestare per guarire gli appestati: è questo il “lasciare il messaggio nella bottiglia”, perché in qualche modo quello in cui si credeva, o che sembrava bello, possa essere creduto o appaia bello a coloro che verranno.
    La Isa, forse, potrà pur non aver avuto esperienza di trascendenza, ovvero l’abbia perduta, ma credo che si sarà sentita confortata dall’amore per gli altri e dal tentativo di garantire a qualcun altro una vita vivibile anche dopo la sua scomparsa. Sono questi gli spiriti grandi quelli che aiutano l’umanità a crescere e diventare più giusta e civile.
    ************************************************************************
    Così concludeva la Isa (e concludo anch’io) la sua intervista a Luigi del Prete, ripresa per il citato documentario sulle tabacchine: “Finchè ci sarà il ricco che può comprare ed il povero che si fa comprare non ci sarà giustizia. E quei pochi che vogliono uscire da questa oppressione ci rimettono la pellaccia!...”.
    E ancora: “Oggi la donna del Salento e degli altri paesi, l’emancipazione l’intende nelle calze di nailon, nel cappotto di pelliccia, nella macchina… Ma la vera emancipazione non è questa. In questi termini l’emancipazione… non c’è! Ma la vera emancipazione è chiedersi: chi sono io, che cosa posso dare alla vita, che cosa posso ricevere dalla vita…”.
    ************************************************************************
    Ecco: la Isa potrebbe pur aver avuto tutti i difetti di questo mondo, ma basterebbero queste ultime sue parole per erigerLe un monumento alto fino al cielo!


    ANTONIO MELLONE

     

     
    Di Michele Scalese (del 28/07/2021 @ 21:19:59, in Comunicato Stampa, linkato 794 volte)

    Nemmeno una settimana ci separa dal precedente Comunicato mediante il quale il sottoscritto a nome del Partito Democratico di Noha, chiede con forza e insistenza ai vertici di questa Amministrazione una spiegazione plausibile che giustifichi lo sperpero di ben €40.000 di soldi pubblici per finanziare una mostra fotografica inserita nella rassegna estiva “A cuore Scalzo”. Tuttavia, occorre chiarezza su molte altre questioni. Mediante avviso pubblico datato 21 Maggio 2021 e con modifica apportata in data 25 Maggio 2021, il Comune di Galatina ha indetto una gara per “l’acquisizione di una proposta artistica da inserire nell’ambito della rassegna estiva A cuore Scalzo”. Trattasi, come si evince dall’Avviso esplorativo, di un bando per la costituzione di una mostra fotografica che, come dicevamo, costa a noi contribuenti poco meno di €40.000. E non ci stupisce la cifra cospicua per un evento non necessario considerando il periodo che stiamo vivendo e soprattutto lo status deplorevole in cui versa la nostra Città; ciò che ci lascia stupiti è che l’intervallo di tempo che separa la pubblicazione del bando (25/05) e la scadenza dello stesso (31.05) sia di appena sei giorni. Ora, presumendo che per presentare un progetto dettagliato occorrono molti più giorni e sapendo che soltanto un’associazione ha presentato domanda tramite il portale “tuttogare”, ci chiediamo: a stilare il progetto è stato Speedy Gonzales o trattasi della solita Associazione amica del Sindaco Amante e dei suoi seguaci, tanto da custodire nel cassetto il progetto pronto da tempo? Capiamo bene che se la risposta fosse la prima saremmo fortunati. Ci appelliamo quindi alla risposta del Sindaco per sollevarci da questo mistero.                               

    E a proposito di spese: siamo stufi di continuare ad avere il dito puntato da questi signori che accusano il Partito Democratico di aver creato una voragine nel Bilancio. Siamo stufi di assumerci responsabilità che non abbiamo, considerando che il PD in Amministrazione vantava la realizzazione di progetti pubblici previo ottenimento di cospicui finanziamenti. Siamo stufi di essere additati proprio da coloro che hanno le mani bucate e se ne fanno gloria. Un esempio?

    I nostri concittadini sono a conoscenza del fatto che le proiezioni realizzate sulla facciata della Chiesa di San Pietro e Paolo in occasione della festa organizzata dall’Amministrazione, hanno avuto un costo pari a €18.000 + IVA?

    I nostri concittadini sono a conoscenza del fatto che l’Amministrazione Amante ha pensato bene di ingaggiare un’Associazione proveniente da Manduria per insegnare a noi galatinesi la pizzica durante la famosa rassegna “A cuore Scalzo”? Ovviamente il tutto al costo di €2.200 + IVA. Oltre il danno economico anche la beffa di favorire un’Associazione estranea al contesto.

    I nostri concittadini sono a conoscenza del fatto che l’Amministrazione Amante ha pensato bene di elargire ben €5.000 per l’evento “Salento Book Festival”? Trattandosi di un evento che mira alla promozione di testi scritti da autorevoli autori e editi da illustri case editrici, ci chiediamo il motivo per cui deve essere il Comune a soccombere alle spese organizzative!

    Ed infine, come mai il Comune di Galatina si è fatto carico del pagamento della fattura di €6.900 emessa dall’Acquedotto Pugliese inerente il consumo idrico del Palazzetto dello Sport “Fernando Panico”, quando la gestione dell’immobile era affidata a terzi?

    I soliti favoritismi del magnanimo Sindaco?

    Il Segretario PD – Noha
    F.to Dott. Michele SCALESE

     
    Di Redazione (del 25/01/2022 @ 21:19:51, in Comunicato Stampa, linkato 577 volte)

    «Dunque, dove eravamo rimasti?», avrebbe detto un illustre italiano… In realtà ci siamo sempre  stati in questi anni,  sicuramente facendo più politica «di strada» che «di palazzo»: come  sempre  d’altronde… come   ci  hanno   insegnato  i  nostri  padri,   come  ci sprona a fare il nostro cuore

    Tuttavia siamo nuovamente qui, con qualche anno in più e sicuramente con qualche cicatrice di troppo, per riprendere un impegno politico non più solo privato… ma più propriamente collettivo, intimamente sociale.

    E per far questo, ci siam presi la briga  di attualizzare il nostro manifesto di valori e, pur  conservandone le radici, di riscrivere la nostra idea  di città passando anche da una rivisitazione del nostro simbolo: quasi a volerlo assurgere ad icona del nostro progetto politico.

    Galatina Altra è stata ed è un movimento civico spontaneo: un moto dell’animo prima ancora della ragione; un moto che nasce dall’idea di voler rappresentare un’ulteriore, diversa visione di città: un’organizzazione pluralista al servizio della città-tutta, anche delle periferie territoriali. Una realtà in cui, ogni punto di vista, ha voce e ragion d’essere se funzionale al benessere sociale e ambientale del territorio in cui viviamo.

    Galatina,  quindi, come  motore e volano di crescita di tutto il territorio salentino, quasi a divenirne «centro  di gravità permanente»: un sole che splende  per mettere in luce tutte le nostre ricchezze artistico-culturali, la nostra produzione artigianale, la nostra vocazione agro-alimentare ed enogastronomica, il nostro impulso  commerciale, la nostra sensibilità sociale  verso  gli «invisibili» e gli «ultimi», la nostra empatica predisposizione ad accogliere sia chi viene a visitare il nostro territorio, sia chi poi, nonostante tutto, ci resta, imparandolo ad amare.

    Da qui la scelta di un simbolo che, col suo mix cromatico, riprendesse quel ventaglio di colori in grado di ricordare la nostra terra. Il giallo  caldo  del sole salentino, che sfuma verso l’arancione, opportunamente raffigurato su una rosa dei venti a sedici raggi  uguali, quasi a voler  usare il vento salentino per  rappresentare le  «correnti» di  pensiero che  nel  nostro gruppo hanno  ed  avranno sempre  tutte lo stesso valore; il rosso della passione, del sacrificio, del lavoro: un rosso che tende sui toni del porpora come il colore  della terra che lavora la nostra gente ; e poi c’è il verde  della nostra vegetazione, delle colture che ornano i nostri paesaggi. Tutto questo per dare una cornice alla parola «altra»,  scritta col  tratto  volutamente calligrafico per  indicare un  diverso punto di  vista che  si aggiunge, tuttavia, agli altri, in maniera caratterizzante, quasi a voler  intendere la firma di chi «c’ha sempre messo la faccia».

    Infine, lo slogan  «Verde è Lavoro», sintesi della  nostra essenza  politica e della  ragion d’essere  di questo rinnovato impegno sociale: slogan con cui ci introduciamo al concetto di «verde» come dinamo dello sviluppo economico e, quindi, del lavoro:  perché   la  valorizzazione dell’ambiente,  la riqualificazione urbana, la transizione ecologica nonché  l’impiego sostenibile della nostra terra diventino motore per la crescita del tessuto economico e occupazionale del Salento.

    Ufficio Stampa
    Galatina Altra

     
    Di Michele Scalese (del 08/06/2021 @ 21:18:44, in Comunicato Stampa, linkato 922 volte)

    Sebbene in Italia la comunità lgbt stia da anni cercando di farsi spazio per ottenere i propri diritti, la sua battaglia continua ad essere impervia e piena di ostacoli. E così continua la discussione incessante in Parlamento, per le strade, nei circoli, riguardo il tanto atteso ma allo stesso tempo, il tanto criticato “DdL Zan”. L’apice delle critiche mossegli contro, trova senso nella misura in cui secondo molti, il nuovo testo di legge possa limitare il diritto alla libertà di pensiero costituendo un “reato di opinione” per chiunque difendesse la famiglia eterosessuale o contestasse la comunità lgbt. Tuttavia, in linea di massima oggi la propaganda d’odio razziale è reato, quella riguardante l’omosessualità no. E mi lascia stupito ancora una volta come si possa affermare che l’unione gay sia un “abominio” o “contronatura” o ancora “uno schifo”, senza incorrere nel reato penale, svuotandone la legge stessa.

    È facile addurre allora come l’Italia tra gli Stati dell’Europa si caratterizzi per le sue posizioni tendenzialmente rigide e tradizionaliste, poco inclini all’apertura verso i diritti di tutti e soprattutto delle minoranze; e ciò che è più importante sottolineare, lo troviamo nel calderone partitico del Paese, in cui  se il Partito Democratico ha appoggiato la proposta di legge Zan (PD), assieme ad una buona parte del M5S che si definisce “orgoglioso”, l’opposizione - guarda caso - continua a sfiduciare e a criticare aspramente l’operato a colpi di tweet e hashtag. Primi fra tutti Fratelli d’Italia che, amando così tanto le sceneggiate napoletane, si imbavagliano i volti nell’aula della Camera in segno di protesta. Una degna rappresentazione artistica se non fosse stato che, ad accompagnare la scena vi erano cori di voci aggressive nei confronti dei promotori del DdL “liberticida”, come è stato definito dalla sen. Rauti. Come al solito poi, Giorgia Meloni, aveva dato contro anche sui social, interrogandosi sul bisogno di una legge a tutela delle persone lgbt in un momento in cui l’unica priorità del Governo dovrebbe essere la situazione pandemica in atto. Peccato però, che anche in un contesto precario come il nostro, aggravato dal virus che continua a pesare sul sistema sanitario ed economico del Paese, continuano le aggressioni a singoli e coppie che vorrebbero amare liberamente.

    Matteo Salvini invece è coerente col suo stile, vittimizzando la famiglia tradizionale e non perdendo l’occasione di ammonire i suoi fans, dicendosi contrario al carcere per chi sostiene che i bambini hanno bisogno di una mamma e di un papà. L’omogenitorialità è inconcepibile perché vista come un vezzo, un egoismo dell’adulto che vuole a tutti i costi farsi genitore a scapito del bambino. Ed anche qui occorrerebbe aprire la mente ma soprattutto il cuore, fornendo a lui e alla sua ciurma nozioni alla base di una sana convivenza civile, che risponde alla morale dell’amore. Da ciò che i miei studi universitari asseriscono, rifacendomi ancora a ciò che sono le esperienze e le storie in cui nel corso della mia vita mi sono imbattuto, esiste una differenza sostanziale tra ciò che si definisce generatività e ciò che rappresenta la genitorialità, sconosciuta evidentemente alla Destra pregiudizievole e ignorante. Due vocaboli tenuti insieme da una sottile, quasi impercettibile differenza; tutti possono generare, ma non tutti possono crescere la prole con le solide basi d’Amore dei caregiver (figure che accompagnano il processo di sviluppo psicofisico del bambino) nei confronti del figlio. E non v’è genere, nè età: tutto trova senso in un contesto che trasuda benessere fisico, psichico e sociale. Salvini però ne ha fatto una battaglia ideologica, e questo è molto grave, perché si parla di tante persone che ogni giorno vengono discriminate e fatte oggetto di violenza. La legge Zan concretizza dunque alcuni dei timori del centrodestra, come ad esempio la convinzione che conferendo diritti a determinati soggetti si tolgano automaticamente diritti ad altri, che istituendo una Giornata nazionale contro l’Omotransfobia si istighi all’omosessualità, come se ciò fosse una forma di plagio delle coscienze.

    Un nesso da non trascurare è quello della Chiesa. Il dibattito clericale nelle questioni ha da sempre fatto parte del panorama politico, poichè molti movimenti cattolici a cui fanno riferimento numerosi esponenti del Governo, hanno fortemente influenzato le opinioni della società e della politica in merito alle tematiche dei diritti fondamentali dell’individuo e dello Stato. Ciò che non è chiaro, a nostro umile avviso, è quell’intreccio che si basa sul perché la politica continui ad oscillare tra il non considerare le posizioni della Chiesa, e utilizzarle per assolutizzarle, rendendole strumentali ai propri fini. È lecito che la Chiesa abbia una sua linea di pensiero ben delineata, ma al contempo lo Stato deve garantire un approccio laico al tema, così come previsto dalla nostra Costituzione. Nonostante la lotta all’omofobia sia stata intrapresa anche dalla Chiesa, sotto la spinta di Papa Francesco, l’ideologia gender non è ancora condivisibile dal mondo cattolico, e lo si deduce dal considerare i molteplici “no” della Chiesa come un passo indietro da parte del Papa. Da un’attenta analisi però, si evince come questa sia una strategia che mira al non snaturare il costrutto universale di Santa Romana Chiesa: il Papa è la Chiesa e la Chiesa non può non essere intransigente con ciò che rappresenta il suo stesso fondamento. Lo Stato, d’altra parte deve riconoscere i diritti in egual misura, evitando di nascondersi dietro la bianca veste del Pontefice, accusandolo di non concederli.

    È importante, inoltre, che nelle scuole si insegni il rispetto verso tutte le persone a prescindere dalla loro etnia, dalla loro religione e dunque anche dalle loro condizioni personali, come orientamento sessuale e identità di genere. Partire da un luogo formativo come il contesto scolastico, significa dare riconoscimento e tutela a tutte le differenze, che è la premessa per una società più democratica, plurale e inclusiva. Questa è una legge che amplia lo spettro della tutela di tutte quelle vittime considerate maggiormente vulnerabili ed è per questo che è fondamentale sostenere queste battaglie soprattutto dai palazzi delle istituzioni, perché al di fuori di essi, fortunatamente, la società è molto più avanti della politica e la grande mobilitazione a sostegno della legge lo dimostra. Tutte le forme d’amore e di famiglia, come quelle omogenitoriali, vanno accolte semplicemente perché sono realtà e la realtà si riconosce, si accetta per ciò che essa rappresenta. Spetta a noi farla nostra!

    Dott. Michele Scalese
    Segretario Partito Democratico - Noha

     
    Di Redazione (del 22/10/2017 @ 21:18:36, in Comunicato Stampa, linkato 2264 volte)

    Essere stato eletto all’unanimità segretario del Circolo PD di GALATINA rappresenta per me un grande onore e una sfida.

    Ringrazio tutti i compagni e gli amici per la fiducia e la stima accordatami sperando di non deludere le aspettative. Il Circolo PD di GALATINA ha scelto la via dell’unitàLe divisioni interne non ci hanno indebolito.

    La risposta del Circolo di GALATINA è quella dotarsi di un’organizzazione unitaria e trasparente, per ripartire e rafforzare il rapporto con i cittadini.

    Questa segreteria, insieme al nuovo Direttivo del Partito, intende rilanciare la proposta di sviluppo della Città di GALATINA. 

    Porteremo avanti, anche dall’esterno dell’aula consigliare, un’opposizione matura, criticando e contestando le scelte dell’attuale maggioranza quando necessario, ma al tempo stesso consentendo a chi ha vinto le elezioni, di esercitare legittimamente il mandato che i cittadini di Galatina hanno consegnato loro. Per fare questo è necessaria una partecipazione attiva di tutti gli iscritti del PD. 

    La nuova Segreteria deve farsi carico di stimolare il dibattito e raccogliere le idee da portare all’attenzione dell’amministrazione comunale. Tutto questo insieme al nuovo Direttivo, e a tutti coloro che mostreranno interesse al rispetto della cosa pubblica.

    Presenteremo le nostre idee per la Città, i nostri progetti, le nostre iniziative. Il partito sarà il motore di iniziative pubbliche di partecipazione e riattiveremo la vita politica di questa comunità per renderla migliore.

    Il Partito Democratico, anche perché meglio organizzato e strutturato rispetto ad altre organizzazioni politiche, deve sviluppare una notevole forza propulsiva in contrapposizione al forte populismo di altri movimenti politici.

    L’attività politica non va relegata soltanto alle discussioni interne ai circoli, perché il baricentro del dibattito si è spostato altrove.

    E’ importante utilizzare gli spazi di comunicazione attraverso l’utilizzo dei social network ma anche utilizzando le piazze con eventi pubblici per rendere evidente la nostra azione politica e raccontare la nostra forte volontà di rinnovamento e cambiamento.

    E’ fondamentale tornare a confrontarci direttamente con i cittadini, il futuro senza la partecipazione della gente e soprattutto dei più giovani è grigio. Ma a noi invece piace il mondo a colori e dobbiamo lottare per averlo. Per il bene di tutti senza escludere nessuno e valorizzando l’impegno di ciascuno. Dobbiamo, dunque, tornare ad essere attrattivi, aprendo le porte del Partito alle ragazze ed ai ragazzi appassionati di politica e di impegno civile. A tal proposito, saremo sin da subito operativi nel mettere a disposizione l’esperienza e le competenze professionali che ci contraddistinguono in ogni settore al fine di ripensare un’idea di Sviluppo per Galatina. Il dibattito sarà incentrato sulla formulazione di proposte per le politiche attive su molteplici aree, tra cui: decoro urbano, sviluppo territoriale, politiche del lavoro, ambiente, sanità, politiche sociali e istruzione.

    Da ultimo, ma non per ultimo, dobbiamo recuperare una nostra identità politica riallacciando il dialogo con quei partiti che storicamente hanno accompagnato il PD in tutte le elezioni del passato. È stato un dispiacere vedere partiti di sinistra o centrosinistra schierarsi contro di noi nelle ultime elezioni. Serve il dialogo con tutti coloro che hanno la stessa estrazione culturale del PD con i quali, anche se talvolta contrapposti su temi di rilievo nazionale, costruire insieme nuove intese a livello locale. 

    Nella consapevolezza che “uniti si vince”.

    Il segretario può essere paragonato ad un direttore d’orchestra. Da solo non può fare nulla e ha bisogno di tutti – cioè proprio di ciascuno di voi – per suonare una musica convincente.  Io posso mettere la mia faccia, le mie idee, il mio impegno, il mio lavoro, ma non sarebbero sufficienti.

    Serve l’impegno di tutti ed io mi impegno affinché  tutti abbiano uno strumento, uno spartito e un posto per suonare in questa orchestra.  Serve l’impegno davvero di tutti, anche delle persone che sono fuori dal partito ma presenti nella società civile e che ci devono dare una mano perché non si puù più stare in disparte. Il partito democratico è aperto a tutte le persone che immaginano un mondo migliore fatto di lavoro, solidarietà e attenzione dei più deboli contro le prevaricazioni

    Galatina non è fuori dal mondo e non ne è neppure il centro del mondo.  Non siamo ne autosufficienti, ne autonomi.  Molte iniziative importanti richiedono consensi allargati: penso alla sinergia da praticare con i circoli del partito di tutto il Salento e non solo. Le relazioni sono strategiche per i progetti futuribili nei trasporti, nella mobilità, nei servizi alle persone, nelle infrastrutture.

    Intorno a GALATINA ci sono circoli con cui dobbiamo avviare un percorso di collaborazione: loro hanno bisogno di noi, noi abbiamo bisogno di loro: penso ad GALLIPOLI, GALATONE, ARADEO, CASARANO, NARDO’, COPERTINO, LECCE e ai tanti altri circoli più piccoli.

    Partendo dai nostri sostenitori, il PD deve costruire un canale comunicativo con i propri elettori e con la città.

    Abbiamo bisogno di dire delle cose ma anche ascoltare la gente, i galatinesi. 

    Dobbiamo impegnarci e fare in modo che chi partecipa alle attività del partito si senta protagonista anche delle scelte. 

    Dobbiamo guardare al futuro, alla costruzione di un partito che sia punto di riferimento nella città e per tutti coloro che hanno a cuore GALATINA e il suo futuro.  Dobbiamo ritornare in mezzo alla gente ad occuparci dei loro problemi. Dobbiamo far crescere la rete di contatti, amicizie, relazioni che ci fanno interagire positivamente e costruttivamente con gli altri. Dobbiamo contribuire a costruire una nuova classe dirigente intrisa di valori di lealtà, solidarietà e rispetto.

    La politica per noi deve essere volontariato al servizio della gente. Dobbiamo con tenacia ed umiltà ripartire dalla stagione della semina.  Raccoglieremo i frutti del nostro lavoro togliendo alle destre la voglia di un conservatorismo che non appartiene alla nostra cultura progressista e di sinistra.

    Viva Galatina. Viva il Partito Democratico.

     

    PER IL CONGRESSO PROVINCIALE

    Per il Congresso Provinciale hanno votato 102 persone per Stefano Minerva contro 32 per Ippazio Morciano. I delegati per Stefano Minerva sono quattro. Un delegato per Ippazio Morciano.

     

    Andrea Coccioli

    Il segretario del Circolo PD Galatina

     

    CIRCOLO PARTITO DEMOCRATICO GALATINA

    Segretario: Andrea Coccioli

    Segreteria: Luigi Lagna, Mino Alessandro, Monica D’Amico, Luceri Pierluigi, Paola Volante, Antonio Serra;

    Vice segretari: Massimo Marra, Monica Antonica;

    Direttivo: Antonio Mellone, M.Chiara Chirenti, Piero Masciullo, Rita Ucini, Giovanni Vitellio, Gino De Micheli, Antonio De Matteis, Rosalba Biancorosso, Corrado Marra, Sandra Antonica, Michele Forte, Federica Patera, Caterina Luceri, Daniela Diso, Giuseppe Mele, Antonella Quarta

     

    Presidente: Biagio Galante

    CIRCOLO PARTITO DEMOCRATICO GALATINA

     
    Di Martina Chittani (del 16/06/2014 @ 21:18:10, in I Beni Culturali, linkato 3848 volte)

    Carissimi,

    vi chiedo di votare per le casiceddhre di Noha, un'opera unica al mondo e tanto misteriosa quanto trascurata (http://m.youtube.com/watch?v=4VZbWuSWG6k), da salvare e da far conoscere ai nohani ed ai viaggiatori che visitato il nostro meraviglioso Salento. In questo modo, se riusciremo a raccogliere almeno 1000 firme, entreranno nella lista dei luoghi del cuore FAI, un'associazione che si occupa insieme a Intesa San Paolo di salvaguardare il nostro patrimonio

    Basta cliccare a questo link:
    http://iluoghidelcuore.it/luoghi/le/galatina/le-casiceddhre-di-noha/5652
    registrarsi e votare.

    Vi prego di diffondere ai vostri amici.
    Un grazie di cuore.

    Martina Chittani



    P.S.

    NEGLI ESERCIZI COMMERCIALI DI NOHA SONO STATI DISTRIBUITI I MODULI CARTACEI DI RACCOLTA FIRME

    Vi terremo in qualche modo aggiornati sul contatore delle firme.

     
    Di Albino Campa (del 11/01/2011 @ 21:16:54, in Comunicato Stampa, linkato 4040 volte)

    AEC delegazione Italia Associazione ha interesse ad organizzare, per l’anno 2011, il concorso Fotografico di Beneficenza: “Vecchi e Antichi Mestieri”: Viaggio fra quelli che un tempo erano gli antichi mestieri praticati nel nostro territorio, così ricco di spunti interessanti, di tradizioni e di magiche atmosfere.

     

    Il Concorso Fotografico di Beneficenza è aperto a tutti i fotografi, dilettanti, amatori o professionisti.

    Ogni autore dovrà depositare, a partire dal 15 Gennaio 2011 e fino al 28 Febbraio 2011, insieme alla propria opera e alla scheda di iscrizione, la somma di euro 5,00= (cinque,00) che l’Associazione devolverà poi in beneficenza a:

    Associazione Fondo di Solidarietà Permanente

    cuore e Mani Aperte verso chi soffre - Onlus

    Iscritta al n. 771/07 del reg. reg. Puglia

    Cod. Fisc.: 93060270753

    Sede Leg.: Casa di Accoglienza "S. Caterina Labouré"

    Presidio Osp.: "V. Fazzi" - V.le Moscati, 1 - LECCE

     

                Le somme raccolte con l’iscrizione dei partecipanti e di quanti vorranno sostenere il progetto, con adesione all’iniziativa, consentirà di finanziare l’acquisto di una “Bimbulanza”.

                Tale progetto, sostenuto dall’Associazione cuore e mani aperte, nella persona di Don Gianni Mattia, ha come obiettivo quello di sdrammatizzare e di rendere meno traumatico il potenziale viaggio in ambulanza di un bambino attraverso l’acquisto di una ambulanza idonea e attrezzata al trasporto dei bambini.

                Le opere ammesse al concorso saranno oggetto di una mostra fotografica che sarà allestita dal 19 Marzo 2011 al 27 Marzo 2011 presso il Centro Commerciale Ipercoop Lecce Mongolfiera di Surbo (Lecce).

                Conseguentemente, alla data del 02 Aprile 2011, presso la sala Celestino Contaldo – Palazzo della Cultura “Zeffirino Rizzelli in Galatina (LE), a tutti i partecipanti i cui lavori saranno stati ritenuti idonei al tema in oggetto del medesimo Concorso Fotografico in Beneficenza, nonché precedentemente esposti nella summenzionata mostra permanente, verrà rilasciato pubblicamente un attestato di partecipazione.

                Le tre opere ritenute di maggiore pregio saranno comunque premiate.

                In tale circostanza, con la presenza delle Autorità locali, verranno pubblicamente consegnati all’Associazione Fondo di Solidarietà Permanente cuore e Mani Aperte verso chi soffre – Onlus, tutti i fondi raccolti con l’iscrizione al Concorso Fotografico in Beneficenza per il progetto BIMBULANZA.

    Il regolamento del concorso, con la scheda di partecipazione è scaricabile sul sito www.tutelare.it

     

    Il Vice Presidente A.E.C. per la Regione Puglia
    E Presidente A.E.C per la Provincia di Lecce

    Avv. Valentina Castorina
     
    Di Marcello D'Acquarica (del 23/11/2017 @ 21:14:49, in NoiAmbiente, linkato 1992 volte)

    Avanzano allineati a piccole squadre come un esercito in marcia. Oggi vinceremo insieme a loro una piccola battaglia contro l’inciviltà di chi non rispetta la Natura. Parlottano fra di loro e ridono, sembrano uno stormo di uccellini in festa, disciplinati e  variopinti. L'allegria riempie subito l'aria, senza di loro, il cielo azzurro e il verde dei prati non avrebbero senso.
    Fra una zolla e una vangata per sistemare i nuovi alberi, incrocio i loro singoli sguardi. Sono attimi che volano rapidi, nanosecondi, non danno il tempo necessario per una risposta adeguata, ma si fermano nella mia memoria e ne sento la voce,  mi sembrano domande di speranza, di aiuto.  Qualcuno mi chiede il nome, qualcun altro mi urla il suo e poi quello del suo compagno che gli sta a fianco.

    Sono piccoli ma nei loro occhi c'è la stessa vitalità di un adulto. “Io mi chiamo Chiara” - mi grida una bellissima bimba. “E lui è Michele”, e mi presenta il suo compagno. “Tu come ti chiami?”

     Nasce un incantesimo fra due mondi che viaggiano sulla stessa scia luminosa.  Io spero in loro e forse loro sperano in noi. Osservando quegli occhi così vivaci, mi passano davanti le immagini di tanti tradimenti che penalizzano proprio le loro innocenti speranze. Loro non sanno che con l’ardire di volergli rendere la vita facile, colma di benessere, gli stiamo lasciando un mondo ammalato e sporco e che se non la smettiamo di irrorare la campagna di veleni e l’aria di metalli tossici, per loro ci sarà un futuro triste, dove gli alberi seccheranno sempre di più e tante persone si ammaleranno senza sosta, e che a nulla serviranno le auto, i vestiti e le case  lussuose.

    Poi per fortuna mi rendo conto che sono solo dei miei brutti pensieri, almeno lo spero, e che forse ce la faremo a salvare dall’inquinamento questa bellissima terra nostra. Loro, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo  Polo 2 di Noha,  cantano, gridano cori modulati di esultanza e fra un giro e l'altro, con l'aiuto di Andrea, Fabio, Sergio e altri alunni di questa fantastica scuola,  abbiamo piantato  un albero di carrubo, due azzeruoli rossi , un corbezzolo e una feijoa. 
    La voce squillante della prof. Ritamaria Colazzo, guida gli impegni del loro prossimo futuro: gli alberi si amano, si piantano, si rispettano.
    Avrei voluto dire anch'io qualcosa ma il tempo e l'entusiasmo della festa non me lo hanno permesso. Avrei voluto dire ai ragazzi che con gli alberi si parla, loro sentono la nostre emozioni e ci ricambiamo in aria pulita, in colori e fiori. Gli alberi divorano l’anidride carbonica e la trasformano in ossigeno, e noi purtroppo ne produciamo troppa  di anidride carbonica, e quindi dobbiamo piantare tanti alberi. Gli alberi sono creature di Dio al pari di tutte le altre e come tali non vanno violentate, bruciate o avvelenate. In quest’ultima estate appena trascorsa abbiamo visto centinaia di alberi ardere vivi. Non abbiamo ascoltato le loro urla di dolore. Avrei voluto dire ai ragazzi del Polo 2 di Noha, che anche gli alberi hanno una pelle, un’anima  e un cuore.

    Ma forse loro lo hanno già capito da un pezzo e sicuramente si impegneranno insieme a noi a migliorare questo nostro incantevole angolo di mondo.

    Marcello D’Acquarica

     

     

     
    Di Dante De Ronzi (del 15/11/2018 @ 21:14:45, in Comunicato Stampa, linkato 1501 volte)

    Confessiamo che siamo stati a lungo indecisi se rispondere o meno alla lettera del comitato  pubblicata online sui network locali il 10/11/2018.

    Lo facciamo sollecitati dalle tante attestazioni ricevute sui social, lo facciamo perché notiamo  finalmente toni garbati da parte degli interlocutori e non ultimo lo facciamo per dare un contributo di riflessione agli amministratori e alla nostra città.

    Cari commercianti, perdonateci, ma in primis vorremmo cercare di farvi comprendere chi sono i soggetti in causa in questa vicenda.

    Da una parte ci siete voi, per carità con legittime aspettative, dall'altra parte ci sono i residenti (circa 1300) ed i cittadini galatinesi (circa 27000). 

    Voi siete persone intelligenti e sicuramente non vi sfugge che in democrazia contano i numeri….

    Non dovete offendervi se si afferma che siete un gruppo portatore di interessi privati perché così è e lo sapete benissimo e non potete millantare di essere associazione di categoria di valenza nazionale perché all'interno delle stesse siete netta minoranza.

    Comunque sia non fareste un grande salto perché da gruppo passereste a essere definiti corporazione.

    Dall'altra parte c’è un interesse collettivo che partendo dai residenti si estende alla città tutta e via via si espande fino alla comunità internazionale vista l’importanza dei beni in questione.

    A questo punto il vostro comportamento da aspiranti “padroni del vapore “, permetteteci la semplificazione, è incomprensibile tanto più perché inevitabilmente si ritorce contro voi stessi oltre che a nuocere a tutta la città.

    Potete pretendere, e fare mille riunioni con gli amministratori locali, potete organizzare innumerevoli e discutibili manifestazioni, potete forzare la comunicazione sulla carta stampata, ma non potrete mai fermare il “sentire comune”, non potrete mai fermare il progresso civile, non potrete mai fermare il corso della storia.

    La vostra è una battaglia anacronistica e velleitaria. E’ come voler fermare il tempo!

    L’automobile nei centri storici è unanimemente considerata un disvalore assoluto.

    Pretendere di realizzare un “drive in” in piazza San Pietro è un’offesa alla bellezza e alla sacralità del luogo. Crea indicibile imbarazzo per chiunque, locali e visitatori, che abbiano un minimo di rispetto per il patrimonio storico, artistico ed architettonico esistente.

    Le avete mai osservate le facce dei turisti in carovana che devono destreggiarsi nel traffico veicolare e ancora peggio, lo sgomento degli ospiti, quando il maleducato di turno strombazza per chiedere strada libera? 

    Tutto ciò forse si poteva tollerare 20 anni fa, ma non più oggi.

    Anche perché, e con questo vorremmo tornare sulla visione del nostro centro antico, moltissimo è cambiato.

    Una stima in difetto valuta in oltre 100 i grandi interventi di ristrutturazione ed in circa 200 gli interventi minori effettuati negli ultimi 25 anni nel cuore della città. Qualcosa di enorme, che come detto, ha riportato in vita il 90 per cento dell’intero patrimonio immobiliare privato esistente. Qualcosa che ha comportato ingenti investimenti  superiori a 200 milioni di euro, sopportati interamente e senza alcun contributo pubblico dai 1300 attuali residenti dei quali, è bene ricordarlo, numerosi stranieri. Da notare che i residenti non hanno mai rivendicato niente e forse è giunto il momento di cominciare a farlo. Ma questo è un altro discorso che faremo più avanti con i nostri Amministratori.

    Un vero miracolo anche dal punto di vista demografico considerato che,  in controtendenza rispetto alla maggior parte degli altri comuni, il centro si è ripopolato.

    Sono tornati a splendere praticamente tutti i palazzi della città che rappresentano la trama principale dell'agglomerato urbano di riferimento.

    Si sono recuperati immobili degradati e fatiscenti, sì è bonificato il tessuto urbano, sono stati curati gli spazi all'aperto, sia quelli pubblici che quelli privati, sono comparse diverse piscine per rendere piacevole il soggiorno dei turisti e dei proprietari. Il centro antico oggi è un luogo di accoglienza molto apprezzato dove sorgono  tante dimore storiche adibite a strutture ricettive (Hotel e B&B) e residenze private.

    Le loro immagini viaggiano in rete sui più prestigiosi siti del settore promuovendo l'unicità dei luoghi e le tante bellezze di Galatina. Date un’occhiata anche voi. Provate a cliccare su Google Palazzo Nuzzo-Gorgoni o Palazzo Pindaro o Palazzo Congedo o Palazzo Tanza Venturi  o Arco Cadura o Corte del Fuoco o Palazzo Mongiò dell’elefante, Palazzo Aloisi, Palazzo Di Lorenzo, Palazzo Cavoti, Palazzo Adriani Sansò ecc. e diteci se avete mai visto niente di simile prima.

    A questi interventi privati si sono aggiunti quelli sul patrimonio ecclesiastico di inestimabile valore interamente  e splendidamente recuperato; ed infine sono da segnalare i numerosi interventi pubblici effettuati in questi anni sul patrimonio comunale.

    Tutto ciò ha permesso a Galatina di rinascere e  guadagnarsi l’attenzione e l’ammirazione delle più prestigiose riviste nazionali ed internazionali,  le riprese televisive delle tv nazionali ed i commenti lusinghieri ed entusiasti di chi arriva in città.  (Vedi Allegato 1)

    Il giudizio è unanime: Galatina è una città di rara bellezza, un autentico scrigno di tesori, materiali e immateriali da custodire gelosamente.

    Alla luce di quanto innanzi la visione da parte di un gruppo di commercianti che definisce il centro antico morto, abbandonato, nell'oblio, desolante ed inquietante, si commenta da solo.

    Dio mio che distanza siderale separa la visione sognatrice di Philippe Daverio che vede Galatina a pieno titolo candidarsi quale capitale di una Europa del futuro che comprende i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e quella riduttiva di un gruppo di nostri concittadini commercianti.

    Questo d'altro canto, suscita preoccupazione perché manifesta un disagio incredibile che chiarisce e spiega gli assurdi comportamenti ai quali assistiamo.

    Di fronte a tale realtà non si può rimanere indifferenti anche perché il disagio è contagioso e fa star male tutti.

    Un gruppo di cittadini residenti

    In rappresentanza

    Dante De Ronzi

    Alessio Filieri

    Galatina 15/11/2018

     

     

    Allegato 1

    Solo per fare un accenno si ricordano:

    YOU TUBE                               Lectio magistralis di Philippe Daverio,

    YOU TUBE                               Riprese televisive di Piero Angela,

    YOU TUBE                               Servizi di BelSalento

    YOU TUBE                               A drive around Galatina

    YOU TUBE                               We are HAPPY from Galatina

    YOU TUBE                               Trek on the Clock: Galatina - Gli Econauti-

    YOU TUBE                               Galatina città d’arte

    IFooD.it                                     Galatina l’Assisi del Sud,  

    THELAZYTROTTER.COM       Galatina uno dei più bei posti da visitare nel Salento,

    RAI 1                                         Linea Verde ,

    REGIONE PUGLIA                   Galatina città d'arte entra a far parte delle città ad Economia turistica,  SARANATHAN.IT                     Galatina : la suite del vescovo,

    RAI 1                                         La vita in diretta,

    M.LECCESETTE.IT                  La chiesa più straordinaria d'Italia per Philippe Daverio è Santa  BORGHIMAGAZINE.IT            Borgo di Galatina, Lecce,

    MORETIMETOTRAVEL.COM  Discovering Galatina e Little Italian Town With a Lot of Tradition, IBORGHID’ITALIA.COM           Galatina,

    TRIPADVISOR.COM                Basilica di Santa Caterina d'Alessandria,

     Rai 2                                        mezzogiorno in famiglia

    ecc. ecc.

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 19/07/2016 @ 21:14:37, in NohaBlog, linkato 6493 volte)

    Non so se avete mai fatto caso, ma ci sono delle persone che senza essere né arcipreti, né consiglieri delegati, né assessori, né altro, vivono Noha in una maniera tale per cui sembra che finalmente il paese gli appartenga. Voglio dire che hanno a cuore il bene comune del nostro paese, che in questo caso risponde al dolce nome di Noha.

    Oggi incontro Michelino.

    -Michelinu, qual è il tuo cognome?

    “Barrazzo, con due erre e due zeta”,

    Ci tiene a dirmelo e me lo ripete più volte. Mi racconta che è nato a Noha il 29 settembre del 1925. Incredibile, penso. Quest’uomo ha 91 anni di età. Non li dimostra. Sembra più giovane lui di tanti strapponi che si danno un sacco di arie dimostrando però di valere poco o nulla.

    E’ nato da Angela Gabrieli e Antonio Barrazzo. Della sua mamma, in quattro e quattr’otto, mi sciorina tutta la dinastia. Mi dice che era figlia della Mmaculata, che abitava tre abitazioni dopo la mia casa paterna in via Aradeo. Michelino è cugino de u Cici. Sbotto in uno sprazzo di memoria: “L'Africanu!” E scoppia a ridere.

    È contento Michele, è contento perché finalmente siamo sulla stessa frequenza. Veri abitanti del paese. Non ha fatto “scuole alte”, ma cura molto la sua immagine, sempre vestito di tutto punto, impeccabile nella sua sobria eleganza. Giacca, camicia e cravatta. Insomma un vero galantuomo. Non sempre è una regola, ma di solito, se curi te stesso tendi ad applicare la regola anche al  mondo che ti circonda. E infatti a Noha non è una regola. E’ un piacere parlargli, la sua voce è pacata e non manca mai di dirmi che è sempre pronto per fare il bene di Noha.

    Non serve che io gli faccia altre domande. Attacca da solo. Mi parla della sua malattia che lo ha ridotto così dopo un lungo periodo di febbre alta, e che nonostante ciò vuole lottare come ha sempre fatto, come quando a Noha c’erano i comunisti delle Leghe che strapparono la terra ai padroni. Quella terra che per decenni gli ha dato da mangiare. La stessa terra che invece oggi è vilipesa, avvelenata, sciupata dai soliti “padroni”. Abbonda l’acqua ma guarda caso abbonda l’avidità e pur di fare quattrini, non badiamo a spese, e via così. Il cerchio si chiude con morti che ci lasciano attoniti a cui non abbiamo nemmeno il coraggio di pensare.

     Abbassiamo la testa e forse pensiamo che sia giusto così. Ha già capito dal mio sguardo sconsolato cosa mi aspetto, e parte: “ Vedi - mi dice - quando io avevo 16 anni a Noha c’era una guardia; quando ne avevo 25 c’era una guardia; quando ne avevo trenta c’era una guardia: sempre c’è stata una guardia. E adesso guarda come siamo ridotti. Parcheggiano ovunque”.

     “L’altro giorno – continua - ho detto a un giovane che aveva lasciato la macchina in mezzo alla strada, di spegnere almeno il motore. Tanti lo fanno, entrano dal tabaccaio e lasciano i motori accesi. Sai cosa mi ha risposto quello? Mi ha detto che se io non avessi avuto la stampella e fossi stato più giovane mi avrebbe preso a pugni. Gli risposi se era proprio sicuro che io non gliene avrei date altrettante.”

     Poi continua: “Fino a poco tempo fa, Lino (e indica Lino sparafochi, che combinazione in quel momento era seduto sul sagrato della chiesa) sapeva cosa doveva fare tutti i giorni. Apriva il chiusino laggiù e annaffiava le aiuole. Poi venne uno del comune di Galatina e chiuse il chiusino. Per qualche giorno è venuto un altro del comune a bagnare le aiuole, poi non è più venuto nessuno. Ecco, ora tutto è seccato. In questo paese non funziona niente.

    Capisco che ci voglia una certa cifra per ristrutturare la torre con l’orologio o rifare il basolato della piazza, come hanno fatto quasi tutte le amministrazioni dei paesi circostanti, lo posso anche capire che sia difficoltoso. Ma dico io, che ci vuole a prendere 100 euro e cambiare il policarbonato della pensilina per la fermata dell’autobus? E la gente che fa? Se ne frega di tutto. Tutti benpensanti, buonisti di facciata. Nessuno che si espone per esprimere il proprio pensiero. Per non urtare la suscettibilità di qualcuno, del solito padrone o padrino”.

    Questa volta resto senza parole. In questi anni di andata e ritorno da e fuori Noha, mi immaginavo cose che neanche provo più a pensare, tanto che sono deluso non solo per come  è ridotto il mio paese, ma soprattutto per la mancanza assoluta di Michelini.

    Per fortuna che c’è ancora Michelino Santunuddhru. Un combattente che con il suo modo di fare e di essere mi dà ancora la forza di lottare e di andare avanti.

    Marcello D’Acquarica

     

     

     

     
    Di Redazione (del 27/02/2015 @ 21:14:28, in NohaBlog, linkato 2517 volte)

    Carissimo zio Donato,

    in questa giornata così triste in cui ci hai lasciati silenziosamente, quasi in punta di piedi, riaffiorano ricordi “sopiti”.

    Ricordi di quelle giornate in cui le nostre famiglie si riunivano a tavola riservando il posto migliore a te in segno di rispetto e affetto. Di volta in volta il fratello ospitante ti cedeva il suo posto a “capotavola” ed iniziava così il nostro pranzo di Pasqua o Natale o compleanno. Era una gioia per tutti, e con te la festa era completa e più intensa.

    Come non ricordare, poi, il giorno del tuo onomastico quando tutti i tuoi fratelli e cognati ai quali, col tempo, si sono aggiunti i loro figli, poi le fidanzate dei figli e poi i nipoti, convenivano tutti a casa tua o altrove per “fare festa”.

    Ci siamo resi conto con gli anni che in quel giorno in cui (a volte a malincuore) lasciavamo da parte qualche impegno “vacanziero” noi festeggiavamo non solo te ma la nostra famiglia, questo nucleo così importante che attraversando la guerra aveva dato i natali a sette fra fratelli e sorelle. I quali poi avevano generato quasi una comunità distribuita in vari luoghi ma che “puntualmente” e “spontaneamente” si ritrovava il 7 agosto a casa tua. Tu intanto, quasi schivo ma sorridente, attorniato dai tuoi fratelli e cognati accoglievi soddisfatto tutti i convenuti e per tutti avevi una parola o una battuta pronta. Nessuno dimenticava quel giorno, né lo dimenticherà mai! Ci sentivamo forti, era la nostra una famiglia aggregante e con un grande senso dell’appartenenza.

    Oggi siamo tristi ma allo stesso tempo sereni, perché consapevoli che ti sei ricongiunto alle persone care che non ci sono più, ed al Signore che hai tanto amato e rispettato in ogni azione della tua vita. Sei stato per noi, insieme ai tuoi fratelli e sorelle nostri genitori, un esempio di vita, ricco di bontà e di una integrità morale forte, concreta, essenziale e priva di inutili fronzoli.

    Ieri nel tuo ultimo giorno di vita, vissuto con grande lucidità, hai avuto un pensiero per l’ultimo nato della famiglia: il piccolo Giulio Mellone.

    Grazie caro zio e da “lassù” proteggi Giulio (che ti conoscerà attraverso i nostri racconti) e proteggi tutti noi, tutta la tua comunità, ma soprattutto i più deboli, più bisognosi, gli emarginati, i dimenticati.

    Con affetto,
    Silvana Tundo
     
    Di Redazione (del 09/04/2019 @ 21:12:27, in Comunicato Stampa, linkato 1178 volte)

    Dopo aver ottenuto il riconoscimento di "Città che legge", Galatina si impegna a sottoscrivere il "Patto locale per la lettura". 
    Obiettivo principale è quello di avviare azioni condivise e orientate all'incremento e alla diffusione della lettura sul nostro territorio, coinvolgendo tutti i soggetti interessati. L'Amministrazione Comunale avrà il compito di incentivare le adesioni al “Patto locale per la lettura” e a sostenere tutte le azioni e i programmi ad esso coordinati. 
    Possono aderire al “Patto della lettura della Città di Galatina” gli Istituti d’Istruzione di ogni ordine e grado, le Scuole dell’Infanzia pubbliche e private, gli Istituti, Enti, Associazioni culturali e di volontariato, le Ludoteche, gli Editori, i Librai, i liberi professionisti - quali educatori, psicologi, giornalisti, ecc. – i soggetti del Terzo Settore, gli autori e lettori organizzati in gruppi e/o Associazioni, i cittadini, che dimostrino di aderire ai principi del  Patto e che svolgano o vogliano  svolgere attività  di promozione  della lettura coerenti con le finalità nello stesso riportate.    
    Tutti i firmatari del Patto devono avere a cuore alcuni principi cardine: la conoscenza è un bene  comune,  il libro e la lettura sono strumenti insostituibili di accesso alla conoscenza e la  promozione degli stessi crea una rete territoriale  delle  professionalità  più  direttamente  coinvolte, rappresentando il fine  comune delle Istituzioni pubbliche,  della società  civile  e del mercato.
    “Il Patto per la lettura – dice l’Assessore al Polo Bibliomuseale Cristina Dettù - si innesta nel solco di una serie di politiche culturali che questa Amministrazione persegue sin dal primo giorno, in linea con la programmazione strategica della Regione Puglia. Dopo aver ottenuto il finanziamento di 2 milioni di euro per la Community Library (i cui lavori partiranno nei prossimi mesi), l’azione di promozione della lettura e delle spazi della biblioteca “Siciliani” rappresenta un punto imprescindibile della politica culturale dell’Amministrazione Amante. E tanto deve essere per una Città come Galatina, ricca di storia, cultura e tradizione. A ciò si aggiunge un fermento culturale che coinvolge le fasce più giovani della popolazione: ne è prova la presenza importante di piccoli, giovani studenti e famiglie all’interno della biblioteca “Siciliani”. Ciò è motivo di orgoglio per tutta la Città, oltre che un servizio essenziale”. 

    Per aderire basta scaricare e leggere il regolamento:

    https://www.comune.galatina.le.it/amministrazione/attivita/avvisi-pubblici/item/avviso-pubblico-per-acquisizione-di-manifestazione-di-interesse-a-sottoscrivere-il-patto-per-la-lettura-della-citta-di-galatina-scadenza-presentazione-domanda-di-adesione-il-30-aprile-2019

    Ufficio Stampa Amante

     

    Nell’ambito del progetto "Community Sport: Sport Identity and Memory", avrà luogo Domenica 10 Novembre 2019, a partire dalle ore 9.00, l’evento Community Soccer evento che coinvolgerà bambini, ragazzi e famiglie della provincia, attraverso un’azione capillare di sensibilizzazione della comunità alla partecipazione attiva e al benessere sportivo.

    Il Comitato Csi Terra d’Otranto, l’associazione Sportiva ASD SECYD Deffo Football School e l’Oratorio Madonna delle Grazie con i partner di progetto, Csi Collepasso, Oasis Terra d’Otranto, Associazione Easy Language Aradeo e la preziosa collaborazione delle Associazioni Virtus Basket Galatina, Accademia di Scherma Lecce sono liete di Invitare la comunità tutta all’evento che si terrà nell’area adiacente l’Oratorio Madonna delle Grazie di Noha.

    In programma, tornei di calcio, lezioni open di scherma, fitness, pallacanestro, tennistavolo, attività creative e laboratoriali di storytelling.

    Il progetto vincitore del bando di Puglia Sportiva, Programma Operativo 2018, Azione 1.2, ideato dal Comitato Territoriale Csi di Terra d’Otranto, giunge al cuore della sua operativà con una programmazione ricca di seminari, corsi di formazione, eventi e incontri partecipativi e di coinvolgimento della comunità locale.

    Community Sport è un progetto di inclusione sociale attraverso lo Sport, finalizzato a contrastare fenomeni di disagio e marginalità e, al tempo stesso, di promozione del dialogo intergenerazionale giovani, adulti, anziani, di coinvolgimento di ragazzi con minori opportunità ed è un progetto di rivalutazione delle periferie che inverte le tradizionali dinamiche sociali del nostro Paese.

    Community Sport incoraggia lo spostamento dal centro alle periferie, periferie urbane ed esistenziali del nostro territorio attraverso lo SPORT.

    ASD SECYD

     
    Di Redazione (del 17/05/2016 @ 21:12:05, in Comunicato Stampa, linkato 1406 volte)

    Un autobus che va a piedi, formato da una carovana di bambini che vanno a scuola in gruppo: questo è il Piedibus, avviato mercoledì 3 maggio 2016 e sabato 07 maggio 2016 a Galatina, nell’ambito di un ricco programma di iniziative previste dal progetto di Servizio Civile Nazionale “MONITOR 3014”.

    L’iniziativa, dal titolo “IO VADO A SCUOLA CON IL PIEDIBUS”,  è promossa dai volontari del progetto “MONITOR 3014” in collaborazione con la Polizia Locale, che ha curato un incontro informativo sulla sicurezza stradale, e gli Istituti Comprensivi di Scuola Primaria Polo 2 e Polo 3 di Galatina.

    La stessa ha lo scopo di contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico attorno alle scuole con azioni concrete che promuovono una mobilità sostenibile, favorire la socializzazione tra coetanei, contrastare la sedentarietà dei bambini e aiutarli ad acquisire abilità pedonali. Il Piedibus, favorisce la socializzazione, l’indipendenza, l’autostima e permette ai bambini di acquisire norme relative alla sicurezza stradale e di conoscere la città.

    La carovana di bambini è come un vero autobus di linea che seguendo un percorso stabilito raccoglie passeggeri alle fermate predisposte lungo il cammino, rispettando l’orario previsto.

    Si sono attivate due linee del servizio Piedibus: la prima linea, ogni mercoledì del mese di maggio, parte da Piazzale Vittime delle Foibe, fermata “GLICINE”, alle ore 7.50 con arrivo a scuola in via Arno alle ore 8.15, la seconda linea, ogni sabato del mese di maggio, parte dal piazzale chiesa cuore Immacolato di Maria, fermata “MARGHERITA” alle 7.55 con arrivo a scuola via Spoleto alle ore 8.15.

    L’itinerario della prima linea prevede inoltre, due fermate intermedie, la prima fermata “GIRASOLE” in via Metauro ang. Via Pantelleria, la seconda fermata “ROSA” in via Metauro ang. Via Molise.

    L’itinerario della seconda linea prevede una fermata intermedia, fermata “ORCHIDEA” in via Potenza ang. Via Foggia.

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 21/09/2023 @ 21:10:15, in NohaBlog, linkato 865 volte)

    Mi piace cominciare questa mia riflessione su San Michele di Noha riportando il testo dell’Inno, che, come ci ha tramandato Don Michele Alessandrelli, nel 1850 durante la novena si cantava ogni sera davanti all’altare di San Michele.

     

    Salve d'amore un canto

    sciogliamo all'inclito Angelo Santo.

    A lui che proni invochiamo

    di gigli e rose serti intrecciamo.

    Fanciulli e vergini dal vostro cuore

    un inno e un cantico parlin d'amore.

    Col tuo brando fiero e potente

    vincesti l'ira del rio serpente,

    vendicasti col tuo valore

    dei primi padri l'immenso errore.

    Tu protettore,

    custode eterno

    dei figli d'Eva

    contro l'inferno.

    Tu che dal cielo

    ci apri le porte,

    che vegli il gelido

    letto di morte.

    O Sant'Arcangelo

    su noi mortali

    qual padre tenero

    distendi le ali;

    in Te confida l'umanità:

    o Sant'Arcangelo pietà, pietà!

     

    Dopo tanti anni di assenza da Noha mi sono trovato in piazza San Michele la sera di un 28 settembre di qualche anno fa, al rientro della processione in onore del Santo. Sulla gradinata della chiesa, davanti alla porta d’entrata, c’erano i portatori che sostenevano la statua del Santo Protettore, il Clero, e poi le associazioni e la gente…. tutti in piazza. E mi è piaciuta molto l’idea di far suonare alla banda musicale di turno l’Inno a san Michele Arcangelo. Non c’era bisogno di cantarlo. Bastava ascoltare in silenzio quella musica che tutti i cittadini di Noha hanno nel cuore. Mi è sembrato un momento di intenso raccoglimento, quasi di preghiera. E’ un inno che tutta la popolazione conosce perché da secoli lo si canta. Sicuramente il testo risente dello stile decadente dell’epoca in cui fu composto (probabilmente nella prima metà del 1800). L’autore è ignoto, ma la musica è solenne, e, suonata in piazza dalla banda musicale in quel momento particolare, dà un senso di grandiosità che coinvolge tutti i presenti.

    Da sempre, ab immemorabili si direbbe, la chiesa madre di Noha  è dedicata a S. Michele Arcangelo.

    Nel 1452, nella relazione della visita pastorale che il Vescovo di Nardò compì in quell’anno, si dice che Noha aveva tredici chiese, ma la più importante era quella di S. Angelo: ecclesia maior. Definita Ecclesia maior, per distinguerla da tutte le altre. Molto probabilmente il culto di S. Michele a Noha è antichissimo, anche se non abbiamo documenti per provarlo. Visto che la nostra cittadina divenne presto cristiana con lingua e rito greco, si può pensare che a cominciare dal V°  secolo sia iniziato a Noha il culto al nostro Santo Protettore.

    Nel 1602 l’arciprete di quell’anno si preoccupò di precisare che la  Chiesa Parrocchiale di San Michele  fu  edificata sotto il titolo del glorioso S. Michele Arcangelo.

    Sempre, in tutti i rifacimenti che la struttura della chiesa ha subìto nel tempo, l’altare di San Michele ha avuto una menzione speciale.

    Nel 1621 sulla facciata della chiesa fu posta una statua  in pietra di San Michele con sotto la scritta in latino: 

    Sancte Michael Arcangele

     Defende Nos in proelio

    Ne pereamus in tremendo iudicio. A.D. 1621

    O S. Michele Arcangelo difendici nella lotta

    affinché non periamo nel tremendo giudizio. A.D. 1621

    Quella statua ora si trova nel museo di Galatina, ma meriterebbe un posto più pregevole a Noha sia per l'antichità e sia per l'interesse storico e artistico.

    A proposito del culto a San Michele è opportuno tenere presente l’origine di questa devozione anche in Puglia. 

    La data del 29 settembre corrisponde alla consacrazione della chiesa dedicata nel V secolo a S. Michele al sesto miglio della via Salaria.  A Roma gli venne dedicato il celebre mausoleo di Adriano, conosciuto ormai col nome di Castel Sant’Angelo. A S. Michele è dedicato l'antico santuario, sorto nel VI secolo, che dal monte Gargano domina il mare Adriatico. Da questo luogo delle Apparizioni dell'Arcangelo "casa di Dio e porta del cielo", il culto a San Michele  si irradiò a partire dal V° secolo, in Occidente, così che il Santuario per più di 15 secoli è stato, e lo è tuttora, il faro del culto micaelico nel mondo.

    L’altare di S. Michele che abbiamo nella nostra Chiesa Madre, restaurato nel 2007, è tutto costruito in pietra leccese con sculture di stile dorico. Nella nicchia vi è la statua in pietra leccese dell’Arcangelo vestito da guerriero e ai suoi piedi vi è il diavolo ferito dalla spada. Ai lati vi sono due colonne sempre in pietra leccese di stile dorico. Nelle basi di queste colonne sono scolpite in una Adamo ed Eva tentati dal serpente e nell'altra gli stessi scacciati dal Paradiso terrestre da un Angelo. Ai lati di queste colonne vi sono due statue, una di San Francesco d'Assisi e l'altra di Sant’Antonio di Padova. Sopra S. Michele vi è una scritta in latino:

    D.O.M.

    Orienti iubari coripheo praecipuo novo Iovi signifero

    Michaeli Arcangelo munus  honos omen aere proprio

    avicula suus celicola

    D.Donatus Palama Archipraesbiter et cives Nohe

    D.D.D.

    Anno Domini 1652

                E cioè:

    A Dio Ottimo Massimo

    allo splendore  orientale,

    al principale capo dei cori angelici. 

    Michele Arcangelo,

    vessillifero del nuovo Giove,

    la munificenza, l'onore, l'augurio, 

    a spese proprie il suo predecessore ora in cielo,

    Don Donato Palama Arciprete  e i cittadini di Noha

    Diedero,Donarono, Dedicarono

    nell'anno del Signore 1652.

     

    Molto bella quell’espressione “e i cittadini di Noha Diedero, Donarono, Dedicaro-no”. Sembra un invito e un impegno per noi, quello cioè di continuare a trasmettere a quanti verranno dopo di noi quanto noi abbiamo ricevuto dai nostri antenati sempre così attenti al culto per il nostro Santo Protettore.

    P. Francesco D’Acquarica

     

         Il 22 gennaio 2017 si è svolto presso l’auditorium “G. Toma” di via Martinez, in Galatina, un evento di alto profilo scientifico e culturale, lo special open day “Orgoglio magistrale – Don Milani 1967/2017”.

          Il filo conduttore della serata è stato l’omaggio che si è inteso rendere ai maestri di ieri, di oggi e di domani, formati dal Liceo delle Scienze Umane (già Istituto Magistrale), oggi integrato nell’I.I.S.S. “Pietro Colonna”, quali figure-chiave all’interno del percorso di formazione dei cittadini di uno stato, quale il nostro, che è,  e vuole restare, democratico.  La democrazia si nutre di preparazione e di conoscenza applicata ai vari contesti in cui si esplicano le attività dei cittadini.

          In questo orizzonte, sospeso tra memoria e proiezione verso il futuro, si sono susseguiti diversi momenti tutti collegati, come detto, da un medesimo filo conduttore.

          Al saluto di apertura della Dirigente Prof.ssa Maria Rita Meleleo,  è seguita la proiezione del video “1967 … e dintorni” realizzato da studenti del Liceo delle Scienze Umane che ha contestualizzato le vicende salienti dell’anno 1967, estraendole dalla realtà politica e socio- economica.

          Successivamente è intervenuta in collegamento telefonico Sandra Gesualdi, figlia di Michele Gesualdi, attuale Presidente della Fondazione DLM, uno dei primi sei alunni della Scuola popolare di Don Milani a Barbiana; ella ha amabilmente dialogato, in viva voce, con la prof.ssa Vantaggiato, rappresentando l’impossibilità fisica del padre a presenziare al gradito evento e ripromettendosi, comunque, di partecipare a futuri incontri in cui si tratti della figura di Don Milani.

          Com’è noto, Don Lorenzo Milani era un sacerdote fiorentino che ebbe modo, negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, di sperimentare, cioè ideare ed attuare, un innovativo metodo didattico teso alla conoscenza immediata e diretta della realtà socio-economica allo scopo di eliminare gli svantaggi competitivi che intervenivano tra  alunni provenienti da diverse classi sociali, per consentire a tutti un proficuo inserimento nella realtà lavorativa e sociale.

          Non mancarono incomprensioni ed ostilità verso il suo operato, oggi superate col pieno riconoscimento, anche da parte delle gerarchie ecclesiastiche, della validità ed innovatività del suo metodo pedagogico ed educativo.

          A conclusione della prima parte del workshop, vi è stato il momento davvero emozionante  del conferimento del premio “Maestro d’oro 2017” alla Maestra Pietrina Serra Caputi.  La Maestra,  impossibilitata a presenziare fisicamente a causa dell’età avanzata, è stata intervistata in video dalla prof.ssa Daniela Vantaggiato, già sua alunna, rendendo una testimonianza toccante e commovente di amore per la scuola e per l’insegnamento, da lei professato in 40 anni di carriera svolti insegnando “con la mente e con il cuore” a beneficio di intere generazioni di galatinesi. Ha ritirato il premio, consegnato dalla Maestra Alessandra Durante affiancata dalla Dirigente Prof.ssa Maria Rita Meleleo , il figlio prof. Antonio Caputi, attuale Dirigente dell’Istituto Comprensivo di Soleto, che ha letto un breve, ma significativo, messaggio di ringraziamento della Maestra.

          La seconda parte della serata si è dipanata attraverso diversi momenti, tutti di grande interesse e spessore scientifico e culturale.

          Il prof. Salvatore Colazzo, già Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università del Salento, ha trattato, con competenza e passione, il tema “L’eredità di Don Milani”, rimarcando il fondamentale concetto che la scuola deve dare a tutti la possibilità di esprimere i propri talenti, in un quadro di pari opportunità che sappia valorizzare e armonizzare le varie propensioni individuali a beneficio della coesione sociale.

          La prof.ssa Simonetta Baldari, dell’Istituto Comprensivo di Aradeo, ha affrontato il tema “Le competenze del maestro oggi”, con l’ausilio di opportune diapositive proiettate a beneficio del numeroso e qualificato pubblico presente in sala. La professoressa ha tracciato il profilo della moderna figura del maestro, sia a livello delle competenze ed abilità che tale qualifica professionale richiede, sia delineando il quadro giuridico e normativo all’interno del quale si colloca la figura del maestro nell’ordinamento italiano.

          La dott.ssa Concetta Strafella ha parlato, con approccio immediato e diretto, su “La sfera emozionale nella relazione educativa”, portando l’attenzione del pubblico sulle strategie motivazionali e  comunicative che possono, oggi, costituire un valido ausilio al processo educativo e formativo.

          A seguire le tre pregevoli relazioni, è intervenuta la testimonianza di Alessandra Durante una ex alunna del Liceo delle Scienze Umane di Galatina che ha avuto modo di evidenziare l’importanza e la validità della formazione ivi ricevuta, ai fini della professione di insegnante da lei successivamente intrapresa. Nel mentre parlava scorrevano le immagini con le quali gli studenti delle classi terze e quarte ringraziavano responsabili e tutor dello stage di Alternanza scuola/lavoro presso asili nido, istituti comprensivi, strutture per anziani e disabili dei loro Comuni di provenienza (Galatina, Aradeo, Cutrofiano, Sogliano Cavour, Soleto, Neviano, Seclì, Galatone).

          A conclusione della serata, il prof. Paolo Villari, del Liceo delle Scienze Umane di Galatina,  ha avuto modo di proporre una originale rivisitazione del gioco dell’oca, ripensato con riferimento a fatti e situazioni della vita di Don Milani, intendendo il momento ludico-ricreativo come costitutivo dell’esperienza formativa. Tale lavoro era stato realizzato dagli studenti delle prime e seconde classi.

          In definitiva, una serata che,  onorando chi ha dedicato tutta la propria vita alla missione di trasmettere l’amore per la cultura ed il sapere, ha ribadito e confermato il ruolo e la centralità della città di Galatina, quale centro propulsore e faro culturale dell’intero Salento.

    Pierlorenzo Diso

     
    Di Redazione (del 23/06/2016 @ 21:08:02, in Comunicato Stampa, linkato 2090 volte)

    Galatina festeggia i suoi Santi Patroni – Pietro e Paolo –, il 28, 29 e 30 giugno, e l’Ufficio d’Informazione e Accoglienza Turistica della Città ne rende omaggio proponendo un percorso tematico legato alla festa e ai “tarantati”.

    Vieni a scoprire i “luoghi” della festa. Ti racconteremo le tre giornate e il loro “ruolo” differente all’interno dei festeggiamenti per rimarcare la differenza esistente tra i due Santi nella Città: una differenza mirabilmente sintetizzata nel famoso detto locale Paulu busca e Pietro mangia e nell’appellativo di San Paolo, chiamato lu santu de li forastieri.

    Tutto avrà inizio nel giorno della vigilia – 28 giugno –, che resta ancora oggi il più affascinante della Festa Patronale: fino agli anni Ottanta del secolo scorso – in questa data –, si radunavano nella Cappella di San Paolo i “tarantati” con i familiari e i musicisti terapeuti che alternavano per tre giorni e tre notti fasi di sonno a momenti di danza coreutica per debellare il male e una volta ottenuta la grazia da San Paolo, ne rendevano omaggio. Accanto a questo rito, oggi scomparso ma recuperato in chiave folkloristica con ronde spontanee di fronte la Cappella, si svolge – ieri come oggi –, la tradizionale processione in una coloratissima scenografia naturale. Per tre giorni le vie della Città e la grande Piazza S. Pietro, saranno avvolte dalle splendide luminarie e piene di bancarelle. Nei pressi della Chiesa Matrice troveremo gli oggetti tipici di questa festa: i mantaji (ventagli in carta con immagini dei SS. Pietro e Paolo e altri Santi) e le zagareddhre, nastri di raso colorato che le donne legano ai polsi per ballare la pizzica.

    Galatina si “veste” in festa... una festa per gli occhi e il cuore.

    28, 29, 30 GIUGNO 2016 | 10:30 - 11:30 - 16:30 - 18:30

     

    Meeting point:

    IAT Informazione e Accoglienza Turistica

    GALATINA, c/o Torre dell’Orologio - via Vittorio Emanuele II, 35

    T. +39 0836 569984 - +39 392 9331521 – E: iat.galatina@gmail.com

    Prenotazione obbligatoria

    #VisitGalatina

     
    Di Antonio Mellone (del 03/10/2015 @ 21:07:42, in Fetta di Mellone, linkato 8775 volte)

    Caro sindaco Mimino Montagna,

    anche se non sembra….. sono la sottoscritta tua delegata per la frazione di Noha. Premetto subito che… devo evitare di mettere tutti questi…..puntini di sospensione sennò quel saputello nonché…. rompicoglioni di Antonio Mellone mi prende per il….. LOCULO da qui all’eternità!!!!!!!

    Non mi è facile, proverò in tutti i modi a ridurli ai minimi termini, questi puntini, anzi ai Mimini termini, hahahahahaha.

    Tu sai che io quando mi ci metto faccio le cose con il cuore (anche se il Mellons’ di cui sopra, quando gli prudono le mani, scrive che utilizzo un altro organo posto un po’ più in basso, e che inizia sempre con CU. Ma, sai, lui è fatto così, non è cattivo: è solo che ha il brutto vizio di canzonare il POTERE: e io, modestamente, può). E poi, detto tra noi, quella che lui pensa sia satira (che a me non piace, anzi non mi fa per niente ridere) altro non è che…….tutta pubblicità per me. Tiè!!!!

    *

    Stavolta cercherò di essere, come dire, alquanto stitica, evitando di produrre le….. sette cartelle (cliniche) dell’altra volta. Come, non ti ricordi più? Dai, quelle di autodifesa dalle accuse (INFONDATE!!!!) da parte della direttrice della scuola di Noha per via della transumanza di due sedie volanti da un plesso ad un complesso scolastico. Non le avessi mai scritte quelle pagine: ancora mi stanno prendendo in giro per via del fatto che, stanca morta com’ero, non mi andò manco di rileggere e quindi correggere qualche piccolissimo, invisibile, IRRILEVANTE….. strafalcione scritto in fretta e furia. A dirla tutta….. pensavo che non leggesse nessuno quella roba lì, tranne te ovviamente (che, come noto, sei di bocca buona, tanto è vero che te ne uscisti con una baggianata delle tue, ché ancora la gente sta ridendo). Poi capitarono nelle mani del nostro amico che si crede uno scrittore (quando non è nemmeno uno scrivente), e…. apriti cielo!!!!

    *

    Ma bando alle chianche, e veniamo a noi, anzi a Noha. Caro Mimino, voglio dirti sempre in premessa che finché scrive Antonio Mellone non ce ne può fregar de meno: è da anni che scrive (non letto e non ascoltato da nessuno) e figurati poi se noi altri facciamo finta di dargli retta: ma manco per l’anticamera del cervelletto. Ma se si mettono a scriverti lettere aperte anche i ragazzi delle scuole medie siamo fritti, finiti, cassati.

    *

    Oh, Mimino, ma che figura mi fai fare?????

    Mi dice l’uccellino che ci sono in palio da parte della regione Puglia ben 17.000.000 di euro (DICO: DI-CI-AS-SE-TT-EM-IL-IO-NI-DI-EU-RO) per raddrizzare i BENI CULTURALI e noi non presentiamo nemmeno un progetto uno per la mia Noha????

    E’ vero che potrebbe esserti sfuggito, ma santo cielo, per Noha, nonostante i libri, i convegni, le istanze e gli articoli sui beni culturali, non possiamo non avere uno straccio di disegno da farci finanziare!!!! Dai, sindaco mio, com’è possibile? Non dirmi che per Noha non c’è uno sputo di progetto da presentare, sennò m’incavolo come una iena.

    E’ vero anche che è da un bel po’ che non ti fai vivo a Noha.

    L’altra sera, per dire, dopo tanti anni di assenza, sei apparso nel centro della frazione per la nostra festa patronale come il Risorto doveva essere apparso a San Tommaso: un sacco di  nohani, infatti, non credevano ai propri occhi, e come l’Apostolo incredulo volevano metterti le dita da qualche parte (per esempio negli occhi) per potersene convincere. Però almeno l’altra sera, per una sera, mi hai evitato l’onere di girarmi la processione, come in genere sono costretta a fare, da sola e con tanto di fascia tricolore (UNA FATICACCIA CHE NON TI DICO!!!!).

    Te lo chiedo per favore, ogni tanto, e non solo ogni dimissioni di papa, fatti un giro in questa novella Pompei salentina dove tutti i beni culturali comunali, come per esempio la torre dell’orologio ubicata in piazza (non sullu Piezzu!!!!!!!), stanno in piedi tienime ca mo’ casciu.

    Caro Mimino, riusciamo magari PRIMA delle prossime elezioni non dico a fare o dire qualcosa di sinistra, seeee, ma almeno qualcosa di meno sinistrato rispetto a quello che abbiamo fatto finora, o meglio non fatto?? Sennò il piccolo scrivano nohano mi combina a dick-dick [che non è il famoso complesso degli anni ’70 – quelli, come ben sai, erano i Dik-Dik - ma il soprannome di una storica famiglia di macellai di Noha, che in italiano suonerebbe più o meno così: “pene-pene”, vabbè te lo dico in indialetto così ci intendiamo meglio: “pica-pica”].

    Io vorrei una volta, una soltanto, rispondere NON ad Antonio Mellone [che detto tra noi non è NESSUNO: infatti mi sono ripromessa di non rispondere MAI PIU’ AI SUOI ARTICOLI: SE VUOLE MI FA UN’INTERVISTA con i controcazzi, sennò andasse al diavolo, lui e tutti quelli che gli mettono mi piace su feisbuk!!!!!], ma alla popolazione tutta E CON I FATTI. Perché  DANIELA SINDACO RISPONDE CON I FATTI E NON CON LE CHIACCHIERE. E non voglio che nessuno un domani mi possa dire: DA QUALE PURPU VIENE LA PREDICA.

    Io sto dando tutta me stessa per Noha, sto addirittura trascurando il mio lavoro (E LA MIA DICHIARAZIONE DEI REDDITI LO CERTIFICA DAL PRIMO FINO ALL’ULTIMO CENTESIMO), sto cercando di portare in alto il nome del mio paese, organizzo da non so più quanti anni i moto-raduni di agosto (vabbè fanno tutto loro, ma io ci metto la faccia), sono presente ad ogni funerale con tanto di manifesto che sembra più grande il mio nome che quello del morto, sto facendo un sacco di altre belle iniziative che per la verità non mi ricordo manco più quali siano, e qual’è il risultato? (cara prof. Daniela Vantaggiato, hai visto che ce l’ho messo l’apostrofo e come sono migliorata da quando vengo a ripetizione da te?) E – dicevo - qual’è il risultato? Quello di essere presa in giro perché a Noha non stiamo facendo nulla? No, Mimino Montagna, a queste condizioni io non ci sto.

    Io sono pronta a votarti in Consiglio tutte le schifezze della tua giunta (tipo il Mega-porco commerciale o l’Area Mercatale, e altri scempi simili), però non voglio passare alla storia di Noha solo per un paio di sedie da asporto come le pizze.

    A proposito di “Buona Scuola”, nel complesso scolastico di Noha abbiamo un’aula con tante postazioni-computer bellissima, ma (INCREDIBBILE MA VERO) senza linea Internet, e dunque di fatto inutilizzabile da circa un paio d’anni. Come mai? A Noha è vietato connettersi? Non è che quando si parla di BANDA LARGA qui bisogna sempre intendere le solite Bande note alla cronaca nera? Non dirmi, ti prego, che la legge di cui sopra, anche per Noha, si è trasformata nel decretino della “Buona Sòla”?

    *

    Non voglio dire niente altro per l’amor di Dio sull’allaccio Enel del centro Polivalente. Dico solo che non c’è la faccio più!!!!! Ma lo sai che l’altro giorno – robba de pacci, Mimino – ‘stu benedetto centro si è trovato al buio mentre noi altri eravamo all’oscuro di tutto.

    Tra l’altro la sfiga ha voluto che proprio all’indomani ci fosse la Festa dei Lettori (dove doveva partecipare anche ‘stu rompipalle di Antonio Mellone, che invece di chiamarmi al telefono per avvisarmi, si è messo a scrivere il solito articolo sarcastico e così tutti o quasi hanno saputo della cosa…..). 

    Insomma, Mimino mio, hanno portato via puru dhru stozzu de “contatore di cantiere” che permetteva almeno di accendere le lampadine dei cessi di ‘sto cavolo di centro-periferico (ma, tranquillo, non sufficiente per far funzionare ascensore, aria condizionata, riscaldamento e fotovoltaico). Del resto non saprei più da dove partire e soprattutto dove arrivare con questa via-crucis-tragicomica, con questa telenovela nohan-messicana. Vedi, per favore te lo chiedo, di dare una voce tu a Mr. Coccioli, il nostro assessore ai lavori pubici, affinché in qualche modo ci illumini di incenso.

    Su dai, Mimino, (anzi sudai, e molto!) diamoci una mossa e facciamo meno mosse. Ad oggi, mentre ti scrivo, sempre se non sbaglio (ma è difficile che io sbaglio!!!!), l’unica luce che c’è è quella diurna del pozzo luce.

    *

    Ancora una cosa. Si spendono dei SOLDI PUBBLICI, pare  26.000 euro per l’estate galatinese e altri 16.000 euro per la festa patronale di san Pietro. Va bene tutto, ma perché questo Bancomat (che sarebbe il Comune) funziona solo…… per certe aree geografiche, tipo la capitale galatinese, e non per altre (come Noha, i cui abitanti comunque – SALVO I SOLITI CASI DI EVASIONE FISCALE - pagano le tasse con le stesse percentuali)? Perché, per dire, per la festa di San Pietro, come mi dicono, sono stati stanziati 2.000 euro in più, espropriati paro paro dalla festa di San Michele Arcangelo, sicché il contributo per San Pietro è passato da 14.000 a 16.000 mentre quello per San Michele da 4.000 a 2.000? Al paese mio si dice: quandu lu poveru dè allu riccu lu diavulu sotto li piedi de san Micheli si la ride. E mo’ che cosa possiamo inventarci per buttare un altro po’ di fumo negli occhi dei nohani, soprattutto di quelli – e sono tanti grazie a Dio - che si bevono di tutto e di più, e quindi imperterriti continuano a votarci?  

    *

    Giorni fa, nella seconda fetta di Mellone 2015 (secondo il detto nohano: QUANDU RRIVA LA FICA LU MALONE VE E SE ‘MPICA - e speriamo cu rriva ‘mprima ‘sta benedetta fica), il suddetto Mellone mi ha inviato una lettera (veramente l’ha indirizzata anche agli altri tre moschettieri delegati di Noha, anzi tre mosche – ma figurati se quelli prendono carta e penna e si mettono a rispondere, ma io, Daniela Sindaco sottoscritta, ho una dignità da difendere, mentre loro, cioè gli amici LULO, ANPE, e GICO, non hanno le palle per ribattere - ma come quelle che dico io). Ebbene, dicevo, di loro non m’importa nulla, ma io la risposta vorrei darla, come detto sopra, NON con le lettere (che poi mi vengono come vengono) ma CON I FATTI CONCRETI.

    Caro Mimino, penso di essere stata chiara e circoncisa come sempre. Ti dico solo, in conclusione, che se non vi darete una mossa lì a Palazzo Orsini, la sottoscritta Daniela Sindaco sarà costretta a trasformarsi in quattro e quattro otto in una ostinata e implacabile DANIELLA FASTIDIOSA.

    E sappi che per estirparla non c’è sega che tenga.

    Cordialmente tua e sottoscritta,

    avv. Daniela Sindaco

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 09/02/2015 @ 21:07:00, in NohaBlog, linkato 2254 volte)

    Io lo guardo. Lo guardo anche più volte al giorno. E tu? Secondo me faresti bene a non guardalo mai. Parlo del telegiornale. Ho imparato a cambiare il pannolino a mio figlio, a preparargli le pappe, a cantargli le canzoncine e a giocare con i suoi giochi di due anni. Dico di aver imparato perché prima non lo sapevo fare. Quando però ho visto che iniziava a guardare quello che guardavo io, e cioè i telegiornali, ho imparato anche a spegnere la televisione per due semplici motivi: il primo è che guardare la televisione, non essendo un bene per gli adulti, non lo è neppure per i bambini; il secondo è che, per quello che fanno vedere, si deve scegliere di non guardarla. E non perché voglia rimanere eternamente bambino, magari potessi. Il vero motivo è perché ho scoperto che posso imparare a fare tutto, tranne una cosa, e cioè spiegare la violenza a mio figlio. Voi ci riuscite? Ci siete già riusciti? Mi dite come avete fatto a spiegare la violenza ai vostri figli? Non trovo un metodo giusto per spiegare a mio figlio di sedici mesi il perché un uomo faccia del male o addirittura uccide un altro uomo. E non è un problema di età anagrafica. Io non sarò in grado di spiegarglielo neppure quando avrà quarant’anni, primo perché io stesso non ho capito la violenza e secondo perché è mio figlio, e ai figli non si parla di cose di questo tipo. Un figlio non dovrebbe sapere cos’è la violenza e la violenza non dovrebbe esistere.

    Ditemi voi come gli spiego che uno ha tenuto rinchiusa in casa una donna fino a farla pesare 15 chili, facendola morire in atroci sofferenze e terribili stenti? E se questo non basta, come faccio a dirgli che questa coppia viveva in un condominio e che per anni nessuno mai è andato a vedere che fine avesse fatto questa donna? Forse devo aspettare che abbia almeno 15 o 16 anni per spiegargli queste cose? No! Io non gliele dirò neanche quando avrà cinquant’anni, se il Signore mi concederà di vederlo ancora. I figli non dovrebbero sapere queste cose e queste cose non dovrebbero esistere.

    Oppure, ditemi voi come faccio a raccontargli che un gruppo di assassini spietati e deficienti, ispirati al più nero medioevo  e sventolando una bandiera nera in onore di un califfato islamico, mozzano la testa a persone ancora in vita o fanno ardere in una gabbia prigionieri che ancora respirano? E se questo non bastasse, come faccio a spiegargli che un esercito di milioni di altre persone si è quasi abituato a tutto questo orrore tanto che, quando succede, questa cronaca occupa solo trenta secondi di telegiornale? Come gli spiego che, nonostante tutti i musulmani non sono come quegli assassini, tanti di loro non condannano apertamente, almeno a parole, queste scelleratezze? Ditemelo voi come fare perché io non lo so. Queste cose i figli non dovrebbero saperle e questi fatti non dovrebbero esistere.

    Ho spento la tv anche quando parlavano di un bambino di nome Loris, ucciso e gettato in un canalone. Gli inquirenti pensano che sia stata la madre ad ammazzarlo. Come faccio a spiegare a mio figlio che una madre ha ucciso il suo bambino? Io non so come dirglielo, non voglio dirglielo. Perché i figli non dovrebbero sapere queste cose, e queste cose non dovrebbero esistere. E poi ho sentito che un gruppo di ragazzi ha cosparso un “senza tetto” di benzina e gli ha dato fuoco. Come faccio a dirglielo? Come gli dico che un padre si è bruciato in piazza perché ha perso il lavoro e non aveva più soldi per sfamare suo figlio? Come gli dico che un uomo e una donna hanno gettato dell’acido in faccia a una persona e sono scappati via? Come gli spiego che uno percepisce 44 mila euro di pensione e vitalizio al mese mentre un altro vive con soli 400 euro? Io no so come spiegarglielo. Come glielo spiego che un uomo è morto in carcere per le percosse, un altro ha mandato una bambina imbottita di esplosivo in mezzo a un mercato per farsi esplodere? Con quali parole gli devo dire che una donna è stata violentata e un piccolo innocente è stato abortito? Io non so come dirglielo perché i figli non dovrebbero sapere certe cose e certe cose non dovrebbero esistere.

    Ma, adesso che ci penso, queste cose non le dovrei sapere neanch’io, perché anche io, a mia volta, sono un figlio, un figlio di trent’anni, ma pur sempre un figlio. E tutti i figli non dovrebbero sapere certe cose perché queste cose non dovrebbero esistere. E vedendo la violenza che viene fatta sulle persone e sugli animali, una violenza sempre e comunque ingiustificata, io a volte mi vergogno e mi pento di essere figlio degli uomini. Ma se il mio di figlio un giorno dovesse venire a conoscenza di questi fatti, certo che non sono stato io a raccontarglieli, una cosa imparerò a spiegargli: il coraggio di non essere omertosi. Sta scritto: “Lotta per la verità, e il Signore Dio combatterà per te”. Chi sa, dunque, parli, perché a volte basta parlare per impedire o far cessare la violenza. E chi può fare qualcosa per estirpare la violenza lo faccia e lo faccia quanto prima, perché io non voglio raccontare a mio figlio queste cose. Lui non deve saperle.

    Non basta evitare la violenza; essa si scatenerà da qualche altra parte. Bisogna, essa sì, abortirla, cioè impedirgli addirittura di attecchire e fecondare il nostro cuore. Noi siamo uomini, e i veri uomini non raccontano ai loro figli queste cose, perché i veri uomini danno tutto e fanno di tutto affinché queste cose non accadano. Coltivate amore e raccogliete amore, dunque,  affinché non dobbiate mai raccontare ai vostri figli cos’è la violenza e che colui che l’ha inventata e che ancora la adopera è anch’esso un uomo, seppur è anche un figlio.

    Fabrizio Vincenti
     
    Regalare un sorriso a un bimbo costretto a trascorrere la Pasqua in Ospedale è una gioia a cui non rinunceremo mai. Per questo, anche quest’anno abbiamo consegnato le uova pasquali nel reparto di Pediatria del Santa Caterina Novella di Galatina. 
    Siamo doppiamente orgogliosi in quanto non solo abbiamo regalato un sorriso ai nostri amati bambini, ma con l’acquisto dei Pasqualotti donati abbiamo contribuito alle spese di mantenimento della Bimbulanza, gestita dall’Associazione associazione cuore e mani aperte Odv di Don Gianni Mattia, Parroco del Vito Fazzi di Lecce.
    Un piccolo gesto simbolico, carico di grande significato, di solidarietà e vicinanza, reso possibile grazie alla disponibilità del Primario, Dottor Raffaele Montinaro e di tutti gli operatori sanitari del reparto.
     

    Virtus Basket Galatina 
     
    Di Redazione (del 19/02/2014 @ 21:03:23, in Comunicato Stampa, linkato 2596 volte)
    Domenica 16 febbraio si è svolto il congresso cittadino di Sinistra Ecologia Libertà. Sono intervenuti Francesco Luceri (coordinatore uscente), Danilo Scorrano (Segreteria Provinciale SEL) e i segretari o delegati di tutto il centro sinistra galatinese.
    Il costruttivo confronto tra il coordinatore di SEL Galatina e i rappresentanti del centro sinistra ha portato all’emergere di punti di convergenza tra le linee guida comuni e ha evidenziato la necessità di eliminare alcune difficoltà nel sistema comunicativo tra i diversi circoli locali. Il coordinatore uscente ha ricordato, nella sua relazione di apertura, il contributo svolto da SEL nella campagna elettorale che ha portato all’elezione dell’Amministrazione Montagna e ha sottolineato che, nonostante l’assenza di un proprio rappresentante all’interno della Consiglio Comunale, il circolo continua a svolgere una funzione di vigilanza sull’operato dell’Amministrazione, affinché non si discosti da quanto previsto nel programma: «la nostra, ha detto Luceri, è una posizione di appoggio critico, laddove per critico è da intendersi una critica positiva, propositiva, costruttiva e non il contrario». Il coordinatore ha evidenziato, inoltre, come su alcuni punti dell’operato svolto finora nel Governo cittadino, il parere di SEL rimanga fortemente negativo: «basti citare lo sciagurato caso del megaparco di contrada Cascioni: una scelta infelice che non risolve i problemi ma li acuisce, che promette senza poter mantenere, che distrugge senza creare». A questo progetto si doveva contrapporre il «rilancio del centro storico di Galatina, del cuore di Galatina, un “megaparco culturale”, che investisse su ciò che abbiamo, potenziandolo, migliorandolo». Segue, su molti punti anche critici, la disponibilità di SEL al confronto costruttivo «affinché si faccia qualcosa di buono e di duraturo e che, soprattutto, rispetti la nostra specificità culturale, il nostro Valore culturale. Galatina ha bisogno di buona politica, di chiarimenti, di risposte, non di favoritismi, non di sotterfugi, non di becero e vigliacco clientelismo. In caso contrario, ha concluso il coordinatore uscente, le reali possibilità di questa città (cultuali, turistiche, commerciali, artistiche, imprenditoriali, ma soprattutto umane, non verranno mai sviluppate».

    I delegati dei partiti intervenuti (PSI, IdV, PRC, PCI e PD) hanno accolto di buon grado la delineazione delle direttive comuni a ciascun gruppo politico e, pur sottolineando la specificità individuale delle diverse posizioni politiche, hanno auspicato la riuscita di una buona e collaborativa linea di azione per il bene di Galatina. Al termine della fase istituzionale del congresso, i lavori dell’assemblea hanno portato alla riconferma e al plauso unanime di Francesco Luceri come Coordinatore del circolo e hanno eletto nel Coordinamento cittadino Maura Congedo, Biagio Greco, Marco De Lorenzis, Giuliano Negro, Silvia Maglio, Manuela Patera. Il circolo si è, inoltre, organizzato in Commissioni lavoro riguardanti le aree di maggior interesse della politica cittadina che avranno il compito di coadiuvare l’operato del Coordinamento per la realizzazione del proprio progetto politico.

     
    Ufficio stampa
    Sinistra Ecologia Libertà Galatina
     
    Di Redazione (del 06/09/2019 @ 21:02:45, in Comunicato Stampa, linkato 1170 volte)

    Dopo lo straordinario recital di Dado Moroni, Alessandro Perpich al violino e Gabriella Orlando al pianoforte saranno i protagonisti del secondo appuntamento della rassegna musicale “Settembre in…Classica”. Il concerto, organizzato dall’associazione “I Concerti del Chiostro” con il patrocinio e il sostegno dell’Amministrazione Comunale, si terrà il 7 settembre alle ore 20:45 presso il l’ex Monastero delle Clarisse a Galatina.

    “Come Amministrazione Amante – dichiara Cristina Dettù, Assessore alla Cultura -  siamo felici di ospitare I Concerti del Chiostro nella programmazione estiva A cuore Scalzo, consapevoli dell’alta qualità degli eventi grazie, anche, alla direzione artistica affidata a Luigi Fracasso.”

    Alessandro Perpich ha tenuto concerti in USA, Sudamerica, Asia, Europa (Festival di Salisburgo, Salle Pleyel e Opera Garnier di Parigi, Avery Fisher Hall di New York, Ravinia Festival di Chicago, Tanglewood -Boston, Musikverein di Vienna, Coliseum di Buenos Aires, Teresa Carreno di Caracas, Suntory Hall di Tokio, Scala di Milano).

    Incide per Bongiovanni (Divertimenti per due violini di P. Bini, integrale dell’opera strumentale di G.Giordani) e per EPR (integrale delle Sonate di Grieg per violino e pianoforte).

    Gabriella Orlando ha tenuto oltre 800 concerti, da solista ed in formazioni cameristiche, in Spagna, Polonia, Germania, Francia, Austria, Svizzera, Turchia, Polonia, Rep. Ceca, Slovenia, Montenegro nonché per prestigiose associazioni concertistiche italiane.

    Ha collaborato con: ”I solisti Aquilani”, “I Virtuosi di Praga”, il “Sebastian String Quartett” dell’Accademia Musicale di Zagabria, “l’Orchestra Fiorentina di Firenze”, i violinisti Girolamo Bottiglieri, Alessandro Perpich, il chitarrista Javier Garcia Moreno, gli attori Michele Placido, Ugo Pagliai, Paola Gassman, Sebastiano Lomonaco. Ha inciso per la “Epidauro Classic”.

    L’ingresso è libero.

    Sara ROMANO, ufficio stampa

     
    Di Redazione (del 27/05/2014 @ 21:01:36, in Comunicato Stampa, linkato 1727 volte)
    Il 18 maggio, la squadra di serie B del C.T. Galatina ha disputato la quarta di campionato maschile, battendo il Tennis Natisone per 6 a 0. Si era a conoscenza di qualche problema di formazione da parte del Tennis Natisone, che si è presentato a Galatina con solo tre giocatori, ma ci si aspettava di poter quantomeno disputare tutte le partite. Purtroppo ciò è venuto meno, anche a causa di un infortunio della squadra udinese. Poco da dire sulle analisi tattiche di questa giornata. Il Tennis Natisone ci ha messo il cuore e l'anima, ma purtroppo, la squadra udinese è segnata da troppi problemi societari ed ha dovuto abdicare davanti ai ragazzi del Presidente Giovanni Stasi.

    Dopo la pausa della scorsa domenica, il primo di giugno i galatinesi voleranno a Vicenza, per affrontare la SSD '98 del numero 900 al mondo Nicola Ghedin (2.2). La squadra del C.T. Galatina è seconda in classifica, a solo tre punti dalla prima, il “Circolo della Stampa” di Torino. A due giornate dalla fine del campionato, si disputerà, quindi, una partita fondamentale per i salentini, che, se dovessero portare a casa una vittoria, raggiungerebbero la prima posizione nel proprio girone, in considerazione che domenica prossima, il Torino, osserverà un turno di riposo. La Ssd '98 di Vincenza, dal proprio canto, è quarta in classifica, dunque bisognosa di punti che possano garantirle la salvezza anticipata.

    “Sono il primo tifoso del C.T. Galatina e voglio sempre il meglio dai miei. Perciò dobbiamo affrontare questa partita con la solita mentalità e sete di vittoria che abbiamo messo nell'affrontare le altre squadre con cui ci siamo scontrati. Chiedo a tutti, tifosi compresi, di triplicare gli sforzi per poter raggiungere una vittoria contro una squadra forte come il Vicenza e continuare a sperare nel nostro sogno playoff. Ma ci tengo a dire che comunque vada, non ci fermeremo, anche se questa partita ci farà capire che cosa vogliamo fare da grandi.”


    Galatina, 24 Maggio 2014

    Giovanni Stasi
     
    Di Antonio Mellone (del 11/09/2012 @ 21:00:00, in Un'altra chiesa, linkato 2179 volte)

    Genova 05-09-2012. – Padre Carlo Maria Martini è morto. Padre Carlo Maria Martini vive più che mai. Il fatto saliente della settimana e dell’anno è la figura di questo nuovo Ambrogio che ha segnato non solo la diocesi di Milano, ma la Chiesa tutta e anche il mondo lontano da essa. La folla silenziosa di credenti e non credenti che, davanti a lui, morto, scorre come un fiume tranquillo, è il «segno dei tempi» di cui parla il Vangelo (Mt 16,3) che fu lampada e luce ai passi del padre Carlo. Abbiamo visto, abbiamo contemplato come ha vissuto e come è morto. Anzi, come ha voluto morire. La coerenza nella verità della sua vita sono stati esemplari fino all’ultimo ed è vero che si  muore come si vive.
    Lo sfondo sul cielo nuvoloso di Milano era di contrasto. Da una parte il popolo che coglie il cuore del Padre e voleva testimoniare che le sue parole, sigillo autentico della Parola, sono arrivate anche là dove forse nessuno immaginava. Il padre Martini è per tutti il sacramento del «Dio fuori del campo», che ha superato per sempre i confini della Chiesa che cerca di imprigionarlo per andare alla ricerca degli uomini e delle donne di buona volontà, ma anche quelli senza alcuna volontà. Dio non è cattolico, ora lo sappiamo, perché egli è alla fine di ogni percorso di vita, di amore, di giustizia. Dio è il desiderio.
                Dall’altra parte c’è la gerarchia ufficiale che subisce la morte del cardinale Martini e, se avesse potuto, ne avrebbe fatto a meno. Come restare inerti di fronte alla affermazione del padre che in punto di morte, quasi come un grido testamentario sibila senza più voce e con sofferenza che «la Chiesa è indietro di due secoli»? Quale Chiesa? Quella che è su Marte o Mercurio o quella di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, il papa pauroso che teme l’irruzione del Dio della Storia? E’ stata dura per gli ecclesiastici corazzieri della «chiesa a loro immagine e somiglianza» apprendere che il Padre, consapevole della morte e lucido di cuore e di fede, abbia rifiutato ogni accanimento come forse avrebbero voluto e imposto i pasdaran difensori a oltranza della vita di Eluana Englaro (tanto non era lo loro!), con tubi, tubicini, sonde  e macchine di ogni genere per allungare la parvenza di vita disumana e la sofferenza gratuita. Padre Carlo Maria ha chiesto di morire in modo naturale, cioè in maniera umana, salvaguardando la dignità sua e delle persone che lo accudivano.
    Imponente nella sua persona, alta e slanciata, era timido e sempre consapevole della sua inadeguatezza di fronte alla coscienza di ciascuno che egli vedeva come un gigante. Quando lo incontravo a Gerusalemme e parlavamo di studi biblici, osservando i miei lavori sulla grammatica greca a confronto con la sintassi ebraica, mi diceva: «Sono queste le cose che dobbiamo fare: creare strumenti perché gli altri possano leggere sempre più intimamente la Bibbia». Non si preoccupava dell’integrità dell’ortodossia, ma di offrire strumenti scientifici, cioè altamente spirituali, perché ognuno fosse in grado di lavorare con la propria testa e con il proprio cuore.
    Muore il Padre Martini al compimento del 50° anniversario del concilio Vaticano II, che egli amò, difese e protesse anche davanti al papa, anche davanti alla curia romana che tutto fece e tutto sta facendo per evirarlo di ogni sprazzo di vita. Egli è speculare a Giovanni XXIII e lo dimostra la folla che assiepa il suo letto di morte e di vita. Come il 3 giugno del 1963, il popolo romano e del mondo si raccolse radunandosi spontaneamente in piazza San Pietro per «adorare, amare e tacere» davanti al vecchio profeta che volle il concilio; allo stesso modo il 3 settembre 2012 «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (Ap 7.9) assiepava il duomo ambrosiano davanti all’uomo che era stato per tutti «il testimone di Dio».
    Egli nel 1999 durante un sinodo Padre carlo Maria chiese la convocazione di un nuovo concilio e fu messo a tacere in modo sbrigativo e perentorio. L’imposizione del silenzio gli venne dall’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, segretario della Cei, a cui il papa Giovanni Paolo II aveva dato ordine di metterlo a tacere. Grande fu la sofferenza del discepolo che dovette per obbedienza riprendere il maestro. Grande fu la statura del maestro che seppe tacere, sapendo che il seme era gettato. L’idea infatti non morì e oggi è molto più avanti di quanto non si creda.
    I papi e le curie possono rallentare il cammino della Chiesa, ma non possono fermare la Storia, né tanto meno imbrigliare lo Spirito che sempre e comunque soffia dove vuole (cf Gv 3,8). Il papa nell’Angelus di domenica 2 settembre 2012, vigilia della liturgia dell’arrivederci a Padre Martini, non lo ha nominato nemmeno per sbaglio e il Vaticano e la Cei si sono affrettati a precisare che la scelta di Martini di rifiutare l’accanimento terapeutico era in linea con la dottrina della Chiesa. Il sistema cercherà con ogni mezzo di annettere Padre Martini, santificandolo (senza esagerare) per svuotarlo di senso e del suo carisma. Illusi: i profeti non possono essere spenti perché brillano di luce non propria.
    E’ l’operazione consueta dell’Istituzione pagana con i profeti che crocifigge da vivi e osanna da morti. Così va il mondo, così va la chiesuola mondana di cui il mondo e noi facciamo volentieri a meno. E’ strano, anzi è normale, che il popolo colga l’essenza del Vangelo, mentre i clericali ecclesiastici, spesso accuratamente paganeggianti, si sentano smarriti e non capiscano il senso delle parole del Signore:
    «Ma egli rispose loro: “Quando si fa sera, voi dite: ‘Bel tempo, perché il cielo rosseggia’; e al mattino: ‘Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo’. Sapete dunque interpretare  l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?”» (Mt 16,2-3)
    Abbiamo visto morire il Padre Martini e ora sappiamo che non dobbiamo piangere perché è tornato «al principio», ma che dobbiamo ringraziare Dio perché ci ha ritenuti degni di conoscerlo, ascoltarlo, amarlo e vivere la sua vita e la sua morte risorta di «Giusto di Dio».
    Padre Martini è morto nel pomeriggio di venerdì 31 agosto 2012, «erano circa le quattro del pomeriggio», l’ora della ricerca della dimora del Signore e della conoscenza di «dove» abita il Maestro (Gv 1,35-39). Il Padre è andato a vedere, è entrato ed è rimasto ad attendere noi che lo abbiamo amato. Intanto per gli Ebrei iniziava lo Yom Shabàt, il Giorno di Sabato e nelle sinaghoghe, tutti in piedi rivolti alla porta d’ingresso, cantavano «Lekà Dodì -Vieni Amore mio», l’inno al sabato che entra come una sposa adorna per il suo Sposo. Nella stessa ora, mentre nel tempio di Gerusalemme, alle quattro del pomeriggio il sommo sacerdote scannava l’agnello per il sacrificio «tamid - perpetuo», padre Carlo entrava nella «città santa, Gerusalemme … [dove non è] alcun tempio perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio … e le sue porte non sono mai chiuse durante il giorno, perché non vi sarà più notte». (Ap 21,10.22-25). Tutto torna, tutto è Grazia. Tutto è Dono. Anche noi brindiamo con Dio con un Martini alla salute del Regno che viene, anche per i meriti di Padre Carlo Maria Martini.

    Don Paolo Farinella  - Genova

     
    Di Redazione (del 05/04/2016 @ 20:59:37, in Comunicato Stampa, linkato 1980 volte)

    Il 07 aprile 2016 il palcoscenico del rinnovato Teatro Cavallino Bianco di Galatina, si fa ‘cattedra’ ed accoglie i giornalisti Ernesto Assante e Gino Castaldo per una delle loro fortunatissime LEZIONI DI ROCK, un format che i due portano avanti già da tempo per raccontare importanti pagine di storia della musica.

    Nel 1969 i Beatles tornavano in studio per l’ultima volta, per registrare quello che in molti considerano il loro capolavoro assoluto, “Abbey Road”. La band era già virtualmente finita, le liti tra i quattro erano arrivate al punto di rottura, eppure la bellezza, la ricchezza, la complessità, l’emozione di Abbey Road mostrano una band al suo assoluto apice creativo. I due giornalisti di Repubblica e Radio Capital, vi accompagneranno nel cuore di Londra, per attraversare insieme quelle strisce pedonali che sono diventate un monumento per ogni appassionato del rock.

    LEZIONI DI ROCK - The Beatles: Abbey Road, è inserito nel programma della stagione di prosa 2016 organizzata dalla Città di Galatina in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese (TPP) e con il Patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) e della Regione Puglia - Assessorato all’Industria Turistica e Culturale.

    Prezzo del biglietto per lo spettacolo: 10,00€

    Orario della rappresentazione: porta ore 20:30 / sipario ore 21:00

    Vendita dei biglietti: Il servizio di vendita degli abbonamenti e dei biglietti è disponibile presso l’Ufficio IAT (via Vittorio Emanuele II, 35 – Torre dell’Orologio) tutti i giorni dalle 09:30 alle 12:30 e dalle 15:30 alle 19:00. Il botteghino del Teatro Cavallino Bianco sarà aperto solo il giorno degli spettacoli dalle ore 19:00. Per informazioni: tel. 0836.569984 – cell. 392.9331521 – iat.galatina@gmail.com

     
    Di Antonio Mellone (del 02/02/2020 @ 20:58:27, in NohaBlog, linkato 2423 volte)

    Questa volta il Parroco di Noha non ha suonato le campane per comunicare Urbi et Orbi di esser diventato ufficialmente - con l’ultimo numero in edicola il 31 gennaio 2020 - il novello direttore de “il Galatino”, uno tra i periodici più longevi dell’Italia meridionale, del Salento sicuramente, puntualmente in edicola ormai da 53 anni.

    Io me ne sono accorto acquistando la copia quindicinale del giornale, al quale ho collaborato per un bel po’ a partire dal 1994, sotto la direzione di quel maestro di bella scrittura e soprattutto giornalismo che era il prof. Zeffirino Rizzelli.

    Don Francesco prende il posto di Rossano Marra - successore del Rizzelli - venuto a mancare improvvisamente il 7 gennaio scorso, facendosi carico di un’eredità fatta di parole importanti che avrebbero il compito di cambiare il mondo, a partire dalla nostra “piccola patria”.

    “il Galatino”, fondato insieme ad alcuni suoi amici nel 1968 dal prof. mons. Antonio Antonaci, un altro gigante della Storia locale (scritta finalmente con la maiuscola e senza virgolette), per continuare a esistere non può non avere che questa ragione sociale: raccontare il bello e il buono certamente, ma senza scordare l’importanza del pensiero critico, inteso come discernimento, ricerca delle differenze, sprone al miglioramento dell’azione politica, denuncia della banalizzazione non più strisciante ma strombazzata ai quattro venti via social network (che di social ormai hanno solo il nome).

    L’augurio che mi sento di rivolgere al nuovo Direttore Responsabile del quindicinale galatinese è quello di voler fare la rivoluzione: la quale nasce dalle parole e prosegue con la grammatica dello stare insieme, s’imbeve del lessico del rispetto e fa propria una sintassi che (mi permetto di suggerire a un uomo che ha scelto di fare il prete) potrebbe trovare fondamento su due testi: il primo è il più antico inno rivoluzionario che si conosca, che non è Bandiera Rossa ma il Magnificat, canto di liberazione forte e inesorabile contro le contraddizioni sociali e le distinzioni di classe (“[…] ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore / ha rovesciato i potenti dai troni / ha innalzato gli umili / ha ricolmato di beni gli affamati / ha rimandato i ricchi a mani vuote […]”); il secondo è la Laudato si’, l’enciclica di Papa Francesco del 2015, che affronta in maniera unitaria molti temi chiave della lotta per la giustizia ambientale.

    Se a questi due testi (Vangelo ed Enciclica papale) si riuscisse ad affiancare anche la nostra Costituzione (che quasi tutti i governi, non escluso l’ultimo, sembra indulgano nello sport di bersagliare), credo che sarà ancora una volta cosa buona e giusta: di più, nostro dovere e fonte di salvezza per tutti i Cittadini degni di questa carica.

    Antonio Mellone     

     
    Di Redazione (del 21/03/2022 @ 20:57:01, in Comunicato Stampa, linkato 648 volte)

    Si rinnova anche quest’anno l’appuntamento con la solidarietà. Gli amici dell’A.S.D. “Virtus Basket Galatina” hanno organizzato infatti, nella mattinata di Domenica 27 marzo, un gazebo per la vendita delle uova solidali a favore del progetto “Bimbulanza”. L’evento per grandi e piccini è fissato a partire dalle ore 09:30 in Piazza Alighieri a Galatina (di fronte al Monumento ai Caduti) ed avrà fine intorno alle ore 13:30.
    La “Bimbulanza” è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici. Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia, nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri. Il prezzo per singolo uovo dal peso di 320 gr., disponibile sia di cioccolato al latte che di cioccolato fondente, è di 5€.
    Un regalo gradito per i piccoli di casa ma anche un tuffo nella dolcezza per qualche adulto che non sa resistere alla tentazione di mangiare del buon cioccolato. E se il gesto ha poi un risvolto solidale, tanto meglio.

    Nel frattempo potrete continuare a ritirare il vostro Pasqualotto presso:
    Iperbimbo Galatina in via Gallipoli, ang. Via Salacino, Galatina;
    Voglia di Casa di Pellegrino Rosaria in via Liguria, 15, Galatina;
    Pantagruel Adriano de Lorenzis in via Liguria, 66, Galatina;
    Club cuore Giallorosso in via Marche, 60, Galatina;
    Station Bar-Ricevitoria in piazza Stazione a Galatina;
    Farmacia Sabato in Piazza Alighieri, 28 a Galatina;
    Bar Caffeina in via Pavia (pressi chiesa San Biagio) a Galatina.

    Info e prenotazioni: Sandro Argentieri: 333-4368532 (anche Wathsapp);
    Piero Luigi Russo: 349-8471729 (anche Wathsapp);
    Alessandro Antonaci: 328-0459945 (anche Wathsapp).

     

    Il dott. Palumbo, storico frequentatore dell’Istituto Immacolata ASP per incarichi politici di varia natura che si sono succeduti negli anni, giorni fa ha preso carta e penna per scrivere un articolo che, immaginiamo nelle sue intenzioni, volesse essere un esercizio politico di opposizione rispetto dalla attuale amministrazione.

    Comprendiamo bene lo stato d’animo di chi si sentisse proprietario delle politiche sociali e dell’istituto Immacolata ma siamo costretti a ricordargli che le funzioni pubbliche sono sempre pro tempore e bisognerebbe tenerlo ben presente.

    Così oggi ho l’onere di rispondere all’allarme da lui lanciato e che riguarda il mancato rinnovo di alcuni Operatori Socio Sanitari.

    La dott.ssa Francesca Fersino ha già avuto modo di rispondere in maniera compiuta sulla questione del mancato rinnovo degli operatori, scaduti lo scorso 9 giugno, mentre era ancora in carica il dott. Palumbo.

    Nessun disservizio e nessun rischio per i 29 alunni che necessitano dell’impegno di queste risorse umane generose e preparate.

    L’iter amministrativo è stato già avviato e non si registrerà nessun tipo di interruzione di servizio attraverso una proroga degli incarichi in attesa di un lineare procedimento amministrativo trasparente.

    Tutto il biasimo mio e dell’Amministrazione per questo tentativo, mistificatorio della realtà, che ha il solo fine di rivedere pubblicato di nuovo il proprio nome e che non contiene quasi nessun elemento di verità e di sincera tensione per il bene comune.

    Come non dichiararsi preoccupati leggendo le parole scritte dalla Presidente dell’ASP che, tra l’imbarazzo e lo stupore, ricorda a Palumbo quale sia il procedimento amministrativo (che dovrebbe conoscere bene), che sottolinea di non essere stata informata del presunto incontro con i sindacati per le stabilizzazioni degli operatori nonostante lui sappia bene che un eventuale procedimento di stabilizzazione sarebbe di esclusiva pertinenza del Consiglio di Amministrazione dell’ASP e quindi non nella disponibilità della politica.

    Nella speranza di aver rassicurato, rafforzando quanto già detto dalla Presidente Fersino, famiglie e studenti, ci auguriamo che la nuova stagione politica galatinese di pacificazione e serietà possa soppiantare presto quella livorosa del recente passato che ancora fa sentire i suoi strascichi.

    Rispediamo per questo al mittente tutte le illazioni dell’ex assessore Palumbo, con la consapevolezza che oggi, probabilmente, dovrebbe essere lui qui a spiegare alla cittadinanza come mai abbia lasciato colpevolmente scadere la convenzione del servizio di integrazione scolastica e non sia intervenuto tempestivamente con la programmazione del Piano di Zona nei tempi previsti.

    Ad oggi, posto che dunque eventuali responsabilità vadano di certo ricercate nella precedente amministrazione, nella relativa gestione dell’Ambito Territoriale Sociale e quindi proprio nell’ex Assessore Palumbo (all’epoca Presidente dell’ATS), questa Amministrazione, avendo particolarmente a cuore il tema della disabilità, dell’inclusione sociale e scolastica dei nostri ragazzi, ha già provveduto, nonostante le gravi mancanze di cui sopra, a dare mandato all’ufficio di piano, al fine di predisporre la proroga del servizio di integrazione scolastica ad ASP.

    Assessore servizi sociali
    Dott.ssa Palombini Camilla

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 23/12/2021 @ 20:53:17, in NohaBlog, linkato 997 volte)

    È Natale. Lo so che non ce ne siamo accorti, ma è Natale anche quest’anno.

    Mai come ora è necessario ribadire che il Salvatore è già nato, secoli fa, e non ce ne sono altri da nessun’altra parte.

    Voi potete ostinarvi a mettere quel che volete nei vostri presepi freddi e artificiali, ma quella mangiatoia non riuscirete a riempirla con nessun altro se non con quel Salvatore di cui una volta si parlava tanto. Ora non più. Non se ne sente parlare nelle Chiese; persino il Vaticano è reticente nel pronunciarne il nome.

    L’aria che tira fuori da Betlemme è tossica. Perfino tra i pastori, chiamati a suon di urla dagli angeli, esterrefatti davanti all’obbrobrio dell’animo umano, non c’è alcun accordo su quale sia la direzione giusta per la grotta. E mentre si perde tempo, e ci si sbraita addosso come se dei dèmoni avessero iniettato rabbia nelle vene dei malcapitati, Lei sta già partorendo, tra sante urla di dolore, inascoltate da gente ingrata per la vita, per la libertà e per la dignità che da lì a poco ci è data, tanto che qualcuno, lassù, ha avuto così tanta fiducia e coraggio da chiamarci figli. Pur sapendo che mai ci saremmo considerati e comportati da fratelli.

    È stato fatto di tutto quest’anno affinché nessuno si accorgesse che la stella si è posata lì dove spunta il mistero. Erode ha anticipato tutti, re magi, angeli e pastori. Ha mandato le sue guardie a confondere, a terrorizzare, ad aizzare la folla in preda ai fumi allucinogeni, con lo scopo di negare il mistero.

    Voi potete star lì, vicino al vostro fuocherello, notte e giorno, giocando con i vostri dati: quante sono le pecore, quanto latte si munge, quali producono la lana migliore, quanti sono gli arieti, quanti cani avete per tenere compatto il gregge, quanto guadagnerete quest’anno con il formaggio. E mentre fate i vostri calcoli, maledicendo il pastore a voi vicino, pensando che sia sua la colpa della vostra disgrazia, Erode ha già realizzato il suo piano.

    Il Salvatore è nato e nessuno se n’è accorto. E non avete idea di quello che è accaduto veramente, poiché non si è mai visto un mistero più grande di questo. Uno nasce per poter dire di essere figlio e per poter dire a voi, gente distratta, che avete un Padre e per questo non ci dovrebbe essere discordia tra di voi, poiché la sua eredità non si esaurisce per quanto possano essere egoisti i vostri calcoli.

    Vi è stato detto di non parlare con quello e di non invitare a casa vostra quell’altro. A memoria, vi risulta che il Salvatore abbia mai detto qualcosa del genere? A voi, pastori ingrati, vi risulta che in vita sua il Salvatore si sia mai comportato così?

    L’unica cosa alla quale Erode ci tiene più della sua stessa vita è cancellare il Mistero dalla storia, dalle vostre vite. E non sapete che è proprio il Mistero il significato che più si addice al Natale?

    Tu, con tutti i tuoi dati, vorresti spiegare il mistero di Dio che nasce, dall’eternità alla storia per trasformarla in una storia eterna? Non ci riuscirai, né tu, né Erode con tutte le sue guardie di palazzo. Nessuno può impedire a quella Presenza di riempirti la mangiatoia, se non il tuo cuore di pietra ricoperto di cianfrusaglie. Fai spazio, fuori, dentro, ovunque tu possa, fai spazio, poiché il letame di Erode ti ha già ricoperto le ginocchia. Zittisci tutti e fai parlare il Mistero che poi, in fondo, è quanto di più silenzioso tu possa immaginare. Non è questo di cui tu ed io abbiamo bisogno? Del silenzio del mistero del Natale!

    Lascia i cani abbaiare là fuori tutta la rabbia per un solo osso che gli è stato gettato, finendo con l’azzannarsi a vicenda, pensando di divertire colui che, malauguratamente per lui, si ritiene il padrone, ritenendo che Betlemme fosse sua.

    Il Re è nato e tu stai perdendo tempo. Fai silenzio, fai spazio, apri gli occhi e contempla l’unico Mistero che davvero ti riguarda: Dio che ti è nato dentro perché ha intenzione di farsi una sola cosa con te, e non lasciarti più per l’eternità.

    Quanto più scopri il Mistero, e in esso riposi, più Erode là fuori impazzirà, in preda al delirio degli obblighi e dei salvacondotto. Ma tu ed io, ricordalo sempre, siamo per Dio e di Dio, poiché Lui è per noi.

    Sai cosa fecero i Re magi, una volta contemplato il Mistero, vero? Per un’altra strada fecero ritorno. Anche tu, dunque, non imboccare la stessa strada da cui sei venuto fin qui. In fondo è Natale anche per questo, perché tu possa non tornare nelle grinfie di Erode. Le doglie sono già iniziate e le urla io le sento sin qui.

    Non perdere altro tempo cercando falsi salvatori tra le lande desolate delle tue paure. Vai dritto al Mistero poiché a Natale è la Verità in persona che viene a visitarti, e credimi, non c’è potere al mondo che possa impedirgli di nascere.

    È ora.

    È Natale.

    Lasciali urlare là fuori le loro minacce. In fondo, se hai scoperto il mistero della Vita, non devi più aver paura della loro minaccia di morte. Non è questo che ha detto fino all’ultimo dei suoi giorni il nostro Salvatore?!

    Buon Natale a te, fratello, sorella mia! Buon Natale a te!

    Fabrizio Vincenti

     
    Di Russo Piero Luigi (del 25/03/2018 @ 20:53:03, in Comunicato Stampa, linkato 1526 volte)

    Grazie all’Amministrazione comunale ed a “TappiAmo Galatina” anche nella nostra città i bambini con disabilità potranno avere uguale accesso alle attività ludiche, ricreative e di tempo libero nei parchi pubblici.

    La Regione Puglia ha istituito infatti nel proprio bilancio un Fondo denominato “Fondo per la piena accessibilità del parco giochi ai bambini disabili” e nell’ambito di detto Fondo ha creato un capitolo finalizzato al finanziamento per la redazione di progetti e la realizzazione di lavori per la piena accessibilità ai parchi giochi comunali dei bambini disabili.

    Il Comune di Galatina ha partecipato al bando con un progetto, redatto a tal fine, per attrezzare di detti giochi piazzetta “G. Fedele” a Galatina ed i giardini “Madonna delle Grazie” a Noha. Il progetto prevede un costo complessivo di 9.200 euro, dei quali il 95% in carico alla Regione ed il restante 5% cofinanziato dal Comune di Galatina. Proprio di questo 5% (circa 460€) si è fatto completamente carico l’Associazione “Virtus Basket Galatina” con sede a Galatina che, in collaborazione con la ditta “ECOM SERVIZI AMBIENTALI s.r.l.” di Galatina, nell’ambito delle proprie iniziative statutarie volte al miglioramento delle condizioni  sociali e culturali degli abitanti di Galatina, ha promosso una iniziativa denominata “TappiAmo Galatina”.

    Scopo di questa iniziativa è proprio la raccolta dei tappi di plastica e prodotti in PE in genere.

    Due sono gli obiettivi che si prefigge l’iniziativa:

    • Obiettivo Ecologico – Educativo: la raccolta tappi è un mezzo che contribuisce ad educare al problema del riciclaggio e della corretta raccolta differenziata;

    • Obiettivo Solidale: la nostra iniziativa, totalmente senza scopo di lucro, consentirà di realizzare, con un piccolissimo gesto, varie iniziative di solidarietà; i tappi usati vengono infatti pagati in denaro contante dalle aziende specializzate, ed i proventi finiscono, appunto, in attività assistenziali e di beneficenza.

    Giusto per avere una idea dell’eccezionale lavoro svolto dai volontari e dai tanti amici che hanno partecipato alla raccolta basti pensare che un singolo tappo pesa circa 2 grammi e, quindi, per farne un kg ne servono 500. Il valore di un kg della nostra preziosa plastica vale circa 18/20 centesimi di euro. Per arrivare alla cifra di 500€ occorrono all’incirca 2 tonnellate e mezzo di tappi che equivalgono ad oltre un milione e trecentomila pezzi…

    Siamo fieri ed orgogliosi di aver portato a termine questo primo prestigioso progetto grazie all’impegno di tante persone di buon cuore e l’aiuto di Sponsor.

    Grazie all’Amministrazione comunale, a “TappiAmo Galatina” ed alla “ECOM SERVIZI AMBIENTALI s.r.l.” non ci saranno più distinzioni e barriere per il gioco dei nostri bambini.

    Naturalmente questo è solo il primo obiettivo; altri e più importanti ci attendono. Abbiamo pertanto bisogno di tutti voi per continuare la raccolta…

    Contattateci:

    Sandro Argentieri: 333-4368532;

    Piero Luigi Russo: 349-8471729.

     
    Di Redazione (del 02/03/2014 @ 20:49:20, in NohaBlog, linkato 2498 volte)

    Una storia millenaria custodita da una roccia friabile e porosa come il tufo, un passato doloroso svelato “come le linee d'una mano” (Italo Calvino, “Le città invisibili”) e un paesaggio unico disegnato dall'altopiano della Murgia e dal lento scorrere della Gravina. Qui, a Matera, dal primo marzo 2014 sarà aperto al pubblico il primo Bene del FAI in Basilicata inaugurato questa mattina, Casa Noha, entrata a far parte di una rete di 50 splendidi luoghi tutelati e aperti al pubblico in tutta Italia.

     

    Memorie nel tufo

    Donata alla Fondazione dalle famiglie Fodale e Latorre nel 2004 perché fosse testimonianza della storia della città e luogo di pubblica utilità, Casa Noha rinasce grazie a un accurato intervento conservativo volto più che ad aggiungere a togliere materia, riscoprendo i vari strati di tufo che compongono le pareti del bene. I cinque vani nel cuore dei Sassi, dal 1993 dichiarati dall'Unesco Patrimonio Mondiale dell'Umanità, sono parte di un Palazzo risalente al XVI secolo e rappresentano oggi un nuovo cancello d'ingresso per visitare Matera.

     

    Viaggio straordinario nella storia di Matera

    Grazie a Fondazione Telecom Italia Casa Noha diventa un soggetto narrante capace di offrire una chiave di lettura per la comprensione della città. Per la prima volta, infatti, il FAI sceglie di mettere al centro non un suo bene ma il contesto che lo circonda attraverso un inedito percorso multimediale che avvolge il visitatore in un'esperienza immersiva unica: il racconto filmato Sassi invisibili. Viaggio straordinario nella storia di Matera, ideato da Giovanni Carrada e proiettato sulle pareti di sasso dell'abitazione, offre, infatti, al visitatore, grazie a immagini, storie, suoni e riferimenti incrociati, la prima ricostruzione completa della storia della città. Il ricco intreccio di tante esistenze continuerà a rendere vive le stanze di Casa Noha e le sue pareti di pietra continueranno a rievocare i racconti lontani di cui sono custodi. Una narrazione appassionante valorizzata dall'accurato lavoro di un team di venti specialisti, con il coordinamento scientifico di Rosalba Demetrio, che si è confrontato con la complessità del territorio da diverse prospettive: dall'architettura alla storia dell'arte, dall'archeologia alla storia del cinema. Un materiale documentario inedito e di grande valore scientifico il cui obiettivo principale non è la semplice promozione turistica ma far riaffiorare la memoria di una città quasi imprigionata nel tufo in cui è scavata.

     

    Un'App per vedere l'invisibile

    Un viaggio nel passato che continua per i vicoli della città grazie all'App Matera invisibile. Sulle tracce di una città straordinaria, a cura di Antonio Nicoletti, scaricabile gratuitamente e disponibile per iOS e Android. Cinque gli itinerari narrativi proposti che attraverso testimonianze d'autore svelano il cuore nascosto di Matera descrivendola attraverso i cinque elementi che la costituiscono: l'acqua, la pietra, la luce, il tempo e lo spirito.

     

    In punta di piedi

    “Si difende ciò che si ama e si ama ciò che si conosce”: questo il principio guida che da sempre ha ispirato l'operato del FAI che attraverso Casa Noha intende favorire un turismo consapevole e rispettoso della delicatezza e della fragilità di questa città unica, che non trasformi Matera in una ‘città-presepe' ma che sia disposto ad adeguarsi alle esigenze del territorio dedicando tempo e attenzione alla scoperta della sua lunga e frastagliata storia.

    Il FAI rivolge un grazie particolare a Fondazione Telecom Italia per aver sostenuto e finanziato il progetto culturale di Casa Noha, selezionato tra i 300 pervenuti nell'ambito del bando “Beni Culturali Invisibili” (2011). Si ringraziano inoltre Italcementi e “I 200 del FAI” per l'importante contributo al restauro di Casa Noha. Un sentito ringraziamento a Lella Costa e Fabrizio Gifuni per aver collaborato gratuitamente alla realizzazione del progetto “I Sassi invisibili. Viaggio straordinario nella storia di Matera”.

     
    Di Redazione (del 12/05/2017 @ 20:48:19, in Comunicato Stampa, linkato 1926 volte)

    Ho chiesto al vice ministro alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici, Riccardo Nencini, di prendere a cuore il problema dei due passaggi a livello che si trovano: uno all’ingresso di Galatina e uno sulla Galatina-Copertino. Credo che la nostra città e le sue frazioni meritino un ingresso che dia il giusto risalto al territorio. Ma ho chiesto anche un aiuto per risolvere il problema dell'allargamento della strada provinciale Galatina-Copertino nel tratto che innesta la statale 101 a Galatina, richiesta che ho avanzato già al presidente della Provincia, Antonio Gabellone.

    Il confronto - molto proficuo - con il vice ministro è avvenuto nel mio comitato elettorale, in piazza Alighieri a Galatina, nel primo pomeriggio di oggi, 12 maggio. Nencini si è impegnato ad aiutarci a risollevare le sorti della città e delle sue frazioni e ha premesso che, con l’eventuale passaggio delle competenze di alcune strade ad alto flusso veicolare di mezzi pesanti (zone industriali e aree portuali) e di quelle a più alto rischio per la sicurezza, dalla Provincia ad Anas, sarà possibile intervenire sulle richieste di infrastrutture che sono comuni a molte città. Noi confidiamo nelle parole del vice ministro per riuscire a realizzare questi interventi che garantirebbero maggiore sicurezza sulle strade, ordine e più attrattività della nostra città.

    Ci ha dato appuntamento per il 30 giugno a Bari, se saremo noi a vincere la competizione elettorale. La nostra campagna elettorale guarda anche al dopo: se i cittadini di Galatina e frazioni mi vorranno come loro sindaco, questo sarà il nostro primo appuntamento in agenda con le istituzioni.  

    Giampiero De Pascalis candidato sindaco per “Obiettivo 2022”

    (Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc)

     
    Di Redazione (del 15/02/2019 @ 20:48:07, in Comunicato Stampa, linkato 1147 volte)

    Giornata speciale ieri 14/02/2019, per il Polo 2 di Galatina e Noha e per il Presidio del Libro di Noha e Galatina. Nell’ambito delle iniziative per il Mese della Memoria, abbiamo accolto una particolarissima compagnia teatrale: “il Teatro del Viaggio” diretta da Gianluigi Belsito di Bisceglie. L’idea chiave, che ne è il fondamento, è la scelta di ridare fisicità, corpo alle parole, non solo mettendole in scena, ma facendole letteralmente camminare, con l’obiettivo di incontrare e coinvolgere anche chi risiede in periferia.

    I ragazzi delle classi quinte della scuola primaria e secondaria di 1° grado hanno così partecipato a “Il piccolo dittatore”, uno spettacolo interattivo, gestito egregiamente dagli attori Gianluigi Belsito stesso e Maria Lanciano, che invitava a riflettere sulla tragedia dell’olocausto attraverso l’esplorazione delle parole, sciorinate come panni al sole, ed esplorate seconda la doppia chiave del drammatico e del grottesco. Pregiudizio, razzismo, dittatura, paura, propaganda, deportazione, diversità… hanno toccato la sensibilità dei ragazzi (da sempre il pubblico più difficile) e dei loro insegnanti, stimolandoli a “intelligere”, cioè a leggere dal di dentro, in profondità, ciò che è stato, per riconoscerne gli amari segni nel presente.

    Tutti, in quel piccolo teatro parrocchiale, messo a disposizione dall’infaticabile parroco di Noha don Francesco Coluccia, abbiamo sentito il bisogno di prendere posizione e di adoperarci affinché gli olocausti e la violenza delle guerre cessino.

    È questa la semplice, straordinaria utopia di ogni persona di buona volontà!

    Ma come riuscirci? Non certamente rispondendo con la violenza, lo abbiamo già sperimentato senza successo. Lo faremo inveceattraverso la conoscenza, l’esercizio del libero pensiero, l’educazione all’empatia e il senso del grottesco (da sempre i potenti hanno paura del ridicolo!). Questo il messaggio de “Il piccolo dittatore”, questo l’ambito di senso in cui Hitler con tutti i tiranni della sua specie, passati e presenti, si è manifestatonella sua malvagità, ma anche nella sua stupidità e banalità di essere piccolo di cuore e di mente, che ci auguriamo di poter seppellire definitivamente anche con una risata.

    Grazie, Teatro del Viaggio, ci incontreremo ancora!

    dott.ssa Eleonora LONGO

    Dirigente Scolastico IC POLO 2 GALATINA

    Referente Presidio del Libro - Biblioteca Giona - Noha/Galatina

     
    Di Albino Campa (del 25/02/2012 @ 20:46:25, in Eventi, linkato 2611 volte)

    Domenica 26 febbraio 2012, appuntamento a Galatina con il 1° Trofeo Ciclistico Casamica – Memorial Antonio Bardoscia. Organizzato dall’associazione Casamica, la gara insieme al 1° Trofeo Ciclistico Marina di San Cataldo del 4 Marzo, fa parte della 1a COPPA UISP (Lega Ciclismo LECCE) Specialità Strada 2012, ed è aperta ai tesserati di tutti gli Enti della Consulta Nazionale del Ciclismo in regola con le prescritte coperture assicurative.
    Il ritrovo è fissato dalle ore 07.30 alle 08.30 in via Soleto (Galatina) c/o Parrocchia cuore Immacolato di Maria, dove alle 9.00 è prevista la partenza per seguire il percorso in VIA FOGGIA, VIA CORIGLIANO (Dir. Corigliano), TANGENZIALE DI GALATINA (Dir. Collepasso), STRADA PROVINCIALE N.41 (Dir. Noha), VIA COLLEPASSO (Noha), SRADA PROVINCIALE N.41 (VIA Dir. Galatina), VIA DON TONINO BELLO, VIA MONTE GRAPPA (Dir. Sogliano Cavour), VIA MONTE ROSA, VIA GORIZIA, STRADA PROVINCIALE N.33 (Vecchia S.P. Galatina Corigliano), STRADA COMUNALE, STRADA PROVINCIALE N.138 (Dir. Soleto), STRADA PROVINCIALE N.33 (Dir. Galatina), TANGENZIALE DI GALATINA (Dir. Lecce), STRDA PROVINCIALE N.47 (Dir. Galatina), VIA SOLETO (ARRIVO). Un percorso di circa 20 km da ripetersi quattro volte.

    All’arrivo, previsto per le 11.30, seguirà la premiazione per i primi tre classificati;con una coppa o un cesto di prodotti alimentari e/o tecnici del valore di 100 €.
    Previsti anche diversi premi per il primo classificato tesserato UISP e per ognuna delle categorie in gara. Inoltre un premio speciale al concorrente più combattivo (orologio da polso del valore di €. 190,00) e al concorrente galatinese meglio classificato(cesto prodotti alimentari e/o tecnici)
    Nota particolare, i traguardi volanti alla conclusione del 1° (cesto di integratori), 2° (cesto prodotti gastronomici) e 3° (orologio artistico da tavolo) giro.

    La quota di Iscrizione alla singola gara è di Euro 10,00, con la possibilità di effettuare un abbonamento per entrambe le gare (Galatina - Castro) al costo di euro 13.00. L’iscrizione va effettuata on line utilizzando l’apposito servizio attivo sulla apposita pagina del sito www.uisp.it/lecce, entro le ore 12.00 del giorno precedente la manifestazione. I ragazzi fino ad anni 16 e le donne non pagano la quota di iscrizione.

     

    Il Direttore, la RSU ed i dipendenti dello stabilimento Colacem di Galatina, insieme a tutte le maestranze esterne che, a vario titolo, operano all’interno dello stabilimento stesso, hanno aderito con slancio all’iniziativa di solidarietà promossa dal gruppo “Doniamo Aiutiamo Vinciamo”, contribuendo, per quanto possibile, alla raccolta di fondi destinati all’importante e condiviso obiettivo di dare risposte alle necessità del Reparto di Malattie Infettive dell’Ospedale Santa Caterina Novella di Galatina, impegnato in prima linea nella gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Una grande maratona di solidarietà che, grazie al piccolo grande contributo di tutti, sostenuto dalla forza del cuore, ha consentito di raggiungere un traguardo importante: ottomila e seicento euro, interamente messi a disposizione del gruppo promotore per essere destinati all’acquisto di attrezzatura diagnostica e presidi sanitari per il nosocomio galatinese.

    In questo momento così drammatico per noi italiani, per Galatina, così come per il mondo intero, in questo tempo surreale che sta mettendo a dura prova le nostre certezze e la nostra stessa vita, il contributo offerto rappresenta per noi lavoratori, l’unico possibile segno tangibile che ci consente di testimoniare la nostra vicinanza al personale medico ed agli operatori sanitari che quotidianamente rischiano la loro vita per salvare la nostra.

    A loro va la nostra gratitudine ed il nostro sostegno.

    Dipendenti e indotto Colacem

    Stabilimento di Galatina

     
    Una giornata dedicata alla cooperazione come forma di autoimpiego: sarà questo il seminario “Laboratorio di idee per l’autoimpiego: un’opportunità per superare la crisi coniugando imprenditorialità e lavoro” in programma il prossimo 18 settembre dalle ore 9.30 presso il Centro Aperto Polivalente di Noha di Galatina ( Lecce).

    L’evento, promosso dall’Azienda di Servizi alla Persona “Istituto Immacolata A.S.P.” con il Servizio NetAbility di inserimento e accompagnamento lavorativo delle persone diversamente abili, in collaborazione con il Comune di Galatina, vuole stimolare la riflessione sulle possibilità di autoimpiego nel settore del no –profit attraverso la creazione d’impresa sociale.
    L’impresa sociale, per definizione “senza fini di lucro”, non deve trarre in inganno: il settore no-profit rappresenta sempre più un grande bacino occupazionale perché, oltre al volontariato puro, ne fanno parte le cooperative sociali che gestiscono attività produttive come i servizi socio-assistenziali, sanitari e turistici favorendo l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
    Secondo le ultime rilevazioni ISTAT, infatti,  le organizzazioni non profit attive in Italia sono 301.191, con un incremento del 28% rispetto al 2001, e rappresentano il 6,4 % di tutte le unità economiche attive a livello nazionale. Anche in termini di occupazione i dati riflettono una significativa crescita negli ultimi anni di tutto il settore con un + 39,4 % di lavoratori rispetto al 2001.
    Nel corso dell’evento verrà illustrato il Servizio NetAbility, le prospettive dell’Azienda di Servizi alla Persona “Istituto Immacolata” di Galatina, e le testimonianze di due protagonisti dell’innovazione sociale come Paolo Venturi- Direttore Generale AICCON - Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit- e Mauro Ponzi – Presidente Consorzio Mestieri, l’ unica agenzia per il lavoro no profit operante in Italia, realizzate con il contributo dell’iniziativa Laboratori dal Basso, azione della Regione Puglia cofinanziata dalla UE attraverso il PO FSE 2007 – 2013. 
    Sempre in tema di innovazione, progettazione sociale e le prospettive del settore interverrà, inoltre, Roberto Covolo, Project Manager ExFadda di S. Vito dei Normanni. 
    E’ prevista, infine, una tavola rotonda di dibattito sulle prospettive dell’economia sociale per il territorio a cui prenderanno parte il Presidente dell’Istituto Immacolata ASP Antonio Palumbo, il Sindaco Cosimo Montagna, l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Galatina  Daniela Vantaggiato, gli Assessori al Welfare, allo Sviluppo Economico e alle Politiche Giovanili della Regione Puglia – Loredana Capone, Elena Gentile e Guglielmo Minervini, il Presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone unitamente agli assessori Ernesto Toma e Filomena D’Antini Solero, e il Direttore Generale ASL Lecce  Valdo Mellone.
    Al termine dei lavori verrà consegnato il Premio PaD – Plurality and Diversitiy 2013 ( prima edizione) come riconoscimento per l’impegno nella valorizzazione delle diverse abilità e nella sensibilizzazione ad una cultura d’integrazione sociale. 
    Saranno premiati il sindacato SFIDA - sezione di Lecce con il suo Segretario Provinciale Vito Berti, il Consorzio Emmanuel con il suo Presidente Daniele Ferrocino e l’Associazione cuore Amico per cui ritirerà il premio il Presidente Onorario Paolo Pagliaro.
    Sarà possibile seguire la manifestazione anche in diretta streaming sulla web tv Inondazioni.it 

    Per ulteriori informazioni

    Ilaria Panico

    RESPONSABILE COMUNICAZIONE NetAbility

    347/6017952

    Ilaria.panico@netability.it
     
    Di Redazione (del 23/12/2021 @ 20:44:54, in Comunicato Stampa, linkato 626 volte)

    Un anno fa, il 23 dicembre, l’antivigilia di Natale 2020, ci lasciava Giorgio Lo Bue. Una brutta notizia che, pur essendo nell’aria, speravamo arrivasse il più tardi possibile. Invece era arrivata!

    Un  incidente stradale, che da subito non sembrava grave (Accaduto tre anni prima, nei pressi del Cinema Teatro Cavallino bianco - quando si dice il destino! - , che lui tanto amava e per il quale aveva lottato con grande pervicacia per la sua riapertura), ha segnato gli ultimi anni della sua vita: nello scontro sbatteva la testa sul tettuccio della macchina, riportando quella che sembrava una lieve ecchimosi, che, con il tempo, ha intaccato lentamente parti importanti dei tessuti del cuoio capelluto. Da allora Giorgio non è stato più lo stesso, assistito con grande amore dalla moglie Francesca e da quanti gli sono stati vicini, si è consumato lentamente sino alla sua morte a soli 73 anni. 

    Come ho scritto un anno fa, Giorgio a Galatina era un immigrato. Nato in Sicilia, a San Giovanni Gemini, provincia di Agrigento (il padre carabiniere, la madre casalinga), aveva trascorso i primissimi anni della vita a Stornarella, in provincia di Foggia, nella Piana del Tavoliere delle Puglie, a 10 anni, nell’estate del 1957, a seguito del padre, con tutta la famiglia – tre sorelle e un fratello -, trasferito presso la locale Caserma dei Carabinieri, giungeva a Galatina, divenuto il suo comune di adozione.   

    Ho descritto gli anni della sua vita sino agli anni ‘70, quelli segnati dalla frequenza delle scuole elementari e dell’Avviamento Professionale, di chierichetto presso l’Oratorio, poi Parrocchia “cuore Immacolato di Maria”,  nel Rione Italia, dove ha sempre abitato – Via Soleto e Via Vercelli -, “le tirate sino a sera, prima della messa vespertina, su lli cozzi del campo di calcio”, dei  giochi antichi, dello scambio di calciatori, della lettura e collezione di giornaletti, delle manie per le novità e il rito natalizio di allestimento del Presepe, gli amori di gioventù, il nostro girovagare per l’Italia in autostop nel 1968. Per finire, la partenza, quasi contemporanea, al servizio di leva, lui a Udine, io a Bologna.

    Voglio ora ricordarlo per il suo grande amore per Galatina. Amore che lui ha sempre testimoniato attraverso il suo modo di essere, di esprimersi, di operare, di raccontare; nel suo impegno politico e sociale a favore dei concittadini adottivi; il suo incessante scavare, alla ricerca degli usi e dei costumi, delle tradizioni, sempre più spesso, estese all’intero Salento. E nei suoi numerosi scritti sulla stampa locale, nei suoi  interventi da uomo politico, nelle sue opere, questa passione è sempre presente. Ha collaborato con “Il Galatino”, il pluridecennale periodico quindicinale, e al “Filo di Aracne”, il trimestrale del Circolo Athena. Promotore di giornalini studenteschi, di pagine autogestite dai suoi alunni sui quotidiani regionali, puntuali i suoi servizi sulle varie attività artistiche, culturali, religiose, di costume, a cui ha legato buona parte degli ultimi anni.

    Questi aspetti della vita cittadina erano gli argomenti preferiti nelle lezioni che teneva ai suoi studenti. Per oltre quarantadue ha svolto la professione di insegnante. Grazie alle sue abilitazioni in Materie Tecniche, in Storia dell’Arte, ha svolto la sua attività prima nella Scuola Media, poi presso il Professionale per l’Industria e l’Artigianato di Viale Don Bosco, per approdare, dopo aver conseguito la Laurea In Materie Letterarie, all’Istituto Tecnico Commerciale “Michele Laporta” nel Campus Studentesco, in Viale Don Tonno Bello, dal 1999 al 1 settembre 2010, data del suo pensionamento. “Come faceva lui lezione, come sollecitava la classe a seguire con attenzione gli argomenti illustrati, non lo faceva nessun professore. Anche quelli che potevano sembrare ostici, come la persecuzione degli ebrei e i campi di stermino nazisti – aveva accompagnato i suoi studenti a visitare  Auschwitz  e Birkenau – venivano presentati con grande semplicità e competenza.”, lo ricordano così ancora oggi lei sue studentesse e i suoi studenti. Tantissimi i loro commossi commenti nell’apprendere la sua scomparsa e sotto il necrologio pubblicato su Facebook. La classe non era un guscio vuoto da riempire con nozioni e numeri, ma attraverso il racconto ragionato dei fatti del passato mirava a prepararli alla via futura. Più che un professore era il fratello maggiore, un amico, e tante immagini confidenziali lo stanno ad attestare.      

    Anche nell’attività letteraria questo spirito umanistico non è mai venuto meno, avendo per finalità,  come annota il vocabolario della Lingua Italiana Treccani, “la conoscenza dell’uomo, del suo pensiero, della sua attività spirituale e del suo comportamento attraverso i tempi”. Teso a individuare una strada da percorrere per creare un futuro migliore.

    La sua esperienze politica, di Consigliere comunale (dall’11.06.2001 al 05.01.2006 e dal 28.07.2007 al 12.08.2009) e di Presidente del Consiglio Comunale (dal 06.05.2006 al 27.07.2007, Sindaco Sandra Antonica), è stata segnata dal suo impegno quotidiano a servizio della città, di operare per un reale cambiamento,  al fine di renderla migliore e più vivibile. Sempre pronto ad ascoltare la gente, sempre disponibile a raccogliere le sue esigenze, nella soluzione dei problemi della comunità.

    Tra le tante iniziative, scorrendo le pagine dei quotidiani cartacei e del web o la rassegna stampa pubblicata in occasione delle campagne elettorali, voglio ricordare la battaglia per rendere sicure le strade del Rione Italia, spesso allagate anche dopo una pioggerella, e, soprattutto,  quella più impegnativa di pubblico acquisto della struttura del Cavallino Bianco, la sua ristrutturazione e la sua riapertura. Grazie lui se il Cavallino Bianco, nello scorso mese di novembre, è stato riconsegnato alla Città: una nuova vita, che ci auguriamo, e lui se lo sarebbe augurato, possa continuare senza ulteriori soste.

    Anche nella sua esperienza sindacale, prima nella Cisl Scuola quando era in servizio, poi, da pensionato, nella Camera del Lavoro CGIL di Via Caracciolo a Galatina, dal 2011 al 2017, la sua disponibilità non  è venuta mai meno: sempre pronto ad ascoltare la gente, a dare risposte ai tanti problemi posti da pensionati, giovani, donne, lavoratori, personale della scuola, in cui era esperto. Ancora oggi, in tanti lo ricordano con nostalgia, simpatia e riconoscenza.

    La sua attività letteraria spaziava in più campi, in particolare nelle nostre tradizioni, alla scoperta di come eravamo, per tramandare il nostro modo di essere e di operare. Tra le tante voglio ricordare.

    1. Lo spettacolo a Galatina (1500 – 1993): Autori, concerti, feste padronali, festività, veglioni, teatro e cinema. (Arti Grafiche Guido, Aradeo 2004). Temi trattati nella sua tesi di Laurea in Materie Letterarie.
    2.  Michele Laporta, filologo galatinese (Tipografia F.lli Amato, Cutrofiano, 2004), un ritratto dettagliato del nostro illustre concittadino a cui è intitolato l’Istituto Tecnico Commerciale.
    3. Rione Italia, cuore Immacolato di Maria (Edit Santoro, Galatina, 2004). Il Rione Italia e la sua parrocchia, il rione in cui Giorgio ha trascorso tutta la sua vita, sin da quando svolgeva la funzione di chierichetto nel vecchio Oratorio.
    4. Padre Giovanni Campanella, un messaggio per i giovani (Grafiche Panico, Galatina, 2006). Un esempio di spirito giovanile, nonostante l’età, del missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Si deve alla sua instancabile attività la realizzazione della Chiesa parrocchiale, e pertinenze, del “cuore Immacolato di Maria” del Rione Italia, come l’abbiamo ereditata.       
    5. Galatina, Teatri e Cinema (Impaginazione e stampa dell’autore, Edit Santoro Galatina, aprile 2012). Si tratta dell’approfondimento di storia già affrontata, frutto di una ulteriore ricerca, ricca di illustrazioni e di commenti che impreziosiscono l’opera.
    6. Giochi antichi, anni 50, Galatina e Salento (Edit Santoro 2014). Descritto e illustrato con 53 giochi e 230 immagini. Come giocavano noi ragazzi negli anni cinquanta e sessanta, i più praticati: “mazza e mazzarieddhru”, “tuddhri”, “zzaccarresta”, “cavaddhru barone”. 
    7. L’Istituto Tecnico Commerciale “Michele Laporta” 1999 – 2010 (Edit Santoro, Galatina, 2017). L’esperienza diretta degli undici anni di insegnamento. Dedicato agli alunni e a tutto il personale dell’Istituto di Viale Don Tonino Bello. 

    Questo l’uomo e lo studioso Giorgio Lo Bue.

    Ninì De Prezzo

    (Gli ultimi due volumi si possono acquistare consultando la pagina www.galatinastoria, dove altresì si possono ricavare ulteriori notizie. Consultazione presso la nostra Biblioteca “Pietro Siciliani”.)

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 24/10/2015 @ 20:43:16, in Presepe Vivente, linkato 2761 volte)

    Stupenda, bellissima, gioiosa notizia quella di poter finalmente allestire il “Presepe Vivente” (sesta edizione) nel giardino del Castello di Noha: luogo magico, incantato, da favola. Che ci sarà mai al di là di quel muro, così alto oltre il quale non si può vedere nulla?

    Tutti potremo osservare, ammirare qualcosa dei nostri “beni culturali”, quello che i nostri antenati hanno creato e consegnato alla storia cittadina, quello che si è salvato dall’invasione dell’asfalto e del cemento armato dei nostri tempi:  “il parco degli aranci”, “la torre con il ponte levatoio”, quello che resta del “Castello” della nobile famiglia dei Baroni De Noha che fin dal 1200 qui avevano creato il centro della loro Baronia.

    L’anno scorso abbiamo ammirato il presepe vivente nella “Casa Rossa”; qualche anno fa, nelle edizioni presso la Masseria Colabaldi, abbiamo osservato da vicino quell’altro gioiello storico, con le varie parti della Masseria, luogo del cuore, nel cui giardino erano state ricostruite dai ragazzi del presepe, una volta la Throzza e un’altra l’antica torre di Noha. Quest’anno, invece, avremo il privilegio di vedere da vicino, in tutto il suo splendore, uno tra i più belli ed antichi beni culturali di Noha, con tutto lo spazio che il Castello ha conservato per noi.

    Fino a non molti anni fa, quello spazio era enorme e andava da Via Pigno fino a ridosso della Casa Rossa dove c’erano le tombe Messapiche. Ora il grande “parco degli aranci” è attraversato dalla continuazione di Via Donatello per facilitare il traffico che sfocia sulla Via di Collepasso. Durante la guerra 1939-45 lì sorse anche una attività industriale, la SALPA (Società Anonima Lavorazione Prodotti Agricoli), per iniziativa della famiglia Galluccio e vi si  lavoravano le mele cotogne, prima, e poi i pomodori, dando lavoro ad un centinaio di operai.

    Nel giardino retrostante il Castello ci sono stato per la prima volta 40 anni fa, quando non conoscevo nulla dell’antichità di Noha. Ci andavo per constatare l’esistenza “de lu thrabuccu” che non ho trovato. Mi accompagnò il custode addetto in quel tempo e, mentre osservavo ogni cosa, immaginavo di vedere il Barone Pirro con il suo figlioletto Guglielmo passeggiare nel giardino, o la Baronessa Solemna con la figlia Isabella camminare per i viali, quando d’estate andavano alla Casa Rossa per un po’ di frescura.

    Rimasi affascinato dalla Torre. Appartiene all’epoca dell’architettura federiciana. Federico II (1194-1250) figlio di Enrico VI di Svevia, si è caratterizzato per la sua volontà pianificatoria di difesa e di rappresentanza del potere imperiale nel meridione d'Italia. Caratteristica comune dei castelli di epoca federiciana era l'impianto geometrico regolare, tipici nel periodo che oscilla tra il 1235 e il 1245, utile a garantire difesa e controllo del territorio.

    La torre di Noha rientra in questo contesto: è situata nel giardino retrostante il "Palazzo baronale". Tuttora presenta tutti i requisiti della torre di avvistamento e di difesa. Con il prospetto principale rivolto verso Nord, quindi verso l'antica strada, la famosa “Strada Reale di Puglia”, s'innalza su due piani a pianta quadrangolare di metri 7 x 5 e raggiunge circa 10 metri di altezza. Una scala risolta in un'unica rampa lievemente incurvata verso Est, è poggiata su un'arcata a sesto acuto ed è munita di ponte levatoio. Il piano di legno ribaltabile è stato sostituito da una lastra metallica, che certamente impediva in caso di pericolo l'accesso al vano, posto al piano superiore. Realizzata con conci di tufo sistemati per corsi orizzontali abbastanza regolari, la costruzione è coronata da un elegante motivo ad archetti tipici dell’architettura federiciana.

    Situata a circa 80 metri sul livello del mare, permetteva forse un collegamento a vista con altre torri poste nel territorio circostante e realizzava il posto ideale di osservazione di un lungo tratto di strada. La torre era a ridosso del Castello che era a pianta quadrangolare e dotato di bastioni sui quattro angoli. Teniamo conto che il luogo dove si trova oggi, quello che resta del Palazzo Baronale, era un punto di avvistamento lungo la via per Ugento. Perciò era logico far sorgere una struttura difensiva di quel tipo in quei tempi calamitosi.

    Pensate all’esistenza del frantoio ipogeo, lu thrappitu, sotterrato davanti al Castello, alle casiceddhre che stanno per crollare, pensate alla vita che si è svolta in questo luogo quando il tutto divenne la “Masseria del Castello”: padroni succedutisi ai baroni, contadini che lavoravano per i signori benestanti, eventi belli e a volte anche drammatici accaduti nei secoli. Un esempio per tutti lo leggiamo nei registri parrocchiali, quelli dell’Arciprete Don Nicolantonio Soli (1662-1727) che, primo a compilare quelle carte,  ci ha lasciato così la sua testimonianza:

    Adì 19 Aprile 1711 - Domenico d'Anna marito di ...    di S. Pietro Ingalatina,  giardiniero nel giardino dietro il castello di Nohe fu trovato ammazzato seu ucciso de fatto con una archibugiata datali al petto ad hore cinque, in sei di notte, et non havendo ricevuto nessuno sacr. però havendo il biglietto del Precetto Pascale adempito nella sua chiesa di questo presente anno et ancora la licenza di Mons. Vicario di Nardò di poterli dare l'ecclesiastica sepoltura questa qui infilata e poi à d. giorno fu sepelito dentro questa mia parrocchiale chiesa di Nohe.

    *

    Complimenti ai responsabili e collaboratori che ogni anno ci fanno la lieta sorpresa di un Presepe Vivente impostato sulla conoscenza dei nostri beni culturali. Grazie perché con le vostre iniziative ci fate rivivere il Natale cristiano, quello inventato da San Francesco d’Assisi, quello che fa pensare alla storia della nostra salvezza, quello che ci aiuta a vivere ancora in un clima di fraternità natalizia.

    Il mio sogno è che presto, prima che per me sia troppo tardi, possa vedere il parco degli aranci aperto al pubblico tutto l’anno, dove la gente di Noha possa andare a trascorrere il tempo libero, a studiare la nostra storia, a godere della frescura e dell’aria buona (da sempre apprezzata come aria salubre di Noha). Mi auguro che anche il frantoio ipogeo, ora sigillato, possa un giorno rivedere la luce; mi auguro che diventi visitabile da parte di tutti, come molti altri frantoi ipogei della provincia. So che ci vuole del tempo, ma con il tempo si crea anche la coscienza delle cose belle. Quando nel 1972 feci le prime ricerche, nessuno conosceva quello che la nostra cittadina nascondeva della sua storia. Ora finalmente molti sanno, e il presepe vivente di ogni anno ne è la prova. A Natale ci sarò anch’io.

    P. Francesco D’Acquarica

     
    Di Redazione (del 16/02/2016 @ 20:42:25, in Comunicato Stampa, linkato 2169 volte)

    Sognare di arrivare in alto, partendo dal basso senza la più piccola ombra di un centesimo. È la storia di Nextword the web series, una scommessa ampiamente vinta da Inondazioni.it e Nextword Produzioni Cinematografiche, selezionata alla fase finale del "Los Angeles Web Festival", una delle più importanti manifestazioni mondiali dedicata alle web series. 

    Non appena la notizia è arrivata in produzione, tutto il gruppo della web tv e di Nextword Produzioni Cinematografiche ha gioito per l'inatteso risultato, premiante ancora una volta il lavoro e la passione, impiegati in un'avventura per nulla facile da affrontare.

    Merito della produzione, guidata da Piero De Matteis e Tommaso Moscara, con l’aiuto impareggiabile di Salvatore Sbrò e Fabio dell’Erba, i quali, stupefatti dalla notizia hanno dichiarato: "Siamo orgogliosi per questo grande traguardo raggiunto. Certo, i soldi sono importanti, ma non fondamentali se prima non si impiegano forze ed energie positive per portare avanti un progetto nuovo e costruttivo, come la è stato Nextword – the web series". 

    Un merito condiviso in prima persona con l'artefice di questo miracolo, ossia Vincenzo Stigliano regista, sceneggiatore e creatore della web series che ci ha creduto fin da quando ha presentato il progetto alla produzione di Inondazioni.it.

    Non ha mollato un solo istante, riuscendo a creare un cast perfetto sotto l'aspetto dell'empatia, imbattibile per quel che concerne la determinazione. 

    Non è stata questa però, la sola vittoria per il giovane regista salentino, il quale grazie alla sceneggiatura del suo cortometraggio "Solitudine" (Loneliness) è stato selezionato anche alla fase finale del prestigiosissimo “New York Indipendent Film Festival”.

    Inoltre è da sottolineare che Nextword è in nomination per la vittoria finale in due categorie, MIGLIOR REGIA con VINCENZO STIGLIANO e MIGLIORI MUSICHE ORIGINALI con REPUBLIKA MOD, ALESSIA DONNO ed EMA FEAT RAINWORDS.

    "Notizie del genere non possono che far piacere" - commenta Stigliano - "sono uno stimolo in più per andare sempre oltre i propri confini, continuando a lavorare sodo. Spero che adesso il Comune di Galatina, la Provincia di Lecce e la Regione Puglia, possano darci maggiore aiuto e collaborazione per i lavori futuri che abbiamo in cantiere. Io voglio ringraziare tutto il cast e vorrei citarlo in Mino Donadei, Elisa Cairo, Marta Sfragara, Christian Romano, Luigi Sarcinella, Antonio Geusa, Francesco Tundo, Ivano Mastria, Giuseppe Rizzo, Christian Rizzo, Chiara Sbrò, Tina Ciccardi, Azzurra Leone e Dario Palumbo, perché senza di loro tutto questo non sarebbe potuto accadere, grazie di cuore a tutti loro". 

    Inondazioni e Nextword Produzioni Cinematografiche hanno costruito un sodalizio non indifferente, riuscendo a mettere in piedi la prima web series nel Salento, avente un grosso seguito in Italia con oltre seimila visualizzazioni in un solo mese, e da oggi diventando realtà importante in tutto il mondo cinematografico. 

    Guarda tutte le puntate delle web series on line su http://ww.nextwordproduzioni.com e scopri tutte le novità sulla pagina Facebook Ufficiale

    Alessio Prastano

     
    Di Dante De Ronzi (del 01/12/2015 @ 20:41:57, in NohaBlog, linkato 3704 volte)

    Prima dell'inaugurazione del Cavallino Bianco, avvenuta domenica 29 novembre, su un noto network ho così commentato: ACUSTICA ZERO. CONTENITORE DEL NULLA. MONUMENTO ALLA RETORICA DEL PASSATO ED ALLO SPRECO DEL PRESENTE.

    Oggi, a fari spenti, sento il dovere di spiegare ed informare i cittadini di Galatina e non solo.

    Cominciamo col dire che obiettivamente l'immobile in oggetto non ha mai avuto alcunché di artistico e architettonico che lontanamente ci facesse avvicinare ai teatri storici d'Italia. Non parlo della Scala di Milano o della Fenice di Venezia o del San Carlo di Napoli, ma neanche del Petruzzelli di Bari o del Paisiello di Lecce.

    La fama del Cavallino, per dirla tutta, si è creata nel dopoguerra per un fenomeno di costume dai profili Boccacceschi: I VEGLIONI. Ne vogliamo parlare? Bene facciamolo senza ipocrisia.

    Quegli eventi rappresentarono per quegli anni il trionfo del peccaminoso e della trasgressione che una volta l'anno si celebravano in occasione del carnevale.

    Un vero raduno pagano, osteggiato con forza dal mondo ecclesiastico. Una ribellione laica al perbenismo imperante, al bigottismo pervasivo la vita delle nostre comunità.

    Chi scrive, all' epoca era troppo giovane per potervi partecipare, ma particolarmente attento e curioso da non perdersi una parola dei racconti delle avvenenti vicine che tutti gli anni erano di casa. Non ho parole per descrivervi l'alone intrigante di emozioni erotiche che da quei racconti sussurrati ne scaturiva e la morbosa curiosità di un giovinetto con gli ormoni in subbuglio.

    Provate solo ad immaginare cosa poteva essere l'esibizione delle più belle donne della provincia e della regione, vestite con abiti ammiccanti ed in maschera. Una provocazione ed una tentazione irresistibile per l'esuberante virilità repressa dei giovani, e non solo, di allora. Ovvio che in quel clima l'ascolto dell'artista di turno era secondario, ininfluente, perché solo alibi del raduno.

    Ciò nonostante allora la situazione acustica era 100 volte migliore di adesso e vi spiego perché.

    Primo, si stipavano a sardina (il che era molto gradito per rubare fugaci contatti) oltre 2000 persone, in ogni dove dalla platea ai palchi, al loggione. Questo garantiva una fono-assorbenza passiva eccezionale che oggi con le norme di sicurezza non è più pensabile.

    A proposito, vi informo che attualmente i palchi sono inagibili mancando le vie di fuga e le uscite di emergenza. Secondo, la volta era realizzata in controsoffitto appeso di impagliato pressato perfettamente funzionale allo scopo. Oggi rimossa la copertura in eternit è  stata realizzata una volta in legno lamellare che acusticamente è  uno specchio. Terzo, antichi tendaggi e parziali rivestimenti deteriorati sono stati eliminati.

    Il risultato di tutto questo è:  ACUSTICA ZERO.

    In passato si prestava molta attenzione al tempo di riverberazione. Ma oggi con l'evoluzione tecnologica l'acustica ha fatto passi da gigante ed in Italia abbiamo esperienze eccezionali che ci giungono dall'AIA (Associazione Italiana Acustica) apprezzata in tutto il mondo.

    I parametri che si tengono in conto sono molteplici: il tempo di primo decadimento EDT, gli indici di chiarezza, l'indice di definizione, l'indice di robustezza del suono,  il coefficiente della correlazione mutua inter-aurale, e via dicendo con tantissime altre accortezze previste dalle norme ISO in grado di garantire "l'avvolgimento acustico dell'ascoltatore".

    E da noi cosa si è previsto? NULLA.

    Né si può accettare la risposta fornita da un amministratore che ha scritto: a ciò si penserà dopo.

    No cari politici, le costruzioni si realizzano partendo dalle fondamenta e le fondamenta per un Teatro sono l'ACUSTICA.

    Per farmi capire meglio a quell'amministratore pongo una domanda.

    E se realizzare a posteriori l'ACUSTICA fosse "mission impossible"?

    Che e cosa dovremmo fare? Affidarci a Tom Cruise?  O a padre Pio?

    O semplicemente dovremmo dire che abbiamo scherzato? E  nel frattempo che ne facciamo (oltre a pagare il mutuo)?

    Ma la mia rabbia, che cerco di contenere, è estesa anche ai miei colleghi tecnici che ben conoscono la tematica e, benché vicini ai partiti di governo ed agli amministratori, non hanno fatto nulla.

    E fu così che il GRANDE BLUFF andò in scena con mirabile campagna promozionale e pompa magna riservata agli amici ed agli amici degli amici.

    Non voglio immaginare l'imbarazzo del maestro pianista che ha dovuto esibirsi in quel “contenitore”. A proposito, nonostante pubblicizzati in cartellone, i concerti si terranno altrove.  La notizia faceva parte anch'essa del grande bluff?

    Per mio conto, tra l'altro non invitato, non ho partecipato all'inaugurazione. Non lo avrei comunque fatto.  E con  infinita tristezza nel cuore il giorno dopo, lasciando il cavallo in stalla, mi sono allontanato dalla mia città cercando pace nell'escursione domenicale degli amici di "Dienneavventura", non prima di avere offerto doverosa  ospitalità all' incolpevole Gad Lerner.

    Galatina merita decisamente di più.

    Dante De Ronzi

     
    Di Redazione (del 14/12/2020 @ 20:38:57, in Le Confraternite di Noha, linkato 1663 volte)

    Con questa ottava parte si conclude il viaggio nel tempo delle antiche Congreghe della nostra Cittadina. Ringraziamo P. Francesco D’Acquarica, ormai di diritto cittadino onorario di Noha, per averci ancora una volta dato un passaggio sui suoi straordinari mezzi di trasporto, fatti di storie, memoria, personaggi, ma soprattutto amore per la sua e nostra Piccola Patria.

    Noha.it         

     

    Piccola premessa

    Prima di procedere nella lettura dei verbali che seguono è opportuno tenere presente questa osservazione.

    Come si può constatare, dal 1940 al 1945 le riunioni sono rarissime. Siamo durante la tragedia della seconda guerra mondiale. Anzi nel 1942 e nel 1943 non viene registrato alcun verbale. Il Padre Spirituale della Congrega ora è nuovamente l’arciprete Don Paolo Tundo, ma i bisogni della gente sono tanti e più urgenti delle riunioni di una Congrega.  Si sa, le guerre non hanno mai fatto bene a nessuno. Seminano lutti, rovine, miseria, stanchezza, scoraggiamento, disorientamento morale e religioso.

    Nel mese di giugno del 1943 ci fu anche il bombardamento dell’aeroporto di Galatina, a una manciata di chilometri da Noha, dove lavoravano anche giovani della nostra cittadina. Ci fu spargimento di sangue, morti, feriti. Oltre ai soldati che erano al fronte, Noha pagò il suo triste tributo anche in termini di fame, sofferenza, malattie. Don Paolo soccorreva, aiutava, andava incontro ai suoi parrocchiani, aiutando tutti senza far distinzione di persone tra parenti, amici o semplici conoscenti. Smarrimento, povertà, distruzioni, questo era il contesto di quegli anni tremendi.

    In questo quadro bisogna capire (ma forse non scusare) quanto racconto nella nota del prossimo verbale, vale a dire la storia dei ladri nell’abitazione delle monache ospiti di Noha.

    Anno 1941

    5 Maggio 1941

    Oggetto: offerta di Beneficenza

    Il 5 Maggio 1941 si sono riuniti i Confratelli. Hanno deliberato L.100 a favore delle Suore costituite a Noha. Il Priore…

               

     NOTA IMPORTANTE

    Questa offerta di L. 100 per le Suore costituite a Noha fu occasionata dal fatto che le Suore (si tratta delle Suore “Oblate di S. Antonio di Padova” presenti in quel tempo nella nostra cittadina, dedite all'Asilo Infantile, al doposcuola e all'insegnamento del catechismo e dell’arte del ricamo), furono danneggiate non poco da un furto. Nel 1941 io non avevo ancora compiuto i sei anni e frequentavo quella scuola materna, ma ricordo molto bene quando il fatto accadde. Una notte i ladri assalirono l'abitazione delle Suore, situata all’inizio di Via Cadorna, per derubarle delle loro vettovaglie. Le Suore, nonostante l’offerta della Confraternita, tremendamente spaventate da quella vicenda decisero di abbandonare definitivamente Noha.

    Per questo motivo alcuni anni più tardi (nel 1955) l’arciprete don Paolo Tundo, che tanto teneva all’educazione dei bambini (“il domani del paese” - diceva) volle assolutamente che il suo popolo avesse la garanzia di un futuro migliore, preparando i bambini con la prima alfabetizzazione e socializzazione. Tra infinite difficoltà, spendendo i suoi risparmi e bussando alle porte di “chi poteva” riuscì a costruire su un terreno di sua proprietà un’opera monumentale che donò alla Congregazione “Discepole di Gesù Eucaristico”. Le suore di questa congregazione si impegnarono a restare per sempre a Noha. La convenzione tra don Paolo e le Suore “Discepole di Gesù Eucaristico” fu firmata il 29 settembre 1957.

     

    21 Dicembre 1941

    Oggetto: Multa per gli assenti alle processioni e sedute

    Il 21 dicembre 1941, XX, riunita la Confraternita in riunione ed in numero legale, si è stabilito quanto segue:

    1.  Chi si assenta dalle riunioni indette con biglietto personale senza un giusto motivo è sottoposto alla multa di L.2.00. Non intervenendo per tre volte consecutive resta espulso dalla Confraternita e riceverà la notifica per iscritto.

    2.  Chi si assenta dalle Processioni prescritte è sottoposto alla multa di L.10.00. Non intervenendo per tre volte consecutive, oppure chi si rifiuta di pagare la multa in cui è incorso, resta espulso dalla Confraternita e riceverà notifica per iscritto.

    Il Priore Bianco Michele, il segretario Nocera,

    Visto il Rettore D. Paolo Tundo.

    Non intervenendo all’accompagnamento funebre, quando è di ebdomada, è sottoposto alla multa di L.20.00

     

    Anno 1942

    27 Dicembre 1942

    Oggetto: nuove cariche

    Il 27 dicembre 1942 si sono riuniti i Confratelli per la nomina delle nuove cariche. Su 24 votanti: 22 hanno risposto sì, 2 hanno risposto no.

    Priore:                    Costa Michele

    1 Assistente              Lagna Michele

    2 Assistente             Gentile Pietro

    Mazzieri                   Bianco Arcangelo e Paglialunga Antonio

    Segretario                Nocera Luigi

    Cassiere                    Specchia Gioacchino

    Letto il verbale e svolto il pensiero religioso dal rettore, la seduta ha avuto termine, il Priore Bianco Michele/Il segretario Nocera/V.il Rettore Arc. Paolo Tundo

    La prima domenica di aprile riunita la confraternita in seduta straordinaria ha deliberato la tassa per i suoi deceduti la tassa a 20 cent. È stata portata a L.5         

    Il Priore Bianco Michele

    Il segretario Nocera - V. il Rettore Arc. Paolo Tundo

     

    Nessuna registrazione 1943/44

     

    Anno 1945

    21 Gennaio 1945

    Il giorno 21 gennaio 1945 riunita la Confraternita in riunione straordinaria si è stabilito di portare la quota annuale dei fratelli e sorelle da L.10.00 senza obbligo alcuno di pagare qualche cosa alla morte di qualche confratello o Consorella. Le multe per gli assenti non giustificati sarà portata da L.10.00 a L.15.00

    Il Priore Bianco Michele

    Il segretario Nocera

    V. il Rettore Arc. Paolo Tundo

     

    23 Dicembre 1945

    Il giorno 23 dicembre 1945 riunita la Confraternita in riunione ordinaria si è proceduto alla nomina dei nuovi ufficiali.

    Dietro proposta degli stessi Confratelli si è stabilito di confermare gli stessi ufficiali e cioè:

    Priore                     Costa Michele

    1 ass.                          Lagna Michele

    2 ass.                         Gentile Pietro

    Mazzieri                   Bianco Arcangelo e Paglialunga Antonio

    Segretario                Nocera Luigi

    Cassiere                    Specchia Gioacchino

    Letto il verbale e svolto il pensiero religioso dal Rettore la seduta ha avuto termine.

    Il Priore Bianco Michele

    Il segretario Nocera

    V. il Rettore Arc. Paolo Tundo

     

    No 1946

     

    Anno 1947

    Deliberazione

    19 Maggio 1947

    Il giorno 19 maggio 1947 si sono riuniti i Capi delle Associazioni Religiose e cioè: Il sig. Costa Michele Angelo, Priore della Confraternita Maria SS. delle Grazie, assistito dal cassiere; e la sig.ra Mazzei Elvira, presidente dell’associazione Apostolato della Preghiera, assistita dalla cassiera, per la costruzione della tomba in comune si è concluso quanto appresso:

    1. L’iscrizione alla tomba viene fatta esclusivamente dal rappresentante della Confraternita, sia che trattasi di iscrizione alla stessa, oppure all’Apostolato della Preghiera.

    2. Questo rappresentante della Confraternita predispone tutto ciò che è richiesto per la sepoltura del defunto o defunta (cassa di abete, zinco, muratore, ecc.). Però ogni associazione penserà al come venire incontro a queste spese, magari con l’istituire una tassa-tomba per tutti gli ascritti; oppure stabilire una tassa da pagarsi dagli ascritti ogni qualvolta si verifica un decesso.

    3.  Si proibisce l’iscrizione degli uomini al posto tomba dell’Apostolato della Preghiera, ad eccezione di quei pochi che già si trovano iscritti.

    4. Ogni associazione penserà ai suffragi per i suoi iscritti defunti.

    Il Priore Bianco Michele

    Il segretario Nocera, il cassiere Specchia Gioacchino

     V.il Rettore Arc.Paolo Tundo

    La presidente Mazzei Elvira - La cassiera Balena Addolorata

     

    27 Luglio 1947

    Deliberazione

    Il giorno 27 luglio 1947 si sono riuniti il Rettore, il Priore, il cassiere ed il segretario della Confraternita, i quali hanno discusso sul modo di venire  incontro alle spese che bisogna sopportare per la costruzione della tomba.

    Il signor Specchia Gioacchino fu Domenico e Bianco Michele fu Paolo si sono offerti a versare L.50.000 (dico cinquantamila) ciascuno al tasso 4%. Il rimborso di detta somma si effettuerà man mano che la cassa ha delle disponibilità.

    Noha 27 luglio 1947.

    Il Rettore Arc. Paolo Tundo

    Il Priore Costa Michele

    Il segretario Nocera Luigi/Il cassiere Specchia Gioacchino.

     

    Anno 1948

     

    8 Agosto 1948

    Oggetto: Numero delle Messe

    8 agosto 1948 riunita la Confraternita in assemblea straordinaria presieduta dal Rettore si è stabilito quanto appresso:

    Visto che l’elemosina delle Messe è stata elevata, e considerato che la confraternita non può sobbarcarsi tale spesa, si è stabilito di ridurre le messe mensili per Confratelli e Consorelle da due ad una. Cosicché l’obbligo della Confraternita resta fissato in N. dodici messe piane annue (una ogni mese) ed una messa cantata per tutti i confratelli e Consorelle defunte da celebrarsi il primo giorno dopo l’ottava dei morti. Letto approvato si sottoscrive. Il Priore Bianco Michele/Il segretario Nocera - V.il Rettore Arc. Paolo Tundo

     

    19 Dicembre 1948

    Deliberazione: Nuove cariche

    Il 19 dicembre 1948 si sono riuniti i Confratelli per la nomina nuove cariche.

    Unanimemente si sono eletti:

    Priore                     Bianco Michele fu Paolo

    1 Assi                     Costa Pietro di Michele

    2 Assi                     De Lorenzis Pietro di Antonio

    Segretario              Nocera Luigi di Giovanni

    Cassiere                 Specchia Gioacchino fu Domenico

    Mazzieri                 Bianco Arcangelo fu Michele e Paglialunga Antonio fu Vitangelo

    Letto il verbale e svolto il pensiero religioso dal Rettore la seduta ha avuto termine.

    Il Priore                                                       Il segretario                                       Il Rettore

     

    Anno 1949

    3 Aprile 1949

    Si è riunita la commissione nelle persone del Priore Michele Bianco fu Paolo, degli Assistenti Costa Pietro e De Lorenzis Pietro, del segretario Nocera Luigi, del cassiere Specchia Gioacchino e dei confratelli Gentile Pietro e Specchia Salvatore di Gioacchino per stabilire le tariffe per i nuovi iscritti (incluso il posto tomba).

    In punto di morte:

    Cassettone L.10.500

    Spese di seppellimento    L.6.500

    Se si inscrive come confratello o Consorella la tariffa stabilita dalla stessa Commissione in fieri data.

    Letto si conferma. Il Priore Bianco Michele/Il segretario Nocera L.

    Gli assistenti Costa Pietro, De Lorenzis P. Il rettore Arc. P. Tundo

     

    No 1950

     

    Anno 1951

    12 Luglio 1951

    Deliberazione

    Il giorno 27 luglio 1947 il sig. Specchia Gioacchino ed il Sig. Bianco Michele avevano versato alla Confraternita la somma di L.50.000 ciascuno (dico cinquantamila) per far fronte alla costruzione della tomba.

    Oggi, 12 luglio 1951 la stessa Confraternita si alleggerisce di questo peso versando al Sig.Bianco Michele la somma di L. 50.000 più L. 2.000 di interessi già maturati.

    Noha 12 Luglio 1951.

    Il rettore Il Priore Bianco Michele - Il segretario

    Il Cassiere Specchia Salvatore

     

    10 Ottobre 1951

    Oggi, 10 ottobre 1951 la stessa confraternita versa al Sig. Specchia Gioacchino la somma di L.50.000 più L.2.000 di interessi già maturati. Resta così la confraternita esonerata da qualsiasi debito verso i Sigg. Bianco Michele e Specchia Gioacchino a riguardo delle spese tomba.

    Il rettore                   Il Priore Bianco Michele

                                    Il segretario - Il Cassiere Specchia Salvatore

     

    No 1952

    Anno 1953

    25 Gennaio 1953

    Oggi 25 gennaio 1953 alla presenza del delegato vescovile alle ore 9 si sono riuniti i Confratelli per la nomina delle nuove cariche. Previo giuramento da parte degli scrutatori Campa Antonio e Costa Pietro di attenersi a quanto lo Statuto prescrive, si è proceduto alla votazione nella persona di Costantini Biagio. Su 19 votanti, un astenuto, ha avuto il consenso universale. Si è poi  proceduto alla votazione del candidato Paglialunga Antonio.

    Esito della votazione: affermativo N.14, negativo N.4.

    Infine si è votato per il candidato Tundo Luigi di Carmine. Esito della votazione: affermativo N.9 Negativo N.9.

    Sono perciò risultati eletti:

    Priore: Costantini Biagio fu Cosimo

    1 ass Paglialunga Antonio fu Vitangelo

    2 ass Tundo Luigi di Carmine

    Segretario Nocera Luigi di Giovanni

    Cassiere Specchia Salvatore di Gioacchino

    Mazziere Bianco Arcangelo fu Michele.

    Si sottopone alla competente autorità ecclesiastica per la conferma.

    Il rettore d. Gerardo Rizzo/Il Priore/Il segretario.

     

    Nel 1954 nessuna annotazione

    N.B. Da ora in poi il Padre Spirituale della Confraternita è don Gerardo Rizzo (1924-2007). Nipote di don Paolo, aveva celebrato la prima Messa a Noha l’8 dicembre del 1946, dove era stato ordinato. Lo Zio lo volle con sé anche perché il nipote aveva qualche problema di salute. Resse la Congrega della Madonna della Grazie come Padre Spirituale sino alla fine della sua vita.

     

    Anno 1955

    3 Aprile 1955

    Si è riunita la commissione nelle persone del Priore Costantini Biagio, Segretario Nocera Luigi, Cassiere Specchia Salvatore e dei Confratelli Bianco Michele e Zerbi Giuseppe per stabilire la tariffa per il cassettone dei bambini portato a L. 10.000 compreso lapide e chiusura.

    Il rettore d. Gerardo Rizzo /Il Priore / Il segretario.

     

    8 Maggio 1955

    Deliberazione

    Il giorno 8 Maggio 1955 il sig. Costantino Biagio fu Cosimo ha versato L.50.000 (cinquantamila) per far fronte al proseguimento costruzione tomba. Il rimborso di detta somma si effettuerà man mano che la cassa ha delle disponibilità e percepirà per detta somma l’interesse del 4%.

    Noha 8 Maggio 1955

    Il rettore d. Gerardo Rizzo/Il Priore e Il segretario.

     

    21 Maggio 1955

    Il giorno 21 Maggio 1955 il sig. Bianco Michele fu Paolo ha versato L.50.000 (cinquantamila) per far fronte al proseguimento costruzione tomba. Il rimborso di detta somma si effettuerà man mano che la cassa ha delle disponibilità e percepirà per detta somma l’interesse del 4%.

    Noha 8 Maggio 1955

    Il rettore d. Gerardo Rizzo/Il Priore e Il segretario.

     

    6 Novembre 1955

    In data 6 Novembre 1955 il sig. Bianco Michele fu Paolo ha versato ancora L.20.000 (ventimila). Il rimborso di detta somma si effettuerà man mano che la cassa ha delle disponibilità e percepirà per detta somma l’interesse del 4%.

    Noha 6 Novembre 1955/Il rettore d. Gerardo Rizzo

     

    6 Novembre 1955

    In data 6 Novembre 1955 il sig. Nocera Luigi fu Giovanni ha versato ancora L.20.000 (ventimila).

    Il rimborso di detta somma si effettuerà man mano che la cassa ha delle disponibilità e percepirà per detta somma l’interesse del 4%. Noha 6 Novembre 1955/Il rettore d. Gerardo Rizzo

     

    Anno 1956

    29 Gennaio 1956

    Noha 29/01/1956

    Oggi 29 Gennaio 1956 alla presenza del Rev.mo Arc. D.Paolo Tundo, alle ore 15, si sono riuniti i Confratelli per la nomina delle nuove cariche essendo scaduto ormai il triennio 1953-56. Su 44 iscritti, presenti solo 28 assenti per motivo giustificato, ad unanimità tutti i presenti hanno confermato per il triennio 1956-58 l’Amministrazione uscente.

    Priore                                Costantini Biagio

    1 ass                                  Paglialunga Antonio

    2 ass                                  Tundo Luigi

    Segretario                          Nocera Luigi

    Cassiere                             Specchia Salvatore

    Mazziere                             Bianco Arcangelo

    La suddetta Amministrazione è venuta nella determinazione di stabilire la tassa di L.1000 per ogni socio onorario senza avere diritto all’ebdomada.

    Visita Pastorale 21 marzo 1957 + Corrado Ursi, Vescovo / Sac. Vincenzo Colaprile.

     

    Anno 1957

    20 Marzo 1957

    Il cassiere Specchia Salvatore ha versato la somma di L.20.000(ventimila) a Nocera Luigi rimborso prestito posto tomba. D. Gerardo Rizzo.

     

    1 Dicembre 1957

    Noha 1-12/1957. Il cassiere Specchia Salvatore ha versato la somma di L.50.000 (cinquantamila) più il rispettivo interesse a Costantini Biagio rimborso prestito posto tomba. D.Gerardo Rizzo.

     

    30 Dicembre 1957

    Il cassiere Specchia Salvatore ha versato in data 30/12/1957 la somma di L.70.000(settantamila) a Bianco Michele più rispettivo interesse rimborso prestito posto tomba. D.Gerardo Rizzo

     

    No Anno 1958

     

     Anno 1959

     

    Relazione della Curia di Nardò

    Incaricato dalla Rev.ma Curia Vescovile di Nardò a presiedere la elezione del Priore e delle altre cariche della Confraternita di Maria SS. delle Grazie di Noha, ho proceduto a tale elezione, oggi 11/01/1959. Alle ore 15.15, in seconda convocazione, essendo presenti 25 Confratelli su 30 iscritti, detta la preghiera di rito, si è proceduto a tale elezione, per voti segreti, nominando anzitutto due Scrutatori e cioè: Mariano Giuseppe e Tundo Luigi e proponendo 5 nominativi. Si è avuto il seguente risultato:

    Costa Pietro                           voti favorev. 23                   voti sfavorev.  3

    De Lorenzis Pietro                                     14                                          9

    Esposito Giuseppe                                    15                                          8

    Esposito Salvatore                                    14                                          9

    Campa Giuseppe                                      12                                         11

    Eletto Priore:                                 Costa Pietro

    Primo Assistente                          Esposito Giuseppe

    Secondo Assistente                     De Lorenzis Pietro

    Segretario                                    Nocera Luigi

    Cassiere:                                     Specchia Salvatore

    Noha 11/1/1959   Firmato Arc. D.Luigi Bruno - Vicario Foraneo         

    Si approva, facendo notare che il verbale di elezione va firmato oltre che dal Delegato Vescovile, dal Padre Spirituale e dagli scrutatori e che il Segretario viene designato dal Priore e il cassiere dal Consiglio.

    Nardò 26 Febbraio 1959 - Il Vicario Generale Mons. Salvatore Rizzello      

               

    Anno 1960

    15 Agosto 1960

    Il giorno 15/08/1960 don Gerardo Rizzo ha versato L.100.000 (centomila) per far fronte al proseguimento costruzione tomba.

    Il ricevitore cassiere Specchia Salvatore

    Luigi Nocera segretario, Costa Pietro Priore

     

    Anno 1961

    24/12/1961

    Il giorno 24/12/1961 verso a don Gerardo Rizzo la somma di L.50.000. Cinquantamila. Rimborso prestito posto tomba. Il cassiere Specchia Salvatore D. Gerardo Rizzo.

     

    Anno 1962

    Il giorno 4/02/1962 verso a don Gerardo Rizzo la somma di L.50.000 cinquantamila rimborso prestito posto tomba e dovuto interesse.

    Il cassiere Specchia Salvatore - Don Gerardo Rizzo

     

    N.B. A questo punto è bene tenere presenta che l’Arciprete don Paolo Tundo, ormai Monsignore, il vero animatore della nostra Confraternita, il 30 giugno del 1962, proprio nel giorno del suo onomastico (la festa di San Paolo in quel tempo si celebrava il 30 giugno), improvvisamente cessava di vivere.

    Io ricevetti la notizia a Torino mentre stavo per partire per Lione (Francia) dove frequentavo un corso di musica sacra e di canto gregoriano. Per me fu un momento di grande amarezza. Appena un anno era trascorso da quando Lui aveva organizzato la festa della mia prima Messa a Noha. Don Paolo era stato l’arciprete che mi aveva accompagnato negli anni più delicati della mia vita, dalla nascita all’infanzia, da quelli della crescita e della mia formazione cristiana prima e poi nel seminario missionario fino al sacerdozio.

    Anche per Noha certamente fu una grande perdita.

    Nella diocesi di Nardò era avvenuto il cambio: Mons. Corrado Ursi, grande amico di Don Paolo, aveva lasciato il posto a Mons. Antonio Rosario Mennonna che non conosceva ancora la realtà della sua diocesi. Sembrava a tutti che il successore naturale di don Paolo dovesse essere il nipote don Gerardo Rizzo, vice parroco e Padre Spirituale della Congrega. Invece Mons. Mennonna si rivolse alla Santa Sede, e a sorpresa Sua Santità il Papa San Paolo VI nominò arciprete l’altro nipote di don Paolo, Don Donato Mellone (Noha 1925-2015), già parroco di Santa Maria al Bagno e di Santa Caterina.

    Posso immaginare che anche don Gerardo inghiottisse l’amarezza di quella aspettativa così frustrata e dai verbali della Congrega che stiamo leggendo si nota un certo distacco e abbandono dello zelo che c’era prima con don Paolo verso la Congrega.

    Per di più il nuovo parroco (l’arciprete don Donato Mellone) si ritroverà con il problema gravissimo della staticità della chiesa piccina che nel 1963 verrà purtroppo demolita, demolizione che fu una grave perdita anche per la Congrega che perse  la sua sede naturale.

    Ormai per la Congrega sembra che l’unico problema sia la costruzione della Cappella al Cimitero: i verbali che seguono parlano quasi sempre e soprattutto di questo. E veramente bisogna riconoscere con quanti sacrifici la Congrega riuscirà a costruire la Cappella mortuaria per i suoi soci, per le consorelle e per tutti coloro che a certe condizioni ne facevano richiesta.

     

    Anno 1963

    Il giorno 3.11.1963 si è tenuta l’adunanza della Confraternita. Erano presenti confratelli n.20. Fra l’altro si è deciso:

    1) obbligo confratelli di partecipare collettivamente alla S. Messa ogni prima domenica del mese. Per loro comodità i confratelli hanno scelto come orario la prima messa;

    2) a pomeriggio dello stesso giorno i confratelli terranno la loro adunanza ordinaria mensile:

    3) per quanto riguarda le multe da infliggere ai confratelli assenti senza un giustificato motivo, si è deliberato che fino a nuovo ordine ogni confratello assente o alla S. Messa o all’adunanza mensile sarà multato con L.500;

    4) la giustificazione del motivo addotto dal confratello assente, perché sia valida, deve essere approvata dal Consiglio della Confraternita;

    5) dopo la terza assenza consecutiva il confratello verrà espulso;

    6) si è parlato infine della necessità di convocare anche le consorelle della confraternita e di preparare anche per loro uno statuto.

    NB. Si dice qui anche di uno Statuto adatto alle consorelle, ma non mi risulta che poi si sia fatto. A meno che non si voglia ritenere come tale i particolari registrati nel verbale seguente.

     

    24 Novembre 1963

     

    Il 24/11/1963 nell’Ufficio Parrocchiale si sono riunite le consorelle sotto la presidenza del Rev.mo Parroco. Le consorelle presenti erano otto, le assenti possono ritenersi giustificate o perché ammalate o perché avanzate in età. Si son prese le seguenti deliberazioni:

    1) Le consorelle devono partecipare alla messa mensile fissata per la prima domenica del mese alle ore 6.30 e ad un’adunanza mensile fissata per l’ultima domenica del mese.

    2) In caso di morte di una consorella le altre in numero di quattro a turno si presenteranno per l’accompagnamento funebre.

    3) Per la durata di un mese due consorelle a turno cureranno la pulizia dell’altare della Vergine SS. ma Immacolata.

     

    Anno 1964

    Nella prima domenica di febbraio 1964 si è riunita la confraternita M. SS. delle Grazie e ha deliberato quanto appresso:

    1) Il posto tomba estranei è stato elevato da L.25.000 a L.30.000.

    2) Non si accettano più iscrizioni per il solo posto tomba fino a quando la commissione non decide il contrario.

    3) La quota dei soci onorari è stato elevato da L.1.000 a L.1.500 come pure i soci ordinari da L.200 a L.400.

    Firmato il Rettore Don Gerardo Rizzo e Costa Pietro

     

    Anno 1965

    Il giorno 2 maggio 1965 si è riunita la confraternita in cui si è deliberato quanto segue:

    1) si è tutti d’accordo per quanto riguarda la spesa dei banchi in chiesa che rimarranno sempre di proprietà della Confraternita.

    2) Gli iscritti o aventi diritto al posto tomba, se per motivi loro personali non usufruiscono di questo diritto, non spetta loro alcun rimborso.

    Firmato il Rettore Don Gerardo Rizzo, Nocera Luigi e Specchia Salvatore.

     

    Anno 1966

    Oggi 6 febbraio 1966 si è riunita la Confraternita in numero di 23 Confratelli e si è deliberato quanto segue:

    1) Si sono fatti 3 banchi per la spesa complessiva di L.115.000 che per il momento sono nella Chiesa parrocchiale ma in qualsiasi momento possono essere portati nella propria Chiesa.

    N.B. La propria Chiesa ancora non esiste, ma si vede da quella espressione “propria” che era nel cuore di tutti riaverla dopo la demolizione della chiesa piccinna.

    2) Coloro che non vogliono usufruire della cassa funebre propria della Confraternita non hanno diritto più ad alcun rimborso di spese.

    Firmato il Rettore Don Gerardo Rizzo, il Cassiere Specchia Salvatore.

     

    No 1967

    Anno 1968

    Deliberazione

    Il 1° novembre 1968 il sig. Costantini Biagio fu Cosimo ha versato L.200.000 (duecentomila) per far fronte al debito con il costruttore D’Acquarica Donato. Il rimborso di detta somma si effettuerà man mano che la cassa ha delle disponibilità e percepirà per detta somma l’interesse del 5%. Noha 1 0/11/1968

    Firmato il Rettore Don Gerardo Rizzo, Nocera Luigi e Specchia Salvatore.

     

    Anno 1969

    Il giorno 21 dicembre 1969 si è versato al Sig. Costantini Biagio la somma di L.200.000 (duecentomila) più L.8.500 per interesse di detta somma. Il cassiere Specchia Salvatore / D. Gerardo Rizzo

     

    Anno 1970

    Noha 1/02/1970

    Il giorno 1/2/1970 si è tenuta l’adunanza della Confraternita. Erano presenti confratelli N.20 e si è deliberato di portare a L.1000 (mille) la tassa annuale per ciascun confratello o consorella da L.400 (quattrocento) che si pagava per il passato.

    D.Gerardo Rizzo/Il cassiere Specchia Salvatore/Il segretario Luigi Nocera.

     

    Elenco dei confratelli

    e delle consorelle

    così come sono elencati nel registro della Confraternita

     

    Anno 1924/ Confratelli

    1. D. Paolo Tundo, ascritto nel gennaio 1924

    2. Prastaro Cosimo ascritto nel gennaio 1924. Cessa di vivere il 17/07/1936.

    3. Piscopo Antonio ascritto nel gennaio 1924.

    4. D’Acquarica Vito ascritto nel gennaio 1924.

    5. Fico Luigi ascritto nel gennaio 1924, morto il 15 luglio 1930.

    6. Specchia Gioacchino ascritto nel gennaio 1924.

    7. Guido Lorenzo fu Vincenzo, ascritto nel gennaio 1924, morto il 28/11/1936

    8. Guido Eugenio ascritto nel gennaio 1924, morto 30/04/1957.

    9. Guido Vincenzo di Raffaele ascritto nel gennaio 1924.

    10. Tundo Luigi fu Giuseppe ascritto nel gennaio 1924, morto il 22/04/1932.

    11. Tundo Michele fu Giuseppe ascritto nel gennaio 1924, morto il 26/07/1958.

    12. Bianco Michele fu Paolo ascritto nel gennaio 1924.

    13. Bianco Salvatore fu Paolo ascritto nel gennaio 1924.

    14. Zerbi Giuseppe ascritto nel gennaio 1924.

    15. Tundo Carmine di Diego ascritto nel gennaio 1924, espulso nel marzo dello stesso anno.

     

    Questi sono i primi 15 che nel gennaio 1924 diedero nuovo impulso alla Confraternita.

    1. Bianco Arcangelo di Michele ascritto nel 1924.

    2. Bianco Luigi di Michele ascritto nel 1924. Espulso per    mancato       pagamento 31/12/1933.

    3. Costantini Biagio ascritto nel 1924.

    4. Congedo Carmine di Pietro(?) ascritto nel 1924. 

        Ha abbandonato volontariamente la Confraternita nel 1929.

    5. Campa Giuseppe di Paolo ascritto nel 1924.

    6. Campa Michele di Angelo ascritto nel 1924.

    7. Campa Antonio di Michele ascritto nel 1924.

    8. Costa Angelo fu Pietro ascritto nel 1924.

    9. D’Acquarica Giuseppe ascritto nel 1924. Morto il 15/02/1937.

    10. De Lorenzis Pietro ascritto nel 1924.

    11. De Lorenzis Michele ascritto nel 1924.

    12. Gentile Pietro ascritto nel 1924.

    13. Giordano Paolo fu Raffaele ascritto nel 1924.

         (Espulso - decreto vescovile 20 novembre 1937)

         ma viene poi riammesso nella riunione del 19/12/1938.

    14. Levante Michele di Francesco ascritto nel 1924. Ha abbandonato volontariamente la Confraternita nel 1928.

    15. Lagna Michele di Cosimo ascritto nel 1924.

    16. Lagna Salvatore di Vito ascritto nel 1924.

    17. Manni Antonio ascritto nel 1924. Ha dato le sue dimissioni senza motivo il             31/08/1931.

    18. Mariano Angelo di Michele ascritto nel 1924.

    19. Mastria Michele ascritto nel 1924.

          Deceduto il 09/08/1944.

    20. Manni Leonardo di Antonio ascritto nel 1924.

         Il 31/08/1931 ha dato le sue dimissioni senza motivi.

    21. Nocera Angelo di Giovanni ascritto nel 1924.

    22. Nocco Michele di Giovanni ascritto nel 1924.

          Ha abbandonato la Congregazione nel 1928.

    23. Nocera Luigi di Giovanni ascritto nel 1924.

    24. Paglialunga Vincenzo di Antonio ascritto nel 1924.

        Morto in febbraio 1934.

    25. Piscopo Paolo ascritto nel 1924.

    26. Paglialunga Antonio di Vitangelo ascritto nel 1924.

    27. Paglialunga Donato di Antonio ascritto nel 1924.

         Uscito per sua volontà.

    28. Piscopo Michele di Antonio ascritto nel 1924.

         Ha abbandonato volontariamente la Confraternita nel   1926.

    29. Pedata Luigi ascritto nel 1924. Uscito per mancanza di pagamento nel 1930.

    30. Paglialunga Angelo di Michele ascritto nel 1924. Ha abbandonato     volontariamente la Congregazione nel 1925.

    31. Paglialunga Vitangelo ascritto nel 1924.

          Morto il 13/02/1934.

    32. Paglialunga Massimino di Pasquale ascritto nel 1924.

    33. Specchia Salvatore ascritto nel 1924.

    34. Vaglio Carmine di Domenico ascritto nel 1924. Cessa di vivere il 10/08/1937.

    35. Lagna Angelo ascritto nel 1924, morì il 01/07/1930

    36. Bonuso Michele ascritto nel 1924.

    NB. Questi 36 iscritti durante l’anno 1924 più i primi 15 fa un totale di N.51 Confratelli iscritti nell’anno 1924.

     

    Anno 1924/Consorelle

    1. Benedetto Giovanna ascritta nel 1924.

    2. Brunetti Luigia ascritta nel 1924. deceduta il 12/03/1942.

    3. Bonuso Raffaela di Carmine ascritta nel 1924.

    4. Benedetto Cristina ascritta nel 1924.

    5. Cataldi Donata ascritta nel 1924.

    6. De Polis Pasqualina ascritta nel 1924. Dimessa per mancanza di pagamento 1932.

    7. De Lorenzis Cesaria ascritta nel 1924.

    8. De Lorenzis Domenica ascritta nel 1924.

    9. Duma M.Annunziata ascritta nel 1924. Cessa di vivere il 30/09/1935

    10. Grimaldi Virginia ascritta nel 1924.

          Deceduta il 17/03/1948.

    11. Guido Carmina ascritta nel 1924. Morta il 20 luglio 1927.

    12. Guido Letizia ascritta nel 1924. morta il 31 Luglio 1927.

    13. Greco Addolorata di Salvatore ascritta nel 1924.

          Date le sue dimissioni senza motivo.

    14. Gabrieli Giulia di Carmelo ascritta nel 1924.          

          Deceduta il 7/7/1947.

    15. Guido Vincenza di Pietro ascritta nel 1924.

    16. Guido Addolorata di Pietro ascritta nel 1924.

    17. Nocco Assunta di Giovanni ascritta nel 1924.

    18. Paglialunga Paola fu Santo ascritta nel 1924.

    19. Prastaro Pietrina di Cosimo ascritta nel 1924.

    20. Piscopo Maria di Antonio ascritta nel 1924.

    21. Paglialunga Angela fu Santo ascritta nel 1924.

    22. Rizzo Anna di Donato ascritta nel 1924.

    23. Sindaco Grazia ascritta nel 1924.

    24. Palmieri Giuseppa ascritta nel 1924. Morta il 22/6/1932.

    25. Tundo Anna M.a Paglialunga ascritta nel 1924. Morta il  25/02/1941

    26. Contaldo Anna ascritta nel 1924. Dato le sue dimissioni senza motivo 1932.

    27. Castriota Giovanna ascritta nel 1924. Il 31/01/1931 ha dato le sue dimissioni senza motivi.

    28. Guido Costantina, ascritta nel 1924.

    29. Lisi Raffaela fu Leonardo ascritta nel 1924.

    30. Longo Salvatora ascritta nel 1924. Morta Marzo 1925.

    31. Paolì Filomena ascritta nel 1924. Morta il 1° agosto 1925

    32. Gugliersi Lucia ascritta nel 1924. Morta il 1° dicembre 1925.

    N.32 Consorelle iscritte nel 1924. Aggiunte ai 51 Confratelli iscritti nel 1924 ci dà un totale di 83 soci della Congrega nel 1924.

     

    Anno 1925/Confratelli

    1. Greco Michele di Giuseppe ascritto nel 1925.

    2. Manta Rosario ascritto nel 1925.

    3. Marra Michele fu Vito ascritto nel 1925, morto il 27/12/1931

    4. Paglialunga Pasquale fu Vito ascritto nel 1925, dimesso il 1931 per mancanza        di pagamento.

    5. Paglialunga Cosimo ascritto nel 1925 morto il 28/5/1950

    6. Guido Vincenzo di Lorenzo ascritto nel 1925.

        Date le sue dimissioni senza motivo il 1931.

    7. Specchia Domenico iscritto alla sua morte avvenuta il 20 maggio 1927.

    8. Santoro Salvatore iscritto alla sua morte avvenuta il 19 novembre 1927.

    9. Paglialunga Michele iscritto alla sua morte avvenuta il   giorno 8luglio 1928.

    10.Nocera Salvatore iscritto alla sua morte avvenuta il 15    marzo 1929.

    11.Bianco Michele fu Arcangelo iscritto alla sua morte avvenuta il 9 marzo 1930.

     

    Anno 1925/Consorelle

    1. Paglialunga Consiglia fu Carmine ascritta nel 1925

        dimessa il 1931 per mancanza di pagamento.

    2. Perrone Carmina ascritta nel 1925 deceduta il 22/1/1945.

    3. Paglialunga - Lagna Addolorata ascritto nel 1925.

    4. Parente Francesca fu Sabatino ascritta nel 1925.   

       Deceduta 29/3/1944.

    5. Paolì Luigia ascritta nel 1925 morta nel febbraio 1929.

    6. Bellino Assunta, ascritta dopo la sua morte con la tassa di L.160.00

    7.  Marra Felicetta ascritto nel 1924, dimessa per mancanza  di pagamento nel 1932.

    8.  Guido Domenica ascritta nel 1925.

     

    N.12 Confratelli iscritti nel 1925 più N.8 Consorelle dà un totale di N.20 soci aggiunti nel 1925. Sommando agli iscritti/e del 1924 la Congrega dà un totale di N.103 iscritti.

    Poi le iscrizioni rallentano. Non se ne registrano più nel 1926/27/28/29.

     

    Anno 1930

    1. Lagna Cesare iscritto il 29 settembre 1930

     

    Anno 1931

    1. Guido Carmina fu Carmine iscritta il 1/1/1931

     

    Nessuno iscritto nel 1932

     

    Anno 1933

    1. Guido Raffaele fu Vito iscritto il 1 Maggio 1933

     

    Nessuno iscritto nel 1934/35

     

    Anno 1936

    1. Rossetti Anna iscritta il 19 gennaio 1936

    2. Campa Salvatora iscritta il 15 febbraio 1936

     

    Nessuno iscritto nel 1937

     

    Anno 1938/Si aggiungono 6 nuovi confratelli e 5 Consorelle

    1.Guido Angelo di Eugenio iscritto il 23 gennaio 1938,

       dimesso  senza motivo il 31/12/1941.

    2. Guido Pietro di Eugenio iscritto il 23 gennaio 1938,

       dimesso senza motivo il 1/1/1945.

    3. Bianco Donato di Michele iscritto il 23 Gennaio 1938.

    4. Costa Pietro di Angelo iscritto il 23 gennaio 1938.

    5. Mariano Giuseppe di Angelo iscritto il 23 gennaio 1938.

    6. Rossetti Antonio fu Francesco iscritto il 23 gennaio 1938, espulso per mancato pagamento nel 1941.

    1. Bianco Maria Luce fu Luigi iscritta il 23 gennaio 1938.

    2. Campa Addolorata iscritta il 23 gennaio 1938.

    3. Colazzo Carmela fu Abele iscritta il 23 gennaio 1938.

    4. Paglialunga Addolorata fu Antonio iscritta il 23 gennaio  1938.

    5. Micali Paola fu Salvatore iscritta il 23 gennaio 1938, morta nel 1950.

     

     

    Anno 1939

    1. Tundo Rocco iscritto alla sua morte il 31/01/1939.

    2. De Lorenzis Pietro di Antonio iscritto il 1° giugno 1939.

     

    Nessuno iscritto nell’anno 1940

    Anno 1941

    1. Tundo Luigi di Carmine iscritto il 2 febbraio 1941.

      

    Nessuno iscritto nel 1942

     

    Anno 1943

    1. Paolì Donata fu Domenico iscritta il 28/02/1943, morta nel  1950.

     

    Anno 1944

    1. Paglialunga Michele iscritto il 9 gennaio 1944, morto il 14/02/1948.

    2. Longo Addolorata vedova di Coluccia iscritta il 04/05/1944, morta il 05/05/1949.

     

    Nessuno iscritto per gli anni 1945/1946

     

    Anno 1947

    1. Tundo M.Donata iscritta il 18/05/1947.

    2. Todisco Maria fu Donato iscritta il 18/05/1947.

    3. Di Giovanni Agata in Paglialunga iscritta il 18/05/1947.

     

    Anno 1948

    1. Specchia Giuseppe di Gioacchino iscritto nel 1948.

    2. Specchia Salvatore di Gioacchino iscritto nel 1948.

    3. Bianco Ippazio iscritto nel 1948.

    4. Guido Dionigi iscritto nel 1948.

    5. Greco Pasquale iscritto nel 1948.

    6. Nocera Giovanni iscritto nel 1948.

    7. Bovino Addolorata iscritta nel 1948.

     

    Anno 1949

    1. Nocera Giovanni iscritto il 17/04/1949.

    2. Rizzo Pietro iscritto alla sua morte il 24/04/1949.

    3. Lecce Oronza iscritta nel 1949.

     

    Anno 1950

    1. Carlino Domenica Iscritta il 05/11/1950.

    2. Gabrieli Addolorata iscritta e morta nel 1950.

               

    Anno 1951

    1. Cucco Lucia iscritta nel 1951.

     

    Anno 1952

    2. Sindaco Domenico iscritto il 02/02/1952.

     

    Negli anni 1953/54/55 nessuno iscritto

     

    Anno 1956

    1. Esposito Salvatore iscritto nel 1956.

    2. Esposito Giuseppe iscritto nel 1956.

    3. Latino Antonio iscritto nel 1956.

    4. Sindaco Rocco iscritto nel 1956.

    Dopo questa data nel registro delle iscrizioni non sono segnalati altri iscritti.       

     

    Conclusione

    Leggendo i vari documenti che riguardano la storia della Confraternita la prima impressione che si ha è che questa abbia sempre privilegiato con molta attenzione il culto dei defunti, i funerali dei confratelli e consorelle e la costruzione della cappella per i propri defunti al cimitero, oltre, cosa ovvia, alla partecipazione alla Messa della domenica. Invece da un esame più approfondito, il senso più vero da cogliere è il profondo senso di appartenenza a una istituzione antica votata al bene degli associati e di fatto a quello di tutta la comunità non solo religiosa, ma anche civile.

    Ormai, si sa, non ci sono più iscritti alle Confraternite di Noha, che dal punto di vista giuridico possono ormai considerarsi estinte. Rimane comunque sempre la testimonianza visiva della Cappellone del cimitero costruito a partire dal 1947 con molti sacrifici. Ed è pur vero che anche questa Cappella racconta un pezzo di storia della chiesa di Noha, chiesa che comunque è sempre stata viva, presente, vigile e militante nella società che oggi preferisce molto probabilmente il neo-paganesimo che a pieni polmoni si respira in tanti settori della vita civile.

    Che il Signore conceda alla chiesa di Noha, anche senza Confraternite, il coraggio, la creatività e la fedeltà al Vangelo necessari per renderla ancora  testimone autentica di comunione, giustizia e di gioia, perché si possa scrivere con ottimismo, nonostante le mille zone d’ombra, i capitoli futuri della sua importante Storia.

    P. Francesco D’Acquarica

     

     

    Bibliografia

    Archivio Diocesano di Nardò

    Archivio parrocchiale della chiesa di Noha

    F. D’Acquarica, Curiosità sugli arcipreti e persone di Chiesa a Noha, L’Osservatore Nohano Editore, Noha, 2011

    F. D’Acquarica, La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, Pubblimartina S.r.l., Martina Franca, 2017

    F. D’Acquarica, Noha, vi racconto la sua storia, Pubblimartina S.r.l., Martina Franca,  2017

    Ricordi personali

    Interviste a testimoni oculari

     
    Di Redazione (del 05/01/2016 @ 20:37:29, in Comunicato Stampa, linkato 2041 volte)

    Il tema prescelto – Affidarsi a Gesù misericordioso come Maria: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5) per la XXIV Giornata Mondiale del Malato si inscrive molto bene anche all’interno del Giubileo straordinario della Misericordia. «La malattia, soprattutto quella grave, afferma Papa Francesco nel messaggio per questa circostanza, mette sempre in crisi l’esistenza umana e porta con sé interrogativi che scavano in profondità. In queste situazioni, la fede in Dio è, da una parte, messa alla prova, ma nello stesso tempo rivela tutta la sua potenzialità positiva. Non perché la fede faccia sparire la malattia, il dolore, o le domande che ne derivano; ma perché offre una chiave con cui possiamo scoprire il senso più profondo di ciò che stiamo vivendo; una chiave che ci aiuta a vedere come la malattia può essere la via per arrivare ad una più stretta vicinanza con Gesù, che cammina al nostro fianco, caricato della Croce. E questa chiave ce la consegna la Madre, Maria, esperta di questa via. Nelle nozze di Cana, Maria è la donna premurosa che si accorge di un problema molto importante per gli sposi: è finito il vino, simbolo della gioia della festa. Maria scopre la difficoltà, in un certo senso la fa sua e, con discrezione, agisce prontamente. Non rimane a guardare, e tanto meno si attarda ad esprimere giudizi, ma si rivolge a Gesù e gli presenta il problema così come è: “Non hanno vino” (Gv 2,3)». Insieme vogliamo pensare e vivere questa giornata così importante per la vita della Chiesa, si tratta delle sue membra sofferenti e delle membra che si prodigano per curarla. Ci prepareremo a vivere la Giornata Mondiale del Malato con il Convegno Diocesano di Pastorale della Salute: “ACCOMPAGNARE E CURARE. Una Chiesa che vive l’appartenenza, la prossimità e la misericordia” Maglie – Sala Convegni ‘SS. Medici’,  15 gennaio 2016. Presiede Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Donato Negro Arcivescovo di Otranto. Introduce Don Francesco Coluccia Delegato Diocesano per la Pastorale della Salute. Modera il Dott. Antonio Palumbo Presidente dell’AMCI sez. di Otranto. Relatori: "L’accompagnamento dei malati e degli anziani sul territorio", Rev.mo P. Arnaldo Pangrazzi , docente del Pontificio Istituto Internazionale "Camillianum"- Roma e "Accompagnare e curare la vita: prenatale, perinatale, postnatale", Prof. Giuseppe Noia, docente dell’Università Cattolica del Sacro cuore- Roma.       

     
    Di Michele Scalese (del 05/03/2018 @ 20:37:29, in Comunicato Stampa, linkato 1747 volte)

    “È possibile rendere il giovane capace di scegliere, e prepararlo ad essere un conquistatore della libertà: educare alla rottura significa allora soltanto educare a effettuare le scelte, non fornire le scelte già fatte.”
     

    Con queste parole Giuseppe Lazzati(1909 – 1986), educava il giovane – ma anche l’adulto del tempo (non di meno lo avrebbe fatto anche per gli uomini dei nostri giorni, che antepongono il benessere del proprio Io e la moralità personale, al senso di appartenenza ad una comunità sociale caratterizzata da regole per il benessere collettivo e la costruzione di legami), a compiere scelte finalizzate alla cura, alla tutela e al graduale processo di costruzione del bene comune. Lazzati conosceva bene il territorio tanto da scegliere in prima persona di partecipare all’opera di ricostruzione della vita civile nel Paese del secondo dopoguerra.

    A riguardo è proprio uno dei lavori di questo grande politico e intellettuale del Novecento, militante in Azione Cattolica, a dare il titolo al XXXVIIIo Convegno Bachelet tenutosi a Roma il 9 e 10 Febbraio presso la Domus Mariae, al quale ho avuto l’onore di partecipare come membro d’èquipe diocesana del Settore Giovani di AC e come giovane tra i giovani che vive quotidianamente il territorio e nel territorio, un giovane che vuole essere il protagonista delle dinamiche dei suoi spazi per la cura del bene comune. Con me avevo Sabrina Esposito, Incaricata Regionale del Settore Giovani per la Puglia ed insieme abbiamo affrontato questa bella esperienza di formazione.

    Il Convegno “Azione Cattolica e azione politica. (cfr. G. Lazzati, Cronache Sociali – Art.20) Centocinquant’anni di impegno per il Paese” è stato promosso dalla Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana e dall’Istituto “Vittorio Bachelet” in collaborazione con l’Istituto Paolo VI. Giunto ormai alla trentottesima edizione, quest’anno si colloca all’interno delle iniziative a ricordo dei 150 anni dalla nascita dell’Azione Cattolica Italiana.

    Diversi autorevoli relatori si sono susseguiti nell’arco di questi due giorni, a cominciare da Matteo Truffelli – Presidente dell’Azione Cattolica Italiana, Paolo Trionfini – Direttore dell’Istituto Paolo VI, Marta Margotti – Università di Torino, Raffaele Cananzi – Presidente dell’Istituto Scientifico dell’Isacem, Gian Candido De Martin – Presidente del Consiglio Scientifico dell’Istituto Vittorio Bachelet, Giuseppe Elia - Presidente nazionale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, Paolo Nepi – Università “Roma Tre”, Marco Ivaldo – Università “Federico II”, Beatrice Draghetti - Presidente dell’Ente di formazione “Fondazione Opera Madonna del Lavoro”, che dell’AC ne hanno delineato una consecutio temporale a partire dal non expedit, con cui Pio IX considerava inaccettabile per i cattolici italiani partecipare alle elezioni politiche del Regno d'Italia, al postfascismo; dal Concilio Ecumenico Vaticano II all’avvento della Democrazia Cristiana, fino ad arrivare alla partecipazione cattolica dei nostri giorni. Una storia dunque che si pone lungo un continuum di centocinquant’anni, resa gloriosa dall’attivismo di uomini e donne che con il loro instancabile lavoro si sono spesi per l’Italia, si sono impegnati nel sociale portando come vessillo lo stile di AC nel territorio. Siamo stati resi partecipi delle scelte culturali e pedagogiche della nostra Associazione nel panorama di crescita democratica. Scelte che si sviluppano nel percorso di partecipazione dei laici propostoci da Papa Francesco nella politica del servizio – “fate politica con la P maiuscola”. Una politica che aveva e che deve necessariamente avere a cuore la vita delle persone, una bella politica che risponde alle domande poste dal contesto storico in cui opera attraverso la ricerca continua di dialogo[1], una politica simbiotica al servizio di carità incarnata nella fede, che spinge all’azione concreta sancita dall’Apostolicam Actuositatem che, riconoscendo l'importanza del laicato all'interno della Chiesa, tratta la vocazione dei laici come adempimento alla missione di evangelizzazione. È possibile allora costituire una nuova azione politica costruendo dei processi di cambiamento. Ciò che vorremmo trasmettere è la possibilità di dare il nostro contributo formando alla passione per il bene comune con la consapevolezza che il credente deve sentirsi responsabile del luogo in cui vive, cogliendo a pieno la realtà del tempo fatta di bisogni ma principalmente di risorse. Abbiamo bisogno di persone che creino alleanze, che siano capaci di mettere insieme il tessuto sociale con generosa passione. Ciò mi richiama alla mente il pensiero aristotelico dell’uomo inteso come “animale sociale” che tende a costituirsi e ad esprimere il proprio essere in una società partecipativa. Abbiamo bisogno di buoni cittadini che formulino proposte buone per la vita del Paese, che mirino a due specifiche priorità: l’integrazione dei poveri e la costruzione della Pace[2]. Abbiamo bisogno infine di compiere delle scelte di fondo mirate, di starci dentro…con coraggio!

    Michele Scalese
    Presidente Parrocchiale A.C.I.
    Membro d’équipe diocesana del Settore Giovani AC

     

     

    [1] Matteo Truffelli, relazione “Una politica con la P maiuscola”.

    [2] Ibidem

     
    Di Redazione (del 26/11/2018 @ 20:36:20, in Comunicato Stampa, linkato 991 volte)

    L’esordio in trasferta per gli under 14 guidati dal tecnico Laura Pendenza e dal suo vice Antonio De Matteis è stato più che positivo, fornendo una prova autoritaria contro il Lecce Volley sconfitto per 3-0.

    Hanno trovato spazio tutti i convocati, rompendo così il ghiaccio emotivo in un prologo che potrebbe ritagliare uno spazio importante nel campionato per De Matteis e compagni. Nel primo set mister Pendenza ha mandato in campo Perrone, Magurano, Arcadi, De Matteis, Nava e Lamacchia, inserendo poi Cucurachi nel finale di gioco.

    Nelle altre due frazioni hanno trovato modo di esprimersi anche Gabrieli, De Blasi e Vallone che hanno concorso alla vittoria con i punteggi di 25-8,25-10 e 25-15 festeggiando così la prima vittoria.

    Martedì 27 subito una controprova importante ospitando alle ore 17.00 ,nella palestra Giovanni XXIII, i pari età della BCC Leverano di mister Luca Firenze.

    Il gruppo Under 16 del tecnico Giuseppe Dicillo comincia a trovare quella lucidità che gli permette di essere più continuo. Dopo aver incassato nelle prime due gare due sconfitte per 3-2  contro Leverano e Calimera, ha raddrizzato la barra imponendosi in casa contro il Nardò e fuori casa contro lo Squinzano con identico punteggio di 3-0.

    Il prossimo impegno vedrà Carrozzini e compagni ospitare, giorno 29 novembre alle ore 18.30, il Lecce Volley in una gara assolutamente da vincere per stare in scia alla capolista Leverano.

