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Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
 
 
Articoli del 18/03/2018

L’affresco in questione, di autore sconosciuto,  può essere databile tra il 1600/1700 ed è molto deteriorato perché ha subìto l’incuria dell’uomo e il logorio del tempo. Si trova in Via Calvario, di fronte all’affresco di S. Michele, in una nicchia alta  poco più di un metro e larga circa 60 centimetri, ricavata nel muro di fronte a chi sale le scale dell’abitazione della Sig.ra Concettina Tundo.           

            Si tratta della Madonna del Carmine. La Santissima Vergine è incoronata. Con il braccio sinistro regge Gesù Bambino. Con la mano destra porge l’abitino o scapolare a qualcuno che è in basso ai suoi piedi: infatti si intravedono due santi e forse sono San Pietro e il Beato Andrea Conti. La mia ipotesi della identificazione dei due santi è supportata dal fatto che, come leggerete fra poco, la stessa immagine era riprodotta in una grande tela posta nella vicina chiesa madre all’altare delle Anime del Purgatorio.

            A proposito dell’origine della de-vozione alla Madonna del Carmelo possiamo ritenere questa breve sintesi pubblicata dal giornale cattolico l’Avvenire.

           Il primo profeta d'Israele, Elia (IX sec. a.C.), dimorando sul Monte Carmelo, ebbe la visione della venuta della Vergine, che si alzava come una piccola nube dalla terra verso il monte, portando la pioggia e salvando Israele dalla siccità. In quella immagine tutti i mistici cristiani e gli esegeti hanno sempre visto la Vergine Maria, che portando in sé il Verbo di-vino, ha dato la vita e la fecondità al mondo. Un gruppo di eremiti, «Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo», costruirono una cappella dedicata alla Vergine sul Monte Carmelo. I monaci carmelitani fondarono, inoltre, dei monasteri in Occidente. Il 16 luglio del 1251 la Vergine, circondata da angeli e con il Bambino in braccio, apparve al primo Padre Generale dell'Ordine, beato Simone Stock, al quale diede lo «scapolare» col «privilegio sabatino», ossia la promessa della salvezza dal-l'inferno, per coloro che lo indossano e la liberazione dalle pene del Purgatorio il sabato se-guente alla loro morte. (dal giornale quotidiano l’Avvenire)

            La devozione alla Madonna del Carmine è molto diffusa un po’ dovunque. Anche a Noha lo era. Don Michele Alessandrelli (1812-1882) che fu arciprete di Noha dal 1847 al 1882, in una sua relazione del 1850 così descrive l’altare e la cappella della Madonna del Carmine o delle Anime del Purgatorio che si trovava nella chiesa madre di Noha:

            E cominciando dall'Altare Maggiore verso la porta  Maggiore a man destra vi sta il Cappellone delle Anime del Purgatorio, che ha la lamia a spicolo pittata. L'Altare è privileggiato. Sta per suo uso tre tovaglie di tela paesana, le Carte Gloria, un Crocefisso, ostensori in numero 7. Candelieri piccoli 2. Un leggile, ed un quadro grande di cappella col suo cornicione indorato con canaletti coloriti, dove si sta dipinta l'immagine della Beatissima Vergine di Monte Carmelo, che tiene il Bambino Gesù in braccia con abitini in mano: sotto della quale figura stan dipinte l'Anime Sante del Purgatorio, e nelli lati pittati S. Pietro ed il beato Andrea Conti, ed altri scherzi di puttini attorno, quale quadro lo fè fare il signor Ferdinando Pandolfi per sua divozione. Non si ha notizie del fondatore, e pel suo mantenimento concorre la pietà dei fedeli.

            Questo cappellone con relativo quadro grande di cappella oggi non esiste più, ma ci fa capire che la devozione alla Madonna del Carmine era molto sentita anche a Noha.

 

            A proposito dei Santi appena visibili in basso ritengo che siano: San Pietro e il Beato Andrea Conti, come nel quadro descritto dall’Alessandrelli. Di San Pietro si sa quanto la devozione sia ed è ancora molto diffusa anche a Noha. Del Beato Andrea Conti sappiamo che il suo culto fu riconosciuto ed approvato da papa Innocenzo XIII, l'11 dicembre 1724: e questo potrebbe essere l’anno probabile di quando fu fatto l’affresco in questione e forse anche l’altare descritto dall’Alessan-drelli.

