Di Antonio Mellone (del 18/03/2018 @ 14:40:49, in NohaBlog, linkato 1387 volte)

Non mi piace chiamarli di Orientamento ma di Disorientamento. Mi riferisco agli incontri che ogni tanto tengo con i ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado.

Credo sia più corretto dir loro che esistono certamente delle strade da percorrere, magari già battute da altri, ma più spesso dei fuori pista molto interessanti; che se si sceglie un indirizzo non è detto che poi non se ne possa (intelligentemente) far marcia indietro; e che solo lottando per l’impossibile (il lemma lotta è voce del verbo amare) potranno aumentare in maniera esponenziale le probabilità di realizzarne un pezzo ogni giorno.      

Ebbene sì, stavolta l’invito a ritornare sui banchi di scuola mi è giunto da parte del prof. Fernando Seclì dell’Istituto Tecnico Commerciale “Cezzi De Castro” di Maglie. Parlando del più e del meno con questo insegnante dalle ampie vedute, scopro che “per entrare a scuola” il Seclì ha vinto il Concorso Pubblico per Docenti indetto dal Ministero (Miur) nel 2012/2013. Guarda caso proprio quello stesso (e per la medesima classe A017, cioè Discipline Economico-Aziendali)  nel quale mi cimentai anch’io, superandolo finalmente insieme a lui e a un’altra ventina di concorrenti.   

Benché l’insegnamento fosse (anzi sia) da sempre uno dei miei hobby preferiti (oltretutto molto utile, in quanto il miglior metodo per imparare le cose è insegnarle), decisi poi di rimanere in banca, giacché diverse sono le cattedre dalle quali si può, come dire, lasciare un segno (etim. di Insegnare).

 
Di Antonio Mellone (del 29/03/2018 @ 22:59:12, in NohaBlog, linkato 2189 volte)

Sepolcri 29.03.2018La Settimana Santa inizia con la Domenica delle Palme, giornata di intensa spiritualità, che a Noha parte dal mattino, con l’adunanza del popolo sull’ampio piazzale del Calvario per la benedizione dei ramoscelli d’ulivo e delle palme

Il Giovedì Santo la Chiesa ricorda l’istituzione del Sacramento dell’Eucarestia [ricordo che al termine della messa i preti si scambiavano gli auguri tra di loro: come per una festa di compleanno, ndr.]. I fedeli seguono la messa in coena Domini, nel corso della quale, con la “lavanda dei piedi” viene ricordata l’ultima cena di Gesù con gli Apostoli.

Alla fine della messa, il sacerdote ripone le ostie consacrate nel “Ciborio” dell’altare appositamente addobbato con stoffe sapientemente drappeggiate, fiori, luci, candele e piatti di grano fatto germogliare al buio. Nel frattempo tutti gli altri altari vengono spogliati dei sacri paramenti, i candelieri reclinati, le campane “legate”, l’organo ammutolito.

Le Ostie rimarranno esposte solennemente fino all’indomani pomeriggio per permettere l’adorazione da parte dei fedeli. E’ tradizione ab immemorabili visitare i “Sepolcri” (così impropriamente definiti dal volgo: più esatta sarebbe la definizione di Altari della Reposizione) allestiti nelle diverse chiese di Noha.

Il primo molto originale con ostensorio è nella Chiesa Madre di San Michele Arcangelo, trasformata per l’occasione in Basilica. Apparecchiato sull’altare maggiore, il ciborio si presenta infatti come un baldacchino, tipico delle basiliche papali (il più famoso di tutti è quello del Bernini in San Pietro), con quattro colonne tortili, sovrastato da una croce dorata, come la cupoletta.

Il leitmotiv di fondo dell’altare della reposizione della Chiesa della Madonna delle Grazie, con un mappamondo colorato e le bandiere di molti stati del mondo è l’Inclusione, a dispetto dell’esclusione dei popoli della terra. Non so perché a me questa scenografia ha ricordato i versi stupendi di “Solo Andata” di Erri De Luca, là dove lo scrittore fa parlare i migranti: “[…]  Siamo gli innumerevoli, raddoppia ogni casella di scacchiera / lastrichiamo di corpi il vostro mare per camminarci sopra. / Non potete contarci, se contati aumentiamo / figli dell’orizzonte che ci rovescia a sacco.”. E poi ancora, e soprattutto: “Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: ‘Non vi sbarazzerete di me. / Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno”.