    Non è un compito improbo per Cafaro, Esposito, Baldari, Perrone, De Matteis, Mazzotta, e Giannuzzi, capitanati da Andrea Carrozzini, ma mister Dicillo saprà motivarli e, all’occorrenza, sferzarli verbalmente per raggiungere l’obiettivo.

    E passiamo al gruppo Under 18 il cui organico, formato da atleti di categoria, è naturalmente integrato da tutti gli Under 16 più due giovanissimi under 14, che in casi eccezionali vengono aggregati per un’esperienza ancora più formativa.

    Nel girone di appartenenza(A) le prime tre gare hanno portato a mister Dicillo altrettante vittorie a spese di Squinzano, Lequile e Leverano, in attesa di incontrare il Lecce Volley in trasferta, mercoledì 28 alle 20.30, collocato al secondo posto in classifica con 9 punti insieme ai nostri ragazzi.

    Fuori dalla portata di Calimera, Leverano, Squinzano, Galatone, S.B.V. Olimpia, Lecce e Lequile, è la capolista Showy Boys il cui organico di spessore occupa il primo posto in classifica con 12 punti e partecipa con gli stessi atleti al campionato regionale di serie C.

    Il derby, in calendario domani 27 a Noha alle ore 19.00, ci dirà quali e quante qualità sapranno mettere in campo i nostri atleti in una gara che non lascia dubbi sull’esito finale, ma che servirà a collaudare i più giovani a test probanti.

    A  Marco De Matteis, Alessio Rizzo, Simone Liguori, Lorenzo Esposito, Pierpaolo Cafaro, Mirko Murrone, Francesco  Loreta, Lorenzo Stefanizzi, Marco Esposito, Andrea Carrozzini, Loris De Pascalis, Matteo Mazzotta, Lorenzo De Matteis, Diego Perrone e Andrea Baldari, il compito di farci assistere ad una gara piacevole, per niente remissiva, improntata sui dettami che il tecnico chiederà, in un ambiente che esprimerà un tifo accesissimo.

    Nessuna paura: non abbiamo niente da perdere, anzi sarà l’occasione per esprimerci al meglio, mettendo in campo cuore, ragione e tutte le nostre potenzialità.

    Di tutt’altro tenore il percorso della I^ divisione che con l’organico Under 18/16, integrato da Alessandro Palumbo, Marco Gaballo, Giuseppe De Paolis, Mattia Tundo,  Federico Giorgetti, Cucurachi Giuseppe, Gianmarco Sambati e i nuovi arrivati Thomas Leone e Nicolas D’Autilio ,tarda a trovare un amalgama ed è ancora privo di vittorie, nonostante si sia intravista qualche reazione positiva nel derby di sabato scorso.

    Pazienza e lavoro: siamo certi che qualcosa di buono verrà fuori.

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE SBV OLIMPIA

     
    Di Redazione (del 08/04/2020 @ 20:35:45, in Comunicato Stampa, linkato 779 volte)

    Eutanasia sportiva attiva per la disciplina della pallavolo. Dopo il rugby, apripista il 27 di marzo dell’annullamento dei campionati, anche la pallacanestro ed il volley si sono uniformati decretando la fine dei tornei nazionali. Con qualche distinguo però.

    Mentre per il basket le “V nere” di Bologna, dominatrici del campionato, non potranno fregiarsi del titolo per l’annullamento della stagione sportiva, nella pallavolo l’accordo società-Leghe ha partorito una soluzione univoca, prospettando però un’appendice.

    Questo il comunicato del CDA della Lega scaturito da tre distinte video conferenze delle Consulte di Superlega, Serie A2 e Serie A3.

    “Il Consiglio di Amministrazione ha recepito il parere espresso a larga maggioranza (11 su 13) dalla Consulta di SuperLega e all’unanimità dalle Consulte di Serie A2 ed A3 che hanno richiesto la sospensione definitiva delle tre Serie. Il Consiglio di Amministrazione, riunitosi al termine delle Consulte, comunicherà la volontà espressa da quest’ultime alla Federazione, che ha la responsabilità dell’ordinamento dei Campionati, attendendo le sue determinazioni. È stato altresì conferito mandato ad una commissione composta dall’AD Massimo Righi e dagli avvocati Stefano Fanini (Consigliere) e Fabio Fistetto (consulente di Lega) di curare la gestione quadro delle trattative economiche con atleti e staff. La Consulta di SuperLega ha discusso inoltre la possibilità di riaprire il proprio Campionato per giocare i Play Off, qualora ci siano le condizioni e le opportune autorizzazioni delle Autorità Governative e Sanitarie”.

    Stante la situazione emergenziale ancora in evoluzione nelle varie fasi, è molto probabile che la FIPAV ratifichi la sospensione dei campionati senza determinare promozioni e retrocessioni. La nuova stagione vedrebbe quindi ancora ai nastri di partenza in serie A3 le due salentine Alessano e Leverano, sicuramente vogliose di far meglio di quanto espresso nella stagione in corso.

    Anche la Lega Pallavolo femminile, dopo l'assemblea tra i club di Serie A1 e A2, ha votato per la chiusura definitiva del campionato. L'esito della riunione sarà sottoposto alla Federazione Italiana Pallavolo, che dovrà ratificare il provvedimento, ma la pallavolo femminile ha deciso di non continuare per questa stagione.

    Nel dettaglio, la decisione di finire in anticipo il campionato verrà gestita in questo modo sul piano dei risultati: Conegliano è proclamata vincitrice della regular season ma sull’assegnazione dello scudetto (scenario improbabile al momento) dovrà pronunciarsi la FIPAV.

    Nessuna retrocessione dalla serie A1 e promozione dalla Serie A2 alla Serie A1 delle squadre che attualmente occupano le prime due posizioni della Pool Promozione (Delta Trentino e S. Giovanni Marignano).

    Di contro, saranno annullate le retrocessioni dalla serie A2 alla serie B1 e verrà richiesto alla FIPAV di non effettuare promozioni dalla serie B1 alla serie A2.

    Per cuore di Mamma Cutrofiano, ben collocata in classifica al terzo posto con 28 punti, il prossimo campionato sarà il terzo consecutivo che la vedrà cimentarsi nella serie A2. 

    Un gran bel primato per la società presieduta da Roberto Mengoli che nel panorama nazionale è la sola a rappresentare orgogliosamente la Puglia pallavolistica al femminile.

    Il quadro completo della situazione del volley, poi, lo si avrà il 13 di aprile quando la FIPAV deciderà riguardo gli altri campionati di serie B maschili e femminili.

    Leo Shoes Casarano, Efficienza Energia Galatina, Libellula Tricase e Volley Martina per il girone G e Bari, Andria, Turi, Lucera e Gioia per il girone E, vedranno certamente congelato lo status quo che penalizza, con oggettive recriminazioni, Casarano e Galatina da un lato e Bari dall’altro.

    Ma tant’è: siamo attaccati da una pandemia ignota e letale che bisogna murare.

    Tutti insieme

    Piero de lorentis

     
    "Pubblichiamo una lettera aperta firmata dal Segretario del Partito Democratico di Noha dott. Michele Scalese, e indirizzata al Sindaco di Galatina e ai vertici dell'ASL Lecce, al fine di chiedere delucidazioni in merito al ritardo nella consegna dell'Unità di Terapia Subintensiva dell'Ospedale Santa Caterina Novella di Galatina, ritardo che causa non poche conseguenze per il personale medico e soprattutto per i pazienti."
     

    Spettabili,

                   questa mia, al fine di comunicare alle SS.VV. l’ennesimo disagio che vede come protagonisti non solo il personale medico del Presidio Ospedaliero “Santa Caterina Novella”, ma l’intera collettività. Tutto questo in uno scenario pandemico che ancora e purtroppo non risulta essere risolto.
    Porto alla Vostra attenzione un contesto a dir poco deplorevole che consta di mancanze di attuazione e ritardi nella consegna, chiedendo a nome mio e del Direttivo del Partito Democratico di Noha, che ha a cuore il bene della collettività, delucidazioni in merito.

    Sappiamo bene che l’Ospedale di Galatina è uno delle destinazioni dei pazienti positivi all’infezione da SARS-CoV-2; lo stesso Presidio, già vittima di un riordino ospedaliero che ne declassa l’uso, e nonostante la carenza di personale medico e paramedico (costretto a turni estenuanti al fine di garantire un servizio sanitario in toto), è deficitario anche di posti letto adeguati che consentano il monitoraggio dei pazienti h24. 

    Nello specifico, l’Unità Operativa di Medicina Covid-19 (da non confondere con l’Unità Operativa di Medicina Generale, specifica nel trattamento di patologie, la cui eziologia non è dovuta all’infezione SARS-CoV-2) conta nr. 18 posti letto che sono correttamente fruibili. Da più di un mese, tuttavia, il personale e i pazienti che hanno la necessità oggettiva di usufruirvi, attendono la consegna dell’Unità di Terapia Subintensiva comprendente di nr. 6 posti letto, appartenente anch’essa all’U.O. di Medicina, con conseguenze a dir poco vergognose, che cercherò di porre all’attenzione: nel momento in cui viene accertata la positività di un paziente che giunge presso il P.S. di Galatina con sintomi correlati al Covid, lo stesso viene come da prassi trasferito al Pronto Soccorso adibito ad uso esclusivo Covid (I Piano Palazzina De Maria, ex U. O. Gastroenterologia) in attesa di degenza, tuttavia, qualora allo stesso paziente si verificasse uno stato di insufficienza respiratoria, necessitando per questo di ventilazione e/o di monitoraggio h24, dovrebbe essere trasferito presso il DEA di Lecce; “dovrebbe” perché, come è risaputo, i posti letto sono carenti e l’attesa spesso conta anche fino ad una settimana prima del ricovero, per cui il paziente sarà costretto a sostare in Pronto Soccorso per un periodo di tempo estremamente lungo e indefinito. L’aspetto più deleterio per la sanità pubblica, a nostro parere è che l’Unità di Terapia Subintensiva del P.O. “Santa Caterina Novella” è stata ultimata da più di un mese, con attrezzature nuove e funzionanti, ma purtroppo mai consegnata!

    Cari Direttori, Sig. Sindaco, Amministratori Locali, a quando il lieto evento? Non sarebbe il caso di affrettare le pratiche burocratiche per un servizio ai cittadini più celere, verso i quali avete un dovere morale prima ancora che istituzionale? Occorre celerità, e mai come in questo periodo, perché la salute del singolo cittadino è un BENE PUBBLICO e va salvaguardato. L’Ospedale di Galatina già vittima di precedenti avversità, di cui oggi noi tutti paghiamo le conseguenze, deve necessariamente avere la sua Terapia Subintensiva, e per questo noi e tutti i cittadini, aspettiamo riscontro sul perché di questo gravoso ritardo!

    Il Segretario PD – Noha

    Dott. Michele Scalese

     
    Di Redazione (del 04/12/2020 @ 20:31:49, in Comunicato Stampa, linkato 629 volte)

    La Giunta Comunale ha deliberato oggi la sospensione del "Servizio di Gestione dei parcheggi pubblici a pagamento" fino al giorno 31 gennaio 2021.

    La decisione dell'Amministrazione Comunale accoglie anche le istanze delle diverse Associazioni del Commercio presenti sul territorio, ed è in linea con le iniziative di aiuto alle attività produttive.

    L'iniziativa di sospensione del servizio di gestione dei parcheggi è un segnale di attenzione e di incoraggiamento verso la categoria.

    Allo stesso tempo sproniamo i cittadini a rivolgersi, per i prossimi acquisti natalizi, presso le attività della propria Città per difendere e tutelare il lavoro e l'economia locale così duramente provati in questi mesi.

    E' un modo di generare economia che permette per di più di contrastare il dilagare dell'e-commerce che da "fenomeno di necessità" corre il rischio di diventare "abitudine di consumo".

    Facciamo nostro anche lo spirito dell'iniziativa di CONFCOMMERCIO che farà affiggere presso tutti gli esercizi commerciali una locandina che invita a "tenere a cuore Galatina e le sue attività commerciali".

    L'Assessore alle Attività Produttive

    Nico Mauro

     
    Di Antonio Mellone (del 27/07/2018 @ 20:31:40, in Fetta di Mellone, linkato 1798 volte)

    Finalmente, come ogni outing che si rispetti, ho trovato il coraggio di confessarlo al mondo intero: ebbene, quando ero piccolo, i miei coltivavano il tabacco e io con loro.

    Sapete, l’infanzia è come certe pietanze che pensi tu abbia digerito ma quando meno te l’aspetti tornano su.

    In genere si dice che la puerizia sia il periodo più bello della nostra vita. Sì, va bene, io ne ho avuto una sostanzialmente tranquilla, due ottimi genitori, e la tragedia non è mai andata al di là di uno scappellotto altrimenti detto mappina.

    Ebbene, io credo che non esista età più disperata, terribile e disgraziata di quella in cui la tua occupazione principale è quella di provare a diventare un uomo: qualsiasi cosa tu faccia spontaneamente non è mai quella giusta, e devi dipendere di continuo dal giudizio, dalle prescrizioni e dagli orari degli altri (anche se questi altri ti amano alla follia).

    Se poi a questa infanzia, già di per sé drammatica, tu ci aggiungi pure il tabacco capite il livello di crudeltà.

    Insomma, odiavo con tutto il cuore la coltura fumogena del tabacco: che non rientrava punto nei miei orizzonti lavorativi, non dico come impiego ma nemmeno come ripiego.

    Meno male che allora non esisteva il Telefono Azzurro, altrimenti ne avrei intasato le linee con le mie continue richieste di aiuto. Certo, non avrei nemmeno saputo come fare visto che non possedevo né un telefonino portatile (che era ancora in mente dei), e nemmeno quello fisso di casa, che arrivò intra-moenia qualche decennio più tardi. Per farvi comprendere il contesto, e visto che siamo in tema di Outing, aggiungo che in quel periodo avevo pure una zita di Bolzano, una ragazza bellissima conosciuta al mare. Ci scrivevamo lunghe lettere. Eh sì, altri tempi. Tempi d’attesa, dico. Sicché il postino non fece in tempo a recapitarmi l’ultima lettera in cui la mia adorata asseriva di amarmi alla follia, che la medesima era già bellamente convolata a nozze. Oltretutto felici.

    Ma cerchiamo di ritornare sui filari ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dai semenzai.  

    La coltivazione di codesto maledetto tabacco aveva inizio in pieno inverno, durante il mese di febbraio. Si iniziava con le ruddhre (i semenzai, appunto), che spesso erano ricoperte da un telo onde evitare che le gelate potessero colpirne le piantine. Io, fra tutti gli dei dell’Olimpo, pregavo con particolare zelo il loro capo Zeus affinché su quelle ruddhre scagliasse il suo fulmine: che da noi si chiamava sajetta.

    Le ruddhre dovevano essere annaffiate, curate e ripulite dalle fastidiose erbette. È inutile aggiungere che io tifavo e tifo tuttora per ogni tipo di erba, inclusa la gramigna, che qualche stolto – non avendo ancora capito il concetto di biodiversità – continua a chiamare erbacce (e che per il timore della povera sputacchina vorrebbe diserbare non so più con quali portentosi veleni chimici).

    Tra aprile e maggio, quando le piantine (la chiantìma) erano pronte si procedeva al loro reimpianto negli interminabili (in lunghezza) e infiniti (in larghezza) filari di tabaccare.  

    Le varietà coltivate erano i tabacchi orientali: Erzegovina, Perustitza e Xanti Yaca. Vi risparmio le differenze tra le tre qualità di tabacco che conosco meglio di ogni perito in scienze agrarie con specialistica nel settore.

    Nei giorni successivi bisognava procedere a innaffiare la piantagione e ovviamente a sarchiarla spaccandosi la schiena. Di questo però si occupava quel sant’uomo di mio padre: io ne ero dispensato per via della scuola (ubi maior). Verso la metà del mese di giugno, appena subito dopo la festa del Taumaturgo di Padova, in piene vacanze nohane, iniziava la mia specialissima campagna di Russia, con la differenza delle temperature e con il parallelo di un solo caduto sul campo di battaglia: il sottoscritto.

    Vi confido che dunque disdegnavo il 13 giugno, giorno del mio onomastico, foriero della mia incipiente estate calda, triste e infausta. Tanto che mi venivano automaticamente i lucciconi agli occhi allorché, tra gli applausi dei parenti, ero chiamato al taglio della torta di Sant’Antonio. Ma non erano mica lacrime di commozione quelle, bensì di dolore vivo per quello che m’aspettava nei giorni a seguire e fino al tanto sospirato mese di settembre.  

    Dopo la solennità di questo Santo dispensatore di miracoli (agli altri, mica al sottoscritto), iniziavano le danze. Da lì a poco venivo ridotto in schiavitù da questa mala pianta importata dall’America. E voi non immaginate quante volte ho inveito contro quel rompicoglioni di Cristoforo Colombo, che aveva osato, per giunta per isbaglio, di scoprire il Nuovo Mondo e dunque il tabacco, rovinandomi così le mie estati salentine.

    [continua]

    Antonio Mellone

     

    Certi risultati non possono passare inosservati, sono così grandi che il gruppo dirigente della Fidas di Noha lo vorrebbe comunicare al mondo intero, e sabato 13 gennaio prossimo inizierà a farlo comunicandolo ai propri donatori, veri protagonisti di questo magnifico risultato.
    Non siamo alla caccia di numeri, tant’è che Fidas Noha non si prefigge obbiettivi irraggiungibili, il nostro intento è raggiungere i risultati dell’anno precedente e se possibile, fare una donazione in più per essere soddisfatti per aver raggiunto il nostro scopo, “dare il nostro contributo a chi ne ha bisogno”.
    Nel 2016 le donazioni sono state 450 e non pensavamo che la nostra piccola comunità potesse arrivare a raggiungere traguardi più alti, ecco perché cerchiamo di osare quanto basta, ma nonostante le nostre previsioni che si limitavano a raggiungere il traguardo del 2016, l’anno 2017 è stato chiuso con un segno positivo di più 40 donazioni, facendoci ben sperare circa la possibilità di varcare molto presto la soglia delle 500 donazioni. Un risultato che riempie il cuore di gioia, per aver aiutato centinaia di persone in un solo anno a continuare a vivere, per aver permesso ad alcuni di trascorrere le feste a casa con i propri cari, per aver consentito a qualcuno di riabbracciare i propri figli, i genitori, fratelli e sorelle, oppure semplice amici, colleghi di lavoro e a qualcuno far sperare ancora di trovare il grande amore della sua vita.
    Questo è stato possibile con la generosità dei nostri donatori che diventano sempre più numerosi. Senza di loro niente di quanto detto prima potrebbe realizzarsi, tutto perderebbe colore, tutto il sistema trasfusionale crollerebbe insieme alla speranza di tante persone, di tanti bimbi, che non hanno nessuna colpa ad essersi ammalati.

    Sabato 13 gennaio, questa gioia Fidas Noha la condividerà con i suoi donatori e con la comunità intera, alla festa del Donatore e di ringraziamento, dove tutti sono invitati a partecipare. Non solo quindi la festa del donatore, ma ci piace pensare che sia la festa di una comunità intera, perché è grazie anche al sostegno morale di tanti cittadini che certi risultati vengono raggiunti, diversamente tutto si complicherebbe.
    Quale sarebbe il sostegno morale è presto detto:
    l’affetto per la Fidas che dimostrano gran parte dei Cittadini Nohani fa si che in casa Fidas si lavori in un clima cordiale e sereno come quello che si respira nel Consiglio Direttivo che mi onoro di rappresentare. Questo facilità il lavoro di tutti noi e viene proiettato all’esterno, coinvolgendo e suscitando la sensibilità di donatori e non.
    L’appuntamento di Sabato quindi è fissato anche per ringraziare tutti e in particolare i “Soci Benemeriti” con la consegna dei premi per aver raggiunto i traguardi previsti da statuto in numero di donazioni effettuate.
    Ci saranno da premiare più di 70 donatori e quest’anno per effetto delle modifiche statutarie ci sarà anche una donatrice alla quale spetta la medaglia d’oro per aver effettuato 60 donazioni tra Sangue, Plasma e Piastrine. Non ci resta altro quindi che attendere la festa di cui proponiamo la locandina con il programma.

    Antonio Mariano

    [FIDAS NEWS ANNO 6 N. 01.2018]

     
    Di Russo Piero Luigi (del 11/06/2018 @ 20:29:57, in Comunicato Stampa, linkato 1982 volte)

    Un autentico successo, sancito dall’abbraccio di circa 350 persone, l’esordio degli amici de “La Civetta dal cuore AMICO” il cui scopo è fondamentalmente quello di animare la solidarietà, la partecipazione e l'integrazione sociale, operando al servizio delle persone in difficoltà organizzando, in maniera itinerante, serate di informazione e sensibilizzazione.

    L’occasione è stata una raccolta fondi per la ONLUS salentina “cuore Amico – Progetto Salento Solidarietà”, un’associazione no-profit che opera da tanti anni nel Salento e che si rivolge a sostegno di bambini salentini affetti da gravi patologie o aventi particolari necessità.

    Location dell’evento l’affascinante cornice dell’aranceto del Castello di NOHA, sede dello storico presepe; un doveroso ringraziamento va proprio all’Associazione "Masseria Colabaldi" che ci ha accompagnato amorevolmente in questa splendida avventura.

    Ci siamo deliziati con le deliziose “puccette” con le olive e alla pizzaiola appena sfornate, con le “pittulicche” bollenti, con le bruschette abbrustolite sulla brace, con un buonissimo Primitivo di Galatina, abbiamo ascoltato le indimenticabili colonne sonore targate esclusivamente anni 80 e siamo riusciti a raccogliere 800€; tanta musica dunque, tante cose buone da mangiare, tanto divertimento, ma anche e soprattutto tanta solidarietà.

    Ringraziamo inoltre i ragazzi della seconda A e seconda B della Scuola Secondaria I° Grado dell’Istituto Comprensivo "Polo 2" di Noha diretti magistralmente dall’insegnante Colazzo Rita Maria.

    La serata è stata ulteriormente impreziosita dalla presenza dei due Parlamentari galatinesi (Onorevole Leonardo Donno e Senatore Cataldo Mininno) e dell’Assessore Loredana Tundo in rappresentanza dell’Amministrazione comunale di Galatina. 

    Ci sono serate belle da vivere e anche da raccontare: quella di sabato 09 giugno 2018 è senza alcun dubbio da annoverare in questa schiera. Noi ci saremo sempre dove poter portare un aiuto.

     

    Gli Amici de “La Civetta dal cuore AMICO”

     
    Di Redazione (del 14/12/2020 @ 20:28:30, in Comunicato Stampa, linkato 837 volte)

    Sono stati oltre 700 i Pandoroni di cioccolato solidali pro Bimbulanza consegnati in pochissime settimane.

    Le parole dei promotori Sandro Argentieri, Alessandro Antonaci e Piero Luigi Russo: «L’attività sportiva, quella sana e lontana da interessi economici e obiettivi irraggiungibili, è uno strumento nuovo che andrebbe sfruttato e promosso proprio per il suo indubbio valore sociale ed educativo. Lo sport non è solo disciplina, allenamento e competizione. Lo sport è prima di tutto solidarietà, onestà e rispetto per gli altri. Questi sono i valori fondanti del nostro “lavoro”, la nostra missione… Ringraziamo di cuore i nostri compagni di viaggio:

    "Voglia di casa" di Rosaria Pellegrino in via Liguria, 15 a Galatina;

    Pantagruel di Adriano de Lorenzis in via Liguria, 66 a Galatina;

    Club cuore Giallorosso di Gaetano Gaballo in via Marche, 60 a Galatina;

    Gabrieli Materiale Elettrico di Antonio Gabrieli in via Soleto, 176 a Galatina;

    Vitasnella Palestra in via Piemonte, 40 a Galatina e, naturalmente, tutti coloro che, ancora una volta, hanno creduto in noi…».


    Ricordiamo che la “Bimbulanza” è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.

    Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte" O.d.V., nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.

    Piero Russo

     
    Di Michele Scalese (del 04/02/2020 @ 20:27:11, in Comunicato Stampa, linkato 1057 volte)

    Quando dissi ai miei compagni cosa stavo pensando per noi (ma più di tutto per Noha) erano davvero entusiasti. Mi misi subito a lavoro per trovare un argomento adatto, senza sbavature, che sia adeguato al contesto storico in cui viviamo e incentrato alla formazione.

    Mi venne in mente l'idea di un ciclo di Seminari che potesse dar vita a nuovi modi di vedere e che potessero formare la coscienza più che la mente. Non intendiamo fare di questa opportunità un indottrinamento sterile, abbiamo nel cuore l'esigenza di intessere relazioni, di prendere per mano questa porzione di territorio e camminare insieme.

    Parlare dell'odio allora, analizzare i contenuti, trovare modi per arginare tanta violenza, deve necessariamente dare inizio a questo percorso, perchè in una società come la nostra, sempre più scissa e vittima di parole che feriscono, abbiamo bisogno di sporcarci le mani per un mondo migliore, che tutti abbiamo l'obbligo morale di scrivere "Juden Hier", non tanto sulle nostre porte - si cancellerebbe - ma nel nostro cuore, poichè tutti ma proprio tutti, abbiamo infine l'obbligo di dire all'altro "sei mio amico, non nonostante la tua diversità, ma proprio perchè divergi da me!".

    Ho capito quindi che l'unico modo per formare la coscienza è proprio quello di mettersi in ascolto a cuore aperto, e per fare questo si è pensato al caro Luigi, docente universitario, che attraverso le sue competenze ci farà capire che coesistono nuove tipologie di odio e che spesso queste sfociano in Razzismo. Ho pensato ad Ernesto, ai suoi studi e a tutto ciò che nell'era dei nativi digitali genera disprezzo e risentimento; al mio amico Giuseppe e agli strumenti legali con cui contrastare l'odio. Ci sarò anch'io in questo programma, mi concentrerò sulle conseguenze rifacendomi ai miei studi, a ciò che ho saputo fare senza la pretesa di essere detentore di una verità assoluta, ma semplicemente ascoltando le motivazioni sottostanti il voto populista derivante il pregiudizio. Infine, si metteranno a disposizione le competenze di Francesco, giovane educatore fra i giovani, che ci aiuterà a capire come sia necessario oggi ripartire dalla scuola quale ambiente educativo per formare le nuove generazioni alla tolleranza.

    Io, Alice e i nostri compagni abbiamo questo da offrirvi.. vi aspettiamo il 7 marzo 2020 alle ore 18.00 presso la sala convegni dell'Ass.ne "L'Altro Salento" in via Collepasso, 25 Noha.
    Siamo una comunità che cammina insieme e sappiamo bene come questo sia il contrario del "Ti odio!". 

    Circolo PD-NOHA

     

    Al motto di "Rilanciamo la fiera di Galatina" continueranno tutte le domeniche, fino al 19 dicembre, gli appuntamenti con i banchetti di raccolta firme in Piazza Aligheri.

    «Un'adesione sorprendente quella che abbiamo riscontrato» commenta il comitato promotore dell'iniziativa, composto da cittadini, liberi professionisti, attuali ed ex amministratori.
    L'iniziativa ha mosso i primi passi nella seconda metà di Ottobre. L'Amministrazione Comunale di Galatina ha confermato l'intenzione di voler riservare una porzione del quartiere fieristico alla realizzazione di un centro di alta formazione professionale. E una larga fetta della popolazione è insorta, organizzando una petizione popolare con gazebo e raccolta firme itineranti.
    Il prossimo 28 dicembre, sempre a Galatina, sarà promosso un dibattito pubblico sul tema aperto alla cittadinanza, agli imprenditori, alle associazioni di categoria, gli stessi amministratori della cittadina e tutti coloro che vorranno confrontarsi sul tema del rilancio del quartiere fieristico. Saranno presenti esperti del settore e tecnici, per favorire un dibattito mirato e approfondito, in grado di rendere gli stessi cittadini coprotagonisti delle future scelte e azioni che interesseranno la struttura fieristica.

    «Noi porteremo la nostra idea, il nostro progetto e la nostra visione - dicono dal comitato promotore - così come ognuno potrà sentirsi libero di addurre un proprio contributo per il rilancio del quartiere fieristico e della città tutta. Bisognerà però lasciare a casa personalismi e preconcetti. La città e i suoi beni sono di tutti i galatinesi. Ed è giusto che tutti possano partecipare attivamente a questo e a tutti gli altri percorsi che tirano in ballo il presente e il futuro di Galatina, realtà centrale del Salento e volano per l'economia del territorio.
    In quell'occasione - continuano - saranno anche annunciate ulteriori novità.
    Riteniamo che quella avanzata sia una scelta miope e dannosa. Esistono diversi immobili comunali che potrebbero essere destinati ad accogliere il centro di formazione, al quale non siamo contrari, sia chiaro; ma collocarlo nel Quartiere Fieristico sarebbe un danno irreparabile in primis per l'intero immobile, che subirebbe il colpo di grazia definitivo. E poi per tutta la città e il suo hinterland, che perderebbero una realtà altamente attrattiva, se adeguatamente ripensata e recuperata.
    Ricordiamo che Galatina è il terzo polo fieristico regionale dopo Bari e Foggia, e l’intero immobile rappresenta, per il bilancio comunale, la proprietà di maggior valore economico.

    Crediamo che l'impegno degli amministratori debba essere orientato alla rivalutazione definitiva dell'immobile, tenendo conto principalmente di fattori concreti e di rilievo. Uno su tutti l'importanza per la nostra città di riavere un attrattivo polo fieristico e dei convegni, un’area eventi rinnovata e fruibile 365 giorni all’anno, godendo anche della possibilità concreta di reperire risorse economiche per la ricostruzione dell'immobile e il suo rilancio.
    Per questo l'azione di protesta, dal motto “RILANCIAMO LA FIERA DI GALATINA” continuerà e si farà portavoce di tutti coloro che hanno realmente a cuore il benessere della città».

     

     
    Di Redazione (del 06/12/2021 @ 20:23:05, in Comunicato Stampa, linkato 1020 volte)

    Le festività natalizie di quest’anno saranno in gran parte dedicate ai bambini.

    Per prima cosa, inizieremo con l’accensione dell’albero, martedì 7 dicembre alle ore 17:00, in compagnia della ZAGOR STREET BAND.

    Le luminarie nel centro storico hanno un tema conduttore. Nel giugno 2021 la Compagnia degli Exsultanti, supportata anche dalla Regione Puglia, ha candidato 33 rosoni di Puglia quale patrimonio dell’Unesco. L’Amministrazione Comunale ha preso spunto da questa proposta per condividere con la ditta LUMINO SRL, un progetto unico e del tutto originale che riproduce in maniera stilizzata, su materiale plastico i rosoni delle Chiese e Cattedrali di cinque città Pugliesi: Otranto, Ostuni, Trani, Ruvo di Puglia ed ovviamente Galatina, con la Basilica di Santa Caterina.

    La VIA DEI ROSONI si snoda tra Via Vittorio Emanuele e via Umberto I ed un modo diverso per tenere lo sguardo alto ed attento sulle nostre caratteristiche bellezze.

    Il nostro albero di Natale, proposto da LUMIWORKS srl, si caratterizza per la sua originalità. Con i suoi quindici metri di altezza e quasi sette di diametro, si impone su piazza San Pietro contribuendo a darne una diversa immagine a seconda del punto di osservazione. È un albero che invita alla gioia con i suoi colori e la sua luminosità.

    In fondo a Via Umberto I è stata collocata una originale struttura che richiama la tradizionale cassa armonica. La particolare cupola trasparente illuminata sarà il tetto sotto cui chiunque potrà esibire le proprie qualità musicali o canore. Ma sarà anche uno spazio aperto alle letture pubbliche, alla recitazione e ad ogni forma di espressione artistica.

    Una proiezione luminosa a tema natalizio sarà effettuata sulla facciata di PORTA LUCE. Sarà un modo per valorizzare una delle porte antiche di accesso alla Città ma anche un segno di accoglienza per cittadini e visitatori.

    Ci sarà anche all’interno di Palazzo Gorgoni, in Via Umberto I, una proiezione luminosa a tema Natalizio.

    Il calendario completo delle manifestazioni sarà il seguente:

    VILLAGGIO DI BABBO NATALE

    All'interno dell'ex convento delle Clarisse, il Villaggio sarà un progetto sociale ed inclusivo creato dall'associazione C.S.CI asd, in collaborazione con ABILMENTE INSIEME, POLVERE DI STELLE, FALLA PER ME aps, LAICI COMBONIANI onlus, Missionari Comboniani ed i bambini del Centro Socio Educativo Diurno di Galatina.

    La condivisione del lavoro tra le diverse associazione e la particolare attenzione ai temi sociali rendono il Villaggio di Babbo Natale un’esperienza del tutto innovativa.

    Nei giorni 11-12-18-19-22-25-26 dicembre e 1-2-6- gennaio 2022, nelle ore 10:00-13:00 e 16:00 - 22:00 si succederanno:

    LABORATORI (attività con gli Elfi di Babbo Natale):

    • Laboratori di riciclo artistico natalizio
    • Disegnando il Natale: Concorso EcoNatale; Natale inclusivo e sociale
    • “Caro Babbo Natale ti scrivo…”, preparazione letterina a Babbo Natale
    • “Natale in tutti i sensi”, musical dei bambini e dei ragazzi del DogWinterCamp 2021
    • Piccole mani in pasta, tradizioni gastronomiche salentine
    • Giochi e Attività Natalizie

    EVENTI FOLKLORISTICI:

    • Babbo Natale incontra i bambini di Galatina
    • Visita alla Casa di Babbo Natale realizzata in collaborazione con i ragazzi del Centro Socio Educativo Diurno “Santa Chiara”
    • Visita alla Fabbrica dei Regali e alla casa degli Elfi e delle Fate
    • La Befana vien di notte… incontro con la Befana il 6 gennaio
    • Babbi Natale in bici… percorso folkloristico per le vie di Galatina
    • C’era una volta Natale, parata dei personaggi della Disney
    • Mille e una fiaba, lettura animata di fiabe

    EVENTI CULTURALI:

    • Cineforum Natalizio: rassegna di film natalizi per bambini e famiglie
    • Natale in musica, performance di gruppi musicali
    • Natale con la pizzica
    • Visite guidate al Chiostro di Santa Chiara e alla Chiesa di San Luigi in collaborazione con InfoPoint e Proloco.
    • Istallazioni luminose nel giardino del Chiostro
    • Magie del Natale, Performance di artisti di strada
    • Mille e una fiaba, lettura animata di fiabe natalizie
    • Concorso Natale inclusivo e sociale, Concorso per il miglior Presepe ecologico, inclusivo e sociale

    EVENTI SOCIALI:

    • Natale Inclusivo, Mercatino dei lavori artistici realizzati dai ragazzi di Abilmente Insieme
    • Mercatino Natalizio della Solidarietà, raccolta fondi per famiglie povere di Galatina organizzato dall’associazione CSCI Galatina
    • Mercatino Natalizio Ecosolidale per le Missioni, raccolta fondi per le Missioni organizzato dai Missionari Comboniani e da Laici Missionari Comboniani Onlus
    • Fai la differenza… e Intrecci di solidarietà Progetti di solidarietà a cura dell’Associazione C.S.C.I. Galatina

     

    Ancora, per i bambini ci saranno:

    a cura della Associazione TERRA DEI PICCOLI ETS dal 23 dicembre al 5 gennaio 2022 Laboratori Natalizi per bambini, presso le Gallerie Tartaro ed il giorno 22 dicembre, in Chiesa madre, un concerto gospel.

     

    • La COMPAGNIA TESTE DI LEGNO proporrà il giorno 22 dicembre in piazzetta Galluccio i GIOCHI MEDIOEVALI, ed il 17 dicembre in via Principe di Piemonte  lo spettacolo di burattini ALICE NEL PAESE DI POSEIDONIA ed il giorno 2 gennaio 2022 in piazza Cesari lo spettacolo di burattini IL MONDO DI OZ.
    • Il giorno 17 dicembre a cura della Associazione World DIEGO EVENTI tra Corso Principe di Piemonte e Piazza Alighieri ci sarà il MAGIC CHRISTMAS spettacolo di mascotte, burattini, trampolieri, gonfiabili, bolle e vario intrattenimento.
    • L’associazione BALLA PER ME il giorno 22 dicembre presso piazza Cesari proporrà uno spettacolo di animazione per bambini con trucca bimbi, giochi interattivi, pupazzi di neve, elfi parlanti e tanto altro.
    • Ancora artisti di strada il 26 dicembre a Collemeto, a cura del CIRCUS KALUS SHOW che proporranno “THE CHRISTMAS PARK”, LA POSTAZIONE DI Babbo Natale e l’intrattenimento di Flavio Leo e Riccardo D’Ostuni.
    • La rassegna NOTE BATTENTI quest'anno si svolgerà nelle chiese del territorio, per ragioni di spazio e per andare incontro alle comunità parrocchiali ed avrà la direzione artistica della Associazione GIOVANI REALTA’

     

    Il calendario sarà il seguente:

    • 12 DICEMBRE - CHIESA DI SAN SEBASTIANO

    CONCERTO DEL QUINTETTO LUPIAE

    • 19 DICEMBRE - CHIESA cuore IMMACOLATO DI MARIA

    CONCERTO DEL QUARTETTO DISSONANZE

    • 25 DICEMBRE - CHIESA DEI SS. PIETRO E PAOLO

    CONCERTO DI NATALE a cura di GIOVANI REALTA’ – APS

    • 26 DICEMBRE - BASILICA DI SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA

    CONCERTO DEL DUO ANGELA COSI E VALENTINA MARRA

    • 1 GENNAIO - CHIESA DEI SS. PIETRO E PAOLO

    CONCERTO REDI HASA ED EMANUELE COLUCCIA

    • 2 GENNAIO - CHIESA SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI – COLLEMETO

    CONCERTO a cura di GIOVANI REALTA’ – APS

    • 6 GENNAIO - CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO – NOHA

    CONCERTO TRE NIÑOS

     

    MERCATINO DI NATALE

    Nei giorni 4-5-7-8-11-12-18-19-22-23- dicembre si terrà in piazza San Pietro il mercatino di Natale, a cura dall'Associazione DICIOTTESIMOMERIDOANO APS con esposizione di prodotti dell'artigianato salentino.

    GUSTOSE SERATE

    A cura dell'Infopoint di Galatina, con APS TERRE A SUD DEL TEMPO nei giorni 27 dicembre e 2 gennaio 2022 si terranno due "serate gustose".  Itinerari serali alla scoperta del centro storico con visite guidate e degustazione finale in una location a sorpresa.

     

    Altri eventi potranno aggiungersi nel corso delle festività.

    Potrete seguire sulla pagina fb NATALE IN TUTTI I SENSI E MARCELLO AMANTE SINDACO CON IL POLO CIVICO

    Impegniamoci a vivere con le consuete accortezze questi giorni intensi.

     

    Nico Mauro

    Assessore al turismo

     
    Di Michele Scalese (del 09/07/2019 @ 20:22:14, in Comunicato Stampa, linkato 1001 volte)

    Se c’è una cosa che ho sempre più a cuore dell’Azione Cattolica, è il fatto di come essa non rivolga l’attenzione solo alle “cose di Chiesa”, ma partendo da queste mira ad suo campo d’Azione – per l’appunto – più ampio, al punto da riuscire a portare in un tessuto sociale così vario, idee e valori di quell’ecclesialità bella che tanto amo.

    Tutti noi siamo quotidianamente in cerca di risposte alle tante domande che irrompono dall’esterno: non possiamo tacere, l’Associazione ha il compito di fare chiarezza. È risaputo come tra i temi più importanti che oggi toccano da vicino la coscienza dei cristiani ci sia sicuramente quello riguardante l’agire politico e le modalità con cui esercitare questo compito. In un periodo storico come il nostro, nel quale rosari e vangeli vengono sbandierati e strumentalizzati per fini elettorali, era ed è necessario ritornare a interrogarsi profondamente sulla Res Pubblica e riaffermare ancora una volta, da laici e più che mai da cristiani, la sacralità delle Istituzioni di cui la Politica occupa “la più alta forma di carità”, per far capire al mondo che il Vangelo è facile da mostrare ma diventa difficile la sua applicazione nel quotidiano. Conosciamo bene inoltre, come la coscienza formata rappresenta la visione più ampia di autonomia che il Concilio riconosce ai laici e al loro operare tra la gente. Ciascun battezzato è quindi responsabile del proprio modo di agire alla luce di quella sapientia docta, anche e soprattutto nel caso di scelte politiche differenti (GS, n. 43). Ed è questo che l’Azione Cattolica dell’Arcidiocesi di Otranto ha tentato di fare in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo, mediante l’incontro organizzato Sabato 18 Maggio 2019 finalizzato alla presentazione del libro “EurHope. Un sogno per l’Europa, un impegno per tutti” di Michele d’Avino, Giurista e Direttore dell'Istituto di diritto internazionale della pace Giuseppe Toniolo.

    “Quando si pensa all’Europa - dice d’Avino - la primaria importanza è data dalla doppia cittadinanza che ci viene assegnata: italiana ed europea”. Ed è vero, sottolineo! Viaggiare in Europa è davvero facile: basti pensare che la maggioranza dei paesi dell’UE hanno eliminato i controlli reciproci alle frontiere firmando l’accordo di Schengen (che prende il nome da una città del Lussemburgo nella quale nel 1985 fu firmato il primo accordo per l’abolizione dei controlli alle frontiere).

    Per guardare al futuro dell’Europa occorre essere muniti di uno sguardo lungimirante - ci ricorda l’autore nel suo libro - che abbracci decenni di cammino. Ma non basta: è importante, nell’era della globalizzazione, mirare alle tante possibilità concrete che tale cammino consegna alle prossime generazioni. Ma noi, ce lo immaginiamo un mondo senza l’UE? Tra i tanti svantaggi che un Paese sovranista potrebbe avere, mi rifaccio alla drammatica considerazione dell’Uomo: se in Italia ha successo un leader (lettera minuscola di proposito!) che fa leva sul fenomeno del momento per avere consenso elettorale ed è pronto a dire “Prima gli italiani!”, senz’altro in Francia ce ne sarà un altro che rivendica “Prima i Francesi!” e in Polonia un altro ancora, che sbandiera il “Prima i Polacchi!”; arriveremo ad un punto, fratelli miei, in cui la Storia non potrà fare a meno di ripetersi, e partirebbe per l’ennesima volta da quell’uomo che in Germania dichiarò: “prima i Tedeschi!”.

    Un altro passaggio che il Dott. D’Avino compie, sta nello specificare che l’Europa è sicuramente una realtà più grande delle istituzioni. Ciò sembra stridere con quanto detto fin ora, ma ci dice che questa realtà è qualcosa di più grande anche delle inadeguatezze con cui affronta le questioni del nostro tempo: le migrazioni, la povertà, il terrorismo, lo sfaldamento dei legami sociali. Per evitare il fallimento del progetto UE occorre ripartire da noi stessi assumendoci la responsabilità in prima persona, “…non possiamo e non dobbiamo rassegnarci all’idea di un’Europa chiusa in se stessa, smarrita e in preda alla paura!” [ibidem]

    Penso che la nostra è l’Europa di chi spera ancora, è l’Europa di Dante, Shakespeare, Goethe, del Rinascimento, è l’Europa integra nell’idea di Uomo e della sua stessa identità.  Anche chi lamenta una incolmabile distanza da Bruxelles non potrà fare a meno di sentirsi “europeo” di fronte all’evidenza delle conquiste, in termini di diritti, opportunità e tutele, che il processo di integrazione ha prodotto e continua a produrre, a cominciare dalla Pace. Tutto questo ci ricorda che l’Europa è indispensabile per il mantenimento della pace tra i popoli che la abitano. Pensiamo ancora che per difendere i nostri costumi, per sentirci al sicuro, dobbiamo alzare frontiere, muraglie, cordoni umani, aumentare la distanza fisica e soprattutto morale tra noi e il resto del mondo che apparentemente non ci appartiene? Non vale forse la pena condividere un progetto per un nuovo governatorato globale, che faccia fronte comune contro il terrorismo e promuova cooperazione e sviluppo tra i popoli?

    Pensiamo davvero che la sicurezza aumenti quando resto chiuso in casa e posso legittimamente usare un’arma per difesa personale? O piuttosto dobbiamo impegnarci a creare attraverso politiche condivise a livello europeo, le condizioni per ridurre odio e emarginazione? Questo significa che l’Unione non è e non sarà uno Stato unitario, un Superstato che assorbe e sostituisce gli Stati nazionali, ma una federazione di Stati che mettono in comune con efficacia e con metodo democratico alcune competenze, per obbiettivi non raggiungibili solo a livello nazionale e questo implica l’accettazione di un concetto non esclusivo di sovranità. Nello scrivere queste parole penso al Vita Activa di Hannah Arendt, in cui viene presentata l’azione politica come la più elevata tra le attività di cui è capace ogni essere umano, preceduta dal lavoro che ci libera dalla schiavitù della sopravvivenza biologica e dall’opera mediante la quale costruiamo il mondo.

    Si tratta allora di assumersi le proprie responsabilità, facendo nostre le parole di Papa Francesco che rivolgendosi ai Capi di Stato in occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, disse: “I Padri fondatori ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è un modo di concepire l’uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile e non solo come un insieme di diritti da difendere, o di pretese da rivendicare.” Queste parole ci invitano ad essere cittadini, e a farlo con fede, perché siamo cittadini dell’Europa della Speranza quando siamo capaci di vivere senza barriere che ci impediscono di vedere il cuore dell’altro e misurare ogni nostra azione con la mole universale della dignità della persona umana. In un contesto globale caratterizzato dal risorgere di populismi e interessi nazionali, indifferenza verso i deboli, crisi della democrazia rappresentativa e delle istituzioni sovranazionali, i cattolici sentano forte e urgente il bisogno di contribuire a costruire una società più fraterna e un mondo più giusto, partendo dal nostro piccolo e assimilando il bene, renderlo simile a sé, per poi spanderlo…a piene mani!

    Michele Scalese
    Presidente AC – Noha
    Membro d'Equipe Diocesana Settore Giovani di AC

     
    Di Redazione (del 05/06/2014 @ 20:21:47, in Comunicato Stampa, linkato 2220 volte)

    Filippo Stasi:”Vicenza ora parla galatinese! Tra noi ed il nostro sogno c'è solo il Foro Italico, domenica prossima!”

    Domenica scorsa, si è tenuta la sesta e penultima giornata della serie B maschile di tennis. Il C.T. Galatina ha affrontato, in trasferta, la SSD '98 Vicenza. Fino a quel momento, la squadra veneta era quarta in classifica ed aveva un gran bisogno di punti. Purtroppo, però, i veneti hanno fatto i conti senza l'orgoglio salentino. I vicentini sono andati subito sotto nei primi due singolari. Luca Giordano (2.5) contro Alessandro Grigio (3.2), prima e Daniele Pepe (2.5) contro Fabrizio Cavestro (2.6) poi, hanno portato sul due a zero il conto dei match in due incontri sofferti, ma brillantemente superati da parte dei due atleti del CT Galatina. Subito dopo è stato il turno di Pierdanio Lo Priore (2.5), contro Enrico Zen (2.5); ma il salentino di Roma, è stato troppo più forte e troppo più solido del suo avversario, battendolo per 6-2 6-3. Un sussulto al cuore dei tifosi del C.T. Galatina, è stato dato dalla partita di Stefanos Tsitsipas (2.5) contro Nicola Ghedin (2.2 e n. 900 al mondo). Il greco si è portato agevolmente avanti nel primo set, ma si è dovuto arrendere nel due set successivi a causa del riacutizzarsi di un problema al braccio destro. A metà giornata, quindi, il C.T. Galatina vinceva per 3 a 1 nel conto dei match. I due doppi, diventavano, così, fondamentali per la vittoria del C.T. Galatina. Nel primo, Lo Priore e Tsitsipas hanno dato una lezione a Zen e Cavestro con un 6-1 6-4, mentre il doppio Giordano-Stasi ha faticato un po' più del previsto contro Grigio-Ghedin, ma vincendo comunque per 7-5 6-3.

    Alla fine della giornata, dunque, il tabellone segnava il seguente punteggio: SSD '98 Vicenza 1 – C.T. Galatina 5.

    “Il Presidente ci aveva chiesto uno sforzo e noi non potevamo deluderlo. A Vicenza erano convinti di farci a pezzi, ma abbiamo dato una lezione di salentino anche a loro. Da parte di tutti c'è una grande voglia di continuare a sognare e sappiamo che tutto dipende dalla partita di domenica prossima, in casa contro il Foro Italico. Questo è il momento di spingere sul pedale del gas ed andare più forte di tutti!”

    Galatina, 03 giugno 2014

    Filippo Stasi

    Capitano e Direttore Sportivo del “C.T. Galatina”
     
    Di Redazione (del 25/07/2019 @ 20:20:57, in Comunicato Stampa, linkato 1004 volte)

    Il sindaco Amante e la sua giunta sperperano denaro pubblico per favorire un’associazione, Futuramente, che in data 23 maggio prima chiede di collaborare, a titolo gratuito, con l’Amministrazione comunale nell’organizzazione e gestione degli eventi inseriti nella rassegna estiva A cuore Scalzo 2019 e il 5 giugno, con delibera numero 141, si ritrova ad essere nominato soggetto attuatore. E le giravolte non finiscono qui. In prima battuta viene riconosciuto a questa associazione, per il ruolo che le è stato riconosciuto, un rimborso, per le spese sostenute per l’attività svolta, di 13.500 euro, successivamente queste somme “per magia” diventano un lauto compenso. 

    A questa associazione, peraltro costituita solo qualche giorno prima della delibera che l’ha investita del ruolo di attuatore, l’amministrazione chiede di fatto di sostituirsi agli uffici competenti perché con le ferie non ci sarebbe personale sufficiente a gestire gli adempimenti legati alla rassegna estiva. Cosa è accaduto? Secondo quanto affermato negli atti le risorse umane a disposizione del Comune devono godere del meritato riposo, quindi delle ferie, ragion per cui si rende necessario esternalizzare il servizio, perché di questo si tratta.  Futuramente, quindi, non è scelta perché proponga chissà quale iniziativa di promozione del territorio o della cultura e delle tradizioni galatinesi, come peraltro prevedeva il bando per la partecipazione alla rassegna estiva, ma semplicemente per fargli svolgere un servizio che l’amministrazione comunale ritiene di non poter fare.

    Per favorire questa associazione hanno fatto di tutto e di più arrivando, addirittura all’erogazione anticipata di 6.500 euro quando, invece, indicandola come soggetto attuatore era stato stabilito che le somme sarebbero state erogate a Futuramente «a conclusione della suddetta rassegna, su presentazione di puntuale rendiconto».

    Quanto avvenuto si commenta da solo, ma rilevo che l’operazione complessiva posta in essere dall’amministrazione comunale, a vantaggio di Futuramente,  è un illegittimo affidamento di un appalto di servizi, senza alcuna gara e fatto  direttamente. Per queste ragioni ho diffidato il sindaco Amante e i Responsabili unici del procedimento dal proseguire nell’attuazione di quanto previsto a favore dell’associazione Futuramente, riservandomi tutte le tutele di legge nel caso in cui la legalità non fosse prontamente ripristinata e le somme già erogate non rientrino nella disponibilità delle casse comunali.

     

    Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

    Giampiero De Pascalis

     
    Di Antonio Mellone (del 20/11/2018 @ 20:19:13, in NohaBlog, linkato 1358 volte)

    A me duole il cuore ogni volta che osservo lo stato in cui versano le nostre Casiceddhre in miniatura, architettate ed eseguite in pietra leccese dallo scultore Cosimo Mariano all’inizio del secolo XX e lasciate marcire nel degrado e nell’abbandono dai noi altri contemporanei del XXI.

    Certo, ora ci sarà chi si permetterà di fare dell’ironia spicciola sui beni culturali nohani, chi dirà che non sono assolutamente paragonabili alle opere di Leonardo da Vinci, che ci sono “ben altre” priorità e che, magari, la cultura non si mangia [in effetti per mangiarla bisognerebbe prima masticarla, ndr.].

    Per quanto ovvio, del tutto inutile sarà spiegargli il fatto che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti di un patrimonio artistico, bensì il contesto, la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.

    Vorrei appena ricordare che questo piccolo complesso monumentale è scenografia di romanzi (come “Il Mangialibri” di Michele Stursi, ma anche “Lento all’ira” di Alessandro Romano), contesto di innumerevoli racconti (alcuni contenuti in altri volumi, tipo “Salento da Favola”, edito da quiSalento), argomento di cataloghi d’arte e libri di storia, servizi giornalistici, trasmissioni televisive, ricerche da parte di studenti di ogni ordine e grado scolastico, e finanche tema di interi capitoli di tesi di laurea in conservazione dei beni culturali. Oltretutto le Casiceddhre sono anche un “Luogo del cuore” del FAI, ancor oggi ammirato da decine di viaggiatori, e da quei nohani che hanno occhi per guardare il bello nei tesori a loro più vicini.

    Non so se abbiate mai notato il fatto che quando capita un disastro (un’alluvione, un terremoto, eccetera) le persone che hanno perso tutto spesso esprimono anche l’angoscia per la distruzione del patrimonio storico e artistico, emblema della loro identità. 

    Bene. Un popolo colto è quello che, difendendo le sue ricchezze artistiche, contribuisce a rendere l’ambiente in cui vive più prezioso e civile; mai invece sarà quello che, con la lacrimuccia di coccodrillo (chiagn’e fotte, anzi se ne strafotte), farà finta di riconoscerne presenza, forza e rilevanza solo quando ne verrà privato.

    Non so se esista già un progetto di recupero delle Casiceddhre di Noha. In mancanza di notizie in merito, proporrei un incontro monotematico (data e luogo da definire) cui possano partecipare: proprietà, associazioni locali, esperti in materia di restauro, maestranze, storici, istituzioni, cittadini liberi e pensanti, e chiunque voglia contribuire alla ricerca di una strategia comune volta alla tutela della Pompei nohana.

    Astenersi perditempo e analfabeti funzionali.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 18/04/2017 @ 20:17:51, in Comunicato Stampa, linkato 1891 volte)

    Semplicemente fantastici! I ragazzi della Showy Boys Galatina vincono la Coppa Puglia 2017 e scrivono un altro capitolo importante della storia pallavolistica del club bianco-verde che quest’anno festeggia i suoi 50 anni. Un nuovo trofeo arricchisce la bacheca della società bianco-verde, un trofeo cercato e conquistato dalla squadra galatinese grazie a due prestazioni maiuscole e contro due avversarie vincitrici del campionato nei rispettivi gironi e già promosse in serie C.

    Sabato 15 aprile, alle ore 11, come da calendario della Coppa Puglia, la compagine bianco-verde ha disputato la prima partita di semifinale contro la Pallavolo Martina sul campo della palestra del liceo scientifico “Amaldi” di Bitetto. In contemporanea, a Palo del Colle, nella palestra della scuola elementare “Antenore”, la formazione di casa ha sfidato, nell’altra semifinale, la Bee Volley Lecce. Le quattro squadre più rappresentative a livello regionale in campo per la conquista dell’ambito trofeo regionale. Avvincente e ben giocata da entrambe le squadre la gara tra la Showy Boys Galatina e la Pallavolo Martina. Equilibrio nel set di apertura con le due sfidanti a rincorrersi sino al 21-22 per il team di mister Nuzzo che nello sprint finale riesce a far suo il game per 22-25. Anche nel set successivo si gioca palla su palla. Il Martina si affida all’esperienza del suo atleta più rappresentativo, Lo Re, e a quella del regista Massafra per aggiudicarsi il parziale (25-23). I galatinesi non abbassano la concentrazione e fanno del gioco di squadra l’arma vincente. Capitan Imbriani e compagni passano a condurre la gara annullando ogni velleità della Pallavolo Martina. Il terzo set è quasi un monologo bianco-verde (17-25). La squadra di mister Parisi, in svantaggio di due set, deve giocarsi il pass per la finale nel quarto set. Sale l’adrenalina e in campo si vede un’ottima pallavolo. A Lo Re da "posto 4" rispondono i ragazzi della Showy Boys per vie centrali. Ormai è una sfida a viso aperto. I galatinesi si riportano avanti (17-20) ma il Martina si rifà sotto costringendo gli avversari ai vantaggi. Sul punteggio di 28-29 un pallonetto out del n. 7 Ceppaglia decreta la prima finalista della Coppa Puglia. E’ la Showy Boys a contendersi la vittoria finale nella sfida prevista nel pomeriggio. E mentre sul rettangolo di gioco di Bitetto i galatinesi festeggiano si attende la notizia del risultato dell’altra semifinale tra Palo Sporting Club e Bee Volley Lecce. Dopo più di due ore di gioco, a spuntarla per 2-3 (25-23, 21-25, 14-25, 28-26, 10-15) è il Palo Sporting Club, società a cui il Comitato Fipav Puglia ha assegnato l’incarico di organizzare l’evento sportivo per la stagione 2016-17. Un pranzo veloce e per i ragazzi della Showy Boys è già tempo di ritornare in campo per affrontare la finalissima. Palestra “Antenore” di Palo del Colle gremita in ogni ordine di posto, una tifo caldo fa ribollire la struttura e preannuncia uno sforzo ancora più arduo per i galatinesi. Come nelle previsioni, l’avvio di gara lascia intravedere equilibrio in campo. Si va avanti punto su punto. I locali sfruttano le bocche di fuoco da "posto 2" e "posto 4" e si affidano ad una buona cabina di regia mentre i bianco-verdi passano con il gioco al centro e si dimostrano più compatti come collettivo (22-25). La Showy Boys Galatina vince meritatamente il primo parziale e fa vedere che intende fare sul serio. Forte del vantaggio la squadra di coach Nuzzo riprende a fare gioco anche nel parziale successivo. Il +2 non dà certo tranquillità ai bianco-verdi ma consente di avere meno pressione in campo. Al contrario, la formazione di casa ha la conferma che dovrà davvero dare il massimo per riuscire a fermare una Showy Boys che gira a mille. Il distacco si allunga e si va sul 18-23. Quando sembra ormai ipotecato il secondo set, il Palo prova a compiere la rimonta e costringe i galatinesi a giocarsi la vittoria del set ai vantaggi. E’ un continuo rincorrersi sino al 28-27 quando dopo 32 minuti di gioco viene fischiata una invasione che porta i padroni di casa alla parità (29-27). La partita si va sempre più avvincente. Nel terzo game i giocatori del Palo Sporting Club continuano a crederci. Da una parte la potenza fisica degli attaccanti di casa e dall’altra la tecnica e la forza del gruppo dei bianco-verdi della Showy Boys. Il pubblico riscalda ancora di più l’atmosfera e dalle gradinate trascina i suoi atleti. Ma nella bolgia della palestra “Antenore” i bianco-verdi trovano ancora più forza per affrontare gli avversari tanto da riuscire nel colpo di coda che li porta a condurre per 19-23. Solo due punti li dividono dalla vittoria del terzo set che arriva poco dopo sul punteggio di 20-25. Avanti per 2-1, alla Showy Boys non resta che stringere i denti e cercare di fare suo il quarto set. Non è compito facile tenuto conto della stanchezza fisica, delle condizioni ambientali e di un Palo che, in svantaggio, ha l’obbligo di fare suo il set se vuole ancora rimanere in corsa per la vittoria del trofeo regionale. Il quarto parziale si gioca sulle ali dell’entusiasmo per i galatinesi consapevoli dell’importanza della posta in palio. I padroni di casa sentono, di contro, la pressione del momento. Al cospetto del pubblico amico, sul proprio campo di gioco, non possono compiere ulteriori passi falsi. I giallo-blu appaiono nervosi ma rispondono agli attacchi dei ragazzi della Showy Boys (15-15). A loro volta, i ragazzi di coach Nuzzo consapevoli di essere a un passo dalla grande vittoria non mollano e contrattaccano. Una gara al cardiopalma, giocata al massimo della tensione agonistica così come ci si attende da una finale di Coppa Puglia. Nella parte conclusiva del set, i bianco-verdi affilano le “armi”, mettono ancora di più in difficoltà i ricettori avversari sfruttando ogni occasione di contrattacco e soprattutto il muro (18-22). La Showy Boys è lì, a un passo dalla Coppa Puglia (20-23). Un attacco a rete dei locali porta i bianco-verdi a -1 dalla vittoria. Il punto finale nasce da una difesa ad una mano di De Giorgi e un successivo palleggio di Carrozzini che offre l’opportunità al laterale Cesari di contrattaccare con una “piazzata” in zona 6. Il Molten tocca il terreno di gioco tra l’incredulità dei giocatori baresi e scoppia la gioia incontenibile dei ragazzi “terribili” della Showy Boys uniti in un unico, grande ed intenso abbraccio collettivo (22-25). E’ festa per i colori bianco-verdi. Lacrime di gioia e cori festanti per un successo meritatissimo. Una Coppa Puglia dal sapore speciale perché conquistata su un campo ostico, quale quello di Palo, e contro ogni pronostico della vigilia almeno stando alle considerazioni degli addetti ai lavori. I pronostici, invece, sono stati completamente disattesi perché a vincere è stata la squadra che ha dimostrato maggiore compattezza di gruppo, caparbietà e spirito di sacrificio. E poi tanto cuore, tecnica e umiltà. Soprattutto quest’ultima, nello sport come nella vita, si può rivelare la qualità più importante.

    Complimenti Showy Boys, complimenti ragazzi, complimenti mister Nuzzo.

    La Coppa Puglia 2017 si colora di bianco-verde!

    La Showy Boys Campione di Puglia 2017: Caiulo Francesco, Carachino Giacomo, Carcagnì Alessio, Carrozzini Mattia, Cesari Giuseppe, Conte Andrea, Dantoni Mattia, De Giorgi Marco, Giannuzzi Francesco, Imbriani Marco, Papa Alessandro, Papa Antonio, Petracca Marco, Seclì Alessandro, Sponziello Marco, Varratta Giacomo. Nuzzo Gianluca (Allenatore)

    www.showyboys.com

     
    Di Albino Campa (del 10/12/2006 @ 20:17:23, in Racconti, linkato 4010 volte)

    Da 'il Galatino', anno XXXIX, n. 21, dell'8 dicembre 2006, per la solita penna di Antonio Mellone, leggiamo la storia del tabacchino di Noha. Ve la proponiamo in tre parti, o, se preferite, in tre puntate settimanali. Anche questo è un contributo per la conoscenza della nostra bella cittadina e della sua storia economica.

    IL TABACCHINO DI NOHA
    (prima parte)

    Abbiamo già detto, e qui lo ribadiamo ancora una volta, che nel nostro recente libro “Noha. Storia, arte, leggenda” (Infolito Group, Milano, 2006; scritto a quattro mani con il P. Francesco D’Acquarica), benché voluminoso, per ovvie considerazioni non abbiamo potuto esporre e citare, rispetto a quanto già fatto, numerose altre storie, esaminare mille altre aziende, parlare di tutti i personaggi di Noha (posto che sia possibile conoscere tutti i personaggi di un luogo, per quanto piccolo questo possa essere)…
    Qualcuno ancora oggi ci ferma per strada e ci ricorda le nostre “omissioni”.
    Ma eravamo ben consapevoli di questo sin dal principio del lavoro (ed in alcuni brani del testo lo abbiamo anche ripetuto): chissà quante altre cose o accadimenti o soggetti o artisti sono rimasti nelle nostre penne (o nei tasti dei nostri computer). E chissà quanto ancora ci sarà da scoprire, studiare, riscrivere, ripensare, confutare (anche!), gli argomenti o i temi che nel suddetto libro s’è trattato soltanto superficialmente o non s’è trattato affatto. 
    In questo intervento tratteremo, dunque, di uno di codesti “omissis”, che, volendo, potrà essere conservato come foglio volante, da inserire tra le pagine del summenzionato tomo: stiamo parlando del “tabacchino di Noha”.
    Il tabacchino era ed è forse il negozio più diffuso in Italia. Già sin dagli inizi del secolo scorso, anche a Noha, proprio in piazza San Michele ce n’era uno condotto da tale Ciccio Liguori, ma molti non lo ricordano quasi più… 
    L’altro invece che affiora nella memoria di più di un giovanotto dalla manifesta canizie era il tabacchino ubicato all’angolo tra la piazza San Michele e la via Castello, là dove oggi è situata la sede dei Democratici di Sinistra (già sezione del Partito Comunista Italiano).
    In quell’angolo c’era un negozietto: il tabacchino di don Lisandro (Alessandro) e di donna Elvira. Don Lisandro e consorte, che abitavano in una stanza al piano superiore della loro bottega, vendevano i prodotti dei Monopoli di Stato come sale da cucina, e tabacco: tabacco da pizzico (da fiuto), sicàri (sigari), tabacco trinciato per la pipa e finanche tabacco da masticazione e le prime sigarette confezionate, che però rappresentavano solo l’eccezione: la maggior parte dei tabagisti, infatti, fumava sigarette autoprodotte artigianalmente, attraverso l’uso delle cartine contenenti tabacco sfuso, tagliuzzato e non lavorato.
    In quel tabacchino trovavi anche capisciòle, bottoni e bucàte, bavette per i piccinni, spolette di cotone bianco o colorato. In un lato del negozietto, don Lisandro, per arrotondare, esponeva per la vendita anche coppole, cappelli, berretti e copricapo di ogni taglia (ma senza troppa scelta di forme o colori: non c’erano ancora le sfilate di moda e le griffes dei giorni nostri).
    Poi (gli anni pesano a tutti) don Lisandro lasciò; sua figlia Edda “sposò a Gallipoli”, andò a vivere nell’amena città ionica ed il negozio fu chiuso.
    Fu riaperto subito dopo, sempre nel cuore di Noha, da Luigi Mazzotta (Cici), originario di Galatina e da sua moglie Antonietta (Tetta): e fu così inizio di tre generazioni di tabaccai, come diremo.

    ANTONIO MELLONE

     

    Ebbene sì, m’è scappato un libro. Oddio, Libro è una parola grossa: pamphlet, libercolo, libello o libretto sarebbero denominazioni molto più azzeccate.

    Confesso di aver trattenuto il tutto finché m’è stato possibile, ma poi non ho più potuto farne a meno. I libri son fatti così: dopo un po’ sgattaiolano dalle tue mani per andare a finire in quelle degli altri. Il diritto di proprietà privata o d’autore funziona indubbiamente, ma fino a un certo punto. Poi le parole hanno bisogno di altri occhi, oltre ai tuoi, e di libertà di stampa: quella che talvolta il digiuno di satira e di sorrisi prova a obliterare. Per fortuna invano.

    In questo fascicolo sono rilegati alcuni dei miei brani editi, altri inediti. I primi, però, non furono su carta, ma on-line, vale a dire sull’acqua, nell’aria, ovunque nell’inesorabile dimenticatoio. E certo, perché Internet e poi i CD, le chiavette Usb, la memoria Ram o altre diavolerie simili non hanno chissà quale durata; la tecnologia Libro-di-Carta, invece, come già dimostrato abbondantemente, arriva a superare addirittura i secoli. E la cosa pare funzioni anche se l’autore di questa benedetta tecnologia tradizionale dovesse per caso rispondere al nome di un Carneade qualsiasi, come quello di Antonio Mellone.

    Il curioso del genere commedia (stavolta tutt’altro che Divina) o chi avesse voglia di ridere (soprattutto di se stesso) si tuffi tranquillamente nelle acque di questo libretto, con la consapevolezza di non aver bisogno di caricarsi in spalla bombole d’ossigeno per poter arrivare fino in fondo: vista la brevità, o se vogliamo il livello sufficientemente basso della marea, riemergerà dall’apnea poco dopo senza alcun rischio di ipossia.

    In questo tomo, dove il vero e il verosimile si fondono creando le storie, si parla di banca, di clienti e di colleghi, e quindi di dialettiche (ma soprattutto dialetti) fuori dal comune, di decibel in grado di trasformare la filiale di un istituto di credito in uno scorcio di mercato ittico (onde il concetto di volume non è quasi mai strettamente correlato a quello di libro), di lamentele per l’aria condizionata che non va (roba da tutto il caldo minuto per minuto), di confidenze su nomi e cognomi di chi usa farla fuori dal vaso (in senso letterario e giacché anche letterale).

    Nulla sfugge all’occhio e all’orecchio del sottoscritto Osservatore Nohano. Ma molto di quel che accade durante il lavoro è giusto e pio che rimanga nella penna, testimone muta di molte cose che essa stessa consiglia, per segreto bancario, di non scrivere.

    Non posso star qui a ringraziare uno per uno chi ha permesso la stampa e la diffusione di questo pamphlet, se no non la finirei più.

    Per ora mi basti dire che ancora una volta ho avuto la fortuna di non essere un APS, vale a dire un autore a proprie spese: infatti, a meno della mia tesi di laurea, per le mie (modeste) pubblicazioni ho sempre trovato finanziatori, ma chiamiamoli pure editori, ancorché non sempre attaccati al proprio conto economico, sicché talvolta, come anche in questo caso, la motivazione risponde più alle leggi del cuore che a quelle della vecchia economia aziendale.

    La copertina (con le caricature dei direttori in prima, e dei miei colleghi di Taviano e di Alliste in quarta) nonché le vignette sparpagliate nel testo sono tutte sgorgate dall’incredibile matita a colori di Marcello D’Acquarica (e di chi altri sennò), sempre pronto a darmi retta piuttosto che a mandarmi in un indicato paese.

    Signore e signori, buona lettura. Ma vi dico subito che se pensate di trovare in “Sceneggiate Banconapoletane” i dialoghi di Platone probabilmente avete sbagliato libro: se a Platone sostituite Mellone, no.

    Antonio Mellone

     

    Il primo gennaio 2020, in occasione dell’evento di Capodanno a Galatina, organizzato dall’Amministrazione Comunale e dall’Associazione “Quelli di piazza San Pietro 2.0”, abbiamo donato, all’ETS “cuore e mani aperte verso chi soffre” O.d.v., un cospicuo assegno a sostegno del progetto Bimbulanza.

    Il contributo di 1730€ è frutto del ricavato della vendita delle bottiglie di vino solidale. Grazie a Print King che ha completamente coperto il costo delle etichette personalizzate ed alla Cantina Fiorentino che ci ha consentito, sposando in pieno la nostra causa, di acquistare le bottiglie con uno sconto unitario di 1,75€ dal prezzo di vendita in cantina (5€), siamo riusciti, in meno di due mesi, a rivendere 988 bottiglie e raggiungere così una cifra importante che servirà a coprire i costi di gestione della prima ambulanza pediatrica del sud Italia.

    Un ringraziamento particolare al club “cuore Giallorosso” dell’amico Gaetano Gaballo, a Puntophoto di Bello Gianluca, a Mary Fabozzi di Calimera e Mary Ragusa di Bagnolo che tanto ci hanno aiutato nella vendita del Vino Solidale.

    Se tutto ciò è possibile è solo grazie alla grande sensibilità ed al grande cuore della città di Galatina sempre vicina ai nostri progetti.

    Associazione “Virtus Basket Galatina”

    Associazione “Quelli di piazza San Pietro 2.0”

     
    Di Redazione (del 02/11/2018 @ 20:13:59, in Comunicato Stampa, linkato 868 volte)

    “Sono felicissimo per la mia crescita tecnica e orgoglioso della mia società”. Si può riassumere con questa breve ma significativa dichiarazione il percorso sportivo di Francesco Schiattino, classe 2002, allievo della Scuola Volley Showy Boys e in forza alla squadra che milita in serie C e under 18. Ragazzo simpatico e solare, Checco, come viene chiamato dai suoi compagni, sorride e scherza prima di iniziare a raccontarci la sua esperienza in casa bianco-verde.

    “Quando quattro anni fa decisi di cambiare sport, di lasciare il karate per iscrivermi al corso di pallavolo ma non avevo contezza di quanto questo sport mi potesse coinvolgere con il trascorrere del tempo. Oggi posso dire di essere contento del mio, se pur breve, cammino sportivo e posso considerarmi fortunato ad avere avuto l’appoggio della mia famiglia che è sempre stata lì a spronarmi, ad andare avanti, ad impegnarmi sempre di più, anche nei momenti di difficoltà”.

    Dopo il mio primo anno di attività, l’associazione del mio paese natio, per motivi di forza maggiore, si sciolse e insieme ad alcuni miei compagni di corso decidemmo di guardarci intorno per capire in quale società poter continuare a coltivare la nostra passione. Grazie anche ai suggerimenti del nostro amico Piero e alla sempre piena disponibilità dei genitori, decidemmo di iniziare a frequentare la Scuola Volley della Showy Boys e oggi posso affermare che non ci fu scelta migliore”.

    Francesco ricorda molto bene il suo primo incontro con i dirigenti galatinesi. “Era il mese di agosto del 2016 e ci ritrovammo in piazza San Pietro a Galatina, dove ha sede il club bianco-verde, per conoscere lo staff della mia attuale società. Un grande gruppo dirigenziale che prima dei risultati sportivi ha sempre guardato con attenzione alla crescita tecnica e umana degli allievi del settore giovanile. Non è un caso se la Showy Boys ha ricevuto dalla Fipav prima il riconoscimento di scuola regionale di pallavolo e lo scorso anno il marchio d’argento quale certificazione di qualità dell’attività giovanile”.

    Sono trascorsi più di due anni e Francesco ha visto sviluppare le sue doti grazie all’impegno personale e ai preziosi consigli tecnici. “Mi sono dedicato in tutto e per tutto a questo sport, applicandomi negli allenamenti sotto l’attenta guida del mister Gianluca Nuzzo che è diventato per me un secondo padre, sempre presente, sia nel mio cammino sportivo che in quello scolastico, pretendendo il massimo dei risultati. Certo, i primi anni sono stati molto duri, mi applicavo negli allenamenti e durante le gare, ma spesso non ero tra i titolari in campo. Supportato dalla mia famiglia non ho mai mollato e, come accade nelle più belle favole, alla fine dello scorso campionato mi sono ritrovato ad essere convocato prima nella selezione provinciale Fipav e poi nella prima squadra impegnata in serie C. Non dimenticherò mai lo stato d’animo in quella partita, il tremolio delle gambe, il battere del cuore tanto da sentirmi soffocare. Al fischio dell’arbitro, però, tutto è andato via e disputai la mia partita. Oggi mi trovo a giocare nuovamente in prima squadra nel campionato di serie C e, nello stesso tempo, a competere nel torneo provinciale di categoria under 18”.

    Il centrale Francesco Schiattino ha ancora parole di elogio per la società e per il suo allenatore Nuzzo. “Ringrazio la dirigenza e il tecnico che stanno credendo in me. Loro hanno anche fatto una scelta molto coraggiosa e in controtendenza schierando in serie C i ragazzi classe 2001, 2002 e 2003 e offrendoci così una ghiotta opportunità di crescita”.

    Il giovane atleta ribadisce, infine, l’impegno per il prosieguo della stagione: “Continuerò ad allenarmi con dedizione, sacrifici e rinunce sapendo che solo con un impegno costante si possono raggiungere grandi risultati nella vita, nello studio e nello sport. Il nostro claim recita ‘Noi siamo la Showy’; ecco noi siamo un vero gruppo e non deluderemo le aspettative della società e del mister”.

    www.showyboys.com

     

    Oggi gli atleti della Virtus Basket Galatina accompagnati da alcuni genitori e dal coach Sandro Argentieri saranno impegnati in una consegna speciale.

    Anche quest’anno i ragazzi della Virtus Basket hanno deciso di far dono delle uova di Pasqua dell’associazione “Per un sorriso in più” a tutti i bambini ricoverati nel reparto di pediatria dell’Ospedale Santa Caterina Novella di Galatina.

    Il legame tra la Virtus Basket e le associazioni operanti sul territorio è sempre stato molto forte, soprattutto con quelle associazioni che hanno a cuore il benessere dei bambini e dei ragazzi , in particolare con l’associazione di onco-ematologia pediatrica di Lecce “Per un sorriso in più”.

    La squadra della Virtus Basket ha sentito la necessità di donare un momento di serenità ai piccoli ricoverati perché fare squadra significa aiutarsi e sostenersi gli uni con gli altri in campo come nella vita.

    Sandro Argentieri

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/02/2018 @ 20:08:28, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1588 volte)

    Così, portati a spasso nel tempo da P. Francesco D’Acquarica, lasciamo il XV per affacciarci agli albori del XVI secolo. Conosceremo tre vescovi di Nardò, Ludovico Giustino o De Justinis, Gabriele Setario e Antonio De Caris, ma non ancora il nome dei reverendissimi arcipreti di Noha.

    La redazione

     

    LUDOVICO GIUSTINO o DE JUSTINIS (1412 ? - 1492)

    Vescovo di Nardò dal 1484 al 1492

    Dal 1484 al 1492 il Pontefice fu:

                Innocenzo VIII (1432-1492)            Papa dal 1484 al 1492

                Arciprete di Noha

                Don Giovanni (? - ?)                        Parroco dal 1445 al 1485 circa.

     

                Ludovico Giustino o De Justinis era nato nel 1412 a Città di Castello in Umbria da una famiglia nobile e ricca. Fin da fanciullo fu avviato dai genitori all’acquisto delle virtù cristiane, e a Roma studiò le lettere e le altre scienze.

                Scelse la via ecclesiale e, ordinato sacerdote, fu annoverato tra i cappellani pontifici da Sisto IV, papa dal 1471 al 1484, al quale stava molto a cuore la famiglia De Justinis. Resasi vacante la sede vescovile di Nardò, lo stesso Sisto IV nominò Ludovico alla cattedra di Nardò, dove rimase per otto anni, 11 mesi e alcuni giorni fino al 1491.

     

    Relazione con la chiesa di Noha

                Nel 1485 Mons. De Justinis intraprese la visita pastorale e ne curò gli atti (vale a dire le dettagliate relazioni). Di essa però a noi è pervenuta solo una piccola parte, unita in un sol volume con gli atti della visita del Vescovo precedente, Ludovico De Pennis. E’ molto frammentaria e confusa e, per l’inevitabile logorio del tempo, in cattivo stato di conservazione, sicché risulta molto difficile trarre sicure notizie storiche.

                Nell’“elenco degli abati arcipreti (traduco il testo del documento che è in latino) e degli altri della città di Nardò e della Diocesi che sono tenuti a comparire davanti al reverendo signor Vescovo della città presenti nella stessa città nella festa di S. Maria della metà agosto di ogni anno per presentare l’obbedienza allo stesso signor Vescovo e dare l’incenso e altri diritti della chiesa Madre di Nardò …” c’è anche   “l’Arciprete di Nohe con tutto il suo clero”.

                Veniamo così a sapere che nel 1485 l’Arciprete di Noha con tutto il clero doveva prestare obbedienza al Vescovo, donare l’incenso, e osservare altre prescrizioni che riguardavano la Chiesa Madre di Nardò in occasione della festa dell’Assunta,. Stesse incombenze avevano gli arcipreti di Aradeo, di Taviano, di Parabita, di Matino, di Racale ecc.  Non sappiamo il nome dell’arciprete e degli altri sacerdoti del clero della chiesa di Noha, ma una chiesa con “l’arciprete e con tutto il clero” vuol dire che è una chiesa viva, vegeta e molto attiva. Credo che i sacerdoti, compreso l’arciprete, siano ancora tutti quelli annotati nella relazione della visita del 1452. 

                Ludovico De Justinis morì logorato dagli anni, dal lavoro e specialmente dalle sofferenze. Fu un uomo di vita santa e virtuosa, munifico verso i bisognosi, resse la diocesi neritina con lo zelo e la saggezza del buon  pastore.

     

     

    GABRIELE SETARIO (? +1514)

    (Vescovo di Nardò dal 1491 al 1507)

    Dal 1491 al 1507 i Papi furono:

                Innocenzo VIII (1432-1492)                   Papa dal 1484 al 1492

                Alessandro VI (1431-1503)                    Papa dal 1492 al 1503

                Giulio II (1443-1513)                              Papa dal 1503 al 1513

               

                L’arciprete di Noha di cui non si conosce il nome svolse il ministero pastorale dal 1490 circa al 1514 circa.

     

                Gabriele Setario nacque a Napoli verso la metà del sec. XV. Fin da piccolo attese agli studi con molta diligenza. Il 12 dicembre 1491 fu nominato Vescovo di Nardò da Innocenzo VIII, papa dal 1484 al 1492. Prese possesso della diocesi il 13 febbraio 1492 e i primi atti della sua giurisdizione, che si riscontrano in archivio, sono del mese di settembre dello stesso anno.

                Per i meriti dei suoi antenati e per le sue qualità di mente e di cuore, Gabriele Setario fu molto stimato dai re di Napoli: Ferdinando I, Alfonso II, Ferdinando II e Federico D’Aragona. Fu a Napoli, insieme agli altri Vescovi del regno, quando Alfonso II divenne re e ivi fu presente alle nozze del medesimo re, celebrate dal legato pontificio con straordinaria solennità, il 2 maggio 1498.

                Nel 1498 riparò una parte del palazzo vescovile danneggiato da precedenti terremoti. A perenne ricordo fu posto sulla facciata lo stemma gentilizio del Setario con la data 1498.

     

    Relazione con la chiesa di Noha

     

                Verso il mese di settembre 1500, iniziò la visita pastorale della diocesi, ed ebbe come convisitatori Giosuè De Sambasilio (Sambiasi), arcidiacono e vicario generale, Francesco Bellante, Gabriele De Nestore, Giacomo Teotino, canonici, ed il notaio Colella Cristofarello. Di tale visita a noi sono pervenute poche e frammentarie notizie, raccolte in un sol volume con quelle dei predecessori. Il volume è in cattivo stato di conservazione.

                Nella relazione della visita, datata al 23 settembre 1500, si riporta l’elenco degli arcipreti della diocesi di Nardò, e tra questi c’è anche l’arciprete di Noha, ma neanche in questo caso viene riportato il nome. Tutti costoro sono tenuti a offrire al Vescovo “un tumulo di frumento: da lo archipreyte et clero de Nohe  frumenti tumulo uno”, così è scritto nel documento. Da lo archipreyte et clero de Nohe, ma non ci sono stati tramandati i nomi.

                Nell’elenco del manoscritto originale le parole: Galatone, Forcignano, Seclì, Aradeo, Noha, Parabita, Matino, Taviano, Racale, Alliste, Felline, Casarano, sono tutte sottolineate.

                Un’altra curiosità che troviamo nei documenti di questa visita, dove si descrivono i confini delle proprietà delle chiese della diocesi di Nardò,  in uno si specifica “vicino alle case de mastro Cesare de Noha”… senza altre indicazioni.

     

                Il Vescovo Gabriele fu molto caritatevole verso i bisognosi e dotò la cattedrale di vari oggetti preziosi e paramenti sacri. Fu tenuto in grande considerazione dai dotti del suo tempo, tra i quali il De Ferraris, che gli volle dedicare alcuni suoi componimenti come il De mortalis vitae incertitudine ac brevitate ad Gabrielem Setarium Neritonorum Pontificem (Incertezza e brevità della vita mortale a Gabriele Setario, vescovo dei neretini).

                Nel 1505, Giulio II, papa dal 1503 al 1513, lo nominò amministratore apostolico della diocesi di Capaccio (oggi: Vallo di Lucania).

                Il 26 ottobre 1507, dallo stesso Giulio II, fu traslato alla diocesi di Avellino. Resse questa diocesi per oltre 7 anni, lodato da tutti come pio, dotto e misericordioso.

                Morì ad Avellino nel 1514.

     

    ANTONIO DE CARIS (1440 - 1517)

    (Vescovo di Nardò dal 1507 al 1517)

     

    Dal 1507 al1517 i Papi furono:

                Giulio II (1443-1513)                      Papa dal 1503 al 1513

                Leone X (1475-1521)                       Papa dal 1513 al 1521

                Arciprete di Noha

                Sconosciuto il nome,                      parroco dal 1514 al 1544 circa.

     

                Antonio De Caris era nato a Bari nel 1440 da una nobile famiglia. Da giovane studiò con profitto lettere e le altre discipline. Completò gli studi a Napoli e optò per la via ecclesiastica.

                Fu assai caro al re di Napoli Ferdinando I (1423-1494), sicché ordinato Sacerdote, fu nominato primo cappellano reale e inviato in Ungheria, quale delegato plenipotenziario presso il re Mattia, marito di Beatrice, figlia di Ferdinando I.

                Ritornato dall’Ungheria, fu nominato Vescovo di Castellaneta. Verso il 1492 fu trasferito alla diocesi di Avellino, che governò per circa quindici anni. Nel 1507 il Papa Giulio II nominò Antonio De Caris, vescovo di Nardò, mentre il predecessore, Mons. Setario veniva traslato da Nardò ad Avellino.

     

    Relazione con la chiesa di Noha

     

                Per mancanza di documenti s’ignorano quasi del tutto le opere compiute e gli avvenimenti accaduti durante l’episcopato di questo Vescovo, perciò anche di Noha non si trova nulla.

                Antonio De Caris fu assai virtuoso e dotto e di grande cordialità con gli intellettuali del suo tempo. Contemporaneamente vigilò sulla diffusione della dottrina e non mancò di riprendere quelli che scrissero espressioni poco corrette, specialmente se si trattava della sua diocesi, come accadde al De Ferraris, che aveva scritto con poco rispetto, di religione, di Pontefici e uomini di provata virtù, nel dialogo L’Eremita ed in qualche altro opuscolo.

    (Antonio De Ferrariis, detto il Galateo (Galatone, 1444 –Lecce, 12 novembre 1517), è stato  un accademico e medico italiano).

                In seguito però il De Ferraris cercò di riguadagnare il favore e la stima del Vescovo, riproponendo, con composizioni più sensate, quanto poco correttamente aveva scritto in precedenza. Compose anzi un elegantissimo carme saffico in lode di S. Cesarea V. e M. che volutamente dedicò ad Antonio De Caris, inviandoglielo insieme con una lettera molto rispettosa.

                Nel suo ministero pastorale, Mons. De Caris fu coadiuvato da Luigi Sambiasi, tesoriere della cattedrale, nobile neritino, assai stimato per la prudenza, la perizia nel diritto e la profonda pietà. Durante l’episcopato di questo Vescovo, e propriamente nel 1509, per l’ultima volta si fa menzione di monaci, che, insigniti di benefici ecclesiastici, prestavano servizio nella cattedrale insieme con i canonici ed il clero. 

                De Caris morì a Nardò, all’età di 77 anni, nel 1517 e fu sepolto nella sagrestia della Cattedrale.

     

    N.B. le immagini a corredo di questi scritti sono tratte dall’archivio personale dell’autore e dal volume di Mario Mennonna, “Nardò e Gallipoli – Storia delle

    [Continua]

    P. Francesco D’Acquarica       

     

    N.B. Le immagini a corredo di questi scritti sono tratte alcune dall’archivio personale dell’Autore, altre dal volume di Mario Mennonna, “Nardò e Gallipoli – Storia delle diocesi in oltre seicento anni (1387 – 2013) – a cura di Mario Mennonna e Cosimo Rizzo, Congedo Editore, Galatina, 2014.

     
    Di Redazione (del 02/05/2018 @ 20:04:10, in Comunicato Stampa, linkato 903 volte)

    Non era solo la BCC Leverano a scendere sul parquet del  PalaPanico , sabato scorso, decisa a definire la formalità OLIMPIA S.B.V. e a consolidare la posizione di vertice.

    Dall’altra parte della rete vi era il gruppo di atleti di casa ,pieno di speranze e di paure, votato però a ribaltare, se possibile, un pronostico sfavorevole o quanto meno raggranellare il minimo sindacale.

    Spirava sulle gradinate un sentimento di speranza dei tifosi e  dei dirigenti di una società che, partita con un passo falso ma non con insipienza tecnica, ha raddrizzato parzialmente la barra, alimentando le possibilità fino all’ultima gara.

    E poi vi erano le cassandre, presenti o malcelate sulla tribuna, la cui preveggenza pendeva inesorabilmente in modo negativo per gli atleti di mister Stomeo , auspicando loro la disfatta sportiva.

    Le variabili in gioco nella formula delle combinazioni che si potevano verificare sui tre campi di Potenza, Bari e Galatina , lasciavano percentuali non  certo incoraggianti ai tifosi bianco-blu-celesti.

    Solo una netta vittoria da tre punti contro il gruppo capitanato da capitan Orefice poteva assicurare l’acquisizione certa dell’undicesimo posto e quindi la permanenza nella terza serie nazionale: oppure, una sconfitta secca di Ostuni e Castellana rispettivamente a Potenza e a Bari.

    Nessun elemento poteva giocare a favore dei galatinesi, se non una gara perfetta che avrebbe reso vani gli  eventuali exploit dei diretti avversari: ma se il cuore e l’ardimento dei padroni di casa era innegabile, altrettanto non si poteva pensare a un’arrendevolezza dei leveranesi , votati ad una vittoria netta per non concedere opportunità di vantaggi al Lamezia nello scontro diretto per i play off.

    La concomitanza di svolgimento delle gare, prevista dai regolamenti federali nello stesso giorno ed orario ,non dava vantaggi di alcun genere  a nessuno ed allora , con il punto d’onore che da dicembre si riconosce al gruppo capitanato da Guarini , l’Olimpia SBV ha conquistato il primo set per 25 a 18, resistendo fino al 23 punto nel secondo ,per poi crollare sfiduciata nel terzo e quarto.

    Le frammentarie notizie che giungevano dai campi di Bari e Potenza  tenevano in tensione  i tifosi che non abbandonavano il PalaPanico aspettando i risultati ufficiali.

    La gara che poteva valere una stagione ,o meglio la permanenza o  la retrocessione , si giocava al PalaPergola dove l’Orthogea Ostuni aveva strappato il secondo set al Potenza  che in vantaggio di due set ad uno veniva impegnato allo spasimo, riuscendo a prevalere ai vantaggi (29-27) e ad incamerare il bottino pieno.

    L’urlo dei tifosi, dirigenti  ed atleti scioglieva in vari modi liberatori la tensione che ha attanagliato tutto l’ambiente per buona parte del campionato, lasciando sfogo a personalissime rivalse verbali.

    Se qualcuno pensava di scommettere  ,anche un solo centesimo, sulla salvezza di questa squadra che al termine del girone di andata aveva un solo punto, nessuno lo avrebbe fatto anche trattandosi di una così esigua puntata .

    Lo scoramento aveva attanagliato anche il gruppo: i soli a tirare avanti caparbiamente sono stati i dirigenti e i tecnici nonostante diversità di vedute su alcune situazioni che sono state “lavate “in casa . Il lavoro su cui si è concentrato Giovanni Stomeo e il fido Antonio Bray è stato quello di recuperare stimoli e motivazioni soprattutto in Santo Buracci , che sembrava essersi sfiduciato.

    L’arrivo di Lentini ha ricompattato tutta la rosa: Buracci si è appropriato dell’autostima che inconsciamente aveva smarrito, trovando nel laterale siciliano una condivisione del peso delle responsabilità e del fronte d’attacco.

    D’altra parte fare un girone di ritorno mettendo in carniere 18 punti  vorrà pur dire qualcosa.

    Capitan Guarini  è stato un continuo stimolo per tutti sia pure con quell’eccesso adrenalinico che qualche volta ha colorato di giallo -rosso(cartellini) le sue esibizioni . Petrosino e Corsetti si sono alternati nel ricoprire il ruolo di posto quattro con contributi positivi risolvendo personalmente alcune situazioni intricate; Iaccarino ha fatto della continuità la sua dote migliore e Muccione ha fatto gli straordinari nella distribuzione sapendo di avere alle spalle pronto, in qualsiasi momento un Ciccio Calò in piena efficienza.

    In difesa ha giganteggiato un Pierri straordinario coadiuvato da un Apollonio sempre all’altezza. Un discorso a parte meritano le seconde linee  Tundo, Rossetti e Persichino che non hanno mai allentato la tensione agonistica, mettendosi sempre in gioco e dando certezze a mister Stomeo.

    Un lavoro oscuro che poi si traduce in schemi e letture degli avversari è quello dello scout man Vitellio e dell’assistente Antonio Bray. Portare a conoscenza del gruppo il ventaglio delle modalità di attacco e di difesa , la prolificità o meno degli atleti avversari nelle sei rotazioni , richiede uno studio approfondito e competenze didattiche.

    L’impegno e la professionalità profuse dal medico sociale Fernando Vernaleone e dall’osteopata Marco De Matteis (auguri per la nascita della seconda erede) hanno tenuto sotto il livello di guardia i malanni fisici degli atleti , che sono ricorsi alle loro cure non abbandonandosi, anche nei momenti più duri, allo sconforto.

    Una nota di merito va al presidente Santoro e al gruppo dirigente. Quando tutto sembrava andasse a fondo e si paventava un fuggi fuggi generale , lui è stato il collante tra tecnici , giocatori ed elementi del direttivo pronti a prendere drastiche anche se inutili decisioni.

    L’aver confermato tutti gli atleti fino al termine della stagione, qualunque fosse stato l’andamento delle gare , ha moderato i picchi di ansia e d’ irrequietezza ai vari livelli ed ha chiesto solo cuore e passione a tutti, tifosi compresi.

    Il resto è storia per questo campionato 2017-2018.

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA S.B.V.GALATINA

     

    Grazie alla sinergia tra Amministrazione comunale, A.S.D. Virtus Basket e sezione di Galatina dell'Associazione Arma Aeronautica e con l'aiuto indispensabile di alcuni amici sponsor, anche questo Natale, il Rione Italia, ha avuto la sua Notte bianca dei Bambini…

    Grandissima è stata l’affluenza di pubblico e, soprattutto, di bambini, per la III^ edizione de “La notte bianca dei Bambini – Rione Italia in festa” svoltasi il 26 dicembre 2017.

    L'attesissimo evento è stato un vero successo con spettacoli di giocoleria, artisti di strada, teatro dei burattini, laboratori di gommapiuma, trucca bimbi, animazione di strada, spettacolo circense e spettacolo di magia che hanno fatto di ogni bambino il protagonista assoluto della grande festa notturna.

    Come per incanto l'intera piazzetta si è trasformata in uno spazio a misura di bambino; un’intera serata dedicata ai più piccoli e alle famiglie ha trasformato il Rione Italia in un immenso parco divertimenti con tante attrazioni che hanno soddisfatto ogni gusto ed immaginazione.

    L’evento ha previsto attrazioni come: trenino, teatro dei burattini, laboratori di gommapiuma, trucca bimbi, animazione di strada, spettacolo circense e spettacolo di magia per bambini e finanche lo spettacolo pirotecnico per il quale dobbiamo ringraziare “L'arte nel cielo” di Alessandro Coluccia.

    Come ben sapete ogni nostra iniziativa è dedicata ad una Associazione di volontariato che opera principalmente nel nostro territorio. In occasione de "La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa" la nostra attenzione è stata rivolta all'Associazione cuore AMICO Onlus. Numerose sono state le testimonianze di affetto verso questa raccolta fondi che ci hanno permesso di riempire il salvadanaio dedicato allo scopo. Il ricavato totale verrà comunicato il 06 gennaio quando si procederà all’apertura di tutti i salvadanai della 12^ edizione di cuoreamico, che sono stati distribuiti. Per il bellissimo premio ringraziamo GAMESTORE, in via Pistoia, 14 a Galatina.

    Doveroso un ringraziamento a Biagio Tabella, Roberta, Carolina ed a tutto lo staff dell’Associazione “Teste di Legno”, agli Sponsor che hanno voluto legare il nome della loro Attività Commerciale alla nostra iniziativa, ma soprattutto a tutti Voi che ancora una volta ci avete accompagnato in questo fantastico viaggio.

    Adesso tenetevi pronti per… nuovi ed entusiasmanti progetti!!!

    RUSSO PIERO LUIGI

     

    Ho ricevuto con enorme piacere un messaggio del dott. Paolo Tundo, primario del Reparto di Malattie Infettive dell’ospedale di Galatina.

    Il filo che lega la città alla squadra di medici, infermieri e personale sanitario del “S. Caterina Novella” è forte, fatto di gratitudine, affetto, stima e grande emozione, come quella provata ieri sera davanti alla Palazzina De Maria insieme a tutte le Forze dell’Ordine nel nostro ideale abbraccio a chi sta lottando ogni giorno per noi e con noi.

    Rendo pubbliche le parole del dott. Paolo Tundo affinché possano entrare nel cuore di ognuno e lasciare un segno di speranza, come hanno fatto con me:

    “Purtroppo stasera non ero presente in ospedale perché impegnato in una teleconferenza con altri colleghi impegnati in ambito COVID, ma le immagini che ho avuto modo di vedere mi hanno commosso, così come mi succede del resto ogni volta di fronte alle tante piccole grandi manifestazioni di affetto e solidarietà che stiamo ricevendo in questi giorni. Come dico sempre, c’è davvero bisogno di questi abbracci per avere la forza di andare avanti. Mi spiace non trovare il tempo e l’energia per ringraziare di volta in volta tutti quelli che ci stanno vicino in questo momento, ma ti prego di farlo a nome mio e di tutti i miei collaboratori. Ma in questo ringraziamento mi permetto di includere anche tutti gli operatori sanitari di Galatina che, dal primo all’ultimo, non stanno lesinando il proprio impegno. E, perché no, grazie anche da parte di chi sta affrontando sulla propria pelle ed in prima persona questa difficile battaglia, di chi davvero spera che tutto finisca al più presto e possa tornare ad abbracciare i propri cari. Grazie di vero cuore a tutti, un forte abbraccio, restate a casa ed insieme ce la faremo”

    Il Sindaco Marcello Amante

     

    Fin dall’atto dell’insediamento, lo scrivente - insieme all’intera Amministrazione rappresentata - è stato concretamente e fattivamente impegnato a garantire il rispetto della legalità e della trasparenza, in qualsiasi campo ed attività, anche e soprattutto nella gestione delle strutture sportive.

    Nell’ambito delle vicende riguardanti il calcio galatinese ci siamo mossi, da un lato, ascoltando la spinta collettiva ed interpretando la volontà popolare, a cui abbiamo il dovere di porre l’orecchio, ma dall’altro facendo rete con le istituzioni preposte Prefettura e FF.OO, al fine di tenere alta l’attenzione e scongiurare il ripetersi e il perpetuarsi di contesti di contiguità con ambienti malavitosi verificatisi nel passato.

    Non dobbiamo prescindere da questa collaborazione, occorre lavorare in team con le istituzioni nell’obiettivo comune della legalità. 

    L’interdittiva della Prefettura rappresenta una conferma dell’attenzione riposta a presidio della legalità e non deve essere visto come un dito puntato contro chi ha a cuore le tradizioni e lo sport di Galatina, bensì come una pausa necessaria, affinché si possa fugare ogni rischio di possibile contaminazione, per restituire il calcio galatinese alla sua naturale vocazione, divertimento e sano agonismo. È un segnale alle forze sane della città - che sono tante - che dimostra che l’attenzione alla legalità è sempre alta e deve interessare tutti.

    Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 13/02/2018 @ 19:58:48, in Comunicato Stampa, linkato 1485 volte)

    Il sindaco di Galatina Marcello Amante e l’assessore al turismo Nico Mauro oggi e domani saranno presenti alla BIT, la Borsa Internazionale del Turismo in programma dall’11 al 13 febbraio a Milano. L’appuntamento vede coinvolti operatori turistici, agenti di viaggio, ditte e aziende, amministratori e governatori che hanno quotidianamente a che fare con le dinamiche di questo mondo. Lo scopo è quello di fornire un ampio e dettagliato quadro di quelle che sono le offerte turistiche, le potenzialità, le risorse, le caratteristiche, delle zone di tutto il mondo.

    La presenza, all’interno dello stand di Puglia Promozione, degli amministratori galatinesi, è dettata da un desiderio, non solo locale, di porre la massima attenzione sulle risorse della cittadina nel cuore del Salento. L’aspetto turistico, per promuovere il quale verranno distribuite delle brochure contenenti le bellezze, le curiosità e gli eventi di Galatina, e un pieghevole dedicato alla Biblioteca Siciliani e alle Cinquecentine, appare oggi più che mai importante, da incentivare e da coltivare.

    “La BIT è l'occasione per creare una rete di collaborazioni con istituzioni e portatori di interesse - afferma l’assessore Mauro - e aiuta a rafforzare il progetto generale su cui stiamo lavorando per un complessivo rilancio della proposta turistica cittadina. In questo senso anche la partecipazione all'evento  “Puglia&Lombardia. Double your journey in Italy”, organizzato dai rispettivi assessorati regionali al turismo, crea i presupposti per una collaborazione strategica per incrementare l’attrattiva turistica delle due destinazioni attraverso una promozione congiunta e il rafforzamento dell’offerta”.

    Ufficio stampa Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 28/02/2022 @ 19:55:43, in Comunicato Stampa, linkato 463 volte)

    Galatina è pronta ad accogliere.

    •    1991 - Il grande esodo dall'Albania, in quegli anni il Paese più povero d'Europa, verso l'Italia, terra dalle allettanti prospettive vede Bari, Brindisi e il Salento tutto come mete facilmente raggiungibili via mare. L’assenza di organizzazione nelle operazioni di sbarco fu attenuata dall’aiuto delle popolazioni locali e Galatina accolse 14 figli dalla terra delle aquile.

    •    1992/1995 - La grande guerra in Jugoslavia costringe migliaia di civili bosniaci all'esodo per sfuggire da una vera e propria "pulizia etnica" perpetrata dai serbi. Nel Natale 1994 la nostra comunità ospita nelle proprie case venti bambini assordati dal rumore incessante dei bombardamenti e spaventati da una realtà incomprensibile.

    Oggi, come allora, c'è una sanguinosa e devastante guerra nel cuore d’Europa che sta spingendo milioni di donne e bambini lontano da casa a cercare riparo altrove.

    È difficile non associare quei ricordi al presente guardando le immagini di quanto avviene in Ucraina. È difficile non provare tristi emozioni.

    Un padre che affida (e mai il significato fu così pieno) i figli a una perfetta sconosciuta, affinché raggiungano la madre (proveniente dall'Italia) al confine con l'Ungheria, mentre lui deve combattere per il proprio Paese e gli viene impedito di superare la frontiera; un uomo che non rispetta il coprifuoco e viene letteralmente schiacciato da un carrarmato; stelle comete russe che dilaniano abitazioni civili; treni umani in fuga da Kiev... l'ombra di un esodo che diventa reale.

    E che probabilmente ci chiamerà all'appello anche stavolta.

    Oggi, come allora, siamo chiamati a rispondere con ogni soluzione possibile qualora ce ne fosse bisogno.

    È necessario rivendicare quei valori per il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani, ma bisogna essere pronti ad accogliere quando qualcuno cerca riparo.

    La nostra comunità, da sempre sensibile a queste emergenze, intende fronteggiare un'eventuale richiesta di aiuto.

    Noi siamo pronti, Galatina lo era e continua ad esserlo.

    Con spirito di fratellanza e forte senso di solidarietà facciamo in modo di creare le condizioni affinché chi corre verso la speranza non debba incontrare un'ulteriore frontiera.

    “Perseveriamo e arriveremo” (22.05.1991 - Mons. Vincenzo Franco)

    Galatina Altra

     
    Di Redazione (del 08/04/2022 @ 19:50:28, in Comunicato Stampa, linkato 524 volte)

    Suggellato l'accordo tra il Movimento 5 Stelle di Galatina e la candidata sindaca Sandra Antonica, che potrà dunque godere del sostegno dei pentastellati nella corsa alla fascia tricolore. Una stretta di mano basata su un "Contratto dei cittadini" per  Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara. L'accordo programmatico, che stabilisce i punti chiave del mandato, è stato sottoscritto giovedì pomeriggio dalla candidata e dal deputato M5S Leonardo Donno, su proposta del Movimento.
    Quest'ultimo ha così sottoposto alle forze politiche e civiche che sostengono la candidatura della Antonica a Sindaco della Città di Galatina, le regole di condotta e gli obiettivi programmatici, suggeriti dai cittadini di Galatina nel corso dei numerosi incontri succedutisi negli anni scorsi, che dovranno necessariamente essere rispettate (le prime) e conseguiti (i secondi) dalla coalizione e dalla prossima Amministrazione Comunale. (documento in allegato)
    Etica pubblica, legalità, trasparenza e semplificazione; transizione ecologica, recupero a tutto tondo del centro storico, inclusione welfare e giovani; recupero e rilancio del quartiere fieristico, progettazioni e investimenti Pnrr, economia, industria e sviluppo delle piccole e medie imprese. Questi i punti focali dell'accordo.

    «In questi anni - dice il deputato Donno - il MoVimento 5 Stelle a Galatina è stato presente in Consiglio Comunale e soprattutto fuori dal Consiglio. Abbiamo sempre lavorato per il bene della comunità di Galatina e delle sue frazioni, ottenendo anche risultati importanti per la città, nonostante fossimo forza di opposizione. Questi anni di presenza costante, di dialogo e confronto permanente con i cittadini, ci hanno permesso di strutturare un programma con proposte immediatamente realizzabili. Non un libro dei sogni, quindi, come altri candidati Sindaco puntualmente presentano ad ogni tornata elettorale (anche in questa), ma azioni concrete per il rilancio della nostra amata Città. Per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del “Contratto dei Cittadini”, Galatina deve migliorare la sua classe dirigente e individuare le migliori risorse umane capaci di lavorare insieme per dare risposte e soluzioni al territorio. Con la Dottoressa Antonica, con il Partito Democratico e con tutti i componenti della nascente coalizione progressista, ci siamo confrontati per mesi, giungendo ieri all’accordo ufficiale che ci vedrà protagonisti della prossima campagna elettorale. Serve coraggio, visione, passione, competenza, testa e cuore. Non possiamo più accettare di perdere occasioni importanti per lo sviluppo di Galatina. Deve tornare ad essere una comunità che cammina insieme, dove ogni cittadino, ogni commerciante, ogni imprenditore, ogni professionista, ogni associazione, si senta parte di un processo di cambiamento e di evoluzione non più rinviabile. Per questo ci siamo e siamo i principali sostenitori dell’alleanza progressista. Noi ci siamo sempre stati, ci siamo e ci saremo. La Politica degli slogan, delle accozzaglie e dei gruppi di potere è distante da noi e la riteniamo dannosa per le comunità. Non abbiamo bisogno di supporti esterni o di esempi da seguire, siamo orgogliosamente galatinesi e, insieme al nostra gruppo di simpatizzanti e di candidati provenienti dalla società civile, abbiamo il coraggio, la voglia e la determinazione necessari per consegnare alla Città una classe dirigente all’altezza della sua storia, delle sue tradizioni e del suo nome.
    Abbiamo sempre lavorato come M5S, ad ogni livelli istituzionale, per migliorare la qualità della vita dei cittadini. È  il momento della svolta: il Movimento 5 Stelle è pronto ad assumersi le sue responsabilità.” Domenica, alle 19, saremo in piazza Alighieri per la presentazione della candidatura di Sandra Antonica e della coalizione.

    M5S Galatina

     
    Di Redazione (del 11/09/2014 @ 19:47:59, in Recensione libro, linkato 2698 volte)

    Riceviamo e volentieri pubblichiamo alcune note vergate da Cristian Carallo in merito al libro "In men che non si dica" di Marcello D'Acquarica (ed. L'Osservatore Nohano, Noha, 2012)

    Carissimo Marcello,
    è il tuo compaesano Cristian che ti scrive!
    Innanzitutto ti saluto e ti ringrazio ancora per essere stato così gentile e disponibile da darmi l'opportunità di leggere il tuo libro "In men che non si dica". Per me ora è un piacere essere qui ad esprimere il mio parere e comincio col dirti che all'inizio ero un po' dubbioso. Sai Marcello i saggi autobiografici non sono proprio il mio genere...Amo i racconti d'avventura e di azione di cui spesso vedo i rispettivi film ma le autobiografie proprio no! Mi basta leggere qualche riga per annoiarmi e, diciamoci la verità, a me interessa davvero poco la vita di un autore. Ma il tuo libro partiva con una marcia diversa, con una marcia in più, con quel qualcosa di inspiegabile che ti fa subito dire: "Questo è il libro giusto per me". E infatti, a calcoli fatti, il tuo volume è stato il meglio che si potesse chiedere.

    La parte iniziale della valigia secondo me è davvero azzeccata, mi ha fatto capire fin da subito il tono del libro e ho potuto "prepararmi" per quello che sarebbe stato poi lo sviluppo della vicenda. Leggendo la tua opera posso dire che ho notato nelle tue parole serietà, nostalgia ma anche un po' di critica, a volte condivisa e a volte no. Ad esempio trovo giusto il tuo pensiero in merito al lavoro nella parte in cui parli dell'industria paternalistica...anche secondo me ognuno deve essere libero di scegliere il proprio mestiere perchè a mio avviso non si può svolgere una qualsiasi professione senza amarla.

    Sono invece di ben altro avviso nella parte conclusiva del libro dove l'argomento affrontato è l'Unità d'Italia. Lo scrivo in maiuscolo perchè io penso che sia stata la cosa più bella che i nostri avi ci abbiano lasciato in eredità, quindi si dovrebbe festeggiare da tale. È vero, noi meridionali paghiamo purtroppo la falsa realtà dello stereotipo "terùn" e tutti i pregiudizi nei nostri confronti...ma poi mi dico... che Italia sarebbe senza l'Unità?

    Le cose andrebbero veramente meglio o peggiorerebbero ulteriormente? Domande che spero rimangano sempre senza risposta dal momento che non vorrei un'Italia divisa.

    A parte questo piccolo neo che mi ha fatto anche un po' riflettere, tutto il resto del racconto è stato appassionante: da Ginu 'U Cintu alla tua storia personale.

    Ora che ci penso il libro contiene una specie di paradosso...tu da piccolo ti chiedevi quanto è duro lasciare la terra natìa pensando ai tuoi fratelli che "come delle schegge impazzite facevano sempre avanti e indietro", torino-lecce...lecce-torino e poi di nuovo torino-lecce e così via. Sei passato dal chiederti e immaginare la risposta a provarlo in prima persona, provare davvero cosa significa l'emigrazione sulla propria pelle..."d'altronde come si può provare fame quando si è sazi?".

     Infine Marcello posso concludere che il tuo libro è davvero una medicina per la mente, una medicina che ti apre gli occhi e ti fa chiedere:"Perchè?".

     Io spero davvero, dal più profondo del cuore, che al mondo ci siano molte persone come te, pronte a dare tutto per il proprio paese anche quando l'unica cosa che si può dare è quel sentimento di patria e di appartenenza più unico che raro.

    Con tanto affetto e stima, 
    il tuo compaesano

    Cristian Carallo

     
    Di Andrea Coccioli (del 28/07/2016 @ 19:46:06, in Comunicato Stampa, linkato 2199 volte)

    Leggo con sorpresa e rammarico le lettere sui giornali del vice-sindaco e assessore della giunta Montagna che criticano il grande lavoro svolto da questa amministrazione. Certo, tanto altro si poteva fare e si può ancora fare, ma suonano come una campana stonata le dichiarazioni pubbliche di persone che hanno condiviso tutto il lavoro che si è svolto o si è cercato di svolgere in questi anni. Durante la mia permanenza in Giunta (da giugno 2012 a gennaio 2016), si è lavorato condividendo i problemi e discutendone costruttivamente al fine di risolvere le tante criticità che mensilmente emergevano. Tanti i problemi ereditati dal passato fatto di politica e di politici diversi, di dirigenti e personale amministrativo che tanto hanno dato alla Città ma che si lasciano dietro cose non fatte o tralasciate e che bisogna necessariamente, a un certo punto, decidere di risolvere. Bene, questa amministrazione ha deciso di risolvere tante pendenze e lasciti poco virtuosi. Si è avuto il coraggio di affrontare tante sofferenze amministrative che gravavano e purtroppo ancora gravano sulla comunità. Certamente il cammino è lungo e per portarlo a compimento serve ancora tempo. Quattro anni di amministrazione sono serviti a tracciare il giusto solco per risollevare il comune. Tante opere pubbliche sono state terminate, opere pubbliche quali la riqualificazione di Corso Porta Luce, la riqualificazione di via Giuseppina del ponte e lo splendido angolo di via Cafaro accanto alla chiesa dell’Immacolata da sempre in abbandono, abbiamo compartecipato alla realizzazione della tangenziale sud ovest, ormai zona di svago e di esercizio fisico per tanti galatinesi, la riqualificazione dell’ingresso ovest alla Città (via per Galatone), la nuova Palestra sportiva, la realizzazione del Centro polivalente, il completamento dell’asilo di Viale Don Bosco. Abbiamo reso utilizzabile il giardino adiacente la scuola di Noha utilizzato dai ragazzi come orto didattico, abbiamo riqualificato la zona adiacente alle case popolari di Noha ridando dignità agli spazi comuni esterni.  Si è data finalmente nuova vita al cuore culturale della Città, ristrutturando il Cine-Teatro Storico Cavallino Bianco, edificio lasciato per anni in completo abbandono, siamo intervenuti sul bellissimo museo Cavoti ristrutturando gli ambienti e ridefinendo gli spazi espositivi, abbiamo ristrutturato il piano terra di Palazzo Orsini che ospiterà la casa del turista, si è risolto l’annoso problema degli allagamenti nel Rione Italia intervenendo sul potenziamento della fognatura bianca, si è riqualificato il parco giochi di Piazza Fedele con la costruzione di un piccolo anfiteatro, siamo intervenuti su tantissime strade dissestate rifacendo completamente il tappetino stradale, siamo intervenuti in modo massiccio su tutte le scuole riportandole ad un buon grado di decoro e di vivibilità. E’ in corso di ristrutturazione l’ex Convento Santa Chiara e la riqualificazione di parte del Basolato del centro antico.

    E’ stato possibile completare tutte le opere pubbliche perché è stata sviluppata una importante sinergia tra la direzione Lavori Pubblici e l’Ufficio Ragioneria del comune di Galatina facendo intervenire più volte l’Assessore De Donatis nelle scelte e nelle decisioni strategiche.

    Tuttavia, insieme alle numerose e indispensabili opere infrastrutturali, eravamo coscienti della necessità di intervenire per risolvere le molteplici criticità del bilancio del Comune di Galatina, criticità rinvenenti dal passato, ma che oggi, alla luce anche delle nuove disposizioni in materia di armonizzazione contabile non è più possibile ignorare. Già dal 2013, l’assessore al bilancio, dott.Mario De Donatis, ha cominciato il lavoro di risanamento del bilancio chiedendo a tutti gli assessori di ridefinire la spesa e di arrivare ad una spending review capace di condurci all’equilibrio di bilancio. Le criticità riguardanti la TARI (crediti inesigibili), la difficoltà alla riscossione dei ruoli coattivi affidati ad Equitalia e i diversi debiti fuori bilancio emersi sono stati sul tavolo della giunta e tutti eravamo pronti a contribuire e fare squadra per risolvere tutti i problemi. Operazione complessa e impegnativa a cui nessuno si è tirato dietro. Quando la nave attraversa una tempesta non si abbandona il timone, ma “il più delle volte bisogna scegliere tra una cattiva soluzione e una pessima, cercando di scampare alla tragica”.(cit.)

    Andrea Coccioli

    Galatina, 2016.07.27

     

    Nel primo anniversario della scomparsa di Suor ORSOLINA D'ACQUARICA missionaria della consolata siete invitati a partecipare alla celebrazione di suffragio che avrà luogo martedì 25 aprile alle ore 19.00 nella Chiesa cuore Immacolato di Maria in via Soleto a Galatina.

    La celebrazione sarà presieduta da suo fratello P. FRANCESCO.

    L'anima mia allende il Signore (salmo)

     

    In questi giorni ho avuto l’opportunità di visitare la nostra chiesetta dedicata alla Madonna di Costantinopoli. Era da un bel  po’ di lustri che non vi entravo.

    Vi dirò: sono rimasto favorevolmente colpitodalla trasformazione, l’ampliamento e l’interesse manifestato dai numerosi benefattori succedutisi nel tempo. Ho notato con soddisfazione la lapide posta a destra dell’entrata a perenne memoria della benedizione della campana, avvenuta il 16 marzo 1975 dal vescovo Antonio Rosario Mennonna (Muro Lucano 1906 – Muro Lucano 2009) nel piazzale antistante la chiesa tra due ali di popolo, e della benefattrice Angiolina Capani di Galatina.

    Bella l’unica navata rettangolare, cui si è aggiunto a lato il vano pure esso rettangolare dove sono collocati degli stipi contenenti alcune statue in dotazione della parrocchia, dal Cristo morto che fin dal 1880 era nella chiesa ottagonale greco bizantina dedicata alla Madonna delle Grazie, al busto di San Pio da Pietrelcina al Cristo risorto. Le statue di Sant'Antonio da Padova e dell'Immacolata Concezione invece sono poste all’entrata del tempietto, mentre il grande Crocifisso dell’altare è attualmente in restauro. Ho notato ancora le stazioni della Via Crucis offerte dalla Fam. Antonio Vincenti e Anna Miglietta il 19 aprile 1981, il Tabernacolo offerto da Domenico Masciullo nel 1980, e i banchi in legno della navata offerti da diversi benefattori con la relativa targhetta.

    Quanto alle antiche tradizioni, bisogna ricordare che nel pomeriggio del Giovedì Santo, dopo la tradizionale Messa in Coena Domini, viene allestito l’altare della reposizione con la Pietà: il Cristo Morto e l'Addolorata. Il Venerdì Santo le due statue vengono portate in Chiesa Madre per la processione solenne della sera. Il Sabato Santo viene addobbato l'altare per la celebrazione della Resurrezione e per il Lunedì in Albis, festa della Madonna di questa chiesa, ora volgarmente detta delle Cuddhrure. Il rito locale prevede che proprio il Lunedì di Pasqua la statua della Vergine venga portata in processione dalla chiesa parrocchiale a questa cappella, mentre la popolazione vive uno spazio di festa “sagra popolare” sin dalle prime ore del mattino, con la fiera dei cavalli. Nella serata dello stesso giorno si riporta in chiesa Madre la statua della Madonna ancora una volta in processione. Fino a non molti anni fa la suddetta statua rimaneva in cappella per tutta l'ottava di Pasqua,

    La chiesetta della Madonna di Costantinopoli è un capitolo importante della Storia di Noha, e sarebbe davvero un bel peccato trascurarne la struttura o abbandonarne le antiche usanze. Sarebbe bello invece che qualche anima pia anche oggi, come nel passato non tanto remoto, avesse a cuore le sorti di questo tempio sacro, e s’impegnasse nel suo recupero e nella sua tutela. A partire dall’antico quadro ligneo sopra descritto.

    La cultura e la civiltà di un popolo si misurano anche dall’attenzione al proprio patrimonio d’arte e spiritualità, fatto molto spesso di piccoli (ma di fatto enormi) beni comuni.  

    Nota.

    Ringrazio l’ing. Giovanni Vincenti per la sue preziose ricerche presso l’Archivio di Stato di Lecce sui fatti storici della nostra terra. Lo incoraggio a perseverare nelle sue indagini, qui e altrove, pregandolo di rendercene in qualche modo partecipi. Gliene sarà grato chiunque abbia e avrà a cuore le proprie radici.       

    P. Francesco D’Acquarica i.m.c.

     
    Di Russo Piero Luigi (del 05/12/2023 @ 19:44:15, in Comunicato Stampa, linkato 223 volte)

    Anche questo Natale, nel solco della tradizione, vogliamo aiutare, come Associazione Virtus Basket Galatina, la Bimbulanza, l'ambulanza pediatrica gestita dall'Associazione cuore e mani aperte - OdV di DON Gianni Mattia e Franco Russo e ormai diventata un patrimonio del nostro territorio. Chiunque di noi può contribuire ritirando una splendida piantina grassa con un contributo minimo di 5euro.

    𝐋𝐞 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐠𝐫𝐚𝐬𝐬𝐞, 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐥𝐨𝐧𝐠𝐞𝐯𝐢𝐭𝐚̀, 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐢𝐦𝐛𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐢 𝐝𝐮𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐞𝐯𝐞𝐫𝐚𝐧𝐳𝐚, 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚 𝐞 𝐭𝐞𝐧𝐚𝐜𝐢𝐚. 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐭𝐞𝐧𝐚𝐜𝐢 𝐞 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐫𝐛𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐭𝐫𝐚𝐬𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐭𝐢 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐚𝐦𝐚𝐭𝐚 𝐁𝐢𝐦𝐛𝐮𝐥𝐚𝐧𝐳𝐚.

    Ricordiamo che la Bimbulanza è la terza ambulanza pediatrica d’Italia e la prima nel Mezzogiorno. Ha acceso i motori il 26 maggio 2012 e, da allora, non ha mai smesso di muoversi, percorrendo la Penisola in lungo e in largo. In questi anni, ha percorso più di 500.000 km, toccando i principali centri d’eccellenza d’Italia quanto a cure minorili: dal Gaslini di Genova, al Bambin Gesù di Roma, dal Meyer di Firenze, al Besta di Milano, sino al Gemelli nella Capitale. Questo grande progetto di solidarietà continua a operare senza sosta grazie a volontari autisti, disponibili a partire a Natale, come a Ferragosto. Quanto alle spese per i viaggi sono tutte a carico dell’Associazione: carburante, assicurazione per responsabilità civile, pedaggio autostradale, spese sanitarie per medico e/o infermiere che salgono a bordo per assicurare la necessaria assistenza sanitaria durante il tragitto, vitto e alloggio dei volontari autisti e delle famiglie coinvolte. Infatti, nulla grava sulle famiglie che usufruiscono del servizio perché già provate dalla situazione di salute del loro figlio minore e disorientate dalla necessità di doversi spostare, il più delle volte in situazioni di urgenza/emergenza. Per queste ragioni, in alcuni casi, l’associazione cerca di supportarle, sostenendole nelle spese durante la permanenza fuori. I fondi per sostenere queste spese vengono dalla generosità dei benefattori salentini, dalla raccolta fondi pasquale e, in primo luogo, dalle donazioni del 5×1000.

    𝐑𝐢𝐭𝐢𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨, 𝐩𝐞𝐫𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨, 𝐥𝐚 𝐯𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐭𝐢𝐧𝐚 𝐠𝐫𝐚𝐬𝐬𝐚 𝐩𝐨𝐭𝐫𝐞𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐢𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐫𝐞𝐭𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐝 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐢 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐈 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐧𝐞𝐥 𝐯𝐢𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐥𝐚 𝐠𝐮𝐚𝐫𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞… 𝐓𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐫𝐢𝐜𝐚𝐯𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐫𝐚̀, 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐭𝐭𝐢, 𝐝𝐞𝐯𝐨𝐥𝐮𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥’𝐀𝐬𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐂𝐮𝐨𝐫𝐞 𝐞 𝐦𝐚𝐧𝐢 𝐚𝐩𝐞𝐫𝐭𝐞 – 𝐎𝐝𝐕 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐠𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐁𝐢𝐦𝐛𝐮𝐥𝐚𝐧𝐳𝐚.

    Vogliamo intanto ringraziare i nostri amici sponsor che ci hanno sempre accompagnato in questa meravigliosa maratona di solidarietà.
    Il primo appuntamento è venerdì 8 dicembre in piazza Alighieri (di fronte al Monumento ai Caduti) a partire dalle 09.00 fino alle 13.30.

    Info e prenotazioni: Cosimo Cipolla: 366-6697586(anche Wathsapp);

    Sandro Argentieri: 333-4368532 (anche Wathsapp);

    Alessandro Antonaci: 328-0459945 (anche Wathsapp);

    Piero Luigi Russo: 349-8471729 (anche Wathsapp).

    Semplicemente grazie di heart

     
    Di Redazione (del 03/06/2023 @ 19:41:17, in Comunicato Stampa, linkato 315 volte)

    L’emozione era palpabile nel teatro man mano che si riempiva di genitori, parenti, docenti, compagni di classe, quelli che sono stati i protagonisti veri di un racconto che ognuno di noi ha letto e studiato a scuola, ma che lunedì 29 ha assunto una connotazione particolare visto il momento storico contrassegnato dalla guerra tra Russia e Ucraina. Dall’Iliade di Omero all’Iliade di Baricco per assistere ad una storia di guerra che, in realtà, non è altro che la ricerca della pace. E così il “Viaggio di uomini e donne nella storia della guerra” messo in scena dagli studenti dell’Istituto Comprensivo Polo 1 di Galatina / Collemeto è diventato più attuale che mai.
    Tre narratori hanno preparato il pubblico a quanto è stato poi visto sul palco, spiegando il perché di una scelta come l’Iliade e sottolineando la forza di un poema che pur narrando l’orrore di una guerra, è alla ricerca costante di quella “bellezza” che solo la pace può dare.
    Uno splendido teatro Cavallino Bianco è stato per un’ora e mezza pervaso dal “talento” delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria di I grado, delle classi quinte della scuola primaria e dai musicisti dell’indirizzo musicale dell’istituto; 80 giovani artisti capaci di regalare delle emozioni vere, grazie ad un grande lavoro di passione, studio e approfondimento sotto la regia dell’esperta di teatro, prof.ssa Costanza Luceri, che ha anche curato la stesura del testo teatrale.
    Il lavoro per la realizzazione dello spettacolo ha visto il coinvolgimento dei docenti dell’Istituto comprensivo, sia della scuola secondaria (P. Benegiamo, C. Luceri, A. Mastrolia, G.Passione, A. Apollonio, L. Augusti, G. Caiuli, G. Schirinzi, F. De Vittorio) sia della scuola primaria (C. Mangia, C. Franco, M. Tresca).
    Teatro, musica, arte fusi assieme in un'opera imponente, momento conclusivo del progetto Teatro, realizzato con i docenti della scuola che hanno messo la loro competenza e la loro passione a servizio di un’opera che non è semplicemente una rappresentazione, ma un percorso di crescita culturale e sociale anche fuori dall’aula scolastica, al fine di realizzare una scuola quale laboratorio di ricerca, creatività ed integrazione.
    Moltissimi sarebbero i momenti da descrivere, per intensità interpretativa, per imponenza delle scene, per coinvolgimento della musica, ma degno di particolare nota l’interpretazione corale tra corpo di ballo, musicisti e attori ne “Lu rusciu de lu mare”, un diamante incastonato nella realizzazione scenica che ha rappresentato la metafora del morso della taranta vista come morso della guerra. Noi salentini sappiamo che da quel morso si può guarire attraverso il ballo della pizzica e la speranza che anche dalla guerra si possa guarire è l’obiettivo che si desidera fortemente raggiungere. Una scena intensa dove si è potuto quasi toccare l’emozione di una scena unica, scandita dai battiti dei tamburelli che hanno accompagnato la musica, la voce e la danza.
    “Nella narrazione scenica dell’Iliade - annunciavano all’inizio dello spettacolo - abbiamo dato voce alle donne ed agli uomini per raccontare la storia dei vinti, la ragioni dei vincitori, la voce delle donne e il loro desiderio di pace. Abbiamo cercato di comunicare, in questi anni di guerra, per dirla con Baricco, la “memoria di un amore ostinato per la pace”.
    Il coinvolgimento per quanto gli studenti hanno saputo trasmettere è ricordato nel ringraziamento finale della dirigente scolastica Luisa Cascione, che ha ringraziato tutti coloro che hanno dato una mano alla realizzazione dello spettacolo, ma soprattutto i giovani artisti, complimentandosi di cuore per le emozioni che hanno fatto vivere al pubblico e ricordando quanto sia importante nella vita appassionarsi di qualcosa, magari provando a lasciare da parte qualche volta lo smartphone e condividendo dei momenti importanti della propria formazione come il lavoro di mettere in scena un’opera d’arte corale!

    Si ringraziano gli sponsor che hanno contribuito alla realizzazione dello spettacolo:
    Terotecna light design, GDA Group, Ecom servizi ambientali, Pellegrino Vending, Guerrazzi infissi, Serafini automotive.

    Fiorella Mastria

     

    Care democratiche e cari democratici,

    ancora oggi ci interroghiamo sul senso di iscriversi al Partito Democratico. La risposta più ovvia sembrerebbe quella di voler esercitare fino in fondo il diritto costituzionale di concorrere con metodo democratico a determinare la vita politica del paese, ma vi è un valore aggiunto che per molti di noi ha un significato maggiore. Aderire mediante la Tessera 2021 significa aderire ad una idea di società progressista, aperta al cambiamento, che pone le basi di una società solidale fondata su valori comuni, a partire dall’antifascismo, capace di tradurre i propri ideali in azioni concrete. Aderire al PD significa ribadire con fermezza che l’Italia ha bisogno di unità, che non è la divisione la risposta a fronteggiare le forze populiste che dilagano ininterrottamente. Aderire significa costruire una identità chiara, con proposte innovative che rispondano ai bisogni degli ultimi, di coloro che non hanno voce per far emergere i propri diritti. E per fare politica dell’ascolto e della prassi occorre fare necessariamente partecipazione, ognuno con le proprie idee, ognuno con le proprie risorse da mettere a disposizione dell’altro gratuitamente e per il “solo” gusto di fare il Bene della società in cui vive. Solo aprendoci, e accogliendo le energie di quanti condividono i nostri valori e vogliono impegnarsi con noi, costruiremo un gruppo di appassionati che lotta ogni giorno per edificare insieme il contesto che abitiamo. Mi appello alla vostra responsabilità care amiche e cari amici, occorre esserci insieme. Il Circolo di Noha ha bisogno di ognuno di voi, delle idee di tutti, con la consapevolezza che ognuno deve sentirsi parte integrande di un tutto indivisibile chiamato “politica del servizio”. Il nostro è un Circolo giovane, costituito e diretto da giovani coraggiosi e colmi di speranza riposta nella consapevolezza che il proprio territorio può e deve cambiare. Un Circolo dove c’è posto per tutti, una casa di tutti, perchè chiunque ci entri si senta il benvenuto. Vogliamo che sia un punto di incontro, un luogo ricreativo, di dialogo e di confronto, un luogo di litigio se serve a creare il compromesso. Il PD di Noha ha a cuore gli adulti, ma riserva grande attenzione verso i suoi giovani e vorrebbe coinvolgerli tutti perché tutti possono dare un loro contributo guardando al territorio, facendo festa, dando fastidio se necessario. È importante, dunque, la presenza, perchè mediante la tessera si aderisce ad una comunità che guarda e si impegna per essere una comunità viva, utile, verso cui riporre fiducia, passione, tempo, energie, in un Circolo di un Partito che ascolta il suo popolo.

    Noi ci siamo e aspettiamo te per aderire o rinnovare l’adesione presso il Circolo PD – Noha “G. De Benedetto” in p.zza San Michele, nei seguenti giorni:

    Giovedì 16 Dicembre 2021, dalle ore 18 alle ore 21.
    Domenica 26 Dicembre 2021, dalle ore 9 alle ore 12.

    Quota di iscrizione: €10.00

    Il Segretario PD – Noha
    Dott. Michele SCALESE

     
    Di Redazione (del 23/01/2024 @ 19:40:12, in Comunicato Stampa, linkato 209 volte)

    Il Liceo Scientifico e Linguistico “A. Vallone” di Galatina promuove il dialogo e il confronto tra studenti e autorevoli studiosi. Un’altra opportunità di crescita umana e culturale per i giovani, offerta dal seminario “Scienza e fede a confronto”, organizzato dal Dipartimento di Storia e Filosofia, il 15 gennaio scorso, grazie alle sollecitazioni della Dirigente, prof.ssa Angela Venneri. Il tema, di particolare complessità, è stato reso vivo e partecipato dagli appassionati interventi dei relatori e dal dialogo tra loro e con gli studenti.

    La prospettiva della fede è stata rappresentata dall’Arcivescovo di Otranto, Mons. Francesco Neri, mentre la riflessione sulle possibilità della scienza, tra passato, presente e futuro, è stata affidata al prof. Diego Pallara, docente di Analisi matematica all’Università del Salento.

    Gli studenti delle quinte classi presenti all’incontro non sono apparsi passivi ascoltatori ma interlocutori attenti e preparati, che hanno dato vita alla conversazione attraverso articolate domande su molteplici tematiche: la criticità della relazione dei giovani con la fede; il ruolo della scienza e il rapporto con la tecnologia nella società attuale; la retrospettiva storica del confronto tra l’istituzione della Chiesa cattolica e i progressi della scienza; i legami tra fisica quantistica e filosofia.

    Le riflessioni scaturite in risposta agli interventi hanno intessuto un dialogo tra il rappresentante della Chiesa e l’uomo di scienza, improntato sul rispetto e la condivisione di molti principi, pur a partire da punti di vista diversi.

    Uno dei punti d’incontro emerso dal confronto è stata la convinzione che non esista una divisione tra le due culture, ma che la prospettiva umanistica e quella scientifica si fondono perfettamente nei grandi studiosi del passato o di oggi.

    Mons. Neri da una parte ha accostato i principi e i valori della fede alla ricerca scientifica senza preclusioni o contrapposizioni nelle conclusioni: dalla teoria del Big Bang alla creazione come atto di fede, dalla verità rivelata alla necessità dell’uomo di coltivare la meraviglia e il rispetto nei confronti della natura. Il prof. Pallara dal suo canto ha proposto la sua sintesi attraverso testimonianze di eccellenti matematici o citazioni di poeti e narratori, che dimostrano l’intersecarsi dell’umanesimo con la scienza: tra tutti l’esempio di Galilei che - come rilevò Italo Calvino - si dedicò all’osservazione degli astri con “precisione scientifica e rarefazione lirica”.

    Altro elemento di convergenza tra i due relatori è stato il riferimento centrale alla figura del matematico Ennio De Giorgi, in quanto esempio di umiltà del ricercatore geniale di fronte ai limiti della nostra conoscenza, studioso che accosta l’amore per la scienza all’impegno nel sociale e alla difesa dei diritti fondamentali della persona, dunque modello di conoscenza finalizzata alla ricerca del bene per l’umanità.

    In conclusione, un momento di alto valore didattico e formativo per i nostri studenti, di cui sicuramente rimarrà traccia nella mente e nel cuore di tutti: la ricerca scientifica e la fede, pur nella loro autonomia, convergono e si completano nell’inesausto bisogno umano di interrogarsi sul proprio essere e sulla realtà che ci circonda. Rimane ferma, tuttavia, la consapevolezza che la conoscenza progredisce nel tempo ma non potrà scalfire il mistero che circonda l’esistenza dell’uomo e del mondo.

    Roberta Romanello

     
    Di Redazione (del 02/02/2022 @ 19:39:36, in Comunicato Stampa, linkato 550 volte)

    I tempi stringono le prossime elezioni amministrative sono alle porte ma il dibattito politico stenta a decollare.

    PNRR di qua' PNRR di la', ma di grazia per fare cosa? Per andare dove?

    Premetto che non intendiamo candidarci con nessuno ma siamo fortemente motivati ad esercitare il nostro diritto di voto e coltiviamo la speranza di vedere finalmente la politica  con la P maiuscola protagonista in città.

    Avendo quindi le mani libere diremo quello che pensiamo senza esitazione alcuna, convinti e sinceri nel solo ed unico interesse a favore di Galatina e dei nostri concittadini.

    Bene iniziamo partendo dall'interesse principe di ogni comunità la Salute.

    A noi fa specie che ci si strappi le vesti per il declassamento del Santa Caterina Novella e non si abbia nessuna voglia di capire perché in città l'incidenza delle neoplasie è drammatica.

    Come dire si piange per il disagio nel doversi spostare per curare ma non perché si muore.

    Il nostro sindaco affronterebbe subito il problema con puntuali analisi, controlli e verifiche  a tappeto sul territorio da effettuare con soggetti terzi autonomi e indipendenti.

    Dopodiché interventi di bonifica e mitigazione delle criticità a spron battuto per riportare i valori nella norma.

    Responsabile della salute pubblica o lo si è per davvero o non lo si è.

    A braccetto con la salute ci va indissolubilmente il territorio e l'ambiente. Su questi argomenti la scelta è una sola. O si fanno gli interessi degli speculatori che arricchiscono pochi a danno di tutti o viceversa.

    Parliamo ad esempio di pannelli solari. Se si installano sulle abitazioni, sugli edifici pubblici, nelle aree degradate e dismesse a beneficio di tutti è un conto, se si installano sui terreni agricoli di prima scelta è un'altra storia.

    E vogliamo parlare del megagalattico piano regolatore dei ventuno comparti ( pochi nati, ma mai ultimati) in previsione di una città che poteva crescere  a volontà e che invece sconta una decrescita infelice sino a meno di 27.000 unità ?

    Grazie signori speculatori voi e chi ve lo ha permesso, avete svalutato un patrimonio immobiliare dell' intera città del 30, 50, 70, per cento rispetto al valore di altri comuni del Salento che un tempo ci guardavano con invidia ed ammirazione.

    Ecco il nostro sindaco ideale saprebbe correggere queste aberrazioni nominando ad esempio un assessore all' urbanistica di scuola "Barbanente" o per i più anziani " Cervellati". Un assessore qualificato, un accademico del settore, di animo ambientalista lontano da Galatina e dagli interessi di parte. Un bravo medico del territorio che sapesse curare le tante ferite aperte dando valore e dignità al patrimonio esistente.

    A seguire trattiamo il tema Cultura .

    Se chi ci vuole amministrare ha consapevolezza e amore per Galatina non può prescindere dal pensare ad un assessore al ramo di portata nazionale, un personaggio pubblico del valore e della notorietà di Sgarbi o Bonito Oliva o altri di tale livello perché la città lo merita . Basta manuali cencelli e scelte che mortificano….servono personalità di respiro internazionale per aspirare ad avere riconosciuti e promossi  i tanti tesori Culturali presenti a Galatina.

    E restando in tema di Cultura ma in questo caso della Legalità è urgente pensare alla guida della Polizia Urbana di una autorità indiscussa di alto profilo alla stregua dell' indimenticabile Commissario Capuano .

    Un Alto dirigente in pensione degli organi dello stato, un Prefetto, un Procuratore, un Commissario di Polizia, comunque una persona terza competente, autorevole, indipendente che sappia contrastare una deriva ed un degrado sociale sempre più preoccupante.

    Il responsabile all'annona insieme al Sindaco devono avere doti di pazienza,moderazione, equilibrio, capacità di ascolto per  smorzare i mille conflitti presenti in una comunità fortemente provata. Dio ci liberi e ci scanzi dai sobillatori soprattutto se si annidano nelle istituzioni !

    Pazienza a questo punto se i restanti assessori verranno scelti seguendo le liturgie  consuete della politica. Una sola condizione . Gli assessori non devono essere afflitti da "fragilità" personali di alcun genere perché è inevitabile che diversamente il tutto si rifletterebbe in una imbarazzante debolezza del ruolo e delle funzioni ricoperte .

    Vorremmo vedere persone serene libere e indipendenti impegnarsi al meglio per Galatina . Vorremmo che avessero chiaro la teoria della "finestra rotta" perché trascuratezza, sciatteria, indolenza non sono compatibili con buona amministrazione. A tal proposito vorremmo un assessore al centro storico che capisse il perché atti vandalici, deturpazione dei luoghi, comportamenti antisociali sono pericolosamente cresciuti nel centro antico . E giacche' ci siamo lo vorremmo vedere accompagnare un disabile in carrozzella tra strade, corti e uffici inaccessibili. E poi bellissimo sarebbe se l'assessore insieme al sindaco facessero un giretto a bordo di un automezzo dei vigili del fuoco. Potrebbero sincerarsi di persona sull'accessibilità o meno dei veicoli tra le già strette stradine del centro invase da parcheggio selvaggio, ponteggi, fioriere, tavoli ed altro .

    Saremmo proprio contenti di scoprire che gli stupidi siamo noi che non sanno guidare un'utilitaria .

    È così strano sognare una città più vivibile, con maggiore decoro urbano, con maggiore rispetto dei luoghi e delle persone, che aspira ad una migliore qualità della vita che ha a cuore il bene comune?

    E per finire il nostro sindaco lui o lei che sarà, vorrei vederlo camminare spesso in città a testa alta, consapevole del grande onore di rappresentare la nostra città, vorrei vederlo salutare per primo chiunque incontra, cordiale, rispettoso e rispettato, vorrei innanzitutto vederlo sorridere!

    A questo Sindaco daremo il nostro voto.

    Auguri Galatina incrociamo le dita ….

    PS  Dimenticavo : nei primi 10 giorni caro futuro sindaco può prometterci di attivare la Palestra di via Montinari e trovare un utilizzo per il pulmino di mezzo giorno in famiglia? Grazie

     

    Associazione culturale

    Galatina, Storia Arte Cultura

    Dante De Ronzi

     
    Di Redazione (del 06/05/2023 @ 19:39:33, in Comunicato Stampa, linkato 276 volte)

    Emancipazione. Come dire “autonomia”, come dire “libertà”. Il progetto FIL ROUGE, promosso dall’Associazione Levèra e sostenuto da Fondazione CON IL SUD ed Enel cuore Onlus, è un progetto principalmente di emancipazione.

    È stato ampiamente raccontato durante la conferenza stampa di giovedì 4 maggio presso i locali di Levèra a Noha di Galatina, in un pomeriggio ricco di condivisione in cui si è parlato di presente e di futuro, partendo dalle tante iniziative che hanno portato a Fil Rouge. Tanti i sindaci presenti, in particolare quelli dell’Ambito di Galatina.

    Come tutte le cose che hanno finalità benefiche, Fil Rouge è nato da un’intuizione, da un desiderio, ma per concretizzarsi ha avuto bisogno dell’incontro di sensibilità diverse, in un intreccio di conoscenze, professionalità e passioni capaci di dare a un’idea tutti i contorni della possibilità.

    Così Roberta Forte, membro del consiglio direttivo di Levèra e responsabile del progetto, ha condiviso il suo pensiero inizialmente con persone come Luciana Delle Donne dell’Officina Creativa SCS, promotrice del progetto Made in Carcere, dando vita a una collaborazione che ha allargato la sua maglia, coinvolgendo anche il Comune di Galatina, la Cooperativa Sociale L’Aurora, Programma Sviluppo, l’associazione ADU Avvocati per i Diritti Umani e l’Acli sede Provinciale di Lecce APS.

    Fil Rouge è un progetto sartoriale e di design che vuole promuovere percorsi di affrancamento di donne fragili, soprattutto vittime di violenza, abuso o maltrattamento, attraverso il lavoro e l’inclusione sociale.

    Si punterà, promuovendo concetti di sostenibilità sociale e ambientale, a creare pezzi unici, fatti a mano, sotto la guida esperta di sarte e designer. Capi e accessori della sartoria sociale saranno realizzati con tessuti donati da imprese della moda, scampoli e abiti che, scartati dai processi produttivi in cui risultano ormai inutili, rientreranno nel processo creativo, riacquistando nuova vita.

    Era il 2017 quando abbiamo inaugurato la sede di Levèra a Noha - dice Roberta Forte - Il significato di quell’inaugurazione ci accompagna in ogni iniziativa. Un immobile sequestrato alla mafia e rigenerato nell’aspetto e nella sostanza per divenire sempre più punto di riferimento di legalità e accoglienza, si fa oggi piccola fabbrica e atelier dal valore profondo. Il senso del riscatto si amplifica attraverso tutte le menti, le mani e i cuori che si stanno unendo in questa avventura eccezionale. Quando un immobile viene tolto alla comunità, ma restituito alla comunità stessa con progetti utili e inclusivi, crediamo che sia una vittoria di tutti. Grazie all’allora sindaco Marcello Amante che ha creduto in noi e nella nostra visione. Grazie a chi oggi si pone su questa scia e ci sostiene appieno”.

    D’impatto il video che è stato trasmesso prima dell’intervento di Ilaria Palma per Officina Creativa SCS che ha fatto vedere come il progetto Made in Carcere fattivamente sia già da tempo promotore di riscatto per le donne costrette alla detenzione, ma con una visione sul domani in cui poter mettere in pratica quello che stanno imparando quotidianamente con il lavoro sartoriale.

    A sottolineare l’importanza di iniziative come quella di Fil Rouge sono intervenuti anche il sindaco di Galatina Fabio Vergine e l’assessore ai servizi sociali del Comune Camilla Palombini, che hanno ribadito il completo appoggio dell’Amministrazione.

    Le parole di Paola Gabrieli, referente del CAV “Malala” di Galatina, hanno dato contezza di quante donne fragili ogni giorno hanno bisogno di un riscatto sociale e personale, oltre a un aiuto psicologico e legale. In tal senso Anna Maria Congedo, responsabile ADU e Georgia Schirinzi, vide presidente provinciale ACLI, hanno sottolineato come il sostegno anche burocratico al progetto sarà pieno.

    Michele Gabrieli, responsabile di Programma e Sviluppo per Lecce e Galatina, e Anna Mazzotta, responsabile della cooperativa Aurora, hanno poi spiegato anche dal punto di vista pratico come verranno selezionate e indirizzate al lavoro le donne che i servizi sociali indicheranno.

    Il nome del progetto, Fil Rouge, è esso stesso caratterizzante di una continuità con quello che Levèra si è sempre posta come obiettivo ed è bello perseverare nel concetto dello “scarto” e del “rifiuto” che in questo caso si cuciranno insieme per superare ogni tipo di barriera, da quella linguistica a quella culturale e fisica. Si partirà da lontano, dalle tradizioni tipiche del Salento come la tecnica del tombolo o i segreti del ricamo per arrivare a creare un nuovo marchio che metterà insieme antichi saperi e innovazione.

    Al centro ci sono le donne, i loro diritti e la necessità di quell’emancipazione a cui tutti gli esseri umani aspirano per essere riconosciuti nelle loro qualità e nelle loro virtù.

     Levèra

     
    Di Redazione (del 28/03/2018 @ 19:39:21, in Comunicato Stampa, linkato 923 volte)

    Non è stata una gara entusiasmante  quella  a cui abbiano assistito domenica  tra Olimpia SBV ed Andria, ma l’importante per la compagine del presidente Santoro era centrare l’obiettivo dei tre punti  : e così è stato.

    Partita volitiva da parte dei padroni di casa , ricca di tensione e pathos anche per i tanti tifosi in tribuna ,seppur in alcuni frangenti farraginosa , ma sempre animata dalla volontà di non ammainare bandiera: e in questi casi chi ne soffre è il tasso tecnico della gara caratterizzato da imprecisioni ed errori, soprattutto nel secondo set.

    L’avvio è senza storia ,con gli ospiti che oppongono una blanda resistenza sopraffatti da una distribuzione di Muccione  che gode di un ottimo 71% di ricezione positiva .Il palleggiatore sardo svaria su tutto il fronte , non concede riferimenti alla prima linea avversaria e gli attacchi producono un buon 54% di prolificità .

    Con un’attenzione estrema svetta in questa prima parte  Iaccarino ,che stampa tre muri fermando per ben due volte il mancino Carelli, limitandolo sul piano emotivo con una evidente riduzione della pericolosità . Il solo Andriano mette a segno 6 punti, al pari di Buracci sul fronte opposto,  limitato da un superbo Pierri che giganteggia  con un 75% di ricezione positiva e con difese tempestive.

    I parziali di 16-11 e 21-15 parlano da soli e il primo set è a favore dei locali che con lo stesso piglio iniziano la seconda frazione portandosi sul 8-7. Poi il risveglio degli andriesi che in rotazione P6 mettono a segno, con Andriano al servizio ,un break di otto punti che scava un vantaggio importante, mettendo in difficoltà la ricezione dell’Olimpia SBV.

    Petrosino per Corsetti e Calò per Muccione  sono le mosse di mister Stomeo  che riesce a ridurre il divario fino al 23-24 , poi il muro di Andriano su Buracci sancisce la parità dei set.

    Inizio della terza frazione a testa bassa per i biancobluceleste: 4-0 e due grandi difese di Muccione esaltano il pubblico che non lesina applausi ed incoraggiamenti: capitan Guarini è d’esempio per tutti per spirito ed atteggiamento(questa volta produttivo) mettendo a segno quattro punti e toccando a muro tanti palloni.

    E mentre Lentini e Buracci tirano un po’ il fiato , Iaccarino e Corsetti danno un apporto di sostanza:, quest’ultimo, con buone difese  consente pericolose ricostruzioni. Si viaggia spediti sciupando poco e niente: la sequenza dei punti 16-9,21-12 e la progressione fino al 25-14 determinano il 2-1 .

    Il quarto set è equilibratissimo  con una gran difesa di Muccione su diagonale di Carelli e un muro perentorio di Guarini sullo stesso opposto. Si viaggia punto a punto(8-7,11-11,17-18) e mister Stomeo manda in campo Calò per Muccione : Guarini diventa un guastatore mette a segno 3 attacchi ed un muro portando il punteggio sul 23-20.

    La vittoria è nell’aria: Andriano sbaglia il servizio e Lentini sulla ricostruzione di Buracci in bagher mette a terra il punto più importante del suo bottino(12 punti), chiudendo vittoriosamente la gara per 3-1.

    Il risultato che giunge da Ostuni dove la capolista Leverano sbanca il Palaceleste con una vittoria netta, porta il sestetto galatinese a -2 punti  dai brindisini  e continua ad alimentare qualche tenue speranza di giocare i play out.

    Ed è gioia irrefrenabile tra tifosi e squadra.

    OLIMPIA S.B.V.GALATINA -FLORIGEL ANDRIA  3-1  (25-17, 23-25, 25-14, 25-20)

    GALATINA: Corsetti 5, Rossetti n.e., Iaccarino 11, Lentini 12, Apollonio (L), Muccione 2 , Calò , Pierri (L), Persichino n.e., Petrosino 1, Buracci 19,Guarini 11  Coach: Stomeo  Ass. Bray

    FLORIGEL ANDRIA: Lorusso G. 2,Fiorillo 7,Carelli 21,Cripezzi 1,Andriano 18,Carofiglio 4,Caldarola 1,Zonno 1,Porro 4,Pepe(L),Bernardi   All.Douglas Cesar

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA SBV GALATINA

     
    Di Redazione (del 10/03/2020 @ 19:39:01, in Comunicato Stampa, linkato 864 volte)

    Care concittadine e cari concittadini,

    siamo chiamati a unità, oggi più che mai. E se questo significa sacrificio, sacrificio sia, purché di cuore.
    Ci sentiamo in gabbia, limitati in ciò che per noi costituisce un’abitudine e quindi un confort, una sicurezza. Ma di sicuro in questo momento c’è solo il buonsenso e non possiamo esimerci dal seguire i provvedimenti che il Governo, in accordo con le Regioni, ha preso per arginare il delicato problema coronavirus.

    Stiamo scrivendo una pagina di storia difficile, riscoprendo di fatto noi stessi, le nostre convinzioni, le priorità e gli obiettivi. Ma in questa fase, in qualche modo rivoluzionaria, c’è qualcosa che non cambia perché non ha limiti di tempo né tanto meno spazi in cui essere valida o meno: rispettare gli altri.
    E per farlo non ci è richiesto di interpretare le regole, bensì di seguirle, pedissequamente.
    Stare a casa equivale a un atto d’amore. Stare a casa significa voler preservare se stessi e gli altri.
    Non abbandoniamoci allo scoramento. Lasciamoci andare alla cura dell’altro, anche se questo significa togliere qualcosa a noi.
    Questo comporta concretamente una limitazione negli spostamenti, comporta la chiusura di alcune attività commerciali, lo stop delle attività didattiche. L’Italia è però diventata “zona protetta” perché davvero la situazione è delicata e dobbiamo coadiuvare i medici e gli infermieri nel loro complicato compito di assistenza a chi sta male e di contenimento del contagio.
    Ci ripetiamo da giorni che “andrà tutto bene” e ne sono convinto. Ma c’è bisogno della collaborazione di tutti, nella distanza fisica necessaria, ma nella vicinanza dello spirito inderogabile.
    Siamo chiamati a unità, senza paura. Possiamo contare gli uni sugli altri, potete contare sulle Istituzioni, sulle Forze dell’Ordine, sulla Protezione Civile, su chi ogni giorno si sforza di lavorare per il bene comune.

    Ancora una volta vi chiedo pazienza e responsabilità. Non dobbiamo sottovalutare il problema, perché ci riguarda senza distinzioni. Ma, facendo ognuno la propria parte, ci rialzeremo presto con convinzioni più forti di comunità e riacquistando la serenità che oggi sentiamo perdere tra le dita.
    Allora, anche i consigli che vi sembrano ridicoli o di poco conto diventano fondamentali e le direttive assumono i contorni di un vademecum da cui non si può prescindere.

    Non smettiamo di credere nella nostra città, nel Salento e nell’Italia. Non smettiamo di credere che insieme si supererà.

    Il Sindaco
    Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 21/04/2022 @ 19:32:23, in Comunicato Stampa, linkato 491 volte)

    Domenica 24 aprile Francesco Del Prete presenta il suo ultimo lavoro discografico per violino ed elettronica “COR CORDIS”, nove tracce per scoprire ciò che vive oltre la superficie delle cose e dell'essere umano. Andare al di là di ciò che l'occhio vede in "prima battuta" per approdare nel "cuore del cuore" del microcosmo che ci circonda.

    Come sempre a Levèra, sarà una serata di grandissime emozioni e buona musica! Un grande artista come Francesco, con due ospiti eccezionali: Lara Ingrosso alla voce ed Emanuele Coluccia al sax.
    Non si può mancare!

    *start: ore 21.00
    *si accede con tessera Arci, greenpass e mascherina

    Levèra 
    via Bellini 24 - Noha

     

    VI ASPETTIAMO MARTEDI' 26 LUGLIO - START ORE 21.00 - COVO DELLA TARANTA – GALATINA

    88max in concerto al "Covo della Taranta" nel segno di Max Pezzali...

    Gli “88max Tribute Band”, definiti come "un autentico Tributo a Max Pezzali & 883 attualmente in circolazione", viaggiano da soli in tutte le Regioni del Sud Italia. Sono un'occasione perfetta per ripercorrere la carriera e il contributo che il cantautore di Pavia ha dato al panorama musicale italiano, partendo dalla storica "Hanno ucciso l'uomo ragno" del 1992, arrivando fino ai giorni nostri con la più recente "L'universo tranne noi" del 2013, e tutti i più grandi successi nel corso degli anni.

    Brani in versione originale ma anche ri-arrangiati in chiave Rock e Dance per dare a tutti la possibilità di scatenarsi e ballare sulle note suonate dalla Band.

    Oltre alla musica live avremo, per i più piccoli, il Centro servizi per l'infanzia "Il Baobab - new Party Planet" ed “Il Giardino Dipinto” che allieteranno con maestria i tantissimi bambini con giochi, palloncini colorati, divertentissimi laboratori ed una carica enorme di simpatia.

    Altra fantastica sorpresa per i più piccini: grazie agli amici del “Circolo Ippico Inclusive” avremo due dolcissimi pony, Silvano e Isotta, che si presteranno per un’indimenticabile cavalcata. Grazie ai due simpaticissimi ed adorabili "amici" i bambini prenderanno sicurezza ed impareranno a conoscere e rispettare il pony attraverso un contatto con l'animale che è "gioco" ed accudimento.

    Nella precedente edizione è stata raccolta la somma di 1.550€ interamente versata all’Associazione di Volontariato “cuore e mani aperte verso chi soffre” di Don Gianni Mattia, cappellano ospedaliero del Vito Fazzi di Lecce, che gestisce la Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha sempre partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.

    Per info e prenotazioni:

    333-4368532, 349-8471729, 328-0459945, 333-4678048.

    BAMBINI FINO A 12 ANNI GRATIS.

    A questo punto mancate solo Voi...

     
    Di Redazione (del 28/11/2018 @ 19:31:07, in Comunicato Stampa, linkato 933 volte)

    Anticipa il Natale la squadra del presidente Santoro, si veste di buonismo con una prestazione altalenante e alla fine recita il mea culpa lasciando due punti ai casertani.

    Non comincia bene il prepartita nel PalaPanico: lo scirocco bagna il parquet, lo rende scivoloso e solo a pochi minuti dall’inizio della gara i giudici dichiarano l’impraticabilità. Titubanti nella decisione, come se il maestrale fosse alle porte e spazzasse da un momento all’altro il vento da sud est, lo saranno anche durante la gara con decisioni intempestive(1 e 3 set), più frutto di proteste della navigata panchina campana che di oggettivi riscontri.

    Il campo di riserva che accoglie le due squadre è nella vicina Cutrofiano , grazie alla disponibilità del presidente del cuore DI MAMMA CUTROFIANO, dottor Roberto Mengoli, che attiva l’organizzazione per l’ospitalità.

    Il minuto di silenzio prima della gara, con lo scambio di palloncini rossi tra i giocatori e il nastro rosso sul petto dei tecnici, è il tributo che pubblico ed atleti rendono alla memoria dell’arbitro nazionale Federica De Luca e di suo figlio Andrea , vittime di una furia omicida, che deve scuotere le coscienze di tutta la società civile .

    Ora la gara.

    Le due squadre si studiano, non ci sono affondi risolutivi che portino a dei break point importanti. Punto a punto si alternano al comando (9-8, 9-11) , ma il Marcianise è molto più incisivo al servizio e la ricezione dei padroni di casa balbetta.

    Lotito mette giù un potente servizio con un ace, Zonno di seconda intenzione porta in vantaggio i suoi, ma i rifornimenti per Musardo non arrivano. Il punteggio di 21-20 e 23-23 tiene il set in bilico : brucia un set point Efficienza Energia e capitan Flaminio con una diagonale potente porta i suoi sul 24 pari e va a servire.

    La ricezione di Pierri  è perfetta : gli avversari sono in P3 con attacco a due , e si pensa che sarà chiamato a concludere Durante che ha di fronte Saccone e il più basso Menna in posto due. Invece l’apertura è per Buracci dalla seconda linea che, trovando il muro di Montò e Saccone già composto per la diagonale, tira un lungo linea di poco fuori.

    Mister Stomeo consuma il suo secondo time out e sulla battuta di Flamini il primo tempo per Musardo viene murato da Saccone che porta a casa per 26-24 il primo set. 

    Seconda frazione ancora in affanno per i blucelesti di Stomeo con un break di +4 per Marcianise che imperversa con Flaminio e Saccone. Lotito carica i suoi, Buracci comincia a carburare, Musardo mette giù due muri imponenti e si va sul 18 pari con un allungo fino al 21-18. Breve ritorno di fiamma di Montò, poi l’opposto galatinese chiude il set ristabilendo la parità.

    Nel terzo set l’avvio è perentorio per gli avanti di Efficienza Energia: Durante è più prolifico ed apre un vantaggio di +4 che obbliga mister Calabrese a spendere il suo primo time out. Rinvengono gli ospiti,(7-7) anche per “merito” di una coppia arbitrale più scissa ed autonoma che mai. Alcuni palloni toccati dal muro avversario vengono giudicati non tali, la panchina protesta e il cartellino rosso sventolato all’indirizzo di Bray penalizza di un punto i padroni di casa. Il susseguirsi dei punteggi (11-11,16-15 ) non alimenta speranze certe per nessuna delle due contendenti ,poi l’allungo di Marcianise con un +3 costringe mister Stomeo a chiamare il time out. L’ingresso di Calò da respiro a Zonno: ne giova Buracci che predilige palle più spinte, ma Montò da posto quattro è incontenibile. Il 21-22 lo fissa Buracci con un bel diagonale, poi Iaccarino lascia il posto a De Lorentis che  serve  con efficacia, consentendo al muro ben tre ricostruzioni con Buracci  e Durante che subisce la murata per il 21-23. Il servizio insidiosissimo di Pecoraro penalizza la ricezione di Lotito e per De Luca è facile mettere a segno il 24 punto.

    Dopo il secondo time out del tecnico di casa , Buracci chiude il  punto 22 dalla seconda linea, con un mani e fuori su Saccone mandando Musardo al turno di battuta.

    Capitan Flaminio riceve, chiede ed ottiene la distribuzione e con un colpo lungo linea tagliato  scavalca Calò che tentava un muro d’argine. Ancora Marcianise in vantaggio per due set ad uno.

    La quarta frazione è ancora all’insegna dell’equilibrio nonostante un buon avvio di capitan Buracci e soci (6-4,7-7-12-10), con i primi punti di Lotito e Buracci da posto quattro. Durante e Musardo  sono attivi, rispondono Saccone e Montò dalla parte opposta  e sul 14-11 c’è il time out del Marcianise che porta ad un break di + 4 per il 15-15.

    Un sussulto di Efficienza Energia annulla i due punti di vantaggio che De Luca e Flaminio avevano conquistato(18-20) ed opera a sua volta un salto triplo per il 21 a 20. La parità la ristabilisce un primo tempo di Saccone poi l’allungo finale: per due volte il muro di Musardo e Zonno blocca Flaminio, poi una pipe deliziosa di Lotito deposita il pallonetto in posto 1.

    Musardo giganteggia a muro e conclude di forza, il muro a tre su Flaminio costringe all’errore il capitano campano e Iaccarino mura Montò.

    Poi la battuta sbagliata di Marotta, il doppio attacco di Buracci e la bordata finale di Lotito decretano il tie break.

    Incrementa subito il punteggio (6-4) Efficienza Energia con un ace di Lotito, un primo tempo di Musardo e un diagonale di Buracci. Il cambio di campo (8-4) lascia ben sperare ma un doppio recupero avvicina il Marcianise al 12-10 per poi passare in vantaggio (12-13) con Menna che di prima intenzione schiaccia un’infelice alzata in bagher di De Lorentis  per Lotito, fuori dalla portata del laterale galatinese.

    Ultimo time out per Stomeo: poi un’invasione di Pecoraro in murata su Iaccarino viene valutata dal primo arbitro a favore del Marcianise che sfrutta l’ultimo time out dopo il punto numero 13 messo a segno dai locali.

    La tensione nervosa in campo è alta tanto quanto la posta in palio : la ricezione di Montò invita Menna a servire il suo capitano Flaminio che tira alto sulle mani del muro di Buracci e Iaccarino senza possibilità alcuna di recupero.

    La squadra di Stomeo, nonostante abbia battagliato per cinque set, lascia sul campo dei punti e soprattutto un interrogativo legato alla debole leadership di questo gruppo.

    TABELLINO

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA-VOLLEY MARCIANISE   2-3

     (24-26 ,25-22,22-25,25-21,23-15)

    MARCIANISE:

    Esposito,Saccone,Rucco,DeLuca,Faenza,Flaminio,Montò,Marotta,Marrone,Menna,Musone,Capasso,Pecoraro,Schioppa

    All. Calabrese

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA

    Apollonio,Musardo,Iaccarino,Durante,Bray,Rossetti,Calò,Pierri,Persichino,DeLorentis, Lotito, Zonno, Petrosino, Buracci

    All. Stomeo

     

    Piero de lorentis

    Area Comunicazione

    Efficienza Energia

     
    Di Redazione (del 27/02/2023 @ 19:28:33, in Comunicato Stampa, linkato 263 volte)

    Le congratulazioni a Elly Schlein e i  complimenti al Pd per la mobilitazione dei suoi elettori nel congresso sono arrivate da varie fonti. E’ un dato di fatto vista l’affluenza ai seggi. Ma non si può comunque proseguire oltre se, in una giornata di “festa democratica”,   non ci si ferma a ricordare la tragedia avvenuta sulle coste calabresi   dove, ancora una volta abbiamo assistito al naufragio di un barcone di immigrati con decine di morti. Non è sufficiente ricercare i colpevoli in Italia o in Europa nel maldestro tentativo di non sentirsi responsabili. Siamo TUTTI responsabili dell’accaduto. Alla buona politica il compito di intervenire da subito. Tornando al congresso, dobbiamo sottolineare una buona notizia, non scontata:  oltre 1 milione di cittadini hanno partecipato al voto. Chi negli ultimi tempi ha ironizzato sullo stato di salute del  PD, ha avuto una grossa delusione. E noi ne siamo orgogliosamente contenti.

    Da subito le disuguaglianze, il salario minimo, l’ambiente, il lavoro saranno  tra  le priorità della nostra attività politica.

    Anche nella nostra città siamo stati impegnati per la buona riuscita del congresso, e a giudicare dai numeri sembrerebbe che ci siamo riusciti in maniera egregia:

    507 sono stati i cittadini che si sono recati al seggio allestito in autonomia in Corso Principe di Piemonte

    9 le schede bianche

    Elly Schlein ha ottenuto 294 voti

    Stefano Bonaccini 204

    Questi i numeri, adesso è necessario l’impegno fattivo di tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questo partito, nell’interesse dei cittadini che vogliamo rappresentare, ai quali vogliamo aprire le porte dei nostri circoli per condividere insieme progetti e programmi. 

    Non possiamo concludere il nostro pensiero, senza però evidenziare alcune note stonate venute fuori in seno alla organizzazione delle primarie di ieri, per le quali dobbiamo “ringraziare” l’attuale amministrazione, nonché il nostro Sindaco.

    In effetti, in tante occasioni l’attuale amministrazione ha manifestato la sua presunta volontà di essere al servizio di tutti,  nell’interesse comune dei cittadini di Galatina a prescindere dalle proprie idee politiche.

    Quando il Dott. Vergine è stato legittimamente eletto  Sindaco ed ha pronunciato il suo discorso di insediamento, ha riferito che voler essere il Sindaco di Tutti…..ma probabilmente non ha fatto in tempo a completare la frase che probabilmente conteneva …”meno i cittadini che votano o vogliono votare per il Partito Democratico”.

    La dimostrazione di ciò,  è l’ assenza di qualunque risposta ad una richiesta, protocollata a mezzo PEC il   20/2/23 alle ore 12,09 (-Ricevuta di avvenuta consegna -  Identificativo messaggio 3F91417C.01801BB0.6E835933.10251F0E), con la quale il circolo del PD di Galatina,  avanzava richiesta di “concessione in uso nella giornata del 26/2/23, dalle ore 7,30 alle ore 21,00 circa, di idoneo locale in zona centrale da adibire a seggio per le Primarie Nazionali del PD…..”

    Per fortuna, ma anche per l’impegno dei tanti militanti, iscritti e simpatizzanti, la manifestazione ha comunque avuto luogo, con grande la soddisfazione di tutti i cittadini che hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio pensiero in merito a  chi, in maniera unitaria, dovrà guidare il Partito Democratico nei prossimi anni.

    A tutti i partecipanti va un nostro ringraziamento.

    CIRCOLO PD GALATINA

    Antonio Mele

     
    Di Albino Campa (del 04/03/2022 @ 19:27:59, in Comunicato Stampa, linkato 870 volte)

    Questa mattina è stata organizzata una raccolta di generi alimentari, medicinali e altro da donare per le popolazioni Ucraina colpite dall’invasione Russa.

    Tutti i prodotti raccolti sono di lunga conservazione, particolarmente utili in un teatro di guerra dove a breve si prevede che incomincerà a scarseggiare l’essenziale per la vita quotidiana, il tutto verrà consegnato alla Protezione Civile di Galatina che si occuperà di far arrivare tutti i prodotti in Ucraina

    Natascia Rossetti, come presidente del Consiglio d’Istituto, ringrazia in primis tutti gli alunni che stando vivendo con il cuore questa momento tragico, il dirigente Prof. Fausto Luigi Melissano che ha messo a disposizione l’atrio della scuola per organizzare la raccolta, tutti i docenti, collaboratori, genitori e anche i nonni che hanno partecipato a questa iniziativa.

    E in ultimo un grazie particolare a Giannico Giorgia, D'Alessandro Tatiana, Distante Melissa, D'Acquarica Katia e Coluccia Massimo che hanno dedicato alcune ore della loro giornata per la buona riuscita dell’evento.

     
    Di Redazione (del 11/10/2019 @ 19:21:31, in Comunicato Stampa, linkato 1641 volte)

    "Abbiamo bisogno della storia, non perché ci dica cosa è successo o per spiegare il passato, ma per far vivere il passato così che possa spiegarci come rendere possibile il futuro."

    (Allan David Bloom)

    Ecco, lo spirito di “Galatina …come eravamo” è proprio questo, capire la vita di chi ci ha preceduto per vivere meglio la nostra.

    Galatina è una bellissima cittadina e il suo centro storico è come la ciliegina dei famosi cioccolatini Boeri, buonissima, dolcissima e alcolica a sufficienza da far girar la testa. Osservare i suoi palazzi confonde i sensi, non solo ai turisti che sempre di più ci onorano della loro visita, ma anche a noi stessi che normalmente lo viviamo con disinteresse. Se ci si ferma per un attimo ad osservarlo con attenzione, posando gli occhi sui suoi gioielli diventa impossibile pensare ad altro. La sete di storia, di bellezza, di ricordi e l’immaginazione lasciano senza fiato. La vista diventa immediatamente in bianco e nero e di colpo si puo’ intravedere la gente per le strade, quella gente che oggi alberga nei nostri cuori ma che ha affollato e vissuto il centro antico, la storia della nostra Città e le nostre stesse vite.

    Da quando è nata l’idea di questa manifestazione, ho personalmente scoperto cose che non conoscevo e che mi hanno affascinato tantissimo. Mentre mi informavo, chiedendo assetato di ricordi e di notizie sulla storia, sulle persone, sulle bellissime insegne, notavo l’espressione inizialmente malinconica dei miei interlocutori diventare radiosa  con un irrefrenabile desiderio di parlare.

    Una voglia che sgorgava dagli occhi ma proveniva impetuosamente dal cuore. Si, chi ha vissuto quegli anni

    ne è rimasto “irrimediabilmente” legato.

    Purtroppo, a parte qualche vecchia foto, non sono tantissime le testimonianze sul salotto buono della Città. A parte quello che racconta la storia “ufficiale” non vi è traccia, se non nei ricordi di persone anziane, dei racconti di vita quotidiana. L’idea della riproduzione delle insegne nasce per caso. Quella di partenza era di organizzare un semplice raduno di auto e moto d’epoca, ma volevamo che fosse diverso da quei raduni visti fino ad ora. Questa volta volevamo selezionare solo alcune auto e moto, pezzi belli da vedere, veri mezzi d’epoca, talmente belli che le loro foto potevano abbellire un calendario. Un sabato pomeriggio siamo andati a spasso a piedi per il Centro antico a valutare e scegliere i luoghi dove posizionare i mezzi per le

    foto. La prima tappa è stata casualmente Corte Vinella e credo che la scintilla sia scoccata lì. A parte

    qualche sgradevole condizionatore o parabola satellitare posti sulle facciate belle dei palazzi e delle corti come fossero rametti di prezzemolo e pomodorini indossati su un lussuoso abito da sera, abbiamo visto luoghi veramente incantevoli. Non a caso Bevilacqua e la sua SERENO VARIABILE collocarono il centro storico di Galatina all’87° posto in Italia per bellezza.

    Al rientro verso Piazza San Pietro ho potuto osservare la Torre dell’Orologio da una prospettiva che probabilmente non avevo mai visto prima, avendo percorso quella strada normalmente verso il Rione Italia e mai al contrario, salvo che per una vecchissima foto storica scattata proprio da quella posizione. In quella foto come in tutte le più belle foto storiche esistenti, l’elemento comune sono sempre state le insegne. Ecco l’idea: perché non tentare una riproduzione delle vecchie insegne così da far ammirare a tutti come era il nostro Centro antico e come potrebbe essere oggi? Un’idea ardua, ambiziosa ma tanto bella!

    In poco tempo, con tanti dubbi e tanta fatica, abbiamo cominciato a dare corpo alla nostra idea, ricreare per alcune ore l’atmosfera degli anni 30/40/50 e provare a mettere a disposizione della Città alcune pagine di Storia mai scritte. O meglio, mai fotografate. Di molte insegne non esistono foto e quelle esistenti non sono per nulla chiare, ma con l’aiuto di alcune persone che hanno vissuto quegli anni è stato possibile riprodurre tutte ma proprio tutte le insegne che in quegli anni già proponevano una pubblicità, ma gradevole, sobria, talvolta semplicemente essenziale ma sempre dignitosa.

    Quindi, se vi va, domenica mattina dalle 09:00 alle 23:30 venite a trovarci. Corso Vittorio Emanuele II, Corso Umberto I e Piazzetta Orsini saranno libri di storia. Insegne, vecchie locandine, bellissime auto, moto, musica e tanto altro.

    La serata, intorno alle 21:00, sarà accompagnata dalle bravissime DOMISOUL SWING BAND, che da un’affascinante posizione, impreziosiranno con le loro incantevoli voci e dolci note la manifestazione, rendendola unica e piacevole!

    Credete, sarà un’opportunità, una giornata diversa che vale la pena trascorrere! Non mancate!

    L’evento gode del supporto dell’Assessorato al Centro Storico e del patrocinio del Comune di Galatina.

    Il Consiglio di Quartiere Rione Italia

     

     
    Di Dante De Ronzi (del 07/11/2018 @ 19:20:44, in Comunicato Stampa, linkato 1211 volte)

    Nel mentre infuria e imperversa  la polemica sullo chiusura al traffico del centro storico c'è una categoria di cittadini che è sempre rimasta fuori dalla mischia.

    Sono i residenti, quelli che ci abitano, che ci vivono, spesso proprietari degli immobili.

    Sono quelli che hanno investito i loro risparmi per recuperare dal degrado un patrimonio storico architettonico di inestimabile valore.

    Sono quelli che presidiano tutti i giorni, giorno e notte, gli spazi pubblici antistanti contribuendo al loro decoro, alla pulizia, alla sicurezza e al vivere civile.

    Sono quelli che, avendone preso consapevolezza, rappresentano un argine e una difesa dall'abusivismo.

    Un caso tra tutti, già segnalato alle cronache cittadine, è quello di corte  Vinella oggetto di gravi abusi edilizi effettuati nientemeno che da cittadini d'oltralpe.

    Corte Vinella si è guadagnata la copertina di una recente splendida pubblicazione Editore Congedo, Costantini autore, ed è annoverata come una tra le più belle case a corte del mediterraneo, un autentico gioiello architettonico meta imperdibile di turisti e visitatori.

    Sono quelli che vigilano per salvaguardare il patrimonio pubblico e privato, di cui ne sono fieri, da abusi ed atti vandalici segnalando prontamente.

    Sono quelli che, conoscendosi tutti di persona, formano comunità.

    Comunità integrata, solidale, forte e radicata nei valori di buon vicinato e di rispetto reciproco, caratteristiche queste da sempre coltivate nella vita degli spazi chiusi delle Corti, delle piccole piazzette e dei vicoli stretti del centro antico.

    Certo non mancano le conflittualità, questo è fisiologico, ma nel centro antico, nel bene e nel male, non si è mai soli.

    In questo, bisogna riconoscere, la sede della Polizia Locale ubicata nel cuore della città, con i propri addetti svolge un'azione decisiva nel redimere le controversie.

    In aggiunta c’è da dire che i proprietari sono consapevoli di non essere realmente proprietari, sentendosi più appropriatamente “custodi” sia perché la durata del bene è di gran lunga superiore alle loro vite, ma soprattutto perché sanno che trattasi di bene vincolato e pertanto bene della collettività.

    Considerando ciò, è ovvio che i residenti, vero cuore pulsante della città, rimangono sconcertati quando assistono a” singolar tenzone” scatenata da un esiguo gruppo di esercenti . Esercenti questi che, sfacciatamente, palesano tali comportamenti per dichiarato interesse personale, pretendendo di piegare la comunità intera ai loro scopi.

    Invano si è cercato di far comprendere a questi signori che tali comportamenti guastano l’armonia e la magia dei luoghi e danneggiano in primis loro stessi.

    Come si fa a non capire che ad un muso lungo di un esercente visibilmente contrariato è di gran lunga preferibile il sorriso di una mamma e le grida di gioia dei bambini che possono fruire liberamente degli spazi pubblici. E che dire dei tanti visitatori e turisti che procedono incantati col naso all'insù; e gli anziani ed i portatori di handicap ed i ciclisti si vogliono considerare?

    I residenti conoscono benissimo tutte le attività commerciali presenti nel centro antico che, a dire il vero, non sono molto numerose.

    Con quelle attività che si integrano e si adeguano solidarizzano e le adottano in comunità  frequentandole e promuovendole; con quelle che manifestano insofferenza e ostilità nei confronti della realtà dei luoghi mostrano indifferenza.

    È normale che assistere a manifestazioni di denigrazione del centro antico con esposizione di manifesti da morto e corone per i defunti fa molto male e ferisce chi invece lo adora.

    Il centro storico non è Morto ! Al contrario non è mai stato cosi ben curato, recuperato al novanta per cento, rivalutato, ristrutturato pregevolmente, oggetto di interesse e di investimento.

    Molti sono gli  stranieri che, tra infinite località presenti sul pianeta, hanno scelto di venire ad acquistare a Galatina e viverci. A loro dire è magnifico….così com’è.

    Questi nuovi concittadini leggono articoli su carta stampata che non comprendono, lontani anni luce dalla loro visione ed esperienza.

    Se un certo tipo di commercio è morto, quello si, ed è morto dappertutto non certo per colpa della chiusura al traffico dei centri storici, non si riesce a capire chi ancora lo vorrebbe impiantare forzosamente proprio nel tessuto urbano meno adatto.

    Galatina non è mai stata così bella, asseriscono i visitatori, si è ripresa la sua identità di agglomerato urbano di assoluto pregio.

    A questo punto non ci vuole molto per comprendere Le istanze dei residenti.

    A loro l'istituzione della ZTL appare un naturale riconoscimento del valore dei luoghi.

    A loro la riduzione del traffico veicolare e dei parcheggi selvaggi giunge come una azione di buon senso.

    A loro la chiusura totale ha accresciuto le condizioni di sicurezza.

    Per tutti questi motivi incoraggiano  l'amministrazione a proseguire sulla strada della tutela del centro antico ed invitano altresì l'amministrazione a fare attenzione nel rilasciare licenze commerciali  appurando preventivamente se le stesse sono coerenti col tessuto urbano di riferimento.

    Una istanza accorata è rivolta perché sia accresciuta la cura, la pulizia e l’igiene.

    Una considerazione finale va fatta : nel centro antico si vive o si esercita un'attività per scelta non per obbligo.

    Galatina, 06/11/2018

    Un gruppo di cittadini, residenti ed esercenti

    Elenco firme: Dante De Ronzi, Alessio Filieri, Salvatore Chiffi, Marilena Seclì, Antonio Romano, Giuseppe Selleri, Antonio Marra, Alessandra Filieri, Federica Serra, Alberigo Skera, Piero Santoro, Paolo Congedo, Giuseppe Ciccardi, Fernando Bello, Rosalba Meli, Sterile Lucia.

     
    Di Redazione (del 03/04/2023 @ 19:19:55, in Comunicato Stampa, linkato 362 volte)

    Dal 6 al 16 aprile (in alcune giornate ben definite) presso il Centro pastorale “Opere Antoniane” di Cutrofiano sarà ospitata la “II^ Edizione del Presepe pasquale”

    È noto a tutti il presepe classico, quello che si allestisce a Natale, in cui si rappresenta la Natività di Gesù, spesso collocata all’interno di un contesto urbano o di campagna, arricchito dalla presenza di pastori, contadini, musici, animali... E al centro, naturalmente, la capanna o la grotta, con la Madonna, san Giuseppe e il piccolo Gesù nella mangiatoia, scaldato dal fiato caldo del bue e dell'asinello.

    Ed è da qui che, per iniziativa di don Emanuele Vincenti, parroco della parrocchia "Santa Maria della Neve" nasce l'idea di realizzare un presepe a Pasqua con il desiderio di rendere visibili agli occhi delle persone gli avvenimenti e le vicende legate alla vita e alla morte di Gesù.

    Il tutto è reso possibile grazie al gruppo di lavoro degli animatori, il valoroso aiuto dei maestri artigiani coinvolgendo anche le scuole ed alcune associazioni del territorio.

    Il "presepe pasquale" è una ricostruzione plastica

    di alcune suggestive scene della vita e della Passione di Gesù e dei luoghi e degli ambienti in cui essa si è svolta.

     

    I visitatori potranno ammirare la capanna e quindi la nascita di Gesù, con l'arrivo dei Magi; spostando lo sguardo potranno immergersi nella tenerezza di una famiglia in fuga verso l’Egitto, per mettersi in salvo dalla crudeltà di Erode.

    Un po’ più avanti si verrà catturati dal fruscio dell'acqua del fiume Giordano, in cui Gesù viene battezzato da Giovanni il Battista ed ancora guardando oltre, un arco ci inviterà ad entrare a Gerusalemme; proseguendo tra le stradine della Città santa si potrà contemplare l'ultima cena e la scena della lavanda dei piedi; un poco oltre, l'orto del Getsemani; salendo con lo sguardo, la casa di Erode in tutto il suo splendore dove Gesù viene coronato di spine. Infine, la salita al calvario, la crocifissione, la deposizione nel sepolcro e la scena della Resurrezione.

    Mentre la nascita di Gesù è immersa in un’atmosfera di mistero e solennità e suscita sentimenti di tenerezza, nelle scene della passione emerge la tragicità di un rifiuto e della condanna di un innocente, provocando sentimenti di mestizia e tristezza. La Via Crucis è la via dell'amore, fino al suo compimento, per ripercorrere con Gesù la via verso il Calvario, con un atteggiamento di ascolto che parte dal cuore e genera contemplazione.

     

    Sarà possibile visitare il Presepe pasquale presso il CENTRO PASTORALE " Opere Antoniane ", Via XXV APRILE, 2 CUTROFIANO (Le)

     

    • GIOVEDI 6 APRILE, dalle ore 20.00 alle ore 23.30
    • VENERDI 7 APRILE, dalle ore 9.00 alle ore 11.00
    • DOMENICA 9 APRILE, dalle ore 8.30 alle ore 11 30 e dalle ore 17.00 alle ore 21.00
    • SABATO 15 APRILE, dalle ore 17.00 alle ore 20.00
    • DOMENICA 16 APRILE, dalle ore 18.00 alle ore 20.00

    don Emanuele Vincenti

     

    Si svolgerà domenica 24 luglio la IV edizione della “Soleto in corsa … tra arte e natura - Trofeo Caffè degli Specchi”, nel suggestivo paese appartenente alla nota Grecìa Salentina. La manifestazione è organizzata dalla Associazione Sportiva Dilettantistica Podistica Soletum, presieduta da Luigino Ugolini, in collaborazione con l’Amministrazione comunale.

    L’Assessore allo Sport, Marco Durante e il primo cittadino di Soleto, dottor Graziano Vantaggiato hanno sposato con particolare entusiasmo l’iniziativa, considerata anche la sua dimensione solidale.

    L’intero ricavato della iscrizione alla camminata, infatti, verrà devoluto a sostegno del progetto “Bimbulanza”, l’ambulanza pediatrica ideata e implementata, ben 10 anni fa, dall’Associazione leccese “cuore e mani aperte” OdV, presieduta dal Cappellano del Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi”, Don Gianni Mattia.

    L’ambulanza, il cui responsabile è il soletano Franco Russo, effettua trasporti di minori dalle nostre zone verso i maggiori centri d’eccellenza d’Italia, dove possono trovare cure più adeguate alle loro patologie. I costi per l’acquisto, l’allestimento e la manutenzione del mezzo, come pure quelli per i viaggi (carburante, pedaggi autostradali, assistenza sanitaria a bordo, ecc.) sono a carico dell’Ente del Terzo Settore presieduto da Don Gianni, senza alcun aggravio per le famiglie che usufruiscono del servizio, già sin troppo provate dalla situazione di salute del minore e disorientate dalla necessità di doversi spostare fuori dalla propria zona di residenza alla ricerca di diagnosi e terapie più mirate.

    La partenza della gara podistica è prevista alle ore 18:30 da Largo Osanna e vedrà impegnati gli iscritti lungo un percorso pari a 5 km e il campionato provinciale individuale sulla distanza di 10 km.

    Per Luigino Ugolini, presidente della asd Podistica Soletum “Dopo 12 anni si torna a correre per le strade di Soleto con la “IV Soleto in corsa … tra arte e cultura”. Tanta è l’emozione di riproporre un evento animato dai valori dello sport e della solidarietà. Non vediamo l’ora di vivere insieme un momento di sana competizione e di farvi riscoprire gli scorci più autentici del nostro borgo. Su un tracciato alternativo e accessibile a tutti si svolgerà la I Camminata della solidarietà il cui ricavato sarà interamente devoluto al progetto Bimbulanza. Per iscriversi alla camminata sarà sufficiente compilare il modulo d’iscrizione scaricabile dalla nostra pagina Facebook Podistica Soletum.”

    “Lo sport è vita e sa dar valore alla vita quando si riveste di solidarietà, quando diventa opportunità, inclusione, sfida con sé stessi e per gli altri. Lo sport fa crescere e rende famiglia – sono le parole con cui Don Gianni Mattia commenta l’iniziativa - La corsa nelle sue diverse sfumature è sempre corsa verso un traguardo. Quello che vogliamo tagliare in questa occasione è il traguardo della vita e della speranza. Quella speranza che con i viaggi della Bimbulanza si vuole restituire a tutti quei bambini e bambine che la corsa per la vita la conoscono bene e sono atleti di coraggio dal cuore puro. Tutto il ricavato sarà donato per fare sì che nessuno debba interrompere la propria corsa e con essa la vita disegni magnifici paesaggi sul futuro.”

    ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    L’Asd Podistica Soletum, affiliata alla FIDAL e registrata al CONI, nasce nel 2006, per volontà di un gruppo di amici, uniti dalla passione per la corsa.  La finalità dell’associazione è quella di promuovere la diffusione dello sport connesso all’atletica leggera nel territorio, attraverso qualsiasi forma di attività ricreativa, agonistica e non, creando le condizioni affinché i più giovani si avvicinino al mondo della corsa.  Massima espressione delle finalità è l’organizzazione della “Soleto in Corsa” giunta alla IV^ edizione e la partecipazione alle competizioni podistiche sulle distanze dai 5 ai 100km, sia in Italia che all’estero dei propri tesserati, triplicati nel corso degli anni.

    L’Associazione cuore e mani aperte OdV è stata fondata nel 2001 e da allora opera con spirito di carità cristiana in tutte le situazioni di bisogno, con particolare riferimento alle esigenze di natura socio-sanitaria. Negli ultimi anni ha sviluppato una significativa attenzione verso l’umanizzazione delle cure e degli spazi ospedalieri; in tale ambito si inseriscono numerose iniziative e donazioni, tra le quali la Bimbulanza e le umanizzazioni pittoriche della Risonanza del Polo Oncologico di Lecce “Giovanni Paolo II” di Lecce, della Sala Prelievi del P.O. “V. Fazzi” e del Day Service Pediatrico di Diabetologia e Endocrinologia del P.O. “F. Ferrari” di Casarano.

    ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    Per info consultare:

    • il sito www.cuoreemaniaperte.it
    • la Pagina Facebook Associazione cuore e mani OdV

     

    Riferimenti:

    Luigino Ugolini, presidente Associazione Sportiva Dilettantistica Podistica Soletum: 349 344 3031.

     
    Di Redazione (del 08/04/2019 @ 19:18:23, in Comunicato Stampa, linkato 862 volte)

    Gli ingredienti in questa stracittadina, chiamiamola pure così data la sana rivalità tra due cittadine distanti un tiro di schioppo, c’erano tutti: motivazioni personali, voglia di primeggiare, desiderio d’invertire l’andamento negativo da una parte, spasmodica voglia dall’altra di confermare il momento positivo.

    Generalmente quest’insieme di componenti non produce un apprezzabile spettacolo tecnico, anzi, ne mortifica l’esibizione sacrificandola ad un utilitarismo poco estetico ma produttivo,…..e così è stato.

    I soggetti incriminati indicano nell’indisponibilità di Zanette (infortunio non recuperato) e nella forzata assenza di Anastasia per squalifica, gli elementi penalizzanti per la Leo Shoes, con un contro altare in casa Efficienza Energia di un Lotito non del tutto recuperato dal malanno fisico.

    Effcienza Energia presenta la formazione tipo con Zonno-Buracci, Durante e Lotito laterali, Iaccarino e Musardo centrali, Pierri libero. Il neo tecnico Licchelli manda in campo Morciano al posto di Zanette, Muscarà e Trullo al centro , Gribov e Romano laterali, Barone libero.

    La partenza è decisa per i padroni di casa con un Durante più che positivo che fa 8-2, poi Gribov piazza un penta attacco condito da ben quattro ace  che mettono a nudo una ricezione preoccupante per Pierri e compagni.

    La reazione di Iaccarino con due muri su Muscarà , leggendone alla perfezione i movimenti di preparazione(14-8), è seguita dagli attacchi di Musardo e Lotito che chiudono (25-18) in vantaggio il primo set.

    La seconda frazione è in altalena nel punteggio con scostamenti  tra le parti non particolari(10-9,15-13) e con Gribov e Trullo che tengono botta a Buracci e Lotito. Quest’ultimo, pur in non perfette condizioni fisiche, allunga sugli avversari con un tris di attacchi(20-15) che Buracci ,un errore di Gribov ed un colpo di Durante sanciscono la vittoria del secondo set.

    Terzo set spumeggiante per Gribov che trascina la sua squadra ,mettendo in crisi una ricezione galatinese balbettante (43% di positività e 24% di perfezione), con tre ace consecutivi (3-6):tengono poi agevolmente il vantaggio(7-10) nonostante alcuni errori al servizio e degli attacchi fuori di Romano e Morciano.

    La parità(16-16) arriva con un muro di Iaccarino su un Gribov incontenibile, che alla fine viene accreditato di un 49% in attacco per il 16-19.

    Mister Stomeo fa tirare il fiato ad uno Zonno affaticato facendolo rilevare da Calò: un sussulto per i colori blu-celesti(18-19),poi Gribov  con una tripletta e Muscarà con un ace su Pierri, costruiscono il muro punto del 19-25.

    E’ un Efficienza Energia che sbanda svuotata di energie nervose: la seconda linea balbetta con percentuali di ricezione insufficienti  e la cui  zona di conflitto non trova  la gestione dei soggetti competenti.

    E dire che  la Leo Shoes Casarano  commette ben nove errori a beneficio dei padroni di casa, contro i sei di questi ultimi. Preoccupa mister Stomeo e i tanti tifosi presenti in tribuna questo scollamento nel gruppo: inoltre Lotito non ha la sua esplosività negli stacchi risentendo dei postumi di un infortunio non ancora smaltito. Centellina i colpi, li distribuisce con manualità, mentre Durante tira il fiato.

    L’inizio del quarto set corre sui binari della parità (7-7, 13-13), Apollonio e Pierri si alternano nelle linee difensive , due errori di Gribov e Romano ed un muro di Musardo danno un break di +3(16-13) ai locali.

    Il rush finale  vede Lotito, Buracci ed un ace di Iaccarino su Gribov incrementare il punteggio sul 21-17 , stabilizzato poi sul 25-20 da Gribov da una parte e Lotito dall’altra.

    Lo abbiamo ribadito anche in cronaca diretta, la gara è stata ricca di ardimento da parte di un Casarano, dimesso nell’organico, che non può prescindere dalla presenza di Zanette. I suoi interpreti più validi li abbiamo individuati nell’italo russo Gribov, 35 primavere tra sei giorni, che con 27 punti è stato il MVP della serata  e nella prestazione eccellente di un Valerio Barone capace di segnare percentuali di tutto riguardo( 85% di positività e 67% di perfezione).

    In casa Efficienza Energia, Lotito e Buracci con 17 punti a testa  si dividono la palma dei più prolifici  con un Musardo che fa segnare un 83% di attacchi e un bottino di 6 muri.

    Ancora una volta il fondamentale del muro è stata l’arma in più per la squadra di mister Stomeo, con ben 11 muri contro i 6 degli avversari.

    Ora bisogna recuperare le energie mentali e preparsi per la trasferta temibilissima di Sorrento,sabato 13 aprile , con una Massa Lubrense che non intenderà correre rischi per la seconda posizione in classifica.

    Efficienza Energia ci proverà, come sempre, col cuore.

    TABELLINO

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA-LEO SHOES CASARANO 3-1(25-18,25-17,19-25,25-20)

    CASARANO:Guarini(ne),Cino,Laterza3,Barone(L),Nutricati,Morciano7,Giaffreda2,Trullo,

    Zanette ne,Gribov 27,Muscarà 11,Romano 6

    All. Fabrizio Licchelli

     

    GALATINA:Apollonio(L2),Musardo11,Iaccarino7,Durante7,Rossetti(ne),Calò,Pierri(L1),

    Persichino(ne),De lorentis(ne),Lotito 17,Zonno 2,Petrosino,Buracci 17.

    All.Giovanni Stomeo ass. Antonio Bray

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    EFFICIENZA ENERGIA

     

    La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Puglia, anche per l’anno 2021 certifica “il raggiungimento degli obiettivi intermedi del piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Galatina”.

    Nelle considerazioni conclusive registra una riduzione delle spese rispetto al 2015 e uno scostamento minimo (inferiore al 7%) rispetto alla spesa programmata nel piano riconducibile ad aumenti fisiologici dei costi e a maggiori servizi erogati.  

    Un’ottima notizia per la Città e un attestato di merito per la mia Amministrazione che con serietà, competenza e determinazione ha saputo percorrere, sin dal suo insediamento nel 2017, la via del risanamento finanziario dell’Ente pur continuando a garantire tutti i servizi essenziali ai galatinesi.

    Nel 2017, al nostro insediamento, la Corte dei Conti chiedeva “…misure correttive in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria…” – preannunciando che - “l’accertamento … di grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano, …, comportano … da parte del Prefetto, nel termine non superiore a venti giorni la deliberazione del dissesto”

    Oggi i revisori dei conti dell’Ente relazionano alla Corte che “dato l’andamento del risanamento realizzato finora dall’Ente e che ha consentito non solo di estinguere tutte le rate dei debiti fuori bilancio previste dal piano (l’ultima di € 202.725,14 scade nel 2022) ma anche di ripristinare gli equilibri di competenza e di cassa” tanto che “le alienazioni del patrimonio possono essere considerate una misura non più necessaria ai fini del risanamento programmato.”

    Non era un risultato scontato. In questi cinque anni abbiamo dovuto destinare importanti risorse dei galatinesi per ripianare debiti del passato e per il risanamento del bilancio, sempre garantendo standard di servizi adeguati e tenendo il passo rispetto ad una visione di crescita culturale, sociale e progettuale in un difficile equilibrio tra risorse e   attività in ambito identitario che ritengo siano fondamentali per un rilancio culturale, turistico e commerciale della città. 

    A programmare il futuro abbiamo già cominciato.

    Abbiamo lavorato per realizzare le fondamenta solide su cui costruire la Galatina del futuro, ad oggi 9 milioni di euro di risanamento delle casse comunali e 15 milioni di euro di risorse intercettate ne sono concreta dimostrazione.

    Lo faccio dal 2017, da Sindaco affiancato da un gruppo di donne e uomini che, in un momento difficile, si è messo a disposizione della propria comunità e ha saputo, con determinazione e passione, agire avendo a cuore solo gli interessi della nostra città.

     

    Marcello Amante

    Sindaco di Galatina

     

    Nella mattinata di martedì 15 febbraio, presso il Polo Oncologico “Giovanni Paolo II” di Lecce, il col. Filippo Nannelli, comandante del 61° Stormo, il ten. col. Luca Corsi, vicedirettore del 10° Reparto Manutenzione Velivoli in rappresentanza del direttore col. Fabio Cerase, e don Gianni Mattia, presidente dell’associazione “cuore e Mani Aperte OdV”, hanno donato all’Unità Operativa di “oncoematologia pediatrica” del nosocomio leccese, una “ludobarella”, un dispositivo sanitario destinato al trasporto dei piccoli pazienti. La donazione si è svolta nel rigoroso rispetto delle misure precauzionali imposte dall’emergenza sanitaria e ha visto la partecipazione del dott. Rodolfo Rollo, direttore generale della A.S.L. di Lecce, della dott.ssa Assunta Tornesello, direttore responsabile dell’Unità Operativa, e della dott.ssa Carmen Attanasi della Direzione Medica di Presidio.  

    La lettiga donata riprende forma e colori del velivolo MB339 “Special Color” progettato per festeggiare, lo scorso settembre, il 75° anniversario della scuola di volo; la grafica è stata però reimpostata in chiave fumettistica per cercare di rendere meno angusto uno spazio destinato, per sua stessa natura, ad accogliere bambini che vivono situazioni di disagio.

    "Ti rialzerò, ti solleverò - Su ali d'aquila ti reggerò - Sulla brezza dell'alba ti farò brillar - Come il sole, così nelle mie mani vivrai." Recita il testo di una canto ecclesiastico citato da Don Gianni, presidente dell’associazione: “L'Aeronautica Militare ancora una volta si è resa partecipe di una carezza sul cuore ed è nata una nuova ‘ludobarella’, che sa risvegliare quel messaggio di speranza.

    Uomini che sanno attraversare le nuvole con le loro ali d'aquila. Uomini che sanno farsi portatori d'amore con la solidarietà e la preghiera. La cura passa dal cuore, dal suo saper amare, dal suo vivere nelle Sue mani”. L’evento rientra in un progetto, perseguito ormai da tempo dall’associazione, di umanizzazione delle cure e degli ambienti ospedalieri.

    Ancora una volta, e lo sottolineo con un pizzico di orgoglio, il nostro personale ha dimostrato grande generosità e altruismo - ha affermato nell’occasione il colonnello Nannelli – Oltre a svolgere i compiti che ci impone la nostra missione, ossia insegnare a giovani allievi a diventare bravi piloti e uomini responsabili, ci diamo da fare per organizzare varie iniziative finalizzate a raccogliere risorse da destinare ai settori del territorio istituzionalmente impegnati ad aiutare chi soffre. Nel perseguimento di questo scopo, oramai da qualche anno, si è sviluppata una forte sinergia con l’associazione ‘cuore e Mani Aperte’, che ci incoraggia a fare sempre di più, soprattutto quando a beneficiarne sono i bambini”. Riferendosi poi alla grafica realizzata sulla ludobarella, il comandante Nannelli ha proseguito: “Un aereo colorato all’interno delle corsie ospedaliere, che richiama i velivoli che ogni giorno solcano i cieli del Salento, oltre a testimoniare il senso di vicinanza dell’Aeronautica Militare alla comunità locale, spero possa anche regalare un attimo di spensieratezza ai piccoli pazienti e ai loro familiari”.

    Il tenente colonnello Corsi, vicedirettore del 10° R.M.V., ha commentato l’evento affermando “La base salentina è un esempio di come la sinergia, la collaborazione e l’unione d’intenti siano un moltiplicatore di forze che consente non solo di raggiungere risultati di eccellenza nelle attività d’istituto, che per il nostro reparto consistono nel mantenere pronti ed efficienti i velivoli necessari alla scuola di volo e non solo, ma anche di confermare, ancora una volta, che l’altruismo e la generosità delle nostre donne e dei nostri uomini è capace di portare contributi tangibili a supporto di chi è meno fortunato. Ringrazio sentitamente l’associazione ‘cuore e Mani Aperte’ che, continuando nel solco di una tradizione ormai consolidata, ci dà questa occasione di poter alleviare le pene dei più piccoli.”  

    Sull’aeroporto militare di Galatina operano due importanti reparti dell’Aeronautica Militare italiana, il 61° Stormo e il 10° Reparto Manutenzione Velivoli.

    Il 61° Stormo, dipendente dal Comando Scuole dell’Aeronautica Militare/3^ Regione Aerea di Bari, è una scuola di volo, di lunghe tradizioni, che provvede alla formazione e all’addestramento su aviogetti degli allievi piloti. Oggi è di fatto una realtà internazionale che ospita piloti e istruttori provenienti da ogni parte del globo: un’eccellenza dunque al servizio del Paese, che offre un sistema integrato di addestramento, di produzione italiana, tra i più avanzati nel panorama mondiale.

    Il 10° Reparto Manutenzione Velivoli è un ente manutentivo posto alla diretta dipendenza della 2^ Divisione del Comando Logistico dell’Aeronautica Militare la cui missione consiste nella gestione tecnica e logistica dei velivoli T-339, T-346 e T-345 in dotazione all'Aeronautica Militare italiana. Il 10° R.M.V. provvede inoltre ad assicurare l’operatività delle barriere d’arresto velivoli, a cavo e a rete, installate in tutti gli aeroporti gestiti dall’Aeronautica Militare, sia in Patria sia all’estero.

    L’associazione cuore e Mani Aperte OdV è una organizzazione no-profit sorta nel 2001 a sostegno di tutti coloro che ne hanno bisogno, poveri e malati, interni ed esterni all’ospedale Vito Fazzi di Lecce. Pioniera, in territorio salentino, della forma di volontariato ospedaliero della animazione da corsia, meglio nota come clownterapia, negli anni ha manifestato una sempre maggiore attenzione verso l’umanizzazione delle cure e degli spazi ospedalieri. In tale ambito, dapprima ha acceso i motori della Bimbulanza, l’ambulanza pediatrica che gratuitamente trasporta minori dalle nostre zone verso i maggiori centri d’eccellenza d’Italia dove possono trovare cure più adeguate alle loro patologie; quindi si è occupata delle umanizzazioni pittoriche delle risonanza magnetica del Fazzi, di quella del polo oncologico leccese e della tac, allo scopo di favorire la distensione psicologica del minore durante l’esecuzione dell’esame. Parimenti ha colorato la sala prelievi del Fazzi, il Day Service pediatrico di Endocrinologia e Diabetologia di Casarano, e l’intero reparto di Pediatria del nosocomio di Gallipoli. Particolarmente note sono le sue ludobarelle, di cui orami sono provvisti tutti i reparti pediatrici del Salento e non solo. Infatti, la ludobarella ha raggiunto anche l’Unità Operativa di Neurochirurgia infantile del Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma.

     

    Per info consultare:

    • il sito www.cuoreemaniaperte.it
    • la Pagina Facebook cuore e mani aperte OdV
    • il Gruppo Facebook Amici della Bimbulanza

     

    Franco Russo

    vicepresidente Ass.ne cuore e mani aperte

     
    Di Michele Scalese (del 25/09/2020 @ 19:13:42, in Comunicato Stampa, linkato 1073 volte)

    Loredana è una donna immensa, una donna fra le più brillanti del primo mandato di Michele Emiliano alla guida della Regione Puglia.
    Loredana ci mette il cuore nelle sue cose e proprio per questo ha saputo gestire con grande competenza settori come cultura e turismo, rilanciandoli e accompagnando passo dopo passo gli operatori, e questo soprattutto in un drammatico periodo storico come quello che stiamo vivendo.
    Noi ti siamo vicini Loredana, perché é grazie a te se oggi la nostra Regione è punto di attrattiva, attiva sul piano culturale e conosciuta nel mondo. E gli elettori lo sanno, noi lo sappiamo. Solidarietà a te. Noi non siamo come loro, l'atto vile che hai subíto non avrà mai nessuno spazio in questa storia di successo.
    Coraggio, Loredana!"

    Circolo PD sez. NOHA

     
    Di Redazione (del 24/03/2021 @ 19:12:38, in Comunicato Stampa, linkato 623 volte)

    Avere coraggio non può essere un fatto d’onore o di dignità. Bisogna decidere: combattere tutti i mulini a vento è più saggio che prendere per mano l’amore della propria vita e dare sguardi rassicuranti ai figli che ami e vuoi che vivano in pace?E se invece, ti caricassi nel cuore il rischio di perdere la tua vita per cercare, in un inferno meno buono del tuo, di salvare chi resta dal contagio di una follia immorale, sterile, suicida, per niente ironica, per niente simpatica e improvvisa?

    Una follia meditata, forse, non si può vincere, va solo curata con l’anima”.

    Queste parole, scritte da Pierantonio Colazzo a Kabul nel 2008, sono la linea guida che anima il premio letterario indetto dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS)presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dedicato al nostro concittadino caduto in Afghanistan il 26 febbraio 2010.

     Il Premio “Pietro Antonio Colazzo, un nostro eroe” vuole rendere omaggio ad un professionista della Comunità intelligence nazionale che ha compiuto l’estremo sacrificio operando a servizio del Paese.

    Alla fierezza di averlo come nostro concittadino uniamo la tristezza della perdita di un uomo raro ed un professionista esemplare.

    Di seguito il link per le informazioni sul premio:

    https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/archivio-notizie/premio-pietro-antonio-colazzo-un-nostro-eroe.html

    Ufficio stampa Marcello Amante
    sindaco di Galatina

     
    Di Redazione (del 06/03/2023 @ 19:11:08, in Fidas, linkato 304 volte)

    Chiudere l’anno 2022 con 631 donazioni effettuate è stata la conferma di un lavoro costante svolto dal Consiglio Direttivo della Fidas sezione di Noha.
    A dire il vero già il 2021 si chiudeva con un altro record, infatti le donazioni furono 630 e anche se quest’anno abbiamo chiuso con una sola donazione in più è sempre un record superato. Questo numero sarebbe dovuto essere molto più alto se non fosse stato che a novembre sono state bloccate alcune giornate di raccolta tra cui la nostra in programma per la domenica del 20 novembre. Sicuramente quella raccolta avrebbe fruttato come le altre con una media di almeno 40 donazioni. Ma siamo contenti aver registrato che a Novembre c’era un esubero di sangue in tutta la Puglia, cosa mai successa, ma per fortuna è successo. Vuol dire che in quel periodo la richiesta era diminuita oppure si è donato più di quanto servisse nel mese precedente. Bene così.

    Ad ogni modo è stato un traguardo degno di lode per cui dobbiamo ringraziare i nostri donatori sempre disponibili ad essere protagonisti della storia di Fidas Noha, nonché tutto il personale medico, tecnico e infermieristico del C. T. del Centro Trasfusionale dell’Ospedale di Galatina.

    A proposito di storia: Fidas Noha il 12 febbraio ha festeggiato il suo 37° anniversario di fondazione e lo ha fatto nella semplicità di un pranzo sociale svolto al Re dei Re, con tanti donatori e accompagnatori. Prima di andare a sedersi a tavola però è stata celebrata una Messa che ha reso più emozionante la giornata, allorquando uno scroscio di applausi dopo il discorso del Presidente Antonio Mariano, ha fatto si che il suo ringraziamento ai donatori arrivasse dritto al cuore dei fedeli presenti.
    Durante il pranzo sociale sono stati premiati diversi donatori che hanno raggiunto i vari traguardi fissati per statuto.
    I soci benemeriti sono stati ben 85 ai quali è stato assegnato loro dall’attestato di merito, alla medaglia di bronzo o di argento, fino alla targa a seconda del traguardo raggiunto.

    Il Consiglio Direttivo non si ferma qui, infatti, è già al lavoro per affrontare un altro anno che sicuramente non farà sconti in termini di impedimenti e difficoltà a svolgere il nostro lavoro, ma è altrettanto sicuro che ci riserverà ancora una volta delle grandi soddisfazioni.

    C.D. Fidas Noha

    (fonte: FIDAS News Gennaio – Febbraio 2023)

     
    Di Redazione (del 23/10/2021 @ 19:10:30, in Comunicato Stampa, linkato 794 volte)

    Dopo numerosi e opportuni lavori di ristrutturazione e un processo partecipato di sensibilizzazione della cittadinanza che ha coinvolto associazioni, istituzioni, scuole e operatori del settore, torna agibile il prestigioso Teatro Cavallino Bianco di Galatina (Le) con la cerimonia inaugurale che si terrà sabato 13 novembre alle ore 10.30 (prenotazione obbligatoria) e un ricco e qualificato programma di spettacoli sostenuto da Ministero della Cultura, Regione Puglia e Città di Galatina col sindaco Marcello Amante.

    Si riparte con la consapevolezza del teatro come bene pubblico, come bene comune, risorsa importante per il riscatto culturale, sociale ed economico di una città depositaria di un patrimonio culturale invidiabile (Galatina è culla del tarantismo, città ricca di beni culturali come la Basilica di Santa Caterina, di eccellenze enogastronomiche).

    Anche il programma degli spettacoli impaginato dall’associazione OTSE (Associazione Theatrikès Salento Ellada) diretta da Pietro Valenti, già direttore di Emilia Romagna Teatro, nell’ambito di un progetto speciale finanziato dal Ministero della Cultura, in partnership col Comune di Galatina, Regione Puglia e AMA-Accademia Mediterranea dell’Attore di Lecce, diretta da Franco Ungaro, è coerente con una visione di teatro pubblico di prossimità, vicino ai bisogni della comunità e dei più giovani e al profilo che il Cavallino Bianco ha sempre avuto come ‘Teatro di tutti’.

    Un progetto che coinvolgerà gli studenti degli Istituti scolastici Superiori in attività di alternanza scuola-lavoro, attività laboratoriali e incontri con gli artisti ospiti.

    L’intenso e articolato programma propone in esclusiva regionale e nazionale spettacoli di alto profilo artistico con la presenza di riconosciuti protagonisti della scena culturale e teatrale, come Marco Baliani, attore, drammaturgo, regista teatrale e scrittore tra gli inventori del teatro di narrazione, che propone una sua versione del Rigoletto di Verdi, lo stesso titolo con cui nel 1949 venne aperto il Cavallino Bianco. Baliani sarà in scena sabato 13 novembre alle ore 21.

    Seguiranno gli appuntamenti con: Virgilio Sieni, danzatore e coreografo, inventore di una gestualità rituale, poetica ed evocativa col suo omaggio a Dante Alighieri (16 novembre); la compagnia di operette di Corrado Abbati con Sul bel Danubio blu (17 novembre); Daniel Pennac, noto al grande pubblico per i suoi romanzi di straordinario successo che hanno per protagonisti Benjamin Malaussène, la sua squinternata famiglia e il quartiere parigino di Belleville (19 novembre); Gabriele Lavia, una delle colonne portanti del teatro italiano, che al Cavallino Bianco porterà il suo recital su Leopardi (20 novembre); Nicoletta Manni, originaria di Santa Barbara di Galatina, dal 2014 prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano che si esibirà insieme a Timofej Andrijasenko e al Maestro Luigi Fracasso (21 novembre); Mariangela Gualtieri, tra le più apprezzate poetesse italiane (25 novembre); Gino Castaldo, con le sue Lezioni di rock e gli omaggi a David Bowie e Franco Battiato (26 novembre )

    Di rilevante impatto e riconoscibilità artistica saranno la nuova creazione di Fredy Franzutti, Haribaírg, con le allieve e gli allevi delle scuole di danza di Galatina, Ballet studio e Oistros balletto (23 novembre); lo spettacolo di Roberto Piumini, Mattia e il nonno, con Ippolito Chiarello e la regia di Tonio De Nitto (28 novembre); gli spettacoli rivolti alle famiglie e ai ragazzi Biancaneve, la vera storia con la regia di Michelangelo Campanale e la produzione del Crest di Taranto (14 novembre); l’attore e scrittore Fausto Romano, originario di Galatina e proiettato sulla scena internazionale col suo lavoro L’eterno riso (30 novembre)

     

    Programma

    IL FUTURO È ADESSO

    13 novembre ore 10.30

    Cerimonia inaugurale del Cavallino Bianco di Galatina

    Nel corso della cerimonia si esibirà il corpo bandistico “San Gabriele dell’Addolorata” di Noha- Galatina diretta dal m° Loredana Calò

    13 novembre ore 21

    RIGOLETTO: LA NOTTE DELLA MALEDIZIONE

    Marco Baliani con

    Giampaolo Bandini chitarra

    Cesare Chiacchiaretta fisarmonica

    Musiche di Giuseppe Verdi, Nino Rota, Cesare Chiacchiaretta

    Produzione Società dei Concerti di Parma

    In collaborazione con Teatro Regio di Parma

    Rigoletto è un monologo, quindi per farlo c’è bisogno di un personaggio in carne e ossa, spirito e materia. Poter rivestire per una volta la pelle di un altro e starci dentro dall’inizio alla fine: è una gioia particolare per me che in scena da narratore non ho mai la possibilità di calarmi interamente nelle braghe di chicchessia, sempre devo stare vigile a controllare e dirigere l’intero svolgersi della vicenda. La proposta fattami dal Teatro Regio di Parma di occuparmi, a mio modo, di una “rilettura” di un’opera di Verdi, la potevo facilmente risolvere con un bel reading, lettura più musica e via così. Mi son detto però  che era l’occasione buona per osare un personaggio e incarnarlo, dopo tanto tempo, tornare a mettere mano a tutte le cose che ho imparato strada facendo sul mestiere antico dell’attore e provare a costruirci sopra un testo scritto, un bel canovaccio su cui giorno dopo giorno, provando, creare un dire per niente letterario, ma concreto, materico. Compreso il trucco in faccia e il costume preso in prestito nei depositi del teatro Regio, appartenuti ai tanti Rigoletti passati da quelle parti.  Poi c’è stata la mia passione per gli esseri del circo, ma quei circhi piccoli, non eclatanti, non amo i “soleil” circensi fatti di effetti speciali e artisti al limite della robotica per la bellezza scultorea e bravura millimetrica del corpo. No, preferisco la rozzezza faticosa ma meravigliosa di quei circhi dove chi strappa i biglietti te lo ritrovi dopo vestito da pagliaccio e il trapezista sa anche fare giocolerie, esseri nomadi, zingarescamente affamati di vita, mi prende uno struggimento totale quando varco quei tendoni, a percepire la fatica quotidiana di un vivere precario ma impeccabile. Volevo fare un omaggio alle cadute, alle sospensioni, alle mancanze di appoggi.

    Marco Baliani

     

    14 novembre ore 17.30

    Testo, regia, scene e luci Michelangelo Campanale

    con Catia Caramia, Maria Pascale, Luigi Tagliente

    costumi Maria Pascale

    assistente alla regia Serena Tondo

     tecnici di scena Walter Mirabile e Roberto Cupertino

    produzione Crest, vincitore Eolo Award 2018 e premio Padova 2017 – Amici di Emanuele Luzzati.

    L’ultimo dei sette nani diventa testimone dell’arrivo di una bambina coraggiosa, che preferisce la protezione del bosco sconosciuto allo sguardo, conosciuto ma cupo, di sua madre. Una madre che diventa matrigna, perché bruciata dall’invidia per la bellezza di una figlia che la vita chiama naturalmente a fiorire. Nel bosco Biancaneve aspetta come le pietre preziose che, pazienti, restano nel fondo delle miniere, fino a quando un giorno saranno portate alla luce e potranno risplendere di luce propria ai raggi del sole.

    Tutti i bambini conoscono già questa fiaba, lo spettacolo del Crest li vuole portare per mano “dietro le quinte” della storia, lì dove prendono forma e vita i personaggi, i loro sentimenti e le loro azioni, talvolta buoni e talvolta cattivi, quasi mai sempre buoni o sempre cattivi. Proprio come uno spettacolo: un po’ comico, un po’ emozionante; o come la vita che impariamo ad affrontare: un po’ dolce, un po’ irritante, un po’ divertente, un po’ inquietante, un po’.

