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Più lotte e meno lotterie
Di Antonio Mellone (del 06/10/2014 @ 22:26:06, in NohaBlog, linkato 3403 volte)

Non so chi abbia promosso il “gratta e vinci” collettivo nohano, né m’interessa di saperlo. Liberissimi di farlo, per carità. E’ che però di fronte a certe trovate non riesco proprio a tacere.

Aggiungo, per inciso, che questa del “gratta e vinci” è un’occasione come un’altra per dimostrare, se ce ne fosse ancora il bisogno, quanto questo sito sia libero e di ampie vedute, e dunque quanto l’Albino sia aperto e democratico nell’ospitare punti di vista (o, diciamo così, progetti) tra i più disparati, a volte anche agli antipodi uno dall’altro.

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Sul tema della “fortuna” avevo già vergato un editoriale sul fu “Osservatore Nohano” dal titolo “Gratta e perdi” (cfr. O.N., n.6, anno IV, 9 ottobre 2010) che ovviamente, come avviene per la quasi totalità dei miei scritti, non sarà passato nemmeno per sbaglio dall’anticamera del cervello dell’eventuale lettore (quell’uno che sarà).   

Non voglio qui fare una dotta discettazione sulla “Speranza matematica” o sul “Calcolo delle probabilità” o sulla “Teoria dei giochi” (argomento fondamentale tra l’altro di un mio esame di Economia Politica) o sul concetto di “Gioco equo”, o altri concetti econometrici, ma ribadire qualche considerazione terra terra già a suo tempo enunciata.

E’ risaputo che anche a Noha (come altrove) è pieno zeppo di giocatori incalliti: un dramma endemico mica da ridere. Non si contano gli affetti da ludo-patia, i fuorigioco da tempo, i drogati dalla ruota della fortuna, e i connessi nefasti effetti su psiche e finanza famigliare. E questa trovata del gioco collettivo (certamente promossa da persone a modo, e non affette patologicamente da alcunché) non aiuta mica a contrastare il fenomeno, anzi.

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Per pura ingenuità ci sono tanti, troppi poveretti che rischiano di dissanguarsi oltremodo, buttando via i soldi con questa specie di dazio sulla disperazione che, badate bene, non va a finire nelle casse dello Stato (magari fosse così: si finanzierebbero scuola, sanità, giustizia, ecc.) ma nei conti correnti delle “case da gioco”, che sono tutte, dalla prima fino all’ultima, fameliche società per azioni a scopo di lucro, molte quotate in borsa (per esempio Lottomatica e Snai, mentre Sisal non ancora), tra l’altro molto ammanicate con certi poteri politici (da cui ultimamente hanno pure ricevuto lauti sconti alle multe comminate loro dalle autorità di controllo, come per dire la Corte dei Conti). Altro che soldi che vanno allo Stato o tasse occulte o imposte indirette. I soldi dei giochi sono tutti quattrini buttati al vento.

Ma torniamo a noi, anzi a Noha.

Voglio esasperare causticamente il concetto aggiungendo che un paese che pensa a grattare (e a grattarsi) è un paese incapace di intendere e di volere, evidentemente non in possesso delle sue facoltà mentali (ma non per questo non imputabile per le sue azioni, o meglio inazioni).

Il paese ideale è quello che “s’infordica le maniche”, soprattutto al fine di evitare la condanna ad un’atavica passività intellettuale ed operativa.

Un paese con il cappello in mano pronto a elemosinare e magari raccogliere gli spiccioli (fossero anche milioni di euro) di una fortuna non conquistata con il proprio lavoro sarebbe destinato alla morte cerebrale, soggetto al fatalismo o al menefreghismo sociale.  

Che gusto ci sarebbe, soggiungo, a raggiungere eventualmente i propri scopi (o l’ “agognato benessere”) senza lotta, senza impegno, senza partecipazione, senza studio, senza democrazia rimane un mistero buffo.  

A Noha servono più lotte e meno lotterie, più studio e più libri e meno televisione, più scarpe e meno pantofole, più movimento di neuroni (che rischierebbero di anchilosarsi) e meno divani & divani.

Senza un’ottica razionale e soprattutto di più lungo respiro saremmo un paese che gratta e perde, ed inutile sarebbe dare la colpa di tutti i nostri problemi solo ai soliti furbetti del quartierino nohano o italiano.

Ciascuno è artefice del proprio destino. Ma prima bisognerebbe capire che il possibile non verrà mai raggiunto se non si ritenta sempre l’impossibile. Purché non sia la lotteria.

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P.S.

Comunque, vi aspetto tutti in banca per l’incasso milionario del ticket.

Antonio Mellone