\\ Home Page : Articolo : Stampa
Espulso pure dal club Bilderberg
Di Antonio Mellone (del 10/02/2018 @ 12:33:22, in NohaBlog, linkato 1459 volte)

Onde fugare ogni dubbio, vi dico subito che la foto a corredo di queste note non è quella della discussione della mia tesi di laurea (quell’immagine non so manco dove sia andata a finire).

Potrebbe invece essere la prova lampante di quanto molti fra quelli che mi conoscono poi facciano carriera. Eh sì, visto che tra i personaggi che mi stringono  la mano – e che in precedenza, già che c’erano, m’avevano pure consegnato una medaglia d’oro - s’annoverano ben due ex-presidenti del Consiglio dei Ministri: vale a dire il defunto Giovanni Spadolini, già presidente del Senato e, in primo piano a destra, il prof. Mario Monti, ora senatore a vita (o forse a vite). Ma non è manco questo, benché sia vero eccome che (quasi) tutti quelli che mi conoscono prima o poi salgano a due a due i gradini della scala politico-sociale.

La verità è invece che in quel flash è impresso il momento in cui vengo espulso, ma con garbo (a certi livelli il politically correct è un must), non dal forum Ambrosetti di Villa d’Este che si tiene annualmente a Cernobbio (quella riunione al confronto di quest’altra è un posto da sfigati), ma addirittura dal club Bilderberg, del quale un tempo – lo confesso - facevo parte anch’io in qualità di osservatore (Osservatore Nohano, per la precisione).

Perché mi abbiano defenestrato è presto detto.

Intanto perché vado dicendo in giro che non mi garbano punto i conciliaboli nei quali si riuniscono “nel massimo riserbo”, “a porte chiuse”, “in maniera informale” e con misure di sicurezza da zona rossa, istituzioni, potere economico, esponenti politici e alcune personalità del giornalismo, per l’occasione caldamente invitate al silenzio (come sia possibile professionalmente accettare di assistere a eventi simili senza scrivere una riga resta un mistero).

Ma ci sono, ovviamente, innumerevoli altri motivi, tipo il mio brutto vizio di canzonare il potere, quello di dire la verità (che per definizione taglia, separa, irrita e mette a disagio), quello di porre domande, quello di non uniformarmi al Pensiero Unico e, non ultimo, quello di essere troppo “complottista” per i loro gusti raffinati.

E’ inutile aggiungere che dà fastidio ai vari forum neo-oligarchici il fatto che io non sopporti la religione del neo-liberismo, la crescita sine fine dicentes (ché piuttosto sarei per la Decrescita teorizzata da Latouche), la violenza deliberata nei consigli di amministrazione di certe aziende o di certi consigli dei ministri (o regionali o comunali) che prima o poi arriva alla base sotto forma di manganelli a gambe spalle e cranio, minori diritti per i più, cioè neo-feudalesimo, maggior “flessibilità” (leggi “precarietà”), scempio del territorio, sacrilegio di storia e geografia locali, e dunque distruzione delle identità culturali. Per non parlare dei mantra ripetuti a pappagallo sulla necessità delle grandi opere (meglio ancora se dannose e inutili), dell’aberrazione della competitività assoluta (assurta a dogma di ogni trattato di economia), della scemenza economica dei finanziamenti a cani e porci (gasdotti inclusi, tanto poi in fondo quando arriva il conto da pagare ci sarà il bail-in: indovinate chi paga), dell’orrore dell’aziendalizzazione di scuola e università (che dunque non potranno più essere luoghi del sapere, della formazione e della ricerca di base o pura, ma altro da questo), del fanatismo sulla presunta superiorità del libero mercato (che per la verità tanto libero non è), dell’ideologia delle privatizzazioni anche delle attività strategiche di uno Stato (il solito iper-capitalismo che si traduce nell’annientamento della sovranità che dovrebbe appartenere al popolo), della trasformazione delle persone in massa di consumatori (una vera e propria mutazione antropologica della nostra umanità), della voglia di riformare la Costituzione a ogni legislatura (sì da renderla possibilmente più autoritaria e dunque meno democratica in nome della cosiddetta “governabilità”), infine della voglia di imbavagliare il libero pensiero (che, oltre a essere critico, per definizione suggerisce sempre l’esistenza di alternative).   

Tutto questo pensavo mentre uscivo per l’ultima volta dalla conferenza Bilderberg per andare a prendere un caffè nel bar di un grande centro commerciale.

Ovviamente scherzo. Nel senso che, in vita mia, non ho mai preso un caffè in un centro commerciale.

Antonio Mellone