Di Antonio Mellone (del 31/01/2023 @ 14:48:38, in NohaBlog, linkato 706 volte)

Non sarà Dotta o Grassa, come mi pare si dica ancora di Bologna, ma almeno un po’ Rossa lo è. Mi riferisco a Noha e al fatto che alcuni fra i suoi monumenti più importanti - molti seppelliti dentro uno smisurato dimenticatoio quando non in bilico tra le due locuzioni “tienimi” e “mo’ casciu”, altri per fortuna redivivi - si presentano al pubblico con le loro facciate rubiconde, dico tinte di sanguigna, vermiglie puntualizzerebbe padre Dante, e dunque ocra scarlatto tonalità ruggine porporina, con prevalenza di rosso pompeiano, gradazione nohano.

La Casa Rossa, nomen omen, è l’aedificium paonazzo con più misteri in assoluto (avrebbe voluto progettarla Antoni Gaudì: ma l’architetto del modernismo catalano dovette accontentarsi della Sagrada Familia di Barcellona), segue la Torre Civica downtown con l’orologio più fermo al mondo e a rischio frana (qui siamo nel campo del bonus sfacciati per nuance rosso-vergogna), e quinci il Cinema dei Fiori, instradato sulla via del suo calvario, e quindi il Calvario stesso, rosso-sangue, versato per noi e per tutti.

Financo la vecchia scuola elementare di piazza Ciro Menotti era tinteggiata di rosso arroventato, emblema del fuoco di chi cercava il Sapere, concetto quest’ultimo agli antipodi di ogni forma di acculturazione (acculturare, spiace ribadirlo, è verbo da Minculpop: pur diluito nella ben più passabile Coca Cola sempre di olio di ricino si tratta). Pure la distilleria Galluccio ha frontespizio in pendant con il colore del suo brandy barricato; ora ne rimane solo lo scheletro, reliquia laica in concorrenza di degrado con le Casiceddhre collocate nei paraggi svoltato l’angolo. Dall’altra parte del paese, verso sud-ovest, c’è Levéra, baluardo di resistenza, circolo culturale con teatro, sala musica, biblioteca, palestra e scuola, vivi e vegeti nello stabile di via Bellini con il colonnato istoriato di cremisi/amaranto come l’emorragia del caposcorta Antonio Montinaro, vittima salentina nella strage di Capaci.

 
Di Antonio Mellone (del 11/01/2023 @ 19:38:46, in NohaBlog, linkato 934 volte)

L’altra sera pensavo a quanto fosse bello, di più, sublime assistere a uno spettacolo dell’orchestra di fiati e percussioni di Noha (non so perché il termine banda m’appare decisamente riduttivo) diretta dalla mia amica M° Lory Calò. Ero al teatro Cavallino Bianco di Galatina tra le centinaia di convenuti al concerto di fine anno di giovedì 29 dicembre scorso, e godevo della musica degli autori imperituri come Mascagni, Šostakóvič, Verdi e Strauss, ma anche dei diciamo contemporanei (ormai anch’essi a tutti gli effetti nel novero dei classici), come Bobby Helms, Michel Jackson, André Rieu, o Louis Armstrong, senza tralasciare i motivi della tradizione natalizia non meno, come dire, eclatanti. Il tutto presentato in modo impeccabile dalla nostra Denise D’Amato, con un linguaggio studiato e connaturale insieme, nell’eleganza della dizione libera finalmente dalla marcata inflessione locale, quella che a tratti aberra dalla caratteristica modulazione della lingua nazionale.   

