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Di Albino Campa (del 15/12/2009 @ 23:57:42, in NohaBlog, linkato 20154 volte)

Qualche giorno fa, per caso, ho scoperto un tesoro. Uno di quei link postati su Facebook da qualche amico, un click a mia volta e si è aperto un mondo: Luigi Paoli in arte Gigetto da Noha. Si tratta di un cantautore di musica popolare salentina, oggi settantaquattrenne, originario di Noha ma stabilitosi a Spongano.
La sua figura mi ha colpito particolarmente. E' un artista ibrido che unisce in sè due filoni della musica popolare salentina: il folk cittadino e il canto contadino.
Fisarmonicista, interprete di brani della tradizione, autore di nuovi testi e nuove musiche. Popolare anche fuori dal Salento, in altre regioni ma soprattutto fra gli emigrati, anche all'estero. La sua produzione ha avuto la tipica distribuzione tramite bancarella, destinata a un pubblico indistinto, non specificamente colto e questo lo sentiamo molto negli arrangiamenti folkeggianti. Ma c'è qualcosa di profondo in quest'artista che è legato a quantu vissuto in prima persona senza quel filtro "intellettuale" che oggi ci contraddistingue. Nasce contadino. Vive la campagna e l'emigrazione da contadino con la famiglia. Impara a cantare il repertorio e lo stile della campagna. Nel tempo libero impara la fisarmonica, un mondo diverso che lo avvicina al filone folk. Emigra anche all'estero, poi rientra. Lavora come cantautore in contatto con dei discografici calabresi (e si sente da alcuni dei suoi testi a da alcuni aspetti stilistici delle sue tarantelle).
Insomma vive tante esperienze diverse che formano e influenzano il suo modo di suonare e cantare per cui la sua produzione è abbastanza varia e variegata. Può piacere tutta o in parte, o può non piacere per nulla..ma merita qualche attenzione.
Personalmente mi entusiasma il suo modo di cantare "contadino", la disinvoltura, oggi rarissima, con cui ricorre al quardo grado aumentato del modo lidio, la sapienza tecnica e il modo di dosare gli abbellimenti come i glissando, i melismi, le esclamazioni, le urla, la sua capacità (un tempo diffusissima e ancora una volta oggi rarissima) di ricorrere agli slittamenti ritmici nel cantare la pizzica (off beat), il timbro vocale assolutamente contadino e il ricorso talvolta a note non temperate.
Insomma, per queste doti, Luigi Paoli entra a pieno titolo fra gli alberi del canto salentini, al pari di tanti cantori che non hanno fatto la "carriera" di cantautori ma con i quali condivide la freschezza del suo stile di canto.

C'è anche un'altro aspetto che ai miei occhi lo rende speciale. Diversamente da quello che la maggiorparte della riproposta contemporanea ha fatto e continua a fare, Luigi Paoli ha fanno innovazione nel patrimonio popolare inventando testi nuovi su arie popolari esistenti..cosa che sembra fosse un tempo il modo naturale di far evolvere la musica tradizionale. Oggi si tende invece a cristallizzare dei testi, cantarli sempre nello stesso modo o reinventare la musica, anche allontanandosi dai moduli della tradizione. Anche per questo Gigetto merita di essere ascoltato, in quanto rappresenta una interessante strada alternativa.

Di tutte le informazioni che in pochi giorni sono riuscito a raccogliere su Luigi Paoli, e degli ascolti che ho potuto fare sulla fantastica piattaforma che è Youtube, devo assolutamente ringraziare Alfredo Romano, salentino che vive nel Lazio e che ha pubblicato vari libri legati alle tradizioni del Salento. Grazie al suo canale su YouTube  è possibile ascoltare quasi tutta la vasta produzione discografica di Gigetto da Noha (e se si ha la curiosità di esplorare, si possono ascoltare interessanti registrazioni sul campo dell'area di Collemeto da cui Alfredo Romano proviene). Da questa vasta produzione, vorrei estrarre solo pochi esempi che testimoniano la bravura di Luigi Paoli (sulla base degli elementi che ho elencato sopra). C'è da ascoltare per ore se se ne ha voglia!

Tarantella dellu nsartu (bellissima e da questa si possono ascoltare tante altre pizziche)
http://www.youtube.com/watch?v=p0VBWrj0NWA

Lu pipirussu maru
http://www.youtube.com/watch?v=Ph4x7IaKZvU

Lu trainieri (canto di trainiere)
http://www.youtube.com/watch?v=Sm64_fWrrng

Stornelli
http://www.youtube.com/watch?v=CZwjTP67eZc

Sempre grazie alla gentilezza di Alfredo Romano, è stato possibile reperire e ripubblicare quest'articolo, pubblicato originariamente su "Il Corriere Nuovo di Galatina" nel 1983, in cui lo stesso Alfredo parla del suo incontro/intervista a Luigi Paoli avvenuto in quel periodo. Buona lettura.

march

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Civita Castellana, 17-8-1983

Caro Carlo[1],
ti spedisco un lavoro su Luigi Paoli, un cantastorie, nativo di Noha, che ascoltavo da tempo e che quest'estate ho avuto la fortuna di conoscere personalmente mentr'era attento a vendere musicassette dietro una bancarella al mercato di Galatina. Poi ho voluto conoscerlo meglio, sono stato a casa sua e non potevo aspettarmi altro che quel personaggio che traspare dalle sue canzoni, e cioè un contadino che ha saputo tirar fuori tanta arte dalla sua faticosa esperienza di vita.
E' una voce popolare autentica che non ha niente a che fare con altre voci del Salento che pur hanno un giro commerciale.
Il titolo del lavoro è tratto da una sua canzone «Lu furese ‘nnamuratu», un omaggio a questo menestrello che ha trascorso la vita cantando l'amore.
Mi preme soprattutto porre Luigi Paoli all'attenzione di un certo tipo di intellettuali, di borghesi, di giovani anche, in ogni caso gente estranea al mondo contadino, che snobbano un certo tipo di canzone popolare, considerandola minore se non addirittura volgare. Io so che la gente va ancora matta per certi ritmi o testi che, pur nella loro semplicità, si fanno interpreti di un gusto, un mondo che va scomparendo.
A mio giudizio c'è dell'arte in Paoli se l'arte, oltre ad essere prima di tutto un fatto estetico è però anche rappresentativo. Mi pregio di aver scoperto Paoli o meglio Gigetto, come si fa chiamare. Ne ho approfittato, tra l'altro, per dire la mia su alcuni aspetti poco noti ma interessanti della canzone popolare salentina.
Alfredo Romano

[1] Carlo Caggia, direttore del Corriere Nuovo di Galatina.

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GIGETTO DI NOHA OVVERO LUIGI PAOLI
L’ULTIMO “FURESE ‘NNAMURATU” DEL SALENTO

"Durante la guerra mio padre suonava il flauto per gli Americani a Brindisi, ed io l'accompagnavo con la mia bianca voce di bambino, per campare. Tempi tristi!".
Comincia così il racconto di Luigi Paoli, un cantastorie, un menestrello, un musicista popolare nato a Noha 48 anni fa e residente a Spongano in una bianca e comoda casa di periferia, con immancabile terrazza e orto giardino, e la cantina, dove le botti suonano di pieno e versano a me, fortunato visitatore, un negramaro robusto, profumato.
Non è facile orientarsi nel mercato minore della canzonetta popolare ora che molti improvvisatori sprovveduti si sono lanciati in questo folk alla moda che non ha niente di peculiare e scimmiotta anzi un certo liscio romagnolo omogeneizzato che imperversa nelle sale e sulle piazze di tutt'Italia.
Basta un po' di gusto però per capire che Luigi Paoli, da trent'anni, nel solco di una tradizione propriamente salentina, elabora testi po¬polari, li arrangia, ne inventa di nuovi per un pubblico non solo salentino, meridionale in genere, emigranti soprattutto (in Australia perfino, in Canada) che curano l'amara nostalgia al ritmo di suoni e canti che ricreano l'atmosfera della terra natia. II suo racconto si dipana lentamente in un gesticolare ampio. La voce, il corpo, assumono una dimensione teatrale, un viso pienotto, da scatinatore, occhi neri e luminosi, a sottolineare un sorriso perenne, contagioso.
Il più piccolo di cinque fratelli maschi, orfano di madre a quattro anni, a otto guardava le capre presso un guardiano di Noha. Un giorno, per via che, assetato, aveva impunemente bevuto in un secchio d'acqua tirata dal pozzo destinata alle capre (pare che le capre si rifiutino di bere dove ha già bevuto un altro, n.d.r.), venne appeso al ramo d'un albero a testa in giù, e, come una bestia, bastonato di santa ragione. Quest'episodio acuirà la sua sensibilità di fanciullo, rivelatore di una futura carica umana che Paoli, da grande, saprà trasfondere nella sua musica.
Di quei tempi funzionava a Noha una, chiamiamola così, palestra di vino e canti che era la puteca te lu nunnu Totu te lu Vergari che Gigetto frequentava in compagnia del padre. Qui rallegravano le serate certo Girbertu e certo Marinu Ricchitisu di Aradeo con quel popolarissimo strumento che è la fisarmonica. È qui che Gigetto affina la voce e il suo orecchio musicale; ma la fisarmonica è ancora un mito per lui e ci vorranno degli anni per farsi regalare solo una “Scandalli 24 bassi”.
Arriva poi la prima grande migrazione di salentini, dopo la guerra, nelle campagne di Bernalda, Pisticci, Scansano Ionico, Ginosa Marina, ecc., per dare inizio a estese coltivazioni di tabacco. Questo tabacco, per necessità o malasorte, i salentini ce l'hanno nel sangue e, più della vendemmia o della raccolta delle ulive, rappresenta una forma di maledizione divina che ti perseguita fin da ragazzo. Nasce così, da questa fatica centenaria, tutta una cultura del tabacco fatta di canti, stornelli, motti, proverbi che in molti casi rispecchiano le amare condizioni di vita esistenti allora nelle campagne. In quei grandi capannoni, soffocati dall'afa estiva, mentre s'infilzava tabacco: "Gigettu, 'ttacca, ca nui ne menamu te contracantu", continua Paoli nel suo narrare.
Amore miu sta sona matutinu
àzzate beddha àzzate beddha
ca lu tabaccu imu scire cujimu
cinquanta are te tabaccu tenimu chiantatu
se bruscia tuttu e lu perdimu.
Ulìa cu te ncarizzu beddha mia
e nu te pozzu mancu tuccare
chine te crassu tegnu le ma ne.

Non c'erano donne in casa e Gigetto s'adattava a lavare, cucinare, fare il pane, la pasta per il padre e i fratelli più grandi. A sera poi, finito il lavoro, inforcava una bicicletta senza freni e senza luce fino a Bernalda, 9 Km., a lezione di musica dal maestro Troiani. Cento lire gli costava, quanto un giorno di lavoro.
I progressi di Gigetto convincono i due fratelli maggiori, emigrati in Inghilterra nel frattempo, a spedirgli il denaro per l'acquisto di una fisarmonica vera, una Paolo Soprani 120 bassi. "E cci me parava, caru miu, cu ‘nna 120 bassi… te nanzi 'Ile signurine, quandu trasìa intra le case: ssèttate ssèttate, li primi valzer, la raspa, un po’ a orecchio, un po' a musi ca...". Nasce anche la prima composizione, naturalmente per la sua Noha, sulla misteriosa Villa Carlucci che, da bambini, si raccontava essere il regno del diavolo, di strani folletti.
Un giorno, sedicenne ormai, mentre era attento in uno stretto sgabuzzino a provare un esercizio sulla fisarmonica, ecco dalla sponda di un'Apetta, scendere Cecilia con madre e sorelle venute anche loro a far tabacco dalla lontana Spongano. "In quelle masserie sperdute dove non appariva donna viva, malati di solitudine, dove contavi le ore del sole nel suo levarsi e sparire, Cecilia, col suo bel visino e il petto già pronunciato, fu un colpo di fulmine".
L'inverno, poi, Cecilia ritornava a Spongano e Gigetto, con la solita bicicletta, percorreva 180 Km, allora di strada bianca, per stare qualche ora con la sua bella. Questa bella sarà l'ispiratrice di tante sue canzoni, questa bella, di cui oggi è ancora perdutamente inna¬morato, che gli ha dato sei figli, che lo segue per i mercati del Salento e che sa dividere con lui l'arte d'arrangiarsi dietro una bancarella.
Poi la fuga, allora d'uso, per sposare Cecilia e, qualche mese dopo, in Costarica a piantare banane e canna da zucchero. Paoli ha steso un velo qui nel suo racconto, dice che sarebbe troppo lungo. A me, che vorrei saperne di più, piace l'idea di vedervi celato un qualche mistero.
Si ritorna in Italia, ma non si campa e, questa volta da solo, con la usuale valigia di cartone, in Germania a fare il manovale chimico. "Non stavo male in fabbrica, ma ogni sera era un tormento e le foto di Cecilia e dei miei bambini in capo al letto mi ammalavano di nostalgia. Così non potei resistere a lungo".
Definitivamente a casa, ma con qualche idea. In fondo ha una bella voce e suona bene la fisarmonica. Si presenta per un provino a Locri in Calabria. È il 1962, Paoli incide i primi dischi: Tuppi tuppi la porticella, La tarantola salata e numerosi balli strumentali che lui sa arrangiare con un'arte che gli deriva, più che dallo studio, da una cultura musicale essenzialmente popolare. Andatevi ad ascoltare queste prime incisioni: hanno un fascino di registrazione sul campo, c'è addirittura un saltarello con ciaramella, uno strumento montanaro col quale Paoli aveva familiarizzato nel soggiorno in Lucania.
In quegli anni poi andavano in voga storie popolari strappalacrime, tratte da tragedie vere o presunte e significative sono nella sua produzione due storie, l'una, II cieco del Belgio, narra di un emigrante che perde la vista nel crollo di una miniera e al suo ritorno a casa, la moglie, interessata solo alla sua pensione, non gli risparmia le corna; la seconda, s’intitola La matrigna cattiva, in quattro parti, dove si narra dì una bambina orfana buttata in pasto a una matrigna che tenta di avvelenarla e sarà punita per questo con cinque anni di carcere. Ambedue le storie Paoli le fa cantare all'allora piccola primogenita Cerimanna. Sono storie che oggi fanno un po' ridere, ma guardatele con gli occhi del tempo e non meravigliatevi se le mamme di mezza Italia hanno pianto ad ascoltare quelle storie. Fu tale il successo, che i falsari di Napoli lanciarono sul mercato migliaia di copie e per Paoli andarono in fumo alcune speranze di guadagno.
Sessantotto, rivoluzione nei valori, nei costumi, si scopre il popolare, si scoprono la lingua, gli usi, i costumi di una civiltà contadina che sta scomparendo. Le case discografiche si danno da fare a scovare questi anonimi canzonettisti popolari degni di un pubblico più vasto. A Paoli s'interessa la Fonola di Milano. Inizia così una vasta produzione musicale che ancora oggi continua. Dodici musicassette in attivo, qualche altra in cantiere, che hanno sorvolato gli oceani, è il caso di dirlo, senza quella pubblicità di cui si servono "i grandi", ma in virtù della parola che si trasmette, un tam-tam, quasi una tradizione orale che ancora resiste.
Diamo uno sguardo a questa produzione. Innanzitutto canzoni e balli strumentali attinti alla tradizione che Paoli arrangia in modo originale con delle varianti sia nel testo che nella musica degne di essere popolarmente connotate. Cosa significhi "popolare" nella canzone è presto detto. Semplicemente Paoli dice: "E’ quandu ‘na canzone la ponnu cantare cinquanta cristiani tutti assieme, trenta femmame ca sta tàjanu l'ua: una cu ttacca e ll'addhe cu tràsanu a cuncertu".
Abbiamo così la pizzica in più versioni col predominante ritmo del tamburello, e Santu Lazzaru, questo canto cristiano che i Grecanici ci portavano 'rretu le porte te casa nel cuore della notte durante la Settimana Santa.
Canzoni d'amore tante, un amore represso che acquista nel canto un moto liberatorio. Lu furese 'nnamuratu, forse la canzone più bella, dove accanto a una visione del lavoro come dura fatica, Paoli prorompe in:
Comu l’àggiu stringere e baciare
Te lu musicchiu sou sangu ha bessire.
(Come la devo stringere e baciare / dal suo muso sangue deve uscire).

La Carmina, dove il bi sogno d'amare è accorato, disperato quasi:
Mamma iu moru
e la Carmina nu’ lla provu
Beddha mia fatte sciardinu
fatte menta e petrusinu...

(Mamma io muoio / e Carmina non l’assaggio / Bella mia fatti giardino / fatti menta e prezzemolo).
E canti e strofe carnascialesche, condite di allusioni piccanti, volgari quasi, ma di una volgarità allegra, simpatica:
Nc'è lu zitu cu la zita
allu pizzu ti la banca
la manu camina te sotta
lu canale dell'acquedotta.

(C’è il fidanzato con la fidanzata / allo spigolo del tavolo / la mano scivola sotto / il tubo dell’acquedotto).

Allusioni che non risparmiano un certo tipo di prete alla Papa Cajazzu al quale non piace chiaramente confessare le vecchiette, bensì le zitelle. In verità molte canzoni, come proverbi e culacchi, rivelano un certo anticlericalismo, anche se molo bonario, diffuso nella nostra gente. E poi canti e stornelli che hanno il ritmo di un lavoro e ti pare di vendemmiare o d’infilzare tabacco in qualche capannone. Non mancano le canzoni tristi per gli emigranti, per quelli che stanno a soldato, per il carcerato che fatalmente al ritmo di una tarantella grida:
Menatine ‘sti corpi chianu chianu
ca suntu testinati pe' mmurire…

(Buttate i nostri corpi piano piano / ché sono destinati a morire).

Naturalmente non tutto è eccelso. Accanto a testi di un certo valore artistico, si alternano altri in cui Paoli piega a seduzioni commerciali. E' laddove, per conquistarsi evidentemente un pubblico più largo, tenta delle melodie in un italiano a lui non confacente. Diciamo subito che a Paoli è più congeniale il testo salentino dove è capace di sfumature e modulazioni possibili solo a una voce popolare tradizio¬nalmente educata come la sua. Ascoltatelo nella canzone Lu trainieri, per es., dove la voce, bellissima, affronta tra l'altro toni decisamente alti. Il tono alto è in verità una caratteristica del canto salentino, cosi come il controcanto, che Paoli sfrutta in tutte le sue canzoni ponendolo una terza sopra, mai sotto la melodia stabilita. Come nella tradizione. L'effetto è tale che è come ascoltare l'eco di una persona che canta a distanza portandosi ad arco la mano sulla bocca. Alle origini di questa forma c'è, evidentemente, la necessità del "lavorar cantando" tra contadini distanti fra loro.
Un discorso a parte merita la fisarmonica, la protagonista di tutti gli arrangiamenti di Paoli. Nelle sue mani diventa magica e ci sono tanti e tali di quegli abbellimenti, non trascrivibili in partitura, che userei chiamarla barocca, in sintonia con una Terra che barocca lo è perfino in cucina e non solo nell’architettura delle chiese e delle case.
C'è una cosa che colpisce nella musica di Paoli, ed è un certo influsso orientale avvertibile in canzoni come la sopracitata Lu trainieri e La vecchiaia è 'na carogna. Qui sia la voce che la fisarmonica assumono un andamento cromatico, orientaleggiante appunto, e la melodia, di particolare bellezza, scivola sul filo dei sogni arcani, un lamento, un pianto quasi dal profondo d'inesplorati abissi.
Ma ciò che più fa scattare l'interesse per le musiche di Paoli è qualcosa di più misterioso che non saprei definire. Propriamente ci si sente scazzicati, come morsi da una tarantola, e vien voglia di abbandonarsi a una danza frenetica, liberatoria.
Quale ragno nascosto nei meandri di grigie pietre assolate, Paoli ci attende al varco esercitando su di noi una qualche magia. Non sarà vero, rna ci piace pensarlo.

Alfredo Romano

Da Il Corriere Nuovo di Galatina, n. 7 del 30 settembre 1983

fonte www.pizzicata.it

 
L’Associazione galatinese Città Nostra, in occasione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR 2011), realizzata dal 19 al 27 Novembre 2011, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, col patrocinio del Ministero dell’Ambiente, della Presidenza della Camera e del Senato, dell’Unesco e col sostegno del Conai, organizza la terza edizione del progetto “Rifiutiamali”.
Città Nostra, nominata dal Comitato Promotore Italiano come Project Developer (ovvero coloro che partecipano attivamente promuovendo e organizzando le giornate di sensibilizzazione), incontrerà gli alunni della scuola primaria II° circolo di Galatina nelle giornate del 19 e 26 Novembre p.v., affrontando le problematiche inerenti i rifiuti urbani e la necessità di differenziare e ridurre la produzione di rifiuti, trasformando in risorsa, quanto oggi è considerato una minaccia per l’ambiente e per l’uomo.
Lo scopo della campagna SERR è sensibilizzare le Istituzioni, gli stakeholder (letteralmente “portatore di interesse”) e tutti i consumatori circa le strategie e le politiche di prevenzione dei rifiuti messe in atto dall’Unione Europea, promuovendo azioni sostenibili volte alla prevenzione dei rifiuti, per porre in evidenza l’impatto dei nostri consumi sull’ambiente e sui cambiamenti climatici.
Gli incontri proseguiranno nel corso dell’anno scolastico 2011 2012 nelle altre scuole primarie, grazie anche al sostegno di  ECOM SERVIZI AMBIENTALI, concreta realtà nel settore della gestione dei rifiuti, che dimostra, sposando appieno il  progetto “Rifiutiamali”, di essere in linea con l’Associazione Città Nostra riguardo l’attenzione per la tutela dell’ambiente e l’opera di sensibilizzazione e coinvolgimento rivolta ai cittadini ed in particolare ai bambini.
Il motto di “Rifiutiamali 2011-2012” sarà: “il miglior rifiuto è quello non prodotto”.
 
Di Antonio Mellone (del 17/08/2014 @ 23:51:25, in NohaBlog, linkato 3616 volte)

Mimino Montagna non smette mai di stupirci. Stavolta si è felicemente trovato al centro dell’esistenza mediatica molto probabilmente a sua insaputa. Giornali e televisioni locali hanno presentato il nostro sindaco come il paladino della salvaguardia degli ulivi del Salento, che dico, di Puglia: un ecologista inflessibile, un ambientalista irriducibile, un verde incredibile (ai suoi stessi occhi).

Infatti, il nostro eroe armato di penna (speriamo non di sega) vorrebbe debellare la Xylella fastidiosa: sicché, grazie alla collaborazione di un badante, il consigliere comunale Antonio Congedo, ha inviato a sua eccellenza il Prefetto di Lecce una viva e vibrante missiva in cui si è fatto promotore di un “tavolo istituzionale” (si auspica non in legno d’ulivo) con tutti i sindaci della provincia attraverso il quale chiedere “approfondimenti su tutti gli agenti causali del “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo”; confermare la presenza di Xylella fastidiosa mediante l’applicazione di tecniche diagnostiche integrate secondo quanto previsto dai protocolli ufficiali EPPO; definire la patogenicità e la virulenza del ceppo di Xylella fastidiosa rilevata sulle piante infette; definire il ruolo delle piante ospiti e dei vettori nell’epidemiologia del batterio; sperimentare delle cure agro ecologiche volte alla salvaguardia del patrimonio olivicolo e spontaneo del Salento”. Iniziativa encomiabile, non c’è che dire. Già me lo vedo Mimino nostro intento a studiarsi di notte e di giorno tutte le carte sulla Xylella fastidiosa (fastidiosa a questo punto soprattutto per lui) cercando di capirci qualcosa, e sicuramente con l’intento di convincere tutti gli altri sindaci del circondario a preservare “l'inestimabile patrimonio arboreo di questo territorio”.

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Peccato che accanto al dottor Jekyll(ella) ci sia anche il lato B di mister Montagna. Ed è qui che nasce il dramma. Sì, perché non si sa bene se “l’inestimabile patrimonio arboreo di questo territorio” possa essere preservato, per dire, anche cementificando 26 ettari di campagna collemetese per l’impianto di un pantomatico Mega-Porco commerciale, strombazzato come la panacea dei nostri problemi economico-occupazionali con l’ausilio dei due (questi sì) sempreverdi slogan: “volano per lo sviluppo” e “ricadute occupazionali”. Ovvero se la salvaguardia di questo patrimonio valga soltanto per gli alberi degli altri comuni e non anche per quelli del suo feudo di Galatina (come la quercia vallonea che sta per essere asfaltata da una striscia di cemento, che con un certo sense of humour si osa definire circonvallazione – che guarda caso fa rima con lottizzazione ndr).

Ancora. Non si capisce come sia possibile conciliare il Montagna A dal B allorché da un lato il suo consiglio comunale delibera a stragrande maggioranza la contrarietà al TAP che dovrebbe sbarcare sulle coste di Melendugno (con falcidia non solo di flora marina ma anche di vegetazione terrestre), mentre quando si tratta di metterci la faccia, per esempio ritirando la sponsorizzazione istituzionale al comitato festa patronale del suo paese, fa finta di non coglierne il nesso, nicchia, mantiene le distanze come un “re tentenna” qualsiasi, facendo il paio con il don Abbondio della situazione.

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Come credere a questi amanti della natura a targhe alterne che, forse senza accorgersene, fanno di tutto - con comparti edilizi, aree mercatali, circonvallazioni inscritte che non circoscrivono, mega-porci commerciali, impianti di compostaggio ana(l)erobico di 30.000 tonnellate annue, aborti di supermercati fuoriporta (vedasi Lidl), palestre inservibili (ovvero fruibili solo come installazioni di arte contemporanea), asili infantili buoni solo per essere inaugurati - per far mancare la terra sotto i palieddhri, non riuscendo mai, chissà se per dislessia congenita o per interessi di bottega, a proferire un perentorio “Stop al consumo del territorio”?

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E come la mettiamo con il fatto che il suo capobastone, cioè il nostro beneamato Matteo Renzi, sì quello che sembra voglia governarci a colpi di tweet, afferma per esempio di vergognarsi di andare a parlare dell’accordo Gazprom o di South Stream “quando potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40mila persone [sic!] e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini”?

E’ vero: come la mettiamo, mister Montagna, con questi “quattro comitatini” che perlopiù sono composti da gente per bene, che si battono per le coste ioniche e adriatiche premiate con tante Bandiere Blu, che lottano per un’economia sostenibile (che dovrebbe poter contare sulla qualità dell’ecosistema mare-territorio), che si oppongono alle strade a quattro follie (una per tutte la devastante ss. 275), che sono preoccupati di veder incombere tante piccole Costa Concordia al largo dei litorali pugliesi, che vogliono difendere il vero oro blu ed i suoi orizzonti dalle torri petrolifere, che sono terrorizzati dall’incubo degli scheletri di metallo a poche miglia dalla costa, che temono come l’ebola le chiazze nere di residui oleosi e di altri indicibili inquinanti, che non s’inchinano agl’interessi delle multinazionali le quali non la vogliono mica smettere di spolpare il mondo?

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Non so se Mimino Montagna dopo aver ottenuto “l’importante attestato di stima da parte di Matteo Renzi nei confronti della persona e della sua azione politica […] che hanno fatto della nostra Città uno dei centri di riferimento del movimento renziano […] (cfr. comunicato del comitato “Galatina Cambia Verso con Matteo Renzi” del mese di novembre 2013) sia o meno d’accordo con le parole del suo boss costituente (o prostituente a seconda dei punti di vista), pappa e ciccia con il noto pregiudicato assegnato ai servizi sociali.

Nel caso Montagna sconfessasse il suo capobanda sarei pronto a chiedergli scusa a caratteri cubitali. In caso contrario io sarò ancora una volta destinato a beccarmi del profeta di sventura (non è la prima volta), anzi del professorone (per questo titolo mi sono a suo tempo attrezzato) e soprattutto del gufo (secondo i neologismi renziani); mentre mister Montagna potrà aspirare con fiducia ad uno dei cento seggi del nuovo Senato di non eletti e soprattutto nominati.

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Cari i miei venticinque lettori, sapete cosa penso? Meglio gufo che cuccuvascista come loro.

Antonio Mellone

 
Stabilito che si è deliberato un PEC di dubbio valore oggettivo, vista l’alta percentuale di territorio (la maggior parte del famigerato 4,7%) da destinarsi ad impianti per l’energia pulita concentrata a ridosso dell’abitato di Noha (Delibera C.C.n.92 del 13.11.2007); noi del Comitato “I Dialoghi di Noha”, supportati da oltre 350 cittadini che hanno sottoscritto le nostre motivazioni in soli due momenti di incontri collettivi,  continuiamo a credere che lo scempio previsto ed in parte già generato, non favorisca l'agricoltura, tantomeno quella biologica dei prodotti tradizionali, ma assesta il definitivo colpo di grazia al territorio con la promozione di mega impianti di fotovoltaico su enormi aree agricole, che nulla hanno a che vedere con il concetto stesso di agricoltura e di energia pulita. Obiettivo, quello dell’energia pulita, che riteniamo invece auspicabile è quello dei piccoli impianti domestici di pannelli fotovoltaici ubicati sui tetti degli edifici, sui parcheggi e su tutte le aree già compromesse dall’opera dell’uomo. Sarebbero impianti dal bassissimo impatto, utili alla salvaguardia  della terra e non alla sua distruzione come invece sta avvenendo nella campagna di Noha ed ovunque nel nostro Salento.
Noi del Comitato “I Dialoghi di Noha”  non ci rassegniamo a perdere in maniera  irreversibile il valore di un territorio che per millenni ha dato vita, benessere e felicità a tutti, attraverso l’agricoltura, l’allevamento e la raccolta dei prodotti selvatici. Non ci rassegniamo alla distruzione del paesaggio quale libro aperto della nostra memoria. Dopo che intere generazioni hanno sofferto l’emigrazione in cerca di lavoro, proprio quando il nostro Salento sembra finalmente in grado di conquistarsi un posto nella graduatoria del “bel paese” e vivere di una ricchezza unica al mondo quale quella del suo territorio, la mala gestione della contorta burocrazia amministrativa porta al fallimento totale l’insperato sogno. Il sogno di un territorio indenne da qualsiasi tipo di inquinamento e latore di benessere economico per noi e per le future generazioni.
Ci appelliamo alle Autorità competenti affinché rivedano al meglio piani e relativi controlli dei progetti in oggetto.
Insomma noi, cittadini di Noha, che non abbiamo mai scelto di essere accerchiati dai quasi 150 ettari di pannelli di silicio che si stanno impiantando a pochi passi dall’abitato, non vorremmo ritrovarci con il subire oltre al danno anche la beffa e cioè quella di scoprire a cose fatte, che non sia stato effettuato il controllo del rispetto delle  norme di sicurezza prescritte nelle Autorizzazioni Uniche pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia: n. 90 del 20-05-2010 di SunRay S.r.l. e n. 23-09-2010 diFotowatio S.r.l..
Fra le condizioni poste sui Bollettini indicati, è spesso presente il diniego dell’uso del cemento (vedi per es. al punto 15 di pag. 14665 del B. U. n. 90), cosa che contrasta fortemente con la probabile costruzione di una mega centrale elettrica su piattaforma in cemento armato volturata dalle due società suddette con determina n. 81 del 29-04 2010 di FW e n. 148 del 23-09-2010 di SR in favore di TERNA-Rete Elettrica Nazionale S.p.A.
Sono tante le potenziali incongruenze da verificarsi in corso d’opera, come per esempio: i possibili ritrovamenti archeologici; la corrispondenza ai dettami che riguardano il divieto dell’uso di prodotti chimici; l’autorizzazione allo scavo di pozzi per l’utilizzazione delle acque sotterranee; il controllo delle piantumazioni perimetrali; le distanze dal ciglio strada e dalle abitazioni; la recinzione, che deve essere realizzata lasciando ogni 10 metri varchi delle dimensioni di 40X40 cm, o in alternativa la rete deve essere posta ad un’altezza di 30 cm dal suolo, al fine di consentire il passaggio di animali selvatici; la costruzione delle piste all’interno dell’area, che invece sembrano essere state fatte in modo definitivo;  i termini di inizio, completamento e collaudi; le eventuali depressioni morfologiche soggette a fenomeni alluvionali; gli scavi dei cavidotti di attraversamento delle S.P. 41 e 47; l’autorizzazione per gli eventuali tagli di piante di origine naturale e non, e la salvaguardia dei muretti a secco presenti sul confine delle aree delle società interessate.
In riferimento all’articolo 9 del Bollettino n. 90,  che dice:
il controllo e le verifiche sono demandate al Comune, la Regione Puglia Servizio Energia, Reti e Infrastrutture materiali per lo sviluppo si riserva ogni successivo ulteriore accertamento…, chiediamo che siano monitorate, mediante l’Ufficio Tecnico e la vigilanza edilizia, le attività degli impianti relativi alle Autorizzazioni Uniche rilasciate alle Società SunRay Italy S.r.l. ed alla Società Fotowatio Italia Galatina S.r.l.. 

Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 14/09/2007 @ 23:47:09, in NohaBlog, linkato 5087 volte)
"Questo - Scritto in memoria di Zeffirino Rizzelli - di Antonio Mellone è il testo integrale dell'articolo del quale su "il Galatino" del 14 settembre 2007 è apparso un ampio stralcio. Rendiamo omaggio anche noi del sito www.noha.it alla memoria del prof. Rizzelli che tanto amò anche Noha e la sua Storia".

Scritto in memoria di Zeffirino Rizzelli

Zeffirino RizzelliHo incontrato il prof. Zeffirino Rizzelli per l’ultima volta il 14 luglio scorso. Conobbi di persona il professore nel corso dei primi anni ’90 del novecento (di fama però lo conoscevo da sempre). E negli ultimi, diciamo, quindici anni, mi incontravo volentieri con lui e con una certa continuità. Soprattutto per consegnargli brevi manu (prima dell’avvento nella mia vita della posta elettronica) i miei articoli che (tranne uno, come dirò) il direttore pubblicava sempre integralmente sul suo il Galatino. Ci incontravamo di sabato al Convitto Colonna presso il distretto scolastico, prima che questa istituzione chiudesse definitivamente i battenti; qualche volta nella sede del giornale in largo Bianchini; negli ultimissimi anni invece più frequentemente a casa sua, in un salottino, quando non nella sua bella biblioteca, in un altro lato dell’abitazione. Era sempre gentile con me il professore, come credo lo fosse con tutti quelli con i quali aveva commercio di pensieri e parole.
Parlavamo di tutto. Ma non era uno scambio alla pari; la partita doppia non poteva essere applicata a quegli incontri: tra i due chi si arricchiva era il sottoscritto. Ero al cospetto di un gigante della scrittura (e non solo della scrittura), eppure quel titano ti metteva a tuo agio non facendoti sentire un pigmeo.
L’ultima volta, dunque, nel luglio di quest’anno andai pimpante per consegnargli, fresco di stampa e di tornio, il mio libello di “Scritti in Onore di Antonio Antonaci” per il quale il professore aveva steso un bel saggio introduttivo (saggio che mi aveva consegnato verso la fine del mese di febbraio di quest’anno 2007, allorché mi invitò anche a tenere – come tenni - una lezione sulla Storia di Noha all’Università Popolare “A. Vallone” di Galatina presso il Palazzo della Cultura: il che per me era, ancora una volta, un inaspettato onore).
Ebbene, Zeffirino Rizzelli mi ha onorato molte volte: con il pubblicarmi sul suo giornale, con lo scrivere saggi introduttivi ai miei scritti, con l’invitarmi a tenere una lezione all’Università Popolare, con il recensire sul suo giornale qualche mio libercolo. Un paio di volte mi onorò ancora invitandomi anche a “scendere in politica”; ma declinai questo invito preferendo essere a tutt’altre faccende affaccendato. Mi onorò della sua presenza allorché lo invitai presso il circolo culturale “Tre Torri” di Noha, dove tenne una magistrale lezione sulla antica e nobile famiglia “De Noha”, e quando venne a casa mia nel maggio del 2006 allorché in forma privata ed in maniera molto semplice si festeggiò, insieme ad altri, la nuova edizione del mio libro “Noha, storia arte e leggenda”, scritto a quattro mani con il p. Francesco D’Acquarica (libro del quale il professore aveva pure stilato una generosa presentazione). Insomma: il prof. Rizzelli mi onorava della sua amicizia.

*

Una volta, era il 1996, il professore si rifiutò di pubblicare un mio articolo, l’unico che venne, diciamo, “censurato” dal direttore: era un articolo che decantava le opere del Rizzelli, sindaco di Galatina. Così mi scrisse in una sua garbata lettera di spiegazioni: “… Non posso pubblicare sul mio giornale il tuo articolo. Questo non perché falsa modestia mi induce a rigorose valutazioni, ma perché siamo in campagna elettorale, tempo in cui si arriva a strumentalizzare anche ciò che strumentalizzabile non è. […]  Chi lo ha scritto è, certamente, lontano le mille miglia da sentimenti di riverenza o peggio ancora di servilismo…”.
C’era in quelle parole anche e soprattutto ritrosia ed umiltà. Chiunque altro, trovandosi nella sua stessa posizione, e non solo per mania di protagonismo, avrebbe pubblicato in grassetto o a caratteri cubitali quelle considerazioni!
Scritto in onore: quell’articolo era redatto ad  honorem.
Ho, in effetti, il pallino degli scritti in onore, che mi sembra abbiano un valore incommensurabilmente più grande degli scritti in memoria. Non è questione di consecutio temporum: è che tra una strada facile ed una difficile mi hanno insegnato a percorrere quella più difficile ed impervia (non fosse altro che per allenamento). Lo scritto in memoria è di gran lunga il più facile da redigere, ma quello che forse ha minor valore.
Si scrivano allora dieci, cento, mille “Scritti in Onore” (in onore di chi è ancora fra noi e lo meriti, s’intende), si riempiano le biblioteche e le librerie, ma non siano scritti di circostanza, o peggio ancora di celebrazioni servili.
E’ molto più difficile scrivere in onore, cercando di essere comunque liberi da “servo encomio” come pure servi “di codardo oltraggio”, che scritti in memoria.
Gli scritti in memoria li sanno fare più o meno tutti. Dopo, però.
Sicché dedicai al professore un articolo intitolato appunto: “Scritto in Onore di Zeffirino Rizzelli”. L’articolo con qualche piccola variante era proprio quello nato dieci anni prima, e rimasto per volontà del direttore pro-tempore nel cassetto. Quell’articolo attese così 10 anni al buio, ma vide finalmente la luce sul numero de il Galatino del 15 settembre 2006, il primissimo a direzione piena di Rossano Marra che stavolta non indugiò nemmeno un attimo a pubblicarlo. Quell’articolo certamente è nulla in confronto all’onore che Rizzelli mi aveva riservato in più occasioni. Era ed è quel brano - ed in fondo anche il presente, steso questa volta purtroppo in memoria - solo un tassello che dimostrasse (se mai ce ne fosse stato il bisogno) la grandezza dell’Uomo ed il lustro dato dalla persona e dall’opera di Zeffirino Rizzelli alla città di Galatina e a tutto il Salento.

*

Come dicevo, ho incontrato il prof. Zeffirino Rizzelli per l’ultima volta la mattina di sabato del 14 luglio scorso. Era a casa sua, seduto sulla sua poltrona; in ordine, sul tavolino del soggiorno, i suoi giornali, freschi di stampa, pronti per esser letti per filo e per segno.
Era consapevole della sua malattia e dell’ora alla quale andava incontro.
Io cercai di dirgli: “Ma professore, non dica così: noi tutti abbiamo ancora e sempre bisogno di Lei”. Mi rispose con uno sguardo sereno che non dimenticherò mai più. Fu un’altra lezione di dignità.
Ci salutammo, dopo un po’. Ma non mi accompagnò all’uscita come aveva sempre fatto. I dolori glielo impedivano. Mi strinse ancora una volta con vigore la mano. La sua mano; quella mano di scrittore! Sembrava mi dicesse in quel saluto: “tutto è compiuto”.
Mi voltai per vederlo un’altra volta ancora, e poi me ne andai. Il mio spirito era greve…
La notizia della sua morte, giuntami a Putignano, dove lavoro, per il tramite di un amico, la mattina del 29 agosto scorso, non mi colse di sorpresa. In un certo qual modo ero preparato. E sereno. Di quella serenità d’animo che solo il professore sapeva trasmetterti.

Antonio Mellone

 

NOI SIAMO PER IL FOTOVOLTAICO RAGIONATO, PER L’AUTOPRODUZIONE DI ENERGIA SUI TETTI DELLE NOSTRE CASE  E PER UN VERO RISPARMIO DEI COSTI DELL’ENERGIA!

IL FOTOVOLTAICO E’ NATO PER DIFENDERE IL TERRITORIO NON PER DISTRUGGERLO, COME INVECE STANNO FACENDO NELLA NOSTRA campagna.

NOHA dovrà sorbirsi un impianto di circa 200 HA, diviso in 15 lotti, UN IMPIANTO ENORME

che porterà un impoverimento del nostro territorio

E’ stata svenduta la “TERRA” di Noha, l’unica vera fonte di ricchezza per la popolazione.

COSA LASCEREMO AI NOSTRI FIGLI? Cosa mostreremo ai turisti?

I nostri padri con tanto sacrificio ci hanno tramandato fertili terre, uliveti secolari, beni culturali, vigneti,  prelibatezza di prodotti, ed ora le grosse multinazionali trasformeranno tutto ciò in distese enormi di pannelli argentati!

ECCO 10 MOTIVI PER RESPINGERE L’ INVASIONE DELLA SPECULAZIONE DEL FOTOVOLTAICO AGRICOLO CHE STA PER CIRCONDARE NOHA:

 

1)      Gli incentivi statali che incassano le società del fotovoltaico li paghiamo noi sulle bollette bimestrali della luce, senza avere alcuna riduzione dei costi dell’energia;

 

2)      Nessuno ha il coraggio di dichiarare che estensioni così grandi e concentrate non sono dannose per la salute umana.

 

3)      I cavi che accumulano e trasportano l’energia accumulata dai pannelli vengono interrati lungo strade e sentieri che i cittadini hanno la necessità di percorrere e sono la fonte di campi magnetici;

 

4)      Grandi estensioni concentrate di pannelli di silicio sovvertono il microclima, disturbano la fauna e le migrazioni.

 

5)       I costi per lo smaltimento dei materiali scaduti (gli impianti si esauriscono dopo 10-15 anni) e per il ripristino della terra sono altissimi, molto ma molto superiore all’introito economico ricavato dagli affitti.

 

6)      Per impedire alla vegetazione di crescere avvelenano la terra inquinando le falde acquifere, l’acqua che è il nostro bene più prezioso insieme alla terra ed all’aria!

 

7)      Grandi estensioni di pannelli di silicio concentrate in una stessa area desertificano (TIPO DESERTO DEL SHARA) le campagne un tempo rigogliose;

 

8)      Le grandi estensioni di campi di fotovoltaico impoveriscono economicamente il territorio in quanto sottraggono terra all’agricoltura;

 

9)      Non danno diretti posti di lavoro, ma accrescono il precariato;

 

10)   I miseri benefici che ne derivano alle amministrazioni non sono minimamente comparabili con il sacrificio che subisce la terra e la popolazione.

 

Il Comitato

 
Di Fabrizio Vincenti (del 02/02/2013 @ 23:28:57, in Lettere, linkato 3524 volte)

All’alba delle elezioni politiche, Noha si barderà per la festa. Certamente qualcuno verrà a chiederci il voto dicendoci: “Io sono meglio degli altri”. Così si da inizio al dilemma: “Chi voterò questa volta?”. Stranamente poi, chi se lo chiede, ha già provato a votare prima per uno schieramento, poi  per un altro, con la speranza che i due non sono la medesima cosa e che dunque o l’uno o l’altro è la scelta giusta. Poi però ci si accorge che, il giorno dopo aver votato o per l’uno o per l’altro, chiunque vada a governare, le cose non cambiano. Ed è qui che il mistero si fa più fitto: a cosa è servito votare? Sicuramente a far prendere vitalizi agli uni piuttosto che agli altri. Che senso hanno quei tremila voti di Noha se nulla cambia? Io non ricordo differenze eclatanti tra i vari governi. Noha , come il resto d’Italia, vive le stesse difficoltà di sempre. Noha vota per i motivi qui di seguito riportati: creare occupazione per giovani e donne; diminuire la pressione fiscale e incrementare il benessere delle famiglie; formulare delle agevolazioni per i meno abbienti e per chi è affetto da malattie; salvaguardare la natura e il territorio, la salute e l’istruzione; incrementare la ricerca e lo sviluppo; tagliare sprechi nella pubblica amministrazione e fondi per le spese militari; incrementare il turismo orientando attenzione e sforzi verso beni artistici e culturali; eliminare quanto più possibile la burocrazia facendo risparmiare tempo e denaro, impiegandoli per altre risorse; eliminare finanziamenti pubblici a chi non ha requisiti e a chi non se li merita; estirpare la criminalità e le mafie dal tessuto sociale recuperando fior di miliardi di euro da investire in risorse umane; facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro riducendo al minimo il fenomeno del precariato e agevolando le assunzioni a tempo indeterminato; diminuire le trattenute in busta paga per rilanciare l’economia reale; legiferare in materia di speculazione economica evitando di salvare con i nostri sacrifici le banche dissennate; cancellare il gioco d’azzardo e aumentare il prelievo fiscale ai grandi patrimoni, non solo immobiliari; dichiarare guerra aperta al carovita; ridurre al minimo l’inquinamento atmosferico; individuare una legge veramente efficace contro la corruzione; ridurre al minimo le spese per la politica e i partiti; mettere un tetto massimo etico e decente per gli stipendi dei dirigenti pubblici; ridare la dignità ai pensionati; etc…! Insomma, tutto questo è lo scopo per cui votiamo. Alla gente di Noha, alle nostre famiglie, a piazza San Michele, alla Trozza, alla masseria Colabaldi, alle case Rosse, ad ogni singolo cittadino nohano serve questo. E invece? E invece si parla di premio di maggioranza, di spred che interessa più gli investimenti delle banche che i nostri, di nozze gay, di bipolarismo, di europeismo, di redditometro… A proposito di redditometro: cosa interessa a Noha il redditometro? Hanno impostato una campagna elettorale sul redditometro, un programmino di scuola materna dove si gioca con il colore verde o rosso! Vi prego, cara gente di Noha, apriamo la mente. Con tutti i problemi che ci sono, vogliono concentrare la nostra attenzione sulle sciocchezze! Il redditometro! Quando andremo a votare, cari nohani, andiamoci in massa, ma il giorno dopo vietiamo a questi quattro politicanti di smontare le loro “impalcature comiziali” perché, dopo che abbiamo messo la nostra “ics”, su quei palchetti improvvisati di piazza San Michele, dobbiamo salirci tutti noi per controllare che il nostro voto serva a quello per cui siamo andati a votare. In fondo è questa la politica che è come la libertà, quella che Gaber definiva “PARTECIPAZIONE” non solo al voto ma anche e soprattutto dopo il voto.

Fabrizio Vincenti
 
Di Albino Campa (del 13/05/2012 @ 23:25:20, in Cultura, linkato 3869 volte)

Eccovi di seguito il primo dei tre contributi alla Storia di Noha scaturiti dalle ricerche continue del nostro P. Francesco D'Acquarica

Leggendo gli antichi registri dell’archivio parrocchiale di Nona, la prima cosa curiosa che appare evidente che nel 1600-1700 gli abitanti si sono mescolati con molta gente proveniente da altri paesi. Quasi sempre tutta gente del Salento, ma a volte anche da paesi più lontani,  si è inserita nella comunità di Noha o per motivi di matrimonio, ma anche per motivi di lavoro, a volte semplicemente sono di passaggio perché invitati a essere padrini di battesimo o testimoni di uno sposalizio.
Così ho scoperto che anche i miei avi sono di origine della “Terra di Galatone”, perché il 28 gennaio del 1770 un “Angelo della Terra di Galatone”, come recita il seguente documento in latino ecclesiastico in hac mea ecclesia Angelum D'Acquarica Terre Galato­ne et Teresiam Paglialonga de Nohe ambos sponsos novellos et eorum mutuo consensu habito per verba de presenti in matrimonio coniunxi, che tradotto vuol dire: “in questa mia chiesa Angelo D’Acquarica della Terra di Galatone e Teresa Paglialonga di Noha, tutti e due sposi novelli, avuto il loro mutuo consenso, ho unito in matrimonio”.
Nei registri in questione di una persona si può trovare l’annotazione per esempio “del casal di Nohe” oppure “di Nohe” se uno abitava nell’abitato“, oppure “commorante in Nohe” se uno abitava nell’abitato di Noha ma proveniva da altri paesi, oppure “della Terra di Noha”  quando uno era residente nel territorio di Noha. Perciò “della Terra di Galatone” significa che era del territorio di Galatone,  e quindi confinante con le campagne di Noha: basti pensare alla masseria Roncella con la sua campagna molto vicina a Galatone.

Riporto qui alla rinfusa i nomi dei paesi dai quali proviene gente che si è stabilita a Noha in quegli anni.
Troviamo dunque persone di Zollino, di Corigliano, di Melpignano, di Aradeo, di Galatina, di Galatone, di Sogliano, della Città di Lecce, di Cutrofiano, di Gallipoli, di Seclì,  di Soleto, di Otranto.
Ci sono anche cittadini di Andrano, Arnesano, Botrugno, Calimera, Casarano, Castrignano dei Greci, Cavallino,  Collemeto, Copertino, Cursi, Lequile, Maglie, Muro, Matino, Martignano, Minervino, Monteroni, Montesardo, Nardò, Neviano, Parabita, S. Donato di Lecce, Putignano,  S.Pietro in Lama, Salve, S. Cesario, Specchia, Spongano, Sternatia, Supersano, Torre Paduli, Ruggiano, Traviano, Tuglie, Tricase, Uggiano, Ugento, Veglie, Vitigliano.
Chiaramente i più provengono da Galatina, Aradeo, Cutrofiano, Galatone, Soleto e Sogliano.
Ma c’è anche chi viene da Altamura, da Erchie, da Molfetta, da Bisceglie, da Putignano, Saragnano di Salerno e perfino da Ferrara, da Napoli,  e anche da paesi scomparsi. Nel 1704 è annotato un certo “Mastro Muzio de Laurenzo di Dipignano Provincia della Calabria citra”.

Come mai questo afflusso a Noha di tanta gente da “fuori” ?
Dopo l’invasione dei Turchi del 1480 e la strage di Otranto, anche Noha era stata toccata da questo flagello e la gente non sentendosi al sicuro aveva abbandonato l’abitato. Nel 1700 perciò troviamo persone (quasi sempre di Corigliano ) dette affittatori o affittatrici, che si danno da fare per ricostruire le case diroccate e facilitare l’inserimento nella Baronia di Noha di nuove popolazioni.
Una importante declaratio conservata nell’Archivio di Stato di Lecce ci attesta che nel 1700 l'affitatore di Noha, un certo Evaristo Peschiulli di Corigliano ma residente a Noha, riuscì a richiamare nell'abitato oltre 50 cittadini che prima erano dispersi nella campagna, permettendo loro di fabbricare case, sicchè nel detto casale si vedono moltissime case noviter rifatte e molte risarcite, dove prima altro non si vedeva che case sgarrate et inhabitatae.

Il modo di contare le ore

Faccio notare anche il modo di indicare sia l'età e sia l'ora. Quasi sempre si dice "circa". E' chiaro che non c'era l'anagrafe e neanche gli orologi a portata di tutti. Di una persona si poteva dire che aveva "circa" 32 anni perchè non aveva il certificato di nascita. E se erano le ore 18, si diceva "circa", perchè era sufficiente guardare il sole e non l'orologio, dando così l'ora approssimativa.
Potrebbe accadere di rimanere perplessi nel leggere le indicazioni di orari che troviamo riportati nei documenti dell’antico archivio parrocchiale di Noha.
Citiamo l’episodio più significativo come esempio. Si tratta di quello che accadde  il  20 Marzo del 1740 e che il Vice parroco di turno don Felice De Magistris ci ha tramandato raccontandolo come fosse un miracolo, come fosse stata una grazia attribuita all’intercessione di S. Michele.  La descrizione del fatto  comincia così:
Ad hore mezza della notte giorno di Domenica nella Congregazione di S.Maria delle Grazie haveva io colli fratelli incominciato l'esercizio della Congregazione…
E poi conclude: e licenziai il popolo verso le quattro hore della notte non volendo in nissuna maniera uscirne il popolo lacrimante.
Non può essere che la riunione di catechesi ai confratelli della Confraternita della Madonna delle Grazie si tenesse a mezzanotte e che poi, dopo l’evento strepitoso, abbia licenziato tutti verso le 4 della notte.
Leggiamo il racconto completo che oggi con il nostro razionalismo esagerato, andremmo più cauti nel dire che quanto ora riporto sia un vero miracolo.

Nohe li 20 Marzo del 1740 - Ad hore mezza della notte giorno di Domenica nella Congregazione di S. Maria delle Grazie haveva io colli fratelli incominciato l'esercizio della Congregazione: voltatosi un temporale tempestoso che non mai sene haveva così veduto, e tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli per l'aria,  S.Michele havendosi da se stesso tirato il velo che lo copriva havendolono visto coll'occhi molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano facendo orazione e di subbito diedero notizia a me sottoscritto che mi ritrovava dentro la detta Congregazione, ed io andato con tutto il popolo cantai le Litanie Maggiori havendo primieramente esposto sopra l'Altare del Glorioso S. Michele le reliquie di questa parrocchiale, e fu tanto lo terrore e lo spavento del miracolo perchè vedeva ogn'uno la faccia del Santo tutta smunta di colore ed imbianchita come la stessa lastra che tenivo ed havendosi da me fatto un sermone al popolo finì la funzione con una disciplina pubblica, e licenziai il popolo verso le quattro hore della notte non volendo in nissuna maniera uscirne il popolo lacrimante ed incenerito per lo spettacolo e spavento del tempo che fuori cessò per l'intercessione del Protettore. Ita est Don Felice de Magistris, sustituto.

A parte il racconto che dà l'impressione di gente terrorizzata sia per il temporale e sia per il prodigio, siamo informati dell'orario della catechesi ai confratelli della Congregazione (ad hore mezza della notte giorno di Domenica), anche le donne sono in chiesa per pregare a quell'ora (molte donne che dentro la Chiesa si ritrovavano  facendo oratione), ci viene anche fatto capire che la chiesa aveva il tetto coperto di tegole (tanto impetuoso e spaventevole che ne menava li tecoli dei tetti per l'aria).
Per orizzontarsi e comprendere il senso, è bene tener presente che i fusi orari non c’entrano nulla e che in tutto il Medioevo fino a metà del 1800 c’era un modo diverso di contare le ore.
Punto di riferimento era la luce del sole.
Nel passato si misuravano le ore mediante le ombre proiettate dal sole nel suo moto apparente (meridiane) o tramite il lento scorrimento dell’acqua o della sabbia in appositi recipienti (clessidre) o anche dal tempo necessario per bruciare un pezzo di corda, per consumare una candela o l’olio di una lucerna. 
I Romani adottarono la stessa divisione del giorno e della notte usata dai Greci: mane l’inizio del giorno, meridies il mezzogiorno, solis occasu il tramonto e media nox la mezzanotte.
Naturalmente al calar del sole si attennero in seguito anche gli Italiani e questa divisione tra giorno e notte fu osservata lungamente nei monasteri e nell’ambito della Chiesa cattolica e per tutto il Medioevo. Tanto che ancora oggi il sabato sera si celebra la così detta “prefestiva” , perché il sabato sera è già l’inizio del nuovo giorno che è la domenica.
Quest’ uso fu l’unico in vigore in Italia dal Medioevo al Settecento, e scomparve definitivamente solo nella prima metà dell’Ottocento. Ad esso dunque si riferiscono le indicazioni che si leggono nei testi italiani di questi secoli e anche le annotazioni dei nostri registri parrocchiali.
E siccome d’estate il giorno con la luce solare è più lungo di quello invernale bisogna tener conto del periodo aprile-settembre che è circa di un’ora di luce in più dal  periodo ottobre-marzo. Diremo allora aprile-settembre ora estiva e ottobre-marzo ora invernale.
In conclusione si può dire che le nostre ore 12 (o mezzogiorno) corrispondevano alle ore 18 del Medioevo nel periodo invernale e per il periodo estivo anticipando di un’ora circa, e le nostre ore 18 diventavano mezzanotte per il Medioevo.
Perciò per capire il significato degli orari scritti nei nostri registri parrocchiali si potrebbe tenere presente questo schema:

Orario attuale che corrisponde all’ Orario medioevale
Ore  24 della notte                        =         alle ore          6 del Mattino
            1                                              =                                 7
            2                                             =                                 8
            3                                             =                                 9
            4                                             =                                 10
            5                                             =                                 11
            6 del mattino                     =                                 12
            7                                             =                                 13
            8                                             =                                 14
            9                                             =                                 15
            10                                           =                                 16
            11                                            =                                 17
            12 mezzogiorno     =                                             18
            13                                            =                                 19
            14                                           =                                 20
            15                                            =                                 21
            16                                           =                                 22
            17                                            =                                 23
            18                                           =                                 24
            19                                           =                                 1
            20                                           =                                 2
            21                                            =                                 3         
            22                                           =                                 4
            23                                           =                                 5
            24                                          =                                 6

Quindi l’hora mezza della notte del documento in questione, tenuto conto che nel mese di marzo siamo ancora nel periodo invernale, erano circa le nostre ore 18 e la gente fu licenziata verso le quattro hore della notte e cioè verso le nostre ore 22.

Verso il terzo decennio del 1800 nei nostri registri cominciamo a trovare anche la dicitura “le ore d’Italia” per dire la stessa cosa che abbiamo appena spiegato.

Qualche conferma dagli stessi documenti:
* Le 23 Aprile del 1776 - Ursola Carletta vedova d'anni 80 circa, passò da questa a meglio vita ad ore 24 del giorno, al tramontare del sole.
Qui è detto chiaramente che le ore 24 corrispondono al tramontare del sole.

* Le 13 Febraro dell'anno 1781 - Giovanna Donno vedova del quondam Giacinto Lazoi coniugi un tempo di questa Terra di Nohe, in età di anni 50 circa fece passaggio da questa a meglior vita à dì sudetto;, alle ore 23 circa del giorno al decader del sole, diede la sua anima al suo Creatore.
Anche qui è chiaro che le ore 23 circa è verso il tramontare del sole.

La mammana

Se poi si trattava di un bambino nato in pericolo di morte, bisognava preoccuparsi di dargli subito il battesimo. In questo caso di solito era la mammana o ostetrica, pratica nel suo ministero,  che dava il sacramento. Il parroco poi in chiesa, se il bambino non moriva subito, faceva gli altri riti e preghiere come dal Rituale. E molto spesso capita che il parroco annota che la mammana aveva dato l'aqua in casa per il pericolo imminente che vi era quando naque.
Quella che il popolo chiamava  mammana, è indicata con il termine dotto di  ostatrice  (da ob - stare per la funzione e la posizione che assumeva rispetto alla partoriente) e poi di levatrice. I nomi di queste persone compaiono spesso anche come testimoni del battesimo al neonato.

Qualche esempio.
* 25 Aprile 1810 - Pietro Paschale Aloisio …  nella mia Parrochiale Chiesa battezato … li Patrini nel sacro fonte furono il Parroco assi­stente e l'ostatrice che lo portava al Battesimo.
* 3 Gennaro 1811 - Salvadore Silvestro Leonardo … li Patrini nel sacro fonte furono Vito Pirro di Cotrofiano qui degente e l'ostatrice seu Mammana.
* 6 Febraro 1820 - Leonarda Maria … uscì in luce alle ore dodici del giorno e perchè era in pericolo, dalla ostatrice fu battezata dandoli la forma dell'acque, dopo due ore se ne morì.
* 16 Aprile 1820 - Piero Paulo … li Padrini nel sagro fonte furono Vita Orlando ostatrice ed il Parroco assistente. 
* 4 Ottobre 1820 - Angelo Leonardo …  li Padrini nel sagro fonte furono il parroco assistente e Felice Vittoria ostatrice di S. Pietro Galatina.
* 11 Settembre 1821 - Mi è stato portato in Chiesa un esposito ritrovato nel suburbio di Nohe da Padri incerti procreato per nome Liberato ed è stato da me sottoscritto Arciprete nella mia Parrochiale Chiesa batte­zato, li padrini nel sagro fonte furono Domenico Paglialonga di Nohe e l'ostatrice Maria Aloisi.
* Adì 4 Maggio 1693 - Domenico Antonio figlio di Donato Scrimieri e di Antonia Gioyusa coniugi di questo casale di Nohe, naquè ad hore 15 in circa, il quale per l'imminente pericolo di morte fu battezzato in casa da Giovanna Vonghia Mammana e poi à dì 7 detto il sudetto infante che fu battezzato in casa, si portò in chiesa … ecc. ecc.

Ma chi erano queste levatrici ?
I registri molto spesso dicono che al momento del battesimo c’è anche l’ostetrica senza specificarne il nome;  ma alcune volte è annotato. Così sappiamo che:
Nel 1693 la mammana di Noha era Giovanna Vonghia.
Nel 1701 l’ostetrica si chiamava Marca Grassa.
Nel 1736 l’ostetrica era Maddalena Birtolo.
Nel 1774 Rosa Palombo detta ammammana.
Nel 1777 troviamo registrata Antonia Boccassi.
Nel 1790  era Antonia Napoletano.
Nel 1820 era Vita Orlando
Nel 1821 la mammana era Maria Aloisi.
Ma troviamo anche:
Francesca Quaglia ostetrice della Terra di Seclì,
Felice Vittoria ostatrice di Sanpietroingalatina,
Francesc'Ant.a Coluccia di Aradeo pubblica ostetrice,
Lucia Mosco ostetrice della Terra di S.P. in Galatina per il suo officio chiamata...
Oggi questa situazione di emergenza non accade più perchè i bambini nascono in ospedale.
E' da notare che quasi sempre i padrini di battesimo sono un uomo e una donna qualunque, i più disponibili per essere presenti al momento del sacramento. Nei matrimoni invece i testimoni sono sempre due uomini. Ovviamente non c'erano le grandi feste di oggi, nè grandi regali, fotografi o rinfreschi e pranzi al ristorante.

 
Di Antonio Mellone (del 11/08/2012 @ 23:23:09, in Cultura, linkato 3312 volte)

Il mio Salento non è terra da movida. Non è spiagge con lettini a castello e musica da discoteca sparata a palla da dee-jay svampiti. Non traffico diurno e notturno alla disperata ricerca di un parcheggio a pagamento, abusivo ed esaurito. Non è turisti di massa local e global schiamazzanti e starnazzanti come novelle oche nel Campidoglio messapico. Non baccanali e suq di distrattismo effimero e perdigiorno. Non sabbia e scogli privati con sdraio e ombrelloni omologati, pur su lignee piattaforme posticce. Non mare nostrum abbacinato di notte dalla luce di fari potenti con il mirino puntato verso il pelo dell’acqua del litorale, sì da rendere più trendy gli happy hour al buffet di barruechi in riva al mare. Non deserti samsahariani con incolonnamenti e colli di bottiglia stile Bombay. Non villette schierate come un plotone di esecuzione di fronte al mare o in aperta campagna. Non case in semicerchio quale corona di spine conficcate nelle dune della spiaggia, un tempo segno e sogno di bellezza e libertà. Non rifiuti sparpagliati sull’arenile, o nascosti sotto. Non eco-mostri, pugno nell’occhio delle tante rivabelle-chiamatemi. Non autostrade che spianano ulivi per correre a quattro corsie verso il finibus terrae (stavolta nomen omen). Non antichi borghi trasformati in una sequenza interminabile di bar, pub, pizzerie e ristoranti (con cibi importati da chissà dove). Non spettacolini la sera e precari animatori da villaggio adibiti al divertimento di questo turismo grasso, sudato, inebetito. Non masse di pecoroni che percorrono strade e centri antichi e meravigliosi (risultato di storia e di fantasmi aggrappati alle volte dei secoli) di cui non sanno né hanno intenzione di conoscer nulla.           

Il mio Salento è un’altra cosa. Il mio Salento è meno eventi (transeunti) e più cultura (permanente). Il mio Salento, forse, è tourist free.

Come lo è Noha. Ma non diciamolo troppo in giro.

 
Di Albino Campa (del 21/05/2009 @ 23:19:52, in S.Maria della Porta, linkato 4190 volte)

pisanello-2.jpg S. Maria della porta nell’antico casale scomparso di Pisanello ed i suoi segreti. Pisanello fu un casale bizantino come si evince da un documento risalente al 1427 ed era ubicato tra Noha, Sogliano, Galatina, in una favorevole posizione viaria. La sua fondazione corrisponde alla tipologia insediativa “basiliana” che presuppone un ruolo di polo attrattivo svolto da un luogo di culto come appunto quello di S. Maria della Porta, di altre cappelle come S. Anna, presso il casale vicino di Pisano, S. Antonio, S. Maria di Cantalupo, S. Nicola, S. Eulalia, S. Maria della Candelora e di altre chiese rurali ormai scomparse che crearono nella zona una vasta trama di sedi di culto.
Una stele con una iscrizione messapica del IV secolo a.C., trovata nel 1882 ed attualmente visibile al museo civico Cavoti di Galatina, i resti di vasi in terracotta rinvenuti nella zona e la presenza di frammenti di ceramica risalenti allo stesso periodo ritrovati in un campo posto ai confini di ponente della contrada di proprietà della famiglia Giannini, ci possono far pensare ad un insediamento messapico nella zona. Infatti l’enorme quantità di frammenti, la varietà delle fatture dei vasi, la loro concentrazione fanno presumere che in questa zona poteva esistere una fornace con centro di vendita oppure un grosso centro commerciale distrutto per cause ignote . pisanello-1.jpg
Una leggenda vuole il passaggio di S. Pietro in questa contrada. L’apostolo, provenendo da Otranto, avrebbe sostato e riposato su di masso esistente nella zona. Anche le leggende, però, vanno alimentate, così il celebre vescovo di Otranto, ma dimorante a Galatina, Gabriele Adarso De Santader nel 1670 trasferì questa pietra dalla contrada dove si trovava alla chiesa matrice dove attualmente è conservata, lasciando sul posto una colonna con l’iscrizione memoriale ” hic S. Petri defessi levamen ” qui riposò le stanche membra l’apostolo Pietro.
Il De Giorgi inoltre attribuisce la distruzione del casale ai soliti saraceni; interessante a questo proposito una graziosa filastrocca raccolta dal Casotti nel libro “Opuscoli rari” edito a Firenze nel 1874, ed alludente alle “acchiature “ cioè i tesori nascosti del territorio: ” Pisano e Pisanello distrutti fur dai mori sotto l’altar maggiore si trovano i tesori “. Questo episodio può essere avvenuto nel V secolo con le guerre gotiche oppure nel 944 per opera di pirati algerini, oppure di mori che altro non sono che i turchi i quali, conquistato Otranto nell’ agosto del 1480, rivolsero le attenzioni con brevi scorrerie all’interno del territorio salentino. In una di queste incursioni, in cui perse la vita il conte Giulio Antonio Acquaviva di Conversano il 7 Febbraio del 1481 , vennero messi a fuoco non solo Soleto e Galatina, ma anche tutti quei piccoli casali senza mura che, da quel momento in poi, rimangono disabitati. Non a caso dalle visite pastorali e dai sinodi otrantini che vanno dall’inizio del XV secolo fino alla fine del XVII il casale Pisanello è riportato come loco inabitato.
Dai registri angioini il casale risulta infeudato fin dal tempo di Carlo I d’Angiò che lo aveva concesso a Boemondo Pisanello e che alla sua morte era passato al figlio Guglielmo il 13 Settembre 1275. Succeduta al padre Guglielmo, Caterina Pisanello nel 1329 porta in dote al marito una vasta baronia che oltre a Pisanello comprendeva Alliste, Felline e quote di Carpignano, Tutino, Puzzomanno, Pisignano ecc.. Durante il XIV secolo Pisanello era incluso nei territori di Gualtiero VI di Brienne conte di Lecce, nel 1353 fu infeudato a Filippo di Altomonte, successivamente nel XV secolo agli Alami. Nello stesso secolo passò a Luigi Dell’Acaia poi a Vincenzo e Antonio De Noha, anche se nel 1489 Antonello De Noha, indebitato per oltre 104 ducati verso i fratelli Zaccaria di Venezia, subisce il pignoramento di Pisanello e Noha . La famiglia d’Acaya lo possiede fino al 1525.
Le nozze tra Adriana De Noha e Girolamo Montenegro mutarono l’intestazione feudale a nome dei Montenegro. Dopo un breve possesso di Orazio Guarini, che aveva acquistato Pisanello nel 1606, il territorio entrò a far parte della vastissima baronia degli Spinola con Galatina , Soleto, Noha, ecc. Da un documento presente nell’archivio di stato del notaio Emilio Arlotta del 22 Luglio 1906, registrato al n° 93 del repertorio generale ed al n°610 dello speciale, relativo alla domanda di separazione di Noha dal comune di Galatina, risulta che Noha ebbe autonomia comunale fino al 1811, quando venne fagocitata dalla potente Galatina. Dal documento si evince anche che Pisanello, suffeudo di Noha sin dal 1200 fino all’epoca catastale, ha gli stessi diritti del feudo di Noha a cui era legato. Infatti molti documenti del casale di Pisanello sono legati alle vicende del feudo di Noha, come risulta da un documento di un contratto del 1439 con il quale Boezio De Noha compra dal principe Giovanni Antonio Orsini Del Balzo i possedimenti di Sava e Giurdignano avendo già Pisanello, Villanova, Alliste, Felline ecc. e in questa direzione vanno fatte le prossime ricerche. Passando ora alla descrizione della cripta di S. Maria della Porta faremo alcune congiunture che sono ancora da verificare. La cripta situata lungo una strada campestre a pochi centinaia di metri dalla strada statale 476 è di proprietà delle sorelle Gaballo, ha l’invaso originale non più visibile. Questo invaso si potrebbe trovare sotto od attorno all’attuale complesso architettonico, costituito da un chiostro scavato e da una chiesa in muratura, datata 1889, con copertura a cupola di forma circolare. Sicuramente il chiostro di quello che doveva essere un cenobio basiliano scavato nel tenero tufo sul finire del XIX, secolo come abbiamo visto dall’iscrizione presente sul mosaico della chiesa circolare, diviene un cosiddetto giardino di delizia, prova ne sia appunto il mosaico che ricopre non solo la chiesa ma anche il chiostro con la presenza di gradino sedile, fontane e ninfei fatti con le conchiglie. Il cenobio basiliano era nell’attuale zona della chiesa che stranamente ha una forma circolare che ben si adatta alla zona dell’ingresso dell’antico monastero. Attualmente rimangono a testimoniarlo tutt’intorno alla chiesa un’intercapedine che, dietro all’altare, sembra portare ad un corridoio o “dromos” ed alle cellette dei monaci. L’antica cripta doveva avere tre navate divise in nove campate da quattro pilastri come nella cripta di S.Salvatore a Giurdignano. Inoltre la cripta, come altre chiese di rito greco, doveva essere triabsidata e con un’esposizione est-ovest.
Non ci sono tracce di arredi litoidi, iconostasi od altro tra “bema” e “naos”. Il chiostro con la chiesa si trova cinque metri sotto il piano della campagna e con l’edificazione del complesso edilizio di cui abbiamo riferito ha subito notevoli trasformazioni e, purtroppo, danni da parte di vandali o tombaroli poco attenti verso questo bene storico.

autore: Raimondo Rodia
Fonte: http://galatina.blogolandia.it

 
Di Redazione (del 13/04/2021 @ 23:18:46, in Comunicato Stampa, linkato 598 volte)

Sono state due giornate intense quelle appena trascorse al Centro Polivalente di Viale Don Bosco. Giornate frenetiche e piene, in cui tutti ci siamo preoccupati che ogni cosa procedesse secondo i piani e non ci fossero intoppi di alcun tipo.
Solo ora, al termine della seconda giornata, mi fermo un attimo per fare il punto e ringraziare chi si è speso senza se e senza ma, chi ha prestato servizio in prima linea per dare il proprio contributo alla campagna vaccinale, ma anche tutti quei cittadini che ordinatamente, con pazienza, educazione e fiducia nella scienza e nella medicina hanno atteso il loro turno e ricevuto la propria dose di speranza.
Per tirare le somme di queste prime due giornate, comunichiamo che sono state somministrate:
- 174 dosi di vaccino nella giornata di lunedì 12 aprile;
- 231 dosi di vaccino nella giornata di martedì 13 aprile.
Contiamo un totale di oltre 400 cittadini di età compresa tra i 70 e i 79 anni, appartenenti al distretto che ha beneficiato dell’hub messo in piedi dalla nostra amministrazione e gestito dall’Asl di Lecce, che hanno ricevuto la prima dose di vaccino.
Ricordiamo che resta regolarmente in funzione anche il punto vaccinale del distretto sanitario, per quel che riguarda le prime e le seconde dosi somministrate agli over 80, invitando ognuno di voi ad aiutarci ad uscire il prima possibile da questa situazione di emergenza. Fiducia e speranza sono fondamentali e noi, per ció che ci compete, ce la stiamo mettendo tutta!

 

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 18/05/2018 @ 23:08:54, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1564 volte)

Con Mons. Vetta e Mons. Nappi si chiude il l’ottocento. Nuovi vescovi e nuove storie di Nardò e di Noha ci attendono nelle prossime puntate.

La redazione

 

 

LUIGI VETTA (1805 – 1873)

Vescovo dal 20 aprile 1849 al 10 febbraio 1873

Dal 1849 al 1873 Pontefice era:

            Pio IX (1792-1878)                                       Papa dal 1846 al 1878

 

            Arciprete di Noha

            Don Michele Alessandrelli (1812-1882),       parroco dal 1847 al 1882

 

            Luigi Vetta, figlio di Angelo e di Maria Berchinio era nato nel 1805 ad Acquaviva Colle Croci, comune di Acquaviva, diocesi di Termoli, provincia di Campobasso. Studiò lettere e filosofia a Napoli. Il 20 aprile 1849 Pio IX, che si era ritirato a Gaeta invocando l’aiuto delle potenze cattoliche, dopo l’uccisione del presidente dei ministri dello stato pontificio Pellegrino Rossi, lo nominò Vescovo di Nardò.

            Dopo l’ingresso in diocesi decise  di iniziare la visita pastorale, per conoscere più da vicino il suo gregge, per porgere a tutti i suoi figli il suo saluto, la sua parola ed il suo conforto, per conoscere i desideri e le necessità dei medesimi e per poter prestare l’opportuno rimedio ai difetti ed ai mali morali. La indisse il 3 aprile ed il 7 la iniziò e dopo tre anni, il 10 aprile 1853, la portò a termine.

            Fin dall’inizio del suo episcopato si adoperò con tutte le forze per la ri-costruzione dell’episcopio, ed intanto, come i suoi predecessori, andò a risiedere in contrada le Cenate. Perciò le bolle di questo periodo sono datate non dalla curia o dal palazzo vescovile, ma dalla nostra residenza. Il 22 maggio 1850 ordinò al maestro muratore Donato Cimino di continuare i lavori, già iniziati per incarico del Lettieri, e, tre anni dopo, il rustico del palazzo era già pronto. Il 30 novembre 1853, il perito architetto Gregorio Nardò eseguì, per disposizione del Vetta, la stima finale dei lavori, dalla quale risulta che quelli del pianterreno comprendevano la costruzione dalle fondamenta di oltre quindici vani, una scala segreta, due portici, un grande arco di comunicazione tra il palazzo vescovile ed il seminario e la scala centrale con due piccoli ripostigli nel sottoscala; inoltre lavori di intonaco, di pavimentazione e di rifiniture in altri sette vani, già fatti costruire dal Lettieri.

            Il pianterreno richiese la somma di ducati 3.722,82. I lavori del primo piano, invece, comprendevano la costruzione del blasone della scala maggiore, di circa venti vani con accessori e della scala di accesso alla terrazza; inoltre lavori di intonaco, di pavimentazione e di rifiniture a tre vani costruiti prima. Il primo piano richiese la somma di ducati 5.309,69; per cui la somma complessiva fu di ducati 9.032,51.

            Nel febbraio 1854 il palazzo vescovile di Nardò era già completato anche nelle rifiniture.

 

          Il Vescovo Vetta si trovò a Nardò in un periodo storico molto turbolento (1860/1861), allorché il Regno delle due Sicilie fu sconvolto dai moti rivoluzionari per la cacciata della dinastia borbonica, dominante da molti anni, e per l’unificazione con il regno d’Italia, contrastati dalle soldatesche borboniche. Fu bersaglio di persecuzioni da parte dei liberali, fu vittima di violenze, subì il rapimento, l’allontanamento forzato dalla sede e dalla diocesi e il domicilio coatto.

            Nel ministero pastorale di questa diocesi fu coadiuvato dall’arcidiacono Giuseppe M. Leante che era il vicario generale, e dai provicari generali, proposito Francesco Toraldo, dal 1851 al 1858, canonico Salvatore Perrone, dal 1858 al 1872, e primicerio Vincenzo Marinaci, per qualche anno soltanto, nel 1869.

            Fu uno dei padri del concilio ecumenico vaticano I (1869- 1870), indetto da Pio IX, e prese parte alle varie sessioni.

            Verso la fine del 1867 fu colpito da una lunga e crudele malattia, che lo rese quasi immobile per molti anni e che egli sopportò con rassegnazione e con fortezza cristiana.

            Dopo ventiquattro anni di episcopato, all’età di 68 anni, il 10 febbraio 1873, alle ore 17, cessò di vivere. Fu sepolto nella chiesa della B. V. Incoronata, posta a qualche chilometro fuori le mura della città, e sulla tomba fu collocata l’epigrafe che sintetizza bene la sua vita e che qui riporto in italiano:

 

Gesù Maria

Qui riposa

LUIGI VETTA

da Acquaviva Colle - Croci

per circa 24 anni Vescovo di Nardò

Nelle discipline ecclesiastiche

e nelle lettere classiche

dotto

utile alla città e alla diocesi

frugale

assai munifico verso i poveri

la violenza la fuga l’esilio

con animo invitto

per la chiesa per la giustizia

avendo tollerato

a Roma uno dei Padri del grande concilio Vaticano

a 68 anni di età

il 10 febbraio

logorato da lunga e crudele malattia

Improvvisamente morì l’anno 1873

 

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            In questo periodo l’arciprete di Noha era don Michele Alessandrelli, nato a Seclì nel 1812 da Michele e Vita Picciolo: fu Arciprete dal dicembre 1847 fino alla sua morte 17 Settembre 1882. Fu sepolto nel cimitero di Galatina. Bisogna anche aggiungere che era molto devoto di San Michele, sia perchè lui stesso si chiamava Michele e sia perchè era parroco di una parrocchia intitolata a questo Arcangelo.

          Appassionato della storia locale, oltre al fatto che, come abbiamo già detto, ci ha lasciato nei registri di battesimo un bigliettino su cui annota come suo vanto la scoperta del racconto del miracolo del 1740, attribuito all'intercessione di San Michele, nel 1850 ha compilato un prezioso documento che è la sua relazione per la visita pastorale che Mons. Luigi Vetta condusse alla Diocesi nel 1850-53.

            A Noha il Vescovo venne il 14 maggio 1852, poi anche  l’11 giugno 1855 e infine il 6 giugno 1857. In questa relazione don Alessandrelli descrive con molti particolari la situazione della chiesa di Noha: strutture, beni e persone. Le notizie che ci trasmette, utili per conoscere la storia della chiesa di Noha, per noi oggi si rivelano molto importanti.

            Durante i suoi anni bisogna annotare anche il rifacimento della chiesa di San Michele con l’ampliamento della struttura che inglobava la vecchia chiesa del 1502. Infatti nel 1857 a spese sue personali e col concorso del popolo di Noha, fece costruire dalle fondamenta la chiesa parrocchiale insieme con la sagrestia e la torre campanaria. Il perito architetto Gregorio  Nardò, lo stesso che a Nardò aveva costruito l’episcopio, valutò i lavori, ultimati il 7 ottobre 1857, ducati 411,33.

            Il 12 agosto 1855, scoppiò una terribile epidemia di colera che durò sino a tutto il mese successivo, seminando rovina e morte. A Nardò oltre seicento furono le persone colpite dall'inesorabile male e ben 373 incontrarono la morte. Ogni giorno, senza nessuna eccezione, per due mesi interi, il terribile morbo fece le sue vittime, che da tre nel primo giorno 12 agosto, toccarono il numero più alto il 5 settembre con ben 29 morti.

            Ma si vede che il colera deve essere durato un certo tempo, perché il nostro Arciprete a conclusione dell’anno 1867  nel registro dei morti informa:

          In questo anno decorso dominò in questo paese il Colera Morbus, ma per grazia speciale di Dio misericordioso e del nostro Protettore S. Michele Arcangelo fu moderato e non desolante come negli altri paesi e Città.

 

Sacerdoti presenti a Noha in questo periodo

 

* Don Mario Resta, di cui non abbiamo notizie e che ha sostituito don Alessandrelli negli ultimi tre anni della sua vita come Economo Curato.

* Don Pantaleo Paglialonga, Economo Curato.

* Don Francesco Greco, di Noha, è Vice Parroco. Nella relazione per la visita pa-storale l’Alessandrelli lo descrive così:

Rev.do Sacerdote D. Francesco Greco di questo stesso Comune di anni 39, ordinato a titolo di patrimonio sacro, e sotto il solo titolo della Chiesa. Sostituto autorizzato a richiesta del Parroco da S.E. Rev. ma Monsignor Vetta Vescovo di Nardò.

* Don Nicola Caputo, Economo Curato e poi arciprete

* Il Can. Salvatore Erroi di Galatone, Economo Curato.

 

 

 

Salvatore Nappi (1828 - 1899)                         

Vescovo dal 22 dicembre 1873 al 23 giugno 1876

Dal 1873 al 1876 il Pontefice fu:

            Pio IX (1792-1878)                                              Papa dal 1846 al 1878

 

            Arciprete di Noha

            Don Michele Alessandrelli (1812-1882),       parroco dal 1847 al 1882

 

            Salvatore Nappi nacque a Nola, provincia di Napoli, nel marzo 1828. Era canonico e professore di diritto ed aveva 45 anni quando il 22 dicembre 1873 fu nominato vescovo di Nardò dal Papa Pio IX.

            Il 18 gennaio 1874 prese possesso della diocesi mediante il procuratore canonico Alessio Bona.

            Poche notizie si hanno della sua attività pastorale in questa diocesi, che governò per due anni e cinque mesi circa. Sembra che stesse preparando la visita pastorale ed avesse inviato allo scopo i relativi questionari ai parroci, ma non ebbe il tempo di effettuarla.

  Nel giugno del 1876, per motivi sconosciuti, il Nappi rinunziò alla sede di Nardò. Fu quindi Vescovo ausiliare di Calvi e Teano e poi Arcivescovo di Conza e campagna in provincia di Avellino. Morì  arcivescovo emerito nel 1899.

            Il procuratore Alessio Bona al capitolo radunato comunicò di aver ricevuto una lettera assicurata dall’auditore del Papa contenente la libera ed incondizionata rinunzia di Salvatore Nappi a vescovo di Nardò e la benigna degnazione del Pontefice ad accettarla .

           

Relazione con la chiesa  di Noha

           

            Non se ne hanno notizie.

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 10/10/2014 @ 23:07:18, in NohaBlog, linkato 3112 volte)

Mi rendo conto, da tutte le battute che si dicono in giro e che anche Antonio ha raccolto nel suo ultimo articolo dal titolo “Ennesima sparatoria a Noha”, che è ben radicato nel cervello di molte persone un modo di pensare come il seguente: “se non ti fai i fatti tuoi, sei uno sprovveduto oppure un opportunista”.

Ci siamo talmente abituati a pensare che senza un tornaconto non dobbiamo muovere nemmeno un dito che alla fine i risultati deleteri si vedono, eccome. Vi risparmio l’elenco, sarebbe troppo facile compilarne uno infinito.

Le abitudini a volte sono dei blocchi mentali che ci impediscono di cambiare e quindi anche di migliorare. Ci manca fondamentalmente il senso del gratuito e ci soffoca la paura di perdere. E per non perdere ci escludiamo dall’essere protagonisti. Di conseguenza vince il malcostume. E’ matematico, come il calcolo delle probabilità.

Così capita che percorriamo strade invase da rifiuti di ogni tipo, rotonde che sono delle vere schifezze, mura di cinta sventrate, allagamenti per una banale pioggerella, asfalti sconquassati a macchia di leopardo, edifici in disuso che diventano rifugi per pantegane (vedi per es. il sito dell’ex palazzo baronale e relativo giardino a Noha. E obbligare i proprietari alla bonifica, alla manutenzione e al decoro per il pubblico interesse, no eh?), piste ciclopedonali inesistenti, puzza di fogna un po’ ovunque, e via di seguito. Insomma possiamo dire che, dove ti giri e ti volti, il degrado la fa da padrone. A partire dalla piazza san Michele, dove troneggia maestoso, non sappiamo fino a quando, un ricordo del passato come l’orologio e la relativa torre, donata nel 1861 dai fratelli Gaetano e Orazio Congedo, il cui stemma è scolpito sul frontespizio del minareto (cfr. anche L’Osservatore Nohano, n°1, Anno III, 9 febbraio 2009).

Ci siamo talmente abituati al brutto che manco più ci facciamo caso, nemmeno quando ci capita di frequentare la piazza nel corso della festa di San Michele Arcangelo, nostro Santo patrono. Ma forse in quest’occasione saremmo pure giustificati in quanto forse accecati dalle luminarie.

Respiriamo aria intrisa di fumi di dubbia provenienza che manco più ci dà fastidio. Dice il mio amico Giuseppe: “Durante il giorno, quando la pressione atmosferica è lontana da terra, non si sente niente, ma verso l’imbrunire, con l’aumento della pressione, insieme alla nebbiolina si diffonde nell’aria ed entra prepotentemente anche in casa, un odore nauseabondo di cose bruciate. E che possiamo fare?”. 

Siamo così presi dai nostri affanni quotidiani che non ci accorgiamo della meraviglia del silenzio senza i rumori del progresso, dei colori del cielo e della campagna, del cambio delle stagioni, della musica del vento, del frinire delle cicale, del volo delle rondini...

Siamo così convinti che quello che conta è l’auto XXL (extra large), il televisore da 300 pollici o l’ultima versione di iPod e relativo cover, che concentriamo tutte le nostre energie nel voluttuario di questo becero consumismo, dimenticandoci dell’Essenziale, volutamente con la maiuscola.

Io credo intanto che serva eccome studiare le regole della grammatica (almeno per sapere finalmente su quale  “e” vada o meno l’accento), e nondimeno  bisognerebbe metter in pratica il loro rispetto, che dovrebbe diventare per tutti uno stile di vita. Questo proprio perché la grammatica senza pratica non serve a nulla, così come altrettanto inutile sarebbe la pratica senza la grammatica.

Indro Montanelli diceva che noi italiani siamo come il cane che si morde la coda, siamo cioè come quell’infermiere che rubando una siringa dal pubblico ospedale non porta a casa un bene, ma lo toglie alla comunità, di cui egli stesso fa parte.

Starete pensando che sono andato fuori tema e che le casiceddhre centrano poco con tutto questo e che non risolvono i problemi. No di certo. Infatti se dovessero scomparire all’improvviso non cambierebbe la vita a nessun nohano, e se dopo le casiceddhre scomparissero anche la trozza, la casa baronale, la torre e relativo arco a sesto acuto, la casa rossa, la Masseria Colabaldi, la torre con l’orologio, il frantoio ipogeo, e se scomparisse persino Noha, magari fagocitata per sempre da Galatina, a nessun nohano cambierebbe la vita. E’ solo questione di salvaguardia dell’identità e di sapersi ricollocare da qualche parte, sempre che anche il “qualche parte” esista ancora.

Marcello D’Acquarica
 
Di Albino Campa (del 15/05/2012 @ 23:06:28, in Cultura, linkato 3508 volte)

Eccovi di seguito il secondo dei tre contributi alla Storia di Noha scaturiti dalle ricerche continue del nostro P. Francesco D'Acquarica

I nomi preferiti dalla gente

La popolazione si affidava quasi sempre alla tradizione che voleva venisse ripetuto il nome degli avi e dei congiunti più prossimi. Il nome assegnato ad un figlio, in caso di morte, veniva ridato al figlio successivo, a dimostrazione di quanto fosse importante il vincolo parentale.
A parte qualche antico nome di origine e di devozione della liturgia greca come per esempio Staurofila (amante della croce) per le donne o Basilio, Cipriano, Teodoro (Totaru), Gregorio… i nomi più diffusi erano:
Anzitutto Maria, il nome dolcissimo della Madonna, che  supera tutti con 382 volte. Poi viene quello del protettore del Paese e cioè S.Michele nelle diverse forme di Michele, Angelo, Arcangelo: 200 volte al maschile ma 77 volte al femminile come Angela o Michela.
Poi Anna con più di 100 volte, Giuseppe con 115 volte al maschile e 92 volte al femminile, Vito con 113 volte al maschile e 68 al femminile. Viene poi Antonio 184 volte al maschile e 92 al femminile. Ma anche Francesco con 90 volte al maschile e 45 al femminile, Donato con 97 volte al maschile e 68 al femminile, Carmine con 45 volte al maschile e 46 al femminile. Ma troviamo anche Lucia con 92 volte, Salvatore con 46 volte al maschile e 2 al femminile.

I figli di nessuno o proietti

Anche a Noha si era organizzati per accogliere, battezzare, curare o seppellire i figli di nessuno.
I nati abbandonati venivano posti in una sorta di cassetta rotante, detta ruota dei proietti, destinata ad accogliere coloro che con un'espressione più cruda e realistica venivano buttati via (dal latino  proicere  formato da pro e jacere,  gettare avanti a sè). Il termine projetto fu usato anche per indicare, unito al nome proprio, l'identità anagrafica dell'infante abbandonato che assumeva così quel cognome.
A Noha abbiamo delle annotazioni nei registri del 1800.

Ecco qualche esempio interessante.
* 10 Novembre 1810 - Liberato Leonardo nato da genitori incerti e da magnitivi del Governo esibitomi a battezarlo nella mia chiesa parrochiale portato dalla donna che introduce la ruota fissa nella casa destinata a Maria Caldarone, segni del proietto bambino coll'oruce­bicolo in volto in una fascia lacera con una pezza di lana nera e consegnato alla Nudrice Rosa Casaluci di Nohe.
Ma il nostro piccolo Liberato Leonardo non ce la farà. Pochi mesi dopo lo stesso parroco ci parla della sepoltura nella sua chiesa parrocchiale, informandoci anche del nome del Sindaco di Noha in quell’epoca.
Infatti leggiamo:
* Le 4 Febraro 1811 - A dì sudetto alle ore venti del giorno è morto un proietto espo­sto alla ruota  procreato da genitori incerti alle diece del mese di novembre  da me battezzato ed imposto il nome Liberato Leonardo e con ordinativo del Sindaco D. Fortunato Tondi l’ò data nella mia parrochiale chiesa la sepoltura.

Altri casi.
* 28 Ottobre 1817 - Dalla donna che abita nella casa delli esposti mi è stato portato un proietto quale ò battezato e li ò imposto il nome Giovanne, procreato da Padri incerti.
* Le 29 8bre del 1817 - E' morto un figliolo proietto di giorni due per nome Fortunato Simone ed il suo corpo è sepelito nella chiesa parrochiale.
* Adì  19 Marzo 1709 - Io D.Nicol'Antonio Soli Arciprete della Chiesa Parrocchiale di Nohe ho battezzato un'infante ritrovato esposto à  dì  18 detto 1709 ad hore  due di notte avanti alla casa di Sabbatino Benedetto, nato da un giorno in circa, e portava il biglietto che havesse havuto la forma et impostoli il nome Giuseppe, et io pred.to Arciprete per star più sicuro del sacramento l'ho fatto portare in chiesa e l'ho battezzato sub condizione con il medesimo nome di Giuseppe, il padrino fu Orazio Donno chierico selvaggio di Nohe.
* Adì 15 Marzo 1719 - Io sotto scritto Arcipr. della Parrocchial Chiesa di Noe ho battezzato una infante ritrovata esposta à dì 14 detto ad hore due avanti giorno nella porta piccola della nostra madrice chiesa sopra la Carnara ritrovata da Domenico Marrazzo, Sindico hodierno e da Angel'Ant.o Fonzeca primo auditore di questa Città di Nohe, nata da giorni venti in circa, li fu posto il nome di Fortunata, questa portava una cartella sopra di essa, e diceva così: Batteggiata  Antonia Fortunata. Et io per stare più sicuro della validità del sacramento l'ho fatto portare in chiesa e l'ho battezzata secondo il Rito della S.R.Chiesa; però sub condizione, si non es baptizata ego te baptizo; la commare fu Marina Prudenzano di questo casale di Nohe.
* 28 Ottobre 1817 - Dalla donna che abita nella casa delli esposti mi è stato portato un proietto quale ò battezato e li ò imposto il nome Giovanne, procreato da Padri incerti. D. Oronzio Arc. Stifani.
* 11 Settembre 1821 - Mi è stato portato in Chiesa un esposito ritrovato nel suburbio di Nohe da Padri incerti procreato per nome Liberato …
* Noha li 27 Novembre 1832 - Gaetana de Lelli, figlia di padre e madre ignoti  fu battezzata da me sottoscritto che mi fu lasciata all’uscio della mia porta ad ore sei.

Casi di povertà

Molte volte il Parroco sottolinea la situazione di povertà con l’espressione “fu sepelita dentro questa mia parrocchial chiesa per carità siando povera”, che semplicementevuol dire che il funerale fu  fatto gratuitamente, perché persona povera.

* Nel 1810 di una certa Giovanna Ramundo consorte di Paschale Cascione coniugi un tempo di Nohe degenti in feudo, in età di anni 40 fece passaggio da questa a meglior vita, lasciò due filli non possedeva casa di abbitazione ne poteri di sorte alcuna, ma povera in Christo ed alle ore  ventidue  del giorno si fecero l'esequie.

* Bella anche questa testimonianza del 1811 dove leggiamo che la
Vedova Angela Sesini della Terra di Martano povera in Christo in età di anni 60 fece passaggio da questa a meglior vita mentre dimorava nel casino di campagna del Rev. Arciprete di Galatina. E’ da apprezzare la generosità dell’arciprete di Galatina che aveva messo il suo casino di campagna a disposizione di questa poveretta.

* E fa tenerezza questa informazione del 1816 dove con pudore il parroco accenna alla quindicenne Vita Barazzo della terra di Aradeo povera figlia che andava elemosinando in età di anni quindeci ricevuti anticipatamente li santi  sagramenti … ecc. ecc.

Oppure il caso di una vedova che:
* 1811 - non possedeva casa di abbitazione ma abbitava in casa locanda, non possedeva sorte di poteri nessuna, ma poverissimo in Gesu Christo, ed alle ore ventiuna del giorno si fecero l'esequie nella mia parrochiale dove il suo corpo sepolto giace nella mia chiesa parrochiale.

Sono tutti casi di povere donne che vivono di stenti. Una volta ho trovato la descrizione al maschile e si tratta di un anziano di 65 anni che fu sepelito per carità siando povero.

 
Di Antonio Mellone (del 06/05/2013 @ 23:06:07, in NohaBlog, linkato 3081 volte)

Per questo benedetto Mega-parco di contrada Cascioni da colare in breve tempo nella bellissima campagna intorno a Collemeto, sono stati usati svariati Mega-pixel di amenità su alcuni siti internet locali, tanto che non si sa più cosa pensare.

Tranne Noha.it, che “per fortuna non consulta nessuno”, e qualche altro blog semiclandestino, nessun altro sito comunale sembra stia rompendo l’anima ai tranquillissimi galatinesi ed al loro silenzio-assenso con la storia di questa Mega-cazzata. Anzi.

Non avendo il nostro sito la velleità di fungere da clone dell’Incensiere della Sera on-line, o di altri tromboni, e non curandoci noi altri delle pseudo-invettive di qualche sparuto consigliere comunale dal coraggio alla don Abbondio e dalla sintassi malferma, possiamo permetterci il lusso di parlarne senza il bisogno di scappellarci di fronte ai signori del potere del Mega-inciucio, ormai vivo e vegeto e con tanto di supporters anche a livello comunale grazie proprio alla magica Pantacom.

Ma questa non è che la prima delle magie del taumaturgico Mago-parco (che farebbe impallidire, come vedremo, addirittura il campo o il parco dei miracoli del gatto e la volpe del Collodi).     

Politici (ormai senza più codazzo), economisti, blogger, giornalisti-iscritti-all’albo, artigiani, commercianti pentiti, folle di martiri dalla firma pronta, disperati alla canna del gas, narratori e poeti (per i quali il naufragar è dolce in questo mare di cemento) si son messi a magnificare le potenzialità prodigiose quasi soprannaturali della polverina bianca o grigia (ci riferiamo al cemento e non ad altri tipi di polverine) da utilizzare per quest’opera faraonica in grado di risolvere in poco tempo i problemi di tutti.

Sicché grazie a questo Mago non parco di “ricadute” e “volani per lo sviluppo” ci sembrerà di vivere nel paese del bengodi, senza alcun problema di sorta pronto ad assillarci.

A pensarci bene qui è tutto un magia, un miracolo, un prodigio portentoso (e non stiamo certo parlando dell’unione destra e sinistra: questa è roba arcinota e vecchia da decenni). Qui il vero fenomeno soprannaturale è il fatto che, a quanto pare, sia sufficiente una Pantacomica qualsiasi, senza soldi, e pure inattiva (ma a condizione che sia dei Perrone, da non confondere con i Mellone), una società in cui i soci abbiano investito ben 35.000 euro di soldi propri in capitale sociale, ridotto per perdite a poco più di 3.000 euro (ma cosa vuoi che siano queste inezie da legulei o da ragionieri pidocchiosi di fronte alla meraviglia della “nuova occupazione”), una “limitata” senza alcun dipendente, senza alcuno straccio di garanzia o credenziale, senza alcun fido bancario in essere, possa effettuare un investimento di decine di milioni di euro e darci un bel po’ di capitali finanziari e posti di lavoro. 

Sì, questi spenderanno milioni di euro attinti ovviamente dal pozzo di San Patrizio, e dunque “verranno a portarci ricchezza”. Tanta. Certo, come no. Non vedono l’ora.

Non ci dormono la notte, questi signori, per portarci la ricchezza un giorno sì e l’altro pure e soprattutto la fine della disoccupazione frizionale (anzi frazionale). Non sanno come fare per arricchirci nel migliore dei modi. Magari alle casse, anziché farcela pagare, ci doneranno pure un bel po’ di merce (rigorosamente 3X2), oltre ad un sacchetto con un po’ di moneta contante: insomma soldi a palate, anzi soldi e patate (patate di Galatina prodotte ormai in Tunisia per via della penuria di terreno galatinese).

E dopo i soldi, i posti di lavoro. Ce n’è per tutti. Ma prima per quelli di Collemeto. Ciò che è giusto è giusto. I sacrifici e l’eroismo di 800 santi martiri, vanno premiati con diritto di prelazione. Ben 200 posti di lavoro a tempo indeterminato pioveranno dal cielo come la manna. Nel primo “progetto” si parlava di 300 incarichi. Ma non ci attacchiamo a queste cose: evidentemente 100 collemetesi, li avranno licenziati ancor prima di assumerli.

Ed infine ci sarà da mangiare e festa tutto l’anno (e ogni Cristo scenderà dalla croce).

Dunque, ricapitolando, i benefici saranno per tutti: per i disoccupati (che così scomparirebbero dalla porta del bar, o addirittura dalla faccia della terra), per gli artigiani (che avrebbero finalmente lavoro a iosa, e soprattutto pagato puntualmente, e non come avviene ora al tempo del “poi”, cioè “mai”), per l’economista per caso (che ti giustifica lo scempio ad un fischio da casa sua con la storia delle file sulla Lecce-Brindisi), per il comune di Galatina (che con gli introiti stratosferici per tasse, imposte, contributi e Imu-senza-restituzione avrebbe soltanto benefici, entrate, e dunque alcuna uscita e soprattutto fondi a palate e nessun grattacapo per i suoi investimenti: ecco perché il mago-porco è “di interesse pubblico”), per il consumatore (che troverà il suo punto G alla fine della parola shopping, e che finalmente non dovrà più fare un viaggio assurdo a Surbo o poverino a Cavallino – che fa anche rima - incolonnandosi in estenuanti file per acquistare la mozzarella in offerta speciale - ma soprattutto per andarsi a sgranchire le gambe, di domenica e nelle altre feste comandate, quando non si sa proprio cosa fare - leggere un libro, no eh?), del politico (che non sarà più assillato dai postulanti in cerca di uno straccio di occupazione e che verrà riconfermato al rispettivo seggio senza dover più promettere l’impossibile), per il resto del mondo (che non vede l’ora che a Collemeto si realizzi questo “bene comune”)…

     *   *   *

Il vero miracolo, la vera magia avverrà forse quando ci sveglieremo - noi ed i nostri pollitici - dal torpore che ci ha colpiti nel corso di questo secol superbo e sciocco; quando capiremo di aver visto per troppo tempo un film di Pantascienza; quando palazzo Orsini sarà diventato davvero un palazzo di vetro (e non nel senso della sua fragilità); quando grazie alle larghe intese se non l’unanimità almeno la stragrande maggioranza dei cittadini degni di questo nome grideranno all’unisono: “GIU’ LE ZAMPE DALLA NOSTRA TERRA, GIU’ LE MANI DA CONTRADA CASCIONI”; quando ci sarà chiaro una volta per tutte che non potremo mai essere assolti per non aver compreso il fatto.

Antonio Mellone

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 13/12/2012 @ 23:05:28, in NohaBlog, linkato 3575 volte)

Il Natale della mia infanzia. Altri tempi.
Il consumismo e la profanazione moderna non erano ancora di moda.
Le luminarie per le strade la prima volta le ho viste in America quando negli anni ’60 fui missionario in Canada. In Italia sono arrivate più tardi. L’albero di Natale: anche quello è un’invenzione americana. Non parliamo poi di “Babbo Natale” che credo sia la profanazione del Natale cristiano.
La cultura nostrana prevedeva usanze e tradizioni più consone al nostro ambiente religioso, sociale e cristiano.
Già all’Immacolata si cominciava a gustare l’anticipo di una festa tanto cara con l’assaggio delle pittule. E’ vero che nella festa della Madonna era tradizione che si mangiassero le pucce, ma  l'assaggio delle pittule per i bambini era il segno che la festa del Natale era vicina.
Nelle famiglie e in chiesa si faceva il presepio.

Il presepio nelle famiglie di solito era costruito dal figlio più grande, coadiuvato dalla mamma. In quel tempo nelle nostre famiglie c’erano molto figli. Il più grande di dolito costruiva, gli altri, giocando, disturbavano. La mamma era orgogliosa di far vedere il capolavoro artistico dei suoi figli ai vicini di casa.
Le statuine non sempre era possibile acquistarle, perché la cassa familiare non lo permetteva. E allora si costruivano artigianalmente. Noi ragazzi andavano sulla strada vicino al Calvario (in quel tempo le strade non erano asfaltate): era lì soprattutto che si poteva trovare terra molto argillosa come creta e, una volta a casa, costruivamo i “pupi”: non erano dei grandi capolavori d’arte, ma facevano la loro figura.
Si sceglieva, così, un angolo della casa (di solito nella stanza de nanti): si disponevano alcuni “cippuni” presi dalla campagna, che opportunamente ricoperti di carta dovevano dare l’idea delle montagne (da qui il proverbio metti cippone ca pare barone), un po' di rami di pino sullo sfondo, fiocchi di bambagia per simulare la neve, ed infine l'angolino per la santa natività. L'illuminazione era costituita da qualche torcia elettrica. Gli addobbi di contorno erano  costituiti da pigne, arance e qualche confetto.

Il presepe in chiesa madre era posizionato di fronte, a destra di chi guarda, vicino all’altare dell’Immacolata.
Con una scala a pioli di legno, altissima, che arrivava fino all’altezza della volta della chiesa, mesciu Piethru, il sagrestano della mia infanzia, dal punto più alto, quasi alla volta della chiesa, faceva scendere un grande drappo colore roccia che, partendo da un unico punto, arrivava a terra allargandosi a forma di triangolo fino a coprire il tavolo che faceva da base al presepio. Le statue erano di grandi dimensioni, diciamo proporzionate all’ambiente della nostra chiesa parrocchiare. Non c’erano lucine a intermittenza o giochi di luci, come si usa oggi, ma una lampada elettrica e tanti lumi a olio e candele. E fu così che una volta il fuoco distrusse tutto il drappo ornamentale che partiva dall’alto e parte del presepe. Si salvò soltanto la bellissima statua di Gesù Bambino, quella stessa che oggi si usa piazzare di fronte all’altare.
In chiesa si andava tutti per la novena che cominciava e comincia ancor oggi il 16 dicembre. In quel tempo non esisteva la celebrazione della Messa vespertina. Tutto il paese partecipava alla novena, pregando e cantando quasi all’unisono.
All’ora stabilita, di solito quando faceva buio e il lavoro dei campi non era più possibile, cominciava la santa novena. Anzi nei paesi vicini (come per esempio ad Aradeo) negli anni ottanta ho predicato la novena di Natale che aveva luogo addirittura alle 5 del mattino. Anche a Noha (anche se non ricordo bene tutti i particolari) si usava celebrare la novena di Natale nello stesso modo.
Noi chierichetti indossavamo la tunica rossa con la piccola cotta bianca. Don Paolo Tundo, l’Arciprete, si metteva il piviale bianco, che la gente chiamava la cappa magna. E mentre i fratelli Piscopo (uno suonava l’organo a canne con mantici manuali e l’altro cantava) eseguivano le strofe in latino dei canti - ai quali si univa la voce potente dell’Arciprete - il sottoscritto, che era il capo dei chierichetti - usciva nel vico S.Michele, la strettoia dietro la chiesa, per cercare presso le famiglie (molte dimoranti in veri e propri tuguri riscaldati dai camini a legna) un po’ di brace per l’incensiere che poi sarebbe servito alla conclusione dei riti della novena.
Tutta l’assemblea cantava in latino il ritornello “Regem venturum Dominum”. Il rito si concludeva con la benedizione eucaristica con l’ostensorio delle occasioni solenni. E lì il mio incensiere, colmo di brace, doveva effondere nell’assemblea le volute d’incenso che davano senso alla preghiera e profumo di paradiso.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 28/06/2010 @ 23:04:17, in NohaBlog, linkato 3778 volte)

Il 9 giugno di questo 2010 ha compiuto 90 genetliaci un Titano galatinese. E dalle colonne di quest’altro Titano (rivista sulla quale il primo - essendone il direttore, come lo fu pure de “il Galatino” - ebbe modo di scrivere per molti anni lucidi e sagaci editoriali, nonché numerosissimi articoli, inconfondibili per ariosità di stile), da questo rotocalco, dicevo, in quattro righe, vorrei indirizzarGli tanti auguri di buon compleanno. Ma per non procedere in maniera troppo ermetica dico subito che il Titano di cui sto parlando è il prof. mons. Antonio Antonaci, scrittore insigne, studioso eclettico, sacerdote zelante, ed, ormai, venerabile Patriarca di Galatina. Conoscevo di fama il Professore (mi piace appellarlo con il titolo laico che Gli spetta di diritto), ma non di persona. L’occasione della conoscenza diretta di “tanto raggio” invece mi fu data da quella meraviglia che è la bibbia di Galatina: il bellissimo volume “Galatina. Storia e Arte”, edito da Panìco nel 2008, un tomo di mille e passa pagine, che nonostante la stazza si lascia leggere con facilità e trasporto. Acquistai questo libro nel corso del 2002 e mi resi sin da subito conto che quella spesa non era un’uscita monetaria tout court ma un investimento di ottimo livello, con possibilità di stacco di dividendi altissimi. Dico qui per inciso che tutti i galatinesi dovrebbero avere in casa, anzi a portata di mano, codesto libro-di- Galatina-per-antonomasia apparecchiato per la consultazione, onde evitare i mille strafalcioni che la saccenteria nostra non smette di procurarci in maniera diuturna, soprattutto quando abbiamo a che fare con le cose a noi più rasenti. Da allora non ho più smesso di ritornare su quelle pagine di ricerca, di racconto, di storia patria, come non ho più smesso di andare a caccia dell’opera omnia di quest’Uomo, che ormai fa parte dei classici, degli scrittori cioè che hanno conquistato un pezzo d’eternità. Ho rintracciato molti libri di Antonaci - quando non ricevuti direttamente dalle sue mani - girovagando in lungo ed in largo in tutta Italia (tra l’altro molti titoli antonaciani sono rinvenibili nei cataloghi di importanti biblioteche sparpagliate in tutto il mondo, a partire dall’Europa del Nord per finire in America Latina). E dalla loro lettura (così come dalla frequentazione con il Monsignore, vera e propria biblioteca ambulante) nel 2007 per i tipi di Infolito Group scaturì anche un mio trattatello in laude - mi si perdoni l’autocitazione - dal titolo “Scritti in onore di Antonio Antonaci”. Non ho mai smesso di andare a trovare il mio amico a casa sua: conversare con lui è sempre un modo per arricchirmi culturalmente, ma è anche un’occasione per conferire con una persona di grande umanità, di contagiosa simpatia e di raffinato senso dell’umorismo. Un tempo, nel periodo del solleone, andavo a trovarlo anche a Sirgole, nell’amena campagna di Noha, dove Monsignore possiede la villetta avita dotata di una bella veranda con vista sul verde podere; ultimamente - visto che in campagna ci va ormai raramente – lo raggiungo nella sua residenza galatinese in via Principe di Piemonte, quasi dirimpetto a quello che un tempo era il teatro Tartaro. Gli argomenti del nostro discorrere sono i più disparati. Ma di recente ci si concentra di più sul tema ricorrente della fatica e di quanto i 90 sacchi sulle spalle inizino a farsi sentire. Don Antonio mi chiede sempre a mo’ di ritornello: “Come mi trovi?”. Io gli rispondo che lo trovo bene. Ed è vero. Ma subito dopo aggiunge di sentirsi spossato, e che gli piacerebbe tanto sentirsi meglio, più brioso, arzillo come un tempo. E subito dopo mi fa: “Dici che mi passa?” Ecco Professore: il mio augurio per i Suoi 90 anni è che Le passi questa spossatezza (se nel frattempo non fosse già passata). Lei è un Titano, e non siamo noi a doverLe dare la forza di andare avanti; ma è Lei che, nonostante tutto il resto del peso, ci dovrà sorreggere ancora una volta sulle Sue spalle.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 13/06/2019 @ 23:01:22, in Comunicato Stampa, linkato 1110 volte)

Alla fine di Novembre del 1990, avevamo chiuso la Casa di Caracaraì dove la sottoscritta aveva lavorato per nove anni in qualità di responsabile della Parrocchia di San Giuseppe Operaio. Nei mesi successivi mi trovavo nella Casa Regionale di Boa Vista - RR - per un po’ di riposo in attesa di nuova destinazione.

Il 31 Dicembre dello stesso anno, la mia Superiora mi ha premiato dandomi la possibilità di trascorrere una settimana nella Missione di Catrimani tra gli Indios Yanomami.

Questa Missione si trova nei confini di Roraima. Il posto è una immensa foresta abitata dagli Indios Yanomami. I Padri IMC è da un bel po’ di anni che hanno fondato questa Missione per aiutare questo popolo a conoscere Cristo, testimoniarlo con la propria vita, salvare la loro cultura, e la loro salute. Infatti, quando i Cercatori d’Oro hanno invaso la foresta, si sono diffuse tante malattie come la malaria, la TBC e altre patologie infettive che prima non esistevano. Noi missionarie della Consolata abbiamo sempre soccorso gli Indios Yanomami quando c’era bisogno. Da qualche anno abitiamo  con loro, usando gli  ambienti della Missione di Catrimani.

La Missione di Catrimani è circondata da varie Malocas, ognuna con la propria Casa Comune, avendo ciascuna un capo indigeno (la Maloca prende il nome del responsabile).  Quella più vicina alla Missione di Catrimani era la maloca Carrera, con una sessantina di persone.  Questo Indio da un po’ di anni è già in cielo e adesso dopo cinque anni che sono in Italia non saprei dire dove gli Indios hanno costruito la Nuova Maloca e chi è il nuovo responsabile.  – Maloca è il nome indigeno che vuol dire Villaggio. Anche dove abitano gli Indios Macuxì si chiamano “Malocas”, ma è sempre un villaggio, solo che  gli Indios Macuxis  hanno la casa Uni Famigliare, non è una casa comune, ma  ogni famiglia ha la sua abitazione, mentre gli Indios Yanomami  hanno una Casa Grande per vivere insieme ed è la loro Casa Comune.

La casa Comune è costruita con Pali di legno e paglia ben lavorata, può contenere diverse famiglie fino a 60 persone o più. Ogni famiglia ha il suo angolo con i pali  per appendere le amache e  per terra ha un quadrato dove accendere il fuoco per allontanare gli insetti  notturni, come pure per scaldarsi, perché di notte nella foresta è freddo e loro vanno nudi  e hanno bisogno del tepore del fuoco.

Siccome noi Suore MC. dovevamo costruire la nostra casetta, il 31 Dicembre del 1990  con una Land-Rover siamo partite il mattino presto da  Boa Vista – capitale di Roraima.  Eravamo un bel gruppo. Due Suore, la famiglia che si interessava per costruire la nostra casa, un Indio Yanomami e l’autista. Abbiamo fatto quasi 200 chilometri, metà di asfalto e metà di terra battuta. Arrivati alla riva del fiume che dovevamo attraversare, non ricordo il nome del fiume, abbiamo lasciato la Land- Rover vicino ad una casa di campagna, siamo saliti sulla zattera fatta di bidoni legati fra di loro e con molta delicatezza abbiamo caricato il materiale che portavamo alla Missione e in pochi minuti eravamo all’ altra riva.

Li, c’era già Padre Guglielmo Damioli che ci aspettava con un furgone dei tempi della guerra.

In questa zona abitava una famiglia Indigena, i cui componenti erano quasi tutti affetti dalla malaria. La Suora Infermiera che viaggiava con me: Sr. Rosaurea Longo, Brasiliana, li ha visitati e medicati come meglio poteva, e dopo abbiamo intrapreso il viaggio.

Mancavano ancora 100 chilometri di foresta da attraversare.

In quel periodo c’era nella Missione il Fratello Antonio IMC che  si impegnava a mantenere la strada  relativamente pulita, cioè senza grossi tronchi di intralcio

Quindi  ogni  gruppo deve munirsi di coltellacci per tagliare i rami e ogni tanto  fermarsi  per liberare lo spazio e  poter passare.  Questo è successo a noi e per me che era la prima volta che viaggiavo nella foresta era una novità. – Comunque verso le ore 16 del pomeriggio siamo arrivati alla Missione di Catrimani, sani e salvi, grazie a Dio.

Da parecchi anni, ormai, la strada non c’è più  per  evitare l’accesso dei Garimpeiros (i cercatori d’oro). Il Vescovo Don Aparecido Josè Dias, non ha più voluto mantenere questa strada (dunque chi vuole andare alla Missione Catrimani deve  prendere l’aereo che è molto caro), ma almeno così si risparmia altri tagli alla natura.

Alla sera abbiamo cenato tutti insieme con la lampada alimentata da un motore elettrico e poi siccome eravamo stanchi siamo andati a dormire. E’ inutile dire che mentre cenavamo alcuni Yanomami ci guardavano dalla parte di fuori attraverso le finestre del refettorio.

Dopo siamo andati a dormire.

Curioso che durante la notte non sono riuscita a chiudere occhio, perché sentivo  come se qualcuno mi pizzicasse, ma a buio che cosa potevo vedere?

Al mattino mi sono accorta del fatto che tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi, era rosso.   Erano entrati i “MICUIM”, insetti microscopici che mi hanno, come dire, vaccinata. Sono guarita solo dopo una settimana, quando dovevo già andar via.

Il giorno dopo era Capodanno. Un capo indigeno chiamato MACHADAO aveva cacciato una bestia enorme chiamata ANTA, una specie di maiale.

Non so come facciano loro a comunicare le notizie così in fretta (pur non avendo i social network), sta di fatto che in un attimo la Missione era piena di Yanomami: piccoli e grandi. L’Indio Machadào che ormai è in cielo da un po’ di anni, pulì l’animale, lo tagliò e ne distribuì degli spiedini di carne a grandi e bambini.

Tutti sono andati alle loro rispettive Malocas per arrostire la carne, e tutti, quel giorno hanno mangiato a sazietà. Il di più fu lasciato alla Missione per i più bisognosi.

Io sono rimasta meravigliata nel vedere quella bellissima scena. Tutti hanno mangiato e ciò che era avanzato fu dato a chi ne aveva bisogno. Nessuno ha tenuto niente per sé, né ne ha fatto commercio. Ha condiviso tutto.

Il Vangelo, cioè la buona novella, è questo. La purezza del cuore. Il primo dell’anno 1991 i nostri fratelli Yanomani mi hanno insegnato questo. Dopo 29 anni, quella scena di distacco dal possesso delle cose e la condivisione con gli altri, la vivo nel mio cuore come se fosse oggi.

Sr. Orsolina D ‘Acquarica  MC

 

Il primo settembre del 1920, otto pionieri fondatori - cui si aggiunsero immediatamente i primi trenta soci ordinari - diedero i natali al Circolo Cittadino di Noha. Dopo aver approvato lo statuto all’unanimità, ne inaugurarono la sede in due ampi locali con volta a botte al piano terra del “fortissimo Castello di Noha, posto in forte loco”. Tutti si strinsero le destre e bevvero un bicchiere di vino locale alla salute del novello sodalizio, ripetendo nei loro prosit la frase attribuita a Giulio Cesare dal suo biografo Svetonio: “Alea iacta est” (il dato è stato lanciato): questo motto, insieme allo stemma civico delle tre torri, e ad altre immagini allegoriche, fu effigiato in un bel quadro da Michele D’Acquarica (1886 – 1971), che da quel dì ha campeggiato solenne nella diciamo aula magna dell’associazione, oltre che sul suo vessillo. 

Fu denominato Juventus, questo cenacolo, vale a dire la Gioventù, senza alcun riferimento né alla squadra di calcio (la quale, benché fondata nel 1897, era allora sconosciuta perfino agli Agnelli), né alla prosopopea fascista (ché i suoi apologeti, più o meno consapevoli, sembrano più numerosi oggi di quelli di cent’anni fa): ma sin da subito fu da tutti conosciuto come il Circolo. Quando si dice l’antonomasia. 

All’epoca regnava ancora casa Savoia nella persona di re Vittorio Emanuele III (e non si capisce perché l’odonomastica da nord a sud sia ancora così indulgente con il sovrano “sciaboletta”); il presidente del consiglio era Giovanni Giolitti, mentre al di là del Tevere indossava la tiara di pontefice massimo Giacomo Paolo Giovanni Battista della Chiesa che la cristianità cattolica onorò con il nome di Benedetto XV. Sulla cattedra di Nardò, cui la chiesa particolare di Noha apparteneva fino al 1988, sedeva il biscegliese Nicola Giannattasio, intanto che sindaco di Galatina era il dottor Vito Vallone, medico del popolo, dimissionario nel 1923, quando ormai il fascismo aveva preso piede, e ben altre famiglie alto-borghesi, come i Bardoscia, i Venturi, e il ramo di Domenico Galluccio avevano in pugno città e frazioni.

L’arciprete di Noha – che allora annoverava poco meno di 2000 anime -  rispondeva al nome di don Vito Antonio Greco (parroco, costui, del rifacimento della facciata della matrice di San Michele Arcangelo, inaugurata nel 1901), coadiuvato da don Pippi Piscopo, don Ippazio Apollonio e don Isaia Blago e, a partire proprio dal 1920, anche da don Paolo Tundo, suo sostituto ed economo curato, poi monsignore, che gli succederà nell’archipresbyteratus nohano nel 1934. 

Il Novecento fu un secolo così breve che non basterebbe un’enciclopedia intera per abborracciarne una sua pur stringata epitome. Ma non si può omettere il fatto che il 1920 fu l’ultimo anno della Spagnola (iniziata due anni prima), definita dagli storici come la più grave forma di pandemia dell’umanità, più mortale della peste nera del XIV secolo. Nonostante tutto, codesti soci coraggiosi, stanchi di “peste fame et bello”, decisero di dar vita a un diciamo assembramento, e questo fu così solido e longevo che proprio oggi taglia il nastro del secolo di vita.

Del ventennio fascista e del tramonto della libertà cittadina non è il caso di parlarne oltremodo (tanto chi sa sa, mentre chi non sa crede agli asini volatili e vota di conseguenza), ma sul tema non posso non uscirmene - sperando non mi si tacci di ermetismo - con uno degli epigrammi del Manzoni, ma al rovescio, e cioè dal manzoniano: le cappe che s’inchinavano ai farsetti al melloniano: all’orbace s’inchinava la lana di capra (capre che, sopra o sotto i palchi dei comizi, erano e sono tuttavia ancora maggioranza).       

La Storia (come la natura) non fa salti, ma grandi falcate sì, sicché tra sopruso e manganello, il duce e i suoi ducetti portarono l’Italia in guerra: la seconda mondiale. Noha, che dopo la prima non s’era mai ringalluzzita (nonostante appunto i Galluccio, o forse anche a causa loro), ripiomba nello sconforto e nella miseria determinati anche dalla partenza verso il fronte prima e verso la prigionia poi delle sue braccia più forti e delle sue menti più vivaci, forse le migliori, certamente le più giovani. Il Circolo ne risente eccome, e in questo periodo, come molte altre istituzioni, più che vivere sopravvive.

Gli anni ruggenti a Noha iniziano finalmente nel secondo dopoguerra. Si riprende l’agricoltura (che era, e non potrà che esser sempre il settore primario, quello senza il quale nessuno di noi esisterebbe), la pastorizia, l’allevamento, l’artigianato, la piccola industria (vinicola, conserviera, la fabbrica del Brandy), e ovviamente il micro-commercio, e quindi di pari passo anche il numero degli iscritti al Circolo Cittadino.

Le regole del circolo prevedono la laicità, ma nel senso più ampio del termine, soprattutto nel senso dell’apartiticità, per cui s’è spesso ripetuto: “Qui non si parla di politica” (che poi è il modo migliore per parlarne quasi sempre), onde le discussioni avvenivano in gruppo, spesso seduti a ronda, magari afferrando una sedia per la spalliera e girandola in modo da sedersi con il petto contro la stessa spalliera (come fa nella foto il piccolo Simone).

Nei primissimi anni del secondo dopoguerra si sottoscrive l’abbonamento alla Gazzetta del Mezzogiorno, e non era infrequente la sua lettura ad alta voce, con conseguente commento di alcuni brani. Quasi di pari passo si acquista una bella radio nuova di zecca: una scatola di legno enorme con i riquadri luminosi e i nomi delle stazioni (Milano, Stoccarda, Vaticano, Istanbul…), gialli per le onde medie, rossi per le onde corte e verdi per le lunghe. La radio trasmetteva musica operistica, ovviamente la melodica, le commedie e il giornale radio e, fin dai primissimi anni ’60, “Tutto il calcio minuto per minuto” che teneva incollati letteralmente all’apparecchio tifosi e giocatori di schedine.

La TV a 27 pollici non tarderà ad arrivare, e con lei per fortuna anche un abbonamento pluriennale a L’Espresso (quante Bustine di Minerva di Umberto Eco ho letto da piccolo, allorché mio papà Giovanni mi dava “lu ‘ntartieni” in quel circolo di cui era socio – oggi, pare, il più anziano).

A proposito di televisione non si può non menzionare “Alla conquista del west”, la serie televisiva americana andata in onda nel 1979 che riempiva il salone di soci e loro accompagnatori fino all’inverosimile con l’epopea della famiglia Macahan [leggi Mechèin, ndr.], il cui capostipite Zeb “Mechèin” veniva da tutti appellato (ormai famigliarmente) Zi’ Micheli.

Insomma, mentre oggi gli uomini sembra non smettano di inventarsi nuovi metodi per vedersi quanto meno è possibile (dai social network al lavoro da casa), i soci del Circolo Cittadino sentivano invece il bisogno quotidiano di incontrarsi, guardarsi negli occhi, raccontarsi le storie, parlare di campagna, di vino e di tabacco, e magari di scambiarsi i semi delle piante migliori, e perché no d’estate degustare insieme qualche bella fetta di Mellone.

Da un paio d’anni, il circolo cittadino ha lasciato la sua sede storica per trasferirsi in un’altra più piccola proprio in piazza San Michele, a poche decine di metri dalla precedente. Il suo nuovo presidente, nella persona di Antonio Idolo (Papa ‘Ntoni), sogna il ritorno in massa dei soci, pronti, come allora, a discutere di fatti, a giocare a carte e a scacchi, a solidarizzare e ad abbracciarsi anche nei momenti tristi (come la dipartita di un socio o di un suo famigliare, allorché, prima di questo virus, la bandiera del circolo era la prima a sfilare in corteo): in breve, spera, e noi con lui, nella fine di questa, purtroppo ancora in corso, terza guerra mondiale.

* * *

Ai soci era sufficiente esserci, e non era necessario fare chissà quali discorsi, ché le parole a Noha, specie in passato, non si sono mai sprecate. Si racconta che una volta, al rinnovo di un consiglio direttivo, il presidente Gerardino Specchia invitasse il neo-eletto vice presidente Ninetto (la buonanima di Santo D’Acquarica, titolare del bar di piazza San Michele) al tavolo della presidenza per un “breve intervento di ringraziamento”. Orbene, Ninetto, si alza in piedi, prende il microfono, ci soffia dentro, dà due colpetti sulla capsula per provarne il funzionamento, un rapido sguardo alla platea, raccoglie i pensieri, prende fiato, e con la sua voce tonitruante, fa: “Crazzie!”.

Fine della dissertazione. Applausi.

Antonio Mellone

 

Due indizi non fanno una prova, ma tre o magari quattro? Noi crediamo di si.

Oramai solo chi non vuol vedere non vede: l'UDC è organico alla maggioranza che sostiene l'amministrazione Montagna e l'assessore De Donatis, già presidente del circolo UDC di Casarano, ne è il garante in giunta.

(http://udccasarano.blogspot.it/p/chi-siamo.html)

 Qualche giorno fa è andata in scena, nel più classico dei teatrini della vecchia politica partitocratica, un’altra commedia nel Palazzo della Cultura quando l’amministrazione Montagna ha permesso, con spese a carico dei galatinesi, ad un dinosauro della prima Repubblica, già presidente dell'UDC (che coincidenza !), ed ai suoi contigui locali di camuffare da intervento culturale un comizio preelettorale a sostegno delle idee del proprio partito. Un intervento non da studioso, quale l’occasione richiedeva, ma molto più semplicemente un comizio di parte.

 Nulla contro il Dott. De Donatis, ma non si capisce perché il Sindaco Montagna neghi l’evidenza dei fatti.

A voler ricordare gli eventi è immediato collegare il centro sinistra tra i principali artefici della caduta dell’amministrazione Coluccia e allora il problema sulla coerenza si palesa con clamorosa evidenza.

Esiste tanta ipocrisia quando si negano sudditanze leccesi che prevedono accordi ed alleanze sottoscritte nelle segreterie dei partiti, con buona pace di quella parte della sinistra, oggi messa all'angolo, che tanto ha vantato una vittoria elettorale figlia dell'omogeneità della coalizione e senza inciuci.

Lo avevamo segnalato sin da subito e per nulla convincente ci era apparso il tentativo di negare l'evidenza da parte del Sindaco per una nomina che mascherata da "amicizia personale" era il risultato di un favore ricevuto e da ripagare. La conseguenza è che ancora una volta la città si ritrova a pagare per garantire interessi extracittadini, stile direttore generale, che, giorno dopo giorno, occupano tutto quello spazio lasciato libero dal vuoto che la politica galatinese regala.

 Abbiamo letto la banale risposta del Sindaco ad un nostro comunicato che auspicava una gestione della cosa pubblica più vicina allo stato di sofferenza che vivono i cittadini, abbiamo letto della nomina del vigile ecologico che sottrae una unità al servizio attivo già deficitario della CSA, abbiamo assistito ad un Consiglio Comunale dove tutti i gruppi politici di maggioranza hanno sponsorizzato e votato per l’assunzione di 2 dirigenti comunali e contestualmente chiedevano sacrifici ai galatinesi con l'aumento massimo possibile delle aliquote IMU per garantire gli stipendi a quest’ultimi.

 Ai galatinesi allora diciamo che la prossima rata IMU, proprio sotto le festività natalizie, è il regalo che quest’Amministrazione ci fa per onorare gli impegni di accordi elettorali sottoscritti ancora una volta in quel di Lecce.

 Il pensiero non può che scivolare sul costo di circa € 200.000,00 all'anno per le 2 assunzioni dirigenziali, ma anche alla disastrosa condizione dell’Ente Fiera sulla quale poco o nulla è dato di sapere per poi passare ancora sulla CSA per la quale il Sindaco Montagna aveva preso l' impegno di chiusura e invece oggi si fanno programmi di spesa per circa € 300.000,00. Quella CSA guidata da un Consiglio di Amministrazione inadempiente, nominato dalla contestata amministrazione Coluccia e che oggi non si tocca, ma per non contrariare chi ?

 Tutti argomenti, sui quali abbiamo già fatto le nostre valutazioni, che porremo all’attenzione della città nuovamente e dettagliatamente. Sono troppo importanti per essere trattati in poche righe, meritano la massima attenzione dei galatinesi.

 Per il bene di Galatina noi ci auguriamo che il Sindaco Montagna riveda la sua idea di "Rinascita" della città, mantenendo l'impegno preso in campagna elettorale attuando "la buona politica ora" nella più totale trasparenza con chiarezza politica ed amministrativa.

 
Di Antonio Mellone (del 02/02/2017 @ 22:57:43, in NohaBlog, linkato 2328 volte)

Ricapitolando in maniera lapidaria e granitica.

1) Una tizia inglese piena di soldi [tutti da dimostrare: ma magari li richiederà alla banca Etruria di turno, ndr.], venuta a conoscenza di un ameno posto del Salento chiamato Sarparea nei pressi di Sant’Isidoro di Nardò, avrebbe intenzione di colare in mezzo ai suoi ulivi monumentali un nuovo villaggio turistico di una settantina di ville più hotel extralusso, spendendoci 70 milioni di euro (dico set-tan-ta-mi-lio-ni) o giù di lì.

2) Un’orda di impresari e costruttori assistiti da un’accozzaglia di agguerritissimi studi associati di ingegneri, architetti, geometri, legulei e altri guastatori, prepara le solite slide renziane, degne del migliore “Sblocca-Italia”, al fine di convincere gli allocchi circa la bontà dell’eco-resort [se ci metti il prefisso “eco” prima di ogni spazzatura ti sembrerà tutto più pulito, ndr.]. E ci riesce benissimo.

3) Un sindaco, pare pure fasciocomunista, dice una cosa in campagna elettorale per poi fare esattamente l’opposto una volta assiso sulla poltrona di primo cittadino [tanto poi basta l’intitolazione dell’aula consiliare a Renata Fonte per stare apposto con la coscienza, ndr.].

4) Un Quotidiano raccoglie eco-balle e le pubblica come fossero notizie.

Nello spot Quotidiano odierno, per dire, il suddetto giornale, gongolante come non mai, titola a caratteri cubitali: .

Ma certo, come no. Chissà quale facoltà scientifica avranno frequentato gli economisti per caso di questa “importante e antica associazione di operai e artigiani, anche edili”, che dico, accademia dei lincei, di più, della crusca, per formulare apprezzamenti su tutta ‘sta roba, inclusi “i risvolti occupazionali”.

Sentite cosa dicono codesti “spettatori partecipi” [sic] a proposito della novella Oasi naturalistica però con l'aggiunta di una settantina di ville, più albergo, più strade, parcheggi, e, perché no, rotatorie [ma sì, quante più strade e rotatorie fai più occupazione crei, ndr.]: “ […] mettere in moto un’idea di turismo di questo genere [fosse solo un’idea sarebbe poco il male, ndr.] permetterà di aprire nuovi orizzonti lavorativi [e te pareva, ndr.] per la nostra città [peccato per gli orizzonti veri, quelli che verranno ostruiti dallo skyline di una settantina di ville + pensione di lusso, ndr.] […] perché si sta acquisendo sempre più consapevolezza che nel rilancio del nostro patrimonio naturale vi è la chiave per la ripresa della nostra economia [uhahahaha. Capito dov’è dunque questa chiave della ripresa? Ma ovviamente nel rilancio del nostro patrimonio naturale da coprire con una bella villettopoli. Tanto, come pensano quelli della società operaia, gli ambientalisti voltagabbana e una pletora di neritini assisi sui loro comodi Divani & Divani, visto che la zona è già degradata per via di una moltitudine di case, magari irregolari, tu, per riqualificare il tutto, mica abbatti le costruzioni abusive (macché: è peccato) ne fabbrichi invece delle altre con mattoni, cemento e asfalto però con tanto di autorizzazione, così fai la media del pollo di Trilussa e il degrado si dimezza. Semplice, come una betoniera.

E’ proprio vero che se da certi giornali togli la merda ti rimane giusto la carta.

P.S. Ci mancavano giusto gli inglesi e gli altri lanzichenecchi da riporto a martoriare questa terra e questo mare, quando invece bastiamo e avanziamo noialtri. Sì, noi saremmo capaci in quattro e quattro otto di far diventare malviventi, criminali e fuorilegge perfino certe razze di pesci.

Come la famosa Sarpa rea.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Pepe (del 26/05/2016 @ 22:57:38, in Comunicato Stampa, linkato 2157 volte)

Touché !

Senza scomodare i Santi ci affidiamo al più terreno pensiero dei fanti.

Può una legittima richiesta, da  Consiglieri Comunali di minoranza nella funzione del loro mandato, ad affrontare una questione che rischia di affossare l’Amministrazione cittadina che già da mesi è quasi pre-commissariata dalla Corte dei Conti, essere causa di cotanta irritazione?

La reazione stizzita del segretario cittadino pro-tempore del PD galatinese la dice lunga sul clima che si respira da quelle parti. La necessità del Sindaco di riepilogare in ordine alfabetico quanto realizzato (in quattro anni si è giunti solo alla lettera “ j” ?) la dice altrettanto lunga sullo stato della maggioranza, a proposito di “apertura di campagna elettorale”.

Ripetere come un disco rotto quanto già nel 2012 scompostamente urlato dal Sindaco dalle parti di Palazzo Orsini, allorquando gli si fece notare in Consiglio Comunale che, dopo averla “ politicamente gestita” sin dal 2006, allungando la durata di vita della Centro Salento Ambiente, giunta a naturale scadenza statutaria, la sua amministrazione e la maggioranza tutta ne assumeva, ancor più e ufficialmente, a pieno titolo la paternità, evidenzia una carenza di scuse e una totale assenza di argomentazioni.

In questi lunghi anni di gestione il Partito Democratico galatinese ha visto molti degli attuali amministratori coinvolti in più ruoli (Sindaco, assessore, consigliere comunale, presidente CSA, consigliere d’amministrazione). Eravate quasi tutti lì e potevate rivoltarla come un calzino ma la avete usata come e più di tanti altri.

Mostri non si nasce, lo si diventa magari frequentando cattive compagnie.

La verità, quando palesemente evidente, a qualcuno fa male ma tant’è.

Con umana comprensione per l’imbarazzo di chi oggi, in pieno conflitto d’interesse, da segretario del Partito Democratico di Galatina deve almeno provare ad abbozzare una difesa d’ufficio del suo operato e di quello del suo partito, e di un Sindaco che si è visto sconfessare tout court dalla quasi totalità dei Consiglieri del suo medesimo partito.  

Evitiamo di dar seguito ad illazioni e ci asteniamo dal partecipare al teatrino dell’offesa ad personam che non ci appartiene. Oramai il gioco, funzionale solo a creare azioni di “distrazione” per non entrare nel merito dei problemi creati, è improponibile.

Con maggior fermezza ritorniamo allora a chiedere al Sindaco Montagna ed alla sua maggioranza, se ancora sono nelle condizioni di farlo, a dare prova di “consistenza”;  per i resoconti ci sarà modo e tempo (sulla durata rivolgersi al “gruppo misto”) anche perché la didascalica enunciazione delle ”opera svolte” (scordandosi per la fretta alcune  “importanti” vedi fallimento fiera) in più punti appare un’assunzione di responsabilità e non certo opera meritoria.

Nel candidarsi a governare una cittadina complessa come Galatina è implicito dover predisporsi ad affrontare e risolvere problematiche e a dare nuovi impulsi, addurre oggi giustificazioni è un tentativo di voler coprire le proprie sconfitte nell’azione amministrativa svolta. Ai cittadini galatinesi il giudizio.    

Ringraziamo infine il segretario cittadino del PD per l’attenzione dimostrata, ma… #staisereno, l’odore di “bruciato” che sente non viene dalle nostre parti, piuttosto, si guardi attorno.

Galatina (Le), lì 25.05.2016

I Consiglieri Comunali

Marcello P. Amante

Antonio Pepe

 

Il Centro d’ascolto DNAdonna e il Centro Antiviolenza Malala Yousafzai dell’Ambito Territoriale Sociale di Galatina organizzano: One Billion Rising 2016 Galatina, flash mob.

Le Nazioni Unite stimano che, nel mondo, 1 donna su 3 sarà picchiata o stuprata nel corso della vita. Questo significa oltre 1 miliardo di donne e bambine.
Per chiedere di porre fine a questa violenza, la scrittrice statunitense Eve Ensler, fondatrice del movimento V-Day (movimento mondiale per la raccolta di fondi a favore delle donne vittime di maltrattamenti e violenze), ha ideato la campagna One Billion Rising dando vita, il 14 febbraio 2013, alla più grande manifestazione di massa nella storia dell’umanità: oltre 10.000 eventi in tutto il mondo, seguiti dai maggiori canali di informazione.
Attraverso il ballo, si dà voce ad una protesta creativa e non violenta, per rompere il silenzio e le catene.
Il flash mob avrà luogo anche a Galatina, in piazza San Pietro, domenica 14 febbraio alle ore 11.00. Nella piazza confluiranno due gruppi: quello delle donne (che muoverà dal Centro Antiviolenza Malala Yousafzai dell’Ambito Territoriale Sociale di Galatina) e quello delle e degli studenti (che si ritroveranno nello spazio antistante la Biblioteca Pietro Siciliani). Alla guida dei cortei, alcuni musicisti.
Ad attenderli in piazza, le Istituzioni aderenti alla manifestazione: la Regione, con l’Assessore al Welfare Salvatore Negro, la Provincia di Lecce, con la Consigliera di Parità Filomena D’Antini Solero, il Comune di Galatina con l’Assessore alle Politiche Sociali Daniela Vantaggiato, i Sindaci dei Comuni dell’ATS di Galatina, i Servizi dell’ATS di Galatina, l’ASP Istituto Immacolata, il Progetto S.P.R.A.R./ARCI Lecce e tutte le Associazioni partner del territorio.

Accanto ad essi, ci sarà il gruppo delle persone disabili che parteciperanno al flash mob nell’ottica della maggiore inclusione.

La regia del flash mob sarà curata da Chiara Dollorenzo, ballerina e coreografa di danza classica, contemporanea e di Community dance.
I gruppi saranno disposti in pattern nell’aera della piazza e balleranno sulle note di Break The Chain assieme agli astanti e agli intervenuti che vorranno partecipare.
Il tema della Rivoluzione, nel 2016, si focalizza sulle donne emarginate, sul dramma delle migranti, delle profughe, in particolare sulle donne e sulle bambine costrette a subire violenze in quel viaggio disperato, intrapreso per salvare la propria vita.

Questa giornata è dedicata,dunque, alla memoria di Nasra, la donna somala ritrovata morta pochi giorni fa sulla costa salentina. Cercava una vita migliore.

Attraverso il linguaggio universale della danza e per mezzo della libera espressione di corpi che occupano uno spazio pubblico in maniera gioiosa, inclusiva e partecipata, vogliamo sollecitare le coscienze ad ampliare il concetto di amore, a declinarlo in tutte forme di relazione sociale, a creare un nuovo paradigma di comunità in cui violenza ed esclusione non siano più contemplate.

Il CAV Malala - ATS Galatina.
La Coordinatrice dott.ssa Paola Gabrieli.

 
Di Redazione (del 20/06/2013 @ 22:55:20, in Comunicato Stampa, linkato 2589 volte)

Detto questo, non possiamo accettare quanto dichiarato dal Sindaco Montagna nell'intervista pubblicata su un quotidiano locale con cui lascia spazio a interpretazioni e temporeggiamenti.

Dopo aver condotto una campagna elettorale atterrendo i galatinesi  sugli effetti del coincenerimento come causa di tumori e neoplasie;

dopo aver chiaramente scritto nel suo programma elettorale la totale contrarietà all'utilizzo del CDR (oggi ribatezzato CSS) nei cementifici;

dopo essere salito più volte su un palco in compagnia di medici oncologi suoi colleghi a sostegno delle proprie certezze;

l'unica risposta che riesce a dare alla Regione, per l'inserimento di Galatina nel circuito dei comuni atti a ospitare strutture destinate al co-incenerimento, è la proposta di convocazione di un Consiglio Comunale monotematico !

Un film già visto, trasmesso da precedenti Amministrazioni. Una replica utile solo a perdere del tempo prezioso.

Ricordando anche la battaglia condotta contro l’incenerimento del CDR dalla Vicesindaco e Assessore all'Ambiente, oggi silente, col sostegno dall’intera maggioranza, non è concesso tergiversare su posizioni dubitative o fataliste.

Il Sindaco Montagna, legittimato dal voto dei galatinesi, non ha bisogno di alcun ulteriore ampio consenso da reperire in Consiglio Comunale.

Ha solo l’obbligo politico e morale di decidere ed agire con coerenza su questo progetto nato, alle spalle di galatinesi e salentini, da un' Amministrazione Regionale considerata amica e inserita in quell'asse di collegamenti istituzionali diretti tanto enfatizzata dal Sindaco e dalla sua maggioranza in campagna elettorale.

Sappiano, il Sindaco e l'Assessore all'Ambiente, che, nell'epilogo di questa vicenda,     sarà inevitabile l'assunzione delle proprie responsabilità.

Galatina in Movimento

Galatina Altra

Nova Polis Galatina

Movimento per il Rione Italia

 
Di Redazione (del 29/11/2019 @ 22:54:26, in Comunicato Stampa, linkato 1084 volte)

Nell’udienza al Tar di Lecce del 27 novembre scorso la discussione del ricorso a difesa dell’Ospedale di Galatina è stata rinviata al 6 maggio 2020. Un rinvio necessario a rendere attuale il dibattimento alla luce del nuovo Regolamento ospedaliero varato dalla Regione Puglia a settembre e che abbiamo voluto impugnare visto che il nostro diritto alla salute, alla luce dei nuovi provvedimenti, continua a non essere tutelato. 

Quello che fa indignare ancora di più è il fatto che Regione e Asl di Lecce continuano a produrre documenti che attestano le buone performance dell’Ospedale e nonostante ciò lo hanno svuotato di discipline essenziali quali Cardiologia, Chirurgia, Ortopedia, Gastroenterologia e Pneumologia. Uno scippo a tutto campo che non ha tenuto conto neppure delle previsioni del Dm 70 del 2015 che negli ospedali di base, tale è classificato Galatina, prevedono una dotazione minima di reparti tra cui ortopedia e chirurgia.

Continuerò a battermi per l’ospedale, visto che chi dovrebbe farlo rimane inerte e non mi riferisco solo all’amministrazione comunale che pure manifesta un silenzio assordante, ma a tutti i consiglieri regionali e ai parlamentari (con riferimento specifico a quelli di opposizione) che non hanno firmato il ricorso sottoscritto da centinaia di cittadini e non hanno assunto nessuna iniziativa significativa limitandosi a passerelle da campagna elettorale.

Assisto a politiche sanitarie con due pesi e due misure: Galatina perde Cardiologia e  Pneumologia, Geriatria, ma a Copertino e Casarano vengono lasciati sia la Cardiologia che la Geriatria. In più è stata fatta la forzatura di lasciare Neurologia e Rianimazione a Casarano, mentre a Galatina non si permette di avere reparti che hanno funzionato benissimo e servono visto che la  rete ospedaliera è carente di posti letto per quelle discipline tant’è che è quotidiano il ricorso all’extralocazione dei pazienti.

Sono convinto che ci sia una volontà politica mirata a far chiudere l’ospedale di Galatina e la prova la possiamo desumere dal fatto che il punto nascita di Scorrano dovrebbe chiudere su richiesta del Ministero della Salute perché ha un numero troppo basso di parti eppure, con l’ultimo Regolamento che abbiamo impugnato viene potenziato a scapito di Galatina.

La misura è colma ed è inaccettabile il risvegliato interesse per la sanità da parte di quei politici che dovendosi presentare alle prossime regionali cercando di dimostrare un impegno che non hanno mai avuto. Per non parlare poi dell’amministrazione Amante che addirittura si è intestata la paternità dello scempio affermando che è frutto di accordi presi dal sindaco a Bari. Ma le elezioni arrivano per tutti e noi cittadini abbiamo buona memoria.

Mi auguro che la Regione non continui a deliberare atti che dilatano il tempo del processo e allontanano la pronuncia dei giudici che devono dire l’ultima parola sul rispetto del diritto alla salute dei cittadini di Galatina e dei comuni limitrofi.

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Antonio Mellone (del 13/07/2014 @ 22:52:51, in NohaBlog, linkato 3619 volte)

Uno dei meriti di questo sito è quello di richiamare l’attenzione su quello di cui altri cosiddetti mezzi di informazione preferiscono tacere. Vero è che alcune cose sfuggono ai più in quanto impercettibili o trascurabili; ma altre non vengono viste proprio perché enormi.

Così è stato, per dire, al tempo dei cinquanta e passa ettari di pannelli fotovoltaici di contrada Roncella (ma il discorso funzionerebbe anche per tutte le altre “grandi opere”).

Quel campo, che ha la parvenza di un cimitero con tante lapidi in ferro e silicio (i cui loculi non puoi nemmeno prenotare per un domani, come invece pare possa accadere nell’altro camposanto nohano - basta avere le opportune conoscenze sulla Comune) contravviene allegramente, a occhio e croce, a tutti i canoni del buon senso, dell’etica e dell’estetica.

E’ proprio del suddito lobotomizzato non proferir verbo, non batter ciglio, né storcere il muso mentre viene derubato, oltre che del panorama, del paesaggio, della natura e della salute, anche di un bel po’ di quattrini che in maniera diciamo così omeopatica vengono inoculati in bolletta.

Quei soldi, tanto per mettere il dito nella piaga (e come documentato nel nostro articolo “Dai campi di sterminio allo sterminio dei campi”, pubblicato su questo stesso sito il 12 novembre 2013), vanno oggi a finire direttamente, senza nemmeno transitare dalla “tangenziale” di Galatina, nelle tasche di un manipolo di tedeschi (mentre all’inizio, come noto, venivano indirizzati su conti correnti spagnoli: ma italiani mai, ndr).

Un tempo nessuno sembrava accorgersi di nulla, a partire dal sindaco di allora – che pare si spacciasse per un nohano – per finire al codazzo dei cosiddetti consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione, tutti appassionatamente a braccetto nel rito delle larghe scemenze ovvero in nome del patto del Nazareno (iconograficamente, anzi plasticamente rappresentato nel corso delle processioni solenni dal gregge dei nostri rappresentanti piazzato alle spalle della statua del santo di turno). Ma a quanto pare così va la vita, e quella che s’ostinano ancora a chiamare politica - da palazzo Orsini a palazzo Chigi.

Noi parlavamo dello sfacelo del fotovoltaico in tempi non sospetti, quando ancora quella campagna era una campagna, terreno intonso, pseudo-steppa con cozzi, qualche albero qua e là, ed erba per i famosi “greggi”, mentre nessuno dei nostri amministratori pubblici riusciva a formulare una previsione sul danno che ne sarebbe derivato. Anzi sembravano tutti eccitati per la novità, gli investimenti, “le ricadute”, “i volani” e l’“energia a vocazione turistica” [copyright TAP].

I cittadini un po’ più svegli (che si contano tuttavia sulle dita di una mano) hanno potuto informarsi leggendo le nostre catilinarie, quando nessuno osava parlarne (men che meno “il Quotidiano di Lecce”, o addirittura le segreterie dei partiti politici, figuriamoci). Poi con il tempo, folgorati sulla via della Gamascia, ci sono arrivati anche gli altri, ma sempre timidamente e troppe volte in maniera imbarazzante, in qualche caso addirittura encomiasticamente, disconoscendo la realtà dei fatti e la pericolosità della loro dabbenaggine.

*

Perché, vedete, a parlare di pannelli fotovoltaici (come pure di TAP) quando i pannelli ci sono già (o quando la TAP passerà dal tinello di casa nostra) non serve mica essere un grande giornalista. Questa roba la vedono (o la vedranno) tutti anche senza l’aiuto del “Quotidiano” o della televisione o dei reportage con lacrime di coccodrillo incorporate, prodotti dai giornalisti già scendiletto.

Ma a quel punto, come viene ripetuto da molti, è troppo tardi. E allora tutti a dire: ormai c’è questa cosa e non possiamo farci nulla; per smontare l’intero ambaradan costerebbe tre/quattro volte tanto; e che ci vuoi fare. Nel migliore dei casi qualcuno ammette pure di non essersi reso conto: “…purtroppo allora non comprendevamo, non ci hanno spiegato bene, non s’è inteso, chi avrebbe mai pensato…”. Chi l’avrebbe mai pensato? Noi, e abbiamo cercato di dirvelo in tutte le lingue. Ma voi, nulla: elettroencefalogramma ridotto ad una retta parallela all’asse delle x.

Di questo passo saremo condannati a tenerci in saecula saeculorum pannelli fotovoltaici, TAP, SS 275, pale eoliche, discarica sulla falda acquifera di Corigliano d’Otranto, mega-impianto di compostaggio, tangenziale (che in barba alla matematica non tange, seca), centro commerciale Pantacom, nuova area mercatale C3 (colpita ed affondata), e via snocciolando il rosario delle varie porcate all’ordine del giorno, anche se a sentire i politici (con il senno di poi) nessuno ha (avrà) mai voluto nulla: né una roba né l’altra né l’altra ancora. Come se questi mega crimini si fossero (o si saranno) fatti da sé, a loro insaputa (come direbbe il loro collega Scaiola).

*

Noi, profeti di sventura, invece, cerchiamo di parlare dei rischi delle grandi schifezze portate in trionfo in nome delle “ricadute occupazionali” e del “volano dello sviluppo” quando si è ancora in tempo per evitare i danni, non quando questi sono ormai stati fatti e a nostre spese. Ci piacerebbe che si parlasse di più di queste spade di Damocle pendenti sulle nostre teste, che se ne discutesse, che ci si informasse una buona volta.

Magari per poter scegliere liberamente, in modo consapevole e informato, senza esser costretti poi a dire candidamente che non avevamo capito una mazza di cosa si stava macchinando alle nostre spalle.

Ecco: vorremmo che si smettesse una buona volta di avere occhi, orecchie, bocca, e qualche altro orifizio, otturati da un bel TAP.

Antonio Mellone

 

Passata la festa dei santi patroni di Galatina tiriamo un po’ le somme. Gli organizzatori hanno avuto la leggerezza a loro dire di accettare uno sponsor senza pesarne le conseguenze. E va bene abbiamo chiuso, anzi ne abbiamo approfittato e, qualche giorno prima della festa, siamo stati nella bellissima cittadina salentina a parlare dell’opera inutile e dannosa TAP. Come dicevamo, noi abbiamo voluto credere alla buonafede e alla leggerezza del comitato feste, abbiamo voluto non creare disagio alle persone e ai fedeli. Non abbiamo voluto essere noi a creare tensioni e non lo abbiamo fatto, neanche quando la pubblicità di TAP non si è limitata ai soli manifesti 6 per 3 ma anche su un intera pagina della brochure della festa, la pubblicità portava la dicitura “Energia a vocazione turistica” – che vocazione può avere il gas e il gasdotto che distruggeranno il Salento tutto? Ma soprattutto questi non vendono gas, ma lo portano in Austria, e costruiscono una centrale di depressurizzazione di 12 ettari. Energia a vocazione turistica sarà l’ossimoro dell’anno. Non ci siamo neanche inalberati quando, per magia, la sera del cantante, sempre lui, quello che del Salento non ne vuole sapere nulla, sono apparse le bandiere di TAP. Quindi ricapitolando: manifesti, brochure e bandiere, per soli 5000 euro? E quindi all’amministrazione che ne ha dati 16000 che fate le statue di fianco ai santi patroni? Davvero dobbiamo credere alla buona fede? E poi al signore alto con i capelli bianchi, quello che mentre discutevamo fuori il palazzo della cultura si fasciava la testa e ci chiedeva scusa, quello che ci aveva invitato a salire sul palco prima del cantante, per poi scoprire che non era vero che non si era mai discusso di questa eventualità, che non ricorda…. E si … noi continuiamo a credere nella loro buonafede, anche nella buona fede del prete. All’uscita dall’assemblea in cui si parlava di TAP, gli è stato chiesto se avrebbe detto qualcosa nell’omelia per spiegare cosa è TAP. Facile fare finta di non sentire e uscirsene con il sorrisetto, ripenso a tutti quei preti che hanno perso la vita per delle idee e per la difesa della dignità. Penso a quei preti che lottano contro il biocidio in Campania e a chi ha il coraggio di abbandonare tutto per servire il prossimo. Coraggio ecco la parola chiave. Ci vuole coraggio a rifiutare il vile denaro, cacciare i mercanti dal tempio. Ci vuole coraggio, in questo periodo di crisi, ad non accettare soldi dagli sconosciuti. Gente che si insinua nel tessuto sociale, gente che prenderà da questa terra e dalle nostre tasche per non restituire nulla. Ci vuole coraggio anche a salire su una pedana mentre si parla di TAP e dire che il proprio partito si è sempre espresso contrariamente al progetto, mistificando le posizioni. Spieghi bene in che modo è contrario e ci risparmi la sua ignoranza in materia. Nel suo partito ci sono guerre interne e TAP è un pretesto per creare correnti, ma se si guarda bene tutti lo vogliono. Chi a Brindisi (per dare l’ennesima opportunità ad Enel di essere salvata dalla politica? A Brindisi esiste già il gas per Cerano ed è Enel a dover fare investimenti per la conversione o chiusura. Enel è fuorilegge dal 1996, e lo stato Italiano preferisce pagare sanzioni che far chiudere una centrale che provoca morti). O Otranto, dove già esiste l’approvazione per un gasdotto (ITGPoseidon II) , peccato che sia di portata minuscola (8-12 mld di mc. contro 20 mld mc.) confrontata a TAP e quindi bisognerebbe di un nuovo progetto e le valutazioni dovrebbe ripartire da zero. E non credo che le autorizzazioni poi arriveranno come sono arrivate nel silenzio totale della prima volta. Ma come funziona la macchina di TAP per le sponsorizzazioni? Molto semplice. L’agenzia Proforma ti contatta ed offre dei pacchetti di sponsorizzazione, ma non ti dice l’oggetto della campagna pubblicitaria, punta sulla sua famosa esperienza e sulla fama che si è fatta negli anni. Per fortuna ci sono persone coscienti e preparate che prima di firmare il contratto chiedono di che sponsor si tratta, altrimenti, firmato il contratto, si troverebbero, loro malgrado, in dovere di stampare o mettere in onda spot riguardanti TAP. Per fortuna abbiamo notizia di organizzatori di eventi e di testate giornalistiche che hanno rifiutato ben volentieri i soldi di TAP,tanti soldi. Ma cosa serve la sponsorizzazione a TAP? In fondo TAP non vende gas casa per casa, porterà il gas in Austria. TAP non vende verdura o olio o prodotti da orto, gli orti li distrugge .TAP non vende posti in spiaggia,la spiaggia la trafora. Quindi a che serve? Serve a far passare per positivo ciò che di positivo non ha nulla. A comprare il consenso. Aggiungiamo che per la stessa procedura di VIA, TAP deve farsi conoscere e avere incontri pubblici, in tre anni uno o due se vogliamo includere l’O.S.T.organizzato dalla regione, mentre dice di averne fatti più di 200, al massimo in tutta la sua permanenza qui Russo avrà incrociato solo 200 persone e la maggior parte di Confindustria. Con la sponsorizzazione TAP dirà al ministero che ormai è nel tessuto sociale, mentre qui nel Salento cresce di giorno in giorno il dissenso. Sono troppo vicine Taranto e Brindisi per non avere in mente come operano, sul tessuto sociale, aziende che hanno il solo fine del profitto, sappiamo come sono in grado, con sponsorizzazioni,di comprare il consenso, è una tattica vecchia. A tutti gli operatori turistici, a tutti gli organizzatori di sagre e concerti, a quanti hanno un piccolo o grande giornale, a quanti fanno informazione su internet, se questa agenzia vi chiede preventivi, chiedete di che pubblicità si tratta, siate attenti a questi giochi senza morale di TAP. Noi vi saremo vicini. Pensiamo al futuro non vendiamoci. Sperando che i 5000 euro dati ai Santi non li dovremo pagare con gli interessi nel futuro.
Comitato NO TAP

fonte:Galatina blogolandia.it

 
Di Albino Campa (del 21/09/2007 @ 22:48:32, in NohaBlog, linkato 5030 volte)


Festa San Michele Arcangelo
28-29-30 Settembre 2007
Con il patrocinio del Comune di Galatina


Programma delle Celebrazioni
19 Settembre: Solenne apertura della Novena e intronizzazione della Reliquia
23 Settembre: ore 9.30 Apertura dell'Anno Catechistico
24-26 Settembre: Preparazione Spirituale all'Ordinanza Sacerdotale do Don Emanuele Vincenti che avverrà il 6 Ottobre presso la Basilica Cattedrale di Otranto
28 Settembre: Vigilia della Festa.
  • ore 7.15/ 9.30/11.00 SS. Messe
  • 18.00 Solenne Celebrazione Eucaristica
  • 19.00 Processione per le principali vie del paese
29 Settembre:
Solennità di San Michele Arcangelo
  • ore 7.00/ 8.30/10.00/11.30 SS. Messe
  • 19.00 Solenne Celebrazione Eucaristica al termine Bacio della Reliquia
   
Programma delle Manifestazioni
•L'allestimento delle luminarie nelle vie che
   tradizionalmente vengono addobbate saranno
   curate dalla premiata ditta:
   "CAV. CESARIO DE CAGNA"

28 Settembre:

  • Gran Concerto Bandistico Città di "Sogliano Cavour" (Le) Maestro Direttore e Concertatore Giuseppe Gregucci.
  • Al termine della Processione Spettacolo Pirotecnico a cura della Ditta "La Pirotecnica del Sud" di Piero Coluccia di Galatina (Le)
  • ore 21.00 Spettacolo di Pizzica e Musica popolare con i "NUI...NISCIUNU"
29 Settembre:
  • Gran Concerto Bandistico Città di "Sogliano Cavour" (Le) Maestro Direttore e Concertatore Giuseppe Gregucci
  • Rinomato Gran Concerto Musicale "Lorenzo Semeraro" Città di Mottola (TA)
    Maestro Direttore e Concertatore "Salvatore Tarantino"
  • ore 24.00 A conclusione dei Festeggiamenti spettacolo di Fuochi pirotecnici curati dalle Ditte "La Pirotecnica del Sud" di Piero Coluccia di Galatina (Le) e "Cav. Maggio Domenico" di Tuglie (Le)
30 Settembre:
  • ore 20.00 esibizione della Scuola di Ballo DANCING DAYS di Cutrofiano (LE) maestri GIUSEPPE E LUIGINA MENGOLI.
  • ore 21.00 "I CUGINI DI campagna " in Concerto
 
ATTRAZIONE GIOCHI
Per tutta la durata dei festeggiamenti GRANDE LUNA PARK
 
MANIFESTAZIONI TRADIZIONALI
Con inizio alle ore 8,00 saranno sparati i tradizionali botti.
Ogni mattina i concerti bandistici, dopo aver sfilato per le vie della città, presteranno servizio in Piazza S. Michele.
 
Il Parroco ed il Comitato ringraziano la Comunità Parrochiale per aver contribuito alla realizzazione della Festa

 

 
Di Redazione (del 21/09/2013 @ 22:47:45, in Comunicato Stampa, linkato 2529 volte)

Il Circolo del PRC di Galatina è pienamente convinto che il territorio debba avere tutta la consapevolezza possibile in riferimento al progetto centro commerciale Pantacom in località Cascioni a Collemeto. Una consapevolezza che vogliamo emerga attraverso un incontro aperto, necessario per un insediamento così impattante.

Crediamo sia fondamentale creare un clima di confronto sereno che possa far conoscere nei dettagli l'iniziativa imprenditoriale. Questa coalizione in campagna elettorale ha mosso i primi passi su valori importanti, impegnativi. Oggi la strumentalizzazione e la critica per partito preso sono le sole, povere e misere armi di questa politica degradante. Vogliamo quindi rendere tangibili i valori di trasparenza attraverso incontri partecipati e condivisi e spazzare via questa visione politica ormai obsoleta e da sempre sbagliata.

Chiediamo quindi una mobilitazione del territorio all'organizzazione ed alla partecipazione a tale incontro che si svolgerà lunedì 23 settembre alle ore 19.00 in Piazza Alighieri. Nel caso di pioggia l'incontro si svolgerà nel Palazzo della Cultura.

Invitiamo inoltre il Sindaco Montagna e tutta l'Amministrazione, Cittadini, Associazioni dei Commercianti e le Associazioni del territorio. Invitiamo inoltre i soci della Pantacom s.r.l., in particolare il socio di maggioranza, il Dott. Paolo Perrone, attuale Sindaco della Città di Lecce. Riteniamo che sia una presenza dovuta e necessaria per creare un contatto, un confronto aperto fra l'imprenditore e il territorio al quale si affaccia. Il Dott. Perrone sarà anche una testimonianza importante perché in questi anni, da politico, ha visto trasformarsi l'hinterland leccese a causa dei vari insediamenti commerciali nella zona. Cogliamo l'occasione di invitare al dibattito il Consigliere Regionale Antonio Galati a garanzia che il procedimento venga seguito con la massima attenzione e trasparenza anche in sede regionale.

Interverranno come relatori il Dott. Agronomo Bruno “Presidente ADAF”, il Dott. Sanghez “Regionale Confesercenti,” Il Dott. Chiarelli “Regionale Confcommercio”, Ivano Gioffreda “Spazi Popolari” ed il Consigliere Comunale Antonio Congedo.

Il Segretario
Apollonio Tundo
 
Di Albino Campa (del 03/04/2012 @ 22:45:31, in Politica, linkato 6695 volte)

Depositate a Palazzo Orsini gli elenchi con i nominativi (sedici per lista), ma anche i simboli delle liste e dei partiti e il nome del candidato sindaco che intendono sostenere.

In questa tornata elettorale sono in quattro a correre per la poltrona di primo cittadino, ben venti le liste che si contenderanno i voti e, addirittura, trecentoventi i candidati alla carica di consigliere comunale.

Sono cinque i simboli del centrosinistra che appoggiano la candidatura a sindaco di Cosimo Montagna. Per il Partito Democratico si ricandida il gruppo consiliare dell’ultima amministrazione con Piero Lagna, Daniela Sindaco e Daniela Vantaggiato. La Federazione della Sinistra si stringe attorno a Roberta Forte, Apollonio Tundo e Dino Santoro. Sempre all’interno dell’area di centrosinistra, l’Italia dei Valori punta su Luigi Boselli ed infine Sinistra ecologia e libertà con Vendola e la lista civica Montagna Sindaco.

Cinque anche le liste che sostengono la ricandidatura di Giancarlo Coluccia. L’ex sindaco è appoggiato da Io Sud, suo partito di riferimento, Futuro e Libertà per l’Italia, Udc e dalle liste civiche Partito della Nazione e Città migliore. Per il partito della senatrice Adriana Poli Bortone ripresentano la loro candidatura gli ex consiglieri comunali Luigi Cisotta e Nicola Surdo, mentre Fli, schiera l’attuale segretario cittadino, Pierantonio De Matteis. Per il partito dello scudocrociato, infine, scendono di nuovo in campo il vice sindaco uscente, Lilli Villani, e l’ex presidente del consiglio comunale, Cosimo Marra.

Antonio Pepe candidato della coalizione di centrodestra, conta sul sostegno di quattro liste: Popolo delle Libertà, La Pugliaprima di tutto, Partito Socialista Italiano e Città libera. Quest’ultima lista civica presenta un ex consigliere comunale, Maria Grazia Sederino, mentre per il Pdl, scontata è la ricandidatura di Francesco Sabato e Giuseppe Viva, anche loro consiglieri uscenti. Si riconferma in blocco l’ex gruppo consiliare dei Socialisti, Marcella Biancorosso, Giuseppe Spoti, Massimo Sparapane e Antonio Garzia.

Il quarto candidato alla carica di primo cittadino è Carlo Gervasi con la sua coalizione composta da sei liste civiche. La lista  Polis, che nell’ultima tornata elettorale ha appoggiato la candidatura dell’ex sindaco Coluccia, che per queste elezioni amministrative passa, invece, a sostegno di Carlo Gervasi. Tra i nomi presenti nella lista Polis, gli ex consiglieri comunali Francesco Carrozzini e Andrea Maio. Le altre liste civiche sono quella del Movimento Rione Italia, Galatina Altra, Galatina in movimento, Socialdemocrazia con Gervasi e Lista Gervasi.

CANDIDATO SINDACO: COSIMO MONTAGNA
 lista-montagna  federazione-sinistra
LISTA MONTAGNA
De Pasquale Paolo
Fachechi Augusto Cesare
Grassi Anna maria
Levanto Maria
Maggio Valeria
Masciullo Antonella
Mastrolia Barbara
Mele Antonio
Mino Alessandro
Nobile Vincenzo
Patera Salvatore
Quarta Annamaria
Romano Pasquale
Schirinzi Pietro
Serra Salvatore
Vergaro Valentina
FEDERAZIONE DELLA SINISTRA
Forte Roberta
Abaterusso Luigi Carmine
BeccarisiAngela
Congedo    Antonio
Contaldo Salvatore
D'Amico    Fabio
De Pascalis Luigi Cesare
Greco Massimo
Lezzi Simona
Longo Luigi
Mele Paola
Perrone    Sergio
Dantoro    Santo (detto Dino)
Spedicato Francesco Antonio
Tundo Apollonio
Viva Roberta
partito-democratico  SEL 
PARTITO DEMOCRATICO
Vantaggiato Daniela
Baffa Fernando
Colazzo Salvatore
Congedo Mirko
Lagna Alessandro
Lagna Giuseppe
Lagna Luigi Antonio
Lagna Piero Luciano
Marra Massimo
Mellone Antonio
Minardi Antonio
Miri Gianni
Sindaco Daniela
Spagna Maria Teresa
Tempesta Emilio
Tundo Daniele
SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA'
Cuppone Claudia S. In De Benedittis
Cafaro Chiara
Codazzo Antonio Orazio
Colazzo Graziano
De Giovanni Corrado
Gigante Pietro
Mandorino Maria Addolorata
Manna Andrea
Mariano Maria
Misciali Lina
Panico Giuseppe
Perrone Riccardo
Rossetti Vanessa
Tesoro Andrea Angelo
Valentini Fabiana
Vantaggiato Marco
 LogoDiPietroItaliadeiValori-PattiChiari2  
IDV
Boselli Luigi Giuseppe
Sabella Patrizia
Gabrieli Paola
Galante Biagio
Gentile Antonio
Greco Luigi
Mandorino Vincenzo
Margiotta Marco
Marino Norma detta Sonia
Marra Alberto
Marra Marco
Masciullo Maria Grazia
Panico Claudio
Specchia Priscilla
Valentini Donata
Vinsper Beatrice Maria
 
   

CANDIDATO SINDACO: CARLO CARMINE GERVASI
 lista-gervasi  galatina-altra
LISTA GERVASI
Bianco Marcella
Cappello Elisa
De Matteis Paola
Esposito Maria Rosaria Detta Sara
Gerardi Giuseppe
Giannuzzi Daniela
Lisi Federico
Luceri Vincenzo
Mangia Enzo
Palama’ Mario
Palumbo Beniamino
Patera Antonio
Patera Danilo
Perrone Alessandro
Stasi Carlotta
Stefanelli Rosi
GALATINA ALTRA
Florido Carmela Detta Carmen
Gorgoni Maria Antonietta
Maiorano Annalisa
Mangia Flora Maria Luce
Musca Maria Luce
Panico Valentina
Del Coco Vincenzo Detto Enzo
Marra Antonio
Ciccardi Giuseppe Detto Pino
Perrone Antonio
Antonaci Paolo
Bodelmonte Angelo
Forletti Fabio
Perrone Mario
Surdo Enrico
Surdo Marco
 socialdemocrazia  novapolis
SOCIALDEMOCRAZIA CON GERVASI
Al Aarag Luca
Attanasi Sara
Beccarisi Santo
Candito Helenio
Cascio Giampiero
Cascione Andrea
Cudazzo Andrea
Gatto Andrea
Loreta Gianfranco
Maglio Marta
Mangia Loredana
Marra Valentina
Micheli Donato Luigi
Murciano Rocco Giovanni Detto Gianrocco
Sanso’ Giuseppe
Serafini Giuseppe
NOVAPOLIS GALATINA
Valente Raimondo
Carrozzini Francesco
Tundo Cesario
Carratta Simone
Spinelli Santino Antonio
Campa Maria Antonietta
Greco Pietro
Greco Alessandro
Coluccia Michele
Garzia Chiara
Carratta Fabio
Spagna Rosario Jari
Maio Andrea
Santoro Luigi
Vincenti Francesca
Tarantino Cosimo
 moviemento-rione-italia  galatina-movimento
MOVIMENTO PER IL RIONE ITALIA
E PER GALATINA
Bello Massimo
Russo Piero Luigi
Leopizzi Cinzia
Surdo Pietro
Forte Antonio
Coluccia Tonia
Ciriolo Alessandro
De Pirro Franco
De Blasi Pantaleo Massimo
Ciccarese Stefano
De Pascali Luciano
Rizzo Antonio
Santoro Gianpiero
Gugliersi Salvatore
Arcadi Giuseppe
Perrone Gianpiero
GALATINA IN MOVIMENTO
Amante Marcello Pasquale
Ancora Cosimo
Caiaffa Aida
Cucurachi Livio
Bonuso Eligio Marco
De Micheli Manuela
Farmo Massimiliano
Furio Oreste Detto Cosimo
Galluccio Giacomo
Giannini Massimo
Grato Pasquale
Mauro Nicola Detto Nico
Palumbo Stefania
Romano Fortunato Stefano
Romano Stefano
Villano Pasquale

CANDIDATO SINDACO: GIOVANNI CARLO COLUCCIA
 iosud  udc
IO SUD
Bodelmonte Antonio
Cioffi Roberto
Cisotta Luigi
Di Bella Mauro
D’Onghia Milena
Gaballo Gianluca
Ingrosso Daniele
Mandorino Pierluigi
Margiotta Angelo
Micia Pietro
Misciali Marzia
Monastero Pompilia
Papadia Pierpaolo
Surdo Nicola
Tardi Antonio
Villano Nico
UDC
Marra Cosimo
Villani Pasqualina detta Lilli
Quarta Davide
Arcuti Vito Antonio
Baldari Massimo
Calabrese Maria Grazie
Clementi Matteo
Chirco Anna Maria
Ciccardi Biagio Pasquale
De Blasi Simona
De Paolis Lucia
Grappa Gabriele
Notaro Graziano
Tundo Salvatore
 fli  
FLI FINI
De Matteis Pierantonio
Aloisi Lucio
Chiriatti Daniel
D’Errico Pietro
Fedele Gianluca
Francone Salvatore
Giaccari Matteo
Maggio Luciano
Margiotta Adriano
Onorato Francesco
Perrone Antonio
Stefanelli Maria Luce
Surdo Piero Massimo
Toma Giuseppe
Venuto Alberto
Vergari Pasquale
150
Aloisi Lucia
Arcadi Pietro
De Lorenzis Ernesto
De Pandis Romina
Fulco Giuseppe
Inguscio Vincenzo
Leto Antonio
Notaro Antonio
Sambati Pietro
Santoro Lucia
Santoro Maria Serena
Scarcia Marco
Serra Carmine Roberto
Liaci Giorgio
   
CITTA' MIGLIORE
Ballarino Giancarlo
Beccarisi Alessio
Calimero Natale detto Natalino
Coluccia Salvatore
Frisenda Massimiliano
Greco Maria Angela
Lupo Francesco
Margiotta ilario
Margiotta Maurizio Maria
Mariano Elisa
Marra Francesco
Mazzotta Luigi Dario
Paglialunga Antonio detto patta
Perrone Gloria
Stefanizzi Alba
Mazzotta Federica
 

CANDIDATO SINDACO: ANTONIO PEPE
 puglia-prima-di-tutto  citta-libera
LA PUGLIA PRIMA DI TUTTO
Abaterusso Luigi
Aloisi Alessandro
Bianco Paola
Carrozzo Maria Concetta
Fulvi Michele
Greco Antonio
Gugliersi Antonio
Leone Francesca
Maiorano Tommaso Antonio
Marti Giacomo
Mita Fernando
Russo Davide Andrea
Sabella Antonio
Schilardi Yari
Schirinzi Antonio Alessandro
Stefanelli Donato Maurizio
CITTÀ LIBERA
Barbaro Gianluca
Carlino Pierlorenzo
D’Elia Roberto
De Iaco Annarita
Geusa Marco
Lupo Danilo Antonio
Mandorino Alessandro
Mariano Emanuele
Masciullo Pierluigi
Notaro Giovanni Dario
Ferrero Marina
Rigliaco Luigi
Schirinzi Paolo
Sederino Maria Grazia
Vergaro Renato
 pdl socialisti 
PDL
Aloisi Stella
Ciarfera Gianluca
Fazzi Giuseppe Cosimo
Filieri Carmine
Franco Dario
Lombardi Ivan
Magnolo Antonio
Marra Antonio
Papadia Antonio
Perrone Tommaso detto Tommy
Sabato Francesco
Santoro Salvatore
Saracino Cristina Dolores
Stomaci Luigi
Todisco Anna Rita
Viva Giuseppe detto Bepi
SOCIALISTI
Spoti Giuseppe detto Peppino
Biancorosso Marcella
Coluccia Maurizio
Congedo Antonella
De Lorenzis Lorena
D’Errico Pietro
Forte Luca
Garzia Antonio
Lazzari Giampiero
Lattarulo Donato
Marrocco Giuseppe
Nuzzaci Luigi
Russo Cosimo Roberto
Santo Lucio Antonio
Schirinzi Antonio
Sparapane Massimo

 
Di Redazione (del 02/06/2015 @ 22:45:26, in Necrologi, linkato 2771 volte)
All'età di 86 anni ci ha lasciato nunnu Gigetto Paglialunga. 
 
Gigetto appartiene a quella generazione di nohani che è sopravvissuta alla grande guerra e che avrebbe avuto ancora molte cose da raccontarci, delle bombe, della fame, della ricostruzione post-bellica, della Noha del tempo che fu. 
 
Longilineo, distinto, curato, con un'eleganza innata nel portamento ed una certa ricercatezza nell'abbigliamento, Gigetto ha sempre fatto il contadino, si può dire fino all'altro ieri. E quando per questioni di età gli fu ritirata la patente non si diede mica per vinto: inforcò la sua bicicletta, e, come ai bei tempi, continuò a recarsi in campagna a curare la sua vigna. 
 
Che vitalità, che insegnamento. 
 
*  
 
La morte di un proprio caro dispiace sempre, e la tristezza o il cordoglio non è mai inversamente proporzionale alla sua età, semmai direttamente. 
Con questa consapevolezza ci stringiamo affettuosamente attorno alla famiglia Paglialunga, ai figli, ing. Vincenzo, Massimo e Antonella, ai rispettivi consorti, ai nipoti, e agli altri parenti ed amici.
 
La redazione di Noha.it
 

La partecipazione e il calore dei galatinesi al comizio di apertura della mia campagna elettorale sono andati oltre ogni più rosea previsione. È stato un bagno di folla, come scrivono i giornalisti in questi casi. È stato un momento importante perché ho sentito forte l’attesa e le aspettative della città nei confronti miei e di “Obiettivo 2022”, la coalizione che sostiene la mia candidatura a sindaco. Significativi anche gli interventi dei segretari di partito che hanno spiegato come è nato il progetto politico fatto da forze di centro, di sinistra e di destra, con cui vogliamo governare Galatina per i prossimi cinque anni, ma hanno dato anche un assaggio delle cose che intendiamo fare.

La nostra Galatina è allo sbando, manca di programmazione e sulle spalle della prossima amministrazione pesa come un macigno un debito di 12 milioni di euro e speriamo che siano solo questi, pari a 24 miliardi delle vecchie lire. Per questo, sin da quando ho accettato la candidatura a sindaco, mi sono preoccupato di capire come intercettare i fondi comunitari, anche andando a Roma, perché non basta dire che si vogliono fare investimenti, bisogna avere le idee chiare sui processi che li governano per strutturare adeguamente gli uffici.

Non aumenteremo le tasse e non sforeremo il Patto di stabilità. Sul primo punto ritengo che chi paga, paga già abbastanza; sul Patto di stabilità le penalizzazioni sono tali per il Comune che non ha senso forzare la mano. Dobbiamo, invece, con saggezza e con una buona programmazione portare Galatina fuori dalla palude. Venderemo le auto blu, faremo le strisce bianche gratuite per la sosta breve davanti agli esercizi commerciali e le strisce rosa per le mamme. Non permetteremo sprechi e interverremo sulla pubblica illuminazione, a partire dalle periferie che presentano forti carenze. Continueremo a impegnarci per il “Santa Caterina Novella”, pretendendo la garanzia sui servizi sanitari così come da candidato sindaco ho chiesto e da sindaco pretenderò.

Abbiamo costruito un serio programma di governo (quelli citati sono solo pochi punti) e non abbiamo perso tempo in chiacchiere: quelle le lasciamo a chi non ha altro modo per apparire in questa campagna elettorale. Per quanto mi riguarda, se sarò eletto, non sarò un sindaco a mezzo servizio, ma a tempo pieno e per questo ho già predisposto affinché possa lasciare il mio posto in azienda, in caso di vittoria. Noi facciamo squadra.

 Giampiero De Pascalis

 
Di Antonio Mellone (del 04/12/2012 @ 22:36:25, in NohaBlog, linkato 2945 volte)

Abbiam capito che a Galatina non si può proprio vivere in pace. Non è ancora terminata la battaglia per il CDR (nel senso che, purtroppo, non è ancora stata detta la parola “basta”), che subito se ne devono intraprendere altre due contro i soliti cemento e asfalto (ci manca solo una succursale dell’Ilva di Taranto con annessa valutazione di impatto ambientale falsificata, e siamo al completo).
Ebbene sì, in questi giorni – mentre sono ancora in corso le lotte contro la “circonvallazione-che-si-farà-comunque-ma-senza-guard-rail” perché “collega-le-diverse-parti-di-Galatina”, anzi le salda - ci è toccato di leggere l'intervento di qualche pover’ometto (non parlerei nemmeno di ex-politici, in quanto credo che con la Politica certi personaggi non abbiano mai avuto nulla da spartire) a proposito del Comparto D7 da colare in agro di Collemeto, altrimenti detto mega-porco (con mega-parco Word ci dà errore).
Pare che qualcuno legga ancora il “Quotidiano di Lecce”, traendone ispirazione evidentemente. E’ su quel mucchio di carta, infatti, che qualche giornalista (si fa per dire) con opportuni copia-incolla riporta le elucubrazioni-stampa e le lettere aperte di qualche nostalgico della ribalta, tutto trafelato e indignato perché “sta per scadere il termine per il nulla osta di qua e per il bando di là”, insomma si rischia di perdere in un sol colpo l’occasione di una vita: soldi a gogò, benessere, progresso, crescita e soprattutto lavoro per tutti, grandi e piccoli, raccomandati e sconsigliati.   
E tu hai voglia a scrivere - nonostante ti sia venuta ormai l’ernia al dito – che è veramente cosa buona e giusta nostro dovere e fonte di salvezza non costruire altre cattedrali nel deserto, che il tempo dei centri commerciali è morto e sepolto, che qui da noi ce ne sono fin troppi (che tristezza), che i megastore non hanno mai portato posti di lavoro in più (ne creano 200 distruggendone 1000, la proporzione è questa; senza contare che oggi i licenziamenti sono arrivati anche fra i dipendenti della grande distribuzione), che “riqualificazione” di un’area significa ben altro (è mai come stavolta è in corso una scientifica manomissione della parola, abusata, usata puntualmente in modo distorto, con l’effetto del suo logoramento e della sua perdita di senso: ma riqualificazione de che?), che poi non dobbiamo lamentarci se un acquazzone si trasforma in un disastro perché la campagna sta scomparendo e la Natura prima o poi si vendica (e si riprende il maltolto), che gli stessi negozi ubicati nei centri commerciali - strozzati oltretutto da affitti esosi e visitati da consumatori che ormai vanno “in centro” solo per passeggiare (è davvero deprimente, ma c’è un sacco di gente che ci va per ammazzare la noia e le domeniche, o per santificare le altre feste)  - stanno chiudendo a decine, che i turisti (visto che si parla tanto di cultura e turismo) non vengono nel Salento per andare a finire in un centro commerciale (ma per fuggirne), che con l’e-commerce si sta superando progressivamente ogni esigenza di megastrutture, che se non lo costruiscono a Galatina non è detto che lo debbano fare per forza a Nardò (e che se fosse il caso, ci batteremmo perché non lo facciano nemmeno là: l’n-esimo megaporco sarebbe una boiata a Galatina, come anche a Nardò o a Cocumola o a Canicattì), che non porterà soldi nelle casse del Comune semmai grattacapi a non finire, che Collemeto non ne riceverebbe alcun beneficio (anzi quella stupenda frazione verrebbe spenta definitivamente da questo obbrobrio), che quando si dirà stop al capitalismo dei disastri sarà sempre troppo tardi, che oggi esistono i centri commerciali naturali (che sono tutt’altra cosa), che non vale proprio la pena di imbottirsi di cibo spazzatura da fast-food (vuoi che alcuni spazi seppur piccoli per i Mc Donalds’ di turno non siano previsti anche in questo megaporco-no-food?) e che più che suonare le trombe per l’avanzata di questi centri commerciali oggi sarebbe giusto e pio (oltre che ecologicamente ed economicamente conveniente) suonarne le campane a morto.

Antonio Mellone

P.S. Roberta, stavolta no, eh?, ti prego.

 
Di Antonio Mellone (del 20/06/2019 @ 22:35:46, in Comunicato Stampa, linkato 873 volte)

Qualche giorno fa parlavo con un imprenditore agricolo - uno che per fortuna non si mette a millantare crediti scientifici come invece qualche impiastro da convegno partitocratico usa fare da un po’ di tempo.

“Caro mio – mi fa – con l’agricoltura mio padre è riuscito a costruire casa a tutti e quattro i figli, a farci studiare, a mandare avanti la sua e le famiglie di braccianti che lavoravano con lui. Oggi io che faccio il suo stesso mestiere riesco a stento a tirare a campare.

“Un tempo i semi erano nostri, e da generazioni, li sceglievamo dalle piante migliori, li custodivamo gelosamente. Allestivamo noi stessi i semenzai, concimavamo i campi con il letame delle stalle locali, e poi i trattamenti – sì, c’erano pure quelli - erano al massimo il verderame da diluire nell’acqua e lo zolfo spolverizzato direttamente sulle piante. No, se proprio vuoi saperlo, non ho mai fatto agricoltura biologica.

“Ora siamo costretti ad acquistare tutto dalla A alla Zeta e a caro prezzo: dai semi alle piantine, e non possiamo più utilizzare lo stallatico che è diventato un rifiuto speciale da smaltire in discarica a tariffa piena. Non ti dico poi delle cure fitosanitarie, quelle delle bottiglie di plastica con tanto di teschio e di punto esclamativo sull’etichetta, emblemi di danno e pericolo. Insomma, egregio dottore, non solo ci hanno fatto rinunciare a sapori e profumo dei prodotti del tempo che fu, ma ormai abbiamo pure le mani legate.

“Per farla breve, siamo come dei drogati. E sai chi sono gli spacciatori? Le multinazionali. Le quali hanno studiato scien-ti-fi-ca-men-te come tenerci il più lontano possibile da quella cosa che si chiama Comunità [ogni comunità è per definizione “di recupero”, ndr.].

“Ma mica è finita qui. Un tempo trasportavamo quasi tutto ai mercati generali e con un bel po’ di tira e molla quasi sempre si riusciva a portare a casa un reddito dignitoso. Il resto era vendita diretta al consumatore finale, con un guadagno di gran lunga superiore. Oggi invece produciamo per la cosiddetta Grande Distribuzione Organizzata, quella che ha sostituito le persone con le cifre. È lei che decide cosa e quanto comprare, a quale importo, e come (e soprattutto se) effettuare i pagamenti...”.

Ascoltavo quest’uomo collocato tra l’incudine dei pusher della sua dose giornaliera e il martello dei Mega Centri Commerciali suoi clienti, e pensavo a come provare a rintuzzare questo capitalismo carsico che imperterrito continua a soggiogare quasi tutti con la forza della demagogia che tutto scusa, tutto copre, tutto giustifica.

M’arrovellavo nella ricerca di chissà quali strategie di marketing, quali guru dell’economia, quali capitali o quali potenze scomodare per riuscire ad arginare un po’ il neoliberismo che ci sta accompagnando sottobraccio nei reparti di oncologia, nelle agenzie di pompe funebri o nei tribunali fallimentari, quando un bel pomeriggio in campagna osservo mio padre chino su una pianta di capperi, intento a raccoglierne i frutti con la solita pazienza, la sua naturale lentezza e i sui proverbiali silenzi.

Capperi! – mi son detto - Ecco come perfino un ultranovantenne può dominare una multinazionale.

*

P.S. Ora, vuoi vedere che il censore di turno mi dirà che sto utilizzando un pc multinazionale e addirittura Fb che ne è la massima espressione?

La solita storia della luna, del dito (sul telefonino), e dello stronzo.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 18/09/2013 @ 22:35:13, in Fetta di Mellone, linkato 3441 volte)

Chi pensava che gli allevamenti di ovini fossero scomparsi dalla circolazione s’è sbagliato di grosso. Son venuti meno molti di ettari di campagna e di pascolo (causa cemento, asfalto e fotovoltaico), ma le pecore ci son sempre, eccome. Siamo attorniati da centinaia e centinaia di pecore, di tutte le razze,  la maggior parte mute, alcune pronte a proferire qualche timido belato, ma così fievole che non disturba. Pecore che non sanno dove andare ed aspettano che le loro guide si decidano a prendere una direzione. Una volta che il pastore ha stabilito la linea le pecore son pronte a seguirlo, condiscendenti, sottomesse come solo le pecore sanno essere: dimesse, credule, quiete, disposte a fare ancora una volta, e come sempre, gregge.

In fila una dietro l’altra, chine, con lo sguardo ed il muso a terra, radunate, ammassate, le pecore rimangono nei ranghi, ordinate e affabili, compatte, indulgenti e unite: certo sono pecore e fanno le pecore.

Sempre obbedienti, ammucchiate, raccolte, arrendevoli, le pecore stanno lì dove le han messe, timide, rassegnate, statiche senza nemmeno sapere il perché. Commoventi e tenere, non c’è che dire.

Quand’è così non si hanno più parole. Sicché tocca al silenzio di diventare l’interlocutore preferito del saggio: le parole servono all’umanità quando ne vale la pena.

Antonio Mellone

 

Mio malgrado devo uscire dal coro o meglio dalla scontata retorica che si innesca di fronte a fatti gravi. L’immagine della città ha subito un duro colpo e il sindaco, Marcello Amante, aveva il dovere di venire ieri in Consiglio comunale e dirci cosa ha fatto all’indomani delle notizie di stampa o cosa intende fare. Candidamente ha affermato che non voleva trattare l’argomento in Consiglio. Mi sarei aspettato che venisse in Consiglio a dirci che appena apprese le notizie di stampa si era preoccupato di chiedere un incontro al prefetto di Lecce per valutare eventuali rischi per la sicurezza dei cittadini. Il minimo che poteva fare era una richiesta di maggiore presenza delle forze dell’ordine sul territorio, ma evidentemente non ha fatto nulla di quello che un amministratore accorto dovrebbe fare.

La legalità è rispetto delle norme, senza eccezioni. Tutti i consiglieri oggi in carica hanno dichiarato di non aver speso nulla per la campagna elettorale in quanto avrebbero utilizzato materiale prodotto dal partito di riferimento, peccato che queste forze politiche abbiano dichiarato zero spese. Chissà chi ha pagato i comitati elettorali o il materiale distribuito.

L’operazione della Procura di Lecce, a cui va tutta la mia solidarietà per il difficile compito che vede i magistrati chiamati quotidianamente, insieme alle forze dell’ordine, a garantire la sicurezza di noi cittadini, è stata utilizzata dal sindaco per vestirsi da eroe in quanto – a settembre 2017 – decise di mettere i lucchetti allo stadio comunale.  

Rammento a me stesso e ai cittadini, che l’azione è partita dal commissario straordinario Aprea e aveva l’obiettivo di migliorare la gestione dei crediti e la loro riscossione. I lucchetti allo stadio sono stati messi perché non veniva saldato quanto dovuto dal gestore ed era un atto dovuto visto che l’iter era già in itinere al momento dell’insediamento di questa maggioranza. Ma al sindaco chiedo quali azioni ha posto in essere per recuperare quel credito, non solo da quella società, ma da tutte le associazioni che gestiscono le strutture comunali destinate alle attività sportive e che hanno maturato un debito verso l’amministrazione. Questo significa avere la schiena dritta.

In data 13 marzo ho fatto richiesta di accesso agli atti per tutte le strutture sportive di proprietà comunale. Solo il 14 maggio gli uffici hanno inviato parte della documentazione e non è la prima volta che non sono solleciti a fornire gli atti richiesti. Dalla documentazione si evince la grande confusione con cui gli uffici gestiscono i rapporti con le associazioni, al punto che alcune posizioni debitorie hanno cifre altissime: dai 30 ai 50mila euro e nessuna azione di recupero è stata intentata.

La legalità e la salute dei conti pubblici passano anche da questo, oltre al fatto che una gestione politica trasparente e attenta previene la formazione di quell’humus in cui matura quel che leggiamo in questi giorni sulla stampa. 

A breve sarà un anno che questa amministrazione è in carica e quindi non è responsabile di tutto, ha ereditato una macchina burocratica che non sempre ha gestito con oculatezza, ma certo il sindaco Amante non ha fatto nulla per cambiare le cose: né da consigliere di opposizione dove sedeva tra i banchi senza accorgersi del baratro in cui stava cadendo Galatina, né oggi da primo cittadino.

È sicuro che ieri si sono approvati un bilancio consuntivo che certifica come  nessuna azione significativa è stata posta in essere per migliorare la situazione dei conti pubblici, efficientare la macchina burocratica, dare qualità ai servizi, abbattere gli sprechi, incentivare la capacità di riscossione dei tributi. Altro che eroi, ci basterebbe una sana gestione della cosa pubblica.

 

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Redazione (del 04/04/2017 @ 22:33:21, in NoiAmbiente, linkato 2249 volte)

Camminando per le stradine intorno a Noha, e nemmeno tanto lontano dal paese, ci si può ritrovare davanti ad una vera e propria opera d'arte, peccato che sia il risultato di un ammasso di plastica nera incombusta. 
Altre "opere" dello stesso autore, perchè l'ignoranza è figlia di un unico neurone, si mimetizzano nel colto e nell'incolto della campagna. Questi pseudocoltivatori-piro-amanti-della-diossina, son cosi presi dalla foga di far scomparire il loro peccato che sminuzzano la plastica incombusta mescolandola nella terra con cui coltivano le verdure che poi smerciano ai mercati generali. 

Per saperne di più sui guai che ci procura la diossina, si possono leggere le seguenti informazioni su un articolo del Sole 24 ore

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Attualita%20ed%20Esteri/Attualita/2007/04/diossina.shtml?uuid=cde84c9e-edbb-11db-9947-00000e251029&DocRulesView=Libero

Le diossine sono composti organici aromatici clorurati la cui struttura consiste di due anelli benzenici legati da due atomi di ossigeno e con legati uno o più atomi di cloro.
Le diossine ed altri inquinanti organici persistenti sono sottoposti alla convenzione di Stoccolma. Questo accordo, che entrerà pienamente in vigore, essendo stato ratificato da un numero sufficiente di paesi, prevede che gli stati prendano misure per eliminare ove possibile, o quantomeno minimizzare, tutte le fonti di diossina.
Le diossine vengono prodotte quando materiale organico è bruciato in presenza di cloro, sia esso ione cloruro o presente in composti organici clorurati (ad esempio, il PVC). È pertanto frequente trovarle nei fumi degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e rifiuti clinici, e ancora di più in combustioni a bassa temperatura come quelle di barbecue, camini e stufe.
Le diossine si generano anche in assenza di combustione, ad esempio nella sbiancatura della carta e dei tessuti fatta con cloro e nella produzione di clorofenoli, specie quando la temperatura non è ben controllata. Può essere il caso della produzione degli acidi 2,4-diclorofenossiacetico e 2,4,5-triclorofenossiacetico, noti diserbanti. La diossina può essere generata da processi di combustione di industrie chimiche, siderurgiche, metallurgiche, industrie del vetro e della ceramica, dalle centrali termoelettriche e dagli inceneritori. Questi ultimi sono stati a lungo fra le maggiori fonti di diossina, ma negli ultimi anni l'evoluzione tecnologica ha permesso un notevole abbattimento delle emissioni da queste fonti. La diossina è anche rilevabile presso numerosi impianti industriali (soprattutto acciaierie), nel fumo di sigaretta, nelle combustioni di legno e carbone (potature e barbecue), nella combustione (accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani avviati in discarica e persino nei fumi delle cremazioni.
Le diossine sono tossiche per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio per la loro tendenza ad accumularsi nei tessuti viventi, anche un'esposizione prolungata a livelli minimi può recare danni.
Le diossine causano una forma persistente di acne, nota come cloracne; sugli animali hanno effetti cancerogeni ed interferiscono con il normale sviluppo fisico. L'effetto sugli esseri umani è ancora controverso, ma per molti governi sono ormai agenti cancerogeni riconosciuti.
In particolare, sono stati condotti studi sia sui veterani della guerra del Vietnam che sulla popolazione vietnamita per verificare quanto l'esposizione all'Agente Arancio (Agent Orange, un defoliante che produce diossine per combustione) è stata responsabile di decine di migliaia di nascite di bambini malformati e di disturbi alla salute che hanno riguardato circa un milione di persone.
Grandi quantità di diossine sono state rilasciate nell'aria di Seveso nel 1976 in seguito ad un incidente agli impianti della ICMESA. Benché non si siano avuti morti, la zona attorno agli impianti è stata evacuata ed è stato necessario rimuovere un consistente strato di suolo dell'area contaminata. Incidenti simili si sono verificati negli Stati Uniti nella zona delle cascate del Niagara (1978) e nel Missouri (1983).
È stato inoltre dimostrato che l'esposizione alla diossina può provocare l'endometriosi.
Mediamente il 90% dell'esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) e non direttamente per via aerea.
Ciò non toglie che a loro volta gli animali, esposti ai fumi contenenti diossina, possano accumulare diossina che finisce poi nella catena alimentare umana.

Per concludere direi che è inutile piangersi addosso per i tumori che ci colpiscono comportandoci come le varie colacem che tanto criminalizziamo (e che non sono da meno), se poi nella campagna intorno alle nostre case bruciamo ogni anno montagne di plastica e rifiuti di ogni genere. 

Il Direttivo di FareAmbiente- Laboratorio di Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 09/10/2013 @ 22:32:12, in NohaBlog, linkato 2998 volte)

“A Galatina, nell’era dell’e-commerce, i lungimiranti politici locali in maniera bipartisan, con a capo l’illuminato primo cittadino, han deciso finalmente di dire ad alta voce ‘stop al consumo di territorio’, di annunciare a tutti che basta con il cemento e l’asfalto, e che non ha senso uccidere ulteriori 26 ettari di fertilissima campagna di contrada Cascioni attraverso la creazione di un inutile, dannoso, anacronistico mega-porco commerciale, promosso dagli speculatori di turno e caldeggiato da chi non ha capito una cippa del dramma ecologico ed economico che ne deriverebbe.”

L’incipit virgolettato di questo articolo, per quanto ovvio, è scritto purtroppo soltanto nel libro dei sogni. La realtà nuda è ben più cruda.

Infatti, un manipolo di politici e funzionari in carriera, con a capo il sindaco (che più che illuminato direi folgorato, anzi fulminato sulla via di Collemeto), ha deliberato l’esatto contrario. Pantacom, infatti, non è un portale di commercio elettronico, ma una società a responsabilità limitatissima (veramente limitatissimi in questa società – basta dare un’occhiata ai suoi bilanci - risulterebbero essere anche i capitali e le garanzie), che avrebbe in mente di realizzare “a proprie spese e cura” una miriade di opere più o meno pubbliche in un’area da trasformare in un grande insieme di capannoni commerciali e artigianali, come se nel Salento non ne avessimo già abbastanza.      

  * 

Ma per edulcorare un po’ la pillola (o la supposta), nella cir-Convenzione d’incapace approvata da quasi tutti i consiglieri di destra (incluso dunque il Pd) è previsto nientepopodimeno che un “parco urbano” [sic!] di 5 ettari; in pratica un quadrato di 224 metri di lato, con tanto “di piante, panchine, sentieri, impianti di illuminazione, un’area giochi per bambini”. Insomma un’oasi da intitolare agli ottocento beati martiri collemetesi.

E qui sorge spontaneo l’n-esimo dubbio-perplessità: ma perché, se proprio devono, non lasciano almeno una volta questi 5 ettari intonsi, liberi cioè da asfalto e cemento? Perché per la pubblica utilità ci dobbiamo per forza riempiere di ulteriori 100 posti auto, sentieri, panchine, impianti, campi di calcetto, spogliatoi, servizi igienici, insomma di tutto di più?

Niente: è più forte di loro. Se cemento deve essere lo sia per tutti i 26 ettari, sembrano dirti, dal primo fino all’ultimo, nessuno escluso. Sennò come facciamo a parlare di pubblica utilità? Eh sì, eh già.

*

Eccovi ora un dialogo topico prossimo venturo tra due consumatori marito e moglie.

Lui: “Cara che ne diresti - dopo la spesa all’Ikea, o al Brico, o all’altro magazzino no-food, e dopo aver fatto un salto dall’Ipermarket che ha tante offerte e la tessera per la raccolta dei punti - di farci una bella passeggiata romantica in questo spazio di pubblica utilità di 5 ettari? Magari in macchina, come abbiamo sempre fatto con decine di giri a vuoto intorno alla villa di piazza Alighieri? Non lo trovi, come sempre, cool (o paracool)? E subito dopo  – piazzata l’auto nel parcheggio di 100 posti - porteremo i bambini nell’area giochi del Mega-parco… Eh? What about, darling?”.

E la Galatines pretty woman de noantri che risponde: “Oh Yeah!”.

Povere creature, quei bambini: roba da chiamare immediatamente il telefono azzurro.

Poi si lamentano se a 20 anni i figli ammazzano i genitori.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 29/07/2022 @ 22:31:44, in Comunicato Stampa, linkato 1171 volte)

“Siete partiti”. E’ trascorso un mese dalla proclamazione del Sindaco, 22 giorni dalla nomina della giunta e giovedì si è insediata ufficialmente la nuova assise comunale.

Bene, ora che tutta la struttura amministrativa è ufficialmente operativa e dopo aver assistito al primo Consiglio Comunale dell’era Vergine, abbiamo certamente elementi sufficienti per affermare che le nostre preoccupazioni, purtroppo per la città, stanno diventando giorno dopo giorno realtà. 

Le parole contano. Da candidato Sindaco Lei aveva la responsabilità della parola, perché poi non si sarebbe potuto scindere il Fabio Vergine da campagna elettorale da colui diventato Sindaco, Le è stato ricordato ieri in Consiglio Comunale   

Le parole sono importanti, con esse costruiamo relazioni, smuoviamo realtà, condividiamo i nostri ideali, raccontiamo storie che spalancano o chiudono porte e, se ci serviamo di esse senza davvero sentirle, le svuotiamo di ogni sincerità trasformandole in luoghi comuni per un teatrino politico.

Ha basato la Sua campagna elettorale su “l’amministrazione Amante non ha fatto nulla, solo compitini” per poi dover pubblicamente dichiarare più volte, da Sindaco, che invece ha lavorato tanto e bene. Poteva dire altro ? Certo che no, oggi ha il dovere di descrivere ai galatinesi la realtà dei fatti. In Consiglio Comunale la Sua maggioranza ha approvato l’assestamento generale e la salvaguardia degli equilibri del bilancio comunale, assumendo a pieno titolo ogni responsabilità politica e personale. Poteva fare altro ? Certo che no, i conti sono in ordine dopo cinque anni di puntuale lavoro dell’amministrazione Amante.

