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Noha.it e Nohaweb hanno rischiato di chiudere
Di Antonio Mellone (del 09/04/2024 @ 08:41:11, in NohaBlog, linkato 367 volte)

Il sito Noha.it e la pagina face-book Nohaweb hanno rischiato di essere chiusi, bloccati, censurati, bannati, e chissà se non anche inquisiti.

Ma non per via di qualche mio articolo muriatico, agente eziologico di urticaria pigmentosa ai danni di qualche mezza tacca della politica locale con il vizio dello stalkeraggio giudiziario (e l’hobby di collezionare cause perse); oppure per l’uso su queste pagine di termini o locuzioni sconvenienti, della serie Cessate il Fuoco, Genocidio, Costituzione Repubblicana, Basta Crimini di Guerra, No agli Armamenti, e Stop ai Terrorismi di Stato (vale a dire eserciti che non combattono contro altri eserciti ma contro popolazioni inermi e affamate, nel silenzio assenso delle meglio “democrazie” occidentali come la nostra); e nemmeno perché abbiamo osato proferire il nome di Julian Assange così inviso al “giornalismo” con le virgolette obbligatorie; bensì, udite udite, per via della pubblicazione di alcune immagini dei tradizionali sepolcri del nostro paese nel corso della trascorsa settimana santa, e per la diffusione di alcune fotografie della pasquetta nohana che includono la storica sfilata dei cavalli e perfino la presa della cuccagna da parte di una squadra di atleti.

Nel postare le icone dei misteri, tipo quello dell’Addolorata dal cuore trafitto o quella del Cristo Morto nel suo feretro, o le sequenze di cavalli e cavalieri a zonzo per la cittadina, e giacché pure le foto degli arrampicatori sul palo (mica quelle oscene degli arrampicatori sociali) si sono aperte le cateratte dell’etere, o meglio chiuse, con lo sbarramento di ogni possibilità di divulgazione social da parte dell’arcigno algoritmo che ha sputato la sua inappellabile sentenza: “La nostra tecnologia ha mostrato che questo post è simile ad altri che violano i nostri Standard della community in materia di contenuti forti e violenti. Non consentiamo alle persone di condividere contenuti che mostrano violenza esplicita”. Aggiunge però che potremmo “impugnare la decisione nei tribunali del [nostro] paese”: sì, come no.

Mo’ vai a spiegare che il Cristo e la Madonna non sarebbero maestri così cattivi, che da secoli i cavalli trainano carri e carrozze, e vengono addirittura cavalcati, che il  palo della cuccagna non è quello della Lap Dance e che per raggiungere la sua cima tutto si fa men che esibirsi in scene da Youporn.

Ora, pur volendo, contro chi potremmo protestare in questo campo largo dove tutto è anonimo, automatico, impersonale? Contro i gigabyte, la realtà aumentata, il metaverso in persona? Non è che alla fin fine questa intelligenza artificiale, visti certi abbagli, tanto intelligente non è?

Nell’attesa di una qualche risposta non si sa più da parte di quale ente, sentiamoci pure in una botte di ferro, tranquillizzati e sorvegliati, protetti e disciplinati dal “pensiero giusto”, imbavagliati e irreggimentati, omogeneizzati e dolcemente repressi, politicamente corretti e al riparo da qualsiasi forma di discorso critico (men che meno ironico o perfino satirico): il tutto ovviamente per il nostro bene.

E meno male che la “mission” di Fb è: “Fare in modo che ciascuno possa condividere la propria vita e che il mondo sia più aperto e connesso”. Forse si riferiscono al mondo di Orwell, verso il quale ci stiamo muovendo un po’ tutti a grandi falcate.

Noialtri, dal canto nostro, continueremo a pubblicare sepolcri. Ma a questo punto, per la nostra buona reputazione, soltanto se preventivamente imbiancati.

Antonio Mellone