\\ Home Page : Articolo : Stampa
Il Mega-porco e la Convenzione d’incapace
Di Antonio Mellone (del 08/10/2013 @ 22:16:06, in NohaBlog, linkato 2453 volte)

Che ne direste di un bel negozietto (scusate il pleonasmo) già ubicato nel centro storico di Galatina, il quale, per vedersi “accresciuto e valorizzato” come “eccellenza commerciale presente in zona” (come riportato nella cir-Convenzione d’incapace votata quasi all’unanimità dal coniglio comunale del nefasto 25 settembre 2013),  smonta tutto per trasferirsi con armi e bagagli, chessò io, da corso Vittorio Emanuele o da via Roma proprio nel cuore del Megaporco di Collemeto?

Ebbene sì, nel papiro della Convenzione è scritto a caratteri cubitali che sì, c’è anche la convenienza economica di questo, come dire, trasloco. Eccome se c’è. Infatti i negozianti di Galatina e frazioni potranno addirittura “acquistare ovvero affittare gli spazi destinati al commercio all’interno dell’intervento proposto, sino ad un massimo del 50% della superficie prevista, con preferenza rispetto agli altri e con uno sconto del 10% sul canone d’affitto”.

Ma certo. I commercianti di Galatina e dintorni sicuramente non vedono l’ora di aprire il loro punto vendita nel Pantacom-Park, anzi sono già sin da oggi tutti in fila per due nell’attesa della Menga-struttura, con tutte le mazzette di soldi in mano - visto che sicuramente ne avranno a bizzeffe e che la crisi qui da noi tarda ad arrivare – pronti ad investire nella nuova avventura Mega-galattica.

Venghino, signori, venghino: il 3X2 è già partito con la cir-Convenzione e noi vi aspettiamo a braccia aperte.

Totò che vende la fontana di Trevi a Nino Taranto nelle vesti di un turista americano di origini italiane al confronto è un dilettante allo sbaraglio.

*

Questo sì che è “volano per lo sviluppo” e poi non immagini, signora mia, quante “ricadute”, una dietro l’altra. Disoccupazione pari a zero, stop alla fuga di cervelli, Pil alle stelle, e soprattutto più Pil per tutti, ed una miriade di aziende artigianali tutte alle prese con gli appalti per la costruzione del paese dei balocchi, dell’ennesimo centro-in-periferia, della gallina dalle uova d’oro, della cuccagna pronta per essere acchiappata dai gonzi.  

Sì, perché oltre tutto alcuni locali piccoli artigiani-alla-canna-del-gas sperano di ricevere un po’ d’ossigeno con i lavori di costruzione della nascente-mega-struttura. Pensano di guadagnare soldi a palate, soldi veri, mica bruscolini.   

Questi signori (o quell’uno che sarà) scordano il fatto fondamentale secondo il quale, essendo artigiani, per indole e costituzione, non potranno mai ricevere benefici dalle “grandi opere”, commissionate solitamente da vecchi volponi, che notoriamente per statuto e DNA strozzano i piccoli nei subappalti con ribassi di prezzo incredibili, e soprattutto pagano a o babbo morto o alle calende greche (cioè al tempo del poi, parente del mai).

Molte piccole imprese, artigianali o commerciali che siano, nella maggior parte dei casi falliscono proprio a causa degli scarsi margini e soprattutto dei crediti (non saldati), più che dei debiti accumulati, ma principalmente per via di queste amnesie o della pia illusione secondo la quale  “il grande favorisce il piccolo”.

Campa cavallo. Quando gli artigiani di tutto il mondo capiranno che il target del loro mercato è il pesce piccolo e non il pescecane sarà forse troppo tardi.

*

Infine, vi immaginate voi un Andrea Ascalone che per vedersi “accresciuto e valorizzato” apre una bella pasticceria nei pressi del nuovo ipermercato Pantacom?

Ma riuscite a figurarvi voi i pasticciotti dell’Andrea nostro, artigianali, fragranti, dorati, adagiati su di un bancone dell’ipermercato nascente, magari accanto al bancone del pesce o a quello della mortadella, pronti per essere venduti – addirittura esportati in tutto il mondo – ventiquattro ore al giorno, inclusi i sabati, le domeniche e tutte le feste comandate?

Perché non provate a chiedere cosa ne pensa l’interessato (posto che vi permetta di terminare la domanda senza accompagnarvi cortesemente alla porta con un calcio dove non si può dire)?

Antonio Mellone