Ha basato la Sua campagna elettorale sullo slogan “sappiamo cosa fare sappiamo come fare e lo faremo” per poi al momento di dover nominare la sua squadra di governo di “alto profilo” ha dovuto ripiegare su competenze esterne che Le garantirebbe, a suo dire, esperienza e velocità d’azione. Poteva fare altro ? Secondo noi si, se solo fosse stato nelle condizioni di non dover mantenere gli equilibri della maggioranza “eterogenea” che l’ha sostenuta. Purtroppo però alla prova dei fatti, nel primo Consiglio Comunale, la Sua giunta “veloce e di alto profilo” (le parole contano) non ha saputo cogliere l’opportunità di utilizzare quei fondi statali per quasi azzerare le bollette TARI a quelle categorie deboli che Lei ripetutamente sostiene di tenere in grande considerazione. Eppure bastava poco, serviva solo la giusta determinazione nel volerlo fare, serviva uno sforzo in più nel tempo che era concesso, magari utilizzando lo schema che l’amministrazione precedente (quella del Sindaco Amante) aveva strutturato e utilizzato nel 2020 e 2021 e che Vi è stato proposto come emendamento per rimediare alla “disattenzione”. Il sistema tributario italiano è improntato su criteri di progressività, ma si è scelta la strada della difesa dei propri atti, anche a dispetto dell’evidente errore e in barba ad ogni forma di collaborazione con le minoranze poco prima richiesta (le parole contano). Poco è contato per Voi l’aver concesso lo stesso vantaggio a chi, da single, potrà investirlo in una pizza in più durante la settimana anziché a chi magari, da genitore con famiglia numerosa, avrebbe potuto poter pagare la bolletta di un’altra utenza o potuto acquistare i libri ai propri figli per il prossimo anno scolastico. Si parla di politica sociale dove le parole contano ma i fatti contano di più.

Le parole contano almeno tanto quanto i fatti che ne derivano. Abbiamo atteso un mese, periodo breve ma sufficiente per osservare, capire e giudicare e, se il buon giorno si vede dal mattino, per noi, Galatina in questa torrida estate ha avuto un brusco risveglio ritrovandosi immersa in una giornata cupa, triste e piovosa.   

Vito Albano Tundo

coordinamento lista Galatina in movimento

 

Da un lato conferma i mugugni che da mesi si protraggono all’interno della stessa maggioranza e che sono culminati con la destituzione di Pierantonio De Matteis da capogruppo di Andare Oltre, sostituito proprio dal consigliere Garzia.

Dall’altro evidenzia la pessima prassi, che ultimamente si sta insinuando in città, di non rispondere alle richieste di cittadini, associazioni e imprenditori.

L’Amministrazione dovrebbe essere imparziale e dovrebbe rispondere a tutti i cittadini a prescindere dalle appartenenze e dalle simpatie.

Certo è che se non risponde alle sollecitazioni del padre di un consigliere di maggioranza, figuriamoci a quelle degli altri cittadini. Tra l’altro chi amministra dovrebbe capire che la responsabilità vale sia per le azioni che vengono compiute, sia per quelle che non vengono poste in essere o che vengono osteggiate.

Per questo, se le cose stanno come dice Garzia allora il Sindaco risponda e chiarisca subito la situazione pubblicamente se non vuole che l’argomento arrivi in Consiglio comunale e che venga chiamato in causa anche il Prefetto.

Nell'attesa di conoscere  il suo pensiero riguardo questa vicenda, condanniamo però l’atteggiamento del Sindaco (quello stesso atteggiamento che in campagna elettorale rimproverava strumentalmente alle altre forze politiche) tipico di chi crede di essere il proprietario del comune mentre invece è solo un inquilino che presto abbandonerà la sua postazione.

Inoltre, riguardo alla fiera, avevamo deciso di portare l'argomento nel prossimo Consiglio comunale che però sembra non arrivare mai nonostante il "grande  lavoro"  dei nostri amministratori.

Per questo chiediamo  che il Sindaco spieghi, tra le altre cose, anche quali sono i progetti e le idee che riguardano il futuro della fiera, ammesso che ce ne siano.

Sono questi gli argomenti che interessano alla città e non lo sperpero di denaro per le associazioni amiche ed i clientelismi.

Fatta eccezione per “A cuore scalzo”, per “Natale in tutti i sensi”, per Città Nostra, per Archeoclub, per Metropolitan ADV e per la neonata Associazione Futuramente, per i quali risorse e attenzioni non mancano mai, a tutti gli altri, consiglieri comunali e organi politici compresi, viene riservato solo il silenzio.

Neanche la decenza e la responsabilità di una risposta, solo il nulla. Quel nulla che questa Amministrazione rappresenta con una sempre maggiore coerenza.

Giuseppe Spoti

Consigliere comunale – Partito Socialista

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/03/2013 @ 22:30:23, in NohaBlog, linkato 2444 volte)

Andammo dunque sul
battuto candido dell’antica via
con negli occhi
il sole della speranza.

Leggiadro e libero flirtava il maestrale
e già nel cielo s’udivano
in gran concerto fremiti  e  garriti
di chi s’avventurava come noi
negl’ingenui sogni della primavera.

Lo scandire di una dolce melodia
l’una e l’altra novità lodava
il tempo innocente degli
infiniti noi e il Parsifal
di quei cavalieri simili a Dei.

L’incanto del ricordo
di quel tempo è sommo,
mentre l’inganno già s’insinuava
sulle imperturbabili colonne scure
di una cattedrale simbolo
di umile preghiera.

La verità brusca, a mo’ di sparviero impavido, si staccava rapida
dalla presa incerta,
costretta nel nostro retto pedalare.

Roteando attorno a quella che
nient’altro era se non l’opera infinita,
fluttuava leggera in alto,
su nell’azzurro cielo.

Finì così per cogliere visione  della
rigogliosa e verde mia campagna
e la tortuosa via che la voleva
brutalmente soffocare.

Volai anch’io sull’onda di
quel pindarico fluttuare
fino a scorgere nel prossimo
venturo lo scempio di una storia
millenaria stravolto da così tanta
crudele e ignobile irriverenza
agli avi, ai posteri e
alla Divina Provvidenza.

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 27/03/2018 @ 22:30:16, in Necrologi, linkato 2328 volte)

L’avevo vista e salutata pochi giorni fa. Passava davanti casa mia quando usciva per le compere o per andare a messa (abitavamo entrambi – io da un anno a questa parte – nel centro storico di Noha, all’ombra della chiesa madre).

La conoscevo praticamente da sempre. Uno scricciolo di donna: piccolina, capelli brizzolati (che io ricordi, sono sempre stati così), passo svelto, e battuta e sorriso a portata di mano. Dev’essere l’aria della parte antica del mio paese. Magari lo fosse anche della nuova.

Michelina aveva 87 anni, ma stava benone. Poi a un certo punto ti arriva il telegramma di convocazione. Devi lasciare tutto e partire. Funziona così. Non ti pare vero. Non ti ci abituerai mai all’idea. Ma è ineluttabile che un bel giorno la cronaca lasci il passo alla memoria.

E la mente vola indietro nel tempo. Lustri, che dico, decenni fa. Quando eri ragazzino, e frequentavi la parrocchia (che prima si chiamava più facilmente Chiesa, mentre il parroco si chiamava Arciprete). Eri insieme a un nugolo di altri chierichetti, come i figli della Michelina, Tommaso e Fabrizio, sempre presenti. E c’era anche Anna, la sorella Cacciapaglia: che cantava nel coro e non poteva mica fare la ministrante lei (le bambine sull’altare verranno ammesse con l’avvento del nuovo millennio).

Da una delle finestre della sagrestia si vedeva l’ingresso della casa della Michelina (quando si dice Casa e Chiesa). La padrona era lì dentro, china tutto il giorno sulla sua macchina per cucire. Ogni tanto faceva capolino, per salutarci, per raccontarci una storia, per offrirci qualcosa da mettere sotto i denti, un frutto della sua campagna (che raccoglieva di persona), o un semplice bicchier d’acqua.

E poi quando ti cadeva uno dei tanti bottoni della lunga veste rossa, o quando la cotta bianca - talvolta per qualche errore di candeggio o più frequentemente per via di qualche mossa sbagliata - si lacerava in qualche punto, l’arciprete ti diceva: “Vai, vai dalla Michelina ché te l’aggiusta subito, lei è una sarta. E anche una santa.”

Sante parole.

Antonio Mellone

*****

Noha.it abbraccia affettuosamente gli amici Anna, Tommaso, Fabrizio, gli amati nipoti e gli altri parenti della cara Michelina.

 
Di Antonio Mellone (del 07/06/2022 @ 22:30:15, in Fetta di Mellone, linkato 683 volte)

Pareva brutto, dopo aver discettato degli altri tre candidati alla carica di sindaco del comune di Galatina, non “scettare” qualcosa anche del quarto, cioè del nostro Marcello Amante, sindaco uscente e chissà se non anche entrante. A dirla tutta non è soltanto questione di bon ton, ovvero come dicono i latinisti di par condicio, ma di pericolo querela: oggi ne rischi di tremende per omissione di discorso, vale a dire se osi ad esempio seppellire nel dimenticatoio certi fossili redivivi – in queste contrade se ne annoverano a bizzeffe – considerandoli come inconsistenti, anzi mai esistiti (politicamente s’intende), non solo ex-nunc, ma ex-tunc proprio.

Non è il caso di Marcello che è di bocca buona e senza alcuna puzza sotto il naso, se è vero come è vero che ha dovuto per cinque anni consecutivi tirare avanti la carretta, fare buon viso a cattivo gioco, e sopportare non tanto reprobi, fedifraghi, e supporters a iosa diventati d’un tratto supposters, quanto l’assessore Nico Mauro e le sue raccolte di poesie, queste sì da codice penale.

Si sa che Marcello (non dategli del democristiano che s’incavola a bestia), dicevo Marcello, da buon democristiano, è il mago delle maggioranze elastiche. È riuscito a cambiarne una al volo giusto un paio di mesi fa, proprio a ridosso di questa campagna elettorale trasformandola d’emblée in campagna acquisti, o meglio a saldi di fine stagione. Non so bene come siano andate le cose (e chi è che lo sa), sta di fatto che qualche innominabile (innominabile solo perché – giuro - non ne ho mai conosciuto il nome, e non mi va ora di andare a compulsare Galatina.it per scoprirlo) ha fatto il salto in lungo, pensando di andare oltre per “correr miglior acque”, e ritrovandosi invece nell’arcinota “nuova” coalizione che, più che liquida (alla Zygmunt Bauman), sta diventando viepiù gassosa (e giacché persino saltata preventivamente in padella, cioè fritta). Pare che addirittura la vice Sindaco in persona, per sottrarsi a una “candidatura imposta” dall’ormai ex principale [e io – che scemo – pensavo che uno se la prendesse nel caso opposto, cioè di esclusione da una candidatura, ndr.], abbia sbattuto la porta in faccia a tutti, ma guarda un po’, giusto agli sgoccioli, cioè verso la fine della fiera, mica all’inizio.

Ma ora, lasciati i transfughi al loro destino crepuscolare, risuscitati i virgulti Pepe e Coccioli (garanzia certa di stabilità), e issati ovviamente al suo fianco destro, Marcello Amante potrà finalmente sentirsi in una botte di ferro: più o meno come quella che ospitò per brevissimo tempo il console Marco Attilio Regolo.

Comunque, togliete tutto a Marcello Amante, maggioranza, consiglieri, assessori, vicesindaci, Pippi Melloni, ma mai sia il Pasticciotto, emblema del suo quinquennio di governo, l’acme e l’acne di una città intera, la quale avrà pure qualche punto di Pil sotto il livello di guardia, ma quanto ai picchi di glicemia può essere considerata ai vertici della classifica nazionale, e forse anche mondiale. Quando la sua giunta deliberò all’unanimità di aggiungere accanto al segnale di benvenuto a Galatina il cartello “Città del Pasticciotto” i dietologici, riuniti a convegno in qualche quartiere fieristico fuoriporta, fecero la ola.

Però su questo tema voglio spezzare una lancia nei confronti di Amante. In questo senso: la costruzione del “brand Galatina”, attraverso una pseudo tradizione accomodata ad hoc, ci permetterà di collocarci di diritto nella schiera delle città turistiche, quelle che considerano il viaggiatore come un essere dotato dello stesso piumaggio di un pollo da batteria. Sicché quando il turista per caso richiederà il Pasticciotto (o altra leccornia locale) aggiungendovi l’aggettivo (galatinese) o il complemento di origine o di provenienza (di Galatina) il tizio dietro al bancone del bar-pasticceria saprà di trovarsi senza alcun dubbio di fronte a un coglione.

Un'ultima motivazione a favore del voto a Marcello Amante? Ma ovviamente quella della Continuità alla sua azione di governo, benché la “concorrenza”, composta da una cosa come VENTITRE liste, non sembri assolutamente voler segnare alcuna soluzione alla suddetta continuità: sicché l’usato sicuro certe volte è garanzia di efficacia ed efficienza. Mi riferisco in particolare agli alberi di alto fusto che un tempo ornavano il viale don Bosco (il famoso viale del tramonto), trucidati o meglio truciolati sull’altare “della sicurezza e dell’igiene” (si sa, “gli alberi sporcano” [sic], e “sono pericolosi” [ri-sic], soprattutto quando guidano all’impazzata). Ebbene vorrei ricordare agli elettori che nel capoluogo e nelle frazioni c’è ancora qualche albero grandioso e purtroppo superstite cui, con la suddetta continuità, fare la festa.

La famosa festa dell’albero. Da scappare.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 03/11/2011 @ 22:29:47, in Fotovoltaico, linkato 4056 volte)

Per far posto a una centrale fotovoltaica hanno commesso un delitto

 «Un bel paesaggio una volta distrutto non torna più e se durante la guerra c' erano i campi di sterminio, adesso siamo arrivati allo sterminio dei campi», scrisse Andrea Zanzotto, scomparso una ventina di giorni fa. Pensava alla sua campagna veneta, ma non solo. Ed è il dolore del grande poeta trevigiano che ti viene in mente guardando l' angosciante servizio che una giornalista di Telerama, un' emittente pugliese, ha dedicato allo stupro del paesaggio nel Comune di Carpignano Salentino, poco a nord di Maglie, nel Salento. Dove le ruspe hanno estirpato centinaia di bellissimi ulivi per fare posto a una centrale fotovoltaica.

L' abbiamo scritto e riscritto: nessuno, a meno che non accetti la rischiosa scommessa nucleare, può essere ostile alle energie alternative e in particolare a quella solare. Ma c' è modo e modo, luogo e luogo. Un conto è sdraiare i pannelli in una valletta di un' area non particolarmente di pregio e da risanare comunque perché c' erano i ruderi di una dozzina di capannoni d' amianto, come è stato fatto in Val Sabbia col consenso di tutti i cittadini, di destra e sinistra, un altro è strappare quelle piante nobilissime che la stessa Minerva avrebbe donato agli uomini e che fanno parte della nostra storia dalla Bibbia all' orto di Getsemani fino alle poesie meravigliose di Garcia Lorca: «Il campo di ulivi / s' apre e si chiude / come un ventaglio...». C' è una legge in vigore, laggiù nel Salento. La numero 14 del 2007. Il primo articolo dice che «la Regione Puglia tutela e valorizza gli alberi di ulivo monumentali, anche isolati, in virtù della loro funzione produttiva, di difesa ecologica e idrogeologica nonché quali elementi peculiari e caratterizzanti della storia, della cultura e del paesaggio regionale». Né potrebbe essere diversamente: l' ulivo è nello stesso stemma della regione. È l' anima della regione. Eppure, denuncia Telerama, il progetto di quell' impianto «Saittole» da un megawatt della Solar Energy, è stato regolarmente presentato al Comune di Carpignano e da questi approvato nonostante l' area fosse agricola e fertile. Di più, l' autorizzazione finale è stata data dallo stesso assessore regionale all' agricoltura Dario Stefano che oggi dice: «Verificherò». Certo è, accusano il Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio e il Forum Ambiente e Salute del Grande Salento, che quegli alberi che crescevano solenni su quattro ettari di uliveto secolare, come dimostrano le immagini registrate, «sono stati espiantati e ripiantati accatastati gli uni agli altri come pali di una fitta palizzata, lungo il margine del fondo, senza neppure le dovute prescritte cure d' espianto riportate nella stessa autorizzazione, ad esempio la prescrizione della presenza di una zolla del raggio di almeno un metro». Un delitto. Che fa venire in mente quanto scriveva Indro Montanelli: «Ogni filare di viti o di ulivi è la biografia di un nonno o un bisnonno». Buttare giù quelle piante non è solo una porcheria: è un insulto ai nostri nonni. RIPRODUZIONE RISERVATA

Stella Gian Antonio
(2 novembre 2011) - Corriere della Sera

 
Di Redazione (del 10/07/2013 @ 22:29:26, in Comunicato Stampa, linkato 2888 volte)
La libreria Fiordilibro di Galatina, col patrocinio del Comune di Galatina e in collaborazione con le Officine Filosofiche di Terra d’Otranto presenta “Vota Socrate” di Ada Fiore. L’11 luglio, alle ore 19:30 presso il Chiostro del Palazzo della Cultura “Z. Rizzelli” di Galatina (P.zza Alighieri, 51) dialogheranno, con l’autrice del libro edito da Lupo Editore, Mario Carparelli (Università del Salento), Daniela Vantaggiato (Assessore alla Cultura del Comune di Galatina) e Francesco Luceri (Officine Filosofiche di Terra d’Otranto). Ada Fiore, professoressa di Filosofia e Storia al liceo “F. Capece” di Maglie e sindaco di Corigliano d’Otranto, immagina e descrive, in questo suo primo libro, un breve e surreale dialogo tra Socrate, il padre della filosofia occidentale, e San Pietro, il custode delle chiavi del paradiso. L’attenzione dei due cade, immediatamente, sui problemi odierni della società in un interessante confronto tra la moralità socratica e i contrasti e le contraddizioni contemporanee che noi tutti viviamo quotidianamente. Con le parole dell’autrice, «Vota Socrate è un libro che s’inserisce perfettamente nel contesto politico contemporaneo caratterizzato dalla disattenzione dei cittadini alla cosa pubblica, e Socrate diventa la nostra luce di emergenza cui guardare per recuperare i veri valori che sono alla base dell’agire politico». Agli slogan di campagna elettorale, ai monologhi da politica alla ricerca del voto, Ada Fiore ci presenta un personaggio, Socrate, che aveva posto al centro del suo impegno filosofico un semplice quanto ardito concetto: “Io so di non sapere, quindi so”. Nasce da ciò la necessità verso quel dialogo, quel rapporto di confronto e costruzione che non può fare a meno dell’altro, del suo impegno, del suo lavoro. Ma ciò solo se quest’altro si riconosce nella sua limitatezza e abbandona ogni pretesa di autosufficienza e autoreferenzialità. Il breve capitolo che chiude il libro, dall’enigmatico titolo Io voto Socrate, contiene tutto il nocciolo della questione, sagacemente analizzata dall’autrice, con quell’invito alla riconciliazione, passaggio necessario per una rinascita globale.Il libro contiene, dunque, nelle intenzioni dell’autrice, un vero e proprio progetto culturale di rinascita che trova, in Socrate, il suo simbolo fondamentale.
 
Di Antonio Mellone (del 18/11/2019 @ 22:28:41, in NohaBlog, linkato 2425 volte)

Ci sono molte cose del mio paese che mi inorgogliscono (non ci avrei altrimenti scritto un libro); altre, per fortuna non tante seppur gravi, che mi fanno provare non poca rabbia mista a vergogna.

Nell’un caso e nell’altro non riesco proprio a stare alla finestra, ma reagisco da par mio remunerando (o rendendo la pariglia, a seconda dei casi) con le parole: le quali non vogliono saperne di rimanere intrappolate nella tastiera del mio pc.

E così ho benedetto (etimologicamente s’intende) pasticcerie e rosticcerie, stilisti e blogger, botteghe e cannizzari, artisti, santi e poeti, insomma uomini e donne nohane che hanno contribuito alla bellezza e al genius loci di questo pezzo di geografia.

Questa pagina, dunque, s’aggiunge alle centinaia di altre plaudenti quel che di bello buono e importante riescono a fare i miei compaesani. E questa volta non posso non parlare degli amici Gianni e Serena De Ronzi, fratelli e figli d’arte: i Parrucchieri Mimì.

Senza nulla togliere agli altri coiffeur dei dintorni (che, sono certo, avranno un’ottica calvinista del successo), i Mimì continuano da tempo a essere conosciuti e apprezzati in tutta la provincia, ma anche fuori. Ne ho le prove.

Sarà per via della loro storia che affonda le sue radici nella seconda metà del secolo scorso, allorché mamma Mimina (che ci ha lasciati lo scorso aprile), prima parrucchiera di Noha, rompe gli schemi di una mentalità ancestrale tutta fatta di casa chiesa e - poco ci mancava - burqa per le donne; sarà per gli stupendi saloni, uno in via Collepasso, ricavato in uno dei palazzotti storici del borgo con tanto di volte a stella in pietra leccese, l’altro a Galatina, in viale Santa Caterina Novella, dove si respira un’atmosfera molto simile a quella della casa madre; sarà anche per quel pizzico di fortuna che non guasta mai.

Ma mica è solo questo. Assolutamente. È invece molto, molto altro ancora: sono i  neuroni di questi due ragazzi in continuo travaglio; il loro gusto per il bello (che è sempre combinazione di claritas, integritas e proportio), non disgiunto da creatività e ovviamente talento manuale; la cura dei particolari (dal volume della musica, al tono di voce, al calore degli ambienti, all’illuminazione dei locali, alle estemporanee di pittura e scultura che spesso trasformano i suddetti due saloni in gallerie d’arte); il garbo, la preparazione e la capacità di ascolto anche da parte delle brave e giacché pure belle collaboratrici (senza validi colleghi non si è nessuno); lo studio costante della tecnica del taglio, e dei metodi del trattamento dei capelli e certo della cute. Non di rado i corsi di formazione sono tenuti da esperti tricologi, oltre che da maestri di acconciature e da altri specialisti del settore provenienti da tutta Italia, nell’adiacente Centro Polifunzionale Mimì, un’accademia a km0 (frequentata pure da numerosi altri parrucchieri salentini): quelle aule che ormai, oltre che sale studio, sono altresì luogo di convegni, concerti e teatro [anche il sottoscritto e i suoi compagni di lavoro ne hanno ultimamente usufruito per una follia teatrale di cui forse a breve verrà data notizia, ndr.].

E non è un caso che Serena e Gianni Mimì si affidino a consulenti di un certo spessore: mi riferisco all’agenzia di comunicazione Metropolitan Adv di Galatina, fatta da cultori della parola e dell’immagine, ragazzi davvero in gamba (lasciatevelo dire da un economista aziendale esperto del ramo), i quali non si limitano a una mera campagna pubblicitaria, ma vivono l’azienda diventandone, a proposito di squadra, un vero e proprio “dodicesimo uomo in campo”; per non parlare poi del Daniele Cutroni (danielecutroni.it) che qui è letteralmente di casa.

Insomma, guai a saltare una seduta dal parrucchiere. Come dall’analista, da Mimì costa meno e ti mette davvero la testa a posto.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 28/11/2013 @ 22:26:06, in NohaBlog, linkato 2749 volte)

Tanto per dirne un’altra, c’è il nostro sindaco (vieni avanti Mimino!) che vuol vederci chiaro, su ‘sta storia delle diossine e dell’aria inquinata che sta riempiendo di tumori gli apparati respiratori, e non solo quelli, della popolazione di Galatina e dintorni. E sembra fare pure la voce grossa, mica bruscolini.

Mi par di vederlo e di sentirlo, mentre con risolutezza detta (o scrive o fa scrivere per inviare) al “giornalista” del quotidiano della famiglia Caltagirone il comunicato sulla necessità di una “rilevazione puntuale attraverso una serie di centraline per il monitoraggio ambientale” sparpagliate sul territorio, per analizzare la qualità dell’aria del suo comune. 

Dunque, se ho ben capito, la panacea dei mali diventerebbe la rilevazione dei fumi e la raccolta dei dati dell’aria che respiriamo. Non la rimozione delle loro cause, note anche ai bambini dell’asilo. Assolutamente no. Insomma il solito guardare al dito che indica la luna.

Ti verrebbe da chiedergli così ex-abrupto (sapendo che non ti risponderà mai): scusami tanto, signor sindaco, ma secondo te e gli scienziati della tua corte un nuovo mega-parco commerciale di appena 26 ettari quadrati da piazzare in mezzo alla campagna di Collemeto migliora o peggiora la qualità dell’aria comunale? Oppure per avere una risposta dovremmo prima impiantare un bel po’ di centraline di monitoraggio anche in contrada Cascioni?

*

Dicono che me la prendo troppo; che la mia è una forma di accanimento terapeutico nei confronti dei malati di “cementite” acuta irreversibile; che è inutile riempire paginate intere di Noha.it e Nohaweb con invettive che non troveranno mai risposta; che “uso” l’Albino ed il suo sito per i miei scopi personali, e altre amenità del genere.

E quali sarebbero questi miei “scopi personali”? Ah sì, i miei interessi privati come la qualità della vita, dell’aria, del territorio, e poi ancora la salvaguardia della bellezza, dell’arte, dei beni culturali. Mi chiedo, perché mai questi luminari a loro volta non usino anzi non “sfruttino” Noha.it per dire la loro (magari sui loro scopi personali), o per aprire un dibattito argomentato e a più voci su questo o quel tema, senza il bisogno di nascondersi dietro le solite minchiate. Temo proprio per mancanza di argomenti, altrimenti non avrebbe senso il detto rem tene, verba sequentur

Invece no, meglio blaterare sotto coperta, spettegolando come tante comari.

Molti (per fortuna non tutti), a cominciare dai nostri ineffabili politici sembrano pronti a classificare il sottoscritto non per quello che scrive, ma per il suo grado di “amicizia” a questa o quella forza politica. Per quanto mi riguarda confermo di non essere amico né vero né falso di nessuno. Quando qualcuno sostiene le mie battaglie, lo sostengo a mia volta; quando qualcuno fa o dice fesserie, lo combatto. Semplice.

Ci sono un sacco di persone che per indole e formazione non hanno commercio d’amorosi sensi con la libertà del pensiero e dell’informazione, e non possono nemmeno lontanamente immaginare che esista invece un cittadino libero, senza padroni né partiti presi, che giudica di volta in volta gli esponenti politici e le loro scelte elogiandoli quando dicono o fanno qualcosa di buono e criticandoli nel caso contrario.

Essendo intruppati ed irreggimentati, questi signori intruppano ed irreggimentano anche gli altri. E non si accorgono che, continuando ad attribuirmi referenti di qua e di là, di sopra e di sotto, non fanno che evidenziare – se ce ne fosse ancora il bisogno - la mia relativa indipendenza (stavo per dire assoluta, anche se il concetto di assoluto non funziona con gli esseri umani).

Cerco, nei limiti delle mie possibilità di stimolare la riflessione, di avere un’occhiata oltre, di non salire sul carro del consenso generale misurato dall’applausometro e dalle ondate di saliva, e di non cavalcare mai le aperture, neppure quelle più promettenti, di chi sta al potere. Insomma denuncio non rinuncio (come purtroppo non fanno molti concittadini spalmati sui loro comodi divani).

Essere di pungolo, però, non significa negare l’evidenza, fare il bastian contrario ad ogni costo, contrastare ogni novità. Significa invece praticare la profezia, con la consapevolezza della difficoltà di farlo hic et nunc.

Questa roba ovviamente, molti la capiranno con il tempo, forse quando sarà troppo tardi (molti altri, invece, mai). Ma non bisogna darsi per vinti.

C’è bisogno di santa pazienza e di tempo, dunque, anche per far digerire questi semplici concetti, e per provare a debellare l’ottusità imperante. Soprattutto quando questa si presenta in giacca e cravatta, e talvolta con tanto di fascia tricolore.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 22/08/2010 @ 22:25:50, in No alla Discarica, linkato 3653 volte)

Eccovi di seguito un articolo di Raimondo Rodia che ci riguarda da vicino, tratto da galatina.blogolandia

Continua ancora la distruzione dell’ambiente e delle campagne galatinesi, dispiace che quello che Antonio Mellone chiama il ” sacco di Noha ” stia avvenendo proprio con un sindaco originario di Noha, eletto dalla frazione con grande giubilo. Tra nuovo comparti artigianali, commerciali e di edilizia civile, riempiremo di cemento le campagne, il resto saranno campi di silicio con il mega fotovoltaico e le pale dell’eolico, come torri di Babele che si stagliano nel cielo del Salento. A questo aggiungiamo nuove fonti di stravolgimento del nostro ambiente, preservato dai nostri antenati e che noi in capo ad un paio di generazioni rischiamo di cancellare definitivamente. Ma torniamo ai nuovi accadimenti e sentiamo le parole di Antonio Mellone. ” Non finiremo mai. Siamo assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta. Stanno preparando ” il sacco di Noha “. Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un’altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all’imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d’esecuzione, oltre a tutto il resto). Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis ? Sembra uno spot pubblicitario. L’intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute. Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall’antica masseria Colabaldi, sito archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l’elenco. Ma andate oltre: dietro quell’elenco c’è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l’altro, facilmente immaginabile. Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto.Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso “ben chiuso” in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento ? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole da qui a qualche anno con le solite lacrime da coccodrillo. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film “Gomorra” (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l’omonimo libro di Roberto Saviano. Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori.
E poi perchè tra la roba conferita deve esserci il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l’elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento).
Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima “scelta ecologica” non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell’immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come ? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c’è ) si farà diventare edificabile quella “nuova area”, tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi. Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l’area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l’immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria Colabaldi. Non c’è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo. Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì. Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell’intorno della parrocchia di San Rocco, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste mail, magari arricchendole con nuove notizie e nuove informazioni. Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all’oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.” Tutto giusto quello che scrive Antonio Mellone nel virgolettato, l’unica cosa da rimproverargli e che questa non è solo la battaglia della gente di Noha e della 167 di Galatina. Questa deve essere la battaglia di ogni cittadino del Salento, che vuole la sua terra ricca e salubre.

Raimondo Rodia

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/04/2012 @ 22:24:46, in CDR, linkato 4216 volte)

Il nome “inceneritore” ha una certa assonanza, anche un po’ lugubre, con  quell’altro suo omonimo che incenerisce le nostre stesse spoglie quando è ora di togliere il disturbo.

Ma forse è meglio  allontanare dalla mente certi brutti pensieri sognando magari di passare le prossime vacanze con delle salutari passeggiate nell’agro di Noha.

L’idea di godere del silenzioso panorama della campagna nohana sprona ad essere mattinieri e aiuta a rinunciare anche ad un paio d’ore di sonno sperando di uscire a prendere una boccata d’aria buona.

Ci sono dei giorni, però,  che l’aria è irrespirabile. Mi ricorda tanto quell’odore soffocante che rilasciavano i fumi delle taiate delle Tre Masserie di qualche decennio orsono, quando per le vie di Noha non circolavano né camion, né compattatori ma due semplici operatori ecologici armati di carretto a pedali e scopa di saggina. Ma quelli erano tempi di miserie e non c’era il famigerato progresso moderno.

Certe mattine la  zaffata  asfissiante che si insinua prepotentemente nelle narici, reprime il desiderio di respirare a pieni polmoni.  Poi però pian piano il corpo si abitua all’aria mattutina ed il calore del sole rimuove lentamente l’inspiegabile mistero stagnante nell’aria che ogni volta che torno a casa trovo sempre più pesante.

Mi viene in mente un pensiero riportato in una pagina del mio diario:

“La prima volta che arrivai a Torino, rimasi colpito dallo strano odore dell’aria, un misto di marciumi vari, di olio bruciato e pietre ammuffite. Un odore che ti accoglie ineluttabilmente in qualsiasi periodo dell’anno appena metti il piede in stazione. Lì per lì sei portato a pensare che sia colpa della stazione ma una volta fuori la musica non cambia. Capita quindi di stare in un posto dove l’aria è sgradevole, ma fino a quando ci stai dentro non te ne rendi conto…”

Scrive Vittorio Messori ne “Il Mistero di Torino” (*): Se avessero riempito di polveri, esalazioni di piombo, capannoni, colonne di camion carichi di cemento e mattoni, non avrei avuto così tanta tentazione nostalgica del ritorno alle radici.

Noha (come Galatina e tanti altri paesi del Salento)  sono la testimonianza dell’ossimoro in assoluto. Vuol dire che hanno sacrificato generazioni intere con l’emigrazione pensando di risparmiare il territorio dall’industrializzazione, senza ottenere né il lavoro né la salvaguardia dell’ambiente.

Da qualche tempo anche l’acqua delle falde acquifere alla profondità di 90 metri sono fatiscenti. E pensare che fino a pochi anni addietro ci si dissetava, per esempio, con l’acqua dei pozzi dell’agro dei  “paduli” dove l’acqua si trovava, e si trova ancora oggi, ad appena a quattro metri di profondità.

C’è da restare allibiti nel sentire alcuni candidati al posto di “primo cittadino” dichiararsi favorevoli alla conversione della Colacem da cementificio in “inceneritore”. Si perché il dubbio che si tratti di una “conversione” piuttosto che il “potenziamento” del cementificio, persiste ed è suffragato dal fatto che a poche ore di mare dal Salento, ed esattamente a Ballare (Lezha),  c’è una fabbrica nata un paio d’anni addietro, uguale a quella di Galatina. Oramai la campagna salentina “ha dato”, ed il territorio intorno a noi somiglia ad una gruviera. Il cemento ha “munto” a dismisura il mercato locale mentre l’Europa dell’Est è ancora tutto da cementificare. Quella di de-localizzare dopo aver fatto scempio del nostro territorio è una porcata, soprattutto perché si vuole sempre esagerare, a qualsiasi costo. Non entro nel merito della validità della tecnologia degli inceneritori moderni, dello smaltimento delle ceneri catturate in corrispondenza del camino, né delle ceneri grossolane che si raccolgono sotto la griglia. Considerarle “inerti” e smaltirle in discarica o addirittura usarle per riempimenti di cave o per rilevati stradali mi sembra demenziale, un po’ come trovarsi nel mezzo di un ciclone e nascondere la testa sotto la sabbia. Tantomeno voglio entrare nel merito della riduzione dei rifiuti e dell’aumento del riciclaggio, benché questo debba essere considerato l’unico caposaldo della nostra tanto vantata civiltà, ma non possiamo fare a meno di aprire gli occhi e le orecchie, toglierci il velo di panna che ci intorbidisce quei quattro neuroni che speriamo siano ancora reattivi, per chiedere a Galatina, insieme ai comuni limitrofi, di farsi promotrice di una revisione della legge regionale sui rifiuti che prevede l’obiettivo “rifiuti zero”. Altro che incenerire!

Invece di mettere in discussione la scelta dell’incenerimento prevale la logica del minor rischio, come se ci fosse una soglia di rischio “accettabile”. Cercare cioè un “equilibrio fra ambiente ed occupazione” (notizia diffusa dal Vescovo di Taranto, a detta del candidato a sindaco dott. Gervasi nell’intervista di TRNEWS di Telerama). Come se un impianto del genere che può aumentare le morti dovute all’inquinamento lo si può regolare mantenendo il rischio entro una soglia accettabile, barattando cioè quattro posti di lavoro con le malattie dell’intera popolazione.
Non lo dico io, ma il dottor Giuseppe Serravezza, famoso Oncologo e Presidente dell’LILT (Lega italiana per la lotta ai tumori) – Sez. Provinciale di Lecce in un documento di cui allego la parte che ci riguarda.

Dice il dr. Serravezza:

Un tasso di mortalità per tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni (tutte neoplasie non correlate all’alimentazione!) cresciuto vertiginosamente. Le aree interessate sono tutte nel Salento, da Lecce in giù. Maglie il paese più colpito (43 decessi nel 2004, 37 nel 2005), ma anche Gallipoli, Nardò, Tricase, Cutrofiano.  E poi ancora:

Alcuni anni fa abbiamo rilevato come l’area settentrionale di Lecce e il triangolo Maglie-Otranto-Galatina sono le zone che pagano il peggior tributo per morti da cancro ai polmoni. Si tratta di aree situate nei pressi di impianti industriali produttori di fumi nocivi e non è difficile ipotizzare che grazie ad un “gioco dei venti” queste sostanze raggiungano un territorio più ampio, pur senza escludere delle implicazioni dovute a situazioni ambientali autoctone.

Qui non si tratta di fare del terrorismo o essere profeti di sventura, ma di rispettare la volontà di Dio che in quanto “Amore” ci comanda di rispettare tutta la natura e non solo il nostro tornaconto personale.


(*) Il mistero di Torino, Vittorio Messori e Aldo Cazzullo- Mondadori Printing S.P.A. TN anno 2010.

 
Di Antonio Mellone (del 10/10/2013 @ 22:23:08, in NohaBlog, linkato 3217 volte)

Le chicche contenute nella famosa Convenzione siglata tra il Comune di Galatina e la Pantacom , quella che ha dato il via libera al Mega-porco commerciale in contrada Cascioni, non finiscono mai di stupire per la loro numerosità e per la loro ridicolaggine. 

Scorrendone il papiro vergato dagli Attila dei nostri giorni troviamo un’altra cosa strepitosa. Che è questa.
Aprite bene le orecchie, turandovi al contempo il naso: la Fantacom dovrà costruire, oltre a tutto il resto, anche “uno spazio urbano di 150 + 150 mq con servizi, in zona centrale dell’area commerciale integrata destinato ad ufficio artigianato e turismo del comune di Galatina per la promozione del proprio territorio e per la pubblicizzazione dei prodotti locali [sic!]”. E’ scritto proprio così, questa roba non me la sono inventata io.
Questo, signore e signori, è il topolino partorito dalla Montagna: una cir-Convenzione d’incapace deliberata quasi all’unanimità da un consiglio funerale nel corso di un infausto pomeriggio di fine estate 2013.
*
All’interno del Mega-porco avremo, dunque, oltre a tutto il resto (come il “parco urbano” di cinque ettari mattonati), anche un ufficio artigianato e soprattutto turismo. Non lo trovate strabiliante? Di più, sublime?
Immagino già sin d’ora la fila di turisti al box-office artigian-turistico in cerca di un luogo ameno del Salento dove magari fare la spesa per aumentare il nostro Pil (non vedono l’ora, i nostri ospiti).
Non avendone mai visitato uno in vita loro, andranno in cerca di questo misterioso luogo chiamato centro commerciale, come in una sorta di caccia al tesoro, alla ricerca spasmodica di offerte promozionali, parcheggi enormi meglio se a pagamento, parchetto “urbano” [sic!] di 5 ettari incorporato, dove far divertire un po’ anche la prole (povere creature “educate” fin dalla più tenera età all’interno di un ecomostro degno del peggior Jurassic Park, con tanto di fast-food, hamburger, patatine, hot dog e Coca-Cola: il massimo insomma per la salute del corpo e della mente dei protagonisti del nostro futuro).
*
I turisti provenienti da Milano, Torino, Bologna o altrove non vanno mica in cerca delle peculiarità del nostro territorio, della campagna, della natura, del mare incontaminato, della genuinità dei nostri prodotti, dei beni culturali, della cucina casalinga, delle relazioni umane, della nostra storia…
No, signora mia, troppo traumatico: i villeggianti di ogni dove verranno sempre più numerosi in Puglia, e nel Salento in particolare, senza dubbio per godere dei mega-impianti di fotovoltaico in mezzo ai campi, per ammirare le pale eoliche conficcate come una corona di spine nel semicerchio dell’orizzonte rurale, per usufruire dell’aerosol-terapia grazie ai fumi di scarico delle ciminiere o degli inceneritori a chilometri zero (eventualmente made in Colacem), per percorrere le strade a quattro follie che porteranno migliaia di auto a tuffarsi direttamente nel mare di Santa Maria di Leuca (de finibus terrae), per farsi un tour nelle aree artigianali e industriali della provincia possibilmente enormi, abbandonate e piene di discariche a cielo aperto, per trascorrere come sardine in scatola le vacanze nei villaggi turistici prefabbricati direttamente sulle scogliere a picco sul mare (come quello che hanno intenzione di costruire nell’ormai ex-porto Selvaggio), per ammirare i comparti di villette a schiera tutte uguali costruite nelle periferie senza fine delle nostre città. Ma soprattutto per andare a finire a Collemeto, dove troveranno un nuovo megacentro commerciale di 26 ettari pronto ad attenderli a casse aperte.
uiQuQQui, come da tradizione, turisti e autoctoni potranno riempire il loro carrello di una miriade di cose inutili.
Poi, una volta rimpatriati, magari dopo interminabili file, tanta benzina dissipata e tanto tempo sprecato, potranno finalmente dire che si sono divertiti.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 24/07/2014 @ 22:22:51, in Circonvallazione, linkato 5051 volte)

Volevo chiedere scusa ai mie venticinque (ridottisi ormai a quattro) lettori. Sì, perché non più tardi del 7 maggio scorso su questo stesso sito era apparso un mio articoletto dal titolo “Lavori pubici”, nel quale discettando sull’inutile e dannosa circonvallazione interna di Galatina (la prima tangenziale al mondo che non tange, trancia), avevo fatto un cenno a quella specie di “recinzione-ringhiera di assi in legno disposta su più file orizzontali e a X, sostenute da pali verticali infissi a terra”, una specie di balaustra per la “prova Olio Cuore” adatta ai galatinesi più accorti alla loro silhouette.

Orbene, in quel pezzo, nell’osservare le mille similitudini tra quella e la defunta palizzata dei giardini Madonna delle Grazie di Noha, vaticinavo il suo sbriciolamento (o ‘ncravulisciamento) - se non altro a causa delle solite intemperie - in un ragionevole lasso temporale espresso al massimo in un lustro.

Stavolta ammetto di essermi sbagliato di grosso: quella recinzione, infatti, ha iniziato a mandare segnali di fumo sin da subito. Infatti è venuta a mancare all’affetto dei suoi cari designer/assessori/fornitori/committenti (cari, nel senso di costosi) nell’arco di tre/quattro mesi dalla sua installazione. A farla fuori però non è stata l’aria, o l’acqua, o la terra, ma il quarto degli elementi di presocratica memoria, quello che nella tradizione ellenica corrisponde al fuoco. Siamo, dunque, di fronte ad un’ecpirosi, una cremazione, un incenerimento di portata tale che gli altiforni della Colacem con il CDR non avrebbero saputo far di meglio.

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Così leggevo su uno dei massimi siti di Galatina a proposito di questo rogo: “Erano le 16 circa di sabato 19 luglio quando un denso fumo ha avvolto le abitazioni di via Vernaleone. […] Nel frattempo però il fuoco ha totalmente distrutto la recinzione in legno posta a protezione della pista ciclabile [pista ciclabile? Where is it? Ndr] della nuova tangenziale”.

Si fosse fermato qui il comunicato della redazione di quel sito non avrei postillato più di tanto. Purtroppo l’estensore di quelle note è andato oltre la famosa “siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, tanto che per un attimo m’è venuto qualche dubbio su quale dei due siti galatinesi stessi in quel momento navigando. Temevo cioè (prima di avere la certezza del contrario) di non trovarmi sul portale, chiamiamolo per semplicità, A, ma di essere incappato tra le pagine di quell’altro portale, il B (quello che fa rima con cementina.it o con la-tap-pina.it) dove, per dire, giorni fa si è pubblicata una lettera aperta del presidente del nostro consiglio regionale in merito al TAP, ma non la risposta a tono del sindaco di Melendugno, destinatario di quell’epistola; e con un bel titolone ad effetto con tanto di virgolette – come si trattasse di un discorso diretto quando quella frase compendiosa non fu mai vergata nel corpo della suddetta pubblica missiva – titolo che invero ti indurrebbe subito subito a cogitare, come molti avranno fatto: “Davvero TAP è un’occasione da non perdere!”.

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Orbene, “la redazione” del sito A, dopo essersi posta legittime domande in merito ai danni o a chi eventualmente pagherà la staccionata [ovviamente Pantalone, ndr] o se il sindaco avesse promulgato apposita ordinanza di pulizia dei terreni [figurarsi, ndr], così purtroppo continua: “Da anni ormai quella zona incolta, destinata ad ospitare l’area mercatale, è colpita dalle fiamme creando paura e disagio, ma rimane sempre il problema degli animali che trovano riparo all’interno della stessa. […] E’ possibile che al centro di una città che si definisce “mediterranea” vi siano zone in totale abbandono?” [tralasciando la sintassi, io vorrei chiedere al redattore di quelle note: ma scusi, una città “mediterranea” ha paura proprio della “macchia mediterranea”? E va in panico per un po’ di sterpaglia, rovi, scrasce, e per “degli animali che trovano riparo all’interno della stessa”? E che animali saranno mai? Delle tigri malesi, degli alligatori assassini, degli orsi plantigradi? O qualche scurzone  che si crede un boa costrictor? O forse dei topolini di campo che come tutti sanno sono più pericolosi di un branco di ippopotami?

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Vuoi vedere che la colpa dell’incendio alla fin fine è dell’erba secca, e non invece di quel coglione che vi ha appiccato il fuoco? Davvero non riusciamo più a godere di un superstite scampolo di terreno vicino casa nostra dove cresce ancora l’erba spontanea, e dove trova riparo qualche lucertola, scorrazzano i gechi, o ballano le tarante? Siamo diventati tutti così schizzinosi, così pseudo-borghesi, così, come dire?, vavusi, in una parola così pirla?

Ed ecco l’inaspettato colpo di grazia che più che del sito A sembrerebbe farina del sito anzi del lato B: “Senza voler fare polemica, con l’occasione sarebbe ora che l’Amministrazione comunale decidesse una volta per tutte il destino di quell’area prevista dal piano regolatore da destinare a mercato settimanale”. Ancora con questa storia del mercato settimanale? Ma come: non esiste già una grande area mercatale nei dintorni della defunta fiera di Galatina, con parcheggio incorporato? Non riusciamo proprio a fare a meno del deserto intorno a quella cattedrale ormai sconsacrata? Pare che i commercianti si lamentino per il calo delle vendite. Ma siamo sicuri che la cagione della crisi sia imputabile alla topografia comunale piuttosto che all’economia e dunque alle rimanenze finali di spiccioli nelle tasche dei consumatori di Galatina e dintorni? Ma volete voi ancora una volta far decidere all’attuale giunta Attila (appoggiata di fatto dalla finta opposizione di Ostrogoti) che in nome delle “ricadute” e dei “volani” non esiterebbe a lastricare quella residuale area di campagna di buone intenzioni ma soprattutto di cemento e asfalto?

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Cara redazione del sito A (o B, non importa) stavolta non condivido le tue idee, ma…no niente, a posto così.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 31/01/2017 @ 22:22:22, in NohaBlog, linkato 2000 volte)

Che ingenuo che sono. Pensavo che il capitolo del mega-porco (come fai, signora mia, ad appellarlo mega-parco commerciale) e dunque della violenza che si vuol perpetrare con altro cemento nell’amena campagna di Collemeto fosse archiviato una volta per tutte.

Mi sbagliavo di grosso. Pare che navigatori sotterranei conto terzi, con tanto di attendenti di complemento, stiano ancora brigando per riportare all’ordine del giorno questa “opportunità anticrisi”.   

Da qui a qualche tempo temo che si sarà costretti ancora una volta a sentirne parlare enfatizzando - di un centro commerciale - le magnifiche sorti e progressive in termini di “volano” e “ricadute” per l’occupazione di chi di speranza vive e dunque per definizione disperato muore.

Anzi il centro commerciale  (un centro in periferia: vai a capire certe elucubrazioni) diventerà un must dei programmi elettorali della solita solfa di “novelli” “politici” (virgolette a novelli e a politici), i quali stan facendo di tutto per far finire Galatina in una discarica a chilometro zero. E, viste le teste mosse in continua annuenza, con molte probabilità di vittoria.

Ma santo cielo, come si fa a far capire che, come già ampiamente documentato, la Pantacom srl è la società a responsabilità limitatissima, oltretutto inattiva, che - secondo la lettura dei dati di bilancio che si evincono da una recente visura camerale, sostanzialmente identica a quella di un paio d’anni fa - dal punto di vista finanziario, patrimoniale e commerciale ha lo stesso valore del due di picche con briscola a denari, ergo assolutamente non in grado di dare al Comune di Galatina uno straccio di garanzia (lemma ignoto, quest’ultimo, alle parti in causa) sui suoi megagalattici business-plan, redatti, pare, con i piedi.

Come arcinoto anche agli svampiti di professione, la Pantacom è una società della galassia Perrone, la famiglia del sindaco più amato dai suoi sudditi leccesi (contenti loro) e presumibilmente anche da molti galatinesi, inclusi molti personaggi politici di chiara fama (e, vista la stazza di certi candidati a sindaco, anche di chiara fame) che s’accingono ad occupare o a rioccupare lo storico palazzo Orsini - edificio che sarebbe ormai il caso di ribattezzare più opportunamente “Del Balzo”. Del balzo in avanti, s’intende. Nella cava.

Il tutto con la benedizione “urbi et orbi” del Quotidiano locale sul quale ‘sine ira et studio’ (e soprattutto ‘sine studio’) si è usi leggere veri capolavori di letteratura horror altrimenti detti comunicati-stampa, prontamente pubblicati dalla redazione, evidentemente in mancanza d’altro e soprattutto di giornalisti. Degli ultimi recenti pezzi sulla Pantacom vi racconterò la prossima volta.

*

In questa povera città né sindaci né commissari riescono a proferire un NO secco ed incontrovertibile alle sirene d’Ulisse. Non ce la fanno proprio. E’ più forte di loro. Voglio sperare solo per mancanza di coraggio e soprattutto di basi culturali fondate sul sacrosanto principio dello “STOP AL CONSUMO DEL TERRITORIO”, e non per servilismo o peggio ancora per cointeressenza in questa colossale speculazione fondiaria e immobiliare che, se non fosse pericolosa, anzi tragica, somiglierebbe tanto ad una buffonata.

Povera Galatina, un tempo città d’arte, con la benedizione dei tuoi abitanti belli-addormentati-sul-divano, ti stai vieppiù trasformando giorno dopo giorno in una città del cemento e delle chiacchiere da bar sport.

All’interno delle tue mura si continua ancora oggi a blaterare di contrada Cascioni, di padroni, di circonvallazioni, di capannoni, di milioni. I soliti paroloni cogli ‘oni’.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 28/06/2017 @ 22:18:36, in Comunicato Stampa, linkato 2577 volte)

Ringrazio tutti di cuore per avermi accompagnata nella travolgente esperienza della campagna elettorale per l’elezione del nuovo Sindaco della Città di Galatina.

Un’esperienza che ha aggiunto tasselli importanti alla mia formazione in continuo divenire. Ognuno di noi ha il dovere di non smettere mai di migliorarsi quotidianamente e fino all’ultimo dei suoi giorni, considerato che “fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.

Ho ascoltato tanto, ho osservato comportamenti, ma guardando le persone, ho cercato di andare oltre quello che sentivo e vedevo per percepire e com-prendere la vera anima e le  reali intenzioni  di ciascun interlocutore. E devo dire che la competenza che ho maturato in questo faticoso periodo, è stata proprio quella di “leggere” veramente gli individui.

Sono stati circa due mesi di lavoro frenetico, notti insonni , tantissime cose da imparare e fare…come suppongo accada in tutte le campagne elettorali. Momenti di entusiasmo e momenti di incertezza, ma sempre momenti di fede: io credo che Galatina possa essere quello che speravo e do credito a chi governerà, certa che si adopererà al meglio per la nostra città e i suoi concittadini.

Voglio ringraziare chi ha condiviso con me il “sogno” e soprattutto tutte le persone comuni, incontrate per strada, nei cui occhi ho visto riaccendersi  la speranza che “politica” possa essere “cosa buona”. Questa l’esperienza più motivante e confortante: sentirmi persona comune tra persone comuni e percepire in tanti il desiderio di essere ascoltati e soprattutto compresi.

I risultati di una consultazione elettorale sono sempre significativi e vanno rispettati, perché espressione della volontà popolare. Galatina ha fatto le sue scelte, io non le discuto, cerco di interpretarle per capire le cause che le hanno determinate. Detto questo, penso sia doveroso guardare al futuro e perseguire, nel ruolo di consigliere, gli obiettivi che io e i tanti che mi hanno votata, ci eravamo prefissati.

Nell’espletamento del mio futuro mandato di consigliere comunale di minoranza, non intendo fare opposizione sterile, fine a se stessa ma, piuttosto, opposizione responsabile, costruttiva e propositiva.

Penso di avvalermi del supporto, dei consigli e dei suggerimenti sia di amici che hanno fatto parte della mia coalizione, sia di individui esterni ad essa. Tuttavia, in entrambi i casi, parlo di persone con cui ho condiviso e condivido ancora affinità di pensiero, principi morali, valori come onestà, correttezza, trasparenza e coerenza.

Mi propongo di costituire un Gruppo di Lavoro di questo tipo, della società civile, prettamente laico, non contraddistinto da etichette di partito. Un gruppo con un nuovo nome e un nuovo simbolo.

Un gruppo con il quale relazionarmi tutte le volte in cui l’importanza degli argomenti oggetto di Consiglio Comunale, dovesse richiederlo.

Auguro buon lavoro al Sindaco della Città di Galatina e confido che il nuovo Consiglio, privo di persone in passato destabilizzanti, possa avere continuità ed essere efficiente ed efficace.

Sottoporrò al Sindaco eletto il programma che la mia coalizione ha redatto con attenzione e cognizione, con l’augurio che i punti qualificanti del programma trovino accoglimento e valida attuazione, nell’esclusivo interesse dei cittadini.

Mi auguro che si possa assistere alla rinascita e alla crescita della Città.

Con affetto e stima

Paola Carrozzini

 
Di Marcello D'Acquarica (del 04/02/2013 @ 22:16:12, in NohaBlog, linkato 3424 volte)

Leggendo il titolo di questo pezzo, una persona normale si chiederebbe immediatamente: “Contro a favore di chi o che cosa?”
Ho come l’impressione che la sindrome del fare (di cui solitamente si ammalano i nostri pseudo-politici in tempi di elezioni) stia dividendo le candide anime dei nostri indefessi servitori.
Mi chiedo cosa ci voglia a capire che un progetto, per il solo fatto d’essere tale, porta sicuramente lavoro. E per favore, non stiamo tanto a guardare a chi lo porta, questo lavoro. Se a nostri paesani o forestieri, o addirittura di un’altra nazione. Lo porta, punto.
Perché rifiutarsi a prescindere, quasi per puntiglio, di avallare l’intenzione di essere a favore di questo benedetto mega-parco, anche se poi non sappiamo nemmeno cosa ci costruiranno dentro. Magari scopriremo che si tratta della Florida Salentina, della terra promessa, o della fortuna dei galatinesi. In fondo che saranno mai venti o trenta ettari ricoperti di capannoni, di cemento e di catrame, al posto del terreno destinato all’agricoltura, e forse a degli ulivi rinsecchiti (che costa più tenerli che tagliarli). L’olio? Nei supermercati lo vendono già imbottigliato a meno della metà del costo che dovrebbero sostenere i nostri sfortunati contadini per produrlo. Se poi proprio tutto dovesse andare a monte (dei fiaschi di Siena) faremo come fecero millenni addietro i nostri avi che per ripulire la terra da cui cavare il necessario per vivere: raccolsero a mano, una per una i miliardi di pietroline che la riempivano. Certo loro non avevano le talpe o le ruspe, e c’hanno impiegato millenni, noi no. Con la moderna tecnologia, il nostro piccolissimo mega-parco Cascioni, lo trituriamo in un batter d’occhio. La fresa meccanica, comunemente detta “talpa” che stanno adoperando per il tunnel del traforo in Va di Susa, riesce a frantumare in media dai 10 ai 20 metri di roccia al giorno.
Dico io, se proprio il mega-parco dovesse rivelarsi un fallimento, che sarà mai il costo della frantumazione di qualche tonnellata di cemento (magari pure di scarsa qualità). Tanto andrebbe sempre bene per costruire altri mega-parchi. In fondo “ce lo chiede l’Europa”. E poi fare e disfare non è tutto un lavorare?
Certo che se però ci facessero vedere il fantomatico mega-parco in qualche modo sarebbe meglio. Così, giusto per vedere se ci piace. Che so io, per esempio un modellino simulante forme e materiali, un disegno tridimensionale, oppure delle immagini ricavate da quei fantastici programmi 3D di cui fanno uso gli studi di architettura.
Vuoi che una società forte ricca e potente come la nostra Pantacom non sia in grado di farci apprezzare questo fantomatico progetto? E poi, leggendo certe interviste senza filtri ti viene da chiederti: come? Anche il Comune di Nardò comprerebbe a scatola chiusa? O forse da qualche parte nella scatola c’era un foro da cui si poteva percepire che “meravigliosa opera è il mega-parco”?
Su dai Signor Sindaco, a volte bisogna turarsi il naso (e pure occhi e orecchie) e firmare, “per il bene di Galatina”, “per le ricadute sull’occupazione”, “per il turismo” (infatti i turisti verranno a frotte qui da noi: non vedono l’ora di farsi 2000 chilometri per vedere il nostro stupendo mega-parco nuovo di zecca), “per il futuro dei nostri figli” (che non vedono l’ora di fare i cassieri, o gli scaricatori di pezzi per i comodini Ikea), “per il progresso”, “per la crescita” (delle menzogne), per questo e per quell’altro. “Firma, caro Sindaco! Dopo parleremo dei contenuti”, ha esordito così un consigliere comunale davanti al gran rifiuto.
E poi vuoi mettere? Finalmente i galatinesi avranno un posto dove passare le serate d’inverno, quando in casa ci si annoia a guardare sempre le solite televendite Raiset, anche perché scaldare casa costa sempre di più. Meglio andare tutti insieme al calduccio nei nuovi capannoni del mega-parco, come fanno quelli delle città emancipate. Tanto qui di contenitori culturali, se ne parla da tempo ma di fatto non se ne vedono (oppure si restaurano, come quello della vecchia scuola elementare di Noha e poi si chiudono subito, non sia mai che qualche attività culturale risvegli le coscienze sopite dalle scemenze). Finalmente le nostre passeggiate avranno una meta a corto raggio. A chilometri tendenti a zero. Collemeto è ad un fischio, ad un tiro di schioppo, ad uno sputo. 
Con le sempre più frequenti offerte sui prezzi della benzina ci potranno andare proprio tutti. Sarà un po’ come andare a fare una bella scampagnata, fuori dal caos del traffico cittadino.
Insomma basta con queste quattro vetrine stra-consumate della piazza, del centro, di via Roma, di corso Porta Luce, e dei comuni limitrofi. Tutti al mega-parco Cascioni, in fila indiana, oppure senza alcun ordine, a caso, come le pecore. Tutti a comprare chincaglierie low-cost, che al primo giro di danza finiranno dritte dritte nei rifiuti. Tanto poi ci sarà l’inceneritore Colacem a ridurre tutto in fumo.  
Ma al nostro consigliere comunale, probabilmente i contenuti dei progetti non interessano, punto. Tra l’altro, ha una memoria talmente labile che non ricorda nemmeno più chi fossero i suoi compagni di scuola. Chissà cosa ricorderà delle materie studiate.

Caro Sindaco non fare il permaloso e non ti offendere se dicono che sei una brava persona, firma e poche ciance. Ma prima di firmare: Pensa …Pensa…Contro chi sotterra la coscienza nel cemento…[tratto dal testo della canzone “Pensa” di Maurizio Moro].

Marcello D’Acquarica

 

E' stato ritrovato cadavere nel pomeriggio, con un colpo di arma da fuoco al petto. Ucciso probabilmente durante una lite con un altro uomo, per una questione di gelosia. Giampiero Murino, 39 anni di origine nohana ma residente a Galatina, era incensurato. Il suo corpo è stato scoperto in un campo a Collemeto, in contrada Lovita, in una località chiamata "Zamboi". Gli inquirenti hanno già identificato il presunto omicida, nei confronti del quale è stato disposto il fermo di polizia giudiziaria dopo un lungo interrogatorio negli uffici del commissariato di Galatina dinanzi al magistrato di turno, il sostituto procuratore presso il Tribunale di Lecce Paola Guglielmi. Si tratta di Diego Alfieri, 32 anni, commerciante originario di Nardò  che gestisce il bar Alexander di via Kenedy a Galatina.

L'uomo è stato raggiunto da tre colpi di arma da fuoco al petto, pare una pistola legalmente detenuta dalla vittima. L'assassino, quindi, probabilmente durante una colluttazione, è riuscito a sottrarre l'arma e a far partire tre colpi da distanza ravvicinata. E' stata la moglie della vittima, a quanto si sa, a indicare il nome dell'omicida del marito alle forze dell'ordine. All'origine del fatto di sangue, pare ci sia la gelosia. Intorno alle 16, la vittima e il giovane si sarebbero incontrati in campagna e il litigio si sarebbe concluso con l'uomo ora ricercato che avrebbe imbracciato un fucile e sparato.


Il corpo di Murino è stato trovato all'interno di una Lancia Phedra. Il delitto potrebbe essere maturato durante un 'chiarimento' in auto tra la vittima e il suo assassino. L'allarme è scattato con una telefonata al '118', che ha subito informato il commissariato di Galatina.


La pista passionale sembra l'unica seguita dagli investigatori che hanno rintracciato il sospettato, attualmente interrogato in commissariato, alla presenza del magistrato inquirente. All'omicidio, secondo i primi accertamenti, ha assistito la moglie della vittima e sarebbe stata proprio la donna a dare l'allarme.

 
Di Albino Campa (del 26/02/2012 @ 22:15:23, in S.Maria della Porta, linkato 4552 volte)

Poco distante dal centro abitato di Galatina, lungo una stradina di campagna, ecco apparire d’un tratto una cupola. Una visione indubbiamente strana per la nostra vista, abituata al più a scorgere la pietra irregolare dei “furneddhri”. Maggiormente insolita perché da lontano appare poggiata sulla nuda campagna, al riparo dietro un muretto un secco.

Avvicinandosi l’arcano si svela e il mistero lascia spazio allo stupore. Un ampio e profondo incavo di forma quadrangolare, scavato nella roccia, accoglie al suo interno la chiesa di Santa Maria alla Porta la cui cupola, e solo questa, è quanto appare all’esterno alla vista di chi procede lungo la strada che attraversa quello che una volta era l’antico e ormai perduto casale di origine basiliana, Pisanello.

Una zona di Galatina, quasi al limitare di Sogliano, che richiama antiche presenze nella storia della nostra terra; echi di un tempo in cui l’attuale centro era ancora ben lontano dall’essere eretto.

Nei pressi, nel 1882 venne ritrovata dall’archeologo galatinese Luigi Viola un’antica stele messapica (del II – III a.C.), conservata ora nel Museo cittadino Cavoti, e attribuita ad una statua di Afrodite.
Da lì passò il santo pescatore Pietro mentre attraversava il Salento nel suo viaggio verso il luogo del suo martirio. E la tradizione racconta che il sant’uomo stanco del suo viaggio si ebbe a riposare, a trovare sollievo, sedendosi su un grosso masso. Difficile dire se effettivamente Pietro passò per i quei luoghi. Certo è che se una tradizione del genere si ebbe a tramandare per secoli, questo può essere stato possibile solo grazie alla presenza in quei luoghi di un sito popolato sin dai tempi di antichi.

Tradizione così viva e duratura tanto da dare al nascente antico centro il nome del santo, Sanctus Petrus de Galatino. Nel 1665 “questa” pietra venne solennemente prelevata dal vescovo Gabriel Adarzo e portata in Chiesa Madre e a ricordo di quell’evento venne eretta, come si racconta, una colonna. Ora vi è un’edicola votiva con l’iconografia tipica con cui viene raffigurato Pietro e riportante alla base la seguente dicitura latina – “Hic S. Petri defessi levamen 1665”.
Anticamente da quei luoghi passava un importante asse viario che conduceva verso S.Maria di Leuca, indicato nel 1400 come “viam publicam qua itur de Sancto Pisanellum”.
Come se non bastasse, lungo la strada comunale S.Vito, ove è situata l’edicola votiva di San Pietro, si incontra una zona coltivata che presenta una particolarità. Ai lati della strada si possono trovare numerosi frammenti di argilla, pezzi di vasellame, mischiati al normale pietrame delle nostre campagne. Difficile dire di cosa si tratta e datarli, ma il contadino mi dissi – “cose de l’antichità!” – ogni tanto arando trova ancora qualche “petra vecchia”.
La prima volta che una persona di Galatina mi ha accompagnato in questi luoghi, che conosceva bene dai tempi dell’infanzia, per strada mi parlava di pietre di dimensioni significative, di lastroni, quello che poteva esser traccia di antiche dimore. Arrivati sul posto, dopo anni e anni che non vi faceva ritorno, ha visto lo stato dei luoghi completamente mutato, ville e villette a destra e a manca, e delle antiche tracce che lui ricordava, assolutamente nulla.

Quest’insieme di informazioni, seppur frammentate, lasciano presagire che la storia di questi luoghi e dell’antico sito di Santa Maria alla Porta sia alquanto più complessa di quanto sia oggi possibile ottenere leggendo la scarna documentazione disponibile.

Quanto appare oggi nell’incavo roccioso è ben diverso rispetto allo stato originario del sito prima che venisse profondamente rimaneggiato nel corso dell’800. La documentazione ci racconta ben poco. In un disegno A. Abate riproduce quello che poteva essere la struttura originaria.

Originariamente non vi era una chiesa, bensì una cripta, che nelle attestazioni di visite pastorali nel ‘500 viene già segnalata come inabitata.
Può darsi che la volta della cripta fosse crollata o seriamente danneggiata e quindi si sia provveduto a sbancare completamente la zona interessata, scavando nella roccia un emiciclo all’interno del quale è stata poi successivamente costruita in muratura l’attuale chiesa.
Sarà stato veramente così? A chi di competenza, o meglio a chi ne ha le competenze la risposta.
Seguendo questo ragionamento, l’attuale complesso, ultimato nel 1899, dovrebbe sorgere su i resti dell’antica cripta, presumibilmente basiliana, ma della quale non vi sono alla vista elementi architettonici per individuarla.

L’attuale chiesa e il chiostro si trovano a circa cinque metri sotto il livello stradale. Vi si accede grazie un ampio cunicolo gradonato scavato nella roccia che porta all’interno dell’incavo.

La bellezza del sito che traspare dall’esterno è ben poca cosa rispetto alle meraviglie, seppur vetuste, che si possono ammirare all’interno.

A destra e sinistra del cunicolo di accesso si aprono due stanze scavate nella roccia. Forse dei ripari per coloro che popolavano quel sito o utilizzate come deposito.

Lungo tre dei quattro lati, la roccia è stata incisa in profondità andando a formare un chiostro che conduce, percorrendo il perimetro dell’incavo, verso la chiesa. Massicce colonne costruite in muratura che sorreggono la roccia e la volta arcuata sovrastante.

Ma le sorprese sono appena all’inizio. Mossi i primi passi lungo il chiostro, tracce di colori e quel che sembrano decorazioni attirano il mio sguardo verso il pavimento, discretamente sporco e ricoperto di terra. La pavimentazione è costituita da uno splendido mosaico ancora sostanzialmente intatto.
Percorrendo il chiostro, all’incirca a metà della lunghezza dell’incavo, il mosaico pavimentale si arricchisce di ulteriori motivi floreali con una piccola vasca d’acqua, ora colma di terra, decorata con conchiglie.

Qui il corridoio si allarga e lungo la parete semicircolare vi sono tre sedili, con quello centrale decorato anch’esso con conchiglie. Un bellissimo, seppur piccolo, Ninfeo.

Infine si giunge dinanzi alla porta di ingresso della chiesa. Un ingresso semplice ma impreziosito alla sua base da un bellissimo mosaico che raffigura un leone accovacciato con il capo rialzato a guardare chi vi accede. Un custode, quasi una sorta di monito rivolto a chi entra nell’edificio sacro, affinché si predisponga con il giusto animo e intenzioni.

L’attuale chiesa a pianta circolare è costruita interamente in muratura. Non è addossata alla roccia, ma vi è un’intercapedine larga poco meno di metro che corre lungo l’emiciclo scavato nella roccia e ricoperto esternamente da una copertura in “chianche” chiaramente visibile sia dall’interno che dall’esterno.

Anche il pavimento interno alla chiesa è costituito da un mosaico, i cui si motivi decorativi definiscono un intreccio di linee e di curve che sembrano pronte a catturanti. Nel centro il simbolo mariano dell’Ave Maria.

Un unico arredo sacro all’interno. Un turrito altare in pietra. Alcuni dei decori sono conservati dalla proprietà.
A sinistra vi è una porta da cui parte una scala in mattoni che conduce all’esterno, ai bordi della cupola.

A destra, una piccola stanza da cui è poi possibile accedere all’intercapedine che corre tra la muratura e la roccia.

La chiesa appare molto semplice, non vi sono tracce di affreschi o decorazioni paretali. Ma basta alzare lo sguardo verso la cupola per essere colti da nuovo stupore. Ci si accorge di essere sovrastati da un bellissimo cielo stellato in cui la vista si perde, dando a chi l’osserva un senso di infinito rispetto alla caducità delle cose terrene.

Uscendo dalla chiesa e inoltrandosi lungo il sentiero centrale, anch’esso pavimentato con un mosaico, che attraversa in tutta la sua lunghezza l’incavo, ci si immerge nelle bellezze del giardino.

Un giardino di delizie, costituito in particolare da alberi di arancio. Lungo questo sentiero era presente un tempo un colonnato di cui rimangono, come uniche tracce, i basamenti delle colonne in pietra leccese; purtroppo le colonne sono state nel tempo trafugate.

Ma non sono gli unici danni compiuti, seppur fortunatamente contenuti, visto che la leggenda di antichi tesori ha condotto malintenzionati a scavare anche nella roccia alla ricerca di fantomatici antichi tunnel e stanze del tesoro. C’è un antico detto che riguarda quest’antico casale – “Pisano e Pisanello distrutti fur dai mori sotto l’altar maggiore si trovano i tesori”.

Ma su questo sito non si raccontano solo storie di antichi tesori. C’è, forse, anche qualcos’altro. Quando tempo fa pubblicai le foto di questo sito, montandole a mo’ di video, dopo qualche giorno un carissimo amico mi telefonò dicendomi che alcuni suoi amici lo avevano contattato chiedendo informazioni sul sito e sul sottoscritto. Tra le immagini pubblicate avevano rintracciato in alcuni elementi architettonici l’uso di simboli massonici.

Dopo qualche giorno mi disse che questi suoi amici appartenevano ad una loggia massonica.

Massimo Negro

PS: Il sito è passato di proprietà qualche anno fa. Dopo anni di abbandono ed incuria la nuova proprietà ha dapprima recuperato l’annesso palazzo, all’interno dell’area in cui si trova l’incavo e la chiesa, e con l’accordo della Soprintendenza ha iniziato il percorso, per ora solo burocratico, per recuperare anche questo bellissimo e suggestivo luogo.

 
Di Albino Campa (del 21/04/2012 @ 22:14:23, in Comunicato Stampa, linkato 3551 volte)

Partecipazione di “Grande Sud” alla campagna elettorale del candidato sindaco di Galatina Giancarlo  Coluccia con la presenza del suo fondatore, l’On. Gianfranco Miccichè. L’incontro si è tenuto ieri 20 aprile presso il comitato elettorale di Galatina. Oltre all’On. Miccichè la presenza della Senatrice Adriana Poli Bortone e del Segretario Provinciale di Io Sud Gerdardo Filippo.

Dopo i saluti e i ringraziamenti di rito, il candidato sindaco di Galatina ha introdotto l’intervento dell’On. Gianfranco Miccichè che ha voluto spiegare il perché del sostegno da parte di Grande Sud ai sindaci del sud ed in particolare a Giancarlo Coluccia. “Noi siamo contro i partiti che si sono prestati al massacro del sud a favore del nord”, ha affermato Miccichè, “e vogliamo favorire uno sviluppo del territorio affinché i nostri figli non siano costretti ad andare altrove per cercare opportunità di lavoro; solo allora potremo dire di aver raggiunto il nostro obiettivo. Il nostro è il partito dei sindaci poiché sono loro a rappresentare il territorio e le sue istanze. E di certo non potevo mancare a quest’appuntamento per esprimere solidarietà e supporto ad un candidato sindaco come Giancarlo Coluccia che, con la sua onestà e fermezza, ha da sempre lottato per il bene e lo sviluppo del territorio”.

A seguire l’intervento della Senatrice Adriana Poli Bortone che ha voluto sottolineare come, nel recente passato, anche lei abbia vissuto con amarezza le vicende di Galatina. “E’ necessario”, ha sottolineato la Senatrice, “riprendere le tracce di un percorso di vita amministrativa più corretta e leale anche nei rapporti tra le forze politiche che devono avere degli obiettivi politici e non di carattere personale”. Attenta ed entusiasta la partecipazione dei cittadini i quali hanno salutato gli intervenuti con lunghi applausi.

 Ufficio Stampa Giancarlo Coluccia

 
Di Albino Campa (del 16/11/2010 @ 22:14:08, in Fidas, linkato 2953 volte)
Carissimi concittadini,
ricordando La vostra attenzione e la generosità riservata alla Fidas Noha, siamo nuovamente a chiedervi di partecipare alla compagna annuale di sostenimento iniziata ad Agosto, dedicata alla Cassa del Donatore di Sangue della Fidas.
La Fidas Noha da ben 24 anni è impegnata nella promozione della donazione del sangue e relativa raccolta periodica. In questi 24 anni la Fidas ha conquistato il cuore dei cittadini ed è oggi un elemento fondamentale del tessuto sociale.
La campagna di sostenimento dello scorso anno grazie al generoso contributo di ogni singolo partecipante e soprattutto dai negozianti locali ha permesso il raggiungimento della somma necessaria per il pagamento dell’affitto sede per l’anno 2010.
Da parte nostra, possiamo dire che la tranquillità economica della Fidas Noha ha trasmesso a noi dirigenti quella sensibilità per raggiungere gli obiettivi prefissati, trasformando questa serenità in programmi mirati a promuovere la donazione volontaria del sangue e a dare nuove speranze a tutti quelli che ne hanno avuto bisogno.
Per far fronte alle spese e per il mantenimento della nostra Fidas, dobbiamo fare ricorso nuovamente alla vostra sensibilità e generosità invitandovi a partecipare alla lotteria annuale per il sostegno economico della Cassa del donatore di Sangue che si concluderà l’8 Gennaio.
Acquistando uno o più biglietti al costo di 2,50 euro cadauno, questo contributo vi consentirà di partecipare all’estrazione finale dei prestigiosi premi in palio.
Fiduciosi come sempre nella vostra fattiva collaborazione e partecipazione porgiamo molti cordiali saluti e ringraziamenti anche solo per averci dedicato qualche minuto del vostro prezioso tempo.
Il Presidente ed il Consiglio Direttivo della Fidas Noha
 
Di Antonio Mellone (del 10/08/2016 @ 22:13:35, in NohaBlog, linkato 2632 volte)

Chi ama il Salento non riempie la propria social bacheca di immagini del suo mare, né spiffera ai quattro venti il fatto che questa terra è fatta apposta perché la gente goda.

Il Salento è come gli Uffizi, come il Louvre, come una basilica pontificia, e chi lo ama, prima di ritrarne le sue opere d’arte e divulgarle a chicchessia, si sente in dovere di pagare un dazio per il diritto d’autore (o, se preferisce, di Creatore).

Il Salento non ha bisogno di promozione, ma di bocciature; non di lidi privati e resort da escort, ma di libertà dal profitto; non di turismo diventato degrado, ma di viaggiatori delicati.  

Chi ama il Salento non si rinchiude in un villaggio turistico, e non s’illude che certi ammassi di calcestruzzo e cafonaggine portino ricchezza alla nostra terra perché sa che la sottraggono, trasferendola nelle tasche del Briatore di turno.

Il vero Salento non s’ammala di omogeneità, aborre i “baretti sulla spiaggia” con movida a parcella, e gli aperitivi che fanno tendenza specie se shakerati con calca, ressa e fiumana; detesta gli hotel, i ristoranti, le case e le rotonde sul mare; abbassa il volume della musica prima che diventi frastuono assordante; si ribella ai parcheggiatori abusivi dal viso truce e a digiuno di sorrisi.

Chi ama il Salento ascolta la voce di chi non ha voce e non quella del giornalismo con le virgolette; legge la stampa libera da mode e veline politiche; smaschera gli editori e i loro portaborse refrattari alla verità; denuncia gli imbrattacarte asserviti al potere del cemento; ribatte colpo su colpo agli opinionisti organici al clan delle pale eoliche; si fa beffe delle lobby dei transadriatici tubi del gas; condivide la lotta alle cosche dell’asfalto di autostrade a doppio senso, anzi senza; insorge contro le bande armate di trivelle petrolifere e altre mine vaganti. 

Il vero Salento aggiunge l’epiteto “mafia” al lemma Xylella, studia, approfondisce e manifesta compatto, anche rallentando la corsa di un treno quando necessario.

Chi ama il Salento non querela il libero pensiero, non trascina gli altri in tribunale in liti temerarie, è allergico all’intimidazione preventiva, e solidarizza con i compagni iscritti nel registro degli indagati, rei soltanto di partigianeria per la loro terra.

Il vero Salento difende la Costituzione dalle pigliate per fesso chiamate “riforme”, non cede al ricatto occupazionale delle multinazionali, si oppone all’ennesimo centro commerciale, nega la concessione a terzi di un altro arenile da saturare con ombrelloni e lettini riservati, ferma la mano del piromane; e contesta ancora lo sbancamento della costa o di altro suolo per un novello porto turistico, un comparto edilizio, un’area parcheggi. Il vero Salento è quello in grado di dire di NO a molte cose, piuttosto che di SI’ a tutto, e s’accontenta del poco che è abbastanza, anzi già troppo.

Chi ama il Salento lo difende da se stesso.

Antonio Mellone

p.s. Il baobab qui ritratto è l’albero di fico della mia campagna. I cui frutti, in salentino, si declinano al femminile. Una goduria.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/07/2016 @ 22:12:18, in NohaBlog, linkato 2678 volte)

Quello che abbiamo visto camminando per il tratto di abitato e di campagna che è a nord ovest di Noha è davvero qualcosa di raccapricciante. Le bestie rispetto a noi sono molto meno pericolose. Praticamente siamo circondati da discariche abusive ad alta presenza di amianto.

L'esposizione alle fibre di amianto, e tutti quelli che fanno uso dei net work lo sanno di sicuro,  è associata a malattie dell'apparato respiratorio (asbestosi, mesoteliomi, carcinoma polmonare).

L'asbestosi è una grave malattia respiratoria che per prima è stata correlata all'inalazione di fibre d’amianto.

Il carcinoma polmonare, che è il tumore maligno più frequente, si verifica anche per esposizioni a basse dosi. Il mesotelioma della pleura è un tumore altamente maligno della membrana di rivestimento del polmone (pleura) che è fortemente associato alla esposizione a fibre di amianto anche per basse dosi. Insomma, è pericolosissimo.

Inoltre bruciare i rifiuti è un atto criminale.

Quasi ogni giorno si ergono a nord e a sud di Noha colonne altissime di fumo nero. Voglio sperare che siano solo incendi involontari e che le eventuali intenzioni siano solo quelle di bruciare le sterpaglie (per fare pulizia). Che è pure vietato dalla legge.

Davvero non posso credere che ci siano persone così stupidamente criminali (e pure  concentrate nel nostro bel paese).

Diciamo di amare la vita, con tanto di celebrazioni e feste comandate, ma poi non riusciamo a capire che se abbandoniamo materiali inquinanti fra le sterpaglie pensando di nasconderle alla vista, queste, bruciando, rilasceranno nell’aria veleni altamente tossici.  Veleni che respireremo in diretta perché sono esattamente sotto le finestre delle nostre case, e che poi ricadranno con la pioggia nei terreni dove piantiamo gli ortaggi e le verdure con cui ci nutriamo.

Ma ci si può nutrire con il veleno?

Oltre che essere dei criminali per omicidio colposo (se non doloso), siamo anche dei super coglioni autolesionisti.

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 29/04/2012 @ 22:11:49, in NohaBlog, linkato 3613 volte)

Giuro che questo è l’ultimo pezzo della mia, chiamiamola così, trilogia pre-elettorale. Mi spiace tediare il lettore (quell’uno che sarà) per la terza volta su di un tema fritto e rifritto; tuttavia talora non si può prescindere da certe elucubrazioni per puntualizzare l’ovvio.
Se mi fosse concesso, passerei subito prima o subito dopo i clerici vagantes - che in questi giorni come tanti commessi viaggiatori stanno passando “a benedire” le nostre case, a promettere mari o monti (Mario Monti?), a distribuire i santini su cui è effigiata la loro immagine ed il loro motto (che parla), e finalmente ad implorare la nostra croce sul simbolo del loro partito e sul loro nome prima di imbucare nell’urna la scheda elettorale – dicevo: passerei io, porta a porta, cercando di convincere i miei concittadini non tanto a chi dare il voto, quanto a chi NON darlo. 
E lo farei usando più o meno queste parole: “Caro concittadino, non votare gli arrivisti, i faccendieri, i profittatori, i navigatori sotterranei conto terzi, i marpioni vecchi ed i marpioni “giovani e concreti”, i soliti noti che si presentano come esponenti del nuovo che avanza, mentre di fatto sono il vecchio che è avanzato. Non votare chi per opportunismo cambia facilmente casacca, chi passa da destra a sinistra, e viceversa (Franza o Spagna purché se magna). Non votare gli inguardabili, gli inaudibili, gli intoccabili, i leccapiedi, i baciapile e i baciamadonne, gli improvvisati salvatori della nostra piccola patria, i politicanti dell’ultima ora, i politicanti incalliti, quelli che ti fanno ancora credere che gli asini volano. Non votare il “trota” locale, il bifolco locale, il pirla locale, né chi è appoggiato dai mafiosi locali. Non sprecare il tuo voto a vantaggio di chi vorrebbe fare della politica la sua professione (e magari campare comodamente a tue spese); non buttar via il tuo voto in favore di chi pensa agli affaracci suoi e a quelli della sua famiglia. Non votare chi ti vede come un suddito, una pecora da tosare, un mulo da soma da sfruttare per i suoi porci comodi. Non votare gli assassini della democrazia, chi ha della politica un’idea burocratica e definisce “antipolitica” i politici veri, i soggetti della polis che invece fanno proposte politiche serie. Forse la vera antipolitica oggi è quella tradizionale, bacchettona, parruccona, paludata a nuovo ma impregnata di naftalina, pronta a scagliare anatemi contro la ragione e la passione.   
Per favore, caro elettore, non andarti a mettere nei Casini, con la scusa del centro, del moderatismo (sarebbero questi i moderati?), e dei “valori della famiglia”: come fai ancora a fidarti di chi fa i risciacqui e i gargarismi con l’acqua santa, di chi usa la religione come un vestito buono per tutte le stagioni, di chi è ancora attaccato alla sottana dei preti in nome del perbenismo e di chissà quali “valori non negoziabili”, quando poi si dimostra che il vero valore per questi formigonini, ciellini, opusdeini, in una parola “casini”, è  quello del potere e del denaro? Come fai a votare chi è appoggiato dai vari Miccichè (che vergogna!), chi è dell’UDC (unione dei condannati), chi finge di essere di centro quando di fatto è fascista nei secoli dei secoli amen? Non dare ancora (se pur l’avessi già fatto) il tuo suffragio ad un partito che nel corso di questi anni ha portato l’Italia nel baratro economico, finanziario, sociale, culturale e politico: sì, il partito dell’amore (a pagamento), il partito del “nuovo miracolo italiano”, il partito del “meno tasse per tutti”, il partito de “la crisi è alle nostre spalle”, il partito della quarantina di leggi porcata o leggi-vergogna, quello personale del bifolco di Arcore, il papi delle cene eleganti, del bunga-bunga, anzi del burlesque, l’amico del barbaro leghista, e delle prescrizioni brevi.
Non votare chi non ha sale in zucca, e vuole avvelenarti con il CDR (combustibile derivante da rifiuti), con gli inceneritori (che, per prenderti in giro, ribattezza come “termovalorizzatori”). Non sprecare il tuo voto dandolo a chi non ti merita, a chi s’infischia del territorio che vuole martoriare ancora con il cemento, con i pannelli fotovoltaici, con i centri commerciali, con le cave trasformate in discariche di rifiuti di ogni tipo, con i nuovi comparti artigianali o commerciali o per “civili” abitazioni, “in nome della crescita”. Non votare chi deride il lavoro di tanti concittadini, che pur non appartenendo ai partiti politici ed in nome della democrazia partecipativa lottano per la salvaguardia dei beni comuni, delle risorse pubbliche, della campagna, della natura, dei beni culturali (il cui scempio si compie sotto i nostri occhi proprio mentre ci si professa – o ci si atteggia a - tutori, difensori, paladini di questi beni culturali).   
Non votare chi vuole uccidere il tuo futuro e quello dei tuoi figli in nome del “progresso”, del profitto, del capitale, del denaro, dei suoi interessi di bottega…
E’ vero che alla fin fine le persone da votare si conterebbero sulle dita di una mano. E sarebbero da ricercare con la lanterna, anzi come si fa con un ago nel pagliaio.
Ma un popolo virtuoso sa e deve scegliere secondo coscienza. Se ne ha ancora una.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 26/01/2015 @ 22:09:36, in NohaBlog, linkato 2863 volte)

Non riuscivo a capacitarmi di tanta sfacciataggine, l’altra sera, al convegno double-face (quello sui tumori nel Salento).

Un relatore monopolista della serata, il “giornalista-statistico” che, dopo il suo interminabile profluvio di parole, asserisce che certi interventi, soprattutto quelli degli altri - incluso il discorso a proposito del mega-impianto di compostaggio soletan-galatinese (per la produzione di biogas, non di compost) - sono fuori tema o fuori luogo [ma scusi, signor logorroico conferenziere, stiamo o no parlando di cause dei tumori? E questa forse che non lo sarebbe? Oppure bisogna sempre parlare dei massimi sistemi, o delle discariche di Patù, senza mai scendere nei particolari che ci riguardano più da vicino? ndr], e due Erinni, cioè le onorevoli avvocatesse della maggioranza montuosa che fa finta di governarci, che sbraitano e se la prendono se osi ricordare loro che la giunta di cui sono in qualche modo parte attiva, tra le altre mille schifezze:

1) ha dato l’ultimo ok ad un mega-porco commerciale di 26 ettari da colare nella campagna galatinese;

2) accetta con nonchalance le sponsorizzazioni da parte di Colacem (il giglio di campo di cui si son pure proiettate delle slide a proposito di cause dei tumori), e nulla dice a proposito di quella del TAP per la festa patronale;

3) va avanti come un treno sulla strada del mega-impianto di compostaggio-chiamatemi, quello di 30.000 tonnellate (se gli orrori non sono mega questi non si sporcano mica le mani) che produrrà invece biogas, oltre a tutta una serie di altri, come dire, tumori (stiamone certi);

4) sta per varare, già che si trova, anche la “mega area mercatale”, da definire - con solito eufemismo o meglio esproprio vocabolario - come “parco urbano”; pazienza poi se per questo “parco” si colacementificheranno e s’asfalteranno altri 4 o 5 ettari della “nostra madre terra”;

5) ha in mente e forse realizzerà un mega-parcheggio sotterraneo a ridosso del centro storico (il che è davvero molto coerente con la politica di incentivazione all’uso della bicicletta con cui, nei convegni sulla “mobilità sostenibile”, fa gargarismi e risciacqui orali tre volte al giorno);

6) si munisce di sega per troncare alberi di gelso e/o querce vallonee “che non hanno più di novant’anni d’età” (come se una quercia vallonea di novant’anni avesse meno diritto di esistere di una di trecentocinquanta);

7) non ha mai proferito (in quanto il concetto non sfiora nemmeno di striscio la corteccia cerebrale dei suoi componenti) un salutare “STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO” (rendendosi così oltremodo corresponsabile del cambiamento del clima, in particolare del riscaldamento globale: sì, ogni comportamento, ogni scelta anche locale, anche micro, ha influenze in tal senso);  

8) affetta com’è di inaugurite cronica, questa giunta betoniera corre a destra e a manca a tagliar nastri tricolori per varare la “glande opera pubica” di turno, rigorosamente in cemento e/o asfalto, sovente progettata male, costruita peggio e/o quasi mai terminata.

Qualche esempio del genere? Circonvallazione interna (“utilizzata molto dai podisti”, come dice qualcuno: ergo che bisogno c’era di una circonvallazione?) che andrà avanti nel massacro ambientale con ruspe, piastre vibranti, rulli compattatori, bulldozer; centro polifunzionale che però non polifunziona affatto, colato in fondo a viale don Bosco per “riqualificare le periferie” [ma evitar lo scempio, no eh? Ndr]; asilo infantile sempre sullo stesso viale (non ancora inaugurato nonostante la “fine dei lavori” perché qualcuno ha scordato i cessi o qualcosa di simile); palestra-hangar che s’affaccia sulla suddetta circonvallazione interna, inservibile in quanto inutile e soprattutto inutilizzabile per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo elencare qui di seguito; vecchia scuola elementare di Noha con allaccio elettrico provvisorio (ma quasi quasi definitivo), che non permette a riscaldamenti/ariacondizionata/fotovoltaico/ascensore di mettersi in moto.

Opere e progetti buoni soltanto ad arricchire furbi e sgorbi, aumentare i tumori (riuscite a coglierne il nesso?), a prendere in giro gli allocchi (in gergo: vucchiperti) di cui Galatina non ha mai avvertito la carenza, e a rovinare ciò che ancora residua di bello.

*

Non sia mai che i nostri cosiddetti rappresentanti imparino una buona volta la lezione di Renata Fonte, la Donna e il Politico (entrambi con la maiuscola) ucciso dalla mafia perché ha cercato di spiegare a tutti che per preservare la nostra terra (e tutelarci dal cancro) l’unica cosa di buon senso finalmente da fare è: NULLA. O comunque evitare di dar corso alla natura mentulomorfa di certi “progetti”.

Invece no: i nostri governanti nostrani, tutti muniti di cazzuole (ma soprattutto di cazzate), riescono ad aumentare il loro prodotto interno lurido solo con la grande schifezza, facendo finire nei piloni di cemento ciò che residua del buon senso (e chissà cos’altro) e nascondendo la testa sotto la sabbia. Come i calce-struzzi (e qui la prima z potrebbe essere sostituita a piacere da una n).

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 15/03/2012 @ 22:09:18, in Eventi, linkato 5085 volte)

Il 18 Marzo alle ore 20:00 si terrà lo spettacolo  dalla Compagnia Teatrale “La Civetta” di San Pancrazio Salentino, con la commedia in “La Lupa” di Giovanni Verga  nella Sala Teatro Oratorio Madonna delle Grazie di Noha .

La Lupa scritta da Giovanni Verga adattata da Vito Stridi. La commedia è uno spaccato di vita rurale di fine 800: Una madre, su richiesta del proprio amante, di cui è follemente innamorata, obbliga la propria figlia a sposarlo pur di non perderlo.

Con La Lupa ci troviamo in una tragedia dell’incesto, che ha tutta un’illustre storia artistica dai poeti greci all’Alfieri. Nel villaggio dove viveva, la chiamavano la Lupa perché ella non era mai sazia delle relazioni che aveva con gli uomini e  le altre donne avevano paura di lei perché ella attirava con la sua bellezza i loro figli anche se solo li guardava. Di ciò soffriva la figlia, Maricchia, che sapeva che non  avrebbe trovato un marito. Una volta la Lupa si era innamorata di un giovane, Nanni, che mieteva il grano con lei, e lo guardava avidamente  e lo seguiva; una sera gli dichiarò il suo amore e lui rispose che voleva in sposa Maricchia…

“Una sera ella glielo disse, mentre gli uomini sonnecchiavano nell’aia, stanchi dalla lunga giornata, ed i cani uggiolavano per la vasta campagna nera:  -  Te voglio!  Te  che sei bello”, ecc. ecc.

 
Di Redazione (del 15/01/2013 @ 22:08:44, in Lettere al direttore, linkato 3272 volte)

Gentile direttore,
scrivo questa lettera per esprimere il mio assoluto disappunto come cittadina e come operatrice commerciale per l’attuale gestione della raccolta dei rifiuti nel nostro Comune. Sappiamo quanto precaria e difficile è da tempo questa materia a Galatina, ma con profondo dispiacere devo osservare che nessun miglioramento si è avuto negli ultimi mesi, cioè da quando si è insediata la nuova amministrazione comunale, che in campagna elettorale aveva promesso nuovi metodi di lavoro in materia ambientale. L’iniziativa dell’Ispettore Ambientale è palesemente fallita senza alcun beneficio per la città. Spesso i cittadini, chiamati a collaborare, hanno sollecitato la nuova figura ambientale ad intervenire in situazioni di degrado urbano, senza ottenere risposte adeguate. Ma la mia indignazione si è esasperata da pochi giorni e cioè da quando, in seguito all’apertura di un laboratorio artigianale, ho avviato le pratiche di inizio attività presso l’Ufficio tributi del Comune, per ottemperare al pagamento della Tarsu. Da cittadina attenta all’ambiente, che pratica la raccolta differenziata dei rifiuti e che crede nella necessità di migliorare l’attuale servizio di raccolta per riqualificare il nostro paese, per gestire al meglio la risorsa “rifiuto” e per tutelare la salute pubblica, ho chiesto informazioni sulla possibilità di avere una deduzione dalla mia tariffa, se avessi provveduto alla raccolta differenziata di carta e cartone, così come previsto dal Decreto Ronchi. Da quel momento è cominciato un balzello di notizie che nella più assoluta confusione e con inqualificabile pressapochismo mi sono state date da diverse fonti. Tutte attendibili perché provenienti da persone preposte a dare delucidazioni ai cittadini, ma palesemente contraddittorie. L’ultima versione, datami oggi 14 gennaio, è stata quella di un impiegato che mi ha informato in merito alla raccolta in modo molto “originale”:
- Non possono stipularsi contratti per la raccolta della carta con aziende esterne alla nostra;
- La plastica si può solo consegnare mediante l’utilizzo dei contenitori individuali dati su richiesta;
- L’indifferenziato e l’umido vanno posti nei cassonetti.
E quando con grave disappunto ho affermato che nella zona in cui è ubicata la mia attività non ci
sono più ormai da tempo i cassonetti, con molta disinvoltura mi ha risposto:
- Allora metta il sacchetto fuori davanti la sua porta, qualcuno lo prenderà!
VERGOGNA!
Da cittadina non posso credere che nel secondo paese in provincia di Lecce per numero di abitanti, nell’ombelico del Salento, si possa operare in questo malo modo la gestione dei rifiuti, con assoluta mancanza di informazione, senza preoccuparsi di stabilire programmi finalizzati alla prevenzione e alla riduzione, così come ormai stabilito da tutte le norme in materia. Continuerò nella ricerca della verità, non la verità assoluta, ma la verità di chi vuole rispettare l’ambiente, rispettare le norme e non sentirsi fuori dal mondo.

Francesca Sabella

 
Di Antonio Mariano (del 30/07/2021 @ 22:07:53, in Fetta di Mellone, linkato 2365 volte)

Non so se qualcuno ricorda le autocarrozzerie di una volta, quelle che ti rimettevano a nuovo la macchina dopo le nozze d’argento (voglio dire le nozze tra te e la tua auto). Intendiamoci, non è che i carrozzieri odierni non facciano altrettanto, ché quanto a tecnologia sono così avanti che tramite computer, robot, software e meccatronica riuscirebbero anche a ricostruire i connotati del conducente come manco un chirurgo plastico: è che invece siamo cambiati noi altri, o meglio il rapporto con il nostro mezzo di locomozione: un tempo emblema di fedeltà assoluta (finché morte non ci separasse), oggi di volubilità, e addirittura in nome della transizione ecologica.     

L’Autobianchi 500 Giardiniera (cioè station wagon) caffelatte di mio papà Giovanni, per esempio, fu rifatta ab imis fundamentis dopo circa un trentennio dal taglio del suo cordone ombelicale con la concessionaria. Il carrozziere che si chiamava Antonio Rizzo e aveva la sua officina in via Aradeo fu così bravo da non farci quasi più riconoscere la nostra vecchia Famigliare decappottabile: nuova di fabbrica sembrava, fiammante, profumata, “smaltata” nel suo originario colore neutro tattico (così – a parere della regina madre - non si sarebbe notato lo sporco). Il portapacchi in cima, ridipinto d’argento, era la corona di una principessa. Quella povera auto da soma che aveva caricato mante di tabacco, frese, zappe, tini d’uva, rape e cicorie, sacchi di grano, e due volte l’anno tutte le masserizie necessarie per “ritirarsi” in campagna ovvero per rientrare al paese a fine estate, sembrava pronta per un matrimonio di lusso. Le mancava giusto il fiocco di tulle.

Poi mio padre, monogamo per indole e convinzione, l’ha utilizzata fino alle nozze d’oro, che dico, di diamante e mi pare pure di platino (sempre tra lui e la 500 dico): mai un incidente, ricovero in garage la notte, e lavaggio con spugna secchio e suca (pompa collegata al pozzo), ma soltanto quando non se ne poteva più fare a meno.

Tutto questo per introdurre la storia dell’autocarrozzeria di Pietro Serafini, e per dire che c’è ancora chi è legato ai cimeli locomotivi del passato e che per poterne nuovamente godere deve trovare chi se ne occupi con passione e competenza. Sia chiaro, a Noha è pieno di artigiani del settore: abbiamo officine rinomate in tutto il Salento, o meglio in tutta d’Italia (basta leggerne le recensioni on-line); addirittura Antonio della F.lli Mariano, oltre a essere il presidente regionale della Confartigianato del settore, siede anche nel direttivo del Consiglio Nazionale, per non parlare di quei colossi che rispondono ai nomi dei F.lli Bonuso e di Idolo Officine che portano in giro per il mondo (appiccicato alle targhe degli autoarticolati transitati dal loro pronto soccorso) il nome di Noha, e per finire a Ciofficar dei Cioffi, padre e figlio, anch’essi professionisti ad alti livelli.        

Dunque non farò un torto agli altri carrozzieri di Noha se questa volta tratto del più piccolo fra loro, Pietro appunto, che nel 2015 ereditò la carrozzeria del papà Roberto, il quale aveva deciso, prematuramente, di andare a riparare le ali degli angeli.

La carrozzeria di Pietro la trovi in via Cadorna al 49, a un fischio dai giardini Madonna delle Grazie e, pur micro, è dotata di tutto quel che occorre: banconi, strumentazioni le più disparate, l’impianto per la verniciatura, il forno per l’essiccazione della dipintura. Ma prima di tutto trovi la pazienza, l’olio di gomito del titolare, la sua arte.

Pietro, trentasei anni d’età e quaranta di esperienza, mascherina, scarpe antinfortunistiche, guanti e tuta di prima mattina, studia i pezzi, si fa uno schema delle procedure e s’immerge nel suo lavoro senza sosta. L’ultima volta che lo vidi era alle prese con una “cosa degli anni ’60”, mi disse: il proprietario non aveva voluto interventi di altri se non il suo, e gli aveva presentato un ferrovecchio osando definirlo “la mia Vespa”. Ebbene quel “ferrovecchio” tempo dopo, non so più in quale concorso, s’era aggiudicato quale  primo premio una targa d’oro: una medaglia al merito che starebbe bene anche sul petto di questo cerusico estetico di automezzi.

Non finirei più se volessi scendere nei dettagli del lavoro di questo ragazzo, la sua inventiva applicata agli attrezzati specifici che di volta in volta addirittura s’inventa per salvare geometrie distrutte, la ricostruzione dei punti di riferimento del progetto iniziale, la gestione dei piccoli spazi di un’officina dove non vola nemmeno un granello di polvere, la più duratura stagnatura (che comporta tempo e lavoro) che Pietro s’è incaponito di utilizzare al posto della più caduca stuccatura dei pezzi (più facile e veloce), e la sua tenacia nel non tirarsi mai indietro qualunque catorcio ignobile gli venga presentato per la rianimazione.

Capitoli di molte pagine a parte meriterebbero la sua disponibilità a lavorare con spirito di abnegazione per la comunità (l’ha già fatto ad esempio riportando al suo antico splendore il marchingegno dello storico orologio della torre civica di Noha, oggi esposto nei locali della Scuola Media), nonché il commovente filiale bisogno di conversare ancora, nel suo ideale dialogo quotidiano, con il suo (e nostro) mesciu Roberto.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 26/04/2020 @ 22:05:06, in NohaBlog, linkato 1045 volte)

Benché dopo quasi due mesi di quarantena forzata io abbia i dreads che manco Bob Marley, dovete sapere che al di là dell’attuale apparente aspetto da hippie sono un convinto yuppie, così tanto che la mia indole mi porta a coltivare le amicizie che contano: tipo quelle con i miei “fratelli” bocconiani che meritoriamente (ah, la meritocrazia) sono stati cooptati dal Conte di Montecristo, cioè dei povericristi, nella celeberrima Task Force di esperti per la Fase Due.

Ebbene sì, grazie alle mie entrature, stavo per dire alla mia influenza, son riuscito a avere in anteprima tutte le novità relative all’Italexit (come gli Alumni amici dell’alma mater avevano pensato di appellare l’uscita degli italiani dalle loro case, dopo tre ore e mezza di videoconferenza notturna), ovvero, appunto, Fase Due, come più prosaicamente è stata poi definita dal resto dei taskforzisti.

Cercherò di segnalare di seguito qualcuna di queste novità che, da qui a poche settimane, ci vedranno quasi tutti coinvolti: però, per l’alma dei morti vostri, non divulgate oltremodo quelle che per ora sono solo indiscrezioni che i miei compagni di merendine, con il supporto degli scienziati - i cui studi approfonditi per ora sembrano esclusivamente quelli televisivi - mi hanno passato sottobanco.  

Premesso che gli anziani avranno la possibilità di vedere la luce soltanto nella Fase Tre (cosiddetta Trifase), pena l’immediato internamento in una RSA - onde la suddetta luce passerebbe da temporanea a perpetua - tutti gli altri dovranno attenersi alle nuove tavole della legge. E, v’imploro preventivamente, evitate i piagnistei tipo: Questa Fase Due Ci Fa Rimpiangere La Uno.

Veniano al dunque.

MASCHERINA. La mascherina, ormai parte integrante dell’italico abbigliamento (quante polemiche un tempo sulle donne velate), contribuirà alla burkaizzazione dei costumi di maschi e femmine. Tuttavia, il novello Corano permetterà alle case di moda di disegnarne di fantasiose per le varie collezioni da sfoggiare in passerella. Vietato ad ogni modo il Carnevale.

BACIO. Il bacio di coppia sarà concesso, ma: a) a giorni alterni per dimezzare la probabilità di contagio; b) senza lingua; c) poetico della serie: “Ti mando un bacio con il vento, e so che tu lo sentirai”: Ma pare che anche quello consegnato al vento, se con particolato PM10 oltre soglia, presenti un certo rischio di contagio.

SESSO. Il sesso, se proprio non si potrà fare a meno dello Smart Loving (oltretutto con il 5G sarebbe pure più veloce), sarà ammesso solo nel week-end. I partner anziché spogliarsi dovranno indossare una tuta da palombaro, guanti in lattice (della Durex), e cuffia (andrebbe bene pure quella per la doccia, tanto è lavata). Eccezionalmente, in mancanza di tutto questo armamentario, si potrà usare il cuscino (ma pare che qualcuno già utilizzasse codesto stratagemma, spacciandolo per una pratica sexy, quando invece era segno, più o meno dissimulato, del dubbio in merito alla venustà del o della compagna). Via libera ai lubrificanti, ma solo se a base di amuchina. No-problem invece per i coniugati: che pare si astenessero dalla pratica già da molto prima del Covid-19.

VARIE ED EVENTUALI. Al parrucchiere sarà possibile non più di una Mes in piega per volta. In tribunale verrà impedito a tutti i giudici di sputare (sentenze). In palestra sarà severamente vietato sudare. Diverrà obbligatorio scaricare la App REDNIT (che è l’esatto contrario di TINDER). A chi non dispone di uno smartphone di ultima generazione, verrà fornito un braccialetto (o - cosa cambia - applicato un anello al naso). Su Metro e Bus si potrà occupare al massimo il 50% dei posti disponibili (un posto a sedere sui mezzi pubblici si aggiudica beccando il numero fortunato a un gratta e vinci qualsiasi: più o meno come prima, ma ora con la metà delle probabilità). Al ristorante si entra uno per volta (il pranzo però potrebbe essere servito verso le 23; la cena, all’indomani a pranzo). Nei palazzi, sia pubblici che privati, si consentirà finalmente l’uso dell’ascensore sociale, ma soltanto in fase discendente. Gli effetti della nuova campagna di tamponamenti a tappeto saranno di esclusiva pertinenza delle autocarrozzerie. Infine, per quando riguarda il credito non cambia nulla: si potrà continuare tranquillamente a millantarlo.    

Per il resto delle novità (ce n’è per tutti) si consiglia la lettura dell’imminente DPCM di 8.799 pagine (senza contare le corpose nuove tipologie di Autodichiarazioni allegate in appendice).

La Fase Due, come convenuto con l’Europa, verrà finanziata dai Recovery Bondage.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 01/01/2013 @ 22:04:06, in Cronaca, linkato 3017 volte)

Recentemente, parlando del più, ma soprattutto del meno, con un’importante (notare l’apostrofo) esponente dell’Amministrazione Comunale di Galatina a proposito del mega-porco (scusate, ma non ce la faccio proprio a chiamare “parco” una distesa piallata di calcestruzzo) vengo a sapere, tra le altre cose, che il parroco di Collemeto sta (starebbe) strenuamente lottando insieme ad alcune delle sue pecorelle affinché questa mega-struttura veda finalmente la luce. Pare che, salvo errori, il Don locale non veda l’ora di aspergere con l’acqua santa questa nuova spianata delle moschee (o delle mosche).
Posso pure capire che un parroco sia devotissimo all’Immacolata Cementificazione, e non sarà mica il sottoscritto a mettere in discussione il suo “credo”, ci mancherebbe altro, (ognuno è libero di credere a quello che vuole: anche agli asini che volano), ma spiace dover constatare ancora una volta che quota parte della politica nostrana (quella Politica che per indole e Costituzione dovrebbe essere laica e indipendente), sia ancora una volta se non proprio attaccata alla sottana di qualche alto (o basso) prelato, e se non proprio genuflessa o subordinata al suo prevosto, in un certo qual modo, diciamo così, influenzata dal verbo clericale (“verbo” in minuscolo), pur di dimostrare al suo elettorato di essere in grado in un sol colpo di fare i gargarismi con l’acqua benedetta e di tener fede ai “valori irrinunciabili” (però senza mai accennare ad un mea culpa, nemmeno per sbaglio: mai sia Signore). Stiamo parlando in maniera trasversale, bipartisan, quindi del partito dell’udc (unione del cemento).
Ma ritorniamo al nostro parroco collemetese, che ci dicono sia persona ragionevole e mite, e di pasta completamente diversa rispetto al suo collega di Lerici (quello che si mette a pubblicare in bacheca un farneticante articolo copia-incollato dal sito ultra-conservatore Pontifex  - sanu me toccu - nel quale più o meno si afferma che la violenza e il femminicidio siano un po’ colpa delle donne che provocano…). Dicevamo, invece, del nostro parroco che, siamo certi, con uno studio appena un po’ più meditato e ragionato, non esiterebbe ad indirizzare ai fedeli più o meno queste parole, magari in una di quelle scalette, talvolta più lunghe di un sermone, che si usa indicare al termine della celebrazione eucaristica:
Miei cari fratelli, non svendiamo la nostra primogenitura per un piatto di lenticchie. Non diamo retta agli dei falsi e bugiardi che rispondono al nome di cemento e asfalto. Lasciamo perdere adulatori-lobbisti che in nome di uno sviluppismo che non sta né in cielo né in terra, promettono mari e monti, e dimenticano la nostra bella e fertile pianura.
C’è chi sta cercando di cavalcare l’onda della nostra disperazione, per la mancanza di posti di lavoro, di prospettive per il futuro, di un avvenire degno di questo nome per i nostri figli. Ma è veramente cosa buona e giusta nostro dovere e fonte di salvezza non costruire altre cattedrali nel deserto. Il tempo dei centri commerciali è morto e sepolto, e qui da noi ce ne sono fin troppi. I megastore non hanno mai portato posti di lavoro in più (ne creano 200 distruggendone 1000, la proporzione è questa; senza contare che oggi i licenziamenti sono arrivati anche fra i dipendenti della grande distribuzione, tanto che ne è costretto a parlare finanche il “Quotidiano di Lecce” che, si sa, dà solo le notizie che gli garbano).  Mai come stavolta è in corso una scientifica manomissione delle parole, usate puntualmente in modo distorto, con l’effetto del loro logoramento e della loro perdita di senso. Così si parla a vanvera di “riqualificazione” della località Cascioni, quando invece è in corso la sua mortificazione, e di “centro” a proposito di una struttura in periferia. Si usa inoltre la parola “parco” che rievoca il verde e non un susseguirsi di capannoni prefabbricati, e addirittura di “moderati”, che sarebbero i signori dell’udc (unione del cemento), contrapposti ai “fondamentalisti” che sarebbero invece i ragazzi che cercano di salvare quel che resta del nostro paesaggio e della nostra salute.
Il cemento nella nostra bella contrada Cascioni è un peccato contro natura. Non lamentiamoci poi se un acquazzone si trasforma in un disastro perché la campagna sta scomparendo e la Natura e Dio prima o poi son costretti a vendicarsi (e a riprendersi il maltolto).
Ho letto da qualche parte che gli stessi negozi ubicati nei centri commerciali sono strozzati, oltre tutto, da affitti esosi, e visitati da consumatori che ormai vanno “in centro” solo per passeggiare. E poi lasciatemi dire: la domenica si viene a messa e non al centro commerciale dove si vede un sacco di gente che ci va per ammazzare la noia e le domeniche, o per santificare le altre feste.
Ho pensato di fare uno striscione per esporlo sulla porta della nostra chiesa. E sapete cosa ho in mente di scrivere su questo striscione? “La domenica siamo aperti”: la stessa frase che, inorridito, leggo sugli striscioni piazzati all’ingresso dei mega-parchi (e che verrà, o verrebbe sicuramente apposto anche – Dio non voglia – su quello che i “moderati” vorrebbero costruire ad un fischio da questa chiesa). 
Sì, c’è gente costretta a lavorare a Natale, a Capodanno, a Ferragosto in queste faraoniche disumane strutture. Ma così non c’è rispetto della persona umana, del diritto, della ragione, della vita stessa. Noi invece dobbiamo batterci per la cultura della vita e non per essere trattati a merci in faccia. Ritorniamo ai veri valori, che sono a chilometri zero, come la nostra agricoltura, il piccolo commercio, il nostro artigianato, ed il turismo che non va alla ricerca dei centri commerciali (anzi ne fugge) ma di paesini belli, puliti, solidali ed in pace, come Collemeto. Non crediamo al miracolismo idolatrico di un “centro” pensato da gente senza scrupoli, che del benessere della nostra cittadina non saprebbe proprio che farsene (scusate il pleonasmo).
C’è chi dice che se non costruissero questo centro alle porte del nostro paese lo farebbero, chessò, a Nardò. E dove sta scritto? Noi lotteremo insieme perché non lo facciano nemmeno colà: l’ennesimo mega-porco sarebbe davvero un bel peccato a Collemeto, a Galatina, come anche a Nardò, a Cutrofiano o a Canicattì.
In piedi, cari fratelli, in alto i nostri cuori, e coraggio!
Restiamo uniti nella battaglia contro il maligno per la salvaguardia di una delle zone più belle e fertili della nostra piccola patria che ha il dolce nome di Collemeto.
Ne guadagneranno la nostra dignità, la nostra economia, il nostro futuro, il nostro attaccamento alla vita.
Sia lodato Gesù Cristo”.
Oggi e sempre sia lodato.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 15/08/2023 @ 22:03:22, in Fetta di Mellone, linkato 474 volte)

Un tempo per provare un po’ di sollievo dal solleone (o canicola, o afa, o arsura, o semplicemente grande caldo) era sufficiente una fetta di Mellone fresco; ora pare non bastino più nemmeno i condizionatori (cui abbiam dovuto rinunciare per aver scelto la pace, come da diktat del Migliore), e dunque si debba ricorrere alle cure di uno psicologo, quando non a quelle di uno psichiatra. Eh sì, perché a fobie, tic, dipendenze e mille altre nevrosi della vita contemporanea oggi possiamo finalmente aggiungere pure l’eco-ansia.

All’inizio governi, televisioni, intellighenzia, maître-à-penser, finanza e mercati unificati parlavano esclusivamente di surriscaldamento; ultimamente, onde evitare di sbagliar segno (positivo o negativo), le stesse reti, circonfuse dalla consueta inconfondibile aura di prestigio, si accontentano di dibattere di un più generico mutamento climatico, forse per meglio corroborare la loro infallibilità oracolare.

Orbene, lungi da me il voler confutare la Scienza (e la eventuale dogmatica di complemento), o sfidare a singolar tenzone i novelli inquisitori, non essendo un climatologo non metterò in discussione il concetto di cambiamento (tutto cambia sempre, ci mancherebbe altro), ma vorrei sommessamente far presente due o tre cosette.

La prima è che non so cosa possa succedere al macroclima (o grande clima, o clima della nostra era geologica), ma il microclima (cioè quella microscopica, minuscola, trascurabile parte del macroclima terracqueo) registrerà sicuramente sensibili aumenti nei suoi gradi centigradi ogni qualvolta si procederà, per esempio, all’abbattimento degli alberi più o meno cittadini, in quanto molesti al traffico, all’asfalto, al cemento, e al piano regolatore; oppure alla loro eradicazione per via della vulgata secondo cui “Stassiccatuttu causa batterio” anche se sono vivi e vegeti, e quindi meglio non contraddire decretini e ricercatori dal verbo incarnato. Certo è che qui si sta segando alla grande, a partire dai rami su cui stiamo seduti.

Per dirne un’altra, a Matino (ogni buongiorno si vede dal Matino), proprio di fronte al cimitero qualche tempo fa troncarono alla radice una fila di enormi bellissimi pini marittimi: adesso, al loro posto, due colonnine di ricarica auto elettriche. Chissà che non sia questa la rappresentazione plastica della famosa Transizione Ecologica.

A Galatina, altro caso clinico, il famoso viale don Bosco (mai denominazione fu più azzeccata di questa) è stato finalmente disboscato. Per il momento, e per il prossimo decennio, sarà l’uomo a dover fare ombra a quegli zzippi sostitutivi che ironicamente continuano a chiamare alberi. Quanto a Noha stiamo possibilmente ancor più freschi, visto che da una decina d’anni, forse più, al Green abbiamo dedicato la parte più convessa del nostro corpo (non è la pancia, ma quella che si trova dall’altra parte, un po’ più in basso), seppellendo un centinaio di ettari di campagna nohana sotto una patina di pannelli fotovoltaici di ferro, alluminio, silicio e materiali vari. Per abbassare ulteriormente le temperature sono in arrivo non so più quante pale eoliche: ma non chiamatele pale che girano - eccome se girano - ma ventilatori. A me viene la pelle d’oca al solo pensiero, meglio indossare sin da subito un cappottino estivo.

Poco fa il sindaco di Milano piagnucolava a favor di telecamera sui disastri causati da un violento temporale abbattutosi nottetempo sulla sua città, anche questo evidentemente causa clima, incitandoci ad agire senza indugio. Mo’ non saprei dire se i centodieci ettari di piastra di calcestrunzo usata per l’Expo 2015, di cui fu amministratore delegato e commissario, contribuiranno all’aumento o alla riduzione della temperatura di quell’area, o se ormai non gli facciano più né caldo né freddo. Meno male che di là si son dati subito da fare con l’Albero della vita (che costò poco più di otto milioni di euro), con il Bosco Verticale downtown e, ovviamente, con la Milano da bere (ghiacciata).

Ci sono poi i promotori di (in ordine sparso) porti turistici, grandi navi da crociera, movida, costruzione di nuovi villaggi eco-so-ste-ni-bi-li, termovalorizzatori, produzione/vendita/spedizione/uso di armi perché così vinciamo la guerra (tra poco pure nucleare), jet personali usati da congressisti di fondi monetari internazionali, alta velocità, lidi privati chiamati simpaticamente Frescure con le pale di ficodindia in compensato spennellato di verde, navi gasiere e dunque rigassificatori, megacentri commerciali, agricoltura superintensiva, importazione di kiwi dalla Nuova Zelanda e uva dal Cile, trasformazione dell’attuale parco auto con motori a scoppio in un enorme scascia-machine, roghi nei campi, impianti di compostaggio anaerobico (o meglio analerobico) per la produzione di biogas, imminenti autostrade a quattro o più corsie, veleni che ci stanno tropicalizzando (tropico del cancro per la precisione), “infrastrutturazione del Salento” [sic], Sviluppo & Crescita, e altre cosette del genere da psicoanalista junghiano: esempi virtuosi senz'altro in grado di far calare di non poco le temperature medie del nostro Antropocene.

Voi mi direste a prescindere: “Anto’ fa caldo”. Vi risponderei che gli accorati appelli “a far presto” [sic], provengono quasi tutti dai suddetti promotori: ergo siamo in una botte di ferro. Persino la Bce s’è messa ad aumentare i tassi di interesse a più non posso al fine di raffreddare ‘sta benedetta inflazione. Roba da brividi proprio.

Non so perché insistete tanto nel dire che ci stanno prendendo leggermente, e ancora una volta, per il clima.

Pardon, volevo dire culo.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 09/11/2017 @ 22:02:04, in Comunicato Stampa, linkato 1712 volte)

Segui il profumo della tradizione, riscopri il valore autentico di un patrimonio senza tempo e lasciati conquistare dal dolce ritmo della vita pugliese. Visite guidate, aperture straordinarie, laboratori di enogastronomia e artigianato locale, installazioni creative, videoproiezioni, performance open space ti racconteranno la Puglia in autunno. Tutto questo è InPuglia365 – Sapori e colori d’autunno programma dell’Agenzia Regionale del Turismo (ARET) Pugliapromozione.

Il progetto Profumi e Sapori...dal centro alla campagna, inserito nel programma regionale, promosso dall’Associazione “Città Nostra”, vi porterà per quattro week-end alla scoperta di cinque comuni – Castrignano dei Greci, Cutrofiano, Galatina, Sogliano Cavour e Soleto –, tra visite guidate ai luoghi di interesse turistico-culturale e laboratori di pratica e conoscenza delle attività connesse al settore dell’enogastronomia e delle produzioni tipiche. Ti aspettano itinerari, eventi ed attività gratuite.

Sabato 11 novembre 2017, ore 16.00, itinerario alla scoperta di Galatina, tra arte e tarantismo. Un viaggio per le vie del centro antico, tra vicoli, corti e piazze. Il fascino delle dimore gentilizie, dei gioielli barocchi dell’architettura religiosa e l’incanto degli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria. Apertura straordinaria della Chiesa SS. Trinità, un tempo sede della congregazione della Misericordia o dei Battenti. Una stupefacente esperienza multisensoriale, grazie agli intermezzi musicali a cura di “FONÈ Vocal Ensemble”, della Scuola di Canto Fonè & Ragtime del m° Stefano Luigi Mangia ed i profumi, i colori di una città viva con le sue produzioni agroalimentari tipiche realizzate con amore da Panificio Notaro accompagnate dal vino novello. Una spensierata tavolata di San Martino.

Domenica 12 novembre 2017, ore 10.00, laboratorio di pratica e conoscenza per riscoprire l’arte della pasta fatta in casa con un grano autoctono salentino, Senatore Cappelli.

Su richiesta servizi dedicati a target specifici d’utenza (es.: celiaci, famiglie con bambini, pet friendly, etc.)

 

Meeting point: Info Point Galatina - Casa del Turista, via Umberto I n.36, Galatina (LE)

T. +39 0836 569984 E: iat.galatina@gmail.com

Partecipazione gratuita con prenotazione

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#AssociazioneCittaNostra #inPuglia365 #WeAreinPuglia

 

In questi giorni, abbiamo avuto modo di apprendere tramite i canali social ufficiali dell’Amministrazione Amante, di come sia in atto un piano di riqualificazione e restauro della Torre Civica di Via Vittorio Emanuele II e della messa in funzione dell’annesso orologio, da anni fermo e – ahinoi – vittima della continua corrosione da parte degli agenti atmosferici. Il Comunicato stampa evidenzia come i locali dell’antica Torre galatinese, presto diverranno sede di un Infopoint per i turisti alla ricerca di cose belle da poter visitare in quel di Galatina (e ce ne sono davvero a iosa!). Il punto di maggiore interesse da parte del lettore, il quale non sa precisamente se interpretarlo come un augurio o un mero “riepirsi il pugno di mosche”, trova senso nella frase “L’attenzione e la volontà di fare le cose nel migliore dei modi è evidente […]” (ndr.), allorchè il lettore stesso cerca di riflettere a lungo, traendone le proprie e personali conclusioni. Lungi da noi essere in disaccordo sulla fruibilità della Torre Civica galatinese, del restauro dell’Orologio e di tutto ciò che di più bello può esserci nella Città; saremmo infatti felici, allorquando avessimo la possibilità di sperimentare (magari è la volta buona!) che questa Amministrazione stia lavorando argutamente alle tante e incresciose situazioni che la stessa è chiamata a risolvere, ma come sempre finiamo a riempirci la bocca di belle parole gettando fumo negli occhi dei cittadini che, ormai inermi e privi di speranza si affidano alla sorte, sperando che questa sia la volta buona.

Ma veniamo al dunque: apprezzando ovviamente lo sforzo del Sindaco, dell’Assessore ai LL.PP. e dei Consiglieri tutti, nell’adempiere a una delle promesse fatte alla città in piena campagna elettorale, ci dispiace ricordare agli stessi che il Comune di Galatina comprende anche tre frazioni tra cui Noha, che vanta anch’essa una Antica Torre dell’Orologio esposta al degrado, in completo stato di abbandono e con un orologio fermo da ormai diversi decenni, vittima di questa Amministrazione che evidentemente pone le frazioni e i suoi beni culturali in secondo piano. E ad onor del vero, per onestà intellettuale e sottolineando il fatto che il Partito Democratico di Noha non cerca il primato su argomenti che già di per sé da diversi anni sarebbero dovuti essere risolti, ci pare ovvio evidenziare che già molto prima di noi diverse associazioni del luogo o singoli cittadini, hanno tentato in tutti i modi di risolvere l’annoso problema, ponendo la questione all’attenzione del Sig. Sindaco a mezzo di propagande giornaliste e raccolta firme; la stessa attenzione però che non è mai arrivata, continuando così ad avere un bene prezioso abbandonato e se stesso. Solo un evento ci pare di ricordare: era il 10 maggio 2018 quando l’Assessore Tundo organizzò, agli albori del suo mandato, un’Assemblea cittadina, promettendo a tutti che sarebbe stata riqualificata la Torre dell’Orologio di Noha, auspicando – dulcis in fundo - anche un restauro della famosa Trozza. Da allora sono passati esattamente tre anni. Tre anni di silenzio, tre anni di abbandono, tre e molti altri anni di dimenticanza di quelli che sono tesori da saper custodire e valorizzare. Non sarebbe ora di mettere la parola fine a questo continuo stato di abbandono? Noha chiede l’attenzione che merita!

Il Segretario PD - Noha

Michele Scalese

 

Al via il progetto AMICI WE CARE. Per la prima volta in Europa una ricerca della Associazione AMICI Onlus indagherà sui reali bisogni del paziente. In Italia le MICI colpiscono oltre 200 mila persone.

Milano, 12 dicembre 2016 Ai nastri di partenza la campagna nazionale “Amici We Care”, promossa dell’associazione Amici Onlus e dedicata alla qualità della cura per i pazienti di MICI (malattie infiammatorie croniche intestinali).

Con la campagna “Amici We Care” l’Associazione  intraprende un percorso di coinvolgimento attivo dei pazienti di MICI in Italia chiedendo direttamente ai pazienti, affetti da malattia di Crohn e  colite ulcerosa, quali sono gli elementi importanti e migliorabili  sia nei servizi che essi ricevono dalle strutture pubbliche in cui sono assistiti, sia nella tipologia di cura che ricevono.

Gli aspetti che interessano principalmente queste patologie croniche sono molteplici, in particolare come sottolinea in una nota la Presidente di AMICI Onlus, Enrica Previtali: “Il livello di cura raggiunto oggi in Italia per i pazienti di MICI è alto, tuttavia riteniamo che una certa qualità raggiunta non debba essere un punto di arrivo ma rappresenti il punto di partenza per migliorare” e aggiunge “il nostro lavoro di questi anni ci ha portato alla definizione di quello che riteniamo un vero e proprio decalogo della cura per i pazienti di MICI, ma ci siamo resi conto che questi elementi dovevano essere condivisi da parte di tutti i pazienti andando a chiedere loro cosa e come migliorare”.

Fra questi aspetti, molto può essere fatto in termini di ascolto, disponibilità del team medico e attenzione sotto il profilo psicologico, per questo motivo la campagna vede attivo il Laboratorio di Culture Organizzative e di Consumo, Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha predisposto un questionario on line attivo alla pagina del sito dedicato www.amiciwecare.com attraverso cui è possibile contribuire alla stesura dei nuovi parametri di qualità della cura.

Amici We Care ha ottenuto il patrocinio di IG-IBD (Italian Group for the study og Infiammatory Bowel Disease) ed è stata realizzata con il contributo incondizionato di AbbVie.

L’indagine verrà condotta distribuendo  materiali informativi in tutti i centri di gastroenterologia dedicati, presso le sedi dell’Associazione dislocate sul territorio nazionale e tramite il web e social network

 

Per info:

Salvo Leone

Email salvo.leone@amiciitalia.net

Tel 3351331589

 
Di Albino Campa (del 25/03/2013 @ 22:00:00, in I Beni Culturali, linkato 3876 volte)

L’altro giorno m’è arrivato per posta da parte della Fidas di Noha - tra i cui soci s’annovera ormai da qualche decennio anche il sottoscritto - l’invito graditissimo a partecipare alla festa del trentennale del gemellaggio tra l’associazione dei donatori di sangue Fidas di Vicenza e quella Leccese.

Il calendario dell’iniziativa, che verrà pubblicato anche su questo sito, è ricco di eventi, incontri, momenti formativi e conviviali, donazioni del sangue presso la nostra Casa del donatore di Noha (una delle più attrezzate, accoglienti e confortevoli d’Italia), ed, infine, visite guidate nei centri storici di Galatina, di Gallipoli, e, non ultimo, quello di Noha.

Che bello - ho pensato – trecento amici vicentini verranno nel Salento e addirittura a  Noha per godere della nostra ospitalità, del nostro ambiente, delle nostre ricchezze storiche, artistiche, culturali, eno-gastronomiche…

E mentre riflettevo su tutto questo già mi prefiguravo il gruppo di turisti vicentini che passavano dal loro centro storico (che ho più volte visitato tempo addietro) ricco, pulito, intonso (come se il Palladio vivesse ancora), ben illuminato, chiuso al traffico, al nostro, ancor bello, a misura d’uomo, particolare nella sua morfologia e nel suo mistero.

*   *   *

I nostri compagni di avventura potrebbero incominciare il percorso turistico nohano con la visita alla nostra piazza San Michele, il salotto buono, quello sul quale si sporgono da un lato la maestosa facciata della nostra chiesa madre (sul cui fastigio scolpito a tutto tondo in pietra leccese campeggia l’antico stemma di Noha con le tre torri e i due velieri, sormontato dalla corona baronale e abbracciato quasi dai due rami rispettivamente di arancio e di alloro) e dall’altro, di fronte, come se da tempo immemorabile dialogassero del più e del meno, la torre dell’orologio del 1861 (o quel che ne rimane). Potremmo raccontar loro che purtroppo l’orologio è fermo da un quindicennio se non di più, che le campane sono mute, che i loro battagli o martelli sembrano svaniti nel nulla, che però il meccanismo interno dell’antico cronometro a corda è esposto nell’atrio delle scuole di Noha. Arrampicandoci sugli specchi potremmo pure raccontar loro la palla megagalattica secondo cui la torre e il balcone civico verranno restaurate “quanto prima” secondo le intenzioni dell’amministrazione comunale. E che s’è anche pensato di chiudere finalmente al traffico il nostro centro storico, liberandolo una buona volta da auto in transito, parcheggiate, o spesso fermate a casaccio. Mica possiamo dir loro tutto, ma proprio tutto, come per esempio il fatto che i nostri rappresentanti politici, inclusi gli attuali, non ci sentano da un orecchio, e dunque preferiscano costruire circonvallazioni interne e discutere di nuove aree mercatali da cementificare in quattro e quatto otto, ma anche di comparti e di centri commerciali food e non food da far nascere in mezzo alla campagna di Collemeto, sempre in nome delle “ricadute sull’occupazione e lo sviluppo”, il ritornello buono per ogni occasione, ripetuto a mo’ di un salmo responsoriale un po’ da tutti i pecoroni di destra e manca.

Ma ci converrebbe tirare innanzi, senza indugiare più di tanto su certi argomenti: i nostri amici vicentini potrebbero accorgersi del nostro imbarazzo e magari smascherare così su due piedi le nostre magagne comunali.

Potremmo poi condurli in via Pigno per far loro ammirare il nostro orgoglio, la torre medievale nohana - che rispetto a quella di Pisa ha solo il decuplo del rischio crollo - con quel grazioso motivo di archetti e beccatelli quale corona alla sommità, con il ponte levatoio, con le catene tiranti, e con il passaggio segreto. Tutta roba che però i nostri ospiti potranno solo immaginare, senza poter vedere né toccare, perché la torre, il ponte, la vasca ed il passaggio, che stanno in piedi da oltre settecento anni quasi per quotidiano miracolo, sono – oltre che privati - nascosti dietro un alto muro di cinta, il muro di Berlino di Noha mai abbattuto però (arricchito ultimamente anche da un murales policromo). Continuando nella nostra pantomima potremmo insistere nel dire ai vicentini che siamo certi che nei prossimi settecento anni qualcosa si muoverà. Ma non diciamo loro cosa, se la torre, il ponte, il muro dei Galluccio, o finalmente qualche neurone nohano.

* * *

Sconsolati appena un po’ potremmo proseguire oltre, portandoli di fronte al palazzo baronale, anzi, forzando un po’ la mano, addirittura prima nell’atrio e poi nel cortile o piazza d’armi del castello. Il che è il massimo che si riuscirebbe ad ammirare di quest’altro bene culturale nostrano: da quando sono state sfrattate le gentili signore che vivevano al piano nobile del palazzo sembra che se la siano svignata anche i fantasmi del passato aggrappati alle sue chianche oltre che alle volte dei secoli, lasciando il posto alle tarme, all’umidità, alle muffe, e a qualche altro verme solitario o in colonia.

Ma poi, lasciandoci alle spalle cotanto oltraggio (e sottacendo accuratamente il fatto che sotto i loro piedi si cela un grande antico frantoio ipogeo visitabile soltanto dagli speleologi coraggiosi, mica dai turisti) potremmo riuscire a riveder le stelle o le stalle conducendoli nei pressi delle famose casiceddhre e raccontare loro la storia dello sciacuddhri. Però, ahimè, anche qui, i nostri poveri viaggiatori, pur a bocca aperta, dovrebbero rimanere a debita distanza da questa meraviglia per il pericolo di caduta massi in testa. Anche qui i nostri amici avrebbero a che fare con rovine e stupidità: ultimamente anche il campanile è crollato, ridotto ad una piccola torre mozza, una montagna spaccata, un rudere, uno sgorbio, mentre il resto delle casiceddhre, ridotte a poco più che macerie allo stato puro, sembrano quelle stesse che ancor oggi si contemplano nel centro storico de L’Aquila, “ricostruito” dal governo del cavaliere mascarato. Soltanto che qui a Noha non c’è stato il terremoto, ma probabilmente qualcosa di peggio.

Poi chiuso questo capitolo, li indirizzeremo da lì ad una cinquantina di metri verso la “casa rossa” (magari nel frattempo li avremo bendati ben bene, come al gioco della mosca cieca, per non fargli scorgere il sito archeo-industriale scoperchiato e diruto del Brandy Galluccio).

Eh già, eh sì, la leggendaria casa rossa, la casa pedreira nohana che sembra disegnata e fatta costruire dall’architetto spagnolo Antoni Gaudì, ricca di cunti e storie, e destinata a diventare poco più o poco meno che la dependance di un paio di casini (in minuscolo, e non nel senso volgare del termine).  Ma forse sarebbe meglio stendere un velo pietoso anche su quest’altra roba che non sapremmo più come definire. Meglio non nominarla invano facendo finta di nulla? Come se non esistesse? Forse sì. Se sapessero e vedessero in che stato versa l’interno e l’intorno di quello che un tempo era uno splendore gli amici vicentini potrebbero risponderci con degli insulti se non con degli improperi espressi con altrettante sonore pernacchie.

*   *   * 

Non so se sarebbe il caso di andare oltre conducendo il gruppo dei malcapitati nei pressi della masseria Colabaldi ancora una volta messa in vendita dagli acchiappagonzi con tanto di comparto approvato da chissà quale illuminata maggioranza di consiglieri comunali per la costruzione di una ottantina di villette a schiera acquistabili con comode rate cinquantennali. Ma forse no, meglio lasciar perdere anche qui e cambiare itinerario, meglio accompagnare i donatori (di pazienza) nella nostra amena splendida fertile multicolori campagna nohana, per esempio verso lu Runceddhra.

Ma a pensarci bene purtroppo anche là ad attenderci non ci sarebbero che scempio e tristezza, come quei quaranta e passa ettari di impianto fotovoltaico, inutili o di certo non utili alla popolazione o al comune (come invece tanti allocchi - inclusi i nostri rappresentanti politici - credevano dapprincipio o temo credano ancora).

No, no, come non detto, meglio ritornare alla casa del donatore, senza nemmeno dirgli che quell’edificio color rosa antico adiacente è il vecchio cinema paradiso di Noha, il nostro “Cinema dei fiori”, ormai in balia di funghi, muschi e licheni.

Però, se non per rifarci, almeno per darci un tono, potremmo dire che abbiamo oltretutto anche un centro sociale nuovo di zecca, con tanto di funzionalissima sala convegni, come quella della vecchia scuola elementare di piazza Ciro Menotti ristrutturata un paio di anni fa ed inaugurata in pompa magna il primo dicembre scorso. Il fatto che sia ancora chiusa al traffico dei pensieri e delle opere è una quisquilia: manca ancora l’elettricità come Dio comanda, anzi come comanda la legge. Embè? Cosa vuoi che sia. Inezie, dettagli. Prima o poi l’Enel allaccerà ‘sto benedetto cavo e tutto potrà partire secondo i programmi. Quali, non si sa ancora. Ma i nostri rappresentanti “disponibilissimi e preparatissimi” ci hanno assicurato: “tutto secondo i programmi”. Punto.

*   *   *

Forse sarebbe meglio abbassare la cresta e l’enfasi sulle nostre meraviglie: rischieremmo che i nostri ospiti, gli amici donatori di sangue venuti dal nord, turisti per caso o loro malgrado, affranti di fronte a tanta bellezza spriculata, esprimendosi in vicentino stretto, rivolgano a noi queste semplici ma significative parole a mo’ di giusto guiderdone per la nostra responsabilità - fosse anche solo quella di esserci voltati più volte dall’altra parte: “Nohani, cu pozzati buttare lu sangu!”.

Antonio Mellone
 
Di Albino Campa (del 13/04/2012 @ 21:58:28, in Comunicato Stampa, linkato 2537 volte)
E' facile gettare fango sfruttando una situazione delicata che vede coinvolti dei giovani lavoratori. L'avvocato Forte, prima di parlare, dovrebbe informarsi e studiarsi tutti gli atti promanati dalla precedente amministrazione. Il bando per la gestione del Museo Cavoti prevedeva una clausola di salvaguardia mirata proprio a tutelare chi in questi anni ha dedicato non solo il proprio lavoro ma anche il proprio tempo libero ad un'istituzione quale il museo che meriterebbe sicuramente molte più risorse. La clausola di salvaguardia assegnava una forte premialità ai partecipanti che avessero garantito la riassunzione part-time a tempo indeterminato delle tre lavoratrici del museo ed è proprio in funzione di questo che la ditta aggiudicatrice è risultata in sede di valutazione prima tra le cinque concorrenti. Se oggi un comportamento contrario agli impegni assunti da parte della stessa ditta pregiudica il diritto al lavoro degli addetti al museo e non viene sanzionato dagli uffici, cosa centra l'amministrazione Coluccia?
Essere accusati di aver destinato poche risorse al museo è poi il solito ritornello di chi non vuole fare i conti con le poche risorse a disposizione di un'ente come il comune, subbissato dai debiti lasciati proprio da chi ha male amministrato nella precedente amministrazione Antonica. E comunque le risorse messe a disposizione del museo dall'amministrazione Coluccia sono le stesse che le precedenti amministrazioni, in periodi di disponibilità economiche ben diverse, avevano sempre destinato.
Tutto ciò chiarito, le odierne dichiarazioni dell'ex assessore Forte appaiono ancora di più come atti di mero sciacallaggio politico da campagna elettorale che non come atti in difesa dei lavoratori del museo. Difesa dei lavoratori che si pratica con la predisposizione delle succitate clausole di salvaguardia, come fatto dalla nostra amministrazione, e non si predica con comunicati in campagna elettorale che, tra l'altro, non individuano nemmeno le reali responsabilità ma che alimentano solo sterili polemiche.

 

Ufficio Stampa Giancarlo Coluccia
 
Di Antonio Mellone (del 16/02/2013 @ 21:55:58, in Cronaca, linkato 3071 volte)

Ho letto con interesse la notizia del finanziamento di 400.000 euro per le “opere di urbanizzazione a Noha” e soprattutto l’entusiasmo con il quale giustamente l’amministrazione ha evidenziato codesto “eccellente risultato ottenuto dal Comune di Galatina arrivato quarto su novantuno comuni” concorrenti.

Tutto molto bello, non c’è che dire.

Si “piantumeranno specie autoctone e a bassa necessità di manutenzione”, si “bitumeranno delle strade ancora non asfaltate”, si “installeranno pali e armature stradali per pubblica illuminazione”, si “realizzeranno gli scivoli per i disabili”, eccetera, insomma tutta una serie di interventi importanti, ed in molti casi improcrastinabili, a meno di qualcosa che poteva tranquillamente essere tralasciata, tipo la bitumazione di un paio di piccoli tratti della zona 167 ancora liberi dal cemento e dall’asfalto. Evidentemente ai nostri amministratori sfugge il concetto di “strade bianche”, che in molte parti del mondo (perfino nei progrediti Stati Uniti) stanno riscoprendo e addirittura tutelando, ed in molti casi ripristinando. No, qui da noi una strada rimane bianca giusto il tempo di beccare un finanziamento pubblico: e zac, diventa nera come il catrame in quattro e quattro otto. Evidentemente i nostri rappresentanti, molto avvezzi alla carta stampata del casinian-caltagironeo “Quotidiano di Lecce”, in tutt’altre faccende affaccendato, avranno trascurato la lettura di pensieri leggermente diversi da quello unico, come ad esempio quelli impressi negli svelti volumi “Quattro corsie e un funerale” a cura di Francesco Greco (Edizioni Miele, Gagliano del Capo, 2012), e “Strade Bianche” di Enrico Remmert (Marsilio Editore, Venezia, 2010). Ma cosa vuoi che sia. Non puoi mica obbligare le persone a leggere i libri, e a discostarsi dalla massa.

Ma non era di questo che volevo parlare, quanto di un paio di altre cosette che forse meritano una nostra riflessione o, se vogliamo, “osservazione”. La prima si riferisce al fatto che questi interventi di edilizia scolastica sono richiesti, come scritto nel comunicato istituzionale, da una vera e propria “situazione emergenziale”.

Orbene, siamo davvero messi male se per la “tinteggiatura delle aule, dei servizi igienici e dei laboratori”, se per la “manutenzione della palestra”, se per la “realizzazione di un impianto elettrico a servizio del laboratorio informatico” (sì, ad oggi ci sono le postazioni ed i personal computer ma incredibilmente non ancora l’impianto elettrico - e giacché ci siamo aggiungo che la scala di sicurezza antincendio installata ormai da qualche anno non è stata al momento collaudata: speriamo si provveda almeno in questa occasione), insomma se per tutto questo che sarebbe da considerarsi come “normale”, come il “minimo sindacale”, il che non è (tanto è vero che la nostra scuola è in uno “stato di emergenza”) si sia costretti a ricorrere a gare straordinarie, e a tripli salti mortali carpiati con doppio avvitamento (e dunque a comunicati trionfalistici, da campagna elettorale, da “quanto siamo bravi e preparatissimi”). Siamo messi davvero male, dunque, ma al governo centrale si parla ancora di spending-review per la scuola e la sanità e non per spese militari per gli F35. Ma tant’è.

La seconda considerazione sorge dal fatto che nel comunicato stampa strombazzato ai quattro venti (o ai quattro siti) si continua a parlare con pervicacia di “periferia”. Nella prima parte del trafiletto apparso su questo sito la parola “periferia” viene ripetuta per tre volte a proposito di Noha (ma anche di Collemeto e Santa Barbara).

Come far capire ai deputati comunali nostrani che le parole sono importanti? E che la parola “periferia” connota concetti di degrado, di distanza, di isolamento, di marginalità? E che oggi il paradigma centro/periferia, grazie anche alla rete, è ormai morto e sepolto, o quanto meno anacronistico? Che gli impulsi non partono più necessariamente dal “centro” (che dunque così viene a scomparire) ma da ogni “nodo” situato altrove? Quando riusciranno i nostri eroi di palazzo Orsini a diventare cittadini del mondo, anche attraverso i loro pensieri e le loro parole (rem tene verba sequentur) e possibilmente le loro opere?

Che senso avrebbe se oggi dicessi (pur senza gli accorpamenti tra comuni, che ci saranno da qui a non molto) che Sogliano Cavour è periferia di Cutrofiano, che Santa Caterina è periferia di Nardò, e che Galatina è periferia di Noha?

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 11/12/2006 @ 21:55:45, in Racconti, linkato 4663 volte)

Il nostro amico Marcello D'Acquarica che si trova a vivere nel grande freddo del Nord - stamane alle 8.00 a Torino, la sua città d'adozione, la temperatura era di 2 gradi sotto lo zero - ci ha inviato la bella leggenda che proponiamo ai nostri affezionati ospiti. Le leggende, si sa, sono parte essenziale della storia e dell'arte di una comunità. E Noha non è da meno! -Gigetto e Tonio-, i fratellini della novella che ha per titolo "Tra sogno e realtà", come capirete, sono i -Romolo e Remo- di Noha. D'altronde ognun sa che tutte le strade portano a Noha!

TRA SOGNO E REALTA’

(come e prima di Roma)

di
MARCELLO D’ACQUARICA

Sembrava uno dei soliti temporali di mezza estate. Quelli che all’improvviso inondano le vie scoscese di  NOHA (le scise) e, come torrenti in piena, apportano un “mare” d’acqua a valle, trasformando, a volte, la campagna in un grande lago.
Come ogni pomeriggio, dopo l’ora del pranzo (allu schiaccu), ai bambini, veniva “comandato” di mettersi a dormire (“cu dafriscanu nu pocu”).
 
D’estate, l’ora della “canicola” era ed è consigliabile trascorrerla riposando al fresco delle case.
Così, essendo tempo rubato al gioco, i due fratellini, Gigetto e Tonio sgattaiolavano in strada a divertirsi.
Il  temporale era finito ma l’acqua scorreva ancora veloce lungo gli angoli dei marciapiedi: agli occhi dei bambini,  sembravano i flutti di un mare in tempesta.

Costruirono delle barche di carta e delle zattere con  dei  pezzi di corteccia di pino.  Con queste simularono battaglie navali e gare di velieri.  Giocarono per molte ore rincorrendo i loro giochi  nell’acqua a  piedi nudi fino alla periferia del paese.
Così  stanchi e sazi di gioia sedettero a ridosso  dell’uscio  di una casa a riposare e ad  osservare  le loro barche che filavano lontano trascinate dalla corrente. Sempre più lontano…

Quando finalmente si svegliarono si accorsero di essere naufragati su di una spiaggia deserta e costellata  da dune verdi e rigogliose, profumate dall’incenso dei  cespugli di pini marittimi.
Alle loro  spalle, della piccola flotta, vi era l’unica barca rimasta integra, incagliata sul fondale sabbioso e trasparente come lo smeraldo.

Le dune risalivano dolcemente dalla  spiaggia  verso l’interno e sullo sfondo scuro si parava una grande foresta di  antiche querce.
Lo sciabordio del mare e lo stridio incessante dei gabbiani, creavano tutto intorno un’atmosfera quasi surreale, magica. Perfino il vento della tempesta si era ammutolito ed aveva trasformato l’aria tutto intorno in una soave e materna carezza.

Ripresisi dal torpore causato dal lungo sonno e dal naufragio, decisero di inoltrarsi verso l’interno di quell’incantevole angolo per scoprirne ogni possibile nuova meraviglia.
Attraversarono campi infiniti e dolci e basse colline, e quando il sole fu finalmente alto, giunsero in prossimità di un altura. Da qui, voltandosi indietro,  poterono scorgere le cime montuose di una terra lontana, e tutto intorno con lo sguardo, poterono spaziare verso l’infinito.
Desiderosi di vivere in quel posto scelto loro dal Destino, vi costruirono le case e, sul punto più alto delle mura eressero il loro vessillo: uno scudo con  tre torri.
Quando il loro tempo giunse al tramonto, vennero sepolti all’interno delle mura del villaggio che da allora si chiamò Noha (cioè semplicità e gioia).
Ed i Nohani delle nuove generazioni per millenni vissero il sogno dei loro antenati.

 

 
Di Antonio Mellone (del 21/05/2013 @ 21:54:04, in Ex edificio scolastico, linkato 9702 volte)

Non deve essere facile, di questi tempi, vivere la vita del pubblico rappresentante locale, quella cioè del politico che un’era geologica fa andava sotto il nome di “autorità civile”. E dunque non può che avere tutta la nostra umana comprensione chi è costretto a vivere continuamente con gli occhi bendati, le orecchie tappate, il bavaglio alla bocca, le pinzette stringinaso ben inforcate, i guanti antinfortunistici alle mani, ed altre corazze profilattiche e antidialogo come zanzariere, schermi, scudi, grate, caschi, paraocchi, e creme solari con fattore di protezione totale.

Non si può mica infierire con chi è costretto ad ingoiare rospi, anzi Pantegane (etim. da Pantacom), pur di non far cadere il governo comunale, a non rispondere al telefono, a far finta di non vederti né leggerti, a sgommare imboccando la nuova “utilissima tangenziale interna” di Galatina, a smammare poco prima di esser chiamato in causa, a scalare montagne di specchi, a ripetere salmi responsoriali monotoni e stucchevoli, a stilare elucubrazioni su temi esiziali (come ad esempio quello dei loculi al cimitero)…   

Pronto a svignarsela ad ogni richiesta, istanza, domanda, dubbio, rivendicazione il fuggitivo nostrano, assente cronico dalle strade e dalle piazze del paese (a meno dei periodi giubilari altrimenti detti “campagna elettorale” o dei giorni delle solenni processioni patronali) si trova ultimamente anche a far finta di non avere il tempo e soprattutto la voglia di connettersi al nostro sito (e se pure gli dovesse capitare lo farebbe ad ogni dimissione di papa) per leggere ad esempio che a Noha c’è una vecchia scuola elementare ristrutturata dalla A alla V (mancherebbe solo la lettera Z dell’energia elettrica) con una spesa di 1.300.000 euro di soldi pubblici, ma che è ancora chiusa dalla fine dei lavori avvenuta oltre un anno e mezzo fa - sebbene sia stata inaugurata con tanto di taglio del nastro il 1° dicembre 2012, dunque esattamente da:

Ora vorremmo comunicare ai nostri rappresentanti al Comune di Galatina (oltre ai nostri superstiti lettori) che questo contatore rimarrà evidenziato a perenne monito sulla home-page di questo sito fino alla data della seconda e si spera definitiva inaugurazione di questo benedetto Centro Culturale Nohano, o come cavolo si vorrà chiamare.

Questo contatore rimarrà ben visibile fino a quando l’avverbio “ancora” non verrà trasformato in “finalmente”, cioè fino a quando quella bella struttura (diventata suo malgrado una barzelletta - che però non fa ridere) non verrà utilizzata per le finalità per le quali era stata inizialmente progettata e finanziata (o in subordine per altri obiettivi sempre connessi al bene comune). E nella speranza, s’intende, che quella scuola non crolli prima sotto il peso del tempo.

Noi, dal nostro canto, continueremo a fare il nostro dovere di cittadini, cioè pretendere di essere puntualmente informati (c’è chi chiama ‘sta roba “rompere le scatole”, ma tant’è) fino a quando non si otterrà il sacrosanto risultato (che poi è il minimo sindacale) che è quello di vedere attivata una bellissima struttura onde furono spesi (finora invano) preziosi e per definizione scarsi fondi pubblici.

Ci aspettiamo ora un pensiero su questo tema da parte dei nostri rappresentanti di ogni colore (se ne hanno ancora qualcuno: di pensiero o di colore). Ci aggiornino, per favore, sullo stato dell’arte, ci dicano se e cosa intendano fare per risolvere questa vergogna, ci rassicurino, e ove possibile ci stupiscano ancora per i loro pronti riflessi.

Per una volta, almeno questa, i nostri rappresentanti eletti a furor di popolo compiano dei veri e propri atti rivoluzionari, cioè: rispondano direttamente a queste istanze impegnandosi possibilmente in prima persona (tralasciando per un tratto l’imprescindibile tema dei cazzi loro), evitino il topico comunicato-stampa copia-incollato su quel rotolo di carta (a due veli?) che è il Quotidiano di Lecce. E per almeno una volta si scollino da quella calamita (che forse meriterebbe l’accento sull’ultima a) che sono i social network, sui quali – ci riferiscono i bene informati – i Nostri sembrano indulgere scorrazzando ad ogni ora del giorno e della notte come tanti internaufraghi.  

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 16/09/2018 @ 21:52:35, in Fetta di Mellone, linkato 1493 volte)

Come qualche mio studente sa bene [sì, ne ho qualcuno per hobby: nel senso che vengono a lezione da me per hobby, ndr.], l’Economia per fortuna non veste l’uniforme. Purtroppo nemmeno l’impermeabile, visto quant’è pregna degli umori del potere e dei caratteri dell’antropologia sociale, a loro volta influenzati dai primi. Insomma siamo in presenza del ciuco che si morde la coda.

Si possono avere eccome delle idee diverse in materia. Questo non implica però che il primo che si sveglia la mattina – mancando di categorie e strumenti dell’analisi economica - possa discettare di Economia. Chi s’improvvisa economista non discetta, scetta (che al paese mio significa tutt’altra cosa), oppure è una Cetta. Laqualunque.

Vero è che gli economisti mainstream son convinti del fatto che la loro disciplina sia una scienza esatta [sbagliato: nel senso che l’Economia non è propriamente una scienza, ndr.], e continuano a sfornare teorie-luoghi-comuni in grado di assicurar loro prebende e carriere universitarie, quando non anche politiche. Codesti Diciamo Professori, perlopiù teologi del neoliberismo, li vedi spesso correre al capezzale dello Stato: ma non per rianimarlo, bensì per impartirgli l’estrema unzione. Ubiqui come manco padre Pio, scorrazzano indisturbati sui cosiddetti giornali nazionali e locali, sulle tele-orba a reti unificate, e purtroppo anche nei dintorni del governo del Paese (incluso l’attuale “del cambiamento” che sta facendo di tutto per assomigliare al Precedente Direttorio, in sigla Pd, riuscendovi benissimo), con l’obiettivo di edulcorare la pillola - posto che si tratti di un farmaco assumibile per via orale e non per altri orifizi.

Ma ritorniamo ai cultori dell’Economia allopatica, i cui ragli sono presi come manco il Verbo descritto dall’evangelista Giovanni. Nel clero di codesto falso pluralismo s’annoverano gli accoliti degli organismi sovranazionali meglio noti come troike (con la k, ma anche senza), che ci spingono verso le dimissioni dalla nostra carica di cittadini, sermoneggiando qua e là su quanto la democrazia sia controproducente al nostro bene supremo.

Ci sono poi in ordine sparso: la setta delle politiche economiche del drenaggio di risorse dai molti che s’impoveriscono verso i pochi che s’arricchiscono, la congrega del Santo Briatore, i servitori dello Status quo, l’arciconfraternita del paesaggio-intonso-roba-da-antiquati, i fautori della Deregulation per gli amici e la Regulation per gli altri, gli ortodossi del Meno Stato e Più Mercato (pazienza se poi le mafie dei mono-oligopoli portano al fallimento di questo benedetto mercato), l’associazione degli schiavi moderni che non sanno di esserlo, i flagellanti delle multinazionali (tipo Tap, parlando con pardon), gli idolatri dei centri commerciali h24 incluso il giorno del Signore (degli Agnelli), e tutto il gregge degli adoratori del Pil, oggi e sempre sia lodato.

Il fanatismo (religioso) Pilifero scorda che nel famoso indice non rientrano cose che invece vale la pena di considerare valore, come la pasta e la salsa di pomodoro fatte in casa, i fagiolini dell’orto di tuo fratello, il polpo pescato in riva al mare con la zampa di gallina, ogni dono ai vicini di campagna, la saggezza di molti padri, l’amore di madre, le calze rammendate, il maglione lavorato ai ferri da zia, l’aria frizzante di un’alba a Lido Conchiglie e il tramonto al canneto di Sirgole. In compenso il Pil aumenta con la vendita di armi, con la caduta di ponti, e perfino quando si scrivono stupidaggini su fb.

L’economista eterodosso, quindi scostumato, forse non avrà mai una cattedra alla Business School (il cui numero di docenti sovente supera quello dei decenti), ma aprirà mondi nuovi alle persone e significati diversi al Pil. Che così potrà diventare Poesia: Ispirazione Lirica, ma anche Pensare Insieme Liberamente, oppure Perfetta Ideale Letizia, Piacevole Interpretazione Logica, Promuoviamo Iniziative Lodevoli, e infine, dulcis in fundo, Pasticciotto Incidentalmente Leccese.

“Incidentalmente”, dico, in quanto il Pasticciotto è Inequivocabilmente Galatinese. Pazienza se l’acronimo che ne vien fuori sarà Pig traducibile con Maiale.

L’importante è che non si tratti di un Mega-Porco[1].

Antonio Mellone

 

[1] Il Mega-Porco per antonomasia è il centro commerciale di 260.000 mq di cemento vibrato che alcuni talebani dell’ipermercato vorrebbero ancor oggi colare nell’amena campagna di Collemeto, fraz. di Galatina, convinti come sono che gli asini volteggino nell’aere.

 
Di Fabrizio Vincenti (del 21/11/2013 @ 21:52:23, in NohaBlog, linkato 3094 volte)

Cari bambini, oggi voglio raccontarvi una storia. Una volta a Noha c’era il Natale. Non Babbo Natale, ma proprio il Natale in persona che si aggirava tra le vie del paese. C’erano alberi addobbati, luci colorate, panettoni e presepi, comete e regali. I bambini aspettavano che passasse quell’omone barbuto vestito di rosso sulla slitta, accompagnato da cornamusa, a consegnare il regalo che da tempo sognavano. La notte di Natale si ritrovavano tutti in Chiesa per adorare Gesù; si aspettava la mezzanotte per mettere lu bambinieddru nella sua povera mangiatoia. Anche gli adulti attendevano i loro regali non meno agognati di quelli dei loro figli. C’era chi aspettava un anno intero per giocare una partita a stoppa e chi non vedeva l’ora di spolverare il vecchio gioco della tombola, naturalmente sperando di vincere qualche cento lire. Ci si riuniva mesi prima per scaldare le voci per il concerto di Natale, ci si chiudeva intere notti nelle varie chiese per allestire il più bel presepe dell’anno, ci si vestiva tutti con abiti di festa per il giorno del bambinello. La gente sorrideva perché credeva nella felicità! Nell’aria c’era sempre un’aria solenne. Nella vecchia cappella “Madonna di Costantinopoli”, quella che ora è chiusa e abbandonata tra muffa e crepe, due o tre ragazzi passavano le loro sere al freddo gelido per costruire un bel presepe. Oggi le luci colorate sui balconi non ci sono più, i cenoni di Natale si sono trasformati in picnic solitari, i presepi sono stati abbandonati dai loro tradizionali personaggi. Il moderno Natale vede tutti vestiti con gli stessi abiti che vengono indossati tutto il resto dell’anno. Ci si regala lo smartphone o la playstation ma non si recitano più le poesie con le quali i più piccoli guadagnavano tanti soldini. Le veglie liturgiche del 24 sono un piccolo ritrovo tra i soliti conosciuti. Ah, quanto vorrei mostrarvelo il vero volto del Natale, cari bambini! Fatevi raccontare dai vostri genitori cos’era il Natale a Noha: un tempo di magia in cui tutti si riunivano in famiglia attorno a immensi tavoloni imbanditi con ogni ben di Dio. Lo so che ora, invece, vi vogliono far credere che la magia non esiste, ma non dategli retta perché a volte anche i vostri genitori che sono stati piccoli come voi e che ora son grandi, a volte si fanno vincere dall’angoscia. La magia del Natale c’è, e neanche una crisi economica come questa può cancellarla perché la magia del Natale è immortale. Se volete rivederla basta poco. Qualcuno di voi vada a chiedere le chiavi della cappella “Madonna di Costantinopoli” al parroco e prepari un bellissimo presepe da poter visitare nei giorni di festa. Tutti gli altri mettano anche una sola lucetta sui propri balconi. Altri ancora si cuciano un vestito da pastorello e vadano a fare la loro comparsa nel presepe vivente nella masseria “Colabaldi”. Arricchite i vostri presepi di nuovi personaggi perché il Natale è sempre nuovo. Scambiatevi i doni. Non serve spendere centinaia di euro: un portachiavi o una torta fatta in casa va benissimo. Vostro padre si accontenterà di una lametta da barba rubata magari dal bagno del nonno e vostra madre sarà felice nel vedervi donare un suo stesso maglione che aveva ormai da anni dimenticato nell’armadio. Non ascoltate quello che dicono in televisione; scambiatevi i doni (un vostro oggetto del passato che appartiene ai vostri più bei ricordi o un semplice disegno scarabocchiato) perché è questo il senso del Natale: contemplare la Bellezza concentrata in un semplice bambinello, donandosi gli uni agli altri e, soprattutto, pensare agli altri. Chiedete alle vostre nonne di prepararvi un bel cenone con quello che trovano in campagna, possibilmente non contaminato dai diserbanti. Alle vostre mamme ditegli di lasciarvi nell’armadio un vestitino esclusivamente per quei giorni di festa. Se andrete in Chiesa, forse qualcuno vi parlerà di alcuni personaggi del passato chiamati “Magi”. Anche loro portavano dei doni. So che quest’anno andrete a visitare il presepe vivente nella spettacolare masseria “Colabaldi”. Io spero che lì all’entrata, proprio davanti a quel bellissimo portone, possiate trovare due banchetti, uno a destra e uno a sinistra. Su di uno lascerete qualcosa da mangiare, un pacco di pasta o dei biscotti. Ci penserà la Caritas di Noha a distribuirli ai bambini che ne hanno più bisogno perché, anche se noi non li conosciamo, anche a Noha ci sono dei poveri, e il Natale è anche e soprattutto per loro. Sull’altro banchetto forse troverete un salvadanaio dove metterete il vostro euro. Alla fine dei giorni di festa lo romperemo e con quei soldi forse riusciremo a far rimettere in sesto almeno una delle casette del palazzo baronale o forse, chissà, basteranno per far ripartire le lancette della torre dell’orologio perché, se Natale è festa, lo è anche per Noha che non riceve visite di magi da secoli. Non si sa mai che forse la magia si trasformi in miracolo è qualche politichetto di quartiere, in preda ai fumi del vin brûlé, non sia illuminato dalla stella e si decida a far arrivare qualche bel regalino anche al nostro paesino. Sia chiaro, se non si tratta d’incenso, non vogliamo fumo negli occhi né porcherie sgradite a noi e all’ambiente. Per il resto non preoccupatevi, il Natale farà tutto il necessario affinché anche quest’anno resti in voi un barlume di speranza. Lasciate stare le vetrine, guardate piuttosto le pupille di chi incontrate, non lanciatevi occhiate di sfida né sguardi invidiosi perché una è la stalla, una è la mangiatoia e una è la stella da seguire che conduce sempre alla stessa grotta. A ognuno sarà chiesto, prima o poi, di aprire il suo scrigno e di mostrare al mondo intero cosa ha portato in dono. A chi nulla aveva, non gli sarà chiesto più di tanto, ma a chi tanto poteva fare e dare, non avete idea di quanto gli sarà domandato! In quel momento vedrete molti tornare in oriente con la faccia triste perché il Natale, prima o poi, si prende la sua rivincita. Nelle stalle del bambinello non serve spingere e mettersi in pompa magna, come tanti fanno o hanno fatto in questi ultimi giorni, perché ognuno sarà considerato per quello che è o è sempre stato. Sapete chi è quel bambinello che nacque? Fu uno che sedette accanto ai peccatori ma che non diventò mai uno di loro. Il mondo, cari bambini, vuole dimenticarsi del Natale e, mentre i pastori che vestono gli stracci fanno di tutto per tramandarlo, quelli che vestono le fasce tricolori nei giorni di festa e si mostrano in giacca e cravatta tutti i giorni dell’anno, fanno di tutto per distruggere la magia che è nei vostri occhi. Difendete il Natale perché ha bisogno di voi bambini e della vostra speranza per vincere contro i cattivi. E se un giorno dovreste incontrare per le strade di Noha uno sconosciuto che vi chiede “Che cos’è il Natale?”, voi rispondetegli: “Caro signore, il Natale è la Festa dei giusti”, anche se qui, a Noha come nel resto del mondo, di giusti non se ne vedono così tanti.

Fabrizio Vincenti
 
Di Antonio Mellone (del 03/10/2019 @ 21:51:53, in Fetta di Mellone, linkato 1533 volte)

Sapete cosa sono gli Open Days, promossi da questa o quell’azienda e strombazzati ai quattro venti da giornali, teleorba, siti internet, profili fb e altri house organ?

Si tratta di una specie di incontro fabbrica-famiglia (sulla falsariga dell’incontro scuola-famiglia) nel corso del quale alcune aziende - fossero queste perfino l’Ilva di Taranto, la centrale di Cerano o, dico a caso, la Colacem di Galatina - si tirano a lucido per far vedere a tutti quanto siano belle, pulite, ecosostenibili, ecocompatibili, ecologiche, e giacché pure economiche. Lo fanno per uno slancio di empatia, ma soprattutto per amore di verità, mica sono cose studiate a tavolino negli uffici marketing della ditta o nelle famose società di consulenza; nossignore: è tutto spontaneità, altruismo, fi-lan-tro-pi-a signora mia, e non, come dicono i soliti iconoclasti, strategia di greenwashing.  

 

Ora. Per non saper leggere e soprattutto scrivere, suppongo (e le mie supposte raramente sbagliano il bersaglio) che i maggiordomi aziendali, conducendovi in giro per la veneranda fabbrica con un bell’elmetto giallo da cantiere che fa tanto sicurezza, vi diranno che le loro non sono ciminiere, ma guglie, torri, obelischi artistici così alti e raffinati che al confronto il campanile di Giotto è un pugno nell’occhio allo skyline di Firenze; che da quello stabilimento fuoriesce tutto arrosto e niente fumo; che dai loro camini - quando non Chanel n° 5 - viene nebulizzato vapore acqueo alla menta piperita tanto raccomandato dagli otorinolaringoiatri; che addirittura, a seconda del vento che tira, ne risultano vaporizzati nell’aere circostante broncodilatatori, mucolitici ed espettoranti ad ampio respiro e senza l’onere del ticket sanitario; che il carbonile ammassato tutto intorno è quasi quasi più commestibile che combustibile; che non è giusto parlare di polveri sottili, ma di Borotalco Roberts gratis per l’igiene personale di donne e bambini; che i loro prati inglesi sono più verdi di quello del vicino e questo la dice lunga sulla vocazione green della società; che il cemento prodotto a km 0 è così Bio che potrebbe essere spolverizzato sulle orecchiette come i salutisti fanno con la curcuma; che se qualche ponte in cemento armato cade dopo meno di cinquant’anni dalla sua inaugurazione (mentre, per dire, gli antichi ponti romani, o il Colosseo stesso, sopravvivono dopo millenni) non è perché il prodotto sia il peggior materiale mai utilizzato nella storia dell’edilizia, ma perché sbagliano i muratori a non leggere le modalità d’uso riportate sui sacchetti di carta (rigorosamente riciclabile); che le cave (le tajate) estese per ettari di campagna ex-agricola e profonde decine di metri sono di fatto vere e proprie oasi naturali del WWF (soprattutto per i tordi); e che, infine, l’azienda adora Greta Thumberg, essendo da sempre contro il global warning o come cavolo si chiama.

Insomma “Cemento audere semper” se vogliamo una bella cornucopia di posti di lavoro, progresso e civiltà: altro che slogan stucchevoli tipo: “Se Colacem avesse il mare sarebbe una piccola Ilva”.

Dite che i report epidemiologici parlino di “zona rossa”, oncologia, registri dei tumori e mortalità? Ma signori, siamo seri: lo sanno perfino i lettori dei quotidiani locali che questa terra è diventata il tropico del cancro non per via degli altiforni, ma per colpa dello stile di vita, della nostra dieta (mediterranea), del fumo di sigaretta (fumate come le ciminiere, cacchio), ma soprattutto del traffico (quello stesso di Palermo al tempo di Johnny Stecchino).  

Io, nel mio piccolo, a dispetto del catastrofismo becero e inconcludente dei soliti “comitatini” antagonisti, e giacché pure anticapitalisti, che si permettono di fare convegni anziché su come nasce il cemento su come muore un territorio, vorrei avanzare una proposta seria: perché accanto ai benemeriti Open Days non promuoviamo anche degli altrettanti Open Eyes?

No, così, contro i venditori di fumo negli occhi.     

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 09/08/2017 @ 21:49:13, in Comunicato Stampa, linkato 1253 volte)

Il primo Consiglio comunale ha “regalato” a noi cittadini di Galatina un debito fuori bilancio. La cifra non è altissima, circa 13mila euro, ma siccome parliamo di soldi pubblici non sono ammesse leggerezze. In campagna elettorale ho assunto l’impegno con i cittadini di fare luce sui debiti del Comune e manterrò la promessa. Ho inviato richiesta formale affinché mi sia fornita tutta la documentazione relativa al conto consultivo analitico per gli anni che vanno dal 2013 al 2016, oltre all’elenco analitico dei residui attivi e passivi eliminati e reimputati – sempre per gli stessi anni –  con relativa esplicitazione e denominazione delle voci di classificazioni di bilancio, nonché dei vari capitoli di accertamento. Adeguata documentazione è stata da me richiesta anche per l’ultimo debito fuori bilancio apparso come per magia nel primo Consiglio comunale convocato con tutta calma dalla nuova amministrazione.

La situazione è critica e obbliga a comportamenti responsabili. Ho deciso di rinunciare al gettone di presenza, come pure ha fatto il consigliere Paolo Pulli. Un gesto simbolico, certamente, ma avrebbe avuto maggiore consistenza se dalle fila della maggioranza fosse arrivata la stessa rinuncia e stessa cosa avrebbero dovuto fare il sindaco e la sua giunta rispetto all’indennità visto lo stato in cui si trova il Comune. Il fatto che abbiano ritoccato di un meno dieci per cento e poi di un ulteriore cinque per cento, che non corrisponde a un meno 15 per cento, non cambia molto la situazione: con le casse comunali all’asciutto avrebbero dovuto rinunciare. Ogni mese la Giunta comunale costerà 8.875,63 euro e questo solo per l’indennità.

Mi duole che il sindaco Amante, pur sollecito a nominare la giunta il 20 luglio e a insediarla il giorno dopo per deliberare le loro indennità, abbia atteso a convocare il Consiglio tanto che la salvaguardia di bilancio è stata deliberata dal commissario prefettizio. L’ho detto e lo ribadisco: sullo stato delle finanze il Consiglio comunale deve deliberare l’istituzione di una commissione d’inchiesta in cui maggioranza e opposizione possano far luce su quella montagna di debiti di cui ancora si sa molto poco. Ma non starò a guardare e intanto voglio leggere le carte.

Giampiero De Pascalis

Consigliere di opposizione della Lista De Pascalis   

 

Il Quartiere Fieristico di Galatina è da sempre al centro dell’attenzione dell’amministrazione del Sindaco Amante, e mia per specifica delega assessorile.

Si è partiti dalle macerie, una tra le tante ereditate.

Non possiamo non ricordare che la lunga storia della “Fiera Campionaria”, nel cuore di tutti i galatinesi, fu interrotta per vicende di mala gestione dell’Ente Fiera culminata con la dichiarazione di fallimento nel 2016. I fatti ormai appartengono alla storia di questa città e sono anche stati sottoposti al giudizio di tutti, ma qualcuno, tra chi oggi ne invoca un generico rilancio, essendo all’epoca politicamente attivo, dovrebbe provare a spiegare ai galatinesi come sia stato possibile giungere a una fine ingloriosa con una situazione debitoria imbarazzante.

Le nostre energie non sono mai state orientate alle facili recriminazioni e come consuetudine abbiamo valutato ogni possibile opportunità, seppur in un contesto finanziario difficile. Tante le interlocuzioni con organismi ed enti regionali e nazionali, qualcuna assunta anche alle cronache cittadine in occasione di un incontro a Roma, nel febbraio 2020, con l’allora viceministro all’economia.

Il rinnovato interesse che solo oggi alcune parti politiche riversano sul Quartiere Fieristico di Galatina, che affianca quello dell'Amministrazione, non può che farci piacere, per una battaglia che è della città e per la città, alla luce anche delle tante risorse che stanno per giungere sui territori dal PNRR nelle cui maglie siamo certi potrebbero essere individuate le risorse necessarie per l’adeguamento strutturale.

L’idea funzionale che deve affiancare la ristrutturazione del complesso è articolata ed è quella di realizzare un centro polifunzionale integrato che permetta una fruibilità ed una operatività sostenibile nel tempo, facendo, dei 32.000mq su cui insistono gli immobili, un’area viva per tutto l’anno.

Se la storia, non cancellabile, ha collocato il quartiere fieristico come casa primaria per eventi fieristici è altrettanto vero che vicende più recenti ci hanno insegnato che la sostenibilità della struttura per essere al passo con i tempi, funzionale e fruibile per 365 giorni all’anno, deve avere un utilizzo polifunzionale.

È un passo verso questa direzione l’accordo sottoscritto con ARPAL Puglia per il nuovo Centro per l’Impiego che si allocherà in una parte di quelli che già oggi sono uffici, al piano superiore della palazzina. Una prima azione di rivitalizzazione del complesso fieristico con un recupero strutturale della zona interessata di circa € 835.000,00, interamente a carico della Regione Puglia e senza gravare sulle tasche dei cittadini galatinesi.

Quindi non solo fiere, laddove queste comunque necessitano di padiglioni in parte recuperati ed ampliati, adeguati e funzionali alle reali esigenze degli espositori, ma anche un centro congressi che permetta di offrire al Salento una struttura degna di grandi manifestazioni in una Città gradita anche per la centralità territoriale o spazi adeguati alla realizzare di grandi eventi al coperto, contribuendo alla destagionalizzazione dell'attrattività turistica.

La candidatura di una parte dell’area invece presso ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive sul Lavoro) per realizzare un Centro per la formazione e riqualificazione professionale è quindi da considerarsi un’opportunità che nella nostra idea globale non pregiudica in alcun modo la possibilità di raggiungere l'obiettivo in maniera completa.

L’attenzione con cui il Governo Nazionale guarda al lavoro, sia per i risvolti di tipo sociale che economico, non può non trovare sensibilità ed attenzione da parte di che ha nel proprio dna politico simili problematiche.

Creare in un polo integrato di sviluppo per il territorio, un centro di formazione per il settore manifatturiero e dei servizi (compresi quelli Sanitari), delle produzioni agro-alimentari, del turismo è dal nostro punto di vista avere una visione di prospettiva ampia e non limitante.

L'approssimarsi della campagna elettorale predispone a radicalizzare le opinioni ma nell’interesse superiore di Galatina sarebbe dannoso e irresponsabile cadere nella strumentalizzazione senza un confronto costruttivo finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo. Quello che oggi serve alla Città non sono le polemiche ma una idea di comunità capace di lavorare verso direzioni condivise di interesse pubblico.

Nico Mauro

Assessore alla attività produttive e turismo

 
Di Redazione (del 01/04/2018 @ 21:48:53, in Eventi, linkato 1865 volte)

Anche quest’anno, come da sempre avviene, il lunedì in albis si trascorre a Noha, città dei cavalli. Dalle prime ore dell’alba e fino a mezzogiorno, nelle vicinanze della cappellina della Madonna delle Cuddhrure sul grande prato ancora libero da centri commerciali, si daranno appuntamento tutti i cavalli del Salento per galoppare, sfilare, trottare e pavoneggiarsi. 

Alla fiera di Noha c’è anche il mercatino dei prodotti dell’agricoltura, dei piccoli animali da cortile, delle utensilerie per l’allevamento e per i lavori in campagna

Alle ore 18.00 si ritorna tutti nello stesso luogo per la presa della Cuccagna e a seguire i fuochi di artificio.

Subito dopo la presa della cuccagna nelle vicinanze ci sarà il rito di bruciare la Curemma da parte  di alcune famiglie che hanno esposto il fantoccio nel periodo della quaresima.

Mentre alle ore 19.30 vicino al Calvario di Noha in via Collepasso si esibiranno gli Scazzacatarante di Galatina.

Allora, venite a Noha il giorno di pasquetta. 

Redazione

 
Di Redazione (del 12/06/2017 @ 21:45:17, in Comunicato Stampa, linkato 2329 volte)

È stata una notte lunga, ma solo per la lentezza dello spoglio. L’esito finale si è delineato subito e non ci sono stati patemi d’animo.

Devo ringraziare di cuore tutti i cittadini e le cittadine che hanno creduto nel nostro progetto a cui sin d’ora mi sento di garantire che se saremo noi a governare non li deluderemo.

Abbiamo vinto una battaglia, ora dobbiamo vincere la guerra. Il 25 giugno si deciderà il destino di governo della città e delle sue frazioni. Il distacco dall’altro candidato sindaco è importante, 16 punti percentuali, ma continueremo a spiegare il nostro programma perché sia ancora più chiara qual è la nostra visione per lo sviluppo del territorio.

È stata una lunga campagna elettorale, almeno per me che sono stato il primo e per molto tempo l’unico candidato sindaco. Mentre gli altri litigavano per decidere chi doveva fare il candidato sindaco noi ci siamo preoccupati di valutare le criticità e capire in che modo risolverle. Non è stato frutto di un caso, ma l’effetto naturale di un progetto politico maturato da molto tempo. Galatina ha bisogno di un governo capace e credibile, noi siamo pronti a darglielo.

Giampiero De Pascalis

candidato sindaco per “Obiettivo 2022”

(Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc)

 
Di Antonio Mellone (del 06/07/2014 @ 21:43:08, in NohaBlog, linkato 3996 volte)

Se giungi a Galatina, nota città d’arte salentina, provenendo da Lecce attraverso la strada provinciale 362, sulla tua sinistra, ad un chilometro circa dal passaggio a livello, quasi a ridosso del distributore della Esso, trovi, pronta ad accoglierti a cancelli spalancati, una costruzione di pianta più o meno rettangolare, la cui struttura portante è costituita da un telaio mono-piano con pilastri prefabbricati in cemento armato, mentre il tetto, la cui architettura è costituita da travi metalliche e tralicci, è coperto da tegole di un bel colore rosso mattone (ovviamente in un materiale che non ha nulla a che vedere con la terracotta). Si tratta dell’inconfondibile sagoma dell’ex-supermercato della Lidl (un grande magazzino a chilometri zero, cioè tedesco) senza più nemmeno la sua bella tondeggiante insegna gialla dalle scritte rosse e blu.

Ogni volta che transito da quella strada (e questo succede almeno un paio di volte al dì) non mi vien mica da pensare alla cementificazione screanzata di un altro paio di ettari di campagna galatinese per la costruzione dell’ennesimo capannone con parcheggio in asfalto incorporato: no, assolutamente.

Invece il mio pensiero corre subito verso le due categorie concettuali di cui sono infarciti i presunti ragionamenti di molti nostri amministratori locali (alcuni reduci dal recente trionfo elettorale, altri un po’ meno) e cioè: a) il “volano per lo sviluppo” e b) le immarcescibili “ricadute occupazionali”.

Ora - a meno di una bella pausa di riflessione o di ferie sine die - sembra che quel supermercato sia prematuramente venuto a mancare all’affetto dei suoi cari. L’emporio Lidl, infatti, è geschlossen, closed, fermé, chiuso, tanto che non si vedono più le solite due o al massimo tre automobili parcheggiate nelle sue immediate adiacenze; l’interno dei locali sembra ormai desolatamente vuoto e spento; l’insegna divelta.

A dire il vero non ho atteso la chiusura di quel locale commerciale per pensare al poveretto che ha redatto il business-plan di questo “investimento”, e come e perché avesse mai potuto pensare, con questi chiari di luna, di riempire i carrelli e di far tintinnare le casse: l’avevo invece arguito sin dal primo momento, dacché, invero inorridito, avevo scorto delle ruspe pronte a sbancare quell’ultimo lembo di terreno galatinese per la preparazione del massetto in latero-cemento (mentre una prece, molto somigliante ad un requiem aeternam, affiorava sulle mie labbra nel contemplare la lungimiranza della nostra supposta classe politica – e sottolineo supposta - in merito alle sue allucinazioni di marketing che qualche illuminato osa pure definire “pianificazione territoriale”).

Vuoi vedere – ripetevo tra me e me - che i consumatori di Galatina e dintorni han deciso di attuare oggi una strategia di riduzione dei consumi, di restringimento di cinghie, di piani di accumulo denaro, di risparmio forzoso, perché non vedono l’ora poi di partecipare con il portafoglio pieno zeppo di euro a quell’apoteosi che sarà il taglio del nastro del novello mega-porco commerciale targato Pantacom in agro di Collemeto?

Probabilmente sarà così, visto che gli scienziati non smettono (ancor oggi) di sciorinare numeri e di infarcire i loro comunicati-stampa di “ricadute occupazionali” e di “volani per lo sviluppo”.

E per scienziati intendo la banda larga installata a palazzo Orsini.  

 
Antonio Mellone
 

Brano apparso su “Il Titano”, supplemento economico de “il Galatino”, n. 12 del 26 giugno 2014  

 
Di Antonio Mellone (del 19/06/2016 @ 21:39:51, in NohaBlog, linkato 18164 volte)

Sovente la lettura dei siti internet locali (la classica rassegnazione stampa) somiglia  ad una seduta spiritica in grado di svelarti misteri incredibili, tanto che a volte – come questa - ti viene da esclamare: “Perbacco, chi muore si rivede”.

In effetti sulle diverse testate (nel senso di capocciate) giornalistiche locali è apparso di recente un bel comunicatone stampa a firma del Comitato spintaneo Pro - Centro Commerciale (secondo uno dei siti di Galatina, di nuova e robusta costituzione), nel quale con tecniche di massaggio cardiaco e di respirazione bocca a bocca si cerca di rianimare il famoso mega-porco Pantacom.

E’ inutile provare a spiegare ai telescriventi comunicati che è pressoché impossibile portare in vita chi non è mai nato (Pantabort), ma tant’è. Evidentemente son convinti che una grande fede può far smuovere la Montagna (e cementificare la campagna).

Il comunicato continua con una serie di asserzioni che si commentano da sé, tipo che il ricorso al Consiglio di Stato da parte del Comune di Galatina avrebbe “di fatto [dato] il colpo di grazia al progetto ed allontanato quegli investitori che ancora guardavano con interesse a detto progetto e che ora, stante 'ennesima controversia tra le parti, volgeranno i loro interessi su altri insediamenti già pronti ad accoglierli a braccia aperte”. Ma de che? Ma di quali “investitori” blaterano? E quali sarebbero gli “altri insediamenti già pronti ad accoglierli”? E di quali “braccia aperte” farfugliano?

Se c’è una cosa buona e giusta promossa in tutti questi ultimi anni dalla Giunta Montagna è proprio questo benedetto ricorso alla giustizia amministrativa, ora al Consiglio di Stato, volto a smascherare l’inconsistenza patrimoniale, economico-finanziaria nonché commerciale di un progetto e di un promotore, come la Pantacom srl, incapace di fornire alcuno straccio di garanzia a ente e cittadini. Garanzia che non è di “un miliardo” come erroneamente riportato da uno dei siti consultati, ma di un milione di euro (ma sì, se mega deve essere la minchiata lo sia fino in fondo, e possibilmente a braccetto con la moltiplicazione dei pani e dei posti di lavoro, arrivati ultimamente a 200 tondi tondi). Codesta incapacità, la dedurrebbe anche un bambino alle elementari se gli si sottoponesse il bilancio della società pubblicato in Cerved. 

In un altro brano del comunicato si legge ancora: “Il comitato cercherà di promuovere una raccolta di firme […]”. Un’altra volta? Ma non ne aveva già raccolte  800 e passa, quelle famose degli altrettanti beati martiri di Collemeto? Non sono più valide quelle firme? No, non ditemi che sono scadute o che non si trovano più.

E infine una curiosità. Volevo chiedere ai collemetesi, se tutti, ma proprio tutti, all’unisono, senza se e senza ma, sono d’accordo con la condanna a morte della loro terra e della loro economia. E’ un dubbio che m’assilla ormai da tempo. Davvero non c’è una, dico una voce dissonante, una stecca nel coro osannante il mega-porco?

*

Tuttavia su di una cosa concordo appieno con il suddetto Comitato pro-porco. Il fatto che se la prenda giustamente con l’amministrazione comunale rea di non dire una volta per tutte chiaro e tondo quanto segue: “Cari concittadini, scusateci tanto: abbiamo fatto una cazzata a suo tempo nel deliberare pressoché all’unanimità un mega-porco commerciale che non ha né capo né coda.

Ci erano sfuggiti tutti i report e tutta la letteratura sul declino della grande distribuzione, sui licenziamenti a catena nei grandi centri commerciali, i negozi vuoti, la saturazione del territorio e la sovrapposizione dei bacini d’utenza (in effetti a meno di 20 minuti di auto da contrada Cascioni esistono due o tre mega-parchi simili), sulla struttura dei costi non comprimibili; per non parlare del consumo di suolo e dell’irreversibile scempio ambientale. Pensavamo ingenuamente che si trattasse di una calamita per le attività commerciali, per i consumatori e per l’occupazione, invece abbiamo capito (tardi, ma l’abbiamo capito) che si trattava invece di una calamità, con l’accento finale. Sì, signori, del porco non si butta via niente. Del mega-porco, a questo punto, tutto”.

Nell’attesa di un’operazione verità di questo genere, uno spettro continuerà ad aggirarsi imperterrito tra Galatina e Collemeto. E sarà ancora quello della Fantacom.

*

P.S. Siete stanchi di leggere tutte queste cose? Pure io, di scriverle.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 14/11/2013 @ 21:39:23, in Fotovoltaico, linkato 3779 volte)

A proposito di campi di concentramento di impianti fotovoltaici nohani volevo cogliere l’occasione per ricordare, nel loro terzo anniversario, le storiche parole dell’ex-sindaco di Galatina Giancarlo Coluccia pronunciate nel corso di un intervista apparsa on-line anche su questo sito il 2 settembre 2010, conversazione davanti a telecamera e microfono, condotta dal bravo Tommaso Moscara. Che davvero non so come faccia a non scoppiare in fragorose risate in faccia all’interlocutore di turno, rimanendo invece imperturbabile di fronte alle scemenze propinategli dai politici di ieri e di oggi, inclusi gli americani e i Russi. Ma questa è un’altra storia.  

*

Il per fortuna ex-sindaco di Galatina, a proposito del fotovoltaico, riuscì in quell’intervista da manuale a concentrare in poche ma sintatticamente malferme parole un incredibile numero di baggianate.

Dopo aver premesso che probabilmente la calura estiva poteva aver annebbiato la mente a qualcuno (inclusa certamente anche quella del sottoscritto) che s’era permesso addirittura di lottare insieme ad altri contro l’invasione dei pannelli in mezzo alla campagna, dopo essersi retoricamente chiesto se noi fossimo o meno per le energie alternative, e dopo aver aggiunto che comunque la sua amministrazione non aveva alcuna responsabilità in merito al fotovoltaico, il Giancarlo nostrano si è esibito in sperticati numeri da trapezista che neanche al circo Orfei. Se si fosse fermato alle prime elucubrazioni forse avrebbe fatto miglior figura. Ma i salti mortali evidentemente provocano in certi folkloristici personaggi una qualche forma, come dire, di ebbrezza.

Così continuava a blaterare il nostro pervicace e per grazia di Dio ex-sindaco: “…Se andiamo a vedere quei terreni, sono terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi. Non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola. Fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti”. E così via di questo passo.

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Chiaro? Il sindaco e la sua giunta non ne erano i responsabili. Ma se dobbiamo dirla tutta, di fatto, almeno politicamente un pizzico lo erano, eccome. Questo si evince dagli atteggiamenti e dalle parole. Il sindaco sembrava quasi rammaricarsi per non essere stato lui, ma altri, a dare l’imprimatur a codesto impianto di “energia alternativa”. Del resto nessun esponente dell’allora maggioranza (e a dire il vero anche della sedicente opposizione) sembrava non dico avversare ma almeno batter ciglio contro lo scempio dei nostri campi occupati dall’invasore. Anzi! Visto che i “terreni sono impervi” e non “dalla grande produzione agricola” tutto sommato – così si arguisce – si poteva pure fare il megaparco di pannelli in contrada Roncella. E così sia.

*

Chi va a dire al poveretto che anche “i terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi” sono fondamentali per la biodiversità vegetale ed animale? Che la fotosintesi clorofilliana non è solo quella delle “grandi produzioni agricole” ma anche quella delle erbe spontanee, molte delle quali edule, e dei “pascoli per i greggi”? Che per quanto si possa “piantumare” con siepi perimetrali un parco fotovoltaico di quella estensione, il disastro rimane nei secoli dei secoli? E che eventuali siepi anche fitte sarebbero niente altro che il classico tappeto sotto il quale nascondere la polvere? E che la siepe del parco nohano, fatta tra l’altro con alcuni ulivi già secchi, è semplicemente ridicola?

Chi va a spiegare a questi mostri di intelligenza che per un piatto di lenticchie anzi di briciole, oltretutto una tantum, gentilmente concesse dai nostri conquistadores, non si può svendere la nostra primogenitura e che, dunque, non sono sufficienti “la ristrutturazione del canile di Galatina” ed “il rifacimento della villetta Fedele in via Soleto” per indennizzarci della perdita del panorama, del futuro, della faccia, della dignità, della bellezza e, non ultimo, dei soldi (che tra l’altro, a quanto pare, imboccano la strada per la Germania direttamente da contrada Roncella senza manco transitare da Galatina)?

Chi va a spiegare a chi si rifiuta di capire persino l’ovvio che questa non è assolutamente “energia alternativa”?

E’ “alternativa” (oltre che rinnovabile) quell’energia che compensa la minor produzione di corrente elettrica prodotta ad esempio da fonti fossili come petrolio, gas e carbone. Il che non è. Abbiamo cercato di dire, ridire e ricordare minuziosamente almeno un milione di volte che questi impianti fotovoltaici danno ai titolari il diritto di ottenere i cosiddetti “certificati verdi”. Cosa sono? Ma sicuramente l’ennesima truffa, in quanto si tratta di veri e propri permessi di inquinare, liberamente negoziabili a prezzi di mercato. I suddetti attestati, dunque, vengono venduti, tra gli altri, anche e soprattutto alle centrali di produzione di energia tradizionale, che a loro volta, grazie a questi permessi di inquinare, possono addirittura aumentare e non ridurre la produzione di corrente da fonti non rinnovabili. Altro che “energia alternativa”.

La centrale di Cerano, per dire, nonostante la Puglia sia ormai completamente ricoperta da pannelli fotovoltaici (e tra poco anche da pale eoliche: non ci facciamo mancare niente) non ha ridotto di un solo kw la sua produzione, anzi l’ha addirittura aumentata. Con quali conseguenze? Ma ovviamente con maggiori emissioni di fumi, anidride carbonica, gas di scarico ed altre schifezze che arrivano anche da noi grazie a quel “gasdotto” naturale che è la tramontana. A questo si aggiungano le autoproduzioni salentine di diossina e miasmi ed esalazioni varie provenienti dai camini di certi altiforni svettanti intorno a noi come la torre Eiffel ed il quadro è completo.

Poi uno si chiede come mai nel leccese, e a Galatina e dintorni in particolare, si muore molto di più che in altri luoghi per neoplasie, mesoteliomi, e cancro all’apparato respiratorio.

*

Infine, come far comprendere a questi signori, per i quali sembra che la logica sia un’allergia, il concetto basilare per cui non serve una centrale da un milione di kw ma un milione di utenti che mettono in rete un kw ciascuno? Dunque l’energia solare va benissimo, ci mancherebbe altro; ma in impianti di micro-generazione energetica e non in mega-impianti in mezzo alla campagna, anche se piena di cozzi, impervia, o morfologicamente assimilabile ad una pseudo-steppa. E’ così difficile da comprendere questa roba? Questi signori hanno mai preso in mano un libro, che so io, di un Jeremy Rifkin, ammesso che conoscano il professore e le sue ricerche scientifiche?

Anzi, formuliamo meglio: hanno mai preso in mano un libro (che non sia, per favore, il tomo-panettone di Bruno Vespa)?

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 01/03/2018 @ 21:38:11, in NohaBlog, linkato 1735 volte)

Chi l’avrebbe mai detto che nel corso di questa esilarante campagna elettorale la bandiera No-Tap avrebbe messo d’accordo quasi tutte le cosiddette forze politiche in Diciamo competizione (prodromica delle prossime venture grandi intese).

Da un lato abbiamo addirittura il proletario Berlusconi (già presidente-partigiano, nonché presidente-operaio) che si mette a sciogliere inni e canti a favore di chi si oppone a un’opera “anacronistica e devastante” [il cavaliere decaduto parla appunto di Tap e non anche, per dire, del Ponte sullo Stretto che invece sembra essere la soluzione di tutti i mali d’Italia e soprattutto di Sicilia - tipo il Traffico di Johnny Stecchino, ndr.]; dall’altro lato (della stessa medaglia), nientepopodimeno che Mr. D’Alema, leader Massimo di Leu (acronimo di Lies Easily Uploads: bugie facilmente scaricabili), il quale, in compagnia dei suoi novelli ineffabili cortigiani in lista (d’attesa), è diventato d’emblée così convintamente No-Tap, che al confronto Gianluca Maggiore sarebbe un consulente marketing della multinazionale di ‘sto gas (ovvero uno dei tanti troll a costo zero per perorarne la causa).

A volte mi vengono dei dubbi atroci, e mi chiedo: Ma se tutti sono contro questa Tap, vuoi vedere che alla fin fine la Tap l’ho voluta io (magari a mia insaputa)?

In tutto codesto partitico fervore No-Tap, del PD (acrostico sempre più asintotico a quello di una imprecazione blasfema) nemmeno un’alzata di spalle. Meglio far finta di nulla, e parlare d’altro. Sissignore, il tema Tap è un vero tabù: vietato addirittura farne cenno nei comizi. Troppo rischioso. La cosa fa perdere consensi. Sicché non conviene mica svegliare il can che dorme (anzi, i cani, al plurale - ce ne stanno a bizzeffe). Preferibile inserirlo nel Programma, tanto chi lo legge.

E in effetti, nel programma di questo Participio Passato, dopo le solite palle sul “cambiamento di paradigma” (quale?), sull’“Accordo di Parigi sul clima” (Oh, Paris, Paris), sulla “cessazione di produzione di energia elettrica da carbone nel 2025” (campa cavallo), sullo “Svi-lup-po So-ste-ni-bi-le” (in sigla SS), su “qualità e bellezza [che] sono alla base della nostra economia”, sull’“azione di penetrazione delle rinnovabili” (chissà cosa intenderanno precisamente per penetrazione), e sul fatto che “l’unico sviluppo possibile passa dalla tutela e valorizzazione dell’ambiente” (che geni, che idee inedite), ecco che viene fuori la vera indole del cosiddetto pensiero piddiota: “Due rimangono gli obiettivi principali: ridurre i prezzi dell’elettricità, rispetto alla media UE, e azzerare il differenziale di prezzo all’ingrosso tra il gas italiano e quello del Nord Europa. Per il gas, che riveste un ruolo importante nella fase di transizione, sarà importante migliorare le infrastrutture di interconnessione accrescendo nel contempo la sicurezza degli approvvigionamenti. Occorre rendere veramente competitivo il mercato elettrico e del gas, dando piena attuazione a quanto previsto dalla recente legge sulla concorrenza, con un consumatore consapevole in grado di operare in un mercato trasparente e di facile accessibilità, anche grazie alla standardizzazione delle offerte e alla comparabilità dei prezzi, con una regolamentazione tesa a far sì che la maggiore concorrenzialità si traduca in una vera riduzione delle tariffe”. [sic].

Insomma tutto e il contrario di tutto, espresso in forma così bisbetica, capziosa e inintelligibile che i poeti ermetici al confronto sarebbero dei principianti. Non so voi, ma io, nel leggere questi periodi d’un fiato, in mancanza di brevetto in apnea (diurna), ho rischiato seriamente l’ipossia.

Ma torniamo alle larghe intese di Destra, Centro-Destra e Centro [chiedete a Nanni Moretti se D’Alema ha mai proferito qualcosa di Sinistra, ndr.] per rivolgere un pensiero deferente alla Lega (specialmente ai deputati Bizzotto, Fontana, Borghezio, ecc.), a Forza Italia (nelle persone di Gardini, La Via, Pogliese, ecc.), al PD (con i vari Picierno, Bonafè, Kyenge, Cozzolino, Soru, nonché l’ineffabile Paolo De Castro, già Ministro delle Politiche Agricole, e molti altri) e ovviamente a Liberi e Uguali (tipo Panzeri e Zanonato: liberi chissà da cosa e uguali a chissà chi), per ricordare che giusto qualche giorno fa al Parlamento Europeo tutti insieme appassionatamente questi signori largo-intendenti hanno votato contro un emendamento che bocciava il finanziamento a Tap di 1,5 miliardi di euro da parte della BEI (Banca Europea degli Investimenti).

Risultato: un bell’OK alla distruzione della Puglia e del senso dello Stato con i soldi nostri. Sissignore, per quanti sforzi facciamo di certi politici non riusciremo mai a pensare abbastanza male.

Di questo passo, anche stavolta seggio per loro farà rima con peggio per noi.

Antonio Mellone

 

Siccome parlare di certi argomenti con i diciamo rappresentanti del municipio di Galatina è fiato sprecato, mi rivolgo a voi, egregi esponenti degli altri Comuni invitati alla Conferenza dei Servizi convocata a Bari presso la Regione Puglia, una prima volta il 20 ottobre 2017, poi rimandata al 23, e definitivamente, pare, al 3 novembre prossimo venturo [diciamo in piena atmosfera da festa dei morti, anzi, meglio, di Halloween, cioè delle zucche vuote, ndr.] avente ad oggetto “richiesta di proroga [l’ennesima, ndr.] all’autorizzazione per la realizzazione di un’area commerciale integrata in località Cascioni”, per alcune raccomandazioni.

Si tratta, in parole povere, del famigerato Mega-porco commerciale Pantacom, rara opera di archeologia economica ancor prima del suo impianto [scusate se utilizzo il lemma “porco”: ma “parco” mi pare un po’ esagerato, essendo, quest’ultimo, un concetto legato più ad un’area alberata che ad una cementificata, ndr.].

Gentili Rappresentanti dei Comuni intorno a Galatina, convocati alla suddetta conferenza dei servizi, vi prego, nell’esclusivo interesse dei vostri rispettivi territori, di prendere buona nota degli appunti che seguono in merito allo scempio economico-ambiental-razionale che si vuol perpetrare intorno a voi.

 

1°) Chiedetevi innanzitutto chi è l’interlocutore, nella fattispecie la Pantacom srl, che ha in progetto un centro commerciale (l’ennesimo nel Salento) di 25 ettari da impiantare in contrada Cascioni, nei dintorni di Collemeto. Dando un’occhiata ad un prospetto Cerved (documento pubblico della Camera di Commercio, che per sommi capi evidenzia le caratteristiche delle imprese) si evince che Pantacom è una SRL, società a responsabilità limitata, costituita nel 2001, con un capitale sociale pari ad euro 35.000, avente quale oggetto sociale: “la progettazione, la costruzione, l’acquisto, la vendita, la gestione e la locazione attiva e passiva di centri commerciali […]”). Codesta Pantacom srl risulterebbe “Inattiva”. Come mai? Dimenticanza? Si è forse in attesa di particolari autorizzazioni per la “dichiarazione di inizio di attività”? Non si direbbe mica che sia in (dolce) attesa: tutt'altro. Osservando la frenesia con la quale si muove l’amministratore unico, evidentemente in contatto continuo con gli enti pubblici e i suoi emissari, l’azienda appare invece attiva, attivissima. Perché non lo è anche di diritto, oltre che di fatto?

 

2°) Il capitale sociale, come detto, risulta essere pari a 35.000 euro (dico trentacinquemila, non trentacinquemilionidieuro). Bene. Mi dite, per favore, come fa una società con questo patrimonio a portare avanti un progetto con investimenti di svariati milioni di euro? Dove prenderebbe i fondi per iniziare a sbancare i venticinque ettari di campagna da trasformare poi in decine di capannoni da adibire a centro commerciale? Dai soci, forse? Vale a dire dai componenti della famiglia Perrone (quella dell’ex-sindaco di Lecce)? O magari da finanziamenti di terzi? E se anche fosse, “basta la parola” di codesti fantomatici capitali provenienti da chissà dove per garantire i portatori di interessi diffusi (e non particolari), come quelli degli enti pubblici territoriali, espressione della sovranità popolare che voi rappresentate? Non servirebbero forse dei documenti più concreti dei semplici proclami, dei sentito dire, delle promesse con la mano sul cuore?

 

3°) Oltre al risibile importo del capitale sociale (inadeguato a tutto, finanche al saldo della parcella di un progettista), osserviamo che la società “inattiva” presenta per più anni, proprio perché inattiva, un fatturato pari a zero. E questo ci può stare. Un’azienda può anche esistere sulla carta, può pure essere inattiva, e può anche per più anni consecutivi non aver venduto nulla. Ma in questo caso nell’attivo dello stato patrimoniale, sempre per più anni consecutivi, lo zero assoluto la fa da padrone anche tra le rimanenze, tra le immobilizzazioni materiali e, giacché ci siamo, anche tra le attività finanziarie. Di terreni, nello stato patrimoniale della Pantacom, nemmeno l’ombra. Né risulterebbe, al di là della linea di bilancio, diciamo tra i conti d’ordine, nessuna opzione all’acquisto dei terreni interessati. Che questi diritti/impegni siano registrati fuori bilancio? Cominciamo bene. Alla luce dei pochi dati a nostra (a vostra) disposizione, non riuscite anche voi a inferire agevolmente quanto si sia di fronte a un’entità astratta, uno spirito, un fantasma (Fantacom, appunto)? Vi stanno cioè facendo conferire, cari rappresentanti delle istituzioni comunali invitate, non con dati reali, incontrovertibili, garantiti, ma con delle congetture, con delle ipotesi, con delle promesse, con delle supposizioni (anzi, supposte).

In base ai basilari principi di buona amministrazione, di precauzione, di diligenza, di interesse collettivo, vi chiedo: è sufficiente che una società qualsiasi, oltretutto “inattiva”, presenti “istanze urgenti” perché si convochi in tutta fretta un consiglio comunale, magari ad hoc, o sia invitata a una conferenza dei servizi, o altro consesso pubblico, per cose tipo: delibere, proroghe, istanze, compensazioni, eccetera? E fino a quando continueremo a perder soldi, tempo e denaro pubblico dietro queste pantomime (etimologia non casuale)? Magari fino a quando non si troverà qualche cinese disposto a comprare il pacchetto (anzi il pacco) preconfezionato? E se non ci fosse nessuno disposto ad acquistare il diciamo progetto, cosa facciamo? Continuiamo a concedere proroghe su proroghe sine fine dicentes?

 

4°) Che garanzie occupazionali una società così eterea, labile ed evanescente da più punti di vista (commerciale, patrimoniale e finanziario) può dare alla collettività? Come mai un’azienda come questa, pronta “a combattere la disoccupazione dando lavoro a 200 persone” [sic] (all’inizio la promessa era di 300 posti di lavoro [ri-sic]), non ha nemmeno un dipendente, nemmeno un ragioniere, un portantino, un commesso? Possiamo noi consolarci con la promessa di 200 nuovi posti di lavoro prossimi venturi, scritti sulla carta con inchiostro simpatico?

 

5°) Andando ancor più nel dettaglio, ci si chiede: ha senso dal punto di vista della politica economica di un comune un altro centro commerciale di grandi dimensioni come questo, quando a meno di dieci minuti di auto si trovano agevolmente il complesso Bricoman (Lecce), e a meno di un quarto d’ora i centri commerciali di Cavallino (a Est) e di Surbo (a Nord), e chissà quante altre formule facilmente raggiungibili nei dintorni, tra supermercati, discount, megastore, ipermercati e cash & carry?

