Di Redazione (del 06/09/2019 @ 22:00:06, in NohaBlog, linkato 2551 volte)

È tradizione, ormai, nella piccola Noha, Città dei Cavalli, festeggiare la Madonna delle Grazie in sella a un cavallo. 

In differita di una settimana dalla ricorrenza religiosa, si danno appuntamento tutti nel prato nei pressi dello stadio, i destrieri, i cavalieri ma anche i mastri sellai e palafrenieri del circondario per la consueta Fiera dei Cavalli, una giornata di festa dove, dalle 8 alle 13, il prato adiacente il campo sportivo è teatro di gare, competizioni tra i meravigliosi cavalli da sella, ma anche scenografia di colorate sfilate, con carretti dipinti a mano, i traìni, le parature, e tutto un contorno di stand e bancarelle dove acquistare attrezzatura, finimenti pregiati e campanelle portafortuna.

 
Di Antonio Mellone (del 28/09/2019 @ 19:15:14, in NohaBlog, linkato 1488 volte)

Dopo il Friday For Future, i ragazzi delle scuole media ed elementare di Noha, grazie alla sempre entusiasta dirigente, ai prodigiosi  insegnanti e ai genitori di ogni ordine e grado, hanno pensato bene di dar vita a un Saturday For Future con le Parole della Costituzione. Il tutto nell’ambito della “Festa dei Lettori” giunta al suo quindicesimo genetliaco, promossa dalla locale sezione dei Presìdi del Libro e dalla Biblioteca Giona.

Probabilmente gli alunni, data la loro giovanissima età, non hanno ancora ben chiara l’importanza della legge fondamentale dello Stato, o il fatto che sia nata, come asseriva Piero Calamandrei, “sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati; dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità […]”, o quanto questa Carta sia bella e fragile, oggetto di continui attacchi chiamati “riforme” - benché le più gravi imboscate siano quelle quotidiane, spesso subdole, fatte di leggi incostituzionali, piani regolatori, prese in giro in nome dello “sviluppo e delle ricadute occupazionali”, Open Days presso aziende le cui ciminiere non credo abbiano la stessa funzione dell’aerosolterapia delle cure termali, comizi da ogni pulpito (palchi, giornali, televisioni, social) che sembrano tutti volti – sarà una mia impressione - alla riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.

 
Di Antonio Mellone (del 31/10/2019 @ 22:04:56, in NohaBlog, linkato 1526 volte)

Non so voi, ma io spero ardentemente che la pietra posta su quella Pantacomica del novello Centro Commerciale galatinese sia di natura tombale.

Come noto, il cosiddetto Mega-Porco (Mega-Parco per gli amici degli amici, vale a dire quelli che, visto il loro lessico, confondono la crusca accademica con quell’altra per l’intestino pigro) è venuto a mancare prematuramente all’affetto dei suoi cari sin da quando era in provetta, anzi ancor prima del suo prelievo dalla banca del seme: banca, si sa, sempre ben rifornita da numerosi donatori come pOLITICI, gggiornalisti, digerenti cumonali, 800 [sic] beoti martiri firmatari di appelli, e una banda di conferenzieri da bar dello sport promittenti portentose panacee, tipo il posto fesso.

Ma non è che premorto un Mega-Porco non se ne possa pascere un altro, ché anzi qui siamo circondati dagli Ipermercati schierati intorno a noi come un plotone di esecuzione. Ne abbiamo a bizzeffe: da Surbo a Cavallino, da Lecce a Tricase, e non so più dove altro. A questi s’aggiungano i novelli megastore Made in China dai posteggi sempre affollati, e la frittata anzi il wanton è servito.

