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Di Antonio Mellone (del 30/10/2020 @ 18:36:42, in NohaBlog, linkato 1010 volte)

Per somiglianza di suoni Sìrgole rievoca un po’ Frìttole - il borgo di “Non ci resta che piangere”, film del 1984 con Troisi e Benigni - ma è una tenuta, meglio, la denominazione di una contrada del feudo di Cutrofiano frequentata da molti nohani e altrettanti galatinesi, tra i quali mio papà Giovanni che ne ha coltivato un pezzo per una vita, coinvolgendo per un tratto e suo malgrado (nel senso di mio malgrado) il sottoscritto: erano i tempi infausti del tabacco, un’era geologica fa. Oggi ce lo porto io, mio padre, insieme ai suoi 97 anni a far due passi, a prendere aria, a “sbariare” un po’.

Ebbene, ogni volta che vado a Sìrgole torno a casa sempre con qualcosa di buono. A seconda della stagione, i gelsi, i peperoncini e le melanzane, l’uva, i kaki e i kiwi (con questa k che sa di esotico), e le cicorie che oggi coltivano i miei cugini di campagna; ma anche le “creste” (sempre nel senso di cicorie) che la terra ci dona sua sponte. A volte tra le produzioni fresche e genuine abbiamo pure i libri (ché cultura e agricoltura sono sempre andate a braccetto). Questi ultimi non me li passano i suddetti cugini, ma, copiosi, dunque con la carriola, i vicini di campagna: o meglio, il vicino che risponde al nome di Gianluca Virgilio, professore di lettere al liceo scientifico di Galatina, conosciuto ormai da tutti perché da anni scrive su “il Galatino”, e pure un bel po’ di libri - alcuni addirittura tradotti in francese (non vedo l’ora di rileggerli in quest’altra lingua romanza).

Questa volta il fragrante tomo “virgiliano”, letto come d’abitudine nell’arco di due pomeriggi, è “Zibaldone Salentino”, Edit Santoro, Galatina, 2020, 150 pagine, quasi omonimo della rubrica (cambia solo l’aggettivo in “galatinese”) tenuta, appunto, su questo giornale. Si tratta di un tipico prodotto a km 0, giacché è stato certamente pensato nel corso di letture sotto il pergolato, annaffiature di piantine e sfalcio di erbe, e dunque scritto, benché rapsodicamente, sempre a Sìrgole, “campagna ricca di sogni”, onde finalmente podere è potere.

Il titolo del libro, ça va sans dire, è un omaggio a Giacomino nostro, che al suo “scartafaccio” attribuì gli aggettivi di “smisurato” e “immenso” (io ci aggiungerei “superbo”, molto usato dal Leopardi nell’accezione di magnifico e grandioso, e giammai di protervia o spocchia), tipici del Pensiero: il quale o è critico - dunque senza limiti timori o altre siepi che il guardo escludono - o non è. Purtroppo codesto pensiero è oggi, come dire, negletto, quando non spinto sul banco degli imputati, non necessariamente da una querela temeraria, ma proprio dal comune sentire, dall’uniformazione globale falsamente pluralista, dall’omologazione a senso unico.

Ciononostante vale la pena di provare esprimerlo, questo pensiero (o questo spirito), anche a costo di spaccare il capello in quattro e apparire antipatici alla massa ondivaga a seconda di dove spira il vento del marketing, vale a dire la propaganda da parte della classe dominante. E così nascono le pagine di questo diario senza tempo che ti fa riflettere sulle parole, tipo “successo”, una cosa a cui molti ambiscono ma che altro non è che un participio passato; sul senso della vita, che visto che è a scadenza val la pena di trattarla con più ironia e distacco; sullo spreco delle migliaia di case vuote, mentre tutto intorno le betoniere continuano rovesciare cemento sui comparti edilizi senza fine; sul ruolo dell’insegnante e quindi della scuola che non dev’essere un luogo dove “si formano e si valutano gli studenti”, bensì un posto dove “dialogare e stare a vedere”; sulla violenza del capitalismo, che fa rima con cannibalismo, suicidio dell’umanità; sul ruolo della tecnologia che ci sta spingendo verso il distanziamento sociale ante-litteram; su quanto la mia ricchezza non valga nulla se il mio dirimpettaio sta male; sul Panem et circenses quale metodo di inquadramento delle masse; su quanto il potere si serva dell’inganno per raggiungere i suoi obiettivi; sul Neo-Barocco, che è quello della nostra epoca, così pervasa dalla “gentrificazione” dei centri storici, dallo scimmiottamento della pizzica e dai riti vuoti del turismo; e su infiniti altri temi tipici di uno Zibaldone.