6°) Quali utilità potrebbero vantare i vostri Comuni, il loro Pil, la vitalità dei vostri centri abitati, il piccolo e medio commercio intramoenia, il vostro bilancio pubblico, il benessere economico delle vostre popolazioni, eccetera, da questo ennesimo centro commerciale fuori-porta? E quali benefici potrebbe portare un eco-mostro di 25 ettari (oltretutto su di un terreno a medio rischio idro-geologico, con annesse rotatorie, viadotti, traffico, inquinamento e stravolgimento del paesaggio) nei paraggi del vostro territorio?

 

7°) Se non ci fossero danni all’ambiente e all’economia locali con l’installazione di questo centro commerciale [ma il discorso è valido per ogni “grande opera” sul territorio, ndr. ] come mai si parla sempre di “ristori” e di “compensi” ai comuni che ospitano queste strutture [posto che nelle casse dei vostri enti non entrerà il becco di un quattrino a titolo, appunto di “ristori” e “compensi”, nonostante la svendita (anche) del vostro territorio, ndr.]? E, in base a banali considerazioni di Economia Aziendale, può mai un “ristoro” o un “compenso” bilanciare la “diseconomia esterna” (o “esternalità”) provocata da un siffatto investimento aziendale? Non credete che se così fosse, saremmo di fronte a un principio (antieconomico, dunque assurdo) per il quale un’azienda rinuncerebbe all’idea di profitto (trasformandosi di fatto in una Onlus)? Vi pare plausibile una sciocchezza del genere? Il discorso varrebbe anche per TAP (altra storia).

 

8°) Come già detto altrove, svariati comuni italiani hanno bandito i centri commerciali dal loro ambito. Ultimamente perfino un’intera provincia, quella di Trento, al fine di “salvaguardare l’ambiente, ridurre il traffico veicolare, e rinnovare il metodo degli insediamenti commerciali sul territorio all’insegna della qualità e della valorizzazione dei piccoli esercizi”. Orbene. Cosa vi sembra più anacronistico: una scelta come quella della provincia di Trento, o non piuttosto quella di continuare ad aver fede nella Beata Cementificazione?

 

9°) Negli Stati Uniti il mito del centro commerciale è crollato da un pezzo (gli Stati Uniti anticipano generalmente la nostra socio-economia di circa un decennio). Secondo molti analisti nei prossimi anni chiuderanno addirittura 400 dei 1.100 centri commerciali statunitensi. Esiste un’inchiesta del New York Times che attesta che svariati Malls (centri commerciali) sono ormai alla stessa stregua di vere e proprie città-fantasma, deserte, vuote, fallite.

Bene. Con questi chiari di luna (e con queste luci in fondo al tunnel), vorreste voi continuare a credere alle allucinazioni di marketing di una società a responsabilità modesta, che vale quel che vale, per giunta “inattiva”, e giacché dar retta anche ai suoi supporter politici più o meno local, vale a dire agli asini volteggianti nell’aere?

 

Antonio Mellone

 
Di Anita Rossetti (del 22/09/2014 @ 21:36:18, in NohaBlog, linkato 2309 volte)

Il Salento è una terra ricca sotto tanti aspetti, la natura è il patrimonio di inestimabile valore di cui abbiamo la fortuna di godere ma che non tutti sono in grado di considerare come tale.

Non di meno i nostri centri storici che abbagliano chiunque con le loro testimonianze di gloriosa storia, di eccellenza in ogni settore, di cultura che ha radici antichissime.

Ma ciò che ci differenzia e ci distingue da altri territori di altrettanta bellezza è l’attivismo che negli ultimi anni è cresciuto in difesa dell’ambiente.

Che i giovani sentano il dovere, trasformato in passione, di tutelare la terra e la natura che ci circonda è certamente sintomo di vera crescita della collettività. Perché si può evolvere solo se in armonia con la natura, altrimenti si è destinati a soccombere.

Manca qualcosa, però, all’impegno quotidiano su mille fronti, dalla gravissima minaccia di eradicare gli olivi con la scusa della xylella alla decisione di sventrare le nostre coste con il gasdotto Tap, per non parlare di inquinamento da biomasse, coincenerimento rifiuti, cave che continuano a demolire il territorio e di cui chissà quante già utilizzate per lo smaltimento illecito di rifiuti, ecc… Manca una conoscenza anche storica di come certi misfatti si siano potuti compiere sotto gli occhi di tutti e, se prima la gente era completamente indifferente, adesso che non ce la fa più schiacciata anche dall’essere primi nella classifica nazione per alcune tipologie di tumore, adesso dicevo la gente è più disposta ad indignarsi.

Fino a che non si comprende che certe logiche speculative sono direttamente collegate alla corruzione e la corruzione non è altro che una manifestazione, attualmente quella più in voga, degli interessi mafiosi, sarà inutile sbraitare, non ce la faremo a fermarli. Abbiamo già visto come tutto passi in maniera assolutamente regolare e a norma di legge. Già, perché, soprattutto quando si tratta di grossi capitali, la corruzione è ad alti livelli e di esempi ne abbiamo tantissimi, dalla ricostruzione in Abruzzo all’Expo di Milano, allo scempio dei rifiuti interrati in Campania, come pure nel Salento…

Come si possono affrontare quindi certe battaglie se non si studia e si affronta il metodo mafioso che funziona davvero a tutti i livelli?

Noi potremo fare milioni di manifestazioni, qualche volta ottenendo anche dei minimi risultati, ma non riusciremo a garantire davvero la tutela dell’ambiente e del territorio se trascuriamo la madre di tutti gli scempi che ci sono stati perpetrati e che è alla base di ogni tipo di speculazione: la trattativa stato-mafia.

In ogni situazione speculativa infatti c’è sempre un “do ut des”! E se oggi non abbiamo strumenti efficaci per combatterle in quanto sono tutte a norma di legge, evidentemente il problema è da risolvere prioritariamente nelle sedi in cui vengono promulgate le norme che le autorizzano!

E non basta certo fare accordi preelettorali con chi andrà a governare, tanto sappiamo bene che non servono a nulla! Chi comanda sono le lobby, i gruppi di potere, la massoneria e le mafie che hanno sempre usato la politica per i loro scopi e, quando il governo rischiava di non essere completamente asservito, puntualmente sono arrivate le stragi.

Ecco perché il processo sulla trattativa stato-mafia che si svolge a Palermo è fondamentale per scardinare un sistema basato su ricatti ed estorsioni di provvedimenti atti a favorire il potente di turno! Ecco perché quel processo è tabù per tutti! E se ancora oggi c’è chi parla di “presunta trattativa”, c’è anche chi non potendola più negare ha deciso di giustificarla!

Agli amici con cui mi ritrovo in trincea quotidianamente vorrei dire: non sprechiamo le nostre intelligenze e capacità precludendoci di entrare nel merito della questione che origina tutti i nostri problemi, dagli inutili megaparchi commerciali alle numerosissime megastrade, dalla cementificazione selvaggia alle discariche senza controllo, dai resort ai campi da golf con cui vorrebbero sostituire la nostra meravigliosa campagna e così via…

Se riuscissero a fermare quel processo, e i tentativi sono davvero numerosi: dalle minacce di morte ai Pm del Pool e al testimone chiave, alle vessazioni subite da quei rari esempi di lealtà alla Costituzione che hanno dimostrato i carabinieri che hanno denunciato le irregolarità di cui sono stati testimoni, alla delegittimazione degli stessi, alle aggressioni mediatiche cui sono continuamente sottoposti, dicevo che se riuscissero a fermarli noi non avremmo speranza di farcela in nessun campo.

Non ho mai chiesto a nessuno di partecipare ad ipocrite commemorazioni di chi viene sbandierato come eroe, ma di cui poi si dimentica di continuare l’opera, da un’antimafia celebrativa che, per questo, rimane funzionale al sistema.

Al contrario, io non mi stancherò di invitarvi a prendere posizione per Nino Di Matteo ed il Pool di Palermo, Roberto scarpinato PG di Palermo, Massimo Ciancimino, il testimone grazie al quale è stato avviato il processo trattativa stato-mafia, Saverio Masi il Mar. dei CC che, oltre ai rischi che corre come caposcorta di Nino Di Matteo, è anche coraggioso e prezioso testimone sia del processo Mori-Obinu  che sulla trattativa stato-mafia.

Se davvero vogliamo fare qualcosa di buono e coerente con il nostro desiderio di salvaguardare la nostra bellissima terra, non possiamo esimerci dal metterci al fianco di chi sta lottando e rischia quotidianamente la vita per restituirci la libertà di scelta.

 Quella libertà che abbiamo perso pezzo dopo pezzo, strage dopo strage.

 
Anita Rossetti

Mov. Agende Rosse di Salvatore Borsellino

Gruppo “Sognatori Resistenti R. Fonte e A. Montinaro”

Salento
 
Di Antonio Mellone (del 03/12/2013 @ 21:33:44, in NohaBlog, linkato 3119 volte)

Sì, a Noha abbiamo un lago. Periodico. Un lago periodico. Date un’occhiata alle immagini, per averne la prova. Sono state riprese domenica mattina, 01 dicembre 2013, nell’intorno della (ex) vora, quella ubicata alle spalle della chiesetta dedicata alla Madonna di Costantinopoli, andando verso Sirgole, a destra.

Campi completamente sommersi dall’acqua, vigneti ed uliveti allagati, proprio in un luogo in cui meno ti aspetteresti di trovare un simile sconvolgimento della campagna. La vora di Noha che ha sempre inghiottito mari interi di acqua piovana sembra essersi presa il suo turno di riposo. Ora la bocca della vora è stata circondata, addirittura rimpicciolita con colate di cemento (ma ovviamente!), mentre le frasche hanno fatto il resto.

Bisogna stare attenti a chi si vota, la prossima volta, perché non si può votare chi non sa cosa sia una vora, e non ha dimestichezza con le leggi della natura, ma solo con quelle dei soldi e del profitto a breve termine.

*

E per favore non venite a dirmi le classiche scemenze con la solita assessorile prosopopea, tipo: “In 48 ore è caduta la pioggia di sei mesi”.

Intanto perché non è vero: la pioggia è durata un po’ più di mezza giornata, non oltre. E qui non c’è stato mica il ciclone che si è verificato in Sardegna (e meno male).

*

Non venite, o stolti, a parlarmi della pioggia, del cielo, del destino, degli eventi straordinari, e degli altri mille alibi su cui vi aggrappate ogni volta. Qui non c’è nulla di straordinario. Ogni anno, ormai, specialmente a novembre (ma non solo) in poche ore piove come in un mese. Punto.

Ci stiamo tropicalizzando. E per colpa nostra.

A nessuno di voi viene in mente che per evitare queste “bombe d’acqua” bisogna risanare l’aria ed evitare di cementificare la terra? Nessuno di voi, facendo mente locale, riesce a ricordare quanto, negli ultimi anni, s’è costruito a Noha, e nel resto del Salento, in termini di metri cubi di cemento? Nessuno di voi sa che negli ultimi venti anni nella nostra terra si è costruito più che in dieci secoli di storia? E che in un anno ormai inquiniamo più che nel passato millennio? Ma davvero i vostri neuroni non riescono a fare due più due, provando a comprendere che sul terreno cementificato o asfaltato l’acqua non solo non è più assorbita, ma scivola via, corre più veloce, provoca allagamenti e inondazioni, e può arrivare anche ad uccidere?

*

I nostri pubblici amministratori fanno gli gnorri, trascurando il loro compito primario: la cura del territorio (che in fondo significa la cura delle persone). Anzi sembra che le alluvioni inizino a provocarle a partire dalle stesse sale dei consigli comunali, con certe delibere “in nome del pubblico interesse” (il riferimento al Mega-porco Pantacom è puramente casuale: ma tanto 26 ettari in più o 26 ettari in meno di terreno cosa cambia?).

A proposito: già che c’ero, domenica mattina ho voluto fare un salto a Collemeto, alla volta della povera contrada Cascioni. Non aggiungo altro, se non la galleria di immagini che mi sembra più eloquente di ogni ulteriore commento.

“Sfruttiamola” pure la natura, ragazzi. Ma nel senso di salvaguardarla. Proteggendoci da noi stessi. 

Antonio Mellone
 

Si è svolta oggi a Palazzo Adorno a Lecce la pre conferenza stampa digitale, organizzata dalla rivista di turismo e cultura del Mediterrano, Spiagge, diretta da Carmen Mancarella, in collegamento con giornalisti e tour operator per annunciare la partecipazione della città di Galatina alla prossima edizione della Borsa Internazionale del Turismo dal 12 al 14 febbraio 2023 a Milano.

La conferenza stampa, in presenza per i media locali ed in digitale in collegamento con giornalisti e tour operator nazionali e internazionali, ha permesso di presentare l’offerta turistica accompagnata da una campagna di comunicazione a largo raggio su siti specializzati in moda, eventi e turismo per valorizzare la partecipazione del Comune alla Bit di Milano.

È previsto un secondo appuntamento in fiera a Milano il 13 febbraio con una conferenza nell’area stampa dello stand della Regione Puglia durante la quale la città presenterà le bellezze architettoniche, l’orgoglio della cultura e tradizioni, le esperienze e la bontà dei prodotti locali, per una Galatina e un Salento oltre i luoghi comuni e da vivere oltre l’alta stagione. 

Galatina si presenta in fiera con una nuova immagine e nuove proposte innovative ma sempre legate alla tradizione e al territorio che ha tutte le potenzialità per attrarre quanti non vedono nell’esperienza di viaggio in Salento solo il mare, ma un insieme di relazioni più profonde ed autentiche con chi vive quotidianamente questi luoghi.

“La nostra presenza come città in una fiera di un contesto internazionale,” - sostiene l’Assessore al turismo e alle attività produttive Maria Grazia Anselmi presente alla Conferenza, “è la dimostrazione tangibile della consapevolezza che rappresenta questo settore per l’economia di Galatina. Abbiamo già gettato le basi per una programmazione di medio e lungo periodo, al fine di poter far conoscere la città e non solo, ad un pubblico nazionale ed internazionale e attento alla cultura locale e a quello che si va sempre più affermando come slow-tourism. Galatina è una città ricca di bellezza, ne abbiamo piena consapevolezza, ora è giunto il tempo di far conoscere quanto possiamo offrire. Dalle bellezze architettoniche, gemme preziose capaci di essere attrattive tutto l’anno per le diverse tipologie di viaggiatori come la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, al fenomeno del tarantismo, nato a Galatina e che attraverso la musica si è affermato sulla scena mondiale, fino ad arrivare all’innovazione applicata ai beni culturali e alla loro conservazione attraverso una mappatura digitale dei monumenti della città per raccontare e preservarne la storia.

Da questa fiera, inizierà il nuovo corso per Galatina e per quanti la metteranno come destinazione per il loro prossimo viaggio,” - conclude l’Assessore.

Fabio Vergine Sindaco 
Ufficio Stampa 

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/05/2020 @ 21:28:27, in NohaBlog, linkato 1194 volte)

Conviene metterla sul personale, o comunque sullo specifico, sennò rischiamo di parlare sempre di aria fritta o di niente. E la colpa è sempre di nessuno.

Il sottoscritto, come tantissimi altri, e anche tanti vostri figli che sono costretti a fare la stessa cosa tutt’oggi, se ne andò via da qui per lavoro, portandosi dietro uno stato d'animo stra convinto che questo nostro paese (Noha e dintorni) fosse un paradiso di sole, con il mare straordinario a due passi, di campi verdi, e di tante cose buone, aria compresa, tutte bellezze introvabili altrove.

Poi, alla fine di una lunga vita di sacrifici, al ritorno definitivo, diciamo pure che qualcosina di quel che c'era nello stato d'animo d'allora, non ci sta più. Svanito. E va be'.... Uno pensa che sia colpa del famigerato progresso, ed è il prezzo da pagare per cotanto benessere.

Sfioriamo l'ossimoro (per non dire il ridicolo) con 'sto benedetto "scotto" da pagare per avere in cambio “cotanto benessere”.

E ci mancava pure la quarantena a tempo indeterminato, e tanti morti innocenti, giusto per ottimizzare lo “scotto”.

Se mettessimo sulla bilancia "scotto" da una parte e "benessere" dall'altra... Be'... Fateveli voi due conti. Taranto docet.
Ma qui si sfiora davvero la dabbenaggine. Ora sento molti lamentarsi per l'inquinamento del cementificio galatinese, delle altre canne fumarie della zona industriale tra Galatina e Soleto, e perfino della centrale Enel a carbone di Cerano (cose dell’altro mondo… a carbone) e dell'acciaieria di Taranto, un fallimento palese di tutti: politici, sindacati e imprenditori, con specifiche condanne e specifici morti. E ci sta che uno si lamenti di queste tragedie. E ci mancherebbe.

E ogni giorno dell'odore acre di plastica bruciata che si espande di qua e di là a seconda dei quattro venti. Ma poi uno se lo deve anche metabolizzare questo bubbone, o no? Dovrebbe anche sforzarsi di capire che se le cose le conosci e sai che fanno male, malissimo, non è che poi tu ti devi sentire in diritto di fare altrettanto. E allora, mettiamola così: il  benessere, ci costringe a pagare lo scotto.
Ma quando si trovano lungo le strade di campagna, a distanza intercalata di dieci metri, sacchi neri di rifiuti vari, quando ci vediamo passare sotto il naso quel filo nero di puzza asfissiante di plastica che brucia, e ti si strozza la gola e ti lacrimano gli occhi, e ti guardi intorno sbalordito per cercare la colonna di fumo nero, e non la vedi, ma la senti, e non sai più dove correre a rintanarti, e sia che sia plastica da pacciamatura o materiale di sgombero che oltretutto, brutta bestia di tanti chili e pochi neuroni che altro non sei, andrebbe portato all'ecocentro - che fra l'altro lo ritira gratuitamente - quando tutto questo supera il "bello", quel poco di bello che nonostante tutto la Natura cerca di donarci ancora, a quale santo dobbiamo rivolgerci per il miracolo?

P.S.: le foto, che vi prego di guardare bene per rendervi conto con che tipo di barbari abbiamo a che fare, ovviamente si riferiscono a luoghi ben precisi, che spero vengano sottoposti a stretta sorveglianza da parte dell’Amministrazione Comunale, nella speranza che i “tanti chili e pochi neuroni” vengano colti con le mani nel sacco. Ma basta aprire gli occhi, non solo quelli con cui guardiamo il benessere, ma quelli con cui paghiamo lo scotto, e di schifezze cosi se ne vedono ovunque. Ai bordi di qualsiasi strada comunale, provinciale, statale, di campagna, per non parlare del mare in cui amiamo sciacquarci le spoglie.

 Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 12/11/2013 @ 21:28:08, in Fotovoltaico, linkato 3859 volte)

Stavolta non parlerò della Pantacom srl (nonostante ne sia tentato dato che la lingua batte dove il dente duole) ma di un altro giglio di campo, un altro fiore all’occhiello del capitalismo moderno.

Ebbene sì, lo confesso, anche stavolta ho voluto farmi del male. In uno dei miei sporadici attacchi di masochismo m’è capitato di spulciare qualche dato dal certificato camerale di un’altra società a responsabilità limitata (e te pareva): la “Fotowatio Italia Galatina”. 

Come, non sapete chi sia costei? Suvvia, signori, ne vedete continuamente il capolavoro e soprattutto ne state pagando profumatamente vita e prosperità. E’ il gestore del mega-impianto di pannelli fotovoltaici che ha fatto sparire senza il permesso della popolazione ma con il silenzio-assenso dei nostri soliti politicanti una quarantina di ettari di campagna nohana di contrada Roncella, mentre altre centinaia di ettari sono stati trafitti da società consorelle, sempre ovviamente a responsabilità limitata, nell’intorno dello stesso feudo ed in quelli limitrofi.

Intendiamoci, questi certificati camerali, con gli annessi bilanci, non sono documenti top-secret e non c’è bisogno di essere agenti 007 o cofondatori di Wikileaks come Julian Assange per venirne in possesso. I prospetti Cerved sono dossier pubblici, aperti a tutti, e sarebbe il caso che davvero imparassimo tutti quanti a leggerli, ad iniziare da chi ha responsabilità di governo locale, possibilmente prima di prendere caramelle dal solito sconosciuto o - il che è quasi uguale - dai soliti noti, come a quanto pare si usa fare nei dintorni di palazzo Orsini.

*

La “Fotowatio Italia Galatina srl”, dunque, costituita nel 2009, è la titolare di quel panorama di ferro e silicio in campagna Roncella, che è possibile ammirare percorrendo la Sp. 352, altrimenti detta circonvallazione di Noha. Forse non tutti sanno che questa società nel 2011, primo anno di attività dell’impianto nohano, ha registrato ricavi netti per un totale di 6,38 milioni di euro, mentre nel 2012, secondo anno, altri 6,52 milioni di euro. Per quanto ovvio, tutti questi soldi, li state pagando voi attraverso le vostre bollette, inclusa l’addizionale (cioè il famoso incentivo gentilmente concesso alla ditta dallo Stato italiano).

Ah, dimenticavo di dirvi che codesta società, dapprima di pertinenza del Banco de Santander s.a. e della Caixa D’Estalvis I Pensions de Barcelona (Caja De Ahorros Y Pensi; ed altri), è oggi posseduta al 100% dal socio Mr Rent Investiment Gmbh con sede a Monaco di Baviera (Koeniginstrasse 107). Dunque, se non ve ne foste accorti siamo stati invasi prima dagli spagnoli, e per ora, con passaggio di quote sociali, dai tedeschi (maestri oltretutto in tema di campi di sterminio).

Infatti oggi gli amministratori della società occupante il suolo di Noha non rispondono ai nomi di Mario, Michelino, Lucia o Tonino; ma a quelli di Pottmann Robert, Schmid Christoph, Schweikart Stefan e Marampon Cristina Ethel (i primi tre nati in Germania, l’ultima a Busto Arsizio).

*

A proposito di “ricadute occupazionali” è appena il caso di ricordare che il numero medio di dipendenti della Fotowatio Galatina srl alla data del 31/12/2012 è pari a zero. Forse - quando in quel tempo se ne parlava - dicevano “ricadute” ma intendevano crolli. Sicché a quell’occupazione del suolo non corrispose mai (né mai corrisponderà) l’occupazione di lavoratori.

Che ruolo stiamo giocando noi in tutto questo?

Ma semplice: quello del bancomat.

Curnuti, vattuti e cacciati da casa.  

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 03/02/2018 @ 21:27:26, in Comunicato Stampa, linkato 1558 volte)

E niente. Volevo occuparmi un po’ di questa esilarante campagna elettorale con tanti partiti (molti voce del verbo) e altrettanti candidati che son tutto un programma; invece, visto che quasi nessuno dei diversamente politici aspiranti al soglio ne parla dal palco dei comizi, o se lo fa riesce persino a perorarne la causa benché finga di opporvisi  (o perché in mala fede o perché non ne sa nulla o perché non ha mai capito una beata mazza), mi vedo costretto ancora una volta a discettare di TAP, il tubo del “gas che non inquina” [sissignore, per i pro-tap evidentemente il gas è energia rinnovabile e pulita, e la sua combustione è tutta salute: emette ossigeno, o al massimo vapore acqueo, e niente o punto anidride carbonica, ossidi di azoto e particelle varie. Sarà che per “diversificare le fonti” – strategia che va tanto di moda - Tap andrà a prendere il gas  anche da Medjugorje].

E poi vuoi mettere? L’area PRT (cioè il terminale di ricezione di ‘sto gas) è a impatto zero (altro che azero): infatti, si tratta soltanto di distruggere altri 12 ettari di campagna melendugnese (ma sì, che vuoi che siano 12 ettari in più o 12 ettari in meno), il che è esattamente in linea con la famosa “vocazione turistica del territorio”, tutto teso ad accogliere villeggianti e escursionisti con grandi strade a quattro corsie, enormi centri commerciali, villaggi artificiali a gogo, magari colati nel bel mezzo di foreste di alberi di ulivi secolari (da divellere senza indugio con la scusa della Xylella, e da sostituire magari con piantine low-cost che vorrebbero tanto assomigliare a degli ulivi: peccato che siano come cespugli, necessitino di un mare d’acqua dolce, durino al massimo un paio di decenni, e l’olio che se ne ricava è buono per il tagliando periodico dell’auto).

Che poi tutto il cucuzzaro Tap, l’area PRT, la struttura, i tubi, le valvole, gli sfiati, le cancellate, i muri, i canali, le condotte, le linee, eccetera, abbiano una durata media di 50 anni, al termine dei quali, quando verrà chiuso (se mai venisse aperto) il rubinetto del gas, tutto verrà abbandonato in loco e buonanotte ai suonatori, è un dettaglio di secondaria importanza: “chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza” (anzi c’è, purtroppo). 

Tap dice nei suoi comunicati tanto cari ad allocchi e troll che “sul territorio saranno visibili soltanto la Valvola di Intercettazione [immaginate quanto cavolo sarà alta o lunga o larga o grossa questa benedetta Valvola di Intercettazione per essere “visibile” – volevano dire “impattante”, scusateli] e il Terminale di Ricezione (PRT). Quest’ultimo – è sempre Tap che parla – interesserà un totale di circa 12 ettari”. Di questi 12 ettari, però, “4000 metri quadrati [immaginate un’area pari a quella occupata da 40 case da 100 metri quadrati cadauna] saranno occupati da edifici, in un’area agricola senza presenza di altri edifici” [eh, sì, c’è sempre una prima volta]. Però “TAP ha progettato il Terminale con un piano architettonico che prevede che la struttura si integri nel territorio, rivestendo interamente gli edifici del terminale con la tipica pietra leccese. La struttura dunque si sposerà con la morfologia del paesaggio circostante” [sic].

Ma com’è che non ci avevo pensato prima. Per “sposare il tutto con la morfologia del paesaggio circostante” è sufficiente dunque rivestire edifici, discariche, capannoni, ciminiere, eco-resort, villette, ponti, strade, Twiga, porti turistici, alberghi sulla costa, e altra merda del genere, con la tipica pietra leccese e tutto sembrerà, ahimè, autentico Salento.

Probabilmente insegneranno questi principi al (non ridete) Corso di Preparazione per l’Esame di Guida Turistica firmato Tap che inizierà il prossimo 20 febbraio. E chissà se, quando parleranno di “ambiente naturale tipico”, non faranno riferimento all’unica campagna che certi tizi hanno in mente. Quella elettorale.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/12/2013 @ 21:27:19, in NohaBlog, linkato 3292 volte)

In principio fu il re dei colori. Avvenne quando l’uomo primitivo perse il pelo e scoprì il fuoco. Poi scoprì l’arte e dipinse la sua caverna con il nero dei tizzoni e il rosso della terra. Da lì in poi divenne il colore per antonomasia. Fu scelto dagli incoronati e dagli stessi incoronanti. Col passare del tempo, divenne il colore di molti stemmi di città e di bandiere, del Corsaro Rosso e delle favole, dei garibaldini e delle toghe, degli abiti di vescovi e cardinali e degli addobbi natalizi, delle lotte degli operai e dei cortei della sinistra, per finire nel tifo sfegatato di molte maglie di serie A. Una simbologia contraddittoria, certo, ma a tutto c’è una ragione. Di sicuro il rosso è stato ed è ancora la tinta per eccellenza. Con l’aumentare del prestigio del rosso, soprattutto porpora, nacque una vera e propria malattia, la porporomania. Insomma il rosso con il tempo è divenuto una specie di status symbol, e quindi esclusiva di porporati e potenti. Solo con l’avvento delle rivoluzioni liberiste è passato in uso anche nelle categorie sociali più modeste. E quindi noi nohani, il colore rosso ce lo portiamo dentro ovunque si vada perché è legato all’immagine della nostra terra e alla bellezza della natura che essa stessa genera con i suoi colori e frutti. Terra che ha dato da vivere per secoli a tante famiglie e che invece da qualche tempo stiamo maltrattando ricoprendola di pattume, spacciato a volte per tecnologico, da piattaforme di cemento e da nastri chilometrici di bitume. Nel lasso di tempo di pochissime generazioni abbiamo sepolto più terra che miliardi di uomini in migliaia anni. Fino a poco tempo addietro (i nohani della mia generazione ne sono testimoni), le cappelle di S. Antonio, della Madonna di Costantinopoli e del Buon Consiglio, segnavano il limite dell’area urbanizzata di Noha. Superandole si era in aperta campagna. Il che voleva dire estensione di verde e terra rossa, tracciati di carrarecce e profumi di fiori. Oggi quel limite non esiste più. E’ fuso in egual modo ai medesimi dei paesi limitrofi. Un unicum indefinito di case, strade e mega-porcate di vario genere. Così mentre obbediamo all’incitazione del progresso, la terra si ammala, e noi dietro ad essa. In compenso i nostri figli continuano ad emigrare per cercare altrove ciò che potremmo avere in casa. Un’altra storia questa, ma sempre tinta di rosso, rosso- rabbia. Gli unici beni che ci restano e che per fortuna non possono essere de localizzati, come si usa fare di questi tempi con il lavoro, sono appunto la terra e i nostri beni culturali.

Come le emissioni di gas nocivi devono essere ridotte oggi e non domani, così anche la copertura eccessiva della terra deve essere fermata oggi e non quando il suo recupero sarà irreversibile. Se non decidiamo al più presto che il trend di avanzamento di questa tragedia deve finire, ci vuol poco a immaginare quale rosso vedranno i nostri nipoti guardandosi intorno. Non certo il rosso di vergogna che dovrebbe bruciare sulle facce degli attuali responsabili di questa tragedia, che siamo noi tutti, nessuno escluso, bensì il rosso della loro (dei nostri nipoti) stessa collera per aver ereditato (non certo meritato) un disastro senza pari.

Forse l’unica memoria prestigiosa del rosso che resterà, anche se sbiadito (perché a quanto pare non frega niente a nessuno, politici compresi), è quello della torre dell’orologio, dei sotterranei del castello adiacenti all’ipogeo, della casa rossa, dell’ex cinema dei fiori, degli affreschi nascosti sotto la calce delle colonne della chiesa matrice realizzati da Cosimo Presta, pittore nonché stuccatore della chiesa madre e di una prestigiosa casa privata di Noha, di ciò che resta delle casette che forse qualcuno aspetta che vadano in frantumi per costruirci al loro posto due piani di appartamenti. Forse possono essere salvati solo più da un miracolo del nostro San Michele Arcangelo, come avvenne nella notte del 20 Marzo del 1740, evento miracoloso riportato nel libro della storia di Noha (“Noha, storia, arte e leggenda” di P. Francesco D’Acquarica e Antonio Mellone, Milano, Infolito Group Editore, 2006), allorquando il nostro San Michele fermò l’uragano con un semplice cenno del suo mantello rosso.

Ecco, questo è quanto chiedo come regalo per il Natale in arrivo: la salvezza dei nostri unici beni culturali che, ahimè, gridano vendetta, compresa la terra che ancora si oppone alle colate delle nostre mega-porcate.
E perché no, aggiungo anche la preghiera per una valanga di rosso che si riversi sulle facce di certi pseudo-elargitori di politica, che hanno perso il pelo, sì, ma non il vizio di fingersi sordi, accecati come sono dall’ignoranza, dagli imbrogli e dalla mancanza di rispetto per Dio. Barcollanti senza mèta, se non la fame di una banale onnipotenza.

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 21/11/2017 @ 21:26:38, in Comunicato Stampa, linkato 1260 volte)

Con la rassegna “fil rouge” il CAV MALALA ha voluto dare un segno tangibile della sua presenza sul territorio dell’ATS di Galatina con una serie di iniziative avviate nel mese di ottobre con la campagna di sensibilizzazione “Puntiamo sulla prevenzione” destinata agli studenti delle classi 4° degli Istituti Superiori.

Uno spazio interattivo rivolto ai giovani per riflettere ed essere informati sul tema della violenza di genere, ma anche occasione di ricerca finalizzata a capire la percezione della violenza nei giovani promossa dalla sociologa e ricercatrice dell’ università del Salento Prof.ssa Anna Maria Rizzo, partner del CAV in numerose iniziative.

La rassegna “fil rouge” prevede un fitto calendario di appuntamenti e incontri, tra i quali quello del 24 novembre per celebrare il 25 Novembre Giornata mondiale istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in onore e ricordo delle sorelle Mirabal, attiviste della Repubblica Dominicana, uccise il 25 novembre 1960 per la loro opposizione al regime dittatoriale.

A presentare la giornata del 24 novembre, presso la sede del CAV MALALA, saranno la dr.ssa Maria Giaccari - Vice Sindaco e Assessore alle Pari Opportunità del Comune di Galatina, l’Assessore dei Servizi Sociali Antonio Palumbo e la dirigente dell’Istituto Comprensivo Polo 3 Prof.ssa Rosanna Lagna.

A partire dalle ore 9.00 di venerdì saranno attivati laboratori teorico-pratici sui temi delle “differenze di genere, destrutturazione degli stereotipi di genere e sul rispetto delle differenze”, che coinvolgeranno direttamente 50 ragazzi delle classi terze della scuola di 1° grado.

Le attività laboratoriali saranno curate dalla Dr.ssa Barbara Colucci e Barbara De Simone e dalla coordinatrice dr.ssa Paola Gabrieli.

I ragazzi divisi in gruppi saranno stimolati e portati a manifestare, con tecniche riflessive, interattive ed emozionali, i modi di pensare intrisi di stereotipi per giungere a riconoscere questi come la vera causa e l’origine della violenza dettata da una educazione basata su modelli educativi stereotipati

Ufficio Stampa Comune di Galatina

 
Di Redazione (del 22/12/2016 @ 21:25:48, in Comunicato Stampa, linkato 2223 volte)

All'inizio fu un Esposto con l'apposizione di ben 500 firme di cittadini di Soleto e dei paesi limitrofi ma anche di gente che veniva da fuori. Si chiedeva in quell Esposto alla Magistratura Leccese di fare qlcs per capire di che morte stavamo morendo nella zona più colpita da tumori al polmone del Salento. Si chiedeva ai Magistrati di fare analisi, di controllare i fumi, di mettere le centraline  in continum nei camini H24 delle grandi ciminiere in modo da poterle monitorare. Si chiedeva di fare le analisi del latte materno e di pecora per vedere lo stato di diossina che poteva esserci nelle nostre campagne. Da quel momento dobbiamo dire che qlcs si è mosso. Sono cominciate le ispezioni per vedere se c'erano rifiuti tombati. Si sono fatti dei controlli nei bitumifici tanto che alcuni sono stati messi sotto procedura d'infrazione. Si sono attivate delle commissioni come Repol ed altre per studiare il fenomeno Salento. Intanto a Soleto alcuni giovani , quelli che promossero l'esposto,  si attivavano ancora per un secondo step di iniziative: Il Lenzuola day. Soleto venne tappezzata da lenzuola  con scritte anche allarmanti come SOLETO,  TU MUORI. Ricordo una madre che venne a chiedere di togliere quel lenzuolo dal balcone perchè la irritava. Un'altra figlia ci disse che facevamo male perché non rispettavamo i veri malati di tumore. Col senno di poi forse avevamo osato molto. Quella figlia proprio due anni dopo perse la mamma di tumore. 
Ed eccoci arrivati ai giorni nostri. L' era della terza fase di lotta che ben si definiva in quell' Esposto:  LE ANALISI DEL LATTE. Sono passati più di due anni e di questo nessuno ne parla più o meglio ne parlava più. Tutto sembrava finito. Nuova Messapia, la promotrice di Quell' Esposto ora è assente.. Ed allora che fare? Tutto finito? Proprio ora che dovevamo raccogliere i frutti concreti ed avviare una ricerca dal basso? 
Uno dei promotori di Quell' Esposto non si è arreso mai ed ha sempre cercato di portare la battaglia avanti. Latte materno, Latte di pecora o acqua? A distanza di 3 anni , si profila di nuovo un coinvolgimento pieno per procedere su questa strada solo che si manifesta , da parte di alcuni cittadini, la volontà di fare le analisi dell'acqua più che del latte. Si ritiene che l'acqua sia il bene comune par eccellent.  Ed ecco a questo punto che la volontà popolare ha il sopravvento. SI PARTE PER FARE LE ANALISI DELL'ACQUA . Ci si mette in contatto con il centro analisi , si chiedono informazioni, costi,  procedure, tempi di attesa, attendibilità, il tipo di sostanze monitorate. Il risultato è che per ogni campione si spendono 300 euro e consistono questi esami in due branche: DIOSSINA  da una parte e.....bMETALLI PESANTI ATRAZINA NITRATI dall'altra. Due campioni separati .Costo 600 euro. La mia Associazione, FARE AMBIENTE decide di attivarsi e incominciare una campagna di informazione e divulgazione per promuovere la RACCOLTA FONDI PRO ANALISI DELL'ACQUA  e.....se dovessero avanzare  soldi .....anche per il Latte di Pecora e Latte Materno. Si badi bene che Mai , dico mai , nel SUOLO SALENTINO  SI È MAI MONITORATO IL LATTE MATERNO. Si è monitorato il Latte di Pecora o di bovini (vedi copersalento) ma mai il LATTE MATERNO. Sarebbe davvero sorprendente se dovessero uscire risultati allarmanti. Una cosa è certa: gli aborti spontanei sono di gran lunga aumentati in questa zona. Questo potrebbe essere un campanello d'allarme. Cosa chiediamo alle persone? Chiediamo di essere partecipi e coinvolti tutti in questa azione sinergica: Popolazione , istituzioni, organizzatori , tutti uniti per cercare di capire come stanno realmente le cose con l'ambiente. Un segnale positivo che ci potrebbe venire dall'acqua ci renderebbe tutti più felici e ci potrebbe far essere più positivi nei confronti della vita. Un segnale positivo dal latte potrebbe renderci più sicuri per quanto riguarda la diossina. Essa è una sostanza che una volta che cade si deposita e si somma alle altre particelle sul terreno. Potremmo scoprire se la nostra zona è più inquinata di Seveso o se invece è esente da questa pericolosa sostanza. Potremmo vedere e toccare con mano se i nostri bimbi che allattano dal seno lo possono fare tranquillamente o se invece siamo tutti in pericolo. Insomma , una procedura di questo genere proprio perché parte dal basso ha più valore aggiunto. Con questa operazione mettiamo una PIETRA MILIARE NELLA STORIA DEL SALENTO SOTTO IL PROFILO AMBIENTALE.  Noi , come associazione di FARE AMBIENTE , CHIEDIAMO PARTECIPAZIONE E CONTRIBUZIONE nell'ordine di pochi spiccioli di euro. Si tenga presente che in cassa abbiamo l'equivalente di un campione e mezzo. Chiediamo di mettersi in contatto con noi affinché si possa raggiungere la modica cifra di 1200 euro per fare i 4 campionamenti. Tutto il Salento è invitato a partecipare perchè , mentre noi della zona di Soleto siamo interessati a bere l'acqua di Corigliano, altri della parte nord del Salento potrebbero contribuire per un campionamento della loro acqua che proviene dal Pertusillo.Quindi , benvengano donazioni ďalla parte alta della provincia di Lecce con la loro acqua e con il loro latte. Porteremo tutto in laboratorio che a titolo informativo è RIGOROSAMENTE TOP SECRET e FUORI REGIONE ANZI FUORI ITALIA CENTRO SUD a scanzonato di equivoci e conflitti di interesse.Quale interesse? La nostra Salute Vs la Salute di Stato. Ilva docet.

Salvatore Drake Masciullo

 
Di Redazione (del 18/02/2015 @ 21:25:02, in Comunicato Stampa, linkato 2086 volte)

GREEN-HEALTHcampagna di sensibilizzazione per l’uso consapevole e senza sprechi del farmaco

QUATTRO LUNEDÌ DEDICATI ALLA RACCOLTA DEL FARMACO SCADUTO

Inizieranno lunedì 23 Febbraio e proseguiranno nei giorni 02, 09 e 16 Marzo le quattro giornate dedicate alla raccolta del farmaco scaduto.

L’iniziativa è prevista dal progetto “GREEN HEALTH – FAI LA DIFFERENZA. campagna di sensibilizzazione per l’uso consapevole e senza sprechi del farmaco” presentato a maggio 2014 da A.P.MA.R. Onlus (Associazione Persone con Malattie Reumatiche).

Il progetto è sostenuto da Fondazione CON IL SUD attraverso il bando Ambiente 2012 “Verso Rifiuti Zero”. Promosso da A.P.MA.R. Onlus associazione capofila, in partnership con AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), Provincia di Lecce, Comune di Lecce, Ordine dei Farmacisti, Cisl di Lecce, Anolf, Comunità Emmanuel, Associazione Città Nostra, Le Miriadi 49 e con il patrocinio della Asl di Lecce.

Obiettivo del progetto è di sviluppare, attraverso una strategia di sensibilizzazione ed informazione sul territorio di Lecce e provincia, una maggiore attenzione sociale sull’importanza dell’uso del farmaco.

 
Vi aspettiamo:

Lunedì 23 Febbraio, Farmacia Licignano – Galatina, corso Giuseppina Del Ponte (palazzo di vetro)

Lunedì 02 Marzo, Farmacia Maggiulli – Noha, via Castello

Lunedì 09 Marzo, Farmacia Sabato – Galatina, piazza Dante Alighieri

Lunedì 16 Marzo, Farmacia Vergine – Galatina, viale Santa Caterina Novella

 

Galatina, 18/02/2015

 
Associazione Città Nostra
 
Di Redazione (del 03/06/2020 @ 21:23:24, in NohaBlog, linkato 1567 volte)

Bravissima la nostra Arianna Gabrieli insignita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere del Lavoro per la sua attività di ricerca.

Congratulazioni, dottoressa, e "ad maiora" da parte di tutti i nohani.

Come annunciato ieri a Codogno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto insignire dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica un primo gruppo di cittadini, di diversi ruoli,  professioni e provenienza geografica, che si sono particolarmente distinti nel servizio alla comunità durante l’emergenza del coronavirus. I riconoscimenti, attribuiti ai singoli, vogliono simbolicamente rappresentare l’impegno corale di tanti nostri concittadini nel nome della solidarietà e dei valori costituzionali.

Annalisa Malara e Laura Ricevuti, rispettivamente, anestesista di Lodi e medico del reparto medicina di Codogno, sono le prime ad aver curato il paziente 1 italiano.

Maurizio Cecconi, professore di anestesia e cure intensive all’Università  Humanitas di Milano,  è stato definito da Jama (il giornale dei medici americani) uno dei tre eroi mondiali della pandemia.

Mariateresa Gallea, Paolo Simonato, Luca Sostini sono i tre medici di famiglia di Padova che volontariamente si sono recati in piena zona rossa per sostituire i colleghi di Vo’ Euganeo messi in quarantena.

Don Fabio Stevenazzi del direttivo della Comunità pastorale San Cristoforo di Gallarate (VA) è tornato a fare il medico presso l’Ospedale di Busto Arsizio.

Fabiano Di Marco, primario di pneumologia all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha raccontato la tragica situazione della città e dell’ospedale.

Monica Bettoni, ex senatrice e Sottosegretaria alla Sanità, medico in pensione, ha deciso di tornare in corsia a Parma.

Elena Pagliarini è l’infermiera di Cremona ritratta nella foto diventata simbolo dell’emergenza coronavirus. Positiva, è guarita.

Marina Vanzetta, operatrice del 118 di Verona, ha soccorso una anziana donna e le è stata accanto  fino alla morte.

Giovanni Moresi,  autista soccorritore di Piacenza Soccorso 118, ha offerto una  testimonianza del ruolo degli autisti soccorritori del 118.

Beniamino Laterza, impiegato presso l’Istituto di vigilanza “Vis Spa” e presta servizio nell’ospedale Moscati di Taranto, presidio Covid.

 

Del team presso l'Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma – struttura di eccellenza della sanità pubblica fanno parte:

Maria Rosaria Capobianchi, a capo del team che ha contribuito a isolare il virus

Concetta Castilletti, responsabile della Unità dei virus emergenti.

Francesca Colavita, Fabrizio Carletti, Antonino Di Caro, Licia Bordi, Eleonora Lalle, Daniele Lapa, Giulia Matusali, biologi

 

Nel team di ricerca dell’ospedale Sacco e dell'Università degli Studi di Milano, poli di eccellenza nell’ambito del sistema sanitario e di ricerca nazionale:

Claudia Balotta a capo del team, ora in pensione. Nel 2003 aveva isolato il virus della Sars.

Gianguglielmo Zehender,  professore associato.

Arianna Gabrieli, Annalisa Bergna, Alessia Lai, Maciej Stanislaw Tarkowski ricercatori


Ettore Cannabona, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Altavilla Milicia (Palermo), ha devoluto in beneficenza l’intero stipendio mensile.

Bruno Crosato in rappresentanza degli Alpini della Protezione civile del Veneto  che hanno ripristinato in tempi record 5 ospedali dismessi della regione.

Mata Maxime Esuite Mbandà, giocatore per il Zebra Rugby Club e per la nazionale italiana,  volontario sulle ambulanze per l’Associazione Seirs Croce Gialla di Parma.

Marco Buono e Yvette Batantu Yanzege  della Croce Rossa Riccione hanno risposto all’appello della Lombardia che chiedeva aiuto a medici e personale con ambulanze.

Renato Favero e Cristian Fracassi, il medico che ha avuto l’idea di adattare una maschera da snorkeling a scopi sanitari e l’ingegnere che l’ha realizzata.

Concetta D’Isanto, addetta alle pulizie in un ospedale milanese. Fa parte di quella schiera di lavoratori che ha permesso alle strutture sanitarie di andare avanti nel corso dell’emergenza.

Giuseppe Maestri, farmacista a Codogno, ogni giorno ha percorso cento km per recarsi in piena zona rossa.

Rosa Maria Lucchetti, cassiera all’Ipercoop Mirafiore di Pesaro, ha lasciato una  lettera agli operatori 118  donando loro anche tre tessere prepagate di 250 euro.

Ambrogio Iacono, docente presso l’istituto professionale alberghiero Talete di Ischia. Positivo,  ricoverato al Rizzoli di Lacco Ameno, ha continuato a insegnare a distanza nei giorni di degenza.

Daniela Lo Verde, preside dell’istituto “Giovanni Falcone” del quartiere Zen di Palermo, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per regalare la spesa alimentare ad alcune famiglie in difficoltà.  Suo l’appello  per recuperare pc e tablet per consentire ai suoi allievi di seguire le lezioni a distanza.

Cristina Avancini, l’insegnante di Vicenza che nonostante il contratto scaduto non ha interrotto le video-lezioni con i suoi studenti.

Alessandro Santoianni e Francesca Leschiutta, direttore della casa di riposo della Parrocchia di San Vito al Tagliamento (PN) e coordinatrice infermieristica che,  insieme agli altri dipendenti, sono rimasti a vivere nella struttura per proteggere gli anziani ospiti.  

Pietro Terragni, imprenditore di Bellusco (Monza e Brianza), in seguito alla morte di un dipendente, Erminio Misani, che lasciava la moglie e tre figli, ha assunto la moglie Michela Arlati.

Riccardo Emanuele Tiritiello, studente dell’istituto Paolo Frisi di Milano. Con il padre e il nonno hanno cucinato gratuitamente per i medici e gli infermieri dell’ospedale Sacco.

Francesco Pepe, quando ha dovuto chiudere il suo ristorante a Caiazzo di Caserta ha preparato pizze e biscotti per i poveri e gli anziani in difficoltà, organizzando una raccolta fondi per l’ospedale di Caserta.

Irene Coppola ha realizzato, a sue spese, migliaia di mascherine. Ha aiutato una associazione per sordi inventando una mascherina trasparente per leggere il labiale.

Alessandro Bellantoni  con il proprio taxi  ha fatto una corsa gratis di 1.300 km per portare da Vibo Valentia  all’ospedale Bambin Gesù di Roma una bambina di tre anni  per un controllo oncologico.

Mahmoud Lufti Ghuniem, in Italia dal 2012, fa il rider. Si è presentato alla Croce Rossa di Torino con uno stock di mille mascherine acquistate di tasca sua.

Daniele La Spina in rappresentanza dei giovani di Grugliasco al servizio della città di Torino che hanno portato prodotti di prima necessità a chi ne ha bisogno, in particolare agli anziani soli.  

Giacomo Pigni, volontario dell’Auser Ticino-Olona ha coinvolto una ventina di  studenti che hanno iniziato a fare chiamate di ascolto per dare compagnia alle persone sole.

Pietro Floreno, malato da oltre dieci anni di Sla ha comunicato di voler mettere a disposizione della ASL, per i malati di coronavirus, il suo ventilatore polmonare di riserva.

Maurizio Magli, in rappresentanza dei 30 operai della Tenaris di Dalmine che, quando è arrivata la commessa per la produzione di 5mila bombole nel minor tempo possibile, hanno volontariamente continuato a lavorare.

Greta Stella, fotografa professionista, volontaria presso la Croce Rossa di Loano (Savona), ha realizzato un racconto fotografico dell’attività quotidiana dei volontari.

Giorgia Depaoli, cooperante internazionale e si dedica in particolare alla difesa dei diritti delle donne. Ha subito dato la sua disponibilità alla piattaforma “Trento si aiuta” .

Carlo Olmo,ha contribuito nel rifornire gratuitamente Comuni e strutture sanitarie del Piemonte di mascherine, guanti, camici.

Maria Sara Feliciangeli, fondatrice dell’Associazione Angeli in Moto, insieme ai suoi amici motociclisti si è impegnata per consegnare i farmaci a domicilio alle persone con sclerosi multipla.

fonte:Presidenza della Repubblica

 
Di Antonio Mellone (del 06/05/2017 @ 21:20:39, in NohaBlog, linkato 2869 volte)

In effetti questa storia del “voto Tizio perché è una brava persona” provoca anche a me una forma di evirazione per forza di gravità: ovvero, come potrebbe più prosaicamente dirsi, mi fa cascare le palle.

Nel mese di aprile su galatina.it Lorenzo Candido, un ragazzo di Galatina ora studente di Giurisprudenza in quel di Roma, con una lettera aperta di alto profilo chiedeva alla comunità tutta un pizzico “di passione incondizionata verso la Politica”.

Così continuava Lorenzo nella sua missiva: “Abbiamo bisogno di dire che la nostra città va difesa ad ogni costo. La nostra città deve essere protetta da ogni abuso, da ogni sberla, anche da quella più velata. Abbiamo bisogno di urlare che lo stupro di questa terra è un crimine. Abbiamo il dovere di combattere la mentalità, fin troppo radicata, del culto della persona. […] Bisogna guardarsi allo specchio e dire: sì, la mafia esiste e ora la distruggiamo”. E infine: “Galatina deve vedere, deve sentire, deve parlare. L’omertà e la passività declinate in ogni ambito ammaccano la democrazia”. Insomma, un vero e proprio programma politico.

Uno pensava (sperava) di poter leggere con la medesima evidenza sullo stesso sito una valanga di lettere in risposta ai temi trattati dal Lorenzo, un dibattito pubblico di un livello finalmente un po’ più elevato rispetto a quello dei calzini corti, e soprattutto degli interventi importanti da parte di “qualcuno che si candida” piuttosto che di qualcuno “che è stato candidato”. 

Invece, niente. A Galatina non c’è proprio trippa per gatti (solo truppe di fatti, anzi di strafatti riempiliste).

Sicché ci siam dovuti accontentare di un paio di contributi un po’ così: tipo quello della Roberta Forte, che è partita bene per perdersi subito dopo nel traffico del centro storico di Galatina, il quale, secondo lei, sarebbe da chiudere sì, ma a dosi omeopatiche [cosa c’entra il centro, Roberta: Lorenzo aveva chiesto ben altro, ndr.]; e quello di tal Claudio Bello, che elenca i motivi per cui ha l’Amante, e cioè: 1) perché “non ha simboli di partito alle spalle” [huahahahaha: per la cronaca, il Tipo ha avuto alle spalle qualche fiamma più o meno tricolore, ndr.]; 2) perché sostanzialmente è una “brava persona” (e ridaje); 3) per “non vedere sempre le stesse facce” (come se Amante fosse nuovo di zecca e non un usato sicuro), e soprattutto – ipse dixit - quelle “facce che nelle precedenti tornate elettorali se le son dette, senza mezzi termini, offendendosi vicendevolmente e gridando al pubblico (anche social ma non solo) il proprio disappunto nei confronti dell’antagonista politico”. Ma che film ha visto, Bello? Quando mai se le son dette di santa ragione? Forse quando hanno fatto le peggiori porcate tutti insieme appassionatamente, maggioranza e finta opposizione, come nel caso del mega-porco commerciale di Collemeto? Il problema di Galatina non è affatto l’antagonismo – magari ce ne fosse un po’ – ma il consociativismo, il volemose bene, la Trattativa, il partito trasversale, i tarallucci & vino, la mano che lava l’altra, i finti amiconi, e la cosiddetta mo-de-ra-zio-ne.

Lorenzo avrebbe voluto leggere qualcosa di diverso, di nuovo, magari non necessariamente di inedito, ma non queste coglionate, fritte e rifritte, calzanti con gli argomenti trattati come la Nutella sui cavoli stufati a merenda.      

Sono certo che Lorenzo Candido (ma, per la verità, anche il sottoscritto) avrebbe voluto sentire da qualche concittadino che a Galatina finalmente la Politica dice una volta per tutte “Stop al consumo del territorio comunale” (nel senso che è giunto il tempo di pensare alla razionalizzazione degli spazi già edificati, al recupero delle aree dismesse, e al risparmio di ogni metro anzi di ogni centimetro quadrato di terreno agricolo).

Che d’ora in poi si punterà all’efficientamento energetico, alla riduzione dei consumi per esempio della pubblica illuminazione (pensate, ci è arrivato persino Coccioli) e che si impedirà una buona volta che il paesaggio comunale venga devastato in nome della produzione di energia mascherata come pulita (ergo, divieto assoluto a nuove pale eoliche di massa, al fotovoltaico in mezzo alla campagna e alla produzione di biogas da mega-centrali di compostaggio “ana[l]erobico”).

Che la Politica darà per prima l’esempio di un nuovo stile di vita incentrato sulla mobilità sostenibile, sul bike-sharing, sul pedibus, sul trasporto pubblico integrato, sull’autobus a chiamata eventualmente, e soprattutto sull’utilizzo dei mezzi di locomozione comunale francescana, cioè i piedi (che oggi, a Galatina, sembrano invece tutti affetti da calli, alluci valghi, acidi urici, fasciti plantari, metatarsalgia, occhi di pesce e neuroma di Morton, sicché si arriva ad utilizzare l’auto finanche per un giro di villa).

Che verranno incoraggiate le attività di allevamento domestico degli animali (certamente non negli appartamenti dei “grattacieli” cittadini), caratteristica del nostro piccolo mondo antico. Che si continuerà con la raccolta differenziata porta a porta, portandola a percentuali di eccellenza, promuovendo la strategia dei rifiuti zero e, al contempo, anche il compostaggio domestico. Che si cercherà con le buone ma anche con le cattive di combattere la ludopatia (tragedia che sta portando alla rovina famiglie intere).

Che considereremo i ragazzi migranti come una risorsa preziosa del territorio, prima di tutto culturale, da conoscere meglio e integrare nella comunità, anche ai fini di un reciproco arricchimento. Che, per esempio, si incentiverà sempre più la popolazione a scelte quotidiane sobrie e sostenibili. Che si disincentiverà invece la grossa industria del commercio (il mega-porco, per dire, dovrebbe essere bandito dai confini comunali soprattutto grazie alla domanda, voglio dire alle scelte consapevoli dei consumatori) anche al fine di favorire il piccolo commercio (meglio se equo, solidale e di qualità).

Che ci sarà tolleranza zero - pena la chiusura immediata e la richiesta di risarcimento danni - nei confronti delle aziende che inquineranno l’aria, l’acqua e il suolo comunali (nonostante le loro generose offerte di sponsorizzazione). Che verrà incoraggiato in agricoltura lo scambio dei semi tra i cittadini, e che verrà impedito l’utilizzo di diserbanti e pesticidi chimico-industriali in tutto il territorio galatinese (finora qui s’è bandita invece l’agricoltura e tutti i suoi prodotti, “dalle cicorie alle patate di Galatina” che, nonostante la denominazione, debbono ormai essere prodotte fuori dai confini municipali).

Che si impegna nel restauro paesaggistico e dei beni culturali nel principio del dove erano e come erano, facendo tesoro degli elementi tipici del mosaico del “Genius loci”. E che si cercherà in tutti i modi di debellare la mafia in me, prima che la mafia in sé (sì, qui da noi, soprattutto nei metodi – anche nella richiesta telefonica di una firma per la convalida delle proprie liste elettorali – spesso ci si comporta, più o meno a propria insaputa, secondo il manuale del perfetto mafioso).

Ecco. Cose del genere, avrebbe voluto leggere Lorenzo (ma anche lo scrivente) in risposta alla sua missiva, non le minchiate di cui stanno riempiendo manifesti, social-network, e il nostro ruzzolante binomio anatomico meno oblungo e più sferico, onde la libido per queste elezioni risulta in forte calo.

Lorenzo, studia, ‘manisciate’ e torna a casa. Così da Candido potrai diventare pure candidato.

Il tuo primo voto sarà il mio.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 30/11/2006 @ 21:20:33, in Eventi, linkato 5099 volte)
"Grande successo di pubblico per il convegno del 27 ottobre 2006 organizzato dalla CGIL di Galatina per commemorare dei veri e propri eroi della lotta per i diritti dei lavoratori "Carlo Mauro, Biagio Chirenti e Luisa Palumbo".
Dal palco dei relatori, moderati da Ninì De Prezzo, si sono alternati il Sindaco di Galatina, Sandra Antonica, che ha introdotto il simposio; Carlo Macrì che ha svolto il tema sulla nascita della CGIL nel Salento; Antonio Mellone che ha discettato della pasionaria di Noha: Luisa Palumbo, meglio nota come La Isa; Angela Chirenti che ha raccontato la storia di suo padre Biagio Chirenti, contadino, sindacalista e sindaco; ed infine Giuseppe Taurino, in sostituzione di Lucio Romano, che ha trattato della romantica attualità di Carlo Mauro.
Di seguito riportiamo il discorso commemorativo di Antonio Mellone sulla passione e la lotta della nostra concittadina Luisa Palumbo...".


Luisa Palumbo (La Isa): passione e lotta

Questa sera ho l’onore di parlare di un nome, celebrandolo (alla fine di ognuno di noi non resterà che il nome): quello caro di Luisa Palumbo (1920 - 2003), meglio nota come la Isa, e ancor più nota quale pasionaria di Noha.
Come vedremo la Isa, comunista convinta, è stata una sindacalista battagliera, protagonista delle lotte per la rivendicazione dei diritti degli ultimi. Ma prima di tutto questo, la Isa era una Donna!
Ne parlerò sul filo della memoria, delle testimonianze e soprattutto del cuore.
Scopriremo come sia vero il fatto che certe figure inquadrate in ambienti “provinciali”, come Noha, meritano di essere fermate finalmente sotto il flash della Storia, la quale, benché “locale” o “micro” (come dice Antonio Antonaci), dovrebbe essere comunque scritta con la maiuscola. Per capirci meglio, diciamo che la Storia locale è Storia tout court: non c’è più Storia di prima scelta e Storia di seconda scelta. Di fatto la storia generale non può fare a meno della micro-storia, quella delle piccole località e della gente non blasonata spesso testimone o protagonista “muta” della Storia: così come è vero che ogni mosaico è, del resto, fatto da mille piccole tessere, tutte importanti.
Questa sera, dunque, parlerò di una di queste tessere musive.
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Conobbi la Isa in circostanze particolari.
Eravamo nel 1983. La mia famiglia come numerose altre famiglie di Noha (e di Galatina) trovava sostentamento nell’agricoltura.
Nell’ambito di questo settore la coltivazione che assorbiva i pensieri e le energie e le ore del giorno e della notte di tutti i membri della mia famiglia, incluso il sottoscritto, era il tabacco…
Ora vi devo confessare che non solo non ho mai amato, ma neanche provato la pur minima simpatia questa coltura (e, a dirla tutta, nemmeno per le altre: verdura, vigneto ed uliveto, le principali, non collimavamo punto né con le mie aspirazioni, né con i miei hobby: l’idea dell’agricoltura quale sbocco occupazionale non mi sfiorava il pensiero: nemmeno come ripiego). Diciamo che la campagna mi sarebbe piaciuto intenderla al più come villeggiatura. Le mie braccia preferivano il carico di dieci libri pesanti, ma non uno di una “filza” di tabacco.
I miei genitori ovviamente non mi avrebbero permesso di trascorrere l’estate nel “dolce far nulla”: era un lusso che solo alcuni dei miei amici, più fortunati di me, potevano permettersi. L’ozio non era contemplato né negli schemi mentali né nel vocabolario dei miei familiari, e, a dire il vero, neanche nei miei.
Bisognava dunque trovare un’alternativa all’aborrito tabacco.
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Il bisogno aguzza l’ingegno anche dei ragazzini. Il mio mi portò in quell’amena località di mare al nord di Gallipoli che risponde al nome di “Lido Conchiglie”, dove venni assunto per tutta l’estate (e così per le successive quattro bellissime “stagioni”), in qualità di cameriere, alle dipendenze del grazioso hotel-pensione denominato appunto “Le Conchiglie”, un complesso turistico allora di proprietà proprio della signora Luisa Palumbo, nonna di Tony Serafini, un mio compagno di classe delle medie, qui presente, che di fatto era stato il mio “gancio”. Anche egli, colà, non era, oltre tutto, in vacanza, ma cameriere, al pari di me (non c’erano forme di nepotismo per la Isa!)…
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La proprietaria era, dunque, una anziana signora corpulenta, anziché no; ma attivissima, soprattutto in cucina, e combattiva, come vidi, financo al mercato del pesce di Gallipoli, dove conosciuta da tutti, veniva rispettata anche dal più incallito e smaliziato pescivendolo all’ingrosso.
La cosa che colpiva subito della Isa, a Lido Conchiglie dove visse gli ultimi vent’anni e più della sua vita, era un nugolo di cani e gatti che per la strada la seguivano o la precedevano: insomma l’accompagnavano ovunque movesse il suo passo lento e grave. Erano povere bestie randagie, abbandonate da gente violenta e senza scrupoli, delle quali la Isa si prendeva amorevole cura.
Questa donna dalla folta canizie, all’inizio mi sembrò burbera: compresi invece, in seguito alle nostre conversazioni (e ce ne furono molte) che la Isa aveva temprato il suo carattere coraggioso e agguerrito, ma in fondo altruista, alla scuola dura delle battaglie e delle mobilitazioni, degli scioperi e delle persecuzioni degli anni cinquanta che avevano finalmente interessato la provincia di Lecce; lotte senza le quali inesorabilmente si sarebbe rimasti ai tempi del feudalesimo dei servi della gleba.
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Mi rammarico di non aver approfondito e di non aver raccolto altre informazioni di prima mano da quella protagonista della Storia, animosa ed intrepida: quella donna che ha sfidato la storia del “ciclo dei vinti” (di verghiana memoria), contribuendo a cambiarla, questa storia!
Ma credo di esserne scusato: non ero che un imberbe sedicenne.
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La Isa fu un’attivista politica soprattutto negli anni cruciali delle lotte per i diritti delle tabacchine e successivamente negli anni delle contestazioni sessantottine, dove a Lecce, a Roma e altrove, era sempre in prima fila (lei allora casalinga) a fianco degli operai e degli studenti universitari, negli scioperi, nelle manifestazioni e nelle lotte che cambiarono il mondo, sulle note di “Avanti popolo”, “Bella ciao”, “L’Internazionale”…
Canti di Resistenza!
E sventolio di bandiere rosse con falce e martello, simboli del lavoro dei campi e delle fabbriche: vessilli che garrivano con fierezza ad ogni vento, specie se contrario.
Una volta le chiesi spiegazioni circa una sua cicatrice sulla fronte. Mi disse che si trattava del ricordo di un tumulto avvenuto nella capitale, allorché racimolò una manganellata sulla fronte, il cui segno (una ventina di punti di sutura!) rimase quale marchio indelebile della sua indole, che pare volesse dire agli interlocutori: “mi spezzo, ma non mi piego”.
La sua passione era quella di “contagiare” con le sue idee rivoluzionarie, lavoratrici e lavoratori, di quella voglia di libertà e di diritti necessari alla costruzione di una moderna democrazia. Soleva ripetere in codesta funzione, quasi didattica, nei confronti dei suoi concittadini: “…Accorgiamoci dell’ingiustizia! Se ci mettiamo insieme, se ci difendiamo, allora i padroni borghesi non possono far nulla. I diritti si ottengono con la lotta. Se non difendi il tuo pane, nessuno ti tutela…”.
Ed ancora: “Cercavamo di parlare alle tabacchine, in riunioni di caseggiato, nelle fabbriche, nelle borgate, nei locali più svariati per renderle edotte della loro condizione e dei loro tabù. Non era facile. C’era tanto da lavorare. Ce ne voleva per far comprendere questi principi.” (Queste appena proferite sono parole estrapolate dallo stupendo documentario di Luigi del Prete (anch’egli qui presente) intitolato “Le tabacchine. Salento 1944 – 1954”, edizioni Easy Manana; parole non molto dissimili da quelle che mi comunicava di persona).
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La Isa ha vissuto nell’ambiente rurale, come era quello di Noha, che non dava spazio a nessuno: figuriamoci ad una donna.
Mentre le altre compagne della stessa classe d’età della Isa negli anni ‘50 conducevano la loro vita di “schiavette” in seno alla famiglia o in mezzo ai campi (o le più “fortunate” in fabbrica) senza il diritto di parola o addirittura di pensiero, la Isa studiava, leggeva libri e riviste, e giornalmente “l’Unità”, quotidiano comunista (che cercava anche di distribuire e vendere specialmente nelle manifestazioni, anche come forma di autofinanziamento).
Le generazioni di oggi non possono avere nemmeno una pallida idea di cosa questo potesse allora significare: era questa una vera e propria rivoluzione, uno stravolgimento inaudito di uno status quo. Una donna poi!
Il lungo commercio con le lettere, la sua dote naturale di comunicativa, ma soprattutto le convinzione che era necessario agire, spingeranno la Isa a diventare un’agguerrita sindacalista, ovviamente della CGIL, o meglio una “capopopolo”, sempre presente nelle piazze e sui palchi dei comizi (anche improvvisati), nei quali sempre prendeva la parola: che scandiva con risolutezza e con un italiano impeccabile.
Si elevava in alto questa voce di Donna; e incantava, caricava gli animi scoraggiati dei “vinti”, quelli che ai propri figli potevano donare soltanto fame e freddo.
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La Isa diviene quasi un mito per i contadini di Noha e le altre operaie e tabacchine: la persona alla quale rivolgersi per ogni istanza, per la tutela e la rivendicazione dei diritti dei propri diritti di lavoratori: l’altra faccia dei diritti umani.
La Isa non spingeva alla ribellione soltanto per la povertà, la paga misera, il riconoscimento degli assegni di maternità, la fame, lo sfruttamento, la corruzione, ma soprattutto per il peso insopportabile della dignità calpestata e l’oltraggio del ricco: concessionario del tabacco o proprietario terriero che fosse.
La Isa non era affetta mai da timori reverenziali, nemmeno nei confronti del prefetto di Lecce, il tremendo Grimaldi, che voleva sminuire il valore della sua rappresentanza. La Isa fu una delle organizzatrici, insieme a tanti altri compagni, di uno sciopero straordinario (era il 24 settembre 1944). All’indomani di quella memorabile notte preparatoria la ribelle si presentò dal Prefetto, perché era di commissione, dicendogli: “Venga Eccellenza! Le faccio vedere le tabacchine che rappresento!”
Affacciatosi alla finestra il Prefetto non credeva ai propri occhi: circa 40.000 tra contadini e tabacchine gremivano le piazze e le strade dell’aureo barocco di Lecce.
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I contadini e le tabacchine si spaccavano le braccia, le ossa, la schiena: la terra arida dava magre ricompense. La campagna povera del sud dell’Italia doveva diventare una civiltà alla scuola della fame e della dignità.
Bisognava far capire che il lavoro era una condizione collettiva, tanto più dignitosa quanto più il capitale ed il lavoro (i due fattori classici della produzione) erano remunerati con equilibrio e bilanciamento.
Ma non era facile: chi per paura di perdere anche quel poco che aveva, chi per pigrizia, chi per ignoranza, chi per quieto vivere, pur accettando in linea di principio quelle istanze, difficilmente si esponeva in prima persona rivendicando ciò che gli spettava.
Proprio per questo, per il contesto da vera e propria cappa feudale, il merito della Isa va raddoppiato. Anzi decuplicato.
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La lotta e la passione della Isa dovrebbero camminare oggi sulle nostre gambe. Altrimenti sarebbe inutile questa sera starne qui a parlare. Ecco: la democrazia è una conquista giornaliera. Mai definitiva!
La fissità arcaica di rapporti sociali fondati sull’abuso della vita non è poi così lontana dai nostri tempi. Chi ha sfogliato L’Espresso di qualche settimana fa, allorché si parlava dei nuovi schiavi, avrà avuto modo di capire che proprio nella nostra Puglia, nei nostri campi c’è una realtà feroce, che non ama i riflettori, ma che non deve faticare tanto per nascondersi...
Il caporalato non è un cimelio antico, rispolverato in occasione di una coraggiosa inchiesta giornalistica: è invece una miscela nauseabonda di lavoro nero e criminalità, anche mafiosa. E non c’è differenza se il lavoratore è pugliese o extracomunitario o se è un contadino di colore schiavizzato nella raccolta dei pomodori del foggiano, o una badante dell’est europeo sottopagata e senza orari di lavoro.
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Oggi si assiste tra l’altro a fenomeni strani che colpiscono molti lavoratori dipendenti, “invitati” a lavorare così tanto da stravolgere il senso stesso della natura del lavoro, che è mezzo e non fine della vita.
Approfondendo la ricerca si scopre che la giornata lavorativa di 10 o 12 ore sta diventando (oggi, 2006!) per molti un’eccezione sempre più rara: “capireparto” di ipermercati impegnati per circa 72 ore settimanali, senza contare le eventuali domeniche; brillanti laureati cooptati da multinazionali di consulenza aziendale, che dopo i massacranti turni settimanali, sono costretti a portarsi il lavoro a casa (per “terminare la relazione nel week-end”). E, sia chiaro, spesso non si hanno alternative.
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Per carità: io sono il primo a rimproverare il giovane, magari trentenne, mammone e pigro, che oggi si aspetta la manna dal cielo, il posto di lavoro scodellato bello e pronto e a tempo indeterminato, solo perché “ha studiato”.
Penso che gli anni di gavetta siano necessari, per tutti. Aggiungo perfino (e lo dico con coraggio in questa assise di sindacalisti!) che una quota di “sfruttamento”, allo scopo di imparare un mestiere, debba essere messa in conto… Ma una cosa è dire questo, un’altra è pensare di mantenere la “competitività aziendale” attraverso codeste inqualificabili politiche gestionali. Politiche che ovviamente non vengono mai chiaramente esplicitate: nessuno ti chiede palesemente di passare la vita dentro l’azienda; nessuno ti obbliga a rimanere fino a sera; devi solo saperti organizzare e raggiungere gli obiettivi prefissati…
Ma in questo modo tu sei solo contro il mondo intero!
La corsa frenetica verso il profitto spinge l’uomo a calpestare la dignità di un suo simile, che poi è un suo “collega”. Il lavoro è un diritto di cittadinanza, non una merce grezza di scambio!
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Chiudendo la parentesi e ritornando al nostro tema diciamo che la Palumbo (per dirla con il nostro presidente Nichi Vendola) era “rea di porto abusivo di sogno”.
Anzi aggiungiamo dicendo che tendenzialmente era colpevole e recidiva. Viveva in una realtà da incubo ma nutriva il sogno in cui le persone sono finalmente più importanti delle merci e dei soldi.
Se non ci fossero stati i capipopolo come la Isa oggi saremmo ancora alla condizione dei dipendenti dell’800, quelli della prima rivoluzione industriale. La lotta non serve ad un solo bracciante o ad un operaio; quell’unione serviva (e serve) al benessere di tutti.
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La Isa ora riposa in pace nella cappella di famiglia nel cimitero di Noha. Intorno alla sua tomba in primavera ho visto crescere spontanei gruppi di papaveri rossi. E ci stanno bene.
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Non so che rapporto con Dio o con la trascendenza possa la Isa aver avuto.
Mi pare che fosse atea, o scettica, o agnostica, o comunque una cristiana non praticante; ma di lei ammiravo la fede profonda nella continuità della vita, il senso assoluto del dovere, quello che ha spinto molti non credenti, anche altrove nel mondo, alla tortura pur di non tradire gli amici, o altri ancora a farsi appestare per guarire gli appestati: è questo il “lasciare il messaggio nella bottiglia”, perché in qualche modo quello in cui si credeva, o che sembrava bello, possa essere creduto o appaia bello a coloro che verranno.
La Isa, forse, potrà pur non aver avuto esperienza di trascendenza, ovvero l’abbia perduta, ma credo che si sarà sentita confortata dall’amore per gli altri e dal tentativo di garantire a qualcun altro una vita vivibile anche dopo la sua scomparsa. Sono questi gli spiriti grandi quelli che aiutano l’umanità a crescere e diventare più giusta e civile.
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Così concludeva la Isa (e concludo anch’io) la sua intervista a Luigi del Prete, ripresa per il citato documentario sulle tabacchine: “Finchè ci sarà il ricco che può comprare ed il povero che si fa comprare non ci sarà giustizia. E quei pochi che vogliono uscire da questa oppressione ci rimettono la pellaccia!...”.
E ancora: “Oggi la donna del Salento e degli altri paesi, l’emancipazione l’intende nelle calze di nailon, nel cappotto di pelliccia, nella macchina… Ma la vera emancipazione non è questa. In questi termini l’emancipazione… non c’è! Ma la vera emancipazione è chiedersi: chi sono io, che cosa posso dare alla vita, che cosa posso ricevere dalla vita…”.
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Ecco: la Isa potrebbe pur aver avuto tutti i difetti di questo mondo, ma basterebbero queste ultime sue parole per erigerLe un monumento alto fino al cielo!


ANTONIO MELLONE

 

 
Di Redazione (del 06/12/2017 @ 21:20:02, in Comunicato Stampa, linkato 1677 volte)

L’autunno si scopre sempre più ricco ed animato. Dopo il successo di novembre delle iniziative gratuite inPuglia365 - Sapori e colori d’autunno, rivolte ai viaggiatori ed i cittadini pugliesi, a dicembre ancora tante occasioni per sperimentare e vivere una stagione unica ed affascinante. Tra questi gli appuntamenti di Profumi e Sapori...dal centro alla campagna, progetto inserito nel programma dell’Agenzia Regionale del Turismo (ARET) Pugliapromozione, promosso dall’Associazione “Città Nostra”, tra turismo slow ed enogastronomia che si snoda nei prossimi week-end nei comuni di Castrignano de’ Greci, Sogliano Cavour e Soleto. Massima attenzione al tema dell’alimentazione sana come elemento fondamentale per il benessere, insieme allo sport, ed al tema delle intolleranze alimentari. Una serie di attività per famiglie e bambini.

Sabato 09 dicembre 2017, ore 16.00, itinerario alla scoperta di Soleto in compagnia della guida abilita Francesco Manni. Un viaggio fra le strette strade lastricate e le piccole piazzette del centro antico su cui domina la Guglia di Raimondello. La Chiesa di Santo Stefano, centro religioso e culturale italo-greco, dov’è dispiegato all’interno un prezioso ciclo pittorico del XIV secolo. E poi storie di “macare”, demoni e del filosofo alchimista Matteo Tafuri. E poi la chitarra e voce di P40 e Donna Lucia un incontro tra la figura del cantautore e quella dell’attore, che insieme convivono portando lungo il percorso una rappresentazione quasi teatrale, essenziale, a tratti geniale ma nello stesso tempo ricca di improvvisazioni, che giocano sugli equivoci e sulle sensazioni del pubblico. Gustando i sapori della tradizione non potremo fare a meno di provare le tipiche crocchette di patate della trattoria Zonzi con un buon bicchiere di vino locale.

Meeting point: Porta San Vito, Via Umberto I, Soleto (LE)

Domenica 10 dicembre 2017, ore 16.00, itinerario alla scoperta di Castrignano de’ Greci con incursioni teatrali in abiti d’epoca a cura di ImprovvisArt, accompagnati dalla guida abilitata Angela Beccarisi. Conosceremo la storia e la bellezza del paese, accompagnati da attori teatrali, lungo le strade del centro antico dove spiccano le corti, “àvili” in greco, che attorno al Palazzo Baronale De’ Gualtieris serbano ancora l’eredità di antiche civiltà. Curioseremo nel Museo del Ricamo a mano e dei Pizzi e dei Merletti, nato dalla volontà dell’amministrazione comunale e dalla passione delle maestre rimatrici dell’Associazione RicamArte, dove si possono vedere trine e ricami, trame preziose dal XIX secolo al secondo dopoguerra, anche ferri da stiro a carbone, attrezzi da ricamo, telai antichi e riviste specializzate. A concludere il gusto tipico della tradizione presso Kalò Faï con un assaggio di “pittule dell’Immacolata”, “pitta di patate salentina”, “polpette della domenica”.

Meeting point: Parco Pozzelle, Via Boccaccio, Castrignano de’ Greci (LE)

T. +39 0836 569984 - +39 392 9331521 – E: iat.galatina@gmail.com

Partecipazione gratuita con prenotazione

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Di Marcello D'Acquarica (del 29/10/2014 @ 21:19:09, in NohaBlog, linkato 2818 volte)

Fino a pochi decenni addietro, privi ancora del nostro beato progresso, si viaggiava a “basse velocità”. Pochi erano gli utenti dell’auto, ci si spostava con mezzi di fortuna: treno, autobus, vespe e motorini, biciclette e solo pochi fortunati con l’automobile. Una delle gite più diffuse era quella alla volta di Santa Maria di Leuca, de finibus terrae, ultimo scoglio, approdo di paradiso e orizzonte di misteri. Si andava a far visita al Santuario Mariano: la gita era un pellegrinaggio. Per raggiungerlo si percorrevano stradine poco larghe e spesso interrotte da incroci con tratturi di campagna e paesini di un fascino unico. Ognuno lasciava un ricordo indelebile nella nostra memoria. Si apprezza meglio la storia, come la vita, se assaporata a piccole dosi.

Si partiva all’alba, debitamente attrezzati di cibarie come se si dovesse attraversare l’oceano Atlantico. Pioggia o sole, il divertimento e la gioia erano assicurati e soprattutto contemplati, perché l’isterico viaggiare dei nostri giorni, con la brama di arrivare subito e ovunque, non aveva ancora visto la luce. Ma questa è “nostalgia del passato”, “i tempi sono cambiati” e il “progresso ha reso più rapidi gli spostamenti” da un luogo a un altro.

E poi ancora: “al progresso non ci si può opporre, si perderebbero i finanziamenti perché dirottati altrove, si perderebbe l’unica concreta possibilità di sviluppo che abbiamo, l’unica occasione della vita per avere la ‘Strada Maestra’” (cfr. http://www.galatina.it/inizino-i-lavori-della-statale-275).

E dulcis in fundo un’altra chicca di saggezza: “saranno accese tantissime fiaccole, per ogni decesso avvenuto nel corso degli ultimi anni”. Come se la causa dei decessi sulle nostre strade dipendesse dalle strade stesse e non dall’alta velocità, o dalla guida in stato di ebbrezza, o dall’uso di droghe, o dall’inosservanza della distanza di sicurezza, o dall’uso del cellulare, o dai sorpassi pericolosi, o dai cambi repentini di corsia…

Come se sulle strade ad alta velocità gli incidenti mortali fossero impediti.

E’ inutile che proponga qui elenchi di statistiche: quello che risulta incontrovertibile è che più si va veloci e più aumenta il rischio e la gravità degli incidenti.

Ma nonostante tutto nel Salento si continuano a costruire strade, grandi strade simili a piste di aeroporti, come il nuovo tracciato Maglie-Otranto (causa tra l’altro dell’ennesimo scempio di ulivi secolari). E’ vero che accorcia vertiginosamente il tratto che separa le due città, peccato che ci si ritrova bloccati e imbottigliati a pochi chilometri dalla destinazione.

Quindi a che serve “perdere tempo” per attraversare una terra radiosa, costellata di bianche case e di distese di ulivi. A che serve “perdere tempo” attraversando piazze assolate, teatri aperti, facciate di antiche chiese e borghi intrisi di storia. A che serve ammirare gradualmente su questo percorso la presenza di una Natura ancora intonsa e risparmiata dal cemento. A che serve un pellegrinaggio lento e meditato se a sbattere il naso davanti al Santuario Mariano ci finiscono migliaia di frettolosi e ignari turisti, raggirati da una subdola pubblicità che il Salento è più bello se (s)tracciato da diaboliche piste di atterraggio per il tanto decantato progresso.

Infine c’è la favola del “lavoro” della costruzione della “strada maestra” che permetterebbe a qualcuno di stare tranquillo per un po’ di tempo, con uno stipendio garantito per qualche tempo, magari un anno o due. Con la speranza che questi lavoratori non facciano la fine di tanti operai dei campi di fotovoltaico nostrano, che hanno lavorato di notte e di giorno per far lucrare i soliti furbetti del quartierino straniero, e poi son rimasti senza lavoro e soprattutto senza il becco di un quattrino.

Ma vuoi mettere? Con la SS. 275, con annesso Autogrill, avremo una marea di turisti in più che, dopo aver goduto dello scempio cementifero, e dopo essersi spiaccicati come insetti sulle nostre scogliere, torneranno sui loro passi per non fare mai più ritorno nella nostra terra, perdendo così il ricordo di un’antica “Strada Maestra” persa per sempre.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 16/05/2017 @ 21:17:38, in Comunicato Stampa, linkato 1652 volte)

I libri sbocciano in maggio perché se in questo mese la natura si risveglia, lo stesso capita alla voglia di leggere”.

È questo lo spirito de “Il Maggio dei libri”, campagna nazionale ideata dal Centro per il Libro e la Lettura (CEPELL) con l’obiettivo di sottolineare il valore sociale della lettura.

Per tale occasione, i volontari del Servizio Civile Nazionale – progetto “In Reading 2015” – affiancheranno i bibliotecari durante le letture di storie e racconti dei più importanti e significativi scrittori per l’infanzia; seguirà un laboratorio ludico-artistico che si svolgerà ogni venerdì c.m. dalle ore 15.30 alle ore 17.00.

Venerdì 19 maggio alle ore 19.00 la Biblioteca comunale “P. Siciliani” di Galatina in collaborazione con la società “Libermedia”, il Centro Ecumenico “Oikos” e i volontari del progetto, inaugureranno una mostra di libri antichi e moderni dal titolo “La riforma protestante 500 anni dopo”. La mostra sarà introdotta dalla dott.ssa Rossella Schirone, docente di teologia pugliese dell’ISSR di Lecce.

Giovedì 25 maggio alle ore 10 presso la Biblioteca comunale l’autrice Ilaria Ferramosca e l’illustratore Mauro Gulma presenteranno la giornata “La riscossa delle Graphic Novel” con la lettura di alcuni fumetti agli alunni delle classi seconde degli Istituti Secondari di II grado di Galatina, IISS “Falcone e Borsellino” e Liceo Artistico “P. Colonna”.

Durante l’incontro i volontari dei quattro progetti del Servizio Civile Nazionale (In Reading 2015, Agones 2015, Monitor 4015, YouthGalatina 2015) attivi sul territorio di Galatina terranno un banchetto informativo sulle attività svolte. 

Inoltre continuano le attività di promozione alla lettura con i volontari del Servizio Civile Nazionale attraverso visite guidate in Biblioteca, presso gli istituti scolastici e con laboratori di lettura animata nel reparto pediatrico dell’ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina.

 Servizio Civile Nazionale

 
Di Redazione (del 11/06/2019 @ 21:17:27, in Comunicato Stampa, linkato 1001 volte)

Bruciare le stoppie, le erbe e le piante secche, dopo la raccolta, nel Salento è stata una tradizione; un modo semplice e sbrigativo per liberare la terra e metterla a coltivazione. Ora, tutto è cambiato, il rapporto città-campagna non è più quello di ieri: la citta è senza campagna e la campagna ha perso il rapporto con la città. Non è cambiato il vizio di usare il fuoco per liberare la terra e le periferie dai rifiuti, in particolare dalla plastica, oggi molto utilizzata in agricoltura. Il fuoco rimane un’offesa per la terra, un pericolo per la salute della città. Il fuoco brucia ogni cosa, non fa differenza: brucia l’erba e brucia la plastica, distrugge la vita degli animali, avvelena l’aria ed il suolo con le diossine prodotte, aggredisce il paesaggio e la vita dell’uomo. Il fuoco divora la terra e firma con la cenere la sua azione distruttiva. La risposta al fuoco è quella di una forte e corretta educazione ambientale.

Oltre la finestra, dentro casa nostra curiamo l’ordine, amiamo il pulito; fuori dalla finestra vediamo i rifiuti di ogni genere e non sentiamo di avere nessuna responsabilità’, siamo indifferenti, incapaci di capire che la città ci appartiene. La città è mia, è tua, è nostra, è di tutti! Per vivere ed abitare la città bisogna avere rispetto degli spazi, conoscenza dei luoghi, amore per il paesaggio. La ricchezza della città è il rispetto di chi sa viverla, di chi si comporta correttamente, non sporca, non brucia, non deturpa Chiese e palazzi. La città ordinata e pulita, senza rifiuti, rende la vita felice perché scompare quella differenza “dentro e fuori” dalla finestra.

Galatina, però, non vive un momento felice con i rifiuti, con le periferie, con l’ambiente, per  questo è necessario un piano strutturato di prevenzione degli incendi, un piano di sensibilizzazione e di educazione alla tutela del paesaggio, agrario ed urbano, ed infine un piano di educazione rivolto a tutti: a questo scopo risponde il piano di sensibilizzazione intrapreso dai volontari del Progetto “Monitor 6017” del Servizio Civile Universale del Comune di Galatina, che con i loro banchetti informativi, durante le domeniche estive, cercheranno di dialogare per orientare i cittadini a sentire propria la città, l’ambiente ed il paesaggio.

Inoltre, i volontari intraprenderanno un’azione di mappatura del territorio comunale, volta ad individuare i siti interessati dal fenomeno degli incendi colposi, fenomeno spesso collegato a quello dell’ abbandono dei rifiuti. A questo scopo, invitano tutti coloro che dovessero avvistare un incendio, ad inviare una segnalazione, oltre che alle Autorità Competenti, anche presso i loro contatti, possibilmente completa di foto e luogo in cui si è avvistato l’incendio.

Pagina FACEBOOK:            SCN - Progetto “MONITOR 6017”

E-mail:                                   comunedigalatinascn@gmail.com

I volontari del Progetto “Monitor 6017”
Luigi Mangia, Presidente dell’Associazione “Boy’s Arte e Cultura”

 
Di Antonio Mellone (del 10/02/2014 @ 21:15:51, in Compostaggio, linkato 3417 volte)

Ragazzi, lo confesso, è dura. E’ quasi impossibile star dietro a quella macchina da guerra che è l’amministrazione Montagna (che non fa proprio rima con campagna), composta da un bel gruppo di novelli Attila, i quali ce la stanno mettendo tutta (riuscendoci benissimo) per passare alla storia come i nuovi flagelli del bio.

L’ultima boutade (da tradurre con buttanata) di sindaco Cosimino e assessora Roberta, che hanno pure fatto finta di azzuffarsi nel pollaio con il consigliere regionale Galati(nese), riguarda il nuovo impianto di compostaggio “in conformità a quanto previsto nel Piano Regionale dei Rifiuti, che la individua (Galatina, ndr.) come uno dei tre siti necessari per il conferimento della frazione organica e congeniali per situazione geografica e bacino di utenza”.

Capito? Galatina e Frazioni (a questo punto umide) sono congeniali (mentre sindaco e assessora semplicemente geniali, oltreché necessari al futuro del comune). I nostri pollitici, con l’evidente “obiettivo di rendere inutili tanto le discariche quanto gli inceneritori” stanno, povere stelle, “dimostrano la concreta volontà di arrivare in tempi brevi alla chiusura ottimale del cerchio del riciclo dei rifiuti anche attraverso la realizzazione di un impianto di compostaggio, che garantirebbe una riduzione dei costi per il cittadino dovuta all’abbattimento dei costi del trasporto e peggio ancora a quelli di conferimento in discarica di un materiale prezioso per la nostra stessa agricoltura ed economia”. Roba che lascia senza fiato, vista anche la punteggiatura oltre che il resto della sintassi del carme, anzi del poema, del componimento-stampa pubblicato sui siti degli amici.

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Ma davvero questi ecologistipercaso pensano che tutti se la bevano? Davvero la popolazione di Galatina e dintorni non vede l’ora di ospitare, seppur extra-moenia, in prossimità della tangenziale Est” (ma dove di preciso?), l’ennesimo mega-impianto credendo alla favola per cui poi pagherà meno tasse sui rifiuti? Sì, come no. I cittadini non ci stanno nella pelle, non vedono l’ora, non credono ai loro occhi, alle loro orecchie, e tra un po’ al loro naso.

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E, a proposito, quanto suolo dovrebbe consumare o assorbire quest’ennesimo mega-porco in nome dell’ecologia e della popolazione virtuosa che fa la differenziata? Uno, tre, cinque, quindici ettari? E codesto mega-impianto dovrebbe poi accogliere, oltre al nostro prodotto interno lurdo, anche frazioni organiche provenienti da fuori comune e, ove necessario, anche da fuori regione? E, di grazia, chi sarebbe preposto alla gestione di questo avveniristico impianto virtuoso? Una nuova o una già esistente società mista pubblico-privato (da leggere: idrovora in grado di ingoiare quantità enormi e non ben precisate di fondi pubblici, di cui s’è già avuta esperienza, e proprio a Galatina)?

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Ma certo che il sindaco non vede l’ora di incentivare l’agricoltura fornendo quintali e quintali di prezioso humus a chilometri zero ai poderi galatinesi. Però, non si è ben capito per quali - ce lo spiegherà nel prossimo comunicato-stampa -, se per le centinaia di ettari di campi di fotovoltaico che ci attorniano, oppure per i 26 ettari di contrada Cascioni in Pantacom, oppure per quelli che coprirà la nuova erigenda tangenziale, o per i terreni da adibire a nuovi comparti di villette bi-familiari, o per i suoli della nuova area mercatale da spianare quanto prima, come auspicano i consumatori (in tutti i sensi), o per le nuove aree artigianali richieste a gran voce dagli artigiani.

A proposito di artigiani e del loro nuovo comunicato-stampa, in cui, a fianco a richieste ragionevoli, si ritorna a blaterare di nuove aree artigianali, c’è da chiedersi: ma come si fa a non vedere oggi, nelle zone industriali ed artigianali di tutto il Salento, ma anche del resto d’Italia, le decine di capannoni in vendita che, lungo le strade, sembrano attendere un fantomatico compratore, come tante prostitute ormai troppo vecchie? Come si fa a pensare ancora di cementificare il nostro già martoriato territorio con novelle volumetrie? E con quali soldi, poi?

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Signori, questo è il livello del dibattito politico in Galatina, la bella addormentata nel losco. Nessuno che dica nulla. Nessuno che ribadisca il fatto che il famoso compost si dovrebbe fare a livello micro, cioè di famiglia, o di condominio, o al più di quartiere, e non con la creazione dell’ennesima discarica o mega-impianto fuori porta (ché di questo si tratta).

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E le cosiddette opposizioni? A convegno, a palazzo della cultura (quella roba, la cultura, con la quale, secondo alcuni alti, pardon, bassi capi proprio di quelle fazioni, non si mangia). Sì, pare che gli amici della rediviva Forza Italia si siano ritrovati domenica scorsa a dibattere di un tema che è tutto un programma: “Il ritorno al futuro”.

O forse al tugurio. Di questo passo, e con questi personaggi di destra e di manca (manca, voce del verbo), le due cose coincideranno.

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 10/09/2015 @ 21:15:37, in NohaBlog, linkato 2578 volte)

Continuiamo con queste note (invero un po’lunghe, ma a puntate) a commento dell’enciclica di papa Francesco, la prima nella storia della chiesa scritta e presentata in italiano (o comunque non in latino), e forse proprio per questo negletta dalla gran massa degli italiani impegnati ad applaudire (come, per esempio, i ciellini a Rimini) ogni tribuno - specie se della compagine governativa - pronto a vendere speranze manco fossero pentole antiaderenti.

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Alcuni progetti, non supportati da un’analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualità della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro, come ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell’ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell’uso dell’energia nucleare. La cultura consumistica che dà priorità al breve termine e all’interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l’occultamento dell’informazione” (tratto dal punto 184, pagg. 152 – 153, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015; la sottolineatura è nostra).

Sembrano parole scritte dal Forum Ambiente & Salute, o dai Sognatori Resistenti, o da Ivano Gioffreda, o da Marcello D’Acquarica, o dall’Anita Rossetti, o da Tonino Baldari & Co. Invece – chi l’avrebbe mai detto – si tratta delle parole di un papa, vergate nero su bianco, su di una circolare inviata urbi et orbi (speriamo non troppi orbi).

Assunti che abbiamo espresso infinite volte allorché abbiamo avuto a che fare con il mega-porco Pantacom, il fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, la S.S. 275 che vogliono far giungere fino a Santa Maria de finibus terrae (ormai nomen omen), la statale 8,  il gasdotto Tap, la Xylella vantaggiosa (ai soliti noti), il porto turistico di Otranto, le grandi navi nella laguna di San Marco, e, ultimamente, le trivellazioni in mare, magari a poche miglia dalla battigia: in una parola contro la mafia.

Sì, non c’è niente da fare: là dove si devasta l’ambiente, si deturpa il paesaggio, si mortificano i beni culturali, lì c’è mafia. La mafia non è (più) quella della lupara e della coppola (oddio, qualche pirla così conciato c’è ancora in giro, eccome, anche da noi, e non solo a Palermo o a Roma). La mafia più pericolosa è invece quella del sacco di Palermo (come di Galatina, del Salento, dell’Adriatico…), quella dello scempio ambientale presentato come “sviluppo”, “ricadute occupazionali” e “progresso” (sì, signora mia, saccheggiano anche il vocabolario della lingua italiana, e chiamano “progresso” la barbarie: la solita Itaglia alla cazzo-di-cane). Ma perché la mafia esista e prosperi c’è bisogno di quella zona grigia che è la trattativa stato-mafia: senza trattativa, infatti, non c’è mafia, la quale sta alla trattativa come l’automobile alla benzina: sicché l’una diventa il bene complementare dell’altra, come la scarpa destra e la scarpa sinistra.

 “In ogni discussione riguardante un’iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?” (punto 185, pag. 153, ibidem). Qui invece chi pone delle domande è il solito disfattista, un “ecologista” (come se il lemma fosse una bestemmia), uno poco pragmatico, e soprattutto un rompicoglioni, un gufo per giunta “rosicone”. Come se la situazione politica, sociale e culturale che stiamo drammaticamente vivendo non fosse frutto appunto di una carenza di democrazia, a sua volta derivante dalla scomparsa del senso critico, che invece è cultura, senso civico tout court.

L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. E’ realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? [See, campa cavallo, ndr.] All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano” (tratto dal punto 191, pagg. 156 -157, ibidem – la sottolineatura è nostra). Più chiaro di così si muore.

*

Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo può dare luogo a un’altra modalità di progresso e di sviluppo. […] Si tratta di aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (tratto dal punto 191, pag. 157, ibidem). Ritorna il concetto della decrescita felice, di un altro paradigma, di un’altra economia, a cui fa più volte esplicito riferimento questo papa “qui sibi nomen imposuit Franciscum” (e modestamente anche chi scrive).

*

Arrivederci al prossimo e ultimo appuntamento con la “Laudato sì”. Oggi e sempre sia laudato.

[continua] 

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 17/03/2014 @ 21:15:00, in Comunicato Stampa, linkato 3149 volte)
E’ aperto il sipario sulla Stagione di Prosa che l’Amministrazione Comunale di Galatina, dopo un lunghissima interruzione, ha voluto fortemente far rivivere con un ciclo di cinque  spettacoli di qualità che porterà al Teatro Tartaro, sin dal 20 marzo e fino al 3 maggio 2014,  interpreti di prestigio tra cui Giobbe Covatta e Michele Placido.

In collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, sotto l’egida del Ministero per i Beni, le Attività Culturali e Turismo, e della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo, la Rassegna è rivolta non solo al pubblico affezionato, che ha accolto la notizia con grande entusiasmo, bensì a tutti i cittadini e in particolare agli educatori e ai giovani. L’Amministrazione Comunale tutta, consapevole dell’impegno di energie e delle risorse investite in un momento di generale difficoltà, ha inteso assumere un atteggiamento di non rinuncia, riproponendo la “Stagione Teatrale” che a partire dal 1988 e fino alle soglie del 2000 aveva portato in scena al CavallinoBianco indimenticabili opere.

Giovedì 20 marzo,Una serata veramente orribile” per inaugurare con Carmela Vincenti,attrice brillante e versatile, incontri con il pubblico che si presentano, tra comicità, ironia e satira,occasione di divertimento e  improvvisazione, affidata alla bravura di attrici e attori che si sono già cimentati  in avventure sceniche difficili su ben altri gloriosi palcoscenici, con grande apprezzamento di critica e di pubblico.

Capa tosta, passionale e generosa, con questi aggettivi si definisce la Vincenti, cresciuta da Mirabella e stimata da Banfi,già conosciuta dal pubblico di Galatina in una esilarante serata della scorsa estate. Intriganti la raffinata esistenza di “nostra signora del crudo”,le feste anni ’60, la vita e le confessioni di una donna che ci racconta il vero nudo e crudo, in Una serata veramente orribile, nel senso buono, cioè assai forte.

Gli altri protagonisti, tutti meridionali, sono Ippolito Chiarello e Egidia Bruno che, appena dopo il recital “6°(sei gradi)” di Giobbe Covatta, con “Oggi Sposi” lui, e con “La mascula” lei,ci regaleranno straordinari momenti, narrando di temi e di stereotipi con stile, passione e riguardo alla saggezza popolare ma fuori da schemi ordinari. Il 3 maggio,Serata d’onore” (poesia e musica),appuntamento esclusivo  con Michele Placido per chiudere un cartellone che ha puntato sulla qualità dell’offerta culturale.

Giobbe Covatta, comico, attore e scrittore di grande successo, deve la sua fama nazionale a Maurizio Costanzo Show, doveinizia la sua carriera fortunata anche nel campo dell’editoria, a partire dal primo libro Parola di Giobbe. Nel 2010 porta in teatro Trenta, uno spettacolo dedicato ai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. A marzo 2011, in coppia con Enzo Iacchetti a teatro con “Niente progetti per il futuro" una commedia con ben 87 repliche nei teatri di tutta Italia. A gennaio 2012, debutta in 6° (sei gradi). Anche in questo caso il numero ha un forte significato simbolico: rappresenta l’aumento in gradi centigradi della temperatura del nostro pianeta. Covatta, in  “6°(sei gradi)” ,attore-autore del testo insieme a Paola Catella, si è divertito a immaginare le stravaganti invenzioni scientifiche, ma anche sociali e politiche, che l’umanità metterà a punto in futuro per far fronte all’emergenza ambientale.Per tutti giovedì 27 marzo un’occasione per sorridere degli “scherzi”  del grande comicosul tema della sostenibilità del Pianeta e delle sue popolazioni.

Ippolito Chiarello è unartista eclettico che, spaziando dal teatro al cinema e alla musica,si è cimentato principalmente come attore ma ha praticato anche la strada della regia e della formazione anche in ambito di disagio sociale. Ha lavorato per circa dieci anni con la Compagnia Koreja di Lecce e con altre compagnie pugliesi. Al cinema come attore ha partecipato, tra gli altri, ai film "Italian Sud-Est”, “Galantuomini" e "Fine pena mai”.
Con la sua Compagnia, Nasca Teatri di Terra, ha prodotto, scritto e interpreta da dieci anni con successo lo spettacolo "Oggi Sposi”.

 “Oggi Sposi” inreplica a Galatina venerdì 11 aprile è uno spettacolo “leggero”, tra il serio e il comico, un alternarsi ubriacante di sollecitazioni al riso e all’emozione, secondo i canoni del teatro comico musicale. Attraverso la musica, la letteratura, l’improvvisazione e le massime della saggezza popolare l’attore scava “pericolosamente” nei meandri del “rapporto di coppia” raccontando anche  della sua stessa vita, con gli amori finiti e quelli mai iniziati.

Egidia Bruno è un altro volto noto a Galatina. Attrice dal dicembre 1990, la sua attività artistica è caratterizzata dalla trasversalità,dal teatro di prosa tradizionale, a quello di narrazione, a quello per ragazzi, dalla televisione al cinema, dalla radio al cabaret. Tutto questo la porta a essere coautrice dei suoi testi: “Io volevo andare in America e invece so' finita in India”, “Non sopporto le rose blu”, sviluppando la corda a lei più congeniale, quella dell'ironia. Dopo il successo di “La mascula” nel 2007 scrive e interpreta lo spettacolo “ANTIGONE 2000 d.C. ‘Na tragggedia!!”. La svolta, quindi, con “ W l'Italia.it... Noi non sapevamo", monologo "serio" sulla “questione meridionale”, rappresentato il 23 novembre 2012 a Galatina nell’ambito della Rassegna Culturale Identità in Dialogo _ guardare la Storia dal Sud, e con il quale vince il premio internazionale "Teatro dell'Inclusione - Teresa Pomodoro" 2012 .

Torna martedì 29 aprile con  “La Mascula scritto e diretto con Enzo Jannacci, per raccontare di un pallone calciato da gambe femminili nel Meridione d'Italia. Si racconta la storia di Rosalbadetta la mascula a cui piace giocare a pallone. La storia di un modo di essere, inconsapevole della sua purezza, e forse per questo ancora più libero. La storia di una libertà che non ha bisogno di provocare.

Michele Placido, attore tra i più carismatici e apprezzati degli ultimi vent'anni, vanta una lunga carriera cinematografica e teatrale, oltre ad una positiva esperienza come autore e regista. In tutti i ruoli interpretati emerge sempre uno spiccato interesse per le problematiche sociali, affrontate con grande sensibilità e coraggio.

L’appuntamento esclusivo a Galatina sabato 3 maggio conSerata d’onore” è un omaggio al teatro. Passeggiando nella sua vita tra teatro e cinema, Placido farà rivivere magicamente le più classiche poesie d’amore. Alla poesia si alternerà la canzone, lasciando il posto per l'umorismo e le risate.

All’insegna di Il teatro è azione! lacampagna abbonamentiè stataaperta con la presentazione della Rassegna nella conferenza stampa a Palazzo Orsini mercoledì 12 marzo scorso.

È già quindi possibile acquistare la tessera e i biglietti presso il botteghino del Teatro Tartaro ( Corso Principe di Piemonte,n.19 - tel.0836 568653) che sarà aperto dal martedì alla domenica dalle h.19:00 alle h. 22:00.

(comunicato del Servizio Cultura e Comunicazione Città di Galatina)

 
Di Marcello D'Acquarica (del 23/11/2017 @ 21:14:49, in NoiAmbiente, linkato 1992 volte)

Avanzano allineati a piccole squadre come un esercito in marcia. Oggi vinceremo insieme a loro una piccola battaglia contro l’inciviltà di chi non rispetta la Natura. Parlottano fra di loro e ridono, sembrano uno stormo di uccellini in festa, disciplinati e  variopinti. L'allegria riempie subito l'aria, senza di loro, il cielo azzurro e il verde dei prati non avrebbero senso.
Fra una zolla e una vangata per sistemare i nuovi alberi, incrocio i loro singoli sguardi. Sono attimi che volano rapidi, nanosecondi, non danno il tempo necessario per una risposta adeguata, ma si fermano nella mia memoria e ne sento la voce,  mi sembrano domande di speranza, di aiuto.  Qualcuno mi chiede il nome, qualcun altro mi urla il suo e poi quello del suo compagno che gli sta a fianco.

Sono piccoli ma nei loro occhi c'è la stessa vitalità di un adulto. “Io mi chiamo Chiara” - mi grida una bellissima bimba. “E lui è Michele”, e mi presenta il suo compagno. “Tu come ti chiami?”

 Nasce un incantesimo fra due mondi che viaggiano sulla stessa scia luminosa.  Io spero in loro e forse loro sperano in noi. Osservando quegli occhi così vivaci, mi passano davanti le immagini di tanti tradimenti che penalizzano proprio le loro innocenti speranze. Loro non sanno che con l’ardire di volergli rendere la vita facile, colma di benessere, gli stiamo lasciando un mondo ammalato e sporco e che se non la smettiamo di irrorare la campagna di veleni e l’aria di metalli tossici, per loro ci sarà un futuro triste, dove gli alberi seccheranno sempre di più e tante persone si ammaleranno senza sosta, e che a nulla serviranno le auto, i vestiti e le case  lussuose.

Poi per fortuna mi rendo conto che sono solo dei miei brutti pensieri, almeno lo spero, e che forse ce la faremo a salvare dall’inquinamento questa bellissima terra nostra. Loro, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo  Polo 2 di Noha,  cantano, gridano cori modulati di esultanza e fra un giro e l'altro, con l'aiuto di Andrea, Fabio, Sergio e altri alunni di questa fantastica scuola,  abbiamo piantato  un albero di carrubo, due azzeruoli rossi , un corbezzolo e una feijoa. 
La voce squillante della prof. Ritamaria Colazzo, guida gli impegni del loro prossimo futuro: gli alberi si amano, si piantano, si rispettano.
Avrei voluto dire anch'io qualcosa ma il tempo e l'entusiasmo della festa non me lo hanno permesso. Avrei voluto dire ai ragazzi che con gli alberi si parla, loro sentono la nostre emozioni e ci ricambiamo in aria pulita, in colori e fiori. Gli alberi divorano l’anidride carbonica e la trasformano in ossigeno, e noi purtroppo ne produciamo troppa  di anidride carbonica, e quindi dobbiamo piantare tanti alberi. Gli alberi sono creature di Dio al pari di tutte le altre e come tali non vanno violentate, bruciate o avvelenate. In quest’ultima estate appena trascorsa abbiamo visto centinaia di alberi ardere vivi. Non abbiamo ascoltato le loro urla di dolore. Avrei voluto dire ai ragazzi del Polo 2 di Noha, che anche gli alberi hanno una pelle, un’anima  e un cuore.

Ma forse loro lo hanno già capito da un pezzo e sicuramente si impegneranno insieme a noi a migliorare questo nostro incantevole angolo di mondo.

Marcello D’Acquarica

 

 

 
Di Antonio Mellone (del 21/01/2015 @ 21:11:59, in NohaBlog, linkato 2643 volte)

I nostrani amministratori delegati a palazzo di città, politici di destra, centro e supposta sinistra (supposta stavolta è sostantivo, non attributo) stanno all’ambiente come un elefante in una cristalleria: è pressoché impossibile per loro non provocar danni irreparabili ogni volta che s’azzardano a muoversi.

Il problema preminente è che purtroppo questi personaggi in cerca di derisore non perdono occasione per darsi una mossa (con le conseguenze suddette).

*

Tanto per dirne una, la sera dell’8 gennaio scorso, a Noha, nell’igloo che funge da centro polifunzionale [ma, secondo le promesse di un marinaio della corazzata Potëmkin galatinese, entro “i primi mesi del 2015” – traduzione “campa cavallo” - l’impianto di riscaldamento dovrebbe finalmente entrare in funzione, ndr] s’è svolto un bellissimo convegno double-face.

Bifronte, dunque, il convegno, non tanto per la pubblicità fatta attraverso due manifesti dissimili (ma sì, meglio abbondare), non tanto per i due titoli affatto diversi da scegliere a piacere (“La causa radice del nostro benessere o malessere” e/o “Ambiente, veleni, tumori nel Salento”), e infine non tanto a causa del relatore principale che promette una cosa ma poi ne fa un’altra [tipo assicurare un intervento conciso, compendioso ma ragionevolmente breve “per lasciare spazio agli altri contributi e alla discussione”, ma poi, evidentemente colpito da logorrea narciso-monopolistica, si esibisce in un soliloquio di un’ora e mezza, terminato non prima di aver sfiancato l’ultimo tra gli astanti più condiscendenti; e, non pago di ciò, e forse per dimostrare tutto il suo rispetto nei confronti dell’uditorio, l’esimio primo oratore (o prima donna) strappa di mano il microfono al malcapitato moderatore/organizzatore e, facendo finta di proferire l’ultimo predicozzo, toglie pure la parola all’Anita Rossetti e a chi cerca comunque di esprimere liberamente il proprio pensiero – chiedo venia per il lungo inciso, ma ci voleva, ndr]; dicevo, convegno bifronte non solo per tutto quanto precede ma anche per la perfomance delle due donzellette che vengono dalla Montagna, assise in cattedra, l’una a leggere un compitino sull’inquinamento che aveva tutti i sintomi della scopiazzatura da chissà quale libro di temi di seconda media, l’altra a elogiare le magnifiche sorti e progressive di un mega-impianto di compostaggio da 30.000 tonnellate annue (cioè 82 tonnellate al giorno di sola frazione umida da far pervenire da mezza Italia nella zona artigianale di Soleto, ad un fischio dal centro di Galatina) per produrre non si sa bene se compost per l’agricoltura (ma quale agricoltura se stanno cementificando tutta la campagna residua: caro Ivano Gioffreda parli ai sordi) oppure, al contrario, il residuo dell’anaerobico, il cosiddetto FOS, che è un rifiuto pericoloso da smaltire in discariche speciali in quanto dannosissimo per l’agricoltura.

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Mi fermo qui sennò dicono che i miei articoli sono troppo lunghi, e magari qualcuno nel leggerli si stanca pure (rischiando un’ernia al cervelletto).

Da qui a qualche giorno sempre su questi stessi schermi, disobbedendo alla consegna di farmi i fatti miei (ma anche questi sono fatti miei, eccome), cercherò di fare il ancora il punto sui nostri cosiddetti governanti locali e sulla loro costante produzione di atti osceni in luogo pubblico.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 12/05/2017 @ 21:04:57, in Lettere, linkato 2739 volte)

C’era una volta… ed ora, forse, non c’è più.
Mi sento molto Leopardiana nella prima fase di un pessimismo storico che mi assale quando sono seduta ad un tavolino di un bar nella splendida piazza del mio Paese a guardare attorno, ad osservare, ad analizzare, a cercare di intuire e capire. Capire come sia possibile essere arrivati a cotanto dissesto e come sia ancora più possibile vedere riproposti stessi volti, stessi nomi, stesse vane illusioni. Il solito ciclo continuo, che gira all’infinito, il movimento ciclico degli avvenimenti mi disarma.
Ma ecco, che spuntano insieme e “contro” vecchi e ormai conosciuti visi, tanti nuovi sorrisi, movimenti, liste civiche create appositamente qualche mese prima delle elezione ad hoc per l’occasione, che si celano dietro a poveri giovani agnellini sacrificali manovrati da papà, zii e parenti vari (che corrispondono poi ai “vecchi”, e non intendo solo anagraficamente, all’interno del panorama sociale, politico ed economico Galatinese). Però son giovani, son fighi, gli facciamo un po’ di manipolazione durante le riunioni, gli insegniamo a scrivere qualche frase da gran professoroni e via stampati anche loro prima o poi sulle fantastiche figurine che iniziano a tappezzare le “chianche” ormai decadenti.
Mi sento molto Leopardiana nella sua seconda fase di pessimismo psicologico quando capisco bene che la gente vive senza accontentarsi mai, ergo, che nessuno me ne voglia, sopravvive: che è di gran lunga più triste come posizione. Ostentare alla gloria, al potere, calpestando diritti e doveri. Calpestando dignità di persone e alimentando una piazza e delle stanze che da pochi mesi ascoltano frasi, parole, pensieri comizianti che devono solo convincere. Persuadere.
Incontro gente che mi chiede il voto che a mala pena riesce ad accostare due parole e ad usare un congiuntivo. Non è pregiudizio né discriminazione.  Ma quei bei discorsi, che si son susseguiti da sempre nel corso della storia, chi mai li rifarà? E poi ci lamentiamo dei nostri politici senza laurea e di un Renzi che non riesce a fare un discorso in lingua inglese. Dovremmo iniziare a guardare nel piccolo, che solo così si costruisce il grande. Chi guarda in alto non ha il coraggio di guardarsi accanto. Ed è brutto. Ovviamente tutte queste parole nascono da miei umili pensieri e nella mia consapevole ignoranza e incompetenza. Il mio bel Paese tappezzato da foto di ogni modo, da selfie, quasi fosse una passerella al candidato più bello. Candidati sindaci allo sbaraglio per trovare giovani volti da piazzare per "inchimento", che per carità, ben venga. Ma poi a Pasqua prossima li scanniamo? O ci si incontra in qualche campagna la notte successiva alle elezioni per concludere il rito? Destra, sinistra, centro, una destra che va a sinistra  e un centro che va a destra, gente non classificata che dietro una visione ampia e che va oltre cela il suo essere inesorabilmente ormai schematizzato. E schedato, aggiungerei. Non so, in questi miei ventuno anni chi crociare, a chi dare il mio voto, mi trovo in una totale confusione e in questo stato di transito, di caos. W le Donne, ora che c'è l'obbligo della doppia scelta, ora le includiamo e magari le candidiamo anche come sindaco (o sincada o sindachessa, insomma ci siamo capiti) , le spediamo in tivù, non si ricordano neppure le loro stesse liste e per fortuna che quest'ultime son composte da, udite udite, persone. Sti cazzi, direbbe sicuramente un saggio indiano, per fortuna che lo abbiamo specificato, perché avevo difficoltà a riconoscere le persone dai cani e porci.

Infine mi sento Leopardiana nel suo ultimo stadio, quello cosmico, la morale la condivido anche, ma non so se, attualmente, può essere concretizzata. Vedo negli sguardi che incrocio e scontro per strada la mia stessa amarezza, delusione, desolazione. Vedo occhi di giovani estirpati da quella luce che dovrebbe caratterizzarli, quella luce che dovrebbe fare da tramite, da forza promotrice di volontà, vedo menti in stand-by , dimenticate, pensieri accantonati per mancanza di tempo, per paura, perché “poi che deve pensare la gente”.. la solidarietà del mio caro scrittore Giacomo, che mi ha aiutata ad esprimere la mutazione e la maturazione del mio pensiero riguardo questa tematica, sarebbe un’ottima idea ed anche soluzione, ci vuole solo tanta consapevolezza. Di essere tutti sulla stessa barca che sta naufragando, lentamente, ignara del proprio destino. Posso elencare soluzioni, forse possibili, probabilmente utopiche, posso dire cosa è stato fatto e cosa invece non è stato fatto, di certo nella mia barchetta, anzi, oserei chiamarla zattera, ho sempre io il comando e dove mi porterà la corrente non lo so, ma ho fame di armonia, di rispetto e di rapporti. Ho sete di giustizia. Sono piena, al limite dell’intolleranza, della falsità e dell’omertà. Del silenzio e del leccaculaggine o leccaculismo (passatemi il termine, quale sempre più orecchiabile) . Non ho altro da aggiungere, chiedo scusa solo per aver tediato abbastanza con queste pippe di una giovane mente, chi capirà ogni sarcasmo sottile son sicura che non lo vedrò su nessuna figurina. A tutti gli altri, auguro una felice campagna elettorale e che vinca il migliore, uomo (inteso come essere umano), ovviamente.

Silvana Bascià

 

Nel cimitero di Collemeto si esegue la sigillatura delle bare a lume di cellulare. L’incresciosa circostanza si è verificata nel pomeriggio di ieri e ha mortificato tutte le persone presenti, in particolare i parenti della persona scomparsa che al dolore della perdita hanno dovuto aggiungere questa umiliazione. Tale è, infatti, l’effetto che produce la sciatteria di un’amministrazione comunale che non riesce a garantire ai suoi cittadini neppure le condizioni minime di dignità. A questo si deve aggiungere la circostanza, niente affatto secondaria, che gli operai addetti alla tumulazione hanno lavorato in assenza delle più elementari norme di sicurezza. In quelle condizioni poteva accadere qualsiasi tipo di incidente. Questa maggioranza è davvero andata oltre, non solo con il logo di un pezzo della loro coalizione.

Nel cimitero ci sono problemi sull’impianto elettrico, ragion per cui molte lampade votive sono spente e nella camera mortuaria il corpo illuminante centrale non funziona quindi gli ambienti sono al buio, come nel caso della sigillatura avvenuta ieri a lume di cellulare. Mi domando come sia possibile che si verifichi una così eccessiva trascuratezza da parte del sindaco Marcello Amante e della sua maggioranza che dicono di passare intere giornate a verificare di tutto e di più, ma se il lavoro non dà frutti è solo tempo sprecato.

I problemi sono ben noti alla maggioranza che fa riunioni a ripetizione per conoscerli, peccato che – però – non riescano a passare dalle parole ai fatti. Non trovano soluzioni, eppure sarebbe bastato che facessero quanto promesso proprio dall’attuale sindaco in campagna elettorale: una riorganizzazione degli uffici. Se l’avessero fatto avrebbero constatato che c’è di sicuro un elettricista, oggi comodamente accomodato negli uffici comunali per volontà della passata amministrazione, che potrebbe essere impegnato come manutentore. Il sindaco Amante deve mettere la parola fine al degrado del cimitero: decida come, ma lo faccia per rispetto dei defunti e dei loro cari costretti a disagi e disservizi che con poco potrebbero essere superati.

Giampiero De Pascalis

Consigliere di opposizione del Comune di Galatina

 
Di Redazione (del 19/02/2014 @ 21:03:23, in Comunicato Stampa, linkato 2596 volte)
Domenica 16 febbraio si è svolto il congresso cittadino di Sinistra Ecologia Libertà. Sono intervenuti Francesco Luceri (coordinatore uscente), Danilo Scorrano (Segreteria Provinciale SEL) e i segretari o delegati di tutto il centro sinistra galatinese.
Il costruttivo confronto tra il coordinatore di SEL Galatina e i rappresentanti del centro sinistra ha portato all’emergere di punti di convergenza tra le linee guida comuni e ha evidenziato la necessità di eliminare alcune difficoltà nel sistema comunicativo tra i diversi circoli locali. Il coordinatore uscente ha ricordato, nella sua relazione di apertura, il contributo svolto da SEL nella campagna elettorale che ha portato all’elezione dell’Amministrazione Montagna e ha sottolineato che, nonostante l’assenza di un proprio rappresentante all’interno della Consiglio Comunale, il circolo continua a svolgere una funzione di vigilanza sull’operato dell’Amministrazione, affinché non si discosti da quanto previsto nel programma: «la nostra, ha detto Luceri, è una posizione di appoggio critico, laddove per critico è da intendersi una critica positiva, propositiva, costruttiva e non il contrario». Il coordinatore ha evidenziato, inoltre, come su alcuni punti dell’operato svolto finora nel Governo cittadino, il parere di SEL rimanga fortemente negativo: «basti citare lo sciagurato caso del megaparco di contrada Cascioni: una scelta infelice che non risolve i problemi ma li acuisce, che promette senza poter mantenere, che distrugge senza creare». A questo progetto si doveva contrapporre il «rilancio del centro storico di Galatina, del cuore di Galatina, un “megaparco culturale”, che investisse su ciò che abbiamo, potenziandolo, migliorandolo». Segue, su molti punti anche critici, la disponibilità di SEL al confronto costruttivo «affinché si faccia qualcosa di buono e di duraturo e che, soprattutto, rispetti la nostra specificità culturale, il nostro Valore culturale. Galatina ha bisogno di buona politica, di chiarimenti, di risposte, non di favoritismi, non di sotterfugi, non di becero e vigliacco clientelismo. In caso contrario, ha concluso il coordinatore uscente, le reali possibilità di questa città (cultuali, turistiche, commerciali, artistiche, imprenditoriali, ma soprattutto umane, non verranno mai sviluppate».

I delegati dei partiti intervenuti (PSI, IdV, PRC, PCI e PD) hanno accolto di buon grado la delineazione delle direttive comuni a ciascun gruppo politico e, pur sottolineando la specificità individuale delle diverse posizioni politiche, hanno auspicato la riuscita di una buona e collaborativa linea di azione per il bene di Galatina. Al termine della fase istituzionale del congresso, i lavori dell’assemblea hanno portato alla riconferma e al plauso unanime di Francesco Luceri come Coordinatore del circolo e hanno eletto nel Coordinamento cittadino Maura Congedo, Biagio Greco, Marco De Lorenzis, Giuliano Negro, Silvia Maglio, Manuela Patera. Il circolo si è, inoltre, organizzato in Commissioni lavoro riguardanti le aree di maggior interesse della politica cittadina che avranno il compito di coadiuvare l’operato del Coordinamento per la realizzazione del proprio progetto politico.

 
Ufficio stampa
Sinistra Ecologia Libertà Galatina
 

Di seguito le due interrogazioni:

 

 

Oggetto:  operatività del Centro di Salute Mentale - Centro Diurno

 

PREMESSO CHE: 

 

-Con la nota ASL dell’11 Ottobre 2019 era stata stabilita la sospensione temporanea delle attività presso l’attuale sede del Centro di salute Mentale – Centro Diurno sito in via P. Siciliani n.8 e lo spostamento del personale sanitario e degli operatori presso il Centro di Salute Mentale di Nardò;


- La stessa nota stabiliva inoltre che gli operatori esperti  assegnati presso il Centro Diurno di Galatina avrebbero svolto la propria attività presso il Centro Diurno di Nardò e/o Lecce;


-La ragione di questo provvedimento risiede nelle perizie effettuate dai vigili del Fuoco che, in una propria nota richiamata dalla stessa ASL, hanno stabilito come la struttura sita in Via Siciliani n.8 risulti priva di autorizzazione antincendio oltre a presentare condizioni non accettabili dal punto di vista della sicurezza, in particolare per quel che riguarda i percorsi di uscita dal primo piano;


-Con una successiva nota ASL del 16 Ottobre 2019 è stato definito il trasferimento temporaneo del CSM presso la sede di Via Roma, ubicata al piano terra della palazzina uffici del P.O. Santa Caterina Novella;


-La palazzina ed i locali dell’Ospedale Santa Caterina Novella che ospitano attualmente il CSM non sono idonei allo svolgimento delle prestazioni necessarie al tipo di assistenza richiesta;


-Questa soluzione tampone dà solo l’illusione di aver risolto il problema e le precarie condizioni in cui si opera non scongiurano del tutto il rischio di un trasferimento definitivo del CSM nella città di Nardò;


-Il Centro Diurno a tutt’oggi è senza sede provocando un continuo spostamento sul territorio da parte degli operatori che sono in attesa di un sede temporanea;

 

CONSIDERATO CHE

-La sospensione delle attività del CSM di Galatina con conseguente spostamento delle funzioni a quello di Nardò, metterebbe in ginocchio ed umilierebbe ulteriormente la nostra città oltre a negare servizi e assistenza a particolari categorie di pazienti;


-Il CSM di Galatina serve un bacino di utenza di circa 4.000 utenti ed offre, tra le altre cose, visite psichiatriche con ingresso diretto e senza alcun onere relativo al ticket da pagare, rinnovo patenti di guida, idoneità psichica per concorsi, psicoterapia individuale  e/o di coppia,  idoneità psichica per adozioni internazionali, certificazioni per invalidità;


-Il CSM è anche sede di un Centro Diurno dove circa 20 pazienti frequentano tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 12.30, attività come laboratori di arte, musica, sport con il supporto e l’assistenza di operatori sanitari del settore

tanto premesso si interroga IL SINDACO

-Per sapere se e quali provvedimenti concreti intenderà adottare per evitare di perdere il CSM a vantaggio di Nardò.

 

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Oggetto: riqualificazione Palazzo della Cultura

 

PREMESSO CHE:  

- Il progetto di riqualificazione ed innovazione della Biblioteca presentato dal comune di Galatina è stato finanziato dalla Regione Puglia, nell’ambito dell’Asse VI del POR Puglia 2014/2020 Azione 6.7, con un importo di 2 milioni di euro;

- Oltre ai lavori di ristrutturazione, funzionalizzazione e fornitura di attrezzature speciali, il finanziamento prevedeva anche la realizzazione di interventi di tutela finalizzati alla catalogazione e digitalizzazione del patrimonio librario della biblioteca e l’avvio di servizi socio-culturali;

- Qualche giorno fa sono iniziati i lavori presso il Palazzo della Cultura;

- Con  determina dirigenziale, nell’ambito della digitalizzazione del patrimonio librario, attraverso incarico diretto, il comune di Galatina ha inteso avvalersi del supporto professionale di un esperto esterno in materia con le competenze professionali specialistiche, riconoscendogli, per la progettazione esecutiva, 13.500 euro oltre IVA, corrispondenti ad un totale di 30 giorni lavorativi;

professionali specialistiche, riconoscendogli, per la progettazione esecutiva, 13.500 euro oltre IVA, corrispondenti ad un totale di 30 giorni lavorativi;

 

CONSIDERATO CHE

- Sin dai tempi della campagna elettorale questa maggioranza ha sempre sostenuto di voler governare la città seguendo i principi della legalità e della trasparenza;

 

tanto premesso si interroga IL SINDACO

 

- Per conoscere le mansioni dettagliate che l'operatore economico incaricato dovrà svolgere a giustificazione dell'importo giornaliero;

- Per sapere secondo quale metodo si è determinato il tempo necessario a svolgere le mansioni affidate;

- Per sapere se, il nostro Ente è dotato di Albo fornitori di servizi tecnici per affidamenti "sottosoglia";

- per conoscere, inoltre,  se la procedura di individuazione dell'operatore economico prescelto è stata eseguita in forma telematica cosi come previsto dalla legge a far data da gennaio 2019 oppure, se così non fosse,  in quale altro modo.

 

Giuseppe Spoti

Partito Socialista Italiano

 
Di Fabrizio Vincenti (del 06/02/2015 @ 21:00:25, in NohaBlog, linkato 2310 volte)

Comunque a Noha qualche bella notizia c’è: per qualche mese il calvario forse non darà fastidio a nessuno, la “vora” ancora non si è allagata, la Colacem ha contribuito alla realizzazione del presepe fornendo i fumi che fungono da nebbia come atmosfera per il presepe, qualcuno, lì nei dintorni, è stato come al solito derubato, i rondò sono sotto protezione del wwf vista la fitta e insolita vegetazione che presentano. Insomma, tutto sommato, non ci sono stati né terremoti né tantomeno alluvioni. Sono contento che i problemi siano solo questi, anche se tutta quella disoccupazione giovanile nohana e quella disperazione sociale mi disturba ancora un po’. Ma forse, tutto sommato, mi passerà. E poi, possiamo stare tranquilli: c’è un sindaco che già dal nome, o dal cognome, infonde serenità e potenza. Montagna. Ditelo, ripetetelo ad alta voce e vedete l’effetto che farà: Montagna! Montagna ha scritto; Montagna ha detto. Che vigore!

A proposito di quelle due sedie prese da una scuola e portate in un’altra: quanto tempo avete perso dietro questa cazzata? Con il costo dell’inchiostro, della carta, dei timbri e dei protocolli che avete usato, avreste comperato dieci di quelle sedie sgangherate. Ma Montagna, dall’alto della sua vetta, vigila e calma gli animi. O almeno crede! Disgrazia vuole che attorno a quella Montagna sta crollando tutto e non per colpa sua, sia ben chiaro. Questa è una giunta che, insieme all’opposizione, sprizza di efficaci iniziative da tutte le parti. O meglio, spruzza più che sprizza. Per fortuna i nostri concittadini non sono tanto esigenti perché, fino a quando non varcherete il loro cancello, vi daranno carta bianca. Così voi, facendo scampagnate su quella montagna, potreste scrivere romanzi: uno dei titoli ve lo suggerisco io , “Le ultime due sedie”. Se poi qualcuno finisce di leggere questi romanzi prima di qualcun altro, quel qualcuno vada a trovare quel Cristo sulla croce. Lo Spirito Santo vi farà entrare nonostante le porte siano chiuse. E ditegli, da parte mia, di stare tranquillo che la primavera è alle porte. E a Montagna dite che, se mancano due sedie a scuola, la soluzione è semplice: basta togliere due ragazzi dalla classe e mandarli a lavorare nei campi.

E, caro don Donato, che mi hai mandato un bellissimo messaggio per il mio trentesimo compleanno, non preoccuparti poiché quello che hai chiesto, in qualche modo, si realizzerà: visto che tu hai per tre volte la mia età, quando arriverò io alla tua, ti manderò un messaggio di auguri per le tue 180 primavere. Intanto però, visto che l’attesa è un po’ lunga, cerca di guarire quanto prima. Sai che ti auguro ogni bene e perciò, senza tanti convenevoli, coraggio, non arrenderti proprio ora che hanno eletto un Presidente che tutte le mattine va a messa (tu ricordi: anche Andreotti faceva lo stesso!). Ma i tempi son cambiati e queste benedette riforme son vicine,  o almeno, qualcuno crede che sia così. Auguri!

Fabrizio Vincenti

 
Di Antonio Mellone (del 24/08/2022 @ 21:00:23, in Fetta di Mellone, linkato 538 volte)

Han provato in tutti i modi a farmi diventare un pochino Resiliente, con corsi di formazione ad hoc, lettura dei quotidiani a maggior tiratura nazionale e locale, visione di talk show trasmessi dalla tv generalista, qualche querela acefala e anura, il Pnrr, (e per la verità ci ho pure messo del mio frequentando amici per i quali va tutto bene dacché non vedono, non sentono e non parlano), ma io niente, tosto, con tutti i miei stereotipi intonsi, contro i quali, lo riconosco, è dura combattere.

Confesso che a un certo punto, stanco di fare il bastian contrario su un bel po’ di cose che mi danno intru le corne, dopo approfondite letture di manuali di life coaching (sì, talvolta indulgo al masochismo), proprio all’inizio delle correnti vacanze estive stavo quasi per gettare la spugna, stirare con l’appretto il mio elettroencefalogramma, mettermi nei panni del semplice voyeur dei superstiti compagni ribelli contro il fato ineluttabile, e pensare dunque che sì, non esistono alternative praticabili, e che ci puoi fare, così gira il mondo, guarda il lato positivo della cosa, non essere il solito oscurantista, pensa allo Sviluppo e alla Crescita (immagino del Pil), e smettila una buona volta con certe tue opinioni politiche decisamente giurassiche, per nulla progressiste e men che meno riformiste.

Insomma, apro la stagione lirica dei bagni al mare recandomi bel bello la mattina presto - come soglio da decenni con la mia ultraventicinquennale sediolina pieghevole - in quella zona di mare chiamata Santa Caterina di Nardò, in fondo alla discesa de Le Cenate, esattamente sulla scogliera di fronte all’isolotto controllato a vista dalla Torre dell’Alto, versante Frescura, il mastodontico stabilimento white e glamour che ha cambiato volto e nome al sito un tempo detto de Lu Chiapparu. Codesta permuta semantica avrà pure un suo perché: in effetti mo’ è tutta un’altra cosa, un luogo così discreto, estremamente va-lo-riz-za-to, di tendenza, una “location” ideale per gnocche e redivivi Casanova, vip gaudenti, medi e piccolo-borghesi, e in fondo in fondo anche gente come si dice comune, voglio dire i consumatori del mass-market che ogni tanto decidono di stringere la cinghia (avendone ancora una) per provare il fascino del reality - e vuoi mettere il tramonto sullo Ionio ascoltando il dolce suono del ghiaccio nel bicchiere del cocktail, magari con tanto di applauso finale in piena sindrome di Stendhal.

E così superata agilmente l’area riservata fatta di tubi, pali, fili, piattaforme, gradini, banconi, passamano, tettoie, ponticelli, tavoli, lampade, poltrone, sedie, gazebi, ombrelloni, casse acustiche, bandiera delle cinque vele garrente al vento, e altre amenità della specie, m’inoltro nell’ala per irriducibili (e impenitenti) nostalgici degli spazi ancora esentati dai canoni di noleggio, altrimenti classificati come beni comuni, e m’accorgo (capirai la novità rispetto allo scorso esercizio) che sulla bianca scogliera, pardon white cliffs, continuano a stazionare i cuscinoni, quelli larghi resistenti e morbidi in grado di assicurare alle terga di chi paghi un ticket per pronta cassa il comfort da sabbia del lido (sennò perché uno dovrebbe scegliere lo scoglio). Sempre rigorosamente white (vabbe’ un po’ ingialliti, mica si può star lì ogni santo giorno a sanificarli con spugna e amuchina come virologo comanda), i cuscinoni in tessuto sintetico te li ritrovi sparpagliati qua e là (ultimamente anche impilati) a mo’ di installazioni artistiche sulla fascia costiera ben oltre il recinto del bagno in concessione, dico nell’area spiaggia “libera” (sarà un nuovo metodo di esportazione della democrazia).

Son lì queste novelle chaise longue da cozzi sin dalle prime luci dell’alba, tipo quegli ombrelloni un tempo ‘mpizzati sulla riva pubblica dalla sera prima dai soliti “terroni” per assicurarsi la poltronissima per il giorno seguente.

Ebbene ultimamente (veramente qualche avvisaglia del fenomeno s’era registrata anche nella passata campagna turistica) abbiamo una novità di stagione fresca fresca: vale a dire i pallini di polistirolo che fanno pendant con il bianco dell’habitat naturale e artificiale dell’ameno loco. Come quali pallini? Ma quelli di cui sono imbottiti i suddetti cuscinoni. Sissignore, qualche volta fuoriescono, ora da un angolo, ora da una scucitura, ora da una crepa, e si sparpagliano sul litorale roccioso: talvolta parliamo di intere francate di minuscole sfere nivee che vanno a finire nei micro canyon dei massi santacateriniani, quando non prendono la direzione del vento.

Ma fanno tanto effetto neve del presepe. Roba da brividi proprio e pelle d’oca da freddo polare, anzi da frescura. Sicché d’ora in poi gli avventori del famoso impianto balneare extralusso potranno a scelta (e senza supplemento di prezzo) passare dall’ebbrezza del reality a quella del cine-panettone.

Eh sì, sono in tanti a credersi in Vacanze di Natale. Invece che sul Titanic.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 01/02/2016 @ 20:58:42, in Affresco misterioso, linkato 2707 volte)

Ogni volta che miro e rimiro quel pezzo d’affresco antichissimo comparso sulla parete nord del muro delle cantine del castello di Noha, mi convinco sempre di più che non si tratta di uno scorcio dell’imperitura arte bizantina - come qualcuno ha pure ipotizzato -, non fosse altro che per le movenze.

L’immagine apparsa, infatti, non è quella di un cavallo fermo, imbalsamato, statico, ma quella di un corpo mosso, come in un ritmo di danza equestre o circense. Quello che sbuca dalla vetusta superficie superstite di quel muro, conservato intatto nel corso dei secoli al netto delle abrasioni causate dall’umidità e dal tempo, si presenta come un cavallo rampante, imbizzarrito, pieno di energia, più un destriero che un palafreno.

L’arte bizantina, all’opposto, non cercava l’uomo, o la natura, né emozioni e sentimenti umani: cercava l’esaltazione del pensiero divino nella forma delle icone ripetute, perfette, immobili. Il bizantino era costante e perpetua ricapitolazione; era replica di modelli ieratici, iconografie e riti per i quali non era previsto rinnovamento, né ricerca dell’uomo, né emozioni, né passioni terrene, ma soltanto perfezione degli schemi, dei tipi, stavo per dire prototipi.

Come si legge nei manuali di Storia dell’Arte, i canoni del bizantino sono “la religiosità, l’anti-plasticità, e l’anti-naturalismo”, sono “appiattimento e stilizzazione delle figure, volte a rendere una maggiore monumentalità ed un'astrazione soprannaturale” (cfr. Wikipedia).

Toccò a Giotto (1267 – 1337) fare la rivoluzione [quante volte andavo in visita alla Cappella degli Scrovegni di Padova, quando non c’era il bisogno di prenotarsi on-line come adesso e si poteva rimanere dentro anche per delle ore, incantati davanti a quella rivoluzione giottesca. Ndr.].

Con Giotto, dicevo, è la prima volta che un pittore non procede più per luoghi comuni stabiliti, appunto, dalla lunga tradizione bizantina. Con Giotto la pittura parte dall’osservazione (o dall’immaginazione) di quello che la realtà vuole dimostrare o semplicemente essere. Non mancano in Giotto certamente i soggetti religiosi (al contrario, le sue opere ne sono pervase); tuttavia le sue rappresentazioni (anche sacre) sono piene di accenti personali, di sorprese, di stati d’animo, di rimpianti, di delicatezze. E finalmente di un po’ di movimento.

All’opposto, un quasi contemporaneo Duccio di Buoninsegna (1255 – 1318/19) - non meno grande di Giotto - non vuole chiudere con la tradizione bizantina, ma celebrarla, osannarla, perfezionarla, quasi perpetuarla fino all’esaltazione dei suoi modelli. La pittura di Duccio, al contrario di quella di Giotto, consacra, non illustra, né umanizza.

Siamo allora di fronte a due mondi, a due visioni opposte, inconciliabili, ma ad una sola idea: per Duccio trovare l’umano attraverso il divino; per Giotto trovare Dio attraverso l’uomo e la sua storia.

*

Detto questo, ritorniamo al nostro cavallo di battaglia nohano, a quel tocco di pennello magistrale e deciso, a quella vivacità di colore prevalente che ricorda tanto il rosso pompeiano [il che non implica che il dipinto risalga al I secolo d.C, ndr.].

Che il brano di pittura sia antichissimo, risalente al Medioevo, non ci piove (lo capirebbe anche uno studente di seconda superiore appena un po’ più diligente della media: il luogo d’appoggio, i materiali apparenti, gli strati di intonaco, lo stile sono tutti concordi nel dimostrarlo); che la mano dell’artista che lo ha effigiato sia stata spinta più dall’istinto e dalla passione che dalla ragione, pure.

Ma immaginate un po’, signori, se si dovesse trattare di un affresco del XIV secolo, di matrice laica, cioè che non riproducesse una figura religiosa, come, per dire, un San Martino o un San Giorgio a cavallo (sono i primi soggetti che vengono in mente nel guardare quel pezzo di immagine), ma una più vasta scena profana? Immaginate se si trattasse di un frammento di un più ampio quadro politico, come per esempio l’“Allegoria ed effetti del buon governo e del cattivo governo” del senese Ambrogio Lorenzetti (1290 – 1348), o qualcosa del genere? Tra l’altro, questo affresco, trovandosi oltretutto in un luogo “secolare” (vale a dire non ecclesiastico), sarebbe straordinario, di più, rivoluzionario: sarebbe la rivoluzione di un redivivo “Giotto nohano”.

Per questo varrebbe la pena di prestargli la dovuta attenzione, approfondirne gli studi, e non, come sovente capita nelle nostre contrade, lasciar correre ricoprendo il tutto con una coltre di indifferenza e trasformando il nostro destriero ritrovato nell’ennesimo cavallo di troia. Ovviamente in minuscolo.

Antonio Mellone

*

P.S:

1) Forse non tutti sanno che questo cavallo non è apparso dal nulla, ma da una campagna di indagini portata avanti da due Indiana Jones alla ricerca dell’arca perduta, che rispondono ai nomi di Albino Campa e di Marcello D’Acquarica, osservatori nohani doc. Per essere precisi, come documentato, il protagonista della straordinaria scoperta è stato Albino Campa, patron di questo sito. Ora, in mancanza del nome dell’autore del dipinto medievale, credo sia giusto – come è d’uopo in queste occasioni - appellare il ritrovamento di questo pezzo di storia dell’arte nohana come “l’Affresco di Albino”. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, e all’Albino quel che è di Albino.

2) Secondo voi, qualcuno dei politici glocal (cioè di Galatina e Noha) - nonostante le immagini su nohaweb postate dallo stesso Albino Campa, e nonostante ne abbiano parlato su Noha.it, nell’ordine, Angela Beccarisi, Marcello D’Acquarica e P. Francesco D’Acquarica - si è precipitato alla volta del Parco del Castello di Noha per informarsi della straordinaria scoperta? Secondo voi, qualcuno dei suddetti presenzialisti assenti si è fatto vivo? Ne ha parlato? Ne ha scritto o ne ha fatto scrivere sui giornali? Ne ha pubblicato da qualche parte un’immagine, un brano, un “mi piace” dal sen anzi dal dito fuggito? Ne ha informato, orgoglioso, la Sovrintendenza? Ne ha convocato una conferenza stampa presso l’assessorato della Cultura? Se sì, vi prego di comunicarmi dove e quando.  

3) Infine, secondo voi – questo esula dai precedenti punti 1) e 2) ma non più di tanto - i sindaci di Galatina e di Noha, dobbiamo continuare ad invocarli all’indicativo presente o, viste le dimissioni del capobanda, ormai al passato remoto (cioè Sindacò)? Mistero della fede (politica).

*

Non vorrei fare il solito polemico, ma temo che se fosse per questi “s’ignori”, la figura equina scoperta di recente dal nostro amico, più che “l’Affresco di Albino” dovrebbe denominarsi Campa Cavallo.

Mel

 
Di Mariano Lino (del 06/03/2018 @ 20:54:27, in Comunicato Stampa, linkato 1163 volte)

... abbiamo preso il paese ridotto in uno stato pietoso lo abbiamo salvato dai morsi degli sciacalli in agguato (ci avete chiamato amici dei banchieri), abbiamo ridato sostegno al reddito ad una parte di popolazione mortificata dalla crisi (l'avete chiamata mancia elettorale), abbiamo dato dignità agli esclusi della società con leggi inclusive e di diritto (avete fatto spallucce se non avversate), abbiamo promosso una riforma della costituzione che avrebbe cambiato in meglio in nostro paese rendendolo finalmente snello e governabile con una sola camera, eliminava province ed enti mangiasoldi ed inutili come il CNEL (lo avete affossato con il referendum), abbiamo dato tutela a milioni di lavoratori e creato un milione di nuovi posti di lavoro, abbiamo promosso leggi contro il caporalato, contro le dimissioni in bianco delle donne (ci avete accusato di schiavismo), abbiamo sbloccato i contratti nelle pubbliche amministrazioni, abbiamo assunto 160.000 precari nella scuola (avete promosso scioperi nelle piazze), abbiamo dato soluzione a centinaia e centinaia di aziende in crisi salvando dal licenziamento migliaia di lavoratori, abbiamo bloccato finalmente gli sbarchi di clandestini nel nostro paese (continuate a parlare di invasione). Potrei continuare riempiendo decine di pagine su soluzioni e interventi di cui si è fatto carico il PD senza guardare a rendite di posizione e sondaggi. Ma in ultimo e non per ultima per importanza, avete rigettato e osteggiato una legge elettorale che avrebbe determinato un vincitore certo la sera stessa delle elezioni, invece siamo arrivati a varare una legge di compromesso che inchioda il paese a ricercare maggioranze improbabili a suon di passaggi di casacca. Il popolo sovrano ha votato premiando e inseguendo estremismi, populismo e scatole vuote. Il PD aveva presentato un progetto puntiglioso e realizzabile, di contro gli altri partiti promesse mirabolanti e irrealizzabili sbandierate dai megafoni mediatici. Noi fieri e orgogliosi di consegnare un paese rimesso in carreggiata andiamo con dignità a leccarci le ferite di una immeritata sconfitta, agli altri il compito di dare concretezza a quanto promesso in campagna elettorale...con le vostre offese e le bugie a noi "NON CI AVETE FATTO NIENTE" ...buon lavoro!!!

Lino Mariano

 
Di Antonio Mellone (del 16/02/2022 @ 20:52:01, in NohaBlog, linkato 1728 volte)

Accanto alle mie Fette di Mellone sarebbe forse opportuno dar vita a una nuova rubrica da denominare Fette di Polpettone. Nella prima antologia, ormai ultradecennale, si raccattano brani di peste e corna; nella seconda estratti di pasta e carne.

Le prime – così invise ai devoti della religione del politicamente corretto - sono dedicate alle gesta eroiche di pOLITICI soprattutto ahimè locali (una prece), nonché alle prodezze imprenditoriali di chi sembra fatto apposta per fare strame di beni un tempo comuni tipo acqua, spiaggia, scogliere, aria, campagna, storia, arte e, con l’occasione, grammatica, sintassi e diritto; le seconde contemplano invece le leccornie di chi in direzione ostinata e contraria ha deciso di non svignarsela dal paesello (parlo di Noha), ma di radicarvisi viepiù aprendo bottega, sfidando il fato e un bel po’ di luoghi comuni, onde il primo prodotto da banco è il coraggio (ebbene sì, molti giovani di queste contrade per fortuna ne hanno da vendere).

Son così passati in rassegna sotto forma di inchiostro questa volta simpatico (mentre la penna delle Fette di Mellone viene intinta perlopiù nell’antipatico) pescherie e frutterie, pizzerie e rosticcerie, pasticcerie e bar a chilometro zerovirgola. Questa è la volta di una gastronomia da asporto “nuova di zecca”, inaugurata in via Aradeo nel mese di luglio dello scorso anno, appellata La Roncella e gestita dalle sorelle Maria Teresa ed Elisabetta Colazzo.

Ci ho dovuto apporre le virgolette a Nuova Di Zecca in quanto è vero che insegne, laboratorio, vetrine, bancone e titolari non hanno alle spalle chissà quanta archeologia di scartoffie legate al mondo dell’imprenditoria, ma di certo vien da lontano quella dote ricevuta da mamma Anna sotto forma di segmento di Dna, la quale a sua volta l’aveva raccolta in dono dalla Lina, sua genitrice e antesignana di questa storia partita, appunto, dalla dispensa di nonna.

Dovete sapere che Lina Tundo in Cisotta (che abbiamo sempre chiamato Linacisotta, senza iato, con una sola emissione di fiato) è una mia vicina di casa, conosco i suoi tre figli Giuseppe, Anna e Angela da una vita (sissignore, un pizzico di conflitto di interessi ci sta tutto, ma nessuno può accusarmi di scrivere con le fette di salame sugli occhi), e non potete immaginare quanto sublimi siano la sua pasta fatta in casa, la pignata di legumi, e le zeppole fritte e al forno (che Giuseppe portava a scuola il giorno dell’onomastico, e che sparivano in pochi minuti manco avessimo avuto addosso la fame degli affamati del mondo). E non sto qui a divagare della Linacisotta, e del suo adorato Luigi, delle lunghe tavolate di carnevale che seguivano i balli in maschera nel salotto di casa sua sempre così ospitale, e quindi dei Valzer (ne avverto ancora i capogiri) e della Quadriglia, e dunque del ballanzè con la dama davanti, se no forse uscirei fuori tema e la maionese impazzirebbe. Qui mi basti aver fatto cenno al fatto che queste due ragazze, con la supervisione di Anna, attraverso il loro quotidiano lavoro fatto di gusto e affetto, riescono a tenere unite tre o forse più generazioni, sicché le loro ricette sono veri e propri atti pubblici di accettazione di eredità.

Il vero lusso è fatto di piccole cose, di vicinanza, economia paziente, interdipendenza, cibo buono che diventa noi (che siamo quello che mangiamo), immaginazione e storie: come questa che parla della Roncella e di due signorine belle e coraggiose.       Tramandare gli antichi sapori e i profumi del Sud [attenti a non sbagliare profumeria eh, ché Euphoria della Jennifer Misciali è a una decina di metri più in là, ndr.] non è mica uno scherzo: significa lottare contro i colossi culinari che ti arrivano in casa via Glovo, alzarsi presto la mattina e andar per campi (Roncella è la campagna nohana da cui tutto è partito e alla quale tutto ritorna), ristrutturare una vecchia dimora con volte a stella in via Aradeo e adibirla a laboratorio e punto vendita, acquistare gran parte delle materie prime da contadini e piccoli commercianti indigeni, piantare nel piatto la propria storia condendola con la geografia, senza scordare l’estetica (il cuoco dev’essere anche un estetista, vero Elisabetta?), far girare le idee prima ancora che il mestolo in pentola, tenere unita una famiglia (anche papà Stefano è sempre disponibile, per esempio per il trasporto vivande), stilare un menù dall’antipasto al dolce tutti i santi giorni (e pubblicarlo con commenti originali e foto e filmati sulla propria bacheca sociale), insomma sentirsi comunità, conservare un posto a tavola agli assenti, e ricordarsi chi siamo stati e potremmo ancora essere.

Fidatevi del sottoscritto che, non per nulla, ha frequentato la Bocconi. La scuola – nomen omen - di arte culinaria. 

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 22/11/2006 @ 20:51:19, in Racconti, linkato 3046 volte)

" Cari amici il nostro sito va arricchendosi giorno dopo giorno di articoli, racconti, 'cunti', opere d'arte... Come queste di Marcello D'Acquarica, un nostro amico nohano, cittadino del sole, ma dimorante nell'Italia del Nord, al quale inviamo ringraziamenti e tanti complimenti per i suoi geniali contributi. Che sono sempre benvenuti ".

Anime

 Si raccontava, fra l’altro, che una sera lo zio Teodoro, dopo aver trascorso la serata in paese con gli amici, alla “putea” , tornava  a casa in campagna.

Ad un certo punto  cominciò a sentire un lieve battere sulla spalla.

Preso dallo spavento, non ebbe il coraggio di voltarsi e  prese  a pedalare con più grinta.  Il battito però non diminuiva, anzi  aumentava con la stessa velocità della bici.

Giunto finalmente davanti a casa, spalancò la porticina e dopo essere entrato in casa sprangò l’ingresso dall’interno.

Qualcuno sostiene che lo zio  al mattino seguente trovò dietro la porta le orme di chi lo aveva inseguito fino all’uscio. Qualcun altro racconta che era stata la cravatta a battergli sulla spalla. Qualcun altro ancora afferma che quel battito fosse uno degli effetti della serata trascorsa alla “putea” in compagnia degli amici e di un buon bicchiere di negramaro.

Povero zio Teodoro.

 

 

 
Di Antonio Mellone (del 08/02/2016 @ 20:51:04, in Fotovoltaico, linkato 2925 volte)

Ogni tanto vengo colto da attacchi di masochismo. Stavolta per soddisfare questo compulsivo ma per fortuna sporadico bisogno di farmi del male sono andato a spulciare l’ultimo bilancio approvato dalla “Fotowatio Italia Galatina srl”, che, per chi non lo sapesse, è la proprietaria del mega-impianto di pannelli fotovoltaici che ha fatto sparire, con il silenzio-assenso dei politici che ci ritroviamo tra i piedi, una quarantina di ettari di contrada Roncella, feudo di Noha, sufficienti per una potenza di 9,7 MW.

Perché 9,7 e non 10 MW o qualcosina in più? Semplice: per evitare la V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale). Troppo rischiosa. Meglio costruire tanti impianti di potenza inferiore al limite dei 10 MW, anche confinanti, ma apparentemente di proprietà di diversi soggetti economici, per aggirare l’ostacolo imposto da quelle rompiscatole delle norme di legge (mica al tempo c’era lo “Sblocca Italia” di Renzi come ora). Solo con questo imbroglio l’apocalisse dei campi di sterminio (ovvero lo sterminio dei campi) si trasforma in una bella prateria sconfinata che manco un video del National Geographic.

*

L’impianto di Noha, allacciato alla rete nazionale nel dicembre del 2010, mentre i lavori di completamento si sono conclusi nel 2011 [sic!], ha accesso alle tariffe incentivanti previste dal D.M. del 19 febbraio 2007 (2° Conto Energia), che ha stabilito una tariffa costante per la produzione energetica dalla data di entrata in funzione dell’impianto per una durata di 20 anni. Sì, il progetto si fonda su un business plan che copre il periodo 2011-2030. Cosa succederà alla fine del piano? Chi vivrà vedrà: voglio dire che vedrà le sequenze di The day after 2.

Orbene, ritornando al conto economico della società a responsabilità limitata (in tutti i sensi), osserviamo che i ricavi registrati nel corso del 2014 (ultimi dati di bilancio disponibili) sono pari a 5.829.522,00 euro (quelli dell’anno precedente erano 6.121.552 euro - vuoi vedere che l’impianto inizia a dare i primi segnali di invecchiamento?), mentre l’utile “pulito”, cioè al netto di costi, spese, tasse, eccetera, è pari a 1.346.141,00 euro. L’assemblea dei soci ha deciso di distribuire al socio unico un dividendo dell’importo di 1.100.000,00 euro e di accantonare a riserva di capitale la differenza pari a 246.141,00 euro.

Chi è il socio unico che si pappa ogni anno tutti questi soldi nostri? Tal MR Rent Investment Gmbh con sede a Monaco di Baviera (Koeniginstrasse 107), mentre gli amministratori sono i signori Robert Pottman e Stefan Schweikart, mica Rocco, Gino o Oronza. A sua volta (anzi a sua Volt) la MR Rent Investment Gmbh è posseduta al 100% da un altro giglio di campo (di concentramento): la Munchener Ruckversicherungs-Gesellschaft AG (Munich Re). Punto.

Volete sapere le novità dell’ultim’ora? Da una recente visura della Camera di Commercio risulta che la Fotowatio Italia Galatina srl, non è più di Galatina (veramente manco d’Italia), in quanto la ditta è “cessata” in data 5 agosto 2015 per trasferimento in un’altra provincia. Tiè.

Sicché, noi continueremo ad avere tra le scatole tutti quei pannelli in mezzo alla campagna e a fare da bancomat a questa azienda che non figurerà più nemmeno tra quelle “locali” iscritte alla Camera di Commercio di Lecce (del resto, di fatto, non lo è mai stata, essendo passata, come scritto altrove, dalla dominazione degli spagnoli a quella dei tedeschi), con tutto quello che ne consegue anche a livello di tributi locali.

E a noi cosa entra più che in tasca in qualche altro, come dire, vaso indebito? Presto detto: oltre all’aumento delle bollette Enel (sennò ogni anno come facciamo a pagare circa sei milioni di euro ai nostri conquistadores tedeschi?), un bel po’ di altre cosette carinissime, della serie: inquinamento elettromagnetico generato dalle cabine di trasformazione, dai cavidotti e dagli elettrodotti; dispersione di sostanze nocive (per esempio cadmio) contenute nei pannelli; inquinamento causato dai diserbanti irrorati a terra; variazioni microclimatiche; danno all’ecosistema; gravi impatti visivi al panorama; abbagliamenti (di giorno, ma anche di sera per via di un paio di fari chissà perché puntati sulla circonvallazione di Noha, la Sp. 352, in direzione Collepasso); e, tanto per non farci mancare nulla, una manciata di neoplasie, e danni a questo o quell’apparato del corpo umano.

Più che energie, allergie alternative.

Volendo farmi del male fino in fondo, oltre alla visura camerale e al Bilancio della Fotowatio Galatina srl, sempre sul tema del fotovoltaico, sono andato a rivedere i video con gli interventi di due cosiddetti amministratori locali, due cime, due mostri di intelligenza noti ormai a tutti per la loro perspicacia, che rispondono ai nomi di Giancarlo Coluccia, ex-sindaco di Galatina, e di Daniela Sindaco-in-carica (santa subito, anzi Santanché, c’est plus facile), esponenti rispettivamente del centrodestra e del centrosinistra, vale a dire del Partito Unico della Frazione. Nell’ascoltare i loro storici interventi sembra che l’unico elemento superstite in grado di differenziarli era il baffetto.

Infatti, mentre l’uno – scordando il concetto di biodiversità oltre all’elementare principio di precauzione  -   continuava a blaterare di “terreni impervi, dove prima andavano a pascolare i greggi”, e che “non sono terreni effettivamente dalla grande produzione agricola” e “fermo restando che dovranno essere come da statuto piantumati nel loro perimetro in maniera da risultare quanto meno impattanti” (s’è visto poi come sono stati piantumati, anti piantonati); l’altra, sulla stessa falsariga, parlando tanto per dar fiato alla bocca, imbrogliando le carte come sovente usano fare i politici locali, e ribadendo tutto e il contrario di tutto in un intervento sul fotovoltaico pertinente come il pecorino sulle ostriche, confermava che “ambiente è un conto, urbanizzare un altro [e meno male, ndr.]”, e che “quei terreni sono morti, non cresce nulla, non c’è pascolo” [e daie, ndr.], che “Noha si èespasa” [sic]”, che quei “terreni non si prestano per l’agricoltura” [a ridaie, ndr.] e che “dove ci sono cozzi non cresce nulla”, e mille altre elucubrazioni dello stesso tenore (anzi dello stesso orrore: è uguale).

Ma l’acme (e pure l’acne) della serata s’è toccato quando Michele Stursi chiede d’emblée alla nostra beniamina e coram populo: “Ma voi che idea di ambiente avete?”.

E qui casca l’asino, con la Daniela nostra che, con sguardo smarrito, sudorazione a mille e salivazione azzerata,  ripete più volte: “Non riesco a comprendere”, e ancora: “Non ho capito davvero cosa vuoi dire” [e soprattutto: dove vuoi andare a parare, ndr.].

*

Dai, Michele, pure tu che ti metti a parlare in ostrogoto proferendo una sequela di non uno ma addirittura due fonemi che più ostici non si può, irreperibili sul vocabolario dei sinonimi (ma solo su quello dei contrari) dei nostri rappresentanti al comune di Galatina. Mi riferisco ai due lemmi impronunciabili: “ambiente” e soprattutto “idea”.  

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 09/04/2017 @ 20:50:53, in NohaBlog, linkato 2090 volte)

Giorno dopo giorno, la campagna elettorale galatinese sta acquisendo una verve così intensa e una vivacità così bisbetica e brillante che, al confronto, un obitorio sarebbe il palcoscenico di Zelig.

I cosiddetti politici nonché i loro addetti alle pompe funebri, cioè i giornalisti con le virgolette al seguito, ce la stanno mettendo tutta per trovare il giusto significato del lemma “urna”.

Non che i galatinesi siano da meno stravaccati come sono sui loro divani ergonomici, naturale prolungamento del loro “pensiero politico” che fa così pendant con la protesi indissolubilmente applicata al segmento terminale dei loro arti superiori, vale a dire il telecomando di Sky tv e dintorni.

E’ capitato pure che qualche candidato, esponente cioè dell’elettorato passivo (in tutti i sensi), nei suoi giri di questua door-to-door, abbia osato avvicinarmi chiedendomi addirittura un voto per sé, e ritrovandosi invece, il concorrente, con un bel sette in condotta, che come noto un tempo significava esami di riparazione a settembre su tutte le materie (oggi si chiama debito formativo: benché di fatto il debito realmente formatosi è quello del Comune, e chissà entro il mese di settembre di quale anno verrà riparato, anzi ripagato).

Più indulgenza invece ottiene qualche amico facente parte dell’elettorato attivo che, interrogandomi in merito a chi dare il suo suffragio universale diretto, si vede recapitare dal sottoscritto risposte un po’ meno lapidarie e granitiche del solito, anzi vieppiù articolate soprattutto in merito a chi non dare manco per isbaglio la propria preferenza.

Posto che a molti il concetto di suffragio non potrebbe essere che quello di una messa da requiem, eccovi di seguito e in estrema sintesi qualche dritta su chi non sarebbe proprio il caso di ritrovarci in mezzo ai piedi a produrre ulteriori danni.

Io non voterei mai i faccioni che appaiono su manifesti 6 x 3, tra l’altro sovente affissi in luogo indebito, inclusi gli edifici storici, e senza il pagamento della relativa tassa (questo la dice lunga sul concetto di legalità del candidato e quanto quella faccia somigli tanto alla parte posteriore e inferiore del suo tronco). Oltretutto lo spessore del pensiero di un politico è quasi sempre inversamente proporzionale ai metri quadrati occupati dai suoi poster pubblicitari (oltre che alle comparsate sul Quotidiano). Non so voi, ma io preferisco il voto di contenuto al vuoto.

Parimenti scarterei dalle mie scelte politiche anche quella pletora di personaggi che, dopo essersi più volte accoltellati alle spalle, fanno finta di tornare tutti insieme appassionatamente per governare la città, con la pantomima teatrale (tipo quella al Tartaro) della firma autografa su di un foglio in bianco (anzi su di una cambiale in bianco che poi dovremmo pagare sempre noi altri), senza alcuno straccio di programma a fronte.

Manderei a cagare, così su due piedi, tutti quegli aspiranti consiglieri comunali che non hanno detto una parola una contro il mostro del TAP, o perché ignari di tutto (il fatto che non ne sappiano nulla non è una scusante valida), o perché pensano che Galatina sia fuori dalla portata dello scempio (uno dei motti loro più frequenti è: “Tap non è cosa nostra”. Lo è, eccome, invece), o perché gli vogliono parare il sacco come un Cariddi qualsiasi.

Non sarebbe neanche d’uopo eleggere i fautori vecchi e nuovi del “sacco di Galatina”. Tra questi s’annoverano i sostenitori del mega-porco commerciale (che, sprezzanti del ridicolo, osano ancora appellare “parco”) nonché i politicanti che hanno sostanzialmente simulato una certa contrarietà al cosiddetto progetto, però poi sono rimasti incollati alla poltrona assessorile come se nulla fosse successo.

Alla stessa stregua andrebbero trattati quelli che non vedono l’ora di sterminare non so più quanti residui ettari di terreno intonso con la coglionata, anzi con il crimine dell’area mercatale. A proposito, uno dei neo-candidati, già a suo tempo assessore, proprio l’altro giorno mi fa: “Ma, sai, in quel terreno ci sono un sacco di animali. La mia ragazza, per esempio, ci abita, in quella zona”. A parte la (spero) involontaria battuta ai danni della zita, ma che palle: ma davvero non riusciamo più a godere di un superstite scampolo di terreno vicino casa nostra dove cresce ancora l’erba spontanea, e dove trova riparo qualche lucertola, scorrazzano i gechi, o ballano le tarante? Ma veramente siamo diventati d’un tratto tutti così schizzinosi, così delicati, in una parola così vavusi?

Ovviamente, non prendo nemmeno in considerazione (perché non raggiunge la soglia dell’esistenza politica) chi ha votato Sì al referendum sull’attentato alla nostra Costituzione sinistramente definito “riforma”, e a questo punto nemmeno la destra eterna travestita da sinistra. Inoltre, non toccherei manco con una canna da pesca chi più volte ha trasformato il consiglio comunale in un lupanare, con uscite così rozze, meschine e volgari che perfino una vaiassa dei più malfamati quartieri spagnoli partenopei, se vi partecipasse, ne uscirebbe disgustata.

Non voterò mica chi ha ridotto le finanze del mio comune in un colabrodo (vale a dire gli esponenti delle almeno ultime sei amministrazioni di destra e presunta sinistra che hanno occupato il Municipio di Galatina), e poi ancora terrei alla larga chi alla sua prima uscita “politica” ha promesso un suo interessamento per la costruzione di altri 36 appartamenti di edilizia popolare in nome dell’ennesima emergenza inventata: quella abitativa. Roba da chiamare subito gli infermieri del Santa Caterina Novella prima che lo chiudano definitivamente.

Sarebbe infine il caso di tener lontano il più possibile dalla cosa pubblica gli arrivisti, i faccendieri, i profittatori, i titolari di azienda in conflitto di interessi con il Comune, gli opportunisti, i navigatori sotterranei conto terzi, i riempitori di manifesti del più assoluto nulla e, ovviamente, gli intasatori di traffico del centro storico [un centro storico senza traffico è finalmente un centro storico aperto, vivo, libero, non “chiuso” come asserite voi altri, ndr.]; e poi ancora chi cambia casacca passando da destra a sinistra e viceversa come se nulla fosse (Franza o Spagna purché se magna); ma anche gli inguardabili, gli inaudibili, gli illeggibili (e quindi ineleggibili), gli intoccabili, i leccapiedi, i baciapile e i baciamadonne, i candidati dell’ultima ora su Whatsapp, e, non ultimo, i delfini (o i pesci lessi) delle sempreverdi dynasty locali.

Una croce sul nome di certi soggetti o sul simbolo del loro partito finirebbe per trasformarsi d’emblée nell’ennesima pesante croce sulle spalle di noi altri poveri cristi, personaggi e interpreti di questa via crucis più o meno vivente chiamata Galatina.

Antonio Mellone

 

Condivido molte delle riflessioni fatte dal deputato galatinese Leonardo Donno nella lettera aperta con la quale propone un patto per la città da sottoscrivere tra le forze politiche che hanno sostenuto il Conte 2. Ebbene, se il deputato Donno fosse appena sbarcato da Marte non si potrebbe far altro che applaudirlo per aver messo il dito nelle “piaghe” di Galatina e per la proclamata volontà di cambiare volto alla città. Ma Donno non viene da Marte e invece opera, banalmente, la solita iniziativa da campagna elettorale con le parole che ormai sbandierano tutti: da destra a sinistra, senza che poi si coniughino ad azioni concrete.

Che non abbia concluso nulla di utile per Galatina lo ammette lui stesso quando in un passaggio della sua lunga lettera, scrive: «Abbiamo un quartiere fieristico abbandonato a se stesso. Ho provato a dare un input per realizzare un progetto, per tentare di farlo finanziare a livello centrale, ma nulla. Ho impegnato da tempo il Governo ad investire sulla nostra fiera, per riqualificarla, trasformarla, farne anche un centro congressi, un luogo destinato ai grandi eventi, che potesse lavorare 365 giorni all’anno. Sforzi vani, nonostante la volontà di tanti imprenditori volenterosi, ci siamo scontrati contro la mancanza di lungimiranza e di operare scelte coraggiose da parte di qualcuno dell'attuale amministrazione».

In compenso della sua elezione alla Camera dei deputati ne ha beneficiato il suo portafoglio visto che la sua dichiarazione dei redditi è passata dai 15.338 euro della dichiarazione dei redditi del 2018, agli 83.171 del 2019 e ai 98.688 del 2020.

Concordo con Donno sul fatto che il declino di Galatina è stato determinato dalla cattiva politica proliferata anche per la passività dei cittadini che, puntualmente, ad ogni elezione scelgono chi chiede voti per poi scomparire il giorno dopo per bussare nuovamente a ridosso del rinnovato appuntamento elettorale. Serve maggiore senso civico da parte di ogni cittadino e programmi credibili, ma certo Donno non può indossare l’abito del salvatore della Patria, di Galatina e frazioni in questo caso: pare davvero inopportuno, oltre che poco credibile, visto che il suo contributo alla crescita della nostra collettività è pari allo zero.

 

Giampiero De Pascalis

consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

 
Di Redazione (del 14/09/2021 @ 20:48:34, in Comunicato Stampa, linkato 508 volte)

Anche per centinaia di studenti, ragazze e ragazzi di Galatina, domani 15 Settembre suonerà la campanella del primo giorno di scuola.

Un ritorno fra i banchi, dopo che per un anno e mezzo, a causa del Covid, hanno dovuto rinunciare alla loro quotidianità, al contatto con insegnati e coetanei, ad una parte importante di socialità.

Il ritorno è la conseguenza delle scelte politiche fatte nei mesi che abbiamo alle spalle, con le quali abbiamo messo in sicurezza docenti e studenti, grazie alla campagna vaccinale, all’introduzione del Green Pass e all’importante lavoro che anche a Galatina è stato svolto dalle strutture coinvolte: i medici, gli infermieri, la Protezione Civile, i volontari e il personale, che, anche nei caldi mesi estivi, sono stati impegnati a somministrare i vaccini ad oltre ventimila cittadini galatinesi.

Il Partito Democratico, nell’augurare ai dirigenti, agli insegnanti, a tutto il personale scolastico, agli studenti e alle loro famiglie un buon inizio di anno scolastico, ritiene necessario, una volta superata l’emergenza, di cogliere tutte le opportunità per cambiare: vogliamo una scuola di qualità, innovativa e inclusiva, luogo ideale per chi vi lavora e vi studia. Una scuola che possa divenire una leva del progresso del Paese.

 

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA  

 
Di Redazione (del 12/05/2017 @ 20:48:19, in Comunicato Stampa, linkato 1926 volte)

Ho chiesto al vice ministro alle Infrastrutture e ai Lavori pubblici, Riccardo Nencini, di prendere a cuore il problema dei due passaggi a livello che si trovano: uno all’ingresso di Galatina e uno sulla Galatina-Copertino. Credo che la nostra città e le sue frazioni meritino un ingresso che dia il giusto risalto al territorio. Ma ho chiesto anche un aiuto per risolvere il problema dell'allargamento della strada provinciale Galatina-Copertino nel tratto che innesta la statale 101 a Galatina, richiesta che ho avanzato già al presidente della Provincia, Antonio Gabellone.

Il confronto - molto proficuo - con il vice ministro è avvenuto nel mio comitato elettorale, in piazza Alighieri a Galatina, nel primo pomeriggio di oggi, 12 maggio. Nencini si è impegnato ad aiutarci a risollevare le sorti della città e delle sue frazioni e ha premesso che, con l’eventuale passaggio delle competenze di alcune strade ad alto flusso veicolare di mezzi pesanti (zone industriali e aree portuali) e di quelle a più alto rischio per la sicurezza, dalla Provincia ad Anas, sarà possibile intervenire sulle richieste di infrastrutture che sono comuni a molte città. Noi confidiamo nelle parole del vice ministro per riuscire a realizzare questi interventi che garantirebbero maggiore sicurezza sulle strade, ordine e più attrattività della nostra città.

Ci ha dato appuntamento per il 30 giugno a Bari, se saremo noi a vincere la competizione elettorale. La nostra campagna elettorale guarda anche al dopo: se i cittadini di Galatina e frazioni mi vorranno come loro sindaco, questo sarà il nostro primo appuntamento in agenda con le istituzioni.  

Giampiero De Pascalis candidato sindaco per “Obiettivo 2022”

(Lista De Pascalis, Direzione Italia, Forza Italia, L’Agorà, La Città, Psi, Udc)

 
Di Antonio Mellone (del 21/04/2013 @ 20:42:38, in NohaBlog, linkato 2322 volte)

Alla fiera di Collemeto per due soldi, in nome dello sviluppo, venti ettari di campagna si devastò. 

E venne l’opposizione, che per le “ricadute” e per il “volano”, per il centro commerciale stupidamente lottò.

Alla fiera di Collemeto per un piatto di lenticchie un gran terreno agricolo senza pensarci due volte si cementificò.

E venne Montagna che partorì un topolino, e che nonostante le pantomime il mega-porco accordò.

Alla fiera di Collemeto per le firme di quattro gatti e gli interessi degli speculatori, un pezzo di natura per due soldi si regalò.

E venne Perrone che senza garanzie, senza capitali, con la Pantacom il gran terreno di Collemeto chissà come al mercato comprò.

Alla fiera di Collemeto la maggioranza comunale, senza sentire la popolazione, di domenica pomeriggio, nel sonno generale, la convenzione firmò.

E vennero a spiegarci che non si poteva dir di no, e che il “progetto” era buono, ed in questo modo, nel verde residuo il cemento naufragò.    

Alla fiera di Collemeto anche il compagno di lotta, in nome di due finti posti di lavoro, in quattro e quattro otto, in compagno di merende si trasformò.

E venne l’economista per caso, uno come tanti, un follemetese che credeva a tutto, che la campagna non rende, e che dalla ragione si congedò.   

In contrada Cascioni, vicino Collemento, in molti finalmente capirono la scemenza, ma troppo tardi, ed alla fine della fiera nessuno lavorò.

Antonio Mellone

 

Italia Viva Galatina intende porre una questione rilevante per la sicurezza sanitaria delle persone che afferiscono all'ospedale Santa Caterina Novella. Da diversi anni è chiaro che il piano di riordino ospedaliero deve essere effettuato e portato a compimento. Chiediamo una migliore gestione di questo delicato momento che dura ormai da mesi, da anni. Serve molta più competenza organizzativa. Chiediamo di non per tenere conto delle pressioni personali dei vari soggetti coinvolti (scelta che potrebbe risultare  campanilistica), chiediamo di porre al centro dell’interesse pubblico solo il merito. Il riordino ospedaliero deve essere effettuato evitando di mettere in pericolo la sicurezza sanitaria delle persone che continuano ad avere come punto di riferimento il Presidio Ospedaliero di Galatina. Purtroppo, continuiamo a vedere medici che lavorano in stato emergenziale al limite del rispetto dei basilari sistemi di sicurezza. Sono tutti sotto stress e i pazienti avvertono un disagio non più tollerabile.

I decisori politici ripetono da tempo che i reparti non verranno depotenziati fino a quando non verrà organizzato un servizio ottimale in altro Ospedale che possa sostituire il reparto da chiudere. Osserviamo con rammarico che tutto questo non avviene. Il Reparto di Gastroenterologia del PO di Galatina, fino a qualche anno fa fiore all'occhiello della sanitá provinciale, è in chiusura e lo sappiamo. Ma quello che ancora oggi non è chiaro è dove dovranno curarsi i pazienti visto che l’organizzazione di un futuro reparto di Gastroeneterologia all'ospedale Vito Fazzi è assolutamente in alto mare.  La gestione dell'attuazione del piano di riordino ospedaliero ci appare schizofrenica e gestita male con conseguenze per le persone più deboli che si affidano a reparti depotenziati, anche se non chiusi definitivamente,  svuotati di personale e delle relative apparecchiature. Logica e buon senso vuole che un reparto o funziona correttamente o non ha motivo di rimanere in funzione.

Molti pazienti cronici che a Galatina si sottopongono a terapie complesse perdono la fiducia necessaria a frequentare il reparto e non avendo più certezza di seguire il trattamento previsto dal protocollo di somministrazione dei farmaci tendono ad andare altrove. Molte volte anche fuori Regione. Infatti il numero dei cittadini pugliesi che si curano fuori regione è nettamente maggiore del numero dei pochi pazienti che da fuori regione decidono di curarsi in Puglia. Questo significa che i pugliesi (e non solo) non sempre si fidano degli ospedali presenti sul territorio e non certamente perchè all’interno non ci siano professionisti qualificati ma per i numerosi, frequenti e continui disservizi. Ad oggi i pazienti non vengono informati circa il futuro terapeutico che la sanità pubblica ha immaginato e soprattutto in quale Ospedale si troverà l’efficienza organizzativa necessaria a gestirli. Chi ne fa le spese sono  i soggetti più deboli socialmente.

E’ un’emergenza da risolvere immediatamente per garantire la funzionalità dei reparti ancora attivi. Oramai e sempre più spesso, i pazienti si allontanano dalla Puglia per ricevere un’assistenza adeguata. Ricordiamoci che andare fuori Regione a curarsi pesa sul bilancio della Sanità Pugliese che si troverà a pagare i costi delle cure. Per non parlare dei costi diretti affrontati dai cittadini pugliesi per trasporto, vitto e alloggio.

La realtà sanitaria anche galatinese risulta di fatto poco rassicurante e Italia Viva Galatina chiede efficienza nei fatti evitando promesse e proclami, che soprattutto in fase di campagna elettorale,  possono risultare del tutto vuote  e strumentali.

Sino ad oggi gli sforzi per un efficiente ed efficace Piano di Riordino sembrano non aver dato ancora i risultati sperati.

ITALIA VIVA GALATINA

 
Di Dante De Ronzi (del 01/12/2015 @ 20:41:57, in NohaBlog, linkato 3705 volte)

Prima dell'inaugurazione del Cavallino Bianco, avvenuta domenica 29 novembre, su un noto network ho così commentato: ACUSTICA ZERO. CONTENITORE DEL NULLA. MONUMENTO ALLA RETORICA DEL PASSATO ED ALLO SPRECO DEL PRESENTE.

Oggi, a fari spenti, sento il dovere di spiegare ed informare i cittadini di Galatina e non solo.

Cominciamo col dire che obiettivamente l'immobile in oggetto non ha mai avuto alcunché di artistico e architettonico che lontanamente ci facesse avvicinare ai teatri storici d'Italia. Non parlo della Scala di Milano o della Fenice di Venezia o del San Carlo di Napoli, ma neanche del Petruzzelli di Bari o del Paisiello di Lecce.

La fama del Cavallino, per dirla tutta, si è creata nel dopoguerra per un fenomeno di costume dai profili Boccacceschi: I VEGLIONI. Ne vogliamo parlare? Bene facciamolo senza ipocrisia.

Quegli eventi rappresentarono per quegli anni il trionfo del peccaminoso e della trasgressione che una volta l'anno si celebravano in occasione del carnevale.

Un vero raduno pagano, osteggiato con forza dal mondo ecclesiastico. Una ribellione laica al perbenismo imperante, al bigottismo pervasivo la vita delle nostre comunità.

Chi scrive, all' epoca era troppo giovane per potervi partecipare, ma particolarmente attento e curioso da non perdersi una parola dei racconti delle avvenenti vicine che tutti gli anni erano di casa. Non ho parole per descrivervi l'alone intrigante di emozioni erotiche che da quei racconti sussurrati ne scaturiva e la morbosa curiosità di un giovinetto con gli ormoni in subbuglio.

Provate solo ad immaginare cosa poteva essere l'esibizione delle più belle donne della provincia e della regione, vestite con abiti ammiccanti ed in maschera. Una provocazione ed una tentazione irresistibile per l'esuberante virilità repressa dei giovani, e non solo, di allora. Ovvio che in quel clima l'ascolto dell'artista di turno era secondario, ininfluente, perché solo alibi del raduno.

Ciò nonostante allora la situazione acustica era 100 volte migliore di adesso e vi spiego perché.

Primo, si stipavano a sardina (il che era molto gradito per rubare fugaci contatti) oltre 2000 persone, in ogni dove dalla platea ai palchi, al loggione. Questo garantiva una fono-assorbenza passiva eccezionale che oggi con le norme di sicurezza non è più pensabile.

A proposito, vi informo che attualmente i palchi sono inagibili mancando le vie di fuga e le uscite di emergenza. Secondo, la volta era realizzata in controsoffitto appeso di impagliato pressato perfettamente funzionale allo scopo. Oggi rimossa la copertura in eternit è  stata realizzata una volta in legno lamellare che acusticamente è  uno specchio. Terzo, antichi tendaggi e parziali rivestimenti deteriorati sono stati eliminati.

Il risultato di tutto questo è:  ACUSTICA ZERO.

In passato si prestava molta attenzione al tempo di riverberazione. Ma oggi con l'evoluzione tecnologica l'acustica ha fatto passi da gigante ed in Italia abbiamo esperienze eccezionali che ci giungono dall'AIA (Associazione Italiana Acustica) apprezzata in tutto il mondo.

I parametri che si tengono in conto sono molteplici: il tempo di primo decadimento EDT, gli indici di chiarezza, l'indice di definizione, l'indice di robustezza del suono,  il coefficiente della correlazione mutua inter-aurale, e via dicendo con tantissime altre accortezze previste dalle norme ISO in grado di garantire "l'avvolgimento acustico dell'ascoltatore".

E da noi cosa si è previsto? NULLA.

Né si può accettare la risposta fornita da un amministratore che ha scritto: a ciò si penserà dopo.

No cari politici, le costruzioni si realizzano partendo dalle fondamenta e le fondamenta per un Teatro sono l'ACUSTICA.

Per farmi capire meglio a quell'amministratore pongo una domanda.

E se realizzare a posteriori l'ACUSTICA fosse "mission impossible"?

Che e cosa dovremmo fare? Affidarci a Tom Cruise?  O a padre Pio?

O semplicemente dovremmo dire che abbiamo scherzato? E  nel frattempo che ne facciamo (oltre a pagare il mutuo)?

Ma la mia rabbia, che cerco di contenere, è estesa anche ai miei colleghi tecnici che ben conoscono la tematica e, benché vicini ai partiti di governo ed agli amministratori, non hanno fatto nulla.

E fu così che il GRANDE BLUFF andò in scena con mirabile campagna promozionale e pompa magna riservata agli amici ed agli amici degli amici.

Non voglio immaginare l'imbarazzo del maestro pianista che ha dovuto esibirsi in quel “contenitore”. A proposito, nonostante pubblicizzati in cartellone, i concerti si terranno altrove.  La notizia faceva parte anch'essa del grande bluff?

Per mio conto, tra l'altro non invitato, non ho partecipato all'inaugurazione. Non lo avrei comunque fatto.  E con  infinita tristezza nel cuore il giorno dopo, lasciando il cavallo in stalla, mi sono allontanato dalla mia città cercando pace nell'escursione domenicale degli amici di "Dienneavventura", non prima di avere offerto doverosa  ospitalità all' incolpevole Gad Lerner.

Galatina merita decisamente di più.

Dante De Ronzi

 

Non smetterò mai di ringraziare il Pd. Dopo le dichiarazioni di oggi sulla stampa abbiamo capito perché hanno portato la città allo sfascio: sono impreparati e superficiali. Si sono svegliati dal lungo sonno sull’Ospedale promettendo battaglia per far mantenere i reparti di Pediatria e Ostetricia. Il Pd è disperato e cerca di confondere i cittadini pensando di riguadagnare consensi. L’ultimo capolavoro riguarda una dichiarazione sulla stampa che è un’autentica perla. «Alle chiacchiere  e agli show da campagna elettorale seppure ben narrate, noi preferiamo i fatti. Ragion per cui chiediamo che la battaglia sia comune a prescindere dalle appartenenze e non ci fermeremo sino a quando il Regolamento 14 approvato da Vendola nel giugno del 2015 quando cioè il presidente Emiliano era quasi insediato non verrà sospeso nella parte in cui si evidenzia la costruzione del nuovo ospedale nei pressi di Maglie». Questo ha dichiarato il Pd, senza nomi e cognomi.

Al Partito Democratico faccio sapere che il Regolamento del 2015 è stato modificato e integrato da uno nuovo, approvato a febbraio 2017. Il nuovo Regolamento ha già sostituito l’articolo 12 del precedente Regolamento in cui erano previsti gli investimenti di edilizia sanitaria, ma anche nella nuova versione è stata confermata la realizzazione dell’ospedale del Sud Salento tra Maglie e Melpignano con disattivazione di Galatina, Scorrano e Copertino. Ma il Pd non si è accorto di nulla, come non si è accorto che dal 2005 governa la Regione e continua a dare responsabilità a Raffaele Fitto della morte dell’Ospedale di Galatina.

Si dicono pronti a dare battaglia sull’Ospedale: possono accodarsi, ma prima devono studiare. Lo ha già ammesso candidamente la loro candidata sindaco, ma a quanto pare non è l’unica che ha molto da imparare. Il Pd ha addirittura dichiarato battaglia per Ostetricia e Pediatria. Lodevole pensiero, peccato che abbiano dimenticato che il loro partito ha approvato il nuovo Regolamento ospedaliero con cui l’Ospedale di Galatina è stato declassato e quindi, secondo i criteri previsti dal Dm 70, non può conservare quei due reparti. Forse il Pd di Galatina non sa che il loro partito ha portato quella classificazione al Ministero perché il Riordino degli ospedali deve essere poi approvato a Roma. Dove stava il Pd di Galatina quando accadeva tutto questo? Tirano per la giacchetta l’assessore Negro, ma mi domando perché non si rivolgono direttamente a Michele Emiliano titolare della delega sulla sanità e perché non lo hanno fatto in passato quando si decideva il destino del nostro ospedale. E sul tanto sbandierato ricorso presentato dall’amministrazione Montagna faccio sapere al Pd che tecnicamente non ha più efficacia e se davvero vogliono combattere per l’ospedale ne presentino uno nuovo, come ho fatto io.

Ora sono infuriati, gli amici del circolo Pd di Galatina, perché mi sono attivato e, di conseguenza, la Asl di Lecce ha messo un freno messo al Piano di riordino ospedaliero. Abbiamo ottenuto un risultato: il rispetto della città e di questo sono fiero, non si tratta di bagarre elettorale. Per l’ospedale chiedo che sia qualificato a prestare cure e assistenza perché chiunque di noi ne ha bisogno deve trovarle. Il Pd si preoccupasse di questo e non di fare le solite promesse da campagna elettorale e di buttarla in rissa.  

Giampiero De Pascalis

Candidato sindaco della coalizione “Obiettivo 2022”

 
Di Redazione (del 01/10/2020 @ 20:33:38, in Comunicato Stampa, linkato 646 volte)

È stata una campagna elettorale impegnativa visto e considerato che l’esito non era affatto scontato. Il PSI di Galatina ha fatto la sua parte anche se, nel nostro interno, ognuno ha avuto libertà di voto.

Anche a noi sarebbe piaciuto avere un rappresentante di Galatina in Consiglio Regionale. Lo riteniamo indispensabile per lo sviluppo ed il futuro della  città. Tanto ne siamo e  ne eravamo  convinti che, nell’accordo politico delle Amministrative 2017 avevamo stabilito che in caso di vittoria, all’esito del voto  e  prima della nomina della Giunta,  bisognava indicare alla città  il candidato alla Regione per Galatina.

Sappiamo, purtroppo, come si è chiusa quella pagina politica avvelenata da scorrettezze e slealtà che hanno portato al naufragio di tutto il progetto, compresa l’individuazione del candidato di Galatina al Consiglio Regionale.

Da quel momento non c’è stato un “dopo”, ma solo azioni individuali che, ovviamente, non potevano e non possono essere la base di un progetto comune. Al di là delle parole ipocrite e di circostanza era chiaro come nessuna forza politica cercasse una concreta sintesi in questa tornata elettorale.

L’unico a cui va dato atto di aver tentato di costruire un’intesa(seppur in netto ritardo),  parlandone un po’ con tutti, è stato il Sindaco Amante.

Tuttavia i vari personalismi hanno preso il sopravvento e così anche questa volta “l’io” ha prevalso  sul “noi” facendoci arrivare a quest’appuntamento in ordine sparso.

Fino a quando sarà l’individualismo a prevalere sul concetto di squadra, Galatina continuerà a non avere un suo rappresentante in Regione e nelle sedi che contano. Ecco perché la lettura del voto lascia emergere un’analisi molto chiara: non servono più i solisti e gli egocentrismi ma servono intese, sinergia, condivisione ma sopratutto lealtà e correttezza nel mantenere gli accordi.

Pierluigi Mandorino

Segretario Partito Socialista sez. Galatina

 

Il 07.Marzo.2018 si è svolta a Noha, presso il Circolo del Partito Democratico, l'assemblea degli iscritti, con, all'ordine del giorno, l'analisi del voto, di cui, vogliamo condividere con i nostri cittadini la sintesi.
Veniamo fuori da una netta sconfitta elettorale, in cui gli elettori hanno manifestato un evidente ed indiscutibile bisogno di cambiamento. Gli elettori hanno scelto, per la maggior parte, una forza politica dirompente, diversa nel linguaggio, diversa nei metodi, diversa nei simboli, diversa nei luoghi di rappresentanza. Hanno preferito affidarsi a dei volti totalmente nuovi, in alcuni casi anche sconosciuti, poichè hanno ritenuto quella, come migliore soluzione per guidare il nostro complesso Paese. Un Paese ancora diviso a metà, un Paese pieno di contraddizioni, un Paese Cattolico ma allo stesso tempo preoccupato dall'arrivo di popoli in fuga dalle loro tragedie, un Paese che chiede onestà, ma allo stesso tempo vecchio e corrotto.
Un Partito serio e di sinistra non può esimersi dalle responsabilità di questa sconfitta. Non abbiamo ascoltato abbastanza le persone e le risposte che abbiamo dato, non sono state abbastanza convincenti.
Pensavamo e pensiamo di aver attuato una buona politica sociale e di aver portato avanti dei provvedimenti positivi per i nostri cittadini, su cui abbiamo costruito la nostra campagna elettorale.
Non rinneghiamo nulla di ciò che abbiamo fatto, continuiamo a pensare che sia un bene l'obbligo dei vaccini, continuiamo a pensare che i docenti italiani meritassero un contratto a tempo indeterminato, continuiamo a pensare che il nostro lavoro abbia determinato una sensibile risalita del PIL e che il Jobs Act abbia aiutato molti ragazzi a trovare un lavoro meno precario, ma sicuramente non è bastato, avremmo dovuto fare di più e meglio.
Quest'assise, permetteteci di dire rara, di persone che si incontrano e parlano di politica per la pura passione di sentirsi parte di una comunità e con l'ambizione di poterla in qualche modo, rappresentare, è rinata da poco e non sarà questa sconfitta a farla demordere. 
Vogliamo ringraziare sinceramente i cittadini Nohani per la fiducia accordataci ancora una volta, il risultato elettorale raggiunto, in questa tornata per nulla semplice, non è stata la nostra migliore performance, ma ci rende comunque orgogliosi, vi siamo davvero grati per averci scelto ancora una volta; ma ci sembra doveroso ringraziare ancora di più i cittadini che ci hanno spinto a questa riflessione, che ci obbligano a fare meglio e ad essere ancora più presenti, perchè la politica per noi, rimane una missione e mai un mezzo di autodeterminazione personale.
Per quanto riguarda il prossimo Governo di questo Paese, vogliamo essere degli oppositori responsabili, perchè è questo il compito che ci hanno consegnato i cittadini e noi abbiamo molto rispetto della loro volontà.
Facciamo gli auguri di buon lavoro ai neoeletti rappresentanti galatinesi, che troveranno in noi degli interlocutori severi ma responsabili, sempre aperti al confronto costruttivo.
E comunque, viva la Politica e viva la Democrazia!

Alice De Benedetto

 
Di Antonio Mellone (del 27/07/2018 @ 20:31:40, in Fetta di Mellone, linkato 1798 volte)

Finalmente, come ogni outing che si rispetti, ho trovato il coraggio di confessarlo al mondo intero: ebbene, quando ero piccolo, i miei coltivavano il tabacco e io con loro.

Sapete, l’infanzia è come certe pietanze che pensi tu abbia digerito ma quando meno te l’aspetti tornano su.

In genere si dice che la puerizia sia il periodo più bello della nostra vita. Sì, va bene, io ne ho avuto una sostanzialmente tranquilla, due ottimi genitori, e la tragedia non è mai andata al di là di uno scappellotto altrimenti detto mappina.

Ebbene, io credo che non esista età più disperata, terribile e disgraziata di quella in cui la tua occupazione principale è quella di provare a diventare un uomo: qualsiasi cosa tu faccia spontaneamente non è mai quella giusta, e devi dipendere di continuo dal giudizio, dalle prescrizioni e dagli orari degli altri (anche se questi altri ti amano alla follia).

Se poi a questa infanzia, già di per sé drammatica, tu ci aggiungi pure il tabacco capite il livello di crudeltà.

Insomma, odiavo con tutto il cuore la coltura fumogena del tabacco: che non rientrava punto nei miei orizzonti lavorativi, non dico come impiego ma nemmeno come ripiego.

Meno male che allora non esisteva il Telefono Azzurro, altrimenti ne avrei intasato le linee con le mie continue richieste di aiuto. Certo, non avrei nemmeno saputo come fare visto che non possedevo né un telefonino portatile (che era ancora in mente dei), e nemmeno quello fisso di casa, che arrivò intra-moenia qualche decennio più tardi. Per farvi comprendere il contesto, e visto che siamo in tema di Outing, aggiungo che in quel periodo avevo pure una zita di Bolzano, una ragazza bellissima conosciuta al mare. Ci scrivevamo lunghe lettere. Eh sì, altri tempi. Tempi d’attesa, dico. Sicché il postino non fece in tempo a recapitarmi l’ultima lettera in cui la mia adorata asseriva di amarmi alla follia, che la medesima era già bellamente convolata a nozze. Oltretutto felici.

Ma cerchiamo di ritornare sui filari ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dai semenzai.  

La coltivazione di codesto maledetto tabacco aveva inizio in pieno inverno, durante il mese di febbraio. Si iniziava con le ruddhre (i semenzai, appunto), che spesso erano ricoperte da un telo onde evitare che le gelate potessero colpirne le piantine. Io, fra tutti gli dei dell’Olimpo, pregavo con particolare zelo il loro capo Zeus affinché su quelle ruddhre scagliasse il suo fulmine: che da noi si chiamava sajetta.

Le ruddhre dovevano essere annaffiate, curate e ripulite dalle fastidiose erbette. È inutile aggiungere che io tifavo e tifo tuttora per ogni tipo di erba, inclusa la gramigna, che qualche stolto – non avendo ancora capito il concetto di biodiversità – continua a chiamare erbacce (e che per il timore della povera sputacchina vorrebbe diserbare non so più con quali portentosi veleni chimici).

Tra aprile e maggio, quando le piantine (la chiantìma) erano pronte si procedeva al loro reimpianto negli interminabili (in lunghezza) e infiniti (in larghezza) filari di tabaccare.  

Le varietà coltivate erano i tabacchi orientali: Erzegovina, Perustitza e Xanti Yaca. Vi risparmio le differenze tra le tre qualità di tabacco che conosco meglio di ogni perito in scienze agrarie con specialistica nel settore.

Nei giorni successivi bisognava procedere a innaffiare la piantagione e ovviamente a sarchiarla spaccandosi la schiena. Di questo però si occupava quel sant’uomo di mio padre: io ne ero dispensato per via della scuola (ubi maior). Verso la metà del mese di giugno, appena subito dopo la festa del Taumaturgo di Padova, in piene vacanze nohane, iniziava la mia specialissima campagna di Russia, con la differenza delle temperature e con il parallelo di un solo caduto sul campo di battaglia: il sottoscritto.

Vi confido che dunque disdegnavo il 13 giugno, giorno del mio onomastico, foriero della mia incipiente estate calda, triste e infausta. Tanto che mi venivano automaticamente i lucciconi agli occhi allorché, tra gli applausi dei parenti, ero chiamato al taglio della torta di Sant’Antonio. Ma non erano mica lacrime di commozione quelle, bensì di dolore vivo per quello che m’aspettava nei giorni a seguire e fino al tanto sospirato mese di settembre.  

Dopo la solennità di questo Santo dispensatore di miracoli (agli altri, mica al sottoscritto), iniziavano le danze. Da lì a poco venivo ridotto in schiavitù da questa mala pianta importata dall’America. E voi non immaginate quante volte ho inveito contro quel rompicoglioni di Cristoforo Colombo, che aveva osato, per giunta per isbaglio, di scoprire il Nuovo Mondo e dunque il tabacco, rovinandomi così le mie estati salentine.

[continua]

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 28/03/2014 @ 20:28:35, in NohaBlog, linkato 2993 volte)

Ho letto con interesse l’intervento di Lino Mariano pubblicato qualche giorno fa su questo sito dal titolo: “Un solo comune ed una sola giunta”. E devo dire che stavolta sono d’accordo con lui.

Non fosse altro che per il fatto che questi concetti, più o meno, li avevo più volte già espressi anch’io sull’Osservatore Nohano.

Per esempio, sull’O.N. n. 2, anno V, 9 marzo 2011, in occasione della recensione del libro dal titolo “Governare la dimensione metropolitana” (Franco Angeli, Milano, 2011), scritto dalla nohana Carmen Mariano (che tra l’altro ha vergato un commento circostanziato alle note di Lino), ribadivo infatti quanto segue: “[…] In questo libro, a pensarci bene, si parla anche (e soprattutto) di Salento, pur non essendovi, quest’ultimo, espressamente menzionato (ma un libro serve anche a questo).

In maniera indiretta, cioè, ci viene suggerito che è giunto il momento di porre termine alla lotta campanilistica portata avanti dal centinaio di comuni leccesi con l’acqua alla gola (e non solo dal punto di vista della finanza pubblica ma anche delle idee); così come è davvero senza senso quell’altra grandissima corbelleria che è la proposta dell’istituzione della “Regione Salento”, la stupidaggine del secolo, cioè la creazione dell’n-esima sovrastruttura (che pagheremmo sempre noi cittadini) sbandierata da quattro disperati con voglia di protagonismo permanente effettivo e molto probabilmente con velleità (o brama) di stipendi da consigliere-regionale-a-due-passi-da-casa.

L’idea innovativa sarebbe invece la nascita di un governo metropolitano salentino, attraverso quella scelta obbligata che è l’associazionismo intercomunale, il quale dovrebbe andare a braccetto con il riordino territoriale. Le strade da percorrere sono le convenzioni o i consorzi tra comuni. Ma meglio sarebbe raggiungere un grado di maturità più alto e pensare addirittura alla forma più radicale (e forse più efficiente) di legame: l’Unione dei Comuni.

Queste scelte strategiche porterebbero finalmente ad una riduzione del numero dei comuni del Salento. Noha – lo diciamo per inciso – ha già dato in questo senso, ed è a tutti gli effetti un’antesignana di questa strategia, attuata già a partire dal 1811, epoca della fusione con il comune di Galatina: fusione che però non ha funzionato alla perfezione a causa di una classe politica nohana “subalterna” da molti punti di vista (ma dagli errori - che si chiamano lezioni – bisognerebbe pur imparare qualcosa).

Ma ritorniamo al Salento, ché le divagazioni potrebbero portarci fuori dal seminato. Con le fusioni tra comuni, dicevamo, non si avrebbero più cento sindaci (anzi cento sindaci disperati), cento consigli comunali, cento presidenti del consiglio, cento segretari comunali, cento assessori all’urbanistica, ed altri cento alle politiche giovanili ed altrettanti alla cultura, e poi altri cento geometri/ingegneri comunali, insomma cento per cento di tutto di più. Con l’integrazione vera si otterrebbero: pianificazione territoriale metropolitana, reti di infrastrutture e di servizi non frammentati, piani di traffico intercomunali, tutela e valorizzazione dell’ambiente, interventi di difesa del suolo in maniera strutturata, raccolta e distribuzione delle acque, protezione civile, sicurezza e finalmente valorizzazione dei beni storici, artistici e culturali, il tutto in maniera organica e sulla scorta non del ghiribizzo dell’assessore comunale di turno ma sulla base di progetti seri e di interesse generale […]. Chiedo venia per la lunga autocitazione.

*

Ma dopo il commento “tecnico” e molto pertinente di Carmen Mariano, ho letto di seguito anche un altro appunto icastico nonché caustico di Michele D’Acquarica che suona così: “Per un popolo che prende a sassate un pullman per un rigore negato e vende il suo voto per un pieno di carburante, tutto è (im)possibile.

Come non convenire anche con Michele.

*

Anzi, se è per questo, io rincarerei un po’ la dose, aggiungendo che tutto è (im)possibile per un popolo che non batte ciglio se gli cementificano 26 ettari di terreno per costruire l’ennesimo centro commerciale con la favola delle “ricadute”, dello “sviluppo” e di altre simil-minchiate; tutto è (im)possibile per un popolo lobotomizzato che non muove un muscolo facciale se si sperperano soldi pubblici (circa 1.300.000 euro) per la ristrutturazione di una vecchia scuola elementare che poi, poveretta, non può funzionare a dovere in quanto non si sa quale ingegnere ha scordato di pensare a priori e non invece a posteriori (a posteriori, in tutti i sensi) ad una cabina di collegamento con la rete elettrica; tutto è (im)possibile per un popolo che sta morendo di cancro ma che non riesce a capirne la causa - da ricercare invece nell’avvelenamento sistematico e cosciente di aria, acqua, terra con il ricatto di quattro posti di lavoro, portato avanti, questo avvelenamento, da imprenditori arricchiti ma pur sempre con le pezze al culo; tutto è (im)possibile per un popolo che ti considera “profeta di sventura” quando cerchi di spiegare che no, il fotovoltaico non è proprio un buon affare per tutti ma per i soliti quattro furbetti (stavolta nemmeno italiani) che non solo sfruttano il nostro territorio uccidendolo con milioni di pannelli in mezzo alla campagna, ma che si beccano pure la polpa di succulenti incentivi pagati in bolletta dai soliti polli (cioè noi stessi medesimi); tutto è (im)possibile per un popolo che non ribatte con argomentazioni serie ed approfondite ai cosiddetti progetti per il mega-impianto di compostaggio (che compostaggio non è: ci hanno derubato anche del vocabolario) in nome della chiusura trionfalistica del ciclo dei rifiuti e del risparmio delle tasse sulla spazzatura (campa cavallo); tutto è (im)possibile per un popolo che sta mandando in rovina la sua storia ed i suoi beni culturali…  

*

Ma questo intervento di Lino Mariano mi fa ben sperare nel ritorno ad un dibattito franco e serio su questi e su molti altri temi che - auguriamoci tutti - inizino ad interessare sempre più il nostro popolo. Un popolo che finalmente la smetta di far rima con ridicolo.

Antonio Mellone
 

Questa slide è una parte del retro della nostra cartina di Noha. Le cartine in genere sono fatte per indicare i luoghi più importanti, quelli di interesse artistico, storico e culturale di un luogo. Ma nella nostra cartina noi abbiamo voluto indicare anche l’altra faccia della medaglia. La faccia del nostro modello di cosiddetto sviluppo. Un modello che parla da solo. Date voi stessi un’occhiata.  

E’ una guerra che rischiamo di perdere. Ma si tratta di una guerra già persa se non proviamo almeno a far finta di lottare.

Alcuni risultati sono sotto gli occhi di tutti. Altri risultati sono sulle ecografie, sulle lastre dei raggi x, sulle risonanze magnetiche dei nostri amici e conoscenti.

I giornali parlano d’altro. A proposito di ulivi, ci dicono che “stassiccatuttu” (quando il vero “seccatutto” è quello disseminato nelle campagne per decenni). Parlano di emergenza Xylella, quando invece come vedremo la Xylella non è scientificamente dimostrato che sia la ragione del disseccamento degli ulivi. Ce ne parla sempre  Ivano Gioffreda di Spazi Popolari.

L’area centrale del Salento, che è quella che include anche questa terra di Noha, è diventato un cluster di alta percentuale di patologie tumorali. Il cluster è uno spazio determinato in cui si concentra un determinato fenomeno.