È che ai Servi della Spesa non solo sfugge il fatto che un mastodontico centro fuoriporta è un ossimoro che uccide il paese, aumenta i costi sociali, incentiva la sottrazione di posti di lavoro, dà il suo contributo in termini di caldane al famoso cambiamento climatico, e spegne il (vero) centro città; ma anche il fatto che lo spettro che s’aggira negli Outlet non è quello del comunismo, bensì quello dell’incoscienza di classe, e purtroppo della lotta orizzontale (anziché verticale contro i propri aguzzini) nei confronti di chi è nella propria medesima condizione, se non peggio, credendo pure di essere un borghese.

 
Di Antonio Mellone (del 18/11/2019 @ 22:28:41, in NohaBlog, linkato 2477 volte)

Ci sono molte cose del mio paese che mi inorgogliscono (non ci avrei altrimenti scritto un libro); altre, per fortuna non tante seppur gravi, che mi fanno provare non poca rabbia mista a vergogna.

Nell’un caso e nell’altro non riesco proprio a stare alla finestra, ma reagisco da par mio remunerando (o rendendo la pariglia, a seconda dei casi) con le parole: le quali non vogliono saperne di rimanere intrappolate nella tastiera del mio pc.

E così ho benedetto (etimologicamente s’intende) pasticcerie e rosticcerie, stilisti e blogger, botteghe e cannizzari, artisti, santi e poeti, insomma uomini e donne nohane che hanno contribuito alla bellezza e al genius loci di questo pezzo di geografia.

 
Di Marcello D'Acquarica (del 07/12/2019 @ 10:57:45, in NohaBlog, linkato 1482 volte)

Quando uno vive lascia dietro di se qualcosa, a volte capita di affollare con la propria immagine le vie percorse ogni giorno, a volte il deserto.

Fra poco si avvicina l'anniversario di Gino. L’otto gennaio del 2007. Lo rivedo volentieri, attraverso i miei ricordi e le immagini. Per fortuna Gino ci ha lasciato disegni, quadri, opere d’arte e fotografie che lo ritraggono nelle forme di vita più disparate, a volte in abiti eleganti, altre in abbigliamento da cantiere, ora alle prese con la macchina fotografica, piuttosto che impegnato in trattenimenti danzanti. Gino era capace di passare dal cerimoniale con un distinto abito formale, e al farsi beccare con le mani in pasta nei colori, ora atleta e un attimo dopo manovale da cantiere. Cercava il confronto in ogni ambito, la sua forma di socializzazione non aveva confini.

Gino cercava la libertà. La cercava a modo suo, attraverso la musica, l'arte, la cura del corpo, erano tutti strumenti di comunicazione, di apprendimento. Possiamo anche dire di relazione con Dio. All’età di 15 anni si vedeva già il suo avanguardismo. Il suo essere oltre la barriera, non quella determinata dalla muraglia del fabbricato del Brandy Galluccio, dove era solito fissare lo sguardo stando seduto a cavalcioni sulla sedia di quel nuovo bar al confine del paese. La barriera che lui aveva già superato a quell'età sfuggiva ai molti, mentre lo conduceva a condividere con altri ragazzi come lui, forestieri, di Aradeo per esempio, nuove mode, nuovi angoli privati dove sbranare lo stantio e scavalcarne l'ignavia, per cercare la libertà.

Forse questa sua intraprendenza lo portò lontano, dove ha potuto toccare con mano ciò che da qui non gli riusciva. Gino cercava la libertà. Non quella dell'anticonformismo, dell'anarchico, come qualcuno ha anche mormorato. Che pure sono esse stesse forme di libertà che portano verso la vera civiltà del rispetto del prossimo e di se stessi.

