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Di Antonio Mellone (del 27/08/2023 @ 17:56:11, in Fetta di Mellone, linkato 628 volte)

Per quanto tu possa sforzarti di concepire una vignetta, architettare un meme, pensare dei calembour, vergare una fetta di Mellone (di quelle che gli intelligenti artificiali non capiscono manco quando gliela spiega un giudice), la realtà sarà sempre più tragicomica di ogni fiction.

Non più tardi di un paio di mesi fa, intervistato da TelepagliaroRama, l’Uomo della Provvidenza, vale a dire il Sindaco del mio comune, così si esprimeva testualmente: “Bisogna fare un’opera di persuasione alla pazienza. Abbiamo un grande appuntamento con la storia […], che chiede un contributo di pazienza [‘ntorna, ndr.] a tutti i cittadini di buona volontà. Ci saranno inevitabilmente dei disagi, ma è proprio in questi momenti che si vede lo spirito, la maturità di una comunità”. Vai a scoprire che quel grande appuntamento con la storia era il concerto per il Ventennio dei Negramaro, mentre gli inevitabili disagi e il contributo di pazienza l’inscindibile binomio a carico di migliaia di “invitati” (le virgolette stanno a indicare a pagamento) che han potuto partecipare alla festa di compleanno della storica band del buco salentina soltanto con il proprio portafoglio e con copiose castime da scomunica petrina.

Qualche mese prima, il suddetto Sindaco, “con il cuore pieno di gioia e con un entusiasmo forte” (e con un’enfasi degna di un cerimoniale di stato), in un altro video pandemico - lui assiso al desco sindacale, la sua giunta start-up e i consiglieri di maggioranza schierati in piedi alle sue spalle come un plotone di esecuzione (noialtri, al di qua dello schermo, nel ruolo di condannati) - aveva rivolto urbi et soprattutto orbi il suo “invito strepitoso” a non prendere appuntamenti per il 12 agosto 2023, in quanto: “[…] Vi aspetto per ballare e cantare a squarciagola sotto il palco dei Negramaro”. Il filmato terminava tra i sorrisi radiosi degli astanti e la loro manina mossa come un emoji in segno di saluto.

Insomma uno spottone da fare invidia contemporaneamente al “Pliis visit Italy” del miglior Rutelli, all’“Open to Meraviglia” della Santanchè in Visibilia e alla “Guerra al lardo” dell’allora incensurata Wanna Marchi. Io m’aspettavo che da un momento all’altro il leader Nato [“Leader si nasce, non si diventa”, asserì con grande slancio il nostro Figlio del Secolo durante un comizio elettorale, pardon “bagno di folla”, annientando in un nanosecondo non so quanti lustri di Business School, ndr.], si mettesse a urlare ossessivamente: “CHIAROOOO?”. Sta di fatto che un guru del marketing di tal calibro sarebbe in grado di venderti la Pupa con tutta la vasca, come manco Totò la fontana di Trevi all’americano.

Peccato che per la serata del 12 agosto scorso avevo, come si dice, precedenti impegni, se no quasi certamente avrei ceduto all’invito del nostro Product Manager di fiducia, acquistando anch’io il biglietto gratta-e-vinci per l’imperdibile “concerto epico” [sic].

Veramente l’attributo epico, nel senso di eroico, toccherebbe di diritto allo spettatore, anzi aspettatore. Pare, infatti, che i modi più sbrigativi per atterrare nel novello “Campovolo” [sic] ribattezzato per l’occasione Sfortunato Cesari fossero o il drone portapersone o il teletrasporto studiato in meccanica quantistica: ai classici automuniti, invece, è toccata l’inesorabile processione dei misteri del sabato santo (a Galatina slitta di un giorno), sicché i sette dolori questa volta sarebbero concentrati tra i piedi e quell’altra parte del corpo usata metaforicamente per indicare la fortuna.

E così quasi tutti i giornali anziché uscire con il preventivato “Meraviglioso” a caratteri cubitali, han dovuto ripiegare su titoli ben più prosaici, tipo “Il più grande disastro organizzativo della stagione” per raccontare della sventura concertistica a pagamento, degli incolonnamenti del traffico stile Bombay, del parcheggio P2 esaurito prima del tempo (Licio Gelli, a quanto pare, colpisce anche da morto), della mega-figura di stallatico di un’intera città, e del fatto che ormai senza il dono della bilocazione (tipica di alcuni santi: per esempio Sangiorgi) è pressoché impossibile assistere a certi appuntamenti con la storia.

