mag182025
Ore 18.08 dell’8 maggio quando dal comignolo della Cappella Sistina arriva la fumata bianca, anch’io sto guardando la TV.
Noto subito fibrillazione, urla di gioia, espressioni di grande attesa. I giornalisti rimasti in Sala Stampa si precipitano fuori, verso la piazza. Via della Conciliazione è un fiume di gente che arriva trafelata, quasi di corsa. Giovanni, 34 anni, manager romano, dice che è “incredibile. Questo è un momento storico”. Quando la Chiesa sembra nascosta, soprattutto in Europa, è bello vedere tutta questa gente che arriva a Roma. Sì, è proprio così: il cristianesimo è stato dichiarato morto tante volte e invece è più vivo che mai, perché fondato sulla fede di un Dio che sa come uscire dal sepolcro.
Un gruppo di pellegrini spagnoli che stava per entrare in piazza per varcare la Porta Santa viene invitato a fermarsi. Alcuni bambini diretti a una festa in maschera arrivano con gli abiti d’occasione: festa annullata; c’è da attendere il nuovo Papa. In meno di un’ora in piazza San Pietro si trovano centocinquantamila persone.
Quell’ “Habemus Papam” preannunciato dalla fumata bianca con il protagonismo della famigliola dei gabbiani della Cappella Sistina, ormai famosi in tutto il mondo, mi incolla lì alla mia poltrona. Aspetto di sapere chi è il nuovo successore di Pietro e quale nome ha scelto. Seguo con attenzione ed emozione: “qui sibi nomen imposuit Leonem XIV...” “ha scelto di chiamarsi Leone XIV”. Una sorpresa. Nome bellissimo.
A quel punto, come m’accade spesso, ho cominciato a pensare anche a Noha.
Sì, nel 1400 a Noha i nostri antenati hanno venerato e celebrato San Leone: il nome che ha scelto il nostro nuovo Papa.
Tutti ormai dovreste sapere che a Noha c’erano 13 chiese; alcune ci sono ancora, di tante s’è persa la memoria, ma di qualcuna esiste tuttora qualche indicazione: della chiesa di San Leone (o San Leo) è rimasto il nome. Ebbene sì, nella mappa a corredo di queste note, si osserva oltre all’espansione del territorio della nostra cittadina anche il toponimo di San Leo o San Leone.
Da documenti certi sappiamo che tutte quelle chiese erano affidate alla cura pastorale dell’arciprete di quel tempo che si chiamava don Giovanni, definito quale arciprete della Terra di Noha. Insieme all’arciprete ci sono altri sacerdoti, come per esempio don Francesco di Noha, don Nicola Canozuri, ma c’è anche don Leone, o meglio papa Leone secondo la nostra antica cultura greco-bizantina.
Forse i nostri avi avevano dedicato una chiesa a S. Leone, detto “Magno”, papa dal 440 al 461, uno dei più grandi pontefici dell’antichità, per sentirsi meglio protetti dalle calamità e dalle mille sofferenze di una vita grama. Fu San Leone Magno ad affrontare le minacce dei barbari che imperversavano nel disfacimento dell’impero romano difendendo l’ortodossia cristiana. Fu lui che riuscì a fermare pacificamente, con la forza del suo carisma e della sua fede, il re degli Unni Attila che stava per invadere Roma. Ed è lui che secoli dopo ispirerà certamente il nuovo Papa che dalla loggia di S. Pietro per ben dieci volte nominerà la parola Pace.
I nostri antenati hanno dovuto affrontare le invasioni barbariche, molti villaggi furono rasi al suolo: anche la primitiva Noje dovette capitolare. Crediamo che per lo stesso motivo vollero scegliere quale protettore del nuovo borgo l’Arcangelo San Michele, capo degli eserciti celesti nonché difensore della Chiesa, simbolo della lotta del bene contro il male.
Nel vangelo di Luca leggiamo che Gesù diede mandato ai suoi discepoli con queste parole “Vi mando come agnelli in mezzo a lupi”, per indicare le situazioni di pericolo nella testimonianza del Vangelo. Ora ci ha mandato (un) LEONE che sicuramente ci aiuterà a vivere con più coraggio la nostra fede.
“Dio ci vuole bene - ha detto il Papa a tutto il mondo - Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani di Dio. E pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra noi andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce”.
Sono certo che in questo cammino anche Noha continuerà a fare la sua parte. Magari anche la parte del leone.
P. Francesco D’Acquarica i.m.c.
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