 
Di Antonio Mellone (del 27/12/2019 @ 15:00:46, in NohaBlog, linkato 1168 volte)

Se l’Informazione padronale smettesse di corredarsi di aggettivi (tipo padronale) e si dotasse di attributi (lungi da me il maschilismo, è un modo di dire), e dunque guarisse dall’ecolalia compulsiva che la prende e non le dà un minuto di tregua, nel senso della ripetizione copia-incollata del diciamo pensiero delle bellenove di turno, come pure delle cosiddette associazioni di categoria, o degl’imprenditori briatoregni, o dei cazzari e per parità di genere cazzare centrali e locali altrimenti detti politici, che vorrebbero per esempio abolire la parola Sovrintendenza dal dizionario di Italiano, e se iniziasse a nutrire qualche dubbio sul verbo incarnato della Scienza (sostantivo quest’ultimo da proferire con ieratica solennità), e si ponesse qualche domanda sul mondo di sottosopra nel quale ci troviamo a vivere, forse non saremmo arrivati a questo punto. E cioè, per esempio, a ripetere quasi tutti a pappagallo le parole di un Cariddi qualsiasi (o era Scilla?) riportate su quei morbidi veli senza fare una piega, tipo: Porto Turistico Di Otranto Occasione Unica. E ancora quelle topiche dello sviluppismo in servizio permanente effettivo: Importante Intercettare Le Navi Da Crociera (ma certo, come fai a non Intercettare le grandi navi di ritorno dagli speronamenti in quel di Venezia); di più: Il Progetto È Considerato Importante E Strategico (e la famosa Destagionalizzazione dove la mettiamo?).

Per non parlare delle altre belle pagine di letteratura ggiornalistica che inneggiano al Rilancio Dell’economia E Dell’Edilizia con il Via Ai Cantieri Della 275 (avranno scordato di citare la Sicurezza, signora mia: sarà per la prossima volta) e la tanta voglia di Va-lo-riz-za-re Otranto e i suoi martiri lasciando i pontili a destagionalizzare (a proposito di destagionalizzazione), mica come pretende la Sovrintendenza, pardon: la Mala Burocrazia, che s’è intestardita a voler far rispettare la legge.  

 
Di Raimondo Rodia (del 07/01/2020 @ 21:02:17, in NohaBlog, linkato 2982 volte)

Era da molto tempo che volevo raccontare lo stemma di Noha, tra i più originali e particolari tra i tanti presenti in terra d'Otranto, con simboli che secondo me hanno poco a che fare con la storia del luogo. Allora passiamo a descrivere direttamente lo stemma iniziando proprio dalle tre torri che rivedo nell'affresco della basilica di Santa Caterina della " Pentecoste " presente nel deambulatorio di destra, dove cinquanta giorni dopo la Pasqua si vede lo Spirito Santo discendere su Maria ed intorno a lei i dodici apostoli ed alle sue spalle le tre torri che come nel nostro stemma rappresentano la Maria moglie e non madre come raccontato in molti vangeli apocrifi. Sono proprio le tre torri a rappresentare Maria Maddalena o di Magdala traduzione di " Torre " sia in aramaico, che in ebraico. Migdal era un paese sulle sponde del lago di Tiberiade conosciuta anche come Genezaret.  Noha è un sito archeologico, che conserva questo toponimo da tempo immemorabile.

Noha era uno snodo cruciale di una strada che in epoca pre-romana collegava San Cataldo, sul mare Adriatico, a Torre San Giovanni, sul Mare Ionio. Che è come dire Felline, o meglio, il porto di Felline chiamato Posto Rosso a ricordare le origini Fenicie. Se Magdala significa " Torre " il nome Maria potrebbe significare “ribelle”, “amara” o “forte”, ma anche “colei che si innalza” o che “è innalzata” oppure ancora “profetessa” o “Signora”. La tradizione cristiana di San Gerolamo la fa derivare dall'ebraico “mar yam” (goccia di mare), in latino Stella maris, “stella del mare”, con cui viene pure indicata la madre di Gesù, chiamata Maria Vergine. Stella Maris era pure il nome di una nave templare che solcava la rotta di “Ofiuco”, legata alla storia oppure alla leggenda come molti ritengono delle sette sorelle, alle quali si deve collegare la fondazione dell’Ordine delle sorelle di Maria Maddalena (anno 1224), ad opera del Cavaliere Templare Rodolfo di Worms.