 

Andrea De Comitibus dei Conti di Segni, nacque ad Anagni verso il 1240; fu parente stretto dei papi Innocenzo III, Gregorio IX, Alessandro IV e Bonifacio VIII, degli ultimi due fu rispettivamente nipote e zio. Dalla città di Anagni, che fu sede pontificia di alcuni papi e in cui conobbe l'Ordine Francescano, facendone parte, venne trasferito per suo desiderio nel vicino convento eremitaggio di Piglio, alle pendici del monte Scalambra, dove rimase per tutta la vita. In questo convento divenne modello perfetto di umiltà francescana e mortificazione, di modestia e di pietà. Ma fu anche uno studioso, suo è il trattato "De partu Virginis" purtroppo andato perduto; ebbe doni carismatici da Dio nell'aiutare le anime, con consigli e miracoli, specie contro le insidie diaboliche. Nel 1295 suo nipote il papa Bonifacio VIII, voleva nominarlo cardinale, ma egli rifiutò tale dignità, preferendo servire la Chiesa nella sua solitudine. A circa 62 anni, morì il 1° febbraio 1302. Il suo culto fu riconosciuto ed approvato da papa Innocenzo XIII, l'11 dicembre 1724.

 

            Del signor Ferdinando Pandolfi, il benefattore che per sua devozione commissionò in chiesa l’altare e il quadro della Madonna del Carmine, sappiamo quanto segue. Nei registri parroc-chiali del 1725/ 1726/1728 viene riportato il nome di un certo Ignazio Pandolfi, napoletano ma residente a Noha, nella qualità di agente del Sig. Antonio Filomarini affittatore a Noha. In un matrimonio del 18 novembre del 1725 si dice che erano ‘Presenti per testimoni Ignatio Pandolfi et Ferdinando Pandolfi, padre e figlio della città di Napoli habitanti in questo casale di Nohe’. Io penso che questo Ferdinando Pandolfi, napoletano, a cui accenna il documento sia il benefattore. E molto probabilmente suo nonno, anche lui Ferdinando Pandolfi, nei primi anni del 1600 fece l’altare dedicato a San Michele, perché in alto sulle due colonne tortili dell’altare sono ben visibili due lettere maiuscole: una P tra due punti e una F appuntata, Pandolfi Ferdinando appunto. 

 

            Ora tenendo conto del luogo dove si trova questo affresco si può affermare che in quella zona esisteva la masseria di Giovanni Giuseppe Congedo, un altro grande proprietario di terre a Noha. Infatti tutto l’isolato che partiva da Via Aradeo angolo Via Agrigento, proseguendo in Via Aradeo per svoltare in Via Calvario fino a girare poi a destra in Via Principe Umberto per uscire in Via Agrigento, Corte Agrigento compresa, formava la Masseria  Congedo. Il ‘palazzo’ in via Aradeo detto oggi ‘de li Prantera’  (l’unico palazzo blasonato a Noha: vedi lo stemma nella foto) era la dimora del signor Giovanni Giuseppe Congedo e tutte le altre casette attorno erano la dimora dei contadini.

            Nel registro dei defunti di Noha del 1700 leggiamo:

 

* Adì 25 Luglio 1724

            Gaetano Tundo marito di Leonarda Mangione della Terra di Soleto, habitante in questo casale di Nohe nella massaria dell'Aere di Gio:Giuseppe Congedo morì di età d'anni 60.

* A 5 Giugno 1748

            Anna Marti moglie di Giacomo Montagna d'anni 40 in circa, morì in questo casale di Nohe commorante nella masseria delli Sig.ri Congedi a 5 giugno come sopra a ore 8 in circa.

            La Masseria dell’Aere vuol dire che la Masseria del Sig.Congedo era dentro il territorio di Noha. A quei tempi tutte le masserie importanti avevano una loro cappella. Nel 1719 per esempio il Vescovo di Nardò Sanfelice, visitò la cappella (sacellum) di S. Maria Annunziata dall’Angelo che trovò edificata dentro il castello Baronale di Noha;  o forse bisogna pensare che fosse una edicola votiva dei contadini.

P. Francesco D’Acquarica

 
Di Antonio Mellone (pubblicato @ 14:40:49 in NohaBlog, linkato 1363 volte)

Non mi piace chiamarli di Orientamento ma di Disorientamento. Mi riferisco agli incontri che ogni tanto tengo con i ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado.