Scrive bene Gianluca, avrà preso da suo padre, il compianto prof. Giuseppe Virgilio. Lo stesso giorno in cui mi consegnava la sua novella creatura – guarda la combinazione - terminavo di rileggere, di Giuseppe, lo stupendo “Memorie di Galatina”  - Congedo Editore, Galatina, 1998 - che consiglio vivamente. A Noha si dice: “L’arte de lu tata è menza ‘mparata”, ovvero “Sotta ‘nu pannu finu c’è ‘naddhru ‘ncora chiù finu”.

Credo non ci sia bisogno del traduttore di Google perché si colga il senso di questi apoftegmi nohani anche a Galatina.

Antonio Mellone

 

[articolo pubblicato su “il Galatino”, anno LIII, n. 17 – 23 ottobre 2020]

 
Di Redazione (del 29/10/2020 @ 18:32:59, in Comunicato Stampa, linkato 724 volte)

Il Sindaco a deciso di tenere i cimiteri di Galatina, Noha e Collemeto aperti da oggi fino al 5 novembre con orario continuato 8 - 17 per dare la possibilità a tutti di recarsi a fare visita ai propri cari in totale sicurezza e senza creare assembramenti.
I volontari della Protezione Civile e gli agenti della Polizia Locale garantiranno l'accesso contingentato.
La raccomandazione è sempre la stessa, massima igiene, no assembramenti, sistemi di protezione.

 

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 26/10/2020 @ 20:47:24, in Le Confraternite di Noha, linkato 933 volte)

Continua, con questa seconda puntata, l’inedita Storia delle Congreghe della nostra cittadina, donataci dall’instancabile penna di P. Francesco D’Acquarica, missionario giramondo per amore di Cristo, ma di fatto mai “allontanatosi” da Noha.

Noha.it

Non una ma tre congreghe

Il fenomeno dell’aggregazionismo in confraternite trovò a Noha, come nel resto della Puglia, le sue più immediate motivazioni anzitutto nelle disposizioni del Concilio di Trento (1545-1563), ma anche nel massiccio radicarsi nel territorio di Ordini monastici come quello francescano e domenicano, affiancati dai Gesuiti nella predicazione delle cosiddette missioni cittadine.

Le disposizioni tridentine prevedevano la costituzione di una confraternita dedicata al Santissimo Sacramento in ogni chiesa parrocchiale, e perciò anche a Noha. Questo spiega l’enorme diffusione nel territorio pugliese di confraternite che ancora oggi si fregiano di questo titolo. La rappresentanza sociale era costituita non solo da notabili del luogo, ma anche da rappresentanti dei civili, cioè dai borghesi, dagli artigiani e dai contadini, la cui direzione spirituale ed anche economica era affidata al clero secolare.

A quella del Santissimo Sacramento seguirono le confraternite legate al culto della Vergine del Rosario gestite dai Domenicani, che si diffusero con altrettanta rapidità specie dopo la vittoria cristiana sui Turchi nella battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), favorite oltretutto dall’ impulso conferito alla pratica della recita del Rosario da parte di Pio V (1504-1572), papa dal 1566 fine alla morte.

A Noha, tranne il convento di Santu Totaru (che di fatto era un priorato rurale retto dai Basiliani), non si annoveravano cenobi dei grandi Ordini Religiosi nati nel medioevo, e tuttavia non mancavano, almeno fino al 1850, le Confraternite. Che erano addirittura tre:  quella del Santissimo Sacramento, quella del Santissimo Rosario e quella della Madonna delle Grazie.

