Di Antonio Mellone (del 14/03/2019 @ 13:27:52, in NohaBlog, linkato 1600 volte)

L'ulivo di piazza Sant'Oronzo
qualche giorno fa

L'ulivo di piazza Sant'Oronzo
oggi

Che ingenuo che sono. Pensavo che, l’altro giorno, gli imprenditori agricoli fossero scesi in piazza a Lecce per protestare convintamente contro la demenziale capitozzatura dell’ulivo plurisecolare piantato ai piedi della colonna di Sant’Oronzo.

Come al solito mi sbagliavo.

Previo utilizzo di compresse protettive per stomaco ma soprattutto fegato, mi decido una buona volta a sfogliare qualche quotidiano locale, compulsare siti on-line, ricercare pagine fb a tema, e guardare il tg orba(n) per capirci finalmente qualcosa.

Ebbene sì, pare che alcune categorie di imprenditori agricoli abbiano organizzato una manifestazione per “fronteggiare la Xylella”.

Un giornalingua televisivo, probabilmente in vena di metonimia o forse sineddoche, dava la Sputacchina ormai alle porte di Bari. Per dire dell’emergenza (ora per favore non chiedetemi precisamente quale).

Ma sì, era ora che qualcuno gliela facesse vedere a questo batterio rompipalle: il quale sicuramente, visto il dispiegamento di mezzi e di falci (senza martelli), spaventato a morte, sarà caduto definitivamente in letargo, anzi automaticamente in quarantena. Peccato che fermare eventualmente la Xylella non significa bloccare il fenomeno dei disseccamenti - ma queste sono inezie, e non possiamo mica star qui ad attaccarci ai particolari.   

Qualche giornale piagnucolava pure sulla spaccatura amletica del mondo agricolo salentino: da una parte le sigle pronte a chiedere le dimissioni dell’assessore all’agricoltura della regione Puglia, dall’altra no. Ma tutte compatte nel rivendicare sostanzialmente due cose: la prima i soldi, e la seconda la libertà di fare quel cazzo che gli pare - tipo eradicare liberamene i “vecchi” ulivi per sostituirli con varietà secondo loro “resistenti al virus” [sic]. Si chiama neoliberismo agricolo (ché il liberismo tout court qualche regola almeno la tollerava).

Delle cure, che in più casi stanno funzionando, manco a parlarne: evidentemente si tratta di “fake news dei soliti negazionisti”; della domanda in merito alla fine che farebbe il concetto di DOP con le novelle varietà nemmeno l’ombra; dell’eventualità che le razze da reimpiantare non siano poi così resistenti al complesso di disseccamento neanche l’ipotesi; del fatto che la scienza autoreferenziale non è vera scienza, e che la ricerca scientifica è per Costituzione (art. 33) libera e aperta neppure un cenno.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 19/03/2019 @ 22:19:36, in NohaBlog, linkato 1071 volte)

Viviamo in una sorta di sonnambulismo, in cui anche i sogni sono standardizzati. Non esiste alcun dubbio, neppur minimo che questo modo di (non) ragionare, ci stia portando irreversibilmente verso tanti nulla. Anche le pietre alla fine se ne fanno una ragione. A pensarci bene, se la fa anche l’instancabile viaggiatore che attende con ansia la svolta dopo l’ultima curva della via di Noha, un tempo via Santa Lucia. Lo spettacolo che appare è come un vecchio quadro, dove nessuno avrebbe potuto o dovuto apporvi cambiamenti. E qui, dopo l’ultima curva, tutti gli affanni, le preoccupazioni, gli affari che non vanno bene, gli ulivi che seccano, l’aria che puzza di Ilva o di altro, secondo come gira il vento, i rifiuti scansati zigzagando per la strada, il lavoro perso, i debiti, la delusione, ecc., tutto si azzera in un sol colpo. Basta aprire gli occhi.

 
Di Antonio Mellone (del 09/04/2019 @ 21:57:09, in NohaBlog, linkato 2295 volte)

Dov’è possibile trovare una rosticceria con forno a legna? 

Lo so, la risposta potrebbe essere rappresentata da una Distribuzione di Poisson, meglio nota come Legge degli Eventi Rari, ma a Noha una focacceria/pucceria/pizzeria con tanto di forno a legna esiste eccome e da un bel po’: si trova in via Pigno, all’ombra della torre medievale, di fronte al forno Filieri, a una ventina di metri da casa mia, svoltato l’angolo.