    Con questo lavoro continua il progetto che il Crest condivide con l’immaginario di Michelangelo Campanale – ricordiamo “La storia di Hansel e Gretel” (2009) e “Sposa sirena” (2012) – per raccontare ai ragazzi storie che riescano ad emozionarli davvero, senza edulcoranti e senza bugie, ma solo con grande rispetto della loro capacità di comprendere ed elaborare pensieri e opinioni in autonomia, semplicemente sulla strada della crescita.

    16 novembre ore 21

    PARADISO

    Regia, coreografia e spazio  Virgilio Sieni
    musica originale Paolo Damiani
    interpreti Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Giulio Petrucci

    costumi Silvia Salvaggio
    luci Virgilio Sieni e Marco Cassini
    allestimento Daniele Ferro
    produzione Comune di Firenze, Dante 2021 comitato nazionale per le celebrazioni dei 700 anni in collaborazione con fondazione teatro Amilcare Ponchielli – Cremona

    Il Paradiso di Dante ricompone il corpo secondo una lontananza che è propria dell’aura, un luogo definito dal movimento, da ciò che è mutevole. Un viaggio che si conclude nello spazio senza tempo della felicità.

    Dante non è un flâneur, viaggiatore della notte alla ricerca di se stesso nelle pieghe infernali della città; né un wanderer, viandante immerso negli abissi della malinconia e letteralmente risucchiato dai paesaggi emozionali; né un passeggiatore scanzonato, come ci indica divinamente Petrarca, cioè un camminatore che tiene lontani i pensieri invadenti e si sospende nell’ “errabondare tra le valli”. È un cammino dall’umano al divino, dal tempo all’eterno. Lo spettacolo è la costruzione di un giardino e non riporta la parola della Divina Commedia, non cerca di tradurre il testo in movimento ma si pone sulla soglia di una sospensione, cerca di raccogliere la tenuità del contatto e il gesto primordiale, liberatorio e vertiginoso dell’amore. Danza dialettale che si forma per vicinanze e tattilità.

    Nella prima parte la coreografia è costruita per endecasillabi di movimenti dove i versi della danza ritrovano il risuonare della rima da una terzina all’altra. Questo continuo manipolare, accarezzare e pressare lo spazio invisibile intorno ai corpi edifica un continuum di terzine sillabiche del gesto: una maniera umile per porsi nei confronti della loro magnificenza geometrica, matematica e cosmica. Allo stesso tempo il gesto scaturisce da una ricerca sullo spazio tattile e sull’aura della persona.

    Nella seconda parte tutto avviene cercando nel respiro delle piante la misura per costruire un giardino quale traccia e memoria dei gesti che lo hanno appena attraversato. La coreografia è costruita portando, sollevando e depositando le piante nello spazio. Le piante, la cosa alta, restituiscono il vero senso della danza, la lingua penultima: dialettale e popolare, in grado di mettere in dialogo le persone secondo declinazioni astratte, simboliche, inventate e immediatamente inscritte nella memoria.

     

    17 novembre ore 21

    SUL BEL DANUBIO BLU

    Compagnia Corrado Abbati

    musiche di Johann Strauss

    coreografie Giada Bardelli
    direzione musicale Marco Fiorini

    Poco più di 150 anni fa Johann Strauss figlio scriveva quello che sarebbe diventato il manifesto di un'intera epoca: Sul bel Danubio blu. Più che un semplice valzer, il simbolo di un mito che ancora oggi vive e si rinnova generazione dopo generazione: chi non lo conosce? Chi non lo canticchia? Un'espressione di buonumore, di voglia di vivere, di fare festa. Ecco dunque uno spettacolo pieno di gioia e di buon umore: caratteristiche tipiche di una delle più importanti espressioni di quell’epoca: l’operetta!

    Una “rivista” dove il ritmo della narrazione e l’armonia degli spunti melodici unisono e fondono, in una sequenza di allegri e spensierati episodi, gli stilemi delle espressioni teatrali tipiche dell’epoca: dalla commedia all’operetta, dalla musica da ballo all’opera. Uno spettacolo pieno di leggerezza e seduzione dove, ballando un vorticoso valzer, può succedere di innamorarsi, perché questa è musica che scioglie i cuori e scalda l’anima.

    Buon divertimento! Corrado Abbati

    Le musiche di Strauss, Lehar, Kalmann, Abraham, sono i cardini di questo spettacolo in quanto non si tratta di una serie di arie come in un concerto, ma di una vera e propria drammaturgia in forma scenica dove la coppia lirica, quella comica, gli assieme e le coreografie si integrano in vere e proprie e scene tratte da “Il pipistrello”, “La vedova allegra”, “La principessa della czarda”, “Ballo al Savoy”, solo per citarne alcune. Ne nasce quindi uno spettacolo pieno di ritmo e praticamente privo di quei tempi morti che si trovano spesso nei libretti di ogni lavoro teatrale.

     

    19 novembre ore 10

    COMPAGNIEMIA MOUVEMENT INTERNAZIONAL ARTISTIQUE

    DANIEL PENNAC

    Incontro con le Scuole

     

    19 novembre ore 21

    DAL SOGNO ALLA SCENA

    Un incontro teatrale

    di e con Daniel Pennac

    e con  Pako Loffredo e Demi Licata

    mise en espace Clara Bauer

    musiche Alice Loup

    Produzione Compagniemia – Mouvement International Artistique

    Un incontro « teatrale » che nasce dal desiderio di raccontare e condividere con il pubblico il lavoro creativo di Compagniemia con Daniel Pennac, un montaggio che mette in evidenza alcuni passaggi dei suoi ultimi adattamenti teatrali uniti nella magia della scena, che disegneranno l'universo narrativo e onirico dell'autore .

    "Che ci faccio qui? Che ci sto a fare dietro le quinte di questo teatro, dietro a questa porta che sta per aprirsi sul palcoscenico? Io! Su un palcoscenico! Che mi ha preso? Io che non ho mai voluto fare l'attore! Tra poco la porta si aprirà e io mi precipiterò in scena. Perché? Perché io? In che cosa ti sei andato a cacciare? Che cosa hai nella testa?"
    Daniel Pennac, in scena con alcuni suoi compagni di viaggio di CompagnieMia,  Pako Ioffredo e Demi Licata,  con le musiche di Alice Loup e la mise en espace di Clara Bauer, entrerà dal vivo fra le pieghe dei suoi libri e dei suoi ultimi spettacoli, incontrando il pubblico in quella linea di confine fra interpretazione e narrazione, lettura e recitazione.  La piuma di Pennac gioca con la poesia della scena.

    E che il piacere e lo humour ci guidino!

    Incontro in lingua italiana ed in lingua francese tradotta dal vivo in italiano

     

    20 novembre ore 21

    LEOPARDI

    di e con Gabriele Lavia

    produzione Effimera srl –

    L’attore non legge né interpreta le poesie di Giacomo Leopardi, ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche dei Canti e non solo, da “A Silvia” a “L’Infinito”, dal “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” a “Il sabato del villaggio” e a “La sera del dì di festa”.

    I versi leopardiani ripetono che l’amore, l’intimità rubata e immaginata fatta di attese e ricordo, i sogni senza sonno, le nobili aspirazioni dell’animo, le speranze che riscaldano lo spirito umano e che a volte svaniscono di fronte alla realtà, sono tutti elementi che rendono faticosa e impegnativa la vita, ma straordinariamente degna di essere vissuta.

    È un viaggio nella profondità dell’animo umano, un nuovo omaggio al poeta, a quella sua nuova voglia di sondare la parola e il suono in un momento della sua esistenza che si tramutò in esaltante creatività artistica.

    «Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro – spiega Gabriele Lavia -. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto».

     

    23 novembre ore 21

    Haribaírg

    performance di danza in una parte

    Coreografia di Fredy Franzutti

    Con Allieve e Allievi Scuole di danza: A.S.D. BALLET STUDIO / OISTROS BALLETTO

    La restituzione alla comunità del contenitore che ospita il flusso della trasmissione culturale tra arte e pubblico è opportunità per elaborare il luogo come “Haribaírg” nel significato gotico che sta alla radice di “Albergo”. Ospitare, Accogliere, Custodire, Contenere sono sinonimi che possono descrivere un “luogo ricettivo” e un’attività teatrale virtuosa. L’ispirazione viene dal nome del Teatro dedicato all’operetta di Ralph Benatzky “Al Cavallino Bianco” che si svolge appunto in un albergo in Baviera. La narrazione non è nel testo dell’operetta, che viene solo citata nelle atmosfere e nei personaggi, ma nel concetto allontanante di un’operetta Bavarese calata nella società, tradizioni e storia della cittadina di Galatina. Le immagini del mito di Atena, Santa Caterina, il Barocco, i riti pagani di Pietro e Paolo, la vita rurale e il Salento vengono ospitate e sovrapposte nella condizione surreale dell’albergo bavarese creando la situazione onirica e straniante come il nome del Teatro che appare senza connessione con il tessuto sociale e culturale della cittadina. Il ponte fantasioso tra Salento e Baviera, che sembrano, e sono, due estremi distanti di una parabola stilistica ed emotiva, si accorcia e trova sintesi nella figura di Carlo V d’Asburgo. La presenza dell’imperatore che governa dai paesi bassi al sud Italia, che appare nel finale della performance, offre coerenza al progetto come messaggio di unità. Non solo casualmente, anche nel finale dell’operetta, “Al cavallino Bianco”, appare un Re: deus ex machina e risolutore delle incoerenze del testo. Fredy Franzutti

     

    25 novembre ore 21

    IL QUOTIDIANO INNAMORAMENTO

    rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri

    con la guida di Cesare Ronconi

    Produzione Teatro Valdoca  con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena

    Il quotidiano innamoramento dà voce ai versi di Quando non morivo, recente silloge einaudiana di Mariangela Gualtieri, li intreccia ad altri del passato e compone tutto in una partitura ritmica ben orchestrata, con un aggancio, in questa occasione, al tema della memoria. Tutto muove dalla certezza che la poesia attui la massima efficacia nell’oralità, da bocca a orecchio, in un rito in cui anche l’ascolto del pubblico può essere ispirato, quanto la scrittura e quanto il proferire della voce.

    Mariangela Gualtieri è nata a Cesena, in Romagna. Si è laureata in architettura allo IUAV di Venezia. Nel 1983 ha fondato, insieme al regista Cesare Ronconi, il Teatro Valdoca, di cui è drammaturga. Fin dall’inizio ha curato la consegna orale della poesia, dedicando piena attenzione all’apparato di amplificazione della voce e al sodalizio fra verso poetico e musica dal vivo.

    Fra i testi pubblicati: Antenata (Crocetti ed.,1992 e 2020), Fuoco Centrale (Einaudi, 2003), Senza polvere senza peso (Einaudi, 2006), Sermone ai cuccioli della mia specie (L’arboreto Editore, 2006), Paesaggio con fratello rotto (libro e DVD, Luca Sossella Editore, 2007), Bestia di gioia (Einaudi, 2010), Caino, (Einaudi, 2011), Sermone ai cuccioli della mia specie con CD audio (Valdoca ed., 2012), A Seneghe. Mariangela Gualtieri/Guido Guidi (Perda Sonadora Imprentas, 2012), Le giovani parole (Einaudi, 2015), Voci di tenebra azzurra (Stampa 2009 ed., 2016), Beast of joy. Selected poems (Chelsea Editions, New York, 2018), coautrice – con Cesare Ronconi e Lorella Barlaam - dell’Album dei Giuramenti/Tavole dei Giuramenti (Quodlibet, 2019) di Teatro Valdoca, Quando non morivo (Einaudi, 2019), Paesaggio con fratello rotto (Einaudi, 2021).

     

    26 novembre ore 10 per le Scuole

    LEZIONI DI ROCK con Gino Castaldo

    Ascoltare la musica, vedere la musica, raccontare la musica. Gino Castaldo, critico musicale del quotidiano “La Repubblica”, in Lezioni di Rock indaga temi e personaggi della storia del rock, ricostruendo storie, raccontando dischi, curiosità, aneddoti e testi, per guidare il pubblico nell’ascolto di opere che fanno parte della storia della musica ma anche della vita di noi tutti. Due ore di lezione ricche di canzoni memorabili e storie indimenticabili.

    David Bowie L’8 gennaio 2016, giorno del sessantanovesimo compleanno, è uscito Blackstar, considerato il suo “canto del cigno”. Due giorni dopo, nella notte del 10 gennaio, David Bowie si è spento nel suo appartamento di New York. Anche la sua morte può essere considerata un’opera d’arte.

    Musicista, cantautore, attore, produttore discografico, artista completo e intellettuale complesso, ha attraversato cinque decenni di evoluzione culturale, in particolare della musica rock, lasciandosi periodicamente dietro le spalle i più diversi stili con i quali si è cimentato, le più diverse immagini che ha incarnato.

    Dal folk acustico all’elettronica, dal glam rock, al soul, dal cinema al video, dal palco alla scrittura, ha influenzato il pensiero, i gusti, le mode di varie generazioni del “secolo breve”.

     

    26 novembre ore 21

    LEZIONI DI ROCK Con Gino Castaldo

    Franco Battiato Un colosso della cultura italiana, un intellettuale che ha usato ogni mezzo possibile per promuovere arte e bellezza, un artista che con incredibile originalità ha realizzato opere che, senza alcun dubbio resteranno nel tempo, pittore, regista, scrittore, compositore, direttore d’orchestra, cantante, autore, divo pop, e tanto altro. Ed è stato poeta, nel senso pieno del termine, perché con le parole ci ha fatto vedere cose che non avremmo visto altrimenti, provare emozioni fortissime, ci ha fatto scoprire e conoscere cose che non conoscevamo, è stato “maestro” in grado di insegnare e mostrare. E saranno proprio le sue parole a mancarci di più, quelle de “La cura” o di “Povera patria”, parole, dure e dolci, mescolate alle sue melodie, in grado di farci vedere la nostra misera vita quotidiana da altezze inarrivabili, ci mancherà la sua visione, mistica e misteriosa, e il suo saperci portare in ogni  momento in ogni luogo del mondo.

     

    28 novembre ore 17.30

    MATTIA E IL NONNO

    di Roberto Piumini dal romanzo omonimo pubblicato da Einaudi Ragazzi

    con Ippolito Chiarello

    adattamento e regia Tonio De Nitto

    musiche originali Paolo Coletta

    Costume Lapi Lou

    Luci Davide Arsenio

    Tecnico Matteo Santese

    Organizzazione Francesca D’Ippolito

    coproduzione  Factory compagnia transadriatica , Fondazione Sipario Toscana  in collaborazione con Nasca Teatri di Terra

    Mattia e il nonno è un piccolo capolavoro scritto da Roberto Piumini, uno degli autori italiani più apprezzati della letteratura per l’infanzia.

    In una lunga e inaspettata passeggiata, che ha la dimensione forse di un sogno, nonno e nipote si preparano al distacco, a guardare il mondo, a scoprire luoghi misteriosi agli occhi di un bambino, costellati di incontri magici e piccole avventure pescate tra i ricordi per scoprire, alla fine, che non basta desiderare per ottenere qualcosa, ma bisogna provare e soprattutto non smettere mai di cercare.

    In questo delicato passaggio di consegne il nonno insegna a Mattia, giocando con lui, a capire le regole che governano l’animo umano e come si può fare a rimanere vivi nel cuore di chi si ama.

    Una tenerezza infinita è alla base di questo straordinario racconto scritto con dolcezza e grande onirismo. Un lavoro che ci insegna con gli occhi innocenti di un bambino e la saggezza di un nonno a vivere la perdita come trasformazione e a comprendere il ciclo della vita.

    Domenica 21 novembre ore 21

    Nicoletta Manni – Timofej Andrijasenko

    Passo a due da “Il Corsaro”

    Musiche: Adolphe Adam Coreografie: Marius Petipa

    Passo a due da “Caravaggio”

    Musiche: Bruno Moretti Coreografie: Mauro Bigonzetti

    Passo a due da “Luminus”

    Musiche: Max Ritter Coreografie: Andras Lucaks

    Maestro Luigi Fracasso

    L. v BEETHOVEN Sonata in Do diesis min. op. 27 n. 2 min 17
     Adagio sostenuto
     Allegretto
     Presto agitato

    F. CHOPIN Notturno in Fa min. op. 55 n. 1
     Polacca in La bemolle magg. op. 53

    Nicoletta Manni, nome di punta della compagnia del Teatro alla Scala è nata e cresciuta a Santa Barbara di Galatina (Lecce, Italia).

    Ha ricevuto la sua formazione iniziale presso la scuola di ballo di sua madre, a 13 anni è ammessa al 4° corso presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala. Nel 2009, dopo essersi diplomata all'età di 17 anni, ha ricevuto un contratto presso lo Staatsballett di Berlino sotto la direzione di Vladimir Malakhov, dove è rimasta per tre stagioni, prendendo parte in tutte le produzioni classiche e contemporanee.  Sotto l'invito di Makhar Vaziev, è tornata in Italia, nella compagnia del Teatro alla Scala, debuttando con Myrtha(Giselle) e Odette/Odile nel Lago dei cigni di Rudolf Nureyev. Un anno dopo, all'età di 22 anni, è stata promossa Prima Ballerina del Teatro alla Scala. Da allora ha ballato tutti i ruoli principali, accanto a etoile e ospiti internazionali, interpretando molte nuove creazioni, oltre ai numerosi capolavori del repertorio classico.

    Timofej Andrijasenko nato a Riga, in Lettonia, nel novembre 1994, dove inizia i suoi studi di balletto alla National State Academy. Nel 2009, all'età di 14 anni, ha partecipato al Concorso Internazionale di Danza "Città di Spoleto", vincendo una borsa di studio; questo premio gli consente di frequentare il Russian Ballet College di Genova diretto da Irina Kashkova, dove si diploma nel giugno 2013.  Da novembre 2014, su invito di Makhar Vaziev, entra a far parte del corpo di ballo del Teatro alla Scala e nel 2018 viene promosso Primo Ballerino. è nel cast dei marinai russi in The Nutcracker di Nacho Duato ed è tra i principali interpreti di Cello Suites di Heinz Spoerli.

    Luigi Fracasso, pianista italiano, di  Galatina (Le) ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio di Musica di Stato “T. Schipa” di Lecce, conseguendo con il massimo dei voti il Diploma di Pianoforte. Aldo Ciccolini ha scritto: “… Luigi Fracasso è un musicista vero, agguerritissimo, con idee sane sulla nostra arte e con un vivo senso della logica strumentale.”. È direttore artistico dei concerti del chiostro.

    30 novembre 2021 – ore 21

    L’eterno riso

    di e con Fausto Romano

    musiche, eseguite dal vivo, di Eva Parmenter

    Produzione FAUST

    I pomeriggi d’estate, in un afoso Salento, il chierichetto Faustino, di otto anni, si reca con padre Luigi a “prendere i morti” da casa per far loro il funerale. È un bambino acuto, attento e analizza il tutto con estrema curiosità cogliendo le diverse contraddizioni del rito e i lati colorati della più grande recita della vita, dove ognuno vuol togliere al morto la parte del protagonista. Incontriamo allora il becchino Rafele, che per fare il suo lavoro deve vestirsi obbligatoriamente di nero e tagliarsi i capelli; la ventriloqua Maria che colleziona presenze in chiesa; Gianni, che si è costruito da solo la propria bara finendoci dentro con una donna; il “cane degli inferi”, presente a ogni corteo funebre; la banda musicale che accelera il passo e il ritmo dei brani per tornarsene presto a casa... E ancora, il numero di manifesti mortuari perché “più manifesti ci sono, più il morto è importante”; gli strani oggetti contenenti nelle bare; le divertenti frasi di congedo e i pericolosissimi elogi funebri tenuti dagli amici del “fu”.

    Fausto Romano, con la sua usuale leggerezza e intelligente vena umoristica, ci trasporta in un paesino del Salento degli anni novanta nel quale ognuno di noi potrà ritrovarsi e scoprire che la morte, alla fine, è uno spettacolo per tutti.

     

     

    info: 3881814359 / 3201542153

    mail: officinetse.com

    www.otse.it

     

    Prevendita online dal 28 ottobre su: www.diyticket.it

    Prevendita presso la biglietteria del teatro Cavallino Bianco

    Via Giuseppe Grassi, n.13 – GALATINA (Le) dal giorno 26 ottobre

    dal lunedì al venerdì dalle ore 16.30 alle ore 19.30

    sabato dalle 10 alle 13

     

    Prenotazione tramite centralino telefonico:

    la prenotazione del biglietto e quindi del posto a sedere può essere effettuata anche

    chiamando i seguenti numeri telefonici 388.1814359 / 320.1542153 a condizione che il biglietto venga poi ritirato in botteghino entro 24 ore dalla prenotazione, altrimenti la stessa viene considerata annullata.

     

    Un incredibile ponte legherà la Puglia a New York grazie alla campagna promozionale “Puglia, Unexpected Italy” (Puglia, l’Italia che non ti aspetti) promossa da Pugliapromozione sul “The New York Times”, sia quotidiano, sia magazine.
    Fino al 22 maggio si susseguiranno 28 foto d’autore dall’indiscussa bellezza. La prima immortalerà lo splendore degli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina.
    “Questa notizia ci riempie di orgoglio – afferma il sindaco di Galatina, Marcello Amante – perché è un ulteriore prestigioso tassello che si aggiunge al fitto puzzle di azioni, progetti e idee che abbiamo messo in atto per far conoscere Galatina oltre confine. Le emozioni che la nostra Città sa suscitare sono sempre più forti e capaci di incuriosire anche oltreoceano. Per questo ho lavorato con la mia squadra fin dal primo giorno: per portare Galatina al centro della promozione turistica regionale. I risultati ci danno ragione e sapere che il New York Times considera la Puglia una meta che sa sorprendere e Galatina uno scrigno di bellezza, ci fa continuare su questa strada. La nostra città trova un posto d’onore nel cuore di chiunque entri in contatto con i suoi tesori artistici, storici ed enogastronomici”.
    Di ritorno dalla Bit di Milano, la nota fiera di promozione turistica, dove Galatina Città d’Arte e Città del Pasticciotto ha raccontato il suo valore, anche l’assessore al turismo per Galatina Nico Mauro sottolinea la soddisfazione per i traguardi raggiunti.
    “Galatina è ormai inserita tra le destinazioni di interesse nazionale ed internazionale che qualificano l'offerta turistica pugliese – spiega - Nel 2019 la rivista Forbes inserì Galatina (con Dozza e San Gusmè) tra le tre mete italiane meritevoli di essere visitate e oggi sul New York Times siamo ambasciatori di bellezza e cultura per la Regione Puglia. Stiamo raccogliendo i frutti di un’azione tesa al riconoscimento delle nostre identità culturali e delle nostre bellezze storico artistiche. Non è un caso se sono anche aumentati i cittadini americani che hanno deciso di acquistare degli immobili in Città. Oltre trenta abitazioni, solo a ospiti americani, sono state vendute negli ultimi due anni e non mancano acquisti anche di cittadini europei e sudamericani. Continuiamo a progettare il futuro turistico di Galatina con una attività ed uno slancio che la pandemia ha rallentato ma che rimangono definiti”.

    Ufficio stampa Marcello Amante

     

    Noi ci siamo, siamo pronti a ricominciare. E lo facciamo dalla nostra storica sede. Vogliamo rilanciarla, vogliamo che sia vista come casa di tutti, perchè chiunque ci entri si senta il benvenuto. Vogliamo che sia un punto di incontro, un luogo ricreativo, di dialogo e di confronto, un luogo di litigio se serve a creare il compromesso. Vogliamo che diventi la sede dei giovani; ed è proprio da loro che vogliamo ripartire. Il PD di Noha ha a cuore i suoi giovani, e vorrebbe coinvolgerli tutti perché tutti possono dare un apporto per la cura e la custodia del contesto sociale in cui abitiamo: la nostra Noha. Non importa la continua e costante informazione politica, conta invece che i giovani abbiano l’entusiasmo politico, che concretizzino le idee fresche proprie della loro età. Vi accogliamo perché ne vale la pena. Siamo stanchi dei soliti pregiudizi, degli sterili stereotipi che guardano al giovane come incosciente. Noi abbiamo puntato lo sguardo su di voi perché il vostro aiuto è importante per crescere insieme. Lo sanno bene Matteo, Sara, Luigi e Christian. Lo sanno bene coloro che si affacceranno alla porta della nostra Sezione in questi giorni, perché infondo non si è mai così lontani se si ha a cuore la vita del paese. Vogliamo guardare al territorio, fare festa, dare fastidio se necessario, essere scomodi per alcuni e punto di riferimento per altri; ma vogliamo farlo con voi. Insieme poi, saremo supportati da chi si è battuto per tenere vivo il nostro Circolo, ed anche se la fiamma cominciava a venir meno, per fortuna non si è mai spenta. Serve il supporto di tutti, serve l’apporto di tutti, perchè la tessera consente di aderire ad una comunità che guarda e si impegna per il territorio ad essere una comunità viva, utile, verso cui riporre fiducia, passione, tempo, energie, in un partito che ascolta il suo popolo. Quindi se da soli siamo più veloci, insieme si va più lontano ed è di un progetto coraggioso che guardi al futuro, ciò di cui abbiamo bisogno. Vogliamo continuare a costruire con chi vive già la straordinaria comunità del Pd e con chi da domani vorrà entrare a far parte di un partito delle persone per una democrazia più forte. Noi ci siamo e aspettiamo te per aderire o rinnovare l’adesione presso il Circolo PD – Noha “G. De Benedetto” sito in p.zza San Michele, nei seguenti giorni: Martedì 3 Novembre ore 19.00/20.00 Giovedì 5 Novembre ore 19.00/20.00 Domenica 8 Novembre ore 11.00/13.00

    Si ricorda che, ai sensi dello specifico Regolamento, di cui alla Direzione Nazionale del 18 gennaio 2020: «L’iscrizione è individuale. Al momento dell’iscrizione si autorizza il trattamento dei dati personali secondo quanto previsto dall’art. 9 comma 2 del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali».

    Si ricorda inoltre l’uso tassativo dei dispositivi di protezione CoVid19. Quota di iscrizione: €10.00

    Michele Scalese e il Direttivo PD Noha

    #Noi #Staytuned

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 07/01/2022 @ 18:59:29, in Comunicato Stampa, linkato 1290 volte)

    Qualcuno, giorni fa, ha asserito che studiare la storia non serve a nulla.

    Costui o è totalmente deficiente, o è maledettamente furbo. La storia la si studia poiché è una delle più efficaci maestre di vita che l’uomo ha a disposizione. Vi porto un esempio.

    Nel 480 a.C. l’Impero Persiano stava per invadere la Grecia. Serse aveva un grosso esercito e una potente flotta.

    Il greco Temistocle ebbe un’idea: bloccare l’avanzata dell’esercito persiano alle Termopili, una località dove esisteva uno stretto passaggio costiero, una sorte di passaggio quasi obbligato tra l’antica Locride e la Tessaglia. Lì il re di Sparta Leonida insieme ad altri 299 valorosi soldati, si schierò a difesa della via d’accesso e rallentò l’avanzata dei persiani.

    Trecento uomini fermarono per giorni e giorni migliaia di persiani alle Termopili, rallentando la loro avanzata. Dopo una estenuante lotta, i trecento furono sconfitti e Serse invase la Grecia, entrando ad Atene. Ma questa storia non finisce qui poiché la flotta greca, verso la fine del 480 a.C., sconfisse gli invasori persiani nella battaglia di Salamina, costringendo Serse e ciò che era rimasto del suo esercito e della sua flotta alla ritirata.

    Qualcuno potrebbe pensare che il sacrificio di quei trecento uomini, tra i quali c’era lo stesso re di Sparta Leonida, non sia servito a niente. Non è così. Il perché sta nel fatto che è grazie a quei trecento che oggi abbiamo capito che un gruppo di uomini coraggiosi e determinati può tenere a bada l’avanzata di forze molto superiori ed ostili, forze mosse soltanto da interessi e prive di nobili valori. Forse è per l’esempio dato dalla determinazione di quei trecento che infine l’esercito greco riuscì a sconfiggere quello persiano.

    La situazione attuale non può che rimandarmi a quell’episodio. Dopo circa duemilacinquecento anni io vedo un certo parallelismo.

    Delle forze ostili mosse solo da interessi e prive di qualsiasi nobile principio etico stanno per invadere la “nostra Grecia” e stanno per entrare nella “nostra Atene”, razziandola. Eppure anche qui ci sono le Termopili, uno strettissimo passaggio difeso da gente coraggiosa e determinata, alla quale è stato tolto tutto, dal lavoro allo stipendio, dal diritto allo studio a quello di muoversi liberamente, ma che ha deciso che quel passaggio va difeso al costo della vita perché quei trecento sanno che ad Atene ci sono le loro mogli ed i loro figli che devono essere difesi. Infatti, semmai dovessero cedere alle Termopili, Atene cadrà nelle mani del nemico. 

    Con lo scudo della dignità e la spada della determinazione forgiata non da mani umane, si può tenere impegnato un esercito di diecimila uomini vigliacchi.

    Vi hanno detto che lo stanno facendo per il vostro bene. Vi hanno detto che lo stanno facendo poiché sono preoccupati per la vostra salute.

    Se fossero veramente preoccupati per voi, non avrebbero stanziato solo nove miliardi alla sanità e diciassette alla parità di genere. Se avessero a cuore la vostra salute, non avrebbero speso milioni di euro nei banchi a rotelle, ma con quei soldi avrebbero implementato di qualche centinaio i posti letto nei reparti di terapia intensiva. Se ci tengono veramente così tanto alla vostra salute, non avrebbero tagliato i fondi destinati ai disabili; avrebbero abolito i ticket e i super ticket sanitari per permettervi di curarvi. Se è alla vostra salute che ci tengono, avrebbero mandato almeno un paio di medici a casa vostra alla comparsa del primo sintomo covid, anziché dirvi di prendere un po’ ti Tachipirina e aspettare la morte a casa, mantenendosi in vigile attesa. Se ci tengono veramente alla vostra salute non avrebbero sospeso migliaia di medici ed infermieri sani, mettendo in crisi interi reparti ospedalieri. Se avessero tenuto alla vostra salute come dicono, un anno fa avrebbero fatto le autopsie sui corpi dei deceduti per capire che le cure somministrate erano errate, in quanto si sono mostrate fatali dopo qualche mese. E non vi avrebbero detto che le mascherine non servivano a nulla proprio quando dicevano di esserci quasi mille morti al giorno. 

    La situazione ad oggi è che ci sono migliaia di persone, perfettamente sane, sospese dal lavoro e dallo stipendio poiché, per opinioni diverse rispetto a quelle del governo, hanno deciso di schierarsi alle Termopili. Migliaia di medici, infermieri, forze dell’ordine e insegnanti, sospesi e senza retribuzione perché sanno che alle loro spalle c’è Atene con all’interno i propri figli. Tutta la violenza cieca dell’esercito ostile si sta riversando contro quei trecento, dalla politica all’informazione.

    Questa sarebbe la mia giornata tipo: salgo sul treno e mi controllano il green pass, vado al bar e mi controllano il grenn pass, entro in ufficio e mi controllano il grenn pass, vado a mensa e mi controllano il green pass, rientro in ufficio e mi ricontrollano il green pass, al termine del lavoro riprendo il treno e mi ricontrollano il green pass, sceso dal treno vado in posta a ritirare una raccomandata e mi controllano il grenn pass, e fino a quando non vado a dormire, ogni cinque minuti mi controllano il grenn pass. E semmai dovesse scadere devo correre a farmi un’altra dose per non essere trattato come un terrorista criminale.

    Io un mondo così non lo voglio. Non voglio che i miei figli debbano stare in aula con una Ffp2 otto ore al giorno, costringendoli al pendolo scuola-dad/dad-scuola poiché da qualche parte qualcuno ha il moccio. Non voglio un mondo dove, per esercitare i miei diritti fondamentali, si debba continuamente esibire un codice che non ha alcuna motivazione scientifica ma ideologica. Diciamocelo chiaramente: il green pass equivale alla tessera di un partito, quello unico dominante. Chi non lo ha è considerato eversore.

    Io non voglio mettere a rischio la mia salute e quella dei miei figli ogni tre mesi (eventi avversi gravi rari non vuol dire impossibili; un giorno stimeremo tutti questi “deceduti per malori improvvisi”) perché qualcuno totalmente manovrabile ha deciso che la mia vita deve garantire il fatturato per qualcun altro.

    La storia, però, la si studia anche per un altro motivo. Perché basta inserire un elemento inaspettato nella vicenda che tutto cambia. Pensate ad esempio se tutti i Greci fossero andati in soccorso di quei trecento, cercando di chiudere ogni altro passaggio all’esercito persiano: Atene non sarebbe stata presa.

    Ora mancano pochissimi minuti ma siete ancora in tempo ad andare in soccorso di quei trecento. Dopodiché Atene verrà presa dal nemico, con dentro i vostri figli. E sappiatelo: il prossimo attacco punterà proprio a loro.  Se volete, io sono qui: vi aspetto alle Termopili!

    Fabrizio Vincenti

     

    Sabato 2 Aprile alle ore 17.30,  presso la sala Celestino Contaldo  Palazzo della Cultura “Zeffirino Rizzelli”  Galatina, alla cerimonia di chiusura del Concorso Fotografico di Beneficenza “Vecchi e Antici Mestieri. Viaggio fra quelli che un tempo erano gli antichi mestieri praticati nel nostro territorio, così ricco di spunti interessanti, di tradizioni e di magiche atmosfere”, destinato a finanziare l’acquisto di una Bimbulanza, che renderà meno traumatico il potenziale viaggio in ambulanza di un bambino.

     In tale circostanza a tutti i partecipanti verrà rilasciato pubblicamente un attestato di partecipazione e le tre opere ritenute di maggior pregio saranno premiate. Inoltre verranno consegnati all’Associazione cuore e mani Aperte – Onlus tutti i fondi raccolti sino ad ora attraverso il concorso.

    Il pomeriggio sarà allietato dalla presenza dei nostri amici clown e sarà possibile acquistare, a favore del progetto, le uova di cioccolato appositamente realizzate per la Santa Pasqua di quest’anno con il logo della Bimbulanza!

    Valentina Castorina

    Vice Presidente AEC per la Regione Puglia

    Presidente AEC per la Provincia Lecce

     
    Di Antonio Mellone (del 18/04/2021 @ 18:54:59, in NohaBlog, linkato 952 volte)

    Cari partiti o movimenti o liste civiche, tanto sempre là stiamo, sembra che di questi tempi abbiate ritrovato una verve dialettica, una vis polemica (vabbè comica), quando non una vena poietica che non si vedevano dalle precedenti amministrative per l’elezione del Consiglio e del Sindaco (s’intende quello con la maiuscola) del nostro povero comune. Non passa settimana che non si legga in giro, tra un dato dei contagi e uno dei Recovery, qualche comunicato-stampa dei vostri. Ma cosa v’è preso? Guardate che le votazioni sono ancora ben lontane dall’esser celebrate, seppur ci venissero gentilmente concesse, e di questo passo vi arrivereste spompati.  

    A scanso di equivoci vorrei premettere che noi di Noha.it siamo di bocca buona, così tanto che abbiamo accolto e continuiamo ad accogliere per la loro pubblicazione veline di cani e porci. Basterebbe farsi un giro nell’archivio relativo alla diciamo politica locale e nazionale per rinvenire scritti, video, interviste, dichiarazioni, lettere aperte (mai una volta chiuse) e comizi di personaggi pneumaticamente defunti (r.i.p.) che con sintassi, grammatica ma soprattutto logica avevano lo stesso feeling che Erode doveva avere con gli innocenti.

    Ergo lungi da noi, per carità di patria, qualsiasi intento censorio o peggio ancora intimidatorio nei confronti di chicchessia, tipico di chi è in contenzioso personale con la democrazia più che con qualche voce stridula; ma abbiate pazienza e prendete pure queste righe come una preghiera, un appello, anzi come una consulenza spassionata gratis et amore Dei.

    Non è nostra intenzione stilare qui di seguito un decalogo del perfetto comunicato stampa, ma vivaddio almeno l’essenziale, tipo: la buona creanza di cambiarne l’immagine a corredo se non proprio la forma dell’elaborato per ogni sito internet destinatario (o pensate siano encicliche, le vostre?); l’accortezza di non firmare in calce lo scritto se nel testo il firmatario viene intervistato in prima o in terza persona da se medesimo; ma soprattutto, ove possibile, attenzione a non tradire la Politica tre volte prima di sentir cantare il gallo due volte. Guardate, ci sono così tante cose belle da leggere, libri, poesie, articoli, vedere video e film, per cui sottrarre tempo prezioso con certi interventi è un vero e proprio delitto. E mi riferisco al tempo reciproco: vostro nel mettervi a tavolino a battere su quella tastiera (che non è un marciapiede) e nostro nel leggervi (che non può trasformarsi in reggervi). Ma tant’è. 

    Sicché, solo per fare qualche esempio, abbiamo chi s’affanna a comunicare trionfante nuovi asfalti, subito dopo la decapitazione dei pini su di un viale sfigato, la predisposizione di hub per le inoculazioni, e una convenzione con Artis Puglia Sviluppo per quella accozzaglia di bitume e cemento friabile altrimenti detta Fiera di Galatina, la quale, udite udite, diventerà (diventerebbe) addirittura un’Academy di tante belle cose, ma soprattutto di economia circolare e pure green (nossignore, non l’abbatteranno come sarebbe d’uopo per ripristinare i luoghi ante colatam, però, vuoi mettere l’effetto che farà tinteggiandola di verde, identica tonalità delle casse comunali di cui l’Ente Fiera è sempre stato un’idrovora).

    Abbiamo poi ben due circoli cittadini del Pd (Precoci Dinosauri) che si sono addirittura uniti (fusi proprio) per puntare all’unisono l’indice adunco dell’inquisitore sui “furbetti” dell’antidoto (anziché ringraziare di cuore codesti volontari, da un lato per aver dato retta al Figliuolo, e dall’altro per la loro magnanimità nel sottoporsi alla sperimentazione), arrivando perfino a riportarne delle tabelle pescate non dall’Unità, prematuramente scomparsa per eutanasia, ma addirittura dal Quotidiano dei Caltagirone. Non parliamo poi dell’altro memorabile comunicato sulle radici degli alberi che, benché rasi al suolo, continuano imperterriti a insidiare l’asfalto cittadino: se no di che Partito Deforestatore stiamo discettando. Taccio, infine, sul leggendario annuncio in merito al palo Tim: meglio non infierire oltremodo.

    Quanto al Movimento Due Stelle e Mezza, abbiamo dal centro un portavoce (portavoce loro, mica nostro) che direttamente dalla commissione bilancio (o forse bilancia) della Camera c’informa che interi capitoli di spesa pubblica sono tutti a nostra disposizione manco fossero ristori (fessi noi se non ne approfittiamo); mentre in periferia ne abbiamo un altro che cerca disperatamente di dimostrare che “Puru li pulli tenanu ‘a tosse”. Grazie ma lo sapevamo già da un pezzo.  

    Potevano mancare le articolesse da parte dei “compagni” di Italiachitavviva? Certo che no, altrimenti, dopo quello arabo, che nuovo rinascimento galatinese avremmo.

    Velo pietoso sulla restante parte di sauditi ed esauriti.

    Meno male che il ridicolo non è poi così patogeno, se no farebbe scoppiare le terapie intensive.

    Antonio Mellone

     

    Nella giornata di domenica, le strade, le corti, le piazzette, gli atri di alcuni Palazzi del centro erano ricchi di colori, di fiori, di arte, di musica e si respirava un gioioso via vai di comunità che si incontrava nel cuore antico della Città. Molto partecipata e con successo di pubblico questa edizione 2018 di Galatina in Fiore, ricca di novità e con un coinvolgente percorso culturale alla scoperta dei tesori inediti della Città, inoltre i galatinesi si sono con piacere ritrovati ad assistere all’inaugurazione dell’ex Convento Santa Chiara, adiacente alla Chiesa di San Luigi in piazza Galluccio, dove erano presenti alcune suggestive installazioni.

    L’associazione Proloco, lieta della riuscita della manifestazione, ringrazia tutti i soci che hanno dato il loro contributo, l’Amministrazione Comunale, ed in particolar modo l’Assessorato alle attività Produttive ed al Turismo che fa capo a Nico Mauro, che si è messo a disposizione ed ha collaborato attivamente e personalmente,  il , II° e III° Polo degli Istituti comprensivi di Galatina, l’Istituto I.I.S.S. “Falcone Borsellino” di Galatina, gli insegnanti, alunni, genitori, gli artisti, gli artigiani, gli operatori commerciali, le associazioni,  ed i privati che si sono messi a disposizione, collaborando in vari modi per la riuscita della manifestazione.

    La preziosa sinergia che si è registrata e la volontà di operare spontaneamente per la riuscita dell’iniziativa hanno dato lustro e respiro alla nostra Città, e ci hanno dimostrato come si può fare molto anche se non ci sono risorse finanziare, ma c’è la disponibilità reciproca di amministrazione comunale,  associazioni e cittadini a cooperare insieme. Ci auguriamo che nel futuro possa crescere sempre di più questo virtuoso percorso di cooperazione!

    Pro Loco Galatina

     
    Di Redazione (del 27/06/2018 @ 18:52:16, in Comunicato Stampa, linkato 1452 volte)

    L’attenzione sempre crescente per Galatina, la sua festa, le sue tradizioni, la sua bellezza e la sua storia si nota sempre di più su ogni mezzo di comunicazione, nuovo o tradizionale. Numerose testate giornalistiche si sono interessate alla nostra città che ha attualmente un notevole risalto mediatico.

    Il 29 giugno Galatina sarà su Rai Uno alla Vita in Diretta, in orario pomeridiano. Durante la trasmissione l’inviato Giuseppe Di Tommaso racconterà agli spettatori la festa e la tradizionale processione del 28 e sarà in diretta televisiva dal Convento delle Clarisse dove si parlerà del Progetto “Il ritmo e il battito della Pizzica Tarantata”, una rievocazione storica del rito ormai noto in tutto il mondo e una rassegna di musica, danza e cinema, promosso dal Club Unesco Galatina ed inserito nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale. 

    È utile ricordare, inoltre, che il nostro Comune si è aggiudicato un bando Regionale Progetto Educational che prevede la presenza di otto giornalisti che racconteranno le meraviglie, la storia e le tradizioni della Città.  Il progetto “Le spose di San Paolo, viaggio alla scoperta delle origini del tarantismo”, realizzato e curato da Maria Antonietta Nuzzo e Maria Elisabetta Carrozzo, consentirà alla nostra di Città di essere meta del Press Tour 2018 dal 27 al 30 giugno. Blogger, giornalisti e opinion leader visiteranno le bellezze di Galatina ed il suo territorio (http://lesposedisanpaolo.info/).

    Come se non bastasse, giorno 27 giugno, Galatina apparirà anche su La REPUBBLICA che dedicherà uno spazio alla Notte delle Ronde, così come il 24 giugno è accaduto per la promozione della settimana della festa patronale.

    Saremo presenti anche all’interno della Guida Salento dell’ESPRESSO che verrà presentata a Gallipoli il 2 luglio e diffusa nelle librerie Feltrinelli e negli aeroporti di Puglia.

    La rivista SALENTODOVE distribuita, anche in lingua inglese, negli infopoint della provincia, dedica undici pagine a Galatina, alla sua tradizione gastronomica, artistica e culturale.

    A tutto ciò va aggiunto la presenza su TeleNorba dal 24 al 28 giugno, in sei spot giornalieri, del nostro video celebrativo (https://www.facebook.com/acuorescalzogalatina/videos/270001196902165/)

    La promozione del territorio rientra non solo in un progetto di rilancio turistico, ma anche in un progetto che intende dare centralità a livello nazionale al valore culturale dei nostri beni, sia materiali ed immateriali.

     

    Nico Mauro, assessore al Turismo e Marketing Territoriale comune di Galatina

    Cristina Dettù, assessore alla Cultura comune di Galatina

     
    Di Admin (del 14/05/2009 @ 18:52:12, in Libro di Noha, linkato 5611 volte)


    Abbiamo il piacere e l’onore d’informare tutti i nostri lettori che grazie all’instancabile lavoro del nostro amico e collaboratore Marcello D’Acquarica, il patrimonio librario di Noha si è arricchito di un nuovo bellissimo volume. Si tratta de I beni culturali di Noha, (Panìco Editore, Galatina, 2009), in una stupenda ed elegante edizione tutta a colori che riporta in maniera analitica e dettagliata le schede di quei monumenti nohani dei quali tutti noi dovremmo diventare studiosi diligenti e custodi gelosi.
    Questo libro - che all’inizio sembrava una pazzia - è un progetto, un’idea partita subito dopo la nascita del nostro periodico on-line, e portata avanti da Marcello come un viaggio, un’avventura incredibile nella quale spendere tempo, energie, scienza e passione. I beni culturali di Noha sono finalmente fissati per sempre in questo libro, che, ormai, come l’Arte ed i Monumenti, sopravviverà a noi altri.
    In questo tomo la nostra cittadina è vista dall’autore come un giardino d’infanzia (quello che più perdi dallo sguardo e più  ti cresce dentro), come un luogo del cuore i cui beni culturali sono da trattare come si fa con i bambini quanto a premura e tenerezza......
    (tratto dell'OSSERVATORE NOHANO n°4 Anno III)

    Si puo richiedere una copia direttamente da Noha.it inserendo un commento al seguente articolo, oppure presso lo studio d'Arte di Paola Rizzo

     
    Di Albino Campa (del 27/07/2011 @ 18:52:06, in Un'altra chiesa, linkato 2622 volte)

    Continua la nostra rubrica 'un'altra chiesa' con gli interessanti articoli di don Paolo Farinella. I preti-manager a volte si sentono talmente investiti da Dio da ritenere che per le loro "opere" sempre e comunque il fine giustifichi i mezzi

     

    Sono appena rientrato da una serata di festa celebrata a Genova per gli 83 anni di don Andrea Gallo, a cui ha partecipato una folla enorme di amici e cittadini e alcuni politici. A fare festa c’era anche il gotha del «Il Fatto Quotidiano» (Padellaro, Travaglio, Sansa), Moni Ovadia, Gino Paoli e tanti, tanti altri. Un popolo attorno ad un uomo, un partigiano, un prete che da tutta la vita vive sul marciapiede per acchiappare chi sul marciapiede può finire e vi è già finito. Un prete, un uomo, un partigiano, invocato e riconosciuto come leader morale indiscusso.

    La forza di don Gallo è la «nudità»: è nudo di tutto ciò che oggi è di moda: il denaro, il potere, il sesso. Egli ha il vestito della parola, che si fa profezia di giustizia e di trasparenza nella coerenza. Sopra il vestito la bandiera della Pace dipinta dall’arcobaleno. Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, il giorno 18 luglio 2011 ha messo sul candelabro evangelico il lume splendente della bella persona di don Gallo e lo ha proposto a tutti come punto di riferimento dell’Italia migliore, quell’Italia che è disprezzata dal governo in carica per voce del ministro Brunetta.

    Ieri ho visto attorno a don Gallo Andrea l’Italia del cuore, quella che non si rassegnerà mai al potere del malaffare e del ricatto, della delinquenza e del mercimonio. Mentre la festa scorreva allegra e intensa, tra gli epitaffi graffianti e micidiali di Enzo Costa e gli apologhi esilaranti e per questo densi di spiritualità di Moni Ovadia, istintivamente il mio pensiero correva ad un altro prete, don Luigi Maria Verzè, 91 anni, che cominciò come segretario di San Giovanni Calabria, vescovo dei poveri e dei diseredati e finì, anzi sta finendo, come complice di Berlusconi, boss che affoga nei sospetti di corruzione.

    Ora sulla sua coscienza grava anche la morte suicida del suo più stretto collaboratore: Mario Cal, che non ha retto al fallimento del San Raffaele a cui l’ha portato la gestione del prete imprenditore. Questi fa affari con tutti, a prescindere da ogni moralità e legalità. Il fatto è talmente grave che su pressione dell’appena neo papa Paolo VI la diocesi di Milano nel 1964 gli commina «la proibizione di esercitare il sacro ministero» per giungere al 1973 quando viene «sospeso a divinis». In seguito le pene canoniche saranno revocate non si sa per quali vie e con quali mezzi. Questo prete era solito chiamare Dio «Top Manager».

    Ha sempre creduto nella Provvidenza che per lui assume il volto di un certo Silvio Berlusconi, che nel 1968, attraverso la Edilnord acquista 712 mila mq di terreni vicino Segrate per costruire la città avveniristica del futuro, chiamata «Milano 2», dove oggi sappiamo ospitava prostitute e minorenni per sollazzarsi dalle noie del governo. Tutto questo ben di dio confinava a sud con i terreni dell’erigendo San Raffaele.

    Tra don Verzè e Berlusconi fu amore a prima vista, quel fulmine che di solito scoppia all’insaputa tra uomini della stessa di razza. La prima malefatta che la «strana coppia» fa è dirottare le traiettorie degli aerei di Milano-Linate che disturbavano i residenti di Milano Due, e il San Raffaele del prete che crede nel dio Top Manager, facendo spostare le rotte sui comuni limitrofi. La perversione c’era già tutta: i privilegi dei due sono stati pagati da disgraziati che lavorano e che vivono nei comuni vicini. Chissà in questi quindici anni questi cittadini come hanno votato? Il cambio di rotta è stato ottenuto perché Silvio e Maria Luigi presentano carte topografiche falsificate o manomesse: le cittadine di Pioltello e Segrate sono rappresentante in una carta topografica del 1848, mentre le opere di Milano Due, completate appena al 25%, risultano complete al 100%. Falsi, bugiardi e spergiuri.

    Il prete che impegna i soldi della ricerca per allungare la vita a Berlusconi fino a 120 anni, sa di essere legato a doppio filo con l’immondezzaio che fa capo al suo compare. Non a caso quando la figlia di Berlusconi discusse la tesina alla fine del triennio universitario, davanti al papi che si godeva il successo, senza spinte e raccomandazioni don Verzé promise solennemente che se voleva insegnare al San Raffaele per lei era pronta una cattedra. Prima ancora di laurearsi, era già docente universitaria: bambina prodigio con propellente arricchito da papi Silvio e padre Luigi Maria.

    Fino ad ieri era un tripudio di feste e di sicumere, nessuna ombra di crisi gridava il vecchio prete contro gli uccelli del malaugurio. Il Verzé si comportava esattamente come il suo socio in malaffare e sodale in falsificazioni: San Raffaele sta benone, nessuna crisi all’orizzonte.

    Negare, negare, negare sempre anche l’evidenza finché si può. Già! Ora non si può più: un miliardo e passa di debiti che neppure l’amico Berlusconi può sanare, preso come è dalle sue ambasce in Mondadori e con la crisi che non esisteva e che ha scavato la fossa all’Italia.

    Figuriamoci se la crisi ci fosse stata! La cronaca del don Verzé di questi giorni si accompagna al declino catastrofico del suo amico Berlusconi: «simul stabunt, simul cadent». Non poteva essere differente. Concepiti nati sul filo del malaffare, cresciuti negli intrighi semplici e organizzati, fornicando con ambienti clericali di chiara miscredenza etica e religiosa, Silvio e Maria Luigi dovevano cadere insieme come parabola di un mondo immorale che genera affari e risultati, anche rilevanti, frutto di azioni perverse e che tali rimarranno sempre. Nessun buon fine può giustificare la nascita e lo sviluppo di un ente gestito da un prete che cammina sulle gambe della falsità e della illegalità come costume e sistema di vita e di governo.

    La favola degli uomini che si fanno da soli, cioè che imbrogliando le regole del mercato che pure invocano ad ogni sospiro, non è mai esistita, anzi prospera come una pianta velenosa nel nostro Paese; pare che anche gli Italiani creduloni se ne siano accorti, dopo quasi 20 anni dell’avere osannato Berlusconi «l’uomo nuovo» (?) che avrebbe arricchito tutti. Che lui si sia arricchito e si sia messo in sicurezza è certo, come è sicuro che ha impoverito la Nazione in tutti i settori e in modo progressivo. Le persone oneste vivono del loro lavoro, condividono attese e ansie, angosce e speranze, specialmente se è un prete che si dedica come è dovere ad alleviare le sofferenze della malattia.

    Don Verzè ha giustificato tutto di Berlusconi, ogni immoralità «strutturale» sia come persona sia come capo di un governo (si fa per dire) che ha prodotto leggi disumane, contro l’etica sociale, contro il valore delle persone, contro ogni spiraglio di dignità umana e sociale. Eppure celebrava anche l’Eucaristia con buona coscienza segno evidente di una coscienza distorta che dice nero il bianco e bianco il nero. Come era prevedibile viene anche per Verzè e per Berlusconi il «redde rationem». Un miliardo e passa di debiti che provocano un primo effetto inatteso: il suicidio di Mario Cal, già indagato nel 1994 per corruzione e poi prosciolto per intervenuta prescrizione. Insomma la persona giusta al posto giusto.

    Chi viene a salvare l’impero del male, costruito sul male e sviluppato dal male? Il Vaticano e con esso lo Ior e a nome loro il cardinale Bertone Tarcisio, segretario di Stato del papa re Benedetto XVI, sovrano di animo debole perché incapace di guardare al futuro accecato com’é dalla sindrome del passato di cui vorrebbe riportare in auge quel «regime di cristianità» che tanto male ha arrecato alla Chiesa compromettendola con lo spirito del mondo e gli obiettivi del maligno.

    Qualcuno deve spiegare perché il papa deve possedere cliniche ed esercitare direttamente il mestiere di ricerca scientifica e di cura della salute. Costoro rimproverano i preti che si impegnano nella società civile e nella difesa dei diritti con l’accusa che al prete è vietato occuparsi di cose materiali perché loro compito è il servizio di Dio e l’evangelizzazione che corrisponde a quello che loro credono e vogliono che sia il servizio e l’evangelizzazione. Accusano i preti impegnati di essere «mondani» e loro che comprano ospedali, cliniche e fanno affari con le Regioni a suon di miliardi sarebbero gli uomini spirituali che si dedicano alla pastorale.

    Ora che il San Raffaele è fallito il Vaticano lo compra (ndr- se lo compra perché il baratro fa impressione ) per un tozzo di pane, anzi lo rileva gratis e vi mette i suoi uomini, in primo luogo quel Profiti che è stato condannato (maggio 2010) per turbativa d’asta, mazzette per corruzione di appalti. Giuseppe Profiti, delfino di Bertone da questi è stato definito come esemplare della nuova classe dirigente di stampo «cattolico» e quindi modello «etico» per le generazioni prossime. Questi sono gli uomini affidabili per il Vaticano e per Bertone.

    D’altra parte se Bertone protegge Berlusconi e cerca per il dopo di ricreare il partito degli onesti cattolici con Al Fano, Pisanu, Casini e con coloro che sono in parlamento malgrado gli affari con la malavita, come ci si può meravigliare che abbia come modello di classe dirigente un condannato per truffa e sospettato di corruzione? Anzi, questo è il normale, ci si dovrebbe meravigliare del contrario.

    I nuovi che reggeranno il San Raffaele, se il tribunale non impone il fallimento coatto, vengono imposti dal Vaticano: scomporranno in bocconi di lauto pasto, a spese dello Stato, perché i debiti di don Verzè saranno pagati o dai cittadini o dallo Ior, inferno in terra dove satana è certo che esista. Il prezzo gratuito che il Vaticano ha ricavato è il suicidio di un pregiudicato che per tutta la vita ha affiancato un prete dall’ambiguità colossale. 

    Coloro che fanno finta di difendere la vita usano la vita degli altri come uno straccio. Il vangelo però è un’altra cosa. Esattamente un’altra cosa. Anzi l’opposto.
    Don Paolo Farinella - Genova

     

     
    Di Antonio Mellone (del 30/06/2017 @ 18:50:00, in NohaBlog, linkato 1913 volte)

    Esattamente cinquantacinque anni fa come oggi, proprio nel giorno del suo onomastico, si spegneva a Noha il parroco mons. Paolo Tundo (1888 - 1962).

    Non ho conosciuto personalmente don Paolo (del quale sono uno dei pronipoti: egli era infatti fratello della madre di mio papà, nonna Maria Scala), ma i documenti, le foto ingiallite e le testimonianze raccolte in famiglia e tra la gente di Noha mi han permesso di dare alcuni colpi di scalpello nell’abbozzo di un suo profilo biografico (raccolto poi in un libretto edito elegantemente da Panìco Editore di Galatina nel 2003).

    Il ricordo di papa Paulu sembra non subire l’ingiuria del tempo o il rischio dell’oblio soprattutto nella memoria di quei nohani la cui età è ormai quella della canizie, laddove non della calvizie. Il compito di chi ama lo studio, del resto, è anche quello di render lieve la terra, cioè mantenere vivo il ricordo degli epigoni della Storia patria (che, come più volte detto, è Storia tout court non di seconda scelta), anche nella mente delle nuove generazioni. E lo fa con la ricerca e la pubblicazione delle testimonianze documentali che, si sa, sono come le ciliegie: una tira l’altra.

    Qualche giorno fa, continuando a rovistare tra le carte dell’archivio di un altro archimandrita di Noha, il compianto don Donato Mellone (Noha, 1925 – 2015), successore di don Paolo [e fratello di mio padre Giovanni, ndr.] mi sono imbattuto in una scoperta straordinaria: il discorso d’ingresso alla parrocchia di Noha pronunciato coram populo dallo zio monsignore il 22 giugno 1934, vergato con la stilografica su di un foglio incartapecorito da decine di lustri.

    La grafia è chiara e precisa, e in fondo facilmente leggibile da chiunque vi si assuefaccia dopo poche righe di lettura. Ve lo ripropongo di seguito trascritto verbatim, non senza prima avervi fatto notare il livello culturale dell’antico patriarca di Noha, che denota lungo commercio con le lettere [cosa rara in quell’epoca, e, ahinoi, pure nell’attuale, ndr.], il suo stile aulico che fa pendant con la prosa del tempo, nonché la maniera dannunziana di alcune espressioni arcipretali.

    ***

    <<Entro oggi nella nostra parrocchia così illustre per fede viva, per carità generosa, per ferma professione di principi cristiani.

    Ultimo anello della autorità gerarchica della Chiesa, depositario di altissimi poteri spirituali, rivestito di un mandato sacro, so bene di non risiedere all’ombra della Chiesa unicamente per mia comodità e per mio vantaggio, ma per essere a contatto diretto con i fedeli affidati alle mie cure e per effondere su tutti i tesori di padre.

    Nessuno di voi ha bisogno di rivolgermi la domanda che un giorno venne rivolta al Divino Maestro assiso sotto il colonnato del Tempio: “Tu, quis es?”

    Cresciuto in mezzo a voi, elevato a questo posto per pura bontà del Signore, mi presento a voi con un desiderio intenso di darmi tutto al mio popolo, per vivere con lui e per lui.

    Vengo a voi per rappresentare un principio che è eterno, il principio soprannaturale; per ricordarvi con la presenza mia che noi siamo parte di una società indefettibile, la Chiesa; per formare l’anello gerarchico che ci unisce al Vescovo, al Papa, e per essi a Cristo.

    Vengo a voi per agitare la fiaccola della verità cattolica, per promuovere la legge santa di Dio, per dare quelle direttive che intendono farci dei ferventi cristiani che sentono l’onore di prostrarsi dinanzi al loro Dio, e dei bravi cittadini che sentono il dovere di sacrificarsi per la Patria.

    Vengo a voi per benedire, per sacrificare, per consacrare, anche per mantenere viva in voi la vita divina che Cristo comunica ai suoi redenti, e da cui soltanto possiamo trarre la speranza di partecipare un giorno alla gloria degli eletti; vengo a voi per battezzare i nostri pargoli, per santificare i nostri sposi, per consolare i nostri infermi, per pregare per i nostri morti.

    Ma per quanto io porti tutta la mia buona volontà, tutte le mie forze, tutto me stesso al vostro servizio, ho la coscienza di nulla potere senza l’aiuto della Grazia di Dio, della protezione della Vergine S.S., della benevolenza dei nostri Santi protettori e del vostro concorso.

    E’ la bella prerogativa delle nostre parrocchie quella che avvera il detto del Salvatore per cui il pastore e le pecorelle si conoscono a vicenda: “Cognosco oves meas et cognoscunt me meae”.

    Nella reciproca conoscenza troveremo sempre, io lo spero, il modo di aiutarci gli uni e gli altri, per sostenere, per rianimare all’occorrenza le forze vive della Parrocchia, per lavorare con un sol cuore ed un’anima sola a quella che, attraverso le forme contingenti del tempo, resta l’opera dell’Eternità.

    Noha, 22 giugno 1934                                                       Arc. Paolo Tundo>>

     

    Un’ultima cosa, per quanto ovvia, mi preme ricordare: la Storia si studia, non si giudica.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 18/02/2021 @ 18:48:59, in Comunicato Stampa, linkato 779 volte)

    Caro Direttore,

    “Eppur si muove”, direbbe lo scienziato, giacché l’autore della lettera a lei indirizzata, in contraddittorio con un nostro comunicato, è capogruppo di “Galatina in Movimento”.

    Il Consigliere non se n’è accorto, ma da tempo, con puntualità e cognizione di causa, denunciamo l’inadempienze, le mancanze, i ritardi dell’l’Amministrazione Amante.

    La precedente segreteria e l’attuale gruppo dirigente pongono grande attenzione ai problemi della Città: Tangenziale ovest, vecchia Chiesetta Santa Lucia, verde pubblico, viabilità, sicurezza, periferie, rifiuti urbani, rimozione amianto, per citarne gli ultimi. Non abbiamo bisogno di visibilità, ma il nostro è un dovere civico nei confronti dei cittadini elettori, che, anche a settembre scorso, nell’ultima tornata elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale, ci hanno premiati con un largo consenso, confermando il PD primo partito cittadino.

    Veniamo alla questione che sta più a cuore al Rag. Vito Albano Tundo. La nostra denuncia si rivolgeva all’elenco pubblicato dai giornali dei 14 comuni, non 6 come sostiene nella sua lettera, che quanto prima riceveranno i 17 milioni di finanziamenti. Classificarsi al 47mo posto, su 97, non è una bella soddisfazione, ma è l’ennesima conferma dell’incompetenza programmatica dell’amministrazione di centrodestra. Altri comuni o frazioni, come Torre Suda, nel rispetto della loro importanza turistica, hanno scavalcato il nostro comune con progettazioni ritenute più idonee e più valide. Il Comune di Galatone è stato addirittura premiato con un doppio finanziamento, 400.000 più 1.400.000 euro.

    Questa la verità vera, caro Direttore, non superficialità. Al Ragioniere Vito Albano Tundo, consigliamo di riprendere movimento, esca dal Palazzo, indossi scarpette da camminata, faccia un bel giro in Città, o, per non disturbare la pigrizia,  smanetti su Facebook i post di tanti concittadini,  avrà contezza del giudizio negativo in chi governa la nostra comunità.. 

    PARTITO DEMOCRATICO

    CIRCOLO DI GALATINA

     

    Nonostante gli ottimi risultati raggiunti nel 2017, la locale sezione della Fidas quest’anno ha escluso diversi momenti ludici. A farne le spese principalmente risultano le passeggiate della “Quattropassinsieme” che si ferma alla terza edizione. Si fermano anche le varie escursioni fuori porta ed altri eventi che hanno caratterizzato l’attività associativa degli ultimi anni per concentrare le poche risorse in formazione e prevenzione.
    Il motivo di questi cambiamenti sono evidenti sul registro soci dell’associazione, in cui si evidenziano delle perdite importanti di donatori nonostante il numero delle donazioni sia cresciuto. “È nostro dovere monitorare sempre la salute della sezione e i numeri dei donatori iscritti parlano chiaro” - è questa l’idea maturata dal Consiglio Direttivo, che in effetti registra una forte emorragia di donatori iscritti tra gli attivi che per diversi motivi hanno lasciato Fidas Noha. Si nota un calo di donatori sotto i 28 anni, mentre crescono i donatori che raggiungono il limite massimo di età per donare o che per ragioni di salute non possono più farlo. Molti infine risultano i giovani iscritti che lasciano il paese per studiare fuori, mentre altri tentano altrove una posizione lavorativa. In ultimo, ma non meno importante, non si può trascurare l’emorragia di donatori galatinesi ormai consolidati Fidas, che sono stati attirati in un’altra associazione nata da poco sul territorio galatinese. Sicuramente i motivi di questa migrazione di donatori non sono soltanto legati alla vicinanza, perché se fosse così non si spiega come mai prima venissero a donare da noi invece di andare direttamente in ospedale. Abbiamo motivo di credere invece che c’è un vero atto di richiamo, perché a quanto pare risulterebbe più facile andare a pescare nei contenitori altrui di donatori confermati, che prodigarsi per cercarne di nuovi.
    Ad ogni modo non si può restare fermi a guardare dalla finestra ma agire, ecco quindi, il motivo per cui quest’anno Fidas Noha inizia un nuovo percorso informativo, di progetti nelle scuole e di incontri, con cui si spera di arrivare al cuore della gente e cercare nuovi donatori, quello insomma che altri a quanto pare non riescono a fare.
    Il primo incontro è in programma per il 12 Aprile p.v. dove parleremo del gas RADON, un nemico invisibile che a moltissimi risulta ancora sconosciuto, ragion per cui Fidas Noha, offrirà la possibilità di far conoscere questo pericolo nascosto.
    La concentrazione di casi di tumore al polmone infatti, da qualche anno nella nostra zona è in crescita e il gas radon che respiriamo potrebbe essere la causa di tutto ciò. All’incontro avremo modo di vedere quali sono gli effetti del radon sulla salute e i casi in cui è necessario misurarne la concentrazione. Nei prossimi mesi saranno organizzati altri incontri che vedranno il coinvolgimento, rispettivamente, delle donne, dei giovani diciottenni e delle famiglie.
    Con queste nuove iniziative Fidas Noha sarà più diretta e attraverso l’informazione e la prevenzione, cercherà di arrivare al cuore dei cittadini.

    Antonio Mariano Presidente
    Fidas Noha

     
    Di Albino Campa (del 17/03/2011 @ 18:47:21, in 150 anni Unità di Italia, linkato 3160 volte)

    Un consiglio comunale tutto particolare quello di ieri pomeriggio, alla vigilia del 150esimo dell’unità d’Italia. Unico tema all’ordine del giorno: la festa tutta “bambina”, per un Paese come il nostro da poco uno. Certo, perché 150 anni sono pochi per uno stato, bisogna crescere ancora in quei valori di fratellanza, uguaglianza e giustizia che ci uniscono o che perlomeno dovrebbero farlo.
    E i giovani cittadini delle classi V del comune di Galatina sono stati, di fatto, i protagonisti più emozionati. il baby coro ha aperto il consiglio intonando l’inno d’Italia con tanto di mano sul cuore, in una sala consiliare sgargiante nei colori della bandiera italiana. La parola è passata a un sindaco alto poco più di un metro che, con tanto di fascia tricolore, ha commosso la “platea”, accostando i nostri patrioti risorgimentali ai giovani libici che combattono oggi con forze impari contro un regime ormai insostenibile. La baby sindaco ha concluso il suo discorso con un significativo “le idee si possono cambiare, i valori che ci devono guidare nella vita no!”. La parola è poi passata alla vicesindaco la quale ha sottolineato che, per ricordare le lotte dei nostri patrioti venuti da ogni parte d’Italia, è fondamentale rispettare la Patria e il tricolore. Tricolore i cui colori sono probabilmente ispirati a quell’emozionante descrizione di Beatrice nella Divina Commedia: “così dentro una nuvola di fiori/che da le mani angeliche saliva/ e ricadeva in giù dentro e di fori,/sovra candido vel cinta d’uliva/donna m’apparve, sotto verde manto/vestita di color di fiamma viva.” (Divina Commedia, Purgatorio, canto XXX, versi 28/33). I ragazzi hanno infine ricordato i patrioti galatinesi che hanno dato un apporto fondamentale all’unificazione dell’Italia: Bardoscia, Toma, Albanese, Vernaleone, Siciliani, Cavoti, Vallone, De Maria, Mauro.

     Il prefetto, ospite del consiglio comunale, ha auspicato che il valore dell’unità d’Italia divenga patrimonio e ricchezza per i giovani. A questo punto si è aperto il vero e proprio consiglio comunale, con la commemorazione dei tre soldati, Miotto, Sanno e Ranzani, morti in Afganistan nei giorni scorsi e con l’espressione di solidarietà al popolo nipponico.
     Nei discorsi del sindaco e dei consiglieri l’attenzione è stata posta sull’importanza delle donne nel risorgimento, non solo come sarte del tricolore, e sul ruolo dei tanti patrioti galatinesi. La scuola pubblica italiana ha avuto un'altra parte importante nel dibattito, come luogo dove si sono fatti gli italiani, dove i ragazzi divengono cittadini e non Cenerentola nel quadro europeo.
     Forti sono risuonate le parole del sindaco che ha incitato a superare le divisioni di partito e a mettere al di sopra la coscienza della patria e l’unione tra nord e sud, affinché il divario che li separa possa essere colmato. Non solo commemorazioni, insomma, ma unione per potersi rimettere in gioco e scommettere sulle capacità degli italiani. Concludendo, dal discorso del sindaco, VIVA IL TRICOLORE ITALIANO, VIVA L’ITALIA UNA E INDIVISIBILE!
     
    Martina Chittani
     

    Ospiti in città. Nella mattinata di mercoledì 25 ottobre, un folto gruppo composto da 19 buyers internazionali, in rappresentanza di alcuni fra i più noti operatori turistici, provenienti da Germania, Israele, Sudafrica, Sud Corea, Azerbaijan, Thailandia, Austria, Russia, Georgia, Stati Uniti, Canada, Cina ed Argentina, ha visitato Galatina.

    Una vetrina internazionale che l’Assessorato al Turismo del Comune di Galatina, aderendo al programma regionale di Pugliapromozione “Buy Puglia - Meeting & Travel Experience”, ha fortemente voluto.

    Il gruppo è stato affidato ad una competente guida, messa a disposizione dall’associazione Città Nostra, gestore Infopoint e puntale organizzatrice dell’evento, che, in lingua inglese, ha illustrato la storia e le tradizioni della nostra Città e ha condotto i suoi interessati ospiti presso un tour avvolgente tra le bellezze del centro antico, lasciando come ultima tappa l’incantevole Basilica di Santa Caterina d’Alessandria.

    Apprezzate le bellezze cittadine, artistiche e architettoniche, si è voluto dare valore all’accoglienza con una degustazione di pregiati vini delle Cantine Fiorentino accompagnati da stuzzicanti aperitivi e rustici locali. Dopo un Light-Lunch nei caratteristici locali del ristorante Anima&cuore, l’incontro si è concluso con il saluto, nella casa comunale, del Sindaco Marcello Amante e dell’assessore al turismo Nico Mauro, addolcito da un laboratorio tenuto dal maestro pasticciere Luigi Derniolo, titolare dell’Eros Bar, con degustazione del pasticciotto galatinese e dell’africano.

    Obiettivo di questa Amministrazione è promuovere la conoscenza e l’attrattività del territorio nelle sue componenti artistiche e architettoniche ma anche naturali, paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche valorizzandone le eccellenze e puntando allo sviluppo di un turismo sostenibile.

    Si ringraziano, pertanto, per la preziosa collaborazione, le attività commerciali interessate.

    È quanto mai vitale investire sul futuro. 

    #WeAreinPuglia  #WeAreinGalatina

    Ufficio Stampa Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 20/01/2015 @ 18:43:40, in Un'altra chiesa, linkato 2658 volte)

    Discorso di Papa  Francesco di lunedì 22 dicembre 2014 davanti alla curia nella Sala Clementina

    Cari fratelli,

    Al termine dell’Avvento ci incontriamo per i tradizionali saluti. Tra qualche giorno avremo la gioia di celebrare il Natale del Signore; l’evento di Dio che si fa uomo per salvare gli uomini; la manifestazione dell’amore di Dio che non si limita a darci qualcosa o a inviarci qualche messaggio o taluni messaggeri ma dona a noi sé stesso; il mistero di Dio che prende su di sé la nostra condizione umana e i nostri peccati per rivelarci la sua Vita divina, la sua grazia immensa e il suo perdono gratuito. E’ l’appuntamento con Dio che nasce nella povertà della grotta di Betlemme per insegnarci la potenza dell’umiltà. Infatti, il Natale è anche la festa della luce che non viene accolta dalla gente “eletta” ma dalla gente povera e semplice che aspettava la salvezza del Signore.

    Innanzitutto, vorrei augurare a tutti voi - collaboratori, fratelli e sorelle, Rappresentanti pontifici sparsi per il mondo - e a tutti i vostri cari un santo Natale e un felice Anno Nuovo. Desidero ringraziarvi cordialmente, per il vostro impegno quotidiano al servizio della Santa Sede, della Chiesa Cattolica, delle Chiese particolari e del Successore di Pietro.

    Essendo noi persone e non numeri o soltanto denominazioni, ricordo in maniera particolare coloro che, durante questo anno, hanno terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età o per aver assunto altri ruoli oppure perché sono stati chiamati alla Casa del Padre. Anche a tutti loro e ai loro famigliari va il mio pensiero e gratitudine.

    Desidero insieme a voi elevare al Signore un vivo e sentito ringraziamento per l’anno che ci sta lasciando, per gli eventi vissuti e per tutto il bene che Egli ha voluto generosamente compiere attraverso il servizio della Santa Sede, chiedendogli umilmente perdono per le mancanze commesse “in pensieri, parole, opere e omissioni”.

    E partendo proprio da questa richiesta di perdono, vorrei che questo nostro incontro e le riflessioni che condividerò con voi diventassero, per tutti noi, un sostegno e uno stimolo a un vero esame di coscienza per preparare il nostro cuore al Santo Natale.

    Pensando a questo nostro incontro mi è venuta in mente l’immagine della Chiesa come il Corpo mistico di Gesù Cristo. È un’espressione che, come ebbe a spiegare il Papa Pio XII, «scaturisce e quasi germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella Sacra Scrittura e nei Santi Padri». Al riguardo san Paolo scrisse: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12).

    In questo senso il Concilio Vaticano II ci ricorda che «nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11)». Perciò «Cristo e la Chiesa formano il “Cristo totale” - Christus totus -. La Chiesa è una con Cristo».

    E’ bello pensare alla Curia Romana come a un piccolo modello della Chiesa, cioè come a un “corpo” che cerca seriamente e quotidianamente di essere più vivo, più sano, più armonioso e più unito in sé stesso e con Cristo.

    In realtà, la Curia Romana è un corpo complesso, composto da tanti Dicasteri, Consigli, Uffici, Tribunali, Commissioni e da numerosi elementi che non hanno tutti il medesimo compito, ma sono coordinati per un funzionamento efficace, edificante, disciplinato ed esemplare, nonostante le diversità culturali, linguistiche e nazionali dei suoi membri.

    Comunque, essendo la Curia un corpo dinamico, essa non può vivere senza nutrirsi e senza curarsi. Difatti, la Curia - come la Chiesa - non può vivere senza avere un rapporto vitale, personale, autentico e saldo con Cristo. Un membro della Curia che non si alimenta quotidianamente con quel Cibo diventerà un burocrate (un formalista, un funzionalista, un mero impiegato): un tralcio che si secca e pian piano muore e viene gettato lontano. La preghiera quotidiana, la partecipazione assidua ai Sacramenti, in modo particolare all’Eucaristia e alla riconciliazione, il contatto quotidiano con la parola di Dio e la spiritualità tradotta in carità vissuta sono l’alimento vitale per ciascuno di noi. Che sia chiaro a tutti noi che senza di Lui non potremo fare nulla (cfr Gv 15, 8).

    Di conseguenza, il rapporto vivo con Dio alimenta e rafforza anche la comunione con gli altri, cioè tanto più siamo intimamente congiunti a Dio tanto più siamo uniti tra di noi perché lo Spirito di Dio unisce e lo spirito del maligno divide.

    La Curia è chiamata a migliorarsi, a migliorarsi sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per realizzare pienamente la sua missione. Eppure essa, come ogni corpo, come ogni corpo umano, è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità. E qui vorrei menzionare alcune di queste probabili malattie, malattie curiali. Sono malattie più abituali nella nostra vita di Curia. Sono malattie e tentazioni che indeboliscono il nostro servizio al Signore. Credo che ci aiuterà il “catalogo” delle malattie - sulla strada dei Padri del deserto, che facevano quei cataloghi - di cui parliamo oggi: ci aiuterà a prepararci al Sacramento della Riconciliazione, che sarà un bel passo di tutti noi per prepararci al Natale.

    1. La malattia del sentirsi “immortale”, “immune” o addirittura “indispensabile” trascurando i necessari e abituali controlli. Una Curia che non si  autocritica, che non si aggiorna, che non cerca di migliorarsi è un corpo infermo. Un’ordinaria visita ai cimiteri ci potrebbe aiutare a vedere i nomi di tante persone, delle quale alcuni forse pensavano di essere immortali, immuni e indispensabili! È la malattia del ricco stolto del Vangelo che pensava di vivere eternamente (cfr Lc 12, 13-21) e anche di coloro che si trasformano in padroni e si sentono superiori a tutti e non al servizio di tutti. Essa deriva spesso dalla patologia del potere, dal “complesso degli Eletti”, dal narcisismo che guarda appassionatamente la propria immagine e non vede l’immagine di Dio impressa sul volto degli altri, specialmente dei più deboli e bisognosi. L’antidoto a questa epidemia è la grazia di sentirci peccatori e di dire con tutto il cuore: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17, 10).

    2. Un’altra: La malattia del “martalismo” (che viene da Marta), dell’eccessiva operosità: ossia di coloro che si immergono nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”: il sedersi sotto i piedi di Gesù (cfr Lc 10,38-42). Per questo Gesù ha chiamato i suoi discepoli a “riposarsi un po’” (cfr  Mc 6,31) perché trascurare il necessario riposo porta allo stress e all’agitazione. Il tempo del riposo, per chi ha portato a termine la propria missione, è necessario, doveroso e va vissuto seriamente: nel trascorrere un po’ di tempo con i famigliari e nel rispettare le ferie come momenti di ricarica spirituale e fisica; occorre imparare ciò che insegna il Qoèlet che «c’è un tempo per ogni cosa» (3,1-15).

    3. C’è anche la malattia dell’“impietrimento” mentale e spirituale: ossia di coloro che posseggono un cuore di pietra e un “duro collo” (At 7,51-60); di coloro che, strada facendo, perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando “macchine di pratiche” e non “uomini di Dio” (cfr Eb 3,12). È pericoloso perdere la sensibilità umana necessaria per farci piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono! È la malattia di coloro che perdono “i sentimenti di Gesù” (cfr Fil 2,5-11) perché il loro cuore, con il passare del tempo, si indurisce e diventa incapace di amare incondizionatamente il Padre e il prossimo (cfr Mt 22,34-40). Essere cristiano, infatti, significa «avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5), sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco e di generosità[9].

    4. La malattia dell’eccessiva pianificazione e del funzionalismo. Quando l'apostolo pianifica tutto minuziosamente e crede che facendo una perfetta pianificazione le cose effettivamente progrediscano, diventando così un contabile o un commercialista. Preparare tutto bene è necessario, ma senza mai cadere nella tentazione di voler rinchiudere e pilotare la libertà dello Spirito Santo, che rimane sempre più grande, più generosa di ogni umana pianificazione (cfr Gv 3,8). Si cade in questa malattia perché «è sempre più facile e comodo adagiarsi nelle proprie posizioni statiche e immutate. In realtà, la Chiesa si mostra fedele allo Spirito Santo nella misura in cui non ha la pretesa di regolarlo e di addomesticarlo… - addomesticare lo Spirito Santo! - … Egli è freschezza, fantasia, novità».

    5. La malattia del cattivo coordinamento. Quando i membri perdono la comunione tra di loro e il corpo smarrisce la sua armoniosa funzionalità e la sua temperanza, diventando un’orchestra che produce chiasso, perché le sue membra non collaborano e non vivono lo spirito di comunione e di squadra. Quando il piede dice al braccio: “non ho bisogno di te”, o la mano alla testa: “comando io”, causando così disagio e scandalo.

    6. C’è anche la malattia dell’“alzheimer spirituale”: ossia la dimenticanza della “storia della salvezza”, della storia personale con il Signore, del «primo amore» (Ap 2,4). Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi  handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. Lo vediamo in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore; in coloro che non fanno il senso deuteronomico della vita; in coloro che dipendono completamente dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie; in coloro che costruiscono intorno a sé dei muri e delle abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani.

    7. La malattia della rivalità e della vanagloria. Quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di San Paolo: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,1-4). È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso “misticismo” e un falso “quietismo”. Lo stesso San Paolo li definisce «nemici della Croce di Cristo» perché «si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra» (Fil 3,19).

    8. La malattia della schizofrenia esistenziale. E’ la malattia di coloro che vivono una doppia vita, frutto dell’ipocrisia tipica del mediocre e del progressivo vuoto spirituale che lauree o titoli accademici non possono colmare. Una malattia che colpisce spesso coloro che, abbandonando il sevizio pastorale, si limitano alle faccende burocratiche, perdendo così il contatto con la realtà, con le persone concrete. Creano così un loro mondo parallelo, dove mettono da parte tutto ciò che insegnano severamente agli altri e iniziano a vivere una vita nascosta e sovente dissoluta. La conversione è alquanto urgente e indispensabile per questa gravissima malattia (cfr  Lc 15,11-32).

    9. La malattia delle chiacchiere, delle mormorazioni e dei pettegolezzi. Di questa malattia ho già parlato tante volte ma mai abbastanza. E’ una malattia grave, che inizia semplicemente, magari solo per fare due chiacchiere e si impadronisce della persona facendola diventare “seminatrice di zizzania” (come satana), e in tanti casi “omicida a sangue freddo” della fama dei propri colleghi e confratelli. È la malattia delle persone vigliacche che non avendo il coraggio di parlare direttamente parlano dietro le spalle. San Paolo ci ammonisce: «Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri» (Fil 2,14-18). Fratelli, guardiamoci dal terrorismo delle chiacchiere!

    10. La malattia di divinizzare i capi: è la malattia di coloro che corteggiano i Superiori, sperando di ottenere la loro benevolenza. Sono vittime del carrierismo e dell’opportunismo, onorano le persone e non Dio (cfr Mt 23,8-12). Sono persone che vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare. Persone meschine, infelici e ispirate solo dal proprio fatale egoismo (cfr Gal 5,16-25). Questa malattia potrebbe colpire anche i Superiori quando corteggiano alcuni loro collaboratori per ottenere la loro sottomissione, lealtà e dipendenza psicologica, ma il risultato finale è una vera complicità.

    11. La malattia dell’indifferenza verso gli altri. Quando ognuno pensa solo a sé stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. Quando il più esperto non mette la sua conoscenza al servizio dei colleghi meno esperti. Quando si viene a conoscenza di qualcosa e la si tiene per sé invece di condividerla positivamente con gli altri. Quando, per gelosia o per scaltrezza, si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo.

    12. La malattia della faccia funerea. Ossia delle persone burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità e trattare gli altri – soprattutto quelli ritenuti inferiori – con rigidità, durezza e arroganza. In realtà, la severità teatrale e il pessimismo sterile sono spesso sintomi di paura e di insicurezza di sé. L’apostolo deve sforzarsi di essere una persona cortese, serena, entusiasta e allegra che trasmette gioia ovunque si trova. Un cuore pieno di Dio è un cuore felice che irradia e contagia con la gioia tutti coloro che sono intorno a sé: lo si vede subito! Non perdiamo dunque quello spirito gioioso, pieno di humor, e persino autoironico, che ci rende persone amabili, anche nelle situazioni difficili. Quanto bene ci fa una buona dose di sano umorismo! Ci farà molto bene recitare spesso la preghiera di san Thomas More: io la prego tutti i giorni, mi fa bene.

    13. La malattia dell’accumulare: quando l’apostolo cerca di colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro. In realtà, nulla di materiale potremo portare con noi perché “il sudario non ha tasche” e tutti i nostri tesori terreni - anche se sono regali - non potranno mai riempire quel vuoto, anzi lo renderanno sempre più esigente e più profondo. A queste persone il Signore ripete: «Tu dici: sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo ... Sii dunque zelante e convertiti» (Ap 3,17-19). L’accumulo appesantisce solamente e rallenta il cammino inesorabilmente! E penso a un aneddoto: un tempo, i gesuiti spagnoli descrivevano la Compagnia di Gesù come la “cavalleria leggera della Chiesa”. Ricordo il trasloco di un giovane gesuita che, mentre caricava su di un camion i suoi tanti averi: bagagli, libri, oggetti e regali, si sentì dire, con un saggio sorriso, da un vecchio gesuita che lo stava ad osservare: questa sarebbe la “cavalleria leggera della Chiesa?”. I nostri traslochi sono un segno di questa malattia.

    14. La malattia dei circoli chiusi, dove l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un cancro che minaccia l’armonia del Corpo e causa tanto male – scandali – specialmente ai nostri fratelli più piccoli. L’autodistruzione o il “fuoco amico” dei commilitoni è il pericolo più subdolo. È il male che colpisce dal di dentro; e, come dice Cristo, «ogni regno diviso in se stesso va in rovina» (Lc 11,17).

    15. E l’ultima: la malattia del profitto mondano, degli esibizionismi, quando l’apostolo trasforma il suo servizio in potere, e il suo potere in merce per ottenere profitti mondani o più poteri. È la malattia delle persone che cercano insaziabilmente di moltiplicare poteri e per tale scopo sono capaci di calunniare, di diffamare e di screditare gli altri, perfino sui giornali e sulle riviste. Naturalmente per esibirsi e dimostrarsi più capaci degli altri. Anche questa malattia fa molto male al Corpo perché porta le persone a giustificare l’uso di qualsiasi mezzo pur di raggiungere tale scopo, spesso in nome della giustizia e della trasparenza! E qui mi viene in mente il ricordo di un sacerdote che chiamava i giornalisti per raccontare loro - e inventare - delle cose private e riservate dei suoi confratelli e parrocchiani. Per lui contava solo vedersi sulle prime pagine, perché così si sentiva “potente e avvincente”, causando tanto male agli altri e alla Chiesa. Poverino!

    Fratelli, tali malattie e tali tentazioni sono naturalmente un pericolo per ogni cristiano e per ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia, movimento ecclesiale, e possono colpire sia a livello individuale sia comunitario.

    Occorre chiarire che è solo lo Spirito Santo - l’anima del Corpo Mistico di Cristo, come afferma il Credo Niceno-Costantinopolitano: «Credo... nello Spirito Santo, Signore e vivificatore» - a guarire ogni infermità. È lo Spirito Santo che sostiene ogni sincero sforzo di purificazione e ogni buona volontà di conversione. È Lui a farci capire che ogni membro partecipa alla santificazione del corpo e al suo indebolimento. È Lui il promotore dell’armonia[18]: “Ipse harmonia est”, dice san Basilio. Sant’Agostino ci dice: «Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né curarsi né guarirsi».

    La guarigione è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura.

    Dunque, siamo chiamati - in questo tempo di Natale e per tutto il tempo del nostro servizio e della nostra esistenza - a vivere «secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16).

     

    Cari fratelli!

    Una volta ho letto che i sacerdoti sono come gli aerei: fanno notizia solo quando cadono, ma ce ne sono tanti che volano. Molti criticano e pochi pregano per loro. È una frase molto simpatica ma anche molto vera, perché delinea l’importanza e la delicatezza del nostro servizio sacerdotale e quanto male potrebbe causare un solo sacerdote che “cade” a tutto il corpo della Chiesa.

    Dunque, per non cadere in questi giorni in cui ci prepariamo alla Confessione, chiediamo alla Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, di sanare le ferite del peccato che ognuno di noi porta nel suo cuore e di sostenere la Chiesa e la Curia affinché siano sane e risanatrici; sante e santificatrici, a gloria del suo Figlio e per la salvezza nostra e del mondo intero. Chiediamo a Lei di farci amare la Chiesa come l’ha amata Cristo, suo figlio e nostro Signore, e di avere il coraggio di riconoscerci peccatori e bisognosi della sua Misericordia e di non aver paura di abbandonare la nostra mano tra le sue mani materne.

    Tanti auguri di un santo Natale a tutti voi, alle vostre famiglie e ai vostri collaboratori. E, per favore, non dimenticate di pregare per me! Grazie di cuore!

    + Francesco

     
    Di Redazione (del 22/06/2019 @ 18:42:35, in Comunicato Stampa, linkato 1290 volte)

    La Rete Ambiente e Salute del Salento, su proposta di cittadini attivi di Galatina, organizza per domenica 23 giugno ore 9,00 una passeggiata di riflessione paesologica presso l'area d'interesse storico-paesaggistico denominata “li Grutti” a Galatina.

    La passeggiata vedrà coinvolte alcune realtà associative del Salento e saranno presenti esperti di paesaggio, storia patria, territorio ed etnobotanica che brevemente illustreranno alcune peculiarità che caratterizzano i luoghi visitati.
    L'obiettivo è quello di recuperare, aumentando ed approfondendo, la conoscenza dei luoghi per riscoprire un sito anticchissimo, pare, teatro del primo insediamento che diede origine alla fondazione della città di Galatina. Un luogo poco conosciuto, ma estremamente importante per la comunità di Galatina e per il Salento, ad oggi ancora inspiegabilmente lasciato nell'oblio e nell'abbandono.

    L'evento si propone di richiamare l'attenzione di tutta la comunità salentina, di appassionati ed esperti, giornalisti e di amministratori pubblici nei confronti di un'area di alto pregio paesaggistico, culturale, etnobotanico ed archeologico dove sono tutt'ora presenti importanti e numerosi elementi architettonici, masserie e chiesette, ed ambienti ipogei scavati nei banchi di roccia affiorante. Tali luoghi abitati da comunità religiose, presumibilmente di epoca basiliana, e dedicati in epoche successive a luogo di culto mariano, erano meta, fino a qualche tempo addietro, di pellegrinaggio e vedevano svolgersi partecipate processioni di devoti con cerimonie religiose fortemente sentite dai fedeli.

    La presenza di numerose e misteriose vestigia arcaiche dimostra come la storia dei luoghi affondi le sue radici, a detta di studiosi ed esperti, fino a giungere alla civiltà messapica. Ma i luoghi naturali e rurali, caratterizzati da banchi di roccia affiorante, rimasti immutati nei secoli purtroppo oggi sono messi in pericolo di mutamento radicale da un avanzamento d'espansione edilizia che mette a repentaglio il paesaggio, la sua storia e la sua conservazione.

    Non ultimo proprio la naturalità e ruralità del sito rappresenta non solo un prezioso scrigno di biodiversita`floro-faunistica ma soprattutto un irrununciabile polmone verde per tutta la città di Galatina che, se non ben custodito, si rischia di andare per sempre perduto.

    Pertanto si inviata chiunque voglia riscoprire questi luoghi, conoscere e dare il proprio contributo alla passeggiata e alla riflessione aperta a prendere parte a tale iniziativa.

    Raduno e percorso

    La passeggiata avrà inizio alle 9,00 dal piazzale d'ingresso della ex-Fiera del Salento via Ippolito De Maria per proseguire su via Europa fino all'incrocio di via Trapani.

    Proseguendo da santa Maria de' li Grutti, fino a Masseria San Giuseppe.

     

    Maggiori info sul sito:

    Luoghi del cuore FAI

    https://www.fondoambiente.it/luoghi/santa-maria-dei-grotti?ld

    https://massimonegro.wordpress.com/2012/12/13/galatina-un-appello-per-lantica-s-maria-dei-grotti/
    https://massimonegro.wordpress.com/2013/04/25/galatina-la-dimenticata-cripta-basiliana-in-contrada-tabelle-tabelluccio/

    Sul sito del Comune di Galatina Chiesa e cripta della madonna della grotta
     https://www.comune.galatina.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/chiesa-e-cripta-della-madonna-della-grotta-o-della-grottella
     https://www.comune.galatina.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/cripte-basiliane

    Ministero dei Beni Culturali Primo censimento
     http://iccdold.beniculturali.it/medioevopugliese/index.php?it/82/catalogo-iccd/48/galatina-cripta-di-s-maria-della-grotta

    Vestigia messapiche a Galatina

    https://www.salentoacolory.it/galatina-messapica/

     
    Di Redazione (del 17/03/2017 @ 18:41:23, in Comunicato Stampa, linkato 1261 volte)

    La squadra dell' Olimpia Volley Galatina, al gran completo, con i suoi Tecnici, Collaboratori, Atleti e Dirigenti, sceglie con orgoglio e amore di sostenere il progetto della BIMBULANZA acquistando il Pasqualotto.

    L' intero ricavato dalle vendite di questa bellissima iniziativa, sarà devoluto interamente a favore di questa lodevole iniziativa...

    Il progetto della Bimbulanza nasce dal cuore generoso dei ragazzi " Dell’Associazione cuore e mani aperte verso chi soffre " ma ha bisogno del sostegno di tutti noi per continuare a sopportare i costi di gestione e mantenimento del mezzo, per questo tutta la società Olimpia, rivolge l' appello e invita i suoi propri tifosi e sostenitori, e non solo, a donare anche una piccola cifra, in modo da permettere alla Bimbulanza di aiutare bambini in difficoltà..

    Domenica 19 Marzo in occasione dell' incontro di volley di serie B contro l' Ostuni, all' interno del palazzetto sarà attrezzato il punto vendita del Pasqualotto... vi aspettiamo numerosi...

    IL TUO AIUTO FARA' TONARE IL SORRISO SUI BAMBINI...

     

    ufficio stampa

    Olimpia Volley Galatina

     
    Di Redazione (del 25/01/2024 @ 18:41:21, in Comunicato Stampa, linkato 478 volte)

    Unisciti a noi Domenica 4 Febbraio 2024 alle ore 15:30, per una giornata di festa, colore e impegno sociale! 

    Contro tutte le guerre, per un mondo di pace!

    Il Carnevale Sociale di Noha è più di una celebrazione, è un grido di solidarietà e un impegno per un mondo migliore. In un'esplosione di colori e creatività, vogliamo diffondere un messaggio di pace, amore e inclusione, sfidando ogni forma di violenza e conflitto.

    Sfilata del Carro Allegorico: Il carro a tema HarryPotter realizzato dal Collettivo Genitori 9 e 3/4 porta in se un messaggio pacifico e creatività senza confini nell'eterno conflitto tra bene e male a trionfare saranno i maghetti della saga ed il loro grande cuore. Un'opportunità per esprimere la nostra visione di un mondo libero da guerre e conflitti.

    Maschere e Costumi: Mettiti in gioco e crea il tuo costume ispirato alla pace e all'unità. La diversità è benvenuta, e l'originalità è incoraggiata!

    Musica e Intrattenimento: Balla al ritmo dei nostri artisti impegnati nella promozione della pace attraverso la musica.

    Photobooth della Pace: Immortalati con gli amici e la famiglia in un ambiente colorato e condividi il tuo impegno per la pace sui social media!

    Collettivo Genitori 9 E 3/4

     
    Di Anita Rossetti (del 20/01/2015 @ 18:40:40, in Comunicato Stampa, linkato 3344 volte)

    Caro  Paolo,
    dopo aver incontrato tuo fratello Salvatore che si batte come un leone perché sia fatta luce sulle stragi di cui anche tu sei  stato vittima, come faccio a pensarti morto? Tu sei vivo nelle sue parole  che riescono a toccare il cuore di chi le ascolta oltre che nelle sue azioni.

     Così come sei vivo nella ricerca senza sosta di verità e giustizia da parte di quei familiari a cui gli stessi tuoi carnefici hanno portato via i loro congiunti, penso alla famiglia di Attilio Manca e a quella di Nino e Ida Agostino che ci hanno reso partecipi del loro dolore ma anche della loro testarda e tenace battaglia.

    E come potresti morire se quel ragazzino che si arruolò nell’Arma dei carabinieri con il sogno di lavorare al tuo fianco per catturare i latitanti, oggi è un uomo che sta lottando con tutte le sue forze pur di compiere il suo dovere? Lui che ha avuto il coraggio di denunciare i suoi superiori, di testimoniare ciò di cui era venuto a conoscenza, attirandosi le ire di un corpo che invece di dargli una medaglia al valore, ha scelto di condannarlo prima all’isolamento e poi magari all’eliminazione dall’Arma stessa e chissà, anche quella fisica!  Del resto il suo modo è certo estraneo a quello di chi, come testimoniò la tua Agnese, le dicesti vomitando che era “punciutu” ed era tra i tuoi più stretti collaboratori. Ma pare che quello di certi ufficiali sia sempre stato e continui ad essere il modello vincente.
    No caro Giudice, non potrai morire fino a quando qualcuno crederà così tanto nel tuo Sogno da preferire andare avanti, malgrado rischi la sua vita oltre alla reputazione già vilmente attaccata in tanti modi.
     Tu per me sei vivo negli occhi sempre vigili e attenti e nelle corse quotidiane del Mar. Saverio Masi, costretto a difendersi anche da atroci quanto assurde accuse costruite ad hoc per farlo smettere di sognare e di resistere.

    La tua grande umanità non permetterà che tu muoia davvero, perché fino a quando ci sarà qualcuno che non ha paura di abbracciare uno che si chiama Massimo Ciancimino, che ha scelto di dire cose che al suo posto credo che nessuno avrebbe detto,  proprio perché solo chi è folle può credere ai Sogni, dicevo fino a che qualcuno come tuo fratello  sarà capace di manifestare la grande umanità che ti contraddistingueva, Tu non morirai davvero.
    E anch’io sento che il tuo Sogno non morirà anche grazie alla tenacia di chi, malgrado le condanne subite e la delegittimazione che gli tiene distante persino chi si batte in tuo nome, ha deciso di andare avanti, a testa alta e con determinazione. Per me tu sei vivo ogni volta che Massimo Ciancimino, nonostante rischi di finire di nuovo in carcere e di perdere suo figlio, il suo più grande tesoro,  dice: io vado avanti.

    Caro  Giudice Paolo,
    altri Magistrati oggi corrono gli stessi rischi che hai vissuto tu con la schiena dritta e anche loro, con coraggio, procedono perché sono convinti che sia giusto farlo, malgrado anche loro siano stati isolati dal sistema voluto dal “gioco grande”.
    Ma fino a quando Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato, Roberto Tartaglia e pochi altri loro colleghi avranno il coraggio di perseverare, Tu sarai vivo e continuerai il tuo lavoro tramite il loro impegno.

    Caro Paolo,
    io sono solo una sognatrice resistente, come tanti altri a cui le tue parole hanno toccato il cuore e sono convinta davvero che “Un giorno questa terra sarà bellissima” ed il tuo Sogno sarà realizzato.
    Tu per me sei vivo, al contrario di tanti altri che vedo quotidianamente rassegnati al “non c’è più niente da fare”, veri morti viventi capaci di adattarsi al peggio pur di continuare nella loro misera esistenza, senza neanche un sussulto di dignità.

    Io vedo già l’alba di quel giorno, per questo sento di poterti augurare Buon Compleanno Paolo!

    AR
    Galatina, 19 gennaio 2015

     
    Di Redazione (del 30/11/2020 @ 18:38:38, in Comunicato Stampa, linkato 1273 volte)

    Questo maledetto virus aveva deciso di cancellare il nostro fantastico e tanto atteso evento giunto ormai alla sesta edizione…

    Ci stava riuscendo, ma la nostra voglia di fare si è dimostrata più forte…

    Abbiamo dovuto rimodulare la VI^ Ed.ne dell’evento benefico “Bimbulanza in piAzza” che avrà una veste grafica e delle modalità di svolgimento leggermente diverse dalle precedenti edizioni, ma lo spirito dell’iniziativa resterà sostanzialmente immutato: destare costantemente l’attenzione delle Istituzioni e dei cittadini sull’importanza della Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e partecipati eventi benefici.

    La Bimbulanza garantisce i trasporti da e per i principali nosocomi nazionali: Gaslini di Genova, Besta di Milano, Sant’Orsola di Bologna, Bambino Gesù di Roma e molti altri.

    Il costo dei trasferimenti è interamente a carico dell’Associazione cuore e mani aperte – OdV e comprende, tra l’altro, i pedaggi autostradali, i rifornimenti di carburante, la responsabilità civile e le altre assicurazioni necessarie e soprattutto l’onorario dovuto al personale infermieristico e sanitario che sale a bordo.

    Viene, infatti, garantita la presenza dello specialista legato alla patologia del minore e/o di un medico rianimatore e di un infermiere. Nei casi in cui ciò sia possibile a bordo sale anche un volontario clown per allietare ulteriormente il viaggio.

    Il mezzo può garantire i trasporti gratuitamente grazie alla Carità cristiana che mai è mancata in questi anni e ai contributi legati al 5 x mille.

    Tutto il ricavato della VI^ Ed.ne verrà infatti interamente devoluto al progetto Bimbulanza.

    Come si svolgerà la VI^ Ed.ne?

    Semplice, vi basterà contattare “Il Covo della Taranta” in c.so Garibaldi,13 a Galatina al numero 393-5659584 e chiedere, sia in modalità “asporto” che in modalità “consegna a domicilio”, il “Menù Bimbulanza”.

    Al costo di 12euro avrete una pizza a scelta tra Diavola, Margerita, Napoletana e Capricciosa, una bevanda a scelta tra birra da 0,33, Coca-Cola e aranciata e una porzione di patatine fritte piccola.

    La promozione è valida tutti i giorni escluso il SABATO.

    Con ogni menù “Bimbulanza” riceverete un biglietto numerato che avrà una duplice funzione: garantire la massima trasparenza al fine di conoscere praticamente in tempo reale l’ammontare della quota da destinare in beneficenza e permettere all’acquirente la partecipazione all’estrazione di simpatici premi; il biglietto sarà appunto il titolo per consentire il ritiro di detti premi.

    Per unirci in un simbolico abbraccio abbiamo ideato un contest fotografico con simpatici premi. Il funzionamento è molto semplice: vi basterà caricare una o più vostre foto su Facebook mentre degustate il “Menù Bimbulanza” aggiungendo l’hastag #bimbulanzagalatina. La foto che al termine del contest avrà realizzato il maggior numero di reazioni riceverà un simpatico premio.

    Piero Russo

     
    Di Redazione (del 09/11/2022 @ 18:38:19, in Comunicato Stampa, linkato 291 volte)

    Manca l’affondo finale Olimpia Sbv, perde lucidità nei frangenti più delicati, si fa irretire da due vecchie volpi del parquet come Di Santi e Calabrese e raccoglie tanto di meno di quanto seminato.

    Salatissima gabella quella pagata ieri dalla squadra di mister Monaco, che si è espressa ad un buon livello tecnico imponendosi con determinazione e cuore nei momenti più delicati e facendo ben sperare.

    Poi quell’inizio di tie break da brividi (1-5), il cui divario veniva mantenuto ed alimentato dagli ospiti (6-12), sembrava aver dettato già il finale. Invece il calore del pubblico e la vena risolutiva dei finalizzatori blucelesti hanno concesso solo due punti agli ospiti, contro gli otto, di buona fattura, dell’Olimpia Sbv.

    L’ace di Dantoni per un 14-14 che rimandava tutto ai vantaggi sembrava poter essere un segnale premonitore per capitan Zanette, ma la concretezza di Guancia e Treglia non concedeva appigli ai salentini.  

    La cronaca del primo set segna un iniziale equilibrio (9-9), subito interrotto a favore dei puteolani con una tripla di Di Santi ed una pipe (l’unica ?!?) di Pacelli che pesta la linea dei tre metri(11-15). Zanette, Elia e De Micheli riportano in parità (21-21) la gara, ma un attentissimo Guancia stacca di due lunghezze la squadra di casa che chiude con un fallo d’invasione (22-25) per 1-0  a favore del Rione Terra.

    Seconda frazione molto ordinata e ben orchestrata da D’Alba.  Scita, Rossetti e Pacelli scavano un ampio divario (15-8) con quest’ultimo che mura Calabrese per un 24-13 che vale il pareggio dei set.

    Terzo set che si svolge punto a punto, con Calabrese che mantiene i suoi in vantaggio di due lunghezze (9-11). mettendo in campo tecnica esperienza e tanta grinta: forse fin troppa nella fase di esultanza, tanto da prendere un cartellino rosso.

    Accusa un po' di fatica mentale la prima linea galatinese pagando a muro, commette qualche errore di misura e concede un +6 (11-17) per gli uomini di mister Romano.  Capitan Zanette sale in cattedra e dal 18-22 porta la squadra fino al 23-24 per poi arrendersi all’attacco ospite che vale il set del 2-1.

    Quarta frazione per Galatina più di cuore che ragionata. Ben quattro errori iniziali al servizio che nonostante tutto dicono 15-14 per i colori bluceleste. Zanette e Scita non si risparmiano per un 19-18 ribaltato subito da Di Santi (19-21).

    E’ ad alta tensione emotiva il finale di set con Calabrese e Guancia ad un passo dalla vittoria (22-24). Accorcia l’Olimpia Sbv con il punto 23: un doppio fallo ospite assegna la palla set alla squadra di casa, ma Fastoso ed un attacco out di Zanette concedono l’opportunità al Pozzuoli.

    Dai nove metri Calabrese sbaglia a servire, Pacelli è imprendibile con una terna di conclusioni e, nonostante ulteriori due errori al servizio, Zanette porta la sua squadra al tie-break (30-28).

    L’amaro in coda al quinto set non cancella la bella prestazione che, onestamente, avrebbe dovuto gratificare il gruppo di mister Monaco con un punto in più.

    Ora è tempo di preparare la trasferta di Marigliano con un’azione più risoluta per un finale più appagante.

       

    TABELLINO

    OLIMPIA SBV GALATINA-RIONE TERRA POZZUOLI 2-3 (22-25,25-16,23-2530-28,14-16)

    Galatina: Apollonio(L),De Matteis(ne),D’Alba 2,Dantoni 1,Scita 23,Pacelli 18,Rossetti 9 De Micheli G. 7,Zanette 27,De Micheli G(ne),De Lorentis

    All.Monaco-Vice Montinari

    Pozzuoli: De Gregorio(L), Mueck, Calabrese, Sangiovanni, Romano(L), Guancia, Di Santi, Saggiomo, Fastoso, Lombardi, Barretta, Del Giudice, Treglia

    All.Romano-Vice Schiano

    Arbitri Peragine-Magrone

    Piero De lorentis

    Area Comunicazione Olimpia Sbv

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 29/07/2019 @ 18:38:16, in NohaBlog, linkato 1144 volte)

    Da giorni, ormai, guardo “la rete” senza interagire, intasata com’è di sproloqui e farneticazioni che se solo non conoscessi gli autori di tali idiozie, potrei certamente attribuire tali deliri a gente che purtroppo non può usare per sua sfortuna la ragione e se lo fa, sa farlo nel peggiore dei modi. Una cosa è certa: vogliono essere letti ma non leggono, e se leggono, non arrivano fino in fondo, e se lo fanno non capiscono, oppure, cosa ancor più grave, fanno in modo di non capire, seguaci sguatteri di un partito, accontentatisi di una caramella e usati come muli per caricare il letame, lo sterco prodotto dai loro beceri partiti o movimenti, ignari gli uni e gli altri di cosa sia il bene comune, ignari dell’onestà intellettuale e dell’integrità di pensiero.

    Costoro non ragionano, blaterano soltanto. Pensano di essere esperti di tutto, di qualunque cosa esiste sulla faccia di questa terra terrorizzata per la presenza di gente come loro, fiera della loro inettitudine camuffata. Il problema qui non sono quelli che non hanno avuto la possibilità di studiare, che a quanto pare restano i più onesti, ma quelli che sanno sfogliare un libro o leggere il titolo di un giornale e pensano che basta questo per la loro causa, che è sufficiente la diretta facebook del loro leader per dipanare le questioni ingarbugliate. Il semplice è stato disegnato come estremamente complesso. Analisi e ragionamenti sempre più approfonditi ma allo stesso tempo sempre più attorcigliati, poiché chi li pronuncia è già imbrigliato di suo, nel suo modo di ragionare assurdo, totalmente incapace di cogliere la realtà delle cose.

    Costoro vaneggiano, sedotti continuamente da una fata morgana senza scrupoli che li tratta per quello che sono realmente: stupidi. Costoro non hanno alcuna disciplina, né sanno cos’è il carattere. Contano i like e pensano che ognuno di essi equivalga a un voto, ed è esattamente così, disgraziatamente per noi. Qui, ormai, non si valutano i pensieri, non si verificano i programmi, non si condivide un sogno, non si ha alcuna visione particolare del futuro, di cosa sarà il lavoro, di come sarà l’ambiente, di come andrà l’economia.

    Qui tutto inizia con l’alba e finisce con il tramonto, come se il giorno prima non fosse mai esistito e quello dopo già trascorso. Ogni rimedio non ha efficacia; non ha efficacia nulla, soprattutto quella cosa che chiamiamo politica, quella che per definizione dovrebbe essere quanto di più efficace possa esistere in un Paese, in una democrazia che, come vedete, non è più in grado di comunicare poiché parla già troppo, ed è tutto un soliloquio assurdo. Parlare presuppone il confronto tra due, capaci di capire. Questi, tutti questi, invece, parlano per non intendersi. Se discutono con una telecamera non possono essere interrotti, né smentiti, né interrogati, né insultati, né mandati a quel paese lì dove si è soliti mandare i ciarlatani. Tutti criticano tutti con un solo squallido scopo: giustificarsi. E ognuno spera che l’altro faccia peggio di quel che ha fatto se stesso, poiché solo così costui potrà dire che in fondo c’è sempre qualcuno peggio di lui.

    Questa gente che parla, scrive e difende i loro leader che neanche un gregge di pecore si sognerebbe mai di seguire, non ha alcuna visione del futuro, non è in grado di fare un ragionamento che valga nel tempo e che non esaurisca la sua validità di qui ad un’ora.  È la politica dei cerotti, quella di chi dove vede tagli profondi, anziché ricucire, vi applica con lo sputo un impiastro, sperando che l’emorragia s’interrompa, intanto l’organismo crepa. Questi non sarebbero in grado neanche di elencare i problemi cronici di fondo, figuriamoci risolverli; tutti, governo ed opposizione.

    Esistono principi fondamentali per la realizzazione di un piano, ma tutti questi, destre e sinistre, uno stralcio di piano non ce l’hanno. Hanno un solo stolto obiettivo: postare su facebook spot idioti che deridono l’uno l’imbecillità dell’altro. Questi confondono la ricetta con il piatto già pronto e servito in tavola, ma non hanno la più pallida idea non di come impiattare, ma addirittura neanche di come procurarsi la base, cioè gli ingredienti per mettere qualcosa in pentola. Non solo non sono in grado di fare un salto di paradigma, quello che dovrebbe fare un buon politico, ma sono anche dubbiosi del risultato di uno più uno. Per questi, come per quelli che sono stati, i risultati sono sempre diversi ad ogni operazione, e anche l’ovvietà ha perso consistenza. E se chiedi all’opposizione di fare questa semplice operazione per verificare la presenza o meno del buon senso almeno in un ramo del parlamento, beh, altro che risultato, viene fuori la più complessa equazione irrisolta.

    Capite cosa vogliono fare? Pensano di ripulire la città raccogliendo dalla terra foglia dopo foglia in una giornata di tempesta. E cosa c’è dall’altra parte della staccionata, lì sui banchi opposti? Ci sono simulatori, quelli che sono convinti di sapere come stanno esattamente le cose, non sapendo che stanno guardano nel giardino di un altro. Così, ogni cosa che dicono, ogni considerazione che elaborano, per quanto ragionevole possa essere, non è efficace, non è utile per nessuno. È l’esercizio della parola inconcludente. Parlano del niente.

    Penso di sapere esattamente qual è il problema: è il loro modo stesso di vedere il problema. Pensano che ciò che non va in questo Paese siano gli altri. Quelli che governano, contro l’opposizione, e quest’ultima accusando quelli che occupano i banchi del governo. E cosa manca in tutto questo? Cosa manca oltre agli insulti, ai litigi, alle discussioni, allo snocciolamento di ogni singola questione e alle minacce continue di querelarsi? Manca la sostanza, cioè quel processo umano evolutivo basato sulla ragione che è il solo a poter modificare la realtà.

    Noi li paghiamo per risolvere i problemi che abbiamo, sia quelli che stanno a destra, che quelli che stanno a sinistra, ma tutti fanno finta di fraintendere la missione. Prendono un lauto stipendio non per risolvere problemi, ma per crearne di nuovi. E gli stipendi da capogiro credono anche di meritarseli. Ogni partito è convinto che il problema sia “lì fuori”, o meglio, che sia l’altro il problema stesso da risolvere. Si sbagliano tutti. Tutte le volte che attacco l’altro è per nascondere che io sono incapace, il più incapace di tutti. Perché? Perché se fossi capace, o fossi stato capace almeno in passato, non avrei alcun bisogno di puntare il dito e di ripetere continuamente “guarda quanto è idiota quello”.

    Questi sono ignoranti perché non conoscono la teoria, sono incapaci perché non sanno come fare le cose, e sono anche miseri poiché non hanno alcun desiderio se non quello di compiacere se stessi: alla base, infatti, non hanno alcuna motivazione valida per stare lì dove sono.

    Non c’è differenza tra la Lega, M5S, PD, Forza Italia, Fratelli d’Italia, PCI e LEU; nessuna diversità. Se c’è una differenza c’è tra le singole persone e non tra i singoli partiti. Molti cercheranno di smentirmi, ma non ci riusciranno. Gli uni diranno che sono per la sicurezza, gli altri per l’accoglienza; i primi per abbassare le tasse, i secondi per il lavoro e lo sviluppo. Chiacchere da intrattenimento! Qui la moda è citare tweet continuando a brucare l’erba a testa bassa (qualcuno di questi se la fuma anche). Qui si va avanti per hashtag come moderni scimuniti.

    L’ordine deve solo essere apparente: allineati e coperti come quei plotoni che sfilano e che a poco servono.

    Perciò qui in questo Paese il problema non è tanto l’essere, ma il definirsi. Se hai qualcosa da dire in merito alla pessima gestione dell’immigrazione sei razzista e fascista; se difendi i diritti dei lavoratori sei uno squallido comunista; se vorresti capire di più in merito agli affidi di minori sottratti alle famiglie originarie sei da querelare; se chiedi che vengano fatti studi appropriati sui possibili danni da vaccino sei un complottista; se difendi certi valori sei medievale; insomma qualunque pensiero serve per dire che tu non sei né allineato, né coperto.

    Sono tutti uguali, dicevo, poiché trattano un argomento solo nella misura in cui serve per attaccare il tizio dell’altro partito. Così, anche se salgono su una nave delle ong, non lo fanno perché hanno a cuore i disperati, ma poiché su quella nave sono puntati i riflettori. Di cosa facciano quelle persone il giorno dopo, di dove dormano, di cosa mangiano, dove hanno lasciato i loro cari, di tutto questo non gliene importa nulla a nessuno se non nella misura in cui ciò è utile per attaccare un altro. Stessa storia per gli esodati, le forze dell’ordine, il tav, la tap, l’Europa, e via discorrendo. E se il carabiniere è stato accoltellato ed è morto, qualcuno scompare per un giorno da facebook, in  attesa di una notizia che perori la sua causa, affrettandosi a ritornare in caciara.

    Se, infatti, il senatore ha promesso a sua moglie che si sarebbe potuta rifare le tette, al diavolo i vostri ulivi, il vostro territorio, le montagne della Val di Susa, l’ambiente, la sicurezza e tutto il resto: le protesi costano e le tette devono essere grandi, dunque che vada a fuoco tutta l’Italia ma la moglie del senatore le tette ce le deve avere più grandi di tutte le altre. Il fatto è che per questi tutto ha un prezzo, le tette della moglie come la vostra salute, le vostre montagne e i vostri ulivi.

    Se dunque passassero più tempo a individuare le soluzioni possibili, convincendosi che è la sinergia quella che porta al successo, e non l’esclusivismo, certamente non avrebbero tutto quel tempo da passare su facebook copiando e incollando link demenziali. Tutti ridono degli altri per non ridere di se stessi.

    Tra circa un anno potrei essere un diacono (Dio pensaci bene, sei ancora in tempo!). Nonostante questo, io, uomo di chiesa, circa un paio di anni fa capitai per sbaglio in una spiaggia per nudisti. Non era segnalata. Non sapevo se restare o andarmene, ma visto che avevo camminato per mezz’ora sotto il sole, decisi di restare. Feci una grande scoperta. Nessuno dei presenti sembrava essere imbarazzato, nessuno, neanche io (evidentemente non era questione di dimensioni). Non c’era nessuno che rideva di come era fatto l’altro. L’Italia di oggi, invece, è esattamente l’opposto: sembra essere in una spiaggia per naturisti dove quelli che vengono definiti “guardoni” stanno tutto il tempo a esaminare e a criticare il pisello ridicolo degli altri. Ciò che aspettiamo, però, è che anche questi, anziché guardare, si tirino anche loro giù le mutande. Sono sicuro che allora, ve lo assicuro, non ridere sarà impossibile.

    Fabrizio Vincenti

     

    Leggere la nota del consigliere regionale Metallo, che si aggiunge al supporto già espresso di sindaci come Pippi Mellone e Graziano Vantaggiato, non può che rafforzare l’impegno di tutti noi, perché finalmente riscontriamo una narrazione in linea con il nostro sentire.

    Lo abbiamo detto e lo ripeteremo a lungo nel corso di questa campagna elettorale: serve una pacificazione dopo oltre 15 anni di instabilità politica galatinese, caratterizzata dall’occupazione dei luoghi politici e amministrativi da parte di alcune persone, poche per fortuna, che intendono la contesa elettorale come una battaglia personale, indifferenti alle conseguenze delle proprie azioni. Questo ha determinato anche il sacrificio e, purtroppo, l’allontanamento di amministratori e professionisti di altissima qualità, che hanno voluto sottrarsi da queste dinamiche.

    Non neghiamo che in questi anni di lotta senza quartiere, di partiti svuotati, di rapporti umani che si sono sfilacciati, c’è stato un mondo colpevolmente assente: quello produttivo, associativo, civile.

    Ed oggi, in un momento storico in cui tutto è stato messo in discussione, dalla libertà individuale alla salute, dalla pace alla serenità di guardare al futuro, questo mondo non poteva rimanere alla finestra e lasciare che l’ennesimo teatrino si compisse.

    Abbiamo quindi preso coraggio ed abbiamo fatto confluire sensibilità diverse in un progetto aperto, senza sentirci minacciati da nessuno, pronti a riprendere il dialogo con tutti. Siamo convinti che tra le file di chi oggi è ancora in questo brodo di astio e divisione, ci siano persone appassionate, che avranno sempre un dialogo aperto con noi.

    Arrivano così, come un colpo di vento che spalanca la finestra e lascia entrare caldi raggi di sole primaverili, le attestazioni di stima di chi proviene da diverse sensibilità politiche e da diversi territori. Sentire di essere riusciti a cambiare direzione e stile politico cittadino, ci scalda il cuore e non ci fa sentire soli, rassicurandoci della possibilità di impegnarsi senza che il fiume di veleno e livore dei proprietari di questi 15 anni di politica invadano le nostre anime e la nostra comunità.

    Sarà importante aprire la mente oltre il cuore, guardare al di là del piccolo orticello: basti pensare al mondo di oggi che conta 8 miliardi di persone, quando solo 50 anni fa erano la metà. Galatina deve diventare il centro di un sistema territoriale vasto, policentrico, con relazioni feconde e costruttive. Il piano di investimenti straordinario costituito dal PNRR non si può cogliere con questo miope campanilismo e questo esasperato localismo: moltissimi bandi prevedono investimenti in aree di almeno 50 mila persone e tanti altri vanno oltre i 100 mila. Solo unendo le forze con i comuni limitrofi potremo cavalcare questa straordinaria occasione.

    Leggo a volte la tentazione di innalzare muri e sentirsi minacciare dai comuni vicini, magari qualcuno vorrebbe coniare il rublo galatinese per farsi pagare il pasticciotto dai visitatori “stranieri” di Soleto o di altri comuni. Suvvia, non è tempo di muri e di chiusura: il futuro ci chiama e noi lo governeremo solo se sapremo superare proprio questa vecchia impostazione, non ci è nemica Soleto o Nardò e lo spirito di collaborazione che caratterizza e caratterizzerà sempre di più la vita amministrativa delle amministrazioni comunali dovrà intensificarsi. Per questo non devono sorprendere i buoni rapporti con il Sindaco di Soleto Vantaggiato o di Nardò, Mellone.

    Non si fa politica contro i nemici: loro rappresentano delle istituzioni e delle amministrazioni che meritano rispetto con le quali collaborare senza timori di sorta e senza complessi di inferiorità. Galatina è centrale e saprà cogliere l’occasione di essere paese leader del territorio per motivi geografici, fisici ed anche politici.

    Fabio Vergine

    Candidato Sindaco Galatina Spazio Aperto

     

     

    Il 26 febbraio del 2010 a Kabul, moriva, eroicamente, il funzionario dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) Pietro Antonio Colazzo, galatinese, classe 1962.
    Quel maledetto giorno si trovava al "Park Residence Guesthouse", a pochi passi dall'ambasciata italiana, insieme ad altri 4 funzionari dell'Agenzia, quando lo scoppio delle bombe scatena un inferno di vetri rotti e fiamme. Pietro, che aveva rapporti con i vertici della polizia e dei servizi segreti locali, allerta i soccorsi. L'attacco, come sa bene, non è finito e infatti uno sciame di kamikaze si infiltra nell'albergo. Lo scopo è quello di ferire il più alto numero di vittime a colpi di fucile e pistola e poi, farsi saltare con la cintura esplosiva. Colazzo resta dov'è con la pistola in pugno a proteggere la fuga degli altri quattro agenti, che riescono a mettersi in salvo. Quando la sua morte viene comunicata insieme a quella di altre 18 vittime, le informazioni sono confuse. Alcuni dicono fosse un medico, altri, un diplomatico. È la vita segreta degli 007, nell'anonimato fino a che la morte non arriva a rendere loro quell'onore di cui in vita, non si sono potuti fregiare. La sua salma torna in Italia per i funerali di Stato mentre, contrito, il generale afghano Abdul Rahman parla di lui come “un uomo coraggioso” che ha fornito informazioni precise grazie alle quali la polizia è stata in grado di portare al sicuro, sani e salvi, altri quattro italiani. Il 25 giugno 2010 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito a Pietro Antonio Colazzo la Croce d’Onore alla memoria con queste motivazioni: «Funzionario dell'Aise, operante nell'ambito di una struttura informativa a supporto dei comandi militari nazionali e multinazionali e a salvaguardia degli interessi italiani in Afghanistan, nel corso di un attacco terroristico veniva raggiunto da fuoco nemico e dall'onda d'urto di una potentissima esplosione, decedendo per le ferite riportate. Nella circostanza, nonostante fosse oggetto del fuoco dei terroristi, non desisteva dalla sua azione, fornendo preziose indicazioni alle forze di sicurezza afghane in procinto di
    intervenire, incrementandone l'efficacia e consentendo di salvare numerose vite umane. Chiaro esempio di sereno coraggio, elevatissima professionalità, altissimo senso del dovere e spirito di sacrificio». Nel dicembre 2019 l’A.S.D. “Virtus Basket Galatina”, ha donato, in collaborazione con l’Ente del Terzo Settore “cuore e mani aperte” OdV, un’Area Giochi inclusiva realizzata presso l’Area verde “Prof. V. Carrozzini” in Via Calatafimi a Galatina. La suddetta Area Giochi Inclusiva è stata dedicata proprio al Dr. Pietro Antonio Colazzo. Da allora, ogni anno, in occasione dell’anniversario della morte del nostro concittadino organizziamo una piccolissima cerimonia per ricordare l’esempio di un Uomo dell’Intelligence che ha perso la vita dando prova di fedeltà allo Stato e ai suoi cittadini. Anche quest'anno, domenica 3 marzo p.v., deporremo una piccola corona di fiori auspicando l’inizio di un percorso ampio e condiviso che possa, negli anni avvenire, dare il giusto risalto alla figura di un illustre galatinese che silenziosamente ha servito lo Stato e ha portato tanto lustro alla città di Galatina.

     Piero Russo

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 28/09/2014 @ 18:36:12, in NohaBlog, linkato 4060 volte)

    Tutti sanno che il culto dell'Arcangelo Michele è di origine orientale, anche a Noha. La chiesa piccinna, dice un documento delle sante visite del Vescovo di Nardò del 1719, anticamente era tenuta da sacerdoti greci, e quindi sotto l’influsso di Costantinopoli.

    Il grande imperatore Costantino a partire dal 313 d.C. gli tributò una particolare devozione, fino a dedicargli il Micheleion, un imponente santuario fatto costruire a Costantinopoli. Alla fine del V secolo il culto si diffuse rapidamente in tutta Europa in seguito all'apparizione dell'Arcangelo sul Gargano in Puglia. Secondo la tradizione, l'arcangelo sarebbe apparso a san Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto (attuale Manfredonia - FG) l'8 maggio 490, ed indicatagli una grotta sul Gargano lo invitò a dedicarla al culto cristiano. In quel luogo sorge tuttora il santuario di san Michele, che nel Medioevo fu meta di ininterrotti flussi di pellegrini, i quali per giungervi percorrevano un apposito percorso di purificazione detto Via Sacra Langobardorum.

    Il culto di san Michele fu anche assai caro ai Longobardi. In Italia l'Arcangelo Michele è patrono di molti paesi e città. I Longobardi, uomini estremamente feroci provenienti dalla Germania, alla morte di Giustiniano (565), approfittando della debolezza del successore Giustino II, scesero in Italia scorrazzando un po’ dappertutto. I Greci, che erano le popolazioni del Sud e del Salento, presi alla sprovvista, non opposero resistenza e così i Longobardi fondarono il Ducato di Benevento, che più o meno corrispondeva al Regno di Napoli.

    I Longobardi passarono poi alla religione cattolica. Vinsero i feroci nemici delle coste italiane, i saraceni, proprio nei pressi di Siponto, l’8 maggio 663, e attribuirono la vittoria alla protezione celeste di san Michele. Perciò cominciarono a diffondere il culto per l’Arcangelo in tutta Italia, erigendogli chiese, effigiandolo su stendardi e monete, e instaurando la festa dell’8 maggio dappertutto.

    Sicuramente il culto di san Michele a Noha è antichissimo, ab immemorabili, espressione per dire che non ci sono documenti che indichino origine e motivazione.

    Siccome la nostra cittadina divenne presto cristiana con lingua e rito greco, si può pensare che a cominciare dal V secolo vi sia iniziato il culto a Sant’ Angelo. La chiesa di Sant’Angelo, nella lista delle 14 chiese elencate a Noha, nel 1452 era la più importante, e nella visita pastorale di quell’anno è chiamata ecclesia maior (la chiesa principale).

    Venerato da Bizantini e Longobardi, che a lungo si contesero la Puglia, ma anche dai successivi Normanni (che veneravano l’Arcangelo nel santuario di Mont Saint-Michel eretto appunto in Normandia ad imitazione di quello del Gargano), l’Arcangelo guerriero diventò patrono o compatrono di numerose città pugliesi: da Nord a Sud, da Gravina in Puglia a Sammichele di Bari e San Michele Salentino, che proprio come Monte Sant’Angelo ne han preso il nome. Dopo Noha lo troviamo da Bitetto a Terlizzi, da Minervino Murge a Massafra, da Orsara di Puglia a Supersano, Neviano, Patù, Castrignano del Capo…

    A Noha è molto venerato anche oggi. Il momento più solenne e più coinvolgente è sentire tutta la popolazione che canta l’Inno a San Michele in occasione della festa patronale. Già nel 1850 nella sua famosa relazione per la visita pastorale l’arciprete di Noha don Michele Alessandrelli annotava che “l’Inno si canta in ogni sera in detto altare di S. Michele”.

    Ecco il testo

    INNO A SAN MICHELE ARCANGELO a Noha

    Salve d'amore un canto sciogliamo all'inclito Angelo Santo.

    A lui che proni invochiamo di gigli e rose serti intrecciamo.

    Fanciulli e vergini dal vostro cuore un inno e un cantico parlan d'amore.

    Col tuo brando fiero e potente vincesti l'ira del rio serpente,

    vendicasti col tuo valore dei primi padri l'immenso errore.

    Tu protettore, custode eterno dei figli d'Eva contro l'inferno.

    Tu che dal cielo ci apri le porte, che vegli il gelido letto di morte.

    O Sant'Arcangelo su noi mortali qual padre tenero distendi le ali;

    in Te confida l'umanità:

    o Sant'Arcangelo pietà, pietà! 

    *

    Dopo tanti anni di assenza da Noha mi sono trovato in piazza la sera di un 28 settembre, vigilia della festa, al rientro della processione in onore del nostro santo patrono. Mi è piaciuta l’idea di far suonare alla banda musicale di turno l’Inno a san Michele Arcangelo. Meglio ancora oggi, perché si esibisce la banda di Noha alla quale va il mio plauso. Mi è sembrato un momento di intenso raccoglimento, quasi di preghiera. E’ un inno che tutta la popolazione conosce perché da secoli si canta in chiesa durante la novena. Sicuramente il testo risente dello stile decadente dell’epoca in cui fu composto (probabilmente durante il 1800 da autore ignoto). Ma la musica è solenne, e, suonata in piazza dalla banda, dà un senso di grandiosità che coinvolge tutti i presenti.

    *

    Nei registri parrocchiali del 1740 viene riportato un miracolo attribuito dalla gente a san Michele. Era il 20 Marzo del 1740. Ma lascio la penna al viceparroco dell’epoca, don Felice De Magistris, che nel suo italiano settecentesco così scrive a proposito del prodigioso evento:          

    Ad hore mezza della notte giorno di Domenica nella Congregazione di S. Maria delle Grazie haveva io colli fratelli incominciato l'esercizio della Congregazione: voltatosi un temporale tempestoso che non mai sene haveva così veduto, e tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli per l'aria, S. Michele havendosi da se stesso tirato il velo che lo copriva havendolono visto coll'occhi molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano facendo orazione e di subbito diedero notizia a me sottoscritto che mi ritrovava dentro la detta Congregazione, ed io andato con tutto il popolo cantai le Litanie Maggiori havendo primieramente esposto sopra l'Altare del Glorioso S. Michele le reliquie di questa parrocchiale, e fu tanto lo terrore e lo spavento del miracolo perché vedeva ogn'uno la faccia del Santo tutta smunta di colore ed imbianchita come la stessa lastra che tenivo ed havendosi da me fatto un sermone al popolo finì la funzione con una disciplina pubblica, e licenziai il popolo verso le quattro hore della notte non volendo in nissuna maniera uscirne il popolo lacrimante ed incenerito per lo spettacolo e spavento del tempo che fuori cessò per l'intercessione del Protettore. Ita est Don Felice de Magistris, sustituto.

    Sicuramente un episodio di questo tipo non troverebbe oggi posto sulle cronache dei nostri giornali. Ma a parte il racconto che dà l'impressione di gente terrorizzata sia per il temporale e sia per il prodigio, siamo informati dell'orario della catechesi ai confratelli della Congregazione (ad hore mezza della notte giorno di Domenica), anche le donne sono in chiesa per pregare a quell'ora (molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano facendo oratione), ci viene anche fatto capire che la chiesa aveva il tetto coperto di tegole (tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli dei tetti per l'aria).

    Per orientarsi e comprendere il senso, è necessario tener presente che i fusi orari non c’entrano nulla e che in tutto il Medioevo fino a metà del 1800 anche a Noha c’era un modo diverso di contare le ore. Punto di riferimento era la luce del sole. Il giorno cominciava al tramonto del sole. Quindi l’hora mezza della notte del documento in questione, tenuto conto che nel mese di marzo siamo ancora nel periodo invernale, erano circa le nostre ore 18 e i fedeli furono licenziati verso le quattro hore della notte e cioè verso le nostre ore 22.

    Auguri e buona festa a tutti.

     P. Francesco D’Acquarica imc
     

    Il 14 maggio 2023 è uscito il primo brano del nuovo progetto musicale del giovane cantautore Galatinese Pietro Antonaci, disponibile sul canale Telegram "OutVerse - Pietro Antonaci";

    Intitolata "Come Quando Ero Bambino" e realizzata tra ottobre ed aprile 2023, è l'inizio di un nuovo progetto artistico-musicale che vedrà l'uscita, entro il 2025, di tre canzoni che trattano rispettivamente: l'infanzia di un bambino (la fase in cui impara le prime forme di azione e reazione rispetto ad un mondo circostante totalmente nuovo), il distacco dall'identità dei propri genitori...cioè la prima vera autorità con cui quel bambino impara a relazionarsi nel rispetto di entrambi e infine l'anima (nella terza canzone prevista per fine 2024) che tratterà il tema dell'anima appunto intesa come un equilibrio risultante dal dialogo tra cuore, mente e spirito.  

    Il progetto è caratterizzato da un tipo di promozione alternativa, basata unicamente su un tipo di condivisione tramite canale Telegram, passaggi in radio locali e  concerti live.

    Video e musica si completano nella volontà di raccontare un po' quello che personalmente l'artista ha vissuto e sentito da piccolo, rappresentando attraverso la figura della televisione presente nelle scene, la psiche di quel bambino.

    La TV è come se scalciasse, se cercasse di ribellarsi, tanto è che ad un certo punto incomincia anche a fumare per la rabbia di quello che metaforicamente ha visto.

    È a quel punto che il protagonista (Pietro) decide di guardare letteralmente dentro la 'televisione' per vedere cos'è che non andasse e si ritrova quindi a rivivere quei momenti passati;

    dalle prime recite della scuola materna, al primo concerto a cui ha assistito che ha fatto nascere l'amore per la composizione, fino poi a ricollegarsi con il Pietro bambino grazie al colpo in testa di un pallone da basket da cui viene colpito verso la fine del videoclip. 

    Il video, tra effetti speciali e musica rock, si conclude con lui che, tenendo per mano un bambino di luce, si accinge ad entrare in una nuova realtà che verrà spiegata nel prossimo videoclip.

    Musica e testo di Pietro Antonaci, un ringraziamento a Marco Parisi per l'aiuto riprese e ad Arena Records di Bologna (lo studio in cui è stata registrata la musica).

    Al canale Telegram OutVerse - Pietro Antonaci si può accedere attraverso questo link: https://t.me/OutVerse_Pietro_Antonaci

    Biografia:

    Pietro Antonaci (Galatina, 6 settembre 2000) è un artista AudioVisuale, Pittore e Compositore. Fin da piccolo è affascinato dai due luminosi e creativi mondi della Musica e della Pittura; polistrumentista e cantautore, comincia a 15 anni a comporre musica ed a scrivere canzoni. Una sua canzone, scritta a 16 anni, (“Non ti ho realmente mai amato”) diviene colonna sonora di un cortometraggio (“L’esecuzione”) premiato al festival internazionale “Tulipani di seta nera” di RaiCinema, nel 2020.

    Per quanto riguarda gli studi, dopo le Medie, si iscrive al Liceo Scientifico “A. Vallone” di Galatina che frequenta, con profitto, fino al quarto anno, quando decide di cambiare radicalmente il proprio indirizzo formativo scolastico, passando al quinto anno di Liceo Artistico; qui consegue la Maturità. È in questo convulso periodo di cambiamento che, tra l’altro, coincide con il dramma del 2020, che Pietro riscopre il suo amore per la Pittura, perduto dopo l’infanzia; da esso trae forza, coraggio e fiducia. Dipinge, nel periodo di chiusura del lockdown, una tela imponente (“Cesto di frutta e verdura” dim.: m. 2,20, x 1,20) oggi, permanentemente, esposta nel Liceo Artistico “P. Colonna” di Galatina, da lui frequentato.

    Nel Ottobre dello stesso anno (2020) inizia a frequentare il corso di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, ma ben presto, si rende conto di voler cambiare ambito e di seguire il corso di Nuove Tecnologie Dell'Arte più improntato sull'audio e Arte Digitale.

    L'obiettivo di studio è l’ampliamento delle sinergie e della conciliazione tra Musica ed Arte Visuale, anche attraverso l’uso di software e strumenti per la realizzazione di progetti multimediali che uniscano, musica, pittura e realtà virtuale.

    Pietro Antonaci

     
    Di Redazione (del 10/05/2019 @ 18:32:54, in Comunicato Stampa, linkato 872 volte)

    Una Showy Boys dal grande cuore batte in rimonta l'Ostuni e si qualifica per la final four regionale under 18. Una prova di carattere da parte dei ragazzi allenati da Gianluca Nuzzo che Martedì 7 maggio, sul parquet del PalaPanico, in svantaggio per 2-0, sono riusciti a pareggiare i set per poi imporsi nel tie-break e accedere alla fase finale. Un successo prestigioso per la Showy Boys Galatina e per il suo team under 18 in quella che è la più rappresentativa categoria a livello giovanile. Splendida cornice di pubblico al palazzetto dello sport "Fernando Panico" con la presenza in gradinata di numerose famiglie e di tanti allievi e allieve della Scuola Volley di Galatina accorsi per sostenere i compagni del gruppo under 18 nel decisivo match valido per la qualificazione. Primo set di studio per le due contendenti, con la Showy Boys che sciupa il vantaggio consentendo alla compagine brindisina di chiudere sul punteggio di 22-25. Equilibrio anche nel secondo parziale, sino al 20-20, quando, anche in questa occasione, l'Ostuni riesce a portarsi avanti (21-25). Nonostante lo svantaggio per 2-0, i bianco-verdi non si demoralizzano e, trascinati dal calore del pubblico amico, conquistano il terzo set (25-19) e si rimettono in gioco. Quarto game molto avvincente, giocato bene da entrambe le squadre, in totale equilibrio, punto su punto, con attenzione tattica e con una carica agonistica dei protagonisti in campo che ha reso l'incontro ancora più entusiasmante. In questa occasione è la Showy Boys a chiudere il set (25-20) ed a riaprire le ostilità. Un 2-2 meritato per i giovani di mister Nuzzo che hanno ora l'opportunità di ottenere il pass per la final four regionale. Il palasport si "infiamma", con i sostenitori galatinesi a trascinare la squadra in questa bella impresa sportiva. I ragazzi della Showy Boys rispondono in campo con uno sprint iniziale che lascia ben sperare in un epilogo positivo della gara (8-2 al cambio campo). Così è. Il team di casa non molla e, forte del vantaggio, riesce a gestire l'andamento dell'incontro sino all'attacco vincente da “posto 4” che sancisce la vittoria (15-9). Al fischio finale esultanza e abbracci dentro e fuori dal campo per un risultato che premia il costante lavoro di un gruppo di ragazzi che, in questa stagione, ha affrontato un doppio impegno sportivo. Gli allievi della Scuola Volley, infatti, si sono distinti nel campionato under 18 e, in veste di prima squadra, nel più ostico ma interessante torneo di serie C.

    "Disputare la final four regionale ed essere tra le migliori quattro squadre di Puglia, in quella che è la massima espressione del movimento giovanile, vale a dire la categoria under 18, è un ottimo risultato - dichiarano con soddisfazione dallo staff dirigenziale della Showy Boys - disputeremo la final four con quell'entusiasmo e quella voglia di migliorare che ha sempre contraddistinto le nostre squadre, senza pressioni ma con la consapevolezza di poter anche sperare in un piazzamento che possa permettere ai ragazzi di partecipare alla fase nazionale. Sarebbe un ulteriore risultato positivo. La Showy Boys c’è e come unica rappresentante della provincia di Lecce nella più ambita competizione giovanile in ambito regionale".

    www.showyboys.com

     

    La scuola ci insegna ad apprendere, a scoprire, a diventare cittadini attivi, a vivere È lo spazio che ci fa crescere e che, suo malgrado, in questi giorni, ci fa fatto conoscere gli orrori di una guerra inutile e fratricida che sta sconvolgendo il mondo.

    Non ci saranno mai buoni motivi per dare inizio ad una guerra, ma nessun dolore sarà mai tanto forte se gli uomini lottano uno accanto all’altro per la pace.

    È incredibile il modo in cui la vita quotidiana di milioni di persone sia stravolta da sofferenza e distruzione.

    È bastato un semplice messaggio della Dirigente Scolastica Anna Antonica “Non possiamo stare fermi a guardare! Siamo certi che con la collaborazione di tutti sarà possibile apportare un aiuto concreto a quei bambini, donne, uomini, vittime innocenti di una guerra crudele.”

    Ottima la risposta degli studenti e delle loro famiglie dell’Istituto Comprensivo Polo 1 di Galatina per inviare aiuti in Ucraina, paese martoriato da giorni dai bombardamenti della guerra.

    Il Polo 1 di Galatina è sceso in campo dimostrando, anche in questa occasione, di avere un cuore grande che batte forte in azioni di solidarietà e di essere vicino alle sofferenze del popolo ucraino martoriato dalla guerra.

    Da subito l’organizzazione della rete della solidarietà è partita per raccogliere nei locali dell’Istituto il necessario da portare là, oltre i confini Europei, velocemente.

    Costante e continuo è stato il via vai di studenti e dei loro familiari che hanno portato nella sede della Scuola Secondaria di Primo grado “Giovanni Pascoli” scatoloni e buste piene di generi di prima necessità (cibo a lunga conservazione, medicinali, vestiario ecc.) pronti per essere spediti al popolo Ucraino.

    In un’aula dell’Istituto Comprensivo si sono valutate le cose donate, si sono selezionate e smistate per categoria.

    Già all’indomani dell’invasione russa in Ucraina, la Scuola Secondaria di Primo Grado “Giovanni Pascoli”, aveva accolto l’invito del ministro Patrizio Bianchi a riflettere sulla guerra. I docenti, durante le proprie lezioni, hanno acceso interessanti dibattiti sul conflitto, spiegando ai ragazzi gli orrori e le sofferenze provocati dalla guerra.

    Dai dibattiti è emerso che ciò che rende veramente uomini è il sentimento di solidarietà, sancito anche dall’articolo 2 della nostra Costituzione, che deve essere inteso come un vero dovere e non deve rimanere fine a se stesso.

    La concezione di solidarietà deve essere intesa in senso più ampio, riferita al “bene comune” e posta come base per la convivenza sociale.

    Concetto fondamentale è che l’individuo non può stare bene tra tanta gente che sta male.

    In un mondo invaso dall’egoismo, dalla competitività e dai sentimenti negativi, la solidarietà degli studenti e delle loro famiglie, costituisce il grido più forte di chi non ha voce e rappresenta anche un passo importante verso la costruzione di legami sociali.

    Il nostro Istituto ribadisce con fermezza il ripudio della guerra, così come sancisce l’art. 11 della nostra Costituzione e la solidarietà alla popolazione Ucraina.

    Gli studenti e le loro famiglie desiderano che i colori, le ragioni e la voce della pace riescano a silenziare il rumore odioso delle armi e sconfiggere l’arroganza prepotente di ogni sopraffazione.

    Istituto Comprensivo Polo 1 Galatina

    Classi 3 A e 3 B

     
    Di Redazione (del 21/10/2021 @ 18:31:46, in Comunicato Stampa, linkato 577 volte)
    L'Amministrazione Comunale di Galatina intende riservare una porzione del quartiere fieristico alla realizzazione di un centro di alta formazione professionale. E una larga fetta della popolazione insorge, annunciando una petizione popolare con gazebo e raccolta firme itineranti.
     
    Si tratta di cittadini, liberi professionisti, attuali ed ex amministratori: in tanti, alla luce delle intenzioni palesate dall'amministrazione e già portate all'attenzione della Regione, hanno deciso di non restare a braccia conserte. Le ragioni del "NO" al progetto saranno illustrate durante i banchetti di raccolta firme già in programma.
     
    «Riteniamo - spiegano alcuni dei promotori - che quella avanzata sia una scelta miope e dannosa. In primis per l'intero immobile, che subirebbe il colpo di grazia definitivo. E poi per tutta la città di Galatina e il suo hinterland, che perderebbero una realtà altamente attrattiva.
     
    Ricordiamo che Galatina è il terzo polo fieristico regionale dopo Bari e Foggia, e l’intero immobile rappresenta, per il bilancio comunale, la proprietà di maggior valore economico. Sarebbe stato opportuno da parte dell’Amministrazione coinvolgere, attraverso la promozione di “Focus Group”, il tessuto imprenditoriale e gli esperti nel settore fieristico, per analizzare insieme le strategie di rilancio del Quartiere Fieristico.
     
    Crediamo che l'impegno degli amministratori debba essere orientato alla rivalutazione definitiva dell'immobile, tenendo conto principalmente di fattori concreti e di rilievo. Uno su tutti l'importanza per la nostra città di riavere un attrattivo polo fieristico e dei convegni, un’area eventi rinnovata e fruibile 365 giorni all’anno, godendo anche della possibilità concreta di reperire risorse economiche per la ricostruzione dell'immobile e il suo rilancio.
     
    Riteniamo - incalzano - che non si possa sacrificare la vocazione della struttura e del territorio galatinese stesso, nel tentativo di occultare la mancanza di visione di questa amministrazione, ormai palese su questo fronte, al pari di altre importanti tematiche. Candidare il quartiere fieristico a diventare un centro di formazione regionale è come dire: "ci abbiamo provato, abbiamo almeno provato a fare qualcosa". Ma qualcosa per chi? Aggiungiamo noi. Non certo per il bene di Galatina, del suo tessuto economico e dell'indotto ad esso correlato.
     
    Ben venga un centro di formazione - precisano poi - ma perché non immaginarlo in un altro immobile? Magari uno di quelli di proprietà comunale, ricoperti dalla polvere e incastrati nell'immobilismo e nella cecità di questa amministrazione.
     
    Per questo “RILANCIAMO LA FIERA DI GALATINA” sarà il motto di questa nostra azione di protesta, che si fa portavoce di tutti coloro che hanno realmente a cuore il benessere della città».

     
     
    Calendario dei banchetti di raccolta firme:
     
    -24 ottobre (9.30-12.30, piazza Aligheri a Galatina)
     
    -28 ottobre (9.30-12.30, ingresso mercato settimanale di Galatina)
     
    -31 ottobre (9.30-12.30 Piazza Aligheri a Galatina, Piazza Italia Collemeto)
     
    -4 novembre (9.30-12.30, ingresso mercato settimanale di Galatina)
     
    -7 novembre ( 9.30-12.30 Piazza Aligheri a Galatina, Piazza San Michele a Noha)
     
    -11 novembre (9.30-12.30, ingresso mercato settimanale di Galatina)
     
    -14 novembre( 9.30-12.30, Piazza Fedele a Galatina)
     
     
     
    Membri del comitato “Rilanciamo la fiera di Galatina”:
     
    Paolo Pulli
     
    Francesco Sabato
     
    Sandra Antonica
     
    Antonio Mele
     
    Massimo Marra
     
    Michele Scalese
     
    Adriano Margiotta
     
    Vanessa Contaldo
     
    Mariagrazia Sederino
     
    Antonio Congedo
     
    Stefano Dell’Anna
     
    Livio Cucurachi
     
    Tommaso Moscara
     
    Carmine De Paolis
     
    Elisabetta Tarantino
     
     
     
    Per info: firmaperlafiera@libero.it
     Leonardo Donno, deputato M5S
     
    Di Redazione (del 27/06/2018 @ 18:26:24, in Comunicato Stampa, linkato 1319 volte)

    Nei giorni 28, 29 e 30 giugno, Galatina festeggia i suoi Santi Patroni Pietro e Paolo. L’Associazione Turistica Pro Loco di Galatina e Note d’Arte passeggiate storico-artistiche, con il Patrocinio del Comune di Galatina ed in collaborazione con Archeoclub Terra d’Arneo - Nardò/Galatina e Patroni di Puglia ne rende omaggio proponendo un percorso tematico, inserito nella rassegna estiva A cuore Scalzo, legato alla festa ed ai “tarantati”.

    Un tour per scoprire i “luoghi” della festa. Per raccontare le tre giornate ed il loro “ruolo” differente all’interno dei festeggiamenti e rimarcare la differenza esistente tra i due Santi nella Città: una differenza mirabilmente sintetizzata nel famoso detto locale Paulu busca e Pietro mangia e nell’appellativo di San Paolo, chiamato lu santu de li forastieri.

    Tutto avrà inizio nel giorno della vigilia – 28 giugno –, che resta ancora oggi il più affascinante della Festa Patronale: fino agli anni Ottanta del secolo scorso – in questa data –, si radunavano nella Cappella di San Paolo i “tarantati” con i familiari e i musicisti terapeuti che alternavano per tre giorni e tre notti fasi di sonno a momenti di danza coreutica per debellare il male e una volta ottenuta la grazia da San Paolo, ne rendevano omaggio. Accanto a questo rito, oggi scomparso ma recuperato in chiave folkloristica con ronde spontanee di fronte la Cappella, si svolge – ieri come oggi –, la tradizionale processione in una coloratissima scenografia naturale. Per tre giorni le vie della Città e la grande Piazza S. Pietro, saranno avvolte dalle splendide luminarie e piene di bancarelle. Nei pressi della Chiesa Matrice troveremo gli oggetti tipici di questa festa: i mantaji (ventagli in carta con immagini dei SS. Pietro e Paolo e altri Santi) e le zagareddhre, nastri di raso colorato che le donne legano ai polsi per ballare la pizzica.

    Galatina si “veste” in festa... una festa per gli occhi e il cuore.

     

    28, 29, 30 giugno 2018 | GALATINA la festa - in tour tra storie ed itinerari inconsueti:

    >> 10.00 - partenza da p.zza San Pietro

    >> 16.00 - partenza da p.zza San Pietro

     

    Meeting point:

    GALATINA - p.zza San Pietro

    T. +39 392 9331521 – E: tour.galatina@gmail.com

    Prenotazione obbligatoria

     
    Di Antonella Marrocco (del 03/04/2017 @ 18:25:55, in NohaBlog, linkato 2856 volte)

    Forse potevo fare. Forse potevo dire.

    Forse potevo capire, Serena.

    Quel forse straziante rimbomba nella mente, nel cuore e nel profondo dell’anima mia.

    Quel forse accompagna le mie giornate lasciandomi nell’angoscia più assoluta.

    Racchiude tante domande, che come risposta avranno il silenzio più assordante che si sia mai sentito.

    Serena, forse dovevo starti più vicina, parlare di più con te, cogliere le piccole cose che ancora oggi mi sfuggono.

    Scusami.

    Forse quell’attimo poteva passare, dare il posto al tempo della riflessione, rallentare tutto, angoscia, paure, ansie, anche il battito del cuore.

    Ma forse la sicurezza e la forza della mente avevano superato in te ogni tormento.

    Quel tempo che tu cercavi, lo hai accolto a braccia aperte e fermato nei tuoi occhi, nel tuo essere, lì per sempre.

    Mi manca l’aria, un grido mi soffoca, il sole brucia, ma non riesce ad asciugare le mie lacrime.

    Sento freddo. Cade neve sulla mia anima.

    Serena, mi rimane tanto di te. L’azzurro dei tuoi limpidi occhi, l’oro dei tuoi capelli, il tuo sorriso, le lunghe camminate in compagnia della luce o del caldo tepore di una serata d’estate, la bella persona che eri.

    Mi mancherai, sì. Frugherò tra i tanti ricordi dell’anima per averti sempre con me.

    Un’altra ruga di malinconia si fa spazio in me.

    Forse potevo capire, forse potevo dire, forse potevo fare.

    Antonella Marrocco

     

    “La legalità non ha compromessi che la possano filtrare. Questa è la certezza che accompagna il mio mandato fin dall’inizio.
    Da qui la scelta per esempio di bloccare l’uso dello stadio alla Pro Italia, nonostante i disagi creati in particolare ai tifosi, con mio dispiacere. Le istituzioni galatinesi collaborano costantemente con lo scopo di promuovere il bene dei cittadini e di tutte le realtà che operano nella città.
    Non ci possono essere mediazioni perché si rischia di protrarre nel tempo azioni che apparivano giuste solo perché sono state fatte sempre così. Nella realtà ledono i diritti di tutti. Bisogna confidare nell’amministrazione, nelle forze dell’ordine e in chi ha cuore le sorti del proprio paese.
    Invito i cittadini all’unità e a credere che sia possibile cambiare le cose in meglio. Non è un atto di coraggio, è un atto dovuto”

    Marcello Amante

    Sindaco di Galatina

     
    Di Redazione (del 11/05/2020 @ 18:21:32, in Comunicato Stampa, linkato 715 volte)

    Se l’emergenza sanitaria sembra essere più controllata rispetto a qualche settimana fa, quella economica e commerciale si sta ancora manifestando in tutta la sua gravità.

    Molti comuni stanno adottando provvedimenti utili a far ripartire le economie locali e da quello che ci risulta anche la nostra Amministrazione sta pensando ad alcune soluzioni per sostenere la ripartenza economica e commerciale galatinese.

    Però pensare non basta più, non c’è più tempo, ora serve decidere. Con l’estate alle porte, con il rischio di collasso di molte attività produttive e con la pericolosa prospettiva di una crisi occupazionale, bisogna agire subito per evitare che i lacci della burocrazia possano rallentare l’adozione di provvedimenti che saranno efficaci solo se adottati prima dell’estate.

    Per la nostra realtà locale riteniamo che la priorità in questo momento è capire se e come attenuare il peso della bolletta della TARI soprattutto per le attività produttive. Una bolletta tra le più altre in Provincia di Lecce che se in tempi normali ha sempre rappresentato un peso gravoso sul bilancio delle attività produttive, figuriamoci quale incidenza possa avere adesso che le aziende sono chiuse da mesi e che alla riapertura faticheranno ad avere i regimi di lavoro a cui sono abituate.

    Ben venga il rinvio nei pagamenti ma, sempre nel rispetto delle leggi, vorremmo capire se ci sono i margini per tentare di ridurre il costo della bolletta.

    Allo stesso tempo, considerando le regole imposte dal Governo inerenti il distanziamento sociale ed il divieto di assembramento, soprattutto per le attività di ristorazione e somministrazione, diventa necessario valutare, sempre in vista dell’estate, nuove soluzioni per quel che riguarda l’occupazione di suolo pubblico, tenendo in considerazione le circostanze straordinarie determinate dall’emergenza.

    Come già stabilito da altri comuni che sono partiti prima di noi, concedere alle attività produttive suolo pubblico (porzioni di strada, parcheggi e marciapiedi) in determinati orari e possibilmente esentandoli dal rispettivo pagamento della TOSAP per quest’anno, potrebbe permettergli di ricominciare lentamente a tornare alla normalità, assicurando al contempo il rispetto delle distanze.

    Per quanto riguarda invece il cuore della città condividiamo la scelta di sospendere la ZTL, augurandoci però che questa sospensione venga rinnovata quanto meno per tutto il periodo estivo.

    Dato che nel centro cittadino sono tante le attività di somministrazione, proponiamo di dotare il centro di nuovi elementi di arredo urbano(panchine, fioriere con posti a sedere, ecc.) che contribuirebbero non solo ad abbellire il borgo, ma sopratutto incentiverebbero famiglie e cittadini a servirsene evitando gli assembramenti nei pressi degli esercizi pubblici.

    Alla luce di tutto ciò, con responsabilità e spirito propositivo, invitiamo il Sindaco e l’intera Amministrazione ad assumere in merito a queste tematiche decisioni celeri ed efficaci, ascoltando anche le proposte e le idee degli operatori economici cittadini che meglio di tutti conoscono le criticità ed anche le soluzioni per uscire fuori da questa stagnazione economica e commerciale.

     

    Pierluigi Mandorino

    Segretario Partito Socialista sez. Galatina

     
    Di Redazione (del 28/05/2018 @ 18:20:42, in NoiAmbiente, linkato 1622 volte)

    In occasione della presentazione del libro di poesie “Alla Vita e per la Vita”, che si è tenuto la sera del 25 maggio, presso la sede del circolo Arci Levèra in via Bellini 24 a Noha, abbiamo avuto il piacere di vivere, tra parole e musica, un’ora di intensa emozione.

    Per stare dalla parte della poesia, bisogna essere fuori moda, armarsi di coraggio, togliersi la maschera, mettere a nudo l’anima. 

    Oggi vanno più di moda i  comparti, i centri commerciali, gli appalti, meglio se truccati, non la poesia.

    La poesia non costa, ma non è nemmeno in vendita. E non è per tutti.  La poesia è un miracolo della natura. Ma che ci facciamo con queste pagine bianche di sincerità: là fuori vige la scaltrezza, l’illegalità, la corruzione.

    Devi chiudere gli occhi, la poesia invece apre il cuore.

    Ma con il cuore non si seppelliscono rifiuti, non si incendiano campi, non si avvelena la terra.

    La poesia e la musica invece incendiano il cuore.

    La poesia è arte, è ricerca del dettaglio. E’ ciò che viene spesso tralasciato perché talmente piccolo che temiamo ci faccia perdere tempo.

    Noi con il tempo facciamo a gara, e vorremmo stringerlo in un pugno, e a volte lo stringiamo così forte da ucciderlo, così  uccidiamo noi stessi.

    Invece  la poesia allunga il tempo, colora la vita.

    La poesia rende liberi, permette di superare le barriere, e di abbattere mura di cinta che sminuzzano gli orizzonti e arginano la bellezza.   

    La poesia pulisce le colonne di fumo, non produce rifiuti, non necessita di colate di cemento.

    Senza la poesia ci perdiamo il meglio:  l’incanto dei fiori, i prati, il cielo azzurro, il canto e il pianto.

    Anche le parole semplici della poesia di Ada sono resistenza.

     

    P.S.:

    Ringraziamo la Pr.ssa Ada Palamà per questa opportunità di aiuto per la Vita, ringraziamo gli ospiti di cuore e Mani aperte verso tutti, che hanno apportato a tutti noi la conoscenza del valore del loro volontariato, ringraziamo le lettrici Antonella Marrocco, Ausilia e Giulia Palamà, ringraziamo il Direttivo di Levèra per l’organizzazione dei locali, ringraziamo tutti gli ospiti,  e infine Antonio Mellone, per aver legato magnificamente ogni respiro della serata.

    Il direttivo di Fareambiente Laboratorio di Galatina - Noha

    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018 Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018

    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
    Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018Presentazione del libro -Alla Vita e per la Vita- 25.05.2018
     

    L’evento per grandi e piccini è fissato per Domenica 04 dicembre a partire dalle ore 09.00 ed avrà fine intorno alle ore 13.00. In Piazza Alighieri a Galatina. La Bimbulanza è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici. Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte" O.d.V., nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla Bimbulanza di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri. L’offerta minima per singolo Natalotto di cioccolato dal peso di 200 grammi, è di 5€.
    Inoltre, tutti gli amici che domenica 04 dicembre verranno a trovarci per ritirare il Natalotto riceveranno anche un biglietto che consentirà loro di partecipare all'estrazione di una splendida stampa da parete verticale, con una riproduzione di Klimt, già incorniciata, gentilmente offerta dal "Laboratorio d'Arte" di Fabio Bardoscia in via Soleto 128 a Galatina. Un motivo in più per accorrere numerosi.

    Info e prenotazioni:
    Sandro Argentieri: 333-4368532;
    Alessandro Antonaci: 328-0459945;
    Piero Luigi Russo: 349-8471729.

     
    Di Redazione (del 25/05/2020 @ 18:18:42, in Comunicato Stampa, linkato 1119 volte)
    Questo maledetto virus desiderava imprigionarci nelle nostre legittime paure, voleva costringerci a diffidare dei nostri amici, dei vicini, addirittura dei nostri parenti, ha cercato di farci mantenere una distanza di sicurezza che appariva con il passare dei giorni sempre meno colmabile. Questo maledetto virus aveva deciso di cancellare le nostre strette di mano, i nostri abbracci, le nostre passeggiate, le nostre feste di compleanno, i nostri anniversari, gli ultimi saluti ai nostri cari defunti.
    Le interminabili e estenuanti file all’esterno dei supermercati, le corse in farmacia per fare scorta di mascherine e gel disinfettanti, le serrande dei negozi abbassate raccontavano, più di ogni altra cosa, come lo stramaledetto virus stava vincendo a mani basse sfruttando le nostre ansie.
    Eppure, l’energia, la voglia di fare, ma soprattutto la passione di Coach  Sandro Argentieri coadiuvato da Stendardo Gabriele, Pascali Mattia e Stefanizzi Giulio , non si sono mai fermate di fronte alle limitazioni di questi giorni ed hanno continuato ad ardere. Ma per dare sostanza a tutto questo, serviva creatività e, naturalmente, l’immancabile supporto della tecnologia.
    Dopo qualche giorno di smarrimento, soprattutto condizionato dall’iniziale continuo rincorrersi di nuove regole, una volta trovatici di fronte alle crude certezze della quarantena, abbiamo cercato di dare vita comunque a diverse iniziative – spiega proprio il Socio Fondatore della Virtus Basket Galatina, Argentieri -. Il nostro scopo è di tenere tutti i nostri ragazzi coinvolti, cercando di stimolarli grazie alla loro passione comune e magari di dare anche un po’ di sollievo alle famiglie, alle prese con i loro virgulti chiusi in casa tutto il giorno senza attività che ne consumino qualche energia.
    Così, da queste semplici, ma fondamentali premesse, è nata dapprima l’idea del contest nel quale abbiamo chiesto a tutti i nostri tesserati di mettersi in gioco, realizzando, utilizzando esclusivamente materiale riciclato, un canestro ed al contempo desse un messaggio di speranza con l’hashtag #AndràTuttoBene. I risultati? Sorprendenti, con punte di eccellenza, abbiamo potuto visionare dei progetti meravigliosi, divertenti e spiritosi oltre a tantissimi disegni pieni di colori ed ottimismo. Ma non ci siamo fermati solo a questo.
    Nel frattempo abbiamo cercato il modo migliore anche per fare il nostro sport, praticando degli allenamenti online, con sessioni di tecnica e atletica.Il tutto con grandissimo successo di partecipazione. A maggior ragione nelle settimane in cui, con le varie ordinanze Regionali emanate per contrastare il contagio da Coronavirus, era assolutamente vietato fare passeggiate e frequentare spiagge e parchi, ha assunto particolare rilevanza la possibilità di allenarsi negli spazi di casa propria.
    Convinti inoltre come siamo che lo sport non è solo disciplina, allenamento e competizione, ma prima di tutto solidarietà, onestà e rispetto per gli altri, abbiamo lanciato una raccolta fondi a favore di “cuore Amico – Progetto Salento Solidarietà”: abbiamo imbottigliato 100 bottiglie Cantina Fiorentino e, per ogni bottiglia venduta (al costo di 5€), 1,75€ verranno devolute in beneficienza alla Onlus salentina.
    Il vino sarà disponibile in due qualità:
     
    • il Galatina Rosato DOC, prodotto con uve Negroamaro e 100% Biologico Certificato;
     

    • il Galatina Rosso DOC, prodotto con uve Negroamaro e Primitivo e 100% Biologico Certificato.

    Sandro Argentieri

     
     

    Si è svolta il 17 novembre 2023, una breve, ma intensa cerimonia di inaugurazione della targa BRAILLE de “Il muro del Coraggio” presso il plesso scolastico del 3° Polo in via Spoleto a Galatina.

    Una canzone simbolo della lotta alla mafia. Vincitore di Sanremo 2007, “Pensa” è uno dei pezzi più celebri del cantautore italiano Fabrizio Moro. Il testo, secondo quanto ha dichiarato dallo stesso Moro, è stato scritto di getto, subito dopo aver visto un film sulla vita di Paolo Borsellino. Si tratta di un invito alla riflessione, contro ogni forma di violenza e contro la mafia. Oggi abbiamo avuto l’onore di ascoltarla, in apertura cerimonia, perfettamente intonata, grazie ai ragazzi delle quinte dell’istituto comprensivo Polo 3 galatina.

    Magistralmente diretti dalle splendide Maestre e capeggiati da una infaticabile Dirigente, Rosanna Lagna, i ragazzi hanno fatto scoppiare il cuore ai tanti presenti per le emozioni suscitate.

    Gli occhi lucidi dei tanti genitori presenti sono le “immagini” che meglio rappresentano le emozioni vissute stamattina.

    L’invito della Dirigente mira a costruire un mondo di valori, perché i piccoli possano aver chiaro il rispetto della legalità, attraverso il dialogo costruttivo tra la scuola, la famiglia e con tutti coloro che intendono far parte della crescita dei nostri piccoli alunni che saranno gli adulti del domani…

    Durante la coinvolgente e intensa cerimonia la Dirigente ha ringraziato l’Assessore Palombini, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, per il rapporto proficuo di collaborazione, aspetto essenziale perché la scuola comunichi sempre con il territorio.

    Un compito senz’altro difficile quello a cui è oggi chiamata la nostra scuola, soprattutto quando si parla di impegno antimafia. Fare la differenza, però, è possibile, se offriamo ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze gli strumenti per accrescere la loro autostima e se riusciamo a dare loro gli strumenti che possono servire ad acquisire consapevolezza, rendendoli liberi e libere di scegliere di dire no. Si impara a essere anti mafiosi sui banchi di scuola perché, nel momento n cui si opera sopraffazione nei confronti del compagno, della compagna più deboli, più fragili, nel momento in cui si crea una cerchia solidale nei confronti del prepotente, quando si avallano comportamenti di prepotenza sin da bambini, già mettiamo in atto comportamento mafiosi.

    Da oggi, grazie alla nuova targa BRAILLE, tutti gli studenti, ogni mattina, potranno ricordare Paolo Borsellino, Renata Fonte, Lea Garofalo, Antonio Montinaro, Carlo Alberto dalla Chiesa, Peppino Impastato e Giovanni Falcone.

    Ancora una volta vogliamo ringraziare il Polo 3 per aver scritto, con la penna dell'amore, una bellissima pagina di rispetto, passione e attaccamento ai valori dell’antimafia…

     VIRTUS BASKET GALATINA

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 18/06/2017 @ 18:15:49, in NohaBlog, linkato 2993 volte)

    Padre, ascolta la nostra preghiera: guarda con bontà questo tuo figlio, che noi consacriamo come diacono perché serva al tuo altare nella santa Chiesa. Sia pieno di ogni virtù: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel suo servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito”.

    Sabato 24 giugno, con queste parole, l’arcivescovo di Otranto, con l’imposizione delle mani, ordinerà il nostro Giuseppe diacono. L’aggettivo possessivo qui è d’obbligo. Il fatto che nella comunità cristiana di Noha nascano e maturino vocazioni alla vita consacrata, senza soluzione di continuità generazionale, non è mera coincidenza. Che uomini e donne consacrino la loro vita a Dio a servizio della Chiesa, dimostra anche una certa sensibilità all’uomo da parte dell’intera  nostra comunità, e non solo del singolo individuo.

    Ho usato l’aggettivo possessivo nostro, dunque, poiché Giuseppe oggi sarà chiamato ad essere diacono, e domani presbitero, a servizio di una comunità, perché un’altra comunità, con l’aiuto di Dio, lo ha generato, ed è la comunità di Noha. Nessuno, infatti, si forma da solo.

    Il nostro Giuseppone (qui l’aggettivo lo uniamo ad un affettuoso accrescitivo non solo per la sua stazza, ma anche per la sua bontà d’animo, la potenza vocale, la paziente disponibilità e il suo sorriso) non porta davanti all’altare soltanto se stesso, ma anche la sua storia, e in quella ci siamo, chi più e chi meno, tutti noi.

    Quando Giuseppe ha incontrato il Papa, è come se ci fossimo stati tutti noi lì con lui, così come eravamo lì, se non con il corpo ma con lo spirito sì, insieme alla sua mamma, al suo papà e a suo fratello, quando ha conseguito il baccellierato.

    Ed è con immenso affetto che lo ricordiamo, il nostro Giuseppe, quando, ancora incerto, muoveva i suoi primi passi sul presbiterio. A giorni, invece, indosserà la stola diaconale.

    Il fatto che l’ordinazione presbiterale sia preceduta da quella diaconale non è soltanto prassi sacramentaria.

    Come scrisse Paolo VI in una lettera apostolica in forma di motu proprioil diacono è animatore del servizio, ossia della diaconia della Chiesa, segno e sacramento dello stesso Cristo Signore, il quale non venne per essere servito, ma per servire”. Oggi infatti diciamo, al nostro caro Giuseppe, che non abbiamo mai avuto così tanto bisogno di diaconi non solo nella Chiesa, ma anche nella comunità civile. Diacono, senza nascondercelo e senza scandalizzarci, vuol dire servo, servo di Dio e della Chiesa che sono gli uomini e le donne del nostro tempo. Non capi e tiranni, ma servi: questo dovremmo essere gli uni per gli altri. L’ordinazione diaconale di Giuseppe è un monito per noi tutti a ritrovare unità come comunità, ad accrescere in noi lo spirito di servizio, avendo una visione comune d’intenti, dando più spazio alla comunione che alla disgregazione.

    Ora, per risparmiare a Giuseppe la solita mole di domande, diciamo cosa fa un diacono. I suoi compiti sono elencati nella Lumen Gentium: amministra il battesimo, conserva e distribuisce l’eucaristia, in nome della Chiesa assiste e benedice il matrimonio, porta il viatico ai moribondi, legge la sacra scrittura ai fedeli, istruisce ed esorta il popolo, presiede al culto e alla preghiera dei fedeli, amministra i sacramentali, dirige il rito funebre e della sepoltura. Poi, come dice San Policarpo, i diaconi siano misericordiosi, attivi, camminanti nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti.

    Tutta la comunità di Noha, dunque, è chiamata a partecipare al rito di ordinazione, perché una chiamata di Dio è una chiamata per la comunità che siamo noi.

    Caro Giuseppe, permettendomi di ricordare per quest’evento don Donato, probabilmente lui sabato ti avrebbe salutato così: “sì, però moi vane bellu bellu”. Accompagnandoti nel cammino, ci stringiamo a te, e con l’augurio con cui il vescovo ti ordinerà diacono, anche noi preghiamo dicendo: Dio che ha iniziato in te la sua opera la porti a compimento.

    Auguri  ἀδελφὸς!

    Fabrizio Vincenti

     
    Di Antonio Mellone (del 18/06/2017 @ 18:12:12, in Comunicato Stampa, linkato 3272 volte)

    Ormai è risaputo quanto la mia incompatibilità con Daniela Sindaco sia genetica, ancor prima che culturale e quindi politica. Ciò non toglie che non si possa o non si debba riconoscere all’ex-delegata della frazione di Noha un coraggio e una forza fuori dal comune [ormai in tutti i sensi, ndr.].

    L’avvocata de nohantri (bisogna darle atto) è riuscita con un lavoro indefesso a convincere un bel gruppo di persone, un centinaio abbondante, non tanto a darle retta [qui da noi è facile credere a tutto, anche agli asini che volano, ndr.], quando addirittura a metterci la faccia, diciamo così, candidandosi in non so più quante liste a sostegno di una Sindaco alla seconda - cui a questo punto, visti i risultati, sarebbe d’uopo estrarre finalmente la radice quadrata, con il risultato di una Sindaco solo di cognome e non più di potenziale carica [lo so: questa è difficile per chi in terza media non ha studiato come si deve le potenze e le radici. Ma cosa volete da me: chi sa si diverte di più di chi non sa, ndr.].

    La nostra beniamina, già espulsa dal gruppo PD (Politicanti Dozzinali), s’è impegnata Anima & cuore, anzi s’è dannata pur di far perdere voti al suo ex-partito (riuscendovi in parte), ma ritrovandosi di fatto come quel marito che, per far dispetto alla consorte, decide d’emblée di evirarsi.

    Evidentemente alla tapina sfuggiva il fatto che i Perdenti Democratici, già a un passo dal baratro, non avevano mica bisogno della sua spinta per fare il famoso passo avanti e cadere così nel burrone elettorale: infatti avevano ormai da tempo programmato da se medesimi la loro Caporetto, non tanto con la designazione di Paola Carrozzini [che, detto tra noi, è mille volte meglio di Renzi, ndr.], bensì suicidandosi politicamente grazie alla candidatura di vecchie cariatidi, portatrici sane di pensieri e progetti che sanno di stantio nonostante il disperato tentativo di utilizzare profusamente il noto idrocarburo aromatico polinucleato detto naftalina.

    Fra le idee da esporre nel museo dell’archeologia politica ce n’è una tutta da incorniciare: è il famoso “progetto” del  mega-porco, ossia il centro commerciale in contrada Cascioni, da realizzare nel bel mezzo dell’era dell’e-commerce che sta portando da tempo e un po’ ovunque alla chiusura di molti megastore [avrebbero forse avuto più successo di pubblico se avessero proposto la costruzione a Collemeto di un centro di recupero per politici rincoglioniti, i cosiddetti Partiti Definitivamente: ma non se ne ha ancora notizia, ndr.].

    Sapete com’è: certi amministratori nostrani con le idee si regolano come dicono che si deve fare con gli amici: ne hanno poche; ma a quelle poche son molto affezionati: tra le poche, ce n’è per disgrazia molte delle storte; e non son quelle che son loro le men care [così, tanto per parafrasare il vecchio caro don Lisander, ndr.]  

    Dunque l’immolazione della Sindaco Daniela Sindaco sull’altare del dispetto è stata del tutto inutile [per lei. Per noi, a dirla tutta, un sospiro di sollievo, ndr.], se è vero come è vero che la sommatoria dei voti delle due coalizioni a vocazione minoritaria (cioè Carrozzini + Sindaco) avrebbe comunque prodotto un miserrimo terzo posto, sempre comunque dopo ‘u Giampieru e l’Amante.

    Guardate, non mi è facile, ma io vorrei a tutti i costi spezzare una lancia in favore della trombata e purtuttavia impettita Daniela nostra. Vorrei dirle che questa campagna elettorale le è servita se non altro a migliorare nella forma i contenuti del suo “pensiero” [nella sostanza un po’ meno, ndr.], per esempio addolcendo i toni, rinunciando finalmente alle sue filippiche [roba da video virali sui social, ndr.], perfino la sua pronuncia, nel mettere in croce due o tre frasi, si è liberata da qualche topica meschina inflessione dialettale [qualche, dico, non tutte, ndr.].

    Ora, la Sindaco-solo-di-cognome, come riportato qualche giorno fa dal noto diversamente giornalista del Quotidiano, viene corteggiata (politicamente, s’intende) da certa accozzaglia di destra, con la quale, già prima delle elezioni, s’erano registrati baci, abbracci e moine varie. A parte poi il fatto che un candidato sindaco trombato alle elezioni non “possiede” [“possesso” è copyright del Quotidiano, ndr.] i voti dei suoi elettori che non sono suoi ma, appunto, degli elettori, volevo dire a Daniela (per quel che serve: cioè a niente) di stare attenta, di non fidarsi di certi mammasantissima della politica locale, capacissimi di farle un altro sgambetto molto più devastante di quello riservatole dai suoi ex-compagni del Partito Distrutto.   

    Adesso sarebbe il caso che Daniela si prendesse un periodo sabbatico per riflettere (lontano dai riflettori) su tutti gli errori commessi. E sarebbe d’uopo che lei e i suoi accoliti, soprattutto quelli che per decenza non si son nemmeno votati da soli [sissignore, non si contano i candidati nelle sue sette o otto liste con zero preferenze, ndr.] si mettessero con il culo sulla sedia e iniziassero seriamente a studiare e a lasciar perdere le sconcezze, i commenti da zotici e le chiacchiere da webeti sparpagliate sui social. Sarebbe davvero un bel peccato disperdere così tante energie per sbraitare contro questo o quel tizio che ti muove una critica, un appunto, una nota di biasimo, fosse anche satirica o addirittura sarcastica [anziché farne tesoro, ndr.], piuttosto che guardare per una volta in faccia alla realtà senza manipolarla o accomodarsela a proprio uso e consumo.

    Ecco. Questa sarebbe già una buona battaglia da combattere, il vero cambiamento culturale da compiere: una specie di rivoluzione russa.

    Purtroppo oggi russa è ancora voce del verbo.

    Antonio Mellone

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 17/03/2020 @ 18:11:17, in NohaBlog, linkato 1074 volte)

    È arrivato. Quel tempo che sapevo prima o poi sarebbe arrivato, è giunto ora, all’improvviso. Voi chiamatelo come volete, tempo del coronavirus, tempo di restare a casa, tempo del ce la faremo, per me resta il tempo della quaresima, mai come quest’anno perfettamente coincidente con i decreti ministeriali che vietano quello che fino a qualche giorno fa era consuetudine, una folle consuetudine. Ma lo sappiamo tutti che la quaresima non è un tempo ordinario (almeno per la Chiesa): è un tempo forte nel quale ognuno riscopre di che pasta è fatto e chi lo ha impastato. Ed eccoci rinchiusi, sarcastici e più affettuosi che mai, paurosi e maestri della polemica, complottisti ed ignoranti. Incapaci di fermarci, di riflettere, di respirare.

    È un mondo folle quello in cui viviamo, un mondo che non conosce tappe, nessuna fermata: l’ordine impartito è procedere sempre e comunque senza mai rallentare, anche davanti ad un muro che non si scosta e sul quale ci si sbatte con una violenza inaudita. Cosa rimarrà dopo questo impatto? Della carrozzeria sulla quale siamo sbadatamente seduti ben poco, se non un ammasso di ferraglia aggrovigliata e senza forma. Ciò che si spera è che si salvino quante più vite possibili di quelle che erano a bordo dell’abitacolo di una macchina impazzita, senza freni. Infatti, questo mondo che ci appare immenso e sconfinato altro non è che un piccolo abitacolo di un’automobile all’interno del quale o ci si salva tutti, o si muore, chi prima sul colpo, e chi dopo, nonostante le cure. È un mondo folle dove il silenzio non trova spazio anche se il silenzio è la casa del dialogo con il proprio io: senza silenzio, dunque, io non mi conosco. E ho paura, tutti abbiamo paura di conoscerci perché potremmo scoprire di essere quello che non pensavamo. Così, per ammazzare il silenzio e non rischiare di restare soli con se stessi neanche per un attimo, il tempo di una tazza di tè o la pagina di un buon libro, ci si inventa di tutto, dai flash mob ogni giorno sui balconi alle idee complottistiche con cui intasiamo i social, ripetendo agli altri come un mantra ciò che bisognerebbe fare per attenuare il nostro senso di claustrofobia.

    È un mondo folle dove si finge sempre, anche in questo tempo forte. Si finge di essere felici restando chiusi in casa. Chi è felice da recluso? Nessuno, neanche l’innamorato che convive con l’amante tra quattro mura, poiché anch’esso necessità di socialità. È questo che siamo, esseri sociali nel midollo. Noi abbiamo bisogno dell’altro pur quando vorremmo e dovremmo stare da soli. Sì, restate a casa, ma è pur l’ora di abitare un’altra casa, quella interiore, ormai serrata da tempo. Abitatevi! Io vi dico: questo è un dono, non il fatto che fuori un virus attenti alla vostra vita e a quella dei vostri cari, ma il fatto che in un tempo forte come questo ciò che resta è il grano per la farina, tutta la pula spero voli via, lontano, una volta per tutte. Questo è il tempo della cernita, dove ogni cosa dovrebbe essere sottoposta a setaccio. Ciò che va giù è l’essenziale, ciò che vola via sono i vizi, l’inutile. Lasciate volare via tutto ciò che non serve, tenetevi l’essenziale. E ripeto: abitatevi!

    In questi anni i nostri governi, che non durano mai più di un anno, non hanno setacciato affatto e quando ci hanno provato, lo hanno fatto male. Hanno scartato l’essenziale e si sono tenuti scioccamente la pula. Abbiamo acquistato aerei da guerra per miliardi di euro, abbiamo finanziato inutili missioni all’estero, abbiamo sperperato milioni sui campi di calcio e abbiamo fatto scoppiare di denaro le tasche di inutili burocrati. E l’essenziale? Buttato via, gettato nella fossa. Qui non manchiamo di chissà quale tecnologia, come ben vedete. Manchiamo della banalità di una mascherina. Abbiamo lasciato spazio agli influencer di uomini e donne e lo abbiamo tolto ai medici, ai biologi, agli insegnanti, ai filosofi, alle menti eccellenti di un Paese che, nonostante tutto, ancora resiste.  Le domande di fondo son sempre due: chi siamo veramente e cosa vogliamo. Rispondiamo a queste prima di fasciarci la testa.

    È un tempo forte in un tempo folle questo qui: si riduce l’inquinamento, non si sperperano soldi nel gioco d’azzardo, non si è fieri di chiamarsi sardine come quelle ammassate nei centri commerciali. E cosa scopriamo? Di essere nell’era del mordi e fuggi più che puoi, nell’epoca delle ventiquattr’ore di un’economia impazzita dove chiudendo due settimane un bar si rischia il fallimento. E’ il tempo dove si chiude tutto e si lasciano aperte le Borse che bruciano miliardi in un solo giorno. Questo è tutto ciò che abbiamo partorito.

    Si rallenta per rallentare i contagi. E se il virus fossimo noi umani? E se fosse il pianeta ad aver preso precauzioni per rallentare il virus che siamo noi e che ha infettato tutto l’organismo che fino a qualche secolo fa era in salute? Forse siamo noi, folli umani, quel virus che il pianeta vorrebbe debellare una volta per tutte, noi che ci facciamo le guerre l’un l’altro, noi che ci riduciamo alla fame a vicenda, noi che inquiniamo con le nostre pessime abitudini, noi che ci facciamo del male con parole ed opere, noi un momento artefici di bellezza e quello dopo capaci del più indicibile orrore. È il genere umano che è stato messo in terapia intensiva, che è stato attaccato ad un ventilatore polmonare per concedergli, in questo tempo forte di quaresima e degenza, di guarire da questa polmonite cronica che lo tiene da anni in asfissia, per consentirgli di ritornare, si spera, a respirare a pieni polmoni.

    Liberate gli spazi in questo tempo forte, anche gli spazi virtuali. Pure i preti si sono riversati sui social con messe e via crucis in streaming. Non conto di parlare al posto di Dio, ma, visti i tempi, chi mi negherebbe di pensare che si tratti della sua tanto desiderata quarantena dall’umano? Un tempo di ritiro dall’uomo per conoscerci meglio, noi e Lui nel deserto insieme, distanti un solo metro e desiderosi l’un dell’altro. Dunque, invece di postare ininterrottamente su facebook, pregate non solo per debellare il virus, ma per guarire da questa cancrena che sta facendo morire l’uomo. E nelle Chiese tristemente vuote i preti finalmente hanno scoperto che agli occhi di Dio fedeli e chierici fanno parte dello stesso popolo.  

    Non emettete sentenze, non prendetevi gioco della vita, lasciate liberi gli spazi, tutti, quelli fuori e quelli dentro di voi. Non vuol dire godere del vuoto perché c’è modo e modo di riempire e di riempirsi. Ecco, riempite i vostri vuoti di Dio poiché è l’unico a poter riempire senza togliere la libertà. E voi, preti, lasciate stare gli hashtag e gli arcobaleni e riappropriatevi del silenzio di Dio, Colui che dice tutto nella Parola che è Cristo in croce, Colui che nel silenzio è riuscito a dire tutto quel che doveva dire.

    La Pasqua c’è; Gesù non rimanda la sua resurrezione, anche se qualcuno si perde nel giardino girovagando, spaesato com’è, in cerca di morte e di eroi.

    Io vi auguro di arrivare in fretta alla Pasqua, lo auguro ogni giorno a me stesso e ai miei cari. Lo auguro ma non prima di essere passati da qui, dalla quarantena quaresimale. Che nessuno giunga a destinazione prima di essersi riscoperto misero eppure amato da Dio. Le croci dal Golgota, come diceva don Tonino Bello, verranno tolte, così come questo tempo forte finirà. Tutti i tempi forti finiscono perché la Pasqua è stata fissata già da Cristo Risorto non in una data del calendario, ma nel vostro cuore. Vi auguro di risorgere non appena giungerà il vostro tempo, ma, vi prego, per ora fate quel che il tempo forte della quaresima prima della Pasqua richiede: setacciate le vostre vite.

    Fabrizio Vincenti

     

    Per riflettere insieme su come migliorare la propria vita e il contesto in cui si vive e si opera con il coaching.

    Domenica 24 maggio, dalle 9,30 alle 13,00, si svolgerà a Galatina presso il Palazzo della Cultura Z. Rizzelli (Piazza Dante Alighieri) l’evento regionale gratuito AICP dal titolo - “Il Potere del Coaching: dalle avversità alla crescita”.

    L’evento è organizzato dai coach appartenenti al Coaching Club Puglia e rientra nel programma formativo e divulgativo del metodo del coaching, denominato “Primavera del Coaching”, che l’AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti) ha ideato e attivato in tutte le regioni d’Italia nel periodo marzo-giugno.

    La missione dell’AICP è duplice: garantire ai clienti potenziali e attuali la qualità della prestazione di coaching erogata dai soci iscritti, curandone l’aspetto della formazione permanente e attivarsi a livello nazionale e, tramite i Coaching Club regionali, a livello territoriale nella diffusione del metodo del coaching nelle aziende, nelle istituzioni, nella scuola, nella famiglia e nello sport e in ogni ambito della società civile.

    La visione dell’AICP è contribuire alla costruzione di una società migliore, in cui ogni individuo e organizzazione sia in grado di crearsi le condizioni, interne ed esterne, per esprimere al meglio il suo specifico talento e per incidere positivamente nel contesto in cui opera.

    Il coaching è un metodo teso all’individuazione, l’allenamento e lo sviluppo del talento specifico che appartiene e sta a cuore alla persona, o all’organizzazione, al fine di consentire al soggetto (singolo e/o collettivo) di agire positivamente e propositivamente nel suo contesto di appartenenza. Principalmente fa leva sulle risorse (“le forze, le unicità”) specifiche del soggetto, sia esso individuo o organizzazione, per consentirgli il raggiungimento di obiettivi di diverso tipo (ben-essere, relazioni di maggior qualità, crescita e sviluppo, più alti livelli di performance, riorganizzazione aziendale, elaborazione di un nuovo senso e significato alla propria esistenza, etc…).

    Ed è attraverso il metodo del coaching che l’AICP, con la sua opera quotidiana, vuole contribuire attivamente e in prima linea alla realizzazione di un progetto visionario ma non impossibile, che alla parola crisi contrappone quelle di crescita e benessere, alla parola problema quelle di opportunità e realizzazione, e alla parola pessimismo quelle di speranza e ottimismo realistico.

    AICP ha individuato nella Città di Galatina un grande alleato nell’accogliere e promuovere tematiche così innovative e al tempo stesso “necessarie” per ridiventare protagonisti attivi di ogni cambiamento possibile. Confidiamo in futuro di poter attirare l’attenzione e l’adesione al nostro progetto di altre province e istituzioni pugliesi, per dare nuovo supporto e costante eco alla nostra missione, che non è orientata al benessere dei singoli coach soci ma dell’intera comunità territoriale.

    La finalità della giornata è quella appunto di condividere con i partecipanti le specificità del metodo, i possibili ambiti di applicazione e i benefici del coaching nella vita personale e professionale di ciascun individuo (manager, sportivo, insegnante, adolescente, genitore, politico, imprenditore, libero professionista).

    Sarà una giornata di scambio e confronto autentico e grazie alla curiosità e alla partecipazione attiva degli abitanti di Galatina e di coloro che dall'intero territorio regionale vorranno raggiungerci, potremo renderla altresì una giornata “speciale”, una vera e propria opportunità di crescita e arricchimento per tutti i presenti.

    Questi i temi che verranno affrontati:

    Autorealizzarsi in tempo di crisi: la ricerca della propria "vocazione“ - a cura di Tania Petriccione. Business, Sport & Life Coach

    • Le domande giuste per un cambiamento efficace – a cura di Tiziana Pellicciaro. Life Coach
    • Gli insegnanti … spesso “troppo altruisti” – a cura di Concetta Strafella. Pedagogista, Insegnante, Trainer, Learning & Life Coach
    • Il coaching per affrontare le sfide di un mondo sempre più globale – a cura di Viviana Conte. Coach Multiculturale
    • Autovalorizzazione e self promotion attraverso il coaching – a cura di Filomena Palumbo. Trainer & Career Coach, Consultant in Human Resources
    • Business coaching: strategie per la crescita – a cura di Massimo Negro. Responsabile Coaching Club Puglia Consulente di Direzione Aziendale, Business Coach

    L’evento ha già riscosso l’apprezzamento delle Istituzionali regionali e locali, ricevendo il patrocinio di: Comune di Galatina, Provincia di Lecce, Regione Puglia Assessorato allo Sviluppo Economico, Confartigianato Imprese Lecce, Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA) Lecce, Confesercenti Lecce, Confcommercio Imprese per l’Italia Lecce.

    L’apprezzamento più grande sarà per noi poter incontrare un folto pubblico di persone che condividono con noi la nostra visione e hanno voglia di dare il loro contributo personale per cambiare ciò che non va e rendere eccellente ciò che già funziona.

    La partecipazione è gratuita. Per iscriversi, indicare nome e cognome del partecipante a puglia.coachingclub@gmail.com

    Per ulteriori informazioni:
     
    Dott. Massimo Negro

    Responsabile Coaching Club Puglia

    Associazione Italiana Coach Professionisti

    (www.associazionecoach.com)
     
    Contatti:
    puglia.coachingclub@gmail.com
    393 6902415
     
    Di Albino Campa (del 26/04/2012 @ 18:00:42, in Comunicato Stampa, linkato 2892 volte)

    Venerdì 27 aprile alle ore 20.15 presso il Comitato elettorale di Piazza Alighieri a Galatina, la presentazione di "30 azioni in 180 giorni", i 30 punti programmatici che corrispondono alle azioni che si intraprenderanno nei primi 180 giorni di governo. Si tratta di piccoli ma rilevanti interventi che danno il senso di come si intenderà amministrare la città. Iniziative GIOVANI perchè tengono conto delle nuove esigenze e domande della società moderna, e CONCRETE perchè puntano a risolvere alcune delle problematiche emerse dal confronto con la gente. Si parte dal primo punto "In contatto sempre" (con il quale il Sindaco e la sua squadra si impegnano ad attivare strumenti e reti per mantenere sempre attivo il contatto con i cittadini), passando per "Stop alle telefonate" (azione che si ripropone, data la crisi e la necessità di un taglio netto dei costi della macchina amministrativa, di non far gravare sulle tasche dei cittadini i costi della telefonia mobile nell'ambito della pubblica amministrazione), e per "Nel centro antico si naviga" (con la quale la tecnologia sposerà l'arte e la storia, attraverso la copertura con sistema wireless per il collegamento ad internet nel cuore della città), fino all'ultimo punto "La diversità unisce e arricchisce", che prevede la programmazione di gemellaggi e scambi cultuali con altre realtà italiane, europee e mondali. E poi tanti altri punti, riguardanti i lavori pubblici, le attività culturali e di intrattenimento, gli aiuti alle famiglie, etc..., che verranno illustrati nel corso della serata.

    Sabato 28 Aprile alle ore 18,00 presso il comitato elettorale del candidato sindaco Giancarlo Coluccia interverrà il vice presidente nazionale di Futuro e Libertà On. Italo Bocchino.

     

     

     

     

    Sabato 28 Aprile  alle ore 20.00 presso lo Chalet delle Rose in Galatina l'alleanza di liste civiche ed il candidato Sindaco Carlo Carmine Gervasi, nell'amibito delle manifestazioni elettorali un incontro dibattito sul tema: "MOBILITA' SOSTENIBILE: RIFLESSIONI PER UNA PROGETTUALITA' CONDIVISA"

     

     

     

     

     
    Di Antonio Mellone (del 27/08/2023 @ 17:56:11, in Fetta di Mellone, linkato 585 volte)

    Per quanto tu possa sforzarti di concepire una vignetta, architettare un meme, pensare dei calembour, vergare una fetta di Mellone (di quelle che gli intelligenti artificiali non capiscono manco quando gliela spiega un giudice), la realtà sarà sempre più tragicomica di ogni fiction.

    Non più tardi di un paio di mesi fa, intervistato da TelepagliaroRama, l’Uomo della Provvidenza, vale a dire il Sindaco del mio comune, così si esprimeva testualmente: “Bisogna fare un’opera di persuasione alla pazienza. Abbiamo un grande appuntamento con la storia […], che chiede un contributo di pazienza [‘ntorna, ndr.] a tutti i cittadini di buona volontà. Ci saranno inevitabilmente dei disagi, ma è proprio in questi momenti che si vede lo spirito, la maturità di una comunità”. Vai a scoprire che quel grande appuntamento con la storia era il concerto per il Ventennio dei Negramaro, mentre gli inevitabili disagi e il contributo di pazienza l’inscindibile binomio a carico di migliaia di “invitati” (le virgolette stanno a indicare a pagamento) che han potuto partecipare alla festa di compleanno della storica band del buco salentina soltanto con il proprio portafoglio e con copiose castime da scomunica petrina.

    Qualche mese prima, il suddetto Sindaco, “con il cuore pieno di gioia e con un entusiasmo forte” (e con un’enfasi degna di un cerimoniale di stato), in un altro video pandemico - lui assiso al desco sindacale, la sua giunta start-up e i consiglieri di maggioranza schierati in piedi alle sue spalle come un plotone di esecuzione (noialtri, al di qua dello schermo, nel ruolo di condannati) - aveva rivolto urbi et soprattutto orbi il suo “invito strepitoso” a non prendere appuntamenti per il 12 agosto 2023, in quanto: “[…] Vi aspetto per ballare e cantare a squarciagola sotto il palco dei Negramaro”. Il filmato terminava tra i sorrisi radiosi degli astanti e la loro manina mossa come un emoji in segno di saluto.

    Insomma uno spottone da fare invidia contemporaneamente al “Pliis visit Italy” del miglior Rutelli, all’“Open to Meraviglia” della Santanchè in Visibilia e alla “Guerra al lardo” dell’allora incensurata Wanna Marchi. Io m’aspettavo che da un momento all’altro il leader Nato [“Leader si nasce, non si diventa”, asserì con grande slancio il nostro Figlio del Secolo durante un comizio elettorale, pardon “bagno di folla”, annientando in un nanosecondo non so quanti lustri di Business School, ndr.], si mettesse a urlare ossessivamente: “CHIAROOOO?”. Sta di fatto che un guru del marketing di tal calibro sarebbe in grado di venderti la Pupa con tutta la vasca, come manco Totò la fontana di Trevi all’americano.

    Peccato che per la serata del 12 agosto scorso avevo, come si dice, precedenti impegni, se no quasi certamente avrei ceduto all’invito del nostro Product Manager di fiducia, acquistando anch’io il biglietto gratta-e-vinci per l’imperdibile “concerto epico” [sic].

    Veramente l’attributo epico, nel senso di eroico, toccherebbe di diritto allo spettatore, anzi aspettatore. Pare, infatti, che i modi più sbrigativi per atterrare nel novello “Campovolo” [sic] ribattezzato per l’occasione Sfortunato Cesari fossero o il drone portapersone o il teletrasporto studiato in meccanica quantistica: ai classici automuniti, invece, è toccata l’inesorabile processione dei misteri del sabato santo (a Galatina slitta di un giorno), sicché i sette dolori questa volta sarebbero concentrati tra i piedi e quell’altra parte del corpo usata metaforicamente per indicare la fortuna.

    E così quasi tutti i giornali anziché uscire con il preventivato “Meraviglioso” a caratteri cubitali, han dovuto ripiegare su titoli ben più prosaici, tipo “Il più grande disastro organizzativo della stagione” per raccontare della sventura concertistica a pagamento, degli incolonnamenti del traffico stile Bombay, del parcheggio P2 esaurito prima del tempo (Licio Gelli, a quanto pare, colpisce anche da morto), della mega-figura di stallatico di un’intera città, e del fatto che ormai senza il dono della bilocazione (tipica di alcuni santi: per esempio Sangiorgi) è pressoché impossibile assistere a certi appuntamenti con la storia.

    Il resto è appunto storia contemporanea, tipo i post post-concerto del nostro Fabio verginello (geniale la foto del primo cittadino assiso in mezzo al pubblico, della serie: “Io sto qua e voi fuori, tie’”), le sue elucubrazioni da medaglia d’oro di alpinismo sugli specchi con quel “sospetto di overbooking” del parking [cfr. Comunicato Città di Galatina 14/8/2023, ndr.] (ma sbaglio o fu egli medesimo a scrivere nel necrologio in memoria della buonanima di Silvio - evidentemente suo maître à penser - che per gli imprenditori come loro 2+2 fa sempre 8?), e ancora “noi siamo per il fare e non per il non fare” (e meno cazzate no?), senza scordare il foscoliano “Galatina mia” (ho ancora la pelle d’oca), e “questa serata è solo l’inizio di un lungo percorso” e “lo rifaremmo mille volte” (in pratica una minaccia), e altre spiritosaggini della collana “l’analisi di quanto accaduto” (siamo ancora in attesa del relativo referto), per non parlare del ritorno di immagine per Galatina (un affarone; altro che una percentuale dell’oltre milione e duecentomila euro di incassi per il genetliaco di uno dei gruppi “più apprezzati a livello internazionale”). Tralascio infine i comunicati istituzionali da Istituto Luce, e gli alti lai dei followers in difesa del loro beniamino anzi, viste certe penne, dei pollowers – un esempio fra tutti quello del tizio che blatera di “4 detrattori sfigati” (senti chi parla).

    In effetti è dura passare d’emblée dal concerto dei Negramaro a quello dei Cazziamari.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 11/08/2019 @ 17:49:31, in Comunicato Stampa, linkato 882 volte)

    Tutto pronto per i tre concerti di “Settembre in…Classica” che si terranno a Galatina presso l’ex Monastero delle Clarisse. Le serate, inserite nella rassegna estiva “A cuore Scalzo”, sono state volute dall’Assessore alla Cultura, Dr.ssa Cristina Dettù, e saranno organizzate da I Concerti del Chiostro sotto la direzione artistica del M° Luigi Fracasso.

    Nel primo appuntamento di lunedì 2 settembre il pubblico salentino  ascolterà Dado Moroni, pianista jazz italiano tra i più richiesti in Europa e in America. Il musicista farà precedere la sua performance da una interessante masterclass dal titolo “Viaggio attraverso i linguaggi del Jazz nella storia”.

    Si procederà il 7 settembre con Alessandro Perpich al violino e Gabriella Orlando al pianoforte. I due artisti, attivi sui più importati palcoscenici internazionali, suoneranno musiche di W. A. Mozart, L. v. Beethoven e F. Kreisler.

    Il 29 settembre chiuderà la serie di concerti lo stesso direttore artistico, Luigi Fracasso, “musicista – come venne definito dal Grande Aldo Ciccolini - vero, agguerritissimo, con idee sane sull’arte pianistica e con un vivo senso della logica strumentale” che si esibirà in un suggestivo recital pianistico con musiche di Bach-Busoni, L. v. Beethoven e F. Chopin.

    I concerti avranno inizio alle ore 20,45 e saranno ad ingresso libero.

    Sara Romano

     
    Di Redazione (del 28/05/2022 @ 17:46:20, in Comunicato Stampa, linkato 429 volte)

    Mercoledì 25 Maggio abbiamo inaugurato il Comitato elettorale della lista civica Galatina Altra a sostegno del candidato Sindaco Antonio Antonaci. Un incontro svolto alla presenza di decine di lavoratori, molti dei quali reduci da due mesi di cassa integrazione, un incontro tra amici che neanche si conoscevano, frutto di un invito a casa, nella nostra famiglia ma senza l'obbligo di familiari al seguito; l'obiettivo non era fare numero o riempire, non era far vedere.. perchè l'essenziale è invisibile agli occhi. E le comparse distorcono la realtà. Questo lo sentiamo da sempre e questa è la forza che muove il nostro onesto ma prepotente e, forse, sottovalutato cammino.

    Abbiamo sorriso, ci siamo abbracciati convinti a dover andare avanti, senza mollare un centimetro.

    Non ci fermerà nessuno perchè siamo guidati dal cuore

    Argomento della serata: VERDE e LAVORO - VERDE è LAVORO.

    Due parole inscindibili, una a sostegno dell'altra, una propedeutica all'altra. Entrambe sigillate sul nostro simbolo.

    Galatina ha bisogno di un'Amministrazione che rilanci la propria comunità facendo attenzione al benessere che significa salute, sostenibilità ambientale e tutela del lavoro.

    In un periodo storico stravolto dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e la decarbonizzazione, hanno un ruolo sempre più rilevante nella transizione ecologica, così come un attento monitoraggio sullo stato di salute del territorio (aria e acqua) che deve avvenire in maniera, prima autonoma, e poi condivisa con gli enti provinciali e regionali.

    Antonio Antonaci è il nostro garante. Non vestirà mai i panni di eroe o antieroe ma solamente di alleato e mai, lo diciamo con certezza, metterà mano in maniera avventata a carte bollate che possano alimentare ulteriori paure a lavoratori già precari e aziende in crisi.

    Questo il concetto espresso dai nostri candidati al Consiglio Raffaella De Pascalis, Enzo Del Coco e Ivano Cuppone.

    Ufficio Stampa

    Galatina Altra

     
    Di Antonio Mellone (del 22/01/2017 @ 17:45:22, in NohaBlog, linkato 2839 volte)

    Capisco: la Masseria Colabaldi di Noha è in mano ai privati.

    Capisco che chi a suo tempo ne è diventato il proprietario tutto aveva in mente men che conservare, tutelare e valorizzare questo antichissimo bene culturale del mio paese. Come noto a tutti, aveva invece in progetto l’affarone del secolo con la costruzione nelle sue immediate adiacenze di una ottantina di villette a schiera. O meglio: schierate. Come un plotone di esecuzione. Poi, per fortuna, non se ne fece niente per mancanza di acquirenti autolesionisti.

    Capisco che Noha non è (per fortuna) una città per turisti in colonna, con una guida con bandierina in mano. Capisco che affidare il patrimonio storico e artistico ai privati è dimostrazione lampante di inefficienza, spreco, trascuratezza, insomma, stupidità di una nazione. E di una frazione.

    Per questo basta dare un’occhiata anche allo stato delle ‘Casiceddhre’ in pietra leccese: stato che tra poco passerà da solido a liquido, anzi gassoso, aeriforme, visto il loro abbandono. [E pensare che il loro proprietario è stato amministratore pubblico, e s’accinge a ritornare ad esserlo nelle prossime elezioni: evidentemente per meriti sul campo, avendo già dimostrato di avere a cuore i beni pubblici come fossero privati. E viceversa, ndr.].

    Capisco che per la sciatteria dei nostri “politici” i beni culturali nohani non sono mai stati all’ordine del giorno, nonostante il Codice di codesti Beni attesti chiaramente quanto la storia culturale aveva già affermato da tempo. E cioè che non importa il pregio, la rarità o l’antichità dei singoli oggetti: ciò che può renderli degni di essere tutelati dallo Stato può essere anche la relazione spirituale e culturale che li unisce alla vita locale.

    Insomma capisco tutto.

    Ma qui non sto chiedendo alla proprietà della Masseria Colabaldi di investirci dei soldi per la sua salvaguardia (e sarebbe forse l’unico investimento realmente produttivo: le colate di cemento invece da tempo non sono più un affare, bensì la causa principale del fallimento di tante imprese edili). Non sto chiedendo di provvedere immediatamente al restauro, al recupero e magari finalmente all’apertura al pubblico dell’intrigante costruzione ubicata sull’acropoli di Noha (troppa grazia sant’Antonio).

    Qui sto semplicemente chiedendo che la proprietà dimostri ogni tanto, mica sempre, di meritare di avere per le mani una ricchezza non immediatamente esprimibile in termini economico-finanziari. Anzi pure.

    Chiedo che insomma il solito padrone delle ferriere dia un’occhiata all’ingresso della Masseria, proprio al portale principale, dove campeggia un enorme ramo secco di Pino domestico (Pinus pinea) che, caduto da mesi, oltre che rappresentare un pericolo serio (di incendio, di caduta sull’edificio, di inciampo, eccetera), occlude la vista all’eventuale viaggiatore che volesse ammirare le vestigia del glorioso passato del paese, e magari fotografarle a futura memoria.

    Purtroppo, di questo passo, l’unico modo per tramandare alle future generazioni la storia dei nostri monumenti sarà quello di fermarne la sagoma in un flash.

    Come quelle di certi selfie. 

    Antonio Mellone    

     
    Di Redazione (del 09/05/2016 @ 17:42:56, in Fidas, linkato 1765 volte)

    Sarà stata l’aria primaverile, sarà stata la giornata calda e soleggiata, o l’incantevole cornice del Parco naturale di Porto Selvaggio a rendere tutto bellissimo, oppure tutto insieme, chissà. Fatto sta che il gruppo della “Quattropassi” della FIDAS Noha, Si è divertito alla grande.

    Già alle prime ore del mattino di Domenica 17 Aprile, il gruppo composto da una sessantina di partecipanti con in spalla zaini colmi di ogni ben di Dio, si sono dati appuntamento presso la “Casa del Donatore di Noha, dove sono stati accolti dai volontari della Fidas.
    Giusto il tempo per organizzare la partenza e presto fatto eravamo già arrivati a poco più delle 9:30.
    Bello l’arrivo presso la Torre dell’Alto, ad attenderci una tavola bandita per la colazione che la Fidas ha offerto ai partecipanti, dove fra tante cose buone non potevano certo mancare i pasticciotti, uno dei nostri dolci più prelibati e ricercati dai salentini e oggi a quanto pare non solo da noi salentini.
    Non so poi esattamente quanti scalini abbiamo dovuto fare per scendere e risalire quel sentiero ricavato nella roccia dal tempo. Quel tempo che sembrava si fosse fermato lì tra la natura incontaminata del parco, poiché raramente si possono ammirare luoghi così.
    Personalmente devo dire che il percorso non è stato facile per raggiungere la spiaggetta, un vero paradiso tra terra e mare, a me purtroppo ancora sconosciuto.

    Un “Bel Vedere” in tutti i sensi, enfatizzato dal suggestivo racconto del nostro Socio Donatore Antonio Mellone, bravo conoscitore della storia dei luoghi e delle abitudini di quei luoghi, un racconto portato a termine con la recita de “l’Infinito di G. Leopardi” che ben si collocava all’interno del racconto.
    La breve gita al parco, è proseguita fino a sera, e dopo una collettiva pausa pranzo tutti i partecipanti sono ritornati bambini dando sfogo per qualche ora ai giochi di una volta, fino a quando ormai esausti il gruppo ha ripreso la via del ritorno, o meglio “le scale del ritorno”.
    A conclusione della bellissima giornata, resta quella malinconia tipica di quando finisce qualcosa di bello, ma stavolta credo la malinconia abbia lasciato il posto alla gioia di aver trascorso una bellissima gita con persone altrettanto belle, con le quali è interessante stare insieme confrontarsi e condividere tantissime cose, e in questo caso condividere il concetto del dono di una parte di noi stessi per gli altri.
    E allora, avendo potuto ammirare se pur in parte e per breve tempo tali bellezze della natura, di aver avuto la possibilità di condividere spazi, pensieri, giochi e ogni ben di Dio alimentare, nonostante la fatica per raggiungere il cuore del parco e quello di guadagnare nuovamente il rientro, restando nel contesto leopardiano è proprio il caso di dire che “il naufragar m'è dolce in questo mare”.

    Antonio Mariano
    Presidente Fidas Noha

    Download PDF.

     
    Di Redazione (del 13/06/2021 @ 17:40:42, in Comunicato Stampa, linkato 734 volte)

    C'è stato un tempo in cui la nostra città ricopriva un ruolo centrale nel Salento, protagonista nel campo dell’industria, dell’artigianato, della cultura, degli eventi e tanto altro.
    Le nostre attività, nonostante ci siano tanti validi imprenditori e concittadini capaci e coraggiosi, non sono valorizzate. Le nostre eccellenze e i nostri tesori ancor meno.

    Oggi Galatina è una città tristemente assopita, passiva, privata di tutto il suo originario entusiasmo, senza alcuna prospettiva che possa risvegliarla da un sonno fin troppo lungo.
    La perdita della sua centralità è sì colpa di una politica poco lungimirante. Ma, cari concittadini, diciamocelo: un po’ di smalto lo abbiamo perso anche noi.

    Chi sta umiliando la nostra città è chi la critica, chi la amministra con superficialità e immobilismo, chi sta alla finestra a guardare senza darsi da fare per cambiare le cose.
    Noi potremmo, anzi dovremmo, essere la politica vera. Quella bella, partecipata, pulita, fatta nelle piazze, nelle periferie, per strada, ovunque. Per passione. Eravamo in vetta e adesso ci tocca ripartire quasi da zero, se non dal potenziale enorme finito da tempo in cantina.

    È vero: per volare alto ci vuole costanza, capacità, impegno, passione. E invece noi, cari concittadini, ci siamo accontentati, svalutati, svenduti. Meritavamo e meritiamo altro.
    E allora è questo il momento di mettere da parte l'abitudine, l'inerzia, la timidezza, l’invidia, la comoda poltrona da spettatori di una città. LA NOSTRA CITTÀ!

    Non siete stanchi dei decisori di lungo corso e falsi volti nuovi travestiti da "professionisti competenti"?
    Le ambizioni della nostra terra, ricca di bellezze e di eccellenze ancora tutte da valorizzare, aspettano solo noi e il nostro impegno.
    Rievocando un noto proverbio, oggi vi dico che la realtà è semplice: chi si ferma, è perduto. E noi siamo stati "fermati" nel fior fiore del nostro sviluppo e ci siamo persi. Ma la bussola, e questo deve essere chiaro, dobbiamo trovarla dentro di noi. Ed è negli occhi dei nostri figli e dei nostri nipoti che troveremo la direzione giusta, la strada migliore, per raggiungere la meta più bella.

    Cari concittadini, le cose cambiano se siamo pronti a cambiare prima di tutto noi, il nostro modo di fare e di pensare. Se siamo pronti alla Rivoluzione Culturale, ad una battaglia etica, a scrollarci di dosso la polvere e alzare un muro compatto contro le ingiustizie che quotidianamente sono sotto i nostri occhi. Se siamo pronti a fare squadra, se all'IO anteponiamo il NOI, se lavoriamo per essere l'alternativa a tutto ciò che non ci piace, che ci fa male, che ci prosciuga energia vitale senza darci in cambio nulla.

    Ma come immagina la Galatina del futuro il MoVimento 5 Stelle?
    Serve certamente riprogettare la città coinvolgendo la comunità in questo percorso di trasformazione. Fondamentale, ad esempio, sarà lavorare ad un nuovo PUG (Piano Urbanistico Generale), per contenere il consumo di suolo, per favorire la rigenerazione urbana, per tutelare e valorizzare l’ambiente ed il paesaggio del nostro territorio.

    Quando parliamo di migliorare la qualità della vita dei cittadini, parliamo anche di questo: vivere in una città smart, sostenibile, ordinata, pulita, coltivando benessere e diventando attrattivi.

    I numeri di questi ultimi anni restituiscono una fotografia chiara del graduale “svuotamento” della città. Lo dicono le attività commerciali, i giovanissimi che hanno deciso di andare a vivere in comuni limitrofi, abbandonando la propria culla per ovvi motivi di opportunità.

    Per mettere in piedi il cambiamento serve una visione chiara, una prospettiva a lungo termine. Serve un sogno e la volontà di realizzarlo con ogni forza. Ed è questo che noi sentiamo di poter offrire come Movimento 5 Stelle.
    In questi anni abbiamo promosso tante iniziative, come la piantumazione degli alberi e il decoro partecipato delle nostre periferie. Su quello puntavamo nel programma elettorale del 2017, con il quale ci presentammo alla città, e su quello puntiamo ancora oggi.
    Personalmente immagino un coinvolgimento diretto di aziende, imprenditori, associazioni e cittadini. Una rete fitta e variegata.
    Sogno un polmone verde al centro della città, che potrebbe nascere tra Via Liguria e la tangenziale verso Noha; immaginiamo una pista ciclabile e una riqualificazione totale della strada che collega Galatina con Noha (viale Dalla Chiesa); credo fortemente nelle potenzialità di Collemeto e Santa Barbara e nella loro posizione strategica a due passi dalla strada statale 101;credo negli investimenti giusti e nella necessità di tendere una mano alle comunità che si sentono abbandonate, escluse.
    Immagino una riqualificazione totale di piazze e zone periferiche, del nostro centro storico, sul quale poco o nulla si è fatto negli ultimi anni. Immagino, per esempio, una tassazione comunale pari a zero per alcuni anni per chi decide di trasferire o aprire un’attività nel cuore di Galatina. E da questo immagino di far ripartire una zona che fa gola a molti, ma che merita di essere rivalutata.

    Abbiamo un quartiere fieristico abbandonato a se stesso. Ho provato a dare un input per realizzare un progetto, per tentare di farlo finanziare a livello centrale, ma nulla. Ho impegnato da tempo il Governo ad investire sulla nostra fiera, per riqualificarla, trasformarla, farne anche un centro congressi, un luogo destinato ai grandi eventi, che potesse lavorare 365 giorni all’anno. Sforzi vani, nonostante la volontà di tanti imprenditori volenterosi, ci siamo scontrati contro la mancanza di lungimiranza e di operare scelte coraggiose da parte di qualcuno dell'attuale amministrazione. Peccato, ma nulla è perduto, non molliamo!

    Abbiamo delle strutture sportive invidiabili. Mi piange il cuore, però, guardando il prato del Pippi Specchia nelle attuali condizioni e mi tornano in mente le parole di Marcelo Lippi, quando ospitammo la nazionale italiana. “Questo stadio è una bomboniera” disse. E io aggiungo che è vittima del matrimonio politico sbagliato. Ritengo sia inaccettabile!

    Penso che risorse messe a disposizione dall’Europa, dal Governo e dalla Regione, sarebbero più facilmente intercettabili creando un ufficio apposito con personale ad hoc che lavori alla progettazione allo studio e al monitoraggio dei vari bandi. Si eviterebbe lo spreco di risorse pubbliche e di opportunità (come recentemente accaduto con la perdita di 5 Milioni) e si creerebbero nuovi posti di lavoro.

    Più attenzione alla disabilità, una lotta vera alle ingiustizie sociali perchè NESSUNO DEVE RESTARE INDIETRO. Molto si è fatto, devo ammetterlo, grazie al lavoro di persone competenti, ma si può fare sempre meglio.
    Tanti sono i temi sui quali occorre intevenire, difficile elencarli tutti e andare nel dettaglio.

