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Il Castello di Noha
Di Marcello D'Acquarica (del 19/01/2016 @ 13:16:53, in Affresco misterioso, linkato 4270 volte)

Il primo giorno dei preparativi per la chiusura e il ritiro di tutti gli elementi della scenografia del presepe vivente dal giardino del palazzo baronale di Noha, mi decisi di fare un sopralluogo. Stavolta alla luce del sole.

Avevo notato che sul muro lato ovest della torre, e precisamente quello che guarda su vico Pigno (oggi via), persiste una fascia che parte dall’angolo ed è sporgente dal profilo della muraglia di circa una ventina di centimetri. La sporgenza parte dall’alto con un lieve distacco e scendendo a filo terreno si allarga fino ai venti centimetri alla base.

A guardare attentamente questo lato del muro si evince che è stato rimaneggiato pesantemente, probabilmente per sistemare alla meglio uno sgarramento.

Ho pensato che a quel profilo leggermente sporgente potrebbe esserci stata una continuazione del muro, magari a scarpata, giusto per rafforzare quell’angolo del maniero che era il più esposto agli assalti e quindi doveva essere il più resistente.

Così con Albino Campa, fedele seguace di noi maniaci di Noha, abbiamo provato a scavare lungo la larghezza del suddetto profilo sporgente. Quindi armati di zappone e di vanga, siamo scesi di circa mezzo metro sotto terra, poi ci siamo lasciati vincere dalla stanchezza.

Insieme a noi c’era il prode Giuseppe Cisotta, e in cuor mio vi confido, che vedendo i due improvvisati zappatori, avevo sperato nella sua pietà. Invece niente. Non ha fatto manco una piega e ci ha lasciati tranquillamente finire il lavoro. A parte le ossa rotte, abbiamo comunque avuto ragione: sotto terra, in corrispondenza di quel muro, esistono più livelli di altri conci di tufo. Chissà come era il nostro “forte loco” di Frà Leandri Alberti?

Poi incuriositi dalla vista meravigliosa della torre e dell’arco, continuando a fare i raggi “x” al muro che prosegue verso la costruzione a est, dove stanno le gigantesche botti dell’ex Brandy Galluccio, notai che quel pezzo di muro dove insiste l’affresco, è antichissimo. Probabilmente dell’antico castello. Lo si evince dal fatto che per realizzare il palazzo baronale, in occasione del completamento delle grandi terrazze del primo piano, sono stati costruiti muri nuovi con conci nuovi e di materiale più preciso nella sua fattura, meno grezzo. Il muraglione antico è fatto con conci di pietra irregolari e riempito con svariate tipologie di materiali di recupero. La botta finale a questa scena la offre l’intonaco fatto di rena rossa mista a grossi frammenti di cocci in terracotta, «coccio pesto -tecnica diffusa dall'epoca romana fino al secolo scorso,  di un secondo strato più sottile messo tempo dopo e infine una scialbatura di calce » (Angelo Micello), come riporta Angela Beccarisi in una sua relazione.

A questo punto l’occhio del fedele Albino cade (si fa per dire) sulle zampe del cavallo affrescato e da qui in poi si può immaginare il resto e la nostra sorpresa, e la voglia di continuare le nostre ricerche su un pezzo straordinario della nostra storia patria.

Ora tanto si potrà dire e chissà cos’altro verrà ancora fuori da questa nostra benedetta Noha, ma bisogna sapere ancora che un testimone vivente ha raccontato a Giuseppe Cisotta che a ridosso degli anni ’50, quindi con il Brandy Galluccio già attivo, si sversò in quel giardino una montagna di terra (e non del sindaco Cosimino, che di Noha non gli frega un fico secco) per piantarvi gli aranci che erano stati portati in loco da un’azienda siciliana.

Quindi la torre, l’arco e l’antica muraglia, sono stati seppelliti alla base per almeno un metro e mezzo. D’altronde i cordoni semitondi di finizione dell’arco, che oggi sono a meno di un metro da terra, erano probabilmente a più di due metri fuori terra, come si può notare nel complesso monumentale delle Quattro colonne di S. Maria al Bagno, la cui fattura somiglia molto a quella del fu castello di Noha.

Dulcis in fundo, io e Albino, decidemmo di salire sul solaio dell’antica torre e così, oltre alla vista di un meraviglioso prato di sucameli gialli, abbiamo notato che il tratto merlato è sostenuto da un muraglione spesso almeno 80 cm., mentre i lati dove i merli mancano, il muro è semplice. Questo vuol dire che il tratto merlato continuava sul perimetro del castello e non su quello della torre.

Ovviamente non avendo documenti d’archivio storico che ci descrivono come era esattamente il nostro castello del XIV sec. ci dobbiamo arrangiare con ciò che vediamo.

Speriamo che i futuri progetti di rivalutazione dei Beni Culturali di Noha che i nostri amici dell’Associazione del Presepe vivente di Noha sicuramente realizzeranno ancora, portino alla luce altre testimonianze.

Noi saremo ancora qui a documentarlo.

Marcello D’Acquarica