Il resto è appunto storia contemporanea, tipo i post post-concerto del nostro Fabio verginello (geniale la foto del primo cittadino assiso in mezzo al pubblico, della serie: “Io sto qua e voi fuori, tie’”), le sue elucubrazioni da medaglia d’oro di alpinismo sugli specchi con quel “sospetto di overbooking” del parking [cfr. Comunicato Città di Galatina 14/8/2023, ndr.] (ma sbaglio o fu egli medesimo a scrivere nel necrologio in memoria della buonanima di Silvio - evidentemente suo maître à penser - che per gli imprenditori come loro 2+2 fa sempre 8?), e ancora “noi siamo per il fare e non per il non fare” (e meno cazzate no?), senza scordare il foscoliano “Galatina mia” (ho ancora la pelle d’oca), e “questa serata è solo l’inizio di un lungo percorso” e “lo rifaremmo mille volte” (in pratica una minaccia), e altre spiritosaggini della collana “l’analisi di quanto accaduto” (siamo ancora in attesa del relativo referto), per non parlare del ritorno di immagine per Galatina (un affarone; altro che una percentuale dell’oltre milione e duecentomila euro di incassi per il genetliaco di uno dei gruppi “più apprezzati a livello internazionale”). Tralascio infine i comunicati istituzionali da Istituto Luce, e gli alti lai dei followers in difesa del loro beniamino anzi, viste certe penne, dei pollowers – un esempio fra tutti quello del tizio che blatera di “4 detrattori sfigati” (senti chi parla).

In effetti è dura passare d’emblée dal concerto dei Negramaro a quello dei Cazziamari.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 18/09/2023 @ 19:11:27, in Fetta di Mellone, linkato 778 volte)

Finalmente dopo la tempesta di annunci, video, post, dubbi esistenziali, qualche excusatio non petita e un’infinità di comunicati ufficiali, arrivò la quiete. È bastato un brain storming prefettizio per trovare il bandolo della matassa, svelare la soluzione al giallo, individuare il colpevole di quegl’impercettibili problemi di accesso al parterre del concertone dei Negramaro 20 Years Old: genetliaco celebrato all’aeroporto militare di Galatina a botte di 50/70 euro a cranio, bevande e parcheggio esclusi. A spiattellare l’arcano il nostro sindaco (membro del suddetto trust di cervelli), il quale, petto in fuori e pancia in dentro, con “orgoglio ed emozione” - come quando riceve tutto in ghingheri il ministro della guerra Crosetto (“Un uomo in grado di scaldare i cuori” [sic]) - con un epico ma viepiù lirico post sulla sua pagina ufficiale, rimanendo serio dichiara: “Il 31 agosto si è tenuta [sic] presso la Prefettura di Lecce un tavolo con l’obiettivo di fare finalmente chiarezza su cosa non abbia funzionato […]. Oggi abbiamo un’analisi di ciò che è accaduto e una ricostruzione degli accadimenti […]”. In parole povere e in estrema sintesi: “Un dato fra tutti: solo 300 macchine erano presenti alle 18.30 su oltre 9000 stalli disponibili. Questo ha portato un grande afflusso di auto verso i parcheggi in un lasso di tempo troppo breve. […]”. Per chi non conoscesse l’aramaico moderno codesti profondi pensierini tradotti in italiano suonano più o meno così: la colpa è tutta di quegli “ospiti” a pagamento che non si sono svegliati prima, e a migliaia hanno intasato le strade e le carrare di accesso all’aeroporto all’ultimo minuto, gridando poi allo scandalo. Fossero partiti il giorno avanti, oppure la mattina presto alla solita ora della raccolta del tabacco in quegli stessi campi, o al più subito dopo pranzo, sacrificando per una volta nella loro vita la siesta pomeridiana, tutto ‘sto casino non sarebbe successo, e noi altri probiviri ci saremmo risparmiati intasamenti, recriminazioni, commenti disperati sui social, la figura di deiezione planetaria associata a “Galatina mia”, nonché il ritardo di un’oretta all’inizio del concerto Meraviglioso. E mo’ con tanto di class action chiedono indietro i soldi dei biglietti e probabilmente pure il risarcimento dei danni, ‘sti marrani che non sono altro, digiuni dei più elementari principi del darwinismo sociale. Invece è dettaglio di secondaria importanza, senz’altro un’inezia, il fatto che se tutti i 25 mila “aspettatori” si fossero presentati ai cancelli alle 18.30 si sarebbe corso il rischio di dover rinviare lo spettacolo della band salentina dal ventennale al trentennale.

 

A Noha non fai in tempo a stupirti per un murales dal pennel fuggito che all’indomani te ne ritrovi un altro, sulla medesima parete, a mo’ di rattoppo a colori un tantino più kitsch del precedente. Assodato che il materiale usato è tutto men che inchiostro simpatico a scomparsa, assalito da vecchi e nuovi dubbi esistenziali ti chiedi: ma la fanno apposta a tirarti dietro i secchi di vernice per due soldi quando l’inflazione dell’Area Euro è ancora galoppante?  

Per chi non fosse addentro al mistero di The Wall provo a riassumere i termini della Quistione. Un bel giorno di fine estate i nohani si ritrovano il muro dell’ufficio anagrafe di via Calvario pitturato di un azzurro pastello tendente all’acquamarina quando è scirocco squaiato. Per la verità all’inizio non ci avevano fatto tanto caso, son fatti così e molti di loro si fanno scivolare addosso questo e ben altro; poi qualcuno ha iniziato a blaterare, a ragion veduta, di Bonus Sfacciati, mentre qualche altro ha ipotizzato l’apertura in quei locali di una succursale del mercato ittico gallipolino (ebbene sì, ultimamente la realtà sembra librarsi sulle ali di un ippogrifo).

