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Articoli del 10/07/2025

Di Redazione (pubblicato @ 08:20:43 in NohaBlog, linkato 194 volte)

"Riceviamo e volentieri pubblichiamo una ricerca dell'ing. Giovanni Vincenti sulla Masseria Colabardi, un tassello mancante che va a integrare le pagine della grande storia di Noha."

Le poche notizie storiche relative a masseria Colabardi, sita nel feudo di Noha, sono dovute per lo più alle attente ricerche di padre Francesco D’Acquarica (Noha. La sua storia, Lecce 2021, pp. 37-46) e di Marcello D’Acquarica (I beni culturali di Noha, Galatina 2009, pp. 78-81). Un complesso edilizio cinquecentesco, realizzato inglobando anche strutture precedenti, sul cui prospetto compare l’arma della famiglia Bardi [fig. 1] all’interno del quale sono incise due lettere N. e B., da sempre sciolte come le iniziali di tale Nicola Bardi (da cui deriverebbe il nome della masseria), ed una data, 1595, scolpita su uno dei due stipiti del portale d’ingresso [fig. 2].

Sappiamo, per certo, che un tale Cola Bardi di anni 60, habitante da anni trenta anni circa in Galatina, insieme al fratello Geronimo di anni 55 e ad un giovane schiavo di nome Gioanne di 20 anni, in una casa sita nel vicinato (isola) di S. Andrea, è registrato in un focatico del 1597 [fig. 3], con un patrimonio stimato in circa ottomila ducati, una cifra enorme per l’epoca.

Il casuale rinvenimento ora, di un inedito documento del 1657 consente, per la prima volta, di individuare non solo il proprietario del tempo della masseria, ma di fornire anche una sua sintetica descrizione.  

Quando il 2 dicembre 1657, viene aperto il testamento di D. Organtino Termetrio “giuniore” figlio di Camillo e Beatrice Costa e nipote di Organtino “seniore” e Lucrezia de Rinaldis di Carpignano, eredi universali di tutti i suoi beni risultarono la moglie Domitilla Mongiò ed il fratello Marc’Antonio.

Tra il suo consistente patrimonio, mobiliare ed immobiliare, è annoverata anche la «masseria nominata lo Colabardi consistente in torre, case, capanne, et in cinque chesure, con suo pezzo di terra seminatoria, cioè uno chiamato Santo Thodero, l’altro la Cisterna, l’altro l’Aire Vecchia, l’altro Mascese, et l’altro la Nova sita, et siti nel feudo di Nohe giusta li suoi notori confini». 

Gli “ammassari” allevavano «pecore tra grosse, e nutrini cinquanta quattro, et uno paro di bovi tutti di pelo lombardo uno di cornatura calva, et l’altro di cornatura tisa» [fig. 4].

Ma non solo. D. Organtino Termetrio, seguita la sua morte, “vuole, ordina e comanda” ai suoi eredi che dal credito vantato da Sabatino Scrimieri di Nohe (ducati quattordici), da Oratio e Masi Turre (ducati quattordici), e da Francesco Turre e Angelo Paglialonga (ducati dodici), la cui somma  ammonta a quaranta ducati, che quei denari siano lasciati «all’Arciprete di Nohe [D. Antonio Donato Palamà (1650-1689)] con peso di rifare la Chiesa di Santo Teodoro in detta Masseria de Colabardi, farla benedire, sodisfarsi il suo censo, et il rimanente rilasciarlo a’ detti Ammassari, o dispensarlo a’ poveri» [fig. 5].

La masseria, rimasta poi nella disponibilità di Domitilla Mongiò (1628-1709), che in seconde nozze sposa Leonardo Gorgoni u.j.d., alla morte della quale è ereditata dal figlio Gio. Andrea Gorgoni (1663-1719), coniugato con la neretina Caterina Sambiasi baronessa di S. Andrea, come attestano altri documenti.    

Giovanni Vincenti

 

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