 Qualche giorno fa ho assistito  alla presentazione di un libro edito dal gruppo Mondadori che raccoglie tutti gli  scritti di Eugenio Scalfari, con la partecipazione di Paolo Mieli, all’interno  del Cinema Teatro di Lecce. Quando è stata comunicata la notizia della condanna  di Berlusconi a quattro anni di reclusione, la platea si è scatenata in un fragoroso  applauso, seguito dalla voce dei due intervenuti, Scalfari e Mieli, i quali sostenevano  che fosse finita un’era. E come non credere loro! Poi Scalfari, nel suo excursus  sulla storia d’Italia, ha detto che la politica italiana è come un fiume  carsico che a volte scorre sotto terra e a volte riaffiora per cogliere ogni  scintilla di populismo. Ma la cosa che più mi ha convinto è stata l’affermazione  che l’Italia non è mai esistita - l’Italia come Stato si intende - poiché i  cittadini non hanno mai sentito lo Stato come proprio. Neanche i più grandi  geni italiani, i più illustri letterati e artisti sono mai stati dei veri  nazionalisti/patriottici, condizionati soprattutto dalla nostra atipica storia.  L’italiano è sempre stato individualista poiché non ha mai  incarnato un senso di collettività. Lo Stato  non esiste, e se mai dovesse esserci, sarebbe nostro nemico. Se queste sono le  premesse individuate da uno dei più grandi giornalisti di sempre, di cui  riconosco l’importanza e l’influenza, allora non ci rimane altro che fare i  bagagli e scappare quanto più lontano possibile. Ora il problema si fa molto  serio. Se l’Italia non esiste per gli Italiani, qual’é la prerogativa per una  corretta politica sociale? Nessuna. Conclusione non attribuibile al pensiero di  Scalfari bensì al mio: la politica in Italia la si fa per se stessi, privi del  senso più nobile e comune attribuibile alla stessa Politica e cioè il benessere  della collettività. Se le premesse sono queste, e sono pessime, e le  conclusioni sono altrettanto scontate ed evidentemente deleterie, a cosa serve  ormai elencare i possibili rimedi se gli stessi non si auspicano per abitudini  acquisite di clientelismo, corruzione e interessi di economie e mafie? Se  bastasse cambiare soltanto i politici la soluzione sembrerebbe possibile. Ma  così non è. Non basta sostituire le persone mantenendo uguali le premesse e supportando  le medesime conclusioni. Il cambiamento avviene alla radice poiché,  somministrando continuamente il concime sbagliato, la pianta finirà col seccare  del tutto. E da troppi anni ormai si inietta nel sociale sempre la stessa dose  di veleno che, a furia di assuefarsi,  ha  reso il disgusto saporito al palato. Poniamo la questione in altri termini: è  come ci vogliono far credere e che cioè ad un tratto, per opera di un ignoto  Houdini, i soldi sono scomparsi nel nulla, volatilizzati, o quella ricchezza,  la stessa quantità che c’è sempre stata, è sempre mal distribuita? Non c’è  storia, è vera la seconda; traduco: ingiustizia economica e sociale. Ma in  fondo la democrazia è bella poiché ognuno può dire la propria; peccato però che  qualcuno si è dimenticato che oltre a poter dire qualsiasi cosa in democrazia,  si potrebbe e si dovrebbe anche provare a passare dalla contemplatio all’actio poiché  siamo pieni di bravissimi oratori e di pessimi faccendieri. Continuo a sperare  però che i giovani e i loro strumenti salveranno questo nostro Paese e questo nostro  mondo, rimembrando quella frase di quel qualcuno che si faceva legare alla  sedia pur di perseguire il suo obiettivo, pronunciando come un mantra sempre la  stessa frase: “Volli, sempre volli,  fortissimamente volli” (V. A.). Fortunatamente qualcuno più attendibile di  noi altri, che sosteniamo questo, disse che sarà la perseveranza a salvare  questo nostro mondo. E se a Noha la vecchia scuola elementare è chiusa per  l’assenza di una cabina elettrica, le nuove case sono addossate a beni storico  – culturali di inestimabile valore, tutte le strade sono impraticabili, le  rotonde non illuminate e addobbate per Natale con erbacce alte due metri,  marciapiedi inesistenti e iniziative culturali scarse o poco frequentate,  presepi viventi sospesi senza apparente motivo, noi vogliamo continuare a  perseverare. Forse qualcuno ci dirà che le priorità sono altre, senza  specificare come al solito quali siano. Qualcun altro dirà che le casse dei  comuni sono vuote anche se, all’improvviso, salta sempre fuori qualche forziere  nascosto nella stiva per la gioia di pochissimi. Io, nonostante tutto questo,  voglio continuare a credere e persevererò fino alla fine.