Nella cappella dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, il tema è il sepolcro vuoto con il sudario piegato e la pietra occludente rotolata via dal Cristo trionfante.

Nella Chiesa della Madonna di Costantinopoli, invece, come da tradizione, è stata predisposta “la Pietà” (o Deposizione o Calvario) con l’esposizione della statua del Cristo Morto (nella sua antica bara di vetro) e quella dell’Addolorata. La statua della Madonna ha un vestito nero ricamato con fili d’oro, un pugnale appuntato sul petto, due fazzoletti bianchi nelle sue mani protese in avanti, mentre lo sguardo rivolto verso l’alto è pervaso dal dolore per la morte del Figlio.

Il Venerdì Santo la Chiesa si astiene dalla celebrazione della Messa. La sera fa solo memoria della morte di Gesù con la lettura del “Passio” secondo Giovanni e con l’adorazione della Croce. Non si consacra l’Eucarestia, ma il sacerdote e i fedeli consumano le particole del Giovedì Santo, riposte appunto nel tabernacolo dell’altare della Reposizione. Il popolo continua a chiamare codesta funzione Messa Sciarràta, cioè sbagliata, fuori dai canoni noti: come se il celebrante, per la morte del Signore, avesse perso la bussola.

*

Nelle chiese, dunque, tutto è allestito men che i Sepolcri.

I Sepolcri, più o meno imbiancati (in dialetto Sabburchi), spesso te li ritrovi in giro.

Antonio Mellone

 

Sepolcri 29.03.2018 Sepolcri 29.03.2018
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Di Antonio Mellone (del 10/04/2018 @ 21:54:24, in NohaBlog, linkato 1680 volte)

Stamattina al bar m’è andato il caffè di traverso.

E stavo pure rischiando un aneurisma cerebrale per il superamento dei picchi di guardia della pressione arteriosa. Mica per il caffè (oltretutto decaffeinato), ma perché m’è venuta la felice idea di dare un’occhiata al Diciamo Giornale più letto in loco, vale a dire il Quotidiano [non il Fatto, quell’altro: lo strafatto, ndr.].

Perché?

Date un’occhiata, per favore, alle pagine 2 e 3 del giornale datato 9 aprile 2018, e ditemi voi se non sono tutte da incorniciare.

Si parte con l’Economia - probabilmente studiata su Millionaire (o forse nel Billionaire) - con un bel titolone: “I lacci della burocrazia frenano gli investimenti «Più facile in Russia»”.

L’autore piagnucola su quanto sia “faticoso programmare investimenti sul territorio” [poverini, come sudano, e soprattutto come s’offrono, ndr.], e sul fatto che questo benedetto “sviluppo” e questa sacra “riqualificazione del territorio” sono costretti a scontrarsi contro il “‘muro in cemento’ della burocrazia” [mica con quell’altro meno metaforico, cioè con il muro di calcestruzzo, nossignore, ndr.].

E, mamma mia,  ma quanto tempo si perde per creare “strutture turistico ricettive extra-lusso” visto che stiamo qui ad interrogarci “ancora sull’impatto ambientale delle stesse”. Meglio dunque dare subito il via alle Opere che farne fare una Via.

Be’, in effetti non si capisce come mai, nonostante lo “Sblocca-Italia”, in Puglia ci siano delle riserve naturali non ancora trasformate in “eco-resort”, foreste di ulivi secolari non ancora destinati a “villaggi all-exclusive”, porti selvaggi non ancora corretti in “porti turistici”, e torri antiche non ancora convertite in “case-vacanze”.

Il “giornalista” continua a parlarci di “riqualificazione” [quando sento questo lemma avverto subito puzza di fregatura: il solito malpensante, ndr.], riqualificazione, dicevo, di “una fortezza che risale al 1450, nella marina tra Savelletri e Torre Canne” per “realizzare […] un centro per avvenimenti sociali, culturali e matrimoni”.

E certo, il matrimonio di lusso prima di tutto. Poi – ma solo se rimarrà qualcosa del banchetto nuziale – tutto il resto, come la storia, gli studi, la ricerca, l’arte, l’intangibilità del patrimonio culturale, e dunque l’articolo 9 della Costituzione.