    E quindi cosa fare? Rimbocchiamoci le maniche! In questo il MoVimento 5 Stelle c’è stato, c’è e ci sarà. Non abbiamo mai avuto paura di assumerci delle responsabilità e di sporcarci le mani (nel senso più nobile del termine).
    E ancora una volta siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità: Galatina andrà al voto nel 2022 e questo appuntamento sarà fondamentale per scrivere la storia anche della nostra comunità. È questo, dunque, il momento dell’impegno, della responsabilità e del coraggio. Quelle appena elencate sono solo alcune delle tantissime idee (e dei progetti già pronti) che abbiamo da tempo per la nostra città. Ma vogliamo condividerle, vogliamo conoscere le idee degli altri. Vogliamo lavorare seriamente, concretamente, per la Galatina del 2050!
    Ed è per questo che faccio un appello rivolto a tutte le forze politiche, a quelle che (con convinzione e fino all'ultimo) hanno sostenuto l’esperienza del Governo Conte II, alle realtà civiche, alle splendide realtà dell'associazionismo, alle forze moderate e a tutte le migliori energie della società civile, ai nostri giovanissimi e ai “giovani di mezza età” come me. Insomma, a tutti i cittadini che hanno voglia e passione.
    A queste realtà oggi il MoVimento 5 Stelle propone di dar vita ad un "PATTO PER GALATINA" ed è pronto ad aprire, da subito, un tavolo di confronto con tutti.
    Il Movimento 5 Stelle sarà in prima fila per portare avanti questo patto, la direzione di marcia è chiara e la nostra identità sarà così forte che ci consentirà di dialogare con tutti, anche con l’elettorato moderato e coloro che fino ad oggi non si sono sentiti coinvolti dalla politica cittadina.
    Obiettivo? Costruire un progetto credibile, forte, concreto, che dia voce a tutti i galatinesi, che dia una prospettiva che guardi ai prossimi 30 anni, per mettere insieme una squadra che non si limiti all’ amministrazione ordinaria, ma che abbia il coraggio di occuparsi dello straordinario, in tutti i sensi.

    Non sarà certamente un percorso facile, ma sono certo che riusciremo a costruire un fronte ampio, che possa consentire alla nostra Galatina di risollevarsi. Iniziamo a fare Politica vera, nel senso più alto della parola.

    Concludo con le parole di Giuseppe Conte, che condivido a pieno e che dovrebbero risvegliare in tutti noi uno scatto d’orgoglio. "E' tempo di guardare avanti, adesso. E' tempo di essere realisti, ma anche di lavorare per “realizzare l’impossibile”: abbiamo un paese e un futuro a cui dedicare le nostre più preziose energie”.

    E allora coraggio! Per Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara io ci sono, il Movimento c’è! Ed è disponibile a patti su obiettivi chiari, ma mai a beceri compromessi.
    Ed è questo che fa la differenza.
    Camminiamo insieme verso una GALATINA, di nuovo, PROTAGONISTA!

    Leonardo Donno
    Deputato M5S

     
    Di Albino Campa (del 26/01/2009 @ 17:37:22, in NohaBlog, linkato 4474 volte)


    Carissimi amici, con l'imminente Festival di Sanremo avremo per la prima volta la possibilità di far qualificare fra i giovani il nostro concittadino Carmine Tundo in Arte ROMEUS con la bellissima canzone (scritta da se medesimo) "DOVE SI TOCCAN TERRA E NUVOLE" che potrete ascoltare sul sito
     
    http://www.sanremo.rai.it/SR_canzoni 
    (guara il video)

    Romeus è già arrivato quarto alle prime selezioni. Gli serve un'ulteriore spinta affinchè si classifichi tra i primi 10 dei 50 rimasti. Confidiamo in tutti i gli amici ed i conoscenti che vogliano sostenerlo attraverso l'invio di qualche SMS al n. 48444 inserendo il Codice -W159- oppure da telefono fisso al n. 16477 cod. 159.  (leggi sotto).

    Grazie a tutti e cordiali saluti da NOHA.IT
     
    **********************************************
    Lunedì 26 gennaio verranno annunciati i 50 cantanti che proseguiranno la gara.
     
    Le regioni più rappresentate sono Lombardia e Lazio con 14 giovani in gara, seguono Puglia (11) e Campania (9). Il Veneto vede 8 artisti ammessi, 5 per Emilia Romagna, Toscana e Sicilia, 4 per Liguria e Marche, 3 per Piemonte, 2 per Abruzzo e Calabria. Un giovane in gara anche per Basilicata, Valle D'Aosta, Repubblica di San Marino e Svizzera.
     
    Ecco i 90 artisti che accedono alla prima fase di Sanremofestival.59:
     
    *Alibia con “La meccanica di Lagrange”, band campana
    *Riccardo Ancillotti con “Fai così”, classe 1979, da Montecatini Terme
    *Andrea Cassese Quartet con “Canzoni a lunga conservazione”, gruppo campano
    *Ania con “Buongiorno gente”, cantautrice di origine napoletana
    *Anthony Laszlo con “Un altro inizio”, duo torinese
    *Manuel Autieri con “D'amore lontano”, cantautore di origine bolognese
    *Simone Bacchini con “L'unica mia fede”, classe 1982, romano
    *Giacomo Barbieri con “Fotografia in posa”, giovane cantautore di Zola Pedrosa, provincia di Bologna
    *Alessandro Bardani con “28 anni”, 29 anni, romano
    *Nicoletta Barra con “Ancora noi”, classe 1987, di Bracciano in provincia di Roma
    *Beppe Stanco con “Mi hai perso”, cantautore, 30 anni, da Foggia
    *Jacopo Bettinotti con “Certezze d'asfalto”, 32 anni, La Spezia
    *B-Mora (Rodolfo Mannara e Olsi Arapi) con “Senti che mondo”, duo dalla provincia di Taranto
    *Luca Butera con “L'orgoglio del creato”, 27 anni, da Catania
    *Roberto Casalino con “Amore universale”, classe 1979, cantautore di Latina
    *Marida Celestino con “Quando non è amore”, classe 1988, originaria di Cosenza
    *Chiazzetta con “Aspettami al falò”,classe 1999, da Latina
    *Emanuele Dabbono con “Ho ucciso Caino”, dalla provincia di Savona
    *Dajana con “Lacrima in un oceano”, all'anagrafe Dajana D'Ippolito, 1981, Taranto
    *Alessandra D'Angelo con “Come una goccia”, romana, classe 1987
    *Dani Silk con “Sentire”, all'anagrafe Martines Daniela, classe 1981, Lecce
    *Ranieri Di Biagio con “Sfere di cristallo”, 28 anni da Vimercate in provincia di Milano
    *Diamante con “Disincanto”, all'anagrafe Daniele Vitrone, 26 anni, brasiliano di nascita ma romano d'adozione
    *Dny'l con “Astinenza”, 1981, Putignano in provincia di Bari
    *Alessandra Doria con “Resterò così”, classe 1990, Sant'Elpidio, Ascoli Piceno
    *Andrea Facco con “L'eroe”, genovese, classe 1988
    *Gruppo Elettrogeno con “Il motore ad acqua”, band milanese
    *Her (Francesca Scaletti, Matilde Benvenuti, Leila Sampaoli) con “Non ti sento”, teen band al femminile proveniente da Firenze.
    *I Cosi (Marco e Antonio) con “Dejà Vú”, duo milanese
    *Giancarlo Ingrassia con “Sul filo”, 28 anni, da Castelvetrano in provincia di Trapani
    *Ironique con “Amore a più non posso”, classe1975, da Molfetta
    *Ivan con “Susan”, 21 anni, romano
    *Kama con “Dimmelo”, al secolo Alessandro Camattini, classe 1976, da Desio (MI)
    *Karnea (Davide, Paolo, Gabriele) con “Salice”, band lombarda
    *Kimel con “Sperando che...”, cantautrice cremonese
    *Le Fard (Tiziana Uccello e Rosanna Fardello) con “Prima di tradirmi”, duo di origine campana
    *Logo (Stefan Scuro, Salvatore Cafiero Davide Mercaldi, Andrea Caputo) con “Nei tuoi passi”, band proveniente dalla provincia di Lecce
    *L'Or (Lele, Kori, Gangio, Chris) con “Consapevole), rock band veronese
    *Ylenia Lucisano con “Dimenticami”, classe 1989, Rossano Calabro
    *Chiara Luppi con “Per un attimo”, cantante padovana di origine italo-armena, classe 1975
    *Malamonroe (Eleonora Fiorani, Simone Cardinetti, Sergio Dini, Nicola Sbrozzi, Stefano Naldi) con “Principe”, gruppo marchigiano
    *Marco Rò con “Un mondo digitale”, cantautore romano
    *Antonio Marino con “Lei”, napoletano
    *Miodio (Niko, Sanchez, Paul, Polly, Johnny Cena) con “Evoluzione genetica”, band proveniente dalla Repubblica di San Marino
    *Monrau (band composta da Ricky, Nick, Ale e Frank) con “Sogni e caffè”, da Padova
    *Motovario con “Come un gatto”, band catanese composta da 6 giovani musicisti
    Naif con “Uccidimi”, all'anagrafe Christine Hèrin, classe 1981, valdostana
    *Nadia Natali con “Donna a metà”, classe 1973, da Roma
    *Nena (Matteo, Michele, Federico, Marcello, Serena) con “Nella tua mente”, band bergamasca
    *Nicco Verrienti con “Gli artisti mangiano albicocche”, cantautore salentino
    *Nico con “Francesca”, all'anagrafe Chiara Schiavinotto, padovana
    *Enrico Nigiotti con “Tu incantevole”, cantautore livornese
    *Orfen (Alex, Andrea, Luca, Marco) con “Su di me”, band proveniente da Palestrina in provincia di Roma
    *Palconudo con “Tre secondi di normalità”, band genovese
    *Passogigante con “Giovani Giusti”, gruppo toscano composto da 8 elementi
    *PensieroZero (Irene, Luca, Fabio, Bruno, Michele) con “Vita nuova (la danza nel buio)”, band veneta
    *Jacopo Ratini con “Stile anni '60”, 26 anni, romano
    *Red con “Mi hai incasinato la vita”, all'anagrafe Luca Esposito, classe 1974, Napoli
    *Rino De Maria con “Ciao cara”, napoletano classe 1982
    *Romeus con “Dove si toccan terra e nuvole”, all'anagrafe Carmine Tundo, ventenne di Galatina Fraz. Noha (LE)
    *Rumorerosa con “Non sei tu”, gruppo toscano
    *Sabu e La Vigiliacon “Meglio di così”, gruppo siciliano
    *Sally con “Dall'acqua e la polvere”, all'anagrafe Sara Moriconi, 23 anni, Tolentino, provincia di Macerata
    *Marco Santilli con “Amarsi un pò”, classe 1982, nato in Svizzera
    *Fabio Savarese con “Fragile”, classe 1986, Castellammare di Stabia (NA)
    *Scotch Ale con “Non sei quella che vorrei”, band veneta
    *Davide Scudieri con “La canzone di Sid”, classe 1975, da Pescara
    *Secondavera con “Sarebbe bello”, band di provenienza marchigiana
    *Giacomo Serafini con “Sarò con te”, da Pescara
    *Carmen Serra con “Da oggi in poi”, classe 1977, Siracusa
    *Pierpaolo Silvestri con “30 febbraio”, classe 1988, bolognese
    *Silvia con “Volare via”, giovane cantante laziale
    *SM58 con “Scritto sulla pelle”, band romana
    *Spazi Vitali (Gianrock, MoNo, Miguel) con “Mettimi alla prova”, band lucana
    *StranoEffettoClick (Hard, Dj Mirko, Aly, Miccia) con “Ricominciare da capo” band lombarda
    *Studio 3 (Marco, Vetro e Gabriel) con “Sto quasi bene”, gruppo dalla provincia di Milano
    *Svytols (Simone Bartucci, Giorgio e Gabriele Caserini) con “Il piede”, band della provincia di Milano
    *Sync (Alessio, Fabio, Omar, Frengo) con “Segreti sogni”, band milanese
    *Tanya con “Senza orizzonte”, 1984, Modena
    *The Clockmakers (Camillo Masarotto, Stefano Galante) con “Diverso”, giovane duo padovano
    *The Sunny Boys (Gianluca, Fabio, Fabrizio, G.A. Codnick, Marco) con “Respirando il mare”, band torinese
    *Triacorda (Daniela, Antonella, Linda, Linda) con “Piccola come sei”, da Foggia
    *Ultima con “Tardi”, quintetto pavese
    *Wide (Antonio, Gianni, Beppe, Giorgio, Maurizio) con “Penelope”, band pugliese
    *Windstorm (Alessandro, Filippo, Enrico, Simone) con “Un sogno per me”, band torinese
    *Gaetano Zampetti con “Abbracciami”, 22 anni, di Benevento
    *Barbara Zappamiglio con “Sono qui”, bresciana, classe 1983
    *Giulia Zetti con “La libertà (Dentro i tuoi occhi nelle braccia e nel cuore)”, classe 1988, Sassuolo (MO)
    *4Sound (Andrea, Marco, Gennaro e Gaetano) con “Una volta ancora”, Como
    *5005 (Enrico, Cristiano, Marco, Angelo, Ivano) con “Provo a resistere”, gruppo proveniente da Santhià, provincia di Vicenza
    **********************************************
     
    Di Albino Campa (del 18/05/2011 @ 17:31:25, in Referendum, linkato 3069 volte)

    Il 12 e il 13 giugno si voterà per i referendum, anche e soprattutto per quelli sull'acqua pubblica. E che ci sia il (fondato) timore che manchi il quorum, la dice lunghissima sull'aridità politica del nostro paese: ci hanno insegnato che l'acqua è il principio della vita, l'idea che la maggioranza degli italiani ne trovi poco importante il destino, fa di noi dei perfetti candidati all'eutanasia.

    Io voterò, e voterò sì. Ma capisco le ragioni di chi voterà no, oppure non voterà affatto puntando sul fallimento del referendum anti-privatizzazione.
    E lo capisco ancora meglio, se penso a quanti soldi abbiamo speso per un'opera come quella del Sistema Irrigazione Salento e per la diga del Pappadai, che ne è il cuore. Ne hanno parlato in tanti e lo ha fatto anche l'Indiano di TeleRama oltre un anno fa, il 5 marzo 2010, raccontando (anche grazie alle strepitose immagini di Matteo Brandi) il più grande spreco pugliese e la più grande incompiuta salentina: un'opera enorme iniziata 35 anni fa, costata allo stato 500 miliardi di vecchie lire, nata per liberare i campi dalla siccità e mai entrata in funzione. Di mezzo ci sono una miriade di enti inutili o dannosi, nati per gestire l'acqua pubblica e divenuti una greppia di elettorati privati (basta scorrere l'elenco dei presidenti o dei commissari dei Consorzi di bonifica o dell'Ente irrigazione). Uno spreco che è colpa anche di un'idea "privatistica" dell'acqua annidata in un ente pubblico, cioè della pretesa della Basilicata di aprire o chiudere il rubinetto in base alle convenienze, cioè al prezzo che la Puglia è disposta a pagare.

    Ma, alla base del grande buco dell'acqua, c'è soprattutto un metodo che ha soffocato nella culla la buona politica e la buona amministrazione al Sud: spendete e spandete, qualcosa resterà. Colpisce, nelle parole fuori onda dei guardiani della diga nel deserto, il raffronto fra ieri e oggi. Ieri: il mare di denaro, disperso in mille rivoli perché i fondi non andavano persi, a costo di progettare e costruire opere inutili. Oggi: gli stipendi che arrivano col contagocce e il cantiere dell'avanguardia idraulica diventato un rifugio per cani randagi. Solo un paradosso della storia? No: la siccità di oggi è la conseguenza dell'inondazione di ieri.
    Ciò nonostante, il 12 o il 13 giugno voterò ai referendum sull'acqua pubblica. E voterò sì perché, nel territorio del più grande acquedotto d'Europa, privatizzazione non fa rima con liberalizzazione: significa solo sostituire un monopolio privato ad un monopolio pubblico. Un esempio di liberalizzazione è quello degli aerei: oggi voliamo a prezzi imparagonabili a quelli di dieci anni fa, e la concorrenza ha reso democratico il mercato. Un esempio di privatizzazione, invece, è quello delle autostrade: ci costano di più per un servizio uguale o peggiore, il monopolio privato è diventato un affare per pochi senza un vantaggio per molti.

    E però, se il quorum passa e se il sì vince, la Regione e la parte politica che fanno dell'acqua pubblica una bandiera, devono ripensare anche ai modi con cui l'hanno gestita e devono dare buone ragioni (buone, non ideologiche) per preferire lo status quo al cambiamento.
    Perché se votassi no (o non votassi affatto) non mi sentirei con la coscienza a posto davanti a mio nonno, contadino di Ruffano per il quale "l'acquedottu" e "lu consorziu" sono stati la liberazione dalla schiavitù del pozzo e della siccità. E però vorrei sentirmi con la coscienza a posto anche con l'altro mio nonno, capomastro di Casarano, che ha sempre pagato le tasse bestemmiando anche contro "l'acquedottu" e "lu consorziu", enti che negli anni hanno dato poco da bere e molto da mangiare.

    Danilo Lupo

    fonte:allupoallupo.blogspot.com

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 18/03/2015 @ 17:26:30, in NohaBlog, linkato 2093 volte)

    Sabato 21 febbraio, ore 21:50, ho ricevuto una telefonata alla quale non ho potuto rispondere. Alle ore 21:58 ecco vibrare nuovamente il telefono; un sms: ‘morto don Donato’. Una fortissima fitta di dolore mi ha stretto il cuore come in una morsa e, quelle tre parole, una affianco all’altra come nessuno avrebbe mai voluto leggere, mi hanno fatto cadere una lacrima. E in quella goccia salata, tanto densa da far fatica a percorrermi tutto il viso, c’era tutta l’amarezza e il dolore nell’aver perduto una persona che ho sempre considerato a me cara, più di tante altre. Io ho perso un amico, come ha detto anche padre Francesco, ma ho anche perso una persona buona e fedele, un ispiratore, un pensatore moderno, un filosofo d’altri tempi, un moderatore d’animi, la linea di partenza dalla quale ho dato il via allo sprint più lungo della mia vita. Ho perduto, insieme a te, il significato della satira, la sempreverde luce della speranza e il sorriso celato nelle pieghe più cruente della vita. Ho perso uno che oggi definirebbero ‘opinionista’, uno stravagante abitudinario, uno che insegna metodo, un vero giornalista. Non ho mai capito, infatti, il perché tu mi facessi tante domande.

    Don Donato, mi hai sempre interrogato, sin dai primi anni di catechismo. E hai continuato a farlo anche dopo, mentre frequentavo il liceo, quando ho lasciato Noha, quando mi sono sposato e anche quando sono diventato padre. Forse eri uno al quale non bastavano mai le risposte. In un certo senso eri un bambino ansioso di stupirsi. Non potrò mai dimenticare le tue espressioni di stupore quando ricevevi una risposta solo all’apparenza inattesa. E lo sapevo che le tue erano sempre finte reazioni. Tu conoscevi già le risposte che cercavamo di dare alle tue domande. Era una delle cose che avrei voluto chiederti prima che te ne andassi il perché ponevi così tanti interrogativi. Volevi sapere cosa pensassi dell’attuale politica, mi incalzavi affinché esprimessi il mio parere sulle mosse della CEI, chiedevi il mio giudizio sull’operato di un Vescovo o di un altro sacerdote, chiarimenti sul pettegolezzo cittadino. Insomma volevi pareri su tutto, tu che ti eri sempre ostinato a non sbilanciarti su un giudizio personale, perché per te la cosa fondamentale era il conoscere e non il giudicare. Non ti ho mai sentito soppesare nessuno eppure chiedevi sempre pareri. E chissà che cosa darei per tornare, anche solo per un attimo, in quello che tu chiamavi il tuo studio, don Donato, quando si sentiva la nostra cara Antonietta chiedere il permesso per entrate e interrompere i nostri discorsi con il suo vassoio di thè fumante. E su quel vassoio c’erano sempre due tazze, una per te e una per me perché ho passato tutta la mia infanzia in quella sagrestia. E mi ritorna il pensiero su quei grandi registri sui quali mi facevi annotare battesimi, cresime, matrimoni e funerali. E mai avrei pensato, in quel lontano passato, che ci sarebbe stato scritto anche il tuo nome sulle pagine di quello che non avrei mai voluto aprire.

    Chissà in quale cassonetto è finito quel piccolo quaderno sul quale annotavamo i nostri compensi da chierichetti. Il sabato giornata di paga del più simpatico tariffario della mia vita: 500 lire per una messa, 1500 lire per un matrimonio, 1000 lire per una processione e 2000 lire per un funerale. E sapevo già allora perché la paghetta per assisterti durante la celebrazione delle esequie era la più cospicua: perché per noi bambini, quali eravamo allora, era una dura prova guardare giornalmente la morte in faccia. E per me, che di facce funebri nella mia infanzia di chierichetto ne ho viste a migliaia, la morte mi era divenuta familiare, tanto da farne l’abitudine.

     Non so quanti chilometri abbiamo percorso insieme in processioni, quante volte ti abbia legato i lacci delle scarpe quel giorno del Corpus Domini, non so quante prime letture, salmi responsoriali e preghiere dei fedeli tu mi abbia fatto leggere. Non so quante novene, quante partite a calciobalilla, quanti foglietti della messa distribuiti, quanti rosari recitati, quante ampolline versate e calici tersi sotto il tuo occhio vigile. Volevi anche insegnarmi a suonare l’organo, caro prete caparbio, proprio a me duro di comprendonio. E te ne sei andato così, ancora facendomi una domanda: “Mo si benutu d’estate. Quandu torni, a Pasqua?”. Non torno a Pasqua, caro don Donato, perché troverei la porta del tuo ufficio di casa chiusa. Non tornerò perché dietro quell’anta vetrata non ci saresti tu, col tuo Popotus. Non tornerò perché non mi farai più accomodare sulla tua poltrona di pelle nera mentre tu, richiudendo nel mio ricordo il tuo breviario, ti diverti ancora una volta a prendermi in giro. Non posso tornare se non potrò ancora sentirmi rivolgere una domanda delle tue. Tornerò un giorno per venirti a visitare in quel campo del quale tu dicevi “tantu tutti ddai imu scire”. E la mia più grande tristezza è non averti salutato per l’ultima volta perché ti avevo promesso che ci saremmo rivisti per Natale. E io, alla mia promessa, sono venuto meno perché tu eri già in terapia intensiva quando sono arrivato a Noha. Eppure tu, prete caparbio, la tua promessa l’hai mantenuta perché, forse sapendo che non mi avresti rivisto, mi hai lasciato un messaggio vocale per il mio compleanno, dicendomi che avresti voluto vivere fino a centottant’anni per veder me compierne novanta. Io no credo di osare così tanto da poter arrivare vivo sino ai novanta, ma se il Signore mi concederà di vivere, sappi che anche tu compirai almeno centosettanta primavere (visto che ti conosco da quando di anni ne avevo solo dieci), se non in vita terrena, almeno nel mio ricordo. Non dovevi andartene senza dirmi il tuo ultimo dialettale “Nà, mo!” Nel frattempo, nonostante tu sia impegnatissimo nel lodare Dio che ti sorride, ricordati di pregare per me e di dare, di tanto in tanto, un’occhiata qua giù, dove mi hai lasciato vagabondo nei ricordi.

    Fabrizio Vincenti
     

    Ancora una volta la solita parte dell’opposizione si avventura in comunicati improbabili con argomentazioni qualunquistiche, opportunistiche e strumentali. Al netto dei soliti sproloqui, mai un’idea concreta, mai una proposta seguita da un progetto realizzabile. Dopo quasi un anno, sembra ancora prigioniera nel film di quella campagna elettorale che l’ha vista sconfitta.

    All’ordine del giorno la ZTL e la nostra idea di città, quella chiaramente indicata nel programma elettorale delle Civiche con un centro antico vivo e vissuto, che torni ad essere il cuore pulsante della città.

    In quest’idea il “nostro” centro antico non può che essere TOTALMENTE APERTO al commercio, ai ragazzi, alla movida, al passeggio, alla cultura, alle famiglie, alle manifestazioni, non certo al traffico veicolare indiscriminato che inevitabilmente dovrà essere limitato.

    Un senso di comprensione verso chi oggi opera nel centro antico ci ha portato a scelte responsabili che riducono solo lievemente l’orario di apertura: un’ora al mattino (posticipando dalle 6 alle 7) ed un’ora la sera (anticipando dalle 20 alle 19), confermata la chiusura del sabato e dei giorni festivi, già prevista lo scorso anno nell’ordinanza 53/D/2017. Un giro di vite, senza salti nel buio ma nella giusta direzione.

    Riduttivo però sarebbe soffermarsi solo sulla regolamentazione degli orari della ZTL senza tenere nella giusta considerazione l’atro tassello che sarà notizia dei prossimi giorni: il cartello delle iniziative e delle manifestazioni allo studio degli assessori Dettù e Mauro che con il Sindaco Amante, in collaborazione con associazioni, commercianti e privati, stanno progettando “l’estate galatinese”.

    Non è più tempo per il conservatorismo sterile predicato da una parte dell’opposizione, servono idee e la forza di metterle in atto ed è questo il terreno su cui tutta l’amministrazione Amante intende cimentarsi.  

    Vito Albano Tundo

    Capogruppo Galatina in Movimento

     
    Di Albino Campa (del 21/01/2011 @ 17:24:50, in Musicando pensieri, linkato 3218 volte)

    La parola è l’incarnazione del pensiero e della musica. Che ci piaccia o no, la nostra natura umana ci costringe a pensare. E il pensiero è libero, non ha catene, non rispetta conformismi né moralismi di alcun genere. Il pensiero ha radici in ciò che ci circonda e che riusciamo a captare con i nostri sensi; esso non ha forma, non ha sostanza, si lascia però facilmente modellare in parola, scritta o parlata che sia.

    E la musica, che ruolo ha la musica nella nostra vita? La musica è fecondatrice di pensieri. Essa nasce come espressione del pensiero umano e ad esso vi ritorna come melodia.  

    Questa nuova rubrica Musicando pensieri vuole essere un aquilone nel cielo della nostra mente: un tentativo di legare, una volta tanto, musica e pensieri con il filo della parola scritta e permettergli così di librarsi nella nostra vita. Finalmente insieme.

    Volta per volta vi presenteremo un brano musicale da accompagnare alla lettura di un classico della letteratura e alla fine potrete condividere con gli altri lettori i vostri pensieri nella sezione Commenti.

    Di seguito il testo di una preghiera laica tratta dal Trattato sulla Tolleranza (1763) di Voltaire e Buongiorno principessa di Nicola Piovani (3:45; dall’album Life Is Beautiful, 1998).

    Michele Stursi

      
     
     

    Preghiera a Dio

    di Voltaire
     

    Non più dunque agli uomini mi rivolgo, ma a Te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi e di tutti i tempi, se mai è lecito a deboli creature, sperdute nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osare chiedere qualche cosa a Te, a Te che hai dato tutto, a Te i cui decreti sono immutabili quanto eterni. Degnati di guardare con pietà gli errori inerenti alla nostra natura!, e fa’ che questi errori non generino le nostre calamità. Tu non ci hai dato un cuore perché ci odiassimo, e mani perché ci sgozzassimo; fa' che ci aiutiamo l'un l'altro a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera; che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue insufficienti, tra tutti i nostri ridicoli costumi, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre condizioni così diseguali ai nostri occhi, e così eguali davanti a te; che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati "uomini" non siano segnali di odio e di persecuzione; che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarTi, tollerino coloro che si accontentano della luce del Tuo Sole; che coloro i quali coprono la loro veste con una tela bianca per dire che bisogna amarTi, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo derivato da una lingua morta, o in uno più recente; che coloro il cui abito è tinto di rosso o di viola, che dominano su una piccolissima parte del mucchietto di fango di questo mondo, e che posseggono alcuni frammenti arrotondati di un certo metallo, godano senza orgoglio di ciò che essi chiamano "grandezza" o "ricchezza", e che gli altri li guardino senza invidia: poiché tu sai che in queste cose vane non vi è nulla né da invidiare, né di che inorgoglirsi.

    Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Che essi abbiano in orrore la tirannia esercitata sugli animi, così come hanno in esecrazione il brigantaggio che con la forza strappa loro il frutto del lavoro e dell'industria pacifica! Se i flagelli della guerra sono inevitabili, non odiamoci, non dilaniamoci gli uni gli altri quando regna la pace, e impieghiamo l'istante della nostra esistenza per benedire egualmente in mille lingue diverse, dal Siam fino alla California, la tua bontà che ci ha accordato questo istante.

     

     
    Di Antonio Mariano (del 28/04/2016 @ 17:20:04, in Campo Sportivo, linkato 3542 volte)

    Son quasi due mesi che un gruppetto di persone, amici e conoscenti principalmente di Noha ma anche di alcuni paesi limitrofi, si trovano insieme per disputare delle amichevoli di calcio. La nuova squadra della nostra cittadina è chiamata, guarda un po’, “Rappresentativa Noha”.

    La “Rappresentativa Noha” attualmente non è una società di calcio, ma un gruppo di giovani che affronta in partite amichevoli squadre già iscritte a campionati dilettantistici della nostra provincia. Ne sono un esempio le amichevoli disputate contro il Neviano Calcio (iscritto nel campionato di terza categoria), la Juniores nevianese, gli amatori Galatina e non ultimo il Sanarica calcio (iscritto nel campionato di prima categoria). In pratica si tratta di partite contro squadre di tutto rispetto e certamente i ragazzi di Noha non stanno sfigurando, visti anche gli ottimi risultati raggiunti in poco tempo, avuto riguardo del fatto che i calciatori nohani si trovano a giocare assieme solo nel corso di piccoli eventi.

    Attualmente l’unico cruccio cha attanaglia questa bella iniziativa sociale è la situazione del campo sportivo di Noha. Infatti purtroppo è possibile giocare solo si è “ospiti” della squadra da affrontare; pressoché impossibile è, invece, ospitare la squadra avversaria per via della piuttosto ingarbugliata situazione del nostro impianto sportivo, spesso chiuso o poco accessibile a tutti, con alcuni apparati non funzionanti, e soprattutto a causa della mancanza di chiarezza fornita da chi di dovere.

    Con l’augurio che qualcuno prenda a cuore questa situazione e che il tutto si sblocchi in maniera trasparente, l’impegno sociale della “Rappresentativa Noha” continuerà finché sarà possibile. Proprio in data odierna, 28/04/2015 ore 19:00 è in programma un’amichevole contro il Porto Cesareo Calcio (1° categoria). Ovviamente “tanto per cambiare” la partita si disputerà al campo comunale di Porto Cesareo.

    Insomma la “Rappresentativa Noha” può giocare ovunque. Ma non a Noha.

    Antonio Mariano

     

    Ritorna per l’edizione 2023 il Premio Marcello Romano per il Cinema - Città di Galatina- venerdì 8 settembre alle ore 19,30 presso il Palazzo della Cultura.

    Il riconoscimento, nato per rendere omaggio alla memoria del galatinese avv. Marcello Romano (1943 -2008), cultore di cinematografia, è stato istituito dal Comune di Galatina su proposta della famiglia nel 2009, in collaborazione con il Liceo Artistico dell’IISS “P. Colonna” di Galatina, con l’obiettivo di contribuire alla cultura cinematografica, promuovere la valorizzazione del territorio, dare visibilità a professionisti giovani e di talento.

    In precedenza è stato attribuito, con il patrocinio di Regione Puglia, Università del Salento, Apulia Film Commission, nell’ambito del Festival “Corti di marzo” 2011, fuori concorso, al regista Andrea Costantino, per il cortometraggio “Sposerò Nichi Vendola” (2010); nel 2014 a Francesco Micciché per il documentario “Lino Miccichè, mio padre. Una visione del mondo” (2013) nell’ambito della Rassegna Identità in dialogo-Prospettive meridiane #tuttosuipadri; a Tommaso Faggiano per il film “Stare sul confine” (2018) della cooperativa culturale Meditfilm, durante la Rassegna estiva della Città di Galatina 2018.
    Il prossimo 8 settembre il Premio verrà consegnato a Fausto Romano, giovane autore galatinese, artista eclettico poliedrico e originale, “cantastorie” come egli stesso ama definirsi.

    Diplomatosi in recitazione presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, ha realizzato numerosi cortometraggi, vincendo premi internazionali.
    Nel 2022 scrive, dirige e interpreta “San Vitu Rock” prodotto da Apulia film Commission e vincitore del Festival del Cinema Europeo.

    Con quest’ultimo lavoro il regista ha avuto il merito di esportare oltre i confini nazionali la sacra roccia dal potere magico-religioso custodita in una semplice chiesetta nel cuore della Grecìa Salentina,” raccontando un rito attraverso un altro rito: il cinema”, come egli stesso ha dichiarato.
    Una storia d’amore semplice, poetica ed esilarante, con due attori principali, un uomo e una donna, ambientata negli anni del boom economico italiano, che si fonda sulla conoscenza di fenomeni etnoantropologici e della loro evoluzione storica, una ricerca che Fausto Romano coniuga con la sua
    grande capacità artistica di mischiare sacro e profano, alto e basso, umano e divino, già espressa in altre sue opere cinematografiche e letterarie.

    Il film di fatto è centrato su la Pietra Forata di San Vito, un monolite calcareo che ha il diametro esterno di circa un metro, con al centro un foro di trenta centimetri, ritrovato in una zona boscosa dell’area salentina ricca di altri monumenti megalitici, menhir, dolmen, specchie. Il passaggio attraverso questa strettissima apertura, che rappresenta l’utero materno, trasferisce, secondo un rito che si è ripetuto fino agli anni ’60, fertilità a chi la attraversa. Una pratica che risale ad una remotissima religione fondata sulla figura della Dea Madre, connessa con la fecondità della terra, che ha mantenuto un grande valore religioso con il nascere dell’agricoltura.

    La narrazione di Fausto Romano offre quindi l’opportunità di allargare la visuale sul nostro territorio rurale, dove le pietre parlano. Non si tratta certamente di resuscitare antiche tradizioni la cui conoscenza ha generato questa bella favola descritta in “San Vitu Rock” ma di restituire, attraverso un approccio emozionale, il giusto valore alla terra per la buona salute dell’uomo e per una nuova visione delle bellezze del nostro paesaggio, argomenti di viva attualità e dibattito culturale.

    Dopo i saluti istituzionali del Sindaco di Galatina Fabio Vergine e della Dirigente dell’IISS “P. Colonna” di Galatina Maria Rita Meleleo, la serata sarà moderata da Rita Toscano, organizzatrice del Premio Marcello Romano per il Cinema.

    Su simboli magie e misteri del paesaggio salentino, tra natura e cultura, interverranno due illustri specialisti: Angela Serafino, studiosa e critica d’arte, che nei suoi scritti – da “Dal colore al suono, dal suono al colore” sino a “Restituzione” monografia per l’opera di Renato Centonze – ha esplorato la relazione tra paesaggio ed opera d’arte ,nel Salento, ma come specimen di un universale umano; Francesco Danieli, storico e iconologo di fama internazionale, autore di numerose pubblicazioni di carattere scientifico, storico, artistico e antropologico culturale sull’identità salentina e non solo, direttore della collana editoriale Gli Argonauti.

    E a seguire la premiazione e la proiezione del cortometraggio.

    L’evento si pone come un’occasione di festa per spettatori e partecipanti, in un clima di convivialità, aperto a tutti, presso il Palazzo della Cultura (ingresso da via Cafaro n.2), nei locali messi a disposizione da Open Art Gioré aps, dalle ore 19,30 dell’8 settembre p.v.

     

     
    Di Antonio Mellone (del 31/08/2019 @ 17:16:00, in Fetta di Mellone, linkato 1346 volte)

    Conoscete la storia del dito e della luna, no?

    Ebbene, sappiate che in genere è la massa che si fa incantare dalla luna (nel pozzo); è il saggio poi ad accorgersi che quello non è l’indice, ma il dito medio.

    L’altra sera, per dire, mi faccio convincere dagli amici a fare un salto a Otranto. Ma Otranto era già assaltata da un pezzo.  

    Mancavano sedie e tavolini giusto sul mosaico pavimentale della cattedrale per completare il quadro espressionista: vale a dire l’Urlo di ‘sta Minch (quell’altro era di Munch).

    Dai - mi son detto -, guardiamo il lato positivo della cosa: un giorno moriremo.

    Siccome i guai non vengono mai da soli, la settimana scorsa un telegiornalista reggeva il moccolo, ossia il microfono, a un manager affranto dalla chiusura della sua bella discoteca salentina vista mare, prostrato dal fatto che il “Salento non è Ibiza”. Ora, va bene che tira più un pelo di Twiga che tutto il parco buoi, ma uno s’aspettava che il whatchdog anziché scodinzolare gli rispondesse per le rime (evidenziando l’orrore di certe affermazioni che vorrebbero essere sarcastiche), o almeno battesse ciglio. O tutt’al più cassa. Niente: si è limitato solo a battere.

    La prossima volta – se posso permettermi – thegiornalisti si sbilancino un po’ di più e provino a chiedere all’interlocutore di turno almeno di togliersi gentilmente gli occhiali scuri alla Lapo Elkann (sempre che l’intervistato occhialidasolemunito non sia affetto da uveite), così, benché su carta o schermo, noi altri poveretti potremmo tentare di guardarlo nelle palle degli occhi.   

    Nel frattempo, ligi all’assunzione quotidiana di anestetico contro il dolore da vita vuota, facciamoci pure distrarre dallo stracciamento di vesti dei Caifa da spiaggia per via del prezzo di un paio di frise con tartare di gamberetti (?): che, a dirla tutta, secondo la corte dei conti domiciliata nella mia testa, dovrebbero costare almeno il triplo, se non il decuplo, attesa la straordinaria quantità di diseconomie esterne – leggi devastazione e mercimonio di questo mondo – prodotte all’unisono dalle masse cafone e fesse di domanda e offerta.

    Non sia mai che qualcuno in questa terra vocata al luna park osi proferire la nuda verità, vale a dire che il turismo ci ucciderà.

    Nossignore, si ha invece paura degli economisti da peer review, quelli della crescita e delle ricadute occupazionali sine fine dicentes, dunque del più Mercato e meno Stato, dimentichi del fatto che la libera concorrenza alla Adam Smith non ha mai traslocato dalla teoria del puro modello economico alla tridimensionalità, mentre la sua diciamo evoluzione neoliberista intensiva o addirittura superintensiva (fatta di monopoli, oligopoli, cartelli e mafie) sta portando profitti ai soliti pochi, e più danni dei roghi d’Amazzonia e Siberia messi assieme ai soliti molti. Infine, si ha addirittura soggezione dei pOLITICI, i Cetti e le Cette Laqualunque glocal, ergo gli sponsor della riduzione del numero dei parlamentari, gli indossatori di casacche intercambiabili manco fossero slip, i promoter di liti temerarie prêt-à-porter: quasi tutti esponenti del rutto libero assurto al rango di Logos.

    Ci mancava giusto la raccolta delle olive nel cuore del mese d’agosto, a 35 gradi all’ombra. Chissà che dalla loro spremitura la Scienza non riesca a ottenere direttamente, dopo l’aria, anche l’olio fritto.

    Ma che ne capite voi di primizie. Volete mettere la vendemmia a febbraio, le fiche a marzo, e le fette di Mellone a fine novembre?

    Antonio Mellone

     
    Di Antonella Marrocco (del 30/05/2015 @ 17:15:19, in don Donato Mellone, linkato 1956 volte)

    Sorpresa, delusa, amareggiata con me stessa,

    non è così che avrei voluto vederti per l’ultima volta.

    Mi resta solo da ricordare.

    Mi manchi ora,

    mi mancherai sempre.

    Una finestra semichiusa

    o una porta aperta erano il tuo modo di dire: “Ci sono”.

    Raccontami.

    E le tue parole incuriosiscono la mia voglia di sapere.

    La serenità nel tuo modo di esprimerti

    rende tutto più piacevole nell’ascolto

    e il tono della tua voce cambia a seconda dell’importanza delle parole.

    Niente è detto a caso. Momenti di riflessione esprimono i miei silenzi.

    Raccontami.

    E le tue parole prendono il volo in racconti di vita, volano nel passato

    ricordando sacrifici di animo e spirito.

    Attraversano l’azzurro del mare e prendono il loro colore,

    si confondono tra le onde e hanno il loro sapore,

    risplendono consumandosi tra i raggi del sole.

    Rimane il silenzio, un sorriso e un arrivederci.

    Volevo esprimere di più 

    ma le parole si chiudono nel mondo dei ricordi

    a piangere dietro una porta che resterà per sempre chiusa.

    E per te il mio ricordo sarà sempre quello di un uomo

    servitore di Dio, vestito di nero

    ma con l’arcobaleno nel cuore.

    Antonella Marrocco
     

    A quasi un anno di distanza si ripropone il problema della chiusura del centro storico di Galatina e l’immagine desolata del cuore della città deserto. Ancora una volta si tratta dell’iniziativa di una maggioranza che ha poche idee e per giunta confuse. Come è loro abitudine scelgono la strada più semplice per illudersi di agire, ma i rimedi che adottano sono peggiori del male.

    Questa mattina gli operatori delle attività produttive del centro storico hanno chiesto il mio supporto dopo che si sono visti calare dall’alto, quindi senza alcuna concertazione, un provvedimento di chiusura ancora più restrittivo rispetto a quello messo in atto lo scorso anno. La chiusura è anticipata alle 19 nei giorni feriali (lo scorso anno era a partire dalle 22.30) e per tutto il weekend a partire dalle 19 del venerdì (lo scorso anno era limitata al sabato sera e alla domenica). Ho ben viva nella memoria la fortissima tensione sociale che si generò con i provvedimenti del commissario straordinario che portarono i commercianti alla serrata, ma non mi sarei aspettato che il sindaco Amante agisse d’imperio dopo aver sbandierato in campagna elettorale che loro erano il nuovo e che le scelte sarebbero state partecipate e condivise.

    È bello camminare nel centro storico senza auto, ma serve una progettualità per farlo vivere e, soprattutto, servono idee valide e investimenti. Lecce ha fatto scuola con il suo recupero e rivitalizzazione del centro storico. Era un’altra epoca, con maggiori possibilità economiche, ma il metodo rimane più che valido. Chiudere è la coda del progetto, l’atto finale dopo che si sono messe in moto politiche di promozione del territorio. Per rendere vivo il centro storico non basta un cartellone di eventi, che sarebbe un aiuto e a Galatina neppure c’è, ma serve un progetto di medio-lungo periodo.

    Il nostro centro storico si trova in uno stato di grave degrado perché sinora c’è stata attenzione per piazza San Pietro e per una parte della zona su cui affaccia la Basilica, il resto è sconfortante. Il cuore della città non appartiene a chi ci abita o a chi ci lavora, ma è patrimonio di tutti i cittadini – compresi quelli delle frazioni – e scelte importanti come la fruizione del centro storico vanno condivise per arrivare a soluzioni di equilibrio dei diversi legittimi interessi.

    Non si può pensare di chiudere senza un piano traffico, senza pensare a un’integrazione con piazza Alighieri e corso Principe di Piemonte. È giusto mantenere chiusa la strada che passa davanti alla Basilica per preservare questo gioiello dai danni che il traffico può causarle, ma - allo stato attuale - la chiusura del centro storico nel suo complesso può essere riconfermata con le stesse modalità dello scorso anno partendo da metà giugno sino a metà settembre e non dall’1 maggio come ha pensato di fare il sindaco.

    Questa amministrazione, invece di fare atti sterilmente autoritari, si preoccupi di studiare misure utili a incentivare la ristrutturazione delle abitazioni, a stimolare l’apertura e il rilancio delle attività produttive, a fare di piazza San Pietro un contenitore capace di attrarre spettacoli di qualità, a ridare la luce alla Pupa, a rendere fruibili i tesori architettonici della città concordando e sostenendo l’apertura della Basilica. Nello stato in cui si trova il centro storico, l’inasprimento dell’orario di chiusura è inutile: il sindaco ascolti le ragioni di chi lavora e dà lavoro, ci ripensi.

    Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

    Giampiero De Pascalis

     

    La serata, prima delle tre comprese nella rassegna "Settembre in...Classica", si terrà lunedì 2 settembre alle ore 20:45 presso l'ex monastero delle Clarisse ed è inserito nella più ampia programmazione estiva galatinese "A cuore Scalzo". 

    La direzione artistica della stagione concertistica, voluta e sostenuta dall'Assessorato alla Cultura del comune di Galatina, è affidata al M° Luigi Fracasso.

    “Inauguriamo, quest'anno, una rassegna musicale unica, - dichiara la dr.ssa Cristina Dettù - che appare oggi come il marchio distintivo della città di Galatina. È certamente garanzia di qualità data la presenza dell'associazione de 'I Concerti del Chiostro" e della direzione artistica del maestro Fracasso; al contempo rappresenta un investimento attento, convinto e sostenuto da parte dell'amministrazione comunale. Perché crediamo che la cultura possa essere punto di ri-partenza per la città di Galatina, che la musica classica, e la buona musica in generale, sia la cornice di un racconto, di una storia affascinante, sia emblema di bellezza ed emozioni. Ogni singolo aggettivo che descrive Galatina e l'incanto dei suoi luoghi, in cui cittadini, turisti e ospiti potranno assistere ai 3 appuntamenti di "settembre in...classica".

    Dado Moroni è da molto tempo sulle scene internazionali a rappresentare il jazz italiano al suo massimo livello. Il pianista genovese è anche uno dei nostri jazzmen più stimati e richiesti dai colleghi americani. Motivo, questo, per cui e' stato nel tempo fra i più attivi artisti italiani negli Stati Uniti. Vale la pena di ricordare che nel corso della sua fortunata carriera ha fatto parte del gruppo Mingus Dynasty e del trio guidato dal bassista Jimmy Woode. È anche stato il solo italiano invitato da Ray Brown a partecipare ad un famoso disco in cui il grande contrabbassista duettava con i suoi pianisti preferiti. Molto lungo sarebbe

    l'elenco dei grandi del jazz (tutti appartenenti al genere mainstream) con cui Moroni ha lavorato: basta forse citare Wynton Marsalis, Joe Henderson, Clark Terry, Lee Konitz, Al Grey, Kenny Barron, Tom Harrell, Freddie Hubbard, James Moody. Ma certamente fra le sue esperienze artistiche più importanti non si possono non ricordare anche quelle con Gianni Basso, Franco Ambrosetti ed il recente duo con Enrico Rava.

    L'ingresso è libero fino ad esaurimento posti. 

    Sara ROMANO, ufficio stampa
     
    Di Redazione (del 18/11/2017 @ 17:11:00, in Comunicato Stampa, linkato 1158 volte)

    Si sono tenuti il 16 e 17 novembre due appuntamenti, riguardanti la salute dei cittadini salentini, ai quali non potevamo mancare.

    Il 16 novembre è nato il “Coordinamento Civico Ambiente e Salute” a Corigliano presso la nuova sede provinciale del CSV Salento. Trenta associazioni di cittadini e i rappresentanti di sette comuni si sono riuniti, infatti, per avviare un percorso a tutela dell’ambiente e della salute, che affronti il problema dell’inquinamento, soprattutto in relazione alle ricadute sulla salute dei più deboli.

    Galatina era ovviamente presente con il sindaco Marcello Amante, l’assessore Cristina Dettù e il consigliere Noel Alberto Vergine. Il sindaco, durante l’incontro, ha chiesto e proposto a tutti di firmare un protocollo d’intesa e di portare avanti un progetto di monitoraggio accurato dell’aria. Monitoraggio e controllo che devono avvenire in maniera del tutto indipendente rispetto agli attuali sistemi di controllo.

    Il 17 novembre si sono svolti gli Stati generali dell’Ambiente e della Salute, presso le Officine Cantelmo a Lecce. Le comunità che vivono nel Salento, con l’obiettivo comune di opporsi al consumo massiccio del territorio in cambio di business di dubbio valore etico ed economico, hanno deciso di riunirsi per fare squadra. L’unico risultato che le politiche adottate finora hanno portato - si legge sul comunicato diffuso in occasione dell’incontro - è stato quello di un disastro sociale e sanitario: incrementi dei tumori.

    Anche in questo caso la presenza dell’amministrazione comunale è stata forte. Accanto al sindaco Marcello Amante erano presenti i consiglieri Pierantonio De Matteis, Alessio Prastano e Noel Alberto Vergine per far sentire la vicinanza della nostra comunità rispetto a temi di fondamentale importanza che riguardano la salute di tutti.

    Durante gli Stati generali dell’Ambiente e della Salute quarantasette sindaci e alcune reti associative salentine si sono ritrovati a discutere di economia, sanità, cittadinanza attiva, in un dibattito che ha visto coinvolti professori universitari, intellettuali, ingegneri, medici e tantissimi altri cittadini che hanno a cuore il nostro territorio.

    Ufficio Stampa Marcello Amante

     
    Di Antonio Mellone (del 06/08/2016 @ 17:09:24, in don Donato Mellone, linkato 2929 volte)

    Nel corso del solleone estivo, precisamente il 7 di agosto, ricorre la solennità di San Donato. E quindi l’onomastico del fu don Donato Mellone (1925 -2015). Quella che segue è una delle sue (inedite)“omelie di San Donato” trovate di recente nell’archivio dell’antico parroco di Noha. Non vi è riportato l’anno al quale lo scritto si riferisce: dalle prime battute si arguisce soltanto che quell’anno il 7 agosto cadeva di domenica.

    *

    I chierichetti, salvo quelli che “si ritiravano” in campagna, continuavano a frequentare la parrocchia anche d’estate (don Donato soleva ripetere che la chiesa è come la scuola: “se ti la ‘nnargi’, perdi tutto”).

    In compenso, dopo la celebrazione della messa mattutina s’andava tutti al mare.

    Alla guida della sua Fiat 128 verde, carica di chierichetti, l’arciprete partiva da Noha verso le otto del mattino e si dirigeva per una breve sosta nella campagna denominata Petrì, sulla via per Collepasso, per “caricare” anche il colà dimorante sottoscritto.

    Ricordo che all’inconfondibile suono del clacson di quella benedetta 128 verde che aveva appena imboccato il viale di casa mia (definirla villa sarebbe la più classica delle iperboli) accorrevo come una furia, diciamo per non far aspettare lo zio e gli amici, ma soprattutto per liberarmi finalmente per tutta la mattinata, e fino all’ora del pranzo, dal giogo opprimente del tabacco cui la famiglia tutta era dedita con il suo diuturno lavoro per guadagnarsi da vivere. Altro che bucolica villeggiatura lo scrivente e gli altri figli di contadini trascorrevano nel corso del solleone. Cento volte meglio l’autunno, l’inverno e la scuola.

    Da qui ci si dirigeva alla volta del centro di Aradeo dove, in un modesto appartamento ubicato al primo piano di un palazzo prospiciente piazza Camine, abitava il buon don Giovanni Cardinale, collaboratore di don Donato soprattutto nel corso di alcune funzioni, diciamo così, più impegnative tipo funerali o pontificali del vescovo.

    Don Giovanni, con i sandali ai piedi e la sua tunica mezzo sgualcita, ci attendeva pronto per salire nella macchina già piena zeppa di gente (si arrivava anche fino a sei o sette chierichetti, oltre ai due sacerdoti) per dirigersi, insieme all’allegra combriccola, alla volta del mare, e precisamente in quella zona di bassa scogliera a sud di Gallipoli denominata “la vecchia torre di Rivabella”. Diciamo qui per inciso che don Giovanni non poteva mancare a questo quotidiano appuntamento: era l’unico fra noi che sapeva nuotare, era l’unica nostra àncora di salvezza, l’unico bagnino se mai ce ne fosse stato il bisogno in quello specchio d’acqua limpido ma, sin dalla riva, profondo.

    In quel luogo e in quei tempi, che ricorderò sempre con nostalgia, imparai a nuotare, a raccogliere i ricci in apnea, a fare i primi tuffi, e soprattutto ad amare per sempre il mare del Salento, così bello quando è bello.

    Di domenica il mare lo vedevamo invece con il binocolo in quanto i sacerdoti avevano le messe da celebrare, e noi altri chierichetti da servire. Dunque s’andava al mare soltanto nei giorni feriali, a condizione che non ci fosse qualche rito particolare (tipo quello di San Donato, appunto), o il solito matrimonio (rompiscatole) da benedire.

    Ora che ci rifletto, credo che con molte probabilità deriverà da qui la mia storica idiosincrasia nei confronti di questo santissimo e divinissimo sacramento.

     

    Antonio Mellone

    *

     

    La festa di San Donato quest’anno cade di domenica, e quindi necessariamente è stata soppressa per lasciare il posto alla liturgia domenicale. E’ questo il motivo per il quale le preghiere, come anche le letture, sono quelle della domenica. Però se è stata soppressa la solennità di San Donato, la festa del parroco bisognava celebrarla lo stesso, e lo si sta facendo con i fiori, con le luci, i canti e il suono dell’organo. Penso che non manchi nulla.

    Sicché qualcuno o qualcuna, potrebbe dire o pensare dentro di sé: “In fondo vale la pena di essere parroco, perché si ricevono tanti onori”.

    Cosa si potrebbe rispondere?

    Ebbene, noi rispondiamo dicendo che i festeggiamenti non sono rivolti al parroco, ma a Colui che il parroco rappresenta. E questo è un elemento che bisogna sottolineare, per cui quando si dice che il sacerdote è un uomo come gli altri, si dice la verità; quando si dice che il sacerdote è un peccatore come gli altri, è vero, e il negarlo non sarebbe onesto. Un laico una volta fece questa preghiera: “Signore ti ringrazio ché ci sono dei difetti nel mio parroco, perché se fosse perfetto non riuscirebbe a capire le debolezze e le miserie di noi fedeli”.

    E questo è ancora vero. Ma quando si dice che il sacerdote va rispettato s’intende che il rispetto a lui va dato in quanto il parroco è “l’altro Cristo”.

    Infatti, mediante la mia umile persona Gesù Cristo ha potuto guidare questa Comunità parrocchiale per tanti anni. Si è servito della mia bocca per parlare, delle mie mani per benedire e consacrare, dei miei piedi per camminare ed avvicinare i malati e i sofferenti, del mio cuore per amare.

    Se tutto questo è vero, ed è vero, allora la festa di oggi non è rivolta alla mia persona, ma “a Colui che mi ha mandato”. Il vero parroco, dunque, è Lui. E’ Lui il parroco inamovibile: io sono soltanto un parroco “pro-tempore” (cioè secondo la volontà del vescovo).

    E proprio perché la festa non si riduca soltanto ai canti e ai fiori vorrei ricordare a tutti il dovere che abbiamo di pregare per i sacerdoti, e per il parroco in particolare.

    Il parroco ogni domenica ha l’obbligo di celebrare la cosiddetta messa “pro-populo”, la messa per il popolo, e quindi anche il popolo ha il dovere di pregare per il parroco. Non solo: ha anche il dovere di collaborare con lui, perché la parrocchia è un organismo vivente, in cui c’è il capo (che è importante), ma anche le membra (che sono parimenti importanti), a condizione che ci sia unione e collaborazione.

    Il mio primo pensiero di lode e ringraziamento va dunque a Cristo, che è il nostro capo, e poi anche a voi tutti per la vostra preziosa collaborazione. Ringrazio l’Azione Cattolica, l’Apostolato della Preghiera, le altre associazioni religiose, i collaboratori del catechismo, il gruppo canto, le signore che danno una mano nella pulizia della chiesa, e tutti gli altri uomini e donne di buona volontà.

    Vi esorto a perseverare nel vostro lavoro in questa comunità.

    Un parroco che presumesse di fare tutto da solo sarebbe fallito in partenza; mentre se siamo in tanti a collaborare allora se la parrocchia va male, potrebbe iniziare ad andare bene; se poi va bene, certamente non potrà non andare meglio.

    Per l’intercessione di San Donato, il Signore ci benedica tutti.

    Sac. Donato Mellone

    [fotoriproduzione Pignatelli Fotografi – Noha]

     
    Di Attivisti 5 Stelle Galatina (del 17/09/2016 @ 17:08:26, in Comunicato Stampa, linkato 2251 volte)

    Ci siamo ancora una volta riuniti sotto l'albero di quercia posto sulla collina di S. Sebastiano a pochi passi dal nosocomio di Galatina. Questa volta insieme a tanti cittadini ed attivisti 5 Stelle era con noi il consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle, Cristian Casili. Il nostro intento, è quello di proporre un area a parco intorno alla quercia denominandola “Parco della Quercia Vallonea”. Approfittando di questa fase di stallo del cantiere della tangenziale, abbiamo progettato con la partecipazione dei cittadini, un area a verde intorno alla quercia e ora protocolleremo il tutto alla Provincia di Lecce. La tangenziale ovest, oltre ad aver minacciato il monumentale albero, si è bloccata per gravi errori progettuali, vedi antenna telefonica lungo il percorso, condotta dell’acquedotto e cavo Enel, criticità che in fase progettuale sono state delle sviste clamorose. Ora, l’obbiettivo che ci poniamo, è far si che la variante sia una ricucitura urbana, un luogo di riflessione e un punto di partenza ciclabile verso le campagne fuori Galatina. Cristian Casili, ha già preso a cuore il progetto, perché come ha detto nel suo intervento, bisogna difendere, combattere per il nostro territorio e per la sua identità unica. Questa iniziativa, va nella direzione del nostro programma, STOP al consumo del suolo. Lo grideremo forte, la nostra città ha bisogno di più spazi verdi e meno cemento. La quercia vallonea, un esemplare isolato di circa 290 anni, rappresenta per noi una sentinella, una spia del territorio e del suo affannarsi a riempire le nostre terre di cemento ed asfalto. Il paesaggio rappresenta il territorio, ne è la sua identità, derivante appunto dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. La tutela del paesaggio è volta a riconoscere, salvaguardare nonché recuperare i valori culturali di un popolo, la valorizzazione stessa del paesaggio promuove lo sviluppo della cultura.  Dopo la presentazione del progetto,  tutti insieme ci siamo spostati presso la masseria Latronica per un assaggio delle delizie locali Made in Galatina, per promuovere e valorizzare i nostri prodotti a km0. Noi per Galatina ci siamo. Pronti a difendere il nostro territorio, la nostra cultura, la nostra storia e le tradizioni. #revolutiongalatina #attivisti5stellegalatina #madeingalatina #parcodellaquerciavallonea

    ATTIVISTI 5 STELLE GALATINA

     
    Di Redazione (del 15/09/2018 @ 17:07:24, in Comunicato Stampa, linkato 1043 volte)

    Affianca il progetto sportivo pallavolistico dell’Olimpia SBV Galatina, ECOM Servizi Ambientali, un’azienda che in un’ottica di salvaguardia dell’ambiente  è leader in questo campo.

    “Abbiamo ritenuto opportuno condividere i programmi sportivi illustrati dalla dirigenza societaria, afferma Fabio De Matteis amministratore del gruppo, sia per le finalità sociali e sportive che il gruppo del presidente Santoro si pone come traguardi, sia per l’ottima vetrina che un campionato nazionale ,itinerante in più regioni, offre alla nostra azienda in materia di promozione di prodotti e servizi.”

    ECOM servizi aziendali è una società con sede a Galatina che assiste clienti privati, pubblici ed aziendali per le problematiche ambientali che possono riguardare la rimozione, la classificazione, lo smaltimento ed il riciclo dei rifiuti pericolosi e non, solidi e liquidi.

    Tra le attività dell’azienda, sono contemplate anche le indagini tecniche e le consulenze per bonifiche e classificazione dei rifiuti delle aziende e complessi industriali.

    Acque, polveri, acidi, vernici, fanghi, alluminato sodico, eternit, amianto: sono solo alcuni esempi di rifiuti che il team di ECOM Servizi Ambientali è in grado di smaltire e, se possibile, recuperare e valorizzare, presso impianti di trattamento specifici per ciascun materiale, selezionati insieme al committente.

    La qualità del servizio è garantita da una preliminare analisi dei rifiuti grazie alla collaborazione di laboratori indipendenti e alla possibilità per il cliente di controllare, attraverso una attività di auditing, il rispetto di tutte le procedure in linea con le attuali normative ambientali.

    Si affianca così, al main sponsor EFFICIENZA ENERGIA, un altro partner ECOM Servizi Ambientali che non è solo un supporto economico con la pura esposizione del marchio, ma è l’espressione di una volontà  imprenditoriale  locale a cui sta a cuore la crescita del territorio e delle eccellenze sportive che ne sono il corollario.

    “Stiamo costruendo un portfolio di sponsor, dichiara il D.G. Stefanelli, che non sia occasionalmente contributivo o che sfrutti strumentalmente la nostra posizione sportiva, ma che voglia condividere finalità ed obiettivi sociali e sportivi.

    Del progetto, il cui moltiplicatore è il settore giovanile SBV OLIMPIA GALATINA, vogliamo condividere con i nostri collaboratori gli intenti civici e solidaristici, con eventi al di fuori dell’agone sportivo, che assegnino alla cittadinanza e al territorio quel riconoscimento d’importanza già tributato dalla storia dell’arte e della cultura alla nostra città.”

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA

     
    Di Redazione (del 02/12/2018 @ 17:04:14, in Comunicato Stampa, linkato 953 volte)

    Una Showy Boys Galatina tutta cuore e grinta vince per 3-0 la sfida contro la Sbv Olimpia nel campionato provinciale under 18. La gara, valida per la quinta giornata del torneo di categoria, si è giocata presso la palestra dell’Istituto Comprensivo Polo 2 e al cospetto di una bella cornice di pubblico tra cui tifosi, genitori e simpatizzanti.

    Parte fortissimo il gruppo allenato da Gianluca Nuzzo che nella prima azione di gioco piazza subito un muro vincente. Basta poco per capire la carica agonistica e la grande determinazione dei ragazzi della Showy Boys che in poco tempo si ritrovano a condurre il primo set per 15-5. I bianco-verdi giocano una buona pallavolo e ciò che colpisce è l’ottimo approccio al match che li spinge a chiudere il primo parziale sul punteggio di 25-14.

    Il secondo set vede sempre in campo una squadra di casa compatta e attenta. La battuta continua ad essere una delle armi in più del collettivo di mister Nuzzo assieme al muro e all’attacco (20-11). La Showy Boys tiene benissimo il campo e ogni atleta prende in consegna e mette in pratica le disposizione impartite dalla panchina (25-13).

    Si va al terzo set. Sempre un ottimo gioco del team bianco-verde e con azioni che mettono in evidenza le caratteristiche tecniche dei singoli componenti (13-6). Sbaglia pochissimo la compagine di casa e solo negli ultimi punti del game, sino all’attacco da posto 2 di Martina che mette fine alla gara (25-20).

    Bella prova della Showy Boys Galatina, apparsa convincente e con personalità, che ha sicuramente fornito al tecnico Nuzzo conferme e nuove indicazioni su cui concentrare il lavoro nel prosieguo della preparazione.

    “E’ stato un bel pomeriggio di sport - dicono dallo staff dirigenziale della Showy Boys - una partita giocata in quel giusto clima di sana competizione sportiva e alla presenza di numerose famiglie. Al di là del risultato finale che ha premiato la Showy Boys, il match ha reso protagonisti tutti i ragazzi in campo, di entrambe le formazioni. Peccato soltanto per un gesto antisportivo compiuto a fine gara da un componente della squadra ospite al momento del saluto. Prima in qualità di educatori e poi di dirigenti – aggiungono dalla società bianco-verde - ci auguriamo che certi comportamenti scorretti vengano fermamente condannati per evitare che si possano verificare in futuro e per poter continuare a dire ad alta voce che il nostro sport è differente”.

    _______________________________

    Showy Boys Galatina – Sbv Olimpia 3-0 (25-14, 25-13, 25-20)

    Durata: 54 minuti (13’, 19’, 22’)

    Showy Boys Galatina: 2 Martina, 3 Petracca, 6 Spedicato, 7 Donno, 8 Carachino, 12 De Pascalis, 13 Schiattino, 14 Corvino, 16 Parlati, 22 Salvio, 32 Urso, 99 Stifani (L1), 18 Rizzello (L2). All.: Nuzzo

    Sbv Olimpia: 11 Esposito L., 23 Cafaro, 24 De Matteis M., 27 Loreta, 32 Murrone, 34 Rizzo, 37 Esposito M., 38 Carrozzini, 46 Mazzotta, 55 De Matteis L., 36 Stefanizzi, 1 Liguori (L). All.: Dicillo

    Arbitro: Resta

                                                                                                                                                                                                                                                                                   www.showyboys.com

     
    È nato il “Comitato Nazionale Contro Fotovoltaico Ed Eolico Nelle Aree Verdi”. Come prima iniziativa pubblica del Comitato Nazionale: si è levato un appello forte ed apartitico al Governo e a tutto il Parlamento, perché facciano rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto , perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!

    Perché sia imposta una moratoria urgente per tutte le miriadi di impianti eolici e fotovoltaici industriali in progetto nel paesaggio del Bel Paese, l’ Italia, e che comporterebbero se realizzati la cancellazione totale di tutto ciò che significa “Italia” nel mondo, nonché gravi problemi di disagio e mobilitazione sociale a difesa del vitale spazio vitale e del territorio! Fatta l’Italia, fatti gli italiani, dopo 150° anni di speculazioni crescenti, ed impennatesi esponenzialmente oggi nella grave aberrante iper-speculazione della mala della Green Economy Industriale, ora abbiamo bisogno di rifare il paesaggio identitario, rurale, storico e naturale, d’Italia, e di farlo risorgere e restaurarlo a 360°!

    Il gruppo, dall’eloquentissimo nome “Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi”, nato su facebook (http://www.facebook.com/groups/192311587488270), ma già attivo anche nella realtà delle relazioni umane e sul territorio, ha ormai raggiunto e ampiamente superato la simbolica soglia “dei 1000” iscritti, nonostante si sia costituito solo da pochissimi giorni! Vi è un malumore dilagante, enorme, in tutta la Nazione, da un capo all’altro della penisola e sulle sue isole, che sta trovando così sfogo e forme di coordinamento ed organizzazione, attraverso il canale iniziale del social network di internet facebook, per reagire contro la mala della Green Economy Industriale, che tiene quasi del tutto in mano l’informazione di molte tv nazionali, e ha creato una macchina di controllo mediatico fittissima, atta a non dare voce, e a gettare fango su chi sta cercando di fare emergere tutta la Verità relativa al sistema di fondamentalismo fanatico interessato falso-verde, neo-industrialista, mistificatorio, e iper-speculativo, cresciuto sul tema, strumentalizzato oltre ogni immaginazione, dei cambiamenti climatici causati dall’uomo.

    Una macchina impressionante della menzogna che ha trasformato immoralmente le energie rinnovabili, che con forme virtuose di utilizzo dovevano negli intenti iniziali, salvare il nostro Pianeta, nel più grande e devastante per lo stesso Pianeta, business fraudolento di inizio millennio! La gravità di quanto avvenuto, se da un lato distrugge l’ambiente ed il paesaggio in ogni dove ed in ogni direzione con impianti di dimensioni mastodontiche a fini puramente economici, dall’altro sta erodendo democrazia e libertà, oltre che calpestando diritti fondamentali dei cittadini. Il gruppo pertanto indirettamente persegue anche l’obiettivo, altra faccia della stessa medaglia della protezione del paesaggio, di salvare anche la stessa “filosofia buona di fondo” delle energie rinnovabili, da queste aberrazioni mostruose industriali ed oligopolistiche che le stanno snaturando profondamente, e rubando di fatto ai cittadini medesimi!

    La forza del vasto crescente gruppo sta anche nella sua costitutiva apartiticità ed al contempo apertura a tutti senza distinzioni alcune a tutti coloro che stanno percependo in tempo tutta la gravità della catastrofe falso-verde in corso! Anche da diverse associazioni nazionali, ormai nella sostanza del tutto pseudo-ambientaliste, scivolate nella macchina speculativa della Green Economy, numerosi sono coloro che stanno prendendo le distante dai loro direttivi degenerati, e stanno sostenendo queste nuove realtà organizzative espressione della necessità di reagire e di salvare la vera “ecologia”, dall’ ecologia malata e strumentalizzata che oggi l’ Italia subisce come un flagello! Il Gruppo è totalmente aperto a chiunque sia contrario e sensibile alla devastazione del paesaggio da impianti industriali fotovoltaici ed eolico sulle aree verdi.

    In quasi tutto il territorio nazionale è in scandaloso corso una installazione selvaggia di impianti industriali fotovoltaici a terra in zone agricole e naturali e sui laghi, e di eolico, con torri di media e mega altezza (fin anche oltre 100 m ,e anche 150 m), tanto in mare quanto sulla terraferma, spesso anche senza alcuna informazione del cittadino. Viene calpestata il più delle volte ogni buona norma per la distanza degli impianti da abitazioni e presenze umane. Chi ne viene danneggiato, case sparse ed agriturismi, non è giusto che debba subire i danni materiali da deprezzamento dell’immobile oltre le spese per difendere i propri beni da tali scempi, e danni morali e psico-somatici da impatto ambientale (acustici, visivi, elettromagnetici) per 20 anni fino a dismissione dell’impianto. Inoltre essendo autorizzazioni “rinnovabili” è probabile che avendo già una predisposizione possano rimanere per sempre operanti in loco. Quindi dobbiamo batterci sia per noi stessi che per le bellezze naturali d’Italia, prima vanto e attrazione turistica, ora deturpate da questi mostri che dovrebbero produrre energie “pulite” alternative e non distruttive del territorio, che pertanto pulite non sono. Siamo favorevoli alle energie alternative, ma sui tetti e tettoie di tutti gli edifici recenti, per l’autoconsumo, sopra i capannoni industriali, nei parcheggi, autostrade ecc., purché si eviti di sottrarre i terreni all’agricoltura e ai paesaggi ricchi di verde della nostra nazione.

    Siamo stati tutti in prima linea nella lotta contro la “Pazzia del Nucleare”, e lo abbiamo fatto perché credevamo e crediamo davvero nella possibilità di produrre energia pulita per rispettare ambiente e paesaggio insieme, attraverso il fotovoltaico ubicato sui tantissimi tetti inutilizzati degli edifici recenti, ed è per questo che affermiamo che sarebbe un crimine continuare ad appioppare il falso nome di “energie pulite” al mega e medio eolico e al fotovoltaico nei campi e sui laghi con cui si vuole oggi distruggere la nostra nazione, l’Italia, il giardino bello del Mediterraneo con la cornice del suo incantevole mare, la più bella nazione del mondo culla di cultura e vita, da millenni! I principi fondanti delle richieste di questo gruppo: sono sintetizzati nel nome del gruppo stesso "Comitato Nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi", e, alla luce dell'attuale tecnologia eolica falcidia uccelli e paesaggio, si aggiunga "e nel mare"; Pertanto:

    -) Sì solo al fotovoltaico sui tetti di tutti gli edifici recenti – e sottolineiamo “recenti” per evitare di dare lo spiraglio ad altri disastri della Nazione da iper-sfavorire, dei suoi centri, palazzi e luoghi storici;

    -) No al mega e medio eolico ovunque per il suo danno paesaggistico di portata chilometrica.

    Il principio forte e nuovo, e più onnicomprensivo, che viene lanciato da questo comitato,  è la “DECEMENTIFICAZIONE”, che noi chiediamo per la nostra Nazione, la sua bonifica dal cemento, di cui questa mala della Green Economy Industriale è figlia (vedi basamenti di cemento di torri eoliche e pannelli nei campi), e quindi la sua rinaturalizzazione, in cui crediamo, e che vogliamo e che sappiamo, in coscienza e scienza, essere davvero fattore strategico per la nostra vita e crescita culturale umana ed economica! Di fronte alla noncuranza con cui taluni difendono il fotovoltaico industriale a terra, sebbene quasi tutti, sono persone più o meno direttamente collegate al nero business sottostante, ci chiediamo retoricamente “quanti hanno un’idea di come viene prodotto il cibo che tutti noi consumiamo”!? Solarizziamo pertanto tutti tetti gli sconfinati tetti degli edifici recenti, e solo dopo averlo fatto valutiamo cosa serve ancora all' Italia davvero, e vediamo un po' intorno a noi, solo allora, cosa offrono i vari “pifferai magici” per poi decidere con saggezza; la stessa saggezza di chi dirà si oggi solo al fotovoltaico sui tetti per salvare campi, mare e cielo, vita, nerezza paesaggio! Sui tetti delle brutture della modernità del cemento i pannelli fotovoltaici non possano peggiorare in alcun modo tali orrori, al più su questi edifici recenti i pannelli possono dare un tocco di estetica! Tutt'altro il discorso per edifici storici e centri storici dove ai normali pannelli occorre sostituire e pensare, se proprio anche lì dei privati vogliano ubicarvi impiantini solari, a soluzioni iper-integrate, innovative e di zero impatto estetico!

    Alcune associazioni  falso-ambientaliste stanno tentando di favorire soluzioni miste tra fotovoltaico ed agricoltura, con serre fotovoltaiche, panelli sospesi ecc. che comunque sottraggono la risorsa “Sole”, al mondo vegetale e pertanto di dubbia efficacia e di conclamata dannosità paesaggistica, pur di favorire ancora la fotovoltaicizzazione ed iperelettrificazione speculativa dei campi, sulla cui nocività per innumerevoli fattori (dall’ uso dei diserbanti, ai campi elettromagnetiche, ai componenti nocivi dei pannelli, come per il Tellururo di Cadmio, l’Arseniuro di Gallio, ecc.) oggi colpevolmente da parte delle autorità pubbliche preposte (Asl, ARPA, ecc.) ancora non si indaga adeguatamente, con il grave rischio di avere tra qualche anno un’emergenza del tipo di quella “amianto” causata da una eccessiva superficialità iniziale!

    Le stesse associazioni, mere scatole svuotate degli originari valori statutari ecologisti, si dicono, strumentalmente, “favorevoli all’ubicazione dei pannelli fotovoltaici in zone agricole”, che essi definiscono “degradate”! “Degradate” !? Ma non si deve assolutamente introdurre in queste logiche il concetto stesso di zone degradate!!! Sarebbe iper-sbagliato! Nelle cave, ad esempio, si facciano laghi, si piantino piante, si coltivi! Nelle aree degradate agricole, inquinate, cementificate, le si de-cementifichi, le si bonifichi dagli inquinanti e le si ri-naturalizzi! Le si rimboschisca, se si ha davvero a cuore i clima del globo, e soprattutto il microclima e la biodiversità! Le si facciano tornare campi e pascoli fertili e produttivi!

    Le aree degradare dall'uomo ad hoc esistono già e si chiamano "zone industriali" preesistenti, e tante con tanti lotti inutilizzati ancora, o dismessi, e son pure già urbanisticamente infrastrutturate ad hoc per la sicurezza, e programmate non certo per viverci! I pannelli fotovoltaici vadano su tetti di tutti gli edifici recenti, migliaia di ettari inutilizzati e biologicamente morti, di nullo valore estetico! Solo dopo averli occupati ci metteremo a tavolino e decideremo cosa altro ci serve in termini energetici! E faremo eventualmente altre concessioni, come sistema Italia, ma intanto anche la tecnologia delle rinnovabili sarà avanzata, più efficiente e di minore impatto, rispetto a quella attuale di eolico e fotovoltaico, tecnologicamente disponibile sul mercato, e che siamo costretti ad affrontare! Il concetto di area degradata pro-fotovoltaico è pericoloso, pericolosissimo, si presta a mille invenzioni diaboliche da parte delle male lobbies di speculatori politico-imprenditoriali, scoraggia ogni futuro intervento di restauro paesaggistico, di cura del paesaggio che deve partire proprio dalle aree degradate e che deve essere il contributo che da noi tutti più deve giungere alla cultura amministrativa italiana, dove deve divenire pratica prioritaria!

    Ed inoltre in un circolo vizioso, tale concetto porta a degradare strumentalmente aree oggi non tali, al fine di favorirvi la speculazione, quasi fisiologicamente “mafiosa”,  della Green Economy Industriale, fisiologicamente tale poiché fondata non sui doni della terra o del sole e del vento, ma sui nostri incentivi pubblici, e poiché depreda noi tutti non solo dei nostri denari, ma anche del nostro vitale habitat e del nostro paesaggio, il libro aperto al cielo della nostra storia ed identità, la scenografia della piacevolezza della nostra esistenza! Paesaggio che questa estesa mala distrugge incostituzionalmente ed immoralmente come nulla mai sin ad oggi nella storia umana, con rapidità ed estensità inaudite! Si deduce oggi dalle ultime normative  che: sono utilizzabili terreni da almeno 5 anni non coltivati per l’ubicazione dei pannelli nei campi per impianti industriali, cioè volti alla vendita dell’ energia”! Ma che significa?! Sono follie! Si vuole far passare per degradati terreni non coltivati da 5 anni almeno? Ma son proprio quelli i terreni più naturalmente fertili!! Ma si è smarrito ogni rapporto con la natura, con la scienza millenaria dell’agricoltura: sono i terreni a riposo, quelli più arricchiti di humus, quelli a più alto potenziale di fertilità! Si è dimenticato, nella pazzia speculativa dell’industrializzazione chimica dell’agricoltura che fa oggi massiccio uso di abbondanti, e anche nocivi, fertilizzanti chimici, concetti come il “riposo dei terreni”, le “rotazioni delle colture”, il “maggese”! I terreni "degradati" non esistono! E se esistono non devono esistere più!

    Tutta la degenerazione del tessuto socio-politico ambientalista italiano si evince nella delittuosa scomparsa di qualsiasi politica di rimboschimento, e di riforestazione vera, estesa, partecipata e razionale dell’Italia, che dovrebbe essere la priorità di ogni impegno in favore del clima e del microclima e non solo, del suolo, della salubrità dell’ambiente, della biodiversità, del paesaggio e dell’economia silvo-agro-pastorale. Invece si concedono finanziamenti pubblici fortissimi per una speculazione, quella industrializzante del fotovoltaico a terra che desertifica artificialmente vetrificando migliaia di ettari ed ettari di territorio, depauperandone l’ humus vitale, cancellandone la biodiversità, ed estirpandone ogni cultura, anche persino della vite e dell’ olivo, delle blasfemie,  in nome di politiche di facciata contro i cosiddetti “surriscaldamenti climatici” ed il conseguente rischio di naturale desertificazione cui ampie zone dell’ Italia e del Mediterraneo sono sottoposte, come dichiarato dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite-ONU (si pensi solo ad esempio alla Puglia). Siamo al paradosso più totale ed umanamente intollerabile!   Ed è questa una denuncia forte che il comitato lancia affinché il mondo politico-amministrativo italiano ripercorra con decisone la strada dei rimboschimenti, come stanno facendo numerosi paesi europei e del mondo, dall’ Inghilterra alla Cina, abbandonando la mala strada innaturale e esecrabile della industrializzazione all’energia delle campagne!

    Urge una rievangelizzazione alla cultura dell’ elementarità della natura della nostra società e di tutta la nostra presente e futura classe dirigente! Quella odierna, di destra sinistra e centro, ha fallito non solo davanti al popolo italiano, davanti alla costituzione che calpesta! Ha fallito il suo ruolo storico davanti alla Natura, e questo è gravissimo! Anche questa è una missione culturale, tra le missioni politiche-ambientaliste fondanti! Un impegno per la vita e per la bellezza della nostra sacra nazione Italia! le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolari.le procedure adottate da comuni e provincie che in molti casi risulterebbero difformi ed irregolariDa tutta Italia, come prima iniziativa del comitato, di fatto spontaneamente costituitosi intorno a questo gravissima deriva della nostra democrazia che la Green Economy Industriale odierna fortemente rappresenta, con il grave logorarsi conseguente ed il venir meno anche delle più elementari garanzie e del rispetto dei diritti dei cittadini e dei principi sanciti dalla Costituzione italiana, Si leva un appello forte al Governo e al Parlamento tutto perché intervengano facendo rispettare la nostra Costituzione ed i diritti dei cittadini frodati, ingannati e danneggiati da questa maxi-speculazione della Green Economy Industriale in atto, ed un appello ogni uomo politico italiano, di qualsiasi schieramento, perché si abroghino d’urgenza gli immorali ed esosissimi incentivi pagati da tutti i cittadini a queste implementazioni industriali per la vendita delle energie rinnovabili, che come tali, per il loro elevatissimo impatto ambientale, non sono più energie “pulite” !!!

    Chiediamo il taglio  in maniera retroattiva di tutti gli incentivi pubblici per tutti gli impianti eolici e fotovoltaici già realizzati, di qualsiasi potenza, industriali, cioè destinati alla produzione di energia prioritariamente per la vendita e non per l’autoconsumo, e l’azzeramento del meccanismo mistificatorio e falso-ecologista dei “certificati verdi”, ma una tassazione permanente per tutti questi impianti per il danno immane che arrecano al Paese e alla qualità della vita dei cittadini, ovunque in rivolta contro questi orrori industriali ubicati sulle campagne, in mare e persino sui laghi! Una “tassa sul brutto” che scoraggi definitivamente e che renda economicamente del tutto sconvenienti ulteriori simili sfregi e tentativi speculativi ai danni del paesaggio italiano! In tutto il percorso autorizzativo degli impianti industriali da rinnovabili i cittadini, scientemente, nella maggior parte dei casi, non sono stati messi adeguatamente a conoscenza degli iter autorizzativi, né tantomeno dei progetti, della loro entità e dell’impatto sui luoghi e sulle economie locali. La mancanza di rispetto del diritto dei cittadini locali da parte delle amministrazioni, nel coinvolgimento  e nell’informazione, previsti a norma di legge per queste tipologie d’industrie, è vergognosa, soprattutto alla luce dei fatti ormai noti di errori grossolani di progettazione, falsità e di anomale omissioni e dimenticanze. Si tagli il finanziamento statale a questa frode assurda della Green Economy Industriale, che, strumentalizzando e calpestando al contempo l’ “ecologia”, grava pesantemente sui cittadini e sulle casse dello Stato, con bilanci da intere finanziarie, senza alcun beneficio per l’ambiente, ma anzi con innumerevoli danni ad esso ed al paesaggio italiano tutelato dalla Costituzione italiana, art. 9, tra i principi fondamentali. Un danno incalcolabile all’economia del Bel Paese fondata sul paesaggio attraverso il turismo! Una speculazione che inoltre disperde le ricchezze finanziarie statali, le volatilizza, poiché gran parte dei guadagni finiscono all’estero attraverso il coinvolgimento nelle proprietà di questi impianti di istituti bancari stranieri e ditte estere, con sistemi di scatole cinesi, che portano talvolta, o meglio spesso, a società off-shore con sede nei paradisi fiscali! Anche ed ancor più all’indomani del referendum contro il nucleare, con il quale gli italiani hanno espresso la volontà di favorire forme di produzione dell’energia davvero ecocompatibili e pulite, il fotovoltaico industriale che vetrifica e desertifica i campi, sottraendo spazio alle colture, ai pascoli e alla vita selvatica, ed il mega e medio eolico che falcidia i volatili e sfigura catastroficamente il paesaggio quotidiano di ognuno di noi, devono essere fermati, e sostituiti da una politica volta a favorire le produzioni di energia rinnovabile in forme davvero pulite, eticamente parlando ed ecologisticamente, che sostituiscano le forme industriali sopra accennate fisiologicamente di grave impatto ambientale: occorre favorire pertanto l’autoproduzione di energia del sole con pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici recenti, superfici queste biologicamente morte, inutilizzate, estesissime per centinai e centinaia di ettari; le ubicazioni su di esse dei pannelli capta sole hanno pertanto un impatto nullo ambientale ed estetico, con azzeramento del consumo di vivo suolo, e massimo rispetto del paesaggio e degli edifici, luoghi e centri storici. Si pensi alle enormi superfici dei capannoni industriali, di scuole, altri istituti, ospedali, caserme, uffici pubblici, condomini, civili abitazioni di epoca recente, parcheggi coperti, stazioni ecc. ecc. Non solo, in tal modo si aiutano direttamente i privati che installando i pannelli sui tetti di loro proprietà ne conseguono immediati sgravi in bolletta, senza più alcuna speculazione ai loro danni e ai danni delle casse dello Stato intero! Prima si inizi, con la politica dei piccoli passi, a solarizzare i tetti degli edifici recenti, all’indomani del recente referendum, rimandando alla fine di tale operazione, la valutazione di ulteriori strategie energetiche, dopo aver ponderato i virtuosi risultati così ottenuti dal paese in termini energetici!

    Inoltre un appello a tutti gli enti preposti ai controlli sulle autorizzazioni rilasciate, a tappeto, si laddove per situazioni omertose o altro non vi siano esposti, sia laddove ci siano già esposti alla Magistratura per irregolarità, falsità ed omissioni! Autorizzazioni che devono essere revocate in autotutela a difesa dei cittadini vittime di tali soprusi e vengano riconosciuti i danni morali e materiali subiti. Si chiede al Governo una moratoria urgente per gli impianti industriali fotovoltaici a terra ed eolici, considerata la necessità di verificare le procedure adottate da Comuni e Province che in molti casi risulterebbero difformi e irregolari, e soprattutto al fine di impedire la catastrofica e generalizzata devastazione che la loro realizzazione comporterebbe per grandissime aree dell’intero paese, che verrebbero stuprate profondamente e snaturate senza neppure poter trovare precedenti storici oggi, per descriverne sensitivamente l’ immane portata! L’appello ad un impegno politico-trasversale forte per salvare, con l’economia di questo nostro Paese, forse per la prima volta nella sua storia, anche il paesaggio e la natura, che questi impianti falso-ecologisti, e dalle falsissime e artatamente gonfiate ricadute occupazionali, di eolico e fotovoltaico industriali, distruggono ignominiosamente! La crescente rete di persone incontratasi su facebook  costituirà un Comitato Nazionale legalmente riconosciuto che sia anche portavoce e cassa di risonanza forte di tutti e possa presentare delle mozioni ai responsabili dell’ambiente! Un comitato che nasce già dalla confluenza di tantissime realtà associative, e comitati locali e nazionali e di tantissimi cittadini italiani e non amanti del paese più bello del mondo! Vogliamo essere quanto più apartitici possibile, o pan-partitici, la lotta per la difesa del territorio è appena iniziata e chi condivide questo nostro approccio alla soluzione dei problemi di tipo ambientale è invitato ad iscriversi su facebook al link: “Comitato nazionale contro fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi” link: http://www.facebook.com/groups/192311587488270


    Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio, della Salute e dei Diritti del Cittadino

    Forum Ambiente e Salute del Grande Salento – Rete Apartitica

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 17/04/2017 @ 16:57:21, in NoiAmbiente, linkato 1561 volte)

    Come si fa a non restare meravigliati davanti a questo esplodere di verde e fiori. Soprattutto dove l’uomo non ha messo mani con la pretesa di abbellire la sua dimora. Lo spettacolo che ci viene offerto nuovamente in questi giorni dalla natura è veramente qualcosa di strabiliante. Più di una festa di compleanno, di una crociera, di un nuovo amore, più di ogni torta a venticinque piani, più di un gratta e vinci che ti cambia la vita, più di un’auto nuova, più della vittoria della squadra del cuore, più della elezione a sindaco, insomma più di tutte le ambizioni che apparentemente ci distolgono dagli accidenti che spesso ci procuriamo da soli.

    Ecco, lo spettacolo che ci viene offerto è davvero stupendo. E la sua meraviglia sta proprio nel fatto che fra pochi giorni, sarà tutto secco e io amo anche il secco. Questa è la Natura. Questa è la sua magia.

    Così mentre cerco di scomparire con lo sguardo in questo oceano di colori non posso fare a meno di evitare il colpo allo stomaco. Mi sarei dovuto fermare fuori e accontentarmi di guardare da lontano quello che la vista mi permette di vedere. Ma io sono stato ingordo e mi sono voluto avvicinare, a sentire anche i profumi del finocchio selvatico, della menta e delle erbe aromatiche. Così l’idillio è finito.

    Il mondo dell’apparenza, dell’esteriorità, del bello fuori e schifo dentro, lo abbiamo esteso pure alla Natura. Solo che la Natura non fa sconti a nessuno, restituisce il maltolto.

    Sbattendo contro secchi di plastica e sacchi di immondizia gettati a spaglio, come si fa con la semina del grano. Niente da fare, la natura comprende anche le idiozie di alcuni nostri concittadini. E dulcis in fundo, l’ennesima discarica di plastica, una montagna di teli che i contadini usano per la pacciamatura. Pronti per essere diffusi nell’aria del paese in fumo. Altro inceneritore dispensatore di diossina. Ci dovremo adeguare e anche i nostri polmoni dovranno smetterla di protestare e ammalarsi di cancro.

    Con questi idioti stiamo perdendo la battaglia.

    Per fortuna non tutto è perso, e Maurizio, un operaio della Monteco, sta cercando di porre rimedio al danno che gli anonimi costruttori di discariche e inceneritori abusivi realizzano di continuo.

    Maurizio è un ragazzo di Noha. Conosco la sua famiglia da sempre. Mi avvicino per fare quattro chiacchiere.

    “Buongiorno. Io mi chiamo Marcello.” Lo dico pensando che non si ricordi di me.

    E lui invece prontamente mi risponde: “si.. si.. ti conosco.”

    “Ah, bene.” E continuo dicendogli: “Finalmente Monteco ha deciso di mandare qualcuno a ripulire questo angolo di schifezze che non fa onore a nessuno.”

    Maurizio mi risponde che non è esattamente così. Lui ha un programma ben definito che deve svolgere durante le sue ore di lavoro. Ripulire le discariche abusive non fa parte del suo programma. Anche se a volte il suo responsabile gli chiede di farlo. Ma raramente. Oggi però Maurizio ha fatto uno strappo alla regola, quella che il suo capo squadra gli ordina. Ha terminato le sue attività programmate e passando davanti all’ingresso della cava De Pascalis, si è fermato e ha raccolto tutti i sacchi di immondizia ammucchiati al lato dell’ingresso. Altro tallone d’Achille del nostro finto perbenismo. Gli chiedo anche il nome del suo capo squadra, perché vorrei chiamarlo e dirgli che ha come collaboratore una ottima persona, onesta intellettualmente, cosa molto rara (l’onestà intellettuale). Vorrei dire al suo caposquadra di far ripulire più spesso questi scorci di panorami così diffusi in giro. Ma Maurizio mi risponde che loro, Monteco, ce la mettono tutta, solo che dopo aver ripulito, nel lasso di pochi giorni, gli idioti del malaffare tornano a sporcare. Ecco, così a perdere la battaglia ora siamo in tanti. Insomma in questo paese pochi “Zozzoni” vincono sulla civiltà. Forse sarebbe opportuno che tutti noi facessimo uno strappo alla regola, come ha fatto Maurizio. Forse il prato verde, quando fra pochi giorni sarà secco, ci svelerà altre meraviglie, che non dovrebbero necessariamente essere montagne di rifiuti e di plastiche che vanno in fumo. Chissà se un giorno riusciremo ad essere tutti onesti intellettualmente come Maurizio.

     Marcello D’Acquarica

     

     
    Di Redazione (del 21/02/2021 @ 16:56:53, in Comunicato Stampa, linkato 616 volte)

    Vivono nel degrado, famiglie e anziani che risiedono in via Vernaleone e via Salvo D’Acquisto. Non protestano più visto la totale indifferenza che ricevono, ma io voglio dargli l’occasione di mostrare alla città in quale situazione sono costretti a vivere nell’apatia e nella noncuranza dell’amministrazione comunale molto attiva solo quando deve decantare presunte attività svolte a favore della cittadinanza: il caso dei contagi al Polo 3 di Galatina è esemplare per il fatto che c’è una profonda distanza tra ciò che il sindaco ritiene d’aver fatto e ciò che i genitori travolti dal problema hanno percepito.

    Ora ci risiamo con le case popolari che presentano gravi problemi strutturali nei balconi con l’intelaiatura armata scoperta, nei marciapiedi divelti, nell’incuria generalizzata, nella quasi assente manutenzione e pulizia delle strade.

    Le palazzine sono di proprietà dello Iacp e quindi è l’Istituto che deve occuparsi degli interventi di manutenzione, ma l’inerzia dello stesso non può essere tollerata e un’amministrazione che abbia a cuore i suoi cittadini non dovrebbe evitare di guardare. Occorre che il sindaco Marcello Amante agisca con sollecitudine e autorevolezza per indurre Iacp  a fare i necessari interventi di manutenzione straordinaria per salvaguardare la sicurezza dei residenti.

    Ma le responsabilità non sono solo dell’Istituto autonomo case popolari visto che anche il Comune accetta senza battere ciglio la mancata pulizia delle strade in quella zona con la conseguente crescita di erbacce che rendono poco sicuro il camminamento, tanto più che lì vivono molti anziani. In più come cittadini subiamo la beffa di pagare il servizio di pulizia, per quelle strade, senza che sia effettuato.

    Mi aspetto che il sindaco Amante si faccia parte diligente o solleciti l’intervento del suo assessore ai Lavori pubblici, sia verso Iacp che verso il gestore del servizio di spazzamento e manutenzione del verde. Mi auguro che l’assessore ai Lavori pubblici la smetta di ringraziare i cittadini per le segnalazioni e si preoccupi di vigilare e risolvere i problemi.

      

    Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

    Giampiero De Pascalis

     
    Di Redazione (del 26/10/2013 @ 16:55:37, in Presepe Vivente, linkato 2279 volte)

    I Ragazzi dell'Associazione Presepe Vivente chiedono a tutti voi un libero contributo in termini di idee, organizzazione, partecipazione alle attività di allestimento scenografico, al servizio d'ordine, nel cast dei figuranti e non ultimo anche in termini finanziari, ognuno secondo il proprio cuore e proprie possibilità.

    INFO 328.7210967

     

     

     

     

     
    Di Albino Campa (del 23/08/2017 @ 16:54:36, in Comunicato Stampa, linkato 1447 volte)

    Galatina polo di cultura e arte, ma anche di sapere scientifico e tecnico. La città, cuore del Salento, sarà sede di un importante evento che per tre giorni vedrà riuniti alcuni tra i più famosi studiosi di economia provenienti da tutto il mondo.

    L’incontro, coordinato dal galatinese Luigi Pascali, docente di Economia politica presso la Pompeu Fabra University di Barcellona, avrà luogo a Palazzo Orsini nella Sala del Sindaco, messa a disposizione dal Comune. Si terrà nei giorni 28, 29 e 30 agosto e sarà articolato in tre sessioni che avranno come tema rispettivamente la macroeconomia, l’economia politica e la storia economica. I relatori illustreranno i risultati delle più recenti ricerche. Per tre giorni quindi a Galatina prestigiosi docenti si confronteranno su argomenti molto specialistici, ma dalle prospettive ampie e globali.

    Tra gli ospiti alcune tra le menti più brillanti del mondo accademico nel campo delle scienze sociali. Hanno tra gli altri confermato la loro presenza Joachim Voth, forse il più noto professore di storia economica, e famosi macroeconomisti come Ramon Marimon e Marco Pagano.        

    Il sindaco Marcello Amante si è detto molto contento di appoggiare questa iniziativa ed è convinto che la città saprà accogliere il gruppo di studiosi con entusiasmo.

    Ufficio stampa Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 23/10/2021 @ 16:52:41, in Comunicato Stampa, linkato 669 volte)

    Oggi nella sede della Camera del Lavoro CGIL di via Caracciolo 2 a Galatina è apparsa una svastica. Qualcuno ha deciso di agire di nascosto, di notte,  perché solo così può agire chi inneggia al nazifascismo. Sotto la svastica, realizzata con nastro adesivo di carta, è stato affisso all'ingresso anche un cartello con la scritta: "Violenza e fascismo". Divelto dalla bacheca e strappato un manifesto contro la violenza fascista.
    Tutto ciò a conferma, se mai ce ne fosse bisogno, del clima che stiamo vivendo. "È un gesto gravissimo, compiuto da balordi, capaci solo di agire nell'ombra", dice Valentina Fragassi, segretaria generale della Cgil Lecce. "Questa azione si inserisce in un clima che non fa stare sereni, ma se qualcuno pensa in qualche modo di intimorirci prende un abbaglio. Questo ennesimo atto, piuttosto, deve una volta di più indurre chiunque abbia a cuore i valori della Costituzione ad alzare l'attenzione, deve spingerci a fare fronte comune contro queste derive neofasciste sempre più frequenti. La nostra azione, portatrice dei valori costituzionali, evidentemente è mal digerita in determinati ambienti. Si mettano l'anima in pace: non ci fermeranno. Le nostre Camere del Lavoro continueranno ad essere presidio di legalità,  democrazia e sostegno ai lavoratori".

    Sul posto gli agenti del commissariato di Galatina e della Scientifica

     CGIL
    SEGRETARIA GENERALE VALENTINA FRAGASSI

     

    ****

    SANDRA ANTONICA (Partito Democratico Galatina)

    Nessuna intimidazione. Non accetteremo minacce. Non arretreremo di 1 millimetro sulla strada della democrazia tracciata dal sangue di chi, con la propria vita, ci regalato la libertà. Libertà che ha diritti e doveri. Piena solidarietà alla CGIL di Galatina. Non ridimensioneremo l’atto vile della notte scorsa riconducendolo a gesto stupido di singoli sprovveduti. In questo momento nel nostro Paese esiste l’emergenza di una deriva nazi-fascista infame e pericolosa, tesa a minare le basi della nostra democrazia. Invito chi in questi giorni, seppur in buona fede sui social e sui media ha ridimensionato il problema, a prenderne consapevolezza e a dare una mano. C’è in gioco il futuro dei nostri figli. Le Camere del Lavoro della CGIL rappresentano da sempre luoghi di dignità e di rivendicazione di diritti. La svastica invece riporta alla mente le camere a gas, luoghi di morte e di alienazione dell’umanità TUTTA. Spero con tutto il cuore che la Galatina democratica sappia da che parte stare.

     

    Leonardo Donno (portavoce alla Camera dei deputati del M5S)

    Una svastica e una frase che inneggia alla violenza e al fascismo sono comparsi questa mattina sulla sede della CGIL della mia città, Galatina.
    Con il voto favorevole alla mozione per chiedere lo scioglimento di Forza Nuova, il Movimento 5 Stelle ha voluto dare un segnale chiaro alla cittadinanza sul rispetto della Costituzione Italiana.
    È l'indifferenza a lasciare spazio alla politica della violenza, dell'odio, della discriminazione e dell'intolleranza.
    Non si possono piu' minimizzare simili episodi e dobbiamo fare in modo che tutto ció non avvenga più!

     
    Di Antonio Mellone (del 31/10/2022 @ 16:51:31, in Recensione libro, linkato 642 volte)

    Ne avevo appena iniziato la lettura, ma poi me l’ha sequestrato la regina madre, 87, (riporto l’età di chi mi è vicino come usano fare le riviste del gossip vipparo), per riconsegnarmelo un paio di settimane dopo, vale a dire tre giorni fa, “ché mo’ lo leggo prima io, tanto tu tieni sempre qualche cosa sotto gli occhi”.

    In effetti ero alle prese con l’ultimo centinaio di pagine del terzo tomo di quattro, dico di “M – Gli ultimi giorni dell’Europa” di Antonio Scurati (Bompiani, Milano, 2022, 425 pagg.): bello, non c’è che dire, e ben scritto, come del resto i primi due. Peccato soltanto per quel peana in stile “resta con noi signore la sera” vergato su Repubblica dal medesimo autore in onore di quell’altro figlio del secolo, non meno bellicista rispetto all’originale, ovverosia il Migliore fra i Migliori (a proposito di M), promosso e pluripremiato sul campo dai camerati del panfilo Britannia e giacché pure blandito da quasi tutta la stampa apologetica, ma venuto a mancare (momentaneamente) all’affetto dei suoi cari per essersela svignata dal suo stesso governo alla prima occasione utile. Ma non era di Scurati o della sua opera o dei fuggitivi ministeriali che avevo in mente di discettare questa volta, ma del volume scritto dalla dottoressa Enrica Mariano, nohana, 47, dal tutt’altro che ermetico titolo “La malattia è solo la punta dell’iceberg”, con sottotitolo “La cura inizia dall’ascolto” (Mind, Milano, 2022), recapitatomi in dono dal di lei padre, il geometra Biagio, 81.

    Avevo già avuto modo di vergare parole sul conto dell’Enrica Mariano esattamente quindici anni fa, e precisamente sull’Osservatore Nohano (n.7, anno I, 7 ottobre 2007, pag. 13), nella rubrica denominata C.V., condensando in poche battute il curriculum vitae della mia concittadina, sin da allora di un certo spessore, fatto di diploma al Classico e poi di laurea in Medicina con il massimo dei voti e la lode, e successivamente di pubblicazioni, di assegnazioni di non so più quanti premi di laurea, e dunque del conseguimento di abilitazioni nell’arte medica, fino alla specializzazione in Cardiologia (anche questa ovviamente con voti stratosferici). A quel curriculum iniziale bisognerebbe aggiungere ora tre lustri abbondanti di Ricerca, e centinaia, ma che dico, migliaia di interventi chirurgici (un tempo a cuore aperto, ora non più), nonché la docenza di Cardiologia all’Università di Tor Vergata di Roma. Ultimamente, grazie anche a questo coso che sto sfogliando, vi sarebbe altresì da includere l’attività di scrittrice (nella dedica al sottoscritto – che non riporto in quanto non meritata – la Mariano parla di “prima opera letteraria”: ergo non siamo che all’inizio dell’n-esima sua avventura), e più di un Master, tipo il MICAP, acronimo con lemmi o locuzioni in rigoroso idioma anglosassone, visto oltretutto che quella I sta per internazionale. Ma a ogni titolo, gallone o pennacchio l’Enrica sembra preferire l’attestato di “idraulico delle coronarie”, di quelli d’urgenza, e ci conferma che sì, è importante il corpo, ma forse anche (e soprattutto) qualcosa d’altro.

    Tu all’inizio ti aspettavi un sostanziale predicozzo da parte del professorone di turno che, dall’alto della sua cattedra, pontifica sulle magnifiche sorti e progressive della Medicina tutta fatta di regole e dogmi imposti dalla esimia società scientifica (mentre i profitti delle società del farmaco sarebbero soltanto trascurabili dettagli), e invece qui si narra di un’esperienza personale e un destino a tratti burlone con la provvida sventura dell’inversione di ruoli: una cardiologa che si ammala di pericardite in tempi non sospetti, costretta a dismettere temporaneamente il camice del medico per indossare il pigiama del paziente: “Un dolore che mi trapassava il petto. Avevo l’affanno, non riuscivo neanche a portare una busta della spesa senza avvertirlo. […] E quella fastidiosa sensazione del cuore in gola”, scrive.

    Una pagina via l’altra e il rafforzamento di alcuni dubbi, suoi e nostri, invero covati da sempre, e di alcuni punti di vista che il tifoso di turno oserebbe considerare tutt’altro che “ortodossi” se non addirittura “antiscientifici”, ma che ormai non si possono più tacere, dacché esiste in natura un punto oltre il quale la verità, volenti o nolenti, comincia a brillare della sua stessa perspicuità. E qui la Mariano ti apre tutto un mondo fatto di spirito e non solo di corpo, di cervelli (ne abbiamo tre, lo sapevate?) e di un cuore che ha una memoria ed è la sede dell’anima (lo scrive nero su bianco un medico, eh), di dialoghi interiori e di autoascolto, di colloqui tra mente e intestino (chi l’avrebbe mai detto), e di meditazione e preghiera, di tango argentino e musicoterapia, insomma di punti di incontro mai di scontro tra medicina orientale e medicina tradizionale, tra olismo e separatismo.

    Mi piace infine che uno specialista, come l’Enrica nostra, si compiaccia nell’autodefinirsi una Curandera [“Ebbene sì, non lo sapevo, eppure ero già una moderna curandera”, così a pag. 95].

    Però, Enrica, per favore, la prossima volta tu e i tuoi colleghi cercate un sinonimo meno ostico e più immediato al lemma che vorrebbe sintetizzare tutte queste cose qua, vale a dire Psiconeuroimmunoendocrinologia: nel provare a pronunciarlo con una sola emissione di voce, per ipossia, caddi come morto corpo cade.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 24/01/2013 @ 16:49:48, in Eventi, linkato 2652 volte)

    Venerdì 25 gennaio 2013 si terrà presso la Sala Convegni dell’Oratorio Madonna delle Grazie di Noha alle ore 19.00 il Convegno organizzato dalla Scuola Diocesana di Pastorale della Salute sul tema: “DIRITTO ALLA VITA DIRITTO ALLA SALUTE”
    Relatore la Dott.ssa Marina Casini docente presso l’Istituto di Bioetica-Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” Università Cattolica del Sacro cuore di Roma. Introduce il Rev.mo Sac. Francesco Coluccia, Delegato Diocesano per la Pastorale della Salute. Modera il Dott. Antonio Palumbo, Presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani sez. di Otranto
    Interverranno tutte le Associazioni, gli operatori sanitari e pastorali del settore:
    Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI)/Associazione. Naz. “Le Sentinelle”/ Associazione Volontari Ospedalieri (A.V.O)/ Centro Aiuto alla Vita (CAV)/ Centro volontari della Sofferenza (CVS) / Movimento perla Vita (MPV)/ U.N.I.T.A.L.S.I.

    « La libertà degli individui, rispetto alle scelte che riguardano la vicenda salute/malattia, subisce ancora delle limitazioni, che si possono ascrivere in parte all’interpretazione degli scopi più conosciuti e tradizionali della medicina: prevenire, diagnosticare, guarire, fare pronostici e quando non è possibile, curare, sollevare dalle sofferenze. Questi obiettivi, caricati come sono, di valenze etiche, hanno sempre fornito un alibi di ferro al medico per esercitare il suo potere, indipendentemente dalla soggettività del malato. Quello che di certo si può dire è che la medicina ha un privilegio ed una peculiarità: essere oggetto e soggetto di un approccio con la persona umana, dove contano in modo essenziale e singolare i rapporti, la comunicazione ed il contatto con le persone. Solo il medico ha il diritto di vedere dinanzi a sé nella sua nudità, fisica e metaforica (e psicologica), l’essere umano nascente, vivente, morente e morto. Solo la medicina può ridurre l'essere umano a semplice oggetto di osservazione, in ogni sua parte, ogni sua cellula e componente e far sì - allo stesso tempo - che questa osservazione produca gli effetti della cura delle mamme: guarire e mantenere la salute, quando può, far "sentire bene" e "consolare" quando non può. “Diritto alla Vita Diritto alla Salute” si propone di investigare per orientare a scelte etiche sia in riferimento alla vita nascente sia nella sua fase di malattia e di termine tenendo conto della dignità della persona e del valore non negoziabile della vita che va sempre tutelata, servita, rispettata e amata».
    Don Francesco Coluccia

    fonte: http://www.sanmichelenoha.it/

     
    Di Russo Piero Luigi (del 17/09/2023 @ 16:47:05, in Comunicato Stampa, linkato 812 volte)

    Il grandissimo successo della manifestazione “Bimbulanza in piAzza”, svoltasi presso “Il Covo della Taranta”, riconosciuto in maniera integrale dai protagonisti, andato oltre ogni più rosea aspettativa è il frutto di giorni di lavoro, è la conferma che la serietà, la programmazione, la tenacia, restano valori grazie ai quali è possibile ambire a qualsiasi traguardo.

    1.800 volte GRAZIE

    1.800 euro è, infatti, il frutto della raccolta fondi della serata dell’8 settembre u.s. che ha visto la partecipazione di circa 200 persone o meglio di 200 cuori che hanno battuto all’unisono.

    Siamo particolarmente emozionati e al contempo soddisfatti per l’ottima riuscita dell’iniziativa che abbiamo organizzato. Il progetto, volto a reperire risorse per le spese di funzionamento della Bimbulanza, ha ampiamente superato le aspettative, anche le più ottimistiche…

    La Bimbulanza, gestita dall'Associazione “cuore e mani aperte – OdV” di DON Gianni Mattia e Franco Russo è, ormai, un patrimonio del nostro territorio, e la sua utilità è universalmente riconosciuta.

    Per noi, nonostante questa edizione fosse la IX^, è stata, come sempre, una esperienza unica, impegnativa, ma che allo stesso tempo ci ha regalato emozioni indelebili e che abbiamo avuto la fortuna di poter condividere con tutti quelli che ci sono stati vicini…

    “Un grazie di cuore a tutti quelli che si sono prodigati per la riuscita della serata, in particolare a tutti gli sponsor che hanno voluto legare il nome della propria attività a questa entusiasmante operazione solidale – dichiarano Santino BECCARISI e Sandro ARGENTIERI, Presidenti rispettivamente dell’Associazione “Quelli del centro storico di Galatina” e dell’Associazione “Virtus Basket Galatina” –, ai presenti e non presenti che hanno contribuito con le donazioni. Solidarietà, vicinanza, generosità ed emozioni: un mix di tante belle cose che fanno bene al cuore… “.

    Piero Luigi Russo

     

    “Anèmos” significa vento, soffio. Secondo la mitologia greca, Ánemos è il nome di una ninfa la cui bellezza non poteva passare inosservata tanto da essere notata da Zefiro e da Borea. I due si innamorarono, rivaleggiando tra loro e scatenando per questo terribili tempeste. Anèmos a breve diverrà una realtà fruibile da tutti con lo scopo di aiutare coloro che hanno bisogno di essere ascoltati. Il Centro di Ascolto Anèmos è una Associazione che sta per nascere per volontà del suo fondatore, il dott. Michele Scalese, uno psicologo clinico da anni ormai attivo nel sociale e da Nadia Mele una donna impegnata come Responsabile regionale al contrasto di ogni genere di violenza.  Il Centro di Ascolto Anèmos nascerà a Galatina dall’operosità  di diversi volontari che da diverso tempo stanno lavorando assiduamente per costituire uno spazio accogliente, dando un contributo fattivo sul territorio attraverso l’impegno al contrasto della violenza e di ogni sua forma, del bullismo, dello stalking, dell’omotransfobia,  non solo attraverso campagne di sensibilizzazione o prevenzione, ma educando le nuove generazioni al rispetto e alla condivisione e offrendo un sostegno psicologico e un supporto legale attraverso la fruizione del gratuito patrocinio per le vittime di soprusi. Secondo il Presidente dell’Associazione dott. Michele Scalese è opportuno e senza dubbio indispensabile avere a cuore la vita delle persone e questo si coniuga con il dono della gratuità senza vincoli di sorta, senza pregiudizi e con spirito di operosità per promuovere un mondo più giusto e più equo. Il Centro di Ascolto nasce dall’esigenza imminente di dare una risposta concreta a chi ci circonda e ha paura di cambiare il proprio destino perché convinti di non avere alternative, il nostro desiderio è quello di essere un punto di riferimento! È chiaro che da soli non riusciremo a cambiare una logica plasmata da una società che tende a calpestare la dignità altrui, che vìola la libertà dell’individuo di essere se stesso senza essere calpestato nella propria dignità, ma è chiaro che insieme possiamo realizzare ciò che ad oggi sembrerebbe un’utopia: l’Amore che genera altro amore! Da ciò nasce la nostra Associazione, un ente il cui scopo è quello di aiutare le persone che vivono in uno stato di difficoltà o disagio, con particolare attenzione alle vittime di maltrattamenti per mezzo di un accompagnamento concreto che prevede assistenza, consulenza, attività ludiche e ricreative, corsi tematici in fase di avviamento, formazione, gruppi di ascolto e sostegno psicologico e legale finalizzato al benessere individuale e sociale. Il nostro punto di forza sarà l’inclusione di tutti coloro che vogliano collaborare con noi e che sposano il nostro progetto di aiuto a chi soffre. La nostra è la casa di chi si sente solo e di chi ha voglia di proteggere il cuore degli altri.  Abbiamo bisogno di rendere questa realtà anche un po' vostra, solo qualche altro giorno e saremo pronti!

    Centro di Ascolto Anèmos

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 24/11/2019 @ 16:44:51, in Comunicato Stampa, linkato 1396 volte)

    La rivoluzione è arrivata, la preoccupazione è che ognuno ha la rivoluzione che si merita. È così, dopo quella francese, la marcia del sale, quella per i diritti civili a Washington, dopo la rivoluzione del sessantotto e le primavere arabe, ecco a voi le sardine italiane. Questi, scossi dal formicolio generato dai loro smartphone, leggendo un tweet, si riversano a migliaia in una piazza, addossandosi uno sull’altro per cantare bella ciao!

    Chi sono le sardine? A quanto pare non lo sanno neanche loro stessi. Sembra che appartengano al popolo dell’aperi-cena, oppure sono quelli che vestono su comando dell’influencer di turno. Sono la società di quelli che ordinano kebab a domicilio su justeat e che guardano le serie tv su Netflix, tutti però accomunati da un particolare: hanno sempre entrambe le mani occupate, una dallo smartphone e l’altra dallo Svapo, ed è così che questi pensano di fare la rivoluzione, schiacciati come alici sott’olio. La rivoluzione contro che cosa? Contro il populismo? E cosa diavolo è questa roba di cui tutti parlano e di cui nessuno ne conosce il contenuto?

    Ciò che vedo in queste piazze è una falsa ed irrequieta coesione sociale, scatenata da un post disincarnato dalla realtà, capace di generare moti tutt’altro che rivoluzionari (è ostentazione di una sorte di involuzione identitaria della specie, dove la massa gravita intorno al nucleo, senza sapere bene di cosa sia fatto). È ancora una volta un tentativo mascherato di placare un nervosismo globale e globalizzante non generato esclusivamente dalla politica, ma da un vuoto interiore in cui neanche alla luce, come in un buco nero, è concesso di sfuggire. Il massimo che la società oggi riesce a produrre in questa stanca ideologizzazione degli oppressi, è un’anonima Greta Thumberg incapace fisicamente di sopportare una stanchezza ecologica, climatica e ambientale. Ma ce ne fossero di Greta in quella piazza!

    Io non credo – anche se lo spero - che nasca un nuovo Leonardo Da Vinci, o un Michelangelo Buonarroti, o un Dante Aligheri o un altro Einstein, loro sì capaci di rivoluzionare il mondo intero con la forza di una sola idea, di un semplice calamaio, o di un pennello, o con una sola formula. Non lo credo per il sol fatto che so che non ci sono le premesse perché questo avvenga. Ogni buona cosa nasce da un desiderio, e il desiderio è possibile solo in presenza del vuoto, cioè della mancanza della cosa desiderata.

    Qui, invece, come in quelle piazze dove vengono ammassate - o si ammassano volontariamente - le sardine, c’è un eccesso di pieni e una mancanza totale di vuoti, e dove è già pieno, non c’è nulla da costruire, non ci sono sogni da realizzare, né pagine bianche su cui scrivere un capolavoro, né tele vuote da dipingere. Un’unica cosa a questi è concesso di fare: ripetere slogan già detti e cantare canzoni già scritte. Non c’è spazio per le idee né possibilità di mondi nuovi. Tutto si definisce in uno striscione da stadio, in un ritornello di cui non si conosce più il tempo né tantomeno il significato del canto che lo contiene; sardine pronte a riempire la prossima piazza come se la rivoluzione si facesse conquistando quanti più spazi possibili anziché coscienze.

    Tutti ammassati come in una rete (questa sì li ha catturati definitivamente), blaterando che da lì non si passa! Chi è che non dovrebbe passare? I tiranni. Eppure non sembra che costoro sappiano chi sono i veri tiranni, ossia quelli che non fanno tanta caciara sui media. I tiranni, quelli veri, con i loro subdoli e polifonici linguaggi, li hanno già penetrati, trapassati, traforati ormai da tempo, modificandoli geneticamente per sempre e rendendoli a tutti gli effetti sardine (il nome, questo sì, lo hanno azzeccato).

    È in scena la più falsa coesione sociale della storia, dove i partecipanti sono gente immunizzata a tutto, in grado di raffreddare con una sbalorditiva freddezza utilitaristica ogni sorte di stimolo esterno in grado di smuovere la loro coscienza. Tutti ammassati ma terribilmente isolati nella loro solitudine esistenziale e valoriale, difendendo un valore che non hanno mai conosciuto, anzi due: libertà e verità.

    Non si eludono solo le tasse, ma anche la capacità di usare la ragione poiché, in fondo, ciò che sta alla base di questa società post-metafisica, è la preservazione ad oltranza dei propri interessi personali, coprendo tutto ciò dal mantello del principio di resistenza e da un buonismo tossico che nuoce seriamente l’intenzione di chi ha a cuore il bene dell’altro. Ma contro cosa resistono questi?

    Guardiamoci intorno. Siamo sopraffatti da gesti inconsueti e violenti, scatenati da gente che abbiamo definito perbene solo un’istante prima del loro delirio, come se questi impazzissero da un momento all’altro senza giustificato motivo.  E come sciocchi crediamo che basti la parola fascismo per giustificare episodi abitudinari di violenza. Siamo iniettati di buonismo per rendere equilibrato il nostro stato psicofisico che è capace di degenerare in un solo istante dando la colpa alle ideologie anziché alle persone.

    Io, in quelle piazze, vedo gente malinconica, che finge allegria cantando una canzone, ma che è consapevole del fatto che è già spacciata. È un rito già visto, una liturgia di depressione camuffata e di sgraziata euforia. E in tutto ciò che dicono e in quel che fanno, non c’è neanche una minima differenza tra il loro intimo pensare e quello dei fantocci contro cui manifestano. Cosa dovremmo pretendere da una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere la realtà, e che invece si commuove davanti allo schermo? Non piangono per il morto povero e disoccupato che gli abita nell’appartamento affianco al loro, e si disperano per la tragedia trasmessa sui loro schermi illuminatissimi pieni zeppi di luoghi comuni.  

    È un mondo sovraccarico da dove non nasce nulla di buono. Le più grandi rivoluzioni sono state fatte da uomini solitari in una sola piazza anziché da milioni di persone in centinaia di piazze. Non c’è neanche spazio, né tempo per momenti di mancanza, di quiete tra una piazza e l’altra; è solo una corsa contro il tempo a fare numero e a costruire i cortei dell’indifferenza più assoluta. Non c’è più vuoto da colmare poiché il vuoto stesso non ha più una dimensione, non ha una forma. Non c’è tempo e modo di rielaborare la narrazione di quello che si è appena vissuto in quanto nel vortice dell’euforia demenziale si perde ogni forma di connotazione realistica. Il vuoto è subito riempito per non lasciare spazio all’altro, senza sapere che l’altro è solo la parte diversa, e forse la più interessante, di se stessi.

    Tutto ciò che manca in queste piazze sono esattamente gli elementi fondamentali per cui si fanno le rivoluzioni: la libertà e la verità. Io non vedo gente libera e vera da un pezzo. Ho sempre creduto, infatti, che non è la reazione ad un evento ciò fa grande l’uomo, ma la sua evoluzione in quello stesso evento poiché la reazione è sempre successiva all’evento; l’evoluzione, invece, precede, è coetanea e segue l’evento stesso. Questi si limitano soltanto alla reazione, ad impedirsi di diventare sudditi di uno, divenendo inconsapevolmente schiavi di qualcun altro.

    Io credo nella rivoluzione come processo di evoluzione personale capace di cambiare il mondo.

    Lì, invece, non vedo nulla se non piazze di migliaia di salvini contro un Salvini, migliaia di di maio contro un Di Maio, migliaia di renzi contro un Renzi, tutti pronti a dirsi diversi per essere esattamente uguali, tutti pronti a dichiararsi liberi nascondendo la loro dipendenza da sostanze di ogni tipo, da quelle stupefacenti a quelle tecnologiche e, soprattutto, essendo schifosamente succubi di ideologie politiche. È la società post-metafisica per eccellenza più tiranneggiata della storia.

    Noi siamo segnati dall’eccesso che non è in grado di rinunciare ad alcunché. È difficile aspettarsi una rivoluzione dai bocconiani, non se ne sono ancora viste di serie nella storia fatte da questi. Il massimo che si può sperare è la buona riuscita di una carnevalata.

    È la mancanza di qualcosa che si ritiene essenziale a generare il desiderio. Noi, qui, manchiamo di tutto l’essenziale e siamo stracolmi di superfluo e rinunciamo al primo per il secondo. È tutto fumo voluminoso e nuvoleggiante, come quello che fuoriesce dalle vostre sigarette elettroniche, poiché la rivoluzione non è lasciare la sigaretta per fumare Svapo: la rivoluzione è liberarsi sia dell’una che dell’altro, mandando a quel beneamato paese chi li produce, attentando alla vita.

    Ce ne fossero di cardinali Ruini che invocano dialogo in questo nostro mondo sbruffone: gli basterebbero tre parole per tirare lo sciacquone su chiunque di questi, partendo da Salvini. Chi ha paura del confronto diviene il peggior nemico di se stesso. Chi infatti è in grado di rendere ragione della propria fede, del proprio credo politico, di qualunque cosa vogliate voi, non teme di affrontare le tesi altrui. Oggi, invece, preferiamo zittirci e querelarci a vicenda, piuttosto che rendere ragione di noi stessi e di ciò che pensiamo. Ora mi è venuta voglia di un panino, e visto che siamo in tema, vedo di farmelo con due alici sott’olio.

    Fabrizio Vincenti

     

    Finalmente, dopo mesi di assoluta trascuratezza, in qualità di consigliere comunale delegato ASI, posso dire che la nostra Città ha compiuto un nuovo passo in avanti dal punto di vista del decoro urbano.

    Ci siamo concentrati sulla nostra zona industriale, che da anni vive in uno stato di incuria e degrado. Grazie alla forte collaborazione con il Presidente dell’ASI Massimo Albanese, nei giorni scorsi abbiamo effettuato un’attività di taglio erbe, oltre a mettere a punto il sistema di pubblica illuminazione.
    Da tempo, infatti, in diverse strade, dove sono presenti le nostre aziende, il cuore della filiera imprenditoriale cittadina, mancava l’illuminazione, mettendo a serio rischio la sicurezza degli addetti ai lavori.

    L’Amministrazione comunale guidata da Fabio Vergine dimostra ancora una volta la giusta sensibilità ed una visione ben chiara sugli obiettivi da perseguire. Un’azione di governo cittadino che parte dalla cura e dalla manutenzione di ogni ambito della nostra Città, fino ad arrivare ad una programmazione ben solida che sappia guardare ad un futuro di crescita e sviluppo.

    Per questa operazione, ringrazio il Presidente Albanese per la disponibilità e la celerità negli interventi effettuati.

    Andrea Gatto - Consigliere Comunale
    Delegato ASI

     
    Di Redazione (del 21/03/2020 @ 16:36:58, in Comunicato Stampa, linkato 1190 volte)

    A causa dell'emergenza da Covid-19, Poste Italiane ha comunicato la prosecuzione dei propri servizi, in ottemperanza alle disposizioni governative, e al tempo stesso ha provveduto alla rimodulazione della propria attività, come ad esempio il ritiro delle pensioni di aprile 2020 a partire dal 26 marzo. In particolare, sul sito di Poste Italiane è stato pubblicato un calendario (https://www.poste.it/emergenza-covid19.html) con la ripartizione delle iniziali dei cognomi dei pensionati e il giorno in cui è possibile presentarsi allo sportello dell'ufficio postale per ritirare la pensione in contanti. Tuttavia, nella rimodulazione dell'erogazione dei servizi, Poste Italiane ha anche provveduto alla chiusura di alcuni uffici postali, in particolari quelli posti nei piccoli territori, tra cui Collemeto e Noha. "Comprendiamo le scelte assunte da Poste Italiane in una situazione di emergenza come questa che stiamo vivendo - è quanto affermano gli assessori Cristina Dettù e Loredana Tundo, residenti nelle frazioni di Collemeto e Noha - ma nel momento in cui si assumono delle decisioni importanti come questa è necessario conoscere il territorio e le sue esigenze. Per questo motivo chiediamo a Poste l'apertura degli uffici postali di Collemeto e Noha per l'erogazione di alcuni servizi essenziali, in particolar modo per l'erogazione delle prossime pensioni, secondo un calendario stabilito proprio per evitare assembramenti e per tutelare la salute dei lavoratori. Nelle nostre comunità (compresa quella di Santa Barbara) vivono cittadini anziani che diligentemente stanno ottemperando a quanto disposto dal decreto #iorestoacasa e sarebbe un controsenso chiedere loro di spostarsi a Galatina per ritirare la pensione. Siamo certe che Poste prenderà a cuore la nostra richiesta e quella di tre intere comunità".

    Assessori Cristina Dettù e Loredana Tundo

     
    Di Redazione (del 13/03/2021 @ 16:34:31, in Comunicato Stampa, linkato 909 volte)

    Si rinnova anche questa Santa Pasqua l’appuntamento con la solidarietà.
    Nella mattinata di Domenica 14 marzo allestiremo un gazebo per la vendita delle uova solidali a favore del progetto “Bimbulanza”. L’evento è fissato a partire dalle ore 09:30 in Piazza Alighieri a Galatina ed avrà fine intorno alle ore 13:30.
    La “Bimbulanza” è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici. Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte verso chi soffre" ONLUS, nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.
    Il prezzo per singolo uovo dal peso di 300 gr., disponibile sia di cioccolato al latte che di cioccolato fondente, è di 5€. 

    Quelli di piazza San Pietro 2.0

    Virtus Basket GalatinaUn Pasqualotto per la Bimbulanza

     
    Di Redazione (del 25/02/2018 @ 16:26:21, in Comunicato Stampa, linkato 1400 volte)

    Bisognerà spiegare al sindaco Amante e ai suoi assessori la differenza tra buona gestione amministrativa e sprechi. L’attività è quasi pari allo zero, ma le pochissime cose che fanno sono sempre all’insegna del pressapochismo o di non meglio precisate intenzioni, come è avvenuto per il bando per l’assunzione part time di due agenti della polizia municipale.

    E vengo al punto. Nei giorni scorsi l’amministrazione ha deciso, bontà sua, di far chiudere qualche buca presente nel manto stradale. Peccato che il materiale l’abbiano pagato a peso d’oro. Hanno utilizzato l’asfalto a freddo alla modica cifra di 17 euro il quintale, contro i 5 euro che costa l’asfalto a caldo. Uno spreco e un danno per la città che avrebbe potuto avere più del triplo delle buche rattoppato, oltre al maggior costo di smaltimento dei sacchetti che mi auguro sia stato fatto con il rispetto delle norme. Da non trascurare il fatto che l’asfalto a freddo viene utilizzato dalle amministrazioni comunali solo in casi eccezionali, ossia quando gli impianti di conglomerato bituminoso sono chiusi e bisogna intervenire con la massima urgenza per coprire una buca e per limitati quantitativi di materiali. Ho constatato la mancata formazione del personale addetto all’utilizzo dei materiali, attività di cui si deve preoccupare l’amministrazione.

    Ma le brutte nuove non si limitano a questo. Hanno pensato bene di chiudere con asfalto anche i piccoli smottamenti del basolato: nel cuore del centro storico i turisti potranno “ammirare” lo scempio di cui è capace l’amministrazione Amante. Forse è il caso che la soprintendenza getti l’occhio su queste azioni scriteriate.

    Quanto avvenuto per la riparazione delle buche è il simbolo di un’azione amministrativa che naviga a vista disattenta o priva di quelle competenze necessarie a produrre buona gestione. La cosa più preoccupante è che non si parla più dei debiti di Galatina, non si parla più dei moniti della Corte dei Conti tanto che sindaco e assessori pensano di poter spendere e spandere senza alcuna cura. Oltre agli sprechi, che non sono pochi, si stanno preoccupando di promuovere i dipendenti pubblici e di fare assunzioni. Hanno cominciato con il bando della polizia municipale e con il bando per un avvocato, come se Galatina avesse vinto la lotteria. Se a questo aggiungiamo il fatto che i bandi per le assunzioni vengono fatti con scarsa pubblicità e trasparenza, se ne possono trarre le dovute conclusioni. Ufficialmente hanno vinto perché erano il nuovo e sarebbero stati trasperenti, di fatto sono a Palazzo Orsini perché maestri dell’inciucio e garanti delle scelte dell’amministrazione Montagna.  

    Il consigliere di opposizione della “Lista De Pascalis”

    Giampiero De Pascalis

     
    Di Antonio Mellone (del 11/02/2017 @ 16:14:51, in NohaBlog, linkato 2390 volte)

    Il fatto che il tronchetto della felicità, anzi della feudalità - cioè quell’enorme ramo di Pino domestico staccatosi dal fusto e precipitato all’ingresso della Masseria Colabaldi, occludendone da tempo la vista dell’antico portale – sia ancora là, nonostante il mio pezzo di denuncia pubblicato su Noha.it il 22 gennaio scorso, la dice lunga su quanto vengano prese in considerazione le segnalazioni dei cittadini (e soprattutto quanto le mie parole siano scritte sull’acqua o vaganti nell’aere, disperse dal vento sinistro degli insipienti e degli ottusi. Tiè).

    Io ormai non me la prendo più con i proprietari della Masseria che si fanno i cazzi propri (con la speranza però che non vengano a rompere oltremodo i nostri), quanto con i nohani che passano mille volte al giorno davanti a quel bene culturale - che si staglia ancora oggi sull’acropoli di Noha dopo cinque secoli di storia quasi per quotidiano miracolo - senza muovere un muscolo della faccia, alzare ciglio, battere i pugni sul tavolo, balbettare una frase una di senso compiuto per chiedere il loro rispetto.

    Niente di niente. Tabula rasa al suolo.

    Del commissario prefettizio e dei suoi dirigenti/digerenti nemmeno a parlarne: sua eccellenza e codazzo di accoliti, dopo la posa della prima pietra (o, il che è uguale, di quella tombale) saranno evidentemente tutti impegnati nella ricerca dei nastri tricolori da tagliare in occasione dell’inaugurazione del mega-porco commerciale Pantacom, in contrada Cascioni, nei dintorni di Collemeto, vista la solerzia con la quale han fatto fare a Galatina un altro passo in avanti verso il calvario della sua crocifissione.

    E i nostri rappresentanti politici locali, mi chiedete? Macché. Non pervenuti. Presi come sono con coalizioni, apparentamenti, affiliazioni, architetture di alleanze,  “discussioni programmatiche”, glandi progetti politici, tu-dai-una-poltrona-a-me-io-do-un-voto-a-te, ricerca di un posto al sole, speranze di candidature buone per le prossime amministrative, e così via con questo schifo che sa tanto di vecchio che avanza, non hanno mica tempo da dedicare ai problemi del paese, e men che meno a queste inezie (si sa, “con la cultura non si mangia”, asserì un loro compagno di merende che gli empi onorarono con il titolo di ministro).

    Quindi per favore non disturbiamo i manovratori, che tra l’altro stanno risparmiando tutte le loro energie per gli imminenti, sfiancanti porta-a-porta alla ricerca del voto perduto.    

    A proposito. Chissà perché da me non si presenta mai nessuno a chiedere voti: vuoi vedere che temono di trovare pane per le loro dentiere?

    So per certo, invece, che continueranno nei secoli dei secoli a recarsi in processione nelle vostre case, accolti a braccia aperte, come il prete per la benedizione pasquale.

    Continuate pure così, nohan-galatinesi, a credere a tutto quello che vi raccontano e promettono con la mano sul cuore. Siete liberi di continuare come sempre a farvi del male, di recitare la parte dei camerieri, di interpretare il ruolo dei valvassini, anzi dei servi della gleba di questo novello infinito medioevo, di vestire i panni dei lacchè anziché quelli dei cittadini liberi e pensanti. E dunque di dare loro il vostro suffragio universale diretto, basandovi sostanzialmente sul più facile credere che sul più ostico sapere. 

    Però, per l’anima dei morti vostri, dopo non venite a rompermi le scatole dicendomi che questo non va, che ci hanno dimenticati, che noi siamo cittadini di serie B, che io dovrei scrivere un articolo (che tra l’altro non leggerete mai) su questo e su quell’altro argomento (vi ho appena dimostrato a cosa servono i miei articoli: a nulla. E poi non scrivo sotto dettatura: che fa rima con tortura).  

    Non mi rimane che la curiosità di sapere se ci sono ancora speranze per Noha e dintorni, oppure no. Mi chiedo cioè se in giro ci sia ancora qualche nohano con un pizzico di dignità residua, uno che alla pressante richiesta di una preferenza da parte del notabile candidato di turno, in uno scatto di orgoglio sia in grado di rispondergli scandendo bene le parole: “Scusami, ce l’hai con me? Sì? Ma vaffanculo, va”.

    Antonio Mellone   

     

    Parliamo di libri questo pomeriggio di fine estate, in questo cortile, luogo del cuore, purtroppo semidiruto, graffiato dall’ira del tempo e dall’abbandono degli uomini. E lo facciamo quasi sottovoce (anche se con il microfono), con delicatezza, come si conviene, per non svegliare i fantasmi del passato, aggrappati alle volte dei secoli.
    In questo luogo, appena cinque secoli fa, si sentiva ancora rumore di armi e di guerrieri, di cavalli e cavalieri, di vincitori e vinti.
    Al di là di questo muro, tra alberi di aranci, una torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: è la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300. Quelle pietre antiche e belle urlano ancora, ci implorano, richiedono il nostro intervento, un “restauro”, il quale sempre dovrebbe rispettare e storia e arte.
    Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. Qui abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa. 
    Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
    Da qui passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…
    *
    Ma la storia noi stiamo continuando a scriverla; voi potete continuare a scriverla, e non solo nelle pagine di un libro. Solo se diamo corso (come stiamo credendo di fare) ad un nuovo Rinascimento ed ad un nuovo Umanesimo di Noha, daremo una svolta alla nostra vita e alla nostra storia. E alla nostra civiltà. 
    *    *    *
    Noi ci troviamo dunque in un “praesidium”, un presidio. E Noha era un presidio.
    E sapete anche che Noha è, da non molto tempo, invero, “Presidio del libro”.
    Ma cosa è un presidio?
    Sfogliando un dizionario d’italiano (che dovremmo sempre avere a portata di mano, pronto per la consultazione) al lemma o parola “presidio” troviamo questi significati: 1) presidio = complesso di truppe poste a guardia o a difesa di una località, di un’opera fortificata, di un caposaldo; luogo dove queste truppe risiedono (per esempio si dice “truppe del presidio”);
    2) presidio = occupazione di un luogo pubblico a fini di controllo e sorveglianza o anche solo di propaganda (per esempio “presidio sindacale nella piazza”); 
    3) presidio = circoscrizione territoriale sottoposta a un’unica autorità militare;
    4) presidio = complesso delle strutture tecnico-terapeutiche preposte in un dato territorio all’espletamento del servizio sanitario nazionale (presidi ospedalieri);
    5) presidio = difesa, protezione, tutela (essere il presidio delle istituzioni democratiche);
    6) presidio = sostanze medicamentose (presidi terapeutici) oppure presidi medici e chirurgici….
    Vedete quanti significati può avere la parola “presidio”!
    Penso che per il concetto di “Presidio del libro”, tutte queste definizioni, più o meno, calzino bene.
    E’ un luogo. E la biblioteca Giona è il cuore di questo presidio.
    Ci sono le truppe.
    Ma le truppe siamo noi e  le armi sono i libri; i carri armati sono gli scaffali che li contengono.
    Le altre armi, invece, quelle da fuoco, le lasciamo agli illetterati, ai vandali, ai mafiosi, a chi non è trasparente, a chi non ha idee, a chi non ama il bello.
    Presidio del libro è anche sostanza medicamentosa, terapeutica, contro i mali della società.
    Il presidio del libro riuscirà a sovvertire, a sconfiggere quell’altro presidio: il “presidio della mafia”? 
    Forse si: se questi libri li apriamo, li sfogliamo. Li annusiamo, anche, e li leggiamo, li prendiamo in prestito, li consigliamo agli altri, li doniamo. Ne incontriamo gli autori, ne parliamo a scuola, in piazza, dal parrucchiere, dall’estetista, al supermercato, al bar, al circolo, fra amici.
    Tutti i luoghi sono opportuni per parlare di libri: a volte basta solo un cenno, non c’è bisogno di una conferenza in una sala convegni per parlare di letteratura, di poesia, di storia, di leggenda, di arte...
    Ecco allora che “Presidio del libro” diventa “difesa”, “protezione”, “tutela”, “crescita”, rispetto della persona, dei luoghi, dei beni culturali, di Noha tutta. Solo chi legge difende i monumenti, la piazza, la torre, questo castello, la masseria, la casa rossa, la trozza, la vora, il frantoio ipogeo, le casette dei nani… Ma anche i giardini, le terrazze, la campagna, i colori delle case di Noha (che stanno sempre più perdendo il loro colore bianco brillante, quello della calce, per diventare d’arlecchino multicolore, a volte troppo appariscente…). Chi legge difende la civiltà, la democrazia, l’etica, la libertà del pensiero e del giudizio e finanche della critica (costruttiva), e tutela il bello che è integrità, luminosità e proporzione.     
    Guardate che la biblioteca o la libreria (che non dovrebbe mai mancare in ogni casa: meglio se questa libreria è ricca, e piena di libri e non contenga solo un’enciclopedia a fascicoli che ti danno in regalo con l’acquisto dei detersivi o con la raccolta dei punti al distributore di benzina); dicevo, la libreria non è solo un deposito o una raccolta di libri. Ma uno strumento di conoscenza ed in certi casi di lavoro.
    *
    E’ vero: esistono così tanti libri, che spesso non si sa da dove incominciare.
    Se soltanto volessimo leggere i “classici”, cioè i libri, diciamo, fondamentali per l’uomo di buona cultura, volendone leggere, ad esempio, uno ogni settimana (che è una ragionevole media), non ci basterebbero 250 anni. Dovremmo vivere almeno 250 anni, per leggere ininterrottamente i libri diciamo più importanti o indispensabili.
    Se a questi volessimo aggiungere le collane della Harmony, o i libri di Harry Potter, o quelli degli scrittori minori o locali (come siamo noi), o gli altri che leggiamo per diletto o divertimento, (tutti ottimi! Ma non classici) necessiteremmo almeno del doppio di questi anni, vista permettendo!
    Dunque: nessuno può aver letto o leggere tutto (neanche le opere più importanti).
    E questo però ci consola.  
    Intanto perché possiamo partire a piacere da dove vogliamo.
    Ed un altro fatto che ci rassicura è che spesso i libri parlano di altri libri: cioè con la lettura di un libro a volte riusciamo a entrare in altri libri (anche senza aver mai visto questi altri libri): i libri infatti sovente, tra un riferimento e l’altro, si parlano tra loro.
    I libri sono come i nostri amici che ci riferiscono come stanno gli altri nostri amici, che magari non vediamo da tempo.
    *
    Sentite.
    Spesso si parla del dovere di leggere.
    No! 
    Leggere non è un dovere: è un diritto!
    Inoltre il lettore ha altri diritti (come dice Daniel Pennac, nel suo libro intitolato Come un romanzo, Feltrinelli, 6 Euro):  e  questi diritti sono i seguenti: primo il diritto di non leggere (ciò che ci impongono); poi, il diritto di saltare le pagine; poi abbiamo il diritto di non finire un libro; il diritto di rileggere (non preoccupatevi: si può essere colti sia avendo letto quindici libri che quindici volte lo stesso libro. Si deve preoccupare invece chi i libri non li legge mai!); il diritto di leggere qualsiasi cosa; c’è poi il diritto di leggere ovunque (non solo a casa, ma al mare, sull’autobus, in villetta, ovunque); il diritto di spizzicare (si da uno sguardo, si legge la bandella della copertina, si apre a caso una pagina, si legge come comincia o come finisce: insomma pian piano un libro si può assorbire anche a “spizzichi e mozzichi”. Chi ce lo impedisce?); ancora il diritto di leggere a voce alta; infine il diritto di tacere: cioè nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa lettura, che è e rimane una cosa intima, esclusivamente nostra.

    Leggendo, ragazzi, vedrete, poi, che riuscirete a descrivere qualcuno o qualcosa, utilizzando quelle stesse parole del libro: vi viene quasi automatico. Vi accorgerete di essere stati chiari e non banali; non avrete più il problema di cadere nei silenzi tra una parola e l’altra. Quei silenzi orrendi e imbarazzanti. Come il silenzio nel corso di certe  interrogazioni.
    E non abuserete dei “cioè”; vi sentirete soddisfatti di questo, ma soprattutto imparerete a sognare, a volare alto, e difficilmente sarete malinconici.
    *
    Il nostro scritto prima ancora di iniziare a vivere nel libro, o su un giornale o su una rivista, si può già assaporare nelle parole della gente, con i suoi racconti, le sue esperienze: sentimenti, che lo scrittore ha raccolto e animato.
    Ecco lo scrittore cerca di colorare il mondo. Noi abbiamo cercato di dare calore e colore alla nostra storia, alla nostra arte, alle nostre leggende.
    P. Francesco D’Acquarica, che ha scritto con me le pagine di questo tomo (è come se avessimo eseguito una suonata a quattro mani e quattro piedi ad un organo a canne) ha compiuto un lavoro lungo decenni, s’è consumato gli occhi, per leggere, interpretare e ritrascrivere i documenti dell’archivio parrocchiale di Noha o quello vescovile di Nardò e numerosi altri documenti. E ha fatto rivivere la storia della gente ed i suoi pensieri (se leggiamo i proverbi che abbiamo posto in appendice, ad esempio, capiremo subito).
    Ha risvegliato, ha ridato voce e fiato e vita e colorito ai nostri avi, ai nostri bisnonni, gli antenati. Per questo non finiremo mai di ringraziarlo.
    Però il miglior modo di ringraziare uno scrittore è leggerlo.
    E’ sfogliare il nostro libro, che abbiamo scritto con tanta passione. Leggerlo, consultarlo, criticarlo (anche), ma prima di tutto studiarlo.
    *
    Vedete: Noha dopo il nostro libro: “Noha. Storia, arte, leggenda” non è più quella di prima. Anzi quanta più gente legge il nostro libro, tanto di più migliorerà la nostra Noha. Potremmo anche dire che oggi Noha è un po’ migliore, rispetto a ieri. Non dobbiamo aver paura di pensarlo e dirlo.
    E sarebbe proprio la città ideale se tutti leggessimo quel libro, fossimo curiosi, ci conoscessimo di più.
    Saremmo più gentili. Meno sospettosi. E anche più accoglienti.
    *
    Abbiamo bisogno a Noha di scrittori, di gente che può cambiare il mondo. Ma prima di tutto abbiamo bisogno di lettori. I lettori sono i primi che possono cambiare il mondo. Se con la lettura si riesce a svagarsi, divertirsi, sognare, imparare a riflettere, allora si capisce meglio il mondo, e non si da retta alle futili mode o tecnologie o alle corbellerie. Ma è così che si cambia il mondo! 
    Con la lettura miglioriamo il nostro stile di vita, il nostro equilibrio morale ed anche economico. Non a caso chi legge è anche più ricco, e gode di un più alto tenore di vita.
    E, il più delle volte, è anche un po’ più affascinante (o almeno così qualcuna mi dice, lusingandomi)…
    *
    Democrazia e libri sono sempre andati storicamente a braccetto.
    Le librerie e le biblioteche nei paesi liberi sono veri e propri presìdi di democrazia e civiltà. La libreria o la biblioteca è uno spazio amico. Giona è dunque una nostra amica. E certe amicizie vanno frequentate. 
    In libreria o in biblioteca c’è la sostanza più potente di tutte: la parola scritta. Tutte le altre sono chiacchiere, parole al vento.
    Nella vita di ogni uomo c’è un pugno di libri che lo trasformano radicalmente. Entra in un libro una persona e ne esce un’altra, che vede se stessa ed il mondo in maniera completamente diversa e farà cose diverse.
    Un maglione, un’auto, una moto possono rappresentare un uomo ma mai cambiarlo come invece può fare un buon libro.
    *
    Il libro è un regalo. Un regalo che potete fare innanzitutto a voi stessi ma anche agli altri. E’ un regalo che si può “scartare”, aprire diverse volte e non soltanto una volta sola. E ogni volta la pagina di un libro può riservarci una gradita sorpresa.
    Il libro è un capitale, un investimento che produce interessi incalcolabili.
    E non c’è libro che costi troppo!
    *
    Qualcuno mi dirà alla fine di tutta questa pappardella: e il tempo per leggere? Dove lo trovo?
    Certamente non abbiamo mai tempo! Presi come siamo dalla diuturna frenesia.
    Ma su questo tema del tempo chiudo prendendo in prestito, guarda un po’, le parole di un libro.
    E’ quello già citato di Daniel Pennac, il quale a pag. 99, di Come un romanzo, (Feltrinelli, ed. 2005), così si esprime:
    <<…Si, ma a quale dei miei impegni rubare quest’ora di lettura quotidiana? Agli amici? Alla Tivù? Agli spostamenti? Alle serate in famiglia? Ai compiti?
    Dove trovare il tempo per leggere?
    Grave problema.
    Che non esiste.
    Nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. Poiché, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. Né i piccoli, né gli adolescenti, né i grandi. La vita è un perenne ostacolo alla lettura.
    “Leggere? Vorrei tanto, ma il lavoro, i bambini, la casa, non ho più tempo…”
    “Come la invidio, lei, che ha tempo per leggere!”
    E perché questa donna, che lavora, fa la spesa, si occupa dei bambini, guida la macchina, ama tre uomini, frequenta il dentista, trasloca la settimana prossima, trova tempo per leggere e quel casto scapolo che vive di rendita, no?
    Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.)
    Rubato a cosa?
    Diciamo al dovere di vivere.
    ……..
    Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
    Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare?
    Non ho mai avuto tempo di leggere, eppure nulla, mai, ha potuto impedirmi di finire un romanzo che mi piaceva.
    La lettura non ha niente a che fare con l’organizzazione del tempo sociale. La lettura è, come l’amore, un modo di essere.
    La questione non è di sapere se ho o non ho tempo per leggere (tempo che nessuno, d’altronde, mi darà), ma se mi concedo o no la gioia di essere lettore>>.

    Grazie.


    ANTONIO MELLONE
     
    Di Albino Campa (del 29/06/2009 @ 16:04:09, in NohaBlog, linkato 3969 volte)

    Su "Il Titano" di quest'anno 2009 a pag. 45 troviamo l'articolo di Antonio Mellone che recensisce il libro "I beni culturali di Noha" di Marcello D'Acquarica. Ve lo riproponiamo di seguito. Il libro, che verrà presentato con una grande festa nel mese di settembre è disponibile presso la bottega d'arte di Paola Rizzo.

     

    “I beni culturali di Noha” di Marcello D’Acquarica

    E’ da poco venuto alla luce dai torchi del bravo editore galatinese Panìco un libro dal titolo “I beni culturali di Noha”, il cui autore è Marcello D’Acquarica, un nohano che come tanti altri ha come domicilio un avverbio di luogo: fuori.
    Marcello D’Acquarica infatti si guadagna il giorno a Rivoli, alle porte di Torino; ma appena può con moglie e figli torna a Noha, il borgo che gli ha dato i natali e che si è afferrato alla sua infanzia, quasi come gli ami si conficcano nella carne.
    I beni culturali sono quei beni materiali ed immateriali che hanno qualcosa da insegnarci e che dovrebbero essere a disposizione di tutti. Al di là dei banali luoghi comuni che lo snob di turno possa formulare, Noha è ricca di beni culturali: ne ha molti di più di quanti non possano essere inclusi in un libro come questo di 135 pagine; anzi ne ha molti di più di quanti non si possa immaginare. E sono belli; alcuni originalissimi, e unici al mondo.  
    I beni culturali non hanno un valore puramente filosofico e teorico, ma si riflettono in tutte le trasformazioni ed il progresso di un popolo, il quale quanto più sa valutare e conservare il suo patrimonio d’arte, tanto più si sente spinto a rendere l’ambiente in cui abita più prezioso e civile. Il monumento non è soltanto una testimonianza del passato ma vive nel presente, svolge la propria missione sociale e rappresenta uno sprone a meglio operare per il bene della comunità. I beni culturali di fatto sono anche una latente energia che può trasformarsi in crescita e sviluppo valutabile pure in termini di ricchezza economica. 
    Questo libro rivoluzionario, fatto di parole ed immagini colorate, spinge a guardare Noha sotto nuova luce: che finalmente non sarà più quella della solita cronaca nera, della malavita, della mafia capace soltanto di tranciare gli alberi d’ulivo che lo Stato le confisca, ma quella della libertà, quella degli uomini dal cuore forte che non si piegheranno mai di fronte alla stupidità ed alla violenza dei talebani di turno.
    Il libro dell’indomito Marcello D’Acquarica dedicato alle bibbie di pietra del nostro paese cerca di mettere al sicuro ciò che la trascuratezza minaccia continuamente di annientare attraverso omicidi colposi o premeditati della memoria: serve a foderare di carta i nostri beni culturali che sovente sfuggono dal nostro cervello per una distrazione che diventa distruzione, bombardamento, atto di terrorismo.
    Il libro sui beni culturali di Noha è un congelatore, una cella frigorifera nella quale immagazzinare parole ed immagini per l’avvenire; parole e immagini che radicano un’appartenenza, una dignità, un’identità e spronano il lettore a non andare mai in pensione epistemologica.
    L’obiettivo di questo libro-lotta allora non è quello di addobbare Noha a museo di storia fulminata, né quello di fermare il tempo intorno ai suoi pezzi di antiquariato, ma quello di farci comprendere che esiste una nuova grammatica dello stare insieme, e che l’investimento in cultura è forse quello che paga le cedole di interessi più alti, nonostante il capitalismo in buona salute tratti oggi la nostra società a merci in faccia e ci spinga a credere che l’unico metro dello sviluppo sia il PIL del cemento e dell’asfalto.
    Questo libro non è già di per sé un restauro di beni culturali, che a Noha hanno calli, rughe ed osteoporosi, ma un pagamento di ticket, anzi una ricetta medica, quella rizzetta rossa preliminare, necessaria perché all’ASL (o alla Soprintendenza) ti facciano le analisi, i raggi, o le visite specialistiche. Questo libro spalanca le finestre per rinfrescare l’aria intorno ai beni culturali nohani: che sono pazienti, nel senso di degenti, infermi con bisogno di flebo ricostituenti o di ancor più invasive operazioni chirurgiche.  
    “I beni culturali di Noha” di Marcello D’Acquarica non serve solo da contenitore, da ricettacolo, ma anche da grandangolo attraverso il quale, con occhio libero da cataratta, tutto osservare e raccontare, e molto forse anche decidere.

    Antonio Mellone

     
    Di Albino Campa (del 01/10/2011 @ 16:00:00, in Eventi, linkato 3193 volte)

    Continua anche oggi Valorizziamo i nostri gioielli, la raccolta firme promossa dal Gruppo Mimì e sostenuta dal circolo le Tre Torri per sottoporre a tutela i beni storico-artistici di Noha. Sono diverse le evidenze architettoniche ancora poco conosciute nella cittadina di Noha: dalla torre duecentesca che conserva la struttura del ponte levatoio, liberata dalla fitta vegetazione che ne copriva interamente il prospetto, le casiceddhre di Cosimo Marra sul terrazzo del castello, i labirinti dei frantoi ipogei che gravitano nel sottosuolo di piazza S. Michele, oggi oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione comunale di Galatina affinché possano essere aperti al pubblico. E poi la ricca masseria Colabaldi situata nel punto più alto di Noha, illuminata da una splendida luce autunnale del pomeriggio. Grazie agli Amici del presepe di Noha sarà possibile rivivere gli arredi e le atmosfere di un tipica masseria di fine XIX secolo e visitarla nella giornata di domenica 2 ottobre magari accompagnando i figli a far conoscere la civiltà contadina salentina, ormai scomparsa. Resta ancora chiusa alla curiosità del grande pubblico, l’architettura eclettica e bizzarra della casa Rossa, con le sue grotte artificiali e il bellissimo aranceto e ci auguriamo che queste giornate servano a smuovere gli attuali proprietari per un’apertura straordinaria del sito.
    Tanto e ancora di più racconta questa cittadina nel cuore del Salento, grazie all’amore e agli studi di un gruppo di idealisti ottimisti che sono gli amici dell’Osservatore Nohano che da qualche anno a questa parte stimolano l’opinione pubblica con le loro ricerche ed i loro dibattiti. Padre Francesco d’Acquarica, il fratello Marcello, l’artista Paola Rizzo, Antonio Mellone e tutti coloro che si sono affiancati a questa volontà comune di far emergere dall’oblìo del tempo, tesori di storia locale.
    Mi piace chiudere con le belle parole pronunciate ieri da Marcello d’Acquarica in occasione della presentazione del libro di P. Francesco d’Acquarica, Curiosità sugli arcipreti e persone di chiesa di Noha, -“ chi non conosce non può amare”- ha esordito nel suo discorso, stimolando la conoscenza sulla città di Noha, si cerca di far rinascere l’amore verso il proprio territorio e la propria identità. Mi auguro che si al’inizio di qualcosa di bello.
    Per questo serve anche la tua firma : in via del Pigno a Noha, anche stasera esprimi l’amore che è in te.

    Angela Beccarisi

    fonte:galatina2000.it

     
    Di Redazione (del 08/12/2022 @ 15:55:50, in Comunicato Stampa, linkato 436 volte)

    “Non si vede bene che col cuore”, questo il titolo della giornata di sensibilizzazione sulle diverse abilità promossa il 6 dicembre dall’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina, in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi - Sezione Provinciale di Lecce, rappresentati dalla sig.ra Antonella Bray e dal dott. Davide Dongiovanni.
    Accolti dal Dirigente Scolastico Luisa Cascione, le alunne e gli alunni delle classi quarte e quinte della scuola primaria di via Arno hanno potuto vivere un’esperienza straordinaria che li ha portati a “mettersi nei panni dell’altro”, comprendendo le sensazioni e la vita delle persone non vedenti. Un’esperienza che ha toccato gli animi e sensibilizzato circa le buone pratiche da adottare quando si incontrano persone non vedenti.
    Antonella e Davide, con garbo e delicatezza, hanno guidato i ragazzi nel loro mondo e nella loro quotidianità fatta di colori e profumi avvertiti attraverso le mani e le sensazioni percettive. Con loro sono scaturite riflessioni ed emozioni. Gli alunni hanno scoperto che, nonostante la disabilità, tutto è ugualmente possibile: “basta non arrendersi”, “imparando che, per ogni problema, c’è una soluzione”. Questi alcuni pensieri dei ragazzi, che hanno avuto l’opportunità di vivere esperienze “altre” e “oltre la luce”. Ad occhi bendati hanno imparato a scrivere in Braille, a muoversi con il bastone bianco, a giocare a dama e a calcio.
    Profondamente toccante la conoscenza di Thor, splendido angelo a quattro zampe per la signora Antonella, con il quale gli alunni hanno sperimentato cosa significhi abbandonarsi con fiducia agli occhi degli altri. “L’essenziale è invisibile agli occhi” questo l’insegnamento che è rimasto nel cuore dei nostri ragazzi, con l’augurio che possano viverlo nel loro quotidiano, facendone tesoro.

    IC POLO 2 GALATINA

     
    Di Redazione (del 26/08/2022 @ 15:44:32, in Comunicato Stampa, linkato 585 volte)

    Nella splendida cornice del centro storico della città, tra piazze, vicoli e corti il più grande raduno di tamburellisti provenienti da tutta la Regione che si confronteranno in ronde spontanee per tutta la notte al ritmo incessante della pizzica.

    A Galatina, il cuore del Salento dove il tarantismo ha avuto origine, il Club per L'UNESCO di Galatina e della Grecìa Salentina, organizza "Le Ronde della Taranta", un evento spettacolo sul ballo della pizzica salentina, che si svolgerà domenica 28 agosto 2022 dalle ore 21:00 in Piazza San Pietro e nel Centro Storico della città.

    L’evento, che come il cerchio delle ronde chiude la stagione sul tarantismo, avrà come protagonisti i suonatori di tamburello, che, al ritmo incessante della pizzica, formeranno spontaneamente ronde di ballerini e tamburellisti, secondo la tradizione secolare della notte di San Paolo a Galatina.

    Il giorno dopo lo spettacolare Concertone del Festival La Notte della Taranta dedicato alla riscoperta e alla valorizzazione della musica tradizionale salentina, si ritorna dove tutto è iniziato riportando con suonatori di tamburelli che per le vie del centro suoneranno fino all'alba, accompagnati da ballerini esperti o improvvisati, dandosi il cambio tenendo il ritmo indiavolato di tarantella e tammurriata.

    Obiettivo dell’evento valorizzare la cultura storica della città di Galatina custode del tarantismo e raccontare il territorio attraverso il suo patrimonio culturale materiale e immateriale.

    Il Club per L'UNESCO di Galatina e della Grecìa Salentina OdV, è impegnato nella diffusione e nella conoscenza del fenomeno culturale del Tarantismo attraverso l'organizzazione di Eventi a cadenza annuale quali "Il ritmo ed il battito della Pizzica Tarantata, rievocazione storica dell'antico rito del tarantismo", riproposto ogni anno a Galatina il 29 giugno in occasione della festività dei SS. Pietro e Paolo.

    Per informazioni: Giuseppe 348 274 6393 - Salvatore 348 341 5616 clubunescogalatina@gmail.com

    Club per l’UNESCO di Galatina e della Grecìa Salentina O.d.V.

     
    Di Antonio Mellone (del 27/09/2015 @ 15:43:00, in NohaBlog, linkato 3588 volte)

    Ho posto questa domanda ad un po' di persone di mia conoscenza. Ecco cosa mi hanno risposto.

    Albino Campa: "Tiro a campare."  Antonio Congedo: "Come fisico, bene."  Lory Calò: "Tra alti e bassi."  P. Francesco D'Acquarica: "Grazie a Dio, bene."  Andrea Coccioli (assessore): "Mentirei se glielo dicessi."  Marcello D'Acquarica: "Ti faccio una vignetta?"  Michele Pignatelli: "Che flash."  Don Donato Mellone: "Sono al settimo cielo."  Paola Rizzo: "E' un trucco?"  Elisabetta Congedo: "Con questa terapia passerà il dolore."  Valentina Scrimieri: "A pelle, bene."  Stefania Tundo: "Sogno."  Anita Rossetti: "Resisto."  Ilaria Rizzo: "C'è qualcosa che non mi quadra."  Don Emanuele Vincenti: "Meglio metterci una croce sopra."  Antonio Mariano (Fidas): "Sono in vena."  Michele D'Acquarica: "Mi sento elettrizzato."  Giuseppe Marco D'Acquarica: "Di merda."  Luca D'Acquarica (classe '67): "A carte, quarantotto."  Luigi Longo: "Meglio non parlarne."  Antonella Marrocco (poetessa): "Bene (a capo) grazie." Giancarlo Coluccia (farmacista): "Bene, soprattutto se manca la salute."  Cosimo Montagna (sindaco): "Faccio finta di non aver sentito."  Adriano Scrimieri: "Vedo blu (bay). E che te lo dico a fa'."  Fra' Ettore Marangi: "E' tutta un'altra chiesa."  Giancarlo D'Acquarica: "Faccio la spola."  Fabio Solidoro: "Attento al treno."  Fabio Mariano (avvocato): "Tutto nella norma."  Crocifisso Aloisi: "Mai metterci una croce sopra."  Pina Marzo: "E' una pena capitale."  Michelino Barrazzo (fuochista): "Non hai letto che è proibito fum...."  Piero Colaci: "Non si può dire in due parole."  Pasquale Marannino: "Chi non muore si rivede."   Antonio Baldari: "Tutto fumo. Niente arrosto."  Samantha Pozzi: "Si Salvini chi può."  Loredana Tundo: "Tutto quadra."  Maria Luce Coluccia (Le Putìe): "L'appetito non manca." Enrica Mariano (cardiologa): "Basta aver del cuore." M Rosaria Paglialonga: "Abbiamo tanta strada da fare."  Gianni De Ronzi (Mimì parrucchieri): "Ho un diavolo per capello."  Giancarlo Ballarino: "Amici....il mattino.....a loro in bocca."  Daniela Vantaggiato (assessore): "Qui a Galatina bene, e voi lì a Galatina?"  Raimondo Rodia: "Qui è fantasilandia."  Fratelli Bonuso: "Siamo a cavallo."  Daniela Sindaco: "Bene... se mi... sfotteresti di meno." Francesca Stefanelli: "Mutuo un motto: di lusso, a cinque stelle." Ilaria Pellegrino: "Bene quando sento il profumo di casa."  Ada Merico: "Sfotti?"  Leonardo Rizzo (Zucchero Ecannella): "Al bacio."  Claudia Giannini: "Bene, facendo le corna."  Michele Chirivì (gommista): "Ho sbalzi di pressione."  Giuseppe Chirivi: "Sono un po' in carne." Antonio Pepe: "Ci vorrebbe un altro po' di sale."  Lino Frassanito (sparafuochi): " Siamo in pieno boom."  Angelo Nocco: "Con un'Aspirina, molto meglio."  Paola Congedo: "In parole povere, bene."  Monia Negusini (astronoma): "Bene, grazie al cielo."  Alessio Cioffi (carrozziere): "Uno schianto."  Rosario Pallara (notaio): "Rogito ergo sum."  Tiziana Salinaro: "Hai del tempo da dedicarmi?"  Antonio Gugliersi: "Mi cogli impreparato."   Antonio Mandorino: "C'è poca luce."  Antonella Guadalupi: "Come mi trovi?"  Andrea Rizzo (collega): "Vengo." Roberta Forte: "Questa è una domanda sinistra."  Daniele Pignatelli: "Non guardare all'obiettivo."  Oreste Caroppo: "Finché c'è lotta c'è speranza."  Rosy Rizzo: "Ma io ti conosco?"  Stefano Giacomo Congedo: " Prima bevi qualcosa?"  Noha Web: "Bene, tra un necrologio e l'altro." Pasquino Galatino: "Sa, ho tanti pensieri."  

    Antonio Mellone: "Secondo chi?"

    Antonio Mellone

     

    L’Ente del Terzo Settore cuore e mani aperte” OdV e l’Associazione Virtus Basket di Galatina si stringono in un sodalizio di solidarietà, donando un’Area Giochi inclusiva.

    A partire dalle ore 10:30 di domenica 22 dicembre, presso l’Area verde “Prof. V. Carrozzini” in Via Calatafimi a Galatina si svolgerà il rito di consegna dell’Area Giochi Inclusiva dedicata al Funzionario dell’AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna) Dr. Pietro Antonio Colazzo, insignito della “Croce d’onore alla memoria”, per essere caduto a Kabul il 26 febbraio del 2010, a soli 47 anni, durante un attentato terroristico in cui ha contribuito a salvare la vita di altri connazionali.

    L’Area viene donata dall’E.T.S. “cuore e mani aperte” O.d.V. e dall’Associazione “Virtus Basket Galatina”, promotore dell’iniziativa “TappiAMO Galatina” e con il sostegno importante di alcuni sponsor privati. L’iniziativa “TappiAMO Galatina” ha visto la concreta partecipazione di numerosi cittadini che si sono prodigati nella raccolta di milioni di tappi di plastica che, monetizzati, si sono trasformati nei giochi dell’Area in questione, quale desiderio di tantissimi bambini.

    Una coesa sinergia tra pubblico, privato e associazionismo rappresenta concretamente un modo diverso di concepire e realizzare progetti per tutta la Comunità. L’area giochi in memoria del Dr. Pietro Antonio Colazzo vuole essere un’eccellenza e una nuova realtà di solidarietà per Galatina, un reale luogo di scambio reciproco, un’idea concreta di uguaglianza e uno spazio di socializzazione per tutte le età e necessità speciali.

    Si tratta, infatti, di un parco giochi inclusivo ovvero un’area gioco fruibile da bambini aventi ogni tipo di abilità indipendentemente dalle loro capacità fisiche e mentali, attrezzato con giostrine adatte anche a bambini con disabilità.

    Contestualmente all’inaugurazione verrà messo a dimora un albero che fornirà linfa vitale alla memoria delle eroiche azioni di Pietro Antonio Colazzo che antepose la vita degli altri e il suo dovere alla salvaguardia della propria vita.

    Legare idealmente il suo nome ai bambini trae spunto dal significato che lui stesso riconosceva al suo lavoro di dialogo con le diverse culture e al suo impegno personale per la realizzazione di un mondo migliore da destinare agli uomini di domani con nobili sentimenti di umana convivenza multietnica e di pace.

    Sono molto commosso per questa donazione, perché in 20 anni di missione da Cappellano ho cercato sempre di essere vicino ai meno fortunati, agli ammalati, a quanti sono costretti a vivere un percorso di vita difficile a causa delle loro condizioni psico-fisiche. Con questa donazione, per la seconda volta, dopo il Parco Giochi inclusivo donato alla Villa Comunale di Lecce nel dicembre del 2017, superiamo le porte degli ospedali e andiamo dritti nel cuore della Comunità. Ma i destinatari finali delle nostre opere sono sempre gli stessi: i bambini meno fortunati. Dalla Bimbulanza alla clownterapia, dal Sorrisinbus alla colorazione della risonanza magnetica, i piccoli salentini occupano da sempre un posto di primo piano nel nostro cuore. Stavolta vogliamo consentire a tutti, ma proprio tutti i bambini, di poter esercitare il loro diritto al gioco. L’esperienza ludica è anche esperienza formativa e di socializzazione. Non si può ammettere che a qualcuno venga preclusa. Questi giochi consentiranno ai bambini con disabilità di giocare assieme agli altri. È così che si realizza la vera integrazione. La mia commozione è dovuta anche alla collaborazione con l’Associazione Virtus Basket di Galatina, credo infatti che quando gli Enti del Terzo Settore stringono le maglie di una rete non può che generarsi un circuito in grado di promuovere vero benessere per chi vive condizioni di svantaggio. Concludo esprimendo tutto il mio apprezzamento per l’idea di intitolare l’Area Giochi a Pietro Antonio Colazzo, emblema per eccellenza di altruismo e amore per il prossimo, prima ancora che verso se stessi ” - sono le parole con cui Don Gianni Mattia, presidente e fondatore dell’Associazione cuore e mani aperte presenta l’iniziativa.

    «L’anno scorso – sottolineano Sandro Argentieri e Piero Luigi Russo, responsabili del progetto “TappiAMO Galatina” promosso dall’Associazione “Virtus Basket Galatina” – abbiamo contribuito, grazie alla monetizzazione di circa un milione e mezzo di tappi, ad attrezzare di giochi piazzetta "G. Fedele" a Galatina e i giardini "Madonna delle Grazie" a Noha. Nel 2019 abbiamo pensato di “volare alto” e innescando la collaborazione tra pubblico, privato e associazionismo abbiamo dato vita a un vero e proprio circolo virtuoso e ne siamo orgogliosi perché non c’è niente di più bello che ricevere un sorriso dai bambini.

    Se questo sorriso serve anche e soprattutto a dare valore e significato al sacrificio di Pietro Antonio Colazzo allora siamo molto fieri di essere riusciti a realizzare un progetto che ci è sembrato essere un grande segno di civiltà».

    Il programma dell’inaugurazione prevede una esibizione degli alunni della Scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo Polo 3 di Galatina che intoneranno l’Inno di Mameli, impreziosendo di fatto con la loro presenza la manifestazione, e successivamente si procederà al tradizionale taglio del nastro alla presenza delle Autorità Militari, civili e religiose.

    L’Associazione cuore e mani aperte OdV è stata fondata nel 2001 e da allora opera con spirito di carità cristiana in tutte le situazioni di bisogno, con particolare riferimento alle esigenze di natura socio-sanitaria. Negli ultimi anni ha sviluppato una significativa attenzione verso l’umanizzazione delle cure e degli spazi ospedalieri. In questo ambito si inseriscono numerose iniziative: dalla Bimbulanza allo Spazio Benessere, da una Casa di Accoglienza per i parenti dei degenti alla colorazione della Risonanza Magnetica del Fazzi.

    L’Associazione Virtus Basket di Galatina è nata nel 2015, nel nome della Virtus, storica squadra di serie A per anni del mondo cestistico italiano. Iscritta alla Federazione Italiana Pallacanestro partecipa da anni a numerosi tornei federali sia con il settore giovanile che con il nutrito gruppo minibasket.

    Per info consultare:

    • il sito www.cuoreemaniaperte.it
    • la Pagina Facebook Associazione cuore e mani aperte verso chi soffre ONLUS
    • il Gruppo Facebook Amici della Bimbulanza
    • Pagina Facebook TappiAmo Galatina – raccolta eco-solidale tappi di plastica

    Riferimenti:

    Franco Russo, vicepresidente Ass.ne cuore e mani aperte OdV: 392 15 19 668

    Sandro Argentieri, responsabile TappiAmo Galatina/Virtus Basket Galatina: 333 4368532

    Piero Luigi Russo, responsabile TappiAmo Galatina/Virtus Basket Galatina: 349 84 71 729

    info@cuoreemaniaperte.it

     
    Di Antonio Mellone (del 28/09/2015 @ 15:39:06, in Eventi, linkato 2854 volte)

    Scudo, lancia, bilancia, elmo e pennacchio sono i segni distintivi di San Michele Arcangelo, patrono di Noha. Al condottiero delle schiere celesti la frazione di Galatina dedica una grande festa, che culmina lunedì 28 con la processione nel cuore del borgo tra inni e canti, preghiere, e più d’uno scoppio di batterie pirotecniche.
    Ad accompagnare il corteo è il concerto bandistico di Noha diretto da Lory Calò. In onore del patrono si innalzano merletti di luminarie, e scintillanti gallerie di luce, sotto cui si snodano bancarelle e alcuni stand gastrononici.
    Martedì 29, la banda di Taviano si alterna all’orchestra lirico-sinfonica di Terra d’Otranto, facendo risuonare per tutto il giorno le arie dell’“Aida”, del “Nabucco” e del “Rigoletto” in piazza San Michele. Dopo mezzanotte, sulle ultime note del “Bolero” di Ravel, occhi al cielo per le esplosioni pirotecniche.
    Mercoledì 30, infine, piazza Castello si fa palco per Tony Esposito, Petrameridie e Tarantula Orchestra.

    Antonio Mellone

    [trafiletto apparso su “quiSalento” – Settembre 2015]

     
    Di Antonio Mellone (del 30/11/2014 @ 15:36:31, in Ex edificio scolastico, linkato 3035 volte)

    Giorni fa è apparso su questo sito un laconico comunicato-stampa da parte del nostro amatissimo assessore con delega ai contorsionismi, ing. Andrea Coccioli, già noto ai nohani come il promotore finanziario delle loro sepolture.

    Nella prima parte del pezzo l’assessore - che a quanto pare ha preso a cuore la storia della vecchia-e-a-tratti-ristrutturata scuola elementare di Noha (ma così a cuore che gli dispiace evidentemente di liberarsene risolvendo una buona volta i problemi creati da chi sa chi) - ha ribadito che quel centro polivalente è collaudato ed agibile (chi mai avrebbe osato dire che non lo fosse rimane un mistero) e che è affidato al Cesfet (cioè a quei ragazzi-eroi che, nonostante tutto, cercano di far funzionare al meglio quella struttura).

    *

    Se il suddetto assessore ai lavori cubici si fosse limitato a puntualizzare l’ovvio ed il già noto di cui sopra noi non avremmo osato batter ciglio, né storcere il muso. E’ che purtroppo per lui, ma soprattutto per noi, si è dilungato sciorinando in politichese stretto delle ossimoriche incommensurabili corbellerie, tipo che “la struttura assegnata al consorzio C.E.S.F.eT. è perfettamente funzionante con l’allaccio elettrico provvisorio sufficiente per un suo efficace utilizzo”, e che “E’ tuttavia necessario ampliare la potenza elettrica come previsto”.

    Di grazia, se la struttura è “perfettamente funzionante” perché mai “è necessario ampliare la potenza elettrica come previsto”? E in quel “perfettamente funzionante” - chiediamo - sono per caso inclusi anche l’impianto di riscaldamento, l’ascensore e il fotovoltaico installato in terrazza? In caso contrario, cosa intende il nostro arrampicatore sugli specchi pubblici per “perfettamente funzionante”?   

    Pensando ancora di prenderci per il loculo, l’assessore continua imperterrito nelle sue iperboliche castronerie affermando che “non è stato possibile dar corso al completamento in quanto non erano disponibili le somme necessarie alla costruzione della cabina elettrica propedeutica ad un aumento di potenza”. Al poveretto sfugge forse che per la ristrutturazione della vecchia scuola elementare di Noha furono stanziati e spesi all’incirca 1.300.000 euro di soldi nostri; che quella cifra non proprio modestissima comprendeva la consegna della struttura “chiavi in mano”, cioè funzionante di tutto (non tutto tranne qualcosa come attualmente purtroppo ancora è); e che il lemma “propedeuticità” connesso alla cabina elettrica avrebbe dovuto assumere un significato letterale e non letterario, vale a dire che qualcuno avrebbe dovuto pensare ad una cabina elettrica un po’ prima di inaugurare quel centro polivalente, e non invece accorgersi, a scoppio ritardato, che qualcosa non andava per il verso giusto.

    Poi finalmente il nostro assessore del fare (giri di parole) chiude il suo tractatus con il più classico dei giuramenti politici (altro ossimoro), da proferire solennemente con la mano sul cuore: “L’attenzione sul tema non è mai calata [chissà se grazie anche alla trentina di nostri articoli sul tema, ndr] tanto che ora sono state individuate le risorse economiche [ah sì? Bene, bene. E a quanto ammonterebbero queste “individuate risorse economiche”? Si potrebbe venire a saperlo o questi numeri rientrano nel quinto mistero di Fatima, anzi di Galatina? Ndr] e quindi l’ufficio lavori pubblici provvederà [si ha per caso un’idea dei tempi? Diciamo tra giugno e settembre 2015? Ndr] di concerto con Enel [i famosi concerti del mostro, ndr] ad effettuare i lavori [stavolta, speriamo non pubici, ndr].

    *

    Qui è come se un collaudatore di biciclette (posto che questi, nonostante i convegni sul tema, sappiano cosa sia una bicicletta) avesse voluto rifilarcene una senza sella per la modica cifra di 1.300.000 euro, cercando di vendercela come “collaudata ed agibile” ovvero “perfettamente funzionante”, e con la pretesa di vederci addirittura contenti e soddisfatti, come tanti lecculi.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 09/02/2019 @ 15:35:29, in Comunicato Stampa, linkato 1018 volte)

    E’ un fine di settimana di grande attesa per i tifosi di Efficienza Energia che, domenica 10 febbraio, attenderanno al PalaPanico la corazzata Ottaviano in rampa di lancio per i play off di A2, con fattibili credenziali di vittoria.

    Rituale fischio d’inizio alle ore 18.00 per una gara che rappresenta il clou della 15^ giornata del campionato nazionale di serie B, girone G, e il cui esito si rifletterà sulle posizioni di rincalzo  di Tricase ,Massa e Marcianise in lotta per la seconda piazza.

    I numeri per il gruppo guidato dal tecnico Gennaro Libraro parlano chiaro: 14 vittorie su altrettante partite disputate per un totale di 39 punti, 42 set vinti e solo 9 concessi agli avversari, miglior difesa con soli 983 punti subiti.

    Potrebbero bastare questi dati per gli allibratori a stimare le probabilità di vittoria dei campani e definire le quote, ma una gara di pallavolo non passa solo dal setaccio statistico.

    Il fattore campo, l’orgoglio degli atleti generato dal senso di appartenenza ad una città che da più di mezzo secolo è il simbolo del volley salentino, l’amor proprio e la professionalità dei ragazzi, il loro notevole potenziale offensivo (terzo miglior attacco con 1242 punti messi a segno), sono le variabili che sicuramente concorreranno a spargere un velo di imprevedibilità sul risultato.

    Sarà sicuramente un gran pomeriggio di sport con una partecipazione di pubblico sostenuta, quella per intenderci delle grandi occasioni, favorevolmente complice un calendario che lascia all’asciutto di avvenimenti gli appassionati di volley. Infatti mentre Casarano e Tricase sono impegnate in trasferta e, al femminile, il Cutrofiano gioca ad Olbia la poule retrocessione, Alessano, Taviano e Leverano rispettano il riposo dedicato alla finale di Coppa Italia di A2.

    Galatina diventa quindi per tifosi ed appassionati l’unico palcoscenico che offrirà un interessante spettacolo; da un lato una capolista affamata che a detta del suo Presidente vuole inanellare la 15^ vittoria, dall’altro una Efficienza Energia reduce da tre vittorie consecutive che vorrà quanto meno dire la sua, giocandosi la gara.

    Ritorna alla memoria l’incontro della passata stagione: si era alla settima giornata ed  Efficienza Energia, con zero punti in classifica, ospitava gli Ottavianesi in seconda posizione alle spalle del Leverano con 15 punti. Ebbene la gara fu un duro banco di prova per Libraro e compagni, alla fine vittoriosi per 1-3( 25-22,23-25,26-28,22-25), ma messi alla frusta con reattività, cuore e tanto fosforo  dal gruppo di mister Stomeo. 

    Le dichiarazioni del laterale Guancia, a margine di un’intervista, denotano la delicatezza della gara e il rispetto per la squadra del presidente Santoro da parte della società napoletana: “Quella di Galatina è una trasferta ostica per la quale la società ci metterà come sempre nelle migliori condizioni per affrontarla. Galatina ultimamente ha fatto risultati importanti, credo sia una delle gare più complicate del girone di ritorno, perché le altre partite difficili le avremo in casa”.

    Anche in casa Efficienza Energia l’attenzione è alta.

    E’ inutile nasconderlo, afferma mister Stomeo, quella di domenica non sarà una gara come tutte le altre: e non solo per il valore tecnico indiscutibile degli avversari, ma perché rappresenta un’opportunità di saggiare le capacità del gruppo in un impegno oggettivamente improbo. Sarà una cartina tornasole che, al di là del risultato più o meno favorevole, dovrà confermare il processo di miglioramento in corso d’opera  e trovare una stabilizzazione gratificante per tutti. ”.

    Nessun esame quindi per Buracci e compagni. Solo una nuova sfida che alimenterà passione e tifo, che potrà scalfire certezze o alimentare qualche sogno.

    A domenica.

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    EFFFICIENZA ENERGIA

     

    Il nostro percorso di sensibilizzazione dei giovani sui temi dell’educazione alla legalità e della lotta contro le mafie procede a gonfie vele...

    Convinti come siamo che la legalità passa, anche e soprattutto, attraverso la scuola, il 10 novembre p.v. installeremo, presso il Polo Tre Comprensivo Galatina, la seconda targa BRAILLE per non vedenti e per ipovedenti; una targa identica a quella installata in viale Ofanto a Galatina a corredo de “Il muro del Coraggio”.

    In questo modo tutti gli studenti ogni mattina potranno ricordare Paolo Borsellino, Renata Fonte, Lea Garofalo, Antonio Montinaro, Carlo Alberto dalla Chiesa, Peppino Impastato e Giovanni Falcone.

    Ringraziamo di cuore la Dirigente Rosanna Lagna che ha sempre dimostrato grandissima sensibilità su questi temi e si è sempre prontamente attivata al meglio delle sue possibilità per realizzare interventi sistemici e collaborativi con enti locali, associazioni e risorse del territorio con un solo fine, il bene e l’educazione dei bambini/ragazzi…

    Vi aspettiamo venerdì 10 novembre alle ore 10.30 presso il Polo Tre Comprensivo di Galatina in via Spoleto.

    Virtus Basket Galatina

     
    Di Redazione (del 26/08/2022 @ 15:33:48, in Comunicato Stampa, linkato 419 volte)

    Prendo spunto dall’intervento dell’assessore Camilla Palombini per inserirmi nel difficile dibattito di queste settimane. Sin dalla campagna elettorale ho invocato una pacificazione della politica cittadina, consapevole che il clima della campagna elettorale non fosse il momento migliore perché ciò accadesse. Ciò nonostante, in questi primi mesi di amministrazione, ho invocato la collaborazione dei gruppi di opposizione, nei limiti dei ruoli e delle reciproche responsabilità.

    Non si è voluto accogliere la mano tesa, in un continuo clima da guerriglia dove non sono protagonisti né la verità, né il bene comune: dalla lettera allarme dell’ex assessore della giunta Amante, dott. Antonello Palumbo, alle dichiarazioni della consigliera Alessandra Antonica sugli emolumenti del Sindaco e degli assessori, vi è stato solo un susseguirsi di polemiche e di mistificazione.

    Abbiamo voluto affrontare i temi della polemica in consiglio, mantenendo la promessa di renderlo centrale nel dibattito pubblico. Nelle prossime settimane cercheremo di rendere le dirette più facilmente fruibili. Per noi è quello il cuore della democrazia cittadina.

    L’allarme dell’ex assessore Palumbo si è rivelato un clamoroso boomerang per l’opposizione e le parole della dott.ssa Fersino prima e della consigliera Palombini dopo, hanno posto la parola fine alla questione.

    Siamo poi stati davvero spiacenti di dover riprendere, come una scolaretta impreparata, la conigliera Alessandra Antonica che ha parlato di un aumento dei compensi degli amministratori. Aumento che effettivamente è previsto da una norma nazionale ma che con delibera di giunta 186 del 25 luglio 2022 abbiamo neutralizzato lasciando indenne il bilancio del Comune.

    L’autoproclamata “secchiona” e “sempre preparata” ex sindaca ha, ahinoi, perso l’occasione di tacere dimostrando grande presunzione, impreparazione e approssimazione. Non sarà facile, in futuro, darle credito. I punti all’ordine del giorno erano davvero pochi, avrebbe potuto prepararsi ed evitare simili figuracce.

    Abbiamo allora deciso di rivolgerci direttamente agli elettori degli schieramenti che abbiamo affrontato in campagna elettorale perché riteniamo che la città non sia di una maggioranza, ma di tutti.

    Da metà settembre metteremo a disposizione, con la coalizione Galatina di tutti, un luogo fisico attraverso commissioni civiche in cui affrontare i temi più caldi e strategici della società e della città. Saranno commissioni aperte a tutti, senza colore politico, in cui auspichiamo di sentir parlare e contribuire tutte le voci, sia quelle che sostengono l’attuale amministrazione sia quelle che vi si oppongono.

    L’ho detto anche nel mio intervento di presentazione delle linee programmatiche: si possono scegliere molti modi per fare politica, una che persegue il bene comune ed uno che persegue i propri interessi. Solitamente nel secondo caso, non potendo raccontare la verità ai cittadini, ci si allena nell’arte della delazione o della mistificazione.

    Non abbiamo bisogno di allarmi finti, di amnesie degli ex assessori, del livore di chi si sente usurpato del posto che gli spetta per merito autoproclamato. Abbiamo tutti bisogno di parole chiare, dure se serve, che illustrino e spieghino le cose per come veramente stanno, e che spingano a prospettare qualche possibile soluzione.

    Le nostre linee programmatiche, figlie della visione raccontata in campagna elettorale, sono la naturale attuazione degli impegni assunti ma anche la prosecuzione di alcuni impegni precedenti perché non è statisticamente possibile che una amministrazione abbia sbagliato in tutto sbagliato e sappiamo che non si può radere al suolo il passato. Ci spiace che questo turbi l’ex Sindaco Amante, che evidentemente ancora non riesce ad accettare di aver perso quel ruolo, accecato dal muro di rancore che si è costruito di fronte.

    Non ci sono nemici qui. Le elezioni sono finite, facciamocene una ragione ed accettiamo il buono ed il cattivo di ognuno di noi, per il bene della città.

    Vi chiedo di essere distanti e distinti da me, ma vicini alla città. Saranno un autunno e un inverno impegnativi che avranno bisogno di tutti noi.

    Fabio Vergine
    Sindaco di Galatina

     
    Di Redazione (del 23/01/2021 @ 15:30:20, in Comunicato Stampa, linkato 677 volte)

    In occasione della Giornata della memoria, celebrata a livello internazionale il 27 gennaio, il Patto Locale per la Lettura di Galatina e la Biblioteca comunale “P. Siciliani” organizzano, in collaborazione con il Servizio civile universale In Reading 2018, MEMORIE NARRANTI: a partire da lunedì 25 saranno trasmesse sulla pagina facebook del Patto locale una serie di interviste inedite (e non solo) a uomini e donne che hanno vissuto in maniera diretta e indiretta gli anni della prigionia nel corso della seconda guerra mondiale. L’organizzazione dell’iniziativa è stata coordinata dall’Assessore al Polo bibliomuseale Cristina Dettù e dalla bibliotecaria Maria Grazia Barnaba.

    La Giornata della memoria viene istituita per commemorare le vittime dell’Olocausto e, per questo motivo, l’iniziativa del Patto locale per la lettura di Galatina nasce dalla volontà di raccogliere testimonianze sul territorio da uomini e donne di Galatina o dei paesi limitrofi per conoscere e trasmettere alle generazioni future il racconto di vicende che in qualche modo hanno interessato anche le nostre terre e i nostri nonni.

     Il lavoro parte dalle vicende che hanno avuto luogo a S. Maria al Bagno, dove, all'indomani della liberazione degli internati nei campi di concentramento, fu allestito un campo profughi per gli ebrei provenienti soprattutto dall'Est Europa.

     Le interviste sono state raccolte attraverso dei video amatoriali in modo tale da poter con-dividere le emozioni, osservare le espressioni del loro viso durante la narrazione di storie vere, che sono storie della loro vita. Il lavoro successivo sarà quello di trasformare le interviste su carta in una raccolta di scritti che rappresenterà, appunto, memorie narranti, nel corso degli anni, per non dimenticare.

    Nello specifico, Matilde Diso (Università Popolare A. Vallone) ha raccolto la testimonianza di Nino Congedo, mentre Rosanna Valletta (Università Popolare A. Vallone) di Edoardo Santoro su suo padre Nicola. Simona Ingrosso (Circolo Acli Noha) intervista Pina Vincenti e Anna Francesca Magnolo su Enzo Vincenti e Antonella De Luca sugli zii Tina Sambati e Bussell. Sonia Venuti (Fidas Collemeto) raccoglie l’intervista di Paolo Pisacane. Saranno presenti anche dei contributi video a cura di Giorè e del Liceo Scientifico “A. Vallone” di Galatina.

    “Abbiamo il dovere di non dimenticare – ricorda l’Assessore Dettù – e ciò può avvenire solo conoscendo la storia. Partire dal nostro territorio, dai nostri conterranei che hanno vissuto quegli anni e attraverso la loro voce raccontare la storia: questo il senso profondo di MEMORIE NARRANTI, che racchiude parole drammaticamente vere, che arrivano dal profondo del cuore e della mente per non dimenticare, appunto, per insegnare a chi ancora non conoscere e per scuotere le coscienze”.

    Ufficio stampa Marcello Amante
    sindaco di Galatina (LE)

     

    Siamo giunti ormai agli ultimi minuti di una “partita” tutt’altro che amichevole che si è giocata in un clima surreale e che ha visto contrapposti da un lato un maledetto virus che aveva deciso di cancellare le nostre strette di mano, i nostri abbracci, le nostre passeggiate, le nostre feste di compleanno, i nostri anniversari, gli ultimi saluti ai nostri cari defunti e dall’altro un gruppo di uomini e di donne che ha letteralmente lanciato il cuore oltre l’ostacolo, oltre le difficoltà, e si è messo in moto e in men ce non si dica ha raggiunto livelli incredibili di solidarietà mettendo in campo le più volenterose Associazioni del territorio.

    La rete di solidarietà messa in piedi in pochissimi giorni si è mossa praticamente alla stessa velocità dell’emergenza. Si è diffusa a macchia d’olio, come il rosso di cui, nei decreti del governo e nostro malgrado, sì è rapidamente tinta la nostra amata Italia. Ha inseguito ogni richiesta degli Operatori Sanitari del Santa Caterina Novella di Galatina.

    Alla fine il risultato è stato di 26.178,83 a zero.

    Ad oltre 26.000,00euro ammontano infatti le donazioni raccolte grazie alla campagna di solidarietà #doniamoaiutiamovinciamo.

    Abbiamo acquistato:

    • n.15 semimaschere GVS ELIPSE INTEGRA P3 e n. 20 semimaschere GVS ELIPSE P3 con occhiale per un totale di 1.721,20euro;
    • n. 80 maschere doppio strato tipo KN95 per un totale di 537,80euro;
    • n. 35 tute Tyvek rispondenti alla normativa EN 14126 e EN 1073-2 per un totale di 316,00euro;
    • n. 30 maschere tipo FFP2 per un totale di 226,00euro;
    • n. 100 maschere tipo FFP2 per un totale di 351,01euro;
    • un ecografo portatile, Samsung HM70 With Plus con sonda CA1-7AD, il cui costo è stato di 17.080,00euro (costo coperto pariteticamente dal Club per l’Unesco di Galatina e dall’Associazione #doniamoaiutiamovinciamo) per un totale di 8.543,00euro;
    • n. 9 Tablet Noris 8 tablet RUGGED di tipo medicale con “Barcode scanner”, che garantiranno l’introduzione della cartella clinica elettronica per un totale di 13.848,32euro (1.433,20euro + 6.207,56euro + 6.207,56euro);
    • n. 1 culletta pediatrica per un totale di 445,50euro.

     

    Totale spese per oneri e commissioni, imposte di bollo 190,00euro.

    Numerose sono state le dimostrazioni di affetto e tantissime sono state le donazioni che ci hanno consentito di raggiungere traguardi insperati solo un paio di mesi fa, ma una cosa in modo particolare ci ha colpito: il rispetto e la sensibilità, sicuramente instillata dai genitori e dagli educatori, di un gruppo di “Bambini” (V sez. A - Scuola Primaria – 1° Polo Galatina) che ha voluto partecipare a questa maratona benefica, tramite la nostra raccolta fondi.

    Doveroso a questo punto ringraziare tutti privati e tutte le Associazioni che hanno contribuito a questa maratona di solidarietà di seguito elencate. In particolare ringraziamo di cuore tutti i dipendenti interni e le maestranze delle ditte esterne dello stabilimento di Galatina della Colacem che, grazie a Massimo Panico, Enzo Del Coco, al Direttore ed alla RSU di stabilimento, hanno effettuato una donazione consistente.

    Amici della Madonnina – Galatina;

    Ass. Volontari Ospedalieri Onlus Galatina;

    Ass. Arma Aeronautica "F. Cesari" Galatina;

    Ass. Arma Aeronautica "R. Russo" – Cutrofiano;

    Ass. Culturale Espressioni;

    Ass. Francesco Marco Attanasi onlus;

    Ass. Turistica Pro Loco Galatina;

    Cinquanta anni dal diploma terza C;

    Città Nostra;

    Commercianti Corso Porta Luce – Galatina;

    Demos Palestra Soleto;

    Ditutto.it;

    Dipendenti interni e maestranze ditte esterne stabilimento di Galatina della Colacem;

    Efficienza Energia Gas & Power;

    Fantacalcio: Mariano Alessandro, Tempesta Simone, Stifani Gianmarco, Resta Alberto, Balena Simone, Marchese Roberto, Pellegrino Nicolas, Cardinale Giorgio, Zavatti Andrea, Apollonio Luca che hanno devoluto l’importo del montepremi del fantacalcio per la nostra raccolta fondi;

    Farmacia Bucci;

    Farmacia Licignano;

    Inondazioni APS;

    Legambiente Galatina;

    Marco Fulgido Macelleria;

    Miriàm: donne per il sociale odv;

    Mood;

    Noha.it;

    Nuova Colì;

    Olimpia SBV Efficienza Energia;

    Quelli di piazza San Pietro 2.0;

    R.G. service;

    Showy Boys ASD Galatina;

    SOS Galatina;

    Università Popolare "Aldo Vallone" - Galatina;

    Virtus Basket Galatina - TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica.

     

    Attraverso questo link potrete visionare la lista movimenti in uscita:

    https://bit.ly/3iopGTQ

     

    Attraverso questo link potrete visionare la lista movimenti in entrata:

    https://bit.ly/32mlM8H

     

    I responsabili della campagna di solidarietà confidano, oggi più che mai, che a questo generoso slancio della cittadinanza segua un doveroso rilancio del Santa Caterina Novella.

     

    12 Settembre 2020                                                                                     

    #doniamoaiutiamovinciamo

     
    Di Antonio Mellone (del 12/03/2016 @ 15:23:01, in don Donato Mellone, linkato 2819 volte)

    Nella nostra continua ricerca filologica, stavolta, tra le carte del compianto parroco don Donato Mellone (1923 – 2015) abbiamo rinvenuto la seguente bozza di discorso di commiato indirizzato a tre Padri Passionisti, P. Silvano Fiore, P. Luigi Pallavicino e P. Franco Ireneo Materdomini, impegnati nella Missione quaresimale che ha avuto luogo a Noha dal 12 al 27 marzo del 1988. Nel corso di questa Missione (le due precedenti risalgono rispettivamente al 1954 e al 1972) si provvide al rifacimento “ab imis” della croce-ricordo ubicata in via Collepasso nelle immediate adiacenze della Trozza.

    Ringrazio, come al solito, lo studio fotografico Pignatelli di Noha per le foto-riproduzioni d’archivio a corredo di questo brano.

    Antonio Mellone

        

    * * *

    Illustrissimo sig. Sindaco, Reverendi Padri Missionari.

    Siamo giunti alla fine della Missione che Voi, Padri Missionari, avete svolto nella nostra Parrocchia. Ma prima di rivolgermi a voi, consentitemi di indirizzare al Sindaco on. Beniamino De Maria la mia parola di ringraziamento e l’augurio di una sollecita e completa sua guarigione, in modo tale che possa ritornare a svolgere in pieno la sua attività di primo cittadino in mezzo a noi.

    Dopo queste parole di saluto al sindaco, mi rivolgo a Voi, Padri Missionari, per dirvi che in questo momento nel cuore di noi tutti s’intrecciano sentimenti di soddisfazione e di contentezza, e sentimenti di sofferenza e amarezza.

    Ci sono sentimenti di soddisfazione per il lavoro da Voi svolto con tanta dedizione e spirito di sacrificio. Avete lavorato con intensità ed in profondità, ed i risultati si vedono: quel che si proponeva la Missione è stato pienamente raggiunto.

    Si potrebbe dire che veramente in questi giorni, per mezzo vostro, il Signore è passato per le vie della Parrocchia, è entrato nelle nostre case, ha parlato ai nostri cuori, ha chiamato i lontani, ha rialzato i caduti, ha confermato i buoni, ha scosso gli indifferenti.

    Davvero si può dire che il volto della nostra parrocchia da questa Missione ne esce completamente rinnovato. Per tutto questo lodiamo e ringraziamo il Signore, ma al tempo stesso ringraziamo di cuore Voi, Padri Missionari, strumenti attivi e validissimi nelle mani di Dio.

    Ed il nostro ringraziamento va a Voi, considerandovi nell’insieme. Ma sento il dovere di dire una parola di ringraziamento a ciascuno di voi. In primo luogo devo ringraziare Padre Luigi, il quale ha saputo conquistare tutti i giovani di questa comunità. Negli incontri con i la gioventù, che ho seguito sempre con molto interesse, ho visto che Padre Luigi “non si perso in chiacchiere”: ha toccato i problemi del mondo giovanile con competenza e serietà. Potrei dire che nelle parole di Padre Luigi i giovani hanno trovato pane per i loro denti. I denti dei giovani sono sani e forti, ma anche le parole di Padre Luigi sono state un pane sano, saporito e nutriente. Grazie a te per tutto, Padre Luigi.

    Diciamo “Grazie” anche a Padre Franco per le sue meditazioni sempre profonde e oltretutto convincenti. Mi riferisco alle meditazioni tenute la sera. Nonostante gli argomenti difficili, Padre Franco li ha saputi presentare sempre così bene nel corso delle conferenze che tutti rimanevano ad ascoltarlo con la massima attenzione. E’ proprio vero, carissimo Padre Franco che la gallina vecchia fa buon brodo: le tue parole sono state come la pioggia che cade lentamente nel terreno e lo rende fertile e fecondo. Le tue parole, non le dimenticheremo e anche a te diciamo grazie di cuore.

    E per ultimo diciamo grazie anche a Padre Silvano, il direttore della Missione. Se i suoi superiori lo hanno posto a capo di questa piccola comunità di sacerdoti è perché hanno visto in Lui quello che abbiano visto anche noi: l’uomo sempre sorridente, sempre accogliente, sempre pronto, sempre disponibile. Abbiamo visto in Lui insieme l’entusiasmo di Padre Luigi e la saggezza di Padre Franco. E se tutto è andato per il meglio è perché a guidare le diverse attività vi è stato un animatore instancabile come Padre Silvano. Anche a Lui vanno i nostri ringraziamenti.

    E avrei quasi ultimato, ma prima di passare la parola al sig. Sindaco, un ultimo pensiero devo aggiungere. Ed è questo. Se finisce oggi la Missione svolta dai Padri Passionisti, deve continuare la missione di evangelizzazione che siamo chiamati a svolgere tutti noi altri.

    Non badiamo agli elementi che ci dividono, non pensiamo alla diversità di vedute, non al contrasto delle idee, non alle differenze tra le associazioni: concentriamoci piuttosto su quello che ci unisce. E ciò che ci unisce è la nostra fede e il nostro amore a Cristo.

    Lavorando insieme si otterrà di più. Ed è questa la più grande soddisfazione che potremo dare ai Padri Missionari quando, anche da lontano, sapranno che il loro lavoro non è stato un fuoco di paglia, ma ciò che essi hanno seminato continuerà a dare frutti abbondanti di ogni bene alla nostra comunità parrocchiale.

    E’ un impegno che prendiamo oggi, e che cercheremo di mantenere, nel nome di Cristo, nostro Signore. Amen.

    Sac. Donato Mellone  

     
    Di Redazione (del 20/11/2022 @ 15:21:47, in Comunicato Stampa, linkato 279 volte)

    Dopo poco più di tre mesi, il lavoro dell’Amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Fabio Vergine, comincia a dare i primi risultati.

    La macchina amministrativa risulta essere più celere ed efficiente. Infatti, dopo la vittoria delle elezioni amministrative dello scorso giugno, il Primo Cittadino, insieme alla sua squadra, ha dovuto fare i conti con l’impasse della macchina amministrativa, a causa della quale centinaia di pratiche burocratiche, in particolare inerenti il settore edilizio, giacevano bloccate sin dal 2019.

    In un’intervista, il Sindaco Fabio Vergine ha dichiarato che: “Al mio arrivo, ho trovato tanti collaboratori comunali estremamente efficienti, che sin da subito hanno dato la loro disponibilità ad esserlo ancora di più. In questa direzione - continua Vergine - abbiamo fatto i nostri primi interventi. Siamo riusciti a smaltire un arretrato che giaceva in quanto a pratiche soprattutto edilizie nell’ufficio tecnico da diversi anni”.

    Abbiamo azzerato questo arretrato. È stato sicuramente un punto di partenza importante, perché l'ufficio tecnico è il cuore pulsante di ogni attività amministrativa e quindi rendendolo efficace ed efficiente, si liberano immediatamente risorse”.

    Questa maggiore efficienza ha portato ad un incasso di 170 mila euro per il Comune di Galatina; “Sono risorse assolutamente non trascurabili per il nostro Comune”.

    Lo stesso Primo cittadino ha proseguito il suo commento sui suoi canali social, parlando di smart city, ovvero l’efficientamento della macchina amministrativa: “quel concetto trattato in campagna elettorale, che stiamo riuscendo a realizzare”.
    Non solo smaltimento di pratiche, ma l’inizio di una progressione dell’Ente Comunale, che riduce la distanza tra gli Uffici, i cittadini ed i professionisti, grazie alla realizzazione dello sportello telematico ed al nuovo WebGIS, il sistema di interscambio geografico, che permette maggiore velocità nello scambio di informazioni tra i professionisti tecnici ed i nostri uffici.

    In conclusione, il Sindaco Vergine afferma che: “Fin dal primo giorno, ci siamo posti l'obiettivo di migliorare la nostra Galatina sotto tutti i punti di vista, dalla burocrazia, ad una macchina amministrativa più smart, dal decoro urbano alla valorizzazione del nostro territorio.

    Con costanza, lavoro e con la vostra fiducia. Andiamo avanti spediti.

    Forza e coraggio”.

    Fabio Vergine Sindaco 

    Ufficio Stampa 

     
    Di Redazione (del 24/03/2018 @ 15:18:12, in Comunicato Stampa, linkato 973 volte)

    Non era facile, per il gruppo di mister Stomeo, ostacolare ed opporre una resistenza attiva ad una Gis Ottaviano che, sentendo il fiato sul collo (-2) di una Pallavolo Bari giunta alla decima vittoria consecutiva ,è scesa in campo determinata a conservare la seconda posizione in classifica .

    Se poi l’approccio alla gara viene incrinato da un’assenza di tensione ed attenzione da parte di Guarini e compagni  , con qualche giocatore a mezzo servizio(Buracci) per malanni fisici che ne limitano l’offensività, ecco spiegato allora il crollo iniziale.

    1 set - L’opposto Di Felice fa subito capire le intenzioni dei suoi : imperversa in diagonale e in parallela, aiutato da Guancia  che opera il primo break sull’8-5; poi allunga e porta il punteggio sul 16-11, mura Corsetti e sigilla con un bottino di 12 punti la prima frazione a suo vantaggio.

    2 set - Stomeo striglia i suoi: chiede più reattività e presenza in campo e mantiene i contatti (8-7) con i il sestetto napoletano. L’Olimpia SBV registra la sua difesa, ricostruisce con efficacia e si porta in vantaggio (16-14 e 21-19).La replica dell’Ottaviano è immediata  e il punteggio di 24-24  è opera di due murate di Bianco e Di Felice: poi è Buracci a mettere a segno la parità nei set(1-1).

    3 set – Rinfrancati i salentini aprono un break fino al 8-6,con Bonina murato da Iaccarino, ma ancora una volta ci pensa l’opposto napoletano (37 punti il suo bottino personale ), con un mani e fuori su Corsetti,  a portare il punteggio sul 17 pari. Poi l’allungo con un +4 sugli ospiti, con Bonina che stoppa Lentini e con l’attacco sbagliato di Buracci che ferma il punteggio sul 25-19 .

    4 set – la frazione offre parziali con il minimo scarto ,ma sempre con i campani in vantaggio: la sequenza è 8-6, 16-15, 21-18 con un Guarini risultato il più prolifico in questo set (4 punti su sette attacchi) e che alla fine matura , unitamente a Iaccarino ,una buona percentuale d’attacco(50%).

    L’allungo finale è però degli Ottavianesi: ci pensano Guancia, Di Felice  e Valla a chiudere il macht sul 3 a 1 .

    L’Olimpia SBV torna a casa con zero punti, ma con qualche piccola certezza sotto alcuni aspetti tecnici. Una ritrovata affidabilità in ricezione ,con Lentini al 54% di positività ,che ha consentito a Muccione di chiamare in causa con più frequenza i suoi centrali e soprattutto la consapevolezza di giocare queste ultime gare come cinque finali con il coltello tra i denti.

    Domenica l’ospite di turno è la Florigel Andria  ,reduce anch’essa dalla sconfitta casalinga ad opera del Potenza (1-3), che vanta un organico importante .La regia del brindisino Zonno si avvarrà dell’opposto Carelli e degli schiacciatori Fiorillo, Caldarola ed Andriano, con capitan Porro e Carofiglio centrali, mentre il libero Pepe giostrerà la difesa.

    Il primo dei cinque esami da non fallire è alle porte: con la tecnica  e con il cuore ,rispolverando come leva motivatrice la locuzione latina HIC SUNT LEONES.

    GIS OTTAVIANO - OLIMPIA SBV GALATINA 3-1 (25-15; 24-26; 25-19; 25-22)
    Pallavolo Ottaviano
    : Lucarelli, D’Alessandro, Bianco 5, Ardito(L), Madonna, Libraro 4, Di Felice 37, Guancia 16, Bonina 12, Valla 12, Settembre, Piccolo. All. Libraro

    Olimpia S.B.V.Galatina: Buracci 13, Muccione 3, Guarini 9 , Iaccarino 9, Corsetti 8, Persichino, Pierri(L) Lentini 9, Petrosino, Calò , Apolllonio (L), Rossetti. All. Stomeo  Ass. Bray

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA SBV GALATINA

     

    Domenica 06 marzo, a partire dalle ore 09.30 e fino alle ore 13.00, in piazza Alighieri, potrete ritirare il vostro "Pasqualotto" e potrete inoltre consegnare i vostri tappi conoscendo così l'iniziativa "TappiAmo Galatina".

    Il prezzo per singolo uovo dal peso di 300 gr., disponibile sia di cioccolato al latte che di cioccolato fondente, è di 5€. Con il suo acquisto contribuirete a coprire i costi di gestione della "Bimbulanza”: la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.

    Il progetto, fortemente voluto e realizzato da don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte verso chi soffre", nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.

    I tappi sono fatti di un materiale particolare (polietilene – Pe) diverso da quello delle comuni bottiglie. Normalmente nelle operazioni di riciclaggio gli impianti non separano i tappi dalle rispettive bottiglie ma li fondono insieme. Così facendo si finisce per produrre un maggiore inquinamento. Bisogna poi sapere che anche l’utilizzo dei materiali è diverso: le bottiglie vengono utilizzate per produrre “tessuti non tessuti”, come il pile (ottenuto combinando plastica e lana), mentre i tappi riciclati sono adatti a produrre vasi per i fiori, cassette per la frutta, sedie da giardino ecc… I tappi di plastica raccolti separatamente hanno, quindi, un loro valore specifico. Inoltre la raccolta differenziata contribuisce a ridurre l’inquinamento ambientale.

    Oggetto della raccolta sono tutti i tappi di plastica. Non solo quelli delle bottiglie di acqua, bibite, latte, ma anche quelli dei detersivi, dei barattoli (ad esempio la Nutella), i contenitori dei rullini fotografici o gli ovetti Kinder. Tutti possono raccogliere i tappi di plastica: dai bambini agli anziani, dai gestori di bar e ristoranti ai lavoratori presso le mense aziendali o nelle loro famiglie.

    Un centro di raccolta molto importante è risultato essere quello delle scuole, dove la raccolta, trasformata in un gioco, diventa una sorta di sfida tra le classi e motivo di orgoglio per gli alunni. Senza dimenticare che, così facendo, nelle scuole i bambini imparano a non inquinare e a riciclare facendo solidarietà. Ma tutti devono essere responsabilizzati verso questa raccolta perché spesso chi getta il tappo insieme alla bottiglia semplicemente non conosce questa grande opportunità.

    Vi aspettiamo Domenica 06 marzo in piazza Alighieri...

    Russo Piero

     
    Di Russo Piero Luigi (del 15/01/2023 @ 15:15:50, in Comunicato Stampa, linkato 282 volte)

    Partiamo infatti con i primi importantissimi progetti già in cantiere:

    il prossimo 29 gennaio installeremo, presso Il muro del Coraggio - viale Ofanto Galatina, che, ricordiamolo, è stato realizzato dalla Virtus Basket Galatina e da Legambiente Galatina, una targa BRAILLE per non vedenti e per ipovedenti.

    Si tratta di una installazione dal valore pratico, ma anche fortemente simbolico, in linea con la campagna di sensibilizzazione, portata avanti in questi anni, dalla nostra Associazione, per rendere fruibile e accessibile a tutti, i siti della cultura e non solo.

    Questa targa vicino al murale dedicato al Coraggio ricorderà a tutti che nel mondo esistono anche i non vedenti; ha un significato morale, culturale e sociale e afferma il valore dell’inclusione.

    Come Associazione siamo sempre più convinti che il “parco pubblico” assume, oggi come non mai, nuovi ruoli che vanno ben al di là di quelli meramente decorativi, ma rappresenta anche e soprattutto un importante aspetto ecologico e sociale, con spazi ricreativi ed educativi che migliorano i rapporti tra i cittadini, dai bambini agli adulti, fino ad arrivare agli anziani; tenta inoltre di colmare la mancanza di opportunità̀ di gioco libero all’aperto ed è anche la prima importante occasione di socialità al di fuori della scuola o di altre attività̀ disciplinate.

    Per questo abbiamo, inoltre, deciso di iniziare un processo di riqualificazione dell’area verde “Giovanni Fedele” nel Rione Italia a Galatina cercando di assicurare decoro urbano e sicurezza, due elementi imprescindibili che caratterizzano appieno la nostra Mission associazionistica.

    Il progetto propone di riqualificare, appunto, l’area verde e l’area giochi della piazzetta sita al centro del RIONE ITALIA, facendola diventare uno spazio inclusivo in cui ogni bambino, adolescente, adulto e anziano può incontrarsi per scambiare esperienze, scoprire il nuovo ed esplorare creando relazioni che possono sviluppare capacità e conoscenze al fine di stimolare il dialogo interculturale ed intergenerazionale.

    Ci preoccuperemo di riposizionare i marmi divelti, di verniciare e di riparare la ringhiera dell’anfiteatro e di eseguire altri lavori, più o meno piccoli, necessari per rendere più decorosa e soprattutto più sicura una bellissima area verde nel quartiere più popoloso di Galatina.

    Tutto questo sarà possibile grazie alla sinergia tra l'A.S.D. Virtus Basket Galatina e l'Associazione #ballaperme che ha permesso la realizzazione della XIII Ed.ne della manifestazione “La notte bianca dei Bambini – Rione Italia in festa” dello scorso 17 settembre, ma, soprattutto, grazie ad un generoso contributo donatoci dall’Associazione “Casamica Galatina ONLUS” alla quale esprimiamo la nostra più profonda gratitudine per la fiducia in noi riposta.

    Inoltre stiamo cercando, attraverso una serrata interlocuzione con le Autorità, di installare delle telecamere di sorveglianza che dovrebbero servire da deterrente per comportamenti contrari all’ordinamento giuridico, per atti di teppismo o atti vandalici.

    Con questi interventi e nuove installazioni intendiamo garantire la necessaria riparazione, messa a norma e sostituzione dei giochi diventati ormai obsoleti e ribadire l'attenzione dell’Associazione per l'inclusività e la qualità, anche estetica, degli arredi destinati alle aree dedicate alle attività ludiche e ricreative che devono poter accogliere, senza barriera alcuna, tutti i bambini di Galatina e dintorni.

    Per la realizzazione di questo Parco Giochi Inclusivo abbiamo però bisogno dell’aiuto concreto di Privati, Aziende, Fondazioni e Associazioni affinché questo sogno possa diventare realtà, a beneficio di tutti i bambini della nostra comunità e non solo.

    Siamo inoltre fortemente convinti che il bisogno di socialità è un elemento connaturato alla condizione umana. Una affermazione tanto condivisa da apparire quasi scontata, in tempi normali. L’emergenza Covid, i periodi di confinamento divenuti necessari per limitare i contagi, la rarefazione dei rapporti sociali che ne è spesso conseguita, hanno mostrato come non si tratti affatto di una questione puramente teorica, ma di un bisogno umano primario.

    Da qui un altro importante progetto: in primavera prossima installeremo presso l’Oratorio del cuore Immacolato di Maria di via Soleto a Galatina un canestro per lo “Street basket”; anche questo per cercare di creare punti di aggregazione “sicuri” per i ragazzi del Rione Italia.

    Nelle prossime settimane organizzeremo una serie di micro eventi di crowdfunding che serviranno per recuperare risorse necessarie al raggiungimento dell’obiettivo prefissatoci.

    Ancora una volta cogliamo pertanto l’occasione di invitare CHIUNQUE, a qualsiasi livello, abbia voglia di “mettersi in gioco”.

    Contattateci.

    Sandro Argentieri: 333-4368532;
    Piero Luigi Russo : 349 847 1729.

     
    Di Antonio Mellone (del 05/06/2022 @ 15:14:31, in Fetta di Mellone, linkato 682 volte)

    Non mi divertivo così tanto - dico passando in rassegna o forse in rassegnazione i candidati alla poltrona di sindaco di Galatina - da chissà quanto tempo: probabilmente dalla precedente campagna elettorale in cui si toccò l’acme con alcune macchiette spassosissime che stavano alla Politica come Erode agli innocenti.

    Ebbene questa tornata non è assolutamente da meno: ché qui abbiamo il fior fiore dei personaggi pOLITICI rinati dalle ceneri di quella, tipo i noti serial killer di sintassi, grammatica e giacché pure Diritto, intruppati nelle coalizioni del membro dell’aristocrazia nostrana rinomato per il pensiero del tutto assente benché espresso con eloquio forbito e quasi quasi suadente; spacciatori di un “plastico” della povera fiera di Galatina, ribattezzata AT-TRAT-TORE, e mai sia Trattore, tutta di verde pittata, evidentemente per non urtare la suscettibilità degli speculatori evergreen i quali, grazie allo strombazzato “project financing”, sono tutti in dolce attesa dei gettoni d’oro del Pnrr (onde ‘sto plastico sarebbe degno delle migliori trasmissioni vespasiane, nel senso di Bruno Vespa); foglie di fico pur sempre striminzite per occultare pudenda fuori scala (pudenda nel senso etimologico del termine): il riferimento è a un’accozzaglia post-ideologica di partiti, liste cosiddette civiche, listini e movimenti che vanno dalla Lega ai sedicenti socialisti, da Madre Teresa a Che Guevara, da Pippi a Mellone (che non sono io eh), dallo spazio aperto al vuoto pneumatico; concorrenti alla carica di primo cittadino sostenuti da vecchie cariatidi alla spasmodica quanto vana ricerca di una qualche forma di Rivergination (nomina sunt omina); futuribili sindaci immortalati in sella a una bicicletta (chissà se a proposito di piste ciclabili) che denotano con lo specifico mezzo di locomozione una dimestichezza simile a quella di chi, ormai ultracinquantenne, ebbe a pedalare l’ultima volta a bordo di un triciclo di plastica colorata all’asilo infantile; followers e personaggi al crepuscolo con velleità da influencer ripresi in esilaranti video virali - topici quelli nei pressi delle solite “erbacce” cittadine (chiamano così le superstiti forme di vita urbana, non ci posso far nulla), promoter subliminali di decespugliatori e falci senza ormai alcun martello.

    Accanto a codesti campioni di coerenza, coraggio e teatralità, attori degni della Paramount Pictures, non poteva mancare il nostro dottor Antonio Antonaci, del quale, dopo il mio primo “Scritti in onore di Antonio Antonaci” del 2007, non potevo non darne alle stampe (virtuali questa volta) un secondo: questo.