Il nostro obiettivo è quello di riuscire a far passare l’informazione a tutti:  donne, giovani, vecchi e bambini, nessuno escluso. Solo con l’informazione  forse ci sarà un minimo di reazione da parte di una popolazione per troppi anni resa schiava da un’informazione che non informa, anestesizza.

 Se non capiamo in quale aberrante meccanismo ci ritroviamo aggrovigliati, non saremo in grado di capire quanto ci uccide il nostro modo di coltivare la terra, di maltrattare la falda acquifera, di riempire l’aria di polveri cancerogene.

Tanto meno riusciremo a capire quanto ci uccide un inceneritore al posto di un cementificio, già di per sé molto pericoloso; quanto sia dannoso un gasdotto, tipo la TAP, che non ha alcuna ragione di esistere, tanto meno economica (se non quella strettamente finanziaria di una multinazionale svizzera e dei suoi sostenitori interessati); quanto una centrale a carbone sarebbe ormai da considerarsi archeologia energetica; quanto una campagna a tappeto sulle nostre teste di pesticidi (vedi il decretino Martina) non serva che ad arricchire i pochi e ammazzare i molti; e infine che una acciaieria fingerà di bonificare e invece raddoppierà la produzione di acciaio e relativi danni alla salute e alla storia, alla bellezza e all’economia di Taranto e dintorni.

Potrei continuare per secoli. Ma mi fermo qua, lasciando le parole a chi meglio di me saprà entrare nel merito di alcuni di questi temi per forza di cose soltanto da me accennati.

Il dr. Sergio Mangia (medico chirurgo) ci ha spiegato meglio come il tutto si ripercuote sulla nostra salute

E il nostro amico Ivano Gioffreda di Spazi Popolari, pioniere ed esperto in agricoltura senza l’uso di fitofarmaci ci  ha invece illustrato il suo percorso di conoscenza e di contrapposizione al disseccamento degli ulivi.

Subito dopo abbiamo avuto il piacere di vedere insieme il documentario “Salviamo Madre Terra” del regista Andrea Pavone.

Anche se queste serate possono sembrare insignificanti in confronto alla gravità in cui ci troviamo, ci auguriamo che siano utili e che altri si uniscano a noi nella diffusione dell’informazione e delle buone pratiche.

M. D’Acquarica

 

Si è svolto venerdì 26 gennaio presso il Teatro Tartaro a Galatina l’incontro con Massimo D’Alema per l’apertura della campagna elettorale di Liberi e Uguali nel Salento. Massimo D'Alema, candidato al Senato per la coalizione Liberi e Uguali, durante il proprio intervento ha dichiarato: "Non sono qui contro nessuno, sono candidato per il Salento”. Scende in campo per accompagnare un progetto politico, e per offrire al salento tutto (indipendentemente dal colore politico degli interlocutori) -come fatto quando era il deputato del collegio di Gallipoli, per due mandati- il proprio impegno e le proprie competenze per il riscatto di un territorio martoriato da problematiche di rara afflittività e che nonostante tutto cerca di farcela, da solo, stante il perdurante disinteresse di chi ci governa, a tutti i livelli. Difatti, negli ultimi anni il Salento ha scontato un'assoluta inadeguatezza sul piano della rappresentanza istituzionale, vedasi la vicenda della Xylella, dove si sono verificati dei preoccupanti ritardi nell’individuare una soluzione immediata ed efficace. Inoltre, la vicenda della TAP, dove sarebbe bastato che quel gasdotto approdasse in una zona industriale, e non su una delle più belle spiagge del Salento e del mediterraneo intero. D’Alema, ha poi concluso: "Queste scelte sono state imposte da Roma senza alcun coinvolgimento del territorio e senza alcuna capacità di negoziazione da parte dei nostri rappresentanti istituzionali". All’evento presente anche il Presidente del coordinamento di Galatina, Avv. Daniela Sindaco e dell’Avv. Marcello Risi, di Nardò: entrambi candidati alla camera per liberi e uguali, rispettivamente, Daniela Sindaco per il collegio plurinominale e Marcello Risi per l’uninominale. Daniela Sindaco, nel suo intervento e senza timore di smentita, afferma: “In questi anni di lavoro politico nel Comune di Galatina, ho messo a piena disposizione la mia persona per qualsiasi problema. Sono sempre stata a disposizione di tutti i cittadini, ed ho messo a frutto numerose iniziative. Oggi il NOSTRO (di tutto il coordinamento Galatinese) obiettivo, per il tramite di questa candidatura, è di portare il Salento al centro del dibattito politico nazionale. Liberi e Uguali rappresenta l’evoluzione di un percorso che vuole dare una alternativa all’elettore di sinistra. Sarò impegnata ogni giorno sul territorio, mettendo in atto azioni concrete. C’è necessità di far ripartire tutti gli agricoltori che hanno subito ingenti danni a causa della Xyllella e non solo di quella. Per quanto riguarda lo scempio ambientale e paesaggistico del gasdotto TAP, ritengo che sia un’opera realizzata contro il volere e contro gli interessi delle comunità locali. Il nostro partito politico affiancherà la lotta civile e democratica del popolo salentino contro l'approdo di TAP sulla spiaggia di San Basilio a San Foca e contro la colonizzazione del Salento da parte delle multinazionali interessate solo a depredarci delle nostre ricchezze naturalistiche e paesaggistiche. L’impegno in Articolo 1 non si concluderà con le elezioni del 4 marzo, ma proseguirà per il compimento dell’opera di ammodernamento ed elettrificazione della rete ferroviaria FSE da Martina Franca a Gagliano del Capo, una grande possibilità di sviluppo economico e sociale del territorio “ Lotteremo per i molti, non per i pochi! È lo slogan della campagna elettorale di Liberi e Uguali, che racchiude l’impegno preso con gli elettori e con i cittadini tutti. “Noi siamo dalla parte di chi è costretto a vivere in povertà o alle soglie della povertà, per tutti quei giovani che non possono proseguire il loro percorso di studi, per chi è costretto a rinunciare alle adeguate cure mediche, per i molti che si barcamenano tra contratti senza tutele e lavori pagati a cottimo. Al Salento dico solo di condividere il nostro progetto politico, facciamo squadra, insieme possiamo tornare a credere in questo bellissimo Paese.” A breve verranno rese note le date dei dibattiti politici, dove verrà illustrata dettagliatamente la proposta di Liberi e Uguali. Con la presente si rinnova l’invito a tutti i cittadini di sentirsi LIBERI E UGUALI, di venirsi a confrontare con il Coordinamento di Galatina sito in Corso Porta Luce 56.

IL COORDINATORE AVV ROBERTO STANISLAO

 

Nel corso del Consiglio Comunale di venerdì scorso il Sindaco ha informato la città rispetto alla periodica relazione della Corte dei Conte che riguarda Galatina. In realtà, la relazione era già disponibile e pubblicata sul sito del comune di Galatina ma era giusto che si aspettasse la comunicazione istituzionale del Sindaco prima di commentarla politicamente.

In quella relazione c’è un dato che salta agli occhi e che dà il senso dell’enormità degli sforzi che Galatina sta compiendo. Mi riferisco in particolare all’indicatore della tempestività dei pagamenti, che quantifica il ritardo che le amministrazioni in difficoltà accumulano per pagare i loro fornitori oltre i canonici 30 giorni previsti per legge. Il comune di Galatina pagava mediamente nel 2018 i suoi fornitori con “ben” 70 giorni di ritardo (vale a dire 100 giorni dopo la presentazione della fattura) mentre nel 2020 il ritardo si è ridotto a “soli” 12 giorni. Una riduzione cioè di 58 giorni rispetto a due anni fa che va a beneficio dei fornitori dell’ente, che spesso sono nostri concittadini stessi, ma che va a beneficio dello stesso comune.

Infatti, nel caso di ritardo nel pagamento dei fornitori, ogni ente è tenuto ad accantonare un fondo di garanzia debiti commerciali, la cui percentuale varia dall’1% al 5% della spesa sostenuta per acquisto di beni e servizi, a seconda dei giorni di ritardo rilevati. Considerato che il Comune di Galatina nel 2019 ha sostenuto spese, a tale titolo, per circa € 12.000.000,00, è di tutta evidenza l’impatto che può determinare l’accantonamento a tale fondo sul bilancio dell’ente. Detto in stampatello, minore è il ritardo nel pagamento dei fornitori, più risorse si liberano per la pubblica amministrazione e più servizi la stessa è in grado di fornire ai suoi cittadini.

Un risultato, va da sé, che non è solo frutto del lavoro di questa amministrazione, intesa in senso politico. È il risultato di una combinazione di fattori che partono certamente dall’aspetto politico, ma che coinvolgono necessariamente quello amministrativo (tutti gli uffici, perché ogni pagamento è frutto di una procedura che coinvolge ovviamente più uffici interessati). Un risultato agli occhi di qualcuno impossibile da realizzare se è vero come è vero che nel corso dell’ultima campagna elettorale c’era chi blaterava di un più conveniente fallimento del comune per farlo ripartire senza i “limiti di spesa” e dopo aver “bidonato” i suoi fornitori. Un risultato che non deve far abbassare la soglia di attenzione e non deve distrarci dall’obiettivo del risanamento economico-finanziario dell’ente unico vero pilastro strutturale sul quale poter ragionare della città del futuro.

Pierantonio De Matteis

 
Di Antonio Mellone (del 19/04/2022 @ 20:10:49, in Fetta di Mellone, linkato 800 volte)

Mentre impazzano i cortometraggi pubblicitari della Sandra (io però preferisco i lungometraggi, quelli in cui la Nostra dà il meglio di sé diciamo spontaneamente, ora in un caffè con parterre di giornalisti di grido, ora sulla pubblica piazza insieme ai noti sottoscrittori di contratti con tutti, vale a dire gli emissari del Movimento Cinque Penne), altri candidati, per non essere da meno, ne hanno commissionati di ineffabili alle rispettive Bestie, con rispetto parlando (il termine deriva da the Beast, la struttura creata da Obama per arrivare alla Casa Bianca).

Non può passare inosservato per esempio quello fatto confezionare da tal Fabio Vergine, il Carneade tra i quattro aspiranti alla tiara di sindaco (non ci quereli pure lui eh, ché abbiam detto Carneade e non ancora Carnevale: e chiedo venia se mi sfuggono tutti i notabili imprenditori che, come probabilmente anche il suddetto, mietono successi in loco e può darsi parimenti altrove), nel ruolo di eroe protagonista, interprete di se stesso, cogitabondo in una Galatina centro desertificata, quasi insonnolita, pronta a destarsi al suono di una voce di sottofondo, immagino la sua, flautata, calda anzichenò, e soprattutto nostalgica, onde la tattica dell’advertising è stata applicata al meglio, ergo l’elettorato “attivo” sedotto sin dalle prime battute (ché in queste contrade è da un bel po’ maggioranza qualificata chi presta attenzione a credito). Comunque, a maggior enfasi io ci avrei aggiunto la più persuasiva delle asserzioni da prologo pensata per la meglio imprenditoria nazionale così incline a scendere in campo per un nuovo miracolo italiano, ovverosia: “Galatina è la città che amo”.

Ho provato a seguire i quattro dell’Ave Mare nel cosiddetto dibattito tenutosi qualche giorno fa nella sede di un circolo cittadino: sì, è stata dura, ma se riesci ad arrivare sino in fondo capisci che, pur volendo spaccare il capello in quattro, è estremamente arduo scindere il “pensiero” “politico” (virgolette a entrambi i lemmi) delle quattro persone uguali e distinte. La dimostrazione indiretta ma scientifica sta nel fatto che il Pd e i suoi liquami, sotto cangianti spoglie, sembrano essersi in qualche modo infiltrati in ognuna delle coalizioni galatinesi diciamo contendenti, onde il segretario di quel partito, che ultimamente si fa ritrarre in mimetica ed elmetto (chissà quando con uno scolapasta in testa), non potrà che gongolarne soddisfatto.

Non abbiamo etichette, non siamo di destra, non siamo di sinistra” – ha tuonato con felice metafora e qualche anafora il venturo Fabio Sindaco. Dunque, se ho ben capito, per il nostro affabulatore post-ideologico, e quindi di riflesso per i suoi follower, certi discorsi sono oziosi, dacché, sulla scia di numerosi politologi amanti di ossimori e paradossi, v’è l’auspicio che si materializzi una grande destra moderna e democratica aggregata a una sinistra altrettanto riformista e progressista, in modo tale che dal loro fertile amplesso nasca una società senza differenze, senza pressioni e soprattutto senza “pregiudizi ideologici” [e - va da sé - senza idee, ndr.]. Vuoi vedere che alla fine, primo caso nella storia moderna, a Galatina e dintorni stiamo per far rinascere un quadrumvirato in nome della parola magica Pnrr?

E insomma a fine marzo il Vergine clemente s’è degnato di aprire la campagna elettorale perfino a Noha con uno storico bagno di folla (o forse, dato il meteo, volevano dire folla bagnata). Da questa frazione è finalmente partita la “seconda tappa” del tour (una specie di Via Crucis vivente), intitolata, guarda un po’, “Direzione Galatina”, e dove sennò.

Qui il Nostro ha proferito il suo verbo con piglio accademico e soprattutto “con dati alla mano” [sic], come per dire: “[…] I dieci sportelli bancari di Galatina contengono depositi per circa 380 milioni di euro. Soldi sostanzialmente fermi ed infruttiferi per il nostro territorio” [sic]. Pare che il, salvo errori, ex-prof universitario si sia soffermato a osservare soltanto un piatto della bilancia (cioè del bilancio) e non anche l’altro, rappresentato, ma vedi tu, da altrettanti Impieghi: 369 milioni per la precisione (dati del 2020). E volendo proprio fare la media del pollo di Trilussa, si potrebbe pure aggiungere che, a fronte di 14.761 euro di Depositi pro-capite, a Galatina gli Impieghi bancari sempre pro-capite (composti da mutui, prestiti, e finanziamenti a breve medio e lungo termine a famiglie e imprese) sono pari a 14.225 euro, sicché il rapporto tra impieghi e depositi si aggira intorno al 100% o giù di lì. O magari l’imprenditore de noantri vorrebbe che la vecchietta parsimoniosa versasse direttamente sul conto corrente dell’impresa locale (“Piccola o grande che sia, dalla piccola bottega al padiglione industriale” [sic]) i famosi risparmi di una vita. Prospettiva interessante, non c’è che dire, non ci avevo proprio pensato. Poi uno si chiede come faccia un’alma mater a privarsi di un luminare di tal lignaggio. E viceversa.

Commovente infine il suo: “Ho ricevuto tanto da questa città, e ora sento di doverlo restituire”. Ma come è buono lei. Guardi, non si preoccupi. Tenga pure. Davvero. Come avesse già dato.

Ma tu guarda. Cercavamo un sindaco (con la minuscola per carità di patria), e ci ritroviamo con un Vergine e Martire.

Antonio Mellone

 

Nei mesi di giugno, luglio, settembre e ottobre i volontari del Servizio Civile Universale del progetto “Monitor 6017” del Comune di Galatina avvieranno un’iniziativa ambientale sui rifiuti e sulla loro corretta gestione. Tale iniziativa verrà svolta attraverso la “comunicazione a caldo”, ovvero mediante comunicazione diretta alle utenze tramite contatti “porta a porta”.

La comunicazione ambientale permetterà, in questo modo, di costruire le basi per una corretta gestione dei rifiuti e tutela del territorio, raggiungendo diversi livelli sociali e culturali e favorendo il cambiamento di cattive abitudini ormai consolidate.

A partire dal 19 giugno, nei mesi di giugno e luglio, nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 11.30, i volontari svolgeranno l’attività di comunicazione sui rifiuti e sulla loro gestione nelle frazioni di Noha, Collemeto e S. Barbara.

L’attività di “comunicazione a caldo” sarà sospesa nel mese di agosto, per poi riprendere nei mesi di settembre ed ottobre, sul territorio di Galatina, previa comunicazione.

I volontari daranno il via anche ad una campagna di monitoraggio e controllo dei rifiuti su tutto il territorio comunale di Galatina e frazioni, che prevede di perfezionare la conoscenza del territorio attraverso l’aggiornamento dei siti interessati dal fenomeno dell’abbandono dei rifiuti.

I volontari procederanno ad una caratterizzazione del rifiuto attraverso sopralluoghi in loco, allo scopo di risalire all’eventuale categoria di soggetto produttore.

La presente azione fornirà una serie di dati utili all’amministrazione comunale, poiché consentirà di rendere nota la situazione locale, nonché di svolgere azioni finalizzate alla bonifica.

Con lo scopo di coinvolgere attivamente la cittadinanza, è di seguito indicato l’indirizzo mail per le segnalazioni dei siti di abbandono dei rifiuti sul territorio comunale, complete, se possibile, di foto e di una breve descrizione del rifiuto. Il contributo di tutti è fondamentale per la buona riuscita dell’attività di monitoraggio.

INDIRIZZO SEGNALAZIONI: comunedigalatinascn@gmail.com.

I volontari del Progetto "Monitor 6017"

 
Di Redazione (del 01/05/2019 @ 20:01:43, in Comunicato Stampa, linkato 911 volte)

Oggi sono stato a Parabita, a manifestare al fianco dei cittadini, perchè il messaggio che deve arrivare richiede forza, coraggio e , soprattutto, compattezza. Dire "no" alla mafia significa metterci la faccia, significa sfidare la paura e scendere in strada superando colori politici, differenze di vedute, "appartenenze". Nella lotta contro la malavita siamo tutti dalla stessa parte e questa manifestazione ha rappresentato un bellissimo esempio, una bella pagina di civiltà di cui il Salento ha un disperato bisogno. Oggi più che mai.

Quando ho appreso dell'apertura di un fascicolo della Procura antimafia sul clima di paura calato a Parabita, per giunta in piena campagna elettorale, ho deciso di contattare la Prefettura di Lecce. Al mio interlocutore, il Vice Prefetto Guido Aprea, ho chiesto deluciazioni sugli spiacevoli e preoccupanti episodi che hanno spinto persino al ritiro di una candidatura.

Il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Guglielmo Cataldi, nelle scorse ore ha ravvisato le ipotesi di reato di estorsione e minacce aggravate dal metodo mafioso. Questo, a mio avviso, significa che lo Stato, adesso più di prima, deve dimostrare sostegno a questa comunità. Al Vice Prefetto Aprea ho dato la piena disponibilità a collaborare in tal senso. Considerato l'insediamento di un tavolo tecnico interforze, ogni ulteriore ipotesi di intervento deve essere valutata meticolosamente e senza lasciare nulla al caso. Anche su questo continuerò a richiedere aggiornamenti costanti e a testimoniare tutta la mia vicinanza, con spirito costruttivo e cooperativo.

Questa comunità ha diritto e voglia di rinascere. L'allarme infiltrazioni mafiose, lo scioglimento di ben tre Comuni, il tasso di microcriminalità in rialzo: sono questi i tentacoli che lentamente soffocano il Paese vanificando qualunque sforzo di rinascita. Come rappresentante di una forza di Governo che da sempre considera la lotta alla corruzione e alla mafia prioritaria, non intendo arretrare di un passo. In questa battaglia io, noi, CI SIAMO! Senza paura. Consapevoli che la cultura sia l'arma più potente e che l'impegno nella società civile sia il miglior mezzo per tagliare il traguardo legalità.

Leonardo Donno

portavoce alla Camera dei deputati del M5S

 

Cari candidati alla carica a Sindaco di Galatina,

sento il dovere di porvi all’attenzione un argomento che, in particolar modo in questo momento, costituisce una delle tematiche più importanti a livello nazionale e regionale ma che a Galatina non viene mai affrontato, se non a livello marginale o è assente del tutto.

  • Agricoltura e Ambiente.

Aree Tematiche che  necessiterebbero di molta attenzione considerata la vocazione storica della nostra comunità.

Come possiamo andare avanti se non ricordiamo chi siamo e da dove veniamo?

Come può un comune con 75,00 kmq. circa di superficie agricola e in posizione centrale nella nostra provincia non avere tale settore come uno tra i principali temi nelle programmazioni elettorali?

Ci sono molteplici iniziative da intraprendere a breve e a lungo termine, a costo zero o meritevoli di finanziamento nel PNRR, prima fra tutte ed è solo un esempio e che rappresenta però l’idea di progresso nel rispetto della nostra tradizione: la rivalutazione di uno stabile presente nella nostra area urbana, al centro di un contesto commerciale e turistico sempre più in espansione:

l’ex mercato coperto  che  potrebbe RI-trasformarsi  nel MERCATO COPERTO BIO di GALATINA e sarebbe la prima realtà in provincia di Lecce.

In questi anni ho sentito le idee più improbabili al fine di attingere a fondi per il recupero dello stabile, ma perché non puntare sull’originaria natura di questo edificio?

Partendo dal reimpianto delle aree colpite da xylella fastidiosa, passando alla pianificazione agricola in materia di prodotti dop igt e stg, con tipicizzazione di aree per la produzione del biologico e considerando anche la grande attenzione nella conversione, da parte della Comunità Europea, attraverso le varie misure del PSR con cui AGEA finanzia progetti di produzione biologica. Il primo mercato biologico della provincia di Lecce, situato al centro della città potrebbe rappresentare un fiore all’occhiello per i paesi limitrofi, a questo è da considerare la posizione strategica per il turismo a Galatina. Chi visita la nostra città, spesso è alla ricerca dei prodotti tipici come confetture, farine, pasta, friselle, olio, vino,prodotti caseari...e per gli abitanti dei paesi limitrofi sarebbe un  ulteriore occasione per venire a Galatina. In provincia esistono moltissime aziende convertite in bio ma a parte i mercatini itineranti di campagna Amica e altri mercati saltuari presenti soprattutto nel capoluogo non ci sono realtà stabili come punto di riferimento per questa filiera.

  • Un secondo obiettivo potrebbe essere l’elaborazione del PIANO REGOLATORE DEL VERDE.

 Il piano regolatore del verde è uno strumento di pianificazione di settore e può svilupparsi in due grandi branche: quello pubblico e quello dedicato alle aziende del settore.

L’’aspetto pubblico è parte integrante dello Strumento urbanistico generale che partendo dall’analisi dettagliata del patrimonio verde del comune ne definisce lo sviluppo quantitativo e qualitativo nel medio e lungo periodo, anche in previsione della futura trasformazione urbanistica - territoriale. Senza entrare nei dettagli normativi il Piano Regolatore del Verde comprende una serie di prescrizioni specifiche e norme per la tutela, manutenzione e fruizione del verde, pubblico e/o privato, presente sul territorio comunale, nonché indirizzi progettuali per aree verdi di futura realizzazione ed è utilissimo per delineare le linee guida per le fonti di energia rinnovabile.

Dal Verde attrezzato che comprende : piccoli parchi e giardini di quartiere con giochi per bambini, aree cani, alla Forestazione urbana, agli Orti botanici finendo con gli Orti urbani, i Cimiteri e le Aree sportive all’aperto. Insomma tante idee concrete ed in molte di queste voci si collocano il Baratto amministrativo (art. 24 Dl n° 133/2014) e altre formule che potrebbero facilitare sin da subito lo sviluppo di molti progetti.

L’agricoltura è un settore produttivo primario per l'economia del nostro paese, e nella nostra campagna si producono prodotti di eccellenza quali quelli ortofrutticoli e poi vino, olio, ecc. sia in coltivazione convenzionale che biologica, l'amministrazione comunale ha il dovere di essere partecipe e protagonista attraverso un organo con funzioni consultive propositive ed organizzative,  fornendo pareri, non vincolanti, nelle politiche agricole; esprimere pareri, non vincolanti, relativi all'assetto del territorio, risorse idriche, realizzazione di infrastrutture, di impianti per produzioni di energia alternativa, viabilità rurale ecc perche solo attraverso un reale interesse da parte vostra possiamo tornare ad essere un modello per il nostro territorio.

Ambra Mongiò

 
Di Marcello D'Acquarica (del 04/06/2015 @ 19:57:59, in NohaBlog, linkato 3310 volte)

Ci sono persone che il Destino mette sulla tua strada e per delle ragioni incomprensibili ci restano per sempre.

Non me lo ricordo neanche più quando, ma sapevo a malapena leggere, e mi trovavo in un ripostiglio della sua casa paterna in via Cadorna, a leggere giornalini di Tex Willer. Nel vano scale di quella vecchia casa, Pietro, il padre di Roberto, aveva sistemato dei lunghi pali di legno, di quelli che teneva per il suo lavoro da mastro costruttore. Da un lato poggiavano sui gradini e dall’altro sul ripiano in alto (u menzanu) quasi a toccare il soffitto. I pali fungevano da passerella e quello era uno dei nostri nascondigli preferiti. Me ne stavo lassù a leggere per ore e ore, fino a che un giorno mi ci addormentai e tutti si dimenticarono di me. E’ facile immaginare cosa accadde dopo, allorquando i miei misero sottosopra tutto il paese per cercarmi. Da quel giorno le nostre strade, le mie e quelle di Roberto Serafini, non si sono mai più allontanate. Quei Tex Willer li ho ancora perché Roberto me li ha conservati per tanti anni. Che cosa aveva speciale Roberto? Amava la natura, l’aria aperta e le cose semplici. Come me, non sopportava i luoghi al chiuso e ogni occasione era buona per scoprire posti nuovi e ammirare le bellezze della nostra terra.

Poi da allora è stato un turbinio di belle esperienze che hanno rafforzato la nostra amicizia, con l’aiuto e con il merito delle nostre compagne di vita: Angela e Lucia. Niente avviene per caso ed era scontato che il loro rapporto, pur provenendo da due mondi completamente opposti, si ritrovassero in sintonia. Questi tre giorni, in cui abbiamo accompagnato Roberto alla sua ultima dimora, mi hanno lasciato dentro un vuoto pressante. Ci diciamo che con il tempo passerà e il vuoto si colmerà di tanti bellissimi ricordi: delle passeggiate nei boschi, lungo la costa, e nelle vie addobbate a festa dei paesi che Roberto con orgoglio ci portava a visitare sempre, d’estate e d’inverno. Non serve avvilirsi, né tanto meno serbare rancore o rabbia, contro chi o che cosa poi? Forse colpevoli di questo dramma che ci sta portando via tanti amici, lo siamo tutti. Roberto, mi ha detto di dirvi che lui amava la vita, e che era felice anche di vivere così, come lo era ultimamente martoriato dai continui esami, dai cicli di radio e dalle febbri frequenti che lo spossavano.

Così diceva: “Stau bbonu! Se u Signore me lassa”. Roberto credeva nel Signore e nelle preghiera. Lo so che l’invidia è una brutta cosa, ma io lo invidiavo per questa sua Fede e per la sua grande capacità di convivere con quel dramma che lui conosceva appieno. E non si arrabbiava nemmeno quando, poche settimane addietro, passeggiando per Noha mi disse: “Marcellu, quandu nnu rrivi cu ti ttacchi le scarpe de sulu, è bruttu segnu”. Roberto non aveva segreti, noi ci dicevamo tutto e di più. Il suo argomento preferito, guarda caso, era proprio la cura dell’ambiente. Non l’ho mai visto bruciare né un pezzettino di plastica, né altro. Riciclava e differenziava tutto. Amava i prodotti buoni della terra, che produceva in quantità. Nella sua casa c’è sempre stata l’abbondanza di tutto ciò che portava dalla campagna, e poi conservava nella sua cantina scavata sottoterra. Non è mai successo, dico mai, che io sia uscito da casa sua a mani vuote. Non era raro vederlo girare per il paese con il cofano della sua gloriosa Opel Kadett grigio argento, stracolmo di verdure che scaricava a turno a casa di amici e amiche. Da lui ho imparato che non conta la bellezza esteriore di una melanzana o di un qualsiasi altro prodotto, ma la genuinità e la fragranza. Da Roberto ho imparato il senso vero della generosità, perché quando ti dava qualcosa non si aspettava niente in cambio, ma era semplicemente felice di farlo. Se dovessi scrivere qui tutte le cose che ha fatto per me e per la mia famiglia, credo non basterebbero mille pagine. Cose semplici come lo era lui stesso, come il farci trovare sul tavolo di casa un cesto di frutta e ortaggi appena raccolti, quando sapeva che noi stavamo arrivando da Torino per passare le vacanze a Noha. Oppure quando mi chiamava al cellulare per dirmi di passare da lui che c’era una cosa per me Che cosa?:  meloni, pomodori, insalata, zucchine, pupuneddrhe e una bottiglia di vino. “Quest’anno- mi disse l’altro Natale- se vuoi le patate te le devi seminare tu, io non ce la posso fare”. E invece ebbe il coraggio di regalarmi una cassetta piena di bellissime patate, selezionate nella misura e coperte con un foglio di carta su cui aveva scritto: “al mio compare”.

Non ho bisogno di testimonianze per ricordare cosa mi ha regalato, ovunque io volga lo sguardo: nei campi, in casa, in macchina, fra le mie cose, in mezzo ai libri, ecc. in ogni anfratto c’è la sua mano. Temeva perfino per la mia incolumità fisica, fino al punto da aiutarmi a “guadare” le antiche mura della masseria Colabaldi come un novello traghettatore.

E questo, di Roberto, è solo un piccolo assaggio.

Marcello D’Acquarica
 
Di Antonio Mellone (del 03/04/2021 @ 19:57:36, in NohaBlog, linkato 872 volte)

Ci sono parole che si rovinano, invecchiano rapidamente, rischiano di dire il contrario di quel che avrebbero voluto, forse perché esauste, proferite con superficialità quando non in mala fede, ripetute a pappagallo, dunque razziate dal potere. Senza andare troppo lontano basti pensare a Crescita, Sviluppo, e ultimamente anche Economia Circolare, Sostenibilità, Resilienza, e ulteriori lemmi o locuzioni da Recovery. Del resto la storia è costellata dagli espropri dei vocabolari più che da quelli proletari, essendo il vocabolario probabilmente uno dei beni più preziosi di un popolo, che dico, di ciascun individuo (onde il povero don Milani aveva ragione due volte).

Altre parole sono sulla buona strada del loro (e nostro) logoramento, vista la puntualità svizzera con la quale vengono utilizzate in convegni o in programmi elettoral-amministrativi. Mi riferisco a Riqualificazione e a Valorizzazione. Ricordo, così solo per fare due esempi, che in loco era considerata Riqualificazione (e temo lo sia tuttora per molti conterranei) la trasformazione di ventisei ettari di campagna galatinese in un mega-parco commerciale; e si continua senza alcun ritegno a parlare di Valorizzazione financo della basilica di Santa Caterina d’Alessandria, manco fosse una merce da prezzare sul mercato o un business da quotare in borsa.

Ebbene, personalmente considero valore ciò che per altri (tanti altri) temo sia un disvalore. E viceversa. Tipo il turismo quale “volano” (anche Volano non scherza) di tante belle cose, mentre io ne provo perfino orrore, attesa la visione predatoria peculiare di molti fenomeni di massa, perniciosi anzichenò per loro stessa indole.

È inutile dire quanto l’abbandono del natio borgo selvaggio, più prosaicamente paesino, sia ormai una malattia conclamata, una vera pandemia con un indice Rt strettamente maggiore di uno (e non mi si dica che scimmiotto i virologi, ché l’Rt lo studiai in Statistica qualche decennio fa). Al di là delle buone intenzioni e delle eccezioni, la regola aurea sembra essere quella della forza centripeta il cui centro di gravità permanente diventa la città (preferibilmente metropolitana) con connesso spopolamento della provincia. Si tratta di un discorso sistemico, voluto dalla classe dominante e dai suoi caporali dotati di un iban da impinguare oltremodo, tanto i gregari si trovano sempre in abbondanza e perlopiù gratis.

Per fortuna c’è ancora chi resiste e, credendo nella propria piccola patria, ha deciso non solo di restare, ma di provare a utilizzare parole diverse, possibilmente meno inflazionate. A Noha, per esempio, abbiamo le piccole botteghe (oltre al pugno di ambulanti del mercatino settimanale di via Michelangelo) nonché gli artigiani e i contadini che compiono quotidiani atti di residenza, vale a dire resistenza, e in molti riescono pure a vincere contro i colossi di turno come tanti Davide. E abbiamo due fratelli e un cognato che non sono l’Hilton o il Marriott (per fortuna), i quali senza attendere l’arrivo dello straniero o dell’imprenditore del turismo pronto ad acquistare immobili da trasformare in resort (o addirittura in “eco-resort”) di gran lusso, decidono di buttarsi nell’avventura del recupero del vecchio maniero di Noha, lasciato da decenni nel più totale abbandono da un’aristocrazia decrepita che non si fatica a pensare storicamente parassitaria. Lavorano da tempo giorno e notte con l’aiuto di amici e maestranze locali per recuperare la struttura al fine di rassettarne una decina di camere per gli ospiti che avranno il ghiribizzo di venire a Noha in qualità di viaggiatori più che di turisti. La differenza non è di poco conto, essendo i primi (al contrario dei secondi) alla ricerca del peculiare più che della formula indifferenziata a pacchetto, e dunque dei sapori di una volta, del profumo di zagare all’ombra di una torre medievale, delle rughe di pietre antiche e belle. E magari anche di musica prodotta se non dalle canne di un organo positivo da un pianoforte a coda da piazzare in una delle sale del castello e, perché no, di rime di poeti riecheggianti negli antri ipogei.

Esiste, ed è quella popolare e locale, un’economia che decentra non concentra, allarga non restringe, moltiplica non sottrae, distribuisce non accaparra. Basata su un codice etico certamente arcaico ma sacro, è incardinata nelle relazioni tra pari, nell’identità e nella memoria, nell’equo compenso più che nell’extraprofitto, nell’uso più che nello sfruttamento, nella diversità più che nell’omologazione.

È questa forse la salvezza di un paese che voglia provare se non a coniare parole nuove, almeno a preservarne il senso di quelle testarde, tipo Decrescita, Resistenza, Spirito, e soprattutto Comunità. Concetto, quest’ultimo, affatto dissimile (se non l’esatto opposto) di Community. Nella prima ci si conosce un po’ tutti; nella seconda, nonostante gli emoji, si finisce sovente per essere dei perfetti sconosciuti.

 

 Antonio Mellone

[articolo apparso su “il Galatino”, anno LIV, n. 5, 26 marzo 2021]

 

 

Pensiamo, senza troppi giri di parole, che sia arrivata l’ora di lavorare sul serio senza troppe ridondanze che non fanno altro che gonfiare una pratica amministrativa già di per sé piena d’aria. E tutto ciò oramai è lampante, si vede chiaramente nelle azioni che questa Amministrazione sta compiendo – o meglio – non sta compiendo. E ci riferiamo soprattutto al nostro territorio, a Noha, e alla Città, trasformata in un teatrino di burattini e burattinai su di un palcoscenico di musica, giochi, eventi e festicciole da una politica qualunquista e soprattutto di facciata (sorridente, ovviamente!) che nasconde incompetenza.
Possiamo dirlo, siamo veramente stanchi e ci batteremo per esprimere democraticamente la nostra opinione a chi nutre rispetto e stima per l’operato del nostro Partito e a chi non si accontenta di piccoli contentini ma vuole, anzi pretende, una azione politica che sia attenta, vigile, che possa soddisfare le richieste e i bisogni dei concittadini.
Tra poco più di un mese sarà un anno di insediamento della nuova Amministrazione, un anno di rendicontazioni, di conti e di dar conto alla Città di quanto realizzato; ci siamo sentiti spesso ripetere che “la campagna elettorale è finita” e noi questo dato lo avevamo compreso già dal giorno dopo il ballottaggio, ma a quanto pare non tutti. Da un anno vediamo Galatina e frazioni incolte, statiche, senza un iter studiato e stabilito che possa portare ad un progresso; non un progetto per Noha, non un risultato, non un finanziamento ottenuto e quei pochi ottenuti, ovviamente, sono andati perduti.
C’è chi di accontentare gli abitanti di Noha ponendo quattro lucine sotto il Monumento dei Caduti in p.zza Menotti, con una tinteggiata al cancello del cimitero, ma è passato un anno! Non basta.
Non pretendiamo che tutto il da farsi sia realizzato in pochi mesi, ci basterebbe sapere che esistono documenti che attestino progetti per il risanamento della Torre dell’Orologio in p.zza San Michele , ad esempio, pericolante da tempo, che si stia lavorando ad un idoneo passaggio pedonale che colleghi il centro abitato della frazione con il Cimitero, che si provveda al rifacimento del manto stradale su Via Conella, ci basterebbe questo.
Ciò che l’attuale Amministrazione ha previsto è, invece, l’aumento della TARI 2023, senza una minima previsione che agevoli le famiglie in particolare condizione economica e bocciando un emendamento proposto dalla minoranza  che avrebbe portato a concentrare maggiori risorse per l’abbattimento della Tari 2023 su quei particolari nuclei familiari, visto il progressivo miglioramento della situazione finanziaria dell’Ente.
Tutto viene trasformato in una passerella, così come può dimostrarsi l’uso improprio del Teatro “Cavallino Bianco”, senza nessun criterio di fruibilità, uno spazio aperto per alcuni, chiuso con catenacci per altri.
Ci rincuora soltanto il lavoro encomiabile che sta svolgendo la minoranza in Assise comunale: vigile, attenta, oculata e propositiva, regola che, anche qui, non vale per tutti. La minoranza ha l’importante ruolo propositivo in seno al Consiglio, di controllo, di attenzione, di supervisione e, quando necessario, di denuncia.
Non ci risulta che lo stesso ruolo preveda anche l’assoggettamento politico come una sorta di pegno da pagare per aver ottenuto una presidenza di una commissione di studio priva di qualsiasi potere decisionale, se non altro per il rispetto dovuto agli elettori. Ci rendiamo conto anche qui che – come disse Bruce Lee  “mettiti in mostra e non avrai attenzione; il tuo vantarti sarà prova del tuo fallimento”; e a tal proposito, in merito al comunicato apparso da qualche ora sulle testate online a firma del consigliere Antonaci, il quale esulta per la Legge regionale che prevede la figura dello Psicologo di base, prendendo il merito di essere stato il promotore di questa legge, vogliamo ricordare che il progetto sperimentale risale al 2012, progetto ereditato dall’allora amministrazione Montagna (PD), che rientrava nell’Ambito di Zona, realizzato poi con l’amministrazione Amante. 
Puntualizziamo che lo stesso consigliere è stato audito in Senato poiché lo stesso diede disponibilità ad accogliere nel suo studio di medicina generale la figura dello psicologo che, ricordiamo, rientrava in quel progetto (N.B. la Legge è Regionale!).
Non c’è paternità, dunque, ma solo l’augurio che il bene collettivo venga prima della vanità personale.

Michele Scalese

Segretario Circolo PD - Noha

 
Di Antonio Mellone (del 09/09/2020 @ 19:53:47, in Fetta di Mellone, linkato 1345 volte)

Non so se avete avuto modo di ammirare l’esilarante cartellone svettante a Galatina all’interno di un recinto di plastica giallorosa (come il governo), tra via Ugo Lisi e la via di Noha, zona palestra-hangar/circonvallazione-interna, periferia a sud.

Non mi dite che non ci avevate fatto caso eh, ché il cartello farebbe invidia ai 6X3 dei candidati alle regionali [con un 6X3 le spari più grosse e, per il terzo segreto del marketing, vieni creduto come all’oracolo, ndr.].

Insomma, il titolo del suddetto manifesto del partito consumista è: Complesso Residenziale “Le Palme” (giustamente con le virgolette); o forse era Le Palle, non vorrei aver letto male.

Pareva brutto, invece, Complesso Residenziale Il Gelso: troppo sense of humour, giacché il piano Silletti, altrimenti detto ‘ndo cojo cojo, fedele al suo antenato di parte materna, cioè Attila, aveva già fatto in loco il suo corso diciamo naturale (tra parentesi, io l’ho sempre detto ai compagni che sarebbe stato meglio tumulare già rivoltato nella tomba il povero Tonino Baldari).

Rimane un mistero il fatto che a un fischio dal novello impianto, visibile a occhio nudo, ve ne sia un altro, vecchio di zecca, fermo allo scheletro in cemento armato forse da una ventina d’anni: lì probabilmente o la società costruttrice aveva sbagliato i conti (e si sarà fermata, seppure, al pagamento delle prime fatture alla Colacem di turno), oppure gli eventuali promissari acquirenti, viste le prime avvisaglie estetiche delle loro abitazioni, rinsavendo per un attimo, avranno pensato: “Tanto vale che ci trasferiamo a Beirut”. Adesso non vorrei rubare il lavoro ai pubblicitari, ma secondo me il giovane adiacente aggregato edilizio a schiera, attesa anche l’endemica ludopatia nostrana, si sarebbe potuto denominare, forse con più efficacia commerciale: Nuovo Comparto Riprova E Sarai Più Fortunato.

A mio modesto parere, andarsi a trasferire nell’imminente centro residenziale galatinese (volevano dire periferia residenziale, scusateli) è un affarone: vuoi mettere la gioia del suburbio, lo struscio di migliaia di macchine sul grande raccordo anulare a km0, il fatto di non sentirti né in città né in campagna (in pratica un non luogo), gli allagamenti quando piove (in zona semafori) che ti fa tanto sentire a Venezia però con il Mose. E dell’“energia a costo zero” riportata sul suddetto manifesto a mo’ di arcobaleno vogliamo parlarne? A gratis proprio tutto: pannelli, allacci, fili, tubi, doppi vetri, e, mi voglio rovinare, pure l’auto ibrida per la spesa all’Iper (ché in questo paese, signora mia, se non hai un automezzo per spostarti anche nel raggio di 300 metri sei spacciato).   

Così nell’attesa di un DPCM che dica Stop al consumo di suolo, il baricentro della “nave sanza nocchiere”, vale a dire Galatina, sembra oscillare: ora verso Collemeto (allorché il coro intonava l’alleluia per il Mega-porco Pantacom, che chissà quali magnifiche sorti e progressive ci avrebbe riservato - ma mai dire mai, visto che la pratica non è ancora perenta), ora verso Noha, con queste belle “villette signorili con giardino”, così “signorili”, ma così “signorili” che sembrano sbucate da una fotocopiatrice, una uguale all’altra. Altri tempi quando i signori cercavano di distinguersi dagli altri. Ebbene sì, non c’è più la borghesia piccola piccola di una volta. Ma non sottilizziamo: per la classe politica di maggioranza e dunque per la finta opposizione quello che conta è la mitopoiesi delle “ricadute occupazionali” e del “volano per lo sviluppo”.

Auguri ai nuovi acquirenti, dunque, pronti a stipulare con una neonata SRLS la compravendita della casa dei propri sogni. Vuoi mettere le garanzie post-vendita che una Società a Responsabilità Limitata Semplificata – per legge con un capitale sociale strettamente inferiore a 10.000 euro - è in grado di fornirti? 

E voi altri attivisti (e dunque negazionisti e complottisti che non siete altro) smettetela di menarcela con ‘sta storia dell’abbattimento dell’attiguo Casino Liberty: che c’azzeccano infatti con l’edilizia gli articoli della Lines? Dico quelli con le ali.  

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 11/03/2022 @ 19:52:15, in Fetta di Mellone, linkato 826 volte)

Sto cercando di individuare una qualche differenza nei pensieri, parole e opere pubbliche dei quattro candidati in gara per la cadrega di sindaco della mia città. Ma finora nulla, solo similitudini: tipo che tutti costoro hanno studiato a Modena (per dire quanto la fuga di cervelli a volte funzioni al contrario).

Chissà se lo slang imperiale, così gradito alla Galatina progressista e gretina, tutto impregnato di smart city (anzi smart land: fa più figo), e quindi di valorizzazione, riqualificazione, attrattività, green, e soprattutto inclusione e sostenibilità (e forse forse pure resilienza) proverrà dalle sudate carte compulsate in quella benedetta Alma Mater Studiorum Mutinensis et Regiensis. A saperlo.

Sta di fatto che con gran senso di responsabilità (ma soprattutto dell’umorismo), oltre a un paio di novelli Carneade pronti a indossare la fascia tricolore, e a un altro che pare abbia intenzione di cucirsela addosso per almeno un’altra legislatura, s’è rifatta viva anche la Sandra (una “ca li coddhra”: l’ha detto lei, eh) confidando probabilmente nelle proverbiali amnesie dei suoi concittadini e ancor più nella loro stoica, tendente a storica, rassegnazione.

La Sindaco in pectore ha debuttato in campagna elettorale con la tecnica del branding (a proposito del gergo persuasivo di complemento) tappezzando Galatina e dintorni con manifesti 6x3 pieni zeppi di slogan anonimi, ma così anonimi che appena ne leggevi uno non potevi non esclamare immantinente (come nel Fantozzi contro tutti): “Sandra, è lei?”

Dopo qualche giorno di suspense il diciamo arcano viene dunque svelato e la criptocandidata appare al suo popolo in tutto il suo splendore nel corso di una memorabile conferenza stampa di due ore e passa, ripresa, a perenne anamnesi e per comune fortuna, dall’occhio e dall’orecchio indiscreti delle telecamere, quindi trasmessa urbi et soprattutto orbi. A dire il vero io me l’ero persa ‘sta cosa qua e non è che ne stessi facendo una tragedia esistenziale, se non che una carissima amica quasi m’implora: “Ma come puoi farne a meno: se non vedi e non senti non ci puoi credere”. E così, novello san Tommaso, mi fiondo ad abbeverarmi direttamente alla fonte dei famosi punti: dico i punti programmatici della politica rediviva.

Per questioni di spazio e soprattutto di pazienza del mio unico superstite lettore non posso star qui a parlare dei quattro giornalisti presenti e delle loro domande ficcanti, che dico, ostili proprio, pregne di anglosassone perfidia: tanto che a un paio viene offerta la candidatura (immagino nella coalizione della stessa intervistata), mentre un altro se ne esce con una elucubrazione tipo “il Pd è una delle poche realtà serie che sono rimaste nell’attuale scenario politico” (questa sì che è satira politica, altro che la mia all’acqua di rose, ndr.).

Vien poi la volta di una “stakeholder” (ipse dixit: io veramente all’inizio avevo capito stalker) che dopo un po’ di circonlocuzioni eteroclite trova finalmente il bandolo della matassa e parla di pulmini scolastici (per i quali ovviamente la Sandra dovrebbe avere già in tasca almeno un paio di soluzioni). Arriviamo di buona lena all’ultimo intervento, grazie al quale apprendiamo che Galatina fu promossa al rango di Città mica con un Regio Decreto sul finire del ‘700, ma addirittura da Urbano VI (non si sa se in persona o tramite bolla pontificia), vale a dire quattro secoli prima, lustro più lustro meno.

Un errore ci può stare, tutti sbagliamo, ci mancherebbe; ma visto che sull’argomento nessuno dei qualificatissimi astanti ha battuto ciglio, pare anzi muovessero la testa in continua annuenza, allora sì, Galatina può certamente candidarsi, e con ottime probabilità di successo, al concorso per l’incoronazione di Capitale italiana (ma pure mondiale) della Cultura.

[continua]

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 08/04/2022 @ 19:50:28, in Comunicato Stampa, linkato 524 volte)

Suggellato l'accordo tra il Movimento 5 Stelle di Galatina e la candidata sindaca Sandra Antonica, che potrà dunque godere del sostegno dei pentastellati nella corsa alla fascia tricolore. Una stretta di mano basata su un "Contratto dei cittadini" per  Galatina, Noha, Collemeto e Santa Barbara. L'accordo programmatico, che stabilisce i punti chiave del mandato, è stato sottoscritto giovedì pomeriggio dalla candidata e dal deputato M5S Leonardo Donno, su proposta del Movimento.
Quest'ultimo ha così sottoposto alle forze politiche e civiche che sostengono la candidatura della Antonica a Sindaco della Città di Galatina, le regole di condotta e gli obiettivi programmatici, suggeriti dai cittadini di Galatina nel corso dei numerosi incontri succedutisi negli anni scorsi, che dovranno necessariamente essere rispettate (le prime) e conseguiti (i secondi) dalla coalizione e dalla prossima Amministrazione Comunale. (documento in allegato)
Etica pubblica, legalità, trasparenza e semplificazione; transizione ecologica, recupero a tutto tondo del centro storico, inclusione welfare e giovani; recupero e rilancio del quartiere fieristico, progettazioni e investimenti Pnrr, economia, industria e sviluppo delle piccole e medie imprese. Questi i punti focali dell'accordo.

«In questi anni - dice il deputato Donno - il MoVimento 5 Stelle a Galatina è stato presente in Consiglio Comunale e soprattutto fuori dal Consiglio. Abbiamo sempre lavorato per il bene della comunità di Galatina e delle sue frazioni, ottenendo anche risultati importanti per la città, nonostante fossimo forza di opposizione. Questi anni di presenza costante, di dialogo e confronto permanente con i cittadini, ci hanno permesso di strutturare un programma con proposte immediatamente realizzabili. Non un libro dei sogni, quindi, come altri candidati Sindaco puntualmente presentano ad ogni tornata elettorale (anche in questa), ma azioni concrete per il rilancio della nostra amata Città. Per raggiungere gli obiettivi ambiziosi del “Contratto dei Cittadini”, Galatina deve migliorare la sua classe dirigente e individuare le migliori risorse umane capaci di lavorare insieme per dare risposte e soluzioni al territorio. Con la Dottoressa Antonica, con il Partito Democratico e con tutti i componenti della nascente coalizione progressista, ci siamo confrontati per mesi, giungendo ieri all’accordo ufficiale che ci vedrà protagonisti della prossima campagna elettorale. Serve coraggio, visione, passione, competenza, testa e cuore. Non possiamo più accettare di perdere occasioni importanti per lo sviluppo di Galatina. Deve tornare ad essere una comunità che cammina insieme, dove ogni cittadino, ogni commerciante, ogni imprenditore, ogni professionista, ogni associazione, si senta parte di un processo di cambiamento e di evoluzione non più rinviabile. Per questo ci siamo e siamo i principali sostenitori dell’alleanza progressista. Noi ci siamo sempre stati, ci siamo e ci saremo. La Politica degli slogan, delle accozzaglie e dei gruppi di potere è distante da noi e la riteniamo dannosa per le comunità. Non abbiamo bisogno di supporti esterni o di esempi da seguire, siamo orgogliosamente galatinesi e, insieme al nostra gruppo di simpatizzanti e di candidati provenienti dalla società civile, abbiamo il coraggio, la voglia e la determinazione necessari per consegnare alla Città una classe dirigente all’altezza della sua storia, delle sue tradizioni e del suo nome.
Abbiamo sempre lavorato come M5S, ad ogni livelli istituzionale, per migliorare la qualità della vita dei cittadini. È  il momento della svolta: il Movimento 5 Stelle è pronto ad assumersi le sue responsabilità.” Domenica, alle 19, saremo in piazza Alighieri per la presentazione della candidatura di Sandra Antonica e della coalizione.

M5S Galatina

 

E’ accaduto spesso che nei formalismi della burocrazia, madre di delibere, determine, leggi regionali o decreti ministeriali,  ci si sia scordati del vero è unico obiettivo : la tutela del malato e il suo diritto di cura in una sanità pubblica efficace ed efficiente, principio sancito peraltro dalla costituzione.

Da troppo tempo ormai che gli “utenti” pugliesi sono frastornati e disorientati da un riordino ospedaliero infinito, talvolta contraddittorio nelle scelte spesso incomprensibili che in un clima di perenne campagna elettorale viene “usato” più che studiato.

E’ di questi giorni la polemica sul servizio “Week surgery” attivato presso l’Ospedale di Galatina, così come previsto dalla delibera n° 2430/18 della Direzione ASL Lecce che, nel pieno e vero spirito del tanto vituperato Decreto Ministeriale 70/2015, seguendo la tendenza sempre meno invasiva dell’attività chirurgica e conseguente minore necessita di ricoveri prolungati, ha concentrato su Galatina anche l’attività medio bassa di chirurgia generale dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce.

Poche parole in burocratese che nella pratica hanno avuto alti risvolti positivi su molti fronti :

da un lato ha di fatto decongestionato il reparto leccese destinato all’emergenza/urgenza, dall’altro ha garantito, con l’uso esclusivo delle sale operatorie di Galatina,  un’attività fitta, continua e programmata.

In poco meno di 40 giorni oltre 200 operazioni con tempi d’attesa da 3 a 7 gg, eseguite in piena sicurezza clinica con alta qualità, nella piena soddisfazione di medici ed operatovi sanitari ma ancor più dell’utenza.

SI SONO ABBATTUTE LE LISTE D’ATTESA, qualcuno attendeva sin dal 2015, con un’intuizione  lungimirante che, in maniera diversa, dava risposte positive a molteplici esigenze, ma che probabilmente ha disturbato chi dalle storture delle interminabili liste d’attesa trae vantaggi.

Al Presidente Emiliano indirizziamo allora il nostro appello, affinché sappia trarre riflessioni positive da questa esperienza perché, quando parla di “riorganizzazione del sistema sanitario nell’esclusivo interesse del malato”, alle tante belle parole si faccia seguire fatti concreti.

Vigileremo, così come continuiamo a fare sin dal 2016, riteniamo che l’attività del “Week surgery” sia nel solco corretto di una nuova sanità, pertanto non solo è da confermare ma chiediamo con forza che, come previsto dalla delibera ASL 2430/18,  venga ampliato ed esteso anche all’attività medio/bassa di chirurgia ortopedica e che si portino a termine i lavori di completamento delle nuove sale operatorie già in fase oltre all’istallazione della nuova TAC di ultima generazione che risulta già acquistata dalla ASL.

Non sappiamo se sia necessario regolamentare qualche cavillo burocratico ma poco importa, è questa l’occasione giusta per dimostrare che si è dalla parte del malato sempre e comunque. Certamente non assisteremo silenziosi a scelte anacronistiche per quello che sarebbe considerato un sopruso incomprensibile.

Saverio Mengoli

Clelia Antonica

Lory Apollonio

Gianfranco Loreta

Luigi Massaro

Gabriella Noia

Maria Chiara Patera

Piero Russo

Francesca Tundo

Vito Albano Tundo

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 28/11/2018 @ 19:46:17, in NohaBlog, linkato 1364 volte)

Bellissimi questi ricordi, mentre P. Francesco ricorda e si emoziona nel rivedere quei posti dove è stato bambino, ci regala dettagli  storici del nostro territorio che altrimenti non avremmo potuto conoscere. Ci permette anche di notare, ahimè, la condizione di abbandono di quella campagna e di solennità perse riguardanti i viali e il caseggiato.

Un aspetto, questo dell’abbandono, riscontrabile un po’ ovunque nelle nostre campagne:

canali colmi di rifiuti, vore ingolfate da discariche d’ogni genere (come la Marsellona del sito in questione), recinzioni senza “scarichi” che di fatto sono barriere, e ruderi. Questo è spesso lo scenario che accomuna le nostre campagne.

Non basta dire che la colpa è di questo Ente o di quel Comune, forse servirebbe di più un esame di coscienza collettivo.

Marcello D’Acquarica

Emozioni e ricordi

Quanti ricordi, quante emozioni vissute nella campagna di Noha il 23 novembre scorso. Mi si è data l’occasione di rivisitare quella che era stata la proprietà dei Signori Gizzi. L’estensione dei loro terreni tanti anni fa era enorme, oggi è suddivisa in 10 proprietari diversi.

Quando ero piccolo, vi sto parlando di un po’ di anni fa, (dal 1935 al 1945), durante l’estate mia madre mi portava a trovare il nonno (suo papà) che coltivava la campagna nella contrada “Monta-nara”, rretu lu muredhra, a lli Chiriatti, che confinava con li Gizzi. Lì conobbi Don Nicola, che poi divenne mio padrino di Cresima. Giusto perché chi legge si possa rendere conto di quale periodo sto parlando: io ho ricevuto il sacramento della Cresima il 27 giugno 1945.

I Gizzi erano una delle tante famiglie immigrate a Galatina, (come i Liguori, gli Astarita, i Pennino, e via dicendo). Abitavano a Galatina in Via Siciliani al numero 73, ma l’estate venivano qui, nella campagna di Noha, per godersi la frescura.

Il padre, Vincenzo (il M° Gizzi), nato a Castel di Sangro, in provincia dell’Aquila, il 10 febbraio 1854, fece di Galatina la sua città, dove morì all’età di 86 anni. Era direttore di banda (da qui il soprannome di “capibanda” dato a tutti i componenti della sua famiglia), e aveva una forte influenza sui figli: una ragazza, casalinga, Marianna Grazia, detta donna  Nina  e tre maschi: don Eugenio, professore di musica, don Raffaele tipografo e don Nicola, coltivatore diretto.

Don Eugenio fu professore di matematica nella scuola ‘media’ privata galatinese, ubicata presso l’Orfanotrofio femminile, che evidentemente funzionava anche da pensione, visto che teneva lezione soltanto per le studentesse esterne, pendolari o fisse. E tuttavia egli considerò l’insegnamento della matematica il modo più onesto e leale di guadagnare per vivere, mentre i suoi interessi intellettuali più profondi lo portarono a coltivare la musica, e meglio ancora la nobile arte della composizione, alla quale dedicò tutta la sua vita personale e privata.

Don Raffaele, impiantò una tipografia, dislocandola in via Siciliani, esattamente a fianco dell’abitazione della famiglia.

L’altro, don Nicola, divenne meccanico, tra i primi attivi a Galatina, fra l’altro proprietario di una moto (una “Guzzi”), di quelle che raramente circolavano nel territorio provinciale. Era a suo modo uno spirito creativo, studioso delle meccaniche motoristiche, tanto da venire poi chiamato ad insegnarle nella locale Scuola d’Arti e Mestieri. Aveva aperto un’attrezzatissima officina in via Turati, e anche lì riceveva i propri allievi, impartendo loro “lezioni pratiche” che completavano il ciclo di quelle teoriche tenute nelle aule scolastiche. I galatinesi lo rispettavano e per loro era “don Nicola”, il professore che di pomeriggio era in tuta, con le mani nere di olii e di grassi, e non di rado, la sera, teneva corsi complementari sui motori a scoppio per due e per quattro ruote.

Nessuno dei fratelli Gizzi si sposò: perciò questo cognome non è più presente a Galatina e la loro proprietà fu lasciata in eredità alla Chiesa Madre.

Nello scrigno dei miei ricordi ricordo bene donna  Nina e i tre maschi: don Eugenio, don Raffaele e don  Nicola. Il padre don Vincenzo, non l’ho mai conosciuto. Mi avevano insegnato a chiamarli con il  ‘don’ perché gente ricca e benestante. Quando si spostavano da Galatina alla campagna, dovevano passare per forza da Noha, davanti a casa mia in Via Aradeo e ricordo ‘lu durote’ con il cavallo guidato da don Raffaele. Ho potuto assistere alla morte di don Eugenio, perché da ragazzino ogni tanto andavo a trovarli e mi trovai nei momenti estremi della sua vita. Poi entrai in seminario e non ne seppi più nulla.

Nel periodo in cui i Gizzi erano in campagna, don Nicola,  che era molto pio, ogni giorno in bicicletta veniva a Noha prima delle ore 13 per fare la Santa Comunione. In quel tempo non c’era ancora la Messa della sera e per aver diritto alla Santa Comunione bisognava essere digiuni dalla mezzanotte, astenendosi anche dal bere l’acqua. Lui osservava il digiuno eucaristico fino alle ore 13, l’ultima ora possibile per ricevere l’Eucaristia: nel pomeriggio ciò era vietato, e lui ci veniva ogni giorno. Essendo mio padrino di Cresima, a volte si fermava dai miei, chiedendo di vedere la mia pagella scolastica per informarsi sul mio andamento di piccolo allievo alle elementari. Alla mia prima Messa celebrata a Noha (3 aprile 1961) mi regalò il calice per la celebrazione. Conservo anche una registrazione della sua voce che feci con il registratore “Geloso” quando ero già sacerdote.

A distanza di tanti anni ho rivisto quella campagna che avevo frequentato nella mia infanzia. Forse il mese di novembre non è il tempo migliore, perché la pioggia abbondante di quei giorni non mi ha permesso di entrare nei campi allagati. Ma ho avuto l’impressione di una campagna abbandonata. Mi ha impressionato la ‘vora’ ingolfata con il canale di scolo che non è più canale ma palude a ridosso dei terreni allagati. Il grande viale d’entrata con i due filari di rose che dalla strada conduceva all’abitazione non c’è più, ma è rimasto un  triste passaggio senza la solennità di 70 anni fa; le maestose colonne con il cancello sono state rimosse e sistemate vicino alla villetta che era abitata dai Gizzi: per fortuna la casa è ancora quella. Gli alberi da frutta non ci sono più. La villetta ora è abitata per poco tempo durante i mesi estivi e gli uccelli ne diventano gli abituali abitanti abusivi.

Ho rivisitato quello che era il soggiorno dell’abitazione dove la famiglia Gizzi consumava il pranzo. Ho rivisto con l’immaginazione la famiglia Gizzi riunita per il pranzo, dove a volte io capitavo e mi offrivano la frutta che per me era come una rarità. Ho rivisto l’angolo dove c’era una specie di  poltrona: lì don Nicola si sedeva e, a suo modo, quando andavo a trovarlo, mi coccolava. Anche la volta della sala è ancora affrescata come allora: mi è sembrato come se il tempo si fosse fermato.

Ringrazio Angelo Di Benedetto, detto Lillino Papatore, l’attuale proprietario dell’ex villino Gizzi, che mi ha dato la possibilità di rivivere uno squarcio della mia infanzia. Gli ho regalato il volume “Noha, storia, arte e leggenda” pubblicato nel 2006 insieme ad Antonio Mellone. Insomma, grazie a lui ho rivissuto un altro tassello della storia di Noha mescolato alla storia della mia vita.

 

  P. Francesco D’Acquarica

 
Di Redazione (del 27/03/2017 @ 19:42:56, in Comunicato Stampa, linkato 1844 volte)

«Il mio programma elettorale sarà scritto nei dieci “Cantieri del Programma” che hanno già iniziato il loro cammino». Questo il metodo del candidato sindaco di “Obiettivo 2022” (Lista De Pascalis, Agorà, Direzione Italia, Forza Italia, La Città, Psi, Udc), Giampiero De Pascalis, che ha messo in atto quanto promesso presentandosi alla città: «Niente sarà calato dall’alto».

Lo start ai dieci “Cantieri del Programma”, coordinati dall’esperto di management Massimo Negro,  è stato dato giovedì scorso e altri via libera sono in programma a partire dalla prossima settimana. Ogni Cantiere, a sua volta, è coordinato da uno o più referenti. Una struttura organizzativa che deve garantire il funzionamento di queste cellule di lavoro, con l’obiettivo (se la coalizione vincerà la campagna elettorale) di continuare l’azione di monitoraggio e di progettazione dei Cantieri anche quando Giampiero De Pascalis sarà sindaco.  

In dettaglio: Spazio ai giovani (23 marzo primo incontro, 30 marzo il prossimo, nel comitato elettorale di De Pascalis in piazza Alighieri), Welfare (29 marzo), Sport (1 aprile, Palazzetto dello Sport); Centro storico e urbanistica (10 aprile). Queste le prime calendarizzazioni, le prossime riguardano i “Cantieri del Programma” per: Commercio, Attività produttive, Fiera; Frazione di Noha; Frazioni di Collemeto e Noha; Ambiente e Benessere (Qualità della vita); Cultura e istruzione, Sanità.

Molto partecipato il primo Cantiere, Spazio ai giovani, e sono già emerse alcune priorità e qualche criticità viste dalla prospettiva dei ragazzi e delle ragazze di Galatina. Centro storico abbandonato, Basilica poco accessibile, nessuna prospettiva di lavoro, assenza di spazi di aggregazione. Questi i punti dolenti, a fronte della richiesta di orientamento e di concreto coinvolgimento.  

«Ascoltare i tanti ragazzi che hanno partecipato al primo incontro dei “Cantieri del Programma”, mi ha arricchito – rende noto De Pascalis –, mi ha dato un’ulteriore spinta e un’ulteriore motivazione a rimboccarmi le maniche per risollevare la nostra Galatina. Li ho guardati negli occhi e ho visto una scintilla di speranza accendersi, uno sprazzo di entusiasmo affacciarsi alla prospettiva di poter essere protagonisti dell’azione di governo. I giovani sono la forza della città, sono sicuro che sapranno offrire spunti eccellenti e le migliori proposte saranno elaborate in forma di bozza di delibera – così sarà anche per gli altri Cantieri – da mettere all’ordine del giorno se sarò eletto sindaco. Questo avevo promesso e questo stiamo facendo».  

E Negro spiega: «I Cantieri saranno gestiti con un metodo progettuale. Saranno gli stessi partecipanti ai Cantieri a contribuire ad identificare i temi prioritari su cui la coalizione si dovrà impegnare, al fine di definire assieme un percorso che traguardi sia soluzioni di breve che di medio e lungo periodo». Cantieri in corso, insomma.

Ufficio stampa del candidato sindaco

 
Di Redazione (del 15/02/2024 @ 19:41:37, in Comunicato Stampa, linkato 124 volte)

Lo Sviluppo Sostenibile rappresenta una delle sfide più ambiziose del terzo millennio all’interno dell’Agenda 2030 del programma delle Nazioni Unite. Seguendo la strada già individuata a livello internazionale, la Città di Galatina, in occasione del 16 Febbraio – Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili, invita cittadini e attività commerciali a sviluppare delle azioni di sensibilizzazione attorno al tema del risparmio energetico e dell’attenzione ambientale, aderendo alla XX edizione dell’iniziativa M’illumino di meno nata dalla storica trasmissione “Caterpillar” di Rai Radio2.

La campagna promossa all’emittente radiofonica a favore del risparmio energetico, intende richiamare l’attenzione sia a livello nazionale che internazionale, tanto da inserire lo slogan “No Borders” all’interno del tema di quest’anno. Diverse sono le iniziative in agenda promosse dalla Città di Galatina che spaziano dagli incontri e letture organizzate volontari del Servizio Civile Universale; ad una selezione di libri tematici messi in evidenza all’interno del prezioso Polo Biblio Museale; all’invito alle attività commerciali a spegnere le vetrine e a quelle ristorative nel proporre un intrattenimento musicale solo in acustico, senza l’utilizzo di strumenti di amplificazione che richiedono l’utilizzo dell’energia elettrica, completando l’esperienza con un piatto o snack “oltreconfine”. A tutto questo si aggiunge lo spegnimento dei siti di maggiore interesse sia a Galatina che nelle frazioni di Noha e Collepasso.

Agenda degli appuntamenti

10.00 - 12.30 / 18.30 - 20.30 Palazzo Orsini lettura a tema con i volontari del Servizio Civile Universale; installazione di un cartellone per raccogliere le idee dei partecipanti sul risparmio energetico. In serata accensione delle candele

18.00 Polo Biblio Museale Spegnimento delle luci e allestimento proposte di letture a tema

19.00 - 24.00 Spegnimento delle luci di Palazzo Orsini e Uffici Comunali; in piazza San Michele a Noha e in piazza Italia a Collemeto

Gli esercizi commerciali e/o le attività ristorative sono invitate a spegnere le vetrine; a creare delle iniziative dedicate come musica unplugged; a proporre dei piatti “oltreconfine” in relazione al tema 2024 della manifestazione www.rai.it/milluminodimeno/

Ufficio Staff del Sindaco
Dott.ssa Barbara Perrone

 

 
Di Redazione (del 30/09/2021 @ 19:39:58, in Comunicato Stampa, linkato 563 volte)

“Non mi dimenticate. Vi prometto che tornerò presto”. Questo il messaggio di speranza e d’incoraggiamento, inviato da Patrick Zaki dal Tribunale di Mansura, sua città natale, dove ieri si è tenuta la seconda udienza del processo, a quanti la sera precedente avevano manifestato a Bologna per chiedere la liberta, a chi ogni giorno gli esprime vicinanza e solidarietà.

L’udienza è stata subito rinviata al 7 dicembre, un periodo lungo che sembra una punizione, ma, che sarà dedicato dalla difesa allo studio e approfondimento dei capi di imputazione, consegnati in copia autenticata e non in fotocopia, necessaria per presentare memorie e formulare le controdeduzioni.

Come commentato in altre occasioni, lo studente egiziano dell'università di Bologna è in carcere in Egitto da quasi 20 mesi, con accuse assurde, che si basano su tre articoli giornalistici con "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese”, di "minare la sicurezza nazionale" e di “istigare alla protesta”. Con quest’ultime accuse, basate su dieci post su Facebook che gli sono stati ingiustamente attribuiti, secondo Amnesty International, rischia 25 anni di carcere o addirittura l'ergastolo.

Sin da quando è iniziata questa assurda vicenda, che viola i più elementari diritti di libertà, di pensiero e di azione, il Circolo cittadino del Partito Democratico l’ha seguita con grande attenzione, sostenendo la campagna “Cento Città per Zaki”, per l’avvio immediato del processo e ridargli la libertà; ha sottoscritto e fatto sottoscrivere dai cittadini la proposta di legge, deposita in Parlamento e approvata da deputati e senatori con due ordini del giorno, affinché gli venga riconosciuta la cittadinanza italiana; ha chiesto, in più occasioni, che il nostro Comune conceda la cittadinanza onoraria.

Su quest’ultima richiesta (invita per iscritto all’intero consesso consiliare) il silenzio più assoluto, la scarsa sensibilità del Sindaco, della maggioranza consiliare, ma, con grande rammarico, anche da parte di tutta la opposizione. 

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA       

 

Si avvicina la Santa Pasqua e, ancora una volta, non sarà una festività all'insegna delle riunioni familiari, come avremmo voluto. Quest'anno, al contrario dello scorso, siamo più consapevoli, preparati e possiamo sperare in un futuro migliore che arriverà presto. Serve, però, ricordare che non è il momento di abbassare la guardia e la limitazione al minimo indispensabile di stazionamenti e uscite deve rimanere ancora per un po' la regola che capeggia l'agire di tutti noi. In quest'ottica sto predisponendo un'ordinanza di chiusura piazze e aree verdi riguardante l'intera città e frazioni con decorrenza da giovedì e sino a tutta la giornata di lunedì. Sono previsti, inoltre, maggiori controlli per le vie della città, in particolar modo per ciò che riguarda i luoghi sensibili, come possono essere i supermercati nelle giornate prefestive.

Capisco che le restrizioni non facciano piacere a nessuno, tanto meno a me, e che siamo stanchi, lo siamo veramente tutti, ma vi invito a pensare che siamo in dirittura d'arrivo. La campagna vaccinale, con le prevedibili e giustificabili difficoltà, sta cominciando a dare i suoi frutti e ho ragione di pensare che ne darà altrettanti nei prossimi mesi. Sta a noi non rendere vani i sacrifici fatti fino ad ora, continuando sulla strada della responsabilità individuale, volta alla protezione di se stessi e degli altri. Vi chiedo unione e prudenza, ancora una volta, sperando insieme in un domani migliore che giunga al più presto.

Download Ordinanza n21/2021.

Il Sindaco

Marcello Amante

 

Siamo lieti di apprendere che in data 30/03/2022, allo scadere dell’ennesima proroga, il Comune di Galatina si è attivato con un progetto dell’Architetto Miglietta per la “valorizzazione, riqualificazione ed efficientamento energetico dell’immobile sito nella frazione di Noha” in via Bellini.

Tale bando era pubblico già da Novembre e la prima scadenza era prevista per i primi di Gennaio. 

Partecipare al bando destinato agli immobili confiscati alla mafia, è certamente una scelta sensata. 

Ragione per la quale consideriamo mortificante (anche per la stessa associazione Lévera assegnataria dell’immobile) che nella piccata risposta dei consiglieri Tundo e De Matteis (ormai siamo abituati all’insofferenza con cui questa Amministrazione si rivolge - quando raramente risponde - ad interlocutori propositivi, siano essi esponenti politici, semplici cittadini e associazioni), si aggiunge che si è stati “costretti” a fare questa scelta (cit. da comunicato stampa).

Una ulteriore proroga è stata concessa fino al 22 Aprile e ci scusiamo se la nostra sollecitazione, che voleva essere assolutamente propositiva e non doveva invece finire in polemica strumentale da campagna elettorale, è arrivata a mezzo stampa in data 4 Aprile 2022, data in cui è stato pubblicato su Albo Pretorio del Comune il testo della Delibera di Giunta. 

Apprendiamo con favore che, QUESTA VOLTA, seppur in ritardo e senza coinvolgimento alcuno della comunità di Noha in primis (anche a questo noi siamo abituati, e i nohani?), l’Assessorato ai Lavori Pubblici abbia proceduto con “costrizione” a scegliere nuovamente l’immobile di Via Bellini, oggi affidato a Lévera.

Pertanto la nostra idea, se non vi arrabbiate perché ne abbiamo tante, era quella di coinvolgere PREVENTIVAMENTE tutta la comunità, per costruire insieme un progetto, finanziato con i fondi del PNRR, che potesse interessare magari L’ALTRO immobile confiscato alla mafia e oggetto del nostro comunicato stampa, sito in Contrada Roncella a Noha (oggi in condizioni di totale degrado ed abbandono), non preso in considerazione, evidentemente, dai consiglieri Tundo e De Matteis. 

La partecipazione alla vita pubblica ed il coinvolgimento di TUTTE le associazioni del territorio galatinese, sono sempre stati al centro della nostra visione della politica e dell’agire amministrativo, e lo saranno quando amministreremmo questa città!

Non occorre specificare che, come MoVimento 5 Stelle e come cittadini, mai avremmo effettuato lezioni di legalità. Lo Stato c’è sempre nelle Istituzioni, tutte, ed i consiglieri Vito Albano Tundo e Pierantonio De Matteis, dovrebbero saperlo. 

Se poi fare vittimismo e buttarla in caciara è necessario per raccogliere consensi in campagna elettorale, è tutto un altro discorso, che alla Città (e a noi) non interessa."

M5S Galatina 

 
Di Redazione (del 15/01/2021 @ 19:35:51, in Comunicato Stampa, linkato 674 volte)

Giorni fa, l’Assessore ai Lavori Pubblici, Loredana Tundo, ha affidato alla stampa e ai social una sua riflessione sui lavori attivati nel nostro territorio (L’espianto di tutti gli alberi decennali di pino, in Viale Don Bosco.), quelli che verranno avviati e quelli monitorati per la loro progettazione futura.

Il Circolo del Partito Democratico è convinto che Galatina ha bisogno di una messa a nuovo: l’amministrazione Amante, in circa quattro anni, ha prodotto poco o nulla (la pandemia non può essere una scusante), fatta eccezione per il completamento dovuto delle opere programmate e finanziate dalle precedenti amministrazioni di centrosinistra. Si prenda una ad esempio: per il secondo tratto della Tangenziale Ovest (che collega Via Galatone – Via Roma), si sono attesi cinque anni, per l’inerzia dell’esecutivo di Palazzo Orsini, e grazie alle costanti sollecitazioni del Circolo PD, la Provincia ha superato tutti gli intoppi burocratici, affidando i lavori per il completamento del manto stradale e la posa in opera

della segnaletica orizzontale e verticale. Per renderlo fruibile alla mobilità occorre realizzare la pavimentazione dei passaggi pedonali e l’ elettrificazione. Anche queste vanno inserite tra le opere monitorate.

Così come sarebbe importante includere le zone periferiche e le strade poderali. Le prime, sempre più spesso, presentano buche e i marciapiedi sono coperti da erbe infestanti, con zone non edificate abbandonate e invase da sacchetti di plastica e rifiuti vari. Le seconde, le strade comunali, in più punti sono diventate discariche a cielo aperto, con l’abbandono, sempre più frequente, di materiali di ogni tipo, anche onduline eternit e coperture di amianto.

E’ il caso della strada vicinale Via Vecchia Galatone, una diramazione di Via Roma, superato l’Ospedale Santa Caterina Novella. I rifiuti abbandonati ai margini aumentano di giorno in giorno. Sempre lungo questa strada, a circa un kilometro, vi è una grave situazione di pericolo: un tratto di linea elettrica con alcuni pali pendenti o inclinati (Non sappiamo se ancora attiva, può farlo l’Amministrazione interpellando l’ENEL, anche se ci proponiamo di chiederlo pure noi.), e l’improvvisa caduta potrebbe causare qualche grave incidente, con danni materiali e fisici per i tanti che la  percorrono tutti i giorni, per recarsi nella propria abitazione o per lavori in campagna. Occorre, con urgenza, richiamare l’ENEL per la messa in sicurezza, e, sempre se la linea è funzionante, sistemando o meglio sostituendo i vecchi pali, ormai inservibili. Gli interventi devono essere preventivi, non inseguiti dopo i danni. (Alleghiamo alcune foto).

Infine. E’ di questi giorni la notizia che la Giunta Regionale ha erogato a favore della nostra città un finanziamento di 41.000 euro per il risanamento delle periferie. Questa somme vanno spese subito e bene. Sino ad oggi, l’amministrazione comunale ha dimostrato di non saper né spendere né di farne buon uso. Una domanda: dov’è finito il progetto, finanziato sempre dalla Regione, per la rimozione dell’amianto?

E’ lodevole pensare in grande, ma è onorevole intervenire anche nelle piccole cose.        

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA

 
Di Marcello D'Acquarica (del 05/10/2020 @ 19:34:33, in NohInondazioni, linkato 1179 volte)

Ieri 4 ottobre 2020, alla giornata dedicata alla pulizia dei fiumi, l’evento organizzato dal C.A.S. cosiddetto: Asso River Clean Up, c'erano in sintesi quattro generazioni, una folta rappresentanza di tutte le età. Ragazzi, ragazze, padri e madri e figli, di tante associazioni del Salento. Tutti insieme, bimbi compresi che si sono divertiti un mondo, abbiamo ammirato le bellezze della Natura che, dopo un lungo periodo di arsura estiva, con l'aiuto di qualche pioggia e dell'umidità sciroccale di questi ultimi giorni, manifesta con tutta la Sua generosità: nuovi germogli, cicorie e finocchi selvatici, e rovi di vitigno. Il tutto condito da una lieve brezza di tramontana, sotto un inaspettato sole splendente e il "canto" festoso delle rane del nostro soave "fiume": il canale dell'Asso.  A dire i vero, ci aspettavamo un rigagnolo secco con acque scarse e torbide, invece l’Asso ci ha sorpresi con la sua semplice e straordinaria bellezza, vi sono anse dove l'acqua lascia trasparire un fondale che non ha nulla da invidiare a tanti fiumi delle valli alpine, a volte sabbioso altre dello stesso azzurro del cielo salentino.

 

Plinio Rapaná, un nostro amico che fa parte dell'associazione “Galatonesi a raccolta”, anche loro accorsi insieme a noi in aiuto alla salvaguardia dell'Ambiente contro l'inciviltà di alcune sottospecie del nostro genere, ci fa sapere che l'acqua che vediamo scorrere non è soltanto di risulta di alcuni depuratori, ma viene alimentata da sorgenti naturali. A quanto pare, nel tratto in cui il canale attraversa la campagna di Nardò le acque sorgive si trovano perfino ad un metro sotto terra. Quindi acque di falda fresche e rigogliose che ridanno vita alle sponde dell'Asso.

 

L'unico triste rammarico: ogni dieci metri della strada che costeggia il canale, vi sono ahimè montagne di rifiuti. Discariche di oggetti più disparati, non industriali, non di fantomatiche cosche mafiose, ma oggetti di consumo diciamo così, domestico: mobilio vario, salotti, attrezzi semi rotti, bottiglie ancora piene di conserva, sacchi di fagioli, si… proprio fagioli, bidoni di plastica vuoti e pieni, pneumatici, televisori, bottiglie e damigiane di vetro, piastrelle e materiali di risulta da piccole ristrutturazioni  e ahimè, coperture di eternit, amianto bell'e e pronto a spargere le sue fibre cancerogene nell'aria di questo angolo di paradiso. Ovviamente non le tocchiamo ma provvediamo solo a segnalarle a chi di competenza. 

Federico, un bambino di sei anni, con l’aria severa, così come può averla un bambino della sua età, ha detto:

“Ma vi sembra che queste siano cose da fare? Lo volete capire o no che non dobbiamo fare male al Creato?”

 

Noi dobbiamo solo sperare che molti bambini la pensino come Federico, e facciano da maestri ai loro pari e perché no, agli stessi adulti che dovrebbero essere i loro educatori.

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 30/01/2021 @ 19:28:54, in Comunicato Stampa, linkato 848 volte)

Anche il nostro impegno per il territorio e l’ambiente, in questo momento di “chiusi in sede” e di isolamento a causa della pandemia, sta raccogliendo i primi, significativi e concreti risultati.

Il Circolo del Partito Democratico di Galatina prende atto che: la Provincia ha subito sistemato a dovere i segnali stradali lungo la Tangenziale Ovest, in un primo momento collocati al centro della pista pedonale; il Comune ha sostituito il palo elettrico ceduto in Piazza Gaetano Pollio; la TIM ha provveduto a collocare un nuovo palo telefonico al posto di quello pendente e pericolante in Via Due Trappeti (rimangono da sistemare quelli da noi segnalati in Via Vecchia Galatone, erroneamente indicati come proprietà dell’ENEL); zone della Città sono state messe a nuovo con la pulizia da erbacce infestanti le aiuole, i marciapiedi e i bordi delle strade; da alcune vie vicinali sono stati rimossi i rifiuti di ogni sorta abbandonati lungo i bordi (dare fuoco, come fa qualche buontempone, e non è la prima volta, aggrava la situazione).

Ma non basta. E’ notizia di questi giorni: l’Agenzia Territoriale della Regione Puglia Servizio Rifiuti (Ager) ha comunicato al Comune che, nei prossimi giorni, verranno installati dieci apparecchi fotografici per la lotta all’abbandono dei rifiuti, permettendo di individuare gli sporcaccioni che imbrattano la Città. Un aiuto concreto per evitare che in alcune zone si creino discariche a cielo aperto, come si notano in tante parti del territorio. Un’inversione di tendenza rispetto ai comportamenti che l’Amministrazione Amante ha avuto in precedenza. Per la rimozione delle onduline-eternit di amianto, abbandonate nei pressi del passaggio a livello della Sud–Est in Via Due Trappeti, si dovette scomodare persino la redazione di RAI3 Puglia, con un servizio sullo stato del luogo; a  pochi giorni dal suo insediamento, nel mese di luglio 2017, l’Assessora alla Cultura e all’Ambiente, Cristina Dettù, rinunciò ad una finanziamento della Regione Puglia per la pulizia delle periferie, sostenendo che Galatina non aveva bisogno dei soldi della Giunta Pugliese, in quanto pulita e tirata a lucido; dell’installazione di un numero adeguato di fototrappole per scoprire chi sporca si parla da tempo, sono in funzione solo sei, il sindaco ne promise almeno venti. Di pari passo con la loro installazione, sarebbe opportuno, anche con l’aiuto delle associazioni di volontariato presenti a Galatina, che hanno sempre dimostrato disponibilità, fare una pulizia generale di tutte le zone periferiche e delle strade di campagna. Il nostro augurio è che questa volta si faccia sul serio.

Infine, preoccupa il silenzio assordante dell’opposizione in Consiglio Comunale su questi problemi. 

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA

 

 
Di Redazione (del 21/04/2022 @ 19:28:41, in Comunicato Stampa, linkato 379 volte)

«Dai banchi della maggioranza, qualche tempo fa, qualcuno ha decretato la morte delle fiere, per giustificare la conversione del quartiere fieristico galatinese in tutt'altro, nel colpevole silenzio del Sindaco e della Giunta e del resto della maggioranza. A smentire quella voce, isolata e tra l'altro non supportata da alcun dato oggettivo, è oggi, per l'ennesima volta, un articolo del Sole24Ore, con autorevoli voci del settore che sostengono l'esatto opposto. Non solo il settore fieristico è in forte ripresa, ma di lavoro ce n'è addirittura fin troppo.

Asal, Associazione Nazionale Aziende Allestitrici Fiere, non ha alcun dubbio: "questa filiera - si legge nell'articolo - ha grandi potenzialità e, nonostante i timori che avevamo, il Covid ha fatto capire che le fiere sono una leva fondamentale per il made in Italy. Le aziende ci credono e hanno ricominciato a investire". Altro che morte, il settore è in grande ripresa e Galatina potrebbe tornare ad essere la culla anche di queste attività!».

Parte da queste premesse il Movimento 5 Stelle di Galatina, che sul rilancio del quartiere fieristico locale non intende arretrare di un passo. 

Per questo, nei mesi scorsi, gli attivisti locali, insieme al consigliere comunale Paolo Pulli, al deputato galatinese Leonardo Donno e ad altri cittadini, hanno promosso una raccolta firme con gazebo itineranti. Non solo. Tramite il deputato, si è avviato a partire dai primi mesi del 2020 un dialogo con il Governo centrale finalizzato ad intercettare le risorse necessarie al recupero e rilancio del quartiere fieristico. «Si sono susseguiti gli incontri con l'allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, senatore Turco e con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, coinvolgendo anche l'amministrazione in carica - ricordano ancora gli attivisti - amministrazione che, vale la pena ricordarlo, ha fatto poco o nulla per salvare il quartiere fieristico non presentando nemmeno un progetto con un impegno di Giunta per lavorare insieme all'Onorevole Donno per intercettare le risorse necessarie; un'occasione persa per tutta la comunità galatinese! L' amministrazione pensa persino di destinare nei locali del Quartiere Fieristico un centro di formazione, mortificandone la vocazione originaria e sottraendo alla città un volano di sviluppo fondamentale e prezioso». 

Per questo, nel "Contratto dei Cittadini" - sottoscritto per suggellare l'ingresso del Movimento nella coalizione progressista a supporto della candidata sindaco, Sandra Antonica - tra le "conditio sine qua non" della stretta di mano, il M5S ha inserito anche questo punto: recupero e rilancio del quartiere fieristico. 

«Crediamo che l'impegno degli amministratori debba essere orientato alla rivalutazione definitiva dell'immobile, tenendo conto principalmente di fattori concreti e di rilievo –sottolinea il gruppo galatinese - Uno su tutti l'importanza per la nostra città di riavere un attrattivo polo fieristico e dei convegni, un’area eventi rinnovata e fruibile 365 giorni all’anno, godendo anche della possibilità concreta di reperire risorse economiche per la ricostruzione dell'immobile e il suo rilancio. Riteniamo che non si possa sacrificare la vocazione della struttura e del territorio galatinese stesso, nel tentativo di occultare la mancanza di visione sul tema di questa amministrazione e dell'Assessore al ramo, ormai palese, al pari di altre importanti tematiche. Candidare il quartiere fieristico a diventare un centro di formazione regionale è come dire: "ci abbiamo provato, abbiamo almeno provato a fare qualcosa". Ma qualcosa per chi? Non certo per il bene di Galatina, del suo tessuto economico e dell'indotto ad esso correlato. Ben venga un centro di formazione - precisano poi - ma perché non immaginarlo in un altro immobile? Magari uno di quelli di proprietà comunale, ricoperti dalla polvere e incastrati nell'immobilismo e nella cecità di questa amministrazione. Riteniamo che quella avanzata sia una scelta miope e dannosa. In primis per l'intero immobile, che subirebbe il colpo di grazia definitivo. E poi per tutta la città di Galatina e il suo hinterland, che perderebbero una realtà altamente attrattiva. Ricordiamo che Galatina è il terzo polo fieristico regionale dopo Bari e Foggia, e l’intero immobile rappresenta, per il bilancio comunale, la proprietà di maggior valore economico. Sarebbe stato opportuno da parte dell’Amministrazione coinvolgere, attraverso la promozione di “Focus Group”, il tessuto imprenditoriale e gli esperti nel settore fieristico, per analizzare insieme le strategie di rilancio del Quartiere Fieristico. Non è stato fatto finora - concludono - ed è per questo che auspichiamo un cambio di rotta, supportando chi nella fiera di Galatina ci crede ancora e intende spendersi con serietà nel suo rilancio. Infine, siamo lieti che altri candidati sindaco concordino sulla nostra posizione (solo oggi, in campagna elettorale, nel goffo tentativo di intestarsi l'idea), peccato non averli visti quando c'erano da raccogliere le firme per difendere la fiera. Mai. Facciamo notare soprattutto ad alcuni di loro, la presenza nelle loro liste (o tra i politici esterni alla città a loro supporto) di soggetti colpevoli di aver contribuito all'idea di destinare il quartiere fieristico a diventare un centro di formazione. Una schizofrenia politica che fa rabbrividire: d'altronde non ci si può aspettare altro quando si mettono insieme numeri, costruendo accozzaglie, senza idee e programmi. Tutto questo rischia di danneggiare la città e per questo mettiamo in guardia i cittadini galatinesi.

Noi, coerentemente e convintamente, continueremo a sostenere con forza le nostre idee, che sono quelle della stragrande maggioranza della città: volgiamo ripensare e rilanciare il nostro Quartiere Fieristico! Punto!".

M5S

 
Di Redazione (del 07/02/2020 @ 19:28:00, in Comunicato Stampa, linkato 755 volte)

Il Circolo del Partito Democratico di Galatina, pur non avendo rappresentanti in Consiglio Comunale, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica un grave problema, che l’Amministrazione comunale è lenta e lontana dal risolvere: il pericolo per la salute rappresentato dalle lastre di amianto (onduline eternit e canne fumarie) abbandonate alla periferia della città, in particolare lungo la strada vicinale Malivendi due Trappeti, in prossimità non solo dell’Ospedale ma nei pressi di civili abitazioni. Strada percorsa ogni giorno da tanti cittadini che svolgono attività fisica o si recano per acquisti presso la messeria “Latronica”. Oltre a questa tipologia, l’area è diventata ricettacolo di rifiuti di ogni specie.

Raccogliendo la nostra denuncia, il problema è stato fatto proprio da una parte della minoranza del Consiglio Comunale, suscitando la reazione del Sindaco Marcello Amante e dell’Assessora Cristina Dettù.

 Occorre però vigilare affinché gli impegni vengano, questa volta, onorati:  due anni fa l’Assessora all’Ambiente e alla raccolta rifiuti urbani insediò un gruppo di lavoro per monitorare le periferie e fare la mappatura dei rifiuti speciali e di quelli abbandonati in aree comunali (Che fine ha fatto il gruppo e quali i risultati raggiunti?); nel 2018 il Comune ha avuto assegnato dalla Regione Puglia un contributo di 30.000 euro per interventi di bonifica (Il contributo si è volatilizzato? E’ andato perduto come successo per altri finanziamenti?); nel corso della campagna provinciale “Sporchiamoci le mani” lanciata da Quotidiano di Puglia, organizzata a Galatina, il 4 aprile scorso con la “Giornata Ecologica”, dal locale Circolo di Legambiente “La Poiana”, con l’adesione del Circolo PD, di altre associazioni di volontariato e il patrocinio del Comune, il Sindaco e l’Assessora assunsero solenne impegno per rimuovere i rifiuti pericolosi, segnalati nell’occasione con nastro biancorosso.

Ora, prendendo atto da quanto asserito sulla stampa dall’Assessora Dettù, “Abbiamo attuato tutte le misure e stiamo monitorando l’area”, che sia la volta buona e il materiale, che rappresenta un grave pericolo per la salute dei cittadini, verrà finalmente rimosso. Per le mancate precedenti promesse, questo rinnovato impegno non ci lascia tranquilli: il Circolo PD continuerà a seguire il problema sino alla sua soluzione.

 IL CIRCOLO PARTITO DEMOCRATICO

DI GALATINA    

 
Di Redazione (del 16/05/2019 @ 19:25:40, in Comunicato Stampa, linkato 975 volte)

“Il Maggio dei Libri” è la campagna nazionale promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, e persegue l'obiettivo di promuovere il valore sociale della lettura come elemento di crescita personale, culturale e civile. La Biblioteca “Pietro Siciliani”  anche quest’anno aderisce al progetto.

 “Se voglio divertirmi leggo”  è lo slogan dell’edizione 2019,  con questo motto giocoso  la biblioteca ha programmato attività pensate soprattutto per i bambini e le loro famiglie; incontri informativi per conoscere i benefici della lettura sin dalla più tenera età rivolto agli adulti; la presentazione della famosa graphic novel “Nostra Madre Renata Fonte” di Ilaria Ferramosca; attività di promozione alla lettura per le scuole dell’infanzia e le scuole primarie;  la finale di “Lettori in gioco” , il progetto realizzato con la scuola secondaria dei primo grado del Terzo Polo di Galatina;

Questo il programma

Martedì 7 .Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:00-12:00

Giovedì 9. Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni della classe prima della scuola primaria dell’Ist. com. Primo  Polo. Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:00-12:00

Sabato 11. Storie col Ciuccio: Incontri informativi sui benefici della lettura per la prima infanzia, esempi di lettura dialogica, esposizione di libri che stimolano le emozioni e la mente del bambino più di altri. Ore 17:00. Incontro per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni.  Su prenotazione

 Martedì 14. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:00-12:00.

 Mercoledì 15. Secondo incontro conoscitivo per i potenziali Lettori Volontari per bambini da 0 ai 6 anni. Dalle ore 16:00. Incontro curato dalla dott.ssa Giovanna Rosato referente AIB-Puglia sez. Biblioteche Ragazzi e Nati per leggere. È gradita prenotazione

Giovedì 16.Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni delle classi  della scuola primaria dell’Ist. com. Primo  Polo.  Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:30-12:00

Martedì 21. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:30-12:00.

Venerdì 24. Presentazione del  graphic novel  Nostra Madre  Renata Fonte di Ilaria Ferramosca.  Esposizione degli otto elaborati vincitori del Library’s Talent con i vincitori come ospiti. Dalle ore 17:30 alle ore 19:00. Incontro gratuito aperto a tutti.

 Sabato 25. Storie col Ciuccio:Incontri informativi sui benefici della lettura per la prima infanzia, esempi di lettura dialogica, esposizione di libri che stimolano le emozioni e la mente del bambino più di altri. Ore 17:00. Incontro per genitori e bambini dai 0 ai 3 anni. Su prenotazione

 Martedì 28. Biblioviaggiando: visita guidata, lettura animata e laboratorio creativo per gli alunni delle scuole dell’infanzia. Ore 10:30-12:00

Giovedì 30. Lettori in Gioco: finale del gioco pensato e realizzato per le classi seconde della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Terzo Polo di Galatina. Sfida tra le classi in biblioteca, premiazione vincitori. 

Martedì 4 giugno.  Com’è Bella l’amicizia: incontro con gli alunni della classe prima della scuola primaria Ist. Comp. Terzo Polo . Visita guidata, lettura animata e laboratorio. Ore 10:00-12:30

Gli incontri sono gratuiti e aperti a tutti tranne quelli indicati diversamente. Per info e prenotazioni scrivere a chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it  o  telefonare allo 0836-565340

Ufficio Stampa Amante

 

Guarda dritta al cambiamento la locale sezione del Partito Democratico “Giovanni De Benedetto” di Noha (Galatina). Il Direttivo, guidato dal giovane segretario Michele Scalese, è subito pronto a mettersi al lavoro per il bene del territorio e delle persone.

<< Se da una parte – precisa Scalese – ci manca il contraddittorio poiché siamo l’unica realtà politica attiva e presente nella nostra frazione galatinese, dall’altra parte, però, non ci sentiamo da soli, poiché se usciamo per strada o ci rechiamo al bar, per un caffè, siamo pronti ad ascoltare chi la pensa diversamente da noi oppure a metterci al servizio di chi ci vuole semplicemente segnalare qualche disagio o chiederci un consiglio>>.

Recentemente, il Circolo ha pure avviato la campagna del tesseramento che continuerà ad essere attiva fino al prossimo 31 dicembre. Lo stesso Scalese, si sente pronto ad interessarsi insieme al suo gruppo del “territorio” nell’ottica del servizio e soprattutto dell’Azione politica, facendo tesoro della Scuola di formazione maturata con l’Azione Cattolica del paese. Il 26enne, ha infatti ricoperto per ben sei anni (dal gennaio 2014 fino al 2019), pure il prestigioso incarico di presidente parrocchiale dell’A.C. Al momento, il Partito Democratico di Noha, può contare sul supporto di 34 tesserati non potendo fare a meno della “sua” gente. Prossimamente, le persone anziane che vivono da sole o che sono affette da disabilità e non hanno nessuno a cui rivolgersi per poter espletare i bisogni di prima necessità, potranno inoltre avvalersi della disponibilità dei simpatizzanti, i quali provvederanno a rendere pubblici quanto prima i loro contatti telefonici.

Giuseppe FRACASSO
SALENTO FLASH
Testata giornalistica iscritta al Registro della stampa n.1\1\17 del Tribunale di Lecce - Direttore Responsabile: Paolo Conte

 
Di Redazione (del 28/03/2023 @ 19:20:57, in Comunicato Stampa, linkato 252 volte)

Il 2 aprile si celebra la Giornata Mondiale dell’Autismo, istituita nel 2007 dall’Onu.

Molti gli appuntamenti e le iniziative messe in campo in tutta Italia da enti ed associazioni per sensibilizzare e informare rispetto ai disturbi dello spettro autistico.
Anche quest’anno noi abbiamo voluto dare il nostro contributo, provando a fornire a genitori, insegnanti ma soprattutto ai nostri alunni, spunti di riflessione e consigli per affrontare l’argomento a casa e a scuola con i bambini per una maggiore inclusività e per normalizzare una condizione che colpisce una persona ogni 77.

E lo abbiamo fatto partecipando alla Tavola Rotonda, svoltasi lo scorso 23 marzo presso il Teatro Cavallino Bianco di Galatina alle ore 10, organizzata dall’Ambito Territoriale di Galatina in collaborazione con l’Associazione “Amici di Nico onlus” allo scopo di contribuire alla sensibilizzazione della comunità sulla tematica, promuovere esperienze di inclusione e sensibilizzare alla partecipazione all’evento del 30 marzo 2023 “Una marcia blu ai quattro eventi” a Gallipoli alla quale prenderà parte anche una rappresentanza degli alunni del Polo 1 di Galatina e Collemeto.

“L’autismo è una parte di questo mondo, non un mondo a parte. Gli autistici hanno un modo di pensare e di vedere le cose in maniera diversa da noi, ma hanno bisogno di essere aiutati da noi. Dobbiamo trattarli alla pari”.
È con queste parole che ha esordito la dottoressa Maria Antonietta Bove, presidente dell’associazione onlus “Amici di Nico” e mamma di Nico al quale è stato diagnosticato l’autismo all’età di tre anni e mezzo e dalla cui esperienza di vita ha preso forza per portare avanti la sua campagna di sensibilizzazione, alla presenza, e gli interventi, dei Dirigenti Scolastici del Polo 1, Polo 2 e Polo 3 di Galatina, Collemeto e Noha, Luisa Cascione e Rosanna Lagna, degli esperti Equipe “Amici di Nico Onlus”, dott.sse Chiara Pedaci, Simona Vergine e Agnese Pisanello, dei sindaci Fabio Vergine (Comune di Galatina), Graziano Avantaggiato (Comune di Soleto), Giovanni Mauro (Comune di Aradeo), Giovanni Casarano (Comune di Sogliano) dell’Ambito Territoriale Sociale di Galatina e della Presidente e assessore alla pubblica istruzione Camilla Palombini.

È quindi importante spiegare l'autismo ai bambini, sia per far comprendere eventuali comportamenti che per normalizzare una condizione che caratterizza molte persone. È fondamentale insistere sul fatto che l'autismo non è una malattia e che molte persone sono nello spettro senza che nessuno se ne accorga.

Questo perché, nonostante le difficoltà nel rapportarsi a schemi sociali e comunicativi tipici, riescono a mascherare molto bene. Il masking richiede però uno sforzo enorme, quindi i bambini possono accettare i comportamenti dell'altro, dimostrandosi più inclusivi.

Se si ha un compagno o un amico autistico va trattato proprio come tutti gli altri ma con qualche accorgimento in più come, ad esempio, tenere presente che possono essere infastiditi dai suoni, che molti non amano il contatto fisico, che alcuni hanno bisogno di momenti di tranquillità, non prendere in giro i loro gusti e che fanno cose “strane”.

Ma, soprattutto, tenere presente che la comunicazione e lo scambio sono strumenti potentissimi per migliore la qualità di vita non solo del bambino autistico, ma di tutte le figure che gli ruotano intorno, adulti e gruppo dei pari.

 Fiorella Mastria

 
Di Redazione (del 03/04/2023 @ 19:19:55, in Comunicato Stampa, linkato 362 volte)

Dal 6 al 16 aprile (in alcune giornate ben definite) presso il Centro pastorale “Opere Antoniane” di Cutrofiano sarà ospitata la “II^ Edizione del Presepe pasquale”

È noto a tutti il presepe classico, quello che si allestisce a Natale, in cui si rappresenta la Natività di Gesù, spesso collocata all’interno di un contesto urbano o di campagna, arricchito dalla presenza di pastori, contadini, musici, animali... E al centro, naturalmente, la capanna o la grotta, con la Madonna, san Giuseppe e il piccolo Gesù nella mangiatoia, scaldato dal fiato caldo del bue e dell'asinello.

Ed è da qui che, per iniziativa di don Emanuele Vincenti, parroco della parrocchia "Santa Maria della Neve" nasce l'idea di realizzare un presepe a Pasqua con il desiderio di rendere visibili agli occhi delle persone gli avvenimenti e le vicende legate alla vita e alla morte di Gesù.

Il tutto è reso possibile grazie al gruppo di lavoro degli animatori, il valoroso aiuto dei maestri artigiani coinvolgendo anche le scuole ed alcune associazioni del territorio.

Il "presepe pasquale" è una ricostruzione plastica

di alcune suggestive scene della vita e della Passione di Gesù e dei luoghi e degli ambienti in cui essa si è svolta.

 

I visitatori potranno ammirare la capanna e quindi la nascita di Gesù, con l'arrivo dei Magi; spostando lo sguardo potranno immergersi nella tenerezza di una famiglia in fuga verso l’Egitto, per mettersi in salvo dalla crudeltà di Erode.

Un po’ più avanti si verrà catturati dal fruscio dell'acqua del fiume Giordano, in cui Gesù viene battezzato da Giovanni il Battista ed ancora guardando oltre, un arco ci inviterà ad entrare a Gerusalemme; proseguendo tra le stradine della Città santa si potrà contemplare l'ultima cena e la scena della lavanda dei piedi; un poco oltre, l'orto del Getsemani; salendo con lo sguardo, la casa di Erode in tutto il suo splendore dove Gesù viene coronato di spine. Infine, la salita al calvario, la crocifissione, la deposizione nel sepolcro e la scena della Resurrezione.

Mentre la nascita di Gesù è immersa in un’atmosfera di mistero e solennità e suscita sentimenti di tenerezza, nelle scene della passione emerge la tragicità di un rifiuto e della condanna di un innocente, provocando sentimenti di mestizia e tristezza. La Via Crucis è la via dell'amore, fino al suo compimento, per ripercorrere con Gesù la via verso il Calvario, con un atteggiamento di ascolto che parte dal cuore e genera contemplazione.

 

Sarà possibile visitare il Presepe pasquale presso il CENTRO PASTORALE " Opere Antoniane ", Via XXV APRILE, 2 CUTROFIANO (Le)

 

  • GIOVEDI 6 APRILE, dalle ore 20.00 alle ore 23.30
  • VENERDI 7 APRILE, dalle ore 9.00 alle ore 11.00
  • DOMENICA 9 APRILE, dalle ore 8.30 alle ore 11 30 e dalle ore 17.00 alle ore 21.00
  • SABATO 15 APRILE, dalle ore 17.00 alle ore 20.00
  • DOMENICA 16 APRILE, dalle ore 18.00 alle ore 20.00

don Emanuele Vincenti

 
Di Redazione (del 04/03/2022 @ 19:18:19, in Comunicato Stampa, linkato 440 volte)

Trasloco Uffici comunali: occorre fare chiarezza. Il 24 aprile 2019 con una nota indirizzata al Sindaco Amante, il Partito Democratico di Galatina chiedeva riscontro alla “lettera aperta”, pubblicata anche dalla stampa, del 5 gennaio 2018. I democratici volevano conoscere quando gli uffici comunali sarebbero stati trasferiti presso l’ex tribunale, essendo presente  un progetto,  completo  anche delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione, ricevuto in “eredità” dalla precedente amministrazione.

La realizzazione dell’opera e il trasferimento degli uffici, a nostro giudizio, avevano ed hanno un impatto positivo per i cittadini: concentrazione di vari uffici in unica struttura; facile accessibilità per i disabili; facilità di parcheggio; risparmi su tutte le utenze, sulle pulizie, sui canoni di locazione etc.

Per questa iniziativa, vista la latitanza dell’amministrazione, a  sostegno della richiesta si decide un SIT-IN di protesta per il 25 luglio 2019 che raccoglie il sostegno di centinaia di cittadini che condividono e appoggiano la protesta. 

Grazie anche al nostro costante intervento furono avviati i lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza dell’immobile che il prossimo 5 marzo sarà inaugurato. Sono trascorsi circa  4 anni da quel 5 gennaio 2018  e  siamo tutti felici di aver contribuito al risultato. Razionalizzare erendere efficiente la macchina amministrativa è una battaglia della città, non come si vorrebbe far credere, una vittoria di questa amministrazione.

Le modalità con cui si annuncia il prossimo trasloco non può lasciarci indifferenti, firmare la comunicazione pubblica con @marcelloamantesindaco, ci lascia la consapevolezza del poco senso delle istituzioni di questa amministrazione. La lealtà e la trasparenza nei confronti delle elettrici e degli elettori dovrebbero caratterizzare la campagna elettorale di chi si accinge  a chiedere il voto per governare la nostra Città. Ricorrere a “mezzucci” per raccattare qualche voto non nobilita chi mette in atto simili iniziative.

I numerosi manifesti che hanno tappezzato i muri della città, e che annunciano il prossimo trasferimento, nascondono la volontà di una bassa speculazione elettoralistica. Si cerca di utilizzare la propria carica istituzionale per farsi solo propaganda.

Il Partito Democratico di Galatina ha una visione politica che fa del rispetto delle istituzioni uno dei sui punti cardine, per questo vogliamo e dobbiamo cambiare la nostra città.

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA      

 
Di Dante De Ronzi (del 07/05/2019 @ 19:17:20, in Comunicato Stampa, linkato 1329 volte)

Vi ricordate quanto fece discutere qualche anno fa l'iniziativa del nostro amato concittadino vescovo di Oria Mons. Vincenzo Pisanello per aver donato un gran numero di tablet alle sue parrocchie ?

Credo invece che il vescovo Pisanello sia una persona illuminata e lungimirante, che intenda realmente operare per il bene della comunità e sopperire ad un enorme vuoto istituzionale.

Ha capito come pochi che  il crimine, la violenza, i reati, corrono veloci; si consumano, si diffondono, si emulano con gli strumenti e le tecniche  dell'era digitale.

Ha capito anche che le istituzioni  invece sono inefficienti, inefficaci perché operano  con modalità di risposta lente, antiquate, imbrigliate nella burocrazia.

Un esempio per tutti gli agghiaccianti video del caso Manduria.

Da una parte il branco tutti connessi in un rituale di esaltazione mostruoso dall'altra le grida disperate e inascoltate: Polizia, Carabinieri !   Polizia Carabinieri !

Questo episodio mi ha riportato alla mente una scena terrificante alla quale ho assistito qualche tempo fa.

Nella bucolica campagna salentina giocavano giulive un branco di oche.

Ad un certo punto hanno cominciato a litigare e quando una di loro a caso ha iniziato a sanguinare, come fosse giunto un segnale ancestrale, è stata immediatamente massacrata e uccisa da tutte le altre messe insieme,nessuna esclusa.

E’ l'istinto primordiale mi si dirà.

Sì è vero, ma l'uomo si è plasmato in millenni di civiltà in una cultura indirizzata all’amore e alla tolleranza ed ha raggiunto il suo punto più alto proprio nella difesa dei più deboli.

Certo che ci sono la polizia e i carabinieri, ma sono lenti non sono connessi.

Certo che ci sono i servizi sociali, magari anche aggiornati e sensibili ma sono lenti.

Certo che ci sono le istituzioni e le brave persone ma non sono connesse ed arrivano sempre a tempo scaduto.

Che mondo strano!

Sindaco Lei è il massimo rappresentante delle istituzioni locali e la ritengo persona intelligente e sensibile,  circondata tra l’altro da ragazzi svegli, esperti in uso simultaneo di diversi dispositivi (multitasking) e sempre interconnessi.

Si faccia promotore di una rivoluzione culturale che adegui e aggiorni i tempi di risposta delle istituzioni alle minacce dei nostri giorni.

Non ci vuole uno stratega militare per comprendere che ad una veloce azione ostile si risponde efficacemente solo con una altrettanto rapida azione di contrasto.

Ammoderni in primis il corpo della polizia locale valorizzandolo e istruendolo all’uso appropriato delle nuove tecnologie.

Il problema di chi non sapeva o non voleva neanche accendere un computer è superato perché lo smartphone lo usano tutti.

Chieda  collaborazione alle migliaia e migliaia di cittadini onesti portatori sani di orecchie ed occhi digitali.

Non occorrono risorse finanziarie  ma solo tanta buona volontà.

Con una semplice applicazione potreste disporre di un potentissimo mezzo di vigilanza e controllo a beneficio della sicurezza dei cittadini e della salvaguardia e tutela dei beni pubblici.

Coinvolga le opposizioni e l’intera comunità.

Non voltiamoci dall'altra parte, non organizziamo manifestazione postume, ricordiamoci per tempo che ognuno di noi potrebbe trovarsi nella condizione dell'oca sanguinante.

Dante De Ronzi

 
Di Redazione (del 13/03/2013 @ 19:16:34, in NohaBlog, linkato 2284 volte)

Qui la legge ” Galasso ” è stata a lungo un’opinione, un’omissione che ha legato in un patto scellerato imprese, proprietari e amministratori. Ma forse il resto del Salento è per fortuna ancora da salvare e questi mostri si ergono come monito a non inseguire più l’incubo. Le calve alture di calcarenite sono state sommerse da una sfacciata metastasi di cementi. Un Salento come la pelle di un leopardo, ma vista in negativo, adagiata sul cobalto e sullo smeraldo del mare. Questa l’immagine del nostro territorio guardato dall’alto, con le macchie bianche costituite dai centri abitati che tempestano quasi uniformemente, tranne vaste aree di campagna ” pura” a sud e a nord-ovest, un tavolato giallo punteggiato di uliveti. Le credevamo messe male le nostre coste; le pensavamo ormai irreversibilmente offese dalla smania edificatoria. E lo sono, anche se questa terra è ancora in gran parte bellissima nonostante le ferite profonde infertele a colpi di tondino di ferro e mattoni forati. Una lunga, immensa colata di cemento; una giostra beffarda e volgare di case ammassate senza criterio, di strade asfaltate che vanno a perdersi sterrate in una campagna retrostante dove altre decine, centinaia di monolocali originariamente concepiti per uso agricolo attendono l’occasione per un ampliamento e per un condono. Ciascun paese è una casba abbarbicata intorno alla propria chiesa e al proprio campanile; ciascuna ha una sua geometria di curve, di giravolte, di cardi e decumani modificati nei secoli. Ma sono queste topografie pittoresche la vera fisionomia della nostra provincia. Un codice visivo che per fortuna i grandi assi viari non sono riusciti né a stravolgere né a marginalizzare, come invece è avvenuto in Calabria o in Sicilia. E’ un Salento, questo interno, la cui bellezza salta agli occhi. Il resto è un tratturo sterrato di fango, polvere e, laddove brandelli di dignità umana e scampoli di autosufficienza civica sopravvivono. Colate di cemento stese alla meglio direttamente su quello che prima era uno dei suoli agricoli più fertili del Mezzogiorno. Un dedalo di edifici venuti su dal nulla e puntualmente risanati in barba agli appelli degli intellettuali, alle mobilitazioni degli ambientalisti, ai moniti dei geologi.

Raimondo Rodia

 

Mi fa piacere la dialettica che si viene a creare, con l’avvicinarsi del termine del mandato dell’Amministrazione Amante, perché tutti cominciano a dimostrare attenzione alle problematiche della nostra città e le sue frazioni, quando per anni sono stati a guardare.

Non è per fare polemica, ma con i fatti posso smentire le affermazioni del segretario PD della sezione di Noha.

Parto da lontano, ma questo serve per poter rinfrescare la memoria del segretario che il Sindaco Amante è stato il primo ad aver scelto due assessori delle frazioni, riponendo nella loro azione amministrativa le deleghe più complesse, proprio per valorizzare al massimo le frazioni della Città di Galatina, fino a quattro anni fa bistrattate da tutte le amministrazioni. In passato, del resto, Noha ha espresso un sindaco, alcuni assessori e/o consiglieri, sarebbe bene chiedere anche a loro cosa hanno lasciato e se sono orgogliosi della loro azione amministrativa.

Lo dico a ragion veduta in quanto sono nata a Noha, ho scelto di esercitare la mia attività professionale a Noha e conosco molto bene le problematiche di chi vive nella frazione e lo scempio, posso dirlo senza temere smentita, perpetrato dalle passate amministrazioni con l’utilizzo di strutture pubbliche per proprio uso e abuso.

Mi verrebbe da chiedere a quei tempi il PD, sezione di Noha, dove fosse e perché ha lasciato che Noha vivesse nel degrado.

Ma oramai fa parte del passato e spero veramente che i cittadini possano oggi riflettere e vedere la differenza.

Ora veniamo a ciò che si è fatto per la nostra Noha e le altre frazioni di Collemeto e Santa Barbara. Cercherò di fare un elenco completo ed esaustivo, ma mi perdoneranno se magari potrò completare l’elenco anche successivamente con i fatti e non con le parole.

Durante la campagna elettorale, non essendo candidata in prima persona non ha potuto promettere nulla e chi mi conosce sa che prendo un impegno nel momento in cui sono sicura di poterlo portare a termine, altrimenti cerco di capire il problema, di approfondirlo e cercare una soluzione, senza impegnarmi con promesse elettorali.

SCUOLE E PALESTRE - Da quando ci siamo insediati, abbiamo presentato dei progetti per la ristrutturazione di tutte le scuole comprese quelle delle frazioni, tutte ammesse e finanziate e per le quali l’iter è in corso. In aggiunta a Collemeto la scuola l’abbiamo candidata ad un progetto per la realizzazione di una palestra, i cui lavori sono in corso ed entro l’anno saranno terminati.

IMPIANTI SPORTIVI - Per Noha abbiamo candidato l’impianto sportivo per il quale abbiamo portato un bando a finanziamento e i lavori cominceranno a breve.

SICUREZZA - Sempre per Galatina e le frazioni, abbiamo realizzato un progetto di videosorveglianza, già completato, ed a Noha abbiamo installato le telecamere in Piazza XXIV Maggio (Trozza) la quale è sempre stata oggetto di atti vandalici, e nei pressi del cimitero e dell’impianto sportivo.

ACQUA E FOGNA - Per Galatina e le frazioni abbiamo realizzato tutti i tronchi di acqua e fogna mancanti. Nelle frazioni i lavori sono in corso e a breve Santa Barbara sarà interessata per il primo lotto della condotta che porta l’acqua da Collemeto a Santa Barbara con la sostituzione del tronco in cemento di amianto.

Abbiamo iniziato una interlocuzione con l’autorità di bacino in merito al rischio idraulico e per Noha abbiamo ottenuto il finanziamento per collocare una stazione altimetrica sul canale asso, che sarà monitorata direttamente dalla protezione civile regionale.

Abbiamo una collaborazione con il consorzio di bonifica che ha provveduto alla pulizia del canale Asso e di tutti i suoi affluenti.

RIFIUTI - A Collemeto è in corso di realizzazione il Centro Comunale di Raccolta, sempre grazie a un finanziamento ottenuto dall’amministrazione Amante.

SANITA’ - A Noha il centro Polivalente, utilizzato ai tempi dell’amministrazione guidata dal PD in maniera allegra, oggi dato in comodato dall’amministrazione Amante, alla ASL che svolge per tutto il territorio di ambito, un servizio sanitario indispensabile e che, se il Sindaco Amante non fosse intervenuto, sarebbe sparito da Galatina, lasciando le persone più fragili con problemi psichici alla deriva.

TERZO SETTORE - Al piano terra dello stesso immobile è ospite, fin dal nostro insediamento, un’Associazione Onlus che presta servizi alle famiglie per altre fragilità, integrata benissimo nella comunità di Noha.

DISABILITA’ - Sempre per Noha è in corso di realizzazione in collaborazione con l’associazione Virtus Basket un progetto di riqualificazione e di integrazione per tutte le disabilità nei giardini Madonna delle Grazie.

LEVERA - Continuo ricordando al Segretario che a Noha ha sede l’Associazione Levera, in uno stabile confiscato, assegnato dall’amministrazione Amante.

RIGENERAZIONE - Sempre per Noha abbiamo candidato negli ultimi bandi di rigenerazione urbana l’area a verde nella zona del Calvario che comprende la Piazza XXIV Maggio, insieme a due progetti per Galatina.

Sicuramente avrò dimenticato qualcosa ma non dimentico di informarlo che per la Torre dell’orologio è in corso un progetto di messa in sicurezza.

Inoltre sempre per Noha è aperta una interlocuzione con la provincia, cominciata ben prima della lettera che fece il PD qualche mese fa al Presidente, il quale ha rimandato al Comune le competenze, ma che in realtà interessa entrambi gli enti, evidentemente sarà stato informato male, che potrebbe portare in prossimo futuro alla realizzazione del passaggio pedonale per il cimitero.

Volutamente sto tralasciando in questo mio resoconto altre attività che sono in corso su Galatina, come il polo bibliomuseale, per il quale abbiamo ottenuto, grazie a un bando, due milioni di euro di finanziamento, la realizzazione della palestra in Via Arno, la riqualificazione della palestra in Via Montinari, il progetto sulla viabilità dolce, il progetto di ampliamento del recapito finale “Bomba”, i finanziamenti per la progettazione e ampliamento del recapito finale “Bomba” e quello del Viale Carlo Alberto dalla Chiesa. Tanto altro ancora che ci sarà tempo e modo in questa lunga campagna elettorale di ricordare al segretario del PD di Noha e a tutti i cittadini.

 

Loredana Tundo

Assessore ai Lavori Pubblici

 
Di Redazione (del 10/03/2022 @ 19:14:30, in Comunicato Stampa, linkato 464 volte)

Il lavoro per la propria Città non è uno sport da campagna elettorale, non è un impegno dell’ultim’ora per gente che ha tenuto le mani in tasca fino ad ora e che all’improvviso viene folgorata sulla via di Palazzo Orsini dopo aver lavorato e vissuto spesso anche fuori da Galatina. Il lavoro per la propria Città si fa tutti i giorni dell’anno, quando c’è la campagna elettorale (un mese ogni sessanta) ma anche negli altri cinquantanove mesi.

Ed è da questa logica che nasce il movimento politico “Domani”. Nasce dalla consapevolezza e dalla rivendicazione del lavoro svolto in questi cinque anni di amministrazione come presupposto imprescindibile alla costruzione del futuro. Ogni domani si costruisce oggi, a volte anche ieri.

Ed è così che è stato per noi.

“A progettare il futuro abbiamo già cominciato” esclama il claim di Marcello Amante al quale stiamo al fianco dalla campagna elettorale del 2017 e con il quale abbiamo condiviso gioie e fatiche di questa amministrazione e di questa nostra splendida Città.

“Domani” nasce dalla consapevolezza della peculiarità di questa fase politica completamente nuova che si aprirà con questa campagna elettorale. L’Amministrazione uscente di Marcello Amante, che ci ha visto protagonisti con il ruolo chiave dell’Assessore alla Cultura e all’Ambente Cristina Dettù e del Consigliere Comunale Pierantonio De Matteis, ha svolto un ruolo fondamentale sia in termini di risanamento economico-finanziario sia in termini di attrazione di finanziamenti mai così ingenti, continui e coordinati da una visione strategica legata al futuro della città.

Domani - Galatina
Marco De Matteis

 
Di Redazione (del 04/05/2021 @ 19:04:20, in NoiAmbiente, linkato 1136 volte)

Abbiamo fatto un conto approssimativo, tanto per avere un’idea di quanti ettari di verde ci sono stati sottratti dagli impianti fotovoltaici galatinesi, quelli che hanno infranto il “REGOLAMENTO COMUNALE RECANTE NORME PER LA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI NEL TERRITORIO DI GALATINA REVISIONE X-2010”, fruibile in rete:

https://www.comune.galatina.le.it/documenti/delibere_consiglio/REGOLAMENTOPIANOENERGETICO.pdf

Il suddetto regolamento prevede che gli impianti in aperta campagna siano protetti da recinzioni “leggere” e che queste siano a loro volta coperte visivamente da essenze arboree, quindi obbliga i costruttrori di impianti fotovoltaici a predisporre sostanzialmente delle siepi (vere) intorno all’area occupata dai pannelli per tutto il perimetro.

Abbiamo cercato un campo fotovoltaico dappertutto intorno a Galatina, non se ne trova nemmeno uno che abbia una essenza arborea intorno, che non sia qualche filo d’erba spontaneo. Più che essenza avranno capito assenza? Insomma fatta la legge trovato l’inganno.

Contando gli impianti esistenti su Galatina e i 100 ettari su Noha, considerando una media di 750 metri lineari di perimetro per ogni impianto (si può fare semplicemente con le opzioni di Google, non ci vuole mica la bacchetta magica), si direbbe che siano stati oltre 32 i chilometri di essenza arborea “sfilati” al patrimonio arboreo di Galatina e frazioni. Se teniamo conto che la città di Galatina si sviluppa su una superfice rettangolare con all’incirca 2500 metri lineari per 1500, ai relativi lati, immaginando di mettere 15 file di piante (una ogni cento metri) lunghe 2500 metri lineari cadauna, avremmo un bosco grande quanto tutta la superficie urbana. Un bosco perso grazie al mancato rispetto della legge.

In tempi come quelli che stiamo vivendo, di emergenza climatica e di lotta contro l’inquinamento (Covid e Xylella compresi), è necessario cambiare stile di pensiero nei confronti delle piante. Dobbiamo renderci conto che sono l’unica strada concreta per tentare quantomeno di ridurre i danni all’ambiente e salvaguardare quindi il futuro, che non è solo nostro.

Quindi, quanto facciano bene le piante lo dice la scienza e lo dicono anche i nostri polmoni. E purtroppo lo dice anche il rapporto di salute della provincia di Lecce, RePol 2020, in cui Galatina risulta in testa alla classifica, insieme ad altri 15 comuni limitrofi, con il più alto tasso di tumori ai polmoni.

In conclusione chiediamo a questa Amministrazione, e ovviamente alle future, di tutelare al meglio la salute del nostro Ambiente, facendo rispettare legge e regolamenti ove previsto a suon di multe, e chiedendo il ripristino immediato del parco di essenze arboree mancante all’appello.

 

Il Direttivo di NoiAmbiente e Beni Culturali

 

SCHEDA TECNICA

Casella di testo: SCHEDA TECNICA

Nella mappa sopra, sono rappresentati tutti gli impianti fotovoltaici presenti e in richiesta di allestimento sul territorio comunale di Galatina. I quattro indicati con i numeri: 1; 2; 3 e 4 sono stati presi a campione come dimostrazione (vedi foto) che nessun impianto è in regola, in quanto sprovvisto di recinzione arborea come previsto dal Regolamento Comunale citato.

Nell’immagine sotto un esempio di rilevamento dei metri lineari effettuato con google maps del perimetro di un impianto (nello specifico quello di Contrada Roncella a Noha). Avendoli misurati tutti con questo metodo, ovviamente molto indicativo, risulterebbero ben km 32,500. Una fila di alberi da Galatina fino a Punta della Palacia sull’Adriatico

.

Volendo distribuire equamente i 32 chilometri e mezzo di essenze arboree, concentrati nell’abitato di Galatina, giusto per capire il polmone di verde che è venuto a mancare all’affetto dei suoi cari, e soprattutto ai nostri polmoni, abbiamo immaginato di mettere 15 filari di piante lunghi km 2,5 alla distanza di circa 100 metri l’una dall’altra: ebbene, risulterebbe coperta dal verde tutta la superficie urbana del nostro Comune. Con il deserto che avanza nelle nostre campagne, ci manca proprio

.

 

Di seguito la segnalazione protocollata il 13 aprile 2021:

Download PDF.

 

Quello di ieri un Consiglio Comunale che, al di là dei toni irruenti utilizzati in una pubblica Assise, è stato disarmante per la pochezza di contenuti dell’attuale maggioranza e soprattutto per la mancata progettualità in seno ad una politica amministrativa deleteria per la Città e frazioni di cui l’attuale Amministrazione è protagonista. La cosa che più ci lascia perplessi è ancora una volta l’assenza di una visione politica che guardi ai più deboli, alle fasce di cittadini che la società già di per sé fa fatica, purtroppo, ad integrare. A cosa servono le iniziative di integrazione, gli eventi sociali, psicologici, pedagogici e chi più ne ha più ne metta, se è la politica stessa – o meglio, un certo tipo di politica – ad escludere e rendere più compromessa la già difficile vita di questi nostri figli? E che non si dica che non facciamo altro che strumentalizzare, perché al di là delle tante parole a noi piace confrontarci con i fatti e questi raccontano di un Consiglio Comunale appena trascorso dove, al quinto punto all’o.d.g. si prevedeva l’approvazione del Piano Sociale di zona per il triennio 2022/2024. Ebbene, da ciò è emerso che l’Amministrazione guidata dal Sindaco Vergine inerentemente all’Integrazione Scolastica non ha previsto dal prossimo anno scolastico le figure professionali degli Operatori Socio-Sanitari che attualmente prestano assistenza alle alunne e agli alunni diversamente abili nei vari plessi scolastici del territorio, rimandando tali mansioni al personale ATA. La cosa che ci lascia più perplessi è la più totale indifferenza dei consiglieri di maggioranza e soprattutto dell’Assessore al ramo, contravvenendo alle aspettative della minoranza che al previo incontro con il Sindaco e l’Assessore, avevano avuto rassicurazioni sul fatto che avrebbero lavorato per trovare una soluzione, impegnandosi all’intercettazione dei fondi previsti per gli OSS. Di fatto tali figure professionali, allo stato attuale, risultano cancellate da una amministrazione sempre più autocentrica, che priva le fasce più deboli (stiamo parlando di bambini diversamente abili!) del diritto all’assistenza necessaria e propedeutica all’integrazione scolastica. Noi gridiamo alla vergogna!

Questo avvenimento è  solo l’ultimo di una serie di azioni incompiute o compiute male da chi attualmente amministra. Tra qualche mese sarà un anno dall’insediamento del Sindaco e ancora non abbiamo avuto modo di assistere a nessun lavoro risultante dallo studio fattivo delle situazioni critiche per il territorio. Nessuna progettualità che miri al futuro, nessuna opera portata a compimento ma, al contrario si rischiano di perdere quei finanziamenti intercettati in precedenza per la messa in sicurezza della Torre dell’orologio di Noha, ad esempio. In campagna elettorale sono stati promessi sogni che divenivano solide realtà ma allo stato attuale sono andati perduti i fondi per l’eliminazione dei passaggi a livello per un ammontare di tre milioni di euro andati in fumo poiché revocati dalla Regione, in quanto a detta del Comune vi erano difficoltà oggettive a rispettare i termini previsti per la realizzazione dell’intervento programmato entro dicembre 2022. Peccato però che al momento dell’insediamento il Sindaco promise una continuità fattiva con la precedente amministrazione per l’allargamento del sottopassaggio di via Tasso e la soppressione del passaggio a livello nella zona San Lazzaro, ma così non è stato. Nel frattempo, però, siamo letteralmente invasi da feste, giostre, pentolacce e qualsivoglia evento ludico che genera risate e divertimento, e guai a chi osa porre un contraddittorio, perché immediatamente le sentinelle vengono sguinzagliate, ovviamente solo sui social. Si organizzano concerti, si canta e si balla, ma al tramonto di queste giornate di festa e allegria, sarebbe auspicabile lavorare per trovare fondi, progettare interventi,  trasformare le tante parole in (almeno) un qualcosa di fatto, quantomeno per chi ci sarà dopo di voi.

Il Segretario PD – Noha

Michele Scalese

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/11/2020 @ 19:02:05, in NohaBlog, linkato 1259 volte)

Mi verrebbe quasi voglia di fidarmi degli addetti ai lavori che si occupano dei beni comuni, tipo l’aria, l’acqua e la terra, e quindi di lasciar perdere tutto quello che mi passa per la mente e che vedo in giro. In fondo, penso, come si usa dire: “andrà tutto bene”. Così chiudo i pensieri per una frazione di secondo. Ma poi certe immagini mi ritornano davanti con prepotenza, e con esse le parole dette, insieme a tutti quei dati e a quelle tabelle che ho letto nel Report dei tumori nella nostra provincia aggiornato al 2020.

E allora non posso fare finta di niente. Le immagini sono anche quelle degli impianti di pannelli fotovoltaici tra le Contrade Roncella e Scorpio che, ora che hanno perso i ripari (ulivi martiri) dietro cui parevano nascondersi, manifestano tutta la loro sfacciataggine. Non ci sono parole, gli alberi d’ulivo, quelli scampati agli incendi, rimangono lì come testimoni muti della (voluta?) mancanza di cure. Invece la distesa infinita di pannelli luccicanti come l’oro sembra non fare una piega.

Inutile farvi leggere per l’ennesima volta la sfilza di controindicazioni che generano le devastazioni della campagna: desertificazione del suolo, impoverimenti della biodiversità, scarsa generazione di ossigeno nell’aria, danni idrogeologici, cambiamenti microclimatici, ecc.

Tant’è che si sono studiate norme altamente specifiche che dovrebbero tutelare tutto il sistema ambientale, paesaggistico ed economico. Si tratterebbe soltanto di farle rispettare se non avessero purtroppo la stessa efficacia delle grida di manzoniana memoria .

Nonostante l’impegno – eravamo quattro gatti spelacchiati - non riuscimmo a evitare i danni del 2010 (quelle devastazioni sono sotto gli occhi di tutti, tranne dei ciechi), ma pensavamo che questo maledetto discorso si fosse chiuso definitivamente là, con i danni a noi e i milioni di euro alle società a responsabilità limitata, che oltretutto sono pure di fuori regione, se non spagnole (prima) e tedesche (poi).

Nel 2010, forse presi dalla smania degli incentivi elargiti dallo Stato (cioè da noi stessi, altro che energia gratuita) e dai baratti per la sistemazione di un canile, l’allora amministrazione comunale non fiatò nemmeno per denunciare l’invasione degli alieni, sicché Noha subì un tremendo taglio di parco naturale (zona Roncella e Scorpio),  e fu risparmiata chissà per quale miracolo da un altro impianto di pannelli di vetro, ferro e silicio, proprio dirimpetto alle case del nascente (e per fortuna poi morto nella culla) comparto 4, quello che prevedeva a nord di Noha una cosa come una ottantina di villette a schiera.

Ma tranquilli, i comparti non muoiono mai del tutto, e i progetti di impianti fotovoltaici neanche.

Ed eccolo qui, a poche decine di metri dalla Masseria Colabaldi, dunque a ridosso delle case della 167 di via Lago di Garda, a due passi dalla Chiesa di San Rocco: dieci ettari di ferraglia che chiamano “parco”, pronti a sovrastare la collinetta da Via Dalla Chiesa a via delle Tre Masserie. Chissà questa volta chi parerà il sacco a questi novelli “investitori”, chissà quale conferenza dei servizi, quale legge o regolamento, quale dirigente-impiegato-funzionario-burocrate.

Il fotovoltaico è cosa buona e giusta, ma non in mezzo alle campagne, di cui dovremmo ormai tutelare ogni centimetro quadrato di terreno (chissà quando riusciremo a capire quanto la terra valga più dell’oro, più di un conto in banca con tanti zeri), ma sulle parti ormai morte dei territori, cioè quelle già cementificate o asfaltate,  quelle dei tetti delle costruzioni civili o dei capannoni artigianali e industriali, quelle dei parcheggi, e quelle delle cave dismesse e, perché no, dei cimiteri. Prima che si ripeta una nuova Roncella, i cittadini dovrebbero poter partecipare a decisioni così impattanti: in fondo siamo né più e né meno che un grande condominio e le decisioni straordinarie, quelle che riguardano la salute di “tutti”, dovrebbero essere condivise con “tutti”. Così almeno se si scegliesse di farne un’ecatombe saremmo “tutti” più o meno direttamente responsabili. L’ Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Marcello Amante, in accordo con la Sovrintendenza dei Beni culturali della Provincia di Lecce e Taranto, con delibera n. 223 del 16 ottobre scorso, ha già bocciato mediante notifica di svariate incongruenze ambientali e normative altri tre progetti in zona Collemeto, per un totale di circa 21 ettari di suolo vergine. Ma questo non ci lascia mica tranquilli per il futuro. Ci sarebbe bisogno, crediamo, di più informazione preventiva, più partecipazione, ma soprattutto di più buon senso.

Marcello D’Acquarica

 

Un incredibile ponte legherà la Puglia a New York grazie alla campagna promozionale “Puglia, Unexpected Italy” (Puglia, l’Italia che non ti aspetti) promossa da Pugliapromozione sul “The New York Times”, sia quotidiano, sia magazine.
Fino al 22 maggio si susseguiranno 28 foto d’autore dall’indiscussa bellezza. La prima immortalerà lo splendore degli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina.
“Questa notizia ci riempie di orgoglio – afferma il sindaco di Galatina, Marcello Amante – perché è un ulteriore prestigioso tassello che si aggiunge al fitto puzzle di azioni, progetti e idee che abbiamo messo in atto per far conoscere Galatina oltre confine. Le emozioni che la nostra Città sa suscitare sono sempre più forti e capaci di incuriosire anche oltreoceano. Per questo ho lavorato con la mia squadra fin dal primo giorno: per portare Galatina al centro della promozione turistica regionale. I risultati ci danno ragione e sapere che il New York Times considera la Puglia una meta che sa sorprendere e Galatina uno scrigno di bellezza, ci fa continuare su questa strada. La nostra città trova un posto d’onore nel cuore di chiunque entri in contatto con i suoi tesori artistici, storici ed enogastronomici”.
Di ritorno dalla Bit di Milano, la nota fiera di promozione turistica, dove Galatina Città d’Arte e Città del Pasticciotto ha raccontato il suo valore, anche l’assessore al turismo per Galatina Nico Mauro sottolinea la soddisfazione per i traguardi raggiunti.
“Galatina è ormai inserita tra le destinazioni di interesse nazionale ed internazionale che qualificano l'offerta turistica pugliese – spiega - Nel 2019 la rivista Forbes inserì Galatina (con Dozza e San Gusmè) tra le tre mete italiane meritevoli di essere visitate e oggi sul New York Times siamo ambasciatori di bellezza e cultura per la Regione Puglia. Stiamo raccogliendo i frutti di un’azione tesa al riconoscimento delle nostre identità culturali e delle nostre bellezze storico artistiche. Non è un caso se sono anche aumentati i cittadini americani che hanno deciso di acquistare degli immobili in Città. Oltre trenta abitazioni, solo a ospiti americani, sono state vendute negli ultimi due anni e non mancano acquisti anche di cittadini europei e sudamericani. Continuiamo a progettare il futuro turistico di Galatina con una attività ed uno slancio che la pandemia ha rallentato ma che rimangono definiti”.

Ufficio stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 23/10/2017 @ 19:01:53, in Comunicato Stampa, linkato 1486 volte)

“GALATINA NON MERITA UNA POLITICA DI INTRALLAZZI". Questo il titolo, bellissimo, di un manifesto di qualche mese fa apparso durante la campagna elettorale; era il manifesto del Polo Civico per Marcello Amante Sindaco.
Non vogliamo sempre criticare a prescindere, ma quando i cittadini vengono presi in giro, allora è bene informare e lasciare a loro le considerazioni.
Su questo manifesto ne avevano per tutti: Socialisti, Destra, Sinistra, per il Partito Democratico.
Si sono presentati come il cambiamento,come il nuovo che avanza, approfittando della voglia dei cittadini galatinesi di voltare pagina una volta per tutte, stanchi delle chiacchiere e della solita politica.
Poi però è arrivato il ballottaggio e con quello la grande voglia di vincere, infischiandosene degli ideali e cercando sostegno da chiunque (pur di vincere appunto).
Anche con noi ci hanno provato, ma abbiamo lasciato libera scelta ai cittadini, ai nostri elettori, perché gli ideali, quelli veri, non si svendono: vincere sì, ma non a tutti i costi!
Quando è stata resa nota la giunta, è apparso lampante l'accordo con il Partito Democratico.
Pur di vincere, quindi, patto di ferro con chi questa città l'ha violentata, umiliata; con quello stesso partito che ha fatto danni ovunque, che ha rovinato l'Italia!
Apriamo una piccola parentesi sul Partito Democratico: È STATO CONCESSO (non sappiamo da chi) IL PALAZZO DELLA CULTURA (di tutti) PER MANIFESTAZIONI POLITICHE DI POCHI!!
(Vedi evento 22 Ottobre del PD).
La deliberazione di giunta numero 21/2017 riporta infatti testuali parole: “...prevedendo inoltre la disponibilità ad ospitare eventi culturali organizzati dall’ Ente o da altre associazioni o da altri soggetti pubblici/privati patrocinati dal Comune di Galatina”.
Ora, a meno che il PD non abbia avuto il patrocinio del Comune di Galatina(ovviamente impossibile) attendiamo chiarimenti.
Ritornando al polo civico: oggi abbiamo avuto l'ennesima dimostrazione del palese accordo con il PD locale. Un consigliere di maggioranza del gruppo “Andare Oltre”, condividendo su Facebook il post del neo segretario cittadino del PD, scrive testualmente:
“ Credo che #galatina abbia bisogno di un #pd autorevole e capace di dialogare, seppur nel rispetto dei ruoli, con l'#amministrazione in carica; sono certo che non mancheranno momenti di #confronto, magari accesi ma costruttivi. #inboccaallupo a Andrea Coccioli e agli amici che sono nella segreteria cittadina. #buonlavoro #aloro e #anoi”.
Quindi Galatina avrebbe ancora bisogno del PD??
Dichiarazioni che alimentano molti dubbi...tutto questo buonismo, questa accondiscendenza, ci lascia basiti. D'altronde è innegabile il feeling soprattutto del PARTITO “Andare Oltre" con il PD, con Emiliano, le cui gesta sono sotto gli occhi di tutti.
Dobbiamo constatare ,a questo punto, che non c’è nessun cambiamento; è la solita politica fatta di interessi, di poltrone, di ambiguità, di poca trasparenza…
Gli ideali sono stati messi da parte per vincere a tutti i costi le elezioni comunali...ora, si avvicinano le politiche…
In campagna elettorale hanno più volte ricordato dai palchi di avere le mani libere, di non avere condizionamenti da Bari o da Roma...beh a noi non sembra affatto!
Facciamo un appello agli altri consiglieri di maggioranza: possibile che accettiate senza battere ciglio questo palese schieramento con il Partito Democratico??
Siete succubi di questa “onda" che di cristallino ha poco o niente? Anche voi accettate silenziosamente di essere servi del progetto del PD locale e nazionale e di AndareOltre con il suo capo Pippi Mellone??
Uno scatto d'orgoglio, una presa di posizione, se è vero che siete “civici", dimostratelo prendendo le distanze da questi atteggiamenti, fate sentire la vostra voce e date risposte agli elettori che vi hanno dato fiducia!
Vi ricordiamo che “Andare Oltre” ha espressamente dichiarato che loro “NON SONO E NON SARANNO MAI UNA LISTA CIVICA"...quindi qualcosa, anzi, più di qualcosa non torna...
Noi siamo sempre quelli, sempre dalla parte dei cittadini, i nostri principi e le nostre idee non li svendiamo per una poltrona.
La COERENZA non dev’essere barattata con la CONVENIENZA!
Lasciamo a voi cittadini le considerazioni, ma come al solito, abbiamo il dovere di informarvi.

#RevolutionGalatina #Movimento5StelleGalatina

 

Il Ministero degli Interni finanzia le richieste dell'amministrazione Amante per la progettazione esecutiva di interventi sul territorio per la messa in sicurezza dei rischi idrogeologici.

Sono ben tre le richieste finanziate, e aver ottenuto queste risorse è di fondamentale importanza per la programmazione dell'amministrazione, perché, al fine di poter cogliere le opportunità dei bandi, è necessario predisporre i progetti, presupposto questo che spesso crea non poche difficoltà a un Ente, come il nostro, stretto nei vincoli del riequilibrio di bilancio che come amministrazione abbiamo ereditato e che sembra che qualcuno ogni tanto scordi, o faccia finta di farlo.

L’importo ottenuto di 182.412,00 euro sarà destinato alla progettazione esecutiva su interventi idrogeologici per risolvere le problematiche di allagamento che da decenni interessano una ampia zona della città: l'adeguamento del recapito finale “Bomba” con l'ampliamento della rete pluviale cittadina e l'adeguamento degli adduttori e per l’ampliamento del recapito finale in Viale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

L'interesse generale della città e dei galatinesi deve sempre muovere le azioni di chi ricopre ruoli istituzionali ad ogni livello, che dovrebbe anteporre alle sterili "opportunistiche polemiche" da prematura campagna elettorale il bene collettivo.

Oggi è ancora il tempo del fare, arriverà anche quello dei bilanci dove le parole lasceranno inevitabilmente il posto al resoconto dei fatti: sarà quello il momento in cui la città vorrà e saprà giudicare, distinguendo tra chi ha vissuto nell'immobilismo delle chiacchere e chi avrà sempre e comunque agito per il bene della città.

L’Assessore ai Lavori Pubblici

Loredana Tundo

 

Anche fuori campagna elettorale Articolo Uno MDP gruppo Liberi e Uguali di Galatina, Soleto, Sogliano Cavour, Aradeo Gioiscono per la conquista del punto Nascita per l'ospedale di Galatina.
Abbiamo dato gran voce alla problematica, in quanto abbiamo sempre creduto e cercato di tutelare il reparto, in quanto i numeri parlavano chiaro. Non possiamo che esprimere il nostro immenso dispiacere per il reparto di Ortopedia, in quanto grazie anche al Primario Dott. Rollo aveva aumentato il fatturato e non si comprende veramente cosa abbia spinto l'Ausl a prendere tale decisione.
Lotteremo e saremo sempre al fianco dei cittadini.

Articolo Uno MDP gruppo Liberi e Uguali

 

Prosegue la raccolta di firme sulla Proposta di Legge di iniziativa popolare contro la propaganda fascista e nazista, attraverso la stampa e la rete, promossa da Maurizio Verona, sindaco di Stazzema, comune in provincia di Lucca, dove, nell’agosto del 1944, una divisione di soldati nazisti trucidò 560 persone.

La proposta è stata fatta propria dal Comitato Promotore, che ha inviato in tutti i comuni italiani, anche a quello di Galatina, i moduli per la sottoscrizione locale.

Il Circolo del PD di Galatina, sta sostenendo la campagna di raccolta delle firme, ha chiesto al Comitato i moduli autenticati per iniziative autonome. Il Sindaco Marcello Amante, come da noi richiesto, e come fatto per altre proposte di legge, ha emesso un avviso pubblico, con cui indica i tempi, le strutture comunali e le modalità, atte a facilitare la sottoscrizione.

Si può, pertanto, firmare la Proposta di Legge, presso la Segreteria Generale del Comune di Galatina (Via Umberto I, n. 40), nel rispetto delle seguenti modalità: 

  1. Telefonare ai numeri 0836\633204 e 0836\633265.
  1. O, inviare una mail agli indirizzi: segreteriagenerale@comune.galatina.le.it o ammgenerale@comune.galatina.le.it  
  2. Comunicare il numero del proprio di telefono o cellulare, per essere eventualmente contattati e prendere un appuntamento.
  3. Essere iscritti nelle liste elettorali del Comune di Galatina e portare un documento di identità valido.
  4. Si firma nei seguenti giorni e orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 12, il martedì e il giovedì anche dalle ore 16.00 alle ore 17,30.
  5. Si può firmare entro il 31 marzo 2021, ma occorre farlo quanto prima, perché i moduli vanni restituiti al Comitato Promotore. 

 

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 28/11/2016 @ 18:56:15, in Recensione libro, linkato 2283 volte)

Non è la prima volta che Gianluca Virgilio mi fa dono di uno dei suoi libri.

Ecco. Quando succede sospendo quasi automaticamente la lettura dell’altro che ho per le mani per buttarmi a capo fitto e con gran diletto in quella del suo testo. La “parentesi virgiliana” di solito non dura più di un paio di giorni, al massimo tre, tanto scorrevolissimo e vorace, come sempre, è quel che egli scrive.

Stavolta la strenna è il suo “Quel che posso dire”, ancora caldo delle rotative di Edit Santoro di Galatina (settembre 2016); mentre l’Altro che avevo per le mani - e che ha dovuto attendere il suo turno - era un classico della Naomi Klein, “No logo” (Bur, Milano, 2015), insieme al centesimo volume di Andrea Camilleri, “L’altro capo del filo” (Sellerio, Palermo, 2016). Sì, in genere me ne porto avanti un paio per volta, quando non di più.

Questo bel libro del prof. Virgilio, dello stesso formato degli altri suoi e, combinazione, dei romanzi che Camilleri pubblica con Sellerio, non è un romanzo, come l’autore ci ha tenuto a puntualizzare, ma una raccolta di disiecta membra, brani d’esistenza, punti di vista, racconti di vita vissuta, edite e inedite riflessioni di un osservatore, pensieri sfregati perlopiù su pagine di rubriche tenute sul quindicinale salentino per antonomasia: “il Galatino”.

Non una trama, dunque, visto che nemmeno la vita ne ha una, ma una serie incommensurabile di orditi, schizzi, flash, colpi di scalpello che, tuttavia, all’occhio più attento non sono mai stocasticamente indipendenti uno dall’altro, dome direbbero gli statistici, ma legati in qualche modo da un fil rouge, una visione d’insieme, direi pure una concezione politica dell’esistenza.

Non solo nella prima parte del libro (“Scritti cittadini”), nella quale il Virgilio analizza la microsociologia della sua città, ma anche nelle restanti cinque (“Passeggiate con Ornella”, “Scritti scolastici”, “Prose”, “Racconti” e “Incontri”) affiora potente l’urgenza di una Politica (finalmente con la maiuscola) volta al bene comune, al rispetto dell’altro, alla formazione culturale di un popolo, alla realizzazione dei principi costituzionali negletti da troppa dimestichezza con la sbadataggine locale, e ultimamente minacciati anche da una riforma centrale pensata male e scritta  peggio.

Mentre leggevo i brani di questo libro, non so perché, nella mia mente si andava delineando, dapprima sfocata e poi sempre più nitida, la figura di chi potesse assumere il ruolo di prossimo venturo sindaco di Galatina. E il profilo che in tal senso pagina dopo pagina si stagliava con connotati sempre più netti era proprio quello del prof. Gianluca Virgilio (erede, oltretutto, di Zeffirino Rizzelli nella direzione e nell’organizzazione dell’Università Popolare di Galatina).

Galatina in effetti ha bisogno di una persona, che dico, di una classe dirigente virtuosa. E Gianluca Virgilio, per spessore e impegno culturale, padronanza morfo-sintattica nell’eloquio e nella scrittura, onestà intellettuale, capacità di ascolto e di comunicazione, e dunque visione strategica della Polis, potrebbe rappresentare un punto di riferimento importante, un’insegna, anzi un insegnante per il nuovo gruppo dirigente. Abbiamo bisogno di qualcuno a palazzo Orsini che finalmente, come Virgilio, faccia “l’elogio degli alberi” (pag. 31), che comprenda che qui è pieno di “decine di case monofamiliari chiuse e abbandonate, e con tanto di cartello VENDESI” (pag. 41), che si convinca dunque che un buon sindaco non si misura da quanto asfalto mette a terra o da quanto cemento farà colare, che il vero cittadino non può vivere “del poco, e di molta televisione, e si nutre di fiction” (pag. 20) ma di cultura e partecipazione, che “rottamazione è parola magica del consumismo” (pag. 43), che “la Buona Scuola ha dato il colpo di grazia alla libertà di insegnamento” (pag. 59), che non bisogna “prestare orecchio alle sirene del mercato” (pag. 61), che “la classe dirigente degli ultimi anni ha perseguito l’affossamento della scuola e la distruzione delle biblioteche scolastiche per dare i soldi alla scuola privata oppure favorendo l’ingresso nella scuola pubblica di privati sempre più rapaci” (pag. 76), che i giornali stanno diventando sempre più inutili, pieni zeppi, come sono, di pubblicità e di “commenti e opinioni tutti dalla parte del vincitore di turno, salvo dirne male quando per lui è giunta l’ora del tramonto” (pag. 95) - ogni riferimento agli orrori di stampa locale e nazionale è puramente causale.  

*    

Ho già passato questo bel libro a mio papà Giovanni. Mio padre ha 93 anni, è contadino, va ogni giorno in campagna, vive di poco, ha la terza elementare, non ha dunque una libreria come quella (pag. 113) del prof. Giuseppe Virgilio (compianto papà di Gianluca), ma quando è libero legge, legge tutti i libri che gli passo.

Conosce Gianluca molto bene perché è il suo vicino di campagna. Tra i nostri due contigui appezzamenti di terreno non c’è muro di cinta, non siepe, non soluzione di continuità. Sicché Gianluca e mio padre, il professore e il contadino, si vedono spesso, si scambiano consulenze, derrate agricole, e qualche volta anche i ruoli.

Ho sempre pensato che quelle di mio padre fossero braccia strappate alla cultura.

Antonio Mellone  

Articolo apparso su “il Galatino” – quindicinale salentino di informazione – Anno XLIX – n. 19 - 25 novembre 2016    

 

Quella che ci attende sarà una campagna elettorale impegnativa. La città sta vivendo uno dei momenti più bui della sua storia anche e sopratutto a causa di una gestione politica apatica ed inconsistente.

Il malcontento è quasi unanime e per questa ragione, dal centro alle periferie, passando per Collemeto, Noha e Santa Barbara, numerose sono le voci di cittadini stanchi di vedere mortificato il proprio territorio e che auspicherebbero ad un riscatto della propria città.

E’ in questo contesto che decine di liberi cittadini hanno deciso di stare insieme, di andare “Avanti insieme” per contribuire a costruire un futuro diverso per la nostra amata Galatina.

“Avanti insieme per Galatina” non è solo una lista civica, è un contenitore politico fondato sui valori dell’equità sociale, dell’uguaglianza, della solidarietà e dell’attenzione per le fasce più deboli. Una forza civica riformista in cui si rispecchiano donne e uomini, ragazze e ragazzi, cittadini alla prima esperienza politica ed altri che hanno avuto già modo di mettersi a disposizione della città con impegno e dedizione.

In sintonia con il nostro entusiasmo e con la nostra voglia di restituire dignità e spessore alla vita politica della nostra città, ci schieriamo accanto a Fabio Vergine, persona dalle qualità morali e professionali indiscutibili che sintetizza perfettamente i valori e le aspettative del nostro gruppo. Una scelta convinta, come quella di condividere questo percorso con tanti altri gruppi politici che come noi hanno deciso di mettere da parte le ideologie, a volte deleterie e divisive in realtà che invece necessiterebbero di pacificazione politica, a favore delle idee. Una coalizione totalmente civica fondata sulle esperienze, sull'entusiasmo e sulle idee di ciascun membro.

Dopo anni di oscurità, di mediocrità e di pressapochismo politico, siamo fortemente convinti che Fabio Vergine sia la persona che meglio di tutte possa riuscire, grazie alle proprie capacità ed alla propria storia, a mettere insieme tutte le energie e le esperienze del nostro territorio per cercare di far sbocciare una nuova primavera politica per il nostro territorio. Da mesi abbiamo fatto questa scelta convinti della bontà della stessa ed accanto a lui ed a tutti i cittadini continueremo ad andare Avanti, insieme.

 Avanti Insieme

 
Di Marcello D'Acquarica (del 08/02/2021 @ 18:52:29, in NohaBlog, linkato 960 volte)

"Quando l'ultima scheggia di corteccia avrà finito di gridare al cielo il mio dolore a te non resterà altro da bruciare che la tua abominevole ignoranza.
Nemmeno più il fumo sortirà dal sacco di sterco progredito in cui ti sei rintanato”

Oggi ho voluto fare un giro al cimitero, e come mi capita spesso guardando i volti di tutti quelli che ho incontrato e che sono esposti sui loculi, ho scambiato con loro qualche pensiero, così, in intimità silenziosa. Era tanto che li cercavo, oggi ho chiesto aiuto alla custode, così finalmente li ho rivisti. E ci siamo raccontati la storia dell’uliveto che ebbero in cura in vita e che si trova al fondo della via Giotto, verso ovest.

In quel campo fino a qualche decennio fa, c'era un bellissimo uliveto, tanti alberi grandi con le chiome brillanti come fossero addobbate da milioni di monete d’argento. Al fondo del campo, nella direzione opposta alla stradina che da Noha conduceva alla masseria Roncella, vi era una vecchia casa, piccola, senza intonaco, fatta di una sola stanza con un camino. Da qui, infilando la testa per guardare il cielo, di notte si vedevano le stelle. Il campo con gli ulivi argentati e la casa con le stelle apparteneva ad una coppia di sposi di Noha che abitavano in via Osanna, la via palazziata più affascinante di Noha. Dove perfino il barone volle costruire il suo palazzo nobiliare allorquando in via Castello s’affacciavano due masserie e si produceva olio grazie ai due frantoi ipogei.

Pietrangelo Blandini, e Addolorata Paglialunga, classe 1888, erano semplicemente una coppia di sposi che avevano scelto come dimora la casa in via Osanna al civico 18 e 20.  Non ebbero ruoli sociali di spicco, se non quello onorevole di essere cittadini di Noha e di averla vissuta come hanno fatto migliaia di nohani dalla notte dei tempi in cui Noha esiste. Chi ha vissuto come me il loro tempo, certamente li incontrerà ancora in giro affaccendati tra casa e lavoro. Lo zio Pietro si spostava da casa per andare in campagna con un carretto trainato da un'asina. Ci parlava con quell’animale, lui parlava e lei, l’asina, lo ascoltava e gli ubbidiva. La strada che dal paese giungeva fino al campo e proseguiva per la masseria, era in pietra calcarea ribattuta, come la maggior parte delle vie, e al ciglio del lato verso nord c’era un piccolo pozzo in cui confluiva l'acqua piovana. Forse per questo la zona si chiama “puzzieddrhu”. La ragione per cui lo zio Pietro era soprannominato “u focara” non si sa, ma possiamo solo immaginarlo. Ora a proposito di “focare”, ho dovuto riferire ai poveri zii, che del loro argenteo bosco di ulivi non è rimasto altro che un tizzone di tronco carbonizzato, andato in cenere e fumo grazie alla smania distruttiva trasmessa da questo strano progresso.

E noi, giovani conquistatori di sogni, ci siamo persi così a rincorrere un tempo che presto sarebbe scivolato in questa immane bolgia dove l'importante non è avere un pozzo da cui attingere acqua da bere, né un bosco di ulivi argentei, né una vecchia casa con il camino in cui infilare la testa a cercare stelle incantate e a osservare la luna. No, niente di tutto questo. Io davvero non so più cosa si ritenga importante oggi, e cosa rincorrano i nostri giovani, so che quel che c'era ora non c'è più. Pozzo compreso. E quel che c'è ha cancellato i sogni che davano gioia e perché no, anche speranza.

Marcello D'Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 17/07/2017 @ 18:51:42, in Fetta di Mellone, linkato 2206 volte)

Archiviata la più brutta campagna elettorale di sempre [le successive saranno se possibile peggiori, ndr.], siamo ormai nella fase del post-elezioni comunali, della post-verità e della post-trombatura: insomma nell’era del post.

C’è appunto qualche trombato alle recenti amministrative galatinesi [trombato, non nell’altro senso purtroppo per l’interessato, ndr.] che non riesce proprio a mandar giù la sconfitta e cerca in tutti i modi di far passare per vittoria il suo sonoro siluramento, attraverso la pubblicazione di post strappalacrime pubblicati sulla piazza virtuale per antonomasia: face-book. Le lacrime agli occhi ti vengono da un lato per via degli endemici orrori morfosintattici disseminati un po’ ovunque [eh sì, signora mia, non c’è proprio nulla da fare: la situazione è davvero grammatica, ndr.]; e dall’altro, a causa dei crampi addominali da repressione risate dovuti alla diciamo sostanza, al diciamo contenuto, al diciamo noumeno dell’Alto Pensiero che, imperterrite, certe macchiette della politica locale s’ostinano a formulare addirittura per scripta che per definizione manent.

Prendiamo a caso uno dei post più famosi del post-siluramento elettorale da parte di uno dei candidati a Sindaco, di cui ormai è giusto e pio tacere il nome [confesso che m’era sfuggito, ma il sadico di turno me l’ha segnalato giusto qualche giorno fa, ndr.]. E’ quello che suona più o meno così: “Faccio i miei migliori auguri di buon lavoro a Marcello Amante nuovo Sindaco certamente di Galatina ma poco meno delle frazioni… [al di là della solita punteggiatura che manco il giovane Holden, qualcuno potrebbe spiegarmi cosa significhi la locuzione: “ma poco meno delle frazioni”? Cosa avrà voluto mai dire l’autore con questa frase sibillina dal sen fuggita? Il primo in grado di svelare codesto quarto segreto di Fatima, anzi di Galatina, vincerà una settimana enigmistica precompilata. Ndr.].

Ah, ecco qua una delle probabili motivazioni: “… visto che il dato inconfutabile è che né Noha né Collemeto lo ha [forse voleva dire “lo hanno”: mannaggia alla coniugazione dei verbi, ndr.] fortemente voluto, indi men votato [“indi men votato”? Indi #l’italianocambiaverso: non c’è proprio verso di utilizzare lo Zingarelli, ma evidentemente solo lo Zingarate. ndr.]

Vi risparmio inoltre tutta la serie di numeri di sezioni elettorali elencate senza uno straccio di virgola (sarà per l’effetto solitudine dei numeri primi), per arrivare all’augurio affettuoso a Gianpiero De Pascalis, che a quanto pare è il vero vincitore di queste elezioni: “Auguro anche a Gianpiero un buon lavoro all’insegna della meritata serenità [ecco: Gianpiero #staisereno pure tu, ndr.] e vittoria spontanea al primo turno [sic]”.

“Come ben noto a tutti, i meccanismi degli inciuci del ballottaggio sono tali e tanto diabolici che ai cittadini l’analisi del risultato elettorale di oggi.” [Sì, la frase viene troncata proprio così. Con un punto fisso. Cosa dite? Che volevate almeno un predicato? E pure un complemento? Ma signori, non siamo mica al mercato del pesce qui. E poi con questa crisi non pensate di pretendere un po’ troppo? Dite che un siffatto insieme di sintagmi non abbia senso compiuto? Ma che ne capite voi, di sensi compiuti? Mica avete un master in ermeneutica (o forse era in ermetica). Suvvia, sempre a sottilizzare con la solita pedanteria melloniana, vuoti di contenuto che non siete altro. ndr.].

E finalmente una conclusione con i fiocchi: “Chiedetevi come mai un candidato prende al primo turno pico [sic] più di 3000 voti ed al secondo ne prende il doppio???? [Io mi chiedo invece se questo sia un discorso diretto o indiretto. Ah, saperlo. No, perché se fosse indiretto qui mi sa che ci sono dei punti interrogativi di troppo,  addirittura ripetuti quattro volte. Ma sì, abbondandis in abbondandom, come diceva quello. E poi come al solito è sempre questione di “pico”, ndr.]

***

Io ho provato a dare un senso a questo post, anche se questo post un senso non ce l’ha. Ma, badate bene, non è l’unico a mettere in evidenza quella forma di bruciore evidentemente concentrato in alcuni particolari orifizi del corpo umano (altrimenti e con più efficacia semantica ancorché vernacolare definito uschiore). In effetti ci sono post di autori vari sparpagliati un po’ ovunque che ci fan capire che dei sensi di cui i nostri ex-politici dispongono, quello di colpa è quello che funziona peggio.

Ci sono candidati puniti dall’elettorato per aver fatto il salto della quaglia, passando da una coalizione destrorsa a una destronza, e che ancora oggi blaterano di non si sa cosa facendosi la ragione. Ci sono quelli che da un giorno all’altro son passati da signori amministratori a signor nessuno, e quindi dal “qui tutto va ben madamalamarchesa” a “qui è tutto uno schifo” (con contorno di denunce di scarafaggi, blatte, buche all’asfalto, intonaci che cadono e vigili urbani assenti: roba che manco la Raggi in dieci anni potrebbe arrivare a tanto. Vedremo infine quanto durerà questa ‘vis segnalante’ che ha tutte le caratteristiche del fuoco di paglia, anzi fuoco di pagliacciate).

Non è da gentiluomini mostrare il medio agli ormai ex-politici local tornati finalmente nelle rispettive dimore. Lo è invece stendere il topico velo pietoso, e ripetere con il loro capo: “Aiutiamoli a casa loro”.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 01/08/2015 @ 18:50:54, in NohaBlog, linkato 2061 volte)

Quando nel nostro piccolo, da perfetti sconosciuti quali eravamo (e siamo), anche dalle pagine del fu “Osservatore Nohano”, scrivevamo gli stessi concetti affermati oggi con più determinazione (e magari efficacia) anche da papa Francesco venivamo additati da pulpiti più o meno autorevoli quali “profeti di sventura”, “disfattisti”, “eretici”, “radicali”, “fautori del no”, e, non ultimo, “comunisti” (scanza-e-libera-Signore).

Ebbene sì, l’enciclica “Laudato sì’” è una sorta di Manifesto contro il pensiero unico liberista [allora come oggi, purtroppo, al governo del nostro paese: la differenza sta soltanto nell’anagrafe: ma non si sa bene chi sia più rincitrullito, se il maestro pregiudicato o l’allievo-bullo da affidare – questi sì - ai servizi sociali, ove questi riuscissero a sopravvivere. Ma forse è molto più probabile che i rincitrulliti siano gl’italiani, sudditi per vocazione, ndr].

In questo scritto papale, di scorrevolissima lettura, dicevamo, si sottolinea la necessità non solo di correggere ma cambiare le abitudini e gli stili di vita, i valori di fondo della società consumistica. Il diritto alla proprietà privata, per il papa, non è né assoluto né intoccabile (ne conveniamo, eccome: cfr. anche il nostro editoriale “Proprietà privata”, su L’Osservatore Nohano, n. 8, anno II, del 9 novembre 2008), mentre la decrescita del mondo ricco a vantaggio di quello più povero è una necessità improrogabile ed urgente (cfr., tra gli altri, il nostro “Decrescita felice?”, il Titano, anno XLV, n. 12, giugno 2012).

Mentre i perbenisti benpensanti di Noha, Galatina e del resto d’Italia, appiattiti sul renzismo di maniera, pensano che i comitati spontanei di cittadini per la salvaguardia dei beni culturali, della campagna, del mare, dell’aria, della legalità, non valgano una cippa (“questi quattro comitatini”, così parlò Zarathustra, cioè l’impiastro twittatore), Francesco, al contrario, scrive determinato: “Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo” (tratto dal punto 13, pag. 17, “Laudato sì’”, ed. Ancora, Milano, 2015 – la sottolineatura è nostra), e poi ancora: “Il movimento ecologico mondiale ha già percorso ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche” (tratto dal punto 14, pag. 18, ibidem, la sottolineatura è nostra). Ben detto, papa Francesco. Ti dispiacerebbe ribadirlo anche ai tuoi confratelli vescovi e preti?

Anche noi, nel nostro piccolo, parlammo di indifferenza (cfr. tra gli altri il nostro “Contro l’indifferenza”, su L’Osservatore Nohano, n. 7, anno II, 9 ottobre 2008), ma figurarsi se gli indifferenti nostrani mossero mai un muscolo del viso in segno di approvazione (non-sia-mai-la-Madonna):più facile sarebbe stato che un cammello passasse per la cruna di un ago disperso nel pagliaio che qualche neurone di certi atei devoti, obnubilato da anni di incensi e salamelecchi, fosse mosso alla riscossa ovvero al risveglio dal sonno della ragione.

[continua]                                                          

Antonio Mellone

 

In questi giorni abbiamo appreso che la società di raccolta e smaltimento dei rifiuti Monteco ha assunto nuovi operatori ecologici, la maggior parte dei quali sembrerebbe che non provengano da Galatina e che abbiano un contratto full time.

Sarebbe il caso che il Sindaco spiegasse, perché dell’Assessore al ramo non abbiamo alcuna fiducia, per quale motivo vengono assunte nuove risorse invece di regolarizzare i contratti di quegli operatori ecologici che da anni lavorano part time a quattro o cinque ore al giorno e che si potrebbero trasformare in full time.

Se consideriamo che siamo tra i comuni con la bolletta della spazzatura più alta e se pensiamo che parte del personale sta andando in pensione, si potrebbe risparmiare e contestualmente adeguare i contratti di molte risorse.

Le nuove assunzioni quindi avrebbero senso solo dopo aver affrontato un ragionamento di questo tipo, ma in ogni caso sarebbe il caso che il Sindaco spiegasse se le assunzioni in questione sono state comunicate all’Amministrazione, come previsto dal capitolato speciale d’appalto, e quali sono stati i criteri di scelta del nuovo personale.

Questo perché non vorremmo che si ripetesse quanto avvenuto con l’assunzione dei due dirigenti di settimo livello da parte di Monteco, il cui costo contribuirà a far lievitare la bolletta della spazzatura a carico dei cittadini.

Proprio per questa ragione invitiamo il Sindaco a verificare che i contratti dei nuovi operatori ecologici non vadano oltre gli otto mesi per impedire che anche stavolta i cittadini si trovino a pagare stipendi a nuovi lavoratori che non soltanto, con la clausola sociale, passerebbero a carico del nostro comune, ma tra le altre cose non sarebbero neanche galatinesi.

Alla luce di tutto ciò è fondamentale che il Sindaco garantisca che le nuove risorse vengano assunte con trasparenza, secondo criteri oggettivi, di merito e senza clientelismi.

Dopo un’intera campagna elettorale incentrata sul rispetto delle leggi e sulla trasparenza, ci auguriamo che l’inerzia degli eventi e la superficialità amministrativa non peggiorino la condizione dei già vessati cittadini galatinesi.

Giuseppe Spoti

Consigliere comunale – Partito Socialista

 

Oggetto: Interrogazione consigliare urgente su utilizzo quale parcheggio dell'area presso Pex Kartodromo prospiciente la S.P.362, di proprietà dell'Agenzia Nazionale per la amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata,per P'organizzazione dell'evento “concerto Negramaro di Galatina”.

Premesso che

questa A.C. ha accolto la richiesta avanzata dalla Ambaradan s.r.ls, concedendo il patrocinio richiesto e l'autorizzazione all'utilizzo del logo/stemma del Comune per l'evento dal titolo "NGR20", concerto del gruppo "Negramaro” programmato per il 12.08.2023 presso I'Aeroporto militare di Galatina;

L'evento patrocinato dalla P.A. avrebbe dovuto apportare un contributo culturale,promuovere l'immagine della Città e valorizzare il territorio comunale a livello turistico,sociale edeconomico;

in disparte da ogni considerazione in ordine all'effettiva promozione del territorio che l'evento in parola avrebbe dovuto dare, soprattutto in merito alle numerosissime polemiche in ordine all'organizzazione dello stesso e alla sua effettiva fruibilità da parte degli utenti,è dovere della P.A.chiarire ogni questione con riguardo l'uso di un'area di proprietà dell'Agenzia Nazionale per la amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalià organizzata,per fini squisitamente lucrativi da parte di soggetti terzi;

Come risulta dalla Deliberazione Della Giunta Comunale N.304 Del 09/08/2023, questa P.A.per conto della Società organizzatrice dell'evento ha provveduto ad acquisire la disponibilitànel periodo di interesse (1/15 agosto 2023),dell'area individuata presso l'ex Kartodromo prospiciente la S.P.362, di proprietà dell'Agenzia Nazionale per la amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e da destinare a parcheggio;

Più precisamente, questo Comune ha richiesto all'Agenzia, con apposita nota del 27.03.u.s.protc.n.15203 la concessione in comodato d'uso gratuito per il periodo 1-15 Agosto 2023,al fine di destinarlo ad arca parcheggio, come previsto nel progetto organizzativo dell'evento, e su apposita richiesta della Società organizzatrice dell'evento;

In ragione di quanto si legge nella citata Delibera di Giunta, P'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, con nota del 5/04/2023 protc.n.17272 ha riscontrato positivamente la richiesta del Comune,concedendo l'area indicata per il periodo richiesto;

Ciò premesso, è doveroso inquadrare brevemente la disciplina normativa che regola la gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata;

Il codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 159/2011)ess.mm.agli artt. 45 e successivi disciplina la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Le norme richiamate sono state adottate dal legislatore con lo scopo di restituire alla comunità le ricchezze accumulate illecitamente dalle mafie. “Le mafie restituiscono il maltolto” era il nome della campagna avviata da Libera nell'anno della sua nascita,il 1995.

Oggi tali beni sono gestiti dall'Agenzia soprarichiamata, che sotto il controllo del ministero dell'Interno,si occupa della destinazione dei beni confiscati e li amministra in attesa del passaggio di gestione. Quasi il 79 per cento dei beni immobili "destinati" è in mano ai Comuni. In altri casi,invece,i beni sono assegnati alle forze dell'ordine o altri organi dello Stato. Gli enti territoriali destinatari possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione gratuita ad associazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative, comunità terapeutiche e di recupero,associazioni di protezione ambientale,a patto che non siano a scopo di lucro, e operatori dell'agricoltura sociale.

Dal richiamo delle norme in parola, emerge inconfutabilmente che i beni immobili possono essere mantenuti in proprietà allo Stato, che per il tramite dell'Agenzia potrà svolgere anche attivitàeconomiche i cui proventi andranno versati al Fondo Giustizia, oppure concessi in comodato d'uso gratuito ad organizzazioni di volontariato, a cooperative sociali o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti, ad altre tipologie di cooperative purché sia fermo il requisito della mancanza dello scopo di lucro.

E però con riguardo all'uso dell'arca confiscata alla mafia utilizzata in occasione dell'evento “concerto Negramaro”è evidente ed incontestabile che l'area è stata utilizzata da un soggetto che non solo non appartiene alle categorie indicate dalla legge,ma che ha agito esclusivamente per un fine di lucro/economico squisitamente personale.

·  Invero, è documentale che l'area in questione è stata utilizzata come parcheggio dalla Società FRIENDS & PARTNERS SPA, la quale ha preteso dai cittadini-utenti il pagamento di un ticket di € 20,00 per consentire l'accesso e la sosta in detta area, incassando diverse decine di migliaia di euro.

Ove l'uso ai fini di lucro (privato) non sia stato specificamente giustificato ed assentito per P'area concessa dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, o comunque vincolato al reimpiego per fini sociali, è del tutto evidente che la P.A. ha agito in totale spregio alla normativa di settore (codice antimafia).

Considerato che

a tutt'oggi nessunatto/convezione è reperibile presso P'Albo pretorio in ordine ai rapporti che sono intercorsi tra il Comune e la Società FRIENDS & PARTNERS SPA per la gestione dell'area in questione, e quindi non si ha contezza alcuna degli atti assentivi ed il rimpiego delle somme,

gli scriventi

Chiedono

di sapere:

 

- se l'Agenzia nazionale perl'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità, è stata notiziata dell'uso dell'area di sua proprietà per fini economici da parte della Società FRIENDS & PARTNERS SPA;

- se, tra la P.A. e la società sia stata sottoscritta apposito atto/convenzione per la gestione dell'area che ne dispianasse, uso, modalità, termini e quanť'altro;

- se i proventi della area di parcheggio in questione conseguiti dalla società che ha preteso il pagamento del ticket nella misura di € 20,00 per ogni vettura sono destinati al reimpiego sociale;

- in definitiva quali provvedimenti questa Amministrazione ha adottato per la fattispecie in questione in coerenza ed ossequio delle prescrizioni imposte dal Codice Antimafia.

Per la tipologia delle problematiche evidenziate nella presente interpellanza e per le domande poste, oltre a chiede risposta urgente e in forma scritta n Consiglio comunale, la presente è inviata per opportuna conoscenza, compresi gli allegati delle documentazioni citate, all'Agenzia dei beni confiscati alla mafa, a Sua Eccellenza il Prefetto di Lecce, all'Autorità Nazionale Anticorruzione e alle associazioni a tutela dei consumatori.

Distinti saluti.

Galatina, 16 settembre 2023

I Consiglieri Comunali

ANTONICA Sandra

AMANTE Marcello

ANTONICA Anna

MARIANO Emanuele

TUNDO Loredana

 

 

 
Di Albino Campa (del 29/04/2010 @ 18:41:27, in Fotovoltaico, linkato 4861 volte)

La Cgil contro l’impianto fotovoltaico - ANTONIO LIGUORI
• G A L AT I N A .
“Bisogna evitare che il nostro territorio diventi unalanda sterminata di specchi di silicio”.
Dissenso alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico in località Roncella, fra Galatina e Noha, dallaMacroarea Cgil di Galatina, Maglie e Nardò. Il responsabile territoriale Nicola De Prezzo invita il sindaco Giancarlo Coluccia a verificare “i tempi e leprocedure esperite dal Comune nella valutazione del progetto.
La costruzione diun impianto fotovoltaico in località Roncella - prosegue De Prezzo - suscitaperplessità sia per le modalità che per i tempi, a pochi giorni dal voto per ilrinnovo del consiglio comunale. Vengono al pettine i nodi della lunga gestionecommissariale e il mancato controllo democratico. Il progetto della Società Fotowatio Italia Galatina srl, che a pieno regime avrà una potenza di circa 10megawatt, dovrà sorgere in un territorio a vocazione agricola, e si aggiunge ad altri già realizzati nell’agro galatinese.
La Cgil – prosegue De Prezzo chiede alla giunta regionale e alla Provincia, i cui presidenti in campagna elettorale si sono espressi contro la realizzazione di impianti di energiaalternativa fuori da qualsiasi strategia e per la salvaguardia dell’ambiente,di intervenire bloccando i lavori e predisporre un progetto territoriale programmato per impianti di questa portata. Il neo sindaco Coluccia ha l’obbligo, essendo espressione dei cittadini nohani, di verificare i tempi e le procedure, di invitare la Fotowatio a soprassedere in attesa che il consiglio comunale riesamini la vicenda, riveda i progetti già presentati e in via diautorizzazione, approvi le linee generali di indirizzo per l’installazione diimpianti di energia rinnovabile che la scadenza anticipata impedì al vecchio Consiglio di deliberare”.

FONTE: Gazzetta del mezzogiorno, 29 Aprile 2010

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GALATINA UNA DETERMINA DEL SERVIZIO ENERGIA SBLOCCA L’ITER PER LAREALIZZAZIONE
• G A L AT I N A .
Via libera della Regione alla realizzazione di unimpianto di produzione di energia elettrica fotovoltaica in contrada «Roncella».
L’autorizzazione, che sblocca definitivamente l’iter per la realizzazionedi una struttura produttiva che avrà una potenza pari a 9,69 megawatt, è giuntonei giorni scorsi con la pubblicazione nel bollettino ufficiale della RegionePuglia di una determinazione del dirigente del servizio di Energia, Reti edInfrastrutture materiali per lo sviluppo. L’impianto, denominato “Ganascia 1” sarà realizzato nel territoriocomunale, dalla Società Fotowatio Italia Galatina srl e sarà attuato in unaampia area un tempo a destinazione agricola che si trova nella periferiacittadina. La struttura, che fin dalla presentazione del progetto a Palazzo Orsini èstata accompagnata da numerose polemiche e da molte perplessità espressesoprattutto da associazioni ambientaliste, ha ottenuto lo scorso marzo l’autorizzazione unica da parte della Regione Puglia dopo un lungo iter che hacoinvolto non solo il Comune di Galatina ma anche numerosi altri entiinteressati. Le maggiori critiche vennero espresse non solo sull’entità del progettoma anche sull’individuazione dell’area per tale realizzazione. La prima conferenza dei servizi venne convocata lo scorso ottobre ottenendoil pa rere favorevole dei ministeri competenti, della Regione Puglia, dell’Autorità di bacino della Puglia, dell’Agenzia regionale per la prevenzione e laprotezione dell’ambiente, che condizionò il suo via libera ad alcune procedurelegate alla salvaguardia del territorio, dalla Provincia di Lecce, dal Comunedi Galatina, dalla Asl e da altre autorità territoriali interessate all’impattodi tale progetto. In precedenza la stessa Fotowatio srl aveva rinunciato ad una analogarichiesta di autorizzazione unica per la costruzione ed esercizio di unimpianto denominato “Ganascia 2” della potenza di 4,68 megawatt. Lo scorso 18 febbraio, è stato sottoscritto l’atto di im pegno e laconvenzione che in pratica sblocca l’iter amministrativo dando il via liberaalla realizzazione dell’impianto. L’accordo è stato siglato dalla RegionePuglia, la società Fotowatio Italia Galatina srl ed il Comune di Galatina. L’autorizzazione unica costituisce autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto in conformità al progetto approvato.

FONTE: Gazzetta del Mezzogiorno, 27 Aprile 2010

Michele Stursi

 
Di Redazione (del 24/11/2020 @ 18:40:44, in Comunicato Stampa, linkato 1129 volte)

Il 25 novembre cade la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una data simbolica in quanto ogni giorno assistiamo a casi che vedono le donne vittime di atti efferati.

In particolare gli avvenimenti degli ultimi giorni ci fanno comprendere come la violenza contro le donne sia tuttavia una triste realtà del nostro Paese e quanti passi in avanti ci siano ancora da fare.

I dati sono molto preoccupanti e crescono se prendiamo in considerazione il periodo di quarantena dello scorso Marzo che purtroppo spesso non ha permesso a moltissime donne di poter chiedere prontamente aiuto. Si stima infatti che il 31,5% delle donne abbia subito una qualche forma di violenza sessuale o fisica nella propria vita, percentuali che diventano preoccupanti in particolare se prendiamo in considerazione le più gravi forme di violenza come stupro e femminicidio. Bisogna però ricordare come i tipi di violenza non si fermino a quella fisica ma vanno ad abbracciare forme come la violenza psicologica, quella economico-patrimoniale fino ad arrivare allo stalking e alla forma del revenge porn. A queste si aggiungono i molteplici pregiudizi che le vittime di violenza devono subire come ad esempio la concezione secondo la quale la donna è responsabile della violenza subita a causa del suo modo di vestire oppure nel caso in cui sia ubriaca o sotto effetto di stupefacenti. Tutti questi pregiudizi vengono inoltre amplificati dalla sbagliata narrazione giornalistica che si fa della violenza. Spesso infatti ci capita di leggere titoli assolutamente inappropriati e racconti giornalistici che cercano di trovare una giustificazione all’efferato atto. Prendendo in considerazione i casi di femminicidio spesso si leggono espressioni come “è stato colpa di un raptus”, “si è trattato di omicidio passionale”, “ha perso la testa perché non sopportava il pensiero di perderla”, tutte frasi che sminuiscono azioni che non hanno nulla a che vedere con i veri sentimenti. Il cronista concentra così la sua attenzione sul carnefice tramite testimonianze che lo descrivono come un marito e un padre modello che nell’immaginario comune ha fatto qualcosa di totalmente impensabile: il risultato è quello di relegare la figura della donna ai margini della narrazione apparendo questa disumanizzata e responsabile della furia omicida.

Le problematiche non finiscono qui e i fatti più recenti ci mostrano in modo molto chiaro la necessità di trattare e approfondire questi temi in modo da sensibilizzare tutta l’opinione pubblica. Per questo motivo come Italia Viva Galatina, io e altre due ragazze (Giulia Di Leo e Alexia Baglivo) abbiamo deciso di lanciare una campagna social che trattasse i temi sopracitati, aderendo a quella già promossa dal Ministero delle pari opportunità tramite l’hashtag #liberapuoi. Un piccolo gesto che si pone come obiettivo quello di sensibilizzare le persone di ogni età su un argomento di estrema importanza nella speranza che, in futuro, non ce ne sia più bisogno.

Caterina Luceri
coordinatrice Italia Viva Galatina

 
Di Marcello D'Acquarica (del 11/01/2018 @ 18:40:05, in NoiAmbiente, linkato 1727 volte)

Per inaugurare il nuovo anno  in continuità con la nostra attività di volontariato per Ambiente e Beni culturali, abbiamo pensato di  presenziare con le nostre iniziative al Presepe vivente di Noha. E grazie all’Associazione del Presepe Vivente e al suo Presidente, Giuseppe Cisotta, tutto ciò è stato possibile.

Come già dichiarato fin dalla nascita del nostro  Laboratorio, noi di FareAmbiente vogliamo contrastare e denunciare il malcostume che dilaga nel nostro territorio (malcostume che si manifesta per esempio con gli incendi e le infinite discariche abusive di rifiuti) e, in sintonia con il nostro Statuto, vogliamo anche contribuire alla bellezza di Noha e dintorni mediante la valorizzazione dei Beni Culturali locali che (ricordiamo sempre a chiunque ce lo chieda) sono unici al mondo per le loro stesse peculiarità. Fino qui niente di nuovo, potrebbe dire qualcuno.

Quello che non avevamo previsto e nemmeno immaginato è stata l’attenzione che molti ospiti del Presepe ha rivolto verso la nostra presenza al Presepe Vivente di Noha, ospiti davvero speciali: i bambini.

Abbiamo scoperto una  gioia inaspettata negli occhi di tutti i bambini che hanno transitato davanti alla nostra postazione. Certo, anche gli adulti si sono mostrati interessati al nostro messaggio, ma i bambini si sono gettati anima e corpo sul nostro operato. Edoardo, Giacomo, Gabriele, Veronica, Sele, Jacopo, Miriam, ecc. ognuno ha inciso il suo nome sulla propria opera. Tanto che per qualche genitore è stato davvero faticoso allontanarsi dalla nostra postazione per proseguire nella visita del Presepe. Sono stati davvero in tanti a chiederci dove abbiamo il laboratorio e quando avrebbero potuto mandarvi  i loro piccoli. Insomma abbiamo capito che l’idea del laboratorio culturale per la lavorazione dell’argilla aperto ai piccoli, è molto attesa. Vedremo come fare per realizzare questa bellissima iniziativa.

E’ vero che i bambini sono attratti dal “gioco” con l’argilla, è vero che la loro felicità è stata quella di creare liberamente delle  opere di fantasia  quali alberi, coniglietti, cuffie, orologi,  case o cuori. E’ nella loro natura contrastare le regole e le imposizioni del mondo degli adulti. Ma quello che ci ha sorpresi è stato l’interesse a cimentarsi insieme a noi nel riprodurre i Beni Culturali di Noha. Ecco, questa è l’ennesima testimonianza, semmai ce ne fosse ancora la necessità, che i bambini ci guardano, osservano quello che facciamo. E crescono, formando la loro personalità tramite il nostro esempio. E quindi se cerchiamo di salvaguardare l’ambiente e i beni culturali, loro ci imitano. Ci imitano, ahimè anche nel male. E certi risultati si vedono.

Forse dovremmo cercare di riscoprire la bellezza che sta nella loro semplicità,  nella campagna pulita e nei Beni Culturali curati: tutte cose che possono aiutarci a non apparire come un paese fatto solo di case e strade,  copia incolla, tutte uguali, senza alcuna bellezza particolare.

Con la loro passione bambini ci hanno insegnato che con la creatività anche noi possiamo liberare il gusto represso (evidentemente) per il bello. Quel gusto che fa la differenza e dà risalto e lustro alla nostra identità, individuale e collettiva.

Marcello D’Acquarica

 
Di Luigi Paglialunga (del 12/03/2014 @ 18:39:23, in NohaBlog, linkato 2948 volte)
Ho appena appreso della morte del caro Nino, per tutti Nino Mbriacu. "Gli altri bevono il vino e a mie me chiamanu mbriacu" amava ripetere.
Purtroppo la distanza non mi permette di recarmi a Noha in tempo utile per poterlo “onorare” come meriterebbe. Voglio però buttar giù quattro righe per potergli dire addio.
Nino è sempre stato una figura presente nella nostra famiglia. Caro amico di mio Nonno Cici, amico di mio Padre (nonché Consigliere in campagna) e poi persona cara a me e ai miei fratelli. Uno Zio anziano a cui voler bene.
Sono cresciuto negli anni del liceo attendendo la sua abituale visita, dopo pranzo. Si recava a casa nostra per portarmi il quotidiano e per discutere, davanti ad una tazza di caffè d’orzo, delle peripezie della “Politica italiana”. Fantasticava molto in questo settore, ne era un vero cultore nonché interprete. Era rimasto troppo legato al ventennio. Diciamo che quel periodo lo aveva plasmato anche e non solo politicamente.
Nel suo Curriculum politico vantava (ed è una pura verità) una lettere all’allora Presidente della Repubblica Saragat per “contestargli” una multa ricevuta a suo dire ingiustamente. Risultato della faccenda: multa annullata con tanto di lettera inviata dalla Segreteria del Presidente e portata a casa di Nino dagli stessi Carabinieri. Ne andava fiero, me lo avrà raccontato almeno dieci volte.
Persona piacevolissima e rispettosa. Ostentava un tale amore nei confronti della nostra Noha che credo debba essere preso da esempio dalle nostre generazioni. Colonna portante del Circolo Cittadino Juventus ma anche socio dell’altro Circolo e di ogni altra forma di aggregazione che volesse prendere piede a Noha . A lui ciò che importava era la comunità. Viveva di vita sociale. Non avendo avuto figli credo si sentisse padre un pò di tutti i suoi concittadini.
Era lo zio anziano anche degli “amici del Bar Castello” ma credo che possa essere eletto a nonno di Noha.
Oggi non c’è più ma lo voglio ricordare così, sempre sorridente e pronto a farti compagnia per ogni tipo di ambasciata fuori città.
Lo voglio ricordare mentre gioca a scupa scijata e sorridendo cede, dopo aver perso, la sua millelire certo però della sua prossima quanto possibile rivincita.
Voglio ricordarlo mentre attraversa via Collepasso e saluta energicamente le tante persone che incontra in quei pochi metri che lo separano da piazza Castello.
Voglio ricordarlo mentre attentamente ascolta il concerto bandistico nei giorni della festa di San Michele.
Riposa in Pace Caro Nino.

Luigi Paglialunga (Pata)

 
Di Redazione (del 22/03/2021 @ 18:38:08, in NoiAmbiente, linkato 1361 volte)

Un colpo al cerchio e uno alla Colabaldi, si fa per dire ovviamente, ma di fatto il colpo lo stiamo dando su noi stessi. Tutti resteremo penalizzati da certi comportamenti, tollerati purtroppo con il silenzio. Come sia possibile che vengano demolite delle mura così grandi, in pieno centro abitato, in un posto che più in vista di così non si può e nessuno si allarma? Contribuisce certamente questa sfortunata situazione di emergenza generata dal Covid-19.  Ma il fatto resta ugualmente molto grave.

La masseria Colabaldi è un Bene Culturale di Noha, della sua storia si è scritto e parlato ovunque. Lo sanno anche le pietre che è stata edificata sul punto più alto della serra che domina la valle dell’Asso, e che molto probabilmente la parte più antica risale a duemila anni addietro. Insomma è lì da secoli, ha superato quasi indenne, terremoti, uragani, guerre e relativi bombardamenti, la spagnola e se vogliamo perfino le tremende mine della cava adiacente che facevano vibrare i vetri delle case di Noha. Chi ha memoria e coscienza queste cose le sa.

I fatti: pare che qualcuno (probabilmente vandali) abbia deciso di cambiare corso al destino della nostra antca Masseria Colabaldi, non con restauri o rivalutazioni ovviamente, ma a colpi di violenza, una violenza inspiegabile, talmente possente da buttare giù le mura secolari. Per adesso pare che abbiano cominciato a buttare giù i parapetti ed i cornicioni di alcuni pezzi del perimetro delle terrazze, ma se nessuno interverrà potrebbero continuare fino a raderla al suolo completamente, anche se sembra una cosa assurda, in mancanza di interventi e in presenza di una ambigua tolleranza, tutto è possibile. Che dire, una comunità savia conosce bene l’importanza di certi valori, sa bene che a identificarci al cospetto del mondo non sono certo i megaimpianti fotovoltaici, le nuove borgate di villini bi o tri familiari copia incolla, le strade senza alberi, tantomeno il “business” del deserto che cementifica la campagna. Quindi la comunità sa.  Il nostro è un appello al senso di responsabilità di tutti, dal Primo fino all’ultimo cittadino, dalle istituzioni pubbliche tutte, nessuna esclusa, alla proprietà e quindi alla responsabilità di chi è “educatore” degli autori di questi atti vandalici. Se così possono ancora definirsi.

 


IL DIRETTIVO di
NOI AMBIENTE E BENI CULTURALI Odv
Noha e GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 30/10/2020 @ 18:36:42, in NohaBlog, linkato 1000 volte)

Per somiglianza di suoni Sìrgole rievoca un po’ Frìttole - il borgo di “Non ci resta che piangere”, film del 1984 con Troisi e Benigni - ma è una tenuta, meglio, la denominazione di una contrada del feudo di Cutrofiano frequentata da molti nohani e altrettanti galatinesi, tra i quali mio papà Giovanni che ne ha coltivato un pezzo per una vita, coinvolgendo per un tratto e suo malgrado (nel senso di mio malgrado) il sottoscritto: erano i tempi infausti del tabacco, un’era geologica fa. Oggi ce lo porto io, mio padre, insieme ai suoi 97 anni a far due passi, a prendere aria, a “sbariare” un po’.

Ebbene, ogni volta che vado a Sìrgole torno a casa sempre con qualcosa di buono. A seconda della stagione, i gelsi, i peperoncini e le melanzane, l’uva, i kaki e i kiwi (con questa k che sa di esotico), e le cicorie che oggi coltivano i miei cugini di campagna; ma anche le “creste” (sempre nel senso di cicorie) che la terra ci dona sua sponte. A volte tra le produzioni fresche e genuine abbiamo pure i libri (ché cultura e agricoltura sono sempre andate a braccetto). Questi ultimi non me li passano i suddetti cugini, ma, copiosi, dunque con la carriola, i vicini di campagna: o meglio, il vicino che risponde al nome di Gianluca Virgilio, professore di lettere al liceo scientifico di Galatina, conosciuto ormai da tutti perché da anni scrive su “il Galatino”, e pure un bel po’ di libri - alcuni addirittura tradotti in francese (non vedo l’ora di rileggerli in quest’altra lingua romanza).

Questa volta il fragrante tomo “virgiliano”, letto come d’abitudine nell’arco di due pomeriggi, è “Zibaldone Salentino”, Edit Santoro, Galatina, 2020, 150 pagine, quasi omonimo della rubrica (cambia solo l’aggettivo in “galatinese”) tenuta, appunto, su questo giornale. Si tratta di un tipico prodotto a km 0, giacché è stato certamente pensato nel corso di letture sotto il pergolato, annaffiature di piantine e sfalcio di erbe, e dunque scritto, benché rapsodicamente, sempre a Sìrgole, “campagna ricca di sogni”, onde finalmente podere è potere.

Il titolo del libro, ça va sans dire, è un omaggio a Giacomino nostro, che al suo “scartafaccio” attribuì gli aggettivi di “smisurato” e “immenso” (io ci aggiungerei “superbo”, molto usato dal Leopardi nell’accezione di magnifico e grandioso, e giammai di protervia o spocchia), tipici del Pensiero: il quale o è critico - dunque senza limiti timori o altre siepi che il guardo escludono - o non è. Purtroppo codesto pensiero è oggi, come dire, negletto, quando non spinto sul banco degli imputati, non necessariamente da una querela temeraria, ma proprio dal comune sentire, dall’uniformazione globale falsamente pluralista, dall’omologazione a senso unico.

Ciononostante vale la pena di provare esprimerlo, questo pensiero (o questo spirito), anche a costo di spaccare il capello in quattro e apparire antipatici alla massa ondivaga a seconda di dove spira il vento del marketing, vale a dire la propaganda da parte della classe dominante. E così nascono le pagine di questo diario senza tempo che ti fa riflettere sulle parole, tipo “successo”, una cosa a cui molti ambiscono ma che altro non è che un participio passato; sul senso della vita, che visto che è a scadenza val la pena di trattarla con più ironia e distacco; sullo spreco delle migliaia di case vuote, mentre tutto intorno le betoniere continuano rovesciare cemento sui comparti edilizi senza fine; sul ruolo dell’insegnante e quindi della scuola che non dev’essere un luogo dove “si formano e si valutano gli studenti”, bensì un posto dove “dialogare e stare a vedere”; sulla violenza del capitalismo, che fa rima con cannibalismo, suicidio dell’umanità; sul ruolo della tecnologia che ci sta spingendo verso il distanziamento sociale ante-litteram; su quanto la mia ricchezza non valga nulla se il mio dirimpettaio sta male; sul Panem et circenses quale metodo di inquadramento delle masse; su quanto il potere si serva dell’inganno per raggiungere i suoi obiettivi; sul Neo-Barocco, che è quello della nostra epoca, così pervasa dalla “gentrificazione” dei centri storici, dallo scimmiottamento della pizzica e dai riti vuoti del turismo; e su infiniti altri temi tipici di uno Zibaldone.

Scrive bene Gianluca, avrà preso da suo padre, il compianto prof. Giuseppe Virgilio. Lo stesso giorno in cui mi consegnava la sua novella creatura – guarda la combinazione - terminavo di rileggere, di Giuseppe, lo stupendo “Memorie di Galatina”  - Congedo Editore, Galatina, 1998 - che consiglio vivamente. A Noha si dice: “L’arte de lu tata è menza ‘mparata”, ovvero “Sotta ‘nu pannu finu c’è ‘naddhru ‘ncora chiù finu”.

Credo non ci sia bisogno del traduttore di Google perché si colga il senso di questi apoftegmi nohani anche a Galatina.

Antonio Mellone

 

[articolo pubblicato su “il Galatino”, anno LIII, n. 17 – 23 ottobre 2020]

 

Leggere la nota del consigliere regionale Metallo, che si aggiunge al supporto già espresso di sindaci come Pippi Mellone e Graziano Vantaggiato, non può che rafforzare l’impegno di tutti noi, perché finalmente riscontriamo una narrazione in linea con il nostro sentire.

Lo abbiamo detto e lo ripeteremo a lungo nel corso di questa campagna elettorale: serve una pacificazione dopo oltre 15 anni di instabilità politica galatinese, caratterizzata dall’occupazione dei luoghi politici e amministrativi da parte di alcune persone, poche per fortuna, che intendono la contesa elettorale come una battaglia personale, indifferenti alle conseguenze delle proprie azioni. Questo ha determinato anche il sacrificio e, purtroppo, l’allontanamento di amministratori e professionisti di altissima qualità, che hanno voluto sottrarsi da queste dinamiche.

Non neghiamo che in questi anni di lotta senza quartiere, di partiti svuotati, di rapporti umani che si sono sfilacciati, c’è stato un mondo colpevolmente assente: quello produttivo, associativo, civile.

Ed oggi, in un momento storico in cui tutto è stato messo in discussione, dalla libertà individuale alla salute, dalla pace alla serenità di guardare al futuro, questo mondo non poteva rimanere alla finestra e lasciare che l’ennesimo teatrino si compisse.

Abbiamo quindi preso coraggio ed abbiamo fatto confluire sensibilità diverse in un progetto aperto, senza sentirci minacciati da nessuno, pronti a riprendere il dialogo con tutti. Siamo convinti che tra le file di chi oggi è ancora in questo brodo di astio e divisione, ci siano persone appassionate, che avranno sempre un dialogo aperto con noi.

Arrivano così, come un colpo di vento che spalanca la finestra e lascia entrare caldi raggi di sole primaverili, le attestazioni di stima di chi proviene da diverse sensibilità politiche e da diversi territori. Sentire di essere riusciti a cambiare direzione e stile politico cittadino, ci scalda il cuore e non ci fa sentire soli, rassicurandoci della possibilità di impegnarsi senza che il fiume di veleno e livore dei proprietari di questi 15 anni di politica invadano le nostre anime e la nostra comunità.

Sarà importante aprire la mente oltre il cuore, guardare al di là del piccolo orticello: basti pensare al mondo di oggi che conta 8 miliardi di persone, quando solo 50 anni fa erano la metà. Galatina deve diventare il centro di un sistema territoriale vasto, policentrico, con relazioni feconde e costruttive. Il piano di investimenti straordinario costituito dal PNRR non si può cogliere con questo miope campanilismo e questo esasperato localismo: moltissimi bandi prevedono investimenti in aree di almeno 50 mila persone e tanti altri vanno oltre i 100 mila. Solo unendo le forze con i comuni limitrofi potremo cavalcare questa straordinaria occasione.

Leggo a volte la tentazione di innalzare muri e sentirsi minacciare dai comuni vicini, magari qualcuno vorrebbe coniare il rublo galatinese per farsi pagare il pasticciotto dai visitatori “stranieri” di Soleto o di altri comuni. Suvvia, non è tempo di muri e di chiusura: il futuro ci chiama e noi lo governeremo solo se sapremo superare proprio questa vecchia impostazione, non ci è nemica Soleto o Nardò e lo spirito di collaborazione che caratterizza e caratterizzerà sempre di più la vita amministrativa delle amministrazioni comunali dovrà intensificarsi. Per questo non devono sorprendere i buoni rapporti con il Sindaco di Soleto Vantaggiato o di Nardò, Mellone.

Non si fa politica contro i nemici: loro rappresentano delle istituzioni e delle amministrazioni che meritano rispetto con le quali collaborare senza timori di sorta e senza complessi di inferiorità. Galatina è centrale e saprà cogliere l’occasione di essere paese leader del territorio per motivi geografici, fisici ed anche politici.

Fabio Vergine

Candidato Sindaco Galatina Spazio Aperto

 

 
Di Antonio Mellone (del 05/04/2022 @ 18:35:23, in Fetta di Mellone, linkato 685 volte)

Arriviamo alla fine di questo percorso a ostacoli con il cenno fatto dalla probabile ri-novella Sindaco al famoso comparto D7 o quel che è, vale a dire quella trentina scarsa di ettari di campagna da adibire a Mega-porco commerciale, voluto anche, soprattutto direi, da quel Pd che “è la mia casa, la mia famiglia” [l’ha detto lei, eh].

Pare che vogliano farlo partire in qualche modo, ‘sto comparto con coordinate da battaglia navale (insieme agli altri s’intende), ma stavolta non come Centro Commerciale (che avrebbe prodotto secondo gli scienziati locali del tempo, primi fra tutti dunque i “compagni”, non meno di 200 posti di lavoro, anzi 300, mi voglio rovinare), ma come “qualcosa d’altro” (immagino che lo verremo a sapere a breve grazie ai succitati muri parlanti che, visto il livello, molto probabilmente si esprimeranno in termini di Galatinaland). Lasciarla intonsa quell’area, dico quel suolo agricolo, manco a parlarne. Tanto ora che l’Ucraina vincerà finalmente la guerra grazie alle armi italiane esenti da Iva il grano e gli altri cereali li riceveremo in abbondanza direttamente da Kiev, sicuramente a prezzo di favore, e magari scortati dal battaglione Azov.

Infine una carezza alle frazioni, definite dalla Sandra Sindaco “Il Nostro Faro”. Quasi mi commuovo. Insomma la guardiana del farò a un certo punto parla di comunità energetiche. E io – che ingenuo – pensavo che le frazioni avessero già dato in termini sia di “transizione” che di “energetica” (o forse era transazione) con quelle centinaia di ettari di pannelli fotovoltaici schierati per esempio intorno a Noha come un plotone d’esecuzione. Dite che prima abbiamo scherzato e che ora si faccia sul serio? Ma sì, basterebbe un bell’impiantino di compostaggio anaerobico di qualche migliaio di tonnellate di rifiuti organici (chissà se Sandra, parlando di frazione, non intendesse proprio quella umida) per la produzione del famoso biogas (con il bio davanti tutto s’illumina d’incenso) e il gioco è fatto. Le grandi imprese non aspettano altro, pronte come sono a venderci il pacchetto (o il pacco) chiavi in mano. È capace che con il biogas a km0 diventiamo del tutto indipendenti dagli idrocarburi russi (come del resto qui nel Salento lo siamo da un pezzo in termini di gas grazie a Tap, o no?). Magari, visto il sodalizio Progressista con i 5 Stelle, si potrebbe pure pensare a una mini-centrale atomica portatile, dico quelle di quarta o quinta (ne ho perso il conto) generazione, se no come fai a trasformare l’utopia in fantascienza.

Ci sarebbe tanto altro da aggiungere, tipo il Punto essenziale ovvero esiziale sulla “raggiungibilità di Galatina” (che come noto è città abbarbicata sul cucuzzolo di una montagna impervia), onde dovremmo aspettarci qualche altra bella rotonda e non so più quanti nuovi ponti o sottopassi o circonvallazioni, rigorosamente green, puntualizziamo, in nome della Rigenerazione Urbana, della Resilienza e giacché pure della Coesione Sociale. Quando si dice una città Smartata.

Non mi è tanto chiaro invece il Punto sulla Cultura, e la sua chiave di lettura. A un certo momento della conferenza stampa la padrona di Casa Antonica, sarà stata l’emozione della seconda volta o forse la stanchezza per tutte quelle domande giornalistiche così ficcanti, ha iniziato a parlare (credo) di “élite”, ergo (immagino) di  “elitismo”, ma continuava a proferire il lemma “etilismo” o “etilitarismo” o qualcosa del genere [ascoltate la registrazione, s’il vous plaît, prima di ri-stracciarvi le vesti e dunque ri-crocifiggermi]: sicuramente avrò capito male io, oppure l’audio in quell’attimo ha invertito l’ordine di successione dei fonemi provocando una metatesi. Sarà più precisa, suppongo, alla prossima conferenza (dei servizi).   