Nell’altra pagina, un altro Diciamo Articolo dal titolo: “Da Colaninno a Briatore: voglia di Puglia, e poi la fuga” [per fuga s’intenderà la sfiga del Twiga, ndr.], con tanto di riporto del Pensiero Unico Briatoregno, tipo: “Nel Salento siete indietro di 30 anni”, e poi ancora: “Vi servono alberghi a picco sul mare”, e altre delizie del genere.

Non manca il doveroso riferimento al progetto dell’“Oasi Sarparea” di Mrs Daighton, la lady di ferro (e cemento) inglese che s’è messa in testa, anch’ella, di farci sviluppare come si deve, e con decine, che dico, centinaia di nuovi posti di lavoro. A completare la grande opera, e a far schizzare il Pil locale, mancherebbe soltanto un novello centro commerciale, un bel gasdotto nuovo di zecca, e l’eradicazione di un po’ di ulivi (ma solo qualche decina di migliaia, tra sani e curabili) con la scusa dell’emergenza Xylella.

Sapete da dove son nate queste due interessantissime pagine di Economia & soprattutto Commercio quotidiano [roba da 110, lode, e calcio in culo accademico, ndr.]? Dal racconto della storia di un magnate [che sarà probabilmente voce del verbo, ndr.], uno “tra i 300 più ricchi della Svizzera”, desideroso di ballare in Puglia, un uomo di 73 anni dall’occhio vispo e una bella $ sbarrata incisa nell’iride: il signor René de Picciotto. Un nome che è tutto un programma.

Antonio Mellone

 
Di Redazione (del 23/04/2018 @ 20:07:11, in NohaBlog, linkato 1560 volte)

“Con l'espressione Sindrome di Stoccolma si intende un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica.”

Cosi si legge sul vocabolario della rete, Wikipedia.

Oggi non abbiamo più dubbi, abbiamo superato il limite assoluto dell’ignoranza, basta chiederlo alla rete e la rete risponde. Peccato che la realtà sia ben altra cosa. Possiamo dire di essere più cafoni di quei poveri nostri avi che vissero nel medioevo, e per motivi risaputi, erano analfabeti e ignoranti, ma amavano coltivare il senso del rispetto e della dignità.

Protagonisti e fautori ditale della sindrome sono necessariamente quelli che generano la violenza e le vittime che la subiscono.

Tentando una schematizzazione, potremmo individuare la sequenza degli stati emotivi di un ostaggio come segue:

  1. Incredulità;
  2. Illusione di ottenere presto la liberazione;
  3. Delusione per la mancata, immediata, liberazione da parte dell'autorità;
  4. Impegno in lavoro fisico o mentale;
  5. Rassegna del proprio passato.

Alla prima fase (1. Incredulità) corrisponde la condizione dello scenario che ci si presenta davanti agli  occhi in ogni momento delle nostre giornate. Anche in momenti importanti quali potrebbero essere, per esempio, un giorno di festa, quello di matrimonio, o della laurea, o di una ricorrenza storico sociale, o di una passeggiata con ospiti che vengono a trovarci da lontano, ecc. Per cui davanti ai nostri occhi si spiaccicano visioni dure: mura dirute, sterpaglie, marciapiedi divelti, alberi bruciati, deiezioni di animali, auto ammucchiate davanti agli ingressi dei negozi, gente che ti entra in casa senza chiederti il permesso, vuoto assoluto educativo, rifiuti disseminati ovunque, bottiglie vuote di bevande consumate e buttate per strada, monumenti rotti e scarabocchiati, discariche concentrate abusivamente, per non parlare di fumi pestilenziali di plastiche bruciate o di veleni che non vediamo, ma che stanno nell’acqua e nella terra.

A questo punto, su Wikipedia leggiamo:  

“L'ostaggio reagisce come può all'estremo stato di stress cui è sottoposto, una delle prime reazioni, rifugio psicologico primitivo, ma emotivamente efficace, è la negazione”.

Per sopravvivere la mente reagisce tentando di negare quanto sta avvenendo, pensando così che le mura divelte sono storia e cultura, che i rifiuti sono l’esternazione di un profondo stato primitivo dei suoi amati fratelli e paesani (che in questo caso però diventano i suoi stessi sequestratori), che i marciapiedi divelti siano una specie di Novel - Arte, che insomma se in estate il Salento diventa terra ambita da milioni di turisti, in fondo saranno tutte cose belle e piacevoli, comprese discariche, deiezioni e maleducazione compresa.

