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NO al taglio (e al raglio) dei parlamentari (Quarta fetta di Mellone – estate 2020)
Di Antonio Mellone (del 04/08/2020 @ 20:31:14, in Fetta di Mellone, linkato 1042 volte)

Non sarà la più bella del mondo, ma ogni volta che ci metton mano fanno di tutto per deturparla oltremodo. Mi riferisco alla nostra Costituzione, oggetto di morbose attenzioni da parte dei nipoti costituenti (ché i padri li hanno fatti seppellire da un pezzo).  

Chiamano dunque riforme quelle cose quasi sempre pensate per deformare un sistema (sanitario, lavorativo, fiscale, scolastico…) a vantaggio dei gerarchi e a detrimento della massa che però li idolatra.      

L’ultima volta che si tentò, per fortuna invano, di sconvolgere la Costituzione formale (quella sostanziale è un altro paio di maniche) fu non più tardi del 2016. Dovetti sacrificare non so più quante fette di Mellone – e quindi tempo allo studio - per provare a fare un liscio e busso a chi inneggiava a quell’accozzaglia di norme scritte con l’unghia incarnita dei piedi. Non che un mio articolo sposti di un solo voto il suffragio universale, ma, come già detto, scrivo per riuscire a farmi la barba la mattina senza sentirmi in dovere di dirigere la lametta verso la  giugulare.

Questa volta – con la solita storia che le dimensioni non contano -  quasi tutti i partiti hanno votato in parlamento l’auto-evirazione (parliamo del taglio dei suoi membri, no?): ne avremo il 36,5% in meno, dunque uno sconto di 230 deputati (da 630 a 400) e 115 senatori (da 315 a 200).

Tutto bene? Oddio, se diamo retta alle chiacchiere del bar dello sport, sì: tipo che così si ridurranno “i costi della politica”, e si darebbe una sforbiciata a questa benedetta casta - per la gioia del volgo in visibilio e sempre plaudente, convinto che il valore di una legge si possa misurare con l’applausometro.

La stampa a sua volta sembra ignorare quasi del tutto l’argomento, che invece sarebbe di scottante attualità forse più del virus, atteso il fatto che da qui a un mese e mezzo l’assetto costituzionale dello stato verrà stravolto. Ma dotandosi di potente microscopio qualcosina si riesce a rinvenire.

Ed ecco qui di seguito la sintesi epesegetica di un puntuto articolo apparso a pag. 3 de “il Galatino” del 10 luglio scorso (anno LIII – n. 13) a firma dell’on. Leonardo Donno (ma un tempo quelli del MoVimento 5 Stelle ora tendenti a 3 non aborrivano il titolo di “onorevole” per definirsi soltanto “cittadini”? Ndr.). Il quale parte con una serie di affermazioni dalla logica siderurgica, tipo: il MoVimento “ha tra i propri obiettivi semplificare e rendere il Parlamento più efficiente” (e come di grazia? Con un novello piano P2 copiato paro paro dagli appunti di Licio Gelli? Riducendone il dibattito che sarebbe alla base di uno stato democratico? Eliminando le commissioni parlamentari che comportano studio, ore di lavoro, letture, riflessioni, e incontri, anche sul famoso territorio? E chi dovrebbe poi svolgere le attività di quei 230 deputati e di quei 130 senatori in meno? Il direttorio? Un triumvirato? Il dispotismo illuminato? La piattaforma Rousseau? Vuoi vedere che i superstiti deputati e senatori, accollandosene le funzioni, faranno gli straordinari - basterebbe il 36,5% in più del tempo -, magari senza un euro di indennità? O forse che si taglierà la testa al toro eliminando ogni tipo di discussione, e chi s’è visto s’è visto?); “favorire la partecipazione delle persone alla vita politica e la democrazia diretta” (certo: riduci il numero dei parlamentari e favorisci “la partecipazione delle persone alla vita politica e alla democrazia diretta”: una logica che manco Kurt Gödel); “migliorare il rapporto tra cittadini e istituzioni” (veramente, se volessimo scomodare le frazioni della prima media, il rapporto tra eletti e elettori peggiorerebbe eccome, nel senso che, aumentando il denominatore fatto dal numero degli elettori, il rapporto rappresentante/rappresentati si ridurrebbe in maniera significativa. Ma che rompiscatole questa matematica); e [finalmente] “risparmiare ed eliminare sprechi” (a prescindere dal fatto che la democrazia ha dei costi diretti ben maggiori rispetto a quelli di una dittatura - su quelli indiretti avrei invece qualche dubbio - ma se proprio volessimo segare queste benedette spese, non basterebbe forse ridurre del 36,5% indennità, diaria e rimborso spese di mandato mensili, passandole cioè dagli attuali 16.000 a 10.000 euro circa - al netto dell’immagino reddito di cittadinanza che spetterebbe ai parlamentari trombati?).

Nelle ventidue righe successive l’onorevole cittadino ripete a mo’ di salmo responsoriale la parola “poltrona” per ben cinque volte. Pare che il massimo scranno della rappresentanza popolare sia stato ormai declassato a pezzo di arredamento, a mobile concepito per accogliere, ehm, la fortuna dell’eletto.

Dall’uno vale uno, all’uno vale zero.

Antonio Mellone