Si tratta di Scacco Matto, una minuscola gastronomia soprattutto da asporto in grado di far le cose per bene. Il suo modello organizzativo è il più potente longevo ed efficace che esista in Economia: vale a dire la conduzione familiare, un lusso mica da tutti.
È vero, in giro è pieno di catene di fast-food, spesso all’insegna delle grandi corporation, e se hai un po’ di soldi in tasca non muori affatto di fame; ma una cosa è riempire lo stomaco, un’altra mangiare decisamente meglio. E poi vuoi mettere una piccola pizzeria di paese, un luogo che sa di casa, di funghi freschi appena tagliati, di lievito madre, e senza commessa in livrea costretta a sorridere sempre, per contratto: non c’è proprio paragone. Qui il cibo è veramente diverso, il suo sapore unico, niente affatto identico a quello di una “filiale” di Lecce, Milano o Canicattì. 

 
Di Antonio Mellone (del 17/04/2019 @ 19:41:00, in NohaBlog, linkato 1106 volte)

Ci sono libri, ancorché brevi, dei quali non vedi l’ora di abbandonare la lettura. Certo, potresti anche riporli sulla loro mensola senza tanti scrupoli: ma essendo un tipo ostinato, io, non ce la faccio proprio ad accantonarli dopo le prime pagine, sicché cerco sempre di arrivare fino in fondo, non fosse altro che per recuperare i soldi spesi per il loro acquisto.

Ma esistono altri libri, pur ponderosi, che ti verrebbe di divorare in un sol boccone, ma decidi invece di degustare con calma, di centellinarne le pagine, proprio come faresti con una grappa invecchiata di gran valore provando a farla durare il più a lungo possibile.

Con “Gente del Sud” di Raffaello Mastrolonardo (Tre60, Milano, 2018), sei in questo secondo caso. Sì, perché non hai voluto voltare le circa 770 pagine del volume con la voracità che ti veniva in automatico vista la scorrevolezza del testo, ma hai usato uno stratagemma formidabile volto a farti frenare, indugiare, sostare (in quel sud) il più a lungo possibile.

Il come è presto detto.

 
Di Albino Campa (del 18/04/2019 @ 23:24:49, in NohaBlog, linkato 1770 volte)

Chiesa Madre di San Michele Arcangelo in piazza S.Michele.

Tre Altari della Reposizione e una Pietà Tre Altari della Reposizione e una PietàTre Altari della Reposizione e una Pietà

Chiesa della Madonna delle Grazie, prospiciente gli omonimi giardini.

Tre Altari della Reposizione e una Pietà Tre Altari della Reposizione e una PietàTre Altari della Reposizione e una Pietà Tre Altari della Reposizione e una Pietà

Chiesetta della Madonna del Buon Consiglio, in via Aradeo.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 21/04/2019 @ 21:38:54, in NohaBlog, linkato 1526 volte)

Be'... Non ci credevo più nemmeno io. A forza di vedere in giro alberi capitozzati e altri tutti secchi, con al massimo qualche rara parvenza di fogliame, pensavo che solo un miracolo potrebbe salvare i nostri ulivi. Dopo aver visto gli alberi di Michele, invece, mi si è riaperta la speranza.

Il mio cuore ha sentito come il chiudersi improvviso di un taglio che perdeva, perdeva appunto, la speranza.
E pensare che Michele non è un contadino, di mestiere fa tutt'altro. Eppure il suo giardino sembra la vetrina di un gioielliere, i suoi ulivi sono tutti in fiore, tutti. Nonostante il suo campo sia circondato da terreni trascurati e ulivi malandati. Cosa fa per mantenerli così? Semplicemente li tratta con la poltiglia bordolese, una potatura arieggiata che ha fatto lui stesso e infine, dice Michele, con le piante ci parla, le tratta come fossero delle persone care.

Osservavo il confronto tra i due uliveti, sono perfettamente uno di fronte all’altro ai lati della strada, in via Aradeo, esattamente nei pressi del viale che porta all’antica Masseria della Contessa, osservavo dicevo, l’incredibile condizione dell’uliveto dirimpetto a quello di Michele, è stato ghigliottinato barbaramente, e lasciato soffocare dal sottobosco di erbe spontanee, mentre le piante di fronte, quelle del nostro amico, sono l’esatto opposto, con un carico di fiori inimmaginabile.

 
Di Antonio Mellone (del 22/04/2019 @ 08:51:23, in NohaBlog, linkato 1483 volte)

Il primo è un prato inglese in senso stretto, il secondo salentino. Uno sta bene certamente nel suo naturale habitat britannico, l’altro nella nostra terra. Del prato inglese sarebbe sufficiente una sola immagine, del salentino non basterebbe una galleria intera.

Il prato inglese è uniforme, monotono non crescente (anche nei sensi matematico e musicale della locuzione), regolare, tendenzialmente omogeneo, piatto; il prato salentino invece è irregolare, variegato, singolare, mai identico a se stesso.