Superata la fase della negazione, e che quindi ci rendiamo conto della realtà, al secondo punto, scatta la molla della ribellione morale per tanto degrado e vilipendio (2: Illusione di ottenere presto la liberazione).

Che si fa? Per questo nascono miriadi di associazioni, circoli culturali, veri e propri eserciti di volontariato che si disperano  per cercare di arginare la violenza di cui  al primo punto, chiedendo e offrendo aiuto all’Autorità. Non proprio tutti, alcuni si rassegnano subito e ritornano nella negazione di prima, assopiti in gloria sotto al vessillo del loro stesso circolo – che resta comunque culturale o colturale, tanto il risultato rimane invariato.

La certezza di una salvezza “garantita” dall'Autorità, aiuta l'ostaggio nella propria difesa mentale, ma più passa il tempo senza che accada nulla (e questo sta accadendo da anni soprattutto a Galatina e frazioni, viste le inutili segnalazioni, richieste protocollate, e sostegno di tanti pseudo politici per nulla). In casi simili (3. Delusione per la mancata, immediata, liberazione da parte dell'Autorità), è facile perdere la cognizione del trascorrere dei minuti e delle ore e dei decenni, l'ostaggio tende inconsciamente a rinnegare l'autorità costituita che è diventata per lui, di fatto, un’incognita. Logica conseguenza è l'inizio del processo di immedesimazione, o di “identificazione”, con gli autori stessi della violenza. E qui La sindrome del nohano salentino è certificata.

(4. Impegno in lavoro fisico o mentale). Dalle nostre parti la fase del  punto 4 si dissolve nell’aria in men che non si dica, sarà per via del vento o del sottosuolo carsico, in cui tutto va a disperdersi.

Il timore di una conclusione tragica ci suggerisce l’ultima chance: o organizzare una bella festa, giusto per stordire l’eventuale neurone ancora integro, dell’ostaggio rompicoglioni che c’è in noi, oppure fingere che tutto ciò sia il nostro standard di benessere in cui amiamo crogiolarci.                 (5. Rassegna del proprio passato).

E quindi, a proposito del vettore della fatidica xylella fastidiosa che a detta di qualche benpensante sta seccando i nostri ulivi secolari, possiamo concludere che noi siamo molto peggio.

C.D. Fareambiente Laboratorio di Galatina-NOHA

 

 
Di Antonio Mellone (del 24/04/2018 @ 13:24:11, in NohaBlog, linkato 5678 volte)

Non ne augurerei la lettura nemmeno al mio peggior nemico. Sto parlando del decreto del cosiddetto Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, relativo a: “Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella fastidiosa nel territorio della Repubblica italiana” [sic], pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di venerdì 6 aprile 2018, da pagina 29 a pagina 96. Non tanto per la forma (ché anzi il tragicomico elaborato potrebbe essere attribuito al Manzoni - Piero, dico, non Alessandro), quanto per il contenuto.

Il reggente del PD (acronimo che starà per Partito Decespugliatore) s’è messo d’impegno a combattere la Xylella fantasiosa con armi meccaniche, fisiche e chimiche al cui confronto quelle di Goldrake e Mazinga Z messe assieme (dall’alabarda spaziale al doppio maglio perforante, dal raggio antigravità ai disintegratori paralleli) sarebbero, come dire, convenzionali, oltre che spuntate. 

Nel decretino-Martina, invece, finalizzato alla salvezza di questa serva Italia, di dolore ostello c’è tutto un florilegio di prescrizioni (con sanzioni amministrative penali et corporali in caso di inosservanza) volte sconfiggere la povera Sputacchina, insetto untore del batterio che secondo gli “scienziati” de noantri farebbe seccare gli ulivi di Puglia. Peccato che questa correlazione di tipo deterministico (cioè Xylella-uguale-disseccamento) non sia stata scientificamente dimostrata, e che comunque vettori del batterio potrebbero essere molti, moltissimi altri insetti (tipo l’uomo, il più letale dei virus), ma pazienza.

Sta di fatto che il messaggio sopraliminale del decreto è: arginare quell’anarchica della natura, eradicando storia e geografia di una terra per compiervi ogni tipo di speculazione vetero-turistica (come quella dei filibustieri cementizio-briatoregni) o colonialistica-multinazionale (tipo quella di Tap).