Avrei qualcosa d’altro da aggiungere, se non fosse che rischio di dedicare molto spazio alla Sandra Sindaco, trascurando gli altri tre concorrenti che chissà quanto fremano, scalpitino e friggano per veder pubblicato un articolo uno sulle loro gesta eroiche, diverso dai comunicati stampa redatti dalle loro rispettive Bestie (pare si definiscano così i consulenti assoldati dai politici per le campagne elettorali). E non vorrei che mi denunciassero per omissione di discorso, vale a dire di assenza di articoli sul loro operato, o meglio pensato. Oggi come oggi c’è da aspettarsi di tutto.

Qui mi basti concludere chiedendo venia se non ho fatto cenno agli altri numerosi Punti del programma sandrigno, ma credo che quelli summenzionati siano sufficienti, uniti tra loro con un tratto di penna, a darci un’idea del disegno diciamo politico che apparirà.

In conclusione vorrei solo ricordare che la conferenza stampa oggetto di queste note si è svolta nella sala di un noto bar cittadino, tappezzato, ecco, di tutto Punto. Mo’ non chiedetemi se fosse il bar dello sport, ché certi dettagli sfuggono anche al più acuto osservatore nohano ancora a piede libero. Testimoni oculari (e olfattivi) asseriscono che nell’aere s’avvertiva un inebriante profumo di brioches.

Probabilmente quelle di Maria Antonietta.

Antonio Mellone  

 
Di Antonio Mellone (del 25/07/2020 @ 18:31:53, in Fetta di Mellone, linkato 1065 volte)

Spesso son così titubante che al confronto il principe Amleto era un decisionista. Questa volta, scatola cranica in mano (in mancanza sopperisce il frutto di stagione delle cucurbitacee), the question is: votare o vomitare.

Ebbene, nel prossimo mese di settembre anche la Puglia “rinnoverà” il suo consiglio d’amministrazione. A dirla tutta nel fritto misto hanno stemperato anche il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Ma di quest’ultimo tentativo di evirazione democratica, e del doveroso NO all’ennesima presa per i fondelli, parlerò in altra sede.

Ora soffermiamoci sulla campagna elettorale diciamo politica, la quale, a meno delle fiumane di terroni in visibilio per il leghista, di fatto non si tiene nelle pubbliche piazze (la pandemia è un ottimo alibi), men che meno nelle sezioni dei partiti (divenute ormai, forse per vocazione, case chiuse), ma come al solito sottobanco, con accordi trasversali, tramite contatti con i cosiddetti grandi elettori, a cena dal notabile locale, telefonando al grosso imprenditore che sa come far “decidere” i propri collaboratori, bussando coi piedi alla porta delle associazioni di categoria (quelle con il prefisso Conf), o alla redazione del solito giornale pronto a dare dritte e storte ai suoi superstiti lettori, e infine ma non ultimo ai conciliaboli fra clan. Poi uno si chiede come mai il pensiero dominante finisca con il coincidere quasi sempre con il pensiero della classe dominante: e dunque gli oppressi simpatizzino per gli oppressori, gli assediati per gli assedianti, il gregge per il lupo.

Sta di fatto che il fil rouge, o meglio rosè, che lega destra e centro-destra (ché la sinistra pare scomparsa dalla circolazione), sembra fatto da investimenti per lo sviluppo (il solito volàno per), aiuti all’agricoltura (per trasformarla da settore primario in secondario), un mega programma di sostenibilità ambientale (onde la nostra regione sarà una novella Arcadia cantata dal Metastasio: la famosa Puglia metastatica), e quindi infrastrutture a gogo (ma tutte rigorosamente eco, bio, green, nature), tanta semplificazione (ma sì, via la soprintendenza, via il principio di precauzione, via ogni tutela del lavoro, via le regole, e via quella rompiscatole della Via, cioè la valutazione di impatto ambientale), turismo tutto l’anno of course (e ci mancherebbe pure che smettessimo di battere marciapiedi e centri storici con quel che rendono), valorizzazione della sanità (qualunque cosa voglia dire), e cultura, signora mia, che non ti dico. Cogliere le differenze tra i programmi chiamiamoli alternativi sarà come vedere il coronavirus a occhio nudo.       

Ebbene, oltre alla corona dei sei viceré candidati aspettiamoci anche un ben nutrito sottobosco di caporali e riempilista, composto molto spesso da personaggi sinceri quanto la loro dichiarazione dei redditi, rivoltatori di frittate, tromboni e già trombati, asintomatici in fatto di grammatica, Cetti e Cette Laqualunque, fotografi di caricature definite selfie, urlatori di anacoluti, promotori dell’ennesima legge di Murphy, dispensatori di olio extravergine di ricino spacciato per amuchina, populisti che danno del populista agli altri, moVimentisti a 5 mandati, e, the last and the least, forza-italioti redivivi.

E il bello è - tanto per sgombrare il campo dai dubbi amletici - che i socialisti (Eia! Eia! Alalà!) sostengono il candidato destronzo; i fascisti il sinistrato (chissà se PD saranno l’iniziale e la finale di Pound, nel senso di Casa); il candidato renzizzato di ‘Italia chi t’ha Viva’ lavora per il trionfo dell’enfant prodige, già governatore di questa, sicuramente anche per questo, martoriata Puglia; la candidata a cinque stampelle ha coniato un nuovo slogan per vincere facile: Onestap, Onestap. Si blatera circa l’esistenza di altri tre concorrenti al massimo scranno regionale: uno addirittura del MSI, Fiamma Tricolore (per la gioia della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione: candidatura comunque pletorica vista la pasta degli altri), un altro che vorrebbe inverare sulla sua pelle il principio “uno vale effettivamente uno”, e un terzo che francamente sfugge al radar della mia postazione di osservatore nohano.

Il responso all’indecisione di partenza è epigrafico: assunzione di un antiemetico e poi voto rigorosamente utile. Occhio che il mio concetto di utilità in fatto di voto è affatto diverso da quello che la classe dominante vorrebbe in qualche modo, ehm, inculcarvi.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 27/03/2007 @ 18:28:07, in Creatività, linkato 3927 volte)
Lo sapevate che anche Noha annovera tra i suoi figli un novello Leonardo da Vinci? Eccovi di seguito le prove della creatività del nostro Marcello da Noha, dimorante però nell'Italia del Nord. Molto altro troveremo e leggeremo sul prossimo numero del nostro rotocalco on-line "L'Osservatore Nohano", per il quale fervono già freneticamente i preparativi.  
 


Il moto-parti
 
Sono  i corsi ed i ricorsi della vita. Quando il filone d’inventiva della moda esaurisce la fantasia ecco che si riprendono le idee passate. E quello che si usava quaranta anni prima ritorna di moda, quasi uguale, con qualche modifica innovativa. Ed ecco riproporsi il monopattino, di tutte le dimensioni. Piccoli e meno piccoli. Di plastica per i più piccini ed in alluminio per i più grandi.
“Correvano” gli anni '60, ed a Noha circolavano solo due Fiat 500 belvedere, un Maggiolino e tanti traini e ciarabà a cavallo.  In compenso correva indisturbata la “Formula 1”dei moto-parti . Ogni strada con una lieve discesa era adatta per la  pista. Rombanti e veloci sfrecciavano sull'asfalto appena rifatto rotolando con i cuscinetti recuperati da pezzi di vecchi motori e che fungevano da ruote. Venivano costruiti  con delle assi di legno e chiodi rubati ai muratori. La pista preferita aveva come  partenza  la Piazza, all’angolo de  lu barra de lu Mante e de lu Pietro ed il traguardo alla fine della discesa presso la grotta di Lourds. Furono i precursori dei motorini con marmitte sfondate e carburatori maggiorati, un altra storia. .
N.B.: progetto collaudato ma non garantito. Non rispondiamo di eventuali danni a persone o cose dovuti da un uso inadeguato delle sofisticate apparecchiature descritte in questo documento .
 
 
Le carrozze 

 
Tempi duri e scomodi. L'acquedotto non c'era ancora. Le donne usavano fare il bucato non con le lavatrici, che non sapevano ancora cosa fossero, ma con grandi “limbi” e la “lisciva” al posto della candeggina.  Nelle vecchie case del centro i pozzi neri (soprattutto quelli senza “ventalora”) si riempivano in fretta. Allora per risparmiare la chiamata del carro pompa per lo svuotamento, ogni carico e scarico doveva essere  fatto trasportando l'acqua a mano, con l'ausilio delle “carrozzine”, dalla fontana per il carico di acqua pulita (e giù code interminabili) e poi, in aperta campagna appena fuori dal paese,  per lo scarico dell’acqua sporca.
Intanto per noi bambini era anche un divertimento.  Cosi, mentre ci si rendeva utili in casa, per le vie del paese si faceva  a gara per arrivare primi alla meta, senza caschi ne protezioni per gli arti, ogni tanto qualche carrozza perdeva le ruote ed i piloti la pelle (delle mani o delle ginocchia).
N.B.: progetto collaudato ma non garantito. Non rispondiamo di eventuali danni a persone o cose dovuti da un uso inadeguato delle sofisticate apparecchiature descritte in questo documento .
 
Marcello D'Acquarica
 
Di Redazione (del 21/10/2017 @ 18:27:40, in Comunicato Stampa, linkato 1749 volte)

“A Sud della Musica – La voce libera di Giovanna Marini” è il primo documentario italiano sulla straordinaria figura di Giovanna Marini, cantautrice e grande studiosa della musica popolare e sociale in tutte le sue forme.

Il film accompagna Giovanna nel suo ennesimo viaggio alla ricerca di voci e volti: un viaggio che porta sempre verso Sud, dove l’oralità del patrimonio culturale è ancora presente sotto forme diverse. “A Sud della Musica” è un viaggio incontenibile e inesauribile di una viandante che non vuole smettere di inseguire gli odori, i sapori e i colori di una cultura sempre in pericolo.

Attraverso il lavoro di ricostruzione, l’artista diventa garanzia e strumento di trasmissione della storia popolare.

> Il ritorno nel Salento

Tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre del 2017 Giovanna Marini tornerà nel Salento per ripercorrere i luoghi visitati negli anni Settanta in compagnia della sua assistente Sara Scalìa. In quel lontano autunno del 1971 la cantautrice fu protagonista di una serie incontri fondanti per la sua carriera musicale. Fra questi ricordiamo le sorelle Chiriacò, cantrici di Sternatìa, il giovane Luigi Chiriatti, oggi noto editore nel campo delle tradizioni popolari, la “Simpatichina”, cantrice dalla voce inconfondibile, oltre alle documentate frequentazioni con la scrittrice Rina Durante.

> Un viaggio a Sud della Musica

In quest’Italia, così diversa da Nord a Sud, le espressioni musicali cambiano secondo il clima, la cultura, la storia. La figura di Giovanna si muove, nel passato e nel presente, lungo questa linea musicale, che unisce gli artisti salentini ai Cantori di Conversano, fino alla Basilicata di Antonio Infantino, restituendo le miriadi di sfumature di questo meraviglioso mosaico che sono la cultura e la musica popolare.

Cosa c’è a sud della musica? Giovanna Marini, l’antropologa viandante, è forse l’unica che può ancora raccontarcelo con la sua musica esigente, che si ostina a non voler dimenticare quel mondo e quei luoghi.

> La stagione politica e i canti di libertà

Il personaggio di Giovanna Marini è molto legato a una stagione politica che l’ha vista interprete di molti canti di lotta divenuti celebri. La si ricorda negli anni Settanta sui palchi in compagnia di Paolo Pietrangeli a cantare “Contessa”, la si ricorda cantare per i morti della strage aerea di Ustica, per il feroce assassinio di Pier Paolo Pasolini e raccontare la storica manifestazione di Reggio Calabria a bordo del treno che dal Nord portò migliaia di manifestanti nel profondo Sud.

Le sue note, in questa fase storica del paese, si mescolano alla poesia, restituendo a tutte le generazioni intensi momenti di riflessione.

> Le donne

Giovanna Marini è tra quelle artiste che hanno cantato la sofferenza e la forza delle donne, in un Paese spesso ostile e difficile. Il ruolo della donna in Italia e nella sua società, sono temi spesso toccati nel ricchissimo repertorio di questa artista, così come fecero interpreti indimenticate come Caterina Bueno, Giovanna Daffini, Rosa Balistreri. La voce libera di Giovanna, diventa simbolo della forza e della libertà di tutte le donne.

> Il film

Il documentario, con la regia di Giandomenico Curi, è prodotto e realizzato da Meditfilm, società di produzioni salentina in collaborazione con Roberta Poiani, scritto da Giandomenico Curi, Tommaso Faggiano e Fabrizio Lecce. Tra gli interpreti: Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Sara Scalia, Piero Brega, Gianni Nebbiosi, Enza Pagliara, Canzoniere Grecanico Salentino, Antonio Infantino, Luigi Chiriatti, Rocco De Santis, Susanna Cerboni e il Coro della Scuola di Musica Popolare di Testaccio.

Il gruppo Meditfilm, ospiterà nel Salento la cantautrice e ricercatrice per effettuare le riprese del documentario. Il film sarà girato tra Roma e la Puglia tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018.

> Una campagna di crowdfunding “Produzioni dal Basso”

L’idea di finanziare questo film dal basso é in linea con il principio di libertà editoriale che da sempre contraddistingue il collettivo di Meditfilm. È dunque attiva una campagna di raccolta fondi, essenziale per la realizzazione di questo prodotto ambizioso. Meditfilm s’impegna a realizzare il documentario in tutte le sue fasi, dallo sviluppo alla postproduzione, dalla gestione e dall’impiego delle risorse alla promozione. È possibile sostenere finanziariamente il progetto collegandosi alla piattaforma di crowdfunding produzionidalbasso.com o direttamente al link: https://www.produzionidalbasso.com/project/a-sud-della-musica-la-voce-libera-di-giovanna-marini/

> Meditfilm e il Laboratorio di Antropologia visuale Luoghi e Visioni

Il collettivo Meditfilm da anni opera sul territorio pugliese realizzando produzioni audiovisive incentrate sul patrimonio demo-etno-antropologico. Il paesaggio, le minoranze linguistiche, la civiltà contadina, l’archeologia industriale sono solo alcuni temi che Meditfilm ha raccontato attraverso il progetto “Luoghi e Visioni - Frammenti di Antropologia Visuale”, un’esperienza supportata da un comitato scientifico formato da intellettuali e ricercatori, che contribuisce alla creazione di un flusso continuo e vitale di contenuti.

> Contatti

 

Produzione: +39 327 7305829 | tommaso.faggiano@meditfilm.com

Ufficio stampa: +39 339 8265104 | fabriziofaggiano@yahoo.it

Info: info@meditfilm.com

Siti internet: www.meditfilm.com , www.luoghievisioni.it

Social: https://www.facebook.com/giovanna.marini.a.sud.della.musica.meditfilm/

 

Nel 204 a.C. Catone il Censore, si caratterizzò per il rigore morale che lo portava a stigmatizzare comportamenti dispendiosi e di corruzione di ogni genere scagliandosi violentemente contro i politici e contro tutti coloro che rivestivano cariche pubbliche.

La storia però ha tramandato una duplice personalità di Catone il Censore: quella di un personaggio moralista e censore severo dei costumi, ma anche intollerante delle altrui vanità ed ambizioni, e molto vanitoso egli stesso.

Pensavamo a questo personaggio storico nel leggere articoli, comunicati e post di chi, oggi, da ex Amministratore, attuale consigliere di minoranza, continua a dare lezioni di buone pratiche e di corretta amministrazione a chi è stato chiamato a succedere nel suo ruolo di Amministratore della Cosa Pubblica.

Pensavamo alla duplice personalità della novella Catone.

E quindi, saremo sicuramente neofiti della politica rispetto a chi ci ha preceduto, e probabilmente anche idealisti nel pensare che la Città si possa amministrare con il concorso di tutte le forze politiche, sociali, culturali ed economiche le quali formano il sostrato vero su cui si fonda la Comunità, ma certamente non potremo accettare lezioni da chi, novella Catone, ritiene di potersi scagliare contro persone e Forze Politiche democraticamente scelte per il Governo della Città per il solo principio di affermarsi nell’agone politico a discapito di cittadini e istituzioni.

E proprio in funzione della duplice personalità della novella Catone va rammentato quanto risposto alla interrogazione di costei in merito alla mancata apertura e messa a disposizione della comunità di Collemeto della Palestra adiacente la Scuola Media della Frazione.

La ricostruzione dettagliata e rigorosa degli atti amministrativi ha consentito di accertare che in questo momento, la struttura non può essere consegnata all’istituto scolastico ed alla comunità di Collemeto in quanto priva del certificato di agibilità che deve essere preceduto dal “certificato di collaudo statico” con allegato il certificato di conformità, a tutt’oggi non pervenuto dagli uffici della Provincia di Lecce.

Tuttavia, la lettura degli atti ha consentito anche di leggere che il 5.5.2022, cioè all’avvio della scorsa campagna elettorale per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale, l’allora R.U.P. emetteva Disposizione di Servizio con la richiesta di “Presa in consegna anticipata” dell’opera sostenendo che “… l’Amministrazione comunale, al solo fine della presentazione formale dell’opera realizzata alla cittadinanza anche in virtù delle imminenti elezioni amministrative fissate alla data del 12 giugno, ha legittimamente manifestato la volontà e necessità di occupare temporaneamente la suddetta opera prima che intervenga l’emissione del certificato di collaudo provvisorio”.

Così facendo, evidentemente, sollevando l'Impresa appaltatrice, da qualsiasi responsabilità per danni a persone o cose che dovessero verificarsi durante l'uso dell'opera oggetto della consegna provvisoria.

E quindi viene da chiedere alla novella Catone: come ha potuto l’Assessore ai Lavori Pubblici della passata Amministrazione, oggi, da Consigliere Comunale di minoranza ostentatamente difensore di regole e disciplina istituzionale, aver concepito di utilizzare una struttura non collaudata, al solo fine della presentazione formale dell’opera realizzata alla cittadinanza anche in virtù delle imminenti elezioni amministrative fissate alla data del 12 giugno 2022, senza alcun parere dei Vigili Del Fuoco e soprattutto, da come scritto, sul presupposto che l'Impresa appaltatrice, in caso di accettazione di consegna anticipata, viene sollevata da qualsiasi responsabilità per danni a persone o cose che dovessero verificarsi durante l'uso dell'opera oggetto della consegna provvisoria?

Siamo certi di una sostituzione di persona perché non può essere la stessa persona che ora siede nei banchi dell’opposizione. La consigliera Tundo del 2023 sarebbe un severo censore dell’assessore Tundo del 2022 e porrebbe degli immancabili interrogativi accusatori come: “Nel malaugurato caso di incidenti a persone o cose, chi ne avrebbe risposto? È eticamente lecito inaugurare una struttura non utilizzabile a soli fini elettorali?”

E’ evidente quindi che in questa ottica vanno lette le iniziative della novella Catone come quelle del vero Catone il Censore: battaglie apparentemente culturali e civiche ma che assumono la connotazione di un vero e proprio strumento di lotta politica alla quale ci sottraiamo avendo quale unico modello quello della rappresentazione democratica e quale unico fine quello del bene comune.

Carmine Perrone
Assessore ai lavori pubblici del comune di Galatina

 
Di Redazione (del 20/11/2020 @ 18:25:39, in Comunicato Stampa, linkato 598 volte)

L’Ambito Territoriale Sociale di Galatina, con Delibera del Coordinamento Istituzionale n.del 20/02/2020, ha approvato la Carta dei Servizi che contiene un’ampia panoramica dei servizi socio-sanitari offerti dai sei Comuni dell’ATS (Galatina, Aradeo, Cutrofiano, Neviano, Sogliano Cavour e Soleto) e dai partners istituzionali quali il Distretto socio-sanitario n.5 di Galatina e l’ASP Istituto Immacolata, così come previsti nel IV Piano Sociale di Zona adottato in ottemperanza a quanto prescritto dal Piano Regionale Politiche Sociali 2017 – 2020.

Si tratta di uno strumento chiave nella relazione tra Pubblica Amministrazione e cittadini fruitori dei servizi ed  è, altresì, il mezzo attraverso il quale i Comuni dell'ATS Galatina presentano in maniera chiara e puntuale la propria organizzazione, la dislocazione territoriale, le modalità di accesso, senza dimenticare la mappa delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private.

La Carta dei Servizi è stata predisposta, sia in formato digitale disponibile sul sito istituzionale dell’ATS Galatina all’indirizzo www.ambitozonagalatina.it e sui siti dei Comuni, sia in formato cartaceo già presente presso tutti i front-office dei Comuni dell’Ambito. Al fine di garantire la massima diffusione di questo fondamentale strumento l’Ambito si sta attivando per realizzare una campagna di comunicazione su tutto il territorio attraverso la distribuzione capillare, presso ciascun territorio comunale, di tutto il materiale cartaceo relativo alla pubblicizzazione della Carta dei Servizi (locandine, brochure e Carta dei Servizi). 

Grazie alla disponibilità dei tirocinanti che hanno sottoscritto un patto per l’inclusione sociale attiva con l’ATS di Galatina, nei prossimi giorni, tutto il materiale informativo verrà distribuito e affisso presso negozi, uffici pubblici, Istituti Scolastici, patronati, CAF, parrocchie, mensa sociale, medici di base, pediatri, farmacie e parafarmacie, partiti e movimenti politici, SPRAR, Associazioni ed enti del terzo settore.

La realizzazione della Carta dei Servizi, come afferma il Presidente del Coordinamento istituzionale dr. Antonio PALUMBO, è un processo circolare che muove dal territorio e dall’analisi dei bisogni sociali che questo esprime e torna al territorio con la garanzia degli impegni assunti; è allo stesso tempo uno strumento di tutela dei cittadini rispetto ai diritti di cittadinanza e un accordo di collaborazione tra questi e l'Ambito Territoriale Sociale, basato su principi chiari e condivisi.

La pubblicazione e soprattutto la divulgazione della Carta dei Servizi rappresenta un'importante opportunità della trasparenza amministrativa dell’ATS di Galatina, e nel contempo promuove in maniera forte il principio di “cittadinanza attiva” al quale si ispira.

Ambito Territoriale Sociale di Galatina

 
Di Redazione (del 05/05/2017 @ 18:25:36, in Comunicato Stampa, linkato 1546 volte)

Si entra nel vivo della campagna elettorale a Galatina. Daniela Sindaco, candidato Sindaco alle prossime elezioni comunali, Domenica 07 Maggio dalle ore 19,30 a Collemeto in via Rimini ( nei pressi della Piazza), incontrerà amici e simpatizzanti per l'inaugurazione del comitato elettorale.

L'appuntamento sarà l'occasione per presentare il programma politico.

"Voglio bene a questa città e posso contribuire a ridarle il ruolo che merita, ne sono convinta ed IO VERAMENTE CI CREDO. La mia candidatura come Sindaco della città è una reale opportunità per governare INSIEME Galatina e le sue frazioni!"

Ufficio Stampa

 
Di Antonio Mellone (del 05/03/2013 @ 18:22:34, in Eventi, linkato 3081 volte)

Questo trafiletto, con alcune varianti, è stato pubblicato su quiSalento del mese di marzo 2013

E’ un festival a cinque stelle quello dei cavalli di Noha che ha luogo come sempre il lunedì di pasquetta sul grande prato limitrofo alla chiesetta dedicata alla Madonna di Costantinopoli o delle Cuddhrure, dal mattino fino all’ora del desco. Anche quest’anno, provenienti da tutta la Puglia, centinaia di cavalli di ogni razza e taglia, guidati dai loro cavalieri, alcuni in sella altri su traini, barocci e carrozze, verranno a Noha per la scampagnata e, giacché ci sono, per esibirsi nelle loro specialità, come la forza, il trotto, la velocità e la bellezza. Il premio-ricordo, come vuole la storia, toccherà a tutti.

Se fosse consentito loro, anche i cavalli nohani firmerebbero la petizione “Basta strade inutili”, contro lo scempio del cemento, dell’asfalto e degli interessi privati. Le strade che già abbiamo bastano e avanzano. A noi ed ai nostri cavalli non servono nuovi viadotti o superstrade asfaltate a quattro corsie (o a quattro follie), ma le strade bianche, quelle di una volta in terra battuta con la vegetazione al centro, le uniche che bisognerebbe riscoprire e tutelare, e dunque mai bitumare.

Questa è la sola strada in grado di portarci verso un futuro migliore.

Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 28/04/2017 @ 18:18:01, in Politica, linkato 2786 volte)

Mannaggia a me e al vizio di latineggiare, pur non essendo un latinista. Con ‘sto benedetto latinorum un giorno o l’altro m’arriverà una bella querela. 

L’altro giorno, per dire, un aspirante politico locale si lamentava via Whatsapp con il sottoscritto asserendo più o meno che io ce l’avessi con lei (o con lui: non ve ne svelerò il sesso), che è indegno quello che vado scrivendo, che basta con certe offese, e via cantando di questo passo.

Io le (o gli) riconoscevo l’attenuante generica per cui la verità a volte fa male assai, e al contempo asserivo che a sentirsi offesi, per certe uscite “politiche” (il lemma politico ultimamente va munito di robuste virgolette) dovrebbero essere piuttosto i cittadini non i loro finti rappresentanti. La (o lo) rassicuravo, comunque, sul fatto che lei (o lui) non era assolutamente in cima ai miei pensieri, né politici né d’altro genere, e che quindi “unicuique suum”.

Non l’avessi mai detto: “Tu puoi scrivere tutto quello che vuoi, ma non t’azzardare a darmi dell’“unicuique suum”. Chissà come la poveretta (o il poveretto) aveva tradotto nella sua zucca più o meno piena la nota locuzione latina: probabilmente con qualcosa che per assonanza ricorda molto le gonadi maschili.

*

Ora. A proposito di “unicuique suum”, continuando nella rassegna (anzi nella rassegnazione) dei politici di Galatina aspiranti al locale soglio di Pietro, siamo arrivati al quarto d’ora dedicato a un altro degli epigoni della “novella” politica galatinese: Roberta Forte, anch’ella a quanto pare seguace della moda delle coalizioni di liste civiche (così, tanto per confondere le idee già di per sé non poco ingarbugliate).

Premetto che, per me, Roberta è  un politico a tutto tondo. E’ una ragazza preparata, diligente e seria. Roberta studia, non fa chiacchiere, sa il fatto suo, è capace di reggere i confronti, e soprattutto non ha la marcata meschina inflessione di Gggalatina-centro, di cui gli altri candidati a sindaco l’altra sera, a Open, la trasmissione di Telerama, hanno fatto sfoggio, condendola di idiotismi inaudibili e di altre locuzioni tali da far accapponare la pelle: questo, sia per la forma e purtroppo soprattutto per la sostanza (onde m’è venuto il serio ghiribizzo di cancellarmi dall’anagrafe cittadina).

Detto questo non si possono tuttavia passare sottogamba alcuni punti di rilievo di cui Roberta Forte s’è resa responsabile dal punto di vista politico. Eccovene qualcuno:

1)       Subito dopo l’elezione in consiglio comunale e la sua nomina in giunta, sembra che Roberta si sia dimenticata di tutte le sue battaglie in difesa dell’ambiente, dell’aria, dell’acqua e a favore dello “Stop al consumo di suolo” (e, invero, anche dei suoi compagni di lotta). E’ sparita di fatto dalla circolazione e dagli incontri nei collettivi, e sembra così aver creato uno iato inspiegabile (o forse sì) tra la Roberta di “prima” e l’imborghesita Roberta di “dopo”. E non si tratta soltanto di una mia impressione: molti compagni di lotta (ma non di governo) la pensano come me.

2)       La Roberta è stata un autorevolissimo esponente dell’amministrazione Montagna, la cui giunta era politicamente già spirata da un pezzo: precisamente dal giorno in cui - dando retta al raglio degli asini che volano - aveva detto di sì al mega-porco commerciale di Collemeto, con la successiva sottoscrizione nel 2013 della famosa Convenzione (o circonvenzione d’incapace) con la Pantacom, la società a irresponsabilità illimitata - che tanti danni, soprattutto ai quattro superstiti neurociti dei galatinesi, ha procurato. Non sto dicendo che Roberta abbia detto di sì al mega-porco, ma che di fatto con il suo permanere in giunta ha di fatto parato il sacco al nuovo sacco di Galatina (purtroppo non è soltanto un giro di parole). Con l’Ok ai 25 ettari di mega-porco commerciale Cascioni, la Roberta “di dopo”, nonostante i proclami della Roberta “di prima”, rimanendo avvitata alla cadrega di vicesindaco, sembra di fatto aver avallato la solita cantilena per bimbi ritardati, vale a dire “ricadute occupazionali e volano per lo sviluppo”, cantata all’unisono dal PD (Pronta Deforestazione), dall’allora Udc (Unione del Cemento), dal Pdl (Partito delle Lottizzazioni), dalla PdT (la Puccia prima di Tutto), e dai restanti destrorsi, inclusi i compagni di merende del partito socialista (che a dispetto di Marx ed Engels - le cui ceneri si staranno certamente travujando nella tomba – è diventato di destra, o forse non è mai stato di sinistra). L’opposizione al mega-porco commerciale da parte di Roberta & Co. fu così blanda, così affabile, così, come dire, scoglionata, che l’acronimo RC del suo partito sembrava aver cambiato i connotati da Rifondazione Comunista a Riposo Cerebrale.

3)       La Roberta ha continuato ad avallare le scandalose enormità della giunta Montagna e del suo ineffabile assessore Coccioli, diventando paladina della grandi opere pubiche locali, tipo: pseudo-circonvallazione con tanto di ringhiera combustibile; Palestra Handar chiusa all’indomani dell’inaugurazione in pompa magna; Auditorium più cesso del mondo ficcato in fondo a viale don Bosco (opera premorta al suo primo vagito); centro polivalente di Noha senza uno straccio di cabina per l’allaccio alla rete elettrica (onde s’è cercato di correre ai ripari con altra spesa pubblica una decina d’anni dopo, cioè l’altro giorno, benché di fatto in quel centro ad oggi non funziona ancora un bel niente); mega-parcheggio non so più dove; e – ciliegina sulla cacca – novella “area mercatale” di chissà quanti ettari di campagna da annientare. Sì, la mania delle glandi opere pubbliche locali sembra aver giocato brutti scherzi anche al cervelletto della Roberta nostra. Chi l’avrebbe mai detto? Io.

4)       Poco prima della morte dell’amministrazione Montagna, la Roberta è diventata paladina dell’ennesima boutade (trad.: buttanata). Se n’è uscita cioè con la storia del mega-impianto di riciclo rifiuti, candidando ufficialmente Galatina ed il suo territorio quale centro di gravità permanente di “un impianto di compostaggio integrato, che comprenda cioè sia la fase anaerobica [o forse analerobica, ndr.] che quella aerobica”. L'impianto – sempre a detta della ex-vice-sindachessa – avrebbe avuto una portata di circa 30.000 tonnellate di rifiuti organici annui a servizio di tutta l'area centrale della Provincia di Lecce. L’assessora e il suo sindaco, pensando di unire l’umido al dilettevole, forse in nome della “democrazia partecipata”, tomo tomo, cacchio cacchio, avevano deciso di candidare ufficialmente il territorio di Galatina e dintorni a luogo ideale per chiudere questo benedetto ciclo dei rifiuti (e sì, altrimenti che città d’arte e culatura sarebbe Galatina), però senza preventiva discussione in consiglio comunale, e possibilmente mettendo i cittadini di fronte al fatto compiuto. Con quest’opera, i circa 28.000 cittadini di centro e periferie avrebbero dovuto produrre pro-capite più di una tonnellata annua della sola frazione umida dei rifiuti (hai voglia a mangiare banane, mele, patate, cipolle e cerase, e a darti alla culinaria come e più di Masterchef per raggiungere il tuo budget in termini di spazzatura differenziata). In mancanza, per far funzionare l’eco-mostro avremmo dovuto importare il differenziale dei rifiuti da fuori provincia. Fantastico, no?

5)       Roberta non ha alzato ciglio, né ha storto il muso, né proferito verbo, né battuto i pugni sul tavolo, allorché l’amministrazione comunale, in maniera diretta o indiretta, ha accettato alcune sponsorizzazioni da parte di Colacem e da altri gigli di campo (santo). Né ha mai vergato una parola una di un comunicato-stampa per dissociarsi dalla stomachevole sponsorizzazione della festa patronale dei Santi Pietro e Paolo da parte di Tap (il noto tubo di ‘sto gas).

6)       Infine, Roberta non sembra essersi spesa più di tanto per la perorazione del conferimento della cittadinanza onoraria di Galatina al magistrato Nino Di Matteo (Pm del processo sulla Trattativa stato-mafia), sancendo in tal modo quanto personaggi del calibro di Nino Di Matteo siano effettivamente dei corpi estranei alla “genia galatinensis”.

*  *  *

P.S.

L’epitaffio che scriveranno sulla mia tomba, mutatis mutandis, ricorderà quello scolpito sul sacello del tremendo Pietro Aretino (Arezzo, 1492 – Venezia, 1556) che fa più o meno così:

“Qui giace l’Aretin, poeta tosco,

di tutti disse mal, fuorché di Cristo

Scusandosi col dir, non lo conosco”. 

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 20/05/2020 @ 18:13:33, in NohaBlog, linkato 1959 volte)

“Mangiare genuino, e soprattutto i prodotti delle nostre campagne” - così Pietrina Congedo commenta il traguardo dei 100 anni che festeggerà proprio oggi, mercoledì 20 maggio 2020. I familiari, visti i tempi che corrono, hanno organizzato per lei una piccola festa (pochi intimi, e pure a distanza) di “Buon Secolo”.

Pietrina nasce il 20 maggio 1920 a Cutrofiano nel Casale Vallone, da mamma Giuseppina Congedo e papà Francesco Congedo (il cognome uguale è dovuto al caso, ndr.). Lì ha vissuto la sua giovinezza con il fratello e le due sorelle.

Come è composta la tua famiglia, Pietrina?
Ho 5 figli e 9 nipoti.

Quali lavori hai svolto?
Ho lavorato prima nella fabbrica dei tabacchi, e poi nello stabilimento del Brandy Galluccio di Noha, dove mi occupavo però della produzione delle conserve. Ma non ho mai trascurato il lavoro nella nostra campagna. E poi non bisogna dimenticare il lavoro in casa, quello della casalinga, che forse è il più pesante di tutti.

Qual è il tuo hobby?
Fare l’uncinetto e il ricamo, ché non bisogna stare mai con le mani in mano.

Come trascorrevi la vita a Noha quando eri piccola?
Eh, quanti ricordi. Andavo alla scuola di ricamo della mescia Vata de le Curisce, e nel tempo libero, cioè di domenica, andavo a passeggiare sulla via di Aradeo con le mie amiche. Durante il periodo di carnevale ci divertivamo travestendoci de Masci poi, in gruppo, accompagnati da uno che conosceva la famiglia, andavamo a ballare nelle case che di volta in volta ci ospitavano. Ma queste cose non erano ben viste dai nostri genitori. Una volta tornai a casa con un po’ in ritardo, non ti dico: mia mamma mi stava aspettando con una Sarmenta in mano.

Qual è  un altro segreto per una lunga vita (oltre a mangiare sano)?
Non pensare mai solo a se stessi. Per esempio quando vedevo qualcuno in difficoltà perché non aveva nemmeno da mangiare, rubavo delle Frise, che a casa mia si conservavano nella Capasa, per donargliele.

Ricordi anche i tempi della guerra? Come venivano vissuti a Noha?
Eccome. Ricordo lo spavento che mi veniva durante i bombardamenti. Quando bicchieri e tazze del tinello incominciavano a tremare, questo era il segnale che dovevamo correre a nasconderci nel rifugio sotterraneo.

Quali erano i regali che ricevevi da piccola?
Mi ricordo che per la mia Cresima ho ricevuto del formaggio, e poi della pasta fatta in casa e delle uova.

La cosa più bella che ricordi?
Il matrimonio con il mio Giovanni (Miri) a 26 anni. Avevo atteso sette anni il suo ritorno dalla guerra.

Invece la cosa più brutta?
La perdita del mio primo figlio nato prematuro e morto dopo appena 24 ore.

Qual è la cosa più buona?
Un bel piatto di orecchiette e maccheroncini fatti a casa.

La redazione di Noha.it augura a nonna Pietrina, nuova centenaria di Noha, altri 100 di questi giorni, e ai suoi famigliari la gioia di continuare ad abbracciarla con affetto. Ma, visti i tempi, senza esagerare.

Albino Campa

 
Di Redazione (del 04/04/2020 @ 18:13:32, in Comunicato Stampa, linkato 1022 volte)

La Showy Boys ASD Galatina sostiene la campagna di raccolta fondi emergenza Coronavirus “Doniamo Aiutiamo Vinciamo” a favore dell’Ospedale “Santa Caterina Novella” di Galatina. Tutti gli operatori sanitari, ad ogni livello, hanno dimostrato efficienza, competenza ed una grandissima umanità ma, per affrontare l’attuale quadro epidemiologico, hanno bisogno di un massiccio impiego di risorse strumentali, dai presidi di protezione indispensabili a limitare il contagio e di materiali diagnostici.

Grazie alle donazioni ricevute in questi giorni è stato già acquistato, in collaborazione con il Club per l'Unesco di Galatina, su richiesta e per estrema necessità del reparto di malattie infettive e di radiologia dell’Ospedale “Santa Caterina Novella", un ecografo portatile per la diagnosi precoce della polmonite da Covid-19 del costo totale di 17.080,00 euro. Si tratta di un apparecchio di ultima generazione (Samsung HM70 With Plus con sonda CA1-7AD) che rimarrà nella disponibilità dell’Ospedale, al servizio di Galatina e di ogni cittadino di tutta la provincia che ne abbia bisogno. E’ stato dato un grande esempio di unione e di collaborazione che ha portato a raggiungere un primo e concreto risultato.

La Showy Boys rivolge un invito ai suoi tesserati, all'intero movimento bianco-verde ed a chiunque volesse dare un contributo, anche piccolo. E’ possibile fare la propria donazione tramite bonifico sul conto corrente bancario dedicato ed esclusivo per la campagna raccolta fondi, il cui ricavato sarà utilizzato per rendere più funzionale il “Santa Caterina Novella” secondo le indicazioni ricevute dalla direzione medica dello stesso.

Qui di seguito le coordinate da utilizzare per inviare le proprie donazioni:

IBAN: IT63O0103079651000011729180 intestato a APS Inondazioni presso la Banca Monte dei Paschi di Siena di Galatina (se possibile prediligere la modalità bonifico immediato) con causale: Covid19 Ospedale di Galatina – donazione.

Continuate a donare, tutti insieme ce la possiamo fare. #doniamoaiutiamovinciamo

Per informazioni:

Whatsapp:324-5848736
Email: doniamoaiutiamovinciamo@gmail.com
Pagina Facebook: doniamoaiutiamovinciamo

www.showyboys.com

 
Di Redazione (del 18/05/2017 @ 18:13:02, in Comunicato Stampa, linkato 1569 volte)

Il 31 ottobre 1517 il monaco Martin Lutero, dopo un intenso confronto con i testi biblici, affigge sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg un documento contenente 95 tesi sulla penitenza, con una forte critica alla pratica della vendita delle indulgenze. Questa data da allora è considerata l’inizio della Riforma protestante.

Ricorrendo quest’anno i 500 anni, la Biblioteca “P. Siciliani” e la società Libermedia, in collaborazione con il Centro ecumenico Oikos di Galatina e il Servizio civile nazionale-Progetto In-reading 2015, propongono - nell’ambito della campagna nazionale “Il Maggio dei Libri”- una mostra di libri antichi e moderni, che trattano della Riforma e di alcuni suoi protagonisti, dal titolo “La Riforma protestante 500 anni dopo”. In occasione dell’apertura della mostra, la dottoressa Rossella Schirone, Docente di ecumenismo presso l’ISSR di Lecce della Facoltà Teologica Pugliese, ci illustrerà cosa è stata la Riforma, cosa ha significato nei secoli e cosa rappresenta oggi.

Vi aspettiamo venerdì 19 maggio alle ore 19 presso la Biblioteca “P. Siciliani” di Galatina!

 
Di Antonio Mellone (del 18/06/2017 @ 18:12:12, in Comunicato Stampa, linkato 3272 volte)

Ormai è risaputo quanto la mia incompatibilità con Daniela Sindaco sia genetica, ancor prima che culturale e quindi politica. Ciò non toglie che non si possa o non si debba riconoscere all’ex-delegata della frazione di Noha un coraggio e una forza fuori dal comune [ormai in tutti i sensi, ndr.].

L’avvocata de nohantri (bisogna darle atto) è riuscita con un lavoro indefesso a convincere un bel gruppo di persone, un centinaio abbondante, non tanto a darle retta [qui da noi è facile credere a tutto, anche agli asini che volano, ndr.], quando addirittura a metterci la faccia, diciamo così, candidandosi in non so più quante liste a sostegno di una Sindaco alla seconda - cui a questo punto, visti i risultati, sarebbe d’uopo estrarre finalmente la radice quadrata, con il risultato di una Sindaco solo di cognome e non più di potenziale carica [lo so: questa è difficile per chi in terza media non ha studiato come si deve le potenze e le radici. Ma cosa volete da me: chi sa si diverte di più di chi non sa, ndr.].

La nostra beniamina, già espulsa dal gruppo PD (Politicanti Dozzinali), s’è impegnata Anima & Cuore, anzi s’è dannata pur di far perdere voti al suo ex-partito (riuscendovi in parte), ma ritrovandosi di fatto come quel marito che, per far dispetto alla consorte, decide d’emblée di evirarsi.

Evidentemente alla tapina sfuggiva il fatto che i Perdenti Democratici, già a un passo dal baratro, non avevano mica bisogno della sua spinta per fare il famoso passo avanti e cadere così nel burrone elettorale: infatti avevano ormai da tempo programmato da se medesimi la loro Caporetto, non tanto con la designazione di Paola Carrozzini [che, detto tra noi, è mille volte meglio di Renzi, ndr.], bensì suicidandosi politicamente grazie alla candidatura di vecchie cariatidi, portatrici sane di pensieri e progetti che sanno di stantio nonostante il disperato tentativo di utilizzare profusamente il noto idrocarburo aromatico polinucleato detto naftalina.

Fra le idee da esporre nel museo dell’archeologia politica ce n’è una tutta da incorniciare: è il famoso “progetto” del  mega-porco, ossia il centro commerciale in contrada Cascioni, da realizzare nel bel mezzo dell’era dell’e-commerce che sta portando da tempo e un po’ ovunque alla chiusura di molti megastore [avrebbero forse avuto più successo di pubblico se avessero proposto la costruzione a Collemeto di un centro di recupero per politici rincoglioniti, i cosiddetti Partiti Definitivamente: ma non se ne ha ancora notizia, ndr.].

Sapete com’è: certi amministratori nostrani con le idee si regolano come dicono che si deve fare con gli amici: ne hanno poche; ma a quelle poche son molto affezionati: tra le poche, ce n’è per disgrazia molte delle storte; e non son quelle che son loro le men care [così, tanto per parafrasare il vecchio caro don Lisander, ndr.]  

Dunque l’immolazione della Sindaco Daniela Sindaco sull’altare del dispetto è stata del tutto inutile [per lei. Per noi, a dirla tutta, un sospiro di sollievo, ndr.], se è vero come è vero che la sommatoria dei voti delle due coalizioni a vocazione minoritaria (cioè Carrozzini + Sindaco) avrebbe comunque prodotto un miserrimo terzo posto, sempre comunque dopo ‘u Giampieru e l’Amante.

Guardate, non mi è facile, ma io vorrei a tutti i costi spezzare una lancia in favore della trombata e purtuttavia impettita Daniela nostra. Vorrei dirle che questa campagna elettorale le è servita se non altro a migliorare nella forma i contenuti del suo “pensiero” [nella sostanza un po’ meno, ndr.], per esempio addolcendo i toni, rinunciando finalmente alle sue filippiche [roba da video virali sui social, ndr.], perfino la sua pronuncia, nel mettere in croce due o tre frasi, si è liberata da qualche topica meschina inflessione dialettale [qualche, dico, non tutte, ndr.].

Ora, la Sindaco-solo-di-cognome, come riportato qualche giorno fa dal noto diversamente giornalista del Quotidiano, viene corteggiata (politicamente, s’intende) da certa accozzaglia di destra, con la quale, già prima delle elezioni, s’erano registrati baci, abbracci e moine varie. A parte poi il fatto che un candidato sindaco trombato alle elezioni non “possiede” [“possesso” è copyright del Quotidiano, ndr.] i voti dei suoi elettori che non sono suoi ma, appunto, degli elettori, volevo dire a Daniela (per quel che serve: cioè a niente) di stare attenta, di non fidarsi di certi mammasantissima della politica locale, capacissimi di farle un altro sgambetto molto più devastante di quello riservatole dai suoi ex-compagni del Partito Distrutto.   

Adesso sarebbe il caso che Daniela si prendesse un periodo sabbatico per riflettere (lontano dai riflettori) su tutti gli errori commessi. E sarebbe d’uopo che lei e i suoi accoliti, soprattutto quelli che per decenza non si son nemmeno votati da soli [sissignore, non si contano i candidati nelle sue sette o otto liste con zero preferenze, ndr.] si mettessero con il culo sulla sedia e iniziassero seriamente a studiare e a lasciar perdere le sconcezze, i commenti da zotici e le chiacchiere da webeti sparpagliate sui social. Sarebbe davvero un bel peccato disperdere così tante energie per sbraitare contro questo o quel tizio che ti muove una critica, un appunto, una nota di biasimo, fosse anche satirica o addirittura sarcastica [anziché farne tesoro, ndr.], piuttosto che guardare per una volta in faccia alla realtà senza manipolarla o accomodarsela a proprio uso e consumo.

Ecco. Questa sarebbe già una buona battaglia da combattere, il vero cambiamento culturale da compiere: una specie di rivoluzione russa.

Purtroppo oggi russa è ancora voce del verbo.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 04/04/2020 @ 18:10:34, in Comunicato Stampa, linkato 757 volte)

Circa due settimane fa, noi, i ragazzi di Fero Think-Tank, abbiamo deciso di affiancare nelle dura lotta al Covid-19 i medici, gli infermieri e le forze dell’ordine attraverso la nostra arma più forte, quella che più di tutte caratterizza la nostra generazione: la tecnologia. Grazie all’ausilio delle piattaforme social, di un PC e di uno Smartphone per tenerci sempre in contatto, siamo riusciti a veicolare un messaggio di solidarietà e beneficenza per noi importante e siamo orgogliosi di aver riscontrato un così tanto seguito e apprensione circa la nostra causa da parte dei galatinesi. In tanti hanno deciso di aiutarci (e qui vorremmo dire grazie a due instancabili “amiche” per l’impegno ed il loro aiuto in questa giusta causa). Ma la risposta più bella è arrivata da chi ci è vicino. Moltissimi ragazzi hanno collaborato con noi, donando e condividendo il nostro messaggio. E noi non possiamo esimerci dal ringraziarli perché, grazie anche a loro, abbiamo dimostrato che anche i giovani possono essere esempio di partecipazione e abnegazione verso la comunità (nonostante lo scetticismo e diffidenza che aleggia sulle nostre capacità). I dati della nostra campagna benefica parlano di un totale di oltre 12.000€ raccolti attraverso la piattaforma GoFundMe con la campagna “UN AIUTO PER GALATINA: sosteniamo la sanità del meridione con una T-Shirt” e l’iban messo a disposizione della Nucleo Operativo Protezione Civile – Onlus Galatina.

Oggi però a far paura non è solo la pericolosità del virus, ma anche la richiesta di aiuto a causa dell’assenza di lavoro. Per porre rimedio alle difficoltà dei cittadini, delle famiglie e degli anziani che, in questo momento di emergenza, si trovano in uno stato di necessità e di forte bisogno, noi ragazzi di Fero abbiamo deciso di proporre un’iniziativa che vedrà protagoniste tutte le attività commerciali locali autorizzate alla vendita di generi alimentari e beni primari e tutti i cittadini che credono nel valore della solidarietà. In ciascun punto vendita aderente già da alcuni giorni è stato predisposto un apposito carrello affinché si possano raccogliere beni alimentari o di prima necessità donati dai singoli cittadini. Attraverso l’aiuto dei volontari del Nucleo Operativo della Protezione Civile, poi, i beni sono consegnati ogni giorno presso il centro operativo cittadino Caritas.

Noi non ci fermiamo. E insieme a voi ce la faremo.

Area Comunicazione Think-Tank "Fero" 

 

Per il settimo anno consecutivo la Biblioteca comunale Pietro Siciliani di Galatina aderisce a Il Maggio dei Libri,  la campagna nazionale di promozione della lettura organizzata dal Centro per il libro e la lettura (CEPELL) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, diventata ormai un appuntamento abituale e diffuso in tutta Italia.

L’edizione di quest’anno è la prima a svolgersi con il marchio di Città che legge, il riconoscimento assegnato dal Centro per il Libro e la Lettura, d'intesa con l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), alle località, tra cui Galatina, che hanno promosso sul territorio con regolarità attività di diffusione della lettura.

Di seguito il programma delle iniziative che si terranno presso la sede della biblioteca comunale P. Siciliani – Palazzo della Cultura Z. Rizzelli:

Mercoledì 10, 17 e 24  maggio VISITE GUIDATE E ATTIVITA’ LABORATORIALI per  gli alunni del Polo 1 di Galatina  a cura delle volontarie del Servizio civile nazionale – In Reading 2015;

Venerdì 12, mercoledì 17 e venerdì 26 dalle ore 15:30 alle ore 17:00  

TI PRESENTO UNO SCRITTORE. LETTURE E ATTIVITA’ LABORATORIALI PER BAMBINI DAI 4 AI 7 ANNI. Verranno letti storie e racconti dei più importanti autori italiani per ragazzi: Emanuela Bussolati, Bruno Tognolini, Gianni Rodari, Italo Calvino.

È gradita la prenotazione.

Venerdì 19 maggio  alle ore 19:00

LA RIFORMA PROTESTANTE 500 ANNI DOPO. Mostra di libri antichi e moderni, che trattano della Riforma e di alcuni suoi protagonisti.  In occasione dell'inaugurazione la dottoressa Rossella Schirone, Docente di ecumenismo presso l’ISSR di Lecce della Facoltà Teologica Pugliese, illustrerà cosa è stata la Riforma, cosa ha significato nei secoli e cosa rappresenta oggi.  La mostra è visitabile fino al 18 giugno.

Giovedì 25  maggio alle ore 10:30

LA RISCOSSA DELLE GRAPHIC NOVEL. DUE AUTORI RACCONTANO.  Gli studenti delle classi IIª dell’IISS "Falcone e Borsellino" e del Liceo Artistico "P. Colonna" di Galatina  incontreranno Ilaria Ferramosca e Mauro Gulma, sceneggiatrice e disegnatore della graphic novel “Sulla Collina” edita dalla casa editrice Tunuè.

Per informazioni:

Tel. 0836-565340,

e-mail:bibliotecasiciliani@comune.galatina.le.it   chiedialbibliotecario@comune.galatina.le.it

Facebook: www.facebook.com/Biblioteca.Siciliani.Galatina

 

“La certificazione iniziale degli aerei M-345 comunicata nei giorni scorsi da Leonardo è il frutto di una forte sinergia tra industria, Ministero della Difesa e Forze Armate. Questa è una ulteriore conferma dell’eccellenza italiana, che viene riconosciuta nel mondo e porterà grande sviluppo nel territorio salentino” dichiarano il Deputato Leonardo Donno ed il Senatore Dino Mininno. “Gli aerei M-345 di Leonardo rappresentano il top della ricerca e della tecnologia italiana per quanto riguarda l’addestramento dei piloti della nostra Aeronautica, garantendo una migliore efficacia addestrativa, maggiore efficienza e una sostanziale riduzione dei costi di manutenzione.”
“Le certificazioni ottenute seguendo le normative più stringenti del DAAA AER(EP).P-21 permettono a questo velivolo l’apertura al mercato internazionale, in modo da rappresentare l’Italia nel mondo come sinonimo di leadership tecnologica” continua il pentastellato Mininno, “inoltre l’arrivo di questi aerei nella Scuola di Volo del Fortunato Cesari, conferma la volontà del Governo di indicare Galatina come eccellenza del sistema addestrativo internazionale, con evidenti ricadute economiche sul territorio”
"Nel dicembre del 2018 l'Europarlamentare Raffaele Fitto attaccò duramente il Governo Conte e il MoVimento 5 Stelle, perché a suo avviso la base aerea di Galatina rischiava di essere ridimensionata o addirittura chiusa, ma la vita fornisce sempre le risposte giuste al momento giusto, evidenziando in questo caso ancora di più l'incompetenza e la falsità di alcuni esponenti del centrodestra pugliese” chiosa, a gamba tesa, l’Onorevole Donno ”Fitto portò avanti la sua campagna elettorale attaccandoci tramite giornali e social network, chiedendo la mobilitazione dei salentini. Non aveva mai speso un secondo del suo tempo per Galatina ed ora voleva diventare il paladino di una battaglia a difesa della nostra base aerea.”
“Nel gennaio del 2019 partecipò anche ad un consiglio comunale a Galatina e qui, il nostro caro Raffaele Fitto, arrivò a dichiarare che la base sarebbe stata chiusa dal governo, mettendo addirittura in dubbio l’arrivo dei nuovi caccia di addestramento M-345 della Leonardo! Ma ora i nuovi aerei della Leonardo stanno per arrivare a Galatina, dopo aver completato il periodo di volo sperimentale e dopo aver ottenuto la massima certificazione internazionale.” Conclude Donno “ Raffaele Fitto sbagliava e, dopo la sua elezione al Parlamento Europeo con Fratelli d’Italia, è scomparso da Galatina, facendo la fine che augurava alla scuola di Volo del Fortunato Cesari: è proprio il caso di dirlo, ha preso il volo.”

M5S

 
Di Daniela Sindaco (del 24/10/2017 @ 18:05:23, in Comunicato Stampa, linkato 1432 volte)

Domenica 22 Ottobre si è svolto il Congresso PD del Circolo di Galatina presso il Palazzo della Cultura, ebbene si, c’è chi può e c’è chi non può permettersi l’uso ( improprio) del Palazzo della Cultura nonostante la concessione “dovrebbe” essere effettuata solo per eventi culturali organizzati dal Comune o da altre associazioni patrocinati. Ricordiamo a tutti i cittadini che in passato a Noha presso il Centro Polivalente ( immobile comunale), per un evento simile, hanno addirittura messo i sigilli!

Ma siamo andati ancora “OLTRE”! perché c’è da aggiungere il fatto che anche il Sindaco concede (facendo anche lui un uso improprio degli immobili comunali) solo ad ALCUNE associazioni “amiche all’attuale amministrazione comunale” l’utilizzo degli impianti Sportivi e Centri Polivalenti! Vedasi la questione dell’utilizzo degli Impianti Sportivi a Noha!Si perché solo dopo mesi e mesi di innumerevoli richieste, alla DPM NOHA Calcio viene data una risposta del tutto non“veritiera” ed esaustiva, ma non demordiamo! Siamo da circa 20 giorni in attesa di ricevere un appuntamento con il Sindaco, che a dire del suo Segretario Comunale “ è molto impegnato”, e perché questa questione non è urgente?

In campagna elettorale si sbandierava tanto il concetto di …. LEGALITA’…. Dov’è la disponibilità del Sindaco nell’affrontare una questione tanto urgente come l’utilizzo a tutti i cittadini degli impianti Sportivi a Noha?

Nell’occasione porgiamo i nostri migliori auguri al neo nominato Andrea Coccioli e ci chediamo : ora come farà il ragioniere dell’ospedale Luigi Lagna a farsene una ragione della sua nomina? visto che l’ha voluto fortemente far fuori da assessore nella giunta comunale Montagna, forse perché sperava di poter prendere il suo posto?

Speriamo che per il futuro si possa lavorare insieme all’Ing. Andrea Coccioli, anche in un’ottica di correttezza che in particola in passato si è sempre mantenuta, sperando che non viva di influenza esterna ed altrui che ha da sempre condizionato e logorato i rapporti interni del PD.

Pertanto restiamo in attesa di avere L’ONORE di avere un incontro con il SINDACO AMANTE per la questione dell’utilizzo degli impianti sportivi di Noha, in caso contrario saremo costretti a segnale la vicenda alla magistratura e perché no anche a Striscia la Notizia.

Bene Galatina…..ANDIAMO OLTRE! E si! Oltre ogni limite….

Daniela Sindaco
Presidente e Portavoce di Articolo UNO MDP Galatina-Noha

 
Di Redazione (del 13/05/2017 @ 17:50:11, in Comunicato Stampa, linkato 1776 volte)

Dopo le affermazioni che si sono susseguite nei giorni precedenti sentiamo l'esigenza di prendere le distanze.

Purtroppo, lo dobbiamo a Giovanni De Benedetto, che come sapete bene non è più tra noi, ci ha lasciati 4 anni fa. 

Troviamo poco rispettoso attribuirgli delle affermazioni che non può contraddire o dalle quali non può evidentemente difendersi. 

Ci appelliamo al buon senso, prendiamo dignitosamente le dovute distanze da qualsiasi strumentalizzazione della sua persona o della sua famiglia, che ormai da tempo ha scelto coscientemente  e serenamente di non praticare la politica nelle sedi ufficiali.

Auguriamo una buona campagna elettorale a tutti i candidati, indistintamente.

Alice De Benedetto

 

È un momento della storia galatinese troppo importante per lasciar correre e stare al gioco di liturgie che sono inutili e pericolose. Mettiamo un punto di verità.

Come avevamo annunciato già da tempo si è creata una saldatura conservatrice e restauratrice nella città, che non credo riuscirà nel suo intento.

Cercano di farsi spazio personaggi politici scaltri, preparati nell’arte dell’alta strategia e nel gioco delle mezze verità, delle omissioni e delle illazioni. Le due aree sono quelle del campo allargato PD, M5S, fuoriusciti da Fratelli d’Italia da una parte e quelle del Sindaco civico di destra Amante dall’altra.

È da quando ho iniziato questa mia avventura che sento dire di me le cose più disparate, sempre a bocca socchiusa e sempre tramite i picchiatori social. Perché in fondo se avessero trovato qualcosa di sconcio sul mio conto, ne avrebbero costruito dei castelli: questo vuol dire che sono una brava persona dal passato trasparente e senza scheletri nell’armadio.

Ad inizio campagna abbiamo bloccato decine di profili fake, tutti rivelatisi provenienti dalle stesse aree comunicative, che dettavano con precisione quale e quanto fango gettare sugli estranei, sui parvenue. Cioè noi.

Il candidato Antonio Antonaci, fatta eccezione dalla nostra coalizione, è sempre stato sottovalutato e considerato lo zio un po’ sciroccato da non prendere sul serio, quindi trascurato.

Non risponderò quindi velocemente alle ultime dichiarazioni di Alessandra Antonica, alle quale auguro sinceramente una pronta guarigione (perché il rispetto umano viene prima di ogni interesse politico), ma mi spiace se lei non abbia mai superato il fallimento della sua amministrazione del 2009 ed abbia vissuto tutti questi anni da vedova di Palazzo Orsini, restando bloccata ad allora.

Una cosa è avere una coalizione con sensibilità diverse, un’altra è sentirmi sporco e ritrovarmi a partorire messaggi come quelli che la candidata Antonica ha inviato ad Antonio Antonaci il giorno prima del primo turno, oppure mandare messaggi come quello che ha, incautamente, fatto trapelare il Neo consigliere (in Pectore) di Fratelli d’Italia Matteo Marangi in cui scrive “in questa trattativa abbiamo recuperato una posizione di governo cittadino!”.

Non voglio che chi tifa per me pubblichi solo le notizie che mi interessano come Dino Valente, persona a cui si manda un plauso per l’attività editoriale, ma che negli ultimi giorni ha compiuto scelte che mi appaiono difficili da comprendere: l’immediata pubblicazione della decisione di Del Coco di votare contro di me e la contemporanea omissione del comunicato di Stomaci e le altre liste di Antonaci che annunciano il voto per Vergine con il fine di fare entrare Antonaci in consiglio, immediata pubblicazione della lettera di Sandra Antonica.

Vedremo questa mia lettera se slitterà a stanotte o verrà pubblicata con altrettanta celerità.

Noi abbiamo fatto della trasparenza e della chiarezza il nostro stile. Tutti gli esponenti e le identità politiche hanno avuto visibilità e sono state comunicate senza omissioni.

Vogliamo rompere con questo vecchio modello che non ha prodotto nulla, perché la gente ha compreso bene.

In questi giorni anche io ho avuto contatti con le segreterie provinciali. Mi spiace vedere che il concetto di area di sinistra si stia riducendo a “persone a noi gradite”.

Da quando Amante è di sinistra, visto che tutti i galatinesi conoscono benissimo la sua provenienza di destra?

Noi abbiamo due consiglieri dei socialisti, di cui un ragazzo splendido e appassionato con una laurea in scienze politiche da 110 e lode. Abbiamo una consigliera di Io Amo Galatina, sinceramente democratica e desiderosa di impegnarsi nell’area progressista italiana, con una laurea in bocconi e un lavoro importante. Così come sono di altissimo profilo tutti gli altri consiglieri eletti: donne e uomini che vengono dalle professioni e dalla società civile. Radicati sul territorio e rappresentativi.

Tutte persone, però, a sentire i Probiviri della politica galatinese, inaffidabili perché infette dal peggior virus mondiale. No, non il covid, essere loro avversari!

Credo che le donne e gli uomini che si rivedono nel progressismo italiano sentano forte questo disagio, ne ho incontrati tanti in campagna elettorale. Gli prometto che abbiamo le persone giuste perché quell’area culturale trovi un luogo di ascolto e di protagonismo e tutta la libertà necessaria per crescere forte.

Oggi io mi sottraggo dai giochetti e lo dico chiaramente: c’è stato un incontro, anzi più incontri in cui Delli Noci, la Capone, Minerva e altri hanno detto che il confine del centrosinistra galatinese è Amante Antonica, hanno trovato le compensazioni (un ruolo a Marangi, già Fratelli d’Italia e quindi pericoloso comunista).

Si tratta di liturgie, piccole miserie quotidiano.

Anche nella lettera accorata di oggi, Sandra, notatelo, non ha smentito gli accordi: ha smentito di fare il vicesindaco. Non di aver chiuso un accordo tramite il provinciale per un asse Antonica-Amante. Giochi di parole.

Noi non siamo quella roba lì. Anche quando abbiamo proposto a Antonio Antonaci la commissione sanità (che gli proporremo in ogni caso se dovessimo vincere), lo abbiamo fatto senza accordi e senza compensazioni. Per stima e credendo fosse la cosa giusta, per la città.

Ecco, ora sapete la verità e potete leggere, disvelate, le parole che raccontano.

Ripeto, noi non siamo quella roba lì. Noi siamo il cambiamento.

Per questo, con ancora più convinzione, domenica 26 giugno invertiremo la rotta e metteremo fine a vent'anni di accordicchi. Si respira un'aria pulita e nuova. Un vento fresco, pronto a spazzare via questi meccanismi da Prima Repubblica, per ridare nuova linfa a Galatina.

Domenica 26 giugno c'è solo una scelta da fare per realizzare finalmente la Galatina di tutti e non dei pochi.

 Fabio Vergine Sindaco

 
Di Redazione (del 15/03/2020 @ 17:40:48, in Comunicato Stampa, linkato 736 volte)

Tutti in casa impegnati a fronteggiare l’espandersi del Coronavirus, tutti chiamati a rispettare, con responsabilità e senso civico, le misure del governo per contribuire al contenimento della diffusione del Covid-19. Così anche il mondo dello sport si è fermato, come ordinato dal DPCM del 9 marzo 2020 che blocca tutte le competizioni e gli allenamenti. In questo delicato momento per l’intero Paese, agli sportivi è richiesto uno sforzo particolare che è quello di restare lontani dal campo di gioco e impegnarsi a riorganizzare, tra le mura domestiche, le proprie giornate che, sino a poco tempo fa, erano scandite da ore di attività fisica, momenti di aggregazione e preparazione delle partite.

Da qui l’idea del format “#iorestoacasa e … mi alleno” che la Showy Boys Galatina ha proposto agli allievi della Scuola Volley per riempire questo periodo certamente difficile con immagini e video che, svelando il lato più “casalingo”, possano offrire un piccolo contributo alla campagna di sensibilizzazione volta ad incoraggiare il rispetto delle norme attuate dal Governo nella limitazione dell’espansione contagiosa del Coronavirus.

Un format ideato per una campagna social che, sfruttando le opportunità che i mezzi tecnologici ed il mondo digitale permettono, lancia, attraverso i messaggi dei più giovani, l’invito importantissimo di restare a casa in un momento di emergenza per tutto il territorio nazionale.

"Ognuno di noi deve impegnarsi per fare la sua parte – spiegano dalla società Showy Boys - dobbiamo cercare di restare uniti proprio come in una squadra vincente. Quindi, cerchiamo di fare un’azione straordinaria come non uscire di casa proteggendo noi stessi e gli altri”.

Le immagini e i video realizzati dagli allievi della Scuola Volley sono pubblicati sul sito internet www.showyboys.com e aggiornati periodicamente.

SHOWY BOYS A.S.D.

 

Tarantismo, snobismo e ragnatela 

Alla festa patronale di Galatina, quella di fine giugno dedicata ai Santi Pietro e Paolo, i giovanotti di Noha partecipavano raramente. Infatti molti di loro, poco più che imberbi ragazzini - incluso il sottoscritto - erano fin dai primi del mese “ritirati in campagna” dove nel corso dell’estate avrebbero dedicato tutto il loro tempo e le loro energie al giogo opprimente del tabacco, cui la famiglia tutta era dedita con il suo diuturno lavoro per guadagnarsi da vivere. Dunque la fine della scuola rappresentava per noi altri tutto men che l’inizio di una bucolica villeggiatura! Solo uno sparuto numero di compagni di classe che si poteva contare sulle dita di una sola mano aveva la possibilità di partecipare alla festa patronale di Galatina, che sempre ci veniva descritta come imponente, maestosa e particolare. La particolarità stava nel fatto che, come ci raccontavano, l’ultimo giorno della festa, solennità di San Paolo, in una cappellina prospiciente piazza San Pietro avveniva con una precisione cronometrica “dalle ore 12 alle ore 13” il miracolo della guarigione delle tarantate. Erano queste delle persone strane, soprattutto donne, che incappate nel morso della tarantola, si dimenavano distese per terra, saltellavano e ballavano anche sull’altare della chiesetta, e spesso rincorrevano uno o più astanti curiosi (soprattutto chi indossava abiti di color rosso), creando un fuggi-fuggi generale nel pubblico che sempre numeroso si accalcava a ronda in quell’intorno.

Le tarantate non erano mai di Galatina (molte venivano dal Capo di Leuca). E nemmeno a Noha vi erano tarantate, né ve ne erano mai state in passato. Pare che per grazia di San Paolo, Galatina ed il suo “feudo” godessero del privilegio dell’”immunità” dal tarantismo.

Del resto Galatina ha sempre visto il tarantismo come un corpo estraneo, un fenomeno da osservare dall’esterno, forse dall’alto. E’ come se non ne fosse condizionata culturalmente. Erano gli altri, i “forestieri”, a dover rispettare una tradizione, a dover ripetere un rito stagionale, a doversi recare in pellegrinaggio a bordo dei loro sciarabbà in quel territorio “sacro” per celebrare una cerimonia salutare. I galatinesi erano solo degli spettatori, perlopiù distratti. L’immunità era anche un non volersi sporcare le mani, un fastidio, e se vogliamo una cosa da raccontare agli altri con vergogna, più che con pudore dettato da compassione.

Galatina si è sempre sentita città borghese, sede di banche e di palazzi gentilizi con tanto di stemma nobiliare, di proprietà dei ben pasciuti agrari. Quegli agrari che magari avevano usato ed abusato del lavoro e della dignità di quei contadini, tra le cui fila appunto nascevano le tarantate ed i connessi traumi, frustrazioni e conflitti irrisolti.

Quell’immunità nel corso degli anni si è trasformata nella peggiore delle forme di comunicazione e di contatto: lo snobismo. Una brutta parola che in dialetto si tradurrebbe anche con “garze larghe” o qualcosa di simile.

Per anni molti galatinesi hanno aborrito le serate di pizzica-pizzica che iniziavano a macchia di leopardo a celebrarsi un po’ in tutto il Salento. Questo fino a quando non arrivò, ormai oltre un decennio fa, quel laboratorio culturale di musica e di pensiero, quell’esperienza straordinaria che risponde al nome di “La Notte della Taranta”, raduno tra l’altro di altissima qualità, che ha fatto di Melpignano il centro delle manifestazioni della nostra “musica etnica” ormai noto in tutto il mondo. Da Melpignano in poi più di un galatinese si è sentito finalmente “contagiato” dal morso della taranta. 

Ma il fatto che Galatina ne fosse (stata) esclusa per tanti anni, crediamo a questo punto che fosse in un certo qual modo naturale, legato alla sua storia.

Ciò che si può fare oggi, allora, non è tanto recriminare, rimpiangere, nutrire rimorsi per ciò che non è stato: la storia si studia, non si giudica. E tanto meno affannarsi per dar corso agli “eventi” scimmiottandone gli altri. L’evento in sé non serve a nulla. Dura lo spazio di una serata o di una giornata. Poi passa e forse non lascia nulla.

Utile sarebbe invece far tesoro di un concetto, anzi di un insegnamento portentosissimo che ci dona proprio il fenomeno del tarantismo: la ragnatela.

La ragnatela è sistema, è equilibrio, è compartecipazione, è un modo per poter “catturare”, diremmo anche affascinare noi stessi e gli altri che ci vengono a trovare.

Galatina è una delle città più belle del mondo. Ma questa è condizione necessaria ma non sufficiente per una buona o ottima qualità della vita. Dovremmo sforzarci un po’ tutti quanti per essere più accoglienti nei confronti dei visitatori, che sempre più numerosi verranno a trovarci. E si è accoglienti se saremo rispettosi intanto verso noi stessi e poi verso gli altri. Si è rispettosi se sapremo aver cura dell’ambiente in cui viviamo, per esempio lasciando un po’ la nostra auto nel garage ed utilizzando di più il nostro cervello per spostarci (dunque a piedi o in bicicletta); se conosceremo la nostra storia riuscendo a farne parte anche agli altri (quanti galatinesi hanno in casa propria il libro “Galatina, storia ed arte” di mons. Antonaci, solo per citare uno dei tanti a caso, pronto per la consultazione?); se riusciremo a dare informazioni anche in inglese o in francese, ma anche in italiano, al viaggiatore straniero che per caso si avvicinasse a noi chiedendocene; se riusciremo ad offrire i nostri prodotti della campagna o dell’artigianato in maniera decorosa e senza rapinarci a vicenda (la pasticceria di Galatina per fare un esempio è la migliore del mondo. Ma non si vende solo il pasticciotto, si vende anche il sorriso ed il buongiorno detto con gentilezza e senza smanceria o sussiego, e questo valga per ogni negozio cittadino. Chiediamocelo tutti: c’è sempre la gentilezza come companatico di ogni transazione galatinese?); se faremo fruire i nostri monumenti tenendoli aperti e con l’assistenza di guide non improvvisate…

Le occasioni per renderci più accoglienti e disponibili sono mille e ancora mille. E si potrebbero riassumere nello sforzo per renderci migliori, meno spocchiosi, meno mafiosetti, più responsabili.

Ma per tutto questo c’è bisogno di molto studio, molta formazione, molto tempo.

La ragnatela è il vero ed il miglior prodotto del tarantismo. Dovremmo tutti impegnarci a tesserla.       

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 14/04/2015 @ 17:29:50, in NohaBlog, linkato 2629 volte)

No, non si tratta solo di uno scherzo da parte di un vecchio marpione improvvisatosi “giornalista”: la quercia vallonea di San Sebastiano la stanno abbattendo per davvero.

Ma mica di notte, come i ladri: giorno dopo giorno, invece, alla luce del sole.

Vabbè, non si sono ancora viste le cinque seghe elettriche descritte nel pesce d’aprile on-line  (per ora solo quelle mentali), né i bisonti della terra (per ora solo camaleonti della terra, quelli che un tempo lottavano per lo “stop al consumo di territorio”), né sono stati tagliati i rami più alti di quell’albero monumentale con l’utilizzo di un’autogru (per ora ne hanno solo tranciato di netto un bel pezzo di apparato radicale, così, tanto per fare una prova); ma la quercia vallonea, di fatto, sta per essere ridotta in pellet dalle parole a vanvera di alcuni benpensanti galatinesi (quelli “ché la quercia non ha più di ottant’anni di vita”) e soprattutto dal silenzio-assenso della cosiddetta “politica locale” (immaginatemi mentre traduco queste ultime virgolette con un cenno vago e circolare della mano, come a precisare quanto codesta locuzione si possa utilizzare a Galatina solo a patto di interpretarla in un senso tutt’altro che letterale).

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Sì, la quercia vallonea muore, eccome, quando si buttano giù gli alberi come fossero birilli, quando si pensa che la “circonvallazione” (fra virgolette) può finalmente andare avanti nonostante la sua inutilità i costi e soprattutto la sua dannosità, quando il consumo di suolo con cemento e asfalto viene venduto dai boia dell’ambiente con la solita solfa per allocchi (“ricadute occupazionali” e “volano per lo sviluppo”), e quando anziché arrampicarsi sugli alberi per cercare di salvarli ci si arrampica sugli specchi per pararsi il culo.

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Questi vandali (o vangàli) di coorte riescono a far danni anche in nome delle buone intenzioni. A Noha, per dirne un’altra, di fronte alle scuole elementari/medie han pensato bene di creare un’area da destinare a giardino botanico (ampollosamente definito orto didattico, anche per giustificare la spesa pubblica dei fondi FESR). Ebbene, non ci crederete: sono stati capaci di fare disastri anche in questa occasione, coprendo una buona percentuale di quell’appezzamento di terreno con larghe carrare di fricciu ed altro materiale da risulta (“sennò i bambini si sporcano le scarpe”), sicché il suolo da adibire alla coltivazione è ormai circoscritto in poche ristrette aiuole superstiti. E qui non si capisce bene se la didattica consista nell’insegnare ai ragazzi la tutela, la salvaguardia e l’utilizzo agricolo di tutti i centimetri quadrati di campagna a disposizione, ovvero come trasformare un appezzamento di terreno in un orto bottanico.

*

Nel frattempo i signori del palazzo continueranno imperterriti a costruire nuove strade piuttosto che rifare i numerosi asfalti sbiaditi e crepati, cosparsi di gobbe e crateri, anzi pozzi artesiani e tratturi pieni di sassi assetati che bramano di bere alle coppe dell’olio e buche traditrici che complottano attentati ai semiassi. Grandi opere inutili anziché piccole e necessarie.  

*

A Galatina e dintorni funziona così.  Pare che qui il vocabolario e la grammatica della “custodia del creato”, visti certi humus, tarderanno ancora un po’ prima di attecchire.

Si vocifera addirittura che per Mimino nostro (sindaco più che di un comune verde ormai di un comune al verde) il lemma “boschi” altro non evochi se non un’avvenente ministra del suo stesso partito.

Antonio Mellone
 

Ancora una volta la solita parte dell’opposizione si avventura in comunicati improbabili con argomentazioni qualunquistiche, opportunistiche e strumentali. Al netto dei soliti sproloqui, mai un’idea concreta, mai una proposta seguita da un progetto realizzabile. Dopo quasi un anno, sembra ancora prigioniera nel film di quella campagna elettorale che l’ha vista sconfitta.

All’ordine del giorno la ZTL e la nostra idea di città, quella chiaramente indicata nel programma elettorale delle Civiche con un centro antico vivo e vissuto, che torni ad essere il cuore pulsante della città.

In quest’idea il “nostro” centro antico non può che essere TOTALMENTE APERTO al commercio, ai ragazzi, alla movida, al passeggio, alla cultura, alle famiglie, alle manifestazioni, non certo al traffico veicolare indiscriminato che inevitabilmente dovrà essere limitato.

Un senso di comprensione verso chi oggi opera nel centro antico ci ha portato a scelte responsabili che riducono solo lievemente l’orario di apertura: un’ora al mattino (posticipando dalle 6 alle 7) ed un’ora la sera (anticipando dalle 20 alle 19), confermata la chiusura del sabato e dei giorni festivi, già prevista lo scorso anno nell’ordinanza 53/D/2017. Un giro di vite, senza salti nel buio ma nella giusta direzione.

Riduttivo però sarebbe soffermarsi solo sulla regolamentazione degli orari della ZTL senza tenere nella giusta considerazione l’atro tassello che sarà notizia dei prossimi giorni: il cartello delle iniziative e delle manifestazioni allo studio degli assessori Dettù e Mauro che con il Sindaco Amante, in collaborazione con associazioni, commercianti e privati, stanno progettando “l’estate galatinese”.

Non è più tempo per il conservatorismo sterile predicato da una parte dell’opposizione, servono idee e la forza di metterle in atto ed è questo il terreno su cui tutta l’amministrazione Amante intende cimentarsi.  

Vito Albano Tundo

Capogruppo Galatina in Movimento

 

“Avremmo potuto dare alla città una giunta più giovane, ma non ci possiamo permettere un periodo di rodaggio”. Cito più o meno a memoria le parole del sindaco Fabio Vergine nel corso del suo comizio di ringraziamento che dimostrano quanta distanza ci sia tra il detto e promesso nei mesi di campagna elettorale e il realizzato anche solo in questi primi giorni di amministrazione.

I ragazzi splendidi, spesso con 110 e lode laureati in scienze politiche che scelgono di non accettare un assessorato - come se gliene avessero offerti - perché ritengono giusto fare un periodo di gavetta sono la dimostrazione plastica di quanto solo di facciata fosse il cambiamento sbandierato nelle ultime settimane. Come se non fossero adeguati a ricoprire ruoli di governo ma solo buoni a raccogliere voti e, da domani, ad alzare la mano in consiglio.

Che poi, avessero detto “tra i due ruoli preferiamo quello più politico di consigliere comunale”, non gli avremmo potuto dire nulla. Ma ammettere la loro inadeguatezza ci appare come una pezza peggiore del buco.

La verità è quella che abbiamo sempre detto in campagna elettorale: è una coalizione di finto ed apparente cambiamento. Ed i tre nomi maschili presenti in giunta dimostrano alla città quanto di vecchio, di passatista, di culturalmente arretrato ci sia in un’impostazione di questo tipo.

Stefano Ancora

 
Di Albino Campa (del 06/09/2010 @ 17:16:59, in Fotovoltaico, linkato 3805 volte)
"Rispondiamo al sindaco con questo bellissimo saggio di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, giornalisti del Corriere della Sera. Se avrà l'intelligenza di leggerlo e capirlo forse inizierà ad appoggiare le nostre battaglie".
Firmato:
I dialoghi di Noha
(Quei quattro assolazzati agostani dei suoi concittadini, che invece di andare al mare, si battevano per capire come mai le mafie degli incentivi statali stanno devastando irreversibilmente la campagna NOHANA, ultima barattata per la ristrutturazione di un canile e di un giardino del Rione Italia).

Pannelli solari e pale tra gli ulivi E la storia muore

Pier Paolo Pasolini: «In quello slanciato ammasso di case bianche, inanellato da lungomari e moli, la gente vive una vita autonoma, quasi ricca, si direbbe, quasi non ci fosse soluzione di continuità con qualche periodo della storia antica»Sulla «Collina dei Fanciulli e delle Ninfe», legata a miti antichissimi, si vogliono costruire immense pale eoliche alte 80 metriA pochi chilometri da dove nacque l' ultimo ministro borbonico, il miraggio (e i quattrini) delle energie alternative distruggono il paesaggio

 

 

Tira una brutta aria eolica, per le ninfe e i fanciulli che da millenni vivono tra gli ulivi secolari del meraviglioso colle San Giovanni a Giuggianello: non hanno i timbri in regola. C' è chi dirà: ma se ne hanno scritto Nicandro e Ovidio e probabilmente pure Aristotele! Fa niente: non hanno i timbri in regola. Lo dice una sentenza del Consiglio di Stato. Secondo il quale un posto può anche essere la culla della memoria magica di un popolo ma se non ha le carte in regola, cioè un timbro della sovrintendenza che dice che effettivamente è la culla della memoria magica di un popolo, non ha diritto a tutele. Testuale: «A prescindere dal fatto che tali miti e leggende non risultano essere stati individuati da un provvedimento legislativo, non si vede come l' impianto degli aerogeneratori possa interferire su tale patrimonio culturale». Appunto: «non si vede». Nel senso che i giudici non hanno «visto» l' area in cui dovrebbero sorgere le immense pale eoliche se non sulla carta. Perché certo non avrebbero mai potuto scrivere una cosa simile se fossero saliti su queste colline dolci che hanno incantato nei secoli i viaggiatori. Se avessero visto, scavata nella viva roccia, l' antica e commovente chiesetta rupestre di San Giovanni. Se si fossero fermati davanti a questi massi enormi dalle forme incredibili che scatenarono le fantasie e la devozione dei nostri avi. Se avessero camminato all' ombra di questi ulivi grandiosi. Come può un paradiso bucolico come questo non essere devastato da 12 pale eoliche alte 80 metri cioè quanto 12 palazzine di 25 piani? Eppure questo, salvo miracoli, è il destino della Collina dei Fanciulli e delle Ninfe a Giuggianello, pochi chilometri a sud della strada che da Maglie porta a Otranto, nel Salento. Non è un punto qualunque sulla carta geografica, questa collina. Come spiega l' ambientalista Oreste Caroppo in un delizioso saggio, è conosciuto «l' Acropoli della civiltà messapico-salentina antica». Qui sono ambientate da migliaia di anni leggende riprese da Nicandro di Colofone: «Si favoleggia dunque che nel paese dei Messapi presso le cosiddette "Rocce Sacre" fossero apparse un giorno delle ninfe che danzavano, e che i figli dei Messapi, abbandonate le loro greggi per andare a guardare, avessero detto che essi sapevano danzare meglio. Queste parole punsero sul vivo le ninfe e si fece una gara per stabilire chi sapesse meglio danzare. I fanciulli, non rendendosi conto di gareggiare con esseri divini, danzarono come se stessero misurandosi con delle coetanee di stirpe mortale; e il loro modo di danzare era quello, rozzo, proprio dei pastori; quello delle ninfe, invece, fu di una bellezza suprema. Esse trionfarono dunque sui fanciulli nella danza e rivolte ad essi dissero: "Giovani dissennati, avete voluto gareggiare con le ninfe e ora che siete stati vinti ne pagherete il fio". E i fanciulli si trasformarono in alberi, nel luogo stesso in cui stavano, presso il santuario delle ninfe. E ancora oggi, la notte, si sente uscire dai tronchi una voce, come di gente che geme; e il luogo viene chiamato "Delle Ninfe e dei Fanciulli"». Un mito rilanciato, come dicevamo, da Publio Ovidio Nasone. E trattato anche nel Corpus Aristotelico dove si accenna al salentino Sasso di Eracle: «Presso il Capo Iapigio vi è anche una pietra enorme, che dicono venne da Eracle sollevata e spostata, addirittura con un sol dito». E coltivato dai contadini della zona che raccomandavano ai figlioletti di non andare a giocare alle rocce del «Letto della vecchia», del «Sasso di Eracle» e del «Piede di Ercole», spiega Caroppo, perché potevano «apparire loro le fate» e chissà quale incantesimo erano capaci di fare. Leggende. Ma nessuno, un tempo, avrebbe osato profanare un sacrario della memoria antica come questo. Così come nessuno avrebbe osato abbattere migliaia di ulivi stuprando quella che da secoli è l' immagine stessa del Salento. Marcello Seclì, presidente della sezione salentina di Italia Nostra, non si dà pace mentre ci trascina tra i viottoli delle campagne tra Parabita e Gallipoli e poi a Scorrano e a sud di Maglie e mostra come intere colline siano state tappezzate da quell' altra forma di violenza alla natura che possono essere le distese sterminate di pannelli fotovoltaici. Pannelli bruttissimi. Giganteschi. Tirati su senza rispetto per la natura. Per la fatica dei nostri nonni che piantarono gli ulivi sradicati. Per la vocazione turistica dell' area. Fa impressione rileggere oggi quel che mezzo secolo fa scriveva sul «Corriere» Alberto Cavallari parlando del Salento come del «più bel paesaggio d' Italia»: «Sorgono nel leccese i paesi più affascinanti del Sud, come Nardò, o la città morta di Otranto. Restano infatti i borghi civili, asciugati dal mare e dal vento, nitidi come la loro povertà. Le coste, spesso frastagliate nello scoglio, non sono ancora deturpate: sono piene di grotte, leggendarie e favolose, mentre lontano si vedono le "pagliare" dei pastori, e i riverberi, i luccichii dei due mari (come una volta scrisse Piovene) "sembrano quasi incontrarsi a mezz' aria" nel punto in cui l' Italia finisce, o meglio sfinisce, dentro l' atmosfera di un miraggio». Non aveva dubbi, Cavallari: «Difendere questa provincia e conservarla è così certo l' unico modo di fare della buona economia». Questo doveva fare, il Salento: puntare su «un turismo di classe, come quello che si svolge in Grecia, redditizio e ricco, e certo meglio di un' industrializzazione assurda e asfittica». I dati di questi giorni dicono che il turismo è davvero la chiave della ricchezza salentina. L' Apt gongola sventolando un aumento del 5%, che in questi tempi di magra vale doppio. E contribuisce a «collocare il Salento ai vertici della classifica nazionale». Italiani, soprattutto. Ma anche tanti stranieri. In testa tedeschi, francesi e inglesi. Vengono per vedere la cattedrale di Otranto e inginocchiarsi davanti alle reliquie dei morti nella strage del 1480 ed emozionarsi nel leggere che il corpo senza testa di Antonio Pezzulla detto il Primaldo, il primo degli ottocento martiri di Otranto a venire decapitato per ordine del Gran Visir Achmet «lo Sdentato», «si alzò e restò in piedi fino al termine della strage e non ci fu forza che valesse ad atterrarlo». E poi vengono per le orecchiette e i turcinieddhri e le ' ncarteddhrate e tutte le altre leccornie della formidabile cucina salentina e il suo olio e il suo vino. E vengono per la notte della Taranta, quando a fine agosto accorrono in decine di migliaia a Melpignano per ballare e ballare fino a uscir di senno con la «pizzica pizzica». Ma verrebbero ancora, se il Salento fosse definitivamente stravolto da una edilizia aggressiva che ha già deturpato parte delle sue coste come a Porto Cesareo, San Cataldo o Ugento? Se le distese di ulivi che costituiscono la sua essenza fossero sistematicamente rase al suolo? Se questo panorama che trae la sua bellezza non dalla vertigine delle vette dolomitiche ma dalla dolcezza delle distese appena ondulate venisse trafitto da centinaia e centinaia di pale eoliche? «Lecce, città dell' arte, / se ne infischia / di chi arriva e di chi parte», dice un vecchio ritornello usato dagli antifascisti il giorno in cui Achille Starace, il braccio destro di Mussolini che era nato a Sannicola, tornò in pompa magna della terra natia. E per certi versi la città è rimasta così come la vide Cavallari. Una città «aristocratica, spagnolesca, narcisista». In qualche modo «tagliata fuori dalla Puglia dinamica». Dove, nonostante l' orrore di certi quartieri residenziali e la bruttura della ragnatela di cavi neri che dovrebbe servire la metropolitana di superficie incompiuta da un mucchio di anni, è ancora emozionante camminare tra pietre e chiese di rara eleganza. Il problema di chi arriverà ancora e di chi se ne andrà, però, esiste. E dipende dal rischio di un' accentuazione del degrado paesaggistico. Cinquantuno anni dopo, il reportage a puntate lungo le coste scritto da Pier Paolo Pasolini per la rivista «Successo» e riproposto nella versione integrale con il titolo «La lunga strada di sabbia» da Contrasto, va riletto: «In quello slanciato ammasso di case bianche, inanellato da lungomari e da moli, la gente vive una vita autonoma, quasi ricca, si direbbe, quasi non ci fosse soluzione di continuità con qualche periodo della storia antica, che io non so, né faccio in tempo a capire: il demone del viaggio mi sospinge giù, verso la punta estrema. Ci si arriva lentamente, mentre intorno la regione si trasforma, si muove in piccole ondulazioni, si ricopre d' ulivi. Santa Maria di Leuca si stende lungo il mare con una fila di villini liberty, lussuosi, rosei e bianchi, incrostati d' ornamenti, circondati da giardinetti...» Fece una gran fatica, PPP, «nel sole feroce» ad arrivare fino alla punta estrema del tacco d' Italia, fino a questo splendido promontorio dove, come ha scritto Giuseppe Salvaggiulo nel libro collettivo «La colata» scritto con Andrea Garibaldi, Antonio Massari, Marco Preve e Ferruccio Sansa, «sei ancora sulla terra, ma ti senti già in mare». E forse proprio per questo tanti viaggiatori ci vengono ancora: perché non è alla portata di tutti, appena fuori da uno svincolo autostradale come tanti vacanzifici traboccanti di discoteche, bazar e McDonald. Perché arrivarci costa fatica. E questa fatica appare loro in qualche modo obbligata per assaporare il gran premio finale: la vista su un mare di una bellezza che ti mozza il fiato. Diceva il poeta e saggista Franco Antonicelli, in occasione di un lontano viaggio con Italo Calvino: «Anche Reggio Calabria è alla fine della penisola, ma subito dopo c' è l' isola e subito dopo l' Africa; non c' e tempo di perdersi. Ma a Leuca sì...» Di là del promontorio c' è il mare. Solo il mare. «Uffa!», sbottano gli «sviluppisti». E dicono che no, anche il luogo più lontano d' Italia, quello che partecipò al processo unitario solo con Liborio Romano, di cui parla Nico Perrone, deve essere collegato al resto del mondo con una superstrada. Un' arteria che dovrebbe partire da Maglie e scendere giù per 40 chilometri, con le sue 4 corsie per 22 metri complessivi e un viadotto di 500 metri su 26 piloni di cemento fino a una mastodontica rotonda del diametro di 450 metri, lunga un chilometro e mezzo, che intrappola un' area estesa quanto 23 campi di calcio. Una mostruosità, dicono gli ambientalisti. Che stanno dando battaglia a colpi di ricorsi un po' a tutto. Alla superstrada voluta da Raffaele Fitto, il giovane ministro amatissimo da Berlusconi e figlio di quella Maglie che in passato aveva dato all' Italia uomini della statura di Aldo Moro. A ulteriori cementificazioni di coste già abbruttite da lottizzazioni selvagge. Al progetto spropositato di quadruplicare il santuario di Santa Maria de Finibus Terrae svettante su Santa Maria di Leuca e farne un edificio (citiamo ancora «La colata») di «ventiduemila metri cubi eretti su una superficie grande la metà di un campo di calcio per ospitare otto celebrazioni giornaliere, presbiterio con annesso palco per quaranta sacerdoti concelebranti, penitenzieria con almeno dieci postazioni confessionali, aule per catechesi e attività connesse».. Battaglie difficili. Segnate a volte da sconfitte sconcertanti. Come quella della sentenza sulla Collina delle ninfe che ribaltava il verdetto del Tar che aveva accolto in pieno la tesi dell' avvocato Valeria Pellegrino spiegando che l' impianto eolico andava bloccato perché quei miti e quelle leggende millenarie avevano determinato «un legame tra le popolazioni che ruotano attorno all' area de qua che va ben oltre la percezione visiva e dunque fisica dei luoghi». O come un altro verdetto del Consiglio di Stato che, anche qui ribaltando il precedente giudizio del Tar che dava ragione all' avvocato di Italia Nostra Donato Saracino, ha accolto le tesi della società tedesca Schuco International. La quale aveva comprato terreni a Scorrano per metterci un mare di pannelli fotovoltaici per un totale di una quindicina di megawatt. Un impianto enorme. Frazionato in quattro pezzi diversi, con una furbizia «all' italiana», per stare al di sotto di certi limiti ed evitare la grana della Via, la valutazione dell' impatto ambientale. Vi chiederete: come mai anche i tedeschi vengono a investire nel Salento? Perché nel nostro Paese del Sole, dove fino al 2006 si produceva con i pannelli 70 volte meno che nella «grigia» Germania, è stata fatta una scoperta: il «solare» può essere una manna. I dati dicono che nel 2009 l' elettricità da fonti rinnovabili è aumentata del 13%. Ma se l' eolico ha avuto una crescita del 35%, il fotovoltaico ha registrato in dodici mesi un boom: + 418%. Tredici volte di più. Sia chiaro: come per le pale eoliche, anche per il fotovoltaico vale lo stesso discorso. C' è modo e modo, c' è luogo e luogo. Gli incentivi, qui, sono faraonici. Come in nessun Paese al mondo. In base alle regole introdotte nel 2007, per esempio, si prendono i soldi per l' elettricità prodotta anche per impianti microscopici. E tutto si scarica sulle tariffe: più energia rinnovabile viene prodotta, più le bollette sono care. La progressione è geometrica. Nel 2008 gli incentivi fotovoltaici hanno pesato sugli utenti per 110 milioni di euro? L' anno seguente sono triplicati: 344. Ovvero un sesto di quanto abbiamo speso per incentivare le fonti rinnovabili: oltre 2 miliardi di euro. Conto salito nel 2010 a 3 miliardi. «Quasi il 10% - ha detto il presidente dell' Autorità per l' Energia Alessandro Ortis -, dell' intero costo del sistema elettrico» nazionale perché «l' incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell' energia prodotta. Così paghiamo l' energia incentivata 3 volte quella convenzionale». E questo in un Paese dove già prima dell' esplosione di questo business le bollette erano le più care d' Europa. Ma è niente, rispetto alle previsioni dell' authority. La quale ipotizza, nel caso di raggiungimento degli obiettivi assegnati per il 2020 da Bruxelles ai vari Stati europei, una spesa aggiuntiva astronomica a carico di chi paga la bolletta: cinque miliardi l' anno per il 2015, sette per il 2020. Dei quali metà per i soli pannelli fotovoltaici. E questo, dice l' Autorità per l' energia, anche nel caso in cui gli incentivi vengano ridotti via via al 50%. Il guaio supplementare è che in un territorio urbanizzato come quello italiano, i pannelli finiscono per rubare terreni all' agricoltura. Alla faccia dei dubbi che già negli anni Novanta aveva manifestato Carlo Rubbia secondo il quale «per soddisfare la metà del nostro futuro fabbisogno elettrico con l' energia solare servirebbero circa 22.000 chilometri quadrati di pannelli, un' area grande più o meno quanto tutta la Sardegna». Ma sapete com' è fatta l' Italia: o tutto o niente. Così, dal totale disinteresse per le fonti rinnovabili, si è passati a un eccesso di incentivi. Mettetevi nei panni di un agricoltore: perché dovrebbe arare, seminare e trebbiare quando è molto meno faticoso e più redditizio riempire un campo di pannelli? E rieccoci in Puglia e nel Salento. Dove a chi installa meno d' un megawatt è sufficiente presentare, come abbiamo visto, una semplice Dia. Se la regione con più impianti fotovoltaici è la Lombardia (13.617), seguita da Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, la Puglia è quella che produce di più: 295 megawatt, dei quali 239 prodotti da 497 impianti collocati su terreni agricoli, per una superficie di 358 ettari. Viene dalla Puglia il 20% circa di tutta l' energia solare italiana, pari a 1.509 megawatt: potenza che richiede oltre 2.250 ettari di pannelli. Il Salento contribuisce alla produzione pugliese col 30%: vale a dire 87,6 megawatt, dei quali ben 76,6 su 115 ettari «rubati» all' agricoltura. Ma sono dati ufficiali che per Marcello Seclì sono già sfigurati dai nuovi impianti: «Il boom è nella seconda metà del 2009. In provincia di Lecce, secondo noi, sono già stati impegnati 2000 ettari, per la maggior parte non ancora collegati». E potete scommettere che la corsa non cesserà molto presto. I nuovi incentivi stabiliti dal ministero per lo Sviluppo economico da mesi occupato ad interim da Berlusconi, variano da un minimo di 28 a un massimo di 44 centesimi di euro al chilovattora. Da quattro a sei volte più del prezzo medio (7 centesimi) dell' energia elettrica prodotta con sistemi tradizionali. Avanti così, perché un contadino dovrebbe piegare la schiena sulla terra?

fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2010/agosto/28/
Pannelli_solari_pale_tra_gli_co_9_100828006.shtml

 

RIZZO SERGIO, STELLA GIAN ANTONIO

 

A quasi un anno di distanza si ripropone il problema della chiusura del centro storico di Galatina e l’immagine desolata del cuore della città deserto. Ancora una volta si tratta dell’iniziativa di una maggioranza che ha poche idee e per giunta confuse. Come è loro abitudine scelgono la strada più semplice per illudersi di agire, ma i rimedi che adottano sono peggiori del male.

Questa mattina gli operatori delle attività produttive del centro storico hanno chiesto il mio supporto dopo che si sono visti calare dall’alto, quindi senza alcuna concertazione, un provvedimento di chiusura ancora più restrittivo rispetto a quello messo in atto lo scorso anno. La chiusura è anticipata alle 19 nei giorni feriali (lo scorso anno era a partire dalle 22.30) e per tutto il weekend a partire dalle 19 del venerdì (lo scorso anno era limitata al sabato sera e alla domenica). Ho ben viva nella memoria la fortissima tensione sociale che si generò con i provvedimenti del commissario straordinario che portarono i commercianti alla serrata, ma non mi sarei aspettato che il sindaco Amante agisse d’imperio dopo aver sbandierato in campagna elettorale che loro erano il nuovo e che le scelte sarebbero state partecipate e condivise.

È bello camminare nel centro storico senza auto, ma serve una progettualità per farlo vivere e, soprattutto, servono idee valide e investimenti. Lecce ha fatto scuola con il suo recupero e rivitalizzazione del centro storico. Era un’altra epoca, con maggiori possibilità economiche, ma il metodo rimane più che valido. Chiudere è la coda del progetto, l’atto finale dopo che si sono messe in moto politiche di promozione del territorio. Per rendere vivo il centro storico non basta un cartellone di eventi, che sarebbe un aiuto e a Galatina neppure c’è, ma serve un progetto di medio-lungo periodo.

Il nostro centro storico si trova in uno stato di grave degrado perché sinora c’è stata attenzione per piazza San Pietro e per una parte della zona su cui affaccia la Basilica, il resto è sconfortante. Il cuore della città non appartiene a chi ci abita o a chi ci lavora, ma è patrimonio di tutti i cittadini – compresi quelli delle frazioni – e scelte importanti come la fruizione del centro storico vanno condivise per arrivare a soluzioni di equilibrio dei diversi legittimi interessi.

Non si può pensare di chiudere senza un piano traffico, senza pensare a un’integrazione con piazza Alighieri e corso Principe di Piemonte. È giusto mantenere chiusa la strada che passa davanti alla Basilica per preservare questo gioiello dai danni che il traffico può causarle, ma - allo stato attuale - la chiusura del centro storico nel suo complesso può essere riconfermata con le stesse modalità dello scorso anno partendo da metà giugno sino a metà settembre e non dall’1 maggio come ha pensato di fare il sindaco.

Questa amministrazione, invece di fare atti sterilmente autoritari, si preoccupi di studiare misure utili a incentivare la ristrutturazione delle abitazioni, a stimolare l’apertura e il rilancio delle attività produttive, a fare di piazza San Pietro un contenitore capace di attrarre spettacoli di qualità, a ridare la luce alla Pupa, a rendere fruibili i tesori architettonici della città concordando e sostenendo l’apertura della Basilica. Nello stato in cui si trova il centro storico, l’inasprimento dell’orario di chiusura è inutile: il sindaco ascolti le ragioni di chi lavora e dà lavoro, ci ripensi.

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Antonio Mellone (del 06/08/2016 @ 17:09:24, in don Donato Mellone, linkato 2929 volte)

Nel corso del solleone estivo, precisamente il 7 di agosto, ricorre la solennità di San Donato. E quindi l’onomastico del fu don Donato Mellone (1925 -2015). Quella che segue è una delle sue (inedite)“omelie di San Donato” trovate di recente nell’archivio dell’antico parroco di Noha. Non vi è riportato l’anno al quale lo scritto si riferisce: dalle prime battute si arguisce soltanto che quell’anno il 7 agosto cadeva di domenica.

*

I chierichetti, salvo quelli che “si ritiravano” in campagna, continuavano a frequentare la parrocchia anche d’estate (don Donato soleva ripetere che la chiesa è come la scuola: “se ti la ‘nnargi’, perdi tutto”).

In compenso, dopo la celebrazione della messa mattutina s’andava tutti al mare.

Alla guida della sua Fiat 128 verde, carica di chierichetti, l’arciprete partiva da Noha verso le otto del mattino e si dirigeva per una breve sosta nella campagna denominata Petrì, sulla via per Collepasso, per “caricare” anche il colà dimorante sottoscritto.

Ricordo che all’inconfondibile suono del clacson di quella benedetta 128 verde che aveva appena imboccato il viale di casa mia (definirla villa sarebbe la più classica delle iperboli) accorrevo come una furia, diciamo per non far aspettare lo zio e gli amici, ma soprattutto per liberarmi finalmente per tutta la mattinata, e fino all’ora del pranzo, dal giogo opprimente del tabacco cui la famiglia tutta era dedita con il suo diuturno lavoro per guadagnarsi da vivere. Altro che bucolica villeggiatura lo scrivente e gli altri figli di contadini trascorrevano nel corso del solleone. Cento volte meglio l’autunno, l’inverno e la scuola.

Da qui ci si dirigeva alla volta del centro di Aradeo dove, in un modesto appartamento ubicato al primo piano di un palazzo prospiciente piazza Camine, abitava il buon don Giovanni Cardinale, collaboratore di don Donato soprattutto nel corso di alcune funzioni, diciamo così, più impegnative tipo funerali o pontificali del vescovo.

Don Giovanni, con i sandali ai piedi e la sua tunica mezzo sgualcita, ci attendeva pronto per salire nella macchina già piena zeppa di gente (si arrivava anche fino a sei o sette chierichetti, oltre ai due sacerdoti) per dirigersi, insieme all’allegra combriccola, alla volta del mare, e precisamente in quella zona di bassa scogliera a sud di Gallipoli denominata “la vecchia torre di Rivabella”. Diciamo qui per inciso che don Giovanni non poteva mancare a questo quotidiano appuntamento: era l’unico fra noi che sapeva nuotare, era l’unica nostra àncora di salvezza, l’unico bagnino se mai ce ne fosse stato il bisogno in quello specchio d’acqua limpido ma, sin dalla riva, profondo.

In quel luogo e in quei tempi, che ricorderò sempre con nostalgia, imparai a nuotare, a raccogliere i ricci in apnea, a fare i primi tuffi, e soprattutto ad amare per sempre il mare del Salento, così bello quando è bello.

Di domenica il mare lo vedevamo invece con il binocolo in quanto i sacerdoti avevano le messe da celebrare, e noi altri chierichetti da servire. Dunque s’andava al mare soltanto nei giorni feriali, a condizione che non ci fosse qualche rito particolare (tipo quello di San Donato, appunto), o il solito matrimonio (rompiscatole) da benedire.

Ora che ci rifletto, credo che con molte probabilità deriverà da qui la mia storica idiosincrasia nei confronti di questo santissimo e divinissimo sacramento.

 

Antonio Mellone

*

 

La festa di San Donato quest’anno cade di domenica, e quindi necessariamente è stata soppressa per lasciare il posto alla liturgia domenicale. E’ questo il motivo per il quale le preghiere, come anche le letture, sono quelle della domenica. Però se è stata soppressa la solennità di San Donato, la festa del parroco bisognava celebrarla lo stesso, e lo si sta facendo con i fiori, con le luci, i canti e il suono dell’organo. Penso che non manchi nulla.

Sicché qualcuno o qualcuna, potrebbe dire o pensare dentro di sé: “In fondo vale la pena di essere parroco, perché si ricevono tanti onori”.

Cosa si potrebbe rispondere?

Ebbene, noi rispondiamo dicendo che i festeggiamenti non sono rivolti al parroco, ma a Colui che il parroco rappresenta. E questo è un elemento che bisogna sottolineare, per cui quando si dice che il sacerdote è un uomo come gli altri, si dice la verità; quando si dice che il sacerdote è un peccatore come gli altri, è vero, e il negarlo non sarebbe onesto. Un laico una volta fece questa preghiera: “Signore ti ringrazio ché ci sono dei difetti nel mio parroco, perché se fosse perfetto non riuscirebbe a capire le debolezze e le miserie di noi fedeli”.

E questo è ancora vero. Ma quando si dice che il sacerdote va rispettato s’intende che il rispetto a lui va dato in quanto il parroco è “l’altro Cristo”.

Infatti, mediante la mia umile persona Gesù Cristo ha potuto guidare questa Comunità parrocchiale per tanti anni. Si è servito della mia bocca per parlare, delle mie mani per benedire e consacrare, dei miei piedi per camminare ed avvicinare i malati e i sofferenti, del mio cuore per amare.

Se tutto questo è vero, ed è vero, allora la festa di oggi non è rivolta alla mia persona, ma “a Colui che mi ha mandato”. Il vero parroco, dunque, è Lui. E’ Lui il parroco inamovibile: io sono soltanto un parroco “pro-tempore” (cioè secondo la volontà del vescovo).

E proprio perché la festa non si riduca soltanto ai canti e ai fiori vorrei ricordare a tutti il dovere che abbiamo di pregare per i sacerdoti, e per il parroco in particolare.

Il parroco ogni domenica ha l’obbligo di celebrare la cosiddetta messa “pro-populo”, la messa per il popolo, e quindi anche il popolo ha il dovere di pregare per il parroco. Non solo: ha anche il dovere di collaborare con lui, perché la parrocchia è un organismo vivente, in cui c’è il capo (che è importante), ma anche le membra (che sono parimenti importanti), a condizione che ci sia unione e collaborazione.

Il mio primo pensiero di lode e ringraziamento va dunque a Cristo, che è il nostro capo, e poi anche a voi tutti per la vostra preziosa collaborazione. Ringrazio l’Azione Cattolica, l’Apostolato della Preghiera, le altre associazioni religiose, i collaboratori del catechismo, il gruppo canto, le signore che danno una mano nella pulizia della chiesa, e tutti gli altri uomini e donne di buona volontà.

Vi esorto a perseverare nel vostro lavoro in questa comunità.

Un parroco che presumesse di fare tutto da solo sarebbe fallito in partenza; mentre se siamo in tanti a collaborare allora se la parrocchia va male, potrebbe iniziare ad andare bene; se poi va bene, certamente non potrà non andare meglio.

Per l’intercessione di San Donato, il Signore ci benedica tutti.

Sac. Donato Mellone

[fotoriproduzione Pignatelli Fotografi – Noha]

 
Di Redazione (del 23/08/2017 @ 17:00:52, in Comunicato Stampa, linkato 1276 volte)

Al via la campagna di monitoraggio e controllo dei rifiuti su tutto il territorio comunale di Galatina e frazioni.

I volontari del servizio civile del progetto Monitor 4015, hanno avviato un’azione prevista dal loro progetto che prevede di perfezionare la conoscenza del territorio attraverso l’aggiornamento della mappatura dei siti abusivi di conferimento dei rifiuti.

I volontari procederanno ad una caratterizzazione del rifiuto attraverso sopraluoghi in loco, allo scopo di risalire all’eventuale soggetto produttore.

La presente azione fornirà una serie di dati di sicuro interesse per l’amministrazione comunale, poiché consentirà di rendere nota la situazione locale, nonché di svolgere azioni finalizzate alla bonifica.

Nel rendere partecipe dell’iniziativa la cittadinanza, viene indicato l’indirizzo mail per le segnalazioni dei rifiuti abbandonati sul territorio comunale. In tal modo tutti i cittadini ricopriranno un ruolo attivo nel monitoraggio dell’ambiente.

 

INDIRIZZO SEGNALAZIONI: scnambientegalatina@libero.it

 
Di Albino Campa (del 20/03/2007 @ 16:52:35, in Racconti, linkato 4474 volte)

"Eccovi un altro racconto di Marcello D'Acquarica: un racconto che ci fa gustare sapori e sentire profumi di orto e di campagna. Gli odori ed i colori del passato che per fortuna a Noha sopravvivono ancora (e speriamo ancora per molto), non contaminati dalla frenesia, dall'inquinamento, dal rumore, dall'omologazione ad uno stile di vita tutt'altro che genuino".

 

Oggi è domenica, e come di consuetudine, faccio “un salto” all'orto. Quasi sempre ci vado al Sabato, per ottemperare alla sacralità della domenica, giorno di festa e dedicato alla  famiglia. Capita  però che le vicissitudini della settimana qualche volta  me lo impediscano e quindi,  ho spostato l'appuntamento ad oggi che è  domenica.
L'orto è un fazzoletto di terra di circa 2000 mq. disteso sul versante a sud-est della collina morenica, immerso nel parco naturale di Rivoli. Rivolto  a mezzogiorno e  distante dai rumori e dal frastuono delle auto.  Da quando vivo qui, insieme a due amici, di cui uno è il padrone,  lo abbiamo adibito a giardino per gli ortaggi. Ortaggi a secco, senza acqua, bagnati solo quando il Signore fa piovere. Il posto in cui è sito si chiama “pozzetto”. Strana analogia!  Come la  zona periferica a nord ovest di Noha: lu puzzieddrhu”,  dove adesso vi hanno costruito la “167”. Era questo uno dei posti dove da bambino con i miei compagni si andava a giocare ed a trascorrere le Pasquette. Dove papà coltivava un “orto” di terra pari a circa venti are, senza acqua ma con tanti bei cozzi.
Angoli di mondo meravigliosi. Ambedue per ragioni diverse. Questo di Rivoli  è in alto, circa 500 mt. sul livello del mare.  Da qui si spazia con lo sguardo l'unico pezzo di infinito che si possa vedere da queste parti. Il resto del panorama è impegnato dalle creste di alti monti  bellissimi: le Alpi. Circondano il Piemonte a mo' di staffa di cavallo. Le montagne più alte d'Italia e d'Europa. Dalle Alpi Cozie con la maestà del Monviso alle Craie con il M.Rosa, fino a chiudere il semicerchio con le Alpi della Val D'Aosta. Una vera barriera, inerme alle invasioni delle orde barbariche e annibalesche, ed a maggior ragione, ai nuovi invasori del terzo millennio. Sulle loro cime, sempre imbiancate, svettano i ghiacciai, presenza consolatrice di una perenne riserva d'acqua. Nei giorni senza foschia sono uno spettacolo meraviglioso. Eppure dopo un po' che le guardi ti  tolgono l'immaginazione, impediscono ogni altra visuale per cui la fantasia resta prigioniera delle loro possenti  e immobili forme. E' assurdo, ma nonostante il loro fascino, possono sembrare una prigione.
Dall'orto, come dicevo prima, invece, si può “bucare” con lo sguardo l'infinito, solamente a Sud.Est. E a me piace pensare che oltre quella coltre grigia di cielo, dove si confondono fino a fondersi, nuvole e colline, si intravedano i due pini (adesso rimasto uno) della via de lu Mureddrha, i “boschi” di ulivi, le  masserie de lu Runceddrha e de lu ColaBaldi, il casale de lu Rumanu con la sua gigantesca palma che qualche anno fa brucio per tre giorni di fila, le terrazze delle nostre bianche case, la torre ed  il castello, la piazza, i compagni di un tempo, casa....!
In  questo silenzioso e magico angolo di mondo mi sono nutrito  dei  ricordi, ho voluto “saggiare” la durezza del lavoro della terra, quella terra che infine ci nutre e ci da la vita. Quella terra che sa ricompensare la fatica dell'uomo.  Che da' e poi si  “riprende” per poi ridare ancora.  Quella... terra! Non questa! Questa è arida, sassosa, secca, pigra. Qui il sole,  benchè  alto e cocente (in alta stagione) non matura i  frutti che per una stagione (non per niente gli indigeni del posto si votarono all'allevamento di bestiame). La pioggia, quando c'è, scorre via veloce e trascina con se, nonostante i miei tentativi di arginamento,  anche quel poco di buono rimasto. Pietre, solo pietre e rovi. E silenzio! Il silenzio che a volte nutre la disperazione dello  spirito ed altre volte lo ingolfa di gioia.
Comunque resta un angolo di paradiso. Qui, vengo a svuotare (non le tasche, a questo ci pensa l'Euro) le mie tensioni della settimana lavorativa. Qui ho compreso l'emozione di ritrovarmi “mbutulato”  quando, stravolto dalla stanchezza fisica (la vita sedentaria di scrivania e PC mi rende precario alla fatica), mi ritrovavo immerso nella terra a raccoglierne i “miseri” frutti. Qui ho confrontato  con rimpianto il sapore delle stagioni. Con rimpianto sì,  perché qui, in ogni anno che passa,  assapori “la resurrezione” a vita nuova meglio che in qualunque altro posto. 
Qui ho atteso vigile il primo lieve segnale del risveglio della natura dal rigido e freddo inverno di questo “insipido” nord. Seppure per brevi e ridotti momenti, qui ho vissuto la gioia di un fiore che nasce e da' colore, ho gustato il nettare delle primizie, ho ammirato la magica festa della primavera. Qui, nelle gelide mattine d'inverno, come quando da piccolo ed insieme al mio amico Roberto vagabondavo per la nostre campagne, ho incontrato il mio amico d'infanzia pettirosso. Anch'esso in lotta per la vita.
Nonostante tutto, in attesa di tornare a casa, era il mio rifugio dove saziare la  mia solitudine. Era! Adesso non è più! Oggi (dopo quasi trent'anni), una domenica mattina come le altre, invece del silenzio e la pace,  vi ho trovato il deserto. Come una fredda e improvvisa magia, ho trovato il nulla. Tutto raso al suolo. Per terra ancora vivamente incisi i solchi lasciati dai cingoli di una ruspa, testimone della “lecita” prepotenza dell'uomo “padrone” . La vecchia pianta di albicocche sopravvissuta ai miei lunghi tentativi di potatura  ha dovuto cedere a tale forza devastatrice, così come ha dovuto fare il canneto da cui ogni anno ricavavo i tutori per le mie piantine di pomodori, il “magazzino” dell'erba tagliata che usavo come fossa biologica, i rovi del mio amico pettirosso, che al  prossimo inverno non mi troverà pronto ad ascoltare il suo canto, il bosco di prugne selvatiche e di sambuco, le terrazze di contenimento, il pergolato che mai fece uva e che mi regalò mio fratello Michele ( lo teneva in un vaso sul  balcone del suo alloggio), il cespuglio di rosmarino e di salvia, la pianta di fico che con  tanto affetto  mi ero trasportato da Noha, il pesco che mi aveva regalato il mio amico Roberto, e quell'altro  di mio fratello Mario, che ogni anno mi regalava il sapore amaro dei suoi frutti,  l'albero di nespole dell'altro mio fratello,  tutto raso a terra! Tutto ridotto in poltiglia!
Anche ai  teneri germogli dei piselli appena nati è toccata la stessa fine,  i  miei leprotti dovranno cercarsi altro da mangiare al loro risveglio dal breve letargo di questa stagione stranamente mite.
In un angolo, a dispetto di tale violenza,  come delle lagrime di gioia, la' dove iniziava il muretto di sostegno,  sono spuntati i fiori gialli, la trhia e ciciari, che da anni oramai scandivano le mie primavere a ricordo del giardino di casa mia. Niente più rose, ne daglie, ne gladioli per il nostro nido d'amore, niente... la furia irruente ha soffocato anche il profumo dei miei narcisi che per primi, vincitori del gelo, ricomparivano instancabilmente ogni anno  in mezzo all'erba ancora secca.
Così, improvvisamente, il demone devastatore mi ha riportato ad una triste realtà, mi ha tolto gli affetti, ha disarmato i miei sogni.
Così è la vita! Fatta di gioie e di improvvisi cataclismi.
Un bel giorno ti svegli e ti accorgi che non sarà più come prima, che le cose cambiano e spesso ce ne accorgiamo quando cambiano in peggio. E allora il panico rischia di rovinare ogni attimo e  la disperazione ci rabbuia l'animo.
Qualunque ne sia la causa il nostro tempo può finire in un attimo e quello che avremmo potuto fare, dire o dare può non essere più  fattibile.
Adesso che anche questa storia è finita, mi rendo conto che in fondo sono stato fortunato. Ho avuto
l'occasione per capire quanta fatica  mio padre ha fatto per sostenere con dignità la sua famiglia. Ho capito anche:
 che nella semplicità delle cose c'è il segreto per la gioia e  la purezza dello spirito;
che apparteniamo alla terra, da cui è impossibile sfuggire,  non a questo finto progresso;
che forse mi resta ancora molto da fare e da donare.
Che in fondo la disperazione non costruisce, non edifica nulla. La pazienza e la perseveranza invece portano verso una meta, ed anche se mai sarà possibile raggiungerla, resta sempre il nostro faro, la luce che ci guida,  ma sempre nel rispetto della natura e del prossimo. Altrimenti diventiamo a nostra volta,  strumenti di distruzione, come i cingoli della ruspa che oggi ha devastato i miei affetti.


Marcello D'Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 04/03/2017 @ 16:51:11, in NohaBlog, linkato 4575 volte)

Cari concittadini,

non ditemi poi che non ve l’avevo detto.

State per mettervi (e in molti casi rimettervi) in casa, vale a dire a Palazzo Orsini, una genia di cosiddetti politici uno meglio dell’altro.

Il simpatico faccione del loro capo, tal Gianpiero De Pascalis – il prossimo venturo sindaco di Galatina che vi accingete a eleggere in massa, anzi per acclamazione - campeggia sin d’ora su manifesti di ogni formato che tappezzano città e borghi, mentre sullo sfondo la povera chiesa madre di San Pietro sembra voler dire a tutti: “tienime ca mo’ casciu puru iu”.

Apparite tutti compatti nel pensiero unico, nella rassegnazione cittadina, nell’ancestrale ‘cupio dissolvi’, allineato e coperto: non s’alza un ciglio, alcun muso si storce, nessun dubbio attanaglia le locali intelligenze (si fa per dire). S’assiste invece solo ad alzate di spalle, allargamenti di braccia e a sospirati: “che ci vuoi fare” uniti a: “non ci sono alternative”.       

Così la destra eterna passerà senza soluzione di continuità da Montagna ad Aprea a De Pascalis nella sua costante e sublime ricapitolazione, fatta dai sempreverdi e salmodianti paroloni ad effetto: “sviluppo”, “ricadute occupazionali”, “centri commerciali”, “aree mercatali”, “colacementi” e infine “asfalti bituminosi”. E già che, di questi ultimi, oltre che di discariche, se non altro per professione, il De Pascalis ne è un’indiscussa autorità, sicché, come automaticamente penserete con grandi sospiri di sollievo, spariranno finalmente dalle strade di Galatina e frazioni crepe, gobbe e crateri maledetti la cui vocazione sembra esser quella di complottare atti terroristici a semiassi e coppe dell’olio delle vostre auto. Un po’ più difficile sarà invece tappare le buche di bilancio del Comune - ma per chi crede, più che per chi sa, la divina provvidenza non ha limiti.    

Così, per rinfrescarvi la memoria, vorrei rammentare il fatto che nel 2010, salvo errori e omissioni, il novello vostro futuro sindaco fu candidato alla Regione Puglia nella lista denominata “I pugliesi per Rocco Palese”. Era questa una costola del partito del frodatore fiscale di Arcore, da cui poi successivamente ha fatto finta di staccarsi uno dei suoi pupilli (in leccese: pupiddhri), anzi quasi-delfino (più o meno lesso), nonché sinistro di qualche suo governo, tal Fitto Raffaele, inseparabile amico e forse pure parente del suddetto Rocco e i suoi fratelli.

A suo tempo riusciste addirittura a dargli in una sola botta non meno di 2500 voti, ma nonostante la vostra buona volontà egli non giunse a conquistare l’agognato seggio, come invece fu per il compagno di merende Palese, candidato presidente, anzi candidato perdente, al mulino del quale De Pascalis aveva portato i vostri secchi pieni d’acqua.

Coraggio, se v’impegnate un pelo di più questa volta alle comunali ce la farà al primo turno.  

*

Nell’allegra combriccola delle policromatiche sigle a sostegno di De Pascalis (le famose cinquanta sfumature di Gianpiero) s’annovera finanche il Partito Socialista.

Ora. E’ possibile che nella lettura degli otto volumi del Capitale di Marx e nella sintesi epesegetica del Manifesto del Partito comunista (scritto con Engels) mi sia sfuggita qualcosa, ma nel mondo di sottosopra in cui ci troviamo a vivere pare sia addirittura naturale che un partito socialista possa essere di destra. Ecco perché nessuno riesce a distogliermi dall’idea che Marx l’abbiano seppellito già rivoltato nella tomba.     

Ovviamente, accanto ai socialisti di destra non poteva mancare il nostro Udc (Uscite del c…) Giancarlo Coluccia, il per fortuna ex-sindaco di Galatina, anch’egli transfugo da chissà quante sigle di partiti (“partito”, evidentemente, è voce del verbo), a suo tempo accoltellato alle spalle (politicamente, s’intende) da buona parte degli attuali compagni di cordata (o forse di sola corda) con i quali, per questa tragicomica campagna elettorale, sembra essere tornato culo e camicia.

Nel 2011, con il crollo della sua giunta, così sentenziava il Farmacoluccia all’indirizzo dei suoi vecchi e nuovi “alleati” che come al loro solito chiedevano maggior visibilità: “I Socialisti sono molto bravi ad individuare le persone che possono vincere le competizioni elettorali, ma hanno dimostrato di non avere cultura di governo, sono refrattari all’amministrare. È la terza amministrazione, dopo quella di Rizzelli ed Antonica, che fanno cadere”. [forza: non c’è tre senza quattro, ndr.].

Povero Coluccia: zero ne pensava e cento ne combinava. Eppure sarebbe stato sufficiente dar retta proprio ai “compagni socialisti” - nel senso di concedere loro la tanto agognata “maggior visibilità” - per farli sparire in automatico dalla circolazione: bastava ascoltare l’ars oratoria, l’eloquio forbito, che dico, la dialettica ma soprattutto il dialetto dell’assessore Garzia (un nome, una garzia) per metterci definitivamente una garza sopra.

*

Tra i bruti accoltellatori di spalle di Giancarlo nostro non poteva certamente mancare il “giovane e concreto” Antonio Pepe, un pOLITICO capace finalmente di far ingranare la marcia a Galatina e dintorni. La retromarcia, per la precisione.  

Sì, perché Pepe sembra avere un programma politico al cui confronto il codice di Hammurabi è un avveniristico capolavoro di modernità. Memorabili le sue catilinarie sul Quotidiano, suo house organ preferito, a proposito dei bancomat da installare nelle povere frazioni.  

Cosa diceva, a proposito di Antonio Pepe, il noto baffetto politico nohano, cioè sempre Coluccia, conosciuto da tutti per la sua perspicacia politica e per aver collezionato più fiaschi della cantina Santi Dimitri?

Eccovi qualche carineria: “Come primo firmatario della mia sfiducia c’è Antonio Pepe, che ha tradito la mia fiducia e ha tradito non tanto i valori della sua appartenenza, perché è passato dal Pdl all’Udc, ma quelli della mia coalizione”. E poi ancora: “Si è sempre caratterizzato per la sua voglia di arrivismo, tanto che aveva chiesto al Pdl la candidatura a sindaco. Poi non ottenendola, è passato dopo qualche mese nella maggioranza”. E infine: “Per quel che mi riguarda è una persona inaffidabile”.

*

Ecco, cari concittadini, con questi presupposti alti e nobili una novella armata Brancaleone s’accinge a governare la città di Galatina.

La quale, già bistrattata, indebitata, sputtanata, intossicata, nonché violentata da cemento e asfalto, era a un passo dal baratro, anzi dalla discarica.

Con De Pascalis & Co. potrà finalmente fare un passo avanti.

Antonio Mellone

 

 

[fonti giornalistiche mai smentite dagli interessati: Il gallo.it; Lecceprima.it; e i siti di Galatina e dintorni tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012]

http://www.lecceprima.it/politica/commento-del-sindaco-dimissionario-galatina.html

http://archivio.galatina.it/politica/palazzo-orsini/2339-conferenzastampacoluccia

http://www.ilgallo.it/news-salento/galatina-si-ripartira-da-coluccia/

http://archivio.galatina.it/news/cronache-galatinesi/509-antonio-garzia-i-vigili-come-san-sebastiano-martiri

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/12/2017 @ 16:50:56, in NohaBlog, linkato 2119 volte)

A ovest, il muro di cinta della mia vecchia scuola confinava con i prati. Lo rasentava uno strettissimo sentiero che a nemmeno un metro di distanza, cedeva il piano ad una scarpata profonda quasi due metri.

La camminata sul battuto però era sicura, l’avevano calpestata centinaia di piedi. Quel sentiero era l’ultima strada a ovest che percorreva l’abitato da nord a sud e viceversa. Bisognava fare attenzione solo a qualche spuntone di pietra e pochi cespugli di piante spontanee e spinose. La campagna in quel tratto sembrava ai nostri occhi uno scalare di montagne immaginarie su piccolissimi dislivelli del terreno che con i monti nulla avevano a che fare, se non le rocce affioranti e bianche, macchiate dai colori dei muschi di stagione. A far temere il cammino dei nostri passi, stavano al fondo del precipizio, più o meno all’altezza del muro di cinta, due grandi fosse colme di reflui di liquame stallatico, che si dice le avessero scavate, le fosse, i soldati dell’armata del Reich in sosta a Noha nell’ultima guerra.

Dal quel sentiero in direzione sud, s’usciva dall’abitato attraversando una folta boscaglia di fichidindia. Da qui, dove ancora non c’erano case, aveva inizio il viale degli eucalipti. L’avevano impiantato quando tutti eravamo più poveri ma avevamo l’amor proprio, diremmo oggi: l’onestà intellettuale. Sempre da ovest, allineata con via Benevento, dritto dritto s’incrociava un altro sentiero stretto e lungo, che dopo aver superato in linea d’aria l’altezza del camposanto,  spariva fra gli ulivi di contrada Roncella. Il mito era ovunque: nei racconti dei vecchi, nelle fiabe di scuola o nelle visoni collettive dei nostri piccoli cervelli imbottiti di personaggi fantomatici o di anime di morti che attendevano al varco gli incauti viandanti non conformi all’avanzare della notte. Allora veniva facile imbattersi nel capitan Burrasca che brandendo la spada richiamava lo sguardo dei suoi fidi alla punta dei suoi baffi, oppure la piccola vedetta lombarda o l’uomo volante e addirittura il buon cappuccetto rosso. Troppa poca adrenalina? Eppure eravamo felici.

Il suono della campanella quella mattina tardava a farsi sentire. Marino, il nostro bidello, s’agitava visibilmente ed il suo andirivieni fra il cancello e la porta d’ingresso che sovrastava la scalinata d’accesso, era motivo per noi, diavoli educati a suon di mazzate, di inquietudine e alibi per fomentare il disordine.

L’ordine imposto dal buon bidello era visibilmente precario e il flusso della marea maschile tendeva a volte a  straripare all’esterno della cinta muraria e a volte tra le fila delle composte compagne  in grembiule a  quadretti bianchi e rosa.

Saltata la corrente e quindi a campanella ammutolita, tutto lasciava  presupporre un buon motivo per fuggire per le vie del paese, in direzione opposta a scuola e case, liberi e forsennati come dei piccoli pony imbizzarriti che hanno appena scavalcato il recinto che li imprigiona. All’orizzonte si parava il mistero. Una barriera grigio perla di ulivi attraversati necessariamente da antichi tratturi, le nostre carrare che appena larghe oltre il metro e mezzo si chiamavano vie. E così l’unica via era quella che portava alle due  Roncelle, la piccola e la grande, e l’altra più a nord che passando davanti alla masseria Colabaldi portava dentro le viscere di Galatina, come dire, l’ingresso di servizio. Il resto erano solo carrare, stretti sentieri tortuosi che scansando cozzi variopinti e fazzoletti di terra coltivati, si snodavano dolcemente in quella che era  la nostra bellissima campagna. Un mito, appunto.

Ora invece l’hanno ribattezzata  area artigianale. E tra montagne di pannelli fotovoltaici, muretti a secco sventrati o divelti del tutto, alberi secchi e bruciacchiati e distese di rifiuti di ogni genere, non ha più il sapore di campagna ma solo di una terra quasi morta. Come l’acqua sporca in fondo alla vecchia cisterna e l’aria che ad ogni girata di vento, puzza terribilmente di civiltà bruciata.

M. D’Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 25/02/2018 @ 16:33:58, in NohaBlog, linkato 1699 volte)

Nella nostra bellissima terra che è un paradiso nonostante l'ostinata ignoranza distruttiva di molti scellerati,  dove, quando il libeccio manca, lo scirocco e la tramontana giocano a colpi di carezze ventose, è raro vedere lo spettacolo dell'acqua che corre. Questa è terra di sole e di aria infuocata. Ma il suono che riecheggia nell'intorno  costringe a chiudere gli occhi per non vedere l'orribile operato dell'orco nero, ora padre e figlio, due generazioni indolenti, sempre pronti   a gettare a destra e manca, cemento e rifiuti. Dove gli avi posavano ordinatamente le pietre tolte dal campo, questi figli degeneri, posano le loro porcate. E i muri a secco sembrano discariche che arginano la supponenza. Ma nonostante tutto, le immagini del veleggiare di semplici barche di carta, che noi si rincorreva scalzi anche d'inverno,  ricordi di stagioni rapide, prendono il sopravvento e s'alternano a quelle invece di veri torrenti recalcitranti e lontani. Qui il Signore, durante la creazione del Suo Eden,  lasciò cadere di sicuro dei pezzi di Paradiso.
Ora è difficile credere che quest'acqua, che fino a poche decine d'anni fa, la coglievamo nel palmo per placare la sete,  ora invece, dopo aver lavato la campagna avvelenata da tonnellate di poltiglie  diserbanti,  trasporta con sé una cattiva magia di morte.

M. D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 31/12/2017 @ 16:27:34, in NohaBlog, linkato 1429 volte)

Le amenità della Convenzione (ovvero Circonvenzione di incapace) firmata tra Pantacom srl (quella del centro commerciale di 25 ettari di cemento in mezzo alla campagna) e il Comune di Galatina non finiscono mai di stupire.

In un altro brano del poema omerico troviamo quanto segue: “Gli obblighi assunti dalla società con la presente Convenzione vengono personalmente garantiti dall’Amministratore unico e legale rappresentante, sino al rilascio della polizza fideiussoria a prima richiesta di 80.000,00 euro (euro ottantamila/zero zero) rilasciata da primaria banca o compagnia assicurativa”.

Poffarbacco, per non dire mej cojoni.

Ora, un Cittadino degno di questa dignità subito chiederebbe ai suoi rappresentanti politici: “Scusate tanto: ma chi sarebbe codesto legale rappresentante? E che valore ha una firma di garanzia personale da parte dell’amministratore della Pantacom, soprattutto in termini monetari, patrimoniali, finanziari, oltre che dialettici? E - se non chiedo troppo - da quando in qua in un contratto con gli enti pubblici basta la parola? [Che con molte probabilità è Falqui o altro lassativo similare?, ndr.]. E ammesso e non concesso che la Srl riuscisse ad ottenere una fideiussione di 80.000 euro, cosa si riuscirebbe a garantire con soli 80.000 euro, pari ad una percentuale risibile [eufemismo, ndr.] delle spese da sostenere per i lavori di pubblico disinteresse, tipo le famose tre grandi rotatorie [tra le poche opere Diciamo Pubbliche superstiti, visto che il famoso parco verde di cinque ettari è sfumato come il vino bianco sulle scaloppine, ndr.]?”

Questo, in un paese normale. A Galatina, invece, nessuno chiede e nessuno risponde. Un classico.

Oltretutto con “80.000,00 euro di fideiussione a prima richiesta rilasciata da primaria banca o assicurazione” non si riuscirebbe a garantire nemmeno il costo di una ruspa di seconda mano pronta a sbancare campo Cascioni, ma nemmeno le fondamenta del primo capannone o il carburante per l’inizio dei lavori, figuriamoci a risarcire il Comune di Galatina a fronte di "eventuali danni derivanti dal mancato rispetto dei termini della Convenzione” [che a questo punto sarebbe d’uopo chiamare più precisamente Convinzione, ndr.].

*

Sempre a proposito di garanzie, ricordo che nella Conferenza dei Servizi che ebbe luogo a Bari a metà aprile 2014, si convenne in qualche modo su di un’altra assicurazione, quella di un milione di euro (un-mi-lio-ne-di-eu-ro-si-gno-ra-mia) da trovare entro il 31 gennaio 2015 (anno di venerata memoria). Ma anche di quella garanzia a favore del Comune, scritta con inchiostro simpatico nel libro dei sogni [come i 200, quasi 300 posti di lavoro che verranno creati, più o meno come quelli di Tap, al tempo delle calende grike, cioè ai tempi di Calenda, grande sinistro dello sviluppo economico, ndr.], non si seppe più nulla. Prescritta. Sedotta. Abbandonata.

Ormai, in queste contrade, “garanzia” è diventata un lemma così anacronistico, bisbetico, eteroclito che a Galatina pensano subito all’avviso di.

Dunque meglio evitarla come la peste bubbonica.

Nel frattempo concediamo pure l’ennesima proroga a Pantacom (tema principale della prossima ventura Conferenza dei Servizi rinviata, pure questa, al 12 gennaio prossimo venturo), giacché secondo i cosiddetti politici locali “la società ha tutto il diritto di richiederla” visto che investirà venti milioni di euro (fonte: il solito Quotidiano di Caltagirone), mentre il Comune evidentemente non ne ha alcuno di opporvisi [sembra brutto nei confronti di certi colonizzatori forestieri, ndr.].

E così mentre altrove si richiedono garanzie reali “soddisfatti o rimborsati”, nelle nostre contrade ci accontentiamo delle solite garanzie sopraffatti o rimbambiti.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 19/03/2022 @ 16:21:08, in Fetta di Mellone, linkato 1161 volte)

Nella prima parte di queste note scombiccherate ho fatto cenno al contesto nel quale si è svolta la prima conferenza stampa di presentazione del Puntinismo, che stavolta non è il più o meno noto movimento pittorico di fine ‘800 ma il programma “puntuale” di diciamo governo della Sandra Sindaco da sottoporre al voto (o forse a referendum sulla sua figura), esposto sostanzialmente in quindici minuti scarsi di “domande”, seguiti da un’ora e cinquanta di chiamiamole risposte.

Ora, dopo il contesto, cercherò di dare una sbirciatina al testo provando a estrapolare qualcosina dalla famosa raccolta punti della rediviva candidata: non so se si tratterà di “idee” da rilegare in un novello tomo dei sogni oppure nel solito pamphlet degli incubi. Chi voterà vedrà.

Da un po’ di tempo a questa parte il tracollo economico dei comuni e la storia dei loro bilanci fallimentari sembrano passati in secondo piano: all’orizzonte la promessa pioggerellina di quattrini grazie a una fiammante forma di debito che va sotto il simpatico acronimo di Pnrr, onde tutti gli aspiranti al soglio comunale sono pronti a far vedere i muscoli, pretendendo più autonomia, indipendenza e libertà d’azione in modo da sbizzarrirsi nella fertile pratica di lasciare, ahinoi, un segno indelebile del loro passaggio.

A proposito di bi- e tricipiti brachiali da ostentare, la Sandra ci ha fatto sapere, tanto per dirne una, che per evitare la definitiva mortificazione dell’ospedale di Galatina, ergo per riaprire battenti, reparti, sale operatorie, terapie intensive, sub-intensive e via di seguito, e dunque far ritornare un bel po’ di Infermieri, Oss, Medici, Tecnici, e pure “Portantini” [sic] sarebbe bastato “battere i pugni sul tavolo”. E che ci vuole?

Noi - che scemi - pensavamo si trattasse di quel gioco di prestigio più ampio chiamato “riordino ospedaliero”, voluto dal reset dello stato sociale e di diritto, del quale il suo partito progressista-neoliberista è uno fra i più accaniti sostenitori: quel partito che, insieme agli altri della stessa risma, definiti Migliori da chi è “più migliore” di loro, taglia posti letto, personale sanitario e infrastrutture pubbliche (i soliti malpensanti asseriscono a favore delle cliniche del profitto), e al contempo per nostra fortuna aumenta a mo’ di compensazione la voce di spesa per le armi. C’è da dire tuttavia che si tratta di armamenti pacifisti, cioè verniciati con i colori arcobaleno, quando non avvolti nei drappi iridati che sovente garriscono al vento delle piazze (per definizione sempre stracolme) di sardine, gretini, riformisti, antifascisti prêt-à-porter, sinistronzi, e altre anime belle che, insieme a Bella ciao, si sono appropriate di bandiere e slogan degli sfruttati.  

A proposito di segni indelebili del passaggio sindacale, in maniera più o meno sibillina la probabile neo-bi-sindaca ci fa sapere che una decina d’anni fa, se non proprio lei in persona, fu la sua fazione una delle protagoniste indiscusse dell’edificazione dell’“hub nel quale tutti quanti noi ci siamo vaccinati” [sic!]. Il riferimento è a quel bigio parallelepipedo cubista piazzato in fondo a viale don Bosco al posto della campagna e dell’orizzonte, all’epoca definito, non senza un certo sense of humor, Auditorium (per concerti eh, mica bruscolini), e utilizzato un centinaio di mesi dopo come Adiutorium (anagramma del primo). Quando si dice dal punto (anzi dal contrappunto) alla puntura.

Che lungimiranza, però, riuscire a prevedere epidemia e vaccini a ripetizione - e di conseguenza androni prefabbricati per gli hub del generale penna in testa e mostrine al petto - con ben due lustri d’anticipo.

Vuoi vedere che, in illo tempore, sarà stata la Sandra Sindaco a vaticinare prima fra tutti la storia contemporanea e la sua narrativa, suggerendone poi i successivi sviluppi al compagno Bill Gates?

[continua]

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 14/09/2010 @ 16:19:56, in Fotovoltaico, linkato 3563 volte)
NOHA 12 Settembre 2010,
Fiera della Madonna delle Grazie.


La lotta
per salvare la terra dall'invasione del fotovoltaico continua. Forse per il nostro primo cittadino, citato negli appelli a tutti i nostri incontri informativi in quanto, appunto, primo fra tutti, è poco rilevante che sotto le mascelle stritolatrici della Fotowatio s.r.l. (e presto anche della Sun Raj, della Emmec 2, della Tecnolights, della GM Solar, Fabrika ed Energyca sun, più altre 4 piccole società nostrane) ci finiscano i nostri cozzi e la nostra terra.
Evidentemente cozzi e terra non gli appartengono visto il suo totale disappunto sul loro valore oggettivo. Preferisce barattarli per chissà quale ristrutturazione di canili e di giardinetti e perdere un polmone di quasi 200 Ha di campagna. E non solo, tra qualche anno, quasi certamente, saranno altrettanti cimiteri di macerie.
Terra uguale a discarica
, questo è il frutto dell'opera di chi deleghiamo a prendersene cura.
Nessun utile per i residenti, nessun utile per la terra, nessun ritorno di energia pulita, ma solo loschi affari per società straniere e non che approfittando di una legge Italiana distratta, mungono i nostri risparmi incassando milioni di incentivi
. Questo dichiarano i nostri amici di Forum Ambiente Salute.
Sovente i nostri rappresentanti giurano sulla Costituzione della Repubblica Italiana, ma o non ne conoscono il contenuto, il che è grave (per esempio nell'art. 9, il secondo comma recita "La repubblica tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico della nazione") oppure conoscono il contenuto, ma si comportano da perfetti spergiuri, il che è ancora più grave.
Quindi i cittadini di Noha e di Galatina si ribellano a questo sopruso ed a questa imposizione istituzionale. Alla manifestazione della Fiera della Madonna delle Grazie i cittadini che amano la loro terra, terra già benedetta da Dio, hanno dimostrato spontaneamente la loro contrapposizione allo scempio che si sta consumando a due passi delle loro case. Si sono messi in fila, con il documento di identità, per "donare" la loro firma per una giusta causa. Oggi "i dialoghi di Noha" parlano in nome di 200 cittadini, a breve saranno 500, 1000, 2000.
Insomma a prendere l'abbaglio non saranno solo quei quattro gatti del comitato, ma un'intera comunità.




Il Comitato
 

Parliamo di libri questo pomeriggio di fine estate, in questo cortile, luogo del cuore, purtroppo semidiruto, graffiato dall’ira del tempo e dall’abbandono degli uomini. E lo facciamo quasi sottovoce (anche se con il microfono), con delicatezza, come si conviene, per non svegliare i fantasmi del passato, aggrappati alle volte dei secoli.
In questo luogo, appena cinque secoli fa, si sentiva ancora rumore di armi e di guerrieri, di cavalli e cavalieri, di vincitori e vinti.
Al di là di questo muro, tra alberi di aranci, una torre si regge ancora, da settecento e passa anni, come per quotidiano miracolo: è la torre medioevale di Noha, XIV secolo, 1300. Quelle pietre antiche e belle urlano ancora, ci implorano, richiedono il nostro intervento, un “restauro”, il quale sempre dovrebbe rispettare e storia e arte.
Da quella torre, addossata al castello, riecheggiano ancora le voci lontane di famiglie illustri nella vita politica del mezzogiorno d’Italia. Qui abitarono i De Noha, famiglia nobile e illustre che certamente ha avuto commercio con i Castriota Scanderbeg e gli Orsini del Balzo, signori di San Pietro in Galatina (città fortificata chiusa dentro le sue possenti mura), ma anche con Roberto il Guiscardo e forse con il grande Federico II, l’imperatore Puer Apuliae, che nel Salento era di casa. 
Da Noha passava una strada importante, un’arteria che da Lecce portava ad Ugento, un’autostrada, diremmo oggi, che s’incrociava con le altre che conducevano ad Otranto sull’Adriatico o a Gallipoli, sullo Ionio.
Da qui passarono pellegrini diretti a Santa Maria di Leuca e truppe di crociati pronti ad imbarcarsi per la terra santa, alla conquista del Santo Sepolcro…
*
Ma la storia noi stiamo continuando a scriverla; voi potete continuare a scriverla, e non solo nelle pagine di un libro. Solo se diamo corso (come stiamo credendo di fare) ad un nuovo Rinascimento ed ad un nuovo Umanesimo di Noha, daremo una svolta alla nostra vita e alla nostra storia. E alla nostra civiltà. 
*    *    *
Noi ci troviamo dunque in un “praesidium”, un presidio. E Noha era un presidio.
E sapete anche che Noha è, da non molto tempo, invero, “Presidio del libro”.
Ma cosa è un presidio?
Sfogliando un dizionario d’italiano (che dovremmo sempre avere a portata di mano, pronto per la consultazione) al lemma o parola “presidio” troviamo questi significati: 1) presidio = complesso di truppe poste a guardia o a difesa di una località, di un’opera fortificata, di un caposaldo; luogo dove queste truppe risiedono (per esempio si dice “truppe del presidio”);
2) presidio = occupazione di un luogo pubblico a fini di controllo e sorveglianza o anche solo di propaganda (per esempio “presidio sindacale nella piazza”); 
3) presidio = circoscrizione territoriale sottoposta a un’unica autorità militare;
4) presidio = complesso delle strutture tecnico-terapeutiche preposte in un dato territorio all’espletamento del servizio sanitario nazionale (presidi ospedalieri);
5) presidio = difesa, protezione, tutela (essere il presidio delle istituzioni democratiche);
6) presidio = sostanze medicamentose (presidi terapeutici) oppure presidi medici e chirurgici….
Vedete quanti significati può avere la parola “presidio”!
Penso che per il concetto di “Presidio del libro”, tutte queste definizioni, più o meno, calzino bene.
E’ un luogo. E la biblioteca Giona è il cuore di questo presidio.
Ci sono le truppe.
Ma le truppe siamo noi e  le armi sono i libri; i carri armati sono gli scaffali che li contengono.
Le altre armi, invece, quelle da fuoco, le lasciamo agli illetterati, ai vandali, ai mafiosi, a chi non è trasparente, a chi non ha idee, a chi non ama il bello.
Presidio del libro è anche sostanza medicamentosa, terapeutica, contro i mali della società.
Il presidio del libro riuscirà a sovvertire, a sconfiggere quell’altro presidio: il “presidio della mafia”? 
Forse si: se questi libri li apriamo, li sfogliamo. Li annusiamo, anche, e li leggiamo, li prendiamo in prestito, li consigliamo agli altri, li doniamo. Ne incontriamo gli autori, ne parliamo a scuola, in piazza, dal parrucchiere, dall’estetista, al supermercato, al bar, al circolo, fra amici.
Tutti i luoghi sono opportuni per parlare di libri: a volte basta solo un cenno, non c’è bisogno di una conferenza in una sala convegni per parlare di letteratura, di poesia, di storia, di leggenda, di arte...
Ecco allora che “Presidio del libro” diventa “difesa”, “protezione”, “tutela”, “crescita”, rispetto della persona, dei luoghi, dei beni culturali, di Noha tutta. Solo chi legge difende i monumenti, la piazza, la torre, questo castello, la masseria, la casa rossa, la trozza, la vora, il frantoio ipogeo, le casette dei nani… Ma anche i giardini, le terrazze, la campagna, i colori delle case di Noha (che stanno sempre più perdendo il loro colore bianco brillante, quello della calce, per diventare d’arlecchino multicolore, a volte troppo appariscente…). Chi legge difende la civiltà, la democrazia, l’etica, la libertà del pensiero e del giudizio e finanche della critica (costruttiva), e tutela il bello che è integrità, luminosità e proporzione.     
Guardate che la biblioteca o la libreria (che non dovrebbe mai mancare in ogni casa: meglio se questa libreria è ricca, e piena di libri e non contenga solo un’enciclopedia a fascicoli che ti danno in regalo con l’acquisto dei detersivi o con la raccolta dei punti al distributore di benzina); dicevo, la libreria non è solo un deposito o una raccolta di libri. Ma uno strumento di conoscenza ed in certi casi di lavoro.
*
E’ vero: esistono così tanti libri, che spesso non si sa da dove incominciare.
Se soltanto volessimo leggere i “classici”, cioè i libri, diciamo, fondamentali per l’uomo di buona cultura, volendone leggere, ad esempio, uno ogni settimana (che è una ragionevole media), non ci basterebbero 250 anni. Dovremmo vivere almeno 250 anni, per leggere ininterrottamente i libri diciamo più importanti o indispensabili.
Se a questi volessimo aggiungere le collane della Harmony, o i libri di Harry Potter, o quelli degli scrittori minori o locali (come siamo noi), o gli altri che leggiamo per diletto o divertimento, (tutti ottimi! Ma non classici) necessiteremmo almeno del doppio di questi anni, vista permettendo!
Dunque: nessuno può aver letto o leggere tutto (neanche le opere più importanti).
E questo però ci consola.  
Intanto perché possiamo partire a piacere da dove vogliamo.
Ed un altro fatto che ci rassicura è che spesso i libri parlano di altri libri: cioè con la lettura di un libro a volte riusciamo a entrare in altri libri (anche senza aver mai visto questi altri libri): i libri infatti sovente, tra un riferimento e l’altro, si parlano tra loro.
I libri sono come i nostri amici che ci riferiscono come stanno gli altri nostri amici, che magari non vediamo da tempo.
*
Sentite.
Spesso si parla del dovere di leggere.
No! 
Leggere non è un dovere: è un diritto!
Inoltre il lettore ha altri diritti (come dice Daniel Pennac, nel suo libro intitolato Come un romanzo, Feltrinelli, 6 Euro):  e  questi diritti sono i seguenti: primo il diritto di non leggere (ciò che ci impongono); poi, il diritto di saltare le pagine; poi abbiamo il diritto di non finire un libro; il diritto di rileggere (non preoccupatevi: si può essere colti sia avendo letto quindici libri che quindici volte lo stesso libro. Si deve preoccupare invece chi i libri non li legge mai!); il diritto di leggere qualsiasi cosa; c’è poi il diritto di leggere ovunque (non solo a casa, ma al mare, sull’autobus, in villetta, ovunque); il diritto di spizzicare (si da uno sguardo, si legge la bandella della copertina, si apre a caso una pagina, si legge come comincia o come finisce: insomma pian piano un libro si può assorbire anche a “spizzichi e mozzichi”. Chi ce lo impedisce?); ancora il diritto di leggere a voce alta; infine il diritto di tacere: cioè nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa lettura, che è e rimane una cosa intima, esclusivamente nostra.

Leggendo, ragazzi, vedrete, poi, che riuscirete a descrivere qualcuno o qualcosa, utilizzando quelle stesse parole del libro: vi viene quasi automatico. Vi accorgerete di essere stati chiari e non banali; non avrete più il problema di cadere nei silenzi tra una parola e l’altra. Quei silenzi orrendi e imbarazzanti. Come il silenzio nel corso di certe  interrogazioni.
E non abuserete dei “cioè”; vi sentirete soddisfatti di questo, ma soprattutto imparerete a sognare, a volare alto, e difficilmente sarete malinconici.
*
Il nostro scritto prima ancora di iniziare a vivere nel libro, o su un giornale o su una rivista, si può già assaporare nelle parole della gente, con i suoi racconti, le sue esperienze: sentimenti, che lo scrittore ha raccolto e animato.
Ecco lo scrittore cerca di colorare il mondo. Noi abbiamo cercato di dare calore e colore alla nostra storia, alla nostra arte, alle nostre leggende.
P. Francesco D’Acquarica, che ha scritto con me le pagine di questo tomo (è come se avessimo eseguito una suonata a quattro mani e quattro piedi ad un organo a canne) ha compiuto un lavoro lungo decenni, s’è consumato gli occhi, per leggere, interpretare e ritrascrivere i documenti dell’archivio parrocchiale di Noha o quello vescovile di Nardò e numerosi altri documenti. E ha fatto rivivere la storia della gente ed i suoi pensieri (se leggiamo i proverbi che abbiamo posto in appendice, ad esempio, capiremo subito).
Ha risvegliato, ha ridato voce e fiato e vita e colorito ai nostri avi, ai nostri bisnonni, gli antenati. Per questo non finiremo mai di ringraziarlo.
Però il miglior modo di ringraziare uno scrittore è leggerlo.
E’ sfogliare il nostro libro, che abbiamo scritto con tanta passione. Leggerlo, consultarlo, criticarlo (anche), ma prima di tutto studiarlo.
*
Vedete: Noha dopo il nostro libro: “Noha. Storia, arte, leggenda” non è più quella di prima. Anzi quanta più gente legge il nostro libro, tanto di più migliorerà la nostra Noha. Potremmo anche dire che oggi Noha è un po’ migliore, rispetto a ieri. Non dobbiamo aver paura di pensarlo e dirlo.
E sarebbe proprio la città ideale se tutti leggessimo quel libro, fossimo curiosi, ci conoscessimo di più.
Saremmo più gentili. Meno sospettosi. E anche più accoglienti.
*
Abbiamo bisogno a Noha di scrittori, di gente che può cambiare il mondo. Ma prima di tutto abbiamo bisogno di lettori. I lettori sono i primi che possono cambiare il mondo. Se con la lettura si riesce a svagarsi, divertirsi, sognare, imparare a riflettere, allora si capisce meglio il mondo, e non si da retta alle futili mode o tecnologie o alle corbellerie. Ma è così che si cambia il mondo! 
Con la lettura miglioriamo il nostro stile di vita, il nostro equilibrio morale ed anche economico. Non a caso chi legge è anche più ricco, e gode di un più alto tenore di vita.
E, il più delle volte, è anche un po’ più affascinante (o almeno così qualcuna mi dice, lusingandomi)…
*
Democrazia e libri sono sempre andati storicamente a braccetto.
Le librerie e le biblioteche nei paesi liberi sono veri e propri presìdi di democrazia e civiltà. La libreria o la biblioteca è uno spazio amico. Giona è dunque una nostra amica. E certe amicizie vanno frequentate. 
In libreria o in biblioteca c’è la sostanza più potente di tutte: la parola scritta. Tutte le altre sono chiacchiere, parole al vento.
Nella vita di ogni uomo c’è un pugno di libri che lo trasformano radicalmente. Entra in un libro una persona e ne esce un’altra, che vede se stessa ed il mondo in maniera completamente diversa e farà cose diverse.
Un maglione, un’auto, una moto possono rappresentare un uomo ma mai cambiarlo come invece può fare un buon libro.
*
Il libro è un regalo. Un regalo che potete fare innanzitutto a voi stessi ma anche agli altri. E’ un regalo che si può “scartare”, aprire diverse volte e non soltanto una volta sola. E ogni volta la pagina di un libro può riservarci una gradita sorpresa.
Il libro è un capitale, un investimento che produce interessi incalcolabili.
E non c’è libro che costi troppo!
*
Qualcuno mi dirà alla fine di tutta questa pappardella: e il tempo per leggere? Dove lo trovo?
Certamente non abbiamo mai tempo! Presi come siamo dalla diuturna frenesia.
Ma su questo tema del tempo chiudo prendendo in prestito, guarda un po’, le parole di un libro.
E’ quello già citato di Daniel Pennac, il quale a pag. 99, di Come un romanzo, (Feltrinelli, ed. 2005), così si esprime:
<<…Si, ma a quale dei miei impegni rubare quest’ora di lettura quotidiana? Agli amici? Alla Tivù? Agli spostamenti? Alle serate in famiglia? Ai compiti?
Dove trovare il tempo per leggere?
Grave problema.
Che non esiste.
Nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. Poiché, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. Né i piccoli, né gli adolescenti, né i grandi. La vita è un perenne ostacolo alla lettura.
“Leggere? Vorrei tanto, ma il lavoro, i bambini, la casa, non ho più tempo…”
“Come la invidio, lei, che ha tempo per leggere!”
E perché questa donna, che lavora, fa la spesa, si occupa dei bambini, guida la macchina, ama tre uomini, frequenta il dentista, trasloca la settimana prossima, trova tempo per leggere e quel casto scapolo che vive di rendita, no?
Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (Come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare.)
Rubato a cosa?
Diciamo al dovere di vivere.
……..
Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
Se dovessimo considerare l’amore tenendo conto dei nostri impegni, chi si arrischierebbe? Chi ha tempo di essere innamorato? Eppure, si è mai visto un innamorato non avere tempo per amare?
Non ho mai avuto tempo di leggere, eppure nulla, mai, ha potuto impedirmi di finire un romanzo che mi piaceva.
La lettura non ha niente a che fare con l’organizzazione del tempo sociale. La lettura è, come l’amore, un modo di essere.
La questione non è di sapere se ho o non ho tempo per leggere (tempo che nessuno, d’altronde, mi darà), ma se mi concedo o no la gioia di essere lettore>>.

Grazie.


ANTONIO MELLONE
 
Di Antonio Mellone (del 27/04/2019 @ 16:04:53, in NohaBlog, linkato 1199 volte)

Da “Povero Silvio” a “Povero Figlio”. Da Antonio Cornacchione ad Antonio Mellone (le corna sue).

Sì, perché il coinvolgimento emotivo, il pianto a dirotto e la commozione (cerebrale), pur nel rispetto del copyright, sono sostanzialmente identiche a quelle che provava l’attore di Zelig nelle sue gag.

Ora vi spiego di cosa vado blaterando.

Qualcuno m’ha fatto notare un post Fb di qualche giorno fa, vergato probabilmente “di notte dopo le frenetiche giornate passate a Roma”, quando trova “il tempo per pensare” [non sarebbe meglio pensare di giorno, magari in aula?, ndr.], nel quale un pezzo grosso della politica nostrana, vale a dire un neodeputato del Movimento di Lotta e di Governo, si confessa al suo popolo evidenziando tutto il suo tormento, l’afflizione, che dico, lo strazio di vivere lontano da casa magari con quattro soldi, costretto com’è a lottare per i nostri interessi, “ridurre le distanze tra palazzo e cittadini”, e finalmente aiutare tutto il mondo, oppressi e oppressori.    

Povera stella. Anzi cinque.

E voi, ingrati che altro non siete, vi permettete pure di far calare i consensi nei sondaggi di Pagnoncelli?

Ma cosa vi salta in mente: lui è sceso in campo, e l’ha fatto per noi, pooveeroo fiiiglio [più di una lacrima imperla ora i miei occhi, ndr.]. Ma dico io: ma chi te l’ha fatto fare-e-e-e. Pane e vino non ti mancava. Eppure ‘sto governo di cose giuste ne ha fatte tante: solo che non riesce proprio a farlo sapere-e-e-e [pianto disperato, ndr.].

Ieri per esempio si sono sacrificati per noi, approvando alla Camera il decretino Centinaio, sìììì [sigh, sigh, ndr.], quello partorito nel gabinetto del ministro, e poi approvato all’unanimità dal Consiglio dei Sinistri: l’han fatto per noi, per la salvezza dei nostri ulivi. Mo’ con la scusa della Xylella per recuperarli sarà sufficiente eradicarli tutti e trasformarli in segatura, ma, attenzione, solo dopo aver ridotto il terreno come un campo da tennis in terra battuta grazie a diserbanti e pesticidi a go-go. Guardate che se qualcuno disobbedisce alle novelle grida manzoniane (Manzoni Piero, più che Alessandro), verrà randellato senza pietà: però con l’utilizzo dei polloni (altrimenti detti vinchi) di Favolosa F17, l’ulivo brevettato buono per il superintensivo-o-o-o [singhiozzo affranto, ndr.]. Così almeno potranno dire che utilizzano manganelli sostenibili.

Dai su, ma come fate a prendervela con questi uomini commoventi, che sono scesi in campo per noi e in cambio hanno ricevuto solo critiche e odio. Sì, va bene, avrebbero chiuso l’Ilva prima delle elezioni: ma PRIMA, mica DOPO-O-O  [altra lacrima sul viso: Bobby Solo mi fa un baffo, ndr.]. Ma c’è bisogno che ve lo dica io, o uomini di mondo, che il peggior governo è sempre quello in carica? Che questo, per comune intesa, è nato per essere il governo del cambiamento (climatico)? E che da Povero Silvio a Povero Figlio a Povera Ilva cambia poco?

I nostri Portavoce (uno vale uno, talvolta zero) si son battuti come leoni per trasformare la Politica dall’arte del possibile all’arte del combustibile (possibilmente fossile). Loro hanno bisogno di un sorriso, di affetto sincero, di una parola di amicizia che li incoraggi ad andare avanti su questa strada-a-a-a [piagnucolo costernato, ndr.].

E mi raccomando, siamo in campagna elettorale: mettetevi una mano sulla coscienza, non abbandonateli proprio ora, e fate vostro il loro slogan preferito: ONESTAP, ONESTAP.

Antonio Mellone

 

Ho scritto al sindaco Marcello Amante per chiedergli di preoccuparsi della situazione in cui versa Galatina ad ogni acquazzone. Dopo l’ultimo temporale ho ricevuto segnalazioni da parte di cittadini avviliti per il ripetersi di allagamenti negli scantinati e nei garage, con in più la difficoltà oggettiva a trovare risposte da parte del Comune. Un amministratore accorto si sarebbe dovuto preoccupare di informare la cittadinanza sui tecnici e sugli agenti della polizia locale reperibili in caso di necessità e, ancor più dovrebbe preoccuparsi di reperire fondi per un intervento sulla rete della fogna bianca. Ci sono comuni che hanno ottenuto finanziati per milioni di euro, per il rifacimento degli impianti, Galatina non riesce ad ottenere neppure poche migliaia di euro per la videosorveglianza e il progetto per la fogna bianca non si è classificato in posizione utile per essere finanziato.

Le piogge abbondanti non sono più eventi eccezionali visto che secondo i meteorologi si ripeteranno, ma è altrettanto certo che i danni si moltiplicano anche per l’inerzia dell’amministrazione comunale. Da una parte c’è l’assenza di un piano di manutenzione periodica di griglie, pozzetti, recapiti finali; dall’altra una rete della fogna bianca che non ha la capacità di ricevere le grandi quantità d’acqua che si rovesciano durante gli acquazzoni.

Ad aggravare la situazione hanno contribuito le costruzioni di strade con collegamenti a nuovi quartieri che prima sversavano in campagna e ora sono collettati sui bacini acquiferi che non sono calibrati per raccogliere queste quantità di acque. Basta vedere la tangenziale che ha messo in tilt i collettori e i bacini calcolati per un’area ben più limitata. Ci sono zone che ormai non si allagavano più, vedi via Lombardia, e ora ad ogni acquazzone sono affogate. Tutto questo concorre al disastro. L’amministrazione comunale di Galatina non progetta e quando lo fa non tiene conto dello stato dei luoghi e non si preoccupa neppure di tenere pulite le caditoie. I cittadini pagano le conseguenze.

 

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Antonio Mellone (del 10/09/2022 @ 15:56:40, in Fetta di Mellone, linkato 712 volte)


Nell'immagine è assente P. Francesco D'Acquarica

Mamma mia come passano i secoli. Sembra ieri, e invece sono trascorsi ben due decenni (era il mese di settembre del 2002) dalla nascita di Noha.it, il blog geofilosofico di questo angolo di terra che nella sua denominazione vanta niente poco di meno che la lettera H: come quella (su, illudiamoci un po’) di Honeste vivere (uno dei tre precetti del diritto), o di Harmonium (che oltre a evocare l’idea dell’armonia è uno strumento musicale francese molto simile all’armonium), o di Habitat (quella cosa che si riuscirebbe forse a custodire un po’ senza il sistema tutto chiacchiere, sviluppo e crescita), ovvero di Humus (addirittura culturale), ma anche di Home sweet Home e di Hallo (per chi alle medie ha studiato inglese).

A tal proposito v’è da puntualizzare il fatto che, come diremo, in questi venti anni quell’H - per la fortuna di chi ne capisce e l’ira funesta di chi no – è stata tutt’altro che muta.

È ora il caso di chiarire anche che Noha.it non fu né inventato né creato dal sottoscritto, che dunque non ne è assolutamente l’azionista di maggioranza (anche perché codesto blog non ha né quote, né azioni, e per fortuna nemmeno obbligazioni), ma soltanto un intermittente benché sostanzialmente fedele collaboratore. Invece l’artefice di tutto l’ambaradan è sempre stato l’Albino Campa, esperto informatico, ideatore, e quindi patron ma decisamente non il “padron” di codesto diario elettronico comunitario, se non altro per via della diciamo usucapione ventennale da parte dei suoi venticinque lettori vicini e lontani: onde il sito de nohantri rientra ormai nel novero dei beni comuni, se non proprio demaniali.

Vero è che qualcuno vedendo che numerose fra le migliaia delle sue pagine sono inguacchiate dal risultato delle mie battute (intendo quelle su questa benedetta tastiera, non quelle di spirito) ha creduto che insomma io ne fossi il titolare effettivo, tanto che poco tempo fa, proprio nel corso della recente campagna elettorale per le amministrative galatinesi (quelle, come dicono, vinte da Pippi Calzelunghe, ora naturalizzato Pippi Carzilarghi), un signore mi chiese se per caso io fossi di “Noha-punto-it”: gli risposi laconicamente che sì, sono di Noha: ma senza punto. Punto.

Ma, detto per inciso, questo 2022 non è soltanto il ventennale di una nascita, ma anche il decennale di un trapasso, quello de “L’Osservatore Nohano”, il mensile cartaceo e on-line (o forse borderline) del sito, una rivista senza interessi (solo conflitti), dai temi anacronistici (dico con il futuro incorporato), vergato talvolta con inchiostro antipatico da un gruppo di ragazzi allora come ora capaci di sognare. Requiescat in pace (quel rotocalco, non i suoi redattori).

Ma ritorniamo alla casa madre Noha.it e così agli interventi, gli articoli, i racconti, le gallerie di foto, le vignette e i video, tutti pubblicati con lo spirito partigiano per cui è meglio cambiare il paese che cambiare paese, possibilmente liberandolo dalla rassegnazione resiliente, dall’ineluttabilità di una politica acefala ma stucchevolmente furba pasticciona e forse pure affarista, dalla criminalità organizzata senza scorno, in sostanza da un capitalismo nichilista ben incravattato che, con ‘sto fatto della necessità del business, tumula i rapporti, devasta la geografia, scorda la storia, rovina la salute, privatizza il pubblico e indebita financo i nascituri.

Certamente non si fa la rivoluzione con un sito internet, ma a volte un sito internet come il Nostro, oltretutto senza Caltagironi-Cairi-Agnelli-Elkanni-et-Partiti Vari in veste di editori, e dunque sponsor, contributi, pubblicità e soldi (e già codesta gratuità suona tanto di rivoluzionario) potrebbe aiutare una comunità a riflettere, conoscersi meglio, e far venire la voglia di cercarne le radici, prendere coscienza dei grandi inganni, riscoprire e tutelare il genius loci, costituire una raccolta di dati e di notizie (già citate quali fonti di ricerca perfino nelle tesi di laurea), aprire gli occhi.

Ma non è tutto rose e fiori: è che per evitare di essere considerati soltanto (o del tutto) eretici, rompicoglioni, anarchici, senz’altro populisti, o maisia burloni fino a politicamente scorretti (rischiando raffiche di denunce e processi che manco un serial killer), ogni tanto ci tocca pure far passare i Comunicati Stampa “politici”, ultimamente a valanghe, redatti, se non tutti molti, dal Pci (none il partito comunista italiano, ma il partito conformista internazionale).

Chissà quando s’arriverà ad archiviare i tempi degli inenarrabili guitti della pOLITICA extra e intramoenia dalla sintassi impressionistica e dalla grammatica da Herpes Zoster - il cui nemico più acerrimo sembrerebbe essere non tanto la satira graffiante quanto lo specchio riflettente. Probabilmente quando tutti saremo in grado di cogliere le differenze, scongiurando il rischio di fare di tutte le erbe un fascio (littorio).

Un ventennale contro ogni Ventennio.

 

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 28/10/2017 @ 15:52:21, in Comunicato Stampa, linkato 1613 volte)

Giovanna Marini, musicista, cantautrice ed etnomusicologa di fama internazionale, ritorna nel Salento per la presentazione del progetto “A Sud della Musica – La voce libera di Giovanna Marini”, un film documentario diretto da Giandomenico Curi, scritto da Giandomenico Curi, Tommaso Faggiano e Fabrizio Lecce e prodotto da Meditfilm, per cui è stata attivata una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso.   Durante la prima settimana di novembre Giovanna Marini ripercorrerà i luoghi visitati in un lontano autunno del 1971, in cui la cantautrice fu protagonista di una serie incontri fondanti per la sua carriera musicale. Fra questi ricordiamo le sorelle Chiriacò, cantrici di Sternatìa, il giovane Luigi Chiriatti, oggi noto editore nel campo delle tradizioni popolari, la “Simpatichina”, cantrice dalla voce inconfondibile, oltre alle documentate frequentazioni con la scrittrice Rina Durante. Le riprese avranno luogo in alcuni paesi della Grecia salentina tra cui Sternatia, Melpignano, Martano. Questo soggiorno sarà anche l’occasione per incontrare i più importanti esponenti della musica folk salentina, tra cui Enza Pagliara, il Canzoniere Grecanico Salentino, Rocco de Santis e gli Arditi del coro. Due gli incontri pubblici in programma: il 1 novembre, a Corigliano d’Otranto, nella cornice de Lu ‘Mbroia Art&Lab, Giovanna Marini si esibirà con le ragazze e i ragazzi degli Arditi del Coro. Sarà un incontro memorabile tra un’icona della musica sociale italiana e la giovane formazione impegnata nella diffusione del repertorio di canti politici e sociali.   Il 3 novembre, alle ore 10:30. l’artista incontrerà gli studenti universitari e la stampa presso le aule dello studium 2000 dell’Università del Salento.

  Meditfilm Videoproduzioni

 
Di Antonio Mellone (del 05/02/2017 @ 15:42:28, in NohaBlog, linkato 2243 volte)

Non c’è popolo al mondo più sonnacchioso, rassegnato, smemorato, in una parola, ‘vavusu’ del galatinese. Con le dovute eccezioni, s’intende. Che confermano la regola.

Gli si può fare di tutto: come per esempio liberare definitivamente il suo territorio dagli alberi residui (quercia vallonea inclusa) per farne una circonvallazione senza senso più che a doppio senso; affumicarlo con gl’inebrianti miasmi delle ciminiere di un cementificio o di una fabbrica di calce; uccidere i suoi beni culturali, come il suo  stupendo centro storico, con il traffico diuturno di auto di ogni cilindrata grazie all’alibi dei negozi “che altrimenti chiuderebbero”; buttar via i soldi delle sue tasse in opere cosiddette pubbliche, inutili, costose e spesso dannose (come un hangar-palestra inservibile, un auditorium inaudito, un centro polivalente senza energia elettrica, e via elencando);  devastare la sua periferia con una miriade di comparti edilizi di frontiera, quando del già costruito non si contano le volumetrie invendute, inutilizzate, abbandonate; riempire i suoi campi e, quando non bastano, anche le piazzole di sosta delle strade dei suoi suburbi con rifiuti di ogni colore, taglia, puzza e pericolo; fargli credere che certe aziende (tipo Tap, e altri gigli di camposanto) sponsorizzino la sua festa patronale o altre “iniziative culturali” per magnanimità o mecenatismo e non invece per la loro coda di paglia lunga fino alla via di Soleto; indurlo all’esultanza quando i politicanti locali se ne escono con qualcuna delle loro, tipo una novella area mercatale che consista in altri ettari di terreno da coprire con una bella coltre cemento vibrato; prenderlo per il culo con la scusa del “volano dello sviluppo” e delle “ricadute occupazionali” (ricadute una dietro l’altra) derivanti dall’ennesimo centro commerciale di una ventina di ettari da impiantare nella campagna di Collemeto; eccetera, eccetera.

A proposito di quest’ultimo centro commerciale, il 13 gennaio scorso, la solita penna ad inchiostro linfatico (siamo ormai nel campo delle ghiandole salivari), sul consueto quotidiano (il minuscolo non è casuale ma causale) scioglieva inni e canti al divino e eucaristico progetto Pantacomico, che pare abbia avuto un ulteriore OK da parte del dirigente (o digerente, vista la bocca buona e lo stomaco forte), funzionario addetto a non so cosa, tale Antonio Orefice, che tomo tomo, cacchio cacchio, immagino con l’assenso anche del commissario prefettizio Guido Aprea (o forse Guido in Apnea), con un assenso nel silenzio generale, ha cambiato nome alla città: da Galatina a Sodomina.

In un trafiletto-colpo-di-grazia, il gazzettante di corvée si presta a illustrarci tutti i punti per i quali il mega-porco commerciale è di “pubblica utilità”, anzi una figata vera e propria. Tipo: “la salvaguardia della rete commerciale della città” [come, non è dato sapere, ndr.]; “la cessione al comune di un’area di 300 metri quadrati da destinare alla promozione dei prodotti locali” [come per dire il pasticciotto di Galatina, e altre leccornie loro. Secondo me la salma del povero Andrea Ascalone, per risparmiargli ulteriore pena, l’avranno sepolta già rivoltata, ndr.]; per non parlare poi della “creazione di impianti sportivi e per il tempo libero” [da trascorrere ovviamente al centro commerciale, e dove sennò, ndr.]; e ancora “un impianto ludico-ricreativo per bambini di 10.000 metri quadri” [povere creature. Poi si lamentano se a 20 anni i figli ammazzano i genitori, ndr.] e infine – mi voglio rovinare - “il parco pubblico che sarà attrezzato, completato e ceduto al patrimonio comunale” [così i galatinesi non faranno più le loro passeggiate ecologico-romantiche con decine di giri in macchina intorno alla villa, con tanto di braccio fuori dal finestrino, ma direttamente in questo novello parco: sarà certamente più cool, anzi paracool, ndr.].          

Mi sa tanto che di questo passo, tra un copia-incolla, un taglia-e-cuci, un mangia-e-bevi, un servo encomio e un codardo oltraggio, l’unica superstite rubrica del Quotidiano in grado di mantenere un sufficiente livello di autentica scientificità rimarrà quella dell’oroscopo.

*

Ora. Capisco che a Galatina la democrazia faccia ribrezzo, se non addirittura schifo, e che la maggioranza dei notabili locali con il codazzo degli accoliti preferisca il “quieta non movere”, un podestà ad un sindaco democraticamente eletto, la presa in giro alla verità. Ma santo cielo, è mai possibile che nessun elettroencefalogramma abbia dato un minimo segnale di movimento, o che nessuno abbia fiatato o alzato ciglio o storto il muso o mosso un dito all’annuncio di questo capolavoro di alta oreficeria (Orefice), ulteriore passo verso il Golgota di una città già provata da anni di malapolitica, scemenze inenarrabili e consociativismo da picchi himalaiani? Sì, evidentemente è possibile.

Oh, Galatina, per favore, smetti di farti del male una buona volta: lascia in edicola ‘sto cazzo di giornale, spegni la televisione e mettiti a leggere finalmente un libro.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 26/08/2022 @ 15:33:48, in Comunicato Stampa, linkato 419 volte)

Prendo spunto dall’intervento dell’assessore Camilla Palombini per inserirmi nel difficile dibattito di queste settimane. Sin dalla campagna elettorale ho invocato una pacificazione della politica cittadina, consapevole che il clima della campagna elettorale non fosse il momento migliore perché ciò accadesse. Ciò nonostante, in questi primi mesi di amministrazione, ho invocato la collaborazione dei gruppi di opposizione, nei limiti dei ruoli e delle reciproche responsabilità.

Non si è voluto accogliere la mano tesa, in un continuo clima da guerriglia dove non sono protagonisti né la verità, né il bene comune: dalla lettera allarme dell’ex assessore della giunta Amante, dott. Antonello Palumbo, alle dichiarazioni della consigliera Alessandra Antonica sugli emolumenti del Sindaco e degli assessori, vi è stato solo un susseguirsi di polemiche e di mistificazione.

Abbiamo voluto affrontare i temi della polemica in consiglio, mantenendo la promessa di renderlo centrale nel dibattito pubblico. Nelle prossime settimane cercheremo di rendere le dirette più facilmente fruibili. Per noi è quello il cuore della democrazia cittadina.

L’allarme dell’ex assessore Palumbo si è rivelato un clamoroso boomerang per l’opposizione e le parole della dott.ssa Fersino prima e della consigliera Palombini dopo, hanno posto la parola fine alla questione.

Siamo poi stati davvero spiacenti di dover riprendere, come una scolaretta impreparata, la conigliera Alessandra Antonica che ha parlato di un aumento dei compensi degli amministratori. Aumento che effettivamente è previsto da una norma nazionale ma che con delibera di giunta 186 del 25 luglio 2022 abbiamo neutralizzato lasciando indenne il bilancio del Comune.

L’autoproclamata “secchiona” e “sempre preparata” ex sindaca ha, ahinoi, perso l’occasione di tacere dimostrando grande presunzione, impreparazione e approssimazione. Non sarà facile, in futuro, darle credito. I punti all’ordine del giorno erano davvero pochi, avrebbe potuto prepararsi ed evitare simili figuracce.

Abbiamo allora deciso di rivolgerci direttamente agli elettori degli schieramenti che abbiamo affrontato in campagna elettorale perché riteniamo che la città non sia di una maggioranza, ma di tutti.

Da metà settembre metteremo a disposizione, con la coalizione Galatina di tutti, un luogo fisico attraverso commissioni civiche in cui affrontare i temi più caldi e strategici della società e della città. Saranno commissioni aperte a tutti, senza colore politico, in cui auspichiamo di sentir parlare e contribuire tutte le voci, sia quelle che sostengono l’attuale amministrazione sia quelle che vi si oppongono.

L’ho detto anche nel mio intervento di presentazione delle linee programmatiche: si possono scegliere molti modi per fare politica, una che persegue il bene comune ed uno che persegue i propri interessi. Solitamente nel secondo caso, non potendo raccontare la verità ai cittadini, ci si allena nell’arte della delazione o della mistificazione.

Non abbiamo bisogno di allarmi finti, di amnesie degli ex assessori, del livore di chi si sente usurpato del posto che gli spetta per merito autoproclamato. Abbiamo tutti bisogno di parole chiare, dure se serve, che illustrino e spieghino le cose per come veramente stanno, e che spingano a prospettare qualche possibile soluzione.

Le nostre linee programmatiche, figlie della visione raccontata in campagna elettorale, sono la naturale attuazione degli impegni assunti ma anche la prosecuzione di alcuni impegni precedenti perché non è statisticamente possibile che una amministrazione abbia sbagliato in tutto sbagliato e sappiamo che non si può radere al suolo il passato. Ci spiace che questo turbi l’ex Sindaco Amante, che evidentemente ancora non riesce ad accettare di aver perso quel ruolo, accecato dal muro di rancore che si è costruito di fronte.

Non ci sono nemici qui. Le elezioni sono finite, facciamocene una ragione ed accettiamo il buono ed il cattivo di ognuno di noi, per il bene della città.

Vi chiedo di essere distanti e distinti da me, ma vicini alla città. Saranno un autunno e un inverno impegnativi che avranno bisogno di tutti noi.

Fabio Vergine
Sindaco di Galatina

 
Di Albino Campa (del 14/10/2007 @ 15:31:58, in PhotoGallery, linkato 3523 volte)
 
Case popolari chiuse e abbandonate da anni, con i legittimi assegnatari residenti altrove. La Prefettura di Lecce, dando riscontro a quanto denunciato nei giorni scorsi dal deputato pentastellato salentino Leonardo Donno, chiede adesso al Comune di Galatina delucidazioni. Lo fa con una missiva indirizzata all'Amministrazione e ad Arca Sud Salento, con la quale il prefetto Maria Rosa Trio chiede di conoscere lo stato degli alloggi segnalati.
 
Fari puntati, in particolar modo, su via Rieti e via Vernaleone. In entrambi i casi, stando a quanto segnalato da Donno sulla base di una lettera-denuncia anonima dettagliata recapitatagli a fine febbraio, proprio in quelle due strade vi sarebbero i casi più eclatanti: case popolari abbandonate da un decennio da chi ne aveva diritto. Tradotto: alloggi tenuti in ostaggio da inquilini fantasma, trasferitisi da tempo in altri luoghi e persino in case di proprietà in campagna.
 
Sulla faccenda, nei giorni scorsi, Donno ha allertato la Prefettura e presentato un esposto in Procura, per chiedere di accertare quanto riferitogli con dovizia di particolari. Segnalati al deputato anche casi di subaffitto, sempre di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Il tutto, come è ovvio, in barba alla Legge e a danno dei tanti aspiranti assegnatari, parcheggiati vanamente in graduatoria da tempo immemore e in attesa che giustizia sia fatta.
 
Alla luce di tutto questo, Donno aveva chiesto in primis alla Prefettura di approfondire quanto denunciato: «Laddove i dubbi fossero confermati - aveva ricordato - si configurerebbero ipotesi di reato di non poco conto».
 
E adesso qualcosa si muove. «Ringrazio il Prefetto per aver subito dato seguito alla denuncia - commenta il deputato alla luce degli accertamenti avviati dall'Ufficio territoriale di Governo - confido nel suo intervento più che mai. E questo perché nonostante i ripetuti solleciti del sottoscritto agli amministratori locali interessati dal fenomeno delle occupazioni abusive (battaglia che ho sposato sin dal mio insediamento), ho constatato con evidenza che in alcuni casi è mancata la concreta esecuzione delle attività di sgombero degli immobili abusivamente occupati o, ancor prima, la mancata segnalazione di queste occupazioni da parte degli Enti locali, anche in violazione delle norme statali e delle disposizioni impartite dal Ministero dell’Interno. Ci sono altre segnalazioni ricevute negli ultimi giorni presso il nostro Info Point a Galatina e che interessano diversi immobili in altri comuni della provincia di Lecce - continua il deputato - a tal proposito ai cittadini dico: datemi una mano, cosi come state già facendo, continuate a segnalarmi queste criticità, anche in forma anonima. Io - promette Donno - mi farò portavoce delle vostre istanze e farò tutto ciò che è in mio potere per contribuire alla risoluzione di questa problematica e, soprattutto, al ripristino della legalità e della giustizia sociale.

 
Nessuno intende lasciare per strada la povera gente - precisa - bisogna analizzare e agire caso per caso, di concerto con i Servizi Sociali di ogni amministrazione: questo mi aspetto, questo si aspettano i cittadini. È dovere delle Istituzioni farsi garante dei diritti di tutti. L'immobilismo amministrativo non è mai accettabile, ancor meno se è alle prese con un fenomeno delicato e radicato come quello dell'emergenza abitativa».
 
Novità giungono anche sul fronte idruntino, lì dove il deputato aveva segnalato, tra gli altri,  il caso di un alloggio popolare da anni nella disponibilità del sindaco, Pierpaolo Cariddi. «Esattamente il 18 gennaio scorso il Tribunale Civile di Lecce ha rigettato il ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. presentato da Cariddi, volto ad ottenere la sospensione o la revoca del provvedimento di decadenza - ha ricordato Donno in un'altra lettera inviata nei giorni scorsi a Prefetto, Comune di Otranto e Comando di Polizia Locale - Per questo ci aspettiamo di assistere allo sgombero immediato, che avrebbe dovuto realizzarsi ben quattro anni fa».
 
Ebbene «il Comune - spiega adesso Donno - ha fatto sapere, a mezzo missiva, di aver concordato con Arca Sud un sopralluogo per la presa in possesso e la verifica dello stato dei luoghi, oltre alla messa in sicurezza degli alloggi interessati dai procedimenti di decadenza, così come segnalato dal sottoscritto».
 
A questa prima comunicazione, proprio nelle scorse ore, se ne è aggiunta una seconda di Arca Sud Salento, sempre in riscontro alle delucidazioni richieste dal sottoscritto sugli alloggi popolari di Otranto e Galatina.
 
 «A seguito di accertamenti - scrive  Arca Sud - per il prossimo 15 marzo a Otranto è stato programmato lo sgombero di tre alloggi occupati da soggetti non più aventi diritto ad una casa popolare. Nella stessa data si procederà anche allo sgombero di un quarto alloggio, questa volta occupato abusivamente sin dal principio». Per quanto riguarda Galatina l'ente ha poi confermato che gli accertamenti sono in corso, di concerto con l'amministrazione.
 
Si attendono dunque novità nei prossimi giorni. «Ovviamente - precisa il deputato - verificherò che dalle parole si passi rapidamente ai fatti, dopo anni di occupazioni sine titulo passate in sordina. Su questo aspetto sarà poi la Magistratura a dover fare chiarezza».
M5S
 

Siamo giunti ormai agli ultimi minuti di una “partita” tutt’altro che amichevole che si è giocata in un clima surreale e che ha visto contrapposti da un lato un maledetto virus che aveva deciso di cancellare le nostre strette di mano, i nostri abbracci, le nostre passeggiate, le nostre feste di compleanno, i nostri anniversari, gli ultimi saluti ai nostri cari defunti e dall’altro un gruppo di uomini e di donne che ha letteralmente lanciato il cuore oltre l’ostacolo, oltre le difficoltà, e si è messo in moto e in men ce non si dica ha raggiunto livelli incredibili di solidarietà mettendo in campo le più volenterose Associazioni del territorio.

La rete di solidarietà messa in piedi in pochissimi giorni si è mossa praticamente alla stessa velocità dell’emergenza. Si è diffusa a macchia d’olio, come il rosso di cui, nei decreti del governo e nostro malgrado, sì è rapidamente tinta la nostra amata Italia. Ha inseguito ogni richiesta degli Operatori Sanitari del Santa Caterina Novella di Galatina.

Alla fine il risultato è stato di 26.178,83 a zero.

Ad oltre 26.000,00euro ammontano infatti le donazioni raccolte grazie alla campagna di solidarietà #doniamoaiutiamovinciamo.

Abbiamo acquistato:

  • n.15 semimaschere GVS ELIPSE INTEGRA P3 e n. 20 semimaschere GVS ELIPSE P3 con occhiale per un totale di 1.721,20euro;
  • n. 80 maschere doppio strato tipo KN95 per un totale di 537,80euro;
  • n. 35 tute Tyvek rispondenti alla normativa EN 14126 e EN 1073-2 per un totale di 316,00euro;
  • n. 30 maschere tipo FFP2 per un totale di 226,00euro;
  • n. 100 maschere tipo FFP2 per un totale di 351,01euro;
  • un ecografo portatile, Samsung HM70 With Plus con sonda CA1-7AD, il cui costo è stato di 17.080,00euro (costo coperto pariteticamente dal Club per l’Unesco di Galatina e dall’Associazione #doniamoaiutiamovinciamo) per un totale di 8.543,00euro;
  • n. 9 Tablet Noris 8 tablet RUGGED di tipo medicale con “Barcode scanner”, che garantiranno l’introduzione della cartella clinica elettronica per un totale di 13.848,32euro (1.433,20euro + 6.207,56euro + 6.207,56euro);
  • n. 1 culletta pediatrica per un totale di 445,50euro.

 

Totale spese per oneri e commissioni, imposte di bollo 190,00euro.

Numerose sono state le dimostrazioni di affetto e tantissime sono state le donazioni che ci hanno consentito di raggiungere traguardi insperati solo un paio di mesi fa, ma una cosa in modo particolare ci ha colpito: il rispetto e la sensibilità, sicuramente instillata dai genitori e dagli educatori, di un gruppo di “Bambini” (V sez. A - Scuola Primaria – 1° Polo Galatina) che ha voluto partecipare a questa maratona benefica, tramite la nostra raccolta fondi.

Doveroso a questo punto ringraziare tutti privati e tutte le Associazioni che hanno contribuito a questa maratona di solidarietà di seguito elencate. In particolare ringraziamo di cuore tutti i dipendenti interni e le maestranze delle ditte esterne dello stabilimento di Galatina della Colacem che, grazie a Massimo Panico, Enzo Del Coco, al Direttore ed alla RSU di stabilimento, hanno effettuato una donazione consistente.

Amici della Madonnina – Galatina;

Ass. Volontari Ospedalieri Onlus Galatina;

Ass. Arma Aeronautica "F. Cesari" Galatina;

Ass. Arma Aeronautica "R. Russo" – Cutrofiano;

Ass. Culturale Espressioni;

Ass. Francesco Marco Attanasi onlus;

Ass. Turistica Pro Loco Galatina;

Cinquanta anni dal diploma terza C;

Città Nostra;

Commercianti Corso Porta Luce – Galatina;

Demos Palestra Soleto;

Ditutto.it;

Dipendenti interni e maestranze ditte esterne stabilimento di Galatina della Colacem;

Efficienza Energia Gas & Power;

Fantacalcio: Mariano Alessandro, Tempesta Simone, Stifani Gianmarco, Resta Alberto, Balena Simone, Marchese Roberto, Pellegrino Nicolas, Cardinale Giorgio, Zavatti Andrea, Apollonio Luca che hanno devoluto l’importo del montepremi del fantacalcio per la nostra raccolta fondi;

Farmacia Bucci;

Farmacia Licignano;

Inondazioni APS;

Legambiente Galatina;

Marco Fulgido Macelleria;

Miriàm: donne per il sociale odv;

Mood;

Noha.it;

Nuova Colì;

Olimpia SBV Efficienza Energia;

Quelli di piazza San Pietro 2.0;

R.G. service;

Showy Boys ASD Galatina;

SOS Galatina;

Università Popolare "Aldo Vallone" - Galatina;

Virtus Basket Galatina - TappiAmo Galatina - raccolta eco-solidale tappi di plastica.

 

Attraverso questo link potrete visionare la lista movimenti in uscita:

https://bit.ly/3iopGTQ

 

Attraverso questo link potrete visionare la lista movimenti in entrata:

https://bit.ly/32mlM8H

 

I responsabili della campagna di solidarietà confidano, oggi più che mai, che a questo generoso slancio della cittadinanza segua un doveroso rilancio del Santa Caterina Novella.

 

12 Settembre 2020                                                                                     

#doniamoaiutiamovinciamo

 
Di Redazione (del 20/11/2022 @ 15:21:47, in Comunicato Stampa, linkato 279 volte)

Dopo poco più di tre mesi, il lavoro dell’Amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Fabio Vergine, comincia a dare i primi risultati.

La macchina amministrativa risulta essere più celere ed efficiente. Infatti, dopo la vittoria delle elezioni amministrative dello scorso giugno, il Primo Cittadino, insieme alla sua squadra, ha dovuto fare i conti con l’impasse della macchina amministrativa, a causa della quale centinaia di pratiche burocratiche, in particolare inerenti il settore edilizio, giacevano bloccate sin dal 2019.

In un’intervista, il Sindaco Fabio Vergine ha dichiarato che: “Al mio arrivo, ho trovato tanti collaboratori comunali estremamente efficienti, che sin da subito hanno dato la loro disponibilità ad esserlo ancora di più. In questa direzione - continua Vergine - abbiamo fatto i nostri primi interventi. Siamo riusciti a smaltire un arretrato che giaceva in quanto a pratiche soprattutto edilizie nell’ufficio tecnico da diversi anni”.

Abbiamo azzerato questo arretrato. È stato sicuramente un punto di partenza importante, perché l'ufficio tecnico è il cuore pulsante di ogni attività amministrativa e quindi rendendolo efficace ed efficiente, si liberano immediatamente risorse”.

Questa maggiore efficienza ha portato ad un incasso di 170 mila euro per il Comune di Galatina; “Sono risorse assolutamente non trascurabili per il nostro Comune”.

Lo stesso Primo cittadino ha proseguito il suo commento sui suoi canali social, parlando di smart city, ovvero l’efficientamento della macchina amministrativa: “quel concetto trattato in campagna elettorale, che stiamo riuscendo a realizzare”.
Non solo smaltimento di pratiche, ma l’inizio di una progressione dell’Ente Comunale, che riduce la distanza tra gli Uffici, i cittadini ed i professionisti, grazie alla realizzazione dello sportello telematico ed al nuovo WebGIS, il sistema di interscambio geografico, che permette maggiore velocità nello scambio di informazioni tra i professionisti tecnici ed i nostri uffici.

In conclusione, il Sindaco Vergine afferma che: “Fin dal primo giorno, ci siamo posti l'obiettivo di migliorare la nostra Galatina sotto tutti i punti di vista, dalla burocrazia, ad una macchina amministrativa più smart, dal decoro urbano alla valorizzazione del nostro territorio.

Con costanza, lavoro e con la vostra fiducia. Andiamo avanti spediti.

Forza e coraggio”.

Fabio Vergine Sindaco 

Ufficio Stampa 

 
Di Redazione (del 02/04/2021 @ 15:20:46, in Comunicato Stampa, linkato 640 volte)

È in avvio, anche per la nostra città, la campagna vaccinale di massa che, secondo le previsioni, funzionerà a pieno regime entro aprile. In queste ore, dopo un approfondito confronto con Regione e Asl, si è ragionato sull'individuazione del Punto di Vaccinazione a servizio del Distretto sanitario di Galatina. È stato individuato, a questo scopo, il Centro Polivalente sito in Viale Don Bosco. Come Amministrazione, stiamo lavorando instancabilmente al fine di ritrovare un barlume di normalità il prima possibile, ci siamo fatti carico di importanti interventi di manutenzione straordinaria per rendere la struttura idonea all’uso e garantire la sicurezza delle persone che vi affluiranno. A tal proposito, ho chiesto al Presidente della Provincia Stefano Minerva di effettuare e velocizzare tutti gli interventi necessari per autorizzare l’uso della rotatoria già esistente, in maniera tale da agevolare la viabilità sia di accesso che di inversione di marcia. Già in mattinata il presidente si è attivato con l'ufficio tecnico per accogliere la richiesta.

Abbiamo tutti il dovere di impegnarci al massimo e dare piena fiducia alla scienza, è l'unica arma che abbiamo contro un nemico che ci sta mettendo a dura prova. Vaccinarsi è un diritto e un dovere civico, nonché l'unico modo per riprendere in mano le redini della nostra vita al più presto.

Il Sindaco

Marcello Amante

 
Di Russo Piero Luigi (del 15/01/2023 @ 15:15:50, in Comunicato Stampa, linkato 282 volte)

Partiamo infatti con i primi importantissimi progetti già in cantiere:

il prossimo 29 gennaio installeremo, presso Il muro del Coraggio - viale Ofanto Galatina, che, ricordiamolo, è stato realizzato dalla Virtus Basket Galatina e da Legambiente Galatina, una targa BRAILLE per non vedenti e per ipovedenti.

Si tratta di una installazione dal valore pratico, ma anche fortemente simbolico, in linea con la campagna di sensibilizzazione, portata avanti in questi anni, dalla nostra Associazione, per rendere fruibile e accessibile a tutti, i siti della cultura e non solo.

Questa targa vicino al murale dedicato al Coraggio ricorderà a tutti che nel mondo esistono anche i non vedenti; ha un significato morale, culturale e sociale e afferma il valore dell’inclusione.

Come Associazione siamo sempre più convinti che il “parco pubblico” assume, oggi come non mai, nuovi ruoli che vanno ben al di là di quelli meramente decorativi, ma rappresenta anche e soprattutto un importante aspetto ecologico e sociale, con spazi ricreativi ed educativi che migliorano i rapporti tra i cittadini, dai bambini agli adulti, fino ad arrivare agli anziani; tenta inoltre di colmare la mancanza di opportunità̀ di gioco libero all’aperto ed è anche la prima importante occasione di socialità al di fuori della scuola o di altre attività̀ disciplinate.

Per questo abbiamo, inoltre, deciso di iniziare un processo di riqualificazione dell’area verde “Giovanni Fedele” nel Rione Italia a Galatina cercando di assicurare decoro urbano e sicurezza, due elementi imprescindibili che caratterizzano appieno la nostra Mission associazionistica.

Il progetto propone di riqualificare, appunto, l’area verde e l’area giochi della piazzetta sita al centro del RIONE ITALIA, facendola diventare uno spazio inclusivo in cui ogni bambino, adolescente, adulto e anziano può incontrarsi per scambiare esperienze, scoprire il nuovo ed esplorare creando relazioni che possono sviluppare capacità e conoscenze al fine di stimolare il dialogo interculturale ed intergenerazionale.

Ci preoccuperemo di riposizionare i marmi divelti, di verniciare e di riparare la ringhiera dell’anfiteatro e di eseguire altri lavori, più o meno piccoli, necessari per rendere più decorosa e soprattutto più sicura una bellissima area verde nel quartiere più popoloso di Galatina.

Tutto questo sarà possibile grazie alla sinergia tra l'A.S.D. Virtus Basket Galatina e l'Associazione #ballaperme che ha permesso la realizzazione della XIII Ed.ne della manifestazione “La notte bianca dei Bambini – Rione Italia in festa” dello scorso 17 settembre, ma, soprattutto, grazie ad un generoso contributo donatoci dall’Associazione “Casamica Galatina ONLUS” alla quale esprimiamo la nostra più profonda gratitudine per la fiducia in noi riposta.

Inoltre stiamo cercando, attraverso una serrata interlocuzione con le Autorità, di installare delle telecamere di sorveglianza che dovrebbero servire da deterrente per comportamenti contrari all’ordinamento giuridico, per atti di teppismo o atti vandalici.

Con questi interventi e nuove installazioni intendiamo garantire la necessaria riparazione, messa a norma e sostituzione dei giochi diventati ormai obsoleti e ribadire l'attenzione dell’Associazione per l'inclusività e la qualità, anche estetica, degli arredi destinati alle aree dedicate alle attività ludiche e ricreative che devono poter accogliere, senza barriera alcuna, tutti i bambini di Galatina e dintorni.

Per la realizzazione di questo Parco Giochi Inclusivo abbiamo però bisogno dell’aiuto concreto di Privati, Aziende, Fondazioni e Associazioni affinché questo sogno possa diventare realtà, a beneficio di tutti i bambini della nostra comunità e non solo.

Siamo inoltre fortemente convinti che il bisogno di socialità è un elemento connaturato alla condizione umana. Una affermazione tanto condivisa da apparire quasi scontata, in tempi normali. L’emergenza Covid, i periodi di confinamento divenuti necessari per limitare i contagi, la rarefazione dei rapporti sociali che ne è spesso conseguita, hanno mostrato come non si tratti affatto di una questione puramente teorica, ma di un bisogno umano primario.

Da qui un altro importante progetto: in primavera prossima installeremo presso l’Oratorio del Cuore Immacolato di Maria di via Soleto a Galatina un canestro per lo “Street basket”; anche questo per cercare di creare punti di aggregazione “sicuri” per i ragazzi del Rione Italia.

Nelle prossime settimane organizzeremo una serie di micro eventi di crowdfunding che serviranno per recuperare risorse necessarie al raggiungimento dell’obiettivo prefissatoci.

Ancora una volta cogliamo pertanto l’occasione di invitare CHIUNQUE, a qualsiasi livello, abbia voglia di “mettersi in gioco”.

Contattateci.

Sandro Argentieri: 333-4368532;
Piero Luigi Russo : 349 847 1729.

 
Di Antonio Mellone (del 05/06/2022 @ 15:14:31, in Fetta di Mellone, linkato 682 volte)

Non mi divertivo così tanto - dico passando in rassegna o forse in rassegnazione i candidati alla poltrona di sindaco di Galatina - da chissà quanto tempo: probabilmente dalla precedente campagna elettorale in cui si toccò l’acme con alcune macchiette spassosissime che stavano alla Politica come Erode agli innocenti.

Ebbene questa tornata non è assolutamente da meno: ché qui abbiamo il fior fiore dei personaggi pOLITICI rinati dalle ceneri di quella, tipo i noti serial killer di sintassi, grammatica e giacché pure Diritto, intruppati nelle coalizioni del membro dell’aristocrazia nostrana rinomato per il pensiero del tutto assente benché espresso con eloquio forbito e quasi quasi suadente; spacciatori di un “plastico” della povera fiera di Galatina, ribattezzata AT-TRAT-TORE, e mai sia Trattore, tutta di verde pittata, evidentemente per non urtare la suscettibilità degli speculatori evergreen i quali, grazie allo strombazzato “project financing”, sono tutti in dolce attesa dei gettoni d’oro del Pnrr (onde ‘sto plastico sarebbe degno delle migliori trasmissioni vespasiane, nel senso di Bruno Vespa); foglie di fico pur sempre striminzite per occultare pudenda fuori scala (pudenda nel senso etimologico del termine): il riferimento è a un’accozzaglia post-ideologica di partiti, liste cosiddette civiche, listini e movimenti che vanno dalla Lega ai sedicenti socialisti, da Madre Teresa a Che Guevara, da Pippi a Mellone (che non sono io eh), dallo spazio aperto al vuoto pneumatico; concorrenti alla carica di primo cittadino sostenuti da vecchie cariatidi alla spasmodica quanto vana ricerca di una qualche forma di Rivergination (nomina sunt omina); futuribili sindaci immortalati in sella a una bicicletta (chissà se a proposito di piste ciclabili) che denotano con lo specifico mezzo di locomozione una dimestichezza simile a quella di chi, ormai ultracinquantenne, ebbe a pedalare l’ultima volta a bordo di un triciclo di plastica colorata all’asilo infantile; followers e personaggi al crepuscolo con velleità da influencer ripresi in esilaranti video virali - topici quelli nei pressi delle solite “erbacce” cittadine (chiamano così le superstiti forme di vita urbana, non ci posso far nulla), promoter subliminali di decespugliatori e falci senza ormai alcun martello.

Accanto a codesti campioni di coerenza, coraggio e teatralità, attori degni della Paramount Pictures, non poteva mancare il nostro dottor Antonio Antonaci, del quale, dopo il mio primo “Scritti in onore di Antonio Antonaci” del 2007, non potevo non darne alle stampe (virtuali questa volta) un secondo: questo.

Sì vabbè, il primo era un monsignore, un insegnante, uno storico, uno scrittore, ma quest’altro Antonaci non è mica da meno (benché, fra i Fantastici Quattro, quello a quanto pare degno del Don davanti al nome, alla stessa stregua di un ecclesiastico, sia il nobiluomo della provvidenza, figlio del secolo e di ben altro lignaggio).

Ebbene, il dottor Antonaci è partito proprio bene, tappezzando la città con i manifesti riportanti le cose da fare con il Cuore, sottintendendo il fatto (e noi ne conveniamo, come dire, cordialmente) che gli altri le facciano o le faranno con quell’altro organo posto un po’ più in basso, che inizia pur sempre con Cu.

Non si contano i suoi selfie con un gattino in braccio, o davanti alle bancarelle del mercato settimanale, o in terrazza con vista cupola maiolicata della Madonna della Luce, o nei pressi di una cripta basiliana. Ma la stoffa, che dico, il carisma del nostro simpatico novello specialista in cardiologia vien fuori in quel raduno solenne di popolo che è il  Comizio Elettorale, talvolta introdotto da un “giornalista” (il mestiere ormai più vecchio del mondo), sempre accompagnato da lunghe ovazioni e grida di giubilo. Su quel palco, dietro al microfono, al fianco dei propri compagni di cordata e davanti al suo pubblico in estasi, Antonio Antonaci dà il meglio di sé, e ti chiedi se quelle godibilissime perfomance siano tutta farina del suo sacco, doti innate voglio dire, Dna proprio, o non invece il frutto della consulenza da parte di un qualche esperto del ramo, quando non di un vero e proprio corso accelerato di arte drammatica, oltre che ovviamente di dizione. Questo sì che è Teatro con la maiuscola, altro che il teatrino della politica, vale a dire il Cavallino Bianco.