L’informazione certa ce la dà l’arciprete don Michele Alessandrelli (Seclì 1812 - Noha 1882) che nel 1850 prepara la relazione sulla parrocchia per la visita pastorale che Mons. Luigi Vetta, Vescovo di Nardò, e che eseguirà in tutta la sua diocesi tra il 1850 e il 1854.

 

Nell’introduzione alla relazione l’Alessandrelli scrive:

Questo è l'inventario di tutti i beni stabili, mobili, semoventi, rendite, azioni, ragioni e pesi di qualsivoglia sorte della Chiesa Parrocchiale di Noha, provincia d'Otranto e Diocesi di Nardò, fatto nel quindici aprile 1850 dal Rev. Don Michele Alessandrelli, Arciprete Curato della detta Chiesa in conformità delle disposizioni dell'Ill.mo e Rev.mo D. Luigi Vetta, Vescovo di Nardò, contenute nell'editto della S. Visita in data de' tre aprile 1850.

 

E a proposito delle Confraternite così si esprime:

Nella mano sinistra del Coro vi è uno stipo, nello quale il Priore della Confraternita del Sagramento tiene riposta la cera che abbisogna per le funzioni del Corpus, della terza domenica, e del S. Sepolcro: lo stesso è colorito verde oscuro, detto stipo tiene la sua serraglia e chiave.

Vi sono in questa Parrocchia sei statue, cioè nella chiesa matrice due: una del Protettore S. Michele Arcangelo, l'altra di S. Vito, e la testa della statua di Maria SS.ma del Rosario col Bambino: di questa ha cura, e conserva gli abiti il depu-tato della Confraternita del SS.mo Rosario Vitantonio Benedetto: le altre tre si conservano nella Congregazione di Maria SS. ma delle Grazie, come si vedrà nel descrivere la Cappella. Più una statuetta di Cristo Risorto, ed un'altra dell'Ecce Homo.

 

 
Di Redazione (del 26/10/2020 @ 20:26:00, in NoiAmbiente, linkato 1147 volte)

Quando ci abbassiamo e mettiamo le mani in mezzo alle sterpaglie per strappare dalla terra il “vizio” di qualche incivile, ci chiediamo con quale diritto questi abbia deciso quanta terra debba essere sacrificata per le proprie perversioni.

Certo, non c’è risposta che sostenga alibi, non c’è alibi. Oggi, 25 ottobre 2020, sulla SP371, scortati da due auto della polizia provinciale, eravamo di nuovo gli stessi: padri, madri e tanti ragazzi, per fortuna anche loro.

Si perché per fare questo lavoro di volontariato non basta avere “stomaco”, ma certe volte ci vogliono anche muscoli per tirare su copertoni e pezzi di camion o altri materiali pesanti gettati così, come se fossero bottiglie vuote.

E così, mentre ti si sbriciola nelle mani l’ennesima bottiglia di plastica, oramai allo stato massimo di cristallizzazione, quasi ti viene voglia di piangere per l’impotenza che provi. E passi oltre lasciandoti dietro, con amarezza, un altro campo oltraggiato da un’incomprensibile ignoranza, figlia di questa pseudo civiltà.

L’immagine che ci resta impressa, non sono solo i copertoni, non è la colata di catrame puro che ha invaso il canale di raccolta delle acque e ha imprigionato inesorabilmente ogni rifiuto, non sono i cento o i duecento sacchi di rifiuti strappati alla vegetazione che nonostante tutto cerca di riprendersi il suo spazio, non è nemmeno il volto triste di Edoardo, un ragazzo di 16 anni che spinge la carriola carica di bottiglie vuote, a lasciarci di stucco è lo spettacolo che si para all’orizzonte: nastri infiniti d’asfalto e ferraglia di confine di queste pleonastiche strade, ci resta impressa l’immagine dei pannelli fotovoltaici a sinistra e dei campi di ulivi secchi a destra e sullo sfondo, dominante come il grande Golia biblico, l’impatto ambientale palese, che non lascia dubbi.