E così, nel disposto legislativo, viene elencata tutta una serie di carinerie stocasticamente indipendenti dalla logica, come l’obbligo di eradicazione delle piante infette (arboree, erbacee e arbustive) nonché di quelle non infettate nel raggio di 100 metri, e così per una superficie pari a 3,14 ettari (pregasi ricordare dalle medie la formula dell’area di un cerchio: raggio al quadrato per ); obbligo di diserbo in ogni modo, incluso dunque l’utilizzo di diserbanti chimici; e, infine, obbligo di trattamenti insetticidi su tutta l’area (ma sì, muoia la Sputacchina con tutti gli scarabei).

State pensando che questa è paranoia? Pure io.  Roba che al confronto Attila sarebbe un coltivatore diretto.

Mo’ vai a spiegare al pro-secco Martina, agli altri Sterminator e ai Diciamo Scienziati dal pollice verso più che verde che vegetazione spontanea, erbe selvatiche, animali e insetti sono componenti essenziali della biodiversità; che le specie erbacee (pervinca, primula, anemone, ortica, aglio selvatico, gramigna, biada spontanea, papavero, rovo e rucola) sono ottimi disinfestanti naturali; che gli insetti che ospitano sono impollinatori anche delle specie coltivate e alimentari; che il mondo non può essere trasformato in una sala operatoria asettica; che api, bombi e altri insetti sono attirati dalle fioriture primaverili di erba medica, trifoglio, girasole, robinia, camomilla, eccetera, e che la loro presenza attira gli uccelli migratori che volentieri si fermano a rifocillarsi tra i cespugli (vettori pure loro, maledetti).

E meno male che il governo in carica poteva compiere solo atti di ordinaria amministrazione. Sennò, nel pieno dei suoi poteri, il Consiglio dei Sinistri Srl avrebbe già sganciato la bomba atomica sul Salento.

L’unico mezzo, a quanto pare, in grado di salvarlo.

Antonio Mellone

 
Di Antonio Mellone (del 30/04/2018 @ 15:28:14, in NohaBlog, linkato 1602 volte)

Cos’è questa fregola per il nuovo governo? Ma davvero non vedete l’ora che se ne insedi uno “NEL PIE-NO DEI SU-O-I PO-TE-RI”, sì da “RI-SOL-VE-RE I PRO-BLE-MI SUL TAP-PE-TO”?

Ho sentito qualcuno pontificare in merito all’urgenza di un “esecutivo forte” (dev’essere una fissa) per ridurre subito il debito pubblico italiano (come se tutti i precedenti governi nella pienezza delle loro funzioni avessero scalfito di un centesimo questo benedetto debito – che, dispettoso come un bullo a scuola, ogni giorno batte il record del suo valore assoluto); qualcun altro, allarmato dagli scenari di guerra internazionali, aspetta con trepidazione il novello consiglio dei ministri (in effetti in passato, grazie agli “uomini forti” in carica, non ci siam mica genuflessi all’imperialismo americano concedendo le basi militari italiane per i bombardamenti “esportatori di democrazia”, né ci è mai venuto in mente d’inviare generosi contingenti di nostri soldati a morire nelle famose missioni di pace).

Insomma, sembra ci sia molta fretta per il ritorno degli interventi straordinari, e dunque la dolce attesa di Grandi Opere e correlative spese: come il TAV (una ferrovia dedicata alle merci, accanto a un’altra sottoutilizzata, per far arrivare a destinazione una scatoletta di tonno una mezzoretta prima del solito, non senza aver prima distrutto una valle e speso una barcata di quattrini), o il Mose di Venezia (che non funziona nemmeno con i carabinieri, nonostante gli arresti, la decina di miliardi scialacquati e il centinaio di milioni di euro all’anno necessari alla sua manutenzione ordinaria: in compenso le Grandi Navi – sempre per tutelare Venezia - possono arrivare fin dentro la basilica di San Marco e accendere un cero), o il TAP (per la solita febbre dei combustibili fossili - che ci vendono come rinnovabili - onde il loro finanziamento sarebbe come investire nella Kodak, o in Blockbuster, o in Lehman Brother, di cui si diceva: “non falliranno mai”), o il redivivo Ponte dei sospiri sullo Stretto, o l’acquisto degli Aerei F35 (F di fregatura), o la Pedemontana lombarda (più milioni di euro che auto), e altre genialate del genere.   

