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Il mio Salento è una No-Tap Area
Di Antonio Mellone (del 12/11/2017 @ 16:28:00, in NohaBlog, linkato 2399 volte)

Una tra le pagine più divertenti di face-book è quella di Tap: è così spassosa e autolesionista da rendere praticamente inutili tutti gli articoli (incluso questo) contrari al progetto.

I post ovvero spot (lemmi uno anagramma dell’altro, spesso intercambiabili), di volta in volta confezionati dall’ufficio marketing della multinazionale, dividono il vistoso apparato di commenti in due grandi macro-categorie: quella di chi finalmente si oppone al cosiddetto programma Tap, e quella di chi come al solito non ha capito una beneamata minchia.

Insomma, da un lato abbiamo chi (giustamente) si fa beffe di tutto il cucuzzaro del trans adriatic pipeline (il minuscolo non è casuale, ma causale), e dall’altra quella dei poveri tap-petini, sottocategoria zerbini, che (parlando sempre con pardon) si fanno prendere per il culo da tutti, specie da Tap. Tra questi ultimi s’annoverano alcuni che, fuori di testa più che fuori tema, vergano commenti pseudo-eruditi, sciorinano dati e convinzioni prese da chissà dove, pubblicano glosse provocatorie, e dunque si presentano con profili perlopiù fasulli, anonimi, corredati da immagini di copertina sovente più eloquenti delle loro postille: tipo il primo piano di un eroe dei fumetti (come i Simpson), ovvero quello di Renzi (sempre che le due cose non coincidano). Dunque siamo nel campo dei troll (o troie, è uguale), personaggi non si sa fino a che punto virtuali, o fino a che punto prezzolati, capaci di dirti in un solo commento che quella di Fukushima è energia pulita, che l’esplosione di Chernobyl è un’invenzione dei complottisti e che gli ulivi del Salento stanno seccando per via della Xylella fastidiosa.

Giorni fa l’ufficio comunicazioni di Tap ha sfornato un altro dei suoi topici video da mulino bianco per bambini diversamente svegli: quello in cui un “esperto ambientale Tap” (in pratica un ossimoro), con musichetta di sottofondo a mo’ di colonna sonora ed effetti speciali slow motion, rassicura il mondo, Urbi et soprattutto Orbi, su quanto gli ulivi espiantati e custoditi nella Masseria del Capitano godano di ottima salute. Insomma, tra Canopy, incappucciamenti preservativi, e “separazione dall’ambiente circostante” [sic], pare che grazie al Tap abbiamo trovato finalmente la soluzione all’annoso disseccamento dei nostri patriarchi secolari: sicché sarà sufficiente creare un’unica grande tensostruttura avvolta da fitta maglia tipo collant su tutto il Salento (giusto per rendere asettica come una sala operatoria un’area di 5.329 kmq: e che ci vuole), un po’ di anticamere con doppio accesso, trappole antinsetto che fungano da esca e - come si dice da queste parti - tutto filerà liscio come l’olio.

Per pietà umana, non è qui d’uopo far cenno pure agli spot con protagonista la “signora Maria”, il prototipo della donna salentina che, sempre secondo Tap, coinciderebbe con quello di una matrona corpulenta anzichenò, non tanto acuta, anzi – fuor da eufemismo - piuttosto rintronata o rimbambita, la quale per districarsi da ogni dubbio amletico non si mette mica a chiamare, che so io, l’Arpa Puglia o la Asl o qualche altro ente pubblico non venduto, nossignore: per sapere tutta la verità nient’altro che la verità sulle magnifiche sorti e progressive locali, la signora Maria non ha altra scelta se non quella di comporre il numero verde della Tap, quando si dice la combinazione, con la certezza assoluta di trovare dall’altra parte del telefono (ovvero all’altro cappio, come diceva quel tale) un oste di specchiata moralità pronto a confessarle che il suo vino fa cagare.

E’ ovvio che la pubblicità è martellante per definizione: quella di TAP, invero, un po’ più penetrante. Pensate per esempio alle famose “ricadute” sul territorio [e perché no, anche sull’aria e sull’acqua, ndr.], o ai corsi di inglese [per pronunciare meglio “Tap, fuck-you”?, ndr.], o al “Salento greenway with bike sharing” [a proposito di lingua, ndr.], o alla “pulizia dei fondali per 30 km” [per “pulizia” intenderanno quella dalla posidonia, mentre quel 30 si riferisce probabilmente ai denari, ndr.], o ai soldi alla Ricerca [del consenso, ndr.], o ai finanziamenti a pioggia per le associazioni [le cosiddette associazioni “embè?”, quelle di categoria, ndr.], gli stage scuola-lavoro per 250 studenti [compito da svolgere: “come gasare le nuove generazioni”, ndr.], i 1000 posti di lavoro [ma sì, facciamo pure 1500, mi voglio rovinare, ndr.], i 100 milioni di ricchezza aggiuntiva [non è specificato a chi andrebbe di preciso codesto scroscio di ricchezza aggiuntiva, ma meglio non sottilizzare, ndr.], e, siore e siori, la famosa de-car-bo-niz-za-zio-ne della Puglia [sì, come no. Infatti lo sanno tutti che il gas è energia pulita e la sua combustione produce ossigeno per bombole, ndr.]. Insomma, cose così.   

Ora. Dopo aver pagato la web-tax (o web-tap, è uguale), e caso mai a qualche webete di Bari vecchia fosse sfuggito il senso di Tap per il sociale, ecco spuntare tutto pimpante il TG Orba di Enzo Macifà (o ci è), pronto a corroborare le testé citate barzellette (rubando così il lavoro al Mudù), con la pubblicazione integrale non solo di qualche video tutorial preso paro paro dal sito della multinazionale svizzera, ma cercando di convincere tutti quanti circa i “benefici” che la Puglia, che dico, l’universo mondo ricaverebbe dal tubo di ‘sto gas.

A chiudere il cerchio (ovvero l’accerchiamento), poteva mai mancare il pronto intervento del Quotidiano di Caltagirone, il giornale [sic] pronto a ribadire quanto asserito dal TG Orba (dove TG sta evidentemente per Tap Giornale)? Nossignore. Tap infatti non è mica una multinazionale del profitto, ma un’opera pia [o pija, a seconda dei punti di vista, ndr.], un ente morale, una onlus, un banco del mutuo soccorso, una chiesa avventista del settimo giorno. Poveri “giornalisti”: che si deve fare per campare.

Poi, viste le “fonti di informazione”, uno si spiega la reazione dei 37 sindaci salentini, tra cui anche il mio, pronti ad assidersi al desco-greppia della trattativa nella speranza di ricevere compensi, rimborsi, ristori, e pile intere di piatti di lenticchie. Che ci vuoi fare, signora mia: con queste fonti uno è portato naturalmente a pensare che l’impatto di Tap sarà zero. Quando invece, a tutti gli effetti, sarebbe azero.

 

Antonio Mellone