 

Noi ci siamo, siamo pronti a ricominciare. E lo facciamo dalla nostra storica sede. Vogliamo rilanciarla, vogliamo che sia vista come casa di tutti, perchè chiunque ci entri si senta il benvenuto. Vogliamo che sia un punto di incontro, un luogo ricreativo, di dialogo e di confronto, un luogo di litigio se serve a creare il compromesso. Vogliamo che diventi la sede dei giovani; ed è proprio da loro che vogliamo ripartire. Il PD di Noha ha a cuore i suoi giovani, e vorrebbe coinvolgerli tutti perché tutti possono dare un apporto per la cura e la custodia del contesto sociale in cui abitiamo: la nostra Noha. Non importa la continua e costante informazione politica, conta invece che i giovani abbiano l’entusiasmo politico, che concretizzino le idee fresche proprie della loro età. Vi accogliamo perché ne vale la pena. Siamo stanchi dei soliti pregiudizi, degli sterili stereotipi che guardano al giovane come incosciente. Noi abbiamo puntato lo sguardo su di voi perché il vostro aiuto è importante per crescere insieme. Lo sanno bene Matteo, Sara, Luigi e Christian. Lo sanno bene coloro che si affacceranno alla porta della nostra Sezione in questi giorni, perché infondo non si è mai così lontani se si ha a cuore la vita del paese. Vogliamo guardare al territorio, fare festa, dare fastidio se necessario, essere scomodi per alcuni e punto di riferimento per altri; ma vogliamo farlo con voi. Insieme poi, saremo supportati da chi si è battuto per tenere vivo il nostro Circolo, ed anche se la fiamma cominciava a venir meno, per fortuna non si è mai spenta. Serve il supporto di tutti, serve l’apporto di tutti, perchè la tessera consente di aderire ad una comunità che guarda e si impegna per il territorio ad essere una comunità viva, utile, verso cui riporre fiducia, passione, tempo, energie, in un partito che ascolta il suo popolo. Quindi se da soli siamo più veloci, insieme si va più lontano ed è di un progetto coraggioso che guardi al futuro, ciò di cui abbiamo bisogno.

 

«In un anno, in provincia di Lecce, il numero di alloggi occupati senza titolo (tra abusivismo e procedimenti di decadenza) è diminuito di sole 50 unità. È un primo segnale, ma non basta. Bisogna far luce sulle azioni di contenimento e prevenzione del fenomeno messe in campo, evidentemente insufficienti». Torna a battagliare Leonardo Donno, salentino portavoce alla Camera dei deputati del M5s. Nelle scorse ore il deputato ha bussato, a distanza di un anno, alle porte della Prefettura di Lecce. Obiettivo: «Proseguire, con il nuovo Prefetto,  quel percorso virtuoso avviato lo scorso settembre nel tentativo di ripristinare la giustizia sociale e mettere fine alla guerra tra poveri che la stessa burocrazia, spesso, innesca».

Nel settembre dello scorso anno Donno, tramite una richiesta di accesso agli atti inoltrata ad Arca Sud Salento, aveva avuto un quadro completo del fenomeno nel territorio salentino. All'epoca ben 728 alloggi popolari dell'ente risultarono occupati da soggetti senza titolo. Più nel dettaglio: 405 erano stati occupati abusivamente, su 323 pendevano invece procedimenti di decadenza (i residenti avevano perso nel tempo i requisitivi che li rendevano legittimi assegnatari).

Adesso, grazie ad una nuova richiesta di accesso agli atti, il parlamentare a distanza di un anno fa il punto della situazione. «Sono 678, ad oggi, gli alloggi occupati illegittimamente. 50 in meno rispetto allo scorso anno - spiega -  Dopo lettere di sollecito inviate ai singoli Comuni interessati dal fenomeno, interrogazioni parlamentari, incontri in Prefettura, possiamo dire che un primo timido risultato è stato raggiunto. Le occupazioni abusive sono attualmente 346 (59 in meno rispetto ad un anno fa), le abitazioni interessate da procedimenti di decadenza sono 332 (9 in più rispetto allo scorso anno).

Certo - commenta amaramente Donno - lascia molto pensare come nulla, e dico nulla, sia cambiato ad esempio nel Comune di Nardò: gli alloggi occupati abusivamente un anno fa erano 58. Lo stesso identico numero è confermato da quest'ultima richiesta di accesso agli atti di due giorni fa. Di fatto alcuni sfratti sono stati eseguiti, ma il fenomeno (lo dicono i numeri) in questo Comune sembra opporre una dura resistenza, avendo infine la meglio. Urge, quindi, un'azione più incisiva.