Credo sia più corretto dir loro che esistono certamente delle strade da percorrere, magari già battute da altri, ma più spesso dei fuori pista molto interessanti; che se si sceglie un indirizzo non è detto che poi non se ne possa (intelligentemente) far marcia indietro; e che solo lottando per l’impossibile (il lemma lotta è voce del verbo amare) potranno aumentare in maniera esponenziale le probabilità di realizzarne un pezzo ogni giorno.      

Ebbene sì, stavolta l’invito a ritornare sui banchi di scuola mi è giunto da parte del prof. Fernando Seclì dell’Istituto Tecnico Commerciale “Cezzi De Castro” di Maglie. Parlando del più e del meno con questo insegnante dalle ampie vedute, scopro che “per entrare a scuola” il Seclì ha vinto il Concorso Pubblico per Docenti indetto dal Ministero (Miur) nel 2012/2013. Guarda caso proprio quello stesso (e per la medesima classe A017, cioè Discipline Economico-Aziendali)  nel quale mi cimentai anch’io, superandolo finalmente insieme a lui e a un’altra ventina di concorrenti.   

Benché l’insegnamento fosse (anzi sia) da sempre uno dei miei hobby preferiti (oltretutto molto utile, in quanto il miglior metodo per imparare le cose è insegnarle), decisi poi di rimanere in banca, giacché diverse sono le cattedre dalle quali si può, come dire, lasciare un segno (etim. di Insegnare).

Perché mi sottoposi a uno studio “matto e disperatissimo” per superare una selezione così ardua che aveva sin dall’inizio tutta l’aria di una falcidia (all’inizio i candidati erano all’incirca 1500 nella sola Puglia) è presto detto: e cioè per non deludere lo spiritoso detrattore di turno che dunque, da allora, quando mi dà del “professore” può farlo risparmiandosi tranquillamente le virgolette.  

Ma veniamo all’incontro con gli allievi del Commerciale di Maglie, incontrati in due gruppi (un primo composto dalle terze classi, un secondo dalle quinte) nel corso di altrettanti seminari di un paio d’ore ciascuno, tenuti in collaborazione con il mio collega, il direttore Fabio Scaglioso della filiale di Maglie [sapete, spesso i bancari son costretti ad andare in due: uno sa leggere, l’altro non sa scrivere, ndr.].

Ebbene, c’è da rimaner piacevolmente impressionati per la curiosità, la partecipazione e il coinvolgimento degli studenti di Maglie e soprattutto per il loro contributo al dibattito in aula attraverso domande e risposte mai banali, anzi il più delle volte sagaci e mordaci. E questo – ne convenivo con il collega – è il più bello e giusto guiderdone per il nostro non semplicissimo impegno.

A me piacerebbe che, al di là delle nozioni di Economia, ai ragazzi incontrati rimanesse impresso il fatto che si studia per un bel po’ di ragioni. Che butto così in elenco senza un preciso ordine di apparizione: per dignità, per esser liberi, per non perdere il diritto allo studio causa prescrizione, per ripensare le cose che ci dicono, per poter distinguere il vero dal falso, per essere egregi (più che gregge), per cambiare prospettiva, per evitare di accontentarsi del solito piatto di lenticchie, per valorizzare anziché svendere la propria terra, per esercitare i neuroni che rischierebbero altrimenti l’atrofia, per rompere le righe (e quando serve anche le scatole o qualcosa d’altro un po’ più sferico), per divertimento, per essere in grado di fare satira (o quanto meno di capirla), per conseguire l’idoneità magistrale nel disturbare il manovratore, per fare la rivoluzione, per aver coscienza di classe, per non badare ai cartelli “vietato sporgersi” (e dunque per poter contare magari di più mettendoci la faccia), per essere qualcuno più che per aver qualcosa, per svignarsela dai centri commerciali, per aver dimestichezza con le parole (limitando così il consumo abnorme di emoticon sui social), per nutrire i dubbi più che le solite stucchevoli certezze, per arrivare a capire di non sapere nulla e dunque per coltivare l’ignoranza ma solo se diventa sete di conoscenza.

Si studia inoltre per saper cogliere le grandezze e capire le differenze [in caso contrario, con la complicità di giornali, giornaletti e tele Orbi  sponsorizzati, si rischierebbe di ritenere più grave la pirlata di una scritta No-Tap su di un muro che non la sciagura di una multinazionale invadente, anzi occupante la nostra terra con il beneplacito di governi, politicanti e cortigiani di corvée, ndr.].

Si studia, infine, per evitare di somigliare a certi cataclismi locali, sedicenti “politici” con velleità addirittura parlamentari, tutti presi, come sono (stati), oltre che dalle loro puntuali incessanti trombature elettorali soprattutto dalle loro inenarrabili figure di merda.