    Sì vabbè, il primo era un monsignore, un insegnante, uno storico, uno scrittore, ma quest’altro Antonaci non è mica da meno (benché, fra i Fantastici Quattro, quello a quanto pare degno del Don davanti al nome, alla stessa stregua di un ecclesiastico, sia il nobiluomo della provvidenza, figlio del secolo e di ben altro lignaggio).

    Ebbene, il dottor Antonaci è partito proprio bene, tappezzando la città con i manifesti riportanti le cose da fare con il cuore, sottintendendo il fatto (e noi ne conveniamo, come dire, cordialmente) che gli altri le facciano o le faranno con quell’altro organo posto un po’ più in basso, che inizia pur sempre con Cu.

    Non si contano i suoi selfie con un gattino in braccio, o davanti alle bancarelle del mercato settimanale, o in terrazza con vista cupola maiolicata della Madonna della Luce, o nei pressi di una cripta basiliana. Ma la stoffa, che dico, il carisma del nostro simpatico novello specialista in cardiologia vien fuori in quel raduno solenne di popolo che è il  Comizio Elettorale, talvolta introdotto da un “giornalista” (il mestiere ormai più vecchio del mondo), sempre accompagnato da lunghe ovazioni e grida di giubilo. Su quel palco, dietro al microfono, al fianco dei propri compagni di cordata e davanti al suo pubblico in estasi, Antonio Antonaci dà il meglio di sé, e ti chiedi se quelle godibilissime perfomance siano tutta farina del suo sacco, doti innate voglio dire, Dna proprio, o non invece il frutto della consulenza da parte di un qualche esperto del ramo, quando non di un vero e proprio corso accelerato di arte drammatica, oltre che ovviamente di dizione. Questo sì che è Teatro con la maiuscola, altro che il teatrino della politica, vale a dire il Cavallino Bianco.

    L’altra sera a Noha – pochi giorni dopo la memorabile lectio magistralis di storia nohana, partita dal tempo dei Fenici e impartita urbi et soprattutto orbi da quell’altra cima, vale a dire l’ex-docente nelle vesti questa volta di Alessandro Barbero (ché in quelle di governatore della Banca d’Italia, viste certe uscite, avrebbe qualche problema) - il nostro mitico Antonio Antonaci, nei pressi della Trozza, a proposito di acqua e di quel pozzo con tanto di puteale scolpito in pietra leccese, ha scorrazzato nei secoli, avanti e indietro, tra il ‘500, il ‘700, l’800, e mi voglio rovinare anche il 1400. Ha fatto poi parlare un professorone sull’importanza dell’acqua, e ne è venuto fuori che, insomma, la crisi idrica è colpa nostra, mica dei veleni o dell’abuso da parte di industria, servizi e agricoltura intensiva (ad esempio per i mega filari di Favolosa-che-non-secca, e cose del genere). E dunque toccherà al sindaco di domani insegnarci le buone maniere, tipo: chiudere i rubinetti quando ci laviamo i denti, o adottare una fotocellula nella doccia, o tirare lo sciacquone dopo che tutta, dico tutta la famiglia ha dato il meglio di sé. Insomma cose così.

    Mo’ chi va a spiegare ad Antonaci e agli altri come lui che questa specie di trasferimento di responsabilità dal potere capitalistico agli atteggiamenti individuali, cioè alla “collettività dissipata e maleducata”, rientra tutto nel concetto di sostenibilità come ennesimo business e di ambientalismo come brand profittevole, e che, per dirne un’altra, la raccolta una tantum di lattine o di tappi di plastica rientra giusto in quell’ecologismo sfacciato e impunito che vorrebbe convincerci che i danni del mercato si possano risolvere attraverso il mercato stesso. Credo nessuno.

    E così il mito della crescita smisurata, cioè i sempreverdi “sviluppo, ricadute e valorizzazioni” continuerà a perpetuarsi in saecula seculorum. Figurarsi poi se qualcuno oserà mai sollevare un qualche seppur minimo dubbio sulla sostanziale incompatibilità tra certi diciamo buoni propositi e quel Turismo, panacea di tutti i nostri guai, “da spingere forsennatamente” [copyright del suddetto dottor Antonaci]. Meno male che tra i supporters di quest’n-esimo Sindaco v’è la lista “Verde è lavoro”, pronta a tacitare quei rompicoglioni di comitati e comitatini di ambientalisti tutti carte bollate e ricorsi al Tar, responsabili del blocco delle attività e dunque della cassa integrazione, della disoccupazione, e certamente anche dell’invasione delle cavallette.

    Questo è quanto, nell’attesa dell’uscita di eletti ed elettori dalle (rispettive) urne.     

    Antonio Mellone

     
    Di Albino Campa (del 14/02/2007 @ 15:13:03, in La Storia, linkato 6449 volte)

    Eccovi le lezioni  tenute da
    P. Francesco D'Acquarica - il 29 gennaio 2007
    e da
    Antonio Mellone - il 1 febbraio 2007
    davanti a vasta e competente platea, nel ciclo di lezioni dell'Anno Accademico 2006-2007  dell'Università Popolare "Aldo Vallone" di Galatina, nei locali del Palazzo della Cultura, in piazza Alighieri, cuore di Galatina.
    E' ora che la nostra storia varchi i confini e gli ambiti più strettamente "provinciali".

     

    1)Lezione di P. Francesco D'Acquarica



    2)Lezione di Antonio Mellone

    Lunedi scorso da questa stessa “cattedra” ha parlato P. Francesco D’Acquarica. Il quale m’ha riferito di aver preparato la sua lezione con slides e foto che poi per questioni tecniche non ha potuto utilizzare.
    Oggi chi vi parla, non disponendo,… anzi - diciamo tutta la verità - non avendo tanta dimestichezza nemmeno con quella diavoleria elettronica altrimenti chiamata Power Point, non ha preparato slides, né foto, non vi farà provare l’ebbrezza di effetti speciali (a prescindere dal loro funzionamento) e non vi proietterà nulla. E dunque, pur avendo oltre trenta anni di meno di P. Francesco, essendo molto meno tecnologico di P. Francesco, dimostrerà, con questo, come la storia a volte… possa fare salti indietro.

    *

    Quindi da un lato non vi proietterò nulla; dall’altro vi chiederò uno sforzo di immaginazione (ma alla fine vi suggerirò un supporto, uno strumento portentosissimo per fissare, per memorizzare quanto sto per dirvi. Poiché come diceva il padre Dante “… Non fa scienza, sanza lo ritener l’aver inteso”. La scienza è cioè contemporaneamente “comprensione” e “memoria”. Sapere le cose a memoria senza averle capite non serve a nulla; ma non serve a nulla nemmeno comprendere e non ricordarle! Cioè se uno intende, comprende, ma non ritiene, cioè non memorizza, è come se non avesse fatto nulla: o meglio non ha – diciamo – aumentato la sua scienza).

    *

    Questa sera cercheremo però in un modo o nell’altro di fare un viaggio nel tempo e nello spazio. E’ come se questa stanza si trasformasse in una macchina del tempo (ma anche dello spazio: ma non un’astronave!) che ci porti indietro nel tempo, nella storia, ma anche nella leggenda, nella favola, poiché, sovente, là dove scarseggia la documentazione, là dove il piccone dell’archeologo tarda a farsi vivo, è necessario supplire con altri dati, in molti casi con delle “inferenze” (che non sono proprio delle invenzioni) ma, diciamo, delle ipotesi ragionevoli.
    Così dice il Manzoni nel capitolo XIII, allorché parla dello sventurato vicario – poi, bene o male, salvato, dalla inferocita folla, da Antonio Ferrer – “ Poi, come fuori di se, stringendo i denti, raggrinzando il viso, stendeva le braccia, e puntava i pugni, come se volesse tener ferma la porta… Del resto, quel che facesse precisamente non si può sapere, giacché era solo; e la storia è costretta ad indovinare. Fortuna che c’è avvezza.”
    La storia è costretta ad indovinare; la storia s’inventa sovente le cose: fortuna che c’è avvezza.
    La storia è avvezza ad inventar le cose!
    E se lo dice il Manzoni stiamo tranquilli.
    Dunque a volte nella storia può funzionare (e funziona: tranne che per qualche sofisticato prevenuto o per chi voglia leggere la storia con pretese inutilmente tormentatrici) la “ricerca interpretativa”; quella, per esempio, che porta un autore a dire esplicitamente quello che non ha detto, ma che non potrebbe non dire se gli si fosse posta la domanda.
    Così in mancanza di documentazione la storia può servire non a darci delle risposte, ma a farci porre delle domande.
    Le risposte ragionevoli a queste domande altro non sono che la costruzione della storia, nella quale – come dice Antonio Antonaci - il territorio, il folclore, la trasmissione orale, il dialetto, il pettegolezzo finanche, la leggenda il dato antropico, quello religioso, quello politico, ecc., si intersecano, uno complemento dell’altro…
    E’ ormai pacifica un’altra cosa: lo storico, nelle sue ricostruzioni, inserisce il suo punto di vista, la sua cultura, finalità estranee ai testi ed ai fenomeni osservati. Per quanto cerchi di adattare il suo bagaglio concettuale all’oggetto della ricerca, lo storico riesce di rado a sbarazzarsi del filtro personale con cui studia le cose.

    *

    Ma prima, di procedere in questo viaggio fantastico, visto che vedo qualche volto perplesso (della serie: a che titolo questo sta parlando?) volevo dirvi chi è l’autista di questo autobus, chiamiamolo pure pulman turistico diretto verso Noha: la guida, se volete, di questa sera.
    Dunque mi presento intanto dicendovi che sono Antonio Mellone. E su questo non ci piove.
    E poi come constato con piacere, in mezzo a voi questa sera ci sono tanti miei cari ed indimenticati maestri che mi hanno avuto alunno alle scuole superiori: oltre al prof. Rizzelli, vedo la prof.ssa Benegiamo, la prof.ssa Baffa, la prof.ssa Giurgola, il prof. Carcagnì, la prof.ssa Tondi, la prof.ssa Masciullo, il prof. Beccarrisi, il prof. Bovino conterraneo, il preside Congedo, vedo l’ing. Romano, e tanti altri illustri professori delle medie, dei licei, della ragioneria ed anche dell’Università di Lecce, come il prof. Giannini, che ringrazio per le parole a me indirizzate. Sicché stasera più che in cattedra, mi sento interrogato, diciamo.
    Grazie per l’onore che mi concedete nel parlare a voi, siate indulgenti con me, come tante volte lo siete stati allorché sedevo … dall’altra parte della cattedra!

    *

    Dunque per chi non mi conoscesse…
    Sono di Noha, 39 anni, laurea cum laude in Economia Aziendale presso la Bocconi di Milano, dottore commercialista e revisore ufficiale dei conti, attualmente impiegato alle dipendenze di un importante istituto di credito (importante è l’istituto di credito: non io!) con la carica di Direttore della filiale di questa banca in quel di Putignano, in provincia di Bari.
    Ecco: finora questi dati sono soltanto serviti a confondervi ulteriormente le idee, perché da subito spontanea sorge in voi la domanda: e questo Mellone cosa c’azzecca con la storia di Noha?
    Allora aggiungo qualche altro dato: e vi dico che sono di Noha e che quell’Antonio Mellone che scrive su “il Galatino” (e gli argomenti nella maggior parte dei casi vertono su temi nohani) da ormai oltre 10 anni, è il sottoscritto.
    Non solo, aggiungo e quadro il cerchio, dicendovi che ho curato e scritto insieme a P. Francesco D’Acquarica per l’editore Infolito Group di Milano nel mese di maggio 2006, il libro “Noha. Storia, arte, leggenda”, sul quale ritornerò qualche istante alla fine della nostra conversazione.
    Fatta tutta questa premessa di carattere metodologico (che se volete potete considerare pure come “excusatio non petita”) entriamo nel vivo della discettazione, o lectio, o “lettura” che dir si voglia (così come un tempo veniva chiamata una lezione universitaria).

    *

    Per la Storia di Noha, questa sera, non faremo un exursus: salteremo da palo in frasca, parleremo di tutto di più, ma vedrete che, senza dirvelo, un filo conduttore, un disegno, fra tutte queste disiecta membra ci sarà.

    *

    La prima domanda che sento rivolgermi da tutti quelli con cui discetto di Noha è la seguente: da dove deriva questo nome?
    Risposta a voi qui presenti: ve ne ha già parlato P. Francesco D’Acquarica lunedì scorso.

    *

    Una curiosità intanto: sapete cosa significa Noha nell’arcaico linguaggio degli indiani d’America? Il lemma “Noha” significa: auguri di prosperità e gioia. L’ho scoperto sentendo un CD dal titolo The sacred spirit - Indians of America. Collezione Platinum Collection 2005. Quindi a qualcuno se volete augurare salute, prosperità e gioia, d’ora in avanti, al compleanno, a Natale o al compleanno, potete dirgli “Noha”. Noha: e non sbagliate!

    * * *

    P. Francesco la volta scorsa vi ha parlato di una serie di ipotesi a proposito del nome Noha. Io questa sera vi racconto un mito: quello della principessa Noha, che poi avrebbe dato il nome al nostro paese, che prima si chiamava NOIA..
    … Noha era una bellissima principessa messapica, che per amore di un giovane principe-pastore, Mikhel, principe di Noia, si stabilì in quel paese cui poi diede il nome.

    *

    Nei campi dell’antica Messapia, per una traccia di sentiero, segnata da innumerevoli piedi nudi tra le erbe, (solo le più abbienti portavano i calzari) le donne messapiche, sguardo fiero di occhi neri e pelle bruna, capelli lucidi aggrovigliati e andatura energica, portavano con sé panieri pieni di cicorie e formaggio.
    Andava, sì, scalza, anche la principessa Noha, mentre le piante dei piedi si espandevano illese sul sentiero, ma il suo portamento, il piglio, il tintinnio dei suoi monili e la cura con cui annodava i capelli e li fermava con cordelle di seta colorata, manifestavano la sua origine regale, nonché la sua voglia di essere bella.
    Quando fu il tempo deciso dal re suo padre, Noha si trovò a dover scegliere quale compagno di vita uno fra i molti pretendenti invitati a palazzo…
    Ogni pretendente portò con se un dono, secondo le proprie possibilità. Ora, uno portò collane di diamanti costosissime, un altro un anello d’oro molto prezioso, un altro ancora in dote avrebbe portato terreni e palazzi…
    Ma la saggia principessa Noha, fra i tanti corteggiatori, per condividere la sua vita, scelse Mikhel, principe di Noia, che le aveva portato in dono solo ciò di cui egli era dotato: e cioè il sorriso, la gentilezza, la semplicità, il rispetto dell’ambiente, l’altruismo, la gratitudine, il senso del dovere e tutto quanto fa vivere in armonia con se stessi, con gli altri e con il creato. Noha reputò che questo era un vero e proprio scrigno di tesori.
    Noha rinuncia così per amore allo sfarzo ed agli agi del castello della “Polis” di suo padre (che viveva nella importante città di Lupiae), vivendo felice e contenta nella cittadina del suo Mikhel.

    Mikhel e Noha celebrarono le loro nozze a palazzo reale, ma poi vissero la loro vita coniugale nella piccola Noia, nella semplicità, nella concordia e nell’armonia e la governarono così bene da rendere tutti felici e contenti.
    Fu così che il popolo, grato, scelse democraticamente di cambiare il nome della cittadina da Noia in Noha.

    * * *

    Ora allacciate ben bene le cinture di sicurezza: andiamo finalmente a Noha!
    La volta scorsa avete avuto modo di conoscere la chiesa piccinna, il Pantheon della Nohe de’ Greci, una chiesa che si trovava proprio in centro, accanto alla chiesa madre, dedicata a san Michele, patrono di Noha.
    Questa chiesa piccinna era dedicata alla Madonna delle Grazie, compatrona di Noha, e presentava all’interno degli affreschi. Non esistono delle foto che la ritraggono nella sua interezza: ma soltanto dei disegni di chi la ricorda bene, e qualche foto di piccoli brani dell’interno e dell’esterno di questo monumento.
    Era di forma ottagonale. Io non l’ho mai vista (se non in disegno e nelle foto di cui dicevo).
    Ma se vi volessi dare una mano o qualche idea ad immaginarla, vi direi che era molto somigliante alla vostra chiesa delle anime (aveva una cupola, però, con dei grandi finestroni).

    Ma questo monumento non c’è più: abbattuto, come molti altri…
    Ma è inutile ormai piangere sul monumento abbattuto, così come è inutile piangere sul latte versato. Ma questo non è l’unica chiesa abbattuta. Le chiese di Noha abbattute furono molte… Ve ne ha già parlato P. Francesco…
    Ma non vi preoccupate. Non sono state abbattute proprio tutte. Qualcuna rimane ancora e qualcun’altra è stato costruita ex novo.
    Oggi ne rimangono in piedi, (molte rifatte ab imis) - oltre alla chiesa Madre, dedicata a San Michele Arcangelo, la chiesa della Madonna delle Grazie inaugurata nel 2001, la chiesa di Sant’Antonio di Padova, (che per la forma ricorda in miniatura la basilica del Santo a Padova), la chiesa della Madonna di Costantinopoli, e la chiesa della Madonna del Buon Consiglio e la grande chiesa del cimitero, il quadro del cui altare maggiore, ricordo da ragazzino allorchè ero chierichietto, rappresentava la Madonna del Carmine.
    Ma questa sera non voglio portarvi in giro per chiese… che magari vedremo una prossima volta.

    *

    Ma si diceva: un tempo le persone non capivano erano iconoclaste incoscientemente; non si dava importanza ai beni culturali, si abbatteva tutto con facilità.
    Può darsi.
    Ma questo poteva essere vero quaranta o cinquanta anni fa.
    Ma oggi?
    Un delitto contro la cultura e la storia, lo stiamo compiendo noi (non il tempo!) oggi: nel 2007! Noi di Noha; voi di Galatina: anche voi che mi state ascoltando, nemmeno voi ne siete esentati.
    Perché? Perché tutti siamo responsabili di qualcosa.
    Per esempio siamo responsabili se non conosciamo questi luoghi e questi fatti che si trovano ad un fischio da noi. Dovremmo cioè smetterla di pensare al mondo, solo quando al mondo capita di transitare dal tinello di casa nostra!
    Il piccone della nostra ignavia si sta abbattendo giorno dopo giorno su quale monumento? Sulla torre medievale di Noha.
    Si, perché, signori, se non lo sapete a Noha c’è una torre medioevale le cui pietre gridano ancora vendetta. E questa torre si trova proprio in centro. Dentro i giardini del castello.

    *

    Al di là di un muro di cinta, in un giardino privato (ma trascurato: quindi non sempre il privato è meglio del pubblico), dunque in un giardino tra alberi di aranci mai potati. Questa torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300.
    Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. A Noha abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e chissà forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa.
    Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
    Da Noha passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…

    La sopravvivenza stessa e lo sviluppo dell’antico casale di Noha debbano molto a questa torre di avvistamento e di difesa, situata su questo asse viario di cui abbiamo già parlato (così come riconoscenti ai loro edifici fortificati devono essere Collemeto e Collepasso; mentre a causa della mancanza di tali strutture difensive vita breve ebbero i casali di Pisanello, Sirgole, Piscopio e Petrore).

    La “strada reale di Puglia” ed in particolare la sua arteria che congiungeva Lecce ad Ugento, nata su un tracciato di strada preromana, aveva proprio nelle alture di Noha e Collepasso, e nelle rispettive torri, due punti strategici di controllo e difesa del percorso.

    Come si presenta dal punto di vista architettonico?
    La torre di Noha, che raggiunge i dieci metri d’altezza permettendo così il collegamento a vista con le altre torri circostanti, si presenta composta da due piani di forma quadrangolare. Una bella scala in unica rampa a “L” verso est, poggiata su un arco a sesto acuto, permetteva l’accesso alla torre tramite un ponte levatoio (una volta in legno oggi in ferro).
    La torre è stata realizzata con conci di tufo regolari, un materiale che ha permesso anche un minimo di soluzioni decorative: la costruzione infatti è coronata da un raffinata serie di archetti e beccatelli.
    Dei doccioni in pietra leccese permettevano lo scolo dell’acqua della terrazza (con volta a botte).

    *

    Chiuso anche questo argomento della torre.

    * * *

    Nel complesso del castello si trovano (oltre al castello stesso: ma di questo non ve ne parlo) altri monumenti: il primo è curiosissimo. Si tratta delle “casette dei nani o degli gnomi”, anche queste un mistero. (Il secondo è un ipogeo; il terzo la “casa rossa”)
    Le casette dei nani.
    Le avete mai viste? Qualcuno di voi le ha mai viste? Sapete cosa sono? E dove si trovano?
    E’ una specie di villaggio in pietra leccese, un capolavoro di architettura, fatto di tante casette piccole, che sembrano tante case dei nanetti. Si trovano sulla terrazza di una casa che fa parte del complesso del castello di Noha. Una delle case dove abitavano i famigli, i servi dei signori del palazzo.

    Il villaggio di Novella frazione di Nove è fatto di casette piccine e leggiadre: un piccolo municipio, la piazzetta, la chiesetta con un bel campanile, la scuola, la biblioteca, le casette degli altri gnomi, il parco dei giochi, ecc.
    Nel paese di Novella non vi erano mega-centri commerciali, aperti sette giorni su sette e fino a tarda ora; ma negozietti e botteghe a misura d’uomo… anzi di gnomo… di gnomo.

    Così, da basso (lasciando alle spalle la farmacia di Nove) basta alzare lo sguardo e tra la folta chioma di un pino marittimo, si riesce ad intravedere il campanile ed il frontespizio di una “casetta” dalla quale sporge un balconcino arzigogolato, finemente lavorato.
    Ma per poter vedere tutto quanto il paese di Novella bisogna salire sulla terrazza di quella casa - chiedendo il permesso alle gentilissime signore che attualmente abitano il primo piano del castello.
    Quando passate da Noha, fermatevi un attimo ad ammirare i resti di queste casette. Sono ricami di pietra, lavoro di scalpellini e scultori che hanno creato opere d’arte. Anche queste casette-amiche ci chiedono di essere restaurate.

    *

    Ora facciamo quattro passi a piedi (abbiamo lasciato il nostro pulman virtuale) e attraverso via Castello dirigiamoci verso il centro della cittadina.
    Stiamo calpestando un luogo antico ed un manto stradale che cela un sotterraneo: è un ipogeo misterioso.

    *

    Nella primavera del 1994 a Noha, fu una ruspa, impegnata in lavori alla rete del gas metano, durante lo scavo di una buca, sfondandone improvvisamente la volta, a portare alla luce un mondo sotterraneo, un ipogeo misterioso di notevoli dimensioni.
    Il gruppo speleologico leccese "'Ndronico" invitato dall’allora sindaco prof. Zeffirino Rizzelli, provvide alla perlustrazione, ai rilievi ed alle analisi di quegli antri. E conclusero che si era in presenza di un reperto di archeologia industriale di Terra d'Otranto: un frantoio ipogeo.
    Concordo con questa conclusione e con la relazione degli speleologi. Però aggiungo che è proprio della scienza la ricerca continua di elementi che possano confutare o confermare una tesi.
    La tesi in questo caso è quella della vox populi che narra di un passaggio segreto in grado di collegare il palazzo baronale di Noha con la masseria del Duca nell'agro di Galatina.
    E come in molti altri Castelli italiani o stranieri avviene, è ragionevole ipotizzare che anche in quello di Noha possano esserci anfratti, nascondigli, passaggi, dei trabucchi, carceri e bunker sotterranei, al riparo da occhi indiscreti, o di difesa dalle armi nemiche, o assicurati contro facili evasioni, o in grado di imporre dura vita ai prigionieri.
    Vi sono in effetti alcuni elementi contenuti nella relazione e confermati da una nostra visita che abbiamo avuto la fortuna di compiere proprio in questo ipogeo, durante l'estate del 1995, insieme ad un gruppo di amici (tra i quali P. Francesco D'Acquarica: non pensavamo dieci anni fa di scrivere un libro a quattro mani) elementi, dicevo, che fanno pensare che ci sia un collegamento tra il Palazzo Baronale, l'adiacente Torre medioevale, l'Ipogeo stesso e chissà quali altri collegamenti.

    Dalla relazione degli speleologi si legge: "sul lato Nord si diparte un corridoio che, dopo alcuni metri, si stringe e permette di accedere ad un pozzo d'acqua stagnante sotto una pittoresca piccola arcata bassa, di elegante fattura e dolcemente modellata e levigata, dinanzi alla quale siamo costretti a fermarci…". Poi ancora un altro brano dice: "…la pozza sull'altra sponda presenta una frana in decisa pendenza accumulata fino alla sommità superiore di un arco ogivale che a sua volta sembrerebbe nascondere un passaggio risalente in direzione del Palazzo Baronale..". In un altro stralcio leggiamo: " …esiste un cunicolo a Sud. Tale galleria risulta riempita, al pavimento e sino ad una certa altezza, di terriccio, per cui abbiamo proceduto carponi. Il corridoio di mt. 11,00 circa, largo mt. 1,10 ed alto nel punto massimo mt. 1,30, mette in comunicazione i due ipogei, come se il primo volesse celare il secondo in caso di assedio…". Infine in un altro pezzo è scritto: "Ripartendo dalla scalinata Sud ed inoltrandoci nella parte destra, a circa 6,00 mt., vi è un tratto di parete murata come se si trattasse di una porta larga circa mt. 1,30…"
    Dalle mappe abbozzate risultano a conferma "porte murate", "probabili prosecuzioni", "cunicoli da utilizzare in caso di assedio".
    Se questi elementi da un lato, non dandoci certezze, ci permettono di fantasticare e nutrire mitiche leggende di "donne, cavallier, arme e amori” o il mito dell’Atlantide sommersa proprio a Noha; dall'altro potrebbero servire agli addetti ai lavori, agli studiosi, per proseguire, nella ricerca di altre tessere importanti del mosaico di questa storia locale. Per ora questo ipogeo è chiuso e dimenticato da tutti.

    *

    Un altro mistero. Vedete quanti misteri. Questa sera più che Antonio Mellone sembro Carlo Lucarelli, con la sua trasmissione Bluenotte, quella che va in onda su Rai tre.

    Ora un cenno ad un altro mistero, un monumento: la Casa Rossa.

    La Casa Rossa è una costruzione su due piani, che un tempo era parte del complesso del palazzo baronale di Noha (o Castello). E’ così chiamata a causa del color rosso mattone delle pareti del piano superiore. La Casa Rossa ha qualcosa che sa di magico: è un’opera originale e stravagante.
    Da fuori e da lontano, dunque, si osserva questa specie di chalet, rosso, dal soffitto in canne e gesso, con tetto spiovente (cosa rara nel Salento), con due fumaioli, una tozza torre circolare, a mo’ di garitta a forma di fungo, con piccole finestre o vedute.
    L’ingresso alla Casa Rossa si trova sulla pubblica strada, continuazione di Via Michelangelo, nel vico alle spalle della bella villa Greco (oggi Gabrieli).

    Il piano terra invece pare ricavato nella roccia: all’interno si ha l’impressione di vivere in una grotta ipogea, scavata da una popolazione africana. Le pareti in pietra, prive di qualsiasi linearità, hanno la parvenza di tanti nidi di vespe, con superfici porose, spugnose, completamente ondulate, multicolori (celestino, rosa e verde), ma dall’aspetto pesante: somigliano quasi a degli organismi naturali che sorgono dal suolo.
    In codesta miscela d’arte moderna e design fiabesco, ogni particolare sembra dare l’idea del movimento e della vita.
    I vari ambienti sono illuminati dalla luce e dai colori che penetrano dalle finestre e dalle ampie aperture da cui si accede nel giardino d’aranci.
    In una sala della Casa Rossa c’è un gran camino, e delle mensole in pietra.
    In un’altra v’è pure una fonte ed una grande vasca da bagno sempre in pietra, servite da un sistema di pompaggio meccanico (incredibile) dell’acqua dalla cisterna (cosa impensabile in illo tempore in cui a Noha si attingeva con i secchi l’acqua del pozzo della Trozza o dalla Cisterneddhra, che sorgeva poco lontano dalla Casa Rossa, mentre le abluzioni o i bagni nella vasca da bagno, da parte della gente del popolo, erano ancora in mente Dei).
    Le porte interne in legno, anch’esse, come le pareti, sembrano morbide, come pelle di vitello. Il cancello a scomparsa nella parete e le finestre che danno nel giardino sono grate in ferro battuto e vetro colorato. I vetri (quei pochi, purtroppo, superstiti) rossi, blu e gialli ricordano per le loro fantasie iridescenti le opere di Tiffany.
    Al piano superiore si apre un ampio terrazzo, abbellito con sedili in pietra, che permetteva di godere del panorama del parco del Castello o del fresco nelle calde serate estive.
    Ma cosa possa, di fatto, essere la Casa Rossa (o a cosa potesse servire) rimane un mistero.
    Alcuni la ritengono come il luogo dove venivano accolti gli ospiti nel periodo estivo, del solleone; altri come la casa dei giochi e degli svaghi della principessina (proprio come era la Castelluccia che si trova nel parco della Reggia di Caserta); altri ancora ipotizzano che si tratti di un “casino” di caccia.
    Qualcuno maliziosamente afferma che fosse adibita a casa di tolleranza.
    Le leggende sul conto della Casa Rossa s’intrecciano numerose: storie di spiriti maligni e dispettosi, di persone che sparivano inspiegabilmente, di briganti che là avevano il loro quartier generale, di prigionieri detenuti che nella Casa scontavano, castighi, torture, o pene detentive.
    Qualcuno azzarda anche l’idea che fosse abitata dalle streghe, o infestata dai fantasmi; qualcun altro dice addirittura che fosse occupata dal diavolo in persona (per cui un tempo la Casa Rossa di Noha era uno spauracchio per i bambini irrequieti)…

    * * *

    La Casa Rossa di Noha a me sembra un vero e proprio monumento in stile Liberty.
    Il Liberty è il complesso e innovativo movimento stilistico europeo che si diffuse tra il 1880 e il 1910.
    Elemento dominante di questa “moda” sono le linee curve ed ondulate, spesso definite con l’espressione coup de fouet (colpo di frusta), ispirate alle forme sinuose del mondo vegetale e combinate ad elementi di fantasia. Non fu un unico stile: ogni nazione lo diversificò, lo adattò, lo arricchì secondo la propria cultura.
    Il modernismo o arte nuova (art nouveau) toccò anche Noha e Galatina. E la Casa Rossa, quindi, costruita con molta probabilità tra l’ultimo ventennio del 1800 ed il primo del 1900, è la massima espressione di quest’epoca, che diventerà in francese belle epoque, in nohano epoca beddhra.

    *

    Allora vi ho parlato fino a questo momento di monumenti. Vi avrei potuto parlare dei personaggi di Noha. Ce ne stanno. Ce ne stanno. E molti pure!
    Se vi va lo faremo una prossima volta.
    Ora permettetemi solo di fare un cenno ad un solo personaggio di Noha, scomparso recentissimamente. Lo merita. E’ venuto a mancare a Firenze all’età di 53 anni. Era un artista. Un grande.
    Era il grande Gino Tarantino, architetto, scultore, pittore, fotografo: un maestro, un esteta.
    Ha vissuto gli anni della giovinezza a Noha e dopo ha studiato architettura a Firenze, dove è rimasto e dove ha creato la maggior parte delle sue opere d’arte. Originali e geniali. Gino Tarantino era un artista, ma, prima di tutto, un uomo intelligente e sensibile. Un uomo che ha dato lustro a Noha ed al suo Salento (la sua opera fu perfino pubblicata da “Flash-art”, rivista d’arte e cultura, conosciuta in tutto il mondo, se non altro dagli addetti al settore)…

    Qualcuno lo definiva un tipo “eccentrico”.
    Io l’ho conosciuto nel corso della scorsa estate. Gino Tarantino aveva piacere di trascorrere le vacanze a Noha, nella sua terra natale, ne amava il sole, il mare, la luce ed in fondo anche la gente. Colse molti volti salentini, specialmente di adolescenti e giovani. Creava e lavorava anche in vacanza: disegnava, fotografava, impastava, scolpiva, plasmava.
    Creava. Elaborava interiormente immagini su immagini.
    Era il Gaetano Martinez di Noha.

    Diciamo che era un tipo originale, anticonformista, estroso, creativo, uno spirito libero, uno che volava alto con il pensiero, non influenzato dalla banalità delle immagini televisive (“non ho la televisione. Non ho neanche un’antenna” – diceva. E veramente, nemmeno la macchina e nemmeno la patente: per scelta di vita).
    Era cordiale, sorridente e (anche a detta di molte donne) un tipo affascinante.
    Le sue opere stupiscono e incantano, seducono ancora e riescono, con combinazioni inedite di elementi noti, a dare idea di quanto la mente umana sia in grado di inventare.
    Con la sua arte e le sue capacità intellettive ha lottato per integrarsi in quel mondo (chi è del giro sa) così duro e ristretto degli artisti, e delle gallerie; un campo difficile, e ancor peggio, in una città come Firenze: culla dell’Arte Italiana.
    Uno spirito così libero ed estroverso come Gino non avrebbe mai accettato di fare altro. A volte partecipava a progetti di architettura (ha arredato case di illustri personaggi a Roma, a Parigi, in Spagna ecc.) ma esclusivamente per ragioni economiche: preferiva dedicare il suo tempo e le sue energie alle sue sculture, alle sue opere la cui rendita economica, come sempre accade per l’arte in genere, si proietta quasi sempre in un futuro estremo.
    Ci auguriamo che quanto prima molte sue opere rimesse sul vagone (anzi su più di un vagone) di un treno tornino a Noha. E che presto trovi giusta collocazione nella storia, nell’arte e nella leggenda anche Gino Tarantino e la sua opera, finalmente catalogata e rivalutata.
    Purtroppo, dobbiamo constatare ancora una volta che anche per Gino Tarantino vale la legge della morte quale condizione necessaria per l’immortalità della fama!

    * * *

    A mo’ di notizia in anteprima (questa non è storia, non è attualità è futuro… prossimo) vi comunico che con un gruppo d’amici abbiamo dato vita ad una redazione che sta per dare alla luce un nuovo periodico (di cui non conosciamo, pensate un po’, neanche la periodicità!) on line dalla testata che suona così: L’OSSERVATORE NOHANO. Somiglia per assonanza, ma solo per assonanza all’altra testata ben più famosa: l’organo della Santa Sede. Ma rispetto a quello il nostro è di matrice puramente laica. Rispetteremo la chiesa cattolica così come rispetteremo, né più né meno, le altre Istituzioni.
    Abbiamo dedicato il primo numero a Gino Tarantino, del quale vorremmo poter emulare la libertà del pensiero e dell’azione (sempre nel rispetto degli altri, s’intende). Potete accedere al nostro Osservatore attraverso il sito www.Noha.it e buona navigazione. Come dicevo non sappiamo dove tutto questo potrà portarci: a noi interessa partire con entusiasmo e dirigerci ed andare là dove ci porterà il cuore.

    * * *

    Lo strumento portentosissimo di cui vi parlavo all’inizio di questa mia relazione che volge al termine (vi ricordate quando dicevo: non fa scienza sanza lo ritener l’aver inteso?), dunque questo strumento è (non poteva essere altrimenti) un libro. Il libro scritto a quattro mani dal sottoscritto e da Padre Francesco: il titolo: “Noha. Storia, arte e leggenda”. Un libro prezioso, per il contenuto, e pregiato per il contenitore. Che questa sera chi lo volesse potrebbe farlo ad un prezzo speciale. Prezzo speciale Università Popolare 30 euro, anziché 35.
    Ma non voglio fare la Vanna Marchi della situazione. E non vorrei approfittarne. Se lo volete me lo chiedete. Altrimenti non fa nulla.

    *

    Cari amici concludo.
    Questa sera vi ho parlato di Noha.
    Ve ne ho parlato per contribuire solo un poco alla sua conoscenza. Perché si sa che la conoscenza è condizione necessaria (e sufficiente, dico io) per il rispetto e per l’amore dei luoghi, delle persone e della loro storia.
    La conoscenza ci rende un po’ più umili. E l’umiltà ci permette non di giudicare, non di guardare dall’alto verso il basso, ma di guardare dentro, di sintonizzarci, di imparare, di capire, di rispettare.
    Solo con questi atteggiamenti miglioreremo: e staremo bene con noi stessi e con gli altri.
    Mi auguro che non pensiate soltanto che Noha sia come la cronaca nera ci fa leggere sui giornali soltanto la cittadina della mafia o della sacra corona unita. Non è questo. Non è solo questo. Come ho cercato di raccontarvi fino a questo momento.
    Mi auguro dunque alla fine che amiate un po’ di più Noha, i suoi monumenti, la sua storia, i suoi abitanti, e - se questa serata non v’è dispiaciuta affatto – anche chi vi ha parlato finora, tenendovi incollati o inchiodati alla sedia.
    Se invece fossi riuscito soltanto ad annoiarvi: guardate non l’ho fatto apposta!

    Grazie.

     
    Di Redazione (del 25/03/2017 @ 15:13:00, in Comunicato Stampa, linkato 1086 volte)

    Tutto pronto per questo incrocio da brividi nel cuore del Salento, i forti cugini del Taviano lanciatissimi nelle zone alte della classifica hanno come obiettivo di centrare i play-off, dunque restare attaccati al secondo posto in scia dell’irraggiungibile Gioa del Colle che in questo campionato pare non avere rivali..!

    Dall’altra parte della rete Buracci & Co invece devono correre per non cadere nelle sabbie mobili della retrocessione, i nostri hanno già utilizzato il bonus della partita di vantaggio conquistata a Cerignola perdendo in casa contro il forte Ostuni nell’ultima gara casalinga. Senza girarci troppo intorno, per non sentire il fiato sul collo delle nostre inseguitrici a Taviano c’è da scrivere la storia! Sarebbe quella svolta che mister Stomeo forse ancora non è riuscito a centrare in questo tostissimo campionato, fermo restando che l’ottimo operato del nostro mister non è minimamente in discussione! Siamo pur sempre una matricola e navigare in zone semi tranquille in questo campionato non è semplice, nel girone H del campionato maschile ogni squadra può insidiare qualsiasi avversario, ovviamente da questo discorso dobbiamo escludere il Gioia che non ha mai perso!

    Domenica al William Ingrosso di Taviano ci sarà spettacolo, un derby incandescente dai mille risvolti, ognuno con le sue aspettative, speriamo di riuscire a far fare un piccolo passo falso ai nostri cugini, con l’augurio che in fondo a questo campionato entrambe queste bellissime realtà possano raggiungere il loro personale obiettivo! Forza Olimpia!

    ufficio stampa

    Olimpia Galatina

     

    Il libro che sottoponiamo alla Vostra attenzione si intitola “Alla Vita e per La Vita”  ed è un’opera desiderata della maestra Ada Palamà, innamorata della poesia e della gioia che con essa colora la vita. 

    Vi chiediamo di regalarci un'oretta del vostro tempo per condividere insieme “un atto di pace”, così come dice Pablo Neruda.

    L’evento è organizzato da Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha, che si adopera per la salvaguardia dell’ambiente, in collaborazione con cuore e Mani aperte verso chi soffre, che si prodiga per alleviare le sofferenze fisiche e sociali dei più bisognosi.

    Alla fine della presentazione di “Alla Vita e per La Vita “, vi invitiamo al piccolo buffet e a brindare con noi alla bellezza della poesia e “Alla Vita e per La Vita”.

    Fareambiente Laboratorio di Galatina-Noha

     
    Di Russo Piero Luigi (del 22/12/2018 @ 15:07:11, in Comunicato Stampa, linkato 1554 volte)

    Prenderà il via mercoledì 26 dicembre p.v., a partire dalle ore 16.30, la quinta edizione dell’evento “La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa” organizzato dall’Amministrazione Comunale di Galatina (Assessorato alle Attività produttive e commerciali) e dall’Associazione “Quelli di piazza San Pietro”.

    La manifestazione vuole ricreare un clima fiabesco dove i bambini non solo osservano e ascoltano, ma sono protagonisti, con la loro creatività ed il loro intuito; i piccoli visitatori entreranno nel fantastico mondo delle meraviglie. Come per magia l'intera piazzetta verrà trasformata in uno spazio a misura di bambino.

    Immersi in un mondo sorprendente con alchimisti, apparizioni di maghi, trampolieri e mangia fuoco, esibizioni di artisti e allestimento di laboratori che faranno di ogni bambino il protagonista assoluto della grande festa notturna.

    Un’intera serata dedicata ai più piccoli e alle famiglie che trasforma il Rione Italia in un immenso parco divertimenti con tante attrazioni che soddisfano ogni gusto ed immaginazione.

    Inoltre, in occasione de "La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa" del prossimo 26 dicembre verranno raccolti fondi per l’Associazione di Volontariato “cuore e mani aperte verso chi soffre” di Don Gianni Mattia, cappellano ospedaliero del Vito Fazzi di Lecce, che gestisce la Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia

    A questo punto mancate solo voi!!!

    Piero Russo

     
    Di Antonio Mellone (del 06/03/2016 @ 15:06:26, in NohaBlog, linkato 2660 volte)

    Conosco un anziano signore del mio paese, un contadino, un tipo di poche parole. Un giorno quest’uomo mi raccontò la sua personale tragedia. Lo fece nel suo stile laconico, tacitiano anzichenò, con le sue frasi lapidarie. Ne parlava con commozione mentre più di una lacrima imperlava i suoi occhi, ma senza rancore né ferocia.

    Nel 1943, durante la seconda grande guerra, era stato soldato prima a Chiavari (Genova), poi in Grecia da aprile a settembre. Aveva da poco compiuto 20 anni.  

    Con l’armistizio dell’8 settembre dello stesso anno, gli ormai ex-alleati tedeschi “invitarono” la sua guarnigione a deporre le armi. Subito dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle schiere dell'esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il dieci per cento della truppa accettò l'arruolamento. Gli altri vennero considerati “prigionieri di guerra”.

    *

    Fu così che questo uomo, insieme alla maggior parte dei suoi compagni, fu costretto a salire su di un treno merci, o meglio su dei sovraccarichi vagoni-bestiame adattatati alla bisogna.

    Il convoglio dopo oltre un mese di viaggio attraverso i Balcani giunse finalmente a Berlino. Berlino-Spandau per la precisione, un quartiere della zona occidentale della città, sulle rive del fiume Havel presso le foci della Strea. Lì era stato allestito un campo di concentramento nazista, o lager, come si diceva in tedesco.

    Per quest’uomo non fu valida nemmeno la Convenzione di Ginevra, quella che prevedeva le tutele da parte della Croce Rossa Internazionale. Le SS, infatti, nella loro viltà, decisero arbitrariamente di non rispettarla, derubricando il suo status da “prigioniero” a “internato” (IMI = Internato Militare Italiano), azzerando in tal modo ogni straccio di diritto umano. Stessa sorte per i suoi commilitoni.

    Per due anni il suo mondo fu un enorme campo di lavori forzati, di torture, polizia ed esecuzioni capitali; la sua dimora, una baracca di legno con brande di tre piani per una ottantina di posti letto non sufficienti per tutti. Si dovevano fare i turni anche per dormire.

    Per tutto il tempo della prigionia, il suo abbigliamento fu la divisa estiva con la quale era stato catturato in Grecia, insufficiente e del tutto inadatta ai duri inverni berlinesi. Molti suoi compagni non sopravvissero al freddo, alla tubercolosi, alle polmoniti. Ma soprattutto agli stenti, alle vessazioni, agli abusi. E alle esecuzioni.

    Il suo lavoro forzato fu la produzione del carbone dal legname, in una specie di altoforno. Il suo rancio quotidiano, le “rapeste” bollite. “Ogni giorno la stessa razione di rapeste” – mi dice. Ma sovente anche alcuni scarti di refettorio delle truppe del terzo Reich racimolate nelle immondizie, bucce di altri tuberi, qualche patata cruda rinvenuta chissà dove, e talvolta lumache cacciate in giro. Il pane era nero, quando c’era, ed era solo un tozzo da mettere sotto i denti tra i fumi dell’altoforno.

    I suoi dialoghi interiori erano con i ricordi e con i suoi sogni di ventenne.

    *

    La liberazione arrivò l’8 maggio del 1945. Gli dissero di correre nella direzione indicata, verso l’esercito alleato. Si mise a correre, per quel che poteva, aiutandosi con un carrello con due ruote, come quelli porta-spesa, nella cui borsa, non ricorda come, aveva salvato un po’ di riso. Nel sua corsa sulle rive del fiume Havel - mi racconta – fu raggiunto e agguantato da un soldato nazista. Il tedesco gli saltò addosso. Caddero entrambi nel fiume, e con loro anche il carrellino e “quella francata di riso”.

    Impiegò quattro mesi per rientrare finalmente a casa. Giunse a Noha il 7 settembre dello stesso anno, vigilia della solennità della Madonna delle Grazie, compatrona di Noha. Lo ricorda benissimo, quest’uomo, non fosse altro per il fatto che, all’indomani, la sua famiglia aveva programmato la vendemmia, alla quale, ancorché neo-liberato, il “figliol prodigo” non poteva sottrarsi.

    *

    Aveva sofferto molto, quest’uomo, e tuttavia non ha mai inveito contro il suo aguzzino.  Emaciato a tal punto che al ritorno in patria pesava appena quarantacinque chili, quest’uomo aveva riottenuto la libertà ma portava ancora i segni di quell’esperienza chiusa in fondo al cuore. Aveva perso chili, la parola e il sorriso. Ma non la dignità.

    Oggi nessuno può fargli prepotenza più di quanto è già stato offeso dal nazi-fascismo.

    E nulla di tutto ciò che accade all’uomo, per quanto terribile sia, può essere detto inumano. Purtroppo.

    *

    Pur sempre di poche parole, questo signore è l’uomo più buono del mondo, non farebbe male nemmeno ad una mosca, si accontenta di quello che ha, non lascia mai nel piatto nemmeno una briciola, non ha mai voluto la pensione integrativa, che pure gli sarebbe spettata per la prigionia nel lager: dice che gli basta e gli avanza quella della previdenza sociale di 540 euro mensili.

    *

    Oggi ha sempre il volto sorridente, legge i libri che gli passo, tiene il suo orto in campagna, ma più per gli altri che per sé, va ogni sera al circolo cittadino, è innamorato come il primo giorno di una donna bellissima, compagna di vita e madre dei suoi figli.

    Molti suoi pari più sfortunati, soprattutto quelli allora massacrati nei campi di sterminio dalla pazzia del nazi-fascismo in quanto ebrei, rom, omosessuali o minorati non hanno mai potuto raccontare le loro storie ai propri figli. Lui, il suo dì tardo traendo, è riuscito a raccontarmela tutta, questa storia, anche se a tratti.

    Io mi reputo molto fortunato di aver raccolto questi fatti dalla sua viva voce. Sì, perché questo uomo taciturno è il mio orgoglio: si chiama Giovanni, e a maggio compie 93 primavere.

    Quest’uomo è mio padre.

    Antonio Mellone

     

    P.S. 1
    Ringrazio il collega Adolfo Cavallo per avermi presentato e quindi prestato il volume “I deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti” di Pati Luceri (Grafiche Giorgiani, Castiglione d’Otranto, 2015). Si tratta di un monumentale lavoro di studio e catalogazione di 7368 schede biografiche, la maggior parte tratte dai 35.000 fogli matricolari consultati dall’autore per la sua ricerca. In questa Bibbia sulla sofferenza inferta ai salentini dai regimi nazifascisti ho rinvenuto la scheda di mio padre, dnl - deportato nel lager.

    P.S. 2
    I regimi fascista e nazista si sono tradotti in sofferenze e in migliaia, milioni di morti per fame, gasificazioni, forni crematori, deportazioni, esperimenti medici.
    La responsabilità di tutta questa violenza sta nel potere del capitalismo che ha sottomesso vieppiù le classi subalterne, servendosi degli autoritarismi e dei totalitarismi di Mussolini e Hitler, due dittatori che hanno governato con olio di ricino, manganelli, carri armati, omicidi ed eccidi, sottomettendo l’uguaglianza e innalzando a costituzione la discriminazione, l’odio razziale, l’intolleranza, la soverchieria, la barbarie.

    Io non mi spiego l’esistenza dei cosiddetti “revisionisti” che negano l’esistenza dei campi di concentramento, di lavoro e sterminio, nonostante la copiosa documentazione e le innumerevoli testimonianze dirette (non ultima, quella di mio padre). Né riesco a capire i sedicenti “nostalgici”. Non capisco cioè come si possa aver nostalgia di chi ammirava incondizionatamente il cosiddetto ordine nuovo: la mistificazione dei treni in perfetto orario, l’unisono dei giornali e della radio, l’autorità rispettata, la religione tutelata, gli oceanici raduni nel corso dei quali tutti applaudivano le stesse parole e la stessa persona, i tanti personaggi dai cervelli vuoti in vestito d’orbace, i cortigiani (di cui ancor oggi c’è sovrabbondanza). Non riesco a capire come mai oggi possano esistere ancora dei servi sciocchi dispensati dal pensiero. Oltre che della convinzione che il fascismo sarebbe stato grottesco, una vera buffonata, se non fosse stato tragico.

    P.S. 3
    Vi invitiamo a segnalarci altri nominativi di Noha deportati nei lager nazifascisti. Mentre veniva pubblicato questo articolo, ne abbiamo rinvenuto un altro di Gabrieli Pasquale, liberato dai partigiani e poi combattente per la liberazione nella divisione partigiana Garibaldi.

     

     

    P.S. 4
    Scheda di Barrazzo Paolo, Noha 23/12/1912

     

     

     

     

     
    Di Albino Campa (del 15/07/2010 @ 15:04:31, in Fotovoltaico, linkato 3986 volte)



    Uno slogan pieno di grandi significati. E' il titolo del programma amministrativo presentato dal nostro neo-eletto Sindaco, dott. Giancarlo Coluccia. Lo si può leggere nel Galatino n. 10 del 28 Maggio scorso. Gli impegni dichiarati riguardano soprattutto l'ambiente. Il nostro Sindaco promette il mantenimento delle bellezze paesaggistiche, compreso il centro storico di Galatina (noi speriamo anche delle frazioni), del basolato, delle piste ciclabili dentro la città e nei percorsi di congiungimento con le frazioni, della viabilità. A proposito dell'ambiente, il nostro Sindaco, si sofferma molto sul tema dell'energia: …uno dei settori strategici per un futuro eco-efficiente e ambientalmente compatibile;… installare su tutti gli edifici pubblici impianti fotovoltaici;…ridurre i costi energetici della pubblica illuminazione con impianti ad energia solare; dotare i cimiteri di Galatina e delle frazioni di impianti fotovoltaici… L'articolo prosegue considerando nuove soluzioni al problema del randagismo, dell'approvvigionamento dell'acqua potabile, di una migliore ripartizione della tassa sui rifiuti premiando chi ne produce meno, ecc. Grandi idee e ottimi propositi! Ma, ahimè, appena eletto il nostro Sindaco si ritrova a dover rispondere di decisioni prese dai suoi predecessori, e confermate dal Commissario Prefettizio, sul fenomeno del fotovoltaico per piccole e grandi estensioni. La richiesta fattagli da un numeroso gruppo di cittadini è quella di fermare lo scempio di quasi 100 ettari di campagna ricoperta da pannelli fotovoltaici, in zona Roncella, Vernaglione e Gamascia. Un'area equivalente a circa una novantina di campi da calcio. Dalla mappa territoriale si evince chiaramente l'enorme estensione delle aree prestabilite dal P.E.C. (Piano Energetico Comunale) e l'eccezionale vicinanza all'abitato, anche se spezzettate in piccoli appezzamenti. Inoltre le case di molte vie a nord di Noha: v.Tito Lucrezio, v. Giovenale, v. Q. Ennio, v. Catullo, ecc., avranno le finestre con vista panoramica direttamente sul campo n. 037 di circa 25 ettari di fotovoltaico. Il panorama si avrà ancora più diretto sulle case del comparto 4 appena questo verrà realizzato. Sia il Consiglio Provinciale di Lecce che il nuovo Piano Paesaggistico Regionale (Deliberazione G.R. 20,10, 2009 n. 1947) denunciano il divieto di localizzazione su suolo di impianti fotovoltaici in aree tipicizzate come agricole, e cioè di campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità, vigneti, uliveti, ecc. Le nostre aree sono tutto questo: campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità! Le due linee guida dicono anche che l'area riservata all'impianto deve risultare un terzo della proprietà mentre i restanti due terzi devono continuare a rimanere di uso agricolo. L'art. 41 della Costituzione sancisce che l'iniziativa economica privata è libera, ma che tuttavia non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (quanto a sicurezza, vista la presenza di molte abitazioni nel raggio di poche decine di metri, le aree in questione non sono, forse, conformi). La fine dei combustibili fossili, petrolio in testa, sarà una grande conquista. Ma questo non vuol dire tappezzare la terra di pannelli fotovoltaici, pale eoliche, trasmettitori di telefonia e televisione, pubblica o privata che sia, se non regolati e disciplinati con sobrietà e onestà. Il fotovoltaico è nato per salvare il territorio e non per distruggerlo. Gli impianti vanno fatti su aree già deturpate, tipo capannoni, zone industriali, cave, depositi di rifiuti su cui tanto non si potrebbe fare altro, sui tetti delle case, sulle aree cimiteriali, ecc. Mai sulla campagna ancora in uso! Sui due appezzamenti attigui tra loro, quelli più grandi, pari a circa 60 ettari in totale e indicati in mappa con le sigle 035 e 027, mentre ci raccontiamo di giustizia e ripartizione equa dei beni comuni (e il territorio è un bene comune), le ruspe e gli operai delle imprese costruttrici, con il benestare del Commissario Prefettizio, dott. Capuano (vedi Atto n. 78 del 16-02-2010 fruibile sul sito del Comune di Galatina), stanno dando inizio al sacrificio della nostra terra. Di questo sacrificio non sappiamo quanto sarà il bene restituito ai cittadini residenti, ad esclusione di particolari "convenzioni" con l'impresa costruttrice, come per esempio quella per la ristrutturazione del canile in forma appunto di donazione di una cifra pari a 192.000 euro e degli utili che serviranno a rimpinguare le casse del Comune. Da una ricerca di mercato il costo dell'impianto di un MW su grandi estensioni pare equivalga a 4 milioni di euro, se moltiplichiamo la cifra per i cento MW previsti capiamo di che cosa si sta parlando. Di certo sappiamo che, secondo il progetto, impregneranno l'area della nostre contrade di veleni affinché non crescano più alcun tipo di piante, con un forte rischio per le falde sotterrane. Di certo sappiamo che saremo privati di una natura meravigliosa e offesi dalla vista di 60 ettari di iniezioni di cemento e stagnola riflettente. E' certo che non siamo sicuri di essere esenti da nuove forme di tumori causate dai campi magnetici prodotti dai due mega impianti. La Sezione Salentina di "Italia Nostra", che difende il territorio da questo scempio anti-amore per la natura, sostiene che ci sono forti rischi per l'equilibrio del micro clima e la fauna. Per certo nessun turista verrà nel nostro Salento a portare lavoro per i nostri figli e ancor meno per visitare distese interminabili di ferraglia e silicio. Dopo aver risparmiato, volenti o dolenti, la nostra terra dallo scempio dell'industrializzazione (tranne, per fortuna, poche realtà, come l'Ilva di Taranto, l'Enichem di Brindisi, Colacem di Galatina, ecc.), con gli stenti e le fatiche di generazioni intere di emigranti, roviniamo l'attimo di magia che il Salento sta vivendo come fonte di turismo e di lavoro, colmandolo di pannelli fotovoltaici, biomasse e pali di ogni tipo!? Ma la cosa che più crea allarme nella gente è la quasi totale assenza di informazione sulla straordinarietà di tale evento. Visto che il P.E.C. è già stato preparato, ed anche attuato, sarebbe corretto e doveroso da parte dell'A.C. renderlo pubblico. Condividerlo non solo tramite i meandri contorti del net work Galatinese, che forse pochi praticano, ma con un semplicissimo manifesto di carta, magari riciclata, esposto nella bacheca in piazza, la stessa dove vengono affisse lusinghe e promesse dei candidati al tempo delle elezioni, con spreco di costi altissimi. Se non conosciamo i propositi programmati dai nostri geniali delegati e tecnici per la cura del nostro territorio, è lecito l'allarmismo di chi come noi, semplici cittadini e popolo sovrano, è continuamente bombardato dalla comunicazione (e speriamo che duri e non venga imbavagliata) che denuncia raggiri, speculazioni, e sprechi provenienti dalle personalità più insospettabili e insite a tutti i livelli, sia locali che nazionali. Se la corsa all'abbruttimento del territorio e della salute pubblica non viene regolata con determinazione e coraggio continueremo a piangere ogni giorno i tanti morti di tumore del nostro territorio, in quello che invece dovrebbe essere il cuore palpitante e salubre dell'intero Salento. Non ci appelliamo solo alle regole, che ci sono e andrebbero rispettate e non raggirate, ma soprattutto al buon senso dei nostri amministratori e degli addetti ai lavori.

    Marcello D'Acquarica

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 17/08/2015 @ 15:01:43, in NohaBlog, linkato 2840 volte)

    Tutti fieri di essere salentini. Quando arriva l’estate e i turisti invadono le nostre terre e i nostri mari come orde di barbari, sono tutti intenti a postare su facebook il loro orgoglio salentino. Tutti esperti operatori turistici, tutti amanti della natura, tutti impazienti di dichiarare le loro origini meridionali. Nel Salento i pasticciotti, il mare, le belle spiagge, le discoteche, le feste patronali, le sagre, la taranta, il vino, la pizzica, i tamburelli, gli agriturismi, le masserie, gli ulivi, la natura selvaggia, i mercati, il caldo, il sudore, l’afa. E poi? A parte le friseddre, il caffè in ghiaccio con latte di mandorla, i calzoni e la cupeta, di cosa dovremmo ancora essere orgogliosi? Basta farfugliare che noi del sud siamo gente ospitale, alla mano, di buon cuore? Basta veramente questo per accrescere in noi l’orgoglio? A me tutto questo va bene. Ma c’è un però. È il “però non basta”. Mi spiego. A me non basta che mi si dica che il Salento ha un bel mare o che d’estate in Salento ci si diverte. Perché, a prescindere dal giudizio affrettato di qualche turista, vorrei essere orgoglioso della mia terra anche per altro. Infatti, mi chiedo come mai nessuno esprima la sua fierezza nell’appartenere ad una terra dove, per esempio, funzioni l’amministrazione pubblica. Oppure, ad una terra dove non ci sia immondizia per le strade, o dove la maggior parte dei giovani abbia un’occupazione degnamente retribuita. Semplice, non si è fieri perché tutto questo non c’è. Come mai nessuno posta su facebook l’orgoglio di appartenere ad un terra dove non ci sia criminalità, dove non ci sia inquinamento, dove chi lavora dodici ore al giorno non venga assicurato per due ore giornaliere? Sarei più fiero di appartenere ad una terra dove la gente non muoia nei campi sotto il sole cocente per due o tre euro. Di questo si, sarei veramente orgoglioso. Oppure sarei orgoglioso se quelli amministratori, che vogliono essere chiamati “onorevoli”, fossero dotati di buon senso. Non dico istruiti, sarebbe chiedere troppo, ma almeno di sani principi. Perché avere le ville e presentare una dichiarazione dei redditi pari a zero non è proprio un buon principio. Oppure, costruire laddove non si può e poi condonare il tutto, neanche questo è di buon senso. O ancora, nel far costruire un porto o un centro commerciale, oppure nel farsi distruggere la costa per far passare un gasdotto in cambio di un posticino di lavoro part time per il proprio nipotino, in questo non c’è proprio nulla di cui esserne orgogliosi. Piuttosto che sentirsi tanto fortunati ad appartenere ad una terra che potrebbe essere veramente una geniale fonte redditizia senza specularci su, ci dovremmo rimboccare le maniche affinché, se orgoglio deve essere, che sia almeno per qualcosa di realmente degno di soddisfazione. Perché il problema è che a settembre, quando i turisti se ne vanno, davanti a chi piazziamo i nostri finti sorrisi di gente falsamente fortunata? Allora, lasciamo stare le correnti di appartenenza. Che tacessero tutti questi renziani, dalemiani, berlusconiani, leghisti, clericali, burocrati e improvvisati imprenditori da strapazzi. E non si tratta di essere pessimisti o ottimisti, o “gufi”, come dice qualcuno. Qui non si gufa contro nessuno. Qui si tratta di dire le cose come stanno. Altro che riforme copernicane, come dice Matteo Renzi. Qui, di Copernico, c’è solo il termine “teoria”. Perché di teorie si tratta. Ma di fatto non c’è nulla. Non c’è l’incremento di occupazione (quello che propinano come aumento degli occupati è solo un fattore ciclico, gli esperti lo sanno), non c’è abbassamento della povertà, non c’è aumento dell’aspettativa di vita, il prodotto interno lordo non indica la nostra felicità seppur oscilla sempre intorno allo zero, non c’è aumento dei risparmi e non c’è abbassamento degli indebitamenti. La conclusione è che non c’è nulla di nuovo perché, a prescindere di quello che dica Renzi, le riforme non le ha fatte nessuno. Nessuno le ha viste e nessuno sa cosa siano. D'altronde, di vere riforme, tranne quella che fece Lutero, l’Italia, non è ha mai viste. E non illudetevi, non le vedrà neppure con Renzi. E non perché Matteo non le voglia, ma per il semplice fatto che non sa neppure come si faccia una riforma. E nonostante questo, la parola maggiormente pronunciata da lui è proprio questa, “riforma”. Ma se a casa vostra, in tasca vostra, non è cambiato nulla, o è cambiato in peggio, significa che nessuna riforma c’è stata perché, se così fosse, i cambiamenti gli avreste visti, e sarebbero stati certamente a vostro favore. Ma così non è. E se avvistate qualcuno fare la bella vita, chiedetevi se è veramente frutto del suo sacrificio, farina del suo sacco. Perché di gente che ostenta ciò che non si è meritato, ne è pieno il mondo. E non mi si dica che bisogna trovare il modo di tirare la carrozza. Perché se qualcuno lavora a nero, a discapito di chi paga anche l’aria che respira, oppure qualche professionista presta la sua consulenza incassando fior di quattrini e non rilasciando neppure una ricevuta, sappiate che quella non è cosa buona e giusta. Lascia stare gli ottanta euri che hanno tolto a me e hanno dato a te. Quelle non sono riforme, sono prese per il c… collo. Io quest’anno ho deciso di fare le ferie a settembre, con la speranza che tutta questa vanagloria si sia un po’ attenuata e anche la mia gente sia tornata con i piedi per terra. Perché di questi tempi è facilissimo perdersi nel firmamento del cielo come palloncini gonfiati con elio. La vita è un’altra cosa. Perché, quando smontano le luminarie della festa per santa Domenica, tuo figlio continua a non avere un lavoro per poter vivere serenamente. A proposito, una riforma che non dia serenità alle persone, non è una riforma. Basta chiacchere allora, vale anche per te Renzi. Io una volta ero quasi riuscito a vendere palline di plastica gonfiate ad aria, e le stavo vendendo spacciandole come aria santa di Gerusalemme. Ma ero piccolo e stupido. Tu non fare lo stesso, perché qui si tratta di una Nazione. Quanto a noi, invece, se dobbiamo vantarci di qualcosa, facciamolo almeno per quello che pensiamo noi e non per quello che dicono gli altri, perché la notte della taranta finisce con il concertone di Melpignano e tutti i nostri che hanno ballato nelle piazze, è li che rimangono dopo, sulla piazza, a prostituirsi per un vaucher che Renzi osa chiamare Lavoro.

    Fabrizio Vincenti
     

    Dal 4 Aprile al 2 Maggio, per cinque settimane consecutive, ogni lunedì (dalle 14.45 alle 15,28 circa) Gianmaurizio Foderaro curerà e condurrà Radiounomusica Special Musicultura, un programma cucito addosso, per l’appunto, su Musicultura. Ogni volta tre quarti d’ora per ascoltare i brani finalisti, familiarizzare con i rispettivi autori, accogliere a sorpresa le testimonianze di colleghi che ce l’hanno fatta, non che le impressioni degli studenti delle Università di Macerata e di Camerino, che seguono da vicino tutto l’articolato iter selettivo del concorso.
    Ma c’è anche un secondo appuntamento con gli artisti finalisti di Musicultura, che sempre su Radio 1, per cinque sabati consecutivi (dal 9 Aprile al 7 Maggio) saranno ospiti e protagonisti di Stereonotte.
    Nel periodo di programmazione radiofonica, Il pubblico potrà approfondire ulteriormente la conoscenza di questi artisti visitando i siti web www.radiouno.rai.it e www.musicultura.it, dove troverà anche le indicazioni complete per votare la canzone preferita e scegliere così due degli otto vincitori.
    I numeri a disposizione, da completare aggiungendo il codice dell’artista prescelto sono: 899.03.03.36 da telefono fisso, e 47.70.776 per gli sms, entrambi attivi dalle ore 14,45 di lunedì 4 Aprile. L’introito del televoto (dedotti i costi del servizio) sarà devoluto alla Comunità di Sant’Egidio a sostegno delle adozioni a distanza.
    Le canzoni di Musicultura 2011 sono pronte a debuttare anche sulle frequenze di Rai Italia Radio, che le rilancerà oltre confine. Da lunedì 11 aprile, sarà Rossella Diaco a curare la programmazione dei sedici brani e le interviste ai loro autori nell’ambito di Taccuino italiano e di Notturno italiano.

    Il brano di CARMINE TUNDO in arte ROMEUS  che ha presentato al FESTIVAL di MUSICULTURA 2011 dall' 11 Aprile sarà in onda su RADIO RAI 1

    Il giudizio di Musicultura:

    Un linguaggio asciutto e moderno con sonorità ben selezionate ed una parte interpretativa che riesce a dare una giusta lettura dell’atmosfera che si respira.

     

    Testo del brano:

    Cosa vuoi che sia
    un’altra splendida illusione
    la capacità di perdersi dentro un errore
    cosa vuoi di più
    di un cuore aperto ed un coltello
    per andare giù più in fondo dritto nel cervello...

    Cosa vuoi da me, un’ulteriore umiliazione
    è già volato via tutto il mio orgoglio e il mio pudore
    e invece di andar via rimango aggrappato
    a quell’effimera bugia di non averti mai perduto...

    Sarà il freddo che fa, o questa pioggia che scende
    sarà la nostalgia delle tue caviglie stanche
    sarà la tua semplicità che ti rende importante
    sarà quel che sarà ma qui, qui non cambia niente...

    Cosa ancora vuoi da me,
    mi hai ridotto ad un leone in gabbia
    un tempo un grande re
    ed ora senza artigli e senza un regno
    cerca su di te, come un fantasma di placar la fame
    sopravvivere di anche un bacio, per non affogare...

    Sarà il freddo che fa, o questa pioggia che scende
    sarà la nostalgia delle tue caviglie stanche
    sarà la tua semplicità che ti rende importante
    sarà quel che sarà ma qui, qui non cambia niente...

    Sarà che ti amo ancora e che ti sto perdendo
    sarà che il mondo brucia e tutto sta crollando
    e quello che rimane in piedi è solo una stupida bugia
    solo vita che entra dentro mentre tu scivoli via...

    Sarà che ti amo ancora e che ti sto perdendo
    sarà che il mondo brucia e tutto sta crollando
    e quello che rimane in piedi è solo una stupida bugia
    solo vita che entra dentro mentre tu scivoli via...
    solo vita che entra dentro mentre tu scivoli via...
    scivoli via...

     
    Di Albino Campa (del 29/11/2008 @ 14:54:38, in Eventi, linkato 3813 volte)
    Eccovi di seguito gli atti del convegno per la presentazione del libro "Il sogno della mia vita" di don Donato Mellone che ha avuto luogo nel salone del circolo culturale "Tre Torri" di Noha il 18 ottobre scorso, nell'ambito della rassegna nazionale Ottobre piovono libri. Noi di Noha.it ovviamente eravamo presenti.



    Presentazione del libro

    Il sogno della mia vita”


    (Circolo culturale Tre Torri – Noha, 18 ottobre 2008)


    Buonasera a tutti e benvenuti a questa manifestazione in cui parleremo di libri.

    Questa serata rientra in un cartellone che ormai esiste dal 2006, e nel quale proprio dall’inizio io ho avuto l’onore di far parte per esserne stato sempre invitato come relatore. La rassegna si chiama: “Ottobre piovono libri. I luoghi della lettura.” Sottotitolo: “Il Salento ed altre storie”.

    Questa manifestazione, come avrete visto dal manifestino, è promossa in collaborazione con tante istituzioni che non sto qui ad elencarvi, e comprende presentazioni di libri, maratone di lettura, bookcrossing (cioè incrocio o scambio di libri), letture di brani nelle chiese, nelle scuole, nelle biblioteche, nei parchi, e anche negli ospedali o nelle carceri o negli autobus, ecc.

    Questa sera siamo in un circolo culturale. Il circolo culturale “Tre Torri” che ringraziamo per l’ospitalità.


    *


    Permettetemi ora di aprire una parentesi e la chiudo subito. Qualcuno m’ha chiesto: a che serve la presentazione di un libro?

    Vi dico intanto cosa è la presentazione di un libro. La presentazione di un libro è una specie di battesimo del libro. E la si può fare anche più volte. Solo che la seconda volta anziché chiamarsi battesimo, si chiamerà magari cresima.

    La presentazione di un libro la si può fare anche se il libro è già conosciuto e, come in questo caso, sia già in circolazione da tempo.

    Un libro vive di vita propria. Una volta messo in circolazione non ha più bisogno dell’autore. Però un libro, come una persona ha bisogno di momenti comunitari, magari di festa.

    Sicché la presentazione di un libro che come sapete potrebbe essere fatta in televisione, in casa tra amici, in un oratorio, in piazza, o in un circolo culturale, come stasera, deve essere semplicemente un momento di festa.

     

    E qui siamo ad una festa, c’è anche il video, c’è la musica (dal vivo, grazie Maestro e grazie e bravi ragazzi!), c’è l’ospite o la madrina della serata, la Giuliana Coppola, dopo ci sarà anche un rinfresco, e tutti voi alla fine avrete anche una piccola immagine in dono: la bomboniera. Ecco cos’è la presentazione di un libro. Una festa necessaria. Che serve al libro in sé, e non necessariamente all’autore o al curatore o all’editore.

    Un’ultima cosa brevissima sul concetto di “evento culturale”. Si è parlato di evento culturale, lo avete anche letto sull’invito o sul manifestino. Ma volevo farvi capire che la cultura non è l’evento in sé, che è qualcosa che passa: la cultura è quello che rimane dell’evento. Se di un evento non rimane nulla, allora è meglio non farlo. Di questo evento spero vi rimanga qualcosa. A me certamente rimarrà molto. Chiusa la parentesi.

     

    * * *




    Io vi presenterò un libro la cui edizione è fresca anzi ancora calda di torchio (è uscito infatti nel mese di giugno di quest’anno) ma di fatto si tratta di un libro che era già stato scritto in diversi anni - una cinquantina circa - a partire dagli anni quaranta del secolo scorso.

    Si tratta di un libro i cui paragrafi erano già scritti e sparpagliati in fogli di quaderni trovati per caso. Sicché il mio lavoro è stato come quello per esempio del cuoco (sul libro ho scritto “del sarto”, ma dovevo trovare un’altra metafora per non ripetermi), un cuoco che ha già gli ingredienti a portata di mano e si diletta a preparare a sperimentare un nuovo piatto con una combinazione inedita di elementi noti, mettendoci un po’ di sale ed anche un pizzico di pepe.

    Il cuoco di un libro si chiama “curatore”. Il curatore è colui che cerca di legare le parti di un libro, cerca di spiegare, di mettere in relazione, di commentare, di ricordare, di narrare qualche aneddoto; in questo caso è quello che ha scelto la copertina, il carattere, le dimensioni del volume, le foto, i colori, la carta del libro, l’impaginazione, gli spazi tra un rigo e l’altro, e molte altre cose.

    Chi di fatto ha scritto il libro invece è l’autore.

    Dunque questo libro, diciamo, per l’80% non è stato scritto dal curatore (cioè io che avrò al massimo scritto il restante 20%), ma dall’autore che è il qui presente Donato Mellone (ho detto Donato Mellone perché quando si parla di autori non ci vanno i titoli: dottore, don, professore, onorevole, o zio…).

    Ma c’è un’altra particolarità.

    Nel 99% dei casi l’autore è consapevole non solo di quello che ha scritto ma anche del fatto che ciò che ha scritto è destinato ad un prodotto editoriale. Cioè è destinato a comporre le pagine di un libro.


    Nel caso di questo libro, invece, l’autore sapeva certamente di aver scritto delle cose su dei quaderni: omelie, pensieri, prediche, panegirici. Ma non avrebbe mai pensato che in occasione del suo sessantesimo di sacerdozio, che ricorre proprio in questo 2008 (il 18 luglio scorso, per la precisione: giusto tre mesi fa a partire da oggi), - l’autore dicevo, non avrebbe mai pensato che le sue omelie si sarebbero trasformate in questo libro.

    Per forza di cose l’autore doveva rimanere all’oscuro di tutto, altrimenti al sottoscritto curatore non sarebbe mai stato permesso non dico di mettere tutto assieme ma nemmeno di leggere i manoscritti o di riprodurre le foto.

    L’autore poi in maniera intelligente ha accettato il tutto, una volta messo di fronte al fatto compiuto. Poi magari ci dirà se ha gradito o meno.


    Il titolo del libro… Beh lascio a voi scoprire il perché di quel titolo. Altrimenti che ci state a fare? A cosa servirebbe un lettore se tutto gli venisse scodellato?

    Sappiate solo che la storia del titolo di questo libro è bella e sarebbe proprio da leggere. Non vorrei dirvi altro: Elias Cagnetti ebbe a scrivere: “Chi mi consiglia un libro me lo strappa di mano, chi lo esalta me lo guasta per anni”.


    Il lavoro del curatore – sappiate - non così facile come potrebbe sembrare a prima vista. Il curatore non si limita a “copiare” (“copiare” con tanto di virgolette). Il curatore deve anche interpretare, capire, deve andare un po’ più in là dell’apparenza.

    Nel mio caso è stato come fare un viaggio nel tempo. Ritornare indietro nel tempo per respirare l’aria, l’aura, la cornice di quei quaderni. Del resto riordinare le carte di un archivio è sempre fare un’avventura contro tempo, quando il passato si svela con sorprese inimmaginabili e senti che alcune cose ti appartengono per chi sa quale strampalato marchingegno.


    Il presente lo conosciamo attraverso la televisione (purtroppo), mentre i decenni scorsi li conosciamo attraverso i libri e attraverso la visita dei luoghi, oserei dire anche attraverso le pietre.

    Allora, sono andato a rileggermi tanti libri per rituffarmi nel periodo degli anni ’40, ’50, ’60. E poi i miei anni ’70, ’80 e ’90, gli anni che mi appartengono. Così non ho potuto non rileggermi Umberto Eco e la sua “La misteriosa fiamma della regina Loana”; un sacco di libri sul mitico ’68, e poi ancora i libri di Antonio Antonaci come per esempio il “Gaetano Pollio”, il “fra’ Cornelio Sebastiano Cuccarollo”, il “Luigi Accogli”; ancora alcuni libri sulle cronache del tempo, per esempio alcuni volumi de “L’Espresso” di quegli anni (che vendevano in allegato con Repubblica) e poi ancora il bellissimo e recente libro di Michele Rielli “Salento anni ’60 (Congedo Editore, 2007), e poi il libro “Memorie di Galatina” di Giuseppe Virgilio (sempre Congedo, 1998), e ovviamente “L’immaginazione che voleva il potere”, AAVV di Manni del 2004, e tanti altri. I libri si parlano tra loro del resto.

    Ed altre decine di libri, tra i quali – non stupitevi - qualche testo mio come il “Don Paolo” e il “Noha – Storia, arte, leggenda”.

    Cosa credete? Anch’io devo spesso andare a rileggermi quei due o tre libri che ho scritto! Mica mi ricordo tutto.


    Poi ho pescato molte cose nella mia memoria di chierichetto, tra l’altro ritratto con altri ragazzi-colleghi sulla prima di copertina. E poi ho chiesto informazioni a destra e a manca. E soprattutto, per descrivere alcuni ambienti, ho dovuto visitare i luoghi del tempo che fu: la vecchia chiesetta di Santa Maria al Bagno, mi sono intrufolato fin nella vetusta sacrestia nella quale ci sono ancora alcune sedie mezzo sgangherate, ma anche nella nuova chiesa dedicata all’Assunta, costruita dal qui presente Donato Mellone stesso. Sono stato a Santa Caterina in quell’altro tempietto. Mi sono recato a Nardò nella cattedrale per percepire nella fissità arcaica di quella maestosa chiesa l’atmosfera solenne dei riti, molti officiati dallo stesso qui presente Donato Mellone, che di quella cattedrale fu viceparroco; ho visitato alcuni ambienti del vecchio seminario, l’episcopio, e villa Tabor a Le Cenate di Nardò. Eccetera.

    I luoghi della chiesa di Noha e della canonica ce li ho, anzi ce li avete presenti tutti. Anzi proprio in questo momento, in questi locali, aggrappati alle pietre e agli anni di questi muri, ci sono le storie e le immagini della canonica del tempo narrato nel libro.

    Insomma elementi importanti per la sceneggiatura, diciamo.

    Dunque nulla di improvvisato. Non si improvvisa nemmeno se si copia.

    “Bisogna saper copiare” - ci hanno sempre detto a scuola.

    Ora prego Paola Congedo a leggere due brevi brani del sottoscritto, così sentirete con le vostre orecchie se ho copiate bene o male…



    (Ecco uno dei due brani letti dalla Paola Congedo)


    Da pag. 34

    Don Donato, nelle funzioni solenni, e specialmente nel corso del triduo pasquale, voleva che i giovani (finalmente!) fossero presenti sull’altare, accanto al celebrante, nella lettura del “Passio”, della preghiera dei fedeli, ma anche nel corso di tutta la messa, senza bisogno di indossare alcuna tunica o veste liturgica.

    Erano “grandi conquiste”, cose inaudite né mai viste prima di quei tempi.

    Anche a Noha erano finalmente finiti i tempi in cui le “pizzoche” assistevano attivamente alla messa semplicemente recitando il rosario (che altro potevano fare se non intendevano né potevano ritenere nella loro mente il latinorum?).

    A dire il vero, alcune di queste “comandanti di plotone” le vedevi annuire alle parole del prete che recitava preghiere in latino: volevano quasi dimostrare di essere in grado di capire quelle espressioni (latine o italiane che fossero), ma in realtà molto probabilmente non sapevano neanche di cosa il prete stesse parlando.

    Al tempo della messa in latino le immancabili pie donne, sovente, ripetevano per assonanza, a memoria (e oltremodo deformavano) le parole che venivano fuori dalla bocca del parroco o da qualcuno più istruito che padroneggiava quella lingua, senza conoscere il reale significato, ma con tanta apparente devozione.

    Perciò capitava spesso di ritrovarsi in un coro di fedeli che miscelava frasi e parole latine con il dialetto di Noha: l’esilarante spettacolo era assicurato: “Dominu vu mbiscu”, “Requie e statti in pace”, “Amme”.


    * * *

    Molti fedeli non sapevano né leggere né scrivere. E quando chi scrive, vestito da chierichetto, distribuiva i foglietti della messa, non era infrequente che qualcuno gli dicesse di non poter leggere. Era facile accorgersi della loro ignoranza; che i più furbi cercavano di mascherare in qualche modo, per esempio adducendo la scusa di aver dimenticato gli occhiali a casa.

    Era bello vedere la “Nzina”, la “Tetta”, la “Sina” e la “Vata” tutte prese rigorosamente sotto braccio, dirette alla volta della messa vespertina.

    Erano vere e proprie comitive di amiche, colleghe di nero vestite, con abiti e scamiciati perlopiù taglia “over-size”, donne pronte ad intonare, con voci più o meno accordate, più o meno nasali, seguendo chi più chi meno il tempo, l’inossidabile e bellissimo canto “Tantum ergo” (o come a squarciagola stornellavano le allegre comari: “Santu mergo”), ma anche il nuovissimo “Noi canteremo gloria a te…”.

     

    Queste donne, così desiderose di spiritualità, erano quasi legate alla sottana (si potrebbe dire così?) di don Donato, tanto che lo seguivano in ogni iniziativa proposta.

    Così, una volta, nel Seminario Vescovile di Nardò si tenne un convegno su Bioetica e Religiosità, il cui relatore principale era monsignor Elio Sgreccia, teologo e presidente della Pontificia Accademia Pro-Vita.

    Orbene, alcune delle donne cattoliche nohane venendo a sapere dell’importanza del relatore vollero non solo partecipare a tutti i tre giorni del simposio, ma giocando d’anticipo sulle altre colleghe-concorrenti provenienti dalle altre parrocchie della diocesi, riuscirono anche a prendere i posti in prima fila, diremmo “in poltronissima”, onde esser accorte, attente a non perdere nemmeno una parola delle relazioni.

    Ma per un paio di esse il tutto fu inutile.

    Non passò molto dall’inizio del meeting che, sarà per la comodità della poltrona, sarà per l’ambiente ovattato, sarà per il rilassamento post-battaglia per accaparrarsi i primi posti, sarà per i discorsi invero un po’ monotoni o soprattutto difficili per le loro menti, sarà, dicevamo, per tutte codeste concause prese all’unisono, un paio di esse caddero inesorabilmente nelle braccia di Morfeo: si addormentarono, trasportate dalla voce del monsignore. Il quale, senza dover scrutare oltremodo l’attenzione dell’uditorio, se ne accorse, e ironicamente nel suo discorso fece pure cenno al “trasporto” con il quale qualche signora, assisa proprio di fronte a lui, seguiva la sua prolusione…

    Alla fine della lectio magistralis, le belle addormentate, non solo si svegliarono di botto ed applaudirono entusiaste, ma al loro ritorno a Noha non finivano di dire a tutti: “Come è stato bello il convegno, e quanto era bravo il relatore!”>>.

     

    * * *


    Dopo tutto questo lavoro preparatorio si è potuto procedere alla ricopiatura dei quaderni.

    Ecco, in questo libro ci sono 14 quaderni scampati al macero per un caso fortuito. Non vi racconterò - neanche in questo caso – tutta la storia avventurosa di questi quaderni, altrimenti non la leggerete dalle pagine del libro e vi soffermerete e vi limiterete a guardare le foto (vizio di molti).


    Si tratta di quaderni stracarichi di anni e di esperienza. Quaderni pieni di versi che sono arrivati fino al nostro tempo a volte senza compiersi per una pazienza che non so capire. Ma come invece capiremo dalla lettura di qualche brevissimo brano, finché ogni giorno ognuno di noi può stare anche su un solo rigo delle scritture sacre o su queste di questo libro che di quelle parlano, riusciremo a non mollare la sorpresa di essere vivi.


    Prego Ileana, ora tocca a te.


    (Brani letti dall’attrice)



    Da pag. 57: La vita è un viaggio spesso doloroso. In questo viaggio sovente si scivola, si cade, si smarrisce la via, ma chi si è comunicato bene la prima volta, si rialza, se si è perduto si ritrova, perché la Comunione accende una stella sulla che attraversa il mare della vita, conduce al porto dell’eterna salute.





    Da pag. 67: Noi moderni tutti assillati nella conquista dei beni della terra, abbiamo quasi dimenticato i beni dello spirito; mai come oggi l’umanità è stata trascinata verso la terra, verso la materia, verso le paludi dell’immoralità; mai come oggi l’umanità incredula, scettica nelle verità della fede si è affannata e si affanna a chiedere alla terra, ai beni della terra, la felicità che essi non potranno mai dare.



     

    Da pag. 75: Chi è mai in grado di evitare tutti i dolori, i fastidi, le avversità, le malattie, le contraddizioni, le delusioni che l’esistenza di quaggiù riserva al più innocente degli uomini? Se dunque la croce è di tutti, perché rifiutarla, perché non farne tesoro, perché non abbracciarla? Perché guardarla con diffidenza e scansarla o voler liberarsene ogni volta? Come potremo portarla trionfalmente in cielo, se oggi la temiamo e la disprezziamo?



    Da pag. 77: La fede che Gesù vuole da noi non deve aver bisogno di miracoli.



    Da pag. 78: Di fronte alle angosciose contraddizioni della vita ed alle prove più dure, non mettiamoci a ragionare, non pretendiamo di avere spiegazioni da Dio.



    Da pag. 94: La vergogna di certi errori non deve allontanare dal perdono.



    Da pag. 113: All’umiltà si oppone l’orgoglio e noi pecchiamo così spesso d’orgoglio. Che cosa è infatti il non voler riconoscere mai il proprio torto, il voler sempre occupare i primi posti, quel criticare le azioni del prossimo, il non accettare i richiami di alcuno?



    Da pag. 123: Ricordiamoci che con Cristo si vince sempre. Passeranno gli anni, passeranno i secoli, non importa. Cristo non ha fretta, perché è eterno.



    Da pag. 125: Per molta gente rozza non esiste che il lavoro materiale, esso solo è degno di compenso, ad esso solo si attribuisce il progresso umano. Ma c’è un lavoro alto, nobile: quello del pensiero, quello della poesia e dell’arte, e quello ancora più sublime della creazione della santità. Senza questo lavoro non può esserci popolo civile.



    Da pag. 135: Ma siamo tutti fratelli! Se un mio fratello cade nel male, chi mi dà il diritto di condannarlo? Chi mi ha costituito giudice?



    Da pag. 136: L’uomo ozioso non si occupa di nulla. Sa di avere un’anima da salvare, ma praticamente vive come se non ce l’avesse. Pensiamo che la nostra vita passa. […] Il tempo è nelle mani di Dio. Il tempo vola.



    Da pag. 143: Saremo noi giudicati del bene e del male compiuto, saremo giudicati anche del bene che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto.



    Da pag. 159: La chiesa è la casa della preghiera, il luogo in cui la creatura viene ad umiliarsi davanti al suo creatore, a chiedergli perdono delle sue colpe, ad adorarlo, a glorificarlo, rendergli il supremo culto. Nella chiesa tutto è sacro, tutto è santo, sacre le immagini, le reliquie, sacre perfino le mura, i santi sacramenti, la divina parola, sante le funzioni che in essa si celebrano. La casa di Dio non solo deve essere rispettata, ma in essa devono essere santi tutti i nostri pensieri, tutte le nostre opere, tutte le nostre parole.



    Da pag. 153: Quando il peccatore si curva su se stesso, riconoscendo i propri torti ed invocando perdono e misericordia, allora Dio si abbassa e quasi lo abbraccia con il suo perdono.


    Da pag. 156: Sentiamolo nel cuore l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo come noi stessi. La stessa misura che noi avremo usato nel trattare col prossimo, quella stessa misura ci sarà usata dinanzi a Dio.



    Da pag. 162: Noi i Santi ce li immaginiamo lontani, invece ci sono vicini, sono nostri fratelli, forse nostri fratelli di sangue.


    Da pag. 164: A noi tocca essere bravi cristiani e bravi cittadini. Si è bravi cristiani se si è bravi cittadini e viceversa.


    Da pag. 165: Dal buon uso della lingua scaturisce la civiltà, dal cattivo uso di essa viene fuori la barbarie.


    Da pag. 182: Siamo dei nomadi in cammino verso una patria eterna.


    * * *

    Grazie Ileana. Ora la parola all’autore Donato Mellone (vi confesso che mi risulta difficile, quasi innaturale chiamare Donato, chi ha scelto di essere per sempre don Donato).


    * * *


    Intervento di P. Francesco D’Acquarica, Missionario della Consolata. Ha raccontato alcuni aneddoti del periodo in cui, al rientro dalle missioni in giro per il mondo, ha soggiornato a Noha ed ha collaborato con don Donato. Molto divertenti (accompagnati da applausi e risate) gli aneddoti risalenti agli anni ’70. In particolare quello del traino della sua vettura da parte della mitica 600 di don Donato, dalla città di Parabita a Noha: 12 km di difficoltà, colpi di scena, drammi, risate.

    Molto simpatica anche la storia del clergymen di don Donato acquistato con l’ausilio di P. Francesco a Roma da De Ritis, negozio di abbigliamento religioso (ubicato nella strada romana che dal Pantheon conduce a Porta Argentina) poco prima di partire in pellegrinaggio alla volta di Lourdes…


    * * *


    Intervento di don Donato Mellone, molto applaudito.

    - Racconto della favola della “montagna che partorisce il topolino”;

    - “Ma io non voglio essere Donato Mellone; io voglio essere don Donato Mellone;

    - “Non mi piace e non so parlare nei convegni. A me piace parlare in chiesa. Ma quando parlo in chiesa non sono io che parlo è un Altro che parla per me”;

    - “Io non sono nessuno. Io sono il topolino di cui vi parlavo. Non sapevo nulla di questo libro. Se avessi saputo qualcosa, sarei, come dire, scomparso dalla circolazione”

    - Ringraziamenti.


    * * *


    Intervento della giornalista e scrittrice prof.ssa Giuliana Coppola.

    (Non abbiamo la registrazione. Diciamo soltanto che l’intervento di Giuliana, bellissimo, ascoltato in religioso silenzio per tutti i suoi quindici minuti, ha incantato l’uditorio).



    * * *



    Grazie Giuliana, ci hai commosso.


    A me ora non rimane che concludere. E come ogni buona conclusione che si rispetti dovrei terminare con dei ringraziamenti. Ma stavolta non farò un elenco interminabile di persone da ringraziare. Mi limito a ringraziare soltanto una persona per tutti. Non ne dirò il nome per non nominarlo invano. Capirete di chi si tratta.

    Ma dopo le bellissime parole della Giuliana, non posso più usare parole mie. Per esserne all’altezza devo prendere in prestito le parole di un grande scrittore, Erri De Luca, stese alla pag. 18 del suo libro “Nocciolo d’oliva” (ed. Messaggero, 2002), quello stesso dal quale ho tratto l’incipit del libro che stasera abbiamo festeggiato e che vi leggo di seguito.

    Allora, ringrazio Chi…

    “…Nacque e fu vivo grazie al solo prodigio di cui non fu lui stesso autore.

    Per tutta la vita, poca, cercò di pareggiare il conto di quell’ingiustizia, fino a farsi appiccare sopra l’osceno patibolo romano che esponeva la morte in alto, in vista, a manifesto. […]

    Per tutta la vita, poca, fu abitato da una folla di bambini mancati, dal dolore delle loro madri. Così poté sopportare quello della sua, ai piedi della croce.

    Molti dei suoi prodigi erano […] miracoli, ma non colossali, non inceppò la macchina del cielo come Giosuè, che fermò il sole in Gabaòn e la luna sulla valle di Aialòn. Non aprì le acque come Mosè, però ci camminò sopra senza bagnarsi.

    Non creò il frutto della vite, ma seppe provvedere, in una festa, a vendemmiare vino dall’acqua.

    Non creò il sole, il fuoco, né luna, né stelle già create, ma diede vista ai ciechi e questo è un modo di inventare luce.

    Non ebbe figli, non procurò una sua discendenza, ma litigò con sua sorella morte e le strappò di mano un corpo già in sepolcro, riportandolo indietro a rivivere, certo, ma anche a rimorire.

    Fu battezzato in acqua dolce, amò la pesca, frequentò pescatori, ne riempì le reti, placò le ondate di una tempesta sul lago di Tiberiade. […]

    Delle scritture sacre preferì Isaia; di Davide gustò più i salmi che le imprese. Discendeva da lui, così vuole la legge del Messia. […]

    Chiese all’offeso di esporre l’altra guancia, mettendo l’offensore al rischio del ridicolo, ma pure stabilendo un termine alla prova: in numero di due, non più, sono le guance.

    Non scrisse, non dettò, le sue parole facevano il viaggio delle api sopra i petali aperti delle orecchie. Salvò una donna dalla condanna di lapidazione chiedendo ai suoi accusatori che il primo di loro, se puro da peccati, si facesse avanti con la prima pietra. Sapeva che gli uomini tirano volentieri le seconde.

    Diverse donne lo seguivano di luogo in luogo alla pari degli apostoli. Non pretese astinenza; il celibato venne dopo, a chiese fatte.

    Sudò sangue, morì con tutto il corpo resistendo alla morte con nervi, fiato, febbre, piaghe e mosche intorno all’agonia. Risuscitò per intero, carne, ossa e promessa di essere solo il primo dei destinati alla risurrezione.

    […] Dopo di lui il tempo si è ridotto a un frattempo, a una parentesi di veglia tra la sua morte e la sua rivenuta. Dopo di lui nessuno è residente, ma tutti ospiti in attesa di un visto”.


    Ecco a questo protagonista - non a me - vorrete indirizzare l’applauso del ringraziamento.

    Antonio Mellone

     
    Di Antonio Mellone (del 26/03/2016 @ 14:53:39, in NohaBlog, linkato 2650 volte)

    Ci sono delle parole, la maggior parte tronche, cioè accentate sull’ultima sillaba, che si utilizzano sovente per sintetizzare l’identità civile di una popolazione. Si parla così di napoletanità per indicare il complesso dei valori spirituali, culturali e tradizionali caratteristici della città partenopea e della sua gente; così come si parla di romanità per esprimere la caratteristica di chi (o di cio che) è romano. Ancora, si usa meridionalità, milanesità, o leccesità, per indicare quelle rispettive (intuitive) peculiarità.

    Abbiamo finanche trovato in qualche scritto galatinesità per indicare il modo specifico di essere cittadini di Galatina: si fa riferimento alla cadenza della lingua, alla flessione stessa della voce, a determinati comportamenti, addirittura al modo di pensare e di agire.

    E’ ovvio qui ribadire che non sarebbe scientifico generalizzare e che è difficile pensare ad esempio che un ideal-tipo galatinese abbia caratteristiche specifiche che lo possano distinguere nettamente da un collepassese o da un abitante di Strudà. Ma, in molti casi, pur non disponendo di categorie sociologiche basate sull’osservazione empirica o matematico-rigorosa, quando siamo di fronte ad un galatinese, ma questo vale per chiunque  anche per un trentino o un calabrese, riusciamo il più delle volte ad indovinarne la provenienza per quel non so che di noumeno che da qualche parte dovrà pur derivare.

    Ma poniamo che in un ipotetico esercizio accademico sia possibile ricercare anche delle peculiarità specifiche di Noha, la nostra cittadina (ché di questo ci stiamo occupando); quale sostantivo, quale parola tronca potremmo utilizzare? Ebbene, in un processo di deduzione logica, se per Napoli questo sostantivo è napoletanità, se per Galatina è galatinesità, per Noha (che in dialetto è Nove) non potrà che essere NOVITA’.

    Tutta questa premessa (chi vuol leggere i miei articoli deve portare un po’ di pazienza) per dire che la pasquetta nohana quest’anno non sarà la sublime e costante ricapitolazione di una lunga tradizione (come è anche giusto che sia), fatta di Fiera dei Cavalli (dal mattino e fino all’ora del pranzo), di processione post-prandiale della statua della Madonna delle Cuddhrure portata in spalla dalle donne nohane, di presa della Cuccagna, di scoppio di fuochi artificiali, di rogo delle Curemme nei diversi quartieri di Noha con distribuzione a tutti di fette di colomba pasquale e spumante…

    Non è solo questo. La pasquetta nohana a partire da questo 2016 ha, appunto, una NOVITA’ straordinaria (incredibile fino a qualche mese fa): l’apertura al pubblico del “Parco del Castello”.  Quest’anno nohani, ospiti e viaggiatori tutti (non ci piace d’appellarli come “turisti”) avranno la possibilità di compiere un viaggio nel tempo, accedendo ai Fori Imperiali di Noha per riappropriarsi di un luogo del cuore per troppi decenni relegato nell’oblio.  

    Qui si avrà modo di godere dei beni culturali più significativi della nostra cittadina, come l’originalissima vasca ellittica di fine ‘800 in perfetto stile Liberty (coeva e probabilmente disegnata e costruita dalle stesse maestranze che si occuparono della dirimpettaia Casa Rossa, la misteriosa casupola delle meraviglie che ricorda la Casa Pedrera di Barcellona, opera di Gaudì); la Castelluccia del parco, a forma di torre, eretta nei primi anni dell’900 del secolo scorso (con l’interessante impianto idraulico ed elettrico, con marmi, isolanti in ceramica, interruttori a leva ed altri sistemi di trasmissione dell’elettricità); le cantine con le botti di rovere o di altri legnami dove s’invecchiava il Brandy Galluccio; e infine il bene culturale più antico e interessante di Noha, bello da mozzare il fiato: la torre del XIV secolo (1300 d. C.) con il suo ponte levatoio, collegato a rampa con arco a sesto acuto. Ah, dimenticavo il dulcis in fundo e ultimo arrivato: un pezzo dell’“affresco di Albino” scoperto di recente dagli Indiana Jones nohani che rispondono ai nomi di Marcello D’Acquarica e, appunto, l’Albino Campa.

    *

    Nel parco del Castello di Noha il lunedì in albis si potrà in tutta libertà scorrazzare, giocare al pallone, poltrire, gareggiare a carte o con altri giochi di società, e soprattutto apprezzare le leccornie della pasquetta salentina, anche utilizzando liberamente i barbecue predisposti dal gruppo “Ragazzi della Masseria Colabaldi”.

    Non mancheranno - ci dice l’uccellino - nemmeno le incursioni della Banda armata (di strumenti musicali) diretta dalla Lory Calò.

    Chissà, infine, se riusciremo a degustare le cuddhrure appena sfornate dai due forni del Castello? Chi vivrà vedrà: non possiamo mica svelarvi tutto e subito. Sennò che sorpresa di Pasqua sarebbe?

    Antonio Mellone

     

    P.S. Il Parco del Castello è la parte più sana, intonsa e biologica di Noha, ricca di erbe spontanee (è pieno di sucamèli e di altre autoctone varietà di “verdure naturali”, per dire), scampata, com’è da decenni, dall’invadenza dell’uomo. Per fortuna qui non è stato spruzzato alcun erbicida, come invece purtroppo è avvenuto altrove con il silenzio-assenso degli Unni di Palazzo Orsini con l’ausilio delle loro trippe corazzate.

     
    Di Redazione (del 18/08/2017 @ 14:52:02, in Comunicato Stampa, linkato 1624 volte)

    #WeareinGalatina è il titolo del ricco programma che dal 16 Agosto al 30 Settembre 2017 animerà il cuore della nostra città e farà conoscere ai tanti turisti, presenti per la stagione estiva, le nostre bellezze architettoniche nonché tradizioni, arti e mestieri del nostro territorio.

    Una serie di visite guidate permetteranno di scoprire Galatina con le sue chiese, le corti, atri e portali, bellezze di inestimabile valore inserite nella splendida cornice del nostro centro storico. Particolare rilievo avrà la Cappella di San Paolo e il mito del Tarantismo, nostro patrimonio culturale.

    Alcuni laboratori, che si terranno presso l’Ufficio di Accoglienza Turistica, Infopoint, metteranno in luce arti e mestieri del nostro territorio nonché l’arte culinaria, pasticcera e vitivinicola per le quali Galatina è conosciuta in tutto il mondo.

    Avremo poi due laboratori di Pizzica sotto le stelle, in piazzetta Orsini, per ascoltare la nostra musica popolare e per permettere a turisti e curiosi di cimentarsi nei passi base del tipico ballo legato al morso della tarantola.

    Tutto ciò fa parte del progetto vincitore del Bando Regionale di Pugliapromozione, presentato dal Comune di Galatina, Assessorato al Turismo, in collaborazione con l’associazione Città Nostra, per il potenziamento delle attività di promozione turistica dell’Infopoint (sito in via Umberto I, 36).

    “L’iniziativa rappresenta un piccolo segnale” dice l’Assessore al Turismo Nicola Mauro “che abbiamo voluto dare, nonostante il breve tempo a disposizione, ai visitatori che ci onorano della loro presenza. Le iniziative, ci preme sottolineare, sono completamente gratuite. Verrà distribuito un calendario dettagliato che illustrerà al meglio la programmazione”.

    Infopoint  0836 569984

     
    Di Antonio Mellone (del 20/12/2014 @ 14:51:49, in Presepe Vivente, linkato 2722 volte)
    Il presepe vivente di Noha si lascia alle spalle la cinquecentesca masseria Colabaldi per trasferirsi nel cuore del caratteristico paesino e offrire così ai visitatori l'opportunità di addentrarsi tra le sue peculiari bellezze.
     
    I numerosi personaggi che interpretano mestieri e scene di vita quotidiana di un antico villaggio si muovono tra via Castello, via Donatello e via Cisternella impegnati nelle proprie mansioni anche all'interno delle casette poste sul lato destro del maniero di Noha, dimore un tempo abitate dai famigli del feudatario.
     
    Sulla sommità dell'ultima di queste dimore è possibile ammirare quel capolavoro di scultura in pietra leccese che tutti conoscono come il complesso monumentale delle "casiceddhre" [inserito da poco nel catalogo del FAI, Fondo Ambiente Italiano, ndr].
     
    Tra artigiani e contadini, pastori e massaie non possono mancare i nobili destrieri e i cavalieri - dato che questa è anche "la Città dei Cavalli" - ma si possono trovare anche altri animali da masseria e da cortile di ogni taglia, dalle galline alle pecore, dagli asinelli alle mucche, alle capre, ai maialini.
     
    Il percorso illuminato da fiaccole (mentre su all'ingresso di ogni casa nohana brillerà un piccolo lumicino) si fa più suggestivo e magico giungendo al cospetto della Natività allestita nel luogo simbolo di questo presepe e di tutto il borgo: la "Casa Rossa".
     
    Soffitto in canne e gesso, tetto spiovente, una torre circolare a mo' di garitta, e, al pianoterra, ambienti come scavati nella roccia, la casa rossa (che prende l'appellativo - più che il solo attributo - dall'antichissimo color rosso pompeiano dei suoi elementi) immersa in un aranceto - giunta fino a noi quasi per quotidiano miracolo con un bel contorno di leggende tutte da scoprire - quest'anno ci racconterà ancora una volta la Storia di un Dio che decise di farsi Uomo.
     
    Il Presepe Vivente di Noha è aperto nei giorni 25, 26, 28 dicembre e 1, 4 e 6 gennaio, dalle ore 16 alle ore 22.30.
     
    [fonte: quiSalento, 15 - 31 dicembre 2014]
     
    Di Antonio Mellone (del 30/06/2019 @ 14:50:54, in Fetta di Mellone, linkato 1134 volte)

    Avrei voluto raccontarvi della mia recente vacanza palermitana. Invece no: mi tocca aprire le Fette di Mellone Estate 2019 parlando di una cosa nostra, non meno grave di quell’altra.

    Qualche giorno fa, un politico locale di gran calibro - quello che poverino si sacrifica per noi in Parlamento come nessuno mai – verga su Fb un commovente comunicato stampa, poi condiviso in un gruppo galatinese, in cui scopre l’aria calda nella vecchia scuola elementare di Noha.

    Planando dal pero, il cittadino onorevole viene a scoprire con sette o otto anni di ritardo che il suddetto complesso scolastico, riconvertito nel frattempo in Centro Polivalente, fu ristrutturato con quella parte anatomica che nonostante la credenza tutto porta men che fortuna, a suon di milioni di euro di debito pubblico. Ma si trattò di una “ristrutturazione” (con le virgolette), giacché l’allaccio elettrico rimase così provvisorio che ai condizionatori non ha mai fatto né caldo né freddo, l’ascensore è ancora incellofanato, e l’impianto fotovoltaico in terrazza sembra abbia la protezione 100 della Vichy.

    Ma il problema non è mica questo. E nemmeno il fatto che il cosiddetto portavoce del popolo abbia dato la sua solidarietà all’associazione benemerita che utilizza quel complesso double-face, cioè forno crematorio d’estate/igloo d’inverno, con mille  difficoltà - come se non bastassero tutti gli altri disagi.

    Dicevo che il problema non è codesta presa d’atto, né l’impegno generico o la promessa con la mano sul cuore da parte del deputato nostrano  “di sentire il sindaco e gli uffici preposti per cercare di trovare insieme una soluzione”: ci sta tutto, potremmo pure dire che certi post fanno parte della propaganda, o se proprio volete populismo, di cui nessun partito sulla faccia della terra è immune. Il guaio serio è invece quel che ne è seguito.

    Vale a dire un messaggio, che dico, un vero e proprio avvertimento da parte di un sedicente avvocato difensore dell’onorevole (sedicente nel senso di difensore di parte, non di avvocato) contro chiunque osi storcere il muso, alzare ciglio, rivolgere qualche critica anticonformista e, dio non voglia, azzardare pure un po’ di satira iconoclasta. Insomma, ecco la frase di rito postata tra le altre carinerie dall’avvocato del portavoce del popolo: “[…] Da questo momento, qualora un commento sarà considerato offensivo e oltre ogni lecito limite [chissà quale sarà mai codesto “lecito limite”: vuoi vedere che magari lo deciderà di volta in volta Rocco Casalino? ndr.], darò seguito al mandato ricevuto e agirò presso le opportune sedi giudiziarie a tutela dei diritti ed interessi del mio assistito (ma, soprattutto, amico), eccetera, eccetera”.

    Scusate: ma questa roba non vi pare una specie di intimidazione a mezzo social? Non vi suona come una censura o una forma di intolleranza verso il dissenso? Magari colpendone uno per edulcorarne cento? Chiedo eh.

    È seguito un silenzio tra il surreale e il grottesco che dura tuttora, e non invece un mandato a quel paese da parte del mandante rivolto al suo legale, una smentita urbi et orbi, un “dai che scherzavo”, ovvero “no, vi prego, non dategli retta, fate pure delle vignette caricaturali sul sottoscritto, scrivete sul mio conto articoli caustici e commenti sferzanti, e mi raccomando siate sarcastici, taglienti, corrosivi, se no qui io rischio veramente l’irrilevanza politica. Anzi la scomparsa nel nulla, come è capitato a tanti altri diciamo politici locali allergici all’intelligenza”. Invece nulla di nulla.   

    Probabilmente nessuno ha ancora detto al cittadino portavoce (e al portavoce del portavoce) che il politico che minaccia o addirittura arriva a querelare la critica o la satira, tutelate oltretutto dalla Costituzione, è un politico al crepuscolo da un pezzo; che una democrazia è tanto più sana quanto più feroce e graffiante è il giudizio (il contrario si chiamerebbe fascismo); e che l’avversario per definizione sta sempre lì, controlla quel che fai o dici o scrivi, evidenzia i tuoi strafalcioni, e ti costringe a essere all’altezza dei tuoi proclami.

    E pensare che eravamo tutti Charlie.

    Quanto a me, che continuo a segnalare che il re è nudo ma fa cagare anche in cappa magna ed ermellino, per precauzione tengo sempre pronto un borsone con pigiama, ciabatte, spazzolino e altre cose utili in caso di blitz. Non si sa mai.

    Nel frattempo nessuno può impedirmi di continuare a osservare certi pOLITICI e la loro invidiabile capacità di guardarsi allo specchio (o nei Selfie) senza riuscire a mandarsi a fanculo.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 17/08/2019 @ 14:50:46, in Comunicato Stampa, linkato 889 volte)

    Chiese Aperte” nasce da un’idea dell’Associazione Culturale Archeoclub Terra d’Arneo.

    Il 18 agosto prossimo a Galatina turisti e non potranno visitare, osservare e conoscere alcune chiese del centro, che saranno, in maniera straordinaria, aperte dalle 20:00 alle 24:00 grazie all’impegno dei soci Archeoclub, custodi per una sera.

    Le visite saranno animate da intermezzi musicali e teatrali.

    Antonietta Martignano, presidente di Archeoclub Terra D’Arneo commenta: “-Chiese aperte è un atto d'amore verso il patrimonio storico-artistico di Galatina, riconfermandosi l'appuntamento dell'estate. Aprire questi spazi in orari insoliti è utile per riscoprire le nostre radici e le loro forme artistiche più suggestive.”- Quest’anno l’evento sarà supportato dalle Confraternite e dai fedeli. Inoltre: -“Questa edizione sarà caratterizzata dalla bellezza e dalla musicalità degli organi antichi, alcuni dei quali suoneranno eccezionalmente per l'occasione”-.

    Le chiese che saranno fruibili sono: Basilica Santa Caterina d’Alessandria, Santi Pietro e Paolo, Madonna dell’Addolorata, Madonna del Carmine, Maria Ss. della Grazia, Maria Ss. delle Grazie (Anime Sante del Purgatorio), San Luigi Gonzaga, Chiesa Ss. Trinità (dei Battenti).

    L’iniziativa culturale gode del patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Galatina e rientra nel programma estivo “A cuore scalzo”. Il rinnovato appuntamento con "Chiese aperte"- commenta l’assessore al Turismo, Nico Mauro - offre a tutti la possibilità di entrare in contatto con  i più significativi luoghi di culto della Città. Le guide permetteranno di scoprirne il fascino,arricchendo la visita di contenuti storici ed il suono degli organi permetterà un’immersione totale nella bellezza dei luoghi. Vivere “Chiese aperte” rimane un’esperienza unica e diversa, un’occasione di arricchimento culturale e di riflessione.

    In occasione dell’evento e grazie alla collaborazione con “La Casa delle Comunità Ospitanti degli Itinerari Francigeni della Puglia Meridionale" alcuni locali galatinesi serviranno il Cibo del Pellegrino.

    Archeoclub

     

    Galatina si aggiudica “175 mila euro per la riqualificazione della Torre Civica dell’Orologio e per il suo allestimento a nuovo e funzionale InfoPoint turistico.” Il tutto grazie all’intercettazione di finanziamenti, rispettivamente di € 140.00,00 e di € 35.000,00, che rientrano nel PSR Puglia 2014/2020 GAL VALLE DELLA CUPA SRL - MISURA 19, e che permetteranno interventi materiali ed immateriali per lo sviluppo di un turismo sostenibile e responsabile, consentendo anche la riqualificazione fisica e strutturale al fine di migliorare la fruizione del patrimonio culturale.

    L’Assessore al Turismo e Centro Storico Nico Mauro, che ha per lungo tempo seguito l’iter dei due bandi, ha dichiarato: “Considero molto importante il finanziamento che permetterà di riqualificare i locali della nostra Torre Civica, detta dell'orologio, edificata nel 1861 e dedicata a Vittorio Emanuele II, determinando una contestuale valorizzazione di quell’area di centro antico. Dare valore ai segni ed ai simboli della nostra storia ci permette di fruire con rinnovato orgoglio della nostra Città. Inoltre, all’adeguamento strutturale dei locali si affiancherà l’arredamento di quella che sarà la nuova sede dell'InfoPoint turistico. Un arredamento moderno, secondo le linee guida di PUGLIA PROMOZIONE, ricco di schermi TV, sistemi interattivi ed una saletta destinata alla promozione dei prodotti agro-eno-gastronomici. Nel cuore del centro antico fonderemo la tradizione con la modernità, migliorando anche il servizio di accoglienza turistica attraverso la valorizzazione delle risorse umane e lo sviluppo di nuove competenze”.

    Ufficio Stampa - Marcello Amante 

     

    Domenica 2 ottobre si celebra la festa dei nonni ed a Galatina ci saranno ben tre appuntamenti promossi dall’Amministrazione Comunale e dalle Associazioni locali.

    La festa dei nonni è una ricorrenza istituita nel 2005, su proposta dell’allora Parlamentare ed attuale Assessore all’Attuazione del Programma del Comune di Galatina Ugo Lisi, che dichiara: “I nonni svolgono un ruolo insostituibile nel contribuire all’educazione dei ragazzi. Anche con l’approvazione di San Giovanni Paolo II, abbiamo scelto la data del 2 ottobre per due motivi: è la giornata degli Angeli Custodi ed inoltre si stimolano gli Istituti scolastici a promuovere diverse iniziative per coinvolgere ed educare gli alunni”.

    L’Amministrazione Comunale ha sposato le proposte provenienti da diverse associazioni cittadine, con il fine di coinvolgere il centro della Città di Galatina, ma anche le sue frazioni.

    Il Sindaco Fabio Vergine commenta così gli appuntamenti in programma: “Le nonne ed i nonni sono il fulcro dell’intera famiglia. Rappresentano un ammortizzatore sociale, non solo per l’educazione che trasmettono ai nipoti, ma anche per il contributo economico che spesso sono chiamati a dare per sostenere i propri figli nel cammino familiare. La mia Amministrazione è portatrice dei sani valori della famiglia, del rispetto per i più anziani e per coloro che hanno speso una vita sacrificandosi per i propri figli ed i propri nipoti.

    Festeggiare le nostre nonne ed i nostri nonni - continua il Sindaco Vergine - è anche una forma di istruzione per le nuove generazioni, che, purtroppo, a causa di una società dominata sempre più dal digitale, hanno perso determinati valori. Quei piccoli gesti di semplicità che danno il senso dell’amore”.

    Nella giornata di domenica 2 ottobre, a Galatina i bambini saranno i protagonisti della festa dei nonni, attraverso tre eventi:

    Alle 16:00, in Piazza San Pietro, l’Associazione dei donatori di sangue della Frates Galatina renderà partecipi i più piccoli attraverso giochi, laboratori e spettacoli di clown.

    Alle 17:00, in Piazza Orsini, l’Associazione Agorà promuove la prima edizione de “Festa dei nonni”: tra laboratori, giochi, racconti e la partecipazione degli alunni degli Istituti comprensivi Polo 1-2-3 di Galatina.

    Alle 18:00, presso la Sala parrocchiale della Chiesa cuore Immacolato di Maria, il centro Polivalente “Ritroviamoci” promuove un momento di festa tra piccoli e adulti per festeggiare i nonni e le nonne della Città.

    Ufficio Stampa 
    Fabio Vergine Sindaco di Galatina

     

     
    Di Redazione (del 30/06/2019 @ 14:44:55, in Comunicato Stampa, linkato 866 volte)

    Ogni volta che assistiamo ad operazioni clientelari ed opache, come quella che ha visto ricadere la nomina di soggetto attuatore della rassegna “A cuore scalzo” ad una Associazione appena costituita, subiamo oltre al danno anche la beffa di essere destinatari delle lezioni di etica e moralità del profeta di turno.

    Su tutti l’Assessore Cristina Dettù che, nel tentativo di giustificare e difendere ciò che è impossibile difendere, parla a sproposito di senso di comunità, di identità, di orgoglio e di gratuità. Caro Assessore il senso di comunità non lo si può fare e disfare a proprio piacimento. E’ stata proprio la coalizione di cui fai parte a dividere in due la città e non lo ha fatto su temi concreti, sulla base di una diversa ideologia politica o su una diversa  visione prospettica della città. La divisione che avete volutamente e strumentalmente creato nell’ultima campagna elettorale è basata sulla distinzione tra il bene e il male. In questa perversa strategia politica vi siete autoproclamati come il bene e avete considerato come il male tutti quelli diversi e contro di voi. A condurre questa opera di mistificazione della realtà non siete stati soli però. Prima di voi altri piccoli personaggi, sfruttando i mezzi a loro disposizione, hanno contribuito ad inculcare nella mente dei cittadini circostanze diverse dalla realtà, condizionando la vita politica della città e non solo quella.

    Da quando questa Amministrazione si è insediata ci siamo ritrovati a discutere troppo spesso di clientelismi e fin’ora lo abbiamo fatto su vicende che vedono in ballo poche migliaia di euro. Non osiamo immaginare cosa succederà quando arriveranno alcuni grossi finanziamenti, come quello inerente la riqualificazione del Palazzo della Cultura.

    Tra le altre cose, inoltre, non se ne può più della solita filastrocca delle difficoltà ereditate dal passato da parte di questa Amministrazione. Sarebbe il caso che, almeno per una volta, ci diceste a cosa o a chi vi riferite visto e considerato che nella passata Amministrazione tra i banchi dell’opposizione, mentre aumentavano i debiti e la città veniva svuotata e saccheggiata, sedeva sempre in silenzio Marcello Amante.

    Galatina non merita questo tipo di comportamenti. Non merita l’ipocrisia di personaggi che dopo aver militato e tratto benefici per una vita dai partiti si risvegliano civici e liberi, non merita persone che camminano a testa alta solo in campagna elettorale, non merita persone che pensano di avere un valore solo grazie alla carica che ricoprono, non merita menestrelli e buffoni di corte che si ergono a pseudo intellettuali sempre allineati e schierati con il potere, non merita burattini comandati a bacchetta da chi è sempre attivo nelle retrovie della politica.

    Galatina si è stancata dell’ipocrisia, della superficialità, dell’incapacità, della furbizia, dell’arroganza, della falsità e degli imbrogli.

    La nostra città ha bisogno di una classe dirigente seria e preparata, che si interessi di prospettive e di temi concreti, che esca dall’isolamento politico in cui il Sindaco Amante l’ha condotta in pochissimo tempo e che non si invischi in questioni simili a quelle a cui si assiste al mercato delle noccioline.

    Alla luce di tutto ciò chi ha il potere di fermare o frenare questo modo indecoroso di amministrare lo faccia subito per non rendersi corresponsabile  di questo dannoso e pericoloso assalto alla diligenza.

    Pierluigi Mandorino

    Segretario -  Partito Socialista

     
    Di Redazione (del 02/06/2023 @ 14:44:44, in Comunicato Stampa, linkato 281 volte)

    A Galatina il Museo Civico Pietro Cavoti dal 27 Maggio ha lanciato l’iniziativa Museo a Colazione, con l’obiettivo di unire cultura, arte, tradizione dolciaria e condivisione social. L’iniziativa è nata per festeggiare i nuovi orari di apertura del museo e porre la fruibilità dei luoghi di cultura al centro di una migliore esperienza turistica della città. Chiunque visiterà durante il fine settimana il museo, ad ingresso gratuito, riceverà dopo aver condiviso l’esperienza o una delle opere sui propri canali social, un voucher che darà diritto a fruire di una colazione, per una persona, ad un prezzo promozionale di 2 euro all’interno delle attività che hanno aderito all’iniziativa.

    L’idea nasce dalla consapevolezza di trovare nuovi linguaggi e nuove strade per comunicare in chiave contemporanea questo prezioso contenitore culturale galatinese, anche in concomitanza dei nuovi orari che vedono il museo aperto il sabato 9.30 – 13.00 / 15.00 – 19.00 e domenica 9.30 -13.00.

    Il museo è custode di opere d'arte di grande valore storico e artistico che spaziano dalle sculture dell’artista Gaetano Martinez, che incantano per la maestosità e il candore del bianco e che al tempo stesso sembrano prestarsi a dei meme contemporanei; i taccuini di viaggio dello stesso Cavoti, che con i suoi acquerelli fermava le bellezze architettoniche e dei luoghi nei quali si imbatteva durante i suoi spostamenti, quasi fosse un instagrammer ante litteram. Poi ancora le opere del Valentini, precursore di chi ha saputo attingere agli oggetti della tradizione per creare un nuovo linguaggio e per chiudere le opere del Caiuli, che con le sue tele raffiguranti il rito delle tarantate nel giorno di San Paolo a Galatina, sembra quasi fare un reportage in presa diretta, solo per citare alcuni artisti.

    I visitatori sono invitati a fotografare le opere d’arte esposte, a reinterpretarle secondo la propria creatività fotografica, diventando loro stessi protagonisti dell’arte e sviluppando creatività e condivisione. Giocare con l’arte per avvicinare all’arte stessa, diventando parte attiva della comunicazione contemporanea, che coinvolgerà non solo i millennials e la generazione Z, ma quanti fermano le bellezze di una scoperta in uno scatto da condividere con amici e parenti.

    In questo modo ogni visitatore sarà protagonista ed attivo contributor nel diffondere la bellezza del museo e a creare una rete di appassionati d'arte attraverso la condivisione con l’hashtag #museoacolazionegalatina e tag @museocivicocavoti

    Museo a Colazione è un'occasione unica, attiva fino al 25 Giugno, per combinare cultura e gusto, per scoprire le meraviglie del Museo Civico Pietro Cavoti di Galatina e per vivere un'esperienza indimenticabile nel cuore del Salento scoprendo le bontà a colazione tra pasticciotto, africano, polacchina, caffè leccese e per chi ama la colazione salata anche il rustico da gustare tra le seguenti attività che hanno aderito all’iniziativa: Gran Caffè – corso Re d’Italia 40, Pasticceria Eros – piazza San Pietro 9, Fienile Snack Bar – piazzetta Orsini 6, Staglio – Via Vittorio Emanuele II 16, Nohasi Palace – via Castello 19, Noha.

    Barbara Perrone
     
    Di Antonio Mellone (del 15/02/2014 @ 14:39:43, in NohaBlog, linkato 2484 volte)

    Basta vedere chi votiamo per capire il livello di torpore nel quale siamo caduti da qualche decennio a questa parte. E fosse solo torpore.

    Non è mia intenzione di pontificare qui di seguito sulle magnifiche sorti e progressive dell’Italia intera, poveretta, ma limitarmi a qualche denuncia concernente le cose di casa nostra, che molti finti tonti locali ancora una volta considereranno come la classica filippica a firma del sottoscritto, cui non dare alcun seguito (e dimostrando, se ce ne fosse ancora il bisogno, che è ormai giunto il tempo di rimuovere quel “finti”).
    Vi confesso subito che ho dovuto contare fino a cento, anzi fino a mille, prima di vergare queste note, che altrimenti rischiavano di essere composte soltanto da espressioni indistinguibili da quelle proferite da uno scaricatore di porto inviperito formate da improperi, invettive e castime tra le più triviali (benché il mio idioma aborra certi scurrili frasari).  
    Vi dico in breve che di recente son salito sulla torre dell’orologio di Noha per dare un’occhiata al suo, diciamo così, stato dell’arte. E forse sarebbe stato meglio non vedere, prima, o far finta di nulla, poi; ergo bendarmi gli occhi, turarmi le orecchie ed imbavagliarmi, sia ex-ante e sia ex-post (come fanno molti nohani e altrettanti loro compari galatinesi). Invece son qui a certificare l’estremo degrado in cui versa da diversi lustri quel bene culturale nohano, nonché il mancato rispetto delle più elementari condizioni di messa in sicurezza di quella specie di torre di Pisa, o meglio degli asinelli (in minuscolo), prospiciente la pubblica piazza cittadina.
    Sì, perché a compromettere oltremodo la staticità, anzi a peggiorare la precarietà di quelle pietre antiche e belle, in cima alla terrazza della torre del fu-orologio di Noha s’è sviluppata una vegetazione spontanea così rigogliosa e fitta, un vero e proprio giardino pensile, che dico?, un pascolo, una flora fatta di tarassachi e cicore creste e forse anche gramigna, un insieme di ruddhre, insomma un vivaio di piante così ricco e variegato che le praterie de lu Runceddhra o quelle di contrada Cascioni vorrebbero assomigliargli. Una sorta di verde pubblico alternativo e a costo zero.
    Ma quel monumento di tutto ha bisogno men che della fitoterapia.
    All’interno della costruzione, poi, che sembra essersi trasformata da ex-casa comunale in torre colombaia, c’è un sudiciume, un’aria mefitica, un olezzo pestilenziale tale che non si ha più davvero il coraggio di pensare a cosa possa nascondersi sotto il primo corposo strato di guano di piccione.
    Ma non è solo questo.
    E’ che il cosiddetto Comune di Galatina (che sembra non aver proprio nulla in comune con Noha), non sa nemmeno dell’esistenza di questa torre ottocentesca, degli annessi locali (che un tempo erano gli uffici dell’anagrafe cittadina), dei muschi e dei licheni che stanno crescendo e moltiplicandosi in cima alla lammia cumonale prospiciente la piazza San Michele.
    Eppure ogni tanto i nostri “amministratori”, con qualche funzionario da riporto, ci passano accanto, anzi sotto (ed il rischio che l’immobile diventi mobile rovinando inesorabile sulle loro testoline più o meno implumi diventa sempre più concreto). Evidentemente anche costoro non ci vedono, non ci sentono, e soprattutto non ci pensano.
    “Ma quand’è che questi signori si fanno vivi nel cuore di Noha, passando accanto a quella torre?”  – mi chiederete curiosi, se non con un pizzico di scetticismo.
    Risposta: ma obviously nelle occasioni solenni, nel corso dei pubblici comizi durante le campagne elettorali, e anche tutte le volte in cui, quando non impettiti e fasciati di tricolore, si esibiscono in  sperticati elogi dell’evento, dell’ospite, del santo, della reliquia in visita di cortesia, e, giacché si trovano, della propria fazione (stavo per dire Frazione: ma quando mai?) non disdegnando neppure di farsi immortalare, in foto o video amatoriali, proni al bacio del sacro anello dell’alto (e ove capitasse anche del basso) prelato di turno.
    *
    L’orologio della torre civica di Noha, ormai da troppo lustri, segnala solo un fatto: mala tempora currunt.
    Antonio Mellone
     
    Di Albino Campa (del 05/11/2011 @ 14:37:41, in Cronaca, linkato 2598 volte)
    Oggi mi rifiuto di comprare il giornale e di accendere la TV. Oggi mi rifiuto di essere pilotato su immagini strazianti, considerazioni raccapriccianti, racconti appassionati. Oggi pretendo il silenzio per celebrare l’ennesima disfatta dell’incuria dell’uomo sulla natura. Voglio spegnere il brusio stomachevole che puntuale segue eventi di questa portata e riflettere da me, senza alcun condizionamento, su quanto è accaduto a Genova (e poi di rimando in Lunigiana, Roma, L’Aquila e così indietro nel tempo, perché la storia come si sa non è nuova).
    E nel silenzio rifletto: basta davvero poco per sentirsi al sicuro, è sufficiente saperci in uno spazio, in un contenitore, separati dal resto del mondo da effimere barriere di legno, cemento, tufo o pietra. Ignoriamo d’essere solo povere creature nude e insignificanti dinanzi al mistero dell’universo, in continua ricerca di spazi delimitati, chiusi, accaldati, poiché riteniamo che è solo in questi scatoloni vuoti e bui che riusciamo ad avere la sensazione di “esistere” nel creato. Abbiamo inconsapevolmente ripudiato l’idea di “essere” parte del creato stesso e spendiamo la nostra vita a rincorrere quel po’ di solitudine in grado di tirarci fuori dal mondo che ci scorre addosso. Ci aggrappiamo alle cose effimere pur di non farci trascinare dalla corrente e costruiamo immense opere di cemento dietro le quali nascondere le nostre fragilità.
    Aver paura della natura è una sciocca convinzione plurisecolare e pensare che quattro mura scrostate che ci separano dal mondo siano sufficienti a proteggerci da tutto, un gioco di luci e ombre, un’illusione. Ma da cosa fuggiamo allora? Perché la nostra casa ci infonde nel cuore quel grande senso di sicurezza che ci permette poi di affrontare con serenità i problemi della vita? A cosa dobbiamo questa perdita di fiducia negli spazi aperti, questa agorafobia compulsiva che ci porta a preferire una serata in casa davanti al televisore a una bella passeggiata in riva al mare o in montagna? La solitudine è la chiave di questi tempi moderni. La sensazione di essere soli e distanti dal mondo che ci regala una trasmissione televisiva è incomparabile con quella di appartenenza all’universo che ci infonde una serata di luna piena. E tuttavia schiviamo volentieri la possibilità di sentirci parte della natura, pur di non provare per un istante il brivido della fragilità e della limitatezza.

    La lastra di cemento che si diffonde incontenibile come macchia d’olio sulla nostra terra è sufficiente per riempirci l’animo di soddisfazione e di orgoglio, disegnare sul nostro volto quel falso sorriso che solo l’effimero valore del dio denaro è in grado di elargire e farci salire su piedistalli di ghiaccio che si sciolgono ai primi bagliori dell’alba. Illudersi di poter sfuggire al mondo, di poter salire sulle spalle della natura per ammansirla: questo è il vero guaio dell’uomo. E si continuano a fare scelte scriteriate ancora oggi, pur di rimandare a domani l’amara constatazione che deturpando la natura non abbiamo fatto altro che darci con la zappa sui piedi.

    Michele Stursi

     
    Di Redazione (del 20/09/2015 @ 14:31:58, in Necrologi, linkato 3398 volte)
    Se n'è andata all'età di 83 anni, Angiolina, la mamma di Gianni, Giuseppe e Anna Cisotta, quasi improvvisamente, dopo breve malattia. Lucida e attivissima si può dire fino all'altro ieri, zia Angiolina (ci piace appellarla così) lascia un grande vuoto non soltanto nel cuore dei suoi adorati ragazzi, dei nipoti, e dei numerosissimi parenti, ma anche in quello dei vicini di casa e di molte, molte altre persone di Noha.
     
    Sempre pronta a salutarti con il suo inconfondibile sorriso, zia Angiolina era davvero una bella signora, capelli grigi, alta, distinta (caratteristica dei Costa di Noha), ma soprattutto buona e generosa con tutti.
     
    Ai figli, alle nuore, Francesca Pignatelli e Gabriella Campa, al genero Antonio Potenza, ai fratelli e alla sorella, e a tutti i parenti e amici della famiglia Costa-Cisotta giungano i sensi del nostro cordoglio.
     
    *
     
    Non ha fatto in tempo, zia Angiolina, a vedere l'imminente festa di San Michele, patrono di Noha, di cui fervono i preparativi.
     
    Ma non mancherà di partecipare, con il suo scapolare del cuore di Gesù (quello rosso, delicatamente poggiato sul suo cuscino), alla processione di tutti i Santi e alla festa oggi preparata per lei nella casa del Padre.
     
    Zia Angiolina, addio. 
    E continua a sorriderci da lassù.
     
    La redazione di Noha.it
     
    Di Albino Campa (del 04/12/2011 @ 14:30:51, in Casa Betania, linkato 3724 volte)

    Se in campo scende la Carità, nessun obiettivo è precluso. La conferma arriva da Noha dove alle 18, in piazza San Michele, si inaugura «Casa Betania» , struttura di accoglienza per gestanti con figli a carico e adulti in difficoltà. Nell’edificio, oltre agli alloggi per gli ospiti, si trovano il centro direzionale ed un ambulatorio di medicina generale a disposizione degli ospiti stessi.

    Si tratta di un punto di arrivo e contemporaneamente di un punto di partenza; anzi, di ripartenza. Perchè «Casa Betania: Centro aiuto alla vita di Noha» è attivo da tempo ed ha già aiutato concretamente 18 giovani madri in difficoltà. Le ragazze sono state ospitate in appartamenti presi in affitto per i mesi di gestazione e per i nove mesi successivi al parto. L’originalità dell’intervento di sostegno sta proprio nel prendere per mano le partorienti aiutandole anche ad imparare il mestiere di mamme. Un mestiere difficile soprattutto quando si è sole. Vitto, alloggio, assistenza medica, psicologica ed un contributo in denaro - per le necessità personali - di 160 euro al mese per 18 mesi. Un’idea rivoluzionaria alimentata soltanto dalla generosità di tanta gente che ha fatto sua l’iniziativa nata in parrocchia per volontà del parroco don Francesco Coluccia.

    Un sogno, quello di realizzare una «casa» dove ospitare gestanti e adulti in difficoltà che prima si è messo alla prova e che poi ha visto nascere e crescere la struttura. Un bell’edificio, funzionale, che dispone di sei posti lette riservati ad adulti in difficoltà (primo piano) ed a gestanti e madri sole (secondo piano). Una struttura costata 104mila euro e realizzata, dicevamo, senza poter contare su alcun contributo pubblico ma solo grazie alla generosità dei volontari e della parrocchia.

    Il centro ospitante occupa il primo ed il secondo piano con sei camere da letto (tre per piano) alcune dotate di culle ed accessori per neonati, una zona living, i servizi igienico sanitari, una cucina con pranzo, balconi e lavanderia.

    Nella struttura ed intorno ad essa lievitano numerosi servizi come l’oratorio Madonna delle Grazie, sala riunioni, sale di formazione, teatro, sala convegni, sala ludica, campo di calcetto, caffè letterario, area interdisciplinare.

    Ma è l’assistenza alle giovani madri, e quindi alla vita, il centro gravitazionale di Casa Betania. Un supporto garantito da decine di collaboratori volontari: 25 medi specialisti, 15 infermieri professionali, un’ostetrica, 15 educatori, 24 ausiliari, un assistente sociale, due pedagogiste, una psicologa. Il tutto sotto lo sguardo attento ed amorevole di don Francesco Coluccia, parroco e direttore generale della struttura.

    Un piccolo miracolo sbocciato in punta di piedi e diventato faro luminoso di carità e amore per il prossimo. Alle 18, la benedizione impartita dal vescovo di Otranto, monsignor Donato Negro, darà nuova linfa ad una struttura nata cuore ed alimentata dall’amore per i più deborli.

    Giovanni Delle Donne

     
    Di Antonio Mellone (del 03/09/2017 @ 14:29:09, in Fetta di Mellone, linkato 2389 volte)

    Non è mai stata mia intenzione di pontificare sulle sorti sempre magnifiche e progressive dell’Italia intera (poveretta). Nelle mie modeste note sfregate sulla carta (viepiù virtuale), mi son limitato a qualche denuncia concernente le cose di casa nostra (e talvolta di Cosa Nostra), che molti finti tonti locali han sempre considerato come la topica filippica a firma del sottoscritto cui non dare seguito alcuno (e dimostrando così quanto superfluo fosse quel “finti”).

    Confesso subito che spesso ho dovuto contare fino a cento prima di vergare certe chiose che avrebbero rischiato altrimenti di essere composte soltanto da espressioni indistinguibili da quelle proferite da uno scaricatore di porto infuriato formate da improperi, invettive e 'castime' tra le più triviali (benché il mio idioma aborra certi scurrili frasari).

    E’ che non ce la faccio proprio a bendarmi gli occhi, turarmi le orecchie, imbavagliarmi la bocca, incerottarmi le dita e stravaccarmi sopra un divano (che tra l’altro non possiedo: sarebbe del tutto inutile a casa mia), come invece usano fare molti nohani e altrettanti loro compari di merende galatinesi.

    Prendiamo, ad esempio, la torre dell’orologio di Noha.

    Ebbene, mi son consumato le dita su questa tastiera per certificare l’estremo degrado in cui versa da diversi lustri codesta specie di torre di Pisa - o meglio degli asinelli (in minuscolo) - oltre al mancato rispetto delle più elementari condizioni di sicurezza.

    Quel complesso monumentale si regge ancor oggi quasi per quotidiano miracolo, mentre le stanze ubicate al primo piano - la casa comunale del tempo che fu - sembrano essersi trasformate in un ricettacolo degno di una torre colombaia. Vi lascio immaginare il sudiciume, l’aria mefitica, l’olezzo pestilenziale che si sprigiona da codesto novello B.&B. per topi e piccioni stanziali più che viaggiatori, tanto che davvero non si ha più il coraggio di pensare a cosa possa nascondersi sotto il primo corposo strato di guano, altrimenti detto merda.

    *

    A proposito di effluvi immondi, c’è da ricordare che intorno alla torre civica e all’orologio pubblico nohani sono state condotte intere campagne elettorali.

    C’è infatti chi vi ha costruito la sua fortuna pOLITICA locale (e quindi specularmente la nostra sfiga), grazie al cielo durata giusto il tempo (pur sempre lungo) che i cittadini aprissero un pochino gli occhi e - visti certi discorsi altamente cul-turali sparati a palla (anzi a palle) dal palco dei comizi - anche le orecchie.

    Io non vedevo l’ora che certi personaggi in cerca di elettore se ne ritornassero finalmente a casa loro, anzi in villa. E, per fortuna, visti i risultati, ero in buona compagnia.

    *

    Sapete bene che l’archivio non perdona.

    In questo momento ho per le mani un dépliant (o depilant) molto interessante. Si tratta del volantino di propaganda elettorale per le amministrative del maggio 2006 dell’ex-PDS (Promesse Da Sailor), ex-DS (Deludere Sempre), e finalmente PD (Programmi Disattesi). Sì, insomma, è sempre il solito partito, con l’aggravante che ultimamente, oltre a essere fintamente spaccato, è pure renziano e trova indigesta la Costituzione.

    Insomma, voi non ci crederete, ma tra le svariate cazzate riportate in codesto orripilant - tipo la creazione a Noha di una “zona artigianale” [cioè un enorme cimitero da costruire proprio di fronte al cimitero, ndr.], il “rifacimento totale dell’attuale Monumento ai Caduti sostituendolo con una stele in pietra leccese e includendo i caduti [sic] delle due guerre” [e magari anche i nomi dei politici delle due/tre successive legislature de-caduti per insufficienza di voti e per sufficienza di prove, ndr.], “sistemare le vore e i canali” [per esempio cementificandone l’imboccatura e rovinando definitivamente una delle vore naturali più importanti del Salento, sicché al prossimo venturo disastro da alluvione dovremmo pure sorbirci un bel po’ di lacrime di coccodrillo dei soliti noti, ndr.] - oltre a tutto questo, dicevo, vi è nientepopodimeno che la Torre dell’Orologio di Noha: “Non è accettabile – scrivono i promittenti marinai – che lo storico orologio della Torre Civica rimanga ancora muto. Necessita [di] un intervento di manutenzione e restauro della facciata per riascoltare i rintocchi e abbellire l’intera piazza” [sissignore, i DS-PD ci avevano messo la mano sul fuoco. E se la sono bruciata pure sulla torre dell’orologio, ndr.].

    A ulteriore dimostrazione del fatto che con certi chiari di luna politici a Noha l’ora legale non sarebbe mai scoccata, men che meno da quel cronometro pubblico, nel mese di luglio del 2016 mi perviene una telefonata da parte dell’ufficio Lavori Pubblici (o come cavolo si chiama) del Comune di Galatina.

    E qui stramazza l’asino.

    Avrò parlato con due esponenti di quell’ufficio [ubicato evidentemente su Marte o su qualche nuvola dalla quale ogni tanto qualche funzionario-dirigente si degna di cadere, ndr.].

    Codesti responsabili, di cui davvero non ricordo il nome, mi chiedevano informazioni, guarda un po’, in merito a torre e orologio civico di Noha e soprattutto se avessi un progetto di sistemazione da presentare non ho ben capito se alla Sovrintendenza o ad altro ente pronto a finanziarne il restauro più o meno conservativo. Ovviamente il progetto ce l'avevo. Io.

    Questo tanto per dirvi che certi (finalmente ex) delegati locali, al di là delle chiacchiere da discoteca, durante la loro legislatura non avevano trasmesso un bel nulla agli uffici comunali preposti [non avendo evidentemente alcuna documentazione per le mani, e soprattutto alcuna idea per la testa, ndr.], e se l’avessero fatto sarebbero stati così generici, così all’acqua di rose, così poco attendibili, o di così scarso peso politico da esser considerati poco più che delle macchiette sbraitanti e gementi in questa valle di lacrime. Tanto che i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

    Per farla breve, e con l’aiuto di san Marcello D’Acquarica martire, nel giro di un paio di giorni ho predisposto un elenco per punti [nove punti per la precisione, visto che siamo a Nove, ndr.] delle cose indispensabili da fare su quel bene culturale, corredandolo di fotografie, di planimetria catastale, e anche di alcuni preventivi che m’ero premurato di richiedere a qualche ditta specializzata nel settore dell’automazione elettronica dei campanili. Questo, così, tanto per provare a ridare un pizzico di dignità non alla torre, non all’orologio, non alla piazza, ma ad un paese intero: il mio.

    Per la cronaca, ad oltre un anno da quell’invio di documentazione, ancora nessuna buona nuova in merito al suddetto progetto.

    *

    Io non so come sia la nuova classe dirigente testé insediatasi a Palazzo Orsini: troppo presto per esprimerne un giudizio.

    Vabbè, non si può sentire da un Assessore alla Cultura un’idiozia del seguente tenore: “[…] E questo lo si impara non sui libri ma nelle stanze, sulle scale e nei corridoi degli uffici comunali.” [sic]. Spero che non lo pensi realmente, e che codesta uscita assessorile sia frutto soltanto della foga di un neofita politico nel rispondere a caldo a una lettera aperta che oltretutto si commentava da sé.

    Ma al di là di questo, mi auguro che i nostri nuovi amministratori non siano come certi loro predecessori, pronti a passare dalla favella all’orbace [questa è sottile, lo so, ndr.] in men che non si dica, e che considerino i nostri beni culturali come una delle priorità della loro azione politica.

    Noi altri abbiamo imparato (invero un po’ tardi) la lezione. E ormai, con orologi fermi oppure in movimento, abbiamo capito come non perdere altro tempo per mandarli a cagare.

    Antonio Mellone     

      

     

     ****************************************************************

     

    BOZZA DEL PROGETTO DI SISTEMAZIONE E RESTAURO DELLA TORRE E DELL’OROLOGIO CIVICO DI NOHA (di Antonio Mellone)

    Al di là della messa in funzione dell'orologio pubblico di Piazza San Michele a Noha, per il quale possediamo un preventivo, ricapitoliamo qui di seguito, e per punti, i lavori propedeutici necessari per il buon esito del restauro del bene pubblico "Torre civica di Noha".

    1) E' necessario innanzitutto il consolidamento e il ripristino di alcune parti già franate della torre campanaria del 1861 (come ad es. la sfera in pietra locale ubicata in cima alla guglia). Si notano altresì delle crepe nei cornicioni in pietra leccese. Esiste cioè il serio rischio che si stacchino dei pezzi interi di materiale lapideo costituente la torre: è richiesto pertanto un intervento urgente per scongiurarne ulteriori lesioni e crolli;

    2) Il balcone prospiciente piazza San Michele, con base in pietra leccese necessita di consolidamento (e questo a prescindere dall'estetica: l’intervento è richiesto per la pubblica incolumità);

    3) Il solaio pericolante delle due stanze al primo piano di pertinenza del complesso monumentale dovrebbe essere consolidato o, alternativamente, abbattuto e rifatto ex-novo;

    4) La creazione di un bagno di servizio non sembra strettamente (o immediatamente) necessaria. Le due stanze potrebbero essere adibite a piccolo museo dove esporre al pubblico l’antica macchina dell’orologio (attualmente depositata presso i locali della scuola media di Noha), insieme ad altri oggetti di sicuro interesse storico;

    5) Non si può prescindere da un’attività di pulizia di tutta la casa comunale, del frontespizio della torre e delle parti scolpite in pietra leccese (come ad esempio il corpo dell'aquila, lo stemma gentilizio del mecenate donante, gli archi del campanile).

    6) E’ richiesta la sostituzione delle porte e delle finestre del fabbricato, ormai fatiscenti (da riprodurre rispettando possibilmente il disegno originario, e in materiale rigorosamente ligneo, avuto riguardo alla fattura e all’armonia della facciata monumentale del complesso edilizio);

    7) E’ necessaria l’installazione di un parafulmine con banderuole segnavento in ferro battuto (magari riutilizzando le originali già esistenti), da issare sulla sommità del campanile;

    8) L’illuminazione della torre con nuove tecnologie ("sculture di luce") renderà più decoroso il monumento e tutta la piazza San Michele;

    9) I lavori dovrebbero concludersi con la messa in funzione dell'orologio, la pulizia delle campane e l’installazione di martelli percussori (uno per le ore, l’altro per i quarti), da azionare con un nuovo sistema elettromeccanico (con esclusione del suono pomeridiano e notturno).

    Per quanto ovvio, e per un discorso più generale sarebbe d'uopo che i finanziamenti fossero richiesti eventualmente anche per la rimozione dell’asfalto presente in tutta la piazza e in via Castello, e la sua sostituzione con un basolato (come era in passato – il cosiddetto Basolato del Barone - e come avviene in molti comuni e frazioni salentine), nonché per l'illuminazione del frontespizio della chiesa madre, della sua cupola monumentale (con luci dal basso) e ovviamente di tutta la piazza, cuore storico del paese.

    A.M.

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 22/08/2015 @ 14:28:17, in Necrologi, linkato 2550 volte)

    E’ una mattina come tante di questo caldo agosto. Tutto nella norma: il solito sole, il cielo azzurro, e i più svariati rumori della vita di paese, del mio paese e della mia via. Una volta in strada però due manifesti funebri fanno calare un velo di tristezza a questo nostro nuovo giorno. Li noto contemporaneamente, tanto che sono vicini alla nostra casa. Il primo è quello di Mariannina Pepe, un altro caposaldo di Noha, e sul muro della casa dei Nocco, quello di Maria. In un nanosecondo rivedo le scene delle ultime volte in cui ho avuto modo di parlarle, seduta nella stanza che dà su via Cadorna, dietro la porta con le ante aperte a presidiare Noha. Sì perché Maria godeva di questa grandissima specialità che spetta, evidentemente, a pochi fortunati: l’amore per il proprio paese. E ogni volta non perdeva occasione per dirmi che tutte le domeniche sentiva il dovere di tornare e di stare qualche ora nella sua casa paterna. Me lo raccontava con accanto Gigi, suo marito,  che sapeva benissimo di aver sposato, oltre a Maria, anche questo suo “difetto”. A questo punto chiedo a Chiara di avvisare subito le mie sorelle, soprattutto suor Orsolina che era anche la sua amica d’infanzia. Figuriamoci se suor Orsolina non aveva qualcosa da dirle, ecco di seguito le sue parole:

     
    Carissima amica e sorella Maria Nocco,

    hai voluto andartene in cielo, in punta di piedi come sei vissuta e mi è dispiaciuto tanto di non aver potuto venire a salutarti e darti l'ultimo abbraccio. Un giorno prima che te ne volassi in cielo, ti avevo pensato e mi ero chiesta: “chissà come sta la Maria Nocco?” e stavo pensando di telefonare a Patrizia per avere tue notizie. Poi il giorno dopo, apro Internet e incontro l'inaspettata notizia di mia nipote Chiara, che mi avvisava del tuo trapasso da questa terra per l'Eternità. Non so se devo farti gli auguri perché ce l'hai fatta e hai finito di soffrire, oppure se devo piangere per questo grande distacco e separazione. Intanto, cara Maria, voglio dirti di cuore il mio grazie per il bene che ci siamo volute quando eravamo adolescenti. Insieme, andavamo all'Azione Cattolica alla Domenica,  e avevamo il Gruppo delle Beniamine. Insieme abbiamo fatto il Corso di taglio e Cucito a Galatina, quindi tutte le mattine ci incontravamo nella Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo e di là, insieme alle altre compagne, andavamo a piedi dalla via vecchia, alla scuola di taglio e cucito fino a Galatina, e questo durante tre mesi.  

    Poi io sono partita per Torino e ci siamo lasciate, seguendo ciascuna la sua strada. 

    Grazie Maria, per tutte le volte che ritornando dalla Missione, mi hai accolto a casa tua a Galatone e tu preparavi un pranzo saporito che poi consumavamo insieme a Gigi, tuo marito. 

    Ricordo che una volta hai mandato Gigi nella sua campagna per raccogliere l'origano che si mette sulla pizza e me ne ha portato un sacco. Poi io l'ho pulito e l’ho portato con me, in Missione. 

    Ogni volta che ritornavo dalla Missione dell'Amazzonia dove ho lavorato per 33 anni, tu mi venivi a prendere a Galatina, dalla casa di mia sorella Maria Assunta e mi portavi con te a casa tua. 

    Tu lavoravi ricamando le camicette con le perline e tutte quelle che ti avanzavano le davi a me per portarle in Missione, affinché anche le nostre Indie potessero fare braccialetti e collane per mettersele al collo e alle braccia. Tutte le volte che venivo a casa tua, avevi sempre una piccola offerta da darmi e condividevi volentieri con le Missioni quello che potevi. Grazie per la tua amicizia e per i tanti piccoli gesti di delicatezza e di fraternità. Ti sentivo come una sorella e sono orgogliosa di aver vissuto con te tanti momenti belli della vita. 

    Adesso che sei in Cielo, contemplando il volto di Dio, prega per noi, che siamo ancora su questa terra e aiutami a farmi santa. Prega per Gigi, che è rimasto da solo e per tutti i tuoi fratelli e nipoti. 

    Prega per la nostra Italia che ha tanto bisogno di Fede. E prega anche per la nostra NOHA che ti ha visto crescere, e dove hai ricevuto la Fede nella tua famiglia e nella Comunità Cristiana la quale oggi prega per te.

    Arrivederci in Cielo Maria Nocco, e lassù salutami tua sorella Ada, la Nunna Luce e il tuo caro Papà Angiolino. Arrivederci e grazie per tutto.

    Sr. Orsolina D' Acquarica  MC. 

     
    Di Fabrizio Vincenti (del 17/08/2018 @ 14:27:04, in NohaBlog, linkato 1422 volte)

    Ultimamente, prima di scrivere qualcosa, ci penso su molto. So, infatti, che i più, accecati dai loro pregiudizi, non solo non comprendono le mie parole, il che sarebbe anche giustificabile dal fatto che sono io scarso nella scrittura e non loro tardi di comprendonio, ma questi, purtroppo, non sono neanche in grado di capire il senso comune di ciò che li circonda, e questo è auspicabile che non accada. Piuttosto continuino a fraintendere me e non il significato della realtà in cui vivono.

    Io, se dovessi scegliere un amico, sceglierei un filosofo: anche se non ha tutte le risposte che mi occorrono, per lo meno riesce a formulare qualche domanda interessante. Tempo fa, infatti, scrissi che non basta (mai detto “non serve”) una laurea in ingegneria per costruire un ponte, in quanto quel pezzo di carta, per quanto sia pregiata la pergamena, non regge quanto un pilone. La maggior parte degli uomini di cui parlo, invece, portentosi internauti dell’universo schermato che si credono dei marco polo alla scoperta del mondo moderno solo perché hanno letto un manuale di decoupage o un romanzo di Hemingway (dubito che tra i due ne colgano le differenze), propinano le loro idee copiando e incollando post facebookiani dei loro idoli politici, i quali si nutrono come porci del tweet, ma non riescono a formulare un’idea di senso compiuto in quanto la realtà non la riassumi in centoquaranta caratteri neanche se ti chiami Dante Alighieri (figuriamoci se il tuo nome è Matteo Renzi: perdona il paragone, caro Dante, ma dovevo citarlo per rendere l’idea del fatto che  essere fiorentini non è garanzia di magnificenza). È per questo che scrivo, perché so che questi figli dell’incompetenza riluttante di un’epoca squallidamente edonistica come la nostra hanno già smesso di leggere dalla seconda riga di questo articolo, poiché già siamo ben oltre i centoquaranta caratteri dei loro sepolcri imbiancati renziniani (non renziani: i renzianiani, badate bene, sono una nuova specie umana, geneticamente modificata), salviniani o dimaiani (i berlusconiani non volevo citarli per decenza). Dunque, da questo momento in poi, certo della mia ignoranza a differenza loro, sarò più tranquillo nello scrivere ciò che penso poiché so che quelle talpe che si credono intellettuali solo perché sanno scavare una buca nel terreno, hanno già smesso di leggere oppure, cosa ancor più grave, pur continuando a leggere non intendono, in quanto per leggere bisogna tenere aperti gli occhi e la mente, mentre gli ottusi sanno aprire solo la bocca. E si sa che, a furia di inzuppare il muso nel loro stesso sterco disseminato qua e là sulla rete (nel mondo reale verrebbero divorati dalle formiche), non sentono neanche più il puzzo della squallida tana in cui vivacchia e starnazza il loro senno rinsecchito. Innaffiatevi come se foste una pianta che rischia di crepare sotto il sole: fatelo almeno per la dignità che si deve ad un uomo qualunque. Riprendetevi il senno, e se lo avete perso, cercate di ritrovarlo. Non vi ostinate ad andare in giro senza quello in quanto, a furia di seminare tweet dei vostri rincoglioniti spauracchi, rischiereste, in un mondo normale, un trattamento sanitario obbligatorio (ma tranquilli, non accadrà mai: i sani hanno scelto di auto-internarsi, e un pazzo non riconosce un altro pazzo).

    È crollato un ponte e sono morte decine di persone. Altre centinaia sono rimaste senza casa e molti altri sono in ospedale, feriti. Questa è la notizia, questa è la realtà. I nostri pensieri sono solo flatulenze a confronto (i nostri; quelli dei renziniani, dimaiani e salviniani potremmo anche definirli scorregge – Berlusconi, per fortuna, non pervenuto). Sì perché, checché se ne dica, sappiamo tutti che il pedaggio autostradale in Italia è un furto, un obolo cospicuo messo direttamente nelle tasche di qualcuno che pensa di prenderci per i fondelli dicendoci che una mancia per il caffè da spendere in manutenzioni qualche volta, se è di buon umore, la lascia pure sul tavolo.

    Cosa c’è da meravigliarsi? È la realtà. Noi siamo criceti in gabbia che facciamo girare le ruote dell’economia  mentre a noi ci girano solo le palle. E continuiamo a grattare “gratta e vinci”, sadici come siamo, buttando privi di vergogna il futuro nelle casse del tempio dove, senza remora alcuna, si scannano, come vittime sacrificali, i più deboli della società. Cosa c’è da meravigliarsi? È la realtà, dove si parla di sciagura solo per il tempo necessario affinché ne accada un’altra, e poi un’altra ancora, così la colpa è un po’ di tutti, della sinistra di ieri e della Lega di oggi. È di tutti perché non sia di nessuno.

    Ciò che vedo tutt’intorno è solo una accozzaglia che passa il tempo, la cosa più preziosa che ha, ad insultare  e denigrare il prossimo,  mentre usa l’altro suo simile solo quando ci si può speculare sopra. Oggi l’immigrazione della destra, domani il caporalato della sinistra mentre voi, ancora, volete farmi credere che siete suscettibili a queste tematiche? Lasciate stare! Tu, qui, sei iscritto al sindacato e poi voti chi, promulgando le ultime leggi sul lavoro, ha strizzato l’occhio a chi sfrutta coloro ai quali viene negato il diritto anche di andare in bagno per non interrompere la raccolta dei pomodori (ai renziniani che insorgeranno come contro la Bastiglia, dico di andarsi a vedere le leggi che depenalizzano chi sfrutta il lavoro irregolare firmato da loro, altro che lotta al caporalato). Quali milioni di posti di lavoro, quali grandi opere, quali Tap o Tav? Qui ci crolla tutto il bagno sotto i piedi mentre siamo seduti sul cesso! È lì la realtà, sotto quel ponte crollato. Lì si dissolvono tutte quelle paroline inglesi renziane coniate per raccontavi un mondo più bello, tutte le polemiche salviniane e le fantasie dimaiane. È questa la realtà, non la Silicon Valley dei sogni di qualche mentecatto.

    Cari miei, voi potete anche continuare a credere che quello che avete davanti è un picasso di inestimabile valore, ma fino a quando ci sta bene attaccare il picasso al muro con lo scotch, quello che avete sulla parete non è una fortuna, ma un cumulo di macerie. Il cemento non salverà il mondo, come farfuglia la pagina Facebook di Renzi (lascia che sia la sua pagina a pensare; lui non credo che sia in grado di farlo).

    E’ la nostra propensione al bene comune che dovremmo avere tutti, semmai, che riuscirà in qualcosa di buono. Continueranno a cercare di comprare il tuo voto con ottanta centesimi o ottanta  euro perché è l’unica cosa che sanno fare. Qui, invece, occorre qualcuno che abbia il buon senso di progettare qualcosa a lungo termine ma che magari non porterà molti voti. Scrivere oggi il futuro di domani: questo, certamente, reggerà più a lungo di un pilone di cinquant’anni. Dire che una vita umana vale più di un’azione di Atlantia in borsa farà la differenza su ciò che saremo. L’alternativa è correre dietro una cosa che chiamano  spread, capace soltanto  di desacralizzare l’umanità. Cari miei, qualcuno si preoccupa per i tassi di interesse (anch’io mi preoccuperei se avessi, come questo qualcuno, più di un mutuo aperto per qualche milioncino di euro per una villa fiorentina), qualcun altro invece si preoccupa se un bambino muore mentre sta andando in vacanza con sua mamma e suo papà sepolto da tonnellate di cemento armato.  Se la famiglia Benetton ha uno yacht in meno se ne farà una ragione.

    Credetemi, io non ho nulla contro i politici e i giornalisti che giornalmente inquinano la scena. Odio solo la stupidità umana, quella che pubblica la foto di una tragedia e sotto vi mette un cuore pulsante e poi, un’ora dopo, getta nel water ogni briciola di senso critico pur di trasformare un uomo in uno dei tanti francobolli sputacchiati e attaccati al culo di qualcuno che forse è anche senatore, stipendiato con quindicimila euro al mese e che solo ieri voleva abolire il Senato. Ma è la realtà, la scellerata imbecillità umana di chi, con lo stesso fazzoletto in cui si è soffiato il naso finora, ci si pulisce le labbra e dice agli altri, pensando di sfotterli,  “buon appetito” (n.d.r. Io non faccio parte né dei primi né dei secondi, ma a differenza loro, ribadisco che sono certo della mia ignoranza).

    Fabrizio Vincenti

     
    Di Antonio Mellone (del 07/01/2016 @ 14:25:55, in Presepe Vivente, linkato 1950 volte)

    Ogni anno - e siamo ormai alla sesta edizione - il Presepe Vivente di Noha ha un fil rouge, un filo conduttore più o meno esplicito che lega personaggi e ambienti della sacra rappresentazione natalizia: da “Le pietre e la Storia” a “La Strada”, da “Il Tempo” a “I Volti”, da “Le Luci Nove” a “I 100 passi”.

    Il leitmotiv di quest’anno ha una triplice dimensione (un po’ come la Santissima  Trinità che Dante cercò di esprimere negli alti versi come “tre giri di tre colori e d’una contenenza” – Paradiso, XXXIII, 116-117) ed è la sintesi logica de “l’abbattimento dei muri”, de “l’apertura delle porte” e infine de “l’abbassamento dei ponti levatoi”.

    Questo tema tridimensionale ed ecumenico, dunque inclusivo mai esclusivo, non poteva non annoverare l’itinerario di fede dal titolo “Mettiti in cammino”, organizzato dall’Azione Cattolica di Noha, “un’associazione di 108 anime laiche che – come scrive Michele Scalese in un suo messaggio inviatomi di recente – cercano in scienza e coscienza di tendere verso l'Altissimo. O almeno ci provano”.

    In effetti l’abbattimento dei muri, l’apertura delle porte e la creazione di ponti è in linea con le attività di questo gruppo di persone di buona volontà che da tempo si cimentano in attività di vario genere con lo scopo di lanciare un messaggio di unione, fratellanza e comunità.

    Così continua Scalese a proposito dell’: “ […] Quest’anno non potevamo rimanere sull’uscio; bisognava uscire dalle nostre solite abitudini, coinvolgere le famiglie ed andare per le strade del nostro paese a testimoniare con le nostre azioni il Vangelo di Cristo in cui fermamente crediamo”.  E ancora: “Con gioia abbiamo accolto l’invito di papa Francesco che ci esorta ad uscire per le strade, gioire e rimanere con Gesù. Senza dubbio per l’AC “l’uscire” significa cercare di essere un’associazione missionaria; per non ridurre questo a puro slogan, occorre dargli una concretezza che passa per la vita delle persone, laddove queste vivono”.

    Sicché il responsabile parrocchiale della storica AC nohana, decide di concludere il percorso “nel migliore dei modi, proprio nel nostro Presepe Vivente, là dove uomini e donne instancabili hanno dato vita ad uno dei tanti motivi di orgoglio per la nostra Noha. […] Proprio in questa stupenda realtà, nella grotta dove Dio s’è fatto bambino, lì abbiamo lasciato un cuore, il nostro cuore, come se ognuno di noi lasciasse ai piedi di Gesù tutta la sua intera esistenza”.

    E conclude: “Con il fraterno augurio di rinascita interiore e nella fede, vi ringrazio di cuore per averci ospitati in questo percorso, esortandovi a continuare per noi e per la nostra Noha. ”

    *

    Caro Michele, non sei tu a doverci ringraziare, ma siamo noi che ringraziamo te per la scelta, il cammino, e “la costruzione di un ponte levatoio”. Ringraziamo di conseguenza tutto il tuo gruppo, oltre ovviamente il parroco che ha guidato il pellegrinaggio e la preghiera conclusiva nella grotta della Bet Lehem (casa del pane) nohana.

    La vostra marcia, culminata nel presepe vivente di Noha, è un ulteriore passo verso la realizzazione dell’esortazione di papa Francesco proferita nel corso della messa crismale del Giovedì Santo 2015, nel corso della quale il vescovo di Roma affermava che i sacerdoti [ma, s’intende, anche tutti gli altri uomini e donne di chiesa, ndr] dovrebbero avere addosso l’odore delle pecore [nel nostro presepe vivente, in tutti i sensi, ndr.].

    L’odore delle pecore, appunto, non la puzza sotto il naso.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 17/07/2016 @ 14:22:23, in Comunicato Stampa, linkato 2096 volte)

    A causa delle avverse condizioni meteo la II^ edizione della serata di beneficenza “Bimbulanza in piAzza” è stata rinviata a martedì 26 luglio p.v..

    L’evento, per grandi e piccini, è fissato a partire dalle ore 20.00 presso "Il Covo della Taranta", nel Centro Storico della Città di Galatina, nel tratto che va da P.zza San Pietro a Via Del Balzo.

    Per i più piccoli avremo il Centro servizi per l'infanzia "Il Baobab - new Party Planet" che allieterà con maestria i tantissimi bambini con giochi, palloncini colorati, divertentissimi laboratori ed una carica enorme di simpatia.

    Intorno alle 21.30 altra straordinaria sorpresa: si esibiranno infatti gli 88MAX definiti come ”Un autentico Tributo a Max Pezzali & 883 attualmente in circolazione“. Sarà un’occasione perfetta per ripercorrere la carriera e il contributo che il cantautore di Pavia ha dato al panorama musicale italiano, partendo dalla storica “Hanno ucciso l’uomo ragno” del 1992, arrivando fino ai giorni nostri con la più recente “L'universo tranne noi” del 2013, e tutti i più grandi successi nel corso degli anni. L’intenso sound e l’incredibile somiglianza vocale tra Giampaolo Notaro, cantante della band, e Max Pezzali, lascia in ogni concerto, il pubblico senza parole. Il progetto, avviato da gennaio 2011, conta ormai oltre 300 live all’attivo e continua a riscuotere enorme successo sia nei Live Club che nelle Piazze. Disinvoltura sul palco, grande carica e preparazione musicale sono gli ingredienti fondamentali di questa band che promette uno spettacolo dal sound potente e groove ricco di emozioni. Due ore di musica racchiuse in 40 brani presentati sotto forma di medley per apprezzare a pieno la musica di questo artista. Brani in versione originale ma anche ri-arrangiati in chiave Rock e Dance per dare a tutti la possibilità di scatenarsi e ballare sulle note suonate dalla Band.

    Altra fantastica sorpresa per i più piccini: grazie agli amici del Circolo Ippico Inclusive, in occasione dell'evento "Bimbulanza in piAzza", avremo due dolcissimi pony, Silvano e Isotta, che si presteranno per un’indimenticabile cavalcata. Grazie ai due simpaticissimi ed adorabili "amici" i bambini prenderanno sicurezza ed impareranno a conoscere e rispettare il pony attraverso un contatto con l'animale che è "gioco" ed accudimento.

    La cena, prevista a base di pizza a metro ed a menù fisso, sarà accompagnata con musica e tanto divertimento per trascorrere in allegria questa fantastica ed imperdibile serata.

    La quota di partecipazione è fissata in 13€ e comprende:

    •         pittule a volontà;

    •         pizza a metro;

    •         bevanda;

    •         frutta.

    BAMBINI FINO A 12 ANNI GRATIS.

    Al momento della prenotazione verrà rilasciato un biglietto/invito numerato che permetterà di partecipare durante la serata all'estrazione di simpatici premi.

    Nella precedente edizione è stata raccolta la somma di 1.550€ interamente versata all’Associazione di Volontariato “cuore e mani aperte verso chi soffre” di Don Gianni Mattia, cappellano ospedaliero del Vito Fazzi di Lecce, che gestisce la Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha sempre partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.

    Per info e prenotazioni:

    Sandro Argentieri: 333-4368532 (anche Wathsapp);

    Piero Luigi Russo: 349-8471729 (anche Wathsapp);

    Alessandro Antonaci: 328-0459945 (anche Wathsapp);

    Santino Beccarisi c/o Forno di via Monte Nero, 47 a Galatina: 333-4678048 (anche Wathsapp).

    A questo punto mancate solo Voi...

     
    Di Redazione (del 10/04/2015 @ 14:21:57, in Lauree, linkato 3832 volte)
    Oggi, 10 aprile, presso l'Università degli Studi di Roma - Foro italico - la nostra Pamela Marra ha conseguito la laurea specialistica in Scienze Motorie e Sportive - attività motoria preventiva ed adattata - discutendo una tesi dal titolo "La riabilitazione cardiologica in pazienti con devices: un progetto pilota", con una valutazione di 110/110 e lode e nomina per il premio Marinozzi.

    Alla dott.ssa Pamela e ai suoi parenti e amici giungano le nostre congratulazioni e l'augurio di un futuro costellato di grandi successi.
     
    Noha.it 
     
    P.s. Auguroni di cuore anche da parte di Adriana.
     
    Di Albino Campa (del 17/08/2018 @ 14:20:14, in Comunicato Stampa, linkato 1360 volte)

    Chiese aperte - edizione estiva nasce da un’idea dell’Associazione Archeoclub Terra d’Arneo, sezione di Galatina e Pro Loco Galatina.

    Dalle 20:00 alle 24:00 del 19 Agosto prossimo, turisti e non potranno visitare, osservare e conoscere dieci chiese che saranno, in maniera straordinaria, aperte fino a tarda sera.

    “Un esperimento mai tentato prima”, dice la Dott.ssa Antonietta Martignano, Presidente dell’Associazione Archeoclub, “Una sfida che trova però il giusto seguito ad un evento che come Associazione abbiamo brillantemente portato a termine qualche mese fa: il 13 maggio, infatti, è stata la Chiesa della Purità ed essere aperta in maniera straordinaria e per tutta la giornata. L’importanza di conoscere il proprio territorio ed i propri beni è una delle colonne portanti della nostra associazione che svolge il suo operato in maniera del tutto gratuita e per amore del territorio.”

    Alle sue parole fanno eco quelle dell’Arch. Adriano Margiotta, Pro Loco Galatina, “Chiese Aperte, come tutti gli eventi organizzati dalla Pro Loco, va nella direzione della valorizzazione dei beni materiali e immateriali della nostra Galatina. In particolare Chiese Aperte sarà un’occasione unica per vedere dei gioielli architettonici che rimangono chiusi troppo spesso e sicuramente meriterebbero maggiore visibilità. La collaborazione con Archeoclub ha permesso una sinergia tra le due associazioni che garantirà la buona riuscita dell'evento”.

    “La proposta delle due associazioni” aggiunge Nico Mauro, Assessore al Turismo del Comune di Galatina, “ha trovato subito terreno fertile nell'Amministrazione Comunale che si è prodigata, per quanto possibile, a dare il suo contributo nella buona riuscita dell'evento. Ciò che più ci ha colpito è stata la capacità delle due associazioni di fare rete e coinvolgere altre realtà presenti sul territorio. L'iniziativa sposa perfettamente la volontà di valorizzare il patrimonio culturale architettonico monumentale, rende consapevole la comunità della bellezza che custodisce e permette ai turisti di godere in una sola sera di tutto il suo valore.”.

    Ai soci Archeoclub e Pro Loco, ciceroni per una sera, si accompagneranno, infatti, intermezzi musicali e teatrali a cura di Elisa Romano, Caterina Luceri, Benedetta Margari e Maria Margherita Manco dell’Associazione di promozione sociale GioRè, le letture della poetessa Carla Casolari e una lezione a cura del Prof. Luigi Rossetti.

    In occasione dell’apertura straordinaria, grazie anche alla collaborazione con “La Casa delle Comunità Ospitanti degli Itinerari Francigeni della Puglia Meridionale", alcuni locali galatinesi serviranno il Cibo del pellegrino.

    L’iniziativa culturale gode del patrocinio dell’Amministrazione Comunale e rientra nel programma estivo “A cuore scalzo”.

    Per ulteriori dettagli ed altre informazioni ci si può rivolgere presso la sede Pro Loco Galatina, via Umberto I, oppure seguire l’evento facebook “Chiese Aperte Galatina”.

    Ufficio Stampa Marcello Amante

     

    Nella splendida cornice dell’ex Monastero di Santa Chiara, in un contesto forse inusuale per una classe di scuola primaria, una nutrita rappresentanza della IV C del Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina è salita sul podio della sezione Poesia giovane edita o inedita a tema libero per alunni della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, classificandosi al 3° posto al Concorso Internazionale di Poesia Città di Galatina e aggiudicandosi una Borsa di Studio messa in palio dall’associazione Giovani Realtà APS (meglio conosciuta come GIORE’), organizzatrice dell’evento, da sempre attiva per la difesa dei diritti umani, della solidarietà, dell’arte e musica e dell’ambiente.

    Dopo l’emozione palpabile della recitazione dei versi del componimento scritto a 25 mani, sotto lo stimolo e la guida costante dell’insegnante Mariella Greco, altrettanto toccanti le parole della Presidente Gabriella Noia nei confronti dei nostri ragazzi. Grande sorpresa anche per la Giuria che ha giudicato le poesie, presieduta dalla professoressa Beatrice Stasi, in quanto solo nel momento della proclamazione dei vincitori ha appreso chi fossero gli autori, e a maggior ragione nel nostro caso, ha constatato che l’opera fosse stata scritta da 25 bambine e bambini di una classe quarta.

    Ma ciò che resterà indelebile più di ogni cosa della serata è il luccichio degli occhi e le risate sincere dei compagni di classe, ritrovatisi assieme per la prima volta dopo mesi di didattica a distanza e lockdown, un’oretta prima dell’inizio della manifestazione per la prova generale.

    “E’ questa la gioia più grande” afferma visibilmente emozionata l’insegnante Mariella Greco “vedere i miei alunni riuniti come una classe, con la consapevolezza che l’ultimo periodo è servito anche a far capire il valore dei legami che la scuola primaria riesce a creare e che resteranno sempre nei loro ricordi. Al rientro a scuola a settembre decideremo INSIEME come utilizzare la borsa di studio vinta, ma sono convinta che la vera vittoria sia stata quella che abbiamo affrontato negli ultimi mesi”.

    Una serata estiva diversa per gli alunni presenti, anche in rappresentanza dei loro compagni, contrassegnata da un vento leggero, che metaforicamente ha voluto spazzare via gli aspetti più brutti degli ultimi mesi ed ha preso in consegna l’opera dei giovanissimi poeti veicolandola con una dolcezza e forza dirompenti, come solo l’arte e la cultura riescono a fare.

                 

     

    Ecco la poesia vincitrice

     

    LA SCUOLA E’…

     

    La scuola è…

    una torta di sapere da mangiare con piacere,

    una grande famiglia dove impari a meraviglia,

    una madre premurosa che di accoglierci è ansiosa,

    una chiesetta che i suoi fedeli alunni aspetta,

    una grande miniera di cui la maestra va fiera,

    un libro di avventure con tante pagine senza paure,

    un posto speciale in cui si è felici di imparare,

    una famiglia davvero importante che vale più di un diamante,

    un bagaglio di nozioni, di esperienze e di emozioni,

    un mondo di conoscenza e di accoglienza,

    un albero rigoglioso di frutti che, generoso, dona a tutti,

    un campo fiorito concimato a dovere che emana profumo di sapere,

    un ambiente che la nostra mente accende e liberi ci rende,

    un cammino di cultura, prezioso per la vita futura,

    un mare in movimento: maestre, alunni e tanto divertimento,

    un luogo di condivisione con gli amici dove crescere felici,

    una biblioteca che come per magia si anima con la nostra compagnia,

    un luogo dove, con poco, impariamo tanto come in un gioco,

    una mamma che ci insegna a volare per poi liberi lasciarci andare,

    un’amica che ogni giorno aspetta paziente il nostro ritorno,

    un ricordo unico nel nostro cuore, la speranza per un mondo migliore.

     

     
    Di Redazione (del 07/11/2021 @ 14:17:39, in Comunicato Stampa, linkato 624 volte)

    Com’era prevedibile, gli assembramenti in piazza, in particolare nelle serate di sabato e domenica, il mancato rispetto delle norme dettate dal governo, il distanziamento, l’uso della mascherina, le vaccinazioni, hanno consegnato a Galatina un triste primato: da alcune settimane, con progressivi incrementi, siamo tra i primi nella graduatoria provinciale dei comuni per numero  di persone contagiate dal Covid.

    Infatti, nell’ultimo bollettino diramato dall’ASL il 5 novembre scorso, gli attuali postivi sono 63, con un tasso di positività del 2,4 per cento, (La media provinciale è dello 0,7; Lecce, con una popolazione 4 volte la nostra, ha 37  positivi e tasso dello 0,4%),  le persone che hanno concluso il ciclo di vaccinale  sono 20.859 pari al 78% (La media nazionale è dell’84%, quella della Puglia l’85%).

    Una situazione, quella della nostra Città, che deve preoccupare tutti, a partire da chi deve avere a cuore la salute dei cittadini, dal Sindaco e dai nostri amministratori. Tutti dobbiamo fare la nostra parte, nella consapevolezza che il COVID colpisce in particolare i nostri giovani, anche i più piccoli e svantaggiati (alcune scuole sono chiuse o alunni in quarantena), al fine di evitare che, anche da noi arrivi la paventata quarta ondata, che potrebbe portare a nuove chiusure e limitazione della nostra libertà di movimento. Come sta succedendo già in alcuni paresi europei, dove i governi hanno deciso nuove drastiche misure, l’acceso vietato nei locali pubblici, nei cinema e nei teatri a chi non è vaccinato, e, cosa ancora più grave, chi, privo del vaccino, contrae il virus non verrà curato.  

    Ninì De Prezzo

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 12/08/2013 @ 14:16:46, in NohaBlog, linkato 3497 volte)

    “Ciao Rosina, che fai di bello?”
    Nà, sta mi ccoju do
    Osservo e commento ad alta voce: “Magnifica questa pianta, sembra una regina parata per una passeggiata nei giardini reali!”
    Rosina sorride, è grata della vita, la sua folta chioma di riccioli bianchi si confonde fra i grandi fiori della pianta di cappero, non può che sorridere a questa mia affermazione. Penso che la natura non abbia bisogno né di lauree in architettura né in economia, i  conti li fa così. Trapana e divelle il cemento più duro senza arnesi meccanici o permessi speciali. Faccio due passi sulla squallida piattaforma in cemento che  argina la strada, il piano è sconnesso, inciampo varie volte e infine rinuncio a camminarci per non rischiare le ginocchia.
    Rosina, -aggiungo- chi la governa ora questa terra?”
    “Non so- dice- mi pare che i nipoti di Antonio abbiano seminato laggiù”. E mi indica il campo con i resti della mietitura a pochi metri. Per il resto null’altro, se non quattro gallinelle spelacchiate rinchiuse in un recinto all’ombra dell’immancabile fico e di un pergolato.
    Antonio non può più fare niente per la sua terra, ma la terra può fare ancora molto per lui, per i suoi nipoti e i  nipoti dei nipoti. Lo sguardo va in mezzo ai detriti che fanno da pavimento al pollaio: è ancora pieno zeppo di vecchi residui di terrecotte. Appartengono all’antico sito pre-romano o al convento di San Teodoro (Santu Totaru) che sicuramente esisteva tanti secoli fa. Tutto scompare sotto l’incalzare impietoso di questa inarrestabile smania di pulire la sporcizia della terra, con genuine colate di cemento e catrame.
    Controllo che il “menhir” di Noha sia sempre al suo posto. Un ultimo sguardo in giro, saluto Rosina e inforcando la mia inseparabile due ruote a pedali, procedo contromano verso Galatina.


    Alla mia sinistra la famigerata Colabaldi, un’antica masseria, ultima testimone dell’intelligenza umana, perdente e pendente, sia la masseria che l’intelligenza. La spaccata verticale del muraglione a nord-est non lascia dubbi. Resiste ancora, ma quanto durerà? Su di un cartello c’è scritto: “Vendesi masseria con annesso terreno”. Un ossimoro degli spasmi di questo capitalismo moribondo che emana già cattivi odori. Come la puzza di fogna che invade tutta Noha da qualche tempo. Sarà colpa delle piogge che scarseggiano, o dell’impianto fatto alla “carlona” che invece di smaltire gli odori ce li fa respirare. Comunque, tornando alla masseria, vendono un mucchio di pietre sconnesse, quando nessuno oggi è più disposto a comprare nemmeno una casa nuova. E’ vero che la speranza è l’ultima a morire.
    Che spero io? Che sperano i cittadini di Noha? Mentre osservo tutto ciò con la testa girata a sinistra, verso la masseria, continuo a pedalare. Per poco non mi schianto contro le auto ferme in doppia e tripla fila davanti allo stand degli ultimi contadini di questa logorata campagna. Un’occhiata veloce ai prezzi degli ortaggi, un calcolo rapido per concludere che con stò euro la roba è diventata cara ovunque: a Torino, a Milano, a Galatina, nel piccolo negozio e nel grande supermercato. Che possiamo fare? Certo che poi i consumi calano! La gente incassa sempre uguale, ma se i prezzi aumentano come può  comprare le stesse quantità di prima, quando con un euro compravi un chilo di ogni cosa? Proseguo sempre contromano.
    Perché contromano, starete pensando? Perché a Galatina come a Noha, andando in giro con la bici, il pericolo è meglio vederlo in faccia. Questo Viale Dalla Chiesa sembra la pista di un aeroporto, dove tutti corrono  pensando di dover decollare, ma a poche centinaia di metri, sia verso Noha che verso Galatina, il volo viene interrotto dalle abitazioni, ma qualcuno che non se ne rende conto, prosegue la sua corsa come un disperato. Quindi, per un ciclista che non può porre la sua fiducia su questi pseudo-piloti della vuttisciana, contromano è d’obbligo. A sinistra, dove il sole tramonta ogni giorno, il fantasma arrugginito della vecchia cava si staglia alto nel cielo. Questi (il cielo), pietoso, sembra volerlo consolare per la sua lunga agonia. Per un attimo lo associo alla torre campanaria della Chiesa della Madonna delle Grazie che arrugginisce pericolosamente sempre di più. Qui il tempo sembra davvero che non esista, tutto agogna per secoli e decenni, tranne che le porcate fatte di cemento, quelle scivolano veloci sulla terra quasi a voler cancellare le vergogne di una classe politica e dirigenziale che, dietro le quinte, danneggia, e che non ha né poesia né cuore, ma solo affari e interessi personali. Tutti per uno, uno per tutti. In questo sì, che l’Italia è unita. Pedalo confortato da una dolce brezza mattutina che dopo la calura di questi ultimi giorni sembra una vera manna. In fondo al campo figure operose di alcuni contadini mi fanno venire in mente i limiti raggiunti ultimamente dal mio fisico. Se dovessi piegarmi per raccogliere io  quelle verdure, dopo poche decine di minuti dovrebbero raddrizzarmi facendomi ingoiare un ombrello.

    Però lo scenario è incantevole, e le gigantesche zolle del campo appena arato, color rosso sangue di porco, sembrano dirmi che da quel ventre nasceranno, forse, nuove tavole imbandite e risa gioiose di giovani mamme, figli e nipoti, come quelli di Antonio, che invece dovranno smaltire le centinaia di metri di cemento colato sul suo campo.

    Da lì a poche decine di metri l’incanto si rompe e la realtà di questo pusillanime e moribondo capitalismo delle banane, si infrange contro lo scempio della nuova circonvallazione di Galatina. Città dedita all’Arte e alla Cultura.

    Marcello D’Acquarica
     
    Di Albino Campa (del 28/12/2007 @ 14:16:22, in NohaBlog, linkato 4927 volte)

    Vi proponiamo di seguito l’articolo a firma di Antonio Mellone apparso su “il Galatino”, anno XL, n. 20, del 7 dicembre 2007.
    Cosa centra Infoprinting con Noha?
    Semplice.
    Intanto Infoprinting srl è stata creata ed è diretta da un manager nohano (anche se dimorante a Milano): il dott. Michele Tarantino.
    Inoltre, Infoprinting è la “stampante” da cui fresco di tornio ogni mese (almeno finora) ha visto e vede la luce il nostro “L’Osservatore Nohano”. Infoprinting ha anche stampato a colori “la cartina del viaggiatore di Noha” architettata dal grande Marcello D’Acquarica. E’ inutile dire che da questa innovativa “business idea” ci aspettiamo molto altro ancora. Quindi: 

    AD MAIORA INFOPRINTING!

    Infoprinting, nuova realtà economica a Galatina

    La parola “innovazione” può essere utilizzata per denotare qualcosa (o qualcuno) che cerca d’adeguarsi ai tempi nuovi ed alle nuove forme di cultura e di vita. L’innovazione non necessariamente è rappresentata da una rivoluzione copernicana o dalla scoperta dell’America: innovazione può anche essere una combinazione inedita di elementi  già noti.
    Nel campo dell’economia l’innovazione può (in estrema sintesi) riguardare un po’ il prodotto, un po’ il mercato ed un po’ la tecnologia.
    Ed è questo tipo di innovazione che ha cercato di introdurre Infoprinting srl, un’azienda che non ha ancora compiuto un anno di vita, ubicata in un capannone industriale sulla strada provinciale Galatina-Lecce, subito dopo il SuperMac andando verso Lecce.
    Ma la sua collocazione non sarebbe tanto rilevante. Infoprinting infatti è una specie di stampante virtuale (ma la stampante è vera) specializzata nella stampa su carta e nella spedizione della corrispondenza di ogni genere. Il servizio si attiva in Internet tramite il sito www.postapronta.eu, sicché da casa o dall’ufficio con il semplice click di un tasto o di un mouse di un computer è possibile spedire in Italia e all’estero ogni tipo di carteggio, anche la posta raccomandata, saltando così gli onerosi passaggi della stampa della lettera (o di qualsiasi altro documento come le fatture, i depliant o le dichiarazioni dei redditi, ecc.), dell’imbustamento, della compilazione dell’indirizzo, dell’affrancatura e della spedizione. Provare per credere: il  primo plico è gratuito.
    La novità sta nel fatto che questo servizio, che va a colmare un bisogno, quello della ricerca delle economie di tempo (time-saving), forse ancora latente, ma che nel futuro non tanto remoto diventerà di primaria importanza, è offerto da un’azienda, unica in tutta l’Italia del Sud, che si trova ad un fischio dal cuore di Galatina.
    Ci risulta che in maniera diuturna giungano ad Infoprinting commesse da privati e da numerose aziende pubbliche o private soprattutto del Centro-Nord. Nel Mezzogiorno c’è ancora bisogno del superamento di un certo gap conoscitivo di questo prodotto-processo inedito, anche se “il tempo è denaro” anche qui da noi.
    Un’ultima annotazione. Ci teniamo a dire che chi ha voluto scommettere puntando sulla nostra terra è un pioniere nohano, Michele Tarantino, già noto “manager salentino” in alcune imprese milanesi e torinesi nel settore dell’editoria e della carta stampata. Tarantino, a dispetto di ogni avversa previsione, ha voluto a muso duro e con entusiasmo investire nel Sud ed in particolare nella nostra città, certo che l’economicità e soprattutto la qualità faranno di questa azienda un’azienda di successo. Successo che toccherà non solo l’imprenditore, ma anche Galatina tutta sempre più proiettata in Europa, anche grazie a questa ulteriore forma di innovazione.

    Antonio Mellone      

     
    Di Antonio Mellone (del 02/09/2013 @ 14:11:55, in Fetta di Mellone, linkato 2805 volte)
    Mi chiedo se siano terminate le ferie politiche (iniziate chissà quanti anni fa) da parte dei nostri rappresentanti locali. Mi chiedo dove siano andati a finire – ovviamente non fisicamente - i nostri rappresentanti politici nostrani (“nohani” invece è un aggettivo che ti devi meritare). Cosa stanno facendo per Noha Daniela Sindaco, Luigi Longo, Antonio Pepe e Giancarlo Coluccia? Quali i loro progetti per la nostra cittadina? Non è che mutatis mutandis è in corso anche a Noha il grande inciucio, le grandi intese e la pacificazione a tarallucci e vino, onde “finché la barca va lasciala andare e tu non remare”?  
    Cosa hanno in cuore di fare i nostri fantastici quattro, per esempio, per evitare che 1.300.000 euro di soldi pubblici spesi per la ristrutturazione della vecchia scuola elementare non siano stati spesi invano? Non è che l’agibilità ottenuta da quella scuola ristrutturata ed assegnata a quei poveretti della cooperativa è un altro esempio di “agibilità politica” (che oggi fa tanto moda)? A qualcuno di loro è mai saltato in mente di indirizzare un esposto-denuncia alla Corte dei Conti (consiglio di consultare il sito www.cortedeiconti.it) affinché si faccia luce sulle responsabilità di chi avrebbe dovuto pensare alla cabina elettrica per i famosi 50Kwh e invece, chissà perché, non ci ha pensato punto? Come mai nessun politico nostrano s’è permesso di disturbare il conducente chiedendogli, magari con gentilezza e per favore, lumi in merito? Non è che come al solito ci dovrà pensare quel rompicoglioni dell’Antonio Mellone (che tra l’altro ha già contattato l’Urp della suddetta Corte)?
    Quand’è che i nostri rappresentanti si degneranno di rispondere alle nostre istanze (che nella loro dabbenaggine vedono solo come “provocazioni”)?
    Mi chiedo in conclusione che fine han fatto tutti quei cittadini nohani, spesso così pragmatici, così attenti, così industriosi nei confronti del bene comune… Vuoi vedere che, con tanto di forconi in mano, saranno andati a circondare Palazzo Orsini urlando la loro rabbia per tanta sciatteria nei confronti di Noha, e nessuno (incluso il sottoscritto) se n’è mai accorto?  
    Antonio Mellone
     
    Di Redazione (del 29/07/2022 @ 14:11:11, in Comunicato Stampa, linkato 468 volte)

    È trascorso un mese dalle elezioni amministrative, un mese pieno di novità, di lavoro intenso e di raccordo con la macchina amministrativa, la coalizione e la città.

    Ma siamo partiti, la giunta è pienamente attiva e, da oggi, si è definito anche il consiglio comunale, organo centrale della nostra democrazia cittadina. Per noi, il primo consiglio ha avuto un significato particolare, perché riteniamo sia una ricchezza, perché è il luogo dell’approfondimento, del confronto tra maggioranza e minoranza, della definizione degli indirizzi.

    Siamo partiti subito con la nomina di tutti gli organi necessari al suo funzionamento ordinario e straordinario: dalla Presidenza del Consiglio, affidata a Francesco Sabato, alle commissioni permanenti senza dimenticare gli impegni assunti in campagna elettorale. In questa ottica arriva la Commissione speciale Sanità, una commissione temporanea e gratuita per l’Ente che intende lavorare per la salute pubblica e per la tutela del regolare funzionamento e sviluppo del nostro Ospedale “Santa Caterina Novella”.

    Infine, abbiamo voluto e potuto praticare un taglio della Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti, la TARI, che è stata realizzata in maniera lineare a tutte le utenze per una riduzione di 1 milione e 200 mila euro totali. Avevamo promesso di metterci testa e cuore e di cogliere tutte le opportunità che ci avrebbe dato la normativa vigente come è accaduto in questo caso con il recente Decreto Aiuti del Governo Draghi. In questo modo, abbiamo rideterminato le scadenze di pagamento e agevolare tutti i cittadini galatinesi, in un momento difficile per gli aumenti delle utenze e dei carburanti.

    Abbiamo effettuato una ricognizione su tutte le scadenze e abbiamo delineato il quadro entro cui lavorare, promettiamo di valorizzare ogni scelta compiuta dalle precedenti amministrazioni, purché utili al bene comune, e a mettere in campo una progettualità piena e qualificata per il futuro della nostra bellissima città.

    Nelle prossime settimane continueremo a comunicare e tenere aggiornata la nostra comunità.

    Fabio Vergine Sindaco
    Ufficio Stampa

     
    Di Redazione (del 13/07/2016 @ 14:09:45, in Comunicato Stampa, linkato 1932 volte)

    Si rinnova ancora una volta l’appuntamento con la solidarietà: venerdì 15 luglio p.v., l’Associazione “VIRTUS BASKET GALATINA”, ha organizzato infatti la II^ edizione della serata di beneficenza “Bimbulanza in piAzza”.
    L’evento, per grandi e piccini, è fissato a partire dalle ore 20.00 presso "Il Covo della Taranta", nel Centro Storico della Città di Galatina, nel tratto che va da P.zza San Pietro a Via Del Balzo.
    Per i più piccoli ci sarà a partire da quell'ora un interessante laboratorio di strada dal nome "Spupazzando" e curato dall'Associazione Culturale "Teste di Legno"; le esperte mani dei maestri Carolina, Biagio e Roberta, accompagneranno la fantasia di ogni bambino attraverso la realizzazione del proprio Muppet in gommapiuma. Il laboratorio, gratuito, è suddiviso in due fasi ed al termine dello stesso è previsto il rilascio di un attestato nominativo.
    Sempre per loro avremo il Centro servizi per l'infanzia "Il Baobab - new Party Planet" che allieterà con maestria i tantissimi bambini con giochi, palloncini colorati, divertentissimi laboratori ed una carica enorme di simpatia.
    Intorno alle 21.30 altra straordinaria sorpresa: si esibiranno infatti gli 88MAX definiti come ”Un autentico Tributo a Max Pezzali & 883 attualmente in circolazione“. Sarà un’occasione perfetta per ripercorrere la carriera e il contributo che il cantautore di Pavia ha dato al panorama musicale italiano, partendo dalla storica “Hanno ucciso l’uomo ragno” del 1992, arrivando fino ai giorni nostri con la più recente “L'universo tranne noi” del 2013, e tutti i più grandi successi nel corso degli anni. L’intenso sound e l’incredibile somiglianza vocale tra Giampaolo Notaro, cantante della band, e Max Pezzali, lascia in ogni concerto, il pubblico senza parole. Il progetto, avviato da gennaio 2011, conta ormai oltre 300 live all’attivo e continua a riscuotere enorme successo sia nei Live Club che nelle Piazze. Disinvoltura sul palco, grande carica e preparazione musicale sono gli ingredienti fondamentali di questa band che promette uno spettacolo dal sound potente e groove ricco di emozioni. Due ore di musica racchiuse in 40 brani presentati sotto forma di medley per apprezzare a pieno la musica di questo artista. Brani in versione originale ma anche ri-arrangiati in chiave Rock e Dance per dare a tutti la possibilità di scatenarsi e ballare sulle note suonate dalla Band.
    Altra fantastica sorpresa per i più piccini: grazie agli amici del Circolo Ippico Inclusive, in occasione dell'evento "Bimbulanza in piAzza", avremo due dolcissimi pony, Silvano e Isotta, che si presteranno per un’indimenticabile cavalcata. Grazie ai due simpaticissimi ed adorabili "amici" i bambini prenderanno sicurezza ed impareranno a conoscere e rispettare il pony attraverso un contatto con l'animale che è "gioco" ed accudimento.
    La cena, prevista a base di pizza a metro ed a menù fisso, sarà accompagnata con musica e tanto divertimento per trascorrere in allegria questa fantastica ed imperdibile serata.
    La quota di partecipazione è fissata in 13€ e comprende:
    • pittule a volontà;
    • pizza a metro;
    • bevanda;
    • frutta.
    BAMBINI FINO A 12 ANNI GRATIS.
    Al momento della prenotazione verrà rilasciato un biglietto/invito numerato che permetterà di partecipare durante la serata all'estrazione di simpatici premi.
    Nella precedente edizione è stata raccolta la somma di 1.550€ interamente versata all’Associazione di Volontariato “cuore e mani aperte verso chi soffre” di Don Gianni Mattia, cappellano ospedaliero del Vito Fazzi di Lecce, che gestisce la Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha sempre partecipato con numerosi e diversi eventi benefici.
    L’intero ricavato della Edizione in parola sarà invece suddiviso equamente tra il progetto “Bimbulanza” ed il progetto “Bambini & Sport” in modo da poter, si spera, garantire entro settembre p.v. l’inizio dell’attività sportiva ad almeno 5, 6 bambini di famiglie disagiate.
    Durante la serata ci sarà inoltre la presentazione dei progetti “TappiAmo Galatina” e “Bambini & Sport”.
    Per info e prenotazioni:
    Sandro Argentieri: 333-4368532 (anche Wathsapp);
    Piero Luigi Russo: 349-8471729 (anche Wathsapp);
    Alessandro Antonaci: 328-0459945 (anche Wathsapp);
    Santino Beccarisi c/o Forno di via Monte Nero, 47 a Galatina: 333-4678048 (anche Wathsapp).
    A questo punto mancate solo Voi...

    RUSSO PIERO LUIGI

     
    Di Albino Campa (del 28/04/2011 @ 14:07:50, in Un'altra chiesa, linkato 2779 volte)

     [pubblicato su la Repubblica/Il Lavoro [edizione Ligure] il 24 aprile 2011 p. XV con il titolo «La Pasqua dei profughi tunisini e dei benpensanti cattolici»]

    Di primo istinto volevo fare gli auguri ai lettori di Repubblica, ai quali sono grato per i continui attestati di stima che però deve essere restituita integra perché senza di loro il giornale non esisterebbe e nel giornale non avrebbe spazio la mia modesta opinione che rileva un sentire diffuso, profondo e autentico. Mi sono trattenuto chiedendomi quali auguri si possono fare ai nostri lettori, se Berlusconi sta facendo scellerato scempio dell’Italia, che continua ad ingannare con la finta retromarcia sul nucleare e con la abominevole idea di cambiare la Costituzione nell’articolo qualificante di tutto l’architrave della struttura democratica. Si vuole eliminare la «Costituzione come limite» del potere e sostituirlo con quello della maggioranza che così diventa una dittatura. Si vuole eliminare il richiamo al «lavoro» per sostituirlo con la menzione dell’«impresa». I padroni diventano i proprietari non solo del governo (quello ce l’hanno già), non solo della maggioranza (è fatta!), ma anche della Costituzione. Dalla dittatura dei proletari di Marx alla dittatura degli impresari di Berlusconi. Duecento e passa anni trascorsi inutilmente.

    Mentre mi preparavo al triduo pasquale, ho pensato a Vittorio Arrigoni, ucciso per difendere con la sua vita i Palestinesi e mi sono venute in mente scorrevoli e forti alcune immagini di altri tempi intrecciate con quelle di oggi. Pasqua in ebraico è «Pesàch» e significa «saltellare/passare oltre» e quindi superare. Gli Ebrei passano oltre l’Egitto, oltre la persecuzione, oltre l’esercito del faraone, oltre il deserto, oltre la fame e la sete, oltre se stessi per giungere ad una terra solo «promessa» e mai sperimentata. E’ un vero esodo biblico quello che nella notte della decima piaga sconvolse il mondo dell’Egitto e preparò un mondo che ancora deve venire. Dio sta dalla parte di chi cerca la libertà, ma prima di approdare alla terra promessa, fornisce dignità, coscienza di popolo e della Legge. Una massa di schiavi che diventa un popolo di liberi nel segno della Legge che diventa «Toràh», cioè «Insegnamento».
    Un piccolo esodo è venuto dall’Africa verso la terra promessa dell’Italia e dell’Europa: uomini e donne angariati e vilipesi, manipolati e uccisi, come gli Ebrei di allora, si sono messi in marcia attraverso il deserto del mare per celebrare la loro Pasqua di risurrezione che solo il lavoro può dare, che, a sua volta è fonte di dignità cioè sigillo della propria identità. Nel deserto del Sinai i serpenti hanno fatto strage degli Ebrei, nel deserto del mare Mediterraneo, le acque hanno inghiottito i corpi innocenti e le anime fragili di chi scappava da morte certa. Gli Ebrei hanno avuto un Mosè che, con il bastone di Dio in mano, ha diviso le acque del mare e sono passati illesi. Gli Africani di oggi non solo non hanno avuto Mosè come guida, ma hanno trovato Berlusconi, Maroni, Frattini, il governo e la maggioranza e mezzo popolo italiano pronti come Erode a scannare i superstiti che il mare aveva risparmiato.

    Pasqua vuol dire «andare oltre» e i cattolici la celebrano come fulcro centrale della fede, ma con le loro azioni testimoniano di non credere in nulla, solo nell’idolo della loro paura che usano come paravento della loro ignobiltà. Credono nel Risorto, ma dispensano la morte, cantano «alleluia», ma dal loro cuore esce solo un rantolo mortale. Dio stesso «è andato oltre» di sé, superando il vuoto della morte; gli Africani sono andati oltre la paura del mare, la fede va oltre le apparenze, ma i cattolici o finti credenti sono rimasti al di qua dell’«oltre», chiusi nei loro sarcofagi rituali, in compagnia dei loro vescovi-capi che al monte Sinai, il monte della libertà e della dignità hanno preferito Monte Citorio, lupanare di malaffare e fucina di corruttela. E’ Pasqua! Cristo non risorge nelle chiese, quasi tutte succursali di un immondo governo, ma vive in Vittorio Arrigoni, testimone vivo del Dio degli esclusi.

     

    Paolo Farinella, prete

    Parrocchia S. Torpete - Genova

     
    Di Redazione (del 21/01/2017 @ 14:06:07, in Comunicato Stampa, linkato 1875 volte)

    ELENCO E RIEPILOGO DATI ATTIVITÀ ANNO 2016

    Segreteria Comando

    • n. 5164 atti protocollati;
    • n. 124 determinazioni dirigenziali;                          
    • n. 60 ordinanze dirigenziali                       
    • n. 05 comunicazioni ad INAIL di infortunio sul lavoro;
    • n. 26 relazioni per disservizi (in particolare dissesti del manto stradale) e  segnalazioni  varie LL.PP.
    • n. 8  relazioni per segnaletica danneggiata;
    • n. 134 contrassegni invalidi rilasciati, di cui n.52 primo rilascio, n.77 rinnovati, n.5 operazioni varie;
    • n. 87 rinvenimenti e consegna documenti, oggetti, veicoli, targhe smarriti;
    • n. 460  richieste di PASS evase, di cui n. 91   per ZTL, n. 43 in deroga segnaletica, n. 326 temporanei.
    • n. 57 richieste evase per rilascio copie sinistri;
    • n. 76 richieste evase per relazioni di servizio, atti ed attestazioni varie;
    • n. 47  segnalazioni inoltrate AQP, Telecom, Enel, MONTECO, Provincia;
    • n. 168 messaggi di allerta meteo Regione Puglia trasmessi LL.PP e locale Protezione Civile;
    • n. 72 interventi di Protezione Civile;
    • n. 5 ordinanze di Protezione Civile e  Ordinanze attivazione C.O.C.;
    • n. 61   citazioni OO.P.L. per comparizioni e testimonianze Tribunale e Giudice di Pace;
    • n. 44 rapporti di incidente stradale trasmessi in Procura.

    Servizio Informazioni, Accertamenti e Notifiche

    • n. 849 pratiche di trasferimento di domicilio nello stesso Comune, immigrazioni da altri Comuni, pratiche anagrafiche varie (scissioni, cancellazioni, convivenze);
    • n . 39 accertamenti ed informazioni anagrafiche per Tribunale, GDP, altri Enti;
    •  n. 742 notificazioni di atti Procura, Tribunale e Tribunale dei Minorenni;
    • n. 134 notificazioni di atti di altri Comandi P.M. ed Enti vari (Verbali,Ingiunzioni,Ordinanze,Inviti a presentarsi ecc.);
    • n. 27  notificazioni di atti Prefettura;
    • n. 1  notificazione di atti Questura;
    • n. 39 notificazioni di atti Uff. Esecuzione Penale Esterna e Tribunale di Sorveglianza e notificazioni Procura, Tribunale,Giudice di Pace, Corte d’Appello  e Tribunale per i Minorenni.
    • n. 74  notificazioni di Ordinanze;
    • n. 98  notificazioni demandate per sub-delega Procura;
    • n. 6 notificazioni demandate ad altri Comandi P.M. e Comune (verbali CDS);
    • n. 18  accertamenti per l’Ufficio Motorizzazione Civile di Lecce (ritiro targhe,sospensione patenti);
    • n. 76  accertamenti per istanze risarcimento danni;
    • n. 5  pratiche varie di P.G. (obbligo scolastico, INPS, Verbali di identificazioni ed elezioni di  domicilio, verbali sommarie informazioni, verbali nomina difensore d’ufficio, INAIL, informative);
    • n. 18  accertamenti su immobili per conto I.A.C.P. Lecce ed Ufficio Politiche Sociali Comune;
    • n. 03  comunicazioni N.d.R. art. 633 e art. 639 bis C.P. per alloggi I.A.C.P. occupati abusivamente;
    • n. 104 accertamenti e pareri per Uff. Tributi e LL.PP. (aree manovra e carico-scarico, stalli sosta personalizzati per disabili,T.I.A. e passi carrabili);

    Polizia Edilizia, ecologica ed ambientale

    • n. 21  relazioni di sopralluogo edilizio indirizzate agli organi amministrativi per i provvedimenti di competenza;
    •   n. 3  comunicazioni di notizia di reato inoltrata all’A.G. per abusivismo edilizio;
    •   n. 1  indagine di P.G. delegata dall’A.G. competente;
    •   n. 60  sopralluoghi ambientali (abbandono di rifiuti vari e pericolosi); 
    •   n. 1  illecito amministrativo sanzionato per violazione art.12 Regolamento Comunale;
    • n. 1 sopralluogo congiunto con personale ASL; 
    • n. 65  verbali per violazione Ordinanza Sindacale per modalità conferimento rifiuti;
    • n. 50 controlli congiunti col personale della Ditta appaltante la raccolta dei rifiuti solidi urbani;
    • n. 10  verbali per violazione Ordinanza Sindacale  sulla pulizia dei terreni;
    •  n. 07 comunicazione di notizie di reato per violazioni ambientali;
    • n. 08  Ordinanze  ambientali ottemperate;

    Randagismo

    •  n. 109  segnalazioni alla ASL Ufficio Veterinario per cani randagi da sterilizzare e da reimmettere sul territorio;
    •   n. 105  cani affidati in adozione;
    •   n. 98 carcasse recuperate e smaltite;
    • n. 70 cani deceduti;
    • n.13  sopralluoghi effettuati con servizio veterinario;
    • n. 5 ispezioni presso strutture comunali (canili rifugio e canile sanitario);
    • n. 05 segnalazioni alla Provincia di Lecce per presenza di carcasse sulle S.P.;
    • n. 04 segnalazioni per rinuncia alla proprietà.

    Polizia Stradale ed infortunistica:

    • n. 03 verbali per violazione norme sulla pubblicità elettorale;
    • n. 04  comunicazioni di notizia di reato inoltrate all’A.G. per violazione  art.650 C.P.

                 (omessa ottemperanza ad Ordinanze Dirigenziali);

    • n. 01 comunicazioni di notizia di reato per violazione art. 187 comma 1 C.d.s.
    • n. 3615 verbali elevati per infrazioni al C.d.S. di cui:
    • n. 2060   da personale di P.M.;
    • n. 1555  da Ausiliari del Traffico;
    • n. 652 verbali elevati nell’anno 2012 iscritti a ruolo per un totale di Euro 136.102,15;
    • Euro 114.438,96  incassati (fino a Dicembre) per verbali elevati nell’anno 2016 e precedenti di cui:
    • Euro 70.928,80 per verbali elevati da personale di P.M.;
    • Euro 38.299,46  per verbali elevati da Ausiliari del Traffico;
    • Euro  5210,70 per spese postali;
    • Euro  1958,00 per violazioni ai Regolamenti Comunali;
    • n. 12 sequestri amministrativi per mancanza di assicurazione (art. 193 CdS);
    •  n. 2 fermi amministrativi per mancanza di patente (art. 116 CdS);
    • n. 89 sinistri stradali rilevati di cui n.44 con lesioni per un totale di 72 feriti;
    • n. 17 ricorsi amministrativi Prefetto trattati;
    • n. 9 ricorsi giudiziari (GDP) trattati;
    • n. 730  pattuglie, tra motorizzate ed appiedate;
    •  n.  07 iniziative didattiche di educazione stradale nelle scuole del territorio.

    Polizia Amministrativa e Commerciale

     

    -  n. 135  pareri espressi relativi ad occupazioni di suolo pubblico temporanee;

                -  n. 104  ispezioni in esercizi commerciali;

                -  n. 30  controlli aperture esercizi commerciali

                -  n. 37  controlli per cessazione attività commerciali;

                -  n. 8  controlli per trasferimenti attività commerciali;

                -  n. 5 accertamenti di attività professionali e creative;

                -  n. 35 controlli e verifiche sorvegliabilità in esercizi pubblici;

                -  n. 25  controlli e accertamenti attività artigianali;

                -  n. 45  ordinanze dirigenziali per manifestazioni e occupazioni suolo pubblico;

                -  n. 2 verbali per infrazioni relative ad affissioni pubblicitarie abusive;

                -  n.  22  verbali per infrazioni relative ad occupazioni di suolo pubblico abusive;

                -  n. 6 verbali amministrativi per infrazioni a Leggi, regolamenti, Ordinanze;

                -  n.  15  controlli su B&B;

                -  n. 526  assegnazioni posteggi area mercato su Galatina e frazioni;

                -  n. 28  accertamenti per occupazione suolo pubblico con pedane e de hors;

                -  n. 22  sopralluoghi con parere per installazioni impianti pubblicitari;

                -  n.  6  ricorsi trattati;

                -  n. 2  ordinanze di ingiunzione al pagamento;

    -  n. 8  verifiche esposti per attività rumorose da parte di operatori commerciali ed artigianali

                -  n. 17 Scia diverse: sub ingressi somministrazione trasferimento sedi – commercio elettronico – agenzie di affari – sale giochi – apparecchi automatici

                -  n.  28 controlli osservanza ordinanze – revoche commercio mercato settimanale.

     

    Garantita l’attività di controllo e presidio delle principali Fiere in occasione di festività: S. Biagio – Madonna della Luce – Madonna di Costantinopoli (Noha-Collemeto) – SS. Pietro e Paolo – S. Antonio – cuore Immacolato di Maria – S. Michele (Noha).

    Costante presenza in occasione di manifestazioni ed eventi nel corso dell’anno organizzati sia dall’Amministrazione sia dai privati con controlli sulle relative autorizzazioni amministrative.

    Il personale del Corpo è stato spesso impegnato nello svolgere attività di accertamento e raccolta di informazioni per conto di uffici comunali (SUAP-Tributi) ed altri enti terzi (Camera di Commercio – Provincia- Regione - altri Comuni).

     

    IL DIRIGENTE

    Dott. Antonio OREFICE

     
    Di Redazione (del 22/11/2018 @ 13:59:54, in Comunicato Stampa, linkato 851 volte)

    E’ una gara quella di domenica 24 novembre che, al di là della posta in palio (di estrema importanza), potrà stabilire delle gerarchie alle spalle delle capofila Ottaviano e Massa, condizionando obiettivi e strategie delle società inseguitrici.

    Le due squadre, attestate in classifica a punteggio pari (11 punti), sono reduci entrambe da una vittoria: i salentini in trasferta a Potenza e i casertani in casa, a spese di un Marigliano che è stato letteralmente sbriciolato da quest’ultimi (25-15,25-20,25-15) .

    Si pensava che la cessione dell’opposto Di Florio alla Virtus Tricase avesse indebolito i ragazzi di mister Calabrese, ma i risultati senza il fuori mano campano sono stati più che positivi, fruttando due vittorie per 3-0 a Cimitile prima e in casa con il Marigliano poi, nella giornata successiva.

    Quindi questo Volley Marcianise è da prendere con le pinze, senza timori è chiaro, affrontandolo con lo stesso atteggiamento tenuto a Tricase: d’altronde basta guardare i risultati conseguiti da Saccone e compagni, ed emerge una capacità reattiva dei campani poco incline alla rassegnazione.

    Anzi, combattività e caparbietà sono due qualità con le quali il Marcianise ha tenuto testa nella prima giornata al Tricase (20-25,23-25,20-25), poi in svantaggio per 2-0 ha ceduto al tie-break a Casarano, successivamente si è imposta al quinto set sul terreno amico al Pozzuoli che era in vantaggio per 2-0, ha raggiunto la parità con il Taranto battendolo al tie-break, ed infine ha regolato per 3-0 sia il Cimitile che il Marigliano.

    Percorso che denota una carica motivazionale per niente incrinata dal risultato parziale negativo in corso, anzi diventa spinta incentivante all’agone.

    Massima attenzione quindi e cuore in campo domenica al PalaPanico.

    Mister Calabrese con l’organico al completo proporrà l’opposto Saccone in diagonale con Menna, al centro Esposito e Pecoraro, laterali Montò e Flaminio, libero Capasso. Completano l’organico il libero Musone, il palleggiatore Faenza, i laterali De Luca e Marrone,  l’opposto Tartaglione e il centrale Marotta.

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    EFFICIENZA ENERGIA GALATINA

     

    Arriva l’ultima zampata dell’Olimpia in questo fantastico campionato e con un turno di anticipo, ricordiamo che osserveremo il turno di riposo nell’ultima giornata del girone H, il Galatina si posizione matematicamente al settimo posto in classifica con ben 31 punti all’attivo, sancendo così un finale di campionato stupendo fatto di vittorie e sacrifici, che ci permettono di non dover parlare di salvezza bensì di un campionato giocato per la media classifica. Questo risultato passa dalla mani di un uomo, che ha saputo fare sempre la cosa giusta al momento giusto, che conosce questo sport come il pescatore che pesca per una vita sempre nella stessa zona, che ha capito da subito punti di forza e aspetti su cui insistere e migliorare dei suoi ragazzi e che non ha mai perso il suo stile fermo ed elegante in ogni situazione anche quando le cose proprio non giravano nel verso giusto, il suo nome lo conosciamo tutti… grazie Mister Giovanni Stomeo, chiaramente questi ringraziamenti sono da estendere al suo vice Antonio Bray ed a tutto lo staff Tecnico e Medico, che in maniera impeccabile ha svolto tantissimo lavoro, quel lavoro che non si vede facilmente ma che per un’intera stagione passa attraverso ogni singolo allenamento, partita e trasferta insomma ogni impegno ufficiale e non di una squadra che milita in una categoria prestigiosa come la serie B! Chiaramente questi sforzi tecnici hanno ragione di esistere se alla base c’è un progetto che muova tutta questa complessa e dispendiosa macchina, stiamo parlando di persone mosse più dalla passione che dalla ragione e che con cuore e professionalità si assumono responsabilità importanti portando in giro per il sud Italia il nome di una Città, quindi dei ringraziamenti doverosi vanno al presidente Luigi Santoro ed al suo vice Franco Liguori e a tutto lo staff Dirigenziale per il loro lavoro costante che ci permette di percorrere questo cammino prestigioso con ricadute importanti sulla visibilità dell’intera comunità galatinese e chissà magari un giorno questa visibilità potrebbe anche allargare i confini regionali arrivando al livello nazionale. Visibilità che, già da quest’anno, si è ripercossa positivamente sui nostri sponsor che hanno visto il loro marchio pubblicizzato tramite striscioni all’interno del palazzetto, sul sito internet, sui social network e sulle migliaia di locandine pubblicitarie prodotte durante la stagione. Ringraziamo quindi anche loro per il supporto e invitiamo le aziende che ancora non lo hanno fatto a investire sulla proficua attività di marketing svolta dall’Olimpia Volley Galatina.
    Contro il Locorotondo lo avevamo chiesto esplicitamente ai ragazzi di vincere e di farlo chiaramente senza lasciare sul campo nemmeno un set, per non lasciasse ombra di dubbio, ricambiando così il risalutato dell’andata che proprio non andò giù a nessuno, così è stato! Gli olimpionici non hanno concesso spiragli ai locorotondesi chiudendo il match 3 a 0 con i seguenti parziali 25-23 25-16 25-14, ma questo è solo l’ultimo tassello che regge quella rispettabilissima posizione in classifica che hanno saputo costruire alternando momenti esaltanti, uno su tutti che ne vale la pena ricordare è la vittoria in rimonta a Potenza iniziata da un 2 a 0 senza speranze, a momenti difficili che sono stati affrontati non solo con i muscoli o con la testa ma anche con tanto sacrificio e cuore, perché Alessio, Davide, Ferdinando, Francesco C, Francesco P, Francesco T, Gianpiero, Lucantonio, Matteo, Pietro Luca, Riccardo, Santo e Valerio(mi scuso se ho dimenticato qualcuno)….non sono solo degli ottimi giocatori di pallavolo ma sono anche delle persone vere che hanno trasformato la scommessa di qualcuno in una realtà emozionante di cui essere orgogliosi, dunque GRAZIE RAGAZZI!
    Infine ma non per questo meno importanti un grazie va a chi ha sostenuto la squadra dagli spalti del F. Panico, magari con qualche critica nei momenti difficili ma sempre al loro fianco!
    Il primo step è stato centrato pienamente, adesso è il momento di festeggiare e di godersi questo importante risultato, sicuri di essere nelle mani giuste possiamo puntare decisamente allo step 2...!

    Grazie Olimpia..!

    ufficio stampa Olimpia Galatina

     

    "Presenteremo una mozione in Parlamento e in Consiglio regionale per salvare il nosocomio di Galatina. Quello che chiediamo è di mettere da parte il progetto di un nuovo ospedale al centro del Salento e, piuttosto, di procedere ad un ammodernamento e ad una riqualificazione di quello già esistente a Galatina". E' l'annuncio fatto dal consigliere regionale del M5S Antonio Trevisi insieme ai parlamentari Cataldo Mininno e Leonardo Donno, al margine del sit-in sul tema che si è tenuto questo pomeriggio a Galatina, presso la galleria Tartaro. A promuovere il confronto, aperto a tutta la cittadinanza, è stato il comitato "No alla chiusura dell'ospedale". Presente anche una delegazione del personale medico e paramedico del nosocomio che, stando al piano di riordino ospedaliero predisposto dall Giunta Regionale, dovrebbe essere ridotto al solo punto nascita.

