
Ogni volta che leggo un romanzo o racconto di Stefano Benni un pensiero  mi schiocca rumorosamente in testa e puntualmente sono tentato di uscire  per strada e chiedere alla gente che passa: “scusi, sa dirmi quanto  pesa la Fantasia?”. Da qualche parte ho letto che la Fantasia non ha  limiti, ma di sicuro avrà un peso, altrimenti non riesco a spiegarmi  cosa diavolo toccavo con mano mentre leggevo 
La compagnia dei Celestini.    Quindi posso affermare che è dalla lettura di questo libro che ho  subitaneamente (è orrendo questo termine, lo so, ma è adatto al contesto  filosofico che si sta creando) dedotto che la Fantasia esiste e che  molto probabilmente è fatta di fili che si intrecciano intorno al nostro  mondo, tanti fili colorati che pendono dal soffitto della nostra  camera, che fuoriescono dalla tazza del water, che imbottiscono i nostri  vestiti, foderano gli oggetti che ci trasciniamo dietro tutti i giorni.
È un peccato che voi non riusciate più né a vederli né tanto meno a  toccarli. Io un rimedio a questa strana malattia, forse pandemia, ce  l’avrei pure, ma non fa per tutti. Bisogna essere consapevoli di quello  che state per fare – ricordo a coloro che si sono distratti che state  per toccare la Fantasia! -, dovreste lasciarvi alle spalle una miriade  di pregiudizi, disfare ogni perbenismo che tormenta il vostro viver  sociale e non essere particolarmente inclini al “Mussolardismo”. Altri  requisiti? Beh, non guasterebbe se per l’occasione lasciaste il vostro  cervello libero di scodinzolare fuori dal cortile in cui vi siete  murati.
Perché tutte queste raccomandazioni? Non fate domande e statemi a leggere. La compagnia dei Celestini  è il rimedio che fa per voi, in quanto questo testo è l’incarnazione  della Fantasia. Sconvolti? Io pure. Ma come si potrebbe non affermare  ciò per un testo colmo di lessici inventati, personaggi strambi,  discorsi surreali, ambienti che sembrano esser stati progettati dalla  Fantasia in persona, il tutto a contorno di una storia semplicemente e  meravigliosamente assurda. Non è facile rendere con la parola scritta  l’incredibile lavoro di costruzione letteraria di Benni, la fusione  perfettamente riuscita tra il nostro mondo e quello parallelo della  Fantasia che gli permette di non essere mai banale e allo stesso tempo  di portare avanti, pur nella semplicità della narrazione, un monito  contro le ingiustizie del mondo reale.
Difatti come non riconoscere nell’Egoarca Mussalardi, l’uomo più  ricco e potente di Gladonia, e nel giornalista Fimicoli una pungente  critica contro una politica squallida e un’informazione corrotta? Come  non prestare attenzione agli ambienti in cui scorazzano i piccoli orfani  protagonisti di questo romanzo e quindi ignorare la protesta di Benni  contro l’inesorabile devastazione del nostro paesaggio? Oppure come si  fa a non riconoscere nel comportamento del re dei “famburger” Barbablù  un sottile dissenso contro l’invasione dei cibi da fast food?
Ah dimenticavo, bisogna avere anche un bel fiato per stare dietro a  questi piccoli orfani che fuggono dall’orfanotrofio di Santa Celestina,  retto dei Padri Zopiloti, in cui sono rinchiusi per andare a disputare  il Campionato Mondiale di Pallastrada, organizzato dal Grande Bastardo  in persona!
Michele Stursi
La Compagnia dei Celestini, Stefano Benni, Universale Economica Feltrinelli, pp. 288, € 7,50