Qualche giorno fa ho assistito  alla presentazione di un libro edito dal gruppo Mondadori che raccoglie tutti gli  scritti di Eugenio Scalfari, con la partecipazione di Paolo Mieli, all’interno  del Cinema Teatro di Lecce. Quando è stata comunicata la notizia della condanna  di Berlusconi a quattro anni di reclusione, la platea si è scatenata in un fragoroso  applauso, seguito dalla voce dei due intervenuti, Scalfari e Mieli, i quali sostenevano  che fosse finita un’era. E come non credere loro! Poi Scalfari, nel suo excursus  sulla storia d’Italia, ha detto che la politica italiana è come un fiume  carsico che a volte scorre sotto terra e a volte riaffiora per cogliere ogni  scintilla di populismo. Ma la cosa che più mi ha convinto è stata l’affermazione  che l’Italia non è mai esistita - l’Italia come Stato si intende - poiché i  cittadini non hanno mai sentito lo Stato come proprio. Neanche i più grandi  geni italiani, i più illustri letterati e artisti sono mai stati dei veri  nazionalisti/patriottici, condizionati soprattutto dalla nostra atipica storia.  L’italiano è sempre stato individualista poiché non ha mai  incarnato un senso di collettività. Lo Stato  non esiste, e se mai dovesse esserci, sarebbe nostro nemico. Se queste sono le  premesse individuate da uno dei più grandi giornalisti di sempre, di cui  riconosco l’importanza e l’influenza, allora non ci rimane altro che fare i  bagagli e scappare quanto più lontano possibile. Ora il problema si fa molto  serio. Se l’Italia non esiste per gli Italiani, qual’é la prerogativa per una  corretta politica sociale? Nessuna. Conclusione non attribuibile al pensiero di  Scalfari bensì al mio: la politica in Italia la si fa per se stessi, privi del  senso più nobile e comune attribuibile alla stessa Politica e cioè il benessere  della collettività. Se le premesse sono queste, e sono pessime, e le  conclusioni sono altrettanto scontate ed evidentemente deleterie, a cosa serve  ormai elencare i possibili rimedi se gli stessi non si auspicano per abitudini  acquisite di clientelismo, corruzione e interessi di economie e mafie? Se  bastasse cambiare soltanto i politici la soluzione sembrerebbe possibile. Ma  così non è. Non basta sostituire le persone mantenendo uguali le premesse e supportando  le medesime conclusioni. Il cambiamento avviene alla radice poiché,  somministrando continuamente il concime sbagliato, la pianta finirà col seccare  del tutto. E da troppi anni ormai si inietta nel sociale sempre la stessa dose  di veleno che, a furia di assuefarsi,  ha  reso il disgusto saporito al palato. Poniamo la questione in altri termini: è  come ci vogliono far credere e che cioè ad un tratto, per opera di un ignoto  Houdini, i soldi sono scomparsi nel nulla, volatilizzati, o quella ricchezza,  la stessa quantità che c’è sempre stata, è sempre mal distribuita? Non c’è  storia, è vera la seconda; traduco: ingiustizia economica e sociale. Ma in  fondo la democrazia è bella poiché ognuno può dire la propria; peccato però che  qualcuno si è dimenticato che oltre a poter dire qualsiasi cosa in democrazia,  si potrebbe e si dovrebbe anche provare a passare dalla contemplatio all’actio poiché  siamo pieni di bravissimi oratori e di pessimi faccendieri. Continuo a sperare  però che i giovani e i loro strumenti salveranno questo nostro Paese e questo nostro  mondo, rimembrando quella frase di quel qualcuno che si faceva legare alla  sedia pur di perseguire il suo obiettivo, pronunciando come un mantra sempre la  stessa frase: “Volli, sempre volli,  fortissimamente volli” (V. A.). Fortunatamente qualcuno più attendibile di  noi altri, che sosteniamo questo, disse che sarà la perseveranza a salvare  questo nostro mondo. E se a Noha la vecchia scuola elementare è chiusa per  l’assenza di una cabina elettrica, le nuove case sono addossate a beni storico  – culturali di inestimabile valore, tutte le strade sono impraticabili, le  rotonde non illuminate e addobbate per Natale con erbacce alte due metri,  marciapiedi inesistenti e iniziative culturali scarse o poco frequentate,  presepi viventi sospesi senza apparente motivo, noi vogliamo continuare a  perseverare. Forse qualcuno ci dirà che le priorità sono altre, senza  specificare come al solito quali siano. Qualcun altro dirà che le casse dei  comuni sono vuote anche se, all’improvviso, salta sempre fuori qualche forziere  nascosto nella stiva per la gioia di pochissimi. Io, nonostante tutto questo,  voglio continuare a credere e persevererò fino alla fine.
Fabrizio Vincenti