    "Abbiamo sottolineato ancora una volta l'importanza di questa battaglia, considerata la posizione centrale e strategica dell'ospedale Santa Caterina Novella -spiegano i pentastellati- ben collegato ai paesi limitrofi e, non a caso, punto di riferimento dell'hinterland. Investire su un nuovo ospedale significherebbe non avere contezza, in primis,dei tempi di attivazione di un servizio indispensabile quale quello sanitario e assistenziale. Non solo. Significherebbe cementificazione, consumo di suolo, inquinamento. Insomma -concludono- quando c'è in gioco la salute pubblica sarebbe meglio concentrarsi sulle risorse e il potenziale, già ben espresso, delle strutture esistenti. Il Santa Caterina Novella è una di queste.Perdere reparti di eccellenza come quelli di ortopedia, cardiologia/UTIC e geriatriac, sarebbe un colpo duro al cuore del Salento. L'ennesimo, soprattutto in tema sanità".

    M5S

     
    Di Redazione (del 23/12/2017 @ 13:52:57, in Comunicato Stampa, linkato 1333 volte)

    Grazie alla sinergia tra Amministrazione comunale, A.S.D. Virtus Basket e sezione di Galatina dell'Associazione Arma Aeronautica e con l'aiuto indispensabile di alcuni amici sponsor, anche questo Natale, il Rione Italia, avrà la sua Notte bianca dei Bambini.

    Prenderà, infatti, il via martedì 26 dicembre p.v., a partire dalle ore 17.00, la III^ edizione dell’evento “La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa” organizzato dal Comune di Galatina in collaborazione con l'Associazione Virtus Basket Galatina e con la sezione di Galatina dell'Associazione Arma Aeronautica e la direzione artistica dell'Associazione Culturale "Teste di Legno".

    La manifestazione vuole ricreare un clima fiabesco dove i bambini non solo osservano e ascoltano, ma sono protagonisti, con la loro creatività ed il loro intuito; i piccoli visitatori entreranno nel fantastico mondo delle meraviglie tra giochi e magia, illusioni e cantastorie…

    Come per magia l'intera piazzetta verrà trasformata in uno spazio a misura di bambino dedicato quest'anno ai temi della suggestione e della magia. Immersi in un mondo sorprendente con alchimisti, apparizioni di maghi, giocolieri, esibizioni di artisti e allestimento di laboratori che faranno di ogni bambino il protagonista assoluto della grande festa notturna…

    Un’intera serata dedicata ai più piccoli e alle famiglie che trasforma il "Rione Italia" in un immenso parco divertimenti con tante attrazioni che soddisfano ogni gusto ed immaginazione…

    L’evento prevedrà attrazioni come:

    PARCO DEI BALOCCHI (stile Natalizio) con:

    • Tiro ai barattoli;
    • Tiro a segno;
    • Centra il secchio.

    E poi ancora:

    • Teatro dei burattini;
    • Laboratori di gommapiuma;
    • Trucca bimbi;
    • Animazione di strada;
    • Spettacolo circense;
    • Spettacolo di manipolazione del fuoco;
    • Ballon Art.

    Programma di massima:

    • Ore 17:00 inizio manifestazione;
    • TRENINO dalle 17:00 a fine manifestazione;
    • Parco dei balocchi dalle 17,00 a fine manifestazione;
    • Modellazione di palloncini dalle 17:00 a fine manifestazione.
    • Ore 17.30 Giullare Senza Radici" (spettacolo di interazione comica con numeri di giocoleria, fachirismo, equilibrismo, gags, ecc. dove il pubblico diventerà parte integrante dello stesso);
    • Ore 18.45 "I MUSICANTI DI BREMA" (spettacolo con pupazzi e burattini);
    • Ore 19.45 "FOCOLANDO" (spettacolo di manipolazione del fuoco);
    • Ore 20.30 circa: ROKY DI MAGGIO (spettacolo di magia).

    Al termine della manifestazione il momento più atteso e più amato: il grande spettacolo pirotecnico per salutare il Natale…

    Come ben sapete ogni nostra iniziativa è dedicata ad una Associazione di volontariato che opera principalmente nel nostro territorio. In occasione de "La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa" del prossimo 26 dicembre la nostra attenzione sarà rivolta all'Associazione cuore AMICO Onlus.

    Troverete, infatti, presso Gamestore, in via Pistoia, 14 a Galatina, un salvadanaio con il logo di cuore AMICO ed un premio esposto in vetrina: il gioco POKEMON ULTRA LUNA per NINTENDO 3DS.

    A fronte di una offerta minima di 0,50€ vi verrà rilasciato un bigliettino colorato e numerato che vi permetterà di partecipare all'estrazione del bellissimo premio.

    Vi aspettiamo bambini per scoprire insieme questo mondo fantastico.

    Ah! Potete portare anche i vostri genitori, in fondo anche dentro di loro c’è un piccolo bambino.

    RUSSO PIERO LUIGI

     
    Di Redazione (del 19/05/2016 @ 13:51:17, in Cronaca, linkato 4556 volte)

    Non ce l’ha fatta Eugenio Coluccia, 65enne di Noha (frazione di Galatina). L’uomo, un artigiano ormai prossimo alla pensione, rimasto vittima di un incidente mentre era al lavoro in un cantiere, è deceduto questa mattina intorno alle 9,30 nel reparto di Rianimazione dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. 

    L’episodio risale alla tarda mattinata del 16 maggio. Stando a una ricostruzione più precisa, Coluccia si trovava in una villa privata di via Achille Grandi, ad Aradeo. All’improvviso ha perso l’equilibrio mentre era all’opera sul cosiddetto imbotto di marmo di una finestra ed è precipitato al suolo, facendo un vero e proprio volo da circa 6 metri d’altezza.

    Trasportato d’urgenza presso l’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, con una serie di gravi lesioni dovute al duro impatto al suolo, in un primo momento era parso che le condizioni stessero migliorando. Nelle ultime ore, però, la situazione è cambiata radicalmente e questa mattina il cuore di Coluccia ha smesso di battere.

    Sul luogo dell’incidente, quel tragico lunedì, erano intervenuti, oltre il personal sanitario, anche i carabinieri della stazione locale, dipendenti dalla compagnia di Galllipoli, e gli ispettori dello Spesal per chiarire la dinamica. L’area, poco dopo, era stata sottoposta a sequestro. La salma, intanto, è stata trasferita presso la camera mortuaria, a disposizione dell'autorità giudiziaria.

    fonte:lecceprima.it

     
    Di Redazione (del 20/12/2016 @ 13:50:33, in Necrologi, linkato 6282 volte)

    Lucia Masciullo Notaro ha sempre fatto tanto (e gratuitamente) per Noha.

    Ricordiamo che nel corso degli anni ’80 del secolo scorso, sempre a Noha, ebbe luogo una (ma forse più d’una) meravigliosa sfilata di costumi carnascialeschi che avrebbe fatto invidia alle più belle e costosissime maschere veneziane, visitate nella città lagunare durante il carnevale e ritratte dai flash dei visitatori di tutto il mondo.

    In quella parata, dame e cavalieri nohani, imparruccati, elegantissimi, facevano sfoggio di sontuosi abiti, manufatti da questa sarta straordinaria. Pizzi, merletti ricercati e ricami di finissima fattura si alternavano a morbide sete, velluti multicolori e stoffe damascate di magnifica lucentezza. Una sfilata di solo un paio d’ore aveva richiesto il lavoro indefesso di mesi interi. Ma la Lucia non se ne curava: quando si fa una cosa con il cuore, non si bada all’impegno, alla fatica, e tanto meno agli attestati di benemerenza o alle medaglie al valore (che seppur fossero arrivati – il che non è - sarebbero stati comunque una ricompensa da tre soldi).

    La Lucia poi ha sempre allestito l’altarino per il Corpus, che a Noha (ma anche altrove) era, fino a poco tempo fa, una forma molto seguita di devozione popolare. Infatti, un tempo nella processione del Corpus Domini a Noha per tradizione venivano addobbate, con fiori, striscioni, stoffe e tappeti, sette o otto “soste” che quasi gareggiavano fra loro per bellezza e cura. Queste soste servivano, tra l’altro, anche a far riposare le braccia del parroco, impegnate a reggere per tutta la durata del lungo corteo l’ostensorio con l’Ostia consacrata. E’ inutile dire che l’altarino di via Cadorna preparato dalla Lucia era uno tra i più belli ed accurati… Nell’intorno di quegli anni, sempre a Noha (la nostra città a pensarci bene è ricca di energie che, quando espresse, danno spettacolo), la Lucia si occupò dei costumi degli attori che realizzarono la rappresentazione della Via Crucis, che si snodò, con tanti figuranti - alcuni a cavallo - per le vie del paese. Vestì dal Centurione alla Veronica, dalle pie donne al Cireneo, dai soldati allo stesso Gesù (che in una di quelle edizioni fu suo figlio Fernando). Quella costumista in quell’occasione fece di Noha una novella Palestina. Dietro le quinte di questa ennesima manifestazione, c’era ancora una volta l’estro, la creatività ed il lavoro della Lucia e quello della sua macchina da cucire.

    In occasione del Natale, poi, la Lucia (già qualche giorno prima del suo onomastico, così come si suole) con l’aiuto dei suoi allestisce da anni un grande presepe nell’ampia (e affrescata) veranda della sua casa di via Cadorna angolo via Giotto, protetta da pannelli di vetro. Un presepe non chiuso tra le mura di una dimora privata, ma visibile al passante che non può non ammirare il frutto di tanto lavoro. Un presepe unico nella scenografia, ricercato nei particolari, un’opera d’arte che incanta ancor oggi. Un presepe da far invidia ai più bei presepi napoletani.

    Vi è una ricerca continua, una ricostruzione di luoghi e di protagonisti, una riproduzione dell’atmosfera dell’evento che cambiò il corso della storia: Betlemme sembra traslocata nella veranda della Lucia.

    Non solo sono fatti a mano i costumi, ma anche gli stessi protagonisti, anche gli accessori, anche i doni che i pastori recano al Bambinello. Le statuine della Lucia sono sculture belle, colorate, e di stupefacente espressività. Sono opere di cartapesta con l’anima di terracotta, umili nella materia, raffinate nella realizzazione.

    La Lucia, dal suo letto, ci sorprende ancora e ci dà forza. Le sue non sono statuette senz’anima, ma miracoli veri e propri.

    In questo Natale, allora, tutta Noha, grata anche per questo, si fermerà un attimo davanti al presepe, implorerà Gesù Bambino, e Gli chiederà di alleviare le sofferenze della Lucia. Poi, insieme alla Lucia tutti noi diremo: “sia fatta la Sua volontà”; o come meglio si direbbe nel nostro (stupendo) dialetto nohano: “cu fazza Diu”.

    Antonio Mellone
    (Fonte: Osservetore Nohano n.9 Anno I, 07 dicembre 2007)

     
    Di Dante De Ronzi (del 31/12/2018 @ 13:46:52, in Comunicato Stampa, linkato 1165 volte)

    Come freccia lanciata sul bersaglio l'evento della presentazione del libro “ La casa a corte” di Antonio Costantino editore Congedo organizzato da Emilia Frassanito della libreria Fiordilibro fà centro.

    Fa centro perché giocando con l'immaginazione svela un gioco di matriosche  che partendo dallo spazio Salento si riduce allo spazio città di Galatina ed ancora al suo centro antico sino  allo spazio della strada corte Vinella e poi  allo spazio delimitato dalla  casa  a corte omonima, fino al locale privato interno che ospita l'evento.  Ciò facendo di fatto riporta prepotentemente alla ribalta la città ed il suo inestimabile valore storico artistico architettonico.

    Coordina impeccabilmente Valentina Pagano ed introduce  Marcello  Seclì di Italia Nostra che ammonisce sui rischi che corre il territorio sull’eccessivo consumo di suolo e sulla insufficiente attenzione per la  tutela e la salvaguardia dei beni culturali.

    Segue una chiara ed approfondita  esposizione del libro da parte dell’autore Antonio Costantini che serve a comprendere l’importanza dell’opera ed arricchire di contenuti la lettura. Interessanti i richiami culturali, sociali ed antropologici trattati.

    L'evento fa centro perché suscita e richiama l'attenzione del pubblico ma soprattutto coinvolge la pubblica amministrazione che in materia molto può fare. 

    Hanno partecipato il sindaco Marcello Amante, l’assessore Loredana Tundo e l’ assessore Nico Mauro offrendo un  segnale importante  di convinta consapevolezza.

    L’occasione è stata utile per rinnovare la richiesta agli amministratori di un’azione più efficace che scoraggi il fenomeno degli abusi edilizi nel centro antico, di una maggiore igiene e cura degli spazi pubblici, della rimozione dell’asfalto deturpante e più in generale di una maggiore sicurezza e tutela.

    Ed infine una considerazione ed un proposta personale.

    Corte Vinella affascina sempre più ma tanti misteri ancora permangono.

    Affascina perché meritatamente si è guadagnata la copertina del volume di Antonio Costantini. Dopo aver letto il libro ed ascoltato l'autore potremmo definire corte Vinella la Regina delle Corti perché mutuando la filosofia delle case a corti popolari realizza una inedita tipologia di casa a Corte Patrizia.

    Questo non a caso accade nel cuore del centro antico di Galatina  inserendosi magnificamente ed  armonicamente nel  suo tessuto urbanistico,  caratterizzato  prevalentemente da palazzi di pregio, impreziosendolo ulteriormente.

    A me appare come un’orchidea al centro di un meraviglioso bouquet, appunto, una corte patrizia tra cento palazzi gentilizi.

    Un'eccezione unica ed esclusiva che conserva ancora intatto il mistero  sull’identità del committente e del l'ideatore.

    Si è scritto molto del dottor Vinella che lì ha abitato così pure del guerriero senza testa riprodotto nelle opere scultoree,  ma poco si conosce sia  dell'autore (attribuito forse a Giuseppe Cino) ed ancor meno del committente (si ritiene la famiglia Comi). Nulla si conosce infine circa l'evoluzione urbanistica dei luoghi antecedente l’edificazione del manufatto.

     Un'altra pagina di storia locale potrebbe essere scritta da giovani laureandi in beni culturali che volessero approfondire questi aspetti con delle tesi di laurea.

     Anche in questo senso gli amministratori, e non solo, possono fare molto.

    Un ringraziamento particolare ai numerosi intervenuti ed un grazie ancora ad Emilia.

     

    Galatina 29 dicembre 2018

    Dante De Ronzi

     

     

     

    "Fai della tua vita un sogno, e di un sogno, una realtà"
    "È molto più difficile giudicare se stessi che giudicare gli altri"
    "Non si vede bene che col cuore"
    Venerdì 10 marzo, gli alunni delle seconde classi dell’Istituto Comprensivo Polo 1 di Galatina e Collemeto, hanno assistito allo spettacolo teatrale in lingua francese "Il Piccolo Principe" di Antoine de Saint-Exupery a cura della compagnia "Erasmus Theatre" presso il teatro "Don Bosco" a Lecce.
    Un libro tradotto in più di duecento lingue ed amato dalle persone di ogni età, un’opera umanista la cui identificazione alla storia, ai suoi personaggi, alle sue idee ne fanno un libro universale e che supera le frontiere socioculturali.
    Il Piccolo Principe ci insegna ad andare oltre le apparenze per ritrovare l’essenziale della vita nel nostro cuore guardando il mondo attraverso gli occhi di un bambino!
    L’amicizia, l’amore, la conoscenza, la responsabilità del potere, la cura della natura ed anche la morte vengono rappresentati in modo sincero e trasparente.
    Un’iniziativa che si prefigge di avvicinare gli studenti alle arti teatrali, allo studio della lingua francese ed all’apprendimento di un’opera teatrale francese attraverso la discussione, il confronto sui temi proposti con attori madrelingua ed arrivando preparati all’evento attraverso un percorso di formazione in cui si sono affrontati la dizione e lo studio del testo.
    Per rendere l’opera più comprensibile sono state proiettate ed integrate al set scenografico delle immagini per dare agli studenti la possibilità di godere completamente di questo spettacolo.
    Interroghiamoci, dunque! Pensiamo, cerchiamo di vedere il mondo da una prospettiva diversa e di interrogarci sulle nostre abitudini ed azioni.
    Scopriamo il mondo, informiamoci e ripensiamo le cose per quello che sono mettendoci all’ascolto degli altri.

     Fiorella Mastria

     

    Se non volete essere mandati al diavolo su due piedi risparmiatevi gli slogan del marketing buoni per chi si beve tutto [e vota di conseguenza, ndr.], tipo: “In questo luogo del cuore si è fermato il tempo”. Primo perché le chiacchiere dei pubblicitari [e quelle dei politicanti, ndr.] lasciano il tempo che trovano, e poi perché qui non si è fermato proprio un bel nulla, anzi questo tempo continua a scorrere inesorabile e ad essere pure scandito con una certa puntualità. E se proprio di cuore vogliamo parlare non sarà nel senso delle intenzioni, dei propositi o delle volontà, ma del marchingegno necessario al loro funzionamento, onde il signore de quo ne è il cardiologo e la sua bottega il pronto soccorso.

    Sto parlando di Pantaleo Arturo Abaterusso che da una vita fa l’orologiaio a Galatina, in corso Garibaldi 12 per la precisione, a un fischio da piazza San Pietro, quasi dirimpetto alla cappella di San Paolo. Non cercatene l’insegna: non la troverete, essendo talorni del genere del tutto inutili a chiunque abbia clientela fedele e quindi tam-tam assicurato. Di poche parole - ché lui non ha tanto tempo da perdere, e men che meno noi di riscrivere Guerra e Pace -, Arturo a dodici anni inizia a smontare e rimontare le sveglie a corda (quando si dice un ragazzo sveglio): quelle che papà Fedele aveva da riparare dopo averle ricevute in affidamento con tante raccomandazioni dalle famiglie di tre quarti di Salento e anche oltre, fino a Brindisi dove si recava in missione a bordo della sua bicicletta presso quei centri multiservizi – financo di raccolta cronografi da rimettere in carreggiata - che erano i barbieri. È appena il caso di aggiungere che nel corso degli anni ’50 del Novecento papà Fedele aveva il suo piccolo laboratorio alla “discesa delle Anime”, la quale (combinazione) non è altro che la continuazione di via dell’Orologio.

    Arturo ci tiene a precisare che non nasce orologiaio (anche se, come detto, ha avuto corrispondenza d’amorosi sensi con quadranti, lancette, bilancieri, guarnizioni, gabbie, rotori, molle, suonerie e tourbillon fin da quando era praticamente in fasce), bensì orafo: egli è infatti Maestro D’Arte dei Metalli e dell’Oreficeria con tanto di Qualifica prima, e Diploma di Maturità poi, conseguiti rispettivamente nel 1972 e nel 1974 all’Istituto Statale d’Arte di Galatina. Le sue creazioni erano (sono) preziose per materiali certamente, ma viepiù per gusto e stile. Se glielo chiedi e se ha qualche minuto libero ti mostrerà con orgoglio un album di disegni dei suoi gioielli, pensati, disegnati e realizzati con le sue mani e forgiati nel forno tuttora presente in negozio - altro che quelli prodotti in serie da Morellato, Cartier, Recarlo, Breil, o Amen. “Questo l’ho fatto tutto io dalla A alla Z – mi dice - e l’ho appena rilucidato ché dobbiamo andare a un matrimonio”: e da un astuccio tira fuori il bell’anello creato per la consorte qualche decennio addietro.

    Ora, inforcata la sua visiera di ingrandimento con luce a led (la volta precedente aveva un monocolo), mi congeda e si rimette sulle sudate casse, e con mano ferma, bisturi, micropinze, presse e alesatori, calibri e cacciaviti è pronto all’n-esimo intervento chirurgico della giornata: ché gli orologi, dal più costoso al più vile, dal Patek alla patacca, han bisogno di camminare.

    *

    Appena fuori da questo presidio di biodiversità ancora immune dal virus della moda edonistico/godereccia s’apre il Borgo Antico Galatinese, instradato sulla via della lunaparkizzazzione (meglio nota come Valorizzazione) tutta movida, tavolini, spritz & food più o meno fast, in ossequio alla borgomania (variante piccoloborghismo) così cara ai forzati dello svago nonché ai pubblici amministratori con la vocazione dell’animatore di un villaggio vacanze.

    Un ulteriore piccolo sforzo (tipo qualche maglietta “I love Galatina”, un po’ di campane di vetro Made in China – di quelle che a capovolgerle cade la neve sul modellino della basilica orsiniana -, portachiavi in silver del Pasticciotto e calamite per frigo della Pupa) e, annullando ogni differenza, avremo reso indistinguibile questo pezzo di Salento da mille altre, come si dice, “location”: il tutto in nome della merce che manco un outlet e del sempre sia lodato turismo-volano-di-sviluppo-e-occupazione (e pazienza se, per dire, a Venezia ‘sto benedetto turismo ha fatto più danni dell’acqua alta e del Mose messi assieme).

    Mala tempora currunt sed peiora parantur, direbbe quello.

    Ma per questi ultimi tempora Arturo non può farci nulla.

    Antonio Mellone

     
    Di Antonio Mariano (del 14/05/2018 @ 13:42:59, in Fidas, linkato 1516 volte)

    L'importanza della prevenzione e della diagnosi precoce per una sempre più efficace lotta al tumore, in questo caso il tumore al seno. Sarà questo il tema centrale del prossimo convegno organizzato dalla sezione Fidas di Noha.

    La salute dei nostri donatori è sempre più al centro della nostra attenzione e lo vogliamo dimostrare dando un poco di informazione in più che non basta mai. E’ vero che, oggigiorno, esistono molteplici possibilità per informarsi, ma noi vogliamo essere d’aiuto ai nostri donatori e alle nostre donatrici in quanto la loro salute ci sta molto a cuore.

    Così come teniamo alla salute di tutti i cittadini, in quanto potenziali donatori e donatrici, con la speranza che “magari un giorno qualcuno di loro decidesse di diventare un donatore di sangue”.

    Entrando nello specifico della prevenzione del tumore al seno, occorre mettere in evidenza come questa consenta di ridurre, laddove si è in tempo, gli interventi di chirurgia invasiva e quindi anche la richiesta di sangue ed emocomponenti, che com’è ormai noto, in certi periodi è incessante e molto spesso supera la reale disponibilità. Ecco allora l’obiettivo che si prefigge Fidas Noha: fare prevenzione ed incrementare le donazioni di sangue. Un binomio dal quale possiamo solo raccogliere buoni risultati.

    Antonio Mariano

    [Fidas News - Maggio 2018]

     

    La Copertina parla da sé: mente e cuore, ascolto e cura. "Io sono il capitano della mia anima". Come affrontare lo stress. La musica che fa cantare le cellule, anche quelle malate.
    Parlare è un bisogno, ascoltare un'arte. (J.W. con Goethe).
    È oramai accertato scientificamente che l'inquinamento incide pesantemente sulla salute, e soprattutto le nano particelle che restano in sospensione nell'aria e la super moderna tecnologia non è capace di controllare,  si insinuano prepotentemente nel sangue delle persone corrodendo il sistema circolatorio, cuore compreso.
    Dalle poesie della nonna al sogno di " migliorare la qualità della vita degli esseri umani su questa Terra". Così l'autrice sogna sin da piccola.
    Non capita tutti i giorni di incontrare e poter leggere le "confessioni" di un medico, Enrica Mariano di Noha, una Cardiologia interventistica, docente e ricercatrice che si impegna a curare le disarmonie del sistema Corpo-Mente-Anima.

     Marcello D'Acquarica

     
    Di Redazione (del 09/01/2023 @ 13:40:09, in Comunicato Stampa, linkato 318 volte)

    Si chiude un fantastico 2022, ma il viaggio continua a vele spiegate…

    La nostra VISION: lo Sport DEVE essere accessibile a TUTTI, non conta se vieni da una famiglia più o meno benestante e NESSUNO deve restare indietro.

    La nostra MISSION: riqualificare le diverse aree verdi del territorio comunale assicurando decoro urbano e sicurezza, creare punti di aggregazione sani e controllati e organizzare manifestazioni di solidarietà diffusa e fattiva.

    Sport

    Il progetto sportivo è in continua crescita nonostante 2 anni e mezzo di covid che lo hanno rallentato,  il  settore  minibasket  ha  raggiunto  90  tesserati  e  i  gruppi  giovanili  under 13/14/17/19 stanno ottenendo degli ottimi risultati come la qualificazione alla fase Gold per i nostri under 13 che capeggiati dal proprio capitano Edoardo Forte hanno raggiunto questo importante traguardo. La nostra prima squadra che milita nel campionato di serie D regionale occupa la seconda posizione in classifica al rientro dopo la sosta natalizia si ripartirà da un portante big match in casa del Carovigno. Il nostro direttore sportivo Antonio Gabrieli confida in un grande girone di ritorno consolidando un buon piazzamento nei play off che apriranno alla promozione in C interregionale.

    Solidarietà diffusa

    Il “Giocattolo Solidale” e la “Befana Solidale” sono solo le ultime due iniziative in ordine di tempo, da aggiungersi all’“Uovo Sospeso” di Pasqua 2022 ed allo "Zaino sospeso", che abbiamo realizzato con l’obiettivo di permettere a tutti i bambini, soprattutto quelli le cui famiglie versano in condizioni di difficoltà, di vivere la magia delle feste, rafforzando al contempo lo spirito di comunità. Attraverso queste iniziative chiunque lo desiderava poteva acquistare un regalo nei negozi di giocattoli, librerie e cartolerie di Galatina che hanno aderito all’iniziativa, come Iperbimbo Galatina, Print King e Il cantastorie lasciando il dono in custodia all’esercente stesso. Ebbene, sono stati oltre cento i regali raccolti attraverso questo gesto altruistico destinato ai più piccoli.

    I Galatinesi hanno aderito con immediatezza a questa iniziativa donando, prim’ancora che un gioco, un pensiero speciale a tanti bambini che, grazie a questo atto disinteressato di generosità e amore, hanno potuto vivere pienamente un momento di festa come quello della Befana e del Natale, in modo, per una volta, più gioioso e spensierato, come è giusto che sia per ogni bambino. Tutti i giocattoli raccolti a Natale 2022 sono stati consegnati, per il tramite dell’Assessore Camilla Palombini, ai Servizi Sociali del Comune di Galatina i cui operatori hanno provveduto, nel massimo e doveroso rispetto della privacy, a distribuirli alle famiglie bisognose.

    Bambini & sport

    In Italia, purtroppo, quasi un milione di minori vive in condizioni di povertà assoluta. E quasi la metà dei ragazzi in età scolare non ha mai letto un libro, se non quelli di studio, il 70 per cento non ha mai visitato un sito archeologico, il 55 per cento un museo, il 45 per cento non ha svolto alcuna attività sportiva.

    Con l'iniziativa "Bambini & sport" abbiamo promosso una serie di iniziative finalizzate esclusivamente per consentire a minori di famiglie in difficoltà di praticare sport, inserendoli in programmi sportivi per un anno. Attualmente sono cinque i bambini di cui ci siamo fatti carico tramite i Servizi Sociali del Comune di Galatina.

    Abbiamo inoltre deciso di donare un canestro nuovo al Polo 2 di Noha per permettere a tutti i bambini di praticare questo meraviglioso sport, la Pallacanestro.

    Un altro canestro verrà donato, nella primavera prossima, al cuore Immacolato di Maria di via Soleto a Galatina; anche questo per cercare di creare punti di aggregazione “sicuri” per i ragazzi del Rione Italia.

    Vialetti cemento stampato area giochi “Madonna delle Grazie” di NOHA

    Dal giugno di quest’anno i giochi installati sull’area verde “Madonna delle Grazie” di Noha saranno ancora più accessibili…

    Il parco deve poter essere raggiungibile da tutti con facilità: da chi corre, da chi cammina con difficoltà, da chi usa un deambulatore, da chi usa la carrozzina, manuale e/o elettrica che sia. I vialetti di accesso devono essere pianeggianti, lisci e privi di qualsiasi ostacolo come gradini, paletti, alberi o altri oggetti che ne riducono la larghezza e impediscono il passaggio alle carrozzine. Ogni gioco deve essere raggiungile alla stessa maniera ovvero tramite un vialetto liscio e pianeggiante facilmente percorribile anche in autonomia da un bambino in carrozzina.

    Per questo abbiamo realizzato circa 100 metri lineari di vialetti in cemento stampato che serviranno per garantire facilità di accesso ai giochi presenti nell’area.

    Un grandissimo grazie di cuore a Angelo Bodelmonte ed alla sua splendida squadra di

    Maestranze…

    Area giochi “Madonna di Costantinopoli” di Collemeto.

    Siamo orgogliosi di aver riconsegnato alla città un nuovo punto di incontro e aggregazione

    importante: l’area giochi presso piazzetta “Madonna di Costantinopoli” di Collemeto.

    Se  tutto  ciò  è  stato  possibile  lo  dobbiamo  in  modo  particolare  a ECOM  SERVIZI AMBIENTALI, prestigioso partner che ci ha da sempre accompagnato in questa entusiasmante  avventura  e  che  ci  permette  di  monetizzare  i  milioni  di  tappi  raccolti, a EUROFOOD S.r.l. in via Bruxelles a Soleto ed a IPERBIMBO in via Gallipoli a Galatina che hanno creduto in noi.

    SEGNALIBRO DE “IL MURO DEL CORAGGIO”

    Una scelta non casuale quella di accostare il ricordo di alcune delle pagine più tragiche della nostra storia recente e la cultura: in fondo è la conoscenza la prima arma da usare contro il radicarsi della criminalità organizzata.

    “La  mafia  ha  più  paura  delle  scuole  che  dei  tribunali”  diceva  il  giudice  Caponnetto. Per questo abbiamo scelto un segnalibro per ricordare il sacrifico di Paolo Borsellino, Renata Fonte, Lea Garofalo, Antonio Montinaro, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Peppino Impastato, e Giovanni Falcone; un segnalibro che abbiamo distribuito in tutte le scuole di Galatina ai ragazzi della quinta classe della scuola primaria e della prima classe della scuola secondaria di primo grado. Operazione realizzata in collaborazione con Legambiente; si è ormai, infatti, consolidata nel mondo del volontariato la necessità di sperimentare collaborazioni fra organizzazioni diverse, progettazioni comuni attraverso apporti specifici che, rispettando le identità di ciascuno, riescano a dare quelle risposte complesse di cui la realtà sociale contemporanea ha sempre più bisogno.

    TARGA BRAILLE

    Abbiamo realizzato una targa BRAILLE da posizionare presso Il muro del Coraggio - viale Ofanto Galatina.

    L’installazione di questa targa unisce l’aspetto culturale a quello solidaristico. I non vedenti devono essere in grado di partecipare attivamente al mondo della cultura. Questi pannelli informativi riescono a far immaginare e comprendere al non vedente o all’ipovedente dove si trovano e questa è vera integrazione culturale e sociale.

    BIMBULANZA

    Numerose sono state le iniziative realizzate a sostegno della Bimbulanza, la prima ambulanza pediatrica del sud Italia che nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. Quasi 1000 tra Pasqualotti e Natalotti sono stati distribuiti nel corso dell’anno in occasione di diversi banchetti realizzati in piazza Alighieri ai quali le persone hanno sempre partecipato con grande sensibilità. Inoltre, l’evento del 12 luglio 2022, realizzato in collaborazione con l’Associazione “Quelli del centro storico… “, ci ha permesso di donare 1700euro.

    Siamo particolarmente orgogliosi del risultato raggiunto, mai avremmo pensato di raccogliere una cifra così importante in così poco tempo, ci eravamo posti un obiettivo decisamente più contenuto, ma l’entusiasmo è stato tanto e ci ha permesso di raggiungere una cifra ancora più importante…

    La #bimbulanza, gestita dall'Associazione cuore e mani aperte - OdV di DON Gianni Mattia e Franco Russo, è un patrimonio del nostro territorio, ma non solo, crediamo sia importante sostenere realtà di questo spessore, per questo, nel nostro “piccolo”, siamo orgogliosi di aver dato questo notevole contributo.

    FESTA DELLO SPORT

    È stata una giornata di sport totale con tante famiglie, istruttori e ragazzi che hanno popolato per qualche ora il centro della città il 5 giugno 2022.

    La grande folla – ha dichiarato Sandro Argentieri, coach della “Virtus Basket Galatina”, ha dimostrato che lo sport è vivo e parte integrante della società, che gli atleti delle società sportive avevano bisogno di un momento di condivisione, dopo un lungo periodo di difficoltà e restrizioni imposte dal covid, che non hanno risparmiato il mondo dello sport. L’appuntamento è al prossimo anno…

    LA NOTTE BIANCA DEI BAMBINI

    Dalla sinergia tra l'A.S.D. Virtus Basket Galatina e l'Associazione #ballaperme nasce l'XIII Ed.ne della manifestazione La notte bianca dei Bambini - Rione Italia in festa , il primo evento di “Cittadinanza attiva” che favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà.

    Scopo principale della festa è stato, a parte far divertire i bambini, cercare di sensibilizzare i cittadini sul fatto che una città migliore passa anche da un maggiore senso civico e da un maggior rispetto verso gli spazi pubblici.

    Tappiamo Galatina – raccolta eco-solidale tappi di plastica promosso, nell’ambito delle proprie iniziative statutarie volte al miglioramento delle condizioni sociali e culturali degli abitanti di Galatina, dall'Associazione Virtus Basket Galatina, è un progetto articolato, dinamico, sicuramente ambizioso e che nasce da lontano: vogliamo attrezzare i tanti parchi presenti a Galatina e nelle Frazioni con lo spirito di tornare a ripopolarli di persone, dai genitori con i loro figli agli anziani coi propri nipoti.

    Ora si passerà ad altre zone, anche periferiche, con l’intenzione di riqualificare le diverse aree verdi del territorio comunale assicurando decoro urbano e sicurezza, due elementi imprescindibili che caratterizzano appieno la nostra Mission associazionistica.

    Il nostro invito è di vivere il parco cercando di esserne custodi, proteggere i nostri giochi ed educare i ragazzi al rispetto dell'ambiente.

     

    In ultimo, ma non certo per importanza, un grandissimo grazie di cuore va a tutti gli sponsor ed i sostenitori che, con l’elargizione dei loro preziosi contributi, permettono di rendere concrete le nostre piccole-grandi idee, i nostri piccoli-grandi obbiettivi…

    Per questo abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti VOI.

    Ancora una volta invitiamo CHIUNQUE, a qualsiasi titolo, abbia voglia di collaborare, a contattarci.

    Sandro Argentieri: 333-4368532;

    Piero Luigi Russo: 349-8471729.

     

    Il 9 giugno 2022 presso l'Istituto Comprensivo Polo 2 di Noha si sono svolte le premiazioni per i tornei scolastici di: Basket, Pallavolo, Scacchi e Scarabeo dove il nostro istituto ha partecipato con le classi 1,2 e 3 della Scuola Secondaria di Primo Grado dei plessi di Galatina e Noha e la 5A della scuola Primaria del plesso di Noha la quale partecipava solo al torneo di Scarabeo.

    A tutti i ragazzi a fine mattinata è stata consegnata una medaglia di partecipazione.

    Ringrazio il Dirigente Scolastico Fausto Luigi Melissano per la sua disponibilità e collaborazione data affinché la nostra scuola  partecipasse a questi eventi sportivi, ma anche per tutto quello fatto in questo anno scolastico, a tutto il corpo docenti che hanno dato tanto per il bene della nostra scuola, delle persone veramente straordinarie e molto preparate ma soprattutto delle seconde Mamme per i nostri figli.
    Un grazie va anche ai collaboratori e ai genitori che sono stati presentati in tutti questi anni a dare un aiuto a tutti i progetti che abbiamo realizzato insieme.
    Una scuola che porterò sempre nel cuore perché mi ha lasciato veramente delle forti emozioni.
    Saluto anche tutti coloro che fanno parte del Consiglio d'Istituto ribadendo che siamo stati una squadra unita e perciò fortissima.
    Grazie a tutti di cuore.
     

    Natascia Rossetti
    Il Presidente D'Istituto
     
    Di Redazione (del 30/03/2020 @ 13:38:13, in Comunicato Stampa, linkato 976 volte)

    Voler bene ed essere generosi verso chi ha necessità é la cura e la delicatezza che possiamo vivere in questi giorni di pandemia da Covid-19. Diventiamo anche noi come Gesù Samaritani. In Chiesa San Michele (ore 7-12 e 15-18) all'ingresso come ai piedi dell'altare ti attende un cesto per condividere la tua generosità, il tuo incontro con Gesù. Gli alimenti raccolti saranno distribuiti presso la Chiesa Madonna delle Grazie al Centro Caritas. Vivi questo gesto ed il tuo cuore diventerà grande. Grazie per quanto farai. Dio ti benedica.

    Don Francesco Coluccia

     
    Di Redazione (del 08/02/2018 @ 13:37:23, in Comunicato Stampa, linkato 1138 volte)

    Non era una gara abbordabile quella contro il Marigliano: men che meno si poteva pensare che l’innesto del solo Lentini avrebbe potuto capovolgere la tendenza negativa che ha attanagliato la squadra per l’intero girone di andata.

    Al massimo ci si aspettava una reazione d’orgoglio, tutta cuore , sia per accogliere  il ritorno di un giocatore che , a dispetto dell’ultimo posto in classifica, ha scelto di tornare a Galatina, sia per cercare di ottenere la prima vittoria dinanzi al proprio pubblico.

    Invece tutto è andato per il giusto verso: tre punti, una prestazione convincente e sicuramente una grande iniezione di fiducia.

    E per l’occasione la dirigenza aveva pensato di voltare pagina rifacendo, metaforicamente parlando, una verginità estetica all’abbigliamento sportivo (pura scaramanzia?), dando incarico alla V2 SPORTSWEAR by MANIFATTURA TESSSILE di Galatina di creare e realizzare una nuova divisa di gioco.

    Le indicazioni fornite allo studio professionale  non potevano, in primis, che rinsaldare il vincolo stretto in estate tra i presidenti di Olimpia e S.B.V. , evidenziando la cromaticità dei loghi societari , confluiti in un unico scudetto con la denominazione OLIMPIA S.B.V. GALATINA, ed individuando in una forte identità visiva e culturale  ,la civetta, elemento preponderante del nostro stemma comunale.

    Il richiamo alla pallavolo è stato lasciato alla creatività del team manager Stefanelli e al graphic designer perché progettassero una comunicazione visiva che sposasse i due elementi cardine ,civetta e pallone con rete, per una veicolazione efficace del significato.

    Ed ecco individuata nelle aree di stampa, in fronte maglia , la presenza di una civetta stilizzata la cui apertura alare offre il petto  in segno di ardimento, mentre gli artigli sorreggono un pallone che sta per varcare le maglie di una rete .

    Il richiamo al tricolore, a fondo maglia, è contenuto all’interno del vertice di uno virtuale scudetto  il cui perimetro, con i colori bianco ,blu e celeste ,rimarca il forte legame tra i due club in un sforzo sinergico di obiettivi sportivi, risorse umane, tecniche e finanziarie.

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA S.B.V. GALATINA

     

    Il Circolo Tennis “Giovanni Stasi” di Galatina, che lo scorso luglio ha centrato l’obiettivo della promozione in B2, si prepara ad affrontare il nuovo campionato senza nascondere le proprie ambizioni di puntare ai play off. il 30 ottobre scorso la Federazione Italiana Tennis, nella persona del consigliere del comitato regionale FIT Puglia Alessandro Carmine Dell’Aquila ed alla presenza del Presidente del comitato regionale FIT Puglia Francesco Mantegazza, ha premiato a Bari il CT “Giovanni Stasi” di Galatina, consegnando una targa ricordo al Presidente Antonello De Pascalis.

    «Come Presidente – ha dichiarato De Pascalis - sono onorato del risultato raggiunto, questa è la vittoria dei nostri RAGAZZI, del nostro staff tecnico, dei nostri soci del nostro Consiglio, della Direzione Sportiva e dei nostri sponsor. Grazie di cuore a tutti».

    Nei giorni scorsi è stata ufficializzata l’acquisizione di un nuovo giocatore Alessandro Bellifemine, classe 2001, romano, classifica italiana 2/2, ITF 202, con una importante esperienza a livello nazionale ed internazionale, dalle notevoli capacità tecniche, che costituirà un valore aggiunto ai confermati Jeremias Rocco, Matteo Fanì, Ignacio Novo, Andrea Cardinale, Antonio Montinaro e Alfonso Costamagna. «Abbiamo una squadra giovane e determinata – afferma il Capitano Donato Marrocco – e siamo particolarmente soddisfatti del nostro vivaio. Grande soddisfazione, infatti, da Andrea Cardinale anno 2005, classifica 2023 2/7 che in due anni ha scalato 4 categorie, dalla terza categoria 3/2 a 2/7 e da Antonio Montinaro anno 2002, classifica 2023 2/5, che in 10 mesi è passato da 2/7 a 2/5. Completata la squadra ora si pensa a lavorare sodo per raggiungere al massimo della forma l’appuntamento e puntare, perché no, ad una promozione».

    La Direzione sportiva, composta da Ottaviano Marco e Spagna Silvio, è costantemente impegnata nell’organizzazione delle competizioni sportive che vanno dai tornei individuali ai numerosi campionati a squadre ed è particolarmente orgogliosa del lavoro svolto dallo staff tecnico che segue con attenzione e passione tutti gli atleti: bambini, agonisti e adulti.
     

    Antonio Torretti

    Ufficio Stampa Circolo Tennis “Giovanni Stasi” Galatina 

     

    Chiude i battenti un'istituzione. Il Bar Castello di Noha, frazione di Galatina, dopo 68 anni di gloriosa attività, abbassa la saracinesca e lascia uno strascico di malinconia in tutte le generazioni che sono state in qualche modo cresciute da Liliana Coluccia, 80 anni, la titolare: "zia Lilli" per tutti. In quel bar si è scritta una parte di storia della frazione, sono nate storie d'amore, si sono consolidate amicizie, si sono stretti affari. Questa sera, alla presenza del sindaco di Galatina Marcello Amante, ci sarà un momento di festa intorno alle ore 20, fortemente voluto dai nuovi proprietari del Castello Baronale di Noha che desiderano stringersi insieme alla comunità attorno a questa donna che per un'intera vita ha preparato il caffè a tutti e ha addolcito la quotidianità di molti con i suoi gelati, la pasta di mandorla e la famosa limonina. "Zia Lilli sarà sempre un pezzo del nostro cuore -dicono alcuni cittadini, abituali frequentatori del bar- e saremo sempre in debito con il suo sorriso e la sua affabilità. Speriamo che anche adesso che si godrà il meritato relax, ci restrà accanto con la sua passione».
    V.Chi.

    Fonte: Nuovo Quotidiano di Puglia del 17.01.2019

     
    Di Redazione (del 03/05/2023 @ 13:35:26, in Comunicato Stampa, linkato 403 volte)

    Giovedì 4 maggio, alle ore 18, è prevista la conferenza stampa di presentazione del progetto FIL ROUGE, sostenuto da Fondazione CON IL SUD ed Enel cuore Onlus, promosso dall’Associazione Levèra, capofila di un partenariato tra le associazioni Programma Sviluppo di Taranto, A.D.U. Avvocati per i Diritti Umani, ACLI Sede provinciale di Lecce, le Cooperative Sociali L’Aurora e Officina Creativa ed il Comune di Galatina.

    L’evento, che sarà organizzato presso la sede di Levèra in via Bellini 24 a Noha di Galatina (Le), permetterà di illustrare alla stampa, ai Sindaci del circondario, alle aziende tessili del territorio e all’intera cittadinanza i dettagli di un progetto di emancipazione sociale che ha l’obiettivo specifico di sostenere donne fragili, in particolare quelle vittime di violenza e abusi, aiutandone la costruzione dell’autonomia tramite il lavoro.

    FIL ROUGE è un progetto sartoriale e di design che pone l’accento sui concetti di sostenibilità, sociale e ambientale, che, grazie al forte e nutrito partenariato, si pone l’ambizioso obiettivo di far diventare Levèra un’incubatrice di lavoro all’interno di un bene confiscato alla mafia, rendendo sempre più concreto il riscatto della legalità sulla criminalità.

    Attraverso un percorso di formazione teorico pratica, si forniranno a donne in difficoltà, vittime di situazioni di soggezione, gli strumenti per avviare un'attività autonoma che restituisca loro dignità ed indipendenza, in grado di potenziarne le capacità e la creatività, mettendo a disposizione spazi, attrezzature, materie prime, know how, consulenza fiscale, giuridica e motivazionale, incentivando la formazione di cooperative per solidarizzare le singole esperienze e renderle più forti grazie al vicendevole supporto.

    Un piccolo atelier di taglio, cucito e ricamo dove a dare vita ad abiti e accessori ecosostenibili sarà il coraggio delle donne che vogliano riscattarsi dai loro vissuti difficili.

    I tessuti saranno gli scarti di lavorazione, donati dalle aziende tessili nazionali e messi a disposizione da Officine Creative, che si trasformeranno, in un mix di colori, in creazioni originali da commercializzare nel pieno rispetto dell’ambiente.

    “Rifiuto” e “scarto” si cuciranno insieme per superare le barriere culturali, fisiche e linguistiche, attivando così un vero e proprio processo di cambiamento locale. Quello che viene scartato dai processi produttivi e che risulta ormai inutile, rientra nel processo creativo riacquistando funzionalità e design, in un’ottica di sostenibilità e rispetto dell’ambiente.

    “Abbiamo immaginato di far diventare Levèra il luogo fisico e narrativo, dove le competenze, la creatività, le relazioni e l’artigianalità si mescoleranno e si cuciranno fra loro e daranno vita ad un nuovo marchio, dove la narrazione degli antichi saperi si coniugherà con l’innovazione - spiega Roberta Forte, membro del consiglio direttivo di Levèra e responsabile del progetto – Fil Rouge punta a valorizzare l’artigianato e a trasformarlo in un’attività produttiva che genera occupazione e promuove il territorio. Oltre a prevedere inserimenti lavorativi, daremo vita ad una cooperativa sociale di tipo b, una vera e propria sartoria sociale, all’interno del bene confiscato - in grado di stare autonomamente sul mercato attraverso la creazione di un brand e di un catalogo per vendere i prodotti realizzati, emulando l’esperienza decennale del marchio “Made in Carcere”.

    Il progetto promuoverà la riscoperta di “nuovi” mestieri che nascono e vivono solo grazie a piccole realtà e che rischiano di scomparire per la mancanza di ricambio generazionale. Si tratta di un modello sostenibile di creazione di valore prima etico e poi economico, in grado di ridare dignità e orgoglio a gruppi sociali al margine della società.

     LEVÈRA

     
    Di Albino Campa (del 28/09/2009 @ 13:35:18, in NohaBlog, linkato 3449 volte)

    san-michele-noha.jpgGrandi festeggiamenti a Noha di Galatina per S. Michele arcangelo; festeggiamenti che si apriranno oggi con la vigilia della festa e si chiuderanno il 30 settembre . Il Programma delle Manifestazioni civili per festeggiare degnamente il santo sono di seguito riportate :

    26 settembre
    Festa dei Lettori, ore 18.15 presso l’atrio del castello di Noha

    28 settembre
    Gran Concerto Bandistico Municipale “Città di Taviano” (LE) Maestro Direttore e Concertatore ANTONIO MARIANI

    Al termine della Processione Spettacolo Pirotecnico a cura della Ditta “La Pirotecnica del Sud” di PIERO COLUCCIA di Galatina (LE)

    Ore 21.00 “La Grande Orchestra Italiana” in concerto

    29 settembre
    Celebre Concerto Bandistico Lirico Sinfonico “REGIONE PUGLIA” Maestro Direttore e Concertatore G. CASARANO

    Ore 24.00 A conclusione dei Festeggiamenti spettacolo di fuochi pirotecnici curati dalle Ditte “La Pirotecnica del Sud” di PIERO COLUCCIA di Galatina (Le) “Cav. MAGGIO AMODIO” di Tuglie (LE)

    30 settembre
    ore 21.00 SANDRO GIACOBBE in Concerto

    28-29-30 settembre
    “Mostra Foto Storiografica 1869-2009” in occasione del 140° Anniversario della Fondazione del Corpo di Polizia Locale di Galatina, piazza S. Michele - 9

    Le principali strade della cittadina saranno addobbate dalla premiata ditta L.C.D.C. di Cav. Cesario De Cagna di Maglie (LE).

    Ma ora riportiamo qualcosa del iconografia, storia e gnosi del santo. Michele è uno dei tre arcangeli menzionati nella Bibbia. Il nome Michele deriva dall’espressione “Mi-ka-El” che significa “chi è come Dio?”. L’arcangelo Michele è ricordato per aver difeso la fede in Dio contro le orde di Satana. Nel calendario liturgico cattolico si festeggia come San Michele Arcangelo il 29 settembre, con San Gabriele Arcangelo e San Raffaele Arcangelo. Michele è citato nella Bibbia, nel Libro di Daniele 12,1, come primo dei principi e custode del popolo di Israele. L’immagine di Michele arcangelo sia per il culto che per l’iconografia, dipende dai passi dell’Apocalisse. È comunemente rappresentato alato in armatura con la spada o lancia con cui sconfigge il demonio, spesso nelle sembianze di drago. È il comandante dell’esercito celeste contro gli angeli ribelli del diavolo, che vengono precipitati a terra. A volte ha in mano una bilancia con cui pesa le anime (psicostasia). Sulla base del libro dell’Apocalisse ne vennero scritti altri dedicati a Michele che finirono per definirlo come essere maestoso con il potere di vagliare le anime prima del Giudizio. L’iconografia bizantina predilige l’immagine dell’arcangelo in abiti da dignitario di corte, rispetto a quella del guerriero che combatte il demonio o che pesa le anime, più adottata invece in Occidente. Nella psicologia gli angeli sono paragonabili alle passioni, cioè a stati d’animo intensi e persistenti; ad esempio la passione d’amore è raffigurata nella mitologia occidentale come l’angelo Eros che colpisce al cuore con una freccia. Nell’Antico testamento sono menzionati solamente quattro angeli, che vengono identificati con il loro nome: Michele, Raffaele, Gabriele e Satana. Il nome Gabriele significa: Kha-Bir-El = “Colui che brama - come l’acqua - Dio”; con il senso di indicare la passione di chi vuole ardentemente conoscere Dio, chi ha sete di Dio. È un angelo che appare all’asceta, e si ricorda ad esempio la sua apparizione a Maometto. Michele indica la passione di colui che difende a spada tratta la sua fede in Dio. Infine Satana indica la passione del credente che rinnega Dio, da cui l’espressione che “chi rinnega Dio cade nelle braccia di Satana”. I tre angeli nominati nell’Antico testamento indicano quindi un percorso mistico che va dal desiderio di conoscenza di Dio (Gabriele), per andare alla fede (Michele) oppure per finire al rinnegamento della fede (Satana). Un tema discusso quello dei santi e della fede popolare, noi senza entrare nella contesa possiamo solo aggiungere che sicuramente a Noha ci saranno tre giorni di festa, luminarie, gioia per una comunità forte e coesa da sempre orgogliosa del proprio paese in tutte le sue sfumature.


    Raimondo Rodia

    (fonte) 

     

    Sabato 17 agosto 2013 si è tenuta l’estrazione dei numeri vincenti della lotteria ”I Love ’80… compra a Galatina & Frazioni e Party con noi…” (aut. A.A.M.S. 446 del 02 maggio 2013) abbinata alla kermesse “I LOVE ’80 PARTY 2013”.
    Alla presenza del Consigliere Comunale Piero Lagna in qualità di “Delegato del Sindaco”, del Sig. Russo Piero Luigi e del Sig. Stefanelli Francesco rispettivamente “Responsabile della Lotteria” e Presidente dell’Associazione “Quelli di piazza San Pietro”, e di tre bambini che sono stati scelti casualmente dal pubblico ed invitati a pescare i bussolotti numerati dalle urne si è provveduto alla estrazione.
    Di seguito riportiamo l’elenco completo dei numeri estratti e dei rispettivi premi associati:
    Crociera per due persone di una settimana:

    SERIE

    NUMERO

    CONSEGNATO DA

    INDIRIZZO

    59

    45

    GALENICA SALENTINA

    GALATINA

    Pacchetto buoni acquisto da spendere a Galatina & Frazioni:

    SERIE

    NUMERO

    CONSEGNATO DA

    INDIRIZZO

    31

    60

    SANITARIA cuore DI MAMMA

    NOHA

    Week-end benessere per due persone:

    SERIE

    NUMERO

    CONSEGNATO DA

    INDIRIZZO

    88

    61

    PIZZERIA MARVEL

    GALATINA

    Di dette operazioni è stato redatto un processo verbale del quale una copia verrà inviata al Prefetto di Lecce ed una consegnata al “Delegato del Sindaco”.
    I numeri dei biglietti vincenti saranno pubblicati nell’albo Pretorio del Comune di Galatina, presso il Keys Bar sito in piazza San Pietro a Galatina e sul gruppo Facebook: “Quelli di Piazza San Pietro”.
    Invitiamo quanti dovessero essere in possesso dei biglietti vincenti a telefonare al numero 338.8540370 per richiedere il premio entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla data dell’estrazione.


    Galatina, 17 agosto 2013

    Il Presidente

     
    Di Redazione (del 31/05/2015 @ 13:33:39, in Necrologi, linkato 2372 volte)

    All'età di 78 anni ci ha lasciato Luigi Bramato, figlio del defunto nunnu Ciccio.
    Minuto nella sua figura fisica ma con un cuore grande così, il sig. Luigi è l'esempio tipico del nohano doc (purtroppo) d'altri tempi.
    Uomo di poche parole, contadino di professione, ha trascorso una vita in mezzo ai campi a rivangare le zolle, a seminare e ad attendere paziente il raccolto.
    Appena arriverà lassù, siamo certi, non rimarrà con le mani in mano, si darà subito da fare insieme agli altri per curare "la vigna del Signore" da cui da sempre nasce una bevanda della salvezza che non ha uguali. E intercederà presso il suo Dio perché anche a Noha e nel Salento intero venga rispettata la terra, fonte primaria di vita, e quanto in essa contenuto.

    Ai figli Antonio e Francesco, alle rispettive consorti, ai nipoti, a tutti i congiunti ed agli amici della famiglia Bramato giungano i sensi del nostro cordoglio.

    Noha.it
     
    Di Andrea Coccioli (del 18/10/2022 @ 13:33:09, in Comunicato Stampa, linkato 328 volte)

    “Nonni eredità di intenti, sogni e speranze, riposo del cuore in una carezza, gioia infinita nel rispecchiarci nei vostri occhi”.

    Un nonno o una nonna trasmettono non solo un senso di tradizione, ma anche di continuità tra i vecchi insegnamenti ed i nuovi in una sorta di “patto educativo”.

    I nonni rappresentano per i nipoti il collegamento tra il passato, presente e futuro perché sono portatori della memoria della famiglia.

    Sono loro che custodiscono i ricordi di un mondo diverso da quello che vivono i bimbi di oggi e che, attraverso i loro racconti, possono far capire ai piccoli il cambiamento.

    Tutto questo è stato vissuto dai bambini della scuola primaria del Polo I di Galatina in queste ultime settimane, uno scambio generazionale fortemente voluto dalla dirigente Luisa Cascione, dapprima con l’accoglienza nelle nostre classi di tanti nonni in occasione della loro festa il 2 ottobre; è stato bellissimo vedere i bambini sbalorditi e interessati dinanzi ai racconti di quella che era l’infanzia dei loro nonni, anch’essi emozionati nel tornare nella loro scuola dopo tanti anni.

    “Maestra è stata la lezione più bella di sempre”!

    Si, è proprio vero, Vedere nonna Maria insegnarci a giocare con la trottola e i “tuddhri” e nonno Gino con gli occhi lucidi raccontarci la vita della sua famiglia è stata una lezione di storia incredibile.

    Un altro momento interessante è stata la visita del Sig. Gianfranco Conese, esperto del museo fotografico di Galatina che ha argomentato, con maestria, coinvolgendo ragazzi e docenti, numerosi reperti iconografici facendo immergere tutti in quella che era la vita di tanti anni fa. Grazie a voi tutti, cari nonni, preziosi custodi di storie, senza i quali il nostro futuro sarebbe privo di amore e tenerezza.

    Marti Chiara

     

     
    Di Redazione (del 13/03/2018 @ 13:32:51, in Comunicato Stampa, linkato 1131 volte)

    L’impegno di questa amministrazione nella promozione della Cultura come volano sociale e, quindi, anche economico si evince da molti atti già posti in essere, dalla partecipazione con successo al bando della Community Library alla valorizzazione delle attività del Museo passando per un dialogo serrato e proficuo con le scuole di ogni ordine e grado della Città e dalla programmazione di un fitto calendario di appuntamenti culturali previsto per i mesi a venire. Tra le attività per l’immediato futuro un ruolo centrale lo occupa senza dubbio la promozione della lettura, l’incontro con autori, scrittori, artisti e la conoscenza diretta e non mediata del loro percorso personale e culturale. Linea d’intervento questa perfettamente coerente ed in sintonia con le linee-guida della Regione Puglia che ha scelto di attuare uno sforzo senza precedenti per aumentare il numero dei lettori nella regione (la Puglia) che legge meno nella nazione (l’Italia) che legge meno in Europa. E la connessione tra numero di lettori e indici economici è emersa con tale chiarezza ormai che non viene più messa in discussione nel dibattito pubblico. Ecco allora che l’amministrazione di Galatina si pone l’obiettivo di avvicinare scrittori e lettori, creando connessioni, sviluppando relazioni, istituendo reti che il più delle volte arricchiscono tutti gli attori in gioco.

    La rassegna che il Comune di Galatina propone va proprio in questa direzione nel momento in cui il mercato librario registra un importante fatto nuovo: le vendite di libri sono in ripresa! Ma all’interno di questo dato, che è già di per sé positivo, ce n’è un altro che apre davvero il cuore alla speranza e che fa davvero piacere segnalare. A scoprire l’amore per i libri sono i bambini. Ma non quelli delle scuole elementari. Quelli proprio piccoli, dai tre ai cinque anni. Sono oltre un milione quelli che nel nostro paese, da soli o in compagnia, con gli amichetti oppure con mamma e papà, spesso con i nonni, leggono, colorano, sfogliano libri e album tutti i giorni. Ma non è solo una questione quantitativa.

    La rassegna eleva il livello della proposta culturale mettendo in relazione autori importanti, portatori di una visione, capaci di arricchire e di stimolare il pubblico della nostra Città e di risvegliarne quella fame di cultura che l’ha da sempre caratterizzato. Evento dopo evento, incontro dopo incontro, le tappe della rassegna diventeranno appuntamenti fissi per la comunità di Galatina che si troverà ad alternare autori di fama nazionale ad autori che hanno scelto di valorizzare il loro territorio d’origine passando spesso anche da giovani emergenti. Una carrellata di appuntamenti che è e resterà necessariamente aperta e che verrà arricchita nel corso del suo naturale percorso di crescita. Una carrellata di appuntamenti che coprirà tematiche differenti e complementari incrociando anche le esigenze di diverse fasce d’età: dalla letteratura classica ai libri per bambini, dalla saggistica alla storia della cultura e delle tradizioni locali, dalla cultura pop e mediatica a proposte di nicchia.

    Leggere un libro è come uscire cinquanta volte a cena con l’autore, conoscerne il pensiero su diversi argomenti, discutere e confrontarsi con lui pur senza conoscerlo. Nella nostra rassegna lo incontreremo anche fisicamente, ci scambieremo opinioni e sensazioni, e ci andremo anche a cena. Come fosse la cinquantunesima volta. Come fosse un amico di vecchia data col quale abbiamo condiviso non solo le pagine dei suoi libri ma anche quelle della nostra vita.

    Il primo appuntamento della rassegna letteraria “Dammi una L” sarà giovedì 22 marzo a partire dalle ore 18,30 nella Sala Celestino Contaldo presso il Palazzo della Cultura, e verrà ospitato il giornalista de La Gazzetta dello Sport Francesco Ceniti che, insieme alla signora Tonina, ha scritto il libro inchiesta su Marco Pantani, sulla carriera, sulle accuse di doping e sugli eventi poco chiari circa la sua morte. Anche da questo libro è stata riaperta l’inchiesta da parte della Magistratura per approfondire molti aspetti. La mamma del campione romagnolo presenta una sua visione del rapporto con il figlio, mentre Ceniti ripercorre cronologicamente la vita, le gesta sportive e anche le vicende giudiziarie.

    L’appuntamento, moderato dal giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno, Antonio Liguori, vedrà tra gli ospiti Elio Aggiano, ciclista che ha gareggiato con Pantani e altri ospiti provenienti dagli altri sport che daranno il loro contributo. Il pubblico si interfaccerà come l’autore e con tutti gli ospiti per capire e analizzare cosa è successo realmente a uno dei campioni più amati della nostra nazione.

    Ass.re Cristina Dettù

     
    Di Redazione (del 20/04/2018 @ 13:32:11, in Comunicato Stampa, linkato 1099 volte)

    L’UNICEF Italia ha deciso di promuovere, nel 2018, la manifestazione dal titolo “L’Orchidea dell’UNICEF per i bambini” che si svolgerà in oltre 2.200 piazze in tutta Italia, il fine settimana del 21 e 22 aprile 2018. L’iniziativa vedrà, anche con il tuo aiuto, la partecipazione di circa 11.000 volontari e consisterà nella distribuzione di una piantina di orchidea in vaso a fronte di un contributo minimo di € 15,00. L’intera manifestazione sarà supportata da una vasta campagna di comunicazione che interesserà le principali reti televisive, numerose emittenti radiofoniche e molte testate giornalistiche.
    Grazie all’impegno e alla partecipazione di tantissimi volontari, negli anni precedenti, è stato possibile raccogliere fondi che hanno consentito all’UNICEF di garantire interventi salvavita a svariate decine di migliaia di bambini! Questo risultato è eccezionale: ci teniamo a ringraziare particolarmente tutti i volontari del Comitato Italiano per l’UNICEF, tutti i volontari e i sostenitori in piazza, la CRI, AGESCI, tutte le AUSER, l’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco, la Protezione Civile e tutte le associazioni di volontariato che hanno voluto essere al nostro fianco.
    Ci auguriamo di cuore che sarete in tanti a rispondere alla nostra chiamata, provenienti da diversi gruppi e realtà di volontariato presenti in tutto il territorio italiano. Unitevi a noi in questo grande momento di piazza ed aiutateci a rivolgere a tutto il pubblico un forte invito a concentrare la nostra attenzione sui problemi di sopravvivenza dei bambini in tutto il mondo. In particolare quest’anno i fondi raccolti saranno investiti per la Campagna “Bambini sperduti” creata per aiutare e sostenere tutti quei bambini che sono perseguitati, minacciati, malnutriti, in fuga da guerre, sfruttati, derubati dell’infanzia. Che ogni giorno, in ogni angolo del mondo, sono in pericolo. Che vivono in paesi come Eritrea, Nigeria, Sudan, Siria, Iraq, Afghanistan, paesi in conflitto, in povertà estrema, senza la protezione e le cure di cui avrebbero bisogno.
    Qualche informazione sull’UNICEF. L'UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia) è la principale organizzazione mondiale per la tutela dei diritti e delle condizioni di vita dell'infanzia e dell'adolescenza. Fondato nel 1946 su decisione dell'Assemblea Generale dell'ONU, l'UNICEF opera attualmente in 156 Paesi in via di sviluppo attraverso 126 uffici permanenti sul campo e in 36 Paesi economicamente avanzati tramite una rete di Comitati Nazionali. La missione dell'UNICEF è di mobilitare in tutto il mondo risorse, consenso e impegno al fine di contribuire al soddisfacimento dei bisogni di base e delle opportunità di vita di ogni bambino, ragazzo e adolescente. L'UNICEF agisce attraverso programmi e progetti concordati e realizzati, in ogni paese, assieme alle istituzioni pubbliche e alle organizzazioni e associazioni locali, nel totale rispetto delle diversità culturali. MODALITA’ ORGANIZZATIVE

    1.  La manifestazione si svolgerà i giorni 21 e 22 aprile 2018. I volontari potranno scegliere il numero di giornate e gli orari in base alla loro disponibilità e alla presenza di pubblico in loco.
    2.  La Sede Operativa UNICEF richiederà il permesso di occupazione del suolo pubblico alle autorità competenti e indicherà al volontario presso quale ufficio ritirarlo nei giorni precedenti l’iniziativa.
    3.  Circa un paio di settimane prima della manifestazione verrà inviata ai volontari partecipanti la scatola dei materiali complementari (contenente i blocchetti di ricevute, gli opuscoli, ecc…) tramite consegna con un corriere veloce.
    4.  Qualche giorno prima della manifestazione, previa telefonata del trasportatore, verranno consegnate le scatole contenenti le piante: quanto riceverete non avrà alcun onere da parte Vostra.
    5.  Nei giorni successivi alla manifestazione sarà necessario effettuare il versamento dell’incasso tramite bonifico bancario le cui coordinate saranno indicate nel vademecum.

    La nostra sede operativa è a Vostra disposizione per qualsiasi chiarimento sulla manifestazione al seguente numero di telefono:
    0422/609943 VALERIA fax 0422/609933
    e-mail orchidea@unicef.it
    Ringraziando anticipatamente per tutto quanto potrete fare per aiutarci.
    Villorba, 22/01/18
    SEDE OPERATIVA UNICEF
    “L’ORCHIDEA PER I BAMBINI”

     
    Di P. Francesco D’Acquarica (del 19/04/2018 @ 13:30:37, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 2037 volte)

    In questa puntata conosceremo il Vescovo Antonio Sanfelice, le cui opere meriterebbero una trattazione a parte ben più voluminosa di un articolo, e due arcipreti di Noha, della famiglia Soli, zio e nipote, uno successore dell’altro.

    La Redazione

     

    ANTONIO SANFELICE (1660 – 1736)

    Vescovo di Nardò dal 24 dicembre 1708  al  1º gen. 1736

    Dal 1707 al 1736 i Pontefici furono:

                            Clemente XI (1649-1721)              Papa dal 1700 al 1721

                            Innocenzo XIII (1721-1724)         Papa dal 1721 al 1724

                            Benedetto XIII (1649-1730)         Papa dal 1724 al 1730

                            Clemente XII (1652-1740)            Papa dal 1730 al 1740

     

                Arcipreti di Noha:

                Don Nicolantonio Soli (1662-1727),    parroco dal 1689 al 1727

                Don Andrea Soli (1695-1754),               parroco dal 1727 al 1754

     

                Antonio Sanfelice nato a Napoli nel 1660 da una nobile famiglia, famoso per dottrina, zelo pastorale, vigilanza, saggezza nel governo della diocesi e anche nella molteplicità delle opere compiute, fu eletto Vescovo di Nardò da Clemente XI, il 24 dicembre 1708. Per motivi a noi sconosciuti, giunse a Nardò alla fine 1709 o agli inizi del 1710. Infatti  in uno dei suoi primi documenti si presenta così: Da Nardò, dal palazzo vescovile, questo giorno 18 ottobre 1710, del pontificato del ss.mo in Cristo Papa e Signore Nostro il Signor Clemente per divina provvidenza Papa XI l’anno X, dell’episcopato nostro l’anno terzo, della venuta poi il primo felicemente. Amen.

                Venuto in diocesi, Antonio Sanfelice si dedicò immediatamente e con santo zelo al maggior bene della diocesi, del suo clero, del suo popolo. La sua opera di restauratore, di padre, di pastore e di cultore di storia locale nel far rivivere e tramandare il ricordo dei predecessori e delle vicende memorabili della diocesi di Nardò fu talmente vasta, multiforme e grandiosa, che è quasi impossibile descriverla.

     

    I 28 anni del ministero episcopale di Sanfelice a Nardò

                Il Sanfelice apparteneva all’ordine dei Cavalieri di Gerusalemme. Quando fu eletto Vescovo era maestro in teologia, dottore in diritto civile e canonico, prelato domestico, e assistente al soglio pontificio.

                Il 12 novembre del 1710 iniziò la prima visita pastorale della diocesi, che durò sette anni. La visita suscitò ovunque grande entusiasmo di fede e di opere.

                Ad un Vescovo del calibro eccezionale quale era Antonio Sanfelice non poteva sfuggire l’importanza del seminario diocesano, al quale dedicò le sue premure e lo zelo pastorale.

                Il 30 dicembre 1718 indisse la seconda visita pastorale e il 1° gennaio 1719 solennemente la iniziò. Di essa ci ha tramandato gli atti in due volumi ben rilegati, chiaramente scritti e ottimamente conservati. Contengono una meravigliosa, importantissima descrizione della cattedrale, delle chiese parrocchiali e di tutte gli altri edifici di culto allora esistenti, con non poche notizie storiche. Anche della chiesa di Noha si hanno molte notizie. Questi due volumi, specialmente il primo (A-77), sono ben noti a tutti gli studiosi di storia locale e oggetto di frequenti consultazioni e di ricerche: vero capolavoro, preziosa fonte di avvenimenti, di vicende, di cognizioni, di date storiche circa la diocesi di Nardò. Si può ben affermare che Antonio Sanfelice già soltanto per questo, cioè per la straordinaria, lungimirante, sapiente cura e la premurosa esattezza nel tramandarci le vicende storiche intorno a personaggi illustri, a fatti, a chiese, e nel trascriverci tutte le epigrafi che si leggevano nei luoghi da lui visitati, meriterebbe un monumento, la lode perenne e la profonda riconoscenza dei posteri.

                Ancora oggi è viva nel popolo di Nardò la memoria di questo grande Vescovo. La gente a proposito coniò delle espressioni quasi proverbiali, come per esempio: Bunsignore Sanfelice, picca tisse e motu fice, alla cattedrale, addhru no potte fare, purpitu, battisteru e capu artare.

             In poche parole c’è l’espressivo ritratto di Antonio Sanfelice: picca tisse e motu fice. Uomo straordinario, che quasi senza parlare, edifica, costruisce, realizza opere meravigliose.

                Il 10 ottobre 1728 iniziò la terza visita pastorale che terminò nel 1732. In tutto  il tempo del suo episcopato celebrò sei sinodi diocesani,  ma a noi sono pervenute soltanto le costituzioni degli ultimi quattro, quelle del 1727, 1728, 1729, 1730.

                Fu inoltre sua precisa intenzione affidare a persona dotta e competente l’incarico di scrivere la storia accurata e documentata della diocesi. Cominciò per questo a procurarsi tutti i documenti adatti allo scopo. Fece riordinare l’archivio, ne aumentò la mole con raccolte di atti di ogni genere e si fece rilasciare dall’archivista vaticano copie di documenti, dei quali in diocesi non vi erano tracce. Purtroppo non riuscì a far stendere la progettata storia della diocesi.

                Antonio Sanfelice, indimenticabile Vescovo della diocesi neretina, che governò per circa 28 anni, morì il 10 gennaio 1736.

                Come egli stesso aveva desiderato, fu sepolto nella chiesa del Conservatorio, dove giace, presso i gradini dell’altare maggiore. Il cuore però di questo zelante presule fu giustamente sepolto in cattedrale ai piedi dell’altare maggiore. Ce lo attesta il 17° volume del registro dei morti della cattedrale, dove, alla fine del foglio 122 così sta scritto

    A primo gennaio 1736

    L’ill.mo mons. Antonio Sanfelice morì con li SS.mi Sacramenti. Fu primieramente portato per tutta la città con l’intervento di tutto il capitolo, clero, conventi, confraternite; la mattina poi si fecero l’esequie generali con l’intervento di mons. Arcivescovo di Otranto e mons. Vescovo di Gallipoli; dopo fu trasportato con l’esequie generali nel conservatorio di S. Maria della Purità, dove fu sepelito; il cuore però fu sepolto nella cattedrale avanti la gradinata dell’altare maggiore.

                Nella chiesa del Conservatorio, sulla tomba, fu posta una lapide in marmo con la seguente epigrafe in latino che qui riporto tradotta in italiano:

    A Dio Ottimo Massimo

    Ad ANTONIO SANFELICE

    patrizio napoletano

    per famiglia dottrina e virtù illustre

    che noto Vescovo di Nardò da Clemente XI Som. Pont.

    la diocesi in tempi ostili e difficili resse molto santamente

    dei diritti della chiesa fu fierissimo difensore

    riparò ornò la chiesa cattedrale e la arricchì di preziosi donativi

    istituì nella medesima i mansionari

    si adoperò a far insignire il Capitolo di onorifici ornamenti

    restaurò il palazzo vescovile

    aggiungendovi anche nuove stanze

    rese famosi l’archivio e la biblioteca

    ampliò il collegio dei chierici

    fondò il monte di pietà per soccorrere i poveri

    eresse e dotò il conservatorio e la chiesa di M. SS.ma della Purità

    infine illustre per meriti e per fama

    cessò di vivere il 1° gennaio 1736 ad anni 76 di età 28 di episcopato

    la cittadinanza neretina stravinta da tali benefici

    qui dove vivente desiderò essere sepolto

    pose l’attestato di imperituro rimpianto e di gratitudine

     

    Relazione con la chiesa di Noha

     

             Non c’è dubbio che don Nicolantonio Soli abbia accolto solennemente il Vescovo nelle visite pastorali del 1710 e quella del 1719.     

                Per la chiesa di Noha fu molto importante la seconda visita pastorale, quella iniziata il primo gennaio 1719. A Noha il Vescovo giunse il 27 giugno.  Negli Atti che sono conservati nell’Archivio della Curia di Nardò, che anch’io ho potuto consultare, ci ha lasciato preziosissime informazioni sul nostro paese. Secondo la testimonianza dell’Arciprete Alessandrelli, il Vescovo Sanfelice donò alla chiesa di Noha un crocefisso: Vi sta ancora un Crocefisso spirante d'ottone indorato che tiene in piedi l'immagine della Madonna dove stanno indulgenze plenarie in articulo mortis  concesse da Benedetto XIII regnante, quale Crocefisso serve per gli agonizzanti, e lo donò in detta Chiesa l'llustrissimo Signore D. Antonio Sanfelice vescovo di Nardò. (dalla relazione di M. Alessandrelli).

    Sono gli atti di questa visita che ci informano che la chiesa della Madonna delle Grazie (detta volgarmente chiesa piccinna) era anticamente tenuta da sacerdoti greci; che attorno alle pareti di questa chiesa antichissima vi erano dipinte  immagini di santi e caratteri greci che riportavano i nomi di coloro le avevano fatte dipingere.

    Frammenti di iscrizioni in greco nella chiesa ‘piccina’:

     

     Sono gli atti di questa visita che ci hanno tramandato le scritte delle diverse lapidi che riguardano la chiesa di Noha. E sono ancora gli Atti di questa visita che ci informano che nel 1719 nel palazzo baronale c’era di sicuro anche una cappellina dedicata all’Annunziata. Infatti nella relazione di quella visita troviamo la seguente annotazione, che dal latino traduciamo così:

                Visitò la cappella (sacellum) di S. Maria Annunziata dall’Angelo che trovò edificata dentro il castello Baronale. Con Decreto il Vescovo sospese la cappella e stabilì che fosse restaurata con cura. La sospensione del Vescovo era una pena canonica e voleva dire che non vi si potevano celebrare riti sacri finché non si fosse posto rimedio al degrado. Ma a quanto pare la cappella non fu mai restaurata. Oggi non se ne  trova più traccia.

                Dopo il 1727 a don Nicolantonio succedette come arciprete don Andrea Soli, suo nipote. Don Andrea fu arciprete dal 1727 al 1754. Consultando i registri parrocchiali del suo periodo veniamo a sapere che molto sovente il parroco era assente, ma non se ne dice il motivo. Solo una volta nel 1728 il sostituto annota in latino che il parroco è assente perché sta partecipando al Sinodo della diocesi di Nardò. E sicuramente l’arciprete don Andrea partecipò a quelli del 1727,  1728, 1729 e 1730. Il primo gennaio 1736 partecipò al funerale del Vescovo Sanfelice.  Perciò c’è un lungo elenco di Sacerdoti  che lo sostituiscono firmandosi con la qualifica di  Substituti absente Paroco.

                Uno di questi Sacerdoti definiti Substituti absente Paroco è don Felice De Magistris. Vale la pena citare questo Sacerdote perchè è lui che nei registri dei battesimi del 1740 descrive con particolari curiosi e interessanti un miracolo attribuito a San Michele Arcangelo. Lo stesso don Michele Alessandrelli, parroco di Noha dal 1847 al 1882, e perciò circa un secolo dopo, molto devoto di San Michele, ha lasciato nei registri di battesimo  un biglietto su cui annota come suo vanto la scoperta del racconto del miracolo che il De Magistris così descrisse:

                            Nohe li 20 Marzo del 1740 - Ad hore mezza della notte giorno di Domenica nella Congregazione di S. Maria delle Grazie haveva io colli fratelli incominciato l'esercizio della Congregazione: voltatosi un temporale tempestoso che non mai sene haveva così veduto, e tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli per l'aria,  S. Michele havendosi da se stesso tirato il velo che lo copriva havendolono visto coll'occhi molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano facendo orazione e di subbito diedero notizia a me sottoscritto che mi ritrovava dentro la detta Congregazione, ed io andato con tutto il popolo cantai le Litanie Maggiori havendo primieramente esposto sopra l'Altare del Glorioso S. Michele le reliquie di questa parrocchiale, e fu tanto lo terrore e lo spavento del miracolo perchè vedeva ogn'uno la faccia del Santo tutta smunta di colore ed imbianchita come la stessa lastra che tenivo ed havendosi da me fatto un sermone al popolo finì la funzione con una disciplina pubblica, e licenziai il popolo verso le quattro hore della notte non volendo in nissuna maniera uscirne il popolo lacrimante ed incenerito per lo spettacolo e spavento del tempo che fuori cessò per l'intercessione del Protettore. Ita est Don Felice de Magistris, sustituto.

                A parte il racconto che dà l'impressione di gente terrorizzata sia per l'uragano e sia per il prodigio, siamo informati dell'orario della catechesi ai confratelli della Congregazione (ad hore mezza della notte giorno di Domenica), anche le donne sono in chiesa per pregare a quell'ora (molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano  facendo oratione), ci viene anche fatto capire che la chiesa aveva il tetto coperto di tegole (tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli dei tetti per l'aria).

                Per orientarsi e comprendere il senso di queste parole, è bene tener presente che qui i fusi orari non c’entrano nulla e che in tutto il Medioevo fino a metà del 1800 c’era un modo diverso di contare le ore. Punto di riferimento era la luce del sole. Il giorno cominciava sempre al tramonto del sole del giorno precedente. Da qui l'usanza ancora oggi di celebrare la Messa della domenica, impropriamente detta 'prefestiva' al sabato sera. Perciò nel racconto del De Magistris 'ad hore mezza della notte' significa alle ore 18. >E ancora 'licenziai il popolo verso le quattro della notte' significa verso le ore 22.

     

                Appartengono al Sanfelice, oltre gli atti delle visite pastorali, di indiscusso valore storico, già ricordati (A-52, A-53, A 57, A-58, A-59, A-77) e gli atti dei sinodi (A-59), i seguenti preziosi volumi dell’A.C.:

                - raccolta di brevi e lettere di varie persone, 1714 (A-3S);

                - raccolta di documenti relativi al diritto dei vescovi di Nardò di scegliere gli oratori sacri (A-55);

                - cause trattate a Roma (A-54);

                - lettere di ss. congreg. e vari personaggi, con relativa risposta, 1708- 1724 (A- 54);

                - platea di censi, olive, vigne

                - raccolta di atti relativi ai diritti spettanti ai vescovi del Salento e specialmente di Nardò (A-SS);

                - inventario delle chiese di Racale, Taviano, Alliste e Felline (A-61);

                - inventario delle chiese di Galatone, Aradeo, Seclì, Noha Neviano, 1710 (A-51);

                - raccolta degli stemmi dei vescovi di Nardò compreso quello dello pseudo-vescovo fra Matteo Del Castello nel 1387, (A-41);

                - inventario delle chiese di  Parabita, Matino e Casarano grande e piccolo (A-58);

                - inventario del capitolo di Nardò, 1710 (A-56);

                - raccolta di documenti di diritto per le cause della diocesi di Nardò (A-43);

                - miscellanea relativa alle chiese di Nardò, due volumi (A-50);

                - raccolta di atti vari (A-14);

                - lettere di varie congreg. e persone relative ai conventi di Taviano, Casarano, Copertino(A-53).

    [continua]

    P. Francesco D’Acquarica

     

    Appresa la notizia del 47enne galatinese salvato dall’equipe medica del Sant’Orsola di Bologna, dopo un volo speciale partito dall’aeroporto Fortunato Cesari di Galatina, i rappresentanti d’istituto del Liceo Scientifico e Linguistico «A. Vallone» di Galatina non ci hanno pensato due volte ed hanno chiesto alla dirigente Angela Venneri di potersi mettere in contatto con Raffaella Mauro.

    «Appena mi è stata proposta - dichiara la professoressa Venneri – ho accolto immediatamente l’iniziativa provvedendo a contattare personalmente la dott.ssa Mauro. Uno scambio piacevolissimo in cui la nostra ex studentessa ha dichiarato il profondo legame con il Liceo Vallone, dove la madre ha insegnato molti anni e da cui è partita la sua “vocazione” come medico.

    Il liceo, che da sempre annovera tra i suoi alunni dei medici e che ha terminato da pochissimi giorni il percorso formativo per la preparazione ai test di medicina, ha invitato il chirurgo vascolare per un incontro in presenza in cui verrà consegnata la felpa, al momento recapitata virtualmente dai rappresentanti d’istituto con lo sfondo del murales di recente realizzazione all’interno dell’istituto galatinese.

    Ecco il commento a caldo di Raffaella Mauro alla ricezione della foto della felpa con la promessa di incontrare presto gli studenti nella sua vecchia scuola:

    https://www.youtube.com/watch?v=FhtN77eqWio

    Emozionata la dirigente Venneri che risponde così alla nostra valloniana:

    Emozionante…

    Grazie per le sue toccanti parole di incoraggiamento …

    Grazie per la sua testimonianza del valore dell’impegno e dello studio

    Grazie per aver accettato l’invito: i ragazzi hanno bisogno di esempi positivi!

    L’aspettiamo

    Un abbraccio

     Maria Rosaria Campa

     
    Di Redazione (del 22/07/2022 @ 13:30:00, in Comunicato Stampa, linkato 442 volte)

    Un gruppo di pallavolisti in erba, ambo sessi, per la ripartenza di Sbv Galatina. E da qui che pone le basi la società bluceleste, ristrutturando il settore tecnico con un programma pluriennale graduato su criteri di reclutamento, selezione e valutazione degli atleti.

    L’operatività non può prescindere da un lavoro accurato dei tecnici a cui è demandato, in ordine cronologico, lo sviluppo dell’insegnamento tecnico, della qualificazione ed infine della specializzazione.

    Non sarà questo primo step però a coinvolgere la pattuglia di giovanissimi che guidati da Manuela Montinari e Giuseppe Merico hanno raggiunto la qualifica alla fase regionale dello Spike 3 come società seconda classificata. C’è ancora un periodo giocoso per loro, più qualificante invece per gli under 12, decisamente più formativo per i tredicenni che nella prossima stagione parteciperanno al campionato di categoria.

    Stiamo parlando di quello stadio iniziale di avvicinamento al volley, una volta denominato Minivolley, che l’azione combinata di Federvolley e dell’impegno carismatico di Andrea Lucchetta ha trasformato in S3 o meglio in Spike 3 (schiacciata con 3 atleti e 3 passaggi).

    E’ dal lontano 2015 che All Together We Can Spike!  (tutti insieme possiamo schiacciare) è diventato un progetto rivolto al mondo dei giovani, soprattutto attraverso le scuole, per rinnovare le proposte di gioco, introducendo un nuovo modo di avvicinarsi al volley.

    Lo hanno colto nella loro essenza i nostri istruttori con un percorso didattico che ha posto il divertimento al centro dell’attività. Il gioco è stato caratterizzato da elementi strutturali di flessibilità e facilitazione, adattando regole di gioco a tutti i livelli di abilità, variando altezza della rete, numero di atleti in gioco, ridotte dimensioni del campo.

    I nostri giovanissimi, nonostante le restrizioni ancora in vigore sull’uso delle mascherine protettive hanno risposto alla grande, con entusiasmo e partecipazione, andando a cogliere risultati più che positivi.

    L’esperienza dell’esordio nella prima tappa del 25 aprile al Campo Coni Montefusco di Lecce, con il terzo posto nel 1^ livello misto, il quarto nel 2^ livello maschile e il secondo nel 2^livello femminile, ha scatenato incontrollati atti di entusiasmo al pari di sfoghi intristiti per alcune sconfitte.

    E’ la seconda tappa del 22 maggio a Presicce/Acquarica ad aver dato ai gruppi di ambo i generi altre soddisfazioni più rilevanti e risultati non preventivabili.

    Il terzo posto conquistato nel 1^livello femminile ha fatto da apripista al primo posto assoluto nel 2^ livello maschile con 3 vittorie su altrettante gare. Ben 12 punti conquistati dai maschietti, frutto di 9 set vinti e nessuno perso, che hanno permesso di tenere a distanza la Virtus Tricase.

    La mancata partecipazione alla tappa finale di Brindisi non ha compromesso la classifica generale di Olimpia Sbv Galatina che, da seconda classificata, ha acquisito il diritto a partecipare alla fase regionale a cui, a malincuore, per oggettive indisponibilità di alcuni allievi si è dovuto rinunciare.  

    Una stagione a tutto tondo per femmine e maschi all’insegna del sano divertimento che a settembre ci vedrà pronti a ricominciare con rinnovato entusiasmo ed emozioni.

    Olimpia Sbv non si è fermata qui. Al di là delle finalità sportive a cui tendono i suoi programmi, ha inteso caratterizzare la funzione sociale a cui essa è chiamata aprendosi all’attività inclusiva con l’innesto nel gruppo di piccoli atleti di altre nazionalità.

    Non solo: con la sua politica sociale è riuscita ad aggregare famiglie, trovando genitori che hanno condiviso e sposato i principi sportivi basati sulla trasmissione di quei sani valori di cui Olimpia Sbv mai farà a meno.

    Noi siamo qui per far capire l’importanza dello sport soprattutto nella fase di crescita fisica e mentale dei giovani. Vogliamo trasmettere la nostra passione e condividere tutti i momenti di uno sport “sano  ed aggregativo” come la PALLAVOLO. La passione sarà sempre messa al primo posto.

    Grazie a chi crede in noi e porrà fiducia nel nostro lavoro.

    Piero de Lorentis

    Olimpia Sbv Galatina

     
    Di Redazione (del 16/02/2018 @ 13:29:52, in Comunicato Stampa, linkato 920 volte)

    E’ una vera e propria chiamata alle armi…sportive, il messaggio con cui la dirigenza galatinese chiede aiuto ai propri tifosi e agli appassionati di pallavolo, chiamandoli a raccolta domenica 18 febbraio (ore 18.00) al PalaPanico.

    Le due vittorie consecutive conquistate dal gruppo di mister Stomeo contro  Marigliano ed Ostuni e il gap di otto punti che li separa dalla terz’ultima posizione di classifica , idonea a disputare i play out, sono un’opportunità da cogliere per traguardare l’obiettivo della salvezza.

    Ed ecco allora che l’appello accorato del Presidente Santoro rulla sul tamburo dei social , chiedendo una presenza massiccia  degli sportivi che hanno a cuore il volley galatinese, per supportare la squadra di casa in questa gara importantissima che rappresenta uno spartiacque tra zona rossa e  uno squarcio di sereno.

    La classifica infatti, modificata dopo il ritiro del Cerignola  con l’annullamento dei risultati conseguiti, ha generato una nuova quota salvezza che , al momento, vede in posizione utile la Fulgor Tricase accreditata di 15 punti, che distanzia il sestetto galatinese di nove lunghezze .

    Un divario sì importante ma non incolmabile, se le caratteristiche di approccio e di applicazione tattica alle gare rispecchieranno le ultime  esibizioni.

    Domenica arriva la Fulgor Massa Lubrense, che ha strapazzato un’Erredi Taranto  impotente a contrastare Ferrini e compagni . La quinta posizione in classifica con un bottino di 25 punti, rende pericolosissimo il sestetto napoletano che mister Esposito ha amalgamato attorno allo “squalo” Scialò in diagonale con Miccio , tenuti sotto tutela da un Aprea ed Amitrano che hanno risposto alla grande quando si è fatto ricorso alla loro classe ed esperienza.

    La catechizzazione di mister Stomeo, mai avvezzo a far spiccare voli pindarici ai suoi atleti se non legati  a dati oggettivi ,tenderà sicuramente al mantenimento dell’autostima del gruppo ,che troverà  calore ,colore  e sonorità acustiche quale supporto dei tifosi più sanguigni .

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA S.B.V. GALATINA

     

    “Esiste una fase della vita in cui è necessario assumersi doveri. E questa fase è adesso”. Si presenta così Fabio Vergine alla Città di Galatina.

    L’imprenditore, già docente universitario, ha voluto incontrare la sua comunità in una piazza gremita da amici, sostenitori e alcuni cittadini curiosi che non avevano ancora avuto il modo di conoscerlo.

    Il discorso è stato snello, asciutto, caratterizzato da linee verticali e orizzontali a disegnare il quadro dei prossimi mesi, probabilmente più di metodo che di merito ma con una piccola nota autobiografica iniziale in cui ha raccontato la vita, sua e della sua famiglia, legata a Galatina.

    Si è parlato di Galatina Spazio Aperto, il contenitore socio culturale che rappresenta la partenza di questo impegno collettivo non solo di Vergine, ma di tantissimi volti noti presenti in piazza e provenienti dalle professioni, dalle imprese, dall’artigianato, dalle scuole, dalla vita vera della città.

    Vergine ha un obiettivo ben chiaro: “Costringere tutti a parlare di Galatina, soprattutto al di fuori delle mura cittadine”.

    Senza tentennamenti, ma con una punta di emozione, Vergine traccia in maniera carismatica la rotta che porterà la Città alla prossima tornata elettorale, chiedendo a tutti gli amici di “divenire artigiani di pacificazione sociale e culturale, perché solo creando dinamismo culturale e serenità di dialogo collettivo, possiamo sognare di costruire pacificazione politica. Sono sicuro che riusciremo ad estirpare l’erba cattiva del chiacchiericcio livoroso in cui tanti politici cadono”.

    L’imprenditore vede una grande occasione, imperdibile, per il futuro per Galatina, il PNRR: “L’ultima che abbiamo per cambiare il volto alla nostra Galatina perché per metterla in atto stiamo indebitando i nostri figli. L’Europa, il Governo Draghi, il Presidente della Regione, Emiliano, ci chiedono di identificare con chiarezza dei programmi di sviluppo capaci di cambiare il volto produttivo e sociale di Galatina e dell’intera area vasta che ci circonda, della quale la nostra Città è il naturale punto di riferimento”.

    Pacificazione, sviluppo ed unione. Lo spazio aperto immaginato da Vergine per Galatina non è esclusivo, ma vuole includere tutte quelle forze che sappiano essere portatrici di idee e impegno, con il fine unico di rendere bella e vivibile Galatina e superare la crisi.

    La sfida di Vergine è quella di non cadere, come tanti, in guerre tra piccoli potentati politici: “Non cadiamo in quello stagno, ricco di livori e personalismi. Vi assicuro che poco più in là c’è un mare limpido, pieno di futuro e serenità sociale. E questo è questo il mare in cui ognuno di noi deve amare nuotare. Lo può fare ognuno di noi, perché ognuno di noi ha scritto in fondo al cuore tre parole magiche: Galatina, ti amo”.

    Galatina Spazio Aperto
    Ufficio Stampa

     

    Concerto di Natale 2022 dell’Orchestra Giovanile “G. Pascoli” e coro di voci bianche “M. Montinari” Galatina Un successo di pubblico ed entusiasmo generale per il concerto di Natale organizzato dall’orchestra giovanile degli studenti frequentanti l’indirizzo musicale dell’Istituto Comprensivo Polo1 di Galatina e dal coro di voci bianche frequentanti le classi quinte della scuola primaria. Nella serata di martedì 20 dicembre alle ore 19.30, alla presenza del Sindaco dott. Fabio Vergine e dell’Assessore alla Pubblica Istruzione dott.ssa Camilla Palombini, si sono esibiti nella Chiesa di San Pietro e Paolo gli alunni della Sezione Musicale dell’Istituto Polo 1 di Galatina accompagnati dal coro di voci bianche e dagli alunni delle Classi Quinte della Scuola Primaria “M. Montinari”, eseguendo brani tradizionali alternati a composizioni moderne, interamente suonati dal vivo dagli studenti di strumento, con il supporto canoro dei compagni e dei più piccoli. Un’occasione per celebrare le festività natalizie e per ritrovarsi dopo un lungo periodo di astinenza dalle esibizioni alla presenza del pubblico; il segno di un’attività che ricomincia dopo la crisi pandemica, nel segno della comunità e dell’ottimismo pronta ad inviare “note di speranza”, ed un messaggio augurale di buone feste. Lo spettacolo organizzato nell’incantevole cornice della Chiesa Matrice, centro e cuore pulsante della città, stracolma di presenze e di emozioni ha presentato concerti vocali-strumentali andati in scena per celebrare il lavoro svolto da tutto l’Istituto Comprensivo, guidato dalla dirigente Luisa Cascione. La manifestazione rappresenta ancora una volta e, nella migliore tradizione del Corso ad Indirizzo Musicale, il tentativo di contribuire alla sensibilizzazione e alla crescita del bambino della scuola dell’infanzia e primaria fino all’adolescente della secondaria di I grado e di promuovere la socializzazione e il rispetto, la comunicazione culturale e sonora.  L’esibizione è nata dal lavoro degli alunni, dei docenti di strumento della scuola media G. Pascoli e delle insegnanti della scuola elementare e dell’infanzia a cui, durante l’evento, sono andati i dovuti ringraziamenti. Il programma del concerto, applaudito in ogni singola esibizione, ha previsto i seguenti brani:

    Inno alla gioia, Tu scendi dalle stelle, Aria sulla quarta corda, Astro del ciel, Ave Maria, Il primo Natale, The favourite things, We wish you a merry Christmas, Imagine, Jingle Bells

    Il concerto ha avuto inizio con l’Inno alla Gioia di L. Van Beethoven e  appena le prime note si sono diffuse, era evidente il potere eccezionale della musica, capace di unire una folla di persone in un'unica emozione. Ad arricchire lo spettacolo di musica dal vivo, le voci degli alunni con le loro dolci poesie. Una vera festa di suoni che ha raccontato, più delle parole, l’impegno profuso dagli insegnanti di strumento e dalle funzioni strumentali di supporto, in quel rapporto vivo tra docenti e alunni capace di generare le migliori forme espressive. L'esperienza è stata coinvolgente, tutti gli alunni hanno avuto la possibilità di confrontarsi con il linguaggio universale ed inclusivo della musica.

    Salutando i presenti e ringraziando l’Amministrazione Comunale e Don Lucio per la prestigiosa location riservata all’evento la Dirigente ha elogiato i giovani orchestrali e i loro docenti. La Dirigente ha anche ricordato come grazie alla musica, per eccellenza un linguaggio universale, e anima pulsante del corso orientante ad indirizzo musicale della Scuola Secondaria di I grado nonché dell’intera Orchestra Giovanile “G. Pascoli”, si generano positive sinergie in grado di avvicinare e di unire anche nei momenti più difficili.

    La serata si è conclusa con un tradizionale Jingle Bells intonato dai presenti tra tanti applausi e grandi apprezzamenti da parte di tutti gli intervenuti.

     
    Di Redazione (del 30/11/2018 @ 13:28:01, in Comunicato Stampa, linkato 876 volte)

    Sabato 1 dicembre a Levèra faremo un viaggio nella tradizione musicale ellenica.

    Taxidi nasce dall’incontro di musicisti italo-greci, uniti dalla comune passione per la Grecia, la sua cultura e la sua musica.

    Il gruppo propone brani di propria composizione e brani della tradizione musicale ellenica, da pezzi più popolari a canzoni provenienti dalle isole più remote del mar Egeo.

    Nel repertorio troviamo i celebri Sirtaki, Rebetiko, Hassaposerviko e 

    molte altre forme musicali di carattere festoso e da ballo.

     

    Taxidi sono stati protagonisti del documentario etnografico “Tria Loja”, ideato e prodotto da Meditfilm, un viaggio musicale e culturale che dal cuore Grecìa salentina porta direttamente sulle sponde della Grecia.

    Il video è stato presentato a Kalamata, nel Peloponneso, nell'ambito di un incontro per valorizzare il forte legame che unisce questa terra e il Sud Italia.

     

    Taxidi sono stati recentemente ospiti dell'ambasciata italiana di Oporto, prima tappa di un tour che li ha visti impegnati tra Portogallo e Spagna.

    Ingresso gratuito con tessera Arci.

    Durante la serata ci sarà la possibilità di ordinare delle pizze per una piacevole cena conviviale

    Arci Levèra Noha

     

    Torna la Fiera Campionaria di Galatina. Quello che è da sempre uno degli eventi più attesi dall'intera cittadinanza, viene riproposto in una veste nuova, adatta alle esigenze attuali, ma allo stesso tempo pensata per un ritorno alle sue origini.

    La 64a edizione della Fiera Campionaria si svolgerà all’interno dell'Istituto Comprensivo Polo 1 di Piazza Fortunato Cesari, proprio nel cuore pulsante della Città, lo stesso luogo in cui, il 26 giugno 1949, si svolse la prima edizione dell’allora Mostra mercato del commercio, dell’industria e dell’artigianato.

    Come da tradizione, la Fiera 2023 si svolgerà nei giorni in cui Galatina celebra i suoi Santi Patroni Pietro e Paolo, e precisamente dal 27 al 30 giugno.

    Divenuta nel tempo un vero punto di riferimento per l’intero tessuto produttivo regionale, dopo i noti eventi che hanno portato alla interruzione della manifestazione per alcuni anni, quest’anno riapre le porte offrendo il meglio dei protagonisti che il nostro territorio contiene nel campo dei settori dell'artigianato, dell'agricoltura, dell'industria, del commercio, dell'enogastronomia.

    Il ritorno di uno degli appuntamenti più importanti per Galatina è stato voluto fortemente dall’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Fabio Vergine, che fin dalla campagna elettorale ha garantito il proprio impegno per far sì che la Fiera Campionaria potesse tornare a vivere, essendo una prestigiosa vetrina per le tante eccellenze del territorio.

    Possiamo definire la Campionaria come un vero segno di rinascita per Galatina e per i Galatinesi. Ma non solo, questo evento sarà un attrattore estremamente di primo piano per i tanti turisti che in quei giorni ci verranno a trovare dall’intera Regione Puglia, da tutta Italia, ma anche da diverse parti del mondo”. Affermano Carmine Perrone, Assessore ai Lavori pubblici, Grazia Anselmi, Assessore con delega al turismo, e Diego Garzia, Consigliere Comunale delegato agli eventi. “Per noi, la Fiera rappresenta un importante polo di crescita e di sviluppo per l’intero tessuto produttivo cittadino. Riprendere la tradizione e riproporla nei giorni in cui onoriamo i nostri Santi Patroni è il miglior modo per trascorrere la nostra festa, che per Galatina rappresenta l’appuntamento per eccellenza di ogni estate”.

    La rinnovata edizione fieristica torna dopo gli anni bui della crisi societaria e a seguire della pandemia, che purtroppo ha messo in ginocchio imprese, artigiani, agricoltori e famiglie.

    La fiera di quest’anno può essere considerato come un segno di speranza in periodi migliori ma anche come un’importante occasione di rilancio per l’intero comparto fieristico, che molti definivano ormai morto, ma che invece questa Amministrazione Comunale ha intenzione di valorizzare, quale volano di crescita per la stessa Città di Galatina, che finalmente sta tornando ad essere l’ombelico del Salento invidiato da tutti”.

    Segreteria Sindaco

     
    Di Redazione (del 13/08/2020 @ 13:26:26, in Fetta di Mellone, linkato 946 volte)

    Con gli argomenti che mulinano nella mia testa potrei scrivere una fetta di Mellone al giorno. Ma c’è un ma: sono (sarei) in ferie. Dunque ho poco tempo a disposizione. Sta di fatto che, accavallandosi or ora tre temi che mi stanno pascalianamente a cuore, provo a concentrarli tutti in questa quinta Fetta una e trina.

    1) Festival Organistico del Salento. Gli organi si danno delle arie.

    Ci sono tanti modi per distruggere gli organi a canne. Uno è quello di incendiarli. Ne abbiamo avuto degli esempi fino all’altro ieri, con ecpirosi sviluppatesi non più tardi dello scorso mese di luglio a Favara, in Sicilia, e poi in Francia, nella cattedrale di Nantes. Gli altri metodi sono ancora più semplici. Tipo lasciarli marcire, riempire di polvere, zittirli. Per buona sorte nostra e dei nostri organi vitali abbiamo in loco dei leoni da  tastiera (nell’altro senso però), testardi e resistenti, i quali, anno dopo anno, e siamo al sesto nonostante tutto, hanno dato vita al Festival Organistico del Salento. Il quale anche nel corso di questo 2020, da agosto a ottobre, leggiadro e armonioso, insufflerà un bel po’ d’aria nei polmoni (cioè i mantici) degli strumenti a canne di mezza provincia, facendoli continuare a respirare. Tranquilli, nelle chiese dei concerti d’organo salentini non c’è mai stata la calca (alla “l” si può tranquillamente sostituire la “c”) della “Beach & Bitch Movida”, onde il distanziamento sociale, ma viepiù culturale, è assicurato. Come si evince dal cartellone, la maggior parte dei colpi sono sparati a Salve - ma, come diceva quello, il sito val bene una messa. Gli irriducibili organisti sono coordinati dal maestro Francesco Scarcella, direttore artistico della rassegna. Chiedo venia agli altri professori del Festival se non li cito uno per uno: non vorrei che, ecco, strumentalizzando la cosa, mi mettessero delle note sui registri. Anzi sì.

    2) quiSalento. Si compra, si legge, si colleziona.

    Se il Salento, di fronte a mille storture, mafie, devastazioni e neocolonialismo, conserva quel tocco di grazia che mi permette ancora di non darmela a gambe è dovuto a più di un motivo. Fra questi gli irriducibili ragazzi che, in cooperativa, nel 2018 han fatto rinascere quiSalento. Non so voi ma io vedo in Cinzia, Dario, Valeria, e poi ancora in Massimo Vaglio, nella nostra Francesca Casaluci, e negli altri collaboratori della testata, dei novelli Rina Durante, Maria Corti, Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Salvatore Toma, e pure Antonio Antonaci, riuniti in redazione per tirar fuori parole curate e immagini belle che, come si sa, influiscono eccome sulla realtà. QuiSalento è una delle poche voci amiche della nostra terra: mai leggeremo nelle sue pagine di “volani per lo sviluppo” (qualunque cosa vogliano dire), di “ricadute occupazionali” (specie quelle senza diritti: ricadute, appunto), e di “valorizzazione del territorio” (nel senso di applicazione di un prezzo e di un codice a barre a pezzi di storia e geografia che tutto sommato non lo meritano) – locuzioni invece di cui si stanno riempiendo la bocca molte delle facce (rieccole) impresse sui 6X3.  

    3) Nicla Guido. Massa acritica, resilienza assicurata.

    Si sa che durante il Ventennio 12 professori universitari su oltre 1200 rifiutarono il giuramento fascista. Quel pugno di professori – che ci rimise la cattedra - salvò la dignità dell’università italiana, che dico, dell’Italia intera. C’è una persona a Galatina che non le manda a dire, si espone, commenta su questo social che considera la sua “finestra sul cortile” (oddio, a volte si tratta di una finestra sul porcile), aborre i post emozionali strappa-like, sente puzza di sfruttamento da miglia di distanza, le canta di santa ragione al ducetto o alla du-Cetta di turno nell’impari lotta contro l’analfabetismo funzionale mai disgiunto dal becerume di certi gregari, riesce a vedere sempre l’altra faccia della medaglia, irride i perbenisti gementi e chiagnefottenti in questa valle di lacrime: cerca insomma di far capire che la vera democrazia non si misura dal consenso, ma dal livello di dissenso. Scusate se è poco. A fronte dei suoi atti di igiene politica, intellettuale e democratica, non solo riceve pochi “mi piace” (e ci mancherebbe pure che gli asini si mettessero ad applaudire sagacia e mordacia altrui), ma sovente diventa bersaglio di quella montagna di merda detta shitstorm. Quest’altra irriducibile cittadina che, insieme a qualche altro sparuto compagno, sta provando a salvare la dignità di Galatina e dintorni si chiama Nicla Guido, e sa bene che le aquile non volano a stormi. Ora mi auguro che dopo questa Aria sulla Quinta Fetta non mi quereli. Pure lei.

    Antonio Mellone

     

    Nel dicembre 2019 l’A.S.D. “Virtus Basket Galatina”, ha donato, in collaborazione con l’Ente del Terzo Settore “cuore e mani aperte” OdV, un’Area Giochi inclusiva realizzata presso l’Area verde “Prof. V. Carrozzini” in Via Calatafimi a Galatina.
    La suddetta Area Giochi Inclusiva è stata dedicata proprio al Dr. Pietro Antonio Colazzo. Da allora, ogni anno, in occasione dell’anniversario della morte del nostro concittadino organizziamo una piccolissima cerimonia per ricordare l’esempio di un Uomo dell’Intelligence che ha perso la vita dando prova di fedeltà allo Stato e ai suoi cittadini.
    Anche quest'anno, domenica 3 marzo u.s., abbiamo deposto una piccola corona di fiori auspicando l’inizio di un percorso ampio e condiviso che possa, negli anni avvenire, dare il giusto risalto alla figura di un illustre galatinese che silenziosamente ha servito lo Stato e ha portato tanto lustro alla città di Galatina.

     Piero Russo

     
    Di Giuliana Coppola (del 04/01/2013 @ 13:23:23, in Presepe Vivente, linkato 3003 volte)

    "Eccovi di seguito il tanto atteso articolo della prof.ssa Giuliana Coppola, giornalista e scrittrice e amica di Noha"

    Giuliana CoppolaIn men che non si dica” ti ha abbracciato anche quest’anno la Madonna, bellissima e sorridente e poi hai baciato anche Giuseppe, così tanto per essere proprio al colmo della serenità. E già però, profumavi di pane e di pucce e di farina e d’orzo e di pomodori d’inverno e di pittule e, se ti fosse possibile, se non ci fosse stato Marcello, D’Acquarica s’intende, ad aspettarti lì, tra la gente, a Noha, tu saresti rimasta legata alla manina calda di Simone, il tuo folletto portafortuna, per continuare all’infinito la corsa a saltelli verso ‘mpa Rocco e il suo cavallo buono come il pane. Parola astratta è “cultura”. Ma tu hai letto, perché l’ha scritto Marcello “Cultura è la solidarietà incondizionata, l’educazione, la famiglia, l’esperienza degli anziani, la salute pubblica, l’acqua, l’aria, la terra, la scuola, i sentimenti… condivisione, attenzione all’altro, sacrificio per il bene comune, amore disinteressato, non discriminante”; l’hai letto e anche per questo sei tornata qui, nell’antica masseria Colabaldi e avevi voglia invece, di resistere all’invito dell’Antonio Mellone (chi altri se non lui?). Non volevi, infatti, abbandonarti, ancora, a groppo di nostalgia.
    Invece, questo succede a Noha; bisogna andare lasciandosi guidare, stavi per dire cullare, dalla manina di Simone, dal passo sicuro di Antonio, mentre vento scompagina pagine del libro-saggio-biografia di Marcello e Giuseppe ti accompagna nel viaggio in questo presepe che presepe, a dir la verità, proprio non è; chè presepe, di per sé, parola così dolce e così densa di significati, in fondo è termine che, a volte, sa d’antichi steccati; qui è la vita che respira e ha profumo d’arte e di tradizione, leggerezza di ricamo e di tombolo, forza d’una storia che ha senso perché il paese-comunità, quello che ora ti attende anche attorno ad un libro, lo ritrovi ben saldo intorno alle sue certezze. Insieme si può e non hai voglia di pensare né di scrivere “si potrebbe” e poi non te lo perdonerebbe mai L’OSSERVATORE NOHANO (ed il sito dell’Albino) cui, in fondo, si deve il senso di ogni iniziativa.
    Insieme si può trasformarlo il “mondo”, acciuffarlo mentre sembra che rotoli sempre più giù, acciuffarlo iniziando da Noha e lo si tiene ben stretto e gli si impone di fermarsi e, siccome è stanco, lo si invita ad adagiarsi sui cannizzi di Antonio Tundo e dei figli suoi Raffaele e Simone e, intorno a lui, per consolarlo, rifocillarlo e tenergli compagnia, s’alterneranno Gabriele che profuma di forno e Silvia, la madonna sorridente e Daniele che oggi è anche san Giuseppe e l’angioletto dai riccioli d’oro che t’ha offerto una puccia tutta terrena e Michele che, cantando, ricorderà al mondo che è partito ma ora è tornato; e se avrà fame, il mondo, ci penseranno e Massimo e Roberto coi prodotti del forno loro e l’Antonio che ama fare il contadino; non mancheranno i legumi di Piero e il latte del gregge di Franco il pastore e la Lina e l’Anna e le loro amiche faranno pasta fresca in quantità mentre Clara ricama e Marco scolpisce la pietra e Michele l’antiquario s’affretta ad ornargli dimora e Mimino a riparargli stivali consumati.
    Intorno c’è profumo d’orzo tostato come un tempo ché non hanno fatto mancare nulla a questo presepe che è la vita, Giuseppe Cisotta e il suo papà Luigi e il figlio Luigi (non poteva chiamarsi diversamente) e poi anche Giuseppe Cioffi e tutti gli altri che sfugge sempre qualche nome nel paese; ora, il “mondo”, quello che stava per rotolare, riposa tranquillo e sogna giorni che profumano d’arance limoni e mandarini e poi s’accende luna e dormono coniglietti e agnellini e l’asino buono e il bue paziente e il cavallo dalla faccia di nonno e le galline e si è addormentato anche Gesù e i soldati e le cortigiane dell’harem tra spezie e tappeti.
    Tu invece, devi correre via, pucce calde ben strette al cuore, groppo d’emozione in gola e manina di Simone nell’altra mano, quella libera; c’è Marcello che t’aspetta e quando lo ritrovi “in men che non si dica”, ti confida “il mio sud è un rifugio sicuro, un’emozione, una preghiera in cambio di un po’ d’amore. Un “mondo” mai da dimenticare, fatto di giochi per le strade, per i campi, fatto di fango e di canneti, d’arsura e di tramontane, di fiabe e di paure, di sogni e di libertà…la casa”.
    Ritornerai, ma certo che tornerai che t’aspetta anche la Lilliana, nel suo abbraccio che sa di saggezza giovane ed antica. Un caffè e via perché da qui comincia e termina ogni viaggio.

    Giuliana Coppola

     
    Di Antonio Mellone (del 04/06/2018 @ 13:23:12, in Necrologi, linkato 7446 volte)

    Annarita non c’è più. Il suo grande cuore ha cessato di battere improvvisamente venerdì notte, a casa sua, a Bologna. Aveva 56 anni.

    Era mia cugina, medico, veniva spesso a Noha, e ci eravamo visti meno di un mese fa. Sì, stava benone.

    Non è stata per niente facile la sua vita. Da giovane, forse non aveva ancora diciotto anni, i suoi reni avevano iniziato a non voler far più il loro dovere costringendola per anni alla dialisi a giorni alterni. Ma mai l’abbiamo sentita lamentarsi e mai si è data per vinta, questa piccola grande donna. Ha sempre lottato, dando (lei!) il coraggio agli altri.

    Poi finalmente arrivò il trapianto del rene. Che tutto fu men che una passeggiata. Ma poi per fortuna tutto andò per il meglio.

    E così terminò i suoi studi al Magistrale; si iscrisse a Medicina a Bologna dove finalmente si laureò con ottimi voti. Molti pensavano fosse una psicologa per le sue capacità di capire gli altri, di tirar su il morale a tutti, e per il suo sorriso contagioso. Invece no, era un Medico Chirurgo che più di una volta aveva vestito i panni della sofferenza (e credo che anche per questo, oltre che per la sua indole buona, fosse empatica e ricca di umanità con tutti i suoi pazienti).  

    Sapevo che era uno dei responsabili nazionali del servizio PICC della ANT (la fondazione nazionale dei tumori), cioè dell’impianto del catetere venoso centrale (lei che per anni ne aveva avuto uno nel suo povero braccio) per i pazienti oncologici. Questa “trovata” sembra sia una forma di sollievo notevole per l’ammalato, in quanto azzera la frequenza della venopuntura per l’infusione delle terapie, e soprattutto riduce lo stress del trasporto in ambulanza e del ricovero, potendo il paziente usufruire del servizio direttamente a casa propria. Per questo era sempre in giro in Italia, da un ospedale all’altro, da un paziente all’altro. 

    Io voglio ricordarla così, mentre scoppia in una fragorosa risata al racconto romanzato dei tempi che furono e alle mie battute sulle allegre comari (senza tralasciare i compari) di Noha.

    *

    Ora siamo in attesa del suo feretro. Che arriverà a Noha per i funerali nella giornata di domani. Sì, Annarita aveva sempre desiderato ritornare “in patria” per riposarsi un po’. Ora lo farà per sempre accanto ai suoi amati genitori, zio Pippi e zia Linda.

    Proprio l’altro giorno, passando vicino casa sua, in vico Congedo, tra l’asfalto e il cemento del marciapiede, ho visto spuntare un fiore.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 10/10/2018 @ 13:22:53, in Comunicato Stampa, linkato 942 volte)

    La Showy Boys presenta la divisa ufficiale della stagione 2018/2019. Dinamica e molto curata dei dettagli, il nuovo completo di gara, realizzato da V2 Sportswear, è caratterizzato da due tonalità differenti, presentando il fondo verde per il corpo centrale della maglia e del pantaloncino a cui è abbinato il colore bianco lungo l’intero lato destro a movimentare la grafica con un effetto “graffio”. Una divisa originale, giovane, a rispecchiare l’età dei componenti della squadra, e dalle caratteristiche che garantiscono eleganza e massima vestibilità. Il tessuto bielastico Interlock con cui è realizzata, tecnico e specifico per il volley, si caratterizza per particolare confort ed effetto di “seconda pelle”. Traspirante e leggero è ideale per seguire con estrema naturalezza i movimenti del corpo e ottimizzare le performance in gara. Il collo della maglia è di colore bianco e rivisita in modo particolare il modello a U, rendendolo più morbido e stondato. Sul fronte della maglia sono presenti a lato cuore il logo sociale e il marchio del partner Maniva e in contrapposizione il numero di maglia e, in tonalità oro, il logo dei 50 anni. I bordi bianco e verde della maniche sono alternati al colore di fondo. Sulle maniche sono presenti i partner Maio e Sace e su una delle due maniche sono anche impressi i marchi Fipav quali certificazione di qualità dell’attività giovanile e scuola regionale di pallavolo. Al centro della maglia lo spazio riservato agli altri partner che supportano la Showy Boys Galatina quali Incoho, Centrauto Group, Ottica e Optometria Greco, Fidelpol, Tecmed, mentre in basso si impone l’immagine della civetta quale simbolo della Città. Sul retro della maglia, la bandiera tricolore appena sotto il colletto seguita dal numero. Al centro compaiono i partner Serafini Auto, Officina Gaballo e Galtieri. Sul fondo della maglia, a sancire il forte legame della Showy Boys con Galatina lo skyline di uno dei più noti simboli architettonici della Città, la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, nella cui piazza è anche ubicata la sede della società bianco-verde. Sul pantaloncino, lato sinistro, è in evidenza il marchio dei partner Centro Ginnastica Decathlon e Radio Orizzonti Activity. “La nuova divisa di gioco con i suoi colori sociali è stata progettata per esaltare lo stretto rapporto che la Showy Boys conserva con la Città – spiega il presidente Daniele G. Masciullo – quella che mi onoro di rappresentare è la società storica con radici profonde nel territorio che risalgono al lontano 1967. Quella bianco-verde è una lunghissima ed indiscutibile tradizione e d’altronde Galatina ha la pallavolo nel sangue. Oggi, la Showy Boys continua a portare avanti i suoi valori nel segno della identità e della valorizzazione dei più giovani grazie alla Scuola Volley”.

    www.showyboys.com

     
    Di Redazione (del 26/02/2020 @ 13:20:50, in Comunicato Stampa, linkato 1617 volte)

    Il 26 febbraio del 2010, in un vile attentato ad opera dai talebani, veniva colpito a morte Pierantonio Colazzo, funzionario dell’AISE - Agenzia informazioni e sicurezza estera -.

    Il "Park Residence Guesthouse» di Kabul ospitava Pierantonio ed una delegazione trattante pachistana ed indiana. L 'attacco, durato diverse ore, forzò le misure di sicurezza scatenando una caccia all'uomo all'interno di ogni singola camera d'albergo.

    Pierantonio, in quel drammatico tempo, si prodigò per mettere in salvo molte persone tra cui suoi connazionali e fu in continuo contatto telefonico con la polizia afghana, contribuendo a rallentare l'azione dei terroristi.

    Furono colpite a morte 17 persone tra cui 10 medici indiani ed un documentarista francese. Pierantonio Colazzo morì nella sua camera, consapevole che la scelta di restare all'interno dell'hotel gli sarebbe stata fatale.

    Era un uomo dalle straordinarie qualità umane, colto, con una passione per il teatro, la poesia, la musica classica e pop. Aveva frequentato il Liceo Classico "Pietro Colonna" e si era laureato in lingua e letteratura araba, presso l'università orientale di Torino. Parlava correttamente il Dari, il dialetto persiano diffuso in Afghanistan, e prima di mettere a disposizione le sue competenze nell’AISE, fino a giungere a ruoli di altissima responsabilità, aveva lavorato presso il ministero della Difesa. I suoi incarichi all’estero lo hanno visto operare tra gli altri paesi anche in Oman.

    Pierantonio era a Kabul a protezione del contingente italiano, forte della sua capacità di ispirare fiducia, della conoscenza della cultura del luogo, della capacità di ricondurre ogni possibile azione violenta in una logica di mediazione e di scambio.

    I suoi occhi avevano visto, la sua penna aveva appuntato troppi orrori e la sua formazione culturale lo portava ad operare solo nella direzione della costruzione di ponti.

    Era quindi diventato il cardine di un sistema di relazioni che avrebbe potuto creare dei nuovi e diversi equilibri in quell’area. Un lavoro evidentemente impossibile da portare a compimento, come poi la storia ci ha insegnato devesse essere.

    Riprendo un suo scritto, vergato a Kabul nel 2008, che meglio di ogni altra parola ne traccia le qualità di uomo e di professionista e lo consegna come esempio alle nuove generazioni.

    Scriveva Pierantonio Colazzo:

    “Avere coraggio non può essere un fatto d’onore o di dignità. Bisogna decidere: combattere tutti i mulini a vento è più saggio che prendere per mano l’amore della propria vita e dare sguardi rassicuranti ai figli che ami e vuoi vivano in pace?

    E se invece, ti caricassi nel cuore il rischio di perdere la tua vita per cercare, in un inferno meno buono del tuo, di salvare chi resta dal contagio di una follia immorale, sterile, suicida, per niente ironica per niente simpatica e improvvisa?

    Una follia meditata forse, non si può vincere, va solo curata con l’anima”.

     

    La Città di Galatina onora la memoria di un suo figlio, esempio alto di valori imperituri.

     
    Di Redazione (del 27/04/2018 @ 13:19:20, in Comunicato Stampa, linkato 865 volte)

    Sarà certamente un confronto aspro e ad alta tensione agonistica, quello che offrirà il PalaPanico, sabato 28 alle ore 18.00, quando scenderà in campo la capoclassifica BCC LEVERANO per incontrare l’OLIMPIA S.B.V. GALATINA.

    Gli obiettivi delle due squadre , agli antipodi per risultati acquisiti , rispecchiano i percorsi programmati ad inizio stagione: play off per sognare la serie A2 per i ragazzi di mister Zecca, salvezza per la squadra del Presidente Santoro.

    Mentre i gialloblu leveranesi hanno da tempo la certezza di disputare gli spareggi , affrontando nella prima fase la capoclassifica del giorne H (Lamezia)  e il cui esito comunque determinerà una promozione diretta per una delle due contendenti, il discorso per l’Olimpia S.B.V. è molto più complesso per una serie di probabilità che possono verificarsi.

    Allo stato attuale, pur occupando l’undicesimo posto in classifica con 19 punti e distanziando l’Ostuni di 3(16 punti) e la Matervolley Castellana di 6(13 punti), la matematica lascia  a tutte e tre le compagini la possibilità della salvezza , soprattutto alla luce del turno di riposo che i ragazzi di mister Stomeo dovranno rispettare nell’ultima giornata.

    La gara quindi contro Orefice e soci assume un aspetto determinante che potrebbe anticipatamente decretare , già sabato, la salvezza solo guadagnando tre punti; diversamente i risultati che maturerebbero sui campi di Potenza e Bari , dove sono ospiti rispettivamente Ostuni e Castellana, potrebbero rivoluzionare la classifica.

    E allora niente numeri o probabili combinazioni: bisognerà contrastare efficacemente i gialloblu di Zecca, ergere muri importanti su GALASSO e SERGIO , mettere in difficoltà la ricezione di FRANCO in modo da rendere più leggibili i rifornimenti di LATERZA per capitan OREFICE  e per i centrali SERRA e SCRIMIERI che sembrano avere il dono della levitazione.

    Domani servirà buttare il cuore in campo: gli atleti lo faranno sospinti da un pubblico che conosce il valore delle emozioni e della passione per il volley , con l’accortezza degli indottrinamenti ricevuti dal tecnico Stomeo  .

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA S.B.V. GALATINA   

     
    Di Antonio Mellone (del 23/09/2015 @ 13:18:10, in NohaBlog, linkato 2915 volte)

    E’ l’ultima festa dell’estate salentina, anzi pugliese, quella dedicata al patrono di Noha San Michele Arcangelo.

    Il vessillifero delle schiere celesti, dotato di scudo, lancia, bilancia, elmo e pennacchio, il giorno della vigilia, portato in spalla, sfilerà in processione solenne per le strade del borgo tra inni e canti, preghiere e slogan alleluiatici, scoppio di batterie pirotecniche in centro e fuochi artificiali in periferia.

    In suo onore da giorni vengono tirati su merletti e ricami di luminarie che trasformeranno via Castello e via Aradeo in scintillanti gallerie fatte di migliaia di piccole lampadine (ormai non più ad incandescenza ma a led) che con i loro particolari decorativi rimembrano gli archi trionfali del Rinascimento, le fontane, i festoni di fiori e altre baroccheggianti fantasie.

    Parte di questi manufatti di legno e di ferro, al termine della festa (è una nuova moda) si trasformeranno in veri e propri oggetti da collezione per l’addobbo di interni, di locali pubblici, ma anche di ville e giardini privati.

    Piazza San Michele, invece, cuore pulsante della festa, è il luogo storico della cassa armonica: quel palcoscenico a cupola (per la cui acustica non c’è bisogno di microfoni) dove la sera della festa si esibiranno le bande di giro, prime fra tutte il concerto bandistico di Noha diretto dal maestro Lory Calò (caso più unico che raro di profeta in patria - cosa generalmente molto difficile, ma a certe latitudini come le nostre quasi impossibile), che la sera della vigilia, al termine della processione solenne, eseguirà, tra gli altri, lo storico inno a San Michele Arcangelo, musicato proprio a Noha nei primi decenni del secolo scorso.

    La sera del dì di festa, sotto le luci della ribalta, si alterneranno la banda “Città di Taviano” e il concerto bandistico lirico-sinfonico di Terra d’Otranto, ospiti graditissimi in grado di realizzare un vero e proprio miracolo, vale a dire l’ascolto anche da parte del popolo e delle classi meno agiate delle note e delle arie di un’Aida, un Nabucco, un Rigoletto o una Gazza Ladra, un tempo appannaggio esclusivo del ceto aristocratico e borghese rinchiuso nei teatri e nei politeami.

    Come tradizione vuole, al termine del Bolero di Ravel, verso mezzanotte, lo spettacolo dei fuochi pirotecnici in grande stile chiuderà la seconda serata.

    Il concerto di Tony Esposito e dei Petrameridie, sul grande palco allestito in piazza Castello, chiuderà la tre-giorni di festa nohana, fatta anche di bancarelle e mercatini suq/k, luna park ed esibizioni di scuole di ballo in piazza (Physica), nonché fast ma si spera anche, anzi soprattutto slow food.

    Congratulazioni a tutti gli organizzatori e auguri a tutti i Michelini e le Micheline di Noha e dintorni.

    Antonio Mellone
     

    Oggi venerdì 15 marzo alle ore 18:00, nella Sala conferenze dell’ex Palazzo De Maria, in Corte Taddeo, è in programma il secondo dei tre incontri che l’Università Popolare dedica alla poesia: l’evento odierno, che sarà introdotto dal Presidente Mario Graziuso, prevede una relazione della Vice Presidente e poetessa Maria Rita Bozzetti sul tema: “Le voci della poesia religiosa”.

    Come ben sappiamo la letteratura italiana è nata in poesia nel Duecento quando tra Umbria e Marche fiorì una corrente di poesia religiosa: ad essa si lega il Cantico di frate Sole (o Cantico delle creature), un inno di ringraziamento a Dio per le creature del mondo. Una seconda espressione del rinnovamento religioso di quell’epoca fu la lauda, valorizzata sul piano artistico da Jacopone da Todi.

    Il discorso di Maria Rita Bozzetti, oltre a dipanarsi lungo le coordinate storico-letterarie del genere in esame, sarà incentrato, in particolare, sul significato che oggi possiamo avere di poesia religiosa, da intendersi come risposte o tentativi di risposta ad interrogativi spirituali, esistenziali che diversi poeti, anche di diverse tradizioni spirituali, ci hanno lasciato attraverso versi intrisi di misticismo, di “abbandono all’Amore misericordioso di Dio”, di ricerca di trascendenza nell’esperienza umana.

    Con la sua riconosciuta ed apprezzata sensibilità poetica, Maria Rita Bozzetti, attraverso la lettura di testi di Clemente Rebora, Cristina Campo, Margherita Guidacci, Davide Maria Turoldo, Mario Luzi e Paolino di Nola, ci avvicinerà alle diverse tematiche che oggi caratterizzano la poesia religiosa, tematiche legate alla fede, alla spiritualità, alla relazione tra l’uomo e il divino, alla riflessione sulla sofferenza umana e sul significato della salvezza.

    Maria Rita Bozzetti, nasce a Roma, dove si laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Cattolica del Sacro cuore. Ha operato per venti anni in ospedale come Primario di Patologia Clinica. Attualmente vive a Galatina e si dedica esclusivamente all’attività letteraria. È autrice di innumerevoli raccolte di poesie incentrate su tematiche spirituali, religiose e sociali. Le sono stati conferiti riconoscimenti nazionali e internazionali e ha riscosso molta attenzione da parte della critica. Tra le pubblicazioni più recenti: Paesaggi di carta. Poesie di Natale e preghiere, Edizioni Feeria, Panzano in Chianti (Fi) 2016; Sul retro di cuori, Manni Editori, S. Cesario di Lecce 2019; Permanent Migration, Gradiva Edizioni, New York 2021 e Dialogo con Teresa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2021.

    Mario Graziuso

     
    Di Redazione (del 18/02/2022 @ 13:14:59, in Comunicato Stampa, linkato 485 volte)

    La Giunta Comunale ha deliberato l’istituzione di un mercato straordinario in via sperimentale in piazza D. Alighieri, nelle seguenti domeniche: 20 marzo 2022, 10 aprile 2022, 15 maggio 2022, 19 giugno 2022 per l’interna giornata.

    L’iniziativa permette di agevolare la ripresa economica degli operatori del commercio su area pubblica

    (titolari di posteggio di tipo A) nel settore non alimentare ed è aperta anche agli operatori ambulanti

    “fieristi” che commerciano in giocattoli, frutta secca, dolciumi e “scapece”.

    L’obiettivo dell’Amministrazione Comunale è quello di favorire la ripresa economica di questa categoria ed allo stesso tempo agevolare un ritorno alla normalità in un periodo in cui appare evidente un progressivo allentamento delle restrizioni dovute alla pandemia.

    L’approssimarsi della primavera renderà gradevole passeggiare per le strade del centro ed immergersi in una atmosfera popolare che richiama alla mente il tempo in cui il mercato apparteneva al cuore della Città

    .

    Nico Mauro

    Assessore al Commercio

     
    Di Redazione (del 24/12/2017 @ 13:14:21, in Comunicato Stampa, linkato 1422 volte)

    La Regione Puglia finanzia il progetto presentato dal Comune di Galatina in merito all'avviso pubblico regionale "Community Library - Biblioteca di Comunità" nell'ambito della strategia Smart-in Puglia. È un grandissimo risultato per la Città e le sue frazioni, che avranno una nuova "Siciliani", una biblioteca intesa come spazio comune, una piazza che sappia mettere in comunicazione storia e innovazione, in un luogo che sia il crocevia di tutta la comunità.

    L'Amministrazione del sindaco Amante ha accolto, sin dall'inizio, la politica strategica della Regione Puglia, che sostiene e rilancia il patrimonio culturale attraverso la valorizzazione, la fruizione e il restauro dei beni culturali. È dalla cultura e dai suoi luoghi che Galatina rinasce, in una logica di collaborazione e sviluppo del tessuto sociale ed economico che sia in grado di abbracciare le dinamiche tutte della Città. In linea con tale politica, il progetto prende il nome di CULT, Community Urban Library and Tecnhological square. 2 milioni di euro che cambieranno il volto del Palazzo della Cultura attraverso interventi di rifunzionalizzazione degli spazi come la copertura del chiostro al fine di renderlo fruibile nel corso di tutto l'anno, l'allestimento di due sale per bambini, l'adeguata sistemazione delle nostre cinquecentine e dei nostri incunaboli in una sala completamente rinnovata e con temperatura controllata, l'allestimento di una sala-cinema multimediale, la dotazione dei portici di moderni strumenti tecnologici, la climatizzazione di tutti gli ambienti e l'efficientamento energetico dell'intera struttura. Ma il progetto non include solo interventi strutturali: prevede anche un piano di gestione sostenibile e una serie di attività culturali che aumenteranno la fruibilità di tutta la struttura, coinvolgeranno nuovi soggetti sociali, promuoveranno l'inclusività di fasce disagiate e prevederanno nuove forme di integrazione culturale. Il CULT di Galatina sarà una vera e propria "piazza culturale" che creerà un asse ideale con la Basilica di Santa Caterina d'Alessandria e che della stessa basilica sarà al tempo stesso cassa di risonanza per tutti i turisti che passeranno dalla città.

    "Al momento di presentazione del progetto ero convinta che, a prescindere dal risultato, avevamo tra le mani un prodotto straordinario. In questi mesi, abbiamo imparato a conoscere la biblioteca "Siciliani", a studiare la sua quotidianità, a comprendere le esigenze degli utenti, cercando di cucire l'abito perfetto sulla base degli obiettivi prefissati dalla Regione e muovendoci sulla scorta delle parole chiare, preziose e lungimiranti dell'Assessore regionale Loredana Capone. Un lavoro importante, studiato, approfondito e fortemente voluto, con passione, coraggio e un pizzico di follia, un lavoro che ci riempie di orgoglio perché Galatina si arricchisce di un tesoro senza tempo. Un grazie di cuore al Sindaco Marcello Amante per la massima fiducia e libertà che ha sin da subito lasciato a tutto lo staff nonostante si avvertisse costante la sua presenza. I miei non sono ringraziamenti ma giusti meriti dati a chi ha donato a questo progetto giornate intere, notti insonni e lunghi fine settimana. Un'attenzione costante e minuziosa che vede la diretta collaborazione tra il consigliere Pierantonio De Matteis, la progettista Chiara Eleonora Coppola, l'Ufficio tecnico e gli architetti del Comune, la dott.ssa Angela Impagliazzo, la dott.ssa Monica Albano di LiberMedia e tutte le sue collaboratrici, le ragazze del Servizio civile nazionale, gli utenti e i loro preziosi suggerimenti, le scuole, le associazioni, i professionisti esterni che hanno messo a disposizione le loro capacità per pura passione. Un ringraziamento speciale a Pierfrancesco Persichino e Sara De Matteis, giovani laureati che hanno sposato in maniera del tutto disinteressata questo progetto un po' per amicizia un po' per amore di Galatina. Che sia l'inizio di un ritorno al glorioso passato guardando ad un fertile futuro."

    Ufficio stampa Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 16/03/2023 @ 13:12:11, in Comunicato Stampa, linkato 321 volte)

    Terzo appuntamento del Circolo dei Lettori “Leggere in circolo” presso la Biblioteca “P. Siciliani” di Galatina

    I volontari del Servizio Civile Universale progetto “In Reading 2020”, in collaborazione con la Biblioteca “P. Siciliani”, saranno impegnati nel terzo appuntamento del Circolo dei Lettori “Leggere in circolo”.

    L’evento vedrà come protagonista il romanzo di Silvia De Lorenzis dal titolo “Non è mai troppo tardi per cambiare la rotta”, edito da Kamerik.

    Silvia De Lorenzis nasce a Galatina, il 29 settembre del 1981. Consegue la laurea triennale in Servizio sociale, la laurea magistrale in Progettazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali e un master in Valutazione delle politiche e dei servizi sociali, presso l’Università del Salento. Lavora come assistente sociale presso il Comune di Melendugno, l’Ufficio di Piano del Comune di Martano (LE) e il Comune di Soleto (LE).

    Dopo il romanzo d'esordio “Il cuore è il mio bagaglio a mano” del 2021, sempre per la casa editrice siciliana, l'autrice galatinese torna con una storia di dolore, ma anche di amore, di rinascita e di speranza, confermando la sua sensibilità nel toccare le corde più profonde dell'animo umano e dei suoi sentimenti.

    L’incontro, in cui si approfondirà il romanzo alla presenza dell’autrice, si terrà il 18 Marzo alle ore 17:30 presso la Biblioteca “P. Siciliani”.

    Gli OV del Servizio Civile Universale
    del Comune di Galatina

     
    Di Redazione (del 29/11/2022 @ 13:11:16, in Comunicato Stampa, linkato 342 volte)

     

    Bella prova di carattere quella offerta dai salentini in terra campana contro un Piedimonte, sì fanalino di coda, tutt’altro che dimesso però avendo fatto valere come spinta suppletiva il calore dei propri tifosi.

    I tre punti che spingono al nono posto in classifica i blucelesti galatinesi guidati da mister Monaco, valgono la riemersione dai fondali limacciosi della zona rischio, tenendo nel mirino in appena due punti Pomigliano e Pozzuoli e scavalcando Casoria.

    Sostanzialmente una gara ben approcciata dall’Olimpia Sbv che ha espresso continuità di gioco e fasi di rigiocate efficacissime, frutto del fondamentale di muro molto ben organizzato che ha consentito a D’Alba di gestire al meglio i suoi avanti.

    Primo set avviato e concluso con autorità, senza subire ritorni da parte degli avversari i cui attacchi venivano contenuti da una difesa bluceleste ben registrata da Apolllonio. Il vantaggio a metà frazione di +7 consentiva a capitan Zanette di dare tranquillità al suo gruppo che con una gestione di gioco ordinata chiudeva a proprio vantaggio il set sul 17-25.

    L’avvio nella seconda frazione si attestava su un vantaggio più contenuto per gli ospiti(11-15) che subivano un riavvicinamento(15-16), prontamente ribadito da una gran conclusione di Zanette dalla seconda linea  e da un muro di Rossetti . Poi un doppio Pacelli che si esibiva in un pallonetto con cambio di mano, portando fuori tempo il muro avversario, metteva a referto il 16-21 lasciando al suo capitano di chiudere il punto numero 24 con un gran muro e di andare al riposo con due set di vantaggio.

    La terza parte di gara è stata molto equilibrata. Reazione attesa ed orgogliosa dei piedimontesi: palese appagamento degli ospiti che comunque con Scita, Rossetti e Zanette mantengono la parità, (7-7) schiodata da un super muro di D’Alba che legge perfettamente l’attacco avversario ( 7-9).

    Poi ben quattro errori degli attaccanti galatinesi ed un ritorno di prepotenza di Mugnolo ribaltano il punteggio (14-12) a favore della squadra casertana.

    Time out di mister Monaco che predica un po' di calma. Rifiata la squadra leccese che sembra aver speso più energie degli avversari e al rientro l’opposto galatinese ristabilisce la parità.

    Pacelli opera il sorpasso con un gran diagonale stretto (18-20) che colpisce al corpo il difensore, poi una serie di difese e rigiocate d’ambo le parti, si chiudono a favore di Piedimonte con l’opposto Mugnolo che raggiunge la parità 22-22 scardinata da Scita (22-23) e riconquistata dal centrale Citro(23-23).

    L’attaccante apulo-romagnolo sente il momento cruciale. Da una perfetta ricezione di Apollonio riceve la distribuzione di D’Alba, chiude di forza il suo attacco e poi va a servire chiudendo set e gara con un ace per il 23-25.

    Il tempo di godere questa vittoria e da martedì spirito e cuore per preparare un’altra sfida diretta, anch’essa dal valore doppio, il confronto con Casoria spinoso e determinante per un prosieguo da confermare in positività.     

     

    TABELLINO

    PIEDIMONTE MATESE-OLIMPIA SBV GALATINA 0-3(17-25, 20-25 ,23-25)

    PIEDIMONTE: Conte , Citro ,Piumi ,De Santis, Mugnolo, Minichiello, Guardabascio , Dello Buono, Orsini ,Miselli, Occhibove, Massaro, Caso, Boiano ,De Martino Miselli  All. Antonio Scappaticcio

    GALATINA: Apollonio(L), Rossetti, De Micheli G., Pacelli, Scita, De Matteis, De Lorentis, Zanette, Dantoni, D’Alba.   All.  Mimmo Monaco Vice Manuela Montinari

     

    Piero de Lorentis

    Area Comunicazione Olimpia Sbv Galatina

     

     

    Era il 26 maggio del 2012 quando per la prima volta, tra i corridoi addobbati con migliaia di palloncini colorati del Fazzi, uno stuolo di volontari animatori di corsia partecipavano con gioia al primo rombo dei motori della Bimbulanza. A tagliare il nastro e a benedire il mezzo Monsignor Domenico D’Ambrosio, all’epoca Arcivescovo Metropolita di Lecce.

    La Bimbulanza nasceva su iniziativa di Don Gianni Mattia, cappellano del Presidio Ospedaliero “Vito Fazzi”, nonché fondatore e presidente dell’Associazione cuore e mani aperte OdV. Proprio con la sua Associazione Don Gianni aveva organizzato un’imponente raccolta fondi mediante numerose manifestazioni benefiche in tutta la provincia, grazie alle quali era riuscito ad acquistare il mezzo, dotarlo di strumentazioni all’avanguardia e renderlo a misura di bambino attraverso un’opera di umanizzazione pittorica sia interna al mezzo che all’esterno.

    L’intento non era solo quello di sostenere le famiglie che per affrontare la malattia dei loro piccoli erano costrette a spostarsi fuori Regione, ma chiaramente anche quello di rendere il meno traumatico possibile il viaggio ai minori interessati.

    Da allora, il mezzo non ha mai smesso di muoversi, percorrendo la penisola in lungo e in largo. In questi anni, ha percorso più di 500.000 km, toccando i principali centri d’eccellenza d’Italia quanto a cure minorili: dal Gaslini di Genova, al Bambin Gesù di Roma, dal Meyer di Firenze, al Besta di Milano, sino al Gemelli nella capitale.

    Questo grande progetto di solidarietà continua a operare senza sosta grazie a volontari autisti, disponibili a partire a Natale, come a Ferragosto.

    Quanto alle spese per i viaggi sono tutte a carico dell’Associazione: carburante, assicurazione per responsabilità civile, pedaggio autostradale, spese sanitarie per medico e/o infermiere che salgono a bordo per assicurare la necessaria assistenza sanitaria durante il tragitto, vitto e alloggio dei volontari autisti e delle famiglie coinvolte.

    Infatti, nulla grava sulle famiglie che usufruiscono del servizio perché già provate dalla situazione di salute del loro figlio minore e disorientate dalla necessità di doversi spostare, il più delle volte in situazioni di urgenza/emergenza. Per queste ragioni, in alcuni casi, l’Associazione cerca di supportarle, sostenendole nelle spese durante la permanenza fuori. I fondi per sostenere queste spese vengono dalla generosità dei benefattori salentini, dalla raccolta fondi pasquale e, in primo luogo, dal 5 x mille.

    «In questi dieci anni, abbiamo incontrato più di 250 famiglie – dice Franco Russo, vice presidente dell’Associazione “cuore e mani aperte” OdV e responsabile del mezzo sin dal 2012 -  e in particolare i loro bambini ci hanno insegnato cos’è la Vita e che per essa si deve combattere senza dar spazio alla resa. Alcuni di loro non ci sono più, hanno spiccato il volo e sono nati in cielo da dove continuano a proteggerci ed esserci vicini. Le loro famiglie hanno mantenuto i contatti con noi. Addirittura ci sono dei papà che sono diventati volontari autisti del mezzo e le loro mamme volontarie clown della nostra Associazione».

    Il mezzo è già stato sostituito una prima volta, nel giugno del 2018 e ora, per continuare a viaggiare in sicurezza, necessita di una nuova sostituzione. Il nuovo mezzo dovrà nuovamente essere colorato e dotato di ogni strumentazione elettromedicale in grado di garantire qualsiasi tipo di intervento tempestivo durante i viaggi.

    «Paradossalmente il nostro sogno sarebbe che la Bimbulanza non avesse più ragione di esistere - continua Russo - perché questo significherebbe che i bambini salentini sono tutti in salute oppure potrebbe significare che, per curarsi, non hanno più bisogno di andare fuori, in quanto tutte le eccellenze pediatriche sarebbero presenti sul territorio salentino. Questo sarebbe possibile solo se si realizzasse quel Polo pediatrico che pure da anni, con la Rete sociale “Solo x Loro”, stiamo cercando di sostenere attraverso una significativa opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di conseguenza dei decisori pubblici e per il quale non si deve intendere solo l’assemblare logisticamente le unità pediatriche (Pediatria, Chirurgia pediatrica, Oncoematologia pediatrica, Utin, Ambulatorio di Reumatologia pediatrica) già presenti nel Fazzi su uno stesso piano, ma poter contare su reparti specializzati: la cardiologia pediatrica, la neurochirurgia pediatrica, la rianimazione pediatrica, ecc.»

    «Prendi il cuore e rendilo carburante di speranza e di amore, ricerca in esso le ragioni del tormento e non abbandonarti al dolore, ma trasformalo in mani tese per aiutare. È questo quello che 10 anni fa risuonava nelle nostre menti e per tutto il percorso di quel primo viaggio e di quelli che seguirono. - sono le parole di Don Gianni Mattia, “ideatore” della Bimbulanza, presidente dell’Associazione “cuore e mani aperte” OdV e cappellano del Presidio ospedaliero “Vito Fazzi” di Lecce - Dieci anni nei quali la Bimbulanza ha accolto storie di vita e si è resa vita! Dieci anni in cui siamo cresciuti nell'amore che ci ha accompagnato. Anni in cui la strada percorsa ha accorciato le distanze verso il futuro. Oggi ci uniremo in preghiera per ribadire la nostra scelta, il nostro esserci, quel primo sí!»

    L’Associazione cuore e mani aperte OdV è stata fondata nel 2001 e da allora opera con spirito di carità cristiana in tutte le situazioni di bisogno, con particolare riferimento alle esigenze di natura socio-sanitaria. Negli ultimi anni ha sviluppato una significativa attenzione verso l’umanizzazione delle cure e degli spazi ospedalieri. In questo ambito si inseriscono numerose iniziative: dalla Bimbulanza allo Spazio Benessere, da una Casa di Accoglienza per i parenti dei degenti alle umanizzazioni pittoriche della Pediatria dell’ospedale di Gallipoli e della Neurochirurgia infantile del Gemelli di Roma.

     

    Per info consultare:

    -          il sito www.cuoreemaniaperte.it

    -          la Pagina Facebook cuore e mani aperte OdV

    -          il Gruppo Facebook Amici della Bimbulanza

     
    Di Redazione (del 28/12/2022 @ 13:10:50, in Comunicato Stampa, linkato 400 volte)

    Nella parrocchia " cuore Immacolato di Maria" in Galatina,il 29/12/2022,alle ore 18.00, sarà celebrata la Santa messa, per festeggiare il 50° Anniversario di ordinazione Sacerdotale di Don Sergio De Ronzo, vice parroco, nella stessa parrocchia, negli anni 70/80.

    La liturgia sarà celebrata da sua Ecc. Mons. Vincenzo Pisanello, vescovo di Oria, alla presenza delle autorità civili, di tutta la comunità parrocchiale e dei tantissimi giovani, oramai adulti, che hanno avuto la gioia e la fortuna di conoscerlo.

    Mario Masciullo

     
    Di Redazione (del 07/06/2018 @ 13:06:17, in Comunicato Stampa, linkato 1295 volte)

    I piedi nudi delle ballerine e dei ballerini che danzano nelle piazze e l’amore ritrovato per la propria Città e per le proprie tradizioni.

    A cuore Scalzo”, la rassegna estiva di Galatina per il 2018, racchiude nel suo nome tutto questo, partendo dalle radici lontane della sua storia fino ad arrivare all’orgoglio odierno per la sua arte,

    la sua musica e i suoi talenti.

    Il Comune di Galatina, in particolare con l’Assessorato alla Cultura in stretta relazione con l’Assessorato al Turismo, pone al centro della propria programmazione estiva una logica culturale e di promozione in grado di potenziare il concetto di comunità, attuando nel miglior modo possibile la pratica dell’accoglienza.

    “L’amministrazione vuole nutrire, partendo dal basso, tutti quei tesori che fanno parte della natura stessa di Galatina - spiega il sindaco Marcello Amante - Vogliamo valorizzare sempre di più le nostre ricchezze e svegliare, dove si fosse sopito, un senso di appartenenza che è l’anima di una città che vuole tornare a far conoscere la sua grandezza”.

    Il calendario si presenta ricco di eventi e trova il suo clou nella settimana della festa patronale dei Ss. Pietro e Paolo dal 24 al 30 giugno 2018 e negli appuntamenti del Salento Book Festival.

    “Il nostro progetto ruota intorno a tre parole chiave - spiega l’assessore alla cultura Cristina Dettù - cultura, senso letterale di “coltivare”, nutrire e accompagnare la comunità alla riscoperta di sé e delle proprie radici, generando curiosità e quindi ricerca; movimento, come moto senza sosta, dando linfa vitale costante alla creatività e all’arte; identità, proponendo un’immagine riconoscibile di Galatina e delle sue frazioni anche all’esterno”.

    Legati alla festa patronale si segnalano importanti momenti come il convegno sul tarantismo, la proiezione di film inediti sui temi del tarantismo come “La Sposa di San Paolo (Viaggio a Galatina)” e “Latrodectus, che morde nascosto” a cura di Club Unesco. Suggestiva sarà la Notte delle Ronde - Santupaulu, la cui direzione artistica è affidata a Davide Miceli. “Un momento di incontro per la comunità, ma anche un'occasione per promuovere e valorizzare il patrimonio culturale materiale (il centro storico) e immateriale

    (i canti e i balli) della città - spiega Miceli - Non è previsto nessun palco: l'aggregazione deve essere libera e naturale, orizzontale in un continuo scambio osmotico, da gruppo a gruppo, da strada a strada”.

    Tra concerti, saggi di danza e spettacoli per bambini, si mettono in evidenza i nomi degli autori che allieteranno Piazzetta Orsini per il Salento Book Festival che approda a Galatina per la prima volta. Ci saranno infatti Marco Travaglio, Federico Rampini, Gino Castaldo, Chiara Galiazzo, Selvaggia Lucarelli, Simona Cavallari, Chiara Francini, Max Laudadio, Antonio Caprarica, Gioia Bartali.

    “Crediamo che ideare e promuovere un progetto come quello di A cuore Scalzo sia un passo significativo all’interno di una logica di promozione turistica necessaria per una città come Galatina - afferma Nico Mauro, assessore al turismo - ci auguriamo che ci si senta sempre più uniti in questo scopo comune e si possa godere appieno tutti di un’estate all’insegna del bello, del relax, del divertimento, ma anche della tradizione e della storia”.

    Ufficio Stampa Marcello Amante

     
    Di Redazione (del 18/01/2020 @ 12:57:18, in Comunicato Stampa, linkato 825 volte)

    Ma chiediamoci quanto questa pellicola riesca a raccontare la complessità e le tante contraddizioni del continente africano?

    Per approfondire è interessante ascoltare l’opinione di chi ha una visione privilegiata di entrambe le società, quella africana e quella italiana, come l’amico di Galatina Fra Ettore Marangi che vive da tanti anni a Nairobi, capitale del Kenia, Paese nel cuore profondo dell’Africa, dividendosi tra gli insegnamenti di filosofia e teologia presso l’università e il supporto alla comunità dello slum (baraccopoli) Deep Sea nei sobborghi della capitale.

    https://youtu.be/xxDkkZKGM7s 

    Nella video intervista Fra’ Ettore conduce lo spettatore ad esplorare aspetti più profondi e nascosti rispetto a quelli incentrati prettamente sull’ironia coinvolgente di uno Zalone abile a ridicolizzare molti luoghi comuni che si sentono in Italia. Ettore ci conduce, attraverso la sua lucida e profonda osservazione, ad una riflessione sulla complessa realtà africana proprio a partire da quei difficili argomenti, come povertà, guerra e prostituzione, presenti nel film.

    Seguendo l’attore Luca Medici in questo suo viaggio a ritroso in una sorta di novello Ulisse, Fra’ Ettore ci fornisce punti di riferimento per non smarrirsi tra il racconto di un'Africa rappresentata troppo frettolosamente e continui richiami alla situazione italiana. Anzi Ettore quasi ribalta la sua osservazione mettendo in evidenza la critica velata -ma poi neanche troppo - verso la realtà amministrativa e politica italiana. 

    Zalone forse intendeva anche fare ironia sull’attuale governo? Ettore ha una risposta non scontata a questa domanda.

    Paolo Pulli

     
    Di Redazione (del 18/01/2020 @ 12:53:21, in Comunicato Stampa, linkato 729 volte)

    Campionati al giro di boa o in prossimità della fine dei gironi di andata, con situazioni di classifica in crescendo e tendenti al mantenimento della serie per tutte le squadre pugliesi.

    In serie A2 maschile è Castellana a rappresentare la nostra regione nel panorama pallavolistico nazionale, con le due storiche società della città delle grotte, BCC NEWMATER e MATERDOMINI. La BCC del libero salentino Daniele De Pandis occupa il terzo posto in classifica, frutto di un exploit di ben cinque vittorie consecutive nelle ultime cinque gare, ed affronterà una trasferta non proibitiva, domenica 19 a Reggio Emilia, contro la Conad che occupa il penultimo posto nella graduatoria. Occasione per non perdere di vista la capoclassifica Siena e rafforzare la posizione in ottica play off.

    La Materdomini del presidente Miccolis, posizionata all’ottavo posto con 16 punti, è reduce da due vittorie consecutive messe a segno nel nuovo anno ed ha l’opportunità, ospitando l’Olimpia Bergamo, di tenere a distanza Lagonegro e Mondovì vicine alla zona retrocessione. Una grossa mano a mister Castellano gliela darà il carico di giovani formati nell’Accademia del Volley giovanile dal direttore tecnico Vincenzo Fanizza, supportati dalla classe del tarantino Alessio Fiore e dalla longeva vena realizzatrice  dell’opposto Cazzaniga: 41 primavere e 6858 punti realizzati nei 18 campionati di A1 ed A2 fino ad ora disputati.

    La rappresentanza in campo femminile nel girone A della seconda serie nazionale A2 è tutta sulle spalle del cuore DI MAMMA Cutrofiano che con 20 punti  in classifica si colloca in settima posizione a tre lunghezze dalla poule promozione. Potrebbe non bastare la vittoria, domenica 19 gennaio nell’ultima giornata della “regular season”, alle pantere di mister Carratù contro il fanalino Sassuolo. Infatti il risultato del concomitante scontro diretto tra Club Italia e Martignacco, entrambe a 23 punti, promuoverebbe una delle due compagini alla Pool Promozione, con la perdente che per differenza set, oramai consolidata, non verrebbe scavalcata dal cuore di Mamma finendo nel raggruppamento della Poule Salvezza.

    Nel girone B di serie A3, BCC Leverano ed AURISPA Alessano affrontano la terza giornata di ritorno con punteggi e stati d’animo contrastanti. La squadra di mister Zecca deve invertire la rotta per abbandonare l’ultimo posto in classifica che determina la retrocessione diretta. Un segnale ed un punto sono giunti dalla gara contro il Tuscania, seconda forza del campionato, che seppur persa al tiebreak ha sì alimentato una classifica asfittica, ma ha soprattutto rigenerato squadra ed ambiente per la prestazione offerta.

    Nella trasferta di Palmi c’è buona parte del futuro sportivo di capitan Orefice e compagni che con una vittoria si avvicinerebbero ai ragusani di Modica, con cui verosimilmente battaglieranno per la permanenza nel gruppo destinato a giocare i play out.

    In casa Alessano l’avvento del nuovo tecnico Francesco De Nora Caporusso e del palleggiatore statunitense Chakravorti è coinciso con un tris esaltante di vittorie che colloca la squadra del presidente Venneri fuori dalla zona play out con 15 punti.

    Il riposo di turno di domenica 19 potrebbe rivelarsi indolore, con il Corigliano-Rossano (18 punti) impegnato nella difficile trasferta di Ottaviano (21 punti), ma la ritrovata fiducia del gruppo con l’opposto Boswinkel  e l’italo brasiliano Dal Bosco tornati letali, alimentano più di una speranza nella tifoseria alessanese.

    In serie B   ben nove squadre, ripartite in due gironi, rappresentano la nostra regione. Nel girone E è la M2G Group Bari , costruita per il salto in A3 , a guidare la classifica dopo aver sconfitto in terra d’Abruzzo la BlueItaly Pineto. Non demorde dall’inserirsi nelle posizioni di play off l’ARRE’ FORMAGGI Turi di mister Difino che, a soli quattro punti dalla vetta, affronta in trasferta il derby con Bari capitanata dall’ex Scio: pronostico aperto ad ogni risultato.

    In posizione di assoluta tranquillità (19 punti) si posiziona a centro classifica la Volley Ball Lucera di mister Furno che con la regia di Roberto Marcone attende l’ex capolista Pineto. Grosso scatto in prospettiva salvezza per la Florigel Andria che batte Loreto al tie break e si tira fuori dalla zona retrocessione.

    Buio pesto invece in casa Volley Gioia che accusa la nona sconfitta su undici incontri e, al pari di Paglieta e Terni, sembra destinata alla retrocessione. Non basta l’entusiasmo di un ambiente e la freschezza di tanti atleti di generazione Z a disposizione di mister Paglialonga per traguardare la permanenza.

    Nel girone G , la sudata vittoria di Efficienza Energia Galatina  sul campo di Tricase, consente alla squadra di mister Stomeo di mantenere la testa della classifica con 25 punti. Inseguono ad una lunghezza Leo Shoes Casarano vittorioso ad Atripalda e a due lunghezze la coppia Massa -Marigliano. Situazione destinata a cambiare nella dodicesima giornata con un sicuro avvicendamento al vertice, stante il turno di riposo che dovrà rispettare la capolista. Infatti mentre Casarano dovrà affrontare in casa  un ostico Pozzuoli, le chanches di Massa e Marigliano di portarsi in  testa o affiancarsi ai rossoblù di mister Licchelli sembrano le più probabili, avendo rispettivamente avversari più alla portata come Martina ed Atripalda.

    In valle d’Itria il lavoro di mister Cavalera comincia a prendere forma con una vittoria del suo Martina, che vale doppio, sul campo del Marcianise. Certo sarà un’impresa la permanenza ma, il tecnico leccese forgia le sue squadre a sua immagine caratteriale e crediamo che possa farcela.

    La Libellula Tricase è ad un bivio con i suoi 16 punti fino ad oggi raccolti e sembra improbabile che possa rientrare nel giro d’alta quota. Penalizzano mister Marano le precarie condizioni fisiche di Zanette e l’indisponibilità dell’opposto Dalmonte reduce da un intervento chirurgico. La trasferta di Napoli contro la Sachs dirà quanta volontà di risalita c’è nel gruppo per programmare un girone di ritorno a tavoletta. 

    Nel girone D della serie B1 femminile  il Cerignola guida la classifica con 29 punti  con +4  di vantaggio sul Cardillo Agrigento che fatica a mantenere il passo delle foggiane. In affanno anche le baresi dello 05 Castellana Grotte che sono a quattro punti dalla zona retrocessione in compagnia di Isernia, Fiamma Torrese ed Orsogna Chieti.

    In serie B2 la capolista del girone I è il Campus Univ. Napoli che ha distanziato Mesagne di due lunghezze e tenta l’allungo che gli potrebbe dare la promozione diretta in B1. Per i play off Oria e Noci sono pronte ad inserirsi ai danni della squadra beneventana di S.Salvatore Telesino, mentre Castellaneta e Trani occupano posizioni  di tranquilla permanenza.

    Piero De Lorentis

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 23/09/2014 @ 12:44:48, in Lettere, linkato 3409 volte)

    Carissima Martina,

    ti scrivo mettendo anche gli altri per conoscenza, perché la tua iniziativa di raccolta firme, da inviare al FAI (Fondo Ambiente Italia) per la tutela delle nostre casiceddhre, coinvolge tutti.
    Quindi è giusto che tutti sappiano di cosa si tratta.
    Come sai, durante la sera della festa di San Michele, con la collaborazione del Circolo culturale Tre Torri, porteremo avanti la raccolta delle firme per le casette di Cosimo Mariano da inviare al FAI.
    Come abbiamo fatto sempre (spesso non riuscendovi, ma noi non ci diamo facilmente per vinti) cercheremo di far passare questo messaggio:
    "le nostre casiceddhre non sono, come qualche stupido di complemento purtroppo crede (vedi commenti su Noha.it), un banale mucchio di pietre più o meno raggruppate ad arte, bensì espressione della dignità di un paese lasciato nella più totale trascuratezza".
    Il fatto che al di fuori delle nostre quattro mura domestiche ci sia il degrado più assoluto non è questione da poco. E a noi non va di continuare a tacere. Le nostre battaglie sono sacrosante, e tutti noi dovremmo pretendere un pizzico di interesse in più da parte degli addetti ai lavori. Il degrado chiama altro degrado, è una questione psicologica. Infatti, come spesso accade, quando qualche incivile butta un sacchetto di immondizia fuori posto (vedi per esempio l'angolo in largo "cisterneddrha"), quasi sempre altri si sentono autorizzati a fare altrettanto.
    A proposito di Beni Culturali, come si evince dall’ultima (e unica) risposta data all’Amministrazione Comunale dalla Soprintendenza, in cui si chiedono maggiori ragguagli (cfr. allegato), il dirigente del Servizio, Avv. Silvia Pellegrini, firmataria della missiva, attende risposta dagli addetti ai lavori di Palazzo Orsini, da più di un anno.
    Più volte ho sollecitato l’intervento dei nostri rappresentati politici presentando fotocopie di tutto il percorso burocratico della questione. L’ultima volta, esattamente il 29 settembre 2013, al Sindaco Montagna per il tramite della nostra Daniela Sindaco.
    Tutto continua come da prassi: silenzio assoluto.
    Ed i nostri beni culturali subiscono gli schiaffi del tempo, l'incuria degli uomini, l'egoismo di proprietari privati.
    Occorre, tuttavia, insistere, perché le persone capiscano che non è sufficiente lamentarsi dello stato delle cose, bisogna agire mettendo in atto tutte le iniziative che la legge ci consente.
    Sarebbe ora che anche a Noha qualcuno leggesse e soprattutto rispettasse il Codice dei Beni Culturali, che è legge dello Stato.
    Un caro saluto a te e a Michele.

    Marcello D'Acquarica

     
    Di Redazione (del 21/01/2017 @ 12:43:19, in Comunicato Stampa, linkato 1416 volte)

    Prova di forza della Showy Boys Galatina che vince al tie-break in casa della Bee Volley Lecce. Porta bene ai colori bianco-verdi il recupero (spostamento d'ufficio Fipav) della gara valida per la 9a giornata tra la prima e la seconda del girone C che si sono affrontate, Martedì 17 gennaio alle 21, nell'atteso big-match del campionato regionale di serie D.

    Motivatissima la compagine galatinese che, completa in tutti i suoi effettivi, inizia l'incontro con la giusta grinta e cattiveria agonistica. I ragazzi della Showy Boys si portano subito su un +4 che, grazie anche ad un efficace gioco per vie centrali, consente di vincere il set d'apertura con il punteggio di 21-25. Nel secondo parziale la Bee Volley cerca di rientrare immediatamente in partita e sfrutta il suo punto di forza da zona 2. La squadra di casa gestisce il vantaggio accumulato e arriva a chiudere 25-21. Nel set successivo, il team leccese, rinfrancato della raggiunta parità, cerca di impensierire gli ospiti. Sotto per 11-8, la Showy Boys, ben diretta da Gianluca Nuzzo, ribalta il risultato e passa a condurre per 11-15. Da questo momento in poi sono i galatinesi a tenere in mano la gara sino al 17-25. Forti del vantaggio e della bella prestazione, gli ospiti continuano a fare vedere della buona pallavolo ma sul punteggio di 16-20 un paio di errori consentono ai locali di dimezzare il vantaggio e soprattutto riaccendono le speranze. I leccesi sfuggono a un potenziale ko al quarto set e riescono nella rimonta (25-22). Poco da raccontare del tie-break se non un avvio sprint della squadra di mister Nuzzo che cambia il campo da gioco sull'eloquente punteggio di 1-8. Presente e attenta nelle diverse fasi di gioco, la Showy Boys conduce senza affanni e conferma di essere determina nel lasciare il segno in questa delicata sfida esterna di alta classifica. Infatti, il quinto e decisivo set è dei bianco-verdi che si impongono per 7-15.

    Come era nelle previsioni, gara avvincente quella andata in scena nella palestra dell'I.T.C. "Calasso". Ritmi alti e belle giocate per un incontro che ha sancito la vittoria della Showy Boys Galatina, ora al primo posto in classifica, e confermato quanto siano importanti il sacrificio e le motivazioni per il raggiungimento di un obiettivo sportivo. Se a questi si aggiunge un grande cuore, il mix è perfetto.

    www.showyboys.com

     

    Si è tenuta nella mattinata di venerdì 07 agosto 2020, dopo una breve cerimonia, la consegna del nuovo saldatore portatile automatico in uso alla Sezione Immunotrasfusionale dell’Ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina donato dall’Associazione “cuore e mani aperte” OdV e dal Gruppo Frates di Soleto.

    Alla donazione erano presenti il direttore sanitario dell’ospedale di Galatina, dott. Giuseppe De Maria, il presidente dell’Associazione “cuore e mani aperte” OdV, Don Gianni Mattia, il dottore Giacomo Bellomo, direttore responsabile della Sezione Immunotrasfusionale e Franco Congedo, presidente del gruppo Frates di Soleto.

    Il saldatore automatico portatile per tubi in PVC, dotato di pinza saldante motorizzata, è uno strumento utilizzato dal personale sanitario subito dopo aver effettuato il prelievo dal donatore di sangue, che serve a chiudere la sacca nel momento in cui questa viene staccata, allo scopo di evitare la contaminazione batterica.

    Nel caso specifico, trattandosi di un saldatore portatile risulta molto pratico e maneggevole, migliorando il lavoro dell’infermiere e snellendone i tempi di attività.

     “Siamo orgogliosi di avere raccolto la richiesta del dottore Bellomo di donare questo strumento utile durante le donazioni di sangue, un  vero e proprio atto d’amore, un gesto gratuito e di autentica solidarietà che è giusto avvenga nelle condizioni più agevoli possibili per il donatore, per il personale sanitario e per l’azione in sé.

    Non è la prima volta che testimoniano la nostra vicinanza al nosocomio di Galatina e alla città in generale. Da anni i nostri volontari operano presso i reparti di Pediatria e Psichiatria attraverso quella forma di volontariato di corsia meglio conosciuta come clown terapia. Prevalentemente, nei week end, sino a prima della pandemia, i nostri volontari portavano i loro sorrisi ai piccoli pazienti pediatrici, cercando di smitizzare l’ambiente ospedaliero; così come presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura realizzavano dei piccoli laboratori artigianali, allo scopo di coinvolgere i pazienti nella realizzazione di piccoli oggetti per favorire l’integrazione e contribuire ad accrescere il senso di partecipazione sociale attiva. Inoltre, fedeli alla nostra mission legata alla umanizzazione degli spazi e degli ambienti di cura, lo scorso dicembre abbiamo donato all’Unità Operativa di Pediatria una ludo carrozzina a forma di cars allo scopo di rendere meno traumatica l’ospedalizzazione dei minori. Infine, sempre nel dicembre dello scorso anno, abbiamo donato un parco giochi inclusivo alla città, in piazzale Carrozzini, affinché il diritto al gioco del minore possa essere garantito senza distinzioni legate a eventuali deficit fisici. Ulteriore motivo di soddisfazione per noi, la collaborazione con gli amici del Gruppo Frates di Soleto, da molti anni vicini con diverse donazione alla nostra realtà associativa” sono queste le parole spese da Don Gianni Mattia, presidente di “cuore e mani aperte” Odv durante la mattinata.

    Franco Congedo, presidente della sezione di Soleto della Frates ha aggiunto “La sezione della Frates di Soleto è stata istituita nel 1983, oggi conta 620 soci di cui almeno 200 sono donatori effettivi e stimiamo una media di almeno 350 donazioni l’anno a cui si aggiungono numerose altre iniziative di solidarietà nell’ambito delle quali rientra la donazione odierna. A questa abbiamo aderito immediatamente altresì per la fratellanza che ci lega all’Associazione cuore e mani aperte, perché buona parte dei nostri donatori di sangue sono anche autisti della Bimbulanza”.

    In un periodo per noi operatori sanitari difficile, c’è chi fa apparire sempre un raggio di sole anche con un semplice Grazie per quello che facciamo. Poi c’è chi va oltre e decide con un grandissimo gesto di migliorare la nostra attività lavorativa quotidiana con un dono straordinario. Non ho parole per descrivere i sentimenti di gratitudine di tutto il personale sanitario per questa donazione” ha continuato il dottore Giacomo Bellomo.

    Concludendo il dottore Giuseppe De Maria, direttore sanitario del P.O. “Santa Caterina Novella” di Galatina ha dichiarato “La direzione medica dell’ospedale di Galatina ringrazia l’associazione cuore e mani aperte e la Frates di Soleto, il signor Franco Russo e Don Gianni, che sono venuti gentilmente questa mattina a presenziare alla cerimonia di consegna della saldatrice donata al Servizio Trasfusionale. Non è la prima volta che le Associazioni coadiuvano in maniera molto fattiva con la Asl. Il ringraziamento è a nome anche della Direzione Generale per la quale l’aiuto delle associazioni di volontariato e di tutto il Terzo Settore è stato determinante in questo periodo di crisi imprevista e che ha impattato in maniera molto violenta con le lentezze burocratiche. La cultura della donazione e gli ideali di solidarietà e di fratellanza propri della Frates sono fondanti e si potevano quasi toccare con mano questa mattina al Servizio Trasfusionale dove almeno un centinaio di pazienti e di donatori erano presenti in questa lieta occasione”.

     

    Per info consultare:

    -          il sito www.cuoreemaniaperte.it

    -          la Pagina Facebook Associazione cuore e mani OdV

     

    Riferimenti:

    Franco Russo, vicepresidente Ass.ne cuore e mani aperte OdV, 392 15 19 668

    info@cuoreemaniaperte.it

     

    Associazione cuore e mani OdV

     
    Di Antonio Mellone (del 05/11/2014 @ 12:35:29, in Necrologi, linkato 4243 volte)
    Condoglianze a Tonia, alle altre sorelle, al fratello, al resto dei parenti, e alla Parrocchia tutta di Noha
    Non avrei mai voluto scrivere queste righe, né Rita avrebbe mai voluto sentirle, attaccata com’era alla vita. Oggi, però, alla notizia della sua “partenza”, mentre più di una lacrima imperla i miei occhi, mi metto a vergare queste brevi note, così come mi vengono. Non posso e non voglio mancare all’appuntamento dell’ultimo saluto a questa donna nel modo che mi riesce più facile e al contempo difficile: scrivendo.  
    Nelle storie la scrittura arriva a fermare un piccolo residuo di quello che si sta perdendo, prima che si perda del tutto. E Rita, pur nella pochezza di queste mie parole, ha il diritto di rimanere impressa prima che su questi fogli nella mia, nella nostra memoria.
    Sapevo della sua malattia (“è andata così” – mi disse quando l’andai a salutare tempo fa, e io non seppi cosa risponderle). L’avevo intravista nel corso della festa di San Michele, a passeggio, sottobraccio all’inseparabile Tonia, sua sorella, che la sosteneva nel percorso: era debole, per via di quel male che non sta risparmiando nessuna famiglia salentina, anzi galatinese, nohana. Aveva un vistoso collare: le metastasi avevano purtroppo intaccato anche le ossa cervicali.
    E io la rivedo così, come un uccello spennato e spaurito nella gabbia dell’ospedale, protestando con lo sguardo l’estraneità a quel luogo.
    Eppure Rita non fumava, non beveva, conduceva una vita tutta casa e chiesa, tutt’altro che una vita spericolata. E’ che purtroppo in questa terra non stiamo più riuscendo a difenderci da un male tremendo (e da quell’altro che ci va quasi a braccetto: la rassegnazione).
    Ed io sono incavolato nero: ci stanno uccidendo in nome del profitto, con esalazioni di tutti i tipi, con cementifici trasformati in inceneritori di rifiuti, con impianti a biomasse e a cosiddetto biogas, con interramento in mezzo alle campagne di rifiuti tossici di ogni tipo, con mega-impianti di pseudo-compostaggio. E li lasciamo fare.
    *
    La Rita nostra era una ragazza eccezionale, sempre pronta, disponibile, generosa. E soprattutto quando faceva una cosa, la doveva fare per bene. Non più tardi di qualche mese fa, prima della scoperta della sua malattia, era lei che, dopo la messa serotina, passava da casa mia a fare delle iniezioni a mia madre (mia madre – che le somiglia in molti tratti - si è sempre fidata della scrupolosità, dell’accuratezza e del buon cuore della “Rita nostra”).
    Rita si è sempre prestata per ogni servigio: “Rita, ti dispiace andarmi a comprare il pane?”. E la Rita: “Pronta! Ti serve altro?”. Mai una mormorazione, uno sbuffo, un pensiero maligno, un pettegolezzo. E mai le è sfiorato il pensiero di “approfittarsi” di qualcosa o di qualcuno. Faceva tutto gratis et amore Dei.
    La cura, la diligenza, la meticolosità, la solerzia con cui faceva le cose Rita sono proverbiali. Anche e soprattutto in chiesa: quando era “passata” la Rita te ne accorgevi eccome: brillavano i pavimenti e tutto il resto. Non ti dico le tovaglie degli altari, i purificatoi, i corporali: candidi come la neve, lavati e stirati alla perfezione. Se c’era qualcosa che non andava, era pronta a salire sull’altare, davanti a tutti, per sistemarla, anzi per “nderizzarla” (raddrizzarla).
    *
    Era sempre lei, la Rita nostra, ad aprire le processioni con lo stendardo del suo san Luigi; la prima ad accorrere in aiuto del parroco, degli altri sacerdoti della parrocchia, e degli altri parrocchiani, per puro spirito di abnegazione (che nella chiesa cristiana chiamano Carità). Rita non era solo devota al suo Dio, alla sua Madre Santa, e agli altri santi, ma anche e soprattutto, come dice il Vangelo, ai suoi fratelli.     
    Mi piace pensarla ora nel Paradiso, che oggi sarà in festa per lei, accolta a braccia aperte da San Michele Arcangelo, dal suo San Luigi, dalla Madonna e dagli altri santi di cui pure era devotissima, pronti tutti insieme a presentarla “davanti al trono dell’Altissimo”.
    E se lassù qualcosa dovesse per caso trovarsi fuori posto, d’ora in poi ci penserà la Rita nostra a sistemarla a dovere. Anche la veste splendente di Gesù, da oggi, se possibile, sarà ancora più bianca, lavata e stirata alla perfezione, senza nemmeno l’ombra di un piccolo lembo sgualcito.
    Addio Rita, riposa in pace.
    Antonio Mellone

     

     
    Di Redazione (del 23/12/2023 @ 12:29:48, in Comunicato Stampa, linkato 185 volte)

    Una serata per devolvere fondi all’Associazione cuore e mani aperte - OdV, rendendo questa esperienza ancora più speciale. 
    Mercoledì 27 dicembre 2023 alle ore 21.00 presso il Teatro Cavallino Bianco Galatina "Luci di Natale II° Edizione" sarà uno spettacolo indimenticabile!  Una serata con tanti artisti tra cui Attilio Fontana, TYNA MARIA, Stelle Scadenti, ALTO & BASSO, CEDARTS - Centro Danza Arte Spettacolo, Desirè Balena e Gigi Garretta, Ramona Visconti e Roberto De Cruto.
    Organizzato da ROSA APS ETS con il patrocinio della Città di Galatina, Luci di Natale promette un’esperienza coinvolgente e tanto divertimento per tutta la famiglia. Il più bel regalo di Natale per te, per i tuoi cari e per tutti i piccoli e loro famiglie che hanno bisogno del nostro abbraccio più grande. 

    Per maggiori informazioni:
    Email: associazionerosaaps@gmail.com
    Infoline: +39 392 316 9667
    Biglietti: https://www.ciaotickets.com/

     ROSA APS ETS

     
    Di Albino Campa (del 02/03/2007 @ 12:16:29, in Racconti, linkato 3928 volte)
    "Ecco il racconto della Genesi di Noha, che secondo la "Cosmogonia" di Marcello D'Acquarica sarebbe nata dalle 'gocce di sudore di Dio', 'gocce di vita', allorchè, crea, proprio nel cuore del Salento, un giardino rigoglioso, degno dell'Eden: Noha, il paese bello anche quando fa brutto tempo."

    Genesi
    Dal primo racconto della Creazione.

    In principio Dio creò il cielo e la terra
    Così ha inizio il primo racconto della creazione del mondo riportato in “Genesi”, il primo dei cinque libri del “Pentateuco” dell’Antico Testamento.
    Dopo racconta come Dio fece ogni cosa e come portò a termine la Creazione: “Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio, nel settimo giorno…”.
    Continua dicendo che nel settimo giorno Dio si riposò, ma non venne riportato che per piantare il giardino in Eden, a Oriente, si accomodò, volgendo necessariamente le spalle al barbarico nord, in quel area che oggi si identifica nel nostro mar jonio, e più esattamente, in quello che sarebbe stato successivamente il Golfo di Taranto. Cosicché alla sua destra (essendo il Signore destro così come noi umani, fatti a Sua immagine),
    dove vi è ora la Calabria, durante la Creazione della Sua opera, lasciò cadere la maggior parte del Materiale che risultava in esubero. Alla Sua sinistra lasciò cadere un po’ di Materiale che riteneva potesse recuperare per eventuali lavori di aggiustamento. Così, magicamente, nacque il Salento.
    Sul racconto Biblico non è stato riportato neanche quanto di seguito Vi racconterò ma che può ritenersi altrettanto attendibile (si fa per dire):
    -durante la piantagione dell’Eden, forse mentre con la mano sinistra si toglieva il sudore dalla fronte, lasciò cadere sulla zona centrale di quello che sarebbe diventato il Salento, delle piccole “gocce di Vita”… sono queste le fondamenta di Noha.
    Infine, casualmente, vi volse anche lo sguardo e, con Sua stessa Immensa sorpresa, si accorse di aver Creato un altrettanto eccellente e meraviglioso Paradiso Terrestre. Ed esordì così:
    “ Ma cuarda bidi c’è ngraziatu! Quasi quasi mi lu tegnu de riserva”. E così fu! Lo tenne di riserva.
    Noi tutti sappiamo come prosegue il racconto Biblico… Adamo ed Eva disobbedirono alla Legge e per questo vennero cacciati dall’Eden, che, rimasto incustodito, finì per diventare quello che oggi è la terra d’Oriente martoriata da tanta discordia.
    Intanto nel Salento, e più esattamente in quel area che oggi possiamo identificare in Noha e dintorni, quelle piccole gocce di vita, proliferarono e si riprodussero aiutati dal Signore che, a Loro stessa protezione, concesse il Suo Arcangelo migliore: San Michele.
    Per tutti i secoli a seguire, gli uomini, le donne ed i bimbi di questo posto benedetto, sottomessi e devoti al loro Santo Protettore, vissero in pace ed armonia, coltivando la terra, costruendovi case e Masserie, due Chiese ed un Castello con tre torri, e nutrendosi di quello che la generosità della natura stessa offriva.
    Nel frattempo in Cielo era successo un gran “casino”: alcuni Angeli, servitori di Dio, si erano ribellati al Signore e Questi, per punizione li scacciò per sempre dal Cielo. Poveri Diavoli! Dove potevano andare? Alcuni di loro, si sa, trovarono rifugio sulla terra.
    Ovviamente questi Angeli disubbidienti, per non farsi riconoscere dalla gente comune, si trasformarono in altre forme viventi del Creato: alcuni in persone cattive, altri in animali delle più variate specie.
    E, come si suole dire: “quando il diavolo ci mette la coda”, uno di loro andò a finire proprio in un posto nei pressi di Noha, esattamente a due chilometri più a nord, dove praticamente, sorgerà la Galatina attuale.
    Quel angelo che purtroppo ci riguarda, si camuffò in civetta, all’apparenza un rispettabilissimo uccello notturno ma di fatto, per la sua vorace ingordigia, il peggiore di quei disperati cacciati dal Cielo.
    Le persone dei paesi intorno non si accorsero della sua presenza fino a quando, un bruttissimo giorno dell’anno 1811 (vd. La storia di Noha a pag.293), l’angelo disubbidiente travestito da civetta, cosi come fa il camaleonte per catturare le sue prede, si trasformò fulmineamente in Gazza Ladra (la Ciola), e come si addice all’istinto di tale uccello, fu attratta morbosamente dai gioielli dei Nohani ignari, che si ritrovarono ben presto poveri in canna e senza più né case né terre. Da allora e per sempre la rapace Civetta abusò di ogni Loro bene per il proprio insaziabile egoismo. Ai suoi seguaci, a causa della loro ingordigia, crebbero le "garze larghe"sotto cui nascondono i beni sottratti con l’inganno ai Nohani. Quello che la Civetta indiavolata non seppe mai sopprimere fu però la dignità di popolo indipendente che arde ancora forte nei cuori di tanti Nohani.

    Dedica:
    Affinché nella gente di Noha si risvegli l’orgoglio di “popolo” capace di gestire il proprio benessere. Così ha inizio il primo racconto della creazione del mondo riportato in “Genesi”, il primo dei cinque libri del “Pentateuco” dell’Antico Testamento.Dopo racconta come Dio fece ogni cosa e come portò a termine la Creazione: Continua dicendo che nel settimo giorno Dio si riposò, ma non venne riportato che per piantare il giardino in Eden, a Oriente, si accomodò, volgendo necessariamente le spalle al barbarico nord, in quel area che oggi si identifica nel nostro mar jonio, e più esattamente, in quello che sarebbe stato successivamente il Golfo di Taranto. Cosicché alla sua destra (essendo il Signore destro così come noi umani, fatti a Sua immagine), dove vi è ora la Calabria, durante la Creazione della Sua opera, lasciò cadere la maggior parte del Materiale che risultava in esubero. Alla Sua sinistra lasciò cadere un po’ di Materiale che riteneva potesse recuperare per eventuali lavori di aggiustamento. Così, magicamente, nacque il Salento.Sul racconto Biblico non è stato riportato neanche quanto di seguito Vi racconterò ma che può ritenersi altrettanto attendibile (si fa per dire):-durante la piantagione dell’Eden, forse mentre con la mano sinistra si toglieva il sudore dalla fronte, lasciò cadere sulla zona centrale di quello che sarebbe diventato il Salento, delle piccole “”… sono queste le fondamenta di Noha.Infine, casualmente, vi volse anche lo sguardo e, con Sua stessa Immensa sorpresa, si accorse di aver Creato un altrettanto eccellente e meraviglioso Paradiso Terrestre. Ed esordì così: E così fu! Lo tenne di riserva.Noi tutti sappiamo come prosegue il racconto Biblico… Adamo ed Eva disobbedirono alla Legge e per questo vennero cacciati dall’Eden, che, rimasto incustodito, finì per diventare quello che oggi è la terra d’Oriente martoriata da tanta discordia.Intanto nel Salento, e più esattamente in quel area che oggi possiamo identificare in Noha e dintorni, quelle piccole, proliferarono e si riprodussero aiutati dal Signore che, a Loro stessa protezione, concesse il Suo Arcangelo migliore: . Per tutti i secoli a seguire, gli uomini, le donne ed i bimbi di questo posto benedetto, sottomessi e devoti al loro Santo Protettore, vissero in pace ed armonia, coltivando la terra, costruendovi case e Masserie, due Chiese ed un Castello con tre torri, e nutrendosi di quello che la generosità della natura stessa offriva.Nel frattempo in Cielo era successo un gran “”: alcuni Angeli, servitori di Dio, si erano ribellati al Signore e Questi, per punizione li scacciò per sempre dal Cielo. Poveri Diavoli! Dove potevano andare? Alcuni di loro, si sa, trovarono rifugio sulla terra.Ovviamente questi Angeli disubbidienti, per non farsi riconoscere dalla gente comune, si trasformarono in altre forme viventi del Creato: alcuni in persone cattive, altri in animali delle più variate specie.E, come si suole dire: “”, uno di loro andò a finire proprio in un posto nei pressi di Noha, esattamente a due chilometri più a nord, dove praticamente, sorgerà la Galatina attuale.Quel angelo che purtroppo ci riguarda, si camuffò in civetta, all’apparenza un rispettabilissimo uccello notturno ma di fatto, per la sua vorace ingordigia, il peggiore di quei disperati cacciati dal Cielo.Le persone dei paesi intorno non si accorsero della sua presenza fino a quando, un bruttissimo giorno dell’anno 1811 (vd. La storia di Noha a pag.293), l’angelo disubbidiente travestito da civetta, cosi come fa il camaleonte per catturare le sue prede, si trasformò fulmineamente in Gazza Ladra (la Ciola), e come si addice all’istinto di tale uccello, fu attratta morbosamente dai gioielli dei Nohani ignari, che si ritrovarono ben presto poveri in canna e senza più né case né terre. Da allora e per sempre la rapace Civetta abusò di ogni Loro bene per il proprio insaziabile egoismo. Ai suoi seguaci, a causa della loro ingordigia, crebbero le "garze larghe"sotto cui nascondono i beni sottratti con l’inganno ai Nohani. Quello che la Civetta indiavolata non seppe mai sopprimere fu però la dignità di popolo indipendente che arde ancora forte nei cuori di tanti Nohani.Dedica:Affinché nella gente di Noha si risvegli l’orgoglio di “” capace di gestire il proprio benessere.

    Marcello D’Acquarica
     
    Di Redazione (del 28/08/2019 @ 12:16:12, in Comunicato Stampa, linkato 890 volte)

    I volontari del progetto “Monitor 6017” del Servizio Civile Universale del Comune di Galatina, in collaborazione con Virtus Basket Galatina, la Cooperativa Sociale “Polvere di Stelle” e l’associazione “FareAmbiente – Laboratorio di Galatina - Noha”, organizzano due giornate ecologiche, aventi come oggetto la bonifica di aree colpite dall’abbandono di rifiuti, che si terranno rispettivamente:

    • giovedì 29 agosto 2019, dalle ore 16.00, presso la zona del campus scolastico in Viale Don Tonino Bello e in Via Ovidio;
    • venerdì 6 settembre 2019, dalle ore 16.00, presso l’area del quartiere fieristico e in Via Trapani.

    L’evento nasce con l’obiettivo di educare ed accompagnare la comunità verso il rispetto e la tutela dell’ambiente e delle risorse naturali. È necessario, perciò, che tutte le azioni dei cittadini, dal più piccolo al più grande, affondino le radici nel senso civico e nel rispetto del bene pubblico.

    Chiunque volesse partecipare è invitato a presentarsi munito di guanti, sacchi semi-trasparenti e, possibilmente, di rastrelli.

    Insieme si potrà dimostrare che la cura e la tutela degli spazi della nostra città è un problema che abbiamo a cuore poiché se rispettati, protetti e valorizzati sono una ricchezza inestimabile per tutta la comunità. 

    Monitor 6017

     
    Di Antonio Mellone (del 26/11/2022 @ 12:10:19, in NohaBlog, linkato 891 volte)

    Ci siamo quasi. Voglio dire che a Noha procedono di buona lena i lavori di ristrutturazione di uno dei due marciapiedi di via Castello: il primo, lato palazzo baronale, fu terminato – buona parte a spese dei titolari di Nohasi - verso i primi del mese di maggio di quest’anno; il secondo, dirimpettaio, lo sarà a breve, anche stavolta grazie al maestro Chittani Giovanni (prima il cognome e poi il nome, come usavamo appellarci tra compagni di classe), e ai suoi bravi collaboratori: maestranze a chilometri zero, come si dice, ma note in urbe et in orbe, dunque a più ampio chilometraggio, per serietà, impegno e puntualità. 

    Sicché, molto probabilmente entro Natale potremmo percorrere, meglio se a piedi, il nostro Boulevard de Noha (da leggere in francese, con l’accento tonico sull’ultima sillaba), con compiaciuto amor di campanile, tra due file di grandi lampade in cima ai pali artistici in ghisa, la nuova pavimentazione non più sconnessa da svariati lustri di comunale sciatteria, e i teneri alberi d’ordinanza al posto dei vecchi pini domestici colpiti dalla sega (sciagurati, “davano fastidio ai camion” [sic]).

    Ma c’è un ma: ed è un neo in tutto ‘sto splendore, che continua a lasciare un certo amaro in bocca all’osservatore appena appena attento, ma assolutamente nulla al solito sbadato urbano che non vede, non sente, in compenso parla a vanvera. E non si tratta tanto dell’asfalto stradale che sarebbe appena il caso prima o poi di sostituire con un più decoroso basolato fino a comprenderne tutta piazza San Michele, nonché ovviamente via Aradeo e le altre strade del centro storico del paese (cose che avvengono da decenni non dico a Stoccolma o a Copenaghen, ovvero in alcune comunità del Trentino-Alto Adige o del Veneto, ma in numerosi altri comuni del Salento, frazioni incluse).

    Dicevo: il neo, cioè il cruccio che a tratti diventa sconforto se non proprio tormento incazzatura & depressione, sta nel fatto che il famoso villaggio di casette in miniatura edificato all’inizio del secolo XX sulla terrazza di uno degli antichi alloggi un tempo di pertinenza del maniero nohano, parlo del caseggiato artistico meglio noto come Le Casiceddhre, sta cadendo a stozzi, sgretolandosi sotto il bombardamento nucleare dell'insipenza e dell'ottusita molto comuni in queste lande, in uno col paraculismo di cui soffrono o forse godono alcuni esponenti della classe padronale indigena detentrice di codesti peculiari pezzi d’antiquariato trattati come pezza da piedi [vorrei ricordare che il manufatto de quo non è l’unico capolavoro architettonico di pertinenza della nostra piccola patria abbandonato al proprio ineluttabile destino: ché anzi Noha, anche da questo punto di vista, è una discarica a cielo aperto, ndr.].  

    E non starò qui a confutare per l’ennesima volta la scemenza massima incautamente definita “proposta” dai novelli dadaisti, vale a dire quella della traslazione di codeste pietre scolpite e parlanti alla volta di un qualche museo: le Casiceddhre non sono cose (anzi case) da museo o da piedistallo, né normali soprammobili, men che meno una collezione di icone, ma un deposito di memoria culturale, uno dei simboli dell’identità nohana (stavo per scrivere Dignità, con la maiuscola, ma poi mi è venuto un crampo alle falangi). Ergo fuori contesto non avrebbero nulla da dire, e si dimetterebbero all’istante dal loro ruolo di monumento, di sito locale di interesse comunitario, e di emblema del Genius Loci casalingo.

    Ora, è vero che la storia delle Casiceddhre non è in cima alle priorità dell’agenda Draghi, pardon Vergine, ma sarebbe d’uopo che il nostro sindaco intervenisse in qualche modo per dimostrare di avere a cuore persino quistioni annose come questa. Non stiamo mica chiedendo che metta mano al portafoglio delle finanze pubbliche (che, si sa, hanno più grane che grana) per un chimerico restauro, non previsto oltretutto per un bene culturale “privato”; ma soltanto che osasse provare a infrangere un tabù: quello di conferire con la proprietà del suddetto micro-complesso, tentando di spiegarle da un lato quanto sia importante la difesa delle eredità iconiche di un luogo, e quanto queste, se tutelate, contribuiscano a rendere l’ambiente cittadino più prezioso e civile; e dall’altro che gli oneri del restauro di quel che rimane di queste benedette sculture non sarebbero a carico del disponente, ma del gruppo di visionari che, loro sì incrollabili, sognano di salvare il salvabile.

    Impresa titanica, lo sappiamo bene, tanto che sul tema sono in tanti (ma non tutti) ad aver gettato la spugna e da tempo. Ma magari il novello primo cittadino potrebbe pure farcela ricorrendo alle sue doti manageriali, all’innata leadership, all’ormai proverbiale ars oratoria e, con il permesso di Kant, alla dialettica trascendentale.

    Oppure, senza permesso, al dialetto.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 15/03/2013 @ 12:00:39, in Cronaca, linkato 3376 volte)

    Il canile di Noha è tristemente conosciuto da anni per la crudeltà con cui sono stati trattati i suoi piccoli ospiti. Nel 2000, infatti, per “evitare l’inquinamento acustico”, gran parte degli ospiti del canile fu trattata in modo indegno e orribile: furono infatti recise le loro corde vocali con un elettrobisturi. Questo vuol dire che, quando i cani tentavano di abbaiare, dalla loro bocca non usciva alcun suono.

    Il canile non ha più i 200 ospiti che erano presenti al momento della feroce operazione, ed è ancora sotto sequestro.

    Il caso all’epoca fece molto scalpore, e nel 2001 il titolare del canile, come affermava Geapress in un articolo del 2010, “fu destinatario di un decreto penale di condanna per maltrattamento di animali. A quella data c’era solo l’articolo 727CP che puniva il maltrattamento di animali, niente carcere e multe irrisorie“.

    Tuttavia restano lì ancora 13 cani, angeli senza colpe, molti dei quali sono anziani e non hanno mai visto qualcosa di neanche lontanamente assimilabile al concetto di ‘vita’. Infatti si legge dal video realizzato dai volontari che gli ultimi 13 superstiti non escono mai dalla loro cella buia e non vi sono aree di sgambamento, e che non sono ammessi nella struttura volontari e veterinari. Inoltre, ricorda il video, non hanno più voce per l’abuso subito alle corde vocali, continuando così ogni giorno a vivere l’atroce tragedia a cui sono stati sottoposti anni fa.

    Per questo motivo le volontarie lanciano un disperato appello per l’adozione di queste 13 vite innocenti. Affermano infatti:

    I cani, vittime delle atrocità umane, meritano un riscatto. Sarebbe dunque un’adozione del cuore, un modo per dimostrare ancor di più il proprio amore per gli animali.

    Nel caso in cui qualcuno di voi volesse fare qualcosa per questi cani ma non può adottarne uno, può rendersi comunque utile e diventare una mamma e un papà a distanza: si possono infatti tirare fuori di lì i cani che versano in condizioni disperate e che non possono attendere ancora, e li si affida a cure veterinarie e a pensioni confortevoli, in attesa che il piccolo in questione venga adottato definitivamente. Il progetto che organizza queste adozioni a distanza si chiama P.A.C.A.V. (Progetto Aiuta un Cane A Vivere) e chiede un impegno minimo mensile di 5 euro a un massimo deciso dalle possibilità di chi offre il proprio aiuto, protratto fino ad adozione del cane in difficoltà. L’Associazione P.A.C.A.V. ha anche una pagina Facebook che si può visitare cliccando qui. Gli adottanti a distanza, entrando in contatto con P.A.C.A.V. su Facebook, potranno avere notizie sui ‘figlioletti pelosi adottivi’ con notizie, eventuali referti medici e fotografie. Avranno inoltre un certificato di adozione a distanza.

    Dal 2013 l’Associazione P.A.C.A.V. è ufficialmente Onlus, quindi le donazioni sono deducibili dalle tasse.

    Per info su come donare, cliccate qui.

    Gli angeli rimasti nel canile di Noha li potete vedere in questo video che alleghiamo all’articolo e che è visionabile anche su Youtube a questo link. I volontari di P.A.C.A.V. affermano che il video è stato girato alcune settimane fa, quando i cani erano ancora 39.

    Per chiedere info alle volontarie che hanno realizzato questo video, si può scrivere ai seguenti indirizzi e-mail: oraassociazione@gmail.com; paolarollo271959@libero.it; claudiafus@gmail.com.

    Nel video, inoltre, si trovano anche i numeri telefonici di riferimento dei volontari in questione. A ognuno di questi riferimenti è possibile chiedere info sia per le adozioni in famiglia che a distanza. Buona fortuna ai piccoli e ai loro nuovi amici di buon cuore!

     

    fonte: Attualissimo.it

     
    Di Albino Campa (del 07/09/2012 @ 12:00:00, in I Beni Culturali, linkato 3941 volte)

    "E’ da questa mattina che ti vedo sbuffare e borbottare … 'cce sta 'tte succede?" - disse il nonno al giovane nipote che, dalle prime luci dell’alba, lo stava aiutando nel sistemare i tralci e nell’estirpare le erbacce per preparare il vigneto all’ormai prossima vendemmia.

    "Mi sono stancato e non mi piace lavorare!" - fu la lamentosa risposta del ragazzo.

    "Aaahhh …. ma lavorare è necessario" - disse il nonno che, con la schiena china, proseguiva a legare i tralci ai fili passanti tra le viti - "’Nnu sulu pe’ tie stessu, per vivere, ma anche per gli altri. Immagina tie cosa accadrebbe se, d’un tratto, tutti smettessero di lavorare. Il mondo si fermerebbe! Non solo non si andrebbe avanti, ma anche tutto quello che nel passato è stato realizzato non durerebbe a lungo e alla lunga andrebbe distrutto".

    Il nipote per nulla convinto ribattè prontamente – "Ma io non dico che gli altri non debbano lavorare … solo io … e da grande vorrei trovare un modo per far soldi velocemente e senza fatica".

    Il nonno si fermò, rizzò la stanca schiena e lo guardò a lungo, intensamente – "Sai … tantu tiempu fà conoscevo uno che aveva come unica fissa intra la vita quello di guadagnare soldi in modo facile, senza cu se li suda e senza alcun impegno. Uno a cui la fatia puzzava, come ora accade a te, solo che …".

    Il nipote con tono interessato interruppe il nonno chiedendo – "E ci riuscì? Dimmi nonno! … Dopo tutto non sono l’unico ad aver questo desiderio?".

    Il nonno con un saggio sorriso che gli attraversava il viso disse – "Se hai pazienza, e mentre mi continuerai ad aiutare in quello che siamo venuti a fare, te cuntu la storia, così accontenterò la tua curiosità".

    Così tra un tralcio da legare e un fascio d’erba da estirpare …

    Tanto tempo fa viveva nel nostro Casale un uomo il cui unico impegno durante il giorno era quello di alleggerire le tasche dei propri compaesani, con ogni possibile stratagemma, ingannando la loro buona fede e approfittando del loro buon cuore. Se questo era quello che faceva durante il giorno, la notte la impiegava a pianificare ogni possibile sotterfuggio e furbizia da mettere in atto per il giorno successivo. Di trovare un onesto lavoro non ne aveva mai avuto voglia. La moglie, che non ne poteva più di quella malsana dedizione del marito, lo aveva da tempo lasciato ed era tornata a casa dei suoi genitori, dopo che un giorno approfittando dell’assenza di lei, quel malandrino aveva venduto tutta la dote ad un mercante di passaggio, lesto nel fiutare il buon affare.

    Cosa facesse di tutto quel denaro che gli entrava in tasca nessuno lo sapeva. Non si vedeva nelle osterie a bere un bicchiere di vino e, raramente, compariva nelle botteghe del paese a comprare qualcosa. Anzi, quando ciò accadeva, si dilungava in tali e tanti mercanteggiamenti sul prezzo che i bottegai restavano ogni volta sfiniti e speravano che si tenesse lontano dai loro affari.

    Ma come spesso accade, così come nel mondo, a ben pensare, non c’è limite alla bontà, anche per la malevole furbizia vi è una scala infinita che conduce verso il basso e, per quanto uno cerchi di esser cattivo, prima o poi, qualcuno più maleintenzionato lo si incontra sempre.

    Un bel giorno nel paese comparve uno strano individuo, vestito come un indiano e con un turbante in testa. Affermava di essere un indovino, capace di prevedere il futuro e soprattutto di dispensare ottimi consigli che, se seguiti alla lettera, potevano far diventare chiunque molto molto ricco. Questo era quello che si poteva leggere su di un grande e sbiadito cartello posto all’esterno della sua tenda.

    Incuriosito da quanto si raccontava di questo personaggio nei crocicchi per le strade, e mosso da questa sete insaziabile per i soldi, l’uomo decise infine di andarlo a trovare per interrogarlo. La domanda che gli pose non poteva che esser la seguente – "Dimmi cosa devo fare per diventare ricco … ancora più ricco …. ma, sia ben inteso, senza che sia necessario lavorare!".

    L’indovino rimase in silenzio a lungo, tanto che l’uomo pensò che si fosse addormantato e stava per alzarsi e andarsene quando, infine parlò – "Quello che mi chiedi è possibile, ma richiede un enorme sacrificio che nessuno sino ad oggi è stato in grado di portare a compimento. Ascoltami bene!

    Devi procurarti un neonato e lo devi portare con te nel punto più in alto di questo paese. Lì sollevandolo in alto dovrai invocare il diavolo affinché moltiplichi all’infinito quanto tu ora possiedi e ti indichi la via e il luogo per trovare nuovi e più ricchi tesori. Dovrai poi tornare a casa, recando con te il piccolo e, dinanzi ai tuoi risparmi dovrai ripetere la stessa invocazione. Non dovrai nuovamente toccare i tuoi soldi, lascia la tua casa senza rimettere a posto le tue cose. La porta deve restare aperta, per consentire al demonio di farvi ritorno al termine del rito affinché ti possa render ricco come tu desideri. Torna sul punto più in alto e, dopo aver nuovamente chiamato a gran voce il diavolo affinché ti sia da testimone delle tue intenzioni, devi sacrificare il neonato. Solo allora l’oscuro angelo caduto ti mostrerà il luogo dove potrai trovare infinite ricchezze. Ascolta! ti voglio avvertire … sino ad oggi nessuno è ancora riuscito nell’impresa e, devi sapere, il diavolo è un padrone molto esigente. Guai a disturbarlo invano!".

    Nonostante l’odiosità dell’atto richiesto, l’uomo per la prima volta nella sua vita sembrò veramente felice. Pagò il dovuto senza contrattare sul prezzo e andò via con l’unica preoccupazione di poter trovare un neonato che facesse al caso suo, quanto prima possibile.

    Preoccupazione ben fondata. In effetti la sua nomea per il Casale era tale che mai nessuno, neanche il più sprovveduto, gli avrebbe affidato un bambino, figurarsi un neonato. Così ogni notte, dopo aver invano gironzolato alla cerca per tutto il giorno, andava sul tetto di una vecchia masseria posta sul punto più alto del paese e lì passava ore ed ore ad immaginarsi straricco, circondato di servitori, temuto e rispettato da tutti … salvo cadere un attimo dopo in depressione perché non riusciva a mettere in atto il folle gesto.

    Andò avanti in questo modo per diverso tempo e, quando ormai sembrava che avesse perso ogni speranza, un bel giorno si accampò al limitare del paese una carovana di nomadi molto poveri e, tra questi, una famiglia con un neonato ricoperto con sfilacciati e sporchi panni.

    Dopo aver pensato e ripensato, si decise ad avvicinare il capofamiglia con una scusa. Si presentò come un uomo timorato di Dio, colpito di recente da un tremendo lutto: la perdita del proprio figliolo pochi giorni dopo la sua nascita. Disse che sua moglie passava le giornate piangendo e che avrebbe voluto tanto adottare uno dei loro tanti figlioli, il più piccolo. L’avrebbero cresciuto come se fosse stato da sempre loro e non gli sarebbe mancato nulla. Queste parole fintamente piagnucolanti furono accompagnate dal tintinnare del denaro posto in una sacchetta legata alla cintola. Il povero capofamiglia fissò lungamente negli occhi l’uomo, quasi a volersi sincerare delle sue intenzioni, infine si voltò e andò a parlare con la moglie. Si discusse a lungo finchè, dopo tante rassicurazioni, pianti, preghiere, raccomandazioni, l’uomo ottenne quel che da giorni cercava; finalmente era entrato in possesso di un neonato.

    La discussione si era protatta a lungo e ormai il sole era tramontato e all’orizzonte un’alta muraglia di nuovole nere cariche di pioggia si avvicinava velocamente sospinta dal vento. Pensò di non perder tempo e, stando ben attento a non farsi vedere da alcuno, con il neonato ben infagottato che placidamente e ignaro dormiva si avviò verso la masseria. Attese nascosto all’interno che la notte diventasse ancora più buia. Le nubi avevano ormai oscurato la luna e un sordo rumore di tuoni si udiva in lontanza. Salitò sul punto più alto dell’edificio, iniziò a pronunciare le parole che gli erano state insegnate dall’indovino. Tra folate di vento e brevi raffiche di pioggia andò poi dritto di filato a casa e, tolti i risparmi dal nascondiglio in cui li teneva solitamente riposti, ripetè le malvagge parole. Senza nuovamente toccare il denaro, né altro oggetto presente in casa come gli aveva prescritto l’indovino, uscì di corsa e si diresse nuovamente verso la masseria per compiere l’atto finale. Tuoni e lampi si alternavano nel cielo e la pioggia, dapprima timidamente, iniziò a cadere incensantemente. Il vento si era trasformato in tempesta e tra le fronde degli alberi ondulanti faceva sentire la sua forte voce. Pareva quasi che tutti i diavoli presenti sulla terra e sotto terra si fossero dati appuntamento in quel luogo. Ma l’uomo, per nulla timoroso, rideva. Rideva ormai a voce alta. Sentiva finalmente che quanto da tempo agognato, quella notte sarebbe finalmente accaduto. Arrivò a pensare che, con tutte le ricchezze che avrebbe posseduto, anche lo stesso diavolo si sarebbe dovuto inchinare al suo cospetto. Avrebbe conquistato la vita eterna.

    Ormai immerso in questo delirio, attraversò lo sgangherato portone della masseria, percorse velocemente le buie stanze illuminate ad intermittenza dalle saette dei fulmini, salì velocemente le scale, arrivò sull’ultimo pianerottolo e … tutto divenne improvvisamente buio.

    Era ormai mattina inoltrata quando riaprì gli occhi trovandosi disteso per terra, con i vestiti bagnati per la pioggia e con la testa dolorante. Ma cosa era successo? Che avesse compiuto qualche errore nel rito? Che il diavolo avesse ascoltato i suoi pensieri e lo avesse punito? Ma, soprattutto, dove era finito il neonato?

    Iniziò a disperarsi e ad invocare il diavolo convinto di averla fatta grossa chiedendo il suo perdono. Ma niente, nessun segno di alcun genere gli giungeva. Alla fine, piegato dal dolore e dallo scoramento, si decise a tornare a casa. Alla peggio gli rimanevano comunque i suoi cospicui risparmi e alla prima occasione avrebbe nuovamente tentato, sperando in un perdono del diavolo.

    Ma giunto dinanzi a casa, nel vedere la porta aperta come lui l’aveva lasciata, uno strano presentimento lo fece intimamente, ancorpiù che fisicamente, traballare. Corse in casa, si diresse verso lo sgabuzzino e, dove la sera prima aveva lasciato in bella vista la sacca con i suoi risparmi … niente!

    Stramazzò per terra e un improvviso pensiero gli attraversò la testa. "Quegli occhi, quegli occhi … ora ricordo … maledetto indovino!". L’uomo aveva infine capito di esser stato raggirato. Quello che si era presentato come il povero capofamiglia e l’indovino, incontrato nei giorni precedenti, altri non erano che la stessa persona. Non era stato il diavolo a colpirlo in testa, bensì qualcuno ben appostato al buio, che non si era fatto scrupolo di mettere in pericolo un neonato pur di compiere la sua malefatta. Lui il più furbo, lui il più cattivo, lui quello senza scrupoli … era stato raggirato da qualcuno peggio di lui.

    Il delirio di onnipotenza della sera prima si trasformò ben presto in follia. Lo si vedeva girare per le strade e per i paesi vicini, urlando maledizioni e fermando chiunque gli fosse a tiro chiedendo che se avessero visto la carovana dei nomadi. Ma non ottenne alcuna notizia utile. Pareva esser sparita nel nulla e con essa anche il suo denaro.

    Le notti saliva sul tetto della masseria e lo si poteva sentire urlare al cielo minacce o vederlo piagnucolante in ginocchio invocare il perdono del diavolo. Così passò il resto della sua vita, affogato nel suo insano dolore e via via sempre più smagrito. Finché, un giorno, di lui non si ebbero più notizie.

    Ancora oggi se si passa nei pressi dell’antica masseria nelle notti di tempesta, tra i mugugni del vento si può udire la sua malvaggia voce e una strana ombra gesticolante aggirarsi per il tetto.

    Il nonno pose con fare protettivo il suo braccio sulle spalle del nipote e tirandolo amorevolmente a se disse - "Hai sentito a cosa può condurre un uomo la fame insaziabile per il denaro? E’ giusto aspirare ad una vita migliore, e dare il meglio di se stessi per poterla ottenere, ma senza calpestare e ferire gli altri, e senza annullare la propria coscienza".

    I due rimasero a lungo in silenzio. Infine il nonno riprese a parlare - "Dimmi, cosa intendi fare ora?".

    "Abbiamo un vigneto da sistemare, bene e presto" - rispose il giovane. "Al lavoro, che la vendemmia è prossima e deve essere tutto pronto per quel giorno".

    _______________

    Ogni paese, ogni antico luogo tramanda storie di tesori nascosti, di "acchiature". Storie solitamente condite con riti satanici, o presunti tali, di ostie consacrate date da mangiare ad animali, di sacrifici, di tentati raggiri al diavolo e di sicure punizioni divine.

    A Noha tempo addietro mi era stata accennata una storia di questo tipo riguardante Masseria Colabaldi e che mi è stata di ispirazione nello scrivere questo racconto.

    La Masseria è sorta nel '500; sul portale è infatti riportata la data del 1595.

    Ma il sito si ritiene sia stato frequentato in età ancor più antica, forse già ai tempi dei romani. Questi avrebbero costruito una torre di avvistamento, successivamente utilizzata dai monaci basiliani che la adattarono a convento e che costruirono la Chiesa di San Teodoro, ora inglobata all’interno della struttura rurale.

    Come tutte le antiche masserie del Salento, il sito è indubbiamente suggestivo, tanto che negli anni scorsi le associazioni cittadine e gli abitanti di Noha hanno realizzato all’interno un bellissimo presepe vivente.

    La struttura è di proprietà privata e l’area in cui si trova prevede la costruzione di edifici di edilizia residenziale. C’è da sperare che il contesto non venga stravolto e che si prendano tutti gli accorgimenti necessari per limitare l’impatto ambientale e visivo sulla zona. Quanto la struttura possa essere in futuro, come in passato, nella disponibilità delle iniziative della collettiva di questo piccolo ma attivo centro salentino, resta tutto da capire.

    di Massimo Negro

     
    Di Redazione (del 10/08/2014 @ 11:59:49, in Necrologi, linkato 2586 volte)

    Da oggi non è più con noi Paola Congedo (vedova Miri). Aveva 87 anni la signora Paola, lucidissima ed attivissima fino a pochi mesi fa. La ricordiamo come una persona buona, gentile, e sempre sorridente. Non mancava mai ad una processione solenne, dove partecipava indossando, insieme alle altre socie, lo scapolare rosso dell'Apostolato della Preghiera (associazione religiosa meglio nota come "Il cuore di Gesù").
    Ai figli, gli altri parenti ed agli amici della famiglia Miri-Congedo giungano le condoglianze affettuose da parte della redazione di Noha.it.

     

    Ancora un appuntamento per la promozione del “Concorso fotografico di beneficenza “Vecchi e Antichi Mestieri”, per l'acquisto di un'ambulanza attrezzata per il trasporto di bambini. Dopo la presentazione della scorsa settimana presso l'Ipercoop di Surbo, è la volta di Galatina.

    Domenica 6 febbraio, infatti, in Piazza San Pietro a Galatina, dalle ore 10.30 con fino alle 13.30, “l'A.E.C.”, insieme all’associazione “Il Popolo di Galatina” promuoverà l'iniziativa benefica in favore dellacuore e mani aperte Onlus” di Don Gianni Mattia che si prefigge il compito di raccogliere dei fondi per l'acquisto di una bimbulanza.

    “Abbiamo pensato di coinvolgere i bimbi e sensibilizzare le famiglie per questa importante iniziativa – dicono dalle due associazioni – per questo motivo abbiamo invitato la compagnia dei volontari clown dell’associazione “cuore e mani aperte – Onlus” che animeranno e rallegreranno la giornata con simpatiche gag, palloncini colorati ed il trucca-bimbi. Inoltre – continuano i responsabili – daremo maggiori informazioni sul progetto di acquisto di una Bimbulanza, una vera e propria ambulanza attrezzata per rendere meno traumatico il viaggio dei bambini bisognosi di cure verso gli ospedali. Inoltre promuoveremo il nuovo concorso fotografico che ci permetterà anche di fare un viaggio tra i mestieri antichi e riscoprire vecchie tradizioni”.

    Un modo positivo, come è di consuetudine delle due associazioni, per stare insieme, fare del bene ed andare alla scoperta delle nostre radici. Appuntamento a domenica.

    Galatina, 2 febbraio 2011

     

    Valentina Castorina

    Vice Presidente AEC per la Regione Puglia

    Presidente AEC per la Provincia Lecce

     

    Noel Alberto Vergine

    Ass. “Il Popolo di Galatina”

    Presidente

     

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 12/12/2020 @ 11:53:17, in Comunicato Stampa, linkato 1042 volte)

    “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.” C. Pavese – La luna e i falò –

    Il senso di appartenenza espresso da Cesare Pavese nel “La luna e i falò”, è chiaro: se nel paese, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo è doveroso prendertene cura. Anche perché è l’immagine con cui ti presenti al mondo intero. Quindi decoro e sobrietà dovrebbero essere una questione morale prima ancora che civile.

    Se osserviamo la mappa di Noha e la confrontiamo con quella disegnata nel 1948, ci colpisce la sua dimensione triplicata.

    Ma i fattori che ne determinano la sua particolarità, il valore aggiunto che la differenzia da qualsiasi altro paese, non sono le migliaia di metri quadrati di case e di strade, anche quelle, ma soprattutto le sue testimonianze storiche. Sempre le stesse. Quelle racchiuse nel sogno di chi evidentemente si ostina a crederci.

    Ogni tanto, per vari motivi mi capita di fare un giro al cimitero di Noha, giusto per salutare le persone alle quali mi piacerebbe raccontare ancora qualcosa. Una di queste è mastro Cosimo Mariano (l'artefice delle Casiceddhre). Se mi potesse ascoltare gli direi di non volercene per come stiamo trattando queste bellissime opere sue che resistono ancora come partigiani coraggiosi al piccone del tempo ma vieppiù al vento sinistro dell'insipienza e dell'ottusità dell'uomo.

    Purtroppo, in occasione della ristrutturazione di casa (cioè di mastro Cosimo), sono andati persi anche i disegni che rappresentavano alcuni dettagli architettonici delle sue creature.

    Non occorre essere dei tecnici per capire che nelle immagini dei disegni (coperti purtroppo dalle vernici della ristrutturazione), c’era tutta la sua genialità, la sua competenza, e l’amore per il bello nonostante fosse un semplice contadino (o forse proprio per questo): mastro Cosimino sapeva progettare e costruire molto meglio di tanti nostri super studi di ingegneria e di architettura moderna.

    Da quando Mastro Cosimo le ha costruite, sono trascorse almeno cinque generazioni. Si è scritto e parlato e se ne parla e se ne parlerà ancora per chissà quanto altro tempo: è sufficiente battere sulla tastiera di internet la parola “Casiceddhre” per scoprire una sfilza interminabile di notizie, articoli, documentari, trasmissioni televisive, libri, eventi e racconti in quantità tali da essere seconde, in loco, solo alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, sì, esattamente così, lo dice e lo scrive nientemeno che il FAI, ne “I Luoghi del cuore - Il censimento dei luoghi italiani da non dimenticare”.

    Insomma, le Casiceddhre di Noha sono conosciute in tutto il mondo.

    Tutti noi le abbiamo sognate e ammirate, da piccoli con storie di nani e Sciacuddhri, principesse e fate, e da grandi per la maestria dei dettagli, noi che abbiamo avuto la fortuna di vederle da vicino siamo rimasti come affascinati da tanta grazia.

    Eppure eccoci ancora qui a far sentire la nostra voce a chi da un orecchio, anzi da entrambi, non vuol sentire, e far vedere i fatti a chi da un occhio, anzi da entrambi, non vuol vedere.

    Oltre alla raccolta firme per farle classificare dal FAI, sono stati presentati progetti sottoscritti da professionisti con competenze e buona volontà, pronti ad accollarsi tutti i costi per la loro tutela, incluso il tempo per le connesse attività burocratiche. La risposta purtroppo è quella che è, ed è sotto gli occhi di tutti.

    Marcello D'Acquarica

     

    I consiglieri comunali Marcello Amante, Emanuele Mariano, Loredana Tundo, Sandra Antonica e Anna Antonica hanno appena presentato un’interrogazione consigliare con oggetto “Interventi presso l’impianto sportivo Pre-Campo in via Chieti con pulizia dell’area di gioco e presso il Pippi Specchia”.

