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Antonio Mellone scrive a Renzi
Di Antonio Mellone (del 17/04/2017 @ 21:13:35, in NohaBlog, linkato 2707 volte)

CARO RENZI,

temo che quello che si vocifera in giro sia vero. E cioè che nella sua recente visita pastorale alle pecorelle di Bari che si spellavano le mani nell’applaudirla (incluso qualche candidato Sindaco del mio paese), lei abbia solennemente formulato uno dei suoi pensieri inediti più alti, nobili e profondi in merito allo “sviluppo” e, immagino, alle “ricadute occupazionali” da conseguire nel settore turistico pugliese: quello per il quale sarebbe ormai d’uopo qui e ora procedere al copia-incolla del “modello Rimini”.

Chissà cosa ci vede di bello nel “modello Rimini” (scusi il pleonasmo). Forse le migliaia di alberghi che infestano la riviera romagnola ridottisi quasi tutti ad imprese marginali, con notevoli difficoltà economico-finanziarie per via dei costi crescenti e dei ricavi decrescenti (codesta deflazione si registra anche in altissima stagione), e un valore degli immobili che oggi quotano la metà rispetto a quanto non fosse solo qualche anno fa. Forse il calo inesorabile dei turisti stranieri. Forse il dissesto delle banche emilian-romagnole che hanno finanziato questa tracotante e monotona “idea-guida”, e non riusciranno mai a recuperare i capitali prestati.

O forse le discoteche, i luna park, le piscine in riva al mare, gli stabilimenti balneari uno dietro l’altro, i frizzi, i lazzi e le mille altre strutture artificiali false come un centro commerciale schierate alla stessa stregua di un plotone di esecuzione contro l’esercito di habitué, spesso ignaro della propria schiavitù (lo sa benissimo anche lei quanto la civiltà dei consumi dispensi dal pensare con la propria testa e quindi di decidere in autonomia). O forse quella cosa che chiamano mare.

Ebbene, io inorridisco al solo pensiero che il mio Salento si trasformi in maniera strutturale nella bolgia riminese (oddio, in alcuni tratti d’estate qui stiamo riuscendo anche a fare di peggio); e guardi che la mia visione non è soltanto estetica, ma anche civile e politica.

Io penso, caro Renzi, che la mia terra non abbia bisogno di copiare proprio un bel nulla, né da Rimini, né dai grattacieli di Dubai, né dalle Seychelles. Credo anzi che debba continuare, ove possibile - e nonostante i numerosi tentativi di imbastardimento voluto dalle multinazionali, spesso con successo - a rimanere se stessa.

Per quanto mi riguarda, sono certo che il Salento non abbia alcun bisogno di promozioni, semmai di bocciature. E che i lidi privati (con il contorno di parcheggi a pagamento) siano un danno per tutti, tranne che per quei quattro cosiddetti imprenditori, amici degli amici, perennemente con il cappello in mano e con le pezze al culo.

La mia terra non ha bisogno né di resort né di escort, ma di libertà dal profitto; non necessita di turismo diventato degrado, ma di viaggiatori delicati.

E’ ancora convinto che il nostro modello di turismo - come suggerirebbe la sua sicumera - sia quello di andarsi a rinchiudere in un villaggio turistico? Ma davvero lei crede, come facevano i politici degli anni ’80 del secolo scorso (quello dei paninari e del debito pubblico che si metteva a galoppare) che certi ammassi di calcestruzzo e cafonaggine portino ancora oggi ricchezza alla Puglia? Non pensa invece che questa maniera rétro di fare economia convenga soltanto a quattro speculatori, ai Briatore di complemento, nonché ai mafiosi la cui mamma sembra essere perennemente incinta?

Io non credo che il vero Salento abbia il bisogno improcrastinabile d’ammalarsi di omogeneità, di riempirsi di “baretti sulla spiaggia” con movida a parcella, di affogare negli aperitivi che fanno tanto tendenza specialmente se shakerati con calca, ressa e fiumana di gente.

Io penso invece che sia giunta l’ora della sveglia, e che dunque i salentini inizino a ribattere colpo su colpo alle corbellerie che lei e suoi megafoni (incluso il quotidianato locale simpaticamente definito “giornalismo”) cercate di inculcarci.

Per fortuna v’è un crescente numero di conterranei che finalmente ha iniziato a lottare per la propria e l’altrui felicità. Sta così man mano denunciando gli imbrattacarte asserviti al potere del cemento; sta ribattendo colpo su colpo agli opinionisti organici al clan delle pale eoliche; sta smascherando gli editori e i loro portaborse refrattari alla verità; sta strenuamente opponendosi alla lobby dei transadriatici tubi del gas (fiore all’occhiello del suo disastroso governo); sta condividendo la lotta alle cosche dell’asfalto di autostrade a doppio senso, anzi senza; sta insorgendo contro le bande armate di trivelle petrolifere; sta sbugiardando giorno dopo giorno la frode della Xylella, nonostante i tromboni provino pervicacemente ad insistere con la solita manfrina dell’“emergenza”; sta iniziando a provare repulsione per i centri commerciali che svuotano i (veri) centri delle città; sta mobilitandosi contro i novelli porti turistici, i comparti edilizi, le aree parcheggio e le zone di depressurizzazione.

E finalmente ha votato NO al referendum su quella pigliata per fessi chiamata “riforma” a lei tanto cara, più per salvare la Costituzione che con la speranza che lei mantenesse la sua parola - alla quale, invero, non ha mai creduto (“Se perdo il referendum lascio la politica”- [sic]).

Il vero Salento è quello in grado di dire di No a molte cose, piuttosto che di Sì a tutto, e s’accontenta del poco che è abbastanza, anzi già troppo.

Il turismo può uccidere, caro lei. Può uccidere un territorio, il suo mare, la sua economia, il suo habitat, la sua identità, come ha già fatto altrove.

Sì, senza dubbio, chi ama il Salento lo difende da persone che la pensano come lei.

Con immutata stima.

Antonio Mellone

 

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