\\ Home Page : Articolo : Stampa
Webeti elettorali
Di Antonio Mellone (del 27/05/2017 @ 15:32:03, in NohaBlog, linkato 2573 volte)

Sono entrato tardi su face-book, un paio d’anni fa.  

Mi ci è voluto un po’ per capire che forse un social network così non ce lo possiamo ancora permettere. Non tanto perché sottrae del tempo alla lettura dei libri (il che è incontrovertibile, oltre che grave), quanto per il fatto che oggi sei costretto a leggere certe elucubrazioni dal tenore molto simile a quello che un tempo potevi trovare, che so io, sui muri dei gabinetti pubblici, o nei discorsi degli avventori del Bar Sport usi a sproloquiare su tutto lo scibile umano. Discorsi o asserzioni che durante le tornate elettorali sembrano aumentare a dismisura, anzi in maniera esponenziale. Roba da stadio. O da stalla. A seconda.  

Ma mentre allora potevi anche evitare di leggere certe scemenze oltretutto sgrammaticate vergate altrove, oggi, purtroppo, ti tocca scorrere con gli occhi tutto quello che ti passa sotto i polpastrelli che sfreghi sullo schermo. Anche (e soprattutto) se non vorresti.

E così la Rete, che continua a essere popolata da persone stupende - che senza face-book magari non avrei mai conosciuto o re-incontrato - è oppressa da una genia di navigatori conto terzi più o meno sotterranei che a volte ti fanno compassione, a volte pena, altre volte semplicemente ribrezzo.

Come uscirne? O ti cancelli dal social o cancelli gli altri.

O meglio li “blocchi” con l’utilizzo delle “impostazioni – privacy”.

Così cassi chi non reputi degno di bazzicare sulla tua bacheca a prescindere dal fatto che sia o meno nella lista degli “amici”. La Rete, come diceva quello, non è democratica (mai stata). E una pagina pubblica lo è ancor meno.

Se uno viene a casa mia e si comporta da maleducato, mi rompe le cose, o prova a entrare con le scarpe sporche sul pavimento appena lavato, io lo caccio. Punto. Sarò pur libero di farlo. Ed essendo casa mia, magari lo accompagno alla porta perché scrive “c’è lo”, o “un’altro”, o il solito “qual’è”, o perché è scurrile, o usa una punteggiatura alla cazzodicane, o semplicemente perché è sgarbato, o perché più o meno velatamente verga minacce mafiose, o perché ha osato mettere “mi piace” a un commento inqualificabile, o perché io parlo di una cosa e lui se ne esce con un “invece”, o un “anzi”, o un “piuttosto” (della serie: “ma perché piuttosto non parli di questo?”; “Perché invece non discetti di quest’altro?”. Che palle. La risposta è: perché voglio scrivere quello che mi va di scrivere, possibilmente senza imbeccate da parte degli altri); ovvero perché di un mio pezzo si limita a leggere solo il titolo (riuscendo pure a travisarlo); o anche perché mi chiama a rispondere su cose che non ho mai detto o scritto ma che ha, siccome suole, distorto, mistificato, deformato (a causa di un comprendonio purtroppo non esattamente collimante con il lemma aggettivale ‘perspicace’) e, di conseguenza, vomita insulti e villanie sul mio conto, con i quali francamente io faccio il frappè.

Certo, non ho proceduto a bloccare chissà quanti profili. Diciamo, in tutto, un po’ meno di una ventina. Non puoi mica essere così radicale. Qualcuno devi pur lasciartelo in laboratorio, anche per capire fino a che livello possa giungere questa umanità. Sì: homo sum, humani nihil a me alienum puto – come si dice in latinorum.

A proposito di web, mi dicono che nei giorni scorsi è stato rimosso dal profilo dell’attore protagonista (cioè il famigerato candidato che ci mette la faccia), il video spot elettoral-virale (virale, evidentemente, nel senso di virus gastrointestinale) contenente alcune carinerie nei miei confronti.

Ora, non saprei dire se l’asportazione del brano di quel film - al cui confronto una pellicola del miglior Cetto Laqualunque sarebbe un documentario su Alcide De Gasperi - sia dovuto al caso, a un sussulto di rinsavimento, a un rigurgito di vergogna, o alla paura di un dirompente effetto boomerang anche in termini elettorali.

Dubbio dell’ultimo minuto. Vuoi vedere che l’interessata si sarà consultata con un avvocato?

Antonio Mellone

p.s. “webete” (cit. di Enrico Mentana)