Ebbene sì, non riusciamo proprio a vivere senza un Premier pronto a eseguire (a proposito di esecutivo) i desiderata della Troika (pronuncia esatta senza k), della JP Morgan (alla quale fanno ribrezzo le Costituzioni antifasciste) e del Club Bilderberg (qualunque cosa sia) messi assieme, alla luce dello spauracchio del declassamento del rating, dell’aumento dello spread e dell’invasione delle cavallette.

 
Di Redazione (del 02/05/2018 @ 22:56:14, in NohaBlog, linkato 1106 volte)

Eccovi "Lampadine", un brano de La Municipàl (made in Noha) trasmesso al Concertone romano del Primo Maggio 2018.

Bravissimi Carmine e Isabella. Come diceva quel tale: tutte le strade portano a Noha, e poi se nasci Tundo non puoi morire quadro.

La redazione

 
Di Antonio Mellone (del 06/05/2018 @ 18:54:53, in NohaBlog, linkato 1731 volte)

Quando una ragazza vi chiede di mostrarle una cappella, voi stupitela facendole vedere una cattedrale.

E così tempo fa accompagnai una delle mie tesiste nella stupenda cattedrale di Nardò, una tra le più belle di Puglia - e alla quale sono particolarmente affezionato. Nossignore, non insegno all’università, ma periodicamente seguo alcuni studenti anche nella redazione della loro tesi di laurea dacché molti professori non hanno il tempo di leggere e correggere gli elaborati dei loro allievi. Sissignore, lo faccio per hobby e, s’intende, gratis et amore Dei. Nossignore, seguo gli universitari di tutti i sessi, non soltanto gli esponenti di genere femminile e di venustà intimidatoria. No, non esclusivamente in Economia, mio pane quotidiano, ma in svariate altre discipline (se no che gusto ci sarebbe). Nossignore, la ragazza dell’immagine non è la tesista di cui sopra, ma mia cugina Martina, una cantante molto brava, ritratta mentre la accompagno (indegnamente) al settecentesco organo a canne della Madonna del Canneto (sic) di Gallipoli. Per dire quanto adoro certi strumenti musicali.

Volete sapere altro? Bene. Dopo questa doverosa (e invero prolissa) premessa, ritorniamo nella Cattedrale neritina.

Ora, confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli, che ogni volta che entro in una chiesa qualsiasi la prima cosa che cerco con lo sguardo è la presenza di un organo a canne. E’ una mia deformazione abbaziale: trascuro tutto il resto, incluso, per dire, un Giotto o un Duccio di Buoninsegna e perfino un Caravaggio (me li tengo per il dulcis in fundo), per andare alla scoperta della fitta palizzata di canne, sovente a mitra di vescovo o a cuspide, svettante da qualche parte.

 
Di Antonio Mellone (del 13/05/2018 @ 11:22:22, in NohaBlog, linkato 1728 volte)

Che bello: quiSalento ritorna finalmente in edicola dopo quasi quattro mesi di vacanza.

Per un attimo avevo temuto il peggio. Ma i miei amici sono tosti e troppo giusti per lasciar cadere il marchio quiSalento nelle fauci dei leoni, cioè i soliti editori cafoni pieni di milioni, proprietari di televisioni e varie pubblicazioni cloni (quelli cogli oni, come diceva quello).

Invece Cinzia, Dario, Dora, Valeria e Matteo ce l’hanno messa tutta, costituendo una società cooperativa vera, di quelle dove realmente e non a chiacchiere uno vale uno, si sono nfordicati le maniche, hanno investito il loro Tfr nella nuova avventura editoriale, e hanno ripreso di buona lena uno dei lavori più belli e più difficili in assoluto: quello che scommette sulla parola (in minuscolo per carità) e sulle immagini sfregate sulla carta: l’unico potere in grado di cambiare il mondo in meglio, a condizione che sia francescano, scalzo, e pronto a dar voce al pianoterra più che ai piani alti.

Conosco quiSalento praticamente dal suo primo numero. Ho anche (indegnamente) collaborato e più volte con la sua redazione. Pensate che Marco Lagna, un nohano allora studente al classico di Galatina, oggi brillante laureato in Filosofia, diventò per il mio tramite il primo stagista di codesto comitato di giornalisti professionisti (mentre già faceva parte dell’Osservatore Nohano, il locale mensile semiclandestino che fingevo di dirigere, uscito per la prima volta nel 2007 e però andato a ruba per cinque anni consecutivi).

 

Canto notturno di un pastore ...

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