L’altra sera a Noha – pochi giorni dopo la memorabile lectio magistralis di storia nohana, partita dal tempo dei Fenici e impartita urbi et soprattutto orbi da quell’altra cima, vale a dire l’ex-docente nelle vesti questa volta di Alessandro Barbero (ché in quelle di governatore della Banca d’Italia, viste certe uscite, avrebbe qualche problema) - il nostro mitico Antonio Antonaci, nei pressi della Trozza, a proposito di acqua e di quel pozzo con tanto di puteale scolpito in pietra leccese, ha scorrazzato nei secoli, avanti e indietro, tra il ‘500, il ‘700, l’800, e mi voglio rovinare anche il 1400. Ha fatto poi parlare un professorone sull’importanza dell’acqua, e ne è venuto fuori che, insomma, la crisi idrica è colpa nostra, mica dei veleni o dell’abuso da parte di industria, servizi e agricoltura intensiva (ad esempio per i mega filari di Favolosa-che-non-secca, e cose del genere). E dunque toccherà al sindaco di domani insegnarci le buone maniere, tipo: chiudere i rubinetti quando ci laviamo i denti, o adottare una fotocellula nella doccia, o tirare lo sciacquone dopo che tutta, dico tutta la famiglia ha dato il meglio di sé. Insomma cose così.

Mo’ chi va a spiegare ad Antonaci e agli altri come lui che questa specie di trasferimento di responsabilità dal potere capitalistico agli atteggiamenti individuali, cioè alla “collettività dissipata e maleducata”, rientra tutto nel concetto di sostenibilità come ennesimo business e di ambientalismo come brand profittevole, e che, per dirne un’altra, la raccolta una tantum di lattine o di tappi di plastica rientra giusto in quell’ecologismo sfacciato e impunito che vorrebbe convincerci che i danni del mercato si possano risolvere attraverso il mercato stesso. Credo nessuno.

E così il mito della crescita smisurata, cioè i sempreverdi “sviluppo, ricadute e valorizzazioni” continuerà a perpetuarsi in saecula seculorum. Figurarsi poi se qualcuno oserà mai sollevare un qualche seppur minimo dubbio sulla sostanziale incompatibilità tra certi diciamo buoni propositi e quel Turismo, panacea di tutti i nostri guai, “da spingere forsennatamente” [copyright del suddetto dottor Antonaci]. Meno male che tra i supporters di quest’n-esimo Sindaco v’è la lista “Verde è lavoro”, pronta a tacitare quei rompicoglioni di comitati e comitatini di ambientalisti tutti carte bollate e ricorsi al Tar, responsabili del blocco delle attività e dunque della cassa integrazione, della disoccupazione, e certamente anche dell’invasione delle cavallette.

Questo è quanto, nell’attesa dell’uscita di eletti ed elettori dalle (rispettive) urne.     

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 10/11/2012 @ 15:12:48, in Ex edificio scolastico, linkato 3066 volte)

Non  perdiamoci in chiacchiere, e torniamo ad un’altra cappella, anzi basilica nel  deserto nohano: la vecchia scuola elementare di Noha, già pronta da un anno e  mezzo, anzi no, per via di una serie di piccoli dettagli che vanno dall’hardware al software della struttura.
In effetti l’argomento mancava da questi schermi da un bel po’. E qualcuno ci ha chiesto lumi (!) in merito, anche se noi siamo tutto meno che l’ufficio tecnico, e tanto meno stampa, del Comune di Galatina che - ci assicurano fonti informate - “sta lavorando alacremente, giorno e notte” per risolvere il problema (ci auguriamo non a lume di candela).  
La rogna ancora irrisolta nell’Anno Domini 2012 che volge al termine è, dunque, l’allaccio all’energia elettrica, per brevità, Enel. E’ vero, si è già provveduto come pragmatismo comanda ad installare un contatore provvisorio (nelle nostre contrade la provvisorietà dura più o meno un quarto di era geologica ndr), che misurerà il flusso di elettroni per una potenza massima di 10 kwh, anziché dei 50 previsti. Mentre il collegamento alla rete dovrebbe “arrivare da un momento all’altro”. A sorpresa. Come un miracolo. Come una sajetta.
Poi sarà la volta delle gare, o come diavolo si chiamano, per affidare la struttura ad un gruppo di persone di buona volontà che la faccia funzionare come previsto dai progetti per i quali è stata finanziata. Diciamo che con un po’ d’impegno potremmo farcela nel corso dell’attuale decennio. Tutt’al più del prossimo.
E qui sarebbe d’uopo aprire una parentesi per parlare delle attività che si potrebbero/dovrebbero svolgere nel nuovo centro sociale nohano, anche alla luce delle interrogazioni fatte in seno al consiglio comunale di Galatina da chi forse non s’è nemmeno preso la briga di leggere intenti e progetti (non essendone minimamente interessato). Ma finiremmo per andare oltre il seminato. Ci proponiamo di scriverne prossimamente, sempre qui, anche perché ne stiamo sentendo di tutti i colori. C’è, infatti, chi mettendo le mani avanti e arrotando la boccuccia a cul di gallina ti spiega: “No, non si può far questo, né si può far quell’altro” (ma non ti suggerisce che cos’altro). Altri, accennando a stracciarsi le vesti ed alzando il solito ditino, sembrano dirti: “Ma signora mia, non è proprio possibile pensare ad attività di questo tipo” (più che attività chissà se i nostri interlocutori saranno interessati alle passività). L’esperto, anzi il tecnico di turno, cimentandosi un po’ con l’alpinismo sugli specchi e sciorinando il solito nulla in risposta alle tue proposte ribadisce secco: “Non penso proprio: lì sono previste attività specifiche per giovani fino a 24 anni. E assolutissimamente nulla altro” (notare l’avverbio che enfatizza il nulla). E così via farneticando.        
Sentendo corbellerie di questa stazza t’accorgi che qui la vera energia che manca non è proprio quella elettrica.
Ma rimandiamo ad altre note queste amenità (sennò non la finiremmo più) e ritorniamo al tema per ora prioritario.

Noi crediamo che, arrivati a questo punto, debba essere il nostro Sindaco in prima persona a spendersi, protestando nei confronti dell’Enel, e proferendo papale papale (o sindacale sindacale) più o meno queste parole: “Cara Enel, o Eni, o chiunque tu sia, per favore non andare alla ricerca del pelo nell’uovo. Ti pregherei di non ostacolare ma di agevolare questo benedetto collegamento alla rete energetica per la vecchia scuola elementare di Noha. Te lo chiediamo nell’interesse pubblico, e non soltanto della mia maggioranza. Guarda che non ti stiamo mica dicendo che dovresti regalarci l’energia elettrica, o farci degli sconti, o degli abbuoni, o di trattarci con i guanti bianchi. Noi siamo pronti a pagarti ogni chilowattora consumato, e addirittura puntualmente, ad ogni scadenza, e secondo tariffa. Perché ci stai mettendo il bastone tra le ruote (o il relé di traverso)? Perché ti ostini a dire che no, non si può senza una cabina elettrica costruita così e cosà?   
Detto tra noi, tu lo sai benissimo che per un collegamento del genere non c’è bisogno di tutto ‘sto ambaradan (chè noi non sappiamo manco da dove partire, e abbiamo mille altri problemi per la testa).
Cara Enel, o chi per te, non costringermi a dire al mondo intero che un collegamento di 50 kwh potrebbe benissimo esser fatto pur senza il bisogno di costruire alcuna cabina elettrica (magari a forma di cappella: ne abbiamo a bizzeffe, di cappelle dico).
Sì, per la verità qualche nostro tecnico ha sottovalutato la portata del problema; diciamo che non ci ha proprio pensato se non in procinto di ultimare i lavori, ma, di grazia, non ti ci mettere pure tu, obbligandoci a costruire qualcosa che per noi è così difficile che al confronto sarebbe di poco più gravosa la costruzione di una novella piramide nel deserto del Sahara.
L’abbiamo capito, sai, che il tuo è puro puntiglio spagnolesco. Ma permettimi di aggiungere che non ti conviene fare, come sovente fai, orecchio da quel mercante che sei. Stavolta, fidati di me, non faresti un buon affare.
Non obbligarmi a condurre una campagna di informazione per far capire a tutti i cittadini di Noha, Galatina, Collemeto e Santa Barbara, che non ti frega nulla del pubblico, ma che il tuo è solo business, o interesse particulare.
Non indurmi ad organizzare una manifestazione di protesta sotto i tuoi uffici. Non spingermi a promuovere iniziative volte al risparmio energetico così risolute ed “energiche” che, almeno per il nostro territorio, il tuo fatturato sarà costretto a contrarsi inesorabilmente (vabbè, questa roba ci starebbe bene a prescindere n.d.r.).
Non farmi spegnere tutte le luci comunali notturne, e pure diurne, ancor prima che il decretino di Monti ce lo imponga.
Non istigarmi oltremodo, altrimenti sarò costretto a far sapere a tutti che uno dei problemi principali dell’economia italiana è proprio il costo dell’energia elettrica. Che i costi sono per noi mentre tutti i ricavi per te. Che ogni anno affluiscono dalle nostre alle tue tasche tanti miliardi di euro di extraprofitti, che come al solito vanno ad ingrassare il capitale ed una classe dirigente (o digerente) fatta di manager (o magnager) strapagati, miopi, opportunisti, sine fine dicentes.
Cara Enel, tu sei tu, una multinazionale forte ricca e potente, ma non t’illudere più di tanto: noi siamo noi, e tutti insieme potremmo formare una Montagna di uomini e donne in grado di scatenare un’onda d’urto di inaudita potentissima energia. E senza il bisogno di cabine, centraline e ammennicoli vari.”

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 15/04/2012 @ 15:08:58, in Cronaca, linkato 2563 volte)

Nella notte tra sabato 14 e domenica 15 aprile, a Noha, alcuni vandali hanno messo a soqquadro i comitati elettorali di Antonio Pepe, candidato sindaco per i centrodestra, e Emanuele Mariano, candidato consigliere per la stessa coalizione di Pepe. I candidati si sono accorti quando sono andati ad aprire i rispettivi comitati, allertando immediatamente le forze dell’ordine. Sul posto è giunta una pattuglia del Commissariato di P.S. di Galatina, che hanno fatto i rilievi del caso. Pepe e Mariano hanno sporto denuncia verso ignoti, intanto gli agenti di Polizia stanno indagando per scoprire gli autori del grave gesto. Solidarietà giunge, intanto, dall’ex consigliere MariaGrazia Sederino che sottolinea “tutta la campagna denigratoria sin qui condotta nei confronti di Pepe da persone che ritengo soffrano di un latente senso di inferiorità, di una grave forma di invidia che li porta a deformare la realtà dei fatti e di non essere leali nei confronti degli avversari, debba finire ora e subito”. Non sono mancati gli atti di solidarietà da parte degli altri candidati che ritengono all’unisono che certe forme sono da condannare, sperando che si tratti semplicemente di “comune vandalismo”, che come tale va combattuto, e non di atti intimidatori.

fonte: galatina2000

 
Di Antonio Mellone (del 19/05/2018 @ 15:08:15, in Necrologi, linkato 1951 volte)

Michelino è ormai un’altra bella pagina della Storia di Noha, scritta finalmente con la maiuscola.

Certo, la sua, durata 92 anni, non è una delle storie tipiche di questo mondo enfatico e competitivo fatte di successi, paillettes o vicende detonanti, ma quella di una persona semplice, da sempre costretta a fare i conti con una malattia che gli aveva procurato visibili e dolorosi postumi alle gambe.

Mai vinto, Michelino aveva aderito naturalmente al Partito Comunista alla ricerca di una nuova legge di gravità, dove le cose gravi sono le ingiustizie, le maledette povertà e le prepotenze di stato, mentre le meno gravi sono la resistenza e le violenze che vi si oppongono.

Quando a Noha cercavamo di lottare contro le multinazionali senza scrupoli pronte a riempirci la campagna di pannelli fotovoltaici, nell’indifferenza generale e nella connivenza delle cosiddette istituzioni di ogni colore politico, eravamo in quattro gatti: non sufficienti per fermare lo scempio economico ed ecologico che oggi è sotto gli occhi di tutti.

Ma Michelino era insieme a noi. E ci esortava: “Se dobbiamo raccogliere firme, o se dobbiamo andare a Galatina o a Lecce per manifestare o scioperare, io sono il primo a venire con voi”. E questo, va riconosciuto, in più di una battaglia, spesso condotta in solitudine insieme ai soliti rompicoglioni allergici al divano.

Il suo terrore era in effetti quello di fare la fine di molti suoi ex-compagni di partito: cioè morire democristiano, avvolto nella bandiera del capitalismo e del neo-liberismo di rapina piuttosto che in quella rossa del lavoro defraudato.  

No, Michelino non è morto da democristiano. Ma da lottatore, sognatore e resistente. E ha dimostrato che la forza e la fragilità a volte sono due modi diversi per chiamare la stessa cosa.

Ora, liberato dal peso del corpo e dai suoi limiti, senza più l’ausilio di bastoni stampelle o sedia a rotelle, Michelino è pronto a correre verso il paradiso laico (se ne esiste uno non può che esser laico) e a brillare come il più francescano dei santi: Santu Nuddhru, appunto.

In quel luogo di beatitudine, troverà ad attenderlo a braccia aperte anche la Vata, la sua adorata sorella, pronta a riprendere, come ai bei vecchi tempi, le loro proverbiali (ma sempre affettuose) litigate.

*

Condoglianze ai famigliari e a tutta la comunità di Noha.  

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 06/03/2016 @ 15:06:26, in NohaBlog, linkato 2660 volte)

Conosco un anziano signore del mio paese, un contadino, un tipo di poche parole. Un giorno quest’uomo mi raccontò la sua personale tragedia. Lo fece nel suo stile laconico, tacitiano anzichenò, con le sue frasi lapidarie. Ne parlava con commozione mentre più di una lacrima imperlava i suoi occhi, ma senza rancore né ferocia.

Nel 1943, durante la seconda grande guerra, era stato soldato prima a Chiavari (Genova), poi in Grecia da aprile a settembre. Aveva da poco compiuto 20 anni.  

Con l’armistizio dell’8 settembre dello stesso anno, gli ormai ex-alleati tedeschi “invitarono” la sua guarnigione a deporre le armi. Subito dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle schiere dell'esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il dieci per cento della truppa accettò l'arruolamento. Gli altri vennero considerati “prigionieri di guerra”.

*

Fu così che questo uomo, insieme alla maggior parte dei suoi compagni, fu costretto a salire su di un treno merci, o meglio su dei sovraccarichi vagoni-bestiame adattatati alla bisogna.

Il convoglio dopo oltre un mese di viaggio attraverso i Balcani giunse finalmente a Berlino. Berlino-Spandau per la precisione, un quartiere della zona occidentale della città, sulle rive del fiume Havel presso le foci della Strea. Lì era stato allestito un campo di concentramento nazista, o lager, come si diceva in tedesco.

Per quest’uomo non fu valida nemmeno la Convenzione di Ginevra, quella che prevedeva le tutele da parte della Croce Rossa Internazionale. Le SS, infatti, nella loro viltà, decisero arbitrariamente di non rispettarla, derubricando il suo status da “prigioniero” a “internato” (IMI = Internato Militare Italiano), azzerando in tal modo ogni straccio di diritto umano. Stessa sorte per i suoi commilitoni.

Per due anni il suo mondo fu un enorme campo di lavori forzati, di torture, polizia ed esecuzioni capitali; la sua dimora, una baracca di legno con brande di tre piani per una ottantina di posti letto non sufficienti per tutti. Si dovevano fare i turni anche per dormire.

Per tutto il tempo della prigionia, il suo abbigliamento fu la divisa estiva con la quale era stato catturato in Grecia, insufficiente e del tutto inadatta ai duri inverni berlinesi. Molti suoi compagni non sopravvissero al freddo, alla tubercolosi, alle polmoniti. Ma soprattutto agli stenti, alle vessazioni, agli abusi. E alle esecuzioni.

Il suo lavoro forzato fu la produzione del carbone dal legname, in una specie di altoforno. Il suo rancio quotidiano, le “rapeste” bollite. “Ogni giorno la stessa razione di rapeste” – mi dice. Ma sovente anche alcuni scarti di refettorio delle truppe del terzo Reich racimolate nelle immondizie, bucce di altri tuberi, qualche patata cruda rinvenuta chissà dove, e talvolta lumache cacciate in giro. Il pane era nero, quando c’era, ed era solo un tozzo da mettere sotto i denti tra i fumi dell’altoforno.

I suoi dialoghi interiori erano con i ricordi e con i suoi sogni di ventenne.

*

La liberazione arrivò l’8 maggio del 1945. Gli dissero di correre nella direzione indicata, verso l’esercito alleato. Si mise a correre, per quel che poteva, aiutandosi con un carrello con due ruote, come quelli porta-spesa, nella cui borsa, non ricorda come, aveva salvato un po’ di riso. Nel sua corsa sulle rive del fiume Havel - mi racconta – fu raggiunto e agguantato da un soldato nazista. Il tedesco gli saltò addosso. Caddero entrambi nel fiume, e con loro anche il carrellino e “quella francata di riso”.

Impiegò quattro mesi per rientrare finalmente a casa. Giunse a Noha il 7 settembre dello stesso anno, vigilia della solennità della Madonna delle Grazie, compatrona di Noha. Lo ricorda benissimo, quest’uomo, non fosse altro per il fatto che, all’indomani, la sua famiglia aveva programmato la vendemmia, alla quale, ancorché neo-liberato, il “figliol prodigo” non poteva sottrarsi.

*

Aveva sofferto molto, quest’uomo, e tuttavia non ha mai inveito contro il suo aguzzino.  Emaciato a tal punto che al ritorno in patria pesava appena quarantacinque chili, quest’uomo aveva riottenuto la libertà ma portava ancora i segni di quell’esperienza chiusa in fondo al cuore. Aveva perso chili, la parola e il sorriso. Ma non la dignità.

Oggi nessuno può fargli prepotenza più di quanto è già stato offeso dal nazi-fascismo.

E nulla di tutto ciò che accade all’uomo, per quanto terribile sia, può essere detto inumano. Purtroppo.

*

Pur sempre di poche parole, questo signore è l’uomo più buono del mondo, non farebbe male nemmeno ad una mosca, si accontenta di quello che ha, non lascia mai nel piatto nemmeno una briciola, non ha mai voluto la pensione integrativa, che pure gli sarebbe spettata per la prigionia nel lager: dice che gli basta e gli avanza quella della previdenza sociale di 540 euro mensili.

*

Oggi ha sempre il volto sorridente, legge i libri che gli passo, tiene il suo orto in campagna, ma più per gli altri che per sé, va ogni sera al circolo cittadino, è innamorato come il primo giorno di una donna bellissima, compagna di vita e madre dei suoi figli.

Molti suoi pari più sfortunati, soprattutto quelli allora massacrati nei campi di sterminio dalla pazzia del nazi-fascismo in quanto ebrei, rom, omosessuali o minorati non hanno mai potuto raccontare le loro storie ai propri figli. Lui, il suo dì tardo traendo, è riuscito a raccontarmela tutta, questa storia, anche se a tratti.

Io mi reputo molto fortunato di aver raccolto questi fatti dalla sua viva voce. Sì, perché questo uomo taciturno è il mio orgoglio: si chiama Giovanni, e a maggio compie 93 primavere.

Quest’uomo è mio padre.

Antonio Mellone

 

P.S. 1
Ringrazio il collega Adolfo Cavallo per avermi presentato e quindi prestato il volume “I deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti” di Pati Luceri (Grafiche Giorgiani, Castiglione d’Otranto, 2015). Si tratta di un monumentale lavoro di studio e catalogazione di 7368 schede biografiche, la maggior parte tratte dai 35.000 fogli matricolari consultati dall’autore per la sua ricerca. In questa Bibbia sulla sofferenza inferta ai salentini dai regimi nazifascisti ho rinvenuto la scheda di mio padre, dnl - deportato nel lager.

P.S. 2
I regimi fascista e nazista si sono tradotti in sofferenze e in migliaia, milioni di morti per fame, gasificazioni, forni crematori, deportazioni, esperimenti medici.
La responsabilità di tutta questa violenza sta nel potere del capitalismo che ha sottomesso vieppiù le classi subalterne, servendosi degli autoritarismi e dei totalitarismi di Mussolini e Hitler, due dittatori che hanno governato con olio di ricino, manganelli, carri armati, omicidi ed eccidi, sottomettendo l’uguaglianza e innalzando a costituzione la discriminazione, l’odio razziale, l’intolleranza, la soverchieria, la barbarie.

Io non mi spiego l’esistenza dei cosiddetti “revisionisti” che negano l’esistenza dei campi di concentramento, di lavoro e sterminio, nonostante la copiosa documentazione e le innumerevoli testimonianze dirette (non ultima, quella di mio padre). Né riesco a capire i sedicenti “nostalgici”. Non capisco cioè come si possa aver nostalgia di chi ammirava incondizionatamente il cosiddetto ordine nuovo: la mistificazione dei treni in perfetto orario, l’unisono dei giornali e della radio, l’autorità rispettata, la religione tutelata, gli oceanici raduni nel corso dei quali tutti applaudivano le stesse parole e la stessa persona, i tanti personaggi dai cervelli vuoti in vestito d’orbace, i cortigiani (di cui ancor oggi c’è sovrabbondanza). Non riesco a capire come mai oggi possano esistere ancora dei servi sciocchi dispensati dal pensiero. Oltre che della convinzione che il fascismo sarebbe stato grottesco, una vera buffonata, se non fosse stato tragico.

P.S. 3
Vi invitiamo a segnalarci altri nominativi di Noha deportati nei lager nazifascisti. Mentre veniva pubblicato questo articolo, ne abbiamo rinvenuto un altro di Gabrieli Pasquale, liberato dai partigiani e poi combattente per la liberazione nella divisione partigiana Garibaldi.

 

 

P.S. 4
Scheda di Barrazzo Paolo, Noha 23/12/1912

 

 

 

 

 
Di Albino Campa (del 15/07/2010 @ 15:04:31, in Fotovoltaico, linkato 3986 volte)



Uno slogan pieno di grandi significati. E' il titolo del programma amministrativo presentato dal nostro neo-eletto Sindaco, dott. Giancarlo Coluccia. Lo si può leggere nel Galatino n. 10 del 28 Maggio scorso. Gli impegni dichiarati riguardano soprattutto l'ambiente. Il nostro Sindaco promette il mantenimento delle bellezze paesaggistiche, compreso il centro storico di Galatina (noi speriamo anche delle frazioni), del basolato, delle piste ciclabili dentro la città e nei percorsi di congiungimento con le frazioni, della viabilità. A proposito dell'ambiente, il nostro Sindaco, si sofferma molto sul tema dell'energia: …uno dei settori strategici per un futuro eco-efficiente e ambientalmente compatibile;… installare su tutti gli edifici pubblici impianti fotovoltaici;…ridurre i costi energetici della pubblica illuminazione con impianti ad energia solare; dotare i cimiteri di Galatina e delle frazioni di impianti fotovoltaici… L'articolo prosegue considerando nuove soluzioni al problema del randagismo, dell'approvvigionamento dell'acqua potabile, di una migliore ripartizione della tassa sui rifiuti premiando chi ne produce meno, ecc. Grandi idee e ottimi propositi! Ma, ahimè, appena eletto il nostro Sindaco si ritrova a dover rispondere di decisioni prese dai suoi predecessori, e confermate dal Commissario Prefettizio, sul fenomeno del fotovoltaico per piccole e grandi estensioni. La richiesta fattagli da un numeroso gruppo di cittadini è quella di fermare lo scempio di quasi 100 ettari di campagna ricoperta da pannelli fotovoltaici, in zona Roncella, Vernaglione e Gamascia. Un'area equivalente a circa una novantina di campi da calcio. Dalla mappa territoriale si evince chiaramente l'enorme estensione delle aree prestabilite dal P.E.C. (Piano Energetico Comunale) e l'eccezionale vicinanza all'abitato, anche se spezzettate in piccoli appezzamenti. Inoltre le case di molte vie a nord di Noha: v.Tito Lucrezio, v. Giovenale, v. Q. Ennio, v. Catullo, ecc., avranno le finestre con vista panoramica direttamente sul campo n. 037 di circa 25 ettari di fotovoltaico. Il panorama si avrà ancora più diretto sulle case del comparto 4 appena questo verrà realizzato. Sia il Consiglio Provinciale di Lecce che il nuovo Piano Paesaggistico Regionale (Deliberazione G.R. 20,10, 2009 n. 1947) denunciano il divieto di localizzazione su suolo di impianti fotovoltaici in aree tipicizzate come agricole, e cioè di campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità, vigneti, uliveti, ecc. Le nostre aree sono tutto questo: campi agricoli, pascoli, aree rocciose e di naturalità! Le due linee guida dicono anche che l'area riservata all'impianto deve risultare un terzo della proprietà mentre i restanti due terzi devono continuare a rimanere di uso agricolo. L'art. 41 della Costituzione sancisce che l'iniziativa economica privata è libera, ma che tuttavia non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (quanto a sicurezza, vista la presenza di molte abitazioni nel raggio di poche decine di metri, le aree in questione non sono, forse, conformi). La fine dei combustibili fossili, petrolio in testa, sarà una grande conquista. Ma questo non vuol dire tappezzare la terra di pannelli fotovoltaici, pale eoliche, trasmettitori di telefonia e televisione, pubblica o privata che sia, se non regolati e disciplinati con sobrietà e onestà. Il fotovoltaico è nato per salvare il territorio e non per distruggerlo. Gli impianti vanno fatti su aree già deturpate, tipo capannoni, zone industriali, cave, depositi di rifiuti su cui tanto non si potrebbe fare altro, sui tetti delle case, sulle aree cimiteriali, ecc. Mai sulla campagna ancora in uso! Sui due appezzamenti attigui tra loro, quelli più grandi, pari a circa 60 ettari in totale e indicati in mappa con le sigle 035 e 027, mentre ci raccontiamo di giustizia e ripartizione equa dei beni comuni (e il territorio è un bene comune), le ruspe e gli operai delle imprese costruttrici, con il benestare del Commissario Prefettizio, dott. Capuano (vedi Atto n. 78 del 16-02-2010 fruibile sul sito del Comune di Galatina), stanno dando inizio al sacrificio della nostra terra. Di questo sacrificio non sappiamo quanto sarà il bene restituito ai cittadini residenti, ad esclusione di particolari "convenzioni" con l'impresa costruttrice, come per esempio quella per la ristrutturazione del canile in forma appunto di donazione di una cifra pari a 192.000 euro e degli utili che serviranno a rimpinguare le casse del Comune. Da una ricerca di mercato il costo dell'impianto di un MW su grandi estensioni pare equivalga a 4 milioni di euro, se moltiplichiamo la cifra per i cento MW previsti capiamo di che cosa si sta parlando. Di certo sappiamo che, secondo il progetto, impregneranno l'area della nostre contrade di veleni affinché non crescano più alcun tipo di piante, con un forte rischio per le falde sotterrane. Di certo sappiamo che saremo privati di una natura meravigliosa e offesi dalla vista di 60 ettari di iniezioni di cemento e stagnola riflettente. E' certo che non siamo sicuri di essere esenti da nuove forme di tumori causate dai campi magnetici prodotti dai due mega impianti. La Sezione Salentina di "Italia Nostra", che difende il territorio da questo scempio anti-amore per la natura, sostiene che ci sono forti rischi per l'equilibrio del micro clima e la fauna. Per certo nessun turista verrà nel nostro Salento a portare lavoro per i nostri figli e ancor meno per visitare distese interminabili di ferraglia e silicio. Dopo aver risparmiato, volenti o dolenti, la nostra terra dallo scempio dell'industrializzazione (tranne, per fortuna, poche realtà, come l'Ilva di Taranto, l'Enichem di Brindisi, Colacem di Galatina, ecc.), con gli stenti e le fatiche di generazioni intere di emigranti, roviniamo l'attimo di magia che il Salento sta vivendo come fonte di turismo e di lavoro, colmandolo di pannelli fotovoltaici, biomasse e pali di ogni tipo!? Ma la cosa che più crea allarme nella gente è la quasi totale assenza di informazione sulla straordinarietà di tale evento. Visto che il P.E.C. è già stato preparato, ed anche attuato, sarebbe corretto e doveroso da parte dell'A.C. renderlo pubblico. Condividerlo non solo tramite i meandri contorti del net work Galatinese, che forse pochi praticano, ma con un semplicissimo manifesto di carta, magari riciclata, esposto nella bacheca in piazza, la stessa dove vengono affisse lusinghe e promesse dei candidati al tempo delle elezioni, con spreco di costi altissimi. Se non conosciamo i propositi programmati dai nostri geniali delegati e tecnici per la cura del nostro territorio, è lecito l'allarmismo di chi come noi, semplici cittadini e popolo sovrano, è continuamente bombardato dalla comunicazione (e speriamo che duri e non venga imbavagliata) che denuncia raggiri, speculazioni, e sprechi provenienti dalle personalità più insospettabili e insite a tutti i livelli, sia locali che nazionali. Se la corsa all'abbruttimento del territorio e della salute pubblica non viene regolata con determinazione e coraggio continueremo a piangere ogni giorno i tanti morti di tumore del nostro territorio, in quello che invece dovrebbe essere il cuore palpitante e salubre dell'intero Salento. Non ci appelliamo solo alle regole, che ci sono e andrebbero rispettate e non raggirate, ma soprattutto al buon senso dei nostri amministratori e degli addetti ai lavori.

Marcello D'Acquarica

 
Di Redazione (del 16/08/2019 @ 14:56:57, in Comunicato Stampa, linkato 1400 volte)

A SESSANT’ANNI DALLA TERRA DEL RIMORSO UN FOCUS DEDICATO A ERNESTO DE MARTINO

ORE 19 IL BORGO RACCONTA - PIAZZA ORSINI

VISITA GUIDATA BASILICA DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA

ORE 19 LABORATORIO DI PIZZICA E TAMBURELLO - PIAZZA DANTE ALIGHIERI

ORE 20 DE MARTINO 60 - RACCONTO DI UN LIBRO - CONVENTO DELLE CLARISSE

LA TERRA DEL RIMORSO DI E. DE MARTINO CON STEFANO DE MATTEIS E PAOLO APOLITO

MOSTRE: IL LUOGO DEL CULTO, GALATINA, SAN PAOLO, TARANTISMO E DINTORNI;

MENADI DANZANTI

ORE 21 ALTRA TELA - PIAZZA GALLUCCIO

ORE 22 PIZZICA IN SCENA -  CASTELLO CASTRIOTA SCANDERBERG

A seguire CONCERTO RAGNATELA - PIAZZA DANTE ALIGHIERI

Solo una settimana al Concertone finale del festival itinerante “La Notte della Taranta” Galatina il 17 agosto ospiterà la quindicesima tappa di questa 22/a edizione.

Per la rassegna il Borgo Racconta sarà possibile effettuare una visita guidata a cura dell’Archeoclub Terra D’Arneo partendo da Piazza Orsini dove è situata la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, uno dei monumenti nazionali in stile romanico-gotico  edificato da Raimondello Orsini del Balzo tra il 1369 e il 1391. Si continuerà alla scoperta della pizzica, al cui rito è dedicata la  Cappella di San Paolo in Piazza SS Pietro e Paolo. Ultima fermata di questa visita guidata sarà il Museo Civico “Pietro Cavoti”,  in cui viene conservata una collezione di documenti, opere di artisti e studiosi galatinesi e locali. Il ritrovo è previsto alle ore 16.45 in Piazza Orsini; le visite inizieranno alle ore 17, poi ne seguiranno altre alle ore 18 (qui prevista anche in lingua inglese), ore 19  e l’ultima alle ore 20. E’ gradita la prenotazione chiamando il  324 059411.

Come per altre tappe itineranti, anche a Galatina in Piazza Dante Alighieri inizierà alle ore 19 il laboratorio di pizzica e tamburello, che permetterà a tutti i partecipanti di conoscere le basi della pizzica-pizzica e le tecniche per suonare il tamburello. Entrambi gratuiti, il laboratorio di pizzica è aperto a tutti, mentre per il laboratorio del tamburello, oltre ad essere muniti di strumento, è prevista una prenotazione per un numero max di 30 persone. Per prenotare chiamare il 324 059411.

Il laboratorio è curato dai danzatori del Corpo di Ballo de “La Notte della Taranta”: Cristina Frassanito,  Serena Pellegrino, Fabrizio Nigro e Andrea Caracuta.

La Notte della Taranta non è solo musica, danza, ma anche tradizione e letteratura. Tra gli appuntamenti alle ore 20 la sezione De Martino 60 a cura di Kurumuny  e Polo Bibliomuseale, con la direzione scientifica di Maurizio Agamennone e Luigi Chiriatti. A sessant’anni dal viaggio  nel Salento dell’antropologo Ernesto De Martino,  Stefano De Matteis e Paolo Apolito spiegheranno l’importanza che avuto lo studio La terra del rimorso per inaugurare una stagione di recupero della tradizione etnomusicale nel Salento.  

Stefano De Matteis si è  occupato di rappresentazioni simboliche, pratiche performative e processi rituali.  Ha diretto la collana di antropologia Mnemosyne ed è stato tra i fondatori delle “Opere di Ernesto de Martino” dove ha curato la nuova edizione di Naturalismo e storicismo nell’etnologia.

Paolo Apolito, uno degli  antropologi più stimati in Italia, è stato presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione delle tradizioni culturali italiane, del Ministero per i Beni e le Attività culturali e della Commissione di Abilitazione scientifica nazionale per professore universitario di discipline demoetnoantropologiche e  studioso dei fenomeni religiosi e rituali.

 

Saranno loro a raccontare Ernesto De Martino, antropologo e filosofo italiano che  con una serie di missioni etnografiche dai primi anni ’50, raccolse una quantità di documenti relativi a manifestazioni magico-religiose e ne studiò le origini storiche, i rapporti con le condizioni storico-sociali attraverso i secoli, i motivi impliciti che ne giustificavano il persistere. Oggetto della sua investigazione furono particolarmente: il complesso mitico-rituale della fascinazione in Lucania (Sud e magia, Milano 1959); le persistenze del pianto funebre in Lucania (Morte e pianto rituale nel mondo antico, Torino 1958); il tarantismo del Salento (La terra del rimorso, Milano 1961).

Fu proprio De Martino a imprimere una svolta decisiva nello studio del fenomeno del tarantismo. Nell’estate del 1959 inaugurando la tecnica dell’indagine interdisciplinare, con l’unione in un’unica équipe di uno psichiatra, una psicologa, un’antropologa culturale, un etnomusicologo e un documentarista cinematografico, indagò a fondo il rituale magico-religioso del tarantismo pugliese, raccogliendo i risultati dell’analisi, in quella mitica estate del ’59, in quello che sarà poi uno dei testi fondamentali: La terra del rimorso.

Nel 2019 corrono sessant’anni dall’indagine sul tarantismo salentino condotta da Ernesto De Martino e dalla sua équipe, tra Nardò, Galatina e Muro Leccese, nel giugno-luglio 1959.

Il progetto “demartino’60”, omaggiando e celebrando l’opera pionieristica di Ernesto De  Martino e dei suoi collaboratori, intende divulgare parte dei documenti prodotti intorno al fenomeno.

Saranno allestite anche due mostre presso il Convento delle Clarisse: sul luogo del culto di Galatina, San Paolo, Tarantismo e dintorni, e sulle Menadi Danzanti.

Galatina, la cappella di San Paolo e lo spazio antistante, rappresentano uno dei luoghi simbolo  in cui si svolgeva questo rituale legato al tarantismo.   La mostra multimediale restituisce gli scatti di fotografi professionisti e non, che nel corso di un cinquantennio hanno varcato la soglia del luogo del culto. Le fotografie sono di: Chiara Samugheo, Paolo Longo, Paolo Albanese e Paola Chiari, Salvatore Congedo, Carmelo Caroppo, Fernando Ladiana, Luigi Chiriatti.

Passato e futuro del Salento si incontrano nella mostra Menadi Danzanti  progetto realizzato grazie alla sinergia tra Assessorato alla Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, Polo Biblio Museale di Lecce e Fondazione La Notte della Taranta. La mostra presso il Convento delle Clarisse propone la visione della straordinaria collezione di ceramiche antiche, greche e magno greche, con immagini legate alla musica ed ai suoi diversi aspetti e funzioni, ai luoghi e alle occasioni in cui si suonava, agli dei che la proteggevano ed ai miti che la raccontavano. Curata dall’archeologa Anna Lucia Tempestapunta a far conoscere, attraverso le immagini vascolari i reperti musicali e le fonti scritte, i laboratori di gestualità e la “messa in movimento” delle opere, l’importanza della musica nel mondo antico e gli incredibili legami con la contemporaneità. I reperti esposti nel Museo Castromediano di Lecce, insieme ad una selezione di vasi, eccezionalmente allestita nelle sale del palazzo marchesale De Luca di Melpignano, databili tra la fine del VI ed il I secolo a.C.,  documentano i diversi momenti di vita in cui la musica è presente e protagonista.

 

Passando alla musica, alle 21 al via i concerti previsti per la serata. Primo appuntamento con Altra Tela in Piazza Galluccio dell’ensemble Accipiter dalla Basilicata, uno dei gruppi provenienti da altre zone d’Italia e che il festival itinerante ospita per celebrare l’incontro della cultura salentina con quella delle altre regioni del nostro paese.

E’  un gruppo di giovani musicisti che si propone di portare in giro spettacoli in cui le musiche tradizionali del Sud vengono contaminate da influenze più moderne. Un folk-pop-funk con melodie accattivanti, ritmi aggressivi e testi ritmici che si fondono e si mescolano. La voce di Michela Labbate, le melodie della fisarmonica e dell’organetto di Domenico Piliero, i ritmi di Domenico Dimilta, interprete della tammorra, il basso di Franky Damato, il mandolino e i flauti di Domenico Imperatore, le percussioni di Giovanni Guarino, l’incedere delle cornici di Graziano  Lamarra, chitarra e voce di Pietro  Varvarito e la danza di Sara Colucci, creano uno spettacolo che punta ad una corrispondenza di sensi tra il pubblico e gli artisti sul palco.

 

Una delle principali novità di questa edizione del festival itinerante è Pizzica in scena con i danzatori del Corpo di Ballo de La Notte della Taranta che offriranno agli spettatori una performance innovativa tra luci e specchi che riflettono l’incanto dei monumenti. 

Protagonisti di Pizzica in scena a Galatina nel Castello Castriota Scanderbeg saranno i danzatori: Cristina Frassanito, Serena Pellegrino, Stefano campagna, Andrea Caracuta, Lucia Scarabino, Fabrizio Nigro.

 

Ultimo appuntamento della serata in Piazza Dante Alighieri con i concerti della sezione Ragnatela. Alle ore 22 a salire sul palco saranno l’Orchestra del Liceo Da Vinci di Maglie e a seguire Antonio Castrignanò, Taranta Sounds & Sona Jobarteh.

L’Orchestra del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Maglie nasce dalla convinzione che la musica sviluppi nei ragazzi creatività e armonia, responsabilità e partecipazione. Nata nel 2011, da una idea della dirigente scolastica Annamaria Corrado e del professore Massimiliano Cananà, l’orchestra è composta da 48 elementi che suonano classici rivisitati, spaziando tra i generi più disparati. Il progetto mette in campo un confronto continuo tra modernità e radici, cultura dei libri e cultura dei sensi. In questa occasione l’Orchestra si cimenta con il repertorio musicale salentino, “contaminandolo” con i timbri del proprio organico. La musica cosiddetta colta e la tradizione popolare, trasfuse in note accanto alle sonorità rock e pop, diventano ritmo appassionato ma anche esercizio continuo disciplinato, quasi una colonna sonora per una delicata fase della vita, quella dell’adolescenza. I 48 giovani musicisti saranno diretti dal maestro Armando Ciardo, docente di violino che ha collaborato negli anni con Aldo Ciccolini, Uto Ughi, Luis Bacalov, Lucio Dalla e i Negramaro.

Chiuderà la serata Antonio Castrignanò, Taranta Sounds & Sona Jobarte.

Antonio Castrignanò, musicista salentino, ha cominciato la sua carriera, giovanissimo, con La Notte della  Taranta, prima come tamburellista, poi come frontman. Compositore della colonna sonora del film “Nuovomondo” di Emanuele Crialese,  ha condiviso palchi e festival con numerosi artisti. A Galatina lo stesso Castrignanò (voce, tamburo, mandola) sarà accompagnato da Rocco Nigro (fisarmonica), Gianluca Longo (mandola e mandolino), Luigi Marra (violino e voce), Giuseppe Spedicato (basso), Maurizio Pellizzari (chitarra elettrica), Gianni Gelao (fiati), Davide Chiarelli (batteria e percussioni). Insieme sul palco Sona Jobarteh, la prima donna proveniente da famiglia “Griot” a suonare la Kora, strumento tradizionale dell’Africa, in un percorso musicale con note intime che si alterneranno al ritmo travolgente della pizzica.

 

Tema centrale del Festival 2019 è la tutela dell’ambiente. In collaborazione con Intesa Sanpaolo e Legambiente, la Fondazione La Notte della Taranta promuoverà la raccolta fondi per la campagna #RigeneriAMOlaNatura che consentirà di rendere accessibili 4 oasi del Mezzogiorno d’Italia alle persone diversamente abili e fruibili dal pubblico attraverso sentieri guidati. Si tratta dell’oasi dei Variconi a Castel Volturno (Campania), Foce Cavone nella marina di Pisticci (Basilicata), Dune di Sovereto a Isola Caporizzuto (Calabria) e Torre Squillace nella marina di Nardò (Puglia).

Si può partecipare alla raccolta fondi attraverso la piattaforma www.forfunding.intesasanpaolo.com/  o acquistando la T-shirt creata da Yezael di Angelo Cruciani per la Notte della Taranta in vendita tra i prodotti ufficiali del Festival.

Gloria Romano

 
Di Albino Campa (del 25/02/2011 @ 14:50:50, in Musicando pensieri, linkato 3569 volte)

Da quanti punti di vista è possibile ammirare le bellezze della nostra terra? Qual è l’altezza giusta o l’altra città da raggiungere per rendersi conto che quello che sino all’altro giorno ci circondava era unico? Qual è l’angolo giusto, il cono di luce appropriato, la giusta misura di apertura dell’obiettivo, il ritmo corretto di vibrazione delle ciglia, per riuscire a scorgerne anche gli aspetti negativi? Tanti e a tal punto sofisticati sono gli accorgimenti da adottare per un’osservazione attenta e critica di quella terra divenuta luogo della nostra esistenza.

È proprio dall’osservazione, a mio parere, che occorre ripartire per costruire un futuro diverso attorno a noi. E l’arte ci può essere d’aiuto. Vi proponiamo quindi un video in cui gli scatti dell’artista salentino Gianfranco Budano vengono sontuosamente abbinati alle note di una composizione del musicista francese René Aubry dal titolo Salento (Plaisirs d’amour, 1998). Ovviamente non poteva mancare l’estratto letterario da un’opera che racconta il Salento, questa volta attraverso la voce di chi sente il bisogno fisico del ritorno alla propria terra: parliamo di “Lecce-Ravenna Andata e ritorno” del conterraneo Maurizio Monte (pagg. 78-80, Edizioni Clandestine, 2006).

     
 
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Sono cresciuto con questi pensieri.

Sono cresciuto con un Dio che non era solo quello circoscritto da una religione preposta a farmelo sostenere come fosse una squadra di calcio.

Era anche quello. Era tutto.

Ora lo respingevo, ma in cuor mio sapevo che prima o poi sarebbero riemersi gli originari sentimenti.

Si fa fatica a non credere a qualche forma di provvidenza divina quando sei cresciuto all’ombra degli ulivi più generosi del pianeta, quando hai visto fiorire i mandorli a Gennaio, quando ti sei inebriato dell’odore di un vigneto ricchissimo, specchiandoti negli occhi di una ragazza sincera.

Ti si è rivelato tutto e delle certezze scientifiche non sai che farne…

Tuttavia, crisi mistica e frisellate a parte, di quella estate sponda sud-est ho pochi aneddoti da raccontare, trascorsa come fu fra incoscienti corse in moto su una litoranea arroventata dal vento d’Africa, gioia dei rettili che popolano i suoi muretti a secco, romantici confini di paradisiache combinazioni floreali.

Contemplando quel panorama straordinario, mescolavo il mio infinito amore per quella terra alla critica più feroce verso quanti non riuscivano ad amarla alla stessa maniera.

A ora di pranzo salutavo la campagna e rincasavo sempre, i piatti della mamma avevano priorità su tutto, per chi vive fuori sono veri e propri momenti di culto.

Parcheggiavo sul pianerottolo di casa una moto che sembrava un pit bull incazzato e il ticchettio che emetteva il metallo dilatato si protraeva per ore tra il rimuginare di mio zio, l’incredibile Ucciu, e una temperatura che di certo non favoriva il raffreddamento.

Lo zio alludeva malandrino alle mie bravate, scuotendo il capo col sorriso marpione di chi si è arroventato sotto il sole della campagna, ma ha scandito le ore della giornata tracannando il vino rosso della propria vigna.

Impersonificava perfettamente il contadino del Salento: copricapo di paglia, canotta celestina bucata qua e là e jeans tagliati ad altezza di cosce lucide e sì scolpite da richiamare quelle marmoree del David.

Agile e forte, conosceva bene quel caldo solido che mi costringeva spesso a rallentare e mandare giù a pieni polmoni, pollini miracolosi alla mia causa.

Parlava poco ma lasciava intendere tutto.

Coltivava la terra con attrezzi primordiali, reticente verso i mezzi moderni, era convinto che bastava andare a letto presto per non averne bisogno.

Mangiava le sue verdure, i suoi ortaggi e la sera passeggiava vicino casa immerso nei suoi pensieri a mo’ di digestivo, con le mani rigorosamente dietro la schiena in un tipico atteggiamento meridionale ereditato dai filosofi greci.

Non credo che l’incredibile Ucciu fosse meno felice di Rupert Murdoch o Bill Gates…

Non conosceva una parola di inglese, per lui era un’impresa anche comunicare in italiano ma non gliene importava minimamente perché sapeva che non era conoscendo il significato della parola “software” che si vive meglio.

Men che meno entrarci dentro, ci aggiungo io.

A lui bastava il dialetto per comunicare con chiunque, se proprio era necessario farlo.

Spero che il mondo capisca presto che “allargare i propri orizzonti” non significa prendere tre lauree e conoscere sette lingue aspirando alla vita newyorkese.

Gandhi diceva “Piccolo è bello”.
Gli orizzonti più grandi sono quelli in cui vuoi vivere.

Lo zio era un re: respirava la sua aria, quel mischione di pollini marini e rurali, l’odore di quel putridume di vita passata, comunemente detto terra.

La sua terra.

Ognuna sprigiona il proprio respiro e per capirne l’importanza dell’essenza, devi allontanartene.

Quando ci ritornerai, riconoscerlo sarà il più naturale degli esercizi, nonché un piacere indicibile.

[]

 

Michele Stursi

 
Di Andrea Coccioli (del 30/06/2019 @ 14:47:12, in Comunicato Stampa, linkato 881 volte)

Finalmente dopo 16 giorni in mare i migranti a bordo della Sea-Watch3 sono sbarcati. Verranno assistiti da personale medico specializzato e potranno immaginare un futuro migliore ricollocati in diversi paesi europei.

Il Capitano della nave è stato arrestato. Ci sarà un processo come è giusto che sia. Sono sicuro che dimostrerà ai giudici che il salvataggio delle persone in mare era vitale e che non si potevano più tenerli a bordo dopo 14 giorni. Vedremo cosa diranno i giudici sul mancato rispetto della legge rispetto alle condizioni ormai insostenibili di 46 migranti a bordo.

Ora, finalmente mi aspetto che il Ministro degli interni partecipi ai summit europei dove si decide sulle politiche migratorie che ora hanno regole sfavorevoli per l’Italia incapace di gestire le emergenze. 

Per noi italiani è molto chiaro che va rivisto il trattato di Schengen e il regolamento di Dublino. Noi siamo una democrazia rappresentativa e mi aspetto che chi ci rappresenta si preoccupi di cercare e di trovare una soluzione che porti a una solidale e obbligatoria condivisione delle responsabilità e del peso delle migrazioni fra tutti i Paesi Ue. 

Per fare questo, il Ministro dell’Interno Matteo Salvini o in sua senza il Presidente Conte, che rappresentano il governo, devono partecipare alle riunioni europee dove si decide sulle politiche migratorie. Faccio presente che negli ultimi mesi su sette incontri organizzati fino ad oggi, il vicepremier ha presenziato solo a uno. Ultima assenza in ordine di tempo quella del 6 giugno in Lussemburgo.

E’ necessario che il nostro governo cominci a lavorare duramente in Europa per costruire una politica comunitaria delle migrazioni.

Si può immaginare una linea politica di accessi legali e controllati nell’Ue da parte di cittadini di altri Paesi; serve rafforzare una politica di cooperazione allo sviluppo con i Paesi di origine e di transito delle migrazioni, così da aiutare quelle nazioni finalmente a crescere economicamente e socialmente. Ora, i paesi di origine, sono pieni di miseria e  guerre interne.

Fare solo propaganda sulla pelle delle persone non funziona più. Dobbiamo convivere con i flussi migratori e dobbiamo saperli gestire. Lo possiamo fare solo se l’Europa unita si mobilita a cercare soluzioni migliori di quelle ora scritte sui trattati europei. Per farlo, il nostro paese deve essere presente in Europa, deve partecipare alle riunioni e rivendicare il cambiamento tanto sventolato in campagna elettorale ma mai praticato. 

Mi chiedo perchè dopo 14 giorni non si è intervenuti per trarre in salvo i migranti dopo che il Comandante della Sea-Watch3 Carola Rachele, ha inviato numerose richieste di aiuto al ministro e alle strutture competenti ancora prima di forzare il blocco? 

Perchè 46 persone stremate dalla fatica sono state lasciate a mare?

La risposta è chiara. Solo per fini propagandistici, elettorali e più like su facebook. Senza soluzione al problema. Che, purtroppo, si ripresenterà puntuale. 

Andrea Coccioli

Segretario del Partito Democratico di Galatina

 
Di Redazione (del 30/06/2019 @ 14:44:55, in Comunicato Stampa, linkato 866 volte)

Ogni volta che assistiamo ad operazioni clientelari ed opache, come quella che ha visto ricadere la nomina di soggetto attuatore della rassegna “A cuore scalzo” ad una Associazione appena costituita, subiamo oltre al danno anche la beffa di essere destinatari delle lezioni di etica e moralità del profeta di turno.

Su tutti l’Assessore Cristina Dettù che, nel tentativo di giustificare e difendere ciò che è impossibile difendere, parla a sproposito di senso di comunità, di identità, di orgoglio e di gratuità. Caro Assessore il senso di comunità non lo si può fare e disfare a proprio piacimento. E’ stata proprio la coalizione di cui fai parte a dividere in due la città e non lo ha fatto su temi concreti, sulla base di una diversa ideologia politica o su una diversa  visione prospettica della città. La divisione che avete volutamente e strumentalmente creato nell’ultima campagna elettorale è basata sulla distinzione tra il bene e il male. In questa perversa strategia politica vi siete autoproclamati come il bene e avete considerato come il male tutti quelli diversi e contro di voi. A condurre questa opera di mistificazione della realtà non siete stati soli però. Prima di voi altri piccoli personaggi, sfruttando i mezzi a loro disposizione, hanno contribuito ad inculcare nella mente dei cittadini circostanze diverse dalla realtà, condizionando la vita politica della città e non solo quella.

Da quando questa Amministrazione si è insediata ci siamo ritrovati a discutere troppo spesso di clientelismi e fin’ora lo abbiamo fatto su vicende che vedono in ballo poche migliaia di euro. Non osiamo immaginare cosa succederà quando arriveranno alcuni grossi finanziamenti, come quello inerente la riqualificazione del Palazzo della Cultura.

Tra le altre cose, inoltre, non se ne può più della solita filastrocca delle difficoltà ereditate dal passato da parte di questa Amministrazione. Sarebbe il caso che, almeno per una volta, ci diceste a cosa o a chi vi riferite visto e considerato che nella passata Amministrazione tra i banchi dell’opposizione, mentre aumentavano i debiti e la città veniva svuotata e saccheggiata, sedeva sempre in silenzio Marcello Amante.

Galatina non merita questo tipo di comportamenti. Non merita l’ipocrisia di personaggi che dopo aver militato e tratto benefici per una vita dai partiti si risvegliano civici e liberi, non merita persone che camminano a testa alta solo in campagna elettorale, non merita persone che pensano di avere un valore solo grazie alla carica che ricoprono, non merita menestrelli e buffoni di corte che si ergono a pseudo intellettuali sempre allineati e schierati con il potere, non merita burattini comandati a bacchetta da chi è sempre attivo nelle retrovie della politica.

Galatina si è stancata dell’ipocrisia, della superficialità, dell’incapacità, della furbizia, dell’arroganza, della falsità e degli imbrogli.

La nostra città ha bisogno di una classe dirigente seria e preparata, che si interessi di prospettive e di temi concreti, che esca dall’isolamento politico in cui il Sindaco Amante l’ha condotta in pochissimo tempo e che non si invischi in questioni simili a quelle a cui si assiste al mercato delle noccioline.

Alla luce di tutto ciò chi ha il potere di fermare o frenare questo modo indecoroso di amministrare lo faccia subito per non rendersi corresponsabile  di questo dannoso e pericoloso assalto alla diligenza.

Pierluigi Mandorino

Segretario -  Partito Socialista

 
Di Antonio Mellone (del 10/08/2014 @ 14:43:25, in NohaBlog, linkato 2937 volte)

Mannaggia a me e a quando mi metto a discutere (addirittura in spiaggia!) con chi pensa che lo “sviluppo” del Salento sia fatto di turismo (per antonomasia quello invadente, sudato, inebetito) e dunque di orde di lanzichenecchi pronti ad invadere la quiete della nostra terra, che in alcuni periodi dell’anno sembra trasformarsi nella striscia di Gaza. Il tizio continuava a dirmi che fosse per me ed i miei amici “ambientalisti” (cosa cavolo significherà mai questo lemma, lo ignoro) non si farebbe nulla, tanto che noi tutti oggi staremmo ancora viaggiando con gli asini, i muli ed altri quadrupedi da soma. Avrei voluto rispondergli che quelli come lui hanno fatto invece alla nostra terra tutte le mega-porcate che hanno voluto, in quanto quelli come me, minoranza endemica, non hanno mai avuto voce in capitolo.

Poi, ovviamente, quando uno inizia a parlarti in questi termini - cioè di ciucci, birocci, traini, ed altre amenità del genere - l’unica cosa saggia da fare è issare bandiera bianca, e lasciar cadere immediatamente ogni tentativo di esposizione logica di qualsivoglia argomentazione. Non vale la pena di perdere il fiato, e poi se ti metti a litigare con un idiota il terzo che osserva la scena potrebbe non capire la differenza.

Se al posto di codesto logorroico interlocutore, che si crede addirittura un economista (ma come faccio a spiegargli che un laureato in Economia non è necessariamente un economista, così come un laureato in Filosofia non è sempre un filosofo - infatti, per dire, se Buttiglione fosse un filosofo, io avrei serie difficoltà nel capire cosa facesse Aristotele), dicevo, se al posto di questo soggetto avessi beccato un altro appena un po’ più ricettivo avrei potuto dirgli che purtroppo il nostro Salento è ormai tutto una strada, solcato com’è da viadotti e circonvallazioni di tutti i tipi e per tutti i gusti.

Ma noi mica ci accontentiamo del primato (mondiale!) di chilometri stradali per chilometro quadrato (nel Salento questo rapporto è di 1:1). Nossignore, noi vogliamo ancora di più. Alcuni esempi? La “Regionale 8” fino a San Foca (così già che ci siamo anche il gas del TAP potrà viaggiare più comodamente), la “275 Maglie-Santa Maria di Leuca” (l’hanno chiamata strada-parco per mitigarne l’impatto: questi ci derubano anche del vocabolario), la “Maglie-Otranto” (cosa vuoi che siano 8000 ulivi divelti, al confronto delle decine di migliaia che verranno sradicati per la Xylella Fastidiosa, altra panzana-colpo-di-grazia alla nostra terra già martoriata; dell’“attivismo” a sua insaputa da parte del sindaco Montagna parleremo in altre circostanze, ndr), la “Otranto-Gallipoli” (ennesimo mostro di asfalto e cemento che ci costerà quanto un rene), la “Casalabate-Porto Cesario” (per collegare le due coste del Salento, una specie di segnalatore visivo del prepuzio salentino: anche nel senso della natura mentulomorfa del pensiero dei nostri politici locali). Per non parlare delle circonvallazioni (perfino interne, come certi assorbenti), delle strade infinite di raccordo e servizio dei mille comparti edilizi, delle asfaltature delle residue strade bianche di campagna, dei viali o vialoni privati da coprire con un bel massetto. Stiamo insomma predisponendo un bel lacrimatoio necessario per raccogliere i lucciconi di coccodrillo che abbondanti produrremo subito dopo qualche goccia di pioggia che inesorabilmente trasformerà i nostri paesi in un unica alluvione.

Avrei continuato (sempre discettando di “turismo”) col dire che per esempio in Inghilterra non allargano le loro strade, le tengono strette, e che nelle Highlands scozzesi si deve fare un percorso a passo lento per apprezzare la bellezza dei luoghi. Che comunque le strade strette sono più sicure di quelle a scorrimento veloce (infatti lo capirebbero anche alla scuola materna che gli incidenti sono dovuti alla velocità e non alle strade strette).

Avrei infine aggiunto che forse chi viene a visitare il Salento avrebbe voglia di trovare una terra selvaggia, di ammirare il fico d’india, la chiesa rupestre, la taranta sui cozzi e anche gli scurzuni (non i serpenti d’asfalto), che vorrebbe trovare cioè quello che tipizza il Salento, e soprattutto ciò che rende il Salento diverso, chessò io, dal Veneto o dall’Emilia Romagna. Se un turista volesse trovare il resort con le piscine o il parco acquatico o il mega-villaggio o il centro commerciale, o se desiderasse percorrere una mega-strada a quattro o più corsie potrebbe benissimo risparmiarsi il lungo viaggio fino a Lecce per dirigersi verso altre regioni dove questa roba c’è già in abbondanza, e dove non sanno più cosa inventarsi per “attrarre il turismo”. Queste regioni ormai hanno perso e per sempre il loro territorio, sicché l’unica cosa che rimane da fare a quei poveretti è creare la giostra continua del divertimentificio senza fine, insomma un Samsara beach anzi bitch 24 ore su 24.

Temo che noi salentini siamo sulla buona strada: nel senso di averne purtroppo imboccata una a senso unico.

P.S. Buone vacanze, cari lettori, con l’augurio che le nostre spiagge non vengano affollate da fiumane di coglioni.

Antonio Mellone
 
Di Marcello D'Acquarica (del 10/09/2013 @ 14:35:51, in NohaBlog, linkato 3881 volte)

Oggi, sciroppo nohano, ops... volevo dire scirocco nohano. Quando l’aria si fa irrespirabile e soprattutto alla sera, quando cala la cappa di umidità, arriva il cosiddetto “faugnu”. “C’è cu mmori” si dice dalle nostre parti.  Il caldo torrido di Agosto fa il resto. Ma a questo, per fortuna, ci pensa Qualcun altro, diciamo il più altolocato. Il clima, come anche tante altre cose, non le decidiamo noi.

“Tu sei un fenomeno…” - mi dice Gianluca Misciali, neofita nohano alla ricerca delle sue origini (un altro che non ascolta le prediche nostrane dove viene abiurato il passato, quale testimone dell’antiprogresso) - “…capisco amare una donna, un Santo, il lavoro, ma un paese.”

In effetti, al contrario degli altri anni, quest’anno mi sono sorpreso pensando ad alta voce, “ma chi me lo fa fare!”. Tranquilli. Mi è capitato una sola volta. Forse vinto dalla puzza nauseabonda di cani morti che regna a Noha da qualche tempo. D'altronde, se fosse solo un romanzo, sarebbe tutto normale, così finiscono buona parte dei racconti di storie d’amore: annegati nel tradimento da parte di chi hai sempre amato e rispettato. Per convincermi che sbaglio a pensare questo, provo di nuovo a cercare la meraviglia che da sempre mi riporta in questo meraviglioso paese:

 il silenzio che regna nelle vie, gli orizzonti a portata di mano, i colori del tramonto e il suono delle campane che, anche se impostate da un banale programma di neo-battenti, si ostinano a rammentarci il fascino misterioso di riti antichi e menzadie cadenzate. Cose di un altro mondo.

Guardando le facce beate dei nostri politici (e ci li vide mai? Bisogna cercarli su face-book, o nei “santini” pre-elettorali) sembrerebbe che nulla accada, se non le loro faccende in cui sono affaccendati.

Ho chiesto agli abitanti di via Aradeo, a cosa si deve l’olezzo di cadavere che si sente in giro per il paese, soprattutto nei pressi della grotta della Madonna di Lourdes. Qui la puzza è davvero insopportabile. Vengo così a conoscenza che la signora Maria Rosaria Mariano, contitolare del negozio di ferramenta, con l’aiuto di alcuni cittadini, si è data da fare con una petizione popolare per informare del cattivo odore il sindaco Montagna e gli amministratori de-localizzati altrove (tanto, anche se abitassero a Noha, come i nostri 4 consiglieri eletti, cambierebbe poco o nulla). Dopo alcune cantonate lapalissiane (del tipo: pulire dalle foglie solamente il tombino davanti al negozio di ferramenta, oppure inviare una squadra di tecnici sprovvisti del più banale attrezzo per aprire un tombino), finalmente si è concluso di demandare la questione all’azienda incaricata al completamento dei lavori della fogna bianca (ca puzza cchiui de a nera). Intanto una buona parte di Noha, tutta la zona del Calvario per intenderci, da anni soffre dello stesso problema a causa dell’ennesima vigliaccata perpetrata approfittando della buona fede della gente: la discarica dell’impianto fognario adiacente alla villetta dedicata a Padre Pio. Siamo nel terzo millennio, a Galatina ci si vanta d’essere “Città d’Arte” e traboccante di cultura, ma quando non si sa che fare si ricorre sempre all’aiuto dei Santi. E sarebbe pure una cosa giusta, basterebbe però riconoscere i propri limiti, che nel nostro caso si sciolgono in vaveggianti e perenni indecisioni. Povero Padre Pio. Tutte le disgrazie spettano a lui. E ai cittadini di Noha. Ma che avranno fatto mai per meritarsi tutto questo? Insomma non possiamo dire che a Noha ci si annoi.

Ogni giorno che passa i problemi aumentano e l’ultimo scaccia sempre quelli già esistenti: chiodo scaccia chiodo. A questo punto diciamo che Noha è diventato un paese dove si mangia con la puzza di fogna, ci si lava con la puzza di fogna, si dorme con la puzza di fogna, si vive sempre con la stesa puzza, che importa se l’orologio della piazza - fiore all’occhiello di ogni paese - è una taroccata, se i beni culturali di Noha sembrano quelli che erano sepolti sotto la città di Acaya fino a qualche anno addietro, se la casa Rossa è solo un ricordo sbiadito, se il frantoio ipogeo più originale del Salento diventa una discarica di rifiuti, se le casette di Cosimo Mariano non reggono più nemmeno le luminarie pietose della festa di San Michele, se le pantegane girano indisturbate dentro e fuori del Castello, se la campagna de lu Ronceddhra è un ammasso di pannelli fotovoltaici riparati da pochi scheletrici ulivi trapiantati per nasconderli alla vista, se un faro da 5000 watt acceca gli automobilisti che transitano su quella via, se il viale che porta al cimitero sembra un residuato del dopoguerra, se si spendono milioni di euro in ristrutturazioni di edifici confiscati alla mafia e in vecchie scuole elementari (senza manco pensare all’allaccio elettrico come si deve)…

Se potessi continuare non basterebbe un’enciclopedia, tanti sono i fenomeni nohani dipendenti dalla trascuratezza e dalla dabbenaggine dei nostri rappresentanti (che a questo punto penso rappresentino solo se stessi). Speriamo che il vento cambi al più presto, e la tramontana non ci porti altre sorprese visto che ultimamente sono di moda i cosiddetti “termovalorizzatori” e a pochi passi da Galatina ne abbiamo uno che, forse, non aspetta altro.

Marcello D’Acquarica
 
Di Antonio Mellone (del 21/09/2014 @ 14:32:45, in NohaBlog, linkato 2943 volte)

Un tizio che sarebbe troppo definire mio amico mi fa: “Ma tu che te la prendi tanto con la TAP, non usi forse il gas a casa tua?”. Me ne ricorda un altro (sempre di “amico”) che quando lottavo contro lo scempio del fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna di Noha formulava la solita stucchevole domanda retorica, e cioè se per caso non utilizzassi io l’energia elettrica per gli scopi più disparati e dunque non fossi rimasto alla candela o ad altra strumentazione del giurassico.

Come facevo a far capire al tizio che, sì, utilizzavo (ed utilizzo ancora) l’energia elettrica, ma quel modo di produrla è il più stupido, dannoso, costoso che si potesse mai immaginare e purtroppo realizzare?

Così, a proposito di TAP, mi chiedo come faccio a far capire agli “amici” che dire di NO al TAP non significa rinunciare al gas, ma capire che questa è l’ennesima truffa perpetrata ai danni di molti per il beneficio di pochi.

In Italia, per dire, esiste una rete di allacci internazionali con una portata pari a 120 miliardi di metri cubi di gas annui. Sapete quanti ne consumiamo in tutto? Un po’ meno di 70, ed il trend di decrescita sembra non arrestarsi qui.

Ma lo sapete che i restanti 50 miliardi di metri cubi non utilizzati vengono comunque pagati alle multinazionali (come TAP) titolari di queste “grandi opere” infrastrutturali, anche se questo gas non viene venduto? E secondo voi nelle bollette di chi viene caricato questo costo?

Sapete cosa sono i contratti “take or pay” di fornitura del gas? A beneficio di chi non ne avesse mai sentito parlare, diciamo che si tratta di accordi capestro, spesso di durata pluriennale (in genere 25 anni) secondo i quali l’offerta garantisce quantità e prezzo, mentre la domanda dovrebbe assicurare il ritiro del prodotto e il suo pagamento. Nel caso in cui il gas per qualsiasi motivo non dovesse (più) servire, i “consumatori” son tenuti lo stesso a pagarne il conto per il quantitativo massimo pattuito.

Inoltre se si è sottoscritto un contratto “take or pay” si è costretti a prendere il gas al prezzo prefissato (che si è obbligati a pagare comunque), anche se il prezzo di mercato fosse più basso.

In Italia, per la cronaca, abbiamo sette punti di accesso. Ma lo sapete voi che ne abbiamo tre completamente fermi (ma che continuiamo a pagare per il meccanismo sopra descritto), mentre gli altri sono utilizzati all’incirca al 50% della loro capacità?

Ora mi spiegate a cosa cavolo serve questa ennesima “grande opera” che ci sta portando tutti alla canna del gas?

Ovviamente queste mie sono “posizioni politico-ideologiche che portano a poco”, mentre invece quelle della TAP e lo “studio”, commissionato dalla medesima TAP, all’“indipendente” Renato Mannheimer “verifiche scientifiche”. Forse perché presentate con le slide che oggi vanno tanto di moda.

*
P.S.

Nemmeno stavolta son d’accordo con il redattore di turno del sito di Galatina (a quanto pare pro-Tap, pro-Colacem, pro-Pantacom, insomma propenso a tutto) a proposito della partecipazione della nostra Amministrazione Comunale all’ExpoITM (ad eccezione del cosiddetto assessore Coccioli. E te pareva).

Io penso che stavolta abbiano fatto bene il sindaco e (quasi) tutto il suo cucuzzaro a prendere le distanze e a non partecipare al supposto workshop sull’ossimoro “Tap e turismo”. Per una serie di motivi: primo, perché con certi soggetti non bisogna aver nulla da spartire, manco il saluto; secondo, perché gli enti pubblici territoriali non sono dei tour operator e tanto meno dei papponi il cui oggetto sociale è la svendita del territorio alla prima orda di turisti che capita. Se vogliamo goderne ancora, noi indigeni, dovremmo capire una buona volta che scopo di un’amministrazione territoriale è la salvaguardia, la tutela e la valorizzazione delle sue bellezze storiche, artistiche e naturali. Non la loro prostituzione.

Antonio Mellone

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/08/2015 @ 14:28:17, in Necrologi, linkato 2550 volte)

E’ una mattina come tante di questo caldo agosto. Tutto nella norma: il solito sole, il cielo azzurro, e i più svariati rumori della vita di paese, del mio paese e della mia via. Una volta in strada però due manifesti funebri fanno calare un velo di tristezza a questo nostro nuovo giorno. Li noto contemporaneamente, tanto che sono vicini alla nostra casa. Il primo è quello di Mariannina Pepe, un altro caposaldo di Noha, e sul muro della casa dei Nocco, quello di Maria. In un nanosecondo rivedo le scene delle ultime volte in cui ho avuto modo di parlarle, seduta nella stanza che dà su via Cadorna, dietro la porta con le ante aperte a presidiare Noha. Sì perché Maria godeva di questa grandissima specialità che spetta, evidentemente, a pochi fortunati: l’amore per il proprio paese. E ogni volta non perdeva occasione per dirmi che tutte le domeniche sentiva il dovere di tornare e di stare qualche ora nella sua casa paterna. Me lo raccontava con accanto Gigi, suo marito,  che sapeva benissimo di aver sposato, oltre a Maria, anche questo suo “difetto”. A questo punto chiedo a Chiara di avvisare subito le mie sorelle, soprattutto suor Orsolina che era anche la sua amica d’infanzia. Figuriamoci se suor Orsolina non aveva qualcosa da dirle, ecco di seguito le sue parole:

 
Carissima amica e sorella Maria Nocco,

hai voluto andartene in cielo, in punta di piedi come sei vissuta e mi è dispiaciuto tanto di non aver potuto venire a salutarti e darti l'ultimo abbraccio. Un giorno prima che te ne volassi in cielo, ti avevo pensato e mi ero chiesta: “chissà come sta la Maria Nocco?” e stavo pensando di telefonare a Patrizia per avere tue notizie. Poi il giorno dopo, apro Internet e incontro l'inaspettata notizia di mia nipote Chiara, che mi avvisava del tuo trapasso da questa terra per l'Eternità. Non so se devo farti gli auguri perché ce l'hai fatta e hai finito di soffrire, oppure se devo piangere per questo grande distacco e separazione. Intanto, cara Maria, voglio dirti di cuore il mio grazie per il bene che ci siamo volute quando eravamo adolescenti. Insieme, andavamo all'Azione Cattolica alla Domenica,  e avevamo il Gruppo delle Beniamine. Insieme abbiamo fatto il Corso di taglio e Cucito a Galatina, quindi tutte le mattine ci incontravamo nella Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo e di là, insieme alle altre compagne, andavamo a piedi dalla via vecchia, alla scuola di taglio e cucito fino a Galatina, e questo durante tre mesi.  

Poi io sono partita per Torino e ci siamo lasciate, seguendo ciascuna la sua strada. 

Grazie Maria, per tutte le volte che ritornando dalla Missione, mi hai accolto a casa tua a Galatone e tu preparavi un pranzo saporito che poi consumavamo insieme a Gigi, tuo marito. 

Ricordo che una volta hai mandato Gigi nella sua campagna per raccogliere l'origano che si mette sulla pizza e me ne ha portato un sacco. Poi io l'ho pulito e l’ho portato con me, in Missione. 

Ogni volta che ritornavo dalla Missione dell'Amazzonia dove ho lavorato per 33 anni, tu mi venivi a prendere a Galatina, dalla casa di mia sorella Maria Assunta e mi portavi con te a casa tua. 

Tu lavoravi ricamando le camicette con le perline e tutte quelle che ti avanzavano le davi a me per portarle in Missione, affinché anche le nostre Indie potessero fare braccialetti e collane per mettersele al collo e alle braccia. Tutte le volte che venivo a casa tua, avevi sempre una piccola offerta da darmi e condividevi volentieri con le Missioni quello che potevi. Grazie per la tua amicizia e per i tanti piccoli gesti di delicatezza e di fraternità. Ti sentivo come una sorella e sono orgogliosa di aver vissuto con te tanti momenti belli della vita. 

Adesso che sei in Cielo, contemplando il volto di Dio, prega per noi, che siamo ancora su questa terra e aiutami a farmi santa. Prega per Gigi, che è rimasto da solo e per tutti i tuoi fratelli e nipoti. 

Prega per la nostra Italia che ha tanto bisogno di Fede. E prega anche per la nostra NOHA che ti ha visto crescere, e dove hai ricevuto la Fede nella tua famiglia e nella Comunità Cristiana la quale oggi prega per te.

Arrivederci in Cielo Maria Nocco, e lassù salutami tua sorella Ada, la Nunna Luce e il tuo caro Papà Angiolino. Arrivederci e grazie per tutto.

Sr. Orsolina D' Acquarica  MC. 

 
Di Antonio Mellone (del 21/01/2017 @ 14:23:46, in Comunicato Stampa, linkato 1683 volte)

Non c’è niente da fare. E’ più forte di loro.

Sul Quotidiano locale, a distanza di 24 ore dalla prima, è apparsa un’altra articolessa a firma dello stesso “giornalista” (o gggiornalista, o giornalisto, fate voi), per elogiare le magnifiche sorti e progressive di uno scempio ambientale di 95.000 metri cubi e rotti di costruzioni, chiamati con il tipico sense of humour inglese: Ecoresort.

Cosa cavolo significherà mai questo lemma, bisognerebbe chiederlo all’accademia della crusca (quella che fa andare di corpo).

Il titolo, con tanto di virgolette: «Sarparea idea coraggiosa contro il degrado»  è già tutto un programma: cioè la Sarparea, alla quale aggiungono spesso il vocabolo “Oasi” per far sembrare agli allocchi tutto più bello, sarebbe un’“idea”, per di più “coraggiosa” e soprattutto “contro il degrado”.

Evidentemente, nel mondo di sottosopra di certi impareggiabili quotidiani salentini il degrado è piuttosto una campagna lasciata intonsa, con i suoi ulivi monumentali, magari incolta, e non invece l’ennesima villettopoli turistica, con albergo e settanta (dico set-tan-ta) cottage con annessi parcheggi, strade, crocevia, e vari ed eventuali asfalti & cementificazioni.

Subito dopo l’incipit, in cui si fa cenno al consigliere regionale Casili, secondo il quale giustamente questa schifezza inenarrabile “sarebbe incompatibile con i lughi” [“sarebbe”, non “è”, ndr.], il nostro ‘reporter sans frontières’ finalmente dà spazio ad “una voce fuori dal coro”: quella “del noto ambientalista neritino, Gianpiero Dantoni” [Carneade, chi era costui? Boh?, ndr.].

Tu pensi: meno male che c’è un’anima pia, un partigiano della natura, uno che si fa sentire, rema contro, procede in “una direzione decisamente opposta” [sic], anzi ostinata e contraria, e non le manda assolutamente a dire. Vuoi vedere che mo’ gliene canta quattro all’italiano e all’inglese e a tutto il cucuzzaro lanzichenecco? [mancherebbe solo l’americano per completare la barzelletta, ndr.].

Invece ti tocca leggere le parole in versi di codesto noto “ambientalista” [si badi bene: “noto”, mica “sedicente” ambientalista come quegli altri, ndr.] che così pontifica: “A quei cittadini e politici di Nardò che sulla faccenda si ergono a difensori della natura, degli ulivi, dell’economia agricola e perfino degli interessi della cittadinanza [insomma un discorso ecumenico, ‘furbi et gnorri’, ndr.]; a tutela dei residui di natura sparsa qua e là, fra un campo di patate e uno di angurie [che poesia: sembra Salvatore Quasimodo, che dico, Carducci, Foscolo!, ndr.], nascosta tra le case sorte in completa anarchia [le nuove, invece, accanto alle anarchiche saranno composte e disciplinate, allineate e coperte, ndr.] propongo che l’uomo ceda il passo alla natura [scusatelo, voleva dire: che l’uomo ceda in pasto la natura, ndr.], e che la usi limitatamente per il sostentamento strettamente necessario” [tipo i bisogni fisiologici, ndr].

“Provocazione a parte [che ironia, che sarcasmo, che brividi, brrrr, ndr.] invece di suonare le solite campane a morto con i soliti slogan ammuffiti e falsi [e tu pensi: vuoi vedere che i soliti slogan ammuffiti e falsi sono quelli del tipo: “facciamo in modo di creare qualcosa di serio”, e poi: “rispetto di regole chiare e precise in un’ottica di sviluppo turistico vero”,  e ancora: “eventi come quello della Sarparea si governano e non si ostacolano”,  oppure: “si facciano i controlli agli investitori che coraggiosamente (co-rag-gio-sa-men-te, signora mia, ndr.) scelgono un posto degradato come Sant’Isidoro”, e bla, bla, bla, ndr.], facciamo in modo di creare qualcosa di serio” [ah, ecco, finora abbiamo solo scherzato, ndr.].

Dopo averti incitato con qualcosa di serio, il noto ambientalista, scevro dai soliti slogan ammuffiti e falsi di cui sopra, così prosegue irremovibile: “Facciamo [dunque] in modo di creare qualcosa di serio che rispetti regole chiare e precise in un’ottica di sviluppo turistico vero [finalmente, questo sì che è parlare chiaro, ndr.]. Eventi come quello di Sarparea si governano e non si ostacolano [e ridaje, ndr.]: dovremmo controllare che vengano rispettate le norme e imporre protocolli d’intesa con gli investitori che coraggiosamente [sic] scelgono un posto degradato [de-gra-da-to, signora mia, ndr.] come Sant’Isidoro” [che con 70 villette, più albergo, più parcheggi quanto bastano, più rotonde e più accessori diventerà invece il giardino dell’Eden, Amen, ndr.].

*

Non invidio proprio gli accaniti lettori (si fa per dire) di codesto giornale (si fa sempre per dire): poveretti, nel momento dello smaltimento di pagine così intrise di saliva a favor di Sarparea, non sanno più se utilizzare il bidone della carta o quello dell’umido.

Antonio Mellone 

 

Cari concittadini, inauguro il decennale della mia rubrica Fette di Mellone con questa ennesima lettera aperta, ben sapendo, dalle precedenti, quanto le sue parole siano scritte sul bagnasciuga.

Non so se sapete che mentre voi altri eravate tappati in casa per via del virus,  - e per ammazzare il tempo qualcuno scriveva “Ce la faremo” (con la variante poetica “C’è la faremo”), o imbrattava lenzuola con l’arcobaleno “Andrà tutto bene”, quando non si metteva a cantare l’Inno balconato -, ecco proprio in quel periodo là c’è chi ce l’ha fatta davvero (sotto il naso), gli è andato tutto bene veramente, e oggi può zufolare l’Inno nazionale alla faccia nostra.

Mi riferisco a una bella società milanese nuova di zecca, tale Byopro Dev 2 srl (che evoca tanto il Bio, peccato per quella y), costituta ad aprile 2019 e pronta a impiantare a nord di Galatina, a un fischio da Collemeto, un altro bel porco (ché “parco” nella lingua mia ha un’altra accezione) di 22 ettari di pannelli fotovoltaici su di un terreno che per la verità sarebbe per costituzione destinato all’agricoltura. No, tranquilli, non è in contrada Cascioni, è un po’ più in là, zona Masseria del Duca: e chi ve la tocca la Pantacomica del centro commerciale su altri 26 ettari di campagna, visto che la pietra tombale su quel diciamo progetto tarda ad arrivare, atteso che a Galatina e dintorni su certi argomenti il concetto di decadenza dei termini si misura con l’elastico.

Per informazioni più dettagliate, e per rimanere in tema, potete rinvenire il pacchetto (pacco, sarebbe lemma più appropriato), a partire dall’11 maggio 2020 sul sito della Provincia di Lecce. Ma mica riuscirete a visualizzarlo con dei semplici click. Nossignore: per aprire tutti gli allegati di questo, come dire, schizzo programmatico di centinaia di pagine dovreste assoldare se non un hacker almeno un perito informatico (quando si dice la trasparenza della pubblica amministrazione). Una volta riusciti nell’ardua impresa vi si aprirà un mondo. Il solito. Quello fatto di tante belle parole, di attenzione all’ambiente, di relazione paesaggistica, di cronoprogramma, di riduzione ai minimi termini delle emissioni di CO2, di benessere agronomico, di immagini simulate che manco le foto del National Geographic, addirittura di tutela di storia e beni culturali, insomma di impatto ambientale che ovviamente per i proponenti (e per chi crede ai quadrupedi da soma volanti) è sostanzialmente pari a zero; ma soprattutto, signore e signori, di Ricadute Occupazionali (poteva mai mancare il prezzemolo delle Ricadute e del sottinteso Sviluppo? No): in sintesi quei documenti contengono la Giornata mondiale dell’Albero, quella della Terra, quella della Custodia del Creato, quella dell’Habitat, e poi ancora, la Giornata mondiale del Suolo, la Giornata della Diversità Biologica, quella dei Beni Comuni e infine la Giornata mondiale della Lotta alla Desertificazione, da festeggiare tutte insieme il Primo Maggio.

Mo’ vai a spiegare ai digerenti (che stomaco, eh) del nostro comune che la società richiedente ha un capitale sociale pari a 10.000 euro (non male per un investimento di una ventina e passa di milioni di euro); che è inattiva (“Embè – ti risponderanno in coro –, ormai siamo abituati a trattare con le apparizioni di Fatima, anzi di Galatina.”); che a sua volta la srl è posseduta da un’altra srl, la Byopro srl, con un capitale sociale, guarda un po’, di 10.000 euro, la quale a sua volta è partecipata… vabbè, in Cina le chiamerebbero scatole; che, ehm, impiantare un campo di sterminio su suolo agricolo è qualcosa di leggermente diverso del concetto di Green New Deal; che in Puglia si produce già più del doppio del fabbisogno energetico regionale, e che il fotovoltaico da scampagnata non ha ridotto di un microgrammo le emissioni per esempio della centrale di Cerano, anzi con la storia dei Certificati Verdi le ha probabilmente addirittura aumentate; che il nostro territorio già di per sé fragile ha già dato in termini di consumo di suolo, cioè sterminio dei campi (grazie anche ai politici zombie momentaneamente trapassati); che “scavi e sbancamento del terreno” per 1.198.267,15 euro, iva esclusa (quando si dice la precisione), non sono proprio una passeggiata ecologica in quell’area; che i profitti saranno tutti da una parte (indovinate quale) e le perdite tutte dall’altra (indovinato?); che la previsione di 1.400.813,51 euro per “parziale dismissione e ripristino” (cioè smantellamento dell’impianto, demolizione delle opere, conferimento in discarica, e recupero di quel campo profanato) alla fine della fiera, cioè tra 25/30 anni, dovrebbe far saltare tutti sulla sedia, e far nascere un punto interrogativo grande quanto la stessa piantagione di pannelli, ovvero: “E chi cazzo ci dà la garanzia che tra trent’anni una società con 10.000 euro di capitale sociale, posto che esista ancora, non se la svignerà abbandonando in loco tutto l’ambaradan, onde i cocci (cocci per non ripetere la trivialità di prima), saranno tutti nostri?”.            

Non so voi, ma io ho il fotovoltastomaco.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 24/07/2020 @ 14:18:38, in Comunicato Stampa, linkato 775 volte)

Possibile che una Asl non abbia un numero di cardiologi sufficiente a coprire i turni in tutte le strutture? Fra Galatina e Copertino ci sono pochi cardiologi che, ovviamente, non possono coprire tutti i turni. Un problema che si trascina da mesi e alla fine la Asl ha deciso di togliere  la guardia cardiologica h24 dall’ospedale di Galatina per dare più turni a Copertino.

Una decisione a mio avviso sconsiderata visto che il nosocomio galatinese è centro di riferimento per il Covid, fra le altre, oltre ad avere un punto nascita, e attualmente sono ricoverati pazienti contagiati. È noto che le complicanze cardiologiche sono una delle eventualità di questa malattia, quindi mi chiedo con quale criterio si facciano queste scelte e non ci preoccupa di reclutare medici.

Sulla sanità non si può ragionare tirando la coperta da una parte o dall’altra: Copertino ha diritto ad avere la copertura del servizio, al pari di Galatina, ma non penalizzando un territorio a danno di un altro. Siamo in campagna elettorale e la sinistra continua a gestire la sanità sull’onda di quelli che dovrebbero essere presunti consensi. Peraltro Copertino avrebbe bisogno di molte più attenzioni visto che dopo il Covid l’attività non è ripartita a ritmi adeguati, ma Emiliano pensa di accontentare i cittadini con i turni di cardiologia. È una vergogna per tutti i salentini.

D’altra parte è accaduto così anche per il servizio trasfusionale rimasto con un solo medico, nonostante l’attività elevata. Per non parlare poi della Gastroenterologia chiusa senza che la Asl di sia preoccupata di mantenere alcuni servizi essenziali.

Emiliano, intanto faccia ripristinare subito il servizio di cardiologia h24, in caso contrario noi cittadini presidieremo l’ospedale sino a quando non verrà corretta questa stortura.

 

Giampiero De Pascalis

candidato alla carica di consigliere regionale

con Raffaele Fitto

 
Di Marcello D'Acquarica (del 12/08/2013 @ 14:16:46, in NohaBlog, linkato 3497 volte)

“Ciao Rosina, che fai di bello?”
Nà, sta mi ccoju do
Osservo e commento ad alta voce: “Magnifica questa pianta, sembra una regina parata per una passeggiata nei giardini reali!”
Rosina sorride, è grata della vita, la sua folta chioma di riccioli bianchi si confonde fra i grandi fiori della pianta di cappero, non può che sorridere a questa mia affermazione. Penso che la natura non abbia bisogno né di lauree in architettura né in economia, i  conti li fa così. Trapana e divelle il cemento più duro senza arnesi meccanici o permessi speciali. Faccio due passi sulla squallida piattaforma in cemento che  argina la strada, il piano è sconnesso, inciampo varie volte e infine rinuncio a camminarci per non rischiare le ginocchia.
Rosina, -aggiungo- chi la governa ora questa terra?”
“Non so- dice- mi pare che i nipoti di Antonio abbiano seminato laggiù”. E mi indica il campo con i resti della mietitura a pochi metri. Per il resto null’altro, se non quattro gallinelle spelacchiate rinchiuse in un recinto all’ombra dell’immancabile fico e di un pergolato.
Antonio non può più fare niente per la sua terra, ma la terra può fare ancora molto per lui, per i suoi nipoti e i  nipoti dei nipoti. Lo sguardo va in mezzo ai detriti che fanno da pavimento al pollaio: è ancora pieno zeppo di vecchi residui di terrecotte. Appartengono all’antico sito pre-romano o al convento di San Teodoro (Santu Totaru) che sicuramente esisteva tanti secoli fa. Tutto scompare sotto l’incalzare impietoso di questa inarrestabile smania di pulire la sporcizia della terra, con genuine colate di cemento e catrame.
Controllo che il “menhir” di Noha sia sempre al suo posto. Un ultimo sguardo in giro, saluto Rosina e inforcando la mia inseparabile due ruote a pedali, procedo contromano verso Galatina.


Alla mia sinistra la famigerata Colabaldi, un’antica masseria, ultima testimone dell’intelligenza umana, perdente e pendente, sia la masseria che l’intelligenza. La spaccata verticale del muraglione a nord-est non lascia dubbi. Resiste ancora, ma quanto durerà? Su di un cartello c’è scritto: “Vendesi masseria con annesso terreno”. Un ossimoro degli spasmi di questo capitalismo moribondo che emana già cattivi odori. Come la puzza di fogna che invade tutta Noha da qualche tempo. Sarà colpa delle piogge che scarseggiano, o dell’impianto fatto alla “carlona” che invece di smaltire gli odori ce li fa respirare. Comunque, tornando alla masseria, vendono un mucchio di pietre sconnesse, quando nessuno oggi è più disposto a comprare nemmeno una casa nuova. E’ vero che la speranza è l’ultima a morire.
Che spero io? Che sperano i cittadini di Noha? Mentre osservo tutto ciò con la testa girata a sinistra, verso la masseria, continuo a pedalare. Per poco non mi schianto contro le auto ferme in doppia e tripla fila davanti allo stand degli ultimi contadini di questa logorata campagna. Un’occhiata veloce ai prezzi degli ortaggi, un calcolo rapido per concludere che con stò euro la roba è diventata cara ovunque: a Torino, a Milano, a Galatina, nel piccolo negozio e nel grande supermercato. Che possiamo fare? Certo che poi i consumi calano! La gente incassa sempre uguale, ma se i prezzi aumentano come può  comprare le stesse quantità di prima, quando con un euro compravi un chilo di ogni cosa? Proseguo sempre contromano.
Perché contromano, starete pensando? Perché a Galatina come a Noha, andando in giro con la bici, il pericolo è meglio vederlo in faccia. Questo Viale Dalla Chiesa sembra la pista di un aeroporto, dove tutti corrono  pensando di dover decollare, ma a poche centinaia di metri, sia verso Noha che verso Galatina, il volo viene interrotto dalle abitazioni, ma qualcuno che non se ne rende conto, prosegue la sua corsa come un disperato. Quindi, per un ciclista che non può porre la sua fiducia su questi pseudo-piloti della vuttisciana, contromano è d’obbligo. A sinistra, dove il sole tramonta ogni giorno, il fantasma arrugginito della vecchia cava si staglia alto nel cielo. Questi (il cielo), pietoso, sembra volerlo consolare per la sua lunga agonia. Per un attimo lo associo alla torre campanaria della Chiesa della Madonna delle Grazie che arrugginisce pericolosamente sempre di più. Qui il tempo sembra davvero che non esista, tutto agogna per secoli e decenni, tranne che le porcate fatte di cemento, quelle scivolano veloci sulla terra quasi a voler cancellare le vergogne di una classe politica e dirigenziale che, dietro le quinte, danneggia, e che non ha né poesia né cuore, ma solo affari e interessi personali. Tutti per uno, uno per tutti. In questo sì, che l’Italia è unita. Pedalo confortato da una dolce brezza mattutina che dopo la calura di questi ultimi giorni sembra una vera manna. In fondo al campo figure operose di alcuni contadini mi fanno venire in mente i limiti raggiunti ultimamente dal mio fisico. Se dovessi piegarmi per raccogliere io  quelle verdure, dopo poche decine di minuti dovrebbero raddrizzarmi facendomi ingoiare un ombrello.

Però lo scenario è incantevole, e le gigantesche zolle del campo appena arato, color rosso sangue di porco, sembrano dirmi che da quel ventre nasceranno, forse, nuove tavole imbandite e risa gioiose di giovani mamme, figli e nipoti, come quelli di Antonio, che invece dovranno smaltire le centinaia di metri di cemento colato sul suo campo.

Da lì a poche decine di metri l’incanto si rompe e la realtà di questo pusillanime e moribondo capitalismo delle banane, si infrange contro lo scempio della nuova circonvallazione di Galatina. Città dedita all’Arte e alla Cultura.

Marcello D’Acquarica
 
Di Marcello D'Acquarica (del 05/08/2014 @ 14:14:42, in NohaBlog, linkato 2844 volte)

Nel cortiletto della mia vecchia casa c’è una cisterna per la raccolta delle acque piovane. Venne scavata nella pietra viva a suon di piccone all’incirca tre secoli fa. Tutti ci si pregiava di quell’opera d’arte che, come si soleva dire, e tutt’oggi è così, se ci butti dentro un bicchiere d’acqua, tanto sono compatte e impermeabili le pareti, ne raccogli due. Non si perde niente.

Come complemento infrastrutturale ai servizi, a lato della cisterna, c’è (in questo caso è meglio dire “c’era”) anche una vecchia pilozza, di pietra anch’essa. Sapete, quelle scavate in un blocco unico che adesso sono abbandonate nei giardini di molte case o “ville” di campagna, con dentro ninfee e girini colorati, tanto le attività per cui sono state inventate vengono svolte da modernissime lavatrici e lavatoi di cui riempiamo ad ogni piè sospinto le discariche di mezzo mondo. E’ rialzata da terra (la pilozza) per mezzo di due grossi conci di pietra, in alto quanto basta, affinché la schiena non debba curvarsi troppo nel rimestare l’acqua fresca tirata su dalla cisterna. Al centro, nello spazio a giorno, trova riparo il gatto che là ottempera pacificamente ai suoi sogni e bisogni.  C’è pure una scatola di cartone e dentro, i pupi del presepe, fatti a mano con la creta -che si trova ancora in strada - e poi seccati al sole. Benché abbiano le facce rosicchiate dal tempo si contraddistinguono ancora ruoli e competenze di ogni personaggio. L’umido dell’anfratto e la peluria verdastra di cui è ricoperta, ne camuffa la forma fino a sembrare una chiazza nerastra e arsiccia. Nel raggio di tre metri s’espande l’odore di solfiti e ammoniaca e certe volte anche solo un breve fiato di vento annichilisce l’aria dell’intero antro. Mai, dico mai, che batta un colpo di sole.

Allora m’è balzato in mente quel fatto sgradevole e avvilente del colpo di sole dell’estate del 2010. Che se fosse stato vero noi ci saremmo sbagliati e il pupo, allora incredibilmente sindaco di Galatina, avrebbe invece avuto ragione del fatto che quattro spelacchiati ulivi - strappati chissà dove – sarebbero diventati presto folte siepi da sembrar foreste. Il colpo di sole lo hanno preso (oltre che il per fortuna ormai ex-sindaco) i poveri ulivi, i quali avevano il compito di nasconderci le brutture segnate dalla distesa di pannelli di silicio di contrada Roncella.

E’ di questi giorni la notizia che la maggior parte dei pannelli di silicio montati in Puglia provengono dalla Cina, e quindi chi li ha fatti installare, non avrebbe potuto beneficiare degli incentivi statali (leggi: soldi nostri).

(http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/23/fotovoltaico-frode-da-37-milioni-3-arresti-pannelli-cinesi-spacciati-per-europei/1070003/)

Adesso non entriamo nel merito della provenienza di questa distesa di macerie tecnologiche che fra pochi anni saranno rifiuti da smaltire (e non si sa bene da chi, dove, come e a quali costi, che saranno probabilmente superiori ai ricavi sicché a nessuno converrà farlo e tutto rimarrà sedotto e abbandonato), ma consideriamola pure un’altra anomalia di questa mega-opera fatta in nome dell’ennesima ricaduta occupazionale, così come il faro che lo illumina a giorno, notte compresa.

 A fare luce sulla scena purtroppo poco natalizia, a mo’ di stella di natale c’è un faro che spara e acceca, alla faccia della crisi energetica, viandanti e automobilisti in transito sulla S.P.n.352. Così il presepe prende forma e i nostri pupi l’arricchiscono di steccati in arte povera che bruciano e (per fortuna) svaniscono come fumo lasciandoci solo innocui monconi e chiodi arrugginiti; di cave che si riempiono nottetempo di materiali sconosciuti; di antiche masserie, case baronali, case rosse fagocitate da case biache;  casiceddhre che si sgretolano a vista d’occhio; riesumazioni di cavallini bianchi e nuovi re-magi sponsorizzati da Tap che apportano fiumi di incensi e mirra a onorar i nostri multi nazareni; e per finire in gloria, il giornale metropolitano portato avanti da “giornalisti indipendenti” annuncia che con gli orologi rotti si può rimediare guardandone le spoglie sgretolarsi e meditando con il buon S. Agostino: …Non è dunque lungo il futuro, che non esiste ancora, ma il lungo futuro è la lunga attesa del futuro; non è lungo il passato, che non esiste più, ma il passato lungo è la lunga memoria del passato”.

(http://www.galatina.it/lorologio-realt%C3%A0-non-%C3%A8-fermo-basta-rileggere-santagostino-convincersi)

Questo passa il commento del nostro giornalista, che, invero, non chiedeva sciorinate filosofiche sul tempo, bensì dello stato di degrado di un ben preciso monumento. Ma tant’è, per dirla sempre con San Agostino: Errare è umano ma perseverare è diabolico.

Con questi pupi – rappresentanti comunali e lecca-lecca di complemento - il presepe non cambierà mai.

Marcello D'Acquarica
 
Di Redazione (del 08/05/2017 @ 14:11:31, in Comunicato Stampa, linkato 1278 volte)

Mercoledì 10 Maggio alle ore 19:00 in Piazza Dante Alighieri a Galatina, il candidato Sindaco per il Movimento 5 Stelle , Paolo Pulli , ed il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Mario Conca (Commissione Sanità e Bilancio Regione Puglia), incontreranno la cittadinanza per discutere di PIANO DI RIORDINO OSPEDALIERO, del futuro dell’ OSPEDALE DI GALATINA e della campagna elettorale. Il consigliere regionale Conca illustrerà il lavoro svolto in Regione e la verità su questo piano di riordino tanto contestato.
Il valore aggiunto dei nostri portavoce è proprio questo: sono cittadini eletti all’interno delle istituzioni che lavorano attivamente per il bene della comunità. I nostri Consiglieri Regionali e i nostri Deputati e Senatori pugliesi, sono SEMPRE presenti e disponibili, pronti a difendere il nostro territorio, la nostra salute e i nostri diritti. Possiamo contare SEMPRE sui nostri eletti in Parlamento ed in Regione (non solo in periodo di campagna elettorale) affinché la nostra voce non rimanga inascoltata. Questa è una grande differenza fra NOI e “ loro ”. NOI agiamo per il bene della collettività. Vi aspettiamo in Piazza Alighieri, 10 Maggio ore 19.00.

MOVIMENTO 5 STELLE
GALATINA

 
Di Redazione (del 29/07/2022 @ 14:11:11, in Comunicato Stampa, linkato 468 volte)

È trascorso un mese dalle elezioni amministrative, un mese pieno di novità, di lavoro intenso e di raccordo con la macchina amministrativa, la coalizione e la città.

Ma siamo partiti, la giunta è pienamente attiva e, da oggi, si è definito anche il consiglio comunale, organo centrale della nostra democrazia cittadina. Per noi, il primo consiglio ha avuto un significato particolare, perché riteniamo sia una ricchezza, perché è il luogo dell’approfondimento, del confronto tra maggioranza e minoranza, della definizione degli indirizzi.

Siamo partiti subito con la nomina di tutti gli organi necessari al suo funzionamento ordinario e straordinario: dalla Presidenza del Consiglio, affidata a Francesco Sabato, alle commissioni permanenti senza dimenticare gli impegni assunti in campagna elettorale. In questa ottica arriva la Commissione speciale Sanità, una commissione temporanea e gratuita per l’Ente che intende lavorare per la salute pubblica e per la tutela del regolare funzionamento e sviluppo del nostro Ospedale “Santa Caterina Novella”.

Infine, abbiamo voluto e potuto praticare un taglio della Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti, la TARI, che è stata realizzata in maniera lineare a tutte le utenze per una riduzione di 1 milione e 200 mila euro totali. Avevamo promesso di metterci testa e cuore e di cogliere tutte le opportunità che ci avrebbe dato la normativa vigente come è accaduto in questo caso con il recente Decreto Aiuti del Governo Draghi. In questo modo, abbiamo rideterminato le scadenze di pagamento e agevolare tutti i cittadini galatinesi, in un momento difficile per gli aumenti delle utenze e dei carburanti.

Abbiamo effettuato una ricognizione su tutte le scadenze e abbiamo delineato il quadro entro cui lavorare, promettiamo di valorizzare ogni scelta compiuta dalle precedenti amministrazioni, purché utili al bene comune, e a mettere in campo una progettualità piena e qualificata per il futuro della nostra bellissima città.

Nelle prossime settimane continueremo a comunicare e tenere aggiornata la nostra comunità.

Fabio Vergine Sindaco
Ufficio Stampa

 
Di Redazione (del 27/09/2013 @ 14:09:10, in Comunicato Stampa, linkato 2551 volte)

E’ di questi giorni la discussione sul PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale) che la Regione Puglia ha adottato in data 2 agosto 2013, ci facciamo carico delle richieste raccolte da comuni cittadini e, nei prossimi giorni, chiederemo un incontro al Sindaco per meglio illustrargli quali siano le difficoltà rilevate e capire se sia possibile assieme, stante la rilevanza del problema, portare avanti una battaglia condivisa nell’interesse della collettività. Del PPTR condividiamo il principio di tutela del paesaggio e del territorio, ma non il metodo adottato che sta creando grande disorientamento e preoccupazione. Le preoccupazioni maggiori riguardano quei moltissimi cittadini i cui suoli, edificatori sino al 2 agosto, apparirebbero oggi vincolati e dunque inedificabili. Tale aspetto riguarda anche le aziende agricole che abbiano subito delle modifiche in tal senso e che vedrebbero ridimensionate le proprie attività. Il problema, forse, è anche più grande di quanto si immagini e riguarda veramente tutti, basti pensare alle conseguenze sulle entrate del Comune per un inevitabile mancato gettito IMU, qualora si dovesse arrivare a una rideterminazione dei valori delle aree fabbricabili. Con il gruppo delle Civiche, GALATINA IN MOVIMENTO – GALATINA ALTRA – NOVAPOLISMOVIMENTO PER IL RIONE ITALIA, di cui sono espressione, abbiamo sollecitato una campagna d’informazione cui l’Amministrazione ha risposto annunciando che avrebbe messo a disposizione, presso il Palazzo della Cultura, le tavole riguardanti il nostro territorio, per la presa visione del PPTR. Nel sollecitare la partenza di tale iniziativa riteniamo la stessa, se pur utile, comunque insufficiente, stante il grande impatto e le modifiche sostanziali che tale nuovo strumento urbanistico potrebbe portare rispetto al Piano Urbanistico Generale approvato di recente. Il servizio d’informazione e assistenza che sollecitiamo e cui facciamo riferimento si rivolgerebbe e si metterebbe a disposizione essenzialmente del cittadino comune, poiché le associazioni di categoria o le imprese sono le uniche a essere già informate e strutturate. L’urgenza è data dall’opportunità normativa che consente di procedere alle osservazioni a tutela dei propri diritti, ammissibili improrogabilmente entro il 6 novembre 2013.

Marcello P. Amante

In rappresentanza delle Civiche

 
Di Mariano Lino (del 07/06/2017 @ 14:05:47, in Politica, linkato 3129 volte)

Ho seguito con molto distacco questa campagna elettorale, (chi mi conosce sa che non è da me).

Distacco dovuto alle scelte sbagliate ancor precedenti alla caduta dell’amministrazione Montagna di chi non ha saputo o voluto ascoltare i consigli per un percorso critico e determinato ma all’interno del proprio partito.

Distacco dovuto alla protervia di scelte imposte da parte del circolo PD di Galatina che emarginavano e umiliavano consiglieri e una parte consistente del partito rappresentato dal circolo PD di Noha.

Distacco dovuto alla colpevole assenza del Segretario Provinciale benché continuamente sollecitato dal coordinatore Del circolo PD di Noha e da me personalmente a redimere l’annosa controversia che vedeva contrapposti I circoli PD di Noha e Galatina per la mancata elezione di un organo cittadino come previsto dallo statuto.

Distacco per la fuga in avanti del circolo di Galatina che pretendeva di imporre un candidato alla carica di Sindaco senza coinvolgere minimamente il circolo di Noha .

Distacco perché il circolo di Galatina rifiutava ciò che era logico e auspicabile per la scelta del candidato sindaco, le primarie di partito o addirittura di coalizione.

Chi mi conosce sa quanto mi costi non apporre la croce sul simbolo del mio partito, il PD del quale mi onoro di essere uno dei soci fondatori.

Chi mi conosce sa quanto mi costi non votare amici ed amiche rimasti a rappresentare il PD con i quali ho a volte litigato ma sempre condotto battaglie comuni per l’affermazione dei nostri principi.

ALLORA LA SCELTA

La mia cari amici può sembrare una scelta obbligata per i punti di cui sopra, invece no, è una scelta dettata da valutazioni e considerazioni che mi sono fatto sugli schieramenti a sostegno e sui candidati sindaci.

  • C’è un centrodestra con tutta la costellazione di partiti e gruppi a conduzione familiare che ha governato per decenni Galatina rendendola quella che è sotto gli occhi di tutti. A questi un contro l’altro armati (vedi caduta amministrazione Coluccia) si sono aggiunti due ex consiglieri del PD motivazione dicono: “far del male al partito di origine e alla sua dirigenza” (per me è come tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie) …boh!!?...
  • C’è un raggruppamento di liste civiche apparentemente senza connotazione politica. In quanto tali se vincenti non avrebbero nessun riferimento a livello regionale e nazionale.
  • C’è il movimento 5S, per carità pieni di entusiasmo e carini per certi versi, ma la mia rimane una semplice simpatia per i principianti che si buttano nella mischia. Il dubbio concreto è che se l’efficienza delle loro amministrazioni è pari a quella di Roma, Livorno, Torino per citare solo le grandi città, Dio ce ne scansi e liberi. Galatina ha già di che piangere.
  • C’è poi la sinistra, gli eredi della gloriosa sinistra di Bertinotti, Rossi e Turigliatto, (mi domando perché senza simbolo) che è votata da sempre ad essere minoranza (è proprio scritto nel loro DNA) rifugge sempre dall’assumersi responsabilità di governo, quindi si autoesclude.
  • C’è il PD (con le note di cui sopra ha determinato la spaccatura del partito) che con un raggruppamento di liste civiche alcune prettamente di destra è a sostegno di una candidata sindaco (bravissima persona e docente capace) della cosiddetta società civile sulle cui qualità ed esperienze politico/amministrative non mi pronuncio e lascio a voi il giudizio.
  • C’è infine un raggruppamento di liste civiche a sostegno di Daniela Sindaco candidata ed espressione del circolo PD di Noha . Daniela è stata proposta dal circolo di Noha quando non si parlava ancora di candidature, per smuovere le acque dormienti del partito a Galatina, quando da parte nostra si chiedevano incontri per determinare un percorso unitario tra i due circoli che venivano continuamente disattesi quando non snobbati. Daniela non la conoscevo a fondo, ero fuorviato dalle dicerie, dalla superficialità dei luoghi comuni, dalle patenti che affibbia la gente. Praticandola, osservandola e ascoltandola ho conosciuto Daniela. Daniela mi ha convinto. Mi ha convinto la sua passionalità, il suo spirito di servizio, il donarsi per tutto e tutti. Daniela mi ha convinto per la sua conoscenza amministrativa per la caparbietà con cui affronta i problemi, per l’amore incondizionato che nutre per Noha in primis, poi per tutto il comprensorio della città e restanti frazioni di Collemeto e Santa Barbara. Daniela mi ha convinto perché e vera. Daniela ha tutte le carte in regola per amministrare la nostra città.

 

Io voto

DANIELA SINDACO

Lino Mariano      

Noha 07/06/2017

 
Di Antonio Mellone (del 05/08/2017 @ 14:00:33, in Fetta di Mellone, linkato 1794 volte)

Qualcuno m’ha chiesto quando avrei intenzione di smetterla con questa rubrica di fette di Mellone.

Come soglio (voce del verbo), gli ho risposto impulsivamente e in maniera lapidaria: “Quandu rriva la fica lu malone ve e se mpica”.

Premesso che il dolcissimo frutto della pianta xerofila della famiglia delle Moraceae in salentino si declina al femminile e che mi deprimono alquanto i perbenisti falsi come una Louis Vuitton acquistata in un sottopassaggio ferroviario, non vorrei ora aprire un dibattito sul concetto subliminale del testé citato aforisma composto dai due succosi termini dal poliedrico significato. Sì, perché qui ci sarebbe insomma da soffermarsi su ogni sintagma del periodo, e magari inoltrarsi (e perdersi) nei boschi narrativi disposti sui suoi diversi piani di lettura.

Tutto questo panegirico per dire che codesta fetta di Mellone non può essere dolce (o edulcorata o sdolcinata) come le altre che parlavano di spiagge, di trombature (appunto) post-elettorali e dunque d’Amore, bensì aspro come il limone e amaro come certi peperoncini calabresi di mia conoscenza. Perché? – vi starete presumibilmente chiedendo.

Ma perché a rovinarmi l’estate (e dunque la verve da sviolinata estiva da leggere sotto l’ombrellone sorseggiando un cocktail alcolico ma anche anal-) è apparso l’altro giorno un diciamo articolo vergato dal diciamo giornalista sul diciamo quotidiano di Lecce, avente ad oggetto (capirai che novità) il Mega-porco commerciale Pantacom da colare su di una ventina di ettari concentrati nel bel mezzo della campagna di Collemeto.

Ero al bar, e nel leggere ‘sto pezzo, il caffè (decaffeinato - se no non dormo) mi è andato di traverso, la schiena mi si è bloccata in erezione, la bocca è rimasta semiaperta per via del crampo mandibolare che mi prende davanti alle coglionate, e così per un tempo indeterminato son rimasto immobile [avrebbero potuto affittarmi, ndr.] a riflettere sulle magnifiche sorti e progressive di Galatina e dintorni.

E niente. Uno pensava che codesto Merda-parco commerciale fosse la classica ideona oggetto ormai di appassionati studi di archeologia, ove non di psichiatria econometrica e sociale, e invece no: c’è infatti ancora chi ne scrive con un afflato, anzi un empito mistico che denuncia, come dire, una sorta di asservimento di alcune classi giornalistiche e diciamo intellettuali alla greppia dei poteri (apparentemente) forti che dovrebbero invece controllare.

Sentite il prologo del cosiddetto articolo apparso venerdì scorso su quella specie di morbido rotolo a più veli, anzi veline: “La vittoria del Polo Civico a Palazzo Orsini rimette in discussione il progetto della Pantacom srl volto alla realizzazione di un megaparco commerciale in località ‘Cascioni’ a Collemeto”.

E qui non si capisce se una nuova discussione sul Megaparco ci sia stata o meno da parte dei Vincitori Civici. Chissà se ne han parlato in giunta (magari a porte chiuse). O in consiglio comunale non ancora insediato. Oppure negli antri di qualche recondito frantoio ipogeo, lontano da occhi e orecchie indiscrete dove sarebbe stato “rimesso in discussione” ‘sto benedetto progetto. Mistero delle prede.

Ma il problema non sta tanto in questa fantomatica (o pantacomica) discussione, quanto nel fatto che un dirigente del nostro comune, tal Antonio Orefice, ha partecipato alla conferenza dei servizi (evidentemente nel senso di un servizio tanto così a noi altri) finalizzata a quanto pare a modificare, ovviamente tutto al ribasso (Ovviamente. Tutto. Al. Ribasso.), la famosa Convenzione (meglio nota come Circonvenzione d’incapace) siglata tra il comune e la Pantacom srl [che, ricordo, è la società della famiglia Perrone – quella del per fortuna ormai ex-sindaco di Lecce – “impresa” tuttora inattiva, con una struttura economico/patrimoniale/finanziaria e commerciale così tenera che si taglia con un grissino: insomma, una società a responsabilità limitatissima ovvero a irresponsabilità illimitata, entità più astratta che reale con un peso specifico pari a quello del polistirolo, il cui sogno nel cassetto con molte probabilità sarà quello di rifilare il pacchetto o meglio il pacco ai soliti cinesi. E addio sogni di gloria di qualche buontempone che s’aspetta un posto al parco calato, anzi colato dall’alto, ndr].

Orbene, questo Orefice, che visto il cognome dovrebbe essere il nostro Re Mida (in grado di trasformare in oro anche ciò che non luccica), si è rivelato d’emblée nel suo esatto contrario (vale a dire un Re Merda) grazie alla partecipazione alla suddetta conferenza dei servizi nel corso della quale, in nome del sovrano popolo comunale (spero abbia specificato “ad eccezione di Antonio Mellone”) ha accettato la “cancellazione di uno spazio verde all’interno della struttura commerciale […]. Provvedimento opportuno [se lo dice lui, sarà certamente opportuno, ndr.] in quanto nella zona in questione non è consentita la piantumazione di alberi ma solo cespugli di piccola altezza”.

Ma tu guarda: stravolgono le convenzioni, ammazzano il superstite buon senso, prendono per il culo le persone che è una bellezza e nessuno che osi emettere un suono (finanche gutturale), un mugugno, un “machecazzostatefacendo”. Niente.

 *

Eppure nella delibera regionale a proposito del Mega-parco Pantacom non sembrava nemmeno che stessero per costruire un centro commerciale, ma un bosco, una selva, un vivaio con tanti alberi e verde che al confronto il Parco Nazionale d’Abruzzo e l’Amazzonia messi assieme ci farebbero un baffo [roba da provocar danni indelebili ai polmoni per iperossiemia, ndr.].

E ora, come se nulla fosse, arriva un orefice qualsiasi a dirci che nell’area non è consentita la piantumazione di alberi (nemmeno di “fica”), ma solo qualche cespuglio (magari di Aloe Vera). Prima ci riempiono la testa (sempre nel decretino regionale) di “conservazione dei caratteri identitari e delle sistemazioni agrarie tradizionali”, di “corretto inserimento paesaggistico”, di “viali alberati” [forse avevano in mente quelli dei cimiteri, la famosa ombra dei cipressi visti i sepolcri di cui stiamo discettando, ndr.], di “ampi spazi di verde” [si saranno resi conto di aver esagerato con questo “ampi”, ndr.], di “percezione del profitto [sic] degli orizzonti” [volevano dire “profilo”, scusateli: è più forte di loro, ndr.], di “isole ecologiche” [e giacché anche qualche penisola, ndr.], di “qualificazione ecologica dell’area” [immaginate un po’ cosa sarebbe la squalificazione dell’area, ndr.], di “piantumazione di essenze arboree autoctone a basso consumo idrico” [non avevamo capito noi: volevano dire “assenze arboree”, ndr.], di “sistemi di raccolta e riutilizzo delle acque meteoriche” [i classici prodotti del meteorismo, ndr.], di “notevole abbattimento della CO2” [invece hanno abbattuto gli alberi ancor prima di piantarveli, ndr.], e ora tomo tomo cacchio cacchio ci vengono a dire che avevano scherzato.

Insomma, signore e signori, mettiamoci l’anima in pace: avremo d’ora in poi un Parco senza alberi. Mo’ vaglielo a dire tu al Devoto-Oli o allo Zingarelli o al Treccani di cambiare la descrizione del vocabolo “Parco”.

Ma leggete quest’ultima chicca uscita sempre dalla diciamo penna del diciamo cronista quotidiano: “La convenzione approvata nei mesi passati dall’amministrazione comunale uscente punta innanzitutto alla salvaguardia della rete commerciale della città, nonché ad uno sviluppo del tessuto socio-economico della frazione di Collemeto”.

Sì, come no. D’altronde lo sanno tutti ormai che il sole bagna, l’acqua asciuga, la neve scalda, il fuoco raffredda, a Roma non esiste la mafia, e il Mega-porco creerà una caterva posti di lavoro.

Ritornando come dire alla tridimensionalità, mi pare che di questo passo l’unica “fica” in arrivo sarà quella risultante dall’unione di due sillabe contenute più o meno al centro, precisamente centro-destra, della parola Cementificazione.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 22/12/2009 @ 14:00:10, in NohaBlog, linkato 4312 volte)

Eccovi di seguito l'n-esimo articolo di Antonio Mellone apparso sulla rivista bimestrale "Il filo di Aracne" nel numero di dicembre 2009. Si tratta della recensione del recente libro "Infanzia Salentina" del nostro amico prof. Gianluca Virgilio

Infanzia Salentina, un esorcismo generazionale

Avevo poco più (o poco meno) di cinque anni.
Quella mattina verso le otto, mentre ero pronto per andare alla scuola materna che frequentavo, non ricordo come (forse mia madre mi ci aveva portato mezzo addormentato all’alba), mi trovavo nella casa della nonna, ad un fischio dalla mia, sempre a Noha.
Quella mattina mia madre prendendomi in disparte mi disse: “Oggi la nonna è andata in cielo”.
Io corsi subito sulla terrazza di quella casa - allora una delle poche abitazioni nohane al primo piano, essendo le altre quasi tutte al piano terra - alzai lo sguardo per scrutare il cielo, cercando di avvistare mia nonna.
Era primavera, il cielo era terso, azzurrissimo. Ma mia nonna non la vidi punto.
Rientrai in casa un po’ confuso. Ci pensò mia madre stessa - che dall’espressione sembrava volermi dire: stupidino! - ad indicarmi in anteprima, cioè prima che iniziassero le visite di parenti e amici per le condoglianze, la mamma di mio padre composta nella sua bara.
Sembrava dormisse, ed io non avevo realizzato ancora che mia nonna (quella brava donna che, prima di chiederti se ne volevi, aveva già preparato la fetta di panetto con pomodoro olio e sale) non c’era più. Non avevo cioè compreso che mia nonna era morta. Tanto che alla scuola materna (mi ci mandò comunque mia madre in quella mattinata di trambusto) le suore chiesero a me ed a mio cugino se la nonna fosse ritornata dall’ospedale.
Mio cugino era all’oscuro delle ultime novità. Infatti mia zia Giovanna, sua madre, non l’aveva reso edotto di “tutto”. E rispose alle suore che nonna Maria Scala (proprio questo era il suo nome, mentre il cognome era Tundo) era ancora in ospedale; io invece che ormai sapevo “tutto” dissi subito che era ritornata, e che l’avevo addirittura vista in carne ed ossa in mattinata. Ma non precisai che l’avevo vista in una bara, né che, come m’era stato riferito, se ne fosse volata in cielo. Non avevo ancora preso coscienza del concetto di bara e soprattutto di un accadimento che, come in seguito capii, era (ed è) cosa molto frequente: la dipartita di una persona.  
Questa è una delle mille storie che mi sono frullate per la testa mentre leggevo il bellissimo affresco di una generazione: “Infanzia Salentina” di Gianluca Virgilio (Edit Santoro, Galatina, 2009, 172 pagg.).
Sì, perché leggere questo volumetto significa pensare a tanti accadimenti, tante coincidenze, tante storie affini od opposte, tanti ricordi.
Come ancora ad esempio il tempo delle vacanze, che Gianluca, figlio di professore, trascorreva a Santa Maria di Leuca, mentre io, figlio di contadino, trascorrevo (lavorando!) in campagna, nel mare del tabacco le cui foglie ed i cui taraletti si aggrappavano alla mia infanzia per non staccarsene più. O come il fatto delle giostre che nel corso della festa di San Michele venivano montate fin nei pressi del portone di casa mia (l’ingresso più utilizzato coincideva e coincide anche oggi con il garage), tanto da consentire appena il nostro accesso pedonale, ma non quello della nostra 500 Bianchina, che rimaneva fuori allo scoperto per i tre giorni della festa. Ma nonostante i borbottii dei miei, io ne ero contento, perché mi trovavo nel centro del paese dei balocchi, ed anche perché i giostrai a volte mi facevano omaggio di qualche gettone per le auto-scontro, forse quale forma di risarcimento per il loro disturbo (che per me non lo era affatto).
O come l’amicizia con la famiglia Papadia: quei Papadia che vantano nel loro albero genealogico messer Baldassarre Papadia, autore delle Memorie storiche della città di Galatina nella Japigia, ma anche la (contemporanea) gentile signora Maria Cristina, custode gelosa della stupenda biblioteca paterna, che ho più volte visitato; questa amica che insieme al consorte Paolo, non più tardi di qualche settimana fa, m’ha invitato nella sua bella e storica dimora (adiacente alla Basilica di Santa Caterina) proprio per farmi esaminare le diverse raccolte di giornali d’epoca, di quaderni, di “Domenica del Corriere”, di libri non ancora catalogati nella suddetta biblioteca. Rovistando ben bene tra quelle carte sono certo che si troverebbe l’emeroteca delle riviste di parole crociate, quelle sulle quali il papà di Cristina, il signor Raffaele, capo dell’ufficio imposte di Gallipoli, si esercitava nel tempo libero delle famose vacanze leucane…      
Il libro di Gianluca Virgilio, come gli altri suoi libri di cui ho avuto modo di parlare altrove, ricorda la svelta forma tipografica dei tascabili dell’editore Sellerio, l’editore dei famosi libri di Andrea Camilleri e Gianrico Carofiglio. Ma qui siamo di fronte ad una casa editrice galatinese e non di Palermo, la Edit Santoro; e poi siamo in presenza di un caro figlio di Galatina, dal quale ormai ci aspettiamo anzi pretendiamo un romanzo!
“Infanzia Salentina” è un libro di storie e sentimenti, di tramonti giallo-oro e di schiamazzi di bambini dalle ginocchia sbucciate, di mamme e di zii, di scuola e di febbre per lo sviluppo, di primi turbamenti amorosi e di amicizie che durano una vita, di bagni domenicali nella vasca verde (la mia, pur sempre di plastica, era azzurra) e di giochi in mezzo alla strada: un libro non soltanto di memoria individuale, ma anche, se vogliamo, di esorcismo generazionale. Un libro che ti fa capire che il bisogno di scrivere ed anche di leggere è un tutt’uno con la vita. E chi legge “Infanzia Salentina” non legge Gianluca Virgilio, legge se stesso.

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 29/08/2007 @ 13:55:54, in NohaBlog, linkato 4274 volte)
"Oggi è morto il prof. Zeffirino Rizzelli, già sindaco di Galatina. Galatina e Noha ed il mondo intero perdono un maestro, un padre. Ci inchiniamo di fronte ad un uomo che con la sua vita ha testimoniato i valori del rispetto, della democrazia e della libertà".


" Vi riproponiamo di seguito l'articolo di Antonio Mellone apparso su "il galatino" del 15 settembre 2006 dal titolo "Scritto in Onore di Zeffirino Rizzelli".
 
 
Un uomo che ha messo sempre da parte i propri interessi


Da il Galatino n. 14 del 14 luglio 2006, quello prima del congedo estivo, a margine dell’articolo di fondo a sua firma, il prof. Zeffirino Rizzelli ha annunciato il ritiro ufficiale dalla direzione editoriale del quindicinale che ormai da quaranta anni con puntualità troviamo in edicola. Un’uscita dalla scena principale senza tanti clamori, quasi in punta di piedi, come è nel suo stile: è questa, in fondo, l’umiltà dei grandi spiriti, quelli che con la loro opera diuturna, aiutano l’umanità a crescere e a diventare più giusta e civile. Non vogliamo (né potremmo!), in queste poche righe, analizzare l’opera del Rizzelli insegnante, politico, presidente del Distretto Scolastico, Sindaco di Galatina e, soprattutto, uomo di cultura, studioso, giornalista e scrittore. Abbiamo già scritto altrove che sarebbe proprio il caso di indagare a fondo, di studiare e possibilmente raccogliere e ripubblicare almeno gli scritti (è forse sarebbe l’opera meno difficoltosa, in quanto è agevole rintracciarne i testi) di Zeffirino Rizzelli: i quali ormai si contano a migliaia. Ne sortirebbe un’opera a più tomi, di grande valore editoriale. In queste righe ci limiteremo, allora, a pubblicare un articolo a nostra stessa firma dal titolo “Indietro non si torna”, che scrivemmo nell’ormai lontano 1996. Quell’articolo, che interpretava – ne eravamo e ne siamo tuttora certi – il pensiero dei molti non fu pubblicato dallo stesso Rizzelli (lo ricordiamo come se fosse ieri) sul suo giornale, nonostante il parere favorevole di Rossano Marra, proprio per quella sorta di ritrosia, o di umiltà, di cui abbiamo sopra fatto cenno. Così ci scrisse in una sua garbata lettera di spiegazioni: “… Non posso pubblicare sul mio giornale il tuo articolo. Questo non perché falsa modestia mi induce a rigorose valutazioni, ma perché siamo in campagna elettorale, tempo in cui si arriva a strumentalizzare anche ciò che strumentalizzabile non è. […]  Chi lo ha scritto è, certamente, lontano le mille miglia da sentimenti di riverenza o peggio ancora di servilismo…”. Non eravamo riverenti o ossequiosi o peggio ancora servili nei confronti della persona di Zeffirino Rizzelli. Ci mancherebbe: non lo siamo mai stati nei confronti di nessuno. Il servile è chi frequenta qualcuno sperando in qualche ricompensa. Noi, del resto, non frequentavamo il prof. Rizzelli, anzi allora non lo conoscevamo nemmeno di persona, se non per avergli stretto fugacemente la mano un paio di volte, semplicemente ringraziandolo dell’ospitalità che ci aveva sempre riservato sul quindicinale il Galatino”, qualunque argomento avessimo trattato nei nostri articoli, che già da tempo pubblicavamo (e spedivamo per posta ordinaria). E poi, soprattutto, non speravamo in nulla. Nessuno più di noi era “vergin di servo encomio”, come pure di “codardo oltraggio”… Ora crediamo sia arrivato il momento di pubblicare il nostro “Indietro non si torna”, rimasto per tanti anni nel cassetto: nessuna forma di strumentalizzazione sarà ormai più possibile, né da destra, né da manca. Ecco dunque il brano che finalmente vede la luce della pubblicazione dopo oltre un decennio dalla sua redazione: sia, questo, uno “Scritto in Onore”, uno dei tanti, una celebrazione, ma soprattutto un tassello che dimostri (se mai ce ne fosse bisogno) il lustro dato dalla persona e dall’opera di Zeffirino Rizzelli alla città di Galatina e a tutto il Salento; nonché l’augurio che il Professore continui per molti anni ancora, anche se non nelle vesti di direttore editoriale, a farci conoscere il suo pensiero e a consigliarci per il  meglio: gli uomini e le istituzioni (quelle del governo cittadino soprattutto) hanno bisogno, oggi più che mai, di questo dispensatore gratuito e disinteressato di idee e di saggezza, e, quando servono, di ammonimenti.


Ecco, dunque, il nostro articolo, di seguito ritrascritto verbatim:  Gli interessi di parte hanno prevalso, le ragioni delle “ricadute elettorali” hanno avuto la meglio, e così il miglior Sindaco che Galatina abbia mai avuto, Zeffirino Rizzelli, ha dovuto rassegnare le dimissioni. Sapevamo, tre anni fa, quale grave eredità il neo-eletto Sindaco riceveva dalle precedenti amministrazioni, quali i problemi della città, quali le mille richieste dei cittadini, quali i disagi, quali le difficoltà dovute alla limitatezza dei fondi che la Regione e lo Stato erogavano (ed erogano) in un contesto di tagli alla spesa pubblica… Sapevamo tutto questo e non chiedevamo, né speravamo l’impossibile. L’Amministrazione Rizzelli, invece, sembra aver fatto l’impossibile. Sempre molto, troppo rimane da fare, certamente, ma quello che nel corso di questi anni, il Sindaco e la sua Giunta hanno realizzato tra tante difficoltà è sotto gli occhi di tutti. L’intenso lavoro amministrativo compiuto è sempre stato portato a conoscenza di tutti attraverso un foglio edito mensilmente dall’Amministrazione comunale e a tutti gratuitamente distribuito. Un foglio dalla testata esplicativa: “Informare”. Si è aperta una nuova fase, una nuova era di fiducia e di speranza nelle istituzioni, proprio nel momento in cui gli scettici sul cambiamento sembravano avere il sopravvento. La “rinascita” della città è testimoniata non solo dalle opere pubbliche, ma anche dalle manifestazioni culturali, dai convegni, dai concerti, dalle iniziative volte a rivalutare il centro storico, dai progetti per i giovani, mai prima d’ora così importanti per livello qualitativo e numerosità. Anche le frazioni, da troppo tempo abbandonate a se stesse, quasi dimenticate, si sono viste al centro di un rinnovato interessamento. Ed ora qualcuno vorrebbe non riconoscere tutto questo o peggio ancora farlo finire. Vorrebbe, magari, ritornare alle vecchie logiche, al vecchio linguaggio (“ricadute elettorali”), ai vecchi intrallazzi, alle clientele, agli antichi giochi di potere e di partito, ai personalismi… Indietro non si torna! Ormai è chiusa anche l’epoca della raccolta dei voti con la tecnica del “porta a porta”, basata sui rapporti di amicizia o di conoscenza e sulle promesse, naturalmente difficili da mantenere per tutti. Chi si aspetta una “ricaduta elettorale” con tutto questo in mente, altro non otterrà che un crollo elettorale. Amministratore pubblico sarà chi dimostrerà preparazione, provata moralità, capacità d’indirizzo, di programmazione e di decisione. E questo il prof. Rizzelli lo ha già dimostrato. Con i fatti, non con le parole. E poi, il prof. Rizzelli dimostra ben altro. Dimostra che non solo conosce George Clemanceau e le sue caustiche frasi, ma anche chi, come Francois Cagné, di Clemanceau ha scolpito la statua, oggi negli Champs-Elisées, a Parigi. Parole, le nostre, rivelatesi tutt’altro che profetiche: quello che successe dopo quella tornata elettorale è ormai storia, di cui piangiamo ancora le conseguenze.


Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 13/05/2022 @ 13:51:54, in Comunicato Stampa, linkato 450 volte)

Un’offerta politica di qualità e rappresentativa del mondo delle professioni, del sociale e dell’impegno ha deciso di schierarsi, in maniera netta e convinta, con la coalizione Galatina di Tutti.

La lista Esserci per Galatina sosterrà dunque Fabio Vergine, proponendosi di rappresentare al meglio la città, grazie a candidature tra professionisti provenienti da tutti i settori della vita sociale ed economica.

Ma anche tanti giovani, cittadini attivi nel mondo del volontariato, persone che a vario titolo conoscono la macchina pubblica, i meccanismi, i funzionamenti, i punti di forza e quelli sui quali è necessario intervenire.

Un equilibrio perfetto tra donne, uomini e varietà anagrafica per un gruppo unito da un comune sentire e un progetto autentico: ricostruire un’idea di città attraverso il senso di appartenenza.

Coesione, unità, esperienza, capacità amministrativa e rinnovamento generazionale: questi i punti di forza di Esserci per Galatina, in una visione di cambiamento.

Una lista che, già nel nome, declama le proprie intenzioni e cioè mettere al servizio della città la conoscenza, l’affidabilità e la competenza  di candidati all’altezza della città, affinché Galatina torni a ricoprire un ruolo sinergico sul territorio, affinché se ne valorizzino le sue bellezze storiche, artistiche, turistiche e culturali.

“Siamo fortemente convinti della necessità di mettere al centro il futuro dei nostri figli, il futuro del nostro territorio, della nostra economia. E’ un momento importante dove le scelte e le azioni che saranno messe in campo segneranno la possibilità di riscatto della nostra Galatina che ormai da anni è fuori da ogni prospettiva di sviluppo. Dichiara Piero Anselmi, animatore della lista.

“Esserci per Galatina ha una grande ambizione, trasformare l’entusiasmo della campagna elettorale in un’associazione politico-culturale, feconda di iniziative e di impegno civico costante per contribuire al fermento culturale e di sviluppo della nostra città, che, mai come ora, ha bisogno dell’amore di tutti noi.”

Esserci per Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 21/01/2013 @ 13:50:17, in NohaBlog, linkato 2306 volte)

L’uccellino mi ha riferito che - salvo errori od omissioni, salvo smentite, salvo rettifiche, insomma salvo tutto (meglio mettere le mani avanti con tutte queste intimidazioni e minacce di querela a portata di mano, proposte - o supposte - probabilmente anche da legulei in cerca d’autore) -  il prossimo 24 gennaio 2012 a Bari presso il palazzo della Regione Puglia (speriamo d’ora in poi: Ragione Puglia) si terrebbe (condizionale) una Conferenza dei Servizi a proposito del prossimo venturo scempio ambientale meglio noto con il triste nome di mega-parco in località Cascioni, ad un fischio da Collemeto.
Orbene, posto che il lemma “conferenza” deriverebbe (anche qui ci va il condizionale: non vorremmo urtare la suscettibilità di qualche Accademico della Crusca o della canija) da “Con-ferre”, composto da “Cum”, con particella indicante unione, compagnia e/o tendenza all’azione, e “Ferre”, portare, contribuire, e quindi manifestare, io sottoscritto cittadino Mellone Antonio in nome della tanto sbandierata trasparenza vorrei porre le seguenti domande dirette a chi di competenza: i miei rappresentanti politici.
Dunque: chi saranno i delegati politici in seno all’Amministrazione Comunale di Galatina a partecipare a codesta riunione (che dunque spero non si tenga in contumacia)? E, allora, in caso di partecipazione, quale sarà l’apporto di questi deputati conferenzieri? Saranno a favore del mega-parco senza se e senza ma, oppure hanno qualche progetto alternativo, un cosiddetto piano B? Saranno dalla parte dei sedicenti “moderati” che non vedono l’ora di piallare cemento e rullare asfalto per oltre venti ettari di campagna fertile e pianeggiante, o dalla parte degli “estremisti” che invece vorrebbero tutelare e salvaguardare la terra che ci dovrà sfamare nei prossimi decenni? Saranno per il sadomasochismo eco-nomico ed eco-logico, oppure per lo sviluppo vero e finalmente sostenibile? E, infine, daranno ancora retta alla Pantacom, che come dimostrato con carte alla mano, visto il suo attuale peso specifico in termini patrimoniali, economici, finanziari e commerciali sarebbe meglio ribattezzare Fantacom, ovvero a qualche altra novella società a responsabilità un po’ meno limitata, e con credenziali, diciamo così, un po’ più corpose e presentabili?  
Come detto altrove, a volte le domande possono sembrare stupide (ma mai come certe risposte); ma ponendole non sbagli mai.  
Detto questo, attendo fiducioso un qualche riscontro da parte di qualche mio rappresentante politico, degno dell’appellativo di “rappresentante” e soprattutto dell’aggettivo “politico”.
Nel frattempo mi auguro che questa barese Conferenza dei Servizi non si trasformi in una “conferenza del servizio”, intesa cioè come una conferenza per farci (a noi) un bel servizio.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 08/08/2015 @ 13:49:04, in NohaBlog, linkato 2576 volte)

Continuando nella disamina di alcuni punti della “Laudato sì’”, la recente bella enciclica del papa venuto dalla fine del mondo, leggiamo: “Ci si ammala, per esempio, a causa di inalazioni di elevate quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o riscaldarsi. A questo si aggiunge l’inquinamento che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti, pesticidi tossici in generale”. E poi ancora: “[…] L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono e lo accentuano” (tratto dal punto 20, pag. 23 e segg, della nostra edizione, Ancora, 2015). Come non essere d’accordo con questo papa? (cfr. anche il nostro “Cultura fumogena”, del 12/9/2013 pubblicato su questo sito).

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Date un’occhiata a quest’altro brano: “Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi […]” (tratto dal punto 26, pag. 28, ibidem). Ovviamente abbiamo provato a dirlo anche noi nei nostri modesti articoli, ma figurarsi se qualcuna delle autorità civili e religiose in loco ha mai fatto finta non dico di darci retta, ma almeno di leggerci di sfuggita, impegnate come sono “a mascherare i problemi o a nasconderne i sintomi”. Del resto trattandosi di “autorità”, dunque detentori del loro “potere”, e dunque accoliti di pesci un po’ più grandi di loro, cosa potevamo aspettarci di più da codesta fauna?

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Coraggio, leggete quest’altro pezzo: “Per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. […] Molti uccelli e insetti che si estinguono a motivo dei pesticidi tossici creati dalla tecnologia sono utili alla stessa agricoltura, e la loro scomparsa dovrà essere compensata con un altro intervento tecnologico che probabilmente porterà nuovi effetti nocivi” (tratto dal punto 34, pag. 33, ibidem). Caro papa, per favore, riferiscilo anche al commissario Silletti, al presidente del consiglio che somiglia sempre più ad una caricatura, al ministro dell’agricoltura Martina, ai politici regionali, ai grandi prenditori agricoli e agli estensori della “Carta – igienica – di Stupidina”, così osannata anche da sgualdrina.it, (Carta igienica” di cui purtroppo abbiam dovuto occuparci in un altro nostro scritto non più tardi del 13/7/2015), che vogliono uccidere il Salento con i “trattamenti” chimici. Il loro cervelletto non ha ancora messo a fuoco il fatto che per sconfiggere la Xylella fastidiosa, secondo il loro “metodo”, di fatto si arriverà ad annientare la biodiversità superstite in Puglia, dandole il definitivo colpo di mannaia.

 

Un tempo, per dire, anche noi ci battemmo (perdendo come al solito la battaglia) contro il fotovoltaico selvaggio issato come una corona di spine in mezzo alla nostra campagna. I politici locali del tempo (che poi sostanzialmente coincidono con gli attuali) ed i loro accoliti parlavano a vanvera di campagna “piena di cozzi o cuti”, e dunque “perfettamente inutile” e dunque “utilizzabile per questa forma di energia alternativa [sic]” (alternativa alla ragione, s’intende). Noi cercavamo di spiegare che non si trattava soltanto dello scempio di una visuale dell’orizzonte, ma anche di un colpo di grazia inferto al microclima, alla biodiversità vegetale e animale presente nella terra incolta, anche e soprattutto quella piena di cuti. Secondo voi qualcuno dei suddetti personaggi riuscì mai a cogliere il nesso, intuirne i collegamenti, immaginarne i legami? (cfr. anche il nostro “Il Mega-porco fotovoltaico e i permessi sindacali”, pubblicato su Noha.it il 14/11/2013).

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Altro punto fondamentale dell’enciclica: “E’ lodevole l’impegno di organismi internazionali e di organizzazioni della società civile che sensibilizzano le popolazioni e cooperano in modo critico, anche utilizzando legittimi meccanismi di pressione, affinché ogni governo adempia il proprio e non delegabile dovere di preservare l’ambiente e le risorse naturali del proprio Paese, senza vendersi ad ambigui interessi locali o internazionali (tratto dal punto 38, pag. 36, ibidem, la sottolineatura è nostra). Invece qui i comitati spontanei di cittadini vengono snobbati dalle “autorità” impettite e sussiegose, tronfie del loro misero potere.

Caro Francesco, e ora chi glielo va a dire a quei preti che non disdegnano (o almeno non hanno disdegnato fino all’altro ieri) il contributo economico sotto forma di sponsorizzazione da parte di Tap o Colacem (per esempio a Galatina per la festa patronale), o dell’Ilva (a Taranto), “vendendosi ad ambigui interessi locali o internazionali”, e macchiandosi di fatto del peccato di simonia? (cfr. a proposito anche il nostro “No-tap, no party”, pubblicato su questo sito il 26/6/2014).

[continua]

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 09/06/2022 @ 13:48:56, in Comunicato Stampa, linkato 629 volte)

Siamo quasi giunti alla fine di questa nuova campagna elettorale galatinese, che vede impegnati alla candidatura per il ruolo di sindaco ben quattro volenterosi concittadini.

Un segnale di vitalità che speriamo ricada altrettanto positivamente sul futuro di tutta la comunità.

Come rappresentanti di associazioni del territorio, sentiamo la necessità di farci portavoce di alcune linee di pensiero e di questioni strutturali per aiutare Galatina a uscire da una situazione di lenta sopravvivenza.

Abbiamo quindi pensato di condividere con i candidati sindaci, e con voi lettori, il nostro punto di vista e le nostre idee, tramite un documento intitolato: "Galatina città sostenibile".

Chiederemo quindi, appena gli impegni della campagna elettorale lo permetteranno, un confronto pubblico con i nostri futuri amministratori. Fra gli obiettivi a cui auspichiamo  vi sono il potenziamento e il coordinamento delle istituzioni preposte per un più efficace controllo e contrasto dei reati ambientali, e soprattutto la nascita di una visione partecipativa verso il bene comune.

COORDINAMENTO CIVICO AMBIENTE E SALUTE Prov. di LECCE
NOI AMBIENTE e BENI CULTURALI di Noha e Galatina
Associazione culturale GALATINA Arte, Storia e Cultura
CITTADINANZA ATTIVA DI GALATINA NUOVA MESSAPIA - SALENTO KM 0
Associazione ITALIA NOSTRA - Sezione Sud Salento

 

“Noha. Le prime azioni dell’Amministrazione Vergine”. È il titolo di un articolo pubblicato qualche giorno fa sulle testate giornalistiche online e cartacee locali. Il consigliere delegato parla di coerenza tra il programma elettorale e l’operato fino ad ora compiuto, coerenza che si palesa – a detta del consigliere – nella pulizia del cimitero di Noha; e qui ci domandiamo: ma l’opera di manutenzione e pulizia degli spazi cimiteriali (e urbani) non rientrano nell’ottica di una ordinaria amministrazione? Chiediamo, soprattutto il motivo per cui si fa passare per straordinario quanto dovrebbe, in teoria, rientrare in una “normale” opera amministrativa. Nulla di eclatante, quindi. Riguardo la strada comunale Conella, invece, invito calorosamente il delegato alla frazione assieme agli assessori competenti, ad effettuare un sopralluogo col sottoscritto (possibilmente dopo un acquazzone stagionale – ove si potrebbe transitare con la canoa invece che con i mezzi da lavoro, ndr.), per verificare dal vivo il pieno dissesto della strada nonostante “la chiusura delle buche” che dicesi effettuata. In aggiunta, si scrive circa la risoluzione del problema inerente all’assenza dei VVUU nel nostro centro abitato, per cui l’Amministrazione Vergine avrebbe posto rimedio garantendone la presenza degli stessi: ci dispiace contraddire quanto dichiarato, ma ad oggi non ci risulta nessuna Unità di Polizia Locale dislocata nella nostra frazione. Si parla, poi, di tinteggiatura del cancello del cimitero, di installazione delle bandiere fuori la casa municipale e non possiamo fare altro che alzare le mani al cielo, prima di mettercele tra i capelli, per la pochezza di contenuti, ma soprattutto per quanto in questi cento e passa giorni, questa Amministrazione non abbia fatto altro che usare lenti di ingrandimento dappertutto, ingigantendo ogni azione che deve rientrare nell’ordinario operato di qualsiasi esecutivo. Si potrebbe parlare di altro, come ad esempio dell’iniziativa tanto decantata dall’Amministrazione sul rilascio di certificati anagrafici dalle edicole, bocciata dal Garante della Privacy. Il successo si misura in altro, in risposte concrete ai bisogni dei cittadini o nell’attenzione alle difficoltà di una porzione di territorio che merita rispetto.  A tal proposito, accogliendo le istanze pervenuteci dai cittadini, poco più di due mesi fa, questo Circolo del PD protocollava presso gli uffici comunali tramite pec un elenco di ciò che sarebbe opportuno compiere a Noha, elenco lungo ovviamente, di cui non ci aspettavamo nulla nell’imminente, ma ci saremmo aspettati una risposta da sig. Sindaco per garantire, quantomeno, la sua presenza e vicinanza fisica e morale. Abbiamo ricevuto il nulla, il silenzio assordante di una amministrazione che non degna della sua attenzione i cittadini. Ci rendiamo però conto, che magari Sig. Sindaco sia troppo impegnato nella prosecuzione della campagna elettorale finita da mesi. Onnipresente in qualsiasi evento col caratteristico “sorriso da marketing pubblicitario”, continua a fregiarsi di risultati ottenuti dal lavoro della precedente amministrazione. Ci incuriosisce, però, sapere quale azione di governo si stia adottando in questi ultimi mesi. Ci interesserebbe sapere circa l’affidamento di incarichi a personale esterno, come, ad esempio, la delibera di Giunta nr. 311 mediante cui si affidava all’Avv. Colaci per un importo complessivo di euro 2.500 circa, l’incarico di difendere l’Ente nei confronti della ditta San Luca Multiservice srl diffidata dall’Amministrazione (società che si occupava fino al settembre di quest’anno della gestione dei parcheggi pubblici). Con quali criteri di selezione, ragionando con l’ottica di un interesse comune, nonostante la presenza di altri illustri avvocati sul territorio galatinese, questa amministrazione abbia scelto proprio l’avv. Colaci, ci interesserebbe saperlo. Tutto nella massima legalità, ovviamente, e nulla a che fare con l’indiscussa competenza del professionista, ma non sarebbe l’ora di fornire risposte ai concittadini? Poiché tra “volontari” che prestano servizio nel palazzo municipale, tra costituzione dello staff del Sindaco pagato con i soldi dei cittadini e l’individuazione di figure esterne l’Ente, ad oggi, pensiamo che occorrerebbe dar conto degli oneri comuni investiti in maniera inadeguata.

Il Segretario PD Noha

Michele SCALESE

 
Di Michele Scalese (del 06/08/2018 @ 13:47:27, in NohaBlog, linkato 2027 volte)

Mi capita spesso, considerando i tanti fatti successi nel corso di queste ultime settimane che coronano forse indelebilmente lo scenario politico attuale, di pensare al futuro del nostro Paese e non vi nascondo che mi riservo di provare solo tanta amarezza. Non so se questo stato d’animo possa servire a segnare il mio punto di partenza nell’impegno o se al contrario, sia esso un qualcosa di negativo considerando la mia giovane età, il che - mi rendo conto - è inammissibile. “Che ne sarà della nostra Italia?” mi dico, “che ne sarà di Essa se ci nascondiamo dietro ad un becero dito puntato? Che ne sarà dei nostri valori se vogliamo trovare a tutti i costi un capro espiatorio che possa in qualche modo giustificare un sistema che da anni grava sulle spalle della povera gente? Che ne sarà della nostra identità racchiusa nel vedere se stesso nell’altro e con questi stabilire un rapporto di integrazione?”  Di certo l’identità non dipende solo da ciò che un sistema economico ormai globalizzato vuole farci credere, parliamo di valori e sono proprio i valori di comunità che sono messi in discussione. Siamo più deboli, siamo più poveri, siamo vittime di una propaganda che divide, che distrugge l’umana voglia di “tendere il braccio”, siamo vittime della paura dell’altro, siamo deboli in Corpo ma soprattutto in Spirito e non ce ne rendiamo conto.

È uno scenario inquietante questo, che trova riscontro nei tanti attacchi razzisti contro il diverso. Mi domando: cos’è per noi la diversità? Qual è il criterio morale e soprattutto sociale sul quale si basa questa categorizzazione?

I Vicepresidenti del Consiglio dei Ministri continuano a negare che vi sia un problema, mirano a farci credere che un giorno l’Italia potrà essere un posto migliore [mi ricorda qualcuno] e vanno avanti per la loro strada curva come la loro umanità, incapace di gestire una situazione che ha le radici in profondità, preferendo eliminare il substrato del problema, senza capire che una nazione che non accoglie, non integra, non corre in aiuto, è una nazione destinata a morire. Intanto mi sento sempre più solo: un giovane in un Paese vecchio che forse non lo rappresenta più. Ed è ovvio che sia così, perché la lotta contro il razzismo non è monopolio di pochi partiti politici: è un impegno di tutti. Alcuni mi dicono che hanno provato paura a girare per strada da soli e solo allora ti rendi conto che in ballo c’è molto più di una gara tra politicanti, in gioco c’è la dignità del nostro saper stare insieme, perché chi ha il coraggio di non ammettere rischia di essere complice di un clima di negazionismo che fa male all’Italia, ai suoi valori, al suo futuro.

L’onestà e la serietà sbandierata in campagna elettorale, il Vangelo di Cristo usato per parlare ai molti, il Rosario(verde!) tra le mani, cambiano volto e hanno l’immagine di prese di posizione, perché si sa: il Vangelo è facile da sbandierare, il punto difficile è quando si smette di guardare all’oggetto e si inizia a trasformare in prassi il contenuto. Invece no, del popolo tocchiamo l’intimo, diamo voce alle paure a fronte di un pensiero che falsa sventolandogli sul naso il bisogno di sicurezza personale. E ci dimentichiamo ancora una volta della sicurezza collettiva, quella che va oltre i confini di uno Stato, quella che tende la mano per risollevare e dare dignità, quella che prende dal mare un corpo e lo adagia su di una scialuppa. Chi guarda il volto di Daisy Osakue, chi osserva gli occhi smarriti di quella donna rimasta due giorni in mare, può fare solo una cosa: provare vergogna, perché quei volti segnati sono il volto del nostro Paese nella stagione amara che stiamo vivendo. Un volto che presentiamo al mondo e a noi stessi. E che non ci somiglia ma neanche ci scompiglia, non per il colore quanto per la ferita che porta. Anni di paure, di stereotipi, di pregiudizi stanno producendo bullismi assurdi, atti violenti, assalti folli. Dicono che non c’è razzismo in ciò che è accaduto, dicono che sono «sciocchezze». Vergogniamoci.

Intanto occorre avere la consapevolezza dell'esistenza del fenomeno e chiamarlo per nome e serve capire poi che non si può pensare di fermare la storia. Il destino dell'Italia è già segnato nell'incontro tra “diversi” che fanno della propria diversità ricchezza. Il mondo non finisce al di fuori delle nostre abitazioni. È nella fatica dell'incontro e nella curiosità della scoperta che si trova il senso della vita senza essere prigionieri della paura. Partiamo dalla consapevolezza di possedere al di là di tutto un’etica pubblica che si esplicita nella pedagogia dell'esempio, nella capacità di coltivare visioni positive oltre i tempi di una prova elettorale. L'Italia è un grande Paese che ha saputo promuovere nel corso della storia valori universali di un umanesimo secolare. Pensare di ritornare nelle piccole patrie non è avere una grande ambizione per un Paese e non è rendere servizio alle prossime generazioni. È la capacità di spingersi oltre, di non cercare a tutti i costi il dato bruto che ci conduce realmente al reale per ciò che esso è in rapporto a noi. Forse sembrerà un’utopia, ma cos’è in fondo? Un processo sempre aperto racchiuso in un desiderio di rischiare, di una capacità di relazione, di un incontro, di una progettualità condivisa, di un impegno di speranza.
A questa utopia e a questo sogno non possiamo rinunciare, perché significherebbe iniziare a scrivere la storia secondo parametri di disumanità che soffoca dentro di noi il senso della solidarietà, della tenerezza, della cura e la ricerca di una giustizia più grande.

Non perdere, caro amico, la capacità di guardare all’altro e a noi stessi come esseri umani. Ti prego. È forse questa la realtà che abbiamo bisogno di ritrovare, è forse questo il confine tra realtà ed utopia!

Michele Scalese

 
Di Marcello D'Acquarica (del 18/10/2022 @ 13:46:47, in NohaBlog, linkato 591 volte)

La poesia “A Livella” di Totò si basa su un concetto chiave: la morte rende tutti uguali, ricchi e poveri. Ma a pensarci bene, non è solo sorella morte a fare di noi tutti un minestrone: in un certo senso pure l’immondizia rade a zero titoli e galloni, poveri e ricconi.

Di cosa stiamo riempiendo le discariche e, in mancanza, le campagne con i nostri 500 kg pro capite all’anno di rifiuti è sotto gli occhi di tutti. E se non lo vediamo ce ne accorgiamo tramite le nostre malattie, sempre più numerose, sconosciute, devastanti.

Mi sono voluto per così dire dilettare nel mettere a fuoco, nel senso di provare a osservare attentamente, alcuni oggetti fra le centinaia di migliaia di inutili schegge e frammenti di cocci di terracotta sparsi ovunque. Il Salento è un museo a cielo aperto. Basta scandagliare gli oggetti con una buona luce diurna, e non è difficile scorgere in mezzo al pietrame,  tra le zolle, ai bordi delle strade di campagna, a ridosso dei muretti a secco, e soprattutto in prossimità di antichi casolari, furnieddhri, masserie o casali di pertinenze monastiche, per esempio in località Santu Totaru a Noha e in località Badia di Cutrofiano, pezzi archeologici della vita che fu. Ormai è tutto macinato da secoli di lavorazione della terra, soprattutto in questi ultimi anni, dove si è visto l’abbandono delle strutture murarie sopravvissute all’incalzare di questa fervida economia del tutto e subito, e osservare la terra, anche se ultimamente viene sottoposta a cicli continui di pesanti trattamenti meccanici. Tutto ciò ha portato ulteriore distruzione di quel poco che si era salvato.

Ma basta aspettare la pioggia che dilava un po’ la superficie e con i raggi del sole appaiono brillanti come stelle. Sembra che siano lì a chiamare senza voce, ad attrarre la nostra attenzione, a volerci raccontare le loro storie, di mani di massaie che impastano il cibo o che lavano i panni, di fanciulli che bevono nelle piccole scodelle, di uomini arsi dal sole cocente e dalla dura fatica che stringono ancora nelle mani quei manici di boccali con la razione di acqua quotidiana. Ogni frantume si ricollega ad un altro, e messi insieme si radunano come per magia come su tavolate imbandite da famiglie numerose, nelle “rimese” di ritorno dal lavoro dei campi. D'altronde secoli di storia intensa non possono scomparire nel nulla.

Non importa se hanno 50, 100 o più di mille anni, conta la loro resistenza. Sono oggetti che hanno aiutato a vivere persone i cui corpi sono oramai inesistenti.
Oggi sono gli unici testimoni della fame e della sete placate, sono il nostro passato, il tempo narrato sugli usci delle case e qualcuno scritto nelle pagine dei libri. 
La modernità invece macina tutto con veemenza per soddisfare i nostri vizi. Ché di virtù manco l’ombra.

Marcello D’Acquarica

 

La tutela della salute e la salvaguardia del nostro ospedale sono punti prioritari della nostra agenda politica. Già durante la campagna elettorale abbiamo posto l’attenzione, insieme a tutta la coalizione, sulla necessità di salvaguardare l’ospedale Santa Caterina Novella rispetto ad un suo smembramento e svuotamento. Ancora oggi il Partito Socialista è pronto a dare il proprio contributo schierandosi accanto a tutte quelle forze politiche che hanno l’obiettivo di restituire dignità all’ospedale, ai sui operatori ed a tutta la nostra comunità offesa e mortificata dal piano di riordino della sanità regionale voluto da Emiliano.

 In tal senso diamo atto a Giampiero De Pascalis, oggi consigliere di opposizione, di aver proseguito con coerenza la battaglia a favore del nostro nosocomio, iniziata già durante la campagna elettorale, quando tutti ci accusavano di strumentalizzare l’argomento per finalità elettorali. Oggi che la campagna elettorale è passata, il consigliere De Pascalis pagando di tasca propria il ricorso al TAR contro lo smembramento del nostro ospedale, dimostra che questa battaglia non è strumentale ma al contrario è condotta nell’esclusivo interesse della nostra comunità, come ci saremmo aspettati che facesse invece il Sindaco Amante in qualità di massima autorità sanitaria locale.

Dopo l'”anomalo" consiglio comunale monotematico, nel quale non è stato votato alcun deliberato, alle parole non sono seguite  azioni né tentativi di mettere insieme trasversalmente le forze politiche, per studiare di concerto con la Regione una soluzione che potesse dare una prospettiva al Santa Caterina Novella, come anche noi avevamo proposto in quell’occasione. Questo assordante silenzio, unito all'inerzia e alla mancata partecipazione del Sindaco agli incontri sull’ospedale voluti dal consigliere De Pascalis, conferma oggi che quel consiglio monotematico rappresentava, come peraltro era facilmente immaginabile, solo un evento formale  volto a salvare la faccia davanti ad un manifesto immobilismo rispetto al problema. E’ chiaro a tutti ormai che il Presidente Emiliano ha in ostaggio il Sindaco Amante che, per saldare la cambiale politica nei suoi confronti è costretto oggi a tacere, scaricando sui cittadini le conseguenze dei propri accordi e debiti politici.

Allo stesso modo ci saremmo aspettati che l’elezione dei due parlamentari galatinesi del movimento cinque stelle potesse in qualche modo portare ad un livello superiore la tutela della nostra comunità, assente da troppo tempo dalle sedi che contano. Sappiamo bene che il piano di riordino della sanità afferisce alle competenze regionali, ma ci saremmo comunque aspettati un loro intervento incisivo a favore del nostro ospedale.  Il loro silenzio invece appare imbarazzante soprattutto se consideriamo che potrebbero contare sulla possibilità di un confronto diretto con il Ministro della salute anche esso pentastellato, Giulia Grillo, alla quale potrebbero chiedere un intervento diretto sulla questione. 

A questo punto, considerato tutto ciò, non resta che  rinnovare  l’invito a tutte le forze politiche cittadine libere, operanti nelle varie istituzioni, a fare fronte comune con i medici, con gli operatori del settore e soprattutto con i cittadini di Galatina nell’evitare che questo delitto perfetto possa essere portato a termine.

 

Giuseppe Spoti

Consigliere comunale – Partito Socialista Italiano

 
Di Antonio Mellone (del 31/12/2013 @ 13:46:38, in NohaBlog, linkato 2414 volte)

L’arrivo del nuovo anno è occasione per bere alla salute di qualcuno o di qualcosa.

Io brindo a chi è al servizio dell’altro, a chi è di turno in ospedale, in caserma, in carcere, nei capannoni delle fabbriche; brindo a chi transita nel nuovo anno senza un saluto e a chi non è invitato ad alcun cenone; brindo agli amori passati e a chi è nessuno per la persona amata.

Brindo ai lavoratori scrupolosi, ai professori preparati, ai pubblici dipendenti responsabili, agli imprenditori onesti, ai medici per passione, ai politici perbene, a chi, nel suo ambito, non si risparmia.

Brindo ai cassintegrati, ai precari in attesa di sicurezza, ai disoccupati in cerca di lavoro, agli scioperanti per i propri diritti calpestati. Brindo ai malati senza ospedali, ai soldati inviati a combattere guerre spacciate per missioni di pace, agli studenti senza sussidi, ai ricercatori senza fondi.

Brindo a chi si fa in quattro per presidiare il territorio, ai tribunali senza personale e senza fotocopiatrici, ai muri delle tante Noha-Pompei che crollano sotto i nostri occhi.

Brindo alle vittime delle frane e dei disastri ambientali amplificati dal cemento e dall’asfalto senza limiti; brindo all’acqua pubblica, alla sanità pubblica, alla felicità pubblica; brindo alla laicità dello Stato, alla Costituzione della Repubblica Italiana, a chi rispetta le leggi e non se le fa cercando di adattarsele a proprio uso e consumo.

Brindo a chi combatte la mafia e a chi ne è vittima; brindo a chi non ce la fa, a chi sa perdere, a chi cade e cerca di rialzarsi, a chi non smette di combattere, a chi si ribella all’ingiustizia, a chi è stecca nel coro belante, a chi crede che la parola lotta sia voce del verbo amare.

Brindo a chi tutela la campagna dei nostri avi, a chi protegge i prati, le piante, gli alberi, l’aria e le nuvole; brindo a chi pratica la frugalità individuale per l’abbondanza di tutti, a chi non respinge i sogni, a chi compie il reato d’utopia, anzi ne è tendenzialmente colpevole e recidivo.

Brindo a chi allestisce un presepe vivente nonostante tutto, agli attori che vi partecipano, a chi si mette in fila al freddo ed attende il suo turno.

Brindo a chi non è ancora con noi, e a chi non c’è più.

Brindo a Noha, ai suoi figli vicini e lontani, ai suoi beni culturali, a chi pubblica su questo blog, e a chi lo consulta.

E brindo, infine, anche alla salute ed alla buona sorte di chi ho scordato di annoverare tra questi brindisi.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 01/08/2022 @ 13:46:17, in Comunicato Stampa, linkato 412 volte)

Potremmo sintetizzare così la discussione e la decisione della maggioranza sulla distribuzione a pioggia del milione e 300mila euro di sgravi TARI. Di fatto la maggioranza sceglie di non scegliere, sceglie di tagliare orizzontalmente le bollette di tutti di circa il 20% e sceglie di non entrare nel merito, di non attuare alcun indirizzo politico, di non agevolare le utenze domestiche o non domestiche maggiormente incise dalla pandemia.

Nell’emendamento che abbiamo presentato infatti avevamo destinato circa 600mila euro a sgravi generalizzati che si sarebbero tramutati in un 10% di sconto in bolletta per tutti. E poi avevamo proposto per la restante parte di attuare scelte politiche su due direttrici: da un lato le utenze domestiche a redditi bassi individuati attraverso l’indicatore ISEE come già avvenuto negli scorsi anni e dall’altro alle utenze non domestiche che insistono nel centro storico.

In particolare questa seconda tipologia di sgravi ci sembrava la più opportuna per offrire un sostegno concreto a quelle attività che sono protagoniste della rinascita del nostro centro storico attraverso il loro impegno quotidiano, le loro iniziative, il loro dinamismo. Ecco, aiutarli, seppur con una tantum, riducendo sensibilmente la TARI - riduzioni che sarebbero potute arrivare al 90% dell’importo - per quest’anno poteva liberare loro risorse che avrebbero potuto destinare ad eventi e ad altre attività quanto mai opportune in un anno come questo. E avrebbe rappresentato un chiaro indirizzo politico verso la crescita del nostro centro antico che, a detta di tutti in campagna elettorale, merita attenzione, aiuti, sgravi. Ma a quanto pare solo a parole.

La scelta di comodo compiuta invece dall’amministrazione permetterà a tutti, indistintamente dal reddito e dall’attività esercitata, di usufruire di una riduzione in maniera proporzionale. Una riduzione generalizzata che non farà distinzioni di situazioni sociali ed economiche quando è invece proprio compito della politica attenuare, se non eliminare, tali differenze. Una riduzione proporzionale che aumenterà la disparità tra le utenze e che viene fatta con la scusa del “non c’era tempo, ci abbiamo provato”. Tutto il contrario di quanto dichiarato in apertura del consiglio dal sindaco: “il mondo attorno a noi corre, in questo primo mese ci siamo attrezzati per correre anche noi”.

I consiglieri di minoranza

Amante Marcello, Antonica Anna, Antonica Alessandra, Mariano Emanuele, Tundo Loredana.

 

Dall’inizio della pandemia dovuta all’infezione da covid19 il Presidio Ospedaliero “Santa Caterina Novella” di Galatina, nonostante il recente riordino l’abbia sottoposto a tagli, è impegnato in prima linea con il suo personale medico e paramedico nel fronteggiare l’emergenza con tutte le risorse disponibili. Tutti gli operatori sanitari, ad ogni livello, hanno dimostrato efficienza, competenza ed una grandissima umanità; con l'evolversi del quadro epidemiologico hanno però bisogno di un massiccio impiego di risorse strumentali, dai presidi di protezione indispensabili a limitare il contagio, ai materiali diagnostici.

In queste ore in tantissimi, tra cittadini e associazioni, aziende si sono chiesti come fare a sostenere l’ospedale di Galatina. Per non disperdere in tanti rivoli le iniziative di solidarietà e destinare i contributi raccolti unicamente al presidio di Galatina con destinazione d’uso, le Associazioni:

  • Associazione Volontari Ospedalieri Galatina Onlus;
  • Associazione Arma Aeronautica "R. Russo" - Cutrofiano;
  • Associazione Turistica Pro Loco - Galatina;
  • Amici della Madonnina – Galatina;
  • Associazione Arma Aeronautica "F. Cesari" – Galatina;
  • Cinquanta anni dal diploma terza C;
  • Commercianti Corso Porta Luce – Galatina;
  • Demos Palestra - Soleto;
  • Francesco Marco Attanasi Onlus;
  • Inondazioni APS;
  • Legambiente - Galatina;
  • Noha.it;
  • Olimpia SBV Efficienza Energia;
  • Quelli di piazza San Pietro 2.0 – Galatina;
  • Tutto.it;
  • Università Popolare "Aldo Vallone" – Galatina;
  • Virtus Basket Galatina (TappiAMO Galatina);

hanno deciso di promuovere la campagna di raccolta fondi “DONIAMO AIUTIAMO VINCIAMO”.

Tutto il ricavato sarà utilizzato a rendere più funzionale il reparto di Malattie Infettive secondo le indicazioni della direzione medica dello stesso.

Chiunque volesse dare il suo contributo alla suddetta raccolta fondi per aiutare l’Ospedale di Galatina a combattere l’emergenza covid-19, può fare la sua donazione tramite bonifico sul conto corrente bancario, DEDICATO e ESCLUSIVO per la campagna raccolta fondi in oggetto, IBAN: IT63O0103079651000011729180 intestato a APS Inondazioni presso la Banca Monte dei Paschi di Siena di Galatina (se possibile prediligere la modalità bonifico immediato) con causale:
Covid19 Ospedale di Galatina - donazione.

L’occasione è opportuna per ringraziare la Monte dei Paschi di Siena ed in particolare la filiale di

Galatina per la disponibilità e la sensibilità dimostrata nei confronti del territorio.

Nelle prossime ore sarà possibile donare anche attraverso la piattaforma Facebook.

Le stesse Associazioni offrono a tutti gli altri operatori la loro disponibilità a coordinare ogni azione utile a perseguire il comune obiettivo.

Per info:
Whatsapp: 324-5848736 
Email: doniamoaiutiamovinciamo@gmail.com
Pagina FB: https://www.facebook.com/doniamoaiutiamovinciamo

Uniti ce la faremo…

 
Di Redazione (del 19/02/2019 @ 13:44:30, in Comunicato Stampa, linkato 734 volte)

L’incontro è previsto per il 21 febbraio,  rientra nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione al tema e si avvale di esperti e volontari della Croce Rossa Italiana

Il Centro Servizi al Volontariato Salento, organizza una giornata dedicata alle manovre salvavita pediatriche. Una lezione pensata nell’ambito della campagna  di sensibilizzazione ed educazione della collettività all'attenzione dei bisogni di assistenza e protezione nei confronti dei bambini.

L’incontro si avvale della preziosa collaborazione dei Volontari della Croce Rossa Italiana, di psicoterapeuti del settore, del Consultorio Familiare di Galatina e vede l' adesione delle  organizzazioni di volontariato (odv) del territorio. L' incontro si svolgerà  

Giovedì 21 febbraio 2019

Presso l’Arci Lèvera

In via Bellini 24- NOHA

 “La lezione informativa, spiega Luigi Conte Presidente del CSVS, rientra nell’ambito della formazione/informazione di volontari, ma non solo, data l’importanza della tematica e soprattutto la tempestività di interventi corretti in determinati frangenti, che possono salvare la vita”.

In particolare il 21 febbraio, si capirà grazie ai volontari della Croce Rossa Italiana come evitare che un bambino rischi l’ostruzione delle vie aeree causata da un corpo estraneo in base alle linee guida internazionali (ILCOR) sulle Manovre Salvavita; semplici accorgimenti che possono fare la differenza.  

L' incontro è GRATUITO .

M.Maddalena Bitonti

Ufficio stampa CSV Salento

 
Di Albino Campa (del 20/12/2010 @ 13:43:02, in Comunicato Stampa, linkato 2788 volte)

Sinistra Ecologia Libertà di Galatina, dopo la nascita ufficiale del partito e la sua grande crescita in termini di consenso popolare, rende noto che finalmente da oggi, ci si può tesserare al partito anche a Galatina. Così facendo si partecipa attivamente alla nascita di questo nuovo soggetto politico che riunisce sotto la stessa bandiera tutti quelli che si sentono di Sinistra, ma che non si riconoscono nell’antico emblema della falce e martello. Si entra in un partito nuovo, nato nel XXI secolo con la voglia di affermarsi in questo secolo. Un nuovo modo di fare politica, una politica che parte dal bisogno della gente, che coinvolgerà i cittadini rendendoli protagonisti delle loro scelte.

Anche a Galatina, siamo pronti a far crescere un soggetto politico, forte, un progetto avanzato per discutere progetti sulla società, l’ambiente, la salute, la cultura, il lavoro, lo sviluppo, per sentirsi parte integrante di un cambiamento epocale, per avere sia una Galatina migliore che una Puglia migliore. Magari domani un Italia migliore, sembra insomma arrivato il momento, per fare una politica attenta, capace, dove il cittadino-elettore non si sente soggetto passivo di scelte altrui, ma pronto egli stesso ad intervenire ed essere soggetto propositivo di progetti che lo coinvolgono direttamente. Sinistra Ecologia Libertà a Galatina, produrrà politiche ambientali capaci di restituire il sorriso e togliere la preoccupazione per il futuro. Eppoi come non trattare di salute, un argomento che appassiona tutti, perchè legato al nostro benessere psico-fisico. Creare una società con pari diritti e pari dignità. Una cultura finalmente protagonista del futuro, perchè senza di essa, ci sarebbe solo ignoranza e barbarie. Il tema del lavoro, sempre più precario, senza sicurezze, in questo momento così nebuloso, la creazione di nuove attività legate alle nuove tecnologie, possono dar vita a nuove opportunità di lavoro e crescita professionale. Tutto questo per uno sviluppo della società e per migliorare le condizioni sociali per il cittadino. Entra nel partito che racconta in tre lettere il suo programma: Una politica finalmente di SINISTRA vicina hai bisogni della gente. ECOLOGIA un ambiente salubre per un futuro migliore nostro e dei nostri figli. LIBERTA’ dalle mafie, dalle menzogne, libertà di pretendere diritti e verità, senza chiedere permesso.Il tesseramento può essere effettuato contattando via email : sel.galatina@yahoo.it
Coordinamento comunale Sinistra Ecologia Libertà Galatina

 
Di Albino Campa (del 20/11/2010 @ 13:42:20, in Il Mangialibri, linkato 3512 volte)

Il Mangialibri è un libro che divora libri, storie, vite, racconti. Prima pagina, leggo: "A chi non si stanca di cercare"; questo sono io. "A chi ha paura di trovare"; anche questo sono io. "A chi non si ferma mai"; e sono sempre io. Poi "A chi non ha ancora capito che prima o poi, cercando si trova"; sono ancora io. Così sin da subito acquisti la consapevolezza che questo romanzo è dedicato a te, chiunque tu sia; l'importante è che ami la ricerca, che guardi in alto se non hai trovato per terra, se ti emozioni più per una parola che per un fatto.

Il Mangialibri infatti ama le parole, come lo stesso Michele Stursi che ne è l'autore. Le prime due voci che aprono questo romanzo, quasi oserei dire straordinariamente rurale, sono "arrivo" e "abbandono". Si arriva non prima di aver abbandonato qualcosa. Ogni tappa presuppone l'essersi allontanato dalla precedente. Michele Stursi conosce la sofferenza del lasciare e l'emozione del ritrovare, e ce lo racconta con parole che a volte sfiorano la poesia, tramutandosi in versi. A pagina 14 leggi "Seduto nelle ultime file un solo spettatore pagante: il silenzio". Se non è poesia questa, allora si sono stravolti i canoni del buon gusto letterario. Stursi racconta la sua vita, nei panni del protagonista, passata a leggere, a meditare, per poi rendersi conto dell'inutilità del lavoro meccanico della mente che non ha il coraggio di confrontarsi con gli altri. Il Mangialibri coglie in pieno i difetti di questa società: effimera comunicazione. Solo i sentimenti rimangono quelli originali di sempre: amor del vero, nostalgia di casa, amicizia, amore. Il romanzo racconta di Noha, ma leggendo ti accorgi che Noha non è un paese soltanto di case, ma di persone. Noha è le grida di un fruttivendolo, una moglie che chiede al marito la verdura fresca di campagna, un vecchio di fronte casa che cerca di mettere in moto il suo Ape. Noha è le comari che escono dalla porta della Chiesa, il contadino che raccatta gli attrezzi del mestiere, la zitella Carmela che spazza davanti casa.
La descrizione dei luoghi e della natura è accattivante; l'ulivo vive come vivono gli esseri umani. Anche esso è uno dei protagonisti. Vive accanto ad ogni altro personaggio di questo racconto, respira con lui, soffre, suda. Stursi scrive che "l'ulivo per la gente di questi luoghi non è un albero, ma un simbolo". Concordo pienamente con l'autore. Noha vive anche delle sue tradizioni, di suoi simboli, di suoi detti popolari. Noha è autonoma e sovrana per la sua cultura, per la sua tradizione e per le sue storie. I protagonisti del romanzo si guardano intorno e si accorgono di essere circondati dalla natura, immersi in un verde dominante, minacciato spesso dalla solitudine degli animi, dall'oscurità dei pensieri.
Ma Il Mangialibri è anche una storia d'amore difficile non per i protagonisti che la vivono ma per le dinamiche che la supportano. La parola amore, o per lo meno il suo senso e i suoi effetti, sono presenti dovunque. Pasquale, il protagonista, ama Eleonora, una pittrice di ulivi. Le emozioni dei personaggi ti coinvolgono, i loro pensieri ti assillano, le loro speranze ti troncano il fiato. E quando non ti accontenti più del flusso di ciò che è scritto e vorresti sapere ancora e ancora, Michele Stursi ti rimprovera per la tua poco educata curiosità: "Ebbene, che termini qui il racconto di questa indimenticabile notte", leggi a pag. 172.
Sapere è bene ma la fantasia è un'arma a doppio taglio, e non sai mai se il manico del coltello ce l'ha l'autore o il lettore. Se Stursi ti lascia maneggiare la sua fantasia, in un attimo se la può riprendere, catapultandoti nella realtà.
Il romanzo si chiude con una riflessione sulla scrittura, sul suo essere al servizio, sul suo essere dotata di vita propria. "Scrivere è il gesto più umile e innocuo che un uomo possa concepire", leggi a pag 196. Ma Michele Stursi sa bene che la scrittura è una delle conquiste più ardue e coraggiose che l'uomo abbia mai fatto. Ed è per la scrittura che alcuni uomini oggi vivono, come suppongo lo sia anche per questo ragazzo improvvisatosi scrittore. L'esperimento è riuscito: "E' giunto il momento di uscire fuori da qui. Mi sa che devo delle spiegazioni alla mia Noha". Ognuno esca allo scoperto, chiarisca il suo ruolo e spieghi che cosa ha fatto finora per il proprio paese, la propria città, la propria nazione.
Tutto questo e molto altro è "Il Mangialibri" di Michele Stursi.

Fabrizio Vincenti
fonte: www.galatina.it
 

 
Di Antonio Mellone (del 22/02/2016 @ 13:41:36, in Politica, linkato 2562 volte)

No, purtroppo non è la recensione dell’unico romanzo di Emily Brontë (1818 – 1848), bensì un paio di considerazioni in merito al comunicato di revoca delle finte dimissioni di Cosimino Montagna dalla carica di sindaco di Galatina (l’attributo “finto” si riferisce alle dimissioni e non, sfortunatamente, alla loro revoca).

L’annuncio dell’auto-esonero è durato giusto il periodo del Carnevale (quando si dice il destino).  

Martedì grasso, 9 febbraio 2016, termina dunque la carnevalata sindacale, e inizia (per noi) l’ennesimo periodo di Quaresima.

*

Il laconico testo montagnoso con il quale il sindaco di Galatina comunica di sacrificarsi (sempre per noi) inizia con: “Al fine di corrispondere all’invito rivoltomi dal PD e da ogni consigliere comunale del Partito [e fin qui ci siamo: figurarsi se qualcuno del Partito e men che meno i tre urlanti reprobi avrebbero potuto avere un seppur minimo scatto di dignità, ndr.], oltre che dal mondo culturale, sociale ed economico della Città [e chi sarebbero, di grazia, tutte queste decine, che dico, centinaia di esponenti del “mondo culturale, sociale ed economico della Città” che l’avranno convinto a restare? Mistero delle schede (elettorali), ndr.], ritengo di dover revocare le mie dimissioni per proseguire negli impegni rivolti:

  1. al “Risanamento finanziario” del Comune rendendo operative le decisioni assunte nella seduta del Consiglio Comunale del 26 gennaio 2016 [Come no. Sicuro al 100%. Magari partendo immediatamente con l’adesione alla campagnaM’illumino di meno”, così i nohani non romperanno più le scatole per la cabina elettrica di ‘sto benedetto Centro Polivalente, ndr.].
  2. ad assicurare la prescritta “rivisitazione” del Documento Unico di Programmazione (DUP) [e io, ingenuo, che pensavo che DUP fosse l’acronimo di: Dumamu ‘U Polivalente – accendiamo il Polivalente – e non invece Disperati Umiliano Politica, ovvero Difendimuni ‘U Postu, ndr.] quale sede per coniugare l’azione amministrativa con la nuova politica di coesione, riservando rinnovata attenzione alle frazioni [e qui inizio a preoccuparmi. Cosa avrà mai voluto dire, Mimino nostro, con la locuzione: “rinnovata attenzione alle frazioni”? Forse che d’ora in poi, vivaddio, non mancherà nemmeno a una delle processioni solenni bardato come un cavallo in fiera con tanto di fascia tricolore? Oppure che raddoppierà la spesa in opere pubbliche fin qui riservata alle frazioni? (Tanto che gli costa? Due per zero fa sempre zero). Ma è probabile che come al solito abbia capito male io: probabilmente avrà voluto dire rinnovata attenzione non alle frazioni ma alle fazioni (del partito). Ndr.].
  3. all’attivazione di ogni utile iniziativa rivolta al riconoscimento del ruolo del “Santa Caterina Novella”, quale ospedale di primo livello, in adesione al deliberato del Consiglio Comunale monotematico del 12 gennaio u.s. [Così tuonava Montagna anche il 19/2/2016 con tanto di titolone su galatina.it: “Pronto a marciare in difesa dell’ospedale”. Forse in quel marciare la seconda a è di troppo. Senza quel refuso sarebbe, più realisticamente, marcire. Ndr.].
  4. ad impegnare le strutture dirigenziali per procedere nella definizione del “Rapporto di fine mandato” anche al fine di presentare il primo “progress” entro il prossimo mese di aprile ai partiti di maggioranza [questa è arte pura, questo è Manzoni!  Piero, dico, non Alessandro. (cfr. Piero Manzoni - opere) Ndr.].  

Per quanto innanzi col presente atto, ritiro formalmente e ad ogni effetto di legge le dimissioni [lo fa per la Città. Si spende (ancora una volta) per noi. E senza badare a spese. Ndr.] dalla carica di Sindaco del Comune di Galatina presentate in data 26 gennaio 2016. - F.to Cosimo Montagna"

*

In tutto questo bailamme, l’unico a cadere dal pero è il solito gggiornalista del Nuovo Quodidiano di Puglia, che, sempre il 9 febbraio 2016, parla infatti di: Colpo a sorpresa [chi lo avrebbe mai detto, infatti, che Mimino avrebbe ritirato le dimissioni irrevocabili? Giacché, il suddetto scriba avrebbe anche potuto aggiungere (a proposito di Tempesta) “come fulmine a ciel sereno”, tanto un luogo comune vale l’altro. Ndr.] il sindaco di Galatina Cosimo Montagna ritira le dimissioni. La comunicazione della revoca delle dimissioni è giunta questa mattina al segretario comunale. Tutto nei tempi [ma pensa te: poteva revocare le dimissioni un paio di giorni dopo la scadenza, quel birichino. Invece niente. Un tiro mancino dietro l’altro (l’unica cosa di sinistra residua a Galatina e dintorni). Ndr.] a sei giorni dei venti giorni previsti dalla legge per il ritiro delle dimissioni [dunque davvero “tutto nei tempi”, ndr.]. A “convincere” il primo cittadino a rivedere le proprie posizioni sarebbe stata l'intera coalizione di centrosinistra [secondo me anche qualche esponente del centro destra, tanto cosa cambia tra gli uni e gli altri? Ndr.]; determinante l'intervento del coordinatore provinciale del Partito Democratico, Salvatore Piconese che, a quanto pare, in un incontro tenutosi qualche giorno fa con il gruppo di consiglieri dissidenti [“dissidenti”, è una parola grossa. Ndr.] del Pd Daniela Sindaco, Piero Lagna e Teresa Spagna nel Circolo del Pd di Noha [in campo neutro, non si sa mai. Ndr.] avrebbe raggiunto un preliminare di accordo, una sorta di compromesso [il famoso compromesso storico: su cosa, non è dato di sapere. Del resto la destra non sa quel che fa il centrodestra. Figurarsi la cosiddetta carta stampata locale, e i suoi subalterni. Ndr.].

*

Sappiamo, invece, da fonti certe quello che ha esclamato il coordinatore provinciale del PD, il Piconese di cui sopra, all’uscita dal circolo di Noha, mentre alzava lo sguardo al quadrante dell’orologio svettante nella pubblica piazza indicante le undici meno dieci, anzi per la precisione le 22.50: “Caspita, s’è fatta una certa! Come passa il tempo qui a Noha [per scendere a compromessi, Ndr.]”.

Nessuno degli astanti ha avuto il coraggio di replicargli che erano appena le 20.30 e che la riunione era iniziata una mezzoretta prima, non di più.

*

E pensare che tutta questa Tempesta di rabbia, anzi in un bicchier d’acqua, è nata dalla nomina del successore del quondam Andrea Coccioli (sanu me toccu) alla carica di assessore ai lavori pubici.

Quando si dice PD: Pantomima Dimissioni.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 15/10/2018 @ 13:39:23, in Comunicato Stampa, linkato 973 volte)

La battaglia per difendere il diritto alla salute dei cittadini di Galatina e dei comuni limitrofi si è spostata nelle aule della giustizia amministrativa. I legali a cui ho dato mandato di difendere le nostre ragioni, Valentina Mele e Marco Calzolaro, hanno presentato il ricorso al Tar di Lecce. In calce la mia firma e quella di centinaia e centinaia di cittadini residenti a Galatina e nei  comuni confinanti. Davvero tanti.

Ho deciso di assumere in prima persona questa battaglia dopo aver constatato la colpevole inerzia e indifferenza del sindaco di Galatina, Marcello Amante, e della sua maggioranza, che non hanno mosso un dito per far valere il diritto alla salute. Sono rimasti sordi alle preoccupazioni dei cittadini che hanno fatto la fila per firmare il ricorso e anche nel giorno di San Lorenzo hanno acceso una stella per l’Ospedale partecipando al primo incontro organizzato proprio per decidere come tutelare la nostra salute.

Con questo ricorso non abbiamo messo in discussione le scelte della Regione, ma contestato – sul piano giuridico – il mancato rispetto del decreto ministeriale 70 con cui sono stati fissati gli standards per gli ospedali. L’aver deciso di non rispettare la legge ha privato il “Santa Caterina Novella” di reparti essenziali per le patologie tempo dipendenti privandolo della Chirurgia che oggi sta mettendo in seria difficoltà il pronto soccorso dell’Ospedale sostanzialmente ridotto a un centro di smistamento dei pazienti verso altri ospedali con dispendio di energie, risorse umane, costi e aumentati rischi per la sicurezza di chi ha bisogno di cure.

Non è una battaglia di campanile, dunque, ma la difesa di diritti garantiti dalla Costituzione. Ci ricorderemo bene dei danni procurati alla città da chi oggi è al governo a Palazzo Orsini, senza dimenticare le responsabilità della Regione lasciando che i giudici decidano su quanto è accaduto nell’Ospedale e i rischi a cui siamo esposti. Non è nella mia natura rimanere passivo spettatore, ma sono tanto più motivato dalla militanza attiva dei cittadini e dal senso di responsabilità verso la Città a cui avevo promesso in campagna elettorale di difendere l’Ospedale. Ora la parola ultima spetta al Tar.

Il consigliere di opposizione della Lista De Pascalis

Giampiero De Pascalis

 
Di Redazione (del 04/10/2023 @ 13:38:03, in Necrologi, linkato 1659 volte)

“Avete presente che significa rinascere a cento anni? Ecco.”

Se ne è andato così Giovanni Mellone, in pace con il mondo nonostante tutto, una delle sempre più rare colonne di questa nostra comunità nohana.

Sapevamo del suo stato di salute, sempre più bisognoso del sostegno dei suoi cari.

Da che avvenne lo “sfratto” dal Circolo Juventus con sede nello stabile di via Castello, di cui è stato socio e frequentatore assiduo per tutta la vita, non ci sono certo mancate sue notizie, soprattutto in questi ultimi tempi. Grazie alle informazioni di Antonio, abbiamo festeggiato quasi ogni suo compleanno. Compreso l’ultimo di maggio con il taglio della torta per i suoi 100 anni e le sue bellissime parole:

“Sissignore, mi sto facendo vecchio e la data di scadenza si avvicina, ma mi sto preparando al viaggio finale come si deve, cioè senza angoscia”

Una persona Giovanni infinitamente mite.

Da oggi continueremo a incontrarci con Giovanni, con il suo pacato sorriso che si estendeva su tutto il viso, lo incontreremo lungo le stradine di Noha, che lo ha visto nascere, lo incontreremo nella Chiesa di San Michele Arcangelo, fra i banchi “degli uomini” entrando a sinistra e infine sulla strada per la sua campagna: “Sìrgole, la campagna più bella del mondo”.

Grazie Giovanni per la tua resistenza, è per noi di buon auspicio.

Noha.it e Nohaweb condividono il dolore che vive in questo momento tutta la famiglia di Giovanni Mellone. Condoglianze.

 
Di P. Francesco D’Acquarica (del 10/05/2018 @ 13:37:07, in La chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò, linkato 1912 volte)

Siamo ormai in pieno XIX secolo: continua la storia dei Vescovi di Nardò e di riflesso la storia della chiesa di Noha. Buona lettura.

La redazione

SALVATORE LETTIERI (1780 – 1839)

Vescovo di Nardò dal 27 giugno 1825 al 6 ottobre 1839

Dal 1825 al 1839 i Pontefici furono:

            Leone XII (1760-1829)                                        Papa dal 1823 al 1829

            Pio VIII (1761-1830)                                             Papa dal 1829 al 1830

            Gregorio XVI (1765-1846)                                  Papa dal 1831 al 1846

 

            Arciprete di Noha:

            Don Nicola Valente (1771-1834),                      parroco dal 1823 al 1834

            Don Damiano Marcuccio (1810-?),                  parroco dal 1834 al 1847

 

            Salvatore Lettieri, laureato in diritto civile e canonico, maestro in sacra teologia, assistente al soglio pontificio, consigliere a latere di sua maestà e commendatore dell’ordine regale di Francesco, nacque a Equotutico o Magno Cavallo (oggi Foggia), il 6 giugno 1780 da Pietrantonio e da Maddalena Riccardi. Fu canonico della basilica collegiata di Foggia ed il 6 aprile 1818 fu consacrato Vescovo di Castellaneta da Pio VII. Dopo sette anni di giurisdizione episcopale a Castellaneta, il 27 giugno 1825 fu traslato alla diocesi di Nardò.

            Prima di venire in diocesi, il 15 luglio 1825, da Massafra, emise il documento di apertura della visita pastorale. Avrebbe voluto iniziarla subito dopo il suo ingresso in diocesi fissato per il 24 luglio 1825. Invece, urgenti e gravi impegni lo obbligarono a differirla. Un anno dopo, e cioè il 20 aprile 1826, quando tutto era pronto per la visita fu assalito da una grave e violenta malattia.

            Appena cominciò a migliorare, i medici curanti gli ordinarono di recarsi, per un periodo di tempo, in campagna, all’aria aperta, più salubre e più pura di quella della città. Fu accolto ed ospitato dal nobile Francesco Dell’Abate nella masseria Brusca vicino a Nardò. Vi si trattenne un mese e mezzo, con grande vantaggio della sua salute, e finalmente il 21 giugno 1826 iniziò la visita pastorale. La fece quasi tutta a piedi, cominciando da Galatone. Ebbe quali convisitatori Giuseppe Tommaso Ingusci, cantore, Giuseppe Leante, primicerio, e Diego Giuranna canonico e maestro delle sacre cerimonie.

            Nel 1827, il Lettieri riprese la visita pastorale. Il 24 maggio 1828 iniziò la visita a Nardò in cattedrale. Visitò poi le altre chiese ed i monasteri. Di questa visita è pervenuta sino a noi un relazione, in quattro volumi, ricca di importanti notizie.

            Verso il 1829 fu nominato commendatore regale dell’ordine di Francesco I ed amministratore di Gallipoli.

            Si spense quasi improvvisamente alla Cenata vescovile il 6 ottobre 1839, fu sepolto in cattedrale e sulla tomba, dagli esecutori testamentari, fu posta una grande lapide marmorea, che anche oggi si può leggere, prima della porta della sagrestia a destra: in alto lo stemma del vescovo e sotto l’iscrizione seguente:

 

A Dio Ottimo Massimo

a  SALVATORE LETTIERI

nato a Equotutico

Vescovo primieramente di Castellaneta

per sette anni completi

di poi traslato alla cattedra di Nardò

dove rimase 15 anni

da dove per disposizione del sommo pontefice

resse la chiesa di Gallipoli per 4 anni

commendatore dell’ordine regale di Francesco I

per la scienza teologica per la sacra predicazione

per le opere in parte compiute in parte iniziate

eccellente

dei mansionari della Cattedrale notevolmente avvantaggiati

della chiesa dei poveri vivendo

massimamente dopo la morte assai benemerito

gli esecutori testamentari

perché non scompaia il ricordo di sì gran vescovo

l’inadeguato attestato posero

morì il 6 ottobre

dell’anno dell’era volgare 1839

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

         L’arciprete di Noha è ancora don Nicola Valente.

            Nel 1827 il Vescovo di Nardò Salvatore Lettieri riprese la visita pastorale che, andando da un paese all’altro, compì quasi sempre a piedi.

            Si recò a Noha e di lì il 2 marzo 1827, a piedi, si recò a Seclì, che aveva 166 famiglie, circa 706 abitanti, un capitolo formato dall’arciprete, arcidiacono, cantore e da tre sacerdoti, un novizio, un monastero di Minori osservanti di S. Francesco d’Assisi con 15 frati. L’arcidiacono Francesco Bonsegna era maestro della scuola primaria.

            Il 3 marzo sempre a piedi, si portò ad Aradeo, comprendente 263 famiglie, 1129 abitanti, 9 sacerdoti, tra cui l’arcidiacono ed il cantore, e 2 chierici.

            Il 4 marzo andò a Neviano che contava 137 famiglie, 1099 abitanti, 3 sacerdoti, 6 chierici, maestro della scuola primaria era il sac. Michele Cuppone.

            Il 5 marzo, a piedi, si recò a Tuglie comune di 1500 abitanti, 6 sacerdoti 3 chierici, Don Vito Martignano era maestro della scuola primaria.

            Il 6 marzo fu a Parabita, che aveva 397 famiglie, 2021 abitanti, di cui 1380 nel Comune, gli altri nelle campagne, 16 sacerdoti, 4 chierici, 4 novizi, un monastero di frati Alcantarini, due confraternite: Immacolata e Anime, D. Carlo Consiglio era maestro della scuola primaria.

            Il 21 marzo, tutto solo, si recò a Matino, comprendente 663 famiglie, 2884 abitanti, 17 sacerdoti, le confraternite dei 7 Dolori e del Carmine e  per maestro della scuola primaria aveva Don Paolo Casarano.

            Nel maggio del 1828 si recò a Taviano e di lì il 13, a piedi e segretamente, per impedire la calca  della popolazione di Taviano, attaccatissima alla sua persona, andò a Racale, che contava 345 famiglie, 1336 abitanti, 8 sacerdoti, la confraternita  dell’Immacolata, un monastero di Minori osservanti e a maestro della scuola primaria aveva D. Giovanni Astore. 

            Il 18 maggio, verso le 22, a piedi, andò ad Alliste, comprendente 255 famiglie, 964 abitanti, 7 sacerdoti, 2 chierici, la confraternita dell’Immacolata. Don Cosimo Venneri era maestro della scuola primaria.

            Il 21 maggio, si portò a Felline, che contava 55 Famiglie, 130 abitanti,  3 sacerdoti, 2 novizi.

            Il documento evidenzia più volte il fatto che il Vescovo se ne andava a piedi (altri tempi): di ogni paese si dice il numero degli abitanti, quanti era i sacerdoti, i chierici e altre istituzioni. Di Noha non si dice nulla, ma semplicemente si recò a Noha per la visita pastorale il 2 marzo. Ormai la nostra cittadina è ridotta a un piccolo centro abitato, c’è l’arciprete Don Nicola, c’è anche un vice parroco che è Don Vito Paglialonga, di Noha, ma anche canonico di Copertino.

 

            Nota importante

            Morto nel 1839 il Lettieri e rimasta vacante la sede episcopale, il capitolo nominò vicario Giuseppe Maria Leante, teologo di Galatone, deputato al parlamento borbonico, che resse la diocesi praticamente fino all’avvento di Luigi  Vetta nel 1849.

            Dopo il Vescovo Salvatore Lettieri troviamo due Vescovi che si succedono per breve tempo, e cioè Angelo Filipponi e Ferdinando Girardi, dei quali facciamo brevemente cenno. Ma praticamente è sempre Giuseppe Maria Leante che governa la diocesi in qualità di vicario generale.

            Il Leante era nato a Galatone il 12 maggio 1871.

 

 

Angelo Filipponi (1789-1850 circa)             

Vescovo dal 27 gennaio 1842 al  16 agosto 1845 

Dal 1842 al 1845 il Pontefice è:

            Gregorio XVI (1765-1846)                                  Papa dal 1831 al 1846

           

            Arciprete di Noha:

            Don Damiano Marcuccio (1810-?),      parroco dal 1834 al 1847

 

            Angelo Filipponi nacque a Palermo nel 1789. Si laureò in teologia e in diritto canonico e civile.

            Divenne canonico della metropolitana di Palermo e consigliere di sua maestà, quando il 27 gennaio 1842 da Gregorio XVI fu nominato Vescovo di Nardò. Della nomina fu data comunicazione al capitolo della cattedrale e al re Ferdinando II.

            Fu Vescovo per circa quattro anni e si limitò a compiere le sole pratiche amministrative necessarie.

            Nominò e costituì suo speciale procuratore il vicario capitolare Leante, perchè in suo nome reggesse la diocesi.

            Fu spesso assente dalla diocesi e si conosce ben poco della sua attività pastorale. Nei primi mesi del 1846 rinunziò alla diocesi e si ritirò a vita privata.

 

***

 

            Niente da rimarcare nella relazione con la chiesa di Noha.

 

 

Ferdinando Girardi, C.M. (1788 - 1866)      

Vescovo dal 21 dicembre 1846 all’ 11 settembre 1848

Motto: Renovabitur

Dal 1846 al 1848 Pontefice:                                                 

            Pio IX (1792-1878)                                                                       Papa dal 1846 al 1878

 

            Arciprete di Noha

            Don Michele Alessandrelli(1812-1882),          parroco dal 1847 al 1882

 

            Ferdinando Girardi era nato a Lauria in provincia di Potenza il 18 ottobre 1788. Entrò nella Congregazione della Missione*.

* La Congregazione della missione: i membri della compagnia, detti comunemente lazzaristi o signori della missione o preti della missione o vincenziani, pospongono al loro nome la sigla C.M. Questa congregazione fu fondata nel 1625 a  Parigi da san Vincenzo de' Paoli per la predicazione delle missioni tra la gente di campagna. All'apostolato tra la popolazione rurale, nel corso dei secoli la congregazione ha aggiunto la predicazione dei ritiri, la direzione dei seminari, le missioni estere, l'istruzione della gioventù, la direzione delle figlie della carità.

 

            Nel 1842 fu eletto Vescovo di Sant’Arcangelo dei Lombardi a Bisaccia, in provincia di Avellino. Nel 1846 fu traslato alla diocesi di Nardò. Qui rimase in carica solo per due anni e perciò abbiamo pochissime notizie.    Nel bollario di Marco Petruccelli e successori è riportata di lui una bolla, che non è possibile conoscere per intero, essendo molto corrosa e logora. Con essa si conferiva al sacerdote Michele Alessandrelli di Seclì l’arcipretura curata di Noha. Il documento ha questa testata: Ferdinando Girardi, della congregazione della missione, dottore in s. teologia, per grazia di Dio e della Sede Apostolica, già vescovo di Sant’Arcangelo dei Lombardi e Bisaccia, del ss.mo Signor Nostro Papa Pio IX prelato domestico e assistente al soglio pontificio, ora vescovo di Nardò, alla medesima s. Sede immediatamente soggetto.

            Cercò di continuare la ricostruzione dell’episcopio, impegnando allo scopo una somma di denaro depositata dal defunto Lettieri. Quando però stava per dare inizio ai lavori, il 29 settembre 1848, dopo circa due anni di episcopato in questa diocesi, fu traslato a Sessa Aurunca . Morì a Torino nel 1866.

            Il capitolo della cattedrale, come già detto, nominò vicario capitolare, per la terza volta, l’arcidiacono Giuseppe Maria Leante.

 

Relazione con la chiesa di Noha

 

            Fu Mons. Ferdinando Girardi che conferì la nomina di parroco di Noha a don Michele Alessandrelli, che, come vedremo,  fu arciprete di Noha dal 1847 al 1882.

 

[continua]

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Redazione (del 18/03/2024 @ 13:36:42, in Comunicato Stampa, linkato 39 volte)

Oggi lunedì 18 marzo alle ore 18:00, nella Sala Conferenze dell’ex “Palazzo De Maria”, in Corte Taddeo, prosegue la presentazione di un Laboratorio di scrittura autobiografica, dal titolo “La scrittura e lo specchio, il cassetto dei ricordi”, che la nostra Associazione intende proporre ai soci e agli amici che vorranno frequentarlo.

Ad animare il secondo incontro introduttivo sarà la prof.ssa Maria Luisa Quintabà che ci presenterà il libro di Duccio Demetrio, “Green autobiography”, un testo utile a suggerire modalità significative “per redigere diari naturalistici, memorie di viaggio, liriche e vere ed autentiche autobiografie”.

L’incontro sarà presentato dalla consigliera Rosa Anna Valletta.

“Green autobiography” è un testo “che si rivolge a chiunque, per professione, volontariato ambientalista, o per pura passione e affezione, anche pedagogica, non voglia dimenticare tutto ciò che i mondi verdi o desolati, aspri, impervi della nostra Terra, dei nostri cieli, delle nostre acque ci offrono e propongono. Quando siamo immersi in essi o quando, negli interstizi rubati al cemento della vita metropolitana, la natura si esprime ugualmente, resiste, si annuncia.”

Un aspetto, quindi, molto importante per avvicinarci, da una particolare prospettiva, alla narrazione autobiografica che intendiamo realizzare nell’istituendo Laboratorio.

Maria Luisa Quintabà è stata nostra gradita ospite in diverse occasioni: laureata in Scienze Naturali nell’Università di Bologna, prima insegnante e quindi dirigente scolastica, dal 2013, anno del suo pensionamento, ha deciso di vivere nella casa di campagna a San Cesario, dove il marito aveva trascorso l’infanzia. Ha iniziato così a gestire l’ettaro e mezzo di campagna trasformandolo da aranceto improduttivo per le avverse e inadatte condizioni del terreno in un giardino di campagna con piante mediterranee, di cui molte autoctone, lasciando ampi spazi ai fiori spontanei portati dal vento, e dagli animali, come uccelli, formiche e insetti vari.

In questo periodo una ampia parte del giardino è invaso dalle orchidee spontanee; ma ogni stagione è caratterizzata da piante locali che vivono in mezzo al frutteto, alla macchia mediterranea e al bosco di querce.

Dal 2015 è la responsabile regionale di ADiPAPuglia, associazione per la diffusione delle piante tra amatori, associazione spesso invitata a partecipare con l’attività di Scambio semi e talee, attività che contraddistinguono i soci presenti prevalentemente nel Salento, ma con presenze anche in zone più settentrionali della Puglia.

Il Presidente

Mario Graziuso

 

Prima di tutto perché ci siamo dotati del nostro primo bilancio, che ci permette di attuare gli indirizzi e la visione della città che abbiamo immaginato e progettato già dalla campagna elettorale.

E poi perché abbiamo affrontato una serie di ordini del giorno che hanno definito questioni annose che erano sospese da troppo tempo.

Abbiamo inclinato il piano della discussione verso la concretezza, verso la capacità di agire e di programmare.

I filoni che legano tutti gi interventi sono sostanzialmente tre: programmare lo sviluppo economico, sanare questioni in sospeso e migliorare la qualità della vita della comunità.

Non potevamo che partire da chi ha bisogno di un minimo di sostegno subito, con uno stanziamento raddoppiato per il bonus sociale TARI e triplicato per i sussidi alle famiglie delle fasce più deboli, abbiamo previsto i fondi per intervenire nella manutenzione delle strade, che proprio in questo periodo sono provate dalle forti piogge, abbiamo programmato interventi di manutenzione e di miglioramento della condizione della città.

Attraverso il bilancio potremo intervenire anche sulla sicurezza, sul miglioramento dei servizi di tutti. Siamo passati poi ad agevolare la soluzione di alcune vicende sospese: la prima è quella riguardante il piano particolareggiato del comparto Guidano, che, dopo una delibera del 2019 si era paralizzato, impedendo ogni possibile sviluppo.

Con la seconda abbiamo iniziato a lavorare sulla parte produttiva della città: dopo 18 anni di indecisione e di immobilismo, abbiamo reso possibile lo sviluppo di un’area commerciale e artigianale sulla provinciale 362, la via di Lecce, a ridosso della zona Fiera, attraverso la sub compartazione della zona D3.

Solo sprigionando la capacità di innovare e di sviluppo degli investimenti privati, una amministrazione locale può pensare di migliorare il gettito in entrata, con nuove risorse da poter investire nel proprio ruolo sociale.

Non solo, abbiamo approvato un atto indispensabile per rendere pienamente operativa la zona economica speciale della nostra zona industriale, con una delibera che ne prevede l’esenzione IMU, rendendo un investimento a Galatina molto più attrattivo che in qualunque altra città della provincia.

Abbiamo infine approvato un accordo con la Clinica San Francesco, che cresce e migliora la qualità e la capacità della nostra sanità locale, e che riqualificherà parte della Villetta San Francesco grazie ad un’intesa relativamente gli oneri di urbanizzazione.

Iniziamo finalmente a vedere concretizzarsi mesi e mesi di studio e lavoro. A breve inizieremo a cantierizzare le tante opere in programma. Siamo entusiasti e fiduciosi, sarà un 2023 ed un 2024 pieno di tanti bei risultati, di tutti.