Per la verità pensavo a questo e a molto altro, tipo alle differenze con il pressoché simultaneo (a meno di una manciata d’ore) concerto di capodanno trasmesso urbi et orbi dalla Fenice di Venezia, per non parlare dell’ancor più lussuosa esibizione delle opere liriche in mondovisione dal Musikverein di Vienna (la cui tradizione nacque nel 1939), e ne inferivo che quella galatinese non aveva nulla da invidiare alle altre rappresentazioni musicali tanto blasonate quanto foraggiate da denaro pubblico e donazioni private (meglio note come sponsorizzazioni con sgravi fiscali - a carico ancora una volta di Pantalone), onde le manifestazioni proletarie nostrane, perennemente senza fondi, hanno del miracoloso se messe a confronto con le programmazioni concertistiche da una certa latitudine in su. La stessa Fenice di Venezia, per continuare con l’esempio e per darne un’idea, registra introiti annui pari suppergiù a 28 milioni di euro, dei quali solo circa 3 milioni (poco più del 10%) da biglietteria e prestazioni; il resto mancia, nel senso di “contributi in conto esercizio”, metà dei quali a spese di stato, regione e comune, cioè nostre. Ancor più corposi i numeri della Scala di Milano che, sostanzialmente nelle stesse proporzioni, sono pari a tre volte tanto. Altro che la mangiatoia del nostro Cavallino Bianco (ogni Cavallino che si rispetti ne ha una, sia chiaro), ma se avessimo soltanto un quinto delle risorse di uno solo dei teatri mainstream non saremmo costretti a fare le nozze (di Figaro) coi fichi. Nel frattempo, in ossequio alla Finestra di Overton, a livello governativo si continua a blaterare sempre più insistentemente di “autonomia differenziata”: eufemismo che sta per separatismo regionale basato ancor di più sui privilegi per i territori ricchi a scapito dei più disgraziati. Indovinate quali.

 
Di Antonio Mellone (del 29/12/2022 @ 23:00:20, in NohaBlog, linkato 778 volte)

Meno male che il 22 dicembre scorso a Noha, oltre al concerto per i cinquant’anni del Continiello (dico il bell’organo a canne di comunità), erano previsti nel pomeriggio inoltrato ben altri appuntamenti tra piazza San Michele e via Castello, tipo gli artisti di strada, i canti natalizi a cura delle scuole nohane, il mercatino, le caldarroste, l’assaggio dei dolciumi della tradizione, e l’immancabile Babbo Natale con la sua casetta downtown (insomma Magic Christmas contro Magic Crisi), se no davvero non avremmo saputo come riuscire a ospitare nella parrocchiale di San Michele Arcangelo il pubblico suppletivo in aggiunta a quello intra et extra moenia dei melomani (melomani, puntualizzo, non mellomani) che già la gremivano fin dai primi istanti del diciamo soundcheck, non essendovi in commercio né i banchi da chiesa a castello, e men che meno i doppi turni concertistici come pare facciano per esempio a Helsinki; per non parlare poi dei cachet da capogiro – ergo fuori dalla nostra portata - da riconoscere all’organista per gli straordinari.    

Sembra che alla fine (miracolo di Natale) entrambe le cose quasi in contemporanea, ma stocasticamente indipendenti, abbiano registrato robusti indici di gradimento.

Tornando al Concerto diciamo che solo chi si cimenta a organizzarne uno arriva a comprendere il senso più profondo dei suoi significato-etimologia-sinonimi-e-contrari. Per credere provate voi a fissarne una data nell’ambito di una rassegna organistica in corso, trovare una chiesa aperta in grado di ospitarne uno (sia di concerto e sia di organo funzionante), contattare un organista disponibile, stilare un programma plausibile, invitare un pubblico deciso ad accorrervi (non è un concerto di Vasco Rossi su spiaggia demaniale eh), e afferrerete all’istante i concetti di Concorso, Accordo, Intesa, Collaborazione, Armonia, Affiatamento et sim., cioè appunto Concerto.

Ed è proprio questo il nostro caso: un Festival Organistico del Salento e il suo direttore M° Francesco Scarcella pronti a dir di sì senza indugio già a fine settembre; il parroco don Francesco che con la sua santa pacienza proferisce l’ennesimo “Eccomi” e, a proposito di alta fedeltà, lavora come gli altri all’invito di fedeli e infedeli; un amico artista di nome Marcello D’Acquarica che collabora no-profit, anzi a perdere, e dedica il suo tempo libero prima alla redazione del cartellone dell’evento che, tra immagini, lessico, stemma, caratteri, tonalità dei colori, orario, logo del ministero della cultura e quello della regione Puglia, preposizioni semplici e articolate, ha richiesto undici (un-di-ci) versioni, per non parlare dei raffinati bassorilievi in terracotta con le effigi delle tre torri, dei velieri e dell’organo a canne paesano offerti in dono rispettivamente al direttore artistico, al concertista e al parroco; sant’Albino Campa (martire)

 
Di Redazione (del 25/12/2022 @ 08:52:36, in NohaBlog, linkato 275 volte)

Bon Nohaël

 
Di Antonio Mellone (del 19/12/2022 @ 12:12:29, in NohaBlog, linkato 356 volte)

E insomma, giovedì prossimo 22 dicembre 2022 alle 19 in punto, il Festival Organistico del Salento, ottava edizione, sarà a Noha in chiesa madre per festeggiare coram populo i primi cinquant’anni del Continiello, l’organo a canne di comunità. Il quale non sta più nella pelle per la contentezza [è inutile dire che in un organo a canne v’è anche della pelle: d’agnello alle guarnizioni dei somieri, di montone ai mantici; mentre il cuoio s’utilizza per il crivello, ndr.].

