
Chi ricorda ancora la buonanima del mega-porco Pantacom? Mi riferisco ai ventisei ettari di cemento asfalto capannoni e rotatorie che una decina abbondante di anni fa avrebbero voluto colare in contrada Cascioni, periferia di Collemeto, in quella cosa antifrasticamente definita “parco” (con l’aggiunta dell’aggettivo “commerciale” a mo’ di attributo all’ossimoro “centro in periferia”). Non se ne fece nulla, in quanto, come noto perfino agli gnorri, la Pantacom, società a responsabilità asintotica a zero e con garanzie più teoriche che pratiche, morì prima ancora di nascere (al tempo ne scrissi non so più quanti necrologi), malgrado i sogni di gloria degli economisti per caso (che blateravano di 200 e passa nuovi posti di lavoro, e “ricadute” che non ti dico), nonostante il coretto dei consensi, la dolce attesa delle levatrici sedute a destra e a manca nel parlamentino di Palazzo Orsini, e quantunque tra i titolari effettivi della limitata s’annoverasse un pezzo grosso della politica leccese - successivamente cooptato, senz’altro per meriti sul campo, nel consiglio di amministrazione della Zecca dello Stato [malpensanti: per Zecca questa volta non s’intende il parassita ematofago, ndr.].
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Ebbene, questo salto nel giurassico solo per dire che di quei consiglieri comunali, molti falcidiati dall’insipienza e dall’irrilevanza crassa prima che dalla storia patria e dal diritto, nelle attuali assise cittadine se non addirittura in giunta si conta ancora qualche superstite esemplare. A dirla tutta noi altri non avremmo dato tanto peso alle parole, visto quante ne sparano in ogni tempo e in ogni luogo, se non per il fatto che di quell’abortito mega-porco lorsignori sembra vogliano costruire uno specimen posticcio in miniatura proprio a Noha a metà strada tra la piazza principale e il cimitero, insistendo con l’appellarlo ancora una volta “parco”.
Stavolta niente grandi magazzini parcheggi ipermercati rotonde e Mc Donald’s su codesto fazzoletto di terra di forma irregolare, pressappoco trapezoidale, di qualche centinaio di metri quadrati, forse un migliaio, prospicienti via Aradeo, ma soltanto lampioni elettrici, ma tanti. Dico la più alta concentrazione al mondo per ara: nove pali per la precisione, più uno preesistente. Certo è che manco Cappuccetto Rosso riuscirebbe a perdersi in quel “bosco” urbano così ben illuminato a giorno.

Ora, in assenza del rendering ufficiale del sito - fosse anche uno straccio di progetto instagrammabile - non si sa bene se tra marciapiedi, cordoli, vialetti, mattoni, fioriere, panchine, fricciu & conza, nonché probabile fontana monumentale in cemento vibrato piazzata al centro del coso (all’inizio degli scavi avevamo temuto si trattasse di un mini-anfiteatro; invece pare che per par condicio pure a Noha avremo la nostra bella Pupa in vasca - sconosciuto per ora il soggetto effigiato), non si sa, dicevo, se rimarrà qualche decimetro quadrato di suolo agricolo nel quale provare a piantumare finalmente se non un albero, o in subordine un arbusto, almeno un bonsai. Mistero fitto poi sulla denominazione della novella area monumentale. Di sicuro non “Palingenesi” (in onore dei pali), per evidente idiosincrasia nei confronti del linguaggio difficile così inviso agli uomini di marketing tutti slogan facili da ingoiare e superlativi assoluti. Noialtri, in memoria della prassi storica del suo utilizzo durante le feste patronali, in onore dello slang anglosassone dominante, e per amore di verità, sommessamente suggeriremmo di appellarla nuovamente “(luna) park”.

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Comunque tranquilli: seppur - come si arguisce dall’osservazione dell’embrione della foresta Vergine nohana - non dovesse esserci alcuno spazio per la vegetazione di alto o basso fusto, certamente da un lato avremo più luci che ombra; ma dall’altro su tutti i dieci tralicci verranno stese copiose mani di green.
Quando si dice Transazione Ecologica.
Antonio Mellone