Il prato inglese assorbe energia, il salentino te la restituisce.

Il primo mi dà l’idea di un elettrofono per suoni sintetici; il secondo di un organo con una miriade di canne, una diversa dall’altra per lunghezza, diametro, materiale timbrico e dunque vibrazioni.

 
Di Fabrizio Vincenti (del 24/04/2019 @ 19:40:50, in NohaBlog, linkato 1417 volte)

Da quando sono al nord ho imparato a guardare alla mia terra d’origine con un amore e una misericordia che prima non conoscevo. Così, mentre quella volta la mia infanzia trascorreva senza tanti fronzoli, noncurante di ciò che avevo intorno, ora, da lontano, da molto lontano, osservo ogni foto che mi giunge attraverso questo scellerato monitor. Ne studio i dettagli, le riguardo per vedere se tra quelli immortalati c’è ancora qualcuno che conosco. Guardo i colori, le ombre. Anche se si tratta solo di un’immagine sullo schermo, cerco di capire se è cambiato qualcosa rispetto a come ricordo io le cose; i volti, gli sguardi, le strade, le case. Osservo la piazza del paese e mi chiedo se è la stessa piazza di quando avevo undici, dodici, tredici anni.

Faccio molta attenzione a tutto, ma ho sempre la stessa sensazione, come se qualcosa fosse cambiato inesorabilmente, e non capisco cosa. Forse è cambiato tutto o forse tutto è esattamente così come l’ho lasciato quella volta, e ad essere cambiato sono io, solo io, certamente in peggio.  Allora corro subito a ripensare alle mie pasquette, alle mie cuccagne, alle mie settimane sante, e nei ricordi rivedo tantissima gente, una folla sterminata, come se Noha a quei tempi contasse centomila anime. Ora, invece, conteggio le persone per capire se, sulle dita, riuscirò a superare il numero dieci, e non ci arrivo. Allora mi sembra che i centomila ora siano solo nove a Nove, neanche dieci. Cosa c’è che non torna in quelle processioni fotografate? Cosa manca in quelle chiese del giovedì santo? Chi ha allestito? Chi ha addobbato? E le statue erano le stesse che ammiravo io, ammutolito per le loro apparenti immobilità?

Ricordo che quando ero ragazzo quelle forme di cartapesta si muovevano, anche se liturgicamente sconsigliato. Tutto il paese era in movimento. I colori erano diversi. Tutto era diverso. Allora finisco sempre col pentirmi: basta vivere di nostalgia e ricordi; è normale che il presente non sia come il passato, deve essere così; è tutto normale. Il presente è presente. Ma cosa volete che vi faccia: a me qualcosa non torna in questa faccenda.

 
Di Antonio Mellone (del 27/04/2019 @ 16:04:53, in NohaBlog, linkato 1233 volte)

Da “Povero Silvio” a “Povero Figlio”. Da Antonio Cornacchione ad Antonio Mellone (le corna sue).

Sì, perché il coinvolgimento emotivo, il pianto a dirotto e la commozione (cerebrale), pur nel rispetto del copyright, sono sostanzialmente identiche a quelle che provava l’attore di Zelig nelle sue gag.

Ora vi spiego di cosa vado blaterando.

Qualcuno m’ha fatto notare un post Fb di qualche giorno fa, vergato probabilmente “di notte dopo le frenetiche giornate passate a Roma”, quando trova “il tempo per pensare” [non sarebbe meglio pensare di giorno, magari in aula?, ndr.], nel quale un pezzo grosso della politica nostrana, vale a dire un neodeputato del Movimento di Lotta e di Governo, si confessa al suo popolo evidenziando tutto il suo tormento, l’afflizione, che dico, lo strazio di vivere lontano da casa magari con quattro soldi, costretto com’è a lottare per i nostri interessi, “ridurre le distanze tra palazzo e cittadini”, e finalmente aiutare tutto il mondo, oppressi e oppressori.    

Povera stella. Anzi cinque.

E voi, ingrati che altro non siete, vi permettete pure di far calare i consensi nei sondaggi di Pagnoncelli?

Ma cosa vi salta in mente: lui è sceso in campo, e l’ha fatto per noi, pooveeroo fiiiglio [più di una lacrima imperla ora i miei occhi, ndr.]. Ma dico io: ma chi te l’ha fatto fare-e-e-e. Pane e vino non ti mancava. Eppure ‘sto governo di cose giuste ne ha fatte tante: solo che non riesce proprio a farlo sapere-e-e-e [pianto disperato, ndr.].

 

Canto notturno di un pastore ...

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