Antonio Mellone

 

Brutta sconfitta quella subita domenica scorsa dall’OLIMPIA S.B.V.,per mano della MATERDOMINI CASTELLANA , dalle conseguenze quasi irreparabili e che aprono uno scenario inquieto per la società di Luigi Santoro.

L’aver sprecato un’occasione unica, si era in vantaggio di 2 set a 0, facendosi ribaltare dai giovani di mister Fanizza ,oltre che non incrementare di netto il già scarso monte punti , ha sfibrato la situazione psicotecnica del gruppo ,invero molto fragile.

E pensare che la vittoria rientrava nell’ampia fascia di probabilità generate dall’entusiasmo per l’avvenuta inversione di rotta , dal bel gioco espresso e ,perché no,  anche dal mutato approccio della squadra nella gestione di  alcune gare sulla carta quasi proibitive.

La doppia valenza di quella vittoria , purtroppo assaporata ma non raggiunta, avrebbe ancorato sul fondo la diretta concorrente alla retrocessione, minando le  certezze dei giovanissimi baresi  e , soprattutto, avrebbe ridotto a soli tre punti il distacco da quell’Ostuni che occupa la terz’ultima posizione .

Il fondamentale della ricezione in casa  OLIMPIA SBV è stato penalizzante oltre misura per la distribuzione di Muccione: gli 82 palloni ricevuti da Corsetti e Pierri hanno prodotto un 16% di perfezione che ha consentito al giocatore sardo di confezionare solo un numero ridottissimo di  primi tempi ( 16 in cinque set) per Guarini e Iaccarino .

Le difficoltà di Lentini e Buracci poi , di sbarazzarsi di muri  a due ben composti ,sono cresciute  a dismisura , nonostante l’opposto galatinese abbia messo a segno un cospicuo bottino di 28 punti  con Lentini a quota 21.

I ragazzi della Mater Domini invece hanno sfoderato un 25% di ricezione perfetta che ha consentito al nazionale prejuniores Campana di distribuire su tutti i fronti : Scardia, Di Sabato,  Ristani e Sportelli sono andati in doppia cifra e il libero Catania ha giganteggiato in difesa con recuperi tentacolari, consentendo ricostruzioni efficaci alla sua prima linea.

Se poi il servizio in salto flot dei padroni di casa si rivela privo di difficoltà , tale da non impensierire la seconda linea avversaria, allora  i palloni spinti di Campana sono veri rigori per Di Sabato che con diagonali angolatissime chiude la partita.

Oggi si parte per giocare ad  Ottaviano: la trasferta sembrerebbe proibitiva per Guarini e compagni che troveranno una compagine ferita dalla sconfitta  per 3-2 nel derby di Massa Lubrense e preoccupata dall’ascesa della Pallavolo Bari a -2 punti dal secondo posto. Un diverso atteggiamento, che sia propositivo e non votato al “ era inevitabile”  ,  potrebbe mettere in difficoltà Di Felice e soci,  stimolando Buracci alla competizione con il suo omologo e caricando una squadra che ha voglia di rifarsi .

Conosciamo bene mister Libraro e il suo modus operandi: mettiamolo in difficoltà come nella gara di andata , con attente letture sugli attacchi del laterale Guancia e del centrale Bonina; difendiamo le bordate dell’opposto Di Felice da seconda linea e ricordiamoci che i risultati dei quattro set disputati, (25-22 ,23-25 ,26-28 ,22-25) sono ancora intrisi del sudore dei campani. 

 

TABELLINO

OLIMPIA S.B.V.GALATINA -MATERVOLLEY CASTELLANA  2-3

(29-27, 25-22, 20-25, 21-25, 14-16).

OLIMPIA S.B.V.GALATINA: Corsetti 10, Rossetti 1 , Iaccarino 5, Lentini 21, Apollonio  (L), Muccione 2 , Calò , Pierri (L), Persichino n.e., Petrosino , Buracci 28,Guarini 5, -Coach: Stomeo. Ass. Bray

MATERVOLLEY CASTELLANA  : Campana 3,Catania(L),Cianciotta 10,Di Sabato 26,Scardia 15,Scarpello,Sportelli 18,Ristani 24,Condorelli(L) – Coach Vincenzo Fanizza

 

Piero de lorentis

AREA COMUNICAZIONE

OLIMPIA SBV GALATINA

 

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