 
Di Redazione (del 23/10/2020 @ 18:33:20, in Comunicato Stampa, linkato 657 volte)

Il 25 gennaio prossimo cadrà il quinto anniversario dalla scomparsa di Giulio Regeni, di cui conosciamo la tragica scomparsa avvenuta nel 2016. Sono trascorsi quasi 5 anni da quel giorno e nonostante le rivelazioni sulla dinamica dell’omicidio e l’istituzione di una Commissione d’inchiesta, non vi sono stati avanzamenti concreti. La sensibilizzazione sul tema è molta, come numerose sono le manifestazioni in sua memoria proposte e portate avanti da molte organizzazioni sensibili al tema (prima fra tutte Amnesty International) e da comuni cittadini. A questo proposito su tutto il territorio nazionale si stanno moltiplicando cerimonie di intitolazione di strade e piazze comunali in memoria di Giulio,  eventi che possono essere visti come un preludio alla fiaccolata prevista ogni 25 gennaio per ricordare la sua scomparsa.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 20/10/2020 @ 19:36:18, in NohaBlog, linkato 1691 volte)

Oggi mi sono svegliato con il pallino dell’archeologo, quindi mi sono recato nel campo di Santu Totaru, a nord di Noha.

E mi sono messo a cercare pietre.

Osservando attentamente, mi sono accorto che le grandi pietre che il povero Antonio Guido (Pasùlu), aveva utilizzato per costruire un piazzale, sono pietre molto anomale, fuori dal comune. Le misuro e non ce n’è una uguale all’altra, ma soprattutto sono fuori dallo standard dei conci di tufo che si usano da secoli per costruire.

Poi mi metto a cercare come un disperato in mezzo alla terra, sento che c’è qualcosa di importante. Il famoso sesto senso. Cammino e con i piedi sposto sassi e cocci di terracotta, sono centinaia, migliaia. Direi che la terra è fatta di pezzi di terracotta di tutte le forme. Ogni tanto ne trovo qualcuno che presenta delle sagome strane: una parte del fondo di un piatto, di una ciotola, pezzi di tegole, manici di contenitori e tanti formati. Ma perlopiù sono pezzi che somigliano molto a quelli incastrati nel pezzo di pavimento che Antonio aveva a suo tempo cementato sul muro.

Finalmente mi appare “lui”, il testimone. Fuoriesce dal terreno, cerco di estrarlo senza danneggiarlo ma è troppo grande. Con pazienza e un po’ di fortuna riesco a estrarlo intero: è un manufatto di circa 40 cm e spesso più di venti, è una parte di un pavimento del 400 d.C. Sotto ha ancora oltre un palmo di malta misto al coccio pesto che faceva sicuramente da “massetto”.

E sopra vi sono incastonate a lisca di pesce tanti pezzi di terracotta, come quelli sparsi ovunque.

 
Di Redazione (del 20/10/2020 @ 08:15:14, in Comunicato Stampa, linkato 1101 volte)

In questo periodo di aumento di contagi e diffusione del virus, la nostra scuola ha dimostrato di poter limitare il diffondersi dell'infezione da SARS-CoV- 2,  attenendosi scrupolosamente alle regole di prevenzione contenute nei protocolli sulla sicurezza per gli alunni, i docenti ed il personale scolastico. L'attenzione ed il coordinamento tra la Dirigente Scolastica, il medico referente Covid della ASL, il Sindaco  e ... la buona sorte, hanno permesso una rapida ripresa delle attività didattiche e il ritorno ad una quasi normalità. Sappiamo che i rischi sono sempre in agguato e dobbiamo abituarci a vivere nell'incertezza del domani, ma siamo pronti ad affrontare con fiducia e tenacia ogni difficoltà, mettendocela tutta. Comunque vada, facendo bene la nostra parte, sono certa che questo sia il messaggio migliore da consegnare ai nostri ragazzi per il loro futuro.

Eleonora Longo
Dirigente Scolastico 

 

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