Insomma, pennellata dopo spennellata, appaiono in tutto il loro splendore una ragnatela, un’enorme taranta pelosa ca mancu li cani, e soprattutto l’immagine di un San Paolo fuori le mura, anzi due San Paolo (la famosa bilocazione, prima e dopo la conversione sulla via di Damasco), con tanto di aureola, spada, mantello, barba, ma questa volta senza nemmeno gli occhi (per piangere). Dopo le prime paralisi facciali con bocca spalancata e sopracciglio immobile degli astanti, le consequenziali considerazioni circa la discutibile reputazione delle nonne dei rispettivi protagonisti dell’affaire, le interrogazioni dell’opposizione e la prima e ultima reazione della virginea amministrazione cittadina che aveva tutta l’aria di un: “E mo’ che cazzo gli diciamo a questi?”, i Macchiaioli de nohantri, tronfi manco avessero dipinto il Giudizio Universale alla Sistina, dopo aver cancellato il tutto fischiettando come niente fosse, tirano fuori dal cilindro di tinta una falce senza martello, un carretto bonsai volante, un campo di cereali del foggiano (con il Gargano incorporato), un rettangolo oblungo che vorrebbe somigliare al puteale di un pozzo, una spigolatrice da fare invidia a quelle del Millet, e finalmente alcune piante di tabacco del tempo che fu, vegetali del tutto sconosciuti alle Generazioni Alpha e Z, e credo pure ai Millennials, i cui esponenti, al pari del noto gruppuscolo di scienziati à la page, confidando nelle sempreverdi varietà “resistenti alla Xylella”, avranno esclamato a gran voce e alquanto stupefatti: “Evviva Maria!”.

Nell’attesa dell’aggiornamento del nostro Murales a Ore con un nuovo affresco però a caldo da parte del Bansky di turno, e del connesso Vernissage tutto circenses senza panem di cui l’attuale Giunta postdemocratica sembra essere l’incontrastata paladina, per non farci mancare nulla, gli ormai popolarissimi collezionisti di fiaschi (recipienti fatti apposta per i Negramaro), piuttosto che perder tempo, che so io, nella convocazione di un consiglio comunale per il conferimento della cittadinanza onoraria a Julian Assange (perché mai spendere una parola a favore di chi osi documentare i crimini di guerra del democratico Occidente), dichiarano la loro formidabile controffensiva a suon di esposti in Procura a prezzi di saldo contro chiunque ardisca mettere in discussione una delle quattro P del loro Marketing Mix (vale a dire Prezzo, Promozione, Pubblicità e Puttanate).

 
Di Antonio Mellone (del 19/11/2023 @ 15:24:35, in Fetta di Mellone, linkato 368 volte)

Mi son fatto prestare le copie del Quotidiano di Lecce, pardon di Caltagirone, di domenica 12 e lunedì 13 novembre scorsi per scopi esclusivamente scientifici: volevo accertarmi del fatto che la sequenza dialettica (e viepiù dialettale) tutta tesi-antitesi-sintesi che applico nell’analizzare personalmente lo storytelling di codesto “giornale” (lo definisco così solo perché vado di fretta – giusto il tempo di apporci le virgolette), non registrasse contraddizioni esiziali.

In estrema sintesi l’evidenza empirica ha corroborato ancora una volta le mie ipotesi (i suoi pollowers le chiamerebbero pregiudizi) che sostanzialmente corrispondono alla seguente asserzione: molto di ciò che non viene impresso su quei fogli è senz’altro una Notizia.

Di cosa vado blaterando è presto detto. Se non tutti, in molti sanno che il sabato pomeriggio 11 novembre 2023 allo stadio di Via del Mare s’è giocata la famigerata partita Lecce-Milan. Non ero presente a quell’incontro, né mai mi sarebbe saltato in mente di guardarlo su qualche schermo più o meno portatile, da un lato per via di un concerto d’organo di musica barocca cui non volevo assolutamente mancare (vuoi mettere?), e dall’altro perché di quello sport nazionale so poco o niente, se non che vi girano molti soldi oltre che le palle.

Ebbene, di quel match diciamo storico, anche grazie a certa sTAMPA come la nostra, tutti conoscono il risultato finale, le emozioni, le pagelle dei calciatori, i cartellini arbitrali con i colori sociali (gialli e rossi), le presenze in termini di spettatori, il fallo del pestone (lemma quest’ultimo di cui prima del corrente mese di novembre mi sfuggiva il significato), e ancora lo “scandalo” del o della Var, l’annullamento del goal della vittoria casalinga, ergo le correlate polemiche approdate perfino in Parlamento (della serie tutto il Fascio minuto per minuto).

 

Canto notturno di un pastore ...

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