L’associazione ZERO WASTE ITALY (CHI SIAMO | ZERO WASTE ITALY) si è costituita nel maggio 2009. Essa ha il compito primario di raccordare le iniziative Zero Waste italiane con le reti europee e mondiali di questo movimento-progetto e si pone in modo complementare e non competitivo con la Rete Nazionale Rifiuti Zero, sviluppando principalmente il versante della applicazione dei 10 Passi Verso Rifiuti Zero così come definiti dalla Carta Internazionale di Napoli della Zero Waste International Alliance (ZWIA).

Secondo Rossano Ercolini, il presidente del movimento “Strategia Rifiuti zero” e autore del libro “NOI SIAMO OCEANO” (Gli Scarabei; Baldini+Gastoldi s.r.l. Milano 01 2024) i Comuni italiani che hanno raggiunto la quota “zero rifiuti” in Italia sono 30, lo 0,4%, ancora pochi su un totale di 7921; in Europa invece sono 500, lo 0,6% su un totale di 87.128.  Sulla strada dei 30 comuni di cui sopra, in Italia ce ne sono ben 337 che hanno adottato la strategia Rifiuti Zero, vuol dire che ben 7.284.392 cittadini italiani si sono impegnati a raggiungere la quota percentuale di differenziata 100 %, quindi rifiuti in discarica zero. È semplice rendersi conto che raggiungendo tutti i 257 comuni pugliesi questo risultato, una Delibera Regionale come l’ultima riguardante il Piano dei Rifiuti Urbani ed esattamente la n.130 del mese di aprile 2025, in cui la Regione Puglia, non avrebbe avuto senso, tantomeno avrebbe potuto imporre l’apertura della discarica di Ugento e quella di Corigliano mettendo in serio pericolo la falda di acqua potabile che disseta mezzo Salento. E tutto ciò per risolvere lo smaltimento di migliaia di tonnellate di rifiuti prodotti dalla maggior parte dei comuni di 4 province (di Bari, BAT, Taranto e Foggia) la cui percentuale di raccolta differenziata “…non appare ancora in linea con le previsioni del documento programmatico.”

La Giunta Regionale dà il via libera al sopralzo della discarica di Manduria. Triggiani: "E' uno sforzo...per evitare l'emergenza di trovare rifiuti per strada" | RTM web

Emiliano agli Stati Generali dei rifiuti in Puglia: «Molte innovazioni in arrivo» - La Gazzetta del Mezzogiorno

I Comuni della provincia di Lecce che hanno aderito alla campagna “Rifiuti Zero” risultano essere i seguenti: ALESSANO, CORSANO, GAGLIANO DEL CAPO, MORCIANO DI LEUCA, PATU', SALVE, TIGGIANO, LEVERANO, GALATINA. Anche il Comune di Galatina, quindi, ha adottato la strategia rifiuti zero, ma solo “adottato” e non “raggiunto” la quota rifiuti zero. Galatina risulta essere fra i pochi Comuni della Provincia di Lecce che supera il 75% di differenziata dei rifiuti urbani. Ma la cosa che più di ogni altra dovrebbe farci fare salti di gioia è che con l’azione e l’impegno per aver raggiunto tale percentuale di differenziata, avremmo escluso che nel cementificio di Galatina vengano bruciati i rifiuti, così come invece vuole la delibera Regionale, che si impegna a trasformare in CSS (Combustibile Solido Secondario) il 40% dei rifiuti non differenziati. È così che la Regione Puglia premia i comuni virtuosi e l’impegno dei cittadini che raggiungono gli obiettivi della Carta Internazionale di Napoli ? Portandoci i rifiuti da altre aree nelle discariche salentine e incenerendoli nel cementificio?

 
Di Redazione (del 10/07/2025 @ 08:20:43, in NohaBlog, linkato 220 volte)

"Riceviamo e volentieri pubblichiamo una ricerca dell'ing. Giovanni Vincenti sulla Masseria Colabardi, un tassello mancante che va a integrare le pagine della grande storia di Noha."

Le poche notizie storiche relative a masseria Colabardi, sita nel feudo di Noha, sono dovute per lo più alle attente ricerche di padre Francesco D’Acquarica (Noha. La sua storia, Lecce 2021, pp. 37-46) e di Marcello D’Acquarica (I beni culturali di Noha, Galatina 2009, pp. 78-81). Un complesso edilizio cinquecentesco, realizzato inglobando anche strutture precedenti, sul cui prospetto compare l’arma della famiglia Bardi [fig. 1] all’interno del quale sono incise due lettere N. e B., da sempre sciolte come le iniziali di tale Nicola Bardi (da cui deriverebbe il nome della masseria), ed una data, 1595, scolpita su uno dei due stipiti del portale d’ingresso [fig. 2].

Sappiamo, per certo, che un tale Cola Bardi di anni 60, habitante da anni trenta anni circa in Galatina, insieme al fratello Geronimo di anni 55 e ad un giovane schiavo di nome Gioanne di 20 anni, in una casa sita nel vicinato (isola) di S. Andrea, è registrato in un focatico del 1597 [fig. 3], con un patrimonio stimato in circa ottomila ducati, una cifra enorme per l’epoca.

Il casuale rinvenimento ora, di un inedito documento del 1657 consente, per la prima volta, di individuare non solo il proprietario del tempo della masseria, ma di fornire anche una sua sintetica descrizione.  

Quando il 2 dicembre 1657, viene aperto il testamento di D. Organtino Termetrio “giuniore” figlio di Camillo e Beatrice Costa e nipote di Organtino “seniore” e Lucrezia de Rinaldis di Carpignano, eredi universali di tutti i suoi beni risultarono la moglie Domitilla Mongiò ed il fratello Marc’Antonio.

Tra il suo consistente patrimonio, mobiliare ed immobiliare, è annoverata anche la «masseria nominata lo Colabardi consistente in torre, case, capanne, et in cinque chesure, con suo pezzo di terra seminatoria, cioè uno chiamato Santo Thodero, l’altro la Cisterna, l’altro l’Aire Vecchia, l’altro Mascese, et l’altro la Nova sita, et siti nel feudo di Nohe giusta li suoi notori confini». 

Gli “ammassari” allevavano «pecore tra grosse, e nutrini cinquanta quattro, et uno paro di bovi tutti di pelo lombardo uno di cornatura calva, et l’altro di cornatura tisa» [fig. 4].

Ma non solo. D. Organtino Termetrio, seguita la sua morte, “vuole, ordina e comanda” ai suoi eredi che dal credito vantato da Sabatino Scrimieri di Nohe (ducati quattordici), da Oratio e Masi Turre (ducati quattordici), e da Francesco Turre e Angelo Paglialonga (ducati dodici), la cui somma  ammonta a quaranta ducati, che quei denari siano lasciati «all’Arciprete di Nohe [D. Antonio Donato Palamà (1650-1689)] con peso di rifare la Chiesa di Santo Teodoro in detta Masseria de Colabardi, farla benedire, sodisfarsi il suo censo, et il rimanente rilasciarlo a’ detti Ammassari, o dispensarlo a’ poveri» [fig. 5].

La masseria, rimasta poi nella disponibilità di Domitilla Mongiò (1628-1709), che in seconde nozze sposa Leonardo Gorgoni u.j.d., alla morte della quale è ereditata dal figlio Gio. Andrea Gorgoni (1663-1719), coniugato con la neretina Caterina Sambiasi baronessa di S. Andrea, come attestano altri documenti.    

Giovanni Vincenti

 

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