 
Di Antonio Mellone (del 25/01/2020 @ 11:30:01, in NohaBlog, linkato 1301 volte)

Il bello del mio lavoro è che mi porta in giro a conoscere cose fatti e persone. Da tre anni abbondanti - dopo non so più quante tappe per la Penisola italica - mi trovo a dirigere la filiale di una banca in quel di Taviano, e giacché, con gli stessi soldi (voglio dire un unico stipendio), anche quella di Alliste.

Un bancario vero (da non confondere con la figura del banchiere) s’immerge nel territorio, lo vive, impara le sue storie. A volte, come questa, pur senza calarsi nei panni del Franco Arminio della situazione, gli capita di stupirsi, rimanere a bocca aperta.

Insomma, tre anni or sono conosco Antonio Mosticchio, gestore dell’indigeno cinema-teatro, eretto nei primi del ‘900 a un fischio dal centro storico di Taviano. Non vi dirò, per intuibili considerazioni legate al segreto bancario, se costui è o meno tra i miei clienti: di certo, se lo fosse, godrebbe di ampio credito.

Il Mosticchio, dunque, figura minuta, sinapsi velocissime come il suo eloquio, idee ingegnose, vista e pensiero lunghi, da una ventina d’anni, forse più, gestisce la sala Fasano (di proprietà dell’omonima famiglia), contro ogni granitica convinzione secondo cui i cinematografi di provincia sono perennemente in crisi e dunque costantemente sul punto di chiudere.

Sta di fatto che questo complesso no-logo è un multisala che non ha nulla da invidiare ai multiplex griffati tutti soldi e megalomania, spesso costruiti nelle immediate adiacenze di un centro commerciale (orrore), o nel bel mezzo di una zona Pip (orrore al quadrato). Il Fasano del Mosticchio ha dunque tre sale: le due di 120 posti cadauna sono ricavate al primo piano della diciamo Aula Magna che invece ne annovera 700. Ma non crediate che giungere a Taviano per una prima visione significhi spingersi in partibus infidelium, ché qui all’opposto c’è il meglio della tecnologia moderna: dal suono Dolby Digital Surround o qualcosa del genere all’Alta Definizione, dagli occhiali per la visione in 3D quando il film lo esige (“Modestamente il mio fu il primo cinema in Puglia con il sistema di lenti attive a schermi LCD” – dice) al bar con i pop-corn da sgranocchiare caldi e profumati appena scodellati.

 
Di Antonio Mellone (del 02/02/2020 @ 20:58:27, in NohaBlog, linkato 2483 volte)

Questa volta il Parroco di Noha non ha suonato le campane per comunicare Urbi et Orbi di esser diventato ufficialmente - con l’ultimo numero in edicola il 31 gennaio 2020 - il novello direttore de “il Galatino”, uno tra i periodici più longevi dell’Italia meridionale, del Salento sicuramente, puntualmente in edicola ormai da 53 anni.

Io me ne sono accorto acquistando la copia quindicinale del giornale, al quale ho collaborato per un bel po’ a partire dal 1994, sotto la direzione di quel maestro di bella scrittura e soprattutto giornalismo che era il prof. Zeffirino Rizzelli.

Don Francesco prende il posto di Rossano Marra - successore del Rizzelli - venuto a mancare improvvisamente il 7 gennaio scorso, facendosi carico di un’eredità fatta di parole importanti che avrebbero il compito di cambiare il mondo, a partire dalla nostra “piccola patria”.

“il Galatino”, fondato insieme ad alcuni suoi amici nel 1968 dal prof. mons. Antonio Antonaci, un altro gigante della Storia locale (scritta finalmente con la maiuscola e senza virgolette), per continuare a esistere non può non avere che questa ragione sociale: raccontare il bello e il buono certamente, ma senza scordare l’importanza del pensiero critico, inteso come discernimento, ricerca delle differenze, sprone al miglioramento dell’azione politica, denuncia della banalizzazione non più strisciante ma strombazzata ai quattro venti via social network (che di social ormai hanno solo il nome).

 

Canto notturno di un pastore ...

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