    Premettendo che l’impianto sportivo Pre-Campo in via Chieti è stato oggetto di un finanziamento per un intervento di ristrutturazione del terreno di gioco di 459 mila euro aggiudicato dalla società Tekno Engineerign srl, con RUP Geometra Daniele Grappa, in data 10 agosto 2022, sul profilo facebook dell’associazione ASD Galatina Calcio compare un post con il quale si annunciava l’inizio dei lavori al pre-campo e si preannunciavano i lavori per la sistemazione del Pippi Specchia. Tuttavia, non risultano pubblicati atti che danno avvio a lavori di pulizia o di affidamento del cantiere per l’avvio dei lavori stessi.

    Considerando che i luoghi di aggregazione e inclusione per lo svolgimento delle attività sportive sono a cuore di ognuno di noi, ci preme sottolineare che le note vicende che hanno attraversato il mondo del calcio galatinese richiedono la massima attenzione e trasparenza. Il post in questione, dopo qualche ora, veniva rimosso e il cantiere per tali lavori non risulta ancora partito.

    La nostra interrogazione nello specifico è qui posta:

    1. Se è stato fatto atto di determina per l’affidamento dei lavori di pulizia del pre-campo e da chi sono stati eseguiti i lavori che si vedono nelle foto e se i relativi costi sono stati sostenuti dall’Amministrazione comunale o da chi altri e a che titolo;
    2. Se è stato fatto il verbale di inizio lavori da parte del RUP;
    3. Nel caso non sia stato redatto verbale di consegna del cantiere, le tempistiche che sono previste.
    4. Se e quali lavori sono previsti per lo stadio “Pippi Specchia”, a carico di chi e se tali lavori sono stati preventivamente concordati con l’amministrazione comunale.

    Download PDF

    I consiglieri comunali

    Marcello Amante

    Emanuele Mariano

    Loredana Tundo

    Sandra Antonica

    Anna Antonica

     
    Di Redazione (del 29/08/2019 @ 11:50:02, in Comunicato Stampa, linkato 993 volte)

    E’ già tempo di svelarsi: almeno nella presentazione di tutti gli attori che rappresenteranno a livello nazionale il grande volley galatinese col marchio di fabbrica OLIMPIA SBV GALATINA.

    E così sarà, sabato 31 agostoalle ore 21:30. Negli impianti sportivi adiacenti il PalaPanico, nel cuore dello spettacolo d’intrattenimento di BAR ITALIA, organizzato dall’Associazione di volontariato “AMICI DELLA MADONNINA”, verrà presentata la rosa dei giocatori, lo staff tecnico, l’equipe medico-sanitaria e tutto l’organico societario di Efficienza Energia.

    Non sarà solo una doverosa passerella per testare il primo impatto squadra-tifosi, la cui conoscenza de visu è trainante per tutto il contesto sportivo e non solo, ma anche un messaggio di stimolo  per tutto l’ambiente cittadino, politico ed imprenditoriale compresi.

    L’enorme impegno economico-organizzativo che per il quarto anno consecutivo viene messo in campo, dà una rilevante visibilità nazionale al volley galatinese e alla nostra città. Specularmente proietta il nostro territorio in una fascia d’interesse turistico-culturale di livello che, intrecciandosi con i patrimoni artistici e le attività artigianali, fa rete con tutti i settori operativi della vita civile.

    Un grande impegno quindi per OLIMPIA SBV che ha profuso enormi risorse costruendo, sotto l’attenta regia del DG Stefanelli, un roster di alta qualità. Sarà l’occasione per tutti di conoscere gli atleti nuovi arrivati che si aggregheranno ai riconfermati Marco Lotito, Giuseppe Apollonio, Francesco Pierri, Santo Buracci e Donato Musardo.

    Il palco ospiterà i palleggiatori Gabriele Parisi ed Asclepio Nicolazzo, i centrali Mirko Torsello, Mattia Lezzi e Francesco Tundo, i laterali ricettori Ferdinando Lentini e Domenico Maiorana, l’opposto Riccardo De Lorentis.

    La struttura organizzativa societaria sarà in prima fila, rappresentata dal presidente Luigi Santoro, dal suo vice Francesco Liguori, dal team manager Francesco Stefanelli, dai dirigenti Katia Santoro, Antonello Apollonio, Pierluigi Mangia, Vincenzo Liguori e dal responsabile della comunicazione Piero de Lorentis che ripartirà il suo impegno anche sul fronte S.B.V.

    Anche lo staff medico-sanitario rinnova la sua formazione con alla guida il medico sociale Antonio Palumbo e il fisioterapista Danilo Franco, mentre per ciò che attiene alla preparazione fisica degli atleti il compito è affidato a Graziano Russo quale responsabile dell’Area Fitness e ad Andrea Blasi per la preparazione atletica.

    La conduzione tecnica naturalmente è affidata al riconfermato mister Giovanni Stomeo e al suo secondo Antonio Bray che, in tempo reale, si avvarranno dei dati rilevati durante le gare dallo scoutman Antonello Sarubbi.

    Una scacchiera quasi completa in tutti i suoi pezzi (mancherebbe un quarto laterale ?!?)  che certamente offrirà all’allenatore strategie per utilizzare al meglio il potenziale a disposizione e raggiungere l’obiettivo prefissato.

     

    AREA COMUNICAZIONE

    EFFICIENZA ENERGIA GAS & POWER

    GALATINA

     
    Di Antonio Mariano (del 08/01/2015 @ 11:41:57, in Fidas, linkato 2334 volte)

    Qualcuno penserà: “che c’è di strano ad avere i botti a Capodanno?” Nulla di strano infatti, ma se a far rumore non sono i botti ma IL BOT-TO, c’è da chiedersi “cosa sarà mai successo nella sezione di Noha?”
    Nel 2002 fece già rumore quando raggiungemmo il tra-guardo delle 300 donazioni. Ci sembravano veramente tante, ma già l’anno dopo avevamo fissato l’obbiettivo per le 400 che più volte abbiamo sfiorato, ma quel muro non siamo mai riusciti a sfondarlo.
    Così, anno dopo anno, siamo cresciuti, un poco alla volta, ogni anno qualche donazione in più e domenica 28 Dicembre grazie alla presenza di 33 donatori abbia-mo finalmente raggiunto e sorpassato l’obbiettivo delle 400 donazioni totalizzandone ben 425. Un risultato che porta la firma di centinaia di donatori, fieri di fare parte della FIDAS.
    C’è da dire che le tante iniziative organizzate hanno sicuramente contribuito al raggiungimento di tale tra-guardo, giusto per citarne qualcuna: Fidas On The Road, il Summer Party, la Quattropassi, l’Emoraduno, sono state sicuramente quelle che hanno dato quell’occasione e motivazione in più al donatore, per venire a donare.
    Ora ci assale la paura di non poter più donare in sede se la stessa non sarà accredita, potrebbe verificarsi (ipotesi tra l’altro molto vicina alla realtà) un gap negativo che ci riporterebbe indietro negli anni, gap reso ancora più catastrofico dall’obbiettivo appunto, raggiunto nel 2014.
    Ma non vogliamo essere così pessimisti, perciò, il Di-rettivo si sta già allenando per affrontare questa nuova e grande sfida, anche se questa non ci lascia per niente indifferenti. Questa sfida da tempo annunciata è lo stimolo ulteriore che ci permette di lanciare una contro sfida: “FERMATECI SE CI RIUSCITE” oppure fate largo, (molto consigliato) non abbiamo paura di niente e di nessuno! I requisiti, “quelli tanto richiesti da un rego-lamento scellerato”, sono strutturati nei nostri cuori, ed è difficile smuoverli, che ci provino!
    Intanto ringraziamo di cuore i nostri donatori che hanno contribuito e gustiamoci questo risultato annuale che festeggeremo domenica 18 Gennaio con la nostra Festa del Donatore e di Ringraziamento che stiamo preparan-do.

    Antonio Mariano

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 21/08/2017 @ 11:40:05, in I Beni Culturali, linkato 1856 volte)

    Negli antichi edifici i nostri mastri costruttori, per le parti importanti come gli angoli oppure i pilastri e le architravi delle porte, usavano selezionare delle pietre particolarmente forti e di pregio. La costruzione al n. 17 di via San Michele, pur essendo una casa semplice, non di pregio, mostra pietre di dimensioni e importanza evidentemente sproporzionate rispetto all'uso per cui mostrano di essere state posizionate. Ma queste sono mura secolari e tante sono le vicende che hanno visto e accolto, a volte di miseria altre di sofferenza, altre ancora di gioia. E’ la vita.

    Siamo in una profonda e sottilissima appendice del centro antico di Noha. Quante persone abbiamo visto uscire o scomparirvi al rientro nelle buie sere d'inverno, in questo vicolo chiuso e dall’aria impenetrabile. Sembrava uno spazio proibito ai molti, tanto trasudava mistero.

    Eppure, a screditare questa sensazione inquietante, al fondo della timida piazzetta di pochi metri quadrati, c'era addirittura una chiesa dedicata a San Michele Arcangelo. Seppur sbiadito e appena percettibile, il nostro Angelo protettore è ancora lì e mostra imperterrito la sua lancia puntata verso l'alto. 

    In un lato dell'antica architrave è invece ben visibile il sigillo che il maestro costruttore pose nell'Anno del Signore 1779.

    Forse i nostri ospiti non hanno manco notato l’antico cavaliere alato, in singolar tenzone contro il maligno che da lungi attanaglia le vite di una moltitudine di anime. O forse avendone capito l’importanza, stanno valorizzandone lo spazio, vivendolo finalmente.

    Ora è piacevole rivederla viva e popolata, non la chiesetta antica, chiusa e stravolta per sempre da una moltitudine di successioni, ma l'antica piazzetta antistante il Sacro Portale. Rallegra il cuore vedere che nuovi abitanti ne colmano lo spazio con la loro vita.  Seppur in un disordine poco ragguardevole, è sempre meglio che vederla in totale abbandono come accade, ahimè, a molti altri nostri Beni Culturali. Che a questo punto si spera, visto che non ce ne prendiamo cura da tempo, verranno valorizzati dai nostri giovani ospiti venuti da lontano.

    Marcello D’Acquarica

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 05/06/2013 @ 11:40:00, in NohaBlog, linkato 3992 volte)

    Alessio Ingusci un piccolo OsservatoreQuando si parla di un argomento, uno qualsiasi, ascolto con attenzione prima di esprimere il mio parere. Se però l’argomento è il disegno, l’antenna telescopica della mia attenzione si proietta come il periscopio di un sommergibile che scruta l'orizzonte, in cerca della meta da raggiungere. Oggi sono a casa di Mauro, il papà di Alessio, che con evidente orgoglio, mi racconta della premiazione del suo bambino per un disegno scelto a scuola, l’Istituto Comprensivo Polo 2 di Galatina e Noha, avvenuto a Lecce presso l'Hotel Tiziano, il 31 Maggio. Il concorso, denominato “Lo scrivo io”, a cui hanno partecipato molti studenti della provincia di Lecce, è stato indetto dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Non faccio nemmeno in tempo ad abbozzare il desiderio di vedere quel disegno che Mauro sparisce nella stanza affianco per riapparire con una valanga di pagine colorate. A parte la mia esperienza quarantennale nel disegno, ho visto molti bambini, fra cui i miei due figli, crescere con il loro modo di disegnare. Oltre alla parola, il disegno è uno dei primi metodi di comunicazione. Infatti un bambino, appena è in grado di tenere in pugno una matita, inizia a compiacersi dei suoi “geroglifici” che con il passare del tempo prendono forma. Osservando le opere di Alessio mi rendo conto di avere fra le mani qualcosa di diverso dal solito. Alcuni suoi lavori esprimono la normale espressività di forme e figure tipiche dei bambini della sua età, come per esempio, il villaggio Maya, dove la rappresentazione topografica del fiume e di alcune scene di vita quotidiana spiana la vista isometrica del tempio. Forme che con il raffinarsi della tecnica e con l’avanzamento nei corsi di studio cambiano generalmente allo stesso modo quasi per tutti. Ma qui noto una capacità libera e straordinaria di entrare nel disegno prospettico che sicuramente Alessio non può avere acquisito da regole o insegnamenti che fanno parte di programmi scolastici ancora a divenire. Alessio è in grado di intercalare nello spazio del suo disegno strutture dislocate in varie angolazioni mantenendo alto il livello del buon gusto visivo. Per rendersene conto, basta osservare la piazza con lo sfondo della cupola di San Pietro che lui ricorda (senza l’ausilio di foto) da una sua recente gita a Roma. Una capacità evidentemente innata in lui poiché, io stesso dovendo impegnarmi in cose del genere, dovrei necessariamente ricorrere a regole e trucchi acquisiti con l’esperienza del mio lavoro, naturalmente dopo la maturità tecnica. Quindi Alessio ci dimostra di essere un concentrato di attenzione, oltre che di maestria del disegno. Sicuramente ha un alto spirito di osservazione che lui, ovviamente, non gestisce con la ragione ma estrapola liberamente dal suo animo con la leggerezza di chi vede e sente con il cuore. E’ chiaro che Alessio in questo momento dell’età, attraverso i disegni che fa di sua libera iniziativa, ci racconta dei suoi sogni di bambino. Ma è probabile che con il passare del tempo diventerà comunicazione pura e forma espressiva dei suoi pensieri. Lo spirito di osservazione è la base necessaria per costruire un qualsiasi progetto, nel bene e nel male. Se non siamo capaci di osservare non saremo mai in grado di decidere cosa fare. E se non lo facciamo noi ci sarà sempre qualcuno pronto a prendere e pretendere di dominare sulla nostra stessa libertà. I risultati sono evidenti ovunque, Noha compresa, ma questa è un'altra storia. Quindi Alessio è un “osservatore”, come me, uno che osserva e disegna. A questo punto non mi resta che proporgli di “osservare” Noha. E così prendo dalla mia borsa una copia del Catalogo dei Beni culturali di Noha pensando di fargli un gradito regalo. Alla vista del libro la sua sorpresa è grande. Fino a questo momento il nostro dialogo è stato distratto e discontinuo, sono stato io a tenere “vincolata” la sua attenzione. Ma appena aperto il libro sulle pagine dei disegni delle nostre Chiese, delle masserie, delle casette, della Casa rossa, del Castello, della Torre, della Trozza, della pianta di Noha, della masseria Colabaldi, ecc. Alessio sbarra i suoi grandi occhi scuri. Anche se non lo fa con le mani (educatamente ferme), sento le pagine scivolarmi sotto le dita, mosse certamente dal suo forte desiderio di ammirazione per i disegni a colori che si susseguono nelle pagine del Catalogo. Quasi me lo strappa dalle mani per immergersi in quelle pagine che lo attraggono visibilmente. Ora Alessio è sereno, sta certamente elaborando nella sua mente altri progetti da disegnare sui fogli di carta che in casa abbondano. Forse si è aperta una nuova vena preziosa in questa miniera di tesori che è Noha con i suoi valori e i suoi beni.

    Auguri Alessio, per la tua passione e per il tuo futuro di giovane Osservatore Nohano.

    Marcello D’Acquarica

    Alessio Ingusci un piccolo OsservatoreAlessio Ingusci un piccolo OsservatoreAlessio Ingusci un piccolo Osservatore

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 13/12/2014 @ 11:32:33, in NohaBlog, linkato 2733 volte)

    Il 30 novembre è scaduto il termine di presentazione delle firme per far entrare Le Casiceddhre di Noha nella lista dei luoghi del cuore del FAI (Fondo Ambiente Italiano), un’associazione che si occupa di salvare, restaurare e aprire al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano.

    Grazie all’impegno delle persone che ci hanno aiutato con le loro adesioni, abbiamo raggiunto il numero di firme necessarie per essere inserite nella lista. Sul sito del FAI, a oggi sono registrate 1130 firme, di cui 791 on-line.

    (http://iluoghidelcuore.it/luoghi/lecce/galatina/le-casiceddhre-di-noha/5652).

    Per queste ultime è stato di grande aiuto il Comitato del Monastero di San Nicola di Casole, il quale ha chiesto ai suoi visitatori di aderire al nostro progetto. La generosità e la cultura sono la linfa della nostra terra. Mancano al conteggio finale le firme raccolte a Noha durante i mesi di ottobre e novembre nelle attività commerciali di Noha. I risultati definitivi del censimento verranno resi pubblici entro marzo 2015. Quando il FAI aggiornerà i dati avremo un totale di 1688 firme, abbondantemente oltre il quorum delle 1000 firme richieste dal regolamento.

    Il FAI stilerà una classifica in base al numero di segnalazioni pervenute; in questo momento le nostre Casiceddhre sono al 125° posto; inoltre così detta il Regolamento alle pagg. 2 e 3:

    Il FAI invierà ai Sindaci territorialmente competenti, notizia dell'avvenuta segnalazione, indipendentemente dai voti ricevuti dai singoli luoghi, affinché conoscano il vivo interesse dei cittadini nei confronti dei beni sul loro territorio.Il FAI si impegna inoltre a intervenire su alcuni dei luoghi segnalati, attivandosi per promuovere sul territorio azioni di recupero, tutela e valorizzazione, anche attraverso la possibile erogazione di contributi per sostenere le iniziative promosse dai portatori di interesse. In particolare il FAI interverrà a favore dei primi tre luoghi maggiormente votati, secondo la classifica ufficiale pubblicata sul sito www.iluoqhidelcuore.it, sulla base di specifici progetti di azione. Inoltre la Fondazione, dopo la pubblicazione dei risultati, lancerà le Linee Guida per la definizione degli interventi, in base alle quali i proprietari, i concessionari, gli affidatari o i portatori di interesse dei Luoghi del cuore che hanno ricevuto almeno 1.000 voti, secondo la classifica ufficiale, potranno presentare una richiesta di intervento diretto da parte della fondazione sulla base di specifici progetti d'azione. Una commissione interna, in collaborazione con le Direzioni Regionali del MiBACT (Ministero dei beni e delle attività culturali e turismo), valuterà le domande pervenute e selezionerà i luoghi idonei a un intervento da parte del FAI.

    Per approfondire:
    http://iluoghidelcuore.it/assets/static/istituzionali/Regolamento_I_Luoghi_del_cuore_2014.pdf

    Augurando una buona sorte alle nostre Casiceddhre, ci impegniamo a tenerVi aggiornati sull’evoluzione di questo progetto  e, con il Vostro indispensabile aiuto, a ricominciarne di nuovi dedicati alla Torre del XIV secolo, alla Casa Rossa, al Frantoio ipogeo, alla Masseria Colabaldi, al Menhir di Epojoanna, alla Trozza, alla Torre dell’orologio, alle Tombe messapiche, alle nostre chiese, all’aria, alla terra, all’acqua e alla nostra stessa dignità.

    Marcello D’Acquarica
     
    Di Redazione (del 22/12/2013 @ 11:32:01, in Comunicato Stampa, linkato 2362 volte)

    Natale, si sa, è l’occasione che più di altre festività consente di concedersi dei peccati di gola, ed i dolci sono sicuramente i protagonisti sulle tavole di tutto il Salento ed in particolar modo di Galatina, dove già dalle fine dell’800 maestri pasticceri di scuola napoletana venivano convocati nei ricchi palazzi assoldati dalle nobili casate in occasione di matrimoni, battesimi, o particolari eventi per dare un tocco di sfarzo e mettere in risalto la propria fortuna. Oggi questa tradizione è stata fatta propria dai alcuni eccellenti pasticceri galatinesi, che hanno creato numerose varietà e sfumature di alcuni dolci tipici africani, pasticciotti, bocche di dama, pasta di mandorle, zeppole, ecc.). Sembra che nel 1908 fu addirittura realizzato un intero Presepe fatto di dolci nel "Caffè Domenico Tundo & Figli".

    L’Associazione Città Nostra, con il patrocinio del Comune di Galatina ed in collaborazione con il relativo Assessorato alle Attività Produttive, con il patrocinio di AIC (Associazione Italiana Celiachia) prendendo spunto da tutto ciò e per mettere in risalto le tante dolci golosità dei nostri pasticceri, alcune delle quali inserite nell’Elenco Nazionale dei prodotti Agroalimentari Tradizionali (come l’Africano, dolce conosciuto anche come "dita d’apostolo" per la forma che richiama le dita affusolate e che pare sia nato proprio a Galatina nel 1793), accompagnate da numerose altre specialità gastronomiche tipiche e da ottimi vini, organizza, domenica 29 dicembre, per le vie del centro un evento che mette in primo piano le varie dolci golosità e non solo.

    La proposta consiste in degustazioni d’autore, accompagnate dall’estro di intrattenitori gastronomi d’eccezione: attori, cantastorie e guide turistiche. Si, proprio così, Città Nostra vuole prendere per mano i suoi visitatori, ed accompagnarli in un intrigante percorso artistico del gusto e dell’enogastronomia locale che coinvolgerà i vari sensi. Ci saranno quindi illustrazioni e degustazioni guidate e recitate di vini, dolci e piatti tipici della tradizione galatinese (come le "caddhe caddhe"), gli ottimi ortaggi locali e le rinomate "cicorie di Galatina". Turisti e visitatori potranno ammirare, degustare ed acquistare le varie specialità proposte per l’occasione in un percorso ideale .

    Accanto al percorso artistico ed enogastronomico, è previsto un "percorso esoterico" alla scoperta di aneddoti, di curiosità, di antiche leggende e di simboli nascosti qua e là nella storia e nell’ architettura di Galatina. Previste inoltre le classiche visite guidate per le Chiese, corti e palazzi del barocco Galatinese.

    Il centro storico intorno a Piazza San Pietro, sarà animato a partire dal primo pomeriggio, grazie alle tipiche risorse artigianali (pasticcerie, norcinerie, panetterie, rosticcerie, ecc.) del luogo, con l’idea di fare un salto nel passato tra tipiche ricette, tradizioni, "cunti te na fiata" (i vecchi racconti, trasmessi oralmente dai nostri nonni), musica e perfomance artistiche, cercando di ricreare la magia dell’atmosfera dei vecchi tempi, quelli dei nostri nonni, quando bastava poco per fare festa, per trascorrere il tempo con racconti che non finivano mai e si respirava un’aria di solidarietà e di condivisione autentica. C’è ne sarà per tutti i gusti, piccoli, adulti, anziani e per tutti i turisti che saranno presenti nel Salento durante le festività natalizie.

    A movimentare il cuore cittadino di Galatina, ed in particolare alcune principali arterie del centro storico ci saranno artisti, cantastorie, guide, poeti, mostre, incontri con scrittori, animazioni, teatro, musicisti e vocalist . Si parte da Piazza San Pietro, sarà coinvolto un tratto di C.so Garibaldi, Via Vittorio Emanuele, Via Umberto I e la Chiesa dei Battenti in Piazza Galluccio. In primo piano, gli stand gastronomici con dolci, vino, salato a partire dalle 16:30.

    PROGRAMMA

    (NOTA: in caso di maltempo l’evento verrà rinviato al 05 gennaio)

    INAUGURAZIONE ore 16:30

    VISITE GUIDATE (ritrovo nei pressi dello IAT – Largo Torre dell’Orologio)

    - Percorso classico "Dolce Barocco", a partire dalle h.15:30.

    - Percorso esoterico. h: 18:30 (con Raimondo Rodia)

    - Percorso dell’arte e del gusto. h: 17:30 / 20:30 (con Angela Beccarisi)

    TEATRO - MUSICA – LIBRI – MOSTRE- INSTALLAZIONI- VIDEO-ANIMAZIONI

    - TESTE DI LEGNO. Teatro dei burattini h.16:30 - Piazza San Pietro.

    - RAC-CUNTI, a cura di Scena Studio. h. 18:00 -Via Vittorio Emanuele II.

    - " VINI DE-CANTATI" a cura di Scena Studio, Via Vittorio Emanuele II a partire dalle h.

    - "ASSAGGI DI THEATRUM", degustazioni teatrali a cura dell’ Associazione Culturale

    - h: 19:00/ 19:45 /20:30/21:15 Atrio Palazzo Tondi / Pozzo San Paolo, accanto alla

    - "E LU CUNTU NU FUE CCHIUI" di Maria Luisa Vozza C.so Garibaldi.

    - "SCIOSCIA, poisie" - installazioni di Giuseppe Greco e scultura di Vincenzo Congedo.

    Dicitura di poesie di Giuseppe Greco; presentazione di Candida Calò, interverrà Luigi

    Mangia. h. 18:30, IAT- Largo Torre dell’Orologio.

    - Incontro con l’autore Lino De Matteis a cura della libreria Fiordilibro. Conversazioni e

    interventi delle autorità. Chiesa dei Battenti in Piazza Galluccio h. 19:00.

    - "C’ERA UNA VOLTA E FORSE C’È ANCORA.." Installazioni, allestimenti e tipicità e

    AgriCULTURE..." con Nello Baldari – Spazi Popolari "I Colori della Terra" di Sannicola.

    - "LA MEMORIA IN UN CLICK" - immagini d’epoca di Galatina, video e musica. (P.za San

    - MOSTRA di BRUNO DONZELLI – Circolo del Collezionista, Via Lillo n.94.

    - PIGRIS STUDIO D’ARTE, esposizione – Via Umberto I.

    - INDUO PROJECT (Elena De Salve-voce /Mauro Guido- guitar). h: 20:30 (Largo Torre

    - LIBERA COMPAGNIA dell’ AgriCULTURA, Tina MINERVA voce, interventi in musica

    Stand, banchetti e degustazioni, anche per chi ha le intolleranze al glutine. A partire dalle

    16:30 Piazza San Pietro - Via Vittorio Emanuele II, C.so Garibaldi e Via Umberto I.

     
    Di Redazione (del 09/07/2022 @ 11:22:09, in Necrologi, linkato 729 volte)

    La comunità dei Padri Passionisti ci ha dato notizia della dipartita di padre Silvano Fiore. 
    P. Silvano era di casa a Noha, più volte invitato dal parroco del tempo quale "predicatore quaresimalista".
    Memorabile fu la Missione popolare del 1988, della quale rimangono la Croce monumentale in via Collepasso (nei pressi dei giardini della Trozza), alcune foto e il discorso di commiato pronunciato da don Donato (che riportiamo di seguito), e soprattutto il ricordo di quegli Happy Days nella memoria di molti nohani.

    Noha.it

     

    Di seguito il discorso di don Donato:

    Illustrissimo sig. Sindaco, Reverendi Padri Missionari.

    Siamo giunti alla fine della Missione che Voi, Padri Missionari, avete svolto nella nostra Parrocchia. Ma prima di rivolgermi a voi, consentitemi di indirizzare al Sindaco on. Beniamino De Maria la mia parola di ringraziamento e l’augurio di una sollecita e completa sua guarigione, in modo tale che possa ritornare a svolgere in pieno la sua attività di primo cittadino in mezzo a noi.

    Dopo queste parole di saluto al sindaco, mi rivolgo a Voi, Padri Missionari, per dirvi che in questo momento nel cuore di noi tutti s’intrecciano sentimenti di soddisfazione e di contentezza, e sentimenti di sofferenza e amarezza.

    Ci sono sentimenti di soddisfazione per il lavoro da Voi svolto con tanta dedizione e spirito di sacrificio. Avete lavorato con intensità ed in profondità, ed i risultati si vedono: quel che si proponeva la Missione è stato pienamente raggiunto.

    Si potrebbe dire che veramente in questi giorni, per mezzo vostro, il Signore è passato per le vie della Parrocchia, è entrato nelle nostre case, ha parlato ai nostri cuori, ha chiamato i lontani, ha rialzato i caduti, ha confermato i buoni, ha scosso gli indifferenti.

    Davvero si può dire che il volto della nostra parrocchia da questa Missione ne esce completamente rinnovato. Per tutto questo lodiamo e ringraziamo il Signore, ma al tempo stesso ringraziamo di cuore Voi, Padri Missionari, strumenti attivi e validissimi nelle mani di Dio.

    Ed il nostro ringraziamento va a Voi, considerandovi nell’insieme. Ma sento il dovere di dire una parola di ringraziamento a ciascuno di voi. In primo luogo devo ringraziare Padre Luigi, il quale ha saputo conquistare tutti i giovani di questa comunità. Negli incontri con i la gioventù, che ho seguito sempre con molto interesse, ho visto che Padre Luigi “non si perso in chiacchiere”: ha toccato i problemi del mondo giovanile con competenza e serietà. Potrei dire che nelle parole di Padre Luigi i giovani hanno trovato pane per i loro denti. I denti dei giovani sono sani e forti, ma anche le parole di Padre Luigi sono state un pane sano, saporito e nutriente. Grazie a te per tutto, Padre Luigi.

    Diciamo “Grazie” anche a Padre Franco per le sue meditazioni sempre profonde e oltretutto convincenti. Mi riferisco alle meditazioni tenute la sera. Nonostante gli argomenti difficili, Padre Franco li ha saputi presentare sempre così bene nel corso delle conferenze che tutti rimanevano ad ascoltarlo con la massima attenzione. E’ proprio vero, carissimo Padre Franco che la gallina vecchia fa buon brodo: le tue parole sono state come la pioggia che cade lentamente nel terreno e lo rende fertile e fecondo. Le tue parole, non le dimenticheremo e anche a te diciamo grazie di cuore.

    E per ultimo diciamo grazie anche a Padre Silvano, il direttore della Missione. Se i suoi superiori lo hanno posto a capo di questa piccola comunità di sacerdoti è perché hanno visto in Lui quello che abbiano visto anche noi: l’uomo sempre sorridente, sempre accogliente, sempre pronto, sempre disponibile. Abbiamo visto in Lui insieme l’entusiasmo di Padre Luigi e la saggezza di Padre Franco. E se tutto è andato per il meglio è perché a guidare le diverse attività vi è stato un animatore instancabile come Padre Silvano. Anche a Lui vanno i nostri ringraziamenti.

    E avrei quasi ultimato, ma prima di passare la parola al sig. Sindaco, un ultimo pensiero devo aggiungere. Ed è questo. Se finisce oggi la Missione svolta dai Padri Passionisti, deve continuare la missione di evangelizzazione che siamo chiamati a svolgere tutti noi altri.

    Non badiamo agli elementi che ci dividono, non pensiamo alla diversità di vedute, non al contrasto delle idee, non alle differenze tra le associazioni: concentriamoci piuttosto su quello che ci unisce. E ciò che ci unisce è la nostra fede e il nostro amore a Cristo.

    Lavorando insieme si otterrà di più. Ed è questa la più grande soddisfazione che potremo dare ai Padri Missionari quando, anche da lontano, sapranno che il loro lavoro non è stato un fuoco di paglia, ma ciò che essi hanno seminato continuerà a dare frutti abbondanti di ogni bene alla nostra comunità parrocchiale.

    E’ un impegno che prendiamo oggi, e che cercheremo di mantenere, nel nome di Cristo, nostro Signore. Amen.

    Sac. Donato Mellone  

     
    Di Redazione (del 09/03/2024 @ 11:20:05, in Comunicato Stampa, linkato 260 volte)

    Si rinnova anche questa Santa Pasqua l’appuntamento con la solidarietà. Nella mattinata di Domenica 10 marzo, dalle 09.00 alle 13.30, la “VIRTUS BASKET GALATINA” allestirà un gazebo per la vendita delle uova solidali a favore del progetto Bimbulanza.

    Il banchetto si effettuerà in corso Principe di Piemonte (ex uffici comunali) di fronte al "Teatro Tartaro".

    Vi aspettiamo a partire dalle 09.00 fino alle 13.30.

    La Bimbulanza è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici. Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte – OdV”, nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla Bimbulanza di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.

    L’offerta minima per singolo uovo dal peso di 320 gr., disponibile sia di cioccolato al latte che di cioccolato fondente, è di 7€. Vi aspettiamo…

     Piero Russo

     
    Di Mariano Michele (del 25/02/2015 @ 11:18:52, in NohaBlog, linkato 1877 volte)

    Eccu è fattu”, sì, carissimo Don Donato, adesso quella Tua espressione più volte ripetuta davanti a situazioni, determinazioni, cose e altrui convincimenti che non rientravano nei Tuoi canoni della ragionevolezza è diventata la mia espressione di stupore, incredulità e velato rimprovero nei confronti di un ineludibile quanto non accettato percorso della vita che porta alla morte: “...eccu è fattu…”.

    Carissimo Don Donato, solo adesso, dopo qualche giorno che ci hai lasciato riesco a rendermi capace di pensare, focalizzare l’accaduto e far scorrere nella mia mente come in un film alcuni momenti degli ultimi anni che hanno caratterizzato il nostro rapporto.

    *

    Entrando come ero solito fare nella Sacrestia, il mio sguardo andava subito verso quell’angolo e quella sedia che occupava vicino al piccolo scrittoio, il Suo viso si illuminava accogliente, il corpo già appesantito da tanti malanni si muoveva gioioso, con la mano a braccio teso mi invitava a sedere sulla sedia vicino a lui. Subito iniziavano le simpaticissime reciproche schermaglie “…e mo’ ce si venutu cu nzurti, dicu? Ma guarda un po’!”. Ma chi “nzurtava” era Lui. Le Sue provocazioni comunque non erano mai fine a se stesse bensì tendevano a sapere, capire, intuire attraverso loro, il mio modo di pensare su singoli argomenti di attualità su svariate tematiche.

    Come spesso succedeva nelle celebrazioni importanti in sagrestia a me si aggiungevano Rinaldo e Sergio, e qui iniziava una girandola di scherzi e gags tra noi tre, degne di uno spettacolo di cabaret. Lui si divertiva come un bambino e rideva tanto che il Suo corpo sussultava irrefrenabilmente. Chi di noi tre, in quel turbinio di battute, cercava il Suo sostegno alla propria tesi “scia pe’ grazia e truvava giustizia“, e giù a ridere tutti insieme.

    Non potrò mai dimenticare la Sua figura falsamente risentita quando per sintetizzare un fatto successo Gli dicevo: “…e mo’ c’imu fare Don Dunatu miu! Cusì ede: u fattu è fattu e l’arciprevate è mortu“ e Lui bloccandosi con atteggiamento semiserio di rimando mi diceva “Uehei!...Eh…Sciamu belli belli mo’, ca acquai me tocca de vicinu mo’!”, e giù a riderci sopra, sempre quella divertita che Gli faceva sussultare tutto il corpo. “Eccu è fattu”.

    Era un padre e come tutti i padri, esigente, non gli bastavano gli incontri seppure frequenti in sagrestia, voleva che lo andassi a trovare nel suo studio privato di piazzetta Trisciolo. Io ci andavo volentieri ma compatibilmente con i miei impegni. Quando lasciavo passare un po’ di tempo tra una visita e l’altra il Suo rimbrotto era assicurato. Lì, in quello studio, dopo i rimproveri di turno e i suoi “…va bene, va bene…” alle mie scuse, i discorsi erano molto più seri: amava scambiare opinioni su tutto ma prevalentemente di politica; ne era tanto preso che non voleva mai lasciarti andare via.

    Sono andato a trovarlo al “Vito Fazzi” e l’ho trovato molto provato nel fisico e nello spirito tanto da avere la sgradevolissima sensazione che fosse giunto alla fine del suo cammino terreno. Facendomi forza per superare questi pensieri sconfortanti, ho incominciato a scherzare con Lui come sempre ed essendo stato ricambiato sullo stesso tono, sono andato via con la gioia nel cuore pensando che anche questa volta ce l’avrebbe fatta.

    Sono andato a trovarLo anche a Casarano, e lì con i gesti della mano ci ha fatto capire che gli restava poco: era ormai consapevolissimo della fine della sua vita terrena e pronto a tornare alla Casa del Padre. ”Eccu è fattu…”.

    *

    Ora, Carissimo Don Donato, te ne sei andato come era nel Tuo stile, senza clamore nella semplicità più assoluta in una giornata grigia e piovigginosa. Pioggia che sicuramente hai invocato e ottenuto dal Signore del Quale sei sempre stato suo umile servo per evitare i per te inutili frastuoni e coreografie. Quella pioggia comunque mischiata alle lacrime del Tuo popolo parrocchiale che sempre Ti ha amato è stata il simbolo concreto dell’immenso loro dolore…” eccu è fattu “…

    Entrando in sagrestia mi sono soffermato sconsolato a guardare quella Tua sedia desolatamente vuota nella sostanza ma piena del Tuo Spirito che continuerà ad aleggiare con lo sguardo benevolo su tutti noi…”…eccu è fattu…

    Adesso sei stato accolto nella Casa del Padre e dal coro dei Suoi Angeli, essendo al Suo cospetto, Tu, quale buon Padre come sempre sei stato, prega per tutti i Tuoi figli.

    Ciao Don Donato!
    Lino Mariano
     
    Di Albino Campa (del 21/03/2009 @ 11:17:15, in I Dialoghi di Noha, linkato 6671 volte)


    I dialoghi di Noha vanno avanti. Eccovi il testo e le immagini del commento e della recita del canto V dell'Inferno di Dante Alighieri che ha avuto luogo il 28 febbraio 2009 a cura di Antonio Mellone nello stupendo scenario dello studio d'Arte di Paola Rizzo.

    I DIALOGHI DI NOHA

    DANTE ALIGHIERI: IL CANTO V DELL’INFERNO


    Vi dico subito come è strutturata questa lectura Dantis.

    Cercheremo brevemente d’inquadrare il canto V nel girone dell’Inferno. Il secondo per la precisione. Spiegherò chi sono i personaggi. E poi prima del vero e proprio canto V (che proverò a recitare a memoria) commenteremo le singole terzine. Come saprete, i livelli di lettura della Comedia sono molteplici. Noi cercheremo una chiave di lettura: la più semplice possibile.

    * * *

    Adesso farò girare delle fotocopie sulla struttura dell’oltretomba dantesco. Ed in particolare sull’Inferno.

    * * *

    L’Inferno è come una grande vora, diciamo una voragine a forma di imbuto il cui termine, o il cui punto di minimo, si trova al centro della terra. Dunque un imbuto o un cono rovesciato enorme (come potete vedere dalle fotocopie). Un burrone che si apre sotto Gerusalemme causato dalla caduta di Lucifero (l’angelo, il più bello fra tutti, che si era ribellato a Dio) quando fu scaraventato dal Paradiso sulla Terra in seguito alla battaglia condotta e vinta dal nostro Arcangelo San Michele e dai suoi angeli.

    La terra dunque in seguito a questa caduta si ritira, per paura, per ripugnanza, per schifo… per ricomparire dall’altra parte dell’emisfero terracqueo come una enorme montagna: la montagna del Purgatorio.

    L’Inferno è diviso in nove cerchi concentrici che si rimpiccioliscono man mano che si scende, man mano che si va al centro della terra, per terminare nel lago di Cocito, lago ghiacciato a causa del vento (un vento freddissimo, diremmo di tramontana) prodotto dalle ali (enormi e senza piume, come quelle dei pipistrelli), ali di Lucifero, a sua volta immerso nel ghiaccio. Lucifero ha tre teste ed in ogni bocca sgranocchia anzi maciulla coi denti un peccatore. I tre traditori rosi dal diavolo sono Bruto, Cassio (entrambi responsabili della congiura contro Cesare) ed ovviamente Giuda (traditore di Gesù).

    Vediamo ancora un attimo insieme la struttura dell’Inferno per vedere dove ci troviamo con questo canto quinto. Siamo nel II cerchio. Vedete? Subito dopo il primo cerchio che contiene il Limbo, che è quello in cui si trovano le anime di coloro che non furono battezzati. Ma prima ancora c’è la famosa porta dell’Inferno sulla quale c’è scritto (recito): Per me si va nella città dolente/ per me si va nell’eterno dolore / per me si va tra la perduta gente./Giustizia mosse il mio alto fattore/fecemi la divina potestate/la somma sapienza e il primo amore./ Dinanzi a me non fuor cose create/se non etterne ed io etterno duro/ lasciate ogni speranza voi ch’intrate.

    Poi c’è l’Antinferno, dove ci sono gli Ignavi, quelli che non si schierarono mai, quelli che vissero sanza infamia e sanza lode, di cui lo stesso Virgilio dice a Dante: non ti curar di lor ma guarda e passa. Fanno così ribrezzo che non li vuole manco l’Inferno! Dunque c’è la necessità di schierarci.

    Il terzo cerchio è quello dei Golosi, il IV quello degli Avari e Prodighi, nel V troviamo gli Iracondi e gli Accidiosi; il sesto cerchio è quello dove sono puniti gli Eresiarchi (o Eretici).

    Il settimo cerchio è quello dei Violenti. Questo cerchio a sua volta è diviso in tre gironi: il primo dei violenti contro il prossimo e le sue cose; il secondo dei violenti contro se stessi e le proprie opere; il terzo dei violenti contro Dio e le sue cose.

    Dopo una ripa scoscesa si va all’ottavo cerchio: quello dei violenti contro chi non si fida. L’ottavo cerchio è diviso in dieci bolge: 1) Seduttori; 2) Adulatori; 3) Simoniaci; 4) Indovini; 5) Barattieri; 6) Ipocriti; 7) Ladri; 8) Consiglieri Fraudolenti; 9) Seminatori di discordia; 10) Falsari.

    Dopo c’è il pozzo dei giganti. Ed infine si arriva al nono cerchio (dove sono puniti i violenti contro chi si fida: cioè i traditori). Il nono cerchio è diviso in quattro zone: la prima dei traditori dei parenti (la cosiddetta Caina. Nel canto di questa sera vedremo che Francesca farà riferimento a questa zona del nono cerchio), la seconda dei traditori della patria, la terza dei traditori degli amici, la quarta dei traditori dei benefattori. In fondo c’è Lucifero, come detto sopra.

    Ora ritorniamo sopra, al secondo cerchio e vediamo un po’ di focalizzarci su alcuni personaggi che Dante incontra nel suo viaggio.

    * * *


    La storiella dei due amanti che Dante incontra è questa.

    Per sedare antichi rancori, due potenti famiglie di Romagna (i Polenta da Ravenna e i Malatesta da Rimini) pensano di pacificarsi combinando un matrimonio. Gli sposi sono Francesca da Polenta, bellissima, e Giovanni Malatesta detto Gianciotto, brutto e sciancato.

    Per evitare un rifiuto secco da parte della giovane, le famiglie decidono di celebrare il matrimonio per procura. Questo fatto rappresenterà un altro raggiro, in quanto Francesca per un attimo pensa che lo sposo promesso sia l’ambasciatore o meglio il procuratore: Paolo Malatesta, uomo bellissimo, fratello di Giovanni, lo zoppo.

    Ma così non è.

    Francesca capirà subito chi sarà il vero marito e, sottomessa com’è, si sottopone al vincolo coniugale.

    Però la scintilla era scoppiata. A sua volta a Paolo piacque subito Francesca, così come a Francesca piacque subito Paolo. Vedremo anche questo concetto: amor che a nullo amato amar perdona.

    Ed una sera di maggio, in una loggia panoramica del castello di Gradara (che è bellissimo: v’invito a visitarlo come ho fatto io tempo fa) basterà la lettura a due della pagina di un famoso romanzo cavalleresco, in cui si raccontano gli inizi di una vicenda extraconiugale, perché i due cognati si bacino finalmente non riuscendo più ad andare avanti. Qui pare che irrompesse il marito (Gianciotto, cioè Giovanni Malatesta, lo zoppo) sorprendendo i due in flagranza di adulterio (un bacio!) e infilzandoli con una spada o una lancia in un’unica stoccata.

    Tra l’altro a quanto pare questo duplice omicidio non sembra aver sciupato la vantaggiosa alleanza per le due famiglie che anzi viene rinsaldata con questa specie di patto di sangue.

    * * *

    Ora iniziamo a commentare il canto (prima di cercare di recitarlo tutto intero a memoria). Il canto è quello in cui Dante incontra i due amanti appunto in questo secondo girone dell’Inferno.

    Dante con Virgilio discendono dal primo cerchio giù nel secondo, che ha una circonferenza più piccola, ma che contiene più dolore che spinge al lamento (che punge a guaio).

    Piantato nell’entrata sta Minosse, giudice dell’inferno, che giudica e manda secondo ch’avvinghia. Ovviamente il giudizio è sempre inappellabile e soprattutto qui si parla di ergastolo. Qui la pena ed il carcere è vita. O meglio a vita eterna.

    Dunque, quando l’anima mal nata (nata alla propria dannazione) gli capita davanti, confessa tutti i suoi peccati. E Minosse individua il comparto dell’Inferno che fa per lei e glielo comunica o glielo notifica secondo ch’avvinghia: cioè avvolgendosi nella coda un numero di volte pari all’ordine del grado o cerchio in cui l’anima deve precipitare. Per esempio quattro giri di coda, quarto cerchio; otto giri di coda, ottavo cerchio, e così via.

    Il flusso delle anime è incessante: a turno vanno al giudizio, si confessano, ascoltano la sentenza, e poi sono scaraventate di sotto a capofitto.

    Come vede Dante, Minosse s’accorge che non si tratta di un’anima ma di un uomo in carne ed ossa (in quanto Dante proietta un’ombra) e subito interrompendo l’atto di cotanto uffizio, gli urla: Tu che vieni in questo ospizio di dannati, stai attendo a dove ti stai cacciando. Non t’inganni l’ampiezza dell’entrata.

    E Virgilio (compagno di viaggio di Dante) gli ribatte: Perché pur gride? Non tagliargli la strada. Vuolsi così colà dove si può (puote) ciò che si vuole e più non chiedere (dimandare).

    Poi Dante viene al nocciolo del racconto. Or incomincian le dolenti note (il suono del dolore) a farmisi sentire, or son venuto là dove molto pianto mi percuote (mi investe e mi turba).

    Io venni in loco d’ogne luce muto, cioè nel buio, silenzioso di luce, che mugghia come fa mare in tempesta quando è schiaffeggiato dai venti.

    La bufera infernale che mai non s’arresta, e tormenta le anime dei dannati nella sua rapina sbattendole di qua, di là, di su, di giù.

    Quando giungono davanti alla ruina si scatena un coro stonato di strida, singhiozzi, lamenti e bestemmie.

    A questo punto Virgilio dice a Dante che i dannati sottoposti a quella pena sono i peccator carnali che la ragion sommettono al talento, cioè che subordinano l’ordine della ragione ai disordini del desiderio. Cioè sottomettono la ragione alla passione: sono in una parola i lussuriosi.

    Ecco la legge del contrappasso: sbattuti dal vento delle passioni da vivi, questi peccator carnali saranno allora strapazzati dalla bufera infernale nei secoli dei secoli, amen.

    Ecco allora due similitudini (ce ne stanno molte nella Divina Commedia).

    La prima. Gli spiriti di questo cerchio, la massa dei lussuriosi, sono paragonati allo stormo largo e pieno degli storni (un tipo di uccelli) che in massa turbinano alla rinfusa.

    La seconda. Le ombre travolte dalla medesima tormenta (de la detta briga) striano gemendo, come gru che disposte in lunga riga van cantando lor lai (cioè si lamentano). Dunque sono gru lamentose queste anime selezionate, ch’amor di nostra vita dipartille, cioè che han perso la vita a causa dell’amore.

    Dante domanda: chi sono queste anime-gru?

    Risponde Virgilio. La prima è Semiramide, la leggendaria imperatrice, che succeduta al marito Nino, regnò sulla terra che il Soldan corregge, cioè la città che oggi è retta dal sultano d’Egitto. Questa Semiramis, Semiramide, fu donna talmente depravata che per abrogare l’ignominia a cui s’era ridotta, decretò la liceità di ogni sfrenatezza: libito fe’ licito in sua legge. Insomma si fece una legge ad personam. Le leggi ad personam evidentemente non sono un’invenzione di questi nostri giorni!

    La seconda delle anime in riga è colei che s’uccise per amore, dopo aver rotto il patto di fedeltà giurato sulle ceneri del marito Sicheo: si tratta della vedova Didone, regina di Cartagine: la quale folle di Enea (quando questi partì) si lanciò tra le fiamme.

    Segue Cleopatra lussuriosa: Cleopatra amante di Cesare e Antonio e di molti altri (si suicidò morsa da un aspide).

    Segue ancora Elena, per cui tanto reo tempo si volse, (dieci anni della guerra greco-troiana)

    Vedi Parìs: vedi Paride, amante di Elena, e vedi Tristano (quello che preleva la bella Isotta in Irlanda per tradurla sposa a suo zio Marco, re di Cornovaglia: poi i due bevono una pozione, un filtro d’amore. Ma poi Marco mette a morte il nipote… Ma questa è un’altra storia).

    L’elenco dei sette morti lussuriosi, completato da mille altri nomi di donne antiche e cavalieri, sgomenta Dante e pietà lo coglie.

    Quando ecco che qualcosa, sconvolgendolo ancor di più, cattura la sua attenzione. E si rivolge a Virgilio e gli dice: poeta, mi piacerebbe parlare con quei due che volano insieme e sembrano essere così leggeri al vento. Ed il maestro gli risponde: non ti preoccupare, quando saranno più vicini a noi, pregali in nome dell’amore che li sbatte a destra e a manca e vedrai che verranno.

    E così Dante, non appena il vento sembra rallentare un attimo, si rivolge a loro dicendo: oh anime affannate, venite a parlare a noi, se altri (se Dio, cioè) non lo vieta.

    Dalla riga di gru, come due colombi, si staccano due anime, tratte dalla forza dell’appello affettuoso. Ma inizia a parlare solo lei. Lui (Paolo) non parlerà mai in questo canto. Piange in silenzio.

    Francesca si dice allora disposta a dire tutto quello che Dante, quella creatura vivente vorrà sapere. Mentre che il vento come fa ci tace.

    Francesca per designare la sua città, si dichiara nata sulla marina dove sfocia il Po per aver pace con i suoi affluenti. Ed aggiunge che se qualche udienza lei e Paolo potessero ottenere (ma mai l’otterranno) nei cieli, pace pregherebbero per il pellegrino commosso dalla loro pena. Pace e niente altro: pace che altro non è che la disperata aspirazione di questa signora che, con l’amante, tinse il mondo di sanguigno, e ora gira e rigira furiosamente nell’aere perso del secondo cerchio dell’Inferno.

    Amor, che in un cuore nobile attecchisce subito, prese questo Paolo del bel corpo di cui sono stata privata, ed il modo ancor m’offende. Può significare: la smodatezza della passione di Paolo mi tiene ancora in sua balìa; oppure: il modo dell’omicidio continua ad offendermi.

    Amor gentile. Amor cortese. Dolce stil novo: quello che sublima la donna, vista come un angelo. Non vi posso a questo punto non recitare la bella poesia di Dante: Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia…[recita].

    Tanto gentile e tanta onesta pare

    La donna mia quand’ella altrui saluta

    Ch’ogne lingua devien tremando muta,

    E gli occhi no l’ardiscono di guardare

    Ella si va, sentendosi laudare,

    benignamente d’umiltà vestuta;

    e par che sia una cosa venuta

    da cielo in terra a miracol mostrare.

    Mostrasi sì piacente a chi la mira,

    che dà per gli occhi una dolcezza al core

    che ‘ntender no lo può chi non la pruova

    e par che de la sua labbia si mova

    uno spirito soave pien d’amore,

    che va dicendo a l’anima: sospira.

    * * *


    Amor che a nullo amato amar perdona.

    Amore che non esonera nessuna persona amata dall’amare a sua volta, prese me della bellezza di quest’uomo, e con tanta forza che, come vedi, ancor non m’abbandona.

    Amore ci coinvolse in un’unica morte. La Caina, cioè quel cerchio dei traditori dei parenti (che abbiamo visto anche sulle fotocopie) che è la zona del lago di ghiaccio che chiude il cratere infernale, la Caina – dicevo – attende chi a vita ci spense: cioè mio marito che ci uccise.

    * * *

    Ora apro una breve parentesi su quel verso 103 ormai famosissimo: Amor, ch’a nullo amato amar perdona.

    Secondo questa specie di teorema si può affermare che sempre, fulmineamente, senza appello, chiunque s’innamori di una persona automaticamente non può che esserne corrisposto. Dunque c’è reciprocità d’amore. Istantanea e perfetta.

    C’è chi dice invece che questo funziona solo con l’amore di Dio per cui amare Dio ed essere amati è un’unica cosa. Ma senza approfondire questi concetti ché si sconfinerebbe in altri campi (teologici, morali, psicologici, filosofici…) diciamo che nel tempo altri poeti pensarono invece che non esiste questa corrispondenza d’amorosi sensi.

    Per esempio nel seicento ci fu una suora di lingua spagnola, Suor Juana Ines de la Crux, di Città del Messico che scrisse questa poesia molto bella che ora vi recito: “L’ingrato che mi lascia cerco amante”… [recita].

    Chiusa la parentesi.

    L’ingrato che mi lascia, cerco amante

    L’amante che mi segue, lascio ingrata;

    costante adoro chi il mio amor maltratta

    maltratto chi il mio amor cerca costante.

    Chi tratto con amor, per me è diamante,

    e son diamante a chi in amor mi tratta;

    voglio veder trionfante chi mi ammazza,

    e ammazzo chi mi vuol veder trionfante.

    Soffre il mio desiderio, se ad uno cedo;

    se l’altro imploro, il mio puntiglio oltraggio:

    in ambi i modi infelice io mi vedo.

    Ma per mio buon profitto ognor m’ingaggio

    A esser, di chi non amo, schivo arredo

    E mai, di chi non mi ama, vile ostaggio.

    Ecco: in questa poesia si evidenzia molto bene non la simmetria ma la asimmetria degli amorosi sensi…

    * * *

    Ma torniamo al nostro canto V.

    Dopo aver ascoltato quelle anime offense, Dante abbassa gli occhi e tanto li tiene bassi, finché Virgilio gli chiede: che pensi? Cosa ti passa per la testa?

    E Dante risponde dopo un po’: Ahimè, quanti dolci pensier, quanto desìo menò costoro al doloroso passo.

    Poi si rivolge a Francesca dicendole: Francesca, le tue pene, il tuo dolore mi impietosiscono fino alle lacrime. E poi le chiede, quasi morbosamente curioso: ma dimmi, per quali indizi ed in quali circostanze vi ha consentito Amore di conoscere i vostri titubanti e mutui desideri?

    E Francesca: Nessun maggior dolor …premesso che nulla fa più male che ricordarsi del tempo felice nella miseria, dirò come colui che piange e dice: dirò come direbbe chi piangendo dicesse.

    E continua: un giorno, per svago, senza essere insospettiti da alcun presentimento, lei e Paolo leggevano insieme un romanzo francese, dove era raccontata la storia d’amore di Lancillotto e Ginevra, moglie di re Artù (qualcuno ricorda il film con Richard Gere e Sean Connery, su questa storia. ecc.).

    Più di una volta la lettura costrinse i loro sguardi ad incrociarsi, ed i loro visi a sbiancare. Ma a sopraffarli fu una pagina: proprio quella. Quando lessero il desiderato sorriso di donna Ginevra essere baciato da cosiffatto amante, questi che mai da me non fia, non sia, diviso la bocca mi baciò tutto tremante.

    Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, quel giorno più non vi leggemmo avanti.

    Il Galeotto di cui si parla è il siniscalco Galehaut, che nel romanzo francese istiga il leale Lancillotto a dichiarare il suo amore a Ginevra; e sotto i suoi occhi, Ginevra prende Lancillotto e lo bacia.

    Dunque: Galeotto fu il libro: il libro o meglio il suo autore, ci ha fatto da mezzano.

    Quel giorno più non vi leggemmo avante…

    Questa frase di Francesca ha dato luogo a diverse interpretazioni. Può significare che la lettura, interrotta dal bacio, sarebbe stata immediatamente e definitivamente troncata dall’irruzione del marito zoppo e quindi dal doppio omicidio.

    L’altra interpretazione forse più plausibile, benché più piccante, è quella per cui da quel giorno, i due abbiano accantonano le perlustrazioni letterarie sul tema dell’amor cortese, per abbandonarsi alla passione.

    Il canto finisce con Dante che sviene cadendo come corpo morto cade.


    Eccovi dunque la recita integrale del canto V dell’Inferno.

    Così discesi del cerchio primaio
    giù nel secondo, che men loco cinghia
    e tanto più dolor, che punge a guaio.

    Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
    essamina le colpe ne l'intrata;
    giudica e manda secondo ch'avvinghia.

    Dico che quando l'anima mal nata
    li vien dinanzi, tutta si confessa;
    e quel conoscitor de le peccata

    vede qual loco d'inferno è da essa;
    cignesi con la coda tante volte
    quantunque gradi vuol che giù sia messa.

    Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
    vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
    dicono e odono e poi son giù volte.

    «O tu che vieni al doloroso ospizio»,
    disse Minòs a me quando mi vide,
    lasciando l'atto di cotanto offizio,

    «guarda com' entri e di cui tu ti fide;
    non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
    E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride?

    Non impedir lo suo fatale andare:
    vuolsi così colà dove si puote
    ciò che si vuole, e più non dimandare».

    Or incomincian le dolenti note
    a farmisi sentire; or son venuto
    là dove molto pianto mi percuote.

    Io venni in loco d'ogne luce muto,
    che mugghia come fa mar per tempesta,
    se da contrari venti è combattuto.

    La bufera infernal, che mai non resta,
    mena li spirti con la sua rapina;
    voltando e percotendo li molesta.

    Quando giungon davanti a la ruina,
    quivi le strida, il compianto, il lamento;
    bestemmian quivi la virtù divina.

    Intesi ch'a così fatto tormento
    enno dannati i peccator carnali,
    che la ragion sommettono al talento.

    E come li stornei ne portan l'ali
    nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
    così quel fiato li spiriti mali

    di qua, di là, di giù, di sù li mena;
    nulla speranza li conforta mai,
    non che di posa, ma di minor pena.

    E come i gru van cantando lor lai,
    faccendo in aere di sé lunga riga,
    così vid' io venir, traendo guai,

    ombre portate da la detta briga;
    per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
    genti che l'aura nera sì gastiga?».

    «La prima di color di cui novelle
    tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
    «fu imperadrice di molte favelle.

    A vizio di lussuria fu sì rotta,
    che libito fé licito in sua legge,
    per tòrre il biasmo in che era condotta.

    Ell' è Semiramìs, di cui si legge
    che succedette a Nino e fu sua sposa:
    tenne la terra che 'l Soldan corregge.

    L'altra è colei che s'ancise amorosa,
    e ruppe fede al cener di Sicheo;
    poi è Cleopatràs lussurïosa.

    Elena vedi, per cui tanto reo
    tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
    che con amore al fine combatteo.

    Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
    ombre mostrommi e nominommi a dito,
    ch'amor di nostra vita dipartille.

    Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore udito
    nomar le donne antiche e ' cavalieri,
    pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

    I' cominciai: «Poeta, volontieri
    parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
    e paion sì al vento esser leggieri».

    Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
    più presso a noi; e tu allor li priega
    per quello amor che i mena, ed ei verranno».

    Sì tosto come il vento a noi li piega,
    mossi la voce: «O anime affannate,
    venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

    Quali colombe dal disio chiamate
    con l'ali alzate e ferme al dolce nido
    vegnon per l'aere, dal voler portate;

    cotali uscir de la schiera ov' è Dido,
    a noi venendo per l'aere maligno,
    sì forte fu l'affettüoso grido.

    «O animal grazïoso e benigno
    che visitando vai per l'aere perso
    noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

    se fosse amico il re de l'universo,
    noi pregheremmo lui de la tua pace,
    poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

    Di quel che udire e che parlar vi piace,
    noi udiremo e parleremo a voi,
    mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

    Siede la terra dove nata fui
    su la marina dove 'l Po discende
    per aver pace co' seguaci sui.

    Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
    prese costui de la bella persona
    che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

    Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
    mi prese del costui piacer sì forte,
    che, come vedi, ancor non m'abbandona.

    Amor condusse noi ad una morte.
    Caina attende chi a vita ci spense».
    Queste parole da lor ci fuor porte.

    Quand' io intesi quell' anime offense,
    china' il viso, e tanto il tenni basso,
    fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

    Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
    quanti dolci pensier, quanto disio
    menò costoro al doloroso passo!».

    Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
    e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
    a lagrimar mi fanno tristo e pio.

    Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
    a che e come concedette amore
    che conosceste i dubbiosi disiri?».

    E quella a me: «Nessun maggior dolore
    che ricordarsi del tempo felice
    ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

    Ma s'a conoscer la prima radice
    del nostro amor tu hai cotanto affetto,
    dirò come colui che piange e dice.

    Noi leggiavamo un giorno per diletto
    di Lancialotto come amor lo strinse;
    soli eravamo e sanza alcun sospetto.

    Per più fïate li occhi ci sospinse
    quella lettura, e scolorocci il viso;
    ma solo un punto fu quel che ci vinse.

    Quando leggemmo il disïato riso
    esser basciato da cotanto amante,
    questi, che mai da me non fia diviso,

    la bocca mi basciò tutto tremante.
    Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
    quel giorno più non vi leggemmo avante».

    Mentre che l'uno spirto questo disse,
    l'altro piangëa; sì che di pietade
    io venni men così com' io morisse.

    E caddi come corpo morto cade.

     

    Consentire ai Bambini di recarsi presso le strutture sanitarie specializzate con la prima ambulanza pediatrica del Sud Italia, con allestimenti interni ed esterni tutti allegri e colorati si può. Consentire a questi Eroi di viaggiare in un ambiente confortevole e rendere meno traumatico il loro spostamento è possibile. 
    È un piccolo gesto di solidari...età che può essere però estremamente importante; ecco perché anche quest’anno EFFICIENZA ENERGIA Olimpia Galatina torna in campo con l’Associazione Onlus “cuore e mani aperte verso chi soffre“.
    «Anche quest’anno abbiamo deciso di sostenere la BIMBULANZA e farci portatori nei palazzetti in cui giocheremo del nobile messaggio che compiere un piccolo gesto acquistando il PASQUALOTTO è molto importante – dichiara il Team Manager Stefanelli Francesco – Siamo fortemente convinti che anche lo Sport e il Volley possano contribuire a sensibilizzare il grande pubblico e gli appassionati a una nobile causa come quella sostenuta l’Associazione Onlus “cuore e mani aperte verso chi soffre“. Insieme si può vincere anche questa sfida».
    Domenica 07 aprile, in occasione del derby del Salento contro la LEO SHOES CASARANO, dalle ore 18.00 in poi, all’interno del palazzetto, sarà attrezzato il punto vendita del “Pasqualotto”... con ogni acquisto di un pasqualotto parteciperai all estrazione un bellissimo premio... la maglia originale della nazionale di volley del nostro grande amico ENRICO CESTER....
    Abbiamo bisogno di tutti voi…

    Olimpia Galatina

     
    Di Redazione (del 14/08/2023 @ 11:14:47, in Comunicato Stampa, linkato 336 volte)

    Il Comune di Galatina ha accolto con grande gioia, sin dal primo istante, la scelta degli organizzatori di festeggiare i 20 anni di carriera dei @negramaroofficial nell’Aeroporto di Galatina.
    Abbiamo messo a disposizione tutte le competenze disponibili e agevolato le attività in ogni modo, partecipando, come ente territoriale, al tavolo della Commissione Provinciale, istituito presso la Prefettura.
    Non è però tollerabile ciò che, in queste prime ore sembrerebbe emergere, e cioè che l’organizzazione privata che ha gestito i parcheggi non avrebbe saputo tutelare e proteggere i diritti e l’entusiasmo dei fan e di coloro che volevano semplicemente godere di qualche ora di buona musica.
    In queste prime ore parrebbe emergere il sospetto di un overbooking nelle vendite dei parcheggi, il che avrebbe generato, con un effetto domino, tutti gli altri disagi riscontrati dagli spettatori.
    Allo stesso modo registriamo come il dispositivo di pubblica sicurezza abbia tenuto e non sia stato registrato nessun incidente.
    Da subito, a stretto contatto con gli organi preposti, sono stati avviati una serie di accertamenti per verificare eventuali responsabilità su quanto accaduto. Saremo al fianco dei cittadini per difendere la buona musica, i diritti degli spettatori ed il nome della Città di Galatina.
    Grazie di cuore ai Negramaro per aver scelto Galatina come luogo per questo concerto epico.
    La loro musica ha riempito le nostre anime e ci ha fatto sentire parte di qualcosa di più grande. Grazie per averci regalato emozioni che rimarranno impresse nei nostri cuori per sempre.
    Lo rifaremmo mille altre volte, perché se ci avessero raccontato solo un anno fa di questo straordinario evento, non ci avremmo neanche creduto. Siamo l’amministrazione “del fare”, dell’entusiasmo e non quella del “non fare, per paura di sbagliare“.
    Non ci nasconderemo dietro a niente ed a nessuno. Non tutto è andato bene ed io per primo ho sperimentato i disagi. Sono stato insieme a tanti amici vittima di mille disagi e di difficoltà, ho seguito tutto in tempo reale ed in prima persona. Eppure ne è valsa la pena.
    Al di là del ruolo del Comune nella Commissione provinciale, ci sarà il tempo per analizzare, con tutte le autorità, quanto accaduto nel corso della notte di ieri.
    Ci sono state parole che più di altre hanno saputo arrivarmi fin dentro e sono quelle di Giuliano Sangiorgi: che il nostro aeroporto possa diventare una nuova Campovolo.
    E siamo partiti con questi sei, incredibili, uomini che percorrono da venti anni un viaggio meraviglioso attraverso note, parole e passioni.
    Stanotte sono stati qui, nella nostra Galatina, a regalarci emozioni indimenticabili: ogni loro canzone è un ricordo, ogni accordo un affetto che non svanisce. Grazie Negramaro, per aver colorato le nostre vite con la vostra musica.
    Auguri per questi 20 anni di carriera, e che la melodia non si fermi mai.
    Galatina mia, è stata una serata che rimarrà scolpita nella nostra memoria collettiva nel bene e nel male. Siamo una comunità capace di celebrare la musica e di rallegrarci insieme per le vittorie degli altri. Siamo una città che sa accogliere e che è pronta ad abbracciare tutte le forme di arte.
    Continuiamo a sostenere la musica, la cultura e il talento che ci circondano. Che questa serata sia solo l'inizio di un lungo percorso di celebrazioni e successi per Galatina, nonostante tutto.
    Un ringraziamento speciale va anche a tutti coloro che hanno contribuito e che hanno dovuto affrontare queste inedite difficoltà. Dalle quali sapremo tutti trarre insegnamento.
    Grazie a tutti!
     

    Segreteria Sindaco

    Comune Galatina

     
    Di Antonio Mellone (del 20/01/2019 @ 11:12:40, in NohaBlog, linkato 2463 volte)

    “Il bar non porta i ricordi, ma i ricordi portano inevitabilmente al bar”, dice Vinicio Capossela.

    Questa volta il bar è quello della Liliana.

    Sì, certo, l’insegna riporta la denominazione ‘Bar Castello’, ma a Noha e dintorni si utilizza volentieri il genitivo sassone, quel particolare costrutto usato per indicare un esercizio commerciale omettendo il nome comune del locale posseduto (restaurant, shop, office, church, e quindi bar) ma indicandone il titolare, sicché per noi nohani la locuzione “Faccio un salto dalla Liliana” potrebbe significare “Vado a prendere un caffè al bar Castello”, ovvero “A leggervi il giornale”, oppure  “A guardare Novantesimo minuto” [non so nemmeno se esista ancora codesta trasmissione calcistica: di certo, se anche l’avessero soppressa, secondo me dalla Liliana continuano a trasmetterla imperterriti, ndr.]. Insomma.

    Peccato però che da qualche giorno Liliana’s (v. sopra il concetto) ha chiuso definitivamente i battenti dopo sessanta, che dico, quasi settanta anni di onorato servizio: pertanto molti verbi è d’uopo d’ora in poi coniugarli all’imperfetto.

    Qualcun altro, prima di me, ha vergato righe sul caffè e l’ottima limonina del  bar, non tralasciando la pasta di mandorle (rigorosamente baresi, non americane) che le mani d’oro della Liliana trasformavano in Paste Secche e, quando il caso, in Pecurieddhri pasquali. Vorrei aggiungere, tra le specialità/ricordi, pure il caffè freddo conservato in frigo nelle bottiglie di vetro verde scuro, dico quelle per la salsa, con il tappo di sughero: caffè che doveva essere agitato bene prima dell’uso o, per dirla alla barman anzi alla bar-tender acrobatico, shakerato.

    Non potrei non menzionare qui (ma poi, giuro, mi fermo per davvero) anche la bontà delle sue zeppole: le più morbide e vellutate che io abbia mai mangiato. Liliana ne approntava a bizzeffe per il giorno di San Giuseppe. Si alzava di notte per farle, molto prima del solito orario cioè le cinque (sissignore, una vita intera a vincere la gara con l’aurora). Con l’aiuto della sua povera mamma, rompeva le uova, cartoni interi di uova fresche, e preparava l’impasto amalgamando gli ingredienti in un grosso recipiente di rame con l’utilizzo di un attrezzo in legno. Non vi dico poi la bontà della crema pasticciera con cui venivano guarniti questi grandi bignè fritti o al forno culminanti con un ciuffo di budino al cioccolato amaro. Altro che creme e Nutelle industriali. Il 19 marzo le incartate di zeppole prenotate riempivano ogni angolo del bar, dal bancone ai tavolini, dalle sedie al bellissimo biliardo in legno massiccio ubicato nella seconda sala, anche questa, come la prima, con volta a botte.

    Bisogna ricordare infine che presso la Liliana era installato il centralino telefonico di Noha. Prima della diffusione dei cellulari - e ancor prima dei telefoni fissi che pian piano arrivarono nelle case nohane sul calare degli anni ’80 del secolo scorso - dalla Liliana potevi fruire del collegamento telefonico in una bella cabina insonorizzata, discreta, seminascosta alla vista dei più. Quante volte da ragazzo ho utilizzato il telefono della Sip, quello grigio attaccato al muro con il disco dei numeri, per telefonare alla morosa di turno conosciuta al mare d’estate e poi, a fine vacanza, ritornata in patria in qualche altra parte d’Italia diversa dal Salento. Nel passarmi la linea, scuotendo un po’ la testa, ma con saggio compatimento, la Liliana sembrava dirmi: “Figlio mio, gli amori a distanza sono croce e delizia: all’inizio di più croce, poi man mano di più delizia”. Ovviamente aveva ragione lei. Chissà che non per antica dimestichezza con la materia.

    Forse non tutti sanno che Liliana, con lo pseudonimo di Liana, è anche uno dei protagonisti dello stupendo “Il Mangialibri” di Michele Stursi (L’Osservatore Nohano Editore, 2010), il primo romanzo ambientato a Noha, di cui riconsiglio la lettura; ma di certo tutti concordano sul fatto che Liliana nostra è ormai una delle pagine più belle della Storia di Noha. Questo non solo per il lavoro diuturno, le sue leccornie dolciarie, il gran cuore e le sue proverbiali accoglienza e disponibilità, ma anche (soprattutto) per la pazienza e la diciamo capacità di ascolto di ipotesi, tesi, antitesi, purtroppo quasi mai sintesi, di molti avventori del suo locale.

    Mentre i novelli retori si esibivano nelle loro interminabili elucubrazioni sugli argomenti più disparati, con molte probabilità la Liliana avrà pensato tra sé e sé: “Ma cos’hanno il mio e gli altri bar italiani per far diventare opinionisti tutti o quasi quelli che ci entrano? E come faranno quando chiuderò il bar?”.

    Tranquilla, Liliana: molti hanno trovato casa su Facebook. Altri addirittura in politica.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 10/05/2014 @ 11:01:24, in Comunicato Stampa, linkato 2024 volte)
    Il C.T. Galatina inaugura la prima vittoria della stagione contro ilvf Pescara, ma già pensa alla trasferta di Pesaro.

    Stasi: “Un gran risultato, ma siamo già pronti ad un'altra difficile trasferta”.

    Alla seconda di campionato e dopo un ottimo pareggio casalingo della prima giornata contro il Torino, il C.T. Galatina brinda alla prima importante e netta vittoria nella trasferta di Pescara. Cinque a uno nel conto dei match e tre punti in più in classifica, portano la squadra salentina al terzo posto nel girone, comandato dal S.C.S.D. Coopesaro Tennis.

    E' proprio contro i primi in classifica, che il Galatina dovrà giocare domani. I marchigiani potranno contare sul pubblico di casa, oltre ai forti Accardo (2.3 ed ex 400 al mondo ATP) e Mendo (2.3) sempre vincenti in campionato.

    ”Sono stato orgoglioso dei miei ragazzi. Domenica scorsa abbiamo stra-vinto contro una squadra forte come il Pescara. Ho avuto delle piacevoli conferme da parte della squadra che mi auguro di poter confermare domani a Pesaro, proprio contro la prima in classifica. Mai come domani sarà importante la tattica”.

    Giovanni Stasi – Presidente del “Circolo Tennis Galatina”

    “Sono conscio che per noi domani sarà una partita molto dura, ma dobbiamo avere il coraggio di provarci e di scendere in campo al massimo della nostra carica agonistica possibile. Sono consapevole delle difficoltà che andremo ad affrontare contro la prima classificata Pesaro, ma mi fido dei miei e sono certo che ci metteranno il cuore e l'anima. Siamo a Pesaro per lottare!”

    Filippo Stasi – Capitano e Direttore Sportivo Galatina, 10 Maggio 2014
     

    "La verità è che da parte della gerarchia non si nega il diritto ad una scelta, si nega il diritto ad una scelta opposta a quella che la gerarchia stessa ha compiuto." (Mario Melloni, detto Fortebraccio, Dalla parte di lor signori, l'Unità, 25 giugno 1972).

     

    Alcuni medici, giornalisti, teologi, scrittori, filosofi, storici universitari, vescovi e osservatori della comunicazione: Lina Pavanelli, Giovanni Franzoni, Piero Coda, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Umberto Galimberti, Gianni Vattimo, Hans Kung; Valerio Gigante, Paolo Flores D’Arcais, Emanuele Severino, Andrea Riccardi, Fernando Savater, Leszek Kolakwski, Angelo Marchesi, Carlo Augusto Viano e Vincenzo Paglia, hanno espresso la propria opinione a proposito della beatificazione del Papa Karol Wojtyla considerando le scelte manifestate durante il suo papato. Dalle pagine del volume ("Karol Wojtyla Il Grande Oscurantista"-inserto del bimestrale Micro Mega, Aprile 2011, Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A.) in cui sono raccolti i pensieri degli autori, traspare un uomo semplice e forte contemporaneamente che, volente o dolente, si prende in carico le colpe di un'istituzione che cammina a rilento, legata a vecchie regole non sempre condivise da tutto il contesto della modernità. Scopriamo anche un Papa che percorre il piacere della Filosofia al maiuscolo, del tipo Aristotelico e non mondano (la filosofia della tv, del nostro settore di vendite, ecc.). Un Papa che si ostina a voler sottomettere la ragione alla Fede, scavando nell’animo umano per dimostrare che nel più profondo del cuore dell’uomo è seminato il desiderio e la nostalgia di Dio, e che dunque inconsapevolmente credente è anche lo scettico e l’ateo, poiché altrimenti non sarebbe uomo(pag.160). Viene fuori un grande padre del Novecento, un vero riferimento per le generazioni che vivono in scarsezza di riferimenti.

    La cosa che più di tutto colpisce, come avviene anche nell’ultimo film del regista Nanni Moretti: "Habemus Papam", è l’umanità del Papa e di tutti i cardinali, con relative virtù e debolezze, legati ancora al lusso dell’esteriorità e remore o tradizioni arcaiche, celate da prescrizioni non più condivisibili da molta parte dei fedeli, come per esempio: il celibato dei preti, la par condicio delle donne nella gerarchia ecclesiale, il diaconato femminile, la ricerca  scientifica (per es. cellule staminali), il “rendere nullo” il matrimonio in certe condizioni, il connubio con i poteri forti, (vedi Pinochet), la necessità di gestire l’alta finanza attraverso l'Istituto per le Opere di Religione (meglio noto con l'acronimo IOR e comunemente conosciuto come Banca Vaticana) oppure tramite movimenti di dubbia purezza spirituale (vedi per es. “l’Opus Dei”, oppure “I Legionari di Cristo”), l’esasperata omofobia senza sconti e, dulcis in fundo, la difesa della vita senza se e senza ma con l’obbligo dell’accanimento terapeutico mediante nutrizione e idratazione artificiale, quest’ultima in accordo con il governo, mediante il ddl Calabrò, in corso d’opera. Lo stesso Wojtyla, a detta del dottor Renato Buzzonetti, l’archiatra pontificio che lo ebbe in cura durante la sua malattia, rifiutò il metodo costrittore della vita oltre la vita (il cosiddetto svp: stato - vegetativo - permanente), pur avendo egli stesso scritto L’Evangelium vitae, enciclica pubblicata nel Marzo del 2005, in cui si legge del dovere di usufruire del supporto di tutti i mezzi resi disponibili dalla medicina moderna. Cosa che invece lui rifiutò, ben sapendo che la sua malattia lo avrebbe portato a morte certa per soffocamento e impedimento nutrizionale (il Parkinson di cui era affetto da 15 anni, gli causava sempre più una contrazione muscolare del tratto tracheo-faringeo che gli impediva la deglutizione. Il Papa è morto “naturalmente” per denutrizione e conseguente calo della sua difesa immunitaria. Negli ultimi 20 giorni aveva perso 19 chili di peso e subìto una tracheotomia urgente che lo salvò dal soffocamento ma non dall’incapacità di deglutire) [pag. 266]. “Lasciatemi andare” furono le sue parole rifiutando una qualsivoglia terapia di accanimento terapeutico, scelta rispettata e vissuta in piena dignità e sacrificio.

    A proposito dei diritti dell’ammalato, l’art.32 della nostra Costituzione detta così:

    “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

    Il ddl Calabrò viola l’art. 32 della nostra Costituzione in quanto al comma 5 dell’art. 3 recita: “… la Nutrizione e l’Idratazione Artificiale (NIA) sono forme di sostegno vitale finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita, secondo la lettera della legge, quindi, devono essere mantenute fino al termine della vita e non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento”. Di fatto contrasta e annulla la Dichiarazione Anticipata di Trattamento obbligando il paziente inabilitato o incapace, a non morire fino alla fine. E’ ovvio che la materia è complessa e i meandri in cui si attorciglia il ddl Calabrò riguardano molti attori del sistema: ammalati, medici, parenti legittimi, ed eventuali ricostruzioni di volontà dello stesso paziente. Il sospetto che venga strumentalizzato in funzione di interessi di parte è difficile da digerire. Resta comunque scandaloso il fatto che non venga riconosciuto vincolante e quindi resti escluso il DAT (Dichiarazione Anticipata di Trattamento). Quindi in attesa dei successivi passaggi parlamentari è opportuno augurarsi che un argomento di tali dimensioni, non venga approvato a colpi di “maggioranza” di alcuna estrazione politica, di destra o di sinistra, verde, bianca, rossa o tricolore o religiosa che sia, ma lasciata al libero arbitrio dell’individuo che è l’assoluto responsabile del proprio destino oltre questo mondo.

    Concludo dicendo che nessuno, né medici, né dottori di nessuna chiesa e tantomeno politici, sono oggi in grado di dirci se le persone in stato vegetativo permanente (spv) soffrono perché si rendono conto del loro stato e non possono urlare la loro disperazione a causa del loro corpo menomato o se invece sopportano la loro situazione perché sanno che chi gli sta vicino gli vuole bene. Nessuno può decidere del corpo di altre persone soprattutto se incapaci di intendere e di volere. Nessuno può decidere del nostro corpo se non noi stessi e Dio, in qualsiasi modo lo si conosca o lo si intenda.

    Marcello D’Acquarica

     

    È gioia grande, carissimi: mancano pochi giorni ormai alla tanto attesa Festa della Pace che quest’anno verrà accolta dalla Vicaria di Galatina e in particolare dall’Azione Cattolica di Noha. Come Associazione territoriale e principalmente come comunità, abbiamo nel cuore la bellezza di vivere lo stile di comunione ecclesiale che ci fa essere la voce di un lieto messaggio di pace e di speranza, tradotto nella trepidazione che accompagna le tante attività di ogni giorno per organizzare al meglio questo evento così importante.

    La Festa della Pace nasce da un’iniziativa nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. Il principale obiettivo è la riflessione sull’importanza del valore della pace e della concordia fra i popoli, favorendo un dibattito su tematiche decisive quali: il ripudio della guerra, l’equa distribuzione del cibo, il rispetto dell’ambiente, l’impegno politico a favore del bene comune, la dignità sacra e inviolabile di ogni essere umano indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione, dall’etnia e dalla classe sociale d’appartenenza. Si tratta di un’iniziativa che coinvolge molte parrocchie dell’Arcidiocesi di Otranto e ciò fa in modo che il numero medio di partecipanti sia compreso fra un minimo di 1900 e un massimo di 2700, provenienti da circa 40-50 paesi del territorio diocesano. La festa è rivolta a gente di tutte le età e ha nell’intergenerazionalità il suo punto forte. “La pace è servita” è lo slogan che ci accompagnerà in questa giornata. Quest'anno lo stesso Papa Francesco nel suo Messaggio per la LII Giornata Mondiale della PaceLa buona politica è al servizio della pace”, ha più volte sottolineato l’esigenza di una politica capace di dare risposte inedite ed efficaci. Egli ci ricorda che l’unica risposta per costruire la pace è la pratica della nonviolenza come «lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme». Il luogo originario da cui partire per educare alla non violenza è la famiglia e in tale orizzonte costruire la pace significa tutelare i diritti e la libertà e ciò si coniuga in un progetto che pone al centro la dignità delle persone e dei lavoratori che impiegano i propri sforzi per produrre sostentamento, soprattutto in paesi nei quali le condizioni economiche e sociali sono più difficili. A maggior ragione in questo periodo storico, dove il lassismo delle dinamiche sociali sembrano mettere in discussione i principi cardine che trovano senso nella tolleranza e nel rispetto delle diversità che arricchiscono la nostra condizione di umanità. Gli incontri e le attività dei diversi Settori (Adulti, Giovani e ACR), ci aiuteranno a riflettere su come la pace possa realizzare veramente il vero progresso dell’umanità.

     

    Ho avuto modo in questi giorni carichi di lavoro e dedicati interamente all’organizzazione di questo evento, di leggere negli occhi di molte persone la voglia di fare e di fare insieme; non passa inosservata la passione che alimenta il servizio gratuito, la collaborazione e principalmente la corresponsabilità. Continuo ogni giorno ad incrociare sguardi di amici che si mettono in gioco affinchè nulla sia lasciato al caso; ho visto i miei ragazzi e le loro famiglie, con la dinamicità che li caratterizza, essere trepidanti più che mai, ho visto i loro occhi brillare di una luce particolare, come per dire che questa festa la stanno “costruendo” anche loro; ho visto mamme e papà che non hanno esitato a dire “Eccomi!” nei momenti in cui serviva il loro aiuto; ho sentito poi, e continuo a sentire le parole del mio Parroco, leggo i suoi messaggi e ogni volta che qualcosa non va per il verso giusto ha sempre pronto un “Coraggio, si avvicina il giorno e andrà tutto bene, perché abbiamo nel cuore la gioia di annunciare Gesù e nulla può andar male!” Non è forse questo lo spirito di AC? Un’Associazione che diviene attrattiva, una realtà che trova la sua forza nell’azione condivisa per il bene comune. Il lavoro è tanto, ma nulla potrà scalfire le grandi emozioni di questi giorni, nessuna fatica potrà essere tanto grande quanto le relazioni che si istaurano.

    Vi aspetto allora, domenica 27 Gennaio alle ore 8,30 in Via Castello, dove sarà allestito il palco. Dopo la Celebrazione Eucaristica presieduta da S. Ecc. Rev.ma Mons. Donato Negro, inizieranno gli incontri e le attività per Settore in diverse aree del paese (appositamente interdette al traffico) al termine delle quali ci ritroveremo ancora una volta in Via Castello per fare festa insieme. L’invito è esteso a tutti, vi aspetto!

    Michele Scalese
    Presidente A.C. - Noha

     
    Di Albino Campa (del 07/12/2019 @ 10:50:24, in Comunicato Stampa, linkato 824 volte)

    Ecco le date del consueto mercatino Natalizio nel centro Antico di Galatina, giunto alle decima edizione, organizzato dalla Pro Loco con il patrocinio del Comune di Galatina (Assessorato al Marketing, turismo e attività produttive). 

    Come ogni anno è fondamentale la collaborazione creativa degli Istituti Scolastici, (indicati sul manifesto), dei privati e dei vari operatori commerciali del centro.

    Quest'anno si aggiunge il supporto di una neo nata associazione di promozione sociale dal nome Helianthus, con sede attiva proprio nel cuore del centro antico, nei pressi della Torre dell'Orologio, e l’Associazione Onlus Abilmente Insieme sempre di Galatina.

    Le varie mostre di presepi saranno diffuse da Corte Pendio, in Via Umberto I,  in Via Vittorio Emanuele affiancate da vari mercatini di artigianato ed esposizioni,  mostre ed installazioni.

    Le sorprese non mancheranno anche quest'anno. 

    Per maggiori info

    Contatti il Presidente della ProLoco 

    NINO RIGLIACO +39 333 125 3640

    Candida Calò

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 02/05/2014 @ 10:48:36, in NohaBlog, linkato 3687 volte)
    Un vecchio cinemaEntrando nella casa di Paola e Guido, i miei vicini di casa, resto attratto da alcune vecchie foto incorniciate elegantemente e appese al muro. Ritraggono gruppi familiari, persone d’ogni età, mi incuriosiscono i loro  abiti, tutti d’epoca naturalmente, e anche gli scorci dei fondali sono interessanti. Chiacchierando cerco di identificare luoghi e date. Fra le altre cose che Guido mi mostra con orgoglio, mi attira un vecchio documento dei Fratelli Lumière, una specie di documentario: “La fotografia animata”. Scopro così che il cinema è nato quasi per caso, facendo scivolare un fotogramma dietro l’altro ruotando una manovella sporgente da uno scatolotto che sta nel palmo di una mano. Il cinema è un succedaneo della fotografia, quasi un figlio. A portarlo in Italia è proprio il nonno di Guido, Giuseppe Filippi (Montanera, 25 novembre 1865 – Sangano, 3 giugno 1956), un Piemontese ingegnoso che nel lontano 1896 acquista dai Lumière un cinematografo e se ne va per le città del nord Italia a sbalordire la gente.
    Nelle prime proiezioni cinematografiche. sembrava che l’immagine, fino a quel momento immobile come un masso, cominciasse a vivere, permettendo la resurrezione di tutto. Quelle scenette in bianco e nero, disturbate da continui strappi di luce e soprattutto le foto del vecchio cinematografo, mi riportano immediatamente indietro nel tempo, del mio tempo, ovviamente.
    Nella seconda metà degli anni 50, dall’alto di via Carso, detta anche “la via dell’asilo” scendendo giù in direzione della piazza, verso sera, quasi a sussidio delle campane dell’orologio, allora funzionante,  risuonava l’eco del carosello, ovviamente con immagini in bianco e nero.  Era per così dire, la diretta. In piazza, alla stessa ora, esattamente nella sala del bar Duomo, lo stesso richiamo sonoro colmava, per grazia di Mante (Francesco Coluccia, per l’anagrafe, uno dei primi baristi e gelatai di Noha), il vuoto di chi non poteva accedere all’acquisto di un televisore e nemmeno al biglietto rosa per l’ingresso al famigerato Cinema dei Fiori. Se non lo aveste ancora capito, siamo a Noha! Mi lascio andare così nei ricordi e scivolo lentamente lungo il muro del palazzo attiguo al bar. Un edificio di fattura nobiliare, quasi certamente una residenza dei proprietari dell’antica Masseria di Giò Congedo. Una volta superata la farmacia, l’ombra flebile di una figura femminile, s’allunga sul battuto antistante, proiettandosi dal balcone adorno come in una fiaba. Quasi a voler, con la sua presenza, ingentilire un luogo martoriato da secoli di storia.
    Niente marciapiede né asfalto, tutto lasciato al sovrapporsi di un progresso che tarda, fortunatamente, a venire. E’ l’ora del desio e a tratti s’espande nell’aria l’odore di muffa e d’umido acidulo, sfugge a ondate dagli squarci dell’antica chiesa ottagonale, deturpata e agonizzante, quasi pronta al sacrificio. Vivide e marcate stanno per terra le pieghe di qualche spianata di pietra bianca affiorante, dove nei giorni di festa si odono voci di giovani e risa e scorrono palline di vetro colorate e misere monete di poco conto. Soltanto dopo, a sacrificio avvenuto, la piazza diventerà un campo di calcio per giovani scatenati e irrispettosi dell’ora del riposo.
    Un vecchio cinema
    Pochi passi ancora, prima del maestoso edificio rosso, un rapido sguardo dietro i vetri di una porta, un raggio di luna filtra attraverso un foro del tetto fatto di canne e coppi. Sul tavolo ancora bandito, un bicchiere opacizzato dall’uso, sembra raccontare una fiaba all’ultima lacrima di vino rosso rimasta nel fondo del bottiglione.  Ancora picchettato da sparute briciole colorate, il piatto appare vuoto. Il vecchio ha cenato e bevuto e dorme già. Gode, forse senza rendersene conto, della dolce nenia di un film. Infatti, nel vicolo affianco, appena sopra il ciglio diserbato, la porticina è socchiusa e la musica si espande tutt’intorno.  Non c’è anima viva e di filato, quatto come un gatto, arranco la stretta scala che porta nel cuore della magia.  Caldo e fumo, animano la penombra e un’impercettibile sinfonia che pare sortire da archi e violini, risuona ovunque. L’operatore è affannato, s’asciuga il sudore e non s’accorge di me. Lo scricchiolio della ruota dentata che trascina inflessibile il nastro, lo costringe a vegliare. Non deve rompersi anche se ha tutto il necessario per rappezzare eventuali strappi. La fiamma del carboncino è viva, quasi violenta, per terra è un susseguirsi di monconi neri consumati, mescolati ad un tappeto di mozziconi di sigarette d’ogni marca.
    Sfuma il tutto in uno sbalordito terrore, ma solo per un istante: l’immensa stanza è deserta e i suoni che sentivo non ci sono più. Nessuno più a vendere i biglietti, nessuna maschera che ne stacca la matrice. Ancora un piccolo sforzo e oltrepassato  il vano che ospita la biglietteria, trovo il coraggio per accedere a quel luogo dimenticato, faccio pochi passi e mi ritrovo nell’atrio. È sufficiente lasciare che gli occhi si abituino all’oscurità oppure basta chiuderli perché le orecchie inizino a percepire suoni, bisbigli e risate. Su, nella galleria, la mano di un giovinetto imberbe cerca ancora lei e si muove incerta nella penombra, nell’attesa trepidante per una timida promessa o forse addirittura un bacio, che impegna per sempre il ricordo di due giovani innamorati.
    Ecco, fra l’uomo delle caverne e i video a colori rigurgitati da mostri palmari, tace la storia,  uccisa fra un colpo di tosse e l’altro, magari in fondo alla chiesa nella pausa dell’Eucaristia, oppure seduti ad un tavolino di un bar, in compagnia, si fa per dire, con la testa bassa a rincoglionirsi guardando le più assurde  panzane animate che spianano gli ultimi neuroni che ci differenziano dai morti.
    Storia e vergogna, mano nella mano, a testa bassa si rifugiano fra gli anfratti delle vecchie mura e trovano l’eternità grazie all’ignavia di una nuova forma di  disperazione.
    A volte qualcuno prova a chiedere informazioni; pochi cercano il proprietario per domandargli di poter visitare quel sito misterioso. Quasi nessuno tenta la porta. Quel portone di legno, così pesante e bloccato toglie ogni speranza. I tarli non lo hanno intaccato, l’edera non lo copre, i topi non lo roderanno.
    Ma se qualcuno avesse un soldo di coraggio, il gusto per l’ignoto o l’audacia dell’intruso, potrebbe allora posare la mano sulla maniglia ossidata dal tempo e scoprire che quel pezzo di legno si muove ancora sui cardini con la leggerezza di un sipario. Come questa vita che dal passato ha preso e nulla pare voglia più restituire, nemmeno l’illusione di un sogno, o la voglia di redimersi da un’atavica e incomprensibile indolenza.

     

    Marcello D’Acquarica
     
    Di Russo Piero Luigi (del 26/12/2023 @ 10:48:26, in Comunicato Stampa, linkato 309 volte)

    Anche questo Natale siamo riusciti a regalare un sorriso a tanti minori in condizione di difficoltà.

    Un ringraziamento va a tutti i cittadini che hanno accolto favorevolmente questa iniziativa solidale, che siamo orgogliosi di aver contribuito a realizzare.

    Oggi abbiamo consegnato, per il tramite dell’Assessore Camilla Palombini, ai Servizi Sociali tre sacconi di giocattoli che, nel massimo e doveroso rispetto della privacy, verranno distribuiti alle famiglie bisognose.

    "𝐆𝐢𝐨𝐜𝐚𝐭𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐒𝐨𝐥𝐢𝐝𝐚𝐥𝐞 𝐍𝐚𝐭𝐚𝐥𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟑 - 𝐆𝐚𝐥𝐚𝐭𝐢𝐧𝐚" è una iniziativa della “Virtus Basket Galatina” che, attraverso questa iniziativa di solidarietà, intende supportare attivamente lo sviluppo delle nuove generazioni come agenti di cambiamento e costruire comunità più resilienti e inclusive.

    Ringraziamo di cuore “Iperbimbo Galatina” di Marco Geusa, “PRINT KING Galatina” di Federico Marra, la libreria “Il Cantastorie” di Manuela Patera e “ECOM SERVIZI AMBIENTALI” di Fabio De Matteis.

    Ancora una volta invitiamo CHIUNQUE, a qualsiasi titolo, abbia voglia di collaborare, a contattarci. Sandro Argentieri: 333-4368532; Piero Luigi Russo: 349-8471729.

    Piero Luigi Russo

     
    Di Albino Campa (del 14/01/2012 @ 10:46:35, in Comunicato Stampa, linkato 2295 volte)

    Galatina in Movimento si ripropone di fornire un modesto e qualificato contributo per un progetto di amministrazione della Città lontano da vecchie e compassate logiche di sistema, problema questo ormai divenuto quasi un inestricabile rompicapo e alla soluzione del quale sembra che i galatinesi ci abbiano quasi rinunciato.

    Con lo stesso e rafforzato entusiasmo ci accingiamo a riparlare della nostra idea originaria, forti di una identità politica già nota ai cittadini e, soprattutto, ben distinta dai partiti classici, dai quali – ancora una volta – ce ne distacchiamo con convinzione, nonostante il loro paternalistico tentativo di tributarci una sorta di “contiguità” con essi.

    Il nostro unico obiettivo sarà la realizzazione del nostro programma illustrato nel 2010, nel quale individuammo molteplici criticità che, purtroppo, continuano a rimanere irrisolte e che oggi dovranno essere riaffrontate con gli opportuni adattamenti.

    L'auspicio questa volta è quello di poter condividere il percorso con tutte quelle forze cittadine che, deluse dalla comprovata inadeguatezza evidenziata dai partiti sempre più appiattiti da una servile sudditanza verso dirigenti provinciali e regionali che poco o nulla hanno a cuore le sorti della nostra Città, intendano ricreare una nuova base politica locale ed una qualificata classe dirigente.

     

    Avv. Giacomo Galluccio

    Galatina in Movimento
     
    Di Redazione (del 08/06/2019 @ 10:46:22, in Istituto Comprensivo Polo 2, linkato 1679 volte)

    I ragazzi della 5° A ringraziano con un caloroso abbraccio i loro Maestri Antonella, Dory, Romilda, Claudio e Dora.

    Vi porteremo sempre nel cuore, non vi dimenticheremo mai siete stati veramente importanti per noi.

    I ragazzi della 5° A Noha - Parte 1 di 3

     

    I ragazzi della 5° A Noha - Parte 2 di 3

     

    I ragazzi della 5° A Noha - Parte 3 di 3

    5 Anni che ci hanno lasciato nel cuore delle forti emozioni grazie di cuore

    Natascia Rossetti

     

    Ed eccoci a scrivere e promuovere un libro che non può mancare sotto l’ombrellone, tra uno schizzo d’acqua, il rumore dei bambini che giocano in spiaggia ed il vociare della massa indistinta, che si bagna nelle dolci acque del Mediterraneo. Un libro intrigante, pieno di mistero ed avventura, che avrò l’onore di presentare a Galatina il 26 agosto 2014 alle ore 20.30 presso il palazzo della Cultura, per la serie di eventi nota come ” L’estate della cuccuvàscia “. Un mistero antico come quello della Nike di Samotracia, ha la forza secolare di costruire una rete di rapporti, unire terre lontane e custodire segreti. Il Dr. Silli Solari è un archeologo irrequieto, sicuro di se e alla continua ricerca di percorsi avventurosi in cui addentrarsi e perdersi. Insieme al suo migliore amico greco, Christos, partecipa a una poco entusiasmante spedizione archeologica in Grecia. Proprio lì? conosce Brigitte, una ragazza francese, e Renate, tedesca, a capo della spedizione. Entrambe archeologhe, entrambe attratte da Silli, con caratteri e destini diversi. Silli e Christos decidono di abbandonare la spedizione greca e partono alla volta del Baltico, con l’obiettivo di raggiungere l’arcipelago di Aland e scoprire il segreto della Nike alata. Brigitte, ormai invaghita di Silli, sceglie di accompagnarli, e da quel momento, dopo una serie di terribili omicidi, iniziano pian piano a svelarsi le identità insospettabili dei vari protagonisti. Ferdinando Scavran sociologo di origini venete, nasce a Taranto nel 1957 e vive e lavora nel Salento. Da sempre innamorato della Grecia, lì passa spesso le sue vacanze, lì il suo cuore e la sua anima. L’amore di Ferdinando per la Grecia nel nome trasmesso ai suoi due figli, intrisi di storia mito e leggenda, due nome legati indissolubilmente con la madre patria Hellas, Ares e Dafne. Un thriller " Le Ali della Follia " che si abbandona alle carezze della Storia, della Mitologia e dei sentimenti e, che pur lottando con l’orrore, affronta senza esitazione un percorso intricato e affascinante.

    Raimondo Rodia

     
    Di Redazione (del 08/06/2019 @ 10:44:24, in Comunicato Stampa, linkato 1090 volte)

    Giornata di presentazione del Cammino del Salento - progetto dedicato al turismo lento ed esperienziale, finanziato dalla Regione Puglia e Vincitore PIN - Pugliesi innovativi.

    Cammino del Salento Festival è tra gli eventi della rassegna estiva “A cuore Scalzo” del comune di Galatina.

    L'evento avrà inizio alle ore 18:00 presso la Basilica di S. Caterina d'Alessandria a Galatina, con una passeggiata guidata gratuita alla scoperta della città. Ultima tappa: il Chiostro Palazzo della Cultura.

    Alle ore 20:15 si giungerà al Chiostro, dove il progetto Cammino del Salento sarà presentato dal suo staff, grazie ad attività esperienziali e informative.

    Alla manifestazione parteciperanno alcuni tra i sindaci e assessori dei comuni attraversati dal Cammino del Salento.

    A conclusione della presentazione: spettacolo musicale con il Cantastorie P40

    Ingresso libero.

    Cammino del Salento: 133 km a piedi da Lecce al santuario de Finibus Terrae di Santa Maria di Leuca

    Da Lecce si sviluppa un percorso, suddiviso in tappe percorribili a piedi o in bici, verso il santuario De Finibus Terrae, ai confini della terra, situato a Santa Maria di Leuca: è la fine del mondo, estremità della terra che si fa penisola, sopra alle scalinate infinite che guardano due mari, Adriatico e Ionio. Il Santuario si trova all'estremo lembo orientale d'Italia e vi sono giunti, da ogni dove, pontefici, santi, uomini illustri e tantissimi pellegrini, per rendere omaggio alla Madonna de Finibus Terræ.

    Il Cammino del Salento propone un percorso inedito e alternativo alle vie antiche (Sallentina, Leucadense e Traiana Calabra). Si estende per 133 km da Lecce a Leuca, tra sentieri sterrati, vie di campagna e tratti costieri. È stato tracciato per essere percorribile in tutte le stagioni dell'anno, anche senza GPS, grazie alla sua segnaletica minimale, identificativa e a basso impatto ambientale.

    Leuca è l’ultima tappa del Cammino del Salento, nel santuario si riceverà l’ultimo timbro sul passaporto del pellegrino, documento di viaggio che accompagnerà il camminatore e grazie al quale avrà diritto a sconti dedicati. Sono 23 i comuni attraversati: ad ogni passaggio il passaporto verrà timbrato, a ricordo e testimonianza del cammino percorso. Infatti, arrivato al santuario de Finibus Terrae, il camminatore esibendo il passaporto con i timbri riceverà un Testimonium, vale a dire l’attestato che viene rilasciato al termine di un pellegrinaggio.

    Il Cammino del Salento consentirà ai viaggiatori di ammirare splendide bellezze naturali e artistiche, un cammino da percorrere in qualsiasi stagione dell’anno, tra muretti a secco e pajare, grandiosi santuari e piccole cappelle, tradizioni e folklore.

    I territori attraversati sono in ordine: Lecce, San Cesario, San Donato, Galugnano, Sternatia, Soleto, Galatina, Corigliano, Melpignano, Cursi, Palmariggi, Giurdignano, Otranto, Porto Badisco, Santa Cesarea Terme, Castro, Marittima, Tricase, Tiggiano, Corsano, Barbarano del Capo, Patù, Santa Maria di Leuca. Ogni comune è stato valorizzato al meglio, infatti il tracciato realizzato collega tutti i punti di interesse storici e naturali di ognuna delle 23 località attraversate. Questo vuol dire che, pur essendo il camminatore libero di fare tutti i “fuori percorso” che desidera, troverà lungo il cammino tracciato le cose più belle da vedere e da fare.

    Abbiamo fatto convenzioni in ogni comune attraversato in modo da garantire ai camminatori sconti dedicati presso le strutture ricettive. Inoltre abbiamo ideato in partnership con i vari ristoranti il “menù del pellegrino”, un pasto completo a un prezzo speciale. Abbiamo progettato in collaborazione con le associazioni e professionisti del territorio una serie di esperienze lungo il Cammino del Salento, come ad esempio: visite guidate all’interno di frantoi ipogei, lezioni di terracotta, lezioni di cucina tipica salentina, la vendemmia, raccolta olive, giri in barca, lezioni di surf, kayak, e tante altre.

    Sul nostro sito ufficiale www.camminodelsalento.it sono disponibili itinerari, alloggi, esperienze, tracciati e viaggi di gruppo organizzati. La guida del Cammino del Salento sarà pubblicata a settembre 2019.

    Cammino del Salento è un progetto Vincitore PIN – Pugliesi Innovativi - Iniziativa promossa dalle Politiche Giovanili della Regione Puglia e ARTI.

     

    Facebook               https://www.facebook.com/camminodelsalento

    Instagram              https://www.instagram.com/camminodelsalento/

    Web                        www.camminodelsalento.it

    Email ufficiale       info@camminodelsalento.it

     

    Le ideatrici

    Federica Miglietta, 29 anni, laureata in ingegneria civile, master in International Hospitality Management, esperienza decennale nell’accoglienza.

    Mariarita Scarpino, 31 anni, due lauree magistrali in discipline musicali e chitarra, specialista nell’organizzazione di eventi e creazione di esperienze musicali.

    L’8 marzo 2019 costituiscono una società: FEM srls, via dei cotamari 3 Cutrofiano – Fornitura di servizi nel campo del settore turistico; attività di promozione turistica e territoriale.

     

     

     
    Di Antonio Mellone (del 02/04/2017 @ 10:44:00, in NohaBlog, linkato 4103 volte)

    Delle due l’una: o i sempre più numerosi candidati alla cadrega di sindaco di Galatina sono stati colpiti da allergia acuta ai simboli dei loro tradizionali partiti, oppure i loro tradizionali partiti non vogliono più saperne nulla (di esporsi, dico, per la bella faccia dei loro ex-supporters, anzi supposters).

    Quale che sia la motivazione, la conseguenza è il proliferare incontrollato di liste cosiddette civiche, nate anche per nascondere la fazione di turno (e magari le sue malefatte) e far sembrare i candidati come casti e puri, svincolati, indipendenti e addirittura liberi dalle solite forze (o forse) politiche di riferimento.

    Insomma un’operazione di maquillage, una specie di cambiamento del pelo ma non del vizio di confonderci le idee.

    In questa confusione somma uno non sa più a chi dare il proprio voto. Però magari sa bene a chi non darlo, specialmente se ha la pazienza di leggere i miei brani viziati dal solito “conflitto antagonistico” [sic], oppure pervasi di “populismo” (figurarsi se non m’arrivava pure l’accusa di populismo), ovvero tipici del “fuoriuscito del PD” (quando mai vi sarei entrato rimane un mistero della fede politica), se non addirittura “intrisi di comunismo” (scansa-e-libera-Signore), una sommatoria di slogan (ché manco le slides di Renzi), dunque veri e propri monumenti all’“antipolitica” (e te pareva).   

    Certi signori, non essendo abituati alla libertà di informazione e di pensiero, non possono nemmeno immaginare che esista qualche cittadino senza padroni né partiti presi che giudica di volta in volta questo o quel politico, elogiandolo quando dice o fa qualcosa di buono e criticandolo nel caso contrario (il 99% delle volte, nel mio caso specifico). Essendo intruppati e allineati intruppano e allineano anche gli altri. E non s’accorgono che attribuendomi di volta in volta questa o quella matrice partitica non fanno altro che corroborare la mia assoluta libertà e indipendenza.

    Ecco, vorrei puntualizzare ancora una volta il fatto che io non sono “amico” - né vero né falso - di nessuno (politicamente, s’intende): quando qualcuno sostiene le mie battaglie lo sostengo a mia volta; quando qualcuno fa o dice cazzate lo combatto eccome (e giacché mi trovo, per mio diletto, ne faccio pure oggetto di scherno o, se volete - utilizzando un lemma sconosciuto all’intellighenzia del pasticciotto - di satira).

    *

    A proposito di cazzate.

    Pare che il PD di Galatina (in “conflitto antagonistico” con quello di Noha, mo’ siamo llà) abbia presentato ai piedi dell’altare palazzorsiniano il suo agnello sacrificale nella persona della signora Paola Carrozzini. La quale, in uno dei suoi primi comunicati stampa (forse il primo in assoluto), se ne esce con l’impegno prioritario “alla realizzazione di ben 36 appartamenti da destinare, con affitti bassi, a coppie giovani e famiglia monoreddito al fine di rispondere all’emergenza abitativa” [sic]. Questo, “oltre ad ampliare l’offerta abitativa diventa occasione di riqualificazione urbana di un’area attualmente in degrado e un’opportunità di lavoro per le imprese, priorità assoluta in questo tempo di crisi economica”. Ovviamente.  

    Ragazzi, che cosa volete da me? Questo era il top a cui si poteva puntare: un pensiero politico di metà anni ’80 del secolo scorso, quello (funesto) per cui lo “sviluppo” e le “ricadute occupazionali” si ottengono solo con i mattoni, il cemento, l’asfalto, e il debito pubblico. Chissà se chi proferisce queste corbellerie supreme ci è o ci faccia, e se sia mai stato in giro per la città a contemplare le centinaia, che dico, le migliaia di case e appartamenti vuoti, sfitti e/o in vendita (per non parlare dei capannoni industrial-artigianali). Nell’attesa di saperlo sciroppiamoci quest’altro allarme, anzi emergenza: quella abitativa, ma soprattutto inventiva.   

    A questo punto tanto valeva evitare scissioni e inneggiare compatti all togheter now: Sindaco Daniela Sindaco for ever. Per dire.

    *  

    L’altro giorno, su leccatina.it mi metto a leggere quello che aveva tutta l’aria di un necrologio. La giornalista - devo riconoscere - ne scrive di veramente belli. E commoventi.

    Così, mentre più di una lacrima furtiva iniziava a imperlare i miei occhi, mi sono accorto (che scemo) che non si trattava del morto di turno, ma della presentazione dell’ennesimo candidato alla poltrona di primo cittadino di Galatina: “Gli occhi lucidi sono venuti a tanti, forse a tutti. Quegli applausi spontanei a sottolineare un momento, che nel sapore della scommessa mescola quello del cambiamento, ha allargato il cuore, aperto molti sorrisi e sciolto la lingua a un candidato sindaco che non sapeva bene cosa aspettarsi dal suo primo intervento pubblico”. Povera stella. Figurarsi noi.

    Bene. Nell’attesa che i giornalisti nostrani inizino a fare le pulci ai candidati, magari ponendo loro delle domande vere, che so io, sui programmi (che in questo paese di sottosopra sembra si redigano dopo non prima dell’aggregazione dei gruppi politici), più che articoli contentiamoci di leggere le lettere strappalacrime di un’Amante.

    Antonio Mellone

     

    Nel pomeriggio di mercoledì 19 dicembre 2023 una delegazione galatinese degli amici storici della BIMBULANZA si è recata presso il “Centro Ascolto” del Vito Fazzi di Lecce per consegnare direttamente nelle mani di Don Gianni Mattia, parroco del nosocomio leccese nonché presidente dell’Associazione “cuore e mani aperte” ODV, il primo assegno di 500 € frutto del ricavato della distribuzione di piantine grasse nell’ambito dell’iniziativa solidale “Pianta una Speranza” promossa dall’ASD “Virtus Basket Galatina”.

    Grazie alla grande disponibilità dell’Azienda agricola EUPHORBIA di Leverano e al grande cuore del suo fondatore Marco ZECCA, che ha donato “pro bono” le piantine, l’intero ricavato sarà destinato ai nostri progetti.

    L’iniziativa continua.

    Potrete intanto ritirare la vostra piantina solidale, con una donazione di almeno 5 €, contattando i responsabili dell’iniziativa che provvederanno alla consegna a domicilio:

    • Cosimo Cipolla: 366-6697586 (anche whatsapp);
    • Maria Concetta Giannini: 328-4781930 (anche whatsapp);
    • Sandro Argentieri: 333-4368532 (anche whatsapp);
    • Alessandro Antonaci: 328-0459945 (anche whatsapp);
    • Piero Luigi Russo: 349-8471729 (anche whatsapp).

    Le piantine grasse sono bellissime. Hanno un animo forte e riescono a sopravvivere anche alle intemperie e quando meno te lo aspetti regalano dei fiori che sembrano dipinti. E noi vorremmo che esse ci insegnassero a non fermarci mai davanti alle avversità, ma dipingere fiori sul nostro cammino.

    Piero Luigi Russo

     
    Di Redazione (del 07/12/2019 @ 10:38:00, in Comunicato Stampa, linkato 785 volte)

    Si rinnova anche questo Natale l’appuntamento con la Solidarietà.

    L’evento per grandi e piccini è fissato per Domenica 08 dicembre 2019, a partire dalle ore 09.30, in Piazza Alighieri a Galatina ed avrà fine intorno alle ore 13.00.

    Che un bicchiere al giorno di buon vino faccia bene al cuore è già risaputo, ma con il “Vino solidale” il benefico effetto viene sicuramente raddoppiato.

    Il progetto “Vino solidale” è ambizioso, ricco di valore sociale e carico di contenuti; questo vino, sostenibile e solidale, si pone infatti l’obiettivo concreto di sostenere il progetto BIMBULANZA, la prima ambulanza pediatrica del Sud Italia, con allestimenti interni ed esterni tutti allegri e colorati che permetterà ai nostri Eroi di viaggiare in un ambiente confortevole ed a rendere quindi meno traumatico il loro spostamento.

    Il ricavato di questa collezione di vini andrà devoluto all'Associazione “cuore e Mani aperte verso chi soffre” Onlus per sostenere, appunto, i costi di gestione della Bimbulanza.

    Il vino sarà disponibile in due qualità:


    • il Galatina Rosato DOC, prodotto con uve Negroamaro e 100% Biologico Certificato;
    • il Galatina Rosso DOC, prodotto con uve Negroamaro e Primitivo e 100% Biologico Certificato.

    Se avete piacere, a fronte di una offerta minima di 5€, potrete ritirare la vostra bottiglia.

    Vi aspettiamo Domenica 08 dicembre in piazza Alighieri, a Galatina, a partire dalle 09.30.

    RUSSO Piero Luigi

     
    Di Redazione (del 25/02/2015 @ 10:35:05, in Eventi, linkato 1640 volte)

    Il servizio di TR News sul convegno diocesano di Pastorale della Salute dal titolo "Eucarestia e fragilità. Trasforma il cuore e servi i malati", che si è tenuto a Noha venerdì 30 gennaio 2015 nell'oratorio della chiesa Madonna delle Grazie. Si è parlato della "cura di Dio" e di quella da essere umano ad essere umano, esperienza unica di altruismo puro.

     

    "Sono passati oramai quasi due mesi dalla nostra lettera aperta ai Parlamentari di Galatina, sen. Mininno, on. Donno e on. Alemanno, con la quale, a seguito dell’interrogazione parlamentare sull’Aeroporto Militare, presentata da questi, applaudendo alla circostanza che, finalmente, un incisivo strumento parlamentare fosse stato adoperato per la tutela degli interessi della città, ne avevamo chiesto pubblicamente uno analogo a difesa dell’Ospedale di Galatina, al fine di conoscere come mai la costruzione dell’Ospedale di Maglie-Melpignano, di II livello, causa ultima della chiusura dell’Ospedale di Galatina, fosse tollerata, malgrado la palese violazione del DM 70/2015. Dobbiamo ora ritenere che tale interrogazione non fosse tesa a difendere la nostra città, ma solo a sottrarre ad un competitor politico un argomento di critica al Governo". Così Avv.Francesco Colaci del Movimento Regione Salento - Galatina.

    "Stante il totale disinteresse dimostrato, dobbiamo concludere che ai Parlamentari dei 5S di Galatina non importi nulla del problema da noi sollevato, o perché proveniente da un’altra parte politica, o ritenendo preferibile la chiusura dell’Ospedale di Galatina, in favore della costruzione dell’Ospedale di Maglie-Melpignano. Ed in ogni caso, ritenendo di non dover scomodare il Ministro della Salute del loro stesso partito, per una cosa senza importanza.

    Preso atto di tutto questo ci è gradita l’occasione per ripetere la richiesta di presentare un’interrogazione parlamentare al Ministro della Salute, sia ai Parlamentari di Galatina, che al sen. salentino Roberto Marti, al fine di conoscere “come mai sia tollerata la palese violazione del DM 70/2015, da parte del RR n.7 del 2017, nella parte in cui, prevedendo la costruzione dell’Ospedale di Maglie-Melpignano, di II livello, causa ultima della chiusura dell’Ospedale di Galatina, viola la norma che prevede un ospedale di II livello ogni 750.000/1.200.000 abitanti, dal momento che, nella Provincia di Lecce, avente circa 900.000 abitanti, può esservi un solo ospedale di II livello; e quali siano le azioni che il Ministro intenda porre in essere, anche di concerto con il Cipe, al fine di verificare la bontà e legittimità dell’impiego richiesto dei Fondi di Coesione e Sviluppo 2014-2020, utilizzati per la costruzione di tale ospedale”.  Ci auguriamo che i Parlamentari di Galatina, e di tutto il Salento, vogliano unirsi ai loro concittadini nell’impedire lo scempio dell’Ospedale di Galatina, progressivamente portato allo stallo con la continua sottrazione di risorse umane e materiali, come sottolineato dalle denunce di questi giorni. Per parte nostra -conclude l'avvocato Colaci-  saremo al fianco di chiunque voglia difendere la nostra città, senza distinzione di ideologia o partito politico, ritenendo che la tutela, con ogni mezzo, dei diritti ed interessi dei nostri concittadini, sia obiettivo prioritario ed imprescindibile di chiunque abbia a cuore Galatina".

    Movimento Regione Salento

     
    Di Redazione (del 30/03/2019 @ 10:22:18, in Comunicato Stampa, linkato 1836 volte)

    Si rinnova anche quest’anno l’appuntamento con la solidarietà. Gli amici dell'Associazione “cuore e Mani aperte verso chi soffre” - Onlus hanno organizzato infatti, nella mattinata di Domenica 31 marzo, un gazebo per la vendita delle uova solidali a favore del progetto “Bimbulanza”.

    L’evento per grandi e piccini è fissato a partire dalle ore 09:30 in Piazza Alighieri a Galatina (di fronte al Monumento ai Caduti) ed avrà fine intorno alle ore 13:30.

    La “Bimbulanza” è la prima ambulanza pediatrica del sud Italia, all’acquisto della quale la cittadinanza di Galatina ha partecipato con numerosi e diversi eventi benefici. 
    Il progetto, fortemente voluto e realizzato da Don Gianni Mattia e dalla sua Associazione “cuore e mani aperte verso chi soffre", nasce con l'intento di alleggerire il tragitto dei piccoli ospiti che in caso di necessità potranno essere trasportati nei vari spostamenti clinici tra diversi ospedali. La vera novità, che rende speciale questa iniziativa ed il progetto tutto, sempre in debito di fondi per la sua sopravvivenza, è la presenza sulla “Bimbulanza” di un volontario clown che tra sorrisi, giochi e colori, allieta la permanenza sul mezzo dei piccoli passeggeri.

    Il prezzo per singolo uovo dal peso di 300 gr., disponibile sia di cioccolato al latte che di cioccolato fondente, è di 5€.

    Un regalo gradito per i piccoli di casa ma anche un tuffo nella dolcezza per qualche adulto che non sa resistere alla tentazione di mangiare del buon cioccolato. E se il gesto ha poi un risvolto solidale, tanto meglio.

    Vi aspettiamo…

    Associazione Quelli di piazza San Pietro

     
    Di Redazione (del 02/12/2017 @ 10:21:40, in Comunicato Stampa, linkato 1004 volte)

    L’imperativo in casa Olimpia S.B.V. è frenare l’emorragia delle sconfitte o, quanto meno, raggranellare  qualche punto nell’odierna gara in terra di BAT ,tale da mantenere accesa la fiammella della risalita.

    Reduci dalla sconfitta di domenica scorsa ad opera della Giocoleria Potenza, gli uomini di mister Iaia sono intenzionati a far valere la gerarchia di classifica , affidando alla diagonale Zonno-Carelli  e ai martelli Fiorillo ed Andriano il compito di guastatori: completano il sestetto andriese i centrali Carofiglio e Porro ed il libero Pepe.

    La squadra salentina ,la cui prestazione di domenica scorsa è stata tutto cuore e tatticamente più redditizia nella formula con Buracci opposto, tenterà di arginare le prime linee della Florigel con un assetto simile ,augurandosi un epilogo diverso.

    La direzione di gara è affidata alla coppia Mastrogiovanni e Di Maria.

     

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE

    OLIMPIA S.B.V. GALATINA

     
    Di Paola Congedo (del 13/12/2012 @ 10:13:51, in NohaBlog, linkato 3025 volte)

    Lucia cara,

    so che oggi hai deciso di salutarci, per continuare il tuo viaggio in luoghi nei quali noi, per ora, non possiamo seguirti. Spero, assieme alle persone che tanto hanno amato il tuo garbo, la tua bellezza e la tua dolcezza, di rivederti un giorno per godere ancora del nostro reciproco raccontare.

    So però, con certezza, che continui a vivere tra noi, nella carne dei tuoi figli, nel cuore di tuo marito e di tutti i tuoi cari e nelle pagine dei tanti libri che hanno sempre accompagnato il tuo cammino.

    Ti saluto dunque, sapendo che sarai con me, con le parole di Isabelle Allende (ti è sempre piaciuta moltissimo!)

    Adiós, Lucia, mujer

    Bienvenida, Lucia, espíritu.

    Tua affezionatissima

    Biblioteca Giona

     
    Di Redazione (del 06/10/2018 @ 10:00:33, in Comunicato Stampa, linkato 895 volte)

    La magnifica cornice dell’Hotel Hermitage ha ospitato, il 04 ottobre, la conferenza stampa di  presentazione della squadra di pallavolo di Efficienza Energia Galatina che si avvia a vivere la terza stagione in serie B.

    Nel corso della serata sono state presentate le maglie da gioco, dalla grafica elegante ed accattivante, che verranno utilizzate nel campionato 2018-2019 con la denominazione Efficienza Energia. Ad indossarle, fungendo da modelli, il laterale Davide Petrosino ed il libero Francesco Pierri che hanno riscosso molti applausi dalla folta platea convenuta nella sala conferenze dell’hotel.

    Presenti al tavolo dei relatori i rappresentanti istituzionali politici e sportivi: il primo cittadino dott. Marcello Amante e l’assessore allo sport e alle politiche giovanili signora Maria Rosaria Giaccari, i presidenti di Olimpia SBV Luigi Santoro e di SBV Olimpia Galatina Corrado Panico.

    A fare gli onori di casa, dando il benvenuto al sindaco e ai tanti amici che hanno voluto essere presenti all’evento, è stato il presidente di Efficienza Energia che con orgoglio ha esposto obiettivi tecnici e strategici del proprio gruppo, maturati grazie alla disponibilità espressa dal main sponsor e dal partnerariato con altre aziende che hanno condiviso il progetto sportivo con importanti sacrifici finanziari .

    L’intervento del sindaco ha calcato gli stessi temi , con un plauso per le aziende che si sono spese per questo oneroso impegno:” Credevo ,afferma Marcello Amante, che la società non fosse nelle capacità finanziare di reperire il budget necessario e  temevo ,alla fine di maggio, che il titolo sportivo venisse consegnato alla mia figura istituzionale per una sopravvivenza. Le casse comunali non mi avrebbero permesso di sostituirmi alla dirigenza societaria e pensavo al peggio. Poi il superbo lavoro di questa società è riuscito a concretizzare il coinvolgimento di più aziende che hanno a cuore non solo un ritorno economico per le loro attività, ma anche passione per lo sport e per la pallavolo in particolare”.

    Augurando un in bocca al lupo per la stagione, il cui vernissage avverrà domenica 14 ottobre nell’esordio casalingo contro la NORMANNA AVERSA, il primo cittadino si è visto consegnare dal DG Francesco Stefanelli la maglia di gara personalizzata, simbolo di una città che sposa il volley contribuendo a collaborare con tutti i soggetti sportivi. 

    In corso di conferenza è giunto un messaggio di augurio da parte del dott. Pierantonio Fiorentino, amministratore di Efficienza Energia, che così spiega l’abbinamento: “Sono molto contento che la società presieduta da Santoro abbia scelto un partner come il mio gruppo di EFFICIENZA ENERGIA. L’esposizione del progetto, il grande impatto sociale sulla cittadinanza e sui giovani, nonché l’efficace azione di marketing gioverà a tutti: siamo un’azienda giovane, motivata e, in questa stagione, dovremo mettere tanta energia per arrivare a raggiungere gli obiettivi comuni”.  

    La serata è continuata con la presentazione del gruppo dirigente, dello staff tecnico,  medico-sanitario e di tutta la formazione della squadra. L’intervento di mister Stomeo ha avallato quelle che sono le indicazioni degli addetti ai lavori  circa la validità potenziale del sestetto galatinese , che potrà aspirare a posizioni di prestigio.

    La presentazione dei vari gruppi giovanili di SBV Olimpia Galatina, impegnati quest’anno in tutti i campionati di categoria , è stata preceduta da un pensiero del presidente Corrado Panico :” Abbiamo intessuto questa collaborazione con Olimpia per raggiungere uno scopo comune a rendimenti maggiori : forniremo i nostri migliori giovani di talento alla squadra maggiore con l’augurio che possano trovare spazio e realizzare le proprie aspirazioni . Lavorare sui giovani e con i giovani è il nostro credo”.

    E’ stata poi la volta della presentazione del gruppo dirigente di SBV Olimpia, dello staff tecnico che allenerà  il minivolley,  gli Under 13, U.14,U. 16 e U.18 e dei referenti di settore.

    Un piccolo buffet e un brindisi benaugurante hanno chiuso la magnifica serata.

    Piero de lorentis

    AREA COMUNICAZIONE  

     
    Di Antonio Mellone (del 01/05/2018 @ 09:58:35, in Necrologi, linkato 2763 volte)

    Se n’è andata la Rita Gentile. In questo caso nome e cognome li devi proferire all’unisono, senza iato. Il secondo, più che altro, è un aggettivo qualificativo. E questo lo può testimoniare chiunque l’abbia conosciuta, e sono in tanti - non soltanto il sottoscritto che, cresciuto praticamente a casa sua, è in “conflitto di interessi”.

    La malattia, lunga, inesorabile, l’aveva quasi immobilizzata, povera Donna, resa come una bambina, incapace di badare a se stessa: lei, buona come il pane, che aveva fatto tanto lavoro, di notte e di giorno, china su quel telaio di ricamatrice, quasi iperattiva, e poi pronta a non far mancare nulla alle sorelle, al fratello, agli amati nipoti, e a chiunque le avesse chiesto una mano. Negli ultimi tempi crescevano i suoi silenzi, la voce più fioca, il bel volto sempre curato ridotto all’essenziale. Poi quelle parole indecifrate che recavano visioni a noi precluse. E la mia mano sinistra nella sua destra.

    Cosa si diventa, per la miseria.

    Ma non tutto è vano, forse. La Rita Gentile, onnipresente zelatrice del cuore di Gesù, sapeva con certezza che il suo “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande”.

    *

    Condoglianze ai parenti, agli amici e a quanti l’amarono.

    Antonio Mellone

     

    Sabato 8 settembre 2018, ore 20.00 presso l’ex Monastero delle Clarisse – Centro Storico di Galatina – Ingresso Libero -

    E’ tutto pronto per l’edizione 2018 del Premio Marcello Romano per il Cinema, riconoscimento nato per rendere omaggio alla memoria dell’avv. Marcello Romano (1943 – 2008), cultore di cinematografia, istituito nel 2009 dal Comune di Galatina in collaborazione con l’ex-Istituto d’Arte G. Toma, ora Liceo Artistico dell’IISS “P. Colonna” di Galatina.

    Quest’anno il Premio viene attribuito a Meditfilm e verrà consegnato sabato 8 settembre a Galatina  presso l’ex Monastero delle Clarisse.

    Meditfilm si distingue per la realizzazione di numerosi progetti, cine-documentaristici, televisivi, di antropologia visuale e comunicazione multimediale, che raccontano e costruiscono percorsi di tutela e valorizzazione del patrimonio collettivo naturale, artistico e culturale salentino.

    Il Premio Marcello Romano per il Cinema è stato consegnato in precedenza nell’ambito del Festival “Corti di marzo” 2011, fuori concorso, al regista Andrea Costantino, per il cortometraggio “Sposerò Nichi Vendola” (2010) e nel 2014 a Francesco Micciché per il documentario “Lino Miccichè, mio padre. Una visione del mondo” (2013), nell’ambito della Rassegna Identità in dialogo-Prospettive meridiane  #tuttosuipadri, con il patrocinio della Regione Puglia e di Apulia Film Commission.

    Introduce Rita Toscano. Intervengono per i saluti istituzionali Marcello Amante, Sindaco di Galatina, Cristina Dettù, Assessore alla Cultura e Maria Rita Meleleo, Dirigente del Liceo Colonna.

    Ospiti del Premio saranno Beatrice Stasi, professore associato di Letteratura Italiana Università del Salento e Presidente Università Popolare “Aldo Vallone” Galatina; Chiara Eleonora Coppola, consulente progettista, componente del Consiglio di Amministrazione Fondazione Apulia Film Commission; Eugenio Imbriani, professore associato di Discipline Demo-etnoantropologiche, componente Comitato Scientifico progetto Luoghi e Visioni, a cura di Meditfilm; Antonio Mellone, (nelle vesti di) economista e Francesca Casaluci, Presidente Associazione Salento Km 0.

    I relatori interverranno su tema: “Cinema Terra e Poesia”, ragione sociale di Meditfilm.

    Al termine della premiazione, verrà proiettato il documentario Stare sul confine, una delle più recenti pellicole di Meditfilm, per la regia di Tommaso Faggiano.

    Parteciperà all’evento anche Renato Grilli, attore/autore e voce narrante del film.

    La consegna del Premio sarà un’occasione di festa per tutti gli spettatori che avranno il piacere di dialogare con gli autori, in un clima di convivialità, nella suggestiva cornice del giardino del monastero di Santa Chiara.

    Rita Toscano

     

    Domenica 10 dicembre 2017, ultimo appuntamento dell’anno per riscoprire i borghi della Puglia attraverso storie ed emozioni con l’iniziativa 99Borghi promossa da Confcommercio Puglia in collaborazione con Confguide Puglia e Pugliapromozione. Visite guidate gratuite a cura delle guide della rete Confguide Puglia per un viaggio nei racconti delle nostre tradizioni.

    Il #RaccontodiPuglia torna, per un’edizione speciale! Protagonista della giornata sarà l’atmosfera magica dei borghi durante il clima natalizio. Artigianato locale, mercatini, presepi e tante idee regalo faranno da cornice al percorso guidato tra le bellezze di Galatina. Passeggiare per le vie del centro antico, tra vicoli, corti e piazze, è una continua scoperta. Il fascino delle dimore gentilizie, dei gioielli barocchi dell’architettura religiosa ma anche il chiacchiericcio, i profumi e i colori di una città viva, nel cuore del Salento. L’arte, dunque. L’incanto degli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria ma non solo. C’è tanto da vedere, con il barocco nelle chiese grandi e piccole, nei conventi, nelle cappelle. Varcate le porte, il fascino del Natale è intenso.

     

    Meeting Point:

    Piazza Orsini >> start 10.00

    T. +39 331 3418469 – E: romina_mele@libero.it

     

    Le prenotazioni (consigliate e non obbligatorie) terminano il 09 dicembre 2017 alle ore 12.00

    Per informazioni:

    E: info@99borghi.it – www.99borghi.it

    #RaccontodiPuglia #VisitGalatina #WeAreinPuglia

     
    Di Andrea Coccioli (del 28/08/2016 @ 09:50:45, in Comunicato Stampa, linkato 2168 volte)

    Partiamo da una corte. Corte Cavour.  A Galatina.

    Affianchiamola ad  un’ associazione,  Citytelling. Sempre a Galatina.

    Individuiamo un ideatore e curatore per una “suggestiva” proposta culturale: Giovanni Matteo.

    Uniamo  i tre elementi.  Viene fuori una tre  giorni dal nome   “Cortedarte”  all’interno del contenitore estivo di  Note a Margine2016, la minirassegna di cultura, arte e cinematografia.

    La bussola di questo viaggio è la definizione che Antonio Costantini fornisce di questo sistema abitativo tipico del nostro territorio: “spazio socializzante”. L'idea che la casa a corte possa essere assunta oggi come un modello possibile, cellula ideale per una società più solidale, contesto adatto alla definizione di uno stile di vita più sostenibile è il cuore de “La corte possibile”.

    Il 28, 29, 30  agosto, presso corte Cavour sarà possibile osservare il risultato dei lavori di “Cortedarte”, a cura di Giovanni Matteo,  Marcello Nitti e Davide Russo: Roberto Ciardo è l’autore di “Sagome sovrapposte”, una composizione ottenuta da pezzi di cuoio di diversi colori che, richiamando alla memoria la vocazione alla lavorazione di questo materiale, a lungo motore di sviluppo per Galatina, evoca anche l’intreccio di storie e destini e l’idea di interdipendenza che caratterizzavano la vita nella casa a corte. Samuel Mello ha realizzato un’installazione site specific costituita da diverse piccole installazioni in relazione tra loro, utilizzando esclusivamente oggetti trovati all’interno della corte e delle abitazioni circostanti. Il suo lavoro fa riferimento allo sviluppo del corpo astrale, inteso come muta, cambio di pelle, fatto che lo ricollega all’opera di Ciardo.

    L'installazione prevede anche la proiezione di una raccolta di video interviste a cittadini che hanno vissuto questa esperienza in prima persona.

    Le suggestioni di “Cortedarte” saranno arricchite da preziosi approfondimenti che contribuiranno a sviluppare la conoscenza della casa a corte sia come sistema abitativo e forma di convivenza, aprendo orizzonti possibili. Il 28 agosto, alle ore 21, Luigi Mangia, collaboratore della rivista di arte e cultura Art App e l'artista Vincenzo Congedo offriranno le loro riflessioni sul tema della casa a corte, sul filo del ricordo e del racconto, mentre il 29 agosto, alle ore 19, Antonio Costantini presenterà il suo libro “L'edilizia domestica a Galatina – La casa a corte e il mignano”.

    Interessante oggi, sarà immaginare di affiancare un giorno,  ad un approfondito e ricercato e imprescindibile   lavoro di memoria storica fatto nei luoghi della nostra terra,   la necessità di intessere relazioni sociali che partendo dal potenziale  virtuale sfocino nella inevitabile condivisione fisica.

    Una nuova corte forse , una corte appunto possibile.

     

    Per approfondimenti: Note a Margine-Galatina  2016 (facebook) NoteAmargineGalatina (twitter)

     

    Associazione Culturale CityTellig

    Presidente CityTelling Andrea Coccioli

    Responsabile Progetto Paola Volante

     

    La Showy Boys Galatina racconta la sua esperienza sull’attività di reclutamento e lo fa rispondendo all’invito di Julio Velasco, Direttore Tecnico della Fipav per le nazionali giovanili maschili, che sta raccogliendo ed analizzando le idee e le modalità di scouting di alcune delle società più attive a livello giovanile sul territorio italiano.

    Un estratto della relazione inviata dallo staff della Showy Boys al direttore Velasco è pubblicato sull’ultimo numero della storica ed autorevole rivista “Pallavolo - Supervolley”, nella rubrica “La Tecnica” diretta dal responsabile delle nazionali giovanili maschili con la collaborazione di Monica Cresta, allenatrice della compagine azzurra under 17.

    Il periodico ha inaugurato una nuova rubrica che intende, appunto, raccontare come i più importanti club che svolgono l’attività diretta ai più giovani sviluppano, dalla teoria alla pratica, il reclutamento in tutte le sue modalità operative. Tra questi club è stata selezionata la Showy Boys Galatina, che da sempre punta la sua attenzione sulla formazione tecnica degli allievi e delle allieve che partecipano ai corsi della Scuola Volley. In questi ultimi anni, la società galatinese ha raggiunto importanti risultati sportivi ma si sta distinguendo per la crescita del vivaio e l’opportunità che offre ai suoi tesserati di sviluppare nuove esperienze sportive e di crescita in palcoscenici di categoria superiore.

    Di seguito, l’estratto pubblicato sul numero 7-8/2020 di “Pallavolo - Supervolley” e presente anche sul sito internet della Fipav:

    “Showy Boys Galatina - La sua attività di reclutamento è iniziata nel 2012, anno in cui si è avviata la Scuola Volley. L’associazione si fonda su 3 principi:

    1) il rispetto del codice etico;

    2) il forte legame tra società (dirigenti e allenatori) e allievo;

    3) la proprietà del cartellino sportivo che rimane dell’allievo e della famiglia.

    Punta sulla professionalità e sulla competenza degli Istruttori, che devono essere prima educatori e poi allenatori. Partecipa a progetti scolastici e organizza un torneo di fine anno con tutte le classi interessate (elementari e medie). La Società mette a disposizione i Tecnici per l’organizzazione e distribuisce premi, trofei e abbigliamento sportivo. Fa attività sociale e di volontariato, con l’allestimento in piazza di campi da gioco, coinvolgendo tesserati e non tesserati in tornei di Volley S3 e Under 14. Queste giornate di sport sono organizzate ogni 3 mesi e permettono ai tesserati di poter presentare dei loro amici per un periodo di prova gratuito da svolgere in palestra. Collabora con enti del territorio in materia di inserimento sociale. Con il progetto “Volley Inside” punta al coinvolgimento diretto dei ragazzi in fuga da situazioni di guerra e povertà e a favorire l’integrazione tra le diverse culture oltre che al superamento di situazioni di disagio sociale. Grazie a questa collaborazione ha ottenuto la partecipazione ai corsi di nuovi tesserati. Organizza tornei di beach volley per gli Under 19 reclutando nuove leve per la stagione indoor Fa volantinaggio, cartellonistica per la città, trasmissione di spot e trasmissioni sportive sulla radio locale alle quali partecipano i tesserati raccontando le loro esperienze. Ha aperto la sede sociale nel cuore della città, in modo da diventare un luogo di ritrovo per i ragazzi. Tutti questi aspetti hanno facilitato la promozione della Scuola Volley infondendo fiducia nei genitori e nei ragazzi e garantendo un efficace passaparola che è sicuramente lo strumento più diretto e veloce per far conoscere l’attività che la Società svolge”.

    www.showyboys.com

     

     

    È in corso la scoperta a livello globale di Galatina e del suo centro storico.

    Complici i potenti mezzi di comunicazione moderni ed i miracoli della rete, è in atto la scrittura di una narrazione. Una narrazione appena iniziata .

    Un sacco di gente da ogni parte del mondo ci scruta, ci osserva.

    E’ curiosa di sapere di più.

    Si interroga, al di là del mondo materiale esistente costituito dal patrimonio artistico storico monumentale di straordinaria bellezza.

    Scava e cerca con avidità nello scrigno prezioso dei valori impalpabili che sente indissolubilmente incorporati nelle trame del tessuto urbano del centro antico.

    Non si accontenta delle visite guidate tradizionali.

    E’ esigente, è attratto soprattutto dalla cultura e dalla civiltà che ha segnato quei luoghi in almeno sei secoli di storia .

    Spera di scoprire emozioni ed illuminazioni nuove da scovare nel fascino, nell’unicità e nell'autenticità dei luoghi.

    Sicuramente si aspetta che a tanta bellezza faccia riscontro tanta cultura, tanta civiltà, tanta consapevolezza.

    Sono curiosi di scoprire come sia possibile la riproposizione di una vita di comunità coerente con le peculiarità di questo meraviglioso contenitore.

    Sono questi i motivi che hanno spinto gli investitori stranieri provenienti da Londra, Parigi , New York  ecc. a scegliere Galatina, concorrendo a dar vita ad una nuova interessante aristocrazia culturale cosmopolita.

    L’Associazione  Galatina Arte Storia Cultura ritiene che  Bellezza -Cultura- Civiltà sono tre fattori inscindibili se si vuole scrivere un lieto fine alla storia che si sta raccontando sulla città.

    Una storia, la cui valenza culturale, porta con sé, tra l’altro,  ricadute socio-economiche inimmaginabili.

    A tale scopo ed in questa direzione l’associazione ha voluto dare un piccolo contributo,

    redigendo un “ Decalogo” di base, di  comportamenti virtuosi, da rispettare per chi intende fruire o vivere il centro antico.

    La proposta è stata inviata al Sindaco perché  venga discussa migliorata ed adottata in Consiglio Comunale.

    Si auspica altresì che dopo l’approvazione il Decalogo venga diffuso ampiamente alla popolazione tutta a  partire dalle scuole di ogni ordine e grado, e tradotto in più lingue, esposto all'attenzione dei visitatori.

    Siamo certi che verrà compreso come è oramai ineludibile la necessità di rendere coerente e commisurata la bellezza è l'importanza dei luoghi al livello di civiltà a cui bisogna ambire.

    Così pure non vanno nascoste alcune criticità emerse che vanno prontamente affrontate e risolte.

    Per essere chiari i comportamenti incivili sono paragonabili ad  una bomba di degrado sociale e culturale con effetti devastanti tali da vanificare ogni aspettativa di sviluppo.

    Ricordiamoci che nelle vecchie mura è racchiuso il cuore della città e le sue massime Istituzioni Civili e Religiose.

    Decalogo dei comportamenti virtuosi da adottare nel centro antico.

    – Ogni centro storico è il cuore e la radice di una città. Così è anche per Galatina .

    Diventa consapevole dell'importanza del luogo, visitalo, studialo, amalo, fallo conoscere.

    2 - Il centro antico è anche come un museo a cielo aperto ricchissimo di manufatti preziosi, unici, irripetibili, che custodiscono e raccontano la memoria di quello che siamo stati: una passeggiata tra le strade del Centro è come un viaggio nel tempo di almeno sei secoli; rispetta quelle mura e pietre ed archi e giardini, proteggile col tuo sguardo attento, coi tuoi comportamenti civili.

    3 - I veicoli a motore danneggiano il patrimonio artistico, architettonico, monumentale del centro antico perciò cerca di farne un uso limitato, riducendo le emissioni e appena puoi spegni il motore.

    4 - Rispetta gli spazi pubblici, sono un bene di tutti noi, abitanti e visitatori: non occuparli

    abusivamente, non limitare la libera fruizione degli stessi, usa correttamente gli stalli per la sosta degli autoveicoli.

    5 - Non sporcare, non imbrattare, collabora a migliorare il decoro e l'igiene dei luoghi pubblici e privati.

    6 - Evita rumori inutili e molesti che disturbano la bellezza dei luoghi e ricordati che il tuo

    divertimento non deve disturbare il riposo e la concentrazione degli altri.

    7 - Vivi il centro antico percorrendolo a piedi lentamente. Immergiti nella sua storia nelle sue tradizioni. Accostati alla sua anima e apprezza gli aspetti della sua autenticità.

    8 – La sovrappopolazione di colombi comporta delle criticità urbanistiche ed igieniche: non dar loro ospitalità, né da mangiare.

    9 - Rispetta la sacralità dei luoghi e non usare i sagrati delle chiese, o gli accessi dei privati, per bivacchi e intrattenimenti chiassosi.

    10- Considera che i proprietari degli immobili sono consapevoli di possedere dei beni di pregio vincolati per cui non ti meravigliare se da custodi vigilano, controllano, tutelano.

    11- Ricordati Galatina è una città d'arte: sii gentile e cortese con i suoi visitatori, italiani o stranieri, ed aiutaci a renderla più accogliente per tutti.

    Se ami il centro antico difendilo, diffondendo e divulgando, e soprattutto applicando, il decalogo dei comportamenti virtuosi.
     

    Si ringraziano i tanti amici che hanno contribuito alla redazione del Decalogo ed in particolare Luca Carbone.


     

    Associazione Galatina  Arte Storia Cultura

    Ing. Dante De Ronzi

     
    Di ASD NOHA CALCIO (del 11/02/2017 @ 09:30:53, in ASD Noha Calcio, linkato 1301 volte)

    Riparte il cammino del Noha calcio dopo la brusca frenata patita, non per demerito dei giocatori, ma per una direzione arbitrale alquanto discutibile.

    Domenica 12 Febbraio ore 15:00 il Noha Calcio affronta in casa (pre-campo via Chieti Galatina) il Marittima Calcio.

    E' la prima giornata del girone di ritorno e i nostri ragazzi sono chiamati a confermare le ottime prestazioni delle ultime gare. Importante è l'apporto che i nostri sostenitori stanno dando alla squadra, grazie di cuore.

    Forza Noha.Non mancareee!

    ASD Noha Calcio

     
    Di Albino Campa (del 26/06/2011 @ 09:25:35, in Eventi, linkato 3421 volte)

    Segui su Galatina2000 la diretta web dello speciale Fiera Campionaria. Ogni giorno un collegamento no-stop dallo stand di galatina2000.it all'interno del Quartiere Fieristico. Intervisteremo i nostri ospiti, chiederemo ai passanti le loro impressioni, e tante tante sorprese che stiamo preparando per voi.

    Domenica 26 giugno 2011 alle ore 19:00 taglio del nastro per la 62^ edizione della Fiera Regionale Campionaria di Galatina. Alla presenza del Presidente della Provincia, dell’Amminsitrazione di Galatina, del Presidente di Fierasalento Spa e delle autorità civili e militari aprirà i battenti l’attesa manifestazione fieristica, giunta alla 62^ edizione, che si svolgerà presso il quartiere fieristico di Galatina dal 26 al 30 giugno 2011. Alla mostra mercato che osserverà l’apertura tutti i giorni dalle 18:00 alle 23:00 saranno presenti circa 70 espositori dei settori Agricoltura, Artigianato, Commercio ed Industria provenienti dalle provincie Pugliesi ma anche da alcune regioni italiane: la Campania, la Sicilia, la Basilicata, la Lombardia, il Veneto e il Lazio. Accanto ai tradizionali prodotti vi saranno alcune novità che, ci auguriamo, interesseranno i partecipanti.
    La Fiat Auto Spa presenterà in anteprima il nuovo SUV “Freemont” nato dalla collaborazione con la casa automobilistica americana Craysler.
    Sarà presente una sezione dedicata alla nautica con le imbarcazioni del noto cantiere nautico salentino Blu&Blu che sta riscuotendo tanti successi in Italia ed all’estero.
    Nello stand della Maico (azienda internazionale del settore) è a disposizione uno spazio che consentirà, a quanti vorranno, di usufruire gratuitamente di un controllo dell’udito.
    Sarà, inoltre, presenti alcuni marchi di rilievo nazionale come Sky ed Infostrada. Una sezione, infine, è dedicata al settore delle energie alternative con la presenza di diversi operatori del settore.
    Quest’anno il CdA di Fierasalento ha voluto arrichire l’iniziativa allestendo un’Area Eventi dove saranno ospitati degli spettacoli rivolti alle diverse fasce di età:

    • il giorno 26 alle ore 21:30 Uccio De Santis con il noto gruppo teatrale dei MUDU’,
    • il giorno 27 dalle ore 18:00 alle 23:00 saranno ospitate le selezioni ufficiali per il salento della Edemol del Reality show “GRANDE FRATELLO”
    • il 29 giugno alle ore 19:30 sarà dedicato ai più giovani il cabaret con “Cipolla & Petrosino”.

    Per gli appassionati del settore, durante i cinque giorni di svolgimento della fiera Campionaria, si terranno alcuni tornei ed esibizioni di calciobalilla, con la presenza dei neo campioni d’Italia e dei campioni salentini della categoria, organizzato dalla Lecce Calciobalilla e dalla Federazione Italiana Calciobalilla.
    Quanti presenteranno all’ingresso del quartiere fieristico l’apposita cartolina in distribuzione in questi giorni potranno, versando solo un euro, ottenere un ingresso omaggio alla Campionaria.
    Il ricavato da questa iniziativa sarà interamente devoluto a cuore Amico, la proposta benefica a sostegno di bambini salentini affetti da gravi patologie o aventi particolari necessità, non risolvibili con interventi del Servizio Sanitario Nazionale e del sistema di assistenza sociale, le cui famiglie non sono nelle condizioni economiche per affrontare autonomamente i costi per le cure necessarie.
     
    Di Redazione (del 21/08/2019 @ 09:15:21, in Comunicato Stampa, linkato 718 volte)

    La seconda edizione di Chiese Aperte, si riconferma, grazie alle numerose presenze e i risultati ottenuti, l’appuntamento storico-culturale dell’estate galatinese. Chiese Aperte rientra nella rassegna "A cuore Scalzo", con il patrocinio del Comune di Galatina. L’itinerario “arte e musica” ha raccontato la bellezza della Città, coinvolgendo locali e turisti attenti e curiosi. Un serata a ritmo lento, adatta al passeggio, all’incontro e alla riscoperta dei luoghi di culto. È stata un’occasione per mettere in luce il patrimonio che il nostro Centro Antico possiede. Grazie alla sensibilità e alla disponibilità dei “custodi per una notte”, alla collaborazione delle: Arciconfraternita B.M.V. dei Sette Dolori, Confraternita B.M.V. del Monte Carmelo, Confraternita Anime Sante del Purgatorio, Confraternita San Luigi Gonzaga e di alcuni fedeli, e infine dei giovani studenti del Liceo Scientifico e Linguistico “A. Vallone”. 

    Questa edizione è stata caratterizzata dalla bellezza e dalla musicalità degli organi antichi, alcuni suonati egregiamente da organisti esperti: dott.ssa Costanza Massa, prof. Antonio Nachira, prof. Luigi Rossetti e Antonio Sedile. Il dialogo con il contemporaneo, installazioni di video arte, è stato curato dall’instancabile Gigi Rigliaco Gallery.

    Pane e vino, dono di ospitalità, hanno ritrovato spazio nelle vie del centro di Galatina, tra vicoli, corti e piazze, in quella che fu terra battuta da pellegrini, la via Francigena nel Salento. In molti hanno sostato e gustato le pietanze proposte dai diversi ristoratori che hanno sostenuto l’iniziativa.

    L'Associazione Archeoclub Terra D'Arneo ha raccolto, da più parti, stimoli utili nel continuare e migliorare l’offerta. Ne faremo tesoro e ringraziamo tutti, nessuno escluso!

    Archeoclub Terra D'Arneo

     
    Di Antonio Mellone (del 16/08/2015 @ 09:14:01, in Necrologi, linkato 2854 volte)

    All’inizio, leggendo di sfuggita il manifesto (quando sei in macchina riesci a scorrere o a decifrare solo i caratteri cubitali senza alcuna possibilità di soffermarti sui particolari), non avevo capito che la defunta Maria Pietrina Pepe era la Mariannina. Poi, una volta a casa, me lo ha riferito mia madre che non c’era più la nostra dirimpettaia di campagna, la mamma di Marcello, della Rosanna, della Maria Luce, della Lidia e della Tina Pepe (quando nomini la Tina non puoi ometterne il cognome). E pensare che avevo chiesto a mia madre della Mariannina solo qualche giorno prima, e m’ero tranquillizzato avendo saputo che anche quest’anno, nonostante gli acciacchi (ma la vecchiaia è già di per sé una malattia) si era “ritirata in campagna”.  

    Chissà perché il ricordo delle persone anziane ci riporta sovente al tempo della nostra infanzia, il periodo della nostra vita che si conficca come un amo nella carne per non staccarsene più. E il ricordo di Mariannina, donna energica, grande lavoratrice, il rosario sempre a portata di mano, come lo scapolare del cuore di Gesù, classe di ferro 1922, dunque 93 primavere sulle spalle, capelli bianchi e ciglia nere (caratteristica dei Pepe), non sfugge a questa regola aurea.

    *

    Io ero di casa dalla Mariannina, ci andavo di tanto in tanto accompagnando mia madre. Le nostre campagne sarebbero confinanti, adiacenti, unite, se non fossero   divise dalla strada statale Noha – Collepasso. E un tempo tra i campi non c’erano, come purtroppo oggi è, quelle barriere architettoniche rappresentate da cancelli, siepi, muri perimetrali alti due metri, ma solo un ostacolo ove possibile ancora più insormontabile, vale a dire la mancanza di tempo per via del lavoro che assorbiva molte ore del giorno (e della notte) di tutti i componenti delle famiglie, dal primo fino all’ultimo. Sì, con la produzione del tabacco il concetto di villeggiatura per i furesi assumeva tutto un altro significato (tanto che il sottoscritto preferiva mille volte le collezioni scolastiche autunno-inverno che le infilate primavera-estate).

    Sta di fatto che non poche volte, sovente di pomeriggio, quando possibile, e quando c’era qualcosa da scambiarsi (come i pomodori, i peperoni, le pupuneddhre, il basilico, qualche puccia con le olive, o anche il bidone grande per le bottiglie di salsa da cuocere a bagnomaria - un tempo l’economia del dono era parte del DNA della cultura contadina) o andavamo noi oppure venivano loro da noi: la Mariannina e suo marito Pascalinu (pace anche all’anima sua), uomo buono, di poche parole (come, del resto, anche mio padre: manco li avessero fatti con lo stampino).

    Io ricordo benissimo che la Mariannina, quando ero da lei, non mi faceva mai mancare un bel bicchiere di aranciata fresca, qualche biscotto, e i fichi appena raccolti. Dolci ricordi.

    *

    Quando ho appreso della sua morte, come un flash, mi son venute in mente anche le processioni del Corpus Domini, quelle solenni con il pallio, il baldacchino color porpora enorme e maestoso, le cui sei aste lignee erano rette da altrettanti robusti giovani, mentre il turibolo per l’incenso toccava a quell’imberbe ragazzino vestito da chierichetto che risponde al nome dello scrivente.

    Ebbene, in via Catania non c’erano gli altarini (che invece erano allestiti altrove), ma il Corpo di Cristo non mancava degli onori, delle luci e dei fiori (e soprattutto delle preghiere) da parte dei devoti. Quando passava la processione solenne da quella strada (la casa della Mariannina si affaccia su due strade, via Fabio Filzi, la porta de nanti e, dunque, via Catania), una pioggia di petali di rosa e di altri fiori ricadeva, come fiocca la neve, lenta e silenziosa, sul percorso processionale, sui devoti e sul baldacchino: era la Mariannina a lanciarli, discreta e orante, dalla terrazza di casa sua. Lo ricordo come fosse ieri.

    *

    Ora, Mariannina, tutti quei petali di rose variopinte sono gli angeli lanciarteli al tuo passaggio, mentre varchi di corsa e con gioia, senza più il bisogno di una sedia a rotelle, la soglia del tuo meritato Paradiso.

    Riposa in pace.   

    Antonio Mellone

     

    Condoglianze ai figli, ai parenti tutti, agli amici, alla comunità nohana da parte della redazione di Noha.it

     
    Di Redazione (del 23/10/2022 @ 09:01:02, in Comunicato Stampa, linkato 400 volte)

    Un viaggio tra musica e cinema, un soprano e un piano: Susanna Rigacci, soprano voluto fortemente dal M° Ennio Morricone per le sue musiche e Ivana Francisci al pianoforte, incanteranno il pubblico del Teatro Cavallino Bianco di Galatina, per il penultimo appuntamento del Festival I Concerti del Chiostro, in programma lunedì 24 ottobre alle ore 20.30.

    Figlia di Bruno Rigacci, direttore e compositore fiorentino, Susanna Rigacci si è formata al Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze per poi divenire una delle voci più conosciute al mondo. Insignita nel marzo 2020 a Modena del primo ‘Buk Film Festival Award’, la soprano, ha “mirabilmente congiunto la voce alle note e alle immagini di pellicole che hanno fatto la storia del cinema contemporaneo”. Susanna Rigacci, canta in sei lingue sia in opere barocche che in ruoli di coloratura dell’opera mozartiana, nonché nel belcanto italiano. Si è via via dedicata sempre più di frequente al repertorio contemporaneo, come nel 2011 sul palco di Sanremo, interprete d’eccezione per il brano dei La Crus”.

    “Dal grande Maestro ho imparato tanto, anche sul piano umano a livello di umiltà, di come porsi in questo lavoro, estremamente impegnativo, – dichiara Susanna Rigacci,- Ho sempre cantato i temi dei film di Sergio Leone e quando c’è quel vocalizzo di C’era una volta il West, il cuore batte forte, non solo perché ho avuto il piacere e l’onore di cantarlo per oltre vent’anni nei suoi concerti, ma perché in quel momento vedevo il Maestro respirare con i suoi gesti.”

    Ivana Francisci pianista apprezzata in tutto il mondo, affronta i giganti della musica come Bach, Beethoven, evocandoli con sicura padronanza tecnica e avvincente sensibilità che fa risuonare una larga sequenza di corde dell’anima. Premiata in numerosi concorsi di musica da camera, ha suonato per importanti istituzioni come la Royal Accademy of Music di Londra, Rai Roma e come solista con I Musici di Napoli, Solisti del Teatro S.Carlo,  con l'Orchestra Filarmonica Marrucina, con i Solisti della Scala di Milano. I suoi brani sono eseguiti in tutto il mondo da importanti musicisti (Eva Fampas, I Fiati Italiani, R.Salander) presso istituzioni di livello internazionale.

    Il costo del biglietto è di euro 10.00 – ridotto per under 18 e over 65 euro 5.00.

    Infoline: 331 4591008

    Ufficio stampa

    I Concerti del Chiostro

     
    Di Albino Campa (del 28/08/2010 @ 09:00:59, in Comunicato Stampa, linkato 3698 volte)

    Quarto appuntamento della prima edizione della rassegna d'arte contemporanea Urla nel Silenzio. Mercoledi 1 Settembre alle ore 21, presso la sala espositiva della pizzeria SLURP, sarà Carla Casolari ad inaugurare la sua mostra "Liberamente". Lo spazio musicale vedrà per la serata inaugurale Striunizzu con il suo live show reggae mentre domenica 5 Settembre si esibiranno i Republika Mod in dj-set. Come da tradizione per ogni serata inaugurale della rassegna, la pizzeria SLURP sarà lieta di offrire a tutti i presenti il prodotto tipico "polpette salentine".
    Alcune note sull'artista: Carla Casolari nasce a Modena il 22/06/1966, sin dall’infanzia manifesta interesse e passione per il disegno, i colori, l’arte (ha studiato pianoforte e danza per diversi anni) ed in particolare per la pittura, “vocazione” sopita da vicende familiari e studi aventi altro indirizzo (Management aziendale).
    Nel 1999 si trasferisce a Galatina, nel Salento, ove la “vocazione” sopita è poi maturata nutrita dalla visione continua delle opere naturali di questa terra favolosa con i suoi colori, tradizioni, cultura e ritmi.
    E finalmente esplode nel 2006 quando decide di mettersi in gioco e confrontarsi con altri artisti presenti sul territorio partecipando a diversi concorsi di pittura estemporanea ricevendo vari premi e riconoscimenti.
    Istintiva, emotiva, la impressionano le bellezze della natura che sente particolarmente facendole proprie. Non copia nessuno, ma chiede ispirazione al vero anche se ama proiettarsi verso una pittura che esce dagli schemi canonici della stessa verso uno stile che ricorda il metafisico ed il surreale. Delle volte onnicomprensivi si connotano per la ricercata gamma cromata. Ama anche prodigarsi in opere di contenuto sociale e sociologico, ove riflette e fa riflettere, anche filosoficamente, sulle principali problematiche che affliggono l’uomo contemporaneo e sul senso dell’esistenza.
    Nel 2008 apre un laboratorio proprio nel cuore del centro storico di Galatina.

     
    Di Albino Campa (del 25/07/2011 @ 08:59:32, in Letture estive, linkato 2838 volte)

    Il mastino dei Baskerville sino a qualche giorno fa giaceva del tutto ignorato nella sotto-sottocategoria “LIBRI DIMENTICATI” della mia libreria. Ad essere sinceri era già da qualche mese che aveva raggiunto questa nuova posizione, dopo aver transitato inconsapevolmente per “LIBRI IN LETTURA”, “LIBRI IN STAND BY”, “LIBRI DA LEGGERE” e da ultimo “LIBRI DA LEGGERE SENZA FRETTA”. Poi domenica mentre cercavo di togliere un po’ di polvere e cambiare per l’ennesima volta la disposizione dei libri negli scaffali – è un’operazione che tendo a ripetere più volte durante l’anno – mi sono accorto che il vecchio Holmes sonnecchiava, sicuramente con immenso disappunto, tra i libri che in genere ripongo nell’angolo inferiore sinistro della libreria nascosto da una poltrona, libri che mi sono stati regalati da persone che non erano al corrente dei miei gusti letterari oppure che ho comprato perché stupidamente attratto dal titolo o dalla copertina.

    Ho cercato quindi di sfilarlo con delicatezza, poi sono stato costretto ad usare la forza per sottrarlo alle morbose attenzioni di un libro di Fabio Volo e uno sull’antica saggezza vedica. Sono sprofondato sulla poltrona e sfogliandolo sono stato assalito oltre che da un nuvolone di polvere, anche da una ventata di ricordi. Il mastino dei Baskerville che ho tra le mani, infatti, è stato acquistato da una bancarella di libri usati, è una vecchia edizione BUR introdotta da una stupenda indagine preliminare in forma di dialogo di Fruttero e Lucentini, con illustrazioni di Sidney Paget,  pagine ingiallite zuppe d’umidità e un cattivo odore. E ora il ticchettio delle pagine che scorrono sull’impronta del pollice della mia mano sinistra mi porta con la memoria indietro nel tempo e con la vista al reparto “LIBRI LETTI”, dove ritrovo con piacere il mio primo acquisto in libreria: Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle. Lo leggo, quindi, seduto su quella stessa poltrona; mi bastano due ore per arrivare alla fine dell’indagine e accorgermi che in realtà la vicenda raccontata non è il massimo dell’originalità e della bellezza, ma sicuramente nella mia mente rimarranno per sempre impressi luoghi, paesaggi e personalità di personaggi caratteristici dell’epoca vittoriana. I colpi di scena non mancano, la spiccata capacità intuitiva di Sherlock Holmes non vi lascerà indifferenti e sarà impossibile resistere alla tentazione di indicare il colpevole dei delitti. La narrazione fluente e ricca di descrizioni vi permetterà di metter su in breve tempo la vostra scenografia: vi sembrerà di attraversare di notte le stanze buie del misterioso castello della famiglia Baskerville al fianco di Watson e di attraversare la spettrale brughiera in cerca dell’assassino.

    Avete poche informazioni a vostra disposizione (in realtà saranno molti i dettagli che contribuiranno alla soluzione del caso): le due persone assassinate nella storia non mostrano segni di colluttazione, né portano ferite sul corpo; la morte sopraggiunge la prima volta per un attacco di cuore, la seconda per una caduta. La cosa certa è quindi che entrambi i personaggi fuggivano da qualcosa o qualcuno. Altro elemento che potrà tornarvi utile: nella brughiera si racconta che una strana leggenda perseguita la famiglia Baskerville, si parla di un enorme e orrendo cane, forse un mostro o un fantasma, comunque qualcosa di soprannaturale che non convince affatto l’Holmes di Doyle, personaggio troppo intelligente per star dietro alle credenze popolari.

    Non aggiungo altro, se non che il colpevole si saprà solo nelle ultime pagine e i dettagli del caso saranno snocciolati nell’ultimo capitolo per bocca dello stesso Holmes.

    Michele Stursi

    Il mastino dei Baskerville, Arthur Conan Doyle, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, pp. 276, € 7,90

     
    Di Antonio Mellone (del 07/05/2014 @ 08:55:05, in Circonvallazione, linkato 3924 volte)

    Non so voi, ma io ogni volta che da Noha mi reco a Galatina percorrendo il viale Carlo Alberto Dalla Chiesa e imbattendomi nell’abbozzo della rotatoria di raccordo con l’inutile oltre che dannosa e costosa “circonvallazione interna” - voluta, anzi, di più, “rivendicata” da tutti i consiglieri comunali pappa e ciccia di ogni (sbiadito) colore politico - sono colpito da un certo malessere.

    Sì, signora mia: conati di vomito per la precisione.

    A procurarmeli non è soltanto lo spettro sempre più consistente di questo ossimoro (circonvallazione interna) i cui lavori, purtroppo, procedono alacremente (a dispetto delle false denunce di qualche esponente della sedicente opposizione “per accelerarne i tempi”), ma anche altre chicche di complemento.

    *

    Sì, i lavori, tra alti e bassi, sfortunatamente procedono.

    Vogliono sbrigarsi.

    Invece di smetterla una buona volta, invece di rallentare, anzi interrompere definitivamente questo scempio definito “opera pubblica” - e composto da un impasto mefitico di cemento, asfalto, degrado, interessi conto terzi, lottizzazioni, folgorazioni sulle circonvallazioni di Damasco da parte di compagni ex-ambientalisti, cambiamenti di destinazione d’uso di terreni agricoli, e sicuramente nuovi debiti fuori bilancio (scommettiamo?) - questi vanno avanti come un treno.

    Se si fermassero qui saremmo di fronte ad uno dei rari esempi di opera incompiuta per il bene dell’umanità. Invece no: tiremm innanz!

    Con determinazione verso il disastro.

    *

    Ma il problema non è solo questa benedetta circonvallazione, sono anche i suoi complementi d’arredo.

    Sono certo che qualcuno di voi (e non mi riferisco stavolta ai nostri rappresentanti politici: questi non vedono, non sentono, in compenso sovente parlano a vanvera) avrà notato quel parapetto di delimitazione, quella specie di recinzione-ringhiera di assi in legno disposta su più file orizzontali e a X, sostenute da pali verticali infissi a terra, come quelli un tempo usati nelle campagne. Per ora ne hanno realizzato solo un tratto; ma sospetto che andranno oltre.

    A cosa serve questa balaustra? Probabilmente alla “prova Olio cuore” da parte di qualche podista galatinese.

    Ora vi chiedo: avete constatato (pur senza essere degli occhiuti osservatori nohani) che quella staccionata di pali incrociati ad incastro con tanto di corrimano è identico in tutto e per tutto (dimensioni, materiali, colori, disegno) alla palizzata-ringhiera dei giardini Madonna delle Grazie di Noha? O meglio ex-palizzata, visto che non è durata più di tanto, per come si è sbriciolata (‘ncravulisciata direbbero gli accademici della crusca) dopo poco tempo, sotto il sole e le intemperie, diventando a tratti pure pericolosa per i chiodi arrugginiti che spuntavano un po’ ovunque, tanto che han dovuto rimuoverla tutta?

    Non vi sorge il dubbio che il cosiddetto suo designer possa essere lo stesso? E così anche il fornitore

    Poi uno si chiede quand’è che riusciremo ad andare oltre questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. E soprattutto chi pagherà i danni erariali di queste genialate.

    Di questo passo temo mai e nessuno.

    Eppure basterebbe poco per risparmiare un po’ dei soldi nostri. Come ad esempio evitare che i direttori dei lavori con committenza pubblica continuino ad essere cooptati direttamente dall’albo dei sadomasochisti (ogni riferimento a eventuali cabine elettriche di allaccio energetico a vecchi edifici scolastici ristrutturati rimaste per distrazione nella penna dei progettisti è puramente casuale ndr.), ed iniziare, a partire dai cittadini, ad aprire gli occhi e ad usare il cervello. Anziché, come al solito, la testa di un organo posto un po’ più in basso.

    Antonio Mellone
     

    Anche a Galatina si celebrano i 200 anni dalla composizione della poesia L'infinito di Giacomo Leopardi, con un evento musicale e poetico di altissimo livello, inserito nella rassegna di iniziative culturali estive A cuore scalzo. Mercoledì 7 agosto, alle ore 21,30, nel suggestivo sfondo dell’ex Convento delle Clarisse in piazzetta Galluccio, un poeta e un promotore di poesia come Davide Rondoni e un chitarrista di fama internazionale come Maurizio Colonna alterneranno e armonizzeranno la diversa musicalità di parole e note in un percorso di avvicinamento all’infinito leopardiano, inseguendo mimeticamente la voce del vento evocata nella celeberrima poesia. Poeta in proprio, tradotto e conosciuto anche all’estero, consulente editoriale e direttore di collane di poesia presso diversi editori, Davide Rondoni è tra i fondatori del Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e direttore responsabile della rivista “ClanDestino”.

    Considerato unanimemente uno dei più grandi chitarristi classici del nostro tempo, autore di libri storico-musicali e compositore tra i più rappresentativi ed eclettici di oggi, Maurizio Colonna ha raggiunto una popolarità mediatica anche internazionale grazie a numerose apparizioni televisive, da quella al Festival di Sanremo del 1996 alla partecipazione nel 2012 a un evento in mondovisione su Rai1 come One world, One Family, One Love, in presenza di Papa Benedetto XVI.

    Introduce la serata Beatrice Stasi, docente universitaria di Letteratura italiana e Presidente dall’Università Popolare “Aldo Vallone” di Galatina che ha promosso l’iniziativa, in convenzione col Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento. Grazie all’illuminato contributo organizzativo del Comune di Galatina e al generoso mecenatismo degli sponsor, l’evento è a ingresso libero.

    Nico Mauro, assessore al Turismo

     
    Di Redazione (del 17/12/2012 @ 08:39:21, in Eventi, linkato 2809 volte)

    È questo il titolo del convegno organizzato dall’Associazione Medici Cattolici Italiani (A.M.C.I.) - Sezione di Otranto e dalla Consulta diocesana per la Pastorale della Salute in programma venerdì 21 dicembre, alle ore 18, nella sala convegni dell’Oratorio “Madonna delle Grazie” di Noha.

    I grandi temi della bioetica, quindi, saranno al centro del convegno, patrocinato da ASL Lecce, dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Lecce e dalla Casa Betania, che vedrà la partecipazione, come relatore, del prof. Antonio G. Spagnolo, direttore dell’Istituto di Bioetica e Ordinario di Bioetica presso l’Università Cattolica del Sacro cuore di Roma. “Etica della vita umana e della vita dell’uomo saranno i temi principali sui quali si incentreranno gli interessi di cui la bioetica si occupa è la persona umana, il suo corpo, la sua salute e la tutela della sua integrità fisica e psichica fin dal momento del concepimento. Un’ampia sfera di principi che comprende dignità e rispetto per la vita, tutti temi che rivestono un ruolo molto importante e che aiutano a comprendere meglio ciò che concerne l’esistenza dell’uomo”.

    Il programma prevede la celebrazione della Santa Messa e, a seguire, l’apertura del convegno, presieduto da Mons. Donato Negro, Arcivescovo di Otranto, e moderato dal dott. Antonio Palumbo, presidente AMCI Sezione di Otranto. I lavori inizieranno con la presentazione di don Francesco Coluccia, delegato diocesano per la Pastorale della Salute, e proseguiranno con la relazione del prof. Spagnolo e il successivo dibattito aperto a tutti i presenti.

    Daniele G. Masciullo

    (fonte Il Galatino - Anno XLV n° 21 del 14 - 12 - 2012)

     
    Di Redazione (del 28/02/2023 @ 08:34:29, in Comunicato Stampa, linkato 271 volte)

    E’ mancato il sangue freddo, ma non la paura di vincere all’Olimpia Sbv Galatina. Questa squadra è zoppa di un leader che sia un trascinatore, di un motivatore che in campo trasmetta tranquillità e all’occorrenza un pizzico di cinismo. Quello che sarebbe servito sul 24-23 prima, sul 26-25 poi nella terza frazione per chiudere la partita con una vittoria secca, dal momento che i primi due set erano stati appannaggio dei galatinesi.

    Invece la squadra di mister Monaco si è fatta irretire da un indomabile Ammirati che ha chiesto ed ottenuto da Coppola di finalizzare tutte le azioni. Dal punto numero 23 in poi, fatti salvi due errori dei padroni di casa, l’opposto ospite si è caricato sulle spalle i suoi, e lo si poteva immaginare rischiando una scelta tattica preconfigurata nell’andare a murarlo.

    Le gambe e la reattività fisica però non hanno tenuto nella compagine di casa, sebbene non siano mancati cuore e volontà che i tifosi hanno apprezzato nonostante il risultato. Ora l’orizzonte comincia a svanire per Olimpia Sbv, coperto da una nebbia spessa in cui avversari quotati da affrontare e stati d’animo negativi possono generare in pessimismo e frustrazioni.

    Condensiamo le tre ore scarse di gare nei momenti più importanti e coinvolgenti.

    Gli ospiti partono in P6 con una prima linea formata da Pirozzi, Ammirati e Brancaccio. Esposito e Madonna completano il reparto difensivo a cui si aggiungono in alternanza i due libero, Iannotta deputato alla difesa e Iervolino alla ricezione.

    Speculare lo schieramento del Galatina (P6) con la diagonale D’Alba -Zanette, i martelli Pacelli - Buracci, al centro Rossetti-De Micheli Gabriele e Apollonio libero. Mister Monaco ha la solita panchina corta (assente anche De Lorentis) con il rientrante Marco De Micheli, il palleggiatore Dantoni e il giovane De Matteis. Unica alternativa ad un eventuale forfait in corso di gara di Buracci o Zanette.

    I set

    Pacelli-Rossetti e Buracci  sono determinatissimi, Zanette è esplosivo e il tabellone segna un 12-6 che sprona all’ottimismo. Una splendida difesa di Apollonio non finalizzata nella ricostruzione, offre ad Ammirati l’opportunità di chiudere il punto ma la conclusione è sbagliata per un 17-8 che D’Alba incrementa con un attacco di seconda intenzione. Una serie di errori dei padroni di casa, ben cinque a fronte di efficaci colpi di Pirozzi, Brancaccio ed Ammirati per il 23-18, mettono in difficoltà i salentini. Sale in cattedra Madonna offrendo il suo repertorio: una pipe, un pallonetto per il 24-23 e costringe Zanette a sparar fuori. Pacelli rimette in avanti i suoi (26-25), risponde Brancaccio, poi è il capitano bluceleste a segnare il punto 27, che si concretizza con la vittoria del parziale sulla conclusione out di Ammirati ( 28-26). Quanta fatica!

    II set

    Equilibrio fino al 12-12, poi è Pacelli con un mani-fuori a romperlo e D’Alba che si mette in proprio con due muri ed un ace (16-16).Dalla parte opposta Brancaccio, Ammirati  e Madonna ribaltando la gara con un break di +3 che pericolosamente segna un 20-23 per gli ospiti. La reazione a raffica è di Pacelli con quattro affondi che danno ancora la parità(24-24). Si va ai vantaggi ed il primo punto è un pallonetto di Ammirati; Zanette e Buracci pareggiano il colpo di Brancaccio (26-26), Rossetti sfodera un ace tagliente (27-26). E’ un botta e risposta adrenalinico: Ammirati prima riconquista la parità, poi cicca il servizio (28-27) a cui Brancaccio mette riparo con Buracci che risponde d’autorità (29-28). Nemmeno il tempo di iperventilare e Madonna riagguanta il 29-29. E’ un Pacelli stratosferico con una doppia schiacciata (31-29) a portare Galatina sul 2-0 con un totale di dieci punti in questo set.

    III set

    Avvio deciso della squadra napoletana. Madonna svetta nelle conclusioni (4) mettendosi a ruota Ammirati(3) per un 6-12  che Rossetti e Buracci riescono solo a contenere parzialmente. Mister Monaco brucia i suoi due time out quasi consecutivamente, ma Brancaccio tiene in avanti i suoi (12-17) a cui risponde un doppio Pacelli (16-19). Madonna diventa immarcabile (17-22), ma Zanette e Pacelli rimettono in linea di galleggiamento Olimpia Sbv che si avvale di un gran muro di Gabriele De Micheli su Ammirati per un sorpasso inebriante (24-23).

    Forse troppo esaltante e al di là della linea del traguardo. Manca la freddezza a Pacelli e Buracci che riportano il punteggio sul 26-25, non manca potenza conclusiva ad Ammirati che porta a casa il set(26-28).

    IV set

    I due martelli napoletani Brancaccio e Madonna fanno riposare Ammirati e si mettono in proprio  con quattro conclusioni-punto a testa per un 8-10 subito pareggiato da Pacelli e Zanette(12-12). E’ un continuo alternarsi di cambi palla con Zaccaria e Maisto che rilevano Brancaccio e Ammirati da un lato, e Dantoni dall’altro per Zanette al turno di battuta. Gli attacchi dei locali s’infrangono sul muro avversario (19-22), Pacelli tira fuori coraggio e tecnica attaccando una pipe che chiama il punto numero 20, ma poi l’assalto finale premia i napoletani per il decisivo tiebreak.

    V set

    Mister Libraro fa fruttare la sua panchina di qualità. Parte sempre in P6 con la diagonale Coppola-Ammirati, sfrutta in posto quattro la classe e l’esperienza dell’avellinese Zaccaria (ex Atripalda serie A2) in opposizione a Madonna, colloca Napolitano ed Esposito al centro con Brancaccio e Pirozzi a tirare il fiato in panchina. Galatina è fallosa: la posta in palio appesantisce gambe e braccia. Napolitano e Zaccaria confezionano due ace per un 1-4 che attiva la sospensione richiesta da mister Monaco. Il muro di De Michelis e l’attacco di Pacelli (5-8) aprono al cambio di campo: si ripete il martello molisano (8-9) ma Ammirati dà la sveglia ai suoi. Giganteggia il muro ospite, il servizio diventa più ficcante, Buracci mura Madonna ma è Ammirati a chiudere (10-15) set e gara.

    Tanta amarezza a fine gara nel gruppo galatinese che, pur ritrovando compattezza e buona reattività, non ha saputo chiudere una partita con il freddo cinismo che la situazione avrebbe richiesto.

    OLIMPIA SBV GALATINA-ELISA V. POMIGLIANO 2-3(28/26,31/29,26/28,20/25,10/15)

    Pomigliano:Tortora, Esposito, Napolitano, Ambrosio, Zaccaria, Ammirati, Pirozzi, Madonna, Iervolino(L), Iannotta(L), Brancaccio, Coppola, Maisto   All. Gennaro Libraro

    Galatina: De Micheli G. 7, Rossetti 8, De Micheli M., Palumbo(L), Buracci 15, Zanette 21, Apollonio(L), D’Alba 4, Dantoni, De Matteis, Pacelli 28

    All. Mimmo Monaco   Vice Manuela Montinari

    Piero de Lorentis

    Area Comunicazione Olimpia Sbv Galatina

     

    Dopo due anni di blocco forzato dovuto all’evento pandemico, torna il tradizionale appuntamento organizzato dall’Associazione leccese cuore e mani aperte” OdV, stavolta grazie al sodalizio con l’Aeroporto militare di Galatina. Si terrà, infatti, venerdì 24 giugno p.v., negli spazi aperti dell’Aeroporto la serata di moda, musica e spettacolo dal titolo “Io M’ARZO e l’OTTO ogni giorno – edizione 2022”, un evento nato in sordina nel 2017, in occasione della festa della donna, quale momento di riflessione sulle conseguenze psicologiche e sociali causate dalle terapie oncologiche/radioterapiche nelle pazienti e per rimarcare che le donne, in particolare quante vivono un delicato percorso di salute, meriterebbero di essere festeggiate ogni giorno, come dalla denominazione stessa della serata.

    L’evento nacque nell’ambito delle attività dello Spazio Benessere “A Sua immagine” allestito dall’Associazione “cuore e mani aperte” OdV presso il Polo Oncologico “Giovanni Paolo II” di Lecce, allo scopo di garantire trattamenti estetici e di well being gratuiti a donne e uomini in terapia oncologica.

    I protagonisti della serata saranno gli utenti dello Spazio Benessere, uomini e donne, che sfileranno con abiti realizzati delle firme internazionali “Icon Demin” e “Actualee” messi a disposizione da “Gianfrate Showroom” di Locorotondo, nonché con degli abiti appositamente creati dagli studenti dell’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Sociali “Francesca Laura Morvillo Falcone” di Brindisi.

    A condurre la serata sarà la giornalista Pamela Spinelli, che, sotto la direzione artistica di Massimo Orsini, introdurrà sul palco il musicista Raffaele Casarano, già direttore artistico e ideatore del “Locomotive Jazz Festival” e il cantante Ciky Forchetti che, accompagnato dalla sua band, duetterà anche con alcune utenti dello Spazio benessere.

    Guest star della serata Albano Carrisi, che, insieme ai suoi musicisti, si esibirà in un medley dei suoi storici cavalli di battaglia conosciuti in ogni parte del mondo.

    I professionisti che parteciperanno all’evento (truccatori, parrucchieri, fotografi e stilisti) presteranno le loro competenze in maniera gratuita: tra questi Pikada Parrucchieri, Skalinci Hair Stylist ladies and gentleman, Leonardo Losito, Pam Make Up Artist e Simona Nicolì.

    È ancora possibile ritirare gli ultimi biglietti per la serata presso Clinica dell’Accendino in via Imperatore Adriano e da Outlet del Sorriso in via Salvatore Grande, sempre a Lecce.

    "Siamo giunti alla quarta edizione di questa manifestazione nata allo scopo di sensibilizzare al recupero della dignità femminile durante le cure chemioterapiche", - sono le parole con cui Don Gianni Mattia, presidente e fondatore dell’Associazione cuore e mani aperte OdV presenta la serata – nelle tre edizioni precedenti è stata  un’esplosione di emozioni, grazie alle utenti e agli utenti dello Spazio Benessere che hanno deciso di mettersi in gioco, allo scopo di raccogliere fondi per il servizio che offriamo. Ricordo, infatti, che i trattamenti eseguiti presso lo Spazio Benessere sono gratuiti, per far sentire gli utenti veramente accolti e favorire l’empatia con loro. Per continuare ad assicurare gratuitamente i trattamenti offerti necessitiamo del sostegno di tutti. Inoltre, il mettersi in gioco, per queste donne e questi uomini, contribuisce ad accrescere la loro autostima e il loro benessere psico-fisico in un momento delicato del loro percorso di salute. Da anni abbiamo condiviso all’interno della mission della nostra Associazione la definizione di salute propugnata dall’OMS, come stato di benessere fisico, psicologico e sociale. Siamo convinti, e abbiamo appurato con mano, che le prestazioni offerte dallo Spazio Benessere, e questo evento, contribuiscono alla distensione psicologica delle persone con malattia, e ciò comporta delle ripercussioni anche sulla loro componente fisica. Questo anno l’evento si terrà presso l’Aeroporto militare di Galatina ed è un luogo simbolico, un luogo dove la lotta si lega al volo, ma questa non è una lotta per sconfiggere l’altro o per proteggersi, ma per rinascere e il volo rappresenta quelle ali farfalla che ciascuno di noi ha tatuate sul cuore nello stesso istante in cui guardando nel baratro smette di aver paura e si lancia per imparare a volare. E poi c’è lo Stormo, il cuore pulsante dell’Aeronautica, quell’essere famiglia ed è questo ciò che siamo, uno stormo. Cuori e mani che si uniscono per non lasciare nessuno da solo, per riscrivere la propria vita senza lasciarsela sfuggire come se fosse sabbia stretta in un pugno. Per questo ringrazio sinceramente per la sensibilità e la disponibilità dimostrate il Comandante del 61 Stormo, Filippo Nannelli e tutti colori che si sono resi dono anche in questa circostanza. Dico “anche” perché non è la prima volta che il 61° Stormo collabora con noi in delle iniziative di solidarietà".

    "Alla sofferenza fisica legata alle cure chemioterapiche/radioterapiche spesso si aggiungono disagi dovuti alle conseguenze estetiche di tali trattamenti, che possono a loro volta, costituire un deterrente alla guarigione o, talvolta, ritardarla. - continua Elena Olgiati, estetista specializzata APEO dello Spazio Benessere - Dunque, per queste persone la caduta della propria immagine e la conseguente spiacevole alterazione del vissuto corporeo non possono che comportare a livello psicologico dubbi nella capacità di mantenere un ruolo attivo nei legami affettivi. Se chirurgia, radio e chemioterapia hanno crescente successo, il loro carattere sempre più invasivo tende ad aumentare gli effetti secondari a livello cutaneo: caduta di capelli, sopracciglia e unghie, gonfiori, cicatrici. Per ovviare a queste ragioni è nato quasi sei anni fa lo Spazio Benessere".

    Per saperne di più sull’Associazione

    L’Associazione è stata fondata nel 2001 e da allora opera con spirito di carità cristiana in tutte le situazioni di bisogno, con particolare riferimento alle esigenze di natura socio-sanitaria. Ha costruito e gestisce una Casa di Accoglienza, all’interno del perimetro del P.O. “V. Fazzi” di Lecce, per l’ospitalità di parenti di persone ricoverate che risiedono lontane. Da sempre attenta, in particolare, alle esigenze del bambino ospedalizzato, negli ultimi anni ha sviluppato una significativa attenzione verso l’umanizzazione delle cure e degli spazi ospedalieri. In questo ambito si inseriscono numerose iniziative: dalla Bimbulanza alla colorazione della Sala Prelievi e della Risonanza Magnetica del Fazzi e la donazione di alcune Ludobarelle ai nosocomi della Provincia.

     

    Per info consultare:

    • il sito www.cuoreemaniaperte.it
    • la Pagina Facebook cuore e mani aperte OdV
    • la Pagina Facebook Amici della Bimbulanza
    • la Pagina Facebook Spazio Benessere A Sua Immagine Lecce

     

    I signori giornalisti sono invitati a prendere parte all’evento. Per accreditarsi:

    Franco Russo, vicepresidente Ass.ne cuore e mani aperte odV: 392 151 96 68

    info@cuoreemaniaperte.it

     
    Di Redazione (del 12/04/2023 @ 08:27:24, in Comunicato Stampa, linkato 365 volte)

    Regalare un sorriso a un bimbo costretto a trascorrere la Pasqua in Ospedale è una gioia a

    cui, noi della “Virtus Basket Galatina” – “TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica”, non rinunceremo mai.

    Per questo, anche quest’anno, abbiamo consegnato i Pasqualotti ai bambini ricoverati nel reparto di Pediatria del “Santa Caterina Novella” di Galatina.

    Siamo doppiamente orgogliosi in quanto non solo abbiamo regalato un sorriso ai nostri amati bambini, ma con l’acquisto dei Pasqualotti donati abbiamo contribuito alle spese di mantenimento della Bimbulanza, gestita dall’Associazione “cuore e mani aperte Odv” di don Gianni Mattia, Cappellano del “Vito Fazzi” di Lecce e Franco Russo. Un piccolo gesto simbolico, carico di grande significato, di solidarietà e vicinanza, reso possibile grazie agli amici che si sono uniti alla nostra maratona di solidarietà.

    Un momento di condivisione bello, con un sorriso strappato ai bimbi che in questi giorni sono ricoverati in reparto.

    Il senso del progetto sta tutto qui.

    «Abbiamo tutti il dovere di fare qualcosa per i più piccoli e vedere il sorriso dei bambini, anche se costretti in ospedale, ci riempie il cuore di gioia – hanno commentato all’unisono Argentieri Sandro, Piero Luigi Russo e Maria Concetta Giannini– Un ringraziamento va naturalmente a tutti gli operatori sanitari che ogni giorno portano avanti un lavoro impeccabile cercando di restituire un sorriso ai piccoli malati”.

    Ricordiamo che proprio qualche giorno fa la nostra Associazione, “cuore e mani aperte Odv”, ha donato all’Unità Operativa di Pediatria dell’Ospedale di Galatina un rilevatore di vene, strumento che aiuterà gli infermieri a trovare le vene in tempo reale e determinare il miglior punto di inserimento dell’ago. L’innovativo dispositivo crea un’immagine digitale utilizzando luce a infrarossi: questa viene assorbita dal sangue e riflessa dal tessuto circostante. L’informazione viene poi catturata, processata e proiettata digitalmente in tempo

    reale direttamente sulla superficie della pelle del bambino, fornendo un'immagine accurata del reticolo sanguigno del paziente.

    E non finisce certo qui...

    Chiunque fosse interessato ci può contattare.

     
    Di Rosario Centonze  (del 19/03/2016 @ 08:26:37, in La Via Crucis vivente , linkato 2991 volte)

    La Parrocchia “San Michele Arcangelo” di Noha in collaborazione con l’Associazione Gruppo Masseria Colabaldi di Noha organizzano la Via Crucis con la narrazione del Vangelo e la presenza dei figuranti domenica 20 marzo 2016 alle ore 19.00 P.zza San Michele – Noha (LE). Seguire i passi del Signore sulla Via dolorosa della passione e sulla strada gioiosa della risurrezione. Tutta la Via crucis  è un moto di piedi in cammino. All’inizio e alla fine della via Crucis ci sono due donne. La prima, nei giorni immediatamente la passione, si pone ai piedi di Gesù per ungerli e baciarli. Gesù dirà ai suoi accusatori di lasciarla stare perché sta ungendo in anticipo il suo corpo per la sepoltura. Alla fine della Via dolorosa invece c’è un’altra donna che, nel mattino radioso della Pasqua, si getta ai piedi di Gesù per abbracciarli: Gesù allora non vorrà più essere trattenuto e la manderà, vera prima evangelizzatrice, ad annunciare la risurrezione. Le nostre meditazioni scoreranno tra questi due estremi: l’adorazione che si fa sequela del Maestro, e che diventa poi annuncio della Bella Notizia ai fratelli. Tutto passa attraverso il cuore femminile luogo più predisposto ad accogliere la vita nuova che rinasce con la Pasqua e diventa modello per tutti gli uomini. La partecipazione diventerà non presenza spettante, ma sequela che risponde all’invito di Gesù: “Vieni e seguimi”.

    Don Francesco Coluccia

     

    A dicembre commentavo con un importante giornalista politico locale i motivi per cui ritenevo inevitabile che si sarebbe arrivati ad un Mattarella bis. In questi giorni abbiamo avuto un intenso scambio scritto e orale in cui abbiamo visto delinearsi questa soluzione. Certo, ero avvantaggiato dalla mia consuetudine con Bruno Tabacci e dalle conversazioni con lui, ho avuto la fortuna di avere buoni maestri politici.

    Eppure mi sembrava chiaro che non ci fossero le condizioni perché si arrivasse a conclusioni diverse. Al di là della inadeguatezza degli attuali attori mi sembra di poter dire che non è la presenza di un leader o di un “Salomone” a risolvere tutto. Buoni politici, buoni parlamenti nascono da buone società.

    Non mi dilungo sulle analisi del voto del Quirinale perché non credo che si potesse fare di meglio in assenza di un accordo, precedente, sugli assetti del Governo. Hanno perso tutti e quindi, in pratica, nessuno. L’Italia è in sicurezza e si dovrà mettere a punto solo qualcosina a palazzo Chigi.

    Io ho avuto l’onore di essere candidato alla Camera dei Deputati nel 2018 e di attraversare il grande Salento in lungo e largo per parlare di Europa, di accoglienza, di un mondo senza muri, di libertà e di politica. Spesso i volti della gente che incontravo apparivano infastiditi, come se parlassi di corda a casa dell’impiccato. Sono i volti di quei cittadini che hanno desiderato, bramato, voluto che entrassero in parlamento centinaia di sconosciuti senza storia politica, che flirtavano con il populismo di Salvini e che osannavano la fine dei partiti politici e della scuola politica (ritenuta inutile e vetusta).

    È dal 1993 che questa storia va avanti: stiamo abbattendo i nostri santuari, le nostre cattedrali culturali perché un mal interpretato egalitarismo ci ha convinti che il merito e la competenza fossero uno strumento di oppressione e che tutti devono fare tutto. L’eguaglianza, nelle società, invece, deve garantire a tutti pari condizioni di partenza, non di risultato. Anche nei partiti funzionava così. C’era la gavetta. C’erano le prime file e i gregari. Tutti con la loro dignità. Che tristezza questa smania di leaderismo, di bisogno di riconoscimento continuo da parte degli altri, di incapacità di lavorare solo per un obiettivo giusto che possa riempire il cuore piuttosto che l’ego.

    Oggi non possiamo permetterci questo lusso. Partendo dalle città.

    Abbiamo affrontato, grazie all’Europa unita, una delle crisi peggiori che si potessero immaginare ed abbiamo deciso di chiedere un prestito per svolgere il maggior investimento infrastrutturale e sociale mai visto dopo il dopoguerra.

    Sarebbe un errore credere che si siano semplicemente aperti i portafogli e che finalmente l’Europa ci fa spendere un pochino di soldini. È esattamente il contrario: stiamo indebitandoci per investire, non per spendere.

    È come se in una famiglia in crisi si accedesse ad un mutuo da pagare in 30 anni e anziché usarli per comprare una casa, per studiare, per prepararsi al lavoro, per aprire un’attività redditizia o per comprare gli strumenti migliori per lavorare, si decidesse finalmente di fare il viaggio alle Maldive, di comprare la macchina sportiva la tv 60 pollici e tanti vestiti firmati.

    Ecco, questo succederebbe di certo se quei soldi fossero affidati alla parte della famiglia immatura, meno avveduta e probabilmente meno adatta a immaginare gli effetti delle proprie azioni.

    Perché quei soldi servono per creare lavoro, benessere che aumenti il giro di affari e porti utili da usare DOPO per i beni di lusso o per spese secondarie.

    Arrivo così al punto: oggi dobbiamo usare il PNRR dimenticando quanto abbiamo fatto con i Fondi Strutturali, spesso trasformati in strumenti di redistribuzione o di spesa corrente. Le amministrazioni pubbliche non devono accedere a quel denaro (CHE E’ DEBITO) come chi entra all’ipermercato e compra a caso tra le offerte nei cestelli centrali senza ricordare che ha giusto i soldi per gli ingredienti del pranzo.

    Ci vuole visione, ci vuole la gente migliore, ci vuole il modello Draghi. Far convivere le varie esperienze all’interno di un progetto serio con un programma condiviso porta all’espulsione automatica di incompetenti e improvvisati: come Salvini a favore di Giorgetti ad esempio.

    A Galatina abbiamo bisogno di un nuovo Sindaco che sia in grado di programmare investimenti, non di fare ragioneria dei bandi che si riescono a raccattare qua e là, con una visione di insieme e il coinvolgimento dei tutti: anche di chi sarà all’opposizione.

    Per fare questo serve una persona che abbia il coraggio di sottrarsi dal giogo dei personalismi, degli odi incrociati, della politica vissuta tra le offese e le illazioni. Serve qualcuno fuori da queste dinamiche. Anche a me è successo di incrociare persone poco serene che, di fronte ad una argomentazione politica con la quale negavo un aiuto elettorale, venivo investito da offese e illazioni. Ecco, sono le persone da allontanare e isolare. Facciamo vincere la politica e il bene comune sulla partigianeria, tenendo fuori il tifo e le furberie dialettiche di chi cerca un nemico per accecare gli sguardi e nascondere il proprio vuoto.

    Io credo nel futuro: Galatina tutta insieme ci deve credere e avrà una cittadina di Visionari per il 2030. Soprattutto di giovani.

    Andrea Salvati

     
    Di Albino Campa (del 20/03/2012 @ 08:11:37, in Comunicato Stampa, linkato 2800 volte)
    Non posso che essere lusingato dalla richiesta di una mia ricandidatura a Sindaco di Galatina, da parte dei partiti Io Sud, UDC e da alcune liste civiche. E' prevalso il senso di responsabilità , che suggerisce a chi come me ha governato Galatina negli ultimi mesi, di impegnarsi nuovamente per dare continuità a quei progetti e idee di lungo respiro, che essendo già in corso d'opera per lo sviluppo della città, necessitano ancora di tempo per la definitiva attuazione.

    Nel dare la mia disponibilità al progetto, invito le altre forze politiche cittadine ad una riflessione sul delicato momento che stiamo vivendo, e a partecipare insieme alla costruzione di una grande coalizione di centro destra che possa garantire alla nostra città, impegno e stabilità di governo.
    Conscio delle difficoltà incontrate nel nostro recente passato, ritengo che proprio di esse bisogna fare tesoro per dare un segnale nuovo alla cittadinanza, partendo dall'esclusione di quegli elementi e quelle logiche che sono state la causa della fine prematura delle ultime tre amministrazioni. Per questo è giusto che il nuovo percorso veda impegnati tutti i partiti nello scrivere regole chiare da presentare sin da subito ai cittadini, affinché i principi di trasparenza e partecipazione rappresentino il fulcro non solo della futura azione amministrativa, ma in primis dell'azione politica di tutta la coalizione. Con questi presupposti, io che ho sempre avuto a cuore il bene di Galatina, di certo non mi tirerò indietro.
    Nella breve durata della passata amministrazione, errori ne sono stati commessi, per questo il mio impegno assieme alle nuove forze sarà quello di non ripercorrerli. Ed è su queste basi che diventa necessario costruire una squadra di governo "condivisa" e di alto livello e spessore professionale, che possa essere all'altezza della situazione, con la quale tracceremo assieme metodi e percorsi, nel segno della discontinuità.
    Approfitto inoltre mio malgrado per rispondere a chi mi sollecita sul problema legalità: c'è chi lo ha strillato nelle piazze, chi cerca subdolamente di strumentalizzarlo affiggendo dei manifesti o utilizzando la stampa, ma come già anticipato in conferenza stampa, l'amministrazione Coluccia non ha nulla da temere.
    Siamo consapevoli di aver lavorato sempre nel rispetto della legge, per questo sono molto tranquillo e sereno, soprattutto sono a posto con la mia coscienza.
    La magistratura come è giusto che sia, ha il compito di condurre indagini a qualsiasi livello, e pertanto deve andare avanti nel suo operato tenendo sempre a mente che ciò che deve garantire a tutti è la giustizia. Certo l'auspicio è che tutta questa storia possa risolversi quanto prima, perché ad essere danneggiata da tutto questo non è solo la mia figura o quella della passata amministrazione, ma soprattutto l'immagine di Galatina e dei suoi cittadini, stanchi oltremodo che una questione così importante venga strumentalizzata sopratutto per fini politici.
     

    Galatina città d’arte e del Pasticciotto diventa per un weekend anche Borgo del Cashback. Il 25 e 26 giugno prossimo approderà nella cittadina salentina famosa per il suo barocco, per la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria del Quattrocento e per il dolce tipico di cui si vanta aver dato i natali nel 1745, l’iniziativa lanciata lo scorso anno da myWorld Italia per incentivare il turismo creando una rete di imprese impegnate congiuntamente nella promozione e nello sviluppo turistico ed economico del territorio.
    B&B, locali, ristoranti, un panificio ed una cantina si sono messe a sistema per offrire al turista una serie di proposte vantaggiose in termini di cashback, ossia ritorno del denaro. Un modo per attirare nuovi clienti e visitatori, ma anche per consentire al turista di scegliere la meta Galatina per trascorrere le proprie vacanze godendo di una gamma di servizi e risparmiando.
    Dopo Sauris in Friuli Venezia Giulia, Costa Smeralda in Sardegna e Bormio in Lombardia, il 25 giugno sarà Galatina ad ospitare i Borghi del Cashback, per la prima volta nel sud Italia. Si partirà la mattina alle 12.00 con il raduno presso Cantina Fiorentino dove ci sarà un brunch a base di piatti tipici salentini e degustazione delle migliori etichette della Cantina. A seguire, visita della Cantina e percorso alla scoperta dei dolci tipici con abbinamento dei vini dolci, caratterizzato dalla partecipazione straordinaria del maestro Davide Ascalone (11° generazione di maestri pasticceri) che illustrerà ai presenti la storia del pasticciotto e di altri dolci tipici di Galatina prodotti dalla storica pasticceria cittadina che secondo la storia ha dato i natali al pasticciotto nel lontano 1745.
    Nel pomeriggio visita guidata alla scoperta del centro storico cittadino con le splendide corti ed il barocco che terminerà nella visita alla basilica quattrocentesca di Santa Caterina d’Alessandria. Inoltre, possibilità di effettuare dei percorsi esperienziali come un laboratorio di frisa (presso Panificio Notaro) e racconti attorno al pasticciotto (presso Eros Pasticceria) per scoprire due dei principali prodotti gastronomici nella città, la loro storia ed anche le procedure per realizzarli. Naturalmente non mancheranno le degustazioni e la possibilità di acquisto di confezioni particolari di tutte le aziende presenti da farsi recapitare a casa attraverso l’azienda Zerodistanze.
    Nel tardo pomeriggio, si potrà godere di un'apericena presso Vanesio e godere dei colori suggestivi della piazza e della Chiesa Matrice al tramonto. La giornata si concluderà con una cena con menù tipico San Paolo sulle suggestive terrazze del ristorante Anima e cuore.
    La domenica tutti al mare con la proposta di una giornata relax presso il lido convenzionato Ficodindia a Otranto oppure minicrociera con partenza da Torrevado alla scoperta del mare del Salento.
    I partecipanti all'iniziativa potranno soggiornare presso realtà del territorio che sono direttamente Partner di myWorld, o presso strutture disponibili tramite i più conosciuti siti di prenotazione online, anch'essi presenti nella community myWorld, come Booking.com, Expedia, Hotels.com, travelWorld e molti altri. Il pernottamento, come le altre attività proposte, sarà così accompagnato da Cashback e Shopping Points. Si allega programma completo dell’evento.

    Download del programma


    UFFICIO STAMPA Tutti Insieme x Galatina
    Cell 329 5443270 – email info@tuttinsiemexgalatina.it - www.tuttinsiemexgalatina.it

     
    Di Redazione (del 20/12/2022 @ 08:07:16, in Comunicato Stampa, linkato 262 volte)

    Pesante sconfitta casalinga quella dei salentini il cui obiettivo era di tenere a distanza la squadra di Scampia, anche con una vittoria non piena, e che ora si vedono affiancati in classifica dalla squadra napoletana con 10 punti, stazionando in zona retrocessione.

    Formazione rimaneggiata quella guidata da mister Monaco che alla vigilia perde il laterale Scita in virtù di una risoluzione contrattuale voluta fortemente dall’attaccante richiesto in serie A3 dal Sabaudia.

    Il termine ultimo per il tesseramento dell’atleta con il nuovo club, a rigor di regolamento, poteva essere completato entro le ore 12.00 del lunedì successivo alla fine del girone di andata del campionato di serie A3 di destinazione dell’atleta (ore 12.00 del 19 dicembre), ma l’atteggiamento recalcitrante del giocatore a continuare a giocare, ha spinto la società ad effettuare il trasferimento.

    D’altro canto tenere forzatamente un giocatore a disposizione, è stato valutato dalla società come un fattore penalizzante, per cui la procedura di recesso del prestito è stata messa in atto per consentire il successivo tesseramento.

    Il tecnico galatinese ha così responsabilizzato il giovanissimo De Matteis a ricoprire il ruolo di schiacciatore in opposizione a Pacelli in posto quattro.

    Tiene il campo Galatina nel primo set con una prestazione tutta grinta e cuore, riuscendo a sbloccare un equilibrio perfetto sul 22-20 per poi riallinearsi sul 25-25 e 27-27, fino al muro di Rossetti su Piccolo che spiana la strada sull’uno a zero per i locali. Ai due opposti, Zanette ed Auriemma, il primato di migliori realizzatori con 10 punti a testa.

    Nella seconda frazione il crollo inaspettato dei salentini. Fuga degli scampiesi (3-7) agevolata da una serie di ben quattro errori punto degli avversari che tentano con Zanette di rientrare fino al 7-11. I locali però sono in evidente affanno, il fondamentale del muro segna percentuali negative, gli errori si ripetono (anche un fallo di posizione) per un 12-19 sconfortante. Cresce tra gli ospiti la prestazione di Trani che porta a 23 i punti per i suoi colori mentre De Lorentis subentrato a De Matteis ferma il punteggio sul 17 con un pallonetto con un forzato cambio di mano. Ed arriva la parità dei set (17-25).

    Terza frazione con la formazione locale che schiera in posto quattro Pacelli e De Lorentis: il resto del sestetto rimane invariato.

    L’iniziale parità sul 6 a 6 si sblocca a vantaggio della squadra ospite con tre errori dei galatinesi (6-9) che riagguantano con Pacelli il 14-14. E’ molto falloso il sestetto di mister Monaco, chiaro sintomo di stanchezza mentale, e l’Athena Napoli dopo il diciannovesimo punto messo a segno da Trematerra, vince il set con ben 6 errori consecutivi di conclusione dei blucelesti locali (17-25).

    Tenta il tutto per tutto mister Monaco nel quarto parziale. Schiera De Lorentis in diagonale a D’Alba, spostando Zanette in quattro, ma la musica cambia di poco. Sfodera tutto il suo senso di posizione in difesa quel magnete di nome Castagliulo, Auriemma torna a martellare, De Lorentis risponde al suo omologo dirimpettaio, Zanette aiuta la risalita (11-15,17-19) ma i troppi errori aprono un break di +4(20-24) che è la condanna finale.  

    Tabellino 

    OLIMPIA SBV GALATINA-ATHENA NAPOLI 1-3(29-27),17-25,17-25,21-25)

    Napoli: Castagliulo(L), Auriemma 26, Gargiulo, Trematerra 7, Trani 9, Cocozza 2, Piccolo 5, Giordano 5, Catalano (L), Palladino, Limongello, D’Antonio All. Angelo Cimmino

    Battute  sbagliate 5

    Galatina: Pacelli 13, Apollonio(L), De Micheli G. 5, Rossetti 4, D’Alba 2, Dantoni, Zanette 25, De Matteis 3, De Lorentis 13 All. Mimmo Monaco Vice Manuela Montinari

    Battute sbagliate 12

    Area Comunicazione

    Olimpia Sbv Galatina

     
    Di Michele Scalese (del 24/04/2023 @ 08:04:21, in Comunicato Stampa, linkato 301 volte)

    Carissime democratiche e carissimi democratici,

    domani ricorrerà il 78esimo Anniversario della Liberazione dal nazifascismo. In questa data la forza dei giusti ha prevalso sulla visione totalitaria del mondo. Certo, da quel giorno la società è cambiata, emancipandosi fino a proporre un nuovo modello di democrazia che ha bisogno quotidianamente di essere alimentato, e  se ci pensiamo, settantotto stagioni sono davvero tante: corrispondono a tre generazioni di donne e di uomini, a incredibili trasformazioni sociali, conquiste e traguardi della storia, rivoluzionari progressi della scienza e della tecnologia. Tuttavia continuiamo ad assistere da spettatori – purtroppo -  anche a nuove guerre che hanno ridisegnato i confini del mondo. E allora qual è il senso di ricordare con orgoglio la storia di donne  e uomini che hanno rivoluzionato il nostro agire quotidiano? Occorre non dare mai per scontati i diritti di cui godiamo oggi, così faticosamente conquistati e difesi anche con il sangue. Li dobbiamo vivere, difendere ed esercitare insieme ai doveri che non devono rimanere solo sulla carta ma devono essere interpretati da ogni singolo cittadino ogni giorno. Questo è il nostro omaggio più vero e concreto a questa giornata. Non possiamo dimenticare che tra i principi fondamentali della nostra Costituzione, all’articolo 2, vi sono proprio i diritti umani.

    Questa giornata non deve essere ridotta solo alla celebrazione, vivendola solo come una semplice ricorrenza: il 25 aprile è il giorno in cui ricordiamo che le nostre radici sono radici partigiane, fondate da uomini e donne che combatterono per la loro e la nostra libertà. Se è vero che l’uomo è specchio della propria cultura e della propria storia, allora ribadisco con forza che noi siamo portatori di una cultura che rimane antifascista, perché, al contrario di ciò che pensano alcuni, si fonda sulla libertà, sull’uguaglianza e sulla democrazia. Tuttavia, è opportuno tenere in considerazione il fatto che tutto, anche i più grandi eventi, possono essere dimenticati: dobbiamo impedirlo riscoprendo il nostro principio di umanità che va ben oltre l’etica ma che fonda le proprie radici su una morale che protende all’Altro, indistintamente. È indispensabile umanizzare la nostra società e ciò significa strapparla al peggior nemico che una società civile può avere: l’indifferenza! Coloro i quali hanno combattuto per questo 25 Aprile ci hanno dimostrato e continuano a farlo, che è importante  vivere come soggetti attivi del proprio mondo, ci hanno spiegato la forza della partecipazione, ci hanno dimostrato la semplicità dell’altruismo. Chi cantava “Bella ciao” tra le lacrime e con le gambe vacillanti, proclamava il sentimento di una comunità trafitta che ha resistito per il Bene comune in nome di quel concetto di umanità che oggi deve ancora farci scandalizzare. E allora scandalizziamoci per i morti i mare sulle coste di Cutro, scandalizziamoci per chi non sa accogliere e irrigidisce il proprio cuore con sentimento egoistico, scandalizziamoci per quella società corrotta che non necessariamente deve essere per forza al di qua del nostro naso per poterlo fare. Scandalizziamoci in nome della giustizia sociale troppo spesso dimenticata per favorire il nostro misero microcosmo.

    Siamo abili a trasformare in virtù l’interesse materiale, ma non riusciamo più a considerare virtù il Bene Comune. Se non vogliamo perdere per sempre il più grande insegnamento che ci arriva dal 25 Aprile, dobbiamo tornare a contribuire alla crescita morale della comunità di cui facciamo parte. Se non lo facciamo noi, non lo farà nessun altro. Chi tratta il proprio mondo come un oggetto da usare e da buttar via, tratta la propria umanità allo stesso modo e chi tratta lo spazio altrui come spazio proprio per il proprio interesse, rende vano ogni sforzo compiuto per arrivare a edificare il nostro 25 Aprile. E se occupi una carica o ricopri un ruolo politico, sii tu anzitutto un buon politico. Scandalizziamoci ancora, cari tutti, perché significa oltrepassare le barriere dell’indifferenza per ripercorrere un cammino di Comunità.

    Michele Scalese

    Segretario Circolo PD - Noha

     
    Di Redazione (del 10/04/2022 @ 08:00:48, in Comunicato Stampa, linkato 593 volte)

    L’opera, sulla falsa riga del classico presepe natalizio, è stata realizzata per iniziativa di don Emanuele Vincenti, parroco della parrocchia “Santa Maria della Neve”, e ha potuto contare sulla creatività degli animatori dell'Oratorio parrocchiale e sull’aiuto di alcuni artisti.
    Il "presepe pasquale" è una ricostruzione plastica di alcune suggestive scene della Passione di Gesù e dei luoghi e degli ambienti in cui essa si è svolta.
    L’obiettivo è suggerire un momento di riflessione e raccoglimento per contemplare di quale amore siamo stati amati: Gesù ha patito ed è morto per noi, per la nostra salvezza.  Un amore immenso, infinito.
    Nel susseguirsi delle scene i visitatori potranno immergersi nell'entusiasmo che percorre Gerusalemme la domenica delle Palme; addentrandosi tra le viuzze della Città santa, potranno vedere la scena dell'ultima cena; poco più oltre  si troveranno nell’orto del Getsemani, ove   i discepoli  dormono, anziché vegliare e pregare con Gesù.
    Ancora, alzando lo sguardo saranno colpiti dallo splendore della casa di Erode, dove Gesù viene coronato di spine.
    Poi la salita al calvario che lo condurrà alla crocifissione, alla deposizione nel sepolcro nuovo scavato nella roccia e, quindi, alla Resurrezione. 
    Dunque una Via crucis come via dell'amore, fino al suo compimento, per ripercorrere con Gesù la via del suo Calvario, con un atteggiamento di ascolto che parte dal cuore e  genera contemplazione. 
    Guardando a Lui impariamo a vivere la nostra passione di ogni giorno e, soprattutto, ai piedi della sua croce, conosciamo quanto Dio ha amato il mondo da dare il suo stesso Figlio.
    Ci accompagna in questo cammino Maria, la Vergine Madre, alla quale Gesù dalla croce, nella persona del discepolo, ci ha tutti affidati. 
    Vi aspettiamo. 


    Il presepe pasquale sarà visitabile:
    -    DOMENICA 10 APRILE, dalle ore 10.00 alle ore 11.00

    -    GIOVEDI 14 APRILE, dalle ore 20.00 alle ore 23.30

    -    VENERDI 15 APRILE, dalle ore 9.00 alle ore 11.00

    -    DOMENICA 17 APRILE, dalle ore 8.30 alle ore11.30
    e dalle  ore 17.00 alle ore 21.00

    -    SABATO 23 APRILE, dalle ore 17.00 alle ore 20.00

    -  DOMENICA  24 APRILE, dalle ore 18.00 alle ore 20.00

    Via XXV APRILE, 2
    Cutrofiano (Le)

    don Emanuele

     

    Nel contesto del programma estivo "Brividi d'estate" organizzato dalla Parrocchia S. Michele Arcangelo di Noha in collaborazione con la Web-radio Nohinondazioni, si inserisce quest'anno una novità per quanto riguarda la parte sportiva: la 1^ edizione del "Mundialito Cup".
    Mercoledì 15 Luglio, presso il campetto dell'Oratorio, vedremo cimentarsi in un triangolare di calcio a 5 le tifoserie di Inter, Milan e Juventus in un inedito torneo tutto in una sera.

    Vi aspettiamo perciò numerosi dalle ore 20,00 in poi a incitare e a tifare per i "TIFOSI" della vostra squadra del cuore.

    Rosario Centonze

     
    Di Antonio Mellone (del 23/06/2017 @ 07:34:44, in I Beni Culturali, linkato 3761 volte)

    Egregi Signori,

    vista la pletora di sbadati urbani che bazzica un po’ovunque con il prosciutto sugli occhi, son costretto a rivolgermi a voi signori Vigili e non invece al Commissario prefettizio che sta per terminare il suo mandato - e senza attendere l’elezione del nuovo sindaco (tanto il terrore che questi sia addirittura peggio di un commissario prefettizio) - per chiedervi se per caso vi fosse caduto l’occhio su di un cantiere ubicato a Noha nella centralissima via Castello, proprio di fronte alla locale farmacia, coperto da un’impalcatura di non meno di venti o trenta metri di lunghezza,  invadente tutto il marciapiede del lato del Palazzo Baronale (e, salvo errori, con filo elettrico volante da un lato all’altro della strada).

    Non vorrei sembrare fuori tempo massimo, ma è da cinque e passa mesi che avrei voluto scrivervi in merito a questo “palcoscenico”; ma non mi è stato possibile per via dell’impegno profuso nel vergare pezzi possibilmente critici (a volte per sopperire alle lacune della  “stampa” che sembra non conoscere codesto suo fondamentale dovere) in merito a coalizioni e candidati protagonisti dell’orripilante campagna elettorale ancora in corso. Vabbè, sono quasi certo che anche questo intervento verrà considerato “a orologeria”, ma non ci posso far nulla.

    Orbene, il sipario del suddetto palcoscenico occlude la vista di quel che rimane delle “Casiceddhre”, bene culturale molto caro ai nohani - evidentemente un po’ meno ai proprietari che si sono succeduti nel tempo - censito nel catalogo del FAI (Fondo Ambiente Italiano) e oggetto, per la cronaca, di racconti, storie, foto-gallery, vignette, reportage televisivi, e addirittura un bellissimo romanzo.

    Ultimamente sono state rivolte al sottoscritto delle richieste di informazioni da parte di qualche viaggiatore d’oltre regione [chi viene a visitare le “Casiceddhre” non può essere considerato un “turista”, magari grasso sudato e inebetito in cerca di movida ma, appunto, un viaggiatore delicato, ndr.] sui tempi ed eventualmente la tipologia dei lavori in corso su codesto angolo antico e bello di Noha: domande alle quali purtroppo non sono stato in grado di dare una risposta.

    Sì, perché, come potreste constatare di persona, sul catafalco di cui sto parlando – sempre salvo errori o omissioni da parte mia – non è mai stato installato (o, se lo fosse, non è assolutamente visibile) il cartello di identificazione dei lavori - mi pare, obbligatorio per legge.

    Ecco: il sottoscritto, e altri concittadini (veramente anche qualche viaggiatore, come detto sopra) avrebbero il bisogno di avere notizie più dettagliate (più per preoccupazione, invero, che per mera curiosità) riguardo all’impresa esecutrice dei lavori, al tipo di opere da realizzare, alle modalità di esecuzione delle opere, all’eventuale richiesta di permessi e/o pareri alla Soprintendenza, e giacché anche agli estremi dell’autorizzazione o eventuale facoltà di costruire; e poi ancora la stazione appaltante, l’impresa, il nome del direttore di cantiere o quello di eventuali altri soggetti responsabili (anche nel caso in cui durante lo svolgimento delle attività di fabbrica dovessero derivare danni a terzi), e altre informazioni pubbliche, come credo siano richieste anche dai regolamenti comunali.  