Non solo. Da quando ha saputo che il leone da tastiera (e da pedaliera) risponde al nome dell’organista Mattia Francesco Greco da Sava, ha pure iniziato a darsi delle arie, gonfiandosi tutto quanto (per la verità soprattutto il mantice).

Non ti dico poi le sue circa settecento canne al vento tutte in fibrillazione per ‘sto benedetto festival (il famoso Festival di Canne): per darsi un tono hanno smesso di sbuffare dedicandosi, così su due piedi, agli esercizi di respirazione diaframmatica. Mo’ non è che si son messe a ripetere il mantra Om ovvero Aum tipico dei corsi di yoga, ché con i brani pescati dalle grandi opere di Bach, ma anche di Albinoni, Lefébure-Wély, Beethoven e Fischer (le uniche grandi opere pubbliche degne di rispetto), avranno ben altro da fare che salmodiare sillabe monotone (e monotòne).

Sarà un concerto rapsodico, quello di Noha, e durerà in tutto 45 minuti, più il consueto quarto d’ora d’accademia. In pratica una toccata e fuga.

 
Di Redazione (del 07/12/2022 @ 16:20:28, in NohaBlog, linkato 455 volte)

Come potete leggere qui di seguito, nel cartellone dell'VIII edizione del Festival, tra gli altri, è indicato anche l'appuntamento nohano che avrà luogo giovedì 22 dicembre 2022 alle ore 19, con un grandioso concerto al Continiello 1972, l'organo a canne di "San Michele Arcangelo", nel cinquantesimo della sua costruzione (mese più, mese meno).

Prendetene buona nota, per favore, segnandovelo sul telefonino: ché una cosa del genere capita a ogni dimissione di papa.

Non perdetevi le prossime novità sull'argomento o, come dicono quelli che hanno fatto l'Erasmus, stay tuned.

Noha.it 

 
Di Antonio Mellone (del 26/11/2022 @ 12:10:19, in NohaBlog, linkato 927 volte)

Ci siamo quasi. Voglio dire che a Noha procedono di buona lena i lavori di ristrutturazione di uno dei due marciapiedi di via Castello: il primo, lato palazzo baronale, fu terminato – buona parte a spese dei titolari di Nohasi - verso i primi del mese di maggio di quest’anno; il secondo, dirimpettaio, lo sarà a breve, anche stavolta grazie al maestro Chittani Giovanni (prima il cognome e poi il nome, come usavamo appellarci tra compagni di classe), e ai suoi bravi collaboratori: maestranze a chilometri zero, come si dice, ma note in urbe et in orbe, dunque a più ampio chilometraggio, per serietà, impegno e puntualità. 

Sicché, molto probabilmente entro Natale potremmo percorrere, meglio se a piedi, il nostro Boulevard de Noha (da leggere in francese, con l’accento tonico sull’ultima sillaba), con compiaciuto amor di campanile, tra due file di grandi lampade in cima ai pali artistici in ghisa, la nuova pavimentazione non più sconnessa da svariati lustri di comunale sciatteria, e i teneri alberi d’ordinanza al posto dei vecchi pini domestici colpiti dalla sega (sciagurati, “davano fastidio ai camion” [sic]).

Ma c’è un ma: ed è un neo in tutto ‘sto splendore, che continua a lasciare un certo amaro in bocca all’osservatore appena appena attento, ma assolutamente nulla al solito sbadato urbano che non vede, non sente, in compenso parla a vanvera. E non si tratta tanto dell’asfalto stradale che sarebbe appena il caso prima o poi di sostituire con un più decoroso basolato fino a comprenderne tutta piazza San Michele, nonché ovviamente via Aradeo e le altre strade del centro storico del paese (cose che avvengono da decenni non dico a Stoccolma o a Copenaghen, ovvero in alcune comunità del Trentino-Alto Adige o del Veneto, ma in numerosi altri comuni del Salento, frazioni incluse).