La maggioranza consiliare del Comune di Galatina

 

Nei giorni scorsi, venerdì 22 settembre, il deputato M5S e coordinatore regionale Puglia, Leonardo Donno, ha visitato l’ospedale Santa Caterina Novella di Galatina. Nel corso della mattinata ha incontrato il direttore sanitario, Giuseppe De Maria, il direttore amministrativo, Marcella Turco, e il direttore del distretto sociosanitario di Galatina, Cosimo Esposito. Alla riunione erano presenti anche Antonio Antonaci, consigliere comunale e presidente della commissione consiliare Sanità e ospedale, e Loredana Tundo consigliere comunale di ‘Con’. Il direttore Turco ha illustrato il progetto regionale, che prevede l’utilizzo di circa 8 milioni di euro, per l’ampliamento e il potenziamento dei reparti di area internistica, in particolare Medicina Interna e Malattie Infettive, e la realizzazione di un reparto, con 12 posti letto, di Neuropsichiatria infantile. Si è discusso anche della paventata chiusura del reparto Ginecologia e Ostetricia, un tema su cui i presenti hanno rimarcato la necessità che questo non avvenga, sottolineando l’importanza del reparto per il territorio. Infatti il punto nascite di Galatina conta un numero di parti considerevole rispetto ad altri nosocomi, e la sua pianta organica è al completo a differenza di altre strutture. Senza considerare inoltre che, Galatina, è un punto strategico anche per quanto riguarda la città di Lecce, proprio perché accoglie molte gestanti che altrimenti si riverserebbero sul ‘Vito Fazzi’, una struttura in affanno. Chiudendo il reparto di ginecologia e ostetricia di Galatina si creerebbe una sperequazione nell’offerta del servizio alla popolazione salentina. Verrebbero lasciati infatti nel sud Salento (ex Asl Lecce 2) 3 reparti aperti (Gallipoli, Scorrano e Tricase) e 1 solo (Lecce) nel centro-nord Salento (ex Asl Lecce1). A ciò si aggiunge inoltre che la struttura architettonica e la posizione del nosocomio galatinese non ha eguali in questo momento, un fattore universalmente riconosciuto. Accanto al mantenimento del punto nascite è necessario anche un potenziamento dei servizi offerti dall’ospedale al fine di aumentarne ancora di più l’attrattività: in particolare sarebbe opportuno inserire l’unità di terapia intensiva neonatale e la parto analgesia. Nel corso dell’incontro sono stati chiesti inoltre ragguagli riguardo la mancata attivazione, concordata con il Comune di Galatina e garantita entro luglio 2023 come riferito dal dottor Antonaci, dello screening mammografico e dello screening colposcopico nell’ospedale e la mancata assegnazione al reparto di Medicina Interna di 8 posti letto monitorizzati per pazienti critici, che pure doveva avvenire entro luglio scorso. Sono state chieste anche delucidazioni in merito alla chiusura dell’Unità Operativa Semplice di Gastroenterologia e di Cardiologia. Da parte del deputato M5S, Leonardo Donno, l’impegno a “chiedere quanto prima al Presidente Emiliano e all'assessore Palese un incontro per portare, insieme ai presenti all'incontro e agli attori istituzionali che vorranno partecipare, le istanze dei cittadini galatinesi all'attenzione della regione Puglia, affinché sull’ospedale e sulla sanità si smetta di fare campagna elettorale e propaganda. Non si può assistere a una visione personalistica che riguarda solo l'interesse del politico di turno. Le priorità sono gli interessi dei cittadini e avere una sanità e servizi efficienti. Questo deve fare la politica, non lavorare per il proprio tornaconto e costruire centri di potere e pacchetti di voti, a danno dei cittadini, in questo caso mettendo a rischio la salute della popolazione di Galatina e dei comuni limitrofi. Come M5S ci impegniamo affinché si eviti un ulteriore depauperamento di ospedali per mere manovre politiche, affinché ci siano, in generale nel territorio pugliese, servizi garantiti, un abbattimento delle liste d'attesa e maggiore efficienza. Per fare ciò serve anche che il governo nazionale non tagli fondi alla sanità ma segua l'esempio del governo Conte che aveva portato gli investimenti in sanità ad oltre il 7% del Pil. Per tutte queste ragioni, ho accolto l'appello dei cittadini, degli operatori sanitari dell'ospedale e del dott. Antonaci, a sostenere la battaglia a tutela dei diritti e della salute dei cittadini non solo di Galatina ma di tutto l’hinterland. Ritengo fondamentale fare squadra su queste tematiche, aldilà delle appartenenze politiche, e pertanto rinnovo e confermo la mia disponibilità a supportare le eventuali azioni che l'amministrazione comunale vorrà intraprendere in questa direzione”.

Caterina Di Lernia

 
Di Antonio Mellone (del 17/05/2018 @ 13:33:35, in NohaBlog, linkato 1978 volte)

Ma cosa s’erano messi in testa quei rompicoglioni di alberi di pino marittimo? Di continuare a rimaner colà per anni, come se nulla fosse, quasi per diritto acquisito, grazia divina o usucapione centenaria?

Pensavano di esser meglio dei loro cugini di campagna, vale a dire gli ulivi, destinati a scomparire dalla faccia del Salento per decreto ministeriale? 

Nossignore. Qui a Galatina e frazioni siamo così solerti nell’applicare le disposizioni di fra’ Martina ministro, che sindaco e giunta sfornano ordinanze di abbattimento alberi (e, giacché all’opera, anche colate di comparti edilizi, circonvallazioni, aree mercatali e centri commerciali) manco fossero i pasticciotti dell’Ascalone la domenica mattina. 

E niente, dice che dobbiamo farcene una ragione.

Pensavamo (sbagliando anche stavolta) che la sega comunale si fermasse al primo bellissimo pino punito con la pena capitale (il famoso Pino Insegno) nel mese di settembre 2017 per aver osato intralciare la corsa di un camion, o cosa diavolo fosse, andato a impigliarvisi con tutte le corna; invece è andata oltre programmando lo sterminio di tutto il viale alberato di via Castello perché d’intralcio a traffico, asfalto, cemento, mattoni, portoni d’ingresso, muri, cessi, case, autotreni, auto, moto e forse pure aerei di passaggio.

Insomma, qui tagliano alberi come fossero nastri inaugurali.

A proposito di democrazia partecipativa, la popolazione di Noha non ne sapeva niente o punto. Ma tanto, se pur l’avesse saputo, difficilmente avrebbe mosso il culo dal divano e più di un neurone alla volta per storcere il muso, alzare ciglio o proferir verbo contro un’altra decisione, l’ennesima, che sta trasformando la nostra terra nel Deserto del Sacara [sic].

Signora mia, in questo mondo di sottosopra potrebbero devastare la campagna con il fotovoltaico, impiantare un centro commerciale nei pressi di Collemeto, varare una centrale nucleare in piazza San Michele, fare la Tap a Melendugno e altre amenità del genere, con le mani in tasca e fischiettando. Tanto i diretti disinteressati ti risponderebbero con il solito onomatopeico “embè?”.  

Non so voi, ma io, visto l’inquietante tasso di infiltrazione politica sto pensando seriamente di trasferirmi a Casal di Principe.

Antonio Mellone

 

Un'opera dedicata alla terra ed alla natura impreziosisce, da oggi, il cavalcavia del ponte situato al km 16,700 della strada statale 101 "Salentina di Gallipoli" a Galatina, in località Collemeto, in provincia di Lecce.

Il nuovo murales, finanziato da Anas e realizzato da Checkos'Art, con la direzione artistica di 167bstreet, in collaborazione con il Comune di Galatina, è stato eseguito nell'ambito di un progetto più ampio portato avanti da Anas, finalizzato alla valorizzazione ed alla riqualificazione di alcune porzioni d'infrastrutture di competenza situate in molte regioni d'Italia.

“Grazie al nostro progetto - ha dichiarato il responsabile Marketing & Servizio Clienti di Anas Claudio Arcovito - la strada, oltre a rappresentare un'infrastruttura di collegamento e di mobilità nel paese, si fa anche strumento di promozione di arte e cultura attraverso la street art.

Anas ha infatti intrapreso un percorso che utilizza la street art come strumento per coadiuvare la strategia di investimento nella manutenzione e valorizzazione delle proprie infrastrutture ed – in casi come questo di Collemeto – anche per proteggerle da atti di vandalismo e di degrado; si tratta di un’Anas sempre più moderna e vicina alle esigenze della collettività che investe anche, appunto, nella promozione della cultura".

Negli anni, infatti, l’affissione selvaggia di manifesti abusivi ed in qualche caso l'abbandono abusivo di rifiuti avevano purtroppo privato di bellezza e decoro una porzione di strada che, al contrario, merita splendore ed attenzione. 

I disegni realizzati raffigurano un tipico paesaggio della campagna salentina, caratterizzato dai colori tipici, nei toni vicini a quelli della terra. 

Protagonista il volto di una giovane donna, sullo sfondo del paesaggio, che con lo sguardo invita i passanti a soffermarsi, guardando ben oltre il muro. 

L'intenzione di Checkos'Art - street artist proprio di origine leccese, che per Anas ha già realizzato una delle diciassette importanti opere sul Grande Raccordo Anulare di Roma - è quella di rendere il murales un mezzo che crei un ponte tra la tradizione rappresentata e lo sguardo rivolto verso il futuro, ampio come l’orizzonte dipinto. Uno scorcio a metà tra presente e futuro, eseguito nel connotativo e personale stile optical, rappresentativo dello stile dell’artista, capace di incuriosire i passanti, grazie alla sua doppia capacità di focalizzazione, che richiama l’attenzione per le sue linee colorate che - osservandolo da lontano - diventano una composizione unica.

Obiettivo comune con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Galatina, quello di valorizzare una struttura di colore grigio, dando vita a un nuovo percorso culturale nelle periferie e nelle piccole comunità, ormai in continua riscoperta.

La costruzione del ponte, sin dalla realizzazione della strada statale 101 – collegamento prioritario tra gli abitati di Lecce e Gallipoli – ha rappresentato per i cittadini di Collemeto una sorta di opera divisoria rispetto alla circostante campagna, luogo nel quale da sempre si svolge l’attività lavorativa del paese. 

L’obiettivo è quello di coniugare la tradizione del posto con una struttura che di fatto avvicina Collemeto a tutti i centri del Salento, quasi fosse un continuum con l’ambiente circostante, quale momento di incontro, socializzazione e condivisione della vita.

“Abbiamo ritenuto di individuare la vita nei campi e, quindi, il nostro paesaggio come l’immagine che possa rappresentare al meglio l’identità della comunità collemetese”, ha dichiarato Cristina Dettù, Assessore alla Cultura della Città di Galatina. “C’è anche l’immagine del futuro, di quei giovani che non smettono di guardare al domani investendo nella propria terra d’origine. Lo abbiamo voluto fare con una forma d’arte che, sviluppandosi nel perimetro urbano, fa innamorare dell’arte stessa e fa assaporare il concetto timido, ma estremamente profondo della cultura”.

“Al termine di questo splendido lavoro – ha ripreso l’Assessore Dettù – è mia premura ringraziare Anas per l’estrema disponibilità e l’attenzione mostrata per questo progetto, sposato immediatamente. I ringraziamenti doverosi sono rivolti ovviamente a Chekos’ art e a tutti gli artisti impegnati in quest’opera d’arte: la conferma che la bellezza salverà il mondo. Da ultimo, vorrei ringraziare la famiglia De Riccardis per la collaborazione fattiva in molti aspetti logistici emersi durante il lavoro. La realizzazione di un’opera d’arte del genere nasconde forme di collaborazione che voglio diventino esempio per i cittadini e per tutte le istituzioni”.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
"La superficialità e l’approssimazione, spesso ai limiti della irregolarità o illegittimità, che stanno caratterizzando l’attività dell’Amministrazione Vergine sin dal suo insediamento è sin troppo evidente e sotto gli occhi di tutti.
Più volte e da più parti, compresa la mia, è stata evidenziata la scarsa attitudine di questa Amministrazione a tutelare gli interessi generali della città, che anzi nell’ anno trascorso, con determinazione ha perseguito un’attività finalizzata a “premiare” ex candidati e/o sostenitori dell’ultima campagna elettorale con incarichi, prebende o agevolazioni “ad personam”, assegnati spesso con una velocità impressionante (come successo per il Progetto Fiera).

Un modus operandi a tutela degli “amici”  che ritengo sia un ritorno a vecchi modi di ricerca del consenso basati su clientele  che nulla hanno a che vedere con quell’interesse generale che è stato il principio cardine della mia Amministrazione e che tale dovrebbe essere per chiunque abbia il privilegio di amministrare.
Se poi si amministra la cosa pubblica come fosse privata in barba a qualunque tipo di norma  si aggiunge il tassello della poca trasparenza se non proprio dell’illegittimità a un quadro che già non è dei più rosei.

L’ Amministrazione, dopo un anno di attività, stenta a far propri questi principi e gli esempi che potrei porre all’attenzione dei galatinesi non sono pochi però scelgo una questione semplice ma che definisce chiaramente ed inequivocabilmente la totale ignoranza delle più basilari regole amministrative : la gestione dei bagni pubblici.
Da qualche settimana, dopo una pur apprezzabile ristrutturazione, per accedere è necessario il pagamento di un corrispettivo tramite gettoniera che, a quanto mi risulta, non è dotata di un contatore automatico.
Ora è necessario che io e voi iniziamo a porci qualche domanda perchè sono le domande che chiariscono le questioni ombrose e qui, più che di ombra, parlerei di buio pesto.
Cominciamo: chi ha definito le tariffe di accesso ai bagni pubblici? Chi è deputato a gestire gli incassi? Quali sistemi di controllo sono stati posti in essere per la misurazione degli incassi?
Non esistendo, ad oggi, alcun atto deliberato in tal senso, queste domande all’apparenza banali,  rimangono ovviamente senza risposta.
Una riflessione va fatta poi sull’opportunità di introdurre un ulteriore balzello a carico di cittadini e turisti per usufruire di un servizio pubblico che personalmente non condivido, decisione che conferma la percezione generale che chi oggi amministra, non ha alcuna intenzione di far godere anche i cittadini dell’indiscusso miglioramento dello stato dei conti, risultato raggiunto nei cinque anni della mia Amministrazione con in sacrifici di tutti i galatinesi ai quali non è stato concesso nemmeno alcun beneficio in termini di congrue riduzioni Tari.
Accantonando, però, le valutazioni personali, alle domande senza risposta si somma un problema ben più grave che riguarda la legittimità sia in termini di misura discrezionale del corrispettivo (chi ha deciso quanto dovesse costare accedere a un bagno pubblico a Galatina e secondo quali criteri?) sia in termini di gestione degli eventuali incassi (Chi ritira i soldi e a che titolo? Che riscontro c'è sull'incassato? Chi controlla chi ?). Altre domande senza alcuna possibilità di risposta, al momento nessun atto amministrativo da certezza o chiarezza.
Al di là del caso specifico, presumo si parli di poche centinaio di euro, quel che preoccupa, come dicevo, è il modo di operare,  cosi’ come preoccupante è che nessuno si sia posto per tempo il problema, quanto  agli uffici preposti nutro dubbi che ne fossero stati tempestivamente messi a conoscenza.
Il Sindaco Vergine, che ricordiamo ha tenuto per sé l'incarico al bilancio non potrà, almeno in questa occasione, delegare altri a rispondere con stucchevoli giri di vuote parole.
L’augurio che faccio alla città è che questa Amministrazione cambi passo riportando la macchina amministrativa nel solco di trasparenza e legittimità che solo gli atti possono dare quando si gestisce la “cosa pubblica” e non la propria azienda."
 
Marcello Amante
consigliere comunale Galatina in Movimento
 
Di Redazione (del 20/04/2018 @ 13:32:11, in Comunicato Stampa, linkato 1099 volte)

L’UNICEF Italia ha deciso di promuovere, nel 2018, la manifestazione dal titolo “L’Orchidea dell’UNICEF per i bambini” che si svolgerà in oltre 2.200 piazze in tutta Italia, il fine settimana del 21 e 22 aprile 2018. L’iniziativa vedrà, anche con il tuo aiuto, la partecipazione di circa 11.000 volontari e consisterà nella distribuzione di una piantina di orchidea in vaso a fronte di un contributo minimo di € 15,00. L’intera manifestazione sarà supportata da una vasta campagna di comunicazione che interesserà le principali reti televisive, numerose emittenti radiofoniche e molte testate giornalistiche.
Grazie all’impegno e alla partecipazione di tantissimi volontari, negli anni precedenti, è stato possibile raccogliere fondi che hanno consentito all’UNICEF di garantire interventi salvavita a svariate decine di migliaia di bambini! Questo risultato è eccezionale: ci teniamo a ringraziare particolarmente tutti i volontari del Comitato Italiano per l’UNICEF, tutti i volontari e i sostenitori in piazza, la CRI, AGESCI, tutte le AUSER, l’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco, la Protezione Civile e tutte le associazioni di volontariato che hanno voluto essere al nostro fianco.
Ci auguriamo di cuore che sarete in tanti a rispondere alla nostra chiamata, provenienti da diversi gruppi e realtà di volontariato presenti in tutto il territorio italiano. Unitevi a noi in questo grande momento di piazza ed aiutateci a rivolgere a tutto il pubblico un forte invito a concentrare la nostra attenzione sui problemi di sopravvivenza dei bambini in tutto il mondo. In particolare quest’anno i fondi raccolti saranno investiti per la campagna “Bambini sperduti” creata per aiutare e sostenere tutti quei bambini che sono perseguitati, minacciati, malnutriti, in fuga da guerre, sfruttati, derubati dell’infanzia. Che ogni giorno, in ogni angolo del mondo, sono in pericolo. Che vivono in paesi come Eritrea, Nigeria, Sudan, Siria, Iraq, Afghanistan, paesi in conflitto, in povertà estrema, senza la protezione e le cure di cui avrebbero bisogno.
Qualche informazione sull’UNICEF. L'UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia) è la principale organizzazione mondiale per la tutela dei diritti e delle condizioni di vita dell'infanzia e dell'adolescenza. Fondato nel 1946 su decisione dell'Assemblea Generale dell'ONU, l'UNICEF opera attualmente in 156 Paesi in via di sviluppo attraverso 126 uffici permanenti sul campo e in 36 Paesi economicamente avanzati tramite una rete di Comitati Nazionali. La missione dell'UNICEF è di mobilitare in tutto il mondo risorse, consenso e impegno al fine di contribuire al soddisfacimento dei bisogni di base e delle opportunità di vita di ogni bambino, ragazzo e adolescente. L'UNICEF agisce attraverso programmi e progetti concordati e realizzati, in ogni paese, assieme alle istituzioni pubbliche e alle organizzazioni e associazioni locali, nel totale rispetto delle diversità culturali. MODALITA’ ORGANIZZATIVE

  1.  La manifestazione si svolgerà i giorni 21 e 22 aprile 2018. I volontari potranno scegliere il numero di giornate e gli orari in base alla loro disponibilità e alla presenza di pubblico in loco.
  2.  La Sede Operativa UNICEF richiederà il permesso di occupazione del suolo pubblico alle autorità competenti e indicherà al volontario presso quale ufficio ritirarlo nei giorni precedenti l’iniziativa.
  3.  Circa un paio di settimane prima della manifestazione verrà inviata ai volontari partecipanti la scatola dei materiali complementari (contenente i blocchetti di ricevute, gli opuscoli, ecc…) tramite consegna con un corriere veloce.
  4.  Qualche giorno prima della manifestazione, previa telefonata del trasportatore, verranno consegnate le scatole contenenti le piante: quanto riceverete non avrà alcun onere da parte Vostra.
  5.  Nei giorni successivi alla manifestazione sarà necessario effettuare il versamento dell’incasso tramite bonifico bancario le cui coordinate saranno indicate nel vademecum.

La nostra sede operativa è a Vostra disposizione per qualsiasi chiarimento sulla manifestazione al seguente numero di telefono:
0422/609943 VALERIA fax 0422/609933
e-mail orchidea@unicef.it
Ringraziando anticipatamente per tutto quanto potrete fare per aiutarci.
Villorba, 22/01/18
SEDE OPERATIVA UNICEF
“L’ORCHIDEA PER I BAMBINI”

 
Di Marcello D'Acquarica (del 22/05/2023 @ 13:29:59, in NohaBlog, linkato 576 volte)

NOHA nasce anticamente in una posizione determinante sia dal punto di vista commerciale che militare. Si trova difatti all’incrocio di due importanti percorsi che vedono il Salento attraversato in lungo ed in largo.

Ecco quindi Noha che fa da crocevia fra l’antica via che da Otranto porta verso la costa jonica di Gallipoli e la Strada Reale di Puglia, un percorso del tempo dei Messapi che già i Romani utilizzarono unendola alla via Appia (che terminava a Brindisi), portandosi così fino a San Giovanni di Ugento.

Lo stesso Fra Leandro  Alberti, frate fiorentino dell'Ordine domenicano, alle pagine 196 e 197 della suaDescrittione di tutta Italiadel 1550 descrive quello che vede percorrendo il Salento da Otranto verso Gallipoli. Giungendo da Otranto, nel tratto in cui si avvicina a Noha, scrive:

“….camminando un miglio appare Soleto, molto antico luogo, circa il piccolo colle che riguarda a mezzo giorno, posto, Soletum da Plinio nominato, del quale yiene la signoria il Duca di S. Pietro in Galatina. Non meno è pieno il paese di questo Castello di Olivi di quello di S. Pietro in Galatina sopra nominato. Dopo tre miglia ritrovasi Sternatia, da Otranto discosto tredici miglia, fra questo luogo e Otranto da ogni lato vedensi Ville Contrade e  Castella, tra i quali vi è Scuriano discosto dal bastardo otto miglia, e da cui appare il fortissimo castello di Noia posto in forte luogo “.

Quindi Noha sorge alla fine della dorsale di una delle serre salentine, quella che procede da Copertino e Galatina e che si affaccia sulla valle dell’Asso. Da qui si domina un ampio ventaglio di paesi del Salento centrale, che va da Maglie, Corigliano, Cutrofiano, Collepasso, fino a Neviano, Galatone e Nardò.

Da questa posizione, in media a 90 mt sul livello del mare, si aveva (e si ha ancora oggi) il controllo visivo di eventuali pericoli che potevano giungere dalla costa di Gallipoli, nevralgico scalo del mare Ionio.

Possiamo notare ancora oggi su alcune cartografie locali, che la via Soleto giungeva a Noha esattamente dove oggi c’è la Strada Comunale Pozzi, interrotta e parzialmente cancellata nel suo percorso originale da nuove strade e superstrade che portano ovunque (o forse in nessun luogo), e sono più numerose dei fili dell’erba: alla faccia del consumo di suolo tanto decantato, ma mai quanto in campagna elettorale. Ma questa forse è un’altra storia. Temo l’ultima.

Marcello D’Acquarica

 

Purtroppo siamo chiamati, nostro malgrado, ancora una volta, a ribattere a siti locali, che si configurano sempre di più come un organi di coalizione (quella precedente). Nessun problema se lo ammettessero.

Anche chi non era presente alla conferenza stampa ma ha ricevuto un dettagliato comunicato corredato  dalla  delibera  di  “Realizzazione  di  una  condotta  di  alimentazione  idrica  per  le frazioni di Guidano, Collemeto e Santa Barbara Comune di Galatina ; PNRR misura M2C4 - I4.2; APPROVAZIONE PROGETTO  mediante  adozione  di  quadro  economico  per l'importo  di  € 6.000.000,00” da parte di AIP in cui leggiamo che, e lo sottolineamo, “l’intervento è inserito nel Piano degli Investimenti AQP 2020-2023, di cui alla Delibera - n.ro 97 del 18/11/2022 nell’aggiornamento biennale del Piano 2022-2023”.

La furia della tifoseria fa reinterpretare atti e fatti. Sono almeno 30 anni che tutte le amministrazioni chiedono a gran voce questa opera, perché palesemente inadeguata e vetusta. Sono 30 anni che i Sindaci vanno a Bari e nell’elencare gli interventi necessari, citano la condotta idrica in questione.

Quindi: perché citare solo Amante e Tundo? Perché non citare Zeffirino Rizzelli, Giuseppe

Garrisi, Sandra Antonica, Giancarlo Coluccia, Cosimo Montagna, ecc…?

Proviamo ad andare per ordine e “carte alla mano” come la consigliera Tundo, che asserisce

con sicumera, di essere l’unica responsabile del finanziamento.

Solo per fare alcuni esempi della grande attenzione dei sindaci precedenti e delle amministrazioni precedenti:

1.  Amministrazione Garrisi:

  • Il 02 agosto 2004 con prot. 0028922 l’ing. Giovanni Stasi, dirigente Lavori Pubblici del Comune di Galatina con Giuseppe Garrisi Sindaco, scriveva all’ATO Puglia – Servizio Idrico Integrato che “si riscontra vs prot. 511/04 indicando, sulla base delle priorità e indicazioni   formulate   i   seguenti   interventi,   per   gli   importi   di   larga   massima quantificati: sostituzione tronco idrico in cemento e amianto in strada provinciale Galatina-Copertino di collegamento con la frazione di Collemeto €.1.500.000,00”;
  • con prot. 3152 del 2005 l’ATO Puglia invitava il sindaco Garrisi e il Dirigente Stasi ad un incontro per l’08 novembre 2005”
  • In data 28 novembre 2005, i geomm. Mengoli e Toma del Comune di Galatina provvedono a redigere progetto per la sostituzione del tronco rete idrica galatina- Santa  Barbara  per  un  importo  di  €.  1.940.000,00.  Progetto trasmesso  dal  Sindaco Garrisi ad ATO Puglia, Assessorato Opere Pubbliche della regione Puglia e AQP;

2.  Amministrazione Antonica:

  • Il 7 aprile 2008 la sindaca Antonica scrive all’ATO Puglia, alla Direzione Generale AQP segnalando  l’ennesimo  disservizio  relativo  alla  condotta  idrica  Galatina-Collemeto- Santa Barbara chiedendo “una sollecita soluzione del problema, a richiesta della nota ATO  prot.  3374  del  18  novembre  2005,  ha  trasmesso  con  nota  prot.  042265  del 30/11/2005 il progetto definitivo dell’opera, redatto dal Settore LL.PP: dell’importo complessivo di €. 1.940.000,00
  • Il 21 aprile 2008 l’Adusbef segnala la problematica riguardante le continue rotture della condotta al Sindaco Antonica, all’ATO Puglia, alla Direzione Generale AQP, denunciando, tra le alter cose., la presenza dell’amianto.
  • Il 14 maggio 2008 AQP scrive a Adusbef, all’ATO Puglia e al Sindaco Antonica, in risposta alla richiesta di sostituzione della condotta, scrive_ “Degli interventi già definiti […omissimis…] è stata già inviata informativa al Comune ed i relativi lavori sono stati già avviati
  • Il 28 agosto del 2008 con prot. 30862 l’ing. Giovanni Stasi, responsabile unico del procedimento, chiede di “dare corso all’istanza di sostituzione della condotta idrica Galatina-Collemeto-Santa Barbara

Come si può evincere in maniera molto chiara, è stata sempre molto grande l’interesse di tutte le amministrazioni, ovviamente sensibili a questo tema  che però, solo oggi e con questa amministrazione, hanno visto una soluzione, un impegno finanziario e una firma su di una delibera.

Nessuna autorità e nessun dirigente dell’AQP ha mai scritto che l’opera non si sarebbe realizzata:  servivano  i  soldi.  E  sono  stati  stanziati  nel  2023  a  seguito  di  decisione  di novembre 2022 e dopo un grande lavoro per tutta la città e per le frazioni da parte dell’Amministrazione.  Senza  comunicati  stampa  di  incontri  “certamente  risolutivi”  e  di impegni più o meno vaghi. Non sono certo due lettere, molto simili a quelle scambiate da altre amministrazioni con altre autorità in altri periodi, ad essere state risolutive.

Si ripropone sempre questo tema dell’ego e dell’auto celebrazione. Come lo studente che tornando da una interrogazione disastrosa dice ai genitori:”mi hanno interrogato proprio sugli argomenti che non conoscevo”. Possibile che dopo 5 anni di immobilismo, proprio ora tutte le opere e tutti i risultati siano merito di quelli che c’erano prima? Che miracolo postumo.

Non sarebbe bastato dire grazie a questa amministrazione ed all’interlocuzione che ha costruito con le istituzioni locali, regionali e nazionali? Poi è ovvio che nulla nasce dal nulla e che sono anni che le varie amministrazioni che si sono susseguite abbiano premuto per una soluzione.

Noi abbiamo avuto precise interlocuzioni istituzionali e tutto il procedimento avviene durante il nostro, di mandato. È chiaro che sarà capitato, a Amante come ai precedenti sindaci, di chiedere questa opera. Ma tra segnalarne il bisogno e portare a casa il finanziamento ed il progetto c’è un abisso.

Dunque se domani dovesse scoppiare la pace in Ucraina, Putin e Zelensky dovrebbero ringraziarli perché magari in un post Loredana Tundo o altri ne hanno auspicato l’arrivo? Siamo seri ed impariamo a riconoscere il merito.

Lo abbiamo detto più e più volte in campagna elettorale: stavamo scardinando un gruppo di potere che ha fatto il bello ed il cattivo tempo in città per troppi anni, con gli evidenti danni che la città ha subito.

Noi non siamo del giro giusto, noi non siamo tra quelli che in città sanno  “fare le cose”. Siamo di fronte ad una lobby forte, fortissima, che sta dimenandosi in maniera scomposta come stasera. Basta blog personali spacciati per giornali.

Definiamo le cose per come sono.

Abbiamo rivitalizzato la città, ma siamo solo dei “festaioli”, stiamo riformando la macchina amministrativa, ma siamo solo dei “parvenue”, stiamo ottenendo risultati che sono sotto gli occhi di tutti, ma ci definiranno solo “fortunati” o “eredi di un patrimonio colossale”.

Un bravi mai?

La verità è che non hanno accettato la sconfitta, e non parliamo solo dei candidati alle scorse

elezioni, parliamo del “sistema” che abbiamo rotto.

Abbiamo ridato Galatina ai galatinesi. Non si torna indietro. Questi sono solo ridicoli tentativi di processare ogni giorno “i Seimilaseicentoquarantadue responsabili” della fine del loro strapotere.

l consiglieri e gli assessori dell’amministrazione Vergine

 

Torna la Fiera Campionaria di Galatina. Quello che è da sempre uno degli eventi più attesi dall'intera cittadinanza, viene riproposto in una veste nuova, adatta alle esigenze attuali, ma allo stesso tempo pensata per un ritorno alle sue origini.

La 64a edizione della Fiera Campionaria si svolgerà all’interno dell'Istituto Comprensivo Polo 1 di Piazza Fortunato Cesari, proprio nel cuore pulsante della Città, lo stesso luogo in cui, il 26 giugno 1949, si svolse la prima edizione dell’allora Mostra mercato del commercio, dell’industria e dell’artigianato.

Come da tradizione, la Fiera 2023 si svolgerà nei giorni in cui Galatina celebra i suoi Santi Patroni Pietro e Paolo, e precisamente dal 27 al 30 giugno.

Divenuta nel tempo un vero punto di riferimento per l’intero tessuto produttivo regionale, dopo i noti eventi che hanno portato alla interruzione della manifestazione per alcuni anni, quest’anno riapre le porte offrendo il meglio dei protagonisti che il nostro territorio contiene nel campo dei settori dell'artigianato, dell'agricoltura, dell'industria, del commercio, dell'enogastronomia.

Il ritorno di uno degli appuntamenti più importanti per Galatina è stato voluto fortemente dall’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Fabio Vergine, che fin dalla campagna elettorale ha garantito il proprio impegno per far sì che la Fiera Campionaria potesse tornare a vivere, essendo una prestigiosa vetrina per le tante eccellenze del territorio.

Possiamo definire la Campionaria come un vero segno di rinascita per Galatina e per i Galatinesi. Ma non solo, questo evento sarà un attrattore estremamente di primo piano per i tanti turisti che in quei giorni ci verranno a trovare dall’intera Regione Puglia, da tutta Italia, ma anche da diverse parti del mondo”. Affermano Carmine Perrone, Assessore ai Lavori pubblici, Grazia Anselmi, Assessore con delega al turismo, e Diego Garzia, Consigliere Comunale delegato agli eventi. “Per noi, la Fiera rappresenta un importante polo di crescita e di sviluppo per l’intero tessuto produttivo cittadino. Riprendere la tradizione e riproporla nei giorni in cui onoriamo i nostri Santi Patroni è il miglior modo per trascorrere la nostra festa, che per Galatina rappresenta l’appuntamento per eccellenza di ogni estate”.

La rinnovata edizione fieristica torna dopo gli anni bui della crisi societaria e a seguire della pandemia, che purtroppo ha messo in ginocchio imprese, artigiani, agricoltori e famiglie.

La fiera di quest’anno può essere considerato come un segno di speranza in periodi migliori ma anche come un’importante occasione di rilancio per l’intero comparto fieristico, che molti definivano ormai morto, ma che invece questa Amministrazione Comunale ha intenzione di valorizzare, quale volano di crescita per la stessa Città di Galatina, che finalmente sta tornando ad essere l’ombelico del Salento invidiato da tutti”.

Segreteria Sindaco

 
Di Albino Campa (del 09/08/2010 @ 13:26:58, in No alla Discarica, linkato 3489 volte)

Non finiremo mai. Siamo come assediati. Ci stanno mettendo nel sacco ancora una volta.
Stanno preparando "il sacco di Noha".

Ebbene non ci crederete ma a Noha abbiamo un'altra emergenza (oltre al fotovoltaico selvaggio in svariati ettari di campagna nohana, oltre all'imminente Comparto 4 e le oltre 50 villette schierate come un plotone d'esecuzione, oltre a tutto il resto).

Avete visto il video di Dino Valente su galatina.it a proposito della cava De Pascalis? Sembra uno spot pubblicitario.
L'intervistatore si rammarica pure della burocrazia e dei suoi lacci e lacciuoli, anzichè chiedere regole lacci e lacciuoli anche per il suo bene e la sua salute.

(fonte Galatina.it)

Lo sapete che cosa verrà conferito in quella cava, a due passi dall'antica masseria Colabaldi, sito storico e archeologico importantissimo? Di tutto, di più. Leggete l'elenco. Ma andate oltre: dietro quell'elenco c'è un altro elenco invisibile e innominabile, tra l'altro, facilmente immaginabile.

Anche se non ce lo dicono ci saranno materiali pericolosi insieme a tutto il resto. Scommettiamo? Pensate che qualche eternit, o qualche altro materiale viscoso "ben chiuso" in qualche bidone, o qualche altra roba da sversare non ci sarà in mezzo alle altre schifezze che verranno portate qui da noi da tutto il Salento? Suvvia, non cadiamo dalle nuvole con le solite lacrime da coccodrillo che verseremo da qui a qualche anno. Cerchiamo di anticipare i tempi. E per favore andatevi a vedere il film "Gomorra" (proprio nelle scene delle cave dismesse), se proprio non riuscite a leggere l'omonimo libro di Roberto Saviano.
Sappiamo come vanno le cose in Italia e soprattutto qui, nel nostro Sud. Conosciamo bene il senso di responsabilità e la correttezza di molti imprenditori (spesso prenditori e basta).

E poi perchè tra la roba conferita deve esserci pure il vetro e la plastica? Non sono, questi ultimi, materiali da riciclare? Andatevi a vedere l'elenco delle cose conferibili (conferibili, ovviamente, a pagamento) e troverete anche plastica e vetro. Perchè buttarli in discarica?

Credono lor signori che noi siamo così fessi da non capire che dietro questa n-esima "scelta ecologica" non ci sia un piano diabolico? Che potrebbe essere questo: guadagnarci ovviamente nell'immediato (i conferimenti da parte delle ditte di tutto il Salento è a pagamento, un tot. di euro a tonnellata). Ma guadagnarci anche e soprattutto nel futuro. Come? Semplice. Una volta riempita la cava (non ci vorrà mica un secolo, basterebbe un decennio ma anche meno di conferimenti, con la fame di discariche che c'è) si farà diventare edificabile quella "nuova area", tra Noha e Galatina. Altro comparto, altra villettopoli. Altro giro altro vincitore, e molti perdenti: noi.

Mentre altrove le cave dismesse diventano centri culturali (tipo Le Cave del Duca a Cavallino, sede di concerti e di convegni, o l'area Verdalia a Villa Convento, area di freelosophy, eccetera eccetera), qui da noi diventano l'immondezzaio del Salento. A due passi dalla povera Masseria Colabaldi. Non c'è rispetto nè della storia nè del futuro. Siamo schiavi del presente purtroppo.

Manco i barbari permetterebbero certi scempi. Ma noi sì.

Bisogna allora avvisare tutti i nohani, ma anche i galatinesi della 167, quelli che abitano nell'intorno della parrocchia di San Rocco, i vicini ed i lontani, del fatto che anche loro ne sono coinvolti: ne va anche della loro salute. Bisogna far presto. Bisogna far girare queste informazioni, magari arricchendole con nuove notizie e nuovi dati.

Bisogna far svegliare i nostri rappresentanti (ma dove sono con i loro cervelli in fuga) cercando di far capire loro che con certe scelte e certe decisioni (prese all'oscuro e senza informare preventivamente i cittadini) stiamo andando con gioia verso il disastro. Stavolta annunciato.


Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 11/05/2022 @ 13:26:43, in Comunicato Stampa, linkato 419 volte)

In occasione della 12. edizione de Il Maggio dei libri, la campagna nazionale per la promozione alla lettura istituita dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero della Cultura, il Polo Bibliomuseale di Galatina, con il Comune di Galatina e in collaborazione con Libermedia s.a.s., organizza un ricco calendario di iniziative rivolte ad un pubblico di tutte le età.

Il Maggio dei Libri celebra anche quest’anno l’importanza della lettura come strumento per la crescita sociale e personale di ciascuno di noi. “Leggere per comprendere il passato”, “leggere per  comprendere  il  presente”  e  “leggere  per  comprendere  il  futuro”  sono  i  tre  filoni  che declinano e accompagnano il tema che dà il titolo all’edizione di quest’anno, ContemporaneaMente:   un   libro   come   chiave   per   conoscere   il   mondo   che   ci   circonda, contemplarne le origini e immaginarne il futuro.

Si parte mercoledì 11 maggio, e per tutto il mese, con l’iniziativa Forte è la libertà: Pietro Cavoti, Gioacchino Toma e il Risorgimento, un viaggio alla scoperta del Risorgimento attraverso i documenti appartenuti a Pietro Cavoti e il racconto vivo di Gioacchino Toma, attraverso le pagine della sua autobiografia, Ricordi di un orfano: due grandi artisti galatinesi, uniti da una forte amicizia e da profondi ideali di libertà. L’iniziativa si articola nella mostra di documenti, materiale di propaganda, periodici e discorsi relativi alle tre Guerre d’indipendenza (dal compendio della Costituzione concessa dal re borbonico Ferdinando II al discorso di Emanuele II del 1866, dal resoconto dell’adunanza del Circolo costituzionale del 31 marzo 1848 al decreto di nomina di Garibaldi come dittatore del Regno delle Due Sicilie da parte di Vittorio Emanuele), custoditi nel prezioso Fondo Cavoti del Museo civico, e nella lettura di alcuni passi dell’autobiografia di Toma: è rivolta  alle  classi  delle  scuole  secondarie  di  1°  e  2°  grado.  Per  l’occasione,  la  mostra  sarà, comunque, visitabile per tutti durante l’intero mese di maggio.

Per i piccoli lettori è prevista l’attività Il futuro è nelle nostre mani e nelle nostre voci, ossia una lettura teatralizzata, con laboratorio creativo, del libro Verdure arrabbiate : la fabbrica delle cose inutili di C. Gobbetti e D. Nikolova (Sassi, 2021): il personale bibliotecario, insieme ai volontari del Servizio civile, avvalendosi di un teatrino, intende stimolare la riflessione sul futuro del nostro pianeta, che è nelle mani, e nelle voci, dei bambini di oggi che saranno gli adulti di domani. Il primo incontro di lettura sarà sabato 14 e verrà replicato venerdì 20 e venerdì 27, a partire dalle ore 16:30.

Infine, mercoledì 25 alle ore 17:30 è la volta dell’incontro “Il padre del pensiero italiano: Dante nella lettura di P. Siciliani. Durante la serata il prof. Francesco Luceri, docente di storia e filosofia presso il Liceo Capece di Maglie, nonché profondo conoscitore del filosofo galatinese, ci accompagnerà  alla scoperta  di Dante attraverso  l'animo  e gli studi  di Pietro Siciliani e di Cesira Pozzolini.

Tutti  gli appuntamenti avranno  luogo  presso le sale del Museo  civico  "P. Cavoti", dove  è momentaneamente ospitata la Biblioteca comunale, con ingresso da Via Cafaro l.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Antonio Mellone (del 04/12/2017 @ 13:26:10, in NohaBlog, linkato 1868 volte)

Il profilo face-book di Tap è un florilegio di progetti e di idee, insomma una pila di piatti di lenticchie per comprare il consenso dei salentini che non ne vogliono sapere manco con i carabinieri (vale a dire con la polizia sguinzagliata dal prefetto e armata fino ai denti).

A proposito di lenticchie, degna di nota è la bella iniziativa “Mena”. Si tratta di un master indirizzato a studenti e ristoratori locali che evidentemente secondo Tap nel Salento non capiscono una mazza di cucina, tant’è che li ha invitati a corsi gratuiti di culinaria [lemma attinente, per associazione di idee, a quella parte anatomica riallacciabile a certe facce più o meno multinazionali, ndr.], perfino con manifesti 6X3 sparpagliati un po’ dovunque.

Qualcuno, poveretto, vi avrà pure abboccato [e a questo punto sarebbe d’uopo avere l’elenco dei seminaristi, così, tanto per agevolarci nella selezione del ristorante di turno, ndr.], poco arguendo che “mena” non è l’acronimo di un corso di enogastronomia promosso da Tap, né la topica espressione idiomatica in vernacolo salentino utilizzata quale incitamento all’indirizzo di un pelandrone perdigiorno - esortandolo a darsi una mossa o a svegliarsi dal torpore - bensì la seconda persona singolare dell’indicativo presente, ovvero (se proferita dal caporale poliziotto con manganello d’ordinanza) dell’imperativo del verbo “menare”, soprattutto nell’accezione di “colpire, dare con forza, vibrare, assestare” [exempli gratia: menare colpi con un bastone, col martello e, appunto, con il manganello; menare botte da orbi; gli menò due sonori schiaffi. Di qui, con altra costruzione, menare qualcuno, picchiarlo: smettila, se no ti meno; nel rifl. recipr., darsele: si sono menati di santa ragione, ndr.].

*

Di recente, l’ufficio marketing Tap se n’è uscito con l’ennesima marchetta dall’esilarante titolo “Libera il mare” [l’avranno partorito probabilmente di fronte a uno specchio, ndr.]. Si tratta di un progetto incredibile, sfidante, più ambizioso della pace nel mondo, consistente – come si legge nel comunicato bandito – nell’obiettivo “di ridurre la presenza della spazzatura marina [eccetto Tap, s’intende, ndr.] e di mitigare i problemi che possono minacciare l’ecosistema marino. I beneficiari del progetto sono molteplici e comprendono le comunità di pescatori locali [sic], gli imprenditori turistici [sic], i cittadini di Melendugno [sic, sic] e i turisti [sic] che ogni anno scelgono le spiagge di Melendugno e dintorni come località per le proprie vacanze”. Roba forte, e linguaggio che manco il Forum Ambiente e Salute.

Non paghi di ciò, i noti acquirenti della dignità locale hanno escogitato anche “una campagna di sensibilizzazione sul tema della spazzatura marina in alcune scuole del territorio. Nelle attività didattiche sono stati coinvolti 320 alunni di scuole primarie, con lezioni interattive e laboratori sull’ambiente marino e sulle minacce che possono causare inquinamento del suo ecosistema”. Oddio, povere 320 creature: quando si dice accanirsi sull’infanzia.

Qualcuno spieghi a Tap, ai suoi accoliti e agli invasati che ancora gli danno retta, che le tristemente famose enormi isole di plastica, presenti soprattutto negli oceani ma anche nel Mediterraneo e dunque vicino alle nostre coste pugliesi, con frequenti spiaggiamenti di rifiuti causati dalle correnti e dal moto ondoso, non sono causate dalla cattiva educazione di qualche famiglia con bambini al seguito che lascia in spiaggia i piatti monouso della frisella sul mare o del vassoio della parmigiana di melanzane, ma dalle infinite discariche (legali e illegali) ormai fuori controllo, dal concentrato di bolge cafonal-consumistiche come i lidi briatoregni e samsahariani, dalle infinite aziende che considerano il mare come la pattumiera del mondo, dalle grandi navi concausa importante delle “zuppe marine” di plastica e altre schifezze, dai fiumi che portano nel pelago di tutto e di più, e in buona sostanza della politica che della Strategia dei Rifiuti Zero, con tutto quel che ne consegue, non vuol sentir parlare.

Dunque, Tap che sponsorizza la pulizia del mare è quanto meno singolare, se non inusitato, paradossale o semplicemente ridicolo. Un po’ come Pantacom che ti parla di commercio equo e solidale, Ilva che sovvenziona un allaccio dell’acquedotto nel cimitero di Taranto [l’ha fatto veramente, ndr.], Colacem che organizza una marcia contro le ciminiere, il Quotidiano di Caltagirone che tiene un seminario sul giornalismo, Renzi che difende la Costituzione, e Rocco Siffredi che promuove progetti sulla castità.

Ecco. Se davvero Tap volesse “liberare il mare” - e giacché anche un intero territorio esasperato e sotto shock - sarebbe sufficiente una nuova meritoria iniziativa di sicuro impatto sociale: quella di andarsene affanculo.

Antonio Mellone

 

Credo che l’articolo di Antonio Antonaci meriti una risposta da cittadino e da militante nel centrosinistra da quando avevo 15 anni. Rischia di essere, altrimenti, l’incipit di argomenti pericolosi e potenzialmente tossici per il dibattito.

Partiamo dall’origine del suo scritto e cioè una risposta alla lettera di Fabio Vergine, lettera in cui racconta l’impostazione della sua campagna elettorale e argomenta le sue scelte.

Condivisibili o no, andrebbero affrontate nel merito.

Invece la sintesi del discorso di Antonaci è accusarlo di non essere abbastanza galatinese. Una serie di sottintesi tutti in questa direzione che, personalmente, mi deludono e mi lasciano l’amaro in bocca.

Voglio evitare di fare cassa da risonanza di questa pericolosa china culturale o entrare nella polemica politica, di cui non credo nessuno senta il bisogno.

Ma… cosa significa essere forestiero? Aver studiato fuori? Aver avuto interessi economici fuori dall’agro galatinese? Aver collaborato con l’Università di Lecce? Questo costituisce un minus per un cittadino galatinese o un arricchimento? Questa ricerca della purezza della “razza galatinese” è davvero un punto di sintesi del pensiero di Antonaci (e di Antonica, che ha detto le stesse identiche cose ad una iniziativa dei commercianti, almeno dai racconti ricevuti)? Questo mi preoccupa perché ho dei nipoti, di colore e italo-americani, ed io stesso sono galatinese solo dal 2009 e solo da parte di madre perché nella mia vita ho vissuto prima ad Ugento, poi a Roma e poi a Lecce. Saremmo adeguati a fare politica in città o dovremmo chiedere permesso a qualche guardiano della stretta ortodossia politica galatinese?

Questa argomentazione, faccio notare sommessamente, non confuta ma perora le tesi di Vergine: esistono persone che si sentono detentrici della vita politica e amministrativa del paese che non tollerano le interferenze di chi non è del giro.

Eppure la stessa elezione dell’attuale Sindaco era un chiaro segnale, da parte dei cittadini, di stanchezza verso questa impostazione.

Così come le vicende del Governo nazionale, le vicende sanitarie e le vicende di cronaca bellica parlano di superamento degli steccati di fronte all’obiettivo del maggiore investimento infrastrutturale dopo il 1948.

Mi pare che in tutte le coalizioni in campo esista una lista di derivazione “Democratica” (Galatina Democratica, Progressisti per Galatina, PD. Una per ogni schieramento). Mi pare che in tutte le coalizioni ci siano diverse estrazioni politiche: nella coalizione stessa di Antonaci ci sono sia il leader di galatina Altra che si è candidato, legittimamente, sia con al destra che con la sinistra, che altri candidati che non mi paiono di estrazione marxista. Eppure, a me, questo non solletica giudizi moralistici, perché parliamo di amministrative e siamo nel 2022 nel pieno di un tornante storico incredibile.

Ritenevo e ritengo la loro proposta politica dignitosa e mi auguro che porti stimoli positivi alla città. Anche se, parlando professionalmente (ho studiato marketing politico qualche anno fa), non capisco perché Antonaci non sia dentro la coalizione del PD visto che gli argomenti sono gli stessi, l’impostazione sovrapponibile e le contraddizioni, che sono inevitabili in politica, simili: anche il PD ha dovuto allearsi con il M5S, partito notoriamente disinvolto in governi politici che hanno spaziato da Matteo Salvini a Matteo Renzi, con componenti sia vicini alla NATO che a Putin. Questioni personali? Mi auguro proprio di no.

Io avevo compreso che la doppia candidatura a sinistra, Antonaci e Antonica, fosse una competizione per leadership del centrosinistra galatinese, ma se dicono le stesse cose con le stesse parole…

Parliamo poi dell’altro argomento della lettera: la difesa dai sindaci forestieri. Una cosa è definirsi lontanamente culturalmente (lo sono io per primo) dal sindaco di Nardò, una cosa è dire che questi sindaci stiano venendo a conquistare Galatina. Non siamo la Crimea o il Donbass. Questo richiamo, quasi nazionalistico, parlando di una cittadina, mi pare eccessivo per una campagna elettorale. “Storia magnificente e gloriosa”, “un vero galatinese lo sa”… attenzione a dove si inclina il piano del dialogo politico…

Esprima la sua visione di città, credo che ne abbia diritto, capacità e conoscenze, senza offendere nessun nemico, senza andare sul personale.

Non credo che Galatina e i Galatinesi sentano il bisogno di una gara a chi è più galatinese dell’altro. Galatina ha bisogno di proiettarsi nel futuro di tutti con generosità. E pazienza se qualcuno la pensa diversamente ed è schierato da una parte differente: ascoltiamolo e ascoltiamoci senza spocchia, senza offendere e senza analisi del sangue.

 Andrea Salvati

 
Di Antonio Mellone (del 21/02/2017 @ 13:22:28, in don Donato Mellone, linkato 2356 volte)

Due anni fa, come oggi, si spegneva mio zio Don Donato Mellone, parroco di Noha. Gli mancava qualche mese per raggiungere le novanta primavere.

Non è qui d’uopo dare dei colpi di scalpello nell’abbozzo di un suo profilo: l’ho già fatto altrove, in altri testi.

Qui mi limito soltanto a ribadire che questo prete non ha vissuto 67 anni di sacerdozio per se stesso, ma per gli altri. Sicché il suo referente è sempre stato il suo Dio.

Non credo abbia mai avuto rimpianti. E sono certo che se con lui avessi fatto il gioco “se tornassi indietro cosa faresti?”, senza esitazione mi avrebbe risposto ancora il prete, e allo stesso modo. Magari cambiando due o tre piccole cose, ma la scelta sarebbe stata sempre la stessa.

Don Donato era nato per fare il prete e sapeva di esserlo fino in fondo, come il primo giorno.

Non è mai stato un grande condottiero, né mai ha avuto l’indole o l’estro del manager o del pubblicitario (ma forse non è nemmeno questo che vien richiesto a un sacerdote).

La sua fede era fermissima ma discreta e rispettosa, e certamente proprio per questo non l’ha mai imposta, semmai solo proposta agli altri, con onestà e senza fanatismi. La sua religiosità non è mai stata senza sorriso, né mai si è trasformata in arroganza dello spirito.

Non era attaccato ai soldi, che non lo hanno mai né smosso né commosso. Tanto denaro è passato certamente dalle sue mani, specialmente per la costruzione del complesso monumentale della Madonna delle Grazie in Noha; ma non si è mai fermata più del necessario ed è sempre andata dove doveva andare: all’ecclesia, alla costruzione di chiese, oratori e canoniche (opere anche di grande mole edilizia, per le quali non ha mai voluto lasciare cartigli a perenne memoria, come pure si usa), al rifacimento di solai, agli strumenti musicali liturgici, agli oggetti sacri, ai libri. Ma soprattutto a chi ne aveva bisogno.

Non ha mai pensato al suo benessere. La sua casa (due vani più servizi) era quella stessa dei suoi genitori. Non ha mai avuto ville al mare o in campagna, non macchine di lusso, non assicurazioni, non chissà quali risparmi, non conoscenze altolocate. Né mai alcuna forma di nepotismo ha lontanamente sfiorato la sua forma mentis.

Sostanzialmente coerente con l’annuncio del Vangelo, è sempre stato un prete povero ma senza ostentazione. Nel senso che era povero, ma ostentava il benessere (il che è molto evangelico: “quando digiunate profumatevi il capo e lavatevi la faccia” - Mt 6: 16-18).

Infine beato e sofferente (o beato proprio in quanto sofferente per molti anni): dolori atroci alle articolazioni, vista fioca, udito quasi zero, artrite reumatoide deformante, e via di seguito.

Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita celebrando i sacri misteri, animando le celebrazioni liturgiche suonando l’organo, studiando sui libri come un seminarista alle prime armi, incontrando i fedeli, gli amici e i parenti, e pregando in continuazione.

Chissà per chi pregava, per chi continuava a consumare ancor di più i suoi poveri occhi miopi. Nel suo ufficio era sempre piegato sulle sudate carte, sulla scrittura sacra, già dalle prime ore dell’alba e, dopo la messa, nel corso di tutta la giornata. Leggere scritture sacre era per lui come obbedire ad una precedenza dell’ascolto. Il giorno pigliava così una marcia d’inizio, con una caparra di parole sacre da rigirare in bocca per tutta la giornata, come un nocciolo d’oliva.

Gli piaceva la battuta effervescente, sempre contenuta nei limiti del bon ton e dello humour inglese. Sapeva stare in compagnia con tutti, gli piaceva ascoltare le barzellette più che dirle, e non disdegnava qualche risata sonora che ha sempre considerato alla stessa stregua di una sana lettura spirituale.

Amava la buona cucina, soprattutto quella mediterranea che accompagnava spesso con il peperoncino piccante (secco, crudo, ma specialmente fritto). Non facevano per lui invece le besciamelle, le panne, la maionese e gli altri intrugli della nouvelle cousine, e detestava la cipolla cotta, che non voleva vedere né sentire in nessun modo. Ma la cosa che più di tutto adorava erano i frutti di mare: in particolare le cozze nere, crude, nature, senza alcun condimento (da accompagnare possibilmente con un buon bicchiere di vino, ove possibile pieno zeppo di cubetti di ghiaccio).

*

Il tempo avrà potuto pure agire sul fisico, come fa con tutti, ma non sicuramente sulla sua forza d’animo e sulla freschezza del suo sacerdozio che sembrava rinnovarsi giorno per giorno, fino all’ultimo.

Nonostante quella sua vista debolissima, don Donato ha saputo guardare e osservare molto chiaramente i tempi, i segni, le persone e gli avvenimenti dell’umana avventura sub speculo aeternitatis.

Finché Dio ha voluto.

Antonio Mellone

 

P.S. Martedì 21 febbraio 2017, alle ore 18, in chiesa madre a Noha, verrà celebrata una messa in suffragio di don Donato

 

L’inadeguatezza di questa amministrazione non sembra avere fine e le prove purtroppo ci vengono fornite quotidianamente dall’incapacità nel saper intercettare i fondi che ci vengono messi a disposizione.

Stiamo parlando di un altro finanziamento regionale, quello inerente l’avviso pubblico per la concessione di contributi per adeguamento degli impianti sportivi comunali, che ci auguriamo non vada perso anche se con ogni probabilità sarà così.

Nei giorni scorsi infatti è stata pubblicata dalla Regione Puglia la graduatoria dei 102 progetti idonei per il finanziamento. Quello del comune di Galatina, inerente la realizzazione della pavimentazione del Palazzetto dello Sport,  è posizionato al 57° posto della graduatoria, ovvero tra quelli che probabilmente non beneficeranno dei fondi.

La dotazione finanzia messa a disposizione dalla Regione per i progetti presentati nel 2017 infatti è stata di circa 4,5 milioni e non saranno sufficienti a finanziare tutti i progetti idonei. Salvo dimenticanze da parte dei nostri amministratori, se il progetta verrà riproposto con il bando relativo al 2018, in cui è stata prevista una dotazione finanziaria di circa 8 milioni di euro, allora potremmo avere qualche speranza di essere finanziati  se riusciremo almeno a posizionarci tra i primi 80-85 in graduatoria.

 A questo punto, se consideriamo ancora una volta che nelle prime posizioni figurano, tra gli altri,  i progetti di Castrignano, Soleto, Racale, Taviano, Surano e Collepasso, giusto per citarne alcuni, appare chiaro come l’incapacità di presentare progetti validi non sia figlia del caso ma derivi da una carenza strutturale di competenze, esperienza e professionalità di questa amministrazione.

Non ci capacitiamo di come sia possibile perdere puntualmente finanziamenti su finanziamenti, soprattutto se consideriamo la necessità e l’urgenza degli interventi previsti da queste misure. Non capiamo cosa facciano e a cosa pensino tutto il giorno gli esponenti della maggioranza se non a cercare il modo di porre in essere azioni possano dare slancio alla nostra città e che riescano a dare credibilità alle favolette raccontate in campagna elettorale.

In una situazione del genere, in cui restano solo macerie e ad esse se ne aggiungono quotidianamente delle altre, appare del tutto improduttivo pensare alla sola promozione e sponsorizzazione di un territorio svilito come il nostro, attrattivo solo grazie alla propria storia ed alle proprie tradizioni, se poi i visitatori, gli utenti ed i cittadini non vengono messi di fronte alla concreta possibilità  di poter usufruire e di ammirare servizi e strutture all’altezza. E’ inutile e controproducente propagandare il proprio ego politico davanti a questi risultati umilianti ed eloquenti.

A questo punto, assodata l’assenza di quelle che sono le prerogative minime richieste ad una maggioranza di governo cittadino e superato abbondantemente il tempo per studiare ed apprendere il funzionamento della macchina amministrativa, sarebbe il caso che questa amministrazione, abbandonando l’arroganza e la presunzione che la contraddistingue, si facesse aiutare da qualcuno più esperto e competente per il bene della città.

Il Segretario

Pierluigi Mandorino

 
Di Marcello D'Acquarica (del 15/06/2020 @ 13:20:28, in NoiAmbiente, linkato 1293 volte)

Stamattina, seguendo il consiglio di Lino Sparafochi (Lino, tra parentesi, è il più ambientalista di Noha, perché oltre a dispiacersi delle oscenità dei perbenisti pronti a sparpagliare ovunque l’unica vera cosa che più sono in grado di produrre, vale a dire la spazzatura, si indigna a tal punto da venirmelo a raccontare), mi sono recato verso la Vora, dove Lino aveva avvistato dei rifiuti, tanti rifiuti.

E così, recatomi sul posto, mi sono reso conto che a partire dalla chiesa Madonna delle Grazie e poi verso sud, fino a Sirgole, nohani & co. esprimono tutta la loro “sensibilità” in tema di rispetto per l'ambiente e, dunque di loro stessi. Tanto, per lavarsi la coscienza, è sufficiente raccontare ai bambini delle scuole la favoletta degli alberi da piantare, del Piedibus, delle cartacce ai giardini, ecc. ecc.

Queste diciamo persone saranno così sensibili e così preparate da cogliere subito anche la gravità di un’altra ventina di ettari di pannelli fotovoltaici che stanno cercando di impiantare nelle campagne di Collemeto e, subito dopo, in quel di Porto Cesareo. Così come, qualche annetto fa, furono attente e pronte a fare le barricate, insieme ai loro degni rappresentanti al comune di Galatina, quando qualche SRL (società a responsabilità limitatissima, prima di pertinenza di alcuni spagnoli, poi la proprietà della società passò ai tedeschi) tentò di infilzare la campagna di Noha con una settantina di ettari di loculi solari.

Tanto per dirne un’altra, nel triangolo davanti ai giardini Madonna delle Grazie, i soliti ignoti, hanno prima gettato delle tapparelle; poi siccome sembrava brutto che le tapparelle soffrissero di solitudine ci hanno aggiunto dei copertoni di seconda mano e, per il meritato relax, qualche poltrona e divani. Però, siccome in giro c’era un bel po’ di Salvione crestu, e poi piantine di Camomilla, e Carote selvatiche, e altri fiori di campo (definite dal volgo: “erbacce”), il piromane di turno ha pensato bene “di far pulizia” appiccando un bel fuoco catartico.

Potevano lasciare in pace almeno la zona del Calvario? Nossignore. Se Calvario è, lo sia fino in fondo, anche in senso letterale. Ebbene in questa zona i volontari di NoiAmbiente (ex Fareambiente), avevano piantato tre Querce, e un Noce invece era spuntato da solo. Hanno bruciato tutto, e giacché c’erano anche ombrelloni, secchi di plastica e varie ed eventuali.

Continuando in questa specie di “passeggiata ecologica”, giungiamo nei pressi della Vora. Dove non hanno ancora appiccato il fuoco.

Strano. Si saranno esauriti i fiammiferi? O il gas dell’accendino?

Tranquilli. Che ci vuole. Per l’“igiene del mondo” (chissà chi ricorda i roghi nazisti) questo e altro.

Ultimamente non sono uscito di casa per via delle norme sulla pandemia, e speravo che questo incidente improvviso del Covid avesse fatto riflettere un po’ tutti sul guaio che stiamo combinando a questa benedetta Terra che ci dà la vita.

Evidentemente mi sbagliavo. Abbiamo ripreso come e peggio di prima.

Forse Lino Sparafochi ha ragione: siamo degli ottusi (per non usare l’espressione più colorita che forse renderebbe meglio l’idea).   

Marcello D’Acquarica

 

L’Amministrazione Comunale vara un piano per il rifacimento di alcune strade, e tanti chiedono a me quale possa essere stato il criterio di scelta usato, perché quella strada si e perché la parallela no. (esempio)

Chiedono a me, sbagliando indirizzo, “come persona informata dei fatti” come si usa dire in altri campi.

Dopo esagerate e quotidiane insistenze, per tenere bassa la tensione, e nel contempo agevolare il lavoro di chi amministra, mi sono solo limitato a raccontare cose viste, fatti vissuti.

Lo schema utilizzato per la scelta delle vie da sistemare, mi sembra di ricordare, era, in ordine, il seguente:

  1. Strade dissestate centrali ad alta frequenza, traffico intenso.
  2. Strade più o meno dissestate con traffico medio basso, ma con alta evidenza pubblica.
  3. Strade secondarie, strade periferiche, strade di campagna con alta concentrazione di case abitate, stradine urbane sterrate e dimenticate.

Il criterio di scelta, abbastanza complesso – considerato il numero esorbitante di metri quadri da asfaltare e le risorse da investire spesso esigue – era dettato dai suggerimenti, in ordine d’importanza, espresso da Sindaco, Assessori e Consiglieri Comunali; in una sorta di riunione di maggioranza, si apriva l’animato confronto e chiusa la discussione tutti consegnavano nelle salde mani di chi era deputato a compilare l’elenco, il biglietto con l’indicazione della strada “privilegiata”.

Si dava la priorità alle strade dove insisteva la propria abitazione, dei genitori, parenti e affini, da non scordare “i grandi elettori”, quelli che edificavano case su case, finanziatori occulti e manco tanto, e non per ultimo, i portatori sani di voti seri.

Ricordo che sull’elenco delle strade da sistemare mancava solo il numero civico, da quel momento in poi, il fortunato residente avrebbe potenzialmente salvato la madre da probabili cadute provocate da manto stradale sconnesso e i propri pneumatici dalle ingiurie delle buche.

Allora, qualcuno mi chiese se fosse mio desiderio fare sistemare Via Venezia, Rione Italia, vecchio Bronx, la via di mia Madre, che insieme a via Taranto formano la prima strada che collega Via Corigliano a Via San Lazzaro, una specie di provinciale percorsa ogni giorno da centinaia di automezzi.

Risposi senza indugiare che non era il caso; è passata una vita, i miei, mia madre e mio padre non ci sono più, la strada è ancora lì distrutta, anche se ormai ci passo poco.

Il ricordo spesso stimola altri ricordi:

Tanti e tanti anni fa, la vecchia DC e i Socialisti dell’epoca, avevano il controllo totale della cosa pubblica della nostra ridente Galatina, è inutile dire che non ce n’era per nessuno. Detto ciò, un giorno chiesi con simpatia, ad un consigliere comunale al comando, perché era stata inserita nell’elenco per il rifacimento del manto stradale una via con poche case, tale strada non corrispondeva a nessun nome dei suggeritori di palazzo Orsini; mi rispose, con aria severa, che di quella stradina poco frequentata non si dove parlare, si chiedeva totale discrezione, a protezione di una storia privata pericolosa, esplosiva, diciamo di alta sensibilità, richiesta fatta da un Amministratore della Città.

Per dirla tutta, in quella stradina, ad un determinato numero civico, viveva una donna, era “l’amante” dell’uomo di governo, un amore segreto, segretissimo.

Non chiedetemi nomi e cognomi ….. è passato troppo tempo e comunque non lo farei mai e poi mai.

Una storia vera che racconta uno spaccato della “prima repubblica” e bisogna dire che “in quei tempi là” tutto ciò era tanto chiaro fino a sembrare normale.

In questo tempo, invece, senza quasi rendercene conto, senza rumore, siamo già passati dalla seconda a “prima della prima repubblica”.

Il metodo di scelta delle strade da sistemare - prima la propria, insieme a quella di parenti, amici e portatori di voti - esiste da sempre, da quando hanno “inventato l’asfalto”, e menzogne a chi chiede di avere una strada dignitosa non si devono mai raccontare.

Vi ho narrato una storia, storia di cose viste, di fatti vissuti, che può aiutare quelli che verranno a tentare di  cambiare registro, a fare meglio, magari a scegliere le strade da sistemare cercando quelle disastrate in uguale misura, identificare la zona, misurare le risorse disponibili e magari estrarre a sorte, nella consapevolezza che strade e piazze, dando loro virtualmente un’anima, hanno uguali diritti, come hanno sacrosanti diritti tutti i cittadini che ci abitano e pagano le tasse.

Enzo Del Coco

 
Di Redazione (del 29/10/2021 @ 13:18:07, in Comunicato Stampa, linkato 520 volte)

Da ieri anche Galatina ha il suo Lilt point, per ora nella sede dei Servizi Sociali di via Montegrappa. Lo scopo dell’iniziativa è quello di far circolare, con la messa a disposizione di opuscoli e materiale informativo, le informazioni relative all’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori tra il personale e i numerosi cittadini che ogni giorno frequentano gli uffici. “Abbiamo aderito subito alla proposta di attivare un Lilt point- afferma l’ass. Maria Giaccari- perché il successo nella cura dei tumori passa soprattutto attraverso la prevenzione e la diagnosi precoce e pertanto è necessario sensibilizzare i cittadini a riconoscere i primi segnali della malattia. Con l’allentamento delle restrizioni dovute al Covid-19 i cittadini stanno riprendendo a frequentare gli uffici comunali e possono pertanto trovare informazioni utili su un tema sanitario molto complesso e delicato godendo anche della possibilità di un contatto telefonico che li possa indirizzare a seconda delle specifiche necessità.”

Sempre con l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza, il Comune di Galatina ha aderito anche quest’anno alla “campagna Nastro Rosa 2021” illuminando di rosa Palazzo Orsini nel mese di ottobre.

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 11/05/2018 @ 13:17:04, in Comunicato Stampa, linkato 1014 volte)

È in programma domenica 13 maggio la XXIV edizione della campagna nazionale Chiese Aperte che l’associazione Archeoclub Italia organizza per far conoscere il patrimonio culturale italiano, accrescere la curiosità intorno ad esso, riportare all’attenzione e rendere fruibili una serie di monumenti storici ed evitare che scompaiano nell'incuria e nell’indifferenza. Una iniziativa che ha il patrocinio dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici e della segreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana. Archeoclub Terra d’Arneo Nardò/Galatina aprirà a Galatina la chiesa della Purità e a Nardò le chiese di Santa Teresa e dell’Immacolata.

Nella mattina di domenica la chiesa sarà aperta dalle 10 alle 12 e nel pomeriggio dalle 16 alle 19 a Galatina, con l’ausilio dei soci e degli esperti di Archeoclub che metteranno a disposizione degli opuscoli informativi e guideranno i visitatori a scoprire i beni. L’evento è aperto a tutti e le visite sono gratuite. Con le preziosi collaborazioni dell’Istituto Immacolata ASP si è provveduto a pubblicare un opuscolo informativo e di Pro Loco a organizzare una visita guidata alle ore 15.30. Quest’ultima partirà dalla sede dell’associazione, in Via Umberto I, dove sarà possibile prenotare la propria adesione all’iniziativa.

 “Quando una città custodisce un patrimonio artistico e culturale che ha scandito la propria storia - spiega l’assessore alla Cultura di Galatina Cristina Dettù - vanta un onore unico e irripetibile. Un patrimonio che non è statico e fermo, anzi genera giorno dopo giorno, generazione dopo generazione, momenti di pura emozione. La Città di Galatina non smette mai di stupire per i tesori, tanti e preziosi, che si trovano tra le sue mura. A Galatina, la manifestazione nazionale "Chiese aperte", giunta alla XXIV edizione, riempie di luce la Chiesa della Purità: un'occasione per respirare profumo di storia e di storia dell'arte, per ammirare la bellezza, per scoprire i particolari, per lasciarci andare alla sua unicità. Un'apertura straordinaria che si pone nella direzione di trasformarsi nell'ordinario. Un progetto, un augurio, una collaborazione proficua: almeno per oggi una realtà.”

“Bisogna riscoprire le antiche radici della nostra civiltà e le sue forme artistiche più suggestive - spiega Antonietta Martignano, presidente di Archeoclub Terra d’Arneo Nardò/Galatina - perché è un dovere collettivo e perché questi tesori non possono restare nascosti o sfuggire alla fruizione di tutti. Sarà una giornata dedicata alla conoscenza di pezzi di patrimonio di due città bellissime.”

Ufficio Stampa Marcello Amante

 
Di Redazione (del 17/02/2020 @ 13:15:53, in Comunicato Stampa, linkato 866 volte)
Cutrofiano, la Città della Ceramica , questa sera sarà il palcoscenico per i festeggiamenti legati a Sant’Antonio da Padova.
Una tradizione lunga oltre 200 anni, e che per tale motivo è stata inserita all’interno dell’albo  dei rituali del fuoco della Regione Puglia, racconta la notte del 17 febbraio 1810, o addirittura quella del 1743,quando a seguito di un terremoto, le famiglie prese da spavento si riversarono per le strade e nelle campagne, ed iniziarono a pregare il Santo patrono, accendendo dei falò (focare) per riscaldarsi. I falò erano fatti con tralci di vigna, legna facilmente reperibile in campagna, data la potatura dei vigneti ancora in atto. Le preghiere votive e la fede fecero scampare il terribile pericolo del terremoto, per cui la devozione si rinnova di anno in anno.
All’interno del paese per tanto la tradizione vuole che si accendano i falò, circa 40, dopo il passaggio del Santo in processione che inizierà alle ore 19 al termine della celebrazione della Santa Messa. Le focare diventano così il luogo di ritrovo dei vari vicinati, per un momento di comunità, condivisione e convivialità, infatti accanto ai falò si imbandiscono tavolate con carne alla brace e alla pignata,pittule e bruschette accompagnate dal buon vino locale.
In Piazza Municipio invece ci sarà una focara collettiva organizzata dalle associazioni cutrofianesi con il Patrocinio e Contributo dell’Amministrazione Comunale, che potrà accogliere i vari visitatori che ogni anno arrivano nel paese per ammirare l’unicità della tradizione cutrofianese. Alle 21 con l’accensione pirotecnica della focara si darà inizio alla serata che vedrà la presenza di stand enogastronomici e tanta buona musica. Quest’anno vedrà si esibirà sul palco il gruppo IO TE E PUCCIA con ospite ANTONIO CASTRIGNANÒ.
 
Marco Forte
 

La nota diffusa dall'Amministrazione comunale, redatta su richiesta e sotto dettatura del consigliere Antonaci (come facilmente desumibile dalla lettura di uno dei suoi tanti autocelebranti post apparsi sui social poco prima) conferma la genesi della Commissione, così come conferma l'inganno perpetrato in spregio alle più elementari regole democratiche. Infatti, è chiara l’intenzione di voler mistificare la realtà, facendo apparire tale commissione guidata da un esponente della minoranza, quando è del tutto evidente che il "Presidente" è un componente della maggioranza che, oltre a suggerire allucinanti interventi a sua difesa, da oltre un anno in consiglio comunale si comporta in tal senso adeguandosi alle loro decisioni, magari con opportunistiche assenze. Un’amministrazione che in campagna elettorale si è vantata del sostegno da parte di autorevoli esponenti regionali, accogliendoli nella nostra città sempre con reverenza e sudditanza e che oggi si guardano bene dal tutelare il nostro ospedale dovendo difendere le ragioni di quello del proprio territorio (è il caso dell’assessore Leo di Copertino).

Riteniamo inoltre non dignitoso far parte di un organismo che millanta risultati non attribuibili certamente al lavoro della commissione ed oggettivamente riscontrabili da documenti che non possono essere sconfessati. Senza sottacere, infine, sull’incapacità politica del presidente che artatamente chiede collaborazione ma, nei fatti, non perde occasione per denigrare ed offendere i componenti della minoranza.

Prendiamo atto che, allo stato, non sussistono i presupposti per una discussione seria, oggettiva e non inquinata da ingiustificabili personalismi e, pertanto, abbiamo formalmente ed irrevocabilmente rassegnato le dimissioni.

Invitiamo, dunque, il Sindaco ad assumersi la piena responsabilità del ruolo che riveste. Ribadendo che saremo sempre al suo fianco per un’azione concreta a difesa del nostro nosocomio.

 

I CONSIGLIERI:

MARIANO EMANUELE

AMANTE MARCELLO

TUNDO LOREDANA

 

Aprea ordina ai cittadini di spalare la neve e il candidato sindaco Giampiero De Pascalis mette in evidenza i problemi per la sicurezza e chiede l’annullamento dell’ordinanza

«Chiedo scusa ai galatinesi e ai residenti delle frazioni perché nel giro di pochi giorni sono costretto ancora una volta a intervenire su questioni che riguardano l’amministrazione della città». Scuote la testa Giampiero De Pascalis, candidato sindaco per Cor, Psi, Udc, oltre alle civiche Agorà e La Città, leggendo l’ordinanza che impone ai cittadini di spalare la neve, a partire dal 9 gennaio, “a causa delle ingenti e straordinarie precipitazioni nevose e di persistenza della neve e di formazione di strati gelati, a tutti i proprietari, amministratori e/o conduttori di edifici privati, occupanti di abitazioni private e in via solidale ai titolari di negozi esercizi commerciali, magazzini ed in genere di tutti gli edifici prospicienti ad aree soggette a pubblico passaggio, di provvedere durante e dopo le nevicate a togliere cumuli di neve in corrispondenza degli ingressi delle proprietà”.

«Vorrei fare una campagna elettorale concentrandomi sul programma e dialogando con i cittadini sul modello di città che vorrebbero – afferma De Pascalis –, confrontandomi con le frazioni per individuarne i bisogni, ma – mio malgrado – devo intervenire ancora una volta per chiedere un richiamo alla saggezza in questa nostra Galatina sempre più allo sbando». La questione è tutta nell’ordinanza che «scarica sui cittadini un onere che spetta alla pubblica amministrazione, con tutte le implicazioni – in termini di sicurezza – che questa irrituale attività a cui dovrebbero sottoporsi può comportare». E poi spiega: «Fortunatamente l’emergenza e, forse, l’evento atmosferico eccezionale ha fatto perdere di vista alcuni aspetti non secondari. Non capisco perché i cittadini dovrebbero spalare la neve, mentre cade e a fine nevicata, non solo davanti all’ingresso delle loro abitazioni o negozi, ma anche lungo tutto il perimetro dei loro edifici sgombrando i marciapiedi e, se mancanti, spalando per una larghezza di un metro e mezzo. Per completare il lavoro, poi, gli improvvisati spalatori dovrebbero spargere sale e sabbia per evitare il formarsi di ghiaccio».

E la sicurezza? Questa la domanda di De Pascalis: «È stato valutato che l’ordinanza colpisce anche le persone anziane e i diversamente abili? In questi giorni la raccomandazione che hanno fatto le amministrazioni locali e gli operatori sanitari è stata quella di rimanere in casa per evitare rischi di cadute e incidenti stradali: perché i galatinesi dovrebbero essere un’eccezione? Peraltro tutti i reparti di Ortopedia degli ospedali salentini sono al completo con pazienti che hanno riportato traumi da cadute sul ghiaccio. E in ogni caso ricordo che il marciapiede è suolo pubblico e quindi la sua manutenzione spetta all’amministrazione comunale. I galatinesi hanno un forte senso civico, ma l’impegno richiesto va oltre le loro forze. Auspichiamo che l’ordinanza, a fronte delle problematiche sottolineate, sia annullata».

Maddalena Mongio'

 
Di Redazione (del 20/10/2023 @ 13:10:06, in Comunicato Stampa, linkato 341 volte)

Si è tenuto ieri a Galatina, presso il Teatro Cavallino Bianco, il primo degli incontri informativi organizzati da Terna per illustrare il progetto del nuovo Elettrodotto Italia-Grecia. L’opera è contenuta nel Piano biennale di sviluppo dell’Ente e collegherà i due Paesi con un doppio cavo a 380.000 V interrato (per 50 km) e sottomarino (per 250 km), con stazione di conversione corrente continua/alternata per la parte italiana a Galatina.

Erano presenti esponenti di diverse associazioni ambientaliste tra cui Italia Nostra Sez. Sud Salento (Mario Fiorella), Galatone Bene Comune (Antonio De Giorgi), Noi Ambiente e Beni Culturali (Marcello d’Acquarica)

Nella documentazione allegata alla proposta, tuttavia, non si evincono argomentazioni tecnico-scientifiche che giustifichino la realizzazione di tale infrastruttura, che si sommerebbe a quella esistente e realizzata una ventina di anni fa e che - si ricorda - solo grazie alla decisa opposizione delle associazioni ambientaliste e delle comunità locali fu convertita da devastante conduttura aerea, con decine di tralicci alti 36 metri, ad una interrata. Sono diversi gli aspetti che non hanno convinto gli ambientalisti presenti.

1.L’obiettivo di “rafforzare il ruolo dell’Italia quale hub elettrico del Mediterraneo” cozza violentemente con un elementare principio di pianificazione energetica, cioè quello di ragionare in termini di bacino per equilibrare domanda ed offerta di energia e annullare o ridurre gli scambi tra aree diverse, al fine di limitare perdite di trasporto e impatti ambientali, in un quadro di generazione distribuita;

2.L’altro obiettivo di “integrazione della produzione efficiente degli impianti alimentati da fonte rinnovabile non programmabile, con conseguente riduzione della over-generation” appare poco realistico, considerando che al contrario la generazione di energia da fonte rinnovabile è fortemente in ritardo rispetto agli obiettivi fissati dall’ultima PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima). Il Piano infatti si pone un obiettivo di copertura delle rinnovabili elettriche del 65% sui consumi finali di elettricità al 2030, mentre attualmente siamo al 30% circa, né si intravede come colmare tale gap, considerando l’attuale tendenza politica governativa al rilancio delle fonti fossili e del gas in particolare;

3.Il progetto prevede una nuova area di 7,5 ettari da adibire alla stazione di trasformazione nella campagna di Galatina, in un’area caratterizzata da valenza storico-culturali e costellata di insediamenti residenziali e ricettivi, mentre ignora il possibile riutilizzo almeno parziale della vicina centrale di trasformazione esistente, che resta ancora in gran parte inutilizzata;

4.L’approdo a mare interessa un’area delicata della costa di Melendugno, densa di emergenze storiche e archeologiche, che subirà gli impatti e le servitù conseguenti.

In definitiva, l’opera appare rispondente più a logiche di mercato legate agli scambi internazionali di energia elettrica, che a reali esigenze del territorio; da queste il territorio salentino rischia di ricevere solo impatti negativi, a fronte di vantaggi effimeri e miopi “compensazioni”, che però si teme scateneranno le bramosie delle amministrazioni locali.

I prossimi incontri informativi si terranno martedì 24 ottobre presso il Comune di Calimera e mercoledì 25 ottobre presso il Comune di Melendugno.

 

Galatone, 18 ottobre
Ing. Antonio De Giorgi
(settore energia Galatone Bene Comune)

 
Di Albino Campa (del 18/05/2012 @ 13:00:00, in TeleNoha , linkato 3377 volte)

Carlo Gervasi dice di prendere lui la delega per Noha qualora diventasse primo cittadino, Daniela Sindaco gli risponde a distanza "..ma se non sai nemmeno come si scrive Noha..."

Cosimo Montagna prende la parola e si scaglia contro l'avversario politico perchè venuto a conoscenza da pochi minuti dell'appoggio ufficiale del PDL a Gervasi.

 
Di Albino Campa (del 07/08/2009 @ 12:51:21, in NohaBlog, linkato 2855 volte)

Mi chiedo come sia possibile chiamare “centro” qualcosa che nascerà in periferia: misteri dei creativi del marketing.
Mi riferisco in questo momento al centro commerciale che nascerà fuori porta nel “comparto D7” nella campagna di Collemeto, votato di recente a maggioranza (con forse un solo voto contrario) dal consiglio comunale di Galatina.
Una trentina di ettari di campagna verranno fagocitati dal cemento e dai mattoni, per la gioia di quattro speculatori che, sventolando la consunta e falsa bandiera della cacofonica “ricaduta occupazionale”, si accaparreranno di una bella torta con panna, lasciando ai molti briciole, desolazione, inquinamento.
La nostra agricoltura sta morendo: il centro commerciale in campagna (e tutti gli altri comparti numerati) ne saranno l’eutanasia.
Agli ex-agricoltori nostrani non resterà che sistemare frutta e verdura (importata dall’estero) negli scaffali del novello centro, oppure dirigere il traffico dei parcheggi che ricopriranno i loro terreni.
Noi altri prepariamoci a metterci in macchina, di domenica, in fretta, in fila tra gli ingorghi, verso lo sconto ostentato, i neon luminescenti, l’appiattimento, la quantità che ammazza la qualità, l’Ikea-miraggio.
I piccoli negozianti, il supermercato sotto casa, il centro vero e storico, il dialogo, la solidarietà, la reale concorrenza, e molto altro ancora, vadano a farsi benedire.

Antonio Mellone 

 
Di Antonio Mellone (del 28/11/2020 @ 12:49:29, in I Beni Culturali, linkato 1343 volte)

Non c’è nohano che almeno una volta nel corso di una campagna elettorale per le comunali non abbia sentito il candidato di turno strepitare dalla tribuna dei comizi in merito alla torre dell’orologio di Noha: o per denunciarne il degrado, o addirittura per prometterne il recupero. Veramente dai suddetti palchi è schizzato via di tutto, talvolta anche sotto forma di grugniti o starnazzi, quando non ragli, e con tanto di belati di approvazione e scalpiccio di zoccoli, ovverosia ovazioni (lemma che deriverà probabilmente da ovis) e applausi dei followers del momento. Roba da farti rivalutare le tesi lombrosiane sulle quali avevi nutrito qualche riserva.

Ma lasciamo nell’urna (nel senso ormai di ossario) i pOLITICI trapassati e concentriamoci su di un’opera, la torre dunque, che ci auguriamo sopravviva a vecchi e nuovi imbonitori.

Ebbene sì, diffidente per diciamo educazione letteraria verso le emozioni e le parole già fatte proprie da altri, sono abituato, come asseriva Calvino, più a scoprire le bellezze nascoste e spurie che quelle palesi e indiscutibili. Voglio dire che mi ostino ancora a parlare delle Casiceddhre di Noha più che, per esempio, dei Sassi di Matera (benché manchi poco alle prime per diventare appunto dei sassi); della Throzza, ormai ricettacolo di bottiglie della Dreher (gli scemi birrazzamuniti sono pressoché topici), più che dell’orvietano Pozzo di San Patrizio; e finalmente della guglia nohana con orologio e campanile più che del Big Ben di Londra - dove la Nostra sembra dire alla sua gemella londinese: “keep me that now I fall” (tienimi che mo’ cado), per ottenerne poi in risposta: “Il Big Ben ha detto stop”.

Ora lo sanno pure i sassi di cui sopra che le campane della torre civica di Noha sono mute come manco il venerdì santo da almeno tre decenni: ma il problema vero non è tanto il loro marchingegno, e quindi le lancette dell’orologio pubblico più fermo della storia d’Italia, quanto la struttura portante dello stesso pinnacolo che rischia di rovinare a terra da un momento all’altro, atteso che né la mano visibile del governo né quella “invisibile” del mercato si sono mai degnate, come si dice, di mettere punta di niente su questo bene culturale eretto nel 1861.

Uno può pensare che la tutela del minareto di piazza San Michele non sia tra le emergenze del momento (evidentemente non lo è da un secolo e mezzo a questa parte) visti i mille problemi chiamati priorità che il Comune ha per la testa; poi gli capita di consultare qualche sito di informazione locale e s’imbatte nei trionfalistici comunicati stampa della Giunta come per esempio quelli di settembre scorso: il primo sulla “vita nuova” che avrà la Torre dell’orologio di Galatina grazie a un finanziamento di 140.000 euro da parte di non so più chi, e il secondo sugli ulteriori 130.000 euro destinati all’eradicazione dei pini del viale don Bosco. E qui uno viene colto da un duplice viluppo di sentimenti antitetici tra loro: da un lato non può che rallegrarsi per il restauro del torrione galatinese, nonostante il florilegio di “riqualificazioni” e “valorizzazioni” (tipici motti loro che sottendono quasi sempre un cartellino con codice a barre) e gli immancabili “turismo”, “turista”, “turistico”, come se un ambiente più prezioso e civile servisse più ai gitanti che ai residenti; e dall’altro va in escandescenze (una cosa del genere infatti farebbe venire i nervi perfino a Madre Teresa) non tanto al pensiero che viale don Bosco cambierà denominazione in via don Diboscato e la città passerà da “Ogm Free” a “Tree free”, ma per il fatto che non solo la classe dirigente ma anche buona parte della popolazione sia convinta che nel centro abitato si possa fare a meno degli alberi di alto fusto in quanto “creano problemi all’asfalto” (e non, al contrario, l’asfalto agli alberi). Questo è il livello.

Nel frattempo la Torre di Pisa di Noha ha quasi perso la pazienza, e tra poco qualche cornicione, nonché l’asta metallica che in cima alla cupoletta regge ancora per quotidiano miracolo la banderuola segnavento, e forse pure qualcos’altro.

Ora vedrai che s’inventeranno l’n-esimo decreto sicurezza: il che mi provocherebbe un’imprecazione, rigorosamente in pectore, che se proferita otterrebbe senza dubbio l’encomio della Cei, ma soltanto per lo sfoggio di conoscenze teologico-agiografiche.

I nostri posteri, invece, non esiteranno un secondo nel mandarci sonoramente in quel posto che inizia per f e finisce per anculo.  

Antonio Mellone

 
Di Albino Campa (del 18/05/2012 @ 12:49:27, in Cronaca, linkato 2420 volte)
Non si conoscono ancora le cause che hanno procurato l'incendio scoppiato sotto la tettoia di una casa in campagna, a Noha, contrada "Antifani", ma i residenti hanno temuto il peggio quando hanno capito che le fiamme si sarebbero potute propagare in direzione dell'abitazione.
 

Tutto è accaduto poco prima delle 14.35 del Fiamme sotto la tettoia. Incendio domato prima che raggiungesse l'abitazione
17/05/2012
, orario in cui sono poi giunti sul posto i mezzi dei vigili del fuoco del distaccamento di Maglie. Sotto la tettoia, nella parte esterna della casa rurale, i pompieri hanno individuato vario materiale avvolto dalle fiamme e grazie al loro intervento si è evitato che l'incendio si propagasse all'interno dell'abitazione. Avviate le indagini per stabilire le cause che hanno generato l'incendio.

 

fonte:lecceprima

 
Di Redazione (del 26/12/2022 @ 12:49:05, in Comunicato Stampa, linkato 259 volte)
Venerdì 30 Dicembre 2022, ci vediamo in Piazza Alighieri (nei pressi del Bar delle Rose) dalle 17:30 alle 19:30. Dopo due anni di interruzione causa pandemia, torna "Giocattoli in Movimento", la campagna del MoVimento 5 Stelle dove i protagonisti sono i sorrisi dei nostri bambini e i giocattoli, ma anche l’ambiente.
 
Riciclo, riutilizzo e scambio, infatti, sono tre azioni fondamentali che insieme tutelano l’ambiente e fanno del bene al prossimo, in questo caso ai bambini più bisognosi.
 
E dunque, vista la crisi e il fatto che molte famiglie si trovano in difficoltà e visto che il cambiamento climatico e l’inquinamento devono essere combattuti sempre, saremo presenti in piazza Venerdì a Galatina. 
 
COME FUNZIONA GIOCATTOLI IN MOVIMENTO? Porta due giocattoli, in cambio ne riceverai uno. E’ molto semplice: porta due o più giocattoli o libri per bambini al gazebo e in cambio ne potrai prendere uno a tua scelta. Oppure puoi semplicemente donare un gioco da destinare ad altri bimbi. 
 
Unico requisito: i giochi devono essere integri e utilizzabili.
 

I giocattoli raccolti ai nostri banchetti verranno donati ad associazioni di volontariato. Portiamo un po’ di felicità a bambini meno fortunati e non dimentichiamo che aiutiamo l’ambiente: riduciamo la produzione di plastica ed evitiamo che tanti giochi ancora utilizzabili finiscano in discarica.
 
Non ci sono scuse: il 30 Dicembre vi aspettiamo in piazza! Raggiungi il gazebo e porta i giocattoli che i tuoi bimbi non usano più. 
 
Trovate i banchetti più vicini qui:  https://portale.movimento5stelle.eu/geo-event/events-list
 
VI ASPETTIAMO!!!
 
GRUPPO TERRITORIALE M5S GALATINA
 
Di Raimondo Rodia (del 10/11/2018 @ 12:39:47, in Comunicato Stampa, linkato 1289 volte)

Finalmente dopo anni di lavoro, di attese e rinvii, ecco finalmente la prima festa del gatto nero. Sono contento non solo di aver finalmente realizzato questo evento, ad un certo punto mi sembrava che la scelta del 17 novembre era sbagliata dal punto di vista astrologico, visto che ogni anno saltava per le cause più disparate. Stavolta però ci siamo e particolare non trascurabile, almeno per me, averlo realizzato nel mio paese natale Tuglie. La Prima festa in difesa del Gatto Nero diventa realtà grazie non solo alla mia cocciutaggine ma anche all'aiuto delle tre associazioni culturali tugliesi che hanno reso possibile la manifestazione, Artistika, Le Officine, Amici della Biblioteca. Per questo evento, infatti, vorremo esorcizzare tutta l’energia negativa che richiama a sè altra energia negativa sviluppata dall’uomo, vestendoci TUTTI di nero ! Chi possiede un pò di fantasia potrà anche conciarsi da gattone nero o gattona, che ne dite ? Ci state ? Inizia così con l'aiuto e l'alleanza delle tre associazioni la campagna Nazionale di ” Riabilitazione Sociale del gatto Nero “, attraverso l’informazione e la sensibilizzazione, perseguendo i reati contro di essi, a partire dalle Sette Sataniche, ai crimini quotidiani della subcultura popolare. Siete tutti invitati sabato 17 novembre tra le 17 e le 21 nella prestigiosa sede della biblioteca Fiore Tommaso Gnoni in via Risorgimento, 19 a Tuglie, la sola vostra presenza sarà indice di considerazione e rispetto per queste splendide creature perseguitate da secoli, compresa la nostra epoca che per alcuni definirebbero ” civile ed evoluta “. L’evento prevede che appunto gli adulti con la loro presenza ed il vestire di nero, per richiamare i colori della festa, possono creare finalmente un attenzione ed un faro acceso in difesa di questo splendido felino. Per i più piccoli, veri protagonisti della serata ci saranno laboratori e letture con il seguente programma : alle ore 17.30: ci saranno laboratori creativi per bambini per creare sintonia con la festa, alle ore 18.30: letture per bambini ed alle ore 19.00 l'intervento di Raimondo Rodia che non solo spiegherà i fini ludici e sociali della festa, ma coinvolgerà grandi e piccini con favole ed aneddoti legati al gatto nero. Non vi resta che invitare tutti, ma proprio tutti gli amici dei Mici. Il gatto nero è sempre stato considerato portatore di sfortuna, perché si pensava che incarnasse il male. La giornata dedicata al gatto nero è il 17 novembre per due motivi: diciassette perché è il numero che rappresenta, per i superstiziosi, sfortuna e novembre perché è il mese in cui si raggiunge il culmine maggiore di uccisioni di mici neri. La diceria che il gatto nero porta sfortuna ha radici molto antiche e noi siamo qui a sfatare arcani pensieri e superstizioni.

Raimondo Rodia 

Ufficio Stampa evento

 
Di Redazione (del 14/03/2020 @ 12:26:30, in Comunicato Stampa, linkato 706 volte)

La difficile situazione sanitaria in Italia e nel mondo ci obbliga ad attenerci alle regole di sicurezza e prevenzione studiate ad hoc per contrastare la diffusione del Covid-19. Il conseguente blocco totale di tutte le attività e forme di aggregazione non poteva non colpire il mondo dello sport, in cui la pallavolo è stata la precorritrice, sospendendo per prima tutti i campionati organizzati dalla FIPAV.

Misure più stringenti poi sono state applicate dalla maggior parte delle società, tra cui Salento Best Volley, che ha annullato ogni forma di allenamento sia pur prevista in forme limitative dalle norme legislative.

Ora l’imperativo è rimanere in casa azzerando quasi del tutto la vita sociale: tutto ciò sta comportando una rivoluzione nelle nostre abitudini difficile da accettare e che potrebbe comportare un assorbimento di emotività negative.

La mancanza di impegni scolastici, seppur surrogati in alcuni casi dalla didattica a distanza, e di attività di svago e sport, penalizzano i nostri giovani che comunque sono stati edotti, responsabilmente, dalle famiglie sulla gravità della situazione.

Con un ottimismo tipico della freschezza mentale giovanile ecco allora nascere, spontaneamente, una marea di iniziative che la rete fa prolificare in modo esponenziale. E’ il caso dell’hashtag #iorestoacasa che imperversa sui social network ed è stato rilanciato anche dal ministro per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini.

Mai come oggi tale iniziativa è volutamente ridondante per la finalità che si propone nelle sue varie formulazioni, sintetizzando il provvedimento governativo di rimanere in casa e diventando una campagna di sensibilizzazione sociale.

Anche Salento Best Volley si allinea con tutti i suoi atleti e propone al settore giovanile un’iniziativa: vedere il mondo da un’angolazione diversa.

Un’idea che ci espone la nostra dirigente Zaira Gemma che così la illustra:” La vita tutti insieme sul divano è bella ma alla fine ci si stanca. E’ vero si studia con tempi dilatati, si dà una mano a sistemare le camerette, ci si tiene in movimento per non perdere la forma fisica come consigliato dagli allenatori, ma poi ci si annoia. Ed allora diciamolo con una storia o con un disegno come trascorriamo il nostro tempo dopo aver stravolto le abitudini. Condividiamo insieme il mondo visto da una prospettiva diversa taggando le vostre storie su INSTAGRAM @ s.b.v. olimpia o sulla pagina Facebook @ Salento Best Volley”. 

Per noi intrisi di pallavolo sarà dura ma dobbiamo resistere; tra poco tornerà tutto alla normalità e ricominceremo a giocare!

Il nostro sport ci insegna che per fare punti bisogna attaccare; ora è il momento di mettersi tutti “in difesa”.

Il nostro sport ci insegna che dobbiamo essere sempre mobili e rapidi negli spostamenti; ora è il momento di stare fermi, il più possibile.

Il nostro sport ci abitua ad usare con sapiente tecnica le mani; ora è il momento di usare” la testa” (le mani laviamocele con frequenza ed accuratamente).

Vinceremo anche questa, come sempre con compattezza e spirito di squadra. Contiamo su di voi: siete l’orgoglio di Salento Best Volley.

 

AREA COMUNICAZIONE

SBV OLIMPIA GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 30/09/2017 @ 12:14:33, in Comunicato Stampa, linkato 2067 volte)

“Nel Consiglio Comunale di Galatina, quello di martedì 26 settembre 2017, i lungimiranti politici locali, in maniera bipartisan, decidono finalmente di dire ad alta voce e addirittura all’unisono ‘Stop al consumo di territorio’, di annunciare al mondo che basta con il cemento e l’asfalto, e che non ha senso uccidere ulteriori 25 ettari di fertile campagna di contrada Cascioni attraverso la creazione di un inutile, anacronistico e dannoso mega-porco commerciale, promosso dagli speculatori di turno e caldeggiato da chi non coglie il senso dell’ulteriore dramma ecologico ed economico che ne deriverebbe.”.

Poi ti svegli, la dolce visione onirica svanisce, e ti ritrovi nel bel mezzo di un incubo.

“Sogno o son desto?” mi son più volte chiesto mentre ascoltavo allibito gli interventi dei miei Diciamo Rappresentanti politici in seno a quel consiglio comunale, pieno zeppo del nulla cosmico [bei tempi quando questo nulla era almeno comico, ndr.]: un nulla tuttavia pericoloso in grado ancora una volta di scrivere una delle pagine più losche della storia di Galatina.

C’era da discutere - ma invero di reali Discussioni Politiche, nemmeno l’ombra - sull’ennesima convenzione [o meglio circonvenzione, per giunta d’incapace, ndr.] tra Comune e Pantacom, la società a responsabilità segata che vorrebbe costruire un centro commerciale nella periferia di Collemeto.

Qualche dirigente comunale, in maniera maldestra e giacché c’era pure con mille refusi (e altrettanti pallosissimi interminabili “errata corrige” comunicati agli astanti Tafazzi), fa votare quasi all’unanimità, tranne un contrario, un paio di astenuti e i soliti assenti [per la verità, assenti anche quando fisicamente presenti, ndr.], l’ennesima modifica alla suddetta convenzione, dando così l’imprimatur alla definitiva approvazione dello scempio da parte della Regione, e spingendo la povera monaca di conza, vale a dire Galatina, verso la clausura nell’ennesimo centro commerciale.

La precedente versione della suddetta cir-convenzione [tra l’altro approvata da quasi tutti i consiglieri di destra: incluso dunque il PD, ndr.] prevedeva, a ristoro del macello ecologico derivante dalla colata, nientepopodimeno che un “parco urbano” di 5 ettari [da noi, una cosa del genere, è da considerarsi ormai come un bosco a tutti gli effetti, ndr.] con tanto “di piante, panchine, sentieri, impianti di illuminazione, e un’area giochi per bambini”. Insomma un’oasi nel deserto di fronte alla cattedrale [da intitolare probabilmente agli 800 beati/beoti martiri di Collemeto, quelli della famosa raccolta firme pro-Pat (Pat è il diminutivo, anzi il vezzeggiativo di Pantacom), ndr.].

Pare che per questioni legate all’aspetto idrogeologico dell’area non sia assolutamente possibile piantare degli alberi [e pensare che un tempo erano gli alberi il miglior antidoto a certi dissesti, ndr.], ma solo cespugli, sicché, anziché lasciare il mondo come sta e dire a Pantacom: “Signori, la convenzione è quella che abbiamo a suo tempo siglato insieme e da lì non ci muoviamo di un millimetro; questo è quanto; è stato un piacere; arrivederci”, si mettono invece a spianarle la strada, parlando di fantomatiche penali milionarie, e di altre simili minchiate, e barattano così il genius loci, il territorio e finanche la loro anima per 420.000 denari emessi dalla Bce [euro che, detto tra noi, Galatina vedrà con il binocolo, ndr.].

Ma quel che risulta oltremodo ridicolo [per fortuna il ridicolo non ha mai ammazzato nessuno, se no l’altra sera in quell’aula consiliare avrebbe fatto un’ecatombe, ndr.] è il livello del cosiddetto dibattito. Uno pensava che con le precedenti amministrazioni ci si fosse asintoticamente avvicinati allo zero. Ma a quanto pare, con l’attuale, non solo l’abbiam toccato, ma a breve saremo costretti a utilizzare i numeri relativi (in particolar modo quelli con il meno davanti).

Ora. Nessuno pretende che i consigli comunali locali siano dei seminari su Wittgenstein, e nemmeno che gli interventi siano perfetti e irreprensibili dal punto di vista della dizione [vabbè, qualche ‘nciarfisciamento ci sta pure: ma, per favore, non esageriamo, ndr.], o inappuntabili quanto a chiarezza o impeccabili nella sintassi, bensì soprattutto nella logica e nella coerenza politica, che spesso sono apparse, come dire, ossimoriche.

Intanto c’è stato l’intervento di un discreto manipolo di politici della maggioranza che han così tanto fatto brillare della loro stessa perspicuità il “nuovo modo di fare politica", da meritare sul campo (ad honorem, diciamo) il cambio di denominazione della loro fazione: da Andare Oltre ad Andare A Cagare [i perbenisti per favore si voltino dall’altra parte o bazzichino lontano il più possibile dai miei appunti, ndr.].

Gli esponenti di codesto gruppo (alcuni pivelli, o presunti tali) nelle loro dichiarazioni di voto sembravano ostili al mega-porco, anzi contrarissimi, convinti, ma così tanto, ma veramente tanto, che il sottoscritto, dagli spalti riservati al pubblico (sparuto, anzi sparito dalla circolazione), stava per sciogliersi in un caloroso applauso al loro indirizzo.

Un applauso davvero scrosciante, l’avrebbero meritato da lì a qualche minuto, allorché le loro manine si sono alzate nel voto unanime a favore della novella suddetta cir-convenzione-d’incapace-pro-porco-Pantacom: quando si dice Andare Oltre la coerenza, la dignità politica e la decenza.

C’è pure chi ha accennato – e te pareva - agli immancabili 200 posti di lavoro [gli interessati in cerca di occupazione inizino a mandare già sin d’ora i loro curricula, non si sa mai, ndr.], per concludere con l’ineffabile intervento del portavoce dei Cinque Stelle che ha votato No, ma ha blaterato di ristori o risarcimenti insufficienti per cui si sarebbe potuto magari chiedere di più, se non altro per l’enorme perdita di tempo da parte degli uffici della curia galatinese. Va bene, ma non era questo il punto principale.

I temi veramente importanti erano altri ed era necessario esplicitarli in quell’assise (se solo fossero stati pensati): e cioè che nessun risarcimento sarebbe stato sufficiente a riparare i danni di un mega-porco commerciale; che un consiglio comunale non è stato istituito per ratificare alcunché, men che meno le cir-convenzioni al ribasso con soggetti come Pantacom, società oltretutto “inattiva”, che non danno uno straccio di garanzia; che se davvero il gruppo più corposo della maggioranza avesse manifestato un pizzico di coerenza tra il dire e il fare, e soprattutto la schiena dritta, votando contro il mega-porco (com'era nei suoi propositi pre-elettorali), avrebbe con molte probabilità fermato la corsa verso il baratro, e non solo commerciale, di un intero territorio; che l’impianto di un centro commerciale oggi è così anacronistico che potrebbe esser paragonato all’utilizzo del Televideo per leggere le notizie; che i fantomatici (o pantacomici) risarcimenti a carico del comune sono una presa per il culo inventata da chissà chi [perché mai il comune avrebbe dovuto risarcire Pantacom? Perché non ha voluto cambiare la convenzione? E che cavolo di “convenzione” sarebbe codesta, etimologicamente parlando? ndr.]. E altre motivazioni del genere, ben più forti dell’insufficienza di un risarcimento.

*

Ma, a quanto m’è dato di capire, il vero problema qui non sono i rappresentanti, ma i rappresentati; non gli eletti ma gli elettori; non la Pantacom ma Galatina stessa. La bella addormentata nel bosco. Ormai scomparso. Per convenzione.

 

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 25/06/2016 @ 12:03:35, in NohaBlog, linkato 2426 volte)

Non credevo che i miei articoletti potessero arrivare fino a Collemeto. Potenza dei mezzi della tecnologia. Tipo Alice.

In genere li scrivo per una piccola cerchia di amici con la speranza che inizino a pensarla come una “ristrettissima minoranza di cittadini che non vede di buon occhio la nascita del centro commerciale”, piuttosto che come la nutritissima massa di economisti per caso, vaganti “per strada” o sostanti “davanti al bar” da mane a sera, che invece ne sono i fautori.

Premesso che in genere non mi metto a confutare le elucubrazioni degli altri, specie se da prima elementare, se non proprio da asilo Mariuccia, volevo puntualizzare il fatto che amo troppo Noha (e per la verità anche Galatina e Collemeto) per auspicare per la mia terra l’ennesimo stupro a base di cemento, asfalto, capannoni e vaniloqui con la scusa dello “sviluppo e dell’occupazione”.

Figurarsi, quindi, se “in fondo ma proprio in fondo” volessi un centro commerciale proprio dietro l’angolo di casa mia. Chi se lo dovesse augurare, secondo me, o come al solito non ha capito una beneamata mazza, oppure, se l’avesse capita, non sta poi tanto bene.

Prendo atto delle rassicurazioni in merito all’esistenza dei tanti investitori pronti a investire altrove i loro capitali: evidentemente i loro nomi saranno scritti in cielo, come manco il quarto segreto di Fatima, anzi di Galatina.

Di certo “l’investitore” principale, la fantomatica Pantacom srl, in base ai dati patrimoniali, economici, finanziari che si evincono dagli ultimi bilanci pubblicati non sembra essere, come dire, il magnate ideale, non dico in grado di assumere “i giovani disoccupati” di Collemeto o di risollevare “le attività economiche collemetesi in ginocchio”, ma nemmeno di fare il pieno di carburante alla prima ruspa eventualmente ottenuta in comodato gratuito e pronta a sbancare la povera campagna di contrada Cascioni.

E’ vero che Galatina sta attraversando un periodo di decadenza economico, culturale e sociale, ma non credo che questo dipenda dal pensiero di “una strettissima minoranza di cittadini” - di cui fa parte anche il sottoscritto, da sempre contro il mega-porco - quanto piuttosto dalla larghissima maggioranza di essi. Maggioranza che forse non ha ancora afferrato il fatto che un centro commerciale fuoriporta sarebbe il definitivo colpo di grazia a città e frazioni.

Lo so, lo so che è più divertente una partita a carte davanti al bar (magari giocando a “padrone” davanti ad una birra Peroni - anche se pare che a Collemeto indulgano volentieri alla birra del padrone Perrone, socio Pantacom) che la lettura dei libri (come per esempio il volume di Luigi De Gobbi: “Val-Mart fra Veneto City e Nave de Vero. Come i centri commerciali ci stanno impoverendo” – Edizioni del Faro, Trento, 2014, 15 euro circa) o lo studio dei report sul piccolo commercio che arranca sotto i colpi della grande distribuzione, ma anche degli infiniti articoli sul web sull’esperienza fallimentare della GDO che non sa più (in Italia e all’estero) come far riempire i carrelli dei clienti e quindi far tintinnare le casse, o sull’avvento del commercio on-line che sta rendendo inutili i già esistenti megastore. Ma la realtà purtroppo (o per fortuna) è questa, e non quella delle chiacchiere, appunto, da bar sport.

C’è chi chiama questa roba “pura fantasia”, ma temo che il vero “paese delle meraviglie” sia quello dei castelli in aria, anzi dei centri commerciali d’aria fritta, caldeggiati stavolta da un comitato spontaneo composto a quanto pare da almeno un paio di soggetti: Giuseppe e Bruno. Ovvero, in base alle firme olografe, Bruno e Giuseppe.

 Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 08/12/2023 @ 12:00:27, in Comunicato Stampa, linkato 161 volte)

Con l’apertura della fase congressuale dello scorso ottobre, sono decaduta dalla carica di componente dell’Assemblea Nazionale e di coordinatrice di Italia Viva Galatina.

Concludo così un’esperienza sicuramente gratificante e formativa, piena di momenti che negli anni mi hanno arricchita molto (dalle Assemblee Nazionali alle scuole di formazione politica passando dalla scorsa campagna elettorale per le amministrative galatinesi). In questi ultimi giorni ho ricevuto numerosi attestati di stima accompagnati dalla richiesta di continuare il percorso già intrapreso candidandomi alla guida di Italia Viva Galatina ma motivi personali e lavorativi non mi permettono in questo momento di poter ricoprire dei ruoli attivi in questa nuova fase del Partito.

Porto pertanto a chiunque mi succederà nel coordinamento cittadino, agli iscritti e ai simpatizzanti, i miei più sinceri auguri di buon lavoro.

Caterina Luceri

 
Di Marcello D'Acquarica (del 18/01/2015 @ 12:00:00, in NohaBlog, linkato 2332 volte)

Stimolato dal “dialogo” alquanto acceso, emerso in fine serata, al convegno che si è svolto l’otto gennaio presso il Centro Polivalente di Noha, mi sono voluto aggiornare sul problema che ha mandato in visibilio una parte di cittadini intervenuti e l’Assessore Roberta Forte accompagnata dal delegato per la frazione di Noha, avv. Daniela Sindaco.

Leggo quindi su di un sito locale un articolo del 4 dicembre scorso da parte dell’Associazione Difesa del Territorio sul degrado e lo scempio che riguarda la zona industriale di Galatina-Soleto, sul depuratore saccheggiato e abbandonato a se stesso e su una serie di aziende regolarmente allacciate  e per il quale servizio hanno pagato fior di quattrini, ma sono costrette a movimentare i reflui verso altri lidi. Se i presupposti su cui si vuole costruire il famigerato sito per il compostaggio dei rifiuti organici di Galatina sono questi, c’è ben poco da sperare.

(http://www.galatina.it/la-fognatura-della-zona-industriale-%C3%A8-stata-completata-ma-i-reflui-arrivano-nel-depuratore)

Questa deduzione è discutibile, non lo metto in dubbio, ma anche il contrario lo è, visto che stiamo trattando di una potenziale fonte di malattie tumorali, come se intorno a noi non ce ne fossero già abbastanza.

Non entro nel merito dei vantaggi o degli svantaggi di un sito di compostaggio, è sufficiente dedicare poche decine di minuti in rete per farsi una cultura a proposito.

Non nego neanche che capita di imbattersi facilmente in tanti bellissimi video di presentazione di siti illustrati e decantati come se fossero la panacea di tutti i mali o la gallina dalle uova d’oro. Si parla del pericolo del percolato, che altrimenti finirebbe nelle falde acquifere, del biogas per produrre energia elettrica e del compost per le nostre campagne al posto dei concimi chimici tanto criticati dai naturalisti. Ma, ahimè, non mancano le note dolenti. La rete è piena di istruzioni e di informazioni sulle modalità di trasformazione dei rifiuti organici del nostro bidone marrone in compost per l’agricoltura. Ma è piena anche di incidenti dovuti alla cattiva gestione dei siti. Per chi fosse interessato al proprio futuro allego delle brevi descrizioni con relativi riferimenti in rete:

-morti per inalazioni da compostaggio: http://roma.repubblica.it/cronaca/2014/07/28/news/aprilia_due_operai_morti_in_un_impianto_di_compostaggio-92577303/

-percolato nelle acque di scolo chiuso a Brindisi:

http://www.brindisioggi.it/percolato-nel-canale-si-scolo-e-puzza-consales-blocca-limpianto-di-compostaggio/
-soglie di tossicità controllate?:
http://www.aserramanna.it/2011/06/compostaggio-serramanna-pericolo-per-la-nostra-salute-o-no/

-se non è puzza è percolato:

 

-i consumi di energia  diminuiscono, (nel caso qualcuno pensi di usare il biogas per produrre energia elettrica):

 
 

E’ evidente che avviare a compostaggio i bio-rifiuti anziché sotterrarli in discarica o bruciarli convenga a tutti. Ma soprattutto converrà a chi ne ricaverà degli utili economici, e cioè i soliti privati. Ma noi mica siamo invidiosi se qualcuno, operando lealmente nel ciclo del recupero dei rifiuti, ricava degli utili economici. Quello che ci preoccupa invece è il fatto che nel nostro paese, soprattutto di questi tempi, parlare di lealtà è come fidarsi del diavolo. Perché in teoria tutto pare che funzioni perfettamente, mentre nella realtà avviene quanto succede al depuratore summenzionato dai nostri amici dell’Associazione Difesa del Territorio. Il fatto è che qui non stiamo parlando solo dell’ennesima cattedrale di cemento che ci toglie la terra da sotto i piedi, bensì di una potenziale fonte di malattie tumorali per i cittadini (compresi i nostri figli) di Galatina e dintorni.

Leggo ancora su un altro sito locale:

 “ricadute occupazionali immediate (per la costruzione dell’impianto) e a regime (le maestranze impiegate nella gestione). Infine – fa notare il consigliere regionale – una volta entrato in funzione, il compostaggio farà diminuire le imposte sulla spazzatura, sulle quali pesano i costi di trasporto della frazione umida dei rifiuti e gli oneri (presenti e futuri) dell’ecotassa”.

http://www.ilpaesenuovo.it/2014/01/25/siti-di-compostaggio-in-salento-ci-sono-i-finanziamenti-della-regione-galati-ottima-opportunita-galatina-si-candidi/

Maestranze? Quante? Diminuzione delle tariffe? Ma non doveva già accadere con la differenziata?

E poi ancora:
http://galatina.lecceprima.it/impianto-compostaggio-soleto-ato-lecce-2.html

“Cosimo Montagna, sindaco di Galatina, Graziano Vantaggiato primo cittadino di Soleto e Angelo Tondo, presidente del consorzio Asi, hanno commentato all’unisono l’intesa siglata: “La realizzazione degli impianti di compostaggio infatti ci libererà dalla schiavitù e dal disastro ambientale delle discariche, dal rischio ambientale che ne deriva e dai cattivi odori. Chiudere il cerchio con il potenziamento degli impianti di differenziazione e riciclo dei rifiuti è l’unica strada possibile contro l’incenerimento e le discariche. Un grande passo di civiltà ambientale nel rispetto del nostro territorio.”

Peccato che contro l’incenerimento e le discariche ci sarebbe anche l’impegno di ridurre la produzione di rifiuti, che fra l’altro compriamo tutti i giorni, e invece nessuno ne parla. Inoltre l’unico vero segno di civiltà ambientale che dovrebbero promuovere i nostri cari sindaci e il presidente ASI, è una campagna di informazione sul progetto con dati alla mano e demandare quindi la decisione di realizzare il sito di compostaggio  a professionisti competenti non di parte (e soprattutto senza interessi: ma sarebbe come trovare un ago nel pagliaio) e infine ad un referendum dei cittadini. Oppure a Galatina abbiamo deciso di compostare anche la democrazia?

Marcello D’Acquarica
 
Di Redazione (del 22/04/2017 @ 11:56:18, in Comunicato Stampa, linkato 1766 volte)

Domenica 23 aprile 2017, alle ore 12.00 in Piazza Alighieri, la candidata alla carica di Sindaco per le prossime Amministrative 2017 Paola Carrozzini, si presenterà ai cittadini galatinesi insieme alla “Coalizione per il Governo della Città”. Un’alleanza composta dal Partito Democratico e dalle liste civiche “Impegno Comune”, “Carrozzini Sindaco”, “Alleanza Civica” e “Galatina Popolare”.

Una coalizione formata da donne e uomini della società civile che vogliono, insieme alla candidata Paola Carrozzini, lavorare su alcuni punti programmatici fondamentali per la crescita della Città.

Sicurezza, lavoro, ambiente, giovani e anziani le parole chiave della campagna elettorale della coalizione. Impegni precisi da condividere con i cittadini di Galatina e le frazioni di Noha, Collemeto e Santa Barbara.

La Coalizione di Paola Carrozzini sottolinea che l’obiettivo primario è la ripresa della Città.

La valorizzazione del centro storico, del patrimonio artistico e sostenere le imprese verso una nuova crescita sono soltanto alcuni punti strategici del programma elettorale da condividere con i cittadini.

“Vogliamo Galatina e le sue Frazioni belle ed accoglienti, -  dichiara la Candidata Paola Carrozzini – migliorare la sicurezza urbana, strutture e servizi devono essere un punto di partenza per guardare oltre la crisi ad uno sviluppo sostenibile, fondato su turismo, cultura e ambiente”.

 

Galatina lì, 22 aprile 2017

Ufficio stampa

 
Di Albino Campa (del 14/06/2008 @ 11:45:39, in NohaBlog, linkato 6575 volte)

"Caro nohano-salentino, ovunque tu sia, se ti riconosci in almeno tre punti di questo decalogo, lascia un messaggio al sito della bellissima Noha


Sei Salentino se ti riconosci in almeno tre dei seguenti 10 punti:

  • Sei salentino se abiti in un paesino di 1000 abitanti, conosci tutto di tutti, e gli amici del paese ti chiamano col soprannome;
  • sei salentino quando ti lamenti sempre della tua città e quando sei fuori la vanti come se fosse il paese delle meraviglie;
  • sei salentino se pur non avendo un lavoro e un euro in tasca offri il caffè al bar ai tuoi amici;
  • sei salentino se parli con tutti e gridi anche se la persona a cui parli ti sta a 10 cm di distanza;
  • sei salentino se dopo 1 ora che hai conosciuto una persona la inviti nel Salento per le vacanze estive;
  • sei salentino quando dici di non essere permaloso e ti incazzi ad ogni appunto che ti fanno;
  • sei salentino se almeno una volta al mese usi il proverbio: "Comu la fazzu la sbaiu"!
  • sei salentino quando vai al nord e almeno una volta al giorno ti viene nostalgia della tua terra e della tua gente;
  • sei salentino se ti chiamano Terrone al Nord e non ti offendi. ANZI!
  • Sei salentino quando non ti vergogni della tua terra e ricordi sempre il luogo dove sei nato. Quando la esalti per il mare, la campagna e la buona cucina, i colori, i profumi, e il sole caldo anche d'inverno.

     

 
Di Redazione (del 22/08/2022 @ 11:32:35, in Comunicato Stampa, linkato 384 volte)

Si è parlato tanto di correre, di dare una spinta verso il futuro al nostro comune.

Un'occasione c'è, un'occasione della quale nessuno sta parlando, un'occasione che darebbe la possibilità ai giovani del comune di Galatina di essere più partecipi e protagonisti.

Parlo del bando della Regione Puglia “GALATTICA-RETE GIOVANI PUGLIA”, un bando che mette finalmente a disposizione dei fondi per Noi giovani, per noi che tanto vogliamo essere tirati in ballo e finalmente abbiamo la possibilità concreta di essere al centro di un progetto.

In breve “GALATTICA” è la nuova iniziativa della Regione Puglia diretta a fornire ai giovani pugliesi servizi per l'informazione, l'accompagnamento e il supporto all'attivazione ed a promuovere azioni di animazione territoriale tra pari, all'interno di spazi pubblici già destinati ad accogliere iniziative a favore del mondo giovanile.

Galatina soddisfa questi requisiti: le infrastrutture nel corso degli ultimi cinque anni sono state create, gli spazi ci sono ed i giovani sono motivati.

Invito quindi l'Amministrazione attuale a prendere atto di questa concreta possibilità di protagonismo per noi giovani e ad attuarla, per rendere partecipi le nuove generazioni come tanto detto in campagna elettorale.

 Stefano Ancora

 
Di Redazione (del 29/08/2022 @ 11:27:24, in Comunicato Stampa, linkato 378 volte)

Nell'ultimo Consiglio Comunale uno dei punti più controversi e dibattuti tra maggioranza e opposizione è stato quello dell'opportunità di costituire una apposita Commissione monotematica che si occupasse esclusivamente della riqualificazione e potenziamento delle funzioni del nostro Ospedale.

Il tema, in campagna elettorale, è stato così avvertito dai candidati Sindaco, che tutti hanno preso l'impegno solenne dinanzi alla cittadinanza Galatinese  che chiunque fosse stato eletto alla carica di primo cittadino si sarebbe occupato in modo netto dell'Ospedale. Per onestà intellettuale bisogna riconoscere che questo è stato il punto programmatico principale sviluppato dal Dott. Antonaci.

Bisogna altrettanto riconoscere alla consigliera comunale Dott.ssa Antonica  il fatto che nella sua campagna elettorale sia riuscita  a persuadere importanti leader nazionali a "scendere" nel nostro comune, facendo sì che si impegnassero a sostenere il proprio programma di governo della città qualora fosse diventata Sindaca.

In particolare il Presidente della Regione Michele Emiliano in un pubblico comizio a sostegno della sua '"amica Sandra" sollecitato da quest'ultima a prendere in esame la "questione" Ospedale di Galatina, si dichiarava aperto e disponibile ad attenzionare in modo scrupoloso l'argomento. Quindi con la Consigliera Antonica si ha un canale "privilegiato" con la massima autorità regionale. Un grande vantaggio per noi .

Queste dichiarazioni espresse anche con toni solenni ed aulici tipici delle campagne elettorali, ci  facevano presagire che sul tentativo di salvaguardare e potenziare le funzioni sanitarie del nostro Ospedale, chiunque sarebbe assurto alla carica di Sindaco avrebbe potuto contare su l'unanime sostegno di tutti i consiglieri comunali. Il sogno unitario.

Gli strali ed i segnali che giungono dal primo consiglio comunale non lasciano presagire nulla di buono perchè il primo provvedimento che ha riguardato l'Ospedale di Galatina e cioè la costituzione di una commissione speciale che si occupasse delle tematiche e criticità  del S. Caterina Novella non ha visto il voto unanime dei consiglieri comunali. Capisco e comprendo l'osservazione che taluni fanno in merito alla ridondanza di una commissione che va a sovrapporsi alle funzioni del Consiglio Comunale ,ma non comprendo invece che danno potrebbe determinare un ulteriore tavolo di confronto unitario e monotematico.

E' superfluo ricordare che è sempre il Sindaco ed il Consiglio Comunale a detenere la potestà e la rappresentanza amministrativa dei Galatinesi. 

Ed allora invito tutti a porre la massima attenzione sul fatto che ogni qualvolta vengano trattati gli argomenti nonchè tutti i  provvedimenti  riguardanti il nostro Ospedale ,essi devono necessariamente essere condivisi ed adottati unanimemente, in modo da dotare i rappresentati delle istituzioni Galatinesi di un mandato tanto forte che solo il principio dell'unanimità può attribuire loro .

Questo obbiettivo si potrà raggiungere solo se vi è un presupposto fondamentale e cioè quello di una condizione di uguaglianza dei soggetti coinvolti nel processo decisionale. E' necessario che tutti Voi eletti abbiate la consapevolezza di essere portatori di" verità parziali"  e non assolute che, però, condividete la disponibilità ad operare insieme in nome di un interesse collettivo comune da considerarsi assolutamente prevalente rispetto almeno ad una parte degli interessi individuali

E chissà se proprio la così controversa Commissione Speciale per la salvaguardia dell'Ospedale di Galatina non possa essere  il terreno più agevole a trovare le condivisioni e le sintesi per dare impulso al sogno unitario.

Elena Esposito

 
Di Redazione (del 09/07/2017 @ 11:26:19, in Lettere, linkato 2096 volte)

Purtoppo sono a segnalarvi, nel caso non ve ne foste già accorti, l'ennesimo rogo.

Purtroppo questa volta non è stato in aperta campagna, non è stato per la pessima abitudine, che alcuni hanno, di bruciare le stoppie, ma si è trattato di deficienza pura elevata all'ennesima potenza!!!

Il luogo è la fine di via Seneca, dove sino a pochi giorni fa alcuni palmizi facefano bella mostra di loro. lo stato attuale è quello che si vede in foto.

Nella, forse vana, speranza che i colpevoli vengano individuati e puniti come meritano, cordialmente saluto.

Ranieri De Leito

 
Di Albino Campa (del 21/04/2007 @ 11:26:08, in NohaBlog, linkato 4020 volte)

"Eccovi di seguito un brano di Antonio Mellone tratto da "il Galatino" n. 6, anno XL, del 30 marzo 2007, nel quale l'autore ricorda con un salto indietro nel tempo la figura del compianto don Gerardo Rizzo, sacerdote di Noha".

Don Gerardo Rizzo

Il 13 febbraio scorso si è spento serenamente don Gerardo Rizzo, sacerdote di Noha. Se n’è andato nel silenzio della notte, nella sua casa ubicata nella storica Piazzetta Trisciolo, quella stessa casa che fu di suo zio, il Monsignor Paolo Tundo, indimenticato arciprete di Noha.
Aveva ottantatre primavere, don Gerardo; e si può dire che abbia trascorso buona parte della sua vita nella sofferenza e negli acciacchi derivanti da un brutto incidente automobilistico accaduto nella seconda metà degli anni ’60; disgrazia che gli procurò una frattura multipla ad un femore. I postumi di quell’infortunio furono visibili, dolorosi, e permanenti; ma quanto più tormentosi, tanto più sopportati con pazienza e santa rassegnazione.
Io lo conoscevo praticamente da sempre, non solo perché egli era un mio “familiare”, (essendo cugino di mio padre), ma soprattutto perché da piccolo imberbe chierichetto, come tanti altri, “gli servivo la messa”: e questo decine, se non centinaia di volte.
Una volta mi capitò anche di servire una sua messa al cimitero di Noha. Era appena spuntata l’aurora… Ma dico subito che fu un’esperienza che non ripetei, in quanto l’atmosfera, la desolazione del cimitero, ed il suono a morto della campana della chiesa (che era un po’ distante dalla cappella nella quale si celebrava) - campana che io stesso, in solitudine in quella sagrestia, avevo azionato tirandone la fune - in quella mattina di nebbia, mi atterrirono così tanto che da allora rinunciai a ritornare in quel santo luogo in quegli orari nei quali quasi nessuno lo frequenta. Una volta in macchina sulla strada per il ritorno dissi subito a don Gerardo che al cimitero non ci avrei più messo piede proprio per quei motivi: mi rispose con una rassicurante risata…
Era così don Gerardo, di poche parole. E sovente taciturno, come assorto in preghiera.
Preparato, diligente, puntualissimo, mai prolisso era molto amato da grandi e piccoli, e molto gettonato soprattutto nelle confessioni sia per la sua notoria indulgenza e sia perché capiva subito chi aveva di fronte, onde la clemenza e l’assoluzione arrivavano nel breve volgere di qualche minuto (se non proprio nell’intorno di una manciata di secondi).
Ha celebrato per decenni la “terza messa” domenicale, quella delle undici “in punto”, messa cantata con tanto di coro ed organo, una messa seguitissima anche perché grazie alla sinteticità di don Gerardo, alle dodici meno venti preciso tutti i cittadini di Noha erano già da un pezzo fuori dalla chiesa, diretti alla volta delle loro case, là dove, da lì ad un quarto d’ora, sarebbero stati pronti ad assidersi per il desinare (a Noha si mangiava alle dodici in punto, anche la domenica: molti hanno mantenuto codesta “regola”).
Non amava, in effetti, le prediche interminabili o prolisse (come invece sovente accade), ma, direi, quelle concettose ma nello stesso tempo stringate ed essenziali. Diceva tutto quello che s’aveva da dire e lo faceva con proprietà di linguaggio e con citazioni dotte (molte proferite in latino perfetto), che denotavano lungo commercio con le lettere e con i libri, sui quali s’era pure consumato la vista. In effetti studiava sempre ed aveva una memoria straordinaria. Alla bisogna, ti spiegava tutto per filo e per segno: e non soltanto i testi dei Padri della Chiesa, ma anche quelli della letteratura italiana di ogni tempo.
Si dilettava anche a suonare l’organo a canne della Chiesa Madre di Noha nel corso della messa serotina e cantava anche con la sua voce cristallina ed intonatissima. Ricordo che una volta un “predicatore quaresimalista” introdusse la sua omelia proferendo queste parole: “Sarò breve…”. Non l’avesse mai fatto. Prontamente dalla postazione dell’organo (che nella chiesa di Noha si trova proprio di fronte all’ambone) don Gerardo gli fece quasi eco, rispondendo ad alta voce, quasi come si risponde ad un salmo responsoriale: “Speriamo!!!”.
Il predicatore dovette rispettare il suo intendimento, così esplicitamente proferito, ed approvato.
Avevo imparato a conoscere don Gerardo così bene (così come, da ragazzo, mi capitava di fare per molti personaggi di Noha - ma anche forestieri - studiandone movimenti, intonazione della voce e gesti) che la sua imitazione mi riusciva meglio di tutte le altre…

*

Alla fine del mese di maggio era tradizione che iniziasse a Noha nella cappella di S. Antonio di Padova la cerimonia della “tredicina” in onore del Santo. Gli incaricati per la celebrazione delle funzioni e della messa, da parte della signora Tetta, organizzatrice e sagrestana di quel grazioso tempietto, (un tempo in piena campagna, ora, ormai circondato da una meno romantica “villettopoli”) erano proprio don Gerardo Rizzo, mentre i chierichetti deputati al servizio sacro erano il mio amico e compagno di classe, Adriano, ed il sottoscritto. Siamo sul finire degli anni settanta e verso i primi degli anni ottanta.
Per don Gerardo potevamo servire la messa senza la tonaca rossa e la cotta: un’eccezione, uno strappo alla regola molto gradito da noi altri, anche perché nei pomeriggi di giugno la temperatura pur non essendo ancora torrida da noi è comunque calda.
Ci divertivamo un mondo e con don Gerardo si scherzava e si rideva sovente, prima o dopo la messa. Una volta però accadde “nel durante”.
Si era nel bel mezzo della celebrazione. Ad uno dei due ragazzi capitò uno svarione (che di fatto era un’inezia, che nemmeno ricordo). Ai due chierichetti, che si guardarono un attimo negli occhi, venne immediatamente un attacco di risate, che, sulle prime, si tentò di bloccare, soffocare, reprimere, o almeno frenare; poi fu trattenuto a stenti, e poi ancora sempre meno…
Insomma - e per farla breve - con il nostro continuo drammatico crescendo d’ilarità non dominata, ben presto contagiammo lo stesso don Gerardo il quale, per qualche interminabile decina di secondi dovette a sua volta interrompersi. Questo fece sì che i fedeli raccolti in preghiera in quella piccola chiesa s’accorgessero di tutto quanto avveniva sull’altare a pochissima distanza dai loro occhi ed orecchi, e, a loro volta, come accade per queste cose, pur non sapendo il motivo di tanto ridere, scoppiarono anch’essi in una fragorosa generale risata. Alla fine della messa, in macchina, diretti alla volta di piazza San Michele il centro di Noha, non fummo redarguiti, come pensavamo o temevamo: anzi continuammo ancora a ridere, e pare che, con questo, don Gerardo volesse dirci che la fede è gioia, letizia e che “[…] il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso …” [cfr. pag. 451, U. Eco, Il nome della rosa, La Biblioteca di Repubblica, Barcellona, 2002].
Le tredici splendide giornate di primavera inoltrata si concludevano, dunque, il tredici giugno con la festa del Santo Taumaturgo di Padova, con la benedizione e la distribuzione a tutti del pane benedetto…
Alla fine della tredicina, don Gerardo per ringraziarci della nostra assistenza ci portava a Galatina per offrirci un gelato (un tempo i gelati erano un lusso che si gustavano solo nelle domeniche pomeriggio d’estate, ed a volte nemmeno in quelle). Il bar di Galatina – bellissimo - era quello di Rafelino, ubicato in via Gallipoli, quello che produceva i gelati più buoni del Salento e quello (almeno così ci sembrava) che aveva inventato la panna montata, una delizia celestiale, una squisitezza morbida e vellutata che in quel gruppo di anni di oltre un quarto di secolo fa non tutti conoscevano. Prendevamo un cono a testa con tre gusti e con sopra tanta panna montata ed in macchina sorbivamo con lentezza quella leccornia sublime…
Ecco: a me piace ricordare proprio così il caro don Gerardo, mentre con la sua Fiat Cinquecento ci portava da Noha a Galatina per offrirci il gelato di Rafelino, sormontato da soffice candida panna montata.

ANTONIO MELLONE

 
Di Albino Campa (del 03/08/2012 @ 11:25:54, in Comunicato Stampa, linkato 2253 volte)

A pochi mesi dalla conclusione della campagna elettorale che ci ha visti protagonisti nella competizione per la guida amministrativa della Città, Galatina in Movimento, Galatina Altra, novaPolis e Movimento per il Rione Italia continuano la collaborazione per lo sviluppo e il rafforzamento di quel progetto condiviso per Galatina che ci ha uniti.
La decisione dei Movimenti, espressione della società civile, si colloca nel quadro di quell’idea per la città tendente alla cura ed allo sviluppo del territorio galatinese, prescindendo dal centralismo e dal condizionamento opprimente degli apparati di partito.
Un gruppo di liberi cittadini che, seppur provenienti da diverse identità culturali e percorsi politici, continuano ad essere convinti sostenitori di un nuovo modo di intendere e fare politica, rafforzati nel loro progetto dall’enorme sostegno ottenuto dalla città. La nostra può sembrare quasi una battaglia impossibile, tali idee ci trasformano in “Davide” contro i tanti “Golia” partitocratrici ma, a dispetto di ogni sondaggio e previsione, una moltitudine di donne e uomini galatinesi ci hanno dimostrato un'entusiasmante attenzione. L'osteggiamento di una strana e, politicamente, innaturale alleanza tra apparati partitocratici opposti ci ha fatto capire quanto pericolosa è considerata la nostra idea e come i partiti-apparati siano disposti a tutto pur di salvaguardare i loro feudi, posti seriamente a rischio.
Un’idea fuori dagli schemi è la ricchezza della nostra proposta, fondata sulla soluzione di problemi reali quali il lavoro, la salute, lo sviluppo, il tutto finalizzato a restituire alla città di Galatina l’importanza che le spetta.
Su tali presupposti i Movimenti proseguono il confronto costruttivo per un'intesa su progetti comuni e, scevri da ogni pregiudizio politico e culturale, concordano sull'urgente necessità di recuperare quei valori etici dimenticati dalla partitocrazia, affinché imprimano un'inversione di rotta in immagine ed obiettivi nell'azione politica per la città.
Nei nostri propositi non c’era e non c’è l'intento di realizzare un “cartello elettorale”, intendiamo proseguire la nostra azione e gettare le basi per la creazione di una piattaforma di valori democratici ed etici condivisi.
I cittadini di Galatina sollecitano il ritorno ad una gestione decente della cosa pubblica che faccia finalmente sentire agli stessi l'orgoglio di essere galatinesi.
Al Consigliere Comunale Dott. Marcello Amante, nostra espressione, il compito di rappresentare le nostre idee e proposte all’interno delle istituzioni.
Il confronto nasce fra i quattro Movimenti ma è aperto principalmente a quanti vorranno condividerne gli obiettivi, partecipando a pieno titolo allo sviluppo del progetto.

 

 

Nuova iniziativa dell’amministrazione e anche questa volta regna sovrana la confusione aggravata dalla scarsa trasparenza. L’assessore ai Lavori Pubblici, Loredana Tundo, ha invitato i consiglieri comunali a una “Passeggiata narrativa di comunità” che scimmiotta analoga iniziativa del Comune di Lecce partita già da tempo. Si tratta della partecipazione a un bando regionale che scadrà il prossimo 29 settembre per ottenere fondi collegati ai Pon Fesr-Fse 2014-2020 dedicati allo sviluppo sostenibile nelle aree urbane. E questo in sè è un bene, ma il punto è che bisogna indirizzare le risorse a ciò che serve effettivamente alla città.

Il Comune di Lecce ha puntato l’attenzione alle sue marine e attivato il percorso partecipato con passeggiate e dibattiti conclusivi per raccogliere spunti e idee. L’amministrazione scopiazza dimenticando un po’ di particolari non trascurabili. La maggiornanza ha deciso di puntare sul Villaggio azzurro, senza che nessuno – a parte loro – sappia come e perché. Questo bene, infatti, è inserito nel Piano delle alienazioni, ma con un tratto di arroganza che sin da subito ha contraddistinto questa amministrazione non hanno portato in Consiglio comunale la variazione di quel Piano, così come avrebbero dovuto fare.

Il commissario straordinario, Guido Aprea, convocò tutti i candidati alla carica di sindaco illustrandoci la situazione delle casse comunali e come quel Piano di alienazioni fosse necessario per l’equilibrio dei conti, così come richiesto dalla stessa Corte dei conti. A questo punto bisogna gridare al miracolo perché questa amministrazione, senza aver mosso un dito pare non aver più bisogno di quelle alienazioni. Ma se così è, perché la maggioranza vuole sfilare dalla vendita il “Villaggio azzurro” e non parte, invece, subito con togliere da quell’elenco il Sedile che ha una valenza storica, culturale e architettonica di ben altro livello?

L’annunciata operazione – a mezzo di una folkloristica passeggiata – come è stata pensata? Non sono chiari i bisogni dei cittadini a cui vuole rispondere. Perché il Villaggio azzurro quando abbiamo un degrado importante delle periferie e del centro storico, ad esempio.  E anche la trasparenza va a farsi benedire visto che la delibera di fine agosto con cui è stata approvata l’intenzione di partecipare al bando regionale non è più presente sul sito istituzionale. Si sono limitati ai 15 giorni canonici di pubblicazione sull’albo pretorio, necessari ai fini della leggittimità dell’atto sul piano giuridico, facendo finta di non sapere che le norme, impongono – una volta che è stata ultimata la pubblicazione sull’albo pretorio – di trasferire gli atti nella sezione Amministrazione trasparente per cinque anni e per ulteriori tre quando gli effetti di un atto non cessano al termine dei previsti cinque.

Il sindaco Amante ha fatto tante promesse in campagna elettorale, anche in tema di trasparenza e legalità: alle parole faccia seguire i fatti e non si affanni in imprese velleitarie che non danno risposta alle vere priorità della città.

Giampiero De Pascalis

Consigliere di opposizione della lista De Pascalis

 
Di Albino Campa (del 10/12/2010 @ 11:05:07, in Fotovoltaico, linkato 4009 volte)

Con una lettera raccomandata inviata in data 30 novembre 2010 che aveva come oggetto ” istanza di intervento tecnico per il controllo dei progetti denominati "Gamascia1- Società Fotowatio Italia Galatina S.r.l. " e "Galatina – Società SunRay Italy S.r.l." indirizzata al sindaco e per conoscenza all’assessore al ramo Carmine Spoti, ed inoltre a Maria Grazia Sederino Consigliere Comunale con delega all'Energia da fonti rinnovabili, il comitato ” I dialoghi di Noha ” a contestato la scelta di invadere il territorio con campi sterminati di silicio. Ma ecco il testo della missiva ” Gentilissimo Signor Sindaco e gentilissimi arch.tto Maria Grazia Sederino e avv. Carmine Spoti, con la presente, il Comitato "I Dialoghi di Noha", con i suoi degni rappresentanti Marcello D'Acquarica, Antonio Mellone, che supportati da oltre 350 cittadini che ne hanno condiviso le battaglie, lottando contro le facili concessioni volte a distruggere centinaia di ettari di campagna ( come per esempio le ben 11 concessioni "furbescamente" attigue in Contrada Roncella ), si appellano alle Vostre Autorità affinché vengano autorizzati ed eseguiti in tempi brevi, da parte degli enti tecnici competenti, come già avvenuto per la concessione in area Duca, i controlli dei progetti in oggetto, come prescritto nelle norme di sicurezza delle Autorizzazioni Uniche pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 90 del 20.05.2010 di SunRay S.r.l. e n. 148 del 23.09.2010 di Fotowatio S.r.l. Fra le condizioni poste sui Bollettini indicati, è spesso presente il diniego dell'uso del cemento (vedi per es. al punto 15 di pag. 14665 del B.U.R.P. n. 90), cosa che contrasta fortemente con la probabile costruzione di una mega centrale elettrica su piattaforma in cemento armato volturata dalle due società suddette in favore di TERNA – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. Sono tante le potenziali incongruenze da verificarsi in corso d'opera.

A titolo esemplificativo si citano alcune: i possibili ritrovamenti archeologici; la corrispondenza ai dettami che riguardano il divieto dell'uso di prodotti chimici; l'autorizzazione allo scavo di pozzi per l'utilizzazione delle acque sotterranee; il controllo delle piantumazioni perimetrali; le distanze dal ciglio strada e dalle abitazioni; la recinzione, che deve essere realizzata lasciando ogni 10 metri varchi delle dimensioni di 40×40 cm, o in alternativa la rete deve essere posta ad un'altezza di 30 cm dal suolo, al fine di consentire il passaggio di animali selvatici; la costruzione delle piste provvisorie all'interno dell'area, che invece sembrano essere state fatte in modo definitivo; i termini di inizio, completamento e collaudi; le eventuali depressioni morfologiche soggette a fenomeni alluvionali; gli scavi dei cavi-dotti di attraversamento delle S.P. 41 e 47; l'autorizzazione per gli eventuali tagli di piante di origine naturale e non, e la salvaguardia dei muretti a secco presenti sul confine delle aree delle società interessate. In riferimento all'articolo 9 del Bollettino n. 90, che dice:

…il controllo e le verifiche sono demandate al Comune, la Regione Puglia Servizio Energia, Reti e Infrastrutture materiali per lo sviluppo si riserva ogni successivo ulteriore accertamento…, chiediamo, quindi, che siano monitorate, mediante l'Ufficio Tecnico e la vigilanza edilizia, le attività degli impianti relativi alle Autorizzazioni Uniche rilasciate alle Società SunRay Italy S.r.l. ed alla Società Fotowatio Italia Galatina S.r.l. “.

Pare che in risposta alla lettera proprio oggi a detta del consigliere comunale Pepe si svolgeranno i controlli, da parte delle autorità comunali preposte, calendarizzati e programmati per venerdì 10 dicembre. Vi terremo sicuramente informati sui risvolti e controlli e sopratutto sulle scelte finali dell’amministrazione comunale Coluccia riguardo l’impianti in questione, ricordando, come già l’attuale amministrazione si sia spesa in favore di questi progetti, in cambio di ammodernamenti e costruzioni di nuovi canili comunali, oppure la manuntenzione delle villette cittadine S. Francesco in centro e Giovanni Fedele nel rione Italia.


Raimondo Rodia
http://galatina.blogolandia.it/

 
Di Redazione (del 14/07/2016 @ 10:57:00, in NohaBlog, linkato 2123 volte)

Sveglia ore 06.00, una mattina come tutte le altre, colazione, doccia e subito in stazione. Quante volte abbiamo preso quel treno senza mai pensare a cosa sarebbe potuto accadere ieri, oggi!

The day after.. Lacrime di un dolore inatteso, che squarcia la pace  rurale di una caldissima mattina di luglio. Non c’è tempo per la ragione, i giudizi, per i “forse sarebbe andata diversamente se..” Non c’è tempo!

Antonino aveva solo 15 anni, era in quel treno perché doveva sostenere gli esami di recupero di alcune materie scolastiche. La mattina aveva mal di pancia ed il padre gli aveva consigliato di non andarci ma, con il senso del dovere non tipicamente di un ragazzetto della sua età, gli aveva ribadito l’impegno preso.

Jolanda a settembre si sarebbe dovuta sposare. Il suo fidanzato, all’uscita dall’obitorio, urla disperato alla notizia della sua morte. Avevano sognato una vita d’amore e felicità, l’emozione futura dell’arrivo del primo figlio, i piccoli battibecchi che contraddistinguono tutte le coppie, il bacio della buonanotte nella stessa casa e gli abbracci carichi di forza di fronte ai momenti più cupi della vita.

Fulvio, originario di Galatina, dopo anni di sacrifici e lavoro, stava  rientrando in sede,dopo le meritate vacanze.  Una sua collega ancora sente risuonare le urla della moglie, in ospedale dal marito, già conscia della tragedia che l’aveva investita.

Patty, occhi chiari e bellezza genuina, era estetista e prendeva quel treno tutte le mattine per recarsi al lavoro. Ad attenderla a casa c’è ancora la sua bambina che da oggi dovrà fare a meno dei baci, degli abbracci, delle lacrime asciugate di una madre che è morta per assicurarle un futuro migliore.

E’ il tempo della solidarietà, delle code in ospedale a donare il proprio sangue per salvare quelle povere persone che hanno visto la morte in pieno volto, che hanno combattuto contro il sonno perenne, che hanno pianto, pregato, aiutato gli altri e sperato nella salvezza. Persone segnate psicologicamente e che quest’esperienza non la dimenticheranno mai, che torneranno a casa riabbracciando i loro cari come non li vedessero da anni e che pregheranno per coloro che hanno intrapreso il viaggio verso il Paradiso.

Qualcuno ha paragonato questo tragico evento ad un 11 settembre, qualcun altro ha affermato che si tratta di un’esagerazione. Non è il numero dei corpi a stabilire la gravità di un incidente perché il dolore annichilente di uno è la disgrazia di tanti.

L’oscurità sta calando in questo secondo giorno sulla campagna pugliese tinta di rosso e nero. Solo il rumore delle ruspe, che scavano tra le macerie, irrompe su una regione segnata dalla disperazione. I pugliesi hanno preferito al mare la solidarietà, il dono di se stessi per la salvezza dell’altro.

“Perché forte come la morte c’è solo l’amore!”

Antonella

 
Di Albino Campa (del 23/05/2012 @ 10:56:46, in Comunicato Stampa, linkato 2802 volte)

Ringrazio sinceramente tutti gli elettori che ancora una volta hanno voluto dimostrare la loro fiducia nei miei confronti sostenendomi in questa campagna elettorale: agirò coscientemente per il bene della collettività.
La situazione economico-finanziaria presente all’indomani della mia sfiducia mi porta a ritenere indispensabile un impegno serio, ponderato e puntuale da parte di tutti.
Quello che auguro all’Amministrazione Montagna, e che mi auguro come cittadino prima e come consigliere dopo, è che si riesca a garantire la stabilità di governo conditio indispensabile per la realizzazione di progetti condivisi e per lo sviluppo del nostro territorio.
Ritorno ad essere “membro dell’opposizione”, consapevole che anche in questo ruolo bisogna operare responsabilmente. La mia non sarà “la politica dei no a prescindere” bensì un’attività costruttiva per il bene del territorio: i progetti validi vanno sempre condivisi qualunque sia il colore di chi li propone.
Nel ringraziarVi ancora una volta per il supporto datomi, ribadisco la mia disponibilità ad ascoltare tutte le istanze da tradurre in progetti concreti per contribuire in maniera forte alla realizzazione di tutte quelle potenzialità da sempre riconosciute a Galatina,Noha, Collemeto e Santa Barbara.

Giancarlo Coluccia

 
Di Redazione (del 08/06/2019 @ 10:44:24, in Comunicato Stampa, linkato 1090 volte)

Giornata di presentazione del Cammino del Salento - progetto dedicato al turismo lento ed esperienziale, finanziato dalla Regione Puglia e Vincitore PIN - Pugliesi innovativi.

Cammino del Salento Festival è tra gli eventi della rassegna estiva “A Cuore Scalzo” del comune di Galatina.

L'evento avrà inizio alle ore 18:00 presso la Basilica di S. Caterina d'Alessandria a Galatina, con una passeggiata guidata gratuita alla scoperta della città. Ultima tappa: il Chiostro Palazzo della Cultura.

Alle ore 20:15 si giungerà al Chiostro, dove il progetto Cammino del Salento sarà presentato dal suo staff, grazie ad attività esperienziali e informative.

Alla manifestazione parteciperanno alcuni tra i sindaci e assessori dei comuni attraversati dal Cammino del Salento.

A conclusione della presentazione: spettacolo musicale con il Cantastorie P40

Ingresso libero.

Cammino del Salento: 133 km a piedi da Lecce al santuario de Finibus Terrae di Santa Maria di Leuca

Da Lecce si sviluppa un percorso, suddiviso in tappe percorribili a piedi o in bici, verso il santuario De Finibus Terrae, ai confini della terra, situato a Santa Maria di Leuca: è la fine del mondo, estremità della terra che si fa penisola, sopra alle scalinate infinite che guardano due mari, Adriatico e Ionio. Il Santuario si trova all'estremo lembo orientale d'Italia e vi sono giunti, da ogni dove, pontefici, santi, uomini illustri e tantissimi pellegrini, per rendere omaggio alla Madonna de Finibus Terræ.

Il Cammino del Salento propone un percorso inedito e alternativo alle vie antiche (Sallentina, Leucadense e Traiana Calabra). Si estende per 133 km da Lecce a Leuca, tra sentieri sterrati, vie di campagna e tratti costieri. È stato tracciato per essere percorribile in tutte le stagioni dell'anno, anche senza GPS, grazie alla sua segnaletica minimale, identificativa e a basso impatto ambientale.

Leuca è l’ultima tappa del Cammino del Salento, nel santuario si riceverà l’ultimo timbro sul passaporto del pellegrino, documento di viaggio che accompagnerà il camminatore e grazie al quale avrà diritto a sconti dedicati. Sono 23 i comuni attraversati: ad ogni passaggio il passaporto verrà timbrato, a ricordo e testimonianza del cammino percorso. Infatti, arrivato al santuario de Finibus Terrae, il camminatore esibendo il passaporto con i timbri riceverà un Testimonium, vale a dire l’attestato che viene rilasciato al termine di un pellegrinaggio.

Il Cammino del Salento consentirà ai viaggiatori di ammirare splendide bellezze naturali e artistiche, un cammino da percorrere in qualsiasi stagione dell’anno, tra muretti a secco e pajare, grandiosi santuari e piccole cappelle, tradizioni e folklore.

I territori attraversati sono in ordine: Lecce, San Cesario, San Donato, Galugnano, Sternatia, Soleto, Galatina, Corigliano, Melpignano, Cursi, Palmariggi, Giurdignano, Otranto, Porto Badisco, Santa Cesarea Terme, Castro, Marittima, Tricase, Tiggiano, Corsano, Barbarano del Capo, Patù, Santa Maria di Leuca. Ogni comune è stato valorizzato al meglio, infatti il tracciato realizzato collega tutti i punti di interesse storici e naturali di ognuna delle 23 località attraversate. Questo vuol dire che, pur essendo il camminatore libero di fare tutti i “fuori percorso” che desidera, troverà lungo il cammino tracciato le cose più belle da vedere e da fare.

Abbiamo fatto convenzioni in ogni comune attraversato in modo da garantire ai camminatori sconti dedicati presso le strutture ricettive. Inoltre abbiamo ideato in partnership con i vari ristoranti il “menù del pellegrino”, un pasto completo a un prezzo speciale. Abbiamo progettato in collaborazione con le associazioni e professionisti del territorio una serie di esperienze lungo il Cammino del Salento, come ad esempio: visite guidate all’interno di frantoi ipogei, lezioni di terracotta, lezioni di cucina tipica salentina, la vendemmia, raccolta olive, giri in barca, lezioni di surf, kayak, e tante altre.

Sul nostro sito ufficiale www.camminodelsalento.it sono disponibili itinerari, alloggi, esperienze, tracciati e viaggi di gruppo organizzati. La guida del Cammino del Salento sarà pubblicata a settembre 2019.

Cammino del Salento è un progetto Vincitore PIN – Pugliesi Innovativi - Iniziativa promossa dalle Politiche Giovanili della Regione Puglia e ARTI.

 

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Web                        www.camminodelsalento.it

Email ufficiale       info@camminodelsalento.it

 

Le ideatrici

Federica Miglietta, 29 anni, laureata in ingegneria civile, master in International Hospitality Management, esperienza decennale nell’accoglienza.

Mariarita Scarpino, 31 anni, due lauree magistrali in discipline musicali e chitarra, specialista nell’organizzazione di eventi e creazione di esperienze musicali.

L’8 marzo 2019 costituiscono una società: FEM srls, via dei cotamari 3 Cutrofiano – Fornitura di servizi nel campo del settore turistico; attività di promozione turistica e territoriale.

 

 

 
Di Redazione (del 27/02/2022 @ 10:33:57, in Comunicato Stampa, linkato 642 volte)

Si parla di “assistenza territoriale”, cosa ben distinta dal concetto classico di “Ospedale” che è tutt’altra cosa. Infatti il Santa Caterina Novella, in questa fase, non è interessato in alcun modo. Gli Ospedali di Comunità sono strutture a sé stanti in immobili di proprietà pubblica, per ricovero breve, con 20 o 40 posti letto e a gestione prevalentemente infermieristica con la supervisione dei medici e pediatri di medicina generale di base.

Un anello a completamento di quanto già previsto nel “Patto per la salute 2014-2016” con una funzione intermedia tra la cura domiciliare e il ricovero ospedaliero, per quei pazienti che necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica e con la funzione anche di facilitare la transizione dei pazienti dalle strutture ospedaliere per acuti al proprio domicilio, consentendo alle famiglie di avere il tempo necessario per adeguare l’ambiente domestico e renderlo più adatto alle esigenze di cura dei propri cari.

Un tassello importante, insomma, in una organizzazione sanitaria regionale che dovrà essere sempre meno “ospedalicentrica” per divenire sempre più “territoriale”, tant’è che già nel 2018 con DGR 1977 è stato approvato il regolamento e il modello organizzativo di funzionamento dell’Ospedale di Comunità.

Se nel 2020 in Veneto erano già attivi 69 Ospedali di Comunità, in Emilia Romagna 26 e in Toscana o Lombardia 20 nella maggior parte delle regioni del sud, compresa la nostra, secondo i documenti inviati dal governo all’UE a corredo del PNRR, non se ne contava ufficialmente nessuno. 

Ben vengano allora i fondi PNRR, con i quali si prevede di recuperare il gap con il nord del paese, e che danno la possibilità di realizzare in Puglia fino a 25 Ospedali di Comunità e altrettante Case di Comunità.

È per questo che accolgo senza remora alcuna l’invito rivoltomi da Sandra Antonica e Antonio Antonaci ad immaginare un percorso comune nell’interesse generale della comunità galatinese, nel rispetto e con le possibilità del ruolo ricoperto.  Da Sindaco, nonché massima autorità sanitaria cittadina, ho ovviamente seguito con attenzione lo sviluppo degli eventi. Ad oggi tutto è demandato alle decisioni regionali, e le informazioni di stampa dei giorni scorsi, seppur con un fondamento logico, rimangono pur sempre indiscrezioni. In questo periodo sono state elaborate ipotesi, avanzate proposte e inviate disponibilità di candidature, compresa quella della città di Galatina a mia firma con la quale ho messo a disposizione quanto necessario ad ospitare l’Ospedale o la Casa di Comunità.

Ho sempre inteso il mio ruolo di Sindaco come una Istituzione deputata al dialogo, seppur quando necessario anche in modo franco e deciso, ho voluto sempre rimarcare il concetto di dignità di una Politica svolta nell’interesse esclusivo della comunità che si rappresenta. Nessuna remora allora, ben venga l’interessamento ad affiancare il Sindaco di chi si candida a guidare la città, perché il diritto di cura non conosce “parti politiche” e non può essere oggetto divisivo da campagna elettorale

Marcello Pasquale Amante

Sindaco di Galatina

 
Di Albino Campa (del 07/10/2010 @ 10:31:15, in Comunicato Stampa, linkato 3632 volte)

 “Tu non conosci il Sud: leggendo Vittorio Bodini ”
 Un paese che legge è una storia bellissima
Novità, eventi e attività in biblioteca

Ruota intorno alla figura del grande poeta e letterato del ‘900 il  programma che il Sistema Bibliotecario della Provincia di Lecce ha scelto di lanciare quest’anno, aderendo alla campagna nazionale di promozione della lettura .
Una scelta conforme e brillante per sviluppare il  tema proposto alla V edizione,  “Parole d’ Italia ”, coniugare il tema risorgimentale e le numerose identità culturali del nostro paese, nel  contesto  europeo.

La Città di Galatina per il tramite della Biblioteca Comunale, in rete con Università Scuola e  Associazioni Culturali, partecipa all’iniziativa  dedicata all’autore, che negli anni ‘41-‘44,  fu illustre docente del Liceo “P. Colonna”, con una serie di appuntamenti e di novità anche per i piccoli lettori.

Le iniziative in calendario non presentano carattere celebrativo, tuttavia è evidente che il filo conduttore può promuovere un rinnovato senso civico e di appartenenza, una più forte consapevolezza della complessità della nostra storia, delle peculiarità di una terra fertile, del  dinamismo del Salento, ma anche delle contraddizioni e delle problematiche  di oggi e di quelle di ieri.

Sono altresì occasioni che danno visibilità al valore delle attività  degli  operatori del settore. Le biblioteche non offrono  ai cittadini solo servizi che favoriscono la crescita culturale individuale . Si confermano sempre più come centri di aggregazione.

La Bibliomediateca e il Museo Civico di Galatina, nell’ex Convento dei Domenicani, ora Palazzo “Z. Rizzelli”, sono agenti che quotidianamente investono e sono investiti in manifestazioni che aumentano l’offerta culturale del territorio.
In servizi che per essere qualificati richiedono adeguata competenza ed  impegno non disgiunti da creatività e fantasia  soprattutto quando sono rivolti agli utenti più piccoli.
Che saranno i protagonisti dell’ Ammutinamento in biblioteca, laboratorio ludico-didattico rivolto agli studenti della classe quinta della scuola primaria. Una divertente caccia al tesoro, nelle ore pomeridiane di martedì 26 e giovedì 28 ottobre,  per esplorare e trovare indizi tra i volumi della biblioteca, alla ricerca di versi del Bodini. I bambini partecipanti dovranno essere accompagnati in biblioteca dai genitori che avranno cura di  prenotare l’iscrizione, utilizzando apposito modulo.

La campagna promozionale prende il via venerdì 8 ottobre, giornata di inaugurazione, nelle sale del Museo, della Mostra di  pittura e scultura  Il Salento di Bodini nell’arte e nella poesia ,aperta al pubblico sino al 7 novembre .
Si avvicenderanno  incontri con scrittori, poeti e critici, preziose testimonianze di ex allievi  dell’autore.
Sabato 13 novembre, a chiusura del progetto, echi forti di salentinità potremo cogliere nei versi della poetessa Daniela D’Errico, 2^ classificata premio Bodini 2005 - Vitruvio – Lecce, in dialogo con Beatrice Stasi e Giovanni Invitto, docenti dell’Università del Salento.

icon Comune di Galatina - eventi - ottobre piovono libri

icon Modulo iscrizione laboratorio 26 e 28 ottobre

 
Di Antonio Mellone (del 19/06/2022 @ 10:25:45, in Fetta di Mellone, linkato 635 volte)

Nell’ultima recente campagna elettorale per le amministrative del nostro povero comune ne abbiamo viste di tutti i colori. A partire dalle smanie plebiscitarie di un aspirante Sindaco dell’ultim’ora, del quale, prima di qualche mese addietro, non si conosceva neppure l’esistenza, anche perché, salvo errori e omissioni, negli annali della storia patria o nelle cronache del Dibattito Galatinese del soggetto non v’è traccia né di proposte, né di critiche, né di istanze rinvenibili in qualche articolo/convegno/intervista/riunione/comitato, ma nemmeno di un sussurro, un’alzata di ciglio, una presa di posizione, un video nei pressi del solito cespuglio di erba riottosa, non una fluttuazione neuronale in questa o in quell’altra direzione benché post-ideologica, ma soltanto battage martellanti (mancherebbero all’appello giusto l’advertising interstiziale e le chiamate dei call center a ogni ora), insomma un candidato tutto Marketing e Distintivo: sicché quando dici Vergine intendi il significato proprio del termine, benché nel suo slogan campeggi l’asserzione “Lo Sappiamo Fare” (tipico della classe manageriale buona per ogni stagione, e dei leader nati – “Leader si nasce, non si diventa”, l’ha detto davvero eh, e lui modestamente lo nacque - e devi fidarti sulla parola). Fortunatamente a dargli man forte un bel po’ di personaggi politici ma anche diversamente politici di città e dintorni, e qualche immancabile meteora della politica locale (il famoso meteorismo politico), nonché pezzi d’antiquariato e piazzisti dell’epoca che fu usciti e subito dopo rientrati nell’urna, vale a dire il sacello.

Commovente invece l’avventura della lista appellata Attiva, con più competitori che suffragi. In pratica un ossimoro. Due voti in totale da dividere tra i sedici diciamo contendenti il seggio. E qui entrano in ballo le frazioni, non nel senso di Noha, Collemeto o Santa Barbara, ma di numeri razionali (tipo 2/16 = 1/8), anzi facciamo irrazionali e chiudiamola qui. Certo se l’è vista brutta: rischiava addirittura di essere superata in retromarcia da quell’altro gruppo umoristicamente intitolato Nuovi Orizzonti per l’Italia, distintosi per la media di un voto a candidato, quantunque il 90% circa dei concorrenti non abbia nemmeno osato designare se stesso con una x. Forse sarebbe stato meglio completare la denominazione di quel collettivo con un più eloquente: Nuovi Orizzonti per l’Italia Viva.

Quanto al Movimento Cinque Schede (nel senso che ha racimolato in tutto cinque voti validi) v’è da riconoscere che ha finalmente realizzato un punto essenziale del suo programma iniziale, vale a dire la Decrescita felice, onde la riduzione dei parlamentari è iniziata sin da subito partendo dal consiglio comunale. Non che in questi cinque anni di legislatura l’opposizione non abbia brillato per dinamismo e soprattutto di luce propria, ché anzi a leggere i post dell’esponente Pentastars c’è da rimanerne estasiati (emblematico quello relativo allo stracciamento di vesti alla Caifa per una vignetta che mancu-li-cani, anzi manco Charlie Ebdo, per non parlare degli interventi di ammirazione incondizionata nei confronti del Draghidiciamopensiero). E occhio a non metterti mai a discutere con codesto portavoce, ché rischi di essere sommerso da un profluvio di links (le famose Fonti) che tu certamente non saresti in grado di reperire in rete senza le sue provvidenziali selezioni. Sia lieve dunque il crepuscolo a quel Movimento partito dal basso e finito ancor più sotto. Qual era la famosa locuzione idiomatica oscillante tra l’imperativo e l’invito cordiale rivolta agli altri e molto in voga tra gli “attivisti” di un tempo? Vaffanculo? Ecco, sì.

Quanto al PD qui è sufficiente ricordare che si è alleato “strategicamente” con il suddetto Movimento nel celeberrimo Campo Santo Largo, ha invitato in loco il Conte-Duca tanto per riempire una piazza, forse ha isolato un pochino Sandra & Company (nel senso di compagni) sparpagliandosi in mille rivoli in questa o in quella coalizione e creando ancor più confusione su cos’è la destra e cos’è la sinistra: temo sia ancora alla ricerca di un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha.    

Due parole van dette nei confronti di Antonio Antonaci che si sente tanto il Vincitore Morale Di Questa Competizione, e forse è vero, nonostante sia arrivato quarto su quattro. Pacioccone, il più simpatico di tutti, ideal-tipo Galatina-Centro, sul palco dei comizi ha portato le “vere istanze della piazza”, intese come tutto e il contrario di tutto, dal segnale di Stop issato alla mentula canis su di una strada comunale ai pacchetti turistici confezionati da lui medesimo come nemmeno la MSC Crociere avrebbe saputo fare. Certo ogni tanto più che discettato ne ha “scettate” alla grande: tipo la nascita di una zona artigianale da colare in quel di Noha, progetto per buona sorte morto e sepolto da decenni nella culla, in quanto, come già spiegato mille volte, in via Aradeo ai nohani basta e avanza un Cimitero. Ma cosa vuoi che sia. Comunque non gli perdonerò tanto facilmente quel “Sei un grande” a commento di un mio pezzo: un colpo da maestro, non c’è che dire, anzi da politico navigato, roba da farmi perdere la faccia davanti a tutti. Ma come si permette.

Infine il sindaco Amante. In queste elezioni ha subito una trasformazione, è diventato un altro uomo, non lo riconosci più. Intanto ha tolto le mani dalle tasche (financo quando parla in pubblico sul palco dei comizi), e poi in strada s’è messo a rivolgere il saluto a tutti, ma proprio a tutti. L’altro giorno pare lo abbiano visto in giro salutare e addirittura tendere la mano (per stringerla) a qualcuno. Ma era da solo: intorno a lui non un’anima viva.

Non vorrei dire, ma si sente già tanto Joe Biden.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 05/04/2015 @ 10:24:05, in Eventi, linkato 2573 volte)

Ormai, come si dice, è glamour trascorrere il lunedì pasquetta in quell’“Arcadia” che risponde al nome di Noha, dove dalla mattina alla sera si avrà modo di assaporare il gusto pieno della vita salentina non ancora OGM.

Dalle prime ore dell’alba e fino all’ora del simposio, sul bel prato ubicato nei dintorni dell’antica chiesetta dedicata alla Madonna di Costantinopoli avrà luogo la 62° fiera dei Cavalli (la prima dedicata alla memoria del suo storico organizzatore, il povero Tonio Rossetti, venuto a mancare proprio qualche settimana fa).

Per il pranzo, i viaggiatori (non ci piace appellarli turisti: questi ultimi è meglio che vadano ad incolonnarsi altrove) non hanno che l’imbarazzo della scelta, che va dalla classica scampagnata in una delle praterie intorno a Noha alla degustazione delle leccornie da “Le Putìè”, l’ottimo ristorante locale di via Agrigento, numero 35 (cfr. anche Tripadvisor, che lo considera uno dei migliori della zona quanto al rapporto qualità/prezzo). In alternativa potrebbe farsi invitare al desco da qualche nohano doc disponibile, sulla cui tavola non manca certo il bendidio.

Nel pomeriggio, poi, dopo la siesta (qui da noi è d’uopo un'oretta di pennichella postprandiale, soprattutto nei giorni di festa), precisamente alle ore 18.00, la statua della “Madonna delle Cuddhrure”, quella vestita a festa con il manto celeste e con il mazzolin di fiori in mano, lascia la chiesa madre di San Michele Arcangelo e, portata in spalla dalle donne nohane, come tradizione vuole, si dirige alla volta della chiesetta a lei dedicata, dove avranno luogo le laudi e le altre preghiere di rito.

Alla fine della sacra funzione, tutti si muovono alla volta del grande prato (quello stesso della fiera dei cavalli) dove c'è la presa della cuccagna che culmina con lo sventolio della bandiera italiana e la distribuzione delle caramelle gettate in diverse direzioni dalla sommità di quella pertica, espugnata dal solito Michelino Pipìo (nel senso di pijo la cuccagna), il "ragazzo" cinquantenne che ormai da qualche lustro riesce a conquistare, con l’agilità di un diciottenne, le prelibatezze appese con lo spago alla ruota di bicicletta issata in cima a quell’alto pennone preventivamente ingrassato ben bene per renderlo scivoloso.

Al termine della cuccagna, con una sincronia da orologio svizzero (non nohano: staremmo freschi) partono verso il cielo i fuochi artificiali, al cui epilogo l’“assemblea” si scioglie per sparpagliarsi subito dopo nei diversi quartieri di Noha dove vengono incendiate le  corvine “Curemme” appese in alto sulle strade sin dall’inizio della Quaresima. Le brevi cerimonie di ecpirosi catartica si concludono con la distribuzione a tutti gli astanti di fette di colomba pasquale, biscotti e cuddhrure, innaffiate da abbondanti libagioni di spumante, prosecco, o brachetto.

La serata si conclude in musica con il gran concerto bandistico di Noha - diretto dalla nostra brava Lory Calò - il quale, dal palcoscenico allestito nei pressi del testé restaurato Calvario, si esibirà nei brani musicali più belli di sempre, che vanno dalle marce tradizionali alla musica pop e jazz.

Questa è Noha, la sua passione, il suo appeal: non un paesaggio da cartolina, magari ritoccato con Photoshop, ma una miscela di sobrietà, genuinità, umanità.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 16/03/2014 @ 10:22:27, in Comunicato Stampa, linkato 1903 volte)
E’ paradossale che un’opposizione miope ed inerte che, sino a questo momento, non ha mai avvertito l’esigenza di intervenire a difesa dell’Ufficio del Giudice di Pace, chieda oggi le dimissioni del Sindaco Montagna.

Il Centro-Sinistra respinge questo attacco pretestuoso con forza!
Dov’erano i Consiglieri avvocati Pepe e Viva quando questa Amministrazione, nonché la Camera Forense di Galatina,  assumevano  iniziative volte al mantenimento di detto Ufficio?
Appare veramente sconcertante l’assoluta strumentalità delle iniziative  messe in atto da Forza Italia che, per mezzo di manifesti pubblici e conferenze stampa a livello provinciale, lontane da Galatina, tenta di risvegliarsi dopo due anni di assoluto letargo.  Sarà forse merito della imminente campagna elettorale?

Il Centro-Sinistra invita le forze di opposizione a spiegare ai cittadini che la difesa dell’Ufficio del Giudice di Pace non è indolore per le casse comunali, poiché comporterebbe l’assunzione da parte della Città di costi sino ad oggi sostenuti dallo Stato.
Ma è evidente che dette forze,  non avendo responsabilità di Governo, possono spingersi sul terreno della demagogia e trattare con superficialità la questione, salvo poi guadagnare un’improbabile scena sull’opinione pubblica con l’assurda richiesta di dimissioni del Sindaco Montagna o denunciando l’inadeguatezza della sua squadra di Governo.
Se l’opposizione avesse delle idee e le mettesse sul tavolo non in maniera strumentale, si potrebbero certamente valutare nell’interesse di Galatina.  Perché il mandato elettorale si onora sia quando si governa che quando si è all’opposizione.
Ma in questi due anni le idee dell’opposizione sono state ben poche e peraltro confuse. Sarebbe pertanto utile una riflessione : non sarebbe il caso che a dimettervi foste proprio voi?
Il Centro-Sinistra
 
Di Albino Campa (del 29/07/2009 @ 10:16:19, in NohaBlog, linkato 4274 volte)

Ecco l’ultima propaganda proposta da Federcaccia, un manifesto a dir poco nefasto, per la campagna tesseramento 2009:Un bambino, vestito da cacciatore in tuta mimetica, seduto su una balla di fieno, che fiata in un fischietto per richiamare gli uccellini, con accanto un fucile, in basso la scritta “Conserviamo il nostro futuro”. E’ davvero intollerabile.
Armare i minorenni, è forse l’idea di civiltà di cui intendono farsi promotrici le “doppiette”?
La caccia aveva un senso nei secoli e millenni trascorsi in cui l’uomo era cacciatore per necessità di vita. Molto meno sensato è oggi, inizio del terzo millennio in Italia, per ovvie ragioni che non sto qui ad elencarvi.
Cacciare oltre ad essere inutile, è anche pericoloso, difatti ad ogni inizio della stagione venatoria non mancano morti e feriti  tra i cacciatori.
Questo per la semplice ragione che le prede sono talmente rare che, accecati dalla bramosia del massacrare qualche innocente animaletto,  si finisce per scambiare fischi per fiaschi.
Il manifesto è destinato ad inasprire il dibattito sulla caccia, già riaperto con forza dal ddl Orsi (senatore del Pdl Franco Orsi ) che intende rivedere la legge 157 del 1992, quella che regola l’attività venatoria.
In un paese in cui a 16 anni non è consentito guidare né votare, prosegue nella sua opposizione Roberto Della Seta, capogruppo del Pd nella commissione Ambiente del Senato, ritengo inaccettabile la proposta di estendere il diritto di caccia ai sedicenni, l’utilizzo di un fucile da parte dei minorenni, rappresenta una prospettiva pericolosa per la sicurezza pubblica ed inaccettabile da un punto di vista morale”.
Fortunatamente sono contrari alla folle idea di armare i sedicenni molte forze della politica attiva:
il Ministro Stefania Prestigiacomo; il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini; l’Enpa (Ente Nazionale protezione animali); il Wwf; l’Associazione del Panda; l’Osservatorio sui Diritti dei Minori, il cui presidente è Antonio Marziale il quale ha già interloquito sull’evento con Alessandra Mussolini, presidente della commissione parlamentare per l’infanzia.
Concludo aggiungendo che in un contesto di crescita civile sparare agli uccellini è contro ogni principio, che in questo nostro bel paese dove abbiamo ancora la fortuna di vedere stormi migratori, le fiere, i lupi e gli sciacalli  da prendere a pallettoni li abbiamo intorno e spesso sono bene in vista.

Marcello D’Acquarica

 
Di Albino Campa (del 19/04/2006 @ 09:40:40, in Libro di Noha, linkato 8446 volte)
nohastoriaarteleggenda

Il libro è di imminente pubblicazione ed è indirizzato e dedicato al ricercatore, allo storiografo, allo studioso, all’archeologo, e al curioso di fatti e di pensieri di ieri e di oggi; a chi, pur costretto a vivere la sua vita altrove (dedito all’incremento del PIL, prodotto-interno-lordo, delle contrade che non sono quelle in cui nacque), non imbastardisce volutamente la sua cadenza, per non dimostrare di essere cittadino del sole, magari con le “s” sibilate in maniera goffa, sicché non sai più se si tratti di cadenza del Nord, del Sud o di nessun luogo; a chi ritornando “al paese” non si sente come un pesce fuor d’acqua; a chi non snobba le sue origini, ma ne va fiero; a chi, per studio o per lavoro, ha dovuto lasciare la propria terra natìa per portare altrove le proprie braccia, il proprio cervello e i propri sogni; a chi vivendo lungi da Noha, pur avendo a volte il viso pallido e contratto dallo stress, si rilassa pensando al ritorno nella sua terra, ai suoi orizzonti, al suo mare, alla sua aria pura, al bianco delle case su cui riverbera la luce meridiana che quasi abbacina gli occhi; a chi è attaccato alle proprie radici; a chi prova nostalgia fin nelle fibre più intime; a chi ama la pennichella pomeridiana; a chi sa apprezzare il profumo della campagna che fu degli avi, che coltivarono gli ulivi, attorcigliatisi nel corso dei secoli, ed il tabacco, che assorbiva il lavoro di tutta la famiglia intenta ad infilare le foglie nei canapi dei taraletti;  a chi ama il mare in tutte le stagioni e non soltanto d’Agosto; a chi vive interiormente la passione di quella sorta di cordone ombelicale che lega ai propri parenti, ai nonni, agli zii, ai fratelli, ai padri, alle madri; a chi è legato alla piazza del proprio paese dove trova sempre un amico, anche senza il bisogno di fissare un appuntamento; a chi crede che un libro faccia viaggiare più di un aereo, faccia sentire suoni, gustare sapori e annusare odori; a chi pensa che la micro-storia del proprio paese, per quanto piccolo questo possa essere, contribuisca comunque a fare la macro-storia o storia generale; a chi vive a Noha, o a chi, pur non vivendoci, vi è legato, in un modo o nell’altro, da un sentimento o da un ricordo.

Per visualizzare la copertina completa del libro clicca qui.

 

 

 

Nell’ultimo Consiglio comunale non ci ha sorpreso tanto il silenzio e la mancanza di argomentazioni della maggioranza rispetto alle nostre contestazioni riguardanti i clientelismi, gli sprechi, le speculazioni, i finanziamenti perduti, l’aumento TARI, le condizioni vergognose e indecenti del cimitero e il bando di gara sui rifiuti andato deserto, tutti figli dell’inconsistenza di questa Amministrazione.

Ci è dispiaciuto invece vedere l’aula consiliare quasi completamente vuota mentre si discuteva di temi molto delicati, segno questo di un grave distacco e di una disaffezione totale dei cittadini rispetto alla vita politica del proprio territorio. Dopo l’apparente entusiasmo post campagna elettorale, l’ipocrisia, la superficialità e l’autoreferenzialità di questa Amministrazione ha definitivamente disilluso molta gente, compresa quella che li aveva votati. Una disaffezione che sebbene nel breve periodo potrebbe sembrare utile agli occhi della maggioranza per tenere nascosti i propri evidenti limiti, suona invece come una sconfitta per l’intera classe dirigente cittadina e per tutti noi che facciamo politica per il bene della nostra città e della nostra gente.

Questa indifferenza della città ci dispiace ma allo stesso tempo non ci sorprende. I galatinesi, ammaliati dalle favole da campagna elettorale e dalle apparenti facce nuove, pensavano di aver votato quelli che sarebbero dovuti “andare oltre” le vecchie logiche e che invece le stanno perpetrando.  

Ci troviamo quotidianamente alle prese con scelte che mortificano tutti coloro che vorrebbero mettersi a disposizione della città ma che non possono farlo perché non hanno il gradimento, l’amicizia o rapporti di parentela con la maggioranza.

E così abbiamo lo IAT costantemente gestito dall’Associazione Città Nostra grazie a continue proroghe, in attesa di un bando che sembra non arrivare mai. La stessa Associazione, che annovera tra i soci fondatori il consigliere di maggioranza Vito Albano Tundo, sin dall’insediamento di questa Amministrazione ha movimentato soldi pubblici per conto della stessa Amministrazione nell’organizzazione di numerosi eventi. In tutto ciò la comunicazione, che è stata affidata o direttamente tramite l’Archeoclub di Nardò o indirettamente, ha visto spesso protagonista la società della nipote del Sindaco, il cui logo è sempre presente sulle brochure.

Per non parlare poi dei soldi che si trovano sempre per finanziare eventi o concerti di nicchia, come quello che si è tenuto presso la Chiesa dei Battenti durante le feste natalizie(ben 3.000 € sono stati dati all’Associazione Tracce Creative APS di Surano), mentre per i nostri concittadini che da anni rappresentano un’eccellenza o per chi vorrebbe contribuire alla crescita della città i soldi non si trovano mai.

In tal senso il 9 Maggio all’interno della rassegna dei Concerti del Chiostro,  in una Soleto che accoglierà centinaia e centinaia di spettatori provenienti dall’intera provincia, si esibirà il maestro Angelo Branduardi, mentre i galatinesi resteranno con il cerino in mano e dovranno ringraziare il Sindaco Amante per questa ennesima mortificazione.

Ma lo dovranno ringraziare soprattutto per l’aumento TARI che non si è fermato al 5% come egli stesso aveva dichiarato in Consiglio, ma che ha toccato in alcuni casi punte del 10% e dell’11%, mettendo in ginocchio famiglie e attività commerciali che diminuiscono sempre di più.

Inoltre la gara che avrebbe potuto affidare e ridurre i costi della gestione del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti è stranamente andata  deserta per responsabilità imputabili a questa Amministrazione. Nell’attesa che il Sindaco predisponga la nuova gara, semmai la predisporrà, Monteco continuerà a gestire il servizio ed a scaricare sui cittadini galatinesi i costi del proprio personale, nel quale figura, tra gli altri, un parente di un consigliere comunale di maggioranza.

Come dice un vecchio adagio, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina.

 

Il Segretario

Pierluigi Mandorino

 
Di Redazione (del 19/01/2019 @ 09:28:54, in Comunicato Stampa, linkato 793 volte)

Domenica 20 gennaio alle ore 20.00, Teatro Zemrude presenta a Levèra  “I Ragazzi di Via la TAP” dal progetto CbC – Come bambini Cresciuti.

Drammaturgia e Regia: Agostino Aresu

In scena: Anna Giaffreda, Laura Flaminio, Damiana Foggetti, Francesca Magnolo, Andrea Taurino.

Liberamente ispirato a I ragazzi di via Pal e al Movimento No TAP.

Partendo da quella calda giornata di marzo che dà inizio a “I ragazzi di via Pal” di Ferenc Molnàr, a quel 17 marzo 2017 che diede il via alle manifestazioni di protesta nelle campagne di Melendugno contro la TAP. I ragazzi di “via Pal” sono diventati “I ragazzi di via la TAP!”, i ragazzi che lottano per salvare un Campo a metà strada tra la campagna e il mare, un luogo ancora incontaminato, ricoperto di ulivi dove arrampicarsi e al cospetto di un azzurro infinito. Due bande rivali. Un luogo da difendere. Una guerra senza esclusione di colpi. Qualcuno tradirà, qualcun altro verrà arrestato per aver protestato, qualcuno darà la vita stessa per quel Campo. Perché per i ragazzi che verranno, per quelli che saranno piccoli nel futuro, vale sempre la pena di combattere.

ARCI Levèra Noha

 
Di Antonio Mellone (del 20/08/2015 @ 09:28:21, in NohaBlog, linkato 2456 volte)

Quest’altro brano non è farina del nostro sacco, ma ancora una volta di quello del papa Francesco. Leggete un po’ qua, per favore: “Oggi riscontriamo, per esempio, la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia. Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti di recente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti. Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati del contatto fisico con la natura. (tratto dal punto 44, pag. 39-40, “Laudato sì’” di papa Francesco, Ancora, Milano, 2015 -  la sottolineatura è nostra). Dunque “Laudato sì’, cemento no”, amen. Chiara l’antifona?

*

Peccato che i nostrani clerico-fascisti travestiti da democratici non leggono o fanno finta di non leggere (o se pur leggessero non capirebbero), non diciamo i nostri articoli (figurarsi), ma alcuni brani dell’enciclica papale. Perché se così fosse non si macchierebbero mai del reato di ecocidio, mai darebbero il loro assenso e mai apporrebbero la loro firma su progetti spinti dal partito trasversale del cemento, mai promuoverebbero idiozie politiche e crimini ambientali che vanno sotto il nome di Mega-Porco commerciale, pronto a riempire i galatinesi di ogni virgola, circonvallazione interna, parcheggi sotterranei nei pressi del centro storico, comparti edilizi in piena campagna, benché non si contino più le case (dunque le cubature) vuote in ogni parte della città, nuove aree mercatali da asfaltare e cementificare. Insomma il tentato omicidio del nostro territorio. Mentre a livello centrale mai avrebbero concepito il decretino “Sblocca Italia”, cioè Sblocca-Cemento, Sblocca-Scempi, Sblocca-Mafia (tipo: trivelle facili in Adriatico e Ionio, inceneritori dal Piemonte alla Sicilia, passando per la Puglia, inutili opere pubbliche faraoniche).

*

Caro papa Francesco, parli ai sordi e scrivi ai ciechi. Qui da noi addirittura un noto sito locale (che, tra l’altro, fa rima con papalina.it) fa finta di seguirti quotidianamente, avendo una finestra ben visibile sulla sua home-page con dei brani aggiornati delle tue omelie. Io non so se ci sono o ci fanno certi giornalisti per caso, per giunta iscritti pure all’albo da qualche decennio (i quali s’incavolano pure quando li qualifichi come “improvvisati”): fanno finta di esserti devoti, diffondendo così il tuo verbo, ma quando si tratta di appoggiare nuovi asfalti e colacementificazioni, comparti edilizi, strade senza senso, i responsabili di leccatina.it sono i primi a parlarne con entusiasmo, a gongolarne quasi con un empito mistico a metà strada tra la gioia e la riscossa.

Pensa, c’è un altro sito locale gemello del precedente (tu diresti: Dio li fa e poi li accoppa), un sito internet che fa rima con rifondazioni.it, ma solo rima, il cui responsabile ci ha pure riferito che legge volentieri i nostri articoli, che apprezza il nostro spirito combattivo, ma che lui (“sì, purtroppo, e che ci vuoi fare?”) ha da tempo abbandonato questa, come dire, verve critica, semmai l’avesse avuta.

A questo punto ci chiediamo umilmente: a cosa serve alimentare e curare un sito internet se poi non si dice quello che si pensa (posto che qualcosa si pensi)? Per riportare le cazzate dei nostri presunti (e presuntuosi) sedicenti politici? Per asservire il potere anziché fargli da cane da guardia? Per fare un copia-incolla di comunicati stampa? Per raccontare gli “eventi” locali? Bè, questo amico sappia che papa Francesco, a proposito, ha detto, tra l’altro, anche quanto segue: “Questo comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di vita, di produzione, di consumo. E’ il modo in cui l’essere umano si arrangia per alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per non riconoscerli, rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla fosse” (punto, 59, pag. 52, ibidem, la sottolineatura è nostra).

Caro papa Francesco, anche stavolta ci hai tolto le parole di bocca.

Antonio Mellone

 

L’invito al dialogo per la ricostruzione del centro sinistra galatinese lanciato da Elena Esposito qualche giorno fa dovrebbe far riflettere tutti.

L’ultima tornata elettorale ha dimostrato, in maniera eloquente, la frantumazione dell’area progressista galatinese. Una frantumazione che ha avuto come conseguenza l’esodo e la scissione di esponenti che non si sono più riconosciuti in una linea politica personalistica e impositiva. Una linea politica che ha soffocato ogni tentativo di dialogo, proprio quel dialogo che oggi auspica Elena Esposito, e che ha soppresso tutte quelle idee, iniziative e istanze portate dalle donne e dagli uomini che rappresentano le sensibilità dell’elettorato di centro sinistra.

Nonostante la campagna elettorale sia terminata, le responsabili di questa diaspora, Sandra Antonica e Roberta Forte, continuano a condurre la propria azione politica con livore, critiche personali, trasformismi e strumentalizzazioni. La prima, il simbolo dell'egocentrismo, dell'io ad ogni costo è ancora convinta, bontà sua, di essere l'unica e sola in grado di rilasciare patenti di agibilità politica.

La seconda invece si sposta, si muove e si trasforma nel tentativo di tutelare piccole posizioni.

Appare evidente quindi che l’invito di Elena vada assolutamente accolto nell’interesse dell’elettorato progressista e dell’intera città. Ma è altrettanto evidente che ciò non potrà in alcun modo passare dalla reintegrazione di coloro che sono state sonoramente bocciate dall’elettorato galatinese, da coloro che sono state la causa della distruzione del centro sinistra locale e da coloro che continuano a dimostrare che il dialogo costruttivo non rappresenta una possibilità.

Differentemente da chi invece ha dimostrato e sta dimostrando di saper compiere un passo indietro per il bene della comunità e per permettere la crescita di un gruppo dirigente nuovo, a dispetto delle continue accuse ricevute.

Per questa ragione, tralasciando e ignorando il livore in cui è immerso qualcuno, riteniamo che il Sindaco Fabio Vergine e la sua Amministrazione, rappresentino l’unica possibilità di ricostruzione dell’area progressista e riformista galatinese.

Infatti, a dispetto di quanti vogliano etichettare l’attuale Amministrazione a destra (forse perché mistificare la realtà può aiutare qualcuno a non spegnersi definitivamente a livello politico), da un’attenta analisi della Giunta e del Consiglio comunale emerge chiaramente come quella guidata da Vergine sia una compagine di centro sinistra. Tre Assessori su cinque sono di area popolare e di centro sinistra. Otto consiglieri su dieci sono di area popolare, socialista e progressista.

Pertanto mettendo da parte le facili etichette, crediamo che la ricostruzione dell’area progressista locale sia una priorità politica per la nostra compagine. In questo senso l'imminente congresso del Partito Democratico arriva nel momento giusto e potrebbe essere l'occasione per una ricostruzione e ripartenza del centro sinistra , cercando di superare questa infruttuosa fase di distruzione ed inaugurare, con una nuova classe dirigente, una fase di unione e ricostruzione dell’area riformista e progressista.

 

I Consiglieri comunali

Pierluigi Mandorino

Massimo Sparapane

 

“Condividere” è una parola un po’ abusata, forse, per via dei social, ma in tempi come questi recupera il suo significato autentico. Condividere ansie, paure, ma anche speranze, competenze, idee, per supportare e sostenere con tutte le forze di cui dispone una comunità, i pazienti e i medici che instancabilmente operano nel presidio Santa Caterina Novella di Galatina.

La macchina della solidarietà che l’emergenza sanitaria ha messo in moto nella città, facendo nascere campagne di raccolta fondi a favore dell’Ospedale “S. Caterina Novella”, sta lavorando a pieno ritmo, dando risultati straordinari, sia in termini di coinvolgimento che di sinergie raggiunte tra le associazioni che operano nel territorio. Grazie alla collaborazione tra il Club Unesco di Galatina e le Associazioni riunite nella campagnaDoniamo Aiutiamo Vinciamo”, in queste ore è stato raggiunto un importantissimo traguardo, possibile solo unendo le forze. Oltre ai numerosi dispositivi di protezione, è stato acquistato un ecografo portatile, con caratteristiche tecniche adeguate alle indagini diagnostiche relative ai pazienti affetti da covid-19, completo di tutta la strumentazione necessaria ad un impiego immediato nel presidio di Galatina. L’acquisto, il cui importo è pari a 17.080 €,  è stato possibile anche grazie alla generosa donazione da parte dei lavoratori dello stabilimento Colacem di Galatina, che hanno deciso di far confluire in “Doniamo Aiutiamo Vinciamo” il consistente ricavato della raccolta fondi da loro attivata a inizio emergenza. L’ecografo rimarrà nella disponibilità dell’ospedale anche ad emergenza finita.

Tra le tantissime donazioni,  ci piace segnalare l’idea di un gruppo di amici che piuttosto che dividere il montepremi del torneo di fantacalcio, hanno deciso di donare l’intero importo, pari a 560 €. Li ringraziamo con tantissimo affetto e siamo grati anche ai tantissimi donatori, come la signora Maria, nome di fantasia, che anche con 10 euro ha sostenuto la nostra campagna. Sappiamo quanto sacrificio comporta quella donazione!

Ma la campagna non finisce qui e da alcuni giorni è nata anche l’iniziativa collaterale “Farmaco solidale” che consente ai cittadini di donare un farmaco da banco ai bisognosi, tramite gli enti caritatevoli e associazioni di volontariato che operano nel territorio comunale. Un punto di raccolta è operativo presso la farmacie Licignano e Bucci di Galatina, che ringraziamo per aver aderito all’iniziativa. 

Ricordiamo tutte le associazioni e aziende aderenti alla campagna:

  • Amici della Madonnina – Galatina;
  • Ass. Arma Aeronautica "F. Cesari" Galatina;
  • Ass. Arma Aeronautica "R. Russo" – Cutrofiano;
  • Ass. Culturale Espressioni;
  • Ass. Francesco Marco Attanasi onlus; 
  • Ass. Turistica Pro Loco Galatina;
  • Cinquanta anni dal diploma terza C;
  • Città Nostra;
  • Commercianti Corso Porta Luce – Galatina;
  • “Demos” Palestra Soleto; 
  • DITUTTO.IT;
  • Inondazioni APS;
  • Legambiente Galatina;
  • Miriàm: donne per il sociale odv;
  • Mood;
  • Noha.it;
  • Olimpia SBV Efficienza Energia;
  • Quelli di piazza San Pietro 2.0;
  • R.G.service;
  • Showy Boys ASD Galatina;
  • SOS Galatina;
  • Università Popolare "Aldo Vallone" - Galatina;
  • Virtus Basket Galatina - TappiAmo Galatina;
  • Ass. Volontari Ospedalieri Onlus Galatina. 

Chiunque volesse dare il suo contributo alla suddetta raccolta fondi per aiutare l’Ospedale di Galatina a combattere l’emergenza covid-19, può fare la sua donazione tramite bonifico sul conto corrente bancario, DEDICATO e ESCLUSIVO per la campagna raccolta fondi in oggetto, IBAN: IT63O0103079651000011729180 intestato a APS Inondazioni presso la Banca Monte dei Paschi di Siena di Galatina con causale: Covid19 Ospedale di Galatina - donazione.

Nei punti vendita “Supermac” in via Kennedy, “Conad” in via Gallipoli, “Macelleria Marco Fulgido” in via Val d’Aosta,  a Galatina, che ringraziamo per la disponibilità, è possibile lasciare una donazione nei salvadanai solidali, che verranno aperti a fine campagna alla presenza dei titolari e di un rappresentante di “Doniamo Aiutiamo Vinciamo”

Ne approfittiamo per chiarire che donare direttamente alle associazioni del territorio significa snellire il percorso di acquisizione del materiale sanitario utili all’emergenza senza correre il rischio che i fondi si disperdano nei meandri della burocrazia. Ogni euro versato sarà  investito in DPI e attrezzature mediche per il nosocomio galatinese. Inoltre sulla nostra pagina facebook è disponibile la tracciatura di tutte le spese in entrata e uscita con l'obiettivo di fornire a tutti la massima trasparenza sulle operazioni compiute.  

Per info:
Whatsapp: 324-5848736
Email:  doniamoaiutiamovinciamo@gmail.com
Pagina FB: https://www.facebook.com/doniamoaiutiamovinciamo

 
Di Antonio Mellone (del 16/08/2015 @ 09:14:01, in Necrologi, linkato 2854 volte)

All’inizio, leggendo di sfuggita il manifesto (quando sei in macchina riesci a scorrere o a decifrare solo i caratteri cubitali senza alcuna possibilità di soffermarti sui particolari), non avevo capito che la defunta Maria Pietrina Pepe era la Mariannina. Poi, una volta a casa, me lo ha riferito mia madre che non c’era più la nostra dirimpettaia di campagna, la mamma di Marcello, della Rosanna, della Maria Luce, della Lidia e della Tina Pepe (quando nomini la Tina non puoi ometterne il cognome). E pensare che avevo chiesto a mia madre della Mariannina solo qualche giorno prima, e m’ero tranquillizzato avendo saputo che anche quest’anno, nonostante gli acciacchi (ma la vecchiaia è già di per sé una malattia) si era “ritirata in campagna”.  

Chissà perché il ricordo delle persone anziane ci riporta sovente al tempo della nostra infanzia, il periodo della nostra vita che si conficca come un amo nella carne per non staccarsene più. E il ricordo di Mariannina, donna energica, grande lavoratrice, il rosario sempre a portata di mano, come lo scapolare del Cuore di Gesù, classe di ferro 1922, dunque 93 primavere sulle spalle, capelli bianchi e ciglia nere (caratteristica dei Pepe), non sfugge a questa regola aurea.

*

Io ero di casa dalla Mariannina, ci andavo di tanto in tanto accompagnando mia madre. Le nostre campagne sarebbero confinanti, adiacenti, unite, se non fossero   divise dalla strada statale Noha – Collepasso. E un tempo tra i campi non c’erano, come purtroppo oggi è, quelle barriere architettoniche rappresentate da cancelli, siepi, muri perimetrali alti due metri, ma solo un ostacolo ove possibile ancora più insormontabile, vale a dire la mancanza di tempo per via del lavoro che assorbiva molte ore del giorno (e della notte) di tutti i componenti delle famiglie, dal primo fino all’ultimo. Sì, con la produzione del tabacco il concetto di villeggiatura per i furesi assumeva tutto un altro significato (tanto che il sottoscritto preferiva mille volte le collezioni scolastiche autunno-inverno che le infilate primavera-estate).

Sta di fatto che non poche volte, sovente di pomeriggio, quando possibile, e quando c’era qualcosa da scambiarsi (come i pomodori, i peperoni, le pupuneddhre, il basilico, qualche puccia con le olive, o anche il bidone grande per le bottiglie di salsa da cuocere a bagnomaria - un tempo l’economia del dono era parte del DNA della cultura contadina) o andavamo noi oppure venivano loro da noi: la Mariannina e suo marito Pascalinu (pace anche all’anima sua), uomo buono, di poche parole (come, del resto, anche mio padre: manco li avessero fatti con lo stampino).

Io ricordo benissimo che la Mariannina, quando ero da lei, non mi faceva mai mancare un bel bicchiere di aranciata fresca, qualche biscotto, e i fichi appena raccolti. Dolci ricordi.

*

Quando ho appreso della sua morte, come un flash, mi son venute in mente anche le processioni del Corpus Domini, quelle solenni con il pallio, il baldacchino color porpora enorme e maestoso, le cui sei aste lignee erano rette da altrettanti robusti giovani, mentre il turibolo per l’incenso toccava a quell’imberbe ragazzino vestito da chierichetto che risponde al nome dello scrivente.

Ebbene, in via Catania non c’erano gli altarini (che invece erano allestiti altrove), ma il Corpo di Cristo non mancava degli onori, delle luci e dei fiori (e soprattutto delle preghiere) da parte dei devoti. Quando passava la processione solenne da quella strada (la casa della Mariannina si affaccia su due strade, via Fabio Filzi, la porta de nanti e, dunque, via Catania), una pioggia di petali di rosa e di altri fiori ricadeva, come fiocca la neve, lenta e silenziosa, sul percorso processionale, sui devoti e sul baldacchino: era la Mariannina a lanciarli, discreta e orante, dalla terrazza di casa sua. Lo ricordo come fosse ieri.

*

Ora, Mariannina, tutti quei petali di rose variopinte sono gli angeli lanciarteli al tuo passaggio, mentre varchi di corsa e con gioia, senza più il bisogno di una sedia a rotelle, la soglia del tuo meritato Paradiso.

Riposa in pace.   

Antonio Mellone

 

Condoglianze ai figli, ai parenti tutti, agli amici, alla comunità nohana da parte della redazione di Noha.it

 
Di Redazione (del 05/07/2022 @ 09:11:31, in Comunicato Stampa, linkato 379 volte)

La conclusione di una campagna elettorale per l’elezione del Sindaco e la nomina del nuovo Consiglio Comunale merita qualche riflessione. Anzitutto bisogna riconoscere che è stata una competizione molto intensa e piena di contenuti, condotta con animosità e con la partecipazione attenta degli elettori.

Sono state rivalutate, rispetto alle precedenti campagne elettorali, le modalità di proporsi all’elettorato facendo risorgere gli incontri pubblici con comizi vibranti da parte dei contendenti. E non sono mancati gesti lodevoli, proprio nella dirittura finale quando il responso dello spoglio ha assegnato la vittoria al candidato Vergine.  Occorre dare atto della correttezza e del bel gesto compiuto dal Sindaco uscente, Marcello Amante, allorquando, subito dopo l’esito del ballottaggio, si è recato al Comitato del Sindaco neoeletto, Fabio Vergine, per esprimere le congratulazioni e l’augurio di buon lavoro.

Al di là dell’atto istituzionale, che poteva avere modi e tempi differenti, il gesto dell’ex Sindaco Amante, intervenuto al termine di una campagna elettorale dai toni accesi e in alcuni frangenti anche aspri, è degno di lode.

L’aver voluto creare un varco nel folto gruppo dei sostenitori del suo avversario politico, che tributavano applausi al neo sindaco, ed aver guadagnato il posto su un palco improvvisato, affiancandosi a Fabio Vergine e scambiandosi una stretta di mano, è un atto che nobilita il comportamento di Marcello Amante.

Ciò detto viene spontanea la domanda: cosa di significativo ha lasciato la campagna elettorale soprattutto in relazione alla vittoria, sul filo di lana, di Fabio Vergine? Secondo me emerge, in modo chiaro, la volontà dei vincitori di voler cambiare rotta per riportare Galatina al centro della vita economica e sociale del Salento.

Non è un caso che la battaglia elettorale sia risultata appassionata ed accanita soprattutto nella fase del ballottaggio che, grazie all’ impegno straordinario-anche a livello provinciale- della coalizione che sosteneva il Sindaco uscente, ha portato lo stesso ad una incollatura da Fabio Vergine.

Ma perché tutto questo interesse per la nostra comunità?

Il motivo è presto detto: la fine dell’anno in corso, dal punto di vista politico, per il Salento è rilevante non tanto perché dopo la recente scissione nel Movimento 5 Stelle si potrà andare ad elezioni politiche anticipate, ma perché entro la fine dell’anno, ma verosimilmente all’ inizio del 2023, si dovrà eleggere il nuovo Presidente della Provincia.

Galatina sarà determinante per la riconferma dell’uscente Minerva o al contrario per la nomina di altro Presidente: e tra i papabili ci potrebbe essere proprio il neoeletto Sindaco Vergine!

Certamente sarebbe un inizio strabiliante per il recupero politico della posizione che spetta alla nostra Galatina. Ma la vittoria di Vergine ha un altro significato ben più ambizioso che è quello di difendere l’identità di Galatina attraverso il rilancio del Quartiere Fieristico e dell’Ospedale Santa Caterina Novella.

Quella della sanità da rilanciare con i fondi del PNRR sarà una battaglia che dovrà vedere impegnato il Comune di Galatina e il Sindaco, nella sua qualità di Presidente del Distretto socio-sanitario, che fa capo al nostro Comune, insieme a Soleto, Sogliano, Cutrofiano, Aradeo e Neviano.

Bene, molto bene, ha fatto il Sindaco Vergine a preannunciare che il Consiglio Comunale neoeletto sarà chiamato a deliberare la costituzione della Commissione Consiliare Permanente, presieduta da Antonio Antonaci, che dovrà occuparsi della sanità e, conseguentemente, del nostro ospedale; e ciò anche per restituire un ruolo di rilievo al nostro glorioso Santa Caterina Novella. 

Gli antichi fasti non potranno ritornare ma, certamente, si potranno attribuire al nostro Ospedale funzioni che torneranno utili a tutta la comunità dell’intero distretto: in una parola occorrerà potenziare la diagnostica.  A tal proposito Galatina al Centro, di cui mi onoro di essere Presidente, ritiene utile segnalare un’indicazione, che può apparire scontata, che è quella di inserire nella commissione un componente di ciascun comune del Distretto Socio-Sanitario, senza che necessariamente sia un consigliere comunale, meglio sarebbe coinvolgere i medici di base.

Inoltre Galatina al Centro, molto prima che iniziasse la campagna elettorale, ha costituito un gruppo di lavoro composto da: Michele De Benedetto, Augusto Calabrese e Carmine Attanasi tutti affermati medici- professionisti che hanno portato a termine un lavoro interessante inerente l’importanza e il miglioramento della medicina territoriale che non può prescindere da una stretta collaborazione tra medici di famiglia e ospedale.

La nostra Associazione è assolutamente disponibile a collaborare come meglio riterrà opportuno l’Amministrazione Comunale di Galatina. Personalmente credo sia un segnale importante per la nostra Città dimostrare che la civica amministrazione interagisce e collabora con la società civile.

Dicevo che la tutela dell’identità di Galatina passa anche attraverso la rivendicazione che la Fiera del Salento ci appartiene e non può essere scippata ai Galatinesi! Un’occasione per affermare che la Fiera è ancora viva è rappresentata dalla richiesta presentata dalla società che promuove l’evento “Promessi Sposi” da realizzare nel 2022 al Quartiere Fieristico, con una struttura tensostatica finalizzata all’ evento.  Tale richiesta, a nostro avviso, va portata avanti speditamente e può essere il primo tassello per il rilancio della Fiera del Salento.

