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"L’aria triste che tu amavi tanto..." Evento/spettacolo in ricordo di Luigi Tenco - All'Università Popolare Aldo Vallone
Di Redazione (del 05/05/2025 @ 10:13:52, in Comunicato Stampa, linkato 43 volte)

Lunedì 5 maggio alle ore 18:00, nella Sala francescana di cultura della Parrocchia di Santa Caterina, in Piazza Orsini, l’Università Popolare “Aldo Vallone” presenta alcuni frammenti di un recital ideato e scritto da Alberto Minafra in ricordo del cantautore genovese Luigi Tenco, con la voce narrante di Marco Graziuso. Introdurrà l’evento/spettacolo la consigliera Daniela Vantaggiato che traccerà il profilo culturale dell’autore, Alberto Minafra.

Il titolo dell’evento appartiene a Lontano, lontano, una delle canzoni ancora oggi più note di Tenco (Cassine (AL), 21/3/1938 – Sanremo 27/01/1967) che esce nel 1966 come lato A di un 45 giri con Ognuno è libero sul lato B, e confluisce poi nell’LP Tenco che uscirà nello stesso anno. La canzone viene presentata alla manifestazione canora Un disco per l’estate dove arriverà all'ultimo posto in classifica. Tuttavia, a oggi, Lontano, lontano è il brano più venduto in assoluto nell’intera carriera discografica dell’artista.

Attraverso una scrittura accattivante e colta, Alberto Minafra ricostruisce, all’interno del contesto storico di riferimento, le vicende personali e musicali di uno dei cantautori più innovativi della musica leggera italiana, il cui inizio è segnato da una grande passione per il jazz che da subito influenza tutta la sua ricerca musicale fino al suo tragico epilogo.

“Durante gli anni del liceo, infatti, mette in piedi il suo primo gruppo musicale conosciuto, il "Jerry Roll Morton Boys Jazz Band" che vede Luigi al clarinetto, il suo compagno di banco al liceo Bruno Lauzi al banjo, Alfred Gerard alla chitarra e Danilo Dègipo alla batteria. Non ci sono incisioni di questa prima esperienza, ovviamente dilettantistica, ma l'amore per il jazz e per la libertà che esso rappresentava, viene espressa nei ricordi degli amici musicali di Luigi, come Giorgio Gaber: "Il Jazz in fondo ci faceva sentire un po' più nobili. Era uno dei pochi universi in cui ci si potesse riconoscere. Ci serviva per oltrepassare una musica leggera deteriore, impraticabile"; o in quelli di Gino Paoli: "In fondo eravamo più jazzisti che altro: la nostra estrazione era quella. Ed eravamo anche un po' tutti praticanti: io suonavo la batteria, Luigi il sax, Bruno Lauzi il contrabbasso. Comunque il jazz rappresenta un'esperienza senz'altro decisiva per tutta la parte genovese della canzone d'autore. Questa musica straordinaria esercitava però su tutti noi un fascino irresistibile. Significava anzitutto libertà, affrancamento dalla musica imperante, inutile, abbastanza schematica e limitata, oltre che troppo frivola, che avevamo ereditato dal ventennio fascista. Pensa che trauma passare d'un colpo a questa cosa incredibile, fuori dagli schemi, questa musica che nasceva nel momento stesso in cui veniva suonata!"

A giusta ragione è stato scritto che “questa specifica formazione musicale, questo amore per il jazz ha creato l'humus dove si svilupperanno tutte le canzoni di Luigi Tenco negli anni successivi.”

Mario Graziuso

 

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