Dicevo: il neo, cioè il cruccio che a tratti diventa sconforto se non proprio tormento incazzatura & depressione, sta nel fatto che il famoso villaggio di casette in miniatura edificato all’inizio del secolo XX sulla terrazza di uno degli antichi alloggi un tempo di pertinenza del maniero nohano, parlo del caseggiato artistico meglio noto come Le Casiceddhre, sta cadendo a stozzi, sgretolandosi sotto il bombardamento nucleare dell'insipenza e dell'ottusita molto comuni in queste lande, in uno col paraculismo di cui soffrono o forse godono alcuni esponenti della classe padronale indigena detentrice di codesti peculiari pezzi d’antiquariato trattati come pezza da piedi [vorrei ricordare che il manufatto de quo non è l’unico capolavoro architettonico di pertinenza della nostra piccola patria abbandonato al proprio ineluttabile destino: ché anzi Noha, anche da questo punto di vista, è una discarica a cielo aperto, ndr.].  

 
Di Redazione (del 26/10/2022 @ 13:10:53, in NohaBlog, linkato 533 volte)

Venerdì 28 ottobre 2022 alle ore 18.00 l'Associazione NoiAmbiente e Beni Culturali incontra: il Sindaco, i Consieglieri e la Giunta Comunale di Galatina, presso la sede di Levèra in via Bellini 24, NOHA.

Saluti
- Fabio Vergine Sindaco di Galatina
- C.re Pierluigi Mandorino Delegato di Noha
- Ass.re Ugo Lisi Delegato per le Associazioni

Interventi
- Roberta Viva Presidente di Levera
- Marcello D'Acquarica Presidente di NoiAmbiente

SIETE TUTTI INVITATI

NoiAmbiente e Beni Culturali
di NOHA e GALATINA

 
Di Marcello D'Acquarica (del 23/10/2022 @ 09:49:44, in NohaBlog, linkato 800 volte)

Assuntina Coluccia, classe 1936, è nata a Noha da Luigi Coluccia e Aurora Tafuri.

Io e Assuntina abbiamo in comune alcuni zii. Per la precisione i coniugi Carmela Tafuri e Michele D’Acquarica, quest’ultimo noto per gli affreschi delle scene del Calvario di Noha e del San Michele di via Santa Rita.  

M’incontro con lei a Cutrofiano, dove vive, mentre sono alla ricerca della sepoltura di zio Michele e, sarà per una forma di simpatia, forse per la mia capacità di ascolto, o perché il nome di Noha suscita in lei questa forma di reazione, insomma comincia a raccontarmi dei fatti del tempo che fu. Sembra una valanga inarrestabile.

*

Siamo nel 1940 e Assuntina è una bambina di appena cinque anni. Oggi quella bambina è triste e se ne sta affacciata per un po’ alla finestra di casa sua, quella che guarda su via Castello. Ammira le Casiceddhre dei nani, ma i pensieri sono altrove. Suo papà, il suo grande e forte papà è stato inviato in guerra. Nell'ultima cartolina ricevuta da mamma Aurora, scrive:


Mia cara moglie, siamo accampati sulle rive del Don, pregate per me”.


Assuntina e i suoi due fratellini attendono con trepidazione il suo ritorno. La famiglia di Assuntina vive in un appartamento della masseria cosiddetta Delle Cambare. E si spiega anche la ragione di quel nome: le cambare.

A Noha quasi tutto è di proprietà di Don Celestino, che tutti considerano ancora il “barone”, anche a feudalità abolita. Se un terreno o dei caseggiati non sono del barone allora molto probabilmente saranno della Diocesi che a quei tempi era quella di Nardò. Di fatto le cambare sono composte da un caseggiato antico, con un unico grande portone di accesso posto proprio di fronte a quello delle case di corte (quello su cui insistono ancora oggi le casiceddhre di Cosimo Mariano, l’autore). Entrando, sia a destra che a sinistra ci sono delle stanze, e a quei tempi ogni stanza era sostanzialmente un appartamento.

Dopo l’ingresso e subito a destra, racconta Assuntina, c’era una grande vasca per pigiare l’uva, e dei gradini per salire sulla terrazza dov’erano ubicate altre tre camere. Prosegue Tina: “la mia casa invece era esattamente dov’è ora la farmacia, al piano terra. Mia mamma Aurora mi raccontava di quando sulle terrazze delle case di fronte gli scalpellini costruivano le casiceddhre”.

 

Canto notturno di un pastore ...

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