Vincenzo Specchia

Presidente Associazione Galatina al Centro

 
Di Redazione (del 05/07/2022 @ 09:07:03, in Comunicato Stampa, linkato 456 volte)

Le tensioni ed i contrasti presenti nel centro-sinistra galatinese che si sono evidenziati nella recente campagna elettorale restano oramai sullo sfondo.

Invero, a mio parere, tali tensioni erano più presenti tra gli esponenti politici che nell'opinione pubblica galatinese.

Ora credo sia giunto il momento della coesistenza e del riconoscimento reciproco a garanzia di tutto il centro- sinistra a Galatina.

E' necessario, quindi, essere dialoganti per ritrovare quello spazio nel quale le donne e gli uomini del centro-sinistra possano portare le loro peculiarità di emozioni e sentimenti per sostenere quel percorso di costruzione della nostra identità di appartenenza.

L'esito elettorale ha fatto emergere in modo inequivocabile che il centro-sinistra galatinese se unito, è in grado di compiere scelte autonome e responsabili a livello amministrativo, sociale e morale. 

Ora è giunto il momento per tutti noi di acquisire quella maturità necessaria a produrre la stabilità nelle relazioni in modo significativo e responsabile in modo da consentire il raggiungimento del rispetto reciproco senza essere schiacciati in una dimensione acronica.

Noi del centro-sinistra galatinese siamo una comunità vasta che deve condividere tutta insieme quella ricchezza che è fatta di traiettorie coraggiosamente aperte verso il futuro.

Dialogare è l'aspetto più appropriato e determinante tra tutti i soggetti che si sentono parte della comunità progressista di Galatina, e questo esige un livello di responsabilizzazione molto elevato, il tutto teso ad una ricerca riflessiva che deve partire dalle motivazioni concrete dei problemi da risolvere.

Fondamentale in questo percorso è il ruolo del Partito Democratico.

Esso non dovrà ridurre la sua opera alla assimilazione di uno stantio formulario politico ereditato dalla tradizione, appreso malamente e spesso peggio applicato, condannandosi ad essere soltanto un mero epigono.

A Galatina il centro-sinistra è maggioranza ed allora cosa aspettiamo?

 Rimbocchiamoci le maniche tutti insieme muniti di calce e "cazzuola" e costruiamo il futuro.

Tutti insieme.

Elena Esposito  

 
Di Antonio Mellone (del 01/11/2020 @ 09:06:15, in Fetta di Mellone, linkato 2142 volte)

Avrei voluto parlare della Sabina (senza r) Panico e della sua Frutteria da un bel po’. Ma ho dovuto rinviare l’appuntamento fino a oggi: dapprima per via della clausura (lockdown per i puristi della lingua italiana), periodo nel quale era severamente vietato incontrarsi ma soprattutto porre domande (tipo le mie da commissione di inchiesta), e poi perché giunta l’estate - e quindi le Fette di Mellone - rischiavo di esser tacciato di conflitto di interessi. Ma eccomi finalmente in semi-libertà (c’è pur sempre una mascherina di mezzo) a raccontare la storia di questa bottega di Noha e della sua incredibile titolare: della quale dirò subito – non me ne vorrà - che ha superato gli Anta da un po’, ma ne dimostra appena Enta (saranno le vitamine con cui è in quotidiano commercio d’amorosi sensi).

La Frutteria, nata tre anni fa, è uno schiattone (virgulto) di un albero antico che affonda le sue radici intorno agli anni ’60 del Novecento, quando in via Maddalena nonna CChina (con due C) gestiva un piccolo negozio di generi alimentari. Quest’albero è cresciuto robusto, irrorato dal sudore e purtroppo anche dalle lacrime di una casa. Durante l’infausto 1992, infatti, l’amabile Assunta (chi non la ricorda con affetto), subentrata nel frattempo alla suocera nella conduzione della sua putea, scompare improvvisamente appena quarantaseienne in un incidente stradale sulla Noha-Galatina, lasciando soli e impietriti il marito Michelino, e i suoi tre figli: Toni di 21, la nostra Sabina di 19, e il piccolo Marco di solo 8 anni.

Fu così che Sabina, non ancora ventenne, bruciando tutte le tappe, si trova dalla sera alla mattina a essere la donna di casa, la madre dei suoi fratelli, e pure l’imprenditrice della sua azienda. Me ne parla con il sorriso, mentre involontarie gocce di memoria imperlano i suoi occhi: “I professori si commuovevano quando ero io a presentarmi agli incontri scuola-famiglia di Marco”. Non solo loro, Sabina, tutta la comunità.  

Nel corso dei successivi venticinque anni la famiglia cresce. Arriva il matrimonio con il suo Luigi (buono e ‘ngarbato come lei), e dunque Samuele, il primo figlio, oggi diciottenne, ed Eleonora, la piccola, quattordici anni, entrambi al liceo artistico di Lecce. “Ragazzi responsabili”, mi dice, e io rincaro bravi e bellissimi (e non sono uno di manica larga nei giudizi).

E così il tempo galoppa fino al 2017, quando Sabina decide d’amore e d’accordo con tutti di lasciare la bottega di via Maddalena al fratello Marco e alla sua zita, per dar vita allo schiattone di cui sopra, vale a dire La Frutteria di via Mameli. Che, come si arguisce dalla denominazione, sarà pure la classica bottega del fruttivendolo, ma con l’aggiunta di qualche chicca in più che ora vedremo.

Sulle mensole e sui ripiani architettati da Luigi (è il suo mestiere), poggiati su montanti fatti da pezzi di scale in castagno (quelle utilizzate un tempo per la raccolta delle olive) e sulla gondola centrale composta da cassette in legno recuperato anch’esso da altri usi, così come il bancone, trovano alloggio frutta e verdura perlopiù di stagione, insieme ad altri prodotti della terra e del lavoro dell’uomo. Qui finalmente tutto sembra parlare italiano, se non proprio salentino, quando non addirittura nohano.

Sabina mi fa da guida nella sua piccola galleria d’arte (un canestro, per dire, mi ricorda tanto quello del Caravaggio, oltretutto la stagione è quella) e mi fa: “La frutta non dovrebbe mai fare viaggi troppo lunghi, se no si stanca e non fa bene. Questi cavolfiori, le cicorie, le rape, i pomodori invernali da penda, peperoni, melanzane, e queste zucche me li portano direttamente dei contadini di Noha. Le patate sono della zona di Alliste e Racale, i meloni del neretino, e queste patane (patate dolci) provengono dal nord del Salento. La farina che vedi in questi pacchetti, invece, è proprio della mia campagna, o meglio di quella di mio padre che quest’anno ha seminato il grano. Fave, ceci e piselli secchi invece sono di Zollino, queste altre verdure sottolio di Scorrano. Ma abbiamo anche le friselle che prendiamo da un forno di Corigliano, il miele che ovviamente è prodotto a Seclì da Musardo, e la pasta che ci arriva direttamente dagli artigiani Manta di Aradeo. Queste marmellate sono prodotte a Melissano, mentre le uova del paniere, con la data di produzione stampata sul guscio, sono delle galline ruspanti di una masseria qui vicino. Certi altri prodotti, li compro ai mercati generali. Però li scelgo sempre italiani, anche se costano un pochino di più e benché a volte la frutta estera paia avere un aspetto migliore: che ci posso fare è più forte di me. Vabbè, ho anche banane e ananas: è ovvio che questi frutti provengano dai tropici, ma sono un’eccezione qui dentro, come qualche altro raro prodotto che utilizzo per le composizioni di frutta fresca sbucciata, tagliata e disposta sui vassoi secondo l’estro e il raccolto del momento. Certo mi sono inventata quest’altro lavoro, che comporta molto impegno ma devo dire che finora è stato molto apprezzato. Lo faccio su ordinazione. Ah, dimenticavo, più volte la settimana preparo con le mie mani anche il minestrone crudo e fresco (in questo negozio non c’è nulla di surgelato), con le verdure del giorno. A me piace molto, e sembra io sia in buona compagnia. Ci tengo a ribadire che bucce e scarti delle mie lavorazioni sono raccolti in compostiera, pronti a diventare humus per i nostri ulivi: sissignore, noi non produciamo rifiuti - anche se paghiamo un sacco di spazzatura.”

Ebbene sì, le parole di Sabina sono come le ciliegie: una tira l’altra. Ed è sempre piacevole ascoltare questa donna straordinaria i cui neuroni non hanno turno di riposo nemmeno di notte: “Sabina, scusa, ma quand’è che riesci a rilassarti un po’?”. E lei: “Sai, lo pensavo proprio l’altro giorno mentre ero sdraiata su quella poltrona: dal dentista”.

Prima di salutare la Sabina, mi guardo nel grande specchio della frutteria e, sarà un  trompe-l'œil, il mio viso per un attimo mi sembra un ritratto di Arcimboldo.

In strada, mentre sto per andar via, mi volto per ammirare in un colpo d’occhio La Frutteria, l’adiacente novella rosticceria Frumento, la contigua pasticceria  Zucchero & Cannella, e poi all’angolo il grazioso salone Lulè Acconciature dell’Antonella Geusa, e quinci la pescheria Sapore di Mare da lungi, e quindi il Tribal Cafè, e mi vien da pensare quanto i dintorni di via Mameli mi ricordino Montmartre e le sue stradine di negozi e artisti, lontane dai grandi boulevard, dai mega palazzi, e dalle piazze della Grandeur: di là le Sacre Coeur, di qua la nostra Madonna delle Grazie; in rue St. Vincent, le Jardin Sauvage; in via della Pace, i Giardini che prendono il nome della compatrona nohana.

Quanto aveva ragione quella mia amica quando asseriva che se Parigi avesse le casiceddhre sarebbe una piccola Noha.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 29/09/2016 @ 08:52:40, in Istituto Comprensivo Polo 2, linkato 4907 volte)

Con un avviso datato 26 settembre 2016 l’Amministrazione Comunale di Galatina, nella persona dell’Avv. Giuseppe Leopizzi, ci comunica che le modalità di accesso al servizio di refezione scolastica per l’a.s. 2016/2017 sono cambiate e che pertanto è necessario presentare, insieme alla domanda di iscrizione, anche il modelle I.S.E.E. in corso di validità al fine di poter individuare la quota spettante in base allo scaglione di appartenenza.

Queste le fasce riportate nell’avviso:

Ora va da sé che poiché per il rilascio di tale modello s’impiegano almeno 10 giorni, previa convalida dell’INPS, ti immagini che il Comune faccia fronte a tale situazione con uno “Scusateci per il ritardo: questo mese pagheranno tutti la quota relativa allo scaglione più basso.”, oppure: “Scusateci tanto per il ritardo, provvederemo a rimborsare il maltolto il mese prossimo”. 

Invece no, non siamo un paese normale e quindi accadono cose che normali non sono. Accade ad esempio che il Comune ti risponda che “non è organizzato per far fronte a questa situazione e che come riportato nell’avviso chi non presenta l’I.S.E.E.  rientra nell’ultima fascia”.

Fortunatamente però siamo in un paese normale, tant’è che ho prontamente chiamato l’Avv. Leopizzi per manifestare il mio disappunto e quello di molti altri genitori, e per chiedere lumi, e, cosa assai da paese normale, non solo mi ha risposto ma mi ha anche dato ascolto. E preso appunti.

Allora mi sono permesso di fare due o tre osservazioni che riporto di seguito:

  1. Se davvero l’ISEE fosse il corretto modo per valutare il costo della refezione scolastica per allievo, mi aspetterei che le fasce meno abbienti abbiano un vantaggio economico derivante da tale scelta amministrativa. Ma purtroppo, a guardare gli scaglioni, non mi sembra affatto così, visto che comunque le fasce al di sotto dei 7.500 € sono costrette a pagare ben 2,5 € a buono pasto.
  2. In una famiglia composta da 3 bambini che ha appoggiato appieno la recente campagna della ministra Lorenzin e che ha un ISEE da ultimo scaglione (una famiglia dove lavorano entrambi i genitori e si ha la casa di proprietà, nonostante si debba pagare un mutuo ventennale prima dell’effettivo possesso, l’ultimo scaglione è garantito) la spesa per la refezione scolastica dei propri figli diventa insostenibile. Parliamo di 240 € mensili. Quasi un’altra rata di mutuo. Altro che buona scuola: qui ci vorrebbe solo una buona mazza.
  3. Poiché nei precedenti anni il costo UNICO della refezione era di 50 € mensili per 20 pasti, e visto che non è cambiato il tipo di servizio né l’azienda né la qualità, com’è possibile che il costo sia in taluni casi raddoppiato?
  4. E’ possibile verificare quanto ha speso e quanto spende il Comune di Galatina per la refezione Scolastica? Poiché, ammesso che il Comune non intenda partecipare alla spesa per la refezione, il costo non mi sembra proporzionato al servizio offerto.

Detto ciò poiché non siamo in un paese normale, l’Avv. Leopizzi non mi ha dato delle informazioni/soluzioni a riguardo ma ha preso appunti in merito ai miei suggerimenti, lasciandomi così nell’oblio delle mia rabbia mista a turbamento.

Invito tutti i genitori degli allievi di Galatina a fare fronte unico per aderire compatti ad una protesta nei confronti del Comune per questa pessima, nonché tardiva, scelta amministrativa.

Se queste sono le regole del gioco, rinunciare al servizio di refezione dovrà essere un nostro diritto. Non è possibile incidere in maniera così considerevole nel budget familiare. E chi non volesse aderire al servizio di refezione scolastica dovrebbe poterlo fare liberamente, senza penalizzare la scelta del piano formativo effettuata per il proprio/a figlio/a.

Da Lunedì 3 Ottobre inizierà il servizio mensa. Esorto tutti a chiedere l’anticipazione dell’uscita mediante gli appositi moduli forniti dalla scuola sino a quanto il Comune di Galatina non avrà le idee chiare sulle modalità della gestione della refezione scolastica, o sino a quando non sarà possibile poter decidere liberamente (o arbitrariamente) di non aderire al servizio di mensa messo a disposizione dal Comune.

Spero che in questa battaglia ci assistano anche i Dirigenti scolastici che per primi dovrebbero essere garanti dei diritti dell’alunno così come sancisce il Patto educativo di Corresponsabilità.

 

Ferdinando Cacciuottolo

Presidente Consiglio D’Istituto Polo 2

https://www.facebook.com/polo2galatina

nand.one@inwind.it

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Sul trasferimento degli uffici comunali presso la sede dell’ex tribunale di Galatina il segretario del locale circolo del PD, Andrea Coccioli, vorrebbe imporre alla nostra amministrazione la stessa approssimazione che lui, da assessore ai lavori pubblici della giunta Montagna, usò quando inaugurò un immobile inagibile soltanto perché sia era in campagna elettorale. La pseudo consegna dei lavori, infatti, avvenne nel maggio 2014 a pochi giorni dalle europee dello stesso anno ed avvenne in maniera così approssimativa che la stessa palestra per l’occasione usufruiva di un gruppo elettrogeno per l’illuminazione e che l’assessore non verificò nemmeno che il pavimento della stessa fosse compatibile con gli usi che di quella palestra si sarebbero fatti. L’amministrazione attuale di Galatina ragiona e lavora in modo differente. Non solo sta risolvendo problemi che questa città si trascina da anni ma non intende in nessun modo lasciare in eredità a chi verrà dopo strascichi di problemi per cose fatte male o a metà.

Abbiamo già spiegato al segretario del PD che è in corso la verifica degli impianti dell’ex tribunale al fine di adeguare il progetto all’uso specifico che di quell’immobile se ne farà quando lì verranno collocati gli uffici comunali. Ed è significativo notare come la data dell’affidamento di tale incarico sia precedente a quella del comunicato stampa del PD. E lo stesso Coccioli lo sa talmente bene che il giorno del sit-in nei pressi dell’ingresso del tribunale, sul retro dell’immobile, i tecnici erano già al lavoro per la prevista verifica degli impianti. Una sorta di tentativo di mettere il cappello politico su un intervento portato avanti da questa amministrazione quello inscenato dal PD locale se non fosse che, nello stesso momento, vi erano più tecnici al lavoro sul retro o dentro l’immobile che esponenti del suo partito sul marciapiede a manifestare. Ci aspettiamo ora un nuovo sit-in del PD, magari il giorno prima dell’inaugurazione della palestra di via Montinari, la stessa che lui da assessore inaugurò con tanta approssimazione elettorale, che noi stiamo adeguando e i cui lavori partiranno nell’estate grazie ad un finanziamento ottenuto dalla amministrazione Amante.

Loredana Tundo

 
Di Redazione (del 11/03/2017 @ 08:48:16, in Comunicato Stampa, linkato 1548 volte)

Entra nel vivo la campagna elettorale del candidato sindaco di Galatina con l’apertura del Comitato elettorale

«Cominciamo a lavorare per il programma di governo». L’annuncio è del candidato sindaco di Galatina, Giampiero De Pascalis, sostenuto dalla coalizione “Obiettivo 2022” (Direzione Italia, Forza Italia, Lista De Pascalis, Psi, Udc, e le civiche Agorà e La Città) e coincide con l’apertura del Comitato elettorale, in Piazza Alighieri, domenica 12 marzo alle 11. «Il mio comitato sarà una delle sedi dei “Cantieri del programma” – puntualizza De Pascalis – un luogo aperto a tutti, attivo, dinamico e laborioso. Non voglio che nulla sia calato dall’alto. La mia città, quella in cui mi piacerebbe vivere, se sarò il sindaco di Galatina, avrà un programma frutto di condivisione e partecipazione: vera e non di facciata».

La campagna elettorale del candidato sindaco entra nel vivo, dunque, con lo start ai “Cantieri del programma” che si concretizzeranno in una serie di tavoli tematici che per Galatina si svilupperanno nella sede del comitato elettorale di De Pascalis, ma saranno attivati anche a Noha e a Collemeto con il coinvolgimento di Santa Barbara. L’appuntamento è per domenica, quindi, dove si metterà la prima pietra al metodo De Pascalis, ossia il modo in cui intende indirizzare la sua azione politica e di governo se sarà eletto.

Ufficio stampa del candidato sindaco 

 
Di Redazione (del 29/06/2022 @ 08:36:36, in Comunicato Stampa, linkato 480 volte)

Sento forte la responsabilità del ruolo a cui sono stato chiamato e l’importanza della scelta delle parole e dei temi che dovrò affrontare sin dal primo giorno di questo mandato.

Il mondo, in questi anni, è cambiato e noi dobbiamo saper cambiare con esso: la nostra comune umanità dovrà riscoprire sé stessa e Galatina dovrà saper interpretare il proprio ruolo di comunità inclusiva e solidale.

Il mio primo impegno è quello di portare tutti noi in un rinascimento sociale ed economico che coinvolga per prima la comunità galatinese, anche la parte più fragile e debole, e poi tutte le comunità intorno a noi, perché non possiamo crescere se non collaborando con i comuni vicini, troppo spesso collegati a doppio filo alle nostre vite ed alla nostra economia.

Tuttavia, il rinnovamento che questi obiettivi comportano passerà per un ritorno a valori tradizionali e fondanti della nostra società come il lavoro e l’onestà, il coraggio e la correttezza, la tolleranza e la curiosità, la solidarietà e l’inclusione.

Non si tratta solo di parole.

Lasciatemi dire qui e ora, agli alleati come agli oppositori, che la fiaccola è stata consegnata a una nuova classe dirigente di cui sarò garante e che dovrà vivere questa nuova fase con un grandissimo spirito di servizio e di tensione al bene comune.

Vogliamo coinvolgere ed ascoltare con attenzione per primi coloro che ci hanno preceduto e ai quali porgiamo il nostro più sincero e sentito ringraziamento, perché chiunque dedichi parte della propria vita per la collettività merita la nostra riconoscenza.

Vogliamo poi valorizzare anche il ruolo delle minoranze, affidando loro ruoli di controllo e di garanzia, perché possano svolgere, nella pienezza delle loro prerogative, l’importante pungolo di cui c’è tanto bisogno.

In questi giorni la nostra città si ritroverà in un momento di festa in cui ritorneremo a abbracciarci ed anche a ritrovarci dopo una campagna elettorale dura e partecipata ma che ha dimostrato, se mai ve ne fosse bisogno, che Galatina è in possesso di una civiltà umana e politica seconda a nessuno. Basti pensare al volto sereno e fiero del Sindaco uscente Amante la notte dello spoglio e il suo gesto di venire ad abbracciarmi e ad essere il primo a complimentarsi per il risultato.

Vi auguro di vivere questi due giorni della festività di San Pietro e Paolo nella loro pienezza religiosa e civile: è una tradizione che é anche patrimonio umano e sociale, capace di far ritrovare, attraverso le sue radici, anche noi stessi.

Non nascondo, per chiudere, l’emozione di questo momento. Vi prometto che è un assoluto privilegio potermi definire il vostro primo cittadino e che trascorrerò ogni singolo giorno nello sforzo di essere all’altezza della comunità che ho l’onore di rappresentare. Non so se merito tanto. Ma cercherò di esserne all’altezza.

Fabio Vergine
Sindaco di Galatina

 
Di Antonio Mellone (del 20/06/2015 @ 08:32:34, in NohaBlog, linkato 2565 volte)

A volte mi chiedo che cosa abbiano fatto di male i galatinesi per meritarsi la giunta Montagna, la connessa maggioranza e la relativa pseudo-opposizione (a parte l’averne votato i membri, s’intende).

Non so se qualcuno di voi ricorda ancora la storia della Pantacom srl, la società inattiva, con capitale sociale liquefatto per perdite (poi ricostituto), con zero dipendenti e zero fatturato; su dai, quella della famiglia Perrone (che, tra i suoi più illustri esponenti, annovera Paolo, l’amatissimo sindaco di Lecce); la società a responsabilità limitatissima, la quale - secondo una Convenzione (o meglio cir-Convenzione d’incapace) piena zeppa di spiritosaggini, tipo la creazione di un numero di posti di lavoro a più zeri [forse prima della virgola, ndr], siglata con il nostro Comune - avrebbe dovuto costruire, non si sa bene con quali capitali, un bel centro commerciale a chilometro zero partendo da Collemeto.

Orbene, non ci crederete: la suddetta SRL ha promosso un ricorso davanti al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) per impugnare l’unica decisione giusta azzeccata dal Comune di Galatina da una quindicina d’anni a questa parte: “la revoca con effetto immediato delle autorizzazioni rilasciate alla società Pantacom srl per l'apertura dell'area commerciale integrata” [non si capisce con cosa “integrata”: forse con l’habitat da cementificare. Ndr].

A Palazzo Orsini, come al solito, son caduti dalle nuvole: non s’aspettavano punto d’essere ripagati con codesta ingratitudine, anzi alto tradimento prima che il gallo cantasse, dopo che la banda larga altrimenti detta Consiglio Comunale, sfidando il ridicolo, e soprattutto decretando la condanna a morte di una campagna di rara bellezza, aveva approvato la pantacomica cascionea pressoché all’unanimità (ad eccezione di Rifondazione Comunista, che, dunque, per coerenza, rimase nella stessa maggioranza come se niente fosse).

Da lì in poi fu tutto un susseguirsi di “volani per lo sviluppo” e “ ricadute occupazionali”: fior fior di cosiddetti politici galatinesi, nonché responsabili di progetto e i soliti economisti per caso, anziché ricordarsi del fatto che sarebbe sempre meglio tacere passando per idioti che parlare fugando tutti i dubbi, rilasciavano interviste a gogò a giornalisti improvvisati (benché iscritti all’albo da più di trent’anni) sulle magnifiche sorti e progressive circa l’n-esimo ipermercato salentino, fatto da 20 e passa ettari di viali, piazzali, parcheggi, rotonde e un imprecisato numero di enormi scatoloni prefabbricati in cemento e vetro, decisamente fuori scala per Galatina.

Gli operatori della cosiddetta informazione, a loro volta, sembrava riportassero tutte le panzane da bar (però proferite con il topico contegno galatinese) con un afflato, anzi un empito mistico a metà strada fra il sollievo e la rivincita (non si sa bene su chi): e questo la dice lunga sull’asservimento, forse a loro insaputa, delle classi giornalistiche e intellettuali locali alla greppia dei poteri che, in teoria, dovrebbero controllare.

Per dire, l’assessore Coccioli (un nome, una garanzia) gongolava in un suo comunicato stampa, o forse dalla sua pagina di fb, e i “giornalisti” di cui sopra ricopiavano senza fiatare su siti e giornali (giornali, si fa per dire) le seguenti elucubrazioni: “La conferenza dei servizi si è conclusa favorevolmente in merito alla realizzazione del centro commerciale. Tutti i parametri del regolamento regionale 27/2011 sono stati rispettati. Ritengo di affermare che il lavoro svolto dall' ufficio tecnico settore Urbanistica e dall'ufficio commercio del comune di Galatina sia stato completamente orientato alle buone pratiche amministrative. Un plauso a tutti gli uffici che hanno lavorato in maniera puntuale e conforme a tutte le normative di settore garantendo, in tutti i passaggi amministrativi, il buon esito della procedura”. Ecco, l’assessore Coccioli plaudiva (oltre a “ritenere di affermare”).

Un altro assessore, indovinate chi, gli faceva eco nello stesso mese di ottobre 2013 sugli stessi organi-cassa-di-risonanza: “La conferenza si è svolta in maniera molto corretta. L'ufficio urbanistica della Regione Puglia ha riconosciuto il buon lavoro svolto dai nostri tecnici sia dell'Urbanistica, sia del Suap esprimendo parere favorevole all'insediamento commerciale. Siamo convinti che la realizzazione del Centro di Contrada Cascioni porterà importanti benefici per la comunità galatinese" [la sottolineatura è nostra; la convinzione, sua, ndr].

Peccato però che nessuno, a proposito di “buona pratiche amministrative”, s’era accorto che la Pantacom srl valeva come il due di coppe quando c’è briscola a denari e che non avrebbe potuto garantire proprio un bel niente, figurarsi l’“investimento” e i posti di lavoro, non avendo il becco di un quattrino (bastava limitarsi a leggere l’attivo dello stato patrimoniale pubblicato dalla Camera di Commercio) e presentando una struttura economico/patrimoniale/finanziaria così tenera che si tagliava (e si taglia tuttavia) con un grissino. Per evitare danno e beffa, sarebbe stato sufficiente leggere quattro dati di bilancio, o, in caso di lacune in materia, chiedere lumi ad uno studente di terza ragioneria. E dunque prevenire i danni, votando di conseguenza. Vale a dire contro la mega-porcata del secolo.

Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 06/07/2022 @ 08:30:18, in Comunicato Stampa, linkato 521 volte)

Quanto è bello leggere questo fermento culturale nel centro sinistra galatinese. Antonio Antonaci, Elena Esposito, Michele Scalese sono stati subito sul pezzo nel dibattito e, diciamocela tutta, ogni persona che si riconosce nella cultura di centro sinistra attende che Galatina si muova verso questa rinascita.

Anche io.

Ma il mio punto di vista cerca di guardare alla prossima scadenza, che è quella politica e considera il “centro-sinistra” una categoria che attiene il posizionamento politico-culturale di un elettorato, con le sue sensibilità sociali, economiche e delle relazioni internazionali.

È difficile parlarne con altre categorie come quelle tipiche della identificazione nel gruppo di simili o di squadra. Mi spiace dirlo a Scalese, ma il suo sembra piuttosto un richiamo alla rifondazione di un gruppo elitario.

Il 12 ed il 26 giugno abbiamo scelto un Sindaco per una amministrazione locale, in cui si sono messe insieme diverse sensibilità politiche perché desiderose di perseguire un cammino diverso dal precedente, in cui ha amministrato un gruppo di brave persone con sani principi che hanno pensato a risolvere, direi anche bene, delle problematiche di bilancio, senza pensare agli investimenti e senza un grande sguardo verso la parte più produttiva. Un cammino diverso anche da quello del campo largo PD e 5Stelle (con un innesto di destra) perché non considerato una novità e perché forse partito con l’affermazione del gruppo di guida, senza grandi aperture verso il resto della comunità degli attivisti e con delle vecchie ruggini per una parte di centro sinistra (Socialisti di Spoti, parte della causa della caduta dell’amministrazione Antonica che si riproponeva).

Antonaci, brillante e istrionico, non è parso da subito capace di vincere ma sicuramente ha ottenuto un risultato che dovrebbe far riflettere e che lo rende importante.

Tutto qui.

Se dovessimo scendere nei dettagli del giudizio morale politico che suggerisce Scalese, a cui dedico la mia riflessione per stima e desiderio di scambio di opinioni, non certo per criticarlo, probabilmente la questione diventerebbe più seria. E mi farebbe porre una domanda: è accettabile che parte del centro sinistra abbia operato per l’elezione di un candidato alternativo alla scelta ufficiale del PD? Se pensiamo alla scelta di molti del PD durante il referendum costituzionale del 2016 direi di si. Anche allora buona parte del partito e non certo su scelte locali, decise di sabotare il proprio governo, retto da un proprio rappresentante, consapevoli della sua caduta attraverso un voto difforme dalla posizione ufficiale.

È accettabile che Fabio Vergine abbia accettato di farsi appoggiare sia da persone provenienti dal PD che da esponenti vicini alla Lega? Se penso alle scelte di Minerva, che ha in giunta anche Di Mattina, notoriamente vicino a Marti, credo di si, perché si tratta di scelte locali e amministrative. Accade con Mellone anche a Galatone. Lo stesso Emiliano ha nominato come assessore un uomo simbolo delle amministrazioni Fitto.

Se poniamo la critica morale e etica nei confronti di Vergine compiamo la stessa forma di bullismo machista tipico delle vecchie società oppressive: se un uomo tradisce una moglie è “un conquistatore”, se a tradire è una moglie la si addita come “poco di buono”. Le stesse scelte sono tali sia se le compie un tesserato PD che se le compie un qualsiasi altro disgraziato non PD. Mi pare evidente.

Come mi pare evidente che tutte queste contaminazioni possano diventare pericolose, perché tendono a impoverire il dibattito identitario e politico locale. Senza distinzione su chi le compie.

Altrimenti non stupiamoci se l’opinione pubblica considera il PD autoreferenziale e spesso propenso a rilasciare le patenti di agibilità politica, pontificando.

Io stesso nel 2012 ero responsabile provinciale della campagna per le primarie di centro sinistra di Bruno Tabacci e molti militanti locali mi dicevano “ma voi che c’entrate, mica siete dei nostri” anziché essere felici che vi fosse un confine più largo. Nel 2018 però il nostro 2,7% di +Europa è risultato gradito visto che ha permesso l’elezione di molti deputati PD…

Oggi dobbiamo invece cogliere l’invito di Antonio, Elena e Michele perché dobbiamo affrontare la questione delle politiche del 2023.

Lì non si parlerà della purezza della razza o del gruppo dirigente di un partitino di paese. Dovremo compiere scelte e delegare perché vengano affrontate le grandi tematiche che riguardano il nostro tempo.

Quali diritti e quali doveri da proporre o difendere? Quali politiche internazionali perseguire? Come affermare l’appartenenza al blocco occidentale e alla Nato? Che ruolo dare all’Europa affinché possa pesare in questa crisi bellica?

E potrei continuare a lungo sui temi dello sviluppo economico o della redistribuzione, delle spese militari e della ricerca.

Non basta attaccarsi una spilla e iniziare a tifare. Dobbiamo affrontare i temi. Ad esempio io, che sicuramente di centro-sinitra lo sono da quando ero bambino, pur con una sensibilità popolare, ho difficoltà a confrontarmi con una parte del M5S che flirta con Putin e accetta i suoi soldi, che parla di sganciare reddito e lavoro, che anziché dimostrare senso dello Stato prova a far traballare il Governo per qualche voto in più. Condivido il monito di Franceschini di domenica.

Ho più facilità a dialogare con una parte di Forza Italia come quella rappresentata dalla Ministra per il Sud Carfagna e rispetto maggiormente (anche se rimango distante e distinto) la parte della Lega vicina alle imprese del nord e a Giorgetti.

Non posso non condividere il gesto di Di Maio che si ritrova a rischiare la fine politica pur di difendere un posizionamento geopolitico (l’occidente, la NATO, la difesa dello stato nazionale Ucraino) e un Governo al quale non vi è alcuna alternativa.

Amici miei, da questo dovremmo partire anche nelle nostre periferie, tra i nostri giovani, tra i nostri figli. Non sono discorsi lontani ed hanno un impatto incredibile. Mandare a Roma un o una parlamentare che infili solo il badge sul proprio scranno non serve. Serve affermare una visione di società e di nazione, serve capire se vogliamo l’Europa o vogliamo tornare ai confini, alle frontiere. Serve capire che sanità vogliamo, che lavoro vogliamo creare, che sviluppo perseguire, che tutela dare al nostro ambiente.

Non imponiamo a chi ha (o potrebbe avere) passione solo delle rese dei conti personali. Nessuno vada via dall’area popolare e progressista galatinese! Si aprano le porte e si torni a parlare della cosa più bella del mondo: delle idee. E mai più solo delle persone.

Andrea Salvati

 
Di Redazione (del 31/01/2022 @ 08:24:45, in Comunicato Stampa, linkato 461 volte)

Nonostante l’attivazione di cinquanta foto-trappole, come annunciato qualche giorno fa con enfasi dal sindaco Marcello Amante, l’attività degli sporcaccioni non si ferma. Questa volta i rifiuti non sono stati abbandonati in periferia o nelle strade di campagna, ma ad essere preso di mira è il Centro della Città: così si presentava, nella foto, agli occhi dei tanti cittadini, che in questa bella giornata di sole di fine gennaio, sostano o passeggiano sulla Villa Comunale o l’attraversano in macchina. Una busta contenente rifiuti di ogni genere è stata abbandonata sull’aiola che divide Piazza Alighieri dalla Chiesa dell’Immacolata, accanto ad una videocamera del Comune. Questa volta, grazie a questa presenza, sarà facile scoprire gli autori o l’autore, che con costanza (ricordiamo i rifiuti abbandonati in piazza Lillo o in Piazza due Trappeti), insudiciano la nostra bella Città?

L’Ispettore all’ambiente sarà in grado di assolvere al compito al quale è stato incaricato?

Ninì De Prezzo

 
Di Michele Scalese (del 05/11/2022 @ 08:21:36, in Comunicato Stampa, linkato 365 volte)

Qualche giorno fa la nuova amministrazione ha compiuto i suoi primi 100 giorni. 100 candeline: tante quante le promesse fatte in periodo elettorale che ad oggi non trovano riscontro nella realtà. Abbiamo avuto modo, in questi primi 100 giorni (anche prima a dirla tutta), di assistere ai più deplorevoli spettacoli politici della storia di Galatina e frazioni, tanto da dubitare anche sul fatto che il Sindaco si sia insediato oppure risiede ancora in quella fase di piena campagna elettorale. Assistiamo, ahimè, sbigottiti, alle autocelebrazioni dei novelli amministratori per cose e opere realizzate o in attesa di realizzazione, pur dimenticandosi, volutamente, che ciò a cui fanno riferimento non è altro che il frutto del lavoro dell’amministrazione precedente. È bene ricordare ai nostri attuali amministratori che “qualcuno” in illo tempore, aveva già pensato e soprattutto attuato un piano di sicurezza sul territorio che prevedeva l’installazione e la messa in funzione delle telecamere di sorveglianza sul territorio comunale. Inoltre, come Circolo cittadino abbiamo avuto modo di protocollare un programma dettagliato circa ciò che dovrebbe essere attuato per garantire una piena vivibilità nella nostra frazione, programma al quale non abbiamo mai ricevuto risposta dal Sindaco. Ciò che, ad ogni modo, ci rincuora è che la maggioranza - almeno questa volta - dovrà fare i conti con una opposizione – se non tutta, almeno in parte - degna del ruolo che è stata chiamata a ricoprire in Assise: perché si sa, la competenza non si misura a chiacchiere, ma a fatti concreti, ad idee, a progettualità, a studio, non a becero vittimismo. A proposito di ciò, non possiamo non citare le continue e oramai pedanti frasi di vittimismo del consigliere di minoranza Antonaci, che con i soliti post pubblici sui suoi social, non fa altro che autoflagellarsi il costato in cerca del proprio posto per esprimere la bellezza delle sue idee a dir poco utopiche. Sarebbe bello ricordare al consigliere Antonaci, Presidente della Commissione speciale per la salvaguarda del nostro Ospedale, che, nonostante l’assemblea organizzata il 19 ottobre, si è a conoscenza che anche per il mese di novembre il celebre cardiologo di cui tanto si è discusso e controbattuto, continuerà a svolgere il suo servizio dalle ore 8 alle ore 20, per ritornare ad essere reperibile dalle ore 20 alle ore 8. Nulla è cambiato, dunque, per la salute dei nostri concittadini, dal momento che gli stessi “possono essere oggetto di infarto solo e soltanto fino alle 20”, poiché di notte, il medico cardiologo non potrebbe essere in sede per soccorrere il malcapitato. L’ultima frase è ironica, ovviamente, ma sottolinea il fatto che laddove la vanità degli uomini supera il limite, il risulato è questo: concludere un’assemblea senza progettualità futura ma con soltanto un pugno di mosche. Il consigliere, è lo stesso che asserisce che la prof.ssa Antonica sarebbe non idonea a ricoprire il ruolo di membro della commissione DUC, come se non esistesse la trasversalità della prassi (attuata solo e soltanto attraverso lo studio e non sulla mera critica di protagonismo). Di una cosa però siamo felici, abbiamo avuto modo di apprezzare la presenza di quasi tutta l’attuale amministrazione dalle duplici, triplici correnti, in occasione del comizio in P.zza Alighieri in vista delle politiche: sarà che siamo in maggioranza e non ce ne siamo resi conto?

Il Segretario PD – Noha
Dott. Michele SCALESE

 
Di Marcello D'Acquarica (del 13/07/2013 @ 08:20:01, in NohaBlog, linkato 3648 volte)

“Viva soddisfazione”, dice il Sindaco alla seconda inaugurazione della ex-struttura delle vecchie scuole elementari di Noha.

“Occorrono tanti contenitori culturali” dice l’Assessore alla Cultura, pensando, forse, di far crescere il senso civico nelle persone. Certo un po’ di informazione sul significato di senso civico non guasterebbe, anche se la gente fa già del suo meglio per vivere dignitosamente. Da un certo punto di vista, le intenzioni dei nostri rappresentanti, potrebbero sembrare perfino una svolta per un insperato atteggiamento di fiducia, e lo sarebbe se non fosse che, per esempio, nel caso delle vecchie scuole elementari appena re-inaugurate come Centro Polifunzionale, si è realizzata un’opera da “tre soldi" ad alta risonanza sì, ma in un contesto privo di ogni elementare servizio collaterale. Un po’ come dire, abbiamo il volante in radica, ma lo usiamo per guidare uno sciarabà.

La faccenda è talmente seria che viene spontaneo chiedersi se prima di spendere un milione e trecentomila euro per un’opera, fra l’altro incompiuta, non sarebbe stato necessario dare al paese un minimo di decoro, del tipo: piste ciclabili, aree verdi attrezzate seriamente, marciapiedi meritevoli di tale definizione, una piazza degna della sua funzione, un area per il parcheggio di potenziali ospiti, di un centro (se pur modesto) chiuso al traffico, protetto cioè dall’invasione di veicoli a motore che sono sinonimo di fetore e rumore. Insomma di ciò che un paese cosiddetto civile ha bisogno. Questo è l’atteso “atteggiamento di fiducia” dei cittadini nohani.

Ma perché spendere dei soldi per fare delle piste ciclabili,  visto che la sicurezza a casa nostra è improntata solamente nel costruire pseudo tangenziali intramoenia, aree mercatali e centri commerciali fuori dall’abitato, giusto appunto per motivare spostamenti in massa di autoveicoli. Dietro questi slogan da piazzisti sfegatati e di buonismo impeccabile si nasconde, sovente, un disinteresse puro per il bene comune e bramosia per il proprio. La storia, specialmente locale, insegna.

Cresce sempre di più la moda dell’annunciare, e ora anche del denunciare, cori osannanti a moralità auree e contraddizioni altrui, di sinistra o di destra. Di negligenze degli imprenditori che dovrebbero impegnarsi nel cambiamento, dei lavoratori che devono rinunciare ai diritti acquisiti, dei giovani che sono troppo selettivi e mammoni e degli anziani che invece di costare meno esigono di più ricorrendo a cure sanitarie che il pubblico non riesce più a offrire. Di disattenzione dei cittadini alla cosa pubblica e di veri valori. Come se ci potessero essere valori falsi, un valore è un valore. Punto.

Falso è invece il perbenismo di facciata, le prediche vuote di concretezza, di pensieri a cui non seguono azioni. Falsi sono gli slogan da campagna elettorale, o i monologhi alla ricerca di carrierismo o di banale notorietà.

Non servono più nemmeno i dialoghi, compresi i Dialoghi di Noha, tanto che avvengono fra sordi. Fra persone, cioè,  che pur avendo un ottimo udito, non sentono perché non riescono a togliersi l’appanno che gli intorbidisce i 4 neuroni rimasti vuoti.

Allora ci chiediamo a che servono i decantati “contenitori culturali” sognati dal nostro Assessore alla Cultura, se l’immagine di Noha, giusto per partire dalla periferia di Galatina, è da qualche tempo quella di un dormitorio, semmai di un centro di attraversamento, nonostante il consumo del territorio perpetrato a danno della campagna circostante, con infinite strade, mega rotonde  e superstrade. A proposito di danni, abbiamo seppellito ettari di terra fertile sotto il catrame.

A cosa serve la cultura se parlando per esempio di raccolta dei rifiuti, nessuno dice che sarebbe bene smettere di produrli, i rifiuti, se nessuno ci racconta (con un contenitore culturale, per esempio) dove e come vengono fatti scomparire, o quale sarebbe invece il circuito migliore per ridurre inquinamento e costi. Invece il “leitmotiv” (motivo conduttore) della stampa locale e di buona parte della politica, è l’aumento delle bollette e voler convertire la Colacem in inceneritore. A che serve la cultura se annoveriamo virtù da buona condotta ogni giorno del calendario, come per esempio la storia del “pedibus” in cui si chiede agli studenti di recarsi a scuola a piedi, se il giorno dopo assaliamo gli ingressi con auto sempre più grandi, se camminando a piedi rischiamo di essere travolti da automobilisti insensati e se la bicicletta è di fatto un mezzo di trasporto pericoloso, per i ciclisti ovviamente. A cosa servono presentazioni di libri, elargizioni di glorie e onori se poi per far giocare i nostri bambini dobbiamo portarli nei parchi-gioco dei paesi limitrofi.

A che cosa serve fare indigestione teorica di cultura se viviamo in centri abitati dove non regna né decoro né senso civico, ma soltanto l’idea che basta parlare, senza fare. Riempiamoli pure i contenitori culturali, ma per favore, caro sindaco Montagna e cara Assessore Vantaggiato, siamo stanchi dell'ipocrisia.

Marcello D’Acquarica
 

L’Istituto Polo 1, in entrambe le sedi di Galatina e Collemeto, ha accolto la sfida educativa lanciata dalla campagna di promozione alla lettura #ioleggoperchè, la più grande iniziativa nazionale organizzata dall’Associazione Italiana Editori.

Dal 5 al 13 novembre sarà possibile acquistare un libro da donare alle scuole per arricchire le nostre biblioteche scolastiche recandosi in una delle seguenti librerie gemellate con l’istituto:

  • Carlo Viva, via Liguria 73, Galatina
  • Libreria Fabula, corso Porta Luce 115, Galatina
  • Mondadori Point, via XX Settembre 160, Galatone
  • My Library, via Salvo D’Acquisto 29, Aradeo
  • Libreria La Calandra, San Lazzaro, Gallipoli

Gli editori, a loro volta, doneranno volumi per la biblioteca scolastica.

Per costruire un mondo più inclusivo, la scuola parteciperà al contest di #ioleggoperchè che premia la creazione e la realizzazione di attività volte alla promozione del libro e della lettura.

“Io e Te, Incontriamoci!” è la proposta del Polo 1 che, attraverso un libro, entra in relazione con gli altri.

A tal fine, la Scuola dell’Infanzia di via Teano, lunedì 7 novembre dalle ore 9.30, e di Piazza Cesari alle ore 11 a Galatina, ed a Collemeto martedì 8 alle ore 11, ha organizzato un laboratorio in collaborazione con la Libreria Cantastorie: dopo la lettura del testo Saremo alberi, di Mauro L. Evangelista (Artebambini Edizioni), ai bambini verrà consegnato del materiale con cui costruire un albero (L’albero che vorrei essere per costruire un grande bosco), simbolo di inclusione, che potrà essere visionato presso la stessa libreria.

Lunedì 7 e 14 novembre, in entrambe le sedi della Scuola Primaria di Galatina e Collemeto, a partire dalle ore 9, gli alunni di tutte le classi si recheranno in libreria e, dalle ore 16.15, i bambini di cinque anni di scuola dell’infanzia, in continuità con gli alunni di classe prima di primaria, parteciperanno con le proprie mamme, ad incontri di lettura animata con passi tratti dal libro Merendine (1994, Giunti Editore) di Chiara Rapaccini. Mentre le classi terze, quarte e quinte della Scuola Primaria saranno impegnate presso la Libreria Viva, a Galatina, in attività di osservazione, scoperta, interviste e percorsi di lettura animata.

La Scuola Secondaria di Primo Grado di Galatina, mercoledì 9, alle ore 17, ha organizzato un reading destinato agli alunni con il coinvolgimento della comunità scolastica e dei familiari incentrato su culture, lingue e musiche diverse in collaborazione con la Libreria Fabula di Galatina. I docenti, gli alunni ed i familiari, che vorranno aderire all’iniziativa, potranno leggere un testo in italiano ma anche in altre lingue. Giovedì 10, alle ore 17, un incontro con l’autore del libro Il volo di Aracne – Dall’alba al tramonto (2021, Musicaos Editore) di Pierandrea Fanigliulo.

Perché la nostra scuola, mentre istruisce, si pone anche l’obiettivo di “educare a vivere con gli altri” dando ragione, con spirito critico, ai valori base della nostra civiltà per creare comunità dove uomini e donne cooperino rispettando le differenze ed i diritti di ciascuno, così da favorire una cittadinanza attiva e responsabile.

 Fiorella Mastria

 
Di Antonio Mellone (del 03/11/2015 @ 08:15:19, in Necrologi, linkato 2103 volte)

Senza tanti giorni di preavviso, nel silenzio della notte,  è giunto  il telegramma di convocazione per nunna Ada Marzo, 90 primavere tra qualche mese, vedova da vent’anni di Cici Gabrieli, buonanima.

Lucidissima come sempre, ha dispensato consigli, impartito gli ultimi voleri, e detto parole buone alle figlie, ai generi e agli amati nipoti fino all’ultimo istante della sua vita.

Quando ho letto sul mio cellulare il messaggio della scomparsa della signora Ada (o come la chiamavano in tanti zi’ Ada) le pagine del mio album mentale dei ricordi si sono aperte immediatamente su un periodo molto bello della mia vita.

Erano i primi anni ’80 del secolo scorso, ed io poco più che imberbe ragazzino.

Alla fine del mese di maggio a Noha, ad una certa ora del pomeriggio, era tradizione che i devoti, per tredici giorni di fila, recitando il Rosario, si recassero a piedi in pellegrinaggio alla volta del grazioso tempietto (un tempo in piena campagna, ora circondato da una meno romantica villettopoli), dedicato a Sant’Antonio di Padova. Chi scrive faceva parte di quella marcia.

Lì, in quella chiesetta, sotto la guida di don Gerardo Rizzo (1924 -2007) celebravamo in un clima di raccoglimento, ma soprattutto di festa, la “Tredicina” in onore del Santo. Io e il mio amico e compagno di classe Adriano Scrimieri eravamo i chierichetti deputati al servizio delle sacre funzioni.

Le tredici splendide giornate di primavera inoltrata si concludevano il tredici giugno, solennità del Santo Taumaturgo di Padova, con la benedizione e la distribuzione a tutti del pane benedetto.

Certe memorie s’aggrappano ad un’infanzia per non staccarsene più. Ricordo benissimo che Ada non mancava mai a quell’appuntamento quotidiano: ci aspettava sempre sull’uscio di casa, preparandosi con largo anticipo. Quando la combriccola dei fedeli transitava da via Collepasso, Ada socchiudeva la porta (che non ha mai chiuso a chiave, neanche ultimamente), e, discreta e orante, si aggregava a noi altri.

*

L’avevo vista non tanto tempo fa, la Ada. E, stringendomi la mano, mi ripeteva sorridendo: “Ti ricordi quando andavamo a Sant’Antonio? Tu e il figlio della comare Maria servivate la messa. Antonio mio era piccolo così. Lo tenevo per mano”.

Sì, cara Ada, ricordo tutto benissimo. E ricorderò sempre.

E ora che sei giunta davanti a sant’Antonio, prega Lui per noi tutti, ché noi pregheremo per te e per gli altri, cantando a squarciagola, come un tempo, le litanie alla Madonna e l’inno al Santo, che non scorderemo mai più.

Addio nunna Ada, riposa in pace. 

A.M.

 
Di Redazione (del 11/06/2015 @ 08:11:34, in Eventi, linkato 3210 volte)
Sabato, 13 giugno 2015, solennità di S. Antonio da Padova, dopo la celebrazione eucaristica del mattino, l'antica cappella gentilizia nohana della famiglia Bianco, ubicata nella periferia a est di Noha, resterà aperta ai pellegrini per una loro preghiera personale fino a sera inoltrata.
 
Il bel tempietto, con cupola e campanile, che ricorda in miniatura il grande santuario di Padova, fu ricostruito ed ampliato sulle vestigia del precedente, nel 1987 e benedetto dal primo vescovo di Nardò-Gallipoli, Mons. Aldo Garzia, il 13 giugno 1988.
 
Nel corso della serata, alcune associazioni (tra le quali il gruppo "ragazzi del Presepe Masseria Colabaldi", "I dialoghi di Noha" in collaborazione con questo sito, la Fidas - Noha, le Acli, l'associazione "Altro Salento", la CNA - Confederazione Nazionale dell'Artigianato della piccola e media impresa di Galatina, e molti altri cittadini liberi e pensanti) sono liete di organizzare un momento di festa semplice e genuina nelle immediate adiacenze dello storico sito, meglio noto ai nohani come "la campagna sotta a S. Antoniu".
 
Siete tutti invitati a questa bella manifestazione di fraternità, che si concluderà con lo scoppio dei fuochi pirotecnici.
 
Il ricavato della serata sarà devoluto in beneficenza alla  Fidas, la benemerita associazione dei donatori di sangue di Noha. 
 
La Fidas - Noha ha sostenuto, di recente, oneri straordinari per il rinnovo e la ri-messa a norma della Casa del Donatore di via Calvario, ottenendo, tra le poche sezioni di Puglia, la piena autorizzazione ministeriale allo svolgimento della sua attività.
 
E questo è motivo di orgoglio e vanto per tutti noi.
 
*  *  *
 
Buona festa del santo taumaturgo, e buon onomastico ai numerosi Antonio di Noha e dintorni.
 

Le Associazioni Organizzatrici

 

Noha, 13 giugno 1988: alcuni flash della benedizione della Cappella del Santo di Padova da parte dell'allora Vescovo di Nardò - Gallipoli, mons. Aldo Garzia (1927 - 1994)

 

L’Istituto Comprensivo Polo1, nelle sue sedi di Galatina e Collemeto, ancora una volta si mette in gioco come agenzia educativa coinvolgendo alunni, genitori e docenti nella realizzazione di varie iniziative di solidarietà e progetti chedelineano la propria identità istituzionale finalizzati alla riflessione attiva sui problemi più urgenti della globalità. Le iniziative si inseriscono nell’ambito dell’educazione alla pace e alla cittadinanza e nascono dalla consapevolezza che la complessità della realtà sociale e culturale in cui la scuola opera impone una lettura ancora più umana del mondo contemporaneo e un imperativo categorico: “agire per cambiare”. Il nostro progetto fornisce l’occasione di promuovere una vera cultura dell’aiuto e della pace che non può limitarsi all’insegnamento di valori e principi ma deve essere orientata all’azione concreta. In particolare queste le iniziative sostenute :

• Mercatino della Solidarietà per un Natale inclusivo e solidale:, con manufatti e addobbi natalizi realizzati da tutte le classi e dai Laboratori per l’inclusione, in concomitanza con le attività promozionali e in stretta relazione al progetto Continuità, il cui ricavato viene destinato alla raccolta di fondi con scopo solidale. 

Sosteniamo anche “SOLO x LORO - Insieme per il Polo Pediatrico”, rete sociale di operatori (associazioni e organizzazioni) impegnati a supporto e sostegno del nascente Polo Pediatrico del Salento.

• Adesione alla campagna “Una Stella per la Speranza” promossa dalla Lega Italiana contro i Tumori (LILT), con la tradizionale vendita delle “Stelle di Natale”;

• Adesione alla campagna promossa dall’Associazione “Portatori sani di Sorrisi ODV, con la vendita del “Calendario del Sorriso”. Le mission di quest’anno sono due: donare al territorio la prima imbarcazione accessibile a chi vive in disabilità o una malattia e continuare a sostenere con “FELICETTO” le tante famiglie che dal nostro territorio sono costrette a spostarsi per le cure dei propri bambini;

• Adesione al progetto promosso dal Comune di Galatina “Eco Natale 2022” in collaborazione con Legambiente ed Ecotecnica a cui hanno aderito alunni e famiglie con un contributo di materiale di scarto e/o di riciclo per la realizzazione di un albero in piazza così da sentirsi parte attiva del progetto e di una “rivoluzione”verso un mondo più sostenibile ed ecologico.



Un immenso GRAZIE! va a tutti i genitori, agli alunni e al personale docente e non-docente che hanno abbracciatoed aderito alle nostre iniziative!

Il loro coinvolgimento è un grande esempio di solidarietà verso chi oggi è più bisognoso, rappresenta inoltre una positività grande ed è un segno di assoluta speranza per tutti.

Istituto comprensivo Polo 1 Galatina

 
Di Redazione (del 13/02/2023 @ 08:05:57, in Comunicato Stampa, linkato 247 volte)

Nella mattinata di domenica 12 febbraio si è svolto il congresso del PD, che ha visto una forte partecipazione di iscritti,  nonché la presenza del segretario regionale Domenico De Santis, che con il suo discorso introduttivo ha portato i presenti a  motivarsi maggiormente e appassionarsi ai temi nazionali e regionali. Presente anche il Presidente della provincia Stefano Minerva, da sempre vicino al circolo del Partito Democratico di Galatina, che  ha ribadito la sua volontà e l’impegno a portare avanti tematiche di interesse cittadino anche  in conseguenza del fatto che tali impegni erano già stati assunti nella campagna elettore di giugno 2022.

Il circolo di Galatina, è tra i primi in provincia per numero di tesserati e partecipazione alla vita politica. In effetti oltre l' 80% degli iscritti ha partecipato al voto di oggi, determinando una scelta che ha portato ai seguenti risultati per l’elezione del segretario nazionale:

 

Votanti        87

  • Bonacini       8       (9%)
  • De Micheli    0       (0%)         
  • Schlein         22     (26%)
  • Cuperlo        57      (65%)

 

Si è passati poi alle votazioni per il segretario di circolo.

Per acclamazione è stato eletto segretario il Dr. Antonio Mele

Per scelta e decisione condivisa con il Circolo del PD di Noha,  si è deciso di dotarci di un coordinatore cittadino, votando all’unanimità l’Avv. Massimo Marra, che ha quindi assunto il ruolo di Segretario dell’unione cittadina.

Inoltre, durante il dibattito è emersa la volontà chiara e forte di creare un circolo tematico nella Fraz. di Collemeto, territorio in cui è fondamentale una presenza critica e attenta,  per affrontare, tra le altre,  le specifiche tematiche di natura ambientale,  che purtroppo insistono in questo momento.

Nei prossimi giorni, tutti gli iscritti si incontreranno in assemblea in maniera  democratica e partecipativa,  per eleggere gli organismi dirigenti del partito (direttivo e segreteria), nonché il Presidente.

Con la celebrazione del congresso, il  Partito Democratico apre le porte alla partecipazione responsabile di tutti gli iscritti,   i quali sapranno portare idee, entusiasmo e nuova energia.

Per quanto ovvio, è rinnovato l’appoggio alla nostra rappresentanza  consigliere,  per il lavoro fin qui svolto in consiglio comunale, nonché per quello che andranno a svolgere.

Un ringraziamento speciale a tutti gli iscritti, che  con pazienza e passione hanno contribuito alla buona riuscita del Congresso.

 

PARTITO DEMOCRATICO

CIRCOLO DI GALATINA

 
Di Redazione (del 03/01/2023 @ 08:05:29, in Comunicato Stampa, linkato 392 volte)

L’articolo  a firma di Dino Valente, segna un nuovo passo nell’attività di opposizione da parte del sito galatina.it.

Non che in campagna elettorale non sia stato chiaro, nitido e noto a tutti il sostegno del sito all’amministrazione uscente. Ma lo abbiamo sempre considerato nell’ordine naturale delle cose e nel naturale evolversi della dialettica politica, considerandolo una parte di essa. Senza troppi infingimenti.

Oggi dobbiamo registrare un fatto gravissimo: anche lui soffre di “choc da sconfitta” e in questo memorabile articolo segna de punti fondamentali:

1.         Esiste un giudizio estetico e artistico del sig. Valente, ovviamente insindacabile, che probabilmente sarà possibile utilizzare in futuro e per il quale dovremmo valutare la sostituzione del busto di Martinez con la sua;

2.         Il suo amore per la democrazia e per il voto cittadino termina quando questo gli da torto.

Stiamo cercando tutti noi, sgomenti, il modo di rientrare nelle grazie di questo intellettuale dal gusto fine e dai giudizi apodittici.

Se lui dice che le “colorate” proiezioni sulla stessa facciata della Chiesa Madre, ma svolte della vecchia amministrazione erano pregevoli testimonianze di una cultura artistica certificata dal suo voto e dal suo plauso, ci fidiamo.

Dobbiamo solo verificare se si può sostituire la prossima tornata elettorale con un incontro di illuminati da lui diretti e coordinati. Faremmo prima e risparmieremmo soldi.

Non so se la politica galatinese abbia raggiunto mai punti di arroganza simile, tanto da chiamare a correi tutti i cittadini che hanno votato contro la propria idea e nascondendosi dietro ad un ruolo di autoproclamato giornalismo.

È lecito contestare una scelta, è lecito esercitare anche tramite un sito privato, il proprio disappunto ma definire stolti e manipolati i cittadini perché hanno votato contro i propri amici, mi sembra davvero troppo.

Passano i giorni e lo stile di una parte dell’opposizione, che tenta di svolgere il proprio ruolo non dentro l’amministrazione ma dentro le sedi giudiziarie, mi persuade che abbiamo rotto un equilibrio e una rete di vecchissima data, che poggiava troppo e da troppo tempo sulla gestione della cosa pubblica. Questo, così come il senso proprietario delle istituzioni, sono derive pericolose e, queste sì, antidemocratiche. Su questo forse sarebbe il caso di effettuare verifiche.

Poco importa se tutto il resto parla di numeri positivi e di nuovo entusiasmo: la qualità del concerto di ieri sera, i numeri delle visite in città in questo ultimo mese, gli incassi di commercianti, ristoranti, B&B e di bar.

Continuiamo con il nostro lavoro, nei limiti umani che ci contraddistinguono e contro un gruppo di infallibili che ogni giorno ci ricordano come si dovrebbe stare al mondo. Ce ne faremo una ragione, sempre con la nostra serenità ed il nostro sorriso sul volto.

Fabio Vergine

Sindaco di Galatina

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/02/2022 @ 08:00:49, in NohaBlog, linkato 1128 volte)

I cimiteri a Noha sono stati tanti e in parte lo sono ancora. Noha conserva ancora alcune testimonianze e i posti in cui sono stati seppelliti i morti fin dal tempo dei Messapi.

Andiamo per ordine.

Negli anni fra il 1954-57, a Noha ci fu una mezza rivoluzione urbanistica. Il Paese Italia era da poco uscito dal disastro della seconda guerra mondiale, e la cosiddetta “ricostruzione” venne pure nella nostra Noha, difatti è di quegli anni la costruzione del cimitero attuale in contrada “La Monaca”. Dello stesso periodo è la piantumazione degli eucaliptus di via Aradeo, e l’asfalto della vecchia via Santa Lucia,  che da Galatina portava e porta  a Noha per proseguire successivamente verso Collepasso e verso Aradeo.

In quella occasione, tagliando il monte roccioso per far diminuire l’eccessiva pendenza del terreno adiacente allo stabilimento Brandy Galluccio, vennero alla luce delle tombe antichissime. Dai reperti funebri trovati, si capì che risalivano al tempo dei Messapi. Anche nell’ultimo sopralluogo della Soprintendenza di Lecce (vedi prot. 0012250; 19/06/2017; CI. 34.31.01/59), il funzionario che ha visto i resti trovati nelle tombe ancora esistenti, ne ha confermato l’antichità.

A pochi metri dall’ex Stabilimento Brandy Galluccio, in direzione di Collepasso, qualche anno dopo, durante lo scavo per le cisterne di un distributore di carburante, venne alla luce la tomba di un visir turco, Risalente probabilmente al periodo antecedente l’eccidio dei Martiri di Otranto eseguito dai Turchi. Fu quello un lungo periodo in cui le scorrerie dei saraceni furono frequenti. Gli invasori Turchi rimasero nel Salento per circa un anno invadendo anche Galatina e Noha e qualcuno quindi ci moriva pure.

Sempre nella stessa zona, in alcune case private, in occasioni di ristrutturazione di vecchi caseggiati, sono state trovate altre tombe.

Altre sepolture sempre in zona, sono emerse dall’abbattimento della Masseria cosiddetta “le cambare”, la struttura di fronte che era di fronte alle case di corte del palazzo baronale, esattamente dove oggi sono le Casiceddhre di Cosimo Mariano, casette che se potessero parlare avrebbero da dirci un sacco di cose, pure brutte. Evidentemente quell’area è stata per molti secoli luogo di sepolture, un grande cimitero della Noha antica. Non è difficile immaginarne la ragione visto che l’antico abitato si limitava all’agglomerato rappresentato nella mappa. Per cui l’area in questione era in periferia, lontana dalle case. Anche perché i Messapi usavano seppellire i loro morti fuori dall’abitato.

Altra zona in cui sono state rinvenute delle povere sepolture, è il tratto di via G. Verdi, compreso fra via Cadorna e via Congedo. Vennero alla luce negli agli anni ’60 del secolo scorso, quando l’area in questione era ancora aperta campagna, durante dei lavori di scavo per delle nuove abitazioni. Dalle testimonianze raccolte pare fossero delle sepolture semplici e chiuse da semplici tegole di terracotta.

Le prime sepolture gestite cristianamente dalla Chiesa, possiamo dire che sono quelle trovate nelle mura dell’antica chiesa ottagonale (la Chiesa cosiddetta “Piccinna” dedicata alla Madonna delle Grazie), risalente al tempo dei Basiliani (750 d. C.), e ab immemorabili, con il sorgere della Chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, nelle due cripte cimiteriali sottostanti al pavimento della suddetta chiesetta.Le due cripte sono sempre state adoperate per la sepoltura dei nohani, fino alla costruzione del cimitero di Galatina (1886), anche perché dal 1812 Noha non ha più avuto gestione amministrativa comunale indipendente, ma come ben sappiamo, divenne frazione di Galatina, anche per l’uso del cimitero. Difatti nella Chiesa Piccinna si conservava una cassa di legno per il trasporto dei defunti nohani verso il cimitero di Galatina. La cassa di legno era una cassa esterna dentro la quale si poneva quella di abete rustica con il cadavere. Una volta portato il morto al cimitero, la cassa esterna ritornava alla confraternita e veniva ogni volta affittata con il pagamento di un canone. Ma questa era un’usanza comune in tutto il territorio e non solo a Noha.

Ora le due cripte sono chiuse e sigillate dal pavimento dell’attuale Chiesa, dove nel 1980, in occasione dei lavori di demolizione del vecchio altare, cedette la volta di una delle due cripte, gli operai impegnati nel progetto del nuovo vi furono gettate molte parti della struttura dell’altare demolito, con la pace alle ossa dei morti seppelliti e ai vivi che oggi si godono il nuovo e spaziosissimo altare.

Finalmente nel 1951 Noha ha un suo cimitero.  E i precedenti, alcuni persi del tutto, attendono di essere riportati all’onore che spetta loro, testimoni della nostra storia e molto probabilmente, nostri diretti antenati,  tesori di famiglia.

n.b.: Fonte della maggior parte delle notizie storiche è: “La storia di Noha” di P. Francesco D’Acquarica, imc; Editrice Salentina, Galatina 1989

Marcello D’Acquarica

 
Di Redazione (del 31/08/2016 @ 08:00:25, in Cronaca, linkato 3658 volte)

Costruisce una serra per la coltivazione di "maria" in un appezzamento di terreno vicino alla sua abitazione e gli sequestrano quasi dieci chili di marijuana già pronta per essere spacciata. I carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Maglie hanno arrestato in flagranza di reato per detenzione e produzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio Tiziano Longo, 28enne di Galatina, nome già presente negli archivi delle forze dell'ordine. Le indagini sono partite dall'arresto del padre del ragazzo, il 53enne Pietro, avvenuto lo scorso 4 agosto, per sequestro di persona e violenza sessuale aggravata di una donna che avrebbe segregato in casa. In quell'occasione era stata trovata della marjuana e dell'hashish, nella casa di Pietro Longo, a Noha (frazione di Galatina). Quel ritrovamento aveva insospettito i militari, anche alla luce della scarsa probabilità che Pietro facesse uso di quella droga. Ed allora decisero di osservare e pedinare il figlio per constatare gli spostamenti e capire se avesse qualcosa a che fare con la marijuana e l'hashish trovati nell'appartamento del padre. E così si sono accorti che il ragazzo ogni sera, alla stessa ora, si recava in una campagna accanto all'abitazione di famiglia, quello stesso terreno che aveva dichiarato non essere di sua proprietà quando era stato sentito dai carabinieri. Effettuati dei controlli al Catasto, i militari hanno scoperto invece il contrario. Insospettiti da questo atteggiamento, i carabinieri hanno effettuato una perquiszione nelle scorse ore ed hanno trovato una vera e propria serra per la coltivazione di droga. Sono stati quindi sequestrati ben 12 alberi di marijuana dell'altezza di quasi tre metri e oltre 8 chilogrammi di marjuana già essiccata, pronta per essere spacciata. Oltre a tutto questo, i carabinieri del Nor di Maglie in casa hanno rinvenuto e sequestrato anche due bilancini, il materiale utile per il confezionamento delle dosi e 1250 euro in contanti, ritenuti provento dello spaccio. 
Tiziano Longo è stato tratto in arresto con l'accusa di produzione e coltivazione di marijuana, detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e, sentito il parere del pubblico ministero di turno, Giovanni Gagliotta, è stato accompagnato a Lecce nel carcere di Borgo San Nicola. E' difeso dagli avvocati Giuseppe Bonsegna ed Alberto Corvaglia che lo assisteranno nell'interrogatorio di domani davanti al giudice per le indagini preliminari Cinzia Vergine. 

F.Sab.
(fonte Quotidiano di Puglia)

 
Di Antonio Mellone (del 20/04/2012 @ 08:00:01, in NohaBlog, linkato 3709 volte)

Per riprendere il discorso iniziato con l’articolo a mia firma dal titolo “Il candidato” apparso recentemente su questo sito, vi racconto un aneddoto realmente accaduto.

Qualche giorno addietro, m’incontra per caso a Noha un signore di mia conoscenza (non ne dirò ovviamente il nome) che dall’interno della sua macchina, abbassando il finestrino mi fa: “Allora ti stai cimentando!?”

Non ci voleva mica una laurea alla Bocconi per capire subito due cose: la prima, che alludesse ad una mia candidatura alle imminenti amministrative per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale di Galatina (a ridaje!) e la seconda, strettamente connessa alla prima, che avesse letto il mio succitato articolo (o che quanto meno avesse visto la vignetta satirica di Marcello a corredo di quell’articolo).

Insomma, si vedeva da mille miglia di distanza quanto il mio interlocutore giocasse in qualche modo a fare lo gnorri.

Dico subito che il suo tentativo di sfottò (?) fu stroncato da una mia battuta spontanea e fulminea che giocando con l’assonanza - e non con l’etimologia del gerundio che aveva utilizzato l’astante - fu la seguente: “Ormai lo dovresti sapere a memoria che sono contrario al cemento!”. E gli ribadivo anche che quell’Antonio Mellone, candidato, non era il sottoscritto (che invece è candido, vale a dire senza macchia di tessere partitiche).

E’ stata sufficiente questa risposta lapidaria per lasciare a bocca asciutta l’amico che in una manciata di nanosecondi se la svignava scomparendo dalla mia vista...

Avrei potuto aggiungere, se ne avessi avuto l’opportunità e il tempo (chiedo venia per il pleonasmo), che la democrazia può essere: a) rappresentativa; b) diretta; c) partecipativa, e che senza la compresenza di questi tre pilastri armoniosamente combinati tra loro vani sarebbero tutti gli sforzi per stabilire modelli di governo che prevedano la partecipazione dei cittadini. Da Wikipedia si legge che la democrazia rappresentativaè una forma di governo nella quale gli aventi diritto eleggono dei rappresentanti per essere governati”; nella democrazia diretta, invece,“i cittadini in quanto popolo sovrano non sono soltanto elettori che delegano il proprio potere politico ai rappresentanti ma sono anche legislatori e amministratori della cosa pubblica” (un esempio tipico di democrazia diretta è l’istituto del referendum). Infine c’è la democrazia partecipativa che “lavora per creare le condizioni per cui tutti i membri di un corpo politico possano portare contributi significativi ai processi di decisione”. 

Mi piacerebbe che fosse chiaro una buona volta che non si fa Politica soltanto se ci si candida alle elezioni, o se si stampa la propria faccia su di un manifesto con tanto di slogan pacchiano o su di un santino (per poi sparire dalla circolazione fino alla successiva tornata elettorale). La Politica vera (notare la maiuscola) si esprime in mille modi, tutti parimenti importanti e degni di rispetto.

Ci sono anche a Noha persone che non rinunciano all’impegno, alla passione civile, alla razionalità critica, alla partecipazione e non hanno intenzione di dimettersi né oggi né mai dalla cittadinanza attiva. C’è gente che non ha voglia di mollare, e che vuol fare Politica anche senza avere i posti d’onore nelle processioni solenni dietro la statua del santo di turno.

E fanno e sono Politica tutte quelle voci libere che sovente sono stecca nel coro belante del pensiero unico dominante.

Si è già dimostrato mille volte, anche qui da noi, che quando pezzi importanti della cosiddetta “società civile” trovano un canale per manifestare visibilmente il proprio malcontento, lorsignori-politici sono costretti a tenerne conto, anche se dispongono della più bulgara maggioranza politica, culturale o mediatica in seno ai consigli o ai parlamenti.

Davanti alla democrazia partecipativa e finalmente matura nulla è più ineluttabile, nemmeno di fronte ai luoghi comuni più strutturati, anzi più incarniti a mo’ di sacro totem nella nostra mente. Tutto si può dunque ridiscutere e nulla più può esserci imposto dall’alto.  

Per far questo va coltivato il terreno di coltura che è composto da tante cose: dalla rete di lotte diffuse, dalle iniziative individuali, dalle rivendicazioni locali, e - perché no - anche dalla satira corrosiva e graffiante (che fa irritare soprattutto chi ha la coda di paglia), dalla redazione di un giornalino libero (senza padroni e senza padrini, in cui possano esprimersi liberamente tutti), da un appello contro l’indecenza, dall’esercizio della critica e della solidarietà sul territorio e sul web, dal combinato disposto di questi e altri fattori. E siamo noi e la nostra inventiva civica a creare quotidianamente l’humus per questo terreno di coltura.

Avrei voluto dire al mio (ormai malcapitato) interlocutore tutte queste cose; invece gli ho risposto con una battuta delle mie.

Ma poi a pensarci bene, quel gioco di parole dette così a mo’ di celia, quasi a freddo, condensava in una sorta di sintesi epesegetica tutto il lavoro di democrazia partecipativa che da qualche lustro cerco di portare avanti, bene o male, insieme agli altri amici di questo blog. A questo servono gli articoli, i libri, gli interventi su questo sito, le trasmissioni televisive, i video di denuncia e mai di rinuncia, il nostro giornalino L’Osservatore Nohano (che, tranne per i ciechi e per i sordi, oggi è più vivo e attuale che mai), la raccolta di firme (a favore dei beni culturali, dell’acqua pubblica, della felicità bene comune, dell’aria pulita, della legalità, dei rifiuti zero, ecc.) e le svariate battaglie (contro il CDR, contro il fotovoltaico delinquente in mezzo alla campagna, contro il cemento, contro la mafia, contro la stupidità masochista che ci sta portando alla tomba…).

Questa è Politica; questa è democrazia. Forse molto più attiva di quella che si esercita stando assisi su di un seggio, o su di una poltrona, o su di una sdraio, o distesi su di un lettino (c’è chi trascorre la sua vita da addormentato) anche in seno ad un’assemblea di politici di professione.

Antonio Mellone  
 
Di Albino Campa (del 20/04/2012 @ 08:00:00, in Comunicato Stampa, linkato 2733 volte)

Secondo alcuni è un'arte, secondo molti è di moda, secondo altri è una scorciatoia per arrivare a qualcosa, altri invece credono sia motivo di vergogna o nel peggiore dei casi un reato; insomma, quello del copia/incolla è diventato un must in tutti gli ambiti della vita quotidiana.

Alcuni esempi hanno fatto scalpore. Dan Brown che pare abbia copiato la trama de “il Codice da Vinci” da un saggio di due storici inglesi, oppure Michael Jackson, veniva accusato di plagio da Al Bano perché la canzone “ I cigni di Balaka” del 1987 sarebbe identica a Will You Be There del 1991 (in realtà si scoprì che copiarono entrambi da un vecchio brano dei Nativi Americani); o anche la recente vicenda legata alle controversie tra Apple e Samsung per un possibile caso di “copia/incolla” subiti dalla casa di Cupertino (il caso riguarda i modelli di smartphone Iphone ed il Galaxy SII).

Abbiamo effettuato una ricerca sui programmi dei candidati alla carica di sindaco di Galatina. Questa ricerca, insieme a quella effettuata sui leit motive che hanno caratterizzato la vita politica galatinese, saranno presto scaricabili dal nostro blog e richiedono un lavoro di fino che ha impiegato tutto il nostro direttivo per circa una settimana. Ora ve ne presenteremo alcuni stralci.

Il primo programma elettorale esaminato è quello di Antonio Pepe candidato della coalizione di centrodestra. Abbiamo notato che la parte relativa alla “Banda larga”, ad esempio, è stranamente uguale al progetto del Comune di Reggio Emilia pubblicato in data 14/10/2010 nel Sito Ufficiale del Comune di Reggio Emilia. Così anche nel programma di Coluccia, candidato del terzo polo che forse era assente nel momento in cui i suoi andavano a prendere le parti relative a “trasparenza, onestà e partecipazione” dal sito del Comune di Civitavecchia, dal programma del Pd di Valenzano e da una associazione di Ladispoli. Il caso del candidato sindaco delle civiche, invece, è singolare. Qui si tratta di un auto-copia/incolla. L'avvocato Gervasi, fin dalla premessa copia il programma di Galatina in movimento del 2010(civica che è all'interno della sua coalizione). Fanno eccezione solo alcune piccole parti, ma in questo caso le citazioni sembrano palesi. Una menzione particolare poi, deve averla il candidato sindaco del centrosinistra. Cosimo Montagna, in base a quello che abbiamo potuto notare, non copia da nessuno in particolare, ma riprende dei concetti cari al centrosinistra nazionale e locale: acqua bene comune, fedeltà fiscale, bilancio partecipato. Per questi motivi ci sentiamo di “assolverlo con formula piena” e notare che si è, almeno in questo caso, lavorato in fase programmatica. Lo stesso lavoro che qualcun altro non ha ritenuto opportuno fare.

Che si tratti di copiatura meticolosa o di plagio creativo, occorre che ognuno di noi faccia una seria riflessione sul significato che ogni candidato sindaco ripone nel programma e nel rispetto dei cittadini di Galatina. La campagna elettorale in corso di svolgimento contribuirà a farci capire quali siano i reali programmi dei nostri quattro candidati e delle loro coalizioni.

 Galatina, 19 aprile 2012
Noel Alberto Vergine
 
Di Redazione (del 23/02/2018 @ 07:45:58, in Comunicato Stampa, linkato 1030 volte)

Passa da capo S.Vito Taranto , all’interno del palazzetto TURSPORT, in riva al golfo , un pezzo di futuro sportivo per la pallavolo galatinese con la denominazione OLIMPIA SBV.

Domenica 25 la squadra del Presidente Santoro sarà ospite della squadra Jonica che con 17 punti occupa il nono posto in classifica ,a un +9 dalla compagine galatinese.

Ritonificata da un’importante vittoria per 3-0  in casa della Giocoleria Potenza ,l’ERREDI TARANTO ha ritrovato gioco ed entusiasmo dopo l’esonero di Bisignano, sostituito da un tarantino doc come Gianni Narracci .

Vero è che i potentini erano privi per squalifica del palleggiatore titolare Parisi ma la prova del sestetto ionico ,mutato per 4/12 nell’organico, è stata grintosa con Abbondanza e Gasbarro sugli scudi.

Gli innesti del laterale Russo(ex Potenza) ,del centrale Zoccola(ex Potenza e Cerignola) , del palleggiatore D’Amicis(ex Cerignola) e nell’ultim’ora del laterale Alessandro Primavera(ex MaterDomini ,classe ’95 ,193 cm.), hanno rigenerato una squadra caduta pesantemente per 3-0 a Massa Lubrense.

Quindi mister Stomeo si troverà ad affrontare un ambiente galvanizzato sia per l’inversione di rotta a guida Narracci(un ennesimo ritorno il suo sulla panchina rosso-blu), sia per il  valore aggiunto  generato dai nuovi acquisti .

Ma Olimpia SBV non è  in vena di scampagnate né di recitare la parte di vittima sacrificale: anzi ,la consapevolezza del proprio valore tecnico e caratteriale emerso nelle ultime tre gare vinte, la dice lunga sulla metamorfosi del gruppo galatinese e dell’acquisita capacità a non mollare , diventando un campanello d’allarme per chiunque.

E poi se  scaramanticamente rispolverassimo la locuzione condensata in lingua latina Nemo propheta in patria(Nessuno è profeta in patria), che male c’è caro Narracci?

 

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

OLIMPIA SBV GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 22/04/2016 @ 07:45:28, in NohaBlog, linkato 2920 volte)

(Foto fonte web)

Certo, Tempesta (l’assessore) non poteva far rima con “foresta”, altrimenti non sarebbe stato risucchiato nella giunta Montagna che, come noto, da Pantacom in poi, ma anche prima, non fa rima con “campagna”: infatti, quelle quattro superstiti a disposizione del patrimonio comunale le ha pure messe all’asta (sicché l’unica campagna nota a Mimino & co., come ormai sanno cani e megaporci, è quella elettorale).

Non pensavo, me tapino, che nel rimario assessorile non fosse contemplato nemmeno il lemma “risposta” (vale a dire risposta alle lettere aperte dei cittadini, come la mia) ma solo accozzaglie di locuzioni chiamate “comunicati stampa”. Che, come noto, molti giornali (si fa per dire) e gggiornalisti di complemento pubblicano senza fare un plissé.

*

A proposito, c’è addirittura chi se li va a cercare, i comunicati stampa, dico, ne sente la mancanza, non vede l’ora di pubblicarli sul proprio sito. Tipo l’ultimo annuntio vobis del TAP di qualche giorno fa, completo perfino di alcuni link diretti alla sezione on-line dedicata alla costruzione di questo Trapanamento Assurdo Pericolosissimo, ovvero Trivellamento Assoluto (di) Palle.

In effetti morivamo tutti dalla voglia di sapere quanti contratti ha stipulato TAP con Saipem, e quante valvole a sfera o chilometri di tubi sono necessari al gasdotto per penetrare ben bene il Salento. Signori, è inutile dirvi che trovate tutto in dettaglio su tappina.it.

Si spera almeno che i multinazionali padroni del mondo paghino profumatamente la cosiddetta “informazione indipendente”, altrimenti dovremmo supporre che certi siti internet locali si stiano sputtanando per puro piacere sadomasochistico.

Vero è che chi non ha una reputazione non teme nemmeno di perderla, e chi ha già più volte perso la faccia è in una botte di ferro, però, vivaddio, certe servitù volontarie uno dovrebbe risparmiarsele se non altro per un barlume residuo di amor proprio.

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Ma ritorniamo al Tempesta e ai suoi comunicati stampa: l’uno gongolante per la vendita dei terreni di Noha (che ci vuoi fare, signora mia, pensano di risanare così il bilancio comunale); l’altro trionfante per l’inaugurazione dell’asilo nido di viale don Bosco – unico bosco superstite in loco -  (vedremo se questa sarà o meno come tutte le altre inaugurazioni delle “grandi opere locali”); un altro promettente il rifacimento di alcuni marciapiedi del centro città (poi vai a scoprire che si tratta di un rifacimento ex-novo di marciapiedi appena ultimati, in quanto la Soprintendenza avrebbe stabilito che certi materiali utilizzati fanno cagare. Nel frattempo, a Noha, per dire, i marciapiedi dei dintorni del centro Polivalente continuano a rimanere come quelli di Bagdad subito dopo i bombardamenti di Bush figlio); un altro ancora, diciamo così, scioccante a proposito di un defibrillatore per un centro sportivo (a quando un defibrillatore di neuroni per la stragrande maggioranza dei nohan-galatinesi addormentati sui divani?); un altro infine inneggiante al nuovo prato inglese nell’area prospiciente l’ex-convitto Colonna (come si fa a far capire a questi s’ignori che i prati inglesi nel Salento sono come il pecorino sulle ostriche? Che vanno bene in Gran Bretagna, appunto, mentre qui da noi sono un crimine contro natura, per via delle tonnellate d’acqua dolce da utilizzare quasi quotidianamente per la loro oltretutto costosa manutenzione?).

Insomma, come potete notare, un comunicato stampa per ogni starnuto, un colpo di tosse, una scemenza inenarrabile da parte di questa cosiddetta amministrazione comunale. In perfetto stile regime in corso.

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Ovviamente nei comunicati stampa tempestosi nemmeno un cenno di sfuggita a Noha, dimenticata dai politici di Galatina dai tempi della guerra di Crimea, o alla cabina elettrica del famoso centro Polivalente, attesa da, o dell’orologio pubblico di piazza San Michele fermo dai tempi della caduta del fascismo (anche se, viste certe facce e certi mentulomorfi pensieri, qualche dubbio sull’effettiva caduta di quel regime rimane tuttora), o della Trozza diroccata dai tempi dei vandali (i vandali dei giorni nostri, s’intende).

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Pare che la ricostruzione del PD (Partito Demagogico) di Galatina e dintorni sia partita addirittura da Noha dove di recente si è pure svolto un congresso a tarallucci e Mimino, guarda un po’, nella sala convegni del suddetto Polivante. Chissà se qualcuno dei delegati, nel parlare delle magnifiche sorti e progressive del partito (“partito”, probabilmente voce del verbo), s’è ricordato per caso che in quelle botteghe oscure de noantri non funziona né l’ascensore, né il riscaldamento, né l’aria condizionata, né ovviamente l’impianto di fotovoltaico installato sulla terrazza (ergo chissà se c’è l’agibilità).

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Poi uno dice che parlano male dei nostri politici. Certo, quando paragoni le promesse dei candidati al consiglio comunale durante le elezioni amministrative ai risultati effettivamente conseguiti al netto delle vave non puoi fare a meno di respirare profondamente e di contare fino a dieci, anzi fino a cento, onde evitare offese ai diretti interessati e ai loro avi (che, in fondo, proprio immuni da colpe non sono).

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A proposito: una volta mi trovavo a Galatina nel Bar delle Rose a prendere un caffè in compagnia di una gentile ragazza. Ad un certo punto entra un tizio che si mette a sbraitare davanti a tutti: “Tutti i politici galatinesi sono degli stronzi!”.

Al che, con fare contrariato, risentito, direi anche decisamente irritato gli ribatto aspramente: “Scusi, lei, ma come si permette?”. E lui, esterrefatto, mi guarda e mi fa: “Perché, lei è un politico galatinese?”. Ed io: “No, sono uno stronzo”.

Antonio Mellone

 

Il mondo della mobilità sostenibile ha bisogno di innovazione per crescere, ed ecco che arriva una proposta tutta italiana sviluppata da una start-up di Noha (Galatina) in provincia di Lecce: si chiama TRIS e promette di rivoluzionare il pendolarismo urbano.

TRIS è una bici elettrica a tre ruote ad elevate prestazioni di guida sviluppata per rendere unici gli spostamenti quotidiani in bici. Il suo innovativo design a tre ruote è in grado di coniugare elevata manovrabilità con comfort e controllo totale della guida. Il risultato di questa combinazione è puro piacere di guida. TRIS è una bici smart, pratica e da l’opportunità di vivere gli spostamenti in città in un modo del tutto nuovo, con una nuova sensazione di libertà.

Design e produzione italiani, componenti di alta qualità, funzioni smart, propulsione elettrica di ultima generazione e innovazioni brevettate sono state messe insieme per ottenere prestazioni e comfort senza pari.

Attualmente è in corso una campagna di crowdfunding sulla piattaforma KICKSTARTER per raccogliere i fondi necessari ad avviare la produzione. La campagna terminerà il 24 Aprile. Si possono trovare maggiori informazioni al seguente link:

https://www.kickstarter.com/projects/trisbike/tris-bike-three-wheels-for-smart-and-matchless-per

STORIA DI TRIS BIKE

L’avventura di TRIS BIKE comincia nel 2012 dopo la vincita di una competizione Italiana per start-up (Principi Attivi 2012-giovani idee per una Puglia migliore) con l’idea di sviluppare un nuovo tipo di veicolo che possa migliorare il pendolarismo urbano. Il progetto di TRIS ottenne il secondo posto in classifica su 2500 progetti. A quel tempo il team era costituito da due sole persone, Antonio Sponziello e Alessia Santandrea (con solo tre ruote!), che svilupparono il primo prototipo in un garage con quasi nulla e riciclando tre vecchie bici Graziella recuperate dalla discarica. Successivamente al primo prototipo molte persone si sono unite al team per permettere a TRIS di diventare un prodotto industriale. L’attuale TRIS BIKE è il risultato di 6 anni di sviluppo, 4 prototipi, molti test ed un grande desiderio di migliorare lo stile di vita dei pendolari urbani.

FONDATORI DI TRIS BIKE

Antonio Sponziello

Antonio è co-inventore e product designer di TRIS BIKE. Ingegnere meccanico, dottore di ricerca in ingegneria del veicolo, grande passione per le innovazioni che possano migliorare la mobilità urbana. E’ stato per sette anni ricercatore presso l’Università di Pisa nel settore dei veicoli terrestri (cicli, motocicli e autoveicoli), autore di articoli scientifici di conferenza e su riviste internazionali, lettore presso conferenze internazionali. Collaborazioni professionali con aziende del settore automotive (come Piaggio e Fiat) ed esperienze lavorative in qualità di responsabile produzione hanno contribuito a potenziare il suo solido background. Il progetto di TRIS BIKE è il risultato di una miscela di tutti questi elementi.

Alessia Santandrea

Alessia è un ingegnere aeronautico, ha lavorato in ambito industriale e nel settore della ricerca presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. E’ autore di articoli scientifici di conferenza. Condivide con Antonio la passione per le  biciclette innovative ed è co-inventore dell’innovativo Tilting Front Wheels System (TFWS) utilizzato in TRIS. Oltre ad aver influenzato il design di TRIS, nel team è responsabile del settore acquisti e budget, di business development, di pubbliche relazioni e delle strategie di marketing.

 

CONTATTI PER INFO

info@trisbike.com

www.trisbike.com

Antonio Sponziello

 
Di Redazione (del 21/06/2017 @ 07:43:57, in Comunicato Stampa, linkato 2276 volte)

Al via la campagna d’informazione e sensibilizzazione antincendio promossa dai volontari del Servizio Civile Nazionale “Progetto Monitor 4015”.

La campagna di sensibilizzazione porterà avanti una comunicazione mirata il cui scopo sarà quello di informare e sensibilizzare i cittadini sul rischio degli incendi boschivi i quali creano degrado ambientale e provocano danni alla vegetazione, riducono la biodiversità, espongono il suolo ai fenomeni erosivi, inquinano l’aria e mettono a rischio gli insediamenti umani.

La legge quadro in materia di incendi boschivi (legge numero 353 del 21/11/2000) ha introdotto il reato di incendio boschivo e ha assegnato alle regioni il compito di redigere il piano regionale delle attività di previsione, prevenzione e lotta contro gli incendi boschivi.

Di seguito il calendario della campagna d’informazione che partirà nelle seguenti date:

 

11 Giugno 2017 dalle ore 9:00 alle 12:00:

  • Collemeto; Piazza Italia.
  • S. Barbara; Piazza Andriani.

25 Giugno 2017 dalle ore 9:00 alle 12:00:

  • Noha; Piazza S. Michele Arcangelo.

9 Luglio 2017 dalle ore 9:00 alle 12:00:

  • Galatina; Chiesa S. Sebastiano Martire.
  • Galatina; Piazza S. Pietro.
 
Di Marcello D'Acquarica (del 16/01/2014 @ 07:41:59, in Cimitero, linkato 2811 volte)

Camminando per le strade di questa grande città che è Torino, fino a una ventina di anni orsono, mi imbattevo spesso in grandi cassoni pieni di rifiuti di ogni genere, a volte anche di oggetti ancora in buono stato. Nel mentre, pensavo al mio paese dove mai avrebbero gettato nulla che non fosse stato riutilizzabile. Mi sbagliavo di grosso.
Il malcostume del “buttare” e “comprare” cose inutili, ahimè, è dilagato ovunque. Adesso leggo, perfino su quotidiani galatinesi, che i cinesi fanno grandi affari con i materiali di riciclaggio di opere dismesse. Perdiamo la saggezza perché dimentichiamo il passato, ma ora finalmente ci accorgiamo che i rifiuti ci costano un occhio della testa. Meglio tardi che mai.
 
La stessa cosa vale per il cimitero. Nei camposanti di Torino e cintura, dove tuttora risiedo,  le sepolture hanno un contratto decennale. Dopo dieci anni, quel che resta delle salme, viene rimosso e, pagando il giusto, ricollocato in cellette piccolissime, oppure conferite nell’ossario comune. Prova concreta di come finisce la storia materiale di ognuno di noi.
Certo è edificante pensare che ognuno di noi valga quanto un sovrano, e quindi degno di sepolture monumentali, ma di fatto sovrani dovremmo esserlo in vita e nel rispetto del prossimo. Il vero monumento dovrebbe essere ciò che gli altri ricorderanno di noi. Punto.

Al mio paese non si muore mai, pensavo, perché anche dopo morti tutti restano là, marmorei nel tempo e nella memoria. Invece, devo constatare che la realtà è ben diversa. Come d'altronde già dettavano gli antichi testi sacri: "Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai". (Genesi 3,19)
L’aumento del numero degli abitanti innesca automaticamente la necessità di adeguare i servizi, come per esempio: scuole, strade, impianti fognari, consumi e a raccolta dei rifiuti, spazi di verde pubblico, spazi formativi, culturali e non per ultimo, lo spazio adibito alla cura della memoria di chi lascia questo mondo.
Il consumo del territorio, di cui cominciano a farsi portavoce molti sindaci, va considerato in funzione del reale fabbisogno. A che serve togliere alla terra, che è sempre la prima fonte di vita per l’uomo, anche solo un centimetro quadrato, se da quel sacrificio non tornano benefici per le attuali e future generazioni?
Quale beneficio abbiamo occupando un metro cubo (tale è la dimensione standard di un loculo; Circolare del Ministero della Sanità 24/06/1993 n. 24) per decenni e secoli, se di fatto all’interno di questo spazio, ciò che resta occuperebbe sì e no una ventesima parte di quello stesso spazio?

In sostanza da tempo mi preoccupavo di questo cimitero che nel giro di pochi decenni ha raddoppiato l’estensione, ma ha anche conservato usanze non più sostenibili per ovvie ragioni.
L’usanza metropolitana di elevare in altezza le tumulazioni va presa in considerazione seriamente (anche da parte dell’assessore Andrea Coccioli) perché permette di non consumare altra terra. Questo tipo di ragionamento è presente nel nostro cimitero dal 1951, lo testimonia la struttura dedicata alla Confraternità della Madonna delle Grazie. Perché non ripetere l’operazione nell’edificio di fronte adibito a Chiesa, che di fatto non è più utilizzato nonostante sia stato “restaurato”? Non sarebbero solo 20 i nuovi loculi disponibili, ma oltre 200. Inoltre rimarrebbe anche lo spazio per pregare.

Le soluzioni non mancano, quello che manca, mi sa, è sempre la buona volontà di ognuno.
Speriamo che a nessuno dei nostri amministratori venga in mente di ampliare ancora il cimitero di Noha a spese di altra campagna, né di far costruire altre cappelle private che tolgono spazio a tutti, erette in nome di una discutibile vanagloria.

Marcello D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (del 23/06/2017 @ 07:34:44, in I Beni Culturali, linkato 3761 volte)

Egregi Signori,

vista la pletora di sbadati urbani che bazzica un po’ovunque con il prosciutto sugli occhi, son costretto a rivolgermi a voi signori Vigili e non invece al Commissario prefettizio che sta per terminare il suo mandato - e senza attendere l’elezione del nuovo sindaco (tanto il terrore che questi sia addirittura peggio di un commissario prefettizio) - per chiedervi se per caso vi fosse caduto l’occhio su di un cantiere ubicato a Noha nella centralissima via Castello, proprio di fronte alla locale farmacia, coperto da un’impalcatura di non meno di venti o trenta metri di lunghezza,  invadente tutto il marciapiede del lato del Palazzo Baronale (e, salvo errori, con filo elettrico volante da un lato all’altro della strada).

Non vorrei sembrare fuori tempo massimo, ma è da cinque e passa mesi che avrei voluto scrivervi in merito a questo “palcoscenico”; ma non mi è stato possibile per via dell’impegno profuso nel vergare pezzi possibilmente critici (a volte per sopperire alle lacune della  “stampa” che sembra non conoscere codesto suo fondamentale dovere) in merito a coalizioni e candidati protagonisti dell’orripilante campagna elettorale ancora in corso. Vabbè, sono quasi certo che anche questo intervento verrà considerato “a orologeria”, ma non ci posso far nulla.

Orbene, il sipario del suddetto palcoscenico occlude la vista di quel che rimane delle “Casiceddhre”, bene culturale molto caro ai nohani - evidentemente un po’ meno ai proprietari che si sono succeduti nel tempo - censito nel catalogo del FAI (Fondo Ambiente Italiano) e oggetto, per la cronaca, di racconti, storie, foto-gallery, vignette, reportage televisivi, e addirittura un bellissimo romanzo.

Ultimamente sono state rivolte al sottoscritto delle richieste di informazioni da parte di qualche viaggiatore d’oltre regione [chi viene a visitare le “Casiceddhre” non può essere considerato un “turista”, magari grasso sudato e inebetito in cerca di movida ma, appunto, un viaggiatore delicato, ndr.] sui tempi ed eventualmente la tipologia dei lavori in corso su codesto angolo antico e bello di Noha: domande alle quali purtroppo non sono stato in grado di dare una risposta.

Sì, perché, come potreste constatare di persona, sul catafalco di cui sto parlando – sempre salvo errori o omissioni da parte mia – non è mai stato installato (o, se lo fosse, non è assolutamente visibile) il cartello di identificazione dei lavori - mi pare, obbligatorio per legge.

Ecco: il sottoscritto, e altri concittadini (veramente anche qualche viaggiatore, come detto sopra) avrebbero il bisogno di avere notizie più dettagliate (più per preoccupazione, invero, che per mera curiosità) riguardo all’impresa esecutrice dei lavori, al tipo di opere da realizzare, alle modalità di esecuzione delle opere, all’eventuale richiesta di permessi e/o pareri alla Soprintendenza, e giacché anche agli estremi dell’autorizzazione o eventuale facoltà di costruire; e poi ancora la stazione appaltante, l’impresa, il nome del direttore di cantiere o quello di eventuali altri soggetti responsabili (anche nel caso in cui durante lo svolgimento delle attività di fabbrica dovessero derivare danni a terzi), e altre informazioni pubbliche, come credo siano richieste anche dai regolamenti comunali.  

Un cartello di cantiere è importante e può (dovrebbe) esser preso in visione non solo dagli organi di vigilanza, ma anche (soprattutto) dalla popolazione che intende capire come verrà modificato il suo territorio, e quale impatto l’intervento potrebbe avere sulle proprie abitudini, sull’ambiente circostante, e, non ultimo, sull’arte e la storia locali (che per definizione non son più da considerarsi di serie B o C, ma storia e arte tout court).

Vi ringrazio dell’attenzione, e nell’attesa di qualche risposta possibilmente “verbale”, volta magari a ridurre la stucchevole (e talvolta abusiva) cartellonistica elettorale in favore di quella (evidentemente obbligatoria) dei cantieri, porgo cordiali saluti.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 15/01/2014 @ 07:33:33, in Canile, linkato 3313 volte)

Il Tar di Lecce la dà vinta alla "Cinofilia società cooperativa sociale onlus", che gestisce un canile a Noha, in contrada Turchio, disponendo l’annullamento degli atti con cui era stata interdetta l’attività di custodia dei cani randagi. Ma nel frattempo arriva un’altra grana, per l’amministrazione comunale: l’Enpa alza le mani e comunica che il canile sanitario, gestito dall’associazione, scoppia. I fatti. Il braccio di ferro tra la "Cinofilia società cooperativa sociale onlus" e il Comune ha inizio a dicembre di due anni fa, quando il dirigente della Polizia locale, Antonio Orefice, revoca le due autorizzazioni rilasciate, nel 2010 dall’amministrazione Coluccia, alla onlus. Ma lo stesso giorno, il sindaco di Galatina, Cosimo Montagna, emette un’ordinanza per ordinare al presidente della "Cinofilia società cooperativa sociale onlus" di continuare a custodire i 136 cani, di proprietà del Comune, sino al completamento del canile municipale. E non basta. Il Tar di Lecce richiama un’altra circostanza del sindaco, del febbraio dello scorso anno, in cui si ordina al presidente della onlus di continuare il servizio. Quindi? Il Tar dà ragione alla onlus perché il Comune ha avuto un comportamento contradditorio, anche se compensa le spese perché la società non ha ottemperato completamente agli adempimenti igienicosanitari che gli erano stati richiesti dopo l’ispezione della Asl di Lecce. -Valuteremo il contenuto della sentenza dice il sindaco di Galatina, Cosimo Montagna per valutare se ricorrono i presupposti di un ricorso al Consiglio di Stato, ma certamente la situazione del canile è ormai a una svolta. A breve dovrebbero essere compiuti tutti gli atti per la presa di possesso dell’immobile e il Comune avrà il suo canile municipale-. E l’eccesso di capienza denunciato dall’Enpa per il canile sanitario? -Purtroppo considera il primo cittadino qui arrivano i cani da tutto l’hinterland. C’è stata una campagna massiccia di sterilizzazione, ma non riusciamo a contenere la popolazione canina proprio per questa ragione. Troveremo una soluzione cercando ospitalità per i cani nei canili di altri comuni-. Rammaricato, invece, il dirigente della Polizia locale, Antonio Orefice, perché i ritardi nella consegna del canile municipale già da tempo ultimato hanno portato al contenzioso giudiziario. -Mi è stato riferito dal dirigente dei Lavori Pubblici che in settimana il canile municipale sarà nella disponibilità dell’amministrazione comunale rende noto Orefici e mi auguro che sia così. Prendo atto della sentenza, anche se non è stata messa in discussione la legittimità del mio atto di revoca. Stiamo affrontando un’emergenza grazie anche all’Enpa che ha dato un forte contributo nel favorire l’adozione dei cani e sono fiducioso che i cani di proprietà del Comune siano trasferiti, entro breve tempo, nel canile municipale-.

fonte: Nuovo Quotidiano di Puglia 15.01.2014

 
Di Albino Campa (del 05/05/2012 @ 07:31:45, in Politica, linkato 2728 volte)

Ieri (04.05.2012) sì e conclusa la campagna elettorale con i comizi finali dei candidati a Sindaco, dalla lista cha aveva la Polizia di Stato e la Polizia Municipale che presidiava la piazza di San Michele di Noha avrebbero dovuto fare il loro intervento tutti  e quattro gli aspiranti Sindaci, di fatto prima Giancarlo Coluccia e poi Antonio Pepe si sono presentati sul palco.

Riportiamo di seguito i video.

 
Di Antonio Mellone (del 17/01/2014 @ 07:24:05, in NohaBlog, linkato 2816 volte)

Non è che non me ne vada bene una: è che certe enormità non possono essere prese sotto gamba, o passare inosservate (almeno per un osservatore nohano che abbia i riflessi un po’ meno allentati di quelli di un bradipo).

Negli ultimi tempi a Noha s’è assistito ad un viavai di eventi religiosi di grande risonanza. E i primi “fedeli” a sentirne il richiamo sono stati – c’era da scommetterci – alcuni dei nostri politici, pronti a presenziare ed a sfilare impettiti, ed ove possibile con tanto di fascia tricolore (no, non è il nostro sindaco: questi si fa vedere solo accidentalmente, ed in campagna elettorale) immediatamente alle spalle delle teche contenenti le insigne reliquie dei santi di volta in volta ospitati e portati in processione (tanto che a volte si ha il dubbio su chi sia effettivamente la reliquia, ndr).

Ma il fatto da rilevare non è tanto il presenzialismo dei nostri cosiddetti amministratori. Anzi, in mancanza d’altro ci accontentiamo, come dire, anche delle loro apparizioni ad ogni dimissione di papa, o in subordine ad ogni transizione da Noha di sacre spoglie. Però almeno in quelle rare volte ci facciano la grazia (i politici, non i santi!) di non fare la figura dei pivelli che non hanno contezza nemmeno delle più elementari norme del galateo per aspiranti uomini (o donne) di Stato.

Mi riferisco a quelle immagini che, diciamo così, restano impresse per la loro potenza simbolica - ma che non sono il massimo dal punto di vista del bon ton istituzionale - come i baciamano a vescovi o padri conventuali o altri prelati in visita pastorale.

Sì, ci è toccato di assistere al deprimente spettacolo (anzi pacchianate vere e proprie) da parte di codesti principianti prostrati al bacio del venerabile anello al presule di turno. Sceneggiate che, a dirla tutta, sembrano più rappresentazioni degne di alcuni riti della sacra corona (che non è quella del rosario) che non atti di devozione sincera. Ma questa è un’altra storia.

Ora, che un fedele si chini o s’inginocchi a baciare più o meno fervidamente la mano al suo vescovo od al suo arciprete o a chiunque gli capiti a tiro, anche fuori dai cerimoniali dove questo sia previsto, ci sta pure. Ci mancherebbe altro: ognuno è libero di baciare le mani, i piedi ed i pavimenti di chi vuole, di cantare in coro Osanna, Exultet, e Te Deum a volontà in onore del proprio beniamino, anche al di là della liturgia e delle funzioni religiose. Ma che a dar segni di sudditanza (stavo per dire squilibrio, il che è uguale) siano i rappresentanti delle istituzioni, che per definizione dovrebbero rappresentare tutto il popolo e non solo una sua fetta, non è mica cosa buona e giusta nostro dovere e fonte di salvezza.

[continua]
Antonio Mellone
 
Di Redazione (del 25/07/2018 @ 07:24:03, in Comunicato Stampa, linkato 1112 volte)

Le città, i luoghi, le comunità, si costruiscono attorno alle persone e questa comunità, quella galatinese  è stata fatta da grandi uomini che ne hanno dato lustro anche fuori dai confini regionali. L’intento della locale Proloco con questa iniziativa ideata in collaborazione con il Comune di Galatina, che rientra nella programmazione estiva “A Cuore Scalzo”, è quella di rinnovare la memoria dei Galatinesi illustri e di valorizzare la nostra comunità con il relativo patrimonio materiale ed immateriale anche attraverso una maggior conoscenza della sua storia. Il dibattito della serata di domenica 29 luglio nasce attorno alla presentazione del libro dell’autore Alberico Bojano che nella sua pubblicazione “Gioacchino Toma – Sorvegliato politico tra artisti, sotterfugi e nobiltà ne descrive, accanto alla figura di artista e scrittore, anche gli aspetti psicologici, la gentilezza d’animo ed il suo essere  patriota che si arruolò con i garibaldini partecipando alla campagna militare del 1860. Gioacchino Toma nacque appunto a Galatina nel 1836 e morì a Napoli nel 1891 ed è uno dei più significativi e rilevanti pittori dell’Ottocento italiano.

L’incontro è moderato dall’Arch. Adriano Margiotta, socio attivista della Proloco, e vede la partecipazione ed il saluto degli amministratori comunali e dei parlamentari della città, del Prof. Maurizio Nocera, del Prof. Rino Duma, del dott. Luigi Galante (Società di Storia Patria per la Puglia sez. di Galatina), della dott.ssa Angela Beccarisi, e del dott. Angelo Bojano (Medico chirurgo ospedaliero. Giornalista pubblicista). Ospite della serata il regista ed attore galatinese Fausto Romano. L’evento è previsto alle ore 21:00 di domenica 29 luglio nel suggestivo scenario di Piazzetta Orsini, di fronte alla Basilica di Santa Caterina d’Alessandra.

PROLOCO di GALATINA

 
Di Antonio Mellone (del 30/09/2013 @ 07:23:29, in NohaBlog, linkato 2971 volte)

 

Il consiglio cumonale del 25 settembre scorso è stato l’esempio lampante (se mai ce ne fosse stato il bisogno) dell’acume dei nostri politici. I quali all together hanno dimostrato ancora una volta che non esiste più né destra né sinistra, ma al massimo diverse sfumature di berlusconismo. Dopo le larghe intese a livello centrale, l’altro pomeriggio, a Galatina, con il varo pressoché all’unanimità della mega-porcata da colare in Contrada Cascioni, s’è celebrato il rito delle larghe scemenze. Tutti i “moderati” del Pd (con il delta in più o in meno di quell’inezia che è la L) hanno deciso di violentare-ma-non-troppo un angolo di paradiso che aveva tutt’altra vocazione che quella, mutatis mutandis, di fungere da nipotina di Mubarak.

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Tutto questo ovviamente in nome del superiore interesse pubblico, vale a dire del profitto privato, della speculazione edilizia, dei traffici sotterranei conto terzi, delle italiche mafie, e, visto che non guasta, dell’abuso della credulità dei poveri cristi. Tutti allineati e soprattutto coperti, i nostri polliticanti non hanno alzato ciglio su nulla, né alcuno ha mostrato il seppur minimo dubbio sul potere taumaturgico della Santacom, che, non si sa come, inattiva, senza capitali, senza garanzie, senza dipendenti (ma con una password che è tutto un programma e che per puro caso coincide con il nome del boss Perrone) creerà un incredibile centro in periferia (cosa vuoi che sia un ossimoro in più o uno in meno) in grado di fare sfracelli, nel senso dell’abbondante offerta di lavoro a tutti i disoccupati-firmatari-di-appelli di Collemeto e dintorni.

*

Bisogna dire però che le larghe intese sono di fatto una ferita sanguinante per gli elettori del Pd, mentre per gli eletti - come ampiamente dimostrato da letteratura e realtà - nient’altro che un’abitudine. Infatti, molti simpatizzanti del Pd (e per la verità anche molti antipatizzanti) m’han riferito di essere “contrarissimi” al mega-porco. E numerosi fra questi - per indole e formazione restii a forme di protesta eclatanti – mi hanno palesato che alle prossime consultazioni esprimeranno il loro dissenso all’interno della cabina elettorale provando ad eleggere partiti e persone (più che personaggi o guitti come questi) un po’ meno incoerenti rispetto ai valori predicati in campagna elettorale (tipo quelle cose da nulla che sono il rispetto dell’ambiente e lo stop al consumo del territorio).

*

In questa sceneggiata napoletana, anzi commedia dell’assurdo galatinese, per giustificare “il sacco di Galatina” si sono sprecate le “ricadute”. Ricadute di qua, ricadute di là, ricadute di sopra e ricadute di sotto, ripetute in quella sala consiliare fino allo sfinimento da quei pover’ometti assisi su quei seggi allineati a mo’ di staffa d’asino un po’ sghemba (chissà fino a che punto metaforica). Tutti i relatori, fior fior di professionisti (non si saran mica laureati con l’ausilio del Cepu), hanno proferito questo cacofonico lemma almeno una volta, mentre tutti gli altri che non hanno pronunciato verbo, muti e rassegnati, lo avranno quanto meno rimuginato come un mantra nella loro testolina deformata dalle cosiddette proprie convinzioni politiche. Che bello sarebbe se i nostri deputati al parlamento comunale giurassero contemporaneamente sulla Costituzione della Repubblica Italiana e su uno Zingarelli o un Devoto-Oli qualsiasi (per quello che un giuramento del genere possa valere, soprattutto quello sulla carta fondamentale della nostra Repubblica, visto come molti spergiuri impenitenti l’hanno più volte trasformata in poco più che un foglio a due veli).

Per inciso dico che a me “ricaduta” fa pensare a quando uno si prende l’influenza, guarisce e poi gli torna nuovamente; e allora sua madre telefona al dottore e dice: “Mio figlio è ricaduto”. E questo si sente così, come dire?, abbacchiato, avvilito, mogio, così… ricaduto, appunto.

Con questa delibera a Galatina la Politica (notare la P) è morta, la natura è morta, e pure io non mi sento tanto bene. Mi sa che son ricaduto anch’io.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 01/10/2013 @ 07:23:29, in NohaBlog, linkato 4027 volte)

Nel consesso teatral-consiliare del funesto 25 settembre scorso il “moderato” Montagna ha assunto il ruolo di capocomico. Ha parlato poco, è vero, ma in poche parole è riuscito a concentrare un incredibile numero di cazzate. Probabilmente senza rendersene conto. Tipo che per poter decidere sul “pubblico interesse” (forse s’è confuso con servizio pubblico, dove per servizio stavolta bisognerebbe intendere “un mazzo tanto così”) ha - testuali parole - “richiesto alla Pantacom uno studio socio-economico sulle ricadute” (e ridaje) del mega-porco.  

Poveruomo, cosa s’aspettava? Che la Pantacom gli confezionasse un cosiddetto studio in cui evidenziava che il suo stesso progetto fosse una cosa ignobile? Ma davvero questi vogliono ancora farci credere a cappuccetto rosso, alla befana ed alle altre favole? Sbaglio o uno studio dovrebbe essere predisposto da un soggetto terzo, chiamiamolo pure indipendente, e mai dal diretto interessato, per ovvie considerazioni che capirebbe pure un bambino alla prima elementare? Ma crede, questo sindaco, che tutti ma proprio tutti i suoi sudditi abbiano l’anello al naso o peggio stiano ancora aggrappati sui rami degli alberi nell’attesa dell’evoluzionismo darwiniano?
Molti dicono che il sindaco sia una brava persona in quanto “moderato”. Mi chiedo come si faccia a definire moderato uno che non muove un muscolo della propria faccia quando si vede cementificare 26 ettari di fertilissima campagna sotto il naso per creare l’n-esimo scempio commerciale salentino (“sennò poi lo spostano 10 chilometri più in là, in un altro comune” - figuriamoci), anzi essendone quasi il notaio rogante o il guardasigilli, ne concede addirittura l’imprimatur. Povero sindaco, anzi poveri noi. Temo che Montagna passerà alla storia come il sindaco del mega-porco o, il che è lo stesso, come il primo cittadino del “sacco di Galatina”. L’archivio, cari signori, non perdona.
*
Ma il suo capolavoro, chiamiamolo pure lo show sindacale per eccellenza nel corso di quel pomeriggio in cui il livello del dibattito non è riuscito a raggiungere nemmeno la soglia dell’asilo Mariuccia è stata la Pantomima delle sue dimissioni. Ma a chi voleva darla da bere? Si vedeva ad occhio nudo che non credeva manco lui al suo pantomatico auto-esonero. Però una cosa gli va riconosciuta: è un bravo attore. Pensate che mentre pronunciava queste frasi di circostanza è riuscito a trattenersi, addirittura a rimanere serio e imperturbabile: un altro sarebbe scoppiato dal ridere in faccia a tutti nel proferire quelle solennissime minchiate. Tanto di cappello, dunque, al mio sindaco per la sua ars oratoria.
 
Per fortuna, ragazzi, che il ridicolo non ha mai ucciso nessuno, sennò a Galatina e dintorni farebbe una strage.
Antonio Mellone
 
Di Antonio Mellone (del 26/01/2014 @ 07:12:34, in NohaBlog, linkato 2912 volte)

Che dire poi dei mestieri rappresentati nel presepe? Per il mio sindaco “alcuni mestieri sono del passato e quindi chiaramente non ritorneranno più”.

Ora, io mi chiedo se il mestiere del contadino, quello dell’allevatore, e poi ancora l’attività del pastore, ma anche quelle del ciabattino, del falegname, del maniscalco, dell’oste, del lavoratore della terracotta e/o della pietra leccese, del fruttivendolo, del fornaio, del pescivendolo, dell’impagliatore di sedie, e degli altri artigiani (tra l’altro quasi tutti raffigurati nel nohano presepe da chi nella sua vita quotidiana svolge tuttora, guarda un po’, proprio quel mestiere) siano arti e professioni morte e sepolte, o non invece il vero sistema nervoso della comunità di oggi e di domani.

Chissà se il mio sindaco ha mai sentito parlare di “Economia della prossimità”. Quella roba che, anche grazie alla crisi, è (ri)comparsa nel mondo del commercio e del retail con forme organizzate di nicchia come i Gas (Gruppi di acquisto solidale), gruppi di persone consapevoli, spesso coinquilini o vicini di casa, che si organizzano per ridurre la filiera distributiva, rivolgendosi direttamente agli agricoltori per l’acquisto di frutta, olio, vino, ortaggi e prodotti vari della terra e dell’allevamento (ma anche dell’artigianato).

Chissà se il mio sindaco pensa che la produzione e il consumo a chilometri zero, come le cicorie locali o come le patate novelle di Galatina (queste ultime pare abbiano ottenuto pure il marchio DOP), od anche di alcuni formaggi, come il pecorino del Salento, siano cose che “fanno parte del passato e quindi chiaramente non ritorneranno più” oppure se questo sia il famoso “futuro” su cui investire energie tentando un novello rinascimento economico.

E chissà come potrebbe essere la pastorizia dei giorni nostri o di domani, quella “garantita e studiata e collegata con i tempi, e con [l’utilizzo] della tecnologia moderna, come [del resto] l’agricoltura” (visto che come si evince anche dal montuoso pensiero “non è più come quella di cinquanta o cento anni fa”).

Chissà cosa avrà in mente il sindaco di Galatina. Forse una pastorizia, come dire, in grande, ma soprattutto senza pascoli, con delle pecore bioniche con antifurto satellitare incorporato, con ovini nati in laboratorio e da crescere in batteria, pompandoli magari a estrogeni e nutrendoli a erba sintetica; oppure un gregge seguito non più da un pastore ma da un robot, o magari, visto che oggi vanno tanto di moda, dai droni. Ma sì, rimoderniamoci.

E poi, visto che i pascoli sono ormai così anacronistici (ormai esistono solo nei musei o sulle terrazze di alcuni beni culturali di Noha, come la casa dell’orologio di piazza San Michele) l’unico modo di pensare alla pastorizia in chiave moderna potrebbe essere questo.

Ideona: potremmo pure brevettarlo e presentarlo all’Expo 2015 di Milano (che, tra l’altro, ha per tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”: un titolo presa-per-il-culo), magari con il seguente slogan coniato dal nostro primo cittadino in persona (ipse dixit): “l’agricoltura non va più fatta su piccoli appezzamenti ma attraverso un sistema di cooperative”. Si potrebbe poi comporre un bel sottofondo musicale, romantico anzichenò, anzi una canzone il cui ritornello potrebbe suonare così: “Mi ricordo campagne verdi”.

*

Ma le elucubrazioni sindacali non si fermano mica a questo. Imperterrito il sindaco ha continuato con una montagna di altre interessanti arguzie, tipo che “i servizi vanno spostati nei centri storici”, i quali “vanno salvaguardati, altrimenti rimangono una cattedrale nel deserto”.

I centri storici, cattedrale nel deserto? Non i centri commerciali?

Ma forse avrò capito male io. Anzi sicuramente.

O forse voleva dire che al centro storico bisogna fare un servizio così.

*

Ma sì, che stupido che sono, un bel centro commerciale nuovo di zecca, magari eretto dagli amichetti della Pantacom su ventisei ettari quadrati di campagna (o di pascolo) è matematico che possa incentivare l’agricoltura e la pastorizia e soprattutto il centro storico di Galatina.

Una logica di ferro, un ragionamento granitico, un pensiero solido. Come il cemento.

*

Bene. Ed ora osserviamo un minuto di coerenza.

[continua]
Antonio Mellone
 
Di Albino Campa (del 25/08/2012 @ 01:12:11, in Cultura, linkato 3375 volte)

La mia è terra di mare, di vento e di sole, terra di uliveti, vigneti e fichidindia, terra di passaggio e di ristoro, di accoglienza e di turismo; terra di misteri, di pizzica e stornelli, terra della taranta, di mieru e tamburelli, terra di bande e cantanti. Questa è anche terra di costruzioni abusive e bramati condoni, terra di pozzi neri e discariche improvvisate, mare di contrabbando e terra di spaccio; terra violenta, terra che brucia, che marca a fuoco, segna nell’animo il viandante spaesato, colora le carni del pellegrino. La mia è terra di tutti, solo di pochi, forse nessuno, terra bramata, sudata, conquistata, terra venduta, anzi svenduta. Questa è terra di ricordi, terra di furesi, di tabaccare e taraletti, terra di masserie abbandonate, di chiese sconsacrate, di monumenti trascurati, ma è anche terra di pietra leccese, terra del barocco e della cartapesta, terra di mostaccioli e di cupeta, terra di pittule e cattellate. La mia è una terra coltivata, cementificata, terra di villette a schiera, di pale eoliche e pannelli fotovoltaici, terra venduta, anzi svenduta, terra avvelenata, terra maltrattata, bestemmiata, baciata e accarezzata, terra implorata, terra cercata, terra scomparsa. La mia è terra di moda, meta di forestieri, terra di palazzi antichi ceduti al miglior offerente, terra venduta, anzi svenduta, terra in mano a politici scellerati, terra senza più linfa, terra ancora viva, nonostante tutto. Questa è terra di artisti, terra di sconosciuti, terra di Carmelo Bene, terra di confine, terra di sacrifici, terra svenduta e poi rimpianta, terra di nomadi, terra di immigrati ed emigrati, terra di gente che ritorna. E ancora terra rinnegata, calpestata, sputata, ma anche terra di appassionati, romantici, terra di mare, di pesca e raccolti, terra di nessuno. La mia è una terra paziente, che ama e odia, terra che abbraccia e poi rinfaccia, terra di tutti, anche di chi la maltratta, terra ferita, terra impazzita, terra di ingiustizie, terra arretrata, abbandonata, terra che non molla e nonostante tutto riesce ad andare avanti. Terra di villeggianti, terra di terroni e polentoni, terra che non fa distinzione di razza, terra di musculi e di femmane, terra di casalinghe e di donne che faticano ad emanciparsi, terra di incivili e di buontemponi. Questa è terra d’estate, terra di notti passate in riva al mare o in campagna, terra di anziani, terra di giovani stanchi e disoccupati, terra di promesse mai mantenute, terra di sfruttamento, di lavoro nero, di evasione fiscale. Una terra rara, anzi unica, terra di tramonti e di albe, terra di santi, terra di sagre e feste patronali, terra di Notte della Taranta, terra di superstizione e di bigotte, terra di gente che vota Lega Nord, terra di creduloni e furbi, ma anche terra di gente onesta, che ogni giorno porta a casa la pagnotta, paga le tasse e non evade, terra di famiglie numerose e di lavoro vicino a casa, terra coraggiosa, terra di figli che vanno alla guerra e ritornano in una cassa, terra di lutti, terra di cunti e leggende, terra di Papa Cajazzu. Questa è terra di poeti, terra di Bodini, terra di prosa, terra di scrittori che non emergono, terra di editori che sanno emergere, terra di cultura, nonostante tutto. Questa è terra di serate in piazza, di vecchi amici che si ritrovano dopo una vita passata al Nord, terra di amori conquistati o rubati, terra di serenate e matrimoni, terra di prostitute e di vergini, terra di zitellone. Questa è la terra del pasticciotto e della frisa, terra di fiche con la mandorla, terra di studiosi e di scansafatiche, di monsignori e di onorevoli, di mafiosi e gente perbene. Questa è la mia terra. Questo e altro ancora è il mio Salento.

Michele Stursi
 
Di Albino Campa (del 27/03/2012 @ 00:39:11, in Comunicato Stampa, linkato 3113 volte)

Galatina, Antonio Pepe diventa il candidato ufficiale del centrodestra

Ora è ufficiale. Antonio Pepe è il candidato sindaco del centrodestra a Galatina e frazioni: i dubbi intorno alla sua persona e le incomprensioni interne al Pdl vengono spazzate via con la nota che rende formale la sua corsa alla poltrona principale di Palazzo Orsini.

A rendere pubblica la scelta è il coordinatore provinciale del Pdl, Antonio Gabellone: "Il Popolo delle Libertà - afferma - sosterrà a Galatina la candidatura a sindaco di Antonio Pepe. È una decisione maturata dopo un'attenta e ponderata analisi e riflessione dello scenario politico in evoluzione in una realtà così importante come Galatina".

"Siamo certi - spiega Gabellone - che in questo senso Antonio Pepe possa rappresentare la scelta giusta, quella vincente; la scelta di un giovane ma già con l'esperienza giusta, maturata sul campo, dei temi più importanti che attraversano il dibattito politico, sociale, economico e culturale della sua città".

Pepe sarà sostenuto dal Pdl, dalla Puglia Prima di Tutto, dai Socialisti e da altre liste civiche importanti della realtà politica galatinese. Si attendono, dunque, le reazioni di quanti in queste ore avevano persino escluso in proprio coinvolgimento in campagna elettorale, nel caso della candidatura dell'ex assessore alle politiche giovanili della giunta Garrisi.


Galatina, Antonio Pepe diventa il candidato ufficiale del centrodestra
„Ora è ufficiale. Antonio Pepe è il candidato sindaco del centrodestra a Galatina e frazioni: i dubbi intorno alla sua persona e le incomprensioni interne al Pdl vengono spazzate via con la nota che rende formale la sua corsa alla poltrona principale di Palazzo Orsi

Galatina, Antonio Pepe diventa il candidato ufficiale del centrodestra
„Ora è ufficiale. Antonio Pepe è il candidato sindaco del centrodestra a Galatina: i dubbi intorno alla sua persona e le incomprensioni interne al Pdl vengono spazzate via con la nota che rende formale la sua corsa alla poltrona principale di Palazzo O


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Di Redazione (del 20/02/2013 @ 00:30:37, in Comunicato Stampa, linkato 2436 volte)

Giovedì 21 febbraio alle ore 19:30, presso il comitato elettorale di Galatina in C.so Principe di Piemonte,  chiusura della campagna elettorale UDC. Interverranno il Prof. Gigi De Leo (Dirigente Provinciale UDC), Giancarlo Coluccia (candidato al  Senato) e Lilli Villani (candidata alla Camera).

Ufficio Stampa UDC Galatina

 
Di Albino Campa (del 23/04/2011 @ 00:21:27, in Eventi, linkato 4110 volte)

Anche quest’anno, come da sempre avviene, il lunedì in albis si trascorre a Noha, città dei cavalli. Dalle prime ore dell’alba e fino a mezzogiorno, nelle vicinanze della cappellina della Madonna delle Cuddhrure sul grande prato ancora (e speriamo per sempre) libero da centri commerciali, si daranno appuntamento tutti i cavalli del Salento per galoppare, sfilare, trottare e pavoneggiarsi.
Sfileranno anche i traìni variopinti, i birocci austeri, i carretti e i mezzi di trasporto di un pungo di decenni fa, sostituiti, oggi, dal traffico infingardo ad ogni ora del giorno e della notte.
Alla fiera di Noha c’è anche il mercatino (senza pulci!) dei prodotti dell’agricoltura, dei piccoli animali da cortile, delle utensilerie per l’allevamento e per i lavori in campagna.
Allora, venite a Noha il giorno di pasquetta. Tornerete nelle vostre case arricchiti del messaggio forte e saggio che i cavalli del Salento hanno da trasmetterci: basta con le nuove villettopoli da strapazzo, basta con le nuove zone artigianali piene di capannoni vuoti, no al fotovoltaico senza senso in mezzo ai campi, no all’utilizzo del CDR “per rendere più competitivo il cemento”… Insomma: “Stop al consumo del territorio e della vita!”.

Antonio Mellone

TRAFILETTO APPARSO SU “QUI SALENTO” DI APRILE 2011

 
Di Michele Scalese (del 29/06/2021 @ 00:18:24, in Comunicato Stampa, linkato 799 volte)

Ci fa piacere come l’Assessore Tundo risponda celermente ai nostri comunicati, per questo non possiamo esimerci dal controbattere alle tante parole che purtroppo non trovano riscontro nei fatti.

Ci preme anzitutto chiarire che il Partito Democratico di Noha è composto da uomini e donne che fanno della politica un servizio. Il nostro è un Partito che, nell’attuale scenario politico galatinese, altro non può fare che essere attento e vicino ai bisogni e alle segnalazioni che, possiamo garantire, quotidianamente giungono al sottoscritto e ai tanti che ci seguono. Scegliamo ogni giorno di servire il territorio in cui abitiamo, e siamo partiti proprio da “quei tempi”, perché il Partito Democratico non ha bisogno di attendere la tornata elettorale per essere presente, in quanto per tutti questi anni abbiamo puntualmente denunciato ciò che non era idoneo a questa Città; però una domanda ci sorge spontanea: le liste che hanno sostenuto il candidato Sindaco Amante, in questi anni, dove sono state?

La nostra azione politica ad ora si trova a vantarsi dell’operato passato e pone un confronto con l’attuale azione amministrativa che purtroppo non regge. La conferma di ciò sta proprio nella nostra dialettica, che preferiremmo si chiamasse pragmatica che si sviluppa quotidianamente in seno a ciò che definiamo “processo di crescita e sviluppo” del nostro Circolo. Come dicevamo in altre occasioni, siamo un Circolo che ha come scopo non la mera opposizione campanilistica, ma l’attenzione nei confronti della nostra Noha attraverso lo sguardo dei giovani che, assieme al supporto dei veterani, ha a cuore ogni singolo suo cittadino. Possiamo garantire quindi, che né il sottoscritto, né il Circolo nel suo insieme, sente la necessità di offuscare la “credibilità” dell’attuale Amministrazione, poiché del resto, sappiamo brillare di luce propria!

E proprio perché abbiamo un obbligo morale nei confronti di chi ripone fiducia in noi, che non possiamo né vogliamo stare zitti, mentre assistiamo a questo scempio amministrativo. Abbiamo avuto modo di leggere ancora una volta soltanto folte schiere di autocelebrazioni, attraverso le quali trapela un leggero e quasi impercettibile senso di mancata responsabilità dell’attuale esecutivo. Rifacendoci al precedente comunicato, il PD di Noha conosce molto bene il fatto che l’Assessore sia stata scelta da Sig. Sindaco e che non sia stata candidata; le responsabilità nei confronti dei cittadini, quindi, non risiedono “soltanto” nella campagna elettorale, ma ci riferiamo più esplicitamente a quel pomeriggio di maggio 2018. Fu in quella occasione che furono asserite promesse a proposito dell’opera di valorizzazione dei beni culturali di Noha e di progetti di riqualificazione urbana. Sono passati tre anni da allora, cosa è cambiato? Cosa è successo? Da parte nostra abbiamo avuto modo di leggere solo elenchi poco chiari circa il contenuto e soprattutto privi anch’essi di fondamento, che dirottano il discorso su altri fronti e che ancora una volta non rispondono alle nostre domande! Il meccanismo dell’Orologio di Noha al momento si trova presso il Polo 2 nell’attesa di un progetto che lo restituisca funzionante alla comunità. Quanto occorre ancora attendere? This is the question!

Ci permettiamo inoltre di ritornare sul lungo elenco di ciò che secondo l’Assessore, la sua Amministrazione avrebbe compiuto: è bene che la cittadinanza sia messa a conoscenza del fatto che molte di quelle realizzazioni sono il frutto del lavoro progettuale, finanziario e giuridico proprio di quelle vecchie Amministrazioni PD che, con lungimiranza, per anni hanno dato lustro alla Città e alle frazioni. Dobbiamo poi rammentare all’Assessore che, se oggi quelle realizzazioni hanno avuto compimento, non è di certo per merito della sua Giunta, ereditiera di progetti andati in porto e strade in rettilineo (non ci permettiamo di asserire “in discesa” perché conosciamo bene la fatica che costa) spianate dalle passate Amministrazioni così tanto criticate dalla stessa. Uno degli esempi più evidenti è la rimozione della stazione di carburanti in P.zza Stazione, motivo di lustro indebito da parte di questa Giunta. Ci preme sottolineare infatti, come questa Amministrazione abbia riempito innumerevoli testate giornalistiche gettando fumo negli occhi dei cittadini al grido di “Noi abbiamo fatto!”, non considerando il fatto che lo scoop più importante non sia la rimozione della struttura esterna, ma sarebbe stato nel provvedere alla bonifica dei serbatoi interrati che contenevano il carburante oggi potenzialmente esplosivi e inquinanti. Il PD, ricordiamo ai signori amministratori, durante il suo mandato, oltre che alla rimozione dei condotti esterni di P.zza Alighieri, rimosse anche e soprattutto i serbatoi interrati, dove per la bonifica dell’area si rese necessaria l’attivazione di molte conferenze di servizi a livello regionale.

Ad ora non ci resta che l’amarezza di affermare ancora una volta che le varie promesse che si protraggono da anni sono solo in potenza e mai messe in atto, nel degrado di quattro anni di Amministrazione Amante. Oltre alle belle parole di gloria il Comune di Galatina consta di opere incompiute, conta la perdita di innumerevoli finanziamenti per le opere di riqualificazione urbana, culturale e sociale, ma soprattutto la deturpazione del territorio. Noi comprendiamo perfettamente la difficoltà nel governare una Città popolosa come la nostra (che col passar del tempo sta comunque perdendo abitanti, per cui sarebbe necessario studiarne le cause), su cui grava anche un rallentamento dei lavori dovuto al COVID, ma ciò non può giustificare il fatto che le nostre strade, i nostri cimiteri, le nostre piazze siano completamente ricoperte di erba fitta e alta. Nei Giardini Madonna delle Grazie (Noha) e in molte aree gioco del Comune, l’erba cresce così robusta che è i bambini si intravedono soltanto, i marciapiedi sono quasi impraticabili, il Campo Sportivo è nell’abbandono più totale. Servirebbero poche cose, cara Assessore, ma fatte bene, e al primo posto dovrebbe esserci la cura dei luoghi pubblici già esistenti, che permetterebbe quantomeno un minimo di decoro al nostro Comune.

 Michele Scalese

 
Di Antonio Mellone (del 15/06/2013 @ 00:12:37, in NohaBlog, linkato 2718 volte)

Nel pomeriggio inoltrato di mercoledì 12 giugno scorso, si è tenuto a Galatina il convegno dal titolo “C’è il creato da difendere”, promosso da svariate associazioni di promozione e tutela della salute, della cultura e della bellezza, cioè dell’intelligenza civica tout court.

Iniziato con i topici tre quarti d’ora di ritardo accademico (onde Galatina e dintorni sono noti ormai in tutto il mondo - e se talvolta un simposio dovesse iniziare con puntualità non staremmo più a Galatina), il dibattito è stato moderato dall’ottima Tiziana Colluto, giornalista whatchdog, cioè cane da guardia, come dovrebbe essere ogni giornalista, e non come qualche altro suo collega (si fa per dire) che fa sì il cane, ma leccante, scodinzolante e riportante la voce del padrone (infatti non mi pare che la Colluto scriva per il Quotidiano di Lecce), ed ha avuto quali relatori assisi al desco la vice-presidente della Regione Puglia, nonché assessore alla qualità del Territorio, arch. Angela Barbanente, ed il sindaco di Galatina, dott. Cosimo Montagna.

Ma alla tavola rotonda hanno partecipato molti esponenti di associazioni e comitati convenuti che dopo la prolusione (invero un po’ prolissa da parte dell’assessora) hanno preso la parola per denunciare, rivendicare, implorare, render noto, chiedere interventi (consistenti soprattutto nel non far danni) per questa Puglia, questo Salento, e questa povera Galatina, presentati nelle varie Bit come tanti paradisi terrestri, quando nella realtà sono stati trasformati in poco tempo in altrettanti purgatori, se non ancora in inferni, da fumi, diossina, cemento, asfalto, mafie, discariche, percolati, impianti fotovoltaici in mezzo ai campi, strade a quattro follie, circonvallazioni interne, querce e gelsi segati o in procinto di esserlo, laghetti oggetto di scempio ecologico,piani sregolatori, comparti denominati con coordinate da battaglia navale da colpire e affondare, villettopoli (incluse quelle a schiera), distruzione del paesaggio, megaporci (il concetto di “parco” è invece ben altra cosa: ci hanno pure espropriato il vocabolario), zone artigianali ed industriali ormai inutili, depuratori che non depurano, imminenti aree mercatali mattonate in cima a via Liguria...

Peccato che a codesta tavola che più che rotonda m’è sembrata sghemba - non solo per l’asimmetria degli interventi, ma anche per il fatto che i relatori non assisi in cattedra, al fine di prendere la parola, tra gradini, pedane e microfoni, han dovuto fare i contorsionismi – non ci sia stato il tempo per far conferire tutti i prenotati con il dovuto rispetto.

Infatti l’una (l’assessora) si è dilungata oltremodo a descrivere un piano fantastico che sembrava scritto, come ha ben detto l’Anita Rossetti, per una regione diversa dalla nostra (“Assessore, ma lei dove vive?”), per un piccolo mondo antico, forse nemmeno italiano (ovvero un piano paesaggistico applicato nella nostra Puglia, ma al contrario o con un meno davanti); l’altro, il sindaco, che per un impegno credo “istituzionale”, come si dice in questi casi, aveva l’urgenza di chiudere l’incontro in un ragionevole intorno destro delle venti. Poi uno si chiede: ma se uno partecipa in qualità di relatore ad un convegno importante come questo, non sarebbe appena il caso di evitare altri impegni?

Ma tant’è. Chissà che fine ha fatto il bon ton istituzionale di una volta.

Ma il fatto non è tanto o solo questo.

E’ che m’è sembrato di vedere il mio sindaco - con l’immancabile codazzo di qualche assessore di complemento - mantenere un contegno asettico, istituzionale (appunto), neutro, quasi impassibile, a tratti impenetrabile. Quasi prigioniero del suo ruolo, il primo cittadino, sembrava non riuscire – né si è sforzato punto – a capire quello che stava succedendo intorno a sé, in quella sala.

E quando è intervenuto non mi è sembrato capace di dire nemmeno una parola fuori dal protocollo; ha recitato pedissequamente la solita solfa e con l’arcinoto ma stucchevole linguaggio (“volano” e “ricadute”) ha ribadito in una sorta di excusatio non petita (tutt’altro che sentita) che il “Mega-parco è un progetto politico che parte da lontano, da altre amministrazioni” e che dunque l’attuale, trovandosi quasi alla fine del percorso, non poteva fare più di tanto (infatti, l’ha considerato “di interesse pubblico” dandone definitivamente l’imprimatur).

Peccato, davvero un bel peccato, aver dovuto sentire dal tutore della salute pubblica comunale quelle risposte che avevano in quell’aula la stessa attinenza che hanno i cavoli a merenda.

Un altro appuntamento con la storia mancato, un’altra occasione perduta per il mio sindaco, per la sua amministrazione, per la maggioranza, e per la minoranza della maggioranza (rappresentata da qualche consigliere comunale, che, memore di antiche battaglie, avrebbe il diritto-dovere di ottenere francamente un po’ di più dalle scelte politiche, evitando - per favore - il manzoniano e democristiano “sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire” adottato per il quieto vivere).

*   *   *

Ma come, caro Sindaco, ti dicono che l’incidenza dei tumori a Galatina è altissima, addirittura tra le più alte del Salento, e tu anziché proferire probabilmente per la prima volta in vita tua e ad altissima voce un liberatorio e salutare STOP AL CONSUMO DEL TERRITORIO, che significherebbe un “basta” una volta per tutte allo scempio che ci circonda ed alle cause dei mali che tutti gli studi clinici elencano, dapprima ti arrampichi sugli specchi in politichese puro, e poi in una sorta di cupio dissolvi (cioè “a casa bruciata metti fuoco”) rivendichi la circonvallazione interna, e, non contento, dici e certifichi pure che il Mega-parco in contrada Cascioni è “di interesse pubblico”? Ed aggiungi a mo’ di ciliegina sulla torta, quasi a giustificazione non richiesta, che noi (popolino) non immaginiamo nemmeno quanta gente disperata ogni giorno viene a bussare alla tua porta in cerca di occupazione?

Non sia mai che tu dica a questa povera gente che i posti di lavoro in questo centro commerciale sono una boiata pazzesca. No, assolutamente no: con il tuo atteggiamento attendista, accomodante, possibilista su questa robaccia continui anche tu ad illudere le persone con questa storia delle “ricadute” (mantra buono per ogni occasione e soprattutto per gli allocchi) e non spieghi invece che nessun galatinese guadagnerà nemmeno un fico secco (e come potrebbe più) dalla scomparsa di Contrada Cascioni.

*   *   *

Poi, costernato, prima di andartene dal convegno, ti guardi attorno e vedi che ci sono molti esponenti di associazioni provenienti da ogni dove, finanche da Taranto, Brindisi ed oltre, e cerchi (invano) il volto di qualche galatinese.

Tranne il solito pugno di amici attivisti, il cui numero non scomoda nemmeno le dita di una mano, capisci, un po’ sconsolato, che i concittadini di Galatina sono quasi del tutto assenti.

Vorresti immaginarli tutti in bicicletta per le strade del centro o in campagna, ma non ti riesce proprio in questa città bici-free (altro che Ogm-free appiccicata sulla cartellonistica). E temi che si saranno andati a cacciare in qualche centro commerciale, magari in quello di Surbo in attesa di quello nuovo di zecca da inaugurare e aspergere con acqua benedetta in Contrada Cascioni, ad un fischio da Collemeto.

Non c’è niente da fare: quando a Galatina parli di creato da difendere, i galatinesi capiscono reato da cui difendersi. E subito mettono mano alla pistola. Per puntarsela alla tempia.       

Antonio Mellone
 

P.S. Io preferisco il pittore(sco) e un po’ confusionario Tonino Baldari, la sua passione e la sua intransigenza nella lotta per la bellezza e la salute, rispetto ai perbenisti di facciata, sedicenti “moderati” in tiro, sprezzanti e sogghignanti come tante iene ridens.

 
Di Antonio Mellone (del 15/04/2017 @ 00:01:03, in Recensione libro, linkato 1948 volte)

Sei andato di corsa alla ricerca di questo libro, dopo averlo visto nascere sulla seguitissima bacheca face-book dell’autore che è Alessandro Romano. Non vedevi l’ora di leggere l’opera letteraria di un amico che conosci da oltre un lustro, e certamente da molto prima dell’iscrizione tua e sua al popolare social network.

Fu tuo ospite a Noha, e più volte, insieme alla stupenda Giuliana Coppola.

Girovaghi per il paese (tu come guida, Giuliana come cronista e Alex come cameraman – sì, l’ufficio ce l’ha praticamente in spalla) andaste insieme a zonzo a scoprir meraviglie. E ne rinveniste più d’una. Ma ora è d’uopo lasciar perdere questo filone, ché rischieresti di non finirla più e magari di uscire fuori dal seminato.

Dunque. Hai dovuto gironzolare non poco per librerie, dapprima alla Dante Alighieri di Casarano, successivamente alla Feltrinelli e poi alla Liberrima di Lecce, e finalmente alla Palmieri della stessa città dove con letizia, dopo le comunque piacevoli peripezie bibliofile, hai potuto recuperare una copia de “L’alba del difensore degli uomini” (Altromondo Editore, Fano, 2016): locuzione invero un po’ lunga e quasi ermetica che rievoca vagamente anche quelle che adopera la Lina Wertmüller per intitolare i suoi film. Ma alla fine della storia, come per “Il nome della rosa”, coglierai eccome il senso del tutto.

Le 270 pagine del volume alessandrino non si leggono, si divorano, e tu hai impiegato quattro giorni scarsi per arrivare al lieto fine (che poi è un lieto inizio), ma sol perché il tempo libero che ti rimane al termine della sempre troppo lunga giornata lavorativa sei costretto a dividerlo tra mille incombenze: come per esempio quella di provare a difendere la tua terra dalle novelle scorribande del capitalismo di rapina, o quella di scrivere cose per i tuoi venticinque lettori (il che ti capita quando ti prudono le mani: praticamente sempre).

All’inizio ti sembra un libro che ha per tema due rette parallele destinate a incontrarsi all’infinito, cioè mai; ovvero una storia sulla solitudine di due numeri primi, vale a dire quelli divisibili per se stessi o tutt’al più per uno. Pagina dopo pagina, oltre ad accorgerti che non si tratta di una storia inventata ma della vita effettivamente vissuta dai protagonisti, capisci invece che di fatto non sei di fronte a due rette parallele, ma a due retti (nel senso di giusti), Alex e Lindita, destinati a incrociarsi e a legarsi per l’eternità (benché arguisci subito quanto fossero ben incastrati, i tipi, ancor prima di conoscersi), e ti convinci vieppiù che non era solitudine quella, ma attesa dolce di una definitiva indivisibilità di un’anima in due corpi. 

Ti ha fatto viaggiare, questo libro, nel senso dei meridiani, ora di qua e ora al di là dell’Adriatico, tra alba e tramonto, tra le sponde del Salento e quelle della bella Albania (che tempo fa visitasti anche tu raggiungendola in barca a vela).

Leggi queste pagine con gli occhi e con i polpastrelli, e senti che molte cose ti appartengono per chi sa quale strampalato marchingegno: forse perché anche tu hai trascorso la tua adolescenza a dare una mano agli altri a scuola, e poi erano gli altri, mannaggia, ad aver successo con le ragazze mozzafiato (le quali ti adoravano, certo, ma sempre come “amico”); forse perché c’è sempre in qualche modo Sant’Antonio di mezzo, e tu per anni, da imberbe chierichetto, hai servito la messa della Tredicina nella cappella del tuo paese dedicata al taumaturgo di Padova; forse perché, come Alex, sei anche tu per la decrescita felice, e hai ormai capito che il ricco non è chi ha tanti soldi ma chi non ha bisogno di nulla; o forse perché sentivi che prima o poi l’autore ne avrebbe parlato, e, infatti, a un certo punto arrivano anche loro, le Casiceddhre di Noha (delle quali anche tu a suo tempo avevi avuto modo di raccontare).

Forse tutto questo insieme, o forse soprattutto perché senti che Alex sei un po’ anche tu, che, come lui, credi che l’amore più vero, forte e intramontabile sia quello che indugia e che si fa attendere.

Ma pur sempre entro certi limiti. Perché, come diceva quel tale, non ha senso che due rette parallele si incontrino dopo l’infinito, quando ormai non gliene frega più niente.  

Antonio Mellone

 

P.S.

Di recente ho beccato mio padre [ormai lo conoscete già: 94 anni, di poche parole, pensionato con 542 euro al mese – che per lui sono sempre troppi -, contadino, già internato dal 1943 al 1945 in un campo di concentramento a Berlino, accanito lettore di libri, ndr.] che ha iniziato a rileggere per la seconda volta il libro di Alex.

“Scusa – gli ho detto – ma questo libro non l’avevi già letto tempo fa?”. “Sì, – mi fa – ma una bella canzone, la senti una volta e poi basta? E un quadro che ti piace o, che so io, un tramonto in campagna, ti accontenti di vederli per una volta soltanto? E un piatto di piselli alla ‘pignata’ accompagnato dai peperoni fritti, che fai? Non chiedi a tua moglie di cucinarlo ancora?”.

Punto.     

 
Di Albino Campa (del 17/02/2011 @ 00:00:00, in Eventi, linkato 2726 volte)

Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione questa iniziativa, ancora una volta promossa dall’associazione “Cuore e Mani Aperte verso chi soffre – Onlus”, in collaborazione con il “Consiglio di Quartiere Rione Italia di Galatina”, a sostegno della campagna di raccolta fondi per l’acquisto di una Bimbulanza, con la speranza che possiate prenderne parte.

 

Vi aspetto, pertanto, Domenica 20 febbraio 2011 ore 10.30, sagrato Chiesa Cuore Immacolato di Maria, via Soleto in Galatina (Le), a partecipare a:

COLORIAMO LA MATTINATA CON LA FESTA DEI BAMBINI”!

Una mattina tutta dedicata ai bambini, con giochi, divertimento e tanta musica, insieme agli amici clown.

RingrazioVi anticipatamente, porgo cordiali saluti.

Avv. Valentina Castorina

 
Di Albino Campa (del 30/04/2011 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 2864 volte)

E’ il messaggio apparso sulla pubblicità effettuata da Ikea, l’azienda svedese che produce mobilio a basso costo, a Catania da oltre un mese. Lo slogan riporta, a completamento del testo, l’immagine di due ragazzi che si tengono per mano.

E’ risaputo che le aziende dedicano il fior fiore delle risorse e della genialità alla comunicazione visiva sfruttando l’effetto placebo che può generare nell’osservatore, difatti dalla buona riuscita del contenuto dell’immagine dipende il successo economico di quella stessa azienda. Di contro, da qualche anno a questa parte, siamo bombardati dalle più inattese parole e fatti di livello morale sempre più infimo da parte dei giornali, televisione e personaggi politici. Per cui quasi nulla ci meraviglia più e per attrarre la nostra attenzione (“nostra” in quanto consumatori e/o elettori) il guascone di turno non demorde nell’affermare le più strampalate bugie ritrattate in un continuo senza fine. Ultima quella sulla scelta del nucleare da parte del parlamento, in cui dichiara senza peli sulla lingua (tanto lui i peli li mette e li toglie alla bisogna), che la sospensione del progetto del nucleare in Italia è solo momentanea e che comunque serve soprattutto al governo (ministri assoldati e assoldante) per boicottare il Referendum popolare del 12 Giugno in cui c’è la pericolosissima (sempre e solo per il nostro Presidente del Consiglio) probabilità che gli italiani scelgano di non far passare il “Legittimo impedimento” e la Privatizzazione della gestione dell’acqua, oltre alla scelta del nucleare. Ma questa è un’altra storia, anche delle peggiori.

 Ma veniamo alla questione della “famiglia”, intesa dal punto di vista legislativo, sociale e comunque non religioso, altrimenti non basterebbe una tesi. L’attuale formulazione dell’art. 29 della Costituzione è il seguente: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio".
 Bisogna tener presente però che l’art. 2 della nostra Costituzione tutela "i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità".
 Quindi, essendo il diritto di avere una famiglia un principio inviolabile dell’uomo, e dato che la Costituzione all’art. 2 tutela i diritti inviolabili dell’uomo, al momento la legislazione italiana in materia di famiglia, oltre ad essere elusiva di una serie di trattati internazionali, di raccomandazioni e risoluzioni del Parlamento Europeo, è incostituzionale in quanto contraria all’art. 2 della stessa Costituzione.
 Chi crede nella famiglia, perciò, non deve cogliere oscenità offensive nel semplice atteggiamento di affetto fra due persone, anche se dello stesso sesso. Chi crede nell’amore e quindi nella famiglia, perché famiglia vuol dire amore e sacrificio in contemporanea, non deve contraddirsi accettando perfino di compiacersi nel servire un capo del governo che è all’esatto opposto della famiglia. Come ci si può sdegnare davanti ad una semplice immagine di una coppia poco usuale, immagine fra l’altro finalizzata al commercio, se poi non ci si preoccupa minimamente delle “orge-party” organizzate dai propri vicini di banco con cui si condividono idee e principi? E poi, caro onorevole Giovanardi, quanto vuoi che incida una minoranza così irrilevante di persone che sentono la sessualità in forma “diversa” davanti a milioni di persone cosiddette “per bene” (escluse quelle veramente per bene) che della famiglia hanno fatto e fanno un altare su cui immolare degli innocenti (i figli). Ogni occasione è buona per tirare in ballo la Costituzione, naturalmente per il solo e proprio tornaconto, in ultimo il suggerimento dell’on. Emilio Ceroni, quello di aggiungere sull'Articolo 1 della Costituzione che la Repubblica è fondata sul Parlamento, per far sì che il Parlamento divenga superiore agli altri organi costituzionali, quali il Presidente della Repubblica o la magistratura. A sentire il governo la causa di tutte le disgrazie italiane è dovuta alla Costituzione troppo vecchia e arroccata su di un caposaldo  occupato da una magistratura e da una Corte Costituzionale comunista (mi chiedo cosa si intenda oggi in Italia, con il termine “comunista”), semplicemente perché annulla le richieste di parte di una maggioranza al soldo del “califfo guascone”.
 Il fatto che il ministro abbia gridato allo scandalo per un messaggio che nessun altro aveva ancora notato, nonostante sia rimasto esposto al pubblico per oltre un mese, fa venire il dubbio che forse la cosa sia dovuta all’approssimarsi della campagna elettorale e quindi per guadagnare una manciata di voti nel mondo cattolico. Inoltre bisogna sapere che “il governo di cui l’on. Giovanardi è parte attiva, diminuirà di 10 volte il Fondo delle politiche per le famiglie nel corso dei prossimi anni, portandolo dai 346 milioni di euro del 2008 ai 31 milioni per il 2013” (notizia riportata sul quotidiano “la Repubblica” del 24 Aprile c.a.).
 Chi fa più scandalo secondo voi? Due persone che si amano o dei ministri che rubano (vedi per esempio l’episodio Scaiola) e che fornicano con delle minorenni apertamente e senza vergogna?
 Sarà per caso che l’incoerenza cavalcata dal Presidente del Consiglio abbia scatenato il virus della “faccia da tola” in tutto il Parlamento?
 In conclusione, ministro Giovanardi, possiamo dire: “…ma da che pulpito viene la predica?”

Marcello D'Acquarica

 
Di Marcello D'Acquarica (del 02/05/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 4251 volte)

Come eravamo una storia nella storia di Marcello DAcquaricaE' il 1961, dietro alla cisterneddha è ancora campagna, l’asilo è appena stato costruito, ci sono solo alcune fesserie da finire e tutta la zona  è in espansione.
Io c'ero ma ricordo poco e niente.
Ricordo una cosa in particolare e cioè che le suore per quel giorno di festa dedicato al sacerdozio di mio fratello P. Francesco, avevano preparato, solo per me, un pranzo a parte.
Pare che fossi discolo nel mangiare e mamma mi viziava molto. Come poteva ovviamente.
Santa donna mia mamma.
Sono cresciuto con le sue coccole "pizzacate"comprese.
Una specialità tipo i "picozzi" di Don Donato o gli “scoppoloni” di Don Paolo.
Indimenticabili.
Altro che le burlesque del nostro piccolo pagliaccio miliardario.
Quello che ricordo anche di quel periodo era il "pane bianco".
Per noi era una prelibatezza. Un lusso. Roba da ricchi.
Lo compravanmo per il nonno che non aveva denti e abitava in vico Pigno, una parte gliela mangiavo cammin facendo, dalla bottega di fronte a casa a vico pigno.

Per noi c'erano le frise e quando andava bene il panetto con la muffa verde che pare facesse venire i denti d’oro e le pucce che duravano si e no una mesata e poi frise e frise, sempre e solo  frise.
Frise e malote. Bei tempi.

Marcello D'Acquarica

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Di Michele Stursi (del 05/08/2012 @ 00:00:00, in Letture estive, linkato 2801 volte)

Ho avuto solo ora modo di leggere “Il confessore di Cavour”, edito dall’editore salentino Manni, serbando ancora gelosamente tra i ricordi la vampa d’orgoglio che m’investì il giorno in cui appresi della selezione dell’opera tra i concorrenti al Premio Strega 2011.
Si sa che la piccola editoria affronta un periodo, oramai un’era, di forte difficoltà, pertanto riconoscimenti di questa portata possono solo aiutare a crescere, anzi devono fungere da lente di ingrandimento, da sveglia per chi è assopito, da tocco sulla spalla a chi si volta dall’altra parte e fa finta che oltre alla Nina, la Pinta e la Santa Maria (grandi case editrici italiane, per carità) ci sia il vuoto. Chiamatelo pure vuoto, se la cosa vi può tranquillizzare, ma è un vuoto strano, anomalo, che pullula di vita e in continuo movimento.
Non dirò nulla su quell’edizione del Premio Strega, non pronuncerò il nome dell’opera vincitrice né quello della sua casa editrice (tirate ad indovinare, non è poi così difficile!), anche se la tentazione è forte non dirò nulla sulla qualità delle opere vincitrici degli ultimi anni, serbando alle prossime righe la descrizione dell’opera di Greco. Premetto di non essere un grande lettore, né di conseguenza intenditore, di romanzi storici, tuttavia questo è un genere letterario che di solito delude poche volte, soprattutto chi come me non presta molta attenzione ai particolari storici.
Nel caso de “Il confessore di Cavour” la storia è costruita sulla base di alcune note di viaggio (Notizia del mio viaggio per Roma, riproposto integralmente in appendice) appartenute a padre Giacomo da Poirino (1808-1885), francescano dei Minori Riformati. Un viaggio fisico ci conduce nella Roma caput mundi sede dello Stato pontificio e uno interiore ci porta nell’animo tormentato di un frate che si ritrova sotto processo per aver amministrato il conforto del sacramento della confessione ad un uomo in punto di morte. Quell’uomo era Cavour, colpito da scomunica papale per il suo operato contro Santa Romana Chiesa (in altre parole non andava giù il fatto che l’unificazione dovesse avvenire a spese del potere temporale della Chiesa), la colpa invece che si attribuiva a padre Giacomo era quella di aver amministrato i sacramenti ad un uomo scomunicato senza aver preteso prima una ritrattazione del suo operato per iscritto o in presenza di testimoni.   Per queste ragioni l’umile parroco di campagna, nonché amico dello stesso Cavour, viene convocato e interrogato dai suoi superiori, dall’ultimo Papa Re, Pio IX, e dal padre Inquisitore e invitato a dichiarare la sua inadempienza ai doveri canonici.
Padre Giacomo porterà avanti sino alla fine la sua posizione ferma e decisa a non rinnegare il suo operato in buona coscienza e pagherà duramente, con la sospensione a divinis, lo scontro tra ragioni di Stato e di Chiesa.

Michele Stursi      

 

Se qualcuno non se ne fosse accorto che da un anno in qua stiamo sprecando il nostro fiato (virtuale) per parlare della vecchia scuola elementare di Noha ancora chiusa per paradosso, non per ferie, o non siamo in grado di farci intendere (e volere) oppure siamo circondati da concittadini (e da politici) con una prontezza di riflessi che il  bradipo, al confronto, è una scheggia.
C’è da deprimersi davvero al pensiero che esistono dei nohani che si scandalizzano per delle cose che non vanno, solo quando in televisione appare quel pagliaccio felpato di rosso denominato Gabibbo (veramente sono andati in visibilio per anni per un altro pagliaccio che faceva finta di governarli), mentre invece ad un fischio dalla loro abitazione, con lo sperpero di centinaia di migliaia di euro di denaro pubblico, s’è finanziata la ristrutturazione di una novella cappella nel deserto.

*  *  *

Da oltre un anno stiamo assistendo attoniti a questo film horror girato a Noha. Il film è quello di un bene pubblico, come un centro sociale di rara bellezza, che non può entrare in funzione in quanto manca il collegamento alla rete elettrica: un’inezia, un particolare, una quisquilia come le altre.
Qualche giorno fa, a proposito di questa ennesima cosuccia che non va, è apparso su questo sito un commento cornuto (nel senso che è stato vergato da tale Sandro Corna) in cui giustamente si evidenziava il fatto che alla vecchia scuola elementare di Noha non manca la luce (ce n’è a volontà ed entra a fiotti copiosi, anche quando non servirebbe, dai vetri delle finestre costruite apposta senza ante, o scuri o lustri), bensì l’energia elettrica.
Sì, in effetti l’impianto c’è ed anche le prese (soprattutto quelle per i fondelli), ma manca l’allaccio al sistema elettrico nazionale.

*  *  *

E qui non si può non osservare che tra i due ingegneri ciceroni, il Memmi ed il Cocciolo, seppur in maniera edulcorata, ma non tanto da non potersi percepire, si evidenziava una divergenza di vedute mica da poco. Mentre il progettista dei lavori continuava imperterrito, come una macchinetta, ad osannare lavoro, uomini, tecniche e materiali utilizzati alla bisogna, l’assessore Coccioli sembrava voler smadonnare dicendo papale papale: “Ma perché cavolo non ci avete pensato prima a chiedere che cosa servisse all’ente elettrico per l’allaccio di questa benedetta (o maledetta) scuola? Se vi foste svegliati prima, non mi sarei trovato io con questa patata bollente da pelare (ché non so manco da dove cominciare!)”.
Ebbene sì, avrebbe potuto parlar chiaro, l’assessore, ed avrebbe anche acquisito punteggio ai nostri occhi (per quel che vale), ma, ahinoi, ancora una volta abbiamo dovuto ascoltare il solito: “Mo’ vediamo; nel frattempo cercheremo; proveremo un allaccio provvisorio di 10 kwh (?), anche se purtroppo non funzionerà né l’impianto di riscaldamento [ma tanto a Noha abbiamo un sacco di buoi e asinelli, n.d.r.], né quello di raffreddamento [siamo abituati a passare il nostro tempo facendoci vento con il ventaglio, n.d.r.], né i pannelli fotovoltaici ubicati sulla terrazza [che vuoi che sia, ce ne stanno a bizzeffe in mezzo alla campagna per produrre energia per le compagnie private di mezza Europa, n.d.r.]”.

*  *  *

Ricapitolando, qui siamo di fronte al più classico degli scaricabarili tra progettista, pubblica amministrazione (nel senso di politici e funzionari dell’ufficio tecnico comunale), l’Eni, la società di cui il comune di Galatina ci pare aver capito sia cliente, e la di fatto monopolista Enel, alla quale non gliene frega nulla né di Noha, nè dell’assessore, nè dei tecnici comunali, e tanto meno dell’Eni di cui è fornitrice-concorrente.
Avete presente, a mo’ d’esempio, i rapporti tra Fastweb o Tiscali o altri sub-fornitori di servizi e Telecom Italia? Non v’è mai capitato un guasto, anche banale, per cui abbiate dovuto fare i salti mortali pur di venirne a capo, in quanto Fastweb (o Tiscali, ecc.) rimanda tutto a Telecom, e Telecom di cui non siete clienti vi fa attendere il tempo del poi che è parente del mai? Bé, qui a Noha sta accadendo qualcosa di simile. L’Enel ha specificato in maniera chiara e tonda (ma non ufficiale) che senza una cabina costruita con tutti i carismi e, appositamente, all’interno della scuola, non procederà mai e poi mai all’allaccio energetico. Alcuni tecnici consultati ci hanno rassicurato che avrebbe potuto benissimo farlo pur senza cabina, ma non essendoci l’immediato interesse (dell’Enel, mica dei cittadini) non è tenuta ad allacciare alcunché. E sì, l’Enel non è mica un ente pubblico. L’Enel è una società privata, ed in quanto tale non guarda in faccia a nessuno. L’Enel deve vendere energia, fare business, fatturato e soprattutto profitti, soldi, e tanti. Cosa volete che importi all’Enel del comune, dei centri sociali, dei minorenni o dei maggiorenni, delle opere pubbliche, dell’assessore, e del sindaco (Daniela inclusa)?
Ma, signori, questo è il privato. E pensare che intere generazioni di allocchi continuano a credere, ancora oggi, che il privato (anche in settori strategici come energia e acqua) sia più efficiente del pubblico.
Il privato, da quando mondo è mondo, si muove solo per interesse, che mai, manco per sbaglio, coincide con quello del cliente. E men che meno con quello della collettività.
[Continua nella parte quinta di quattro. Cioè 5/4, nota in matematica come una “frazione impropria”. Proprio come Noha]

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 19/10/2012 @ 00:00:00, in I Beni Culturali, linkato 3315 volte)

Qualche portatore sano di cultura (nel senso che ne parla in continuazione senza esserne minimamente affetto), in buona compagnia con le solite grandi menti locali, ne ha sparata un’altra delle sue a proposito della vecchia scuola elementare di Noha. Sentite questa: la colpa di eventuali atti vandalici a quella benedetta struttura sarebbe nostra, cioè di noi altri che da un bel po’ stiamo rompendo l’anima su questo tema. Dunque sarebbe nostra la responsabilità nel caso in cui dovessero accadere degli atti vandalici alla struttura de quo testé “restaurata” (è d’uopo, per ora, vergare certe parole grosse con le virgolette, almeno fino a quando la struttura non verrà finalmente aperta al pubblico con tutti i carismi), non in quanto mandanti diretti di scelleratezze criminali, non perché si potrebbe cogliere nelle nostre parole istigazione al vandalismo nichilista, non perché il nostro interesse recondito sarebbe quello di una novella distruzione del lavoro fin qui “gregiamente” (senza la e) svolto, ma semplicemente perché ci siamo azzardati ad evidenziare il problema, e dunque avremmo svegliato il can che dorme (ma secondo il nostro modesto punto di vista i cani che dormono sono ben altri).
I nostri ghirigori di parole, secondo gli scienziati locali, non avrebbero fatto altro che accendere i riflettori (senza Enel purtroppo) sulla struttura della vecchia scuola elementare di Noha, sicché avremmo dato una buona idea, anzi un’occasione propizia al vandalo di turno, risvegliandone i sopiti impulsi. Il vandalo/vangàle, dunque, che non sapeva dove sfogare per prima i suoi istinti più truculenti ha avuto finalmente l’illuminazione (e ridaje) dopo aver letto in Internet i nostri trafiletti di denuncia, ed avrebbe poi deciso di dare il suo colpo di grazia (o di disgrazia a seconda dei punti di vista), infierendo su di un bene così appartato, così sperduto, così introvabile e quasi invisibile che non gli sarebbe mai venuto in mente se nessuno glielo avesse indicato scodellandoglielo sotto il naso. Dunque per questi matematici nostrani, facendo due più due il risultato non può che essere uno: il vandalismo eventuale sarà in correlazione diretta con la nostra attività di denunzia.  
Se invece non ne avessimo sollevato il polverone, nessuno avrebbe saputo nulla e nessuna pulce sarebbe mai stata piazzata nell’orecchio di teppisti e saccheggiatori. Davvero una logica ferrea, un ragionamento impeccabile, un’inferenza da statistici rigorosi.
Ma sì, in fondo, i vandali siamo noi. Che ci viene in mente di dire urbi et orbi (e perfino in televisione, quando verrà) che a Noha si rischia di buttar via dei soldi pubblici. Anziché far nostro il “sopire troncare, padre molto reverendo, troncare sopire” di manzoniana memoria, anziché lavare i panni sporchi in casa nostra, o nel canale dell’Asso, possibilmente insabbiando il più possibile, ci mettiamo a dire che qualcuno non ha fatto fino in fondo il suo dovere. Ma che cittadini insolenti che siamo; che razza di gente per nulla pragmatica.

*   *   *

Veramente di corbellerie sesquipedali di questa stazza avevamo già avuto sentore in più di qualche occasione. Una di queste fu a proposito del bene culturale più particolare di Noha (veramente lo sono un po’ tutti, particolari): e cioè lo chalet fulvo, la rubiconda “casa pedrera” nohana, quando ne parlammo tanti anni fa per la prima volta. Secondo un autorevole personaggio locale, se avessimo taciuto, come per incanto, nessuno (soprattutto le tarme) avrebbe manomesso la lignea porta  d’accesso alla casa rossa, come pare talvolta qualche pirla s’azzardasse di fare.
Sì, come no: se avessimo fatto finta di nulla la casa rossa e gli altri beni culturali sarebbero ora stati restaurati e resi fruibili in quattro e quattro otto, secondo un equilibrio pubblico-privato virtuoso, ideale, perfetto. Se non ne avessimo trattato nel catalogo dei beni culturali, se non se ne fosse parlato in “Salento d’Amare”, prima, e in “Terra tra due mari”, poi, nessun proprietario privato avrebbe costruito villoni bifamiliari da Beverly Ills nelle loro immediate adiacenze, e nessun muro di Berlino con cuccetti di tufo (benché, ci auguriamo, temporaneo) sarebbe stato innalzato alle spalle della porta d’ingresso di quella casa prospiciente la pubblica strada. Se noi sottoscritti rompiscatole non avessimo steso articoli e pubblicato libri, se non avessimo indetto convegni, raccolto firme, girato documentari, promosso visite guidate, la Sovrintendenza avrebbe apposto il suo vincolo di propria iniziativa, automaticamente, per opera dello Spirito Santo paraclito, e dunque finanche il frantoio ipogeo si sarebbe scoperto da solo, rivelato da sé, e si sarebbe pure restaurato e (giacché c’era) si sarebbe anche trasformato in un battibaleno nel museo nohano di civiltà contadina; la torre medievale si sarebbe ristrutturata, illuminata, recuperata dall’abbandono e dall’oblio per mano di una joint-venture miracolosa e inedita; il castello sarebbe da un bel pezzo aperto al pubblico (ovviamente con tutto il parco degli aranci) per mostre, incontri culturali, spettacoli di musica e teatro per grandi e piccini; se avessimo taciuto ancora per un po’, le sozzure pervicacemente portate avanti dagli uomini del fare, alcuni beni culturali sarebbero stati ugualmente restaurati a regola d’arte (sì, campa cavallo)…

*   *   *

Ecco, alla fine i vandali siamo noi quando denunciamo il declino ed il degrado dei nostri beni culturali; e siamo noi quando smascheriamo le schifezze che vengono perpetrate alla nostra storia, alla nostra cultura ed alla nostra natura; siamo ancora noi i profeti di sventura quando leggiamo i segni della decadenza che sarà (anzi che è già) per prevenirne le cause o per curarne gli effetti e mai per propagarne la cancrena; siamo noi e le nostre considerazioni a buon mercato i vandali (e gli antipolitici) nonché i responsabili dei tumori che ci stanno devastando quando denunciamo il CDR e le mille lordure, onde il nostro territorio è stato trasformato in una discarica in nome dello “sviluppo e del progresso”; e siamo affetti da insolazione quando denunciamo la truffa del fotovoltaico selvaggio in mezzo alla campagna, operazione che stiamo già pagando caro (ed i suoi costi aumenteranno a dismisura in futuro per tutti noi). Siamo infine “estremisti” quando incriminiamo i lucchetti (questi sì moderati) che negano un passaggio (soprattutto mentale) che è anche tuo, e le serrature che negano l’accesso e la fruizione di un bene culturale. Il quale per definizione dovrebbe essere di tutti, e mai di pochi, o di uno solo.  
Non sappiamo se qui siamo nel campo del codice penale (o penoso) o del codice civile (o incivile). Ma a questo punto un reato da smascherare c’è di sicuro. E si chiama schifo.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 09/04/2013 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3627 volte)

Che ingenuo che sono. Pensavo che il capitolo del mega-porco (ho già detto altrove che non mi riesce proprio di appellarlo mega-parco) e dunque della violenza che si vuol perpetrare con altro cemento nell’amena campagna di Collemeto fosse archiviato una volta per tutte. Mi sbagliavo di grosso. Pare che navigatori sotterranei conto terzi stiano ancora brigando per riportare all’ordine del giorno questa “opportunità anticrisi”.   

Da qui a qualche giorno temo che si sarà costretti ancora una volta a sentirne parlare enfatizzando - di un centro commerciale - le magnifiche sorti e progressive in termini di “volano” e “ricadute” per l’occupazione di chi di speranza vive e dunque per definizione disperato muore (e tra collemetesi e tifosi dell’onirico progetto s’annoverano circa 800 beoti martiri).

Orbene, si sarà costretti, noi altri (Tonino, Anita, Tommaso, Marcello, Alfredo, Oreste e compagnia bella prepariamoci) a caricarci la croce dell’improbo compito di scendere in piazza ancora una volta con le uniche armi di cui disponiamo, la pazienza e la ragione, per rintuzzare appena un po’ convinzioni e linguaggio di alcuni galatinesi folk (una minoranza, ma sempre troppi sono) che sembra che al posto della testa mossa in continua annuenza abbiano una betoniera.

Come già ampiamente documentato, la Pantacom srl è la società a responsabilità limitatissima che - secondo la lettura dei dati di bilancio che si evincono da una recente visura camerale, sostanzialmente identica a quella di qualche mese fa - dal punto di vista finanziario, patrimoniale e commerciale ha il valore del due di spade con briscola a bastoni, ergo assolutamente non in grado di dare al Comune di Galatina ed agli attendenti di complemento uno straccio di garanzia (lemma ignoto, quest’ultimo, alle parti in causa) sui suoi megagalattici business-plan che, oltretutto, visto che risultano “inaccoglibili”, si dice siano redatti con i piedi.

Come arcinoto anche agli svampiti di professione, la Pantacom è una società della galassia Perrone, la famiglia del sindaco più amato dai suoi sudditi leccesi - felici di esserlo - e presumibilmente anche da molti galatinesi, soprattutto i politici della minoranza, inclusa probabilmente anche quella extraparlamentare, cioè trombata alle ultime comunali. La quale insiste nell’inviare ai siti internet locali ed al povero “Quotidiano di Lecce” i propri capolavori di letteratura altrimenti detti comunicati-stampa (d’altronde prontamente pubblicati, evidentemente in mancanza d’altro e soprattutto di giornalisti).    

Ma purtroppo questi ultimi soggetti sono in buona compagnia. A codesti estimatori dello scempio della prima ora bisogna aggiungere i nuovi dell’ultima, rappresentati nientepopodimeno che da una bella fetta della maggioranza del governo cittadino che – rispondendo ai ragli in libertà - sembra credere ancora agli asini che volano sebbene “a determinate condizioni”.

Pare che dal vocabolario di questa variegata maggioranza manchi il coraggio di proferire un NO secco ed incontrovertibile alle sirene d’Ulisse, sia per mancanza di coraggio sia forse e soprattutto di basi culturali fondate sul sacrosanto principio dello “STOP AL CONSUMO DEL TERRITORIO”. E non s’accorgono che in tal modo stanno trasformando a velocità supersonica una città d’arte in una città del cemento (da Galatina a Cementina) ed un suo graziosissimo borgo rurale ed artigiano in un ghetto-parcheggio periferico con la benedizione di alcuni fra i suoi abitanti (che in tal modo sembra vogliano ribattezzare la loro patria cambiandone il nome da Collemeto in Follemeto).

Purtroppo qui si continua a parlare di comparti in contrada Cascioni, di circonvallazioni, di capannoni, di milioni, insomma di paroloni cogli “oni”, e si trascura l’arte, i beni culturali, l’ambiente, il suolo, il commercio equo e solidale, lo sviluppo sostenibile, la salute. Il tutto in nome degli stucchevoli ritornelli per allocchi fatti di “volano per lo sviluppo” e di “ricadute occupazionali” (quando non elettorali).

Se tutto questo non fosse davvero tragico sembrerebbe di essere nel bel mezzo di uno spettacolo di Pantacomiche.

Antonio Mellone
 
 
P.s.

Caro dott. Serravezza, parli ai sordi. Qui fingono di ascoltarti e addirittura di darti ragione nei convegni, ma poi gli interessi miopi e spiccioli prevalgono su tutto, anche sulla salute e sul benessere vero.

 
Di Antonio Mellone (del 13/02/2017 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 1704 volte)

Dieci anni fa come oggi - era dunque il 13 febbraio del 2007 - si spegneva serenamente a Noha Don Gerardo Rizzo, sacerdote (Noha, 1924 - 2007).

Aveva ottantatré primavere.

Se ne andava nel silenzio della notte, nella sua casa di piazzetta Trisciolo, quella stessa che fu di suo zio, monsignor Paolo Tundo, indimenticato arciprete di Noha.

Io lo conoscevo praticamente da sempre, non solo perché egli era un mio familiare, (cugino di mio padre), ma soprattutto perché da piccolo imberbe chierichetto, come tanti altri, gli servivo la messa. E questo decine, se non centinaia di volte.

Una volta mi capitò anche di servirne una celebrata sempre da don Gerardo, in una delle cappelle del cimitero di Noha. Era appena spuntata l’aurora.

Ma dico subito che fu un’esperienza che non ripetei, in quanto l’atmosfera, la desolazione del cimitero in quella mattinata di nebbia, ed il suono a morto della campana della chiesa principale (che era un po’ distante dal luogo nel quale si officiava) - campana che io stesso, in solitudine, avevo azionato tirandone la fune in quella specie di sagrestia spartana molto simile ad uno sgabuzzino cieco, anzi a un loculo -, mi atterrirono così tanto che da allora rinunciai a ritornare in quel santo luogo, in quegli orari nei quali quasi nessuno lo frequenta, e soprattutto da solo.

A dirla tutta non è che avessi fatto fare al battaglio di quella campagna chissà quanto lavoro: dopo non più di tre o quattro tocchi il terrore che s’impossessò di me mi spinse ad abbandonare di corsa quell’angusto locale per darmi alla fuga esagitata. Percorsi i viali del camposanto di Noha come un fulmine, quasi volando, dopo aver raccolto i lembi della veste rossa che indossavo quale sottana alla cotta bianca da chierichetto.

Una volta in macchina, sulla strada per il ritorno, confidai subito a don Gerardo che al cimitero non ci avrei più messo piede se non da morto, proprio per quelle motivazioni che nel mio racconto m’avevano fatto diventare in volto più paonazzo dell’abito pseudo-cardinalizio che avevo in dote.

Mi rispose con la sua solita rassicurante risata.

Era così don Gerardo, di poche parole. E sovente taciturno, come assorto continuamente in preghiera.

Preparato, diligente, puntualissimo, mai prolisso era molto amato da grandi e piccoli, e molto gettonato soprattutto nelle confessioni sia per la sua notoria indulgenza e sia perché capiva subito chi aveva di fronte, sicché la clemenza e “l’assoluzione dai peccati” arrivavano nel breve volgere di qualche minuto (se non proprio nell’intorno ristretto di una manciata di secondi).

Ha celebrato per decenni la “terza messa” domenicale, quella delle undici “in punto”, messa cantata con tanto di coro ed organo. Era una messa seguitissima, quella, anche perché grazie alla sinteticità di don Gerardo alle dodici meno venti preciso tutti i fedeli avventori erano già da un pezzo fuori dalla chiesa, diretti alla volta delle loro case, là dove, da lì ad un quarto d’ora, sarebbero stati pronti a sedersi al desco per il desinare (a Noha si mangiava alle dodici in punto, anche la domenica: molti, tra cui i miei, hanno mantenuto codesta “regola aurea”).

*

Io ho suonato più volte l’organo a canne di Noha durante le celebrazioni di don Gerardo. Con lui non potevi sgarrare. Dovevi essere preciso; non tanto negli accordi (su quelli non è mai stato troppo fiscale) quanto nel terminare il brano musicale giusto in tempo: rischiavi altrimenti che riprendesse le sue orazioni mentre eri ancora intento a terminare il pezzo. Che spesso, dunque, dovevi troncare, non concludere e men che meno sfumare. 

Non amava nemmeno le prediche interminabili o ridondanti (come invece sovente accade), ma, direi, quelle concettose e nello stesso tempo stringate ed essenziali. Diceva tutto quello che s’aveva da dire e lo faceva con proprietà di linguaggio e con citazioni dotte (molte proferite in latino perfetto), che denotavano lungo commercio con le lettere e con i libri, sui quali s’era pure consumato la vista. In effetti studiava sempre ed aveva una memoria straordinaria. Alla bisogna, ti spiegava tutto per filo e per segno: e non soltanto i testi dei Padri della Chiesa, ma anche quelli della letteratura italiana di ogni tempo.

Anche lui si dilettava a suonare l’organo a canne della Chiesa Madre di Noha nel corso della messa serotina; e cantava anche molto bene, con la sua voce argentina ed intonatissima.

Ricordo che una volta un “predicatore quaresimalista” introdusse la sua omelia proferendo queste parole: “Sarò breve…”. Non l’avesse mai fatto. Prontamente dalla postazione del coro (che nella chiesa di Noha si trova proprio di fronte all’ambone) don Gerardo gli fece quasi eco, replicando ad alta voce e cantilenando come si risponde ad un salmo responsoriale: “Speriamo!”. Tutti avevano sentito (e assentito).

Il predicatore dovette rispettare il suo intendimento, così esplicitamente proferito. E dagli astanti approvato.

Avevo imparato a conoscere don Gerardo così bene (così come da ragazzo mi capitava di fare con molti personaggi di Noha - ma anche forestieri - studiandone movimenti, intonazione della voce e gesti) che la sua imitazione mi riusciva meglio di tutte le altre.

Alla fine del mese di maggio era tradizione che iniziasse a Noha nella cappella di S. Antonio di Padova la cerimonia della “tredicina” in onore del Santo.

L’incaricato per la celebrazione delle funzioni e della messa, da parte della signora Tetta, organizzatrice e sagrestana di quel grazioso tempietto (un tempo in piena campagna, ora ormai circondato da una meno romantica villettopoli) era proprio don Gerardo Rizzo, assistito da due chierichetti deputati al sacro servizio che rispondevano ai nomi del sottoscritto e del mio amico e compagno di classe, Adriano Scrimieri. Siamo sul finire degli anni settanta e verso i primi degli anni ottanta.

Ci divertivamo un mondo e con don Gerardo si scherzava e si rideva sovente, prima o dopo la funzione. Una volta però accadde “durante”.

Si era nel bel mezzo della celebrazione. Ad uno dei due ragazzi capitò uno svarione (che di fatto era un’inezia, che nemmeno ricordo).

Ai due chierichetti, che si guardarono un attimo negli occhi, venne immediatamente un attacco di risate, che sulle prime si tentò di bloccare, soffocare, reprimere, o almeno frenare; risata che fu poi trattenuta a stenti, e infine sempre meno.

Insomma, con il nostro continuo e drammatico crescendo d’ilarità non dominata, ben presto contagiammo lo stesso don Gerardo il quale, per qualche interminabile decina di secondi, dovette anche lui, a sua volta, interrompersi. Questo fece sì che i fedeli raccolti in preghiera in quella piccola chiesa s’accorgessero di tutto quanto avveniva sull’altare a pochissima distanza dai loro occhi ed orecchi, e, come accade in queste cose, pur non sapendo il motivo di tanto ridere, scoppiarono anch’essi in una fragorosa generale risata.

Alla fine della messa, in macchina, diretti alla volta di piazza San Michele, il centro di Noha, non fummo redarguiti come pensavamo o temevamo: anzi continuammo ancora a ridere a crepapelle, e pare che, con questo, don Gerardo volesse dirci ancora una volta che la fede è gioia, letizia e che il diavolo “non è il principe della materia: il diavolo è invece l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio” (come Umberto Eco fa dire a Guglielmo da Barkerville ne “Il nome della rosa”).

Le tredici splendide giornate di primavera inoltrata si concludevano dunque con la festa del Santo Taumaturgo di Padova, la benedizione e la distribuzione a tutti del pane benedetto.

Volete che vi racconti di quella volta in cui andai in chiesa madre a prendere il secchiello con l’aspersorio per la benedizione del pane? Massì: abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno.

Orbene, in via Castello, diretto alla volta della cappella del Santo, un lembo della mia tonaca s’inceppò nella catena della mia bicicletta e io ruzzolai a terra con un bel capitombolo. Insieme a me caddero sull’asfalto anche secchiello, aspersorio e acqua santa.

Che fare? Il tempo stringeva. In cappella m’attendevano prete e fedeli.

Pensai bene di riempire il secchiello allungandone il residuo contenuto con l’acqua della fontana tuttora esistente in quella strada.

Ma avevo una coda di paglia chilometrica e uno scrupolo di coscienza quanto la cattedrale di Nardò. Non mi diedi pace fino a quando, ancora una volta, non confessai tutto a don Gerardo, che, come di consueto, si fece ancora una volta una gran bella risata. Fu la migliore delle assoluzioni.

Alla fine della “tredicina”, don Gerardo per ringraziarci della nostra assistenza portava me e Adriano a Galatina per offrirci un gelato (un tempo i gelati erano un lusso che si gustavano solo nelle domeniche pomeriggio d’estate, ed a volte nemmeno in quelle).

Il bar di Galatina – elegante, bellissimo - era quello di Rafelino, ubicato in via Gallipoli, quello che produceva i gelati più buoni del Salento e quello (almeno così ci sembrava) che aveva inventato la panna montata, una delizia celestiale, una squisitezza morbida e vellutata che in quel gruppo di anni di oltre un terzo di secolo fa non tutti conoscevano. Prendevamo un cono a testa con tre gusti e con sopra tanta panna montata, ed in macchina sorbivamo con lentezza, senza parlare o distrarci, quella leccornia sublime.

*

Ecco: a me piace ricordare proprio così il caro don Gerardo, mentre con la sua Fiat Cinquecento ci accompagnava da Noha a Galatina per offrirci il buonissimo gelato di Rafelino, sormontato da soffice, candida panna montata.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 07/08/2017 @ 00:00:00, in don Donato Mellone, linkato 1913 volte)

Fino al 2015, anno della sua scomparsa, il 7 agosto, solennità di san Donato, si festeggiava a Noha l’onomastico del parroco don Donato Mellone, classe 1925.

Quest’anno - per non venire meno alla tradizione della pubblicazione di qualche brano che lo riguarda - vorrei ricordarlo con le parole di una lettera giuntami tempo fa da Nazareth da un suo alunno, poi sacerdote: don Salvatore Grandioso.

Avendola molto apprezzata, non solo per lo stile e per l’episodio che vi si racconta (davvero bello) ma anche per l’insegnamento che se ne trae, vorrei sottoporne la sua trascrizione alla vostra cortese attenzione (in particolar modo a quella di chiunque ricopra ruoli di responsabilità: direttori, capiarea, manager, imprenditori, insegnanti, genitori, consorti, rappresentanti politici...).

In questo scritto c’è la narrazione di alcuni episodi (veri) e la lezione si di un metodo infallibile per il famoso cambiamento (possibilmente in meglio) del corso della vita di ognuno e della storia di tutti.

Buona lettura.

Mel

 *

«Carissimo Antonio,

sono già a Nazareth per il mio lavoro di Confessore Ausiliario nel Santuario dell’Annunciazione e, con gioiosa gratitudine eccomi alla tua gentile richiesta di ricordare tuo zio: don Donato Mellone.

 

Tra i miei ricordi più lontani nel tempo, uno, per me tra i più significativi, è legato proprio alla figura di don Donato.

 

I figli non sono solamente il frutto del seno e del sangue; figli sono anche i propri alunni, i propri dipendenti e ogni persona alla cui crescita umana, spirituale, culturale o professionale abbiamo, in qualche modo, collaborato.

Il tempo, si sa, ha denti di acciaio e morde i bronzi e le memorie riducendo il tutto in polvere di ruggine che poco e in maniera deformata ha da raccontare. Tranne che non si tratti di qualche avvenimento, talmente importante, che, in positivo o in negativo, ha condizionato tutto il resto della nostra esistenza.

 

E per me è proprio questo il caso che coinvolge tuo zio, don Donato, che lasciò nella mia vita una impronta indelebile nella sua positività.

 

Non ne ho mai parlato con nessuno ma, prima di chiudere la parentesi terrena della mia esistenza, considero doveroso esaltare quella circostanza le cui conseguenze furono per me talmente significative da condizionare positivamente la mia stessa identità.

Sono trascorsi molti anni da quel 1950 quando sul sentiero della mia ancor piccola vita venne a “camminare insieme a me” il carissimo don Donato, lasciandovi un’orma che il tempo, lungi dal cancellare, ha quasi pietrificato.

 

Avevo appena undici anni e in seconda media venne in seminario a insegnarci Italiano, Latino, Storia e Geografia questo giovane sacerdote, alto, sfilatino, dai capelli ricciolini e con due lenti che lo circondavano di severità periodicamente interrotta da battute brevi e secche come stilettate.

“Viene da Noha, - ci dissero -, ha uno zio arciprete [don Paolo Tundo, monsignore, 1888 - 1962, ndr.] e il Vescovo lo ha appena nominato Parroco di Santa Maria al bagno”.

 

A lubrificare i meccanismi della mia memoria contribuisce una foto-ricordo che, in quell’anno scolastico 1950-51, don Donato volle che facessimo e che il fotografo Mauro di Nardò eseguì nell’atrio del vecchio Seminario.

 

Oggi la miro con un misto di tanti sentimenti quasi impossibili da spiegare con un solo termine. Credo che non ci sia nel nostro vocabolario una parola che esprima  malinconia, nostalgia, desiderio, ricordo, brama, struggimento, sospiro: e tutti questi insieme.

Lo spagnolo usa il termine “aňorar”, ma è ancora poco; una badante romena mi diceva che il termine romeno “dor” è quello che esprime al meglio tale contrastante realtà.

 

Cari amici miei del 1950.

Alcuni sono tornati alla Casa del Padre (Greco, Mele, Bove); di altri ho perduto le tracce (Giuri, Polo, Petrelli);  altri ancora li incontro già nonni per le strade del mio paese (Fanuli, Ciccarese).

Solo in tre abbiamo raggiunto il Sacerdozio: io, don Enzo Prete e don Gregorio Patera, parroco per tanti anni alle Cenate di Nardò. Tutti e tre abbiamo già celebrato il cinquantesimo anniversario di Ordinazione.

 

Mi rivedo nella foto alla destra di don Donato: avevo  problemi di crescita fisica ma soprattutto di crescita intellettuale per la seria difficoltà ad avere un metodo per studiare.

 

1950: anno singolare, anno unico, anno strano per diversi motivi.

Per tutti fu l’Anno Santo per il Giubileo; per me fu anche “santo” ma per altro che tocca il mio “destino” e nel quale fu determinante la figura di don Donato.

 

E’ qualcosa che ho sempre tenuto gelosamente per me come si fa per quelle cose sacre dove ci leggi il dito della Divinità e che intendere non può chi non le vive.

Il mio 1950 tutto racchiuso in una foto.

La osservo e, credimi, caro Direttore, ho tanta difficoltà ad affidare alla penna il compito di tradurre in parole i profondi sentimenti che proprio come onde mi sommergono.

 

Il 1° di novembre, a Roma, il Papa aveva proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria SS.ma al Cielo e a Nardò, la mia pagella del 1° trimestre aveva proclamato la mia totale e disastrosa inadeguatezza allo studio e quindi a diventare sacerdote.

 

La rivedo, quella pagella, nelle mani del Rettore don Nicola Tramacere che me la legge come una sentenza senza appello: Italiano: 2, Latino: 2, Storia: 3, Geografia: 2, Matematica: 2, Francese: 2, Disegno: 4, Musica: 5, Educazione Fisica: 6 (uno scandalo!), Condotta: 8.

Nel consegnarla a mio papà, il Rettore non aggiunse troppe parole: “’Sto ragazzino e lo studio sono due cose differenti; forse è troppo piccolo, forse sarà bravo in qualche altra attività, ma credo che solamente un miracolo lo potrà salvare da una bocciatura che, forse, gli farà anche bene!”

 

Il povero vecchio rimase paralizzato: lui che, insieme alla famiglia, stava facendo sacrifici durissimi per pagarmi la retta e che lavorando nei campi amava sognare il suo unico figlio maschio da sacerdote.

Nel salutarmi, mi disse solamente: “Pensa che io non mi sono comprato un cappotto per pagarti gli studi! E adesso con che faccia mi presenterò al Parroco?”

E il Parroco, Mons. Nestola, arrivò qualche giorno dopo solamente per fulminarmi col suo sguardo severo e minacciarmi: “Tra un mese ritorno e, se non ti sarai ripreso, prenderai il tuo materasso e ti riaccompagnerò a casa: tuo padre ha bisogno di aiuto nel lavoro dei campi!”

Altro che assunzione al cielo. Si trattava di una precipitazione nell’inferno.

Dissi di sì a tutti, promisi impegno e dedizione nello studio, si calmarono tutti ma l’unico che non capiva il perché di tanto fallimento ero solamente io.

 

In questo contesto di totale disastro ecco l’intervento del “destino”: un intervento strano e imprevisto che vede don Mellone al centro di quello che accadde.

 

Quella domenica di gennaio papà era giunto in Seminario con la sua bicicletta come sempre e, come sempre, stanco e infreddolito mi chiese speranzoso: “Beh! Come va alla scuola?” ed io subito: “Bene, papà. Mi sto impegnando e sto andando bene!”

Mentivo e sapevo di mentire ma non volevo bruciare le poche speranze di papà. E, proprio in quel momento si trova a passare da lì don Donato e io subito dissi a papà: “Quello è il mio professore di Lettere; si chiama don Donato: chiedilo a lui!”

 

E questa è un’altra foto che nessuno mai scattò ma che mi porto dentro indelebile. Tuo zio, caro Antonio, fissa mio papà, fissa me e mi dice: “Vai su in classe a prendere il registro e così tuo padre potrà vedere come stai andando.”

 

Vado su e, prima di scendere, apro il registro per sbirciare la situazione e rendermi conto di quanto stava per accadere: 2, 3, 4, mi venne un colpo.

Non conoscevo ancora il Vangelo e la storia del servo infedele, ma senza star lì a riflettere troppo, presi la penna e in alcune caselle vuote (che forse non erano neanche quelle giuste) ci scrissi: 5, 5, 6, 6,…

Non ci feci caso neanche al colore dell’inchiostro che era diverso da quello che usava il professore. Ma quel mio gesto era come il grido disperato di un ragazzino che, dal profondo del pozzo, chiedeva aiuto non tanto per sé quanto per il suo papà condannato alla più terribile disillusione.

Certo, ero piccolino, ma capivo che la mia entrata in Seminario era stata una sfida a parenti e amici che ripetevano a mio papà: “Un Grandioso sacerdote? Non è normale. Risparmiati quei soldi e portalo con te in campagna!”

 

Don Donato aprì il registro e capì immediatamente la strana origine di quei voti freschi di scrittura non sua; mi fissò in modo strano e, mostrando il registro a mio padre gli disse sorridendo: “Coraggio! Vedi che sta andando meglio? Comincia a raggiungere la sufficienza. Questo figliolo tuo è un ragazzo intelligente e, se continua a impegnarsi seriamente, non ti dico che potrebbe essere promosso, ma per lo meno potrebbe evitare la bocciatura!”

Chiuse il registro e dandomelo, mi fissò in modo ancora più strano e, col suo caratteristico mezzo sorrisino mi esortò benevolmente: “Se vuoi potrai farcela! Ricorda sempre i sacrifici di tuo papà!”

 

1950: Anno Santo!

Quella domenica mattina di un gennaio freddoloso e insignificante, mentre tutto sembrava banale nella sua normalità, per un ragazzino che aveva difficoltà a crescere, qualcuno dall’Alto gli aveva cambiato la storia: fu per me un dogma di speranza oltre che di fede: il mio professore di Lettere non mi rimproverò, non mi umiliò ma mi indicò un orizzonte e accese una scintilla che il tempo avrebbe trasformato in incendio.

Mi cambiò veramente la vita: salvai l’anno e, da allora, ho salvato tutti gli anni, tutti gli esami al ginnasio come al liceo, in Teologia come alle Università.

Ma che cos’è la vita, per la miseria!

A volte pensiamo che bisogna fare salti mortali e dare giravolte di qua e di là per raddrizzare situazioni difficili e al limite della impossibilità, quando basta un mezzo sorriso e una goccia di speranza per liberare capacità impensabili e offrire opportunità all’apparenza immeritevoli.

 

Nulla è stato facile nella mia vita, come credo lo sia per ogni vita, ma nei momenti più delicati ho sempre davanti agli occhi quel professore di Lettere che al suo alunno pasticcione, svogliato e imbroglione, invece di mollargli un meritatissimo ceffone, gli sussurra  sorridendo: “Dai, se vuoi potrai farcela!”

 

So bene quanto sia menzognero un successo senza il suo carico di lotta, sacrificio e dolore come, del resto, mi insegnava mio nonno che un pezzo di pane non ha sapore se non è rammollito da qualche lacrima e da tante gocce di sudore.

Ma alla base di ogni lotta, sacrificio e dolore sono indispensabili quei valori insostituibili e non negoziabili che vengono da lontano e che solamente un buon educatore può mostrare prima ancora di insegnare. Senza di essi si incorre nel grave errore di stravolgere la realtà presentando come reale ciò che, purtroppo, è solamente virtuale.

Ma c’è qualcosa di più criminale e offensivo per la dignità di un educatore che spacciare ai suoi educandi ciò che è virtuale come se fosse reale?

 

Sì, ho voluto, ho potuto e, sembra, che abbia raggiunto traguardi di spessore. Ma tutto è radicato su qualche 5 e un 6 che avevo rubato alla mia speranza e che qualcuno con nome e cognome: don Donato Mellone, molto saggio e aperto a una buona ispirazione che non poteva che venire dall’Alto, mi comunicò dicendomi che potevo benissimo meritare.

Io lo ricordo così don Donato: forse un po’ strano, un po’ svagato, un po’ singolare… Di tutto un po’, ma di parecchia umanità saggiamente mascherata da una fine ilarità.

 

All’inizio di quel benedetto anno scolastico di 2^ Media ci fa: “Cari ragazzi, la scuola è dura, è amara e difficile da digerire; quindi dobbiamo renderla un po’ dolce. Perciò  una volta  al mese ognuno di noi porterà in classe per sé e per i suoi amici e per il professore una caramella”.

Direte: “Una caramella?”

Certo: una caramella che nel 1950 era l’equivalente di una torta di oggi. In genere si trattava di una menta-ghiaccio e, in giorni speciali, una moka-caffè: lasciarla sciogliere lentamente in bocca era quasi un rito religioso. Sarà anche per questo che ancora quando debbo scegliere una caramella le mie dita prendono sempre una menta-ghiaccio o una moka al caffè.

Eh! Sì, caro Direttore, sono fermamente convinto che nella rotta della vita degli alunni (come del resto dei figli, dei dipendenti, dei credenti) regola e garanzia di buona navigazione sia la fede del maestro (o dei genitori, del responsabile, del pastore).

Credimi: non è la cattedra che fa importante il maestro ma è esattamente il contrario.

Con raccapriccio ho visto salire su prestigiose cattedre dei somari che poi hanno ridotto in stalla quella scuola; invece qui a Betlem ho visto una stalla dove entrò un Maestro eccezionale e trasformò questa stalla nella cattedra più prestigiosa del mondo.

Non escludo le doti umane che pure è giusto apprezzare e valorizzare, né le capacità di comunicazione e di leadership per le quali è buona cosa ringraziare Dio; ma ciò che caratterizza un vero maestro è la sua fede.

Fede nella vita, nell’alunno, nei suoi sogni appena abbozzati, nel destino che si materializza in segnali talvolta impercettibili a chi guarda distrattamente la sua missione.

Raccontare la fede di un proprio maestro, come lo era don Donato, è sempre raccontare la sua storia anche se in essa entra la stranezza di essere goloso di frutti di mare crudi, conditi solamente con qualche goccia di limone!

E la fede del tuo maestro spesso ti si rivela attraverso frammenti di una umanità disarmante.

 

Carissimo Antonio, forse mi sono dilungato troppo, ma ti ringrazio per avermi fatto parlare a cuore aperto del mio professore di 2^Media che, andando contro vento e contro tempesta, mi insegnò a saper addolcire la vita e a credere in me prima di tutto e soprattutto.

Con l’amicizia e l’affetto di sempre

                                                                                          Don Salvatore Grandioso»

 

 

Grazie a te, don Salvatore.

Grandioso come sempre.

E  buon onomastico zio Donato, ovunque tu sia.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 21/02/2018 @ 00:00:00, in don Donato Mellone, linkato 1874 volte)

Tre anni fa, come oggi, don Donato si congedava da questa vita quando mancava qualche mese al compimento del suo novantesimo genetliaco.

Non voglio mancare all’ormai tradizionale appuntamento nel proporvi, per l’occasione, qualche ricordo, l’immancabile aneddoto (vero), e dunque qualche flash su stile e taglio della sua personalità.

Orbene, trovandoci ora nel bel mezzo dell’ennesima campagna elettorale, mi sembra d’uopo trattare il tema dei rapporti tra l’antico parroco di Noha e la cosiddetta politica.

E qui non posso tacere un dato incontrovertibile: e cioè il fatto che nel corso degli anni cinquanta, sessanta e anche settanta del secolo scorso (e, a pensarci bene, anche degli anni ottanta e novanta) il nemico politico numero uno da battere era il Comunismo. Alla Falce e Martello bisognava contrapporre la Croce. Possibilmente quella della Democrazia Cristiana (il cui slogan era appunto: Metti croce su croce).

Nei paesi rurali del Salento la voce del parroco era la più ascoltata. L’arciprete era il consigliere, l’informatore, il tramite attraverso il quale passava tutto quanto vi fosse di “cose buone e giuste” da far sapere ai fedeli.

Tuttavia, i politici, specialmente di centro e di destra, che prima delle votazioni facevano anticamera in sagrestia nella speranza di ottenere l’appoggio del curato di Noha, spesso andavano via a mani vuote. E questo non tanto perché il prevosto nohano fosse di sinistra (figurarsi), ma perché don Donato, discreto com’era e soprattutto rispettoso del libero pensiero di tutti, fu sempre consapevole del fatto che il parroco dovesse fare solo il parroco, senza deformazioni o straripamenti nelle beghe partitocratiche o nei fatti dello Stato.

Oltretutto non era nelle sue corde fare comizi o arringhe o réclame per questo o quel candidato. Le sue omelie e i suoi discorsi [di cui esattamente dieci anni fa, all’insaputa dell’autore, curai una raccolta in una credo bella edizione, ndr.] avevano l’andatura di una catechesi, spesso arricchita da aneddotica o da esempi tratti dall’agiografia (il tutto esposto in maniera semplice, senza voli pindarici o elucubrazioni metafisiche).

Insomma voglio dire che la sua fisionomia di parroco non è mai stata deformata in quella del politicante (e men che meno in quella del faccendiere o dell’impresario rampante). Senza dubbio, i suoi più alti interventi politici furono la prudenza, la riservatezza, la sua capacità di ascoltare e soprattutto quella di tacere.

Detto questo non posso non ricordare qui, per mia testimonianza diretta, un fatto legato ad una delle storiche (riuscitissime) Feste dell’Unità nohane, sponsorizzate dall’omonimo giornale (prima che venisse definitivamente affossato da una manica di Diversamente Compagni, purtroppo nostri contemporanei, disintegratori del partito, della memoria di Antonio Gramsci, dello stato sociale e della stessa Costituzione).

Ebbene, nel corso dei primissimi anni ’80, nella domenica mattina di una di queste feste popolari, una delegazione composta da due compagni della sezione “Giuseppe di Vittorio” di Noha si presenta in sagrestia a chiedere al parroco una cosa inaudita.

Premetto che un tempo il fastigio della facciata della chiesa madre di Noha, quello che contiene lo stemma delle tre torri scolpite in pietra leccese, era illuminato per tutto il suo enorme perimetro triangolare da una serie di lampadine splendenti che davano luce non solo al prospetto del tempio ma anche a tutta l’antistante piazza.

I comunisti al cospetto del parroco, con fare titubante, biascicando quasi, dissero più o meno queste parole: “Lo sappiamo don Donato che forse stiamo per chiederti una cosa strana, insolita… non ci prendere per pazzi. Ecco… vorremmo chiederti…se fosse possibile…per la nostra festa di questa sera…che tu ci accendessi le luci della facciata della chiesa, ché noi non abbiamo troppa illuminazione”.

E don Donato, mentre uno dei due stava ancora parlando, senza esitazione disse subito: “E questo è tutto? Le accendo le luci, le accendo: non vi preoccupate. Se è festa, è festa per tutti”.

Insomma, con una battuta don Donato faceva comprendere che a Noha Peppone e don Camillo erano soltanto personaggi di un film liberamente tratto dalle pagine del Guareschi.  E che il concetto di Unità, in loco, poteva assumere significati, come dire, ben più ecumenici.

Alle cronache non risultano, infatti, sgambetti, cicalecci, mormorazioni da retro-sagrestia, o topiche antipatie di sorta da parte di quei “Bravi cristiani dei comunisti” (come qualche volta ho sentito dire al compianto Don).   

E’ inutile ricordare che la sezione del Partico Comunista di Noha era la prima casa a un passo dalla chiesa madre a esser benedetta allorché don Donato durante il periodo pasquale usava benedire le abitazioni dei nohani. I comunisti, che lo attendevano seduti sulla porta della loro Casa del Popolo, al suo arrivo si alzavano in piedi, si toglievano il cappello o la coppola, ma non pregavano (o cercavano di far intendere che non pregassero) quando il sacerdote con l’aspersorio dava l’acqua santa a quei locali per santificarli.

Altri tempi, altri preti, altri comunisti.

Antonio Mellone

 

Canto notturno di un pastore ...

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