    Un cartello di cantiere è importante e può (dovrebbe) esser preso in visione non solo dagli organi di vigilanza, ma anche (soprattutto) dalla popolazione che intende capire come verrà modificato il suo territorio, e quale impatto l’intervento potrebbe avere sulle proprie abitudini, sull’ambiente circostante, e, non ultimo, sull’arte e la storia locali (che per definizione non son più da considerarsi di serie B o C, ma storia e arte tout court).

    Vi ringrazio dell’attenzione, e nell’attesa di qualche risposta possibilmente “verbale”, volta magari a ridurre la stucchevole (e talvolta abusiva) cartellonistica elettorale in favore di quella (evidentemente obbligatoria) dei cantieri, porgo cordiali saluti.

    Antonio Mellone

     
    Di Antonio Mellone (del 21/12/2015 @ 07:31:12, in NohaBlog, linkato 2908 volte)

    I re mogi di palazzo Orsini – che carini - ci hanno fatto un altro bel regalo di Natale: le luminarie più tristi, tamarre e sottotono del mondo. In tutta Noha, concentrate in centro, s’annoverano sei o al massimo sette di codeste serie di luci a stallattite di tre metri e mezzo di lunghezza cadauna, non di più, appese su cavi stesi ad capocchiam in piazza San Michele. Sicuramente queste “luci” non contribuiranno oltremodo all’inquinamento luminoso di cui pure soffrono le nostre città.  

    Sappiamo che il comune di Galatina è alla canna del gas (ma, sia chiaro, non per colpa nostra), e nessuno della frazione pretende di avere a Natale le luminarie della festa patronale di Scorrano, o quelle degli stand di Disneyland ad Orlando (in Florida), o la fantasmagoria caleidoscopica e volgare delle luci topiche dei centri commerciali (che tanto - così pare - piacciono a Sindaco & co.).

    Ma c’è un limite a tutto. E si chiama presa per il culo.

    Cari politici nostrani, la prossima volta, ove possibile, evitateci la beffa (limitandovi magari al solo danno), e provate a risparmiare qualche centinaio di euro di soldi pubblici (non meritano di più certe schifezze), e soprattutto la perdita di tempo per l’installazione di queste zagareddhre di led cinesi buone soltanto per far concorrenza alle lampade votive dei loculi di un cimitero. Talora, in nome del buon gusto (ad averne), sono preferibili le omissioni a quelle che con un certo sense of humour voi definite “opere”. A volte, come questa, basterebbe il pensiero.

    Guardate che i cittadini di Noha sono comprensivi, oltre che pazienti e di bocca buona; e, come ampiamente dimostrato, ci vuole ben altro (ormai non saprei più cos’altro) prima che da elettori frastornati si trasformino in detrattori coscienti.

    Sicché, giunti a questo punto, noi tutti vi preghiamo umilmente di liberarci quanto prima (auspicabilmente prima di Natale) da queste grottesche cinquanta sfumature di grigiore, che sembrano condurci dritti dritti nelle scene del film “Empire” di Andy Warhol o in quelle di qualche lungometraggio dei fratelli Coen ambientato nel deserto del Nevada.

    Nei prossimi giorni, infatti, verranno a visitare il nostro presepe vivente (modestamente il più bello di Puglia – non a caso senza il patrocinio del comune) centinaia, speriamo migliaia di visitatori provenienti da ogni dove.

    Ecco, vorremmo affrancare i nostri ospiti da questa caricatura; e noi altri nohani, da questa ennesima figura del cavolo (per non usare un lemma connesso alla fine del processo digestivo dei cavoli).

    *

    P.S. Il fantasma delle cabine elettriche sembra accanirsi contro questa Amministrazione Comunale. Nei giorni scorsi tutti avrete saputo o addirittura partecipato di persona all’inaugurazione del Cavallino Bianco di Galatina. A dire il vero, non s’è ancora capito che cosa abbiano inaugurato congiuntamente il presidente della regione Puglia e il sindaco di Galatina, quest’ultimo bardato con fascia tricolore come un cavallo alla festa del bestiame: forse la spesa della prima tranche di soldi pubblici, mi pare 800.000 euro o giù di lì.

    Orbene non ci crederete, tutti questi soldi (e altrettanti pare ne arriveranno) non sono bastati per un allaccio Enel buono per far funzionare come si deve l’impianto elettrico e tutti i suoi apparati. Tanto che la giunta comunale s’è dovuta riunire in fretta e furia per approvare nuove ed ulteriori spese per un totale di altri 20.000 euro (massì, a casa bruciata metti fuoco) ritenendo “per un migliore utilizzo della struttura, [di] procedere ad un aumento di potenza elettrica per garantire un adeguato allestimento degli impianti e luci necessari delle future manifestazioni ed eventi” [cfr. dispositivo Deliberazione della Giunta Comunale, n. 403/2015- scomparsa dal sito del Comune]. Come, come? Il progettista non aveva previsto (visto prima), cioè in fase di progetto, questo “adeguato allestimento degli impianti e luci necessari delle future manifestazioni ed eventi”? Non aveva intuito a tempo debito che un teatro “necessita di impianti e luci necessari alle future manifestazioni ed eventi”? Mistero della fede (politica).

    *

    Orbene, faccio presente che a Noha esiste un Centro Polivalente al buio - per la cui ristrutturazione furono spesi indarno 1.300.000,00 euro di soldi dei contribuenti - che attende ancora oggi questa cabina elettrica precisamente da.

    Ora, al di là delle chiacchiere della nostra consigliera delegata, la quale, in uno scatto di mecenatismo, si è addirittura dichiarata disposta a finanziare di tasca propria questa benedetta cabina elettrica (evidentemente – e glielo auguriamo di cuore – gli ultimi redditi non saranno paragonabili nemmeno lontanamente a quelli dei due anni precedenti) ci chiediamo come mai a Galatina per il Cavallino Bianco la delibera è arrivata in quattro e quattro otto, mentre a Noha per il Centro Polivalente dopo tanto tempo siamo ancora costretti a usare le lampade a petrolio. Ci chiediamo se possano esistere cittadini di serie A e cittadini di serie F (frazioni); e se, dunque, a questo punto, non sarebbe d’uopo che i consiglieri comunali di Noha, di ogni schieramento, per protesta contro questa ennesima dimostrazione di sciatteria nei confronti della nostra cittadina, non  si dimettessero in massa, guidati proprio dalla delegata per la frazione di Noha, al secolo avv. Daniela Sindaco.

    See: campa Cavallino, ché la superba cresce.

    Antonio Mellone

     
    Di Redazione (del 03/10/2013 @ 07:28:39, in Cultura, linkato 4187 volte)

    "Nel bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi (10 ottobre 2013) eccovi di seguito un intervento del nostro P. Francesco D'Acquarica i.m.c. sulla religiosità del grande musicista".

    La storia di Giuseppe Verdi è iniziata due cento anni fa, a Roncole, piccolo villaggio vicino a Busseto in provincia di Parma. Nacque una domenica in cui si prolungava la festa del patrono San Donnino, un santo che allora dava nome all’attuale Fidenza, la città del vescovo, munita di una delle più belle cattedrali romaniche d’Emilia. Infatti Fidenza fino al 1927 si chiamava Borgo San Donnino. Il nostro Giuseppe nacque in questo contesto di festa religiosa, e la sua religiosità nacque quando nacque lui.

    Fin da piccolo bazzicò in chiesa, dove faceva il chierichetto. Lo si vedeva rapito quando il parroco don Pietro Baistrocchi saliva in cantoria e metteva le mani sull’organo. Ma la sua religiosità la possiamo definire piuttosto una “religiosità laica”, perché il suo cuore era incantato dalla musica più che dalla fede e dal Vangelo.

    Un giorno, preso qual era dalla magia dell’organo, si dimenticò di porgere le ampolline dell’acqua e del vino. Il prete, per svegliarlo, gli diede un calcio che lo fece ruzzolare dall’altare. Giuseppe, che aveva sette anni e forse conosceva meglio il dialetto che l’italiano, reagì con una tipica imprecazione parmigiana: Dio t’manda na sajetta, “Dio ti mandi un fulmine”. Caso volle che qualche anno più tardi, in altra chiesa, un canonico di Roncole, don Giacomo Masini, morì colpito da un fulmine con altri tre sacerdoti, mentre insieme cantavano i vespri. Verdi si salvò perché fu trattenuto per strada dal temporale.

    Comunque è certo che nell’infanzia di Verdi la parrocchia ha avuto la sua parte. Tutto normale diremmo noi oggi. Del resto che cosa può fare un bambino, in un villaggio di trecento abitanti, se non attaccarsi alla tonaca del prete ?

    Verdi imparò a leggere e a scrivere da don Pietro Baistrocchi, il suo parroco, che aveva anche funzioni di maestro elementare e di organista. Don Pietro inoltre gli insegnò qualcosa di latino e soprattutto gli diede qualche nozione di musica, con lezioni di pratica di organo. E si deve proprio a questo prete la scoperta del suo talento musicale.

    Quando Verdi aveva nove anni don Pietro morì e gli succedette come organista per le funzioni religiose domenicali.

    Da Roncole si trasferì poi a Busseto per frequentare il ginnasio e continuare nello stesso tempo gli studi di musica. A Busseto gli insegnanti furono ancora dei sacerdoti e dei frati francescani. Gli proposero perfino di farsi prete.

    Ma non bastarono né i preti né i frati per dare autenticità alla religiosità di Verdi. La musica lo vide lanciato nel mondo dell’arte; la sua religiosità che abbiamo definito “laica” rimarrà presente nelle sue opere, ma appunto sempre “laica”.

    Ancora giovanissimo gli morirono i due figli e qualche anno dopo anche la moglie, la famosa Margherita Barezzi, di sei mesi più giovane di lui. Non avrà allora remore a convivere con la soprano Giuseppina Strepponi, causando lo scandalo della gente di Busseto. E’ il periodo che possiamo definire anticlericale. E a chi gli faceva osservare che la convivenza era scandalosa, Verdi su tutte le furie rispondeva: In casa mia io faccio quello che voglio !

    Infatti dopo dieci anni dalla morte della moglie Margherita convisse con la Strepponi per altri dieci; poi la sposò in chiesa.

    Tutti conosciamo i grandi brani musicali del Nabucco, un’opera dove si prega sette volte, dodici volte nei Lombardi alla prima crociata: musica nobile, imponente. Il coro fatidico “O Signor, che dal tetto natìo” finì addirittura nelle chiese. Come si fa a non pensare alla Messa da Requiem dedicata ad Alessandro Manzoni in occasione della sua morte. E poi la Vergine degli Angeli dalla Forza del Destino. Essa fa il paio con il Va pensiero del Nabucco perché vive, senza il resto dell’opera, una vita autonoma e conosce il cuore di tutti come fosse uno solo. Sono tutte musiche molto note che ascoltandole in raccoglimento innalzano l’anima a Dio.

    Ci sono anche le musiche sacre come per esempio il “Tantum ergo” per voce e pianoforte, il “Pater noster” per coro a cinque voci, l’Ave Maria per soprano e archi, un’altra “Ave Maria” per coro a quattro voci, i Quattro pezzi sacri all’Opera di Parigi. Perché Giuseppe Verdi è grande per le musiche che sapeva creare, musiche per la gente e sapeva dare emozioni. Lui stesso si confessa quando scrive al suo librettista Francesco Maria Piave: “Quando sono tra me e me alle prese con le mie note, allora il cuore palpita, le lacrime piovono dagli occhi e la commozione e i piaceri sono indicibili”. Questo è il Verdi della musica amata da tutti e da queste emozioni nascono anche i brani musicali che sicuramente riempiono lo spirito.

    Morì a Milano, assistito mentre era agonizzante da don Adalberto Catena, il parroco di San Fedele che aveva già assistito al trapasso di Alessandro Manzoni: e sarà questo parroco a recitare le preghiere degli agonizzanti.

    P. Francesco D'Acquarica

     
    Di Redazione (del 25/07/2018 @ 07:24:03, in Comunicato Stampa, linkato 1112 volte)

    Le città, i luoghi, le comunità, si costruiscono attorno alle persone e questa comunità, quella galatinese  è stata fatta da grandi uomini che ne hanno dato lustro anche fuori dai confini regionali. L’intento della locale Proloco con questa iniziativa ideata in collaborazione con il Comune di Galatina, che rientra nella programmazione estiva “A cuore Scalzo”, è quella di rinnovare la memoria dei Galatinesi illustri e di valorizzare la nostra comunità con il relativo patrimonio materiale ed immateriale anche attraverso una maggior conoscenza della sua storia. Il dibattito della serata di domenica 29 luglio nasce attorno alla presentazione del libro dell’autore Alberico Bojano che nella sua pubblicazione “Gioacchino Toma – Sorvegliato politico tra artisti, sotterfugi e nobiltà ne descrive, accanto alla figura di artista e scrittore, anche gli aspetti psicologici, la gentilezza d’animo ed il suo essere  patriota che si arruolò con i garibaldini partecipando alla campagna militare del 1860. Gioacchino Toma nacque appunto a Galatina nel 1836 e morì a Napoli nel 1891 ed è uno dei più significativi e rilevanti pittori dell’Ottocento italiano.

    L’incontro è moderato dall’Arch. Adriano Margiotta, socio attivista della Proloco, e vede la partecipazione ed il saluto degli amministratori comunali e dei parlamentari della città, del Prof. Maurizio Nocera, del Prof. Rino Duma, del dott. Luigi Galante (Società di Storia Patria per la Puglia sez. di Galatina), della dott.ssa Angela Beccarisi, e del dott. Angelo Bojano (Medico chirurgo ospedaliero. Giornalista pubblicista). Ospite della serata il regista ed attore galatinese Fausto Romano. L’evento è previsto alle ore 21:00 di domenica 29 luglio nel suggestivo scenario di Piazzetta Orsini, di fronte alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandra.

    PROLOCO di GALATINA

     
    Di Redazione (del 31/12/2015 @ 07:23:41, in don Donato Mellone, linkato 2075 volte)

    Abbiamo di recente rinvenuto questa omelia di  don Donato Mellone, (1925 – 2015), fittamente dattiloscritta su tre facciate e mezza abbondanti di due fogli formato A4 incartapecoriti dal tempo di archiviazione in un vecchio quaderno a righe utilizzato quale brogliaccio di appunti per prediche. Il quaderno (e dunque anche questa omelia) risale con molta probabilità ai primi anni ’60 del secolo scorso, se non addirittura ancor prima. Si tratta di un discorso pronunciato nel corso di una messa solenne di capodanno di almeno mezzo secolo fa.

    Si noterà quanto la mentalità e la visione delle cose sia cambiata. Sono le stesse istanze apostoliche che hanno cambiato rotta. Certe “priorità” o “urgenze” di catechesi, a cui allora si dava la precedenza assoluta, sono oggi diventate addirittura trascurabili; certi schemi pastorali sono considerati nell’epoca attuale non solo anacronistici, ma in certi casi addirittura ingenui e perfino risibili.

    Tuttavia al di là di alcuni richiami ad una vita più costumata lontana “da certi ardori” e ovviamente “dai balli”, molte altre sollecitazioni e molti consigli da parte dell’antico parroco di Noha, per esempio sul giusto tempo da dedicare al lavoro o ad altre terrene preoccupazioni, sembrano quanto mai opportuni e attuali.

    *

    Cogliamo l’occasione, anche noi, per far giungere agli internauti di Noha.it il nostro fervido voto augurale per il 2016.

    Albino Campa e Antonio Mellone

    *

    Buon anno!

    Queste due parole riassumono i sentimenti che in questo giorno gli uomini si scambiano gli uni con gli altri.

    Ma perché l’anno possa essere buono l’augurio scambievole è che Dio tenga lontano il male e doni a tutti un po’ di bene, un po’ di felicità, un po’ della sua pace.

    L’alba del nuovo anno ci fa guardare con una tenerezza insolita a tutte quelle persone che ci circondano, che ci son legate dai vincoli di sangue o dall’amicizia. Quasi istintivamente ci stringiamo a loro e vorremmo che non venisse mai il giorno del distacco.

    Questo l’augurio.

    Ma quale può essere in questo giorno l’augurio del parroco ai suoi fedeli? Poiché dinanzi a me son presenti tutte le età rivolgo la mia parola augurale a ciascuna.

    All’infanzia.

    Sui bambini sono rivolti gli sguardi dei genitori. Non potrebbe essere diversamente, perché essi portano il loro nome, formano la poesia e la gioia della casa. I genitori sentono che senza di loro non sarebbero felici, che la loro vita è legata a quella dei figli con vincoli così stretti che se essi venissero a mancare, per loro la vita non avrebbe più un senso, diventerebbe inutile. L’augurio, dunque, è che essi possano crescere negli anni, ma ancor di più nella bontà e soprattutto in sapienza. Non dimentichiamo che i bambini sono delle piante molto delicate: hanno bisogno di molta vigilanza e molta cura. L’opera della Chiesa diventa sterile quando manca la collaborazione dei genitori. Purtroppo ho l’impressione che molti genitori si preoccupino più della salute fisica dei loro figli, che della loro formazione intellettuale e spirituale. E’ necessaria, invece, per l’avvenire una maggiore collaborazione tra il sacerdote educatore e i genitori. E i frutti si vedranno, e saranno abbondanti.

    La gioventù.

    E’ l’età più bella della vita, ma anche la più pericolosa. La gioventù è l’età in cui un sentimento nuovo, leggiadro, ma pericoloso, spunta nel cuore e, se non dominato, porta alla distruzione e alla rovina. E’ un’età privilegiata, la gioventù: con i suoi slanci, con i suoi entusiasmi, con le sue promesse, con i suoi ardori, traccia nella nostra vita, spesso monotona, una scia luminosa di bellezza e poesia.

    Però è anche l’età più pericolosa.

    Cari giovani che m’ascoltate, non abusate della vita esuberante che Dio vi ha donato. Non profanate nei vizi il vostro corpo, l’ardore, la forza, lo sviluppo che rallegra lo sguardo e apre alle migliori speranze. Custodite la fede che nutre gli entusiasmi più nobili, custodite la virtù che alla vostra età può sembrare difficile, ma non è impossibile. Dominate i sentimenti bizzarri del vostro cuore, frenate la smania oggi tanto diffusa di piacere, di comparire, di mettersi in mostra. Non siate assidui frequentatori dei balli, perché vi farebbero perdere la testa. Alle giovani raccomando che non si rendano schiave della moda scandalosa, con la quale perdono esse l’onestà cadendo nel peccato. Non dimenticatevi di Dio e dei doveri che ognuno di voi ha verso di Lui.

    L’età adulta.

    L’ardore nella conquista, l’accanimento nel lavoro, l’attaccamento agli affari sono le caratteristiche di questa età. Bisognerebbe invece richiamarla a pensieri più nobili, a pensieri più alti. Oh, uomini curvi sotto il peso enorme delle preoccupazioni materiali e familiari, fermatevi un po’ in questa vostra marcia affannosa, e mescolate un po’ di spirituale nella vostra vita laboriosa. Potrà anche aumentare la vostra ricchezza, ma potreste non raggiungere la felicità. Nei vostri affari non dovete dimenticare il grande unico affare che è la salvezza dell’anima vostra. Dovreste più spesso guardare in alto, pensare al fine per cui siete stati creati da Dio. Voi avete fondato una famiglia, volete ingrandirla, vi sacrificate per dare una posizione ai vostri figli: nulla di male. Ma non dimenticate che la forza, la salute, la fortuna, il benessere sono nelle mani di Dio. Dovete rendervi degni di questi beni con la vostra vita cristiana, con l’adempimento dei vostri doveri religiosi, tra i quali in primo luogo il precetto della messa festiva.

    La vecchiaia.

    Come si addice l’augurio di lunga vita a colui che ne è al termine? Nel suo viaggio lungo la vita il vecchio ha seminato fatiche, ambizioni, sogni, illusioni, e la natura, che tutto gli aveva dato, ora tutto gli va togliendo. L’età lo spinge ogni giorno di più verso l’abisso della morte. Nella grande foresta del mondo la scure del taglialegna colpisce talvolta i tronchi giovani, ma la fronte vacillante del vecchio ci avverte che è forse lui che cadrà per primo. Il vecchio reagisce, resiste con la sua energia, con la sua costituzione come la quercia dal tronco rugoso resiste all’uragano. Anche se ogni anno nuovo segna un avvicinamento verso la fine, sembra che il vecchio si aggrappi sempre più alla vita e alla terra.

    Alla vecchiaia, i nostri auguri più cari e più rispettosi. Egli deve distaccarsi un po’ per volta da ciò che passa, da ciò che bisogna lasciare. Nel raccoglimento degli ultimi anni, l’anima è più disposta a sentire le verità eterne. Il vecchio, allora, ravvivi la sua fede. Se per disgrazia si fosse velata, torni a rischiarare il tramonto della vita. Sarebbe troppo triste avere il piede sull’orlo della tomba, senza la speranza, la certezza dell’immortalità e della risurrezione futura. Nella luce, la morte non è una fine ma un principio.

    Una società aveva organizzato una grandiosa festa da ballo. Era stato affisso un manifesto: “Il ballo avrà inizio alle ore otto e non avrà fine”. Strana combinazione: dopo qualche ora veniva affisso un secondo manifesto, un contro-avviso: “Poiché è morta la moglie del capo-orchestra, il ballo è stato sospeso”. E così la grande serata da ballo che non doveva avere fine non ebbe neppure inizio.

    Anche la nostra vita avrà una fine. Non sciupiamola, la nostra vita. Non comportiamoci come quel viandante che camminava lungo la riva del mare. Cammin facendo, ad un tratto, trovò un sacchetto pieno di pietre e senza pensarci, ad una ad una, le gettava nel mare. Prima di gettar via l’ultima pietra si accorse che erano vere pietre preziose. Quale non fu la sua sorpresa e il suo dolore.

    I giorni della vita sono anche per noi delle vere e proprie pietre preziose. Non gettiamole via: non viviamoli inutilmente. Ma ogni giorno che passa sia per tutti una pietra preziosa, una sorgente di vita, e un altro gradino superato per raggiungere il cielo. Questo il mio augurio e la mia preghiera per il nuovo anno.

    Sac. Donato Mellone

    Immagine: scuola materna, primi anni ‘80 – Archivio fotografico Pignatelli - Noha

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    ci ritroviamo insieme per condividere la mensa della Parola di Dio che il Signore ci offre in questa Domenica in Albis o della Divina Misericordia. Anticamente era la domenica in cui i neobattezzati uscivamo dalla Chiesa, dopo l'eucarestia, per dare testimonianza della loro adesione a Cristo indossando la veste bianca ricevuta al Battesimo, ecco l'alba appunto. Un vero e proprio sciame in canto, come le api, pronti a fecondare con la grazia ricevuta. Chissà se questa immagine non possa essere presagio di una nuova uscita anche per noi. Dopo un periodo di chiusura forzata, che certamente costituisce un tempo forte, ma di grande riscatto se collocato nell'alveo della rinascita, della conversione, della comunione su ciò che veramente è essenziale ed importante per la nostra esistenza, spogliati degli abiti vecchi, intrisi di tutto ciò che non si addice all'uomo e a Dio, non saremo anche noi pronti ad indossare l'abito splendente della grazia di Dio per contagiare con pensieri, parole e azioni buone chiunque incontreremo sul nostro cammino. Allora la distanza di sicurezza nell'animo sarà accorciata e brilleranno non gli abbracci virtuali, ma quelli di pace ed armonia vera. San Giovanni Paolo II ha istituito in concomitanza la Domenica della Divina misericordia. É dal cuore squarciato di Cristo per amore nostro che nascono i raggi di quel perdono che ci fa diventare uomini nuovi capaci di perdonare e dare la vita. Mettiamoci in ascolto.

     

    Vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 19,31)

    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

     

    Meditiamo ora la Parola ascoltata

    Il vangelo ci colloca in uno spazio temporale di due domeniche, quella di Pasqua «la sera di quel giorno, il primo della settimana» e l'attuale « Otto giorni dopo». Niente ci dice questo spazio? In otto giorni, nell'arco di una settimana Dio crea l'uomo ed ogni essere vivente. In otto giorni Dio in Gesù ci ricrea. Avviene una vera e propria palingenesi. Eravamo morti, vivevamo nel caos. Ora tutto rinasce e la nostra vita è orientata nel futuro di Dio, la domenica dell'eternità. Non siamo più in potere della morte, ma della vita.

    Sì è vero attraversiamo l'esperienza del dolore, sofferenza, morte, ma non siamo più la sua preda perché siamo afferrati dall'amore misericordioso di Dio. Gesù si presenta a casa, a porte chiuse, e questa verità non è lontana dalla nostra situazione di emergenza. Gesù ormai svincolato dallo spazio e dal tempo entra nelle nostre case, entra nel cenacolo. Il suo appuntamento stabilito per noi è di domenica in domenica. Attenzione, chi incontriamo in questo giorno non è un fantasma. Egli mostra i segni della passione:«Mostrò loro le mani e il fianco ».

    Non è una favola la risurrezione di Gesù, è l'evento centrale della nostra fede. Nella nuova dimensione della sua persona vivono i segni della passione. I discepoli riconoscono il Crocifisso risorto. Essi erano chiusi per paura di essere trovati e uccisi facendo la fine del maestro. Erano uomini senza speranza ed ora «gioirono al vedere il Signore ». La loro tristezza si è mutata in gioia. Le nostre amarezze si trasformano in felicità se riconosciamo il Signore, il vero amore, quello che non ci abbandona mai, non ci lascia mai, non ci mette alla prova mai e ci permette di amare nonostante il rifiuto. Anche noi svincolati dallo spazio possiamo amare nel tempo come Gesù.

    Egli poi soffia. Ricordate il soffio di Dio nelle narici di Adamo cosa fa? Dona all'uomo la sua stessa vita. Gesù dona agli apostoli la sua vita e il suo stesso potere, quello di richiamare alla vita. Gli apostoli da quel momento fino ad oggi con il sacramento della misericordia, confessione, riconciliazione penitenza, aiutano l'uomo a compiere il passaggio dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, perché il vero pungiglione della morte è il peccato ciò che ci distanzia da Dio e dagli uomini. «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

    Gli apostoli hanno ricevuto l'arte di rianimare, ma il grande protagonista dell’esperienza della fede e della testimonianza che da Pasqua in poi inizia è lo Spirito Santo. Ciò apre a noi una visione di speranza e di fiducia: in ogni percorso umano in cui l'amore di Dio è ricercato per superare conflitti, laddove c’è gioia che vince chiusure e distanze, laddove c’è opera di riconciliazione lì vi sono tracce della presenza del Risorto che ha consegnato il suo Spirito. Ora la comunità è ricostituita, prima c'era dispersione, tutti sotto la croce erano fuggiti, tranne il discepolo che Egli amava e Maria. «Gesù stette in mezzo». La prima esperienza della Pasqua per i discepoli è quella di una ricostituzione della comunità attorno ad una presenza che raduna, raccoglie e genera comunione laddove c’era stata disgregazione, paura, disorientamento, chiusura.

    All'origine della risurrezione c'è l'amore. Ma quando tutto sembra andar liscio, ecco Tommaso che ascolta l'esperienza pasquale dei suoi compagni, ma non c'è nella comunità mentre Gesù si fa presente e pertanto non riesce a fare la professione di fede. Tommaso ha come soprannome “Didimo” (Gv 20,24), che significa “gemello”, “doppio”. È un discepolo di Gesù, ma sulla fede fa prevalere le sue pretese; sulla fiducia ai fratelli fa prevalere la durezza e la sufficienza; sull’oggettività e continuità di presenza in mezzo agli altri, fa prevalere un atteggiamento singolare e incostante. Dunque è figura di doppiezza. In lui ogni credente può riconoscere le proprie ambiguità e doppiezze nella vita di fede, tutte forme con cui ci difendiamo dal movimento di affidamento e ci isoliamo. Questa è la doppiezza, crediamo di fare da soli, un po' nella comunità e un po' fuori. Ma la fede cristiana non è vivibile individualmente, come avventura isolata.

    In mezzo ai fratelli, Tommaso farà la sua confessione di fede: infatti, dove due o tre sono riuniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a loro (cf. Mt 18,20). Se la comunità è luogo sacramentale di presenza del Risorto, altrettanto vale per la Scrittura. Il credente incontra il corpo del Risorto nel corpo comunitario e nel corpo scritturistico e, ovviamente, nel corpo eucaristico: il libro del vangelo, definito da Giovanni come “segni scritti” (Gv 20,30-31) capaci di suscitare la fede che conduce alla salvezza, cioè alla comunione di vita con il Signore, è sacramento della potenza di Dio «il vangelo è potenza di Dio per chiunque crede» Rm 1,16).

    Dunque Comunità, Scrittura-Parola di Dio, Eucarestia insieme formano il luogo in cui io posso riconoscere il Risorto ed essere confermato da Lui nella fede. Non esiste una fede individuale. La vita comunitaria stessa è dunque luogo di esperienza pasquale. Tommaso, assente durante la prima manifestazione di Cristo (Gv 20,19-23) è presente alla seconda (Gv 20,26-28) e non ha bisogno di stendere la mano e metterla nel costato di Gesù per vincere la sua incredulità (Gv 20,24-25). Egli è invitato da Gesù a compiere quelle azioni, ma Tommaso è fermo. Il fatto stesso di essere insieme agli altri nella comunità cambia la sua situazione.

    La comunità è il luogo di esperienza della resurrezione in cui si compie il passaggio dall’“io” al “noi”, nel movimento di morte a se stessi per vivere con e per gli altri. Tommaso, che non ha creduto all’annuncio fatto dai suoi fratelli, è accolto – da incredulo – nel gruppo dei discepoli, nella comunità riunita otto giorni dopo ed è nella comunità che egli dirà:«Mio Signore e mio Dio».

    La fede di Tommaso passerà attraverso la conoscenza delle ferite della comunità, la Chiesa corpo di Cristo. Solo questa fede è pasquale perché Tommaso capirà le ferite inflitte con la sua incredulità ai fratelli e compirà un autentico pentimento e conversione. Tommaso si scopre accolto nella sua pretesa, nella sua sfiducia, si scopre amato e per questo vince le sue resistenze. Egli rinuncia a se stesso e acconsente anche di fare la figura di chi smentisce se stesso accettando di essere amato.

    Caro Fratello e cara Sorella accetta anche tu di essere amato.

    Don Francesco Coluccia

     
    Di Antonio Pepe (del 29/02/2016 @ 07:05:23, in Comunicato Stampa, linkato 1787 volte)

    Mentre tutte le comunità pugliesi interessate si mobilitano per manifestare il proprio dissenso verso il folle piano di riordino ospedaliero varato da Emiliano & Co., la segreteria locale del Partito Democratico, e con essa tutta la coalizione di centro - sinistra che governa Galatina, decide di assistere inerte e silenziosa al depotenziamento del “Santa Caterina Novella”.

    In queste ultime frenetiche ore in cui le parti in causa tentano di incantare i pugliesi con la filastrocca della partecipazione, non abbiamo letto una sola parola di disappunto da parte delle istituzioni cittadine nei confronti del governo regionale, né tantomeno siamo a conoscenza di “viaggi della speranza” verso Bari del Primo Cittadino e della Vicesegretaria Regionale del PD (forse ancora impegnata a sbrogliare la matassa del caso Brindisi e poco attenta alle dinamiche cittadine) necessari a comprendere le reali motivazioni che hanno indotto chi di dovere ad assumere tale immotivata decisione.

    E’ inutile ribadire ancora una volta che l’ospedale di Galatina ha tutti i requisiti previsti dalla normativa vigente per essere considerata struttura di primo livello e che, nel corso degli anni, tanti sono stati i riconoscimenti ricevuti per il lavoro svolto (talvolta anche di importanza rilevante) da parte degli operatori. Senza dimenticare il glorioso passato che ha visto anche illustri professionisti prestare la propria opera al servizio della comunità.

    E’ incomprensibile che coloro i quali dovrebbero rappresentare e difendere strenuamente il proprio territorio, riservino tanta ossequiosità nei confronti di un governo regionale lontano dalle istanze della gente, incapace di comprenderne le reali esigenze e privo di una visione strategica.

    Chiediamo, pertanto, al Sindaco Cosimo Montagna, di scrollarsi di dosso, unitamente ai suoi alleati, questa insopportabile apatia che sin dall’inizio della legislatura ha contraddistinto l’attuale Amministrazione Comunale e di adottare qualsivoglia valida iniziativa e/o forma di protesta (e noi saremo al suo fianco!) utile ad evitare questo scempio.

    Infine, chiediamo al Vicesegretario Regionale del PD Sandra Antonica, abile a sbraitare in periferia ed inconcludente sui tavoli che contano, di utilizzare ogni strumento politico utile per impedire ciò che sta avvenendo. A meno che (e ci auguriamo di cuore che non sia così) questo assordante silenzio non verrà in futuro ripagato con una candidatura o un altro incarico politico “prestigioso”…

    Galatina (Le), lì 27.02.2016

    Le Segreterie Cittadine

    FORZA ITALIA

    FRATELLI D’ITALIA

     
    Di Redazione (del 23/12/2015 @ 07:03:21, in Presepe Vivente, linkato 2018 volte)

    Racchiudere in una sola parola tutto quello che il Presepe Vivente di Noha porta con sè, quello che c'è dietro, le aspettative e la fatica, è azione ardua. Allora si è pensato di dare voce a chi questo Presepe lo sostiene, credendo in un progetto che va al di là della simbologia classica. Sono state davvero tante le aziende e le persone che hanno voluto dare il proprio contributo affermando con vigore questa iniziativa. Nel ringraziare tutti e nell'invitare tutto il Salento a venire a visitare il Presepe Vivente di Noha, pubblichiamo l'editoriale del libretto che è stato realizzato e distribuito proprio per questa occasione, "Accendiamo luci nuove". Ogni giorno.

    Il Presepe Vivente di Noha sarà aperto il 25, 26 e 27 DICEMBRE e nei giorni 1, 3 e 6 GENNAIO,dalle ore 17 fino alle 21,30.

    EDITORIALE

    di Valentina Chittano

    Intorno solo eco di urla e ferocia, solo il rimbombo dell’indifferenza e il pianto della solitudine.
    Eppure c’è chi decide di calpestare questo vuoto, mettendo al suo posto un esempio vivo di unità. Collaborazione e impegno, voglia accesa e forte di non lasciare che certi valori si perdano in un mondo in cui il bello sembra essere stato dimenticato in qualche angolo sperduto.
    Donne e uomini, giovani e adulti, tutti insieme, ognuno con la propria ricchezza di cuore e le proprie capacità, si ritrovano puntualmente ogni anno a lavorare al progetto del Presepe Vivente di Noha. Qualcuno penserà: non hanno niente di meglio da fare? La risposta migliore è nei sorrisi di queste persone che per due mesi si ritrovano ogni sera a mettere un tassello a questo quadro emozionante. Non chiedono nulla in cambio, solo una partecipazione in termini di presenza. Vedere, respirare l’aria del Natale anche con tutte le sofferenze che si portano nell’animo, dialogare, mangiare qualcosa, attendere il Bambino. Sperare.
    Dai volti più segnati dal tempo e dalle fatiche a quelli più distesi dell’innocenza dei fanciulli: tutti sono importanti per la realizzazione del Presepe Vivente. Non è un’opera fine a se stessa, che dopo l’Epifania svanisce come cenere. Si tratta di un esempio tangibile di come l’essere gli uni accanto agli altri nella cooperazione possa rappresentare il modo più giusto per affrontare la vita in generale. Non siamo soli su questa Terra e non possiamo girarci dall’altra parte se sul nostro cammino si pongono occasioni di crescita e di solidarietà.
    L’essere umano è chiamato a dare il proprio contributo quotidianamente affinché non si snaturi tutto ciò che ci circonda e si perdano tutte le virtù in cui credere.
    Ci vuole coraggio per non essere sopraffatti dal flusso di insensibilità, distacco, apatia e cattiveria che attraversa ormai le nostre strade, le nostre città, i nostri paesi.
    Il Presepe Vivente di Noha sia monito dolce, commovente, ma anche tenace e convinto nei confronti di chi non ha più fiducia nel respiro degli uomini e delle donne dell’oggi.

    fonte: www.gruppomimi.it

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    oggi Gesù si presenta a noi nel gesto dello «spezzare il pane» così ricco e denso di significato per le prime generazioni cristiane tanto che l’Eucaristia fu chiamata per molto tempo «frazione del pane». Gesù intende farsi incontrare dapprima nella sua Parola che riscalda il cuore, fa ritrovare la speranza ed il senso della vita e poi nell'Eucarestia segno permanente della sua presenza. Gesù in questi giorni ci sta scaldando il cuore con la sua Parola per prepararci ad un nuovo ed entusiasmante incontro nell'Eucarestia. Ascoltiamo il Vangelo nel quale incontriamo Gesù.

    26 aprile 2020

    Dal Vangelo secondo Luca (24, 13-35)

    Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
    Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».

    Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

    Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano.

    Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».

    Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

     

    Meditiamo ora la Parola ascoltata

    Il Vangelo di oggi è un pochino il riassunto di tutto il Vangelo. Il Vangelo cominciava, se ricordate, con l’annunciazione a Maria, che è come una prefazione che ci spiega cosa avviene in noi se ascoltiamo la Parola. Avviene come a Maria. Se ascoltiamo la Parola e diciamo il nostro sì a Dio, la Parola si fa carne in noi, noi diamo vita a Dio ed Egli diventa nostra vita. Quindi all’inizio il Vangelo dice cosa capiterà leggendo il Vangelo: La Parola si incarna in noi.

    Nei discepoli di Emmaus, infatti, il vangelo ci aiuta a leggere e a riconoscere ciò che è capitato. Credo che qualcuno di voi in questi giorni sia rimasto deluso perché non riusciamo a spiegare come è avvenuta la resurrezione. Ma se l’avessimo spiegata, avremmo detto una bugia perché gli apostoli non l’hanno vista; hanno visto il Risorto, quindi non raccontano come è risorto. Raccontano come lo hanno visto e che il sepolcro era vuoto. E loro hanno visto Gesù, ci hanno mangiato insieme, l’hanno riconosciuto perché lo avevano già conosciuto prima e quindi non dubitano.

    Ora il problema è che noi non lo abbiamo visto; abbiamo il loro racconto, come quasi tutto quello che noi sappiamo non lo abbiamo visto o fatto noi, anche il vostro orologio, una carta tra le mani, un video, un tavolo, anche i miei occhiali, tutto ... non l’ho fatto io, non l'abbiamo fatto noi, l’hanno fatto altri. E come faccio a sapere come è fatto? Se loro mi spiegano e io, a mia volta, attraverso la loro spiegazione, faccio la stessa esperienza, ecco che si ripete: io faccio la loro stessa esperienza. Per cui loro mi raccontano la loro esperienza e se io ripeto la loro esperienza e vedo che corrisponde alla mia, dico: È vero quello che hanno detto.

    E tutto il Vangelo di Luca è scritto per Teofilo; per te che sei amico di Dio e comincia così, al primo capitolo, i primi quattro versetti, perché tu riconosca la verità di ciò che hai imparato.

    E come si fa a riconoscere? Ecco, supponete un bambino che non ha conosciuto la mamma. Vede una donna che non sa che sia sua mamma, cosa capisce? Niente, è una donna qualunque, ma non è sua madre, non la può riconoscere.

    Se poi vede quello che fa per lui e comincia a conoscerla e si accorge che lei ha molta tenerezza, molto affetto, molto amore e comincia a conoscere un poco quella donna per quello che è allora capirà che è sua madre.

    Nel Vangelo non conosciamo Dio, da Adamo in poi nessuno lo conosce, siamo fuggiti da Lui per paura ed ecco che nel Vangelo si è mostrato nella carne di Gesù, si fa vedere. Poi si comincia a raccontare delle cose, quelle che fanno per noi e a ciascuno viene il sospetto: ma cosa sarà costui? Ma quando è che lo posso riconoscere? Quando l’altro, con la parola, gli dice: Guarda che tutte queste cose che io ho fatto e faccio per te è perché ti amo. E ti amo perché sono tuo Padre, tua Madre. Quindi è solo attraverso la parola che anche il figlio riconosce la madre; così noi vediamo attraverso il racconto chi è Gesù, chi è Dio nella sua carne e diciamo: è veramente interessante quello che fa, ma qual è il motivo profondo? Il motivo profondo è la sua passione per noi, il suo amore per noi. E questo ci fa capire chi è Lui e chi siamo noi e facciamo l’esperienza della nostra relazione con Lui. E ci riconosciamo suoi fratelli e figli del Padre. Analogamente il testo del Vangelo ce l’ha mostrato, ce l’ha fatto ascoltare, ce l’ha fatto conoscere.

    Adesso ci rimane il problema: come faccio a riconoscerlo come il Vivente? Questo è il problema di Luca.

    Bene, se incontro il fuoco, brucio, se incontro l’acqua, mi bagno, se incontro il Vivente, vivo e risorgo a vita nuova. E questo testo ci mostra il grande miracolo che avviene attraverso la lettura del Vangelo. Per noi che prima avevamo piedi che non camminavano, se non in direzione contraria; bocca che non parlava, se non per litigare; occhi che non vedevano, se non per vedere i nostri deliri e le nostre paure; orecchi che non sentivano, sordi alla verità perché otturati tutti dalle loro sensazioni; testa che non capiva, cuore raggelato dalla paura, nell’ascolto della Parola, tutto è cambiato. E se non è avvenuto? Il centro della Parola è sempre vedere la passione di Dio per noi non i nostri cambiamenti pur necessari: è questo ciò di cui si tratta in tutto il Vangelo, l'amore di Dio per me. Comincia a scaldarsi il cuore, comincia ad aprirsi l’orecchio, comincia ad aprirsi il cervello, a comprendere, e poi dopo si aprono gli occhi, lo riconoscono nello spezzar del pane. Cambiano i piedi, cambiano direzione al loro cammino, e la loro bocca servirà, invece che per litigare, alla fine per dire: Ma è vero che è risorto.

    I discepoli tornano a Gerusalemme, come vedremo, e dicono: È risorto il Signore. E Pietro che l’ha visto dice: È certo che è risorto, anche noi l’abbiamo riconosciuto.

    Questi due discepoli sono come noi che siamo chiamati a riconoscere la stessa esperienza di chi l’ha visto. Perché? Perché siamo risorti anche noi, avendolo incontrato. Quindi abbiamo incontrato il Vivente nella sua Parola che ci ha fatti passare dalla morte alla vita, dalla desolazione, dalla tristezza alla luce, alla gioia, alla comunione con gli altri.

    Questo è l’effetto del Vangelo. La struttura di questo racconto inoltre, se notate, è la stessa struttura che ha la celebrazione eucaristica.

    Cosa fa Gesù? Parla della Legge e dei Profeti, sono le prime letture della Bibbia, per spiegare che cosa? La Passione, che è il Vangelo. E poi allo spezzar del pane, finalmente si aprono gli occhi, quando si vede che tutte queste parole diventano pane e vita concreta. E ancora oggi noi incontriamo il Signore, come ogni persona, e lo riconosciamo attraverso quel che fa, prende e spezza il pane per noi.

    Poi sparisce dalla nostra vista quasi a dirci: Mi incontrerai nel pane eucaristico dove sarò per te nutrimento, terapia d'amore e presenza costante.

    Non siamo soli Gesù è con noi.

    Don Francesco Coluccia

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    parole rassicuranti oggi il nostro Dio ci offre. Non sia turbato il vostro cuore. Ripetiamolo più volte soprattutto in questo tempo di paura e di grande incertezza nella ripresa del quotidiano vivere. Qualsiasi difficoltà non deve mai farci desistere dalla certezza che il Signore non ci abbandona mai perché egli è per noi via, verità e vita. Ascoltiamolo.

    Dal Vangelo secondo Giovanni  (Gv 14,1-12)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

     Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

    Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

     

    Meditiamo la Parola ascoltata

    Tra dubbi e certezze, la nostra vita. Non ditemi che è tutto chiaro, tutto spianato e che non ci sono dubbi e che spesso anche le piccole certezze vacillano. Credo poco alle torri d'avorio. Intoccabili, imperturbabili, sempre intatte. L'uomo di fede non è l'uomo che non si lascia toccare dal turbamento, ma è colui che vince la tentazione di lasciarsi travolgere dal turbamento confidando unicamente in se stesso. Del resto la scrittura ce lo insegna e ci dice:« Maledetto l'uomo che confida  nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene egli non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo corsi d'acqua, verso la corrente stende le radici, non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti» (Ger 17,5-6). Le immagini ed il senso di queste parole sono quanto mai eloquenti.

    Per credere vogliamo vedere, eppure il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Cosa dovremmo attenderci altro da Dio. Evidentemente ciò che desideriamo, ciò che vogliamo non è la vita, ma tutto il contorno che ci siamo costruiti nel tempo e che è diventato parametro della pseudo felicità che ci lusinga così tanto da non farci sentire felici fintanto che non lo possediamo.

    C'è il desiderio di felicità, ce l'abbiamo ma lo scartiamo perché non lo riconosciamo. É Gesù. Chi ha visto, incontrato, sentito Lui, ha visto, incontrato, sentito il Padre. Siamo coinvolti in questa relazione d'amore. Tutto l'essere di Gesù è illuminato dalla misteriosa unione con il Padre, dal quale proviene ogni ricchezza e abbondanza di vita. Di questa ricchezza noi siamo partecipi, come il figlio Gesù, dell'abbondanza dei doni di Dio per cui siamo chiamati a proseguire nel mondo le sue opere e a farne di più grandi.

    Ma la domanda di Filippo rimette ancora in discussione il ruolo di Gesù e il contenuto del suo messaggio. Si va a caccia di eventi, realtà, fatti concreti. L’apostolo vuole certezze. Ha ricevuto l’esortazione a mantenere la fiducia, poi le indicazioni per raggiungere la vera felicità «Io sono la via, la verità e la vita», ma questo non basta. L’apostolo ha bisogno di vedere la promessa che gli è stata fatta di cui tanto ha sentito parlare, promessa che lui stesso non riconosce di aver toccato con mano; promessa che egli stesso ha sentito; promessa che l’apostolo ha vissuto e continua a vivere senza riconoscerlo. Qui è forte il richiamo fatto a Filippo, in tre riprese: «...non mi hai riconosciuto...come puoi tu dire...non credi».

    Gesù ci mette dinanzi alle sue opere e ci chiede di credere non solo in lui, ma anche in quelle che noi per sua grazia potremo compiere. Gesù è andato avanti a preparare un posto a chi vorrà seguirlo promettendoci la felicità non senza turbamenti, dubbi, incertezze, difficoltà, cadute.

    Alla fine però ci dice che ne varrà la pena perché la felicità che ci è riservata non è una gioia passeggera, ma quella che non passerà mai.

    Allora lasciamoci pure provocare dagli eventi della vita perché ridestano in noi il desiderio della Casa del Padre, del suo Regno, della sua Vita, ci faranno essere con gli altri fratelli come lui lo è stato e continua ad esserlo oggi con noi con la certezza che Egli non ci abbandona mai.

    Ah, dimenticavo, se vogliamo conoscere Dio non possiamo non conoscere Gesù Cristo.

    Don Francesco Coluccia

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    Gesù Cristo ci ha fatto una promessa che è rinnovata nel Vangelo di oggi. Egli sarà sempre con noi e non ci abbandonerà mai. La promessa è strettamente unita al dono dello Spirito Santo che opera i grandi segni del suo amore. Ascoltiamo la Parola che Egli ci dona con amore.

    Dal Vangelo secondo Giovanni  (Gv 14, 15-21)

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

     

    Meditiamo la Parola ascoltata 

    Gesù ha promesso alla Chiesa il dono dello Spirito come presenza attualizzante della propria opera ormai compiuta. Tale promessa si realizza in modo tutto particolare nella celebrazione eucaristica. È  lo Spirito del Signore risorto che crea la comunione fra tutti i membri dell’assemblea, fra questa e tutte le altre comunità che celebrano la medesima eucaristia. È lo Spirito di verità che illumina e attualizza la Parola di Dio annunciata ai credenti, la fa penetrare nei loro cuori perché diventi realtà di vita e si traduca in atteggiamenti ispirati all’amore evangelico.

    Una testimonianza visibile e convincente sarà allora quell’amore scambievole che vissuto nell'eucarestia dovrà caratterizzare la vita della nostra comunità parrocchiale. «Guardate come si amano», dicevano i pagani dei primi cristiani.

    Oggi i nuovi pagani post-cristiani possono dire altrettanto guardando noi cristiani? O il comportamento dei cristiani è tale da farli diffidare del cristianesimo e della sua insistenza sull’amore? Con ogni probabilità, parliamo troppo di amore, ne facciamo quasi un genere letterario; ma non lo viviamo sinceramente tra noi, divisi come siamo stati forse da pregiudizi. Dico siamo stati perché sono certo la quarantena ci avrà cambiato il cuore e ci avrà riportato all'amore di Dio. So che desideriamo tanto ritornare in Chiesa e nutrirci di Gesù eucarestia.

    Il desiderio ormai diventa realtà e da lunedì potremo celebrare la vita, ma sicuramente con azzimi nuovi, con una vita nuova, una modalità nuova dettata non da cose esterne ma dal cuore.

    Se la testimonianza di questo incontro eucaristico si manifesterà pure attraverso un amore sincero e disinteressato verso i poveri e i bisognosi allora vedremo lo Spirito Santo in azione. «La Chiesa - si legge nella Redemptor hominis - non può abbandonare l’uomo, la cui "sorte", cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo... L’uomo, infatti, è la prima e fondamentale via della Chiesa...»(n. 14).

    Vi saluto caramente e vi aspetto da domani a vivere e sperimentare il mistero dell'amore di Dio nell'Eucarestia. Siate testimoni dell'amore di Dio.

    Don Francesco Coluccia

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    ci ritroviamo come Comunità parrocchiale intorno alla mensa della Parola di Dio. Egli è la nostra vita! E se Dio è con noi chi sarà contro di noi? Chi potrà mai separaci dall'amore di Dio. San Paolo dirà che:«Né morte, né vita, né presente, né avvenire, niente potranno mai separaci dall'amore di Dio in Cristo Gesù» (Rm 8,35-39). Bene cari amici, la Parola di questa domenica V di Quaresima ci fa toccare con mano come Gesù ci chiami alla vita e ci strappi dal potere della morte. Quindi nessuna paura, nessun'ansia deve prendere il sopravvento in noi. Allarghiamo il cuore, allora, ed ascoltiamo il Vangelo.

    Dal Vangelo secondo Giovanni (11, 1-45)

    In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
    Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

     

    Meditiamo ora sulla Parola ascoltata

    L’amore fa vivere, l’amore dà vita, l’amore fa passare dalla morte alla vita.

    Potrei sintetizzare così e fermarmi senza andare oltre. Noi siamo questa realtà e in questo periodo di morte o di morti o che sentiamo o parliamo di morte, l'amore deve farci vibrare. Gesù ti sta dicendo: cosa stai ancora aspettando ad amare? Ancora pensi e ripensi ai torti subiti, alle occasioni mancate, alle delusioni che ti hanno procurato dolore, alle cose che avresti voluto fare e non hai fatto? É tempo di amare.

    «Io vi risuscito dal vostri sepolcri, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo» questa è la promessa di Dio (I Lettura Ez 37, 12-14). Se senti di uscire di casa, voler incontrare una persona e magari incroci quella sbagliata e ti giri dall'altra parte, vuol dire che non ti ascolti perché sei amore e non ascolti Gesù, allora conviene che tu rimanga chiuso nel sepolcro, dove la vita emana cattivo odore, è chiusa nella testardaggine, nell'egoismo, nel pregiudizio, nelle sentenze emanate a buon mercato, nell'indice puntato.

    Ancora di più, perché far soffrire i propri affetti: famigliari, amici, vicini.

    L'amore di Cristo ci scioglie dalle bende che costituiscono quella corazza di autoreferenzialità, chiamata meglio orgoglio personale che non ci permette di stare come uomini tra uomini, ma di abitare la valle dei morti dove, per utilizzare ancora l'immagine di Ezechiele, non vediamo che ossa inaridite. Tutto questo certo passa attraverso le lacrime, ma sono proprio queste che purificano la vista e ti permettono di guardare con il cuore.

    Quanto è brutto quando una persona ti cerca con amore e tu la metti sull'uscio delle tua porta di casa, la tua vita perché devi guardare a te stesso. Eppure in questi giorni di pandemia rinchiusi non ci sentiamo forse a volte mancare l'aria? É pari pari l'immagine della nostra vita. Se non amiamo con i gesti concreti rischiamo di non vivere più. Il testo del vangelo inizia con l’annuncio a Gesù: “Colui che ami è malato” (v. 3). Il passaggio di Lazzaro dalla tomba alla compagnia dei vivi avviene tra le lacrime che Gesù versa per l’amico, spingendo i Giudei presenti a riconoscere: “Guarda come lo amava” (v. 36). Il narratore specifica che “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro” (v. 5). Vedete l'atteggiamento di Gesù? Questi ama, va a casa dei suoi amici, sta con loro, vuole veramente il loro bene.

    Se l’episodio della resurrezione di Lazzaro è il segno che anticipa la Pasqua di Gesù, questo segno - il passaggio dalla morte alla vita - è reso possibile dall’amore.

    Un amore concreto, personale, quotidiano, amicale, come quello che lega Gesù a Lazzaro, un uomo che non faceva parte del gruppo dei Dodici, ma che, insieme alle sue sorelle, accoglieva Gesù quando questi andava a Betania (Gv 12,1).

    Abbiamo a Noha la nostra Casa Betania segno di accoglienza, sta lì apposta per spronarci, per interrogarci, per spingerci. Ma prima di tutto sono le nostre case e i nostri cuori che devono diventare come Betania, capaci di accogliere Gesù in ogni ospite, amico, famigliare, vicino e forestiero che bussa alla porta.

    Che cosa sarà ricordato di noi? Di Maria, si ricordano i gesti concreti di amore che aveva riservato a Gesù: “Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli” (v. 2). Ma l’amore non impedisce che la malattia e la morte colpiscano chi si ama, anzi proprio l’amore per l’amico che si ammala e muore rende ancor più doloroso il nostro vivere e il nostro amare. Noi conosciamo qualcosa della morte a misura del nostro amore, e questo è a volte il motivo che ci spinge a fuggire l’amore, a porvi resistenze, a non voler amare e a non voler lasciarci amare. La paura delle sofferenze che ne possono derivare può inibire l’amore. Ma questo equivale a licenziarsi dalla vita, a non voler vivere. Se uno non ama è perché non si lascia amare. É mettere le mani avanti e dire all'altro:«Stai al tuo posto».

    Gesù ama dunque Marta, Maria e Lazzaro ma è lontano quando gli viene annunciato che Lazzaro è malato. L’amore vive anche nella distanza, nella non prossimità fisica, nella non immediatezza del contatto. E quando Lazzaro morirà egli si tratterrà ancora due giorni là dove si trovava. Per due volte viene rimproverato a Gesù dalle sorelle la sua non presenza fisica accanto a Lazzaro (vv. 21.32) nella convinzione che questa avrebbe salvato Lazzaro da morte. Anche i Giudei presenti si allineeranno a questa contestazione (v. 37). Marta e Maria legano amore e vicinanza fisica. Gesù vive un amore assolutamente autentico (e riconosciuto come tale dalla stessa folla: v. 36), ma in un’alternanza di vicinanza e distanza, di prossimità e lontananza. Gesù vive l’amore anche nell’attesa e sa che l’amore non impedisce la morte. C’è un limite dell’amare, l’amare non è onnipotente. E anche se Lazzaro è ritornato in vita - a significare che l’amore può operare il passaggio dalla morte alla vita - tuttavia Lazzaro dovrà andare incontro alla morte, perché l’amore non può impedire la morte. Al tempo stesso, la morte non inibisce l’amore. Ecco un primo messaggio di questo racconto: il fatto che si debba morire non può e non deve trattenere dall’amare, né l’amore può essere visto come ciò che scampa dalla morte.

    Gesù, avvertito che Lazzaro è malato, afferma che quella malattia non è per la morte ma per la manifestazione della gloria di Dio. E in realtà, quando Lazzaro morirà, si rivelerà che anche la morte è occasione per manifestare la gloria di Dio, che per il IV vangelo, è la gloria dell’amore. Gesù non invita a lottare per prolungamenti estenuanti e penosi della vita, Gesù non fa della vita nella sua dimensione biologica un feticcio, ma afferma che il vivere come l’essere malati e il morire sono luoghi di possibile manifestazione della gloria di Dio, la gloria dell’amore.

    E la gloria di amare si manifesta già nel coraggio con cui Gesù affronta il viaggio per andare in Giudea sfidando la morte: Gv 11,8. Siamo di fronte all’amore che vince la paura di perdere la vita a causa dell’amore.

    Da sempre l’uomo vive questa strana condizione per cui da un lato teme la morte e il morire, prova ripugnanza per il disfacimento del corpo, ma, al tempo stesso, trova la forza di dare la vita per un altro, di morire per una persona amata, per una causa giusta. Qui, l’amore per Lazzaro spinge Gesù a intraprendere un viaggio che potrebbe costargli la vita. Anche questo dice l’importanza accordata da Gesù all’umanissimo rapporto dell’amicizia. Le obiezioni che si possono muovere a Gesù sono diverse. Non è forse un motivo troppo intimo, slegato dalla missione salvifica e al Regno di Dio, il correre rischio di morte per andare da un amico? Se succedesse, si tratterebbe della morte di un martire o di un imprudente che ha accordato troppo peso a relazioni umane? Eppure la ripetizione dei termini affettivi che legano Gesù a Lazzaro (colui che tu ami, il nostro amico, guardate come lo amava) indicano che la realtà vissuta da Gesù con Lazzaro è l’amicizia, e che la rivelazione di Dio che Gesù compie nella sua umanità, comprende anche la vicenda dell’amicizia, dell’affetto umano. Anche nell’amicizia Gesù narra la gloria di Dio, narra la potenza dell’amore più forte della morte.

    Gesù e i discepoli si recano dunque da Lazzaro. Ed ecco il grido di Tommaso: “Andiamo anche noi a morire con lui” (v. 16). Grido che esprime il suo desiderio di condividere il cammino di Gesù che, andando in Giudea, può effettivamente incontrare la morte. Grido che indica la sua volontà di non lasciarlo solo anche in quell’eventualità estrema.

    Giunti a Betania, il narratore annota che Lazzaro era ormai da 4 giorni nella tomba e Marta va incontro a Gesù facendo quella che al contempo è una confessione di fede e una lamentela: v. 21. Marta soffre per la morte del fratello, perché non comprende, a dispetto di ciò che sa. Lei sa che tutto ciò che Gesù chiede a Dio, Dio lo concede. Perché allora Gesù non è venuto scongiurando la morte dell’amico con la sua vicinanza? Gesù mostra un amore che permane anche oltre la morte avvenuta, un amore che non ha come prima priorità quella di evitare ad ogni costo la morte. E fa compiere a Marta il passaggio da un articolo di fede, la credenza nella resurrezione dei morti nell’ultimo giorno, alla fede nella vita in Cristo, al vivere come Gesù, all’immergersi nella realtà di cui Gesù vive, che è il vero luogo della vita (vv. 25-26). Chi si coinvolge con Gesù, crede in lui e cerca di vivere la vita di Gesù, abita l’amore che rimane anche attraverso la morte.

    L’incontro con Maria è segnato dalle stesse parole che aveva pronunciato Marta. Ma manca tutta la parte di dialogo teologico sulla resurrezione.

    I toni sono più affettivi, il contesto è di lacrime e pianto (vv. 31.33.35.36). Anche Maria abita l’idea di amore per cui la vicinanza scongiura la morte. Ma è più ripiegata sul passato, sugli affetti vissuti e ora interrotti e solo il pianto può esprimere tale dolore. Non c’è la preoccupazione di Marta per il futuro, la resurrezione che avverrà, l’ultimo giorno. A fronte di questi due atteggiamenti Gesù vive il presente della morte di Lazzaro, assume tale morte e afferma che l’amore non muore con la morte. L’amore vive ancora dopo la morte e ha il potere di creare un ponte tra chi è vivo e chi è morto. Nei vv. 32-37, Gesù entra in un gorgo di sentimenti che lo portano a scoppiare in lacrime. Si turba, si commuove, viene contagiato dal pianto altrui e freme per la morte dell’amico. Gesù scoppia nel pianto liberatore che riorienta le sue emozioni e, da interiori che erano, diventano visibili, si esteriorizzano, diventano corporee. L’amore non resta nascosto, ma si manifesta. Le lacrime sono l’eloquenza discreta dell’anima, il linguaggio del cuore. Fate memoria se avete mai pianto per amore, le parole cessano di sentirsi, anzi non si riesce più a pronunciarle. Le lacrime sono la parte visibile, materiale, per quanto tremula e trasparente, del nostro desiderio. Esse uniscono mirabilmente interiorità ed esteriorità, corpo e anima. E ci dicono qualcosa sulla sapienza del corpo esprimendo una dimensione della verità insita nel corpo che le parole e il discorso concettuale non sanno manifestare.

    Ed ecco che, di fronte alla tomba, Gesù comincia ad agire, Marta sembra volerlo frenare. “Già manda cattivo odore” (v. 39). Marta è legata alla morte e tiene il fratello ancorato a essa, ma per Gesù anche la morte è luogo di manifestazione della gloria di Dio. Il problema non è evitare la morte, ma cogliere che in essa si può manifestare la gloria di Dio, il suo amore. Solo un amore che assume completamente la tragicità e l’ineliminabilità della morte è un amore che conduce al passaggio dalla morte alla vita. Gesù crede l’amore anche davanti alla morte, Egli continua ad amare anche davanti al cadavere.

    Se avete vissuto la morte diretta di un proprio caro potete capire bene. É significativo poi il comando che Gesù impartisce dopo aver chiamato Lazzaro: “Liberatelo e lasciatelo andare” (v. 44). Il comando riguarda gli astanti: Lazzaro già si sta muovendo senza problemi. Il problema sono quelli che lo attorniano che devono lasciarlo andare, perché l’amore non trattiene, non tiene per sé ma, più ama, più lascia libero l’amato. Gesù sta insegnando ad amare: non conduce a sé il morto ritornato alla vita, ma insegna ad amare con libertà. Amare è liberare l’altro. E neanche la morte può trattenere l’amore. Il passaggio dell’amato Lazzaro dalla morte alla vita, anticipa ciò che Gesù farà di lì a poco quando, avendo amato i suoi, li amerà fino alla fine (Gv 13,1), consegnandosi a quella morte che non potrà trattenerlo perché la potenza dell’amore scioglie i legami degli inferi.

    Capisco la lunghezza della riflessione, ma necessaria se vogliamo entrare veramente nell'intimità della vita di Gesù Cristo, nel suo modo di stare con gli altri e di amare.

    Ritorniamo ora a rileggere e a riflettere personalmente sulla pagina del Vangelo perché la Pasqua è vicina e Cristo vuole chiamarci alla vita, vuole aiutarci a ritornare ad amare.

    Don Francesco Coluccia

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    ci ritroviamo come comunità a condividere la mensa della Parola di Dio come sosta che ci rinfranca in questo cammino in salita verso la Pasqua. Il Signore oggi vuole aiutarci a compiere un passaggio dal buio alla luce. E questi giorni di pandemia che provocano tristezza, paura e angoscia forse ci hanno portato a non vedere che buio intorno a noi. Allora ecco una lieta notizia di luce. Ascoltiamo il Vangelo:

    Dal vangelo secondo Giovanni (9, 1-41)


    In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo". Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe", che significa "Inviato". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: "Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma è uno che gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". Allora gli domandarono: "In che modo ti sono stati aperti gli occhi?". Egli rispose: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista". Gli dissero: "Dov'è costui?". Rispose: "Non lo so". Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri invece dicevano: "Come può un peccatore compiere segni di questo genere?". E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!". Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?". I genitori di lui risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé". Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età: chiedetelo a lui!". Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Quello rispose: "Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo". Allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". Lo insultarono e dissero: "Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu, credi nel Figlio dell'uomo?". Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". Ed egli disse: "Credo, Signore!". E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: "È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi". Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo ciechi anche noi?". Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane".

     

    Meditiamo insieme il Vangelo che abbiamo ascoltato:

    Torno a vedere

    Ci sono momenti nella vita in cui sprofondiamo nella notte.

    Non quella che si alterna al giorno, che può essere dolce e intensa.

    Ma quella dello spirito, dell’anima, dell’inconscio. Uno stato in cui la tenebra contraddistingue le nostre scelte, il nostro percorso.

    Una notte interiore che possiamo scoprire d’improvviso, come uno stato dell’essere in quel mestiere straordinario che è la vita o in cui possiamo entrare dopo un evento difficile, un lutto, un fallimento, un errore. A volte può essere anche l'ostinazione a voler vedere solo buio intorno a noi. Perché forse abbiamo deciso di fare da soli. Abbiamo deciso di abbandonare una prova, abbiamo voltato le spalle ad un progetto, abbiamo gettato la spugna tirandoci fuori. Il buio non si abbandona, si attraversa.

     

    Quante notti nella vita, fanno parte di noi e se non le abitiamo non possiamo pretendere di vedere la luce. Oppure possiamo anche far finta di niente ed illuderci che vada tutto bene. In un mondo di tenebra ci si abitua presto all’assenza della luce. Questo tempo di quaresima coincide con la lotta al Covid-19 in cui siamo costretti a starci dentro e a restare anche chiusi in casa. Niente è per caso. Evidentemente tutto si presenta come un percorso di purificazione, di essenzialità, di rianimazione, di vivificazione.

     

    Un cammino in cui ci prepariamo a riscoprire il nostro battesimo e che chiamiamo illuminazione. Siamo assetati e Cristo è l’acqua, domenica scorsa con la donna Samaritana abbiamo lasciato le nostre sicurezze, imparato a dissetarci da colui che è la vera acqua e con il suo amore pronti ad annunciarlo con la testimonianza dei segni.

     

    Siamo ciechi e Cristo è la luce.

    L’evangelista Giovanni tenta di descrivere in che cosa consista la conversione, l’accoglienza del Vangelo: in una reale illuminazione, come chi sta in una stanza buia da tutta una vita e d’improvviso, qualcuno spalanca le ante e lascia entrare la luce. La stanza è la stessa ma ora forme, colori, spazi hanno un significato diverso.

     

    È l’esperienza che fa il cieco nato, mendicante, giudicato peccatore, lui o i suoi genitori, nella spietata logica dei suoi concittadini: ha peccato, perciò è così, e se non è stato lui, è colpa dei suoi genitori. Vedete come siamo pronti al giudizio, ecco la notte, ecco il buio, non riusciamo a vedere. Ed ecco il cieco. Un uomo abituato a convivere con le tenebre e col giudizio.

    Come avviene anche a noi, sempre appesi alle parole degli altri, sempre attenti a comportarci come gli altri vorrebbero che ci comportassimo per meritarci attenzione e approvazione. Purtroppo anche fra cristiani.

     

    È Gesù che, passando, vede l’uomo cieco. Perché, come per Davide, Dio non vede ciò che guardano gli uomini, egli vede il cuore. E inizia una liturgia di gesti semplici e primitivi, di dita, di saliva, che si pensava contenesse il soffio della vita, di acqua, segno del Battesimo che purifica.

    L’illuminazione avviene per gradi, ma inizia sempre con un incontro.

    L’uomo è cieco, ma Dio ci vede benissimo. E avviene il cambiamento. Inesorabile. Potente. Talmente forte che la gente non riconosce più quell’uomo. Quando diventiamo discepoli, inesorabilmente, non siamo più le persone di prima. Irriconoscibili. Anche a noi stessi.

     

    Obiezioni

    Invece di danzare per ciò che è accaduto i puri della Legge obiettano.

    Non hanno emozioni, affetti. Si sono ritagliati il ruolo di difensori di Dio.

    Senza che nessuno glielo abbia chiesto.

    Investigano, interrogano, chiedono.

    Gesù è un peccatore perché trasgredisce la Legge, quindi è impossibile che abbia guarito quell’uomo che, quindi, è un bugiardo.

     

    Il loro schema tiene, ingabbiano Dio nelle loro logiche assurde. Come rischiamo di fare noi, quando non ammettiamo che Dio ha molta più fantasia di noi per guarire le persone, quando ci facciamo i custodi della Torà, la legge, sostituendoci a lui.

    La lotta è dura, di mezzo c’è la più terribile delle armi di distruzione di massa: il senso di colpa.

    È cieco, dev’essere colpa di qualcuno.

    Se non lui i genitori, i quali, nutriti per decenni di sensi di colpa, impauriti ed intimoriti non difendono nemmeno il figlio. Anch’essi divorati dai sensi di colpa.

     

    Dio è già oltre. E la Parola, ricordiamocelo, non perde tempo a scovare i colpevoli o a dare risposte alle nostre domande filosofiche sull’origine del male.

    Non intenta un processo, attua una nuova Creazione.

     

    Autonomia

    Gesù, intanto è sparito.

    Lascia crescere il cieco che ora vede bene ed è davvero un’altra persona.

    Non la vittima rosicchiata dai sensi di colpa, ma un uomo nuovo.

    Leggete, vi prego. Tratta alla pari i dottori della Legge, risponde a tono, li prende pure per i fondelli.

    Loro che credono di sapere non sanno spiegare come possa un peccatore guarire un cieco.

     

    Giovanni, penna raffinata, lancia il sasso: chi è veramente cieco fra questi?

    Chi non ci vede o chi presume di vedere tutto benissimo?

    Alla fine la buttano in rissa.

    Ma il cieco è ormai libero. Ha tagliato i ponti con quel mondo. È roba vecchia. Lui ora è un illuminato.

     

    Riecco Gesù

    Ora il cieco guarito ha tutti gli elementi per capire.

    Ora è libero. Ora vede. Ora non è più oppresso dal giudizio degli altri.

    Peggio: dal giudizio dei devoti e dei pii.

    Il Signore ci raggiunge sempre, prende l’iniziativa, ci insegue, si fa vicino.

    Se solo lo desideriamo.

     

    Ora torniamo a rileggere il vangelo, lasciamo che la mano di Gesù con la sua Parola si posi sui nostri occhi affinché tornino a vedere senza più giudicare e a riconoscere Gesù come Salvatore e Signore della nostra vita. Con Lui non possiamo aver paura, dubitare. Coraggio il Signore ci sta conducendo per mano.

    Don Francesco Coluccia

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 19/12/2023 @ 00:34:04, in Comunicato Stampa, linkato 564 volte)

    Il 19 di dicembre ricorre l’anniversario della morte di Michele D’Acquarica, classe 1886, “il Pittore di Noha”, fratello maggiore di mio padre, Ambrogio Antonio D’Acquarica, classe 1908.

    Non sono qui soltanto a ricordare una persona a me cara perché di famiglia, diciamo che non si parla mai abbastanza di chi ha operato per il bene della comunità.

    Inutile dirvi che stiamo macinando il tempo a velocità supersonica e gli eventi, i più terribili come mai nella storia, ci sovrastano la mente e il cuore, benché sulla “stampa” molti drammi vengano edulcorati, se non altro per distrarci un po’. Credo invece che qui sia giusto parlare di zio Michele perché è lui stesso “luogo” di bellezza, l’unica arma, la bellezza, da contrapporre alle devastazioni sociali e ambientali che ci macinano con metodo.

    Michele D'Acquarica, mediante le sue opere d’arte, ha scelto di lasciarci un messaggio importante. Ci fa notare cioè che nella vita è necessaria sì la competizione, ma non per sovrastare l'altro, per togliergli qualcosa (a volte, ahimè, perfino l’esistenza), appropriarsene per puro egoismo, ma ci dice che è necessario competere in bellezza, partecipare con le proprie qualità e conoscenze alla costruzione di riferimenti positivi, sforzarsi d'essere un esempio che faccia migliorare “il luogo” di tutti, dove ognuno di noi, primi ed ultimi, anzi soprattutto gli ultimi, quelli che faticano e sono meno fortunati, possano avere a loro volta delle certezze, e quindi sentirsi parte fondamentale di una grande famiglia, come può esserlo una comunità che progredisce.

    Prossimamente, come Associazione NoiAmbiente e Beni Culturali, dedicheremo a Michele D’Acquarica una mostra temporanea, e insieme a testimoni molto vicini a lui vi racconteremo parte della sua vita, quella vissuta proprio qui, nelle vie e con la gente di Noha, da “zzoccatore” nelle cave di pietra a caporal maggiore nella grande Guerra, a poeta e pittore;  e grazie alle molteplici opere d’arte che ci ha lasciato, cercheremo di vedere con i suoi occhi nuovi paesaggi, volando attraverso i suoi affreschi, da un cielo a un altro, da un fiore a un santo, da un volto a un paesaggio: in poche parole, alla bellezza dell’arte.

    Abbiamo voluto dedicare un po' del nostro tempo per ricordare Michele D’Acquarica, la sua Opera, e soprattutto l’educazione sentimentale impartitaci da un Uomo che era ed è ormai per sempre parte della nostra comunità che risponde al dolce nome di Noha.

    Marcello D’Acquarica

     
    Di Antonio Mellone (del 06/05/2015 @ 00:32:50, in NohaBlog, linkato 4808 volte)

    Non so se qualcuno di voi abbia mai visto al cinema “Chocolat” (con Juliette Binoche) o “La finestra di fronte” (di Ferzan Özpetek) o “Il pasticciere” (tra l’altro girato tra Basilicata e Puglia, film diretto da Luigi Sardiello); o se gli sia già capitato per le mani il libro “Amore, zucchero e cannella”, di Bratley Amy (New Compton, 2012) o “Il pasticciere del re” di Anthony Capella (Neri Pozza, 2013); o se abbia mai visto le famose nature morte “con dessert”, che poi sono “nature vive”, di George Flegel (Olomuc 1566 – Francoforte sul Meno 1638): film, libri, tele che hanno tutti come leitmotiv storie più o meno dolci che ruotano intorno ad un pasticciere, i suoi sentimenti, la sua arte.

    Orbene, ogni volta che mi capita di entrare in quel bijou che è la pasticceria “Zucchero & Cannella” di Leonardo Rizzo, la “bomboniera” che da circa un paio d’anni s’affaccia sui verdi giardini Madonna delle Grazie, proprio dirimpetto alla chiesa sussidiaria di Noha, vengo preso da un viluppo di emozioni che dunque mi riportano ad alcune pagine di bella letteratura o all’arte cinematografica o a quella figurativa. Ma il coinvolgimento non è, diciamo così, soltanto platonico ma anche (direi soprattutto) sensuale, in quanto in questo luogo del cuore vengono coinvolti tutti i cinque sensi.

    *

    L’indicazione dell’entrata in questo piccolo angolo di paradiso non ti è data (solo) dalla graziosa insegna ubicata alla sinistra dell’ingresso, ma dal profumo di pan di spagna, di mandorle, di farina, di biscotti fragranti appena tolti dal forno, e, appunto, di zucchero e cannella che si espande nei dintorni. E se pur dovessi trovarti in zona soltanto di passaggio non puoi fare a meno di fermarti un attimo anche solo per sbirciare all’interno, al di là dell’ampia vetrata, cercando di scoprire le gioie custodite nel bancone, cuore della raffinata e direi anche elegante bottega.

    *

    Una volta dentro sei accolto dal sorriso e dal garbo (non diciamo dolcezza onde evitare in queste righe tassi glicemici troppo alti) di Bernardette, la gentile consorte di Leonardo, nella sua divisa impeccabile, linda e stirata alla perfezione, pronta a riempire le spaselle di sublimi caleidoscopiche leccornie, a seconda del vezzo e del gusto del cliente avventore (tanto, una volta a casa, gli altri convitati di fronte alle evidenti squisitezze altro non potranno fare se non gradirne qualunque assortimento).

    Certo, ogni volta è sempre la stessa storia con il consueto rito dell’imbarazzo della scelta. Ma non c’è verso: dando un’occhiata alla foresta incantata al di là del vetro del bancone, di primo acchito, non puoi non rimanere sbalordito: quel cabaret di prelibatezze ti farà letteralmente rimanere a bocca aperta a mo’ di puntini di sospensione.

    Quel trionfo di babà, cestini o canestrelli di frutta fresca e crema pasticciera, cannoncini di pasta sfoglia, baci di dama, fiamme al cioccolato, e quei tiramisù, quelle crostatine alle marmellate più disparate e colorate (ma senza coloranti), quei bignè alla crema, allo zabaione, al pistacchio, alla nocciola o al cioccolato, i maltagliati, le napoletane, i cannoli siciliani con la ricotta, i tranci sacher, le millefoglie, le zeppole (soprattutto di San Giuseppe, ma non solo), e poi ancora i biscotti al burro con lo zucchero a velo spolverizzato, ma anche i dolci di pasta di mandorla (le cosiddette paste secche) e le altre sublimi celestiali specialità pare vogliano dirti: “Che aspetti? Mangiami subito”. E tu provi a resistere, ma non troppo, e pensi che forse (ma non ne sei mica tanto convinto, il dubbio t’assale) sarebbe meglio indugiare su un lavorato barocco di pasta di mandorla (che qui da noi cambia forma, ma non la bontà, a seconda della festa: agnellino o pecurieddhru a Pasqua, tronchetto a Natale, pesce non so più quando).

    Che dire infine dei pasticciotti o dei krapfen o dei cornetti alla crema o alla Nutella, tipici del Nohan Breakfast? E le torte personalizzate che sembrano vere e proprie sculture, e che ti dispiace pure tagliare per non sciuparne l’opera d’arte? Proprio nulla. Da rimaner senza parole. Provare per credere.

    *

    Qualunque scelta tu faccia sarà comunque un successo se, come nel caso di questa pasticceria di Noha, le materie prime sono dalla prima sino all’ultima di primissima qualità e soprattutto se l’ingrediente base di tutti i prodotti è la passione di codesto maestro nohano, dolciere da quand’era poco più che un imberbe ragazzino.

    Leonardo sta sempre in laboratorio, ma di tanto in tanto s’affaccia in sala - soprattutto su richiesta di Bernardette che gli chiede di integrare gli espositori in esaurimento -  comparendo “in pubblico” con un bel vassoio in mano pieno zeppo di profumi e sapori, per poi scomparire subito dopo dietro la porta in fondo a destra alle spalle del bancone, quella che divide la pasticceria dal suo habitat naturale, cioè il laboratorio. 

    Ah, dimenticavo: con la calda stagione da “Zucchero & Cannella” puoi degustare (pure all’aperto, seduto a tavolino, nella pace del parco) anche il vero gelato artigianale, manufatto come Dio comanda, squisito e cremoso, e così morbido e vellutato che la neve vorrebbe assomigliargli.  

    *

    Su Leonardo Rizzo, data la sua giovane età, non si raccontano (per ora) gli aneddoti che circolano invece sul conto del mitico Andrea Ascalone.

    Voglio dire che Leonardo, non è uno che ti squadrerà da cima a fondo prima di decidersi a servirti i suoi dolciumi, né ti negherà un’incartata di pasticciotti se questi dovessero essere ancora (troppo) caldi; non rifiuterà di darti una guantiera di bocche di dama alla crema se gli dicessi che il tutto dovrebbe essere spedito a Milano via corriere, né, infine, boccerà così su due piedi un’eventuale tua richiesta di una torta alla panna montata.

    Al massimo potrebbe chiederti (ovviamente con discrezione, non perentoriamente come si racconta del suo collega galatinese) di dare una pulita preventiva al bagagliaio della tua automobile, prima di adagiarvi una bavarese alla nocciola o una bella torta saint honoré creata nella sua bottega artigianale.

    Del resto Leonardo è un nohano doc, anzi dop, un ragazzo di poche parole, uno che non fa tante chiacchiere. Tranne quelle di Carnevale con sopra lo zucchero vanigliato.

    Antonio Mellone
     
    Di Antonio Mellone (del 23/09/2013 @ 00:26:09, in NohaBlog, linkato 2006 volte)
    L’assedio perpetuo ed inesorabile alla natura che ci circonda è coronato dall’ultimo consiglio comunale sulla Pantacom (chi è costei, chi c’è dietro, che credibilità abbia una società inattiva senza capo né coda, senza fatturato, senza dipendenti, senza garanzie se non la sola parola, rimane il più buffo dei misteri), simbolo della morte annunciata per suicidio di Galatina e dintorni.
    Il territorio - svenduto per un piatto di lenticchie anzi per una serie di promesse fumose (tipo 300 posti di lavoro) scritte sulla carta con inchiostro certamente simpatico vista la sequela – sta per trasformarsi in macro-oggetto di consumo con servitù inclusa nel prezzo.
    Perché tutto questo? A causa di una classe digerente comunale a metà strada tra l’incapace e lo scellerato che ormai da troppi anni, svendendo, distruggendo, privatizzando, banalizzando, sta trasformando Galatina e le sue fertili campagne in uno spettro, o, il che è lo stesso, in un mega-porco, prodotto fasullo di marketing.
    Non si hanno altre idee, mi pare, se non quella di sfruttare il nostro “petrolio” (la natura, la bellezza del paesaggio, il patrimonio storico ed artistico), approfittando della sbadataggine e della rassegnazione di buona parte della popolazione incapace di intendere e di opporre una seppur minima barriera culturale difensiva allo scempio annunciato, per quella roba arcinota come “economia della rendita” (che, tra l’altro, non ci sarà mai, vista l’attendibilità dei dati inventati di sana pianta e soprattutto la credibilità della loro fonte, capace soltanto di appestarci con il puzzo mefitico delle sue fritture d’aria); economia della rendita, dicevo, in grado di alimentare monopoli e produrre desertificazione economico-sociale, oltre che naturale e culturale, come ampiamente dimostrato altrove.
    A farne le spese non saranno solo il paesaggio ed il patrimonio, ma il futuro stesso di una città e di una sua frazione, come Collemeto, che evidentemente immaginano se stesse come una comunità di soli dipendenti di un centro commerciale (commessi, cassieri, parcheggiatori, magazzinieri…).
    L’esodo dal vero centro (città) verso il falso centro (commerciale) è l’ennesima manifestazione del consumismo e dell’omologazione universale che ha plasmato inesorabilmente le menti dei galatinesi, impossibilitate così ad immaginare il concetto di crescita sostenibile senza il bisogno di colare ulteriore cemento, e senza dar retta alle corbellerie del primo che capita, anche se ha scelto il magniloquente nome di Pantacom.
    Il fatto che si discuta ancora, ed addirittura in un nuovo consiglio comunale, su di un tema che avrebbe dovuto essere considerato morto e sepolto da molto tempo la dice lunga sul livello della Pantacombriccola dei nostri rappresentanti, perlopiù politicanti di mezza tacca con la loro corte di burocrati in carriera pronti a timbrare qualsiasi nefandezza. 
    I nostri politici probabilmente non conoscono la Costituzione della Repubblica italiana (pur avendo sicuramente prestato giuramento su di essa, magari con la mano sul cuore, come usa fare il nostro frodatore a reti unificate), e certamente non il suo articolo 9, là dove si parla di tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della nazione (e quindi dello sviluppo della persona umana).

    Questi pover’ometti – probabilmente affetti da chissà quale forma di dislessia o disgrafia - scrivono Galatina e forse leggono o pensano Olgettina.

    Antonio Mellone

     
    Di Marcello D'Acquarica (del 19/06/2012 @ 00:23:41, in NohaBlog, linkato 2345 volte)

    Un dono nasce dal cuore, da un sogno tenace, da un sorriso, da un grido. Oppure dal proprio dolore. Un dono sgorga da un gesto d’Amore. Da simbolo fatato a strampalato rumore, t’han rotto le note strappato le ali. Solitario e mesto il tuo volo è spezzato. Destino beffardo! Non han lesinato dileggio e violenza! Staccati dal cielo, scendi fra i passi!  Incalza a sassate tal vile veemenza. Dov’hanno smarrito l’Amore? Dove la Carità? Dov’hanno gettato decoro e dignità? Non ti curar se puoi, è solo frivola grandeur. Né vecchi né nuovi, son servi e padroni, scruta le menti, non vedi? Son misere, assenti. Son solo ostinati a riti belanti. Ora ti prego, mio caro, mio dono! Soffoca il pianto,respira. Riprendi colore! Per loro, ti chiedo perdono! Fai battere, t’imploro, ancora il tuo cuore. Il tempo, lo sai, è figlio dell’Amore

     
    Di Albino Campa (del 28/01/2012 @ 00:19:34, in Eventi, linkato 2362 volte)

    Il 29 gennaio, alle ore 19,30 nell'ambito della rassegna “Palcoscenico nei luoghi”, presso la sala teatro dell’oratorio Madonna delle Grazie di Noha in scena la Compagnia “TeatroInsieme” di Bari con “Mitici...! Da Zeus ad Ulisse, storie di Dei, di Eroi e di Uomini, raccontate a modo mio...”, uno spettacolo di Domenico Clemente.

    Hanno percorso in lungo e in largo l'Italia, hanno insegnato a leggere e a scrivere, hanno raccontato le loro fantastiche storie. Ma chi sono questi antichi Greci di cui non ci si ricorda più? Sono molto più vicini a noi di quanto sembri. Perché i desideri, le ansie e le paure, sono rimasti gli stessi.

    C'è tutto un materiale umano, negli antichi racconti mitologici, fatto di sudore e di gioia, di guerra e di sesso, che sembra nascosto dalle parole difficili dei letterati. E affrontando la mitologia, scopriremo che in quei miti millenari c'è, in realtà, tutto l'oggi: i vizi, le virtù, i drammi e le passioni, le divisioni, i ricongiungimenti, le vittime e i carnefici, le logiche del cinismo e le ragioni del cuore.

    E allora, ecco il racconto di quelle storie antiche con il linguaggio odierno: un mix di contaminazione fra miti greci e leggende metropolitane da bar di provincia. Un viaggio nel tempo, tra terra e mare, attraverso cinquemila anni di storie che ci parlano di dei cornuti e imbroglioni, di eroi svogliati e mitomani, di uomini disperati e sbruffoni.

    Sarà un viaggio ricco di contenuti ma anche molto divertente. E non servirà inventare un nuovo copione, perché capace di far sorridere è il mito stesso: Zeus ed Era, Ade e Poseidone, Tiresia e gli Dei scommettitori, le disavventure di Efesto, Fetonte il fetente, Orfeo ed Euridice, Ercole orgoglio di mamma, Paride e la guerra di Troia, le peripezie di Ulisse… e una corte di divinità dispettose e vendicative che risolvono i problemi con disinvolta crudeltà. Uno zapping illuminante tra gesta di Dei, eroi e comuni mortali da far invidia ai più brillanti insegnanti di letteratura...

    Sala Teatro Oratorio Madonna delle Grazie di Noha
    ore 19,30
    ingresso a pagamento 5,00
    Info. 334.6058837

     
    Di Michele Scalese (del 29/06/2021 @ 00:18:24, in Comunicato Stampa, linkato 799 volte)

    Ci fa piacere come l’Assessore Tundo risponda celermente ai nostri comunicati, per questo non possiamo esimerci dal controbattere alle tante parole che purtroppo non trovano riscontro nei fatti.

    Ci preme anzitutto chiarire che il Partito Democratico di Noha è composto da uomini e donne che fanno della politica un servizio. Il nostro è un Partito che, nell’attuale scenario politico galatinese, altro non può fare che essere attento e vicino ai bisogni e alle segnalazioni che, possiamo garantire, quotidianamente giungono al sottoscritto e ai tanti che ci seguono. Scegliamo ogni giorno di servire il territorio in cui abitiamo, e siamo partiti proprio da “quei tempi”, perché il Partito Democratico non ha bisogno di attendere la tornata elettorale per essere presente, in quanto per tutti questi anni abbiamo puntualmente denunciato ciò che non era idoneo a questa Città; però una domanda ci sorge spontanea: le liste che hanno sostenuto il candidato Sindaco Amante, in questi anni, dove sono state?

    La nostra azione politica ad ora si trova a vantarsi dell’operato passato e pone un confronto con l’attuale azione amministrativa che purtroppo non regge. La conferma di ciò sta proprio nella nostra dialettica, che preferiremmo si chiamasse pragmatica che si sviluppa quotidianamente in seno a ciò che definiamo “processo di crescita e sviluppo” del nostro Circolo. Come dicevamo in altre occasioni, siamo un Circolo che ha come scopo non la mera opposizione campanilistica, ma l’attenzione nei confronti della nostra Noha attraverso lo sguardo dei giovani che, assieme al supporto dei veterani, ha a cuore ogni singolo suo cittadino. Possiamo garantire quindi, che né il sottoscritto, né il Circolo nel suo insieme, sente la necessità di offuscare la “credibilità” dell’attuale Amministrazione, poiché del resto, sappiamo brillare di luce propria!

    E proprio perché abbiamo un obbligo morale nei confronti di chi ripone fiducia in noi, che non possiamo né vogliamo stare zitti, mentre assistiamo a questo scempio amministrativo. Abbiamo avuto modo di leggere ancora una volta soltanto folte schiere di autocelebrazioni, attraverso le quali trapela un leggero e quasi impercettibile senso di mancata responsabilità dell’attuale esecutivo. Rifacendoci al precedente comunicato, il PD di Noha conosce molto bene il fatto che l’Assessore sia stata scelta da Sig. Sindaco e che non sia stata candidata; le responsabilità nei confronti dei cittadini, quindi, non risiedono “soltanto” nella campagna elettorale, ma ci riferiamo più esplicitamente a quel pomeriggio di maggio 2018. Fu in quella occasione che furono asserite promesse a proposito dell’opera di valorizzazione dei beni culturali di Noha e di progetti di riqualificazione urbana. Sono passati tre anni da allora, cosa è cambiato? Cosa è successo? Da parte nostra abbiamo avuto modo di leggere solo elenchi poco chiari circa il contenuto e soprattutto privi anch’essi di fondamento, che dirottano il discorso su altri fronti e che ancora una volta non rispondono alle nostre domande! Il meccanismo dell’Orologio di Noha al momento si trova presso il Polo 2 nell’attesa di un progetto che lo restituisca funzionante alla comunità. Quanto occorre ancora attendere? This is the question!

    Ci permettiamo inoltre di ritornare sul lungo elenco di ciò che secondo l’Assessore, la sua Amministrazione avrebbe compiuto: è bene che la cittadinanza sia messa a conoscenza del fatto che molte di quelle realizzazioni sono il frutto del lavoro progettuale, finanziario e giuridico proprio di quelle vecchie Amministrazioni PD che, con lungimiranza, per anni hanno dato lustro alla Città e alle frazioni. Dobbiamo poi rammentare all’Assessore che, se oggi quelle realizzazioni hanno avuto compimento, non è di certo per merito della sua Giunta, ereditiera di progetti andati in porto e strade in rettilineo (non ci permettiamo di asserire “in discesa” perché conosciamo bene la fatica che costa) spianate dalle passate Amministrazioni così tanto criticate dalla stessa. Uno degli esempi più evidenti è la rimozione della stazione di carburanti in P.zza Stazione, motivo di lustro indebito da parte di questa Giunta. Ci preme sottolineare infatti, come questa Amministrazione abbia riempito innumerevoli testate giornalistiche gettando fumo negli occhi dei cittadini al grido di “Noi abbiamo fatto!”, non considerando il fatto che lo scoop più importante non sia la rimozione della struttura esterna, ma sarebbe stato nel provvedere alla bonifica dei serbatoi interrati che contenevano il carburante oggi potenzialmente esplosivi e inquinanti. Il PD, ricordiamo ai signori amministratori, durante il suo mandato, oltre che alla rimozione dei condotti esterni di P.zza Alighieri, rimosse anche e soprattutto i serbatoi interrati, dove per la bonifica dell’area si rese necessaria l’attivazione di molte conferenze di servizi a livello regionale.

    Ad ora non ci resta che l’amarezza di affermare ancora una volta che le varie promesse che si protraggono da anni sono solo in potenza e mai messe in atto, nel degrado di quattro anni di Amministrazione Amante. Oltre alle belle parole di gloria il Comune di Galatina consta di opere incompiute, conta la perdita di innumerevoli finanziamenti per le opere di riqualificazione urbana, culturale e sociale, ma soprattutto la deturpazione del territorio. Noi comprendiamo perfettamente la difficoltà nel governare una Città popolosa come la nostra (che col passar del tempo sta comunque perdendo abitanti, per cui sarebbe necessario studiarne le cause), su cui grava anche un rallentamento dei lavori dovuto al COVID, ma ciò non può giustificare il fatto che le nostre strade, i nostri cimiteri, le nostre piazze siano completamente ricoperte di erba fitta e alta. Nei Giardini Madonna delle Grazie (Noha) e in molte aree gioco del Comune, l’erba cresce così robusta che è i bambini si intravedono soltanto, i marciapiedi sono quasi impraticabili, il Campo Sportivo è nell’abbandono più totale. Servirebbero poche cose, cara Assessore, ma fatte bene, e al primo posto dovrebbe esserci la cura dei luoghi pubblici già esistenti, che permetterebbe quantomeno un minimo di decoro al nostro Comune.

     Michele Scalese

     
    Di Albino Campa (del 08/07/2007 @ 00:12:54, in NohaBlog, linkato 3771 volte)

    Eccovi di seguito l'articolo di Antonio Mellone apparso su -il Titano- di quest'anno (supplemento de 'il Galatino' n.12 del 27 giugno 2007) dal titolo: "Giuseppe Paglialunga di Noha, Pippi Caddhripulinu, Capilega". Si tratta di un saggio breve su un personaggio di Noha, Pippi Caddhripulinu, appunto, il quale, sebbene inquadrato in un ambiente delimitato con confini provinciali, ha comunque contribuito alla costruzione della micro-storia o storia locale. Che non è da considerarsi storia di serie B o di seconda classe, ma storia tout court

    GIUSEPPE PAGLIALUNGA DI NOHA: PIPPI CADDHRIPULINU, CAPILEGA.

    Queste brevi note vogliono essere l’omaggio alla memoria di una personaggio di Noha, Giuseppe Paglialunga, da tutti meglio conosciuto con il nome di Pippi Capilega o Caddhripulinu, una persona che, insieme a molte altre coraggiose coscienze, ha dimostrato che anche nell’Italia del Sud (ed addirittura a Noha!) fu alta la voce dell’antifascismo, causa efficiente della repubblica democratica del dopoguerra.
    Pippi, che nasce a Noha il 5 giugno 1923 da una modesta famiglia di braccianti agricoli (i nonni erano oriundi di Gallipoli, da qui il soprannome), insieme ad altri eroi contribuisce con il suo pensiero e la sua lotta a rompere un sistema crudele e disumano: quello che schiacciava la dignità del povero servo della zolla, costretto alla produzione del “plusvalore” che l’opulento agrario di turno rapinava con zelo da sempre, protetto da leggi ingiuste, e da una concezione del pensiero basata sull’ignoranza e la rassegnazione.
    E’ stato con persone ardimentose come Pippi che finalmente si giunge anche nel Mezzogiorno ad un punto di rottura, alla resa dei conti tra il feudalesimo e la modernità, e alla nascita di una nuova idea di società.
    Contadino di semplici origini, come i genitori ed i fratelli, Pippi, “primula rossa” nohana, comunista convinto fino alla fine, viene nominato responsabile della “Camera del Lavoro” di Noha, ubicata in umili locali nella splendida piazzetta Trisciolo, un tempo lastricata con conci di pietra viva proveniente dalle cave di Soleto, all’ombra del signorile palazzo dell’arciprete Don Paolo Tundo, Monsignore, già podestà di Noha, imbevuto di idee fasciste (come molti; anche a fascismo crollato!), e con il quale, proprio a causa della divergenza di vedute, Pippi ha un rapporto dialettico vivace e a volte polemico.   
    Una camera del lavoro sempre stracolma di gente, era quella di Noha, come un tempo erano anche le altre piazze della cittadina, brulicanti di persone in cerca della giornata lavorativa.
    E piazzetta Trisciolo è il luogo tradizionale dei raduni popolari - dopo la caduta del fascismo s’intende – raduni che hanno come uditorio la plebe, ceto povero di mezzi, ma anche di istruzione ed educazione. In dialetto si parla anche in pubblico; si argomenta in maniera chiara e senza atteggiamenti demagogici, o menzogne ed ipocrisie; l’intransigenza diventa, prima che un dovere morale, una necessità di vita.
    Pippi è capolega dei contadini, compagno di lotta e quasi coevo (solo tre anni di differenza d’età) di Isa Palumbo, la Isa, sindacalista e difensora delle tabacchine, ideologa - potremmo dire - del comunismo di Noha, inteso come voglia di riscatto del Salento e di tutto il Meridione [cfr. il nostro: Isa Palumbo. La pasionaria di Noha, in Il Titano, suppl. de il Galatino,  n. 12, 27 giugno 2005]
     
    I contadini frequentavano la piazza di buon mattino, nell’attesa che il caporale (o il fattore) ingaggiasse la manodopera per il campo; uomini esposti come cavalli, scelti dal palafreniere di turno; come schiavi con la schiena curva dall’alba al tramonto.  Se eri più debole non lavoravi. Di diritti neanche a parlarne.
    Solo i comunisti cercavano di far comprendere che la lotta (che si manifestava con l’arma pacifica dello sciopero) era l’unico strumento di liberazione, che non serviva solo ad un bracciante o ad un contadino ma avrebbe portato benessere a tutta la collettività. Eppure il comunista era quello “che mangiava i bambini”, schedato come “vagabondo abituale”, colui che “riceveva gli ordini direttamente da Mosca”, un “uomo senza Dio”… 
    Ma il compagno Pippi un Dio ce l’aveva, e lo pregava anche. Ed era il Dio cristiano di giustizia, di amore, e di pace e libertà; il Dio degli ultimi, dei poveri, dei bisognosi, degli indifesi; il suo Signore era quello della chiesa delle origini: quella nella quale i fedeli vivevano la vera Comunione, allorché “mettevano in comune i loro beni e non v’era tra loro distinzione”. Non era un fariseo, ma, oseremmo dire, un teologo della liberazione. Non frequentava il tempio, ma voleva che moglie e figli fossero puntuali alle sacre funzioni. Addirittura ricordava loro i doveri religiosi e li richiamava anche, nel caso in cui fossero in ritardo.

    *  * *

    Pippi era l’esponente di una generazione che ha lottato ed ha pagato in prima persona il costo delle conquiste che ormai sono patrimonio acquisito (e a volte dato per scontato se non proprio dimenticato) da noi contemporanei. Un sognatore, potremmo dire: ma un sognatore con i piedi per terra: una persona che sognava un mondo migliore, un mondo da realizzare “su questa terra” nei limiti di ciò che era possibile.
    Pippi era una persona pratica; non pensava ai grandi sistemi, ma all’urgente necessità del pane e dei diritti per tutti, per i quali era disposto anche a perdere la giornata lavorativa (e ne perse più d’una).
    Così Pippi scrive lettere all’onorevole Pajetta e all’onorevole Galasso per far ottenere una pensione di sussistenza a chi la meritava ma non aveva santi in Paradiso.
    Zi’ Monacu di Noha (un tempo ci si conosceva con uno sciame di soprannomi) per esempio fu uno di questi. Zi’ Monacu, anziano, invalido di guerra, senza parenti che gli potessero dare una mano, ottiene quanto sperato, e vuole anche “disobbligarsi” con Pippi. Che rifiuta il regalo e invita il poveretto a spendere per se stesso le ventimila lire che voleva donargli. 
    Poi ancora lo vediamo impegnato contro gli agrari opulenti ed a favore alle donne, che di fatto erano più contadine dei contadini, nel riconoscimento del loro status di lavoratrici e non di casalinghe (come invece conveniva al padronato) senza diritti né contributi.
    Ed infine lo si vede in prima fila nell’organizzazione degli scioperi.
    Una di queste contestazioni, siamo nel 1947, si svolse con grande partecipazione di popolo. Di mira era stato preso l’aristocratico don Gino Vallone, e la sua casa gentilizia nel centro di Galatina.
    L’urlio crescente, rimbalzava e rimbombava come un tuono; ogni buco del palazzotto ne rintronava: e di mezzo al vasto e confuso strepito, si sentivano forti e fitti colpi di pietre ed altri arnesi alla scala d’accesso dell’abitazione. La quale cede dopo non molto, sotto i colpi inferti dai furibondi in rivolta.
    Il popolo esasperato (ma anche caricato dal tumulto), infine, si avventa quasi sull’intimidito don Gino, finalmente uscito allo scoperto, bianco come un panno lavato…
    Per fortuna il capilega Pippi non era di quelli che per un riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per gusto del soqquadro, fanno di tutto per spingere le cose al peggio. Pippi era invece uno che cercava di ragionare, un po’ anche per un certo pio e spontaneo orrore del sangue e dei fatti atroci, tanto che lo stesso don Gino, per protezione viene abbracciato dallo stesso Pippi, e in fondo, anche grazie a questo gesto, protetto, salvato da ben più nefaste o addirittura ancor più rovinose e magari fatali conseguenze.
    Ma Pippi, anche in seguito a questi eventi, è ormai segnalato, guardato a vista dalla polizia di Scelba, considerato come “socialmente pericoloso”, “turbolento”, “sobillatore”, “occupante di terre”. La sua modesta casetta (in affitto) viene perquisita di giorno e di notte. E finisce anche in arresto.   
    Un punto fermo del suo pensiero, però va detto, rimane il rifiuto della violenza nelle lotte di massa e nell’azione del movimento sindacale, convinto come era che nel nuovo regime democratico ai lavoratori erano dati gli strumenti pacifici, come lo sciopero, per sviluppare le loro rivendicazioni e per allargare la loro influenza sugli altri ceti della popolazione italiana.

    *  *  *

    La vita di Pippi, che contava appena 58 primavere, fu stroncata da un’emorragia cerebrale il 23 febbraio 1981. Il malore lo colse nella sua piccola ma frequentata bottega di generi alimentari ubicata sempre a Noha nella storica via Trisciolo.
    Un fascio di rose rosse fu composto dai suoi compagni di partito, che lo accompagnarono, insieme ad altra moltitudine al cimitero: quel luogo che per definizione è la più alta ed inesorabile forma di comunismo, per volenti o nolenti, ricchi e poveri.
    Ecco: in queste righe abbiamo voluto ricordare la voce di un protagonista delle battaglie per l’emancipazione e l’affrancazione dall’oppressione. Ma questi appunti sono anche la dimostrazione di come quella voce possa essere soffocata dall’assenza di memoria se non si concorresse - come abbiamo cercato di fare, ci auguriamo alla men peggio – a dare un volto alla storia.
    A noi piace ricordare Pippi, allorchè, in piazza San Michele, sull’uscio della sezione del Partito, conversava con i suoi amici nella sua solita postura, seduto a cavalcioni su di una sedia, con entrambi i gomiti appoggiati alla spalliera. In quella sezione gloriosa, dedicata al nome del grande Giuseppe Di Vittorio (Cerignola, 13 agosto 1892 – Lecco, 3 novembre 1957), che a tutti gli effetti era - oltre che omonimo - sindacalista e capilega come lui, il Nostro trascorreva il tempo libero.
    Da quel luogo strategico, cuore di Noha, quando ti scorgeva da lontano, Pippi, ti salutava cordialmente con una mano, mentre sul suo volto si disegnava un timido sorriso…

    Antonio Mellone

     
    Di Albino Campa (del 27/06/2011 @ 00:06:17, in Un'altra chiesa, linkato 3006 volte)

    Genova 22-26 giugno 2011-. Il papa, e a cascata, cardinali, vescovi, monsignori (qualche chilo), preti ( a quintali), suore e frati (a tonnellate) hanno preso posizione sull’acqua e invitato indirettamente a votare «Sì». Il papa ha fatto capire anche che sul nucleare bisognava andare cauti, come dire andate a votare pure e fateci una croce sopra che è cosa buona e giusta. Non facciamo tanto schiamazzo altrimenti poi Berlusconi si vendica chiudendo i cordoni della borsetta. Sull’ultimo referendum, il legittimo impedimento, solo la bontà di chi è andato a votare per forza di inerzia ha messo anche la quarta croce. Una più una meno, pazienza.

    Ringraziamo il papa e quanti nella chiesa cattolichetta ha votato «Sì-Sì-Sì-Sì», poi punto e a capo. Dopo il pic nic di Pontida, la Cei ha gridato che bisogna impedire il disfacimento dell’unità d’Italia con il trasferimento di quattro ministeri a Monza. Non ho mai capito perché non Milano, ma perché proprio Monza! Forse per via della monaca che «sventurata, rispose» come la sventurata Lega risponde a Berlusconi sia la invita a nozze sia che la stupra o forse perché i furbi leghisti sanno che se vanno a casa, tornano a mungere vacche e a pagare quote latte su cui hanno fatto imbrogli e affari.

    I vescovi che ora gridano sono quelli che fino ad oggi hanno taciuto, cecandosi da soli per non vedere, rompendosi i timpani per non sentire, cucendosi le labbra senza anestesia per non parlare. Ora che il vento soffia per altre valli e altri monti, ecco i togati satrapi d’altri tempi, belli belli, lemme lemme che fanno finta di essere stati sempre dalla parte giusta: cioè quella vincente. Quando morivano gli immigrati nel Mar Rosso del Mediterraneo, tacevano, ma il giorno stesso difendevano la vita; quando il governo faceva leggi contro le Istituzioni, non parlavano, e nello stesso giorno inneggiavano all’unità d’Italia; quando il governo ammazzava i suoi cittadini nelle carceri, per le strade, tagliando anche pensioni, salari, lavoro, occupazione, i vescovi belavano sulle famiglie e sulla sacralità della vita e la dignità della persona; quando il ciellino peccaminoso Formigoni e Lupi pontificavano sulla sacralità e centralità della «persona», nessun vescovo ha lanciato il proprio pastorale mirando al cuore di plastica di due miscredenti dediti solo al malaffare e agli affari della Compagnia delle Opere che è figlia diretta e naturale di satana.

    Vogliamo vedere i vescovi e i cardinali scalzi, a piedi nudi camminare sui carboni accesi della vergogna; vogliamo vederli senza fronzoli colorati chiedere perdono al popolo italiano per il loro sistematico ed osceno silenzio davanti alle immoralità e attentati alla dignità del loro popolo da parte di un governo immorale e di una maggioranza malavitosa che hanno ridotto il parlamento ad una latrina pubblica senza nemmeno il risciacquo. Volgiamo vedere il papa che adesso e, «se non adesso quando?» revochi il diploma di «nobiluomo» a Gianni Letta, vero demonio suggeritore di Berlusconi e anima delle cricche di malaffare, prosseneta a pagamento, magnaccia del capo e smistatore di traffico indecente. Con quale dignità il papa lo onora ancora con una delle massime onorificenze? Vogliamo vedere i cardinali e i vescovi assumersi la responsabilità della loro correità nel degrado dell’Italia perché solo essi che hanno fatto da piedistallo del berlusconismo di cui hanno avuto vantaggi ma che hanno alimentato, sostenuto e vivificato con il loro appoggio concreto, diretto e cosciente, che in termini morale di traduce con «piena avvertenza e deliberato consenso» commettendo così un pieno peccato mortale di cui dovranno rendere conto alla loro coscienza se ne hanno una, a Dio se ci credono ancora o qualche volta e al popolo che non va mai in ferie, aspettando paziente sulla riva del fiume.

    Verrà un giorno ed è questo, in cui facendo la storia dei nostri tempi, lo storico del futuro, compatirà la gerarchia contemporanea e con il distacco del ricercatore e dello studioso, emetterà un giudizio di disprezzo inappellabile perché i cattolici potevano cambiare il mondo, hanno preferito un tozzo di pane; potevano annunciare Cristo e il suo messaggio di liberazione, hanno preferito la mensa di Berlusconi; potevano guidare il popolo smarrito nel deserto della democrazia assediata e invece hanno preferito il rifugio del quieto vivere dormiente; potevano stare alla testa di una rivoluzione di civiltà, sono stati la coda di un caimano; potevano segnare altri 150 anni di italianità, si sono lasciati segnare dal marchio della schiavitù di un padrone senza etica e dignità; potevano annunciare Dio, hanno scelto l’idolo della convenienza e degli affari.

    Oggi costoro, che hanno vissuto nella corte di Berlusconi, per scelta o anche per necessità o peggio per convenienza, non possono più parlare di morale, non possono più ergersi a maestri di etica a modello di cittadinanza: sono solo opportunisti vomitevoli che possono fare una cosa sola, l’unica che li possa cominciare a riscattare, le dimissioni. Dimissioni del papa che accogliendo Berlusconi all’aeroporto di Ciampino, in piena bufera di prostituzione organizzata con tratta di prostitute, lo accoglie a braccia aperte: «Che piacere vederla!»; Noi vorremmo il piacere di non vedere più un simile personaggio vestito di bianco con le scarpette rosse. Vogliamo vedere Bertone, compare di mafia e di spada di Berlusconi dare le dimissioni per manifesta ignoranza e incapacità di vedere oltre la sua insignificante persona. Vogliamo vedere Bagnasco dare le dimissioni perché le votazioni amministrative e i referendum sono stati una sconfitta cogente di tutta la politichetta del sedicente episcopato italiano, gruppo folcloristico, utile forse nelle fiere di paese per il tiro a bersaglio, ma assolutamente inutili, anzi superflui nella concreta vita del popolo di Dio che tanto cammina verso il regno senza di essi e nonostante essi.

     
    Paolo Farinella, prete – Parrocchia San Torpete – Genova
     
    Di Redazione (del 14/09/2023 @ 00:01:55, in NohaBlog, linkato 1178 volte)

    All’improvviso, quasi come un fulmine a ciel sereno, la parete dello stabile dell’anagrafe in via Calvario, a due passi dalla chiesa madre di san Michele Arcangelo, è diventata la tela di un quadro astratto (astratto nel senso etimologico del termine).

    A volte ci chiediamo se la città di Galatina abbia toccato il fondo della famigerata "cultura" su cui fondava la sua storia o se siamo noi a non essere più al passo con i tempi.

    Davvero sono troppe le ombre che oscurano quel glorioso passato sancito dalle vite di numerosi personaggi illustri che hanno portato Galatina agli onori della Storia e dell'Arte, le quali resistono ancor oggi nelle piazze, nei palazzi e nelle sue chiese.

    Sono talmente tante, le ombre, che rischiano di sovrapporsi alla bellezza in maniera così prepotente da farti venire il dubbio che sia forse questa la normalità. 

    Non entriamo nel merito dei problemi economici, e quante migliaia di euro i cittadini di Galatina e frazioni pagheranno per il disegno murale (impropriamente detto affresco, attesa una tecnica affatto diversa da quel metodo): murale del tutto inaspettato, una sorpresa (invero tra le più sconcertanti) che sta per essere "scoperta" sul muro degli uffici dell’anagrafe comunale che s’affaccia su via Calvario, in pieno centro storico.

    Non entriamo nemmeno nel merito della questione urbanistica, e l'attuale non è certamente degna di una città d'Arte & Cultura, compresa la iattura dello "zero" in tema di polmoni di verde cittadino, senza parlare poi di quell'infausto primato che molti enti della salute pubblica stanno da tempo denunciando, Asl in primis. E speriamo davvero che quei problemi che vedono Galatina purtroppo ai primi posti, diventino quanto prima prioritari su tutto il resto, e soprattutto sul banale pensiero che sia sufficiente "affrescare" dei muri per uscire dal degrado.

    Ora il buon senso dice che se una comunità come Noha ha resistito quasi due millenni seppur contro la più ostinata ignavia di tante distratte amministrazioni, mantenendo la sua identità in storia e tradizioni e superando ambigui tentativi di annullamento di tale identità, vuol dire che  Noha - e si direbbe anche i nohani, non vuole che la sua immagine venga rimossa, o peggio sostituita a pie' pari da un evidente falso storico.

    Noha è per i nohani e per il Salento la "Città dei cavalli".

    Immagine che contiene cielo, aria aperta, erba, stalloneDescrizione generata automaticamente



    Noha è per la storia la Baronia dei De Noha, secondo lo storico Jacopo Antonio Ferrari, dal 1192.

    Immagine che contiene testo, schermataDescrizione generata automaticamente

    Noha ha uno stemma civico complesso, bellissimo, ricco di storia e significati.

    Immagine che contiene Artefatto, arte, IntaglioDescrizione generata automaticamente

    Noha è stata per secoli la roccaforte della valle dell'Asso grazie alle sue tre torri, che resistono ancora nonostante l'arroganza che vorrebbe coprirle con dei falsi stereotipi, come quella ragnatela che forse Galatina non riesce a tessere diversamente. 

    Immagine che contiene Storia, arte, Intaglio, edificioDescrizione generata automaticamente

    Apprezziamo l'idea delle integrazioni culturali, anche quella dei gemellaggi fra comunità, perché sono azioni che tendono a unire ciò che è separato.

    Ma che cosa ha di separato Noha da Galatina a tal punto da portarci i santi Pietro e Paolo, che in un certo senso i nohani fin dalla nascita li sentono già come propri. 

    Noha, e lo sanno pure le pietre, ha già i suoi Santi protettori e proprio in questo mese sono nel cuore e negli occhi dei nohani.

     

    Quindi ben vengano gli “affreschi”, ma per favore lasciamo i santi e le ragnatele al loro posto, proviamo tutti a rispettare il Genius Loci di ogni comunità, mentre le Autorità provino a sbrogliare quell’altra matassa di problemi certamente più gravi e urgenti.

    Il Direttivo di NoiAmbiente e Beni Culturai di Noha e Galatina

     
    Di Albino Campa (del 08/10/2011 @ 00:01:12, in NohaBlog, linkato 2190 volte)
    Carissimi amici e lettori,

    è da tempo ormai che l’Italia versa in una situazione più che preoccupante. Quello che sta avvenendo oggi, però, sotto gli occhi rassegnati di tutti, è l’ennesima dimostrazione di mancanza di responsabilità e non solo, direi completa assenza di un che minimo scrupolo di coscienza onorevole e matura. E se tutti siamo consapevoli dei problemi in cui tergiversiamo, dovremmo essere anche tutti consci delle soluzioni da adottare per risolverli, restituendoci un minimo di dignità per l’intelligenza che ci caratterizza. Ma quello per cui una volta ci distinguevamo e cioè l’ingegno, oggi si è tramutato, a scapito di molti, in furbizia criminale di una efferatezza inconsueta. I nostri problemi non vengono dall’esterno, sia ben chiaro, ma da una intimità ammuffita da tempo. La crisi di cui oggi tutti parlano (e di cui tanti in verità si beffano) non è dovuta soltanto ad una situazione instabile globale. Se l’imbarcazione fosse stata costruita nei modi dovuti, la tempesta non ci avrebbe completamente catapultato in questi flutti cupi e burrascosi. La realtà, invece, è che siamo stai sempre non in balia delle onde, ma degli stessi marinai che avrebbero dovuto garantirci una serena traversata. E così, a partire dai comandanti di bordo, dai loro vice, da tutti i loro sottoposti e fino all’ultimo personale di nave, non si fa che assistere ad una confusione che aumenta solo lo sconcerto di tutti quanti gli sfortunati passeggeri. I giornali non ne parlano, ma ogni giorno si presentano alle varie Caritas sparse sul territorio, sempre più padri e madri di famiglia che non hanno più di che sfamare i propri figli. Le rate insolute si stanno accumulando nelle famiglie che vedono ormai le loro dispense vuote. Il mio pensiero è che gli italiani onesti sono fin troppo bravi ed educati, forse fin troppo dignitosi. Le caste (liberi professionisti di settori d’elite, politici, giuristi e “giurati”, banchieri, evasori colpevoli di crimini contro l’umanità italiana) devono essere sciolte definitivamente ridistribuendo la ricchezza che gelosamente custodiscono sotto le natiche attaccate ad ogni genere di poltrona. La verità è che fino ad ora abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Anzi, voglio precisare, alcuni hanno vissuto da spregevoli paperoni della situazione, e ora tutti ne stiamo pagando le conseguenze per causa loro. Che cosa ci hanno lasciato queste vecchie generazioni? Perché devono pagare i figli le colpe dei loro padri? E’ questa la domanda che anche nelle Sacre Scritture risuona più volte. Neanche il fatto di lavorare come schiavi per 3,50 euro l’ora a nero e in un palazzo pericolante per quattordici ore al giorno, suscita più ribrezzo in noi. La realtà è che, se in Italia scomparisse domani stesso tutto il lavoro sommerso, il sud verrebbe cancellato in un solo istante. È questo quello che ci dovrebbe preoccupare e che cioè un fatto così clamoroso non susciti neanche più disgusto in chi dovrebbe almeno avere chiaro il quadro della situazione. Questa è una rischiosissima rassegnazione. Gli onesti non meritano una cosa del genere. Credo che un limite sia stato ormai raggiunto. Nel 2012 non finirà il mondo, ma io spero nel profondo del mio cuore che almeno segni la fine di una delle epoche più buie dal dopoguerra ad oggi, e che un nuovo inizio (di cui tutti, ad ogni livello, dovremmo essere partecipi), sorga alle porte del tempo. 

    Fabrizio Vincenti
     
    Di Antonio Mellone (del 25/03/2016 @ 00:00:45, in NohaBlog, linkato 2578 volte)

    La Settimana Santa inizia con la Domenica delle Palme, giornata di intensa spiritualità, che a Noha parte dal mattino, con l’adunanza del popolo sull’ampio piazzale del Calvario per la benedizione dei ramoscelli d’ulivo e delle palme, e termina a notte fonda (a partire da quest’anno) con la straordinaria rappresentazione della Passione Vivente.

    Il Giovedì Santo la Chiesa ricorda l’istituzione del Sacramento dell’Eucarestia. I fedeli seguono la messa in coena Domini, nel corso della quale, con la “lavanda dei piedi” viene ricordata l’ultima cena di Gesù con gli Apostoli.

    Alla fine della messa, il sacerdote ripone le ostie consacrate nel “Ciborio” dell’altare appositamente addobbato con stoffe sapientemente drappeggiate, fiori, luci, candele e piatti di grano fatto germogliare al buio. Nel frattempo tutti gli altri altari vengono spogliati dei sacri paramenti, i candelieri reclinati, le campane “legate”, l’organo ammutolito.

    Le Ostie rimarranno esposte solennemente fino all’indomani pomeriggio per permettere l’adorazione da parte dei fedeli. E’ tradizione ab immemorabili visitare i “Sepolcri” (così impropriamente definiti dal volgo) allestiti nelle diverse chiese di Noha. Il primo è in Chiesa Madre, quest’anno apparecchiato per la prima volta sull’altare maggiore (negli scorsi anni era presso l’altare del cuore di Gesù), nella Chiesa Madonna delle Grazie e nella Cappella della Madonna del Buon Consiglio.

    Ogni allestimento ha un leitmotiv di fondo: l’agnello sacrificale e quindi pasquale in Chiesa Madre; il sepolcro vuoto con il sudario piegato e la pietra occludente rotolata via dal Cristo trionfante, nella Cappella della Madonna del Buon Consiglio; il Panis Angelicus in una grande immagine effigiata sull’altare maggiore, nella Chiesa della Madonna delle Grazie.

    Nella Chiesa della Madonna di Costantinopoli, invece, oltre al “Ciborio”, con la bellissima installazione di una grande porta antica spalancata sul Cristo (simbolo del Giubileo della Misericordia, evidentemente), come da tradizione, è stata predisposta anche “la Pietà” (o Deposizione o Calvario) con l’esposizione della statua del Cristo Morto (che dall’anno scorso è stato riposto nella sua antica bara di vetro opportunamente restaurata e illuminata) e quella dell’Addolorata. La statua della Madonna ha un vestito nero finemente ricamato, un pugnale appuntato sul petto, due fazzoletti bianchi nelle sue mani protese in avanti, mentre lo sguardo rivolto verso l’alto è pervaso da indicibile dolore per la morte del Figlio.

    Il Venerdì Santo la Chiesa si astiene dalla celebrazione della Messa. La sera fa solo memoria della morte di Gesù con la lettura del “Passio” secondo Giovanni e con l’adorazione della Croce. Non si consacra l’Eucarestia, ma il sacerdote e i fedeli consumano le particole del Giovedì Santo, riposte nell’altare della Reposizione (vale a dire il “Sepolcro”). Il popolo continua a chiamare codesta funzione Messa Sciarràta, cioè sbagliata, fuori dai canoni noti: come se il celebrante, per la morte del Signore, avesse perso la bussola.

    Sul far della sera, verso le ore 22 inizia a snodarsi la lenta, lunga, solenne processione del Venerdì Santo, aperta dalla Croce in legno dei Misteri che reca su di sé i simboli della Passione di Cristo, la statua del Cristo Morto seguita da quella della Madonna Addolorata, tutte le associazioni religiose e cittadine, mentre la banda, diretta dalla Lory Calò, intona struggenti marce funebri.

    Un tempo c’era la “trozzula” o “trènula” ad aprire il corteo. Era, questa, un pezzo di legno su cui erano infissi alcuni battenti metallici. Quando il chierichetto, impugnandola, ruotava freneticamente il polso ne scaturiva un caratteristico crepitio rumoroso, sordo, che dava alla processione un tocco ulteriore di straziante drammaticità.

    Chi scrive ne è stato uno dei più assidui “suonatori”. Ma stiamo ormai parlando del secolo scorso.

    Antonio Mellone

     
    Di Albino Campa (del 14/03/2008 @ 00:00:00, in Racconti, linkato 4498 volte)

    Una serenata per San Lazzaro
    Marcello D’Acquarica

    La figura di Lazzaro è fantasiosa ed il suo evento viene ricordato durante la Passione di nostro Signore, per evidenziare il concetto della carità.
    Il Lazzaro di cui parliamo è quel personaggio riportato nel Vangelo di San Luca  (16, 9-13).
    Come  è avvenuto per vari personaggi minori, che compaiono nei racconti evangelici e che in seguito nella tradizione cristiana, hanno ricevuto un culto, un ricordo perenne, un titolo di santo, anche per Lazzaro, pur essendo un personaggio protagonista di un racconto di fantasia, da non confondere con Lazzaro di Betania che fu resuscitato da Gesù, nel corso del tempo, si è instaurata una devozione, come se fosse stato un personaggio realmente esistito.
    La parabola ha, come tutti sappiamo, un significato molto profondo e contiene un insegnamento universale. Essa è raccontata per mostrare ai farisei ed a tutti gli avari di ogni epoca, dove portano le ricchezze usate per soddisfare il proprio egoismo.
    Ancora oggi noi stessi possiamo incontrare spesso Lazzaro: nel mendicante, nell’ammalato, nel bisognoso d’aiuto, nei poveri che con dignitoso atteggiamento soffrono in silenzio la fame e l’indigenza.
    Cosicché dalle nostre abbondanti mense dovremmo riuscire a togliere almeno il superfluo per impedire al nostro Lazzaro di soffrire e di morire lentamente.
    Così facendo, forse, tutta la nostra comunità ne avrebbe beneficio e non dovremmo temere di ritrovarci, quando saremo morti, separati dal nostro fratello, da un grande abisso. L’abisso dell’indifferenza, dell’invidia, del disaccordo e dell’avarizia. Lo stesso abisso che a volta separa perfino il cuore delle famiglie e dei vicini più intimi.
    Non confondiamo l’essere poveri di spirito come l’antitesi della forza e della grandezza. Si può essere grandi senza necessariamente imitare il ricco epulone e, parimenti, possiamo esserlo semplicemente affiancandoci ai bisogni del nostro prossimo che attraversa un periodo di carestia.
    Ecco come la tradizione ci rammenta il Lazzaro bisognoso e povero proprio nel periodo della Passione di Gesù Cristo, per dare maggiore esaltazione alla sofferenza umana, e per offrire a tutti i ricchi la possibilità di redimersi condividendo la propria fortuna con chi non ne ha avuta.
    Ancora oggi, anche a Noha,  la gente aspetta con gioia questo periodo. Alcuni suonatori di fisarmonica e chitarra, cantando le parole del testo riportato sotto, passando da casa in casa, invitano le persone a festeggiare ed a donare loro beni alimentari, soprattutto uova e formaggi, esattamente come avveniva anni addietro. E’ questa una passione antica, che oggi, purtroppo molti di noi ignorano. In questa tradizione viene così ripetuta e scongiurata la cattiva azione del ricco epulone che vestendo di porpora e bisso si ingozzava di abbondanti banchetti e negava ogni dono al mendicante Lazzaro.

     Buonasera a quiste case se siti tutti vui l’abitanti
    vene Cristu cu tutti li Santi.
    Cu bbu descia ijutu e  salvazione
    osce si fa per devozione, ca mò Lazzaru è surcitatu.

    E’ cumparsa la Maddalena cu n’Ave Maria e na Grazia Plena.
    Giuda foe lu thraditore  de lu Diu e de nosthru Signore.
    Lui a l’addhri li piedi bagnava e cu li soi capelli  li sciugava.

    Queste furon le catene ci ncatenara nosthru Signore.
    Quisti furon li thre chiodi ci ncrucifissera nosthru Signore.

    A ddhrai comparse la Maddalena
    e a ddhrai Cristu pè fare la cena.

    Oggi  oggi se fa minzione ca moi Lazzaru è surcitatu.
    Cu lle soi lacrime se li bagnava e cu lli soi capelli se li sciugava.
    Cu trenta denari sciucara Cristu li Sacerdoti e li Farisei.
    Cu trenta denari sciucara Cristu cu Pater nosci e cu Ave Marie.
    Sciamu fandu comu lu vientu se nnu nniti de rame ni li dati d’argentu.

    Spezza doi rami de vulia e li scia menandu mienzu sti fiei.
    Mienzu stì fiei e mienzu ste macche a ddhrai ci ippe vobi, pecore e bacche.
    Sciamu a casa de Pilatu e thruvamu Cristu surcitatu.
    Sciamu a casa de Simone a ddhrai sciu Cristu per fare la cena.
    Azzate prestu e nu tardare ca tie lu sai c’è nnai ddare.
    Azzate prestu azzate mprima ca tie lu sai mò ccè bulimu.

    Sciamu prima all’Annunziata cu ni caccia a luce puru l’enthrata.
    Preamu Diu cu Santu Marcu cu nni caccia lluce puru lu tabaccu.
    Sta bbenimu a confidenza e nni scusati sta male creanza.
    Sta bbenimu de luntanu se nnu ni dai nienti  ve ringraziamu.
    Buonasera de Sante Pasque datini l’ove de le puddhrasce.

    Ave puru la mia spurtella e  mi l’aggiu fare na frittatela.
    Don Ciccillu nu fare le mosse vane pija l’ove cchiu crosse.
    Azza la capu de lu cuscinu cu ni dai nu biccherinu.
    Lazzarenu essi cquai ca si chiamatu de lu Signore.
    Azzate prestu e nu tardare ca tie lu sai cce mmai dunare.

    Buonasera ca ninda sciamu ni dai cè bboi e te rengraziamu.
    Sciamu fandu comu li mpisi se nnu nniti ove ni dati turnisi.
    Santu Lazzaru benedettu mo sia ludatu Gesù Cristu.
    Buonasera e bonanotte ti l’aggiu cantata la tua passione.

    (il testo è tratto  da una canzone interpretata  da Pippi Chittano di Galatina)
    Marcello D’Acquarica

     
    Di Albino Campa (del 17/02/2011 @ 00:00:00, in Eventi, linkato 2726 volte)

    Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione questa iniziativa, ancora una volta promossa dall’associazione “cuore e Mani Aperte verso chi soffre – Onlus”, in collaborazione con il “Consiglio di Quartiere Rione Italia di Galatina”, a sostegno della campagna di raccolta fondi per l’acquisto di una Bimbulanza, con la speranza che possiate prenderne parte.

     

    Vi aspetto, pertanto, Domenica 20 febbraio 2011 ore 10.30, sagrato Chiesa cuore Immacolato di Maria, via Soleto in Galatina (Le), a partecipare a:

    COLORIAMO LA MATTINATA CON LA FESTA DEI BAMBINI”!

    Una mattina tutta dedicata ai bambini, con giochi, divertimento e tanta musica, insieme agli amici clown.

    RingrazioVi anticipatamente, porgo cordiali saluti.

    Avv. Valentina Castorina

     
    Di Albino Campa (del 02/10/2011 @ 00:00:00, in Ipogeo, linkato 7103 volte)

    Questa mattina avevo un appuntamento importante con alcuni amici di Noha per visitare il poco conosciuto frantoio ipogeo che si trova tra vico Marangia e piazza Castello a Noha. Mi aspettavo, come poi si è rivelato un luogo da scoprire, pieno di fascino e che potesse conservare ancora qualcosa del passato. Ma non mi aspettavo certo di rivedere lo scjakùddhi. Voi penserete certo che mi sto inventando tutto, ma non ero il solo ad avere le visioni, quindi non penso nemmeno ad una suggestione, visto che eravamo tanti. Comunque presto un filmato dell’amico Albino di Noha.it potrà fare luce sull’accaduto. Infatti il folletto dispettoso di nascosto spiava le nostre mosse e solo la telecamera nel buio dell’anfratto ha potuto cogliere il movimento dell’elfo. Ma facciamo un passo indietro, l’invito a scoprire il frantoio ipogeo, era partito da Marcello D’Acquarica infaticabile cultore del territorio di Noha. Marcello insieme agli altri dell’Osservatore Nohano hanno in progetto di riaprire il frantoio ipogeo al pubblico, per trasformarlo in un contenitore culturale a disposizione di tutti. Infatti successivamente hanno raggiunto il luogo anche l’assessore Carrozzini, l’assessore De Paolis e l’ing. Gianturco per i rilievi del caso, da portare sotto forma di documenti alla sovraintendenza dei beni storico – artistico – architettonici di Puglia per avere un lasciapassare, primo passo per rendere fruibile il bene. Ecco come in un vecchio articolo del mio sito web www.rairo.it descrivo il folletto dispettoso. Lo Scjakùddhi, oppure secondo i luoghi carcalùru, lauru, monacizzu, scazzamurièddhu, uru. Altro non è se non il daimon dei greci, oppure l’incubo dei latini che durante la notte si sedeva premendo sullo sterno, impedendo la respirazione e provocando brutti sogni. Poteva essere ora tormentatore degli uomini, ora benefico. Lu scjakùddhi era descritto come un essere molto basso, ancora più piccolo di un nano, con un cappello rosso a sonagli in testa e ben vestito ( il nostro sembra essere vestito di nero ). Era un folletto tra il bizzarro e l’impertinente, cattivo con chi l’ostacolava o svelava le sue furberie, benefico con chi gli usava tolleranza. Bazzicava volentieri le stalle dove spesso si innamorava della cavalla o dell’asina che meglio gli garbava, l’assisteva e l’accarezzava, nutrendola della biada sottratta alle compagne o alle stalle vicine e intrecciava code e criniere, quando i cavalli non gli permettevano di mangiare la biada con loro. Lu scjakùddihi era il dio tutelare dei frantoi di olio, specie di quelli ipogei sua stabile dimora. In passato, quando nelle fredde serate autunno-vernine si vedevano esalare fumi dai fori sovrastanti il frantoio si pensava allo scazzamurièddhu che veniva considerato come il benefattore dei poveri e il folletto del focolare domestico. Spesso, si immaginava che fosse l’anima di un morto, che non aveva ricevuto i sacramenti.

    Ma per essere concreti ecco una descrizione dei frantoi ipogei e del commercio dell’olio di Gallipoli.

    Gallipoli già dall’inizi del XVI secolo, risultava la maggiore piazza europea in materia di olii per cui l’amministrazione dell’epoca tassava l’immissione degli olii provenienti dall’intera provincia che servivano nella stragrande maggioranza non per usi alimentari, ma in particolare si produceva un tipo di olio grasso e che non produceva fumo, un tipo di olio che serviva ad illuminare le grandi città d’Europa cosicchè Londra, Parigi, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam ecc. usarono l’olio salentino per illuminare le strade fino alla fine del XIX secolo quando l’arrivo dell’elettricità mando in crisi l’esportazione del cosidetto olio lampante. La produzione di quest’olio avveniva sottoterra, dove vi erano le condizioni ottimali di calore ed umidità per produrre un olio da esportare, nella stessa Gallipoli vi erano circa 35 frantoi ipogei che lavoravano a ciclo continuo da fine settembre fino a fine aprile due di essi sono stati recuperati e resi fruibili alla visita del pubblico sono quello di Palazzo Briganti in via Angeli e quello di palazzo Acugna-Granafei in via A. De Pace . Della lavorazione niente andava buttato ed anche il sottoprodotto della macinazione e torchiatura delle olive veniva usato per creare un sapone diventato famoso poi, come “sapone di Marsiglia” oppure veniva impiegato nei lanifici. Vi erano molte saponiere in città, tanto che ancora oggi esiste via Saponiere, proprio accanto alla chiesa di S.Francesco. La grande importanza del porto per il commercio degli olii fece accorrere in città vari commercianti, ma anche le rappresentanze di diversi governi europei . Era tanto considerevole il commercio di questo prodotto che papa Gregorio XIII nel 1581 e papa Sisto V nel 1590 accordarono l’assoluzione collettiva a tutti coloro che, impegnati nelle operazioni di caricamento, non avessero santificato la domenica. Per tutto il XVII secolo nel porto di Gallipoli da documenti dell’epoca si ricava la presenza di innumerevoli navi fino a punte di 70 di esse in un solo giorno. Nel secolo successivo la presenza divenne massiccia tanto che Gallipoli ebbe, seconda nel regno dopo Napoli il Consolato del Mare 29 Gennaio 1741, esattamente un mese dopo Napoli che era anche la capitale del regno. Il celebre pittore Filippo Hackert su incarico del re dipinse una tela raffigurante il porto di Gallipoli, questa tela, destinata alla reggia di Caserta insieme alle altre meraviglie del Regno si trova oggi nel museo di S.Martino . In Gallipoli ebbero sede, fino al 1923 i vice consolati di molte nazioni europee : Austria, Danimarca, Francia, Inghilterra, impero Ottomano (Turchia), Olanda, Portogallo, Prussia, Russia, Spagna, Svezia e Norvegia. La nomina a vice consoli avveniva per rilascio di patenti da parte del ministero degli esteri della nazione interessata convalidate dal ministero degli affari esteri Italiano. A corredo del nostro articolo corredato dalle foto del celebre quadro di Hackert, una vasca ed una antica macina per le olive presente nei frantoi ipogei , riportiamo la foto del documento datato 26 Marzo 1877 in cui si rilascia la patente di nomina di vice console di Svezia e Norvegia al commerciante gallipolino Vincenzo Palmentola, ed un paio di foto del palazzo che fungeva da vice consolato di Svezia e Norvegia nel cuore del borgo antico della città a due passi dalla Cattedrale di S.Agata.

    Raimondo Rodia
     
    Di Antonio Mellone (del 12/04/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 2583 volte)

    Scorrendo le liste degli aspiranti ad un seggio in seno al consiglio comunale di Galatina mi sono per caso imbattuto in un Antonio Mellone, candidato dal Partito Democratico. Dapprima m’è sorto il dubbio che m’avessero candidato a mia insaputa (cosa che oggi fa tanto trendy), ma questo sospetto è stato fugato da una lettura appena più attenta dei dati.

    Orbene, a scanso di equivoci, vorrei subito dire che nessuno mi ha candidato senza il mio permesso e che quel signore - che non ho il piacere di conoscere di persona - non è che un mio omonimo dal quale pare mi distingua più di un elemento.

    Intanto l’aspirante consigliere comunale è della classe del 1961, mentre il sottoscritto ha la ventura (qualcun altro potrebbe dire la fortuna, o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di essere nato sei anni dopo, cioè nel 1967.

    Un’altra differenza di non poco conto è che il candidato Antonio Mellone è di Galatina, mentre il sottoscritto è di Noha. Qualcuno di fronte a questa affermazione potrebbe nondimeno storcere il muso, considerandola non proprio ortodossa, anzi tutt’altro che rigorosa. Infatti se si volesse fare i pignoli - magari utilizzando l’insiemistica e le sue rappresentazioni per mezzo dei “diagrammi di Venn” - essendo Noha frazione di Galatina, dunque un “sottoinsieme dell’insieme Galatina”, si dovrebbe dire che tutti i nohani sono galatinesi, mentre non è sempre vero il contrario. Bè, tutto questo dal punto di vista della computisteria non fa una piega. Ma in certi ragionamenti a volte bisogna prescindere dalla matematica, lasciare per un attimo la calcolatrice da parte e mettersi in ascolto del cuore. Al quale, per definizione, non si comanda. Al sottoscritto piacerebbe dire di essere di Galatina (e non è la prima volta che gli capita di affermarlo), ma sarebbe auspicabile che a loro volta i galatinesi, facendo uno sforzo prima di elasticità e poi di reciprocità (in una sorta di vincolo sinallagmatico, come si direbbe in Diritto) dicessero una volta tanto di essere di Noha.

    Ma continuiamo con i distinguo con il Mellone candidato. Il quale, salvo errori od omissioni, è un avvocato (razza con la quale francamente vorrei avere poco o nulla da spartire), mentre chi scrive è contemporaneamente dottore commercialista e direttore di banca (sanu me toccu!: ed ho detto tutto).

    Siccome le differenze sono come le ciliegie: una tira l’altra, onde evitare di tirarla troppo alla lunga mi limito ad evidenziarne soltanto l’ultima. E qui non si può non parlare del fatto che l’avvocato Mellone è un esponente del PD, mentre il sottoscritto è, sì, democratico (o si sforza di esserlo) ma certamente senza partito.

    Che io sia un anarchico? Il dubbio regna sovrano.

    Concludo dicendo che ho voluto puntualizzare l’ovvio con questo panegirico soltanto al fine di evitare che l’eventuale confusione tra il sottoscritto ed il piddino Antonio Mellone si traduca in un danno per candidato galatinese (in termini di voti, dico). Infatti, alcuni diserterebbero (e vieterebbero agli altri) addirittura i seggi elettorali al solo sospetto di una mia candidatura alle comunali di Galatina.

    Ma una cosa è certa: la politica non è il mio pane. Il che non esclude che sappia morderla. Ma di questo parlerò la prossima volta.

    Antonio Mellone
     
    Di Antonio Mellone (del 30/05/2012 @ 00:00:00, in Piedibus, linkato 3729 volte)

    Il 23 maggio scorso, a Noha, è partito in fase sperimentale il progetto Piedibus. Questo progetto consiste nel far andare a scuola i bambini, ed anche i genitori, finalmente lasciando l’auto nel garage di casa.
    E’ un’iniziativa stupenda alla quale hanno preso parte oltre alla scuola anche alcune associazioni ed istituzioni locali.
    Una tra le più imponenti ed influenti istituzioni locali nohane vicine al Piedibus è la parrocchia San Michele Arcangelo.  
    Siamo certi che il nostro brillante parroco avrà già parlato ai fedeli coinvolgendoli e preparandoli per questa iniziativa. Avrà sicuramente detto ai cristiani nohani di cambiare registro e di andare a messa finalmente a piedi (e non mandarci solo i ragazzi a scuola).
    Tuttavia come si evince dalle foto scattate per caso domenica 27 maggio scorso, solennità di Pentecoste, e riprodotte a margine di questo articolo, evidentemente c’è ancora molto da fare e da dire per indurre i fedelissimi nohani ad un’ulteriore opera di misericordia moderna, un fioretto alla Madonna, o qualcosa del genere, come quello di lasciare finalmente le auto nel loro parcheggio e mettersi realmente in cammino verso Gerusalemme.
    Ecco, allora, un esempio di comunicazione da ribadire, a questo punto più di una volta (gutta cavat lapidem), nella scaletta degli avvisi di cose buone e giuste che si usa indicare al termine della celebrazione eucaristica (e che talvolta, come stavolta forse, supera la durata di un’intera omelia).
    Diciamo infine per inciso che non è nostra intenzione sostituirci al parroco ed alle sue funzioni, lungi da noi: non ne avremmo né la stoffa, né, invero, la vocazione al “sacerdozio ministeriale” (ci basta, e avanza, il “sacerdozio comune”).
    Siamo certi che il nostro parroco, democratico e aperto com’è ad ogni istanza culturale, accetterà di buon grado, e farà  proprio questo nostro umile suggerimento, non limitando la sua partecipazione al Piedibus ad una semplice benedizione parrocchiale una tantum o al topico intervento istituzionale di facciata.
    Ecco, di seguito, un canovaccio di codesto intervento.

    Carissimi fratelli e sorelle, come ormai già saprete, e - se non ve l’avessero detto a scuola o se non l’aveste visto sul sito di Noha o non aveste notato in giro i cartelloni delle fermate - ve lo dico io: la nostra parrocchia ha aderito con gioia al progetto del Piedibus.
    Cos’è il Piedibus? E’ la possibilità per tutti i bambini di Noha di percorrere il tragitto casa-scuola a piedi, accompagnati da un genitore o da un volontario, seguendo degli itinerari con fermate e orari predeterminati. Grazie al Piedibus si riduce il traffico cittadino e soprattutto quello mattutino nei pressi delle scuole, migliorando così la sicurezza e il  benessere di tutti.
    Ora permettetemi di dirvi che noi non dovremmo limitarci soltanto a benedire o ad apporre il nostro imprimatur formale a questa iniziativa: noi dovremmo adottare e far nostro questo bellissimo stile di vita. Che è quello di usare finalmente la testa per ragionare, e quindi, per esempio, i nostri piedi per spostarci.
    Voi mi direte: dove vorrà andare a parare oggi il nostro Don?
    Bè, vi dico subito, cari fratelli, che dovreste venire a messa a piedi, evitando di intasare di auto tutte le strade adiacenti la nostra chiesa Madonna delle Grazie, per non parlare di piazza e dintorni attigui alla chiesa madre di San Michele.
    Camminare dilata il tempo e prolunga la vita.
    Camminare rende il mondo molto più grande e dunque più interessante. Andando a piedi abbiamo la possibilità di osservare i dettagli, le case, il cielo, gli alberi, i negozi, gli uccelli, le altre persone. Possiamo finalmente sorridere ai passanti, scambiare con loro un saluto o due chiacchiere. Se andiamo a piedi ci sentiamo più in armonia con Noha e le sue bellezze naturali e finalmente anche con i suoi beni culturali.
    Le passeggiate, poi, distendono, allentano la tensione, permettono di tenerci in forma, proteggono dal cancro, dall’infarto, e da tante altre malattie. Il tutto può anche trasformarsi in un’attività meditativa, anzi di preghiera. Del resto è quello che facciamo con le processioni religiose, che notoriamente non vengono fatte a bordo delle nostre vetture.
    Penso che sappiate già cosa sia la “Via Francigena”. E’ un itinerario della storia, una via maestra percorsa in passato da migliaia di pellegrini che si spostavano a piedi per raggiungere le sacre mete più importanti di sempre, come Santiago de Compostela, in Spagna, e poi Roma (il cuore della cristianità), e poi Monte Sant’Angelo (in Puglia, presso la grotta poi trasformata in basilica, dove nel V secolo apparve il nostro San Michele Arcangelo) ed infine Gerusalemme. Perché non creiamo noialtri, nel nostro piccolo, una “via Francigena-Nohana” per raggiungere piedibus i nostri luoghi di culto? A volte non ci vuol mica tanto a compiere un miracolo.    
    Vi confesso che in questa battaglia non mi fermerò a Noha. Visto che sono anche vicario di zona, vi annuncio che nella prossima occasione lo dirò anche ai miei confratelli sacerdoti, tanto spero che questa bellissima iniziativa si propaghi a macchia d’olio in tutta la vicaria, che dico?, in tutta la diocesi, e poi in provincia, e in tutta la Puglia.
    Anche questa è “Pastorale sulla Salute”. E chi più di me (visto che ne sono anche assistente nazionale, anzi per la precisione: membro della Consulta Nazionale Cei per la Pastorale Sanitaria) può lavorare in quest’ambito della comunicazione sociale per migliorare (e a costi zero) la qualità della vita di ognuno di noi?
    Anche questa è una forma di “Movimento per la vita”, dal concepimento fino alla morte naturale. E vale molto di più delle chiacchiere e delle elucubrazioni prolisse sfoggiate nei convegni a tema.  
    Vi prego di accogliere il mio appello: non dobbiamo essere soltanto spettatori del Piedibus Nohano, né figuranti di striscio o comparse pronte a scomparire, ma attori protagonisti. Adottiamolo, dunque, questo costume, realizziamolo venendo in chiesa tutti quanti a piedi (o al più in bicicletta), lasciando a casa le nostre automobili, salvo ovviamente i casi eccezionali di difficoltà di deambulazione.  
    I piedi sono il più francescano dei mezzi di trasporto. Mettetevi pure un paio di scarpe comode, evitate i tacchi a spillo, o il tacco dodici. Questa è un’aula di preghiera, non una passerella per sfilate di moda.
    Andare in chiesa è come andare a scuola: la stessa e identica cosa. Andiamoci, allora, passeggiando, e non solo nelle belle giornate, ma anche quando piove. Anzi, quando c’è il sole diciamo che “è una bella giornata”; quando piove dovremmo dire che “è una giornata bellissima”. Infatti abbiamo sempre più bisogno di acqua oggi, ma soprattutto nel prossimo futuro, e la pioggia che ci manda il buon Dio è una vera benedizione. Quando piove, ripariamoci pure con l’ombrello e con l’impermeabile, ma continuiamo ad usare il Piedibus Cristiano: sarà un modo come un altro per ringraziare nostro Signore per nostra sorella acqua. “Ella è multo utile et humile et pretiosa et casta”, come dice San Francesco nel suo “Cantico delle Creature”.
    Evitiamo di costruire, anche e soprattutto nel corso delle domeniche e delle feste comandate, quell’indecoroso muro di Berlino intorno alle nostre belle chiese fatto dalle lamiere delle nostre automobili.
    Questi buoni propositi, partiranno da me, già da domani mattina.
    Si dimostra, tra l’altro, che per le piccole distanze (e a Noha nulla è lontano!) si fa molto prima a piedi che in macchina.
    C’è un detto che dice che in Paradiso non si va in carrozza. Ed io aggiungerei: tanto meno in turbo-diesel.
    E infine, ma non meno importante, c’è da considerare il risparmio. In questo periodo di crisi lasciare da parte la macchina è una forma di saggezza, oltre che di sana sobrietà, se non un’impellente necessità.
    In piedi, dunque, o fedeli!
    E trasformiamo Noha in una “città – slow”, ancor più bella, silenziosa e pulita, un vero centro di aiuto alla vita.
    Saliamo tutti sul Piedibus. Facciamolo per noi, per i nostri fratelli, per l’aria, per la salute, per il creato, per Cristo nostro Signore.
    Amen.      

    Antonio Mellone

     

    piedibuschiesa piedibuschiesa
    piedibuschiesa piedibuschiesa
    piedibuschiesa
     
    Di Antonio Mellone (del 05/06/2012 @ 00:00:00, in Un'altra chiesa, linkato 3129 volte)

    Quando scrissi il mio romanzo «Habemus papam. La leggenda del Papa che abolì il Vaticano» che esce in questi giorni nelle librerie, non potevo immaginare la concomitanza con quanto sta succedendo in quel lupanare che si chiama Vaticano, ma conoscendo alcuni restroscena, ho tenuto in conto il contesto di delinquenza semplice e organizzata che lo circonda e lo alimenta.

    Il Vaticano è sempre stato un covo di vipere e di faccendieri senza scrupoli, uomini (le donne lì sono pleonastiche o funzionali solo in senso sessuale, per il resto non esistono) malati di carrierismo e mondanità che per riuscire nel loro intento sono disposti a vendersi anche gratis. Da quando c’è Bertone a capo della Segreteria di Stato, il livello della nefandezza si è abbassato fino a sprofondare negli inferi perché l’uomo è un senza Dio, pieno di sé e tronfio nella sua vuotezza.

    Sono certo che a lui pensasse Sant’Antonio da Padova quando tuonava nel sec. XII con parole di fuoco contro la curia e i curiali corrotti che pretendono di rappresentare Dio, mentre invece rappresentano solo abiezione, delinquenza, misfatti, orrori, immoralità e prostituzione:
    «Nelle curie dei vescovi i birboni fanno risuonare la legge di Giustiniano [leggi: Diritto Canonico, ndr] e non quella di Cristo: fanno grandi chiacchiere, ma non secondo la tua legge, o Signore, che ormai è abbandonata e presa in odio”. “Se un vescovo o un prelato della Chiesa fa qualcosa contro una decretale di Alessandro, o di Innocenzo, o di qualche altro papa, viene subito accusato, l’accusato viene convocato, il convocato viene convinto del suo crimine, e dopo essere stato convinto viene deposto. Se invece commette qualcosa di grave contro il vangelo di Gesù Cristo, che è tenuto ad osservare sopra tutte le cose, non c’è nessuno che lo accusi, nessuno che lo riprenda».
    Il pomposo abbigliamento religioso con il quale gli ecclesiastici incedono «tronfi e impettiti, a pancia in fuori», per sottolineare la sacralità della propria persona e distinguersi dai comuni mortali, non impressiona il santo, che anzi così li ridicolizza:
    «Che cosa dirò degli effeminati prelati del nostro tempo, che si agghindano come donne destinate alle nozze, si rivestono di pelli varie, e le cui intemperanze si consumano in lettighe variopinte, in bardature e sproni di cavalli, che rosseggiano del sangue di Cristo?».

    Antonio è spietato nella sua denuncia. Non trova alcuna attenuante o virtù nei prelati: vescovi e preti non sono pastori, ma lupi rapaci che «predicano per denaro», mentre i chierici, «molli, effeminati e corrotti, si presentano per denaro nei tribunali e nelle curie, come le prostitute». Per Antonio prelati e chierici sono i «predoni del nostro tempo», che eccellono solo nella loro insaziabile ingordigia: «Non c’è in essi alcuna forma di virtù, non c’è onestà di costumi, ma solo marciume di peccati; fa eccezione la formazione delle unghie, con le quali arraffano i beni dei poveri… questi indegni prelati della Chiesa non hanno alcuna energia nella mente, non essendo capaci di resistere alle tentazioni del diavolo: ma tutta la forza l’hanno nelle braccia e nei fianchi, forza di rapina e di lussuria».

    Mentre Cristo «da ricco che era si è fatto povero» [2Cor 8,9], i suoi immaginari rappresentanti si arricchiscono impoverendo il popolo: «Il prelato della Chiesa è un leone che rugge con la sua superbia, un orso affamato con le sue rapine, che spoglia il misero popolo». «Ecco a chi viene affidata oggi la sposa di Cristo, il quale fu avvolto in panni e adagiato in una mangiatoia, mentre essi si rivestono di pelli e si abbandonano alla lussuria in letti di avorio».
    Quando lessi la lista degli ultimi cardinali, fatti da Benedetto XVI, un senso di frustrazione mi colpì al cuore perché mi resi subito conto che lo sfacelo aveva superato il livello di guardia e non si poteva più tornare indietro, ma si poteva solo andare verso l’abisso, come i fatti di oggi stanno dimostrando.

    Il 24 ottobre 2010, su la Repubblica(edizione ligure, p. XIX) scrissi: «La nomina del genovese Mauro Piacenza a prefetto della congregazione vaticana del clero, nominato
    cardinale fresco di giornata è un brutto segno espressione di un pontificato disperato.

    Come prete dovrei dipendere dal nuovo prefetto, ma non ne ho alcuna intenzione e dichiaro pubblicamente che in quanto prete non riconosco a Mauro Piacenza alcuna autorità su di me né morale né dottrinale e sono pronto a renderne ragione in qualsiasi sede competente. Con Piacenza fa carriera anche il suo pupillo Marco Simeon, già indagato a Perugia per lo scandalo di Propaganda Fide. Dell’uno e dell’altro, purtroppo, sentiremo parlare ancora e presto».

    Conosco Piacenza, conosco Bertone e le loro carriere. Mauro Piacenza ha impiegato 25 anni di leccaggine e di asservimento a uno o più padroni e di padrone in padrone, finalmente è arrivato al club esclusivo che può eleggere il papa. Egli è il padrino di Marco Simeon, la cui figura è semplicemente orripilante. Egli andò via da Genova nel 1987, pochi giorni dopo l’arrivo del card. Giovanni Canestri che egli giudicava «di sinistra» (risate e applausi convinti!). Si trasferì a Roma e qui cominciò il lento pellegrinaggio di tessitura silenziosa e proficua: un giorno ti vendi a questo, un giorno fai il servo a quello, fai vedere che sei affidabile, offri i tuoi servigi senza riserva, metti da parte la coscienza, proteggi gli uomini giusti come Marco Simeon, stai a cuccia sulla soglia delle porte giuste, se necessario in quell’ambiente non si disdice neanche il letto profumato d’incenso, e alla fine ti ritrovi cardinale senza nemmeno accorgerti come ci sei arrivato.

    Come possono costoro condannare gli omosessuali se poi li custodiscono e li usano nel segreto delle mura vaticane che esonda di travestiti? Almeno stessero zitti! Se, però, condannano, devono guardarsi prima allo specchio e solo dopo avere tolto la trave dal loro occhio, solo dopo, potrebbero pretendere, chiedendo permesso, di togliere la pagliuzza nell’occhio degli altri. Come possono presumere di dettare legge in campo sessuale, se poi sono loro stessi gli utilizzatori concomitanti e finali della pederastia, della devianza e di ogni perversione? La via sessuale è una via maestra per fare carriera e dentro il Vaticano vi è il mercato delle vacche con buona pace per la dignità della persona.

    Una Chiesa sana e discepola di Cristo non avrebbe nemmeno preso in considerazione un individuo scellerato come Piacenza, così come avrebbe mandato alla Caienna il Tarcisio Bertone, uomo che non doveva nemmeno diventare prete perché è solo l’incarnazione della vacuità e del potere fine a se stesso. I cardinali Tarcisio Bertone e Mauro Piacenza con i loro affiliati e scherani, vere bande di malaffare, sono una sciagura per la Chiesa sia da un punto di vista teologico che umano. La colpa esclusiva ricade sul papa che li ha scelti o se li è lasciarti imporre da una cricca che vuole condizionare anche lo Spirito Santo.
    Oggi il cardinale Mauro Piacenza, l’uomo più retrivo che io conosca, più fondamentalista dei lefebvriani, nemico acerrimo del Vaticano II, che egli ha subito come un oltraggio alla Chiesa e a cui non si è mai rassegnato. Quest’uomo, insieme a Bertone, è al centro dello scandalo che colpisce il Vaticano. Sua creatura e discepolo è il neo patriarca di Venezia: la tela del ragno clericale nefasto avanza, ma si frantumerà davanti alla Chiesa del popolo di Dio e del Vaticnao II che non cederà.

    Questa Chiesa, quella delle manovre e della corruzione, può stare allegra: con questa gente non andrà lontana, ma toccherà il fondo della sentina come stiamo vedendo in questi giorni.
    Si dice che il papa non governi. Per forza! Gli uomini di cui si è circondato li ha scelti lui e non un altro. Ha voluto contro la Chiesa del Vaticano II togliere la scomunica ai lefebvriani e fargli ponti d’oro? Ha voluto minimizzare le orrende immoralità dei Legionari di Cristo? Ha voluto tacere omertosamente la piaga purulenta della pedofilia? Ora non pianga e non si triste, perché è lui il vero colpevole di questo disfacimento ecclesiale. E’ lui che ha lasciato spazio alle bande, colpendo chi difendeva il Concilio e innalzando e onorando chi lo denigrava e ostacolava.

    Ha voluto circondarsi di uomini sicuri, di servi attenti e premurosi e questi fanno sul serio: si cercano lo spazio per realizzare la «loro» Chiesa che non è di certo quella di Cristo, il quale in questo frangente se n’è andato alle isole Cayman per avere un alibi di ferro: non essere stato presente sulla scena del crimine nella notte del pontificato del Pastore Tedesco.
    Lo yacht lo mise a disposizione il Celeste Formigoni, a cui lo ha prestato Daccò che paga di tasca sua, ma ad insaputa di tutti.
    A costoro non riconosco alcuna autorità. Insegnano che lo Spirito Santo guida la Chiesa e che anche il papa è eletto per ispirazione dello Spirito Santo.
    Se fosse vero quello che insegnano non si darebbero così da fare per manovrare a fare eleggere questo o quello o per condizionare il conclave a «papa ancora vivo». Costoro sono miscredenti che usano Dio e lo Spirito come un elastico per adattarlo alle loro nefandezze che ha un solo Dio: il potere, cioè la frenesia di volere imporre una chiesa a loro immagine e somiglianza di uomini falliti e per questo presuntuosi: si credono Gesù Cristo e ne sono anche convinti.
    Essi sono solo la banda della Magliana con cittadinanza vaticana, ma le loro colpe non verranno mai alla luce direttamente, perché il loro ambiente naturale è il buio. Quando Giuda pensava di tradire il Maestro per appena 30 denari, l’evangelista Giovanni annota la tragedia con sole tre parole: «Ed era notte!» (Gv 13,30).

    Don Paolo Farinella - parrocchia San Torpete – Genova, 31 maggio 2012

    Note-
    * Cfr. ALBERTO MAGGI, Le cipolle di Marta (profili evangelici), Cittadella Editrice, Assisi (2002)
    * Le citazioni sono tratte da SANT’ANTONIO DI PADOVA, Sermones Dominicales (I Sermoni, edizione italiana a cura di G.Tollardo), Padova, EMP, 1996

     
    Di Antonio Mellone (del 11/07/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 2950 volte)

    "A proposito di segnaletica orizzontale che ha invaso il centro di Noha. Se non vi piacciono i salamelecchi e se volete andare al succo della questione saltate la prima parte dell'articolo e leggete subito la seconda, quella dopo gli asterischi"

    Uno dei primi atti posti in essere dalla nuova Amministrazione Comunale testé insediata - almeno a quel che ci risulta e per quanto riguarda Noha - sembra essere il rifacimento della “segnaletica orizzontale” (o “segni sulla carreggiata” come si chiamavano un tempo). Stiamo parlando di quell’insieme di strisce e scritte tracciate sulla pavimentazione stradale “con funzione di prescrizione o di indicazione, al fine di regolamentare la circolazione dei veicoli e delle persone” (fonte Wikipedia).
    Si comprende bene come a volte certe decisioni siano “dovute e non procrastinabili” in quanto i segnali stradali di terra sono da considerarsi a tutti gli effetti uno dei più importanti presidi per la sicurezza dei cittadini.
    Tuttavia all’occhio (o all’osservatore) un po’ più attento non sfuggono certi particolari.
    Intanto il “pittore” della segnaletica orizzontale sembra essersi concentrato (ed esibito) soprattutto nel centro cittadino, specialmente nella piazza San Michele e in via Castello, e a dire il vero anche in qualche altro punto del paese, come le due strade adiacenti l’ingresso delle scuole elementari e medie (mentre intonsa risulta essere, ad esempio, la strada che lambisce il retro delle stesse scuole, dove c’è uno Stop quasi invisibile, e fonte di molti - chiamiamoli così - equivoci).
    Ci sono invece altre due arterie cittadine, che rispondono ai nomi di via Collepasso e via Aradeo, che non hanno visto il pennello dell’incaricato nemmeno con il binocolo: nulla di nulla, né stelle né strisce, non un punto, nemmeno una goccia di vernice caduta per sbaglio dal secchio. 
    Ora c’è da sapere che a volte (non sempre: qualche barlume di urbanità sopravvive ancora nelle nostre contrade) via Collepasso e via Aradeo hanno la parvenza di una pista di gara o di un tratto di circuito da gran-premio per auto o moto; le quali, già dentro il centro abitato, sovente sfrecciano in una direzione o nell’altra a velocità supersoniche. Sta di fatto che può capitare che per attraversare questa strada il pedone metta a repentaglio la sua incolumità: sicché grandi e piccoli, padri e figli, clienti di negozi ed altri cittadini, pur prudenti, sono costretti ad attraversare via Collepasso o via Aradeo - magari diverse volte al giorno – non senza raccomandarsi preventivamente l’anima al Padreterno.    
    Ma il rallentamento delle corse dei veicoli non è soltanto questione di strisce pedonali o di barre rallentatrici (che tra l’altro a Noha non servono più di tanto: la morfologia stessa delle strade sconnesse contempla i rallentatori). Le strisce pedonali o le altre diavolerie segnaletiche, infatti, sono “forma”. Ma guidare con prudenza è invece questione di civiltà, cioè di “sostanza”. Tuttavia da qualcosa bisogna pur partire: e lo si può fare da quella più facile, che è la “forma”; mentre la più efficace, ma infinitamente più difficile da realizzare, rimane la “sostanza”.
    L’educazione, il rispetto delle regole e della legalità, la correttezza e la serietà sono questioni complesse, di sostanza dunque: senza le quali non basterebbero (né servirebbero) tutte le strisce pedonali del mondo e tutte le forze repressive o di polizia dotate dei più sofisticati marchingegni. Certamente l’educazione civica non spetta, o meglio, non è responsabilità esclusiva delle Istituzioni: ma di tutti, dal primo fino all’ultimo cittadino. 

    *   *   *

    Detto questo ritorniamo in centro, in piazza San Michele, sempre a Noha.
    E qui c’è da mettersi le mani nei capelli. Qui ci si è sbizzarriti con la vernice. Linee e strisce ovunque, perfino su quel quadrato superstite di chianche antiche (a proposito: le altre che fine hanno fatto?). Ma dove mai s’è vista una roba del genere? A Lecce, a Cutrofiano, o a New York? Bastava spostarsi di un metro, o angolare un po’ quelle strisce pedonali per ovviare all’n-esimo scempio nohano. Forse nemmeno i bambini dell’asilo avrebbero fatto errori/orrori di questo genere.    
    Ma i problemi (che sono come le ciliegie, una tira l’altra) sono ben altri.
    Ora ci chiediamo: come mai si sta infierendo con pervicacia su questa benedetta piazza San Michele? Come mai s’è deciso (e chi lo avrebbe deciso?) che questo centro cittadino debba essere costantemente presidiato dalle auto? Perché sancire una volta per tutte, con queste strisce ad evidenza e quasi fosforescenti, che quella piazza sia di fatto e ormai anche di diritto un parcheggio per auto? Chi ha permesso che il salotto di casa nostra fosse oggetto di un maquillage maldestro e di cattivo gusto come quello che ci tocca vedere in questi giorni? La piazza di Noha ha oggi la parvenza di quella matrona, un po’ avanti negli anni, che, non solo indossa un vestito lacero e sporco, ma ha anche esagerato con il fard e con il rimmel, ed ha superato la misura anche con il rossetto, con il risultato di mille sbavature che hanno reso mostruoso il suo aspetto.     
    Non bastava quella panchina-fioriera (ormai mobile) di seconda mano, proveniente dalla piazza San Pietro di Galatina, dove questa, insieme ad altri sedili fioriti, erano rifiutati da tutti (anche dai santi  pazienti e benedicenti dalle nicchie del frontespizio della chiesa madre)?
    Perché non limitarsi al rifacimento soltanto delle strisce pedonali (con qualche accortezza in più) e del parcheggio dei disabili, lasciando, per ora, fuori dal perimetro di quella piazza, tutte le altre auto?
    Vero è che chi parcheggia in piazza pur non avendone il bisogno impellente è una specie di disabile della volontà (e forse meriterebbe un riconoscimento dall’Inps, magari con annesso l’accompagnamento in denaro), ma non sarebbe stato il caso di fargli appena capire che non è proprio il caso?
    Perché ratificare con quelle strisce il parcheggio selvaggio? (guardate: è “selvaggio” ogni accanimento, come per esempio il parcheggio in centro, quando non strettamente necessario). 
    Non sarebbe stato meglio mettere un unico divieto di sosta (e magari di transito) per tutta la piazza? E’ vero che un popolo educato e con un sufficiente livello di maturità non ha bisogno di divieti ed imposizioni varie onde evitare di farsi del male. Ma nell’attesa del superamento della soglia della sufficienza in cultura sociale da parte del nostro popolo, non sarebbe stato appena il caso di iniziare a parlarne?
    Mentre in ogni parte del Salento (vedi Martano, o, senza andare troppo lontano, anche la confinante Sogliano Cavour) stanno sparendo di botto le macchine dai centri-città, qui a Noha quelle strisce nuove di zecca sembrano invitare al parcheggio: “Venghino signori, venghino, qui c’è  posto per voi. Perché parcheggiare a cento metri di distanza quando potete farlo qui, a centimetri zero?”.
    E’ questa l’attenzione al centro storico?
    Eppure mi sembrava di aver letto nel programma elettorale della nuova maggioranza l’attenzione al centro storico, con la sua chiusura al traffico. Mi sorge il dubbio ora che per “centro storico” i nuovi amministratori di Galatina (e purtroppo anche di Noha) abbiano, per una sorta di errata ancestrale convinzione, preso per buono SOLO quello di Galatina, come se il centro (aggiungiamoci pure “storico”) di Noha fosse una sorta di figlio di un dio minore. Non è così.
    I centri storici, le nostre piazze, i luoghi del cuore dovrebbero essere tutti siti di serie A. E a Noha (ma anche altrove) in piazza ci si dovrebbe recare possibilmente tutti a piedi e con rispetto. L’agorà è il luogo dell’incontro (e non della auto da scontro) dello scambio empatico e del saluto (con l’eccezione del solito allocco-svampito di passaggio che ancor oggi fa finta di non vedere né sentire: ma forse non ci vede e non ci sente veramente).
    La nostra piazza non è un silos per auto né lo spazio dove costruire un novello muro di Berlino fatto di lamiere parcheggiate all’ombra della torre dell’orologio, (quell’orologio muto da decenni, che un tempo dialogava con la dirimpettaia chiesa madre di Noha).
    Le migliori amministrazioni comunali, a parere di chi scrive, sono quelle che  non lasciano segni sul territorio.
    Dalla nuova amministrazione testé insediata (ma se continua su questa falsariga a breve sarà da noi “assediata”) ci saremmo aspettati ben altro: ci saremmo aspettati fin da subito non un rivoluzionario (sarebbe troppa grazia Sant’Antonio) ma diciamo pure un inedito potere dei segni, e non, ancora una volta questi ulteriori, inutili, e per nulla nuovi miserevoli segni del potere.

    Antonio Mellone

    P.S. gli eventuali commentatori per caso mi risparmino per favore il fatto che non me ne vada bene una (se si sforzano solo un pochino possono arrivare a capire anche costoro il senso di quello che ho scritto sopra). E mi risparmino anche la considerazione profonda che questa sia un’amministrazione comunale votata o sostenuta dal sottoscritto (bè, se anche fosse, questo non mi esimerebbe dall’esser con i miei nuovi rappresentanti, ove possibile, ancor più critico). Sta di fatto che se il buongiorno si vede dal mattino, stiamo proprio freschi. Nonostante questa calura da solleone.

     
    Di Antonio Mellone (del 28/09/2012 @ 00:00:00, in Cultura, linkato 3826 volte)

    A San Michele esce il nuovo libro di Marcello D'Acquarica "In men che non si dica", edito da  L'Osservatore Nohano. Bellissimo, imperdibile, una storia vera, un esorcismo generazionale.
    In in questo libro c'è un pezzo di noi, delle nostre famiglie, della nostra comunità e soprattutto della nostra umanità. 
    Regalalo o fattelo regalare (o regàlatelo) per la festa patronale di Noha.
    Ecco di seguito la prefazione di Antonio Mellone.

    In men che non si dica Marcello D’Acquarica scrive libri. E te lo comunica così, senza tanti preamboli, con la sua solita pacatezza.
    Come capita ad alcuni fra noi, anche questo ragazzo è pieno di frasi che gli girano in testa e che hanno bisogno di uscire allo scoperto per scongiurare il rischio di incagliarsi. Anche stavolta il fiume in piena delle parole di Marcello ha trovato sbocco nelle pagine di un libro, questo, grazie ad uno spettro che ancora imperterrito s’aggira per Noha: L’Osservatore Nohano
    In questo volume dove il vero ed il verosimile si fondono in una storia (e spesso fanno la storia) Marcello sembra aver esorcizzato il dolore di quella croce che ha nome di emigrazione. E mentre tu ringrazi il tuo Dio per avertela risparmiata, pensi che molte famiglie di Noha dovettero sopportarne una (o più di una), e per alcune di esse fu di cotale pesantezza che chi è credente potrebbe trovarne una di maggior gravezza soltanto in quella che portò il Cristo.
    La redenzione però può avvenire in mille modi.
    Marcello ha pensato bene di pagare il riscatto del rapimento sentimentale dalla sua terra seminando parole come semi nei solchi, raccogliendone poi i frutti nelle pagine e nelle icone di questo libro, dove si canta di stupori d’infanzia, di saggezze di vecchi, di lavoro nei campi, di viaggi della speranza, di vita e di morte.
    Osservando le tessere musive del mosaico della vita di quest’uomo, capisci subito che costui non ne redasse preventivamente un disegno (e quand’anche lo avesse fatto, il risultato sortito sarebbe stato, come di fatti è stato, difforme dai progetti, per motivi indipendenti dalla volontà del progettista).
    Se inizi a leggere, sfogli, vai a capo, volti la pagina con le dita, ti imbatti nella nuova facciata e porti lo sguardo sul rigo in alto a sinistra, t’accorgi di compiere un cammino a ritroso. Non parti dall’oggi per andare al domani, ma torni indietro, percorrendo le antiche strade però della tua e non della sua storia.  
    E in questo percorso all’indietro ti può capitare d’incontrare personaggi che smettono di essere compagni di viaggio dell’autore, ed iniziano ad appartenerti non per ignoti strampalati marchingegni, ma perché sono uomini e donne di un tempo senza tempo, e soprattutto perché sono tuoi quei padri, quelle madri, quelle sorelle e quei compaesani vicini di casa. Sono il popolo che da epoche remote abita il cuore di Noha e che fa abitare Noha nel tuo cuore. Non sono una natio occupata in otio - come si raccontava nella favola di Fedro – cioè non “una genia di faccendoni sempre in giro di corsa, piena di fretta, indaffarata senza vere occupazioni, affannata senza pro, [che] fa mille cose e non ne fa nessuna, dannosa a se stessa e insopportabile agli altri”, ma persone che dicevano quello che facevano, e soprattutto quello che facevano corrispondeva a quello che dicevano. E’ gente che versò lacrime e sangue sulla tua bella terra. Quella stessa che invece oggi viene ricoperta dagli sputi del cemento, del veleno, dell’abbandono, della bruttezza.   
    Questo libro non lo leggerai a letto la sera (ché non è un racconto da leggere per addormentarsi), ma alla luce meridiana, anzi di mattina presto, per inaugurare dei risvegli con un pugno di parole dure. In tal modo, anche per te il giro del giorno piglierà un filo d’inizio con qualche anticorpo in più da aizzare contro la malattia da coscienza assopita che ti obbliga a muover la testa in continua annuenza.
    Quella coscienza che invece è da tener desta sempre, essendo l’unico tribunale, l’unica alta corte della vita dell’uomo che non accetta la menzogna e non concede la clemenza, e alla quale non si deve mai chiedere, ma soltanto rispondere. In men che non si dica.

    Antonio Mellone

     
    Di Albino Campa (del 26/10/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 4264 volte)

    Ormai c’è corrispondenza di “bibliosi” sensi tra il sottoscritto e don Paolo Ricciardi, prelato idruntino. Più di una volta ci siamo scambiati i libri di cui siamo stati gli autori. Solo che in questo commercio non ha mai funzionato la partita doppia: il dare non ha mai pareggiato l’avere. Voglio dire che il numero dei miei lavoretti rilegati a libro non è mai riuscito (e forse mai ci riuscirà) a pareggiare il conto, a raggiungere cioè la numerosità dei tomi scaturiti dalla penna e dalle ricerche di don Paolo Ricciardi. Posso dire di essere certamente in profondo rosso, quanto a biblio-debiti nei confronti di questo mio paziente creditore (di miei crediti nei suoi confronti, invece, nemmeno l’ombra). L’unico modo per ridurre un po’ lo spread - se non d’ammortizzare questo debito - è il cimentarmi nell’abborracciare qualche recensione ai volumi del mio corrispondente: tra le quali potrebbe forse annoverarsi anche la presente.

    La maggior parte di questi libri-debiti (formativi!) mi sono donati direttamente da don Paolo quando ci si vede anche per caso a Galatina o ad Otranto; talvolta invece mi vengono recapitati per il tramite di un mio reverendo zio, che, più d’una volta, di ritorno dai suoi esercizi spirituali mensili cui partecipa il clero idruntino, giunge a Noha carico come un corriere e, proferendo uno dei più classici tolle et lege, me li consegna con mia grande felicità. Dico per inciso che corriere a senso unico è costui, in quanto il più delle volte, diretto alla volta del convegno diocesano, questo messo parte da Noha a mani vuote.

    Sicché ho ora per le mani il ricciardiano “Otranto – Le sue Chiese e Grotte”, l’ultimo lavoro in ordine di tempo (ma sono certo che a breve questo tomo sarà da considerarsi “penultimo”, in quanto fervet olla in continuazione) uscito dai torchi della galatinese Editrice Salentina, nel corso del mese di novembre del 2011.

    Questo libro, dunque, non è (o non è solo) un catalogo d’arte, un book fotografico su quella fotomodella che risponde al nome di Otranto, come tanti altri s’annoverano nella produzione letteraria locale: in questo libro, oltre allo spaccato monumentale di una terra, c’è di più: c’è la voglia di custodire gelosamente un tesoro - ormai non più tanto nascosto, in quanto Otranto è ormai nota urbi et orbi – per salvaguardarlo dai nemici più micidiali della bellezza che rispondono ai nomi di sbadataggine, di superficialità, di interesse privato, di ignoranza. 

    Ho per le mani dunque quasi trecento pagine a colori di fascino e di riflessioni, di storia e di arte, di saggezza e di bellezza: una guida, una bussola, un manuale utilissimo per visitare Otranto con piede leggero, con discrezione, forse per non svegliare i fantasmi del passato aggrappati alle volte dei secoli.

    Grazie a questo volume si scopre che accanto ad una “Otranto positiva”, esiste anche un’Otranto sotterranea, non meno bella ed interessante, fatta di grotte, anfratti, ipogei, dromos, e luoghi della memoria e della natura, che attendono ancora e magari il piccone dell’archeologo o il bisturi del restauratore (più che le betoniere del capitalismo selvaggio, pronte a rovesciarvi cemento e asfalto senza se e senza ma). 

    In questo tomo sono rilegati quasi a voler racchiudere (ma nessuno mai ci riuscirà definitivamente) l’eternità ed il mistero, il caso e le atrocità che fanno di Otranto - pur città di frontiera, quasi finis terrae - il centro ecumenico in cui convergono svariate civiltà (dall’araba alla normanna, dalla sveva all’angioina, dall’aragonese alla turca, dalla greca all’albanese, dalla latina all’italiana), con il rischio, serio, che su tutte venga steso il velo impietoso della barbarie.          

    E qui il cuore idruntino di don Paolo, scordando a tratti di essere quello di un compassato monsignore, vien fuori quasi con prepotenza, batte e quasi fibrilla quando denuncia con vigore i rischi della perdita di un’identità, che sarebbe di fatto molto più atroce di una novella invasione ottomana. In questo volume, più che in altri dello stesso autore, c’è poco o nulla di diplomazia: qui la voglia di combattere sembra seguire una proporzionalità inversa all’avanzare della canizie dell’Autore, che è un giovanotto di 82 primavere, e che parla con il cuore in mano, e, stavolta, anche chiaro e tondo, applicando quei dettami del Vangelo che incitano ad essere chiari nel “sì, sì, no, no”, senza tergiversare perdendosi in mille fronzoli.

    Voglio dire che in queste pagine ho scoperto un don Ricciardi battagliero, molto vicino alle mie battaglie che voglio considerare di civiltà, tagliente a volte nelle sue invettive, pronto a combattere come don Chisciotte (e per questo “chisciottimista”) convinto che la tutela di un patrimonio comune, come quello di Otranto, debba appartenere all’umanità e non a pochi scriteriati cementificatori di sogni.

    Così don Paolo, a proposito di “invasioni”, nella didascalia ad una foto di pag. 31: “Autorizzazioni strappate con forza per costruire cabine cementizie anche sulla sabbia delle spiagge, contro il divieto del Vangelo (Mt 7,26-27)[…]”; e poi ancora nella stessa pagina: “La spiaggia e il mare resi quasi invisibili da una sproporzionata inutile balaustra”. E poi altrove: “Ecco le invasioni incontrollate con vie bloccate, occupate, affittate”, e ancora: “…poco saggiamente quel pezzo di mosaico [quello della cattedrale, ndr] nel 1992 è stato daccapo ricoperto dalla nuova cattedra e dai sedili per i canonici. Il capolavoro musivo deve sopportare di nuovo una sovrapposizione poco felice. Gesù, purtroppo, talvolta è avversato anche nell’arte”.

    Bravo don Paolo. Ecco finalmente una stecca nel coro belante dei pecoroni pronti a ripetere con salmodiante ottusità l’unico ed immodificabile credo di cui possa asserirsi l’incontrovertibile verità: turismo, cemento, bagordi, ora e sempre, amen.  

    Ad Otranto, invece, servono più viaggiatori attenti e meno turisti per caso, più gente accorta e frugale che consumatori da Mac Donald’s, più cittadini del mondo e meno greggi distratte dai mille diuturni cicalecci e dalla “musica” da discoteca sparata a mille decibel da dee-jay svampiti. E’ davvero fuori luogo e fuori tempo il luccichio dell’effimero e dei perdigiorno schiamazzanti o starnazzanti come le oche del novello Campidoglio idruntino (che non lasciano in pace nemmeno i santi, pur sempre pazienti e benedicenti dalle loro nicchie ricavate nella pietra leccese). Invece ad Otranto si dovrebbe andare in pellegrinaggio e per rinfrancar lo spirito e non per stressarsi fra i baccanali, per studiare e non per nutrir negligenza, per meditare e non per essere sviati o soffocati dal suq del distrattismo…

    Ma avviamoci alla conclusione dicendo che in una recensione come questa è giusto e pio fare anche qualche appunto. Che stavolta  è questo: l’autore in questo libro ha scordato uno dei monumenti otrantini più belli: se stesso.

    Nel libro compare solo il nome ed il cognome del Ricciardi, ma, per esempio, in quarta di copertina, non c’è nemmeno una sua foto, né una seppur breve biografia e/o bibliografia dell’autore (come pure s’usa), ma stavolta solo un brano degli affreschi di quella pinacoteca paleolitica che è la grotta dei Cervi. S’è voluto evidentemente risparmiare sulla carta!

    Qui a mo’ di chiosa mi limiterei a dire che questo giovane sacerdote di ottanta e passa gradini, autore di molti volumi, è prelato d’onore di Sua Santità, e, tra l’altro, proprio quest’anno, in seguito alla dipartita del nostro comune amico, il prof. mons. Antonio Antonaci (nella cui abitazione più volte c’incontravamo per discettare del più e del meno, come si fa in certi conciliaboli letterari), è stato eletto Arcidiacono del Capitolo della cattedrale romanica più grande di Puglia. Ho sempre pensato che l’eredità morale e anche spirituale di Mons. Antonaci non poteva che essere raccolta da don Paolo Ricciardi. Che oggi, dunque, ricalcando le orme del maestro galatinese, succedendogli nella carica capitolare, è anche Arcidiacono, “prima e unica dignità”.

    Antonio Mellone

     Articolo apparso su “il Galatino”, anno XLV, n. 16 del 12 ottobre 2012

     

    Riportiamo di seguito - proprio nel giorno dell’anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 18 luglio 1948 - il necrologio in memoria del compianto don Donato Mellone, apparso sull’ultimo numero de “L’Eco Idruntina”.

    Ringraziamo, pertanto, l’autore, don Francesco Coluccia, parroco di Noha, e Mons. Quintino Gianfreda, vicario generale dell’arcidiocesi di Otranto, che ci ha gentilmente fatto pervenire il primo numero del 2015 dello storico “Bollettino diocesano ufficiale per gli atti dell’arcivescovo e della curia” con un biglietto vergato a mano: “Nel caro ricordo dell’amabile don Donato, porgo fraterni saluti – Sac. Quintino Gianfreda”.

    * * *

    Sabato 21 febbraio 2015, nella propria casa di Noha, all’età di circa 90 anni, si è addormentato nel Signore il molto reverendo Sac. Donato Mellone, già Parroco di Noha.

    Tutti i nostri giorni svaniscono[…]. Finiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore: passano presto e noi ci dileguiamo. […] Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”. (Salmo 89).

    Quante volte don Donato ha ripetuto le parole di questo Salmo e come ne ha verificato la verità esistenziale soprattutto negli ultimi anni, nelle ultime settimane, nelle ultime ore!

    Nato a Noha il 4 novembre 1925, don Donato dopo gli studi liceali presso il Seminario Diocesano di Nardò, ha frequentato i corsi di filosofia e Teologia presso il Pontificio Seminario Regionale di Molfetta ed è stato ordinato sacerdote il 18 luglio 1948 da Mons. Gennaro Fenizia, Vescovo di Nardò. Dapprima Vicario parrocchiale per la Cattedrale di Nardò e poi per la Parrocchia del Carmine, è stato professore di materie umanistiche nel Seminario Neretino. Per dieci anni è stato Parroco a Santa Maria al Bagno, Santa Caterina e Le Cenate. Nel 1963 è stato nominato Parroco della Parrocchia “San Michele Arcangelo” in Noha. Nel 2002 si è dimesso dall’ufficio di parroco per raggiunti e superati limiti di età, divenendo Vicario parrocchiale della medesima parrocchia.

    Il declinare della sua salute negli ultimi tempi non eclissa l’immagine che ne conserviamo: quella di una quercia solida perché così robusta era la sua fede.

    Domenica 22 febbraio, mons. Arcivescovo, il Presbiterio diocesano e la Comunità cristiana di Noha, nella Messa esequiale presieduta nella chiesa parrocchiale dal Pastore della diocesi ci siamo raccolti in preghiera accanto alla salma del carissimo don Donato. “La sua vita – ha affermato l’Arcivescovo nell’omelia – è stata un cantico di fede al Dio della vita. Ha irradiato con gesti semplici la santità di Cristo nella Chiesa. […]. Ha donato la sua esistenza per la Comunità di Noha, alla quale è rimasto fedele sino alla fine. Prima di concludere il ministero di Parroco, ha realizzato con dedizione e sacrificio la nuova chiesa sussidiaria, con la casa canonica e l’oratorio. L’ha fatto con animo sereno, nell’obbedienza e con gioia. E voglio rendere qui pubblicamente un cordiale grazie a questo sacerdote per il servizio alla chiesa di Otranto e la collaborazione disponibile e costante al Vescovo”.

    Semplicità e benevolenza erano le caratteristiche del suo stare in mezzo a noi.

    Abbiamo vissuto un tratto di strada insieme condividendo ansie, preoccupazioni e gioie pastorali. La stima reciproca e la carità sacerdotale ci hanno permesso di annunciare il Dio della comunione: “Vi riconosceranno dal modo con cui vi amerete” (Gv 13, 35).

    La Chiesa, che ha servito, lo ha preso tra le su braccia con amore nella sua anzianità e, soprattutto nelle vicissitudini della sua carne malata, lo ha accompagnato con sollecitudine materna.

    Benedetto XVI al compimento dell’80° anno ricordava: “Ringrazio Dio, per avermi dato la musica come compagna di viaggio che mi ha sempre offerto conforto e gioia”. E se è vero ciò che diceva don Bosco che “una casa senza musica è come un corpo senz’anima”, don Donato con la musica, col canto liturgico dava lode a Dio e a Maria, ovunque dando un’anima alla vita della comunità di Noha. Un’anima che si muoveva come le sue mani sulla tastiera dell’organo.

    Giunto il momento di accedere alla liturgia del cielo, gli chiediamo di pregare e cantare le lodi di Dio per noi.

    Sac. Francesco Coluccia
     

    Eccovi un’inedita omelia del 1972, molto bella, pronunciata da don Donato Mellone (Noha, 1925 – 2015) in occasione dell’inaugurazione del nuovo organo a canne della ditta Continiello di Monteverde (Av), installato nella chiesa madre di Noha. I personaggi (viventi) ritratti nella foto d’epoca dell’archivio Studio Fotografico Pignatelli - Noha son pregati di farsi, appunto, vivi in qualche modo, con un commento, un ricordo o almeno con l’indicazione delle loro identità.

    * * *

    Grande festa oggi in tutta la chiesa. Ed il motivo ben lo conosciamo: dopo Cristo anche una creatura umana, la Vergine Santissima, la crediamo assunta in anima e corpo alla gloria del cielo.

    Sulla bocca stessa della Madonna possiamo cogliere una giustificazione, tra gli altri misteri, anche del mistero odierno. Difatti nel Magnificat la Vergine Santa, riconoscente a Dio, così esclama: “Grandi cose ha operato in me il Potente”.

    Dio dunque ha operato grandi prodigi nella Vergine Santissima sua madre e tra tutti i prodigi non poteva mancare quello della sua gloriosa assunzione in cielo, che ne è quasi come il coronamento.

    Maria Santissima assunta in cielo perché Immacolata. Se infatti è stata preservata dal peccato originale non poteva non essere preservata anche dalle conseguenze di quel peccato. Quindi assunta in cielo perché Immacolata.

    Ancora: il Figlio di Dio volendo diventare uomo prendeva un corpo e un’anima nel seno purissimo di Maria. Quindi Cristo ha avuto il corpo da Maria, perciò la glorificazione del corpo di Cristo non sarebbe stata completa e perfetta senza la glorificazione del corpo di Sua Madre. Assunta in cielo perché madre di Dio.

    Assunta in cielo perché nostra corredentrice. Come nella caduta dell’uomo troviamo una donna, così nella redenzione dell’uomo, accanto a Cristo, troviamo una donna: Maria Santissima. E la vediamo lì, sul monte calvario, davanti alla croce del Figlio, soffrire nel cuore ciò che il figlio soffriva nel corpo. Unita a Cristo nel dolore, non poteva non essere unita a Lui anche nella resurrezione e nella glorificazione. Perciò assunta in cielo, perché nostra corredentrice. E’ un grande mistero del quale però il Vangelo non parla. Ci saremmo infatti aspettati che nel Vangelo di oggi ci venisse raccontata la morte, la risurrezione e l’assunzione di Maria Santissima in cielo ed invece abbiamo ascoltato un semplice episodio della Sua vita e propriamente quello della visita della Madonna a sua cugina Elisabetta. Il Vangelo dunque non parla di questo mistero, ma non per questo possiamo metterlo in dubbio, in quanto si tratta di una verità di fede giunta a noi per Tradizione, trasmessa cioè da padre a figlio, di generazione in generazione, sino a noi. E’ una verità quindi alla quale dobbiamo credere come crediamo a tutto il Vangelo, e cioè con la mente, con le labbra e con il cuore.

    Dobbiamo credere con la mente: anche se la nostra intelligenza non riesce a comprenderla dobbiamo crederci ugualmente.

    Dobbiamo crederci con la bocca. E le nostre labbra oggi si aprono per inneggiare alla grandezza di questa Donna umile ed alta più che creatura.

    Ma le nostre voci sono deboli, per questo molto opportunamente anticipando i tempi previsti è stato benedetto l’organo, perché alle nostre deboli voci si aggiungesse la voce potente e maestosa dell’organo a canne. Direi allora che le nostre voci fondendosi con quella dell’organo costituiscono un coro meraviglioso di lode a Dio ed alla Vergine Santissima.

    Voglia il Signore gradire questa opera realizzata in Suo onore. Voglia ricompensare Lui tutte le famiglie che hanno dato il contributo per la realizzazione di quest’opera molto bella.

    Ormai l’organo è una realtà della quale possiamo sentirci orgogliosi, non solo perché ci siamo giunti superando enormi difficoltà, ma anche quando noi non ci saremo più l’organo rimarrà quale testimonianza della nostra fede.

    Le nostre preghiere, i nostri canti accompagnati dall’organo giungano d’ora in poi più graditi al cuore di Dio, al cuore della Madonna, perché saranno il segno della nostra fede che professiamo con la bocca.

    Ma la nostra fede nella Madonna, in questo mistero della Sua assunzione al cielo, la dobbiamo professare anche con il cuore. Quest’oggi dobbiamo rinnovare l’impegno di amare la Madonna. Ma il nostro amore verso di Lei non è vero se non ci impegniamo ad ascoltare la Sua voce, a seguire i suoi insegnamenti. Ed oggi la Madonna, attraverso la struttura dell’organo a canne, ci dà un altro insegnamento.

    Di quante canne, infatti, è formato un organo? Canne diverse tra loro per lunghezza, posizione, per suono, eppure tutte insieme quelle canne formano un’unica meravigliosa armonia. Quale insegnamento per noi: anche noi siamo tanto diversi uno dall’altro, per età, condizioni sociali, per cultura, per lavoro, eppure se ci amiamo gli uni cogli altri, se ci aiutiamo a vicenda, anche noi, come le canne dell’organo, formeremo una meravigliosa armonia. Questo l’insegnamento che ci dà la Madonna: amatevi come fratelli, perché con l’amore si costruisce, nell’odio e con la violenza si demolisce.

    Quelle canne dell’organo noi le vediamo: sono tutte dritte, elevate verso il cielo. Sembra quasi che ci dicano: il destino dell’uomo non può essere limitato dall’orizzonte terrestre, ma sconfina in un orizzonte infinito. Ci dice la Madonna attraverso le canne dell’organo: guarda anche tu, o uomo o donna, guarda verso il cielo, quando soffri o per malattia o per una delusione o per una qualsiasi tribolazione, quando soffri nel corpo, almeno il tuo cuore levalo in alto, come le canne dell’organo.

    Raccogliamo anche questo insegnamento della Madonna ed il nostro cuore sia sempre levato in alto, verso il cielo, dove un giorno anche noi con l’anima e con il corpo in quel regno beato ed insieme agli angeli ed ai santi, insieme alla Vergine Maria Santissima, canteremo al Signore ed insieme a Lui regneremo per i secoli eterni.

    Sac. Donato Mellone

     
    Di Antonio Mellone (del 04/11/2015 @ 00:00:00, in don Donato Mellone, linkato 2562 volte)

    Se non ci avesse lasciati nel mese di febbraio del corrente anno, aggi, 4 novembre 2015, don Donato Mellone (1925 – 2015) avrebbe compiuto 90 anni. Tra le sudate carte del suo archivio, che stiamo compulsando proprio in questi giorni,  abbiamo rinvenuto alcune foto e questi “appunti per un discorso” relativi al passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Nardò-Gallipoli all’archidiocesi di Otranto. Eccoli pubblicati di seguito (foto e omelia) a beneficio di tutti: curiosi, ricercatori, storici, fedeli, studiosi di fatti di ieri e di oggi.

    E’ un modo come un altro per ricordare l’antico parroco di Noha, e un evento storico di cui Egli fu, come nel suo stile, umile protagonista. (A. M.)  

    * * *

    Una data storica questa del 26 novembre 1988 perché segna l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della vita religiosa di questa comunità parrocchiale. Se infatti andiamo indietro nel tempo sappiamo che Noha, comune a sé stante, all’inizio, e fino al 1284, appartenne alla diocesi di Gallipoli.

    In seguito alla distruzione di Gallipoli da parte delle truppe di Carlo I D’Angiò, questa comunità venne assegnata nel 1348, dal papa Clemente VI, alla diocesi di Nardò. Da allora son passati più di sei secoli e precisamente seicentoquaranta anni ad oggi, 26 novembre 1988, giorno in cui sta avvenendo il passaggio di questa comunità dalla diocesi di Nardò-Gallipoli all’archidiocesi di Otranto. E per dare esecuzione solenne a questo storico passaggio sono convenuti nella nostra comunità il primo vescovo di Nardò-Gallipoli, mons. Aldo Garzia, e l’arcivescovo di Otranto, mons. Vincenzo Franco.

    E’ certamente per noi motivo di grande gioia avere contemporaneamente in mezzo a noi due eccellentissimi vescovi: si tratta di un avvenimento straordinario, del tutto singolare, unico nella storia della nostra comunità parrocchiale. Come dunque non esultare di gioia?

    Però nel cuore di noi tutti c’è anche un po’ di sofferenza, ed il motivo è facile indovinarlo. Sua Eccellenza mons. Vincenzo Franco non se l’abbia a male se parlo in questo modo, perché non abbiamo nulla contro di lui, ma un poco contro la legge stessa in quanto se questa può sembrare giusta perché elimina alcune situazioni anomale, non è per niente giusta dal punto di vista del cuore, per cui il distacco, per dire la verità, è un po’ doloroso da parte nostra, e credo non del tutto indolore anche da parte di Sua Eccellenza mons. Garzia. Comunque bisogna obbedire e noi obbediamo: bisogna fare un atto di fede e lo stiamo facendo.

    Vorrei augurarmi che non accada a noi quel che accadde al popolo ebraico quando, dopo essersi liberato dalla schiavitù d’Egitto, ormai libero, giunto nel deserto, dopo qualche tempo, cominciò a soffrire la fame e la sete. E fu allora che rimpianse la situazione precedente, accorgendosi che stava meglio quando stava peggio.

    Ebbene, non vorrei che accadesse a noi qualcosa di simile, perché, è vero, la nostra situazione non è quella del popolo ebraico e noi non stiamo lasciando una condizione di schiavitù, però la metafora rende il concetto per cui ci auguriamo di non dover rimpiangere la situazione di prima.

    Piuttosto voglio augurare a me medesimo e a questa comunità che come ci siamo trovati bene finora nella nostra antica diocesi, così ci troviamo bene anche in seguito nella nuova nostra archidiocesi.

    E con questi sentimenti di gioia e di sofferenza nel cuore, a nome dell’intera comunità parrocchiale intendo ringraziare Lei, Eccellenza rev.ma mons. Aldo Garzia per l’opera svolta anche in favore di questa comunità e per il bene che ci ha sempre voluto. E volevo aggiungere questo: anche se d’ora in poi non ci saranno più i rapporti giuridici, penso che potranno continuare i rapporti di stima, amicizia e affetto, come da parte nostra nei Suoi riguardi così da parte Sua nei nostri. Noi non La dimenticheremo, e così, siamo certi, Lei non si dimenticherà di noi.

    Ed anche a Sua Eccellenza mons. Vincenzo Franco porgiamo il nostro saluto e il nostro benvenuto. Da questo momento Lei è il nostro nuovo Vescovo. A Lei promettiamo obbedienza, docilità e disponibilità.

    Entrando a far parte della Sua famiglia, ci consideri come Suoi figli. E come tali ci benedica.

    Sac. Donato Mellone

     

    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
    Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988 Passaggio della parrocchia di Noha dalla diocesi di Otranto. 26 novembre 1988
     
    Di Antonio Mellone (del 07/08/2017 @ 00:00:00, in don Donato Mellone, linkato 1913 volte)

    Fino al 2015, anno della sua scomparsa, il 7 agosto, solennità di san Donato, si festeggiava a Noha l’onomastico del parroco don Donato Mellone, classe 1925.

    Quest’anno - per non venire meno alla tradizione della pubblicazione di qualche brano che lo riguarda - vorrei ricordarlo con le parole di una lettera giuntami tempo fa da Nazareth da un suo alunno, poi sacerdote: don Salvatore Grandioso.

    Avendola molto apprezzata, non solo per lo stile e per l’episodio che vi si racconta (davvero bello) ma anche per l’insegnamento che se ne trae, vorrei sottoporne la sua trascrizione alla vostra cortese attenzione (in particolar modo a quella di chiunque ricopra ruoli di responsabilità: direttori, capiarea, manager, imprenditori, insegnanti, genitori, consorti, rappresentanti politici...).

    In questo scritto c’è la narrazione di alcuni episodi (veri) e la lezione si di un metodo infallibile per il famoso cambiamento (possibilmente in meglio) del corso della vita di ognuno e della storia di tutti.

    Buona lettura.

    Mel

     *

    «Carissimo Antonio,

    sono già a Nazareth per il mio lavoro di Confessore Ausiliario nel Santuario dell’Annunciazione e, con gioiosa gratitudine eccomi alla tua gentile richiesta di ricordare tuo zio: don Donato Mellone.

     

    Tra i miei ricordi più lontani nel tempo, uno, per me tra i più significativi, è legato proprio alla figura di don Donato.

     

    I figli non sono solamente il frutto del seno e del sangue; figli sono anche i propri alunni, i propri dipendenti e ogni persona alla cui crescita umana, spirituale, culturale o professionale abbiamo, in qualche modo, collaborato.

    Il tempo, si sa, ha denti di acciaio e morde i bronzi e le memorie riducendo il tutto in polvere di ruggine che poco e in maniera deformata ha da raccontare. Tranne che non si tratti di qualche avvenimento, talmente importante, che, in positivo o in negativo, ha condizionato tutto il resto della nostra esistenza.

     

    E per me è proprio questo il caso che coinvolge tuo zio, don Donato, che lasciò nella mia vita una impronta indelebile nella sua positività.

     

    Non ne ho mai parlato con nessuno ma, prima di chiudere la parentesi terrena della mia esistenza, considero doveroso esaltare quella circostanza le cui conseguenze furono per me talmente significative da condizionare positivamente la mia stessa identità.

    Sono trascorsi molti anni da quel 1950 quando sul sentiero della mia ancor piccola vita venne a “camminare insieme a me” il carissimo don Donato, lasciandovi un’orma che il tempo, lungi dal cancellare, ha quasi pietrificato.

     

    Avevo appena undici anni e in seconda media venne in seminario a insegnarci Italiano, Latino, Storia e Geografia questo giovane sacerdote, alto, sfilatino, dai capelli ricciolini e con due lenti che lo circondavano di severità periodicamente interrotta da battute brevi e secche come stilettate.

    “Viene da Noha, - ci dissero -, ha uno zio arciprete [don Paolo Tundo, monsignore, 1888 - 1962, ndr.] e il Vescovo lo ha appena nominato Parroco di Santa Maria al bagno”.

     

    A lubrificare i meccanismi della mia memoria contribuisce una foto-ricordo che, in quell’anno scolastico 1950-51, don Donato volle che facessimo e che il fotografo Mauro di Nardò eseguì nell’atrio del vecchio Seminario.

     

    Oggi la miro con un misto di tanti sentimenti quasi impossibili da spiegare con un solo termine. Credo che non ci sia nel nostro vocabolario una parola che esprima  malinconia, nostalgia, desiderio, ricordo, brama, struggimento, sospiro: e tutti questi insieme.

    Lo spagnolo usa il termine “aňorar”, ma è ancora poco; una badante romena mi diceva che il termine romeno “dor” è quello che esprime al meglio tale contrastante realtà.

     

    Cari amici miei del 1950.

    Alcuni sono tornati alla Casa del Padre (Greco, Mele, Bove); di altri ho perduto le tracce (Giuri, Polo, Petrelli);  altri ancora li incontro già nonni per le strade del mio paese (Fanuli, Ciccarese).

    Solo in tre abbiamo raggiunto il Sacerdozio: io, don Enzo Prete e don Gregorio Patera, parroco per tanti anni alle Cenate di Nardò. Tutti e tre abbiamo già celebrato il cinquantesimo anniversario di Ordinazione.

     

    Mi rivedo nella foto alla destra di don Donato: avevo  problemi di crescita fisica ma soprattutto di crescita intellettuale per la seria difficoltà ad avere un metodo per studiare.

     

    1950: anno singolare, anno unico, anno strano per diversi motivi.

    Per tutti fu l’Anno Santo per il Giubileo; per me fu anche “santo” ma per altro che tocca il mio “destino” e nel quale fu determinante la figura di don Donato.

     

    E’ qualcosa che ho sempre tenuto gelosamente per me come si fa per quelle cose sacre dove ci leggi il dito della Divinità e che intendere non può chi non le vive.

    Il mio 1950 tutto racchiuso in una foto.

    La osservo e, credimi, caro Direttore, ho tanta difficoltà ad affidare alla penna il compito di tradurre in parole i profondi sentimenti che proprio come onde mi sommergono.

     

    Il 1° di novembre, a Roma, il Papa aveva proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria SS.ma al Cielo e a Nardò, la mia pagella del 1° trimestre aveva proclamato la mia totale e disastrosa inadeguatezza allo studio e quindi a diventare sacerdote.

     

    La rivedo, quella pagella, nelle mani del Rettore don Nicola Tramacere che me la legge come una sentenza senza appello: Italiano: 2, Latino: 2, Storia: 3, Geografia: 2, Matematica: 2, Francese: 2, Disegno: 4, Musica: 5, Educazione Fisica: 6 (uno scandalo!), Condotta: 8.

    Nel consegnarla a mio papà, il Rettore non aggiunse troppe parole: “’Sto ragazzino e lo studio sono due cose differenti; forse è troppo piccolo, forse sarà bravo in qualche altra attività, ma credo che solamente un miracolo lo potrà salvare da una bocciatura che, forse, gli farà anche bene!”

     

    Il povero vecchio rimase paralizzato: lui che, insieme alla famiglia, stava facendo sacrifici durissimi per pagarmi la retta e che lavorando nei campi amava sognare il suo unico figlio maschio da sacerdote.

    Nel salutarmi, mi disse solamente: “Pensa che io non mi sono comprato un cappotto per pagarti gli studi! E adesso con che faccia mi presenterò al Parroco?”

    E il Parroco, Mons. Nestola, arrivò qualche giorno dopo solamente per fulminarmi col suo sguardo severo e minacciarmi: “Tra un mese ritorno e, se non ti sarai ripreso, prenderai il tuo materasso e ti riaccompagnerò a casa: tuo padre ha bisogno di aiuto nel lavoro dei campi!”

    Altro che assunzione al cielo. Si trattava di una precipitazione nell’inferno.

    Dissi di sì a tutti, promisi impegno e dedizione nello studio, si calmarono tutti ma l’unico che non capiva il perché di tanto fallimento ero solamente io.

     

    In questo contesto di totale disastro ecco l’intervento del “destino”: un intervento strano e imprevisto che vede don Mellone al centro di quello che accadde.

     

    Quella domenica di gennaio papà era giunto in Seminario con la sua bicicletta come sempre e, come sempre, stanco e infreddolito mi chiese speranzoso: “Beh! Come va alla scuola?” ed io subito: “Bene, papà. Mi sto impegnando e sto andando bene!”

    Mentivo e sapevo di mentire ma non volevo bruciare le poche speranze di papà. E, proprio in quel momento si trova a passare da lì don Donato e io subito dissi a papà: “Quello è il mio professore di Lettere; si chiama don Donato: chiedilo a lui!”

     

    E questa è un’altra foto che nessuno mai scattò ma che mi porto dentro indelebile. Tuo zio, caro Antonio, fissa mio papà, fissa me e mi dice: “Vai su in classe a prendere il registro e così tuo padre potrà vedere come stai andando.”

     

    Vado su e, prima di scendere, apro il registro per sbirciare la situazione e rendermi conto di quanto stava per accadere: 2, 3, 4, mi venne un colpo.

    Non conoscevo ancora il Vangelo e la storia del servo infedele, ma senza star lì a riflettere troppo, presi la penna e in alcune caselle vuote (che forse non erano neanche quelle giuste) ci scrissi: 5, 5, 6, 6,…

    Non ci feci caso neanche al colore dell’inchiostro che era diverso da quello che usava il professore. Ma quel mio gesto era come il grido disperato di un ragazzino che, dal profondo del pozzo, chiedeva aiuto non tanto per sé quanto per il suo papà condannato alla più terribile disillusione.

    Certo, ero piccolino, ma capivo che la mia entrata in Seminario era stata una sfida a parenti e amici che ripetevano a mio papà: “Un Grandioso sacerdote? Non è normale. Risparmiati quei soldi e portalo con te in campagna!”

     

    Don Donato aprì il registro e capì immediatamente la strana origine di quei voti freschi di scrittura non sua; mi fissò in modo strano e, mostrando il registro a mio padre gli disse sorridendo: “Coraggio! Vedi che sta andando meglio? Comincia a raggiungere la sufficienza. Questo figliolo tuo è un ragazzo intelligente e, se continua a impegnarsi seriamente, non ti dico che potrebbe essere promosso, ma per lo meno potrebbe evitare la bocciatura!”

    Chiuse il registro e dandomelo, mi fissò in modo ancora più strano e, col suo caratteristico mezzo sorrisino mi esortò benevolmente: “Se vuoi potrai farcela! Ricorda sempre i sacrifici di tuo papà!”

     

    1950: Anno Santo!

    Quella domenica mattina di un gennaio freddoloso e insignificante, mentre tutto sembrava banale nella sua normalità, per un ragazzino che aveva difficoltà a crescere, qualcuno dall’Alto gli aveva cambiato la storia: fu per me un dogma di speranza oltre che di fede: il mio professore di Lettere non mi rimproverò, non mi umiliò ma mi indicò un orizzonte e accese una scintilla che il tempo avrebbe trasformato in incendio.

    Mi cambiò veramente la vita: salvai l’anno e, da allora, ho salvato tutti gli anni, tutti gli esami al ginnasio come al liceo, in Teologia come alle Università.

    Ma che cos’è la vita, per la miseria!

    A volte pensiamo che bisogna fare salti mortali e dare giravolte di qua e di là per raddrizzare situazioni difficili e al limite della impossibilità, quando basta un mezzo sorriso e una goccia di speranza per liberare capacità impensabili e offrire opportunità all’apparenza immeritevoli.

     

    Nulla è stato facile nella mia vita, come credo lo sia per ogni vita, ma nei momenti più delicati ho sempre davanti agli occhi quel professore di Lettere che al suo alunno pasticcione, svogliato e imbroglione, invece di mollargli un meritatissimo ceffone, gli sussurra  sorridendo: “Dai, se vuoi potrai farcela!”

     

    So bene quanto sia menzognero un successo senza il suo carico di lotta, sacrificio e dolore come, del resto, mi insegnava mio nonno che un pezzo di pane non ha sapore se non è rammollito da qualche lacrima e da tante gocce di sudore.

    Ma alla base di ogni lotta, sacrificio e dolore sono indispensabili quei valori insostituibili e non negoziabili che vengono da lontano e che solamente un buon educatore può mostrare prima ancora di insegnare. Senza di essi si incorre nel grave errore di stravolgere la realtà presentando come reale ciò che, purtroppo, è solamente virtuale.

    Ma c’è qualcosa di più criminale e offensivo per la dignità di un educatore che spacciare ai suoi educandi ciò che è virtuale come se fosse reale?

     

    Sì, ho voluto, ho potuto e, sembra, che abbia raggiunto traguardi di spessore. Ma tutto è radicato su qualche 5 e un 6 che avevo rubato alla mia speranza e che qualcuno con nome e cognome: don Donato Mellone, molto saggio e aperto a una buona ispirazione che non poteva che venire dall’Alto, mi comunicò dicendomi che potevo benissimo meritare.

    Io lo ricordo così don Donato: forse un po’ strano, un po’ svagato, un po’ singolare… Di tutto un po’, ma di parecchia umanità saggiamente mascherata da una fine ilarità.

     

    All’inizio di quel benedetto anno scolastico di 2^ Media ci fa: “Cari ragazzi, la scuola è dura, è amara e difficile da digerire; quindi dobbiamo renderla un po’ dolce. Perciò  una volta  al mese ognuno di noi porterà in classe per sé e per i suoi amici e per il professore una caramella”.

    Direte: “Una caramella?”

    Certo: una caramella che nel 1950 era l’equivalente di una torta di oggi. In genere si trattava di una menta-ghiaccio e, in giorni speciali, una moka-caffè: lasciarla sciogliere lentamente in bocca era quasi un rito religioso. Sarà anche per questo che ancora quando debbo scegliere una caramella le mie dita prendono sempre una menta-ghiaccio o una moka al caffè.

    Eh! Sì, caro Direttore, sono fermamente convinto che nella rotta della vita degli alunni (come del resto dei figli, dei dipendenti, dei credenti) regola e garanzia di buona navigazione sia la fede del maestro (o dei genitori, del responsabile, del pastore).

    Credimi: non è la cattedra che fa importante il maestro ma è esattamente il contrario.

    Con raccapriccio ho visto salire su prestigiose cattedre dei somari che poi hanno ridotto in stalla quella scuola; invece qui a Betlem ho visto una stalla dove entrò un Maestro eccezionale e trasformò questa stalla nella cattedra più prestigiosa del mondo.

    Non escludo le doti umane che pure è giusto apprezzare e valorizzare, né le capacità di comunicazione e di leadership per le quali è buona cosa ringraziare Dio; ma ciò che caratterizza un vero maestro è la sua fede.

    Fede nella vita, nell’alunno, nei suoi sogni appena abbozzati, nel destino che si materializza in segnali talvolta impercettibili a chi guarda distrattamente la sua missione.

    Raccontare la fede di un proprio maestro, come lo era don Donato, è sempre raccontare la sua storia anche se in essa entra la stranezza di essere goloso di frutti di mare crudi, conditi solamente con qualche goccia di limone!

    E la fede del tuo maestro spesso ti si rivela attraverso frammenti di una umanità disarmante.

     

    Carissimo Antonio, forse mi sono dilungato troppo, ma ti ringrazio per avermi fatto parlare a cuore aperto del mio professore di 2^Media che, andando contro vento e contro tempesta, mi insegnò a saper addolcire la vita e a credere in me prima di tutto e soprattutto.

    Con l’amicizia e l’affetto di sempre

                                                                                              Don Salvatore Grandioso»

     

     

    Grazie a te, don Salvatore.

    Grandioso come sempre.

    E  buon onomastico zio Donato, ovunque tu sia.

    Antonio Mellone

     

     

    Carissimi Fratelli e Sorelle,

    cerco di raggiungervi, come posso, per condividere con voi la Parola che ci disseta per ristorarvi in questo tempo di deserto, dettato dalla condizione di solitudine di questi giorni e nell'ora più calda della nostra vita che rischia di non farci vedere bene il futuro e di farci tanto soffrire. Ascoltiamo il vangelo.

    Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 4,5-42)

    In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
    Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo;da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
    Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete;ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito;in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte;voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
    Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato;altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
    Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

    Parola del Signore.

     

    Entriamo insieme nel testo che abbiamo appena letto e ascoltato.

    Gesù incontra una donna presso un pozzo.

    I pozzi sono importanti nelle Scritture e lo sono anche nella nostra vita: senza acqua, infatti, non viviamo. Abbiamo bisogno di acqua e perciò abbiamo bisogno di pozzi. Il nostro organismo è costituito per il 60% di acqua, in un neonato abbiamo l'80%. Anche per questo motivo l’acqua, la sete, diventano metafore profonde della condizione umana, soprattutto dei suoi desideri, diremmo dell'essenziale.

    Viviamo, infatti, anche di desideri, di speranza; abbiamo fame e sete di vita, di futuro, del bene che si può realizzare  nella nostra vita. Ma dove andiamo ad attingere l'acqua?

    La donna del vangelo si reca ogni giorno alla stessa ora, quella più calda, ad attingere acqua, allo stesso pozzo e nonostante tutto ha sempre sete. Forse ci rechiamo da cisterne screpolate, che non danno acqua buona.

     

    Quali sono queste cisterne? Di cosa riempiamo la nostra vita per cui abbiamo sempre sete, come se ci mancasse sempre qualcosa? É necessario fermarci e probabilmente questi giorni di fermo forzato possono aiutarci. Tante cose intorno a noi, tanti impegni, ma è proprio questo ciò che serve alla nostra vita? Diremmo:«Sono tutte cose importanti!». Certo! Ma non è che ci hanno fatto perdere il gusto di una parola condivisa, di una stretta di mano fatta in tutta calma, di uno sguardo aperto al futuro? In definitiva della capacità di amare con il cuore? Non importa ciò che facciamo o quanto facciamo, ma come lo facciamo.

     

    Alla donna Samaritana Gesù rivela che a dissetarci davvero è solo il dono di Dio: «Se tu conoscessi il dono di Dio!». A questa donna, che è corsa dietro a tanti uomini senza incontrare lo sposo vero, Gesù si rivela come colui che, con il suo dono, con la sua presenza, con il suo amore, può colmare per sempre la sua sete.

    Gesù ci rivela chi siamo e come possiamo essere. L’acqua che egli ci dona, infatti – scrive San Paolo ai Romani – è l’amore di Dio che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (II Lettura). A causa della mancanza di acqua, gli Israeliti nel deserto dubitano che Dio sia in mezzo a loro (I Lettura).

     

    A causa della mancanza di amore possiamo arrivare a dubitare della presenza di Dio e senza il suo amore non siamo nulla. La Samaritana lascia la brocca e corre. Lascia le sue sicurezze e si abbandona all'amore.

    Se lasceremo le nostre sicurezze e ci abbandoneremo all'amore anche la nostra vita cambierà.

    Nel dono di Dio, che è lo Spirito, scopriamo sorpresi che la nostra sete è saziata perché Dio è dentro di noi, e noi diventiamo suo tempio, sua dimora: adoratori in spirito e verità.

     

    Oggi non possiamo vivere l'eucarestia domenicale insieme, ma possiamo adorare Gesù nel nostro cuore, la prima chiesa è il nostro corpo. Dentro di noi siamo ristorati dal Suo Amore e riconciliati con noi stessi diventiamo capaci di donare amore. In questi giorni poiché non possiamo farlo con gesti ravvicinati, facciamolo con uno sguardo, con una parola, con un servizio fatto con amore. Coraggio! Non siamo soli Gesù Cristo è con noi. Egli è il nostro sposo che si dona incessantemente. Il suo sguardo ci riempie d'amore, ci ristora e ci disseta. Non attendiamo sempre l'altro faccia il primo passo, lasciamo le vecchie abitudini e manifestiamo amore.

    Ora, tornate a rileggere e poi a pregare il vangelo ascoltato. Egli saprà parlare ancor di più al vostro cuore.

     

    Vi abbraccio nella preghiera.

    Don Francesco Coluccia

     

    Canto notturno di un pastore ...

    Categorie News


    Catalogati per mese:


    Gli interventi più cliccati

    Sondaggi


    Info


    Quanti siamo

    Ci sono  persone collegate

    Seguici sui Canali di

    facebook Twitter YouTube Google Buzz

    Calendario

    < marzo 2024 >
    L
    M
    M
    G
    V
    S
    D
        
    1
    2
    3
    4
    5
    6
    7
    8
    9
    11
    12
    14
    16
    17
    19
    20
    21
    22
    23
    24
    25
    26
    27
    28
    29
    30
    31
                 

    Meteo

    Previsioni del Tempo

    La Raccolta Differenziata