Don Vitantonio Greco (1867 + 1932), è stato Arciprete della nostra Chiesa parrocchiale dal 1895 al 1932; gli succedette Don Paolo Tundo. Ne “La Chiesa di Noha e i Vescovi di Nardò” (ricerca pubblicata nel mese di aprile 2017)”, così scrive Padre Francesco D’Acquarica:
“Don Vito Antonio Greco, figlio di Vito e di Vita Maria Luceri era nato a Noha il 3 luglio dell’anno 1867 e fu battezzato il 6 luglio dello stesso anno da don Michele Alessandrelli, essendo padrini Vito Bianco e Grazia Benedetto. Diventa arciprete di Noha a 28 anni e vi resterà per 37 anni. È durante la sua arcipretura che viene rifatta la chiesa madre nel 1901. Morì all’età di 65 anni.”
La sua è sicuramente una fra le famiglie più facoltose di Noha, che, nel corso degli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, aveva la sua dimora nell’omonimo palazzo di via Osanna, angolo via Siracusa, che nella mappa del 1880 si chiamava appunto Via Dell’Arciprete. Dall’inventario dei beni appartenenti alla Chiesa parrocchiale di Noha, pubblicato da P. Francesco D’Acquarica sul libro “NOHA - LA SUA STORIA” (edizione 2021 – Arti Grafiche Marino - LE) sappiamo che: “un altro orticello di circa 8 are di terreno per semine e arbusti situato nel feudo di Noha […] confina con il giardino della Corte Baronale e altri confini”. Lo stesso terreno è indicato in una mappa catastale antecedente al 1920 consultabile presso l’archivio storico di Galatina, e vi è indicata quale proprietaria l’“Arcipretura di Noha”. Da tutto ciò si presuppone che la villa cosiddetta “Villa dell’Arciprete Greco”, sia stata fatta costruire su un terreno appartenente all’arcipretura di Noha. Probabilmente, nel periodo in cui è stata costruita era Arciprete di Noha il nostro Don Vitantonio Greco. Infatti prima della attuale proprietà, la villa risulta appartenere aella famiglia di Antonio Greco, fu Pantaleo. Ramo della famiglia a cui apparteneva lo stesso Arciprete Don Vitantonio Greco.
Durante la Seconda guerra mondiale, prima dell’armistizio del 1943, la villa è stata a disposizione dei soldati tedeschi in permanenza nel Salento, e una guarnigione occupò i suoi locali, così scrive Michele Liquori nel suo “Vivere” (Arti Grafiche Marino – 2014)
Ma il suo vero tesoro non sta soltanto nell’architettura di pregio e nell’eleganza da tutti riconosciuta, con quei tocchi classicheggianti che le donano un’aria sontuosa. Arricchita da due ingressi, a est con un grande giardino e la scala monumentale d’accesso, e a ovest su un ampio viale disegnato nel grande giardino da uno zoccolo basso in pietra alternato da vasi floreali. Il suo tesoro è la vista che appare dalla torre guardando verso est, laddove sorge il sole. La stessa campagna che il Fra’ Leandro Alberti, frate fiorentino dell'Ordine domenicano nell’opera “Descrittione di tutta Italia “ del 1550, dopo aver visto “…S. Pietro in Galatina” così scrive: “… si veggono assai ville, e contrade molto habitate dai Greci, in questo paese che si ritrova fra Otranto e Corliano, che è tutto dilettevole e producevole di saporiti frutti. Più oltre Corliano, 5 miglia, appare il nobile Castello di S, Pietro in Gallatina, posto fra e grandi selve di olivi. …e camminando un miglio appare Soleto, molto antico luogo, circa il piccolo colle che riguarda a mezzo giorno, posto, Soletum da Plinio nominato, del quale yiene la signoria il Duca di S. Pietro in Galatina. …da ogni lato vedensi Ville Contrade e Castella, tra i quali vi è Scuriano discosto dal bastardo otto miglia, e da cui appare il fortissimo castello di Noia posto in forte luogo.
Cosa potrebbe dire oggi il nostro Fra’ Leandro Alberti davanti a tale orizzonte che in un solo colpo, e senza barriere d’ulivi, arance e selve, spiana la vista a ben altre torri che, per via dell’inutile quanto beffarda altezza, fanno invidia a monte Sant'Eleuterio.
Marcello D’Acquarica
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